La vita di un'aiuto-segretaria.

di MartaKim
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il lavoro & la sorpresa. ***
Capitolo 2: *** Il volo & l'uomo. ***
Capitolo 3: *** L'incidente & il salvatore. ***
Capitolo 4: *** Fredda sorpresa. ***
Capitolo 5: *** La sfera di cristallo. ***
Capitolo 6: *** Sogno o realtà? ***
Capitolo 7: *** Un risveglio da film...o forse no? ***
Capitolo 8: *** La verità. ***
Capitolo 9: *** Il bacio. ***



Capitolo 1
*** Il lavoro & la sorpresa. ***


Il lavoro & la sorpresa.


Era già l'8 Dicembre ed io non ero ancora riuscita a trovare un posto di lavoro che soddisfasse, non solo me stessa, ma anche la mia situazione economica. 
Purtroppo era questa la situazione di quell'anno: 2013, l'Italia in crisi, niente posti di lavoro per i giovani, soprattutto per quelli senza laurea, un debito altissimo, perfino per i neonati, una crisi, ormai, distesa in ogni settore, economico e non. 
Sospirai, era mai possibile, per una ventenne, alloggiare ancora dai propri genitori senza il minimo accenno ad una situazione economica o ad un lavoro decente? No, assolutamente no, non era assolutamente possibile una situazione come questa. 
Mi presi il volto tra le mani, sprofondando in un'angoscia assurda, quando, ad un certo punto, una voce mi riportò al presente. 
Alzai lo sguardo, intercettando quello di un ragazzo giovane e asiatico, su per giù della mia età, proiettato nel televisore.
Inclinai leggermente il capo e recuperare il telecomando, alzando il volume. Quella voce angelica e dolcissima mi raggiunse di nuovo, trasportandomi verso il ragazzo in televisione. 
Quella canzone mi cullò lentamente, trasmettendomi un sacco di emozioni fantastiche, facendomi battere forte il cuore e rabbrividire come non mai. 
Quando la canzone finì, mi accorsi di essere arrivata vicino il televisore, inginocchiata a terra con il fiato corto e le labbra schiuse. Ne rimasi sorpresa. 
Una semplice voce era stata capace di farmi reagire in quel modo. Subito mi alzai ed iniziai a fare una ricerca. Mi era parso di aver sentito una scritta, un nome forse.
Accesi il pc e aprii Google, digitando la parola che avevo visto: "BTOB". Cliccai e feci partire la ricerca. LE foto collegate a quella parola era tantissime. 
Pian piano scoprii che era un gruppo, un gruppo musicale coreano, composto da 7 ragazzi, asiatici ovviamente, che variavano dai 23 ai 18 anni. 
Incomincia a leggerne i nomi, le informazioni sulla loro vita o le loro preferenze, sentire le loro canzoni, innamorarmi di loro, insomma. 
Mentre vagavo su internet in cerca di altre informazioni, un annuncio catturò la mia attenzione: "Cercasi lavoro come aiuto-segretaria del manager del gruppo coreano BTOB."
Spalancai gli occhi nel leggere il titolo di quell'annuncio. Subito vi cliccai sopra, per saperne di più. "Per poter essere presi bisogna almeno conoscere il gruppo, i loro componenti, le loro canzoni, i dischi e i concerti che hanno fatto e le loro preferenze. 
Di sicuro, se verrete presi, scoprirete tutto di loro, ma bisogna almeno sapere le informazioni base per non intralciare il lavoro del manager, che non può perdere tempo per insegnarvi tutto o per badare a voi.
L'incontro per questo lavoro di terra il 15 Dicembre 2013. Ovviamente in Corea del sud, nella Cube Entertainment. Per poter affrontare un lavoro del genere, le conoscenze in lingua inglese e coreana sono essenziali. Si prega di essere puntuali, alle 10:00 alla Cube Entertainment e, soprattutto, si prega di non venire per perdere tempo."
Leggendo attentamente le condizioni per il lavoro, notai che conoscevo tutto di loro e parlavo un inglese spedito, chiaro e corretto. L'unica cosa che mi mancava era il coreano, lingua a me sconosciuta. 
Avevo esattamente una settimana per imparare la lingua e per volare in Corea del Sud. Era assolutamente una follia, una pazzia impossibile da fare. 
Sorrisi e cercai di prenotarmi subito per la riunione, elencando le mie doti e conoscenze, per poi andare subito a prenotarmi un volo per il giorno dopo. Purtroppo i voli costavano davvero tanto, più di quanto potessi permettermi. Sospirai e abbandonai l'idea di volare lì, non potevo chiedere un sacrificio del genere ai miei. 
Sentii il mio cellulare squillare e, senza guardare chi fosse, risposi.
"Pronto?" sentii nella mia voce una strana nota triste.
"Ciao Marti, sono io Rose." mi rispose la voce femminile della mia amica. 
"Oh, ciao Rose. Dimmi." dissi, quasi meccanicamente, senza alcuna emozione. Non riuscivo a pensare ad altro che a quell'annuncio.
"Ti va di vederci per una cioccolata calda? E' da tanto che non ci vediamo." mi disse lei, speranzosa.
"Ehm...ma si, dai. Dimmi tu dove e a che ora." Che cosa c'era di male nell'uscire un po'?
"Ci vediamo tra un'ora al bar Coffee&Cream. Ok?"
"D'accordo, ci vediamo lì" chiusi la chiamata e mi alzai, spegnando il pc e andando a vestirmi. Poco importava che avessi prenotato per quel posto di lavoro, tanto non sarei mai neanche stata presa.
Esattamente un'ora dopo, io ero lì, seduta su una poltroncina, con i gomiti sul tavolo e la testa fra le mani, mentre aspettavo Rose.
"Marta!" mi sentii chiamare con quel soprannome che solo lei usava. Alzai lo sguardo e sorrisi nel riconoscere quella pazza di Rosanna. 
"Rose, ciao! Che bello rivederti." mi abbandona ad un dolce sorriso e mi alzai per abbracciarla con forza. Lei ricambiò la stretta e mi sorrise, annuendo.
"Lo stesso vale per me! Sono così contenta che tu sia venuta, non immagini quanto tu mi sia mancata!" ridacchiò lei, cosa che mi fece intenerire e dimenticare per un attimo dell'annuncio di oggi.
Ci sedemmo e, dopo aver ordinato, iniziammo a parlare del più e del meno. 
"Ti ricordi il mio desiderio di andare in Corea del Sud?" mormorò lei, dopo un po', guardandomi con uno strano sguardo. Come eravamo finiti a parlare della Corea del Sud?
"Ehm..si...e con questo?" dissi io, sentendomi di nuovo invadere dai pensieri su quell'annuncio che, poco prima, ero riuscita a rimuovere.
"Il mio sogno si sta per avverare!" esclamò lei, battendosi da sola le mani dalla felicità. Io sprofondai ancora di più nello sconforto e nascosi la mia reazione negativa.
"Wow, sono felice per te!" esclamai di rimando io, nascondendo quel che davvero provavo. Lei mi sorrise dolce ed io non potei guardarla oltre, distogliendo lo sguardo e abbassandolo sul tavolo.
Arrivarono le cioccolate calde con panna e tra di noi cadde un'inquieto silenzio, ricco di cose non chiare e fatti nascosti. Sospirai e presi a girare la mia cioccolata, soffiandovi dentro per raffreddarla affinché non mi scottassi.
"Sai, però non potrò andarci..." aggiunse lei, dopo un'infinità di tempo. Alzai lo sguardo, inclinando il capo, perplessa. 
"Perché?" non riuscivo a capire cosa stesse dicendo.
"Ho vinto un biglietto per andarci, ma vale solo se trovo un'altra persona con cui andarci." sospirò lei. In un primo momento non pensai alle sue parole.
"E qual'è il problema? Non c'è proprio nessuno?" chiesi io.
"Ho chiesto a Gabriella, ma è impegnata con il suo lavoro e non può proprio." lei cadde nello sconforto, guardandomi di tanto in tanto. All'improvviso mi si accese la lampadina.
"Aspetta!" esclamai, forse troppo a voce alta, e poggiai le mani sul tavolo, alzandomi e sporgendomi verso di lei. "Posso venire io??" dissi, troppo entusiasta all'idea.
Lei parve sorpresa di quel mio eccesso di euforia e mi guardò confusa.
"Ma a te non è mai interessato più di tanto andarci.." rispose lei, in un sussurro. Alzai lo sguardo al cielo e le spiegai tutto, dalla voce del ragazzo all'annuncio.
"E se fosse un falso annuncio?" disse subito lei, guardandomi negli occhi. Io scrollai le spalle facendole capire che non mi importava.
"Vale la pena provarci comunque, no? Potrei essere davvero presa, avere un lavoro che mi soddisfi e poter sentire la voce di quel ragazzo." mi affrettai a spiegare la mia motivazione.
Lei parve pensarci per un lasso di tempo a me infinito, per poi sorridere e annuire.
"D'accordo, ci sto! Andremo in Corea del Sud e farai la tua audizione! Male che vada ci faremo una bella vacanzina!" disse lei, tutta contenta. Io scoppiai a ridere dalla felicità e cominciammo ad organizzarci per il volo.
La mia mente vagava ormai da sola, non riuscivo neanche a razionalizzare tutto quello che avevo in mente. Il desiderio era così forte, che poco importava la probabilità di non essere presa. 
Avrei conquistato quel posto di lavoro e avrei ascoltato dal vivo la voce che mi aveva fatto sognare. 

Bhè, come vi sembra questo primo capitolo? 
Commentate e, se trovate delle imperfezioni, fatemelo sapere! Accetto ogni tipo di critica, che non diventi però offensiva.
Se la storia non vi piace, non continuate a leggerla ;)
-Kimmie.

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Capitolo 2
*** Il volo & l'uomo. ***


Il volo & l'uomo.



