Das Licht

di Zonzi_Kuchiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** XXI ***
Capitolo 22: *** XXII ***
Capitolo 23: *** XXIII ***
Capitolo 24: *** XXIV ***
Capitolo 25: *** XXV ***
Capitolo 26: *** XXVI ***
Capitolo 27: *** XXVII ***
Capitolo 28: *** XXVIII ***
Capitolo 29: *** XXIX ***
Capitolo 30: *** XXX ***



Capitolo 1
*** I ***


Era il 15. Il 15 Dicembre. Lì, davanti a quello specchio a guardarmi e riguardarmi cercando di capire cosa non andava: la maglietta troppo scollata? Il rossetto troppo scuro? No. Anche l’eye-liner era dritto, era tutto perfetto. Mi soffermai sugli occhi, era lo sguardo diverso. Uno sguardo privo di luce, quella luce che da un po’ era sparita. Perché? Non lo so, non l’ho mai saputo. So solo che quel giorno ero diversa, forse doveva accadere qualcosa.
Ormai senza alcuna voglia distolsi lo sguardo dallo specchio e andai a spegnere la radio. Stavo ascoltando loro, come sempre.
Ormai senza la loro musica non potevo più stare, mi avevano cambiato la vita radicalmente, erano loro che avevano ridato la luce ai miei occhi. Ma perché stava sparendo un’altra volta? Qualcuno me l’aveva rubata senza il mio consenso?
Mentre mi facevo mille domande il tempo passava...

-Fey!- Era mia madre, evidentemente ero entrata ancora una volta nel mio mondo parallelo, quello dal quale nessuno mi può tirar fuori.
-Si mamma, arrivo!-  Risposi frettolosa e presi la borsa, ficcandoci dentro qualunque cosa, giusto per darle la forma.
La salutai veloce e uscii di casa.
Faceva freddo e l’unica cosa che vedevo erano le luci natalizie soffuse e l’aria che usciva dalla mia bocca, il resto era offuscato a causa della fitta nebbia che si stendeva come un velo sulle strade deserte. Aveva tutto un non so che di malinconico e questo non mi rassicurava, per niente. Avevo come la sensazione che stesse per succedere qualcosa, così accellerai il passo, la cosa più sbagliata che potessi fare.
Regnava un silenzio che quasi faceva paura, sentivo i grilli e il mio respiro che si affannava. Non so perché ma avevo la sensazione che qualcuno fosse dietro di me, ma non era nessuno, solo la mia immaginazione. Mi fermai, scossi la testa e presi le cuffie, non mancavano mai.
 Misi la musica a tutto volume e rientrai un’altra volta nel mio mondo dove la sua immagine mi nutriva e annientava allo stesso tempo.

Iniziai a rallentare il passo che seguiva i battiti lenti del cuore, poi attraversai la strada..
 Lo sguardo basso guardando le strisce bianche in contrasto con le mie Converse rosse. Sentii una scossa, mi risvegliai da quel sogno, mi girai a sinistra e sgranai gli occhi, dopo di che, non vidi più niente.

Ricordo solo un buio profondo e tutti i rumori passare da amplificati a nulli. E’ come se tutto si fosse rallentato: La botta, il contatto violento con l’auto, il mio corpo ribaltato e scaraventato con forza a terra, la ghiaia che bucava la mia pelle e infine il gelo che avvolgeva completamente il mio corpo. Sentii la macchina sgommare e pian piano scomparire.
Aspettai un po’, ma nessuno venne a recuperarmi. Tutto era muto, rimbombava solo il mio sottile respiro e la musica ancora accesa nell’ Mp3: ''Wir fühlen, wir sind fürs Ende nicht bereit. Wir sterben niemals aus.''  “Non siamo pronti per la fine non moriremo mai.”
Dopo quelle parole non sentii più nulla, il freddo mi aveva presa, per sempre.

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Capitolo 2
*** II ***


Per sempre?
Si ripeteva quel discorso da una mezz'oretta buona, da quando il sole aveva fatto capolino illuminando leggermente la stanza, riflettendo i suoi raggi sulle coperte disfatte.
Fey si era svegliata con un'emicrania che le martellava in testa e si mise a sedere guardandosi attorno e cercando di scacciare quel sogno così reale che l'aveva fatta svegliare di soprassalto alle prime luci dell'alba.
Si alzò dal letto, ormai certa che non sarebbe più riuscita a chiudere occhio. Andò in cucina a prendere un bicchiere d'acqua e sentiva che c'era qualcosa che non andava, si sentiva diversa. La casa era deserta, non si sentiva alcun rumore, neppure il canto degli uccelli che ogni mattina rallegravano la giornata con le loro melodie. Quel giorno era vuoto.
Iniziò a girottare per la casa svogliata e si diresse verso la camera di sua madre, ma non c'era. La chiamò ma non ci fu nessuna risposta.
Corse in camera e si cambiò in fretta e furia, si girò verso lo specchio per mettersi un po' di blush nelle guance e dare un po' di colorito a quella sua carnagione troppo chiara che spesso detestava.
-Ali?..-

Indietreggiò turbata da quello che aveva visto riflesso, erano ali quelle? Scosse la testa, probabilemente era solo la stanchezza e quell'incubo, che ancora le ronzava in testa, non aveva fatto altro che alimentare lo stress che aveva in corpo.
Uscì di casa e iniziò a dirigersi verso l’ospedale, non sapeva il perché, ma era sicura che sua madre fosse li. La gente del vicinato piangeva davanti alle porte delle case, cani che abbaiavano in continuazione e sentiva voci di persone che in quel momento non pronunciavano neanche una sillaba.
Decise di avvicinarsi per chiedere cosa fosse successo. La signora Margaret, una donna un po' in carne coi capelli corti neri era disperata appoggiata al cancelletto della sua casa, qualche metro più avanti della casa di Fey. Le chiese perché stesse piangendo, cosa stesse succedendo ma non rispose, continuava a piangere e guardava da un’altra parte. Cercò di mettersi davanti a lei ma questa non rispose. Fece così ad altri, ma nessuno le diede una risposta... era come se nessuno la vedesse, come se fosse invisibile.
-Mamma, mamma! Guarda! E’ un angelo!

A quelle parole si bloccò di scatto scandalizzata, solo una bambina che avrà avuto intorno ai 6, 7 anni riusciva a vederla e l'aveva definita un angelo.
Scappò, corse via. L’incidente era un sogno? Cos’erano quelle ali? Si chiedeva perché  nessuno riuscisse a vederla, perchè quel giorno era iniziato in quel modo. Non capiva ma sapeva che la risposta si trovava lì, dentro quella struttura bianca che tra poco cadeva a pezzi.

Percorse il lungo corridoio azzurro, quell’odore di igienizzato le faceva venire la nausea e non riusciva a trovare suamadre, chiedere era inutile.
Poi la vide, era stremata. Seduta su una misera sedia di plastica che piangeva con le mani al volto. Suo padre, un uomo alto sulla sessantina, in piedi che guardava il battiscopa con uno sguardo assente. Fey cercò di farsi largo tra i medici e vide se stessa, sdraiata sul lettino, senza vita. In quel momento le passò l’incidente davanti agli occhi. Nessuno la vedeva, aveva delle ali, il suo corpo era disteso davanti a sè... Solo allora si rese conto davvero di essere morta.
Vide sua  madre e suo padre avvicinarsi per un’ultima volta al corpo prima di tornare a casa.
Entrò prima lei; si inginocchiò e le prese la mano, portandola al viso. Guardava la figlia con uno sguardo di assoluta tenerezza e piano piano le spostava via i capelli dal viso. Fey non sopportava rimanere li senza fare nulla, sarebbe voluta andare la e dirle: Mamma! Sono qui! Non mi vedi? Sono accanto a te!
Lei non riusciva a vederla, lei non riusciva a sentirla, la piccola Fey per loro non c’era più. Quella ragazza sempre col sorriso sulle labbra che se avesse potuto avrebbe aiutato il mondo intero, che con quegli occhi di quel colore così inusuale riusciva ad incantare chiunque.
La donna uscì e lasciò un po’ di tempo al padre. Rimase a fissarla per qualche istante, poi le baciò la mano e pianse. Fey non l'aveva mai visto piangere e in quel momento avrebbe pianto anche lei, se solo avesse potuto farlo, ma dai suoi occhi non uscivano lacrime, non ne aveva più la possibilità. Sentiva la sua sofferenza attraversarla e questo faceva più male di qualsiasi incidente. Si avvicinò e lo abbracciò anche se lui non sentiva.
Si scostò dal corpo e se ne andò, lasciandola li assieme a sè stessa e ai suoi ricordi, che erano le uniche cose che le rimanevano.

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Capitolo 3
*** III ***


Erano passate alcune settimane dall’incidente, e quindi, dalla sua morte.
Il funerale era stato straziante; c'erano tutti i suoi amici, i suoi compagni di scuola, parenti e conoscenti.
Un sacco di persone che Fey credeva non sarebbero mai venute, credeva che a molte di loro non importasse di lei.

A dire il vero era certa che a molti non importasse.

Vedere le loro lacrime le aveva lasciato un senso di tristezza e allo stesso tempo di colpa, dava a se stessa la colpa dei loro pianti, dei loro sorrisi cancellati dal viso.
Era stata colpa sua se i suoi genitori non uscivano più di casa ed erano diventati pressoché assenti.
Vagava da casa di suo padre a casa di sua madre cercando di confortarli in qualche modo. Quando era viva spesso pensava a come sarebbe stato vedere il tutto dall'esterno, ma non avrebbe mai immaginato potesse essere così. Non aveva le forze necessarie per sostenere tutto quello che le si stava scagliando contro, ma non poteva lasciarli da soli.
Sentiva un peso sulla bocca dello stomaco che non si decideva ad alleviarsi, come se ogni giorno venisse aggiunto un mattone e pian piano si stesse costruendo una solitudine intoccabile dentro di lei.
Cercò di ricordare cosa faceva, quand'era viva, quando si sentiva sola e senza speranze. Andava a fare lunghe passeggiate con la musica alle orecchie, usciva, si rintanava nello studio, parlava con chiunque avesse bisogno di aiuto, cercando così di nascondere l'aiuto di cui lei stessa aveva bisogno.
Cercò qualche passatempo, qualcosa da fare piuttosto di chiudersi ulteriormente in se stessa, così aveva scoperto di poter fare svariate cose;
sapeva cosa stessero facendo le persone in quel momento, percepiva i loro pensieri e poteva andare da qualsiasi parte in poco tempo senza neanche rendersene pienamente conto.
Iniziò a pensare...
Sarebbe potuta andare ovunque, in posti dove ha sempre desiderato andare, da qualcuno che ha sempre desiderato.
Riapparve lui, la sua immagine nitida nella sua mente e il pensiero di poter essere a 10 centimetri dal suo viso la faceva impazzire, finalmente avrebbe potuto constatare se avesse potuto avere qualche imperfezione, qualsiasi, perché lei davvero non la trovava.
Cos'avrebbe potuto fare? Non voleva lasciare nessuno da solo, ma non voleva neanche sprofondare a testa in giù nella situazione in cui si trovava.
Odiava prendere delle scelte, lo odiava con tutta se stessa perché poco più tardi aver deciso una qualsiasi cosa si rendeva immediatamente conto che avrebbe dovuto scegliere l'altra e che stava andando incontro ad una strada dove al posto del cemento vi erano solo problemi su problemi.
Guardò per un’ultima volta la madre che aveva un mezzo sorriso dipinto in faccia guardando la televisione e uscì di casa.
Era sicura che di lì a poco avrebbe maledetto l'idea di allontanarsi dalla sua famiglia, ma doveva rischiare... ormai cos'aveva da perdere?
Faceva freddo, dopotutto era quasi Natale, il cielo aveva il colore e l’odore della neve ma non scendeva nulla, nemmeno una goccia.

 Si mise in viaggio e senza sapere nemmeno come, pensò ad un posto felice e si ritrovò in Germania, davanti a quella casa ricoperta di neve.

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Capitolo 4
*** IV ***


Un brivido le percorse la schiena, si chiedeva se fosse li per davvero, davanti a quella casa, quella casa in cui c’erano proprio loro.
Avrebbe avuto il suo viso a pochi centimetri di distanza?
Mentre si ripeteva queste cose nella testa si diresse verso l’ingresso e titubante entrò.

Un forte profumo di cannella le entrò nelle narici e tutto aveva un’atmosfera diversa in quella casa, sembrava di essere in un film.
C’era una musica natalizia tedesca in sottofondo e in lontananza si sentivano delle voci accompagnate da calorose risate.
Fey si guardò attorno; davanti a lei, poco più a sinistra si innalzava un enorme albero di natale, addobbato come si deve e con delle candele appese. La luce che illuminava l'abitazione era calda e dava un senso di sollievo, come se si sentisse a casa, al sicuro dai suoi problemi là fuori. Davanti a lei c'era una scalinata color cioccolato dalla quale scese un bastardino nero zampettando che si diresse verso la stanza dalla quale provenivano le voci.
Si avvicinò e lo sentì. Sentì quella voce che avrebbe riconosciuto ovunque.
Si fermò. Era davvero sicura di quello che stava facendo? Si sarebbe ritrovata davanti a lui e soprattutto non avrebbe potuto far nient’altro che guardarlo, osservarlo nei minimi particolari, ma infondo, non è ciò che ha sempre desiderato?

Entrò nella stanza e lui era li. Seduto su quel divano, con quei pantaloni troppo larghi e le gambe che, come suo solito, si muovevano senza sosta quasi come se stesse suonando il tamburo di una batteria.
Titubante si avvicinò a lui e ad ogni passo che faceva il battito del cuore accelerava e la temperatura aumentava. La ragazza gli si sedette accanto, arrotolandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, gesto che faceva sempre quand'era nervosa. Studiò con precisione ogni suo singolo movimento, anche quello più involontario. Le braccia poggiate sulle ginocchia e le mani affusolate che si intrecciavano in una maniera così armoniosa da metterla a disagio, la schiena curva e il collo proteso in avanti, cercando di ascoltare con maggiore attenzione ciò che diceva il fratello, che tra l’altro, era una delle sue solite idiozie. Gli occhi erano concentrati, un po’ più chiusi del solito che osservavano come se volessero scrutare qualcosa.
Pensò che non avrebbe mai dimenticato il suo profilo, è stata la cosa che dal principio l'ha colpita; quel naso così perfetto, l’unione con le labbra socchiuse come se da un momento all’altro dovesse dire qualcosa, e quel piercing era qualcosa di perfetto visto così da vicino.
Rimase incantata a guardarlo quando lui si girò verso la sua parte; le si gelò il sangue. Le sembrò che i suoi occhi castani, quasi ambrati, si immergessero completamente dentro i suoi.
Tom guardò perplesso per poi spostare lo sguardo sul pavimento in parquet color nocciola e poi si rigirò verso il fratello ridendo. Fey era bloccata. Si chiese se si fosse reso conto della sua presenza, non l'aveva vista, forse l'aveva solo sentita, aveva percepito che c’era qualcuno...

Aveva notato che lo sguardo aveva qualcosa di diverso dagli altri sguardi, aveva la luce. Aveva quella luce che Fey non aveva più.
Lui gliel'aveva rubata quella luce, senza che neanche se ne accorgesse.
Sarebbe rimasta lì tutta la notte a guardarlo muoversi, gesticolare. Sarebbe rimasta tutta la vita, se avesse potuto.
Le piaceva ascoltare la voce di Tom, era diversa da quella di Bill squillante e accesa. La voce di Tom era profonda, un po' cantilenata, ma di quelle cantilene con le quali ti ci addormenteresti la sera.
Quando rideva sbottava in una fragorosa risata per poi finire quasi senza fiato, sfoggiando un'enorme sorriso, socchiudendo gli occhi e battendo le mani sulle gambe.
Contagiava, Tom era contagioso. Le dava allegria, fiducia.
Tutti e tre stavano mangiando un dolce al cioccolato e Bill era completamente sporco ai lati della bocca, mentre la mamma e il gemello ridevano a più non posso.
Era bello vedere una famiglia così riunita, anche se piccola. Era bello vedere e sentire delle risate felici, sincere. Anche Fey sorrideva, anche se delle volte si sentiva a disagio. Si stava pian piano rendendo conto che lei aveva perso tutto quello che aveva davanti agli occhi, e iniziava a sentirne la mancanza.

Rimase ancora un po’ a osservare i loro comportamenti e poi andò via, tornò a casa con la sua voce ancora nella testa.

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Capitolo 5
*** V ***


Era arrivato il Natale.
Fey avrebbe voluto cancellare questa festa, ormai né lei né la sua famiglia la festeggiavano più, ed era diventato solo altro momento di tristezza, un momento per ricordare tutti i Natali passati insieme.
Quel 24 Dicembre era iniziato nel modo più sbagliato possibile, Fey si era svegliata con un mal di testa atroce, i pensieri di mille persone dentro la sua testa vagavano e sbattevano l'uno contro l'altro.
Sentiva suo papà che era arrabbiato e spaventato perché gli affari non andavano bene.
La mamma che ormai non ce la faceva più, abbandonata al suo destino.
La vicina non sapeva cosa cucinare per pranzo e temeva di aver perso il suo gatto Kitty, che a Fey non era mai stato tanto simpatico.
E infine, non sapendo come, sentì i pensieri di Tom; gli faceva male la pancia e dava la colpa a ciò che stava mangiando ultimamente, ed era eccitato per il nuovo Tour.
Il Tour.

Fey si era ripromessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche lavorare e studiare dalla mattina alla sera, pur di andare ad un loro concerto, cantare assieme a loro e vederli almeno per una volta.
Pensandoci adesso poteva fare molto di più, poteva vivere con loro e stare attaccata a Tom 24 ore su 24, ma non era la stessa cosa.
Le sarebbe piaciuto essere notata, per una volta. O per lo meno avere il beneficio del dubbio.
Nella situazione in cui si trovava ora era certa che Tom non si sarebbe mai e poi mai accorto di lei, a meno che un miracolo non la salvasse.

Dall'incidente aveva iniziato a dormire sul divano o nella sua camera, vicino alla mamma, per darle conforto.
Quel giorno aveva deciso di riposarsi sul divano bordeaux del salone, posto davanti ad un'enorme vetrata dalla quale si vedeva il bosco.
Era stata svegliata dal fracasso dei vicini che abitavano nella casa accanto, la famiglia Morgan.
Il signor Harold e la moglie ogni mattina urlavano e sbraitavano contro la figlia, Jess. Era una ragazza un po' particolare, diciamo bizzarra.
Dei giorni vestiva completamente di nero e chiunque avrebbe giurato che potesse essere la figlia di satana. Altri giorni invece sembrava la ragazza più dolce e indifesa del mondo. Fey aveva sempre cercato di starle lontana, non voleva mettersi nei guai.
Decise di affacciarsi dalla veranda per vedere cosa succedeva, non per essere ficcanaso ma qualche novità non faceva mai male.
Jess uscì di casa sbattendo la porta e si voltò verso Fey;

-Che c'è?! Certo tu non hai problemi, a te i tuoi genitori non rompono i coglioni dalla mattina alla sera!
Diede un calcio al bidoncino dell'immondizia e prese a camminare.
Fey rimase intontita per mezzo secondo e scese velocemente le scale, raggiungendo la ragazza. La prese per un braccio e la fece girare;

-Mi vedi. -aveva il fiatone. -Tu... tu mi vedi.
-Sì Fey Parker, ti vedo e vorrei non vederti. Stai iniziando a drogarti? - Jess la scansò.
-Perché mi vedi?? Perché tu puoi e gli altri no! - Fey era disperata, sembrava che stesse per scoppiare da un momento all'altro.
-Scusa? Ma che stai dicendo? - Jess si guardò attorno e vide gli sguardi della gente incollati addosso, alcuni bisbigliavano e delle mamme portavano via i bambini.
-Sparisci Fey. - Le lanciò uno sguardo d'odio e se ne andò.

Era quasi mezzanotte e la madre di Fey stava già dormendo. Dal giorno della morte della figlia aveva iniziato a dormire nella sua stanza, l'aveva sentita dire che c'era il suo profumo, e quindi era come se Fey fossi ancora lì con lei.
La ragazza era poggiata sullo stipite della porta e la guardava, si chiedeva se fosse giusto stare ancora in quella casa, o se forse sarebbe stato meglio andare via, per far sparire la sua presenza che la tormentava.
Dove poteva andare? Non sapeva nulla di ciò che era, a parte che era morta e aveva due ali bianche.
La ossessionavano dei flash, delle immagini un po’ sfocate della Germania, le immagini di Tom su quel divano che rideva.
Forse doveva andare da lui, forse doveva essere il suo angelo custode.
Forse erano destinati sin dall’inizio, forse doveva vegliare su di lui sin dall’inizio.
Non fu pienamente sicura della scelta che stava per prendere, ma si era accorta che qualunque azione ne comportava una, e siccome non era tanto brava a scegliere doveva buttarsi a capofitto e basta.

Aspettò la mezzanotte, diede un bacio a sua madre e si diresse da suo padre.
I genitori di Fey avevano divorziato già da qualche anno, lei non faceva pesare la situazione, a dire il vero delle volte neanche se ne accorgeva.
Ma i cambiamenti di casa, i pianti e le vincende che visse l'avevano cambiata, in qualche modo. Lei forse non se ne accorgeva perché soffocava il tutto nella musica, aveva più volte affermato che fossero stati proprio i Tokio Hotel a salvarla.
Si rifugiava nelle loro canzoni, si drogava di loro. Le loro parole diventavano le sue, quelle che non era mai stata in grando di pronunciare, quelle che magari neanche sapeva di necessitare.

Suo padre era seduto davanti alla tv, come ogni sera e guardava un programma comico, ogni tanto qualche sorriso.
Fey sapeva benissimo che in realtà non era felice, e la sua morte aveva provocato solo un'enorme dolore.
Averlo lasciato solo era il suo più grande fallimento, e non se lo sarebbe mai perdonata.

-Vorrei che fossi felice, Fey. Chi lo sa, magari lassù, o quaggiù, ti stai divertendo.
Gli occhi dell'uomo si riempirono di lacrime.
-Se mi stai sentendo...ovunque tu sia. Sii felice, figlia mia. So che sei al mio fianco, sempre. Se non fisicamente ci sei spiritualmente e col cuore, e sarai sempre la mia bambina, sempre.
Si mise a piangere, e con lui anche Fey. Lo abbracciò e sembrò quasi che tutto di loro si ricongiungesse; corpo, ossa, anima e cuore.
Fey se ne andò senza sapere se sarebbe più tornata in quella casa che esplodeva di ricordi.

Torno lì.
Era ancora inesperta, non riusciva mai ad andare in un determinato posto semplicemente con la forza del pensiero.
Delle volte si ritrovava addirittura a 10 isolati dalla casa dei gemelli, altre volte sbagliava addirittura città, trovandosi per le strade di Monaco piuttosto che per quelle di Amburgo.
Quella volta sbucò in una strada che non aveva mai visto, ma era sicura di essere in Germania.
Vedeva impianti luminosi con sù scritto ''Frohe Weihnachten'', luci colorate ovunque e il fumo che usciva da ogni comingnolo di ogni singola villetta. La neve candida rifletteva perfettamente quelle luci e il tutto sembrava surreale, come una foto di una cartolina.
Le piaceva ritrovarsi in quel mondo, completamente diverso da quello che aveva vissuto e, contemporaneamente, era tutto quello che aveva sempre desiderato.
Decise di fare qualche passo seguendo il prolungamento della via, prima o poi sarebbe sbucata in qualche strada conosciuta. Le piaceva sentire il rumore dei suoi passi sul ghiaccio, e per una volta, le sarebbe piaciuto sentire il gelo tedesco di Dicembre, ma purtroppo, non le era consentito.
Passo dopo passo, finì per pensare di nuovo a Tom.
Nonostante non fosse in grado di sentire il freddo, quando l'aveva visto era come se stesse prendendo fuoco.
Sentiva il suo corpo avvampare ed era una sensazione completamente nuova, date le circostanze. Non riusciva ancora a capacitarsi dell'effetto che lui esercitava su di lei, cavolo era una persona come un'altra!
Era difficile rispondere a quelle domande, ma d'altronde cos'altro poteva fare se non interrogarsi su ciò che le era capitato?
Continuò a camminare, finché non vide una figura più che familiare.

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Capitolo 6
*** VI ***


Una figura nera, affusolata, che si distingueva dal contrasto con la neve bianca e i muri chiari delle case.
Camminava a passo svelto e il suo viso era offuscato dal suo respiro condensato.
Fey si avvicinò e sentì il cuore correre, Tom era uscito a quell'ora il giorno di Natale?
Più lo guardava, però, più sentiva che c'era qualcosa che non andava.
Lo scrutò attentamente e notò che il suo profilo era diverso, leggermente più marcato, la punta del naso non era all'insù.
La figura era più slanciata e magra e notò che vestiva un cappotto color grigio scuro, una cuffietta nera in testa e portava degli anfibi. I suoi occhi erano contornati da un ombretto nero.
Decisamente facile confondere Tom Kaulitz per suo fratello Bill, a quell'ora della notte.
Decise di seguirlo, dato che non conosceva la strada di casa e così si mise accanto a lui.
Notò che la somiglianza tra i due era pazzesca, se non fosse stato per qualche minima differenza, i gemelli Kaulitz sarebbero stati irriconoscibili.
Bill si fermò tutto d'un tratto.
Fey era leggermente avanti rispetto a lui, teneva la sua valigia, e si accorse di quanto il moro fosse più alto di lei e la minima differenza di altezza che aveva con Tom; entrambi, comunque, la superavano di almeno 20 centimentri.
Bill prese a frugarsi freneticamente le tasche, come se stesse cercando qualcosa e si fosse appena accorto di averla persa. Si volto indietrò a guardare l'asfalto nel quale erano marcate solo le sue orme, per vedere se ciò che cercava gli era caduto, ma non c'era nulla.
Fey lesse panico nei suoi occhi.
I suoi pensieri viaggiavano così veloci da incasinarla completamente.
Vedeva solo immagini indistinte di soldi, uomini del quale non conosceva l'identità e qualche immagine di Tom, tutto alla rinfusa.
Il ragazzo si grattò la nuca e imprecò, poi riprese il suo cammino accendendosi una sigaretta. Inspirava profondamente, le mani gli tremavano leggermente, forse il freddo o forse l'ansia. La ragazza non aveva ben capito cosa fosse successo, ma leggeva un'infinità di emozioni dentro la mente del moro, quelle più forti erano rabbia e terrore.
Svoltò l'angolo e si accorse di essere alla fine della via di casa, riconosceva da lontano la loro e faceva uno strano effetto, come se la sua anima si stesse per ricongiungere con quello a cui era sempre stata legata.

Le luci erano spente, rimanevano accese solo quelle dell’albero di natale che riflettevano sulla neve bianca che stava sul giardino.
Bill entrò piano e insieme salirono le scale.
-Dov'eri?
Una voce roca, assonnata, li fece sobbalzare e si girarono verso il salotto. Su un divano in pelle bianca c'era Tom seduto che si strofinava gli occhi.
Bill non si mosse dal suo posto
-Ero a fare un giro - disse incerto - mi stavi aspettando?
-Direi. - Tom si alzò dal divano e si diresse verso la rampa di scale, visibilmente seccato.
Una lite tra gemelli, perfetto! Pensò Fey.
-Che giorno è oggi, Bill?
-Oggi? Oggi è natale. Tom perché mi fai queste domande? E' tardi vorrei andare a letto... -
Il cuore di Bill batteva in una maniera indescrivibile e Fey si sentiva di troppo in quella situazione, anche se nessuno la vedeva.
-Sì oggi è natale, e sai cosa? Sono rimasto io con la mamma. Le ho fatto scartare il mio regalo e le ho detto che è da parte mia e tua, per pararti il culo. Mi spieghi che cos'hai in testa Bill? - Tom alzò di poco la voce e iniziò a salire alcuni gradini.
Bill si passò una mano dietro la nuca e stava cercando disperatamente una scusa da inventare al momento per tirarsi fuori da quella situazione di merda.
Tom sbuffò e lo superò, salendo le scale e andando in camera sua.
Quel gesto, per Bill, valeva più di mille parole e più di mille 'vaffanculo dovevi essere a casa invece di andare in giro a farti gli affari tuoi'.

Al piano di sopra c’erano tante stanze, Bill entrò in una stanza infondo al corridoio mentre Tom entrò in una dalla quale filtrava una luce sul blu chiaro.
Fey si sentiva un ebete con quella valigia rossa in mano.
Si sentiva come una tredicenne eccitata per il suo primo viaggio lontano da casa. In un certo senso era così, solo che Fey non stava andando in una città d'arte a scattare qualche foto e visitare i musei, stava andando a vivere col ragazzo sei suoi sogni.
Chiunque avrebbe desiderato fare lo stesso! A patto di essere viste, però...
Decise di entrare e lo vide seduto sul letto matrimoniale che guardava il pavimento e si leccava le labbra.
Per un attimo rimase bloccata e immaginò come sarebbe stato se Tom, in quel momento, si fosse girato e l'avesse vista.
Sentì un brivido percorrerla.
Fey poggiò la valigia in un angolo della stanza e si avvicinò lentamente a lui, sedendosi sul letto.
Rimase ad osservarlo, non voleva leggere i suoi pensieri ma è come se, in quel momento, Tom volesse che qualcuno gli aprisse la mente e condividesse con lui quello che lo turbava.
Scosse la testa e si alzò. Si tolse la maglietta, la poggiò sulla sedia e uscì dalla stanza, per andare al bagno.
Le passò di fronte, lasciando che una folata del suo profumo la inebriasse.
Il cuore dell'angelo batteva, forte.
Non aveva provato più una sensazione del genere dal giorno dell’incidente, è come se dentro di lei fosse nato di nuovo qualcosa, è come se dentro di lei fosse ancora viva. Lui aveva fatto sì che provasse di nuovo delle emozioni, lui aveva la luce che mancava nello sguardo di Fey, era lui il ladro che non le aveva chiesto il permesso.
Quando tornò si sdraiò sul letto a pancia in su, guardando il soffitto. Fey si mise accanto a lui, posta su un fianco.
Aveva un mattone nello stomaco, ed era certa che il suo nome iniziasse per T e finisse per M.
Il moro era immobile, i cornrows gli ricadevano sulle spalle, respirava leggermente e il suo sguardo si spostava ogni tanto alla sua sinistra, dov’era Fey.
Era rigido e preoccupato, non solo perché sentiva, in un certo senso la presenza della ragazza, ma era preoccupato anche per il fratello.
Non era la prima volta che Bill tornava così tardi la sera, e proprio quella sera sarebbe stato meglio che facesse compagnia a Simone.
I pensieri di Tom le passavano davanti come se stesse sfogliando le pagine di un libro, leggeva che si sentiva deluso dal comportamento di suo fratello, non riusciva a capire perché si stesse comportando così.
Rispondeva in modo alterato a tutti senza un motivo apparente, a casa non c'era quasi mai e durante le prove sembrava piuttosto stanco; tutto questo non avrebbe fatto bene alla band, ai fans e a lui, in primis.
Fey avrebbe voluto che Tom la vedesse in modo da fargli condividere i suoi dolori con lei, in modo da alleviargli quel peso così opprimente che si riusciva a percepire solo a guardarlo negli occhi.
Avevano diverse cose in comune, lui e lei.

