Tomorrow's Sons.

di Red_head
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo; ***
Capitolo 2: *** Chapter 01; ***
Capitolo 3: *** Chapter 02; ***



Capitolo 1
*** Prologo; ***


___

« Alla luce degli incredibili sviluppi che hanno contraddistinto questi ultimi anni, sembra quasi strano andare a cercare così lontano le Origini: esse sono da ricercare ancor prima della nostra era e di molte delle ere geologiche in cui le scienze naturali hanno diviso il procedere del nostro pianeta.
Ma da quando ho avuto il piacere di parlare con A.003 e G.011, molte cose mi sono più chiare. L'evoluzione opera in maniera spettacolare.
Nel lontano 2012 pensavamo ormai di conoscere ogni cosa del nostro mondo: pensavamo che l'incedibile potesse trovarsi lontano, in pianeti alieni ad anni luce da qui, o nelle profondità sconosciute degli oceani.
Ma l'uomo è diventato cieco per non avere paura di ciò che non comprende. Può quindi la vita sul nostro pianeta aver avuto un impulso così diversificato sl punto che l'U.A.M., l'Uomo Anatomicamente Moderno, non sia la prima e unica creatura di intelligenza superiore? Sappiamo solo che ad un certo momento, circa trentaseimila anni fa, il Neanderthal era il sapiens meglio acclimatato in Europa.
Poi arriviamo noi: diversi, completamente diversi. Forse, più diversi da quello che abbiamo sempre immaginato. Ma andiamo con ordine: la vita e gli oceani da cui si è generata.

La Terra si è generata all'incirca cinque miliardi di anni or sono. Il Big Bang, invece, tredici miliardi e settecentomila anni fa. All'improvviso, nel nulla, lo spazio e il tempo si sono dilatati, andando a creare l'universo che si riempì di corpi celesti nello spazio di miliardi di anni. In breve si venne a creare un elemento fondamentale, che andò a ricoprire comete e riempire i luoghi più desolati: la molecola dell'acqua.
Riassunto così può sembrare un processo del tutto indolore, ma si tratta di galassie che si scontrano, molecole che si uniscono e dissolvono, corpi celesti che cominciano a formarsi, schianti dalla potenza di migliaia di bombe nucleari, fenomeni che avvennero anche nella nostra galassia. Il Sole, grazie a queste molecole d'acqua sospese, rilasciò nubi e attirò corpi celesti, piccoli e grandi.
Ma fu solo la nostra Terra a generare la vita.
Una neonata Terra riuscì a sopravvivere a grossi asteroidi che le sfrecciavano intorno, depositando altra acqua sulla sua superficie, accrescendola sempre più.
Fino a che giunse un colosso, troppo grande per competervi: Theia.
Le sue dimensioni erano pari a quelle di Marte: lo schianto devastò il nostro pianeta e un'immensa nube avvolse ogni cosa. La Terra, però, non andò distrutta: divenne più forte e con Theia giunse per la prima volta l'energia. Essa è racchiusa in ogni cosa e ancora oggi nessuno scienziato è in grado di comprenderla davvero. C'è chi la considera parte del divino, chi una forza, di fatto Theia trasformò la terra e le donò qualcosa che l'avrebbe cambiata per sempre: l'energia spirituale. Theia creò la Luna, scanditrice del tempo, della maree, della vita terrestre, e chiuse il Primo ciclo, dando inizio al Secondo.
La vita.
Milioni di anni permisero alla Terra di raffreddarsi rendendo possibile lo sviluppo di piccole forme di vita: le cellule. Con il tempo le cellule diventarono organismi più complessi, abitarono dapprima i mari e poi l'evoluzione permise loro di uscire dalle acque e cominciare a popolare la terra. I più deboli si estinsero, i più forti sopravvissero. Avvennero grandi estinzioni di massa, ma la vita trionfava sempre.
La chiusura di questo ciclo è universalmente famosa: alla fine del Cretaceo, la specie dominante dei dinosauri venne spazzata via dalla caduta di un asteroide che cadde nell'attuale penisola dello Yucatan, circa sessantacinque milioni di anni fa.
E si aprì il Terzo ciclo.
L'equilibrio terrestre era sconvolto dal cataclisma che l'aveva appena devastata, tonnellate di materia si riversarono nell'atmosfera e si formarono tsunami giganteschi, di una violenza inaudita. Le piante furono impossibilitate alla fotosintesi per molto tempo: sopravvissero solo mammiferi e uccelli. Ci volle molto tempo, ma i superstiti colonizzarono il pianeta, evolvendosi in creature straordinarie, capaci di adattarsi al clima e il territorio che li circondava, fra questi i primati che galopparono incessantemente sull'asse evolutivo, dando vita alla nostra razza.
Giunse il Quarto ciclo.
Col passare del tempo l'Uomo Anatomicamente Moderno prese piede e nel Pleistocene superiore colonizzò il mondo, sviluppando in maniera superiore un fenomeno importantissimo: l'immaginazione. Fu mediante la fantasia che l'uomo cominciò a creare. Poteva ricordarsi i sogni e persino illustrarli, raccontarli ai propri compagni, crearli.
Ad ogni modo non sarà necessario dilungarmi in questa sede riguardo tutto quello che è accaduto nella storia del nostro mondo dai tempi dei regni d'Egitto e Babilonia fino ad oggi: non sono uno storico. Inoltre molti tasselli restano oscuri, laddove verità e leggenda si avvicinano è difficile trovare la connessione per riconoscere il nostro passato. Voglio giungere il più rapidamente possibile all'ultimo ciclo, il Quinto.
12 Dicembre 2012.
Prima di quella data erano in molti gli scettici, si pensava fossero soltanto assurdità new age. La cosiddetta "era dell'acquario".
Eppure dopo quella data cambiò tutto. 
Non sensibilmente, non immediatamente. C'è chi presagiva la fine del mondo, e in realtà era soltanto, come predissero i Maya, la fine di un ciclo. La congiunzione delle energie questa volta fu come invisibile e impalpabile: il cambiamento non sembrò reale finché non ci rendemmo conto che erano nati coloro che furono inizialmente chiamati Bambini Indaco. Le prime migliaia nacquero esattamente il dodici dicembre e poi a seguire.
I piccoli Indaco si riconoscevano poiché fin da piccini erano particolari, speciali. Più rapidi ad apprendere, tra gli otto e i quindici anni sviluppavano poteri extrasensoriali. Cominciarono ad essere portati via dalle loro famiglie per essere studiati.
Esper: un grande passo per la storia dell'uomo, la prima mutazione dopo secoli di predominanza U.A.M.
Nel 2023, in Cina, gli esperimenti condotti sugli Esper portarono alla morte di molti di questi. Le famiglie dei bambini insorsero causando una grandissima rivoluzione sanguinosa, ricordata come "Le Sei Notti": il laboratorio cinese fu messo a ferro e fuoco, gli scienziati uccisi, i bambini e i loro genitori furono trucidai dai soldati e tutto fu messo a tacere. La notizia però trapelò grazie ad un gruppo di disertori dell'esercito che fuggì in America dopo aver salvato cinque bambini Indaco. Soltanto cinque tra oltre tremila, ma il loro coraggio fu essenziale per rendere il tremendo fatto di dominio pubblico. La notizia fece il giro del mondo e si scatenò il panico: si venne a sapere che gli Indaco che sviluppavano i poteri durante l'adolescenza erano i più pericolosi e al contempo i più potenti: avevano meno controllo. Tutti gli stati del mondo cercarono di prendere contromisure, la gente comune cominciò ad additarli come "mutanti". 
La popolazione mondiale era divisa in due fazioni: chi era Terrorizzato da queste strane creature, chi era esaltato dall'idea che i mutanti e super eroi delle fiction potessero realmente esistere.

