It's My Life.

di Scarlet Jaeger
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Infanzia. ***
Capitolo 2: *** 2. Si cresce! ***
Capitolo 3: *** 3. Partenza e ritorno. ***
Capitolo 4: *** 4. Non può essere lui! ***
Capitolo 5: *** 5. La sfida ***
Capitolo 6: *** 6. Scontro diretto ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - do you remember me? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Il fatidico giorno è arrivato ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Una nuova conoscenza ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - L'incontro con Rei ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Max Vs Kai/Takao Vs Rei ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - La finale nazionale ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Partenza per il campionato mondiale. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 – I primi problemi ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Gelosie ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Si parte per la Russia! ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - Tappa in Europa ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Scontro diretto ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Verità svelata ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Amichevole in Germania ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - In viaggio. Pt 1 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - In viaggio. Pt 2 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Il monastero Vorkof ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - inquietudini ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - Dove sei Kai? ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Scontri ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - avvicinamenti ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - non è possibile! ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - parte della verità svelata ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - una nuova sfida ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - Sfida sul lago Bajkal ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - bentornato Kai ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - il primo incontro delle finali ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** 36 - Rei Vs Boris ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - una serata da dimenticare...oppure no! ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - sofferenze ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 - La finale mondiale ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 - un sentito arrivederci! ***



Capitolo 1
*** 1. Infanzia. ***


Salve a tutti e ben trovati. Manco da questo fandom da un bel po' in effetti, ma a volte ritorno perché ci ho lasciato molti ricordi :) Ero conosciuta come Kikka89 o Kikka_Hiwatari (ho cambiato alcuni nikname da allora eheh) ed ora sono tornata con questa “nuova” fic ^^ In realtà è la trasposizione dei miei sogni di allora. Quando andava in voga la serie in tv, mi ero immaginata come un nuovo personaggio in squadra. Eh, vecchi ricordi di adolescente :3
Comunque:
Sarà scritta in prima persona dalla protagonista e non dico altro per non rovinare eventuali sorprese ^^ Dico solo che è una rivisitazione del primo e del terzo campionato mondiale di Beyblade, con l'aggiunta di questo nuovo personaggio :D

Un bacione a tutti, specialmente ad una mia vecchia conoscenza di questo fandom: Padme86.

Enjoy!


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                                                                                           It's My Life





Capitolo 1 – Infanzia




La voce di mia madre la ricordo ancora oggi nitida ed incalzante, quando, incurante della luce che sarebbe filtrata all'interno della mia stanza, alzò le tapparelle incitandomi ad alzare dal letto.
All'ora ero appena una bambina e quello sarebbe stato per me il primo giorno di asilo. Non ricordo di essere mai stata particolarmente emozionata, ero semplicemente spaventata per non sapere cosa avrei dovuto aspettarmi. Invece lei mi guardava con un sorriso emozionato, reggendo la stampella che lasciava cadere la divisa rosa che avrei dovuto indossare in quella prima giornata.
Stropicciai gli occhietti di bambina con il dorso della mano destra, mentre nell'altra tenevo per la zampa il mio vecchio orsacchiotto, quello che mi aiutava tutte le sere a prendere sonno, e sbadigliai.
Sono passati molti anni da quell'episodio, ma ciò nonostante lo ricordo come se fosse oggi perché è stato l'inizio della storia che sto per raccontarvi.
Il mio nome è Saya Daitenji e sono la legittima nipote del presidente della BBA. Forse qualcuno penserà che sono stata raccomandata, ma posso assicurarvi che, fin dove sono arrivata, l'ho fatto con le mie forze.
Comunque, il primo giorno di asilo mia madre mi accompagnò fino alla porta d'entrata, lasciandosi andare in mille raccomandazioni, che io ascoltai con gli occhi tristi e pieni di lacrime. Non volevo lasciarla! Vedere accanto a me tutti quei volti estranei un po' mi spaventava, ma una volta entrata nella mia colorata classe, notai che non ero poi l'unica.
Eravamo una decina di bambini, seduti in cerchio su dei minuscoli banchi color pastello. Ci guardavamo tutti con occhietti timidi, cercando di scorgere dei visi amichevoli, specialmente nella maestra, che era seduta alla cattedra di fronte a noi. Era una donna giovane e con stampato in faccia un sorriso talmente benevolo che ci alleggerì subito tutte le ansie che poteva scaturire quel primo giorno senza la mamma. Non avere una schiena dietro cui pararci risultava una cosa molto brutta a quell'età.
Piano piano la maestra ci fece presentare di fronte all'intera schiera di bambini e le prime amicizie iniziavano ad intensificarsi, facendo nascere alcuni gruppetti fra le bambine ed i bambini. Tutti avevano trovato un amico con cui giocare in cortile, quando la maestra ci lasciava liberi.
Tutti, tranne uno.
Era un bambino silenzioso e serio, che se ne stava a sedere vicino alla porta di entrata della nostra aula. Osservava i maschietti giocare, senza però interagire, come se avesse timore ad avvicinarsi. Ma io notai subito il perché. Anche se i bambini a tre anni possono sembrare un tantino ignoranti su certi aspetti, io e molti altri eravamo abbastanza intelligenti per capire che quel bambino non aveva timore degli altri, ma erano gli altri ad avere timore di lui. Lo dimostravano gli sguardi che ogni tanto gli riservavano quando lui non li stava osservando.
Io, incuriosita da quegli strani atteggiamenti, mentre modellavo la sabbia insieme alle mie nuove compagne, lanciavo delle occhiate furtive nella sua direzione per cercare di capirci qualcosa. Mi incuriosiva e mi terrorizzava allo stesso tempo. C'era qualcosa di diverso in lui, che non avevo notato in nessuno degli altri bambini della mia classe.
<< È cattivo! >> Mi disse la ragazzina accanto a me, come se avesse intuito una mia domanda silenziosa. Mi girai incuriosita da tanta audacia e spudoratezza, non degne di una bambina di quell'età.
<< Perché dici questo? >> Chiesi di rimando, continuando a non capire.
<< Lo dicono tutti. Lo vedi che nessuno lo chiama per giocare? >> Continuò lei, facendomi incuriosire ancora di più.
<< Solo per questo? >> Alzai un sopracciglio, volgendo di nuovo lo sguardo sul bambino, non accettando simili offese.
Lo squadrai con più interesse, nascondendomi ogni volta che girava il viso dalla nostra parte. Non guardava qualcuno in particolare, il suo sguardo sembrava lontano, perso nel vuoto.
Il viso paffuto era contratto in una smorfia sofferente e gli occhi color ametista si intonavano perfettamente al tono latteo della sua pelle. I capelli, scuri alla radice, si facevano più chiari via via che raggiungevano la punta. Era un bambino bizzarro, oltre che strano, ma non lo avrei definito cattivo.
Armandomi di coraggio mi alzai in piedi, pulendomi le mani sporche di sabbia sul grembiulino rosa, e dopo aver guardato con assenso le mie compagne, che avevano sgranato gli occhi dopo aver intuito le mie intenzioni, mi diressi a passo spedito verso di lui, che accompagnò con sguardo incuriosito la mia andatura.
Fino a che non gli fui finalmente di fronte non si decise a cambiare l'espressione interrogativa dal suo volto, ma una volta avergli sorriso alzò un sopracciglio, guardandosi attorno per capire se il mio sorriso fosse veramente rivolto a lui.
Dopo essersi accertato che gli stavo realmente mostrandogli un segno di amicizia, ricambiò notevolmente espressione, rabbuiandosi.
<< Che vuoi? >> Mi inveì contro, lasciandomi pressoché scioccata. Non mi sarei mai aspettata un'accoglienza simile.
<< Ti avevo visto qui da solo e mi sono chiesta se ti andava di giocare. >> Risposi titubante, cercando di tenere gli occhi puntati su di lui, che sosteneva il mio sguardo mordendosi un labbro.
<< Sono un maschio, non gioco con le femmine! >> S'impettì quasi offeso e, quando aprii la bocca per cercare di controbattere, notai che fra le mani teneva un oggetto che conoscevo bene. Era un Bey blu elettrico, uguale a quelli che mi mostrava mio nonno quando andavo a trovarlo in sede.
Quando notò che gli stavo osservando il Beyblade lo ritrasse verso di sé come per proteggerlo e quel gesto mi lasciò incredibilmente basita.
<< Ma questo è... >> Cercai conferma, spinta dalla curiosità di sapere e dalle sue labbra comparve una smorfia, come se il fatto che conoscessi quell'oggetto lo infastidiva alquanto.
<< È un Beyblade. >> Rispose con voce ovvia, che mi fece alzare un sopracciglio per la rude risposta che mi aveva dato.
<< E come si usa? >> Chiesi infine con gli occhi luccicanti. Il nonno non mi aveva mai mostrato la loro utilità, si limitava ad indicarmeli da lontano, quando già volteggiavano su di uno stadio colorato.
Cambiò di nuovo espressione dopo la mia reazione appassionata, ma non mi sorrise.
<< Si lancia! >>
Si alzò di scatto, come se fosse felice di mostrare finalmente a qualcuno il suo sapere.
I miei occhi scintillarono di emozione nel vedere quel bambino pronto a lanciare quel piccolo oggetto verso il giardino, grazie ad un meccanismo a me sconosciuto. Era impegnato ed attento mentre compiva quei gesti meccanici, ma qualcosa non andò come previsto. L'oggetto si librò in aria a grande velocità, colpendo sul volto uno dei bambini intenti a giocare sullo scivolo, facendolo cadere e mettersi a piangere chiamando la maestra, che accorse tutta affannata per accertarsi delle sue condizioni e scoprire il colpevole di tale gesto.
<< L'ha fatto apposta! >>
Non ebbi neanche il tempo di riprendermi dallo shock che uno dei bambini inveì contro il mio nuovo amico, che si ammutolì serrando la mascella.
<< No! >> Disse solamente in sua discolpa, senza dare ulteriori informazioni e nascondendo gli oggetti dietro la schiena.
L'attenzione generale fu presto spostata su di noi, compreso lo sguardo adirato della maestra che, issando in braccio il bambino in lacrime, si avvicinò per chiedere spiegazioni.
<< Non è stato lui, non lo ha fatto apposta! >> Mi misi in mezzo, sperando che mi credesse. Purtroppo, la parola di una sola bambina contro quella di tutti gli altri poteva fare ben poco.
<< Vieni con me, Kai! >> Inveì lei, prendendolo saldamente per mano e trascinandolo verso la classe, con ancora l'altro ragazzino in braccio.
Prima di sparire all'interno dell'aula, il bambino appena richiamato si voltò un'ultima volta verso il cortile, incrociando il mio sguardo.
Era supplichevole.
Quella volta, anche se non ero consapevole degli effetti che mi avrebbe provocato in futuro, il mio cuore perse un battito.
Mi sentii inconsapevolmente attratta da Kai Hiwatari.


Dopo quella volta la nostra conoscenza ed amicizia si intensificò ed anche lui, grazie alla mia buona parola, riuscì a fare amicizia con gli altri bambini, nonostante a volte preferiva rimanersene in disparte.
Il perché del suo comportamento rimase un mistero fino al primo anno delle scuole medie. Ma questo lo vedremo in seguito.
Eravamo arrivati al primo giorno delle scuole elementari. Entrambi con la nostra divisa scolastica, ci incontrammo di fronte al cancello della nuova scuola, pronti ad iniziare un nuovo percorso scolastico. Per fortuna ci avevano messo nella stessa classe, così scegliemmo due banchi vicini e ci sedemmo.
Nella mia cartella, oltre al materiale scolastico, spiccava un Beyblade bianco con le rifiniture azzurre, che avevo chiamato Star Pegaso. Era un vecchio regalo di mio nonno per il mio sesto compleanno e Kai, quando vide che anche io ne possedevo uno, s'illuminò. Mi aiutò a sistemarlo al meglio e cambiare i vecchi pazzi arrugginiti con altri più all'avanguardia. Potevamo così allenarci e giocare assieme, migliorare, e sfidare chiunque. Eravamo una coppia imbattibile ed inseparabile. In pochi anni eravamo diventati migliori amici.
Ma a volte l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per durare a lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi dell'altro.
Ero troppo piccola per capirlo al tempo e ciò che susseguì ai nostri istanti felici non mi piacque affatto.
Fine capitolo 1


Colei che scrive:

Eccomi qua alla fine di questo primo capitolo ^^ Con gli eventi sono andata abbastanza avanti perché non c'è nulla di rilevante, per il momento :D La vera storia inizia dal prossimo capitolo :3
Spero inoltre che vi sia piaciuto e che mi facciate sapere cosa ne pensate! Mi scuso anche per eventuali errori e sviste, purtroppo correggo da sola i miei scritti ed a volte mi sfuggono ^^'
Un bacione a tutti

al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** 2. Si cresce! ***


Capitolo 2 - Si cresce!


Gli anni passavano ed il rapporto con Kai si faceva sempre più intenso. Nonostante fossimo solamente dei bambini, lui mi trattava come una sorella, prendendosi a volte delle confidenze un po' troppo dure.
All'età di circa sei anni avevo l'abitudine di comportarmi come un maschiaccio. Non mettevo mai le gonne, se non quando dovevo andare a scuola e solo perché la divisa scolastica era obbligatoria. Erano sicuramente più comodi i pantaloni o le tute per giocare a Beyblade! Mia madre era disperata, perché tornavo sempre a casa sporca di fango o erba, mentre mio nonno cerava di spronarmi a vivere come una femmina. Ma nonostante questo ed il fatto che continuassi a preferire il Bey alle bambole, sono sicura che lui era molto fiero di me.
Avevo imparato a giocare insieme a Kai e non ero più la schiappa di un tempo. Mi aveva insegnato a padroneggiare la rotazione e perfezionare i lanci. In breve tempo ero diventata un asso, anche se non ero ancora alla sua altezza.
Oltre alle sfide di Bey lo invitavo spesso a casa a fare attività che chiamavamo più "normali". Mia madre ci preparava la merenda e noi rimanevamo a guardare alcuni vecchi filmati che mio nonno aveva registrato nei vari campionati mondiali. Eravamo così ammaliati da tanta bravura e ci scintillavano gli occhi alla vista di quello che, un giorno, avremmo potuto fare noi. Era il nostro obbiettivo: partecipare ad un campionato di Beyblade! Purtroppo per farlo dovevamo ancora crescere un po' e quindi in quel momento non ci rimaneva altro che aspettare e migliorare sempre di più.
Ricordo ancora oggi la mia vera sfida, contro un ragazzino presuntuoso più grande di noi. Io e Kai giocavamo indisturbati al parco, lontani dagli altri bambini che avevano preso d'assalto gli scivoli e le altalene. Quando il rude ragazzino ci vide, si avvicinò sfacciatamente insieme agli altri amichetti, che avevano la tipica faccia di chi non aspetta altro che fare del male a qualcuno.
Per un primo momento facemmo finta di nulla, continuando a ridere e scherzare come se nulla fosse, anche se il sentirmi osservata mi faceva stare in ansia.
Quando la voce del bambino ci richiamò, ci girammo entrambi incuriositi verso di lui. Ci sovrastava in l'altezza di almeno dieci centimetri ed di stazza era il doppio di noi. Si credeva uno spaccone solamente perché eravamo più piccoli, ma Kai non si fece certo impressionare. Io però sì... Ero pur sempre una bambina, anche se avevo nascosto il mio fisico gracile dentro una salopette blu, abbastanza larga da farmi apparire più in ciccia di quanto in realtà fossi, ed avessi legato in una treccia i miei capelli corvini. Rimasi eretta al mio posto ed assunsi un'espressione accigliata, squadrandoli dall'alto al basso con riluttanza.
<< Ho visto che ve la cavate bene con il Bey. >>
Iniziò quello che sembrava il boss, mettendosi le mani nelle tasche della casacca con fare divertito.
Noi due ci guardammo per un breve istante, per cercare l'intesa che ci aveva sempre contraddistinto. Il primo che parlò fu Kai, avanzando di qualche centimetro verso il ragazzone, senza il minimo accenno di paura.
<< Sì, e allora? >> Brontolò deciso, portandosi le mani ai fianchi.
Fu allora che costui iniziò a ridere, facendosi beffe di noi ed inchinandosi fino a trovarsi faccia a faccia con il mio amico, che continuava imperterrito a sostenere il suo sguardo.
Io guardavo la scena indispettita. Insomma, chi erano questi brutti ceffi, venuti dal nulla solo per crearci guai? Cosa potevano mai volere da due ragazzini più piccoli di loro? Ma quando tirò fuori le mani dalle tasche reggendo un Beyblade grigio ed il dispositivo di lancio, capii subito le sue intenzioni.
<< Vi sfido! >> Dichiarò infine quello, ridacchiando sotto i baffi con fare fin troppo sicuro di sé.
<< Bene, cosa stiamo aspettando? >> Gli diede corda Kai, che non vedeva l'ora di battersi e dare una corposa lezione a quei bulli. Il migliore successo sarebbe stato quella di strappargli la vittoria e di conseguenza tutta la voglia di fare i gradassi.
<< Ma io non voglio battermi con te. Io voglio sfidare lei! >>
Il mio cuore perse un battito quando il ragazzone voltò lo sguardo su di me e mi indicò. Non perché avessi paura di lui, ma ero ancora troppo inesperta per potermi battere contro uno sconosciuto, per giunta più grande di noi.
<< È scorretto! >>
Fu Kai a parlare al posto mio, parandosi di fronte a me. Era furioso, anche se non ne capivo il motivo. In fondo era solo una sfida, che potevo benissimo decidere di accettare o no. L'unico problema era che, se non avessi accettato quella provocazione, il mio onore di Blayder ne avrebbe risentito. Per incoraggiarmi dissi a me stessa che sarebbe stata una buona occasione per capire quali fossero le mie reali capacità. Però, finché le sfide erano semplici e divertenti era un conto, in quelle condizioni cambiava totalmente tutto.
<< No, affatto! >> Ridacchiò ancora di più il mio avversario, consapevole del mio stato d'animo. Potevano leggere le espressioni del mio viso come un libro aperto. In quel momento non dovevo avere una bella cera.
<< Puoi farcela! >> Mi incitò Kai, guardandomi dritto negli occhi e riportandomi con i piedi per terra. << So che puoi farcela! È solo un gradasso, ricorda i miei insegnamenti! Sei la nipote del presidente Daitenji, tieni alto il tuo nome! >> Sussurrò a bassa voce, cercando di non farsi sentire all'altro, che stava aspettando il mio consenso a braccia conserte. Il mio cuore però non smetteva di martellarmi nel petto.
<< Forza, è giunta l'ora che Star Pegaso diventi temuto quando il mio Dranzer! >> Continuò lui, poggiandomi le mani sulle spalle in un gesto di coraggio.
<< Ci..ci provo.. >> Riuscii solamente a rispondere con voce titubante, mentre spostavo lo sguardo sul mio sfidante.
<< E va bene! >> Gridai, infondendomi un'audacia mai avuta prima. Non che avessi smesso di avere timore, cercai solamente di affrontare la situazione come avrebbe fatto Kai.
Avanzai di fronte al ragazzone, che fissò immediatamente il Bey al dispositivo di lancio. Lo osservai per qualche secondo, cercando di decifrare la sua espressione canzonatoria. Era troppo sicuro di sé, quindi dovevo riuscire a spiazzarlo rimanendo calma, così da colpirlo nell'orgoglio.
Imitai i suoi gesti ed incastrai Star Pegaso sul dispositivo, mettendomi in posizione di lancio. Kai fece da arbitro, posizionandosi non molto lontano da noi per dare il via alla sfida e rimanermi accanto.
Ero comunque in svantaggio fisico e di età, ma questo non avrebbe dovuto influire sulla partita, dovevo rimanere concentrata e studiare il Bey avversario come mi aveva insegnato il mio amico.
Lasciai gli occhi puntati su di lui, irrigidendomi per le sue occhiate maliziose. Era sicuramente già convinto della vittoria, per questo aveva sfidato me. Che ignobile ragazzo! Avrei dovuto mettercela tutta per smontare indecentemente le sue convinzioni e lo avrei fatto con molto piacere, anche solo per far vedere a Kai il mio reale valore.
<< 3...2...1... >> Iniziò il nostro personale arbitro, osservando prima lui e poi me dalla sua postazione, aspettando alcuni secondi preziosi per farmi calmare prima dell'inizio. Ovviamente non riuscii certo a calmarmi, ma provai a respirare profondamente prima del suo via.
Quando accadde, i nostri Bey sfrecciarono sul terreno sdrucciolevole del parco, dove ignobili sassolini rallentavano notevolmente la rotazione dei due oggetti, ma sembrava che al mio avversario non importasse.
Imprecai silenziosamente, maledicendo la mia poca esperienza su terreni del genere, ma Kai mi guardava come per cercare di darmi indicazioni. In quel momento però, la mia mente era del tutto vuota.
Cercai di far rimanere fermo il Bey il più possibile, cercando di evitare gli attacchi diretti che il mio avversario prepotentemente mi infieriva. Per fortuna ero agile e riuscivo, anche se malamente, ad intuire le intenzioni di costui e non finire subito al tappeto.
Sentivo tutti gli sguardi puntati su di me, quindi cercai di non pensarci e concentrarmi sul gioco, per quanto possibile. Ero piccola ed inesperta, ma sperai che quello non avrebbe inciso più di tanto sulla complessità della sfida.
<< Tutto qui quello che sai fare? Mi sembra poco.. >> Mi canzonò l'avversario, ridacchiando sotto i baffi. Mi limitai a squadrarlo di sottecchi, imbronciandomi. Purtroppo aveva ragione, se non avessi reagito a quella provocazione mi avrebbe sicuramente annientato. Così presi coraggio digrignando i denti. Grazie a Kai ed ai filmati di mio nonno avevo perfezionato le mie tecniche, non potevo perdere con il primo venuto, anche se quello era più grande ed esperto di me. Mi convinsi che la bravura non si assumeva col tempo, ma con l'allenamento, e di allenamento e miglioramenti ne avevo fatti parecchi in quegli anni. Prima non sapevo neanche lanciare, mentre in quel momento tenevo testa ad un egregio Blayder.
Le sue reali potenzialità non volevo neanche testarle, mi limitai a sferrare il contrattacco, stufa di rimanere sempre e solo sulla difensiva.
Dopo il mio primo attacco diretto mi limitai a rimanere in silenzio a guardare Star Pegaso, che roteava quieto a poca distanza dai miei piedi, attendendo indicazioni. Sapevo cosa fare, il mio cervello aveva elaborato un piano geniale, che doveva per forza andare a segno. O almeno è quello che sperai.
Con il cuore che riprese a battermi incessantemente nel petto attesi. La mia indifferenza, come sperato, fece agitare il mio sfidante, che colse al volo la mia silenziosa provocazione.
Grandissimo errore per lui.
Il primo insegnamento di Kai fu proprio questo: mai cadere alle provocazioni altrui. Rimanere concentrati era una della armi vincenti in una partita. E così il mio avversario cadde nella mia trappola come un allocco. Non era poi così forte come si voleva dimostrare. Era solo uno un pallone gonfiato ed io gli avrei dato la lezione che si meritava. Ero compiaciuta, ci ero arrivata da sola senza l'aiuto del mio amico, che seguiva attento l'andamento del gioco a braccia conserte e l'espressione soddisfatta.
Spostai i miei occhi ametista sul ragazzone non molto distante da me, facendolo infuriare ancora di più. La mia calma lo mandava in confusione ed il fatto che non mi ero notevolmente smossa alla sua provocazione, come sicuramente aveva architettato, lo aveva mandato su tutte le furie.
Assaporavo già il gusto della vittoria, ma continuavo a stare sull'attenti. La partita si sarebbe dichiarata conclusa solamente quando uno dei due Bey avrebbe smesso di girare ed il mio Star Pegaso doveva uscire vincitore, in un modo o nell'altro.
Strinsi la mascella in attesa di una sua mossa, che speravo fosse quella da me premeditata. Se tutto fosse andato secondo i miei piani avrebbe dovuto attaccarmi di prepotenza.
Attesi e non tradì le mie aspettative. Esattamente come sperato, il suo Beyblade grigio partì all'attacco del mio, con una velocità disumana.
Persi leggermente fiducia a quella vista, forse non sarebbe andato tutto come previsto, ma chiusi gli occhi per infondermi coraggio e quando li riaprii diedi un'indicazione precisa al mio fedele compagno:
<< Spostati! >>
Gridai, confondendo il mio avversario con il mio tono autoritario. Tutta l'ansia e l'esitazione da me mostrati fino a quel momento svanirono e l'intonazione della mia voce si fece più sicura e bassa.
Il suo Bey si arrestò appena il Blayder capì il tranello, ma era troppo tardi. Star Pegaso lo attaccò da dietro, sotto il mio incoraggiamento, e quel Beyblade metallico schizzò in aria passandomi non molto distante dal viso. Lo spostamento d'aria mi smosse la treccia adagiata sulla spalla, ma io ero rimasta ad osservare l'espressione sconcertata di lui, quando l'oggetto cadde alle mie spalle con un sonoro tonfo.
Sospirai rilassata. Ce l'avevo fatta!
Quella vittoria mi aveva fatto tornare il sorriso. Era una soddisfazione immensa riuscire a vincere contro un blayder più grande di me.
Raccolsi Star Pegaso, che ancora volteggiava sul terreno, anche se con meno enfasi di prima. Era stato bravissimo! Come un fedele compagno era rimasto con me fino all'ultimo, senza dare segni di cedimento. Gli riservai un meraviglioso sorriso prima di riporlo delicatamente nella tasca della mia salopette, come a ringraziarlo per l'impresa appena compiuta.
Kai mi venne incontro con un'espressione incredibilmente soddisfatta e mi scompigliò i capelli con fare affettuoso. Io lo abbracciai senza preavviso, mentre il cuore mi batteva copiosamente nel petto dall'emozione.
Avevo vinto e Kai era fiero di me. Avrei voluto viverne cento di quei giorni!
Purtroppo però. non sarebbe stato tutto rosa e fiori.


Finita la sfida e lasciato scappare i tre ragazzi con la coda fra le gambe, ci fermammo a fare merenda nel parco, con le prelibatezze preparate da mia madre.
<< Sono squisiti! >> Si rallegrò Kai, masticando con gran foga alcuni tramezzini che aveva preso dal cestino. Sembrava che non mangiasse da giorni.
Lo osservai leggermente interrogativa, con un sopracciglio alzato ed il mio tramezzino a mezz'aria. Sì, erano buoni, ma era un semplice pasto.
<< Che c'è? >> Mi chiese infine, notando la mia espressione. << Sono buoni! >> Fece spallucce, continuando a mangiare, meno sgraziatamente questa volta.
<< Mi meraviglia la tua gioia.. >> Spiegai sottovoce distogliendo lo sguardo, sperando che lui non ci rimanesse troppo male. << La tua mamma non te li prepara mai? >> Chiesi e mi pentii immediatamente di averlo fatto perché la sua espressione divenne cupa e tesa. Avevo toccato un tasto dolente senza rendermene conto.
In pochi secondi mi ricordai quanto misterioso fosse il mio caro amico. Eravamo piccoli, troppo piccoli per capire determinate cose e lui era fin troppo riservato per parlarmi della sua famiglia. Anch'egli, essendo ancora un bambino, non aveva ben chiara la situazione.
Solo in seguito scoprii che lui non viveva più con i genitori. Abitava con suo nonno in una grossa e lussuosa villa leggermente fuori città ed aveva un maggiordomo che lo scarrozzava ovunque volesse andare.
Il suo mentore lo lasciava libero di fare ciò che voleva, con l'unico avvertimento di non sottrarsi ai doveri di famiglia, che scoprii però solo in seguito.
Mi ricordai anche che non ero mai stata a casa sua e mai mi aveva parlato di come fosse. Per me era un fitto mistero. Veniva sempre lui da me, non invitandomi mai, ma a me andava bene anche così. Non mi pesava affatto la sua presenza, così come non pesava a mia madre e mio nonno. Erano felici di vedermi relazionare con qualcuno. Le amicizie, secondo loro, andavano alimentate sin da piccoli. “L'amicizia è un'arma potente” mi diceva sempre il nonno, anche se non avevo ben chiaro il reale significato. Anche quello lo scoprii in seguito.
Fatto sta che lui scosse la testa alla mia indiscreta domanda, abbassando lo sguardo a terra. Mi si strinse il cuore a vederlo così e mi scusai immediatamente.
<< Tranquilla. Non lo potevi sapere. >> Mi disse, rialzando gli occhi su di me con un piccolo sorriso triste.
<< A proposito delle mamme. >> Iniziò di nuovo a parlare dopo alcuni minuti di silenzio, che impiegammo per finire di mangiare. << La tua ha ragione! >> Mi disse, facendomi alzare di nuovo un sopracciglio.
<< Riguardo a cosa? >> Chiesi confusa e lui assunse un'espressione saccente, alzandosi dalla panchina e mettendosi di fronte a me con le braccia conserte.
<< Sei proprio un maschiaccio! >> Proferì con una linguaccia, scoppiando a ridere.
Ovviamente non lo aveva detto con cattiveria, e se non avessi avuto la consapevolezza di iniziare a provare puri sentimenti verso di lui, quella frase mi avrebbe tirato fuori un'offesa amichevole da urlargli contro, invece tutto si fece ovattato e rimasi a bocca aperta come un'allocca.

Maschiaccio”
Questa parola mi rimbombò nella testa più e più volte, scandita dalla sua voce.

Maschiaccio”
Era dunque questo che Kai vedeva in me? Solo perché non giocavo con le bambole e mi rotolavo per terra con lui, indossando pantaloni logori e non una gonna?
La consapevolezza che lui non avesse mai potuto ricambiare i miei sentimenti si fece spazio nel mio cervello, facendomi salire le lacrime a gli occhi, che cercai di trattenere con tutta la forza d'animo possibile.
Vedendomi non ribattere alla provocazione si preoccupò, abbassandosi alla mia altezza, che stavo ancora seduta sulla panchina con il cestino della merenda sulle ginocchia. Gli tenni il broncio per alcuni secondi, facendolo accigliare, ma capii subito che era inutile prendersela per quel che aveva detto e poi non volevo che lui si accorgesse di quello che provavo, così gli rimandai contro una linguaccia, facendolo ridere sollevato.
Mi alzai anch'io, intimandogli di scappare, perché se lo avessi preso avremmo iniziato un duello “all'ultimo sangue”.
La giornata si concluse in quel modo, fra risate e piccoli battibecchi.
Ci salutammo quando il suo fidato maggiordomo arrivò di fronte casa mia con una lucente e pulita limousine.
<< Ci vediamo domani a scuola! >> Mi disse sorridendo, mentre usciva sul pianerottolo dopo aver salutato mio nonno e mia madre, ringraziandola dei tramezzini.
<< A domani! >> Lo salutai con la mano ed aspettai che salisse in macchina e quella sparisse nel traffico serale.
Anche dopo quelle ore di divertimento ripensai alle sue parole.

Maschiaccio”
Sapevo cosa fare.
Corsi spericolata sulle scale che portavano al piano superiore della casa, dove si trovava la mia cameretta. Mi resi conto solo in quel momento, all'età di sei anni, di aver vissuto davvero come un maschio. Nella mia stanza non c'era nulla di rosa, neanche le coperte del letto. Alle pareti erano attaccati poster sul mondo del Beyblade, regalati da mio nonno ed incorniciati da mia madre, in seguito alla mia insistenza.
Sulla scrivania, posta accanto al letto, c'erano solo i libri scolastici ed una lampada, che utilizzavo per leggere i semplici libri con le figure prima di addormentarmi.
La divisa scolastica era appesa all'appendi abiti vicino alla porta ed, accanto all'armadio di legno chiaro, spiccava una bacheca dove avevo attaccato tutti i disegni fatti all'asilo e le foto fatte con Kai nelle nostre gite.
Ero contenta così, ma qualcosa in me stava cambiando. Ero ancora un infante e non potevo certo parlare d'amore, ma sentivo che in me stava nascendo qualcosa. Mi stavo addolcendo ed iniziavo a fantasticare sul futuro. Pensavo a quando sarei stata grande, a come sarei diventata e se Kai si fosse innamorato di me. Cercai di costruire l'immagine di un Kai ventenne, arrossendo visibilmente. Quelli non erano certo pensieri di una bambina di quell'età, quindi scossi la testa e mi abbandonai addosso alla porta chiusa della mia stanza.


Il pomeriggio dopo Kai citofonò puntale come al solito.
Stranamente però, anche se lo stavo aspettando, non scesi ad aprirgli e quindi ci pensò mia madre.
<< È in camera sua, vai pure a chiamarla. >> Sentii ciò che gli disse, così mi affrettai ad affacciarmi dalla porta per bloccarlo sull'uscio. Non ero ancora pronta.
<< Aspettami lì, arrivo tra un minuto! >>
Trafficai indaffarata e frettolosa di fronte allo specchio, arrossendo d'imbarazzo. Era la prima volta che facevo tutto ciò. Non ne ero neanche convinta a pieno, ma volevo stupirlo, così che si accorgesse di me.
Quando finii, aprii titubante la porta della mia camera, così che si accorgessero che stavo per scendere.
In punta dei piedi raggiunsi la scala e mi affrettai a reggermi al corrimano per non cadere. Le gambe mi tremavano, quasi sentivo fossero fatte di gelatina.
A piccoli passi iniziai a scendere, con il cuore che mi martellava nel petto per l'emozione e l'agitazione. Non vedevo l'ora di vedere l'espressione che avrebbe fatto Kai dopo avermi visto.
Quella speranza non attese poi molto, perché appena sentì il cigolio che le scale di legno facevano sotto il mio gracile peso, voltò lo sguardo nella mia direzione, bloccandomi sul posto.
Ci guardammo per un interminabile momento. Io avevo un'espressione quasi sofferente. Avrei voluto girare i tacchi ed andarmi a cambiare! Tuttavia scrutai curiosa la sua espressione, che divenne meravigliata e confusa. Quel gesto lo aveva spiazzato, lo potevo notare dalla sua bocca aperta e dagli occhi sgranati.
<< Tesoro ma sei bellissima! >>
Mia madre apparve dalla cucina, incuriosita dal silenzio sopraggiunto in casa, nonostante anch'ella avesse sentito i miei passi scendere le scale.
Si emozionò molto vedendomi indossare un sobrio vestitino azzurro - il rosa lo rifiutavo, nonostante si ostinassero a comprarmi capi di quel colore, nella speranza che un giorno li avrei indossati. - con delle coprenti calze bianche e le ballerine dello stesso colore. Sembravo una bambolina e non ero neanche sicura di aver abbinato bene l'outfit, ma feci finta di nulla. Avevo comunque colpito nel segno!
Sorrisi timidamente scendendo gli ultimi gradini rimasti, torturando le ciocche di capelli corvini che mi cadevano sulle spalle, tirati indietro sulla fronte da un cerchietto dorato.
<< Stai... stai bene così. >> Mi disse Kai, distogliendo lo sguardo da me. Sicuramente lo avevo colpito più di quanto immaginassi.
<< Guarda che rimango sempre un maschiaccio! >> Risi e lo tirai fuori dalla porta con una spinta e lui riprese la sua espressione divertita che tanto adoravo.
<< Allora prova a prendermi, sicuramente non riuscirai a correre con la gonna! >>
Mi fece una linguaccia e cominciò a correre. Grugnii leggermente per il suo atteggiamento sfrontato e lo inseguii cercando di non risultare troppo goffa. Prima o poi ci avrei fatto l'abitudine.
Mia madre intanto, che aveva assistito a tutto, ripeté dentro di sé quello che avevo appena detto io:

Rimane sempre un maschiaccio!”

Fine capitolo 2

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Colei che scrive:


Eccomi qua :3 ce l'ho fatta ad aggiornare prima delle vacanze, nelle quali non avrò tempo di scrivere T.T  
Iniziamo a capire il rapporto fra i due e vivere le prime sfide della protagonista! Spero vi sia piaciuto questo capitolo e che mi facciate sapere cosa ne pensate ^-^
Colgo l'occasione per augurarvi buone feste e buon Natale! :D
Auguri!
Bacioni a tutti!

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Capitolo 3
*** 3. Partenza e ritorno. ***


Capitolo 3 – Partenza e ritorno.




Dal momento in cui iniziai a vestirmi veramente come una femmina, mi sentii più sicura di me stessa e gli sguardi indiscreti delle altre bambine, sia a scuola che fuori, erano notevolmente diminuiti. Complice anche il fatto della mia amicizia con Kai, che era rispettato e temuto da tutti i nostri compagni di classe, per quanto un bambino delle elementari potesse capire.
Passavano i giorni e noi continuavamo ad allenarci al parco ed accumulare vittorie con tutti i ragazzi del quartiere. Eravamo conosciuti anche dai Blayder più grandi, e questo non faceva altro che aumentare la nostra autostima, sopratutto quella di Kai, che si mostrava spavaldo verso il mondo intero. Io rimanevo più sulle mie, riconoscendo i miei limiti, lui invece puntava in alto, molto più in alto. Così facendo eliminava la possibilità di vittoria nei nostri avversari, colpendoli nell'orgoglio.
Eravamo diventati imbattibili, al che un giorno, mio nonno non decise di portarci ad assistere agli allenamenti ufficiali di Bey, che si tenevano nella sede della BBA.
Ricordo che ero così elettrizzata che non stavo più nella pelle. In classe ero agitata e se ne accorsero anche le maestre, che continuavano a riprendermi perché avevo la testa fra le nuvole.
Kai invece era silenzioso coma al solito, e rideva divertito – senza farsi notare – ogni volta che mi sgridavano, ed io puntualmente gli mostravo una linguaccia.
<< Manca poco! >> Dissi fremente, guardando l'orologio che mia madre mi aveva regalato per festeggiare il fatto che avessi imparato a leggere l'ora.
Il mio sguardo vagava emozionato dall'oggetto alla maestra, che spiegava non so cosa rivolta alla lavagna.
Quando la campanella suonò puntuale e stridula come al solito per tutto l'istituto, mi alzai con uno scatto rimettendo alla rinfusa tutto l'occorrente che avevo sul banco dentro la cartella ed uscii di corsa dalla classe, richiamando un Kai oramai praticamente rassegnato dalla mia euforia.
Certo, anche lui non vedeva l'ora di assistere agli allenamenti dei professionisti, ma non era espansivo come me e mai lo avrebbe dato a vedere. Il suo carattere era fin troppo chiuso rispetto al mio!


Circa due ore dopo, quando finimmo entrambi di pranzare, Kai suonò alla mia porta ed andai ad aprire già pettinata e vestita per l'occasione (aiutata ovviamente dai consigli di mia madre) e mio nonno, vedendomi così in defibrillazione, accennò un risolino, affrettandosi a prendere le chiavi della sua auto facendoci strada verso il garage. La mia bellissima giornata stava avendo inizio.
Ci fece sedere nei sedili dietro perché saremmo passati a prendere un suo collega di lavoro – era pur sempre in servizio – e guidò indisturbato verso la nostra meta.
Intanto, mentre guardavo il panorama fuori dal finestrino, non lasciandomi scappare nulla di quel tragitto, Kai ruppe il silenzio fra noi, parlando comunque a bassa voce e lasciando che la radio accesa coprisse i nostri discorsi.
<< Agitata? >> Mi sorrise lievemente. Ero forse l'unica persona a poter godere di quell'espressione sincera e mi aprii a mia volta in un bellissimo sorriso.
<< Molto. Insomma, tu non sei ansioso di assistere ad un vero combattimento in un vero Beyblade Stadium? E ci pensi che, forse, un giorno potremo batterci in questo edificio? >> Dissi sognante, iniziando a scorgere di fronte a noi la grande struttura. L'insegna blu che si ergeva imponente di fronte a noi ne era la prova. Eravamo arrivati.
Kai fece silenzio per alcuni secondi ed, ancora oggi, non riesco a comprenderne il motivo. Non mi rispose subito e sul suo viso comparve un sorriso fin troppo tirato, che osservai scetticamente.
<< Non ti piacerebbe? >> Chiesi per conferma, notando il cambiamento repentino di espressione. Era turbato da qualcosa, ma a quel tempo non potevo conoscerne a pieno il motivo.
<< Certo che mi piacerebbe, per questo dobbiamo impegnarci! >> Mi rispose dopo, tornando il Kai di sempre.
Tirai un sospiro di sollievo, nonostante non lo diedi a vedere. Per quanto fossimo amici, per me lui rimaneva sempre un mistero. Forse lo è ancora oggi.
<< Però adesso andiamo, o ci lasciano indietro! >> Rise prendendomi per mano. In quello stato pensieroso, non mi ero accorta dell'incitamento di mio nonno ad entrare.
L'interno era ben arredato con colori molto tendenti all'arancione, così da illuminare perfettamente anche gli angoli più bui, e nonostante ci fossero corridoi spogli non risultava mai vuoto.
Camminammo verso una porta scorrevole, chiusa da un meccanismo a scheda, che a quanto pareva serviva per non far entrare chi non fosse stato autorizzato, ma noi, grazie al presidente, riuscimmo facilmente ad accedervi.
Una volta nello stanzone, visto che era immenso e con le tribune che lo costeggiavano, mi girai attorno estasiata. Nonostante avessi già visto tutto quello rimanevo a bocca aperta tutte le volte. Nel pieno della mia felicità corsi, seguita come un'ombra da Kai, fino alla postazione di lancio dei Blayder.
Anche se il Beyblade Stadium era ancora chiuso, dato che i vari membri della BBA dovevano ancora fare il loro ingresso, mi atteggiai immaginando di avere in corso una sfida, quindi sfilai Star Pegaso dalla borsetta e mi misi in posizione di lancio, aprendomi in un sorriso più che soddisfatto.  
<< Sarai una fantastica Blayder tesoro! >> Ridacchiò il nonno, salendo i gradini per venirmi accanto e scompigliandomi amorevolmente i capelli. << Però adesso è meglio se andiamo a prendere posto in tribuna, così potete assistere agli allenamenti mentre io torno in ufficio. Mi raccomando però, non disturbate! >> Disse diligentemente, accompagnandoci fino alle scale mobili che portavano ai padiglioni più alti, dove avremmo avuto una visuale migliore.
<< Non si preoccupi signor Daitenji, faremo i bravi! >> Si apprestò a mettere in chiaro Kai, guardandomi di sottecchi. Sapeva che quando ero fin troppo esaltata potevo fare un chiasso indecente, quindi partì prevenuto. Come biasimarlo, alla fine mi conosceva fin troppo bene!
Ci sedemmo dove indicato ed in pochi minuti ci ritrovammo da soli nelle tribune, mentre sotto di noi la vita iniziava a scorrere. I campi da gioco iniziavano ad aprirsi, anche se semplici visto che erano solo degli allenamenti, ed i ragazzi si misero pronti in posizione.
Non parlammo per svariati minuti, attenti a non farsi sfuggire neanche un'azione. Erano bravi, così tanto che ad entrambi ci brillavano gli occhi.
<< Anche Dranzer un giorno arriverà a quei livelli! >> Disse tutto d'un tratto Kai, non distogliendo lo sguardo dal campo di gioco. Giurai però di avergli visto infiammare lo sguardo al pensiero. Era determinato, esattamente come me, che strinsi inconsapevolmente Star Pegaso nelle mani immaginando di lanciarlo un giorno in quello stadio.
<< Dovrò essere all'altezza di tutti i miei avversari! >> Proferii, osservando il mio compagno con il pelo dell'occhio, che se ne stava ancora in silenzio a seguire la rotazione dei Beyblade in gara.
Non volendo disturbarlo, anche io rimasi in silenzio a fantasticare su un mio possibile futuro, magari insieme a lui e, chissà, magari in coppia...
Con gli occhi sempre più sognanti osservavo le scene di “lotta” sotto di noi, non sapendo ancora quello che il destino ci avrebbe riservato.
Quando tornammo a casa mia, eccitati per la giornata passata, era quasi ora di cena, quindi Kai dovette aspettare il suo maggiordomo, che lo avrebbe riportato alla sua villa. In quel frattempo gli feci compagnia fuori, così che, se avesse scorto la sua auto nella via, gli sarebbe andato incontro. Giurai però che fosse inquieto, visto il silenzio che era piombato su di noi. Guardava dritto a sé ma non un punto preciso. Aveva sicuramente la mente da un'altra parte e per non risultare troppo invadente non chiesi nulla, anche se dentro di me iniziarono a vorticare mille domande.
Forse, se avessi preso coraggio e glielo avessi chiesto, forse lui mi avrebbe risposto seriamente e forse avrebbe potuto fare la differenza.
Fatto sta che lasciai correre istanti preziosi, perché non potevo sapere che quello era un momentaneo addio.
Mentre il sole calava e lasciava un bellissimo tramonto dietro di sé, che tingeva di arancione i nostri lineamenti, la limousine di casa Hiwatari giunse con una lieve frenata di fronte a noi ed il maggiordomo, con calma e lentezza studiata, scese dalla macchina richiamando l'attenzione del bambino.
<< Signorino, è ora di andare. >> Disse senza emozione verso Kai, che prese consapevolezza all'istante, voltandosi verso di me con espressione indecifrabile. C'era tristezza in quello sguardo ed in quel momento non ne compresi il motivo.
<< Arrivederci Saya >> Mi disse solamente, marcando l'accento su quell”arrivederci” ed io non compresi il perché di quel tono.
Rimasi molto scettica, alzando un sopracciglio. Di solito mi salutava allegro, perché l'indomani mattina ci saremmo rivisti. Eppure quella volta mi abbracciò come mai aveva fatto in tutto il periodo della nostra amicizia. Lo faceva solamente quando si vincevano le nostre sfide, ma eravamo presi dall'eccitazione del momento. Quello, più che un arrivederci, sembrava un addio.
Senza aspettare la mia risposta e con gli occhi celati dalla frangia si diresse fino alla vettura, che l'uomo fece partire alla volta del tramonto.
Quella fu l'ultima volta che vidi Kai Hiwatari.


Il giorno dopo ebbi la consapevolezza che i dubbi e le paure della sera prima erano del tutto fondati.
Kai non era venuto a scuola quella mattina, così come tutte le altre mattine che seguirono. Neanche l'anno dopo, l'anno seguente e l'altro ancora.
Ci rimasi così male che mi chiusi in me stessa. Nessuno sapeva realmente che fine avesse fatto e quando provai a chiederlo a mio nonno lui tacque diligentemente sull'argomento, ma sono sicura che lui fosse a conoscenza di cose che in quel momento non ero in grado di capire...
Trascorsi gli anni delle elementari a rincorrere il ricordo di un bambino che, probabilmente, non sarebbe più tornato nella mia vita. Piangevo a ridosso del mio letto per il modo in cui se n'era andato: proprio nel suo stile, non dicendo nulla. Non una parola a riguardo, non un saluto, non una lettera, anche se conosceva benissimo il mio indirizzo.
Volatizzato. Kai Hiwatari era come se non fosse mai esistito. Un fantasma. Un fantasma che rividi cinque anni dopo.
Fine capitolo 3

.....

Eccomi qua :3 non mi sono dimenticata di voi! Purtroppo, con alcune fic all'attivo, è difficile stare dietro a tutte @.@ ma non abbandono il mio progetto!
Bene, questo, anche se non lungo capitolo, è stato l'addio momentaneo di Kai. Sappiamo tutti che fine abbia fatto, tranne Saya... poveretta :(  
Comunque Kai è destinato a tornare, come ho citato alla fine :3 e qui iniziano i "guai" perché, come ben sappiamo, non sarà più lo stesso!
Spero di non aver fatto troppi errori e che questo breve capitolo vi sia piaciuto. Aspetto vostre notizie :3
Baci!

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Capitolo 4
*** 4. Non può essere lui! ***


Capitolo 4 - Non può essere lui!



I giorni dopo la partenza improvvisa di Kai, senza neanche salutarmi, passarono veloci e tutti uguali. Continuai la mia vita per inerzia, continuando a giocare a Beyblade nei momenti di vuoto dopo i compiti a casa ed andando a scuola giorno dopo giorno. Mi ero fatta dei nuovi amici, sia maschi che femmine, ma la mancanza del mio vecchio amico si faceva sentire e nessuno riusciva a prendere il suo posto nel mio cuore. Quando mi ritrovai a ripensarlo insistentemente, in una caldissima ed assolata giornata estiva, ero già in procinto di iniziare le scuole medie. Piano piano, durante il corso degli anni, i lineamenti di Kai erano quasi spariti dalla mia mente, ma cercavo di tenerli vivi immaginandomelo cresciuto, così come lo ero io. Mi ero fatta più alta ed il mio corpo era già sviluppato. Ero in piena fase della crescita e probabilmente sarei cambiata ancora. Ero anche riuscita ad essere più femminile, visto che mi accingevo ad entrare in una nuova scuola, e pettinavo i capelli, che avevo costantemente tenuto lunghi, tutti i giorni in maniera diversa.
Quel giorno, costretta da mia madre a fare le pulizie della mia camera, ritrovai un vecchio album di fotografie dei tempi dell'asilo, dove l'esile e sorridente figura di Kai Hiwatari spiccava in prima pagina accanto a me. Il batticuore che provocò quella foto mi costrinse a sedermi a terra, sul tappeto peloso che tenevo di fronte al letto, ed iniziare a sfogliare con nervosismo le pagine che seguivano. Non ce n'erano molte, visto che non eravamo i tipici bambini da stare fermi in posa, quindi ce l'avevano scattate quasi senza accorgersene. L'avevo rimosse dai ricordi, per cui in quel momento, tornatemi così repentinamente sott'occhio, mi lasciarono una morsa allo stomaco che non se ne andò molto facilmente. Mentre le riguardavo, calde lacrime avevano iniziato a scendermi senza sosta sulle guance, nonostante cercassi in tutti i modi di restare forte e non cadere nei ricordi. Nonostante non avessi trascorso molti anni insieme a lui, d'altronde avevamo appena sei anni quando decise di scomparire, non ero riuscita negli anni a seguire a togliermelo dalla testa. In fondo eravamo sempre insieme, tutti i giorni...
Avevo continuato a fantasticare sul suo possibile ritorno, sperando di rivederlo varcare la porta della classe con il suo solito fare menefreghista verso gli altri, salutando tutti con un distratto “buongiorno”. Io lo avrei guardato stralunata, perché gli avrei voluto chiedere molte cose, ma lui mi avrebbe risposto con un'alzata di spalle, come se tornare dopo anni di assenza e silenzio fosse stata la cosa più normale del mondo.
Purtroppo, giorno dopo giorno, quel castello in aria che il mio subconscio si era costruito si andava via via sgretolando.
Quando presi coraggio mi alzai con veemenza ed iniziai a togliere quelle foto dall'album per appenderle alla bacheca già stracolma di ricordi, così che continuassero ad essere con me ogni giorno.

Quando arrivò Settembre portò via anche l'ultima speranza di rivedere Kai Hiwatari. Ma la speranza è l'ultima a morire, non si dice così?.
Era domenica, l'unico giorno della settimana in cui potevo uscire senza dare peso ai compiti scolastici, così presi il mio fido Star Pegaso e corsi fuori, ma ci fu qualcosa che attirò la mia attenzione. Passando dal parco, dove di solito sfidavo i miei avversari, notai che c'era una sfida in corso fra due ragazzi che non avevo mai visto prima. Mi acquattai dietro un albero, cercando di scorgere l'andamento della gara, ma lo scontro fu breve ed a senso unico. Vinse un ragazzino, sicuramente più piccolo di me, che indossava una giacca rossa ed un cappellino rosso e blu. Dopo aver ripreso il proprio Bey dal campo di gioco, porse all'avversario il suo, caduto fra le sue mani, e scusandosi partì di corsa in direzione opposta alla mia. Dopo averlo visto vincere con tale facilità, incuriosita mi lanciai al suo inseguimento. Volevo capire se era davvero così bravo come si era dimostrato o se era il suo avversario ad essere così debole. Da quando Kai era andato via non avevo più avuto sfide avvincenti, non c'era gusto senza di lui che si congratulava con me per le vittorie. Mi mancava lo spirito giusto, anche se c'era sempre mio nonno a spronarmi ad andare avanti.
Arrivai a pedinarlo fino ad un alto palazzo, dove lui entrò senza nemmeno pensarci due volte. Io feci lo stesso, avventurandomi fra i piani e le rampe di scale fino al grande terrazzo, posto all'ultimo piano. In quel momento, insieme al nuovo arrivato, feci una scoperta raccapricciante. Doveva tenersi una sfida fra il ragazzino che avevo seguito ed un certo Akira, che conoscevo solamente per sentito dire, ma purtroppo quello non fu possibile perché un altro ragazzo, che portava un sacco contenente Beybade sottratti agli avversari sconfitti, aveva soffiato in una sfida anche il Beyblade del povero Akira.
Dimostrandosi fin troppo sicuro di sé diede prova della sua malvagità anche al ragazzino che gli stava di fronte, rivelando gli oggetti all'interno della sacca.
Ci furono diversi diverbi, nei quali appresi che, esattamente come me, il ragazzo che aveva corso fino a lì amava questo gioco con tutto sé stesso e considerava ignobile il comportamento tenuto dall'altro. Anche io ero d'accordo ma non volli fare parte del battibecco, quindi restai in ascolto ed in disparte, sperando che se ne andasse presto e magari sconfitto. Quello parlava di Beyblade con disprezzo, come se fossero solamente dei trofei da vincere. Invece, a quanto capii in seguito, per gli altri ragazzi lì presenti erano dei fidati amici, come lo era per me Star Pegaso. Era rimasto sempre lui da quando me lo aveva regalato mio nonno. Avevo cambiato solamente alcuni pezzi, revisionati da me e Kai, ma l'anima era sempre rimasta quella. Alla sola idea di separarmene, magari venendo sconfitta, mi fece salire in gola ed un groppo amaro di saliva, che rimandai giù ingoiando sonoramente. Il cuore mi batteva forte, un po' per la rabbia ed un po' per l'agitazione della sfida tra Hiruta, il ragazzino presuntuoso, e Takao, il ragazzetto che avevo seguito fin lì. Purtroppo la sfida fu rimandata al giorno dopo, grazie ad un basso ragazzino dal buffo taglio di capelli che si intromise nell'incontro, convincendo il più alto a rimandare la gara.
Mi nascosi di più dietro la porta d'ingresso al terrazzo quando sentii i passi di Hiruta farsi più vicini, così da permettergli di abbandonare il campo con una risata di puro divertimento. Di certo la sicurezza non gli mancava.
Fu allora che decisi di entrare in scena, stringendo il mio Bey nella tasca della gonna. Non mi andava giù quel comportamento e quindi, se il mio aiuto li avrebbe aiutati a sconfiggerlo, volevo dare loro una mano.
<< Quel maledetto presuntuoso, come si permette di giudicare il Beyblade “solo un pezzo di metallo”? >> Grugnii fra i denti, rivelando finalmente la mia presenza.
I due si zittirono di colpo e voltarono il capo verso di me, che ero in piedi di fonte a loro tremante di rabbia.
<< E tu chi sei? Ci hai spiati? >> Mi chiese il ragazzino che avevo seguito. Era più basso di me di due o tre centimetri, ma raggiungeva la mia l'altezza con i ciuffi dei suoi capelli ribelli, che non entravano dentro il cappellino messo con la visiera girata sulla nuca.
<< Un momento, io la conosco! >> S'intromise il piccoletto con la camicia bianca e gli occhiali sopra la frangia di capelli. Quasi mi fece ridere, però prima di divertirmi per il suo abbigliamento mi meravigliai per quell'affermazione. Ero sicura di non averlo mai visto, come avrebbe potuto conoscermi?
Alzai un sopracciglio e cercai spiegazioni.
<< Come prego? >> Chiesi, mai lui si mise a cercare qualcosa nel suo pc portatile, lasciandoci in attesa.
<< Conosci anche lei? >> Chiese il ragazzo con il cappello rivolto al più piccolo, che annuì seriamente. Evidentemente, avendo posto quella domanda, il ragazzino aveva riconosciuto anche lui.
Quando ebbe terminato la sua silenziosa ricerca, cui impiegò solo alcuni secondi, girò sorridendo lo schermo del pc nella nostra direzione.
<< Certo! >> Rispose verso il mio “nuovo amico”. << Sei Saya Ditenji, nipote del presidente della federazione BBA! >> Rispose poi verso di me, divertita da tutta quell'assurda situazione. << Giusto? >> Chiese poi conferma in seguito, sempre sorridendo, ed io annuii con veemenza.
<< Come mai hai informazioni su di me? >> Chiesi meravigliata, ma lui rispose pacato e fermo subito dopo.
<< Le ho raccolte in seguito ad una tua sfida. Sono solito raccogliere dati su ogni Blayder. >> Ridacchiò, come per volersi vantare di tale capacità, ma a me salì solamente un groppo alla gola. Mi chiesi se avesse informazioni anche su Kai, ma scacciai subito il pensiero. Avevo paura che quel ragazzino avesse più informazioni di me al riguardo. Non avrei retto oltre tale apprensioni. In più, la consapevolezza che quelle informazioni le avesse raccolte durante una sfida con lui mi congelò all'istante, ma fu la voce dell'altro a riportarmi con i piedi a terra.
<< Quindi ti chiami Saya! Hai detto di non tollerare il comportamento di Hiruta, quindi perché non vieni con noi alla sfida di domani? >> Mi chiese porgendomi una mano in segno di presentazione. << Io sono Takao Kinomiya! >> Mi disse infine, sorridendo a trentadue denti con la faccia quasi da ebete.
Ridacchiai di rimando, osservando la mano fasciata dai guanti blu per qualche secondo prima di decidermi a stringerla.
<< Saya Ditenji, come ha detto... >> Voltai subito lo sguardo sull'altro, in attesa che si presentasse.
<< Professor Kappa, chiamami pure così! >> Lo vidi arrossire. Evidentemente non era abituato a parlare con le ragazze. Mi fece un po' tenerezza, ma comunque quelli diventarono i miei nuovi amici.
In tutto il pomeriggio che seguì e nel giorno seguente, prima della prorompente sfida fra Takao ed Hiruta, io ed il Professor Kappa, insieme ad altri loro amici, lo aiutammo ad escogitare un piano che gli sarebbe servito per sconfiggere il prepotente. Il Professore si rivelò un verso esperto di tecnica, strategia e componenti, ed io, grazie alla passione fruttata in quegli anni ed alle informazioni che mi passava mio nonno, riuscii a seguire tutti i suoi discorsi.
Takao invece, grazie alla forza di volontà ed allenamento, seguì i nostri consigli alla lettera.
L'ora della sfida arrivò inesorabile. L'appuntamento era per le 15.00 in riva al fiume, ed io, per non perdermi neanche un istante di quell'incontro, arrivai dieci minuti in anticipo, meravigliandomi di trovare tutti i ragazzi del giorno prima, compreso Kappa e lo sfidante, già presenti.
Quando scoccò l'ora precisa di Takao non c'era nemmeno l'ombra ed Hiruta già ridacchiava per la mancata presenza, secondo lui per via della paura. Ma io, con le mani al petto, sperai che si presentasse il prima possibile. Magari non era un tipo molto puntuale... In ogni caso, se non si fosse presentato, avrei sfidato io quel teppista, perché non poteva rimanere impunito. Aveva fatto un grave torto ai Blayder della città, e queste cose non le tolleravo, e non le tollero tutt'ora!
Quando oramai le speranze di tutti i presenti iniziavano a svanire, l'allegria contagiosa di Takao arrivò come un fiume in piena e lui si presentò pimpante e neanche minimamente provato dalla corsa che aveva fatto per raggiungerci. Mi sembrava così sicuro di sé che riuscì a strapparmi un sorriso. Non vedevo l'ora che quella sfida iniziasse, ne andava del futuro di tutti noi.
Restammo con il fiato sospeso quando Takao indietreggiò di alcuni passi dal campo di gara. Credo di non essere riuscita a respirare regolarmente in quei momenti, mentre i due Blayder lanciarono in capo i loro Bey con una potenza fuori dal comune, specialmente quello del mio nuovo amico.
La sfida comunque non durò moltissimo e fu, come da tutti noi sperato, a senso unico. Dominò Kinomiya, mettendo a freno la lingua biforcuta e quell'aria da superiore di Hiruta, che si zittì immediatamente quando il suo Beyblade volò fuori dal campo in seguito all'ultimo colpo dell'avversario.
Takao ce l'aveva fatta, aveva vinto! Aveva costretto alla fuga il teppista, che però si portò dietro, andando contro i patti, il sacco con tutti i Bey rubati. Però, prima ancora che qualcuno di noi gli dicesse qualcosa, si fermò con le gambe tremanti e l'espressione titubante verso la figura di qualcuno al di sopra dell'argine, dove la sua sciarpa bianca frusciava alle sue spalle trasportata dal vento. Non riuscimmo a capire chi fosse, fino a che non scese con un balzo davanti a noi e farci scorgere i suoi lineamenti.
Si alzò prepotentemente, issandosi con aria da superiore. Era vestito in modo alquanto bizzarro e sulle sue guance troneggiavano quattro strisce blu, dello stesso colore di metà dei suoi capelli.

Non è possibile”, mi dissi dentro di me, cercando di scuotere la testa per allontanare il pensiero che mi era giunto alla mente con prepotenza.
<< Che figuraccia. Dovresti vergognarti! >> Parò acidamente il nuovo arrivato verso il suo “amico”, così da farmi salire il cuore in gola con un balzo.
<< E per giunta con un avversario molto meno abile di te! >> Continuò e la presunzione di Hiruta tacque per sempre. Era spaventato da quella figura così maestosa agli occhi di tutti, nonostante non si fosse dimostrato più grande di tutti noi. Incuteva però molta paura.
Si avvicinò lentamente a lui dopo le sue scuse, continuando bellamente ad ignorarci, e senza sentire altre ragioni schiaffeggiò con nonchalance il “povero" ragazzo, che altro non aveva fatto che perdere in un combattimento leale. Takao lo aveva sconfitto, quello era vero, ma prendersela così per una sconfitta?

No... non può essere.” Continuai a ripetermi, tremante. Ancora la consapevolezza di conoscere quel ragazzo si stava facendo spazio nel mio cuore, ma sperai fino all'ultimo di essermi sbagliata.
Quando Hiruta cadde a terra non lo aiutò minimamente ad alzarsi. Si voltò senza dire una parola, né a noi né a lui, ma Takao lo fermò prima che riprendesse a camminare, lasciandoci allibiti e sconcertati... Me più di tutti.

No, Saya, non è lui” Continuai a ripetermi fino allo sfinimento, rimanendo attenta alla conversazione che stavano per avere l'uno contro l'altro.
<< Hey! >> Lo richiamò Takao, costringendolo a fermarsi. Tuttavia lui non si voltò minimamente a guardare in volto il suo interlocutore. Continuò a dargli le spalle, lasciando che il vento trasportasse ancora la sua lunga sciarpa.
<< Io non permetto a nessuno di trattare così un Beyblader sconfitto. Si può sapere chi sei? Parla! >> Mostrò un tono arrogante che, in quei due giorni, non li avevo mai sentito pronunciare. Doveva essere molto furioso, ed aveva ragione, tuttavia rimasi con il cuore in gola in ascolto della risposta dell'altro, così da poter mettere finalmente il cuore in pace e scoprire – o sperare – di essermi sbagliata.
<< Sono uno degli “Shell Killer”, Kai, e se non ti spiace faccio ciò che mi pare! >> Disse lui voltando appena il capo verso Takao.
Io ebbi un mancamento, ma cercai di tenermi eretta sulle mie gambe per non far notare agli altri il mio stato d'animo.

Kai. Kai. Kai.”
Quel nome continuava a vorticarmi ancora nelle orecchie, pronunciato dalla sua voce arrogante.

No, non può essere lui. Non può.”
Mi veniva quasi da piangere ma ricacciai indietro tutte le lacrime in procinto di scendere, mostrando un'espressione sprezzante ed addolorata. Il ricordo del viso sorridente ed amichevole del Kai Hiwatari che conoscevo si stava pian piano dissolvendo, lasciando spazio al volto sprezzante e serioso del ragazzo che avevo di fronte. Anche la voce era cambiata, così come il tono. Non riconoscevo più nulla di lui oramai. Se non fosse stato per il nome, il colore ed il taglio dei suoi capelli, avrei giurato di essermi sbagliata. Potevo ancora sperare, ma oramai la verità ce l'avevo sbattuta davanti agli occhi.

È lui, stupida!”
Non solo non mi aveva guardata, non mi aveva né rivolto parola e né riconosciuta. Kai non sapeva neanche più che esistevo, e quella fu la consapevolezza che mi fece più male.
Mi ripresi dal trance a discorso inoltrato, giusto in tempo per vedere Kai mostrare a noi il suo Beyblade, in seguito alla sfida che gli aveva lanciato Takao.
<< E va bene, visto che ci tieni tanto ti darò una lezione che non scorderai. >> Pronunciò. << Con l'aiuto del mio fedelissimo Dranzer! >> Finì il discorso prendendo anche il dispositivo di lancio nella sua tasca dei pantaloni.
Ebbi di nuovo un mancamento alla vista del piccolo oggetto blu che teneva saldamente fra le mani.
<< Dranzer! >> Sussurrai fra me e me, quasi sull'orlo delle lacrime, al ricordo di quel Beyblade che conoscevo fin troppo bene.
Stava iniziando la sfida fra Takao e Kai, ma io ero ancora imprigionata nel vortice dei miei pensieri.
Fine capitolo 4


°°°°

Colei che scrive:

Eccomi qua *^* L'entusiasmo delle recensioni mi hanno dato la forza necessaria di finire in anticipo questo quarto capitolo! Siete stupende! :3 Spero di non avervi deluso con questo aggiornamento e spero che mi facciate sapere cosa ve ne pare.
La nostra povera Saya ha incontrato di nuovo Kai, ma non come da lei sperato. Lui, come sappiamo, non ha più ricordi del passato, quindi non l'ha né riconosciuta, né considerata, e questo le ha fatto veramente troppo male. Tutte le speranze e consapevolezze di quegli anni, le sono crollate addosso :( povera!
Finisco dicendo che, i discorsi finali, sono ripresi tali e quali dal primo episodio. Ho voluto riportarli così perché questa storia va al pari passo degli eventi. Ovviamente, molti particolari e scene non verranno né citate, né considerate, ed alcune cose, quando necessario, anche cambiate ^^ spero non me ne vogliate!
Chissà se Kai riconoscerà presto la nostra protagonista. Voi cosa sperate? :3
Un bacione a tutti ed ancora grazie!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 5
*** 5. La sfida ***


Scusate il ritardo catastrofico! Purtroppo avevo messo un po’ da parte la scrittura e dato precedenza ad altre cose (come la convivenza eheh), e questo è stato il risultato. Però si sa che, chi ama scrivere dopo un po’ torna a farlo, anche se a pagare sono le lettrici che mi hanno sempre seguito (e spero continuino a fare ^-^ quindi, questo capitolo è dedicato specialmente a loro, ma anche a tutti voi che state leggendo!)
Prometto che mi impegnerò anche a sistemare i vari errori di battitura e di calligrafia (che ho notato rileggendo la storia).
Un ultimo appunto e vado oltre: purtroppo non ho momentaneamente il wi fi a casa e vado con la scheda del telefono anche sul pc (e quando scrivo ho solo i dati del cellulare) quindi non posso riguardarmi via via le puntate ma mi devo affidare a cose scritte ed ai ricordi che ho. Tuttavia cercherò di seguire il filo sequenziale della serie, anche se non nei minimi particolari!
Allora, tutti pronti? Si comincia :3

 

Capitolo 5 – La sfida!