Poi,  senza che se ne accorgesse, Tom si addormentò chiudendo gli occhi e sbattendo per un po' le sue lunghe ciglia.
Poco dopo, si addormentò anche lei, cullata dal suo respiro.

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Capitolo 7
*** VII ***


I giorni passavano e la malinconia cresceva.

A Fey mancava essere vista, le mancava sentir pronunciare il suo nome, le mancava essere una persona.
Le mancava anche la sua famiglia, la sua casa e le sue cose.
La sua stanza, i suoi poster anche se a dirla tutta in quella situazione non le servivano più di tanto dato che aveva i suoi sogni davanti agli occhi.
Girava sempre per la casa, li seguiva in giro per il mondo controllando che stessero bene.
Bill e Tom erano stressati e il massimo che potesse fare era quello di proteggerli con le sue ali dai dolori più grandi, così che non potessero sfiorarli.
Ma questo non serviva a molto, ogni giorno che passava i problemi si moltiplicavano e, nonostante fossero forti, si abbattevano ogni giorno di più.
Georg e Gustav erano sempre presenti, anche loro provati dal grande successo che, si sa, porta anche delle cose negative e i ragazzi lo sapevano bene.
Doveva trovare un modo, un modo per far si che tutti i mali li toccassero con più delicatezza.
Ma come fare?
Non poteva aiutarli in nessun modo, poteva semplicemente gironzolargli attorno e sperare che si accorgessero, chissà come, di lei.
A dire il vero, aveva sempre desiderato che qualcuno si accorgesse di lei, anche prima di ritrovarsi due ali attaccate alla schiena.
Avrebbe voluto che qualcuno la guardasse nel modo in cui si guardavano gli innamorati nei film, ma non era mai accaduto.
Delle volte era gelosa delle ragazze che Tom incontrava la sera, quando usciva o dopo un concerto.
Delle volte era addirittura gelosa di Bill.
Fey si ritrovava spesso a pensare a quando Jess Morgan l'aveva vista. Come ci era riuscita?
Iniziò a credere che solo le persone socialmente disagiate potessero vederla.
Jess non era tanto normale, come non era normale il fatto che fosse stata l'unica a vederla e a parlare con lei dal giorno dell'incidente.
Fey poteva essere vista da tutti coloro che avevano bisogno di essere visti, di essere presi in considerazione.
Manco fossi Dio, pensò.
Così era stata vista da Jess e dal barbone che solitamente dormiva nella Logenstraße, vicino alla metropolitana.
Al contrario, era invisibile per il resto della popolazione, come sempre.
Certi giorni si sentiva uno schifo, si faceva del male da sola nel seguire Tom durante le sue avventure da una notte con le varie ragazze che gli si proponevano davanti.
La storia era sempre la stessa: qualche sguardo, qualche sorriso e poi finivano a letto.
Lo vedeva come si comportava, con quel modo di fare che avrebbe stregato qualsiasi essere esistente su questa terra.
Il corteggiamento di Tom era punteggiato da varie fasi che a seconda della ragazza si invertivano, ma alla fine dopo la scopata lui non l'avrebbe più cercata e lei non ne avrebbe fatto un dramma.
La feriva vederlo avvinghiato al corpo di un'altra, ma d'altronde era tutto quello che poteva fare, guardare ferma in un angolo della stanza e segretamente desiderare di essere quella ragazza che avrebbe, almeno per una notte, avuto l'attenzione di Tom tutta per sè.
Il brutto per entrabi però veniva dopo, quando Tom si ritrovava da solo in quella stanza con le coperte disfatte.
Si ritrovava a ripensare a quello che aveva fatto e non se ne pentiva, ma si sentiva ogni volta sempre più solo.
Soprattutto l'ultima volta, dopo che Katerine se n'era andata, Tom era rimasto solo in quella camera d'albergo affacciato al balcone a fumarsi una sigaretta.
Si chiedeva se prima o poi avrebbe fatto qualcosa di diverso, e soprattutto si chiedeva quando Bill sarebbe tornato.
Dopo il concerto era sparito e nessuno sapeva dove fosse.

Avevano trascorso due notti in un hotel al centro di Berlino.
Fey venne svegliata da un dolore atroce, simile ad una coltellata nella bocca dello stomaco.
Sobbalzò e si accorse che Tom non era più a letto.
Presa dal panico si alzò in piedi e corse al piano di sotto, nella hole dell'albergo e intanto cercava di localizzare Tom, di percepire i suoi pensieri e capire così dove si trovasse. Tremava, sapeva che stava succedendo qualcosa, ma i pensieri erano troppo scombussolati.
<< Scappa, Bill! Vattene, corri porca puttana!>>
Si immobilizzò.
La voce di Tom in lacrime, il gelo, la paura.
Corse.
Fey non sapeva dove stesse andando, ma si mise a correre più che poteva.
Doveva trovarli, doveva capire cosa stesse succedendo, sentiva Tom sempre più debole, sentiva Bill sempre più disperato.
L'angelò si ritrovò in un vicolo, Tom accasciato da una parte, privo di sensi e Bill al suo fianco che piangeva.
Gli corse accanto e vide che entrambi erano feriti al viso; il moro aveva una guancia viola e svariati graffi sul viso, il trucco completamente sbavato che gli colava e lui che tirava su col naso.
Tom aveva il labbro spaccato e non respirava.

Fey urlava.

Chiedeva aiuto con una voce senza suono, nessuno l'avrebbe sentita, neanche Dio.
Parlò a Bill, come se potesse sentirla.
-Ti prego Bill fa qualcosa, chiama aiuto, non lasciarlo qui così!-
-Mi dispiace Tom, mi dispiace davvero tanto- singhiozzava. -Non pensavo potessero mettere in mezzo anche te, tu vali più di questa fottuta droga!-
Bill lanciò via un pacchetto con delle pillole e si accasciò sul corpo del fratello, immobile, cercando di rianimarlo spingendo le sue mani sul torace.
Fey vide delle immagini confuse di ciò che era appena successo; vide Bill per terra accasciato al muro che piangeva, e vide Tom che veniva picchiato, col suo sangue sparso ovunque.
Era una scena raccapricciante.

Bill era così fragile, così indifeso.
Sembrava un oggetto ridotto in cocci che cercava di riattaccare qualcosa senza avere la colla per farlo.
Si alzò prendendo il cellulare e con le mani tremanti chiamò l'ambulanza.
Fey si avvicinò a Tom implorando di svegliarsi, di muoversi, di aprire gli occhi, di fare qualsiasi cosa ma di non lasciarla.
Di non lasciare nessuno.
Pur essendo morta non aveva idea di cosa l'avrebbe aspettato, e se fosse finito nella sua situazione avrebbe preferito dare tutto quello che le restava, piuttosto che fargli vivere un'agonia del genere.
Gli accarezzò una guancia, era freddo come il ghiaccio. Lo baciò.
Non sentì il tocco, ma le ambulanze erano arrivate.
Glielo portarono via e Bill salì con lui. Fey rimase lì.
Sola.

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Capitolo 8
*** VIII ***


Fey era rimasta in quella stanza d'ospedale per due giorni interi, insieme a Bill che sedeva sempre su una poltroncina verde scuro accanto al letto.
Il sole era appena sorto e accarezzava leggermente i lineamenti del moro, rendendo visibili i lividi e le guance bagnate dalle lacrime.
Bill teneva stretta la mano di Tom, leggermente gli accarezzava il dorso col pollice, sperando di veder riaprire gli occhi del gemello, maledicendosi per quello che gli aveva fatto.
Tom era disteso su un letto con mille macchine attaccate al corpo, in coma.
I dottori avevano detto che c'erano pochissime probabilità che il ragazzo potesse risvegliarsi.
Le botte erano state forti e il colpo violento contro il muro gli aveva causato un trauma cranico.
E tutto per colpa di Bill.
Per il suo egoismo, per il suo menefreghismo e perché non era nient'altro che un lurido drogato. Queste erano le parole che si ripeteva nella testa.
Gli arrivò un messaggio al telefono e illuminandosi mostrò la foto che aveva nel display; erano lui e Tom al mare, durante le vacanze.
Sentì una stretta alla gola.
Il sorriso di Tom, i loro visi identici. Loro erano uguali.
Lo erano.
Bill era cambiato, non era più la persona che era un tempo, cos'era andato storto?
Avrebbe voluto essere lui al posto del fratello, avrebbe voluto essere lui in bilico tra la vita e la morte. Se lo meritava.
Bill avrebbe chiesto perdono, avrebbe implorato Tom di perdonarlo se solo avesse potuto vedere i suoi occhi. Tom gli aveva sempre fatto da spalla, l'aveva aiutato in qualsiasi momento. Gli aveva mostrato come ci si doveva comportare e gli aveva mostrato chi era davvero Bill Kaulitz.
Eppure era tutto diverso.
Tom era Bill e Bill era Tom.
Erano gemelli, erano perfettamente uguali. Certo il loro look poteva ingannare, ma erano la stessa persona in due corpi differenti, avevano lo stesso sangue.
Uno era ciò che scorreva nelle vene dell'altro.
Le fan inventavano storie d'amore fra di loro. Certo, quelle storie non erano vere, ma loro si amavano davvero.
Fey camminava avanti e indietro per la stanza.
Doveva trovare un modo, uno qualsiasi per far tornare in vita Tom e porre fine a quello strazio.
Era stanca di sentire quell'odioso 'bip' della macchina del cuore che era attaccata al ragazzo, lei voleva sentire Tom. La sua voce.
Voleva sentirlo ridere, parlare, urlare, cantare, qualsiasi cosa.
Ma voleva sentire Tom, non una macchina.
Pensandoci bene trovò un modo.
Forse era troppo azzardato, forse era troppo per lei, ma doveva farlo, teneva troppo a quei ragazzi.
Doveva solo rinunciare alle sue ali.
Prendere una decisione di quel genere comportava maturità, forza, coraggio... amore.


Era un dolore lancinante, veniva assordata dalle sue stesse grida. Il sangue colava dalla sua schiena.
Non aveva più le sue ali, non poteva più volare. L'unica cosa che le rimaneva era la speranza, la speranza che fosse servito a qualcosa.


-Signora Kaulitz, sono lieto di dirle che suo figlio Tom è uscito dal coma. Adesso respira senza l'aiuto delle macchine ed entro qualche ora potrebbe riaprire gli occhi.-
Simone si abbandonò tra le braccia di Bill e entrambi piansero di felicità. La vicenda della droga, in quel momento, era passata in secondo piano.
Era stato come se tutti avessero avuto un nuovo motivo per vivere e per ricominciare.
Fey era seduta sulle sedie del corridoio, visibilmente provata ma si sentiva completa, felice.
Aveva salvato Tom, gli aveva donato la vita. Cos'erano un paio di ali bianche in confronto?

-Mamma sta aprendo gli occhi! - La voce di Bill aveva rimbombato per tutta la stanza, facendo precipitare Simone e il medico che aveva assistito Tom.
Gli occhi del ragazzo si aprirono lentamente, cercando di mettere a fuoco le immagini.
Il suo sguardo si spostò sulla figura di Bill, poi sulla madre e sul dottor Hans, e infine su Fey.
Bill si gettò sul fratello, piangendo.
Gli chiese scusa, gli sussurrò di perdonarlo. Parole che solo Tom riusciva a sentire.
Il fratello lentamente lo abbracciò
-Certo che ti predono, fratellino. Non fare la checca che piagnucola!-
Entrambi risero e Bill tornò accanto alla madre.
Tom e Fey rimasero a guardarsi per un attimo, dopo di che il ragazzo cercò di pronunciare qualcosa, spostando lo sguardo di nuovo sul gemello.
-Chi è lei?- La sua voce era bassa, flebile, a stento si sentiva.
-Come Tom... E' la mamma, non ricordi?
Gli occhi di Simone si riempirono di lacrime.
-No, chi è la ragazza accanto...alla mamma?
Bill guardò verso Fey per poi guardare la madre e il dottore, in cerca di spiegazioni.
-E' possibile che siano effetti post-coma, dopotutto Tom ne è uscito da pochissimo! Le medicine lo intontiscono... - disse il dottor Hans mentre controllava le cartelle e i valori clinici del ragazzo - non dovete preoccuparvi, deve solo riposare.
Bill e Simone annuirono, salutarono Tom e assieme al dottore uscirono.

Rimase solo Fey, con lui.

-Merda questa situzione mi mette i brividi.
Tom pronunciò quella frase passandosi una mano sugli occhi.
Fey era ferma, immobile, in mezzo alla stanza.
Non era possibile, era un sogno.
Era davvero possibile che Tom la vedesse? Sentiva come se non fosse semplicemente a causa del coma. Era certa che il gesto estremo che aveva fatto era quel miracolo che tanto aveva aspettato.
-Tom... ?
Il ragazzo la squadrò da capo a piedi.
Fey portava delle Vans, un paio di jeans neri e un maglioncino grigio. I capelli lunghi, mossi, color cioccolato.
Tom si soffermò sugli occhi. Celeste ghiaccio.
-Credo di essermi completamente rincoglionito, però svegliarsi da un coma e trovarsi davanti una bella ragazza così non è male.
Curvò le labbra in un sorriso, sentendosi leggermente stupido, prendendo poi a giocherellare con i tubi della flebo.
Il cuore di Fey sembrò pomparsi e riempirsi, e si dipinse sul suo volto un enorme sorriso.
Era felice.
Lui guardava lei, i suoi occhi erano rivolti sulla sua persona.
Il suono della sua voce era stato emesso solo e soltanto per farsi sentire da lei.
Tom credeva di sognare, o semplicemente era certo che tutti quei medicinali e antidolorifici gli facessero avere delle visioni.
Fey non ebbe voglia di pensare a cosa dire a Tom, a come spiegargli tutta quell'assurda situazione.
L'angelo senza ali si limitò semplicemente ad avvicinarsi al ragazzo e a sedersi nella poltrona affianco a lui, arrotolandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

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Capitolo 9
*** IX ***


Dal giorno in cui Tom aveva aperto gli occhi e l'aveva vista, Fey non era più andata da lui, non stava più a casa con la famiglia Kaulitz.
Simone, Bill e Tom avevano deciso di non rivelare nulla e la notizia sul pestaggio dei gemelli era stata raccontata come un atto di odio verso la band da parte degli haters. Solo Georg e Gustav sapevano la verità.
I Tokio Hotel si presero una pausa.
Le due G si erano messe a lavoro per scrivere qualche nuovo pezzo e per non far allarmare i fan.
Bill andava regolarmente da uno psicologo e vedeva dei professionisti che lo aiutavano ad uscire dal brutto giro in cui era capitato.
Tom si riprendeva, e Fey riuscendo a leggere i suoi pensieri, sapeva che si chiedeva sempre di quella ragazza dagli occhi celesti nella sua stanza d'ospedale.
Fey pensava che sarebbe stato meglio sparire, sarebbe stato traumatizzante per Tom sapere la verità.
E sopratutto impossibile da credere.
''Hey ciao! Io sono Fey Parker, sono morta, sono un angelo senza ali e tu mi vedi! Non è fantastico?''
No.
Non poteva farlo.

-Tom, tesoro, non credi che sia troppo presto per uscire? Voglio dire, sei ancora convalescente e poi fuori si è già fatto buio, fa freddo!
-Mamma ma lo sai da quanto sono rinchiuso in questa cavolo di casa? Puzzo di morto!
Simone roteò gli occhi e incrociò le mani al petto rivolgendo al figlio uno sguardo un po' preoccupato.
-Non ci starò tre ore. Solo una passeggiata per sgranchirmi le gambe.
Tom le diede un bacio sulla guancia e si chiuse la porta alle spalle, respirando a pieni polmoni l'aria fredda di Gennaio.

Fey, come ogni sera, faceva una passeggiata per schiarirsi i pensieri e rispolverare i suoi ricordi.
Camminava guardandosi le scarpe, e per un attimo le parve di ripercorrere il giorno dell'incidente.
Un lungo brivido precedette un piccolo scontro.
La ragazza balzò indietro spaventata, urlando, come se fosse tornata al giorno della sua morte.
Tom urlò a sua volta

-Oh cavolo scusami, non ti avevo vista!
I loro sguardi si incontrarono.
La luce negli occhi di lui contro il buio negli occhi di lei.

Tom strabuzzò gli occhi e fece qualche passo indietro, sentendosi immediatamente un'idiota.
Soltanto che quella ragazza gli ricordava tanto qualcuno...
-Non ti preoccupare! Non stavo guardando la strada, ero concentrata..su altro.
Fey si era sforzata di rispondere nel modo più calmo possibile cercando di far rallentare il suo cuore che di li a poco sarebbe balzato fuori. Cercando di non far trasparire nessuna emozione, sperando che Tom non fuggisse via.
Erano l'uno di fronte all'altra. Incantati, pieni di domande da farsi senza neanche conoscersi.
-Io ti ho già vista?
Fey entrò in panico. Cosa doveva dirgli? Se gli avesse detto la verità probabilmente Tom non le avrebbe creduto, ma se gli avesse detto qualcos'altro probabilmente avrebbe perso qualsiasi opportunità.
Un'altra scelta.
-Mi sono appena trasferita, abitavo a Brema prima. Probabilmente mi hai vista passeggiare, lo faccio spesso dopo cena.
Fey sapeva perfettamente che anche Tom usciva spesso a fare due passi, o se non usciva stava alla finestra a guardare la via che si ricopriva di neve.
-Sì, probabilmente hai ragione.- Si passò una mano dietro la nuca - Comunque piacere, io sono Tom!
-Piacere, Fey.
Quando le loro mani si sfiorarono entrambi percepirono una lunga scossa, ma nè lui nè lei vollero lasciare la presa.
Le mani di Tom erano calde e morbide, Fey era gelata.
Il ragazzo ripose la mano nelle tasche, senza distogliere gli occhi da quelli dell'angelo
-Dovresti tornare a casa, c'è molto freddo e sei gelata.
-Sì infatti credo proprio che dovrei... - voltò il viso nel verso opposto rispetto alla strada che doveva percorrere il moro
-Ciao, Tom.
-Ciao Fey.
Le regalò un sorriso tale che se la ragazza fosse stata un gelato si sarebbe sciolta in meno di 3 secondi.
Fey non aveva mai adorato così tanto il suono del suo nome come in quel momento.

Se avesse potuto, Tom si sarebbe staccato il cervello e l'avrebbe scaraventato contro il muro.
C'era qualcosa in lui, nella sua testa, che gli diceva di tornare indietro e continuare a parlare con quella ragazza.
Cos'aveva di speciale? Ok, gli sembrava di ricordarla quel giorno all'ospedale, dopo tutto il casino che era successo.
Ma tutto ciò era veramente improbabile.
Tom si fermò in mezzo alla strada stringendo i pugni e inspirando profondamente.
-Ok, se devo tornare indietro e parlarle, ti prego dammi un segno. Uno qualunque, io lo prenderò come un sì.
Silenzio.
Tom sbuffò e guardando il cielo si accorse che scendevano dei leggeri fiocchi bianchi, un'infinità se guardati alla luce dei lampioni.
Si girò e corse incontro alla ragazza.
-Hey aspetta!
Fey si girò a guardarlo.
Non sapeva che scusa inventarsi per parlare ancora con lei, si sentiva in imbarazzo.
Non era un comportamento da Tom Kaulitz! Ammesso che lei sapesse chi lui fosse.
-Tu sai chi sono?
Fey ridacchiò
-Tu sei Tom, Tom Kaulitz dei Tokio Hotel.
Tom annuì guardandosi le scarpe per poi posare gli occhi di nuovo su Fey che si era spostata da un lato i capelli per scrollarsi qualche fiocco di neve.
Guardandosi scoppiarono a ridere, senza un motivo, semplicemente perché gli andava e perchè entrambi ne avevano dannatamente bisogno.
-E' così che conquisti le ragazze? Con la tua risata?
-Anche. Ci sono riuscito?
Dentro di sè, rispose di sì.
-Forse.

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Capitolo 10
*** X ***


I giorni trascorrevano lenti ed era capitato sempre più spesso che Fey e Tom si incontrassero la sera, dopo cena. 
Facevano lunghe passeggiate nelle stradine meno frequentate e si sedevano spesso nelle panchine di un parco lì vicino, davanti ad un lago ghiacciato.
Erano diventati amici.
Si cercavano, amavano parlare per raccontarsi tutto o niente. 
Tom aveva scoperto che Fey era una loro fan e aveva iniziato a farle qualche domanda sulla sua vita, sulla sua famiglia.

-Chi è il tuo preferito della band? Tutte ne hanno uno, lo so!
La trafisse con uno sguardo spavaldo, sollevando un sopracciglio.
Fey scoppiò a ridere.
-Non te lo dirò mai!
-Un giorno te lo farò dire Fey... Fey?
-Parker.
-Fey Parker. Parker non è un cognome tedesco, no? 
-No, mio padre è inglese. Da piccola ho vissuto un bel po' di tempo a Londra, poi quando avevo più o meno 11 anni siamo venuti in Germania, a Brema.
Vivevamo in un quartiere popolato per lo più da inglesi, per questo non ho stretto tante amicizie di qui.-

Torturava e si rigirava tra le mani una foglia  che aveva trovato sopra la panchina.
Tom la guardava in ogni suo piccolo gesto e movimento. 
Il freddo le arrossava le guance e la punta del naso e Tom non poteva fare a meno di pensare a quanto quella ragazza fosse bella, e a quello strano sogno all'ospedale.

-Sei arrivata in un momento strano.
Fey aveva il viso che sprofondava in una grossa sciarpa di lana marron, si girò verso il moro curiosa e nervosa al tempo stesso.
Stranamente, in quel momeno, non riusciva a leggere i pensieri di Tom.
Il ragazzo allungò le gambe e si mise più comodo sulla panchina, con le mani in tasca guardava distratto il cielo.

-Mio fratello si drogava, e io l'ho scoperto solo poco tempo fa. Eravamo a Berlino per un concerto e Bill si comportava in modo strano, nessuno lo vedeva mai dopo i concerti. Spariva, si incazzava se gli chiedevi che succedeva. Una notte l'ho seguito.-
Fey aveva incrociato le gambe e si era girata verso Tom, che non la guardava.
-L'ho trovato mentre quattro uomini lo tenevano per il collo e lo riempivano di botte.
''Ti avevamo detto che dovevi darci il triplo del costo di questa droga, frocio di merda. Te li puoi permettere i soldi no? Qual'è il problema?''
Avevo visto Bill piangere solo quand'era piccolo. Riesci ad immaginare come sia vedere il proprio fratello piangere per delle bestie che lo torturano e gli sputano in faccia?-
Tom si era girato a guardarla, non c'erano lacrime nei suoi occhi. 
C'era solo rabbia.
Gli occhi di Fey erano diventati più scuri, erano sul verde. Diventavano così quando si rattristava.
Lo fissò e Tom continuò.

-Ho urlato a quei tizi, gli ho urlato di smetterla ed ero così incazzato che li avrei uccisi con le mie stesse mani. Hanno dato un pugno nello stomaco a Bill e l'hanno fatto cadere a terra, immobilizzandolo. Poi sono venuti da me e litigando mi hanno sbattuto per terra facendomi battere la testa. Poi non ricordo più nulla.
Mi ricordo ancora le loro facce però.-

Fey avrebbe voluto abbracciarlo e fargli capire che lei c'era. 
Fargli sapere che c'era sempre stata e che quella notte era li. 
Fargli sapere che gli aveva salvato la vita e che l'avrebbe fatto altre cento volte. 
Ma non gli disse tutte queste cose, se le tenne per se e le ingoiò, come un boccone amaro.
Mentre la sua voce taceva, però, i suoi occhi parlavano. 
Urlavano.

Tom la guardò e abbozzò un sorriso.
-Mi dispiace, non so perché ti ho raccontato tutto questo.
-Come stai?
Era la prima volta che qualcuno glielo chiedeva per avere una risposta sincera. E non si parlava di un bene fisico, ma un bene psicologico, un bene mentale.
Come si sentiva veramente Tom?
Lui scosse la testa, sempre con quel mezzo sorriso stampato sul viso.
-Come ci riesci? Voglio dire... - Si mise seduto -E' come se mi leggessi nel pensiero! Mi dici quello che vorrei sentirmi dire, mi chiedi esattamente ciò che vorrei mi si chiedesse. Aspetti la mia risposta senza che io ti faccia capire che voglio essere ascoltato.
Fey gli sorrise socchiudendo leggermente gli occhi, sentiva che si stavano avvicinando più di quanto avesse mai pensato e sperato. 
Si stavano avvicinando più del dovuto, forse.

-Forse sto imparando a conoscerti, Tom. Sai quanto si può imparare a conoscere una persona semplicemente passandoci ogni sera insieme e chiacchierare su tutto ciò che passa per la testa? Non sei un ragazzo complicato e stronzo come ti descrivono, ti definirei addirittura intelligente e quasi filosofico!
Tom si lasciò andare in una fragorosa risata, contagiando l'angelo.
Le loro risate echeggiavano per il quartiere e sembrava che sciogliessero il freddo.
-Credi nel caso? Nella fortuna, nel Karma, Dio o qualunque cosa ci sia?
La domanda di Tom era mirata, aveva uno scopo ben preciso.
-Non saprei. - ammise la ragazza -Credo a tante cose, tu ci credi?
-Io sì! E voglio provare una cosa.
Fey annuì e stette a guardare il ragazzo, divertita.

-Se ne vale la pena e lo devo fare, dammi un segno!
Tom urlò verso il cielo e la ragazza lo guardò storta, non sapendo cosa avesse in mente.
Il ragazzo si guardava in giro, leggermente preoccupato ma fiducioso.
Poco dopo Fey si sentì toccare la schiena da qualcosa e fece un balzo in avanti andando a finire sopra Tom.
Il ragazzo scoppiò a ridere mentre teneva la ragazza tra le sue braccia. 
Fey era visibilmente imbarazzata e sulle sue guance si era dipinto un velo rosso pomodoro, che cercò in tutti i modi di non far notare al ragazzo.
-Uno scoiattolo?!

Quante probabilità c'erano che a quell'ora di sera, con quel freddo, con pochi alberi intorno ci potesse essere proprio uno scoiattolo che cercava ghiande dietro Fey?
Pari a zero.
La ragazza lo guardò incredula e si mise in piedi.
-Come cavolo hai fatto??
-Io non ho fatto niente! Te l'ho detto, non so cosa sia ma chiunque o qualunque cosa sia mi ha dato un segno!
-Un segno per cosa?
-Per vederti ancora. - Tom si alzò dalla panchina e si mise davanti alla ragazza - ti andrebbe di uscire con me? E non intendo qualche chiacchiera dopo cena o incontri casuali per strada. Intendo un appuntamento!

Fey rimase spiazzata, letteralmente.

Cosa avrebbe dovuto rispondere? Come faceva ad uscire con Tom se solo lui poteva vederla? L'avrebbero preso per pazzo, avrebbe perso tutti i fan e i Tokio Hotel avrebbero fallito.
-Non so se sia una buona idea...
Gli occhi del  ragazzo presero una curva malinconica. Tutta la sua sicurezza svanì in un lampo.
Fey non voleva deluderlo, non poteva farlo. Se avesse rifiutato magari non avrebbe più avuto la possibilità di vederlo.
-Ad una condizione si però.
Tom la guardò interrogativo
-Esco con te solo se rispondi alla domanda che ti ho fatto prima e se mi prometti che faremo qualcosa di diverso, lontano dalla gente.
Il ragazzo sorrise
-Sai pattinare?

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Capitolo 11
*** XI ***


Tom si sentiva come un bambino di 11 anni alle prese con la sua prima cotta.

Che diavolo di poteri aveva Fey? L'aveva completamente stregato, e a Tom non era mai accaduto.
Solitamente era lui che con uno sguardo e qualche gesto imbambolava tutte le ragazze, ma quella volta era stata quella ragazza dagli occhi azzurri ad ammaliarlo.

Forse era il caso che aveva agito.

Lo stesso caso che per la prima volta aveva dato il coraggio a Tom di andare a parlarle ancora e che la seconda volta l'aveva convinto ad invitare la ragazza ad uscire.
Un appuntamento.
Com'era un vero appuntamento?
Tom non lo sapeva proprio.
Tra l'altro Fey gli aveva chiesto di stare lontani dalla gente. Tom non capiva il perché di quella richiesta, però forse aveva ragione. Dopo quello che gli era successo non era il caso che andasse per locali con una ragazza entrando nel mirino di tutti i paparazzi della Germania e non.

Tom iniziò a frugare nell'armadio, scelse un maglione di lana a collo alto sul blu scuro, jeans over size e delle scarpe Nike grigie.

-Perché la tua stanza sembra un campo da combattimento Tom?!
Fu come se la voce di Bill fosse emersa dalla montagna di vestiti che Tom aveva lanciato dall'armadio.
-Devo uscire!
-Si? Dove vai?- Il gemello si poggiò alla porta incrociando le braccia al petto.
-A fare un giro...
-E ti metti tutto in tiro per andare a fare un giro? - Bill emise una risata sommessa.

Tom gli rivolse un sorriso complice

-Sì, ok Bill, sto uscendo con una ragazza e no, non me la porterò a letto stasera quindi puoi dormire senza i tappi per le orecchie.
Bill portò le mani in avanti come per discolparsi e ridendo uscì dalla camera di Tom.

 
Adesso che Tom la vedeva, Fey non poteva più stare a casa loro. Perciò aveva 'preso in prestito' la casa di un signore anziano che abitava nella via dopo quella di Tom.
Era un signore distinto e nonostante fosse quasi sempre in casa era sempre vestito elegante, come se stesse aspettando che qualcuno gli facesse visita.
Il signor Franz viveva in una casetta a due piani e aveva 3 stanze da letto, per cui Fey ne occupò una.

Stava lì, davanti alla valigia contando i minuti che passavano e con l'ansia a mille.
Era felice, forse non era mai stata così felice in vita sua, ma allo stesso tempo era terrorizzata.
Cosa sarebbe accaduto se Tom, proprio quella sera, avesse scoperto cos'era realmente Fey?
Sarebbe accaduto il finimondo e non sarebbe stato giusto, né per lei né per Tom.
Fey si sentiva di nuovo viva, quand'era con lui. Ed era certa che anche Tom provava qualcosa di simile.

Si incontrarono lì.

Sotto quel lampione e sotto quella luce che ogni sera li illuminava. Uno veniva da una direzione e l'altra veniva da quella opposta. Tom regalò un sorriso a Fey e le diede un bacio sulla guancia, porgendole poi il braccio facendo segno alla ragazza di prenderlo e seguirlo.
Percorsero la stradina che facevano quasi ogni sera e quando arrivarono sulla loro panchina vi erano due coperte e sopra due paia di pattini, uno per Fey e uno per Tom.
La ragazza ridacchiò.