Ma ora tracciamo una mappa degli avvenimenti più importanti del nostro quinto ciclo, quelli che hanno delineato i pilastri della società in cui noi viviamo, Esper e non:
nel 2027 uno scienziato greco, Alekei Vikronos, riuscì a sviluppare quella che fino ad allora era stata come una leggenda del mondo della scienza: la fusione fredda. C'era persino chi la considerava una "scienza patologica", ovvero impossibile da dimostrare, irreale. Eppuro Vikronos riuscì, a soli venticinque anni, insieme ad un gruppo di collaboratori con una ben più lunga carriera alle spalle, a sviluppare la più alta forma di energia pulita e, con questa, a cambiare radicalmente le sorti mondiali. Ci vollero effettivamente cinque anni per riuscire a diffonderla nel mondo e la spinta essenziale fu data dagli Re-united European States ( R.E.S.), che per primi adottarono i nuovi sistemi tecnologici. Nella nuova capitale governativa R.E.S., Praga, fu costituita la prima lega anti razzista per il supporto dei giovani mutanti: la Tollerance Security Keepers, che venne situata nella Casa Danzante.
L'inglese si sostituì alle lingue statali, che divennero primi dialetti, o sottolingue; l'euro si diffuse come moneta predominante: in pochi anni l'Europa, il vecchio continente, divenne la potenza più forte del mondo, seguito dalla Cina e dagli Stati Uniti d'America.
Con il supporto delle nuove tecnologie, la maggior parte dei conflitti mondiali trovò la sua fine, seppur nelle realtà regionali diversi tipi di guerre interne cominciavano ad avere luogo. Il razzismo diminuì tra gli "umani" a discapito degli Esper e le loro famiglie. 
Non tutti gli stati furono da subito coperti dalla protezione della Wordwide Metahumans Confederation., W.M.C., fondata alla fine del 2033 in California, dopo un incidente alla Extra Sensory Percepition House, un istituto europeo per l'educazione degli Esper: un gruppo di ragazzi evase distruggendo parte dell'edificio e alcuni di loro, purtroppo, persero la vita. La M.M.C. voleva proporsi innanzitutto come protettrice universale di questi giovani mutanti, proteggerli dalle numerose  fazioni e associazioni segrete create contro i metaumani: so da fonti certe che questi gruppi esistono, ma l'unico conosciuto al pubblico è un insieme di uomini e donne religiosi, creatosi dopo il famoso discorso del Papa il 1 Gennaio 2031, in cui il pontefice inneggiava alla pace, all'uguaglianza e alla tolleranza razziale.  Il 5 Marzo 2034, in Francia, venne arrestato Maurice De la Verre, un uomo creduto Esper A, ovvero la più potente categoria di Esper esistenti sulla faccia della terra. E il più pericoloso. Fu processato e condannato all'ergastolo per omicidio di primo grado e utilizzo improprio dei suoi poteri extrasensoriali. Una notte, a circa un mese di distanza dal suo arresto, l'uomo fu trovato nella propria cella, solo, mentre tre secondini giacevano a terra senza vita, come privati della loro stessa anima. La notizia fece il giro del mondo in pochi secondi, grazie a internet e ai social network e nel giro di un giorno già si urlava allo stregone, al vampiro, al mostro., all'alieno. La gente subito cominciò a marciare sulla vicenda con l'accumulo di leggende folkloristiche e anche grazie alla filmografia di un secolo. La prigione francese fu assediata da ragazzine maniache del neogotico, molte delle quali già gridavano "mordimi", al supposto vampiro. Gruppi di fanatici di fantascienza alzavano cartelli che chiedevano "portaci con te" a quello che credevano un extraterrestre. 
Questa isteria di massa sconvolse tutto il pianeta senza che nessuno riuscisse a mettere fine alle vicende, alle insurrezioni, alle manifestazioni.  Il 29 Aprile, a quasi due mesi di distanza dall'arresto di De la Verre, furono un gruppo di Esper a farsi avanti, durante una conferenza della M.M.C. a New York, in diretta mondiale: tentarono di spiegare come Maurice non aveva cognizione di ciò che succedeva intorno a lui, di quello che i suoi poteri potevano fare e che tenerlo rinchiuso in una prigione, da solo, era la peggiore delle azioni che potessero fare. L'Esper andava curato, la sua classificazione, "A", lo rendeva pericoloso per se stesso e per gli altri: dovevano liberarlo, permettere loro di curarlo, aiutarlo, perché Maurice si era svegliato tardi e doveva capire come auto gestirsi.  Lo trasferirono in isolamento.
Maurice si uccise il 1 Maggio, causandosi un'auto implosione degli organi interni. 

