KU: il Vuoto

di egotchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ora
Chiudi gli occhi
E dimentica ogni cosa,
Anche il fatto di essere solo il nulla.
Svuota la mente
E cancella la rabbia
Che annebbia la tua vista,
Che attenua il tuo udito,
Che logora il tuo giudizio...
Fai cadere l’intonaco nero
Che soffoca il tuo io,
E torna impuro spirito...
Ricorda le sfumature,
I sentimenti che hai conosciuto all'inizio,

E ritorna al principio...

Ecco, lo percepisci?
Il nulla è nel tutto, ogni cosa termina nel vuoto.

Ora acuisci i tuoi sensi e riscopri te stesso.

Ascolta il fiume e la sua candida voce...
Ricorda il canto che ti portò alla vita...
Li senti?
Solleva le palpebre ed annegati alla luce della luna e del cielo stellato...
Li vedi?
Apri le palme attendendo di venir abbagliato dalla forza che ti trasmetterà il sole...
La percepisci?
Ma non credere ciecamente in loro,
Non appoggiarti a loro,
Tutto quello che ti circonda può essere corrotto...
Ridai vigore a quella luce splendente che scaturisce da te,
Che vive in te!
Cerca di ricordare la tua vera essenza,
Ed il motivo della tua esistenza...

L’equilibrio può essere infranto...

Ma non lasciare che succeda anche a te lo stesso!
Non farti risucchiare in quel campo di sentimenti che non ti compete!
Non lasciarti sporcare di nuovo!
Non lasciar intaccar di nuovo l'oro...

Giacché tu sei del tutto ed assieme di nessuna cosa l'incontro.




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KU

IL VUOTO

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PROLOGO


L'uomo si chinò e raccolse il pupazzo di pezza da terra.
Il vento aveva ripreso a soffiare, cullando i teneri cristalli di ghiaccio che, scendendo dal cielo, erano stati risparmiati dalla vista di quanto era successo poco prima. I loro fratelli, che erano scesi in precedenza, si trovavano mescolati ai liquidi rossi e violetti che si erano raggrumati in poco tempo a quella bassa temperatura. Vicino alla parete di roccia che sorgeva sulla sinistra, che chiudeva la cornice di alberi che delimitava la radura, giaceva la creatura, o meglio quel che ne restava; era stata ricoperta da un leggero strato di ghiaccio e neve, che impedivano al lezzo della carne in putrefazione di spargersi tutt' attorno.
L'uomo si sistemò gli occhiali e quindi si diresse nuovamente verso il veicolo che doveva riportarlo a destinazione. Avviò il mezzo quasi meccanicamente. Le sue labbra erano serrate. Il vento cominciò a soffiare più insistentemente.
E così era sopravvissuto. Il biondino era sopravvissuto. O, almeno, era probabile che lo fosse, visto che i suoi amici si erano precipitati a salvarlo, portandolo sicuramente al villaggio più vicino per fargli avere cure immediate. Peccato. Se fosse morto avrebbe almeno potuto riderne, il fatto che si salvasse lo lasciava in parte indifferente. Anche se, in realtà, non gli sarebbe dispiaciuto affatto vedere uno dei giocattoli di Komyo rompersi... e l'idea che quel bonzo vedesse un proprio compagno tentare di ucciderlo come ultima immagine prima del trapasso gli aveva fatto passare una scarica di adrenalina lungo la spina dorsale, e si era compiaciuto di quell'idea. Chissà dove quel Sanzo dai capelli color della sabbia avesse mai notato una qualche somiglianza tra loro due... ma quelli dopotutto erano altri tempi, e Komyo era un tipo abbastanza stravagante, visto che lo aveva paragonato ad un moccioso che a quel tempo non era ancora in grado di parlare…
Tornò improvvisamente con la mente a quanto era successo poco prima in quella radura. Alla fine aveva lasciato fosse quel ragazzino a porre fine al tutto. Lui, per sicurezza, si era spostato tanto da non riuscire purtroppo a vedere tutto nel dettaglio. Però, quel moccioso... se c'era invece una cosa della quale era rimasto sorpreso, per non dire che proprio non se l'era aspettato, era stata la forza che aveva visto scaturire da quel ragazzino dai capelli castani e gli occhi dorati, una volta trasformato. Favoloso! Gli sarebbe piaciuto studiarlo, un giorno o l'altro. Per non dire che gli avrebbe fatto incredibilmente comodo catturarlo per poter sfruttare quell'incredibile potenza, solo che farlo prigioniero avrebbe comportato un rischio troppo grande, c’era sempre il pericolo che tutto quel potere si potesse rivoltare contro di lui, e non poteva esporsi così tanto. E poi ora non si vedeva neppure la necessità di utilizzarlo.
L'ultimo sutra era nelle sue mani. Chissà che faccia avrebbe fatto la sua amante quando glielo avrebbe portato? Certo lei, che credeva di essere il ragno, non sospettava minimamente di essere in realtà la farfalla caduta nella sua ragnatela. Presto sarebbe arrivato il momento di dimostrare a tutti che chi stava muovendo le fila era lui, e quindi l'avrebbe morsa lasciando che il suo veleno le penetrasse in corpo. Ma era ancora presto per ridere a questa prospettiva, doveva essere cauto, pazientare ancora un poco. Non c'era bisogno di mettere tutto in discussione per la fretta: aveva atteso per anni questo momento, ed adesso lo avrebbe assaporato del tutto, come un liquore pregiato sorseggiato lentamente.

