Beliver

di chya03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ricordi ***
Capitolo 2: *** l'inizio ***
Capitolo 3: *** odio ***
Capitolo 4: *** gelosia ***



Capitolo 1
*** ricordi ***


osservava le facce dei nuovi arrivati.

Le solite oche. I soliti strafottenti. Gente che non meriterebbe neanche di pensare a questo posto.

Sbuffa e alza gli occhi al cielo, chiedendosi perchè mai Celestia abbia deciso di far invadere il loro paradiso terrestre da un gruppo di luridi babbani una volta ogni due mesi, per un mese.

Mentre il resto della plebe socializza, si accontenta di restare ai margini del gruppo di persone, con la scusa di montare la guardia. Guarda ogni estraneo con occhi di ghiaccio, gli stessi occhi di un lupo: diffidenti, antichi e autoritari.

Nessuno si sarebbe avvicinato a lei. Irradiava un'aura di pericolo che tutti gli esseri viventi potevano percepire.

Poi vide lui.

Lui era con il gruppo dei nuovi arrivati. Lui sarebbe stato lì un mese. Lui era lì.

In un attimo tutta la sua armatura autoritaria cadde in pezzi.

Lui non l'aveva riconosciuta, e non poteva. Era cambiata troppo, con l'arrivo a Believer.

La spada le cadde di mano, producendo un tonfo sull'erba di cui nessuno si accorse. Le gambe non la reggevano più, sarebbe voluta cadere in ginocchio a piangere.

Il suo respiro si fece affannato e gli occhi lucidi. Un nodo incontrollabile le si formò in gola, ma lei non poteva permettersi di piangere davanti a tutti. Aveva sempre odiato dover piangere davanti a qualcuno.

Sapendo che nessuno avrebbe fatto caso alla sua presenza o alla sua assenza, raccolse la spada con mani tremanti e silenziosamente corse verso la Casa Grande, mentre alcune lacrime iniziavano a scendere bollenti lungo le guance fredde e pallide.

Aprì freneticamente il portone, e quando si voltò per chiuderlo vide che qualche paio di occhi erano fissi su di lei.

Un paio di sconosciuti la guardavano e bisbigliavano tra di loro. Lui non sembrava essersi accorto della sua esistenza in quel posto. Nico e Viria la guardarono per poi scambiarsi uno sguardo preoccupato.

Merda, se n'erano accorti.

Chiuse il portone appena in tempo per vedere Nico che iniziava a dirigersi da solo verso la Casa Grande. Chiuse il portone a doppia mandata e si diresse su per la scala dell'ingresso.

“Casa Grande” forse non era il nome giusto per quell'edificio. Avrebbe dovuto chiamarsi, non so, una roba tipo “Casa Enorme Mastodontica Gigantesca Infinita”, perchè di fatto era veramente inesplorabile tutta in un giorno solo.

Si chiuse nel primo bagno che trovò e pianse, pianse come non faceva da tempo, con la violenza di un pianto che aspetta di manifestarsi ormai da troppo tempo.

Troppo debole per reggersi in piedi da sola, si appoggiò di fianco con tutto il suo peso contro il muro, finchè le gambe non cedettero e fu costretta a scivolare in ginocchio.

Piangeva senza paura che qualcuno la sentisse, sapeva che per quanto rumorosi i suoi singhiozzi non potevano essere sentiti da nessuno.

Aveva gli occhi chiusi, stretti, e un'espressione quasi di supplica sul volto, come se supplicasse con tutta se stessa quel dolore, chiedendogli di lasciarla vivere in pace. Ma era tornato, di nuovo.

Aprì piano gli occhi, e il suo sguardo corse fino al mobile dove erano tenute le creme e quella roba lì.

Tremava, non riusciva neanche a mettersi in piedi, le sembrava di avere tonnellate di piombo che la schiacciavano.

Poi, finalmente, il rumore di qualcuno che cercava di entrare la fece zittire. Probabilmente era Nico.

Poi, un fracasso assordante scosse l'edificio, tanto che il pavimento vibrò. aveva fatto saltare il portone.

Selen strisciò in avanti il più velocemente possibile, si tirò su e girò la chiave della porta più volte.

Tornò nel suo angolino, obbligandosi a stare più silenziosamente possibile, con la sola speranza che Nico non riuscisse a capire che era lì.

Lungo il corridoio riecheggiarono dei passi, ansiosamente lenti.