Un martire? Una vittima?
Sappiamo solo che la morte di Maurice innescò parecchie micce: i Metaumani cominciarono, anche se con diffidenza, a collaborare col Governo. Le lotte razziste si fecero più violente.
Nell'estate del '39 c'è stata una grande marcia, in America, la "marcia degli spiriti". Giovani di tutto il mondo riuniti per i Metaumani, per un mondo nuovo, di pace e di armonia. Giovani che parlano di magia, di spiriti. 
Mi chiedo, però, se il mondo sarà mai pronto per poter realmente vedere umani e Metaumani convivere: ci sarà sempre qualcuno pronto a speculare, anche a discapito di vite innocenti.
Noi, però siamo realmente pronti a permettere tutto questo?


Dottor Fabian Lemikov,
Parapsicologo

01 . 01 . 2040





Chiuse l'applicazione del giornale digitale, spense il tablet e lo appoggiò sulle proprie ginocchia: rivolse lo sguardo fuori dal finestrino dell'autobus navetta che, dall'aereo dell'American Airlines, li avrebbe portati fino al Terminal 1 dell'aeroporto Vàclav Havel di Praga.
Sospirò appena e, armata solo di una borsa a tracolla, si mise in fila assieme agli altri passeggeri per scendere dal bus e varcare i controlli di dogana.  Quando fu il suo turno sfilò gli occhiali da sole, rivelando i suoi occhi viola, che sembrarono colpire particolarmente il doganiere dato che strabuzzò le palpebre.
___ « Buon giorno signorina! Passaporto, per favore.»
Lei annuì e, senza nemmeno salutare, gli porse la tesserina elettronica dov'era stampata una delle sue peggiori foto: aveva appena compiuto diciotto anni, le labbra sottili erano increspate in un broncio, i capelli assomigliavano a un nido di chiurlo post alluvione e gli occhi erano pesti, circondati da profonde occhiaie, come se non avesse dormito per una settimana. 
In realtà aveva semplicemente pianto per ore.
L'uomo afferrò il documento, lo passò nello scanner, controllò un paio di dati al computer e appose il timbro digitale.
___ « Bentornata a casa, Miss Stanislav.»
___ « Thank you.» Mormorò in un flebile filo di voce.

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Capitolo 2
*** Chapter 01; ***


___

Praga era bellissima, esattamente come la ricordava.
Seduta sul comodo divanetto sagomato del suo bovindo casalingo, osservò il centro della Capitale europea che, agli ultimi giorni di novembre, era già stato arricchito dalle luminarie natalizie. Al nord si trattava di una faccenda seria: centinaia di casupole di legno avevano già invaso le vie della città, obbligando gli astanti a percorrere metri e metri di mercatini natalizi pigiati fra decine di estranei; decorazioni di ogni genere e tipo arricchivano le strade, le vetrine dei negozi, i balconi privati e vedere un Babbo Natale a grandezza naturale con tanto di slitta e sette renne di luci sistemati sul tetto dell'antica palazzina di fronte alla sua, la fece sentire a disagio. Si voltò osservando l'interno un po' spoglio del suo appartamento: erano otto anni che non ci metteva piede, per quasi tremila giorni la loro casa era rimasta disabitata, un ottimo covo per i ragni che si erano annidati copiosi fra le travi di legno del soffitto.
Sospirò pesantemente e si alzò; abbandonata la tazza nel lavello della piccola cucina di legno rialzata, ricavata in una splendida nicchia ad arco dei suoi ottanta metri quadri, corse fino alla piccola camera da letto e infilati un paio di jeans giallo canarino, una felpa sformata e un parka blu elettrico con un sacco di pelo sul profilo dell'ampio cappuccio, uscì di casa con una sola e semplice missione: comprare un albero di Natale e un sacco di decorazioni.
Quell'appartamento sarebbe tornato in vita, in un modo o nell'altro.