Il paesaggio circostante cominciò pian piano a modificarsi: la neve delle montagne lasciò il proprio posto agli alberi spogli delle colline e quindi ad una pianura sterminata che si estendeva a vista d'occhio presentando raramente qualche arbusto, che dopo un po' divenne una distesa di sabbia e roccia che appariva ancora più sterminata. Ma il veicolo progettato e costruito da quell’uomo sfrecciava su qualsiasi conformazione di terreno senza difficoltà alcuna.
Dopo alcuni giorni di viaggio, il principio dell'altopiano all'interno del quale sorgeva la loro base apparve immenso all'orizzonte. Il terreno bruno-rossastro era una perfetta continuazione di quello su cui viaggiava il mezzo, all'interno del quale il suo occupante consumava l'ennesima sigaretta, perso nei propri loschi piani. Fu solo quando il sole tramontò per la terza volta che il veicolo si trovò ormai nel cuore dell'altopiano, dove la nera torre sorgeva circondata da spuntoni di roccia le cui forme potevano sembrare dei vigili falchi posti a guardia dell'entrata. Un'osservazione che forse anche quell'uomo aveva fatto quando vi era giunto per la prima volta, ma che se anche così era stato ormai aveva di certo dimenticato da tempo.
Entrando attraverso un'apertura che solo lui e pochi altri conoscevano, scomparve inghiottito dal buio corridoio che da tempo lo vedeva di ritorno dalle missioni più strane e bislacche. Ed anche questa volta, ne era certo, appena si fosse cambiato e avesse posto piede nel laboratorio vi avrebbe trovato quella noiosa donna in quel suo camice bianco, forse unica cosa che ancora si salvava in lei. Appena fosse arrivato di fronte a lei, costei gli avrebbe rivolto le più ovvie domande che avrebbe potuto formulare la sua mente da zitella, che aveva finito per dedicare la propria vita ai computer ed alla scienza.
Così pensando, scese e si diresse verso un camerino dotato di armadio, dal quale tolse il proprio camice e, indossandolo, si avviò verso lo studio. Proprio come aveva immaginato la donna era lì, con i suoi capelli castani che le arrivavano al collo e gli occhiali che nascondevano i suoi occhi... a ben pensarci non aveva mai notato di che colore fossero gli occhi della dottoressa...
"Oh, bentornato. Allora, com'è andata la missione?" chiese lei senza voltarsi nemmeno dal file che stava analizzando.
"Oh, bene, mi sembra ovvio... " rispose lui tranquillamente sistemandosi il colletto del camice.
"Davvero?" esclamò lei girandosi di scatto fissandolo stupita: "Allora cosa fai qui!? Vai dalla padrona, ti sta attendendo appunto per sapere questo..." disse incalzandolo falsamente, morsicandosi quindi il labbro inferiore e tornando ad analizzare il file.
Da tempo ormai lui si era accorto della passione che segretamente la consumava nei suoi confronti, ma poco gli importava. L'unica donna che al momento gli serviva era la stessa che gli aveva commissionato di rubare il sutra, e avrebbe continuato ad essere bendisposto nei suoi confronti finché non gli sarebbe servita più. Allora anche la sua padrona sarebbe stata niente più di un mero foglio usato, e se i suoi calcoli erano esatti mancava decisamente poco a quel momento.
Doveva però ammettere che per quanto si divertisse a stuzzicare la dottoressa, questa era stata un decisivo aiuto per i suoi esperimenti. Forse un giorno l’avrebbe dovuta ringraziare. A modo suo.
"No" continuò lui, come nulla fosse, "Prima di andare dalla padrona c'è una cosa di cui devo sincerarmi..." si diresse verso una delle piccole porte con un freddo sorriso stampato in viso.
"Serve che venga anch'io?" chiese lei.
"Si, vieni anche tu, potresti assistere a qualcosa che non dimenticherai facilmente neppure con la scarsa memoria che ti ritrovi in quel tuo cervellino..."
"Cos..." fece lei indispettita, ma lui non le diede il tempo di replicare. Le pose un dito sulle labbra e le parlò con voce suadente: "Nessun ma... se vuoi seguirmi fallo, ma resta zitta."
Lei sbuffò lievemente, soprattutto perché quel suo gesto le aveva fatto arrossare le guance come una sciocca mocciosa. Tacque e lo seguì. La porta li condusse ad un intricato labirinto di corridoi e da lì, attraverso un ultimo passaggio, arrivarono in un'altra stanza, tappezzata anch'essa di macchinari. L'unica cosa che aveva di diverso da quella precedente era una vetrina collegata da cavi, dietro alla quale facevano mostra di sé gli altri quattro sutra, conservati lì dove nessuno, eccetto loro due e la loro Padrona, erano capaci di arrivare.
"Sicuro che non dovremmo prima avvertirla?"
"Santo cielo, chiedere a te di stare zitta è inutile, vero?” Fece lui con fare stizzito: “E per cosa dovremmo avvertirla? A me sembra che le faremmo ancor più gradita sorpresa se le facessimo trovare definitivamente ultimato l'esperimento..." proferì quasi ridendo, estremamente compiaciuto di come ormai le menzogne uscissero dalla sua bocca senza che dovesse pensarci su troppo per formularle.
Mentre ancora la sua accompagnatrice cercava le parole adatte per replicare, estrasse da una tasca il sutra mancante e lo pose di fianco agli altri. Si diresse quindi verso una delle tastiere, dove prese a lavorare su alcuni codici, completamente assorto in quanto appariva di volta in volta sul monitor che aveva di fronte, incurante del resto. All'improvviso le macchine cominciarono a lavorare rumorosamente, come mai prima di allora. La luce elettrica sparì di colpo e si trovarono nella tenebra più assoluta. La dottoressa non ebbe tempo di fiatare, che la stanza venne nuovamente illuminata a giorno dalla luminosità abbagliante che cominciò a scaturire pian piano dai sutra, sempre di più, ancora più intensamente.... finché sentirono un rumore simile a quello di un interruttore che si spegne e la luce elettrica tornò, mentre il bagliore proveniente dai sutra parve solo una mera illusione. Nessuno dei due fiatò, finché lui imprecò e batté un pugno sul tavolo con quanta forza aveva in corpo.
"Maledizione!", aggiunse quasi in un soffio.
La stanza era satura di elettricità statica.
Era veramente incredibile... tutti i suoi calcoli erano risultati fin troppo ottimisti! Con le risorse attuali si trovava ben lontano da quello che era il suo obiettivo finale, che solo pochi minuti prima gli era apparso così vicino, quasi palpabile! Certo c'era di che mettersi a ridere... o piangere, a seconda dei punti di vista. L'idea che ora gli era sorta in mente era sicuramente l'unica scappatoia, ma ciò dimostrava ancora una volta che il destino beffardo si divertiva a giocare muovendo a sorpresa pezzi di una scacchiera rimasti celati in un angolo. Non era possibile! L'unica cosa che ora poteva servirgli era anche l'unica della cui scomparsa avrebbe riso solo poche ore prima. Le sue labbra si dischiusero in un sorriso sardonico, per poi tramutarsi nella risata di un pazzo.
La dottoressa Fan continuò a fissarlo alcuni istanti senza capire:
"Cosa... cosa succede?"
Nii Je Nii smise di ridere e le sorrise fissandola negli occhi:
"Succede che sto sperando che la bambina dagli occhi viola si sia salvata..."