Intravide una sagoma scura da sotto la porta, che però tirò avanti. Selen stava già cominciando a rilassarsi, ma la sagoma tornò indietro, per poi fermarsi davanti alla porta del bagno.

Lei si tirò in piedi e svelta aprì l'ampia finestra che donava luce al bagno, sporgendosi sul davanzale.

Avrebbe potuto saltare. Per lei non sarebbe stato un suicidio. Non si sarebbe fatta neanche un graffio...

la porta dietro di lei si spalancò, e lo sguardo di Nico che le colpì la schiena fu come una decina di aghi infilati sotto pelle.

Non appena si tuffò, venne subito afferrata e riportata all'interno.

La tenne ferma con un braccio mentre con l'altro chiudeva la finestra. Poi, senza dire una parola, la guardò negli occhi e basta. Selen non riusciva proprio a recitare in quel momento. Le guance erano arrossate e solcate da lacrime continue, i capelli scompigliati, sembrare due gemme estratte dai meandri della terra.

gli occhi neri come l'abisso più profondo erano lucidissimi, tanto da sembrare due pietre vulcaniche.

Lui la strinse forte a sé, accarezzandola. Non poteva avere la minima idea del perchè dello stato d'animo di Selen, ma doveva essere qualcosa di grosso: non l'aveva mai vista piangere. Anzi, non l'aveva mai vista triste.
- shh... non piangere, va tutto bene.

Ma lei sapeva che non c'era nulla che andava bene. L'arrivo di quella persona a Beliver poteva significare per lei solo dolore.

Selen e Nico si spostarono in uno dei salotti.

Nico andò dritto al punto, chiedendole cosa c'era che non andasse.

-l'hai... l'hai visto quel tipo... con i capelli scuri e la pelle abbronzata... con la felpa bianca e nera...

- sì... penso si chiami Jason... perchè?

Quando sentì pronunciare quel nome, Selen si sentì come se le avessero appena tirato uno schiaffo. Si sforzò di parlare e disse soltanto:

-… è lui. - e anche senza che entrasse nello specifico, Nico capì di chi stava parlando.

Lui si limitò a guardarla, e Selen scoppiò di nuovo a piangere.

Nico la abbracciò senza dire nulla, ma Selen pianse ancora più forte. se ne vergognava, ma era sempre stato così: quando veniva abbracciata mentre piangeva, piangeva ancora di più.

Restarono in quella posizione a lungo, finchè Selen non si fu calmata.

- Selen... ascoltami. Verrà punito per quello che ti ha fatto, te lo prometto.

Stavolta fece attenzione a non pronunciare quel nome.
- no... lasciate stare. Lui non mi ha riconosciuta, ed è meglio così. Se mi verrà voglia di una vendetta, sarà strettamente privata, solo io e lui.

- Promettimi che non ti caccerai nei guai.

- Non posso prometterti una cosa del genere!

E infatti, a Beliver rischiavi la vita ogni giorno. O almeno, io la rischiavo ogni giorno.

 

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Capitolo 2
*** l'inizio ***


Il cielo era chiaro, di un azzurro limpido. Nico, Leo e Viria stramazzarono a terra, esausti. Fino alla sera prima, dormivano tranquillamente nei loro letti, ma al risveglio si sono ritrovati nel cuore di una foresta, e soprattutto, era estate. In teoria sarebbe dovuto essere Dicembre.

Dopo aver camminato per diverse ore, capitarono sulla cima di uno strapiombo, e decisero di riposarsi.

Tutti e tre avevano sognato la stessa cosa. Sapevano che non sarebbero dovuti essere in tre, ma in quattro. E che entro la sera sarebbero stati attaccati. Non si sa da chi o cosa.

Quando furono le 5 ormai, l'aria davanti a loro subì un cambiamento. Si incrinò, si piegò e diede forma a un'immagine. Una persona.

La donna che si materializzò davanti a loro sarà stata sulla trentina, ma. A dire il vero, sembrava letteralmente senza età.

Era alta, la carnagione rosea e la pelle curata. Indossava un abito bianco senza spalline, con la parte inferiore composta da veli che sfioravano appena il suolo. I capelli erano qualcosa di meraviglioso: lunghi almeno fino alle cosce, morbidi e voluminosi, ricordavano l'aurora: i loro colori si fondevano in rosa, verde chiaro, azzurro borotalco e un giallo paglierino...

gli occhi erano antichi, come se vivesse da milioni di anni, colmi di gentilezza e tenerezza, anche quelli rosa.

