Hunger Games 2

di Longview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I know it's hurting you but it's killing me ***
Capitolo 2: *** Can anybody help me makes things better? ***



Capitolo 1
*** I know it's hurting you but it's killing me ***


*parte colonna sonora di "2001: Odissea nello spazio"*
Hi guys! Here I am! (E tu chi sei? n.d. tutti) Sono tornata finalmente con il seguito di Hunger Games! Sì, magari vi starete chiedendo il perchè non stia pubblicando questa storia con lo stesso account con il quale avevo pubblicato la prima... beh, il fatto è che ho deciso di creare un account solo per me un po' di tempo fa e, siccome l'altro lo userò (useremo) solo per le ff scritte a quattro mani, ho pensato bene di pubblicare con questo :3
Beh... cavoli, non so che dire! Mi fa strano essere tornata dopo relativamente così poco tempo... però vi devo avvertire che, purtroppo, non so con che frequenza riuscirò ad aggiornare... nel senso, la mia idea è quella di aggiornare una volta alla settimana, ma siccome tra una decina di giorni (sigh) ricomincia la scuola e non so come sarò messa con impegni vari (primo anno di superiori, liceo classico... comprendetemi) non posso garantire la puntualità... poi in più settimana prossima forse vado via qualche giorno, quindi non avrò neanche tempo di scrivere. Insomma, io ci tenevo a pubblicare questo primo capitolo ma, come ho già detto, non posso garantire una scadenza precisa per i prossimi... mi spiace, spiace tanto anche a me ma... non posso fare altrimenti. Scusatemi!
Ora, che ne dite, vi lascio alla lettura? Sì, con un po' di paura però, perchè so già che arrivati alla fine mi vorrete far del male... facciamo che ci vediamo alle recensioni, mh? Se dovete insultarmi o se notate errori o cose del genere (ho riletto il capitolo circa tremila volte, ma so già che ci sarà qualcosa che mi sono lasciata sfuggire o frasi insensate...) fatemi sapere tutto nelle recensioni :3
Ora vi lascio, con l'augurio che questo seguito riesca ad appassionarvi come la prima storia, e che in ogni caso vi piaccia!
Baci,
Longview

p.s. il banner non ho so perchè ho deciso di crearlo, mi piaceva l'idea. Se piace anche a voi, potrei crearli per tutti i capitoli a venire :3









Billie’s P.O.V.

Quanto tempo è passato? Credo due, tre mesi da quando abbiamo vinto gli Hunger Games. E le cose continuano ad andare sempre peggio, almeno per me.

Quando siamo tornati a casa mi sembrava di non poter chiedere di meglio, e inizialmente è stato così: mia madre ha smesso di trattarmi freddamente come al solito, ha addirittura pianto quando mi ha rivisto. L’ho vista finalmente felice dopo tanto tempo. Era entusiasta di riavere indietro suo figlio e di poter vivere in una maniera un po’ più decente.

Perché ci siamo trasferiti nel Villaggio dei Vincitori, un piccolo quartiere non molto lontano da dove abitavamo prima, nel quale alloggiano coloro che hanno vinto i Giochi nel nostro Distretto. Quindi ci siamo io, Matt Shadows e Mike con la sua famiglia.

Ebbene sì, ora sono anche vicino di casa di Mike.

Da quando abbiamo fatto quella specie di discorso non ci siamo più parlati se non per scambiarci qualche convenevole e fare scena durante le interviste o quando c’è stato il Tour dei Vincitori.

Perché, tra le altre cose, poco prima che iniziasse il tour tra i Distretti è venuto a farmi visita il presidente White; inizialmente ho faticato a comprendere il vero motivo per il quale fosse entrato in casa mia quest’uomo dai capelli brizzolati e il portamento regale. Non sapevo neanche chi fosse, prima di allora.

Questo particolare personaggio, che nientemeno è che il “capo” di tutta Capitol City e di conseguenza colui che governa ogni Distretto, mi ha confidato tutto il suo disappunto a riguardo di ciò che mi sono permesso di fare per vincere gli Hunger Games. Inoltre, mi ha vivamente consigliato di far credere alla gente che quello sia stato un gesto dettato dal mio smisurato amore nei confronti di Mike.

Ovvio che non ho potuto fare altrimenti, visto che alla mia vita ci tengo ancora.

