Born to rock

di biberon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Diventeremo famosi ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Il rock è il mio sangue ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Tesoro, ritorno domani! ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Ci sarebbe Gwen ... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Vicini alla rottura, ma non così vicini. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Sopresa! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Scott mi ama, io amo Duncan. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - E tutti vissero felici e contenti ... non è la fine, tranquilli. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Il concerto della festa ***
Capitolo 10: *** 15 capitolo - cantare ***
Capitolo 11: *** Fraintendimenti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** La pazzia ***
Capitolo 14: *** Gelosia. ***



Capitolo 1
*** Diventeremo famosi ***


 Prologo
 
Mancano solo quindici minuti all’inizio concerto.

Il mio cuore batte così forte che ho paura che mi esca dal petto da un momento all’altro.

Davanti a me c’è il sipario di raso grigio.

Si sentono le urla della gente, i loro applausi, le loro ovazioni.

Duncan si siede di fianco a me e mi mette un braccio intorno alla vita.

“Andrà tutto bene, principessa.” Mi dice, poi mi bacia sulla guancia.

Sorrido, ma entro il panico cresce.

E se non ce la dovessi fare?

E se non riuscissi a cantare?

La fuori ci saranno ottocento/novecento persone che aspettano la ma voce.

E se li deludessi?

Beh, ora che sono qui, la tensione alle stelle … forse è meglio che vi racconti tutto dal principio, quando i concerti erano solo sogni …
 
Diventeremo famosi

“Courtney! Courtney, apri la porta! Sono io. Sono Al.”

“Un attimo, dammi il tempo di arrivare.”

“Veloce, dai!”

Ero appena uscita dalla doccia.

Sbuffando come un treno a vapore mi infilai slip e reggiseno, una maglietta color ambra e dei blue jeans aderenti.

Mi avvolsi i capelli in un asciugamano e andai ad aprire ancora a piedi nudi, lasciando tracce umide sul parquet chiaro illuminato dal sole.

Aprii la porta di casa e vidi che fuori era una splendida giornata.

Al era in piedi davanti a me.

Indossava dei jeans con la cintura, delle infradito e una camicia a quadretti blu aperta.

Aveva i capelli legati in una coda di cavallo.

“Ciao bellezza …”

“Dai Ale, piantala.” Dissi io dandogli una spinta leggera sul petto.

Lui entrò in casa con aria da padrone e io chiusi la porta scuotendo la testa.

“Ci sono i tuoi?” mi chiese.

Feci appena in tempo a scuotere la testa che lui si era già spalmato sul divano azzurro e stava zappingando liberamente con la mia tv al plasma.

Suonò il campanello.

“Vai tu.” Dissi ad Al richiudendomi nell’enorme bagno di casa.

Feci appena in tempo a estrarre il phon dal cassetto che la porta si spalancò ed entrò Duncan.

Mi abbracciò da dietro e prese il phon al posto mio.

“Principessa ….”

Mi voltai e lui mi baciò a stampo.

“come va, amore?” mi chiese.

“todo bien.” Risposi io, rinunciando all’idea di asciugarmi i capelli.

Andai in sala e mi sedetti sulle ginocchi di Duncan.

“Siete un po’ in anticipo.” Dissi.

“Tesoro, non sei contenta di vedermi?” disse Duncan giocherellando con una delle mie ciocche di capelli umide.

La portà si aprì, anche se nessuno aveva bussato, ed entrò Heather.

Portava un top azzurro e degli shorts di jeans.

Alejandro arrossì violentemente e le sorrise timidamente.

Io mi lascia scappare un risolino mentre lei si sedeva accanto a me.

“Hai sentito per caso Trent?”

“Ha detto che arriverà tra cinque minuti.”

Rimanemmo in silenzio fino al suo arrivo, esattamente cinque minuti dopo.

Arrivò di corsa tutto sudato, e posò la borsa per terra.

“Scott?” chiesi.

“Oggi non può venire. Ma domani ci sarà.” Rispose lui.

“Okay.”

Preparai dei toast veloci per pranzo con tonno, maionese e insalata  e li mangiammo davanti ad una partita di calcio.

“Buonissimi, chef Courtney. Gnam.” Disse Trent divorando il suo.

“Già, oltre che a cantare, sei brava anche in cucina.” Disse Alejandro.

“è la mia donna!” urlò Duncan, e poi ululò.

“Stupido” gli dissi amorevolmente io, e lo baciai sulla guancia.

“Ragazzi, siamo proprio un bel gruppetto.” Disse Heather sorridendo.

“Già, la folla ci amerà.” Disse Ale.

“Cosa?”

“è naturale” disse Duncan sorridendo beffardamente “noi diventeremo famosi”.

“Insieme.” Esclamai di impulso.

Mettemmo le mani una sopra l’altra.

Eravamo legati da un’amicizia forte, tanto forte da prosciugarci per donarci l’uno all’altro.

“Insieme!” urlammo alzandole. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Il rock è il mio sangue ***


Angolo dell'autrice: scusate se è un po' corto, ma sono affannata con tutte le storie da seguire. Baci






Quella sera Alejandro e Heather restarono da me, ma purtroppo Duncan e Trent dovettero andarsene.

Decidemmo di ordinare una pizza mentre discutevamo degli ultimi avvenimenti riguardanti la band.

Eravamo seduto intorno al tavolo bianco della cucina, con due bottiglione di coca e qualche lattina di birra, più un pacchetto di gelatine alla frutta assortite.

Stavamo scrivendo tutto su un grande folgio da disegno.

Si prospettavano due problemi:
  1. Ci serviva un batterista. MA a quella stava provvedendo Trent.
  2. Ci servivano soldi. Per continuare a pagare il posto (una camera insonorizzata) in cui provavamo ci servivanio almeno 600 dollari sonanti, e di certo nessuno di noi poteva farli apparire per magia.
Nonostante mio padr e fosse un uomo molto ricco, non voleva darmi nanche un centesimo per  questo motivo; lui aveva sempre odiato la musica e non mancava di farmelo notare.

Soprattutto il rock.

Diceva che il rock era una cosa da tamarri, da persone insulse o da psicopatici.

Immaginatevi quando aveva visto Duncan.

Quella volta abbiamo litigato sul serio.

Odiava profondamente la band, soprattutto Duncan e Scott.

L’unico che gli piaceva (o almeno, che non gli faceva totalmente schifo) era Trent, perché veniva da una buona famiglia.

Ma , ehi! Io non amavo Trent, amavo il mio Duncki e punto e basta.

Diceva che se proprio volevo tanto cantare avrei dovuto intraprendere la carriera lirica.

Ma io non ci pensavo neanche.

Il rock mi scorreva nelle vene, mi scorreva nel sangue, era il MIO sangue.


Il rock era la mia vita.            


Perché io sono nata per il rock. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Tesoro, ritorno domani! ***


(Flashback.)
“Courtney, potremmo provare, domani?” disse Alejandro.

“Già, così c’è anche Scott.” Aggiunse Heather.

“E magari Trent avrà trovato il batterista!” esclamarono contemporaneamente.

“Basta con questi cori.” Disse Heather secca, ma si vedeva che stava arrossendo.

“Sempre a disposizione, cicha.” Disse Alejandro facendole l’occhiolino.

“Mh … e i tuoi? Sai cosa ne pensano del rock, di noi e di ME.” Disse Duncan.

“No problem.” Sorrisi tra me e me. “Sono in viaggio d’affari.”

“UH-HU!” urlò Duncan, entusiasta. “Finalmente senza i vecchi, eh?”

“Quando tornano?” chiese Heather.

“Dovrebbero tornare sabato, quindi è tutto ok! Possiamo provare per tre giorni esatti. Non abbiamo nemmeno scuola!”

“Ehi, beautiful, se no a che servono le vacanze estive?” chiese Duncan dandomi una leggera pacca sul sedere.

“Non ti permettere!” esclamai io, ma stavo ridendo mentre lo dissi, così lui non mi prese sul serio.

“Niente genitori! Scott, festa, champagne!”

“Posso invitare i miei amici metallari?” chiese Dunki facendomi l’occhiolino.

“Neanche per idea!” sapevo come erano fatti gli amici di Duncan, e non li avrei fatti entrare in casa mia per nulla al mondo: l’avrebbero rasa al suolo.

Lui lo sapeva, l’aveva detto per farmi arrabbiare.

“Mi raccomando, principessa, fai in modo che i tuoi non tornino prima, queste prove solo molto importanti, il tuo garage è il posto provvisorio migliore finchè non racimoleremo i soldi per pagare la stanza.”

“Certo, certo, tranquillo amore.”

(fine flashback.)
 
 
 
 
"Where is the moment we need it the most

You kick up the leaves and the magic is lost

They tell me your blue sky's fade to grey

They tell me your passion's gone away

And I don't need no carryin' on


Stand in the line just to hit a new low

You're faking a smile with the coffee you go

You tell me your life's been way off line

You're falling to pieces everytime

And I don't need no carryin' on


Cause you had a bad day
You're taking one down …"

 
 
 
Interruppi bruscamente la suoneria a tutto volume del mio cellulare trascinando il dito sullo schermo pigramente, con gli occhi ancora mezzi chiusi.

“Pronto?!”

“Pronto, Courtney, sono papà.”

“Papà. Ehm … perché mi hai chiamato ALLE DUE E MEZZA DEL MATTINO?!”

“Non usare quel tono con me, signorina.”

“uf. Mi scusi, maestà.”

“Vedi di fare meno la spiritosa. Ti ho chiamata per avvertirti che noi torniamo domani.”

“CHE COOOOOSA?! MA DOVEVATE TORNARE TRA TRE GIORNI!”

“Beh, NON SEI felice di rivedere i tuoi genitori?”

“Sì, ma …”

“Tesoro, c’è stato un contrattempo. Arriviamo domani alle otto in punto di mattina. Non farti trovare con quel punck.”

“Quel punck è mio mio ragazzo.”

“Ancora per poco.” Disse secco mio padre, poi attaccò senza salutare.

“E adesso?” mi chiesi, rimettendo il cellulare sul comodino.

Come avrei fatto a dirlo agli altri? Dove avremmo provato?

Decisi che ci avrei pensato il giorno dopo, così m’imbozzolai nelle coperte e chiusi di nuovo gli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
  

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Ci sarebbe Gwen ... ***


 
Appena mi svegliai, il giorno dopo, telefonai a Scott.

“ohi?” chiese nella cornetta.

“Ciao bello, sono Court.”

“Ehi.”

“Perché ieri non sei venuto alle prove?”

“Brah, Zoey aveva il ciclo e mi ha fatto una sfuriata. Non mi ricordo neanche per cosa.”

“Tenerezza. Mi faresti un favore?”

“Dipende dal favore, bellezza.”

“Levati quel tono pseudo-sensuale, mi metti in imbarazzo.”

“Come siamo scontrose.”

“Potresti avvertire gli altri? Digli di incontrarci tutti a mezzogiorno da Burger king nel centro commerciale qui a fianco. Devo dirvi una cosa importante. Io ho finito il credito.”


“Ok, ma perché hai chiamato me e non il tuo ragazzo?”