Parlando con voce profonda, adulta e dolce allo stesso tempo spiegò al trio la loro situazione, di come lei non fosse il quarto elemento del gruppo, ma come si chiamasse Celestia e fosse colei che governata Believer, cioè il posto in cui si trovavano.

Di fatto non erano sul pianeta Terra, bensì in una sorta di universo alternativo.

Di come lei fosse la dea del giorno e l'impersonificazione del sole, e di come avesse una sorella, di nome Selen di appena 15 anni ma a sua volta dea della notte e impersonificazione della luna.

E di come sarebbe stata Selen a respingere l'attacco di quella notte.

- da sola? E poi, cosa dovrà affrontare, precisamente?

Chiese Viria, alzando un sopracciglio.

- sì, completamente da sola. È la prova che, a differenza vostra, deve superare per poter stare qui. E ciò che dovrà affrontare sarà... - ebbe un attimo di esitazione – Agramon.
- E chi sarebbe?
- Agramon è il demone della paura. uno dei più terribili. Assume la forma della tua più grande paura, che ti consuma lentamente fino a portarti alla morte.

Negli occhi di Celestia si leggeva chiaramente la preoccupazione per la sorella. Riprese a parlare:

- veramente, io e mia sorella siamo immortali. La nostra età aumenta, ma noi rimaniamo sotto questo aspetto. Infatti, Selen ha 1015 anni, ma ne dimostra si e no 16.

il gruppo restò abbastanza sconvolto all'informazione.

Poi, poco distante da loro, nel mezzo di uno spiazzo d'erba tra gli alberi, una mano nera e scheletrica sbucò dal terreno, e dopo di essa il resto del corpo.

I quattro si trovavano davanti ad Agramon.

Il demone era uno scheletro dalle ossa nere e le orbite vuote, in cui ardeva un fuoco violaceo.

E poi, ci fu un guizzo nel cielo ormai coperto di stelle.

Una figura precipitò dal cielo e si schiantò sul terreno, rimettendosi in piedi come se non fosse successo nulla.

Quando si rimise dritta, ai tre nuovi arrivati non rimase altro che chiedersi se veramente avesse 1015 anni.

Era alta più o meno 1,67, il fisico asciutto, con le curve giuste. La pelle era pallidissima ma limpida, gli occhi neri, tanto che l'iride non si distingueva dalla pupilla. Il vestito che indossava era nero e senza spalline, corto sopra il ginocchio e visibilmente più comodo che quello di Celestia. I capelli erano lunghi fino ai fianchi, simili a quelli di Celestia ma color blu notte, con alcuni puntini bianchi e luminosi. Aveva letteralmente un cielo stellato sui capelli.

Però poi notarono una cosa a cui prima non avevano fatto caso. Sulle braccia di Selen erano presenti dei segni, che partivano dal palmo della mano, si allungavano in linee rette, a volte curvando a novanta gradi, fino ad arrivare al gomito. Erano neri quanto i suoi occhi.

E anche Celestia aveva gli stessi identici marchi, però bianchi.

Lo scontro procedeva bene a favore di Selen, che si dimostrava un'abile combattente.

Eppure, Celestia continuava a guardarla come se stesse scegliendo i fiori da mettere sulla sua tomba. Quando Viria le chiese il perchè della sua preoccupazione, lei rispose dicendo:

- è brava in battaglia, è vero. Ma non avete ancora visto tutto ciò che è in grado di fare. Anzi, non avete visto proprio niente. Lei stessa è come... un'arma di distruzione di massa. Una macchina da guerra. Ma dati i poteri di Agramon, non credo possa reggere lo scontro.

Celestia venne interrotta.

I rami degli alberi circostanti vennero scossi da una strana brezza, arrivata dal nulla.

Selen mostrava segni di stanchezza, ma non cedeva.

Ma fu in quel momento, che Agramon le diede il colpo finale.

Le fiamme nelle sue orbite arderono più intensamente, mentre gli occhi di Selen assumevano un'espressione vuota e un bagliore verdastro.

Selen si sentì come se le mancasse il terreno da sotto i piedi.

Barcollò, mentre il suo petto si alzava e si abbassava velocemente. Alcune lacrime cominciarono a scendere, e la spada che reggeva le cadde.

Nessuno poteva capire cosa stesse provando.

Si sentiva schiacciata nel modo più assoluto... tutte le sue paure erano lì, tutte insieme.

Cadde in ginocchio, mentre un dolore incontrollabile le si diffondeva in tutto il corpo. La sua mente era invasa di pensieri, nessuno dei quali positivo.