Continua…
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Desclaimer

I personaggi di questa fiction, non sono miei ma appartengono a Kazuya Minekura.
Quest'opera non è a scopo di lucro e quindi non viene inteso violato alcun copyright.



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Benvenuti a tutti voi che avete deciso di imbarcarvi nel secondo capitolo della mia avventura! ^____^ Do innanzitutto il ‘ben ritrovati’ a tutti coloro che, nonostante tutto, continuano a seguire i parti di questa mente contorta, aiutata anche questa volta dalla solita Lalla (aiuto sceneggiatrice – beta reader), oltre dal new-entry Echant (aiuto sceneggiatore – beta reader), fate loro un applauso!!!
Beh, inutile che vi dica a cosa andate incontro, vero? ^_-
Auguro anche il benvenuto a chi si fosse cimentato direttamente con la seconda parte della mia storia (MESSAGGIO PROMOZIONALE: “Attenzione, attenzione! Se non avete ancora letto “Il Mosaico dei Ricordi”, siete pregati di farlo, soprattutto perché è una storia stupenda e l’ho scritta iooooo ^______^ //// è_é Buuu, vatti a nascondere! N.d.Tutti//// Vabbè, insomma, se proprio vi capita di leggerla per una strana congiunzione astrale, lasciatemi qualche commentino, mi fareste molto felice ç_ç…n.d.Egot – Fine del Messaggio Promozionale ^____^).
Non ho molto altro cosa aggiungere, a parte che anche questa, come il mosaico, non sarà yaoi.

Dedico questo prologo a Isil! Buon compleanno Onee-chan!^_-

Mando a tutti un bacione, ed attendo tanti commenti!!! ^_______^

Egotchan



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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


CAPITOLO 1


“A questo punto… manca solo che diventiamo gay!”