Affondò le suole dei suoi Ugg blu in una pozzanghera di neve sciolta e si schizzò inevitabilmente una gamba dei pantaloni col pantano.
___ « Merda!» Esclamò sbuffando, rassegnata. Prese un profondo respiro e si fece coraggio: armata di un enorme sacca di plastica con cordino in raso ritorto rosso che le permise di tenere gli acquisti a tracolla, si infilo in uno Starbucks colmo di gente e si fece largo fino alla cassa a suon di spallate e gomitate. Non era mai stata una bambolina delicata e docile, seppur il suo fisico slanciato e magrissimo potesse suggerire tutto il contrario.
___ « Buon giorno, mi dica.» Era il suo turno, finalmente.
___ « Salve. Vorrei un tea caldo al latte taglia L, un sandwich al tonno e …» Diede un'occhiata alla vetrina dei dolci lì accanto: gli occhi viola si calamitarono in meno di due secondi sull'ultimo pezzo di brownies al pistacchio rimasto. « Brownies al pistacchio!»
___ « Posso avere quello?» Una voce maschile, allegra e piacevole, sovrastò la propria piuttosto bassa e roca; si voltò per poter vedere il grazioso profilo di un ragazzino dai capelli neri, il naso dritto e rotondetto in punta e un sorriso da bimbetto stampato in volto che non chiedeva altro che un pezzo di dolce per poter essere felice.
___ « Mi dispiace signore, la signorina ha appena pagato quel brownies.» L'informo il commesso, preoccupato più della fila chilometrica di praghesi e turisti affamati piuttosto che della delusione dipinta in faccia al ragazzo.
___ « Ohu …»
___ « Non importa. Lo dia a lui: io prendo una ciambella.»
___ « Bene. Sono tredici e cinquanta, signorina.»
Appoggiò il proprio avatar-mobile vicino al lettore di credito che sbucava dalla cassa: il sistema automatico di riconoscimento con impronta digitale le permise di pagare in fretta, senza pin, senza intoppi, che ormai nel 2040 era raro vedere soldi contanti girare fra le mani della gente, la moneta poi era quasi del tutto scomparsa.
___ « Ecco.» Recuperò il proprio vassoio e nel voltarsi si scontrò col sorriso più sinceramente grato che avesse mai visto.
___ « Grazie, signorina!»
___ « N … non c'è problema. Arrivederci.» Abbassò lo sguardo sul proprio panino e si fece nuovamente largo fra la folla, picchiando lo scatolame delle decorazioni, nascosto nella sua sacca di plastica, contro praticamente chiunque e ricevendo in cambio parecchi insulti. Non diede peso a nessuno d'essi.
Si sistemò nell'ultimo tavolino rimasto, il più piccolo e vicino ai bagni, dove la calca di persone era sempre interminabile, ma lei non vi diede alcuna importanza: aprì il coperchio termico del bicchierone di tea e lo lasciò all'aria per un po', così da farlo raffreddare ed evitare un ustione alla lingua e al palato. Addentò il suo sandwich al tonno, ma il primo boccone le andò quasi di traverso dato che la sedia davanti a sé, fino a pochi secondi prima libera, ora era occupata da qualcuno.
___ « What the fuck!?» Si lasciò andare a un'imprecazione tipicamente americana, ma l'altro non vi badò: continuò a sorriderle, tenero e squisito, con gli occhi azzurri a palla puntati su di lei. Erano gli occhi più belli che avesse mai visto.
___ « Scusa, non c'è altro posto … ti dispiace?»
Sentì il proprio sopracciglio sinistro tremare in preda a uno spasmo; lo fissò a palpebre spalancate, tossendo per via di qualche briciola che ancora aveva di traverso e le venne spontaneo afferrare il bicchiere di tea caldo, berne un sorso e fare più danno che altro.
___ « AHIA!»
___ « Oh no! Ti sei bruciata?! Aspetta.» Sentì la sua mano fredda appoggiarsi sulla propria, che ancora circondava il bicchierone di carta e spalancò ancora di più gli occhi, basita.
___ « Ma che fai!?» Si rese perfettamente conto del proprio tono isterico, ma non poteva farne a meno.
___ « Shht …» Lui non smise mai di sorriderle e, improvvisamente, sentì un calore assai piacevole divampare dalle dita del ragazzo: abbassò gli occhi viola e vide il calore del tea assorbirsi dentro di lui.
Sentì la mascella slogarsi dallo stupore: lo guardò con un'espressione che doveva essere davvero tutta un programma dato che lui ridacchiò divertito.
___ « Bevi ora, è alla temperatura giusta.» Obbedì, non tanto per lenire il dolore alla lingua, quanto più perché non sapeva assolutamente che cosa dirgli. Ma, come al solito, le parole le uscirono come un fiume in piena, senza filtro.
___ « Ma sei scemo!? Non si fanno queste cose in pubblico!»
___ « … Perché?» Il suo sguardo innocente, acquoso, la colpì dritta al cuore.
___ « P – p – perché … no. Punto.» Le tremava la voce ed era rigida come un pezzo di legno.
___ « Oh.» Rispose lui, aggrottando appena le sopracciglia. « D'accordo! Se lo dici tu mi fido, dopo tutto mi hai lasciato l'ultimo brownies al pistacchio, quindi devi essere per forza una brava persona.»
Quel semplice sillogismo la lasciò letteralmente di stucco e lui dovette accorgersene perché la guardò con gli occhioni azzurri spalancati e sbatté le lunghe ciglia scure con aria perplessa e curiosa. Un cerbiatto, ecco cosa sembrava.
___ « Ho detto qualcosa di sbagliato?»
___ « Ma da dove vieni, tu?» Domandò sospirando; e sorrise.
___ « Oh, vengo dai dintorni di Brno. Conosci l'Accademia Novacék?»
Chiunque conosceva l'Accademia Novacék. Si trattava di un posto ispirato alla famosa scuola per mutanti dei fumetti X-Men e il fondatore, il giovane magnate Michail Novacék, non ne aveva mai fatto mistero: aveva fondato un luogo sicuro per i giovani metaumani che non avevano più un posto dove andare, spaventati dalle proprie potenzialità, cacciati dalla loro stessa famiglia. Lì dentro erano al sicuro e imparavano a controllare i loro poteri; l'Accademia esisteva da ormai dieci anni, Mister Novacék l'aveva costituita nel 2030, alla giovane età di ventidue anni. La Tollerance Security Keepers e l'Accademia Novacék collaboravano fruttuosamente da ormai un decennio, si occupavano degli Esper con dedizione e amore, riuscendo a farli sentire a casa forse per la prima volta nell'arco della loro giovane vita.