Era il 9 Dicembre ed avevo passato una nottata davvero bellissima. La sola idea di poter partire in Corea e di realizzare quel che di più speravo era davvero una sensazione unica. 
Mi alzai dal letto ed andai subito a preparare la valigia, visto che alle 12 avevo il volo insieme a Rose. Ero un'esplosione di felicità, ma avevo dimenticato la cosa più importante: dirlo ai miei. 
Mi diressi in cucina, in cerca dei miei genitori, trovandoli seduti a tavola a fare colazione.
"Ehm.." mi schiarii la voce "potrei avere la vostra attenzione per un attimo?" chiesi, quasi intimorita.
"Oh, buongiorno amore, vieni a sederti con noi! Non hai ancora fatto colazione, cosa desideri?" rispose subito mamma, alzando lo sguardo su di me nel sentirmi parlare.
"Ehm, no mamma, non ho fame. Vi devo dire una cosa importante..." abbassai ancora di più la voce.
"Come no? Stai male? Hai la febbre? Lo sai che non è da te rifiutare di mangiare, che ti succede?" si preoccupò subito lei ed io non potei trattenermi dal sospirare.
"No, mamma, sto bene. Solo che vorrei dirvi una cosa prima di mangiare.." cercai di riprovarci, venendo però interrotta da mio padre.
"Ma amore mio, non bisogna mai saltare la colazione. E' il pasto più importante della giornata." disse lui, quasi sgridandomi. Stavo perdendo la pazienza. 
Mi avvicinai di più a loro, stringendo i pugni.
"Vi devo parlare di una cosa importante, vorrei che..." venni interrotta di nuovo, ma questa volta da mio fratello.
"Mamma, dove sono le scarpe da calcio?" disse lui, con il cellulare in mano, non curandosi della mia presenza. Non riuscii più a trattenermi. Portai con rabbia le mani sul tavolo, che produsse un tonfo acuto.
Tutti si girarono, sorpresi, verso di me.
"Adesso ho la vostra attenzione?" sibilai, davvero arrabbiata. Nessuno fiatò ed io continuai. "Alle 12 parto per la Corea del Sud con Rosanna, non so quando torno, ma ho trovato un lavoro davvero soddisfacente lì e vorrei provarci." dissi, tutto d'un fiato.
I miei genitori e mio fratello si scambiarono degli sguardi, per poi sorridermi tutti quanti. Inclinai il capo confusa e mia madre mi si avvicinò.
"Amore della mamma, lo sapevamo già. Hai lasciato il biglietto sul tavolo ieri. E in più tuo fratello, usando il pc, ha visto dalla cronologia l'annuncio." mi accarezzò dolcemente una spalla.
"Ma...allora...perché non mi avete chiesto nulla?" domandai io, d'un tratto esausta.
"Cosa dovremmo dirti, piccola?" rispose mio padre, alzandosi anche lui. "Vogliamo il tuo bene e la tua felicità, se questo è quello che desideri, noi ne siamo felice." mi sorrise dolcemente.
Ero quai commossa da quelle parole, ma ormai conoscevo i miei genitori ed erano sempre stati fin troppo comprensivi con me. Sorrisi loro e li ringraziai.
"Ma, Martina, quanti soldi porterai con te? E da dove li prenderai?" mi chiese Vito, mio fratello. Non avevo pensato a quel particolare. Mi immobilizzai.
"Io..ehm...dovrei avere da parte qualche risparmio..." risposi, ma titubante. Quanto avevo messo da parte? Di certo non abbastanza soldi per vivere in Corea del Sud.
"Aspetta.." disse mio padre e si allontanò, tornando poco dopo con un blocchetto di assegni. Sgranai gli occhi e lo fermai.
"No papà, non posso chiedervi una cosa del genere." lo guardai dispiaciuta, mortificata. Lui rise, intenerito, e mi spostò la mano.
"Io ormai sono in pensione e tua madre è una regolare casalinga, non abbiamo bisogno di tanti soldi per andare avanti. Prendili come un prestito, ok? Appena li avrai dal tuo lavoro, ce li ridarai." disse lui, scrivendo su un assegno. 
Lo staccò e me lo diede, facendomi quasi impallidire: 10.000 Euro. Li guardai boccheggiando e loro ridacchiarono, annuendo. Li ringraziai abbracciandoli e baciandoli, per poi correre in camera a finire tutto l'occorrente. 
Ormai erano le 11.30 ed io ero in aeroporto ad aspettare Rose. Ero appoggiata ad una colonna, con un paio di occhiali da sole, i capelli perfettamente ricci e rasati da un lato, di un biondo chiaro, un paio di legghins con scarpe con il tacco. 
Avevo gli auricolari ed ero in una zona vuota, praticamente da sola. Iniziai a canticchiare una canzone dei BTOB, estraniandomi ancora di più da tutto quello che mi circondava. 
Amavo cantare, fin da quando ero piccolina. Purtroppo la voce non era più in grado di fare alcuni acuti, ma il risultato finale non era poi così male. Mentre cantavo, una strana sensazione mi pervase e fui costretta a riaprire gli occhi, incrociando lo sguardo di uno sconosciuto fermo ad osservarmi.
Un maniaco? Mi azzittii all'istante e mi guardai intorno con molta attenzione; le uscite principali non erano molto lontane, ma con i tacchi che avevo sarebbe stato difficile correre. 
Ero pronta a scattare, quando il ragazzo sorrise e se ne andò. Un brivido mi attraversò il corpo. Che diavolo stava succedendo? Sentii una mano sulla mia spalla e sobbalzai, per poi scoprire che era la mia amica.
"E' tanto che aspetti?" mi disse lei, sorridendo dolcemente. Era vestita quasi con me, se non fosse stato per le scarpe basse e sportive. Rose non amava molto i tacchi, preferiva le scarpe comode e basse. Come biasimarla?
"No, sono qui da poco." scossi il capo, rispondendole e ricambiandole il sorriso. Ci incamminammo e, dopo aver passato tutti i controlli, ci dirigemmo al Gate 8.
Appena salite sull'aereo, cercammo i nostri posti numerati e, finalmente, ci accomodammo.
"Ci conviene dormire, lì c'è il fuso orario." mi mise in guardia lei ed io annuii. 
Mi rimisi gli auricolari e chiusi gli occhi, cercando un po' di pace. Dopo un po' di tempo, di nuovo quell'assurda brutta sensazione di essere osservata. Aprii di scatto gli occhi e mi guardai intorno. Ancora il maniaco? Non era possibile.
Incontrai lo sguardo del tipo strano e mi irrigidii: era proprio lui. Scossi la mia amica per svegliarla.
"Rose...Rose svegliati...c'è un tipo che mi guarda..da quando eravamo all'aeroporto...credo mi stia spiando.." sussurrai a lei, che si svegliò subito per guardarsi intorno.
Quando anche lei vide l'uomo, sbarro gli occhi e si morse il labbro. Forse avevo sbagliato a dirlo, visto che lei si faceva parecchio prendere dall'ansia.
"Ascolta...ignoriamolo..siamo in due e siamo circondati da persone, non ci può fare nulla." la tranquillizzai e cercammo altro da fare. Ogni tanto guardavo in direzione dell'uomo, trovandolo ancora intento a guardarmi. 
Dopo un bel po' di ore, finalmente l'annuncio dell'atterraggio. Solo in quel momento, l'uomo distolse lo sguardo, perdendo il suo sorriso e irrigidendosi. Non riuscivo più a capire cosa stesse succedendo.
Appena ci dissero di scendere dall'aereo, io e la mia amica ci alzammo ed uscimmo, recuperando in fretta le valigie. 
Mi voltai un'ultima volta per guardarmi alle spalle, ma non vi era più traccia del signore. Scossi il capo pensando che magari era solo un pazzo osservatore che si era preso una cotta.
Uscimmo dall'aeroporto e chiamammo un taxi. Solo quando vi fummo dentro, mi ricordai di non sapere parlare coreano, ma Rose mi salvò e gli indicò dove portarci, parlando quello che sembrava un perfetto coreano.
Arrivammo all'albergo e, lasciando parlare solo lei, facemmo la registrazione e ci prendemmo le chiavi, lasciando un piccolo acconto dopo aver cambiato i soldi.
Salimmo con l'ascensore e ci dirigemmo verso la camera numero 16, dove ci aspettava un bel bagno, grande e pulito, e due lettini accompagnati da due comodini. La camera era abbastanza accogliente, pulita e spaziosa. 
Dopo aver sistemato un po' di cose qua e là, essendo ormai sera, decidemmo di riposarci. Ci infilammo nel letto, ma io non riuscivo a dimenticare quel ragazzo. Cosa voleva?
"Ehi, Rose.." la chiamai, ricordandomi un altro particolare.
"Dimmi, Marta." rispose lei, girandosi su un fianco per guardarmi.
"Mi devi insegnare il coreano, è una delle nozioni fondamentali per il lavoro ed ho solo 6 giorni per impararlo. Da sola è impossibile, mi servirebbero almeno le basi." le spiegai, con una voce quasi supplichevole.
"Certo, con piacere." accettò lei, ridacchiando appena. Dopo esserci augurate la buona notte, spegnemmo le luci e calammo in un silenzio perfetto per farsi avvolgere dalle braccia di Morfeo.


 
Ecco a voi il secondo capitolo! Spero che vi piaccia.
-Kimmie.

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Capitolo 3
*** L'incidente & il salvatore. ***


L'incidente & il salvatore.



Mi risvegliai il giorno dopo per le urla incessanti di Rose. Aprii gli occhi, cercando di focalizzare tutto quello che mi circondava.
"Che...diavolo..." farfugliai, stordita ed irritata da quelle urla.
"SVEGLIATI!!" continuava ad urlare lei. Mi tirai su a sedere, stropicciandomi gli occhi. Mi sentii scuotere violentemente e sobbalzai. La bloccai e la misi sotto di me, immobile sul letto.
