so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

di exitwounds
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** uno. ***
Capitolo 2: *** due. ***
Capitolo 3: *** tre. ***
Capitolo 4: *** quattro. ***
Capitolo 5: *** cinque. ***
Capitolo 6: *** sei. ***
Capitolo 7: *** sette. ***



Capitolo 1
*** uno. ***


 
so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(1)
 
giugno 2007.

«Sam, io esco un attimo, tutta questa musica mi sta facendo venire mal di testa!» urlai alla mia migliore amica, intenta a ballare - a strusciarsi, più che altro - con un tipo appena conosciuto. Mi rispose con un cenno della mano, non ero neanche sicura mi avesse capita. 
Come fa a piacerle tutto questo casino, non saprei proprio: c'è poca luce e non si vede quasi niente, gira fin troppa droga per i miei gusti e per parlare con qualcuno devi urlare e prosciugarti un polmone. Dove lo vedono il divertimento lei e le altre centinaia di persone che stanno ballando una appiccicata all'altra in quel buco di discoteca sovraffollata? Mah. 
Mi allontanai da quel luogo infernale, come lo chiamavo io, e mi diressi in una via laterale: là sapevo ci fosse un muretto non troppo alto, era facile salirvi sopra anche con questi dannati tacchi, ed era il posto perfetto per prendere un po' d'aria. 

«Fuentes...» sputai, vedendo che un ragazzo aveva avuto la mia stessa idea. A quanto pare, non sono l'unica a cui dia fastidio quella sottospecie di musica - se si può chiamare tale - che mandano in discoteca. 
«Smith...» rispose, senza neanche alzare lo sguardo dalla sigaretta, ormai quasi finita, che teneva tra le dita. 
«Non credevo neanche sapessi il mio cognome, a scuola non mi hai degnata di uno sguardo per anni, Mike.» enfatizzai sul suo nome, quasi per metterlo alla prova, per sfidarlo a dimostrarmi di sapere come mi chiamassi. 
«Ti sbagli di grosso, Rebecca.» gettò il mozzicone della sigaretta per terra, spegnendolo con il piede destro. 
Mi sedetti sul muretto, a qualche metro dal punto in cui lui era appoggiato, e tirai fuori sigaretta e accendino dalla borsetta. Non fumo quasi mai, anche se ho un pacchetto sempre con me. Lo trovo una maniera per rilassarmi. 
La portai alla bocca e non feci neanche tempo ad accenderla, che la voce di Mike sovrasta il click dell'accendino. 
«Le ragazze non dovrebbero fumare.» disse, secco. Lo ignorai e presi un tiro. 
«Non mi faccio rimproverare da nessuno sul fumo, men che meno da uno che si è appena acceso la seconda sigaretta di fila.» lo liquidai, mettendo apposto l'accendino e il pacchetto. 
Alzò le mani, in segno di resa. «Hai vinto.» 
Mi scappò un sorriso, che tramutai subito in una smorfia. Non dovevo sorridere a un tipo del genere. 
Lui, suo fratello ed altri due idioti erano il gruppo più popolare della scuola, nonostante fossero di età diverse. Quando ero al secondo anno Victor, il fratello più grande di Mike, si era diplomato, l'anno dopo lui stesso e, insieme a me, si erano diplomati gli altri due quarti del gruppo, Perry e Preciado. A scuola tutti li adoravano, forse io e Sam eravamo le uniche a vederli come erano realmente, quattro idioti che messi insieme diventavano possibilmente ancora più idioti. 
«Però ti sei presa una cotta stratosferica per uno di questi idioti...» mi disse una vocina nella mia mente. Scossi la testa, per scacciare quel pensiero. Tanto mi era passata, no? 

Finii la sigaretta e scesi dal muretto, sistemandomi il vestito. Perché mi ero fatta convincere da Sam ad andare a quella stupida festa? Non era da me. 
«Vai già via, Smith?» 
«Si, Fuentes, mi annoio.» risposi, riprendendo in mano la borsetta. 
Lui fece spallucce. 
Se non gli interessava la risposta, perché me lo aveva chiesto? 
«Come fai a sapere il mio nome? Non abbiamo mai avuto lezioni insieme, e non ci siamo neanche mai parlati.» gli chiesi, a bruciapelo. 
Lui non rispose subito, alzò lo sguardo e rimase a fissare il cielo scuro ma pieno di stelle che quella notte di giugno ci era stato regalato da San Diego. 
Ero sul punto di girare i tacchi ed andarmene senza aspettare la sua risposta, quando sentii la sua voce. Aveva un tono particolare, tendeva all'ironia ma non sapevo distinguere se stava tentando di farmi innervosire o mi stava solo prendendo in giro.
«Oh, io e te no, ma qualcuno aveva lezioni con te. Pensaci bene.» ci fu un attimo di silenzio. «Ah, e comunque con i capelli verdi stai meglio.» 
Con quella frase si allontanò, rivolgendomi solo un cenno del volto a mo' di saluto e lasciandomi come una cretina a bocca aperta. 
Avevo fatto da poco dei riflessi verdi, che sui miei capelli chiari si notavano molto, ma non avrei mai immaginato che se ne accorgesse, conoscendo i maschi e il loro non prestar mai attenzione ai dettagli. 
E poi, chi diavolo aveva mai avuto una lezione con me? Ci pensai qualche istante, giocando con i miei capelli con le dita, finché mi venne in mente. 
Diritto, secondo anno, due ore il mercoledì mattina. Vidi per un attimo la professoressa Rogers entrare e fare l'appello. «...Preciado... Smith...» 
Preciado! Come avevo fatto a non pensarci prima? Forse perché quel ragazzo - Jamie, Jaime o come diavolo si pronunci il suo nome - in quella classe ci era durato due settimane scarse, prima di mandare letteralmente a quel paese la professoressa e di scambiarla con una doppia ora di educazione fisica.
E poi, perché avrebbe dovuto parlare di me a Fuentes, quando l'unica volta in cui ci siamo rivolti la parola è stato perché lui voleva che gli passassi i miei appunti perché lui era troppo intento a tagliuzzare un pezzetto di carta? 



myspace.
Salve! Questa è la mia prima fan fiction sui Pierce The Veil, aw.
Boh, spero che vi piaccia e di trovare qualche recensione. Potete anche dirmi di darmi all'ippica, non mi offendo AHAHAHAH
Un bacio, fab.

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Capitolo 2
*** due. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(2)


Svoltai l'angolo, diretta a cercare Sam per raccontarle tutto, quando lo vidi di nuovo, appoggiato al muro accanto all'ingresso della discoteca, con uno sguardo tra lo strafottente e il divertito, e una terza sigaretta in bocca.
Rimasi lì, immobile, aspettando una sua mossa.
«Ti va se ti offro qualcosa da bere? Qua dietro c'è un bar dove vado spesso. » piantò i suoi occhi nei miei, vi lesse probabilmente la mia sorpresa, non mi aspettavo una proposta del genere.
Biascicai un «okay» velocemente. «Vado solo a prendere la giacca, l'ho lasciata dentro, torno subito.»
«Vengo con te.» si propose, annuii ed entrai di nuovo in quell'inferno, in cui la musica era talmente alta da coprire i miei pensieri.
Perché avevo accettato, quando neanche dieci minuti prima mi ero detta che a un tipo del genere non dovevo rivolgere neanche la parola? E perché adesso lo tenevo per mano, per non perderlo tra la folla, come se fossimo amici da sempre?
Lasciai la sua mano appena arrivati al guardaroba, presi la mia giacca e mi allontanai di scatto da lui, per andare ad avvertire Sam che non sarei tornata con lei.
«Guarda che non mi dava fastidio, non era necessario allontanarsi così.» notavo una punta di amarezza nella sua voce, ma lo ignorai.
Trovata Sam, mi avvicinai e le spiegai tutto. Lei alzò lo sguardo, squadrò il ragazzo per un attimo e poi urlò un qualcosa che somigliava a un «Dove cazzo vai con un tipo del genere?!»
Eh, che cazzo ci facevo con un tipo del genere? Alzai le spalle e la salutai: in fin dei conti, non si dice mai di no quando qualcuno ti offre da bere!

Il bar era carino, ma dopo tre birre, due shot di Jack Daniels, uno di assenzio e l'ennesima sigaretta mi sembrava una reggia.
Anche se ero visibilmente brilla, ero abbastanza lucida da capire che per anni lo avevo giudicato male. Mike Fuentes non era malaccio: non sapevo se era il fatto che avevamo entrambi chiaramente esagerato con l'alcol, ma in quel momento mi sembrava addirittura... simpatico.
«Ascolti ancora quelle band che ascoltavi al liceo, tipo i Green Day, i blink-182?» mi chiese, ed io sobbalzai. Come faceva a saperlo?
«Le spille sullo zaino, le ho notate subito perché piacciono anche a me.» spiegò, sicuramente aveva colto il mio sguardo sorpreso.
«Sì, come mai me lo chiedi?»
«Io e mio fratello abbiamo formato una band, il nostro primo disco esce a fine mese e conoscendo i tuoi gusti musicali, penso ti possiamo piacere.»
«Wow.» riuscii solo a dire. Posai la bottiglia di birra, ormai finita, sul tavolo. «Tu che suoni?» gli chiesi. Ero sempre stata affascinata dai musicisti, ed era un po' che volevo riprendere a suonare anche io.
«La batteria, non si vede dalle mie braccia super muscolose?» esclamò, alzando le braccia per farmi vedere i muscoli.
Mi strappò un sorriso, che stavolta non nascosi. In fin dei conti, brilla o non brilla, la sua compagnia stava cominciando a piacermi.