Solo che diventare gay? Solo che diventare gay? Ebbene sì. L’aveva detto solo per svagare gli animi, ma la verità non era poi che si distanziasse di molto… cos’altro di peggio poteva accadere a quel punto?!? Nelle ultime settimane ne erano successe talmente tante che quella, il diventare gay, sembrava ora l’ultimo evento tragico che potesse ancora sopraggiungere. Tragico almeno per lui, se poi gli altri la pensassero diversamente erano decisamente fatti loro. O, per meglio dire, preferiva non saperlo proprio. Poteva almeno supporre che probabilmente Hakkai fosse della sua stessa opinione, per quanto invece riguardava Sanzo… beh, ringraziò che il bonzo corrotto non possedesse poteri telepatici, altrimenti in quel momento la sua fronte avrebbe già sperimentato l’elettrizzante esperienza di una pallottola, solo per aver osato pensare una cosa simile. Gojyo prese fuori una sigaretta e se l’accese. Stava facendo dell’ironia in un momento come quello, non ci poteva credere. Certo che il suo modo di fare stava diventando decisamente grottesco.
Erano trascorse quattro settimane dall’inizio del tutto, ventotto giorni dai quali le loro vite erano uscite segnate indelebilmente.
Da una settimana avevano lasciato ormai la baita, dove Goku aveva finalmente ricomposto i suoi ricordi in ogni dettaglio. Per loro, scoprire i legami con le loro vite passate era stato uno shock, nonostante non lo volessero ammettere, ma mai quanto lo era stato l’avvicendarsi di circostanze delle due settimane precedenti: l’attacco dei demoni, la creatura che aveva attaccato le ferite dei loro cuori, la sparizione del sutra, la furia del Seiten Taisei che aveva rischiato di uccidere Sanzo ed infine il senso di colpa di Goku, che lo aveva portato a cercare di compiere quel gesto estremo…
Basta! Doveva smettere di pensarci, ma non ci riusciva.
Poteva almeno consolarsi col fatto che ora potevano continuare il viaggio tranquilli, o quasi.
Stavano discendendo il monte Kongya dall’altro versante, avventurandosi per i sentieri che, dopo settimane di intense nevicate, erano stati ricoperti da uno spesso manto di bianchi cristalli d’acqua. Gli alberi spettrali brillavano alla tenue luce del sole e, nel sottobosco, gli animali restavano chiusi al sicuro delle loro tane; solo qualche timida impronta era testimone del fatto che uscissero a procacciarsi del cibo, di quando in quando.
Hakkai ormai si era ripreso dalla ferita alla spalla, come anche Sanzo da quella all’addome, che sembrava essere peggiorata dopo l’ultimo scontro avvenuto quell’infausto giorno nella radura. Anche Goku, nonostante quanto avvenuto, era nuovamente in piedi. Pian piano aveva ricominciato a parlare ed aprirsi con loro. Ora correva, saltava, si lamentava - insomma, il solito! - anche se in realtà meno di quanto facesse in precedenza. Era… diverso, se questa parola poteva rendere l’idea. Era… oh, accidenti! A guardarlo adesso si sarebbe potuto dire che il più piccolo del loro gruppo... Il più… piccolo? Aveva appena scoperto che Goku era un essere vissuto probabilmente per più di cinquecento anni e osava ancora considerarlo più piccolo di loro?!? Smise un attimo di pensarci, mentre un brivido scendeva giù lungo la spina dorsale. Perché lui, Gojyo, avrebbe continuato a considerare Goku sempre come la scimmietta, il tenero e rompiscatole fratello minore a cui aveva imparato a voler bene. Nonostante questo, però, ora si poteva dire che quel loro fratellino fosse come cresciuto tutt’a un tratto. Non fisicamente, no! Tutt’altro. E neppure nel comportamento, oh no! Faceva di tutto per apparire com’era prima, in parte per evitare che loro tre si preoccupassero – sì, tutti e tre, perché anche quel maledetto bonzo si impensieriva. Ma gli occhi, Goku non poteva nasconderli: lo sguardo che vi si intravedeva non era più quello della scimmia spensierata di un tempo. Per quanto si sforzasse di comportarsi come prima si vedeva che non era così.
Nonostante ciò il viaggio si poteva dire continuasse tranquillo… o quasi.
Per quanto riguardava gli attacchi dei demoni, al momento potevano dirsi al sicuro. Con la sparizione del sutra erano scomparsi anche gli innumerevoli assalti che avevano contraddistinto il loro cammino fino a quel momento. Quasi quasi rimpiangeva però ora i tempi – neppure fossero settimane prima! – in cui quella pergamena, che il loro simpatico bonzo si portava sulle spalle, era stata come un’enorme freccia lampeggiante costantemente puntata su di loro, a far convergere puntualmente tutti i demoni del circondario. Come gli sarebbe piaciuto avere adesso tra le mani uno di quegli inetti da falciare con la sua mezzaluna! Sarebbe stato il giusto diversivo per sgranchire i muscoli e sfogare la tensione che tutti quei terribili avvenimenti avevano portato.
Come se tutto ciò non bastasse a tormentare i pensieri del Kappa, un nome ed un volto continuavano a renderlo sempre più inquieto: quello di Nataku. Certo, dovevano ringraziarlo, altrimenti ora Goku non sarebbe stato lì con loro. Se Nataku non fosse riuscito a bloccare la sua mano, un attimo prima che il dito scivolasse sul grilletto, avrebbero dovuto dire addio per sempre alla scimmia, cosa di cui si sarebbero incolpati probabilmente per il resto dei loro giorni, non essendo riusciti a fermarlo, né a dargli un aiuto quando ne avevano avuto la possibilità.