"Rose, che diavolo strilli a fare?!" sibilai io, infastidita. All'iniziò i suoi occhi erano un misto di sorpresa e paura per la mia velocità e forza, poi si calmò e si ammutolì.
"Dovevo svegliarti, hai tanto da imparare. Hai detto tu che hai solo 6 giorni, dobbiamo impegnarci." disse lei, poco dopo, scivolando via dalla mia presa, ormai allentata.
"Ahn.." mugulai, lasciandomi cadere in avanti, contro il cuscino, sospirando. Dopo un po', dovetti alzarmi e prepararmi per raggiungerla giù. Chiusi a chiave e scesi nella saletta dove avremmo consumato i nostri pasti.
La trovai seduta ad un tavolino vicino la finestra. Mi sedetti di fronte a lei e, consumando la nostra colazione, iniziamo a programmare le giornate. Dopo aver deciso ed organizzato tutto, lei se ne andò per andare a fare shopping e visitare la città, lasciandomi diversi libricini che avrei dovuto studiare.
Decisi di fare una passeggiata e, dopo essermi coperta per bene, uscii dall'hotel e mi incamminai senza una meta precisa. Non mi guardavo intorno, ero così presa dal libricino che ignoravo tutto quello che mi circondava.
Attraversai la strada, senza guardare le macchine. Quel che sentii furono delle urla incomprensibili ed un forte clacson, sempre più vicino. Alzai lo sguardo per capire cosa stava succedendo e mi paralizzai, sbiancando. Un camion mi stava venendo incontro.
Quel che successe dopo era ben confuso, l'unica cosa che capii era che ero ancora viva. Ero appallottolata su qualcosa, sull'altro marciapiede. Avevo gli occhi bene serrati e tremavo come una bimba.
Sentivo diverse voci intorno a me, soprattutto una voce maschile molto vicina, ma ero troppo scossa per riuscire a parlare o muovermi. Mi sentii sollevare da terra e, solo in quel momento mi accorsi che ero tra le braccia di qualcuno.
La vergogna prese il sopravvento e, spalancando gli occhi, mi divincolai fino a scendere dallo sconosciuto. Le mie gambe, ormai tutte un tremolio, mi fecero barcollare, ma il ragazzo mi prese in tempo, stringendomi a se.
Il tempo di recuperare il fiato e mi allontanai ancora una volta dal ragazzo, inchinandomi e chiedendo scusa in inglese, per poi voltarmi e tentare di scappare via.
Il ragazzo mi fermò e, sorridendomi, mi trascinò via. Io, ancora stordita dall'accaduto, non potei fare altro che seguirlo. Mi sentivo osservata da tutti e questo aumentava il mio nervosismo.
Lo sconosciuto mi portò in un bar e mi fece accomodare su una sedia, ordinando per entrambi in coreano. Avevo il volto chino e lo sguardo puntato sul pavimento, troppo imbarazzata per guardarlo.
"Qual'è il tuo nome?" mi chiese lui, in inglese ed io, per non essere maleducata nei confronti di chi mi aveva appena salvato la vita, fui costretta ad alzare il volto per guardarlo.
"Martina." risposi, cercando di essere il più pacata possibile. Fin da quando andavo alle superiori, provavo apatia e distacco verso i ragazzi. Non mi sentivo a mio agio con loro, eccetto con i parenti.
"Che bel nome. Sei italiana?" sorrise lui, sporgendosi in avanti. Io mi limitai ad annuire.
"Io sono Lee Chang Sub, piacere di conoscerti." continuò lui, porgendomi la mano. Alternai lo sguardo dai suoi occhi, al suo sorriso rassicurante ed infine alla sua mano. Scrollai le spalle e ricambiai la stretta. Che strano, aveva un viso a me conosciuto.
"Piacere mio." dissi io, sorridendo appena. Arrivarono le nostre ordinazioni e mi accorsi che per me aveva ordinato della semplicissima cioccolata calda. Iniziai a giocherellare con il cucchiaio.
"Cosa ci fai qui? E' raro trovare italiani in Corea." mi chiese lui, facendo un'ottima osservazione.
"Sono qui per un lavoro. Sto cercando di imparare la vostra lingua, perché è una delle nozioni importanti per il posto che vorrei avere." spiegai io, guardandolo per un attimo.
"Oh, ora capisco. Comunque sia non dovresti studiare in giro per la città. E' pericoloso." mi ammonì lui. guardandomi seriamente.
"Lo so." sbuffai io. Ma chi era lui? Mio padre? Tsk.
"Meno male." ridacchiò lui, iniziando a sorseggiare la sua bevanda. Cadde il silenzio fra di noi, mentre sentivo il suo sguardo su di me.
"Grazie per avermi salvato.." mormorai, dopo un bel po'. Sorseggiai la mia bevanda, per poi puntare lo sguardo su di lui. "Mi hai salvato la vita."
"Figurati, non devi ringraziarmi. Solo, la prossima volta sta più attenta." rispose lui ed io annuii.
"Anche perché dubito che un camion o un'altra autovettura sia capace di sopravvivere illesa ad un impatto con il tuo comportarti da dura." aggiunse, ridacchiando. 
"In effetti." risi anche io, rilassandomi un pochino. Il ragazzo non era niente male e parlare con lui non era affatto spiacevole. Aveva un capello e degli occhiali enormi e neri, che coprivano mezzo viso. In più portava un enorme e calda sciarpa di lana. Era vestito come se non avesse voluto farsi riconoscere da qualcuno.
"Sei un tipo strano." mi lasciai scappare, per poi arrossire. "Cioè..no..aspetta...non sei niente male..cioè..no..oddio.." iniziai a balbettare, fino a quando decisi di ammutolirmi del tutto. 
"Ma grazie." disse lui, ridendo con gusto. "Li prenderò come complimenti." Mi sorrise, cercando di tranquillizzarmi. Accennai un sorriso anche io.
Dopo quel momento imbarazzante, la conversazione continuò tranquillamente. Parlammo dei nostri interessi, della nostra vita, ma lui restava sempre molto vago.
"Si è fatto tardi per me." disse lui, dopo un'oretta. Non volevo lasciarlo andare, finalmente riuscivo a parlare con un ragazzo, ma non potevo trattenerlo oltre. 
Annuii e mi alzai, seguita subito da lui. Iniziai a frugare nella borsa, in cerca di soldi, quando lui mi fermò.
"Pago io, Scema." mi disse, sorridendo dolcemente. A quelle parole la Martina provocatrice e audace scoppiò. Mi liberai dalla sua presa e recuperai i soldi, lasciandoli sul tavolo. 
Mi avvicinai a lui e, tirandolo per la sciarpa, lo piegai alla mia altezza, così da poterli parlare nell'orecchio.
"Tieni pure il resto, tesoro. Non mi faccio pagare da nessuno e, soprattutto, non mi faccio comandare da nessuno." sussurrai, sogghignando prepotentemente. Mi allontani e, dopo avergli fatto l'occhiolino, mi incamminai verso l'uscita.
Uscii dal bar, correndo verso la vetrata per guardarlo. Gli feci una linguaccia e lo salutai, per poi vederlo ridere, non potendone però sentire il dolce suono. 
Sorrisi e mi incamminai verso l'hotel, dandogli le spalle. Chiedendo informazioni in lingua, aiutata dai libricini di Rose, riuscii a tornare in Hotel.
Presi le mie chiavi e mi diressi in camera, trovandovi Rose dentro.
"Rose! Non sai cosa mi è successo!" esclamai, facendola quasi spaventare. La raggiunsi sul letto e le chiusi il pc, per avere la sua attenzione. Le raccontai tutto, dall'incidente al ragazzo.
Appena seppe dell'incidente, iniziò ad urlarmi contro, evidentemente preoccupata.
Chinai il capo e subii tutta la sua infinita ramanzina, chiedendole più volte scusa.
"Ti rendi conto di quello che sarebbe potuto succedere? Eh? Cristo, Martina, devi stare più attenta!" esclamò lei, furiosa. Quando mi chiamava così voleva dire che la cosa era molto grave.
"Scusami, Rose...starò più attenta...lo prometto..."mi scusai ancora io, abbracciandola con forza. "Ti prego, non essere arrabbiata con me..scusa..." mormorai al suo orecchio, terribilmente mortificata.
Lei sospirò e, dopo un po', si abbandonò tra le mie braccia, ricambiando la stretta.
"Non farmi mai più preoccupare, scema.." aggiunse lei, ora più calma. Annuii e lei mi accarezzò una guancia, sorridendomi dolcemente. Strofina la punta del mio naso con la sua e le lasciai un dolce bacio sulla guancia.
Rose era un'amica davvero importante per me. Ci conoscevamo da tantissimo tempo e sapevamo molto l'una dell'altra. Mi aveva sempre aiutata, confortata e ascoltata. Era un'amica stupenda. A volte sapeva essere parecchio testarda, scorbutica e scontrosa, ma era di una dolcezza infinita e le volevo davvero troppo bene.
"Comunque sia.."mi guardò, ora tutta eccitata. "Descrivimi questo ragazzo! Sono curiosa, com'era?" Quando mi vide annuire, agitò le mani ed io non potei trattenermi dallo scoppiare a ridere. Le descrissi il ragazzo, tutto quello che mi aveva detto e tutto quello che era successo.
"Come hai detto che si chiama?" mi chiese lei, dopo aver urlato come sceme. Mi guardò perplessa e immersa nei suoi pensieri.
"Lee Chang Sub, perché?" le ripetei il nome, curiosa di sapere cosa le passava per la mente. Recuperò il suo computer e fece una breve ricerca, per poi sbiancare e portarsi una mano alla bocca, ormai spalancata.
"Rose? Che succede?" la guardai preoccupata, avvicinandomi a lei per guardare cosa l'aveva fatta reagire in quel modo. Mi immobilizzai ed impallidii.
Ero stata salvata e porta in un bar da Chang Sub, uno dei 7 bellissimi cantanti del gruppo con cui avrei fatto l'audizione come aiuto-segretaria: i BTOB
.