Gli altri quattro non potevano fare nulla.

Selen appoggiò una mano a terra e inarcò la schiena, cercando di mantenere il controllo, lottando con se stessa, in una battaglia che sapeva non avrebbe vinto.

Ma a quel punto, le rune sui suoi avambracci cominciarono a risplendere di una luce nera, alquanto sinistra.

Aprì gli occhi e fissò Agramon, con uno sguardo assassino che avrebbe spaventato chiunque.

Le restava solo una cosa da fare, per salvarsi.

Facendo appello a tute le sue forze, si rialzò in piedi, e le rune brillarono ancora di più.

Si trovava ormai vicina alla punta dello strapiombo, perfetto.

Data l'espressione sul volto sia di Selen che di Celstia, si capiva che stava per succedere qualcosa di grosso.

Un paio d'ali nere come la notte, con alcuni riflessi argentei sui bordi si materializzarono sulla schiena di Selen, che si alzò lentamente in volo verso l'alto.

E poi, si intravide qualcosa, in lontananza, bianco e tondeggiante.

Selen stava facendo sorgere la luna, solo con le sue forze.

Quando furono entrambe abbastanza in alto, Selen spalancò le ali e la sua ombra si riversò su tutto lo spiazzo.

Poi, Selen spalancò gli occhi, che rilucevano di luce bianca.

Un raggio di luna la attraversò, trasformandosi in un raggio di energia incontenibile, che si riversò su Agramon, risucchiandolo.

Agramon venne imprigionato nella luna.

Selen ritornò coi piedi per terra, e le ali scomparvero.

Aveva vinto. Si era appena guadagnata di poter restare.

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Capitolo 3
*** odio ***


*consiglio* sottofondo per leggere il capitolo: http://www.youtube.com/watch?v=MbICD6nU4ws

Lo guardava con un odio incessante, quasi logorante.

Strinse talmente forte il pugnale che teneva in mano che le nocche le diventarono bianche. Era passata più di una settimana e lui non l'aveva degnata di un solo sguardo, non che lei lo desiderasse, quello che lei desiderava era solo investirlo con un tram.

Ma voleva farsi notare. Anche solo per vedere quale sarebbe stata la sua reazione, o anche solo per quel motivo.

- ma che hai? Ti ho fatto qualcosa di male?

Selen ignorava completamente Viria, ma iniziava a darle fastidio.

- va tutto bene, non ho nulla! Ok? Ok!

Non fece a meno che rispondere in modo brusco, ma tutto quello che le serviva era solo tempo per calmarsi, e sarebbe passato tutto.

Ma il tempo passava e non cambiava nulla.

Sentiva qualcosa bruciarla e divorarla da dentro, qualcosa che non faceva altro che aumentare la sua ira. Penso che il termine giusto fosse rancore.

Lo guardava ridere e scherzare coi suoi amici e soprattutto amiche, e si chiedeva se loro sapessero che stronzo sia veramente.

Poi, in preda al culmine della rabbia, scagliò il pugnale dall'altra parte della sala d'allenamento mettendoci tutta la forza che aveva. Il pugnale fendette l'aria accanto al gruppo di persone e andò a conficcarsi in uno dei bersagli piazzati nel poligono del tiro con l'arco. Viria le fu subito addosso:

- che CAZZO FAI? VUOI BUCARE LA TESTA A QUALCUNO?

- Veramente sì.

La guardò esasperata, la prese e la trascinò verso il gruppo, che la guardavano allibiti.

- ora tu ti scusi e ti presenti, visto che nell'ultima settimana hai fatto tanto l'asociale!

Selen sbiancò (sì, ancora di più del suo colorito naturale) di colpo.

- spero tu stia scherzando.

Puntò i piedi ma Viria continuò a trascinarla come se nulla fosse.

- Viria, ti prego. Posso spiegarti tutto, ma ti prego, non farmi presentare a loro.

- Ci stai facendo fare una figura di merda, Selen.

Quando si avvicinarono al gruppo, Selen cercò di nascondersi dietro Viria, qualche centimetro più alta di lei, ma senza risultati. Viria parlò al gruppo per prima:

- scusate per il gesto della mia amica, non voleva ASSOLUTAMENTE fare del male a nessuno, è anzi molto contenta di avervi qui... -

- stai raccontando una balla dopo l'altra...

le sussurrò all'orecchio, ma Viria continuò come se nulla fosse:

- lei si chiama Selen Deathline, ha la nostra età e...