 

Ero rimasta impalata sul posto con le gambe tremanti alla vista di Dranzer. Quella consapevolezza faceva più male del previsto. In quegli anni avevo fantasticato spesso su come e quando avrei rivisto Kai, spesso passando pomeriggi interi ad immaginarmi il nostro incontro. Me l'ero immaginato sorridente e cresciuto, bello come lo ricordavo, che mi veniva a suonare il citofono di casa come se quegli anni non fossero per niente trascorsi. Io gli avrei aperto la porta, sarei arrossita, e dopo gli avrei tirato un cazzotto dritto sul petto per l’assenza che aveva lasciato senza mai farsi sentire. 
A volte me lo immaginavo nei corridoi della nuova scuola, con la divisa scolastica mezza sbottonata ed i capelli in disordine, intento a parlare con i suoi amici del suo fedele Beyblade e quando mi avrebbe visto avrebbe fatto un sorriso a trentadue denti, chiamandomi a squarciagola. 
Ecco, così mi sarei aspettata di rivedere Kai Hiwatari, invece me l’ero ritrovato davanti totalmente diverso da come lo avevo lasciato. Non era mai stato un bambino di tanta compagnia, soprattutto in ambito scolastico, gli bastavo io. Insieme si giocava, si parlava di Beyblade e le nostre giornate trascorrevano felici. Non mi parlava mai di sé o della sua famiglia, ma rimaneva sempre ad ascoltare i miei racconti sulla mia. Era felice quando mio nonno ci portò a vedere il palazzo dei tornei, sua sede di lavoro, e mai mi sarei immaginata che quello fosse un giorno d'addio. 
Ammetto di essere rimasta delusa dal suo comportamento, forse mi sarei messa l’anima in pace se lui mi avesse salutata, o lasciato un recapito telefonico o un indirizzo dove spedirgli qualche lettera. Invece era sparito nel nulla per anni, era tornato chissà quando e non si era nemmeno preso la briga di venirmi a cercare. Chissà da quanto tempo era in città senza che io lo sapessi... 
Tuttavia, nonostante i pochi metri che ci separavano, lui non aveva mai guardato dalla mia parte o se lo aveva fatto non aveva battuto ciglio. Era come se per lui fossi invisibile, o come se non mi avesse minimamente riconosciuta. 
Devo ammettere che un po’ ero cambiata dall'ultima volta che ci eravamo visti, ma forse mi ero solo fatta più alta e longilinea. Mi era cresciuto il seno e le curve tipiche nella via dello sviluppo, ma il mio viso credo fosse rimasto lo stesso. I miei occhi ametista, molto simile al colore dei suoi, non erano facili da vedere o da scambiare per qualcun altro, come il mio taglio, la mia carnagione pallida ed i capelli neri adesso lunghi fino alla vita.  
Mi aveva davvero dimenticata?
Serrai pugni e mascella e mi impuntai di rimanere eretta ad osservare la scena che mi si era parata davanti. Takao fronteggiava Kai con una spavalderia fuori dal normale e l’altro lo stava osservando con sufficienza, come se il ragazzo fosse solo polvere sulle sue scarpe nere.
« Bene, perché io ed il mio Bey non possiamo lasciarti andare impunito! » Sentii pronunciare fra i denti al mio nuovo amico ed ebbe tutta la mia approvazione. Perché andava in giro a spaventare i ragazzi ed a togliere loro l’unica fonte di divertimento? Perché il Beyblade era quello: divertimento, devozione e passione. Era stato lui stesso ad avermi insegnato queste cose, non poteva averle dimenticate! Non poteva essere cambiato così radicalmente!
« Impunito! » Ridacchiò il russo con il tono più spregevole che riuscì a fare. « Ma temo che per oggi dovrò saltare il tuo prezioso appuntamento! » Continuò assumendo un aria più seria. « Ci vediamo domani subito dopo la scuola, due miei fedeli compagni vi accompagneranno al luogo dello scontro. » 
« No! Assolutamente no! Non andrai via di qua fino a che non ti avrò battuto! » Continuò insistentemente Takao, mostrando con aria risoluta il Beyblade in segno di sfida. Sentii anche il Professor Kappa proferire qualcosa alle sue spalle, qualcosa come “pensa prima di parlare”, ma il ragazzo rimase immobile ad aspettare una qualsiasi reazione da parte dell'altro, che si limitò a ridere di gusto con la sua risata malevola e sguaiata. 
« Io farmi battere da te? Tzé… » Soffiò tra i denti. « In posizione! » Continuò assumendo la tipica posizione di lancio, aspettando che fosse pronto anche il suo avversario.
Il Professore si mise tra loro, sorreggendo il suo adorato computer per filmare la sfida, ed alzò il braccio gridando il conto alla rovescia. Al suo via, entrambi i Beyblade volteggiarono di fronte ai proprietari ed io trattenni il fiato fino a che i miei polmoni me lo consentirono. Sembrava che l’aria si fosse improvvisamente fatta più pesante per via della tensione che era scesa fra noi. Anche Akira sembrava impossibilitato a parlare o anche solo a staccare gli occhi dal campo di gioco, nonostante il rossore del tramonto andasse via via scemando e la visibilità sulla riva del fiume si faceva sempre più rada. 
Io spostavo l’attenzione dallo sguardo concentrato di Kai, a quello furente di Takao, a quello spaventato di Kappa e ai due Beyblade che cozzavano tra loro. Dranzer sembrava una furia, così pesante ed esperto che pareva spezzare sotto i suoi colpi l’avversario. Non lo ricordavo così micidiale, ma poi mi ricordai che quello che avevo di fronte era un ragazzo del tutto sconosciuto e che dovevo al più presto dimenticare. Ma non ce la facevo. Continuavo ad osservare i suoi lineamenti senza che nessuno se ne accorgesse.
Tutto però accadde in un attimo, mentre avevo ancora la mente assorta nei miei pensieri, che vidi Takao crollare sulle ginocchia ed il suo Beyblade, riverso a terra accanto a lui, ridotto ad un cumulo irriconoscibile di macerie.
Mi si mozzò di nuovo il respiro in gola. 
« Takao! » Sentii gridare contemporaneamente ad Akira ed il Prof, mentre lo raggiungevano di corsa per dargli man forte. Stava tremando, ed immaginai per la rabbia e la delusione. 
Io invece ero rimasta impalata al mio posto. Il mio cervello non aveva ancora elaborato bene la situazione, in più non sapevo se essere più arrabbiata per quello che aveva fatto Kai o triste per quello che era successo al mio amico.
Fu un attimo, dopo aver messo a fuoco le persone a poca distanza dal mio campo visivo che qualcosa scattò in me. Balzai in avanti, sfilai il mio Beyblade dalla tasca della gonna e superai gli altri in poche falcate. 
« Sfida me! » Gridai con tutta la rabbia che riuscii a tirare fuori. E non mi fu neanche difficile mostrarne.
Ne seguì un breve attimo di silenzio, che Kai impiegò per voltarsi dalla mia parte con il sopracciglio alzato ed espressione indifferente, mentre potei ben immaginare i volti dei tre ragazzi dietro di me aperti in un’espressione mista tra il sorpreso e lo spaventato. 
« Non dire stupidaggini! » Mi soffiò dietro Kappa, sorreggendo ancora il suo pc. 
« Tzè, non sei degna nemmeno della mia considerazione ragazzina. » Furono quelle, solamente quelle, le parole che disse Kai con sguardo sprezzante, prima di girare i tacchi e tornare sull’argine da dove era venuto. Rimasi di nuovo impalata, in preda alle mille emozioni contrastanti che stavo provando. Ero furente, delusa, umiliata e triste. Tutte quelle cose insieme mi fecero salire le lacrime agli occhi, ma cercai in tutti i modi di ricacciarle indietro. La cosa peggiore però, era che la mia domanda silenziosa aveva trovato finalmente una risposta.
Kai non mi aveva riconosciuta. 
« Takao. Lo riaggiusteremo insieme, te lo giuro! » La triste voce del Prof mi riportò alla realtà, costringendomi a riprendere possesso del mio autocontrollo. C’era chi era messo peggio di me. Il mio amico aveva perduto il suo fedele compagno. 
Era ancora inginocchiato e furente di rabbia, mentre cercava di riprendere da terra tutti i pezzi del suo Beyblade, sotto le suppliche di Kappa ed Akira che cercavano di farlo rialzare.
« Non può passarla liscia. Non può! » Soffiava tra i denti battendo i pugni a terra.
« Certo che no, ma adesso alzati. Si è fatto tardi e domani abbiamo scuola! Abbi fiducia in me, insieme ne costruiremo uno più forte! » Cercò di rassicurarlo il più basso e solo allora, dopo quelle parole confortanti, parve rassicurarsi. 
« Sei riuscito a prendere dei dati su di lui? » Chiese dopo qualche secondo di silenzio Akira, tornato a parlare dopo tutta l’intera vicenda. 
« Purtroppo no ragazzi. » Rispose afflitto il Prof, ma si riprese subito. « Ma il nostro primo pensiero dev’essere quello di aggiustare il Beyblade di Takao. Ci troveremo domani al parco, intanto cerco di pensarci io fino a domani! » Continuò ed io rimasi in disparte. Non ero sicura che l’invito comprendesse anche me. In fondo io ero solo capitata per caso in quella brutta faccenda, ma forse…
I tre ragazzi si voltarono contemporaneamente verso di me ed io li fissai incredula. 
« Sarai dei nostri Saya? » Chiese Takao, incredibilmente sorridente, ed io non potei fare altro che rispondere al sorriso. Mi sentivo finalmente parte di qualcosa, dopo Kai. Non ero mai riuscita a farmi degli amici veri dopo che lui mi aveva abbandonata. Non riuscivo a vedere nessuno come vedevo lui. Avevo passato la mia infanzia tra casa e la sede della BBA con mio nonno, dove mi insegnava tutto quello che potevo dire di sapere in quel momento.
« Ci farebbe davvero piacere e potresti aiutarmi con la costruzione del nuovo Beyblade! Tu sei la nipote del presidente della federazione locale, saprai molte cose che potrebbero esserci utili per battere quel ragazzo! » Continuò Kappa ed io annuii con veemenza.
« Contate pure su di me! » Mi battei il pugno sul petto e sorrisi verso il ragazzino apparentemente più piccolo (solo in seguito venni a sapere che avevano tutti la stessa età).
« Per caso hai mai visto quel ragazzo? » Mi chiese poi Akira, bloccandomi sul posto. Non seppi cosa rispondere e risultai incredibilmente confusa. Abbassai lo sguardo e lo rialzai scuotendo la testa in segno negativo. Non ero pronta a far sapere agli altri cosa mi accomunava a Kai, anche perché quello era un Kai che con me non aveva nulla a che fare. 
« No mi dispiace. » Mentii leggermente. « Non ho nemmeno mai sentito parlare degli Shall Killer. » Questa volta fui sincera e mi meravigliai di non averci pensato prima. In effetti, nonostante trascorressi molto tempo a giocare nei giardini pubblici con il Beyblade, nessuno era mai venuto a fare il gradasso con me e nessuno aveva mai fatto i loro nomi. Magari erano tutti ragazzini che erano con me alle scuole elementari ed io non me ne ero mai accorta. Oppure erano riapparsi come Kai quasi dal nulla, da un momento all’altro e fondando su due piedi un’organizzazione di piccoli Blayder “criminali”. Bande del genere esistevano dappertutto, quindi poteva starci tranquillamente. 
Il Prof si portò due dita al mento con fare pensoso. « Proverò a fare delle ricerche! » Proferì infine, mentre camminavamo tutti insieme per risalire l’argine. Si era fatta quasi l’ora di cena ed io dovevo assolutamente tornare a casa prima di essere data per dispersa. 
Salutai i miei nuovi amici, giurando che ci saremmo visti di nuovo l’indomani, e corsi alla volta di casa.

 

Il giorno dopo era il mio primo giorno di scuola media e non ero affatto pronta. Mi svegliai solamente perché mia madre mi venne a chiamare aprendo sgarbatamente le tende, facendo entrare i fastidiosi raggi del sole verso la mia faccia addormentata. Avevo dormito davvero male. Avevo avuto più incubi che sogni. Avevo sognato Kai, che mi fissava con lo sguardo gelido del giorno prima, mentre continuava a darmi della “ragazzina” con una voce crudele e totalmente irriconoscibile. Poi sognai che insieme al Beyblade di Takao non aveva avuto scrupoli a distruggere il mio Star Pegaso, ma mi tranquillizzai dopo averlo scorto in cima alla scrivania, accanto alla cartella già pronta dalla sera prima ed alla divisa scolastica che, da quel giorno in poi, sarebbe stata il mio indumento principale delle mie giornate di studentessa. 
Corsi in bagno a cambiarmi il pigiama ed indossai la gonna a pieghe blu, con la camicia bianca infilata diligentemente dentro in modo da non formare pieghe. Mia madre mi sistemò il fiocco rosso e passò a pettinarmi i capelli lunghi per togliere tutti i nodi che io ero propensa a creare durante i miei forsennati giorni. Mi fissò l’acconciatura in una treccia laterale e mi diede un bacio sulla fronte prima di aprirmi la porta e mandarmi verso quello che sarebbe stato il mio primo giorno da adolescente. 
Fui grata a me stessa per non essermi persa per le strade affollate di pendolari e studenti delle varie scuole. Cercai di seguire chi aveva la mia stessa uniforme, riuscendo così ad entrare a scuola prima del suono della campanella.
Arrivata di fronte alla bacheca principale cercai di avvicinarmi il più possibile per riuscire a capire in quale sezione fossi stata smistata. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, visto che i ragazzi di fronte a me erano dei colossi per essere solo del primo anno, riuscii a cavarmela e tirai un sospiro di sollievo quando lessi “Saya Ditenji, 1° anno 3° sezione”. Visto che era presto mi misi a scorrere con gli occhi i nomi dei miei compagni di classe, per vedere se fossi stata in classe con alcune vecchie conoscenze. Scorsi la lista con noncuranza, rimanendo in punta dei piedi, ma il mio cuore perse un battito quando mi fermai al secondo nome della lettera “H”.
Hiwatari Kai troneggiava di fronte a me. Eravamo in classe insieme ed un senso di inquietudine si prese gioco di me. Dovevo essere felice di poter essere nella sezione del mio vecchio amico, in modo da tenerlo d’occhio dopo quello che era successo il giorno prima, ma qualcosa mi diceva che quel nome avrebbe portato guai. Volevo sapere se era stato seguito dai suoi amichetti ma non sapevo i loro nomi quindi sospirai insoddisfatta. Non mi rimaneva altro che andare in classe e scoprirlo. 
In pochi minuti raggiunsi la mia classe al primo piano, dopo due rampe di scale che mi sembravano infinite. La porta era aperta ed il vociare di alcuni presenti mi arrivò alle orecchie. C’erano poche persone rispetto ai banchi vuoti, ma i presenti avevano già formato i vari gruppetti. Rimasi in piedi tra gli stipiti della porta, imbambolata, scorrendo lo sguardo tra un ragazzo e l’altro in cerca della persona che da anni assillava i miei pensieri.
Lo trovai in fondo alla stanza, seduto composto al suo banco ad osservare un punto indefinito fuori dalla finestra. Aveva poggiato la guancia sulla mano, ed il gomito all’angolo del banco. La sua divisa era esattamente come quella degli altri, per quanto riuscii a vedere dalla mia posizione. I capelli erano ben pettinati ed il suo viso era incredibilmente pulito. Non c’erano più quegli strani segni blu del giorno prima. Sembrava un normale studente, nonostante l'espressione malinconica. Non stava calcolando nessuno, come se in quella stanza ci fosse solamente lui. Sembrava così diverso dal Kai conosciuto anni prima e quello rivisto il giorno addietro. Mi era sembrato come se, a distanza di tempo, avessi incontrato tre persone differenti.
Mi feci coraggio con un copioso respiro ed il cuore mi prese a battere incessantemente nel petto, come se volesse uscire da un momento all’altro. Mi sentivo come se fossi stata catapultata nel passato, quando per la prima volta provai ad avvicinarlo all'asilo, ma per una ragione ben precisa non credetti che mi avrebbe avvicinata con la tanta spensieratezza di all'ora.
Mi avvicinai meccanicamente, cercando di pettinare all’indietro i ciuffi ribelli dietro le orecchie ed essere per lo meno presentabile. Forse in quel modo, con quella treccia che era mia abitudine portare, mi avrebbe riconosciuta. 
« C…ciao. » Dissi titubante, chinandomi leggermente.
Lui si voltò impercettibilmente, solo per vedere chi era stato così sfrontato da disturbarlo, e non si meravigliò per niente nel vedere che ero stata io. La sua espressione rimase impassibile. 
« Cosa vuoi? » Mi spiazzò con la sua voce fredda, tornando a guardare fuori senza degnarmi della sua attenzione un secondo di più. « Il banco è occupato. » Continuò poi, disorientandomi, come se mi avesse letto nel pensiero, facendo crollare come un castello di carte tutte le mie aspettative. 
Pensavo che mi avrebbe riconosciuto vedendomi da vicino, sentendo la mia voce tranquilla, invece non aveva sortito alcun effetto. Continuava a trattarmi con sufficienza, per giunta senza guardarmi. Non aveva la cattiveria del giorno prima, ma l’indifferenza che provava nei miei confronti mi fece ancora più male della sua spietatezza. Mi ferì più di quanto era riuscito a fare in mezza giornata. 
Rimasi in silenzio con la speranza che si decidesse a parlare di nuovo, ma tra noi era calato un definitivo silenzio surreale. 
Mi voltai affranta, cercando di non piangere proprio davanti a tutti i miei nuovi compagni. Adesso dovevo cercare un posto dove sedere, ma nella mente era balzata l’idea che la scena fosse stata vista da tutti.
Ed infatti fu così.
Avevo tutti gli occhi dei presenti puntati su di me e non ero affatto abituata a ciò. Arrossii visibilmente ed andai anche a sbattere in qualche banco, cercando però di non farmi sfuggire nemmeno una lamentela. Fu il richiamo di una voce femminile a distogliere i miei tristi pensieri dall’accaduto, facendomi alzare gli occhi su di lei. Era una bella ragazza dai vaporosi capelli castani, lunghi quasi quanto i miei. Erano lasciati cadere sbarazzini lungo le spalle ed i suoi occhi verdi esprimevano tenerezza. Non l’avevo mai vista prima ma mi fu simpatica a prima vista, e mi aveva appena salvata da quella situazione imbarazzante.
« C’è posto qua! » Mi disse solamente ed io non me lo feci ripetere due volte. Corsi dall’altra parte della stanza sedendomi di tutta fretta vicino a lei, che mi porse una mano in segno di presentazione. 
« Grazie! » La ringraziai sottovoce stringendole leggermente la mano calda. « Mi chiamo Saya Ditenji. »
« Momoko Himegawa » Mi disse dolcemente e mi ricordai del cognome letto prima di arrivare a quello di Kai. Ma fu proprio mentre ripensai a lui che la vidi incupirsi.
« Fossi in te non mi avvicinerei troppo a quel ragazzo. » Mi disse sottovoce, spostando leggermente gli occhi in direzione del mio ex amico al di là della stanza, ancora fisso fuori dalla finestra. « Non corrono belle voci su di lui. Lo temono tutti. » Continuò.
Ma proprio quando stavo per controbattere e cercare di chiedere più informazioni a riguardo entrò la professoressa, che ci zittì tutti e mi impedì di continuare a palare con la mia nuova compagna di banco. Avrei voluto chiederle molte cose, e sperare che avesse avuto qualche risposta. Ero risoluta più che mai a scoprire il perché Kai Hiwatari fosse diventato così cupo e crudele. E del perché non si ricordava assolutamente chi io fossi. 
Fine capitolo 5

 

Angolo Autrice:

Eccoci qua alla fine di questo capitolo pensato e scritto tutto in una volta xD Ho voluto scriverlo per non dimenticarmi nemmeno una parola u.u e spero di averlo scritto al meglio! Mi scuso sempre per gli eventuali errori perché quelli, ahimè, mi capitano sempre! 
Passiamo ai chiarimenti. Come ho già detto, seguirò il filo degli eventi per quanto mi ricordo (quindi è probabile che i discorsi non coincidano con le vicende dell’anime) ma ai fini della storia non è importante. Mi ero ripromessa di farlo molto simile alle puntate, ma nella nuova casa non ho il wi fi. Ho però un ragazzo che mi lascia scrivere anche fino a tardi senza chiedere nemmeno cosa stessi facendo, quindi va bene cosi! Intanto col mio fido cellulare metto on line il capitolo! 
Per quanto riguarda Momoko Himegawa, se vi state scervellando per cercare di capire chi sia, non è un personaggio rilevante alla trama, ma avevo bisogno di inserire una compagna di classe per Saya come tutte le ragazze di quella età che anno le prime amicizie. Ci saranno momenti dove non apparirà per niente, ma per il momento spero che possiate apprezzare anche lei, perché mi sono ispirata ad una mia cara amica! 
Beh, credo non ci sia più nulla da dire se non farvi gli auguri (anche se in ritardo) per questo nuovo anno appena iniziato.
Un bacione a tutti ed attendo vostre recensioni :3

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Capitolo 6
*** 6. Scontro diretto ***


Beyblade 6 Capitolo 6 - Scontro diretto


La mattinata scolastica passò senza altre rivelazioni. Non ebbi più l'occasione di chiedere a Momoko quel che sapeva e, da quanto mi disse prima della campanella della prima ora di lezione, sembrava quasi spaventata dalle dicerie su Kei, che oramai immaginavo fossero vere.
Aveva creato un gruppo chiamato Shell Killer e, per un motivo che non riuscivo a comprendere, portavano panico tra i ragazzi che praticavano per divertimento questo sport, distruggendo i Beyblade vinti nelle loro sfide. Era una cosa da barbari!
Sospirando e continuando ad osservarlo durante le ore di lezione, cercavo di scorgere nel suo viso qualche espressione che non fosse distratta o stranamente malinconica. Non sembrava nemmeno lo stesso ragazzo del giorno prima, pericoloso e freddo come si era dimostrato quando aveva distrutto il Bey di Takao.
Quando suonò la campanella di uscita e tutti i miei compagni di classe uscirono di corsa dall'aula, buttai verso la fonte dei miei pensieri un ultimo fugace sguardo prima che uscisse dall'aula senza neanche degnarci di un'occhiata.
Sospirai rassegnata mentre spostavo la sedia per alzarmi e raggiungere l'uscita, ma le parole di Momoko mi inchiodarono al posto.
« È successo qualcosa tra voi? » Mi chiese, facendomi trasalire. Non sapevo cosa rispondere. Una parte di me sentiva di potersi fidare di quella ragazza solare e sincera, ma una parte del mio cuore voleva salvaguardare i bei ricordi trascorsi con lui. Non ero ancora pronta a lasciarmi andare, così come non lo avevo fatto con Akira, il prof Kappa e Takao. Con loro mi sentivo parte di qualcosa e si erano dimostrati amichevoli ed intenzionati ad instaurare un rapporto che andava ben oltre il solo giocare a Beyblade. In più eravamo tutti schierati contro un comune avversario, come avrebbero preso la cosa se avessi rivelato di avere avuto a che fare con lui in passato?
"Forse ha perso la memoria... " Mi ritrovai a pensare, mentre rivolgevo alla mia compagna di banco un sorriso fin troppo tirato.
« Assolutamente nulla. Lo avevo visto così solo... » Dissi distrattamente, lasciando in sospeso la frase.
« Credo se lo meriti. » Disse lei in tutta sincerità ed io non mi azzardai a controbattere. Mi morsi la lingua pur di non lasciar trapelare nulla. Mi limitai a sorriderle e salutarla una volta uscite dal cancello, prendendo direzioni opposte.
Quel giorno mi sarei dovuta incontrare con i miei nuovi amici al parco, per cercare di ricostruire il Beyblade di Takao. Così, una volta giunta a casa ed indossato qualcosa di comodo per correre nelle vie della città, mi apprestai a raggiungere la mia meta.
Erano già tutti in posizione, seduti sul selciato sotto lo scivolo a confabulare su ciò che avrebbero dovuto fare. Quando mi avvicinai mi sorrisero affabilmente e mi fecero posto accanto a loro. Il pc del Professor Kappa era acceso e posizionato di fronte a noi, mentre in mano tenevano pezzi di ricambio presi chissà dove.
« Credo di riuscire a fare del mio meglio con quello che abbiamo! » Disse il ragazzino con gli occhiali, facendo salire l'euforia di tutti.
« Bene! Così potrò dare una lezione a quel Kai! » Ribatté Takao a denti stretti, stringendo i pugni delle mani fino a far sbiancare le nocche. Evidentemente non gli era andato giù il fatto di aver perso, e non solo la sfida. Se fosse successo a me ed avessi perso Star Pegaso, non so se avrei reagito alla stessa maniera. In ogni caso neanche con me l'avrebbe passata liscia. In più tra me e lui c'era una questione in sospeso che speravo di poter risolvere quanto prima. Non nego però che mi faceva stare male ugualmente!

Passò un po' di tempo prima che il prof riuscì ad assemblare tutti i componenti, con il mio aiuto e le mie varie conoscenze, ma quando fu pronto Takao non stava più fermo dalla gioia. Sfidò per primo Akira, che non vedeva l'ora di battersi con lui e testare il nuovo fedele compagno del nostro amico. Si muoveva bene e sembrava come se fosse lo stesso Dragoon di sempre. Come se non fosse cambiato nulla. Lo si poteva intuire dalla faccia soddisfatta di Takao, che impartiva ordini all'oggetto con un sorriso a trentadue denti.
Lo scontro finì in parità, così come il nostro. Non mi ero ancora misurata con loro e dovetti ammettere che non mi dispiacque neanche un po' testare la loro bravura. Avevano esperienza, quasi quanto me.
Così, per festeggiare la nostra alleanza, Kappa si offrì di andare a prendere delle bibite fresch.
Durante l'assenza del piccoletto riuscii a parlare molto con Takao. All'inizio non pensavo avessimo così tanto in comune e mi fece piacere di aver trovato qualcuno su cui contare.
Esattamente come Kappa ed Akira, anche lui mi trattava come una di loro, come se non fossi una ragazza e non fossi un anno più grande. Non mi trattarono mai con sufficienza, né peccarono di presunzione nei mie confronti. In poco tempo ero riuscita ad instaurare il rapporto di amicizia che non avevo mai avuto, se non con il vecchio Kai.
Devo ammettere che, se in quel momento ripensavo a lui, provavo un po' di nostalgia per le nostre giornate, ma fui comunque contenta che nel tempo che passai con i miei nuovi compagni lo pensavo solo come un "nemico" da battere.
Quello stato di quiete ed armonia però venne a mancare dopo che due ragazzi, che sembravano conoscere bene Takao ed Akira, arrivarono col fiato corto dopo una forsennata corsa, per riferire quello che era apparentemente accaduto.
« Ragazzi, cos'è successo? » Chiese Akira allarmato, mentre gli altri due cercavano di riprendere fiato.
« Quei ragazzi! » Imprecò uno di loro ma, impossibilitato ad andare oltre, continuò l'amico. « Sono arrivati di soppiatto! Hanno preso il professore e gli hanno strappato di mano il computer con tutte le sue informazioni! » Disse quello tutto d'un fiato, allarmandoci.
Io non riuscivo a pensare, il respiro mi si mozzò in gola e nulla poté impedire alla mia mente di intuire che potesse centrarci qualcosa Kai e la sua banda. Sembrava che anche i miei amici l'avessero pensato, perché ci lanciammo un'occhiata d'intesa prima di chiedere ai nuovi venuti di condurci nel posto dove l'avevano portato.

Ci ritrovammo a correre fino ad un magazzino in periferia. Non era tanto distante dal luogo dove ci trovavamo. I nostri amici li avevano seguiti sperando di poter aiutare Kappa ma i loro rivali erano troppi, così avevano pensato di venire a chiedere aiuto.
Quando fummo in procinto di aprire i portoni arrugginiti, i due ragazzini che erano con noi ci fermarono strattonandoci per i vestiti.
« Fate attenzione! Abbiamo scoperto che cercano un Beyblade potente! » Sussurrò titubante il primo, vergognandosi del fatto che avesse aspettato di giungere fin là per dircelo.
« Un Bey potente? » Chiesi interdetta, osservando Takao lanciare occhiate strane all'oggetto che teneva stretto in mano.
« Qualunque motivazione abbiano se la vedranno con me! » Imprecò il mio amico, prima di lanciarsi a capofitto all'interno del magazzino.
Lo seguimmo senza perdere altro tempo, per rimanere uniti e non fargli fronteggiare da solo quei teppisti. Per fortuna arrivammo in tempo per salvare dalle angherie di quattro ragazzi il nostro amico Kappa. Era steso a terra, legato da una corda che gli teneva ferme le braccia lungo i fianchi. Il suo computer era in mano ad un individuo dai pantaloni strappati ed un neo sotto l'occhio sinistro.
« Lasciate stare il nostro amico, vigliacchi! » Fu proprio Takao a parlare, arrivando a fronteggiare la banda, seguito da noi altri.
I ragazzi distolsero l'attenzione dal ragazzino e si voltarono verso di noi, ridendo a crepapelle mentre altri, con i beyblade puntati, arrivavano da tutte le direzioni per fronteggiarci. Anche io, Akira e Takao sfoderammo i nostri Beyblade e quando fummo pronti a lanciare all'unisono, una voce tagliente e fredda attirò l'attenzione di tutti su di sé.
Proveniva dalle travi più alte del luogo, dove probabilmente si era arrampicato. Alzai lo sguardo, comprendendo fin da subito di chi si trattasse. Quando si lanciò nel vuoto, atterrando agilmente di fronte a noi, mi si fermò il cuore per un istante, riprendendo a battermi con veemenza come se avesse dovuto sfondarmi la cassa toracica da un momento all'altro.
Lui era lì, di fronte a me, con un'aria da superiore nonostante l'espressione imbronciata e fredda. Non lasciava trapelare le sue emozioni ed era estremamente diverso da come si era mostrato quella stessa mattina. La divisa scolastica vestita anonimamente come tutti gli altri aveva lasciato spazio ad un paio di larghi pantaloni, compresi di una rozza cintola che li fissava ad una canotta nera super aderente. La sciarpa legata al collo gli svolazzava dietro la schiena, mentre sul suo volto capeggiavano ancora una volta gli stani segni blu che sembravano sparire nell'istituto scolastico.
" Kai... " Mi lasciai sfuggire nella mente, come se da un momento all'altro lui avesse potuto rispondermi o solamente sentirmi. Mi sentivo una stupida a sperare ancora che, almeno nel profondo del suo cuore o della sua mente, lui avesse potuto ricordarsi di me. Ed ecco che ancora una volta non mi degnò di nessuna attenzione, se non con una fugace occhiata di sufficienza, che dedicò ad ognuno di noi prima di fermare l'attenzione su Takao, che sfidò animatamente mettendo a tacere tutta la sua brigata.
Il Beyblade stadium era più grosso di come eravamo abituati tutti noi. Si estendeva come se fosse una grossa piscina su un piedistallo di legno, in rialzo da tutto il resto.
Quando Takao si apprestò a raggiungere la postazione, lo fermai poggiando una mano sulla sua spalla. Si voltò meravigliato da quel gesto e credo capì al volo dalla mi espressione cosa volessi dirgli perché mi rispose con un semplice:
« Starò attento. », ma in primo luogo non era quello che volevo dire. Stavo per rivelargli tutto. Stavo per cedere ai ricordi, perché in quel momento facevano ancora più male. Ero debole e sentivo il bisogno di sfogarmi, ma ricacciai indietro il tutto con un boccone amaro, perché sapevo che quello non era né il luogo né il momento più adatto per dirlo.
Mi rassegnai a sospirare un "in bocca al lupo", osservando di sottecchi Kai, che se ne stava spavaldo in attesa con il suo Beyblade pronto al lancio. Non diceva nulla, ma si vedeva che era impaziente di distruggere di nuovo il suo sfidante. C'era una disputa aperta tra loro due, che evidentemente voleva portare a termine per poter continuare il suo piano di ricerca di quel fantomatico Beyblade misterioso.
Quando la sfida iniziò fu subito avvincente e piena di colpi di scena, seppur breve. Eravamo tutti col fiato sospeso dietro i nostri compagni. Anche il professor Kappa, nonostante la sua scomoda posizione, riusciva a seguire l'incontro e commentare ciò che succedeva.
Io cercavo di sbirciare nello stadio, con le braccia in segno di preghiera, sperando che non succedesse nulla al bianco beyblade del mio amico.
In un breve attimo però successe una cosa del tutto inspiegabile, ma più inspiegabile fu il fatto che solo pochi di noi riuscirono a comprendere ciò che stava realmente accadendo. Quando i due beyblade al centro dell'arena cozzarono tra loro, due bagliori accecanti fuoriuscirono dalla rotazione. In poco tempo si erano materializzate nell'arena una possente aquila rossa ed un enorme drago azzurro, che riprendevano le stesso speculari mosse degli oggetti. Sembravano due veri animali in una zuffa ed io rimasi incredibilmente sorpresa da tutto ciò.
La sfida terminò in parità, visto che i due beyvlade ritornarono con un balzo nelle mani dei proprietari nello stesso momento. Takao sembrava interdetto quanto noi, mentre Kai sembrava inspiegabilmente tranquillo.
« Cos'è successo ai due animali? » Chiesi meravigliata al mio amico, che mi rispose con un tono stupito.
« Li hai visti anche tu? L'acquila ed il Drago si sono scontrati e poi sono scomparsi. »
Non feci in tempo ad annuire che Akira, scioccato, prese parola.
« Ma cosa state farneticando? » Ci chiese infine con un sopracciglio alzato.
« Non li hai visti? » Chiesi, cercando lo sguardo confortevole di Takao, in modo che venisse in mio soccorso. Non sapevo come spiegarlo, ma eravamo stati complici di qualcosa di unico ed irripetibile. In quel momento non potevo sapere cosa fossero. Fu proprio Kai, meravigliandoci, a spiegarci l'arcano mistero.
« Non tutti riescono a vederli. » Iniziò con voce piatta, quasi annoiata dalla nostra negligenza.
« Mi spieghi cos'è successo? » S'intromise il mio amico, stringendo i pugni in direzione del suo avversario.
« Il drago azzurro e l'aquila rossa si sono materializzati grazie alla potenza sprigionata dai nostri Beyblade. » Fece una pausa, assottigliando lo sguardo nella nostra direzione. « Ma non tutti li vedono. La maggior parte delle persone percepisce solo un bagliore. Il tuo drago e la mia aquila rendono diversi i nostri Beyblade. Danno loro una carica molto speciale. I loro poteri danno vita a sfide memorabili ed ispirano incontri avvincenti che lasciano il segno! » Continuò con voce tagliente, leggermente adirato.
A rispondergli fu il professor Kappa con rinnovato coraggio, ancora sostenuto dai ragazzi della banda di Kai.
« Ma insomma, non capisco cosa vuoi da noi. » Gli gridò contro, cercando di liberarsi dalla stretta delle corde.
« Lo saprete molto presto. » Rispose solamente con un ghigno serafico, dandoci le spalle iniziando a camminare per raggiungere quello che sembrava l'interno stesso del magazzino. Era un corridoio buio, che sembrava portare al cuore del loro perfido covo. Non facemmo in tempo a fermarlo che ci furono tutti addosso, intimidendoci per un attimo prima di dileguarsi in direzioni opposte al loro capo.
Rimanemmo spiazzati da quel gesto, come se volessero "proteggere" Kai da un possibile inseguimento. Ci guardammo senza capire cosa fare. Il professor Kappa era rimasto legato, ma almeno libero dal resto della banda.
Io continuavo a guardare il corridoio buio dove si era dileguato il mio vecchio amico, combattuta da ciò che il mio cuore voleva ed il mio cervello desiderava. Avrei voluto correre lontano da quel posto, lontano dagli Shall Killer ed i loro piani malefici, ma una parte di me voleva seguirlo e scoprire cosa gli fosse successo. Volevo capire se c'era ancora qualche speranza per lui e per noi. Volevo indietro il mio amorevole amico!
« Andate fuori di qui! Ci vediamo più tardi! » Dissi d'un tratto, rompendo il silenzio glaciale che si era venuto a creare attorno a noi. Scesi con un balzo dalla nostra posizione rialzata, iniziando a correre. Riuscii solamente a sentire in lontananza la voce di Takao che mi intimava, prima di tornare indietro ed in seguito di stare attenta, ma qualunque cosa avessi fatto da quel momento dovevo sbrigarla da sola.
Mi feci spazio nel buio, cercando di abituare gli occhi all'oscurità. Non c'erano finestre, se non alcuni buchi nelle pareti d'alluminio dettati dall'usura del tempo. Sul pavimento dove camminavo c'erano delle assi rumorose che si alzavano ed abbassavano cigolanti sotto il mio peso. Mi meravigliai di non essere ancora stata accerchiata. Evidentemente sapevano che mi trovavo lì ma volevano in qualche modo che raggiungessi Kai. In ogni modo i nostri piani coincidevano.
« Kai? » Lo chiamai sottovoce, sperando di riuscire a trovarlo in quel posto sconosciuto. Il corridoio si diramava in altre direzioni e più mi addentravo all'interno più si faceva buio. Stavo quasi per mollare l'idea, rassegnata al fatto che non volesse farsi trovare, non comunque da me, fino a quando non notai uno spiraglio di luce a poca distanza da dove mi trovavo.
Incuriosita accelerai il passo fino all'entrata, sbirciando all'interno della stanza prima di entrarci a capofitto per capire cosa aspettarmi.
Kai era seduto su una scrivania malandata, dove sopra c'erano sparsi alcuni pezzi di ricambio ed in terra, abbandonati, molti beyblade ridotti a comune ferraglia. Immaginai fossero tutti quelli che, nel corso dei giorni, avevano vinto contro i ragazzi della città, rubandoli e distruggendoli. La ricerca che sapevo portavano avanti doveva essere alquanto seria. Serrai la mascella e distolsi l'attenzione dal pavimento per portarla sul mio ex amico, che in quel momento mi stava osservando dall'alto al basso con sufficienza.
Sostenni il suo sguardo senza distoglierlo, perché per me si era fatta una questione di principio. Erano anni che non lo guardavo negli occhi e nonostante i lineamenti del viso fossero più mascolini, quegli occhi ametista erano inconfondibili. Nonostante il colore che non passava inosservato, riflettevano una rabbia ed una malinconia che non gli era mai appartenuta, neanche ai primi giorni di asilo, quando era allontanato da tutti gli altri bambini. All'ora era solamente in cerca di compagnia, adesso di un Beyblade chissà quanto potente e chissà mai se esistente.
"Chi ti ha cambiato così tanto? " Pensai tra me e me, tirando un sospiro, prima che lui prendesse parola bloccandomi sul posto.
« Non sentirti grata per essere arrivata fino a me. Sei qua solamente perché l'ho deciso io, ma non ne capisco il motivo. Cosa vuoi? » Me lo chiese con un tono talmente sprezzante che mi salirono agli occhi le lacrime, che ricacciai prontamente indietro per non dargli troppa soddisfazione. Non meritava i miei sentimenti, che fossero buoni o cattivi.
« Non te lo immagini neanche, Kai Hiwatari? » Cercai di tenere un'atteggiamento sprezzante nei suoi confronti, come lo aveva tenuto lui nei miei. Cercai di non mostrarmi troppo amichevole o troppo debole.
Lui rimase per un momento spiazzato dalle mie parole, sopratutto nell'udire il suo cognome dalla mia voce. Si riprese però subito, sorridendo sornione.
« Ora mi ricordo di te, sei nella mia stessa classe. » Mi puntò un dito contro, facendosi serio. « Tuttavia non capisco cosa tu voglia da me. » Si portò le braccia conserte al petto, squadrandomi dalla testa ai piedi in attesa di una mia risposta, che non tardò ad arrivare.
« Solo questo ricordi di me? Che sono una tua compagna di classe? » Cercai di tastare il terreno ma lui rimase spiazzato dalle mie domande, tanto da alzare leggermente un sopracciglio.
« Cos'altro dovrei ricordare? Non ti ho mai vista prima. » Tagliò corto, ma sapevo che stava scavando nei ricordi alla ricerca di un dettaglio che gli ricordasse dove e quando mi avesse incontrata.
« Kai... » Io addolcii il tono di voce, cambiando totalmente espressione. « Ricordi la tua vita? Ricordi di aver frequentato l'asilo in questa città o solo di aver avuto un'amica? » Feci per continuare ma lui mi precedette.
« Io non ho amici, solo sottoposti che fanno tutto quello che dico loro di fare. » Si alzò in piedi, probabilmente per cacciarmi fuori e finire quella conversazione, ma io fui più veloce. Presi Star Pegaso dalla tasca e glielo puntai contro.
« Sono Saya Ditenji, nipote del presidente della BBA. Questo è il mio Beyblade che TU mi hai aiutata a costruire ed elaborare. Eravamo amici e compagni di sfida. Non puoi aver dimenticato tutto. » Furono le mie ultime parole. Se non ricordava nulla dopo queste rivelazioni non avevo più speranze di riavere la sua memoria. Abbassai per un momento lo sguardo nell'ombra del pavimento, sicura che lui mi avrebbe presa per un braccio e trascinata fuori. Ma non fu così...
Alzai lo sguardo sentendomi meravigliata di come stavano andando le cose. Lui era rimasto in silenzio e mi guardava con espressione indecifrabile, i pugni stretti e la mascella serrata. Qualcosa mi diceva che mi aveva riconosciuto, ma per un motivo a me estraneo non voleva dirmelo.
« Vattene.  » Furono solo queste le sue parole, mentre spostava lo sguardo da Star Pegaso ai miei occhi. C'era un mondo di cose che leggevo nel suo sguardo e nel tono di voce titubante che aveva usato. Tuttavia, il suo rifiuto a parlarmi ulteriormente fece crollare tutte le mie certezze.
Lui si ricordava di me, ma per lui non ero più nulla.
Fine capitolo 6


 
Angolo autrice:
Eccomi tornata con il mio consueto ritardo xD Purtroppo il tempo scarseggia, ma comunque ce la metto tutta per continuare questa fiction a cui sono legata. È quasi tutta la mia infanzia, costruita passo dopo passo quando mi rintanavo nella fantasia guardando gli anime. Mi ero creata un alterego e tutta questa fic è la storia che mi ero costruita in testa con i personaggi XD anni ed anni di lavoro (?)
Perdonate inoltre i vari errori, ma come ho detto sono sempre di corsa T.T
Che dire, siamo arrivati ad un momento quasi cruciale. Uno scontro diretto tra Saya e Kai! Ve lo aspettavate così? Ma sopratutto, sono curiosa di sapere cosa pensate possa succedere tra i due (potrebbe essermi di spunto per continuare eheh)
Purtroppo oggi non sono di molte parole, ma posso dirvi Buona Pasquetta (visto che Pasqua è da poco passata oramai).
Un bacione a tutti e spero di leggervi in molti :3
Alla prossima!




 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - do you remember me? ***


Capitolo 7 – Do you remember me?

 

 

Il giorno dopo, mentre mi apprestavo a raggiungere l'istituto, ripensavo al giorno prima. Ero uscita sconfitta dal covo degli Shall Killer, dopo aver rivelato la mia identità a Kai. Lui non mi aveva riconosciuto, o se lo aveva fatto per lui non aveva avuto alcun significato. Sembrava come se gli avessero fatto il lavaggio del cervello e fosse diventato un'altra persona. O meglio, due persone, perché a scuola si comportava solamente da asociale, mantenendo un'espressione triste ed a tratti malinconica -oppure era solamente una copertura- e fuori diventava uno spietato Beyblader alla ricerca di qualcosa che a quanto pareva non riusciva a trovare.
Era stato categorico quando mi aveva “invitata” ad andarmene, ed io non avevo insistito più di tanto. Era una guerra persa in partenza, lo dovevo ammettere. Ogni giorno che passava potevo essere sempre più vicina a lui, invece sembrava come se mi stessi allontanando sempre di più.
Sospirai, fermandomi per qualche secondo ad ispirare l'aria tiepida di quella mattinata. Il vento fresco mi scuoteva i capelli che avevo tenuto legati in una coda di cavallo e faceva svolazzare la gonna della divisa scolastica, che mi toccava reggere con le mani.
Raggiunsi la mia classe che avevo ancora la testa sulle nuvole, così tanto che non mi resi conto che ero appena andata a finire contro le spalle di qualcuno, finendo seduta a terra dolorante. Quando alzai gli occhi per scusarmi, vidi due profonde ametiste che mi fissavano taglienti.
Kai era di fronte a me, con l'aria di chi era stato disturbato e non gli era affatto piaciuto.
Soffiai il suo nome con un tripudio di scuse, calibrando le parole ed il tono di voce con cui le dicevo, perché non volevo farlo alterare più del dovuto o non avrei mai avuto altre occasioni per avvicinarlo.
Lui però, differentemente da quello che mi ero immaginata facesse, girò le spalle e si diresse dentro la classe sotto i miei occhi tristi. Lo guardavo un po' tristemente, mentre camminava in solitaria non dando confidenza a nessuno.
Quando arrivò Momoko ero ancora seduta a terra, con l'attenzione puntata a quello che rimaneva del mio migliore amico.
« Saya! » Mi schernì con dolcezza, facendomi arrossire. Se mi aveva vista lei, non volli sapere quante persone mi avevano vista in quella situazione. Ma in quel momento la mia attenzione era presa da un'unica persona, che non mi aveva neanche rivolto la sua minima attenzione.
Avevo sperato invano di poterci parlare, o vedere nel suo volto un minimo accenno di gentilezza, invece mi tornavano alla mente le sue espressioni serie ed irate e la voce sprezzante con cui mi aveva parlato l'ultima volta.
Trattenni di nuovo un boccone amaro, che mandai giù tutto in una volta mentre mi alzavo da terra, sistemandomi le pieghe della gonna.
« Cosa ci facevi lì? » Mi chiese poi Momoko con curiosità, una volta raggiunti i nostri banchi, alludendo alla mia posizione seduta sul pavimento del corridoio, anche se il suo tono era di molto divertito.
Feci spallucce, cercando di non dare troppo a vedere quel che restava del mio stato d'animo mentre ripensavo a Kai. Gli lanciai anche una fugace occhiata prima di rispondere alla mia compagna di banco.
« Sono caduta... » Iniziai, cercando di tenere un tono di voce abbastanza convincente. Ma ovviamente persi su tutti i fronti. Momoko ancora una volta scoppiò a ridere ma per fortuna non mi chiese altro, perché veramente non avrei davvero saputo cosa risponderle. Non ero pronta a farle sapere di lui, come non ero pronta a farlo sapere a Takao e gli altri.
Le lezioni trascorsero lente e noiose come al solito e, come di consueto, appena suonata la campanella tutti corsero verso l'uscita come se non vedevano il sole da chissà quanto tempo.
Io cercai di fare il più lentamente possibile, perché avevo notato che Kai stava facendo lo stesso. Evidentemente non voleva stare a contatto con la massa di persone che correvano come forsennati e di nuovo, la mia nuova amica accennò un piccolo sorrisetto divertito mentre mi salutava, facendomi arrossire. Non ero evidentemente brava a mentire, ma qualsiasi cosa le fosse passata per la testa, ebbe il buon senso di tenerselo per sé.
Quando terminai di mettere nella cartella la mia roba, senza staccare l'attenzione dalle spalle di lui, rimasi per qualche secondo ad osservare i suoi movimenti. Le sue spalle erano larghe ed equilibrate con il resto del corpo. Non c'era più neanche l'ombra del bambino che conoscevo, forse solo il colore e la pettinatura dei capelli, tutto il resto sembrava sepolto da un pesante strato di cattiveria.
Lui sembrava non essersi accorto di me, neanche quando Momoko mi aveva salutata uscendo. Forse pensava che l'avevo seguita poco dopo, non mostrando la minima attenzione verso di lui, ma non riuscivo più a guardarlo inerme ed in silenzio, perché da lì a poco mi sarebbe sfuggito di nuovo. Così richiamai la sua attenzione.
« Kai? » Sussurrai quasi sottovoce per non farlo sussultare, cosa che non accadde. Si bloccò all'istante, interrompendo i suoi lenti e studiati movimenti a mezz'aria, senza però voltarsi nella mia direzione.
Rimase in silenzio, forse quasi scocciato dalla mia presa di parole. Purtroppo non potei dirlo con certezza, perché dalla mia posizione non riuscivo a guardarlo negli occhi come avrei sperato e non mi azzardai neanche a superarlo per fronteggiarlo. Rimanemmo così per degli interminabili istanti, lui a guardare un qualsiasi punto di fronte e sé ed io ad osservare le sue spalle con la speranza che da un momento all'altro si fosse girato, ma di nuovo non accadde.
Sospirai rassegnata, d'altronde cos'altro potevo aspettarmi da lui?
Decisi comunque di non lascialo andare, non in quel momento in cui eravamo finalmente soli come il giorno prima. Forse a scuola, che era così stranamente diverso dal solito, era più facile parlare con lui...
« Davvero non ti ricordi di me? » Chiesi dolcemente, quasi con tono supplichevole. Al che sentii un sospiro provenire dalla sua posizione, prima che, finalmente, si girasse e mi mostrasse un'espressione pressoché indecifrabile. Aveva tenuto la mascella serrata, ma i suoi occhi esprimevano qualcosa che in quel momento non ero riuscita a capire.
« Che importanza ha? Perché ci tieni a sapere se io ti ho riconosciuta o no? Per me non cambia nulla! » Mi rispose scocciato, prima di voltarmi di nuovo le spalle e continuare quello che stava facendo, ultimandolo sotto il mio sguardo silenzioso e supplichevole. Ero rimasta talmente scioccata dalla cattiveria che aveva mostrato e dal suo stato d'animo a tratti malinconico ed a tratti seccato che non seppi più cosa pensare. Kai Hiwatari non era più il libro aperto che ero riuscita a leggere anni addietro. Era come un imponente tomo scritto in una sconosciuta lingua e che avrei dovuto imparare pian piano a comprendere. E dovevo farcela, anche se in quel momento ero quasi intenzionata a mollare tutto così come stava. Mi faceva male, mi aveva fatto male sentire quelle sue parole dalla sua voce, sopratutto con quello sguardo. Mi ripromisi di non piangere, ma fu inutile. Una lacrima mi scese prepotente sulla guancia, che cercai di asciugare prima che lui se ne accorgesse. Ma ovviamente lui non si girò verso di me. Raggiunse spavaldo la porta e la varcò senza ripensamenti.
Abbassai sconfitta lo sguardo fino al pavimento, sentendo le gambe che mi tremavano. Quella volta la rabbia aveva superato la tristezza. Chiunque avesse cambiato così tanto il mio amico me l'avrebbe pagata! Strinsi i pugni e sorrisi amaramente, non avevo neanche la forza di uscire dalla scuola, da quella classe che avrei condiviso con lui ancora per qualche anno -a meno che lui non fosse scomparso di nuovo-.
Dopo che mi fui calmata raggiunsi con un sospiro la porta, dove mi accorsi con stupore che Kai era poggiato allo stipite e guardava dritto di fronte a sé senza degnarmi di uno sguardo. Ma ovviamente speravo che si fosse trattenuto per me.
Mi fermai di colpo, smettendo addirittura di respirare per captare le sue intenzioni, ma non parlò prima di una manciata di secondi. Quando si decise a farlo, con tutta la sua calma, voltò leggermente lo sguardo su di me.
« Ho un vago ricordo di te, ma se posso darti un consiglio... » Iniziò, interrompendosi subito dopo e piantando quegli occhi ametista nei miei. « Stammi lontana! »
Terminò così, quella volta lasciandomi veramente sola nel corridoio. Avevo il cuore che batteva all'impazzata per il tripudio di emozioni contrastanti che stavo provando. Non sapevo se essere felice perché lui si ricordava, anche se vagamente, o spaventata per l'avvertimento.
E se io, come mio solito, non avessi dato ascolto? Volevo scoprire di più sul suo passato, su dov'era stato tutti quegli anni e cosa aveva fatto, o gli avevano fatto, per ridurlo in quello stato così rabbioso.
Purtroppo le mie domande erano destinate a rimanere tali ancora per molto. Le risposte non arrivarono così velocemente.

 

Quando tornai a casa pranzai con la testa sulle nuvole per tutto il tempo. Ripensavo a Kai, alla scuola, ed al fatto che ancora dovevo andare a trovare i miei nuovi amici dopo lo scontro in quel magazzino abbandonato.
Non erano di moda di telefoni cellulari al tempo, quindi ci eravamo scambiati solo i numeri dei telefoni fissi di casa e non potevo certo disturbare suo nonno per sapere se Takao era in casa. In fondo poteva essere a giocare a Bey con il prof Kappa ed Akira da qualche parte nel quartiere ed io avrei fatto prima a scandagliare tutti i parchi alla loro ricerca. Ovviamente dopo aver finito i compiti che quel giorno non erano assai pochi.
Rimpiangevo le scuole primarie!
Riuscii però a finire in tempo per avere qualche ora libera prima di tornare a casa per cena. Indossai così degli abiti comodi e raccolsi i capelli in una coda di cavallo, sfrecciando fuori casa a gambe levate.
Ma mentre stavo per aprire la porta d'ingresso della nostra villetta, ecco che quella si aprì dall'esterno e comparve mio nonno con il suo sorriso smagliante ed il cappello in mano. Con l'altra reggeva il bastone da passeggio, anche se quel giorno mi sembrava più arzillo del solito con quell'aria meravigliosamente gioiosa.
« Ciao tesoro! » Mi salutò stampandomi un bacio in fronte, lasciando sulle labbra il suo gioviale sorriso. « Ho buone notizie! » Finì, lasciandomi con un sopracciglio alzato ad osservarlo imbambolata. In quel momento non avevo la minima idea a cosa avrebbe potuto riferirsi.
Per fortuna fu lui a dissipare ogni mio dubbio, perché riprese parola subito dopo aver visto la mia espressione confusa.
« Tra non molto inizierà il torneo di Beyblade e proprio nella nostra città! Abbiamo fatto le cose in grande quest'anno! » Ridacchiò soddisfatto ed io mi ero ritrovata la mascella a terra dallo stupore.
I tornei di Beyblade erano sempre stati il mio sogno. Poter vedere degli incontri da vicino, e non solo gli allenamenti che di tanto in tanto mio nonno mi portava a vedere nella sede della BBA, era finalmente un sogno che si realizzava. Avrei potuto conoscere ed incontrare i campioni di questo sport e già non stavo più nella pelle!
« Ma è magnifico! Potrò assistere a scontri memorabili! » Mi lasciai andare allo stupore, saltellando sul posto come una forsennata e facendolo ridere di gusto.
« Oh, potrai fare molto di più! » Mi interruppe ancora, lasciandomi basita e con la bocca ancora aperta. Lo guardai con un sopracciglio alzato, prima che lui riprendesse a parlare con un sorrisetto soddisfatto.
« Vi potrai partecipare! » Concluse, lasciando che la mia testa metabolizzasse il concetto prima di esplodere.
« P-Partecipare?! Io? Potrò partecipare al torneo di Beyblade? » Balbettavo dall'emozione che non riuscivo più a contenere e dalla felicità lanciai un grido emozionato prima di attaccarmi al collo di mio nonno e stringerlo quasi fino a soffocarlo.
Quando mi staccai, credendo di aver esagerato, lui prese due copiosi respiri e riprese:
« Certo che potrai! » Mi sorrise. « E parteciperanno anche Takao ed il suo nuovo amico! »
A quelle parole mi ammutolii e cambiai espressione. Possibile che parlasse di...? No, ovviamente non poteva trattarsi di Kai, non era il nuovo amico di Takao, non avrebbe avuto alcun senso se il giorno prima gli aveva giurato che si sarebbero scontrati presto.
A meno che...
« Parteciperà anche lui? » Chiesi di getto, senza quasi pensarci. Solo dopo aver pronunciato quelle parole arrossii violentemente, credendo di aver fatto una mera figura con mio nonno. Ma lui mi sorrise teneramente, evidentemente ricordava l'affetto che mi legava al mio vecchio amico.
Lui annuì leggermente ed io non mi azzardai a continuare. Feci cadere così la conversazione, ma un'altra domanda mi arrivò alla mente.
« Chi è il nuovo amico di Takao? » Chiesi curiosa, visto che mi ero sicuramente persa qualcosa nei giorni in cui non ci eravamo visti.
« Suo padre è un mio caro amico, ha un negozio di pezzi di ricambio in fondo alla via della sede. È il nostro fornitore ufficiale il caro Mizuhara, e suo figlio Max è un ottimo giocatore! È appena tornato in Giappone dopo aver trascorso qualche anno con sua madre negli Stati Uniti. Dovresti conoscerlo! » Ridacchiò, entrando in casa dopo avermi salutato, ma io in quel momento non lo stavo per nulla ascoltando. Mi ero voltata di scatto ed avevo iniziato a correre verso il negozio citato dal nonno, con passo abbastanza frettoloso.
Sapevo dove trovare Takao e dovevo assolutamente parlare con lui del torneo. Chissà se sapeva che Kai avrebbe partecipato?

 

Quando entrai nel negozio mi accolse un uomo di grande corporatura, coi capelli castani e la barba incolta, ma il suo viso era talmente sorridente che non ebbi il minimo dubbio che potesse essere amico di mio nonno.
« Ciao Saya! » Mi salutò quando chiusi la porta d'entrata alle mie spalle. Rimasi imbambolata in seguito al suo saluto, che ricambiai titubante. Lo avevo già conosciuto e non mi ricordavo? No, altrimenti il nonno me lo avrebbe detto...
Un vortice di pensieri mi frullavano nella mente, alla ricerca di un qualsiasi momento trascorso con l'uomo, ma non mi venne in mente nulla fino a che la sua risata non mi riportò con i piedi a terra.
« Scusami, non ci siamo mai incontrati, ma tuo nonno mi parla così in continuazione di te che quasi mi sembra di conoscerti da sempre! » Mi disse scusandosi ed io allargai finalmente il sorriso e lasciai andare la primordiale tensione.
« Piacere di conoscerla signor Mizuhara! » Lo salutai con gentilezza. « Sto cercando Takao Kinomiya, ho saputo che ha conosciuto suo figlio Max. Anche noi ci siamo conosciuti da poco, è stata la passione comune per il Beyblade a farci conoscere! » Gli spiegai a grandi linee, anche se essenzialmente non capivo cosa potesse centrare o solamente cosa potesse fregare a lui, ma tenne un sorriso cordiale in ogni mia parola fino a che non mi fece strada in quello che sembrava essere lo scantinato.
Mi sarei aspettata di vedere scaffali colmi di scatole o tanto disordine per essere una cantina, invece era perfettamente pulito, illuminato e per niente umido che rimasi con mio grande stupore a bocca aperta. Anche dopo che i miei occhi si furono abituati alla luce artificiale rimasi stupita da tutto ciò che mi circondava. Due beyblade stadium capeggiavano in mezzo alla stanza spoglia e sembrava che Takao e Max avessero appena finito di combatterci.
Poco lontano da loro c'era anche il professor Kappa, che vidi in ultimo seduto a terra con le gambe incrociate e con il suo immancabile pc acceso di fronte a sé.
« Saya! » Mi richiamo Takao, meravigliato di trovarmi lì. Entrambi i ragazzi conosciuti avevano la stessa espressione meravigliata, mentre quello che doveva essere Max, il ragazzo biondo e con due espressivi occhi azzurri, aveva un'espressione confusa.
« La conoscete guys? » Chiese verso di loro, indicandomi delicatamente.
« Sì Max, è nostra amica. » Lo tranquillizzò il prof e sembrò funzionare. Si voltò verso di me, osservandomi dalla testa ai piedi con un grande sorriso.
« I friends dei my friends sono miei amici! » Disse tutto d'un fiato, balzandomi di fronte in un baleno e porgendomi la sua mano in segno di presentazione. Non capii al cento per cento le sue parole, ma in quel momento mi sembrò brutto fargliele ripetere, così strinsi la sua mano calda e sorrisi di rimando.
« Sono Saya Ditenji, nipote del presidente della BBA. » Mi presentai, ma quando finii di parlare Max sgranò gli occhi come se avesse appena visto qualcosa di anormale. Io ovviamente non capii quell'atteggiamento ed alzai un sopracciglio aspettando che lui continuasse a parlare.
« Oh, nice to meet you Saya! È un piacere conoscere la nipote di un uomo così importante! Quindi anche tu sei una Blader! » Batté le mani soddisfatto, continuando prima che io potessi interromperlo. « Parteciperai anche al torneo quindi! »
La sua non era una domanda, ma un'affermazione che attendeva il mio assenso. Io mi voltai verso Takao, visto che eravamo entrati nell'argomento e, delicatamente, potevo intromettere l'argomento “Kai”.
« Certo! » Risposi a Max con un sorriso, tornando per un secondo a guardarlo negli occhi prima di rigirarmi verso gli altri due. « Ho saputo che parteciperà anche Kai, mio nonno me lo ha appena detto! » Rigettai tutto d'un fiato e vidi l'espressione di Takao farsi seria e la sua mascella serrarsi.
« Bene, questo mi motiva a sconfiggere chiunque si trovi sul mio cammino! » Fece così seriamente che quasi stentavo a riconoscerlo. Ma la tensione creatasi ed il silenzio pesante che era sceso su di noi fu spezzato da Max, che scoppiò a ridere con una cristallina risata.
« Non conosco questo Kai, ma a quanto ho capito avrò il piacere di incontrarlo al torneo ma...ti ricordo che parteciperò anche io my friend! » Ridacchiò il biondo in direzione di Takao, che sorrise a sua volta mettendosi in posizione di lancio ed aspettare che l'altro accettasse la sua sfida.
« Motivo in più per allenarsi! »
Finirono a scontrarsi l'uno con l'altro per chissà quanti match. Io mi sedetti accanto al prof Kappa, osservando di tanto in tanto il computer che raccoglieva i dati su ProtoShell, quello che seppi in seguito essere il beyblade di Max, senza dare loro troppa importanza. La mia mente era lontano dal campo di gioco, lontano dal negozio e dai miei amici.
La mia mente era alla ricerca di un amico che, forse, non avrei dovuto più chiamare così.
Fine capitolo 7

 

 

Angolo autrice:

Salve a tutti e ben trovati :3 questa volta il ritardo non è stato così catastrofico come nel precedente aggiornamento D: ma mi scuso ugualmente perché sono comunque trascorsi un bel po' di giorni...ehm... purtroppo il lavoro estivo mi porta via un sacco di tempo, come la stanchezza a fine giornata (infatti, siccome correggo da sola il testo, non immagino quanti orrori di ortografia ho fatto D: in tal caso mi dispiace!).

Bene, direi che stiamo entrando nel “vivo” della storia! Inizia il campionato di Beyblade della prima serie :3 e chissà quante avventure aspettano i nostri protagonisti (come se tutti noi già non le sappiamo xD) ma sopratutto cosa succederà a Saya con Kai, o cosa succederà a lui ehehe ma sopratutto, ora che manca il nostro quarto personaggio dei bladebreakers :3

Beh, che altro dire, ringrazio voi cari lettori che siete giunti fin qua e che, se magari volete lasciare due paroline, siete i benvenuti <3 ringrazio poi tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate <3 davvero grazie mille!

Prometto di essere più tempestiva nel prossimo aggiornamento...spero... xD

Un bacione!