 
Ecco a voi il terzo capitolo!
Spero che vi piaccia, commentate in tanti, please!
-Kimmie.

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Capitolo 4
*** Fredda sorpresa. ***


La fredda sorpresa. 




Era ormai tarda notte, eravamo ancora entrambe scosse dalla nuova scoperta fatta. Avevo passato la mattinata in compagnia di Chang Sub dei BTOB. Ancora non riuscivo a crederci, continuavo a ripetermi che era un sogno, un'illusione. 
Ma la vera notizia agghiacciante non era ancora arrivata. 
Il mattino seguente ero nel mio letto a ripetere coreano, lingua che adesso bene o male conoscevo, quando l'urlo di Rose mi fece sussultare e cadere il libricino. Mi voltai a guardarla.
"Sei impazzita? Mi hai fatto spaventare!" sbuffai, chinandomi a recuperare il libricino.
"E non hai ancora visto nulla.." sussurrò lei e quello mi fece spaventare, sul serio. Mi avvicinai a lei e lessi l'annuncio su internet. "Per problemi del manager, l'incontro per il posto di lavoro è stato anticipato. Si terrà il giorno 12 presso la Cube, alle 09:00. Si prega la puntualità."
"CHE COSA?!? MA E' DOMANI, PORCO DIO!" urlai io e quasi non caddi dal letto. Merda. Mi stavo preparando lentamente, perché mancavano ancora 4 giorni, ma ora? Lo avevano anticipato e avevo a disposizione solo il giorno stesso! 
Mi rimisi sul letto e aprii tutti i libri di coreano, sforzandomi di parlarlo correttamente e di scriverlo per bene, facendo anche delle piccole traduzioni e degli esercizi.
Trascorsi tutta la giornata in camera a studiare, non badando ai movimenti di Rose, che mi portava da mangiare, ma che io ignoravo. Arrivò notte fonda e Rose mi convinse ad andare a dormire, o il giorno dopo non sarei riuscita a dimostrare nulla.
La notte passo come se in realtà fossero 5 minuti. Ero stanchissima, uno zombie, ma non potevo arrendermi. 
Mi alzai alle 7 e mezza e corsi in bagno per lavarmi e truccarmi, andando all'armadio in camera per vestirmi. Feci nel silenzio più totale per non svegliare Rose, lasciandole poi un dolce bacio sulla guancia ed un bigliettino prima di andarmene.
Salii su un taxi e, parlando in coreano, gli chiesi di portarmi alla Cube Entertainment. Il tassista annuì e, mentre viaggiavamo, continuavo a ripetere cosa dire, come presentare il mio curriculum e così via. 
Quando arrivai, corsi fuori e mi precipitai nella struttura. Non conoscendo così tanto la lingua, presi a parlare in inglese con la reception che mi spedì in una sala infondo al corridoio destro.
Camminando con passo svelto arrivai davanti alla porta esattamente 2 minuti prima che questa si aprisse ed un ragazzo annunciasse l'apertura dell'incontro. Oltre a me c'erano ben altre 6 ragazze, tutte asiatiche. Sospirai, non avevo possibilità alcuna, si sapeva che gli asiatici erano i migliori. 
Mi sedetti pazientemente per aspettare il mio turno, continuando a ripetere ogni cosa, per poi mettermi un auricolare e calmarmi con la musica dei BTOB.
Dopo un paio di orette, finalmente, arrivò il mio turno. Mi alzi, mi diedi una sistemata, feci un grosso respiro ed entrai.
Quello che mi aspettava davanti era molto peggio di quello che avevo immaginato. Il manager era ammalato, a giudicarmi non c'era lui, ma...i BTOB! Ero spacciata. 
Rallentai la mia camminata, tenendo lo sguardo basso. I tacchi rimbombavano nella stanza spoglia e silenziosa. Avevo gli occhi dei sette ragazzi su di me e la cosa mi innervosiva. 
Mi sedetti ed alzai lo sguardo, dopo aver preso un secondo respiro profondo. Guardai i 7 ragazzi davanti a me. Il primo che riconobbi fu ChangSub, che mi sorrideva, anche se sorpreso. Ai suoi due lati c'erano EunKwang e HyunSik che mi osservavano tranquillamente. Accanto a loro c'erno Peniel, Ihoon e Sungjae che mi ignoravano, continuando a parlare e a fare i fatti loro.
Al centro c'era lui. Il ragazzo dalla voce che mi aveva stregato. Min Hyuk. Appena incontrai il suo sguardo, il mio cuore smise di battere per alcuni secondi. Era davvero bellissimo, con quelle sue labbra a cuoricino, gli occhi intensi. Però c'era qualcosa di diverso in lui, era freddo, distaccato, con uno sguardo quasi altezzoso e scontroso. 
Mi squadrò dalla testa ai piedi, per poi leccarsi le labbra e sogghignare. Quel gesto mi portò alla mente i ragazzi del mio passato e subito il mio stomaco si contrasse. Feci una lieve smorfia, visibilmente a disagio. Abbassai lo sguardo, distogliendolo da quello del ragazzo.
"Ciao." mi sentii salutare in inglese. Tutti quanti si girarono verso di lui, verso il mio salvatore ChangSub. Alzai lo sguardo e capii che lui aveva notato il mio disagio e stava cercando di aiutarmi. Gli sorrisi piano e mi morsi appena il labbro.
"Ciao, mio salvatore." ricambiai il saluto, sussurrando quelle parole. Lui mi sorrise ampiamente, facendo incuriosire gli altri ragazzi che subito lo tartassarono di domande, frasi troppo veloci per il mio coreano di base.
"Quindi vi conoscete già. Che strana coincidenza. O dovrei dire stratagemma?" disse una frase fredda, sarcastica, orribile. Mi voltai verso il ragazzo che aveva parlato, spalancando appena gli occhi. No. Quello non poteva essere lui. Non poteva essere il ragazzo che l'aveva fatta viaggiare solo sentendone la voce. Non era la voce che aveva sentito. Questa era vuota, fredda.
"Andrebbe bene la coincidenza, poiché mi ha salvato la vita ed io non avevo pianificato di farmi investire." risposi fredda, irritata. Praticamente la Martina di sempre. Min Hyuk sorrise cattivo e si sporse verso di me.
"Interessante." disse ironico. Feci una smorfia di pieno disgusto e piena delusione. Strinsi i pugni e mi morsi il labbro per trattenermi dall'alzarmi e andarmene. 
Puntai lo sguardo su Chang Sub che mi guardava mortificato e mi ricordai della mattinata passata con lui, abbandonandomi ad un dolce sorriso sincero. Sarebbe stata dura, ma ce l'avrei fatta.
***
Quella mattina si prospettava una mattinata davvero scocciante e noiosa. Avevano degli stupidi incontri per trovare una ragazza che facesse da aiuto-segretaria al loro manager. Purtroppo quest'ultimo si era ammalato, quindi toccava a loro intervistare e giudicare le ragazze. Mi sedetti sulla sua poltroncina ed accavallai le gambe. Scrutai le 6 ragazze che mi passarono davanti, ma nessuna di queste mi attirò più di tanto.
Per tutti gli incontri non fiatai, lasciando agli altri le domande e le conversazioni. Chiusi gli occhi per rilassarmi appena l'ultima ragazza fu fuori. Finalmente un po' di silenzio, ma esso durò poco, troppo poco.
Il rumore dei tacchi di qualcuno mi fece innervosire e aprire gli occhi. Feci per fulminare la causa di tale rumore, ma non ne fui capace. Un'altra ragazza andava loro incontro, ma lei era diversa dalle altre. Una bella ragazza, straniera, dai capelli ricci, biondi, corti e rasati, con scarpe alte, pantacollant, scaldamuscoli e un maglioncino largo e lungo. Un modo di vestirsi tutto suo, un'acconciatura tutta sua, un modo di fare tutto suo.
Eppure, eppure riusciva a percepire il suo disagio. Si vedeva da come stringeva la borsa tra le mani, da come evitava di guardarli e da quella camminata lenta come se sperasse di non avvicinarsi mai a loro. Bhè, lei era unica a modo suo. Sentivo che questa volta mi sarei divertito. La ragazza si sedette davanti a loro e, prendendo un grosso respiro, alzò lo sguardo e scrutò i ragazzi.
Io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal viso della ragazza. Non capivo di che nazionalità era. Appena incrociai il suo sguardo, uno strano brivido mi pervase. Aveva due occhi di colori diversi, tutti mischiati. Dal giallo al verde, dall'azzurro al grigio. Era la prima volta che vedeva degli occhi così. Notò nel suo sguardo che era rimasta delusa da qualcosa o da qualcuno.
Che fosse rimasta delusa dalla propria freddezza? Probabile. Anche questa volta rimasi in silenzio, finché qualcosa non catturò la mia attenzione. Chang Sub la conosceva. Iniziò a parlare con lei in inglese. Quest'informazione fece salire la mia cattiveria, che non riuscii più a trattenere.
"Quindi vi conoscete già. Che strana coincidenza. O dovrei dire stratagemma?" dissi con il mio solito tono freddo e distaccato. La ragazza mi guardò, spalancando i suoi occhietti e rimanendo ancora più delusa. Credevo di vederla piangere da un momento all'altro, invece quello che fece mi stupì.
"Andrebbe bene la coincidenza, poiché mi ha salvato la vita ed io non avevo pianificato di farmi investire." mi rispose lei, con una fredda prepotenza nella voce che mi sorprese parecchio. Quindi anche lei aveva un modo tutto suo di interagire con le persone. Questo lo fece sorridere e avvicinarsi ancora di più a lei, sporgendosi nella sua direzione.
"Interessante." dissi ironico, notando poi la sua smorfia. Oh, ti faccio schifo ora? Povera piccola. La ragazza guardò verso Chang Sub e, come ricordandosi di qualcosa, si abbandonò ad un sorriso che, per mia sorpresa, era ricco di emozioni sincere. 
Un sorriso mozzafiato.
Un sorriso che, lo sentivo, mi avrebbe cambiato per sempre.
***
Finalmente ero riuscita a sbloccarmi e darmi una svegliata. Parlai di me stessa e presentai il mio curriculum, sia in inglese che in coreano. Spiegai la mia motivazione, nascondendo l'essere stata attirata dalla voce del più stronzo del gruppo, e diedi tutte le informazioni che servivano per soddisfarli.
"Perfetto. Grazie per essere venuta, la richiameremo per farle sapere il risultato." Mi annunciò Eunkwang, porgendomi la mano. Annuii e sorrisi, stringendo la mano a tutti. 
Quando toccò a Min Hyuk, strinsi la presa così forte, da mandargli una sfida. Non mi sarei più fatta ingannare da lui e non mi sarei più neanche intimorita di quello sguardo cattivo e freddo. 
Lui sogghignò, ma era ancora perso nei suoi pensieri.
Mi incamminai verso l'uscita ed aspettai l'esito. Quando lessi il mio nome sul foglio, appena appeso alla porta, quasi non urlai dalla gioia. Ero stata presa! Mi richiamarono ed entrai, ora più serena e tranquilla.
"Abbiamo scelto te, perché sei la più perfetta e la più preparata fra tutti." spiegò Chang Sub, tutto contento.
"E sei anche una sorpresa inaspettata ed interessante, direi." aggiunse Ihoon. Sorrisi ai ragazzi e mi inchinai. 
"Grazie per avermi preso. Mi ripresento. Il mio nome è Martina Solazzo, ho 20 anni, sono del cancro, nata in Italia." mi ripresentai. "E da oggi sarò l'aiuto-segretaria del vostro manager. Prendetevi cura di me."
I ragazzi si guardarono soddisfatti tra di loro ed uno ad uno si presentarono.
"Io sono Seo Eun Kwang, ma chiamami solo EunKwang." si inchinò anche lui, cordiale.
"Io sono Lee Chang Sub, come ben sai, Chang Sub per gli amici." mi sorrise divertito.
"Io, invece, sono Lim Hyun Sik, ma preferisco solo Hyun Sik. Piacere di conoscerti." mi salutò lui, leggermente indifferente, ma pur sempre soddisfatto della scelta.
"Il mio nome è Peniel D. Shin, ma puoi chiamarmi Peniel." si presentò l'altro, sorridendomi appena.
"Io mi chiamo Ihoon Jung, ma devi chiamarmi solo Ihoon, ragazzina interessante." disse lui, sorridendomi e facendomi l'occhiolino.
"Io sono Yook Sungjae, puoi chiamarmi solo Sungjae. Benvenuta nel nostro gruppo." disse, dandomi un caloroso benvenuto.
Ringraziai i 6 ragazzi, inchinandomi e sorridendo loro, per poi voltarmi verso l'ultimo ragazzo che continuava a guardarmi con quella sua altezzosità.
Mi avvicinai a Min Hyuk e sorrisi, perfida.
"Piacere di conoscerti, Min Hyuk. Sarà un vero onore lavorare con te. Sempre sperando che i tuoi modi di fare non facciano congelare l'atmosfera." dissi io, prepotentemente.
I ragazzi rimasero sorpresi dai miei modi di fare ed iniziarono a fischiare e spintonare il ragazzo colpito dalle mie frecciatine. Chang Sub ridacchiò ed incrociò le braccia al petto. 
"Ma che simpatica la ragazza. Benvenuta tra di noi, piccoletta. Spero di lavorare bene insieme, sempre se durerai." mi rispose lui, facendomi irritare ancora di più.
"Vedremo, Mr. ghiacciolo." sibilai io e gli diedi le spalle. Dopo averli salutati tutti, uscii dalla camera e dalla Cube Entertainment, dirigendomi verso il mio hotel tutta contenta.
Appena arrivatavi, incrociai Rose che rientrava e le corsi incontro, saltandole addosso. Appena data la buona notizia, iniziammo ad urlare e decidemmo di andare in un pub non molto lontano a festeggiare.