“Venivi prima nell’elenco.”

“Ma se Duncan inizia x D! A casa mia sta prima della S …”

“Boh, perché avevo voglia."

“Brah. Secondo me hai una cotta.”

“Ma sta un po’ zitto!”

Gli chiusi la telefonata in faccia.

Io? Una cotta per lui?
Patetico.

 
Qualche ora dopo …

Era ora di andare.

M’infilai i miei leggings verdi aderenti, una camicetta bianca con un golfino grigio, i miei sandali con le zeppe.
Presi la borsa con i-phone, portafoglio e rayban e uscii.

Papà era appena tornato, ma per fortuna il nostro dialogo si era limitato a “ciao” “come va?” “Tutto bene?” “sì.” “ora vado a mangiare.” “divertiti.”

Presi la mia bici azzurra e m’infilai nel traffico, diretta al centro commerciale.

In due minuti arrivai e corsi al Burger King.

Scott era lì ad aspettarmi, ma gli altri non c’erano.

“Li hai avvertiti?”

“Ma certo!”

Ci sedemmo ad un tavolo.

Dopo quindici minuti circa non era ancora arrivato nessuno, allora andammo ad ordinare.

Lui prese un mega panino con birra e io un toast con la coca cola.

“Sei a dieta?” mi chiese lui dandomi un pugno scherzoso sul braccio.

Dopo il reality eravamo diventati molto amici, ancora adesso mi chiedo il perché.

Da quando era entro nella band mi era appassionata alle sua battutaccie e al suo modo di suonare il basso, ed era diventato il mio migliore amico.

“No, scemo!” risi, e gli restituii il pungo.

Mentre allungavo il braccio per prendere la coca cola la borsa mi scivolò a terra.

Quasi contemporaneamente ci chinammo per raccoglierla, e ci trovammo a due centimetri l’uno dall’altra.

L’imbarazzo era paplabile.

In quel momento arrivò Duncan, tutto trafelato.

“MA che caz …?!” esclamò, vedendoci vicini.

“Duncan, aspetta …” dissi io.

“Che cazzo dovrei aspettare, eh?!”

Ok, amo Duncan, ma a volte è davvero suscettibile.

“Mi era caduta la borsa e ci siamo chinati per raccoglierla.”

Gli sventolai la borsa davanti alla faccia.

“Ok, principessa, ti credo.” Si raddolcì.

Poi guardò malissimo Scotto e prese posto accanto a me.

“Qui ci sto IO, se non ti dispiace, cretino.” Disse.

“Abbassa i toni, galletto.” Disse Scott alzandosi.

Io lo afferrai per un polso e lo feci risedere.

“Basta.” Dissi, e per calmare il mio punk mi sedetti sulle sue ginocchia e iniziai a giocherellare con il suo pearcing.

Pochi minuti dopo arrivarono Heather e Alejandro.

“Che ci facevate voi due insieme?” chiese Scott con un sorriso beffardo.

“Niente, ci siamo incrontrati fuori dal centro commerciale.” Spiegò calmo Alejandro, mentre Heather si fece rossa.

“Sì, come no.”disse Scott.

“Idiota.” Heather gli diede un calcio negli stinchi sotto il tavolo prima di sedersi.

Poi arrivò Trent.

Heather e Alejandro andarono a ordinare (insieme, che caso.)

Trent si sedette e ci guardò con occhi spenti.

Andò a ordinare anche lui con Duncan e quando ebbimo tutti il cibo io presi la parola.

“Ragazzi, scusate, ma … devo dirvi una cosa. Stanotte mi ha chiamato mio padre … sono tornati oggi.”

“Questo significa che …”

“esatto. Dobbiamo trovare un altro posto per provare.” Dissi.

“Non abbiamo i soldi!”

“Ragazzi, dobbiamo trovarci un lavoro.” Disse Alejandro.

Duncan finse di scoppiare a ridere, Trent lo ingorò e Scott urlò “Ma sei impazzito?!”

“è l’unico modo.” Disse Heather.

“Ehy, sei d’accordo con Al!” notò Scott.

“Pettegolo.” Osservò Duncan.

Trent si schiarì la voce.

“Brutte notizie, ragazzi. Avevamo chiesto ad alcune persone di prender eil posto di batteristi nella nostra band, ma a quanto pare nessuno è disponibile. Dj non suona il rock, Izzy è già occupata, Geoff non suona più da tempo e Noah e Justin sono in vacanza …”

“Ci sarebbe un’unica soluzione …” disse Duncan con un filo di voce.

“Quale?” chiesi speranzosa.

“Ci sarebbe … ci sarebbe …” sembrava che si fosse bloccato.

“Ci sarebbe Gwen.” Completò la sua frase Alejandro.

“è una brava batterista, in più è carina e farebbe fare una bella figura alla band …” disse Scott con un sorrisino.

Il respiro mi si fece affannoso, sentii un sapore amaro salirmi in gola e invadermi la lingua e il palato, il cuore prese a battere a mille, pi pugni si strinsero.

Solo dopo qualche secondo riuscii a riprendermi e a urlare, con quanto fiato avevo in corpo : “CHE COOOOOSA?!” 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Vicini alla rottura, ma non così vicini. ***


Angolo dell'autrice:
Attenzione: Heather un po' OCC, parolacce (qui si rivela un po' di reting arancione) e ... Scott! vedrete, ne VEDRETE delle belle ... nei prossimi capitolo, dove arriverà la gotica! Spero vi piaccia.





“Non se ne parla proprio.” Disse Heather rompendo il silenzio che stava diventando imbarazzante dopo il mio urlo.

Finalmente io riuscii a riprendere possesso della ragione.

“Come avete potuto anche solo dire quel nome?” chiesi, infuriata.

“Quale, Gwen?” chiese Duncan provocatorio.

Si aspettava che io ridessi.

“Sei veramente un *oglione!” esclamai io, afferrai la mia bibita e gliela vuotai in testa.

Mi liberai dal suo abbraccio e raccolsi la mia borsa.

“Chiamatemi quando sarete un po’ meno in vena di fare gli stronz*.” Dissi, infuriata, e me ne andai a passo di carica.

“Courtney!” esclamò Duncan, coperto di coca cola.

“Datti una calmata!” mi urlò dietro Alejandro.

“Che tipo di insetto ti ha punto?!” esclamò Heather afferrandomi per un braccio.

“Vaffan*ulo!” esclamai, mi liberai dalla sua presa e andai via il più fretta possibile, in modo che non vedessero il mascara che mi colava dagli occhi, insieme alle lacrime.
 
 
 
“Pronto, Courtney?”

“Chi è.”

“Sono Heather.”

“Che succede.”

“Volevo … chiarire il nostro litigio.”

“Heather, non abbiamo litigato …”

“Mi hai mandato a fancul*!”

“Scusa. Non c’è l’avevo conte … è che … non capisco, non capisco come Duncan abbia il coraggio di proporre Gwen dopo …”

“Veramente l’ha proposta Alejandro.”

“Andiamo, Heat. Lo sai benissimo che l’idea è stata di Duncan.”

“Hai ragione, ha fatto il cretino.”

“Va be.”

“Tutto a posto, quindi?”

“Sì. Resterai sempre la mia best friend.”

“Awww … beh, senti, ci vediamo domani alle quattro del pomeriggio con la band a casa mia. Va bene? Speigo io a loro perché eri arrabbiata.”

“Ok, grazie. Sei un tesoro.”

“Figurati. Ciao.”

In quel momento mi accorsi che avevo cinque messaggi di testo e due di whats app.
 
“Scusami principessa per oggi. Non avrei mai dovuto proporre Gwen. Io ti amo … mi perdoni?”

“Principessa? Scusami ancora. Sai che ti amo. Ti amo tantissimo. Non proporrò mai più Gwen.”

“Pincipessa! Non mi interessa nulla di Gwen! Amo solo te.”

“Principessa, scusami, ti prego, perdonami.”

“Perché non mi rispondi, principessa? Ti amo! Mi scuso!”

(whats app):

“Ohi Courtney, perché piangevi? Duncan è stato un cretino oggi. Io non l’avrei mai fatto. Se vuoi possiamo parlarne … ti voglio bene, Scott.”

“Ohi Court, dai, calma. Duncan, lo sappiamo com’è fatto. Scott.”
 
Courtney diede un bacio allo schermo del cellulare.
Dolce, il suo dunki!

“Dunki? Ti ho perdonato. Non potrei mai arrabbiarmi SUL SERIO con te. Se il mio punki dunkino! Ti amo.”


“Scotty, lo so com’è fatto Duncan. Ma l’ho perdonato. Che ci vuoi fare … è pur sempre il mio ragazzo.”


 
Scott guardò lo schermo del cellulare con astio.
Come aveva potuto perdonarlo?
E sì che ci era vicino alla loro rottura …
Già, lui aveva una cotta per Courtney.

Era cominciato tutto così: “Mh, però è carina.”
Ed era andato avanti.
Da un po’ di tempo non la guardava più come un’amica, ma come una ispanica super sexy, gentile, intelligente e bella.
Curve strepitose, viso perfetto, carattere da dura.
Che voleva di più?

Altro che la sua amichetta del cuore (o almeno, così credeva lei) Zoey.

Altro che Dawn.

Courtney era una bomba!

Lui la voleva accendere a tutti i costi.

E forse l’arrivo di Gwen poteva essere d’aiuto … 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Sopresa! ***


Knok knok knok.
 
Heather andò alla porta.
 
“Chi è?”


“Sono io, sono Courtney.”
 
“Finalmente sei arrivata, ti stavamo aspettando, cucciola!” esclamò.
 
Entrai in casa sua.
 
Aveva  proprio una bella casa.
 
La sala era enorme, circolare, con un bel parquet di legno scuro.
 
Al centro c’era un bel tavolone di marmo.
 
Lì erano seduti Duncan, Alejandro e Scott.
 
Duncan mi salutò con un bacio a stampo, e nel momento in cui lo fece vidi Scott fingere di vomitare.
 
Non ci feci caso.
 
“Dov’è Trent?”
 
“Sta arrivando. Dice di avere una sorpresa per noi.”
 
“Drin drin!”
 
“Suona il campanello! Deve essere Trent! Vado a vedere!”
Era proprio Trent.
 
Entrò e si sedette.
 
Aveva in mano una custodia due volte più grande di quella della sua chitarra, e sembrava che pesasse molto di più.
 
Pareva molto agitato.
 
“Ragazzi, ho grandi notizie …”
 
“Sì?”
 
“Ho scambiato due chiacchiere con un tizio in metrò, ed è saltato fuori che domani è il compleanno di sua figlia minore.”
 
“A noi che cazzo ce ne può fregare?” chiese Scott sarcastico.
 
Heather gli lanciò un’occhiataccia.
 
“Sua figlia ama le band rock, e il suo sogno è averne una che suoni dal vero alla sua festa di compleanno.”
 
“E?” chiesi impaziente.
“Insomma, gli ho0 parlato di noi … e ci ha assunti!”
 
“WOOOOOOOOOOOOO!” tutti ci lanciammo in urla selvagge.
 