Quando poi ho tentato di spiegare la situazione a lui, stranamente ha deciso di stare al gioco. Ma quando le luci si sono abbassate e i riflettori non sono più stati puntati su di noi, siamo tornati ad essere distaccati evitandoci a vicenda.

Poi, che altro dire? Beh, Zacky quando ero appena tornato ha iniziato a passare quanto più tempo poteva con me: ci mancava solo che la sera si addormentasse tra le mie braccia. Però col tempo ha cominciato a farmi varie domande su ciò che era accaduto nell’arena, perché in fondo lui voleva sapere se quello che c’era stato lì dentro tra me e Mike fosse… vero.

A lui non potevo mentire, non me la sentivo, e gli ho raccontato tutto.

Si era subito accigliato, difendeva il ragazzo del pane dicendo che ero stato un ipocrita.

Dopo quello anche il rapporto con Zacky è andato via via scemando, tanto che ora quasi non ci rivolgiamo la parola.

La notte non dormo, gli incubi hanno ripreso a tormentarmi e spesso piango. Mi sento in disaccordo con me stesso, la mia vita sta andando di male in peggio da quando i Giochi sono terminati.

Prima credevo di essere forte, ero sicuro che sarebbe stata dura ma che io ce l’avrei fatta comunque, ma ora… beh, ora non ho più niente.

Più che litigi e urla non sono riuscito a ricavare da quelli a cui voglio bene. Mike e Zacky mi evitano, mia madre dopo le prime settimane di euforia è tornata la stessa di tutti i giorni e… “e” cosa? Chi altro ho, io? Matt, il mio ex mentore, lo vedo oramai ogni giorno, a meno che non sia rinchiuso in casa, ma anche lui ha un atteggiamento ostile nei miei confronti. Non che prima fosse diverso, ma quando gli ho spiegato a grandi linee quello che era successo mi sono beccato una bella lavata di capo.

“Oltre ad aver spezzato il suo cuore, stai mettendo a rischio la tua vita, Billie!! Una rivolta è in corso nel Distretto 11, e sai bene che la scintilla che l’ha fatta scoppiare è stato il tuo gesto!! Se non dimostri di averlo fatto per amore, capisci che ti fanno fuori quelli?! E tra le altre cose, sei stato anche capace di mentire a te stesso! Tu ami quel ragazzo, ma sei troppo orgoglioso per riuscire ad ammetterlo!!”

Tremo ancora al ricordo. Il suo tono di voce non ammetteva repliche, e il suo sguardo era stranamente preoccupato. Ho riflettuto a lungo sulle sue parole, soprattutto quelle che riguardano il mio amore per Mike.

Ma io lo amo? Non lo so, io sono insicuro, ecco perché ho preferito lasciar perdere tra noi due. Anche se fin dal primo momento ho saputo di aver fatto un errore madornale.

Attraverso a testa bassa l’ultimo vicolo che mi separa da casa: alla fine questa passeggiata non è servita a un bel niente, sono ancora più confuso di prima.

Quando arrivo alla piccola piazza attorno alla quale sono disposte le varie abitazioni, noto la porta dei Pritchard aperta e il figlio stravaccato su una sedia all’esterno, a legger chissà quale genere di libro.

Fingo di non averlo visto e allungo il passo, anche se so bene che non gli verrebbe mai in mente di fermarmi e iniziare a parlare da persone civili. O forse mi sbaglio.

-Ehi, Billie-

Potrei anche fare come se non l’avessi sentito, ma con il silenzio che c’è qua attorno sarei poco credibile. Rallento lentamente e mi volto verso di lui, sempre sulla difensiva.

-Ho detto “ehi, Billie”. Non si usa più salutare da queste parti?- chiede strafottente.

-Oh, certo. Ciao Michael!- saluto fingendo contentezza -così ti va bene?-

Mugugna un verso d’assenso prima di tornare con gli occhi sulle pagine del suo libro; quindi io mi appresto ad andarmene, anche perché credo che presto verrà a piovere.

-Ehi, dove scappi? Vieni qua, dai- mi fa cenno con una mano di sedermi lì vicino a lui, su una delle sedie vuote posizionate attorno al piccolo tavolino in legno di loro proprietà.

Facendo spallucce mi siedo, attendendo fin troppo pazientemente. Dopo qualche minuto chiude il volume, probabilmente ha finito il capitolo.
-Come va?- domanda svogliatamente.

-Di sicuro bene prima che ti vedessi- grugnisce dopo questa mia affermazione, evidentemente contrario.