 
Ecco a voi il quarto capitolo! Spero che vi piaccia. Ci tengo a specificare, anche se è abbastanza chiaro, che quando vi sono gli asterischi "***" significa che il personaggio che racconta la storia è cambiato. In questo capitolo è passato da Martina a MinHyuk, per poi tornare a Martina.
Detto questo, commentate in tanti e buona notte a tutti!
-Kimmie.

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Capitolo 5
*** La sfera di cristallo. ***


La sfera di cristallo.





Mi svegliai con un mal di testa davvero tremendo. Fu il mio cellulare a svegliarmi, cosa che mi infastidì parecchio. Lo cercai sul comodino, continuando a tenere gli occhi chiusi. 
"Spegni quell'affare.." mi ammonì Rose. Sospirai ed aprii almeno un occhio, riuscendo a prendere il cellulare. Era una chiamata proveniente da un numero a me sconosciuto.
"Pronto?" mormorai io, portandomi un braccio sulla fronte.
"Martina, scusa l'orario, ma potresti venire in azienda?" mi rispose una voce maschile, che a stento riconobbi. Mi tirai su a sedere di scatto e cercai di parlare con una voce meno addormentata.
"Certo! Arrivo subito!" risposi a Chang Sub, chiudendo la chiamata e catapultandomi in bagno, rischiando di inciampare nelle scarpe di Rose. Mi vestii e truccai in un lampo, cercando di nascondere le mie occhiaie.
La sera prima avevamo fatto baldoria per la buona notizia, bevendo molto e ritirandoci tardi. Lasciai un bigliettino alla mia coinquilina e corsi via. L'abbigliamento di quel giorno era composto da una felpa larga e lunga di un blu elettrico, sopra a dei pantaloncini con dei legghins blu e degli stivaletti più o meno dello stesso colore. 
Faceva meno freddo rispetto agli altri giorni, quindi un semplice capello ed una calda sciarpa andavano benissimo. Quella mattina splendeva anche il sole, quindi non ci poteva essere giornata migliore. O almeno credevo.
Presi il mio solito taxi per la Cube e, dopo 10 minuti circa, via arrivai. Corsi dentro, salutando la ragazza della reception e chiedendole dove fossero i BTOB. Mi spiegò dove fosse la saletta, ma non capii bene. Per vergogna, annuii e decisi di andare a caso, seguendo le poche informazioni che avevo compreso. 
Girovagai per un po', fino a trovarmi in un corridoio senza uscita. Sospirai e mi voltai per tornare indietro, andando a sbattere contro qualcosa. Barcollai all'indietro, ma riuscii a reggermi in piedi. Solo dopo mi accorsi che non era qualcosa, bensì qualcuno.
"Mi scusi." mi scusai io, inchinandomi per poi alzare lo sguardo. Appena incrociai lo sguardo irritato e divertito dell'altro, mi si fermò il cuore. Possibile che vederlo mi facesse ancora quell'effetto, dopo la scoperta fatta?
"Ah, sei tu." sbuffai e roteai gli occhi. "Con permesso." lo scansai, sorpassandolo. Ma non ebbi fatto più di 3 passi, che mi prese per il polso, fermandomi e attirandomi a se. Mi ritrovai il suo corpo addosso ed il muro freddo alle mie spalle.
Lo fulminai con lo sguardo, ma non avevo intenzione di cedere a quello che, a parere mio, pareva tanto un atto intimidatorio. 
"Hai qualcosa da dirmi?" dissi, con un volto passibile, ma un nervoso dentro che stava per esplodere. Lui mi sorrise, facendomi congelare perfino il sangue.
"In realtà no." mi rispose lui, sincero. "Sei interessante, piccoletta." sogghignò lui.
"Non c'è bisogno che tu me lo dica, lo so." gli risposi io, beffarda. In realtà volevo mollargli un ceffone, ma cercavo di trattenermi con tutte le mie forze. Se lo avessi fatto, avrei potuto perdere quel lavoro. 
"Wow, tosta la piccoletta." si beffeggiò di me. Calma, calma. Devo mantenere la calma. Sono superiore.
"Potresti lasciarmi andare?" cercai di divincolarmi, ma lui strinse di più la presa.
"Veramente avevo voglia di divertirmi un po'." si avvicinò ancora di più a me, puntandomi i suoi occhi intensi contro. Il mio cuore prese a battere con forza. Dannazione, così avrebbe potuto sentirlo!
"Senti un po'. Qualcuno qui ha il battito accelerato." evidenziò lui, con quel suo inglese perfetto, smascherando la mia paura. 
"E' solo perché mi stai infastidendo.." cercai di salvarmi, ma lui scoppiò a ridere. Non potei reggere oltre ed abbassai lo sguardo. Presi un grosso respiro e strinsi i pugni. Non ce la facevo più, stavo esplodendo.
Proprio quando ero sul punto di sputargli in faccia tutto il veleno che avevo dentro e tutta la delusione nei suoi confronti, una voce maschile mi salvò.
"MinHyuk, piantala adesso. Fai scappare ogni ragazza appartenente allo staff, dovresti proprio finirla una volte per tutte." disse colui che, voltandomi verso di lui, scoprii essere EunKwang. 
Min Hyuk lasciò la presa, sbuffando, ed io presi a massaggiarmi i polsi e a rilassarmi lentamente.
"Ecco che arriva il guastafeste." disse lui, andandosene, superando l'amico. Il ragazzo mi si avvicinò, sorridendomi dispiaciuto.
"Tutto bene, piccola?" domandò lui, gentilmente. Piccola? Solo perché sono bassa, non vuol dire che potete chiamarmi piccola. Avrei tanto voluto dirglielo, ma non lo feci. Infondo, lui, mi aveva appena aiutata. Mi limitai ad annuire, guardandolo e sforzando un sorriso.
"Meno male. Non ti lasciar intimidire da lui, fa così con tutti." sospirò lui. "Non è sempre stato così, poi dei problemi lo hanno portato a cambiare." mi spiegò lui. Problemi? Chissà che problemi aveva avuto per cambiare così tanto. 
"Stavo proprio cercando voi. Mi avete chiamato e sono corsa qui, solo che non sapevo dove fosse la saletta." cambiai argomento io, spiegandogli tutto, omettendo le informazioni della reception.
"Oh, bastava chiamarci. Vieni con me, ti ci porto io, stavo proprio tornando lì." mi sorrise, cordialmente, e si voltò, incamminandosi. Annuii, sorridendo e seguendolo in silenzio.
La saletta prescelta era una delle porte bianche che prima avevo superato, proprio come una scema. Vi entrammo, ritrovando tutti gli altri 6 lì dentro. Ihoon e Sungjae erano seduti a giocare e ridere fra di loro, Min Hyuk era appoggiato ad una colonna, HyunSik e Peniel parlavano fra di loro, mentre ChangSub colloquiava con qualcuno a me sconosciuto.
Quest'ultimo, quando mi vide, mi sorrise e mi venne incontro.
"Martina, tempismo perfetto, stavamo per iniziare!" la sua felicità mi travolse come un onda marina. Gli sorrisi e lo seguii verso lo sconosciuto, che scoprii essere un fotografo. ChangSub mi spiegò per quel giorno avevano programmato un set fotografico del gruppo, ma che, avendo saputo troppo tardi che il manager era ancora ammalato, non avevano potuto avvisarmi prima.
"Non preoccuparti, ChangSub..iniziamo dai!" sorrisi io e lui mi ricambiò il sorriso. I ragazzi si alzarono per andarsi a versi.
"Noona!" mi sentii chiamare e, voltandomi, notai che erano Ihoon e Sungjae. Sorrisi loro e mi ci avvinai.
"Ciao ragazzi, come state?" chiesi io, da buona ragazza staff. 
"Alla grande!" mi rispose subito Ihoon. "Mi piace fare foto per le nostre fans e per le riviste!" esclamò lui, tutto eccitato. Non riuscii a trattenermi dal ridere, intenerita.
"Bene." mi rispose semplicemente Sungjae, sorridendomi. Sorrisi loro ed ordinai di andarsi a preparare. Dopo avermi lasciata sola, presi un grosso respiro, pensando che non mi sarei mai abituata a tutti loro.
Il servizio iniziò e, vedendo i ragazzi, notai subito che erano tutti particolarmente a loro agio. Erano tranquilli e molto spontanei, come se non vedessero il fotografo che li incitava.
Dopo un paio di scatti in abiti casual, li vidi sparire nello spogliatoio, per poi tornare uno ad uno con solo una parte del corpo vestita: le gambe. 
I tecnici impiantarono un piccolo tubo creando una specie di doccia nella sala. Da quel che potei capire, stavano per scattare loro delle foto bagnati dall'acqua. Dio, che fisici che avevano! Arrossii appena a quel pensiero, sperando di non essere vista.
L'ultimo a scattare le foto fu HyukMin. Entrò con quella sua camminata disinvolta, quelle gambe snelli e forti, quella sua sfacciata bellezza, l'addome scolpito, gli occhi, le labbra carnose...BASTA! Mi accorsi della via che stavano prendendo i miei pensieri e scossi il capo per togliermeli dalla testa.
Proprio in quel momento lui guardò dalla mia parte e sorrise, come un predatore che aveva appena avvistato la propria preda. Deglutii appena, avendo paura di quello che mi sarebbe toccato guardare.
Iniziò a fare le sue foto, guardando in continuazione verso di me, con quel suo sguardo intenso e quel sorriso sghembo e mozzafiato. Ero incantata da lui, volevo distogliere lo sguardo, ma non ne ero capace. Non mi accorsi neanche di quanto tempo era passato, l'unica cosa che sapevo era che i nostri sguardi erano intrecciati ed il mio fiato era alterato. Ero praticamente nelle sue mani, debole e fragile come una sfera di cristallo.
***
Era il turno per il servizio fotografico. Non ero granché interessato, ma era il mio lavoro, quindi non era un problema scattare delle foto. Entrai in sala sentendo un brivido per la temperatura fredda della camera. Ero a torso nudo, come ci aveva chiesto il fotografo.
Mentre camminavo, mi sentii osservato e, voltando lo sguardo, notai di essere sotto lo sguardo di lei, Martina. Aveva uno sguardo appena perso, ma che cercò subito di togliersi. La vidi perfino arrossire, possibile? No, assolutamente. Quella ragazza mi odiava. Questo mi avrebbe fatto perdere ogni interesse, ma così non era. Ero sempre più attratto da lei.
Sorrisi a quel pensiero, notando in lei un cambiamento a quel mio gesto. Decisi di provocarla a distanza. Mi misi in posizione ed iniziai il mio servizio, mettendomi nelle posizioni più sexy che avevo, mantenendo, però, lo sguardo su di lei. 
Mi sentii attratto da lei, fisicamente e non, come non mi era mai successo. Dal provocarla ero passato al non riuscire più a toglierle gli occhi di dosso. Mi sentivo fragile ed in balia dei suoi occhi chiari. 
Non so nemmeno quante foto mi feci fare, o le posizioni o le parole del fotografo, l'unica cosa che sapevo era che non potevo fare a meno di mantenere gli occhi nei suoi. 
Iniziai ad immaginarla, come mai si dovrebbe immaginare una donna. La cosa mi sconvolse a tal punto da lasciarmi andare sotto l'acqua, sentendomi nascere dentro una sensualità mai provata. 
Mi sentii a mio agio, mi sentii perfetto come se lo sguardo di quella ragazza avesse il potere di rassicurarmi, farmi provare piacere. Che cosa strana, pensai. Questo rendeva il gioco più difficile di quanto mi aspettassi.
Ormai capii che, con lei intorno, non avrei più potuto comandare il mio istinto e sarei stato vulnerabile, come una tigre appena nata.
***
Rimasi lì, impalata, a guardarlo posare con quella sua spontaneità. Ma avvertivo che qualcosa era cambiato in lui. Il suo sguardo si era fatto più intenso e serio, il suo corpo emanava sensualità e feromoni da tutti i pori. Era strabiliante come riuscisse, un ragazzo della sua età, a far mozzare il fiato a chiunque lo circondasse.
Mozzare il fiato, già. Proprio come il mio in quel momento. Il servizio finì ed io cercai una sedia per cercare di tranquillizzarmi e nascondere il tremolio delle mie gambe.
"Martina!" mi sentii chiamare, cosa che mi fece sobbalzare. Vidi HyunSik corrermi incontro.
"Di là c'è un piccolo bouffet per lo staff e noi del gruppo. Puoi venire a favorire, ormai fai parte del nostro staff!" mi disse lui, cordialmente. Sorrisi e scossi il capo, ancora stordita.
"Ti ringrazio, ma non ho molta fame. Avete qualche altro impegno oggi?" chiesi io, vogliosa di tornare nella mia camera.
"No, questo era il nostro unico impegno per oggi. Quando il nostro manager non c'è, abbiamo poco lavoro e un po' di tregua." Ridacchiò lui. "Adesso sei libra, se avevi qualche impegno puoi andare a farlo." sorrise lui.
"Meno male. Grazie mille, allora io scappo. Ci vediamo domani, ciao!" lo salutai, alzandomi ed incamminandomi verso l'uscita. Salutai i ragazzi da lontano, inchinandomi a loro e facendoli sorridere contenti, per poi andarmene.
Chiamai un taxi e gli chiesi di riaccompagnarmi in albergo. Appena arrivata lì, salii in camera, trovandola vuota. Rose mi aveva lasciato un messaggio sul comodino, avvisandomi che sarebbe uscita per trovare un lavoro e non sapeva a che ora sarebbe tornata. Mi consigliava, quindi, di non aspettarla per mangiare.
Mangiare? Come se fosse stato possibile nello stato in cui ero. Mi spogliai, poggiandomi una tuta più comoda e mi buttai sul letto. Accesi il mio mp3 ed iniziai a sentire della musica che mi rilassasse almeno un po'.
La mia mente vagava ancora ad oggi, a tutto quello che avevo visto e provato, a lui...il ragazzo dal cuore di ghiaccio, Min Hyuk. Pensando a tutte queste cose, mi assopii iniziando a sognare proprio quel ragazzo bellissimo quanto fastidioso.


 

Ecco a voi il quinto capitolo! 

Che ne pensate? Fatemelo sapere!
-Kimmie.

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Capitolo 6
*** Sogno o realtà? ***


Sogno o realtà?