___ « Sì, conosco.» Annuì brevemente ed incrinò un sopracciglio. « E che cosa ci fai a Praga a piede libero?»
___ « Ho compiuto diciotto anni giusto l'altro ieri, quindi ho deciso di festeggiare facendo un giretto nella city!» Esclamò lui entusiasta. « Mi piace l'Accademia, ma sono anche un po' stanco di stare lì dentro. Sono dieci anni che ci vivo, ormai sono in grado di controllarmi per benino, adesso voglio farmi una vita qui.» Spiegò affondando i rebbi della sua forchetta nel brownies al pistacchio.
___ « E come conti di fare?» Domandò lei, ridacchiando.
___ « … Beh, ho qualche soldo da parte e per ora alloggio ai dormitori della Tollerance Security Keepers. Conosci anche quella?»
___ « Sì, sì, conosco.» Rispose affondando poi i denti nel suo sandwich.
___ « Conosci un sacco di cose! Come ti chiami?»
___ « Mhn …» Deglutì e si passò la lingua sui denti davanti, per evitare di rispondere con un pezzo di insalata incastrato fra gli incisivi. « Stella.»
___ « Io sono Dimitriy, è un piacere conoscerti Stella.» Allungò la mano sul tavolo e lei gliela strinse, sorridendogli.
___ « Quindi sei alla ricerca di un lavoro.»
___ « Sì! Conosci qualcuno che possa aiutarmi?»
Era tremendamente indecisa: Dimitriy sembrava un bravo ragazzo, del tutto innocente e in balia di un mondo che non conosceva, ma che voleva disperatamente vivere. Eppure era difficile per lei fidarsi ancora di qualcuno.
___ « Ho visto che stanno per aprire un negozietto, in centro, non molto lontano da qui.» Scrollò le spalle sorridendogli placida. « Credo si tratti di una Bakery, sai, a impronta americana: sulla vetrina c'è scritto che cercano personale, potresti mandare un curriculum digitale.»
___ « Ah! Ma certo!» Esclamò lui, sbarrando gli occhi. « Che bello!» Batté persino le mani, contentissimo, ma improvvisamente si bloccò. « E come si fa un curriculum?» Domandò improvvisamente spaventato.
___ « Oh my god … ma non ti hanno insegnato nulla in quella scuola?»
___ « Mi hanno insegnato a controllare i miei poteri e poi la matematica, geografia, storia, tutte le materie solite da scuola.»
___ « Non parlare di queste cose in pubblico.»
___ « Di matematica?»
___ « … Di poteri.» Sussurrò sbuffando appena.
___ « Ahn … sì, lo so. Michail me l'ha detto più di una volta, è che sono qui da così poco che mi viene ancora naturale fare e dire tutto quello che voglio. Scusa.»
___ « Non devi scusarti, io lo dico per te.»
___ « Grazie Stellina, sei gentile.» No, non poteva essere un cattivo ragazzo quello che le stava sorridendo ora: era gentile, dolce, dannatamente innocente.
___ « Quindi conosci Mister Novacék?» Domandò accigliandosi appena.
___ « Oh, sì. Michail mi ha più o meno adottato. Non legalmente, ma mi ha preso sotto la sua ala quando i miei genitori mi hanno abbandonato all'E.S.P.H. Conosci anche quella?»
Si sentì morire. Il respiro le si bloccò in gola e strinse forte le palpebre, cercando di scacciare la miriade di immagini che le impregnarono il cervello, come fosse un film horror che era stata costretta a guardare.
___ « Ehi, tutto bene Stellina?» Lui le sfiorò una mano e lei trasalì, sbarrando improvvisamente le palpebre.
___ « Sì!» Esclamò a tono sicuramente un po' troppo alto. « Sì, sì, sì. Scusa. Deve essermi andato di nuovo di traverso un pezzo di sandwich e …» Scosse il capo, sforzando un sorriso. « Quindi Mister Novacék ti ha salvato dalla E.S.P.House?» Domandò, sforzandosi di non tremare.
___ « Sì. Insomma, non ne conosco il motivo, ma dicono che quel posto non è bello come l'Accademia, anche se si trova proprio a Praga.»
___ « No, non lo è.»
___ « Ecco. La nostra è una scuola con alloggi, quello somiglia a un ospedale. Conoscono una ragazza che ci è stata qualche mese: mi ha raccontato che era tutto bianco, che facevano lezione, sì, ma solo di …» Si abbassò verso di lei, ponendo le mani accanto alla bocca così d'attutire le sue parole. « Poteri. Come se li studiassero! E' assurdo, no? Non siamo mica animali!»
Gli sorrise dolcemente, beandosi della veritiera innocenza delle parole addotte dall'Esper. Finì il proprio sandwich, quindi mise da parte il tovagliolo sporco di colate di maionese e afferrò la ciambella.
___ « La vuoi assaggiare?» Gli domandò ridacchiando appena nel vedere i suoi occhi luminosi sbarrarsi estasiati alla sola vista del dolce.
___ « E io ti do un pezzo di brownies, in fondo lo volevi tu!»
___ « Affare fatto.» Si smezzarono i dolci e lei si perse nell'osservare la vorace passione con cui Dimitriy si gustava quelle semplici pietanze. Lo guardò sorridendo e si accorse solo in quel momento che il vassoio del ragazzo ospitava solo dolci.
___ « Ma pranzi solo con quelli?»
___ « Sìì! Finalmente posso mangiare tutto quello che voglio, quindi mi sto dando un po' alla pazza gioia. All'Accademia c'era la mensa, ma comunque mangiavamo tutti le stesse cose, mica era il ristorante! Ehi, non mi sto lamentando, il cibo era buonissimo, però mi sto accorgendo che avere la libertà di poter scegliere è davvero unico.»
Furono quelle parole ad aprirle il cuore e quegli occhi azzurri pregni della più semplice purezza a convincerla a provarci.
Gli sorrise porgendogli la mano destra.
___ « Ce l'hai un avatar, Dimitriy?»
___ « Sì! Me l'hanno regalato i miei amici, per tenerci in contatto.» Lo guardò ravanare dentro una borsa sbrindellata ed estrarvi un avatar-mobile d'ultima generazione, forse l'ultimo modello uscito sul mercato. Lo afferrò, incrinando un sopracciglio: amici? Dovevano essere molto ricchi e molto a forma di Michail Novacék probabilmente.
___ « Allora ti segno nel calendario il giorno e l'ora per il colloquio, okey?»
___ « Ma ti ricordi a memoria il manifesto!? Wow! Sei grande Stellina!» Gli sorrise tranquilla, segnandogli anche il proprio numero di telefono.
___ « Ecco, ti ho aggiunto anche il mio contatto … se hai bisogno di qualcosa, scrivimi, okey? Anche solo per fare un giretto: anche io sono appena tornata in città, mi farebbe piacere rivederti.»
___ « Sul serio?» Domandò stupito e felice e il suo volto illuminato da un gran sorriso le riempì il cuore di gioia.
___ « Sì, sul serio. Ora vado però, ho comprato un sacco di cose per addobbare la mia casa e quindi devo sistemarle!»
___ « Oh, sì, certo.» Il suo sorriso si affievolì appena mentre si alzò indossando nuovamente il parka blu elettrico e la sacca degli acquisti a tracolla.
___ « E' stato un piacere conoscerti Dimitriy! E mi raccomando …»
___ « Sì, sì. Tranquilla! Ho capito tutto. E il piacere è stato mio Stellina, sei proprio carina e hai degli occhi stupendi.»
___ « Grazie …» Gli sorrise prima di dargli le spalle e inoltrarsi nelle vie del centro di Praga. Pur non essendo un giorno feriale c'era un casino inenarrabile in giro e dovette nuovamente picchiarsi con perfetti estranei per potersi guadagnare uno spazio tranquillo nel quale poter camminare, o semplicemente respirare. Sbuffò nel sentire il proprio avatar vibrare, lo afferrò frettolosa e sbarrò le palpebre leggendo il contenuto del messaggio:
___Ma l'albero non si fa in compagnia di solito?
Si bloccò e si voltò di scatto, trovandosi a guardare quei due immensi occhi azzurri a guardarla, sorridenti. Rimase interdetta per qualche istante prima di abbassare lo sguardo sullo schermo del dispositivo sul quale digitò una semplice risposta:
___ Sì.