Dopo l’entusiasmo generale, Heather chiese: “A che ora?”
 
“Alle sette di sera.”
 
“Dovremmo provare, prima. Ma dove?”
 
“ci fa fare le prove nel suo garage, è in sonorizzato. Oh, e ci da anche palco e microfoni e la macchina del fumo …”
 
“Wow! Il nostro primo concerto!” esclamai.
 
“Resta però un problema …” osservò Alejandro.
 
“Non abbiamo un batterista.”
 
“Ehm … non è esatto.” Disse Trent timidamente.
 
“Non mi uccidere, Courtney!” supplicò subito dopo, aprendo la custodia della chitarra.
 
“Che stai dicendo, perché mai dovrei ucc …”
 
Mi bloccai.
 
No.
No.
No.
No.
No.
NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!
Non ci potevo credere.
Non potevo credere.
Non poteva essere vero.
Dalla custodia sovradimensionata era uscita una ragazza con dei lunghi capelli neri, un corpetto nero, minigonna, stivali, calzamaglie, pelle bianca come il latte, labbra e occhi truccati di nero …
E aveva le braccia avvinghiate al collo di Duncan, e stava dicendo “Duncan, mi sei mancato.”
E lui diceva “Anche tu.”
Poi le lo baciò sulla guancia.
 
“Courtney, Courtney …” Scott mi scosse per le spalle.
 
“Che succede?” chiese Heather.
 
Tutto si fece nero.

“Ragazzi, credo che stia per …”
 
“è svenuta!” esclamò Trent.
 
Poi non sentii più nulla. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Scott mi ama, io amo Duncan. ***


“Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi furono quelli di qualcun altro.
Il viso di Scott.
Le sue labbra sulle mie, un bacio fantastico.
Eravamo stretti l’uno all’altra, seduti sul letto di casa mia.
Io avevo le mani sotto la sua canottiera, gli accarezzavo il petto dolcemente mentre lui mi baciava un po’ la bocca, un po’ il collo e le orecchie.
Lui aveva le sue mani sui miei fianchi e mi stringeva dolcemente.
“Ti amo, Courtney.” Continuava a ripeterlo dentro la mia bocca, e io sentivo queste parole rimbalzarmi nel cervello e percorrermi lentamente, dalla lingua, alle labbra, al palato, alla gola, al cuore.”
 
 
 
 
“Courtney? Courtney?” chiese Duncan scuotendomi per le spalle.
 
“Scott … anch’io ti amo, Scott.” Disse io, ancora semicosciente.
 
“In che senso Anchio?!” chiese Duncan, e con una mano afferrò la canottiera lurida di Scott.
 
“Che cazzo fai, eh?! Vuoi fare o botte?!” disse lui liberandosi dalla prese e dandogli un colpetto con il petto.
 
“Ti spezzo e poi mi mangio le tue ossa … crick, crak, che bel suono sotto i denti!” esclamò Duncan.
 
“Cretino, non capisci che stava sognando?! Non si rende conto di quello che dice!” intervenne Heather, spingendo via Duncan.
 
“Stronzo.” Disse il punk a Scott, voltò le spalle e se andò.
 
“Duncan, se continui a fare così rovinerai la band!” gli urlò dietro Heatherl lui per tutta risposta le alzò un dito medio.
 
Io ero cosciente da abbastanza tempo per aver sentito il loro dialogo e averli visti litigare.
 
Heather si alzò sbuffando come una locomotiva e uscì dalla stanza, lasciandomi sola con Scott.
 
Mi guardai meglio intorno: eravamo ancora a casa di Heather.
 
Sentii un piacevole solletico alla testa: Scott stava giocherellando con i miei capelli.
 
“Ciao.” Bisbigliai, sorridendogli.
 
Lui si chinò su di me e mi baciò a stampo.
  

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - E tutti vissero felici e contenti ... non è la fine, tranquilli. ***


Tutti i miei muscoli corporali tesero in un istante.
Mi alzai di scatto.

“Che …. Cosa …. Diavolo …. fai?!” urlai.

“Courtney, io volevo solo …”

“Non capisci?! Io amo Duncan!” esclamai.

Mi alzai di scatto, e barcollando uscii dalla stanza.

“Courtney …. Aspetta!” sentii la sua voce che si faceva lontana mentre percorrevo a grandi passi il corridoio.

“Heather!” urlai.

Heather uscì dalla cucina con un balzo.

“Che succede?”

“Sto … sto … oh mio Dio … Scott mi ha baciata.” Dissi.

“E tu?” Heather alzò un sopracciglio.

La ignorai.

“Dov’è Duncan?” chiesi.

“è andato a casa sua … era furioso. Ehm … credo che abbia visto qualcosa successo tra te e Scott.”

“Dunki!” dissi stringendo un pugno e portandomelo automaticamente al cuore.

“Devo andare … grazie per lìospitalità e ciao. Ci sentiamo in serata?”

“Ok …” disse Heather confusa.

In quel momento Scott uscì dalla stanza e ci raggiunse.
“Courtney, io …”

" Lasciami in pace!” esclamai, presi la giacca dall’attaccapanni e uscii dalla casa di Heather.

Si stava facendo buio.

Quando ero arrivata erano le quattro.
Ero svenuta.
Quanto tempo era passato?
Mi ricordai solo allora del mio i-phone, e del fatto che aveva l’orologio e guardai.
Erano le otto meno un quarto, ma faceva già buio.
Ero rimasta quasi quattro ore svenuta!
M’incamminai in fretta.
Mannaggia a me che non avevo preso la bici.
Duncan abitava in un quartiere non molto raccomandabile.
Così, man mano che procedevo nei vicoli sempre meno illuminati, una grande paura e ansia crescevano in me, insieme alla velocità del mio passo.
“Ehi, bella …” sentii una voce alle mie spalle, ma non mi voltai.
Accelerai.
Sentii delle risate sommesse e un rutto.
“Tesoro …” qualcuno seduto a terra, contornato di bottiglie di birra, probabilmente sbronzo, mi sfiorò la caviglia.
“AH!” io cacciai un urletto e feci un balzo all’indietro.
Salii su un marciapiede dalla parte opposta e tagliai per un parco giochi.
Le altalene e lo scivolo mi diedero un senso di piacevole sicurezza.
Mi sedetti per riprendere fiato, avevo praticamente corso per dieci minuti per allontanarmi da quel tizio.
Inziai a dondolarmi, l’altalena era molto comoda.

Dovevo andare da Duncan.

Mi alzai e mi scrollai via gli aghi di pino che erano attaccati sul retro dei miei pantaloni (colpa dell’altalena) di dosso.
“Ehi, dolcezza” disse una voce.

Mi voltai di scatto, soffocando un urletto.
Non c’era nessuno, apparentemente.
Mi alzai di scatto dall’altalena e schizzai sul marciapiede vicino, uscendo velocemente dal parco giochi.
Davanti a me c’era una via stretta illuminata da sporadici lampioni e costeggiata da una siepe.
Mi c’infilai e sentii una risata roca.
“Dolcezza!”
Acellerai.
“Calma, Courtney, tra poco sarai da Duncan e sarà tutto finito.”

“Dolcezza!” le voci si moltiplicarono, diventarono tre.

Mi misi a correre fingendo di camminare, in modo che non si accorgessero della paura che avevo.

Cinque dita grosse e tozze si strinsero intorno al mio gomito, una mano si posò sul mio fianco e fui costretta a voltarmi.
Una ventata di alito caldo e puzzolente di birra mi investì.

“Aiut …” provai a urlare, ma altre cinque dita puzzolenti mi sigillarono la bocca.

“Divertiamoci …” esclamò uno giocherellando con una ciocca dei miei capelli.

All’improvviso feci qualcosa che non mi aspettavo neanche da me stessa: alzai il piede alla cieca colpendo l’aggressore nella pancia molle.

Lui si chinò imprecando e mi mollò il gomito.

Anche le dita intorno alla mia bocca sparirono.

In quel secondo di distrazione, ne approfittai per correwre via più veloce che potevo.

Loro decisero di inseguirmi.

Sentivo il loro fiato e le loro urla dietro, e anche se la milza mi faceva molto male e pulsava e il cuore batteva a mille non mi fermai, finchè…

Finchè non arrivai di fronte ad un muretto di mattoni.
Capolinea.

Mi voltai: loro erano a pochi metri da me.
Potevo saltare il muro, non era mica alto.
Dall’altra parte c’erano dei balconi.
Un giardino.
Guardai mettendomi in punta di piedi.
C’era una pedana, forse per lo skate.
Volevo saltare e scendere usando la pedana come scivolo.


Piegai le ginocchia, ma un colpo forte mi fece cadere in avanti.

Uno di loro mi aveva colpito il polpaccio con un calcio.

“Non mi piace come ti comporti. Sei una gattina ribelle!” esclamò uno.
Il secondo, che aveva un’orribile faccia piena di cicatrici, si estrasse dal giubbino di pelle una beretta lucida e … carica.
Me la puntò contro, mentre gli altri due mi fissavano con aria famelica.

Uno mi afferrò la manica del golf.

Stava per spogliarmi.

Io mi ribellai e cercai di prenderlo a calci, ma l’altro mi aveva già immobilizzato.

Il mio golfino cadde a terra vicino a un bidone di rifiuti, e il tizio si avventò sul primo bottone della mia camicietta.

Io provai ad urlare, ma quello con la pistola me la appoggiò contro il palato mettendomela in bocca.

“Non lo farei, se fossi in te.” Disse mostrandomi una fila di denti giallastri contorti in un ghingo.

Sentii la lingua di uno dei due sul mio collo, e l’altro era già al terzo bottone.
All’ìimprovviso si sentì un rombo pazzesco e accadde qualcosa che non mi sarei mai aspettata.

Sopra le lnostre teste si stagliò nel cielo la sagoma di una persona sum una moto, che aveva usato la pedana come rampa di lancio.

La moto atterrò di fronte a noi perfettamente ammortizzata dalle gomme.

Sopra c’era un ragazzo con  un cappuccio calato in testa.

Gli uomini mi lasciarono andare e fecero qualche passo verso di lui.

“Chi ca**o saresti tu?!” esclamò uno, mostrandogli la pistola.

Lui premette sull’acelleratore e fece ripartire la sua moto con un rombo.

Curvò a ppchi centimetri da loro e all’ultimo secondo mi afferrò per la vita e mi trascinò sul sellino della moto in corsa.
Io feci appena in tempo ad afferrare la mia borsa che era rimasta a terra e a sedermi meglio sul sellino, che i delinquenti erano già a una decina di metri di distanza dalla dueruote rombante.

“Ci si vede, idioti!” urlò il mio rapitore alzando la mano, che faceva il segno delle corna, in aria.

“Chi sei?!” chiesi tenendomi precariamente in equilibrio sul sellino, quando fummo ababstanza lontani dai teppisti.
Lui non rispose, si limitò a ridere.

“Guarda che questo è sequestro di persona!” dissi. “Ti denucnierò! Ho degli avvocati molto potenti, io!”

Lui non disse ancora niente, ma, tenendo una mano sul volante, si girò e mi tappò la bocca con un bacio.