-Come siamo acidi, Armstrong…- in quel preciso istante qualche goccia inizia a cadere dal cielo, destandolo -anche le nuvole sono del mio stesso parere. Forza, vieni dentro o qui ci bagniamo tutti-

-Io veramente vorrei andare…-

-Suvvia, cosa ti costa farmi un po’ di compagnia? Oggi sono solo a casa…- sorride beffardo, e io lo guardo stranito. Cos’è questo cambio repentino? Fino a ieri se poteva mi avrebbe insultato, e ora mi invita a passare del tempo con lui. È strano o pazzo, non ci sono altre spiegazioni… oppure al contrario è ancora completamente innamorato di me.

No… spero di no.

Lo seguo all’interno e noto che, ad esclusione dell’arredamento , è completamente identica a casa mia: un piccolo ingresso a cui collegato un ampio salone con cucinino a vista e sulla sinistra le scale che portano al piano superiore. La vera differenza è che qui l’ambiente sembra molto più luminoso, arioso, mentre da me l’aria è soffocante, mi sento alle strette lì dentro.

Mi siedo su un divanetto di fronte al camino, posto sulla parete affianco alle scale, e attendo che Mike smetta di vagare in giro alla ricerca di non-si-sa-che-cosa.

Alla fine si ferma e mi osserva sollevando un sopracciglio: -Vuoi qualcosa da bere?-

-No- rispondo, forse un po’ troppo frettolosamente, ma in fin dei conti non ho voglia di trattenermi più del dovuto qui.

Mike si siede affianco a me, girato nella mia direzione, e prende a fissarmi. Dopo qualche minuto mi stufo e sbotto: -Cos’hai da guardare??-

-Non saprei Armstrong, adesso non posso neanche più guardare le persone?-

-La smetti di chiamarmi per cognome? È fastidioso-

-Invece secondo me è divertente- sento una nota di spasso nella sua voce, come se realmente si stesse divertendo a prendermi in giro: anche se senza voler essere cattivo.

-E perché mai dovrebbe?- anch’io mi lascio andare, mettendo da parte qualche secondo i miei modi acidi e insensibili.

-Perché sei buffo poi quando ti arrabbi- e per calcare sul fatto, inizia a sghignazzare.

-Ah sì? Io sarei buffo?-

-Sì! Per questo mi piace farti incazzare- va avanti a ridere, e io intanto metto su il broncio. A lui piace farmi incazzare solo perché sono buffo? Non gli credo. Dai, in tre mesi significa che non è mai stato in collera con me? L’ha fatto solo per gioco? Non avrebbe senso. Insomma, il gioco è bello se dura poco, e lui mi vuole far credere che l’ha portato avanti per mesi e mesi senza motivo? Umphf, che mi faccia il piacere.

-Sì, certo- dico, sarcastico.

-E quindi? Questo è tutto ciò che hai da dire? Io ti prendo per il culo e tu non reagisci? Dai, così non c’è più gusto…-

-Il trucco non vale più se conosci già le regole-

-E questo cos’è, una delle tue perle di saggezza?- nuovamente, ricomincia a ridere, facendomi sbuffare e sentire in imbarazzo per le sue prese in giro.

-Ehilà? Non ci credo che non ti vuoi incazzare neanche un po’ per quello  che ti ho detto… insomma, dov’è finito il tuo “non si sfotte Billie Joe Armstrong”?- mi chiede dopo una piccola pausa. Avvampo a quelle parole, poiché ricordo bene a cosa sono collegate, e forse so anche dove vuole andare a parare con tutto questo.

È furbo il ragazzo. Sposto lo sguardo su di lui, che mi rivolge un sorrisetto malizioso, e allora ogni dubbio in me scompare: sì, ho ben capito a cosa sta mirando. Ma allora è vero che non è mai stato arrabbiato con me…? O magari… magari vuole solo approfittare del momento e vedere come potrebbe finire la cosa. Quindi-quindi lui è ancora innamorato di me… altrimenti non ci avrebbe neanche mai provato.

Forse dovrei accontentarlo. In fondo, che male c’è? Nessuno verrebbe mai a sapere che forse in realtà non me ne frega niente. E di sicuro lo farei felice, no?

No un momento, non so più neanch’io cosa stia pensando. Non ci capisco più nulla.

-Esatto, non si sfotte Billie Joe Armstrong, ok?- gli poso una mano sulla spalla, sorridendo beffardo, tentando di tenergli testa.