I'm back XD
Avviso per la gentile utenza: questa storia non sarà aggiornata velocemente come “Azzurro”, in primis perché siamo alle porte di Natale e avrò altro da fare, in secundis perché si tratta di qualcosa di molto più complicato e meno “spontaneo” delle dolci vicende di Olivier e Dean.
Questa storia in un certo senso è già stata scritta, è nella mia testa, devo solo metterla giù e voglio farlo al meglio, quindi mi prenderò tutto il tempo necessario ;)
Detto ciò … come sempre i primi capitoli saranno di presentazione dei personaggi e non credete che Stella e Dimitriy si siano conosciuti “troppo in fretta”, c'è un motivo: questi due sono indissolubilmente legati dal destino, non poteva che essere così. U.U banane a tutti!



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Capitolo 3
*** Chapter 02; ***


« Prague Gazette, 3 Gennaio 2033
Si parla di una rivolta attuata dall'interno della Extra Sensory Percepition House, condotta da alcuni ragazzi Esper lì rinchiusi ed aiutati da esterni, metaumani e non; semplici ragazzi che hanno deciso di aiutare questi giovani super dotati dei quali la nostra società ha paura.
Alcuni testimoni oculari raccontano di esplosioni, sparatorie, manipolazioni extra sensoriali da entrambe le parti coinvolte.
Che cos'è dunque veramente la Extra Sensory Percepition House?
E' davvero un semplice ricovero per Esper disadattati, discriminati, impotenti ed incapaci di utilizzare al meglio i propri straordinari poteri?
E' un rifugio o una prigione? In cosa si differenzia dall'Accademia Novacék, dove alcuna rivolta è mai stata messa in atto dai suoi ospiti? Io so solo che da un rifugio sicuro nessuno vuole scappare, ma da una prigione sì.
Ieri sera sono scappati dalla cinica 57 Esper fra bambini e adolescenti dei quali si sono completamente perse le tracce.
Ci sono state tre vittime: due Guardiani deceduti post suicidio – le vittime presentavano entrambe fori d'arma da fuoco alla testa, sparate dalle proprie armi d'ordinanza – e un giovane Esper A di ventiquattro anni, che ha ufficialmente perso la vita in seguito a un attacco cardiaco.
Che cosa aspetta il nostro Governo a permettere alla Tollerance Security Keepers di intervenire in questa struttura? Di poter seguire meglio le presunte “cure” e gli “aiuti” che vengono offerti ai giovani metaumani?
Se la parola libertà ha ancora valore in questo paese, se la parola giustizia non è solo un vocabolo stampato nero su bianco, allora vedremo al più presto legalizzati i diritti di questi ragazzi dorati di capacità straordinarie ai quali, al momento, auguro di vivere una splendida vita lontano da qui.

Stanislav Winters»



Mosse delicatamente i polpastrelli delle dita sul touch screen del suo personal tablet e socchiuse appena le palpebre per leggere l'articolo successivo, salvato nella cartella criptata.



« Prague Gazette, 3 Gennaio 2034
A un anno dalla stesura del mio articolo di denuncia contro la gestione della Extra Sensory Percepition House, mi trovo a dover spedire i miei pezzi dagli Stati Uniti, dove la tolleranza verso i metaumani e i gli uomini che, come me, semplicemente non trovano nulla di male nel poter essere amico di qualcuno che può spostare un oggetto con la mente, è quasi totale.
Il Presidente degli Stati Uniti ha effettivamente fatto del tema “tolleranza metaumana” un'ottima arma politica per le prossime elezioni presidenziali, tuttavia io non riesco a biasimare un uomo che mi ha permesso, grazie ai suoi decreti di legge, di poter camminare tranquillo per strada mano nella mano con mia figlia, senza l'attanagliante ansia derivata dalla paura che qualcuno potesse farmi sparire solo per le mie idee, per le parole che scrivo.
Rischio molto nello spedire questo piccolo trafiletto alla Prague Gazette, ma non importa, ci tenevo a essere io a informare i lettori che da domani, 4 Gennaio 2034, entreranno in vigore delle leggi grazie alle quali gli Esper condotti alla E.S.P.House potranno decidere di rinunciare agli “aiuti” forniti dalla clinica quando meglio credono, senza più essere costretti ad aspettare la maggiore età.
Ufficialmente.