Selen non la stava ascoltando. Avrebbe preferito buttarsi in una piscina piena di squali pur di non trovarsi in quella situazione.

Si costrinse costrinse al alzare i grandi occhi neri da terra, e a scrutare la plebe con un'espressione falsissima dipinta in volto, sicura che l'avessero etichettata già come 'quella antipatica'.

E lui la stava fissando. Con un'espressione incredula al limite dell'impossibile.

Fece un passo indietro, reprimendo l'impulso di scappare.

Poi però si ricordò di tutto quello che aveva passato, di tutto quello che avrebbe voluto che subisse e ora era lì, davanti a lei, come se glielo avessero offerto su un piatto d'argento.

Il suo sguardo da smarrito si trasformò in aggressivo, il che fece preoccupare solo di più Jason.

Viria notò il suo cambiamento d'animo, e le intimò subito di non fare cazzate, ma lei aveva già lanciato una sfida per un duello senza regole a Jason, che accettò sicuro.

Il resto del gruppo si disperse, Selen uscì dalla palestra e Viria affiancò Jason.

- sai, non c'è bisogno che la affronti in un duello, ti farebbe a pezzi subito. Posso parlarci io.

Jason la squadrò e poi le disse soltanto che anche lui aveva sofferto per colpa sua, e che l'idiota era sempre stata lei.

- aspetta... anche tu? Quindi anche lei? E vi conoscete?

A Viria si aprì un mondo.

- sì, la conosco. Non l'avevo assolutamente riconosciuta qui a Believer, è veramente cambiata molto, anche come modo di pensare e come modo di fare.

- Già, ma... perchè ce l'ha tanto con te?

Jason rimase a lungo in silenzio prima di rispondere.

- è una storia lunga.

Disse solo. Neanche a lui andava di parlarne.

 

***

 

la testa di Selen esplodeva di pensieri.

Non era scesa per cena, ma non aveva fame. Si infilò l'armatura greca con movimenti meccanici, chiedendosi se nel profondo sarebbe riuscita davvero a ferire Jason. Sì, lui l'aveva ferita interiormente in modo devastante, in un modo che non era mai riuscita a cancellare, ma ferirlo esteriormente era una cosa diversa.

Osservò il suo assortimento personale di spade, e visto che ormai aveva l'armatura nera indosso, prese la spada dalla lama di ferro dello Stige, ovviamente nero.

Insomma, era la figlia di Ade. Doveva fare paura. Ancora di più se il suo avversario era Jason. Gliele avrebbe suonate, senza pietà. Selen aveva sempre pensato che tutto quello che successe con Jason fosse una propria colpa, ma col tempo si era chiarita le idee, aveva capito che l'unico che aveva torto era lui, solo lui.

Prese l'elmo (rigorosamente nero) e se lo mise sottobraccio, mentre avanzava vero l'arena.

Quando entrò, un boato si sollevò dal pubblico, a suo favore. Sebbene fossero amici di Jason, sembrava più che evidente che lui non avesse speranza di vincita contro Selen.

Il conto alla rovescia segnò lo zero, e i due erano pronti.

Le lame alzate, lo sguardo determinato, i muscoli che fremevano. Quell'attimo, pensò Selen, sembrava non finire mai.

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Capitolo 4
*** gelosia ***


La guardava ridere e scherzare con Nico e continuava a lanciarle ogni tipo di maledizione esistente.

Troia. Puttana. Lascia stare Nico.

- ma no dai, a me sembra simpatica.

Selen guardò malissimo Viria, e rispose ad alta voce:

- simpatica?! Se la tira tantissimo, fa l'acida stronzetta con tutti, la finta cucciola con chi le pare.

- Non ti pare di stare un po esagerando? A me sembra una normalissima ragazza, molto femminile, cosa in cui tu invece scarseggi.

Leo arrivò evitando una probabile rissa.

- di chi parlate?

'Ma i cazzi suoi, non se li sa fare?'

pensò subito Selen.

- di quella tipa là – rispose Viria indicando la bionda con cui stava parlando Nico – Selen è gelosa.

- MA CHI? MA DOVE? MA QUANDO?

- Appunto.

Quando la distanza tra i corpi di Nico e la bionda diminuì, per provare dei lanci col pugnale, Selen impazzì quasi completamente. Dopo aver lanciato un verso a metà strada tra un ringhio e un urlo, spiccò il volo con un salto sul posto, in meno di un quarto di secondo era a parecchi metri dal suolo, lasciando il parco e la gente sottostante in balia della folata di vento che lei stessa aveva sollevato.