Fu dopo il quarto shot di vodka liscia che capii di aver esagerato con l'alcol.
Mike aveva appena finito di raccontarmi un episodio assurdo di quando lui, suo fratello e l'altra metà della banda erano più piccoli ed eravamo scoppiati a ridere entrambi.
«Oddio, non avrei mai pensato che foste così scemi!» ridevo così forte da neanche sentire la mia voce. «Non so come ho fatto a prendermi una cotta assurda per uno di voi, in prima liceo!»
Mi ci volle qualche secondo per realizzare quello che avevo appena detto. Mike all'improvviso sembrava essere tornato sobrio, come se non avesse mai bevuto tutti quei litri d'alcol. Io ero ferma, lo sguardo perso nel vuoto, pensando a una maniera per tornare indietro nel tempo e frenare la mia maledettissima lingua lunga. Dannazione, al mondo inventano di tutto e una macchina del tempo ancora non l'hanno fatta!
Guardai l'ora sul telefono, le tre passate. Meglio tornarsene a casa. Dividevo un appartamento con Sam, speravo di non fare troppo rumore rientrando e di non svegliarla, quando qualcuno interrompe il suo sonno diventa una furia.
«Grazie di tutto Mike, io vado, ci becchiamo in giro.» gli dissi, alzandomi dal tavolo e facendo per allontanarmi, ma lui mi bloccò per il polso.
«Ma dove credi di andare, che non ti reggi in piedi? Mettiti seduta.» con un leggero strattone mi fece tornare sulla sedia. Era improvvisamente serio, ma allo stesso tempo nei suoi occhi brillava vivida la curiosità. «Mi racconti per chi ti eri presa una cotta in prima?»
«Solo se mi prometti che non lo dirai a nessuno.» acconsentii, a testa bassa. Ancora non sapevo se fidarmi o no, ma c'era qualcosa che mi diceva che potevo dirgli qualsiasi cosa.
«Okay.» mi guardò, incoraggiandomi con gli occhi.
«Giuramelo!» ridacchiai, mi sembravo una bambina che tenta di strappare una promessa al suo amichetto.
«Parola di lupetto!»
«Sei stato scuot? Wow, non ti facevo tipo del genere!» cercai di sviare il discorso da quell'argomento un po' scomodo.
«No, ma non... ehi, non stavamo parlando di questo!» dannazione, tentativo fallito. «Adesso me lo dici? Lo prometto, me lo tengo per me.»
Sospirai pesantemente. «Okay.»
«Asdfghtonyperryfhsjf» biascicai, talmente a bassa voce che neanche credevo mi avesse sentita.
«Ho sentito bene? Tony?» ripeté, e poi scoppiò in una risata fragorosa.
Gli rivolsi un'occhiataccia. Gli avevo appena confessato una cosa che a esclusione di Sam non sapeva nessuno e lui rideva?
«Che diavolo ti ridi? Sono seria!» risposi stizzita, ma purtroppo la risata di quel ragazzo era contagiosa, e un nano secondo dopo mi ritrovai a ridere come una deficiente, senza nessun motivo.
Ci volle qualche minuto per riprendere fiato. «Io so tante cose di te, lo sai perché?» Mike aveva un tono serio, sembrava quasi stesse per confessarmi un segreto di Stato. Scossi la testa, che cominciava ad essere pesante per via dell'alcol.
«Non dovrei dirtelo, ma anche Tony ha avuto una fissa allucinante per te, sempre quando eravate in primo, c'è stato un periodo in cui aveva addirittura indagato su di te, sapeva anche dove andavi a lezione di chitarra e a che ora, era inquietante!»
Il mio cuore fece un salto. Non era possibile, non era assolutamente possibile che una persona del genere avesse avuto una cotta per me, in più nello stesso periodo in cui l'avevo anche io. Okay, magari la mia non era durata solo in primo, forse me l'ero trascinata fino al diploma, ma son dettagli. Perché, se gli piacevo così tanto, non si era mai mosso, non mi aveva mai fatto capire nulla, non mi aveva neanche mai rivolto la parola? Forse era timido. Non che io sia stata più spavalda di lui, neanche io glielo avevo mai fatto capire, in nessuna maniera...
«...okay.» non so come riuscii a parlare, avevo la gola secca. «Perché voi non avete fatto nulla? Cioè, sapevate tutto e non avete mosso un dito?» e tutta questa spavalderia da dove mi era uscita? L'alcol stava seriamente cominciando a fare effetto.
«Vic voleva parlarti e dirtelo, era convinto che il suo fascino di ragazzo dell'ultimo anno ti avrebbe fatto credergli - mi scappò un sorriso - ma Tony l'ha fermato, era sicuro di non piacerti e ha detto che sarebbe stato inutile, se la sarebbe fatta passare.» fece spallucce, come se avesse detto una cosa banale ed insignificante.
Sospirai, scuotendo la testa. Non riuscivo a crederci. «Ho bisogno di altra vodka.»

«...ed ecco perché le mucche non volano, perché se lo facessero si schianterebbero subito a terra e si farebbero male!» scoppiai a ridere da sola, ormai Mike era piegato in due a reggersi lo stomaco da una mezz'ora abbondante.
Eravamo ubriachi persi.
L'ultima cosa che ricordo più o meno lucidamente sono le mani di Mike, una che mi reggeva per un fianco e l'altra che teneva la mia mano sinistra. Stava tentando di sorreggermi, ma barcollava pure lui, anche se meno di me. Non riconoscevo la zona, provavo a guardarmi intorno ma tutto era sfocato. Poi il niente.

Mi svegliai con un mal di testa tremendo e gli occhi che mi bruciavano, a causa della luce che entrava dalla finestra.
Che diavolo ci facevo sdraiata in un letto non mio? Perché avevo la testa appoggiata al petto di un ragazzo che ancora dormiva, mentre lui mi stava abbracciando? E perché il tipo era in mutande e a me faceva male ogni singolo muscolo del corpo? Cacciai un urlo.
«Che cazzo urli, stavo dormendo» biascicò lui, la voce ancora impastata dal sonno. Si mise seduto a gambe incrociate sul letto, si stropicciò gli occhi e sbadigliò.
Poteva anche essere una scena tenera, non fosse per il fatto che non sapevo che diavolo ci facessi a letto con lui, chi fosse e soprattutto cosa fosse successo la sera prima.
Cominciai piano piano a mettere a fuoco la vista, riconobbi Mike e ricordai qualcosa della serata, ma non perché avessi dormito - o almeno, spero - insieme.
«Che cosa diavolo è successo, Mike?»
«Ci siamo ubriacati e abbiamo dormito a casa mia, no?» mi rispose, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Aprii la bocca per parlare, ma lui mi precedette. «E no, non è successo niente. Abbiamo dormito e basta, giuro.» sbadigliò ancora e si alzò dal letto. «Vado a preparare la colazione, hai fame?» non aspettò neanche la mia risposta che sparì fuori la porta della stanza da letto.
Per fortuna avevo ancora addosso il vestito, anche se era tutto sgualcito. Mi alzai piano, con la testa che mi girava, mi diedi una sistemata e notai con la coda dell'occhio le mie scarpe, buttate in un angolo della camera. Là stavano bene, stupidissimi 12 cm di tacco.
A piedi scalzi, uscii dalla stanza a cercare Mike, sperando non ci fosse nessun altro in casa. Trovai la cucina ed entrai dentro. Il ragazzo si era messo un pantalone di tuta ed era ai fornelli, a cucinare quelli che a giudicare dall'odore, erano pancakes. Wow, non credevo che un tipo come lui sapesse cucinarli.
Li mise in tavola, poi incrociò il mio sguardo e mi sorrise. Sembrava la cosa più normale del mondo, come se fossimo una coppietta in casa sua che fa colazione insieme, come ogni giorno, quando appena poche ore prima ci eravamo rivolti la parola per la prima volta in anni ed anni.
«Ti presto qualcosa di mio, se vuoi, stare con un vestito tutto questo tempo deve essere scomodo.» mi propose, con tono gentile, ed io annuii. Sparì qualche secondo, poi tornò con una felpa che, a occhio e croce, mi sarebbe stata tre o quattro volte. Mi indicò la porta del bagno, dicendo che potevo cambiarmi là.
Entrai, mi sciacquai il viso ed indossai la felpa. Non ero bassa, ma ero di corporatura abbastanza minuta, Mike era più alto di me di una decina di centimetri almeno, e la felpa mi arrivava quasi al ginocchio.
Stavo per mettere la mano alla maniglia ed uscire, quando sentii un'altra voce, insieme a quella di Mike, stavano chiacchierando. Mi feci coraggio ed uscii, d'altronde non potevo restare chiusa in bagno tutto il giorno, no?
Entrai in cucina, facendo attenzione a non far alzare la felpa, e sentii un paio di occhi squadrarmi.
Avevo davanti Vic, il fratello di Mike, che si stava congratulando con lui per il "bel bocconcino".
«Non sono un "bel bocconcino", Victor.» mi assicurai di incenerirlo con lo sguardo ma soprattutto di calcare bene il suo nome intero, sapevo quanto gli desse fastidio.
«Non è come sembra, Vic.» tentò di spiegare Mike al fratello. Mentre io mi stavo sedendo, pronta a mangiare il primo morso del pancake, suonò il campanello.
«Sono Jaime e Tony, hanno trovato parcheggio!» Vic andò ad aprire la porta.
Piano piano stavo ricordando tutto, e rivolsi uno sguardo allarmato a Mike. «Tony!» mimai con la bocca, e lui di rimando mi mimò di star tranquilla.
«Fuentes!» Jaime entrò urlando a squarciagola, seguito da un Tony sorridente ma più silenzioso.
Mi girai di scatto, involontariamente, ed incrociai lo sguardo di Tony.
Mi bloccai, come fossi congelata: era bello, bellissimo, proprio come me lo ricordavo, ed ero sempre meno sicura che la cotta per lui mi fosse passata.



myspace.
Aggiorno di già uhuhuhuh.
Spero che vi piaccia questo secondo capitolo, mi precipito a scrivere il prossimo che ho un'idea ^*^ (e non ho voglia di fare i compiti, okay, lo ammetto)
Un bacio, fab.