-Quindi eri serio quando mi hai chiesto se sapevo pattinare?
-Certamente! Ti sembro un ragazzo poco serio?
Fey fece di no con la testa aggrottando le sopracciglia, in modo sarcastico, e Tom scoppiò a ridere
-Sì sì, prenditi pure gioco di me. Vediamo quante volte ti ritroverai col sedere per terra, signorina!
Le passò accanto, quasi sussurrando le ultime parole al suo orecchio, prendendo poi i pattini e porgendoglieli.

I ragazzi se li infilarono e Tom fu il primo a percorrere la superficie del lago ghiacciato. Era molto tranquillo e rilassato, come se lo facesse ogni giorno.
Fey rimase ai bordi poggiata ad un albero guardando Tom un po' spaventata.
Il ragazzo la guardò e si sentì come quel giorno, risvegliatosi dal coma.
Proprio come se avesse appena visto un angelo.

Fey aveva un cappottino nero che arrivava al di sopra delle ginocchia, un paio di calze nere e portava i pattini, così piccoli in confronto a quelli enormi di Tom.
Il moro si avvicinò sorridendole e la prese per mano, trascinandola con lui.
Pattinavano insieme, tenuti per mano, alternando gambe e braccia.

Tom benedì l'idea di Fey di stare lontani dalla gente,
Fey ringraziò, dentro di sé, Tom per averla ascoltata.

-E' da molto che pattini?
-Da piccolo andavo con Bill e papà a pattinare nella pista vicino a casa. Poi crescendo l'ho abbandonato. Ma sai, è come andare in bicicletta. Una volta che impari non lo scordi più.

Fey gli sorrise.

-Adesso da sola!
Tom si staccò dalla ragazza e indietreggiò di pochi passi mentre Fey avanzava piano e goffamente
-Mi ricordi tanto un cucciolo di cervo appena nato che non riesce a camminare!- Disse il moro battendo le mani
-Che diavolo di paragone è questo, Tom?! Piuttosto...
Fey non fece in tempo a finire la frase che mettendo male i piedi scivolò.
Tom si avvicinò velocemente e allungando il busto prese le mani della ragazza e l'avvicinò a se, stringendola.
I loro visi erano vicini, tanto quanto la distanza di un bacio.

-Mi hai salvata...
La ragazza abbozzò un sorriso senza staccare i suoi occhi azzurri da quelli castani di Tom, arrotolandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Tom riconobbe quel gesto.

-Sei tu che hai salvato me...

Fey si bloccò e il sorriso scomparì dal viso.
-Come?
Tom spostò lo sguardo dagli occhi di Fey e si allontanò di poco, scuotendo il capo.
-Nulla, scusami. Non so perché l'ho detto.
-Stai bene?- Fey gli prese una mano
-Sì.
-Ti avevo detto che sarei uscita con te se avessi risposto alla mia domanda, in modo sincero.

I ragazzi si spostarono sulla panchina e si sedettero vicini, coprendosi con le coperte portate da Tom.

-E' successa una cosa strana, dopo il pestaggio e dopo il coma. Vorrei dirtelo, ma sono più che sicuro che mi prenderesti per un pazzo maniaco e probabilmente fuggiresti via.
-Non penso che tu sia un pazzo maniaco Tom, puoi fidarti di me.
Quelle parole per Tom valevano tanto, deglutì pesantemente e iniziò a parlare.

-Rimasi in coma per due giorni e mezzo e non ricordo nulla. Molti dicono che vedono delle luci, tunnel, prati, sentono una felicità immensa. Io non ho sentito niente di niente.
Quando mi sono svegliato, però, ho visto qualcosa.-

Fey aveva iniziato a tremare, ma Tom non se ne rese conto.

-I dottori mi avevano riempito di farmaci e mi dissero che avrei potuto avere delle allucinazioni e roba del genere, però io sono certo di aver visto qualcuno.
-Chi?

Tom si girò e la guardò dritta negli occhi, con uno sguardo che sembrò penetrarla, scrutarla dentro. 
Fey si sentì come nuda davanti a lui e trattenne il respiro finché Tom non rispose-

-Tu.

Fey seppe solo assumere un'espressione che agli occhi di Tom parve stupita, ma in realtà era terrorizzata.
-Ti prego non prendermi per pazzo, è solo che in un certo senso, ti sono grato anche se tu non hai fatto nulla, ovviamente! Non eri lì quando sono uscito dal coma, lo so, ma io ti ho vista. Quella persona era uguale a te.
E' per questo che quando ci siamo incontrati sono rimasto spiazzato, non ci potevo credere! Ed è per questo che ho voluto rivederti, e conoscendoti ho capito che sei una ragazza speciale, che sei diversa dalle altre.-

Fey non rispose e mantenne la stessa espressione di prima.
Tom sospirò profondamente e si alzò dalla panchina.

-Lo sapevo, sono stato un'idiota. Mi dispiace Fey.
-Ti prego Tom non andartene! -la ragazza si alzò di scatto e gli prese un lembo del maglione, trattenendolo- Io ti credo. Forse è stato il caso, come dici tu! Magari era destino che ci dovessimo incontrare.

Il ragazzo si girò a guardarla.
Il destino.
Cos'aveva il destino in serbo per loro?

Tom l'abbracciò.
Era come se i loro corpi si completassero, come se le forme di Tom fossero state create appositamente per essere unite a quelle di Fey.
Per la ragazza fu l’abbraccio più bello di tutta la sua vita. Un abbraccio che scaricava un’energia tale da fa vibrare ogni singolo muscolo, penetrava nelle ossa.
Erano soltanto lei e lui, in un tutt’uno da far invidia.
Nessuno dei due si rese conto di quanto durò quell'abbraccio, se solo per pochi secondi o per una manciata di minuti, ma in qualunque caso, Fey sarebbe voluta rimanere così per il resto della sua esistenza. Tra le sue braccia si sentiva protetta. Entrambi avevano lasciato da parte la timidezza e la tristezza di ciò che era accaduto.

Tom per la prima volta sentì di star bene, davvero.

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Capitolo 12
*** XII ***


Quella notte Tom non aveva chiuso occhio.

Sentiva ancora il profumo di Fey sulla sua pelle, quell'abbraccio l'aveva fatto uscire fuori di testa e non riusciva a trovare una spiegazione.
Si sedette nel letto e iniziò a massaggiarsi le tempie.
Avrebbe voluto che Fey fosse lì, semplicemente per parlarci. Per sentire la sua voce.
Quando c'era lei, quando parlavano, quando ascoltava quel suo buffo accento tedesco non pensava più alle mille mila cose che stavano andando male.
La settimana successiva sarebbe dovuto partire per un tour in Francia e non se la sentiva proprio di ricominciare con tutto quello stress, ma doveva.
Lo faceva per i fans, per i ragazzi, e sotto sotto anche per sé stesso.
Dopotutto amava suonare e stare di fronte ad un pubblico che lo adorava.
Era sicuro che quel tipo di adorazione, di amore, fosse vero. Sincero.
D'altro canto, però, sapeva che Fey gli sarebbe mancata terribilmente.

I suoi pensieri vennero interrotti da qualcuno che bussò alla sua porta, e lentamente questa si aprì. Tom riconobbe la figura del gemello.
-Che c'è Bill?
-Sapevo che eri sveglio. Prima di tutto perché non stai russando, e poi perché lo sono anch'io e non capisco come mai, dato che sto morendo di sonno.

Tom si mise a ridere e fece segno al fratello di sedersi.
Bill si avvicinò e si sedette, strofinandosi gli occhi e poggiando le mani sulle gambe.

-Bè, che succede?
-Nulla, perché?
-Perché non riesci a dormire?
-Penso.
-A lei?

Tom sorrise e pensò a quanto gli fossero mancati quei momenti con Bill, nei quali si capivano in un lampo senza che l'altro dovesse sprecare inutili parole per spiegare cosa stesse succedendo. Dopo la storia della droga i due parlavano di meno, quello era vero, ma il rapporto era rimasto lo stesso.

-Dai su, raccontami. Dimmi com'è!

Bill si mise a gambe incrociate, come uno scout seduto davanti ad un fuoco pronto ad ascoltare una storia dal capo branco.
Tom rise.

-D'accordo, d'accordo! Vediamo... Si chiama Fey, è per metà inglese.

Tom stette zitto e Bill lo incitò a continuare.

-E' mora, ha i capelli lunghi e mossi e ha gli occhi celesti. Quegli occhi, Dio... Mi ci perdo dentro.
-Capisco. E caratterialmente com'è?
- E' simpatica, spigliata e divertente. Arrossisce facilmente, delle volte risulta molto timida ma ti giuro Bill, mi fa impazzire.

Tom aveva iniziato ad elencare tutto, ogni minimo particolare di Fey al fratello, gesticolando e mantenendo un sorriso costante stampato in viso.
Bill gli sorrise.

-Il fatto che tu non abbia parlato di culo e tette mi fa pensare che tu sia davvero cambiato, Tom. Anzi, credo che questa ragazza ti abbia cambiato parecchio! Dev'essere un angelo!

-Non ti ho parlato di quei particolari perché sennò te ne innamoreresti anche tu!
-Ti sei innamorato?

Tom sentì un mattone sulla bocca dello stomaco.
Cos'era l'amore? 
Tutti lo descrivevano come una cosa stupenda; farfalle, fiori, cuori, spensieratezza e gioia. 
A lui, invece, lo spaventava terribilmente.

-Sinceramente Bill, non so se voglio innamorarmi.
-Perché?
-Perché l'amore non porta a niente di buono. Tanto succede sempre qualcosa che rovina le situazioni e ora come ora non sopporterei di non vederla più, di perderla.

Bill si grattò la fronte con la mano destra e poi gli poggiò l'altra sulla spalla.

-Dai Romeo, non ti preoccupare. Ti accorgerai tu quando sarà il momento giusto e ti sentirai pronto.

Tom gli diede uno spintone e lo mandò mentalmente a fanculo.
Bill si alzò dal letto e si avvicinò alla porta.

-Vedi di dormire, visto che ho parecchio sonno arretrato. Buonanotte Tom.
-Buonanotte Bill.

Quando il gemello uscì Tom abbandonò la testa sul cuscino e la sentì molto più leggera, lasciandosi andare in un sonno profondo.


Fey, come Tom, non riusciva a dormire ed era seduta sul divano, col signor Franz che guardava un film poliziesco.
Pensava a quello che si erano detti, al fatto che Tom si ricordasse per filo e per segno quel giorno all'ospedale. 
Si ricordava di lei.
Cos'avrebbe fatto adesso?
Tom aveva persino riconosciuto quel gesto che la ragazza faceva solitamente, l'aveva letto nei suoi pensieri.
Si era cacciata in un guaio enorme, e con lei ci aveva fatto finire anche Tom.
Era lei il problema.
Tom aveva la sua famiglia, i suoi amici e il suo successo, non aspettava niente e nessuno.
Era lei che non aveva più nulla e che l'aveva sempre aspettato, ogni giorno.
Fey si raggomitolò su se stessa, quasi sul punto di piangere.

-Non è bene che da occhi belli come i suoi escano delle lacrime, signorina.

Fey si girò verso il signor Franz che a sua volta si girò a guardarla.

-Sì, la vedo. Ho iniziato a vederla da qualche giorno a questa parte e credo sia perché stanno per venire a prendermi, così finalmente potrò rivederla.

Fey si sedette meglio sul divano e iniziò a parlare con quell'uomo sempre ben vestito e che profumava di colonia.
Il signor Franz aveva 85 anni e 3 anni prima gli avevano diagnosticato un tumore al pancreas, così le disse.
Da quel giorno, ogni singolo giorno, aveva deciso di vestirsi elegante, così quando sarebbero venuti a prenderlo lui avrebbe avuto un aspetto dignitoso e la sua Mary l'avrebbe riconosciuto.

-Chi è Mary?
-Mary è mia moglie. Siamo sposati da ben 65 anni. Purtroppo me l'hanno portata via 5 anni fa, ma io l'amo e l'aspetto sempre.

Fey sentì come se il suo cuore si stesse restringendo fino a seccarsi. Le parole di quell'uomo, così calme le facevano una tenerezza immensa.
L'uomo le parlava con occhi verdi stanchi ma pieni di speranza e le rughe sul suo viso erano la prova delle guerre che aveva combattuto nella sua vita e che continuava a combattere.

-Io la aspetto ogni giorno, proprio come fa lei.

Fey si sentì colpita in pieno.

-Signor Franz, cosa devo fare?
-Io non posso dirle cosa fare, non sono nella sua testa e non conosco il giovane di cui è innamorata. Però le posso dire che seguire il proprio cuore è la via migliore. Io lo feci, tempo fa, e mi portò tanta felicità.

Fey trovava buffo il modo in cui il signor Franz le parlava, ma aveva ragione.

-Quando ho iniziato a vederla ho fatto in modo che lei non se ne accorgesse, per capire com'era. Lei è una ragazza molto tranquilla, educata e pulita. Però non capisco, come mai non ha più le ali?

Fey pensò alle sue belle ali bianche e con quanta furia gliele avevano strappate, sentendo dei brividi che partivano dalle scapole per percorrere l'intero suo corpo.

-Me le sono fatta strappare, per salvargli la vita.

Il signor Franz annuì e si alzò dal divano, diretto in camera sua.

-E' stato molto coraggioso, da parte sua. Continui a combattere la sua battaglia e vedrà che non se ne pentirà.

L'uomo entrò nella sua stanza, dalla quale Fey sapeva che non sarebbe più uscito.

Tornò nella sua camera e si mise a letto, pensando a ciò che le aveva detto quell'uomo.
Non doveva perdere la speranza, doveva lottare, ne sarebbe valsa la pena. Era così difficile però.
Si sentiva persa, come se si trovasse costantemente di fronte ad un bivio e vivesse con l'ansia di non sapere quale strada prendere. 
Aveva paura dei rimorsi e dei rimpianti. Non sapeva quale fosse peggio.
In una situazione come la sua non sapeva proprio se sarebbe stato meglio pentirsi di non aver fatto qualcosa o pentirsi di averla fatta. 
Tanto rimaneva fottuta in entrambi i casi.

Fey si mise su un fianco, infilando una mano sotto il cuscino. 
Tom, nel suo letto, fece lo stesso.
Si pensavano e non lo sapevano. Si cercavano, si desideravano e non potevano saperlo.
Quando si addormentarono entrambi, però, erano certi che l'indomani si sarebbero visti e che sarebbe stato bellissimo.

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Capitolo 13
*** XIII ***


Sei giorni.

Tom si svegliò con questo pensiero nella testa. Sarebbe stato meglio svegliarsi con una secchiata d'acqua gelida.
Sei giorni, se non cinque, per stare con Fey. E poi sarebbe dovuto partire per il tour, ovvero 28 giorni. Fortunatamente Febbraio ne aveva solo 28.
Tom aveva meno di una settimana per viverla e conoscerla un po' di più, e forse per innamorarsi.
Voleva mostrarle com'era fatto veramente, voleva mostrare anche a sé stesso, forse, che lui non era come tutti lo descrivevano.
Avrebbe voluto chiamarla, ma non aveva il suo numero di telefono.
Diamine, quella ragazza era così misteriosa! Non sapeva nulla di lei, a parte ciò che lei gli aveva raccontato. Tom non sapeva neanche dove Fey abitasse.
Come avrebbe fatto a incontrarla di nuovo?
Pensò che probabilmente sarebbe stato come i giorni precedenti, si sarebbero incontrati per caso perché ad entrambi piaceva uscire a fare due passi.
Tom era confuso più che mai, non sapeva che scelta prendere, come conquistarla. Cosa si sarebbe inventato dopo la pattinata sul ghiaccio?
Non ha mai avuto di questi problemi, lui.
Solitamente le ragazze le incontrava ad una festa, le invitava a cena fuori e poi succedeva quello che doveva succedere.
Ma con Fey no. Non sarebbe andata così.
Non che non gli sarebbe piaciuto, sia chiaro.
Fey era davvero bellissima e Tom si sentiva molto attratto da lei. 
Lo era perché lei era diversa dalle altre. 
La sua timidezza, il suo modo di fare così pulito e ingenuo avevano un non so che di sensuale e Tom se ne accorgeva ogni giorno di più e ne veniva catturato.
Decise di sdraiarsi sul divano a guardare un po' di TV.
Guardare la TV, per Tom, significava cambiare continuamente canale finché non trovava qualcosa di abbastanza interessante.
Lo colpì una folata gelida in pieno viso.

-Mamma! Chiudi quella porta, ti vorrai per caso ammalare?!
-Tom non vedi com'è ridotta questa casa? Sembra di vivere in un porcile e tu e tuo fratello non mi aiutate per nulla!

Il pavimento era completamente lucido, pareva di cristallo.
Simone aveva una fissazione per la pulizia e Tom certe volte non la sopportava proprio. Soprattutto quando gli metteva in ordine la camera, distruggendo così l'habitat naturale di Tom e incasinandogli completamente tutto, finendo poi col ragazzo che non trovava mai niente.
Tom sbuffò e si concentrò di nuovo sulla televisione, cambiando canale.
Si sentirono dei passetti veloci e poi un urlo di Simone.

-Tom Kaulitz! Il tuo cane è appena passato dove avevo lavato! Ha lasciato tutte le sue impronte! Mio Dio, adesso dovrò ricominciare da capo!

Tom si girò verso la porta e vide Scotty in lontananza che correva verso la fine della via.
Il moro sgranò gli occhi e balzò dal divano, sollevandosi i jeans over
size e rincorrendo il cane, cercando in tutti i modi di raggiungerlo.

-Scotty, cazzo fermati!

Il cane correva a gambe levate, come se si stesse dirigendo verso una bistecca gigante.
Tom si sentiva un rincoglionito, correva tenendosi i pantaloni.
Pensò di cambiare stile, ma la sua immagine con dei jeans stretti lo fece rabbrividire e gli fece scacciare quell'idea dalla testa.
Il moro rallentò quando vide la coda del cane scodinzolare da dietro un cespuglio, e dopo poco lo sentì abbaiare festoso.
Avvicinandosi un poco vide che c'era qualcuno con Scotty.
Lei.
Fey lo vide sbucare dal cespuglio e sorrise a Tom quasi senza accorgersene.
Era stato come se quel sorriso avesse rischiarato la giornata grigia di quel pomeriggio di fine Gennaio.
La ragazza si alzò e corse ad abbracciarlo, un gesto così naturale che non aveva bisogno di essere spiegato in alcun modo.
Nonostante questo, però, Fey si sentì in imbarazzo e arrossì leggermente.

-Come stai? Scotty mi è corso dietro, stavo andando verso casa mia.
Fey indicò la casa del signor Franz, qualche metro più avanti.
-Io stavo beato sul divano e il signorino a quattro zampe ha pensato di fuggire e farmi correre come un dannato.- disse indicando il cane.
Fey rise.
-Se non l'avesse fatto non ci saremo incontrati.
-Già.
Fey lesse nella mente di Tom che il ragazzo si chiedeva della casa.
-Vuoi vedere dove abito?
-Sì, mi piacerebbe molto.

Il signor Franz aveva lasciato scritto di non vendere nè affittare la sua casa. L'aveva fatto per Fey. Lui non aveva figli e nessun parente stretto al quale dare la casa o per lo meno i soldi della vendita.
Fey aprì la porta color cioccolato e i ragazzi entrarono in una casetta dalle pareti spugnate color salmone.
Vi era un piccolo uscio e un salottino con due bei divani neri e un caminetto. Una grande libreria strapiena di libri di ogni genere e al centro della stanza un grande tappeto persiano.
Sulla destra si intravedevano delle scale che portavano al piano superiore e poi un'altra stanza dove vi era la cucina.

-Mi piace, il profumo di colonia è di tuo padre?
Gli occhi di Fey si velarono di tristezza.
-Sì.
-Stai bene? E' come se, non so, ti si fossero spenti gli occhi.

Fey si sentì colpita nel profondo. Non era colpa sua se quella dannata luce aveva deciso di spegnersi ed abbandonarla per andare chissà dove.
Non era colpa sua se suo padre e sua madre non erano più con lei.
Anche la luce della macchina che la investì era spenta, e le portò via la vita.
La ragazza rispose stizzita.

-Sì. Sto bene.
Tom rimase colpito dalla risposta di Fey e lei si sentì immediatamente una stronza per avergli risposto in quel modo, lui dopotutto non centrava nulla, non sapeva nulla.
-Vieni, ti faccio vedere la mia stanza.
Fey gli rivolse un sorriso, sperando che bastasse per mettere a posto la sgarbatezza che aveva usato nei confronti di Tom.
Arrivati nella stanza, il ragazzo si mise a ridere.

-Peccato, credevo fosse piena di poster e mie immagini!
Fey gli diede una leggera spinta.
-Non credere che sia già caduta ai tuoi piedi, Mr. Kaulitz!
-No?
Tom si avvicinò alla ragazza, cingendola per i fianchi e avvicinandosi al suo viso.
Fey non sapeva se stesse andando a fuoco, se fosse sul punto di sgretolarsi in mille pezzi o svenire.
Osservare Tom da così vicino le provocava le vertigini. Era una bellezza strana, particolare. Lo definiva perfetto.
Fey gli posò una mano sulla spalla, quando il telefono del moro squillò dalla tasca dei jeans.
Tom socchiuse gli occhi e strinse i pugni.
-Bill.

La ragazza indietreggiò, portandosi il dorso della mano sulle labbra, nascondendo un sorriso divertito.
-Spiegami che diavolo vuoi. Dimmelo Bill, ti prego, illuminami.
Fey scoppiò a ridere.
-Sì, è la sua risata quella che hai sentito e sì, sono con lei. Ti ringrazio tanto.

Bill l'aveva sentita.
Sicuramente perché era il gemello di Tom. E avendo un legame così stretto era possibile che Bill potesse addirittura vederla.
Tutto questo scaricava su Fey un'adrenalina indescrivibile. Non si sentiva morta, per niente.
Il ragazzo chiuse la chiamata.

-Devo andare, però passo a prenderti alle sette. Ti va?
-Dove mi porti?
-Sarà una sorpresa. - disse ammiccando.
-Neanche un indizio?!
-No, questa volta no. Voglio stupirti!
Le diede un bacio sulla fronte e uscì.
Oltre al profumo di colonia del signor Franz, adesso si sentiva anche il profumo di Tom in quella casa.

 
Come promesso il moro passò a prendere Fey alle sette, aspettandola poggiato alla sua Audi.
-Ti presento la mia bambina!- disse Tom mostrando a Fey la sua auto limpida come uno specchio e aprendole lo sportello per salire.
La ragazza si accomodò nei sedili di pelle e si tolse la sciarpa.
Fey era leggermente preoccupata, aveva preferito non ripetere a Tom quello che gli aveva chiesto la prima volta che erano usciti insieme perché si sarebbe potuto insospettire, però il fatto che stessero andando in macchina da qualche parte la preoccupava parecchio.
Non poteva essere vista da tutti, nonostante Bill l'avesse sentita mentre parlava al telefono.
Il ragazzo si accorse del silenzio dell'angelo e mentre cambiava la marcia si girò leggermente a guardarla.
-Va tutto bene?
Fey scrollò la testa come per uscire dai suoi pensieri e si poggiò più comoda nel sedile annuendo con un sorriso.
-Dove mi porti?
Tom invece di proseguire dritto verso il centro città svoltò a sinistra, e in lontananza si intravedeva un bosco.
-Non posso Fey, te l'ho detto è una sorpresa!
Il ragazzo svoltò una seconda volta, in una stradina sterrata dove non vi era anima viva. Poco più avanti Fey non riuscì a credere ai suoi occhi.

C'era un piccolo gazebo, circondato da enormi vetrate, ricoperto di neve. Attorno vi erano delle piccole lanterne e candele. Tutt'intorno il bosco innevato, tanto che sembrava di essersi catapultati dentro un libro di fiabe.
Tom fermò la macchina e scese. Poco dopo aprì lo sportello a Fey, che lo guardava stupita.

-Hai fatto tutto tu?
Tom rise.
-Sì. Dopo che mi ha chiamato Bill ho pensato a questo, ti piace? Tutte le coppiette vengono qui.- Tom si rese conto dopo di cosa aveva detto, e si passò una mano dietro la nuca, imbarazzato.
Fey finse di non aver colto le parole di Tom.
-Se mi piace? E' stupendo!
I ragazzi si incamminarono verso il gazebo.

Tom sentiva pugni e calci dentro il suo stomaco e non capiva il perché. Non aveva mai provato una sensazione simile, ma era sicuro che fosse a causa di quella ragazza che gli camminava accanto e che si guardava intorno.
Non riusciva a capire perché ci fosse così tanto legato, ma da quando c'era lei tutto andava bene, e in un certo senso Fey gli aveva salvato la vita.
Tom aprì la porta principale e fece entrare la ragazza, che si portò una mano alla bocca girandosi poi verso il ragazzo.
Al centro della stanza c'era un piccolo tavolo e sopra di questo due tazze che fumavano di cioccolata calda.
-Ti prego dimmi che non sei una di quelle ragazze che tengono alla linea e non sgarrano mai, neanche per una cioccolata col ragazzo dei propri sogni!
Fey scoppiò a ridere e scosse la testa.
-Io adoro la cioccolata!
Si sedettero e iniziarono a chiacchierare e giocare.

Fey riempì la sua tazza di panna e con un cucchiaino ne passò un po' a Tom, sporcandolo sulla punta del naso.
-Ah è così?!
Tom spostò leggermente la sedia e si trovò faccia a faccia con la ragazza e riempì il suo cucchiaino di cioccolata.
-No Tom, non provarci.
Tom esitò per un attimo e le sorrise per poi riempirle la faccia di cioccolata.
Fey si alzò in piedi cercando di fuggire dalla presa del ragazzo e entrambi caddero a terra.
La risata di Fey echeggiò per tutta la stanza, unendosi a quella del moro.
Lui si trovava sopra di lei.
Leggermente le spostò una ciocca di capelli dal viso e iniziò a baciarla dov'era sporca di cioccolato; il naso, la guancia sinistra e il mento. Si spostò poi sullo zigomo destro e infine l'angolo della bocca.
Rimasero a guardarsi per una manciata di secondi e poi Fey si avvicinò a lui.
Le loro labbra si unirono e si lasciarono provocando un leggero schiocco. Tom mise una mano sotto la schiena della ragazza, che era leggermente protesa in avanti e con l'altra le accarezzava una guancia.
Fey abbracciò Tom e lentamente gli accarezzava la nuca.
Le loro labbra si sfiorarono ancora, senza staccarsi questa volta.
Tom mordeva leggermente quelle fredde di Fey che si riscaldavano al contatto con quelle morbide e calde di Tom.
Non era certa che tutto quello fosse reale, le carezze e i baci umidi di Tom le facevano accapponare la pelle e il cuore.
Per un momento ringraziò colui che guidava quella macchina il 15 Dicembre.

Tom guardò negli occhi di Fey, e per la prima volta, oltre a vedere sé stesso riflesso, vide la luce.

 

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Capitolo 14
*** XIV ***


Quella mattina Tom si alzò più pimpante del solito.
Mentre gli altri giorni ci sarebbe voluta una cannonata per buttarlo giù dal letto, quel giorno si alzò di sua spontanea volontà e andò a fare colazione di sotto, con Simone e Bill.

-Che ci fai sveglio a quest'ora tu?!
-Mi sono svegliato Bill, è un'azione che compie l'uomo ogni giorno.
Bill lo guardò torvo e scosse la testa, continuando ad imburrare la sua fetta biscottata.
Simone diede un leggero bacio a Tom sulla fronte e li porse la tazza col latte caldo, che il ragazzo riempì di cereali.
Tom mangiava con gusto ed era interessato a qualsiasi cosa, persino alla data di scadenza della marmellata alle ciliegie quasi finita.
Bill lo guardava mezzo disgustato, non aveva mai visto il fratello così. 
O per lo meno l'aveva visto così affamato solo dopo che fumava qualche canna o quando non mangiava da due giorni perché dormiva.
Simone si accorse dello sguardo di Bill e si mise a ridere, sedendosi poi accanto a Tom.
-Come si chiama?
Tom si fermò a guardare la madre, con la bocca piena di cereali e latte.
-Te l'ha detto questo qui accanto a me?
-Non te l'hanno insegnato che non si mangia con la bocca piena?
-Taci, Bill.
Simone prese la parola.
-No amore, si capisce.

Lo vedeva anche Simone che Tom non era più lo stesso, e questo non poteva che far felice tutti, compresa Fey.

La ragazza si era svegliata allo stesso modo di Tom, e non aveva fatto altro che pensare e ripensare a quel bacio e al modo in cui il ragazzo l'avesse riaccompagnata a casa, dandole semplicemente un bacio sulla fronte.
Era una cosa che ormai non faceva più nessuno, e questo le piaceva.
Le piaceva che Tom le stesse mostrando una parte di sé stesso che, forse, non conosceva neanche lui.
Il Tom romantico, premuroso e dolce.
Fey sapeva che sotto quella corazza intoccabile si celava un Tom diverso e avrebbe continuato a combattere per vederla spuntare fuori il più possibile.
I pensieri della ragazza però si trovarono a vagare sulla conversazione che ebbero i due tempo prima, riguardo il pestaggio dei gemelli.
Tom le disse che non avevano trovato i quattro spacciatori, ma lui si ricordava perfettamente le facce. 
Fey sapeva che Tom e Bill erano spesso impegnati in questura, con la polizia, per cercare di risolvere questa faccenda, ma era come se quei quattro delinquenti si fossero volatilizzati.
Eppure Fey era certa che non se ne fossero andati, che fossero ancora in Germania, e qualcosa dentro di lei le faceva avere paura, tanta.
Paura per Tom, paura per Bill, paura per Simone.
Paura per Georg e Gustav, per le loro famiglie. 
Paura per l'incolumità di tutti.
Fey non voleva che l'armonia che si era creata venisse di punto in bianco a mancare, gettando tutto in un burrone di panico e terrore.
Cercò di scacciare via quei pensieri, sperando per il meglio e decise di dare una ripulita alla casa.
Rovistando tra le cose del signor Franz trovò delle foto che la riportarono alla sua famiglia.
Sua madre e suo padre le mancavano da morire.
Si chiedeva come stessero, ormai erano già mesi che mancava.
Nonostante la voglia di rivederli, Fey non aveva il coraggio di andare a trovarli.
Avrebbe voluto parlarci, dire alla madre che si era innamorata e che aveva trovato una persona fantastica. 
Avrebbe voluto rassicurare il papà e dirgli che nonostante questo ragazzo, l'unico uomo della sua vita sarebbe stato per sempre lui.
Gli occhi di Fey si inumidirono leggermente e decise di riporre le foto dentro i cassetti.