Indubbiamente gli dovevano essere grati, e lo erano. Se non fosse apparso non sarebbero potuti fuggire dalla radura indisturbati. Le loro condizioni erano critiche, e la potenza della sua spada li aveva protetti, fungendo da scudo tra loro ed i demoni. L’intervento di Nataku era stato provvidenziale per la loro stessa incolumità. Dovevano ringraziarlo, per aver permesso infine a Goku di fuggire a quell’antro oscuro in cui si era rinchiuso, riuscendo a liberarsi di un senso di colpa che non aveva ragione di esistere. Perché i ricordi che erano rimasti alla stupida scimmia della sua vita nel Tenkai erano stati offuscati dal senso di colpa che era maturato per l’aver visto le persone a lui più care morire davanti ai suoi occhi, nell’estremo tentativo di salvarlo. Un senso di colpa che si era poi tramutato in certezza di averli uccisi con le proprie mani. Nataku aveva rivelato com’erano invece andate le cose, dissipando così ogni dubbio sulla realtà dei fatti. Già, dovevano proprio essergli riconoscenti… Però, prima di sparire insieme al ‘Simbolo dell’oscenità e dell’amor proprio’, ovvero a quell’essere dal sesso non ben definito che si faceva passare per la ‘Dea della Misericordia’ – e grazie al cielo che era della misericordia! Sembrava godere immensamente ad apparire davanti a loro nei momenti peggiori, con il solo scopo di sfotterli allegramente!- Beh, insomma, prima di andarsene Nataku aveva promesso che, prima o poi, sarebbe tornato. Quell’affermazione, apparentemente innocente, aveva nello sguardo del giovane dei capelli argentati un significato ben più profondo, quasi un avvertimento, anzi, no, una minaccia. I suoi occhi avevano chiaramente espresso che sarebbe tornato per uno scopo ben preciso, un intento che da anni aveva atteso di realizzarsi, e Gojyo avvertiva che ciò non avrebbe portato nulla di buono. Per quanto tra di loro non ne avessero più parlato, era sicuro che anche gli altri due componenti del gruppo fossero affatto felici di quell’affermazione.
In fondo, cosa sapevano loro di questo Nataku? Oltre al fatto di esser stato un amico di Goku quando viveva nel Tenkai, di esser stato in coma per cinquecento anni e di avere gli occhi dello stesso colore di quelli della scimmia, non sapevano nulla. E poi cosa mai avrebbe voluto lui, da Goku? Avrebbe voluto solo… parlargli? Sì, certo, come no… già se l’immaginava il brillante dialogo che sarebbe sorto:
‘Nataku!’
‘Ciao Goku! Guarda, quell’androgino mi ha portato via l’ultima volta e non mi ha lasciato finire… Tu comunque adesso come stai? Stai bene? Beh, sono cinquecento anni che non ci vediamo e, visto che finalmente ho terminato di parlare col vecchio che governa i piani alti, sono passato giusto un attimo per terminare quanto volevo dirti: ora che ci siamo ritrovati non voglio più perderti di vista, amico mio! Quindi, ogni qualvolta vorresti che ci incontrassimo, che ne so, per andare a prendere un gelato, chiamami e verrò immediatamente!’
‘Perché solo un gelato? Andiamo a prenderci anche i nikuman!’
‘Sìììì!!!’
Gojyo assunse una strana espressione mentre immaginava Goku e Nataku che saltellavano in mezzo a loro con i nikuman in mano, tanto da attirare l’attenzione di Hakkai che l’osservò con aria interrogativa.
“Che c’è Gojyo, qualcosa non va?” gli chiese il demone dagli occhi gentili. Sanzo e Goku si bloccarono anch’essi, voltandosi verso di lui.
“Hey, hey, cos’avete da fissarmi a quel modo, mica ho qualche strana malattia!!” cercò allora di ribattere il mezzodemone, riportato bruscamente alla realtà dai loro sguardi.
“Peccato.” asserì Sanzo, voltandosi nuovamente, “Non avrei esitato a mettere fine alle tue sofferenze.”
“Tu, maledetto bonzo…!!!” Mentre cercava di rispondergli a tono, Gojyo si ritrovò a sorridere quasi senza avvedersene; per un attimo, gli era quasi sembrato di respirare nuovamente l’atmosfera che si viveva attorno a loro prima che accadessero tutti quegli infausti eventi. Ma fu solo un istante. Infatti non poteva essere così, sarebbe stato impossibile. Per quanto si fossero sforzati d’ora in avanti, non sarebbero più potuti tornare indietro, era evidente.
Hakkai vide il rosso spostare lo sguardo su Goku che camminava al fianco di Sanzo, mentre la sua espressione si faceva più penetrante. Anche lui, come Gojyo, era convinto del fatto che, nel momento in cui il ragazzino di nome Nataku fosse riapparso, sarebbe accaduto qualcosa. Non sapeva esattamente cosa, ma avvertiva che ci sarebbe stato un grosso cambiamento che avrebbe coinvolto loro per primi. Indubbiamente, anche solo cercando di raccapezzarsi negli spezzoni di dialogo ascoltati tra la Venerabile Kanzeon Bosatsu ed il giovane Dio della Guerra, sembrava chiaro che quest’ultimo non si sarebbe preso la briga di scendere dal Mondo Celeste per ingaggiare con Goku solo una futile chiacchierata. Ed allora? Se non era solo per parlargli, cosa avrebbe fatto? Gli avrebbe chiesto di seguirlo? Di andare via con lui, abbandonando loro tre? E se sì, a qual fine? Cosa mai poteva volere lui, da Goku?!?