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Capitolo 3
*** tre. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(3)


Mi correggo, era ancora più bello di prima, se possibile. Indossava un paio di jeans neri e una semplice maglia bianca, ma ai miei occhi sembravano i vestiti più belli al mondo.
Reggeva il mio sguardo, anche lui sorpreso, gli si leggeva negli occhi che non sapeva come comportarsi.
Mi voltai di scatto e tornai a dedicarmi al mio pancake, in silenzio, mentre Mike si era alzato a salutare i suoi due amici battendo loro il pugno.
Vic era corso ad abbracciare Jaime e l'aveva alzato in aria, nonostante fosse più basso di lui di un bel po'. Comportamento inusuale, dato che presumibilmente si erano visti a malapena due minuti prima.
Scrollai le spalle. In fin dei conti, fatti loro.
Jaime si staccò da Vic e rivolse il suo sguardo su di me.
Cominciavo a sentirmi a disagio, con quattro paia di occhi che mi guardavano. Tony era stato il primo a distogliere lo sguardo ed era tornato a fissarsi i piedi, subito dopo Mike era tornato ai fornelli. Jaime si sedette accanto a me, mettendomi un braccio sulle spalle.
«Smith, e così la nuova preda del piccolo Fuentes sei tu, eh?»
Alzai gli occhi al cielo. «Dio santo, no!» esclamai, spostando il braccio del ragazzo delicatamente. «Mike ti prego, spiegaglielo tu, qua sembra che nessuno voglia darmi retta.»
«Ragazzi, davvero, tra me e Becks - posso chiamarti così, no? - insomma, non è successo niente. Ieri sera ci siamo incontrati per caso, ci siamo bevuti qualcosa e abbiamo esagerato, è rimasta a dormire da me e basta.» spiegò calmo, mettendo in tavola altri tre pancakes.
I tre ragazzi si sedettero, Vic e Jaime vicini - anzi, appiccicati - e Tony capitò di fronte a me. Mi morsi l'interno della guancia, prendendo un respiro profondo e cercando di non far trasparire emozioni. Non doveva scoprirlo, assolutamente no.
Mike disse che sarebbe andato a farsi una doccia, quindi rimasi sola con i suoi tre amici.
«Immagino che tu abbia continuato con diritto per tutti gli anni, no?» Jaime si rivolse a me. Wow, non immaginavo si ricordasse di me.
Vic pendeva letteralmente dalle sue labbra, sembrava che la sua vita dipendesse dalle parole del ragazzo, anche se non erano rivolte a lui. Tony invece giocherellava con la forchetta nel piatto, sembrava non aver fame. «Avresti fatto meglio a scambiarlo con educazione fisica doppia, quello sì che è stato divertente!» scossi la testa, con un sorriso. «Diritto mi piaceva, per un po' ho addirittura pensato di fare legge al college.»
«Ew, legge. Doppio ew, college!» fece una faccia schifata. Vic rise, gli brillavano gli occhi. C'era qualcosa tra quei due, ne ero sicura, e la mia indole impicciona mi stava dicendo di scoprirlo al più presto.
«Becks, ti squilla il telefono!» la voce di Mike mi riportò sulla terra. Mi alzai, sistemandomi la felpa in modo da coprirmi, e mi diressi in camera di Mike, dove avevo visto il telefono per l'ultima volta. Sentivo i loro sguardi addosso, tentavo di ignorarli ma non vi riuscii, voltai leggermente la testa e con la coda dell'occhio vidi Tony guardarmi. Mi girai di scatto, dannazione, forse se ne era accorto. Girai l'angolo del corridoio e sentii il rumore di qualcosa che cadeva, delle risate e una voce, che mi sembrava quella di Vic, esclamare «Cristo, Perry, contieniti!» e giù altre risate.

Quando lo trovai, il telefono aveva smesso di squillare. Controllai l'orario, era quasi mezzogiorno, e avevo tre chiamate perse di Sam, meglio richiamarla e farle sapere che ero ancora viva.
«Si può sapere dove diavolo sei?!» rispose al primo squillo, con un tono visibilmente arrabbiato e preoccupato.
«Scusa Sam, davvero... Sto da Fuentes, poi ti spiego.»
Il suo tono si addolcì, anzi, si tramutò nella voce di una tipica fangirl urlante. «Oddio, Mike? Non ci posso credere! Ci sei andata a letto, eh? E brava la mia amica! E dimmi, è davvero così bravo come si dice?»
Mi scappò una risata. «No, ti giuro! Però c'è un problema...» la mia voce si incupì.
«Che succede?»
«Tu sai chi... È qui!»
«Cosa? Colui Che Non Deve Essere Nominato? Voldemort?»
«Dio, no!» scoppiai a ridere. La mia migliore amica era una potterhead sfegatata e citava film e libri ogni volta che poteva, ormai più che essermene abituata mi ero rassegnata e me ne ero fatta una ragione. «Seriamente, chi potrebbe essere, genia? È ancora più bello di prima, e non mi è ancora passata... Ora non posso parlare, non voglio che mi sentano siccome stanno tutti qui, torno a casa e ti spiego tutto...»
Dall'altra parte Sam sospirò. Se fossi stata con lei, in questo momento mi avrebbe abbracciata e stretta forte a sé. Quella ragazza non è mai stata brava con le parole, ma cavolo, i suoi abbracci erano la soluzione a qualsiasi cosa che andava storta.
«Oddio, mi dispiace un casino ma oggi non sto a casa, mia madre mi ha praticamente obbligata a passare una giornata con lei e che palle, mi ha appena urlato di andare ad aiutarla. Torno stasera, e mi raccomando, voglio ogni dettaglio. Ti voglio bene!»
«Anche io.» chiusi la telefonata e mi gettai di peso sul letto. E ora, che si fa?
Rimasi per un po' a guardare il soffitto, poi il rumore di qualcuno che bussava alla porta mi distolse dai miei pensieri. La testa di Mike fece capolino, poi entrò e si sedette vicino a me, aveva ancora i capelli un po' bagnati.
«Non ti è passata, vero?» mi chiese all'improvviso. Mi alzai di scatto, allarmata, e rimasi un attimo in silenzio. Non mi usciva la voce, quindi mi limitai ad annuire.
«Vieni, dai.» sussurrò e mi feci stringere dalle sue braccia forti. Mi scompigliò i capelli con una mano, sorridendo.
«Voi due mi mangiate con gli occhi, non può che finire bene.» mi rassicurò.
Sospirai. Magari era la volta buona.