Sempre con quel suo ghigno stampato in volto, lo vedo avvicinarsi lentamente, fino a far sfiorare le nostre labbra. Deglutisco, piuttosto imbarazzato e confuso: insomma, fino a ieri non mi rivolgeva la parola, e ora è qua a provarci spudoratamente con me.

Ma non ho voglia di tirarmi indietro, qualcosa dentro di me… mi dice di non farlo.

E io non posso fare a meno di ascoltare questo “qualcosa”.

Ci scrutiamo a vicenda, scavando all’interno dell’iride colorata; da quanto non mi fermavo ad osservare questi piccoli squarci di cielo? Mi fissa intensamente, mi sento affogare nel mare dei suoi occhi, e lui a sua volta si adagia e si lascia cullare dal prato verde dei miei; insieme si fondono e si coccolano, non facendomi capire più niente.

Le sue pupille guizzano verso il basso, e il suo respiro si fa leggermente più affannoso; lo sento direttamente sulla mia bocca, cosa che mi scuote con un brivido lungo la schiena.

Non mi capacito di tutte queste emozioni, non dovrei provare nulla, eppure mi sento così vulnerabile e la voglia di consumarlo, vedere quelle labbra sottili e la sua pelle arrossarsi sotto i miei baci è tanta. Non so che mi prende.

Socchiude gli occhi e mormora qualcosa che, nonostante la vicinanza, non riesco a cogliere, poiché le mie orecchie sono toppate dal battito del mio cuore, che impazza nel mio petto agitato; sembra voglia esplodere da un momento all’altro, ma non per imbarazzo o chessò io, ma per la tensione e… l’aspettativa? Oddio, mi sembra strano pensarlo, ma sì, non so perché ma sospetto -o forse spero- non ci fermeremo ad un semplice bacio.

Che questo sia stato il suo obiettivo fin dall’inizio…?

Preme prepotente le labbra contro le mie, stupendomi con tutta questa audacia. Porta una mano tra i miei capelli, risalendo lungo tutta la schiena e sulla nuca, e mi avvicina a sé, per pura brama di sentirmi, capire forse che sono reale e che non lo sto respingendo.

Al contrario lo avvicino e vado avanti a baciarlo, fino a che non chiedo timidamente accesso alla sua bocca; le nostre lingue giocano a rincorrersi, si muovono lentamente senza mai staccarsi, come per paura di perdersi, facendomi rivivere per qualche secondo i momenti nell’arena, i baci, le carezze, tutto. Il suo sapore mi colpisce e mi riporta indietro, a tre mesi fa, constatando quanto mi è mancato in tutto questo tempo.

Mike mi stringe, mentre con le mani percorre ogni centimetro del mio corpo, frenetico, e io mi faccio largo sul suo petto fino a raggiungere l’orlo della sua maglietta; senza pensarci infilo le mani sotto di essa, sentendolo rabbrividire al contatto della sua pelle calda con i miei palmi tremanti e congelati.

Ci stacchiamo, e io ne approfitto per levargli definitivamente quell’inutile indumento; gli getto le braccia al collo, che inizio a tempestare di baci, morsi, facendolo impazzire.

Non ragiono più, non ho più voglia di ragionare, quindi mi lascio andare e stacco il cervello, convincendomi del fatto che non sto facendo nulla di male, e che io in verità non provo nulla per lui.

Mi devo convincere.

Sospira e mi allontana, facendomi sdraiare sul divano e posizionandosi su di me. Mi perdo un attimo ad osservarlo, a mangiarlo con gli occhi; mi sento di colpo avvampare, ho caldo, e presto Mike si affretta a togliere anche a me la maglietta.

 Fa scorrere nuovamente le mani sulla mia schiena, ora scoperta, e va a posarle sul mio fondoschiena, stringendolo, mentre con le labbra si fa strada sul mio collo e sul petto; è impaziente e frenetico, lo sento da come si muove a scatti su di me, ma nonostante questo vuole girarci attorno alla cosa, facendomi perdere la testa.

-M-Michael…- alza lo sguardo, destato dal suono della mia voce, che spezza il silenzio fatto di soli ansiti che era calato nella stanza, e ne approfitto per sollevargli il viso e impossessarmi della sua bocca, cercando di avvicinarlo il più possibile, facendo aderire i nostri corpi eccitati.