***



L’acqua scendeva giù dal cielo a scrosci sempre più violenti. Le gocce d’acqua scalfivano le foglie degli alberi, che si piegavano alla furia degli elementi. Nella foresta non si udiva altro suono che l’insistente ticchettio della pioggia. Giù in fondo, dove gli alberi erano più rigogliosi, sorgeva una parete di roccia, sulla quale si apriva una fenditura che, ad osservarla, poteva sembrare la tana di qualche grosso predatore. La luce sembrava che lì trovasse la propria fine.
All’improvviso, una figura uscì precipitosamente dall’antro mentre, per la prima volta quella notte, un urlo disumano squarciò il rumore degli scrosci di pioggia:
“LIIIIRIIIIINNN!!!!”
Altre tre ombre seguirono la prima. Dopo un breve inseguimento, l’ombra fuggiasca, che ora acquistava la fisionomia di una ragazzina, venne acciuffata per gli abiti, ma questa, dimenandosi, diede inavvertitamente un calcio negli stinchi al suo aggressore e riuscì a fuggire di nuovo. Per qualche istante alla ragazzina parve di essere in salvo, quando le ultime due figure si posero imponenti a sbarrarle il passo. Si voltò alla ricerca di una via di fuga ma, non trovandola, non le rimase che un’ultima strategia: sfoderò lo sguardo più innocente ed afflitto che le riuscì e, mettendosi in ginocchio, con voce supplichevole miagolò:
“Fraaatellooooneeeee, ti giuro-ti giuro-ti giuro che non l’ho fatto appoooostaaaa…”
Chi avrebbe potuto resistere? Gli sguardi dei due assalitori si addolcirono di colpo e una mano le si posò sulla testa, arruffandole i folti capelli ramati:
“Signorina Lirin…”, cominciò una dolce voce di donna “…non vi preoccupate, troveremo comunque una soluzione, ma non scappate più in questa maniera… nessuno di noi è arrabbiato con voi… ora torniamo all’interno della grotta, altrimenti rischierete di prendere un raffreddore… ”
“Allora, Kou, che facciamo, la perdoniamo?” chiese la voce della seconda ombra, appartenente ad un robusto giovane – o, per meglio dire, ad un demone – dai corti e neri capelli a spazzola. Anche lo sguardo d’ametista della donna demone che aveva parlato prima si volse al giovane sovrano che, zoppicando vistosamente, si stava avvicinando con aria minacciosa.
“Principe Kougaiji?”, chiese ancora preoccupata la demone Yaone. Il sovrano le passò accanto e, raggiunta la sorella, le sferrò un affettuoso pugno sulla testa.
“Questo”, cominciò tetro, “è per il calcio”. Subito dopo aprì il palmo della mano e ripeté la stessa azione che Yaone aveva compiuto poco prima, mentre il suo volto si apriva ad un dolce sorriso. “Si è fatto tardi.”, continuò, “Torniamo indietro… discuteremo domani mattina sul come ovviare il problema…”
La pioggia sembrò ingrossare mentre i quattro si dirigevano nuovamente verso la grotta, cercando di sfuggire alla furia degli elementi. Non appena scomparvero all’interno della cavità, cominciò a soffiare anche un forte e deciso vento proveniente da Nord-Est, ma questo non disturbò il loro sonno.
La notte passò tranquillamente.
Il mattino seguente, il sole, dopo aver giocato a lungo a nascondino con le nuvole, illuminò ad un tratto i lunghi capelli color carota che avevano fatto nuovamente capolino dalla grotta.
La giovane si stava guardando attorno, quando il suo sguardo fu catturato da qualcosa che era volato sopra la sua testa. Rimase quindi per qualche istante a fissare l’uccellino che continuava ad attraversare cinguettando allegramente l’azzurro immenso del cielo. Gli occhi viola di Lirin, testimonianza della sua appartenenza alla stirpe demoniaca, venivano abbagliati dall’intensità di quella luce. Nelle ultime settimane aveva passato troppo tempo segregata nell’oscurità, a nascondersi da occhi indiscreti, a fuggire il più lontano possibile da quel luogo che una volta aveva chiamato casa e che poi aveva dovuto definire prigione, troppo tempo a celarsi da lei… sua madre
Una lacrima vinse la lotta e riuscì a solcarle la guancia, ma lei si affrettò ad asciugarla tirando su rumorosamente col naso. Non seguì alcun segno di tristezza. Perché in fondo, anche se era stata usata da quella che, più che chiamare madre, avrebbe dovuto ormai considerare solo come la propria genitrice, c’erano anche delle persone che le volevano bene: Doku, così austero ma gentile. C’era Yaone, così protettiva nei suoi confronti. E poi lui, la persona per lei più importante: suo fratello Kougaiji, che le perdonava ogni marachella, e che infine non aveva dato segno di volerla punire anche il giorno precedente quando, inavvertitamente, aveva calpestato – e distrutto - uno dei limitatori del potere demoniaco che sarebbero serviti loro per andare a raccogliere informazioni nel prossimo villaggio…
Aprì le braccia come due ali e cominciò a volteggiare nello spiazzo come un uccello.
Però anche il loro volerle bene si poteva rivelare fastidioso. Da quando erano fuggiti le avevano impedito di muovere un singolo passo senza la loro sorveglianza. Sapeva che lo facevano per il suo bene, ma a volte sarebbe voluta tornare indietro, a quando non dovevano ancora nascondersi, a quando non aveva ancora la certezza che sua madre… che lei per sua madre rappresentasse solo uno dei tasselli per completare il suo piano. Nulla più di questo.
“Signorina Lirin! Signorina Lirin! Dove siete finita? Non vi si può proprio perdere di vista un momento!”
La ragazzina girò la testa e, piroettando su se stessa, si diresse verso l’entrata della grotta dove ad attenderla c’era l’altra ragazza demone: dimostrava poco più di vent’anni ed aveva i capelli di un viola scurissimo che rasentava il nero corvino. Erano raccolti in due lunghe code che partivano dalla sommità del capo ed arrivavano a metà della coscia, poco sopra le ginocchia. Il tono con cui parlava, dolce e pacato, era in contrasto con l’ansia e la preoccupazione che albergavano nei suoi occhi, dello stesso colore dei suoi capelli:
“Signorina Lirin, vi prego, non sparite di nuovo così, senza dire niente a nessuno”.
“Ma Yaone! Avevo visto un uccellino… era così carino…” cercò di spiegarle Lirin con tono smielato. Cominciò a fissare Yaone con lo sguardo da gattino ruffiano, finché l’altra demone si mise una mano nei capelli:
“D’accordo, d’accordo…”, disse con fare rassegnato, “Per questa volta passi, ma vi prego di non scomparire più in questa maniera: è già la seconda volta in meno di ventiquattr’ore, ve ne rendete conto?”