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Il fatidico giorno è arrivato ***


Capitolo 8 – Il fatidico giorno è arrivato
 
 
La mattina del fatidico giorno mi ero addirittura alzata molto prima della sveglia. Non ero riuscita a chiudere occhio, tanta era l’emozione di poter finalmente scendere in campo in una manifestazione a livello nazionale. Sarebbe stata per me la mia vera sfida, contro me stessa e contro altri ragazzi al mio stesso livello.
Erano appena le sei del mattino e mi ero ritrovata seduta alla scrivania della mia camera, con solo la luce della abat-jour accesa, a spolverare e sistemare al meglio il mio fidato Star Pegaso. Sono sicura che anche lui non vedeva l’ora di misurarsi con avversari degni di questo nome e scendere finalmente in campo all’interno di un vero e proprio beyblade stadium. Sotto la luce artificiale della lampadina, il bit chip brillava come se il mio bit power stesse sorridendo. Forse era una cosa stupida, ma in fondo volevo pensare a lui come una figura vigile, sempre e costantemente insieme a me.
Quando fui soddisfatta del mio operato mi lasciai scivolare sullo schienale con un sospiro, alzando la testa per osservare le ombre sul soffitto bianco della camera. Non le stavo realmente guardando, la mia mente aveva iniziato a vagare da tutt’altra parte.
In quei mesi di costante allenamento, insieme a Takao, Max ed il professor Kappa, non mi ero presa neanche cinque minuti di tempo per pensare a me ed alla situazione con Kai. Quando tornavo a casa ero talmente stanca da non riuscire neanche a finire soddisfatta la cena. Mi addormentavo molto prima del solito, e la mattina mia madre doveva tirarmi giù dal letto per farmi correre a scuola in orario.
I giorni erano passati così, come se Kai fosse solamente un normale studente nella mia classe.
Ovviamente la sua presenza mi ricordava costantemente il suo ritorno, il nostro scontro nel covo degli Shall-Killer ed il nostro faccia a faccia in classe, quando mi intimò di lasciarlo stare. In effetti avevo preso quell’avvertimento alla lettera. Nona avevo più cercato di avvicinarlo, e lui non aveva fatto altro che ignorarmi, così come era sempre stato solito fare dall’inizio dell’anno scolastico. Non era cambiato nulla da allora, non si era fatto più vedere a giro, esattamente come gli scagnozzi della sua banda, e le sue tracce sparivano dall’uscita di scuola al suo rientro il giorno dopo, come se si volatilizzasse nel nulla durante le ore pomeridiane. All’inizio provai anche a chiedere informazioni ai ragazzini che giocavano nel parco, sicura che le voci potessero correre tra le varie bande di quartiere, ma sembrava che nessuno avesse avuto più sue notizie.
Avrei avuto una gran voglia di chiedergli se avesse trovato finalmente il beyblade potente che cercava, questo spiegherebbe il fatto che avessero smesso di terrorizzare mezza città…O forse si stava solamente preparando ad accogliere al meglio l’inizio del nuovo campionato, così come noi.
In più quest’ultimo coincideva con gli ultimi giorni di scuola e questi stavano passando fin troppo velocemente. Ero sicura che, dopo la fine del torneo, Kai Hiwatari sarebbe davvero sparito dalla circolazione, per farsi rivedere solamente il primo giorno del nuovo anno scolastico. Avrebbe lasciato in sospeso tutte le mie domande, e da stupida qual ero mi sarei continua a tormentare continuando a farmele.
Ma in quel momento non dovevo pensarci! Non dovevo pensare a lui ed alla sua prepotenza. Non dovevo rivangare il passato e rimembrare i nostri giorni felici, nessuna di queste cose mi sarebbero servite quel giorno. Non c’erano più Saya e Kai, la coppia di blayder più forte del quartiere. Non c’erano più i suoi incitamenti durante le mie battaglie, come non ci sarebbero mai più stati i suoi abbracci e complimenti nelle mie vittorie. Da quel momento in poi c’eravamo solamente io e Star Pegaso, e le mie vittorie le avrei conquistate con l’aiuto di colui che era rimasto fedelmente insieme a me per tutti quegli anni. L’unico ricordo che mi rimaneva del Kai Hiwatari ancora infante…
Per fortuna i miei nuovi amici non mi avevano fatto rimpiangere nemmeno un momento la mancanza del mio vecchio amico. Erano entrati nella mia vita, o io nella loro, come una ventata di vento fresco. Una novità che avevo accolto a braccia aperte. Le mie giornate con Takao, Akira, Max ed il Prof volavano leggere, tra una partita di beyblade ed un gelato. I compiti scolastici non erano contemplati (soprattutto per Takao). Non si parlava mai di scuola, o di ragazzi e ragazze. Loro non erano come tutte le altre persone della nostra età, già alle medie e con la voglia di iniziare a fare le loro esperienze. Nonostante io pensassi costantemente al sentimento che mi legava al capo degli Shall-Killer, arrovellandomi il cervello pur di capire se fosse amore o semplicemente l’effetto dettato da una profonda e passata amicizia, loro pensavano solamente al Beyblade. A loro non interessavano le ragazze, e lo dimostrava il fatto che non avessero mai e poi mai fatto un apprezzamento su di me, o solo allungato lo sguardo più del limite consentito. Per loro ero unicamente un’amica ed una complice, una compagna fedele in questo meraviglioso sport. In fondo, l’amicizia è alla base di tutto. Quella tra Beyblade e Blayder prima di tutto.
Quando spostai lo sguardo dal soffitto con un sospiro, interrompendo tutti quei deleteri pensieri mattutini, mi accorsi che la luce artificiale della lampada era stata soppressa dai cristallini raggi del sole, che filtravano dai buchi della tapparella non del tutto serrata.
Guardai l’ora sulla radiosveglia e mi meravigliai che fossero già passate le sette del mattino. Ero stata più di un’ora a pensare e ripensare agli eventi passati della mia vita, riuscendo ad avere un fastidiosissimo senso di malinconia ed il torcicollo. Mi ripresi subito e corsi in bagno per vestirmi, meravigliando mia madre, che si affacciò incredula dalla cucina pur di vedermi con i suoi occhi alzata a quell’ora.
« Come mai così mattiniera? » Mi chiese poi, quando mi sedetti tutta fremente per fare colazione. Non vedevo l’ora di correre fuori, ed immagino lo capì anche lei perché parlò ancor prima che aprissi bocca.
« Il torneo, giusto? È oggi. » Constatò tutta pimpante. Non capii però se la sua felicità fosse in relazione al fatto che ci sarebbero stati gli incontri di qualificazione o perché ero riuscita ad essere diligente almeno una volta nella mia vita.
« Si è offi. » Parlai con la bocca praticamente colma dei cereali appena addentati.
Lei si portò una mano alla fronte per la vergogna, osservandomi con rassegnazione mentre trangugiavo con veemenza tutto ciò che c’era nella mia tazza.
« Sarai anche cresciuta ed avrai anche imparato a vestirti da femmina, ma rimani sempre un maschiaccio! » Mi ammonì con le mani sui fianchi, ma per fortuna la sua espressione era divertita.
« Ti voglio bene anche io! »
Quelle furono le mie parole prima di lanciarmi letteralmente fuori dalla porta come un fulmine. L’unico problema è che andai a finire praticamente addosso a qualcuno, che sentii gridare dallo spavento.
« Hey! » Gridarono all’unisono due voci. Non avevo atterrato solamente una persona, bensì due, che mi stavano guardando stralunati dalla loro posizione di colpiti.
« Prof Kappa! » Invocai il suo nome meravigliata, spostando poi l’attenzione sulla chioma bionda dell’altro ragazzo a terra. « Max! Che ci fate qua, non vi aspettavo! » Mi scusai. In effetti se avessi saputo che a quell’ora sarebbero venuti a chiamarmi non sarei uscita di casa come un bisonte.
« Volevamo farti una sorpresa. Siamo tutti eccitati e mattinieri quest’oggi, non abbiamo quasi chiuso occhio. Pensavamo di passare a prenderti ed andare da Takao. Abbiamo un po’ di tempo per ultimare le ultime cose prima della gara! » Mi spiegò diligentemente il più piccolo, mentre l’americano lo aiutava a tirarsi in piedi.
« Ottima idea! » Mi rallegrai io. « Andiamo! » Li presi sotto braccio e li tirai emozionata fino alla strada.
 
 
Quando arrivammo alla nostra meta, casa Kinomiya era fin troppo silenziosa per i nostri gusti.
« Ma secondo voi saranno svegli? » Chiesi scettica, guardando l’ingresso in ogni direzione.
« Secondo me nonno Jey si… non posso avere la stessa sicurezza per Takao. » Mi smentì Kappa, parlando sottovoce.
« Ma dai, non avrà sentito la tensione della gara? Sono sicuro che anche lui non ha chiuso occhio! » Ridacchiò beffardamente Max, ma un richiamo ruppe il silenzio all’improvviso, facendoci letteralmente schizzare in aria con un grido feroce.
« Ragazzi, non pensavo di mettervi così paura! » La voce divertita del nonno di Takao arrivò da un angolo remoto del giardino, e dovemmo fare appello a tutto il nostro autocontrollo per riprenderci e scorgerlo. Se ne stava con solo i pantaloni della tuta da Kendo legati ascellari, la solita acconciatura con la coda e la spada di legno puntata dritta di fronte a lui.
« Ci ha fatto prendere un colpo, pensavo stavate ancora dormento! » Spiegò il prof, cercando di riprendere a respirare regolarmente.
« Dormire io? Figuriamoci, sono un guerriero, ed i guerrieri si alzano col levar del sole! Mica come quello scansafatiche di mio nipote! » Disse, tirando un fendente a mezz’aria. « Siete venuti a svegliarlo? » Chiese poi, praticamente speranzoso.
« STA ANCORA DORMENDO? » Gridammo all’unisono io, Kappa e Max, increduli da tanta sfacciataggine da parte del più piccolo dei Kinomiya. Noi eravamo in piedi già da un’ora, con due borse nere sotto agli occhi ed agitati per l’inizio di quella giornata e lui se la stava dormiva tranquillamente?
« Lo trovate in camera sua. » Ridacchiò il padrone di casa, divertito dall’accoglienza “calorosa” che avremmo dato a suo nipote.
Senza sentire altre ragioni ci lanciammo in casa, non badando nemmeno a lasciare le scarpe ordinatamente sul pianerottolo d’entrata, tanta era la nostra indignazione. Scalciando pedate sul lucido parquet salimmo la rampa di scale che portava al piano superiore della villetta, con passi pesanti per fare il più rumore possibile, ed entrammo con veemenza nella sua camera contemporaneamente. Lo trovammo bellamente spaparanzato sul letto, a pancia in su e con indosso il suo pigiamino verde, che gli era salito così tanto da lasciagli scoperta la pancia, che reggeva con una mano. L’altra l’aveva appoggiata bellamente sul cuscino, ed il tutto era contornato dal fatto che stava sonoramente russando a bocca aperta.
« Non ci credo, ditemi che non è vero! » Si lasciò andare in una melodrammatica lamentela il mio amico con gli occhiali, atterrando in ginocchio e portandosi le mani nei capelli. Non prima però di aver poggiato il suo prezioso portatile a terra.
« Si si, è proprio vero professore. Sta ronfando come se nulla fosse! » Ghignò perfido Max, notoriamente divertito da quell’assurda situazione.
« Ma che tipo! » Sospirai scioccata io, scuotendo la testa contrariata.
« Lasciate fare a me, lo sveglio io! » Ridacchiò sotto i baffi Max, assumendo un’espressione perfida mentre si inginocchiava accanto al letto del bell’addormentato.
In pochissimi secondi il biondo aveva afferrato con veemenza l’orecchio del suo nuovo amico e ci aveva gridato dentro il suo nome a pieni polmoni, svegliando probabilmente l’intero vicinato.
L’intero quartiere, ma non Takao.
Il padrone di casa aveva solamente fatto una leggera smorfia e si era voltato di lato, continuando a ronfare.
« Ma non è possibile! » Disse scioccato Max, con l’occhio tremolo dall’indignazione.
« Mmmh, forse ho un’idea! » Ridacchiai io, ma il Prof mi bloccò prima che mettessi in atto il mio piano.
« Forse dovremmo chiedere a suo nonno come fare a svegliarlo, oppure possiamo prendere in prestito la sua spada. »
« Nah… » Gli risposi io, scacciando quel pensiero con una mano. « Se non è bastato l’urlo disumano di Max, probabilmente non sarà un colpo in testa a destarlo. » Ridacchiai sardonica. « Ho piano infallibile, state a vedere. »
Avanzai di qualche passo, non avvicinandomi però più di tanto al letto. Presi una copiosa boccata d’aria, facendo addirittura smettere di respirare ai due per la tensione, e gridai anche io a pieni polmoni.
« STAI ATTENTO TAKAO, DRANZER TORNA ALL’ATTACCO! » Pronunciai con le mani attorno alla bocca per enfatizzare le mie parole, che sicuramente lasciarono letteralmente interdetti i miei amici dietro di me. Li sentii confabulare sottovoce, probabilmente scettici dal credere che il mio piano fosse andato in porto.
Ed invece dovettero ricredersi.
In men che non si dica Kinomiya aveva sgranato gli occhi, era balzato in piedi sul materasso con sguardo vacuo ed aveva iniziato a gridare a sua volta.
« ATTENTO DRAGOON, SCHIVALO! » Indicando un punto indefinito della stanza, ma noi scoppiammo a ridere per l’assurdità della scena. Credo fu quello il momento del suo definitivo risveglio, perché perse l’equilibrio e si schiantò con la faccia a terra, piagnucolando.
« Ma siete pazzi?! » Ci inveì contro una volta alzatosi da terra, con tutto il naso rosso e dolorante che ci fece ridere ancora di più. « Beh, begli amici… » Si imbronciò.
« Takao sei troppo divertente! » Max rise a squarciagola.
« Non volevi alzarti. » Disse il prof facendo spallucce, anche se si vedeva lontano un miglio che si stava sforzando di non ridergli in faccia come stava tranquillamente facendo il biondino.
« La tua reazione è stata epica! » Conclusi io, tenendomi lo stomaco sotto il peso delle mie stesse risate.
« Mi avete fatto prendere un colpo, stavo sognando un mio possibile incontro con Kai al campionato! » Grugnì lui con le braccia ancora conserte, guardandoci di sottecchi. In quel momento ammutolimmo tutti, capendo che in effetti doveva essersi preso un bello spavento.
« Beh, anche se a modo suo è anche lui in ansia per il campionato. » Fece Kappa sorridendo.
« Sono ansioso ed emozionato! Non vedo l’ora di battermi con i miei avversai e dare il massimo. Anche Dragoon sta scalpitando! E non vedo l’ora di dare una bella lezione a quel presuntuoso capo degli Shall-Killer! » Continuò solenne il più piccolo dei Kinomiya, ma fu interrotto dal prof.
« Calmati Takao, non sappiamo se riuscirai a scontrarti con Kai. Saremmo smistati in vari gironi, ed è possibile che non vi incontrerete. È anche possibile che il tuo avversario possa essere Max, o Saya… » Sospirò lui, ma sembrò non sortire alcun effetto sperato nell’altro, che si aprì in un sorriso soddisfatto.
« Naturalmente, io e Dragoon ce la metteremo comunque tutta! Tutti noi dobbiamo mettercela tutta. Non dobbiamo avere rimpianti, e nemmeno paura di sconfiggere uno dei nostri amici. La nostra amicizia non verrà mai scalfita, giusto? »
« Oh Takao. » Sospirai sorridente. Era il più indisciplinato di tutti noi, il più pigro e dormiglione, ma era impossibile non volergli bene.
« Oh my friends! » L’entusiasmo di Max ci catapultò tutti e quattro a terra sotto il suo abbraccio, ed in quel momento capii seriamente che avevo trovato veramente degli amici fantastici.
 
 
Quando scoccò l’ora fatidica corremmo a perdifiato fino alla sede della BBA, dove si sarebbe svolto il torneo. C’era una folla pazzesca fuori, in procinto di prendere i posti migliori sulle tribune, mentre gli spogliatoi erano gremiti dei blayder partecipanti.
« Mamma mia quanta gente! » Pigolò Takao, spaventato e meravigliato allo stesso tempo.
« Beh, sono tutti aspiranti del titolo nazionale! » Gli spiegò Kappa, guardandosi attorno estasiato.
« Non vorrei fare il guastafeste, ma non ci converrebbe andare a vedere in quale girone ci hanno messo? » Chiese Max, avanzando di qualche passo per cercare di orientarsi.
« Ha ragione. » Risposi poi, rivolta a tutti. « So io dov’è la bacheca dei giocatori, seguitemi! » Squittii con un sorriso, iniziando a saltellare nella direzione giusta.
Li sentii confabulare alle mie spalle, ma di nuovo non ci badai. Il mio cuore batteva all’impazzata da quando avevo messo piede all’interno delle porte scorrevoli. Ero sicura di trovarmi davanti Kai da un momento all’altro, ma in quel momento non mi importava di avere uno scontro/incontro con lui. Nulla poteva smorzare il mio buonumore.
Incontrammo anche mio nonno, che salutai con un abbraccio. Salutò i miei amici e ci fece un grosso in bocca al lupo, lasciandoci soli per sbrigare le ultime direttive prima della gara. Mi disse anche che doveva andare a fare incontro ad un ragazzo cinese, ma lì per lì non badai alle sue parole e feci spallucce.
Quando arrivammo di fronte ai fogli dei gironi scoprimmo che Max era nel girone A, insieme ad alcuni ragazzi che non conoscevamo.
Per ironia della sorte, il prof Kappa era finito nel girone B con Kai. Quando ci girammo per osservarlo era diventato dello stesso colore della sua camicia bianca.
Takao era il terzo a scendere in campo nel girone C, in cui riconoscemmo il nome di alcuni degli Shall-Killer e di Hiruta. Lo vidi fremere di impazienza mentre scorreva i nomi di tutti. Aveva anche un sorrisetto furbastro sulle labbra.
Infine, l’ultima sarei stati io nel girone D, con gente del tutto sconosciuta.
Fine capitolo 8
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben arrivati fin qua! Ho notato che è praticamente passato più di un anno dall’ultimo aggiornamento (sono vergognosa!!), ma mi è tornata la voglia di scrivere e comunque non voglio lasciare incompleta questa storia. Ci tengo troppo. Mi sono presa anche una serata per correggere e sistemare i capitoli precedenti!
In questo capitolo mi sono lasciata andare ad un po’ di malinconia all’inizio, ma poi mi sono divertita a scrivere le scenette tra i quattro protagonisti xD
Come avrete visto, le vicende della storia seguiranno la trama della prima serie, con ovviamente i miei vari cambiamenti ed arricchimenti :D in fondo abbiamo un nuovo personaggio U.U
Non mi dilungo oltre, perché come mio solito sono di fretta xD spero comunque che vi sia piaciuto questo capitolo, o l’idea della storia in generale.
Non so se ci saranno ancora le mie care commentatrici, ma in ogni caso le ringrazio per il sostegno, come ringrazio chi ha messo nel tempo la storia tra le seguite/ricordate. In più spero che voi lettori possiate farmi sapere cosa ne pensate ^^
Un bacione a tutti
A presto!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Una nuova conoscenza ***


Capitolo 9 - Una nuova conoscenza
 
Quando arrivammo nella sezione dedicata ai blader che avrebbero partecipato al torneo per poco non ci prese un colpo. Io e Takao rimanemmo imbambolati ad osservare la marea di ragazzi di tutte le età che c’era all’interno della sala, mentre il prof Kappa se la rideva spensierato. Ci disse che era normale e che molte persone aspiravano al titolo. Ed a quanto pare avevano ragione.
Arrivò anche Max, il ragazzo che, grazie a Takao, avevo conosciuto non molto tempo prima. Era molto simpatico e tutti e quattro andavamo davvero molto d’accordo, per questo decisi di interrompere il moto di tensione che avevo sentito avanzarmi dentro e guardare l’incontro del biondo dalle tribune. Sarebbe stato per me uno svago, ed un modo per capire l’effettivo livello dei vari partecipanti. In più in quella mattina non ero riuscita a parlare con mio nonno, troppo occupato a fare chissà cosa di molto importante. Ci ero rimasta un po’ male, perché era lui che avrebbe dovuto fare il tifo per me oltre che i miei amici. Era stato lui a convincermi del tutto a partecipare, ed era stato contento che io avessi aderito. E poi era stato lui, negli anni, a spronarmi per diventare sempre più forte. Dopo la partenza di Kai ero stata quasi tentata di abbandonare il Beyblade, ma la mia grande passione, unita alla saggezza del nonno, mi hanno sempre spronata a continuare. Ed inoltre era giunto finalmente il momento di far vedere al mio vecchio amico d’infanzia quanto ero diventata brava! Magari, se fossi riuscita a superare le eliminatorie del mio girone, forse mi sarei potuta battere con lui e chiudere tutti i conti in sospeso. E magari, vedendo il mio Star Pegaso in azione, si sarebbe finalmente ricordato di me…
« Dove vai Saya? » Fu la voce di Takao a farmi tornare con i piedi per terra, quando avevo già raggiunto la maniglia della porta.
« Vado a cercare mio nonno. Voglio guardare gli incontri dalle tribune. Venite? » Chiesi poi. Mi sarebbe piaciuto rimanere in compagnia, ma declinarono l’invito dicendo che dovevano ultimare alcune perfezioni su Dragoon. Quindi, facendo spallucce, uscii definitivamente dalla stanza.
Mi serviva stare lontana da tutto quel fracasso infernale. Non ero abituata a tanto cicaleccio, nemmeno a scuola. In fondo, non serve concentrazione prima di un incontro? Era sempre stato quello l’insegnamento di Kai…
Raggiunsi correndo le tribune, scorrendo lo sguardo su ogni lato, cercando di scorgere il volto conosciuto del presidente, ma di lui non c’era nemmeno l’ombra e gli incontri stavano oramai per cominciare. Così, con un sospiro, presi posto nella fila più vicina alle inferriate ed aguzzai lo sguardo. Prima che DjMan desse via all’incontro gridai a pieni polmoni un in bocca al lupo al mio amico, che si voltò nella mia direzione con un sorriso a trentadue denti. In men che non si dica poi, il suo Beyblade fu l’unico rimasto a girare indisturbato nell’arena. Sembrava un gesto così disinvolto per lui, che rimasi a bocca aperta. Iniziavano proprio a piacermi queste sfide, ed inoltre adesso toccava al girone B, quello in cui si sarebbero scontrai Kai ed il prof.
L’attesa fu snervante, tanto che mi ritrovai in piedi, appoggiata direttamente alla ringhiera, con le mani che sudavano a contatto con il ferro. Mi ci ero così aggrappata che forse la paura di cadere dalla troppa tensione iniziava a farsi spazio nella mia mente. Per fortuna non durò molto l’intervallo, probabilmente perché anche il Dj aveva intuito l’ansia che si respirava in quello stadio, ed in più il pubblico si stancava facilmente di attendere.
E così, una mandria di ragazzetti entrò correndo nel salone, posizionandosi attorno allo stadio in attesa. Le uniche due persone che fecero la loro entrata camminando furono proprio i miei due amici, quello nuovo e quello vecchio. Hiwatari camminava con nonchalance per tutto il percorso, con gli occhi che vagavano sul volto di ogni suo avversario, per studiarlo e capire le loro vere potenzialità. Non sembrava minimamente provato dall’impresa che doveva compiere, come se lui fosse stato abituato a battersi con così tanti avversari e, sinceramente, non stentavo a crederlo dopo aver conosciuto gli Shall Killer.
Kappa invece era tutto fuorché rilassato. Probabilmente il dover incontrare subito Kai alle eliminatorie lo aveva un po’ demotivato, ma lo vedevo convinto. Nonostante non avesse ostentato una chissà quale forse negli scontri diretti, lui era un bravissimo stratega e calcolatore, forse non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da un teppista! Volevo dargli fiducia.
Ma la mia fiducia venne stroncata dalla bastardaggine del suo avversario. Il tempo per rimanere in campo era concluso, e se Kai non avesse infierito sul Beyblade di Kappa probabilmente avrebbero entrambi passato il turno. Invece il Bey blu si accanì su quello con la molla, in un attacco degno di nota, spedendolo fuori dal campo e continuando a girare imperterrito nello stadio vuoto, ammutolendo tutti. Avevo avuto la cocente prova che il mio ex migliore amico era diventato fortissimo, e se contiamo anche la spietatezza che lo muoveva faceva quasi venire i brividi. C’erano tantissimi sentimenti contrastanti in me dopo quell’incontro. Vedere Dranzer in azione dopo tutti quegli anni mi aveva emozionato, non potevo negarlo. Ero rimasta con gli occhi fissi sul campo, senza azzardarmi a spostarli di un millimetro per non perdermi nessuna azione, complimentandomi silenziosamente per il suo miglioramento. Ma tutto quello che aveva fatto non mi era andato giù, soprattutto perché sembrava che avesse appena fatto la cosa più normale del mondo. Aveva sbaragliato quasi venti avversari in un batter d’occhio, rompendo addirittura Einstein nella collisione dell’ultimo micidiale attacco, e rimanendo a girare come se fosse stato appena lanciato. Tutto quello era quasi impossibile! L’impresa appena effettuata da Kai aveva dall’inverosimile, nonostante fosse accaduta proprio sotto i miei occhi. Avrei voluto essere con Max e Takao in quel momento, per vedere se anche loro la pensavano come me. Stavo quasi per andarmene dalle tribune, quando scorsi quest’ultimo proprio sul bordo del campo, furente di rabbia.
Con uno scatto felino mi lanciai verso le scale, scendendo rapida per affiancarlo. Sapevo che non avrebbe lasciato andar via Kai senza replicare, e quindi avrei avuto l’occasione di dire anche io la mia. Oppure avrei evitato che finissero a fare a pugni…
Mi aggrappai alla giacca rossa del mio nuovo amico, sperando che mi desse ascolto.
« Non fare gesti avventati, ti supplico! » Sibilai quasi sottovoce vicino al suo orecchio, ma non solo non mi stava ascoltando, non mi stava neanche calcolando. Era rimasto in piedi nel punto in cui si era fermato, con lo sguardo fisso sul volto apatico ed impassibile di Kai, con sulle labbra un ghigno ed il corpo furente di rabbia.
Quest’ultimo stava ripercorrendo la distanza d’entrata, guardando dritto di fronte a sé per fronteggiare lo sguardo del suo rivale. Inoltre, bello tranquillo com’era solito apparire, non si degnò neanche di fermarsi e quindi continuò il suo cammino come se noi non fossimo degni della sua considerazione.
« Hey, fermati! » Gli gridò infatti dietro Takao, liberandosi dalla mia stretta. Iniziò addirittura a gridargli contro, fino a che non vidi il suo braccio alzarsi, pronto a tirargli davvero un pugno.
Per fortuna l’intervento del Professore evitò la catastrofe. Sono sicura che il mio nuovo amico sarebbe finito molto male se il suo avversario avesse reagito alla violenza. Probabilmente lui era abituato alle scorribande per via degli Shall Killer. In fondo, se ne era il capo un motivo doveva esserci stato, e penso che non svolgevano solo lotte clandestine di Beyblade, ma non volli indagare oltre.
Non riuscii a capire cosa si dissero dopo che Kappa bloccò la mano di Takao, ma fui riportata con i piedi per terra da una frase di Kai. Una frase che mi fece male, molto male.
« Tzè, in una competizione così agguerrita fate ancora gli amici. Poveretti, siete patetici. »
Fu come un colpo al cuore, che mi lasciò boccheggiante. Avrei voluto gridargli dietro qualcosa. Avrei voluto chiedergli tra i denti cosa contasse per lui l’amicizia, ma era oramai palese che per lui contasse meno di zero. Quello, oltre al fatto che a continuare il battibecco ci pensò Kinomiya, mi impose di rimanere in silenzio, con gli occhi bassi e furente di rabbia.
Come poteva aver dimenticato tutto? L’amicizia, la spensieratezza, il divertimento. Nulla, Kai Hiwatari era stato svuotato di ogni tipo di sentimento benevolo, e quello mi faceva più male della consapevolezza di non essere più nulla per lui.
A farmi tornare di nuovo con i piedi per terra fu Takao, che incurante delle parole del rivale aveva ripreso a gridargli contro. Tuttavia l’altro non solo non lo ascoltò, ma si dileguò dietro l’angolo del corridoio sparendo dalla nostra vista.
« Takao, lascialo perdere. » Dissi, con una voce così ferita che quasi stentavo a credere che fosse la mia. Credo lo pensarono anche i miei amici, perché si lanciarono uno sguardo complice, calmandosi definitivamente.
« Va tutto bene Saya? » Mi chiese infatti il chiamato in causa, con un sopracciglio alzato. Io annuii solamente, con lo sguardo basso.
« Queste faccende vanno risolte in campo, non c’è altro modo. Dobbiamo vincere i nostri incontri e fargliela pagare una volta per tutte. » Parlai con più vigore e questo convinse i due a non farmi domande, come per esempio sapere perché ci fossi rimasta così male alle parole di Kai. Non ero pronta a svelare tutti i miei trascorsi con lui. Almeno fino a che non riuscivo a capire se veramente lui si ricordava dei momenti passati con me oppure no.
« Giusto! » Dissero all’unisono Kappa ed il fedele compagno, iniziando a ridere. Un po’ mi fecero tornare il buonumore, ma avevo bisogno di allontanarmi da lì.
Decisi quindi di dileguarmi di nuovo sulle tribune, facendo un’imbocca al lupo a Takao per l’incontro che avrebbe dovuto disputare da lì a qualche minuto, iniziando a correre verso le scale che poco prima avevo sceso con lo stesso fervore.
Non mi presi la briga nemmeno di guardare chi ci fosse, convinta che tanto fossero tutti presi dalla prossima battaglia. Mi sedetti in un posto vuoto delle prime file ed attesi a braccia conserte e gli occhi bassi l’inizio del mach, ritrovandomi invece a pensare e ripensare all’accaduto. Ripensavo a Kai ed al suo modo brusco di liquidarci, alle sue parole taglienti ed ai miei nuovi amici. Dovevo essere felice di averne trovati di nuovi, appassionati di Beyblade e che, a differenza dell’amico che avrei voluto riavere, mi volevano davvero bene. Avevo una tensione addosso per via anche dell’incontro che avrei dovuto disputare dopo il mio amico, che se non avessi avuto un briciolo di autocontrollo sarei scoppiata a piangere a dirotto per il nervoso.
Per fortuna la voce inconfondibile di mio nonno mi dette modo di ricacciare indietro ogni pensiero deleterio e mi fece spostare lo sguardo nelle file più alte delle tribune, dove era seduto insieme ad un ragazzo che non avevo mai visto.
Perché mio nonno era insieme a lui?
Presa dalla curiosità mi alzai con un sopracciglio alzato, raggiungendolo.
« Nonno, dov’eri finito? È da prima che iniziassero gli incontri che ti cerco. » Gli dissi con le mani sui fianchi, lanciando qualche occhiata furtiva al tizio misterioso, che non ci stava minimamente ascoltando. E non solo. La sua attenzione non era rivolta nemmeno allo stadio. Se ne stava seduto sulla poltroncina con braccia e gambe incrociate, il volto rivolto verso il pavimento e gli occhi chiusi.
« Sono andato incontro a lui. È arrivato questa mattina. » Mi rispose, indicandomi finalmente il moro accanto a lui.
Osservandolo bene notai che indossava un tipico vestito cinese, una fascia rossa che gli alzava i ciuffi di capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi ed il resto di essi erano serrati dentro una lunga fascia di tessuto che gli ricadeva dietro la schiena. Era molto, molto strano, anche se da quella posizione non riuscivo a vederlo bene in volto e non potei definire la sua età.
« Ti presento Rei Kon. Sotto una mia specifica richiesta parteciperà al torneo. » Ridacchiò infine e cosa ci trovasse di tanto divertente ancora dovevo capirlo. Probabilmente per mio nonno doveva essere un’abile blader se lo aveva scrutinato lui stesso.
Fu in quel momento che finalmente il ragazzo si decise ad alzare la testa verso di me, forse più per non andare contro colui che lo aveva portato fin lì che per semplice curiosità. Mi sembrava parecchio annoiato, ma quando aprì gli occhi mi sentii avvampare. Mi aveva penetrato con uno sguardo ambrato, così enigmatico come se volesse scrutarmi fin nel profondo.
« Piacere Rei. » Dissi, cercando di riprendere un contegno e non dimenticando le buone maniere. Allungai una mano verso di lui, che scetticamente prese nella sua continuando a guardarmi.
« Rei, ti presento Saya. Mia nipote. » Continuò le presentazioni mio nonno ed a quella frase ebbi la totale attenzione del ragazzo di fronte a me, e che non sembrava avere più della mia stessa età.
« Finalmente ti conosco. È da quando sono arrivato che non fa che parlarmi di te. » La sua voce era divertita ed il sorriso che gli era apparso in volto lasciava scoperti i canini leggermente appuntiti, che gli davano un’aria davvero particolare ai miei occhi. Ne rimasi ammaliata, fino a ritrovarmi ad arrossire di nuovo. Come mio nonno, che per l’imbarazzo di quella frase si ritrovò a ridacchiare.
« Ehm, immagino. » Ridacchiai anche io, lasciando definitivamente il calore della mano del ragazzo. « Come mai hai deciso di partecipare a questo torneo nazionale? » Chiesi, cercando di instaurare una conversazione normale e civile, e saziando anche un po’ di curiosità personale.
Lui fece spallucce, assumendo un’aria fin troppo sicura di sé.
« Voglio girare il mondo e battere tutti gli avversari che trovo sul mio cammino. Voglio diventare il numero uno! » Finì con un sorrisetto ilare, che mi fece alzare leggermente gli occhi al cielo.
Ecco un altro eccentrico come Kai Hiwatari! Come mai tutti i Blader combattevano solamente per arrivare in alto? Il che non era sbagliato, ma non si combatteva anche per passione e divertimento? O forse ero io che mi lasciavo sempre andare in sentimentalismi ed emozioni…
« E tu? Cos’ha spinto una ragazza ad iscriversi al torneo? » Mi chiese di botto, con un sorrisetto furbo.
Non mi stava prendendo sul serio?
« Il valore di un blader non è dettato dal suo sesso. Femmina o maschio che importa, l’importante è che ci sappia fare! » Dissi con una smorfia, imbronciandomi leggermente. Spostai anche lo sguardo su mio nonno, sperando nella sua complicità, e lo vidi aprirsi in un sorriso soddisfatto per quel che aveva appena sentito. L’unica cosa è che non ci stava minimamente guardando.
« Certo che no. » Continuò Rei, mantenendo lo stesso sorrisetto divertito di poco prima. « È in campo che si vede il valore di un blader. » Concluse, sciogliendo le braccia conserte e poggiandole sul bordo dello schienale della sua poltrona, assumendo una posizione più comoda per osservarmi dritta negli occhi.
« Cosa vorresti insinuare con questo? » Continuai la mia ispezione, questa volta impettendomi.
« Che per dimostrare di essere forte dovrai provare a battermi. » Continuò a ridacchiare, non prendendomi minimamente sul serio.
« Mi stai sfidando? » Grugnii fra i denti, ma lui scoppiò in una fragorosa risata.
« Non io, il tabellone. » Fece spallucce, tornando solamente a sorridere sfacciatamente.
« Come? » Chiesi, veramente stufa del suo atteggiamento, ma prima che dicessi qualcosa di cui mi sarei pentita, lui prese di nuovo parola.
« Non lo sai? Sono anche io nel girone D. » Scoprì i canini con un ghigno. « E mi dispiace che terminerai la tua scalata di gloria alle eliminatorie. Non hai nessuna speranza di battermi. » Concluse, eclissandosi di nuovo nella posizione in cui era non molti secondi prima.
« Lo vedremo! » Sibilai, incredibilmente minacciosa. « Ci vediamo più tardi nonno. » Fui velenosa anche con lui, che però non scompose la sua risatina divertita. Non so cosa ci trovasse di tanto divertente nell’aver condotto al torneo quell’antipatico, facendomelo addirittura conoscere, ma voltai le spalle e me ne andai sbattendo i piedi sul pavimento. Avevo dimenticato per un attimo l’abbattimento per le parole di Kai o il nervosismo della prossima sfida. Era passato tutto in secondo piano dopo aver conosciuto Rei Kon! In più dovevo dare fondo a tutta la mia forza e tutte le mie abilità di Blader per riuscire a sconfiggerlo. Dovevo mettere in pratica tutti i vecchi e nuovi insegnamenti. Dovevo lasciare di stucco il mio vecchio amico, che evidentemente era un altro indelicato che non mi prendeva sul serio, ed il mio nuovo rivale, che a quanto pareva era della stessa opinione.
Quando entrai come un tornado in corsa nella stanza dei blader, avevo un’aria talmente adirata che Max, Takao ed il Prof Kappa, che stava dando delle delucidazioni all’amico in vista della sfida, ammutolirono di colpo. Inoltre non sfuggì loro il repentino cambiamento nel mio stato d’animo. Li avevo lasciati non molto tempo prima con un’aria incredibilmente abbattuta, ed in quel momento ero tornata con un diavolo per capelli. Si guardarono per un breve istante in cerca di appoggio, ma la loro attenzione tornò su di me quando mi sedetti sbattendo i pugni sulla panca.
« Che succede? » Chiese Max, ma la sua domanda era rivolta ai ragazzi che, in risposta, abbozzarono un’alzata di spalle.
« Probabilmente si è imbattuta in Kai. Quel ragazzo ha il potere di far adirare chiunque gli capiti a tiro… » Provò ad indovinare Takao, ma io lo smentii subito.
« Non ce l’ho con Hiwatari. Ce l’ho con un altro ragazzo, borioso e pieno di sé! » Sibilai tra i denti. « Sono stufa di non essere presa sul serio perché sono una ragazza. Gli farò vedere quello che valgo, oh sì! » Dissi tra i denti, più a me stessa che a loro. Credo che si misero addirittura a guardarmi come se fossi pazza quando mi alzai di scatto ed iniziai a trafficare con i pezzi di ricambio nella mia valigetta, per vedere di migliorare le prestazioni del mio Star Pegaso in vista della prossima manche.
Fine capitolo 9
 

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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati! Oggi mi sono sentita così produttiva che ho “partorito” questo capitolo in una mattinata xD Ovviamente ho cercato di correggere al meglio e mi scuso se ci sono ancora molti errori T.T
Come i capitoli precedenti cerco di rimanere il più fedele possibile alla serie, sperando di non annoiarvi ^^ anche se poi il bello arriverà più avanti eheh
Inoltre ho cercato di mantenere Rei il più IC possibile, esattamente come lo abbiamo trovato all’inizio della prima serie xD Insomma, sembrava l’ombra di Kai (con meno rancore, però la sicurezza nei suoi mezzi e l’incredibile audacia non gli mancava xD). All’inizio devo dire che mi stava leggermente sulle scatole, ma poi si è ripreso (era il mio preferito ai tempi. Non avevo ancora scoperto la magnificenza di Hiwatari *-* xD)
E nulla, spero che questo capitolo vi sia piaciuto <3 Ringrazio quindi tutti i lettori silenziosi giunti fin qua e chi ancora segue questa storia ^^
Un bacione a tutti
A presto! 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - L'incontro con Rei ***


Capitolo 10 - L'incontro con Rei 




 

Mi ripresi dall'arrabbiatura solamente guardando l'incontro di Takao contro gli Shall Killer, nell'incontro del girone C. Tutta la furia provata per Rai Kon era pian piano scemata, lasciando spazio all'impazienza di scendere in campo. Vedere il mio nuovo amico combattere contro quei teppisti mi dette la calma necessaria per analizzare bene la situazione, compreso anche la forza di rilassarmi attendendo l'incontro. Non c'era bisogno di scaldarsi tanto per uno spaccone, né di prendersela per Kai. In fondo avevo i miei nuovi amici su cui contare e che ora erano seduti ai miei fianchi e guardavano insieme a me il trepidante incontro.

Max si esaltava ad ogni attacco di Dragoon, mentre il professor Kappa ci faceva la telecronaca degli avvenimenti analizzati al pc. Confesso che non lo stavo ascoltando, preferivo guardare con i miei occhi ed emozionarmi come se fossi io stessa a battermi con loro. Ed in effetti mi sarebbe piaciuto scendere in campo contro la banda di Kai, così avrei avuto finalmente l'occasione di metterli a tacere io stessa. Mi sentivo in grado di sconfiggerli tutti, solo per far vedere al mio ex amico quanto in realtà io fossi diventata forte, a differenza di quel che poteva pensare solamente perché ero una femmina. Così come lo pensava quell'antipatico cinese, che mio nonno aveva inspiegabilmente condotto al torneo. Se avessi avuto un momento per rimanere sola con lui glielo avrei sicuramente chiesto, oltre al fatto che non si era minimamente scomposto quando aveva iniziato a punzecchiarmi...non che dovevo essere difesa da mio nonno, ero stata perfettamente in grado di gestire la situazione, ma almeno una lamentela o un'occhiataccia la meritava!

Ma, a parte quello, volevo lasciarmi quell'incontro alle spalle e concentrarmi sulle ultime battute del girone C, dove Takao stava inaspettatamente combattendo contro Hiruta, l'antipatico spaccone nesso a tacere da Kai.

« Dragoon è incredibile! » Si emozionò Max, facendo sorridere compiaciuto il prof. In fondo era anche merito suo per averlo costruito!

« Anche il mio incontro sarà così combattuto, non vedo l'ora! » Mi esaltai io, saltellando leggermente sulla poltroncina delle tribune dov'eravamo finiti a vedere l'incontro. Inoltre non ci sarei mai tornata da sola, pur di non imbattermi in altre persone indigeste.

Avevo anche notato che c'era Kai sugli spalti, qualche fila al di sopra di noi, seduto tranquillamente con le gambe e braccia accavallate ad osservare con gli occhi ridotti ad una fessura l'andamento dei suoi seguaci.

Purtroppo per lui erano stati tutti spazzati via dall'astuzia del nostro compagno. Ben gli stava! Così imparava a riporre fiducia in dei buoni a nulla!

Iniziavo davvero a sopprimere i ricordi del Kai bambino e sorridente che ricordavo, comportandomi di conseguenza verso il ragazzo scontroso e sconosciuto con il quale avevamo a che fare. Non sarei rimasta ancora a piangermi addosso perché lui faceva il prepotente. Dovevo farmene una ragione, anche se la speranza che tornasse ad essere il mio migliore amico non era del tutto morta.

« Wow, Takao ha vinto! » Urlò Max, balzando in piedi di scatto ed iniziando a saltellare per richiamare l'attenzione del vincitore. Era fin troppo iperattivo quel biondino, ma alla fine era il suo lato infantile ed impulsivo a renderlo così amichevole.

« Eh? Cosa? » Chiesi io, come se fossi appena uscita da un sogno ad occhi aperti. Il che non era poi del tutto falso, visto che stavo davvero fantasticando senza badare minimamente a cosa stava realmente succedendo in campo...

« Wow, è stata un'azione fantastica! » Commentò anche il professore, talmente emozionato da farmi ridacchiare.

« Sei stato bravissimo! » Mi unii anche io alle grida, nonostante non avessi ben chiaro come avesse fatto a spedire fuori il Beyblade di Hiruta, ma gli aveva dato di nuovo una bella lezione e quello era più importante.

 

Andammo a complimentarsi con lui subito dopo l'incontro, raggiungendolo nella stanza dedicata ai blader, e lo trovammo che si pavoneggiava con i ragazzini del suo girone e che, nonostante avessero perso, avevano riconosciuto in lui un grande campione. Di sicuro Takao amava stare al centro dell'attenzione, quello lo avevo ben capito! E per fortuna a giro non c'era più l'ombra degli Shall Killer, che probabilmente erano andati a piangere da Kai con la coda tra le gambe. Non osavo immaginare come li avrebbe trattati dopo una sconfitta, visto il disumano ceffone che si era beccato Hiruta dopo aver perso la prima volta contro Takao, ma non era una cosa che ci riguardava.

« Wonderful my friend, ti sei guadagnato un posto in semifinale! »

Max andò ad abbracciare il nuovo amico, forse un po' troppo frettolosamente visto che crollarono entrambi sul pavimento, finendo a ridere come due pazzi.

« State attenti, se vi fate male non disputerete proprio un bel niente! » Li ammonì Kappa, usando anche il dito indice puntato per enfatizzare la frase.

Io scoppiai a ridere e forse per quello si accorsero di me, arrivandomi di fronte con un balzo e facendomi quasi strozzare con la mia stessa saliva.

« Ora tocca a te guadagnarti un posto in semifinale! » Mi disse Takao, con un sorriso a trentadue denti.

« Già, non puoi abbandonarci, devi assolutamente qualificarti! All right Saya? » Concluse il biondino, imitando l'espressione del compagno.

Dopo quella frase serrai la mascella e loro notarono subito il mio cambiamento d'umore, finendo per ammutolirsi ed alzare un sopracciglio.

« Tutto chiaro. » Li rassicurai, anche se il mio tono di voce era fin troppo serioso. « Ma ammetto che non sarà facile. Nel mio girone c'è un blader molto meritevole... » Sospirai, ma lasciai la frase in sospeso.

In verità non sapevo quale fosse il reale livello di gioco di Rei, quindi non ero in grado di fare una previsione dell'incontro, ma se era stato davvero mio nonno ad invitarlo a partecipare, probabilmente era un ottimo giocatore. Dovevo stare attenta!

« Oh, non dire sciocchezze! Sono sicuro che ce la farai! » Commentò invece Takao, ilare e sintetico come suo solito.

Avrei voluto avere il suo spiccato ottimismo a volte. Non si faceva fermare ed abbattere da nulla lui!

« Speriamo! » Sorrisi cordiale, solo per non smorzare il buon umore che aveva. La faceva facile lui, che aveva appena vinto con netta superiorità.

« Saya? » Richiamò invece la mia attenzione il prof, e la sua espressione indecifrabile mi preoccupò non poco.

« Non farti impressionare dalla bravura del blader che hai di fronte. Parti dal presupposto che il tuo avversario va battuto, chiunque esso sia. » Finì invece a parlarmi con un sorriso, che ricambiai per cortesia.

« Sicuramente. » Risposi, anche se quello che aveva appena detto lo sapevo benissimo anche io. Non mi stavo facendo prendere dal panico per la possibile bravura di Rei, ma dal nervosismo che tutta quella situazione stava avendo su di me.

Era la mia prima competizione importante e sarei stata sotto gli occhi di moltissime persone, compresi gli sguardi dei miei nuovi amici e di Kai, che sicuramente sarebbe rimasto a guardare l'incontro in un punto indefinito della tribuna, e poi ci sarebbe stato mio nonno, persona che mai avrei voluto disonorare...

Ma la vera domanda era:

“Sarei stata in grado di far fronte alla situazione?”

Ed in un primo momento, senza pensarci sopra, avrei risposto di sì.

« Saya devi andare, DjMan sta chiamando i blader del girone D! »

A farmi tornare con i piedi per terra fu il prof Kappa, che bloccò ogni pensiero logorante che ancora mi vorticava in testa.

« Ops, vado subito! » Dissi, voltandomi di scatto verso la porta, ma una mano mi bloccò il braccio impedendomi di continuare.

Quando mi girai vidi Takao che staccava la presa dal mio polso, sorridendo amorevolmente.

« In bocca al lupo, noi saremo con te! » Mi disse e dovetti far appello a tutto il mio autocontrollo per non far scendere una sola lacrima di commozione.

« Giusto! Saremo sulla tribuna a fare il tifo per te! » Dette man forte Max, dandomi una piccola pacca di incoraggiamento sulla spalla.

« Comunque vada sempre insieme! » Finì il prof, mettendo seriamente a rischio il mio autocontrollo.

Balzai in avanti, afferrandoli tutti e tre tra le braccia, stringendoli in un abbraccio di ringraziamento.

« Grazie ragazzi, siete unici! » Risposi, staccandomi in tempo per correre nella sala dello stadio.


Una volta raggiunta la postazione sopraelevata dell'Arena mi posizionai in mezzo ad alcuni ragazzini, che sembravano molto più agitati di me, e con lo sguardo cercavo di scorgere il colore ambrato degli occhi di Rei.

Lui però arrivò per ultimo, dopo l'esasperato richiamo di DjMan, che probabilmente non vedeva l'ora che finisse questa sfida per potersi finalmente riposare. Era tutto il giorno che vociava come un matto in quel microfono!

« Ed ecco che anche l'ultimo blader è arrivato. Possiamo dare inizio allo scontro di questo girone. Siete tutti in posizione? » Iniziò la sua telecronaca, mentre il cinese, con tutta la sua calma e tranquillità, agganciava il suo beyblade al caricatore.

Io non gli staccai gli occhi di dosso, oramai decretandolo come mio unico rivale. Non erano tutti gli altri a spaventarmi, ero sicura che lui li avrebbe fatti fuori in un nano secondo, giusto per la soddisfazione di avere un incontro diretto con me...

« Tre. »

Portai le braccia avanti nella posizione di lancio, molleggiando sulle gambe che tremavano leggermente.

« Due. »

Alzai gli occhi oltre le braccia, inquadrando il mio rivale fino a fissarlo intensamente sulle palpebre, ancora abbassate dall'espressione fin troppo sicura di sé.

« Uno. »

Alzò finalmente i suoi su di me, penetrandomi con uno sguardo intenso e magnetico. Aveva il solito sorrisetto beffardo, ma il colore dei suoi occhi mi spiazzava tutte le volte.

« Pronti... »

Trattenni il fiato dall'emozione, stringendo la mascella e continuando a sostenere lo sguardo del ragazzo aspettando il fatidico via.

« Lancio! »

Finalmente tirai la corda del caricatore con tutta la forza che sentivo di avere, catapultando il Beyblade nel centro esatto dell'arena, dove alcuni dei Bey avversari stavano arrivando all'assalto.

Non persi altro tempo ad osservare solo i movimenti del mio unico avversario, visto che ne avevo diversi alle calcagna. In più non c'era solamente lui da battere e non potevo rischiare di essere mandata fuori campo da qualcun altro.

Iniziai ad attaccare tutti quelli che trovavo sul mio cammino, mandandoli fuori con un colpo secco.

Io da una parte del campo e Rei dall'altra, ci trovammo non molto tempo dopo ad essere gli unici rimasti in gara, come avevo preventivato.

« Bene, dunque siamo rimasti solo noi. » Ridacchiò lui, portandosi le mani sui fianchi e continuando a guardarmi con un'espressione beffarda sul volto.

« Perché, avevi dubbi? » Chiesi, digrignando i denti per farli capire che non doveva assolutamente sottovalutarmi e, seguendo la linea dei miei pensieri, Star Pegaso reagì di conseguenza, colpendo Driger e facendolo indietreggiare.

« Uh, mi piace la tua determinazione. » Continuò a ridacchiare beffardo, senza però staccarmi gli occhi di dosso. Non era facile seguire l'incontro con quegli occhi indagatori così puntati. Mi sentivo in soggezione, ma sapevo che da una parte dello stadio, tutti i miei amici mi stavano guardando ed io non potevo deluderli.

« Mi stai prendendo in giro? »

Continuai ad attaccarlo, ma nonostante il suo Beyblade indietreggiasse sotto i miei attacchi, lui non sembrava minimamente preoccupato.

“Devo stare calma e concentrarmi. Se il prof Kappa fosse qua mi direbbe di seguire una strategia. Devo studiare il suo gioco.”

Fermai la corsa di Star Pegaso dopo l'ennesimo attacco alla cieca, lasciandolo girare tranquillamente il più lontano possibile dal bordo, spostando l'attenzione sul suo Bey grigio.

Continuavo a sentire il suo sguardo addosso, ma non volli spostare il mio dal campo di gioco. Mi avevano sempre insegnato che una minima distrazione poteva essere fatale ed io non ero così debole da cascarci. Gli anni passati a giocare in coppia con Kai avevano dato i suoi frutti, ed in quel momento avrei sfruttato la mia esperienza a mio favore. Ero sicura che anche lui ne avesse da vendere, visto la sicurezza in sé stesso che ostentava, ma non sarei indietreggiata di fronte ad un avversario temibile. C'era oltretutto la probabilità che perdessi quell'incontro, ma comunque fosse andato, io ne sarei uscita a testa alta, con la sicurezza di aver dato fondo a tutte le mie possibilità!

« No, non ti sto prendendo in giro. » Continuò a ridacchiare. « Dico sul serio, ma resta il fatto che non hai speranze contro di me. »

Scagliò Driger contro il mio Bey con una velocità tale che era riuscito a spiazzarmi ed a mandarmi quasi fuori dal ring.

« Hai ragione sai? » Sibilai in risposta, sciogliendo la posizione nervosa che avevo assunto. Buttai fuori tutta l'aria dai polmoni, abbassando leggermente le spalle ed abbassando lo sguardo sulla rotazione del mio fedele compagno.

« Forse non potrò nulla contro la tua potenza, in fondo come resistenza fisica tu sei nettamente superiore a me. Probabilmente non vengo nemmeno presa in considerazione perché sono una ragazza... » Lasciai per un momento la frase in sospeso, alzando appena lo sguardo su di lui.

« Ma di una cosa puoi stare certo Rei. » Aumentai l'intensità della voce e mi feci più sicura di me.

« Prima di essere una ragazzina io sono una Blader, e come tale ho lo stesso tuo valore e quello di molti altri. Mi sono allenata anni per arrivare dove sono ed ho sofferto per arrivare a vincere le mie battaglie. Io non smetto di combattere perché il mio avversario sbruffone mi dice che non ho speranze. La partita è persa solo quando ti arrendi!* »

Mi resi conto di aver alzato di qualche ottava la voce, pietrificando l'intero stadio per qualche secondo, fino a che non sentii le voci di Max, Takao ed il prof Kappa che mi urlavano i loro complimenti per la mia determinazione. Perché sì, ero determinata a finire quell'incontro nel miglior modo possibile!

« Allora a quanto pare ho trovato un degno avversario. » Mi rispose il cinese ed, a differenza di pochi attimi prima, il suo sguardo era infiammato dal mio stesso vigore.

« A quanto pare sarà una bella lotta. » Questa volta volli ricambiare il suo sorrisetto beffardo, richiamando Star Pegaso all'azione.

« Quindi è l'attacco definitivo... » Disse Rei, assottigliando lo sguardo verso il campo di gara.

« Vai, attaccalo Star Pegaso! » Lo incitai ad attaccare, rimando con il fiato sospeso ad osservare ogni minimo movimento dei due.

« Contrattaca Driger! » Rispose lui, scoprendo i canini appuntiti con un ringhio.

Ci fu un'enorme boato, generato dalla collisione dei nostri Beyblade, e l'onda d'urto assordante mi costrinse a chiudere gli occhi perdendomi l'esito della gara.

Non riuscii a capire esattamente quello che successe dopo. I miei piedi non stavano più toccando terra ed in pochi secondi, in cui fluttuai in aria come se stessi volando, atterrai poco distante dalla posizione in cui ero, non molto lontano dalle scale che portavano sulla piattaforma. Non era stata una caduta molto delicata, ed in più il mio Beyblade era fermo a terra accanto a me.

“Maledizione!” Imprecai mentalmente per come si erano evolute le cose e per il dolore che sentivo nel punto in cui avevo battuto. Faticavo anche a rimettermi in piedi, ma vidi di fronte a me una mano tesa.

« Avevi ragione sai, ho sbagliato a sottovalutarti... »

Alzai meravigliata lo sguardo sul mio interlocutore, trovando Rei che alzava leggermente le spalle e continuava a porgermi la mano in attesa che io la stringessi.

Mi meravigliò non poco quel gesto, visto che si era dimostrato così scorbutico fin dal primo momento, ma decisi di accogliere la sua richiesta con un piccolo sorriso impacciato. Mi aveva un po' spiazzata il suo comportamento, ma decisi di non darlo troppo a vedere.

« È stato un bell'incontro. » Mi disse infine, dopo avermi aiutata a rialzare e porgendomi il mio Star Pegaso, che aveva precedentemente raccolto per non farmi abbassare.

« Si, è stato emozionante. Ma alla fine le tue previsioni erano esatte, visto? Hai passato il turno. » Commentai con una smorfia ma lui scoppiò a ridere.

« Già. » Infiammò lo sguardo compiaciuto per un istante. « Ma sono contento di non aver vinto con facilità... » Finì, aiutandomi a scendere i gradini sotto la telecronaca di DjMan, che non ascoltai minimamente, e sotto gli applausi emozionati del pubblico.

« Ed io di aver perso con onore. » Gli risposi con un sospiro, anche se avevo ancora sulle labbra un sorriso soddisfatto. In fondo era vero. Avevo perso, ma ne ero uscita a testa alta e gli applausi del pubblico ne erano la conferma. Avevamo dato loro uno spettacolo di cui andare fieri.

In più ero assolutamente certa che mi averebbe lasciata andare una volta raggiunto il pavimento, invece continuava a sorreggermi da un fianco per aiutarmi a camminare. Mi stringeva a sé come se non voleva assolutamente lasciarmi andare e quella sua costante vicinanza, stretta in un goffo abbraccio, mi fece arrossire violentemente.

« Ti accompagno da tuo nonno. » Mi disse solamente, voltandosi però nella direzione opposta alla mia. Lì per lì non ne intuii il motivo, ma quando spostai lo sguardo nel punto in cui guardava mi fu finalmente chiaro.

Sugli spalti, proprio sopra di noi, Takao lo stava guardando con un ringhio feroce. Non capii se il motivo ero io o la semifinale che avrebbe dovuto combattere contro di lui. Fatto sta che mi sentii rimpicciolire in mezzo a quegli sguardi taglienti.

Fine capitolo 10



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Colei che scrive :

Ok, in due giorni sono stata davvero produttiva xD in più sto aggiornando dal cellulare perché mi sto praticamente annoiando fuori casa T.T ho il turno di volontariato e fino a che qualcuno non chiama non ho nulla da fare xD mi sono corretta sal touch le probabili schifezze che ho scritto ed eccomi qua xD

La nostra Saya inizia a sentirsi attratta dal bel cinese ehehe come darle torto :P

Finisco ringraziando chi ancora segue la storia, i recensori ed i lettori silenziosi che attendono i miei aggiornamenti ❤️

Un bacione a tutti

Alla prossima

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Max Vs Kai/Takao Vs Rei ***


Capitolo 11 - Max Vs Kai/Takao Vs Rei

 

Rimasi a guardare l'incontro tra Kai e Max nella sala d'attesa dei blader, dove uno schermo attaccato al muro rimandava le immagini della sfida. Per fortuna c'era anche l'audio e la telecronaca immancabile di DjMan rompeva il silenzio.
Non c'era rimasto più nessuno nella stanza, visto che oramai le sfide si erano ridotte alle semifinali. A parte Rei, Takao, Max e Kai che stavano combattendo non c'era più nessuno a dover scendere in campo.
Ero seduta su una panca, che il cinese aveva avvicinato davanti alla tv, e lui si era affiancato a me senza dare cenni di impazienza. Inoltre non c'era più la superiorità che aveva ostentato prima della nostra sfida. Non aveva più lo sguardo beffardo che gli avevo visto fare sugli spalti. O almeno non con me. Ero convinta che il conto in sospeso che aveva con Takao lo avrebbe regolato in campo. Non ero sicura che il mio amico avesse mandato giù il fatto che fossi stata accompagnata fuori dal campo di gioco proprio da lui, che aveva ricambiato la sua occhiata con fin troppa spavalderia. Conoscendo il mio nuovo amico, gliel'avrebbe fatta nettamente pagare. Inoltre non ero più così tanto sicura che riuscisse a battere un campione come Rei, e non perché non ci ero riuscita io stessa, ma proprio perché era incredibilmente forte. Aveva una padronanza del suo Beyblade e del campo di gioco che avevo visto in pochissimi blader. Si vedeva lontano un miglio che non era uno sprovveduto.
E poi ero convinta che Takao ed il prof Kappa fossero in tribuna ad osservare la tanto attesa sfida tra Max e Kai, ed il professore sarebbe stato lì a filmare tutto il match per recuperare informazioni utili.
« Niente male il tuo amico! » Mi disse Rei di punto in bianco, facendomi sussultare. Inoltre rimasi interdetta dalla sua presa di parole, perché lì per lì non riuscii a capire a chi si riferisse. A Max o a Kai? Ma, ovviamente lui non poteva sapere del passato che mi accomunava a quest'ultimo...
« Il biondino. » Mi spiegò infatti, dissipando ogni mio dubbio.
« Si, è molto bravo! » Risposi risoluta, spostando leggermente lo sguardo sul suo profilo. Lui non si era neanche preso la briga di staccare gli occhi dallo schermo. Mi sembrava il prof K con il suo pc!
« Anche se Kai mi sembra molto agguerrito. Devo osservare questa sfida il più possibile, perché potrei trovarmi di fronte uno dei due in finale! » Disse ridacchiando, continuando a non degnarmi di attenzione. Io dal canto mio gonfiai le guance in una smorfia di contraddizione.
« Ma è anche possibile che ti guarderai la finale dalle tribune... » Dissi, portando le braccia al petto e parlando con tono fiero.
Lui scoppiò a ridere ed ecco di nuovo la sua espressione fin troppo sicura di sé.
« Io non credo... Hai combattuto contro di me, dovresti aver capito che sono molto forte. » Fece spallucce, guardandomi con il pelo dell'occhio.
« Certo, sei molto forte...ma ti ricordo che non mi hai battuto così tanto facilmente. Quindi non dovresti sottovalutare troppo i tuoi avversari. E poi conosco Takao, lui potrebbe darti del filo da torcere. Anzi, addirittura metterti a tacere! » Gli dissi beffarda ma lui non si scompose. Alzò gli angoli della bocca in su ed assunse la posizione che aveva sugli spalti, con le gambe incrociate sulla panca e le braccia incrociate al petto, mentre osservava l'andamento dell'incontro dallo schermo della tv.
« Uh guarda, il primo incontro lo ha vinto quello strano tizio! » Inaspettatamente cambiò argomento, costringendomi a seguire l'incontro, ed in effetti notai che aveva ragione. Il Beyblade di Max era fuori dal campo di gioco, mentre Dranzer continuava a girare imperterrito nel piano rialzato dello stadio come se nulla fosse successo.
« Dovrò stare molto attento a quell'individuo. » Ragionò Rei a bassa voce, parlando più a sé stesso che a me.
« Oh sì, lui si che potrebbe darti del filo da torcere! » Gli risposi, nonostante non fossi stata chiamata in causa. Per quanto maledetto fosse stato, Kai era comunque un avversario molto valido e devo dire che non mi sarebbe dispiaciuto vedere la finale svolgersi tra lui e Rei. Sicuramente sarebbe stata una sfida degna di questo nome. E poi, a discapito di quel che pensavo del mio vecchio amico, non mi sarebbe dispiaciuto che battesse il cinese una volta per tutte, giusto per fargli abbassare un po' le penne.
« Allora devo solo sperare che batta il biondo ed io l'altro tuo amico. » Ridacchiò, ma di certo non sarebbe riuscito a zittirmi!
« Guarda che anche Max non è uno sprovveduto, esattamente come Takao. Io sono sicura che può farcela, anche se ha perso il primo incontro... » Gli dissi chiaramente, ma lui fece spallucce.
« Vedremo... » E così dicendo si fece ancora più curioso nell'osservare l'andamento della sfida.
Oramai non mi restava che starmene buona e zitta al mio posto, cercando di fare il tifo per il mio nuovo amico. Anche a quello vecchio, così come a Rei, non avrebbe fatto male una bella vittoria schiacciante da parte del suo avversario. Giusto per far capire loro che non dovevano sentirsi per forza al centro del mondo...
Nessuno dei due osò dire più nulla, nemmeno dopo la vittoria di Max nel secondo turno. Mi ritrovai ad essere felice per lui, sorridendo soddisfatta con le mani in segno di preghiera. Speravo davvero che vincesse anche il terzo match, ma Kai sembrava fin troppo sicuro di sé. Anche perché, quando venne inquadrato, Max era inginocchiato a terra.
« Ma cosa gli è successo? » Chiesi preoccupata, perché sicuramente mi ero persa qualche passaggio per colpa della mia mente troppo presa dai pensieri.
« Gli si è rotto il bit chip, ma a quanto pare ha risolto. » Mi mise al corrente il cinese, facendomi alzare gli occhi sullo schermo, in tempo per vedere Max reggere fieramente in mano il suo Bey.
« Meno male. » Sospirai, osservando i due lanciare nello stesso istante dopo il via di DjMan. Mi accorsi anche di aver smesso di respirare dall'emozione di quella sfida. Sarebbe stata quella decisiva. Uno dei sue sarebbe andato sicuramente in finale!
E quello fu Kai.
Purtroppo per Max il suo avversario lo aveva sconfitto, riuscendo così nella sua impresa. In fondo non era stata intenzione del mio ex migliore amico quello di sconfiggere tutti?
Però, per quanto fossi sotto sotto contenta nell'aver potuto rivedere di nuovo Dranzer in azione, ero triste per l'americano. Anche lui si meritava un posto in finale.
« Bene, quello strano tizio ha vinto. Adesso non mi resta che sconfiggere il mio avversario. »
Finalmente Rei si decise a spostare lo sguardo ambrato su di me, bloccandomi di nuovo sul posto. Aveva uno sguardo davvero magnetico, nonostante la sua incredibile modestia smisurata, che lo rendeva un po' troppo antipatico per i miei gusti.
« Fossi in te non sottovaluterei Takao... » Lo avvisai con un sorrisetto beffardo, ma lui si limitò a sorridere con la mia stessa espressione.
« Vedremo... » Lasciò la frase in sospeso, alzandosi di scatto dalla panca.
« Riesci a camminare? » Mi chiese poi, prendendomi alla sprovvista e porgendomi una mano. Io lo guardai con un sopracciglio alzato, ma capii che era stato un gesto altruista. Come mi aveva portata in quella stanza, probabilmente voleva accompagnarmi fuori. Non voleva lasciarmi lì da sola ed io non volevo rimanerci, così mi feci guidare. Per fortuna riuscii a camminare con le mie gambe. Quei minuti di pausa mi avevano dato sollievo.