-Non chiamarmi Michael…- mi sussurra suadente in un orecchio, facendomi tremare. In seguito torna a torturarmi il collo, prendendomi alla sprovvista; mi mordo il labbro inferiore mentre sento le sue mani vagare sul mio bassoventre, vicino l’orlo dei jeans, e accarezzarmi. Affondo le dita tra i suoi capelli, tirandoli e stringendoli, inebriandomi del loro profumo di pulito; infilo il naso tra le ciocche e inspiro a pieni polmoni quando scende a sfiorarmi il cavallo dei pantaloni, leggero ma non tanto da non sentirlo.

Sono scosso dai brividi, e d’istinto apro di più le gambe, ondeggiando e spingendomi contro il suo bacino, già accostato al mio; gemo quando anche lui prende e strusciarsi su di me, sentendo la sua erezione cozzare e sfregare contro la mia.

Va avanti a giocare con me, stuzzicandomi e lasciandomi senza fiato. Mi sbalordisce tutta la sua iniziativa, ma al contempo la apprezzo molto.

Dopo un po’ mi stufo, e Mike capisce; corre con le mani ad abbassare la zip dei miei pantaloni e slacciarmi i bottoni, ma in quel momento lo fermo, prendendolo per i polsi. Mi fissa negli occhi affannato, cercando di capire il perché lo abbia bloccato. Faccio un mezzo sorriso al pensiero che possa credere abbia cambiato idea.

-Che c’è?- chiede portando il viso alla mia altezza, mentre mi risiedo e gli accarezzo una guancia arrossata, rubando ancora un bacio dalle sue labbra invitanti.

-Andiamo su- rispondo trascinandomelo a dietro e imboccando le scale. 

 

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Capitolo 2
*** Can anybody help me makes things better? ***


Ehm... s-salve a tutti.
Mi volete tipo... scannare? No? Sì? Mettete via i forconi, vi prego ^-^"" Sì, insomma... so che probabilmente avevate dato per morta questa storia dopo TRE MESI che non aggiornavo con il secondo capitolo, ma... beh, ho avuto qualche problema. Sapete, sono stata molto impegnata con la scuola, poi in più ci si metteva anche il computer che non andava (e che non va tutt'ora, visto che sono qui da un'ora a tentar di pubblicare il capitolo)... e poi, beh, nell'ultimo periodo mi ero COMPLETAMENTE DIMENTICATA dell'esistenza di questa fanfiction. Cioè, settimana scorsa per puro culo il computer mi ha letto la chiavetta usb e quando ho visto un documento nominato "Hunger Games 2" sono andata nel panico. Io? Storia nel fandom dei Green Day? Boh, continuavo a iniziare nuove storie (mai pubblicate e che non so se mai vedranno la luce del sole, ma ok), ma non mi rendevo conto di avere lì questa da finire.
Sì, sono stupida.
Vabbè, sto parlando troppo. Se siete entrati qui vorrete leggere, no? Scusate, sproloquio davvero tanto.
Mi scuso ancora tantissimo, mi spiace un casino per avervi fatto attendere così tanto... ma ora basta, vi lascio al capitolo! Spero vi piaccia, se volete lasciate una recensioncina :3
P.s. Se notate cose strane fatemelo sapere: questo capitolo l'ho iniziato qualcosa come due mesi fa e l'ho concluso oggi, quindi è probabile ci siano cambiamenti nel capitolo!





2- Can anybody help me makes things better?


Billie’s P.O.V.

La luce arancio sprigionata dai raggi del sole che comincia a calare oltre l’orizzonte mi desta, facendomi aprire le palpebre appesantite dalla stanchezza e dal sonno da poco interrotto. La vista offuscata e l’ultimo chiarore del tramonto non mi permettono di capire dove io mi trovi, ma al solo tentativo di allungare un braccio al mio fianco per stirarmi mi paralizzo.

La mia mano si scontra contro qualcosa di caldo e morbido, che in un primo momento la mia mente si figura come una coperta arruffata, o almeno spera sia così: ma la verità è un’altra, e lo so bene. So che quella che sto toccando è pelle, e non animale o sintetica, ma umana. E che la schiena che sto accarezzando è di Mike.