Stavco per dargli uno schiaffo,l quando la mia mano destra sffondò nei suoi capelli morbidi e verde brillante.

La moto si fermò all’improvviso, eravamo nel garage di casa sua.

Scendemmo e lui vide che tremavo.

“Hai freddo?” mi chiese.

Semza aspettare riposta si tolse la felpa e me la infilò con estrema agilità.

Un gesto davvero romantico.

(ATTENZIONE: LEGGERE QUESTO PEZZO, SE POSSIBILE, ASCOLTANDO IL RITORNELLO DI “YOU HAVE A BAD DAY” SE LA CONOSCETE, è LA MI CANZONE PREFERITA ED è PERFETTA X QUSTA SCENA)
 
In cielo c’era la luna, la luna piena che gli illuminava il volto e il piercing scintillante nel buio.
Affondai di nuovo la mano in quella cresta strampalata e ci baciammo.

Cosa poteva rovinare tutto, se non la suoneria del mio cellulare a tutto volume?

 
"Where is the moment we need it the most

You kick up the leaves and the magic is lost

They tell me your blue sky's fade to grey

They tell me your passion's gone away

And I don't need no carryin' on


Stand in the line just to hit a new low

You're faking a smile with the coffee you go

You tell me your life's been way off line

You're falling to pieces everytime

And I don't need no carryin' on


Cause you had a bad day
You're taking one down …"

 
Ma in fondo, quella era una canzone d’amore, la mia preferita.
Non risposi.
Immaginate la scena?

Io e il mio Duncan a baciarci sotto la luna piena, con sottofondo una canzone d’amore, la perfetta scena di un film.
Avrei voluto ringraziare chiunque mi avesse chiamato, perché anche il punk si lascò trasportare dalle note melodiche e dolci della canzone e mi circondò le spalle con le braccia cullandomi mentre mi baciava.

Meglio di titanic.

Non ci furono bisogno di parole o spiegazioni per ciò che era successo,

Lui aveva capito, perché mi capiva.

E si fidava di me  e del fatto che non lo avrei mai tradito.

Ti amo, Duncan!

(A QUESTO PUNTO SPEGNERE LA CANZONE. Xd)
 
 
Scott guardava il pavimento.
Io guardavo lui.
Daw guardava me.
Lui prese coraggio.
“Volevo dirti una cosa a proposito di quello che è successo oggi … l’altra sera, quando tu hai perdonato Duncan, ho esagerato con la birra ed ero ubriaco, così ho iniziato a credere di amarti e di non amare più Dawn … dovevo dirtelo … e quando ti ho baciata mi sono lasciata trasportare dal ricordo di quella sera e dall’atmosfera … mi dispiace. Non avrei mai voluto far litigarete e Duncan, sono un’idiota. E mi sento in colpa, perché io amo Dawn.” Cocluse guardandola.
Lei sorrise dolcemente, come solo lei sapeva sorridere.
Era contenta perché lui le aveva detto la verità e si era pentito.
Prese la sua mano tra le dita pallide e lui arrossì.
“Oh, non fa niente, Scott. Io e te saremo sempre amici … io amo Duncan e tu Dawn. Guardala, è la tua anima gemella! Ora va tutto a meraviglia! Lei ti ha perdonato e io ho perdonato Duncan. OH, Scotty, non litighiamo mai e non roviniamo la band! Insomma …”

Lui capì.

“Pace?” chiesi io con voce velata.

“Okay.” Disse lui.

Finalmente aveva abbandonato la sua scorza da duro.

Solo con me e Dawn era così dolce.

Chissà perché.

Ci guardammo, eravamo felici di aver fatto pace e di aver chiarito, eravamo felici di aver capito che la band e la nostra amicizia erano davvero importanti.

(riaccendere la canzone)

Lanciammo un’occhiata a Dawn, come per chiederle il permesso.

Lei annui, e allora Scott mi circondò in un abbraccio fraterno le spallee io strinse le sue braccia appoggiando la testa al suo petto come una sorellina minore.

Quello er aun’abbraccio bellissimo, perché era di sincera amicizia.

“Non litighiamo mai” disse Scott, che era sempre Scott.

Dawn sorrise a trentadue denti e fece un piccolo applauso.

È davvero dolce, quella ragazza.

Non si preoccupa della gelosia ma che gli altri siano felici.

Io e Scott ci sciogliemmo dall’abbraccio e lui si voltò di scatto e baciò Dawn a stampo, cosa che lasciò lei molto sorpresa.

Arrossì.

“Ti amerò sempre, capito?!” chiese Scott con fare falsamente minaccioso, e lei rise.

LA prese sottobraccio, mi salutarono con le mani aperte e uscirono da casa mia.

Ma Scott, che era sempre Scott, prima di salire sul suo motorino esclamò: “Di a Duncan che puzza!” e poi partì sgommando.
Io sospirai sorridendo. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Il concerto della festa ***


Il primo concerto, anche se è a una festa per bambini, non si dimentica mai.

Io, per lo meno, non lo dimenticherò mai.

Arrivammo un paio d’ore prima, e alcuni ragazzi del quartiere ci aiutarono a sistemare gli strumenti nel box per le prove e lo stereo enorme sul palco di fortuna.

Il tizio che ci aveva ingaggiati doveva essere davvero ricco, a giudicare dalla villetta a due piani con piscina sul retro che possedeva.

Il giardino era magnifico, con l’erba tagliata all’inglese tanto verde da sembrare finta e un gazzebo bianco scintillante, coperto di brillantini, decorazioni ed edera.

La bambina si chiamava Helen, come dicevano tutti i cartelli, e compiva dodici anni quel giorno.

Il padre aveva ingaggiato un catering come quelli che si vedono ai matrimoni, aveva fatto preparare un murales nel retro della casa, aveva preparato un buffet con una torta a tre piani di pasticceria e un sacco di schifezze.

A guardare quel tavolo mi venne subito fame, e il tizio, che scoprii chiamarsi Paul, mi disse che avrei potuto servirmi dopo il concerto.

Ancora non sapevamo lo stipendio che ci avrebbe dato, ma notando la ricchezza della festa sentivo che ci sarebbe andata bene.

Dopo aver sistemato le attrezzature decidemmo di provare.

Quando fummo soli nel box iniziammo subito a discutere.

“Ci siamo dimenticati una cosa importante …”

“Sì?”

“Che pezzi suoneremmo?”

“Ne serviranno cinque o sei, ma niente di romantico o i bambini si annoieranno. Dobbiamo creare un clima pieno d’azione!” esclamò Scott.

“Che sei pazzo? Abbiamo solo un pezzo degno della ricchezza del tipo, ed è un pezzo spaccaossa punk!” protestò Duncan.

“Dovremmo fare quello romantico!” dissi io. “La bambina resterà affascinata.”

“Scherzi? La nostra ballata! Così si scateneranno!” dissero Heather e Alejandro in coro.

Lui ghignò mentre Heather arrossiva e abbassava lo sguardo.

“Un pezzo dark li aiuterebbe a riflettere. Ne ho uno scritto da me.” Esclamò Gwen.

“Nessuno ha chiesto la tua opinione!”

Era già tanto averla tra i piedi, non poteva decidere niente.

“Aspettate un attimo.” Sì intromise Trent.

“Suoniamo prima la canzone rock romantica, poi la nostra canzone ufficiale e poi accetteremo le richieste del pubblico.”

“Buona idea!” approvò Alejandro.

“Ok.”
Io e Heather ci mettemmo davanti ai microfoni.

Io lanciai a Gwen un’occhiataccia e lei girò la testa come per dire che m’ignorava.

Avrei voluto darle una sberla, ma evitai di pensarci e concentrai la mia rabbia nelle corde vocali.

Scott si mise dietro di noi con il basso, Trent davanti con la chitarra e Duncan con la chitarra accompagnamento.

Alejandro andò alla tastiera e tenne le maracas infilate nella tasca dei jeans, come faceva sempre.

Il brano iniziava con un pezzo di batteria per dare il ritmo, e mentre Gwen batteva delicatamente mi ricordai una cosa.

Ad un certo punto del brano, verso la metà, la chitarra accompagnamento doveva andare alla batteria e dire una frase nello stesso microfono del batterista.

L’avevo proposto io quel pezzo, pensando che la batterista sarebbe stata Bridgette, con la sua bella voce.

Dovetti trattenermi per non urlare.

Trent iniziò a suonare, si aggiunse Alejandro e poi Duncan, poi Scott.

Heather iniziò a cantare la prima strofa.

Cantava magnificamente, Heather.

La sua voce vellutata mi cullò e calmò la mia rabbia finché non iniziò a cantare Trent.

Anche lui aveva una bella voce, e ben presto mi abituai alle note e presi il ritmo.

Mi stavo calmando, forse Gwen e Duncan erano solo amici, forse era tutto finito per davvero, forse quella gotica sarebbe rimasta solo e soltanto un membro della band e nient’altro …

E poi venne la metà della canzone.

Lei afferrò il microfono, Duncan le si avvicinò e vidi le loro guancie sfiorarsi e vibrare mentre dicevano la stessa frase perfettamente sincronizzati.
Durò qualche secondo, ma a me sembrò una vita.

Il mio respiro si fece affannoso e mi accorsi che le dita mi erano diventate completamente rosse nello stringere il microfono fortissimo.

La musica si fermò.

“Courtney, tutto bene?” chiese Trent.

“Sei tutta rossa.”

“Certo, solo un po’ di … agitazione … riprendiamo.”

“Dall’inizio?”

“NO, per favore, no. Riprendiamo da qui. Dopo … dopo il pezzo di Gwen e Duncan.”

Anche solo pronunciare i loro nomi vicini mi faceva pizzicare la lingua come se uno scorpione mi avesse punta.
Il tempo passò veloce, non mi accorsi quasi delle lancette dell’orologio da polso che indossavo che scorrevano velocissime sul quadrante di vetro, sentii solo qualche piccolo errore di Gwen (ghigno diabolico), la quale non si era ancora abituata ai nuovi spartiti (POOOOOVERETTA)

E arrivarono le quattro.

Portammo gli strumenti sul palco e rimanemmo seduti ad osservare la miriade di bambini in costume che sciamavano nel giardino dal grande cancello azzurro.

C’erano costumi da fata, da strega, da folletto, da gnomo, da orco, da principe, da robin hood e una quantità di principesse delle fiabe ed eroi dei fumetti.
Pensai: ma quanti soldi avevano da spendere i loro genitori?

La maggior parte erano bambine, che si radunarono sotto il gazzebo civettando.

I maschi erano sparsi ovunque, perlopiù vicino al buffé e il più lontano possibile dal gazzebo.

Sorrisi.

“Bambini …” sospirai.

Dopo circa un quarto d’ora Paul salì sul palco e attirò l’attenzione dei bambini fischiando nel microfono.

La maggior parte di loro si radunarono vicino al palco dopo essersi riempiti le mani di popcorn.

“Bambini e bambine. Oggi per voi abbiamo qualcosa di molto speciale: una band che suonerà per voi!”
Sentivo decine di occhi addosso, ma cercai di non farci caso per non essere troppo tesa.
All’improvviso vidi Trent che bisbigliava qualcosa a Duncan, che lo disse a Scott e Gwen, che lo dissero ad Alejandro, che lo disse ad Heather.