Quando mi risvegliai, notai che era ormai tardo pomeriggio. Non avevo neanche pranzato. Sospirai, tirandomi su a sedere, ancora più distrutta di prima per i miei sogni su MinHyuk.
Decisi di uscire per una passeggiata e fermarmi in qualche bar a bere qualcosa di caldo. Mentre camminavo, notai un bar tanto carino così decisi di fermarmi proprio lì. Entrai, guardandomi intorno, trovando un bel posto proprio vicino la finestra. 
Mi sedetti su una poltroncina e guardai il menù per poter scegliere cosa bere. 
"Salve, deve ordinare?" mi chiese qualcuno, in italiano e con una voce famigliare. Alzai lo sguardo e mi trovai Rose davanti, vestita da cameriera e con uno dei suoi bei sorrisi.
"Rose?..ma che.." feci per dire io, ma mi ricordai del suo bigliettino. "Hai trovato lavoro qui?" le chiesi, sorridendole felice.
"Esatto. Non trovi che mi stia davvero bene questa divisa?" ridacchiò lei, facendo un girò su stessa. Mi unii alla sua risata ed annuii.
"Ti sta d'incanto." concordai con lei, facendola ancora più contenta. Come sempre, per renderla contenta bastava davvero poco, ma sempre fatto con il cuore.
"Allora, cosa ordini, Marta?" mi domandò lei, recuperando un taccuino dalla tasca del suo grembiule.
"Fai un po' tu, portami qualcosa di buono, i miei gusti li sai. Qui non si capisce nulla e non sono in vena di tradurre tutto.." dissi io, poco interessata.
"Cosa è successo?" mi chiese lei, dopo aver annuito e segnato qualcosa su un foglietto. Mi prese lentamente il menu per perdere tempo.
"Nulla di che, sono solo stanca." le sorrisi io, nascondendo la verità. Era a lavoro e non volevo farla preoccupare, magari la sera glielo avrei detto.
"Va bene, spero che almeno tu abbia mangiato qualcosa oggi." disse lei, osservandomi attentamente. Merda, non le sfuggiva nulla.
"Certo che ho mangiato! Mi conosci, sai come sono fatta. Non potrei mai saltare un pasto!" le risposi io, emettendo una risata del tutto finta.
"Mh...va bene, per questa volta ti credo. Se scopro che non è così, ti farò passare i guai, sappilo." mi avvertì lei e se ne andò, sparendo dietro il bancone.
Feci un sospiro lungo e sonoro. Che razza di amica sono? Mentire così spudoratamente. Sospirai ancora ed appoggiai il capo chino sul palmo della mano, soffermandomi a guardare fuori dalla finestra.
Non guardo nessuno di preciso, fissavo solo il vuoto. Avevo quella fastidiosa sensazione di sentirmi osservata, ma ero così stanca delle mie paranoie, che neanche indagai. 
Dopo poco arrivò la mia ordinazione, un semplice cappuccino come piace a me. Sorrisi appena tra me e me, prendendo a giocare con il liquido nella tazza.
"Ma guarda un po' chi si vede." sentii una voce maschile pronunciare quelle parole in inglese. Non credevo fossero a me, per questo mi girai. Non lo avessi mai fatto. Mi bloccai e schiusi appena la bocca. Il ragazzo di fronte a me era proprio lui, Min Hyuk. 
Lo avrei riconosciuto tra mille, anche se portava un enorme capello, coperto dal cappuccio della sua felpa, ed una sciarpa enorme. Roteai gli occhi e mi voltai dalla parte opposta alla sua.
"Non sono in vena di giocare con te, Mr. ghiacciolo." sbuffai io, iniziando a sorseggiare la mia bevanda. Speravo tanto che sparisse, ma, come ogni volta, non si avverava mai quello che speravo. 
"Cosa ti è successo, piccoletta?" mi chiese lui, sarcastico e beffardo come sempre, sedendosi davanti a me. Non mi andava proprio di litigare con lui, così decisi di ignorarlo e fare i fatti miei.
"Oh, usi la tecnica dell'ignorarmi, ora?" rise di me, avvicinandosi ancora di più. Feci una smorfia, ma cercai di nasconderla, continuando ad ignorarlo.
"Suvvia, non fare la bambina." tentò ancora lui, sfiorandomi le dita della mano. Un brivido mi attraversò la schiena, facendomi ritirare subito la mano. Lessi nel suo sguardo lo stupore, ma non capivo se fosse riferito al suo gesto o al mio.
"Sei patetico. Mi infastidisci. Sei solo un bambino in cerca di un nuovo giocattolo. Mi hai davvero delusa. Avevo molta stima per te. E dire che avevo deciso di farmi tutto questo viaggio proprio per incontrarti. Mi fai schifo." gli sputai addosso tutto il veleno che avevo dentro, per poi accorgermi di quel che avevo appena detto.
Sgranai gli occhi e me ne andai, senza finire il mio cappuccino. Lasciai i soldi con la mancia a Rose e scappai via, imbarazzata da morire e sul punto di scoppiare a piangere. Ma che diavolo mi prendeva? Non era da me reagire così! Avevo appena dimostrato la mia parte più debole a colui che doveva essere il mio più grande nemico.
Mentre correvo via, iniziò a piovere ed io, al posto di accelerare, rallentai sempre di più, fino a fermarmi. Iniziai a piangere, portando una mano a tapparmi naso e bocca per non singhiozzare come una bimba. 
Alzai lo sguardo verso il cielo e, mentre tutti si mettevano a riparo, io rimasi ferma lì, sul marciapiede, a guardare il cielo, facendo mischiare le lacrime alla pioggia.
Ad un certo punto mi sentii afferrare da un braccio e tirare, ma non opposi resistenza, ormai troppo debole. Fui praticamente trascinata via, in una stradina e messa contro il muro. Due braccia mi bloccarono ogni via di scampo ed io rimasi lì, ferma e vulnerabile.
***
Ero allibito. Non riuscivo più a capire quello che mi stava succedendo intorno. Ero in giro per una passeggiata, quando avevo visto la fonte dei miei mille dubbi seduta in un bar, con lo sguardo perso nel vuoto. Ero entrato e mi ero avvicinato a lei, ma quello che era successo dopo mi aveva totalmente sconvolto.
La stavo solo prendendo un po' in giro, come ho sempre fatto in quei 2 giorni che le avevo parlato. Ma questa volta tutto era andato in frantumi. Le avevo sfiorato le dita e la sua reazione era stata capace di immobilizzarmi e farmi sentire una merda.
"Sei patetico." aveva iniziato lei, ritirando di scatto la mano. "Mi infastidisci. Sei solo un bambino in cerca di un nuovo giocattolo. Mi hai davvero delusa. Avevo molta stima per te. E dire che avevo deciso di farmi tutto questo viaggio proprio per incontrarti. Mi fai schifo." aveva continuato lei, dicendomi quello che mai nessuno mi aveva detto.
Dopo quelle parole, taglienti e affilate come un coltello, se ne era andata via di corsa. Aveva perfino iniziato a piovere. Ma che diavolo le prendeva a quella scema? Era così interessante quando stava al gioco! Adesso era diventata frignona come le altre ragazze.
Mi alzai, innervosito dalla sua reazione, e feci per andarmene, quando mi sentii tirare per la manica. Mi voltai, ritrovandomi una ragazza straniera davanti. Era alta, con una corporatura in carne, ma abbastanza magra, con un seno prosperoso e i capelli rossi e lunghi, con una frangetta che le copriva la fronte fino alle ciglia lunghe.
"Tu sei Min Hyuk, non è vero?" sussurrò lei, capendo che non sarebbe stato il caso farmi riconoscere dagli altri. Cos'era lei, una fan? Mi limitai ad annuire.
"Avevo visto bene, allora." mi sorrise lei, tendendomi la mano. "Mi chiamo Rose e sono la coinquilina di Martina. Siamo amiche da tanto e veniamo entrambe dallo stesso paese in Italia." spiegò lei, presentandosi. 
"Oh, com'è possibile? Il tuo sembrerebbe un coreano quasi perfetto." obbiettai io, anche se si sarebbe potuto vedere da lontano che era straniera.
"La ringrazio." mi sorrise lei. "Vorrei chiederle un favore..sono preoccupata per Marta." disse lei, sospirando e abbassando lo sguardo. "Oggi è molto strana e persa nei suoi pensieri, quasi sul punto di scoppiare. Credo che oggi non abbia neanche mangiato. So che non sono nessuno per chiedervi questo, ma...potrebbe andarla a cercare e controllare se sta effettivamente bene?" mi chiese infine, quasi supplicandomi.
Non sapevo che dirle, la sua preoccupazione mi faceva capire quanto ci tenesse all'amica e le informazioni che mi aveva dato mi aveva fatto un po' preoccupare. Annuii appena ed uscii dal locale, andando a cercarla. Camminai a lungo, senza alcuna traccia della ragazza.
Ma dove diavolo era finita? Mentre camminavo, fui attratto da un'immagine strana. Una ragazza che veniva trascinata via da un uomo che pareva abbastanza maturo. Una brutta sensazione mi invase e notai subito chi fosse quella ragazza.
Iniziai a correre, seguendoli, trovandoli poi in una stradina. Lei era contro il muro e lui era così vicino, da far venire la nausea anche a me. 
"Tu!" urlai subito, andando loro incontro di corsa. L'uomo, alla mia vista, si diede alla fuga, lasciando Martina lì che lentamente si accasciava sull'asfalto. Corsi da lei, inginocchiandomi.
"Martina, Martina! Stai bene?" la scossi appena, alzandole il volto notando gli occhi rossi e lucidi, segno che aveva pianto. Mi si spezzò quasi il cuore. Le toccai il volto, ritirando subito la mano.
"Ma tu scotti! Dio mio, ma non la smetti mai di comportarti in modo sbagliato?" esclamai io, anche se sapevo di non essere sentito da lei. La presi in braccio e mi incamminai verso il nostro dormitorio, portandola con me.
Appena arrivati, la portai in camera mia, coprendola per bene. Mi sedetti vicino a lei, guardandola in volto e, accarezzandola, le spostai una ciocca di capelli umidi per la pioggia. 
"Sciocca, sciocca, sciocca Martina. Quando la smetterai di farmi preoccupare?" sospirai e le baciai appena la mano.
***
Non sapevo cosa mi stesse succedendo intorno, l'unica cosa che riuscii a capire fu che qualcuno mi aveva salvato e portato via con se. La mia mente andava e tornava dal buio, rendendomi debole ed incapace di ragionare. 
La persona che mi aveva portato via con se, mi portò al chiuso e mi distese da qualche parte, su un letto forse. Non riuscivo a parlare, non riuscivo a capire più nulla. Mi sentivo a pezzi, accaldata ma infreddolita allo stesso tempo. 
Sentii una mano sul mio volto e tra i miei capelli. La cosa mi tranquillizzò e, aprendo gli occhi, mi permise di mettere leggermente a fuoco chi si stesse prendendo cura di me. Era lui. MinHyuk.
"Sciocca, sciocca, sciocca Martina. Quando la smetterai di farmi preoccupare?" lo sentii mormorare, sospirando e baciandomi la mano. Era davvero lui? Non riuscivo a crederci. Feci per parlare, ma nessun suono riuscì a fuoriuscire. 
"M-min...Hyuk..." mormorai appena, prima di cadere nel buio più totale, perdendo i sensi in quello che non sapevo essere un sogno o la realtà. 


 
Ecco a voi il sesto capitolo di questa mia storia!
Spero che vi piaccia!!
-Kimmie.

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Capitolo 7
*** Un risveglio da film...o forse no? ***


Un risveglio da favola, o forse no?

Passarono ore e ore, parevano infinite, ma lei era ancora lì, sul mio letto, spenta, fredda, immobile.
Era giorno, poi notte e poi nuovamente giorno. Ero lì, vicino a lei, sempre.
Cercavo di tenerla al caldo e allo stesso tempo farle abbassare la temperatura, cambiandole puntualmente la fascia bagnate poggiata sulla sua fronte.
Le asciugavo il sudore, le stringevo la mano e pregavo, pregavo come non mai che lei si risvegliasse.
Era finita l'acqua nella bacinella, così mi decisi a prendere dell'altra, anche se contrariato all'idea di doverla lasciare lì, da sola, nella mia camera, indifesa e debole.
"Torno subito, piccola mia. Torno subito." sussurrai piano, baciandole la punta del suo nasino, rialzandomi da quella sedia ed uscendo dalla camera.
Mi incamminai verso il bagno, poggiando la bacinella nella vasca e lasciandola riempire d'acqua fredda.
Mi avvicinai allo specchio e guardai il riflesso del mio volto, quasi non riconoscendomi.
Ero pallido, avevo gli occhi lucidi e arrossati, un'espressione preoccupata e sofferente dipinta sul mio volto. 
Decisi di sciacquarmi il volto, almeno per rinfrescarmi un po', per poi prendere la bacinella e tornare di là.
Camminavo lentamente, a testa bassa, come se il peso dell'intero mondo gravasse sulle mie spalle.
Non mi sarei mai aspettato di preoccuparmi così tanto per quella piccoletta.
Cosa mi spingeva a farlo? Ancora non riuscivo a capire, eppure qualcosa dentro di me mi spingeva a starle accanto, ad aiutarla, a proteggerla dal mondo intero.
A quel pensiero, mi fermai davanti alla mio porta e scossi più volte il capo, con gli occhi appena spalancati.
"Min Hyuk..ma che diavolo stai dicendo?" chiesi a me stesso, sospirando piano e aprendo la porta della mia camera.
Sentii un mugolio e intravidi uno spostamento davanti ai miei occhi, cosa che mi fece alzare di scatto gli occhi e paralizzare.
Era sveglia.
Era sveglia davanti ai miei occhi.
"Martina." sussurrai incredulo, per poi perdere alcuni battiti cardiaci nell'incontrare il suo sguardo disorientato.
Era sveglia.
***
Ero circondata dal buio più totale, eppure i miei sensi erano ben attivi. 
Sentivo odori, voci, tocchi, sentivo la costante presenza di qualcuno accanto a me.
Quel qualcuno mi accarezzava, mi stringeva la mano, a volte me la baciava e si prendeva cura di me, come pochi avevano fatto nella sua vita.
Sentiva le sue parole, mi infondevano coraggio, forza, felicità, ma non capivo il perché.
Sapevo di conoscere quella voce, eppure qualcosa mi diceva che non poteva essere, che forse stavo solo sognando di avere accanto a me la persona che di più desideravo.
Quella voce era dolce, gentile, carica di preoccupazione e voglia di proteggerla, mentre la voce desiderata era sempre fredda, tagliente, ironica, sarcastica, scorbutica.
No, decisamente quelle due voci non potevano combaciare, eppure erano così famigliari, così simili.
L'unico modo per capire chi fosse era aprire gli occhi, ma non riusciva a muoversi, appesantita da chissà cosa.
Non sapeva neanche quanto tempo era passato dal primo momento in cui aveva sentito quella voce e quei tocchi e neanche quanto tempo era passato da quando cercava con tutta se stessa di svegliarsi da quella specie di trance.
Si stava quasi per arrendere, quando qualcosa cambiò intorno a se, lo sapeva, lo sentiva.
Il freddo la circondava, nessuna voce le arrivava soave alle orecchie, nessuno le accarezzava delicatamente la pelle, nessuno le stava vicino.
Quella presenza che percepiva era sparita nel nulla.
Non poteva essersene andata, no, NO!
Come aveva potuto abbandonarmi così, dopo che mi era stata così tanto accanto?
L'agitazione, la solitudine, la preoccupazione e quella sensazione di vuoto che provavo dentro di me mi diedero la forza di riprendere possesso del mio corpo.
Riuscii a muovere prima un dito, poi la mano, poi entrambe ed infine riuscii finalmente a fare quel che da tempo desideravo fare: aprire gli occhi.
Aprii gli occhi e la luce che entrava dalla finestra mi avvolse, facendomi bruciare gli occhi e accecandomi per un attimo.
Mugolai di fastidio e lentamente cercai di abituarsi a quella luce, guardandomi intorno e non riconoscendo la stanza.
Mille domande affollarono la mia mente in cerca di risposte.
Dove mi trovavo? Perché ero lì? Cosa mi era successo?
Dov'era quella persona che sentivo accanto a me??
Sentii un cigolio, un passo e poi il silenzio più totale. 
L'unica cosa che sentii fu il mio nome ed il mio cuore che martellava nelle mie orecchie, riconoscendo quella voce che per tutto quel tempo mi era stata accanto.
Mi voltai di scatto verso il proprietario di quella voce, ritrovandomi davanti la figura della persona che più desideravo e odiavo.
Min Hyuk.
Persi alcuni battiti nell'incontrare il suo sguardo, notando subito quanto fosse affaticato, stanco e pallido.
Non poteva essere vero.
Era lui la persona che si era presa cura di me? Era lui quella persona che mi aveva incoraggiata e protetta?
Lo vidi lasciare la bacinella e avvicinarsi lentamente a me, sedendosi al mio fianco con quell'aria pacata, tranquilla e gelida di sempre.
"Noto che ti sei svegliata." sibilò lui, ironico e sarcastico come sempre.
Aspetta un attimo.
Cos'era quel tono?
Era il tono che usava sempre con me, ma come mai non combaciava con quello della persona che si era presa cura di me?
Lo guarda sconcertata e confusa, aggrottando le sopracciglia, immobile e silenziosa.
"Non farti strane idee, piccoletta. Sono qui solo per fare un favore ad un amico, non di certo per stare con te. Il solo pensiero mi disgusta e nausea." mi disse lui, con un tono che mi fece gelare e che mi ferì.
Sfilai la mano dalla sua e lo guardai delusa e nauseata da quel suo comportamento, ferita ed indignata.
"Allora puoi anche andartene." sussurrai piano, lasciando uscire solo quel tono velenoso, che usavo sempre quando si trattava di lui, e distogliendo lo sguardo dal suo.
"Certo." mi rispose lui, più gelido del solito.
C'era qualcosa di strano nel suo tono, qualcosa che mi fece voltare nuovamente verso di lui, solo in tempo per vederlo alzarsi e sparire dietro la porta di quella cameretta.
"Che stronzo." sussurrai, accorgendomi troppo tardi di essere scoppiata a piangere.
Le lacrime scendevano, taglienti come una lama, rigandomi il volto.
***
Perché avevo reagito così?
Perché in sua presenza mi comportavo sempre così?
Perché non facevo altro che aggredirla e ferirla, come ben sapevo di fare?
Perché non le avevo semplicemente detto che ero lì per lei e che gli ero rimasto accanto per due giorni, prendendomi cura di lei e proteggendola da tutto e tutti?
Perché ero così stupido?
Continuavo a farmi quelle domande, dandomi dei pugnetti in testa, maledicendomi da solo.
Sentii una voce famigliare ed alzai lo sguardo su di lui, riconoscendo EunKwang, il nostro affidabile leader.
Chi meglio di lui poteva prendersi cura di qualcuno?
"EunKwang." sussurrai, ricambiando la sua attenzione.
"Ehi, Min Hyuk." mi salutò con il suo solito sorriso raggiante, mentre mi avvicinavo a lui, fino ad affiancarlo.
"Ho bisogno di un favore. Entra nella mia camera, fingi che sia la mia e dille di esserti preso cura tu di lei." sussurrai, facendo una smorfia per le mie stesse parole.
Lo salutai con un cenno del capo, passandogli la mano sulla spalla ed allontanandomi da lui.
Sapevo che avrebbe capito tutto da solo e sapevo quanto contrariato fosse per la mia scelta.
Uscii dal dormitorio, senza guardare in faccia nessuno, dirigendomi verso una meta ignota.