Le immagini di poche ore fa mi invadono il pensiero come un fiume in piena, e il tutto in modo così perfetto e nitido… ogni bacio, ogni carezza, ogni sospiro, i vestiti che velocemente finivano sul pavimento, e poi il piacere, misto a un dolore bruciante, ma mai quanto le sensazione che provavo in quel momento; i gemiti riempivano la stanza, le sue mani vogliose percorrevano il mio corpo, mentre col bacino si avvicinava, facendosi strada in me, il mio nome pronunciato come una litania struggente dalla sua voce soave… e un “ti amo” detto al momento giusto, facendomi raggiungere il culmine del piacere, ma nella circostanza più sbagliata. O forse lo sbaglio ero io, la persona a cui ha detto quel “ti amo”.

Non voglio illuderlo, non avrà niente da me, non riuscirà mai a farmi innamorare. Non posso, non lui…

Mi sento così sporco quando, senza far rumore, scosto le lenzuola e scendo dal letto per rivestirmi. Come se fosse qualcosa di imprevisto, che non avrei voluto far accadere, o come in una relazione clandestina; il ragazzo e la prostituta.

È vero, sono uno stupido. Ogni cosa che faccio mi fa pentire: proprio ora sento questa sensazione di vuoto lacerante dentro, come se mi avessero strappato lo stomaco e infilato una pallina di carta giù per la gola per evitare ogni genere di contatto con quell’organo che non c’è più, o per non farmene accorgere. È vergogna, immagino, mista a senso di colpa e… mentre raccolgo la maglietta da terra mi fermo ad osservare il viso rilassato di Mike. Pare calmo e in pace con sé stesso, tutto il contrario di me. Nel sonno si muove, e dallo spavento per un suo possibile risveglio mi fa fare un balzo all’indietro.

Cos’è invece questa strana sensazione che si sta facendo strada in me, mentre mi perdo a scrutare i lineamenti del ragazzo qui, a poca distanza, sul quale mi sto lentamente chinando? È come una scossa che mi pervade la cassa toracica partendo da un punto indefinito, riscuotendomi da capo a piedi. E delicatamente, senza forse sfiorarle realmente, poso le mie labbra sulle sue, che è ancora dormiente, spinto da una forza che non riesco a contrastare.

Tempo pochi secondi e mi stacco, confuso, e, finendo di vestirmi, corro fuori da questa casa, sapendo che ciò che sto facendo è inutile; scappare non serve a niente, soprattutto se si tratta di scappare da ciò che ti insegue da tanto tempo, quando sei ormai stanco e senza forze.

Mike’s  P.O.V.

Il primo pensiero che mi attraversa la mente una volta sveglio è rivolto alla mia finestra, ed è carico d’odio: cos’avevo per la testa quando non ho chiuso le tende? Potevo evitarmi un risveglio così fastidio e un leggero mal di testa per via dei raggi del sole diretti sugli occhi.

In fondo però, se ci penso, non ci sono solo lati negativi in questo momento… non riesco ancora a realizzare quello che è successo. Sono andato a letto con Billie. Mi sembra impossibile che dopo tutti questi mesi di contrasti e astio ai massimi livelli, lui abbia cambiato idea così velocemente. Da come si comportava fino a ieri pareva mi volesse uccidere con uno sguardo, se solo avesse potuto. Ma forse i dubbi ora non servono, l’importante è come mi sento in questo momento, e poi la voglia di osservarlo dormire è troppa per poter restare qua a rimuginare.

Mi giro lentamente tra le coperte e subito allungo timidamente un braccio verso l’altra metà del letto, che, con stupore, trovo vuota. E Billie dov’è? Che forse si sia svegliato prima di me e sia in giro qui, per casa? Ma perché mai avrebbe dovuto farlo?

Con un brutto presentimento che tento subito di scacciare, mi infilo i boxer e scendo al piano di sotto; nemmeno qui pare esserci traccia di Billie. Che se ne sia allora… andato? E a che proposito?  Davvero non riesco a capire cosa passi per la mente a quel ragazzo. Probabilmente per lui è solo un gioco, niente di serio, tutto qui. E io da bravo idiota che ho pure confessato di amarlo… cosa mi aspettavo, che mi dicesse che ricambia? Sono stato troppo affrettato, ecco tutto. Magari è rimasto spaventato da tutta questa faccenda e, pur di non doversi confrontare, è scappato.

Avrei dovuto immaginarlo. Onestamente, cosa mi aspettavo, alla fine? Non lo so, forse non una delusione del genere.

Torno in camera mia, non credo andrò da lui a chiedere spiegazioni. È tutto già abbastanza chiaro così.

Zacky’s P.O.V.