Avevo rimesso il vestito e tenevo le scarpe in mano, pronta per tornarmene a casa.
«Vieni a vederci provare?» mi chiese Mike «Abbiamo prenotato la sala per le tre, cioè - controllò l'orologio - fra un'ora e mezza. Che dici?»
Cercai uno sguardo di approvazione dagli altri tre. Vic e Jaime mi sorrisero, Tony continuava a stare in un mondo tutto suo.
«Volentieri, ma volevo passare prima a casa per cambiarmi.» accettai con un sorriso e mi rimisi le scarpe.
«Ti accompagna Tony con la sua macchina, dai» propose Jaime, beccandosi uno sguardo di fuoco dal diretto interessato, che fu bellamente ignorato. «I due fratellini guidano come dei disgraziati, non so quanto ti convenga andare con loro, io invece la patente non l'ho proprio presa. Ah, viva la pigrizia!» Mike mi fece l'occhiolino e lanciò le chiavi a Tony, che le prese al volo, salutò tutti con un cenno della mano e mi fece strada in silenzio verso la macchina.
Rimase zitto, senza neanche guardarmi in faccia, per quasi tutto il tragitto di dieci minuti fino a casa mia. Stringeva talmente forte il volante che mi sorpresi non gli fosse ancora rimasto in mano. Posai il mio sguardo sulle sue mani, le nocche erano bianche per lo sforzo.
Mosse la mano destra per cambiare marcia e passare dalla seconda alla terza, ma spostò troppo il cambio ed ingranò la quarta. Il motore fece un rombo strano e la macchina cominciò a scattare in avanti, ma lui non mosse un dito. «Tony, hai messo la quarta, cambia marcia o ci lasci il motore.» gli dissi, all'inizio calma, ma dopo qualche secondo che mi aveva ignorata lo scossi per un braccio, finalmente mi diede retta e scalò in terza. Mugugnò un qualcosa che forse somigliava a un "grazie", poi tornò in silenzio.
Incrociai le braccia al petto. Chiaramente non era interessato a me, altrimenti non mi avrebbe ignorata in quella maniera. Sbuffai tra me e me e scossi la testa. Non gli piacevo, al contrario mio a lui la cotta era passata ed io dovevo farmene una ragione, smetterla di comportarmi come una bambina testarda o una stupida adolescente in cerca del principe azzurro.
Non mi aveva ancora rivolto la parola da quella mattina, e volevo cercare a tutti i costi di fargli aprire la bocca. «Posso accendere la radio?» gli chiesi, e lui annuì. Feci zapping qualche secondo, poi mi sintonizzai su una stazione che di solito passava musica carina.
«Oh, questa canzone mi piace» si girò un attimo verso di me e mi sorrise, poi tornò subito a guardare la strada e cominciò a canticchiarla. Makes me wonder dei Maroon 5. Era tenero quando cercava di imitare il falsetto di Adam Levine picchiettando con le dita sul volante, ma non riuscivo a concentrarmi su quello, la mia mente era ancora bloccata al suo sorriso. Era troppo bello ed io ero troppo partita per la tangente per mettere insieme qualche frase di senso compiuto. Mi limitai a restare in silenzio.
Finita la canzone, spense la radio, accostò di scatto al lato della strada, e prima che potessi chiedergli che diavolo stesse facendo, mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Rimasi sorprese per un attimo, poi chiusi gli occhi e risposi. Lo baciai avidamente, non volevo lasciarlo neanche un secondo, nemmeno per respirare. Lo volevo, cazzo se lo volevo, e non mi sembrava vero. Misi una mano dietro al suo collo e lo avvicinai di più a me. Volevo sentirlo il più vicino possibile, volevo avere la conferma che fosse la realtà e non un sogno. Lui mi mise le mani sui fianchi e, senza staccarsi dalle mie labbra, mi trascinò ancora più vicino a lui. Ormai ero in ginocchio sul bordo del sedile, la sua gamba toccava quasi il cambio. Si sporse leggermente di più verso di me, e poi un rumore secco. Con il ginocchio aveva toccato il cambio, ed evidentemente si era ingranata la prima.
Mi allontanai di scatto. «Tony, la prima! Frena!» esclamai, ed istintivamente gli strinsi la mano destra. Lui tornò velocemente in una posizione adatta alla giuda, pigiò il freno e la macchina si fermò.
Sospiro di sollievo. «Dio, che colpo!» mi rivolse un bellissimo sorriso e notai che stava ancora stringendo la mia mano. Tirai il freno a mano e lo baciai di nuovo. Volevo sentirlo il più possibile accanto a me, volevo sentire le sue mani sui miei fianchi, le sue labbra sulle mie, non avrei mai voluto lasciarlo andare.
Fu lui ad allontanarsi e a scusarsi per il suo comportamento brusco.
«Non sapevo che fare, mi sembravo un adolescente alla prima cotta e... Okay, la verità è che non ho mai smesso di pensare a te dalla prima volta che ci siamo visti e avevo paura che non mi avresti mai considerato e che avrei fatto la figura del cretino e» «Ti preferivo quando parlavi di meno!» lo interruppi, attaccando le mie labbra di nuovo alle sue.

Mi ero fatta una doccia veloce, mi ero messa un paio di jeans, una canotta colorata e mi stavo infilando le converse seduta sul divano accanto a Tony, che strimpellava la mia chitarra acustica. Il mio sguardo era fisso sulle sue dita, che precise cambiavano accordo, da barrè a accordi normali e viceversa.
«Mi piace vederti suonare» ammisi con un sorriso, mentre lui arrossì. Non lo facevo così schivo, mi ero fatta un'immagine davvero diversa dalla realtà di quei quattro ragazzi. Adesso avevo capito perché stavano simpatici a tutta la scuola: potevano pure fare i cazzoni tutto il tempo, ma in fin dei conti sapevano farsi voler bene.
Era stato un po' imbarazzante, ma alla fine entrambi avevamo ammesso della cotta per l'altro, e che il rivedersi, anche se improvviso, a quanto pare aveva svegliato quei sentimenti.
Mancava qualche minuto alle tre e Tony mi stava accompagnando alla loro sala prove, poco fuori San Diego. Mi aveva raccontato la gioia di aver ottenuto un contratto discografico, tutti gli sforzi e gli impegni per scrivere e registrare le canzoni, le fatiche per ottenere qualche serata in giro per la California per farsi conoscere un po' in giro.
Era davvero bello sentirlo parlare della musica, gli brillavano gli occhi e traspariva tutta la sua passione. Gli accarezzai la mano destra, ferma sul cambio. «Sono davvero contenta per voi, e sono curiosissima di sentire qualche canzone!» esclamai tutta contenta, mentre lui accostava all'entrata della sala. Mi prese per mano e mi stampò un bacio leggero sulle labbra, che mi strappò un sorriso. «Entriamo dai, che ci stanno aspettando.»



myspace.
Eccomi di nuovo!
Ah, finalmente la scuola è finita, non ne potevo più.
Comunque ecco qua il capitolo tre, spero che vi piaccia e se beccate tutti e due gli indizi a qualcosa che avverrà nel futuro vi regalo una caramella.
Sarà tutto rose e fiori tra Tony e Rebecca? Oppure spunterà qualche problema improvviso? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! MUAHAHAHAHAH stai zitta non fai ridere
Buh, non so più che dire, lol
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio, fab.

ps: ho appena finito di scrivere una cosa super-mega-iper triste che non so se postare o no ma whatever, ho bisogno di tanti fazzoletti perché piango

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Capitolo 4
*** quattro. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(4)


Non era ancora arrivato nessuno quando Tony aprì la porta della sala e mi fece entrare. Il mio sguardo vagò per la stanza: era piccola ma aveva un qualcosa di caldo e accogliente, la batteria era sul fondo, davanti ad essa un microfono con la sua asta, proprio di fronte a dove eravamo noi; alla nostra destra c'erano invece le chitarre e i bassi.
Posai la borsa per terra, in un angolo, e mi avvicinai alle chitarre di Tony. «Posso?» gli chiesi, e lui mi passò quella nera, aiutandomi a regolare la cinghia per tenerla all'altezza che volevo. Passai le dita della mano sinistra sulla tastiera, assaporandone il contatto con il freddo metallo delle corde. Tentai di suonare una di quelle stupide canzoncine che mi avevano insegnato al corso, e stava andando anche piuttosto bene, finché presi una stecca clamorosa e mi fermai. Tony portò la sua mano sinistra sopra la mia, mi sistemò la posizione delle dita e con la destra mi fece suonare l'accordo corretto. «Così va meglio.» mi stampò un bacio veloce, e non potei fare a meno di sorridere sulle sue labbra.
Posai la chitarra al suo posto con attenzione, poi mi sedetti in un angolo della stanza, Tony fece lo stesso e mi mise un braccio intorno al collo. Mi accoccolai sul suo petto, facendomi accarezzare i capelli.
Pensavo.
Pensavo a quanto mi piacesse stare tra le sue braccia, a come mi facesse sentire protetta e a come mi stesse facendo tornare il sorriso dopo un brutto periodo.
Pensavo a quanto volessi stare seriamente con lui, a quanto potesse essere assurdo ma vero che il sentimento che provavo crescesse ogni volta che incrociavo il suo sguardo.
Pensavo a quanto era bello il suo sorriso, alla forza e alla delicatezza delle sue braccia che mi stringevano e alle sue dita che mi carezzavano i capelli.
«A che pensi?» mi chiese, distogliendomi dal mio mondo.
«A te, a me, a tante cose...» gli risposi. «Tu?»
«Che ci siamo ritrovati così, per caso, e a quanto possa essere assurdo che tu mi piaccia così tanto» ammise, arrossendo. Mi strinsi ancora più forte a lui.