“Trent ha pensato di cantare Happy Birthday per iniziare.” Mi disse lei.

“Okay.”

“Improvvisiamo.”

Scrollai le spalle.

“Okay.”

Il signor Paul finì di blaterare e lasciò il microfono a Trent.
 

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Capitolo 10
*** 15 capitolo - cantare ***


Era calato un silenzio tombale.

I bambini adorano criticare.

Aspettavano solo che noi iniziassimo a cantare per prenderci in giro, pensai.

“Salve a tutti, noi siamo i Ice first. È un piacere e un onore essere qui a suonare per voi. Per prima cosa, vorrei chiamare sul palco la principessa Helen!” esclamò, vedendo che la festeggiata era vestita da cenerentola.

Aveva la pelle chiara e dei codini biondi.

Mi ricordava Birdgett, vagamente.

Ridacchiando salì sul palco e rimase a distanza di sicurezza da noi.

“Ciao, Helen.” Disse Trent.

Lei era arrossita, e molte bambine vociferavano.

Credo che stessero commentando l’aspetto fisico di Trent.

Lui le fece fare una giravolta.

E io ebbi un’idea.

Presi il mio microfono e iniziai a parlare senza preavviso.

“Ciao a tutti, bambini! Voglio che ora facciate una cosa per me! Dovete cantare tanti auguri insieme a noi! Credete di potercela fare?” chiesi, con il perfetto tono dell’educatrice dei campi estivi.

Si levò un coro di “sììììì” generale.

“Allora fatemi sentire la vostra voce!”

I bambini urlarono.

“Più forte! Non vi sento!”

Ancora.

“Questo sarebbe urlare?!”

Lanciarono tutti un terzo urlo, identico agli altri, ma finsi che fosse più forte per non allungare troppo la tiritera.

Gwen, Scott, Duncan e Trent iniziarono a suonare, e si aggiunse anche Alejandro.

“Happy Birthday, to you …” iniziò Heather, e i bambini si accodarono in modo molto scoordinato.

Io continuai la breve canzone e alla fine feci una acuto esagerato.

I bambini ridevano e applaudivano, applaudivano e ridevano.

Ero al settimo cielo.

Erano contenti.

Li avevo resi felici.

Io avevo reso qualcuno felice con la mia voce! Non ci poteva essere niente di più bello.

Ora però iniziava il vero concerto.

Quando sentii Trent attaccare a suonare la nostra canzone, quella del gruppo, un brivido mi percorse lentamente la spina dorsale.

La strofa di Heather passò via veloce, quasi non me ne accorsi, stavo per esplodere dalla tensione.

Tanto avevo sognato il mio primo concerto con un pubblico … ed ora era qui, di fronte a me.
 
Ogni volta che cantavo, per me era un emozione unica e sempre nuova, mi trasportava come il vento e mi trascinava come un cavallo in corsa.

Cantare era tutto, quando sentivo le corde vocali vibrare e il sapore delle parole e della musica in bocca andava tutto bene, volevo cantare per sempre, fino a quando la mia voce non sarebbe finita, volevo divorare e sputare ogni singola nota fino a che il mio respiro me lo avesse concesso.

Cantai.

Cantai la mia strofa, abbastanza breve, cercando di dare il meglio che avevo, perché in fondo è solo questo che conta nella musica: dare tutto quello che si ha al pubblico, dare la propria bravura sottoforma di talento, regalare ogni respiro solo per il gusto di farlo e di vedere gli occhi di altri illuminarsi per la propria voce.

E accadde qualcosa che non avevo previsto: scomparse il palco, scomparsero gli altri, scomparsero Gwen e Duncan insieme a tutta la mia gelosia, scomparvero le leggere nuvole e il signor Paul che annuiva a tempo di muscia in fondo al giardino, scomparvero gli striscioni e il giardino … ero solo io, la mia voce e il pubblico.

Li doveva conquistare.

Cinquanta bambini in cambio del lavoro di tre anni della mia vita.

Raggiunsi l’acuto e mi lasciai trasportare senza stonare, ero felice così come stavo, se avessi potuto esprimere un desiderio in quel momento sarebbe stato di restare così per sempre.

Ma i problemi non scompaiono mai, si nascondono solo, e aspettano il momento giusto per attaccare.

Il momento sarebbe arrivato presto.
 
 

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Capitolo 11
*** Fraintendimenti ***


Dopo il concerto eravamo tutti di buon umore.

Io scesi dal palco accaldata e sudata, ma felice come non mai.

Ma il meglio arrivò quando le bambine iniziarono a venire a chiedermi foto e autografi.

Il cuore mi batteva fortissimo nel petto ogni volta che scrivevo il nome su un pezzetto di carta.

“Perché volete l’autografo? Non siamo mica famosi!” esclamai senza riuscire a trattenermi.

“Ma siete una baaaaand! Quante bambine hanno avuto una band cosìììì braaaava al loro compleanno?” disse Helen con la tipica voce strascicata da telenovelas argentina.


Verso le sette e mezza di sera incassammo la nostra paga, mangiammo qualcosina dal buffet e ce ne andammo tra gli applausi generali.
Decidemmo di mangiare in un fast food lì vicino, l’unico aperto della zona.

Ordinammo due panini a testa e facemmo esplodere la coca cola, chi schizzò ovunque (l’avevamo scossa).

Restammo lì a urlare come idioti finché il proprietario non ci disse che se non levavamo le tende avrebbe chiamato la polizia.

Trent prese il cellulare e chiamò i suoi, per chiedergli se quella notte la band poteva restare a dormire da lui.

I suoi fecero un po’ di storie, ma quando lui gli disse che si erano gudagnati la loro prima paga da soli suonando accettarono di tenere 6 rokkettari folli in casa per una notte.


In effetti, alla mia età era imbarazzante chiedere il permesso per stare fuori a dormire, quindi mandai un messaggio a mia madre con scritto “sto a dormire da Trent.”

I genitori degli altri accettarono subito, a parte quelli di Scott, che non furono proprio informati.

Ognuno andò a casa sua a recuperare un cuscino e un sacco a pelo, e ci ritrovammo nel parco giochi davanti a casa di Trent alle dieci di sera.

“I tuoi sono in casa?” chiese Alejandro mentre raggiungevamo il condominio.

“No, per questo li ho chiamati al cellulare … sono fuori a cena e torneranno verso mezzanotte. L’unica condizione che ci danno è di stare chiusi in camera.”

Salimmo le scale in silenzio, molto stanchi per il pomeriggio impegnativo alla festa.

Scott prese due birre dal frigo (come se fosse a casa sua), Trent,gwen, Alejandro e Heather si misero davanti ad un film e io decisi di stendermi e provare a prendere sonno.
Duncan si distese di fianco a me nel suo sacco  a pelo e mi abbracciò da dietro.
Chiudemmo a chiave la porta della stanza e io provai ad addormentarmi con le braccia di Duncan sulla pancia, i rumori del film di guerra e i rutti di Scott come sottofondo.


 
Aprii improvvisamente gli occhi.
 
Era tutto buio intorno a me.
 
Heather si era addormentata abbracciata al Alejandro e Trent era rannicchiato di fianco a loro.
 
La tv era ancora accesa.
 
Mi girai di scatto, accorgendomi che le braccia di Duncan non mi stringevano più.
 
Mi alzai lentamente e mi guardai intorno sbattendo furiosamente gli occhi nel tentativo di abituarmi all’oscurità.
 
Non c’era, così decisi di andare a vedere dov’era.
 
“è solo andato in bagno.” Mi dissi piano. “Stai calma.”
 
Attraversai la stanza e rischiai di inciampare in Scott, spiattellato sul pavimento con qualche goccia di bava che pendeva dal mento.
“Bleah …” sussurrai mentre prendevo la chiave e la giravo silenziosamente nella toppa.
 
Attraversai il lungo corridoio stretto della casa di Trent passando davanti ad un sacco di porte.
 
Ma quale cavolo era il bagno?
 
Vidi uno spicchio di luce in fondo al corridoio e mi avvicinai.
 
Stavo per entrare, quando sentii un risolino timido provenire da lì dentro e due voci.
 
“Sei bellissima …”
 
“Anche tu.”
 
“Mi sei mancata …”
 
“Oh, che galantuomo!”
 
La porta era socchiusa.
 
Guardai.
 
Non si vedeva molto, solo alcuni vestiti sparsi in giro: un paio di jeans a vita bassa, una maglietta nera, degli slip e un reggiseno di pizzo nero, un golfino blu scuro ...
 
“Hai visto che carina la band?”
 
“Si,  mi è subito sembrata una bella cosa. Fatta eccezione per Courtney, lei …”
 
 
No.
 
Non poteva essere.
 
Non poteva essere vero!
 
Dovetti mettermi una mano sulla bocca per non urlare.
 
Quella cosa doveva finire subito! Prima ancora che iniziasse.
 
Gwen e Duncan stavano … insomma, stavano … stavano …
 
 
Aprii la porta con un calcio ed urlai “Ma bravo, mi chiami principessa e poi mi tradisci appena puoi con quella schifosa?!”
 
 
 
Appena finii di dire questa frase mi resi conto del’errore che avevo commesso.
 
Arrossii violentemente e sentii una vampata di calore dalla testa ai piedi.
Loro due avevano un’espressione di puro stupore dipinta in volto.
Lei afferrò in fretta e furia il reggiseno e gli slip e li gettò nella doccia in modo da non farmeli vedere e si coprì con il resto dei vestiti appallottolati.
 
Lui, ancora con la bocca sul suo collo, si mise istintivamente le mani davanti per coprirsi lì giù.
 
“Scusate, io non volevo … io … beh … io …”
 
Non sapevo cosa dire.
 
“Vado a letto.” Conclusi, mi voltai e andai in camera di Trent a passo da militare.
 
CHE FIGURA DI *****!
LA COSA più IMBARAZZANTE DELLA MIA VITA:
 
Mio Dio.
 
Mi portai una mano alla tempia: scottava.
 
Quelli non erano Gwen e Duncan.
 