Entrarono nella grotta, dove trovarono Dokugakuji e Kougaiji seduti davanti alla cartina della regione. Si trovavano ora nei pressi della catena montuosa che aveva nel monte Kongya la sua vetta principale. Da quanto avevano udito, sembrava che il gruppo di Sanzo avesse intrapreso proprio quella via.
Il problema che dovevano risolvere ora poteva sembrare meno grave di quanto in realtà non fosse di primo acchito: dovevano superare il prossimo villaggio senza dare troppo nell’occhio, nonché andare alla caccia di ulteriori informazioni sulla strada che avevano imboccato il bonzo ed il suo seguito, per raggiungerli al più presto. Kougaiji aveva ormai capito che, da solo, nulla avrebbe potuto contro la matrigna, ed il solo modo che aveva per ottenere quanto più desiderava, ovvero il risveglio di sua madre Rasetsunyo, era unirsi a coloro che già stavano viaggiando per combattere Gyokumen Koshu. Aveva preso questa decisione subito dopo la liberazione della sua preziosa sorellina, che considerava così anche se avevano lo stesso sangue solo da parte del padre Gyumao. Non avrebbe più permesso a nessuno di manipolarlo e di tenerlo lontano dalle cose a lui care, ma non avrebbe di certo potuto agire da solo, e non poteva fidarsi dei demoni. Da quando avevano salvato sua sorella dal laboratorio del Professor Nii, che stava compiendo su di lei degli esperimenti per conto della madre Gyokumen Koshu, aveva smesso di servirsi delle informazioni derivanti da loro; c’era sempre il rischio di venir localizzati, e questa era l’ultima cosa che volevano accadesse.
“Eccomi, fratelliiiinoooo! Che c’è, che c’è, cosa state facendo?” cinguettò Lirin entrando di volata dentro la grotta.
“Stavamo finendo di discutere gli ultimi dettagli prima di partire. Visto che l’ultimo limitatore del potere maligno è andato perduto” e così dicendo lanciò una frecciatina allusoria verso la sorella, che fuggì a nascondersi dietro a Doku all’istante, “per passare attraverso il prossimo villaggio voi tre utilizzerete i limitatori rimanenti, mentre io verrò da demone… abbigliato però in maniera tale da non destare sospetti tra gli umani.”
“Fratellooooneeee, Lirin ha una domanda! Perché non posso fare finta io di spacciarmi per un’umana senza limitatori?” chiese la sorella col solito tono gioioso ed ingenuo.
“Beh, signorina Lirin, innanzitutto perché voi sareste sicuramente quella che darebbe più nell’occhio, in quanto non state mai ferma un secondo…” rispose Yaone con fare garbato.
“Mmmm, peccato… E allora perché non Doku?”
“Beh…”, continuò Yaone, “ perché Doku è molto robusto, e lui finirà per catalizzare l’attenzione su di sé anche senza segni della sua vera natura…”
“Ed allora perché proprio il fratellone?”
“Perché tra noi due è quello che avrebbe più possibilità di difendere tutti nel caso di un qualsiasi pericolo…” concluse la demone dai lunghi capelli viola con un sorriso.
“Mmmm…”, finì per commentare la sorellina irrequieta “E come farà mio fratello a spacciarsi per un umano, senza far vedere le orecchie e il tatuaggio sul volto, per giunta?”
Doku, seduto a terra, represse a forza un risolino e si sforzò di restare serio, mentre Yaone sorrideva nuovamente a Lirin:
“Beh… per le orecchie userà una bandana…” le spiegò affabile “mentre nasconderà il tatuaggio indossando una mascherina per il raffreddore e usando una cospicua dose di fondotinta!”