 

 

Il secondo incontro di semifinale, il giorno dopo, lo osservai dalle tribune insieme a Max, il padre di Max e mio nonno. Del professor Kappa non c'era nemmeno l'ombra. Quando lo chiesi al mio amico biondo mi disse che non lo aveva più visto dal giorno prima. Sperai almeno che non gli fosse successo nulla. L'ultima volta lo avevano rapito gli Shall Killer, facendoci prendere un colpo. L'ultima cosa che ci serviva in quegli attimi già abbastanza pesanti era un'altra sparizione.
Mi resi conto di essere anche abbastanza tesa mentre osservavo Takao e Rei, uno di fronte all'altro sull'arena. DjMan sproloquiava a vanvera sulla potenza dei due e della sfida che da un momento all'altro avremmo assistito. Io non lo stavo ascoltando. Avevo lo sguardo fisso sul mio amico, sperando che non si facesse prendere dall'ansia della semifinale. Era forte, io lo sapevo, e lo sapeva anche lui. Il problema sarebbe stata l'antipatia che sentiva verso il cinese...
« Forza Takao! » Mi ritrovai a dire, quasi sottovoce, ma venni sentita da Max. che mi prese una mano nella sua e mi osservò con trepidazione.
« Lui è forte, ce la farà! E poi ci siamo noi a fare il tifo per lui! » Mi sorrise e volli davvero crederci, ma non mi sembrava molto tranquillo. Dalla sua posizione lo vedevo spostare convulsamente lo sguardo a destra e sinistra. Lì per lì non riuscii a capirne il motivo, ma poi ci arrivai per esclusione.
« Sta cercando il Prof! » Ammisi lamentosa, davvero preoccupata.
« In effetti è strano che non sia qua a fare il tifo per lui, ma sono sicuro che avrà un motivo più che valido! » Continuò a sorridermi ed io provai a rilassarmi, ma rimasi in tensione tutto il tempo. Soprattutto quando DjMan dette il via all'incontro.
Il primo match era stato quasi a senso unico. Per quanto Takao cercò di difendersi, fu travolto dalla furia di Driger, il Beyblade di Rei. Era durato così poco che non riuscimmo a capire cosa fosse successo. L'artiglio di Tigre aveva danneggiato pesantemente Dragoon e lo capii dal fatto che Takao era inginocchiato a terra con il suo Bey in mano. La sua espressione, in un misto tra il furente e l'amareggiato, non mi era passata inosservata. Inoltre lo strano fenomeno a cui avevo già assistito nel sui incontro con Kai, nel covo degli Shall Killer, si era manifestato di nuovo. Probabilmente anche Rei poteva contare sul Bit Power.
Per fortuna a tirare fuori dai guai Takao ci pensò il Prof, arrivato tutto trafelato da chissà dove. Chiamò il ragazzo per riparare Dragoon, lasciandoci tutti in attesa. Anche Rei, che rimase impalato in mezzo al campo di gioco con un sorrisetto fin troppo sicuro di sé. Sembrava come se non gliene fregasse nulla delle riparazioni del Beyblade avversario, tanto era convinto di vincere anche quell'incontro.
« Ce la faranno! » Mi ridisse Max, ma il suo sguardo era tutto concentrato sul cinese.
« Certo! » Risposi, cercando anche di convincermi.
« Dì un po' Saya. » Mi disse invece dopo qualche secondo, avvicinandosi al mio orecchio per non farsi sentire da nessuno. « Come mai ti sei allontanata con lui ieri? » Continuò, facendomi arrossire violentemente, ma la sua espressione non era divertita. Contrariamente a quello che avrei potuto pensare era molto serio.
« È stato molto gentile ad accompagnarmi nella sala d'attesa dei Blader. » Mi affrettai a mettere in chiaro, parlando il più soavemente possibile. Non avrei voluto far sentire a mio nonno le mie vicissitudini. Inoltre, nonostante fosse un ragazzo davvero scostante, Rei era molto attraente. I suoi occhi ambrati avevano il potere di bloccarmi sul posto ogni volta che li posava su di me,
« Capisco... Ho anche capito che è un blader molto valido. Non ho mai sentito parlare di lui, ma è chiaro che il mondo è pieno di ragazzi fortissimi! » Finalmente sul suo volto riapparve un sorriso ed io potei tirare un sospiro di sollievo. Non ero pronta al terzo grado dei miei amici. Già avevo taciuto sulle vicende che mi accomunavano a Kai. Non avrei voluto avere altri segreti con loro ma non potevo certo dire che mi sentivo attirata dal bel cinese. Non ero in grado nemmeno di ammetterlo a me stessa, visto che la sua estrema sicurezza in sé stesso mi mandava in bestia.
« Uh, sono tornati! » Sentii Max agitarsi, indicando il corridoio che portava all'arena.
Quando alzai lo sguardo vidi Takao ed il Prof che camminavano con un sorriso soddisfatto stampato sul volto ed il mio amico reggeva in mano un nuovissimo Dragoon.
« Ce l'hanno fatta! » Ammisi, lasciandomi andare sullo schienale della poltrona.
Il secondo incontro iniziò lasciandoci tutti col fiato sospeso. Fu combattutissimo e Takao aveva ritrovato la sua fantastica sicurezza ed il suo ingegno. Era un blader imprevedibile ed ingegnoso e forse fu questo fattore a lasciare un po' interdetto e meravigliato Rei, che comunque non si dette per vinto.
Io mi ero ritrovata in poco tempo a stare seduta sulla punta della poltroncina, tutta sporta in avanti per riuscire a vedere meglio l'incontro, con Max accanto a me che osservava attento tutto ciò che stava succedendo, facendo quasi la telecronaca sotto il Dj. Avrei voluto dirgli di stare zitto, ma non riuscii a proferire una sola parola.
L'incontro si chiuse con la spettacolare vittoria di Takao, che gioì non poco insieme al Prof per il lavoro svolto sul Beyblade.
Quello però che meravigliò tutta la platea fu i ritiro di Rei. Meravigliò anche me, perché non mi sarei mai aspettata quella dimissione improvvisa. Era stato così risoluto a battersi nella finale e sconfiggere chiunque si trovasse sul suo cammino solo il giorno prima...
« Max andiamo giù! » Dissi all'improvviso, prendendo il biondino per un braccio e tirandolo dietro di me per tutte le scale.
Arrivammo nell'arena che Rei stava spiegando le sue motivazioni e cioè che oramai aveva dato fondo a tutte le sue carte in quell'incontro e non aveva più nulla da mostrare. Quindi, visto che era stato battuto nonostante avesse usato tutte le energie, probabilmente il terzo incontro sarebbe stata a fotocopia del secondo.
Però sembrava essere diventato un'altra persona. Aveva stretto la mano a Takao e sorridevano tranquillamente, come se fossero amici di vecchia data.
« Ciao Saya. » Mi salutò dopo che arrivai come un treno in corsa, sorridendo come mai lo avevo visto fare in quei giorni, facendomi di nuovo arrossire.
« Ciao Rei. » Gli risposi, cercando di non farmi vedere agitata. Non volevo che capisse il mio stato d'animo, quindi spostai lo sguardo da un'altra parte per cercare di riprendere un contegno, ma quando alzai gli occhi sulle tribune incrociai uno sguardo di fuoco.
Kai era in piedi vicino alle porte d'uscita e mi stava osservando con le braccia incrociate sul petto. Sentivo i suoi occhi ametista addosso ma non volli spostare lo sguardo da lui. Mi feci anche più risoluta e gli ricambiai uno sguardo con la mascella tirata. Avrei voluto dirgli di non sottovalutare Takao nella finale, perché com'era stato in grado di battere uno come Rei non avrebbe avuto remore a battere anche lui. Ma senza dire o fare altro si voltò, facendo frusciare la lunga sciarpa bianca, dileguandosi oltre la porta.
« Saya? » Fu la voce di Takao a farmi tornare con i piedi a terra, Inoltre aveva un tono preoccupato.
« Si? » Mi voltai di scatto con un sorrisetto tirato. Sperai che nessuno avesse visto quello scambio di sguardi tra me ed il mio ex amico, ma sembrava che le mie speranze fossero state esaurite. Mi stavano guardando tutti con un sopracciglio alzato, ma nessuno osò chiedere nulla. Se anche avessero visto qualcosa, almeno erano stati discreti da non impicciarsi. E mi stette bene così. Un giorno avrei parlato loro di tutto il mio passato, ma non ne avevo ancora il coraggio. Non che non mi fidassi di loro, ma non volevo che le mie parole influissero sull'andamento della finale.
« Vieni con noi? » Mi chiese il Prof, indicando il corridoio dietro di noi.
Io annuii spostando lo sguardo su Rei, che mi stava ancora sorridendo.
Ricambiai lo sguardo ed annuii, affiancandomi al nuovo arrivato e seguendoli fuori dall'arena.
Fine capitolo 11

 

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Colei che scrive:

Ma salve a tutti e ben trovati in questo capitolo. Ho voluto aggiornare prima di natale per spedire il pc dal “dottore” xD ha bisogno di una bella ripulita quindi in questi giorni di festa lo “abbandono” alle cure di mio padre xD

Spero di non aver lasciato troppi errori dovuti alla fretta T.T

Pian piano arriviamo al momento di partire per il campionato mondiale di Beyblade ehehe e quasi sicuramente ne vedremo delle belle :3 la nostra Saya si sente attratta dal bel Cinese ma ha ancora in testa Kai, non riuscendo a dare un nome ai sentimenti che prova per lui. Chissà se riuscirà a fare chiarezza...

Ringrazio i recensori, vecchi e nuovi <3 e tutti i lettori silenziosi che aspettano sempre un aggiornamento <3

In più vi faccio i miei più cari auguri di Buon Natale!

Un bacione

alla prossima!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - La finale nazionale ***


Capitolo 12 - La finale nazionale
 
 
Seguii i miei amici fino alle tribune, dove ad aspettarci c’erano il nonno di Takao, il mio ed il padre di Max. Ci sedemmo tutti nei posti che ci avevano tenuto e, nervosamente, attendemmo l’inizio della finale.
Io per prima non riuscivo a stare ferma e composta al mio posto. Nei minuti di vuoto che precedevano lo scontro mi ero già mangiata un’unghia e fatto venire quasi un rasta ad una ciocca di capelli a forza di torcerla attorno alle dita. Avevo già assistito ad uno scontro tra Takao e Kai, ma non uno importante come quello! Avrebbero combattuto di fronte ad uno stadio, di fronte ad una numerosa folla di persone e sono sicura che l’emozione avrebbe giocato loro qualche scherzo. Non che Hiwatari fosse mai stato tipo da farsi problemi a battersi di fronte ad un pubblico. Ma Takao? Si era dimostrato forte ed incredibilmente combattivo negli scontri precedenti, ma non erano importanti quando quello. Chi dei due avesse vinto sarebbe diventato campione nazionale! Direi che un po’ mi dispiaceva di non essere riuscita a battere Rei, in quel momento seduto vicino a me, ed essere stata costretta ad abbandonare la competizione. Sognavo ancora di potermi battere con il mio vecchio amico d’infanzia. Non ero ancora riuscita a fargli vedere tutto il mio potenziale. La sfida con il ragazzo cinese era stata combattuta da entrambe le fazioni, ma non ero riuscita a tirare fuori tutto il mio spirito combattivo.
« Pensierosa? » Mi chiese infatti il moro, dopo avermi vista battere nervosamente a terra il tallone. Non ero mai riuscita a nascondere i miei stati d’animo. Ero troppo un libro aperto. Sentii anche ridacchiare mio nonno nella fila dietro di noi, ma cercai di non farci troppo caso.
« Un po’. » Ammisi sinceramente. « Stavo pensando che mi sarebbe piaciuto battermi nella finale… » Lasciai la frase in sospeso, spostando lo sguardo sul ragazzo dalle iridi ambrate.
Lui dal canto suo sospirò divertito, senza però staccarmi gli occhi di dosso.
« Anche a me sarebbe piaciuto, come a tutti noi. » Ridacchiò. « Ma sono comunque contento che sia andata così. » Finì poi ed io in un primo momento non riuscii a comprendere quell’affermazione.
Troncai così la conversazione, spostando la mia attenzione al campo di gara.
 
Quando finalmente Dj Man fece la sua entrata in scena, seguito dalle acclamazioni del pubblico, il mio cuore iniziò a battere all’impazzata. Sapevo che da lì a poco lo spettacolo sarebbe iniziato e non vedevo davvero l’ora. Mi sembrava di aver passato ore seduta su quelle tribune, con Rei che mi guardava curioso, mio nonno che ridacchiava nel vedermi così agitata, il prof che continuava a rovistare nel suo portatile e Max che cercava sempre la sua attenzione.
Anche Takao e Kai dopo la sua chiamata entrarono in scena, squadrandosi come mai avevano fatto nelle volte precedenti. Probabilmente sentivano la tensione, ma nessuno dei due si era sporto a guardarci. Continuavano a squadrarsi, come se all’interno dello stadio ci fossero stati solo loro. C’erano incitamenti da parte del pubblico, soprattutto per Takao, che davano per favorito, ma sembrava che all’altro non facessero né caldo né freddo. Io mi sedetti in punta, sporgendomi per poter riuscire a guardare meglio, e credo che il mio gesto non passò inosservato a nessuno.
« Ce la farà… » Disse il professor Kappa, rivolgendomi la parola dopo aver distolto lo sguardo dallo schermo del suo amato pc. Non riuscii a capire in un primo momento a chi si riferisse, ma dopo essere stata strappata dai miei pensieri capii che si riferiva al nostro comune amico.
« Certo. » Gli sorrisi, ma era anche vero che poteva essere Kai a soffiargli la vittoria. In fondo aveva dimostrato il sangue freddo necessario per avanzare fino alla finale, affrontando le sue sfide come un grande campione. Aveva addirittura battuto Max con una calma strabiliante. Si vedeva da lontano un miglio la sicurezza di sé che ostentava e quella era una cosa che aveva sempre avuto. In quello riconoscevo il mio vecchio amico e la mia mente mi riportò alla sua immagine di ragazzino nei nostri giorni felici.
Hiwatari però perse clamorosamente il match, lasciandomi incredibilmente basita. La velocità con la quale Takao lo aveva scaraventato letteralmente addosso alle inferriate che costeggiavano il campo di gara era stata disarmante. Non era da Kai perdere così senza combattere, vista la sicurezza che dimostrava ad ogni sua sfida. Qualcosa mi disse che aveva qualcosa in mente, ma non ero sicura se dirlo al prof Kappa, in modo che elaborasse una strategia da gridare a Takao, oppure farmi i cavoli miei.
Voltai però lo sguardo in direzione di Rei, per vedere la sua reazione. Stava osservando a braccia conserte Kai, con un’espressione fin troppo pensierosa. Forse aveva avuto il mio stesso pensiero, ma non volli indagare. Non avevo intenzione di perdermi un solo secondo in chiacchiere.
Il più incredulo di tutti però fu Takao, che vidi in piedi di fronte al Beyblade stadio con uno sguardo altalenante tra il meravigliato ed il confuso, finendo poi per saltellare dalla gioia dopo che Dj Man annunciò la sua vittoria.
« It’s unbelievable! Non gli ha nemmeno lasciato il tempo di difendersi, è un campione!  » Annunciò Max, all’apice della felicità, seguito poi dal prof.
« Già. Ha imparato a sfruttare nel migliore dei modi il potere di Dragoon. Direi che i due formano una coppia assolutamente perfetta! » Rispose infatti quest’ultimo e vidi Rei aprirsi in un sorriso soddisfatto.
« Takao è fortissimo! » Sorrise in direzione del citato ma io non mi azzardai a dire nulla. Ero felice della vittoria schiacciante di Takao, quello era ovvio, ma c’era una parte nel mio profondo che non riusciva ad essere totalmente soddisfatta di quel risultato. Forse era la parte di me che ancora rimaneva attaccata al ricordo di Kai, ma nonostante quello non riuscii a prendere parte ai festeggiamenti. Inoltre ero estremamente sicura che nel secondo match il mio vecchio amico avrebbe sfoderato tutta la sua potenza. Non era uno sprovveduto, sapeva sfruttare al meglio tutte le potenzialità del campo, come aveva fatto nell’incontro con Max, e quelle del suo Dranzer.
Rimasi ad osservare curiosamente i due, che stavano parlando l’uno di fronte all’altro, ma con il vociare del pubblico non si riusciva a capire cosa stessero dicendo. Vidi anche Kai sorridere, il che faceva presagire che si stava davvero preparando a tirar fuori le unghie. Ed in tutto ciò il Dj attendeva pacificamente che finissero di interloquire, pensando appunto che non fosse una buona idea quella di interferire nel bel mezzo delle loro parole di sfida.
« Fagli vedere chi sei Takao, sconfiggilo! » Si sbracciò Max pur di farsi ascoltare dall’amico, con la sua solita aria tranquilla e felice.
« Nel primo set Takao ha dimostrato senza ombra di dubbio che la sua forza è nettamente superiore a quella di Kai. » Si esaltò anche Kappa, che aveva incredibilmente chiuso il pc e prestato attenzione a ciò che lo circondava. « Sono certo che riuscirà a farsi onore anche nel secondo set. » Concluse infine, facendomi un po’ storcere il labbro. Per fortuna ci pensò nonno Jay a dar voce ai miei pensieri.
« Mi dispiace ma sta sbagliando tutto. » Disse infatti, con lo sguardo rivolto al nipote e le braccia conserte al petto, facendoci voltare tutti nella sua direzione.
« Ho l’impressione che sia diventato arrogante e sicuro di sé. » Iniziò, assottigliando leggermente lo sguardo. « E questo non gli permette di capire che l’avversario affronterà il secondo set con uno spirito diverso! » Concluse, costringendoci di nuovo ad osservare i due sfidanti. Il mio sguardo era saettato subito su Kai, senza farlo apposta. Lo osservai rimettersi in posizione, con il cuore che batteva di nuovo a mille. Nonostante le divergenze avute tra noi e tra i ragazzi, era un blader di eccellenza ed ero sicura che lo avrebbe dimostrato a breve, così come aveva sempre fatto.
DjMan finalmente riuscì a dare il via al secondo match, che fu subito combattutissimo. Rimanemmo tutti col fiato sospeso ad ogni attacco, riuscendo anche a meravigliarci dopo l’apparizione delle creature sacre alla quale avevano fatto ricorso.
Questa volta però, come preventivato da me e dal nonno di Takao, ad avere la peggio fu proprio quest’ultimo. Il suo sbaglio era stato proprio quello di sottovalutare troppo l’avversario. Che Kai l’avesse fatto apposta? Sapeva che incrementando l’ego di Takao, perdendo di proposito la prima sfida, l’avrebbe reso una preda fin troppo facile da ghermire.
Era riuscito a scaraventare il nostro amico a terra, buttare Dragoon fuori dal ring e continuare a girare imperterrito nel campo come se fosse stato appena lanciato. Era un vero campione, nonostante tutto…
Ed era proprio a terra che rimase Takao, inginocchiato con i palmi delle mani sul pavimento, tremante come una foglia. Ci furono anche alcuni scambi di parole tra Max ed il prof, ma io non ci badai. Continuai a tenere lo sguardo fisso tra i due, cercando di capire cosa stesse succedendo. Il mio nuovo amico, anche se lo conoscevo da poco, non aveva mai perso fiducia in sé stesso dopo una sconfitta, né aveva il carattere per farlo. Era sempre stato combattivo. Non si era fermato nemmeno quando il suo vecchio Bey venne distrutto. Era approdato al campionato con la voglia di battersi col mondo intero. Era riuscito a battere un campione come Rei ed a vincere il primo set della finale. Era mai possibile che adesso buttava al vento tutta la sua sicurezza e voglia di battersi? No, probabilmente anche lui come il suo avversario doveva avere qualcosa in mente.
Nel vederlo in quello stato mi stavo un po’ pentendo del fatto di aver allentato un po’ la tensione dopo la vittoria di Kai.
Per fortuna si riprese in un nano secondo, balzando in piedi con la sua solita aria divertita e sfidando Kai a battersi in quell’ultima manche. Osservai di sottecchi anche lui, spavaldo ed intransigente, che se ne stava con le braccia conserte a guardare il suo avversario come se nulla fosse.
« Wow, Takao ha ritrovato il suo spirito! » Sentii pronunciare dalla bocca del biondino, senza rivolgere la parola a qualcuno in particolare. Sembrava come se avesse parlato più a sé stesso che a noi.
« Lo spero tanto. » Gli rispose suo padre. « Secondo te ha qualche speranza di vincere? » Chiese poi al prof, che rispose con tono fin troppo preoccupato.
« Sarà una battaglia dura. Takao deve riuscire a dare il meglio di sé se vuole riuscire a vincere l’ultimo set. » Rispose infatti il ragazzino, ma la voce di Rei mi costrinse a girarmi nella sua direzione.
« Secondo te chi vincerà? » Mi chiese, con sguardo fin troppo inquisitore. Per un attimo arrivai anche a pensare che avesse capito il mio stato d’animo o il mio piccolo segreto, invece era solo un modo per confrontare le sue idee. Con gli altri due non aveva ancora avuto modo di rapportarsi ed io ero l’unica in quel momento con cui potesse parlare senza problemi, complice anche lo strano rapporto che aveva con mio nonno. Era come se lui lo considerasse parte della famiglia. Forse un nipote maschio che non aveva mai avuto, chissà…
« Spero Takao. » Gli sorrisi cordiale, ma sentii una voce dentro di me darmi della bugiarda. Lui per fortuna non indagò oltre. Mi sorrise dolcemente prima di spostare l’attenzione versi i due sfidanti. E per fortuna, perché ero diventata dello stesso colore della sua fascia per capelli…
 
L’ultima e decisiva sfida fu veramente combattuta. All’inizio non riuscivamo a capire chi dei due riuscisse a prevalere sull’altro. Si eguagliavano ed annientavano a vicenda, come se la loro forza fosse esattamente alla pari. Da una parte l’aquila rossa, maestosa ed imponente, dall’altra il drago azzurro, fiero ed elegante come un vero imperatore.  Ogni loro attacco ci lasciava col fiato sospeso e con le mascelle serrate. Nessuno di noi osava proferire parola in quel momento così delicato, come se avessimo in qualche modo potuto interferire sull’esito dell’incontro. E penso lo capì anche tutto il resto del pubblico, che si era incredibilmente ammutolito per ascoltare la veemente telecronaca di DjMan.
Ad un certo punto della gara, come conseguenza di un attacco micidiale dei due Bey in gara, ci fu un violento boato ed una grossa esplosione che ci costrinse tutti a tappare gli occhi e perdersi gli ultimi passaggi di quel match.
Quando tutto si fu quietato non volava una mosca all’interno dello stadio, nemmeno tra i due increduli blader. Inoltre Dragoon e Dranzer non erano all’interno del campo e né fuori. Seguì un altro istante di puro sgomento, prima che i due si accorgessero che i loro fedeli compagni erano sospesi in aria. Così, con un ultimo e potente incitamento, sia Kai che Takao attaccarono il proprio avversario nell’ultimo e decisivo attacco. Quest’ultimo avrebbe deciso chi dei due si sarebbe aggiudicato la vittoria.
Con gli occhi altalenai lo sguardo dal Beyblade blu a quello bianco, osservandoli col fiato sospeso per tutta la loro caduta.
Dragoon e Dranzer atterrarono in equilibrio sull’estremità del campo, ma solo Dragoon riuscì a tornare in campo. Dranzer, per mera sfortuna, balzò fuori dal ring finendo davanti ai piedi del suo possessore.
Dj Man, con la sua solita voce all’apice dell’eccitazione, pronunciò il nome del vincitore ed un boato di approvazione si levò dalla folla. Anche Max ed il prof Kappa urlarono la loro gioia nei confronti di Takao, che si voltò nella nostra direzione con un sorrisone a trentadue denti.
Io non riuscii ben a capire che tipo di espressione avessi stampata in faccia. Ero felice per il mio amico, ma non riuscivo a staccare i miei occhi dall’altro. Mi ero ripromessa di non pensarlo più, di toglierlo dai pensieri e dalla mia vita, ma il destino a volte prende delle vie traverse. Inoltre non mi ero accorta che mio nonno non era più seduto al suo posto.
« È andato via poco fa. » Mi disse Rei, accigliato probabilmente dal mio stato d’animo.
« Avrà avuto sicuramente un motivo. » Feci spallucce e mi voltai di nuovo in direzione del campo, questa volta sotto la sua più totale inquisizione.
« Perché non sei felice? » Mi chiese infatti, senza tanti rigiri di parole.
« Come?! » Mi voltai invece io, veramente interdetta da quella sua strana domanda.
« Ma certo che lo sono. » Sorrisi nervosamente, forse con un sorriso fin troppo tirato perché lui assottigliò leggermente lo sguardo con fare inquisitore. Tuttavia non rispose, almeno non alla mia ultima affermazione.
« Sarà meglio scendere dal campione. » Riprese infine parola, indicandomi Max e Kappa già in piedi ed in procinto di raggiungere Takao.
Ovviamente non me lo feci ripetere due volte. Non avevo intenzione di rimanere a lungo sola con lui, proprio perché sembrava intento a scoprire tutto ciò che mi ero ostinata a tacere. Allontanare i pensieri con i festeggiamenti forse sarebbe stata un’idea migliore!
Una volta raggiunto il nostro amico, Dj Man disse che il presidente aveva una cosa importante da annunciare. Forse era per questo che ci aveva lasciato da soli sulle tribune? Ma, soprattutto, non mi aveva mai detto nulla riguardo al fatto che avesse una cosa tanto seria da dire.
Un po’ mi sentii messa da parte. Voltai anche lo sguardo su Rei, cercando di capire se lui ne fosse al corrente, ma notai che aveva solamente un sorriso furbastro sulle labbra. Mi sarebbe piaciuto indagare, ma purtroppo venni fermata prima di parlare.
« È stato un incontro indimenticabile! » Sentimmo mio nonno che parlava mentre saliva le scale che lo avrebbero portato a noi.
« Devo farvi i complimenti, perché avete lottato fino all’ultimo mettendocela tutta. » Concluse arrivando di fronte ai due sfidanti, ma Kai si esibì in una smorfia contrariata.
« Tzè, capirai. I complimenti non cancellano la sconfitta. Lo sanno tutti quanto ci tenessi a vincere questo campionato nazionale. » Parlò acidamente ed io gonfiai le guance pur di convincermi a stare zitta. Avrei voluto dire molte cose, soprattutto in quel momento, invece fu il presidente a riprendere parola, esibendosi in una risata divertita.
« Non preoccuparti. » Disse dopo qualche secondo, ricevendo le attenzioni sia dal suo interlocutore che da tutti noi. « Un incontro non basta per giudicare il valore di un Beyblader. Avrai l’occasione di rifarti. Questo era solo l’inizio, il bello deve ancora arrivare. » Concluse, meravigliando tutti i presenti. Me compresa, che lo guardavo con gli occhi sgranati e la bocca spalancata.
« Come sarebbe? » Sentii però Kai insistere ed in quel momento si spensero le luci dello stadio e ne vennero accese solamente due, puntate sui finalisti.
« Signore e signori. » Iniziò la voce prorompente di Dj Man agli altoparlanti. « Dichiaro che il campione del torneo nazionale appena concluso sia Takao, e il secondo classificato è Kai, che è stato sconfitto in finale. » Ci fu una breve pausa, dove l’intera platea si esibì in calorosi applausi. In tutto ciò ancora non riuscivo a capire dove quelle parole volessero andare a parare. Insomma, nonostante la telecronaca, ognuno di noi si era già accorto del risultato. Per fortuna l’attesa durò poco e il telecronista riprese a parlare con la solita verve.
« Voglio inoltre informarvi che, per volere della federazione, i due finalisti, insieme agli altri due semifinalisti di questo torneo, vale a dire Max e Rei, il Blader venuto dalla Cina, formeranno una squadra che avrà il compito di rappresentare il nostro paese al prossimo campionato mondiale di Beyblade, che come tutti voi saprete si terrà molto presto. »
Quelle parole infervorarono la platea ma zittirono tutti noi nell’arena. Io avevo uno sguardo totalmente spiazzato. Non mi sarei mai aspettata quella rivelazione, esattamente come tutti gli altri. Quello che sorrideva soddisfatto era proprio Rei, accanto a mio nonno, ed il pensiero che ne avesse parlato con lui e non con me mi lasciò un po’ l’amaro in bocca. Inoltre, io non ero stata contemplata in quanto mai arrivata alla semifinale. Esattamente come il prof Kappa. Quale sarebbe stato il nostro, il mio, destino? Combattere in un campionato mondiale era sempre stato il mio sogno, o solamente assistere alle sfide tra i campioni provenienti da ogni parte del mondo. Mio nonno, in quanto presidente, mi avrebbe permesso di seguire la squadra nei loro spostamenti?
Fu di nuovo la risata del nonno a riportarmi con i piedi per terra.
« Vedo che siete rimasti tutti sorpresi. » Iniziò, alludendo alle nostre facce. « Sapete, abbiamo approfittato di questo torneo per selezionare i giocatori della squadra nazionale che ci rappresenterà al campionato mondiale. » Finì di spiegare.
« C’è un campionato mondiale? » Chiese Takao, interdetto da quelle parole e da tutte le informazioni appena ricevute.
« Sì, certo. » Gli rispose Rei con un sorriso. « Il Beyblade è uno sport praticato in tutti i paesi del mondo. Molti Beyblader, per quanto abili, non riescono a farsi notare, ed è per questo che su invito del presidente ho accettato di partecipare a questo torneo. » Iniziò a spiegare, spostando leggermente lo sguardo su di me e facendomi arrossire. « Col solo scopo di verificare se fra voi ci fossero dei ragazzi capaci di competere a livello mondiale. » Finì con una risatina divertita, spostando lo sguardo su Takao.
« Sono contento di aver trovato dei validi compagni. Ora sono convinto che insieme formeremo una squadra in grado di sfidare i giocatori più forti. » Disse rivolto al campione, che fremette di gioia sotto quelle parole. Kai invece era rimasto impalato al suo posto, con le braccia conserte al petto ed un’aria scostante.
« Evviva! È meraviglioso! » Iniziò a saltellare Kinomiya. « Non avrei mai immaginato di potermi battere in un campionato mondiale! È una cosa straordinaria, un sogno che si avvera! »
« Non esageriamo, in fondo non è niente di speciale. » Disse Rei, ma senza aspettare un’altra presa di parole da parte dell’altro gli porse una mano in attesa che lui la stringesse.
Nel momento della stretta però, anche Max ed il prof si aggregarono alle congratulazioni, fino a quel momento troppo meravigliati per riuscire ad aprire bocca. Ed, evidentemente, volevano anche loro capire se tutto quello fosse stato un sogno o meno. Un po’ come me, ma io non ero contemplata in quel sogno appena avveratosi.
Abbassai leggermente lo sguardo, ma la voce acida di Kai mi fece alzare di nuovo gli occhi su di lui.
« L’unica cosa che mi interessa è sconfiggere tutti quelli che hanno un animale sacro. » Lo sentii pronunciare, probabilmente in risposta ad una domanda che gli aveva fatto mio nonno, perché anche lui rispose a sua volta.
Non riuscii a capire cosa si dissero, ma prima che potessi avvicinarmi per ascoltare, Takao balzò di fronte a Kai con aria fin troppo felice.
« Hey. Grazie per aver accettato di entrare a far parte della nostra squadra. » Gli disse porgendogli la mano, ma com’era ovvio lui non pensò minimamente di ricambiare. Si voltò addirittura dalla parte opposta.
« Mi dispiace, non la penso come te. Entrare a far parte della vostra squadra non significa niente. Ho accettato l’invito del presidente solo perché avrò l’occasione di sconfiggere i Blader più forti ed i loro animali sacri. » Disse atono, riprendendo a parlare dopo aver iniziato a scendere i gradoni dello stadio.
« Non illudetevi, perché appena se ne presenterà l’occasione sconfiggerò anche tutti voi. Non sono fatto per giocare in una squadra. » Concluse, sparendo dalla nostra vista e lasciandoci tutti sgomenti.
A malincuore dovetti dargli ragione. Per quanto da piccolo fosse stato più spensierato e meno rancoroso, Kai non era mai stato un tipo tanto socievole. A parte il rapporto d’amicizia creato con me. Io ero forse l’unica amica che aveva. Da una parte mi rendeva felice, ma dall’altra ero triste per lui.
In quel momento mi si strinse il cuore e mi chiesi, per l’ennesima volta, cosa gli fosse successo per essere cambiato così tanto.
Fine capitolo 12
 

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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo primo capitolo del nuovo anno!
Innanzitutto vorrei scusami con i lettori per gli errori che sicuramente avrete trovato T.T purtroppo sto avendo poco tempo per scrivere e correggere e sicuramente qualcosa mi sfugge!
Ma, bando alle ciance, è arrivato il momento di partire per il campionato mondiale che, sappiamo tutti, sarà svolto in Cina. Incontreranno i White Tigers e ci saranno degli avvicinamenti eheheh
Non svelo altro, sennò è inutile che scrivo :P
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante non fosse nulla di nuovo o di speciale. È praticamente il riassunto della finale nazionale visto dalla prospettiva di Saya. Ora però inizia la storia vera e propria, in quanto la squadra inizierà a vivere la propria convivenza :P
Ringrazio infine i recensori <3 (grazie grazie!) e tutti i lettori silenziosi che attendono sempre un mio aggiornamento!
Un bacione a tutti
Alla prossima!

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Partenza per il campionato mondiale. ***


Capitolo 13- Partenza per il campionato mondiale.
 
 
Le parole di mio nonno, pronunciate non molti giorni prima, continuavano a ronzarmi nelle orecchie, accrescendo il mio buon umore e, nonostante tutto, la mia ansia.
Dopo la finale nazionale ho continuato a vedere Takao, Max, stabilito da suo padre in pianta stabile, e il prof Kappa. Con mio sommo dispiacere non avevo più visto Rei, e in quei momenti ero assolutamente certa che non avrei più avuto questo piacere. Continuavo a passare i pomeriggi in casa Kinomiya, con il padrone di casa che continuava a raccontarmi di quando si erano conosciuti con mio nonno e del rispetto che egli provava per lui, ma assistevo anche ai lunghi discorsi sull’imminente partenza dei tre ragazzi. Max e Takao erano stati scelti, insieme a Rei e Kai per formare la squadra che avrebbe difeso i nostri colori, mentre il Prof era stato designato come meccanico, riserva, allenatore e qualsiasi ruolo avesse ricoperto. Mio nonno li avrebbe seguiti e guidati, in qualità di coach e tutore, in quanto tutti e cinque i ragazzi fossero minorenni.
Io invece?
Ovviamente non ero stata contemplata, perché avevo perso la mia occasione venendo sconfitta da Rei. Devo ammettere che quella sconfitta mi bruciava ancora, nonostante fosse stato Rei a infliggerla, Rei che avevo leggermente imparato a conoscere e ad apprezzare. Ma, nonostante ciò, mi aveva precluso la possibilità di girare il mondo e sfidare e conoscere altri Blader di livello mondiale.
A quattro giorni dall’imminente partenza dei sei, mi ritrovai a rigirare il cucchiaio nel latte con la mente assorta dai molti pensieri e dall’amarezza che pian piano si faceva strada nel mio cuore. Sarei stata privata dei miei amici, di mio nonno e dei ragazzi che, volente o nolente, avevano toccato il mio cuore. Sarei stata sola in quei maledetti giorni, in ansia e con la testa tra le nuvole a pensare a loro. Forse per questo che prese la decisione di farmi partire con loro.
«Dici sul serio? Veramente?» scattai sull’attenti appena la mia mente fu sicura di ciò che avevano sentito le mie orecchie. Avevo lasciato cadere il cucchiaio sul tavolo, schizzando latte ovunque insieme ai cereali, ma non mi stava importanto molto in quel momento. Ero assolutamente certa di quel che avevo sentito, perché lui stava annuendo amorevolmente.
«Non te l’ho voluto dire subito, prima volevo essere sicuro di riuscire ad assicurarti un posto in squadra che andasse bene alla federazione. Sarai parte della squadra in qualità di assistente e manager. Hai una buona manualità e conoscenza per riuscire a dare una mano al Prof Kappa. Cosa ne dici?» mi disse, ma io già saltellavo per la stanza, fino a che non lo abbracciai con forza.
«Grazie, grazie!» cinguettai in risposta, mentre con la mano mi accarezzava i capelli.
Sarei partita con i ragazzi, e anche se non avrei sicuramente potuto gareggiare, mi andava benissimo così. Avrei condiviso gioie e dolori con quelli che, oramai, consideravo quasi fratelli. In più mi stava offrendo la possibilità di provare a riavvicinarmi a Kai. Non faticavo a credere che io, Rei, Takao, Max e il Prof saremmo andati d’accordo ed avremmo incrementato il nostro legame…ma lui? Come si sarebbe comportato Hiwatari in questa convivenza forzata? Non vedevo l’ora di scoprirlo, anche a mie spese…
Mi ritrovai a fare le valigie convulsamente la sera prima, schiaffandoci dentro capi con poche cerimonie. Ero stata così presa dalla partenza, di dirlo ai ragazzi e di affrontare con loro i lunghi discorsi su cosa avremmo dovuto affrontare insieme in quel percorso che mi ero materialmente dimenticata che mi sarebbero servite le valigie…Mi era stato categoricamente proibito di portarne più di una, e che non superasse una certa mole. Una valigia di 40Kg non sarebbe comunque stata ammessa. Con la scusa che ero femmina e le femmine portano sempre troppa roba, facendo ridere di gusto nonno Jay, Max ci rese presente di quanta roba portava sua madre quando tornava in Giappone. Anche mio nonno fu del mio stesso avviso, e probabilmente ci fu il suo zampino quando mia madre mi portò una misera valigia di taglia media, dicendomi di farci entrare tutto l’occorrente piegandolo a modo.
«Tanto potrai fare le lavatrici tesoro» si esibì quella stessa sera e fu per quello che mi decisi a infilarci tutto con poca grazia, con un diavolo per capello. L’unica cosa che ci adagiai cautamente fu la valigetta del mio bey, con i pezzi di ricambio e ciò che mi sarebbe servito per ricoprire il mio ruolo.
Quella sera mi addormentai felice e, lo ammetto, a un’ora tarda. Non riuscivo ad addormentarmi, pensavo e ripensavo a quel che avrei vissuto e l’ansia e la trepidazione si erano impossessate di me. Mi ero acciambellata sotto le coperte con il mio fidato Star Pegaso al mio fianco e mi rizzai in piedi al primo suono della sveglia, cosa per me alquanto rara. Questo per dire quanto ero impaziente di raggiungere l’aeroporto. Solo una volta in volo mi sarei convinta del fatto che quel che stavo vivendo fosse reale!
Takao arrivò correndo mentre stavamo per avviarci verso l’imbarco, con nonno Jay che imprecava dietro il nipote rimarcando il fatto che fosse sempre in ritardo; il prof Kappa correva dietro di loro, mentre Max era arrivato poco prima con suo padre, che era perso in una lunga chiacchierata con mio nonno. Né Rei né Kai si vedevano, nemmeno quando fummo prossimi a salire sul possente mezzo e dopo aver salutato Kinomiya senior e il signor Mizuhara. Mio nonno però non sembrava particolarmente turbato, quindi non facemmo domande. Ci piazzammo ognuno al posto assegnato sul biglietto della compagnia aerea: Takao vicino a Max, il Prof Kappa vicino a mio nonno ed io in un posto vuoto del corridoio di mezzo. Alla mia destra sedeva una vecchia signora, che sembrava sul punto di addormentarsi, mentre alla mia sinistra c’era un posto vuoto e mi ritrovai a chiedermi tra me e me a chi fosse stato assegnato.
Il mio dubbio venne dissipato non molti minuti dopo, mentre tutti erano ancora presi dalle loro conversazioni da non essersi accorti che due dei loro compagni di squadra ancora non si erano ancora fatti vedere. Inoltre l’aereo aveva oramai acceso i motori.
Solo io ero in ansia? Ma forse sì, e dento di me sapevo anche il perché.
Quando oramai mi ero rassegnata a viaggiare con il posto vuoto alla mia sinistra, vidi un’ombra passarmi vicino, intenta a leggere i numeri dei posti sopra i seggiolini, inchiodandosi proprio di fronte al posto vuoto accanto a me. Voltai appena la testa e mi persi negli occhi ametista di Kai, la cui espressione era quasi incredula quanto la mia. Spostò leggermente lo sguardo dai miei occhi per osservare meglio il numero assegnato sul suo biglietto e lo sentii sbuffare leggermente prima di sedersi, conscio che avrebbe dovuto affrontare il viaggio seduto accanto ad una persona indigesta.
Devo dire che la sua espressione menefreghista e un po’ schifata mi fece male, nonostante già sapevo che era stato mio nonno ad assegnarli il posto accanto a me. Non lo avrebbe messo accanto a nessuno degli altri ragazzi della squadra, oltre forse a lui stesso, ma forse era stato sicuro che, tenerlo legato a lui per tutto quel tempo non avrebbe migliorato l’umore già tetro di Hiwatari, che sembrava giunto lì quasi sotto costrizione.
Quando partimmo, appresi dai discorsi che sentivo provenire dai sedili accanto a noi (eravamo nella fila del prof e di mio nonno, divisi solo dal piccolo corridoio), che Rei era già partito qualche giorno prima e ci avrebbe aspettato nell’albergo in cui eravamo diretti, in una città della Cina. Personalmente non vedevo l’ora di rivederlo, e a quanto capii anche gli altri. Ovviamente tutti tranne Kai, che se ne stava imbronciato con le braccia conserte al petto e gli occhi chiusi. Non stava dormendo però, il suo respiro non era così regolare.
In più era la prima volta, dopo il torneo, che avevo la possibilità di parlargli e stargli così accanto, nonostante fossimo nella stessa classe. E la cosa non gli stava certo piacendo. Ero sicura che, se avesse potuto, avrebbe volentieri scambiato il suo posto con una persona seduta il più lontano possibile da tutti noi. Ma non poteva allontanarsi più di tanto, né scendere dall’aereo o ignorarmi. Ok, forse ignorarmi gli sarebbe venuto piuttosto bene, ma confidai nel contrario quando mi rivolsi a lui, dopo circa quindici minuti che l’aereo si era assestato in volo in direzione della nostra meta.
«Sei nervoso?» gli chiesi, mentre il cuore mi batteva all’impazzata. La mia mente stava virtualmente passando in rassegna ogni sua possibile reazione. Immaginai Kai che mi mandava a quel paese, Kai che poco carinamente mi diceva di non rivolgergli la parola o addirittura che si faceva impunemente cambiare di posto perché lo importunavo. Però, a dispetto di tutto ciò che avevo immaginato, si voltò lentamente verso di me con uno sguardo quasi indifferente. Beh, almeno non mi aveva fulminata.
«Tsè, figurarsi…» mi rispose, con il suo solito poco tatto.
«Scusa…» mi ritrovai a dire io, senza neanche aver collegato il cervello, con il tono di voce incredibilmente indignato. Mi scusavo per avergli rivolto parola, seriamente? Ma oramai il danno era fatto e mi dovetti subire un’occhiataccia prima di poter tirare un sospiro di sollievo, dopo che voltò di nuovo la faccia per guardare il sedile di fronte a lui.
«No. Non sono nervoso, sono emozionato di poter finalmente sfidare i blader più forti del mondo» ammise sinceramente e mi sembrò come se parlasse più a sé stesso che a me, visto che non si era nemmeno degnato di guardarmi.
Dopo le sue parole rimasi in silenzio, perché per la prima volta non sapevo cosa rispondere e come comportarmi. Ero sempre in ansia quando gli rivolgevo parola, perché non riuscivo mai a capire come avrebbe reagito. Era lontanamente diverso dal Kai che avevo conosciuto. Se ci fosse stato il ragazzino che avevo imparato a conoscere, probabilmente in quel momento saremmo statati presi dalla conversazione, a parlare fitto fitto come un tempo, a ridere, scherzare e fantasticare su ciò che ci stavamo apprestando a vivere. Saremmo scesi dall’aereo insieme e sarei stata ancora più felice di condividere quei momenti con lui. Ma quel Kai non aveva neanche la forza di guardarmi negli occhi, come se io non fossi altro che uno scarafaggio che per lui non valeva nemmeno la pena di essere schiacciato.
«Tu invece perché sei qua?» parlò invece, destandomi dai miei pensieri, e dovetti immagazzinare bene la domanda prima di riuscire a rispondere, soprattutto perché mi aveva spiazzata. In tutti i sensi. Non mi sarei mai aspettata quella frase, né che mi avrebbe rivolto parola.
«Io…sarò insieme a voi in veste di aiutante del Prof. Modestamente ci capisco qualcosa di Beblade. Lo sapresti anche tu se…» ma le parole mi morirono in gola in seguito all’occhiata sprezzante che mi aveva appena lanciato, con quegli occhi ametista puntati nei miei.
«Ti ho già ripetuto che non ti conosco. Non mi ricordo di te e se anche ci conoscessimo, oramai per me non ha alcuna importanza» mi disse, sprezzante come solo lui sapeva essere. Mi aveva pugnalata di nuovo, una seconda volta, ed io ero stata così incoscientemente stupida da aver riaffrontato con lui quel discorso. Oramai dovevo averlo capito che io per lui non sarei più stata l’affettuosa amica d’infanzia con cui aveva condiviso i primi anni della sua vita. E forse, prima l’avrei capito prima sarei riuscita a stare in pace con me stessa e con lui. Sarebbe stato facile, no? Dovevo solo auto convincermi che il ragazzo accanto a me era solo un omonimo del mio vecchio amico, una persona che gli assomigliava solamente fisicamente, perché caratterialmente era impossibile che fossero la stessa persona. E io mi dovevo solo comportare di conseguenza. In fondo non mi era stato difficile trattare Rei alla sua stessa maniera durante nostro incontro al torneo nazionale. Era stato sprezzante e canzonatorio e io lo ero stata alla stessa maniera. Dovevo solo fare lo stesso.
«Hai ragione Hiwatari» ripresi parola io, cercando di eguagliare i suoi toni menefreghisti e chiamandolo volutamente per cognome, per rimarcare il fatto che lui per me, rispetto agli altri ragazzi, era solo uno sconosciuto. «Il ragazzo che conoscevo non mi avrebbe mai trattata in questa maniera».
Alzai il mento in un’espressione volutamente solenne, assottigliando lo sguardo per fronteggiarlo, ma lui sbuffò solamente, voltando definitivamente lo sguardo dall’altra parte, in direzione degli altri ragazzi ma senza veramente osservarli. Quasi mi pentii di aver usato quel tono con lui. Avevo l’impressione che, così facendo, lo avrei allontanato di più invece che riavvicinato. Non era certo il modo più delicato per riavvicinarmi a lui, ma se l’era cercata.
 
Per tutto il resto del viaggio, Kai non si azzardò più a rivolgermi la parola né uno sguardo. Tenne costantemente lo sguardo dall’altra parte, ignorandomi bellamente e io non potetti fare a meno di tenere lo sguardo imbronciato dritto sul sedile anteriore, fino a che non mi addormentai con la testa ciondolante di lato, per fortuna quello destro, come se anche il mio subconscio fosse stato ben attento a non disturbarlo.
«Wow, che bello, siamo arrivati! Ma dove si trova il palazzo del torneo, non lo vedo!» disse Takao, esibendosi in uno dei suoi commenti fuori luogo mentre si voltava a destra e sinistra fuori dalle porte dell’aeroporto.
«Mi dispiace deluderti Takao ma il palazzo del torneo non è qui. Qui siamo a Hong Kong, mentre il campionato si terrà nella Cina continentale» lo illuminò il prof Kappa e, sinceramente, mi meravigliavo sempre di trovarlo così bene informato. Ma poi mi ricordai che era stato seduto accanto a mio nonno per tutto il viaggio e Takao probabilmente si era distratto per altrettante ore.
«Quindi non siamo arrivati…» afflosciò le spalle con un sonoro sbuffetto, ma mio nonno salvò la situazione mentre faceva cenno a due signori di avvicinarsi.
«No, non ancora, questo è solo uno scalo tecnico, l’aereo che ci porterà a destinazione parte domani, abbiamo un giorno libero. Oggi visiteremo la città e gusteremo il cibo cinese» ci sorrise e noi non potemmo fare a meno di fare salti di gioia. Tutti tranne Kai ovviamente, che se ne stava a qualche passo di distanza da noi, appoggiato al muro esterno accanto alla porta e facendo finta di non conoscerci.
«Questi due signori saranno la nostra guida per la città e coloro che ci accompagneranno prima in albero e poi in aeroporto domani» continuò, accennando ai due uomini in divisa che ci avevano raggiunto, ma noi eravamo troppo emozionati per badarci. Così, con un sospiro rassegnato ed una risatina, al posato dirigente della BBA non restò altro che farsi guidare, seguito da tutti noi, verso il nostro Taxi: un furgoncino bianco in cui saremmo entrati tutti e otto.
Quando ci aprirono la stanza in cui avremmo pernottato, il nostro stupore riandò alle stelle. Era chiaro che la federazione non si era risparmiata in quanto a confort. Nonostante fosse una camera per cinque, in cui avremmo pernottato tutti insieme (mio nonno ne aveva una più umile e piccola tutta per sé e Rei non era ancora contemplato), era bella e spaziosa e aveva due locali. In uno sorgeva un confortevole salottino, mentre nell’altro erano posti i cinque letti all’occidentale.
«Guardate, c’è un letto grandissimo!» si esibì Takao, con il tipico sguardo di un bambino che è stato appena portato al parco giochi. Provò anche a fare un passo in quella direzione, probabilmente per spiccare un salto e affondarci di petto, ma fu trattenuto, straordinariamente per il colletto, proprio da Kai.
«Basta ragazzi, non siamo venuti qua per queste sciocchezze» lo ammonì, ma nella sua voce non c’era un tono particolare né freddo. Sembrava solo esasperato dai modi troppo festosi del nostro amico. Ma quello riuscì a tenergli testa con la sua solita aria bonacciona e con il suo solito fare amichevole.
«E dai! In fondo abbiamo il diritto di divertirci un po’» gli rispose con un piccolo risolino, prima di sottrarsi alla presa e lanciarsi finalmente sul letto, elogiandone le qualità e rendendoci noto che fosse più comodo del suo.
«Ha ragione, non dovresti essere sempre così serio, divertirsi un po’ fa bene» gli diede man forte Max, parlando rivolto a Kai. Lo sentii perché ero proprio dietro di loro, accanto alla porta d’entrata della stanza.
«Ci aspettano tempi duri e voi pensate solo a divertirvi» rispose loro Kai ed io mi feci più attenta, in modo da intervenire se fossero finiti a litigare, ma lo sguardo e il tono di Hiwatari non erano accusatori, in più aveva parlato guardando un punto indefiniti della stanza e gli altri due, bellamente spaparanzati su un letto, gli stavano sorridendo. Almeno per il momento non erano scoppiate catastrofi imminenti…
«Ti sei dimenticato che abbiamo vinto alla grande al torneo nazionale? Sono i nostri avversari che devono preoccuparsi» continuò Takao, con un sorrisetto ebete sulla faccia e Max a dargli ancora più manforte. «Spero solo che tu abbia ragione…» gli rispose il mio oramai ex amico, con un tono poco convincente, ma andò poi ad osservare il traffico scorrere sotto di noi dalla grande finestra della stanza e capii subito che il discorso per lui era finito lì e che non ci avrebbe degnato ancora della sua considerazione. E lo lasciammo fare mentre io e il prof prendevamo posto nel letto di fronte a quello in cui si erano posizionati gli altri due, a parlare dei fatti nostri quasi come se Kai non ci fosse.
Venimmo interrotti poco dopo da mio nonno, che ci aveva mandato in stanza solo per posare i bagagli e ci disse che eravamo attesi per il pranzo. Così scendemmo nel grande salone, dove prendemmo posto in un tavolo circolare e ci vennero subito servite squisite leccornie. Non avevamo neanche il tempo di respirare, di parlare oppure guardare in faccia il cameriere per la foga che avevamo di assaggiare quelle bontà. Almeno fino a che non arrivò il dolce, servito con una tazza di tè (probabilmente usanza del luogo), che il cameriere in divisa blu ci versò. E solo dopo che rivolse parola a Takao alzammo tutti gli occhi su di lui, compreso il diretto interessato, che saltò sulla sedia tanta era stata la meraviglia di trovarselo di fronte.
«Ah, ma sei Rei!» schizzò, mentre ancora si reggeva la pancia piena con le mani.
Lui ci sorrise cordialmente e ci salutò ad uno ad uno, indugiando molto più su di me, aprendosi in un sorriso ancora più largo mentre mi osservava. Devo ammettere che mi sentii avvampare e non per colpa della bevanda bollente che mi ero ritrovata a bere dall’imbarazzo, ustionandomi rovinosamente la lingua e facendo sicuramente una mera figura. Per fortuna nessuno sembrò averlo notato. Forse solo Kai, che storse il naso girando la faccia da un’altra parte. Però mi ripresi abbastanza in fretta, almeno per sentire mio nonno che spiegava agli altri il perché della presenza di Rei come cameriere. Capii che il ragazzo era amico del proprietario e ogni tanto andava a dargli una mano, che aveva girato il mondo nonostante la giovane età, e che era finito a fare i lavori più disparati per permettersi di girare il paese, fino a che non fu invitato in Giappone proprio da mio nonno. Dopo quei racconti, Rei Kon mi sembrò ancora più affascinante e già mi vedevo con lui, seduti da qualche parte, a parlare delle sue esperienze e io ad ascoltarlo ammaliata. Ma scaccia il pensiero, perché in quella breve visione il viso di Kai si sostituì a quello di Rei e la mia mente mi riportò ai momenti in cui io e lui ci stendevamo sulla riva del fiume a parlare delle sfide a Beyblade che avevamo affrontato durante il giorno.
Scossi di nuovo il capo, impedendomi di distrarmi ancora, soprattutto quando mio nonno aveva spostato il discorso su qualcosa di più importante.
«Allora ragazzi, vi sentite in grado di partecipare a questo torneo Cinese? Questo impegno è una fase importante di qualificazione per il prossimo campionato mondiale. Infatti, se non dovessimo vincere qui, non potremmo accedere al campionato che si terrà negli Stati Uniti d’America!» disse, mentre tutti iniziavamo a prestare più attenzione e Rei prendeva posto tra Takao e Max, su una sedia presa da un tavolo vuoto accanto al nostro.
«Vi spiego le regole del gioco» continuò «queste qualificazioni saranno utilizzate come un vero e proprio torneo con squadre di quattro elementi. Ogni partita è disputata da tre giocatori, che entrano in campo uno alla volta in base alle esigenze del momento. Il quarto è la riserva» Takao annuì sommessamente, costringendo mio nonno a una pausa, ma riprese in fretta. 
«È quindi chiaro che la squadra che ha vinto la maggior parte degli incontri si aggiudica la vittoria della partita» finì, ma prima che uno di noi prendesse parola, questa venne proprio da Kai.
«Quindi si tratta di un lavoro di squadra, giusto? Per esempio: se io dovessi vincere, ma gli altri si facessero eliminare la partita sarebbe persa, è così?»
Ci furono alcuni attimi di silenzio, seguiti da sguardi allarmati degli altri e quello leggermente interdetto di mio nonno, che però annuì semplicemente dicendo semplicemente: «si esatto, è proprio così. In questi casi l’unità è più importante, bisogna lasciare da parte l’egoismo. Bisogna essere sempre uniti» ci rese noto e, nonostante ci guardò negli occhi uno ad uno, non faticai a capire a chi principalmente erano rivolte la sue parole.
Hiwatari rimase con lo sguardo rivolto al suo dolce intatto prima di riaprire bocca di nuovo.
«In pratica significa che i nostri destini sono legati» iniziò e dal tono di voce lieve e dal fatto che parlò a bassa voce mi sembrò più rivolto a sé stesso che a noi.
«No!» disse in seguito, alzandosi dalla sedia e rivolgendo ancora una volta la sua attenzione a mio nonno, dimenticandosi di noi altri. Ma per fortuna il mio vecchio ebbe la risposta pronta.
«Aspetta» lo ammonì infatti, bloccandolo al suo posto, anche se era rimasto in piedi «noi ora formiamo una famiglia e dobbiamo restare uniti» gli spiegò dolcemente, nonostante l’espressione seria. Ma Kai fu più veloce. Aprì un braccio nella nostra direzione, indicandoci distrattamente e ricominciando a parlare tenendo alto il suo credo.
«Mi dispiace deluderla» iniziò, ma io fui estremamente certa che non era prontamente così, «ma io proprio non ce la faccio!» finì, sprezzante come suo solito. Per fortuna non me ne accorsi solo io, perché prima che prendessi parola ci pensò Takao.
«Cos’hai detto?» ringhiò, in contrasto con il suo solito tono di voce bonario, ma il nostro compagno lo interruppe di nuovo, parlando però in direzione di mio nonno.
«Grazie per il pranzo, era davvero ottimo» e dopo questo breve utilizzo delle buone maniere fece retro front e si diresse verso l’uscita, senza neanche più degnarci di uno sguardo, un saluto o una spiegazione. Rimanemmo tutti a guardare il punto in cui era sparito, scioccati.
Fu mio nonno a riprendere in mano la situazione e la parola.
«Ora che si fa…siamo nei guai, tutte le squadre devono essere composte da quattro giocatori, se uno se ne va dobbiamo trovare un sostituto o ritirarci» finì, addentando finalmente il suo dolce in un gesto di puro sconsolamento.
Io dal canto mio avrei voluto dire che, nonostante il ragazzo appena uscito mi reputasse inutile, sia come giocatrice che come persona, io ero sempre una Blader, quella che aveva messo un po’ in difficoltà Rei, quella che era arrivata ai quarti di finale, quella che a cui loro avevano insegnato tutto! Ma non mi azzardai a dire nulla, perché una piccola parte del mio inconscio sperava nel ritorno di Kai, e a quanto pareva anche gli altri la pensavano come me. Kai era un elemento indispensabile per il bene della squadra, me ne rendevo conto. Non potevo sostituire la sua forza, lui era diventato un giocatore eccellente e lo aveva dimostrato nella finale disputata contro Takao, che quest’ultimo aveva vinto per un pelo e per mera fortuna potrei quasi affermare…
«Tranquillo presidente, i Bladebreakers riusciranno a togliersi dai guai» sentii rispondere proprio lui, mentre si alzava dalla sua sedia, eguagliato dagli altri.
Due minuti dopo stavamo tutti e cinque correndo per le vie della città, intenti a far ragionare quel capoccione del mio ex migliore amico.
Fine capitolo 13
 

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Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati! Sì, lo so,  è passato una marea di tempo T.T chiedo pietà. Penso sia stato il lasso di tempo più lungo e tortuoso che abbia mai vissuto O.O In questi mesi mi sono dedicata ad un progetto molto ambizioso, che si è concretizzato da poco, e cioè il mio primo libro (nato per giunta da una fanfiction), perciò ho dedicato ad esso tutta me stessa e molto del mio tempo. Adesso sono più tranquilla (non ho avuto neanche un periodo molto rilassante, l’ansia per la pubblicazione, unita al lavoro e a piccoli problemi di salute mi hanno fatta andare fuori di testa O.O). Ma non siamo qua a parlare di me :D parliamo della storia. Finalmente siamo giunti alla partenza per il torneo Cinese, con il rapporto di Saya e Kai sempre al punto di partenza e con la consapevolezza della ragazza di provare una certa simpatia per il nostro amico cinese…chissà che succederà :P Mi rendo conto che non succede nulla in questo capitolo che già non sappiamo e che praticamente corrisponde all’episodio 8 della prima serie (dove ho ripreso molti dei discorsi diretti), ma vi prometto che d’ora in poi non scriverò a pappagallo xD la storia seguirà la linea temporale della serie. Rimarrò fedele ma continuerò a cambiare qualcosa, anche i discorsi, in modo che torni tutto con l’aggiunta del mio personaggio ehehe e sappiamo anche chi stiamo per incontrare :P spero che vi abbia suscitato un po’ di curiosità. Non vi abbandonerò per altrettanto tempo, ve lo prometto T.T se c’è ancora qualcuno che segue ancora questa storia in questo fandom purtroppo abbandonato T.T
Io vi ringrazio di essere arrivati fino a qua, e vi do appuntamento al prossimo capitolo :P
Un bacione a tutti!