Mi accovaccio dietro ad un cespuglio, tra le foglie secche che scricchiolano sotto il mio peso, arco in mano e faretra sistemata sulle spalle: un cervo, un animale che non vedo da più di quattro mesi nella foresta, è uscito allo scoperto, e di certo non mi lascerò scappare l'occasione di ucciderlo e ricavarci qualche soldo.

Sono pronto a colpirlo, sistemo una freccia tra le dita e tendo l’arco, sicuro di riuscire a colpirlo. Ho una gran tensione addosso, ma è sempre così da quando mi tocca andare a caccia per i boschi da solo: teoricamente, sarebbe illegale. Se mi scoprono non ho idea di cosa mi potrebbe succedere, ma non ci tengo a saperlo. Prima che Billie venisse sorteggiato per gli Hunger Games eravamo in due, ognuno copriva le spalle all’altro e ci avvertivamo a vicenda se c’era qualcuno nella foresta. Ora, invece, è tutto diverso, devo sempre tenere tutti i sensi all’erta, o qui mi beccano.

-Zack…?- pronuncia una voce alle mie spalle; per lo spavento sussulto e la freccia parte da sola, finendo conficcata nel tronco di un albero e facendo scappare il cervo: con esso anche la possibilità di portare un pasto in tavola per la mia famiglia.

Scaglio l’arco a terra colto dalla rabbia e dallo sconforto, e mi volto a fronteggiare la persona che mi ha distratto.

-Billie, un momento migliore per venirmi a parlare no?! So che ormai non sono più cose che ti toccano personalmente, ma avrei una famiglia da sfamare…!-

-Scusa, non era mia intenzione spaventarti… e, comunque, te l’ho già detto mille volte, ti aiuterei io se solo me lo lasciassi fare!-
-E io ti ho già ripetuto più e più volte che non voglio la tua carità- incalzo, calmandomi un po’. Billie non risponde, si limita a scuotere il capo e dirigersi verso un’altra direzione. Lo seguo.

-Perché sei qui?-

-Non lo so, avevo voglia di venirci, anche se non dovrei… tu quand’è che capirai che a continuare a venir qui prima o poi ti scopriranno? Sai che nel 12 i Pacificatori sono cambiati: quelli di prima facevano finta di non vedere, questi non si sa come potranno prenderla a vederti scorrazzare oltre i confini del Distretto- ha ragione: i Pacificatori, una sorta di guardie a sorveglianza di ogni Distretto, sono nuovi e non li conosciamo, quindi, forse, dovrei essere un po’ più prudente.

-Sì, ma non posso fare altrimenti-

-Te l’ho detto cosa potresti fare-

Scuoto il capo in segno di diniego, non voglio aiuti. Improvvisamente Billie si ferma e, prima di invertire la rotta e dirigersi verso città, dice: -d’accordo, ma non dire che non ti avevo avvertito quando ti spareranno a vista per aver superato il confine-

Sciocchezze, non sono così incauto da farmi prendere.

Billie’s P.O.V.

-Vieni! Seguimi, subito!- mi urla Matt non appena apro la porta di casa, senza accennare al perché di tutta quell’agitazione; non ho neanche il tempo di rispondere che lui è già partito a razzo, costringendomi, quasi per inerzia, a seguirlo. Gli sono dietro, stiamo correndo a perdifiato tra le vie del Distretto, rischiando di inciampare tra i ciottoli ad ogni falcata e scontrandomi con le schiene di diverse persone che, parlando concitatamente, si dirigono nella nostra stessa direzione, seguendo la strada che, diritta, conduce in piazza.

Tutta la gente affollata piomba nel silenzio più totale, richiamata da un uomo al centro.

Matt mi esorta ad avvicinarmi e andare a vedere ciò che sta succedendo, ma indugio, ora preoccupato per quello che potrei trovare là in mezzo. Mi faccio largo tra le persone, mentre sento risuonare degli schiocchi, un qualcosa che fende l’aria in modo secco e preciso.

Quando finalmente riesco a passare davanti a tutti, vedo con i miei occhi il motivo di tale scompiglio: un uomo, forse un Pacificatore o, in ogni caso, qualcuno che ha a che fare con loro, impugna una frusta e sevizia con essa un povero ragazzo.  Anche se, ora che lo guardo meglio…

-Zack?!- forse mi sente, infatti spalanca gli occhi, fino a poco fa serrati e contratti in una smorfia di dolore, e posa lo sguardo su di me, supplicante d’aiuto. Non si può muovere, ha i polsi legati a un palo ed è inginocchiato a terra, come un animale, ma un semplice sguardo mi è bastato per comprendere come si sente: non che ci volesse un genio a capirlo.