Volò verso l'alto con foga, sbattendo le ali freneticamente e pesantemente, con tutta l'energia che aveva in corpo, usando ciò come una valvola di sfogo.

Quando il cuore iniziò a batterle con più insistenza, segnale che si stava stancando, prese una rotta rettilinea e calma, con un battito d'ali pacato e costante.

Lei non era gelosa. No, no. Ma il solo pensiero di lei e lui le faceva tornare l'energia necessaria a strozzare un demone a mani nude.

Si fermò su una nuvola e crollò a sedere, con le ali distese dietro di lei. In confronto con le ali, il suo corpo sembrava veramente piccolo.

Pensò a quella ragazza, alla sua statura piccola e al suo fisico minuto, e poi al suo. Selen era magra, su questo non ci pioveva, era solo più... robusta. E desiderava avere un fisico più esile, con le spalle strette, lo spazio tra le cosce, pochi muscoli, quel genere di fisico su cui ogni vestito stava da dio.

Si sporse oltre il bordo della nuvola, tenendosi su coi gomiti. Non riusciva a vedere il suolo.

Si sdraiò sulla schiena e guardò il cielo sopra di lei, leggermente velato e segnato dalle prime luci del tramonto. Poteva stare fuori finchè voleva, tanto erano abituati a vederla uscire a orari assurdi, e magari vederla rientrare al massimo il pomeriggio dopo.

Usciva di notte, raggiungeva il Precipizio dei Fiori di Luna e pensava. Perchè di solito, quando faceva queste fughe notturne, aveva i suoi motivi: estrema tristezza, voglia di stare sola, bisogno di riflettere, anche solo voglia di uscire.

Prese un batuffolo di nuvola e iniziò a giocarci.

Vabbè, Nico aveva la sua vita sentimentale, lei non poteva impedirlo. Era un bel ragazzo, e non avrebbe fatto fatica a trovarsi una ragazza... e Selen non era abbastanza per lui. I tipi come lui si mettevano con le tipe fighe, come la bionda con cui stava parlando, non con quelle come lei.

Il batuffolo di nuvola le scivolò di mano e le cadde in faccia, facendola starnutire e drizzare a sedere.

Il sole era appena ufficialmente tramontato. Si drizzò in piedi barcollando, prese la rincorsa e si tuffò giù dalla nuvola. Lasciò le ali a peso morto, godendosi il brivido della caduta libera.

Il cielo sopra di lei si allontanava, e percepiva il suolo avvicinarsi. Essendo metà angelo, il cielo sarebbe dovuto essere la sua casa, e invece no, quella era la casa di sua sorella Celestia, su cui la natura da angelo prevaleva.

Mentre su Selen prevaleva l'altra metà, quella che la rendeva in parte demone, ereditata dal padre, Ade. E così, la sua casa erano gli Inferi.

Ormai era a qualche centinaio di metri da terra. E se non avesse riaperto le ali? Era immortale, a meno che non fosse morta sul campo di battaglia o altre cose così.

All'ultimo istante, si girò e spalancò le ali, planando in alto.

Era senza dubbio una mossa rischiosa che avrebbe spezzato la schiena a chiunque, ma non a lei.

Volò fino alla Casa Grande, atterrando sulla prima terrazza che le capitò a tiro.

Percorse corridoi su corridoi per arrivare alla sala da pranzo maggiore, dove dato l'orario dovevano essersi riuniti tutti per la cena.

Camminava con passi svelti e ampie falcate, come era abituata a fare, con un passo leggerissimo, praticamente inudibile, come se sfiorasse appena il pavimento.

Svoltò l'ultimo angolo e inchiodò di colpo, stava assistendo ad una scena a cui non era pronta psicologicamente. Cioè, aveva accettato che Nico avesse una propria vita sentimentale, ma non era pronta a vederlo avvinghiato alla tipa bionda di quel pomeriggio, intenti a baciarsi con abbastanza foga.

Ok, ok. Non era nulla. Fu come se il cuore le si restringesse tutto d'un colpo, lasciandola senza fiato, e poi esplodesse, come se tutta l'armatura che si era mentalmente costruita fosse andata in pezzi.

Quando capì di avere gli occhi lucidi, corse via, si lanciò fuori da un'ampia finestra aperta e spiccò il volo verso lo Strapiombo dei Fiori di Luna, lanciando riflessi arcobaleno dal perimetro delle ali sui pascoli sottostanti e perdendo tra il vento le lacrime ribelli che rifiutavano di non cadere.

 

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