«Ti da fastidio se ti chiedo di ascoltarmi ripetere? Ho un esame fra dieci giorni e non mi ricordo praticamente niente» sbuffai, prendendo un libro dalla borsa e aprendolo alla pagina corretta.
«Che studi?» mi chiese.
«Sto facendo un corso di regia, due anni fa ho fatto quello di fotografia, ho l'esame finale fra pochissimo e dire che sto nel panico è poco»
Cominciai a ripetere e Tony mi ascoltava, ma si vedeva che non ci stava capendo più di tanto. Mi scappò un sorriso, rimisi in borsa il libro e tornai tra le sue braccia: molto meglio star così che studiare!
«Buongiorno mondo!» urlò Jaime entrando all'improvviso in sala, facendomi sobbalzare.
«Oh, ma ciao piccioncini!» esclamò Mike, avvicinandosi a me e Tony e scompigliandoci i capelli. Vic ci aveva rivolto un sorriso ed era già andato a piazzarsi davanti al microfono.
Tony si alzò e mi tese una mano per aiutarmi a tirarmi su, poi prese la chitarra e Jaime il basso.
Rimasi per un istante a guardarli, tutti e quattro con quegli enormi sorrisi davanti ai loro strumenti e ai microfoni, e non potei fare a meno di sorridere.
Vic di solito parlava poco, ma bastava mettergli davanti un microfono e i suoi amici accanto che diventava un animale da palcoscenico. Stava facendo finta di stare a un concerto, quindi decisi di stare al suo gioco.
«Ciao a tutti, noi siamo i Pierce The Veil!» alzai le braccia al cielo e li incitai. «Questa canzone si chiama The Cheap Bouquet!» Mike e Vic si scambiarono un'occhiata, poi cominciarono a suonare, ed io rimasi come ipnotizzata.
Presi la reflex che tenevo sempre in borsa e cominciai a scattare delle foto. A fine canzone, avevo un bel bottino di foto che mi piacevano, e le mostrai ai ragazzi, dopo essermi complimentata per il pezzo.
«Questa mi piace da morire!» esclamò Mike, indicandone una in cui teneva entrambe le bacchette su un piatto ed era girato verso di me con un sorriso. Jaime era entusiasta di una foto a figura intera, in cui aveva lo sguardo basso sulla mano sinistra, Vic di una in cui teneva entrambe le mani sul microfono e Tony di una in cui aveva alzato leggermente il manico della chitarra, anche se i capelli gli erano andati un po' davanti agli occhi.
Suonarono tutto l'album, e mi soffermai molto sui testi. C'era tanto dolore, tantissimo, ma non me la sentivo di chiedere a nessuno a cosa era dovuto.
«Allora, che ne pensi?» mi chiese Vic, appena finito di cantare Wonderless.
«Mi piace! È molto...» tentai di trovare l'aggettivo più corretto «emotivo.» conclusi, e sul volto di Vic si dipinse un sorriso amaro, come per dire "purtroppo lo so".
Lasciai subito perdere l'argomento "storia dietro le canzoni dell'album", e chiesi loro quando di preciso sarebbe uscito.
«Il 26!» mi rispose Jaime, con un sorriso che gli andava da un'orecchio all'altro.
«Sarò la prima a comprarlo!» esclamai di rimando, e se possibile il sorriso di Jaime si allargò ancora di più.
«In qualità di nostra prima fan, ti faccio un regalo.» Tony si avvicinò e mi mise in mano il plettro con cui aveva suonato. Anche gli altri tre presero il suo esempio, Vic e Jaime mi diedero i loro plettri, Mike mi tirò una bacchetta e la presi al volo. «Ma che hai combinato a questa povera bacchetta, l'hai morsa?» scherzai, guardando com'era rovinata. «Non vedi che quando suono sono un animale? Certo che l'ho morsa!» mi rispose, tentando di imitare il ruggito di un leone. Scossi la testa e scoppiai a ridere. L'avevo già capito, quel ragazzo era irrecuperabile.
«Ragazzi, è tardi, io devo cominciare ad andare...» dissi, guardando l'ora sul telefono. Erano quasi le sette, eravamo in sala prove da più o meno quattro ore e tra una risata e l'altra neanche ce ne eravamo resi conto.
I ragazzi mi abbracciarono uno per uno, prima Vic, poi Jaime e infine Mike. Lui mi strinse un po' più degli altri, e mi chiese se io e Tony stessimo insieme. «Non lo so, ci siamo baciati e ci siamo detti che ci piacciamo ma boh, nulla di ufficiale.» sospirai. «Non preoccuparti, Tony è un bravo ragazzo.» mi disse prima di lasciarmi tra le braccia del diretto interessato, che mi aveva raccolto la borsa e me la stava passando. «Dai, ti accompagno a casa» si propose.
Salutammo di nuovo tutti, lo presi per mano e uscimmo dalla sala.

Durante il tragitto ci raccontammo di noi stessi. Mi parlò della sua famiglia, del rapporto che aveva con Vic, Jaime e Mike, delle sue ambizioni, di tutta la fiducia che riponeva nella band, dei suoi sogni per il futuro.
Gli raccontai di me, di quanto mi piacesse stare dietro una macchina fotografica o una videocamera, di come per anni avevo sognato di essere indipendente, poter vivere per conto mio, la gioia di quando vi ero finalmente riuscita, gli parlai anche di Sam e di quanto le volessi bene.
Si fermò di fronte alla porta di casa mia, e fu in quel momento che mi resi conto che non volevo andarmene da lui, volevo sempre averlo al mio fianco. Forse mi stavo innamorando, e avevo una paura tremenda.
Mi prese di nuovo il volto tra le mani, come aveva fatto qualche ora prima, e mi baciò davanti la porta di casa. Mi sembrava di stare in paradiso.
Memorizzò il suo numero e quello dei ragazzi sul mio cellulare. «Domani ti chiamo, ti passo a prendere e usciamo, okay?» mi prese entrambe le mani e mi guardò negli occhi. «Okay.»
«A domani.» mi attirò a sé e mi diede di nuovo un bacio veloce.
Aspetto finché non mi fui chiusa la porta alle spalle, poi lo sentii accendere la macchina ed andarsene.
Mi buttai sul divano con un sorriso enorme sul volto e chiusi gli occhi. Ero felice, finalmente felice per davvero.

«Qui qualcuno deve raccontarmi qualcosa, eh?»
«Sam!» scattai in piedi dal divano e andai ad abbracciarla.
«Era per caso la voce di Perry quella che ho sentito prima?» mi chiese, retorica. Quella ragazza aveva il potere di leggermi nella testa, e non mi lasciò neanche il tempo di rispondere che cominciò a saltellare per tutta casa.
«Vi siete baciati? Vero che starete insieme per tutta la vita e vi sposerete e io ti farò da damigella e sarò la madrina dei vostri figli e» «Sam, come corri!» la interruppi, ridendo.
Le raccontai tutto mentre mangiavamo. «Quindi state ufficialmente insieme?» mi chiese, con gli occhi che le brillavano. Sembrava addirittura quasi più eccitata di me, lei che aveva vissuto un brutto periodo accanto a me sapeva meglio di tutti quanto avessi bisogno di felicità e di qualcuno su cui fare affidamento ad occhi chiusi.
«Non lo so, Sam, davvero. Lui mi ha raccontato tanto di lui e anche io di me, ma ho davvero paura che mi stia innamorando. Non sono sicura di niente, so solo che non volevo che salisse in macchina e tornasse a casa, volevo che rimanesse accanto a me, per sempre, senza lasciarmi sola neanche un attimo.»
«Ohw, amore mio, vieni qua!» Sam mi strinse in uno dei suo famosi abbracci scacciaguai e mi sentii subito più sollevata: comunque fosse andata, avrei sempre avuto lei accanto.
«Ha detto che domani mi chiama, mi passa a prendere e usciamo» le dissi, con un sorriso che probabilmente mi andava da un orecchio all'altro. Sam sembrava davvero contenta per me.
«E ora su, fila a dormire, sonno di bellezza!» esclamò, spingendomi letteralmente per le scale che portavano alle camere da letto. «I piatti li lavo io, tu vai, prima che me ne penta!» mi scappò un sorriso, i piatti toccavano ogni volta a me. «Ti voglio bene, scemotta!»
«Anche io!» mi urlò di rimando.
Mi misi il pigiama, mi gettai sul letto e mi addormentai, con il sorriso sulle labbra, pensando a Tony e a quanto non vedessi l'ora di rivederlo.



myspace.
Buh, macciao! Innanzitutto, buon Natale a tutti, spero l'abbiate passato bene! ❤
Btw, ecco qua il capitolo, si comincia a sapere di più della vita di Rebecca e della band!
Spero vi piaccia c:
Un bacio, fab.

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Capitolo 5
*** cinque. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(5)


Mi ero svegliata che il sole era già alto in cielo, saranno state le dieci passate. Scattai a sedere sul letto e controllai all'istante il telefono, per vedere se Tony aveva chiamato o lasciato un messaggio. Niente. 
Mi alzai e mi andai a fare una doccia. Sam era a lavoro, io invece riprendevo il giorno successivo. Lei lavorava in un negozio d'abbigliamento al centro, io in un negozio d'elettronica. Mi piaceva il mio lavoro: certo, non mi faceva nuotare nell'oro, ma potevo stare tutti i giorni a contatto con le mie più grandi passioni, oltre la musica, la fotografia e la regia, e in generale qualsiasi cosa che avesse a che are con editing di foto e video. Mi piaceva passare le ore a giocare su una foto o su qualche frammento di video, cambiando anche solo piccoli dettagli, per lasciare un'impronta di mio. 
L'acqua tiepida della doccia scacciava via ogni pensiero. Continuavo a chiedermi perché non avesse ancora chiamato né mandato un messaggio, ma giunsi alla conclusione che forse stava ancora dormendo: la sera prima mi era sembrato stanco.
Mi vestii con un paio di shorts di jeans e una canotta nera con l'heart grenade dei Green Day, poi infilai un paio di infradito, uscii sul balcone e mi accesi una sigaretta, mentre lasciavo ad asciugare i capelli con gli occhi chiusi, sotto il sole bollente di quella giornata californiana.
Ero talmente rilassata che non mi accorsi della Ford grigia che si era fermata sotto al mio balcone.
«Fumi?» la voce di Tony mi risvegliò dalla sottospecie di trance in cui ero caduta. Aprii gli occhi e gettai la sigaretta, ormai finita, sul pavimento del balcone.
«Ogni tanto. Vieni dai, che ti apro.» gli dissi, con un sorriso.
Era raggiante appena incrociò il mio sguardo. Mi strinse in un abbraccio fortissimo, poi indugiò qualche istante prima di baciarmi. Cominciai a farmi tutte le paranoie possibili: e se non gli piacesse il fatto che fumassi? E se per quel motivo non mi avrebbe più baciata e non volesse stare con me?
Piantai i miei occhi nei suoi e diedi voce ai miei pensieri. «Ti da fastidio che io fumi?» lui abbassò un attimo lo sguardo prima di rispondere. «No, è solo che non me lo aspettavo.» era chiaro come il sole che avrebbe voluto rispondere di sì, ma che non lo avrebbe mai detto ad alta voce.
«Vado a darmi una sistemata, arrivo subito» sparii in bagno, andai a pettinarmi i capelli e lavai i denti due volte, per far andar via il più possibile l'odore di fumo.
Quando tornai in salotto, lo trovai ancora a suonare la mia chitarra, che avevo lasciato sul divano. Rimasi qualche istante a guardarlo, in silenzio, concentrandomi sul suo sguardo attento ad ogni singola nota, e non potei fare a meno di sorridere. 
Quando alzò lo sguardo e incrociò il mio, smise subito di suonare e posò la chitarra sul divano. Mi sedetti accanto a lui e di nuovo mi strinse a sé. «Che canzone era?» gli chiesi. Non la conoscevo e non mi sembrava nessuna di quelle che avevano suonato il giorno prima in sala prove.
«Ancora non ha titolo, è un po' che ci sto lavorando e per ora ha solo musica.»
«Sembra un bel pezzo, dovresti lavorarci su» gli proposi, lui sembrava d'accordo. Mi prese per mano e uscimmo, dopo che ebbi lasciato un biglietto a Sam in cui le dicevo che non ci sarei stata a pranzo.
«Dove andiamo?» chiesi a Tony, allacciandomi la cintura. «Sorpresa!» mi rispose, girandosi verso di me per fare retromarcia.