Ogni volta che la frusta tocca la sua schiena nuda, scatta e conficca sempre di più le unghie nel legno del palo posto dinnanzi a lui, che stringe in modo quasi compulsivo. Nel frattempo la pelle viene percossa, lacerata, senza che nessuno abbia il coraggio di fermare quest’ingiustizia.

Matt mi raggiunge, e sembra pronto a scatenare una rissa, a giudicare dalla sua espressione rabbiosa.

-Tutto questo a quale proposito?!- chiedo, senza mai distogliere lo sguardo dal mio amico.

-Non ne ho idea, ma dobbiamo fare qualcosa!- ovvio che anch’io voglio intervenire, se solo conoscessi un modo per farlo senza venir freddato da un colpo di pistola. All’ennesimo colpo inflitto, più forte degli altri, tanto da farlo urlare dal dolore, faccio qualche altro passo e mi ritrovo al centro di quel cerchio formatosi.

-Fermo!-

Tutti d’improvviso tacciono, puntando gli sguardi preoccupati su di me. Il Pacificatore mi lancia un’occhiata di fuoco, e subito mi ordina di andarmene, che non è affare mio quello che sta facendo.

Invece sì che è affar mio…!

-Lascialo in pace!- ma l’uomo non pare essere un tipo disposto a ragionare né tantomeno discutere, così, ancora prima che possa concludere la frase, ancora prima che mi renda conto di quello che sta succedendo, mi ritrovo scaraventato a terra con una guancia dolorante, brucia da morire subito sotto l’occhio sinistro. Sono abbastanza rintronato quando il Pacificatore mi parla, tanto che riesco a cogliere solo poche parole di quello che mi intima con tono disprezzante.

Ma quando lo vedo alzare il braccio e sventolarmi davanti al viso la frusta, capisco che le sue intenzioni nei miei confronti non sono affatto pacifiche, e istintivamente porto in avanti un braccio.

-Via, ragazzino! Ti dovrei far giustiziare per un affronto del genere!-

-E cosa risolveresti con ciò? Pensi davvero di riuscire a fermare le rivolte in corso, uccidendomi??- sputo, infuriato. Il Pacificatore, dopo la mia domanda sprezzante, non ci vede più e estrae la pistola, togliendogli la sicura, pronto a sparare. Matt accorre all’istante in mio aiuto, ponendosi tra me e l’uomo.

-Ehi ehi, non è il caso di arrivare a tanto. Cerchiamo di risolvere le cose senza spargimenti di sangue-

-Ti metti dalla sua parte?- ora la pistola è puntata verso lui, e la cosa non mi tranquillizza. Sanders cerca di mantenere la calma, anche se lo vedo tentennare qualche secondo prima di parlare.

-Ehi, lui è il vincitore degli ultimi Hunger Games. Vuoi davvero ucciderlo? Avrai contro tutti i Distretti e l’intera Capitol City, non sono sufficienti le rivolte già in corso?- è incredibile quanto quest’uomo riesca a rivoltare le situazioni a suo favore. Ricordo, a primo impatto mi era sembrato uno di quei tipi distaccati e che non provano un briciolo di compassione verso il genere umano, o che fosse uno dei classici “tutto fumo e niente arrosto”. E invece, conoscendolo, ho capito che è tutto il contrario.

A dirla tutta non credo io sia così importante per Capitol City, ma forse se ha detto ciò ci sarà un motivo.

Vedo il Pacificatore pensarci su, abbassando l’arma, e alla fine ci fa cenno di andare, lo sguardo infastidito.

-Sparite. E portatevi via quello- conclude, indicando Zacky, che è ancora a terra; ci fissa spaventato per tutto quello che è successo e visibilmente stanco e dolorante.

Senza preoccuparmi delle persone che ci osservano parlando tra di loro, mi inginocchio vicino al mio amico e lo slego, per poi abbracciarlo: lui si lascia andare sulla mia spalla, ma non appena sfioro con le mani la schiena sanguinante, sussulta dal dolore.
Matt lo tira su di peso, e insieme lo conduciamo verso casa mia, dove mia madre forse riuscirà a medicargli le ferite.

Odio pensare che molto probabilmente questo è stato solo un assaggio di quello che succederà da qui a poco, con le rivolte ora in corso.

 

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