 
 
 
 
Erano i genitori di Trent.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 
Il mattino dopo me ne andai il prima possibile, in modo da non incontrare i genitori di Trent.
Non soltanto per averli visti fare “fichi fichi”, ma soprattutto per la mia scenata da vera idiota.
Avevo dormito vestita, perciò raccolsi la mia roba e feci per andare.
Per sbaglio urtai un soprammobile, che cadde a terra producendo un rumore infernale.
“Ah! Ca**o!” urlò Scott con il suo solito linguaggio delicato.
“Ma che succede?” chiese Trent  mettendosi a sedere.
“Qui c’è qualcuno che sta cercando di dormire!” protestò Duncan. Quando non l’avevo trovato, quella notte, era perché era sceso a bere un bicchier d’acqua.
“Scusate …” dissi io imbarazzata.
“Fa niente.” Disse Gwen.
“Ma sta’ zitta!” le dissi io seccamente. Solo il suono della sua voce mi urtava il sistema nervoso.
“Perché te ne devi andare?”
“Meglio … che me ne vada.” Dissi soltanto e uscii dalla stanza.
“Aspetta!” Trent, Duncan e Scott mi vennero dietro.
Alejandro e Heather dormivano ancora, abbracciati.
“Che succede?” mi chiese il nordico prendendomi per i polsi.
“Niente. Mi sono ricordata che devo fare una cosa.”
Scesi le scale ed uscii dalla porta.
“A proposito, Courtney!” mi urlò dietro Trent. “Stanotte Duncan e Gwen  hanno … fatto qualcosa che non ti è piaciuto? Ti ho sentita urlare come una pazza.”
“Il pazzo sarai tu.” Dissi, carica d’irritabilità. “L’avrai sognato.”
“Ma, Court …”
La sua voce si disperse nell’aria mentre ne ne andavo a casa mia a grandi passi.
Appena arrivata scoprii che i miei non erano in casa.
Alle otto del mattino?!
Feci colazione rapidamente e mi spaparanzai sul divano per vedere un po’ di tv, sperando di dimenticare in fretta l’immagine oscena di quella notte.
Verso le undici decisi di andare a fare un po’ di jogging, tanto per distrarmi.
Mi misi i miei shorts di tessuto antitraspirante e una maglietta antisudore, le scarpe da ginnastica e un cappellino. Mi legai un marsupio in vita e ci miis dentro il cellulare.
Accesi la musica, m’infilai gli auricolari nella orecchie, chiusi casa ed andai.
Feci due giri dell’isolato spingendo al massimo (ero una gran corritrice per la mia età) e poi passai di fianco al choisco di gelati accanto a casa di Heather (non molto lontana)
Tagliai per il parco, sudando e sbuffando, al ritmo di “Please don’t stop the music” di Rhianna e andai avanti per un bel pezzo.
Senza accorge mene arrivai nella via davanti alla casa di Trent.
Mi accorsi subito che qualcosa non andava.
Sul portico in legno  c’erano due valigie, uno zaino e una donna infuriata.
Davanti a lei il marito indossava una camicia con sotto solo le mutande e dei calzini.
“Ti prego, Jules, non te ne andare!”
“Ti ho detto che non sarà per molto! Ho bisogno di stare un po’ lontana da te!”
“Ma ti ripeto che io …”
“Non m’interessano le tue scuse! Chissà cos’avrai fatto a quella povera ragazza, cosa l’avrai convinta a fare … io non sono sicura che ritornerò! Per il momento me ne vado da un’amica, poi vedremo!”
“Ma non è vero niente! Io non la conosco, quella lì!”
“Dicono tutti così!”
“Ormai stai inizando a parlare come nei reality show. Ti mandano in pappa il cervello!”
“Cosa?! Stai insinuando che io guardo programmi insulsi?! Perché, tu?! Calcio, calcio, nient’altro che calcio! Ora hai superato ogni limite!”
“Ma ti prego, Jules … parliamone!”
“Basta, non voglio vederti mai più!” urlò la donna, prese le valigie e se ne andò a passo di carica nella direzione opposta.

Mi guardò malissimo e bisbigliò “zoccola” sottovoce quando mi passò di fianco.
Improvvisamente capii quello che era successo.
La madre di Trent doveva aver pensato che suo marito e io avessimo una storia.
Ridicolo! Io con un uomo così grande?!
Trent era in piedi dietro suo padre, gli batteva pacche affettuose sulla spalla e continuava a ripetere “Vedrai che tornerà, vedrai che tornerà, le passerà …”
L’uomo tornò dentro casa e lo vidi singhiozzare.
Appena Trent mi vide mi venne incontro.

“Ciao.” Lo salutai.
“Dici anche ciao?! Ma non hai visto cos’hai fatto?!” mi aggredì.

In tutti gli anni che avevo conosciuto Trent non lo avevo mai visto così.
Per la prima volta nella storia di Trent, Trent non era calmo.
“Ma io …”
“Tu e le tue stupide scenate di gelosia! Tu e i tuoi stupidi pregiudizi! Gwen è cambiata, e Duncan non le interessa più! E non ti fidi nemmeno di lui! Non ti tradirebbe! Al massimo tu, con Scott!”
“Ma …”
“Niente ma! Non ho mai visto piangere mio padre, e tantomeno litigare i miei! Ti rendi conto di cosa sei riuscita a fare?!”
“Non era mia intenzione …”
“Tu e il tuo isterismo da quattro soldi!”
“Mi dispiace! Ma faranno pace, vedrai …”
“No, Courtney. Tu non capisci. Una volta mia madre stava con un uomo. Lei lo vide dare un bacio a stampo ad un’altra ragazza, s’infuriò e lo lasciò. Cancellò il suo numero dalla rubrica e da tutti i social network. Non lo perdonò mai.”
“…”
“Per colpa tua e della tua stupida gelosia potrei non avere più la mia famiglia! Ed è tutta colpa tua!”
“Colpa mia?”
“Tu e la tua patetica gelosia!”
“Stai dicendo che sono patetica?!”
“Non cambiare argomento. Se mia madre non tornerà … ah, giuro che …” strinse i pungi.

Oddio, ma quello era davvero Trent?
Di sicuro non il Trent che conoscevo io.
Di sicuro.
Mi voltai e feci per andarmene, ma lui disse un’altra cosa.
“Ah, Courtney … SEI FUORI DALLA BAND!”
“CHE COOOOOOOSA?!”
 

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Capitolo 13
*** La pazzia ***


Lo feci.
Sì, ok, era una cosa strana e priva di senso, imbarazzante, che solo un pazzoide farebbe.
Ma io ero un pazzoide, in fondo, no?
E volevo rientrare nella band.
A qualunque costo.
Anche se avrei potuto procurarmi una multa E un provvidenziale arresto, per i miei amici, il mio ragazzo e la mia musica ne valeva la pena.
 
Così quella sera preparai tutto l’occorrente.
Il microfono con lo stereo, una felpa pesante, il cellulare, una cassetta per la frutta vuota, le casse piccole e tanto, tanto coraggio.
Il mio piano prevedeva tre fasi.
 
1 - procurare un amico che fosse disposto a suonare la chitarra per me
 
2 – convincere il padre di Trent a farsi insegnare QUEL brano per riconquistare sua moglie
 
3 – cantare davanti a casa di Trent la cancone che avevo scritto per i ragazzi in quei giorni di sofferenza.
 
Sfortunatamente, il mio piano si fermò alla fase due.
Per quanto riguarda il punto trovai un amico di vecchia data, Cloude, disposto a suonare per me.
Era un’eccellente batterista, e non ero per nulla preoccupata.
Quel che non sapevo è che stavo per entrare nella nottata più folle della mia vita e incappare in una delle più grandi figuracce nella storia! L
alle sei meno un quarto, mettendo in campo un buon cinquanta per cento di quel coraggio che ho nominato prima, suonai il campanello della casa di Trent.
Per fortuna lui non c’era, doveva essere fuori con la band.
 
 
Senza di me! L
 
Ricacciai le lacrime giù e suonai di nuovo.
 
Venne ad aprire.
 
Era conciato molto peggio di come l’avevo visto l’ultima volta: era sporco, puzzava e non si faceva la barba da almeno uhna settimana.
“Ehm, mi scusi …”
 
“Ma tu non sei Courtney? La ragazzina che ha rovinato il mio matrimonio?”
 
Io annuii abbassando lo sguardo.
 
“Vattene via! Mi hai distrutto la vita!”
 
“No, aspetti!”
 
Ci volle un bel po’ per convincerlo che in realtà volevo soltanto aiutarlo a riconquistare sua moglie, ma alla fine la spuntai.
 
Lo invitai a casa mia, dato che non credo che a Trent avrebbe fatto tanto piacere torvarmi con suo padre.
 
“è una canzone semplice” gli dissi mentre entravamo.
 
I miei non c’erano.
 
Lo so, stare in casa sola con un uomo di quell’età non era il massimo per una sedicenne, ma ospitarlo era il minimo che potessi fare dopo avergli rovinato la vita.
 
Gli offrii dei tramezzini avanzati dalla colazione e un po’ di vino rosso, poi lo feci accomodare sul divano e gli diedi in mano la chitarra di Cloude.
 
Feci uno squillo al ragazzo, e, dato che abitava vicino a me, fu li in cinque minuti.
 
“Mi ascolti bene signore. Questo è un DO …” inizò posizionandogli le mani sulle corde.
 
Io sorridendo sotto i baffi salii in camera mia a recuperare il testo.
 
Gli diedi un’utlima occhiata: era perfetto.
 
Romantico, dolce … l’avrebbe di sicuro riconquistata.
 
 
 
I miss you, baby,
I miss you, I do not know,
I miss you because you are my sunshine,
you can always entertain me,
you make every day full of sweetness,
I would like to give you a stream of kisses,
a sea of
​​smiles,
an immensity of cuddles and affection,
small,
you're my star and I miss you like the sun misses the moon as the moon when it night and miss the sun when it is day
I dream because there is no dream more beautiful
of your kiss and your return
love

 
 
Ok, era uno schifo.
 
Ma che cosa potevo preparare di grandioso in un giorno scarso?
 
L’idea mi era venuta quella notte e volevo subito metterla in pratica.
 
Ciò che contava era che quella donna capisse quanto l’amava il marito.
 
E cioè, molto.
 
Quello che io e Cloud non avevamo previsto era la stonatura del padre di Trent.
 
Dio com’era stonato quell’uomo!
 
Non avevo mai sentito nulla di peggio.
 
Arrivammo sotto la nuova casa della moglie a mezzanotte in punto.
 
Era una cosa folle, ma anche incredibilmente romantica.
 
Prese la chitarra, e io e Cloud ci nascondemmo dietro una siepe.
 
Si mise esattamente sotto la finestra e io attaccai le casse alla chitarra con un filo, in modo che il suono si sentisse bene.
 
Gli infilai addosso il microfono da bocca.
 
Mi era costato una fortuna!
 
Speravo non ci sputazzasse troppo dentro.
 
Lui timidamente pizzicò le corde.
 
“DO ….”
 
Per fortuna che la canzone aveva quattro note in croce, perché lui non era un granché nemmeno come suonatore.
 
Ma aveva qualcosa.
 
Era disperato.
 
Così disperato a fidarsi persino di me, della ragazzina che l’aveva reso tale.
 
Tirai fuori il foglio con il testo dalla mia tasca, ed era tutto spiegazzato.
 
Lo piazzai davanti a lui in modo che non si vedesse dalla finestra.
 
“Ciraggio …” sussurrò Cloud. “Vai benissimo! Non mollare!”
 
Lo diceva più che altro per incitarlo, perché anche se aveva fatto solo tre note, il signore era riuscito a sbagliarle tutte.
Io avevo le dita incrociate, anche quelle dei piedi.
 
Poi prese un po’ il ritmo e la canzone cominciò a prendere forma.
Pensavo che stesse andando tutto bene, finché non comincio a cantare.
 
“I miss you, baby,
I miss you, I do not know,
I miss you because you are my sunshine,
you can always entertain me”
 
Già alla prima strofa temevo che mi stessero sanguinando copiosamente le orecchie.
 