Dopo qualche minuto, fermò la macchina sul ciglio della spiaggia. Nonostante passassi ogni estate lì, la vista dell'oceano da San Diego mi toglieva sempre il fiato. Era semplicemente fantastico come le onde si infrangevano piano sul bagnasciuga e il sole picchiava, facendo risplendere quel l'acqua chiara.
Tony mi aprì la porta e tornai sulla terra. «Ti piace qua?» mi chiese, con un sorriso. «Da morire!» esclamai, stringendolo a me. Sorrise sulle mie labbra, poi poggiò le sue piano sul mio collo, dandomi dei baci leggeri, e un brivido mi passò lungo la spina dorsale. Due giorni che ci conoscevamo seriamente e quel ragazzo aveva già trovato il mio punto debole. Mi rimaneva solo sperare che non se ne fosse accorto, altrimenti sarebbe stata davvero dura resistergli.
«Uh, a qualcuno piacciono i baci sul collo, eh?» scherzò, tenendomi per i fianchi e stampandomene un altro. Dannazione. Rabbrividii di nuovo e cercai di rispondergli, ma mi uscii solo un «uhm» soffocato. Tony mi guardò, un'espressione divertita dipinta sul volto. «Okay, hai vinto, i baci sul collo mi fanno impazzire.» ammisi, abbassando lo sguardo. «Tu mi fai impazzire» rispose lui di getto, chiudendomi in un bacio passionale, da levare il fiato.
Wow. Solo wow. Era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare in quel momento, con la sua presa forte sui miei fianchi e le mie mani che stringevano la sua maglietta.

Aveva preparato tutto nei minimi dettagli, un telo su cui stenderci, il classico cesto da picnic che si vede nei film, piatti, posate e tanta, tanta frutta. Mi sedetti a gambe incrociate accanto a lui, e mi feci passare una mela. 
«È bellissimo qua» dissi, con lo sguardo fisso sull'orizzonte che brillava, illuminato dal sole caldo.
«Già» Tony mi passò un braccio dietro la schiena, avvicinandomi ancora di più a lui. Mi sentivo bene, davvero bene.
Restammo qualche minuto così, poi si alzò, si tolse la maglietta e «Andiamo a farci il bagno?» mi propose, prendendomi per mano. Tolsi anche la mia, d'impluso, e rimasi in reggiseno. Ero imbarazzatissima, sentivo il suo sguardo su di me, se fosse stata un'altra persona sarei scappata a gambe levate, ma rimasi.
Cominciò a correre e mi trascinò con se, finché non ci gettammo in mare con un sonoro tuffo. Riemersi dall'acqua e scossi la testa, per sistemare i capelli, poi lo sentii abbracciarmi da dietro. Mi lasciai stringere, mi piaceva stare vicino a lui. Mi girai per guardarlo negli occhi. Era bellissimo, e non mi pareva vero di avere la possibilità di stargli accanto. Poggiai le mani sul suo petto, accarezzando il suo fisico asciutto e passando le dita sul contorno del tatuaggio.
«Becks, ascolta, mi piaci tantissimo.» cominciò, e non potei fare a meno di sorridere. «Anche tu mi piaci tantissimo.»
«Vuoi essere la mia ragazza? Ufficialmente, inte» non lo lasciai neanche finire la frase che gli saltai letteralmente addosso, gli misi le braccia al collo e lui dovette reggermi con le braccia da sotto il sedere. Cominciai a lasciargli dei baci sulle labbra, sempre più veloci e più ravvicinati, per poi finalmente baciarlo in una maniera degna di essere chiamata tale. Mi allontanai di qualche centimetro solo per riprendere fiato, ero ancora in braccio a lui. «Lo prendo per un si» mi disse, avvicinandomi di più al suo petto e tornando a baciarmi il collo. Tony sembrava voler continuare all'infinito, ma lo fermai baciandolo di nuovo. Non sarei riuscita a resistere ancora per molto.
Mi prese per mano e tornammo a sdraiarci in spiaggia, sotto quel bel sole californiano. Chiusi gli occhi sdraiata a pancia in giù, mentre lui, sdraiato accanto a me, mi passava delicatamente una mano tra i capelli.

Quando riaprii gli occhi, Tony non era più sdraiato accanto a me. Mi misi seduta sul telo e lo cercai con lo sguardo. Era a qualche metro da me, a guardare il sole che stava quasi tramontando. Mi avvicinai e lui mi fece sedere tra le sue gambe. «Ben svegliata» mi sussurrò nell'orecchio, stampandomi un altro bacio sul collo. A quanto pare ci aveva preso gusto, il ragazzo. 
«Uhm» mugugnai. E poi lui rise, e la sua risata in quel momento mi sembrava il suono più bello al mondo. Sarei stata volentieri tutta la vita ad ascoltarlo ridere.
«Prima ha chiamato Vic, dice se andiamo a cena da lui e Mike, viene anche Jaime.» mi disse «Ti va?» accettai volentieri, i ragazzi mi erano molto simpatici. Rientrammo in macchina, passai velocemente a casa per darmi una sistemata.
«Sam, sono tornata!» la salutai, aprendo la porta con Tony che mi seguiva.
Sam spuntò dalla cima delle scale e corse giù ad abbracciarmi. Poi, quando decise di mollarmi e di farmi tornare a respirare, si presentò con un sorriso a Tony.

Tony
«Rebecca mi ha parlato tanto di te, dice che sei come la sorella che non ha mai avuto.» le dissi.
«Aw, che amore che è. Comunque, anche per me lei è come una sorella, quindi attento a come ti comporti, se la fai soffrire ti stacco le palle e te le appendo al muro!»
«SAMANTHA!» la riprese, urlando dal bagno. Io ridevo.
«Scherzavo eh!» rispose, rivolta sia a me che a lei. «Seriamente, mi sembri un bravo ragazzo, trattala bene e ti darà anche l'anima.» mi mise una mano sulla spalla.
«La tratterò come se fosse una principessa, te lo prometto. Sembra assurdo, ma ci tengo tantissimo a lei e credo di essermi innamorato» se era strano ammetterlo a sé stessi, dirlo ad alta voce lo era almeno il triplo.
«Tienitela stretta, solo questo consiglio posso darti.» mi disse, prima che mi bloccassi al vedere Rebecca uscire dal bagno e a venire verso di noi. Si era legata i capelli in una coda alta che le lasciava scoperto il viso, aveva messo un vestitino verde leggero, con un paio di ballerine dello stesso colore. Era bellissima, raggiante, radiosa, meravigliosa, perfetta, non riuscivo a smettere di sorridere guardandola.
«Sei bellissima» fu l'unica cosa che riuscii a dirle, lei arrossì e si fece piccola piccola contro il mio petto.
«Okay piccioncini, mi dispiace interrompervi ma esco anche io» annunciò la sua amica, con un gran sorriso. «Ho un appuntamento con un ragazzo che ho conosciuto ieri!» si sistemò il vestito, azzurro chiaro come gli occhi di Becks, che risaltava tantissimo con i suoi capelli rosso fuoco.
«Divertiti Sam, ti voglio bene!» la salutò Rebecca. «Anche io!» le rispose, chiudendosi la porta alle spalle.
«Chissà, magari è la volta buona che si trova un fidanzato, almeno mette la testa a posto, quella pazza» scherzò, prendendo le chiavi di casa dalla borsa. «Andiamo?»