Eccomi di nuovo qui!
Ciao a tutti, come state?
Io sto abbastanza bene.
Ecco il mio nuovo capitolo!
Finalmente sono riuscito a completarlo e pubblicarlo!
So di avervi fatto penare e attendere molto, ma adesso è qui e sto per scriverne un altro.

Buona lettura, spero vi piaccia!
Recensite, bye!
Kimmie.

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Capitolo 8
*** La verità. ***


La verità.

"EunKwang." mi sentii chiamare, riconoscendo subito la voce del ragazzo.
"Ehi Min Hyuk."lo salutai, sorridendo felice, vedendolo avvicinarsi con una faccia strana.
Stavo per chiedergli cosa non andasse, quando lo vidi affiancarmi e sussurrarmi qualcosa vicino l'orecchio.
"Ho bisogno di un favore. Entra nella mia camera, fingi che sia la tua e dille di esserti preso cura tu di lei." disse lui, per poi superarmi e allontanarsi, dopo avermi dato una dolce pacca sulla spalla.
Lo guardai allontanarsi, inclinando il capo confuso dalle sue parole.
Puntai lo sguardo sulla sua porta e mi avvicinai, aprendola e trovandovi dentro Martina che piangeva.
Sgranai gli occhi e finalmente collegai ogni cosa. Martina aveva avuto la febbre, lo sapeva, e lui si era preso cura di lei.
Forse per orgoglio o per qualcos'altro, le aveva mentito.
Sospirai piano e guardai nella sua direzione, contrariato da quella scelta.
Quei due si amavano, si vedeva da lontano, lo sapevano tutti ormai.
Solo lui non se ne era accorto.
Entrai in camera e mi andai a sedere vicino a lei, abbracciandola e stringendola a me.
"Piccola, non piangere, mh? Ti sei appena ripresa, non puoi permetterti di crollare di nuovo." le sussurrai dolcemente, accarezzandole la schiena.
"EunKwang?" mi chiamò lei, allontanandosi da me per guardarmi negli occhi.
Sorrisi dolcemente e le asciugai le lacrime, inclinando il capo e baciandole piano la fronte.
"Dimmi, piccola." risposi dolcemente, aggiustandole i capelli, essendo ormai esperto in quel capo.
"Sei stato tu a prenderti cura di me?" mi domandò subito ed io mi bloccai.
Guardai per un attimo la porta e poi puntai lo sguardo nel suo, leggendone l'insicurezza, la paura, la curiosità.
"Si." le mentii e quasi mi si spezzò il cuore nel farlo, leggendo la sua delusione, trasformarsi poi in ovvietà.
"Certo, mi sembra ovvio." sussurrò lei, immersa tra i propri pensieri, per poi aggiungere "Grazie mille, EunKwang. Tu si che sei un vero amico."
Altra fitta al cuore.
Mi stavo maledicendo per averle mentito, ma volevo aiutare Min Hyuk, possibilmente senza ferirla.
Dovevo fare qualcosa, ma cosa?
Cosa avrei dovuto fare?
***
Alla fine ero rimasta scottata dai miei desideri. 
Era stato EunKwang a prendersi cura di me, non Min Hyuk.
D'altronde, cosa mi aspettavo? Che una persona così fredda si prendesse cura di me?
Non aveva senso, perché mai avrebbe dovuto farlo.
Sospirai e mi decisi ad uscire da quella camera, chiedendo un passaggio a ChangSub che subito accettò, non volendo farmi fare la strada fino a casa dopo essermi ripresa da quella febbre alta.
Arrivai a casa dopo poco e vi entrai, andando subito a farmi una veloce doccia, per poi rivestirmi e buttarmi sul letto.
Quanto Rose rientrò, non avevo voglia di parlare, così mi limitai a fingere di dormire e lei, pensando che fossi stanca, mi lasciò tranquillamente in pace.
Mi risvegliai che ormai era sera, visto il buio della camera. 
Mi tirai su a sedere e mi stropicciai gli occhi, guardandomi intorno e notando di essere sola. 
Dov'era Rose?
Alzai le spalle e mi ributtai sul letto con un lamento, coprendomi gli occhi con un braccio.
Alla fine non avevo dormito per niente, visti gli incubi fatti su Min Hyuk.
Quella storia doveva finire, non potevo continuare così per sempre, avrei trovato questa cosa una volta per tutte.
Sentii il mio cellulare vibrare e lo cercai ad occhi chiusi, per poi prenderlo e aprire il messaggio che era arrivato.
-Vieni al dormitorio, è urgente. Siamo nei guai.-
Era un messaggio di SungJae.
Non sapevo se crederci o meno, ma alla fine pensai che non avrebbe mai potuto fare uno scherzo del genere, facendomi preoccupare.
Mi alzai di scatto e mi diressi all'armadio, ritrovandovi dentro solo un vestito turchese con il corpetto stretto con diversi brillantini ed i veli che ricadevano sul corto sottogonna.
"Maledetta Rose, che cosa hai fatto ai miei vestiti?" ringhiai e recuperai quel vestito, indossandolo in fretta e furia, uscendo subito di casa.
Mi ero messa una felpa abbastanza grande da coprire gran parte del vestito, non mi sembrava il caso di presentarmi così al dormitorio.
Appena arrivai, stavo per suonare, quando qualcuno mi prese e mi bendò, portandomi chissà dove.
Quando mi tolsero la benda, mi ritrovai una Rose raggiante davanti.
"Ma che diavolo sta succedendo qui?" sbottai, nervosa, volendo correre al dormitorio.
"Zitta e chiude gli occhi." mi intimò lei e, quando stavo per obbiettare, mi accorsi che avrei comunque perso quella battaglia.
Con un grosso sospiro, l'accontentai e chiusi gli occhi, lasciandola fare, riscoprendola a truccarmi e aggiustarmi i capelli.
Inclinai il capo stranita e, quando aprii gli occhi, sorpresa da tutto quel silenzio, mi accorsi che lei era sparita.
Mi guardai intorno e uscii da quel furgoncino, ritrovandovi fuori senza felpa, con solo il mio vestito turchese addosso.
Mi incamminai titubante verso il dormitorio, ormai troppo sospettosa per procedere tranquillamente al suo interno.
Mi incamminai verso il salotto, riscoprendolo completamente buio e silenzioso.
"Ehm...c'è qualcuno?" sussurrai, stringendo la gonna del vestito tra le mani.
Mi guardavo intorno, ma nulla, non vedevo ne sentivo nulla.
"Ma che diavolo sono venuta a fare qui...dopo tutti quegli incubi che ho fatto...sono distrutta." sussurrai a me stessa, prendendomi il volto tra le mani.
Fu in quel momento che tutto si accese, accecando per un attimo i miei occhi oramai abituati all'oscurità.
"Bentornata, Martina!" si sentì un coro formato prettamente da voci maschile e qualche voce femminile.
Appena riuscii ad aprire gli occhi, mi guardai intorno, felicemente sorpresa.
Il salotto era tutto addobbato con decorazioni tutte colorate, sul tavolino vi erano diversi piatti con tramenzini e vari spuntini, accompagnati da coca cola, fanta, sprite e tante altre bevande.
Sorrisi felice e scoppiai a ridere, portandomi le mani alla bocca e piegandomi leggermente in avanti.
Tutti mi applaudirono e poi, uno ad uno vennero ad abbracciarmi.
Eccetto una persona.
Lui se ne stava lì, fermo, ad osservarmi insistentemente.
Sentivo il suo sguardo addosso e, non so come, mi ritrovavo a dover nascondere il mio rossore e accertarmi di essere vestita.
Quello sguardo pareva volermi spogliare con gli occhi e questo mi faceva sentire strana, troppo strana.
Voltandomi nella sua direzione, incontrai il suo sguardo e l'unica cosa che mi accolse fu il suo sorriso gelido, ma anche malizioso.
Mi ero sbagliata.
Non c'era nulla di buono in quel suo sguardo e in quel suo sorriso, nulla.
Abbassai lo sguardo e tornai dagli altri ragazzi, ridendo come se nulla fosse, giocando e scherzando con loro.
"Martina." mi sentii chiamare e, voltandomi, notai EunKwang.
"EunKwang, ciao! Dimmi." sorrisi dolcemente, avvicinandomi a lui.
"Qui mi sto intrattenendo a parlare con Rose, non è che potresti recuperarmi un attimo il mio cellulare? E' in camera mia." mi chiese lui, supplicandomi con lo sguardo.
Ridacchia e acconsentii, incamminandomi verso il corridoio, guardandomi intorno e notando la scomparsa di MinHyuk. Chissà dov'era andato e con chi..
No, basta, non mi importava.
Era la sua vita, mica la mia.
Entrai in camera di EunKwang ed incominciai a cercare il telefono, guardando sul letto, sul comodino, ovunque, senza successo.
"Ma dove sarà finito.." sussurrai io, esasperata.
Sentii la porta chiudersi alle mie spalle e sussultai, voltandomi e incontrando lo sguardo di chi mai avrei voluto lì dentro.
***
Mi ero allontanato per prendere una grossa boccata d'aria, vista l'atmosfera che si era creata all'interno del dormitorio.
Quella piccoletta.
Era sempre lei la causa dei miei problemi.
Quella sera era...era...era davvero stupenda.
Sospira e mi passai una mano tra i capelli, per niente sorpreso da quei miei pensieri.
Ero arrivato a volerla spogliare con gli occhi, credevo che se ne sarebbe accorta di quel mio sguardo intenso.
Per fortuna, quando si era girata, aveva ritrovato solo il mio solito sorriso gelido.
Sospirai nuovamente e mi misi a guardare le stelle, appoggiandomi al muro.
"MinHyuk." riconobbi la voce nel Leader e neanche mi girai, restando lì ad ammirare il cielo stellato.
"Dimmi, Leader." risposi io, una volta avvertita la sua presenza accanto a me.
"Sembri molto stanco, domani abbiamo del lavoro importante da svolgere, perché non rientri in camera e ti riposi, mh?" mi consigliò lui, da buon capogruppo.
Forse non era una brutta idea e avrei anche evitato di dover guardare per tutta la serata quella piccoletta. 
"Si, hai ragione. Ti ringrazio, Leader." sussurrai io, alzandomi e sorridendogli appena.
Lui mi sorrise ed io mi incamminai all'interno del salotto, guardandomi intorno e non vedendola da nessuna parte.
Che sia in bagno?
Può darsi.
Scrollai le spalle e mi diressi verso la mia cameretta, vedendo in lontananza la luce accesa, affrettando così il passo.
Entrai in camera e mi paralizzai, vedendola.
Lei era lì.
Cercava ovunque un qualcosa che neanche io riuscivo a capire, e si agitava, muovendosi da una parte all'altra della camera.
Perché era lì?
Perché proprio lei?
Perché proprio nella mia stanza?
Quelle assurde situazioni mi stavano stancando, parecchio.
Inconsciamente chiusi la porta alle mie spalle, ritrovandomi da solo con lei, vedendola voltarsi verso di me e sgranare gli occhi.
Rimasi impietrito lì, stringendo i pugni e assottigliando appena lo sguardo.
"Che diavolo ci fai nella mia camera?" sibilai io, arrabbiato da come il mio corpo reagisse in sua presenza.
Lei sgranò ancora di più gli occhi e tremò appena, percependo la mia rabbia ed indietreggiando.
"Io...EunKwang..." iniziò lei, ma si fermò subito, guardandomi storto.
"Cosa hai detto? La tua camera?" mi disse lei, stranita e confusa, avvicinandosi a me.
Fu lì che mi resi conto di quel che avevo detto e di essermi messo nei guai da solo.
"Questa è la tua camera, MinHyuk?" mi chiese di nuovo lei, insistentemente, avvicinandosi ancora a me.
Ero spacciato.