Non prendeva un acuto!
 
Era mostruosamente, incredibilmente, paurosamente stonato.
 
E non fui l’unica ad accorgermene.
 
La finestra si aprì con uno scatto, e in pochi secondi una secchiata di acqua gelida di rubinetto venne a contatto con la palle pallida del padre di Trent.
 
Ci lanciò un’occhiata disperata e la chitarra gli cadde dalle mani.
 
Io avrei voluto piangere: avevamo fallito!
 
Uscii in fretta e furia dalla siepe per andare ad aiutarlo.
 
Mi levai la felpa e gliela misi sulle spalle, mentre Cloude faceva di tutto per asciugare la sua povera chitarra fradicia e cercava di salvare le mie casse.
 
Come, come, come avevo potuto avere un’idea così stupida?!
 
Mi ero lasciata trasportare!
 
Che idiota che ero stata!
 
Ma il peggio doveva ancora venire.
 
Già, perché la donna che ci urlò contro dal balcone non era la moglie del padre di Trent.
 
Era una donna sulla sessantina, i capelli tinti di rosso raccolti in uno chignon, la faccia coperta da una patina verdastra, un accappatoio addosso.
“Cretini! Teppisti! Chi è l’idiota che ha fatto questo scherzo!?”
 
Iniziò a urlarci contro di tutto.
 
Noi dapprima eravamo spaesati, poi capimmo.
 
In effetti, Enter street 34 era la casa di fianco.
 
La villetta rosa.
 
Non quella rossa.
 
Non la 33.
 
Mi scusai umilmente con la signora, ma lei mi ignnorò ed andò avanti a sproloquiare per un bel po’…
 
Non stavo nemmeno più ascoltando quello che diceva, riuscivo solo a vedere il padre di uno dei miei migliori amici a notte fonda intirizzito, bagnato d’acqua gelida, con un’aria desolata e ancora in lacrime per COLPA MIA.
 
Mi sentivo un’idiota.
 
Ma non era finita!
 
Indovinate chi arrivò, con perfetto tempismo?
 
“Ancora tu?!” urlò, vedendomi. “Sta’ lontana da mio padre!” disse seccamente.
 
Mi si avvicinò.
 
“Trent, io …”
 
“Non voglio saperlo.” Disse.
 
Per la seconda volta nella storia di Trent, pareva infuriato.
 
Mi fulminò con lo sguardo per alcuni secondi finché io non abbassai gli occhi.
 
Per un attimo temetti che volesse darmi una sberla.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per questo mi fece uno strano effetto sentire le sue braccia che mi circondavano ridandomi calore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 14
*** Gelosia. ***


 
“Oh, Courtney …”
Non sapevo che cosa gli fosse preso all’improvviso, ma restai ferma immobile a farmi abbracciare.
“Oh, Courtney … oh Courtney!” continuava a ripetere.
Dovetti trattenermi dal ridere.
“Trent … ma tu non eri arrabbiato con me?”
“Lo sono ancora! Sono infuriato!” urlò.
Si staccò da me e scoppiò a ridere.
“Ma ti senti bene? Sei ubriaco?” gli chiesi.
“Courtney … è la cosa più divertente e carina che abbia mai visto! Si vede che ci tieni a me e alla band!”
“Insomma, io volevo … farmi perdonare … capito?”
“Hahahaha, io non posso crederci! Sei riuscita a convincere mio padre a cantare? Credevo fosse impossibile! Oh, fatti abbracciare di nuovo …”
Mi gettò ancora le braccia al collo ridacchiando, ma una voce lo fece subito rinsavire.
“Trent? Carl? Ma che cosa sta succedendo qui?”
La madre di Trent ci guardava incredula dal portone della casa di fianco.
“Amore, posso spiegarti …” iniziò il padre di Trent, ma le lo bloccò subito.
“Non voglio spiegazioni da te.”
“Ma io …”
“Niente ma!” esclamò, il viso serio e tirato.
L’uomo sospirò scoraggiato e fece per andarsene, quando la moglie gli prese il viso tra le mani e gli stampò un bacio schioccante sulla bocca.
Lui parve incredulo.
“Oh, Carl … nessuno aveva mai fatto nulla di più carino per me! Da quando me ne sono andata ho riflettuto molto, e ho capito di essermi comportata come una ragazzina a non rispondere ai tuoi messaggi e tutto il resto! Dovevo dedurlo subito che tu non mi avresti mai tradita con una ragazzina …”
“Allora mi ha perdonato?”
“Ovviamente! Fatti abbracciare! Ma avrai freddo, forse è meglio che ti prenda una coperta …”
“Io avrei un’idea migliore, mamma …” disse Trent. “Ora tu vai dentro, fai la valigia e torni a casa con me e papà!”
“è una grande idea, ma è notte fonda … ma sì, chissenefrega!”
dal palazzo uscì un’altra donna sui trentacinque anni, in camicia da notte e pantofole.
“Ma che succede?”
“Oh, nulla, è solo che … ho deciso di tornare a vivere con Carl!”
“Ma che bello … ti rendi conto che è notte fonda?”
“Scusa, Caren …”
“Va bene. Ora ti aiuto a fare la valigia e me ne torno a dormire.”
Caren annuì e seguì l’amica dentro trotterellando.
Io, senza rendermene conto, scoppiai a ridere.
“Ragazzina …” mi apostrofò Carl. “Grazie.” Mi gettò le braccia al collo anche lui e io ricambiai sorridendo come un’idiota.
“ora vado a casa a prendere la macchina per accompagnarla a casa … tu vieni, Trent?”
“Penso che riaccompagnerò Courtney a casa …”
“Beh, d’accordo. Grazie ancora, Courtney!”
Io lo salutai con la mano e m’incamminai insieme a Trent verso casa.
“Ora che ci penso,che  diavolo ci facevi a girellare per il quartiere a mezzanotte passata?”
“Ho sentito papà che faceva casino e mi sono svegliato, poi però ho deciso di riaddormentarmi. Quando mi sono svegliato di nuovo e papà non c’era. Così sono venuto a cercarlo subito qui. Ero sicuro che stesse cercando di convincere mamma a tornare …”
“Già …”
“Ma come l’hai convinto a mettersi a canticchiare una serenata sotto la finestra di un condominio?”
“Era davvero disperato. All’inizio non si fidava, ma credo che abbia capito che ero la sua unica speraza …”
“Tipo Star Wards … aiutami generale, sei la unica speranza!”
Risi sottovoce e lui mi prese per mano.
“C ome hanno reagito i ragazzi quando gli hai detto che ho quasi lasciato la band?”
“Duncan mi ha insultato, Heather si è esclusa, Alejandro mi ha dato del fuori di testa, Scott mi ha quasi picchiato e Gwen ha esultato e mi ha dato un bacio sulla guancia …”
“Quella stron …”
“Dai, Courtney. Lo sappiamo tutti che il tuo odio nei suoi confronti rende complicato il rapporto tra di noi …”
“Non me ne importa niente! Tutti a smaniare per averla nella band …”
“Courtn , ragiona, è un’ottima batterista.”
“Frega un cazzo!”
Lasciò la mia mano.
“Siamo arrivati.”
“Okay.” Dissi freddamente io, e feci per aprire casa.
Lui mi posò una mano sulla spalla e sussurrò.
“Eddai, Courtney … non lasciamo che Gwen rovini la nostra amicizia …”
Mi voltai sorridendo.
“Ci vediamo domattina alle otto e mezza a casa mia per le prove!”
“Così presto?” sbuffai.
“Pigrona!”
“Fottiti” sussurrai tra i denti entrando in casa.
La mattina dopo alle otto e trenta precise suonai il campanello di casa sua.
“Ohi, principessa!”
Duncan mi gettòl le braccia al collo e mi morse affettuosamente il lobo dell’orecchio destro.
“Dunki!”
Entrai tenendo la mano sulla sua schiena.
“Ciao a tutti!” esclamai.
Appena vide Scott Duncan si attaccò alle mie labbra come un mollusco.
“Basta, dai.” Sussurrai allontanandolo.
“Courtney!” esclamò il rosso e mi abbracciò accarezzandomi la schiena, provocandomi una cascata di brividi.
Duncan lo squadrò con sufficienza.
“Courtney! Sapevo che non poteva esserci una band senza di te!” esclamò Heather.
“Tecnicamente poteva esserci, e sarebbe stata molto migliore.”
“Ah, mi mancava un pizzico di stronzo-girl in questa mattinata così dolce …”
“è un piacere rivederti, perfettina.”
“Gotica.”
“Ora basta” intervenne Trent.
Scendemmo in garage, dove erano già posizionati tutit gli strumenti.
“Diamoci da fare!”
“Aspettate … ho un nuovo testo.” Disse Gwen.
“Che roba è?” chiese Heather strappandole di mano il fogio.
La amai per quel gesto.
“Una canzone.” Ruggì Gwen riprendendoselo.
“Mh, però, grazie, non ci sarei mai arrivata senza il tuo aiutò.” Sibilò l’asiatica.
“Lo suoneremo dopo, ora esercitiamoci con il testo della band …”
“ok. Quello della festa?”
“Oh yes.” Rispose Alejandro prendendo lo spartito e Dando a me e Hetaher i fogli con il testo.
Mentre l’asiatica gli passava davanti, lui allungò una mano e le sfiorò il sedere.
“Maniaco!” esclamò lei lanciandogli un’occhiataccia.
“Cinque, sei, sette otto …”
Trent iniziò a suonare lentamente, per poi accelerare, si aggiunse Gwen con la batteria, Duncan, Alejandro e Scott …
Inziai anche io cantare.
La voce mi uscì forte e chiara, perfetta e sinuosa e giocò con quella di Heather fino alla fine della strofa.
Lasciai uscire dalle labbra le ultime parole mangiandomene dolcemente la fine e insipirai forte nell’attesa della prossima strofa.
Heather attaccò qualche secondo prima di me, ma la recuperai subito nelle prime tre note  e m’insinuai nella sua strofa, lasciando che la musica mi sciacquasse la mente dagli eventi degli ultimi giorni.
Mentre le note dei vari strumenti s’alzavano sempre di più per eclissare del tutto i gorgoglii miei e di Heaty, mi accorsi  che era arrivato il turno di Duncan e Gwen.
Mi voltai di poco e fissai gli occhi sul microfono posto sulla batteria.
Duncan si tuffò in avanti con fin troppa enfasi e accarezzò il microfno con ledita.
Le loro guance si strofinarono sensualmente mentre pronunciavano la loro strofa, e non potei fare a meno di notare quanto erasno perfette insieme le loro voci …
In pochi secondi un gran caldo m’invase la faccia e il cuore prese a battere più forte.
Ma non potevo nemmeno immaginare cosa sarebbe su ccesso di lì a poco …
Sulle ultime tre parole Gwen si chinò troppo e cadde in avanti sulla batteria.
La sua testa sbatté contor il microfono e le sue pabbra premmetero forte contro quell del mio ragazzo per qualche secondo.
;Ma la cosa peggiore fu che lui non si spostò nemmeno. Rimase lì finché lei non perse l’equilibrio e cadde di sedere su un piatto della sua batteria, facendola cadere del tutto.
I ragazzi smiserpo di suonare e si precipitarono a daiutarla.
Io rimasi lì, pietrificata.
“Tu …” riuscii a dire dopo un minuto di silenzio imbarazzante.
“Cosa?” chiese lei con aria innocente.
“Tu …”
“tu …”
“Si è incantato il disco …? Pronto?!”
“Brutta schifosa …”
“Wow o wow o! datti una calmata, perfettina!” esclamò stringendo i pugni.
“Tu hai appena baciato Duncan!” urlai più forte che poitei.
“è stato un’incidente, sveglia, tesoro ..”
“Non dire cagate!”
“Modera i termini, ciccia!”
“Ora non fare come la tua amichetta Leshawna … lo so benissimo che l’hai fatto apposta!”
“Ora piantala, Court … è stato un’incidente.” Intervenne Duncan .
“Ma lei …”
“Basta. Questa tua gelosia non ha alcun senso!” esclamò Alejandro.
“Non se ne può più. Adesso ogni cosa che fa Gwen la fa per darti fastidio, Courtney? Sei tu che t’immagini tutto. Non può essere che la tua gelosia rovini così ogni canzone.”
“Veramente è lei che ha rovinato tutto baciandoti …”
“Basta, adesso! Non fare la perfettina!” urlò Duncan.
Era rosso in viso.
“Non urlarmi contro!”
“Allora tu non accusare Gwen! È stato un’incidente, ma ci vedi?”
“Tu non ci vedi, casomai! Oppure la difendi perché ti è piaciuto?”
“Non mi è piaciuto, ma comunque se io avessi fatto così quando hai baciato Scott …”
“Non mi sembra che tua abbia avuto una reazione tanto pacata!”
“Di sicuro non era come la tua! Ma non ti rendi conto che quand fai così sei ridicola?!”
Mi bloccai di colpo e smisi di urlare.
“Ridicola?” ripetei, come se non volessi crederci.
Lui esitò.
“No, aspetta, non intendevo dire …”
“So perfettamente cosa intendevi dire. Così ridicola che mi sono fatta fregare da te e la gotica quando vi siete baciati nel confessionale sotto i miei occhi!”
“Ma aspetta, principessa …”
In quel momento la madre di Trent entrò nel garage con un vassoio di te e biscotti.
“Salve, ragazzi, volevo portarvi uno spuntino …”
“La ringrazio, signora, ma non vogliamo nulla adesso. Non abbiamo fame.” Dissi, ricacciando indietro le lacrime.
Lei fece spallucce e se ne andò chiudendo la porta.
“Tu … hai rovinato tutto! Hai sempre rovinato tutto!” urlai puntando il dito contro Gwen.
“Senti, tu …” iniziò lei, ma io non la lasciai finire.
“Sapete che vi dico? Gwen ha ragione. La band sta meglio senza di me. Non avrei mai dovuto venire qui stamattina, dovevo restarmene a casa. Ma tanto io sono ridicola, no?”
Me ne andai quasi correndo e calciando via un piatto della batteria della gotica.
“Aspetta …” sentii la  voce di Scott dietro di me.
“Bel lavoro.” Disse Alejandro.
“Che palle che siete, tra TUTTI!” rincarò la dose Heather. “E due che flirtano, e quella che s’offende, e Scott che la ama, e Alejandro che è scemo … vi costa così tanto pensare alla musica, per un secondo?”
“Ha ragione Heather. Ora andate agli strumenti e ricominciamo daccapo.” Disse Trent.
“Ma Courtney? Come facciamo senza di lei?”
“Tornerà ytra poco, vedrai. Lasciala sbollire.” Disse Duncan con indifferenza.
“Ok.” Sbuffò il rosso.
Io sentii tutto, perché mi ero accucciata dietro la porta del garage.
Mi alzai e andai via amareggiata, perché il primo pezzo che suonarono fu quello di Gwen e Duncan.
“Oh, Duncan …” mi scoprii bisbigliare mentre entravo in casa.
Salii in camera mia senza parlare e mi arrampicai sul tetto dalla finestra.
Ero salita solo un paio di volte lì, ma adoravo la vista che c’era.
Potevo osservare tutti i palazzi senza problemi, e alla luce del sole scintillavano come se fossero fatti d’oro massiccio.
“We were inseparable
we were together every day
we lived life every day”
Iniziai a canticchiare piano piano lasciando che i miei occhi frugassero le profondità di Toronto.