Rebecca
Eravamo in macchina, e mi sentivo una cretina a chiederglielo, ma mi sembrava il momento più adatto per farlo.
«Tony...?» lo chiamai. Si girò un attimo verso di me «Dimmi» mi rispose, poi tornò a guardare la strada. Era davvero preciso nella guida.
«Io mi vergogno a chiedertelo, ma c'è qualcosa tra Vic e Jaime?» si fermò al semaforo rosso e rispose, tranquillo. «Stanno insieme, dal liceo.»
«Sì! Allora avevo ragione!» esultai, facendolo ridere. «Avevo dei sospetti anche a scuola, ma ahw, sono carinissimi!»
«Già.» ingranò la prima e ripartì, era scattato il verde. «I genitori di Vic l'hanno presa bene, sono felici per loro, quelli di Jaime...lasciamo perdere.» si fece scuro in volto, era visibilmente dispiaciuto. Lasciai perdere l'argomento.
Il telefono di Tony, che mi aveva chiesto di tenergli in borsa, cominciò a squillare, mi disse di prenderlo. «È Vic, rispondo?»
«No dai, tanto siamo quasi arrivati.» due minuti dopo parcheggiò e suonammo alla porta. Vic ci venne ad aprire e ci salutò. «Abbiamo un piccolo problema...» ci disse, facendoci entrare in casa.
*«Victor, cielo, ¿quien era que llamaba a la puerta?» una voce femminile lo chiamò e Tony alzò gli occhi. «Mama Fuentes,» sospirò «preparati all'interrogatorio!» gli strinsi forte la mano, come a cercare conforto.
Spuntò Mike, che mi presentò a sua madre. «Mamá, esto es Tony, pero creo que te acuerdas de él» disse con tono scherzoso «y esta es Rebecca» non feci neanche tempo a salutarla che la donna riprese a parlare, in uno spagnolo fitto fitto.
«Ay, ¡entonces es esta la chica de que Tony estaba siempre hablando, también cuando erais en el cole! Mira que linda que es, muy bien Tony, ¡muy bien!» la donna diede una pacca sulla spalla a Tony e mi sorrise, lui sembrava volesse sotterrarsi in quel preciso istante.
Mike roteò gli occhi. «Mamá, calla por favor, ¿vale?»
«Vivian, creía que te dije que no quería hablar de eso... Y más, Rebecca no te entiende, no habla español.» le disse. Non era arrabbiato, semplicemente si vergognava da morire. Volevo dirgli che avevo capito tutto perché avevo studiato lo spagnolo per anni, ma in quel momento non mi pareva il caso.
«Ay, vale. Scusami Rebecca, piacere, io sono Vivian, la madre di Micheal e Victor» mi tese la mano e la strinsi «Piacere, Rebecca» risposi, un po' imbarazzata.
«Quindi sei la fidanzata di Tony? Siete così carini!» arrossii subito e feci di sì con la testa. Era ancora un po' strano pensare a Tony come al mio fidanzato, ma allo stesso tempo era davvero bello.
«Vieni, che ti presento mio marito» la seguimmo andare in salotto e mi presentò un uomo che somigliava tantissimo a Mike. Lui e Tony si strinsero la mano, era logico che si conoscessero già. Poi l'uomo si girò verso di me, e mi sorrise. «Piacere, Victor» disse, con uno spiccato accento messicano, molto più forte di quello della moglie. «Piacere, Rebecca.» gli sorrisi.
Tutte quelle presentazioni stavano cominciando a mettermi in imbarazzo, se queste mi rendevano nervosa, non riuscivo a immaginare come sarei stata il giorno in cui Tony mi avrebbe presentato i suoi...e no, basta, la mia immaginazione stava correndo un po' troppo.
«La famosa Rebecca...finalmente abbiamo il piacere di vederti, Tony ha parlato di te per anni!» lui sbuffò, esasperato, io risi e gli strinsi più forte la mano. «Sono contenta che ci siamo ritrovati.»
Le teste di Jaime e Vic spuntarono dalla cucina. «È pronto!» ci chiamarono, così ci dirigemmo tutti a tavola.



*«Victor, tesoro, chi era che ha suonato alla porta?»
«Mamma, lui è Tony, però mi sa che ti ricordi di lui»
«E lei è Rebecca»
«Ah, allora è lei la ragazza di cui Tony parlava sempre, anche quando eravate a scuola! Guarda che bella che è, complimenti Tony, complimenti!»
«Mamma, zitta per favore, okay?»
«Vivian, ti avevo detto che non ne volevo parlare...e poi Rebecca non ti capisce, non sa lo spagnolo.»
«Ah, okay.»
*

myspace.
Ma salve, di nuovo! *u*
Come avete passato il Natale? Spero sia stato meglio del mio, una noia mortale!
Comunque, ecco qua il quinto capitolo! Posterò il prossimo di sicuro con l'anno nuovo, quindi se non ci sentiamo tanti auguri a tutti! E che sia un 2014 pieno di bands *-*
Ah, prima che mi scordi! Se qualcuno di voi sa lo spagnolo meglio di me (non che ci voglia molto) può dare una controllata alle frasi che ho scritto? Mi sembrano abbastanza giuste, ma c'è qualcosa che non mi torna e non riesco a capire cosa ;-;
Un bacio, fab. 

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Capitolo 6
*** sei. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(6)


Non ero mai riuscita a farmi piacere le cene di famiglia: erano piene di gente che vedevi a dir tanto una volta l'anno e che la maggior parte dei casi neanche sopportavi.
Ma quella era diversa, i genitori di Mike e Vic - loro madre soprattutto, dopo essersi scusata per aver messo me e Tony in imbarazzo - erano due persone squisite, molto simpatiche e cordiali. Mi trattavano come se fossi di famiglia, e la cosa mi riempiva il cuore di gioia.
Era strano come fino a neanche una settimana prima non sopportassi né i loro figli né i loro due amici e ora mi ero affezionata a tutti e quattro e stavo addirittura insieme ad uno di loro. Sembrava la scena di un film, la classica famiglia allargata che cenava insieme e passava una bella serata.
«Tu che fai nella vita, Rebecca?» mi chiese Vivian, finito il secondo.
«Ho studiato fotografia e ora sto facendo un corso di regia, per mantenermi lavoro in un negozio di elettronica, anche se mi piacerebbe rimanere nell'ambito della fotografia.»
Appena finii la frase, Jaime disse qualcosa all'orecchio a Vic, che si fece scappare un sorriso enorme e ne parlò anche al fratello, che scambiò un'occhiata con suo padre, si erano capiti al volo. Solo io e Tony non capivamo. Vic fece qualche gesto anche al mio ragazzo, che finalmente intese tutto e sul suo volto si stampò un sorriso enorme.
«Ma sono l'unica che non ha capito?» sbuffai a bassa voce. «È una sorpresa, ti piacerà di sicuro» Tony mi stampò un bacio sulla guancia e decisi di fidarmi, anche se la curiosità mi stava ammazzando.
Finito di mangiare, Jaime si alzò teatralmente in piedi e batté con il coltello sul bicchiere, per attirare l'attenzione di tutti.
«Allora, ho un annuncio importante da fare!» cominciò, con gli occhi che gli brillavano. «Ci hanno preso per il Warped Tour!»
Portai le mani alla bocca, soffocando un urlo. Il Warped era il sogno di ogni band, su quei palchi era stata fatta la storia della musica e io stessa avevo tanti bei ricordi della tappa di San Diego, a cui ero stata qualche volta.
«Ragazzi, ma è fantastico!» esclamai, alzandomi per stringere i ragazzi in un abbraccio di gruppo. «Quando cominciate?» chiesi.
«I primi di luglio, non sappiamo ancora quali date faremo, ci faranno sapere al più presto!» mi rispose Mike, che non riusciva a contenere la sua gioia.

Restammo tutti insieme fino quasi a mezzanotte, i genitori di Vic e Mike erano andati via da un'oretta e noi cinque eravamo tutti in salotto, chi sul divano, chi sulla poltrona, a guardare la televisione insieme, davano il solito film visto e rivisto e nessuno stava prestando più di tanto attenzione, le nostre menti erano tutte proiettate al Warped.
Io ero contentissima per loro, ma allo stesso tempo avevo paura. Paura che qualche groupie - perché si sa, chissà quante ne girano là, e non vedono l'ora di mettere le mani su qualche musicista emergente - mi rubasse Tony. Lo so, era assurdo, ma mi ero davvero affezionata a lui, ero sicura di essermene innamorata e non vedevo l'ora di dirglielo, e non avevo assolutamente intenzione di farmelo soffiare dalla prima tipa che passa.
Un colossale sbadiglio di Vic mi distolse dai miei pensieri. «Qualcuno ha sonno, eh?» scherzò Jaime, poi lo prese per mano. «Noi andiamo a dormire, buonanotte a tutti!»
«'Notte ragazzi!» li salutammo in coro, poi Mike spense la tv.
«Vado anche io, 'notte Becks, 'notte Turtle » mi abbracciò e scompigliò i capelli a Tony. «Ci pensi tu, eh?» gli chiese, e lui annuì, poi sparì su per le scale. Perché mi stavano nascondendo qualcosa e me lo stavano tranquillamente sbattendo in faccia? Ora morivo doppiamente dalla curiosità.
«Andiamo dai, ti accompagno a casa» Tony mi prese per mano e salii in macchina con lui.
«Sono contentissima per voi, il Warped, è il sogno di ogni band!»
«Lo so, non ci potevamo credere quando è arrivata la chiamata, l'altro giorno! Ci hanno detto di tenerlo segreto per un po', abbiamo sistemato gli ultimi dettagli ed ora è ufficiale» continuò, senza smettere di sorridere. Dio, quanto lo amavo quel sorriso.
«Ecco, a proposito del Warped, io e i ragazzi volevamo chiederti una cosa...» accostò la macchina accanto al portone di casa mia. «Dimmi.» oh, finalmente il "mistero" veniva svelato!
«Ti va di venire con noi? Puoi farci da fotografa se vuoi, o anche solo stare lì in» lo bloccai, baciandolo. «Ma certo che vengo!» lo presi per mano ed entrammo in casa. Sam ancora non era arrivata, era di sicuro a casa del tipo con cui doveva uscire, tipico della mia amica.
Mi portai una mano davanti alla bocca a soffocare uno sbadiglio, ero davvero stanchissima. «Vai a dormire dai, ci vediamo domani» mi disse Tony, dandomi un bacio leggero e avvicinandosi alla porta. Lo bloccai, prendendolo per mano. «Rimani?»
«Rimango.»
Quella notte, mi addormentai abbracciata a lui. Ero felice, felicissima. Un po' come Charlie Brown, che alla domanda "cosa vuoi essere da grande?" rispondeva "felice da far schifo". Ecco, felice da far schifo era l'espressione perfetta per descrivere il mio stato d'animo in quel momento.