Continua…



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*Siparietto finale*
Egot
: Tatataaaaa! Ben ritrovati a voi! ^________^ Già che ci siamo, diamo il benvenuto alla new entry della fanfiction che, anche se non ho minimamente calcolato mentre scrivevo il mosaico, mi si rivela ora utile nella sua continuazione! Ecco quindi a voi il grande, stupendo, magnifico… Principe Kooooougaiji!!! Applaudite!!!^_________^
Tutti: Sì, forza Kou, sei tutti noi!!! ^O^
Kou: ….
Egot: Che succede, Kou, ti senti male? Sei la star del momento, sicuro di non voler dire nulla?*_*
Kou: …il fondotinta… non c’era… sul contratto… ;__;
Egot: Oh, quisquiglie! Non dirmi che un attore del tuo calibro non si è mai messo un po’ di cerone sulla faccia, suvvia!^O^
Kou: Voglio la mamma ;___;
Egot: Se farai il bravo, forse te la restituisco alla fine della fic, d’accordo? ^_________^
Goku: Eh, povero Kougaiji…
Sanzo: Ha voluto la bicicletta? E adesso che pedali…
Hakkai: Forse era meglio avvisarlo che non era una buona idea entrare in questa fiction…
Goku: Già, chissà cosa l’attende, poverino…;_;
Gojyo: Oh, ma come siete melodrammatici… vieni Kou, vieni con noi! Andiamo in quel localino all’angolo…ti insegno come sopravvivere a questo mondo crudele… ^_^
Kou: Ma allora, ditemi la verità… era per questo che quando sono arrivato dal Giappone e vi ho chiesto come andava la vita, vi siete catapultati in quel locale e vi siete sbronzati alle sette di mattina? ;_; Cioè, non tutti… Hakkai sembrava sobrio, in realtà…
Hakkai: O_^…avrei preferito non esserlo… il mio fegato stava cominciando a manifestare segni di scortesia e la sensazione era affatto piacevole…
Egot: Beh, ragazzi, come si dice, mal comune, mezzo gaudio! ^O^
Tutti: Alla faccia del gaudio… -____-;
Egot: Vabbè, costoro non hanno il minimo senso dell’umorismo! ^__^ Allora gente, eccomi comunque nuovamente tra di voi! So di avervi fatto attendere molto, ma purtroppo questi sono i miei tempi… Inoltre sto diventando sempre più una lumaca nello scrivere, è allucinante! Spero comunque che continuerete a sostenermi -___- , quindi mi raccomando, attendo i commenti! *_*

Un mega ringraziamento a Trin, per l’aiuto datomi con questo capitolo! Graaaazie!!!!\*_*/

Passo quindi a dare le risposte a tutti!\*_*/

@Isil: Grazie del commento!!! Se ho intenzione di dare la supremazia a Nii? Eheh…tu che ne dici? ^O^
@Murasaki: Ciao carissima! Allora, anche se te l’ho già fatto sapere, rispondo qui per tutti: Ukoku Sanzo (amico di Komyo) e Nii Je Nii sono la stessa persona! E’ una scoperta che si fa all’interno del nono volume^^ Grazie quindi del commento, questo prologo lo avevo in mente già da tempo, e sono felice che ti piaccia l’atmosfera*_*…mentre per il fulcro vero e proprio della storia ci vorrà ancora qualche capitolo^_-
@Clov3r: Ehilà! Non mi attendevo di trovarti anche su EFP, comunque, grazieee!!!
@Sally: Hola! Bene, bene, sono contenta che si capisca la parte riguardante Nii ‘giocattolaio e manovratore’, è una delle parti che mi piace di più della sua figura *_* E se ti è piaciuto Nii, e ti attendi cosa ha in serbo per Sanzuccio…eheh, allora sospetto che il mio capitolo preferito ti piacerà *_*
@Shaolin: Grazie millee!!!
@Lorusgra: Perché solo principessa? Chiamiamola Regina! (Mai letto Bakurestu Hunter?^^)
@Veronique: Un gradino sopra? Mah, io lo spero tanto! La mia più grande paura è proprio quella di non riuscirvi! *_*;;;
@Kairi84: Cara, sì, lo so, le attese con me sono estenuanti, e mi dispiace immensamente!*_*;;;
@Kakashi: Grazie mille del commento!^O^ Comunque sì, Nii lo definisce così nel nono volume del manga… quando si scopre che anche lui era stato un Sanzo e aveva conosciuto il ‘nostro’ Sanzo, all’epoca dodicenne (all’incirca), e…l’aveva scambiato per una bambina! *_*;;;


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