 

Eccomi qui, fanciulle e fanciulli. 
Questo è il mio nuovo capitolo, fresco fresco.
Spero vi piaccia.
Commentate, su!
Bye bye.
Kimmie.

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Capitolo 9
*** Il bacio. ***


Il bacio.

"Questa è la tua camera, MinHyuk?" chiesi nuovamente, avvicinandomi sempre di più a lui.
Leggevo il terrore nei suoi occhi e questo non faceva altro che farmi infuriare ancora di più, lasciandomi guidare dai miei piedi fino ad arrivargli sotto il naso.
"Rispondimi." sibilai io, facendolo indietreggiare con il mio sguardo gelido e furioso.
"Che importanza ha la risposta? Esci di qui e lasciami solo." sussurrò lui, apparentemente impassibile.
"Che importanza?! Spero tu stia scherzando, Lee MinHyuk!" risposi io, alzando il tono della mia voce.
Fu un attimo e tutto cambiò.
Qualcosa cambiò nei suoi occhi, vidi una luce terribilmente pericolosa attraversare il suo sguardo, trasformandolo da terrorizzato in aggressivo.
Mi afferrò le spalle e scambiò le posizioni, sbattendomi contro il muro.
Mugolai di dolore, stringendo per un attimo gli occhi, incredula e sorpresa da quella sua reazione improvvisa.
Spalancai gli occhi e lo guardai, leggermente spaventata da quel suo sguardo di fuoco.
"Sei davvero una scocciatura, sai?" mi disse, quasi ringhiandomi addosso.
"Ah, io?! Sei tu quello impossibile e cattivo! Sei tu quello che mi infastidisce sempre! Sei tu quello che mi..." mi stavo lasciando trasportare dal mio cuore, finendo per dire cose che era meglio evitare.
Mi bloccai in tempo e mi tappai la bocca, distogliendo lo sguardo e maledicendomi mentalmente.
"Oh, continua ti prego. Intendevi forse ' Sei tu quello che mi piace ' ?" mi prese in giro lui, sorridendo perfido.
Una fitta al cuore.
Sentii gli occhi farsi lucidi e le lacrime pungere in cerca di una via di uscita, mentre una morsa mi stringeva sempre di più il cuore, togliendomi il respiro.
"Ora basta. Mi hai davvero stancato." sussurrai io, abbassando lo sguardo, troppo ferita. "Sono stata proprio una stupida a sperare in qualcosa di più." risi, amareggiata e spenta, sorridendo falsamente. "E dire che ero venuta qui soprattutto per incontrarti, essendo la persona che più mi piace. Sono stata davvero stupida." continuai a ripetere, poggiando le mani sul suo petto e facendovi pressione, cercando di allontanarlo.
Mi afferrò i polsi e mi spinse nuovamente contro la porta, con forza, bloccandomi con il suo corpo.
"E con questo cosa vorresti dire, Martina?" sussurrò lui, respirandomi sulle labbra essendo così vicino.
"Ci rinuncio. Non voglio più avere niente a che fare con te. Sono stanca di tutta questa situazione. Non ti verrò più dietro, mi dimenticherò di te." risposi io, alzando lo sguardo e puntandolo nel suo, lasciando cadere le lacrime.
Odiavo tutta quella situazione.
Odiavo la sua sfacciataggine, odiavo mostrarmi così debole proprio davanti a lui, odiavo tutta quella situazione, odiavo quei sentimenti che provavo.
"Vuoi davvero dimenticarmi, mh?" mi sfidò lui, sorridendomi enigmatico.
Che diavolo stava cercando di dire? Certo che lo avrei dimenticato! Non sarebbe stato facile, ma l'avrei ugualmente fatto.
"Si, ti dimenticherò Lee MinHyuk." sibilai io, guardandolo male.
Scoppiò a ridermi in faccia, abbassando il capo e ridendo per qualche minuto.
Ma come osava ridermi in faccia? Ero seria, dannazione, e lui continuava a prendersi gioco di me come sempre. 
Mi dimenai e cercai di liberarmi, stanca di quella situazione parecchio umiliante.
"Stai buona, tesoro." mi disse lui, facendomi perdere un battito e bloccandomi ancora di più.
Quanto potevo essere stupida? Come potevo farmi sciogliere il cuore da una sola parola, dopo tutto quello che mi stava facendo e dicendo?
Premette il suo corpo al mio, immobilizzandomi completamente e guardandomi dritto negli occhi.
"Bene. Allora vediamo se ci riesci per davvero." mi disse lui, sorridendo ed avvicinando di più il volto al mio.
"Cert--" non riuscii a finire la frase, che le sue labbra sfiorarono le mie.
Sussultai e indietreggiai con il capo, procurando un suo sorriso, mentre continuava ad avvicinarsi.
Alla fine successe.
Mi baciò.
Ero congelata completamente, incapace di ricambiare il bacio.
Perfino le mie lacrime si erano fermate, incredule quanto me, evidentemente. 
Le sue labbra facevano sempre più pressione sulle mie, mandandomi il cuore in tilt.
Persi la cognizione del tempo, non riuscendo a far altro che restare lì immobile.
***
Ero scoppiato.
Avevo agito senza pensarci, tutto per colpa sua.
Perché mi era sempre di intralcio?
Perché finivo solo per commettere errori su errori in sua presenza?
Quelle sue parole...mi avevano fatto impazzire.
Dimenticarsi di me, ah? Come le era saltato in mente di riferirmi quelle parole?
Stupida, Martina, sei una stupida!
Le sue parole continuavano a girarmi nella mente, mentre le mie labbra non riuscivano a staccarsi da lei, continuando a far pressione sulle sue, baciandola con forza.
Strinsi appena la presa sui suoi polsi, andando a premermi ancora di più, sentendomi sempre più attratto da lei.
Fermo, MinHyuk.
Che diavolo sto facendo?
Accidenti a quella combina guai, non faceva altro che mandarmi in confusione.
Mi staccai lentamente da lei ed aprii gli occhi, guardandola con il solito mio sguardo gelido.
Le lasciai andare i polsi, allontanandomi da lei, ancora immobile con gli occhi sgranati e la bocca leggermente aperta.
"Vediamo se riuscirai a dimenticarmi, adesso." sorrisi cattivo, spostandola ed aprendo la porta, guardandola un'ultima volta prima di andarmene.
Camminai per il corridoio a passo svelto, scansando tutti ed uscendo di casa.
Presi la macchina e mi inoltrai nelle strade poco trafficate per l'ora tarda.
Perché le avevo detto quelle cose?
E perché l'avevo baciata in quel modo? Di sicuro l'avevo ferita ancora di più.
Non era mia intenzione, eppure era la prima cosa che ero riuscito a fare.
Senza pensarci mi ero lasciato andare ad i miei istinti, baciandola come se fosse l'unica cosa al mondo giusta da fare.
Strinsi il manubrio tra le mani ed accelerai ancora di più, digrignando i denti.
"Stupido, MinHyuk. Ed ora? Cosa farai? Come ti comporterai con lei? Idiota." mi accusai da solo, sbattendo le mani sul volante.
Ora si che ero in un bel pasticcio.
***
Ero ancora lì, paralizzata contro quella porta, con il cuore a mille ed il fiato corto.
Che cosa era successo?
Ma, soprattutto, era davvero successo?
Mi aveva baciata.
Un bacio, un bacio vero e da MinHyuk.
Perché lo aveva fatto?
Mi lasciai cadere per terra, sedendomi e portando le gambe al petto.
Scoppiai nuovamente a piangere, tremando appena, ancora più ferita e sorpresa di prima.
Tutto, tutto quello che lo riguardava era una falsità, una presa per i fondelli, un gioco.
Mi aveva mentito.
La camera sua, poi mi aveva anche presa in giro, sfidata, baciata....
"Un attimo." bloccai ogni mio pensiero, alzando appena lo sguardo. "Se la camera è davvero la sua...allora...è stato lui a prendersi cura di me!"
Mi alzai di scatto e, dopo essermi data un'aggiustata, uscii di corsa dalla camera, guardandomi intorno fino a trovarlo.
EunKwang.
Corsi da lui e gli afferrai il polso, tirandolo con me fuori dalla casa, dirigendomi in cortile.
"EunKwang." dissi, leggermente trafelata.
"Martina, che succede? Perché mi hai portato qui?" mi chiese lui, guardandomi preoccupato. 
"Dimmi la verità. La camera è di MinHyuk ed è stato lui a prendersi cura di me, vero?" chiesi, avvicinandomi a lui e insistendo.
Lessi la sorpresa nei suoi occhi tramutarsi in entusiasmo.
"Finalmente lo hai capito." mi rispose lui, scompigliandomi i capelli. "Si, è stato lui a prendersi cura di te." aggiunse, infine, annuendo.
"Ma allora...perché mi hai mentito?" lo guardai delusa. Proprio lui, perché mi aveva mentito l'unica persona di cui mi fidavo cecamente?
"E' stato lui a supplicarmi di farlo, perdonami se puoi." mi rispose dispiaciuto, accarezzandomi il viso.
"Prima mi tratta male e freddamente...poi si prende cura di me.. dopo mi mente...poi mi bacia e..." sospira, demoralizzata e stanca, abbassando lo sguardo.
"Ti ha baciata?" dice lui, incredulo, scoppiando a ridere. "Congratulazioni, ragazzina. Forse hai fatto davvero breccia nel suo cuore."
"Come se mi importasse." risposi io. "Ormai ho deciso di rinunciare a lui." annuii, convinta delle mie stesse parole.
"Vedremo se ne sarai davvero capace, stupida." sentii una voce maschile, fin troppo famigliare, giungermi da dietro le mie spalle.
Mi voltai di scatto ed assottigliai lo sguardo, guardandolo male ed indicandolo, arrabbiata.
"Tu! Vedrai di cosa sono capace, Lee MinHyuk." sibilai, digrignando i denti.
Mi rivolse il suo solito sorriso, cattivo e scettico, per poi andarsene, superandomi.



Ciao a tutti!
Eccomi qui con il nono capitolo!
Spero vi piaccia.
Recensite in tanti e buona lettura a tutti!
-MartaKim.

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