myspace.
Ciao bella gente, come va?
Scusate se ci ho messo tanto e questo capitolo è un po' più corto del solito (e fa anche abbastanza schifo).
Allora, come l'avete passato il capodanno? Io sono stata tre giorni fuori, con i miei amici e il mio ragazzo 😍
Fra poco comincerà la scuola e non so quanto spesso riuscirò ad aggiornare, spero solo di non metterci millenni çç
Un bacio, fab :3
ps: ho scritto una kellic, vi lascio il link, se vi va fateci un salto :3
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2358045&i=1

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Capitolo 7
*** sette. ***


so keep talking, 'cause i love to hear your voice.

(7)


Il mattino dopo mi svegliai con le braccia di Tony che mi stringevano forte. Avevamo passato tutta la notte letteralmente appiccicati, il suo corpo appoggiato al mio nonostante il caldo che faceva.
Spostai leggermente un suo braccio e tentai di alzarmi senza svegliarlo, ma lui biascicò un "buongiorno" e mi stampò un bacio leggero sulle labbra.
«Diavolo, dovevano soprannominarti Koala, altro che Turtle!» scherzai, girandomi su un fianco per guardarlo negli occhi e gli scompigliai i capelli. Lo ammetto, mi ci persi un po', in quegli occhi, ma non era colpa mia se ogni volta che i miei li incrociavano era sempre più bella della prima. Mi sorrise e mi avvicinò di più a sé. Ormai i nostri visi si sfioravano, ed io morivo dalla voglia di baciarlo. Non mi piaceva stare lontana dalle sue labbra, sapevano di buono e di cose belle.
Annullai la distanza e lo baciai, lui mi prese per i fianchi e mi strinse ancora di più. Non volevo staccarmi da lui, non volevo nient'altro che non comprendesse la sua presenza, preferibilmente così ravvicinata.
«Posso dirti una cosa?» mi chiese. Aveva spostato le sue mani sui miei fianchi e mi guardava negli occhi. «Dimmi, ma poi te la devo dire anch'io una cosa.» mi ero decisa a dirgli tutto quello che provavo, che anche se potesse sembrare assurdo quelle parole era come se volessero uscire per forza dalla mia bocca.
«Può sembrare assurdo, esagerato oppure un po' troppo presto...ma io credo di amarti. » mi disse, tutto d'un fiato, senza mai abbassare lo sguardo.
Mi bloccai, come pietrificata, per qualche istante. Tutto m'aspettavo tranne questo. Aprii la bocca per parlare, ma la richiusi subito, non mi usciva la voce. Mi diedi mentalmente della cretina.
«Ecco, lo sapevo, ho fatto una cazzata, fai come se non avessi detto niente, okay?» mormorò, abbassando lo sguardo.
«Ehi,» gli portai una mano sotto al mento, alzandogli il volto per fargli incrociare lo sguardo con il mio «non hai fatto una cazzata. È strano, ma credo di amarti anche io.» stavolta fui io ad abbassare lo sguardo e lui ad alzarmi il viso. Rimanemmo qualche istante a guardarci, poi mi strinse forte in un abbraccio, in silenzio.
Mi baciò ancora, e stavolta quel bacio sapeva di altro, era più consapevole, più...spinto. Posai una mano sulla sua, che inconsciamente era sul mio fianco e stava alzando il vestito. Non volevo affrettare le cose. Per fortuna lui capì subito, e senza tanti problemi si alzò dal letto e mi aiutò a tirarmi su.

Entrati in cucina per fare colazione, trovammo Sam seduta al tavolo che si teneva la testa tra le mani.
«Fammi indovinare un po', Samantha...ti ha fatto bere, sei finita a casa sua e non voglio sapere i dettagli di quello che avete fatto.» la guardai come mia madre mi guardava quando da piccola combinavo qualche disastro. Quella ragazza era incorreggibile.
«Hai centrato il punto, e ora mi scoppia la testa!» si massaggiò le tempie con i polpastrelli. «Oh, ciao Tony» lo salutò appena si accorse della sua presenza, lui ricambiò allegro.
Facemmo colazione tutti insieme, poi Sam andò a farsi una doccia e io mi cambiai velocemente per tornare subito da Tony. Avevo messo un paio di shorts di jeans, una maglia dei Brand New che avevo ritagliato a mo' di canotta larga e un paio di converse bianche. Presi una borsa, ci misi il portafogli e la mia inseparabile macchinetta fotografica, urlai a Sam che io e Tony stavamo uscendo e, senza aspettare una sua risposta, lo presi per mano e mi chiusi la porta alle spalle.
«Ci facciamo un giro?»

Camminavamo mano nella mano per qualche minuto, quando mi fermai di scatto, solo per guardarlo negli occhi. Ci vedevo tanta felicità in quel paio di pozzi marroni, tanta sicurezza e tanta gioia, ma soprattutto ci vedevo riflessa tutta la fortuna che avevo ad averlo accanto.
«Ehi, tutto apposto?» la sua domanda mi scosse dai miei pensieri e tornai con i piedi per terra.
«Niente, è che sei bello, tanto, e mi piace guardarti.» arrossii e tornai a fissarmi le punte dei piedi.
Tony mi prese nuovamente per mano e ci incamminammo verso il parco. Ci sedemmo all'ombra di un albero, mi mise un braccio intorno al collo e mi appoggiai al suo petto. Rimanemmo così per un po', poi presi la mia macchina fotografica e cominciai a scattarci delle foto, prima abbracciati, poi cominciammo a fare qualche smorfia e finimmo addirittura a scattare qualche foto mentre ridevamo come matti.
«Come mai ti piace così tanto fare le foto?» mi chiese, quando ormai eravamo arrivati forse a un centinaio di scatti.
«Voglio tenere sempre un ricordo materiale dei momenti più belli.» Mi sistemai meglio sul suo petto e lasciai che mi passasse un braccio intorno alle spalle. «Mi ricordo che quando ero piccola mia madre aveva sempre in mano una di quelle vecchie reflex con il rullino e mi riempiva sempre di foto. Diceva che lo faceva perché in futuro sarebbe stato bello sfogliare degli album, indicare una fotografia e cominciare a ricordare l'occasione per cui era stata scattata, e per magari ripensare a qualche amico che non vedevi da tanto tempo. Vedi questa foto?» scorsi indietro fino ad arrivare alla foto che cercavo. «Natale 2006, ero a casa dei miei zii in Florida, e quello è mio cugino James che mi guarda malissimo perché ho appena mangiato l'ultimo cioccolatino e lo voleva lui!» trattenni a stento una risata, era stata una scena esilarante ed avevo pienamente dimostrato il potere della fotografia.
«E allora facciamo questa di foto, così poi racconterai a tutti di questa fantastica giornata.» mi prese la macchina fotografica e scattò una foto mentre ci stavamo baciando.

Si era ormai fatta tarda sera quando ci alzammo dal nostro posticino sotto i rami di un albero e Tony mi accompagnò a casa. Il tempo era volato, eravamo stati così tanto bene insieme che non ci eravamo neanche accorti di aver saltato sia pranzo che cena.
«Allora...buonanotte.» mi sembravo un'adolescente al ritorno dal primo appuntamento con un ragazzo, che non sa cosa dire né cosa fare.
«Domani passo a prenderti verso le tre e andiamo in studio, okay?» mi propose, gli dissi di sì e poi lo abbracciai. Presi un respiro profondo e mi feci coraggio. «Ti amo.» per la prima volta lo dissi in maniera diretta e senza tanti giri di parole, ed era una sensazione bellissima. Lo guardavo negli occhi e li vedevo brillare.
Mi avvicinò a sé e mi baciò di getto, per poi sussurrare sulle mie labbra che mi amava anche lui.
Non mi importava che potesse sembrare una cosa affrettata, mi sentivo di dirglielo ed ora che l'ho fatto mi sento più leggera. E finalmente sono felice, felice sul serio.



myspace.
Dai su, menatemi perché sto in ritardissimo, che vi dò ragione e anzi, v'aiuto pure.
Facciamo che sorvoliamo questo periodo in cui non ho scritto che è meglio, è stato uno schifo. L'unica cosa bella è stato il concerto degli All Time Low, amori miei belli aw
Alla prossima! :3
fabi

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