 
Tom e Bill erano andati in sala di registrazione, quella mattina avrebbero dovuto incidere un nuovo singolo, in modo da portarlo poi per la prima volta in Tour.
Bill sentiva una corrente adrenalinica assurda scorrergli nelle vene ogni volta che si ritrovava lì con il fratello e i suoi due migliori amici e compagni d'avventura.
Si sentiva parecchio in colpa, però.
Era caduto veramente in basso e rischiava di rovinare tutto ciò che con pazienza e sacrifici quei quattro ragazzi tedeschi avevano cercato di costruire.
Vedere i sorrisi dei suoi tre compagni, le loro risate e vederli discutere insieme sulla loro musica, per Bill, era una meravigliosa conquista.
Quando ognuno era al proprio posto riempivano quel silenzio confuso e lo aggiustavano con le parole che trovavano insieme per spiegare i loro problemi, le loro battaglie.
La batteria di Gustav era il cuore pulsante della band, la chitarra di Tom e il basso di Georg erano il sangue che scorreva e la voce di Bill era la vita. 
Quella vita che creava i Tokio Hotel. Quella vita che, a sua volta, dava vita a loro, ai fans e alla stessa Fey.

-Ragazzi che ne dite di 5 minuti di pausa?
La voce di Bill echeggiò dal microfono della sala di registrazione e tutti coloro che lavoravano là dentro non rifiutarono l'idea del giovane.
I quattro andarono fuori, in un piccolo balconcino dal quale si vedeva la città.
Tutti si accesero una sigaretta e si poggiarono al cornicione, chiacchierando tra loro.

-E così il dio del sesso sta abbassando la cresta?
La battuta di Georg fece ridere i tre, beccandosi un pugno non troppo forte sulla spalla da parte di Tom.
-Se ci pensi è un bene, almeno dovremmo scrivere meno canzoni come
Reden!
Gustav, il taciturno del gruppo, raramente faceva quel tipo di battute ma quando le faceva era esilarante. Prendere per il culo Tom Kaulitz era esilarante.
-Adesso Tom inizierà a scrivere canzoni d'amore, altro che!
-No Bill, quelle le lasciamo a te.
Georg e Tom si diedero il cinque mentre i ragazzi ridevano a più non posso.

Il sole tramontava dietro di loro e tra le risate Tom si rese conto che aveva perso un giorno con Fey. Di conseguenza, gliene rimanevano solo quattro.

I ragazzi rientrarono in sala per continuare a provare, e alle dieci finirono.
Georg e Gustav presero una strada differente da quella dei gemelli, i quali decisero di fare due passi.
Dopo dieci minuti però si resero conto di come la loro idea fosse stata veramente pessima.
Le cose erano due: o incappavano nei paparazzi o in maniaci drogati.
E tra le due, ovviamente, i gemelli preferivano cento volte una mandria imbizzarrita di paparazzi.
-Dai manca poco ad arrivare a casa.
Bill l'aveva detto per confortare Tom, ma suonava tanto come un conforto anche a sè stesso.

 
Fey stava andando a buttare la spazzatura nei cassonetti che si trovavano dietro l'angolo, la strada dove abitavano i gemelli, senza accorgersi però che si stavano avvicinando Bill e Tom.
Buttò i due sacchetti, e come il bidone si richiuse vide le due figure.
La ragazza sgranò gli occhi e si inchinò, nascondendosi, e pregò in tutte le lingue che conosceva che Tom non l'avesse vista.
Se Tom l'avesse vista sarebbe stata la fine.
Bill non poteva vederla.
Tom guardò interrogativo davanti a se, ma quando si girò dal fratello vide che la sua espressione era tranquilla, come se non avesse visto nulla.
I ragazzi svoltarono in una stradina secondaria e si diressero verso casa.
Tom decise all'ultimo di andare a salutare Fey e tornò indietro, vedendola mentre stava per entrare nel portone.
-Fey!
La ragazza si girò e sperò che Tom non le chiedesse se fosse lei quella pazza dietro i bidoni della spazzatura.
Fortunatamente non lo fece.
-Mi dispiace non esserci stato oggi, ero molto occupato con la band.
-Non ti preoccupare Tom, hai i tuoi impegni io non devo essere una distrazione.
-Tu non sei una distrazione, o se lo sei, bè sei la miglior distrazione che qualcuno potrebbe mai desiderare.
Fey gli si avvicinò e si mise leggermente in punta di piedi così da arrivare più facilmente alle labbra del moro, che erano socchiuse in un sorriso.
Tom si abbassò leggermente e la strinse forte a sé, baciandola dolcemente.
-Ci vediamo domani?
-Assolutamente sì.
Tom le aprì il cancello, che era socchiuso, e lo fermò con un piede.
-Buonanotte, Fey.
Le diede un leggero bacio sulla fronte e la salutò, incamminandosi verso casa.
Fey si sentiva uno straccio.

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Capitolo 15
*** XV ***


-Tom, questo pomeriggio torna Gordon e dobbiamo uscire a cena fuori. Pensi di poterti organizzare con Bill e stare da soli?
Tom pensò inizialmente ad una serata in casa con Bill, ma successivamente quell'idea venne sostituita dall'idea di Fey, con lui, quella sera.
Il ragazzo annuì alla madre e corse di sopra irrompendo nella camera del gemello.
Bill era sdraiato sul letto, con le cuffie attaccate al suo portatile, che intonava una canzone.
Quando entrò il fratello tolse le cuffie dalle orecchie e le lasciò poggiarsi sulle spalle e guardò Tom interrogativo.
-Stasera mamma non c'è.
-Lo so.
-Che fai? Esci con Andreas?
Tom aprì l'armadio di Bill scegliendo i vestiti che il fratello si sarebbe potuto mettere quella sera.
-Che diavolo fai?!
Il moro poggiò il pc al suo fianco e si mise a sedere sul materasso, leggermente confuso.
-Te l'ho detto, mamma stasera non c'è!
-E quindi hai intenzione di sbolognarmi per stare da solo con la tua ragazza?
-Non è la mia ragazza, e comunque sì.
-Ah bè, grazie per avermi avvisato in anticipo, sono solo le 4 e mamma esce alle 6, e se permetti- disse alzandosi dal letto- non ho intenzione di farmi scegliere i vestiti da un buzzurro come te.
-Sei geloso Bill?
Colpito e affondato.
-Chi, io? E di che? Di un paio di tette? No. Tu sei mio fratello. Tu sei mio fratello gemello Tom, non mi incazzo se preferisci stare con una femmina, tranquillo. Uscirò con Andreas, anzi guarda adesso lo chiamo!
Il moro prese il telefono e compose il numero dell'amico.
-Pronto Andy, sono Bill. Hai da fare stasera?
Tom diede un colpo a Bill dietro la nuca e successivamente gli diede un bacio nella guancia e uscì dalla sua camera, mentre il fratello scuoteva la testa continuando a parlare con l'amico.
-Sì, si è completamente rincoglionito.
Sembravano i Bill e Tom di 12 anni prima.
Tom uscì di casa e si precipitò a casa di Fey, temeva che con così poco preavviso la ragazza avesse già preso qualche impegno, e se fosse stato così, Tom avrebbe perso un'occasione d'oro.
Bussò alla porta tre volte e dopo più di un minuto d'attesa, che per lui pareva un'infinità, la porta si aprì.
Fey era in accappatoio e aveva un asciugamano legato in testa che le teneva i capelli.
Quando vide Tom assunse un'espressione leggermente perplessa e poi gli sorrise.
-Dimmi che non hai impegni.
-Mh, no. Direi di no, perché?
-Ti va di cenare da me? Mia madre non è in casa e Bill deve uscire con Andreas.
-Avevi architettato tutto o è stato un colpo di culo?
Tom rise.
-E' stato il caso, te l'ho detto! E' a nostro favore.
La ragazza rise e si strinse di più l'accappatoio in vita.
-D'accordo, a che ora?
-Alle sette?
-Va bene.
Tom scese gli scalini senza staccare gli occhi dalla ragazza.
-Sei bellissima anche così, comunque.

Tom ai fornelli era una visione quasi utopica, però vestiva abbastanza bene con quel grembiule di Simone, almeno questo era quello che pensava Fey.
La ragazza era arrivata nel mentre che Tom era alle prese con la cena e decise di aiutarlo.
Fey indossava un maglione lungo, sul turchese, che aveva stretto in vita con una cinta nera e un paio di scarpe alte che si abbinavano.
Più Tom la guardava, più non riusciva a paragonarla alle altre ragazze con cui era stato.
Si recarono in cucina dove aleggiava un profumo delizioso. Tom porse a Fey un altro grembiule che a parer suo la rendeva ancora più sexy e questo fece divertire la ragazza.
Lei non si sentiva così, ed era strano sentirselo dire.
Quando era viva, in molti le dicevano che era una bella ragazza, addirittura che era perfetta. Ma lei non ci credeva mai. Forse perché tutti sprecavano solo un mucchio di parole, ma poi parlando di fatti non combinavano mai nulla.
Mentre Fey apparecchiava Tom si stava destreggiando tra il sugo, l'acqua della pasta e altri ingredienti a parte che Fey non aveva ancora identificato.
Come la ragazza finì si avvicinò al moro che aveva evidente bisogno di una mano.
-Sei brava a cucinare?
-Sì, credo. Per lo meno, mia madre mi ha insegnato qualcosa, ma non so se sono una brava cuoca!
-Scommetto di sì, stupiscimi Fey!
Tom le porse una ciotola con dentro della farina mischiata col pan grattato, un vassoio pieno di verdure e una confezione di formaggio.
-E io che dovrei fare?
-Te l'ho detto, stupiscimi. Poi se morirò avvelenato potranno dare la colpa a te.
Fey si mise a ridere e iniziò a maneggiare gli ingredienti.
-Mi servono delle uova, e un bicchiere d'acqua.
Tom glieli porse.
Mentre Fey metteva in forno gli involtini di verdure e formaggio, che sarebbero stati secondo Tom qualcosa di divino, la pasta e il sugo erano quasi pronti.
Tom non poté fare a meno di osservare Fey e come quel maglione si posasse sul corpo della ragazza.
Le accarezzò i capelli, facendole provare dei leggeri brividi e Fey si girò verso Tom, avvicinandosi al suo viso.
Il ragazzo poggiò le mani sui fianchi di Fey, scendendo poi sul sedere.
-Dimmi che non l'hai fatto!
Tom scoppiò a ridere e Fey gli diede un colpo sulla spalla destra.
Aveva le mani completamente piene di farina e aveva lasciato sul maglione della ragazza l'impronta delle sue mani enormi.
Tom le prese le guance in una mano e le diede un bacio.
-Sei un idiota!
Fey rideva e nel mentre cercava di togliersi la farina dal maglione.
-Lo so, ma ti piaccio anche per questo!
Il ragazzo mise tutto in tavola e i due iniziarono a mangiare.
Era curioso il modo di fare di entrambi, facevano praticamente le stesse cose senza rendersene conto.
Tom avvicinava la mano al sale e così faceva Fey, e rimanevano un minuto buono a decidere chi dei due l'avrebbe dovuto prendere per primo.
Quando sorseggiavano il loro bicchiere di vino i loro sguardi si incontravano e finivano di bere entrambi nello stesso momento, mettendosi poi a ridere.
Fey era ammaliata da Tom, anche per il modo in cui il ragazzo mangiava, semplicemente per come prendeva in mano la forchetta.
Quando parlava gesticolava tantissimo e a Fey piaceva vedere come i tendini delle mani risaltassero, e sembrava che il ragazzo se ne fosse accorto.
Quando Fey parlava, Tom non poteva non incantarsi nelle labbra rosse dell'angelo. Avrebbe voluto alzarsi dalla sua sedia, andare là e baciarla.
Senza spiegazioni, senza dire niente. Semplicemente perché lo desiderava.
Probabilmente un comportamento del genere l'avrebbe fatta fuggire via spaventata, per questo Tom optò per un'altra idea.
I ragazzi, dopo che finirono la cena, misero tutto nel lavello della cucina e si spostarono nel giardino sul retro della casa.
L'aria era fredda quella sera, ma non avrebbe nevicato, il cielo era limpido e punteggiato di stelle.
Fey e Tom si sdraiarono sull'amaca del giardino e il ragazzo coprì entrambi con un piumone.
I loro visi erano rivolti verso il cielo, a contemplare le stelle.
La voce di Tom ruppe il silenzio.
-Perché hai scelto me?
Fey rimase spiazzata dalla domanda del ragazzo, che cosa intendeva Tom?
-Voglio dire, perché hai scelto di continuare a vedermi? Cos'ho di speciale? E' perché sono famoso?
-Come? Tom, non pensarci nemmeno! Incontrarti è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, conoscerti per davvero, condividere con te qualcosa ogni giorno è importantissimo per me.
So che è difficile da credere, ma da quando ti conosco mi è sempre più difficile non pensare a te e vorrei che tu ci credessi, vorrei che ti fidassi di me.
Fey si era sforzata terribilmente per dirglielo, ma da una parte si sentì più libera.
Tom sorrise e tornò a guardare il cielo e mentre stava per rispondere alla ragazza, di punto in bianco la sua espressione cambiò; ingigantì gli occhi e aprì la bocca, quasi incredulo.
-L'hai vista?? Fey dimmi che l'hai vista!
Continuava ad indicare il cielo e cercava approvazione dalla ragazza, come un bambino.
Fey scoppiò a ridere scuotendo la testa.
-Mi dispiace Tom non ho visto nulla! Com'era?
-Fantastica. Ti giuro mai visto qualcosa del genere! Poi in questo periodo dell'anno solitamente non se ne vedono mai!
Fey si strinse il piumone al petto.
-Hai espresso un desiderio?
Tom frenò di poco il suo entusiasmo, ma aveva ancora un grande sorriso sulle labbra.
-Sì, ho desiderato di innamorarmi di te.
Se fosse stato un sogno, Fey avrebbe voluto non svegliarsi mai.
Ma era la realtà, ed era stupenda.
Tom si girò verso la ragazza e le prese il viso fra le mani, guardandola come non aveva mai fatto prima, guardando ogni minimo particolare.
Fey si avvicinò di più e lo baciò, piccoli baci accompagnati da carezze.
Tom avvicinò il suo corpo a quello dell'angelo, accarezzandole una gamba, salendo un po' più su fino alla coscia.
La ragazza sorrise impercettibilmente e Tom nascose il viso tra il suo collo e la spalla.
-Parto dopodomani.
La ragazza continuava ad accarezzare i cornrows del moro, poggiando il mento sulla sua testa.
-Mi prometti una cosa?
Tom sollevò il viso.
-Mi prometti che… quando ritornerai in Germania, ritornerai anche da me?
Le sorrise.
-E come potrei non tornare da te?
I due si strinsero in un abbraccio e Fey posò la testa sul petto di Tom, rimanendo lì, a farsi coccolare ancora per un po'.

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Capitolo 16
*** XVI ***


Le camere di Bill e Tom erano un completo casino.
C’era di tutto sparso per il pavimento. Entrambi odiavano profondamente preparare le valigie per partire.
Era la parte più noiosa e poi avevano sempre paura di dimenticare qualcosa di importante, soprattutto Bill.
Tom aveva già messo una decina di fasce, bandane e cappellini. Felpe, maglioni, jeans e quant’altro.
Nelle sue vene scorrevano ansia, adrenalina. I tour gli facevano sempre quest’effetto. E a Tom piaceva un sacco.
Questa volta, però, sarebbe stato diverso.
Le scorse volte quando partiva non lasciava nulla a casa, a parte la mamma e Gordon ad aspettarlo.
Aveva Bill, Georg e Gustav con sé, le cose più importanti.
Questa volta, però, avrebbe lasciato anche un’altra cosa molto importante a casa: Fey.
Quella sera sarebbe stata speciale, questo fu quello che Tom si ripromise.

Il cielo tedesco quel pomeriggio era grigio e a Fey non piaceva per niente. Rispecchiava perfettamente il suo umore.
La sera prima i due avevano parlato di cosa fare il giorno dopo, e avevano deciso di stare da Tom, Bill avrebbe trascorso il pomeriggio con Georg e Gustav per definire le ultime cose.
Quando Fey entrò in casa sentì di nuovo quel profumo di cannella e si rese conto di come non fosse cambiato nulla dalla prima volta in cui c’era stata.
Si ricordò delle sensazioni che aveva provato, di quanto il suo cuore avesse iniziato a correre al suono della risata di Tom.
Lo stesso Tom che adesso era accanto a lei e l’accompagnava di sopra.
I due entrarono nella camera del moro.
-Scusami per il disordine, ma quando parto lascio sempre un casino assurdo!
Fey annuì e rise. Sapeva che Tom era un tipo ordinato. Per lo meno, era nella norma. Quello un po' più disordinato era Bill.
Si mise a dare un’occhiata alle cose che non aveva mai notato.
Guardò i libri di Tom che erano riposti nella libreria, i souvenir dei vari viaggi che aveva fatto. Le foto di lui e Bill da piccoli col papà e la mamma.
La scrivania era ampia e in un lato c’erano accumulati fogli con ogni tipo di scritta sopra. Fey sorrise leggendo ''Ricorda di comprare il latte per mamma''.
Quando si girò verso il letto, vide Tom seduto che accordava la chitarra e teneva il plettro tra le labbra.
Il ragazzo lo prese tra le dita e iniziò a suonare qualche nota.
Fey gli sedette accanto e riconobbe la melodia.
-Ich bin da.
Tom le sorrise e annuì con la testa, continuando poi a suonare.
-Ti piace?
-Da morire.
-Quando la suonerò in concerto ti penserò allora.
Fey gli regalò un sorriso enorme e agitò i piedi come una bambina.
-Sai suonare?
La ragazza scosse la testa.
-Allora ti insegno io qualcosa!
Le porse la chitarra e si sedette alla sua sinistra, leggermente più indietro, con le ginocchia sul materasso.
Le prese la mano sinistra e mise le dita di Fey sulle corde. Poi, senza togliere la sua mano da quella dell’angelo, con l’altra mano prese quella destra di Fey e le fece cenno di suonare.
-Questo è un Do.
La ragazza sorrise e si girò alla sua sinistra dove il viso di Tom era vicinissimo al suo.
Era di profilo e le accarezzava le dita, baciandole piano.
Lo sguardo dell’angelo passò dalla fascia bianca che Tom portava sulla fronte, alle sue ciglia.
I suoi zigomi leggermente pronunciati dati dal sorriso leggermente marcato, il profilo perfetto del suo naso, le labbra.
Lo amava.
Ne era certa, Fey era completamente e incondizionatamente innamorata di Tom.
-Tom…
Il ragazzo si girò verso la ragazza, quando si aprì la porta.
Fey sgranò gli occhi e si irrigidì.
Era Bill.
Guardò Tom interrogativo.
-Che fai? Perché sei messo così?
Bill vide che Tom era poggiato sul letto in modo inusuale per uno che sta suonando la chitarra.
Tom lo guardò con fare ovvio, come per dire ''Cosa? Non vedi che sono qui con lei e le sto insegnando a suonare?!''
Bill scosse la testa, lasciando perdere com’era seduto il fratello.
-Non doveva venire Fey?
Tom sgranò gli occhi e gli si gelò il sangue.
Non aveva il coraggio di girarsi verso la ragazza, non aveva il coraggio di muoversi, neppure di respirare, di fiatare.
Era come se una bomba gli fosse esplosa davanti, spazzando via tutto quello che lo faceva reggere in piedi.
Non rispose.
Bill alzò le mani in aria e uscì dalla camera, pensando che Tom non si sentisse bene, pensando che avesse litigato con Fey, un’amnesia… chi lo sa.
Quando la porta si richiuse, calò il silenzio.
Erano vicini, ma tra di loro si era creato un abisso incolmabile.
Tom credeva di essere pazzo.
Ripercorse con la mente i momenti passati con Fey, fino ad arrivare al sogno dell’ospedale.
Era stato tutto un’allucinazione, uno scherzo delle medicine.
Chiuse gli occhi e li strinse così forte da sentirli comprimersi.
Non sapeva se sperare di vederla o meno, quando li avrebbe riaperti.
Ma quando si girò alla sua destra, la ragazza era ancora lì, in lacrime.
Tom si alzò tremante dal letto tenendosi la testa fra le mani, cercando una soluzione, una qualsiasi per spiegare quello che stava succedendo.
-Non puoi non essere vera…
Fey singhiozzò rumorosamente e si mise immediatamente una mano davanti alla bocca, mentre con la manica del maglione si asciugava le lacrime.
-Lascia…lascia che ti spieghi Tom.- si alzò dal letto.
Tom indietreggiò.
-Non credo di essere pazzo, non… non posso essere pazzo.- rise nervosamente- Che diavolo sta succedendo. Perché Bill non ti ha vista?
Fey respirò a fondo prima di rispondere, lasciando scorrere qualche secondo.
-Io non sono viva, Tom. Sono morta.
Tom alzò un sopracciglio e guardò dritto dentro gli occhi della ragazza.
-Scusami?
-Mi chiamo Fey Parker. Ho 19 anni e sono morta il 15 Dicembre scorso. Sono stata investita da una macchina, guidata probabilmente da un ubriaco. Non me ne sono accorta subito. Me ne sono accorta soltanto quando ho visto il mio corpo buttato su un lettino d’ospedale con ai lati mio padre e mia madre che piangevano. E’ vero che mio padre è inglese, è vero che ho vissuto a Londra ed è vero che vivevo a Brema. Su questo non ti ho mentito Tom, te lo posso giurare.
Tom era distrutto da quello che Fey gli stava dicendo, ancora non capiva.
Le fece cenno di continuare.
-Dopo aver scoperto di essere…un angelo, ho scoperto di poter fare delle cose, come sentire i pensieri delle persone e andare velocemente da qualche parte semplicemente col pensiero. E una volta sono venuta da te.
-Sto impazzendo…sto impazzendo.
-Non stai impazzendo Tom! Io esisto, io sono qui!
-Dimostramelo! Come può essere vero tutto questo? Come?!
-Ti ricordi il giorno di Natale? Eri arrabbiato con Bill, perché invece di stare insieme a te e Simone era uscito, ed era tornato tardi a casa senza darti una spiegazione. Dopo i Tour non si faceva mai vedere e rispondeva sgarbato persino a te.
Tom rimase shockato.
-C’eri… c’eri anche li? Perché ti ho vista solo…dopo il coma?
-Quando tu e Bill siete stati aggrediti, io ero lì. Sono arrivata quando eri a terra privo di sensi e solo Dio sa quanto ho pregato perché tu ti risvegliassi, perché arrivasse qualcuno e perché Bill avesse la forza di chiamare l’ambulanza. Io ti ho salvato la vita Tom.
Tom scosse la testa e si spostò verso la scrivania.
-Perché cazzo non me l’hai detto, Fey? Perché non me l’hai detto prima? Perché mi hai mentito?!
-Come avresti potuto credermi? Cos’avresti fatto se ti avessi detto di essere un angelo?! Mi avresti presa per pazza e…
-La gente prenderà per pazzo me adesso!
Preso dall’ira, Tom scaraventò a terra i fogli che c’erano sulla scrivania, emettendo poi un gemito di rabbia.
-Mio fratello Bill…mio fratello gemello. Mi ha preso per malato, per pazzo, e così faranno Georg, Gustav, mia madre e tutti gli altri.
Fey si sentiva una nullità. Avrebbe preferito scomparire, evaporare, distruggersi.
-Sei un angelo? Dove cazzo sono le tue ali allora?
-Me le sono fatta strappare per salvarti la vita!
Fey gli urlò contro quello che la opprimeva più di tutte, piangeva e non si rendeva conto della forza con la quale le lacrime sgorgavano dai suoi occhi.
Tom continuava a scuotere la testa, vicino ad andare in una crisi di nervi.
La testa gli pulsava dannatamente forte e per poco non perse l’equilibrio.
Fey si precipitò al suo fianco, ma il ragazzo la scansò.
-Vai…
Fey si allontanò di qualche passo da Tom e si asciugò le lacrime.
Lo guardò per un’ultima volta e poi scomparì davanti ai suoi occhi.

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Capitolo 17
*** XVII ***


In questo capitolo ci sono degli elementi che non combaciano tra loro, ma li ho voluti comunque mettere perché sono importanti per mantenere la coerenza di quello che è successo prima. Il Tour è l' Humanoid City, ma c'è una canzone che i Tokio Hotel non hanno fatto nei concerti del 2010. Volevo precisare questo, buona lettura. :)

Bienvenue dans l’aéroport Charles de Gaulle.”

Le porte degli arrivi internazionali, “arrivées internationales”, si aprirono e si sentirono delle urla quasi disumane.
Centinai di ragazzine francesi impazzite che venivano bloccate da transenne e polizia.
Tre omoni neri furono i primi a varcare la soglia, seguiti da un Bill Kaulitz che sfoggiava la sua altissima cresta nera e indossava un paio di occhiali da sole.
Il giovane era affiancato da altre due guardie del corpo.
Appena il moro uscì tutte si misero a urlare. Le uniche parole che si capivano erano “Bill, Tokio Hotel, mon Dieu, Georg, Gustav, Tom.”
Dietro Bill camminava Gustav, poi Georg e infine Tom, anche loro affiancati da due o tre bodyguards.
I giovani non ebbero tempo per fermarsi, anche perché se l’avessero fatto probabilmente non ne sarebbero usciti vivi.
Uscirono dall’aeroporto e entrarono in un macchinone nero, accecati dalle luci dei flash.
-Le fans francesi sono sempre così, una per poco non mi strappava il braccio!
Bill si massaggiava il polso destro mentre guardava dai finestrini oscurati.
Tom non aveva aperto bocca per tutto il viaggio e nessuno gli aveva chiesto nulla.
Quella sera avrebbero avuto il primo dei tre concerti del Tour francese, al Palais Omnisport Bercy.
Il macchinone della Mercedes fermò i quattro davanti all’hotel e i ragazzi ci misero più di mezz’ora per entrare.
Si misero a firmare qualche autografo, finché potevano.
Le loro stanze erano all’ultimo piano e tutte e quattro davano su un attico dal quale si vedeva la città di Parigi illuminata.
Era uno spettacolo.
Tom accese la ventesima sigaretta della giornata e inspirò la nicotina a pieni polmoni, sperando che gli andasse al cervello e impedisse così di farlo pensare.
Non aveva smesso di pensare a Fey e a com’era sparita davanti ai suoi occhi.
Era arrabbiato con lei, ma forse aveva esagerato. E comunque lei gli aveva mentito, su tutto.
Però gli mancava.
Lei aveva detto che gli aveva salvato la vita, che si era fatta strappare le ali per lui.
Aveva avuto davvero così tanto coraggio? Tom era davvero così importante per lei?
Il moro poggiava i gomiti sulla ringhiera e guardava distratto il panorama, incantandosi molto spesso su qualche luce abbagliante.
Bill entrò in camera sua e raggiunse il fratello nella terrazza, mettendosi esattamente com’era lui.
-Tutto apposto?
Tom non rispose, si limitò ad annuire.
Bill lo fece a sua volta.
-Posso chiederti una cosa, Bill?
-Certo, dimmi.
-Cos’ho detto quando mi sono risvegliato dal coma?
-Mi hai detto di non fare la checca, perché piangevo.
Tom scosse la testa.
-No, oltre quello.
Bill sembrò pensarci su un attimo.
-Ah, già! Hai parlato di una ragazza, accanto alla mamma. Ma erano le medicine, il dottor Hans aveva detto che potevi avere delle visioni o roba simile. Perché?
Non era pazzo. L’aveva vista davvero, Fey era vera.
-Così.
Tom spense la sigaretta e diede una pacca sulla spalla destra di Bill.
-Andiamo.

Era ora.

Le luci si spensero e un boato parve riempire l’intera arena, facendola vibrare.

“Welcome to Humanoid City.”

Le urla delle fans quasi coprivano la musica.
Apparve prima Gustav in alto con la sua batteria, poi dall’uovo uscirono Georg, Tom e infine Bill.
Le loro voci, i loro movimenti, le loro espressioni, i loro visi erano tutto per quelle ragazze lì sotto.
Avrebbero dato la vita per far si che lo sguardo di uno dei quattro si posasse sugli occhi di una di loro, avrebbero dato qualsiasi cosa.
Quando cantavano, le loro labbra si muovevano perfettamente all’unisono con quelle di Bill, se lui sorrideva sorridevano anche loro, tra le lacrime.
Era una sensazione che nessuno di loro avrebbe mai dimenticato.

Ich bin da, ich bin da wenn du willst. Ich bin da, ganz egal wo du bist. Ich bin da, schau in dich rein dann siehst du mich. Ich bin da, wenn du nach mir greifst dann halt ich dich. Ich bin da wenn du willst, ganz egal wo du bist. An deiner Seite, nur eine Weile, du bist nicht alleine.

Coriandoli.
Grida di gioia.
Lacrime.
-Mercì beaucoup! Thank you so much guys. See you soon!
I ragazzi andarono dietro le quinte e si abbracciarono forte.
Lo staff si complimentò con loro e si avvicinò l’organizzatore degli eventi e concerti nella capitale francese.
-Siete stanchi ragazzi? Ci sarà una festa tra un’ora e sarei onorato di avervi come ospiti.
I ragazzi si guardarono e Bill prese la parola.
-D’accordo, perché no.

I quattro fecero una capatina all’hotel. Si fecero una doccia, si rilassarono un attimo e poi andarono al party francese stracolmo di VIP, a quanto erano venuti a sapere.
La festa era in un palazzo a due piani al centro della città, e all’entrata c’erano due grandi omoni che facevano la selezione.
I Tokio Hotel entrarono e appena misero piede nella sala vennero salutati da una decina di personaggi famosi. Cantanti, attori, sportivi.
La musica rimbombava nelle orecchie dei quattro, mentre l’intera sala era illuminata da luci di ogni colore; prima verdi, poi blu poi fuxia e così via, ad alternarsi.
C’erano delle ragazze vestite con abitini succinti che servivano cocktail su dei vassoi d’argento e si avvicinavano in modo provocatorio.
Georg e Gustav parlavano con un giocatore di basket, Bill e Tom erano insieme che parlavano con un importante discografico.
L’uomo aveva sulla cinquantina d’anni ed era ubriaco, più o meno come i gemelli. Quei drink fruttati davano alla testa, e il sapore della frutta nascondeva il sapore dell’alcool.
Bill e il signor Marcus, il discografico, vennero chiamati e si spostarono, mentre Tom prendeva un altro drink. Quando si girò, infatti, non vide più il fratello.
Si toccò la tasca destra dei jeans e sentì il pacchetto di sigarette con l’accendino. Questo gli diede sollievo, aveva proprio voglia di una bella sigaretta.
Quando si stava dirigendo verso l’uscita, però, venne bloccato da una mano che lo fece girare.
Davanti a lui vide una ragazza dai capelli rossi con grandi occhi verdi che portava un mini vestitino blu metallizzato.
Gli offrì un drink e sorrise.
-Sei Tom?
Il ragazzo annuì e la rossa gli disse qualcos’altro, che però Tom non riuscì a sentire a causa della musica alta. Le fece cennò di non aver capito, e la ragazza lo prese per un braccio.
Tom non capiva dove stesse andando, dove quella ragazza lo stesse portando. Si rese solo conto di aver dato una spinta ad un ragazzo che aveva versato del drink sul vestito bianco di un'altra. Meglio per lui, si disse.
La ragazza portò Tom in una stanza, lontano dalla musica e dalla gente.
Lui si grattò la testa e si guardò intorno, poi guardò lei.
-Io sono Kessie.
Tom annuì per poi posare lo sguardo sulla scollatura vertiginosa della rossa.
-Piacere, Kessie.
La ragazza rise e iniziarono a parlare. Aveva un forte accento francese, ma a Tom non importava gran ché, riusciva a capirla.
Kessie gli si avvicinava e gli accarezzava le spalle e il collo. Tom inizialmente non ci fece caso, ma poi si rese conto della situazione.
Era in una camera, da solo con una ragazza super sexy che non aspettava altro che slacciargli i pantaloni.
Era come se Tom, in quel momento, avesse due personalità. Due parti divergenti.
Una parte di lui gli diceva di buttarsi e di non farsela scappare.
L’altra parte gli diceva di salutare Kessie e tornarsene in albergo.
Quale parte avrebbe prevalso?
Nonostante i due fossero lontani dalla musica si sentiva ugualmente, anche se a basso volume.
La ragazza iniziò a muoversi a stretto contatto col corpo di Tom che rimaneva immobile.
Iniziò a baciargli il collo e gli sbottonò i jeans, infilando poi una mano dentro i boxer del moro.
Tom sgranò gli occhi e sbatté forte nel muro che distava da lui pochi centimetri.
La ragazza baciò Tom con foga e lui stette al bacio, posando le mani sul suo sedere.
Il ragazzo si sentì catapultato in una delle tante serate degli anni precedenti, dopo i concerti. Ragazze bellissime che lo seguivano, si facevano notare, andavano alle feste.