Stanislav Winters»



___ « Michail? Sei pronto?»
Alzò lo sguardo dal tablet e sospirò silenziosamente.
___ « Sì.»
___ « Sei sicuro di star bene? Vuoi che rimandi la riunione?»
Sorrise flebilmente, col solo angolo destro della bocca, verso il proprio assistente, braccio destro, migliore amico, tutto fare, Damon Holt.
___ « Quando mai ho saltato una riunione?» Damon camminò intorno alla scrivania e abbassò lo sguardo verso lo schermo del dispositivo elettronico.
___ « Ogni volta che leggi quegli articoli ti incupisci.»
___ « Mi servono a ricordarmi perché faccio quello che faccio, Damon.»
___ « Lo so.» Rispose lui gentilmente; afferrò la giacca del suo completo elegante, confezionato su misura e lo aiutò a indossarla. « Tuttavia non trovo particolarmente utile il tuo continuo flagellarti. Non si può certo cambiare il passato.» Si voltò, incontrando gli occhi cerulei dell'amico al quale sorrise, leggermente sprezzante, mentre lui si occupava di sistemargli il nodo della cravatta e lisciargliela sul petto, perfetta.
___ « Non voglio cambiare il passato: voglio manipolare il futuro.»
___ « Pft …» Damon ridacchiò sotto i baffi, afferrò il suo tablet e chiuse la cartella criptata prima di seguirlo verso l'uscita dell'ufficio. « A proposito: ho sentito la Tollerance.»
___ « Sì? E cosa dicono?» Chiese senza rivolgergli nemmeno un'occhiata.
___ « Lui sta bene.» Una frase secca, senza inflessioni, che lo fece sorridere.
___ « Lo so.»
___ « Lo sai? Hanno chiamato in ufficio?»
___ « No.»
___ « … Dunque?»
Sospirò pesantemente, ruotando leggermente il capo all'indietro per poterlo così inquadrare con la coda dell'occhio
___ « Non l'ho perso di vista nemmeno un istante.»




Camminava per i corridoi bianchi, così dannatamente candidi da far male agli occhi: pavimenti bianchi, pareti bianche, soffitti bianchi, persino le sedie e le porte erano bianche. Il suo camice era bianco, così come i pantaloni e la casacca che era riuscito a rubare da uno stanzino della E.S.P.House. Avrebbe voluto mettersi per lo meno degli zoccoli colorati, ma non doveva assolutamente attirare l'attenzione su di sé, quindi bianco anche per loro.
Era calmo, sicuro di sé mentre si aggirava per il terzo piano della struttura, dove erano siti gli alloggi degli “ospiti” più giovani.
Non aveva ancora incrociato nessun Dottore, nessuno psicologo, solo qualche infermiere e una donna delle pulizie e nessuno lo aveva guardato in faccia: erano stati addestrati a non farlo.
Sapeva che il giorno prima erano arrivati dei nuovi bambini, alcuni prelevati dai segugi della struttura, altri consegnati direttamente e consapevolmente dalle famiglie, da genitori che avevano paura dei loro stessi figli.
Superò un angolo e percorse dapprima con lo sguardo le porte bianche incastonate nella lunga parete di piastrelle candide e lucide: sembravano tanti denti, pronti a divorare chiunque le avesse oltrepassate. La prima era quella dalla quale avrebbe iniziato. Si avvicinò, appoggiò delicatamente la mancina sopra la maniglia e con la destra bussò leggero, una sola volta, prima di aprire il battente.
___ « Si può?» Mantenne un tono calmo, pacato e professionale.
___ « … Ch - … chi è?» La risposta che ottenne fu esattamente quella che si aspettava: il pigolio spaventato di un bambino innocente.
Si guardò intorno, ma non vide nessuno: il piccolo letto, inevitabilmente bianco, era appoggiato contro il muro di fondo, sotto a una finestra dalla quale filtrava la luce fioca di un uggioso mattino praghese. Una piccola valigia rossa, unica macchia di colore presente della camera, era abbandonata al centro dello spazio, ancora chiusa, intatta, intoccata.
___ « Sono un amico, sono qui per fare amicizia con te.» Sorrise appena, conscio che il ragazzino poteva vederlo, anche se lui non era riuscito a individuarlo. La porta del piccolo bagno era socchiusa, all'interno la luce era spenta, ma poté notare un movimento luminoso nel buio. Azzurro.
___ « … Amicizia?» Quella vocina delicata gli straziò l'anima. « … Dove .. dove sono la mamma e - … e il papà?» Percepì ansia. Paura.
___ « Mamma e papà ti hanno affidati a noi.» Spiegò, tentando di risultare amichevole, morbido nel tono, sorrise persino; afferrò una seggiola bianca e la spostò di modo da essere rivolta verso il bagno. Si sedette, tranquillo, continuando a ostentare un'espressione placida.
___ « … Perché? Sono malato?» Chiese il piccino, straziandogli il cuore e l'anima; vide una mano appoggiarsi sullo stipite bianco, era così piccola, ben curata, la pelle più chiara che avesse mai visto: sapeva che era morbida anche dopo un solo sguardo.
___ « No piccolo, non sei affatto malato.» Lo rassicurò, piegandosi in avanti, rivolto verso la stanzetta buia. « Ti va di uscire di lì?»
___ « No!» Esclamò lui, deciso, ritirando immediatamente il piccolo arto.
___ « D'accordo, non preoccuparti. Possiamo parlare anche da qui.» Lo rassicurò, continuando a sorridere dolcemente.
___ « Se non sono malato perché mi hanno lasciato qui? Tu sei un dottore, no? Hai il camice bianco! Sei tutto bianco, come questo strano posto!»
___ « Non ti piace, qui?»
___ « … Se ti rispondo con la verità, mi punisci?» Pigolò, confuso, spaventato.
___ « No, nessuno ti punirà, piccolo.»
___ « Sicuro?»
___ « Sicuro.»
___ « Mi dai la tua parola?»
Sbuffò una leggera risata, spontanea e sincera.
___ « Parola.» Si posò una mano sul cuore e sentì il bambino ridacchiare, soddisfatto.
___ « Non mi piace qui!» Confessò, tutto d'un fiato. « Sembra tutto finto. Il bianco è troppo chiaro, mi manca la mia cameretta, gli altri bambini sono tutti spaventati e i dottori sono tutti finti. Tutti tranne te: tu non puoi essere cattivo.»
Assottigliò appena, appena le palpebre, curioso. Si alzò lentamente, stando ben attendo a mantenere una fluidità di movimenti rassicurante; era in piedi adesso, gli occhi fissi sullo spiraglio scuro lasciato aperto dalla porta socchiusa.
Non sentì alcuno strano movimento, il bambino non parlò nemmeno quando prese a camminare verso il bagno, per tanto non chiese il permesso di accendere la luce, lo fece e basta: aprì del tutto la porta e si trovò senza parole, forse per la prima volta in vita sua.
I rubinetti dell'acqua di doccia e lavabo erano aperti, ma il liquido incolore non sgorgava negli scarichi del sanitari, non seguiva nemmeno un moto discensivo: si stagliava verso l'alto, ricoprendo completamente il soffitto e i muri della stanzetta come una coperta bagnata.
___ « … Sei sicuro che non sono malato?» La vocina del piccolo Esper richiamò la sua attenzione e lo vide lì, seduto sul pavimento, con la schiena premuta contro il muro di fondo del bagno. Aveva le gambe rannicchiate al petto e premeva il visino contro le ginocchia.
___ « Non sei malato, piccolo, anzi: hai un dono stupendo.»
___ « … Vero?» La speranza che sentì impressa in quella semplice parola, gli scaldò il cuore, che si sentì in gola nel momento in cui il bambino alzò il musetto e inchiodò il suo sguardo col proprio. Occhi liquidi, brillanti, vivi, di un azzurro che mai avrebbe immaginato di poter ammirare in vita sua. « Tu sei buono: l'acqua non ti ha attaccato, quindi sei bravo. Lei mi protegge.»
Deglutì a fatica, strinse per un secondo le labbra in una morsa violenta, quindi le distese in un sorriso placido.
___ « Ti va di venire con me? Ti porto via di qui. Tu e gli altri bambini, d'accordo?»
___ « Sì.» Non mise in discussione nemmeno per un istante le sue parole, non gli chiese dove sarebbero andati, né perché: qualunque posto era meglio che lì.
___ « Vieni.» Gli porse una mano e il bambino gli appoggiò sopra la sua, fresca, un po' umida, piccolina. « Come ti chiami, piccolo?»
___ « Dimitriy.» Rispose lui, alzandosi in piedi. « E tu?»
___ « Michail.»
___ « Michail. Michail e Dimitriy. Mi piace! Mi porti in braccio, Micha?»
Lo guardò sporgere le braccia verso di lui, quel piccolo angelo di otto anni, alto un metro e un soldo di cacio, con quegli occhietti così belli, che non chiedevano altro che essere compresi e amati.
Gli sorrise nuovamente e senza rispondergli a parole s'allungò e abbracciò quel piccolo corpo tremante, indifeso. E lo strinse a sé, issandolo in un sol colpo.
___ « Ti proteggerò io, Dimitriy.»
___ « Lo so!» Esclamò l'Esper, buttandogli le braccia intorno al collo per poi nascondere il visetto nell'incavo del proprio collo. Ogni tanto il bambino tremava e quei brividi si trasferivano di riflesso al suo corpo, che li somatizzava e trasformava in una rabbia profonda, che andò a radicarsi in un angolo del suo cuore.
Quel giorno, lui e altri due agenti infiltrati nella E.S.P.House, riuscirono a salvare cinque bambini: Anya, Valentine, Jacob, Sven e Dimitriy.