“I was ready to be everything for you and anyone you wanted
but then she was likely
and I did not exist for you anymore
She was the prettiest
She was the cutest
She was the funniest
She was like you”
La musica mi aveva sempre salvata.
Io amavo la musica.
Sentii le corde vocali pizzicare, nel desiderio di avere di più, di più, di più, sempre di più.
Alzai la voce di un’ottava modulando, come se fossi ad un vero concerto, lasciai che le mie labbra battessero le une contro le altre umidificandosi e che la mia lingua strusciasse amorevolmente contor il palato, come sempre quando cantavo.

“Listened to the same music
You watched the same movies
in short, were the same
instead the two of us were so different,”
Poi la mia testa partì, mentr eraggiungevo gli acuti.
Quando cantavo, io non sapevo niente, non ero nessuno, quando cantavo e quadno ancora canto il cuore prende possesso della testa, la voce preme per uscire, le parole nsi legano tra loro indissolubilmente e il sorriso mi tira la bocca …

“I ordered heroes and you do not,
I was authoritarian and precise
while you were just a rebel
but I loved you
and this was the important”
Buttai fuori tutto d’un fiato l’ultima frase della canzone e inspirai soddisfatta.ùcantare mi aiuta a sfogarmi, così scoprii di non essere più arrabbiata.
Mi distesi sulla pancia e lasciai che un leggero venticello giocherellasse con alcune ciocche dei miei capelli color nocciola per qualche secondo, poi mi rialzai e feci una giravolta su me stessa.
“Ok, ora torno là e faccio finta che non sia successo niente.” Mi dissi, guadagnai la finestra e scesi in camera mia.
Decisi di chiamare Trent.
“Pronto …”
“Pronto, sono Courtney.”
“Court! Oh mio Dio …”
“ Che succede?”
“Quando te ne sei andata abbiamo ricominciato a suonare ma poi Gwen è voluta venire a cercarti … solo che mentre venivamo a casa tua abbiamo attraversato la strada e un’enorme camion trasporti l’ha urtata e l’ha fatta cadere a bordo strada …”
“COSA?!”
“Sì …”
“Ma sta bene?”
“Oh, sì, tranquilla. Non è morta, se questo che intendi.”
“Peccato.” Scherzai, ma in realtà ero un fascio di nervi.
“Però non riesce a camminare bene … se vieni giù magari la aiuti …”
“Okay.”
Attaccai e scesi di corsa in strada.
Loro erano lì, al completo, e Scott stava aiutando Gwen a rialzarsi goffamente.
“Gwen … tutto bene?” chiesi, preoccupata.
“TU e la tua cazzo di gelosia!” esclamò ricadendo verso terra.
“Io? Ma che ho fatto?!”
“Se tu non fossi scappata, io non sarei … ahi!” urlò.
“Lascia che ti aiuti …” dissi prendendole un braccio.
“Non toccarmi” sibilò tra i denti.
“Ora che facciamo?”
“Forse è meglio portarla a casa.” Rpopose Alejandro.
“Concordo.” Assentì Trent.
Lei si appoggiò a lui e arrancò faticosamente sul marciapiede.
Ad  un tratto si voltò verso di me e si liberò dalla presa di Trent.
“Va tutto bene, mi aiuta Courtney …” disse.
Ma quando provai ad aiutarla, lei trotterellò in avanti correndo e si buttò a terra.
“AH!” ululò.
“Che succede?!” chiese Alejandro.
“Courtney … lei … mi ha detto … “vendetta” e mi ha spinta a terra …”
“Ma che stai dicendo?! Nbon è affatto ver …”
“Courtney! Da te non me lo sarei mai aspettato!” esclamò con disappunto Trent.
“Hai superato ogni limite …” bofonchiò Duncan.
“Aiutami, Dunki …” disse Gwen, e si abbarbicò a lui come un’alga ad uno scoglio.
Gli altri ripresero a camminare, lei si voltò, mi guardò con aria di sfida e c acciò fuori un bel pezzo di lingua.
“Tu …” sibilai.
Lei accarezzò il collo di Duncan e si appoggiò alla sua spalla stringendolo forte apposta per famri ingelosire.
“Brutta stronz …” sibilai tra i denti.
“Ci credo che Dunki ti ha lasciato.” Mi sussurrò lentamente.
In quel momento non ci vidi più.
Quello che accadde dopo mi appare ancora oggi confuso: saltai in avanti e la colpii forte sul bracico, strappandola dalla presa di Duncan … la inchiodai a terra e la colpii in faccia con il dorso della mano gridandole insulti vari.
Lei mi afferrò una ciocca di capelli e mi tirò giù, capovolgendo la situazione.
Io allungai un braccio e le graffiai la faccia forte, lei mi colpì allo stomaco e cadde all’indietro.
Mi rialzai in fretta e le afferrai la maglietta, scoprendole il reggiseno nero di pizzo e strappandole l’etichetta.
Lei mi diede una gomitata in faccia e la mia texsta prese a girare forte, mentre un filo di liquido rosso mi colò da naso lentamente…
“Stronza!”

“Idiota!”
“Traditrice!”
“Perfettina!”
“Ruba-fidanzati!”
“Obesa!”
“Piatta!”
All’improvviso sentii che una forza mi tirava indietro per le spalle.
Forse era Scott, ma in quel momento non mi importava. Volevo solo farle tutto il male che riuscivo.
Le saltai di nuovo addosso e le diedi uno spintone. Lei cadde all’indietro per terr,a ma io non fermai. Le graffia la faccia e la presi a schiaffi più forte che potevo. Non riuscivo a calmarmi, non riuscivo a ragionare, non riuscivo a fare altro che schiaffeggiarla senza dare il tempo di respirare.
Una scena mi rimbalzava nella mente … il confessionale … loro due che si baciavano … sotto il mio naso … lei, lei che doveva esser euna mia amica …
“Questo è per il tradimento!”
“Ma … ma voi ue non stavate più insieme! Balbettò nel suangue che le usciva dal naso.
“Invece sì!” urlai.
Tradita. Ero starta tradita in mondovisione.
Vendetta.
Tutto era nero. Era come una droga, non riuscivo a smettere. Non riuscivo a fermarmi.
“Basta!” un urlo mi riportò alla realtà.
Venni colpita alla testa e caddi all’indietro.
Venni allontanata da Gwen.
Venni scossa per le spalle.
“Courtney! Calmati! CALMATI! DATTI UNA CALMATA!” mi urlò Duncan, più forte di quanto avrei mai potuto immaginare.
Solo in quel momento mi resi conto di quello che avevo fatto.
Gwen era sdraiata sul marciapiede, la faccia coperta di sangue uscito dal suo naso, svenuta.
 



 

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