Era successo di nuovo.

La ragazza aprì la porta della stanza e trascinò Tom sul letto.
Lui si sentiva come se avesse la testa dentro una lavatrice.
-No! Che cazzo sto facendo!
Kessie indietreggiò guardandolo stranita.
-C’è qualche problema?
-Devi andare, mi dispiace ma non mi sento bene. E poi quanti anni hai scusa?
La ragazza sbuffò e si alzò dal letto, uscendo poi dalla stanza.
Tom si sdraiò nuovamente sul letto supino e con gli occhi chiusi aprì il cassetto per cercare delle compresse per il mal di testa.
Trovò un pacchetto e lo prese.
Guardando attentamente il pacchetto si rese conto che non erano medicinali.
Tom si guardò intorno, quella non era la sua stanza. Era la stanza del fratello.
Bill continuava a drogarsi.
Il pacchetto era sigillato, è vero, ma le aveva ancora.
La nausea accompagnò Tom da quel giorno fino alla fine del Tour.

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Capitolo 18
*** XVIII ***


Acqua gelida.
Il riflesso allo specchio.
Tom non si riconosceva più, le uniche cose che riconosceva erano le pareti familiari del suo bagno, nient’altro.
Non era più lui, non dopo quello che aveva fatto.
Non dopo quello che Bill aveva fatto.
Lui era legato a Fey, lui si sentiva legato a lei. Eppure l’aveva tradita.

Era arrabbiato.
Si sentiva preso in giro da lei, dal fratello.
Quello che gli avevano fatto era troppo, e lo perseguitava sotto forma di un peso morto sullo stomaco e nausea continua.
Era tornato a casa da un paio di giorni, il Tour era andato alla perfezione e tutti erano rimasti contenti e soddisfatti.
Tutti eccetto lui, ovviamente.
Guardò dalla finestra e delle leggere nuvole bianche sferzavano il cielo di Amburgo color pesca; avrebbe voluto vederla.

Anche se solo per un istante, anche se solo per prendersi uno schiaffo in piena faccia.
-Tom! E’ pronto vieni giù!
Tom scosse la testa e si guardò ancora un attimo allo specchio, uscendo poi dal bagno e dirigendosi in cucina.

 
Fey era rimasta seduta su quel divano per tutto il tempo, spostandosi solo per andare al bagno a lavarsi.
Non sapeva perché, ma non riusciva proprio a stare nella sua stanza. Preferiva stare sul divano, nel posto del signor Franz. Era una figura paterna per lei, e stando lì Fey si sentiva in qualche modo protetta.
Sapeva cos’era successo, sapeva tutto per filo e per segno.
Aveva visto la scena davanti ai suoi occhi.
Inizialmente avrebbe voluto andare la e prendere a pugni Tom.
Poi ripensando a tutto quello che era successo diede la colpa a sé stessa.
Infine si rese conto di non essere un burattino e che, nonostante fosse morta, era pur sempre una persona con dei sentimenti e nessuno, nemmeno Tom Kaulitz poteva calpestarli.
Nemmeno la persona che amava.
Decise che era il momento di reagire, non poteva fare la muffa su quel divano!
Prese il cappotto e uscì.

 

-Non ho tanta fame, vorrei uscire a fare due passi.
Simone guardò Gordon leggermente turbata, ma il marito le fece cenno con la testa di lasciarlo andare.
Tom ringraziò, si alzò dal tavolo e uscì con solo una felpa addosso.
Il ragazzo non fece la strada di sempre, la percorse al contrario, facendo così il giro dell’isolato, passando per il lago ghiacciato.

 Anche Fey passò di lì.

Entrambi guardavano l’asfalto, concentrati più sulle loro scarpe che sulla strada.
Tom dava calci ad una pietra da quando aveva varcato il cancello di casa, finché questa invece di continuare a rimbalzare, non sbatté contro un paio di stivali neri.
Entrambi sollevarono lo sguardo.

Entrambi rimasero pietrificati.
L’angelo si girò, dando le spalle a Tom e fece per andarsene, quando lui la tenne per un braccio.

-Fey, ti prego aspetta.
La ragazza si girò e gli diede uno schiaffo, facendo voltare il viso di Tom dall’altra parte e lasciandogli un segno rosso sulla guancia.

Le tremò la mano.
-Sei un bastardo.
-Lo so! Aspetta! –la bloccò di nuovo- Me ne merito altri cento di questi schiaffi, lo so...
-Oh meno male che lo dici tu stesso!
-Mi lasci spiegare?
-Spiegare cosa Tom?! Ti ho visto, ho visto cos’è successo e non c’è nulla da spiegare.
Fey riprese a camminare e questa volta Tom non la bloccò.
-Non puoi andartene!

-Perché? Perché non posso andarmene?! Cosa me lo impedisce? Tu?
-Sì. Perché io…
-Perché tu cosa?
Tom non continuò la frase e Fey alzò le braccia per poi farle ricadere sui fianchi.

-Tu niente, sempre niente.
Rimase lì a guardarla entrare in casa.

Come si chiuse la porta alle spalle Fey scoppiò a piangere.
Da fuori Tom batteva forte alla porta, ma a lei non importava.
Non voleva ascoltarlo, e anche se avesse voluto la rabbia era troppa e avrebbe potuto fare qualcosa di avventato.
Neanche Tom sapeva cosa dirle, come iniziare una discussione. I suoi pensieri erano troppo confusi e nemmeno Fey che poteva leggerli ci capiva qualcosa.

-Io non me ne vado Fey! Io non mi muovo da qui fin ché non mi dai la possibilità di parlare!
-Perfetto, allora prendi in considerazione l’idea di accamparti lì tutta la notte.
-Perché non mi ascolti? Perché cazzo non mi ascolti per una volta?!
Fey aprì la porta con forza e si ritrovò Tom davanti che la sovrastava in altezza
.
I loro sguardi erano identici: arrabbiati, feriti, angosciati.
-Perché non chiedi alla tua amica Kessie di ascoltarti? Mi pare che fosse abbastanza brava a toccarti, immagina come sarebbe da ascoltatrice!
-Kessie? Cosa vuoi che mi importi di quella, Fey! Ho sbagliato, avevo bevuto un po’ troppo! Ero appena venuto a conoscenza del fatto che… che tu sei un angelo!
-E quindi la colpa è mia.
-No! Non ho detto questo! Cristo perché nessuno mi prende sul serio?! Perché nessuno mi ascolta! Mi dai il consenso di stare male? Sono qui, davanti a te a chiederti scusa e tu mi tratti come uno straccio!

Prima che la ragazza potesse chiudergli nuovamente la porta in faccia Tom continuò.
-
Bill si droga ancora. Questo non lo sapevi però, vero?
Fey rimase spiazzata.
Quello non lo sapeva, non era riuscita a percepirlo. Probabilmente era rimasta troppo concentrata su ciò che aveva fatto Tom con la rossa.

L’angelo non rispose.
-Dannazione! – Tom batté forte la mano sullo stipite della porta, facendo sobbalzare la ragazza – Ti è così difficile credere che anch’io ho un cuore e che posso sbagliare? Me ne rendo conto, sono stato un coglione. Ho passato un periodo assurdo e tu… tu sei la mia unica ancora di salvezza. Ti è così difficile credere che ho completamente perso il senno per te?? Rimarrei giorni, ore
, a contare le lentiggini sparse sul tuo naso e sulle tue guance, quelle che nessuno ha mai notato! E baciarti le dita, una per una. Vorrei immergermi costantemente nei tuoi occhi azzurri e sentirmi al sicuro, assaporare in ogni momento le tue labbra. Ti è così fottutamente difficile credermi, Fey?!

Tom aveva fatto esattamente come quella macchina.
L’aveva investita, scaraventata a terra, colpita…ferita.
Ma l’aveva salvata.

-Ti sembra giusto dirmi tutto questo…Tom?
-Dimmi qualcosa tu allora.
-Vai…

Tom la guardò dritta negli occhi e fece pochi passi indietro.
-Nessuno si fida di me, ed è come se tutti avessero il diritto di mentirmi e ferirmi. Stavo morendo e Bill continua a drogarsi. Mi stavo innamorando di te e tu non mi hai detto la verità. Forse me lo merito.
Il ragazzo si girò e si diresse verso casa.
Fey avrebbe voluto abbracciarlo, ma era come se qualcosa la tenesse incollata a terra.
Orgoglio, paura, rabbia.
Non lo sapeva, ma vedeva che la figura del moro si allontanava sempre di più, e con lui il rapporto che avevano creato.
L’unica cosa che rimaneva ad entrambi, e forse aveva una grande importanza, era che Tom sentiva il dolore di Fey, e a sua volta Fey sentiva il dolore di Tom.
Era come se ne venissero divorati, ma nessuno dei due aveva il coraggio di tornare indietro.
-Ho paura Tom!

Fey aveva iniziato a singhiozzare.
-Non ce la faccio, io non ci riesco…
Tom la guardò e, nonostante fosse abbastanza lontano, Fey vide che aveva gli occhi lucidi.
-Hai paura di me?
Fey esitò un attimo.
-Ho paura di me
Tom annuì e rivolse lo sguardo a terra.
-Io ti aspetterò qui. Proprio qui, in questo punto. Ogni sera. Non mi importa se farà freddo, se nevicherà, se ci sarà una tempesta. Io starò qui ad aspettarti, Fey. Te l’ho promesso.

Alla ragazza tornò in mente quello che aveva chiesto a Tom. Gli aveva chiesto di tornare da lei dopo il tour. Annuì mentre una lacrima le rigava la guancia.
Tom si girò e riprese a camminare.
Fey chiuse piano la porta.

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Capitolo 19
*** XIX ***


Il tempo era peggiorato, come se lo facesse apposta.
Negli ultimi giorni la temperatura era diminuita di cinque gradi e un costante vento gelido raschiava le strade della città tedesca.
Fey accendeva ogni sera il camino, nonostante lei non sentisse particolarmente freddo.
Iniziò poi a capire che un minimo lo sentiva perché era come collegata a Tom.
Tom aveva passato le ultime tre sere fuori, nel punto che aveva detto. Rimaneva diverse ore, finché non si addormentava in piedi ed era sul punto di cadere. Allora tornava a casa.
Fey non era mai uscita, anche se avrebbe voluto.
Sapeva che stava sbagliando, sapeva che Tom non lo meritava, eppure era orgogliosa.
''Un’orgogliosa di merda.''
La fiamma del fuoco nel camino illuminava il suo viso e i suoi occhi che si erano colorati di verde.
Guardò l’orologio: erano le otto.
Tom era sicuramente là fuori ad aspettare.
Fey si alzò dal divano e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza.
Si avvicinò alla finestra e spostò leggermente la tenda.
Tom era lì. In piedi con le mani in tasca che cercava di proteggersi il viso dentro la sciarpa, guardandosi le scarpe e spostandosi da un piede all'altro.
Chiuse la tenda e si poggiò al muro portandosi una mano prima sulla bocca e poi sul cuore.
La visuale di quella stanza cambiò, c’era qualcosa che la opprimeva. Più la guardava e più sentiva che c’era qualcosa fuori posto.
Forse il vaso sul tavolo?
Lo prese e lo mise sulla tv.
No. C’era ancora qualcosa che non andava.
Prese tutti i cuscini e li posizionò ordinatamente sul divano, arretrò di pochi passi e ne scaraventò 2 contro la parete.

-COSA C’E’ CHE NON VA!
Oltre che un urlo di disperazione, era una vera e propria domanda alla quale Fey voleva dare risposta.
Nel suo cervello si insidiò qualcosa, e poco dopo fu più chiara. E si rese conto che quella era la risposta.
-Tom.
La ragazza aprì la porta e vide che Tom era lì.

Esitò per un attimo, sentendo poi i pensieri di Tom.
Ti prego, vieni da me.
Fey gli corse incontro e Tom fece lo stesso, stringendola poi a sé.
Il corpo della ragazza era smosso dai singhiozzi e si staccò leggermente per guardarlo negli occhi.
-Vuoi ancora che ti dica qualcosa?
Tom annuì, asciugandole una guancia.
- Ero incazzata, anzi più che incazzata. Perché pensavo mi stessi rifilando le stesse cose che dicevi a tutte e io non volevo. Volevo mandarti a fanculo e sbatterti la porta in faccia. Mi sono chiesta come avevo fatto a finire in questa situazione e perché mi sono innamorata di te. Ma ancora adesso, se me lo chiedo non ci sono risposte. E’ così e basta.
Tom le sorrise e la strinse a sé accarezzandole i capelli.
-Tutti quelli che incontro muoiono, Tom. La casa in cui vivo era di un vecchio signore dal quale mi sono rifugiata, mi ha vista subito e poco dopo è morto. La ragazza che abitava vicino a casa mia, Jess, si è suicidata. L'ho scoperto da poco, non so neanche come, ma mi è come sbattuta in faccia la sua immagine, il dolore dei suoi genitori... che cosa porto di buono? Cosa posso dare a te?
Tom le rivolse uno sguardo languido e si morse un labbro, continuando poi a stringerla.
-Tu sei il mio angelo, Fey. Tu mi hai salvato dalla morte.
-Mi dispiace Tom, mi dispiace da morire...
Tom le diede un lungo bacio. Si stringevano, era come se entrambi avessero paura che l’altro potesse scomparire da un momento all’altro.

Entrarono in casa. La stanza era illuminata dalla luce arancione del fuoco del camino.
Fey chiuse la porta con una mano mentre continuava a baciare il moro.
Tom prese in braccio la ragazza e mentre tra i loro baci si insinuava qualche sorriso, salì le scale e la portò di sopra.
I loro movimenti erano lenti, non affrettavano le cose. Sapevano che nient’altro gli avrebbe più separati, mai più.
Tom sfilò la camicia di Fey e successivamente si levò la maglietta, mentre la ragazza gli slacciava i jeans accarezzandogli poi il petto nudo.
Il moro le accarezzò la schiena e l’angelo si irrigidì.
Tom indietreggiò leggermente, preoccupato. Fey gli rivolse un mezzo sorriso, che nascondeva una vena di tristezza, e si girò spostando da un lato i capelli.
Sulla schiena bianca della ragazza vi erano due cicatrici, proprio all’altezza delle scapole. Dove prima c’erano le sue ali.
Tom le accarezzò piano, avendo quasi paura di farle del male.
Le accarezzò le spalle e le baciò le cicatrici, salendo poi su per il collo.
Quel gesto aveva cambiato tutto. 
Fey non si vergognava più del suo corpo, della sua schiena, di ciò che era. Tom la faceva sentire bella, la faceva sentire amata.
Tom si muoveva piano su di lei, desiderando ogni singola parte del suo corpo.
L’amava. Amava la sua pelle, il suo profumo, le sue curve, i suoi respiri che si facevano sempre più forti.
Amava come i suoi occhi si socchiudevano, come le sue labbra e le sue mani lo sfiorassero e lo facessero piacevolmente rabbrividire.
Si sfioravano leggermente, nei punti giusti, senza azioni affrettate, mentre la loro eccitazione cresceva. 
Le loro labbra danzavano, mentre Tom le divaricava leggermente le gambe e si infilava nel mezzo. 
Il castano nocciola di lui si fondeva con l’azzurro cielo di lei, creando un colore senza paragoni, le guance di Fey si colorarono di rosa quando Tom l’avvicinò di più a se, slacciandole il reggiseno. La fece sdraiare nuovamente sotto il suo corpo, sfiorandole i seni e i fianchi, facendole venire la pelle d’oca. 
I loro corpi si univano, l’uno respirava il sospiro dell’altra e i loro gemiti si fondevano.
Mentre Tom spingeva di più, Fey lo stringeva e premeva le sue dita lungo la schiena e contro i suoi muscoli.
-Ti amo, Tom.
Il ragazzo sorrise mentre dalle labbra di Fey scendeva sui seni, per poi darle dei piccoli morsi sul collo.
Fey si spostò e Tom si ritrovò sotto di lei, passando le mani sulla schiena e sui fianchi che si muovevano sinuosamente ad ogni spinta.
Tom la guardava alla poca luce che entrava dalle finestre, vedeva come i capelli le ricadevano in avanti, come le labbra erano leggermente aperte per prendere più aria.
Non volevano che quella notte finisse, volevano che quel piacere durasse il più possibile, non volevano smettere di toccarsi, abbracciarsi, di fare l'amore.
Le ombre sulla parete si muovevano velocemente, finché i loro corpi non si abbandonarono all'ultimo sforzo.
Fey si sdraiò al fianco di Tom mentre lui le sussurrava infiniti ti amo.
La legò a sé, accarezzandole i capelli.
-Dimmi a cosa sto pensando.
Fey si mise sui gomiti ancora col respiro affannoso e gli sorrise, poi si premette le dita sulle tempie, assumendo un'espressione concentrata che catturò completamente l'attenzione di Tom.
-Stai pensando... che vorresti fare di nuovo l'amore con me domani, dopodomani e dopodomani ancora!
Entrambi scoppiarono a ridere e Tom scosse la testa divertito.
Dopotutto Fey non aveva tutti i torti. Questa volta per lui era stata diversa.
Non era semplicemente sesso. Quel sesso che fai per liberarti.
Di ciò che provava per Fey non se ne sarebbe mai liberato. Non poteva farne a meno, era un qualcosa che lo divorava e non lo lasciava in pace.
Tutto questo lo spaventava, e lei lo sapeva, ma non disse nulla.
Era una situazione strana, impossibile da credere e loro c'erano finiti dentro, completamente.
Impossibile uscirne, ormai.

Fey lo avvolse tra le sue braccia e fu come se lo avvolse anche con le sue ali.

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Capitolo 20
*** XX ***


Il sole era entrato piano dalle persiane semi chiuse, illuminando il viso di Tom e costringendolo a svegliarsi.
Si stiracchiò portando le mani in alto e sollevandosi di poco sul materasso, tenendosi su con i gomiti.
Si girò alla sua destra, dove Fey dormiva beatamente.
Indossava solo degli slip neri e le coperte si posavano sulle sue gambe all'altezza dei polpacci, lasciando il sedere scoperto.
Le si avvicinò e le diede piccoli baci, salendo poi nella schiena e arrivando alla guancia.
Fey si girò e gli sorrise, stropicciandosi gli occhi.
Tom le diede un bacio sulla fronte e si alzò dal letto, diretto verso il bagno, o forse la cucina.
-Sai, parli nel sonno.
Tom si girò e alzò un sopracciglio, poggiandosi poi allo stipite della porta e incrociando le braccia, mettendo così in risalto i muscoli.
-Veramente? E cosa ho detto?
Fey si mise la maglietta di Tom, che le faceva da vestito, e gli si avvicinò superandolo poi di qualche passo.
-Inizialmente hai fatto le fusa.
-Le fusa?!
-Sì! Poi hai parlato in una lingua sconosciuta, ma ho capito alcune frasi come ''hai visto com'è grande?''
Tom divenne paonazzo e scoppiò a ridere, chiedendo all'angelo se stesse scherzando. Fey scrollò il capo.
-No no! Immagina cosa direbbero i tuoi amici, o addirittura le fan sapendo che fai il gatto nel sonno. Che macho!
-Più che gatto, direi leone. - Disse alzando un sopracciglio e ringhiando.
La ragazza gli fece la linguaccia e si avvicinò alla cucina, seguita poi da Tom che l'abbracciò da dietro.
Fey mise le mani dietro la sua schiena e Tom infilò le sue braccia fingendo che fossero quelle della ragazza.
Maneggiava tra biscotti, latte e caffè stando attento a non combinare casini, e quando Fey parlava o lo rimproverava per qualcosa lui gesticolava portando le mani in alto, poi sul suo viso e sul seno della ragazza, emettendo versi di apprezzamento.
Fey scoppiò a ridere dandogli un colpetto sul petto e Tom le diede un bacio, facendola poi sedere sul tavolo e continuando a baciarla mentre lei cingeva la sua vita con le gambe nude.
Mentre Tom le accarezzava piano, salendo per le cosce, squillò il telefono.
Le lanciò uno sguardo e lei rise, lasciandola di malavoglia  mentre si allontanava in camera per rispondere.
Fey finì di preparare la colazione e mise tutto sul tavolo.

-Chi era?
-Bill. Mi ha chiesto che fine avevo fatto e quando tornavo. -scosse la testa divertito- sembra mia madre!
-E' giusto che si preoccupi, è l'altra parte di te!
Tom annuì e si sedette a mangiare insieme alla ragazza.
-Che ne dici di venire con me?
Fey lo guardò un po' interdetta, senza dire niente, e Tom continuò.
-Lo so che non può vederti -le prese la mano- però per una volta potrebbe essere divertente, non credi? Ti posso vedere solo io e Bill non saprebbe nulla! Potresti sentire cosa mi dice, sarà come un gioco! Da piccolo desideravo essere invisibile, so che per te non è uno scherzo ma se la prendi troppo seriamente non riesci ad andare avanti, Fey.
La ragazza era rimasta ad osservarlo, e quando finì, gli sorrise.
-D'accordo.

Fey si mise una giacchetta di lana bianca, dei jeans neri e un paio di Vans, raccogliendosi poi i capelli in uno chignon.
Lui riconobbe il modo in cui era vestita, era molto simile a com'era vestita il primo giorno che la vide, all'ospedale, ma non le disse nulla.
Tom aprì la porta di casa, seguito da Fey al suo fianco. Le batteva il cuore fortissimo, in fondo in fondo desiderava che Bill la vedesse.
Il gemello sbucò dalla rampa delle scale e Fey sussultò, Tom guardò attentamente l'espressione di Bill, ma nulla.
-Dov'eri?
-Ero da Fey.
-Ah. -Bill fece una piccola pausa guardando Tom da capo a piedi - Immagino che vi siate divertiti tutta la notte!
Tom diede una leggera occhiata a Fey che stava sulla sua destra e si grattò la nuca imbarazzato.
-Sì ci siamo divertiti, grazie!
Tom superò Bill per andare in cucina.
-Vuoi qualcosa da bere?
-Sì, grazie vorrei una Coca.
Tom guardò Bill, si era completamente dimenticato che lui non potesse vedere la ragazza, e la domanda era rivolta a lei. A sua volta il gemello lo guardò storto, guardandosi poi attorno.
-Ma sei scemo?
Tom scosse energicamente la testa e gli chiese scusa, mentre Fey dietro Bill aveva iniziato a ridere e l'ansia stava pian piano allentando la presa.
Gli porse la bibita e salì di sopra, mentre Fey lo seguiva. Quando chiuse la porta emise un respiro di sollievo.
-Avevi ragione, non essere visti è davvero divertente!
Tom si passò una mano sul viso sedendosi sul suo letto.
-Cosa facevi quando non potevo vederti?
Fey gli si sedette accanto e si arrotolò una ciocca di capelli, sfuggiti dallo chignon, dietro l'orecchio.
-Ti seguivo, controllavo che tu stessi bene e che tutto andasse per il meglio. -sorrise- Una volta ho anche dormito insieme a te.
Tom la guardò come per dirle di continuare a raccontare.
-Non stavi bene, era prima che succedesse tutta quella brutta situazione con Bill.- Distolse lo sguardo- Mi sono sdraiata accanto a te e tu eri rigidissimo, come se mi sentissi, ma non so se fosse davvero così. In quel momento desideravo che mi vedessi più di qualsiasi altra cosa, avevi bisogno di sfogarti, di parlare. Certo, magari non ti saresti sfogato con la prima ragazza che ti appariva davanti - rise - ma io ero lì per te, comunque.
Tom le sorrise e con una mano le accarezzò la guancia sinistra, scendendo poi sulle labbra e baciandogliele.
Fey si allontanò di qualche centimetro, guardando poi Tom con i suoi grandi occhi azzurri.
-Tra esattamente 30 secondi entrerà Bill e ti vedrà baciare il nulla.
Tom le diede un altro bacio, seguito da altri due.
-Cinque...
La porta si aprì e sbucò Bill che posò i sui grandi occhi truccati di nero su Fey.
-Oh scusate!
Si affrettò a chiudere la porta imbarazzato.
-No, un attimo! - Bill la aprì nuovamente - Tu quando sei entrata?
Tom e Fey rimasero di sasso.
-La vedi?!
Il gemello rimase interdetto e guardando le espressioni di entrambi si sentì come se fosse lui quello fuori posto, come un alieno.
-S-sì, Tom. Non sono ancora cieco...
I due rimasero per qualche secondo ancora a bocca aperta e poi Fey si affrettò ad avvicinarsi a Bill, stringendogli la mano e regalandogli un sorriso.
Bill venne come irradiato da Fey e la salutò, sorridendole a sua volta.
-Pensavo che Tom non ti avrebbe mai fatta uscire allo scoperto!
Fey rise imbarazzata e si lisciò il maglioncino addosso.
Bill Kaulitz davanti a lei che le rivolgeva la parola, con quegli occhi che ti attirano come una calamita, era qualcosa di indescrivibile.
Bill la guardò assottigliando leggermente gli occhi.
-Sei una fan, vero?
Fey arrossì vistosamente e per poco non iniziava a balbettare. I gemelli risero e Tom le si avvicinò, posandole una mano sul fianco.
Se fosse rimasta invisibile avrebbe evitato quella figuraccia, pensò.
Fortunatamente il momento imbarazzante venne interrotto dal campanello di casa.
Bill scese per primo, seguito da Tom e Fey. Quando aprì la porta, però, non c'era nessuno.
Soltanto una lettera per terra.
Fey venne investita da una sensazione terribile e si fermò in mezzo alla stanza, Tom se ne accorse. Guardò prima lei e poi Bill.
-Fermati.
La voce di Tom tuonò nella stanza e Bill si girò a guardarlo stranito.
Tom rivolse uno sguardo a Fey che guardò prima la lettera, per poi posare nuovamente i suoi occhi su quelli di Tom, annuendo impercettibilmente. Infatti solo Tom si accorse di quel gesto quasi invisibile.
Si avvicinò e prese la lettera, chiudendo poi la porta.
I tre si sedettero al tavolo della cucina e sembrava che avessero capito di cosa si trattasse, cosa ci fosse dentro quella busta bianca leggermente stropicciata.
Tom l'aprì e iniziò a leggere, mentre gli occhi di Bill zigzagavano tra il foglio bianco e il viso del fratello.
Tom posò il foglio sul tavolo e si passò una mano sul viso, passando poi la lettera a Bill. Fey sapeva cosa c'era scritto, l'aveva letto nei suoi pensieri.
Gli occhi di Bill si riempirono di lacrime e si prese la testa tra le mani, senza però emettere neanche un singhiozzo.
Se ci fosse stato qualcun altro, probabilmente avrebbe fatto capire a Tom di mandare via quella persona, o se ne sarebbe andato lui stesso.
Invece fu come se la presenza di Fey lo rassicurasse, in qualche modo.
Fu Tom a rompere il silenzio.
-Non ci faremo prendere per il culo da questi bastardi. Tu non devi niente a nessuno, Bill.
Bill scosse la testa.
-Hai letto anche tu cosa c'è scritto, Tom. -prese in mano la lettera, sventolandola in aria- Faranno del male a qualcuno se non gli diamo questi maledetti soldi!
-Lo capisci che non la smetteranno neanche se glieli dai?! Sono dei pazzi, dei drogati!
Tom si alzò furibondo, andando avanti e indietro per la stanza.
Fey era incollata alla sedia.
-Sanno dove abito, Cristo!
-Ok, prendiamo la situazione con calma! -Fey si alzò dalla sedia, cercando di fare il punto del discorso.- Sanno dove abiti, è vero. Ma chi non lo sa? Devi avvertire la polizia. Potrebbero far girare qualche pattuglia a sorvegliare la casa, giorno e notte.
Bill guardò Fey negli occhi, senza chiedersi come facesse a sapere del contenuto della lettera. Annuì e prese a massaggiarsi le tempie.
-Perché se la sono presa proprio con me...
Quella era la vera domanda. Perché proprio Bill? Cosa aveva fatto di male?
Tom si avvicinò al fratello e gli posò una mano sulla spalla.
-Ne usciremo Bill, stai tranquillo.

Dopo circa una mezz'ora Fey e Tom uscirono e lui la riaccompagnò a casa.
Durante il tragitto erano rimasti in silenzio, semplicemente presi per mano, ma prima di salutarla le fece una domanda.
-Sai qualcosa?
Fey scosse la testa, desolata. Purtroppo non sapeva niente, ma questo non significava che non potesse fare niente.
-Cercherò di scoprire qualcosa e di proteggere te e Bill.
Tom le accarezzò un braccio.
-Dovrei essere io a proteggere tutti...
Fey gli prese le mani, accarezzandole, e gli diede un bacio sulla guancia fredda.
-Tu lo sostieni, Tom. Senza di te Bill non potrebbe resistere. Fai tanto, non buttarti giù, questa situazione si risolverà, te lo prometto.
Tom annuì e la strinse a se, inspirando il suo profumo.
-Sono felice che Bill ti abbia vista.
-Lo sono anch'io, tanto.

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Capitolo 21
*** XXI ***


La neve si scioglie nelle strade tedesche e il mio sentimento per Tom cresce, a dismisura.