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 – I primi problemi ***


Capitolo 14 – I primi problemi
 
 
Ci catapultammo in strada con la potenza di un uragano. Corremmo per le strade affollate, raggruppati, senza neanche pensare o parlare. Seguivamo Rei, in testa, che sembrava quasi sapesse dove poteva essersi cacciato quel cocciuto di Kai. Ma le strade brulicavano di persone ed era veramente difficile scorgerne una sola in quel marasma. In più Hiwatari eccelleva nell’arte di sparire dal mondo. Era a capo degli Shall Killer, che seguivano le loro prede prima di sfidarle e vivevano in un covo che nessuno, probabilmente prima di noi, era riuscito a trovare. Quindi sapeva bene come celarsi agli occhi degli altri, anche in una città a lui sconosciuta. Probabilmente neanche gli sarebbe importato. Avrebbe vagato finché la sua mente non gli avrebbe detto che fosse ora ti rientrare in albergo, probabilmente facendosi indicare la via. Probabilmente l’avremmo visto rientrare a notte fonda. O forse, neanche ce ne saremmo accorti perché non avrebbe fatto alcun rumore. Ma quello che ci premeva, e premeva me, era sapere se l’indomani sarebbe imbarcato con noi alla volta del campionato mondiale o ci avrebbe abbandonato. Qualcosa nella mia testa però, mi disse che Kai era oramai troppo risoluto a battersi con i campioni del mondo per rinunciare così presto al suo sogno, e sperai un minimo di avere ragione. Non ero pronta a salutarlo, correndo magari il rischio di non vederlo mai più, neanche a scuola…
«Potrebbe essere ovunque! Io direi di separarci e cercare» propose Takao quando ci fermammo su un ponte, dove la visuale della città era nettamente migliore rispetto alle stesse vie.
«Secondo me è una pessima idea» gli rispose il Prof Kappa, portandosi una mano al mento «probabilmente tra noi, Rei è l’unico che conosce bene la città. Noi finiremmo solamente per perderci, così ci sarà mezza squadra dispersa chissà dove»
«Ha ragione» gli dette man forte Rei, voltandosi a guardare l’orizzonte.
«Già…quel testone!» rincarò la dose Max.
«Qualcuno ha qualche idea?» mi intromisi anche io, ma vidi la delusione nel volto di ognuno. Solo Rei continuava ad osservare al di là del ponte, con il cervello probabilmente all’opera. Era l’unico che poteva guidarci in quel labirinto di strade.
«Forse ho un’idea» ammise infatti dopo alcuni minuti, in cui il Prof Kappa aveva acceso il computer cercando qualche informazione utile sulle mappe. In più il nostro amico Cinese aveva incredibilmente rivolto la sua affermazione a me, guardandomi con un sorriso che mi fece arrossire all’istante.
«Be-bene!» provai a restituirgli il sorriso, anche se lo sentivo un po’ troppo tirato per colpa del nervosismo.
«Vedrai, riusciremo a riformare la squadra e tranquillizzare tuo nonno. Gli devo molto, ed è grazie a lui se ho la possibilità di giocare il campionato con voi e se posso far ragionare Kai, userò tutte le carte di cui dispongo. Penso che riusciremmo a colpirlo nell’orgoglio» continuò, facendomi un occhiolino. In più le sue parole mi avevano toccato particolarmente. Ricordavo che era stato mio nonno a condurlo in Giappone al torneo nazionale, ma non immaginavo che avesse una reverenza tale nei suoi confronti, quasi quanto quella che avevo io in qualità di nipote. E poi mi ricordai anche che Rei era rimasto solo e lo era stato per tutto il suo peregrinare da un luogo all’altro e, cercando di mettermi nei suoi panni, capivo il perché non volesse rinunciare all’idea del campionato. Finalmente, esattamente come tutti noi, avevamo trovato dei veri amici, con la quale condividere la nostra passione per il Beyblade. E credo che ognuno di loro, esattamente come me, non avrebbe permesso a Kai di rovinarci l’esperienza. Ma se lui avesse disdetto, io sarei stata ben felice di prendere il suo posto e vivere il mio sogno come una vera Blader.
«Da quella parte c’è una zona residenziale, dove il Beyblade è molto praticato. Forse Kai è stato attratto lì. Secondo me vale la pena darci un’occhiata» continuò Rei, indicando la via alla sua sinistra, sorridendoci bonariamente.
«Sì è vero, quella zona residenziale è segnata anche sulla mappa. Io dico che dovremmo provare» gli dette man forte Kappa e gli altri, me compresa, annuirono alle loro parole.
In pochi secondi ci eravamo trovati in mezzo a gruppi di ragazzi in quella che sembrava una piazza, con lo sbocco di alcune delle vie minori direttamente su di essa. I molti blader stavano utilizzando dei veri e propri stadi, anche se nettamente più piccoli di quelli che si vedevano solitamente negli stadi, e nessuno si era accorto di noi.
«Voi dite che può essere qua da qualche parte?» chiese Takao, stranamente sospettoso. Voltava lo sguardo ai suoi lati, ma in effetti di Kai non c’era nemmeno l’ombra.
«Sicuro. Anzi, provo a chiedere a qualcuno di loro se possa averlo visto» ci rese noto Rei, prima di allontanarsi di qualche passo per andare a parlare con alcuni ragazzini apparentemente più piccoli di noi, che ridevano tra loro mentre lanciavano i loro bey in quella specie di tinozze.
Così ci ritrovammo di nuovo indirizzati da un’altra parte, dove il ragazzo interpellato dal nostro compagno sembrava aver visto andare Kai. Il problema però, fu che ci ritrovammo immediatamente in delle vie secondarie, buie ed inquietanti, a camminare guardinghi attaccati l’uno all’altro e circospetti.
«Si sta facendo tardi, è meglio tornare in albergo. A quest’ora anche Kai sarà rientrato» azzardò Max, seguito da un Prof Kappa piuttosto consenziente.
«Un momento» ci fermò invece Rei, bloccandoci sul posto. Aveva un’espressione in un misto tra il preoccupato e il concentrato. Si era inoltre parato di fronte a me, come a proteggermi, ma con lui di fronte non riuscivo a vedere cosa ci fosse davanti a noi, anche se vedevo gli altri interdetti quanto me.
«Cosa c’è Rei?»  chiese Takao, circospetto, e il nostro compagno non ci mise molto ad illuminarci.
«È il suono di un Beyblade che gira…»
«Andiamo via, può essere pericoloso» lamentò Kappa, ma non finì di dirlo che, da un punto indefinito della via, vedemmo sfrecciare una vecchia pentola d’acciaio piuttosto grossa, e feci in tempo solo a vedere e sentire le braccia di Rei afferrarmi prontamente dai fianchi per spostarmi dalla traiettoria dell’oggetto e dal Beyblade lanciato al suo interno.
«Ma che diavolo significa?» sbottai indignata, anche se di nuovo rossa come un peperone per essere finita tra le braccia di Rei, anche se non volontariamente.
Non riuscii a vedere nessuno, almeno finché non uscì dall’ombra uno strano ragazzo. Aveva un’aria seria e imbronciata, era vestito con un tipico vestito Cinese grigio e sembrava anche particolarmente ostile.
Per fortuna ci pensò Takao a prendere parola per tutti, io ancora continuavo ad essere tra le braccia di Rei, che sembrava particolarmente preso dal nuovo arrivato. Lo stava osservando di sottecchi e in silenzio, come se lo conoscesse ma non si ricordava dove lo avesse visto.
«Hey!!» lo richiamò il nostro campione «sei stato tu a lanciare questa pentola?» chiese, anche se pian piano la verità sembrava fin troppo palese.
«Sì» iniziò il nuovo venuto, mettendosi in posizione di lancio, nonostante in mano avesse uno strano lanciatore. Purtroppo non riuscimmo a capire bene le sue intenzioni, anche se potevano essere intuite benissimo, perché lanciò un altro Beyblade, azzurro, proprio dentro la pentola che, a quanto pareva, doveva fungere da stadio.
«Lo sai che prima di sfidare qualcuno è buona educazione presentarsi? E inoltre se vorrai sfidarci dovrai prima iscriverti al torneo» lo rimboccò Max, leggermente interdetto dal comportamento del Cinese. Nel frattempo Rei era rimasto imbambolato ad osservarlo, anche se mi aveva lasciata andare. Io rimasi accanto a lui, in disparte, ad osservare la scena.
«Mi chiamo Bruce e voi, da quanto dicono le mie fonti, siete i Bladebreakers. Magari ancora non conoscete il mio nome, ma diventerò famoso dopo avervi sconfitto» continuò risoluto.
«Allora fatti sotto!» si fece avanti Rei, senza ripensamenti, parandosi davanti a tutti.
«Con molto piacere!» Ghignò Bruce, ma successe una cosa del tutto inaspettata. Soprattutto per Rei.
«Aspetta amico, fai combattere me» si intromise Takao e all’occhiata stralunata del nostro compagno continuò «tu hai già combattuto fuori dal tuo paese natale…io no! Fammi questo favore, Dragoon non vede l’ora di tornare in campo!» gli sorrise e alla fine fummo tutti convinti che dovesse essere Takao a combattere contro Bruce, che sembrava alquanto felice di battersi con lui.
La lotta fu molto combattuta da entrambe le parti, così tanto che non riuscimmo a togliere gli occhi dal campo di gioco. Soprattutto il prof Kappa, che col suo inseparabile pc portatile continuava a riprendere l’incontro e commentare ogni azione.
Finì con Takao vincitore e Bruce fumante di rabbia, quasi spaventato, come se da quell’incontro fosse dipesa la sua intera esistenza. E forse fu proprio così, visti gli eventi che ne seguirono. Ma andiamo per gradi.
Mentre Bruce si crogiolava nella sua disperazione, il Bey di Takao continuava a girare indisturbato nello stadio. Nessuno aveva più l’attenzione su di esso, e forse per questo che il nuovo arrivato lanciò il suo proprio contro Dragoon, che sbalzò fuori dalla pentola in direzione di Rei, che era proprio nella sua traiettoria. Probabilmente avrebbe potuto farsi molto male, visto che neanche il richiamo disperato di Takao, che comunque era troppo lontano da Rei per spostarlo dalla traiettoria del suo Beylade, poté fare qualcosa. A “salvare” Rei dall’impatto ci pensò Dranzer, che Kai aveva prontamente lanciato contro Dragoon, rilanciandolo verso il suo proprietario. Furono anche tutti ben felici di rivederlo, anche se io continuavo a guardarlo imbronciata. In più sembrava come se tra noi non fosse successo assolutamente nulla; come se fosse tornato tranquillo e felice dalla sua passeggiata pomeridiana. Come se avesse finalmente preso una decisione, ed io sperai che fosse a pro della squadra.
Ma di nuovo l’attenzione di tutti fu distolta da Kai, perché un ragazzino coi capelli verdi era letteralmente atterrato di fronte a tutti noi. Si presentò come Kiki e iniziò addirittura a insultare Rei di essere un traditore. Non ci fu però di nuovo tempo di chiedere spiegazioni, perché Takao sfidò anche lui.
L’incontro finì in parità, uno a uno, ma non riuscirono a combattere il terzo perché gli amici di Kiki, o compagni di squadra, arrivarono a passo di carica, inveendo contro il ragazzino, che in stile Tarzan era balzato su un cornicione ed era scappato, e poi trattando Rei alla stessa maniera del compagno di squadra: come un traditore.
Quando finalmente se ne andarono tutti, potemmo tornare in albergo, ma il nostro amico aveva la testa persa tra le nuvole, nonostante le tante domande insistenti di Takao e Max. Io camminavo al suo fianco, lanciandogli a volte qualche sguardo compassionevole. Kai invece camminava davanti a tutti noi, con le mani sui fianchi e il passo quasi urgente, come se non vedesse l’ora di perdersi di nuovo. Però, all’ennesima domanda dei due, si voltò incredibilmente esasperato.
«Basta, lasciatelo in pace, evidentemente non vuole parlarne. Quando si sentirà di farlo, sicuramente lo farà lui stesso» disse, leggermente inacidito, come se avesse voluto finire la frase con un “e io non voglio ascoltare questa storia”.
«Allora parliamo di te!» cambiò vittima Takao, affiancandosi a Kai con la tipica faccia di chi la sapeva lunga «sei tornato, quindi vuol dire che hai cambiato idea!» ridacchiò.
«Tzè, non è per voi che ho cambiato idea. Se mi ritiro adesso non avrò la mia occasione di battermi con i più validi campioni. Ma non fatevi illusioni, non mi importa nulla del futuro della squadra» rispose spicciolo e mi venne da ridacchiare. In ogni caso, se era tornato ed aveva addirittura salvato Rei, vuol dire che pian piano si stava affezionando. Chissà, magari sarebbe anche cambiato e si sarebbe sciolto con noi. Con me…
«D’accordo!» scoppiò a ridere Takao, tornando da Max e il Prof e iniziando a discutere sul torneo e su quanta voglia avevano di iniziarlo.
Io invece ero combattuta. Di fronte a me camminavano sia Rei che Kai, anche se uno da una parte e uno dall’altra. Avevo molto da dire a entrambi, ma decisi di affiancarmi al mio vecchio amico, che balzò appena quando mi vide accanto a lui con la faccia sorridente.
«Cosa vuoi?» mi chiese, sempre con la sua solita gentilezza…
«Nulla, volevo dirti che mi fa piacere che hai rivalutato la cosa» provai a mostrarmi amichevole, ma lui mi scoccò un’occhiata interdetta.
«Non l’ho fatto per te o per loro» voltò leggermente indietro lo sguardo «e neanche per tuo nonno. L’ho fatto per i miei interessi, solo quelli» finì risoluto ma io mi limitai a fare spallucce.
«Ma sei rimasto, questo è l’importante» gli sorrisi appena e gli lasciai la libertà di percorrere la poca distanza da solo. So quanto era solitario Kai Hiwatari, l’avevo visto al torneo nazionale.
In ogni caso non me la sentii di interrompere il silenzio riflessivo di Rei, che sembrava particolarmente accigliato, quindi mi affiancai a Takao e gli altri per parlare di ciò che ci aspettava.
 
 
Una volta in Hotel cenammo di nuovo nella zona ristorante, allo stesso tavolo del pranzo, che probabilmente il nonno aveva prenotato per l’intera permanenza. Non fece domande quando vide Kai sedersi di nuovo accanto a lui, si limitò solamente a sorridergli, come se avesse capito le sue intenzioni, né chiese qualcosa a Rei quando tornò a servirci con aria distratta, nonostante cercasse di sembrare spensierato.
Differentemente da qualche ora prima, perdemmo meno tempo a mangiare e in poco meno di un’ora eravamo già tutti in camera. O meglio, non tutti, visto che Rei non divideva ancora la camera con tutti noi. Aveva una camera personale, donatagli dal proprietario per l’aiuto che gli aveva offerto in quei giorni. Anche il nonno si era rintanato in camera sua, premunendosi solamente di darci un orario per l’indomani mattina.
Takao, Max e il Prof si erano già messi il pigiama e parlottavano del campionato sopra il letto di quest’ultimo, mentre erano tutti presi a riguardare il video che aveva registrato negli incontri con Bruce e Kiki.
Kai invece si era seduto su una poltrona dell’ampio salottino, dopo averla spostata in modo che fosse rivolta verso la portafinestra a vetri ed osservava il panorama fuori, con Dranzer in mano e l’aria distratta, soprattutto di chi non voleva essere disturbato. Credo che per lui fosse già troppo dividere la camera con tutti noi. Inoltre mio nonno mi aveva chiesto se avessi voluto stare in camera con lui, ma io preferii condividerla con i miei compagni. Anche se ero una ragazza, non mi sentivo in imbarazzo, anche perché per cambiarmi usavo il bagno e non erano costretti a guardarmi. Loro invece facevano tutto alla luce del giorno, quasi mi considerassero una di loro, e a me andava bene così. Solo uno di loro continuava a fare il timido, cambiandosi al bagno come me, ed è inutile che vi dica di chi sto parlando…
Ma in ogni caso non me la sentivo di chiacchierare allegramente con i tre, seduti sul letto, né mi andava di disturbare Kai, che molto probabilmente mi avrebbe mandata a quel paese. Volevo starmene un po’ per i fatti miei, senza però disturbare gli altri, così decisi di uscire dalla camera senza far rumore, in modo che non si accorgessero della mia “fuga”. Avevo preso la mia chiave, in modo da poter rientrare senza essere costretta a bussare, e mi diressi senza meta per l’inerpicato labirinto di corridoi. Camminavo tranquillamente per i piani, scendendo quelli che dividevano il nostro (uno dei piani più alti) alla Hall. Ripensavo alla giornata appena conclusa, e a quei strani tizi incontrati sul nostro cammino. In più ero davvero curiosa di sapere perché avessero dato del traditore a Rei. Si conoscevano quindi? Erano amici? Oppure nemici?
Non riuscivo a darmi pace e risposte, ma credo che quella volta ci si mise di mezzo il destino, o la provvidenza. Il caso volle che capitai proprio nel piano dov’era situata la camera di Rei, e che lui stesse salendo le scale proprio in quel momento, incrociandomi a metà strada.
«Ciao», mi disse dopo un momento di stupore. «Dove vai a quest’ora?» mi chiese poi, ridacchiando, e io non potei far altro che arrossire lievemente.
Dove stavo andando?
«In realtà in nessun posto preciso, stavo vagando senza meta. Takao, Max e il Prof stanno sproloquiando a proposito degli incontri di oggi e Kai se ne sta da solo nel salottino. Non volevo disturbare nessuno dei quattro», feci spallucce e lui ridacchiò.
«Ah, capisco», mi sorrise così dolcemente che non riuscii a tenermi dentro la domanda.
«Tu invece dov’eri? Hai finito adesso il turno?»
«Sì, ho finito di pagare il mio debito e sono pronto a partire con voi verso il torneo!» sorrise ancora e di nuovo quell’espressione serena mi fece tornare in mente in mille pensieri che attanagliavano la mia mente a proposito della sua situazione con quegli strani individui.
«Senti Rei…a proposito di oggi…» cercai di iniziare ma lui sospirò sonoramente, cosa che mi fece capire che non ero stata poi così delicata…
«Ma, se non vuoi parlarne lo capisco!» Mi affrettai a mettere in chiaro. Non volevo costringerlo a parlare di cose a lui sgradite, o riaprire vecchie ferite.
La sua espressione però, nonostante fosse seria ed impassibile, non sembrava irata dalla mia risolutezza. Abbassò gli occhi per un momento, nel quale pensai di chiedergli scusa, ma parlò prima ancora che fossi io a farlo.
«No io…è giusto che sappiate…vuoi entrare in camera mia a parlarne? Forse non è il caso farlo sulla rampa di scale», ridemmo e in effetti dovetti dargli ragione e lo seguii fino alla sua camera, ma solo dopo aver chiuso la porta realizzai effettivamente che eravamo soli.
Si sfilò la camicia della divisa e rimase solamente con una canottiera bianca, prima di sedersi di fronte a me sui divanetti di cui era provvista la stanza, anche se nettamente più piccola della nostra ai piani alti.
In più aveva deciso di parlare della sua vita a me, prima di tutti gli altri, e di quello gliene fui assolutamente grata. E mi chiesi anche se si fosse mai aperto con mio nonno. Ma dovetti ammettere che, forse, il suo attaccamento a questo ragazzo doveva derivare proprio da quello che aveva passato nella sua giovane vita…
Fine capitolo 14



°°°°°°°°°°°°
 
 
Angolo autrice:
Ma ciao! Visto? Non ho fatto passare troppo tempo xD
Allora, probabilmente in questo capitolo non è successo nulla di particolare, è stato solo un riassunto della puntata, con l’aggiunta di Saya…adesso però sono rimasti soli in camera, cosa accadrà? :P
Man mano che andrò avanti non descriverò tutte la puntate e probabilmente cambierò qualcosa per non copiare la serie, ma lo vedremo andando avanti ^_^
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi ha deciso di seguire ancora la storia e chi è arrivato a leggere fino a qua <3
Un bacione
Alla prossima!!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

 

Ero rimasta seduta sul divanetto della stanza di Rei, ad osservarlo contorcersi le dita per via dell’agitazione di quel momento, e non c’entrava nulla il fatto che fossimo soli. Ero estremamente certa che avesse una battaglia interiore diversa da qualsiasi ragazzo della sua età. Portava dentro delle ferite che, purtroppo, fino a quel momento non potevo nemmeno immaginare. Ed invece ero sicura che, l’unico a conoscere la sua storia, fosse proprio mio nonno. E forse è per questo motivo che decise di portarlo con sé fino in Giappone, per farlo combattere nel nostro campionato nazionale, nonostante non fosse un nostro compaesano. Sicuramente ne era stato felice. Ho visto i sorrisi di Rei farsi sempre più caldi e sinceri dopo essere stato battuto da Takao, anche con me, e ho visto nei suoi occhi la gioia di poter combattere nella nostra squadra. Ma ho visto anche l’inquietudine nel suo viso e l’amarezza nel suo sguardo dopo che i suoi occhi ambrati hanno raggiunto quelli di quel ragazzino di nome Kiki e dopo che le sue orecchie leggermente a punta sentissero la parola “traditore”.
Ma traditore di cosa?

Stavo per scoprirlo.
«È giusto che ne parli anche con gli altri, ma ho bisogno di liberarmi del peso che porto dentro», mi sorrise titubante e iniziò a raccontarmi una storia che mai, nemmeno nei più intimi sogni avrei potuto concepire. Avevo intuito giusto, pensando che questo ragazzo così giovane abbia visto e subito troppe cose per un ragazzo della sua età; e avevo azzeccato anche il fatto che mio nonno sapeva tutto.
«È stato proprio lui a prendermi sotto la sua ala protettrice, parlandomi di voi e del vostro campionato e chiedendomi se avevo voglia di parteciparvi. Ero elettrizzato per questa opportunità, avuta proprio dal presidente della BBA in persona, e non me la sono fatta sfuggire. Mi ha parlato della sua intenzione di partecipare al campionato mondiale con la squadra formata dai campioni nazionali. In cambio gli ho raccontato tutto di me, non ho più segreti per lui…e per te...»
Gliene fui grata, ovviamente, e sentirlo parlare con quel tono sofferente che ha usato per raccontare la sua vita mi fece salire una rabbia incredibile. Il villaggio dove è nato e cresciuto si chiama: “Tribù della Tigra Bianca”, il cui simbolo è proprio il Bit Power dell’omonima tigre, Driger, che capeggia imponente sul suo Beyblade. Però lui, dopo essere cresciuto e aver ereditato il titolo di capo tribù in giovane età, si sentiva troppo oppresso dalle rigide regole del posto. Gli vietavano di uscire dai confini, di conoscere persone oltre il villaggio e di misurarsi con gli altri blader fuori dal paese, come invece ha fatto…tradendo la sua gente e scappando con l’antico simbolo della tribù. Per questo oramai viene da tutti etichettato come traditore…ma quello che non capisco è perché i suoi vecchi compagni, quella sua squadra di vecchi amici d’infanzia, siano riusciti ad avere il permesso per uscire dai loro confini e, addirittura, partecipare al campionato mondiale…
«Ti ringrazio per esserti fidato di me prima degli altri», gli sorrisi anche io, un modo per ripagarlo del suo racconto. Si vedeva lontano un miglio che, nonostante fosse felice e sicuro delle scelte fatte in passato, quella situazione gli pesava non poco.
«Grazie a te per aver ascoltato. Anzi, mi scuso per essere stato scortese con voi al torneo nazionale» ridacchiò. «Ammetto che volevo tirarmela un po’, tuo nonno non mi aveva detto che avrei avuto degli ossi duri come rivali»
«Sono felice che te ne sia accorto»
Scoppiammo a ridere e finalmente vidi la tensione allentarsi dall’espressione del suo viso e fui felice di aver contribuito al suo ritrovato buon umore.
«Adesso non ci resta che approdare al torneo!», mi disse infine, alzandosi dalla sua posizione.
«Sì», mi alzai a mia volta, intuendo che forse avrebbe voluto riposare in vista della partenza di domani. E anche io ero abbastanza stanca; il viaggio e quegli strani incontri nei vicoli della città mi avevano destabilizzata.
«Allora ci vediamo domattina, in modo che possa riuscire a parlare con gli altri di questo argomento. Non voglio imbarcarmi verso la nostra meta definitiva tenendo dei segreti. Siamo compagni di squadra, dobbiamo fidarci l’uno con l’altro e affrontare tante difficoltà. Ma, soprattutto, dobbiamo farlo insieme!»
«Ben detto Rei, è lo spirito giusto! Quindi, se ti va, vieni pure a svegliare Takao», ridacchiai. «Dobbiamo convivere anche con il fatto che ci vorranno le cannonate per alzarlo dal letto tutte le mattine…», continuai, acquattandomi più vicino al suo orecchio. «Me lo ha detto il prof Kappa!» Glielo confidai sottovoce, ma sentii la sua cristallina risata riempire tutta la stanza.
«D’accordo, allora ci andrò pesante!», mi rispose divertito e ci salutammo sull’uscio della sua camera, conscia che tra non molte ore lo avrei rivisto…
Inoltre non scherzavo quando gli dissi che ci sarebbe voluta l’armeria pesante per destare Takao dal suo sonno.
La mattina seguente mi svegliai tranquillamente al suono della sveglia che, di comune accordo, avevamo impostato a quell'ora. In più era già passato mio nonno a dirci di vestirci e di scendere con i bagagli per la colazione, in modo da avviarci in Taxi verso l’aeroporto. Ma quando uscii dal bagno, dopo un Kai decisamente alterato, Takao era ancora al suo posto, con il prof e Max che cercavano di aprirgli gli occhi di forza.
«Sì sì, così! No, non da quella parte!», sbraitava nel sonno, con ancora gli occhi chiusi e la voce impastata. Probabilmente sognava un incontro di Bey, vista l’aria trasognata che aveva stampata in faccia.
«Tiriamolo giù dal letto con tutte le lenzuola e lasciamolo penzolare fuori dal balcone senza tante cerimonie…»
Questo fu “l’amorevole” commento di Kai, che se ne stava a debita distanza, vicino la finestra della camera, con le braccia conserte e l’aria di uno che sarebbe sbottato da un momento all’altro. E quella era solo la prima di un’indeterminata serie di mattine in cui, molto probabilmente, la storia si sarebbe ripetuta.
Nel frattempo era anche sopraggiunto Rei, appositamente per parlare con i ragazzi, ma purtroppo l’inconveniente di Takao lo convinse a rimandare la storia. Gli lanciai anche un’occhiata rattristata, ma lui fece spallucce e mi rispose con un’aria più che divertita. Involontariamente Takao riusciva a far ridere anche senza rendersene conto…In più, me ne rendevo sempre più conto man mano che continuavamo a convivere, sarebbe stato proprio lui il collante che ci avrebbe tenuto tutti uniti…o almeno, per la buona maggior parte…
Quando finalmente riuscimmo a destare Takao dal suo sonno, aveva l'espressione di uno che non riusciva a capire perché fossimo tutti lì ad osservarlo, tra cui Kai con l'aria decisamente incattivita. Sono sicura che, se avesse potuto, lo avrebbe davvero penzolato fuori dal balcone con tutte le lenzuola...
Rei riuscì anche a parlare con i ragazzi, che rimasero colpiti dalle sue parole. Eravamo tutti seduti sui nostri letti, tranne Kai ovviamente, che trovava la finestra molto interessante, visto che se ne stava sempre lì a guardare fuori, mentre il diretto interessato era in piedi di fronte a tutti noi.
«Questo è quanto...» Finì con un sorriso, spostando lo sguardo su di me come a dire “ce l'ho fatta!”. Inoltre mi sembrò che avesse il cuore più leggero, e probabilmente fu proprio così.
«Quindi non ci rimane che batterli!!»
Takao si issò in piedi con uno scatto, parlando con una convinzione che trascinò anche noi, che scoppiammo a ridere all'unisono.
«Oramai sei uno di noi amico, non mi importa cos'è successo in passato!», gli sorrise il nostro campione.
«Ha ragione, mi fa piacere averti in squadra!», gli dette man forte Max, che non riusciva ad essere sprezzante neanche impegnandosi.
«Mio nonno ha fatto la scelta migliore conducendoti da noi», gli dissi invece io, arrossendo leggermente sotto il suo sguardo. E mentre spostavo lo sguardo dalla vergogna, vidi Kai alzare gli occhi al cielo. Ma Takao aprì bocca prima che potessi dirgliene quattro.
«E tu non dici nulla??», lo ammonì, anche se il suo tono di voce era più incuriosito che incattivito dal menefreghismo del nostro compagno. Ma ovviamente lui sì che riusciva ad essere perfettamente sgradevole nelle sue risposte.
«Tzè, cosa vuoi che ti dica? Non mi importa con chi dovrò condividere la squadra, tanto prima o poi batterò anche voi. E, anche se sono già stato chiaro, vi ricordo che non sono rimasto per voi ma per rimanere in onda con i miei progetti e cioè battermi con i migliori blader del mondo!»
Sintetico e diretto come al solito, soprattutto quando parlava con le braccia conserte e gli occhi color ametista che lampeggiavano nella luce mattutina. Aveva avuto sempre una scintilla di vita in quelle iridi, ma in quell'ultimo periodo avevano un non so che di glaciale e stentavo a riconoscerle. Come aveva fatto a cambiare così tanto? Era una domanda che mi ripetevo praticamente ogni giorno da quando era riapparso nella mia vita, e la convivenza forzata per via del campionato mi sbatteva in faccia ancora di più il suo cambiamento...
Ma, tornando a Rei, era riuscito a farsi seguire fino alla Hall da tutti noi, compreso Kai, che come il solito rimaneva in fondo alla fila. Avevamo i nostri bagagli e, dopo aver fatto una leggera colazione per affrontare un altro volo, ci dirigemmo in Taxi verso l'aeroporto.

 

 

°°°

 

Il viaggio andò tranquillamente e ne approfittai per sonnecchiare un po', anche se non durò molto come il primo. Non feci in tempo a chiudere gli occhi e sognare qualcosa di astratto, che mio nonno mi destò delicatamente.
Mi ero seduta accanto a lui per non essere di nuovo accanto ad un Kai sprezzante o a Rei, che dopo le rivelazioni che mi aveva fatto e aveva fatto alla squadra avevo sentito un forte interessamento verso di lui. Avrei tanto voluto avvicinarmi per alleggerire il suo cuore, ma non volevo essere invadente. E inoltre, nonostante il carattere poco amichevole, io ero ancora attratta dal mio vecchio amico. Non era qualcosa di fisico, ma più un qualcosa legato ai ricordi. Volevo riavere indietro il ragazzo che mi aveva insegnato ad amare lo sport che praticavamo. Mi mancavano le nostre giornate insieme al parco, anche se eravamo cresciuti. Mi sarebbe piaciuto rivedere il suo sorriso e riascoltare i suoi complimenti. Così, in queste condizioni, non sapevo nemmeno se mi avrebbe mai rivolto la parola di sua spontanea volontà. Quelle poche volte in cui avevamo parlato, ero stata sempre io a iniziare un discorso, e il più delle volte venivo liquidata alla svelta.
Insomma, avevo bisogno di tranquillità in quell'aereo già abbastanza affollato. C'erano persone che chiacchieravano l'una con l'altra, Hostess che passavano con carrelli colmi di pietanze, e i miei compagni di squadra, sempre tranne Kai, che fantasticavano sul torneo. Quest'ultimo inoltre sarebbe iniziato l'indomani e, anche se non lo davo a vedere, ero tesa ed emozionata. Non vedevo l'ora di conoscere i nostri sfidanti e i famosi ex amici di Rei. Non vedevo l'ora di immergere di nuovo la mia attenzione al Beyblade, così da lasciare indietro gli altri pensieri. Dovevamo dedicare noi stessi solo ad esso, anche per non deludere le aspettative di mio nonno, che aveva avuto fiducia in tutti noi. E poi volevo arrivare sempre più lontano perché, se fossimo stati buttati fuori dal mondiale, ci saremmo dovuti dividere...e quella convivenza mi aiutava ad avvicinarmi a entrambi i ragazzi. E poi Takao era talmente gioviale e divertente che mi metteva di buon umore!
Una volta sbarcati, un altro Taxi ci portò al nostro Hotel. Questa volta gli organizzatori avevano pensato per i partecipanti una struttura caratteristica. Era una costruzione in pietra, con un giardino esterno provvisto di un Beyblade Stadio interrato nel terreno e piccoli appartamenti disposti a schiera. Il nostro non era molto distante dallo stadio, per cui ci saremmo anche potuti allenare. Inoltre la fortuna era dalla nostra parte, perché la giornata era calda ed assolata.
«Bene ragazzi, vi do carta libera per il resto del pomeriggio e ci vedremo direttamente per cena!», ci disse il nonno, sparendo nel corridoio. Conoscendolo si era preso una stanza decisamente più piccola, per dare modo a tutti noi di stare assieme per conoscerci ed amplificare la nostra conoscenza. In fondo eravamo una squadra, e in una squadra c'è bisogno di intesa...da tutti i componenti. Ma purtroppo, nella nostra squadra c'era qualcuno che non collaborava affatto...
Fine capitolo 15

 

 

°°°°°°

Colei che scrive:

Ma salve a tutti e, buon inizio 2019! Mi dispiace non essere molto presente, ma per il momento non ho molto tempo, però farò tutto il possibile per portarla avanti ^_^
Mi scuso se in questo capitolo non succede nulla di particolare, ma chiamiamolo pure un capitolo di transizione...dal prossimo le acque si agiteranno ehehe sappiamo tutti cosa succede a Rei in questo punto, e cosa comporterà l'entrata in scena di Mao...ora che Saya inizia a sentire qualcosa per il nostro bel cinese :P e Kai?
Chissà...
Spero che continuerete a seguire la fiction, nel frattempo vi mando un bacione e ringrazio chi si è fermato a recensire i vecchi capitoli e chi sta seguendo silenziosamente la storia ^.^
A presto!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Gelosie ***


Capitolo 16
 
 
Finalmente iniziò il torneo Cinese ed io ero impaziente di assistere ai primi incontri. Lo stesso umore lo avevano i ragazzi, che fremevano dall’emozione mentre si allenavano nel Beyblade stadio messo a disposizione dal caratteristico Hotel in pietra stile cinese dove alloggiavamo.
Ovviamente esternavamo tutti la nostra emozione. Tutti tranne Kai, che la maggior parte del tempo usciva senza dire nulla a nessuno, per poi tornare solo per i pasti. Sono sicura che si allenava da solo da qualche parte, lontano dalle nostre chiacchiere. Probabilmente al principino infastidivano le nostre voci e quando poteva sgattaiolava fuori per rimanere da solo. Inoltre sono sicura che anche lui non vedeva l’ora di incontrare i più bravi Blader del continente Asiatico, solo che non lo dava a vedere. Almeno non con noi.
Il primo incontro lo giocammo con la nazionale Tailandese, che dette un po’ di filo da torcere ai nostri, soprattutto a Max. Ma ci aggiudicammo la manche e passammo alla successiva.
Quella stessa notte invece, un componente dei White Tiger, i vecchi compagni di squadra di Rei, si intrufolò nella stanza dove stava lavorando il Prof. Kappa, rubandogli tutti i dati riguardanti i nostri Blader. Per fortuna Rei riuscì a bloccarlo…ma a caro prezzo. Quella notte il Bit Power della Tigre Bianca lo abbandonò sotto lo sgomento di tutti, e sotto la totale soddisfazione di Kiki.
Kai fu parecchio duro con lui dopo la sconfitta. Il volto di Rei, già rigato dalle gocce di pioggia che scendevano irriverenti dal cielo, si indurì in un’espressione puramente sconvolta. Perdere la tigre bianca, simbolo della sua tribù e delle sue origini, e simbolo del suo potere, probabilmente fu un duro colpo. Soprattutto perderla a ridosso di un torneo così importante.
Il mattino dopo se ne andò lasciando solo una lettera. Ricordo che ero così disperata che implorai il nonno di fare di tutto per riportarlo da noi. Non solo per quello che sentivo di provare, ci mancherebbe, ma perché avevamo bisogno di lui. Certo, avevamo Kai, che fino a quel momento era stato solo una riserva, o un asso nella manica, chi lo sa, ma non era la stessa cosa. L’affiatamento che si era creato tra Rei, Max, Takao e il Prof era qualcosa che non poteva per nulla al mondo essere sostituito da un freddo antipatico come Kai.
Ma per fortuna Takao è sempre stato testardo quanto me e decise di andarlo a cercare, sotto il totale disappunto di Kai, ma noi quattro eravamo tutti d’accordo con il nostro campione. Vidi anche il volto del nonno rilassarsi per un momento. Comprendeva anche lui l’affiatamento che legava la nostra squadra ed i suoi componenti, anche se non tutti.
Partimmo alla ricerca di Rei e non sono in grado neanche adesso di fare una stima di quanti chilometri percorremmo a piedi nella sua ricerca, chiedendo informazioni ai passanti con una sua foto per sapere se lo avevano visto passare.
Lo trovammo in fine in cima ad una montagna rocciosa, che Takao volle scalare senza sentir ragioni. Per fortuna non fu così alta e disconnessa, altrimenti avremmo potuto salutarci tutti e incontrarci di nuovo in paradiso. Eravamo stati decisamente avventati, ma per citare le parole del nostro capitano: “per un amico questo ed altro”.
Ed aveva ragione!
L’unico problema fu che il nostro amico non era solo ma in compagnia della ragazza che avevamo incontrato nel nostro primo giorno in Cina. Era anche lei una componente dei White Tiger e ammetto di aver avvertito un sentimento molto simile alla gelosia alla vista di loro due assieme. Lui fu molto sorpreso nel vederci arrivare, invece l’espressione di lei diceva tutto il contrario. Probabilmente le avevamo rotto le uova nel paniere. Ma le parole di Takao riuscirono a smuovere l’animo del nostro amico e tornammo in hotel di nuovo in cinque, pronti ad affrontare la nostra scalata verso il successo. E pronto lo era anche Rei, che dopo la sfida con Takao sulla montagna aveva ritrovato un po’ di fiducia in sé stesso, anche se ciò non aveva fatto tornare indietro la tigre.
«Mi fa piacere che sei tornato, Rei», gli dissi a brucia pelo, dopo che gli altri si furono alzati dal tavolo in seguito alla generosa cena di quella sera. Mio nonno si era ritirato nella sua stanza, mentre gli altri erano fuori a sfidarsi a Beyblade come al solito. Solo Kai era rimasto nella stanza con noi, ma dopo le mie parole gli vidi alzare gli occhi al cielo e lasciare la stanza senza proferire parola. Lo guardammo uscire, poi scoppiammo a ridere, ma io aspettavo la sua risposta. Avrei anche voluto chiedergli informazioni sulla ragazza che era con lui, soprattutto come avesse fatto a raggiungerlo prima di noi, ma desistei dal chiederglielo.
«Fa piacere anche a me. Avevo un po’ perso la bussola, ero sconvolto dopo l’abbandono della tigre», sospirò abbassando gli occhi su Driger, che tirò fuori dalla tasca di suoi pantaloni, «ma ora sono pronto ad affrontare i miei avversari. Devo dire che vedervi così preoccupati per me e vedervi arrivare su quello spunzone di roccia mi ha fatto capire l’importanza dell’amicizia che ci lega. Non siamo solo semplici compagni di squadra, sono sicuro che tutti insieme riusciremo a vincere questa fase del campionato», mi sorrise e non potei fare a meno di avvampare.
«Hai ragione. Anche Kai, a modo suo, dà il suo contributo alla squadra», provai a stemperare la mia temperatura corporea sviando il discorso.
«Sì, anche lui!», rise, e non potei fare a meno di scoppiare a ridere anche io.
Ridemmo per qualche secondo, poi lui tornò serio.
«Inoltre non volevo deludere tuo nonno. Se sono arrivato dove sono lo devo a lui, che mi ha preso a ben volere dal momento in cui sono arrivato in Giappone. Gli sarò sempre debitore per questa opportunità. Stamattina ero molto avvilito con me stesso, non mi sentivo all’altezza di continuare il mondiale senza il mio Bit Power, così impulsivamente ho scritto quella lettera e me ne sono andato. Me ne sono pentito quasi subito, ma volevo tornare solo dopo aver ritrovato la mia forza. La forza materiale, il mio animale sacro, non è ancora tornata, ma la fiducia in me stesso e nei miei mezzi sì, grazie a voi, e sapere che mi siete stati vicino mi si scalda il cuore. Takao è un burlone, a volte spaccone, è distratto e spesso pelandrone, ma non posso non volergli bene», sorrise ed il suo fu un sorriso sincero, che mi scaldò il cuore.
Non aggiunsi altro perché non volli aggravare la situazione o fargli cambiare idea. Era tornato da noi, sotto il disappunto di Mao, e questo era l’importante.
Il giorno dopo fu la volta dell’incontro con la Mongolia e vincemmo tutti e tre gli incontri, sotto la felicità dei nostri blader. Ricordo di essermi gettata ad abbracciare Rei dopo il suo incontro senza neanche pensarci, soprattutto perché era valso a riconquistare il suo Bit Power, ma mi ritirai subito dopo. Ero rossa in volto come un peperone, ma lui mi sorrise e mi disse che il mio sostegno era importante per la squadra. Così dedicai tutta me stessa nella tifoseria e nel sostegno al Prof.
La sfida seguente fu contro la squadra delle Maldive e fu una giornata pesante, che ci dette parecchie preoccupazioni.
Takao quella mattina non voleva proprio svegliarsi, forse perché aveva fatto le ore piccole, chissà…e Rei decise di provare a svegliarlo con un piccolo scherzetto. Usò un peperoncino, che infilò in bocca al nostro capo squadra tutto intero, che lui masticò nel sonno. Purtroppo la razione non fu quella sperata perché Takao fu subito K.O, sotto le risate divertite di Max. Purtroppo il Balder non fu in grado di viaggiare subito, quindi Rei decise che avrebbero preso la corriera dopo quella che prendemmo io, Kai, Max, il Prof e mio nonno di prima mattina. In realtà avrei voluto fare compagnia a Takao e Rei, soprattutto perché mi piaceva stare in compagnia di quest’ultimo, ma il Prof mi chiese di dargli una mano per ultimare le ultime migliorie al nuovo Beyblade che aveva creato per Max: Scudo Draciel. Così, a malincuore, salii sulla prima corriera diretta verso lo stadio, ma il fato ci mise lo zampino. O meglio, un certo ragazzino, come scoprimmo tempo dopo.
Era il nostro turno di scendere in campo e di Rei e Takao non c’era ancora nemmeno l’ombra.
Iniziavo a preoccuparmi ed anche Max e il Prof iniziarono a dare segni di agitazione, ma era il turno di Max di scendere in campo e decidemmo con lui di tirare avanti l’incontro almeno finché i nostri compagni non fossero arrivati. Purtroppo però l’incontro iniziò ad essere molto monotono dopo i primi minuti ed il pubblico e l’avversario di Max iniziarono ben presto a perdere la pazienza, così quest’ultimo dovette concludere lo scontro con la vittoria da parte nostra. Il nostro Mizuhara vinse, anche se non mi sembrò molto contento di ciò.
Eravamo davvero alle strette e lo si leggeva dai nostri volti. Dj Man stava incitando le due squadre a mandare in campo il suo campione e mentre il giocatore avversario era già salito sul Beyblade Stadium, da parte nostra c’era ancora parecchia titubanza. Io non potevo scendere in campo, perché non ero un blader ufficiale della squadra, come il Prof K, ma c’era qualcun altro che poteva salvarci da quella situazione. Mi voltai verso di lui, ma Kai si era già alzato di scatto dalla panca.
«Vado io», disse, senza neanche voltarsi a chiedere se quel cambio all’ultimo secondo ci andasse bene, ma in quella situazione sarebbe andato bene tutto, purché rimanessimo in gioco. Magari avrebbe perso altro tempo e permesso ai nostri compagni di arrivare.
Purtroppo, o per fortuna, dipende dai casi, il nostro compagno è sempre stato fin troppo esibizionista ed impulsivo, e quindi invece di prendere tempo come aveva fatto Max, mise fine all’incontro in pochissimi secondi, aggiudicandosi il punto decisivo per la nostra squadra. Eravamo 2 a 0, quindi in teoria la partita poteva dichiararsi vinta dai BladeBreakers.
«Mi dispiace, ma tutti i giocatori devono avere la possibilità di giocare. Devono scendere in campo tutti e tre i blader di ogni squadra, questo è il regolamento ragazzi…», ci rispose invece Dj Man, dopo che Kai chiese di rinunciare al terzo round, visto che eravamo comunque vincitori.
«Ed ora che si fa?», fu il Prof Kappa a lamentarsi, col pc aperto sulle ginocchia e le mani fra i capelli. Anche lui iniziava ad essere in preda all’ansia.
«Nonno, non posso scendere in campo io?», chiesi come ultima speranza, ma lo vidi scuotere la testa asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto.
«No, Saya, può solo scendere in campo la formazione con cui viene iscritta la squadra ed è formata da Takao, Max, Rei e Kai come riserva»
«Maledizione!», sbattei un piede a terra innervosita, mentre il Dj continuava ad incitarci a mandare in campo il nostro terzo blader. Eravamo al limite, a corto di idee. Anche Kai sembrava particolarmente irritato. Probabilmente anche a lui sembrava surreale perdere l’opportunità di continuare il mondiale per questo contrattempo. Inoltre sono sicura che se fossimo stati squalificati dal torneo, avrebbe preso a calci i ritardatari dallo stadio fino in Giappone.
Per fortuna nulla di ciò accadde, perché all’ultimo secondo i nostri compagni comparvero dall’ingresso, sporchi ed ansimanti e con Takao che sorreggeva Rei sulle spalle. Iniziò a battermi forte il cuore, sia per la gioia di rivederli, sia per la preoccupazione di vederli ridotti in quello stato.
«Scendo io in campo per i BladeBreakers!», gridò Takao in direzione di Dj Man, che tutto emozionato dette il tempo al nostro campione di prepararsi e di portare Rei seduto sulla nostra panchina.
«Ma cosa è successo?», gli chiesi una volta iniziato a fasciagli la caviglia con le bende prese dalla valigetta del pronto soccorso, che ogni squadra porta in campo per ogni evenienza.
«La strada è stata bloccata dalla caduta di un masso, non c’era modo di passare dalla strada principale. Abbiamo scalato la montagna, ma purtroppo c’è stata un’altra frana e per schivarla mi sono slogato una caviglia. Ho incitato Takao a lasciarmi lì e di continuare da solo, così che sarebbe arrivato in tempo, ma non ha sentito ragioni», mi sorrise, anche se ogni tanto stringeva i denti dal dolore.
«Tipico di lui», sospirai divertita, ma nel farlo gli passai la fasciatura sul rigonfiamento e lo sentii sussultare.
«Scusami, ti sto facendo male?», allentai un po’ la presa, anche se so che avrei dovuto stringere a dovere la fasciatura in modo da far star ferma la slogatura.
«Un po’, ma non fermarti, fasciala a dovere», continuava a sorridermi, con il suo tipico sorriso che solitamente mi faceva scogliere sul posto, e non riuscii più a sostenere il suo sguardo ambrato, così dedicai tutta la mia attenzione al mio operato con il cuore che mi batteva a mille.
 
 
Per fortuna per la finale contro i White Tiger, la caviglia di Rei era tornata alla a posto. Tutto era tornato alla normalità, tranne Takao, che era in piedi prima ancora di tutti noi.
«Ti senti male?», gli chiesi scioccata, con ancora gli occhi impastati dal sonno mentre mi dirigevo nella zona dove facevamo colazione. Era già vestito di tutto punto ed aveva Dragoon in mano. Probabilmente non aveva dormito dall’emozione.
«Per niente, sono super carico!», mi rispose con un sorriso, il suo solito sorrisone a cui è impossibile non rispondere.
«Calma i bollenti spiriti Takao, sarò io a scendere in campo per primo!», lo sbeffeggiò Max, che invece era ancora in pigiama.
Iniziarono così a battibeccare amichevolmente, a voce fin troppo alta però.
«Cos’è tutto questo trambusto?»
Fu Rei a chiederlo, affacciandosi alla porta della camera mentre si stropicciava gli occhi. Indossava una tuta blu, che utilizzava per pigiama, ed aveva i capelli appiccicati attorno al viso arrossato dal sonno.
«Nulla, Takao si è alzato con fin troppa verve stamattina», gli risposi con una risata e non mi accorsi che dietro di Rei era appena apparso Kai, nello stesso stato assonnato del compagno. Indossava una t-shirt anonima ed un paio di pantaloni a tuta, larghi più o meno come quelli che indossava di solito. Aveva i capelli afflosciati sul volto ancora accaldato dal cuscino, che gli davano un’aria quasi indifesa. Quell’immagine di lui mi fece quasi sorridere, ed arrossire alla stessa maniera in cui ero arrossita vedendo Rei. Nessuno di noi era abituato a vederlo così in deshabillé, visto che era sempre composto e posato ed il primo ad alzarsi. Inoltre era molto, molto bello…
In perfetto orario ci dirigemmo al Beybalde Stadio e dopo la presentazione delle squadre ed un lungo discorso di Dj Man, visto che era la finale, i primi sfidanti poterono salire sulla piattaforma di lancio.
Della nostra squadra il primo a combattere fu Max, mentre per i White Tiger scese in campo Gao.
Io ero seduta sulla panca della nostra formazione tra Rei e Kai, che era seduto come suo solito al limitare di essa. Lo faceva sempre, probabilmente sedere accanto ad una persona per lui era già troppo, figuriamoci starne al centro! Accanto a Rei invece c’era il Prof K, col suo inseparabile portatile, e dall’altro capo della panca mio nonno, che teneva stretta tra le mani la sua bombetta con fare agitato. Anche lui iniziava a sentire l’agitazione della finale, come tutti noi. A me batteva il cuore, ma capii dopo che era la vicinanza dei ragazzi che mi sedevano accanto.
L’incontro di Max durò più del previsto e ci tenne tutti col fiato sospeso. Purtroppo però aveva perso il nostro primo possibile punto, ma non sembrava più di tanto provato. Per lui le sfide erano un’emozione e le giocava al massimo delle possibilità. E poi, perdere con qualcuno che ci ha tenuto testa è un’eventualità che può succedere nella carriera di un Blader, e si deve fare tesoro di quella esperienza. Però perse l’incontro.
«Tocca a me!», sospirò Rei, alzandosi di scatto senza neanche guardarci in volto. I suoi occhi erano puntati sulla figura dall’altra parte dello stadio, che intanto avanzava verso la piattaforma.
«Puoi farcela amico! Siamo con te!», lo incoraggiò Takao, seguito a ruota da Max e dal Prof. Stava per incamminarsi anche lui ma volevo fargli un imbocca al lupo anche io, così gli poggiai una mano sulla spalla, arrestando la sua camminata. Si voltò verso di me dapprima con un’espressione confusa, non capendo chi fosse stato ad interromperlo, ma quando mi vide mi sorrise teneramente.
«Buona fortuna, Rei!»
Riuscii a dirgli solo quello, capendo che non c’era altro tempo da perdere, visto che erano tutti impazienti di vedere un altro avvincente incontro. Ed anche la ragazza, Mao, mi era sembrata molto impaziente quando mi voltai in sua direzione. Mi stava squadrando come a volermi uccidere da un momento all’altro. Capii dopo che era uno sguardo di pura gelosia!
Il primo incontro però venne vinto dalla rappresentante dei White Tiger, sotto lo sconcerto di tutti. Tranne che di Kai, che si espresse semplicemente con un “Tzè”, probabilmente sdegnato per aver visto Rei perdere contro una donna.
Il secondo round fu un susseguirsi di eventi che nessuno di noi riuscii a capire a pieno. I blader in campo erano come estraniati dal resto dello stadio, come se avessero creato una dimensione tutta loro. Galux e Driger in campo sembravano quasi danzare più che combattere, e dagli schermi le espressioni dei due ragazzi sembravano incredibilmente trasognate.
«Ma che succede?», chiesi, ma non ottenni risposta. Stavano tutti osservando il match col fiato sospeso. Al ché mi voltai verso l’unica persona che sembrava non subire il fascino di ciò che stava succedendo.
«Frivolezze!», mi rispose algido Kai, come al solito, senza neanche voltarsi a guardarmi negli occhi. Stava tenendo d’occhio il comportamento di Rei e sembrava non approvare.
Ma successe qualcosa che mandò a posto tutti i pezzi del puzzle.
Fu Mao a spezzare quella specie di incantesimo che si era venuta a creare, avanzando di qualche passo in modo da essere ben visibile dal suo avversario.
«Ascoltami ti prego Rei! So che mi vuoi bene come una sorella, ma io provo un affetto molto più profondo per te!», iniziò a dire quelle parole sofferte, bloccandosi per qualche secondo. «Io ti amo, non ti considero solo il mio migliore amico!»
Sentii un groppo in gola dopo quelle parole che non riuscii a mandare giù. Più che altro, perché avevo paura della risposta che avrebbe potuto darle lui.
Portai le mani al cuore, cercando di farlo smettere di sbattere così forte, e attesi di ascoltare ciò che mai avrei voluto sentire.
«L’avevo capito. L’avevo capito da tempo. Mao, ti voglio bene anche io, ma in questo momento voglio pensare solo al Beyblade e ad aumentare la mia potenza. Provo un rispetto profondo per la Tribù della Tigre Bianca, che rappresenta le mie radici, la mia cultura, le mie tradizioni. Il legame con te e la Tribù sarà sempre indissolubile, anche se ho scelto di vivere lontano da voi».
SBAM.
Quelle parole pesavano come un macigno e le sentivo ancora rimbombare nelle orecchie. Avevo immaginato che ci fosse qualcosa tra loro, già da quando li trovammo assieme sulla montagna. Decise di tornare nei BladeBreakers, ma sapevo che stava lasciando comunque qualcosa dall’altra parte. Avrei voluto chiederglielo tante volte, ma avevo paura di sentire quella risposta. Non che lui l’abbia assecondata, le sue parole furono molto vaghe, ma avevo capito che anche lui provava un certo affetto per lei. Affetto che non avrebbe dato a nessun’altra. Inoltre il suo obbiettivo era il Beyblade, vincere il campionato ed andare avanti. Ed io mi ero illusa di poter contare qualcosa per lui. Rei era sempre stato gentile con me, ma era il suo modo di fare con tutti. O forse era per via dell’affetto che lo legava a mio nonno. Non seppi mai dirlo con certezza, e non mi azzardai mai a chiederlo. In quel momento neanche io sapevo dire cosa provassi con certezza per Rei. Probabilmente era solo una cotta, un’infatuazione passeggera, ma mi fece male sapere che non sarei mai stata ricambiata e così feci l’unica cosa che mi sentii di fare in quel momento.
«Devo andare in bagno!», avvertii solamente di sfuggita, prima di correre a per di fiato fuori dallo stadio.
Fine capitolo 16
 
°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ebbene sì, sono tornata in questa sezione oramai abbandonata a sé stessa T.T so che probabilmente non verrà letta da molti, non recensita etc.. (colpa anche mia e dei miei sporadici aggiornamenti, PERDONO!). In questo periodo mi è tornata l’ispirazione, e il tempo che stiamo tutti passando a casa a non fare nulla T.T (che tristezza), mi ha aiutata ad esternarla. Ho ripreso in mano gli episodi e mi sto rifacendo un re-watch delle serie, dalla prima alla terza, così che mi rinfresco un po’ la memoria (anche se questa storia ce l’ho tutta impressa in mente e so già cosa far accadere in futuro, devo solo passarla su word <3)
Come avrete notato sto andando molto di fretta nelle descrizioni degli eventi, perché gli incontri del torneo sono importanti ma non per la trama e per la storia di Saya. Inizieremo ad entrare nel vivo una volta arrivati al “torneo” Europeo (penso 1, massimo 2 capitoli ehehe), anche se le cose per Saya iniziano a diventare un po’ più problematiche ora che ha capito che Rei è di Mao U.U Ma, diciamo che nel clou della storia ci entreremo in Russia e ci arriveremo molto, molto presto! In mia discolpa vi prometto che per il “molto presto” non dovrete aspettare il 2021 T.T il prossimo capitolo l’ho già iniziato a scrivere, quindi lo avrete in settimana, così che nel frattempo scrivo l’altro e così via <3 Non ho intenzione di lasciare questa opera inconclusa, l’ho detto molte volte, ci tengo troppo, è parte della mia adolescenza e non intendo rinunciarci! Anche se magari mi blocco varie volte T.T
Se siete arrivati fino a qua, fatemi sapere cosa ne pensate, qualche parolina carina da parte dei recensori è sempre gradita e mi sprona ad andare avanti!
A presto, sul serio!
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Si parte per la Russia! ***


Capitolo 17
 
 
Ero corsa fuori dallo stabile come una furia, senza nemmeno voltarmi indietro. Correvo a per di fiato cercando di non cadere dalle scale e per fortuna non incontrai nessuno fino all’uscita. Probabilmente erano tutti intenti a seguire la finale.
Cercai di trattenere le lacrime, che non avevano senso di scendere. C’ero rimasta male, quello sì, ma dovevo darmi un contegno.
Ora che ero uscita all’aria aperta il respiro si era regolarizzato un po’, ma sentivo le gambe così pesanti che dovetti accasciarmi sulle scale principali, in un angolo appartato ed all’ombra. Poggiai la schiena al muro ed alzai il volto verso il cielo, ascoltando in lontananza le ovazioni del pubblico per la vittoria di qualcuno. In cuor mio speravo fosse Rei, così che potevamo giocarci ancora il tutto per tutto nello scontro tra Takao e Lai. Ma non avevo voglia di rientrare a seguirlo, perché i miei compagni avrebbero letto il mio stato d’animo dalla mia faccia ed era l’ultima cosa che volevo. Non volevo che si preoccupassero per me durante un match così decisivo, inoltre non volevo che Rei sapesse cosa provavo per lui. Era una cosa che doveva rimanere privata, tra me e me, visto che non sarebbe potuta sfociare in nulla. Dovevo riprendere il mio solito sorriso e la mia solita spensieratezza ed andare avanti in compagnia dei miei compagni di squadra come avevo fatto fino a quel momento, sperando di non dovermi dividere da loro così presto. Speravo nella vittoria dei BladeBreakers, così che saremmo potuti partire di nuovo insieme verso un’altra avventura.
Persi totalmente la condizione del tempo nel rimuginare su tutte quelle cose che forse mi addormentai in quell’angolo appartato. Oppure la mia mente vagò in pensieri così profondi da sembrare sogni.
Tornai alla realtà dopo aver sentito una voce fin troppo familiare.
«Che fai, ti nascondi?»
Era un tono freddo e canzonatorio, esattamente come lo era la sua espressione quando alzai i miei occhi su di lui.
Kai se ne stava a poca distanza da me, con le spalle poggiate al muro, le braccia conserte e gli occhi color ametista puntati nei miei.
«Che ci fai qui?», gli chiesi invece con una smorfia. Non volevo dargli la soddisfazione di rispondere alla sua domanda.
«Tutte quelle smancerie mi hanno innervosito», rispose invece quieto alla mia, continuando a penetrarmi con il suo sguardo. «Inoltre sono tutti preoccupati per la tua assenza…», alzò gli occhi al cielo, facendomi capire che anche quel dettaglio lo aveva innervosito parecchio.
«E ti sei offerto volontario per venirmi a cercare?», domandai perplessa, piegando leggermente la testa di lato con fare curioso. Non ci avrei creduto nemmeno se lo avessi visto con i miei occhi. Infatti la risposta alla mia domanda me la diede la sua espressione sprezzante.
«Tzè, figuriamoci!», imprecò con la sua solita delicatezza. «C’era la pausa e mi ero stufato di stare seduto su quella panchina a vedere sguardi mielosi tra Rei e quella ragazzina!», storse la bocca in un’espressione quasi schifata. «E visto che stavo uscendo, tuo nonno mi ha chiesto di venire a vedere dov’eri. Non ti stavo cercando, sono uscito e ti ho trovata qua fuori»
Alzò le spalle con menefreghismo, guardandomi di sbieco per captare la mia reazione ma io non potei fare altro che sbuffare, senza però muovermi dalla mia posizione.
«Soffro il caldo»
Dissi la prima cosa che mi passò per la testa, cercando di sviare il discorso, ma lui alzò leggermente un sopracciglio, segno che non aveva creduto ad una sola parola di quello che avevo detto.
«O soffri per qualcos’altro!», mi sbeffeggiò invece, glaciale ed antipatico come al solito.
Arrossii di botto dalla rabbia per essere stata colta in flagrante da lui. Inoltre mi dette incredibilmente fastidio la leggerezza con il quale lo aveva detto.
«Io non soffro per nulla!»
Quella volta mi alzai di scatto come una molla e gli arrivai a due passi dal naso, ma lui non si era spostato di un millimetro. Continuava a guardarmi con la sua solita superiorità.
«Tzè, si vede lontano un miglio che ti interessa Rei. Si nota come arrossisci quando parli con lui, come diventi civettuola, e credo lo abbia notato anche lui».
Mi aveva penetrato col suo sguardo di fuoco, lasciando sul volto la sua solita espressione impassibile. Ha sempre avuto il potere di gelarti sul posto, ma io sentivo crescere la rabbia dentro di me, perché sapevo che se mi stava dicendo quelle cose voleva dire che erano vere. Hiwatari era molte cose, ma non era mai stato un bugiardo.
Mi ritrassi da lui stemperando la rabbia, facendomi cogliere invece dallo sconforto. Se Rei si era davvero accorto che provavo qualcosa per lui, con che faccia potevo tornare dentro e far finta che non fosse accaduto nulla? Magari avevano tutti capito il perché della mia fuga…e Kai stava aggravando la situazione facendomi la predica.
Prima di rispondere alla sua provocazione però, mi presi qualche secondo per riflettere e mi venne in mente l’unica cosa che potevo dire.
«Cos’è, ti dà noia?»
Lo dissi seria, senza una particolare intonazione della voce. Non volli essere troppo sarcastica, perché mi stavo veramente chiedendo del perché proprio lui mi stava facendo la paternale. Inoltre la sensazione che qualcosa di ciò che avevamo condiviso ancora ricordasse non mi aveva abbandonata dal momento in cui lo avevo “affrontato” nel covo degli Shell Killer.
«Figuriamoci, non sei così importante per me!»
Ma ecco che arrivò il secondo colpo basso della giornata e forse questo mi fece più male di quello provato durante la sfida tra Rei e Mao. Per quanto ero consapevole di non essere nulla più di una compagna di squadra per Rei, con Kai era tutto diverso. Avevamo un trascorso insieme, un passato che, se anche lui non voleva ammettere di ricordare, io lo tenevo ben saldo nella mia memoria. Eravamo stati compagni di scuola, compagni di gioco e migliori amici. Avevamo passato praticamente tutta l’infanzia insieme e rivederlo così cambiato, così freddo ed insensibile, mi fece male. Soprattutto mi fece male sentire da quello che era stato il mio migliore amico parole così dure.
Quelle parole così sprezzanti mi fecero capire che non avevo del tutto superato il fatto che lui non si ricordasse di me e di tutto quello che avevamo passato insieme. Forse non ricordava che Dranzer e Star Pegaso li avevamo costruiti insieme e la consapevolezza di ciò mi fece arrossire di nuovo per la rabbia.
«Beh, la cosa è reciproca! Puoi tornare dentro Kai, non ho bisogno della balia! Io sto benissimo, lo puoi riferire a mio nonno», sbottai infastidita, dandogli definitivamente le spalle per sedermi di nuovo nella posizione in cui ero rimasta prima di alzarmi per fronteggiarlo. Lui attese qualche secondo prima di tornare all’interno della struttura, tempo che utilizzò per squadrami con un’espressione sprezzante. Lo vidi con il pelo dell’occhio, ma non volli dargli la soddisfazione di contraccambiare, anche perché non sarei riuscita a sostenere il suo gelido sguardo a lungo.
 
 
Il nostro battibecco terminò così, senza che nessuno dei due avesse mai più messo bocca sulla questione. La maggior parte del tempo Kai mi snobbava, più o meno come aveva sempre fatto. Quando stavamo tutti in gruppo se ne rimaneva sulle sue, intervenendo solamente quando lui stesso desiderava sentenziare qualcosa o rimarcare un suo glaciale pensiero. Oramai tutti gli altri si erano abituati alla sua presenza sporadica nelle discussioni, o alla sua presenza in generale. Hiwatari preferiva rimanersene sulle sue invece che fare comunella, ma il suo sguardo attento su ciò che lo circondava non si era più posato su di me. Stava vivendo come se io non esistessi, e per il momento mi andava bene così. Non sapevo ancora come fronteggiarlo, e non potevo tornare sempre sui soliti discorsi. Fino a che non si fosse ricordato perfettamente di me, era inutile tentare di avvicinarlo, così mi detti per vinta.
Almeno per tutto il tempo trascorso in America.
Partimmo per gli Stati Uniti circa due settimane dopo, in seguito ad uno scalo di qualche giorno a casa. Ci voleva un time break, per riprenderci dagli avvenimenti trascorsi. Eravamo i vincitori del Torneo Cinese ed avevamo guadagnato l’amicizia dei White Tigers, che si erano finalmente ricongiunti con Rei.
Con lui le cose tornarono subito alla normalità, perché quando tornai dentro nessuno si era accorto di ciò che era successo. Si erano bevuti la menzogna sul fatto che avessi avuto qualche abbassamento di pressione, e non indagarono oltre. Neanche Rei si era mai accorto di nulla, né di quello che pensavo di lui, perché continuò a trattarmi come sempre. Non so come Kai avesse fatto ad accorgersene, ma in quel momento non mi interessava. Ero pronta a vivere nuovamente altre avventure con la squadra, quella volta col cuore più leggero. Mi ero messa l’anima in pace sul fatto che Rei amasse Mao, e viceversa, e il mio comportamento nei suoi confronti si mosse di conseguenza. Continuai a trattarlo come un amico, come trattavo Takao, Max e il Prof, cercando di arrossire sempre meno e cercando di togliermelo dalla testa. E penso di aver fatto un ottimo lavoro.
Il mio unico problema era Kai, ma in quel momento non potevo ancora saperlo.
Le vicende in America comunque si fecero abbastanza spinose. In primo luogo, conoscemmo la madre di Max, una bellissima donna bionda come il figlio, che lavorava in un centro di ricerca super tecnologico, che studiava le componenti dei Beyblade: il PPB. Ricordo la faccia del prof. Kappa alla vista di tutte quelle attrezzature!
Inoltre la signora Mizuhara era anche la direttrice della squadra Americana, che incontrammo in finale.
Ci qualificammo dopo aver battuto la squadra Messicana, dove il primo match fu vinto da Kai, che decise di sostituire Rei per dare l’impressione al PPB di prelevare informazioni sul suo Dranzer, mentre i seguenti vennero vinti in successione da Max e Takao.
Il secondo scontro fu quello con la squadra dell’Ecuador. Furono dei giocatori molto insidiosi da battere, infatti Rei perse il primo turno e Takao rischiò di perdere l’ultimo, ma per fortuna suo nonno riuscì a farlo ragionare. Max vinse per abbandono del concorrente, senza minimamente capire il motivo per il quale si fosse ritirato a match iniziato, ma a noi andò bene così!
In semifinale la nostra squadra si batté con quella del Brasile. La formazione con il quale scesero in campo fu: Max, che vinse il suo turno; Rei, che vinse facilmente la sua sfida, e Kai, che scese in campo al posto di Takao. Quel testone si era abbuffato così tanto di cibo da sentirsi male e così facendo risultare impossibilitato a combattere. Ma per Kai non fu difficile aggiudicarsi il terzo punto.
La finale fu particolarmente difficile da affrontare. All’inizio il Prof. Kappa, che stava dietro tutte le strategie della squadra insieme a mio nonno, decise di non far scendere in campo Max. Il PPB aveva troppe informazioni sul suo conto e sul tipo di gioco, quindi la nostra paura era che la squadra americana le sfruttasse a loro favore, quindi decidemmo di mandare Kai al suo posto. Anche quest’ultimo la pensava come Kappa. Max però si era sentito escluso, e lo capii in un primo momento, probabilmente anche io avrei reagito così. Se ne andò chissà dove, a riflettere probabilmente, e quando tornò mi era sembrato molto agguerrito, così tanto che riuscì a convincere tutti del fatto che sarebbe riuscito ad aggiudicarsi la vittoria.
E gli credemmo.
Il primo incontro toccò a Takao, che se la vedette contro Steve, un giocatore di Football. Il primo match fu vinto facilmente dal nostro campione, ma nel secondo, il rappresentante statunitense riuscì a sopraffarlo. Per fortuna però, ci aggiudicammo il terzo round e quindi il primo punto per i BladeBreakers.
Nel secondo incontro invece, gli sfidanti furono Rei ed un tizio appassionato di Basket di nome Eddy, che però riuscì a sconfiggere il nostro compagno in tutti e due i round decisivi.
L’ultima sfida fu quella tra Max e Michael, l’idolo e campione della squadra Americana.
Quell’incontro ci tenne tutti con il fiato sospeso, perché eravamo in parità, 1 a 1, e quel match poteva decretare le sorti della nostra squadra. In cuor mio speravo di vincere, così come avevo sperato di vincere la tappa Cinese. Non mi sentivo pronta di abbandonare tutto e tutti così!
Il primo scontro vide vincitore Michael, sotto le imprecazioni del Prof Kappa, ma per fortuna il nostro biondino non si dette per vinto e vinse gli altri due incontri, dichiarando di nuovo vincitori i BladeBreakers.
Esultammo tutti per quella vittoria sofferta, sia per il fatto che avevamo vinto, sia perché Max era riuscito a far vedere a sua madre quanto valesse come Blader! Ero molto felice di quella riunione, se la meritava! Il nostro americano è sempre stato un tipo caparbio.
Anche Kai mi sembrò particolarmente soddisfatto del risultato. Non si era minimamente mosso dalla panchina per festeggiare con noi, ma quando spostai il mio sguardo curioso su di lui per cercare di capire ciò che stava provando, sulle sue labbra scorsi un piccolo sorrisetto soddisfatto.
Ci eravamo finalmente qualificati per l’ultima, decisiva tappa di quel campionato mondiale ricco di soddisfazioni ed emozioni. Eravamo pronti per affrontare le gelide terre ed i gelidi Blader russi!
 