Ad oggi avevano tutti compiuto diciotto anni ed erano cresciuti splendidamente, in armonia coi propri poteri e in pace con loro stessi. Anya e Jacob avevano scelto di partire per gli Stati Uniti, dove una struttura gemellata all'Accademia Novacék li avrebbe accolti e aiutati ad ambientarsi in una nuova città, in un nuovo paese, per costruirsi una vita da zero per poter essere felici ed appagati.
Valentine e Sven erano rimasti all'Accademia, al momento affatto intenzionati ad andarsene: entrambi seguivano gli Esper più piccoli aiutandoli coi loro poteri e Sven aveva deciso di addestrarsi come Luce, gli agenti della Tollance Security Keepers. Un giorno anche lui avrebbe potuto salvare dei bambini fingendosi un medico fra i corridoi bianchi della E.S.P.House.
Dimitriy, invece, era voluto partire per Praga.
E lui l'aveva lasciato andare.
In molti gli avevano chiesto se fosse impazzito, cosa gli era passato per l'anticamera del cervello, perché l'avesse assecondato in questa sua assurda ricerca d'autonomia: lasciarlo vivere nel cuore del labirinto, in balia delle cariche del Minotauro, l'avrebbe reso vulnerabile e, forse, ucciso.
Forse, ma più probabilmente no: Dimitriy aveva in sé una forza incommensurabile, equiparabile solo all'immensa energia scatenata dalle rapide tortuose di un fiume, destinate a infrangersi in una potente cascata.
Sorrise al nulla e accese la piccola cornice digitale che qualcuno gli aveva lasciato sulla scrivania.
___ « Ciao Micha!» Dimitriy, sorridente, salutava in camera: aveva appena spento diciotto candeline e ancora portava in testa un buffo cappellino a cono, colorato, con un pon-pon di carta crespa azzurro sulla punta. « Oggi sono diventato maggiorenne! Sono troppo felice, questa festa è bellissima!» L'espressione si fece più dolce, vulnerabile. « Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Ci vediamo a Praga, d'accordo? Ti voglio bene. Ehi! E H I ! Cretina, vieni quiii!»
Rise nel vederlo sparire dall'inquadratura; ascoltò un po' le risate dei ragazzi, quindi spense l'apparecchio e si alzò in piedi, accarezzandolo con la punta delle dita.
___ « A presto, Dimitriy.»















Non so cosa scrivere, tranne che amo visceralmente Michail.
E Dimitriy.




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