Da quando Bill riusciva a vederla, Fey andava spesso a casa dei gemelli. Tom stesso le aveva detto che il fratello si tranquillizzava quando lei era nei paraggi.
Proprio come un miracolo, Fey venne vista da Simone e Gordon e, naturalmente, aveva fatto una buonissima impressione.
Soprattutto a Simone, che se n'era praticamente innamorata.
Nessuno sapeva della lettera anonima, che poi tanto anonima alla fine non era.
I gemelli avevano deciso di nasconderlo alla madre e al compagno, non volevano allarmarli. Solo la polizia lo sapeva e ogni notte mandava una pattuglia.
Per spiegare la situazione, Bill aveva detto che era semplicemente per essere più tranquillo, nulla di più.
Quando Tom non aveva da fare faceva passeggiate con Fey e avevano provato ad andare vicino a qualche centro abitato.
Fu sorprendente quando alcuni passanti li videro entrambi e una fan li fermò, parlando con Fey e chiedendole se fosse la ragazza del chitarrista.
I due sembravano proprio come due innamorati di un film, si prendevano per mano ed erano felici di essere visti da tutti.
Erano fieri di mostrare cos'avevano avuto il coraggio di portare avanti.
Nonostante questo Fey si rese conto che quando non era con Tom era invisibile per tutti gli altri.
Non sapeva darsi una spiegazione, però non doveva dimenticarsi che non era viva.
Anche se Tom l'aveva come riportata in vita e con lui era rinata, non doveva dimenticarsi di essere un angelo.
Tutto questo la spaventava e le faceva vibrare lo stomaco, così cercava ogni volta di scacciar via questo pensiero.

Fey giocava a scacchi con Bill nel salotto di casa, mentre Tom parlava al telefono.
-Scacco matto!
Bill alzò le braccia in aria e sbuffò.
-Come diavolo fai, si può sapere? Sai leggere nel pensiero per caso?
Tom guardò i due e sorrise mentre Fey gli fece l'occhiolino. Chiuse il telefono e si sedette accanto alla ragazza, mentre Bill ancora borbottava per aver perso e rimetteva apposto le pedine.
-Cerca di farlo vincere qualche volta.
Fey annuì ridendo.
-Chi era?- chiese Bill mentre pensava a nuove mosse per battere Fey.
-Stavo parlando con Andreas, mi ha detto che domani sera ci sarà una festa per l'apertura di un nuovo locale. Dicono che diventerà presto il luogo più frequentato di Amburgo.
Bill guardò entrambi e battè le mani.
-Ci andiamo?
Fey guardò Tom con uno sguardo leggermente terrorizzato.
-Non so se sia una buona idea...
-Oh ma certo che lo è!- disse Bill alzandosi dal divano.
-Hai un vestito carino da mettere? E’ una festa in maschera!

 
Le feste in sé mettevano qualche problema a Fey, perché non sapeva mai che genere di vestito mettersi. Ma le feste in maschera erano addirittura peggio!
Non aveva assolutamente la minima idea di cosa indossare e l’immaginazione l’aveva completamente abbandonata.
Tom decise di portarla in diversi negozi, cercando in tutti i modi di convincere Fey a vestirsi da infermiera sexy, ma la ragazza non si fece abbindolare.
Alla fine, al terzo negozio che visitavano, Fey trovò quello che cercava.
-Non vuoi proprio dirmi che vestito hai scelto, vero?
-No. Sarà una sorpresa, dovrai aspettare per scoprirlo.
Tom sbuffò divertito e la prese per mano, percorrendo la strada di casa.
Attorno a loro regnava il silenzio e Tom impiegò pochi minuti per capire che qualcosa non andava, e la sua idea venne confermata dagli occhi di Fey .
-C’è qualcosa che non va?
La ragazza si fermò, continuando a tenere Tom per mano.
-Io vorrei che tu avessi una storia normale, Tom.
Tom alzò un sopracciglio.
-Io ho te, non ho bisogno di altro.
-Lo sai che non è così, ti sto rovinando la vita. Non è giusto dover nascondersi, chi lo sa se ci potranno sempre vedere? Per ora ci è andata bene, vengo vista dalla tua famiglia, dalle persone di questo quartiere. Ma se dovessero arrivare i paparazzi? E se nelle foto uscissi solo tu?
-Dio, Fey. Perché pensi sempre in negativo? A me non importa, da quando ci sei tu tutto ha preso colore. E’ vero, è difficile, anch’io vorrei darti la luna, prendere un aereo e portarti a Parigi per baciarti sotto la Tour Eiffel. Portarti a Venezia facendoci suonare una serenata sulla gondola e infine andare a guardare l’aurora boreale in Norvegia. E' difficile, lo so bene, quasi impossibile. Ma mi basta stare con te per stare bene.
Fey gli strinse di più la mano e lo avvicinò a sé, accarezzandogli i cornrows.
-Però posso portarti al Luna Park, se ti va. Lo farò aprire solo per noi. –Inchiodò i suoi occhi a quelli della ragazza, accarezzandole il mento – Possiamo mangiare lo zucchero filato, fare tutti i giochi che ci mandano a testa in giù.
Fey gli strinse le braccia attorno al collo e lo baciò, non si sarebbe mai stancata del sapore di Tom.
Era l’unica cosa che le ricordava che tutto quello che stava vivendo non era un sogno.
-Mi piacerebbe andare al Luna Park.

 Le luci erano spente e un uomo alto sulla quarantina che portava una tuta con l’insegna del parco giochi stava per chiudere il cancello principale.
-Aspetti!
Tom si precipitò dall’uomo, mentre Fey rimase più indietro, raggiungendoli infine quando l’uomo annuì con la testa e Tom scoccò alla ragazza un sorriso smagliante.
Improvvisamente tutti i giochi vennero accesi e la musica tornò a suonare nell’aria.
Provavano qualsiasi gioco gli fosse permesso: gli autoscontri, le ruote che li mandavano a testa in giù, che li facevano saltare a 20 metri d’altezza.
Un paio di volte Tom chiese a Fey di fare una pausa, avendo paura di rigettare da un momento all’altro.
Presero lo zucchero filato, e Tom amava l’espressione di Fey mentre cercava di addentarlo senza sporcarsi tutta la faccia.
Vide che Fey si fermò a guardare una cabina di fototessere.
-Ne vuoi fare una?
Il suo sguardo si incupì leggermente.
-Dai, proviamoci!
I due entrarono, Tom si sedette sul sellino e fece sedere Fey sopra le sue gambe, porgendole una salvietta per pulirsi le dita dallo zucchero.
Inserirono le monete e aspettarono.

Uno, due, tre, quattro scatti.

Entrambi i loro visi venivano riflessi sullo schermo e Fey sperava con tutto il cuore che fosse così anche sulla carta.
Nella prima foto sorridevano entrambi, guancia a guancia. Nella seconda Tom alzava un sopracciglio e Fey faceva la linguaccia.
La terza foto e la quarta li avevano ritratti nella loro naturalezza, si sorridono e si baciano.
Fuori dalla cabina aspettavano impazienti le foto, Fey tamburellava le dita su un braccio.
-Ne prendo due copie.
-Magari non si vedono.
-Fey…
Il rumore della stampa li fece sobbalzare e uscirono due fogli bianchi. Tom si inchinò per prenderli, lanciando uno sguardo a Fey che si stava divorando il labbro inferiore.
Gli occhi del ragazzo si posarono sulla carta bianca, e dopo pochi secondi sugli occhi azzurri di Fey.
-Si vedono?
-Sì.
Fey lanciò un gridolino e si precipitò in braccio a Tom, che preso alla sprovvista fece di tutto per non far cadere né lei né le foto.
Fey lo baciò tenendolo stretto e Tom le porse una copia.
I loro visi erano visibili, quelle foto erano un traguardo. Era un’altra dimostrazione che tutto quello non era un sogno.
-Ti amo da morire, Tom.
-Ti amo anch’io, Fey. Guarda, questa è la mia preferita.- E le indicò la foto dove si sorridevano.

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Capitolo 22
*** XXII ***


-Dai posso entrare?
Fey si stava dando un ultimo sguardo allo specchio, spostandosi meglio i capelli mossi sul petto.
-Sì Tom, puoi entrare.
L’espressione di entrambi cambiò quando si videro, stupore e divertimento nei loro occhi.
Tom aveva il viso ricoperto da bruciature, ferite e sangue. Era più bianco e aveva una leggera barba che sfuggiva al trucco. Il sangue gli colava nel collo, sulle clavicole, fino ad arrivare al petto. Indossava una maglia nera e sopra una camicia a quadri rossa e nera, entrambe strappate.
Arricciò le labbra in un sorriso non appena vide lo sguardo di Fey passare dallo spaventato al divertito.
-Per un attimo ho temuto fossero vere.
Tom fece qualche passo in avanti, avvicinandosi alla ragazza.
-Io invece mi chiedo ancora se tu sia vera.
Fey era dentro un abito bianco che le arrivava poco più su del ginocchio. I capelli lisci, con qualche onda, che le ricadevano sul petto, le labbra rosee e gli occhi sembravano brillare come due fari contornati dal trucco nero. Dietro di lei si aprivano due enormi ali bianche.
Gli si avvicinò a gli prese la mano.
-Siamo la coppia perfetta.

 Quando scesero le scale videro Bill e altri amici che chiacchieravano tra loro, poco interessati all’arrivo della coppia. Bill si girò qualche istante dopo, regalando a entrambi un enorme sorriso. Lui era un demone, lunghi capelli biondi, pelle diafana, canini e due corna poste all’altezza della fronte.
Fey aveva sperato inutilmente di poter avvicinarsi un po’ di più all’altezza di Bill, ma il ragazzo aveva indossato dei tacchi altrettanto alti e gli arrivava a mala pena alla spalla.
-Stasera sei il nostro angelo Fey, controlla noi cattivi!
Bill le fece un occhiolino e spostò lo sguardo su Tom, che lo accolse e scoppiarono a ridere all’unisono.
Fey sperava davvero che tutto andasse per il meglio.

La discoteca era veramente enorme.
All’entrata una fila lunghissima di persone aspettavano di essere controllate, la musica si sentiva addirittura due strade più avanti e la scritta “Docks” brillava in cima al palazzo.
Quando la limousine si fermò davanti al locale un uomo scese dal posto del passeggero e aprì lo sportello ai ragazzi che sedevano dietro. 
Uno dei bodyguard aprì una porta secondaria, accanto a quella principale, e li fece entrare.
-Tom lei è la tua nuova ragazza? Come si chiama?
Tom strinse di più la mano di Fey e fece cenno ai giornalisti di non voler parlare.

 All’interno la musica era assordante e il locale aveva banconi ad ogni lato.
Tom allentò la presa alla mano di Fey e gliela accarezzò dolcemente.
-Sei stupenda.
Le guance della ragazza si colorarono di rosa e Tom gliene sfiorò una con la mano destra. Fey piegò la testa, accogliendo la sua carezza, penetrandolo con lo sguardo. 
Tom le si avvicinò facendo scorrere la mano sulla schiena nuda, avvicinando le labbra al suo orecchio.
-Cosa mi piacerebbe fare con te, vestita così…
Fey sentì un brivido che le percorse la spina dorsale. Il ragazzo le sfiorò il lobo dell’orecchio con le labbra, mordicchiandolo leggermente.
L’angelo avvicinò Tom prendendolo per il bordo dei jeans, facendo scorrere la sua mano sul cavallo dei pantaloni, sentendo la sua erezione.
-Oh, lo immagino.
Si sorrisero e piano le loro labbra si incontrarono, stuzzicandosi, senza soddisfarsi fino in fondo.
Tom la prese per mano e insieme attraversarono la folla di corpi che si muoveva a ritmo di musica.
Si chiusero alle spalle la porta della discoteca, entrando in altre sale più appartate ma con altrettanta gente. 
Ne attraversarono un’altra per ritrovarsi in una sala riservata allo staff. La cosa gli eccitava parecchio.
Tom intrecciò le sue dita a quelle di Fey, facendola poggiare al muro, per poi alzarle il mento con un dito mentre con l’altra mano le accarezzava le cosce.
Le loro lingue si esploravano, si stuzzicavano. La bocca di Tom scese sul collo, mentre con la mano le accarezzava la pelle morbida sotto gli slip.
Fey emise un gemito e si aggrappò alle spalle larghe del moro.
-Vuoi peccare lasciandoti andare con un demone come me?
-Sì, è la cosa che voglio di più al mondo. Non mi importa se il cielo non mi rivorrà indietro.
Tom le sorrise e le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio avvicinandosi alle sue labbra.
La prese in braccio in modo che Fey allacciasse le gambe alla sua vita, con la lingua disegnava piccoli cerchi nel suo collo mentre una miriade di sensazioni e brividi le percorrevano il corpo.
Si appoggiarono su un divanetto in fondo alla stanza, nascosto da un paravento bordeaux e nero.
Tom si sedette tenendo Fey in braccio, lei iniziò a muoversi piano su di lui, premendo e lasciandogli leggeri baci sulle labbra.
Emise un gemito soffocato e fece sdraiare Fey sotto di lui. Le alzò leggermente il vestito e piano scese a baciarle l’interno delle cosce. Fey si irrigidì.
-E se entrasse qualcuno?
-Si godrebbe lo spettacolo.
-Tom! – Fey diede un colpo a Tom che scoppiò a ridere si avvicinò nuovamente al viso della ragazza.
Lentamente gli abbassò la cerniera dei jeans e abbassò l’elastico dei boxer, allacciò le gambe attorno a Tom e si lasciò andare a quella sensazione.
Guardare Tom negli occhi mentre facevano l’amore era per Fey la cosa più bella al mondo. 
Non provava vergogna ma si sentiva completa. Era lui l’unica persona per la quale avrebbe combattuto qualsiasi guerra.

Tutta quella folla era opprimente e sentire i loro pensieri lo era ancora di più. 
Fey cercò di concentrarsi di meno, ma probabilmente l’alcool le aveva fatto l’effetto contrario.
Eppure, tra tutta quella miriade di gente, c’erano dei pensieri e delle voci che a Fey erano più che familiari.
Si rizzò a sedere sullo sgabellino bordeaux mentre Tom le accarezzava la schiena e parlava allegramente con Bill e gli amici.
-Devo andare al bagno.- Fey si avvicinò a sussurrargli nell’orecchio e Tom le sorrise annuendo.
La ragazza si alzò, abbassandosi leggermente il vestito che si era alzato quando era seduta.
Cercò di farsi strada tra la folla, in un certo senso si sentiva intimorita da quegli sguardi, eppure era così felice di essere vista.
Si trovò quasi al centro della sala e si fermò, guardandosi attorno come se sentisse che qualcosa non andava. E quella voce era sempre più vicina.
Incrociò due occhi neri e un sorriso beffardo.
Perse un battito. 
Nessuno si accorse della sua espressione, a parte l’uomo, nessuno se ne curò visto che tutti stavano ballando e non stavano guardando cosa stava succedendo.
Era lui. Era lui uno di quegli uomini che avevano picchiato Bill.
Le mimò un “So chi sei” che con le luci stroboscopiche era praticamente impossibile da vedere. Ma Fey sentì la voce, e questo bastò all’uomo per capire che aveva ragione.
Sparì nella folla e iniziò il panico.
Inizialmente Fey lo seguì, voleva vedere dove andava. Sapere chi era, chiedere delle spiegazioni. 
Ma si bloccò, no. Doveva andare da Bill. Doveva portarlo via da quella discoteca.
Corse, per quanto poteva, verso il bancone dov’era seduta qualche minuto prima.
Il ritorno sembrò più difficile, era come se la discoteca si fosse ingigantita e non riusciva a vedere neanche l’ombra dei gemelli.
Improvvisamente sentì la risata di Bill, si girò a destra e li vide. Corse incontro ai ragazzi e si aggrappò al braccio di Tom.
-Dobbiamo andarcene.
-Come? Perché? – Tom poggiò il bicchiere sul bancone e scese dallo sgabello, guardando la ragazza negli occhi.
-Tom, è pericoloso stare qui. Soprattutto per Bill. –Si girò a guardarlo, mentre lui le rivolgeva un sorriso timido – per favore.
Tom annuì e strinse la mascella, si avvicinò poi al fratello e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Anche Bill annuì, leggermente irrigidito.
Salutarono gli amici e uscirono dalla discoteca, mentre Fey si guardava da una parte all’altra.
Appena salirono in macchina fecero un sospiro di sollievo, anche se i gemelli non sapevano esattamente cosa stesse succedendo. 
Fu Fey a rispondere prontamente alla loro domanda inespressa.
-C’era l’uomo che ti ha aggredito, Bill.
Il moro strabuzzò gli occhi.
-E tu come lo sai?
-L’ho visto.
-Ma tu non l’hai mai visto.
Fey guardò Tom, che a sua volta restituì lo sguardo alla ragazza e poi al fratello.
-Ti devo parlare di una cosa, Bill.

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Capitolo 23
*** XXIII ***


Il silenzio regnava nell’auto mentre le luci della città rischiaravano la notte e i ragazzi tornavano a casa.
Quando la limousine accostò il primo ad uscire fu Tom, seguito da Fey ed infine Bill.
Entrando, Fey si tolse le scarpe e le lasciò vicino alle scale, così fecero anche i gemelli i quali andarono a sedersi sul divano.
Ormai era arrivato il momento della verità.
Tom aveva sperato di poterlo confessare a Bill in un altro modo, magari sdraiati in un prato verde con gli occhi rivolti verso il cielo a commentare le forme buffe delle nuvole, come quando erano piccoli.
Però ormai non era più tempo di giocare, erano cresciuti e la vita bussava alla loro porta più forte che mai.
Bill era seduto davanti a Tom e Fey. Tom non smetteva di torturarsi le mani e cercava continuamente lo sguardo dell’angelo come un bambino impaurito.
Bill si era levato la parrucca e aveva lavato via il cerone dal viso, si agitava sul divano bianco in pelle chiedendosi come Fey sapesse di quell’uomo.
Chi era in realtà?

Tom si portò una mano alla bocca e tossì leggermente.
-Immagino che quello che ti ha detto Fey al locale ti abbia scosso…
-Parecchio.
Tom annuì, deglutendo pesantemente.
-Bill, lei è forse la persona che ci conosce meglio in assoluto, perché è sempre stata con noi…
Tom lasciò quelle parole sospese nell’aria e Bill alzò un sopracciglio, sistemandosi meglio sul divano e guardando l’angelo.
-Ricordi quando eri entrato in camera mia e l’avevi trovata insieme a me, quando nessuno era entrato in casa a parte noi due?
Bill sembrò rifletterci un po’ su, ma si ricordò immediatamente e annuì al gemello.
-Lei mi ha salvato la vita, mi sono risvegliato dal coma grazie a lei. Ricordi cosa ti chiesi appena sveglio? Ricordi quella ragazza?
Bill impallidì e guardò nuovamente verso Fey.
-So che ti può sembrare assurdo – la voce dell’angelo catturò l’attenzione di entrambi – ma, ecco, io non sono normale. Voglio dire…
-E’ un angelo, Bill.
Il moro non disse una parola, rimase a guardarli.
-Chiedile qualcosa, qualsiasi cosa.
Bill guardò Fey, pronto a dire qualcosa, ma si bloccò, guardando poi il gemello.
-Potresti averle detto tu le cose della mia infanzia, se è questo che dovrei chiederle.
-Chiedile qualcosa che neanche io so.
Bill iniziò a pensare e la voce di Fey interruppe bruscamente i suoi pensieri.
-Sì.
Tom si girò dall’angelo, senza capire.
-Sì, Bill. So che ti drogavi e so anche che adesso hai smesso, hai smesso già da tanto. So che alla festa hai incontrato delle persone che ti hanno insultato, so che sei andato in bagno e che quando hai guardato il tuo riflesso hai visto il viso di Tom e ti sei fermato. So che tieni a lui più di qualsiasi altra cosa e che tutto questo è difficile da reggere, che ti spaventa, e credimi spaventa anche me. Ma ti posso giurare che farò di tutto per scoprire chi è l’uomo che ti minaccia, farò tutto ciò che posso.
Bill si passò una mano sul viso, era stremato.
-Quindi…sei un angelo…
Fey annuì.
-E’ per questo che vinci sempre a scacchi contro di me? Sai le mie mosse?
Fey rise piano.
-Sì, la maggior parte delle volte.
Il moro accennò un sorriso.
-Sapevo che c’era qualcosa di speciale in te.
Fey gli sorrise e Tom gli si avvicinò abbracciandolo.
-Scopriamo chi è questo stronzo e lo prendiamo a calci in culo, ok?

 
Rimasero tutta la notte svegli a raccontarsi dettagli e a cercare qualche informazione in più su quell’uomo. 
Fey cercò anche di captare qualche pensiero, qualche voce simile alla sua, ma non ci riuscì.
-Piuttosto non capisco come faccia a vederti.
Fey fece spallucce. -Non lo capisco neanch’io a dir la verità. Solitamente quelli che mi hanno vista sono state le persone vicine alla morte, i disagiati… Tu e Tom riuscite a vedermi perché ho dato le mie ali per voi e la gente in generale, adesso, riesce a vedermi solo quando stiamo insieme. Lui…bè, non ne ho proprio idea.
Bill annuì – E se non ne cavassimo piede? Dopotutto, come possiamo spiegare alla polizia che è lui? Non possiamo certo dire che tu sei un angelo, finiremmo tutti in un ospedale psichiatrico.
Fey sorrise – Non ti preoccupare, ci inventeremo qualcosa. Ora è meglio che tu vada a letto, sei abbastanza stanco e con tutto quello che hai saputo potresti scoppiare da un momento all’altro...
Bill non se lo fece ripetere due volte e salì le scale, passandosi una mano tra i capelli corvini.

-Secondo te l’ha presa bene?
Fey si sedette sulle ginocchia di Tom, posandogli un leggero bacio sulle labbra.
-Sì. Chiaramente è scosso, gli abbiamo detto un segreto con la S maiuscola. Ma vedrai che domani andrà meglio.
Tom annuì e accarezzò la schiena di Fey mentre lei appoggiò la testa sul suo petto.
-Tom, e se accadesse qualcosa di brutto?
Il moro le alzò il mento con un dito e le accarezzò una guancia.
-Perché dovrebbe succedere qualcosa di brutto? Non lo permetterò, tu e Bill siete la cosa più cara che ho e vi proteggerò.
Prima che Fey potesse avvicinarsi al viso del ragazzo si girò verso la porta.
Passarono venti secondi, forse di meno, prima che entrambi si alzassero e andassero lentamente verso la porta.
L’agitazione era palpabile.
Tom guardò dallo spioncino ma non c’era anima viva. Aprirono la porta e a terra trovarono la stessa identica busta da lettere stropicciata.
Fey la prese e chiuse piano la porta. Quando aprirono la busta bianca trovarono due foto all’interno e un bigliettino cadde a terra. 
Fey lo raccolse mentre Tom guardava immobile le foto.
Veniva ritratto nei momenti in cui era con Fey, solo che lei non si vedeva. Chiunque avesse visto quelle foto avrebbe detto che Tom fosse un pazzo, erano stati immortalati i momenti più intimi della coppia.
Tom buttò le foto a terra e iniziò a camminare per la stanza, intrecciando le mani alla nuca.
-Come lo sa. Come cazzo lo sa?
Fey non ne aveva la più pallida idea, ma era chiaro che chiunque fosse la persona a minacciare Bill, ce l’aveva anche con Tom.
-Avete qualche nemico, o magari qualcuno a cui avete fato un torto senza rendervene conto?
Tom rispose con una risatina nervosa – Cosa vuoi che ne sappia, Fey?! Siamo star a livello mondiale, abbiamo migliaia di persone che ci odiano per un motivo o per un altro, potrebbe essere chiunque!
L’angelo raccolse le foto e il biglietto, la scrittura era la stessa di quella lettera. E quella frase scritta ad inchiostro nero le faceva venire la pelle d’oca.
“Hai due giorni di tempo per darmi i soldi, o quello pazzo per una volta sarai tu, Tom Kaulitz.”
-Cosa significa, “quello pazzo per una volta sarai tu?” ?
Tom scosse la testa esasperato. Non poteva neanche chiedere a Bill, sarebbe stato meglio parlargliene l’indomani. Anche se era sicuro che il gemello non stesse dormendo.
-Portami tutti gli album di foto della vostra famiglia, foto dei vostri amici, da piccoli, tutto quello che trovi Tom.
Il ragazzo salì immediatamente le scale, mentre l’angelo andò a preparare due tazze di tè.
Sarebbe stata una lunga notte.
Si misero a controllare tutte le foto, tutti i biglietti di auguri che i gemelli avevano ricevuto per i compleanni in quegli anni. Bill non ne buttava uno, gli piacevano i ricordi.
Scrivevano i nomi di tutti gli amici e persone che Tom riconosceva nelle foto, cancellandoli poi nel caso questi non fossero la persona che cercavano.
Erano le quattro del mattino quando Tom poggiò la penna sul foglio scarabocchiato, ormai esausto.
-Fey, ci siamo ore controllando queste persone, non ne caveremo mai piede. Non senza l’aiuto di Bill.
Lei lo sapeva bene, ma sapeva che non avrebbe chiuso occhio con quel peso che l’opprimeva così tanto, anche se era stanchissima.
Annuì e sfogliò l’ultima pagina dell’album di foto, osservando tutti i visi che venivano raffigurati.
Uno la colpì particolarmente.
Due occhi scuri.
-Tom…
Il ragazzo si stiracchiò e le si avvicinò.
Fey lo guardò con gli sgranati.
-Chi è questo?

Lo sguardo che Tom le restituì le fece capire che avevano fatto centro. Avevano scoperto l'identità dell'uomo misterioso.

 

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Capitolo 24
*** XXIV ***


Quegli occhi erano sempre gli stessi.
Quei maledetti occhi truccati di nero. E mi imbestialiva l’aria di sufficienza con cui mi guardava.
Ero bravo, ero dannatamente bravo, molto più di quello spocchioso di Tom.
Eppure lui era il favorito, figuriamoci se avessi mai potuto prendere il suo posto. 
Avevo pregato Bill di darmi un’altra possibilità, avevo lavorato giorno e notte per arrivare alla perfezione.
«Coraggio amico, non puoi sbattermi fuori! I Devilish li abbiamo ideati noi tre, no?» 
Mi ricorderò sempre come Bill si girò verso il fratello, lanciandogli uno di quegli sguardi che solo loro due capivano. Perché dovevano essere così uguali, così uniti?
Avevo promesso a Bill che avrei imparato a suonare il basso, la batteria, il violino, persino il triangolo pur di entrare in quel gruppo e farmi un po’ di verdoni, pur di stare con loro.
Bill aveva ancora una voce tenera, ma a me si accapponava la pelle quando cantava, ed ero certo che avremmo sfondato.
Avremmo…
Fui liquidato come si fa con gli scout che bussano alla tua porta chiedendo di comprare loro qualche biscotto. C’era pena per me nei loro occhi, ma non avevano bisogno di me.
Mi avevano definito un pazzo, uno squilibrato. Ma chi, io? Voi siete dei pazzi a non cogliere l’occasione di avere una persona come me nella vostra dannatissima band. 
Voi non avete colto l’occasione di avere una persona come me al vostro fianco…
Giurai a quel ragazzino che gliel’avrei fatta pagare e che si sarebbe ricordato di me.
Volevi diventare una star? E ti prendi i pro e i contro, Kaulitz.
Sei stressato, vorresti avere un momento per respirare ma i tuoi muscoli non si decidono a rilassarsi. 
Ti ho fatto trovare io quello che ti serviva.
Sei talmente idiota che trovandoti quella droga davanti hai pensato fosse il fato, fosse giusto provare, almeno una volta. Tanto non avrebbe fatto male, no? 
Non ti saresti preso il vizio.
Voi credete a queste stronzate.
E così hai continuato. Mentendo a tutti, creando la rovina dei Tokio Hotel con le tue stesse mani.
Ed è questo che desideravo, volevo vederti crollare, proprio come tu hai fatto crollare me, Bill Kaulitz.
E poi… lei.
Proprio quando stavo per rovinarti la vita portandoti via l’unica cosa cara che ti rimaneva, è sbucata fuori questa ragazza. 
I miei uomini non la vedevano, nemmeno tu la vedevi, solo io. Solo io e tuo fratello.
Credo a Dio e all’inferno, per questo ho giurato a lui che ti avrei rovinato la vita, ma questa ragazza ha sconvolto i miei piani.
Tom non doveva salvarsi, tu non dovevi uscire dal giro della droga. Così, qual è il modo migliore per far cagare sotto qualcuno?
La minaccia.
Ma se mi scoprisse?
Mi viene da ridere. Che lo faccia pure, ti avrò distrutto prima, Kaulitz.
L’unico modo per renderti la vita impossibile è continuare a starti col fiato sul collo, stalkerarti.
Voglio soldi, ne voglio tanti, tutti e subito. Se questo è l’unico modo che mi è rimasto per rovinarti lo farò con piacere. E poi chi lo sa, magari potrei piantarti una pallottola nel petto.
Ma forse sarebbe troppo facile così, non soffriresti abbastanza.
Se invece lo facessi a tuo fratello? Oppure a tua madre, o al tuo patrigno. Così sì che sarebbe divertente, mi piacerebbe vedere quel visino femminile lacerato dalle lacrime.
Quelle che hai fatto versare a me per non avermi preso in quella cazzo di band, per avermi escluso dalla tua vita.
Io ci tenevo a te, Bill, tanto. 
Ti volevo un bene dell’anima, eri come un fratello per me… Ma d’altronde, cosa te ne facevi di un fratello come me, quando hai pensato sempre e solo a te stesso e al tuo caro gemello?
Eravamo piccoli, è vero, ancora non avevate le idee chiare, ma io le avevo. Eccome.
Io volevo diventare famoso, volevo essere qualcuno.
Tu probabilmente ti sarai dimenticato di me, chi mai potrebbe ricordarsi un volto come il mio? Sono sempre stato un fantasma, quando ero con voi nessuno faceva caso a me, ma guardavano tutti te e Tom. Il ragazzo truccato e vestito di nero e il ragazzo biondo con i dread che faceva cadere ai suoi piedi tutte le ragazze.
Ma adesso basta. 
Adesso sì, sono ancora nell’ombra, sono ancora un fantasma, ma sarò il fantasma che ti tormenterà in eterno.