 
 
Quella volta però, differentemente da quanto accaduto in Cina, non tornammo a casa per qualche giorno, ma partimmo direttamente in nave alla volta della Federazione Russa.
Una volta imbarcati, avremmo dovuto navigare per qualche giorno e così il Prof Kappa ci trovò qualcosa da fare…
«Queste sono le vostre schede di allenamento. La nave è provvista di attrezzature all’avanguardia e Beyblade Stadio. Dovete allenarvi se vogliamo avere qualche speranza di qualificarci per la finalissima!»
Pronunciò quelle parole con un’autorità che non avevo mai scorto nel piccoletto. Probabilmente anche lui iniziava a sentire un po’ di tensione, come tutti noi.
In più mio nonno dopo essere saliti non si era più visto. Aveva accompagnato ogni coppia nelle rispettive cabine e si era dileguato. Io ero convinta di dover dividere la stanza con lui, come avevo sempre fatto fino a quel momento, invece mi ero ritrovata a doverla dividere con Kai. Ovviamente non fu volontà di nessuno dei due, semplicemente gli altri quattro si erano già divisi a coppie. Il Prof Kappa volle stare con Takao, perché doveva apportare qualche modifica a Dragoon, che aveva subito qualche danno nella sfida contro Steve, mentre Max e Rei si trovarono automaticamente insieme.
«Se vuoi vado io con Kai», mi disse Rei prima di prendere definitivamente posto. Lui conosceva bene il carattere del nostro compagno, e mi voleva fin troppo bene per lasciarmi da sola con quell’antipatico!
«No, tranquillo, tanto staremo in cabina solamente per la notte», feci spallucce. Tanto mi avrebbe in ogni caso snobbato.
«Come vuoi», mi sorrise Rei furbastro, e capii che forse aveva intuito qualcosa di troppo.
Non volevo perdere l’occasione di rimanere sola con Kai, ma non per qualche motivo strano o perché avessi doppi fini, ma perché forse avrei avuto l’occasione di parlarci e di fargli ricordare qualcosa. Forse stare a contatto con la persona che aveva dimenticato avrebbe fatto bene alla sua memoria.
Ma come avevo previsto, Kai spariva tutto il giorno e riappariva solamente a notte fonda. Spesso non lo sentivo neanche entrare. 
Io invece passavo le giornate con il Prof Kappa, sulle sdraio poste sul ponte della nave. Scoprii che il nostro compagno preferiva passare le giornate all’aria aperta, concentrato sul suo inseparabile pc.
«Soffro il mal di mare!», mi aveva detto il primo giorno, quando verde in volto si era lanciato verso l’uscita. Io lo seguii, non mi andava di lasciarlo solo, inoltre anche io non volevo rimanere da sola. Ogni tanto raggiungevo i ragazzi nella palestra, allenandomi con loro, oppure sfidavo qualcuno a Beyblade. Mi mancava troppo lanciare il mio Star Pegaso.
La quarta sera su quella nave mi stavo rigirando tra le coperte del mio letto singolo, posto dall’altra parte della stanza rispetto a quello dove dormiva Kai. Il suo invece era in una buona posizione, sotto l’oblò dove si potevano vedere le onde del mare infrangersi sulla chiglia in movimento. Mi venne un’idea, e siccome a quell’ora tarda ancora il mio compagno non era rientrato, pensai di sedermi sopra le sue coperte a guardare il panorama fuori. Ero sicura che osservare il movimento del mare mi avrebbe aiutata a conciliare il sonno, invece molti pensieri si erano impossessati della mia mente. Ripensai al campionato mondiale nelle due tappe appena concluse e tutto quello che avevamo vissuto fino a quel momento. Ripensai anche al mio passeggero attaccamento per Rei e alla mancanza e voglia di avvicinarmi di nuovo al mio vecchio amico. Non mi ero ancora del tutto rassegnata al fatto che ad Hiwatari non importasse più nulla di me.
Quando entrò io ero ancora inginocchiata sul suo letto, con i gomiti poggiati nell’incavatura dell’oblò con l’aria assorta. Mi accorsi della sua presenza solo in seguito al rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle e mi voltai di botto, quasi spaventata. Non potevo immaginare quale poteva essere la sua reazione nel trovarmi lì, ma la sua espressione non sembrava irata. Nella semi oscurità della stanza il suo viso era rimasto in ombra, ma i suoi occhi ametista scintillavano nella mia direzione. Lo osservai per qualche secondo, prima di decidermi a parlare.
«Mi tolgo subito, volevo guardare il mare per cercare di conciliare il sonno. Non riesco a dormire», dissi tranquillamente, in tono di scuse e lui approfittò per arrivare al centro della stanza.
«Puoi rimanere lì se vuoi. Dormire in quel letto o nell’altro fa poca differenza per me», mi rispose e il suo tono era stranamente tranquillo. Inoltre non disse altro, prese i suoi indumenti per la notte e si chiuse nel bagno, dove rimase per qualche minuto. Quando uscì indossava una normale t-shirt a mezze maniche ed il pantalone di una tuta.
«Kai?», richiamai la sua attenzione quasi senza pensarci. C’erano molte cose che volevo chiedergli o dirli, visto che sembrava più tranquillo degli altri giorni.
Lui però non rispose, alzò solamente gli occhi su di me. Si era già seduto sul mio letto e potevo vederlo perfettamente dalla mia posizione.
«Non sei in pensiero per l’ultima tappa di questo torneo? Oppure emozionato…»
«Dovrei?»
Lui alzò un sopracciglio, lo notai perché il suo viso era illuminato dai raggi della luna. Era il mio ad essere rimasto un po’ in penombra, e quello mi dava una certa sicurezza.
«Non lo so…Tua madre non è russa? Non sarà un po’ come tornare alle origini?», feci spallucce, senza però distogliere la mia attenzione da lui, che indurì un po’ l’espressione.
«Quello che provo o penso sono cose che non ti devono interessare. Per me non fa alcuna differenza in quale paese approderemo, sono pronto ad affrontare i miei avversarsi anche in capo al mondo», mi rispose con la sua solita freddezza. Mi ero illusa di parlare con lui civilmente, ma mi sbagliavo. In più si era già coricato sotto le coperte, segno che per lui il discorso era chiuso lì. Ma io sapevo per certo che mi stava semplicemente ignorando, non poteva essersi già addormentato.
Lo imitai, sprofondando sotto le coperte dove aveva dormito lui fino al giorno prima e il profumo che aveva lasciato sul cuscino inebriò le mie narici e mi fece battere il cuore all’impazzata. Mi voltai nella sua direzione, così da potergli parlare in modo che mi sentisse, e proferii la prima cosa che mi venne in mente. Avrei potuto dirgli molte, molte cose, ma mi sentii di dire solo quella. E sperai che il messaggio penetrasse nel suo animo.
«Dranzer lo avevamo costruito insieme»
Ma ovviamente non mi rispose e non si mosse. Dalla mia posizione non potevo vedere nemmeno da quale parte era voltato il suo volto e capendo che tanto le mie erano state solo parole al vento, mi voltai dall’altra parte con un sospiro e mi addormentai assaporando il suo profumo.
Fine capitolo 17
 
 
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Colei che scrive:
Ma ben trovati! Ve lo avevo detto che non vi avrei fatto penare troppo l’aggiornamento ehehe che dire, iniziamo ad entrare nel vivo della storia! Mi soffermerò leggermente sulla tappa Europea, ho in mente qualche scontro tra Saya e Kai… insomma, se quei due non litigano non sono in pace con me stessa U.U xD e ci serve un avvicinamento/scontro prima del campionato Russo. Ovviamente seguirò gli avvenimenti dell’anime, anche se per fini di trama qualche leggero cambiamento forse ci sarà man mano che si andrà avanti. Nulla di catastrofico, in fondo la storia è narrata dalla protagonista.
Che dire, penso di aver detto tutto. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo!
Alla prossimaa!!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - Tappa in Europa ***


Capitolo 18
 
 
Il giorno dopo, sempre sulla nave in viaggio verso la Russia, navigavamo in direzione della Grand Bretagna ed ognuno dei ragazzi era impegnato con gli esercizi che gli aveva affidato il Prof K. Tutti tranne Kai, ovviamente, che spariva nel nulla per tutto il giorno senza minimamente informarci sul luogo in cui trascorreva le sue giornate. In fondo lui era fatto così, e non averlo in mezzo ai piedi per me iniziava ad essere una liberazione. Dopo quel breve scambio di battute nella nostra cabina non mi era più ricapitato di parlarci e la sua presenza iniziava ad infastidirmi, con quel suo fare altezzoso da Mr “so tutto io”. La sua presenza mi metteva in soggezione, per quel che ci eravamo detti, o meglio, per quel che io gli avevo detto. In quel momento dovevo essere stata completamente impazzita per avergli rivelato di Dranzer. Chissà quali strani pensieri avevo svegliato nella sua mente, ma non volevo badarci. Lui non era più tornato sul discorso, e quelle poche volte che ci raggiungeva per pranzo o per cena faceva finta che io non ci fossi.
E io cercavo di fare lo stesso.
Eravamo all’aria aperta sul ponte, io ed il Prof Kappa, come oramai facevamo di routine, quando alcuni ragazzini ci passarono davanti emozionati. Dai loro discorsi capimmo che c’era in corso una sfida, tra il campione Takao ed un Blader sconosciuto.
«Cosa, Takao?!», esclamammo in coro, guardandoci con una faccia stralunata, prima di correre a per di fiato verso la zona dove si stavano radunando molti ragazzi. Lì trovammo Rei, Max e, con nostra sorpresa, anche Kai.
L’incontro non durò molto, ma fu molto strano per noi assistere alla sconfitta di Takao da parte di un ragazzo schivo e misterioso.
Si chiamava Ralph, ma non sapemmo altro di lui perché sparì così come era arrivato.
Lo vedemmo scendere dalla nave il giorno dopo, a Southampton, e ci sembrò alquanto strano visto che, come ci confermò il nostro sapiente Prof, quello era solo uno scalo tecnico. Non erano previsti sbarchi o imbarchi.
Incuriositi, in seguito anche alle parole di un signore incontrato sul ponte, che ci disse che la nave non sarebbe salpata prima di sei ore, decidemmo di seguirlo.
Lo perdemmo subito però, anche perché in quella città a noi sconosciuta fu difficile orientarsi. Decidemmo di fare colazione, comprare qualche provvista e tornare al porto.
Dove la nave era sparita.
Rimanemmo così allibiti, allucinati e scioccati allo stesso tempo di vedere vuoto il posto dove prima era ormeggiata che ci facemmo prendere dall’ansia.
Cercai di convincerli a raggiungere Londra, dove avremmo trovato assistenza nelle sedi europee della BBA, e magari saremmo riusciti a metterci in contatto con mio nonno. Anche se, in quel momento, mi sembrò tutto alquanto surreale e strano.
Purtroppo nemmeno le segretarie riuscirono a mettersi in contatto con il presidente e ci fecero pernottare in un albergo nel centro della città.
Tutti i nostri effetti erano rimasti a malincuore sulla nave, tranne i nostri Beyblade ed i nostri documenti.
«Un momento!», asserii io, una volta che la cameriera del bar in cui ci eravamo seduti a bere qualcosa ci portò la nostra ordinazione. Ebbi l’attenzione di tutti, anche di Kai, e mi guardarono come se avessi appena fatto una scoperta entusiasmante.
«Prima di imbarcarci sulla nave, mio nonno mi ha affidato la carta di credito della ditta e la delega per usarla*. Mi ha detto che era per una qualsiasi evenienza, tipo se lui avesse perso il portafogli…ma credo che questa potrebbe essere dichiarata come evenienza, o emergenza…no?», spiegai e vidi i loro volti rilassarsi per un momento. «Almeno possiamo comprare qualche vestito, provvista o i biglietti per raggiungere la nostra meta, non trovate?», conclusi con un’alzata di spalle ed iniziò un dibattito sul fatto di girare l’Europa o no. Avevamo ricevuto in Hotel una videocassetta con un messaggio dal padre archeologo di Takao, che parlava di Bit Power malvagi e la similitudine con Ralph fu troppo evidente per non invogliare Takao a vivere questa avventura. Kappa non era molto d’accordo, ma essendo in svantaggio numerico dovette presto ricredersi. Anche io ero d’accordo con Takao, e poi mi emozionava l’idea di girare alla scoperta di qualcosa con i miei compagni di squadra. Inoltre lo rassicurammo sul fatto che saremmo arrivati in Russia in tempo per il campionato.
E stranamente anche Kai fu in sintonia con noi; anche lui aveva avuto quest’improvvisa voglia di avventure da essere addirittura d’accordo con noi. Non era mai successo! Forse anche a lui la conoscenza di quel Ralph e del suo straordinario Bit Power lo avevano un po’ scosso.
Facemmo però la conoscenza di quattro strani Blader: il “Team delle Tenebre”, così si facevano chiamare quegli strani ceffi. Prima rubarono Dragoon, che riuscimmo a recuperare grazie ad un tempestivo, e devo dire incredibile, intervento di Kai, poi continuarono a perseguitarci. Kappa ogni notte aveva gli incubi, e devo dire che anche a me non sembravano dei tipi molto raccomandabili.
L’indomani ci mettemmo in viaggio su un treno ad alta velocità, che in tre ore ci avrebbe portato fino in Francia, seconda tappa del nostro “tour”. L’unica stranezza fu che il treno era praticamente vuoto. C’eravamo solo noi e quella cosa preoccupò non poco il nostro Rei, che se ne andò a spasso nei vagoni con aria sospetta, mentre Takao e Max si divertivano a stuzzicare Kappa, che aveva paura del film sui vampiri che stavano trasmettendo sugli schermi. Kai invece se ne stava seduto dall’altra parte del corridoio, con il volto rivolto di fronte a sé e gli occhi chiusi. Come al solito disinteressato a massimo di ciò che succedeva.
Fu dopo che il treno si bloccò, nel bel mezzo di una galleria ed in seguito ad un Black Out che decidemmo di scendere a controllare e ci trovammo di nuovo di fronte al Team delle Tenebre. I primi a scendere furono i nostri Blader, mentre io ero rimasta in disparte col prof Kappa, che inginocchiato a terra cercava di elaborare una strategia. Purtroppo venimmo “rapiti” da uno dei nostri nemici, che ci prese in ostaggio e ci portò su quello che sarebbe stato dopo il campo di battaglia.
Il leader del Team, Vlad, si propose come primo sfidante e lanciò la sfida proprio a Kai.
«Scordatelo, non ho intenzione di battermi con dei mostri!», gli rispose invece secco lui, senza tanti giri di parole.
Intervenne però il nostro aguzzino, l’uomo mummia, che con fare divertito gli spiegò che se non avesse fatto altrimenti, avrebbe fatto fare una brutta fine a me ed al nostro stratega.
Ma ovviamente Kai esordì con un’altra risposta delle sue:
«Davvero? Non pensi alla brutta fine che farò fare ai vostri amici?», ghignò quello, divertito, ma Hiwatari rimase impassibile a braccia conserte ad osservarci con sufficienza.
«Per quel che me ne importa, puoi anche tenerteli come souvenir»
Quella risposta fu un colpo al cuore, che servì a farmi stringere la macella ed iniziare sempre di più a divincolarmi dalla stretta del mostro, che con un’imprecazione mi dette uno strattone al collo togliendomi il fiato.
«Sta ferma ragazzina!», mi ammonì, ma non riuscii comunque a non dimenarmi. E nemmeno Kappa.
Furono Takao, Max e Rei a scendere in campo per salvarci dalle grinfie di quei pazzi. Lo scontro durò molto e fu molto agguerrito, anche se all’inizio i nostri sembravano in netto svantaggio. Vincemmo grazie al film che avevano visto poco prima ed alla memoria di Max.  Riuscirono a sconfiggere Vlad il Vampiro con la luce di una croce luminosa generata dalla rotazione di Dragoon e Draciel, e il Licantropo grazie ad una moneta che Rei aveva preso in uno scomparto del treno e che lui aveva fatto aderire al Bit della Tigre Bianca, che luccicò nel buio completamente fatta d’argento.
Forse il Team delle Tenebre non si sarebbe dato per vinto così se non fosse stato per l’arrivo tempestoso dei soccorsi, che con una camionetta ci vennero a prendere in quella galleria sperduta. Sconfitti, stavano per scomparire nel nulla, ed anche la mummia aveva lasciato liberi me e Kappa facendoci cadere a terra. Io però mi sentivo troppo adirata ed amareggiata per lasciarli andare così. Chi erano quelli per provocarci, seguirci e farci quasi ammazzare?! In più ero ancora arrabbiata per la risposta di Kai.
Mi alzai di scatto e corsi verso il punto dove prima c’erano i nostri avversari, gridando come una pazza.
«Brutti maledetti! Dovete smetterla di tormentarci! Tornate qui e combattete con me se avete il coraggio!!», continuavo a gridare ed in un primo momento non mi accorsi nemmeno che due braccia mi avevano braccata da dietro, immobilizzandomi le spalle. Sentivo il petto della persona a ridosso della mia schiena, che faceva comunque fatica a trattenermi, mentre le sue braccia mi tenevano ben salda da sotto le ascelle.
«Ti vuoi dare una calmata??»
Solo quando sentii la sua voce provai a vedere se l’avessi immaginata, se stessi sognando o se ciò che stavo realmente sentendo fosse vero. Girai il viso e notai il suo avambraccio coperto dagli strani para braccia rossi che era solito portare e così capii che quello non era un sogno.
Dietro di me c’era Kai, che cercava di usare il massimo della sua forza per non lasciarmi andare ad inseguire i tre, che erano comunque svaniti nel nulla. Solo dopo che respirai il suo profumo, lo stesso che avevo assaporato dal suo cuscino, riuscii a calmarmi un po’. Ma solo un pochino, perché la maggior parte della rabbia che sentivo di provare era per lui.
«Lasciami Kai, o ti prendo a calci negli stinchi!», gridai sembrando ancora più pazza. La lotta contro la sua forza, incredibilmente maggiore della mia, mi scompigliò tutta la treccia che mi ero fatta di lato ed i ciuffi ribelli mi cadevano davanti al viso arrossato.
«Smettila!», imprecò ancora, dandomi un ultimo strattone e facendo aderire tutti i lineamenti del suo corpo al mio. Sentii i bottoni della sua maglietta tra le mie scapole, e gli spunzoni della sua cintola nell’incavo sopra il bacino. Solo in quel momento, capendo veramente la posizione in cui ero, fermai i miei bruschi movimenti arrossendo violentemente.
Fu l’arrivo della camionetta d’emergenza a calmare definitivamente i miei bollenti spiriti, dando modo a Kai di lasciare la presa. I ragazzi corsero in contro ai soccorritori, mentre io rimasi imbarazzata al mio posto, con il mio compagno di squadra che, imbronciato ed impettito come il suo solito, mi guardava come a dirmi “la prossima volta ti butto in mezzo alle rotaie”. Abbassai leggermente gli occhi a terra, cercando con le mani di rendere presentabili i capelli arruffati.
«Scu..a…», provai a dirgli con voce fioca, perché mi costò parecchio fare le mie scuse ad Hiwatari per il mio comportamento sconsiderato, dopo che lui avrebbe lasciato i suoi compagni tranquillamente nelle grinfie del nemico. Sperai almeno che lo avesse detto per fare il gradasso e non perché lo pensava veramente…
«Tz…sistemati la maglietta», mi rispose lapidario ed anche leggermente divertito, ma in un primo momento non capii le sue parole. «Ti si vede il reggiseno…», indicò tranquillamente il mio petto, senza una particolare espressione, come se la cosa non gli avesse fatto né caldo e né freddo, mentre io arrossii violentemente per il mio completo deshabillé di fronte a lui. Ma senza dire una parola o aspettare una mia risposta, girò i tacchi e raggiunse gli altri lasciandomi indietro, ancora fumante di rabbia.
«Quanto sei antipatico Kai Hiwatari!!»
Imprecai nel buio, correndo a per di fiato verso la camionetta mentre sistemavo a dovere il top che, nella lotta di poco prima, doveva essersi abbassato.
 
 
Una volta giunti a Parigi cercammo un’altra delle sedi della BBA e grazie a loro, ed alla conoscenza di mio nonno, riuscimmo a farci prenotare un Hotel. Purtroppo dovemmo accontentarci di una stanza unica, con solo due letti matrimoniali da dividere in sei, ma nessuno sembrò controbattere. Nemmeno Kai. Forse eravamo fin troppo stanchi per provare anche solo ad opporci.
Per strada avevamo comprato un cambio d’abiti per la notte ed avevamo lasciato alle cameriere i nostri da lavare, che ci recapitarono circa due ore dopo.
Quella notte non chiusi occhio. Rimuginavo sul perché mio nonno non avesse ancora mobilitato mezza BBA per trovarci. Sicuramente si era accorto che non eravamo sbarcati dalla nave. E mi chiesi anche perché non ci avesse ancora trovato lui, visto che avevamo chiesto aiuto in due delle nostre sedi.
Forse mio nonno c’entrava qualcosa in questa storia, ma non volevo rimuginarci troppo sopra, soprattutto perché in quel momento avevo ben altro a cui pensare.
Con solo una maglietta per pigiama, e di quattro taglie più grande, ero finita nel letto matrimoniale in mezzo a Rei e Kai e mi risultò parecchio difficile prendere sonno quella notte. Me ne stavo rannicchiata dando volutamente le spalle al mio ex amico, che invece era rimasto tutto il tempo supino al bordo del letto, con la mano sotto il cuscino, mentre Rei era girato verso di me e dormiva come un sasso. Beato lui! In altre circostanze, o anche solo un po’ di giorni prima, il mio cuore avrebbe preso a battere all’impazzata alla vista del suo volto rilassato a pochi centimetri di distanza dal mio, ma in quel momento il mio cuore batteva per la vicinanza di qualcun altro. In quel momento però non ero ancora in grado di ammetterlo a me stessa.
Hiwatari si alzò dal letto all’alba, senza fare rumore e senza riuscire a svegliare nessuno. Takao russava come un motore impazzito, coprendo qualsiasi altro suono. Max e il Prof si erano addormentati come sassi ai lati del letto, quasi sull’orlo, perché il nostro campione si era preso tutto il posto nel centro, dormendo praticamente spaparanzato. Anche Rei dormiva ancora, me ne accorsi dal respiro fin troppo tranquillo, mentre il mio sonno leggero di quei giorni fu interrotto dal mancato peso di Kai dal materasso. In più si era alzato lasciando entrare sotto la lieve coperta una ventata d’aria fresca. Stando in mezzo ai due ero riuscita a crearmi attorno un bel tepore, che mi aveva cullata nel mio continuo rimuginare sugli eventi, ma una volta spezzato non riuscii più a riaddormentarmi.
A quel punto attesi pazientemente di vedere cosa facesse, ma non fece altro che entrare in bagno con i suoi vestiti puliti ed uscirne qualche minuto dopo con quelli indosso. In seguito prese il suo Dranzer ed uscì definitivamente dalla camera.
Io, che oramai non sarei più riuscita a dormire, e troppo curiosa di vedere dove Kai Hiwatari sparisse tutte le volte che approdavamo in un paese straniero, mi vestii al volo con l’abitino che avevo comprato il giorno prima ed uscii dall’Hotel come un fulmine.
Mi acquattavo dietro ogni pianta, palazzo o altro pur di non fargli notare la mia presenza e per un pezzo riuscii nel mio intento, almeno fino a che non entrò in un negozio di pezzi di ricambio. Quando uscì teneva in mano Dranzer e sembrava anche piuttosto soddisfatto, così ancora più incuriosita decisi di seguirlo più da vicino, fino a che non si accorse della mia presenza.
Eravamo arrivati in una piazza, dove un monumento a punta troneggiava nel centro
«Devi seguirmi ancora per molto?», parlò senza neanche voltarsi. Ero sicura di essere stata abbastanza discreta, ma non c’era da scherzare con i sensi sempre all’erta di quel ragazzo. Non dimentichiamoci che era a capo di una banda di teppisti e forse era stato abituato ad essere pedinato. O a pedinare.
«Ehm…». Non sapevo proprio che dire, mi aveva preso nel sacco senza che riuscissi a pensare ad una scusa plausibile da dire in mia discolpa, così presi tempo prima di parlare ancora.
«Ero sveglia, non riuscivo a dormire, e ti ho sentito uscire. Non volevo rimanere a letto e così pur di fare qualcosa sono uscita anche io e ti ho incontrato», feci spallucce facendola passare come una cosa normalissima ma lui mi raggelò con un’occhiataccia delle sue e la sua smorfia mi fece ben intendere che non aveva creduto ad una sola parola. In più ero ben preparata a ricevere una delle sue rispostacce sprezzanti, del tipo: “vattene e lasciami in pace!”, sarebbe stato proprio da lui.
Invece mi meravigliò non poco.
Si voltò a guardarmi con un’aria scocciata, certo, ma dalle sue labbra uscirono delle parole che per un momento mi lasciarono impossibilitata a rispondere.
«Almeno ti sei portata dietro il tuo Bey?», mi chiese, alzando il mento con fare altezzoso. Rimasi imbambolata per qualche secondo ad elaborare la sua domanda.
Beyblade? Star Pegaso? Ho con me Star Pegaso?
Subito la mia mano saettò alla borsetta che avevo a tracolla, sentendo che dentro c’era davvero ciò che mi stava chiedendo, così con un gesto affermativo lo tirai fuori.
«Bene, visto che sei qui renditi utile, devo collaudare il nuovo Dranzer!»
Incredibile, Kai Hiwatari aveva appena chiesto a me di aiutarlo ad allenarsi! Forse iniziavamo a fare progressi…
Forse…
Fine capitolo 18
 
 
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Colei che scrive:
Eccomi di nuovo ad aggiornare, ultimamente sto andando come un treno xD ora che siamo nella fase clou ho molta ispirazione xD devo dire che qualcosa inizia a muoversi, ma vi assicuro che nel prossimo capitolo (che tra l’altro ho già scritto eheheh) inizieranno ad esserci i primi problemucci ehehe
Intanto chiarisco l’asterisco. Ho aggiunto il fatto che il Presidente Ditenji avesse dato a Saya un’ipotetica carta di credito con una scusa, perché sappiamo che tutto quel giro in Europa fu escogitato praticamente da lui. Ma mi sono sempre chiesta come cinque ragazzini minorenni (anche se non ci hanno mai detto l’età nell’anime, noi immaginiamo e sappiamo essere minorenni XD) avessero potuto girare tranquillamente su mezzi pubblici, dormito in Hotel e come si fossero sfamati tutto quel tempo senza il becco di un quattrino XD Cioè ancora oggi, dopo quasi 20 anni, continuo a chiedermelo xD in più città anche alquanto costose…Londra, Parigi…insomma, si sono trattati bene! Quindi ho escogitato questa cosa della carta di credito, ed il fatto che gli alberghi fossero stati pagati dalla BBA XD
A parte questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non abbia fatto confusione coi tempi dei verbi (a volte scrivo al presente e a volte al passato, mi confondo tra fanfiction xD solitamente me ne accorgo nella rilettura, ma qualche svista capita purtroppo!). Spero di non aver fatto troppi errori di scrittura/ortografia/grammatica etc!!
E spero anche che quella piccola chicca tra Saya e Kai nella galleria vi sia piaciuta. Me la sono sempre immaginata così XD
Ringrazio tutti i lettori che sono giunti fino a qui, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutte le persone che vorranno fermarsi a scrivere due paroline <3

A presto!!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Scontro diretto ***


Capitolo 19
 
Purtroppo la scia degli eventi ci portò ad affrontare i Blader delle Tenebre sulla Torre Eiffel, dove incontrammo uno strano ragazzo di nome Olivier. Non fu molto facile battere quei blader, ma l’intervento di Kai salvò la situazione.
Il giorno dopo ci separammo ed andammo in giro per Parigi senza sapere dove fossero gli altri. Kai come suo solito era uscito di mattina presto, ma non me ne accorsi perché finalmente ero riuscita a dormire un sonno tranquillo.  Ma almeno quella volta si era degnato di lasciare un biglietto. Aveva scritto che ci avrebbe raggiunto solo dopo essere riuscito a sbrigare una cosa.
Tipico di lui!
Così io, Takao e il Prof Kappa decidemmo di visitare il museo del Louvre, sotto esplicita richiesta del piccoletto, ma constatammo ben presto che quel tipo di nome Olivier lo aveva affittato tutto per sé. Takao invece, fregandosene altamente dei controlli, sgusciò dentro e riuscì ad incontrare quel Blader.
Constatammo che Olivier era uno chef e ci portò a mangiare nel ristorante in cui lavorava. Ci offrì un pranzetto niente male, devo ammetterlo, ma poi ci accompagnò nel suo Beyblade Stadium, dove sfidò Takao.
Lo scontro non durò molto, ma fu molto avvincente e vide vincitore il Francese, anche se solo per fortuna.
In seguito a quell’incontro, venimmo a sapere dell’esistenza di un Blader Italiano niente male e ovviamente Takao volle sfidarlo a tutti i costi. Scoprimmo che il ragazzo abitava a Roma, e così ci vedemmo costretti a raggiungere la città per sfidarlo.
In primo luogo, il nostro campione e Gianni, questo il nome dell’Italiano, si sfidarono in un’arena che vide vincitore quest’ultimo, ma Takao riuscì a sfidarlo in un secondo incontro ed a prendersi la sua rivincita.
Così, dopo che la questione sfida fu risolta, Gianni ed Olivier, che lo aveva raggiunto in Italia, ci dissero di provare a sfidare il campione tedesco Ralph.
Ralph era quel ragazzo della nave, con la quale il nostro Kinomiya perse clamorosamente. Forse quel nome risvegliò in lui emozioni contrastanti e fu quello che lo portò ad obbligare i due di accompagnarci fino alla sua residenza e lo facemmo in dirigibile.
Fu un viaggio decisamente frastagliato, ma arrivammo nel castello degli Jurgens a pomeriggio inoltrato e scoprimmo che il rampollo non era solo.
In compagnia del padrone di casa c’era Andrew McGregor, il campione Inglese. Il fato aveva raggruppato tutti i ragazzi della probabile squadra Europea, che però a quanto pareva non avrebbe partecipato al mondiale.
Ma ovviamente dopo i vari tentativi di Takao di prendersi la rivincita con Ralph ed i continui rifiuti del Tedesco, egli si vide costretto a portarci tutti nella sua personale arena nei sotterranei. Lì però non fu Ralph a scendere in campo, né tanto meno a farlo con Takao.
Decise Andrew di battersi, un ragazzo viziato ed antipatico quasi quanto Kai, e sfidò proprio il mio ex amico. In un primo momento il nostro compagno si rifiutò, esibendosi in una delle sue spettacolari frasi sprezzanti ad effetto, rimarcando il fatto che costui non gli stava minimamente simpatico.
“Ti sta bene Kai, vedi cosa si prova a stare sulle scatole a qualcuno?”, avrei voluto dirgli, ma tenni il pensiero per me perché nel frattempo l’Inglese gli aveva tirato il guanto in segno di sfida. Sotto quel gesto il suo avversario non poteva tirarsi indietro. E poi figurarsi se Hiwatari rifiutava una battaglia!
Una battaglia che perse…e che gli bruciò parecchio.
 
Per quella sera fummo ospitati nel castello e ci dettero la possibilità di usare due stanze. La più grande era per i cinque ragazzi e a me toccò una minuscola stanzetta, ma non mi lamentai. Fui anzi grata di poter stare un po’ per i fatti miei, anche se quell’immenso castello scuro mi metteva soggezione. In più sapevo che le altre stanze erano occupate da Andrew l’antipatico, Olivier il francese ed il Don Giovanni Italiano.
Purtroppo quando fu il momento di coricarmi non ci fu verso di prendere sonno. Rimasi a fissare il soffitto di quella stanza senza minimamente accorgermi di quello che stavo facendo. La mia mente ripercorse le avventure che avevamo vissuto a giro per l’Europa, soffermandosi su quel piccolo incidente avvenuto con Kai sotto l’immensa galleria e mi ritrovai immancabilmente a pensare a lui ed alla sfida che aveva perso contro Andrew. Ero sicura che doveva bruciargli parecchio. Era sempre stato un tipo orgoglioso, anche da piccolo, ma a quei tempi le mie parole di conforto servivano a farlo ragionare e a fargli tornare il sorriso. Sarebbe stato uguale ora che era cresciuto cinico ed insensibile? Ed inoltre, ora che forse non si ricordava più di me?
Stanca di rimuginare sempre sui soliti problemi mi vestii e cercai di uscire dal castello per respirare un po’ di aria fresca, stando attenta a non fare rumore, anche se non era ancora scoccata la mezzanotte.
Devo dire che mi ci vollero degli interminabili minuti per trovare la via d’uscita, presidiata dal cameriere tuttofare dei padroni di casa.
«Dove sta andando signorina?», mi bloccò infatti sull’uscio.
«Ehm, fuori…non riesco a dormire. Volevo guardare le stelle…posso?», chiesi con un piccolo sorrisetto, cercando di essere convincente, ma quello alzò gli occhi al cielo.
«Beh, almeno tu me lo hai chiesto con gentilezza. Il tuo amico non è stato altrettanto cordiale!», disse, penetrandomi con uno sguardo severo, come a voler scaricare le colpe della maleducazione del mio compagno su di me. In più capii al volo di chi stesse parlando.
«Lo perdoni, Kai è un tipo apatico e poco socievole», marcai in tono civettuolo, cercando di accaparrarmi i suoi favori. Inoltre, se Hiwatari era veramente fuori, ero curiosa di coglierlo in un momento di disperazione. Solo il rimuginare sulla sfida perduta avrebbe fatto perdere il sonno a Kai, che era sempre stato il primo a coricarsi ed il primo alzarsi. Almeno, per quanto riguarda le volte in cui non spariva per tornare in un’ora indefinita della notte.
Nel frattempo mi ero davvero accaparrata il favore dell’uomo, che seppur con uno sguardo ammonitore, mi aveva aperto il grande portone d’entrata.
«Per rientrare basta bussare?», chiesi una volta uscita all’esterno ma la sua occhiata glaciale mi fece intendere che, in qualche modo, ci avrebbe pensato al nostro ritorno. Ma in quel momento non ci badai più di tanto, volevo solo capire dove si era andato a rintanare Kai.
Lo cercai per tutto l’immenso boschetto che circondava la residenza, passando per il campo da tennis privato di Ralph, ed anche in quello di Basket ed in quello di calcio, ma del mio compagno non c’era nemmeno l’ombra.
«Ma dove diavolo va a cacciarsi ogni volta? Come riesce a trovare luoghi introvabili anche dagli altri esseri umani?!», imprecai a voce alta, infiltrandomi sempre più in mezzo alla vegetazione.
La luna alta in cielo era la sola fonte luminosa che potevo usare contro l’oscurità e per fortuna era così piena che il suo bagliore illuminava quello che mi circondava, quanto bastava per capire dove mettessi i piedi.
Fu quando arrivai ad una piccola radura che lo trovai, seduto a terra con la schiena poggiata al tronco di un albero. Era assorto in chissà quali pensieri mentre fissava Dranzer dalla sua mano.
“Ti ho trovato Hiwatari!”, gioii dentro di me e mi meravigliai non poco di trovarlo seduto a guardare il suo Beyblade invece che a lanciarlo con rabbia contro qualche albero.
«Hey…»
Decisi di uscire allo scoperto e lui sussultò per un attimo dallo spavento. Differentemente da quello che era sempre accaduto, quella volta non si era accorto del mio arrivo, segno che i suoi pensieri dovevano essere stati veramente molto profondi. Provai anche una certa soddisfazione, devo ammetterlo.
«Che vuoi?», mi rimbeccò invece una volta accortosi che a disturbarlo ero stata io. Il significato della sua espressione, seppur avesse il viso in penombra, era facilmente intuibile.
Fregandomene delle sue occhiate di ghiaccio però, decisi di sedermi accanto a lui. In un primo momento non dissi nulla. Lasciai cadere di nuovo il silenzio ed utilizzai quei secondi di pace per osservare il suo profilo. Era tornato ad osservare Dranzer con la mascella serrata. Stavo per dirgli qualcosa, volevo dire qualcosa, come ero sempre stata solita fare nelle nostre chiacchierate, ma lui fu più veloce di me.
«Prova solo a dire una parola di conforto per quanto accaduto e ti assicuro che te ne pentirai!», e lo disse con il tono più minaccioso che gli avessi mai sentito pronunciare, mentre i suoi occhi mi penetrarono di nuovo con il suo tipico sguardo di fuoco.
Quelle parole mi lasciarono interdetta.
Sapevo per certo che non si sarebbe lasciato consolare ed infatti il pensiero non mi aveva nemmeno sfiorata, ma non pensavo nemmeno che mi ammutolisse ancora prima di aver provato ad aprire bocca.
«Non ho detto ancora nulla!», gli risposi stizzita, ma non servì a farlo tranquillizzare.
«Bene, allora puoi anche andartene!», bofonchiò girandosi dall’altra parte, facendomi intendere che la discussione era finita lì.
Quanto sei orgoglioso Hiwatari!!! In altre circostanze glielo avrei gridato in faccia, ma quella sera mi era sembrato fin troppo inviperito per calcare la mano. Probabilmente avrebbe potuto strangolarmi ed occultare il mio cadavere in qualsiasi punto di quel giardino, sicuro che nessuno avrebbe avuto modo di trovarmi.
Ma oltre che rabbia, le sue parole suscitarono in me tanta tristezza. Cosa poteva essere successo per averlo cambiato così tanto? Possibile che, a differenza di qualsiasi essere umano, a lui non facevano piacere parole di conforto?
«Quando perdevi un incontro le mie parole ti sono sempre state d’aiuto…», iniziai e me ne pentii subito. Non so perché gli dissi proprio quello, in modo così diretto anche, ma non volevo più tenermi tutto dentro. In più la sua espressione in seguito alle mie parole avrebbe fatto desistere dall’andare avanti chiunque altro, ma non me.
Ed inoltre non si era alzato e non aveva minimamente provato ad allontanarsi dalla conversazione e quello era un grande passo avanti!
«Come hai potuto dimenticare tutto?», gli chiesi, con un tono leggermente triste, ma il mio stato d’animo era sincero. Se ripensavo ai nostri trascorsi mi sentivo molto triste.
Ci mise qualche secondo per rispondermi però, tempo che utilizzò per sospirare, ma il suo volto impassibile non si mosse nella mia direzione. Stava guardando un punto indefinito di fronte a sé, come a volersi convincere a non guardami negli occhi.
«Senti, non ho chiesto io di dimenticare questo fantomatico passato. Se provo a pensarci, molte immagini iniziano a vorticare tra loro lasciandomi solo un forte mal di testa. Non sono sicuro che quello che vedo nella mia mente sia la realtà, ma se faccio uno sforzo riesco a ricordarmi a tratti anche di te»
Prese una pausa, che sfruttò per spiarmi di sfuggita con la sua solita aria di sufficienza, mentre io mi ero praticamente bloccata sul posto. Era un incredibile passo avanti rispetto all’ultima volta che avevamo affrontato il discorso, nel covo degli Shell Killer.
Sentii il cuore iniziare a battermi all’impazzata nel petto e stavo per aprire bocca, ma di nuovo le sue parole glaciali mi costrinsero a tacere.
«Ma questo non cambia le cose. Il fatto di sapere che eravamo amici non cambia ciò che penso di te!»
Le sue parole pungenti mi lasciarono interdetta, soprattutto dopo essere state dette con la sua solita espressione indifferente. Era veramente difficile capire cosa gli passasse per la testa, ma volevo davvero saperlo in quel momento. Volevo capire cosa ne era stato del mio vecchio migliore amico e se c’era quanto meno una remota possibilità di riportare il nostro rapporto come agli albori.
«E cosa pensi di me?», chiesi tutto d’un fiato, trattenendolo subito dopo. Quelle parole mi erano uscite così, di getto, come molte altre che gli avevo detto da quando lo avevo rivisto. La sua vicinanza a volte mi portava a dire cose di cui mi pentivo subito dopo.
Ed anche quella volta mi pentii di averle dette, perché la sua risposta arrivò di nuovo come l’ennesima batosta.
E fece male.
«Vuoi sapere cosa penso di te?»
Rise, con una risatina posata e fredda. Non era la risata di chi ti stava prendendo bonariamente in giro, ma quella di qualcuno che sta per infliggerti la sua più terribile tortura.
«Penso che non dovresti essere qui e per qui non intendo qui a parlare con me, intendo qui in Europa. Così come non saresti dovuta essere presente In America, in Cina e in questa squadra. Tu sei qui solamente perché tuo nonno ha assecondato un tuo capriccio, dandoti il permesso di partire con noi perché ti eri innamorata di Rei»
Persi un battito.
«Anche se hai disputato il campionato nazionale non sei comunque riuscita a qualificarti come membro ufficiale della squadra. Ti sei presentata come aiuto al Professor Kappa, ma cosa hai fatto finora? Nulla!»
Persi un altro battito.
«La tua presenza è solo d’intralcio. Finora non hai fatto altro che starnazzare il tifo dalla panchina solo perché hai un posto d’onore, farti tenere in ostaggio insieme al piccoletto dal Blader delle Tenebre e, soprattutto», bloccò di proposito le parole, puntandomi spudoratamente gli occhi addosso per darmi il colpo finale. «Soprattutto infastidirmi standomi tra i piedi!»
Sentii un dolore lancinante al petto.
«Se sei qui, Kai, lo devi a me…se io non fossi stata qui o non fossi stata la nipote del Presidente Ditenji…», la voce mi uscì stranamente roca, molto più roca del solito. Molto più roca di quando solitamente mi arrabbiavo. Ma in quel momento non ero arrabbiata.
Ero ferita.
Ma di nuovo aveva bloccato le mie parole.
«Saremmo arrivati comunque qui, non credere che ce la siamo cavata solamente per l’influenza del tuo nome. Ci hanno aiutato i dirigenti della BBA, non sei stata certo tu. Saremmo comunque arrivati in Russia, magari sporchi, affamati e senza un pigiama, ma ce l’avremmo comunque fatta», mi guardò infine di traverso, trasportando in quell’espressione tutta la sua sufficienza nei miei confronti.
Possibile che fosse davvero questo che Kai pensava di me? Possibile che lo avessi davvero così infastidito con la mia presenza? Dopo tutto quello che avevamo passato? Dopo il legame che avevamo instaurato nella nostra infanzia? Ma, soprattutto, dopo aver ammesso che qualcosa di me ricordava?
Ma forse avevo ragione io e solo in quel momento mi resi conto di averlo sempre saputo.
Il mio amico non esisteva più. Erano passati troppi anni per cercare di rimettere insieme vecchi legami. Era umanamente impossibile e lo capivo. Ma forse non mi ostinavo a ricercare l’amicizia che c’era stata tra noi, volevo solamente che mi vedesse come tale. È vero che non trattava da amici neanche Takao e gli altri, ma non ricordo di aver mai sentito dalla sua bocca parole così sprezzanti nei loro confronti.
Faceva male.
Non avrei mai pensato però, che fosse arrivato a disprezzarmi a tal punto.
Non mi avrebbe mai vista come una ragazza, ma solo come la nipote del Presidente Ditenji.
E da quando avevo messo piede nella squadra dei BladeBreakers, non mi aveva mai chiamata per nome.*
Per lui ero solo un’ombra, una che se ci fosse stata o meno non avrebbe fatto alcuna differenza. Ecco quello che ostinatamente volevo da lui. Che mi vedesse. Che si accorgesse di me.
Ed il fatto che per lui fossi solo un peso faceva ancora più male.
Volevo fronteggiarlo, aprire la bocca ed imprecargli contro, ma mi sentivo troppo frustrata per affrontarlo di petto come avevo fatto in Cina, quando mi aveva vista disperata per la cotta non corrisposta nei confronti di Rei. Solitamente non mi ero mai fatta abbattere dalle sue rispostine dirette e dalle espressioni che riservava a tutti, quando con il solo sguardo riusciva ad obbligarti a tacere.
Ma non quella volta. Fu più forte di me, perché per la prima volta in vita mia non seppi cosa dire. Mi aveva messo di fronte, a mio malincuore, la verità.
Rimasi a fissarlo negli occhi ametista, gli occhi che ero sempre riuscita a leggere e che in quel momento trasportavano solo disprezzo. E ancora una volta non riuscii a capire perché. Avrei potuto chiederglielo, ma non lo feci. Il mio io interiore mi obbligò a rimanere zitta e ferma nella mia posizione, a sostenere il suo sguardo come unica difesa.
La prima a cedere però fui io, perché lui sembrava intenzionato a non darmi nemmeno la soddisfazione di girare i tacchi ed andarsene come suo solito. Mi ignorò, semplicemente, spostando il suo sguardo da me e continuando a fare come se io non ci fossi.
Sentivo gli occhi bruciare, chiaro segno delle lacrime che stavano per arrivare come un fiume in piena, ma non volevo piangere davanti a lui. Non gli avrei dato questa soddisfazione.
Mi voltai, serrando il labbro inferiore tra i denti.
Feci un passo a ritroso.
Digli qualcosa
Ne feci un altro.
Qualsiasi cosa
Ed un altro ancora.
Feriscilo come lui ha ferito te
Mi fermai a poca distanza da lui, costringendomi a girarmi per parlargli di nuovo a quattrocchi, anche se lui non mi stava calcolando. Avevo il volto rigato dalle lacrime, ma tanto lui non se ne sarebbe comunque accorto e in più ero rimasta volutamente in penombra per acquistare maggiore sicurezza.
No Hiwatari, questa volta sarò io a guardarti mentre vieni ferito
«Sai Kai…», iniziai decisa, anche se la voce che udii uscirmi dalle labbra non assomigliava per niente a quella che avevo di solito. Troppo rotta. Troppo nasale. Troppo ferita.
«Ti sei meritato la sconfitta al torneo nazionale, così come ti sei meritato di aver perso contro Andrew»
Ebbi la sua totale attenzione. I suoi occhi infuocati saettarono nella mia direzione.
«Come ti saresti meritato di rimanere solo, esattamente come eri quando ti ho conosciuto. Se non fosse stato per me, nessuno ti avrebbe avvicinato. Nessuno ti ha mai voluto bene, nemmeno tuo nonno».
Senza aspettare una risposta, e per paura di una sua possibile reazione, iniziai a correre a per di fiato alla volta del castello, senza mai voltarmi indietro o fermarmi a prendere fiato.
Le lacrime avevano iniziato a scendere copiose lungo le mie guance ed i singhiozzi mi impedivano di respirare bene nella corsa. Mentre correvo, nella mia mente riaffiorarono vecchi ricordi.
Ma continuai ad andare avanti.
 
“Nessuno mi vuole bene”
“Ma che dici Kai”
“Sono solo…”
“Non sei solo, ci sono io ed io ti voglio bene!”
“Saresti la prima!”
“Ma c’è anche tuo nonno, tuo nonno ti vuole bene! Tutti i nonni vogliono bene ai loro nipoti”
“Non il mio”
“Ma…”
“Sei l’unica a dire di volermi bene, forse sei pazza”
“Sì, forse lo sono…tu lo sei?”
“Sì, forse sono pazzo anche io”
“Siamo due pazzi!”
“Sì, ma non mi sono mai sentito così felice di esserlo in compagnia di qualcuno”**
 
 
Mi sentii un verme.
Lui mi aveva ferita, certo, ed io mi ero semplicemente difesa. Ma io lo avevo ferito ancora di più.
Fine capitolo 19
 
 °°°°°°°°°°°°°°°

Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo nuovo aggiornamento! Come avrete visto le cose iniziano a complicarsi ehehe ci voleva uno scontro tra loro, soprattutto ora che stanno per arrivare in Russia! (E sappiamo tutti cosa succederà in Russia! C’è da vedere cosa succederà tra lui e Saya)
Questo capitolo è stato particolarmente difficile da scrivere >.< quindi perdonate se è confusionario T.T
Per quanto riguarda gli asterischi:
Il primo: Kai non ha mai chiamato Saya per nome. È passato molto tempo dai primi capitoli, che comunque ho riletto per non creare incongruenze, ma non mi è sembrato che abbia mai fatto chiamare la ragazza per nome da lui. In più mi sembrava una cosa carina, perché poi vedremo in seguito in quale circostanza lo farà per la prima volta eheheh
Il secondo: il dialogo dal passato. È scritto in corsivo perché appunto si riferisce ad un dialogo passato, che Saya ripercorre mentre scappa verso il castello. Mi sembrava anche questo carino da inserire, dopo le parole taglienti che lei gli ha rivolto, proprio per marcare il fatto che le abbia dette apposta per ferirlo quanto lui ha ferito lei.
Ma, soprattutto, le parole di lui sono state sincere o no? :D
Vi lascio così con un po’ di domande, nella speranza di avervi un po’ incuriosito!
Perdonatemi se ci sono vari errori di battitura o ortografia, io rileggo ma questi maledetti sfuggono sempre xD
Ringrazio inoltre i recensori, i lettori silenziosi (che spero un giorno mi facciano sapere cosa ne pensano), e le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite!
Alla prosima!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Verità svelata ***


Capitolo 20
 
 
Il maggiordomo mi aveva fatta rientrare dopo che avevo bussato incessantemente alla porta. Non volevo sostare fuori un minuto di più, perché non volevo incrociare di nuovo gli occhi con quelli di Kai, ma mi accorsi che non mi aveva inseguita.  
Mi ritrovai a percorrere a ritroso gli incessanti e bui corridoi del castello, fino ad arrivare di fronte alla porta dove dormivano i ragazzi. E mi venne un’idea.
Avevo ancora il volto coperto dalle lacrime, gli occhi rossi e lucidi e soffocavo a stento i singhiozzi, ma nonostante quello non volevo dare ancora più soddisfazione ad Hiwatari.
Mi aveva detto che ero inutile, che non avevo fatto nulla per loro in tutto il tempo del Torneo. Bene, forse era giunto il momento di far vedere a quell’ingrato di cosa ero in grado di fare. E lo avrei fatto anche se mi ci sarebbe voluta tutta la notte. Ed in ogni caso non sarei riuscita a chiudere occhio, troppo ferita ed arrabbiata per riuscire a dormire. Almeno potevo sfogare la mia rabbia facendo qualcosa di costruttivo.
Sperai solo che i ragazzi a quell’ora stessero tuti dormendo e che a Kai non fosse venuta la malsana idea di rientrare in stanza proprio in quel momento. Ma, per quanto ero riuscita a conoscerlo in quei mesi passati insieme, ero sicura che non si sarebbe fatto vivo per tutto il resto del giorno.
Accostai l’orecchio per cercare di captare qualche rumore che mi facesse desistere dal compiere ciò che stavo per fare, ma oltre il russare incessante del capitano non sentii altro.
Aprii la porta con grazia, sperando non cigolasse, quel tanto quanto bastava per sgattaiolare dentro. Dalla finestra filtravano i raggi della luna alta in cielo, gli stessi che mi avevano permesso di camminare nel boschetto senza grossi problemi, e con la stanza illuminata riuscii perfettamente a vedere i Beyblade dei miei compagni sui loro comodini ed il computer del Prof Kappa poggiato sul comò.
Scrissi un biglietto da lasciar loro con dei post-it che trovai in stanza e dopo aver preso l’occorrente, facendo attenzione a non far cadere nulla, uscii chiudendomi dietro la porta.
Solo dopo essere rientrata nella mia camera riuscii a tirare un sospiro di sollievo. Il cuore mi batteva all’impazzata per il folle e sconsiderato gesto che avevo appena compiuto, ma ero sicura delle mie capacità. L’aver seguito mio nonno per tutti quegli anni, aver studiato tutte le componenti dei Beyblade e dei loro caricatori, le tecniche di gioco e l’assemblaggio, quasi fosse una materia scolastica, mi aveva permesso di avere delle conoscenze abbastanza ferrate da essere forse l’unica in squadra a parlare la stessa lingua del Professor Kappa.
Su una cosa aveva sbagliato Kai. La mia presenza nei Bladebreakers non era così inutile come aveva voluto farmi credere, e solo con in mano Driger, il primo Beyblade che decisi di migliorare, me ne resi conto. Avevo aiutato il professore nel nostro lungo percorso, avevo studiato le sue mosse, il suo raccogliere dati e la sua innata dote nel maneggiare un computer. Anche io lo sapevo usare, e sapevo dove andare per cercare le informazioni che mi servivano. Sapevo quali erano le migliorie che voleva apportare ai Beyblade dei nostri amici, ma non lo aveva ancora fatto per mancanza di tempo. Purtroppo il nostro girovagare per l’Europa aveva impedito al piccoletto di mettersi a capofitto sul suo lavoro, e la notte erano tutti talmente stanchi dalle avventure vissute che crollavano come dei sassi.
Aprii la valigetta degli attrezzi, che avevamo comprato nel nostro peregrinare, e mi misi al lavoro, con ancora gli occhi lucidi dal pianto.
Almeno Takao, Max e Rei sarebbero arrivati in Russia con un equipaggiamento adeguato. Oppure, se Takao fosse riuscito a sfidare Ralph, sarebbe riuscito a farlo con un Dragoon incredibilmente potenziato.
 
 
 
«Saya…»
Mi sentii chiamare e scuotere leggermente, ma vedevo ronzarmi attorno tante luci di diversi colori e la voce che mi aveva chiamata risultava alle mie orecchie troppo lontana per riuscire a capire di chi fosse.
«Saya, svegliati»
La sentii di nuovo, questa volta più vicina, e le luci che si mischiavano di fronte ai miei occhi si definirono in immagini più dettagliate.
Mi strofinai gli occhi, per capire se stavo ancora dormendo o meno, ma quelli bruciavano ancora. Li sentivo pesanti e gonfi, come sentivo ancora le guance rigate dalle lacrime salate oramai essiccate.
Ci misi un po’ per mettere a fuoco e ancora di più per capire che ero stesa a terra in mezzo al caos di attrezzi e pezzi di ricambio. Ero sicura di aver terminato il mio lavoro, non avrei mai permesso al mio corpo di rilassarsi prima di aver concluso quello che mi ero prefissata di fare, ma non ero riuscita a mettere a posto il resto. Driger, Dragoon e Draciel troneggiavano sul mio letto accanto ai loro caricatori ed al computer spento del prof. Invece di fronte a me vidi due occhi color miele che mi fissavano preoccupati e sentii le sue mani sorreggermi dalle spalle.
«Rei…», dissi con un filo di voce. Avevo la gola secca e faticavo a parlare. Probabilmente il pianto della sera prima mi aveva completamente sfinita.
«Sei impazzita? Ci hai fatto prendere un colpo!», mi ammonì, ma il suo tono non era accusatorio né arrabbiato. Non capii se si riferisse a quello che avevo fatto coi loro beyblade oppure al fatto che dormivo per terra, quasi fossi stata colta da un malore. Ma probabilmente anche io se avessi visto una persona stesa a terra coi capelli arruffati, gli occhi rossi e lucidi e le guance rigate dalle lacrime avrei reagito esattamente come loro.
C’erano tutti, anche se in un primo momento avevo messo a fuoco soltanto Rei, e notai che era in mezzo a Takao e Max, mentre il prof Kappa era dietro di me.
«Incredibile!!!», gli sentii pronunciare, capendo esattamente perché fosse alle mie spalle. Aveva notato il suo PC, come aveva notato il frutto del mio lavoro.
 
Ci voltammo tutti, io con un piccolo sorriso e gli altri con gli occhi sgranati.
«Quando abbiamo letto il tuo biglietto ci siamo preoccupati!», iniziò Max, togliendo dalle mani curiose di Kappa il suo Draciel ed iniziando a fissarlo in adorazione.
«Per poco al Professor Kappa non veniva un infarto!», ridacchiò Takao, recuperando anch’egli il suo Dragoon ed iniziando a rotearlo tra le mani per cercare di capire cosa fosse cambiato.
«Vorrei vedere te!», sbraitò il piccoletto. «Non mi ero accorto del biglietto, e quando ho visto che non c’erano né il Computer né i nostri Bey mi è preso un colpo. Poi lo ha trovato Takao, ma mi sono comunque preoccupato», si rivolse poi a me. «Come ti è saltato in mente di fare tutto questo da sola e senza consultarmi?», mi ammonì, ma la sua voce non era arrabbiata, forse solo delusa dal fatto che io non lo avessi interpellato. In effetti non avevo minimamente pensato alla reazione che avrebbe potuto avere il Prof di fronte a tutto quello. In fondo era sempre stato lui ad occuparsi della parte tecnica della squadra, lui che non si separava dal suo Personal Computer nemmeno per andare in bagno.
Mi sentii di nuovo in colpa.
«Scusate, non ne combino una giusta…» sospirai con tristezza, abbassando gli occhi già lucidi a terra.
Capendo che forse era stato troppo duro con me, Kappa si inginocchiò al mio fianco, poggiandomi una mano sulla spalla come per consolarmi. Era la prima volta che lo faceva. Anche la sua espressione si addolcì un poco.
«Non volevo ammonirti. Non sono arrabbiato per quello che hai fatto, anzi, sono incredibilmente sorpreso. Incredulo! Sei riuscita a fare esattamente quello che avrei voluto fare io!», si agitò bonariamente. «Solo che mi sono sentito un po’…tradito. Avrei preferito farlo insieme, sai quanto ci tengo che tutto sia perfetto!», concluse, abbassando anche lui lo sguardo a terra.
Per qualche secondo nessuno fiatò, ma per fortuna ci pensò Rei a smorzare un po’ la tensione. Lui sapeva sempre cosa dire, in qualsiasi circostanza.
«Professore, sono sicuro che Saya non lo ha fatto con cattiveria», gli disse. «Sicuramente c’è un perché a tutto questo», mi sorrise poi.
«Già…Perché lo hai fatto di nascosto durante la notte?», mi chiese Takao, con il suo solito tono di chi non ci sta capendo nulla.
«Volevo rendermi utile. Non volevo che la mia presenza continuasse ad essere un peso per voi», ammisi con tristezza e le loro espressioni divennero tutte perplesse.
«Saya, tu non sei un peso per noi!». Fu Rei a pronunciare quelle parole, aggrottando le sopracciglia in un gesto confuso.
«È vero! Se non fosse stato per te saremmo morti di fame!», ridacchiò Takao e quella frase mi fece sorridere tristemente, perché non molte ore prima Kai mi aveva detto esattamente il contrario.
«Se non ci fossi stata tu nessuno qui in mezzo avrebbe capito la mia lingua!», continuò il Prof.
«La tua presenza in panchina ci ha dato la forza per non arrenderci!»
L’ultima frase, detta da Max, mi fece perdere un colpo al cuore. Avevano tutti smentito quello che mi aveva detto Kai per ferirmi. Ma io a chi dovevo dare retta? Loro mi stavano dicendo quelle cose solo perché avevamo un rapporto di amicizia o perché lo pensavano davvero?
«Perché pensi queste cose?»
Spostai lo sguardo su Rei in seguito alle sue parole e lo guardai mordendomi il labbro inferiore. Non volevo dir loro del mio diverbio con Kai, perché non volevo che si preoccupassero o che si mettessero contro un loro compagno di squadra per difendermi. L’armonia dei Bladebreakers non doveva assolutamente venire a mancare, perché era la loro arma più potente. Ma poi capii tutto. Capii che se io avessi continuato a stare con loro, sarei stata davvero la rovina della squadra, con tutti i miei problemi. Problemi che ovviamente loro non conoscevano. Non sapevano della mia infanzia, del mio passato con Kai. Per loro lo avevo conosciuto quel giorno a fiume, quando Takao lo sfidò per la prima volta.
Non risposi alla domanda.
«Volevo fare qualcosa per voi prima della vostra partenza per la Russia», ammisi ancora, stringendomi nelle spalle ed a quella mia frase, tutti i loro sguardi si fecero confusi. Si guardarono tra loro per un momento, prima di riportare l’attenzione su di me.
«Perché dici vostra?», fu Takao a chiederlo, titubante.
Presi un sospiro. Erano parole che non avrei mai voluto dire. Io stessa non volevo allontanarmi da loro, perché oramai eravamo diventati quasi come una famiglia. Il tempo che avevamo trascorso insieme era servito per conoscerci e farci capire molte cose l’uno dell’altro, soprattutto nel tempo passato in quel viaggio in Europa. Eravamo cresciuti insieme, eravamo stati l’uno la spalla dell’altro o dell’altra, anche se non valeva per tutti i componenti della squadra.
«Perché io tornerò in Giappone…», ammisi con voce roca, quasi fosse stato un lamento di dolore. Ed in fondo lo era davvero.
La stavo infine dando vinta a Kai. Stavo per scappare definitivamente da lui.
«Cosa??!!», gridarono in coro i quattro ragazzi, che adesso mi guardavano davvero stralunati.
«Perché?», lamentò Kappa. «Dopo tutta la fatica che hai fatto per migliorare le prestazioni della squadra non vuoi seguirla fino alla fine?!».
«Mi oppongo a questa decisione!», urlò Takao con un gridolino stridulo, con il tono di voce che usava spesso quando di nuovo non capiva qualcosa.
«Sono d’accordo con Takao!», gli diede man forte Max, con un tono di voce più tranquillo, seppur preoccupato.
«Non ti permetterò di andartene!», continuò Rei, lanciandomi un’occhiata ammonitrice. I suoi occhi d’ambra si erano ridotti a due fessure, quasi avessero voluto scrutarmi nel profondo.
«No. Tu di tua spontanea volontà non avresti preso questa decisione su due piedi. Forse per noi avresti davvero fatto quello che hai fatto, ma lo avresti fatto con il Professore. Ed inoltre…», fece una pausa, che servì a farmi mandare giù un groppo amaro di saliva e a far battere il mio cuore ad un ritmo insolito. Il suo sguardo mi stava dicendo che aveva intuito qualcosa. «Ho notato subito i tuoi occhi arrossati. Perché stavi piangendo? È successo qualcosa?», ammorbidì un po’ il tono, ma non aveva spostato i suoi occhi dai miei nemmeno per un momento. Mi sentii presa in trappola. Ero di fronte ad una decisione importante. Avrei dovuto raccontare tutto quello che era successo, mettendo a repentaglio davvero l’armonia della squadra? Oppure avrei dovuto continuare a mentire, restando ferma nella mia decisione di andarmene? Ma, sarei riuscita davvero a salutarli? Cos’avrebbe detto il nonno del mio comportamento?
Scossi la testa in segno negativo, ma gli sguardi dei presenti mi avevano messo troppo sotto pressione. Inoltre avevo davvero, davvero bisogno di sfogarmi con qualcuno, come aveva fatto Rei con me quando ci scontrammo per la prima volta coi White Tiger. In tutto quel tempo non avevo mai parlato di me, e tutto ciò che era successo pesava sul mio cuore come un macigno. Avrei voluto farlo in altre circostanze, e magari non davanti tutta la squadra, ma tanto valeva oramai vuotare il sacco. Ero davvero troppo stanca per oppormi. Stanca della situazione che si era creata, del carattere ostile di Kai e di tutto quello che ero stata costretta a vivere quella notte.
Sei solo un peso
Quelle parole le sentivo ancora ronzare nelle orecchie.
«Ho avuto un diverbio con Kai, ma davvero, nulla di che…», ammisi, ma non volli soffermarmi sui particolari ed inoltre non potevano capire il perché di quello che ci eravamo detti e del male che ci eravamo fatti.
«Con Kai?», chiese stralunato Takao. «Lo sapevo!! Quando perde un incontro diventa ancora più scorbutico!», s’imbronciò e quelle parole dette con l’espressione che si era disegnata sul suo volto mi fece sorridere per un momento.
«E ti ha detto lui di andartene?», chiese Rei, infastidito dal comportamento del nostro compagno di squadra, ma io scossi subito la testa. Non dovevo metterli l’uno contro l’altro.
«Nulla di che, davvero, un piccolo diverbio. Come ha detto Takao, quando perde un incontro diventa ancora più irascibile», feci spallucce, anche se non ero stata molto convincente.
«E cosa ti ha detto per farti arrivare a pensare ad una cosa così?», chiese tristemente Max.
Rimasi in silenzio per un momento. Cosa dovevo rispondere a questa domanda? Che per lui ero davvero un peso? Che mi odiava e che non vedeva l’ora che lasciassi la squadra? E poi, una volta aver detto loro le parole esatte del nostro dialogo cosa avrebbero fatto? Ma, soprattutto, per capire veramente le parole dure che ci eravamo detti dovevano conoscere la storia dall’inizio. E fu solo allora che decisi che era giunto il momento per loro di sapere cosa aveva accomunato Kai e me.
«Davvero, non è importante», sospirai. «Ma vorrei dirvi la verità su come l’ho conosciuto, perché non è stato quel giorno al fiume».
Spostai lo sguardo su Takao ed il Prof, che mi guardarono con un sopracciglio alzato, mentre Max e Rei non stavano capendo il discorso. Ovvio, loro non erano presenti quel giorno.
«Ma…ma come! Tu lo conoscevi già? Sapevi che era il capo degli Shall Killer?», sbraitò il prof Kappa ma io scossi subito la testa in segno negativo.
«No prof. Io non sapevo che il capo di quei teppisti, i blader che terrorizzavano i ragazzi del quartiere, fosse Kai Hiwatari. Io non sapevo che era tornato in città…», ammisi, osservando la reazione di ognuno di loro.
Takao e il Prof avevano un’aria stralunata, mentre gli altri due continuavano a guardarsi senza capire.
«Tornato?! In che senso tornato?», chiese il più piccolo con una vocetta stridula, chiaro segno che quella conversazione doveva essere troppo per lui. Non potevo biasimarlo…in fondo avevo mentito a tutti.
«Ho conosciuto Kai all’asilo», iniziai, ed ebbi l’attenzione di tutti. «Era un bambino normale, anche se solo e taciturno. Non aveva amici, stava sempre per conto suo e non veniva avvicinato da nessuno. Io, incuriosita dal suo strano comportamento, andai a parlargli e capii un po’ il perché di quella sua solitudine. I bambini erano spaventati dalla sua situazione familiare, colpa anche delle voci che correvano sulla sua famiglia. Parlando con lui notai subito che, nonostante la sua coltre rigida, era un bambino di cuore e molto dolce. Gli serviva solamente qualcuno con cui parlare. Così diventammo amici. Eravamo sempre insieme. Inseparabili. Lui viveva in una grande villa con suo nonno, ma lui era sempre impegnato e quindi Kai era spesso sotto la tutela dei suoi maggiordomi. Lo scarrozzavano ovunque volesse andare, e quindi passavamo insieme molti pomeriggi. Veniva a casa mia, conobbe mio nonno, e quando capimmo che avevamo in comune la passione per il beyblade decidemmo di costruircene uno personale. Mio nonno mi aveva regalato un vecchio Beyblade un po’ malandato ed alcuni pezzi di ricambio, così proposi a Kai di aiutarmi. Anche lui aveva un vecchio Beyblade di suo padre, quindi potevamo mettere in pratica le nostre conoscenze. Avendo il nonno presidente della federazione sono sempre stata appassionata di Beyblade e finivo ogni giorno per fargli domande, guardare delle sue vecchie videocassette di incontri passati ed a sfogliare le figure dei suoi libri. Avevo voglia di mettere in pratica quello che avevo imparato! E lo facemmo insieme, io e Kai. In un pomeriggio avevamo costruito quelli che sarebbero stati Star Pegaso e Dranzer. Insieme andavamo a sfidare i ragazzini più dispettosi, quelli che facevano i prepotenti con gli altri, e spesso anche quelli più grandi di noi», quel ricordo mi strappò un sorriso amaro. «Ma poi tutto finì. Un giorno Kai sparì nel nulla senza dire che sarebbe partito o dove sarebbe andato. Non inviò mai una lettera, nonostante sapesse perfettamente il mio indirizzo, o fece mai una chiamata. Nulla, era sparito... Mio nonno mi disse che aveva provato a chiamare casa sua, ma i suoi inservienti erano stati irremovibili nel nascondere il luogo dove Kai e suo nonno erano andati. Poi lo vidi di nuovo con voi, quel giorno, radicalmente cambiato. Crudele e freddo, a capo di una banda di cui non sapevo nemmeno dell’esistenza. Ma, soprattutto, non si ricordava di me», sospirai infine, sentendomi il cuore più leggero. Inoltre ero pronta alla raffica di domande che probabilmente mi avrebbero fatto. Invece, differentemente da quello che avevo immaginato, erano rimasti tutti scioccati a guardarmi. Potevo immaginarlo, in fondo dopo tutto quel tempo passato insieme non avevo detto loro mai una parola a riguardo.
«Quindi quella volta, nel covo degli Shall Killer, quando ti addentrasti nei corridoi eri andata a cercare lui!», ricordò Takao, portandosi due dita al mento con fare pensoso ed io annuii leggermente.
«Sì, ma non servì a nulla. Lui mi ha dimenticata. Non ricorda nulla del suo passato. Per lui sono solo un’insignificabile ragazzina, ed un peso per la squadra a quanto pare!», dissi con una smorfia senza neanche pensarci. Avevo parlato più per me stessa che a loro, ma capirono ugualmente quello che avevo appena detto.
«Ecco scoperto il mistero, te lo ha detto lui!», fu Rei a pronunciare quelle parole, con un tono di voce leggermente più duro del solito.
«Sì, ma non dovete dirgli nulla, o accennare al fatto che io vi abbia detto queste cose!», li ammonii, irremovibile, e prima che potessero aprire bocca per dire qualcosa li ammonii di nuovo. «Dovete prepararvi alla finale del mondiale, non potete perdere tempo con i nostri diverbi. Tanto una volta tornata in Giappone sarete liberi di giocarvela al meglio!»
«NO!», inveì Takao. «Kai è uno zuccone ed un prepotente e fa parte della squadra così come ne fai parte tu! Noi non possiamo rinunciare a lui come non possiamo rinunciare a te. Non è vero ragazzi?», chiese, cercando man forte dalla squadra.
«Takao!», sospirai, ma mi sentii davvero grata per quelle sue parole perché mi fecero tornare un po’ di fiducia in me stessa.
«Tu verrai con noi in Russia, che Kai lo voglia oppure no! E se si opporrà dovrà vedersela con noi!». Max si batté un pugno all’altezza del cuore, come per mostrarmi la sua solidarietà e quel gesto mi fece salire le lacrime agli occhi. Quella volta dalla gioia.
«Ben detto Max!», Rei sorrise all’amico, poi si voltò verso di me.
«Visto? Siamo tutti d’accordo, e siamo quattro contro uno…»
«Grazie!», mi sentii di dire, coinvolgendo tutti in un abbraccio di gruppo.
Finimmo spiaccicati sul pavimento a ridere tutti insieme, con Takao sotto tutti che chiedeva pietà. La spensieratezza che potevo vivere con loro mi rendeva davvero felice.
Adesso non rimaneva altro da fare che vedere la reazione di Kai, o sperare di rimanere nel suo campo visivo senza essere incenerita dai suoi sguardi di fuoco.
«Però è strano!»
Dopo alcuni secondi, che impiegammo per ricomporci, fu Takao ad avere di nuovo l’attenzione di tutti. Ci girammo nella sua direzione e lo vedemmo sedersi a terra a gambe incrociate, con un’espressione pensierosa.
«Cosa è strano?», lo imbeccò Max, spostando leggermente di lato la testa.
«Nulla, mi fa strano il fatto che Kai Hiwatari avesse voluto bene a qualcuno!», ridacchiò simpaticamente e fece scoppiare tutti a ridere, anche la sottoscritta.
«Beh, ne ho le prove!», dissi a mia discolpa. «Volete vedere?», sorrisi e dopo aver visto i loro volti interessai mi convinsi a rovistare nella mia tasca per prendere ciò che ci avevo messo la sera prima. Solitamente lo tenevo piegato il più possibile dentro il portafogli, a riparo da tutto e tutti, ma quella sera avevo sentito il bisogno di riguardarlo e sentirlo di nuovo vicino. Avevo bisogno di convincermi che tutto quello che Kai non ricordava era successo davvero, e quella prova serviva a ricordarlo anche a me. Mi aveva dato la carica per compiere il folle gesto di riparazione dei tre beyblade.
Spiegai di fronte ai loro occhi un foglio di un Album da disegno, dove proprio al centro erano state disegnate due figurine che si tenevano per mano. Eravamo io ed il mio vecchio amico, disegnate proprio da quest’ultimo poco prima della sua partenza. Avevamo da poco iniziato a scrivere, e la calligrafia incerta della dedica che vi recitava sopra ne era la prova. La maestra ci disse di disegnare qualcosa, dedicandoci un pensiero, da donare poi alla persona a cui volevamo bene. Ovviamente tutta la classe dedicò quel piccolo disegno ai genitori, ed anche io lo feci, disegnando anche mio nonno. Tutti tranne Kai. Lui lo aveva dedicato a me ed alla nostra amicizia. Purtroppo sua madre era venuta a mancare e suo padre era sempre lontano da lui per lavoro. L’unico parente che gli rimaneva era suo nonno paterno, ma tra loro non correva buon sangue a quanto sapevo.
«Per Saiya. Ti voglio bene, Kai», lesse Takao, con lo sguardo ed il tono di voce di chi non credeva ai propri occhi.
«Wow…allora anche Kai ha un cuore!», ridacchiò Max, trasportando tutti, ma io non riuscii a ridere in quel momento.
«Aveva…», sospirai tristemente.
«Ma è tutto rovinato», constatò Rei, toccandolo lievemente con un polpastrello.
Aveva ragione. Lo avevo stropicciato, piegato, lanciato in impeti di rabbia, minacciato di buttarlo o strapparlo ed infine ci avevo pianto sopra molte volte. Non avevo però mai avuto la forza di abbandonarlo e così me l’ero portato dietro anche in quel viaggio. Non ero ancora pronta a separarmene, perché avrebbe quasi significato lasciare andare vecchi ricordi dal quale non volevo separarmi. Quel disegno era l’unica prova che mi ricordava chi era stato davvero Kai Hiwarari, l’unica prova che quello che ricordavo io era stato reale.
«Già…ne ha passate tante…», sorrisi amaramente, voltandomi inspiegabilmente verso la porta socchiusa della mia camera.
Fu allora che vidi svolazzare una sciarpa bianca. Fu un attimo, il tempo di chiudere gli occhi per vedere se avessi sognato, ma quando li riaprii era tornato tutto come prima.
Fine capitolo 20
 