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Capitolo 25
*** XXV ***


Bill aveva dormicchiato qualche ora, e così Tom, che si era calmato solo accarezzando i capelli di Fey che aveva dormito sul suo petto.
Tom aveva ripercorso la sua infanzia in una notte, ricordandosi tutti i momenti e le discussioni con Dan.
Quel ragazzo era completamente fuori di testa, Tom si ricordò che Bill ne era quasi terrorizzato. Era come se Dan fosse innamorato di lui, e nonostante tutti credessero che Bill avesse tendenze omossessuali, il piccoletto aveva più ragazze di tutti gli altri del quartiere.
Insomma, si è gemelli per qualcosa, no? A Tom piaceva pensare questo.
Un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra, ma il ricordo di quelle lettere e delle parole di Dan prima di andarsene spazzarono via la felicità momentanea.
Come avrebbe fatto a fermarlo evitando che qualcuno si facesse male?
Avrebbe dovuto dirlo alla polizia? Dirlo ai genitori, a Bill?
Al gemello sicuramente. Dopotutto era lui nel mirino di quello psicopatico.
Inoltre Tom non capiva come Dan potesse vedere Fey. Stava forse per morire? Era una sorta di veggente o di quelli che fanno riti satanici?
Tom si mosse un po’ troppo, a quell’idea, svegliando Fey.
La ragazza sollevò il viso e si spostò sul suo cuscino, stropicciandosi gli occhi.
-Lo troveremo Tom, vedrai.
Il moro annuì e si chinò su di lei, lasciandole piccoli baci ai lati delle labbra. Fey gli sorrise e si sporse un po’ in avanti, facendo presa sulle sua braccia forti. 
Da quando era iniziato quest’incubo avevano quasi dimenticato il miracolo che vivevano ogni giorno e l’idea di potersi separare in qualche modo terrorizzava entrambi, anche se non ne avevano mai discusso. Inoltre Tom vedeva di nuovo la luce negli occhi di Fey e non voleva rovinare tutto proprio adesso.
Scesero le scale presi per mano, la differenza di temperatura dei due era ancora notevole, solo che ormai ci facevano meno caso.
Tom era il fuoco e Fey era il ghiaccio, ma al mondo non esisteva qualcosa come loro due che si completasse in una maniera così meravigliosa.
Trovarono Bill seduto al tavolo della cucina che metteva un po’ di nutella sulla sua fetta biscottata e si unirono a lui, riempendo le loro tazze di cereali e latte.
Durante la colazione spiegarono a Bill cos’avevano scoperto e dall’espressione del ragazzo era chiaro che non si aspettasse minimamente che potesse essere Dan.
Bill aveva sempre pensato che quel ragazzo avesse qualche rotella fuori posto, ma mai avrebbe immaginato che sarebbe arrivato a fare una cosa del genere.
-Come lo fermiamo?
Tra un cucchiaio di cereali e un altro Tom cercò di ideare un piano, senza però coinvolgere troppe persone. Solo che in questo modo sarebbe stato più difficile incastrare il bastardo. La cosa certa però era che Bill non doveva uscire allo scoperto, per nessun motivo.
-Ma è me che vuole, Tom! Come pretendi che il tuo piano funzioni se io non sarò presente?
-Io non voglio che ti succeda nulla, Bill. Mi ricordo bene come ti tenevano incollato a quel muro, come ti picchiavano. Non voglio rivedere una scena del genere mai più.
A Fey venne la pelle d’oca al ricordo di quella notte. Aveva le immagini del pestaggio nitide nella mente, d’altronde era iniziato tutto così.
Scosse la testa e prese la parola.
-Lui ti cerca, quindi sarà lui a farsi vivo. Vuole i soldi, no? Stiamo al suo gioco, ma non ci faremo trovare impreparati.
-Dovremmo avvertire la polizia?- la voce di Bill era ridotta ad un soffio, sembrava quasi che stesse perdendo completamente le speranze.
Tom e Fey si guardarono per un attimo, valutando l’idea di mettere in mezzo anche loro. Ma come avrebbero potuto spiegare quelle foto? E se avessero voluto interrogare Fey perché qualcosa non quadrava? L’avrebbero vista?
I due continuavano a guardarsi, come se anche Tom potesse leggere i pensieri di Fey. D’un tratto entrambi si girarono verso il moro, e in coro risposero un secco ‘No’.
Bill annuì piano – allora cos’avete intenzione di fare?
-Sarà lui a venire da noi.

La mattinata passò liscia, anche se un po’ troppo lentamente.
I Tokio Hotel avevano un’intervista quella mattina e Natalie aveva dovuto utilizzare un bel po’ di fondotinta per coprire le occhiaie di Bill.
Nonostante questo, davanti alle telecamere sfoggiò il suo sorriso più bello e la sua voce era sempre la stessa, candida e canzonata, tanto da far arrossire persino l’intervistatrice.

Fey era nel giardinetto sul retro che prendeva il sole, quella mattina il cielo era di un azzurro incredibile e occupato solo da qualche nuvola.
Pensava a tutto quello che le stava succedendo, e pensava a Tom, mentre guardava una nuvola che cambiava forma, da un continente sconosciuto a un cuore. 
Non pensava che amare potesse essere così, Tom era per lei come una coperta calda d’inverno e una doccia fresca d’estate. Le dava vita, era la sua vita.
Tom era in grado di non farle pensare al vuoto che aveva dentro. Le faceva dimenticare che il suo cuore non batteva, che se fosse andata in Cina probabilmente sarebbe stata invisibile e che i suoi cari vivevano senza di lei, come se non ci fosse più.
Il sole stava pian piano scendendo all’orizzonte colorando il cielo di arancione.

 
Quando i ragazzi tornarono li accompagnarono anche Georg e Gustav, volevano passare una cena tra amici e questo Fey lo sapeva, per questo lasciò loro quattro pizze fumanti sul tavolo e un biglietto che diceva che si sarebbero visti più tardi. 
L’angelo sapeva che a Tom non sarebbe andato bene, ma sapeva anche che Bill si sarebbe messo nei suoi panni e avrebbe cercato di far capire al gemello la situazione. 
Tra poco tutta quella storia sarebbe finita, ancora non si sapeva in che modo, e Fey voleva che i ragazzi trascorressero una serata tutta per loro.

Era tornata a casa a mettere un po’ in ordine e far circolare l’aria, era da un pezzo che non passava almeno due giorni di fila in quella casa, era sempre dai gemelli.
Decise di prepararsi un bagno caldo per rilassare i muscoli.
Il bagno era una delle sue stanze preferite, con un’enorme vasca da bagno accanto alla finestra che dava al giardino. Due tende immacolate coprivano il vetro, ma Fey le aprì leggermente. Solitamente a quell’ora non passava nessuno e lei voleva perdere lo sguardo tra gli alberi scuri.
Mentre i suoi pensieri balzavano da una cosa a un’altra la sua attenzione venne catturata da un’ombra che, passando velocemente il giardino, si nascondeva dietro un albero.
Fey si alzò di scatto, mettendosi a sedere e si abbassò leggermente alla finestra.
Una sensazione di freddo le attaccò le ossa e i polmoni.
Era lui.
Dan era a pochi metri da lei, sicuro che fosse in casa, probabilmente dentro la vasca da bagno.
L’angelo rabbrividì e cercò di sgattaiolare fuori dalla vasca, coprendosi immediatamente con l’accappatoio.
Corse in camera e si infilò un paio di jeans e una t-shirt, la prima che le capitò fra le mani. Stava per arrivare alle scale quando sentì dei rumori provenire dal piano di sotto, si sporse leggermente e vide che la porta era aperta.
Era entrato.
Presa dal panico corse in camera e cercò il telefono, lo sentì squillare poco dopo, in soggiorno.
Si rizzò in piedi e prese tutto il coraggio che le rimaneva a due mani, e piano scese le scale.
Sentiva il suo respiro e il suo odore di meschinità.
Quando incrociò il suo sguardo è come se si scontrasse con un iceberg, qualcuno con un’anima più gelida della sua.
Aveva il telefono tra le mani e premette il tasto verde.
-Oh, ciao Tom.
Il nome di Tom era così sbagliato sulle labbra di quella serpe. Fey non voleva che lo nominasse, non doveva nemmeno averlo nella mente.
Dan accorciò la distanza fra loro e si avvicinò piano all’angelo, girandole attorno.
-Non è strano che io possa vederti? Possa…toccarti?
Con un dito sfiorò il braccio nudo di Fey che fece un balzo in avanti e gli tirò uno schiaffo in pieno viso.
L’uomo si toccò la guancia calda con la mano e prima che Fey potesse accorgersene, potesse leggere nella sua testa, la prese per i capelli e la tirò forte, avvicinandosi al suo orecchio.
-Ti conviene fare la brava, o chi si prenderà questa pallottola nel petto sarà il tuo amato Tom.
Le mostrò la pistola, mentre Fey tremava sotto le sue grinfie. Non ne capiva nulla di armi, non sapeva riconoscerle ma le bastava vedere che avessero un grilletto e una canna pronta a fumare.
Passarono appena 50 secondi, prima che la porta venisse spalancata da Tom, seguito da Georg, Gustav e infine Bill.
Gli si gelò il sangue non appena vide Fey in quelle condizioni, tenuta da Dan che le puntava una pistola alla tempia.
Non era sicuro se premendo il grilletto sarebbe accaduto qualcosa alla ragazza, nessuno lo sapeva, per questo si giocò quella carta.
Seguì una risata che echeggiò per tutta la casa, mentre pian piano i ragazzi entravano in casa. Quando Bill lo vide sbiancò.
Dan incominciò a parlare, a dire tutto quello che si era sempre tenuto dentro, e pian piano la sua voce cambiava, si faceva più cattiva e più triste. E così il suo sguardo che si concentrava quasi ed esclusivamente sulla figura di Bill.
-Tu non sai cosa significa soffrire, Bill. Tu non l’hai mai saputo!
Urlava e teneva sempre più stretta Fey.
-Le fai male, animale!
-Ma chi, a questa? Non è neanche un essere umano, cosa vuoi che possa farle?
E continuava a tirare i capelli e a premere la pistola sulla sua tempia. Se qualcuno osava muoversi puntava prima la pistola su di lui e poi nuovamente sulla ragazza, erano in trappola.
Improvvisamente la porta si spalancò ed entrarono due cani, uno dei due era il cane dei gemelli. Dan non ebbe il tempo di muoversi perché entrambi  lo azzannarono, uno nel braccio e l’altro nella gamba.
Fey potè liberarsi e corse verso Tom.
Sentirono uno sparo.
Il cagnetto era stato colpito ad una gamba. Fey e Tom si girarono.
Un altro sparo.
Bill cadde a terra.
-No!!
Tom si gettò sul fratello mentre Fey seguì con lo sguardo Dan che zoppicante scappava, seguito da Georg.
In lontananza si sentivano le sirene della polizia e delle luci blu illuminavano l’oscurità.
Le sembrava di rivivere un incubo, di quelli che spesso ti perseguitano la notte, però era inverso. L’ultima volta quello riverso a terra privo di vita era Tom e il ragazzo che piangeva a dirotto era Bill.
Adesso accadeva il contrario e le lacrime di Tom colpivano Fey come tremila pallottole al secondo. Quelle che avrebbe preferito prendersi piuttosto che vedere quella scena, piuttosto che vedere due vite che si sgretolavano.
Si chinò piano su Bill, gli prese la mano curatissima, bianca, fredda.
Tom continuava ad urlare e piangere, ‘’chiamate un’ambulanza’’ diceva. Stavano arrivando, ma Fey sentiva Bill così distante.
Guardò Tom, che le restituì per una frazione di secondo uno sguardo indefinibile. 
Guardò Bill, guardò le sue mani e guardò aldilà della porta aperta. C’era qualcosa di diverso, in tutto quello. Era come se si stesse allontanando da quel posto, come se il suo corpo si stesse facendo leggero e fosse pronto a sollevarsi ed essere trasportato in chissà quale posto. Ma Fey sapeva bene che questo sarebbe accaduto solo se l’avesse voluto.
Poi capì, un’altra decisione da prendere per salvare la vita a Bill, ancora una volta.
L’avevano messa di fronte ad una scelta; passare la sua vita accanto a Tom, alla persona che più amava, senza essere vista né percepita, come se se ne fosse andata e l’avesse abbandonato. Oppure tornare indietro a quel 15 Dicembre con ‘’Wir sterben niemals aus’’ nelle orecchie, facendo dimenticare ad entrambi quello che era successo, cancellando qualsiasi ricordo li unisse.

Quale sarebbe stata la sua scelta?

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Capitolo 26
*** XXVI ***


All'asterisco * potete leggere ascoltando questa traccia audio:
http://www.youtube.com/watch?v=nhtLFE8akZY

Gli infermieri arrivarono immediatamente con una barella, l’ambulanza era fuori con i portelloni aperti e dentro i paramedici preparavano tutto il necessario, pronti a partire per una corsa verso l’ospedale più vicino.
In due presero Bill e lo caricarono sul lettino, Tom continuava a tenergli la mano.
Fey era rimasta in piedi nel punto in cui Bill era caduto a terra, colpito dalla pallottola di Dan. Si guardava le mani e vedeva che piano perdevano consistenza, doveva prendere una decisione il prima possibile.
Simone era stata avvertita subito e si stava già dirigendo all’ospedale.
L’ambulanza partì senza che Tom riuscisse a salire, a muoversi. Un paramedico rimase qualche secondo in più con lui, chiedendogli se avesse bisogno di un aiuto, di un calmante.
Ma Tom continuava a scuotere la testa, a dire che non aveva bisogno di niente, chiedeva soltanto che Bill venisse salvato.
Dan era stato arrestato, due pattuglie di polizia erano ferme davanti a casa Kaulitz, in quel momento stavano interrogando Georg e Gustav.
La padrona del cagnolino ferito era arrivata e aveva portato l’animale dal veterinario. 
Tutti erano indaffarati in qualcosa. Fare domande, salvare vite.

*Tom e Fey erano immobili, si guardarono. Mossero pochi passi l’uno verso l’altra, pochi ma giusti per sfiorarsi la mano.
Fey si gettò tra le braccia di Tom, che la strinse a sé e pianse.
Le alzò poi il mento, tirando su col naso.
-Com’è possibile tutto questo, Fey? Il tuo Dio ce l’ha con me?
Le lacrime scendevano gravi sulle sue guance arrossate e Fey era intrappolata in un dolore mai provato.
-Posso salvare Bill, lo posso fare, Tom.
Il ragazzo si staccò per un attimo e si premette le mani nella testa, facendo qualche passo intorno a sé.
-E come puoi fare? Hai salvato me, hai dato le tue ali! Come puoi salvare anche Bill?
Fey lo guardò, lo penetrò con lo sguardo, rendendogli più semplice comprendere l’unica soluzione che le rimaneva.
Tom ingigantì gli occhi e scosse la testa più volte.
-No, no, no… Non se ne parla. Ci dev'essere un modo.
Sembrava un pazzo.
Anche Fey iniziò a piangere e si aggrappò alla camicia del ragazzo.
-E’ l’unica cosa che posso fare, Tom. Non voglio sparire per te, non voglio che tu pensi che io ti abbia abbandonato. Non voglio che tu non mi veda più, che tu non mi possa più toccare o percepire. Non voglio vivere quest’agonia. Non voglio che tu e Bill dobbiate vivere in questo modo, non voglio che pensiate che tutto quello che è successo sia stato una bugia o un sogno.
Piangeva forte mentre Tom continuava a scuotere la testa e tenerla stretta a sé.
-L’unica cosa che posso fare è tornare indietro. Cancellare il dolore che ti ho provocato, che ho provocato anche a Bill.
-Io non voglio perderti, non voglio dimenticarmi di te, non posso lo capisci? Io ti amo Fey, sei tutto quello che mi rimane adesso. Ho aspettato tanto per incontrarti, e non possono dividerci! Se potessi tornare indietro, ti giuro, che passerei per la strada del parco ogni giorno, ad ogni ora, solo per avere la possibilità di incontrarti prima, di conoscerti, di vedere questi meravigliosi occhi…
-Forse sarà più facile per entrambi…
-Io non voglio che sia facile! Io voglio che sia difficile, la cosa più difficile della mia vita, ma voglio sopportarlo e superarlo con te! Ti prego, non abbandonarmi…
Fey continuava a stringerlo e ad accarezzargli le treccine, non aveva più tempo, gliene avevano concesso fin troppo e le avevano dato un ultimatum. Doveva salutarlo, ma gli addii erano duri e non aveva le forze necessarie per farlo. Doveva trovarle però, no? 
Prese aria e si staccò leggermente da Tom, gli diede un bacio e continuò a tenerlo per mano mentre veniva inondata dalle lacrime degli occhi ambrati dell’unico uomo che avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni.
Quando un angelo ama, lo fa per sempre.
Tom le raccolse una lacrima dalla guancia e si posò la mano sul cuore.
-Ti prego, un ultimo giorno, un’ultima notte accanto a te. C’eri tu quando sopraggiungevano gli incubi, come posso fare se il mio lato del letto sarà gelido e duro senza di te? Dormire con te un’ultima volta, prima di… di perderti. Ti prego…
La sua voce era spezzata dai singhiozzi.
Fey inghiottì quelle parole come un boccone amaro e le conservò dentro di se.
-Non dimenticarti di me, promettimelo Tom.
Il ragazzo pianse ancora e annuì con la testa, singhiozzando.
-Io non ti dimentico Fey, non lo farò. Mai. Mai, per niente al mondo. Non mi dimenticherò della tua voce, dei tuoi occhi, della tua pelle. –con un dito le accarezzò uno zigomo, dove aveva una piccola cicatrice - Non mi dimenticherò delle tue mani e delle tue carezze. Della tua risata, del tuo profumo, dei tuoi capelli. Ti amo, e ti amerò per sempre, te lo giuro.
Fey si avvicinò e le loro labbra si toccarono di nuovo, come sempre, per l’ultima volta.
Entrambi avevano appena scoperto che sapore aveva un bacio d’addio. Il loro era stato intenso, quasi duro. Volevano che quel contatto non venisse mai scordato, volevano che i loro respiri rimanessero rinchiusi e al sicuro nell’altro, volevano che le loro labbra mantenessero ancora quel sapore, finché sarebbe durato.

Quando si allontanarono i loro occhi erano spenti e si riflettevano l’un l’altro. Continuarono a stringersi le mani e a guardarsi, come per mantenere impressa nella loro mente, come un tatuaggio, l’immagine dell’altro.
“Ricordati di me” fu l’ultima cosa che Fey gli disse, prima di sparire, lasciando Tom con le mani vuote nel nulla.

Il ragazzo si guardò attorno, stordito come se tutto fosse sottosopra e lui se ne fosse appena accorto. Quella casa era diventata d’improvviso inaspettatamente fredda. 
Salì le scale di fretta e spalancò la porta di camera sua.
Le cose di Fey erano sparite. Tom si avvicinò al letto e annusò il cuscino sul quale dormiva la ragazza, era rimasto un leggero profumo di shampoo. Si sedette sul letto e strinse il cuscino, cercando di inalare il più possibile l’unica aria che gli dava sollievo.
Poco dopo si avvicinò un agente di polizia, bussò due volte alla porta prima di mettere un piede nella stanza.
-Signor Kaulitz, dovremmo farle alcune domande, dopodiché l’accompagneremo in ospedale. Sta bene?
Tom poggiò delicatamente il cuscino sul letto, sperando che il profumo rimanesse lì per sempre. Si alzò, si asciugò gli occhi e seguì quell’uomo vestito di blu.

Per Tom il mondo si era fermato, dentro di lui tutto era immobile mentre fuori tutti si muovevano così velocemente, anche troppo.
L’uomo in divisa continuava a fargli domande, semplici domande a cui lui doveva semplicemente rispondere ‘Sì’ o ‘No’.
-Chi c’era durante l’incidente? Nella stanza?
-Io, mio fratello Bill, Dan, Georg, Gustav e…
-E… ?
Tom lo guardò stranito, come se non riuscisse a ricordare qualcosa, come se ci fosse un pezzo mancante del puzzle.
-Signor Kaulitz, deve collaborare, deve dirci tutto quello che sa e che si ricorda.
Tom annuì e inspirò forte, passandosi una mano sugli occhi stanchi. Poi lo guardò di nuovo con lo sguardo di chi si è appena svegliato e non sa cosa sia successo durante il suo sonno.
-C’eravamo solo noi, sì…

 
Il mondo correva fuori dal finestrino di quell’auto e Tom sentiva come se si stesse perdendo qualcosa, come se ci fosse un pensiero irraggiungibile in qualche parte del suo cervello. Eppure qualcosa la ricordava, ricordava degli occhi. Due grandi occhi color ghiaccio con una luce insolita, una luce che gli ricordava casa.
L’ospedale era stranamente calmo, bianco, fin troppo luminoso e con il solito puzzo di igienizzato.
L’agente si avvicinò a un’infermiera di guardia e le chiese di Bill.
-Secondo piano, cardiochirurgia. Adesso è in sala operatoria.
Salirono in ascensore e un silenzio imbarazzante riempiva quella scatola quadrata.
-Vedrà che lo salveranno, Tom.
Il moro annuì, non gli importava delle parole di quell’uomo. Era un estraneo per lui, non era tenuto a dimostrare nessun tipo di compassione o pena.
Tom era arrabbiato, e pian piano mancavano sempre più pezzi in quella storia.
Il respiratore dava aria ai polmoni di Bill. La pallottola era passata a due centimetri dal cuore.
I medici stavano facendo tutto il possibile per estrarla senza complicazioni.
Il rumorino della macchina attaccata al suo corpo contava i secondi che allontanavano Bill dalla vita, o dalla morte. Era questo il pensiero costante di Tom.
E se mio fratello morisse?
Cos’avrebbe fatto? Non ne aveva idea. Sarebbe stato come perdere la casa e non avere un posto dove andare, anche peggio. In quel caso si sarebbe potuto riparare sotto un ponte, sotto un portone di una vecchia casa. Se Bill fosse morto, non ci sarebbe stato nessun altro in grado di proteggerlo.
Gli eventi nella sua mente sfumavano, venivano offuscati da un alone nero, come se stesse perdendo gradualmente la memoria.

Dopo tre ore Bill uscì dalla sala operatoria e lo sistemarono in una camera privata che dava al giardino dell’ospedale.
Tom era rimasto accanto al fratello senza mai spostarsi, neppure per andare al bagno.
Rimase così, ad asciugargli il sudore se avesse avuto caldo, a coprirlo un po’ di più se avesse avuto freddo. A stringergli la mano sperando che potesse sentirlo.
Si addormentò così, con la mano del fratello stretta alla sua.

 
Simone entrò nella stanza e svegliò piano Tom con un bacio sulla guancia. Il ragazzo si svegliò più frastornato del solito. Si alzò per sgranchirsi le gambe e lasciare la sedia alla madre che aggiustò un sopracciglio a Bill che dormiva sul letto.
-Come ti senti?
Tom non rispose ma annuì stanco.
-E Fey dov’è?
Tom la guardò perplesso.
-Chi è Fey?
Prima che Simone potesse ribattere entrò il chirurgo che aveva operato Bill e spiegò ai familiari le condizioni del ragazzo, i rischi a cui era andato incontro e tra quanto si sarebbe potuto svegliare.
Dopodiché guardò Tom; era visibilmente provato, bianco e aveva delle occhiaie enormi.
-Lei sta bene?
-E’ possibile che mio figlio abbia perso la memoria?
La voce di Simone precedette la risposta di Tom, il quale la guardò senza capire.
Il medico rispose un po’ titubante, ma dato lo shock che Tom aveva provato, visto che suo fratello gemello si trovava in quella situazione, era possibile.
Simone annuì e capì il perché Tom non si ricordasse di Fey, anche se le sembrava strano, pensava che l’indomani si sarebbe ricordato e che l’avrebbe vista di nuovo.
In realtà non sapeva che Tom non si sarebbe più ricordato della ragazza e lei stessa, in poche ore, avrebbe dimenticato l’angelo, come tutti gli altri.
Come se non fosse successo niente, come se il tempo fosse trascorso, gli eventi si fossero succeduti, senza la presenza di Fey Parker nelle loro vite.

Bill si svegliò un’ora più tardi e allungò la sua mano verso quella di Tom, regalandogli uno dei suoi splendidi e stanchi sorrisi.
Nemmeno Bill fece domande su Fey, nessuno se ne ricordava più. Bill stava bene, parlava e respirava autonomamente. Era tutto tornato alla normalità, era tutto apposto.
Nonostante questo, però, Tom sentiva un peso sul cuore, una mancanza difficile da colmare e non sapeva spiegarsi il perché.

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Capitolo 27
*** XXVII ***


"Tanti auguri Bill e Tom, siete la mia felicità. :) "

Due forti luci.
Una frenata brusca.
Odore di pneumatici sull’asfalto.
La macchina per poco le sfiorò la gamba e l’mp3 le cadde a terra.
-Hey! Stai bene? Scusami, non ti ho proprio vista qui è tutto buio!
Un ragazzo sulla trentina uscì dalla Volkswagen blu scuro e si avvicinò a Fey che era rimasta immobile a pochi centimetri dall’auto.
Lo guardò e poi si guardò attorno, come se si fosse appena svegliata.
Il ragazzo le toccò un braccio e poi le raccolse l’mp3 da terra.
-Tieni, questo è tuo. Ti è caduto… Sicura di star bene?
Fey lo prese e annuì al biondo che le offrì un passaggio a casa, ma rifiutò.
-No, grazie… Abito qui dietro, non c’è bisogno.
-D’accordo.

Rimase lì per qualche istante, sotto la luce dell’unico lampione nella via. Con “Wir sterben niemals aus” che ancora suonava nelle cuffie e le sue Converse rosse leggermente sporche.
Che cos’era accaduto? Era come se le avessero lanciato un secchio d’acqua gelida dopo una sbornia. Non capiva dov’era, non sapeva neanche che giorno fosse.
Rientrò in casa, le luci erano spente. Andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua, probabilmente stava sognando, perché la sveglia sul ripiano della cucina segnava le 22:40 del 15 Dicembre.
Fey fece qualche passo indietro e controllò nel calendario.
15 Dicembre.
Andò ad accendere la televisione che rimbombò con la voce di una signorina che annunciava le previsioni metereologiche.
Anche lì, 15 Dicembre.
Spense la televisione e scosse la testa.Non era possibile, no? 
Lei stava sognando, anche perché era a casa sua, e invece doveva essere da Tom.
Tom, certo. Non avrebbe potuto dimenticarlo neanche se avesse voluto.
Salì le scale con gli occhi mezzo chiusi, possibile che le fosse venuto così tanto sonno d’improvviso?
Riuscì a togliersi le scarpe prima di buttarsi a letto e cadere in un sonno profondo.

 
Il sole entrava leggero dalle tende semichiuse e Fey venne svegliata da un dolce odore di caffè.
Si rigirò nel letto e allungò il braccio alla sua sinistra, sussultò quando la mano sporse dal materasso.
Il letto di Tom è grande, perché ho la mano fuori?
Aprì gli occhi e si alzò di scatto non appena riconobbe la sua stanza, i suoi poster, i suoi vestiti, le sue cose. Il suo profumo, il suo e basta.
Si guardò, era ancora vestita. Si alzò piano, sperando che stesse ancora dormendo, che stesse ancora sognando, ma sembrava tutto così reale.
Si affacciò dalle scale e vide la madre avvicinarsi alla rampa.
-Oh, cara! Sei sveglia! Vuoi scendere giù a fare colazione? Ho comprato le paste al cioccolato, come piacciono a te.
Fey si sforzò di sorridere e le indicò il bagno. La madre annuì e tornò in cucina.
Percorse piano il tratto di corridoio che separava le scale dal bagno, si teneva alla parete, come per paura di cadere da un momento all’altro.
Quando si chiuse la porta alle spalle aspettò qualche secondo prima di guardarsi allo specchio.
La solita sagoma, i soliti capelli mossi, i soliti occhi ghiacciati.
Iniziò a credere che non fosse tutto un sogno, mentre continuava a guardarsi allo specchio, cercando qualsiasi traccia di irrealtà.
Si toccò una scapola e non provò niente, neanche un minimo fastidio.

Le si gelò il sangue. -Ti prego, ti prego, ti prego…
Fey sussurrava quelle parole a sé stessa, alla ragazza riflessa nello specchio che quasi non riconosceva più senza Tom al suo fianco.
-Ti prego, fa che sia un sogno… Fammi risvegliare accanto a lui…
Tremava e le lacrime le bagnavano le guance, toccava lo specchio, lo graffiava dov’era riflessa la sua immagine.
Si tolse la maglia e la gettò a terra.
Si girò e l’unica cosa che vide riflessa era la sua schiena bianca.
I segni non c’erano più, neanche un accenno di cicatrice.
-No… No!
Si girò dall’altra parte, si toccò più volte le scapole, le graffiò con le unghie, ma niente. A parte un leggero rossore, quelle cicatrici non tornavano né facevano male.
Era tutto sparito, evaporato.
Scivolò lungo il muro blu piastrellato, gli spasmi del pianto la facevano sembrare in preda ad un attacco epilettico.
-Io non mi dimenticherò di Tom… io non mi dimenticherò di lui…
Se lo ripeteva come una cantilena, come una preghiera per impararlo a memoria ed essere pronta a ripeterlo in qualsiasi momento, si dondolava avanti e indietro, stringendo i pugni.
Non poteva dimenticarlo, non poteva dimenticare quello che era successo. Era stato un miracolo, una storia che si sente solo nelle favole, ma che le era capitata. 
E nonostante tutto, i pro erano nettamente superiori ai contro. Fey sapeva quello che aveva scelto, quella sera. Ancora lo ricordava. E proprio per questo sapeva che avrebbe dimenticato tanti dettagli della storia con Tom, molto presto.
Si alzò piano in piedi, tenendosi al lavandino.
Le era venuta una maledetta nausea e sapeva che di lì a poco avrebbe vomitato.
Si riguardò per l’ultima volta allo specchio, notando qualcosa che sporgeva dalla tasca destra dei suoi jeans.
La prese.
Era una foto. L’ultima e unica cosa che la collegava a tutto ciò che era successo.
Una foto con Tom, sul suo divano. Entrambi in pigiama stretti ad una coperta in plaid arancione. Tom le dava un bacio sulla guancia e Fey sorrideva all’obiettivo.
La ragazza tirò su col naso e accarezzò la foto, il profilo di Tom, la sua guancia.
Tenne stretta quella foto al suo petto, per poi uscire dal bagno e riporla in un cassetto.
Chissà se si sarebbe ricordata che quella foto era lì.

Mangiò metà del cornetto al cioccolato che la madre le aveva comperato insieme ad una tazza di tè caldo.
La bevanda calda la riscaldava dentro, dandole sollievo.
Era tornata alla sua vita, era tutto uguale a prima, e quasi le sembrava che tutto fosse apposto, come doveva essere.
Era incredibile come il corso degli eventi avesse agito per lei. Un minuto prima avrebbe potuto spaccare i muri per la rabbia e il dolore che provava, e un minuto dopo quasi non si ricordava neanche perché aveva quel brutto mal di stomaco.
Era quasi Natale, una gioia per tutti coloro che avessero avuto qualcosa da festeggiare.
Per Fey era uno stupido Natale come un altro, non si aspettava il regalo da nessuno di particolare, a parte, forse, sua madre e suo padre.
Le giornate passavano lente, senza che nulla preoccupasse Fey. Continuava ad ascoltare i Tokio Hotel, continuava a sognare un concerto. 
Continuava ad essere la stessa Fey Parker di sempre.
Usciva con le sue amiche, incontrava ragazzi, conosceva nuove persone, eppure c’era qualcosa che non la lasciava andare, continuava a tormentarla. 
Un buco nero che le impediva di ricordare dettagli importanti, di cui aveva bisogno.
Mangiava regolarmente, studiava per evitare di pensare, come sempre. Andava a stare dal padre per alcuni giorni, e in quei giorni le sembrava di vivere in Inghilterra invece che in Germania.