 
°°°°°°°°°°
 

Colei che scrive:
 
Ma salve a tutti e ben ritrovati in questo aggiornamento!
Finalmente Saya è riuscita a dire la verità a tutti, ed a quanto pare ha ascoltato anche il diretto interessato! Chissà come l’avrà presa ehehe
Spero vi sia piaciuto questo piccolo capitolo dedicato alla protagonista ed anche al rapporto che ha con gli altri componenti della squadra, soprattutto con Rei. Non so se si è notato il rapporto che ha con lui (si vedrà anche più avanti) :P Inizialmente volevo far capitare qualcosa tra loro, perché nonostante abbia sempre amato Kai xD, Rei mi ha sempre colpito in maniera benevola *-* fin da quando ero ragazzina sognavo un ragazzo come lui (ma Kai ha sempre prevalso nel mio cuore! xD U.U). Ho sempre immaginato Rei come una persona incredibilmente benevola, uno che non vorrebbe il male nemmeno del suo peggior nemico, e possiamo notarlo nella tappa del campionato Cinese nella prima serie <3 a costo perde la Tigre Bianca, ma non vuole lottare con i suoi compagni. Non è così estremamente puccioso? >.< e così mi sono immaginata Rei come un “salvatore” per Saya, il fratello che non ha mai avuto, l’amico che ogni ragazza sogna di avere! xD Per il continuo della storia ho in mente qualcosa per lui, quindi non è impossibile che succederà qualcosa tra loro, ma ancora devo definire bene la cosa. E, non dimentichiamoci di Kai! :D chissà cosa ne penserà lui! Dico solo che non saranno facili le cose, e d'altronde non lo sono mai quando c’è lui di mezzo! (Grazie…ndKai)
Bene, penso di aver sproloquiato abbastanza!
Passo a ringraziare chi ancora segue la storia e spero che i lettori silenziosi che giungono fino a qui un giorno mi facciano sapere cosa ne pensano ^_^
Alla prossima!!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Amichevole in Germania ***


Capitolo 21
 
 
Dopo essermi confidata con i miei compagni di squadra mi sentii molto più leggera, ma soprattutto dopo aver dormito tutto il resto del giorno. Non avevo avuto voglia di uscire ed avere buone probabilità di incontrare Kai per i corridoi. Rimasi tutto il giorno a letto ed il pranzo mi fu servito in camera dal simpatico maggiordomo, che ero sicura mi ero fatta amico nonostante la solita aria arcigna che manteneva. Forse il fatto di essere stata in qualche modo gentile con lui, a differenza di qualcun altro, lo avevano portato a simpatizzare per me. E gliene fui immensamente grata.
Quando Takao, Max, Rei ed il Prof vennero a trovarmi verso pomeriggio inoltrato avevano uno strano sorriso stampato sul volto e mi sembrarono fin troppo allegri.
«È successo qualcosa?», chiesi con fare indagatore e loro scoppiarono tutti in un’ilare risata.
«Finalmente quegli zucconi degli Europei si sono decisi a fare squadra per affrontarci! Disputeremo un amichevole dimostrativa con loro tra due giorni, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Beyblade Stadio fatto costruire da Ralph!», mi spiegò Takao, balzando seduto sul letto di fronte a me ed io non potei fare altro che urlare dalla gioia. Sapevo quanto ci teneva il nostro capitano a prendersi la sua rivincita, e non solo lui. A quel pensiero mi ammutolii di nuovo e guardai per un secondo le coperte che avevo ammatassato ai miei piedi.
«E…Kai?», chiesi titubante, spostando lo sguardo dall’uno all’altro.
«È rimasto tutto il giorno ad allenarsi, lo abbiamo raggiunto dopo colazione. Era nel bosco, ma mi è sembrato piuttosto tranquillo. Insomma, al solito. Ci siamo allenati tutti insieme, poi sono arrivati Andrew e gli altri, lo hanno un po’ provocato…insomma, le solite cose!», mi spiegò Max con fare evasivo.
«Voi non…non avete accennato alla nostra conversazione di stamattina, vero?», chiesi ancora ma vidi le loro teste scuotersi in segno negativo e tirai un sospiro di sollievo.
«Sai che non potrai evitarlo per sempre, vero? Se disputeremo l’amichevole con gli Europei tra due giorni, probabilmente partiremo per la Russia il giorno dopo», mi spiegò Rei, con il suo solito tono di voce confortevole ed io annuii distrattamente. Erano riusciti a convincermi a non tornare a casa dopo l’amichevole che disputeranno, inoltre ero veramente impaziente di seguire la squadra fino alla fine. Non vedevo l’ora di incontrare questi fantomatici Russi e di poter visitare Mosca!»
«Quindi faremo capire a quello zuccone di Kai che tu verrai con noi!», continuò Kappa.
«Ma non ce ne sarà bisogno!», mi affrettai a mettere in chiaro, agitata, portando avanti le mani in segno di resa. «Kai non può sapere della decisione di partire, quindi in seguito nemmeno quella di restare!»
«Sì ma voglio che sappia che tu fai parte della squadra, questa cosa dovrebbe essergli almeno chiara», mi rassicurò Takao. «Quindi ora ti vesti e scendi con noi per cena!»
Ammutolii. Non ero preparata a quell’evenienza, soprattutto dopo che il maggiordomo di casa Jurgens mi aveva coccolata, lo ammetto. Scendere con loro significava trovarmi davanti Kai. Solamente se anche lui si fosse presentato, ovvio!
Ero davvero pronta a fare finta che non fosse successo nulla ed a trattarlo come al solito? Oppure a far finta che lui non esisteva, come aveva sempre fatto lui nei miei confronti?
“Posso riuscirci solo se i ragazzi mi resteranno a fianco!”, cercai di darmi man forte mentalmente e mi decisi finalmente a scendere da quel letto. Inoltre mi bruciavano ancora gli occhi, perché nella solitudine e nella semi oscurità della stanza mi ero lasciata andare di nuovo al pianto, con il disegno di Kai stretto tra le mani. Non avrei sicuramente superato la cosa, ma almeno dovevo provarci. Dovevo dare una svolta a quella situazione e siccome sapevo per certo che dall’altra parte non ci sarebbe stato un minimo cambiamento, perché probabilmente lui avrebbe continuato ad ignorarmi o a mandarmi sguardi taglienti, quello doveva partire da me.
 
Quando scendemmo nella sala da pranzo, il lungo tavolo era imbastito dal servito di piatti e posate ed il padrone di casa e gli altri suoi ospiti erano già seduti. Con nostra sorpresa, insieme a loro c’era anche Kai.
Di fronte a quel quadretto rimanemmo tutti e cinque impalati sull’uscio, ad osservare quella paradossale scena. A Kai non era mai stato simpatico Andrew, e glielo aveva anche detto in faccia alla prima occasione, inoltre non aveva mai calcolato gli altri. Era curioso il fatto che fosse stato il primo dei nostri a sedersi a tavola, ma osservando la sua faccia non mi sembrò quella di uno che si stava particolarmente divertendo. Era seduto composto a braccia conserte, con gli occhi chiusi e la testa inclinata verso il basso. Sembrava più in meditazione che in attesa di mangiare.
«Kai, sei già qui!», esordì Takao con aria meravigliata, beccandosi un’occhiataccia dal tirato in causa. Come al solito…
Fu Andrew a rispondere, con il suo tono da “so tutto io” che mi mandava in bestia.
«Ci siamo incontrati mentre rientravamo», fece spallucce, come se quella fosse la cosa più normale del mondo. «Lo abbiamo invitato a seguirci, vista la sua innata capacità di sparire. Non ho voglia di attendere oltre, ho fame! Abbiamo già aspettato voi abbastanza», concluse con una smorfia, beccandosi l’ennesima occhiataccia dal nostro compagno di squadra già seduto. Il suo disprezzo per quell’Inglese era particolarmente percepibile quella sera.
«Scusate, è colpa mia!», dissi a mia discolpa ed in fondo era vero. I ragazzi erano venuti a cercare me ed a convincermi a seguirli.
«Oh, signorina, mi fa piacere che sta meglio!»
Furono le parole del maggiordomo di Ralph ad attirare l’attenzione su di sé, mentre entrava nella stanza con un carrello, dove aveva poggiato sopra le nostre portate.
«Hey, come siamo premurosi con questa ragazzina!», lo sbeffeggiò il suo padrone ma l’uomo non si scompose. Fece un gesto con la mano come a dire “lei non può capire” e mi fece un piccolo sorriso, che somigliava più ad una sghemba smorfia, ma apprezzai il gesto.
«Sì, sto meglio!», mi affrettai a dire, sotto lo sguardo allucinato dei quattro Europei. Inoltre Andrew mi stava guardando particolarmente incuriosito.
Ci sedemmo a tavola in un lampo per non perdere altro tempo e notai che Kai era finito in mezzo tra Olivier e Takao. Di fianco al nostro capitano mi ero seduta io, mentre Rei era a capo tavola, opposto a Gianni, ed a seguire venivano Max ed il Prof.
Durante la cena non parlammo molto, ognuno di noi era rimasto assorto nei propri pensieri.
 
 
«Vi voglio tutti in camera ragazzi, dobbiamo discutere degli incontri che si terranno dopodomani!», esordì a fine cena il prof Kappa, dopo che i nostri avversari se ne furono andati.
Così ci ritrovammo tuti insieme nella camera dei ragazzi ed io ero particolarmente agitata. Me ne sarei andata volentieri in camera mia, ma la mano di Takao si era stretta al mio polso, impedendomi la fuga. Gliene fui grata, in fondo mi stava facendo capire che, qualunque cosa fosse successa, loro stavano dalla mia parte.
Il nostro tecnico parlò per una mezzora buona, idolatrando il lavoro che avevo svolto quella notte e rimarcando il fatto che con quelle migliorie ai Beyblade, i ragazzi avrebbero avuto buone possibilità di giocarsela alla pari o magari anche vincere. E l’obbiettivo era proprio quello.
«Rimane solo la questione di chi rimarrà in panchina. Sarà una sfida a tre, quindi uno di voi dovrà rinunciarvi!», sentenziò infine, guardandoli uno per uno negli occhi. Io mi ero messa in disparte, seduta sul letto dietro Takao e Rei, in modo da non stare troppo nel campo visivo di Kai, che invece si era seduto su una poltroncina lontano da tutti e non ci stava minimamente calcolando.
Fu Max a raggiungerlo, saltellando con aria divertita fino ad abbassarsi a parlargli di fronte al viso.
«Credo che questa volta tocchi a te. Ti restituisco il favore che mi hai fatto in America, e poi hai una rivincita da prenderti», ridacchiò e mi sembrò anche di scorgere l’ombra di un sorriso sul volto imbronciato di Hiwatari, ma fu solo un attimo. Ero troppo lontana per dirlo con certezza.
«Kai…Saya ha fatto un ottimo lavoro con Driger, Dragoon e Draciel, ma se mi lasci il tuo Dranzer provvederò a potenziarlo io stesso», gli disse il Prof Kappa, allungando la mano verso di lui, che scocciato gli passò il suo Beyblade con una smorfia. Si vedeva lontano un miglio che non era molto d’accordo con quella decisione, inoltre sperai che il fatto che io avessi migliorato le prestazioni di tutti gli altri Bey e non il suo gli rodesse ancora di più. Ma la sua espressione era troppo impassibile per essere decifrata.
«Bene, a questo punto c’è un’ultima questione da chiarire!», fu Takao a riportare l’attenzione di tutti su di sé, anche quella di Kai, che probabilmente non riusciva a capire cosa ci fosse ancora da discutere.
Si alzò con un balzo, piazzandosi al centro della stanza, con lo sguardo rivolto proprio verso il nostro freddo blader. Quest’ultimo lo fissò con aria di sufficienza per qualche secondo, prima di perdere la pazienza.
«Esponila…», gli intimò, col suo solito tono glaciale. Kai non amava stare sulle spine.
«Noi siamo una squadra unita! I Bladebreakers sono formati da sei elementi: Io, Max, Rei, il Prof Kappa, Kai e Saya, e saranno tali fino alla fine», sentenziò con le braccia conserte, «ognuno di noi è indispensabile e ognuno di noi sarà la spalla dell’altro. Ognuno a modo suo ha dato prova di meritare di militare nelle nostre fila, e non solo i Blader che sono scesi in campo. Lo è stato Kai, che non ha esitato a battersi al posto di uno di noi, quando eravamo impossibilitati a combattere, o il Prof Kappa, che ha messo a disposizione la sua scienza per farci arrivare alla vittoria, e Saya, che ci ha accuditi e sostenuti fino ad oggi. Quindi, se qualcuno ha qualcosa da obbiettare è meglio chiarire subito la questione, così che possiamo affrontare i nostri avversari a cuor leggero!», concluse con aria soddisfatta, invece io lo avrei volentieri sotterrato. Aveva parlato più che altro rivolto a Kai, spostando di tanto in tanto lo sguardo su di noi mentre citava i nostri nomi. Invece lo sguardo del mio ex migliore amico era subito saettato verso di me, che per poco non mi strozzai con la saliva. Ero assolutamente certa che avesse capito il perché di quello strano discorso, e non mi sembrò minimamente soddisfatto. Ma se fosse stato per me, non avrei mai affrontato la questione così di petto. Lo avrei ignorato, lui avrebbe ignorato me, e tutti felici e contenti ci saremmo apprestati a raggiungere le finali del Campionato.
Invece quello zuccone di Takao aveva dovuto dire la sua.
«Tzè, io non ho nulla da obbiettare. Per quel che mi riguarda, potete fare quel che vi pare».
Glaciale ed antipatico come al solito sentenziò quelle parole prima di uscire dalla stanza, facendo frusciare la sua lunga sciarpa dietro la schiena.
Seguitarono alcuni secondi di silenzio, dove tutti continuammo a fissare il punto dove Kai era appena sparito.
«Beh, è andata bene, no?», ridacchiò di nuovo il nostro capitano, smorzando un po’ la tensione.
«Tranquilla Saya, avrà già dimenticato del vostro diverbio. È fatto così, non ama rimanere nella stessa stanza con altre persone per troppo tempo», aggiunse Rei, ridendo sotto i baffi.
Sperai che avessero ragione, ma conoscendo Hiwatari probabilmente lo aveva detto solo per farli tacere, in modo che non si impicciassero delle sue questioni. Ma, probabilmente, con me non era ancora finita.
Sospirai, mentre loro se la stavano ridendo soddisfatti.
 
 
I due giorni che ci separarono dall’amichevole con la squadra Europea passarono così in fretta che faticai a credere che fosse davvero giunto l’atteso momento. I ragazzi si erano allenati spesso insieme, ma io non avevo avuto voglia di vedere Kai, per cui quando erano in sua compagnia io me ne andavo a spasso per i giardini della residenza, a volte importunando il maggiordomo. L’uomo però sembrava particolarmente contento di parlare con qualcuno ed ogni tanto ascoltavo i suoi sproloqui sui fiori e le piante che lui stesso aveva piantato, ed anche se duravano le ore, lo ascoltavo paziente. Preferivo sorbirmi i sermoni dell’inserviente piuttosto che le occhiate glaciali di Kai.
Inoltre, vista la nostra imminente partenza dell’indomani, mi venne un’idea.
«Posso usare la cucina del castello? Vorrei preparare qualcosa da mangiare per il nostro viaggio verso la Russia», gli chiesi di punto in bianco la sera prima dell’amichevole, dopo la cena che ci aveva servito. Lo avevo seguito fino alle cucine, cogliendolo di sorpresa.
«Le farò preparare qualcosa dalle cuoche», mi liquidò con tono cordiale, ma io insistetti.
Così, mentre i miei compagni erano intenti ad allenarsi ed a premeditare strategie di gioco, io mi feci accompagnare al paese più vicino per fare le provviste e poter cucinare qualcosa per i miei compagni. Dopo tutto, se mi ero convinta a rimanere, volevo che la mia presenza fosse ancora più gradita. Da tutti. In effetti l’idea di lasciare digiuno Kai mi aveva allettata parecchio, ma non volevo ferirlo più di quanto avessi già fatto con le mie parole. Non volevo dargli modo di odiarmi più di quanto già non facesse. Inoltre ero sicura che in quel caso non me l’avrebbe fatta passare liscia, oppure avrebbe liquidato la questione andandosene a mangiare per i fatti suoi e non volevo dividerlo dal resto della squadra.
Ovviamente non dissi nulla ai miei compagni, volevo che fosse una sorpresa. Cucinai in abbondanza, ma in fondo il viaggio sarebbe stato lungo!
 
Il momento della sfida arrivò presto. Erano tutti abbastanza tesi, inoltre ci accorgemmo che il Prof Kappa era stato preso in ostaggio dal Team delle Tenebre. Avevano preso posto in tribuna ed avevano messo il piccoletto in mezzo tra Jai e Kairone, che osservavano minacciosi ogni sua mossa.
«Povero Prof…», sospirò Rei, seguito da Max e Takao.
«Senza le strategie che solitamente ci grida dalla panchina sarà difficile affrontare la gara», ammise Max.
«Ho un’idea!», mi intromisi io, una volta preso posto nella zona del campo a noi dedicata. Buttai un’occhiata in direzione di Kai, ma lui si era già seduto a braccia conserte e a gambe accavallate senza degnarci della sua regale considerazione.
Ma parlai ugualmente, sperando che la frecciatina gli arrivasse alle orecchie.
«Siccome ho una voce starnazzante ed abbastanza alta da infastidire chiunque, raggiungo io il Prof Kappa, così che forse riuscirei a suggerirvi qualcosa», sorrisi con una smorfia, continuando a guardare Hiwatari, ma lui non si mosse di una virgola. Ero però sicura che avesse recepito il messaggio.
Senza aspettare una risposta dagli altri, girai i tacchi e corsi sulle tribune. Mi infilai senza tante cerimonie vicino al mio compagno, sotto gli occhi allibiti del Team. Ero stata abbastanza sconsiderata, ma in fondo quei quattro Blader non erano poi così cattivi come avevano voluto farci credere.
Inoltre la mia idea risultò essere valida. Ogni volta che il Prof Kappa si sgolava per dare consigli ai nostri amici, quelli non riuscivano a sentire ciò che lui gli intimava, così ripetevo a pappagallo tutto quello che lui diceva, sgolandomi ma raggiungendo l’obbiettivo.
Il primo incontro, tra Rei ed Olivier, finì in parità.
Il secondo, tra Kai ed Andrew, fu vinto dal nostro compagno solo in seguito ai consigli di Takao, anche se non furono alquanto graditi a quanto mi parse di capire.
L’ultima e decisiva sfida fu disputata tra il nostro capitano e Ralph. Fu abbastanza avvincente e combattuta, ma il nostro campione si rivelò essere il migliore. Prevalse sull’avversario, certo con non poche difficoltà, ma era riuscito a prendersi la sua rivincita. Ed a portare la squadra alla vittoria.
Tutto era sistemato. Gli European Dreams da quel momento si rivelarono più amichevoli del solito. Tranne Andrew, che mantenne il suo solito tono di superiorità.
Il Team delle Tenebre invece si scusò per le loro scorrettezze, facendoci i complimenti per la vittoria e riportando me ed il Prof dai nostri compagni.
La sorpresa più grande di quella strana avventura fu l’arrivo di mio nonno al temine della dimostrazione, sorridente e baldanzoso come se tutti quei giorni non fossero minimamente trascorsi.
Corsi ad abbracciarlo e ci rivelò tra le risa che tutto quello che avevamo vissuto fino a quel momento era stato architettato da lui, dando dimostrazione che le mie supposizioni erano esatte. Non ne avevo mai parlato con gli altri, ma le coincidenze erano troppe per non arrivare a pensarlo. E gliene fui anche grata.  In fondo mi aveva dato l’ennesima possibilità di vivere giornate indimenticabili con la mia squadra, nel bene e nel male…
Adesso eravamo davvero pronti per affrontare il viaggio in Russia. Il treno che mio nonno ci aveva prenotato ci aspettava quello stesso pomeriggio.
Molto prima del previsto.
Fine capitolo 21
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti e ben trovati al nuovo aggiornamento! Sono molto felice che la storia torni ad avere recensioni, sono troppo legata a questo scritto perché praticamente è il mio sogno di adolescente. Saya è la trasposizione scritta di quello che mi ero immaginata quando guardavo la serie. Volevo una presenza femminile alle prese con Kai, perché Hilary con Kai non mi è mai andata giù U.U Hilary DEVE stare con Takao U.U sono PERFETTI! Se si parla di Het…se parliamo di Yaoi, beh, Kai è di Takao (e poi nella versione Giappo Kai chiama sempre Takao per cognome, non è una cosa carinissimaaaa?!) U.U e Takao è di Kai…quando Kai non sta con le nostre OC muahahahah ok, basta.
Che dire, io definirei questo capitolo di transizione, perché non succede nulla di nuovo che già non sappiamo (quello che succede, a parte quello che succede a Saya, è tutto realmente accaduto negli episodi, che mi sono diligentemente guardata per scrivere questa storia U.U), ma vi assicuro che i prossimi due saranno originali e incentrati sulla “relazione” Saya/Kai/Rei, con una piccola chicca :D ed inoltre stiamo arrivando alla parte clou ed alla fine della storia! Magari troverete tutto frettoloso e senza un perché, ma vi annuncio che questa storia avrà un seguito, e tutte le risposte saranno lì! Eheh
Quindi passo a ringraziare tutte le persone che seguono questa storia, non vi ringrazierò mai abbastanza <3 ed i recensori che mi danno sempre una marcia in più!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 - In viaggio. Pt 1 ***


Capitolo 22
 
 
Imbarcammo sul nostro treno a pomeriggio inoltrato, facendo giusto in tempo a tornare al castello degli Jurgens per riprendere le nostre poche cose, salutare i padroni di casa e prendere la via della stazione.
Fu quasi difficile salutare il gentil maggiordomo, colui che mi aveva tenuto più compagnia in quei giorni di fuga dalla presenza di Kai. Ero sicura che anche lui si fosse affezionato, visto che stava cercando di tenere un’espressione neutra nonostante gli occhi lucidi. Mi aveva portato la borsa con le prelibatezze culinarie che avevamo preparato il giorno prima, in previsione del viaggio, e fui l’unica alla quale porse un piccolo sorriso. Probabilmente Ralph non lo aveva mai trattato amichevolmente come invece avevo provato a fare io. Ma forse credo che si fosse affezionato a tutta la squadra dei Bladebreakers, visto che Takao passava la maggior parte del tempo in sala da pranzo.
Fu lui stesso ad accompagnarci alla nostra meta, con un furgoncino della residenza, ed assistette anche sulla banchina finché il treno non fu definitivamente partito.
«Alla fine era simpatico quel maggiordomo!», ridacchiò Rei, una volta preso posto nella nostra cuccetta del treno.
Mio nonno ne aveva prenotate due, una per me e lui e l’altra per il resto della squadra.
Quella per i ragazzi, dove ci trovavamo in quel momento, aveva due coppie di letti a castello, divisi da un tavolo che si apriva e richiudeva all’occorrenza e noi eravamo seduti sui due letti più bassi. L’unico che se ne stava per i fatti suoi era Kai, steso sul letto rialzato sopra le teste di Takao e Max. Da quando era entrato non aveva detto una parola. Non aveva neanche chiesto il permesso di occupare quel letto, ma d'altronde non potevamo aspettarci null’altro da lui. Si era disteso supino con le gambe accavallate, con una mano sotto il cuscino per restare leggermente rialzato ad osservare mesto il soffitto, come se lì ci fossero state tutte le risposte alle sue silenziose domande. Non riuscivo neanche a capire il suo stato d’animo così riflessivo e silenzioso, in fondo si era preso la sua rivincita contro Andrew, aveva vinto lo scontro che lo aveva incupito in tutto quel tempo, ma non ne sembrava propriamente soddisfatto. Ma forse la sua riflessione interiore non c’entrava nulla con il viaggio in Europa. Anzi, ero fortemente convinta che stesse pensando alla Russia.
Come tutti noi.
«Secondo voi cosa dovremmo aspettarci?», sentii di sfuggita Max proferire quelle parole, che mi costrinsero a riportare la mia attenzione sui miei compagni seduti al tavolo. Io ero seduta tra Rei ed il Prof Kappa, che era intento a ricercare qualcosa tra i dati salvati sugli Europei.
«Di tutto. Dobbiamo essere preparati ad affrontare il peggio!», fu infatti categorico quando rialzò lo sguardo dallo schermo.
«Secondo me troveremo molto freddo», ridacchiai io, facendo scoppiare tutti in un’ilare risata. Almeno quelli che mi stavano osservando.
«Però dobbiamo rimanere seri e vigili. Siamo arrivati alla finale del campionato e questo vuol dire che gli avversari che ci troveremo di fronte saranno i Blader più forti mai incontrati fin ora. Dobbiamo preparare qualche strategia, studiare qualche tattica!», continuò a brontolare il Prof.
«Hai ragione professore!», ridacchiò Takao, meravigliando non poco l’amico, che si aprì in un’espressione a dir poco stupita.
«Wow Takao, è la prima volta che sei così d’accordo con me!», sorrise.
«Ma certo che sono d’accordo! Solo che…»
Ecco, lo sapevo! Era logico che il nostro capitano non fosse del tutto serio! Mi strappò anche un piccolo sorriso, devo ammetterlo. E credo che lo capirono anche gli altri, perché se la risero sotto i baffi per non farsi beccare dal Prof.
«Solo che?», lamentò il nostro stratega con un sospiro.
«Non posso elaborare una strategia o sperare che il mio cervello lavori al meglio senza aver messo qualcosa sotto i denti!»
Ridemmo tutti, tranne Kappa, che lo ammonì con un lamento esasperato. Però aveva ragione il nostro amico, perché stando lì a chiacchierare era arrivata l’ora di cena.
Mio nonno era rimasto per i fatti suoi per tutto il tempo. Non era neanche venuto a chiedere come stavamo, ma d'altronde anche lui era fatto così. Ero sicura che si fosse recato nel vagone ristorante, solo per lasciarci un po’ da soli a conversare, conscio del fatto che oramai, dopo aver viaggiato da soli per mezza Europa, avevamo raggiunto l’indipendenza giusta per affrontare in libertà l’ennesimo viaggio.
«Non cambi mai Takao!»
Fu di nuovo la voce divertita di Max a farmi tornare coi piedi per terra e farmi ricordare ciò che mi ero portata appresso.
«Ragazzi, se avete fame ho preparato qualcosa per cena! Sono tutti piatti freddi, perché li ho preparati ieri con l’inserviente degli Jurgens in previsione del viaggio», sorrisi imbarazzata, voltandomi per prendere la borsa che avevo poggiato sul letto.
«Ecco perché eri sparita!», ridacchiò Rei, cogliendomi nel sacco. Ma non era solo quello il motivo e loro lo sapevano bene oramai.
«Colpita», sorrisi con una linguaccia.
Insieme ai cuochi del castello avevo cucinato alcune varie ricette occidentali niente male, lasciando per una volta da parte le tradizioni Giapponesi. Ovviamente ogni piatto destinato ad un membro dei Bladebreakers cambiava a seconda dei gusti dei ragazzi, che avevo imparato a conoscere col tempo. Avevo messo tutto in dei box di plastica richiudibili e su ognuno avevo attaccato un biglietto con il nome di colui a cui era destinato.
«Max», lo richiamai porgendogli il contenitore. «Con tanta maionese come piace a te!», ridacchiai, e vidi i suoi occhi illuminarsi come quelli di un bambino il giorno di Natale. Avevo fatto centro!
«Rei, il giusto speziato», gli sorrisi ed il suo in risposta mi fece capire di aver colpito nel segno un’altra volta.
«Takao ed il prof, con un pochino di peperoncino», gli feci un occhiolino, facendo avvampare il più piccolo e salire l’acquolina in bocca all’altro. Il Prof non era abituato a quel tipo di “smancerie”.
Si scambiarono tutti e quattro un sonoro buon appetito, mentre io tornai a prendere l’ultimo box destinato all’ultimo membro della squadra.
Lo osservai di sottecchi, ma Kai non si era minimamente mosso dalla sua posizione, incurante di ciò che gli stava succedendo attorno. Probabilmente neanche sentiva i morsi della fame, o se li avesse sentiti sono sicura che li avrebbe decisamente snobbati. A costo sarebbe uscito da solo nel vagone ristorante pur di non mangiare insieme a noi, ma volli comunque provare a dargli il suo piatto. In fondo, nonostante il nostro diverbio, non avevo intenzione di farlo morire di fame. Anche lui ci serviva in forze per la finale.
Presi il contenitore con una mano e con l’altra mi aiutai a salire la scala d’acciaio del letto a castello, per arrivare a parlargli a quattrocchi.
«Kai…», lo richiamai quando fui arrivata abbastanza in altro da essere nel suo campo visivo. Mi ero issata fino a sporgere dal materasso con il petto e con il cuore che martellava al suo interno. Era la prima volta che provavo ad avvicinarlo dopo la nostra divergenza nel castello degli Jurgens e non ero sicura che avesse superato la cosa. Io stessa non l’avevo ancora fatto, ma avevo voluto mettere da parte l’orgoglio e tutti gli altri sentimenti contrastanti per vivere in armonia con tutta la squadra, soprattutto dopo che avevo detto loro la verità. Inoltre sperai vivamente che non fosse una persona estremamente rancorosa.
Ma ovviamente non fu così.
«Che vuoi, lasciami in pace!», mi rispose, algido e secco come suo solito, senza neanche prendersi la briga di guardarmi negli occhi.
«Nulla»
Gli risposi abbattuta, abbassando ferita gli occhi che sentivo di nuovo lucidi. Hiwatari aveva il potere di gelarti all’istante solo con le sue parole taglienti. Mi meravigliai del fatto che nessuno dei quattro fosse mai rimasto male delle sue risposte antipatiche…ma potevo capirli. Loro avevano imparato a conoscere questo Kai, io invece ne conoscevo un altro ed ancora non mi ero convinta del fatto che non esistesse più.
Senza aspettare un’altra presa di parole da lui, scesi con un balzo la scaletta fino a tornare con i piedi per terra. Mi affrettai a rimettere il box nella borsa dove lo avevo preso ed uscii di corsa dalla cuccetta prima che i miei compagni mi vedessero piangere per lui un’altra volta.
 
 
 
 
 
Saya era uscita di corsa dalla cuccetta sotto gli occhi attoniti dei quattro presenti seduti al tavolo, che rimasero con le loro posate ferme a mezz’aria ad osservare quello strano comportamento.
Rei si era accorto che era salita da Kai, anche se il chiacchiericcio degli amici gli aveva impedito di capire cosa si fossero detti. O cosa lui le avesse detto per farla agitare in quel modo, tanto da farla uscire quasi in lacrime. Fu anche estremamente sicuro che non fossero state solo lacrime di tristezza, ma fossero mosse anche da molti altri sentimenti, come l’amarezza, la frustrazione e, soprattutto, la rabbia. Saya non era una che si faceva abbattere così dal comportamento scostante del compagno. Non lo aveva mai fatto, Rei ne era sicuro.
Però voleva vederci chiaro.
Si alzò dal tavolo, lasciando la sua cena a metà, scusandosi coi ragazzi ed incitandoli a continuare a mangiare. Raggiunse la borsa dove la ragazza aveva riposto il piatto destinato allo scontroso compagno di squadra e lesse il bigliettino che ci aveva poggiato sopra.
“Kai. Senza formaggio”.
Eh sì, li conosceva proprio bene! Aveva pensato a tutto ed in grande per non far mancare mai nulla a quei cinque scapestrati. Ancora Rei si chiedeva come facesse Kai a non esserle almeno un pochino riconoscente per tutto quello che aveva fatto per loro, al di là dei loro trascorsi e del loro passato. Si trattava di semplice cordialità e buona educazione, ed era sicuro che al ragazzo non fosse del tutto mancato l’insegnamento di queste cose.
Così, esattamente come aveva fatto la nipote del Presidente pochi secondi prima, prese il box e si arrampicò fino al letto dove era sdraiato il suo compagno di squadra.
«Kai…», lo richiamò il cinese ed il diretto interessato si voltò nella direzione del nuovo arrivato, infastidito dall’ennesima interruzione.
«Cosa volete tutti?», sospirò scocciato, riprendendo a guardare il soffitto indurendo la mascella.
«Io nulla», gli rispose l’altro con una piccola smorfia. Dovette ammettere che quella risposta da parte di Hiwatari non gli andò propriamente a genio, ma non ci badò più di tanto. In fondo il loro “amico” non era mai stato uno dai modi gentili.
«Prima Saya ti voleva dare questo», continuò spiccio, poggiandogli sullo stomaco il porta pranzo contenente la cena e lo fece con un gesto che strappò un piccolo lamento di dolore all’altro.
Per qualche secondo si squadrarono negli occhi, ambra contro ametista, con un’espressione che avrebbe fatto presagire sicuramente una presa di parole poco carine da entrambe le parti, ma stranamente il primo a sciogliere quell’incontro di sguardi fu proprio Kai. Si portò seduto, con la schiena poggiata alla parete del treno, reggendo tra le mani l’oggetto che Rei gli aveva poco carinamente consegnato.
«Buon appetito», gli disse infine, senza una particolare intonazione nella voce, facendogli intendere che non avrebbe voluto vedere riconsegnato quel contenitore se non vuoto. L’altro invece alzò solamente gli occhi al cielo, scocciato per essere stato disturbato. Però doveva ammettere che un po’ di fame ce l’aveva anche lui.
Quando il compagno di squadra fu definitivamente sparito dal suo campo visivo, Hiwatari abbassò gli occhi a contemplare ciò che aveva ricevuto e la prima cosa che vide fu il biglietto. Rimase a fissarlo per qualche secondo con una smorfia, che trasportava un’espressione tra lo scocciato e l’infastidito, prima di convincersi ad aprire quell’arnese ed iniziare a mangiare svogliatamente accompagnato dalla vibrazione del treno.
Mentre meccanicamente continuava a mangiare in silenzio la sua cena, sentì uno strano sentimento approdargli nell’animo. Uno che non aveva mai provato prima d’ora.
Storse il labbro inferiore con una smorfia.
Gratitudine.
Ma nella solitudine di quel letto sopra elevato, si concesse un sorriso appena accennato.

 
 
 
 
Mi accorsi che mio nonno non era ancora rientrato nella nostra cuccetta e così ne approfittai per sprofondare sopra al mio letto e sfogare tutta la rabbia e la frustrazione che provavo. Le lacrime che non ero riuscita a trattenere non trasportavano solo tristezza, o il mio essere ferita dalle parole algide di Kai. Ma, in fondo, cosa potevo aspettarmi da lui dopo quello che ci eravamo detti? Era logico che lui avesse fatto finta di nulla per salvare la tranquillità della squadra, e per non permettere ai ragazzi di impicciarsi dei fatti suoi, come era chiaro che la questione per lui non era superata. Mi aveva detto parole pesanti, e le mie non erano state da meno. Ci eravamo feriti ma ero stata comunque io ad abbassare le mie difese per prima, facendo leva sul suo essere così maledettamente inespressivo e difficile da capire, ma dovevo immaginare che comunque le mie parole dovevano averlo scosso almeno un po’. E ciò che era successo ne era stata la riprova.
Non seppi dire quanto tempo passai in quella posizione, con la faccia spiaccicata sul cuscino e le lenzuola strette nei pugni serrati, che ogni tanto facevo affondare con rabbia contro il materasso, provocando profondi tremiti al letto.
Odiavo il suo modo di essere, odiavo chi gli aveva fatto tutto quello, odiavo me stessa per quello che gli avevo detto ed odiavo lui per le parole pesanti che mi aveva rivolto. Ma soprattutto odiavo la situazione che si era venuta a creare e nella quale io stessa mi ero infilata. Era chiaro che non sarei tornata ad essere neanche una semplice compagna di squadra per lui, in fondo non lo ero mai stata e me lo aveva fatto ben capire. Non ero nulla per lui, figuriamoci se potevo essere un’amica o una figura da considerare tale. Non mi avrebbe neanche vista come una ragazza, in fondo a lui interessava solo il Beyblade e la strana ricerca del Beyblade perfetto che faceva quando era a capo degli Shall Killer.
Nulla. A Kai HIwatari non fregava nulla di tutto il resto. Né dei suoi compagni di squadra, né del mondiale. Lo dimostrava il fatto che era sceso in campo solamente in sostituzione di Rei e Takao, quando erano stati impossibilitati a battersi, e contro gli Europei solo per prendersi la sua rivincita contro Andrew. Non c’era null’altro che smuoveva il suo animo.
Solo Dranzer e l’aquila rossa riuscivano a riscaldare il suo cuore di ghiaccio, e non ero neanche immensamente sicura che provasse un moto di affetto per il suo Bey e per il suo Bit Power. Per lui erano solo strumenti, dei mezzi necessari per arrivare a prendersi quello che voleva.
Tutto quello era irrimediabilmente triste ai miei occhi.
«Saya?»
La voce di qualcuno, seguita dal rumore della porta scorrevole che veniva chiusa, mi dette la forza di inginocchiarmi sul materasso. Rimasi di spalle però, troppo avvilita per farmi vedere da lui in quello stato. Mi feci leva con le braccia e rimasi in quella posizione ricurva, lasciando scivolare sulle lenzuola le lacrime che ancora cadevano dalla punta del mento.
«Hey…», continuò imperterrito il nuovo arrivato, che si sedette leggermente dietro di me. Sentivo che avrebbe voluto che io mi girassi, ma rispettò degnamente i miei spazi e il mio stato d’animo. Anche restando in silenzio, mi fece capire che, per qualsiasi cosa, lui ci sarebbe stato.
Non so cosa mi dette la forza di fare quello che feci e dove trovai tutta l’audacia che misi in quel gesto, ma in quel momento volevo solo avere una spalla su cui piangere e sapere di non essere sola. Mi voltai di scatto ed affondai la faccia sul petto di Rei, bagnandogli la casacca con le mie lacrime.
Lui non disse nulla e mi lasciò fare. Con un sospiro che trasportava tutta la sua comprensione e l’amarezza di vedermi in quello stato, mi poggiò una mano attorno alla schiena per sorreggermi, perché mi ero voltata in una posizione veramente scomoda. Con l’altra mano invece aveva preso a carezzarmi i capelli in un gesto consolatorio.
Iniziavo seriamente a pentirmi della decisione di partire per la Russia. Se fossi tornata a casa, probabilmente avrei sentito la loro mancanza ma non ne sarei stata così distrutta. Avrei potuto seguirli in tv, o telefonare al nonno negli Hotel dove avrebbero alloggiato. Avrei parlato coi ragazzi a distanza, senza essere costretta a vedere Kai.
«Rei, come hai fatto a sopportare?», gli chiesi di sfuggita dopo alcuni infiniti minuti di silenzio, che venivano rotti solamente dai miei singhiozzi.
Lo sentii sussultare sotto quella mia strana richiesta, apparentemente senza senso. Non riuscivo neanche a formulare una frase di senso compiuto, e se ne accorse anche lui. In ogni caso non mutò il suo tono di voce amorevole.
«A sopportare cosa?», mi chiese infatti, continuando a tenermi stretta a sé.
«L’odio di Mao, quando sei stato costretto a rivederla», tirai su col naso «Come ha fatto a sopportare l’odio che i tuoi vecchi compagni ti hanno serbato per tutta la durata della tappa Cinese?», continuai infine, cogliendolo di sorpresa.
Ci mise un po’ a rispondere. Probabilmente cercava dentro di sé le parole esatte per esprimere il suo stato d’animo, perché ero sicura che per lui doveva essere stato veramente pesante. Mi ricordavo della notte in cui la tigre bianca lo aveva abbandonato, delusa dal suo comportamento…
 No, non doveva essere stato semplice, come non lo era per me. Forse in quel momento, l’unico in squadra che poteva veramente capire come mi sentivo era proprio lui.
Lo sentii sospirare.
«Grazie a voi. A te, Takao, Max, il Prof e…sì, anche grazie a Kai, che nonostante le sue parole pungenti mi ha aperto gli occhi e mi ha spronato a reagire», rispose poi, anche se mi sembrarono parole quasi sofferte. «Non riesco a dirti cos’ho provato quando mi hanno accusato di essere un traditore, perché tutto mi sentivo fuorché quello. Non avevo tradito la mia tribù solo per i miei scopi personali, ma poi ho capito anche il loro punto di vista. Probabilmente anche io mi sarei sentito tradito se un mio compagno mi avesse voltato le spalle», andò avanti. «Se ci ripenso, le loro parole di disprezzo le sento ancora ronzarmi nelle orecchie, e fanno male. So come ti senti, e ti ringrazio di aver cercato in me un po’ di sostegno. Non è bello rimanere soli in momenti del genere, e vorrei che tu non lo fossi. Come vorrei che tu reagissi», sospirò ancora. «Lo devi a tuo nonno, a noi e, soprattutto, a te stessa. So che è difficile, ora che so tutta la storia capisco la difficoltà della questione e…»
«No, non sai tutta la storia!», lo interruppi, con la voce rotta di nuovo dai singhiozzi. «Non sai cosa ci siamo detti quella sera!», sbottai, affondando ancora di più nel suo petto, per paura che lui potesse cogliere l’espressione sofferente del mio volto.
Lui però aspettò pazientemente qualche secondo prima di riprendere a parlare, dandomi il tempo di calmarmi un po’, quel poco che bastò perché io lo ascoltassi.
«Vuoi dirmelo?», mi incitò con tono dolce.
In un primo momento decisi di rimanere in silenzio, per capire se veramente volevo parlare con lui di quella cosa. Ma, se non mi fossi liberata di quel peso non sarei mai riuscita a riprendermi del tutto. Avevo bisogno di confidarmi con qualcuno, e quel qualcuno era lui. Lui che oramai consideravo più di un compagno di squadra. Rei era diventato un amico, consigliere e confidente, quasi come un fratello che ti ascolta e ti indirizza nella giusta direzione.
Ecco cosa sentivo per Rei. In passato pensavo di aver avuto una colossale cotta per lui, e forse era stato veramente così, ma andando avanti col tempo capii che quell’affetto che provavo era per il suo modo di essere così gentile e confortante. Lui riusciva a risolvere ogni questione con diplomazia e tranquillità. Riusciva a metterti a tuo agio con il suo sguardo ambrato e col suo sorriso trasportatore ti “obbligava” a mettere a nudo la tua anima. Era questo il grande potere di Rei Kon, e gliene fui così immensamente grata.
«Mi disse che, nonostante si ricordasse qualcosa di me, io per lui non ero più nulla. Che ero un peso per la squadra, una nullità che non aveva fatto nulla per voi, solo starnazzare il tifo dalla panchina solo perché avevo un posto d’onore. Sono state esattamente queste le sue parole», rigettai con la mascella serrata. Se ripensavo a quella sera, un vortice di emozioni contrastanti si impadroniva di me ed in quel momento, con l’umore altalenante che avevo, non faceva bene alla mia causa.
«E tu cosa gli hai detto?», mi chiese infine e sapevo che prima o poi saremmo arrivati a quello. Sapevo di doverglielo dire, glielo dovevo solo per il fatto che mi era rimasto vicino e non aveva fatto una piega quando avevo iniziato a piangergli addosso.
«Ho fatto leva su vecchi ricordi…», ammisi, stringendo i pugni dove avevo stretto maggiormente la sua casacca. «Gli ho detto che si era meritato di perdere la finale nazionale, di perdere contro Andrew e che si sarebbe meritato di rimanere solo come era quando lo avevo conosciuto e…», lasciai in sospeso volutamente la frase, preparandomi alla parte peggiore.
Lui rimase in ascolto, senza fare una piega.
«Che nessuno gli aveva mai voluto bene…nemmeno suo nonno».
Ecco, glielo avevo detto! Ero sicura che mi avrebbe disprezzato per il male che gli avevo fatto, che mi avrebbe allontanata dicendomi che mi meritavo il disprezzo di Kai. Era questa la mia enorme paura e lo capii in quel momento. Avevo paura che, con quelle mie dure parole, i ragazzi mi avrebbero guardata con occhi diversi.
Invece Rei rimase fermo nella sua posizione e sentii solo le sue braccia stringermi con maggiore forza addosso a sé, come se volesse comunicarmi tutto il suo conforto.
«Eri arrabbiata, è comprensibile…Quando siamo arrabbiati si dicono cose che non volevamo dire…», cercò di consolarmi, ma le mie labbra si aprirono in un sorriso amaro.
«No Rei. Ero arrabbiata sì, anzi, ferita, ma ero estremamente consapevole delle mie azioni. Gli ho detto quelle cose proprio con l’intento di ferirlo…»
«Saya, come hai detto tu eri ferita. Ma oramai è acqua passata. Lui comunque non è tornato indietro per tenere alte le sue ragioni. Probabilmente neanche ha capito il tuo discorso. In fondo non lo hai detto tu che non ricorda il suo passato? Non te la prendere per il fatto che è scostante con te, lo è sempre con tutti, no?», lo sentii sorridere. «Anche a me all’inizio dava fastidio il suo comportamento, ma poi ho capito che era il suo modo di fare ed ho lasciato correre. Quando abbiamo avuto bisogno di lui c’è sempre stato. Certo, con te è diverso, ma sono sicuro che avrete modo di chiarire»
Le sue parole mi dettero la forza di allontanarmi dal suo petto e mi costrinsi ad asciugare con la manica del vestito alcune lacrime rimaste. Le altre le asciugò lui con un gesto gentile della mano, mentre il suo sorriso confortevole ancora faceva capolino sul suo volto.
«Grazie», gli dissi spiccia, provando a rilassare il volto.
«Dai, fammi un sorriso! Sei così carina quando sorridi!», ridacchiò e mi sentii avvampare. Era la prima volta che mi diceva una cosa del genere, ma mi rilassai subito, perché capii che non c’era nessuna malizia nella sua voce. Quel ragazzo era incredibilmente fantastico! Sentii anche un moto d’invidia per Mao, ma non perché volevo Rei in quel senso, ma per il rapporto di amicizia ed amore che avevano. Erano amici d’infanzia, come me e Kai, ma nonostante l’odio covato da tempo da parte di lei erano riusciti a chiarirsi. Ma ovviamente la mia situazione era totalmente diversa.
«Posso farti una domanda?», mi chiese infine, a bruciapelo, quando oramai pensai di essermi definitivamente calmata. Eravamo rimasti in silenzio, è vero, ma pensavo che oramai il discorso fosse concluso lì.
Invece no.
Annuii distrattamente, alzando leggermente un sopracciglio. Non avevo idea di cosa volesse chiedermi e quando iniziò a parlare, le sue parole arrivarono a me come una stilettata al cuore.
«Sei innamorata di lui?»
Mi penetrò con i suoi occhi color miele, ridotti quasi a due fessure, quasi volessero captare il mio cambio d’espressione.
Strinsi la mascella, colpita da tanto ardire. Non mi sarei mai aspettata una domanda del genere così a bruciapelo, perché non sapevo veramente cosa rispondere. Mi aveva letteralmente spiazzata, e dissi l’unica cosa che mi venne in mente.
«Non lo so», ammisi di getto.
E forse era la verità.
Cosa provavo per Kai Hiwatari? Era una domanda a cui ancora non sapevo dare una risposta. In fondo, io non sapevo nulla dell’amore.
Fu in quel momento, quando spostai lo sguardo verso un punto indefinito della stanza, per rimuginare alla ricerca di un’altra possibile risposta alla romanda di Rei, che incrociai due occhi color ametista che mi fissavano con un’espressione indefinita dall’altra parte del vetro.  Fu un solo attimo, così breve che quasi mi sembrò di averlo immaginato. Non disse e non fece nulla, non cambiò nemmeno espressione. Riprese subito a camminare per il corridoio del treno facendo frusciare la sua lunga sciarpa dietro di sé.
Quando Rei si voltò per capire cosa avesse rapito così tanto la mia attenzione, Kai era già sparito.
Fine capitolo 22
 
 
°°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve <3 eccomi tornata con un nuovo aggiornamento, tutto inedito e partorito dalla mia povera testolina xD se i capitoli precedenti erano stati un riassunto delle puntate dell’anime, questo è estremamente originale (a parte il fatto di essere sul treno, logico, perché quei pazzi si sono fatti un viaggio di ore in treno DALLA GERMANIA ALLA RUSSIA, invece di prendere un comodo Aereo xD visto che la BBA non bada a spese, non poteva pensarci? xD). Ma, bando alle ciance! La storia inizia ad entrare nel vivooooo muahahah! In questo capitolo ho voluto mettere in evidenza il rapporto e l’avvicinamento di Saya e Rei (ma quanto ci aveva sperato lei in Cina? XD), perché OVVIAMENTE, non è finita qua. Il loro rapporto sarà la chiave per qualcosa, e tutto d’ora in poi succede per un motivo ben preciso, che vedrete nel continuo di questa storia :P sì, perché ha un continuo, che è già delineato, capitolo per capitolo, e scritto, vicenda su vicenda, nella mia inseparabile agenda :P quindi non vi libererete di Saya tanto facilmente xD
Inoltre, come avete ben notato, c’è un pezzo dove il capitolo è scritto in terza persona, ma mi piaceva inserire quella piccola scenetta, giusto per infastidire ancora di più quell’algido di Hiwatari U.U
Ok, dopo aver minacciato a sufficienza, passo a ringraziare i lettori silenziosi, sperando che anche questo capitolo non abbia deluso le aspettative; i recensori, che mi danno sempre una buona motivazione per sedermi davanti ad un foglio immacolato di Word, ed tutte le persone che seguono le vicende di Saya e dei ragazzi! <3
Sempre con la speranza che mi facciate sapere le vostre impressioni (sono curiosa <3), vi saluto per il momento!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - In viaggio. Pt 2 ***


Capitolo 23
 
 
Ero uscita dalla cuccetta del treno dopo un tempo indefinito ed ancora avevo nelle orecchie le parole di Rei.
Sei innamorata di lui?
Quella maledetta domanda non aveva ancora trovato risposta. Ero innamorata di lui? L’unica cosa che ero riuscita a rispondere era stata: non lo so! Ed era proprio vero, non sapevo cosa fosse quello che provavo per Kai Hiwatari, e sicuramente non era solo affetto o amore. C’erano tante emozioni contrastanti che vorticavano nel mio cuore ogni volta che lo vedevo o sentivo nominare, ed a nessuna riuscivo a dare un nome. E poi come potevo riconoscere l’amore, visto che non lo avevo mai provato? Conoscevo quello famigliare, provato per i miei genitori o per mio nonno, e l’affetto, quello che mi legava ai miei compagni di squadra e che mi aveva legato allo stesso Kai anni prima. Ma poi? Cos’altro c’era a farmi stare in quelle condizioni? Era solo perché cercavo di riportare indietro il mio vecchio amico o c’era dell’altro? In un certo senso, provavo anche una certa antipatia per il “nuovo” Hiwatari. Non ti considerava minimamente, se non per i suoi scopi o quando gli servivi; non rispondeva alle tue domande, se non con fare evasivo; usciva senza dire nulla e c’era o non c’era faceva poca differenza, visto che non trascorreva mai del tempo con noi.
Ecco, il suo modo di fare mi infastidiva parecchio. Quello sì. Inoltre non era come quando pensavo di provare qualcosa per Rei, che invece smuoveva il mio animo con i suoi dolci sorrisi, però mi sentivo avvampare ogni volta che i suoi occhi color ametista si posavano nei miei. Perché?!
Sbattei leggermente la testa al finestrino del treno, nel vuoto corridoio dove mi ero rintanata. Ero uscita dal nostro vagone per non incontrare nessuno dei BladeBreakers, sicura che Rei avrebbe tranquillizzato tutti dopo la nostra chiacchierata. Era uscito dalla cuccetta che dividevo con mio nonno circa un’ora dopo esserci entrato, per lasciarmi sola con i miei pensieri e per darmi la possibilità di asciugare le lacrime. Avevo ripreso il mio solito aspetto, anche se i miei occhi erano ancora rossi e bruciavano come quella sera nel castello degli Jurgens. Inoltre ero sicura che fosse oramai notte fonda ed avevo bisogno di dormire per riuscire ad affrontare la prossima giornata.
Anche mio nonno non mi aveva cercata. Probabilmente pensava che sarei rimasta con la squadra…
Poco male, sarei rientrata senza far rumore e l’indomani avrei fatto finta che non fosse successo nulla. In fondo nessuno si era accorto di nulla, tranne Rei, ma ero sicura che lui avrebbe mantenuto l’anonimato.
Con un sospiro mi staccai dal finestrino e riposi in tasca il disegno che da più di due ore continuavo a stringere nel pugno, accartocciato di nuovo come ero solita fare quando lo guardavo con rabbia. Era inutile provare quel sentimento, nei miei confronti o nei suoi, ma dopo aver vuotato il sacco con il mio compagno mi sentivo vuota e riempita solo da questo sentimento. Ero arrabbiata.
Però devo dire che l’intento di Rei di risollevarmi il morale, o alleggerirmi il cuore, era andato a buon fine. Sentivo solo il bisogno di stendermi sul letto, lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo e riposarmi come non ero riuscita a fare nell’ultimo periodo.
Ripercorsi a ritroso il percorso fatto in precedenza, camminando distrattamente tra i corridoi poco illuminati del treno, stando attenta a non perdere l’equilibrio. L’oscillazione e la vibrazione del convoglio mi obbligavano a reggermi ai finestroni, che immancabilmente catturavano la mia attenzione. Fuori l’atmosfera era buia e cupa ed il vetro rifletteva la mia immagine e ciò che c’era all’interno del vagone.
Continuai ad osservare ciò che mi circondava attraverso le finestre, ma alla fine una presenza attirò la mia attenzione.
In un primo momento lo intravidi dal riflesso, una macchia di colori in prevalenza del blu a poca distanza da me, ma solo quando voltai lo sguardo verso la sua direzione non ebbi più dubbi sulla sua identità.
E il cuore mi balzò in gola.
Mi arrestai immediatamente, impossibilitata ad avanzare e continuando a reggermi per non cadere. Inoltre sentivo le gambe veramente deboli.
Lui era appoggiato alla porta d’entrata della cuccetta che dividevo con mio nonno, con una gamba leggermente piegata e la suola appoggiata alla parete, mentre aveva le braccia conserte al petto ed osservava il pavimento con gli occhi socchiusi. Sembrava quasi rilassato, ma qualcosa mi disse che stava aspettando me. Non so da cosa lo capii, forse perché una volta accortosi della mia presenza aprì gli occhi e mi penetrò con il suo sguardo ametista. Tuttavia, differentemente dallo sguardo tagliente che mi aveva rivolto l’ultima volta, mi stava osservando tranquillamente. Impassibile come al solito, certo, ma apparentemente tranquillo.
«K…Kai…», esordii balbettando, sorpresa ed imbarazzata. In fondo ero assolutamente convinta che lui mi avesse vista insieme a Rei. Non me l’ero sognato, lui era passato veramente di fronte a quella porta. Era stato solo un breve attimo, come lo erano le sue apparizioni, ma ero sicura che fosse vero!
L’unica cosa che riuscii a fare fu abbassare il mio sguardo a terra. Non riuscivo più a sostenere il suo.
Tuttavia non rispose. Sciolse la sua posizione e si piantò di fronte a me, come se non volesse farmi passare.
Rimase in silenzio per qualche secondo, decidendosi a parlare solo quando si accorse che da me non avrebbe sentito nemmeno una sillaba. Avrei voluto chiedergli e dirgli molte cose, ma non ne ero ancora pronta. Non ero preparata alla sua presenza.
«Senti…», iniziò, di nuovo senza neanche pronunciare il mio nome. «forse sono stato un po’ brusco con te, lo ammetto, come ammetto che hai fatto un ottimo lavoro con Dragoon, Draciel e Driger ma...se pensi di avermi ferito con le tue parole, beh ti sbagli», continuò spiccio e senza una particolare intonazione nella voce. «Però avevi ragione, a mio nonno non frega un accidenti di me, come a me di lui del resto», fece spallucce. «Il rapporto che ho con mio nonno, in ogni caso, non sono affari tuoi»
Le sue parole distaccate mi dettero la forza per alzare finalmente i miei occhi su di lui, che mi guardava con sufficienza, e mi colse di nuovo l’audacia che avevo perduto in quei giorni.
«Ok, sì, hai pienamente ragione, non sono affari miei. Ma lascia che ti dica una cosa», e sentii l’adrenalina iniziare a corrermi nelle vene, come sentii di nuovo gli occhi lucidi. «Io non sono inutile, né sono una macchina! Io ho dei sentimenti, come li abbiamo tutti e quindi ti sarei grata se iniziassi a pensare prima di aprire la bocca appositamente per ferire le persone», lo affrontai di petto, con i pugni serrati. «È ovvio che non posso stare simpatica a tutti, ma non è stato molto carino farmelo notare in quel modo!»
“Non piangere Saya”, mi ripetei.
Lui mi scoccò un’altra delle sue occhiatacce, sicura al cento per cento che avrebbe detto qualcos’altro di sprezzante. Invece non lo fece. Rimase in silenzio a guardarmi come se avesse appena mangiato qualcosa di aspro.
Devo dire che mi sentii subito sollevata. Non lo avevo ferito, ed ero finalmente in pace con me stessa. Le parole che mi aveva rivolto mi avevano fatto male, certo, ma potevo superarlo. In fondo mi ero sfogata già con Rei e la discussione mi sembrava già così lontana. Inoltre avevo ritrovato il mio solito spirito per affrontarlo, seppur con una certa difficoltà.
«Io non volevo ferire nessuno», rispose imbronciato, anche se ero estremamente sicura che lo avesse detto solo per mantenere il punto. «Ma lasciamo stare, non ho voglia di discutere su una questione che per me è chiusa»
«Bene», conclusi con una smorfia. «Adesso posso andare a dormire?», gli chiesi indicando la porta della cuccetta. Ci si era posizionato di fronte, come ad impedirmi di poterla attraversare, e sembrava anche intenzionato a non spostarsi da lì.
«Volevo chiederti una cosa…», mi disse infine e la sua espressione mi fece capire che la decisione di dirmi quelle parole era stata veramente sofferta. Lui, Kai Hiwatari, che chiede qualcosa a me dopo tutto quello che era successo tra noi?
Alzai perplessa un sopracciglio ed alzai le braccia in segno di resa, spronandolo a vuotare il sacco.
Lo vidi fare un’altra espressione sofferente, come se pronunciare qualsiasi cosa stesse per chiedermi fosse per lui una questione sofferta. Come se stesse lottando contro sé stesso, tra il Kai che voleva sapere questa cosa, qualunque cosa fosse, e il Kai che orgogliosamente glielo impediva.
«Ti ascolto», lo incitai seria. Non volevo che, per qualsiasi mia parola, espressione o tono strano, rinunciasse a dirla.
«Volevo vedere quel disegno», disse infine, spiccio e diretto come suo solito, spiazzandomi totalmente. Credo che sarei finita col sedere a terra se non mi fosse retta saldamente all’incavo del finestrone. Credo anche che lo stessi guardando con un’espressione stralunata, perché lui di rimando me ne fece una seccata. Ma non demorse.
Automaticamente portai una mano alla tasca del vestito, tirando fuori l’oggetto del suo desiderio, e lo feci con un gesto incredibilmente lento. Volevo farlo penare, in fondo era un piccolo moto di vendetta per tutto quello che mi aveva detto.
Ascoltando quella richiesta capii inoltre che quella mattina di qualche giorno prima, nel castello degli Jurgens, quando avevo detto ai miei compagni di squadra la verità su di noi, lui avesse ascoltato tutto. Anche quella volta non mi ero immaginata la sua sciarpa svolazzante, lui era davvero dietro la porta. Solo così poteva sapere dell’esistenza del disegno, perché era impossibile che lui se ne fosse ricordato da solo. Ma già il fatto che volesse vederlo era un passo avanti, anche se sembrava alquanto combattuto.
Lo spiegai cercando di dargli un verso, visto che oramai era tutto sgualcito e mal ridotto, e glielo passai con espressione quasi riluttante. Però non spostai lo sguardo da lui nemmeno per un attimo, intenta a cogliere le sfumature delle sue espressioni.
Lui prese il foglio dalle mie mani ed iniziò a guardarlo con aria confusa, come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa. Probabilmente dentro di lui c’era un conflitto interiore che io non potevo capire, ma non volevo disturbarlo. Ero attenta ad osservare le sue sopracciglia aggrottarsi e la ruga d’espressione tra di esse farsi più pronunciata. Aveva serrato leggermente le labbra mentre i suoi occhi scorrevano attenti la dedica che c’era impressa sopra, leggendo attentamente ogni parola scritta dalla sua vecchia calligrafia.
Io rimasi al mio posto, in attesa di una qualsiasi reazione. Credo avessi addirittura smesso di respirare, ma era come se il tempo si fosse fermato.
«Facevo veramente pena a disegnare», disse infine, ripiegando diligentemente il foglio per passarmelo.
Io rimasi spiazzata da quell’affermazione. Insomma, c’erano tantissime cose che poteva dire, invece scelse di commentare solamente così. Ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da lui? In più lo aveva detto con il sorrisetto quasi sprezzante, che utilizzava in rare occasioni di ilarità.
«Eri alle elementari…», gli ricordai con una smorfia, riponendo di nuovo il foglio in tasca, ma lui non si scompose.
«Comunque non mi dice nulla. Non ricordo di averlo mai disegnato», continuò dopo qualche secondo, che impiegò per squadrarmi.
Feci spallucce. «Non ci speravo… in fondo se fosse stato così facile probabilmente ti avrei messo davanti quel foglio già da tempo», sospirai, ma lui non rispose né commentò in altro modo.
Rimanemmo a guardarci negli occhi per un tempo che non riuscii a classificare e riuscii a scorgere in quelle profonde iridi violacee la sua battaglia interiore. Probabilmente anche lui sperava di ricordare qualcosa, ero sicura che lui soffrisse per questa situazione, e non perché voleva ricordarsi di me, ma probabilmente gli scocciava non ricordare i primi sette anni della sua vita.
«Allora io vado a dormire…»
Fui io a spostare per prima lo sguardo, tanto non saremmo riusciti a dirci altro o ad arrivare a nessun’altra conclusione. E poi non c’era null’altro da dire, tutto quello che doveva dirmi lo aveva già detto ed anche io gli avevo detto tutto quello che dovevo dirgli. Per il momento andava bene così, era inutile continuare ad insistere coi ricordi, perché se non lo aveva riportato indietro quel disegno, difficilmente lo avrei fatto io con le parole. Dovevo solo attendere e sperare che il tempo in qualche modo curasse la sua amnesia.
Lui mi voltò le spalle subito dopo, per dirigersi nella cuccetta che divideva con la squadra, e quando fece due passi a ritroso potei finalmente raggiungere la porta. Solo quando afferrai la maniglia le sue parole mi bloccarono di nuovo sul posto.
«Grazie per la cena», disse spiccio, prima di sparire dal corridoio, lasciandomi basita.
In quel momento non mi domandai nemmeno come avesse fatto a mangiarla, visto che in seguito al suo rifiuto l’avevo riposta nella borsa. Forse qualcuno gliel’aveva data, oppure se l’era presa lui quando era sceso, fatto sta che quel piccolo ringraziamento era per me un grande traguardo.
Kai Hiwatari aveva appena apprezzato qualcosa che io stessa avevo fatto, incredibile!
Fine capitolo 23
 