-E’ strano che tu abbia perso così tanto l’accento, Fey, Hai conosciuto qualche americano?
La ragazza scosse la testa, divertita. Questa sorta di antipatia per l'accento americano l'avevano tutti gli inglesi, zii e parenti compresi, i quali spesso a cena non facevano altro che parlare di come lo slang americano fosse 'ho-rri-ble!' Effettivamente si era resa conto anche lei che il suo inglese era leggermente peggiorato, ma pensò che fosse perché parlava più in tedesco con la madre. Anche in quello era cambiata.
Era diversa.
Si era semplicemente svegliata un giorno ed era una persona diversa, più matura, con più pesi da sopportare.
Era una ragazza come le altre, che però a differenza loro aveva un passato alle spalle che non ricordava.

La notte di Natale arrivò senza farsi aspettare, e forse l’unica cosa che rendeva Fey felice era sentire le urla di gioia dei bambini che ad ogni rumore pensavano fosse arrivato Babbo Natale.
Quella sera preparò una cenetta alla madre che aveva una strana luce negli occhi, come se di lì a poco sarebbe successo qualcosa di fantastico.
Fey non ci fece particolarmente caso, infondo se la madre era felice poteva esserlo anche lei per una sera, no?

 
A casa Kaulitz l’atmosfera era intima e il solito odore di cannella riempiva ogni centimetro.
Simone aveva appena sfornato una teglia di biscottini di marzapane, mentre Tom giocava alla playstation con un suo vecchio cugino, col quale lui e Bill si tenevano in contatto ogni tanto.
-Venite ragazzi, è pronta la cena! E come dessert abbiamo un dolce al cioccolato che ha portato la zia Margaret!
Bill e Tom si guardarono con uno sguardo complice e si avvicinarono al tavolo, prendendo posto.
Tutti erano felici e spensierati, avevano voglia di godersi quelle vacanze prima dell’imminente Tour che li aspettava.
-Che paesi visiterete durante questo Tour?
-Praticamente tutti. Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Italia…
La conversazione continuò per un po’ su quell’argomento, e nel frattempo Tom si era spostato sul divano mangiando il suo dolce al cioccolato.
Sentì una sorta di malinconia, la stanza era piena eppure sembrava così vuota. Mancava qualcosa, o qualcuno.
-Vado un attimo di sopra!
Tom salì le scale, doveva assolutamente cambiarsi la T-shirt, se l’avesse sporcata di cioccolato non se ne sarebbe più andato!
Iniziò a frugare nel suo armadio piuttosto ordinato, jeans sulla sinistra e T-shirts sulla destra.
Decise di prenderne una vecchiotta marrone. Mentre stava per chiudere l’anta dell’armadio la sua attenzione venne catturata da un foglietto bianco che fuoriusciva dalla tasca di un paio dei suoi jeans.
Lo prese e il suo cuore perse un battito.
Era una foto in cui veniva ritratto mentre dava un bacio ad una ragazza che sorrideva, con degli occhi incredibilmente chiari.
Tom si sentì la gola secchissima, guardò dietro la foto e c’era una piccola scritta in basso a destra.
“Ich liebe dich, F.”
Tom continuò a guardare quella foto, a guardare quegli occhi così luminosi.
-F…
Non ricordava, eppure quella foto lo faceva stare così male. Decise di metterla in mezzo ad un quaderno che stava sulla sua scrivania e tornò giù, insieme agli altri.

Era così che passarono il Natale.
Lontani kilometri e kilometri, ma inaspettatamente vicini, senza ricordarsi l’uno dell’altra.

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Capitolo 28
*** XXVIII ***


Per questo capitolo potete ascoltare questa traccia audio :)

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I giorni scorrevano con una normalità disarmante.
Fey continuava a svegliarsi alla stessa ora, a fare la stessa colazione, a studiare per i test che a breve avrebbe dovuto affrontare.
Continuava a sognare quel ragazzo ritratto sulle pareti della sua stanza, continuava a sperare in qualcosa di positivo e inaspettato.
Si interrogava spesso sui sogni che faceva, così reali da farla svegliare nel bel mezzo della notte senza avere quasi idea di dove fosse e che giorno fosse. 
Sembrava un futuro che non aveva ancora vissuto, che però le apparteneva.

I Tokio Hotel andavano alla grande. Erano nelle hit di qualsiasi classifica musicale. Erano pronti per il tour, erano carichi, non aspettavano altro.
Capitava spesso che Tom, dopo la doccia, rimanesse qualche minuto in più davanti allo specchio ad osservarsi.
Si chiedeva se era cambiato in qualche modo, ma a parte le treccine più lunghe ed un accenno di barba, che rasava sempre, vedeva comunque lo stesso Tom Kaulitz. Avrebbe voluto, però, uno specchio che riflettesse la sua anima, perché la sentiva così pesante. Questo non gli era mai capitato, non era il tipo che si preoccupava di qualcosa che non aveva davanti. Era solito preoccuparsi per suo fratello e la sua famiglia, ma questi erano accanto a lui e stavano bene. Allora, cosa non andava?
-Hey.
Il riflesso di Bill apparve accanto a quello del fratello. Era truccato e aveva i capelli raccolti.
Nonostante fossero passati tutti quegli anni, Tom ancora rimaneva sbalordito nel vedere sé stesso in un altro corpo. Vedere i suoi occhi nel viso di un’altra persona.
Gli sorrise.
-Stai bene?
-E’ inutile che ti dica di sì, vero?
Bill sorrise e incrociò le braccia.
-Che c’è che non va?
Tom sospirò e si girò verso il fratello, poggiando i gomiti sul ripiano del bagno.
-A dire la verità, Bill, non lo so neanch’io. E’ come se il mio mondo vada a rallentatore perché c’è qualcuno che preme un pulsante contro la mia volontà. E’ come se mi sfuggisse qualcosa, in tutto questo.
E ovviamente, come sempre, Bill sapeva di cosa stesse parlando il fratello, conosceva quella sensazione. Ma anche lui non sapeva darsi una risposta.
-Sai Tom, quando ci troviamo in una situazione del genere, è possibile che qualcosa stia per accadere! E non per forza dev’essere qualcosa di brutto, magari qualcosa di importante entrerà nella nostra vita.
-A me sembra che qualcosa abbia abbandonato la mia vita, invece…
Bill lo guardò triste, non sapeva cosa dirgli, non c’era nulla da fare. Si avvicinò a gli diede una pacca sulla spalla.
-Tranquillo, fratellino. Tra poco inizierà il tour e ci sarà poco tempo per pensare.
Tom gli sorrise, era davvero quello di cui aveva bisogno.
Dicembre era arrivato come un treno, e come un treno era ripartito, portandosi via il Natale e le varie festività a seguire.
Il Tour di Febbraio sarebbe durato tutto il mese, 28 giorni di duro lavoro e di infinita soddisfazione.

Si vestì e portò Scotty a fare una passeggiata.
Lasciò il guinzaglio in modo che il cane potesse gironzolare a suo piacimento e si mise le mani in tasca per ripararsi dal freddo pungente di quella sera. 
Passeggiò per il parco davanti al lago, quel posto lo rasserenava e ogni volta che Tom ci andava sentiva che da un momento all’altro un lampo di ricordi l’avrebbe potuto travolgere e liberarlo da quell’agonia che si portava appresso.
Quel profumo.
Di nuovo quel profumo che non ricordava di chi fosse, ma sentiva familiare.
Si sedette sulla panchina e respirò a pieni polmoni. Quel posto era diventato il suo rifugio dalla realtà.

 
Tutte quelle parole una accanto all’altra le facevano venire mal di testa. Erano ormai quasi tre ore che Fey era immersa nello studio, e necessitava davvero di una pausa.
Chiuse il libro di filosofia e scese in cucina a prepararsi una tazza di tè caldo. Scendendo vide suo padre nel salotto assieme a sua madre. 
Era leggermente perplessa, non aveva idea del perché fosse lì, si avvicinò e lo salutò calorosamente.
-Ciao papà! Che ci fai qui?
Il padre le sorrise e guardò la madre, che si schiarì la voce.
-Abbiamo una cosa per te.
Fey sorrise ad entrambi. La prima cosa che le balenò in testa fu un libro. Lei amava leggere e probabilmente le avevano fatto un regalo di Natale, dato un po’ in ritardo.
La madre si avvicinò ad uno scaffale e prese una busta da lettere, bianca, con sopra scritto ‘Per Fey’.
Gliela porse e la ragazza la prese tra le mani, senza sapere bene cosa fare.
-Aprila! – La incitò il padre.
Fey ridacchiò e cercò di aprire la lettera senza stropicciarla troppo.
Un altro foglietto giallo sbucò dalla carta appena aperta. Le mani di Fey iniziarono a tremare non appena riuscì a scorgere poche lettere scritte in nero.
‘Tokio’
Guardò entrambi i genitori che le sorridevano e la incitavano a continuare ad aprirlo.
Non poteva credere di avere il suo sogno tra le mani, in un semplice biglietto di carta.
‘Tokio Hotel, Welcome to HUMANOID CITY Tour Hamburg, Germany Colorline Arena’
Fey scoppiò a piangere con il biglietto tra le mani. Non era da lei reagire in questo modo, soprattutto davanti ai suoi, ma era stato tutto così inaspettato ed era scoppiata. 
Si sentiva come se finalmente quel peso che si era portata dietro per tanto tempo stesse per essere scaricato.
Sarebbe stata con loro, per loro. Era la cosa migliore al mondo.
Abbracciò forte i suoi genitori senza smettere un attimo di dire grazie. Se lo meritava, meritava di essere felice.
Era una brava ragazza, diligente, studiosa, altruista e intelligente. Finalmente l’attesa aveva portato qualcosa di buono e qualcosa che l’avrebbe ricompensata per tutta la vita.

Era impossibile dormire dopo una giornata come quella. Sdraiata sul suo letto guardava le stelle attaccate al suo soffitto che disegnavano galassie che solo lei conosceva.
Pensava a quanto le mancasse Tom, e non riusciva a spiegarsi il perché, dato che non l’aveva mai conosciuto, eppure era così. 
Perché nessuno pensa mai al significato della frase ‘mi manchi’. Si usa per le cose materiali, no? 
Mi manca quella figurina per finire l’album, mi manca una pagina da studiare e poi sono libero. Mi mancano pochi centesimi per comprarmi un gelato. 
Eppure, talvolta, lo usiamo per indicare che c’è un buco nella nostra anima, e quel buco è dato dall’assenza di una persona. E Fey non pensava che fosse così facile da colmare come si potrebbe fare con una figurina, una pagina da studiare o qualche moneta. 
Qui nessuno le poteva prestare la persona che le mancava, né le poteva dire quando Tom avrebbe smesso di mancarle.

Il countdown era iniziato. Doveva solo aspettare qualche giorno per poter incrociare nuovamente quegli occhi ambrati che lei non ricordava, ma che aveva osservato per ore ed ore.

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Capitolo 29
*** XXIX ***


Per questo capitolo mi piacerebbe che ascoltaste questa traccia audio, all'asterisco *  :)

http://www.youtube.com/watch?v=UZjca8jZkZ8


Fey era partita il giorno prima del concerto, aveva prenotato assieme alla madre una stanza in un hotel vicino all’arena nella quale si sarebbe svolto il concerto. 
Era più che sicura, però, che avrebbe passato la notte accampata per cercare di essere il più vicina possibile al palco.
Il treno ci mise un’ora, partirono alle otto di quella mattina, nonostante la madre di Fey non capisse perché la figlia volesse andare così presto.

-Devo vedere se ci sono già ragazze in fila! Così posso mettermi assieme a loro!
-Avanti Fey, non starai esagerando? Hai il biglietto, che differenza fa se li vedi dagli spalti?
-Ho la possibilità di vederli a pochi metri da me, perché dovrei perdere quest’occasione?

La madre scosse la testa, prese le chiavi della macchina e uscì di casa, diretta alla stazione.
Arrivate ad Amburgo si avvicinarono all’arena e stranamente, pensò Fey, non c’era ancora nessuno. Probabilmente le ragazze sarebbero arrivate nel pomeriggio, e lei doveva essere lì.
Poggiarono la valigia che avevano in comune in hotel, era modesto e confortevole e la camera da letto dava su un parchetto con panchine ed altalene, ricoperto da un manto bianco lucente.

 
I sei Tourbus dei ragazzi arrivarono quella stessa mattina. Decisero di andare in albergo, la stanchezza del tour si faceva sentire e avevano decisamente bisogno di una dormita.
-Io voglio andare a fare shopping.
La voce di Bill ruppe il silenzio, Tom uscì dal bagno e lo guardò stranito.
-Adesso?
Bill fece spallucce – Perché no? La città sembra abbastanza tranquilla, non ho visto nessun gruppo di fan urlanti dal bus, quindi potremmo tentare!
-Sei consapevole che se ci vedessero dovremmo scappare?
Bill annuì – Quindi è un sì?
Tom roteò gli occhi e annuì a sua volta.
I gemelli uscirono imbacuccati, molto più del dovuto, fuori nevicava, quindi nessuno ci avrebbe fatto particolarmente caso.
Entrambi tennero gli occhiali da sole anche dentro i negozi e nessuno sembrava accorgersi di chi loro realmente fossero.

 
*Fey stava girando nella Spitalerstrasse, dove su ambo i lati si poteva trovare ogni genere di negozio. Mentre sua madre entrò in un negozietto di antiquariato, Fey si precipitò da H&M, un negozio che nessun ragazzo o ragazza poteva evitare.

 
-Bill qui è pieno di ragazze, ti rendi conto che se ci scoprissero non riusciremmo ad uscire da questo stupido negozio?
-Tom. Qui da H&M le ragazze sono più impegnate a cercare di non farsi fregare la propria taglia da un’altra! Non staranno di certo pensando a noi due…
Tom sbuffò e si mise a dare un’occhiata ai cardigan riposti nelle grucce.
Girò lo sguardo verso sinistra, per vedere se più in là ci fosse qualcosa che potesse interessargli, e mentre pensava che avrebbe di gran lunga preferito trovarsi in un fast food, vide una figura snella che si muoveva tra i vestiti.
La ragazza si spostò un po’ più in là e Tom cercò di seguirla con lo sguardo, prima di abbandonare Bill tra i sue mille vestiti e seguire quella figura così familiare.
Lei continuava a stare di spalle, ma ogni suo minimo gesto o movimento faceva scattare in Tom un campanello d’allarme.
Chi era questa ragazza dai capelli lunghi castani che lasciava dietro di sé una scia di profumo che gli ricordava tanto quello che ogni tanto sentiva nella sua stanza e nel parco vicino a casa sua?

Fey aveva trovato tante cose carine, una T-shirt rosa salmone, un maglione color cioccolato e un paio di jeans con dei ricami floreali.
-Quello non ti sembra Tom Kaulitz dei Tokio Hotel?
La sua attenzione venne attirata da una ragazza che si trovava davanti a lei, affiancata dall’amica. Entrambe parlavano tra loro e guardavano in una direzione indefinita dietro le sue spalle.
-Ma sì, c’è anche Bill!
Questa volta il nome del Kaulitz venne urlato più forte e tutte le ragazze che si trovavano nelle vicinanze si girarono e iniziarono a portarsi le mani alla bocca.
Fey si girò immediatamente e vide le figure dei gemelli che si dirigevano verso l’uscita.
Un’orda di ragazzine iniziò a seguirli, e così fece Fey. Era più indietro rispetto alle altre, teneva tra le mani i capi che doveva comprare e cercava di farsi spazio tra i corpi delle ragazzine in delirio.
Voleva solo vederlo, solo guardarlo negli occhi.
Tom si girò, cercava la ragazza, che però non riusciva a vedere perché sovrastata da tutte le altre cento. Riusciva a scorgere soltanto i suoi capelli, le mani che tenevano i capi e il massimo che riuscì a vedere del suo viso fu una guancia, perché in una frazione di secondo Fey venne spinta da un’altra e Tom venne preso per il braccio da Bill.
Due commesse fecero passare velocemente i gemelli da una porta di emergenza che li portò ai magazzini del negozio.

-Cazzo!
Bill riprese a sospirare normalmente e guardò il gemello.
-Mi dispiace Tom, non pensavo ci potessero riconoscere…
Tom scosse la testa – No, non è per questo, è che…
Bill aspettò che il gemello continuasse la frase, ma Tom sembrava come in trance.
-Mi sembrava di aver visto una persona…
-Chi?
Tom guardò Bill dritto negli occhi – Non lo so.

 
Nel bel mezzo di quel putiferio, tra tutte le ragazze urlanti, senza contare quelle che avevano letteralmente buttato i vestiti all’aria ed erano uscite dal negozio per cercare i gemelli, c’era Fey.
Era rimasta immobile, con i suoi tre capi in mano, che non si capacitava ancora di ciò che era appena successo.
Tom la stava cercando. In mezzo a tutta quella folla, stava cercando proprio lei.
Si avvicinò alla cassa per pagare mentre affianco a lei decine di ragazze in lacrime non smettevano di ripetere “Ho visto i gemelli Kaulitz, non ci posso credere!”
Fey non aveva visto niente, non aveva visto i loro visi, eppure c’era tanto vicina…

Poche ore e fu come se Bill si fosse completamente dimenticato dell’accaduto.
Tom, invece, era sdraiato supino sul letto e ripensava a quella ragazza e all’effetto che le aveva fatto una sconosciuta. Eppure era certo di conoscerla, di averla vista da qualche parte.
Era in una situazione impossibile da credere, ma quella figura che neanche aveva visto interamente l’aveva fatto sentire a casa. Si chiedeva quale fosse il suo nome, di dove fosse, quanti anni avesse. Se era solita frequentare quel negozio, oppure era stato solo un caso.
Voleva vederla.
Si chiedeva come fosse il suo viso, di che colore fossero i suoi occhi, come fosse il suo sorriso.
Era una fan, lo era sicuramente, perché aveva visto come cercava di farsi spazio tra le tante persone che spingevano.
Chissà com’era la sua voce, com’era la sua risata. Chissà se anche lei stava pensando a quello che era successo.
Scosse la testa, si alzò e andò a farsi una doccia calda. Sperava che quell’acqua che scivolava sulla sua pelle facesse scivolare anche quei pensieri e li facesse scendere dritti nello scarico.
Un forte mal di testa rimbombava nelle sue tempie, l’indomani avrebbe avuto un concerto, doveva riposare.
E se lei fosse stata lì?
Sperava di rivederla. Era un ragionamento veramente da idioti, ma aveva trovato un appiglio, un misero appiglio a cui aggrapparsi, un'ultima àncora di salvezza.

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Capitolo 30
*** XXX ***


Chiedo scusa per il ritardo immane nel pubblicare quest'ultimo capitolo, ma si sa, è sempre un peccato abbandonare qualcosa di proprio e non avevo proprio il coraggio di scrivere la fine!
Per questo capitolo ci sono due tracce audio: 

*http://www.youtube.com/watch?v=aIaqNdRMDaE

** http://www.youtube.com/watch?v=4MFFUyuKqAA

Il grande momento era arrivato, la notte dell’Humanoid City Tour che avrebbe assistito, probabilmente, ad un miracolo.
Fey era seduta sull’asfalto impaziente che la security iniziasse a dare ordini per creare i primi gruppi e far entrare i fans.

Gustav stava ascoltando della musica col suo laptop e batteva le mani sulle sua ginocchia e i piedi sul pavimento scuro a ritmo di musica, Georg e Bill erano seduti attorno ad un tavolo rotondo a mangiare due fette di pizza, Tom era sul divano che finiva di accordare la chitarra acustica.
Bill aveva appena deciso di fare “In die Nacht”. Non rientrava nella scaletta, ma quella sera aveva deciso di cambiare l’ordine delle cose, di fare qualche pazzia magari. Sarebbe stata una notte speciale, solo che nessuno ancora lo sapeva.

 
Fey era seduta a gambe incrociate mentre si stringeva attorno il cappotto, la temperatura era scesa parecchio e stava lì già da un paio d’ore. Era snervante, ma sapeva che quello che l’aspettava dopo valeva cento ore come quelle che aveva passato. Accanto a lei, alla sua sinistra, c’era una ragazza che aveva all’incirca diciassette anni e continuava a guardare l’ora e ad osservare la foto di Bill che aveva nello sfondo del suo telefonino. Era incredibile, se quella ragazza avesse saputo di Fey l’avrebbe mangiata, ma fortunatamente quei dettagli erano sconosciuti a tutti, persino alla diretta interessata.
A sinistra, invece, aveva un gruppo di Aliens che cantavano una canzone dopo l’altra, conoscevano la scaletta a memoria ed una volta finita ricominciavano a cantare da capo. Fey non sapeva se esser loro riconoscente, o se chieder loro di smetterla, altrimenti non avrebbe sopportato di risentire le stesse canzoni dentro quell’arena.
Un omone di almeno due metri si chiuse le porte dell’edificio alle spalle e il boato provocato fece ammutolire persino il piccolo concerto di Aliens accanto a Fey. Tutti gli occhi erano puntati su di lui che si avvicinò agli altri uomini della sicurezza, per poi avvicinarsi nuovamente alle porte, lasciandole aperte.
-Ora, voglio gruppi da dieci persone. Voglio vedere i vostri biglietti e quello che avete dentro le borse. Non voglio vedere nessuno correre o superare gli altri, sono stato chiaro?
E sì, che era stato chiaro. C’erano sei uomini della sicurezza la cui altezza media era 1.85 almeno. 
Il primo gruppo entrò, così come il secondo, accompagnati da urla e rumori di scarpe che battevano sul pavimento.
Fey si stava letteralmente massacrando le labbra e teneva stretto il biglietto giallo tra le mani. Aveva una piccola borsa con dentro una sciarpa, dei fazzolettini e dei trucchi. 
Qualcuno cercava di superare la fila, ma era praticamente impossibile abbattere la barriera di quei ragazzi e ragazze che si tenevano stretti per mantenere il loro posto.
-Tu sei più piccola, vieni avanti!
Fey venne letteralmente spostata da una fan del suo stesso gruppo e si ritrovò “capo fila”, esattamente di fronte all’omone David, a quanto diceva il cartellino.
Fey gli porse il biglietto e lo guardò con i suoi occhi azzurri che dall’emozione e dalla paura erano ancora più grandi. L’uomo guardò la borsetta di Fey e le fece segno di passare, dandole il via libera.
In quel momento Fey non seppe come, perché non si rese effettivamente conto di cosa stesse facendo, ma corse. Corse più in fretta che poteva. Il palco era di fronte ai suoi occhi, la parte destra era completamente piena mentre quella sinistra era leggermente più libera. In un batter d’occhio si ritrovò con una transenna premuta contro la pancia e a pochi metri da lei, le luci e il palco. Si guardò attorno e ci mise qualche secondo per rendersi conto di aver corso svariati metri ed essere arrivata in prima fila. Il rumore dentro quel luogo era assordante, voci, urla, pianti. Gli spalti si riempivano sempre di più, mentre alcune ragazze accanto a lei urlavano al telefono “sono in prima fila!”
Guardandosi attorno Fey sorrise e una lacrima le bagnò la guancia.

*Le luci si spensero.

 
-Ragazzi, 5 minuti e si va in scena.
Bill annuì e si girò a guardare gli altri
-Siamo pronti?
Si avvicinarono e crearono un cerchio, abbracciandosi.
-Spacchiamo tutto ragazzi!

Il suono di un cuore che batteva riempì l’intera arena, le urla rimbombavano e partì una musica elettronica, Fey credeva di essere sul punto di svenire. Urlava anche lei, ma non riusciva a sentire neppure la sua voce. Sentiva solo il battito del suo cuore che scoppiava nelle sue orecchie e andava all’unisono con il cuore dell’Humanoid City Tour. 
D’un tratto l’uovo sul palco si illuminò e del fumo iniziò a riempire il palco, lasciando Fey sempre più senza fiato. Una voce squarciò quelle urla e poco dopo iniziò Noise. Appena Gustav toccò la batteria, Georg e Tom salirono sul palco. L’uovo si aprì e da tutto quel fumo e quelle luci apparì la figura di Bill, che inizialmente era solo un’ombra e successivamente apparì in tutta la sua bellezza.
Quando i ragazzi toccarono quel palco, Fey realizzò che era realmente assieme a loro. Nonostante loro fossero qualche metro più avanti e leggermente più in alto. Erano insieme, erano a casa. Lei si sentiva a casa.
Il suo sguardo seguiva la figura di Tom che stava esattamente di fronte a lei. Osservava come le mani esperte si muovessero sulla chitarra, come il suo corpo si protendesse in avanti quando doveva cantare e successivamente come tornava indietro, concentrandosi di nuovo sulla sua chitarra.
Guardava come si muoveva sul palco, come girava, guardava Bill e Georg.
Guardava come saliva le scalette per arrivare al piano superiore del palco. Come Bill lo guardava e guardava il pubblico.
Avrebbe dato qualsiasi cosa perché quello sguardo si posasse sul suo. Più lo guardava, più sentiva qualcosa nel profondo di sé che le diceva “c’è qualcosa che non sai, c’è qualcosa che devi scoprire” e lei sapeva che le servivano gli occhi di Tom per scoprirlo.
Fey era sicura che a fine concerto non avrebbe avuto più voce, perché urlava come una forsennata. Si abbracciava con altre due Aliens che non cononosceva neppure. Era incredibile come quattro semplici ragazzi potessero unire così tanto delle persone sconosciute. Anche se in realtà, avevano più cose in comune loro di un qualsiasi parente. I Tokio Hotel riuscivano a creare rapporti di amicizia indissolubili, e Fey non potè non pensare alle amiche che erano diventate indispensabili per lei e che aveva conosciuto grazie a loro, non poteva non pensare ad una delle sue più grandi amiche, Veronika.
In quel momento Fey era abbracciata ad una ragazza tedesca ed una australiana che aveva praticamente fatto il giro del mondo per assistere ad una data tedesca.
Rivolse ai ragazzi lo sguardo più amerovelo del mondo, ringraziandoli mentalmente per tutto ciò che avevano fatto e per quello che continuavano a fare, anche senza rendersene conto.

Il concerto continuava e, come ogni cosa bella, doveva arrivare ad una fine. Fey non ci pensò poi tanto, perché era completamente presa dalla musica di quei quattro ragazzi tedeschi, dalla voce di Bill che riempiva gli spazi con i suoi commenti, i suoi discorsi e anche i suoi sorrisi. In tutto quel tempo non aveva visto un attimo lo sguardo di Tom su di lei, nonostante ci fosse stata più di un’occasione. Per qualche strana ragione, ogni qual volta Tom girasse il suo viso verso Fey, qualche fan fuori di testa si metteva a saltare e Fey veniva letteralmente sommersa.
In die Nacht era stata un successo. C’erano solo Bill e Tom sul palco, i sorrisi che si scambiavano erano qualcosa di meraviglioso e le lacrime delle fans emozionate da quella scena ne erano la prova.
Però fu quando Gustav scese sul palco a fare la sua Ola che Fey capì che stava finendo quella notte magica.
Georg e Tom lanciarono le loro bottigliette d’acqua e i loro asciugamani, e dopo che si furono riposizionati partì la musica.
Bill stava su quel palco, al centro, con uno sguardo triste ma allo stesso tempo convinto che quella folla non l’avrebbe vista per l’ultima volta quella sera. Incitava i fans a cantare con lui, a saltare, a non perdere la speranza. Il suo sguardo passò sugli occhi di tutta la prima fila, toccando anche gli occhi di Fey sui quali si soffermò qualche secondo in più, restituendole poi un sorriso.

Fey sentì un enorme calore pervaderle il corpo, e le immagini piano piano riaffioravano nella sua mente. Le partite a scacchi con Bill, le risate, le battute e le barzellette. Spostò lo sguardo sulla figura di Tom, che fece lo stesso. 
**D’un tratto fu come se tutto fosse chiaro, come se quel velo che per tanto tempo era stato sugli occhi dei due ragazzi fosse scomparso. Tutto era fermo, tutto era immobile. C’era solo la musica, Tom e Fey. Uno di fronte all’altra si guardavano, si scavavano dentro riscoprendo i giorni passati insieme. Il loro primo incontro in ospedale, l’incontro casuale al parco e la voglia di vedersi continuamente. Il loro primo bacio, le loro risate, i loro respiri condensati dal freddo tedesco che si univano pian piano, proprio come avevano fatto i loro cuori. I loro desideri espressi sotto un cielo stellato, le loro carezze, i loro sospiri all’unisono. Le feste, i giochi, le liti, le notti passate ad abbracciarsi e a fare l’amore. 
Una lacrima scivolò via dagli occhi di Fey e Tom le sorrise. Era meravigliosa e vestita di bianco, sembrava un angelo. Nei suoi occhi più azzurri del cielo stesso aveva ritrovato quella luce che gli aveva salvato la vita, quella luce che pensava di aver perso e che invece aveva ritrovato. Fey gli aveva completamente rubato l’anima e Tom se ne rendeva pienamente conto su quel palco, di fronte a mille e più persone, concentrandosi però solo su una di loro. 
Non si sarebbero mai più detti addio. Si erano ricordati e fu come se non si fossero mai dimenticati per davvero, le crepe che si erano create dentro di loro si stavano rimarginando. 
Si riflettevano l’uno nell’altra e riflettevano la luce nei loro occhi che finalmente tornava ad illuminarli.
Per sempre.

Spazio autrice:

Eccoci alla fine. 
Innanzitutto voglio ringraziare tutti voi, nessuno escluso, per aver letto la mia storia e avermi appoggiata in ogni modo :) Vi ringrazio per aver lasciato recensioni, avermi dato consigli e avermi permesso di continuarla!
Ho iniziato a scrivere Das Licht nel 2009 e l'ho ritrovata un anno fa, nel 2012. I primi capitoli sono quelli 'originali', diciamo, e poi pian piano l'ho continuata anche grazie ai ricordi e alle emozioni che ho vissuto al concerto di Padova dei Tokio Hotel nel 2010, l'Humanoid City Tour :) 
Avrete sicuramente notato che ci sono alcune cose che non quadrano, come la presenza di 'Ich bin da' e 'In die Nacht' in questo Tour, ma d'altronde questa storia è stata come il mio 'mondo fantastico' quindi volevo unire qualcosa di vero a qualcosa che non c'è stato, anche se sarebbe stato stupendo :) (vi immaginete Ich bin da e In die Nacht?! aaa <3 )
Quando ho scritto la storia sapevo esattamente l'inizio e la fine, mentre la parte del mezzo è stata un po' più difficile, ed è per questo che ci ho messo un bel po' per scriverla.
Nonostante questo, però, anche Das Licht è finita, e mi mancherà davvero tanto. 
Probabilmente qualcuno mi ucciderà per la fine, ma lascio a voi l'immaginazione :) La storia è mia, ma anche di tutti voi che l'avete seguita con così tanto entusiasmo!
Ho voluto continuare questa storia sui Tokio Hotel nonostante loro si siano un po' allontanati da noi Aliens e, sinceramente, non pensavo che la storia avrebbe avuto così tanti seguaci. Avevo timore che le vere Aliens si fossero 'estinte' ma, a quanto pare, alcune cose non muoiono mai, proprio come il mio amore per i Tokio Hotel :)

Detto questo, vi lascio proprio con questa frase, la stessa frase con la quale ho iniziato questa storia, che si chiude come un cerchio:)

"Wir sterben niemals aus, wir tragen uns bis in alle Zeit"

Danke schön, Sara.

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