 
°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati in questo nuovo capitolo! Vi giuro che nel prossimo ci sarà l’arrivo sul suolo Russo (inoltre è già scritto, quindi posso confermarvi xD). Non ti farò penare ancora Kseniya! <3 xD
Allora, che dire, alzi la mano chi riesce a capire Kai Hiwatari! xD Vedo mani alzate? Però mi diverto troppo a scrivere di lui xD anche se maltratto Saya U.U ma, come ho già detto, tutto succede per un motivo <3
Non credo ci sia molto da dire su questo capitolo, a parte che forse, fooooorse, qualcosa inizia a smuoversi nell’animo algido del nostro Kai…ma sappiamo anche che tra poco varcherà le porte del Monastero e sappiamo tutti quello che succede ehehe
Mi scuso se ci sono errori nel capitolo o qualche frase che non si capisce bene, a volte non mi capisco nemmeno io quando parlo xD io ed i miei discorsi contorti U.U ma gli errori mi sfuggono sempre, ahimè, per quante volte io rilegga >.<
Sono breve perché inizio ad essere di corsa per via del lavoro, ma non temete, non mancherà l’appuntamento settimanale (forse anche più di uno a settimana, vedremo) per l’aggiornamento. In fondo sono abbastanza avanti con i capitoli scritti :P
Passo a ringraziare i miei recensori, che mi danno sempre una marcia in più per scrivere <3 grazie grazie!! I lettori silenziosi che seguono la storia dietro le quinte (spero vi stia piacendo come si stanno evolvendo le cose :D) e tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Il monastero Vorkof ***


Capitolo 24
 
 
Approdammo alla stazione di Mosca in tarda mattinata e scoprimmo subito che il clima che c’era in quella città era decisamente più freddo rispetto a quello a cui eravamo abituati in Europa.
Mio nonno dette ad ognuno di noi un cappotto ben felpato per ripararci dal vento ed una mappa per raggiungere l’Hotel dove avremmo alloggiato. Lui invece era atteso alla sede Russa del Torneo per svolgere alcune questioni burocratiche.
Così ci ritrovammo tutti e sei di nuovo insieme e di nuovo a vagare in una città sconosciuta. La mappa veniva letta dal Prof Kappa, quello che tra tutti era il più affidabile su queste cose, ma quella volta anche lui sembrava non riuscire a venirne a capo. Io mi ero tenuta indietro, perché volevo stare il più lontano possibile da Kai, che invece camminava di fronte a tutti senza sentir ragioni o fermarsi a guardare se stavamo tenendo il suo passo.
«Va un po’ meglio oggi?»
Fu Rei ad avvicinarsi a me, lasciando Kappa nelle mani di Takao e Max, a scervellarsi per riuscire a districarsi nelle fredde e trafficate vie della città.
Mi guardò apprensivo, con un piccolo sorriso sulle labbra rosee ed io fui felice di quell’interessamento. Gli sorrisi di rimando, spostando la mia attenzione dalle spalle di Kai ai suoi occhi ambrati.
«Molto meglio, grazie a te», ammisi senza malizia e lo vidi sospirare di sollievo.
«Ne sono felice», mi rispose, spostando leggermente la testa di lato per osservarmi meglio e quello sguardo inquisitore mi fece sussultare. Era come se volesse leggere i miei più intimi segreti, ed in effetti ne avevo uno da raccontargli.
«Sai Rei…ieri sera mi sono di nuovo scontrata con Kai», ammisi con sincerità e senza rigiri di parole. Forse fu questo che lo fece sussultare, costringendo i suoi occhi a sgranarsi per la sorpresa. «Ma nulla di quel che pensi, tranquillo!», cercai di tranquillizzarlo prima che mi facesse il terzo grado. In più lanciai una rapida occhiata al capo fila, intimorita che potesse in qualche modo sentire i nostri discorsi, ma per fortuna eravamo abbastanza lontani da lui ed inoltre i tre in mezzo a noi stavano facendo fin troppo baccano.
«Si è scusato?», mi chiese ma io scossi la testa ed incrociai le braccia dietro la schiena con un sospiro, continuando a tenere lo sguardo fisso di fronte a me.
«Voleva vedere il disegno…penso che abbia sentito i nostri discorsi al castello degli Jurgens. Mi era sembrato di vedere la sua sciarpa svolazzare vicino alla porta, ma pensavo di averlo immaginato»
«Quindi? Glielo hai mostrato?», continuò, con il tono di voce speranzoso, ed io non potei che annuire con aria triste.
«Sì, ma non ha sortito l’effetto sperato. Lui non si ricorda di me, nemmeno dopo aver sentito tutta la storia»
Dopo la mia confessione fu lui a sospirare, portandomi un braccio a circondarmi la vita ed attirandomi a sé in un gesto d’affetto, come a farmi sentire la sua vicinanza ed il suo calore.
Era unico!
«Ci vuole del tempo, ma sono sicuro che prima o poi i ricordi torneranno», cercò di sollevarmi il morale ma io non seppi cosa rispondere, quindi poggiai la testa alla sua spalla e mi lasciai guidare ed inebriare dal calore del suo giubbotto.
Camminammo così per qualche metro, ridacchiando per i battibecchi di Takao, Max e Kappa per lo scarso senso dell’orientamento del nostro capitano.
Almeno finché non mi decisi a rivolgergli di nuovo la parola.
«Rei…», lo richiamai, «hai dato tu la cena a Kai?», gli chiesi evasiva e lo sentii ridacchiare sotto i baffi.
«Gliel’ho più che altro sbattuta sullo stomaco, ma credo che l’abbia mangiata tutta…Quando è uscito la sua ciotola era vuota», fece spallucce, crogiolandosi nel ricordo della smorfia di dolore sul volto di Kai.
«Grazie…a quanto pare gli è piaciuta», sorrisi.
Spostai senza neanche accorgermene l’attenzione sul diretto interessato ed incrociai due iridi ametista che ci stavano guardando con la sua tipica espressione menefreghista. Io ricambiai lo sguardo, non intenzionata a staccarmi da Rei nemmeno per un secondo. Inoltre il nostro amico stava ridendo per quello che stava succedendo agli altri tre.
Ma fu solo un breve attimo, perché l’attenzione di Hiwatari si posò sulla cartina che il Prof teneva in mano come se fosse un cimelio raro. Andò diretto senza pensarci fino al piccoletto, strappandogli il pezzo di carta dalle mani e portandolo davanti agli occhi con fare pensoso.
«Kai!», sibilò sorpreso il nostro tecnico, facendo ammutolire Max e Takao, che invece gli rivolsero un’occhiata meravigliata. «Tu ci capisci qualcosa?», chiese poi speranzoso, facendo alzare di nuovo su di sé lo sguardo del nostro glaciale compagno.
«Forse…», fece spallucce, voltando di nuovo le spalle. «Seguitemi senza fiatare», bacchettò poi, con i suoi soliti modi spocchiosi.
 
 
Ci ritrovammo a camminare per le vie di Mosca senza dire una parola, intimoriti dall’atteggiamento scostante tenuto dal capo fila. Ci guardavamo tutti con sospetto, soprattutto perché sembrava che davvero sapesse dove stesse andando.
Ci bloccammo solamente quando sentimmo la voce di Takao richiamarci. Evidentemente era rimasto indietro a guardare qualcosa di interessante.
Lo raggiungemmo e lui indicò un gruppo di ragazzini che giocavano a Beyblade al di là di una recinzione, stretti nei loro cappotti pesanti e cappelli felpati. L’unica cosa che mi saltò agli occhi, nonostante i volti arrossati affondanti nelle spesse sciarpe, fu il fatto che le loro espressioni erano vuote. Il mio sospetto divenne ancora più fondato quando uno dei Beyblade dei ragazzini in campo volò nella nostra direzione, preso poi al volo da Takao. Glielo riportò con un sorriso, con la sua solita espressione serena sul volto paffuto, ma sembrò che nemmeno quel sorriso coriale riuscì a scalfire quelle espressioni riluttanti. I ragazzini ci guardavano come se fossimo alieni, oppure delle persone che non dovevano assolutamente trovarsi lì.
«Non mi sembrano molto socievoli…», disse perplesso Takao, osservando come quei ragazzi continuavano a stare sulla difensiva al di là dell’inferriata che ci divideva da loro.
«Forse non sono abituati a vedere turisti», la buttò lì il Prof Kappa in risposta, con un tono di voce altrettanto perplesso.
«Ho un’idea! Se facciamo vedere loro che anche noi siamo dei Bladers saranno felici di conoscerci!», esultò il nostro capitano, tirando fuori dalla tasca del giacchetto il suo Dragoon e mostrandolo ai ragazzi alla quale aveva riconsegnato il Beyblade. Sembrava così fiero della sua idea che ci strappò un sorriso, che però morì subito dopo aver notato l’espressione dei Bladers farsi più seria e minacciosa.
L’aria iniziava a farsi pesante ed io non vedevo l’ora di allontanarmi da lì e raggiungere il nostro Hotel, dove ci avrebbe raggiunti mio nonno. Volevo scaldarmi e riposarmi dal lungo e stancante viaggio, ma qualcun altro aveva altri programmi per noi.
«Ma che bella sorpresa! I ragazzi della BBA, i Bladebreakers!»
Un uomo misterioso arrivò nel punto in cui stavano giocando i ragazzi Russi, uscito da un angolo di quella strana struttura. Indossava una tunica marrone che ricordava vagamente quella di un prete ed in testa aveva un cappello molto strano, che celava ai nostri occhi il colore dei suoi capelli. Era una figura ambigua, nonostante fosse rimasto posato e ci avesse parlato cordialmente.
«Scusate, non mi sono presentato», iniziò poi, con un piccolo sorriso. «Il mio nome è Vorkof, e sono il responsabile della formazione dei Bladers Russi», continuò, puntandoci i suoi occhi grigi addosso.
Voltai lo sguardo sui miei compagni, per capire se anche loro avevano avuto il mio stesso pensiero riguardo quell’uomo, ma i loro volti non mostravano nessuna emozione. Mi meravigliò però la reazione di Kai, che aveva sussultato alle parole di quella figura incappucciata ed ai miei occhi risultò molto, molto strano. La coltre di ghiaccio del suo cuore non veniva mai smossa da niente e nessuno.
Riposai allora la mia attenzione sull’uomo. Non mi piaceva per nulla. Convinse i miei compagni a seguirlo per offrirci il pranzo e darci la possibilità di sfidare uno dei suoi ragazzi, ma io non avevo creduto nemmeno per un attimo alla sua gentilezza. Seguivo le sue spalle con espressione imbronciata e la tipica smorfia di chi non sta capendo cosa succede. Mi sentivo in soggezione a camminare tra i corridoi di quella struttura, nonostante lui ci stesse parlando amichevolmente e stesse abbindolando Takao e gli altri con le sue parole. Sembravano anche particolarmente interessati, perfino Rei. L’unico che si teneva a distanza sembrava essere proprio Kai. Me lo ritrovai a camminarmi di fianco, anche lui con un’espressione interdetta. Mi voltai per guardarlo e lui ricambiò la mia occhiata con un’espressione stranamente complice. Forse, per la prima volta, eravamo d’accordo per qualcosa.
Continuai a camminargli di fianco, tornando a fissare le spalle larghe dell’uomo, intenta a non perderlo di vista nemmeno per un momento.
 
 
 
Vorkof ci accompagnò nella sala da pranzo facendoci sedere in un tavolo appartato, mentre tutti gli altri ragazzi, i Blader di quella struttura, erano tutti seduti sulle panche dei lunghi tavoloni di cui era provvista quella spoglia stanza. Doveva essere la sala mensa, ma era così spoglia e bianca da risultare fin troppo asettica per i miei gusti.
Mi sedetti senza stare troppo a pensare al posto in cui ero finita, ma solo quando voltai lo sguardo alla mia sinistra incrociai due ametiste che mi guardavano come se cercassero una certa complicità con le mie.
Sussultai. Da quando Kai si sedeva vicino a me di sua spontanea volontà e cercava il mio consenso, o aiuto, per qualcosa? Sembrava quasi che volesse sincerarsi che almeno uno di noi avesse avuto la sua stessa inquietudine.
Ecco, ero inquietata. Quel posto così freddo e vuoto mi aveva messo i brividi, come le occhiate che tutti i ragazzi dentro quella stanza ci stavano scoccando.
Il pranzo ci fu servito da una donna silenziosa, vestita con una tunica bianca simile a quella di Vorkof. Lui invece se ne stava seduto ad un tavolo posto dall’altra parte della stanza, in compagnia di altri tre uomini vestiti come lui.
Provai a voltarmi per vedere se lo sguardo dell’uomo continuasse a vagare nella nostra direzione, come un predatore che non ha intenzione di mollare la sua preda, ma da quella distanza non riuscivo a vedere bene. Così mi voltai di nuovo, esasperata. Presi anche a rigirare il cucchiaio dentro la minestra con riluttanza. Avrei preferito non toccare nulla di quel cibo, in fondo non ci avevano sempre detto di non accettarlo dagli sconosciuti? Ma purtroppo i miei compagni erano troppo affamati ed infreddoliti, soprattutto Takao, per rifiutare.
«Ahhh, it’s wonderful! Proprio quello che ci voleva, un piatto caldo!», si esibì Max ingoiando la prima cucchiaiata di minestrone sotto il mio sguardo attento. Volevo vedere se succedeva qualcosa di spiacevole, tipo che fosse avvelenata, ma lui continuò a portarsi alla bocca cucchiaiate di denso liquido marrone con un sorriso soddisfatto.
Anche Rei, seduto sulla mia destra, stava mangiando con gusto. Alzai gli occhi sul Prof Kappa e Takao, ma anche loro sembravano tutti assorti e soddisfatti del pasto.
Ma forse c’era qualcun altro che poteva pensarla come me.
Istintivamente spostai lo sguardo alla mia sinistra e trovai Kai che rimestava la minestra nel suo piatto con fare assente. Fu solo quando notò il mio sguardo addosso che si voltò con una smorfia.
Io alzai leggermente un sopracciglio, cercando mentalmente di fargli capire che anche io avevo avuto la sua stessa impressione e lui si accigliò ancora di più, spostando i suoi occhi sul mio piatto. Solo quando notò che era ancora pieno riposò le sue ametiste su di me, penetrandomi di nuovo con un’espressione complice. Sembrava turbato, così tanto quanto lo ero io.
«Non mangi?», gli sussurrai, più col labiale che con il vero e proprio tono di voce, ma lui sembrò comunque comprendere. Storse il naso, assumendo un’espressione talmente buffa che in altre circostanze mi avrebbe fatta sorridere, e fece spallucce tornando a mostrare attenzione alla sua pietanza.
«Grazie della considerazione…al solito…», sibilai indispettita, cercando di non farmi sentire. Ma come mi era saltato in mente di rivolgergli parola? In fondo lui era sempre lo stesso…Era vero che era stato lui stesso la sera prima ad avermi rivolto parola, ed io mi ero ritrovata nella mia cabina a sorridere come una scema. Non mi aveva insultata, aveva voluto vedere il disegno e mi aveva ringraziata per la cena. Un miracolo! E quel fatto mi aveva dato una certa audacia.
Sbuffai e mi avventai sul piatto, iniziando a mangiare con una certa riluttanza. Pensai che se ci fossimo sentiti male per lo meno lo avremmo fatto tutti insieme. E magari a salvarci sarebbe stato proprio colui che non aveva toccato cibo. Anche se ero estremamente sicura che, se le mie più inquietanti congetture si fossero rivelate reali, Kai ci avrebbe lasciati morire tutti.
 
Dopo pranzo il signor Vorkof ci fece strada verso il Beyblade Stadium, seguito dai suoi Blader. Non ero molto sicura che quei ragazzini fossero lì per divertimento, avevano tutti delle espressioni tirate e diffidenti, quasi fossimo stati veramente dei nemici. Mettevano soggezione, soprattutto dopo che si schierarono di fronte a noi come soldatini. Vorkof invece li sovrastava da dietro, con le mani incrociate dietro la schiena mentre esortava Takao a scegliere il suo avversario.
Rimasi un po’ interdetta da quell’atteggiamento, insomma, se c’era qualcuno che voleva sfidare il nostro campione perché non si faceva avanti? Credo che lo pensò anche Takao, perché rimase imbambolato a scorrere lo sguardo sulle persone di fronte a sé, non capendo bene cosa dovesse fare. Ci pensò di nuovo l’uomo a smorzare la tensione, perché nessuno aveva provato a proferire parola, nemmeno noi.
Max e Rei finalmente si resero conto dell’assurdità della situazione, lanciandosi sguardi complici tra loro. Il prof Kappa osservava risoluto le spalle di Takao, come per indovinare la sua prossima mossa, con il pc prontamente aperto per registrare informazioni su un possibile scontro. Kai invece si era tenuto a distanza come suo solito ed i suoi occhi dall’espressione indurita non accennavano a spostarsi da Vorkof nemmeno per un momento. Mi presi del tempo per osservarlo, visto che lui non sembrava essersi accorto del mio sguardo, come invece succedeva. Mi era sembrato così teso ed agitato che stentavo a riconoscerlo. Nessuno dei nostri compagni lo aveva notato, ma io sì, perché mi sentivo alla stessa maniera.
Alla fine fu il monaco, se di monaco poteva trattarsi, a smorzare la tensione che si era venuta a creare, mandando in campo un ragazzino impaurito di nome Zenghev. Non mi sembrò particolarmente intenzionato a battersi con il nostro Kinomiya, ma dopo un discorso a noi incomprensibile da parte del suo mentore cambiò espressione e si mise in posizione di lancio attendendo Takao.
Non fu un incontro particolarmente brutale o combattuto, seppur all’inizio il nostro campione fosse in svantaggio. Fu grazie ai consigli del prof Kappa ed alla voglia di rivalsa se riuscì a vincere quel match. Ci congratulammo con lui, anche se io e Kai eravamo rimasti in disparte ad osservare la reazione del ragazzino e quella di Vorkof stesso.
Capitò tutto così velocemente che ancora oggi non riesco a credere a quello che successe. Il monaco prese il ragazzino per il mento, sollevandolo da terra ed imprecandogli contro qualcosa in una lingua a noi incomprensibile, probabilmente riguardo al fatto che avesse perso l’incontro, e lo gettò tra le braccia di quelli che capii fossero guardie.
«Portatelo via, non lo voglio più vedere», dichiarò infine l’uomo, con un tono di voce incredibilmente glaciale che mi fece salire i brividi dietro la schiena ed ammutolendo tutti i Bladebreakers.
All’ordine dell’uomo il grande portone alle sue spalle si aprì, rivelando un corridoio poco illuminato dalle fiaccole poste alla parete, mentre i due portavano via lo sconfitto dal campo di gara sotto le sue più sentite lamentele.
Zenghev continuava ad implorare pietà, di dargli una seconda possibilità, ma il portone si chiuse di fronte a lui, sotto il nostro sgomento.
Nel salone cadde il silenzio, che venne rotto solo da un urlo straziante del ragazzo, che mi fece gelare di nuovo il sangue nelle vene.
Rimanemmo basiti di fronte a quella scena. In un primo momento nessuno osò fare nulla o proferire parola, ma vidi Takao tremare di rabbia.
Fece un passo avanti, probabilmente per dire la sua come suo solito. Solo che non era il momento di mettersi contro quell’uomo!
«Liberate subito Zenghev!», gridò con un dito puntato verso Vorkof, che in risposta mostrò un’espressione seria ed impassibile.
«Fai silenzio, qui nessuno ha chiesto la vostra opinione», sentenziò, con un tono di voce che mise i brividi. Prima di continuare a parlare però, mostrò un piccolo sorriso. «Per questi ragazzi il Beyblade è una ragione di vita, è evidente che la vostra posizione è molto diversa!», concluse, penetrandoci con i suoi occhi chiari, mentre i suoi Blader incoccarono uno per uno i loro Beyblade ai caricatori di lancio, puntandoli tutti nella nostra direzione. Probabilmente aspettavano solo un cenno dal loro mentore, ed ero sicura che non avrebbe aspettato oltre per dare il via ad un altro scontro.
Per fortuna non successe quello che pensai, ma Vorkof riprese parola.
«Bene, ormai è giunta l’ora di salutarci ragazzi miei. Venite, vi accompagno all’uscita del Monastero», sospirò ma si vedeva lontano un miglio che stesse recitando.
Fu Takao a prendere parola di nuovo, infastidito da tutto quello che era appena successo.
E ne aveva tutte le ragioni.
«Che cosa succederà al povero Zenghev?», gli gridò di nuovo contro, con i pugni serrati ed un’espressione talmente indispettita che sul suo volto sempre rilassato faceva un po’ impressione. Ma Vorkof non si lasciò certo impressionare! Sono certa che stava quasi per rispondergli a tono, o con una glaciale frase ad effetto. Aveva anche aperto la bocca per controbattere, ma qualcuno fu più veloce di noi e, con nostra somma sorpresa, era uno dei Bladebreakers.
«Lascia perdere!», disse Kai rivolto al nostro compagno ed il suo tono di voce deciso ci lasciò interdetti. Era la prima volta che apriva bocca da quando eravamo entrati in quel luogo, e per la prima volta la sua espressione era risoluta. Notai però che stringeva nervosamente la mano alla cintura del suo borsone, mostrando il suo reale stato d’animo.
«È una faccenda che non ti riguarda!», continuò, penetrando Takao con il tipico sguardo di chi non avrebbe ammesso altre repliche. Kai era bravo a farsi rispettare quanto il nostro campione era testardo.
«Ma come…Kai!!», si lamentò infatti, afflosciando le braccia lungo i fianchi. Sicuramente nemmeno lui si sarebbe mai aspettato di venire ammonito proprio da lui.
«Faresti bene a dar retta al tuo saggio amico, giovanotto», prese parola Vorkof, approfittando del silenzio ed aprendosi in un piccolo sorrisetto. «Non è vero, Kai?», concluse infine, puntando lo sguardo su quest’ultimo. Lui però gli risevò un’occhiata glaciale, mentre il monaco continuava a sorridergli quasi affabile. Era tutto così strano e surreale. Takao si era voltato a guardare Vorkof; Max, Rei ed il Prof si scambiarono un’occhiatina scettica riguardo quella situazione, mentre io facevo altalenare lo sguardo da Vorkof a Kai, per capire realmente cosa stesse succedendo. Fu una mia impressione, ma mi sembrò come se quello strano monaco conoscesse il nostro amico. È vero che il suo nome lo aveva appena sentito dal nostro campione, che si era lamentato con lui per averlo fermato, ma quell’uomo lo aveva pronunciato con troppa confidenza. In più quello strano sorrisetto non mi stava piacendo. Come non mi era piaciuto quel luogo e quella strana inquietudine che mi aveva lasciato nel cuore.
Anche il comportamento di Kai era stato strano da quando avevamo messo piede lì dentro!
I miei pensieri vennero però interrotti dalle parole fredde del mio vecchio amico.
«Addio», disse solamente, voltando le spalle a tutti e raggiungendo il portone d’entrata del Beyblade stadium, che richiuse dietro di sé con un tonfo.
«Io non capisco…», pronunciò Takao, mentre fissava il punto in cui era sparito il nostro amico con espressione confusa.
L’atmosfera in quel luogo iniziava a farsi pesante. I Bladers di Vorkof sembrarono ancora più agguerriti, ed oltretutto non avevano mai abbandonato la posizione di lancio, pronti a scattare al primo ordine. Sembravano soldati pronti a sparare alle loro vittime, e le vittime in quel caso saremmo stati noi.
«Ragazzi, andiamo via…», decisi di intervenire. Non avevo voglia di stare lì dentro un minuto di più, soprattutto dopo che la tensione era arrivata alle stelle. Inoltre Kai era già uscito, portandosi dietro la cartina per arrivare all’Hotel, e sapevamo bene che aveva la speciale inclinazione a sparire da un luogo anche sotto il nostro naso. Se avessimo perso il nostro compagno, perché ero sicura che non ci avrebbe neanche aspettati, avremmo perso l’unica occasione di raggiungere la nostra meta. Avremmo girovagato per le fredde vie di Mosca per tutta la notte, ed inoltre si era fatto il tramonto.
Avevamo perso fin troppo tempo in quella maledetta struttura!
Per fortuna mi dettero ascolto, anche se Takao non era ancora del tutto convinto, ma Rei e Max lo presero di peso, mentre io mi accostai al Prof Kappa.
Uscimmo dal Beyblade stadio e dal Monastero ancora scioccati per tutto quello che era appena successo.
Fine capitolo 24
 
 
 
 
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Colei che scrive:
Ben trovati e buon fine settimana <3 Finalmente il tanto atteso arrivo in Russia è arrivato xD  ed abbiamo fatto un giretto al Monastero, contenti? xD
In questo capitolo non succede nulla di speciale, o meglio, nulla che già non sappiamo (alla fine i fatti sono realmente accaduti nell’anime, tranne ciò che riguarda Saya), ma devo ripercorrere tutti i passaggi, e vi assicuro che arriveranno anche i pezzi originali ehehe
Comunque donerò un cioccolatino a chiunque riesca a capire Kai Hiwatari! Fossi stata Saya l’avrei appiccicato al muro già da tempo (per fare cosa non lo so…xD dipende dallo stato d’animo del momento). Cioè un giorno la tratta male e l’altro cerca la sua complicità! Ma cosa vuoi Hiwatari?! xD Ps. Mi diverto troppo a scrivere le sue risposte e le sue brevi apparizioni xD anche perché ogni volta che apre bocca dice qualcosa di sprezzante U.U
Bene, penso non ci sia nulla da aggiungere XD
Passo a ringraziare i lettori silenziosi che sono giunti fin qua (sperando che la storia continua a piacervi!), i recensori, che mi danno sempre la forza di continuare, e chi ha messo la storia tra i seguiti/ricordati/preferiti <3
Grazie ancora a tutti
Al prossimo aggiornamento!!!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 - inquietudini ***


Capitolo 25


Camminammo verso l’albergo in religioso silenzio. Nessuno di noi osò proferire parola lungo il tragitto, per lo meno per quanto riguarda me e Kai, che continuammo a camminare a debita distanza e con lo sguardo basso. Ogni tanto buttavo un’occhiata alle sue spalle, mentre gli altri stavano facendo congetture sul luogo appena lasciato. Quel monastero aveva inquietato tutti, chi più chi meno, ma sembrava che Kai fosse quello a cui aveva fatto più effetto e la cosa mi parve un po’ strana. Insomma, cosa poteva smuovere l’animo di una persona fredda come lui? 
Takao fremeva di rabbia per la sorte toccata al povero Zenghev, ed ogni tanto calciava una pietra che trovava sul suo cammino con una smorfia contrariata, probabilmente sperando che quel sasso fosse la faccia di Vorkof. 
Nessuno tra Rei, Max, il prof ed il nostro campione si erano accorti del nostro stato d’animo. Hiwatari era stato bravo a celarlo agli occhi degli altri, ma a me non era sfuggita la sua inquietudine. Avrei voluto avvicinarlo e parlargli, in altre circostanze lo avrei fatto, ma non in quel momento. Sono sicura che gli sguardi d’intesa che mi aveva lanciato erano stati solo un caso, o forse il fatto che avesse voluto constatare il fatto che qualcuno la pensasse come lui. In fondo, se avesse voluto parlare di qualcosa di importante sarebbe venuto lui stesso, esattamente come aveva fatto sul treno.
Un po’ mi dispiaceva vederlo così in tensione, inoltre non si era voltato nella nostra direzione nemmeno per un momento. Come suo solito camminava di fronte a noi ed a debita distanza, tenendo il suo passo, con una mano serrata al laccio del suo borsone e l’altra sprofondata nella tasca del suo cappotto. Iniziava veramente a fare freddo in quella città. Se non fossimo arrivati in Hotel in tempo saremmo tutti morti assiderati.
Per fortuna eravamo anche riusciti a ritrovarlo ed a raggiungerlo, perché la mappa della città con contrassegnata la nostra meta ce l’aveva ancora lui.
Io ero scossa da brividi, sia per il freddo che per la tensione che ancora sentivo addosso. In qualche modo quel posto mi aveva fatto un’impressione decisamente negativa, ed inoltre non mi era passato inosservato il fatto che Vorkof ci avesse riconosciuto come i Bladebreakers. È vero, avevamo i cappotti con scritto BBA, ma mi era parso strano in ogni caso. 
Nessuno degli altri aveva tirato fuori la questione, troppo impegnati a parlare dei modi rudi che avevano quelle persone, ma io lo avevo notato. Quindi era per questo che ci aveva accolto? Mi chiesi se non fosse stato tutto architettato e se ci avesse offerto il pranzo appositamente per il secondo fine. Il suo scopo era far sfidare un membro della nostra squadra ad uno dei suoi Blader, probabilmente sicuro della vittoria. Il match vinto da Takao era stato solo un caso, l’ho visto nell’espressione del volto di quell’uomo . E poi che senso aveva rinchiudere un ragazzo solo per aver perso un incontro, è assurdo! 
«Hai freddo?»
La voce di Rei mi riportò alla realtà, costringendomi ad alzare gli occhi da terra per posarli nelle sue perle ambrate.
«Un po’»
In effetti iniziavo ad avere i brividi e non mi ero accorta di aver iniziato a battere i denti. Mi ero stretta nel tepore del cappotto, ma sembrava non bastare.
«Se domani avrò la febbre me la prenderò con quel monaco!», grugnii e vidi spuntare un sorrisetto sul suo volto tirato. Si vedeva lontano un miglio che anche lui era preoccupato. 
«Vieni qui».
Senza aspettare una risposta mi prese per la vita e mi strinse a sé come aveva fatto quella mattina, mentre camminavamo per le strade di quella stessa città alla ricerca del nostro albergo. Mi ritrovai a ringraziarlo mentalmente, per tutte le cose che aveva fatto per me. Rei era stupendo, sotto ogni aspetto e punto di vista. Era un compagno di squadra, un amico, un mentore ed anche un fratello. Mi aveva dato fiducia pur non conoscendomi, solo perché ero la nipote dell’uomo che gli aveva dato la possibilità di affrontare il mondiale con la nostra squadra. Penso che fosse incredibilmente riconoscente a mio nonno, nonostante non lo avesse mai detto esplicitamente. Mi aveva raccontato del suo passato, sfogandosi con me prima che con gli altri. Poi era stato lui ad ascoltare me nella mia crisi di pianto sul treno, accarezzandomi i capelli in un gesto fraterno e senza chiedere nulla in cambio. Mi aveva sostenuta; aveva sbattuto sullo stomaco di Kai la cena che avevo preparato per lui dopo che non ero riuscita a darglielo io stessa; si era preoccupato per il mio stato d’animo fino a venirmi a cercare ed in quel momento stava cercando  in tutti i modi di farmi calore col suo corpo, continuando anche a tenere il passo con gli altri. 
Come si fa a non amare un ragazzo così? Eppure, in quel momento, avrei voluto davvero che quello che avevo provato per Rei all’inizio del campionato tornasse a galla e soprattutto che lui ricambiasse, ma sapevo che apparteneva a Mao. Sapevo che in fondo lui aveva un rapporto in sospeso con lei, ed io non potevo permettermi di rovinarlo.
Inoltre io dovevo ancora capire cosa provavo per quell’ingrato al capo della fila.


Ringraziando il cielo, Kai sapeva veramente dove stava andando e raggiungemmo l’albergo circa mezz’ora dopo essere usciti dal Monastero Vorkof. Era già l’ora di cena e Takao non vide l’ora di sedersi a tavolino. 
Mio nonno ci aveva aspettato seduto nella Hall per tutto il tempo della nostra assenza, con la sua bombetta poggiata nel posto accanto al suo e con il suo immancabile fazzoletto in mano con cui si asciugava il sudore per il nervosismo.
Eravamo leggermente in ritardo…
Ci chiese che fine avessimo fatto e gli raccontammo quanto successo. Lui ci ascoltò con un’espressione strana, ma non disse nulla. Sembrava inquietato, ma quando ci dissero che il nostro tavolo era pronto per la cena passò tutto in secondo piano e non tornammo più sulla questione. Eravamo tutti troppo affamati ed infreddoliti per continuare a parlare.
La vera liberazione fu quando salimmo nella nostra camera. 
Io insistetti per rimanere con i ragazzi e mio nonno mi accontentò, fermando due camere collegate tra loro da un arco, in modo che avessimo più spazio. Erano molto grandi e spaziose, provviste anche di un tavolo, due divani e quattro poltrone, dove i ragazzi sprofondarono appena entrati.
«Mamma ragazzi, che giornata!», sbuffò Takao, togliendosi le scarpe e lanciandole senza pudore in un punto indefinito della stanza, quasi colpendo Kai in testa, che ne schivò una per miracolo. L’altro miracolo fu che non lo avesse ammazzato, vista l’occhiataccia che gli aveva riservato, ma il nostro capitano sembrò non essersene accorto.
Quella scena mi strappò un piccolo sorriso, lo ammetto. Takao riusciva a fare tutto con quella leggerezza e quella spensieratezza che a volte mi faceva invidia.
«È vero, è stata una giornataccia. Prima l’infinito viaggio in treno, poi quel monastero…», asserì Max, sprofondando ancora più a contatto con la poltrona ed emulando il gesto di Takao. Per fortuna non infortunando nessuno. 
«Arrrgh, se ripenso a quel vile!», continuò Kinomiya, imbronciandosi e portando le braccia conserte al petto.
«Io penso che oramai non è il caso di arrovellarsi lo stomaco», fece spallucce Rei, diplomatico come solo lui sapeva essere. Si era seduto sul divano a fianco a me ed anche lui era sprofondato a contatto con lo schienale. «In fondo potremmo non rivederlo mai più»
Le ultime parole famose… Ma ovviamente in quel momento nessuno di noi poteva sapere cosa il destino ci avrebbe riservato.
«Ha ragione Rei, è inutile starci a pensare. Poi ricordiamoci che siamo in un pese straniero ed ogni paese ha i suoi costumi e le sue tradizioni!», commentò il piccolo Kappa, leggermente più accigliato del solito.
«Tu che dici Kai?»
Fu Takao a parlare, l’unico tanto audace da rivolgere la parola a Kai sapendo di beccarsi sicuramente una risposta risentita delle sue. Rimase anche in attesa di una risposta, mentre il diretto interessato ci stava dando le spalle e stava osservando il paesaggio fuori dalla finestra a braccia conserte. Dal riflesso che mandava il vetro mi sembrò di vedere la sua mascella particolarmente serrata, ma non potetti dirlo con certezza.
«Dico che mi avete scocciato, buonanotte», rispose infatti lui, non tradendo le mie aspettative, e senza tante cerimonie prese la sua borsa e sparì nell’altra stanza sorpassando l’arco.
Non avrebbe mai ammesso di essere inquietato o stanco.
«Beh, almeno è stato educato, ci ha detto buonanotte!», ridacchiò furbo Takao, facendoci scoppiare a ridere. Sorrisi anche io, nonostante tutto, però avrei voluto avere la sua stessa leggerezza d’animo per riuscire a trovare un lato positivo al carattere scostante del nostro compagno di squadra. Io ero già quasi pronta a tirargli la scarpa che non molti minuti prima lo aveva mancato di striscio.
Ma d'altronde ascoltammo tutti il suo consiglio e ci dividemmo nelle camere per riuscire finalmente a rilassarci. 
Io e Rei lasciammo Takao, Max ed il Prof nella camera in cui erano sprofondati nelle poltrone e noi raggiungemmo Kai nell’altra. 
C’era un letto matrimoniale ed uno singolo, che era posto sotto la grande finestra ed era separato da quello più grande da un comodino. Inutile dire come Kai avesse già occupato quello piccolo. Aveva lasciato il borsone con i vestiti che si era tolto ai suoi piedi ed aveva indossato il pigiama, una maglietta blu ed un paio di pantaloni grigi di una tuta. Si era poi  infilato senza cerimonie sotto le coperte, tirate fino a metà volto, e si era voltato verso il muro dandoci volutamente le spalle. 
A quel punto, facendo spallucce con un sospiro rassegnato, a turno anche io e Rei andammo in bagno a cambiarci e ci infilammo sotto le spesse e confortevoli coperte di quel letto. 
Ovviamente nonostante la stanchezza non riuscii di nuovo a prendere sonno. Troppi pensieri affollavano la mia mente e dopo essermi ritrovata di nuovo in mezzo a Rei e Kai, nonostante quest’ultimo non fosse nel letto con noi come l’ultima volta, ero troppo agitata.
Dopo essermi rigirata varie volte per riuscire a trovare una posizione, mi voltai dalla parte di Rei con sospiro. Misi una mano sotto il cuscino per stare leggermente più alzata con la testa e lo osservai. Respirava lievemente ed era disteso tranquillamente su un fianco. Si era tolto la fascia e la frangia corvina gli contornava il bel viso rilassato. Aveva le labbra leggermente socchiuse, segno che respirava dalla bocca e il suo petto si alzava ed abbassava spostando su e giù o lo scollo della sua maglietta.
Ammetto di essere arrossita lievemente di fronte a quella visione, nonostante non fosse la prima volta che lo guardavo dormire. L’ultima volta però ero estremamente sicura che a farmi battere il cuore fosse stata la presenza di Kai. E quello che sentivo per quest’ultimo era totalmente differente da quello che sentivo di provare per Rei. Per lui era assoluta riconoscenza per quello che aveva fatto per me ed in quel momento mi sentii in dovere di dirglielo, anche se non avrebbe potuto sentire le mie parole. 
In ogni caso volli provarci lo stesso, magari mi sarebbe servito per addormentarmi più serena.
«Rei…», iniziai, con voce soffusa e con il tono talmente basso che quasi stentai a sentirmi io stessa. Portai anche un dito a carezzargli il volto, in fondo era una cosa che avevo sempre voluto fare. «Grazie per tutto quello che hai fatto per me», mi avvicinai a lui di qualche centimetro, strusciando leggermente il corpo sul materasso e chiudendo gli occhi.
«L’ho fatto con piacere»
Per poco non mi prese un colpo nel sentire le sue parole in risposta, tanto che aprii di scatto gli occhi, trovandomi le sue iridi ambrate che mi scrutavano nella penombra della stanza a poca distanza dalle mie. Mi stava sorridendo così affabilmente che per la prima volta sentii una certa invidia verso Mao, ma fu solo un attimo. In Rei non c’era nessun accenno di malizia. E mi andava bene così. Rei era la mia ancora di salvezza in quel mare di incertezze.



La mattina fummo svegliati all’alba da un sussulto particolarmente rumoroso di Kai, che si era tirato su con un gridolino strozzato. Si era alzato sui gomiti e respirava affannosamente, lo si poteva notare dal movimento brusco che faceva il suo petto sotto la maglia semi aderente. In più sembrava fosse sudato, quasi fosse stato vittima di un brutto sogno e, probabilmente, era stato proprio così. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere, e lo potei notare dall’occhiata preoccupata che mi scambiai con Rei. 
Il nostro compagno di stanza sembrava non essersi accorto della nostra presenza. Aveva gli occhi ametista sgranati e puntati in un punto indefinito sulla parete di fronte a sé.
«Kai?», lo richiamai, uscendo dalle coperte per inginocchiarmi accanto al suo letto. Non lo toccai però, mi era sembrato già troppo essermi azzardata a chiamarlo, ma mi ero davvero preoccupata.
Lui si voltò verso di me con un’espressione quasi supplichevole, quasi stesse chiedendomi di salvarlo e quello sguardo così disperato mi strinse il cuore. Sentii una fitta al petto che mi fece perdere un battito. Ma durò tutto una manciata di secondi, perché appena si rese conto che la persona di fronte a lui ero io, la sua espressione tornò quella di sempre, nonostante l’inquietudine e l’affanno non lo avessero abbandonato.
«Sto bene», mi rispose stizzito, spostando di nuovo lo sguardo da me e sedendosi in posizione più composta.
«Scusa eh se ci preoccupiamo per te!», m’imbronciai con una smorfia, portando le braccia conserte al petto e sedendomi sul mio letto con un balzo. Continuai a guardarlo risentita per un po’, quasi volessi maledirlo col pensiero. Possibile che non riuscisse mai ad essere per lo meno riconoscente?!
Rei invece continuava a guardarlo preoccupato, spostando lo sguardo da lui a me, come per cercare di farmi capire qualcosa che però in quel momento non riuscii a captare.
«Non dovete, ho detto che sto bene»
Detto questo si alzò definitivamente dal letto, probabilmente infastidito dalla nostra stessa presenza. Prese i suoi vestiti con un gesto stizzito e si chiuse in bagno sbattendo la porta.
«Quando fa così vorrei tirargli un cazzotto in mezzo agli occhi!», brontolai, non sciogliendo minimamente la posizione in cui mi ero messa. Coi capelli arruffati dal sonno e con l’aria imbronciata che avevo sul volto riuscii a far ridere Rei e fu solo grazie alla sua calda risata che riuscii calmarmi.
Il nostro compagno ci lasciò il bagno libero dopo alcuni minuti e senza renderci conto dei suoi programmi e mantenendo la sua solita aria imbronciata, prese il cappotto e Dranzer ed uscì stizzito dalla stanza. 
Quella fu l’ultima volta in cui vedemmo Kai Hiwatari. 
Almeno per quel giorno.
Fine capitolo 25


°°°°°°°°°°°°


Colei che scrive:
Ed eccomi qua, immancabile con l’aggiornamento! Questo capitolo è leggermente più originale, nonostante non succede nulla di che. Diciamo che è un capitolo di transizione… e vi assicuro che i prossimi due saranno incentrati su Saya e Rei ehehe
Mi scuso per gli errori e le frasi probabilmente sconnesse, ma nonostante i capitoli siano già scritti trovo comunque difficoltà a correggerli col poco tempo che ho. Questo per esempio l’ho corretto con Word nel cellulare da lavoro xD (un po’ anche per far fronte al caldo, e continuare a scrivere quando torno a casa. Purtroppo ho poco tempo per scrivere e voglio approfittare di quello che mi rimane a fine giornata xD . Non voglio assolutamente lasciare incompleta questa storia. E voglio iniziare presto a scrivere il continuo!) 
Bene, passo a ringraziare i recensori *_* che mi danno sempre la forza per continuare! I lettori silenziosi che spero si trasformino in recensori <3 e le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite! 
Grazie di cuore a tutti, al prossimo aggiornamento! 

 


 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 - Dove sei Kai? ***


Capitolo 26
 
 
Quella mattina, dopo che Kai uscì stizzito dalla stanza, anche io e Rei ci preparammo e raggiungemmo gli altri ragazzi nella camera adiacente, notando come solo Takao fosse rimasto sprofondato nel suo letto. Tipico di lui!
Decisi di rimanere col Prof Kappa per aiutarlo a svegliarlo, anche se i primi tentativi risultarono vani, mentre Max e Rei decisero di andare a fare un giro, ripromettendoci di ritrovarsi più tardi.
Riuscimmo a far alzare il nostro capitano circa un ora dopo l’inizio dei nostri vani tentativi e la prima cosa che disse fu: ho fame! Anche questo era assolutamente tipico di lui, ed era una scena che si era ripetuta spesso dall’inizio del campionato. Lo stesso campionato che stava quasi per finire, e quando mi capitava di pensarci mi si stringeva il petto. Avevo condiviso così tanti momenti con questi ragazzi, nel bene e nel male, che non ero pronta a rinunciarvici…
Quando riuscimmo a ricongiungerci con i nostri compagni di squadra notammo che entrambi erano in compagnia delle rispettive squadre dei White Tigers e degli All Stars e scoprimmo che entrambe le fazioni erano state invitate a partecipare ad un’amichevole che si sarebbe svolta tra le due squadre e quella dei padroni di casa.
Insomma, sembrava una cosa carina. Inoltre sembravano tutti elettrizzati all’idea, tanto da sfidare Takao come riscaldamento e lo fecero lì, tra le fredde strade di Mosca e sotto lo sguardo di tutti i Blader presenti.
Io non potei far altro che sorridere alla scena e mentre Takao si batteva contemporaneamente contro Michael e Lai, Rei si avvicinò a me con Mao al seguito. Ci guardammo negli occhi per alcuni istanti, che impiegai per cercare di decifrare l’espressione sul volto della giovane. Sapevo che aveva un bel caratterino, l’avevo appena sentita battibeccare con Emily, ma non sapevo cosa pensava di me, che comunque sia me ne rimasi al mio posto senza proferire parola. In quel momento, vedendola così vicino al mio compagno di squadra, mi sentii anche un po’ colpevole di tutto quello che avevo trascorso con lui. È vero che non era successo assolutamente nulla, ma in fondo lei non poteva sapere del nostro rapporto di amicizia e confidenza. Avevamo messo a nudo le nostre anime, raccontandoci i nostri trascorsi, ma ammetto che non sarebbe stato così facile da credere per una persona estranea ed innamorata. Anche io sarei stata gelosa se fossi stata al suo posto.
«Saya, volevo presentarti Mao come si deve…», iniziò Rei con voce ferma, ma mi accorsi dell’incertezza nella vibrazione del suo tono. Probabilmente anche lui conosceva il caratterino vivace di Mao, e forse era consapevole del suo stato d’animo inquietato, ma lui mi era sembrato abbastanza fermo sulla decisione di presentarci.  Purtroppo non avevo potuto fare la conoscenza ravvicinata dei ragazzi della Tribù della Tigre Bianca perché non avevo assistito alla finale della tappa Cinese, e forse fu per quello che Rei volle rimediare. Ovviamente però l’avevo già vista, soprattutto quando con la squadra eravamo andati a cercarlo, il nostro secondo giorno in Cina, ma non era stata la stessa cosa perché a mala pena ci eravamo guardate negli occhi.
«Mao, ti presento la nostra compagna di squadra, Saya Ditenji», disse poi rivolto alla sua amica, che mi rivolse un’occhiata incuriosita. Per fortuna non mi aveva trattata in malo modo come Emily, che se ne stava da una parte a farle di nascosto la linguaccia. Anche l’Americana però non scherzava a carattere ferreo, ricordavo le sue rispostine acide negli U.S.A.
«Piacere!» pronunciai allungando una mano nella sua direzione, cercando di tenere fermo il sorriso tirato che avevo deciso di mostrare. Mi sentivo a disagio in quella situazione, e non ero stata preparata all’arrivo di tutte quelle persone.
«Piacere mio» mi rispose invece lei, aprendosi leggermente in un sorriso, seppure anche il suo fosse dettato dal nervosismo. «Non ti ho vista alla finale in Cina…», continuò poi, assottigliando lo sguardo felino ed impettendosi leggermente.
Sarei voluta sprofondare sotto quelle parole, ma ingoiai un groppo di saliva e mi aprii di nuovo in un sorriso, tentando di renderlo più convincente.
«Sì, beh, sono stata male quel giorno ed ero uscita a prendere un po’ d’aria fresca» feci spallucce, spostando lo sguardo implorante su Rei, sperando che mi aiutasse ad uscire da quella situazione, ma lui sembrava solamente a disagio per il comportamento della sua ex compagna di squadra.
«Saya soffre il caldo» rispose però alla mia richiesta d’aiuto, ma peggiorò decisamente la situazione, perché lo sguardo della cinese lo trapassò con un’occhiata tagliente che lo gelò sul posto.
«Sei ben informato», gli intimò lei, tornando poi a guardarmi. Io avevo aggrottato le sopracciglia per quella presa di parole e lanciai uno sguardo supplichevole al povero Rei, intimandogli di non aggravare la situazione o si sarebbe messo nei guai da solo. Sapevo quanto tenesse a quella ragazza, nonostante in quel momento capii che tra loro dovevano esserci stati ancora tanti problemi e parole non dette.
«Beh, stando nella stessa squadra è normale che si capiscono molte cose dei loro componenti. Pensa che sono riuscita a capire perfino che Kai non mangia il formaggio, e lui dice tre frasi al giorno e solitamente nemmeno di senso compiuto…», feci spallucce come se quella fosse stata la cosa più normale del mondo, facendo ridacchiare Rei sotto i baffi e perplimere Mao, che mi scrutò ancora più diffidente. Ovviamente quella era una piccola bugia, perché Kai non mangiava il formaggio già dalla tenera età ed io avevo passato con lui abbastanza tempo per poterlo scoprire, ma quella bugia valse per la nostra causa perché vidi Mao rilassarsi.
Il discorso si interruppe appena sentimmo le voci degli altri ragazzi richiamarci, perché l’incontro si era concluso con la vittoria di Takao, seppur sofferta. Non era semplice battersi con due avversari del loro calibro contemporaneamente, ma dopo essersi completamente svegliato ed aver messo qualcosa nello stomaco, Takao aveva ritrovato la sua combattività.
Per fortuna il pomeriggio passò in tranquillità, nonostante alcuni battibecchi tra Emily e Mao, messi a tacere da Michael e Lai. Continuammo anche a sfidarci per le vie di Mosca ed a chiacchierare come se fossimo stati tutti amici di vecchia data. Scoprii anche molti aneddoti interessanti a cui non avevo mai fatto caso. Per esempio che il prof Kappa era cotto di Emily e quando lei lo guardava o gli rivolgeva parola lui diventava tutto rosso e non riusciva a spiccicare parola; Emily stessa era meno acida di quel che pensavo, tranne che con Mao; Gao era goloso tanto quanto Takao; Kiki era rimasto tutto il tempo con Rei e Mao e sembrava meno aggressivo ed antipatico di come lo avevamo conosciuto nei vicoli di Hong Kong; Steve era veramente un armadio di ragazzo, stretto nel suo completo da giocatore di Basebal, alto e piazzato quasi quanto il cinese Gao, ma era un bonaccione, e che Michael ed Eddy erano dei veri gentil uomini e per tutto il tempo non avevano fatto altro che cercare di chiacchierare con me, facendomi domande ed aspettandosene altrettante da parte mia. Quell’aneddoto credo che non fosse andato molto a genio alla loro compagna di squadra, che alla fine arrivò a guardarmi con gli stessi occhi con cui guardava la ragazza dai capelli rosa.
Ma tutto sommato arrivò l’ora di salutarci senza troppi danni.
Almeno fino a che Michael non prese parola.
«Ma dov’è il vostro amico, quello sempre imbronciato?»
Noi Bladebreakers gelammo sul posto sotto quella presa di parole ed iniziammo a guardarci con espressione stralunata. Solitamente quando Kai spariva ritornava ad una cert’ora, oppure riuscivamo a trovarlo o lui a trovare noi. Non stava mai via così tante ore ed era dall’alba che Hiwatari non si faceva vivo.
«Noi…», iniziò Takao, cadendo dalle nubi «…non lo sappiamo», decretò infine, cercando appoggio nelle iridi azzurre di Max, ma il biondino fece spallucce.
«Capisco…l’ho capito subito che quello era un menefreghista. Senza offesa eh, ma è stato meglio per me non vederlo oggi», ci rispose Michael con un sorrisetto furbastro stampato sulle labbra, lo stesso che avevano i suoi compagni di squadra. Tutti tranne Emily, che mi sembrava turbata quasi quanto noi. Che si fosse presa una cotta per Kai?
«Beh, ci vediamo domani per le amichevoli! A presto!»
Così dicendo salutammo le due squadre, ognuno salutando i propri amici, e noi ci dirigemmo al nostro Hotel in religioso silenzio. Solamente dopo essere saliti in camera appurammo che di Kai non c’era nemmeno l’ombra e così iniziammo a preoccuparci.
Oltretutto perché era anche ora di cena.
Decidemmo di farcela recapitare in stanza e mangiare lì, così che se Kai fosse tornato avrebbe trovato qualcosa da mangiare e noi ad attenderlo, così che gli avremmo chiesto cosa gli fosse passato per la testa di sparire per quasi dodici ore!
Ma lui non si fece vivo né durante il pasto né dopo, tanto che oramai tutte le pietanze si erano raffreddate.
«Lasciamogliele lì, se avrà fame le mangerà anche così», mi decisi a dire io, storcendo leggermente il labbro con fare contrariato ed il Prof Kappa fece come avevo detto, prima di lasciarsi crollare con un sospiro sul divano.
Calò di nuovo il silenzio mentre eravamo intenti a rimuginare sulla questione. Eravamo davvero preoccupati quella volta, perché il nostro compagno non era mai stato via per così tanto tempo. Aveva il vizio di sparire e di non dire dove andasse, quello era vero, ma era anche vero che da quando avevamo messo piede in quel monastero il suo comportamento era stato strano. Le sue espressioni mentre camminavamo dietro Vorkof per pranzo lo erano, o il fatto che non avesse voluto mangiare la minestra che ci aveva offerto. Anche le occhiate che mi aveva lanciato erano state strane, come strano era stato il suo comportamento quando era uscito stizzito dal monastero dopo che Zenghev era stato rinchiuso, quasi non gliene fosse fregato nulla della sorte di quel ragazzo. Ed infine c’era da considerare l’incubo di cui era stato vittima quella mattina.
Erano troppe quelle coincidenze per rimanere tranquilli e fare come se nulla fosse accaduto.
Max si era appiccicato ai vetri della grande finestra del salottino e guardava speranzoso il paesaggio, quasi sperasse di vederlo varcare la soglia dell’Hotel, ma dopo alcuni interminabili minuti si decise a parlare rompendo il silenzio.
«È già sera inoltrata e Kai non è rientrato…»
«Ogni volta che arriviamo in un paese straniero lui pensa bene di allontanarsi da solo e di sparire nel nulla», gli rispose Kappa «perché fa sempre così?», concluse poi, leggermente alterato, e mi sentii assolutamente d’accordo con lui.
A prendere parola però fu Takao, balzando seduto sul letto e meravigliando tutti i presenti per via del sorriso che aveva sul volto. Pensavamo che anche lui fosse incredibilmente preoccupato per la sorte del nostro compagno, addirittura da chiudersi in un religioso silenzio. Se ne era rimasto sdraiato sul suo materasso a fissare il soffitto con aria assolta, ma in fondo Kinomiya riusciva sempre a spiazzare tutti col suo modo di fare.
«Secondo me non c’è da preoccuparsi ragazzi! Sapete che ama sparire e fare il misterioso», ridacchiò «Tsè, non devo rendere conto a nessuno», gli fece poi il verso, imitando la sua voce glaciale e cercando di emulare la sua tipica espressione ed il suo atteggiamento spocchioso, strappandoci un sorriso. «Ma quando riappare ha quell’aria un po’ scocciata come a dirci di farci gli affari nostri», concluse poi, ridacchiando.
«Io no sono d’accordo», mi sentii però in dovere di controbattere. Mi ero accigliata di nuovo ed avevo puntato i miei occhi a terra con fare preoccupato «io credo che questa volta sia diverso» continuai «da quando siamo arrivati in Russia ha cambiato umore, specialmente dopo la visita a quel monastero». Mi strinsi le gambe al petto e sprofondai il mento sulle ginocchia con un sospiro.
«Hai ragione», mi dette man forte il Prof ed io gli sorrisi lievemente. Per fortuna qualcun altro si era accorto dello strano comportamento di Kai.
«Basta, vado a cercarlo!» decretò invece Rei, penetrandomi con il suo sguardo ambrato, probabilmente per incoraggiarmi a non perdere la speranza. Probabilmente stava facendo tutto quello per me, soprattutto dopo avermi vista abbattuta per tutta quella situazione.
Io dal canto mio mi allarmai e scattai subito in piedi, parandomi di fronte a lui.
«Non ti lascio andare da solo, vengo con te!», lo misi al corrente.
Non volevo che si allontanasse da solo nelle vie deserte di quella fredda e glaciale città. Non volevo stare in pensiero anche per lui, già ci aveva pensato Kai con le sue geniali trovate a farci passare il sonno.
«Non se ne parla nemmeno Saya», mi ammonì invece, ammorbidendo però lo sguardo subito dopo. «Fa troppo freddo, resta al caldo coi ragazzi. Vedrai che lo troverò!»
«Ma è troppo tardi e troppo freddo anche per te Rei, noi non siamo abituati a queste temperature glaciali», cercò di dissuaderlo il Prof e vidi gli occhi del nostro compagno abbassarsi colpevoli a terra. Sapevo che era combattuto, come sapevo che sarebbe uscito tranquillamente da solo al freddo pur di trovare Kai e riportarlo in albergo solo per farmi smettere di preoccuparmi per lui. Ero estremamente sicura che Rei fosse il tipo di persona che si sarebbe sacrificato lui stesso pur di rendere felice qualcuno, e lo stava dimostrando spesso in quel periodo.
«Sì, forse hai ragione Prof…», gli rispose, spostando poi i suoi occhi nei miei «forse le cose stanno come ha detto Takao e presto Kai si farà vivo…», lasciò in sospeso la frase, avvicinandosi a me e poggiandomi una mano su una spalla in un gesto consolatorio. Anche la sua espressione, seppur leggermente avvilita, cercava di dami man forte.
«Certo che tu sei proprio un bel tipo!»
Takao lo rimbeccò con una risatina, alzandosi definitivamente dal letto con un balzo ed aggiustandosi i guanti sulle mani.
«Dopo tutto quello che avete detto inizio ad essere preoccupato anche io», decretò poi, piantando il suo sguardo castano in quello ambrato dell’altro. Si guardarono negli occhi per dei secondi che parvero interminabili, quasi Kinomiya gli stesse dicendo qualcosa che solo lui poteva capire. Alla fine sembrò anche che Rei capì cosa intendesse dire Takao, perché indossò il suo cappotto e passò al nostro campione il suo.
Io lo guardai leggermente accigliata, almeno finché non mi passò anche il mio.
«Andiamo a cercarlo?», mi disse poi, prendendomi per mano con un sorriso che non potei non ricambiare.
«Ragazzi, veniamo anche noi!», ci dissero Max ed il Prof riguardo la loro decisione di seguirci. In fondo eravamo tutti preoccupati in egual maniera.
«Ma da dove iniziamo? Mosca è incredibilmente grande!»
«Takao, c’è solo un posto in cui potrebbe essere…», gli risposi io, fermandomi sul pianerottolo dopo aver richiuso la porta della nostra camera. «Il Monastero Vorkof, dev’essere per forza lì!»
Li guardai risoluta uno ad uno e dopo un sorriso d’incoraggiamento ci lanciammo fuori dall’Hotel alla ricerca di quell’ingrato del nostro compagno di squadra.
 
 
 
Arrivammo con un po’ di difficoltà fino al luogo scelto, dopo alcuni giri a vuoto per le vie di quella città sconosciuta. Non avevamo più la mappa, rimasta probabilmente nella tasca dei pantaloni di Kai, ed ognuno di noi dovette appellarsi ai ricordi ed al senso di orientamento per riuscire a trovare la via.
Arrivammo di fronte all’inferriata dei cancelli che oramai mancava poco alla mezzanotte ed il freddo si era fatto così pungente da arrossarci le parti del corpo rimaste scoperte.
«Che facciamo, suoniamo?», chiesi io, avvicinandomi al cancello per osservare se ci fosse stato qualcuno di guardia, ma per fortuna appurai che eravamo gli unici pazzi ad essere fuori a quell’ora.
«Assolutamente no!», mi rispose Takao con aria furbastra. «Nessuno deve sapere che siamo qui, dobbiamo solo constatare se Kai è qui oppure no. Non ho intenzione di rivedere quell’uomo!», concluse poi, allarmando il Prof Kappa, che strinse al petto il suo fedele computer.
«Vuoi introdurti in una proprietà privata? Sei pazzo?!»
La voce del piccoletto era talmente stridula che ci strappò un sorriso. Kappa era la tipica persona che si sarebbe fatto arrestare pur di non andare contro la legge. Beh, in realtà tutti noi, ma quello era un caso particolare.
«Beh, non ci resta che arrampicarci…», constatò Rei con le mani sui fianchi, mentre calibrava l’altezza dell’inferriata per capire dove avrebbe potuto mettere i piedi per farsi leva, terrorizzando così il più piccolo.
«Siete pazzi!», si allarmò infatti, ma Max gli batté una sonora pacca sulla spalla.
«Vedrai, sarà divertente!», gli disse infine, iniziando ad arrampicarsi senza sentire ragioni.
In effetti quella volta dovetti dar ragione al nostro tecnico perché non fu divertente per nulla! Tutta l’audacia ostentata crollò quando balzammo dall’altra parte, dopo il notevole sforzo fatto per salire su quelle scivolose inferriate. Io venni aiutata da Rei, che agile come un felino era riuscito a salire prima di tutti. Si era messo a cavalcioni e con una mano mi aiutò a scavalcare. La stessa cosa la fecero Max e Takao con il Prof. Il biondo prese il computer del nostro compagno, che a sua volta si raccomandò di non farlo cadere. Avrebbe preferito cadere lui piuttosto che perdere il suo prezioso portatile.
Tutto però andò come previsto ed una volta scesi dall’altra parte tirammo un sospiro di sollievo.
Ci nascondemmo dietro un’aiuola per riprendere fiato. Avevamo il viso accaldato dallo sforzo, laddove il freddo tagliente aveva fatto aumentare il rossore sulle nostre guance.
«E ora che si fa?», lamentò di nuovo il Prof, che immaginai parlasse solo per alleggerire la tensione che sentiva. Nessuno di noi avrebbe voluto passare il resto della notte in prigione. Ma più che il finire in prigione, probabilmente era solo preoccupato di non poter giocare la finale.
«Andiamo a tentativi», rispose Rei, alzandosi dalla sua posizione e prendendomi per mano. «Se restiamo qua non servirà a nulla»
«Hai ragione amico, guardiamo se ci sono le guardie!», continuò Takao, affacciandosi oltre la sterpaglia, seguito da tutti noi.
Facemmo capolino da ogni angolo dell’aiuola, controllando ogni parte del grande piazzale di cui era provvisto quello strano edificio, ma venimmo destati da un allarme, che iniziò a suonare improvvisamente cogliendoci di sorpresa.
Al Prof Kappa quasi non venne un infarto.
«Guardate, è un sensore a raggi infrarossi», ci rese noto dopo aver ripreso fiato, accorgendosi di una colonnina gialla al di là del nostro nascondiglio.
«È un’apparecchiatura che di solito viene utilizzata come anti furto!», gli dette man forte Max, avvicinandosi al congegno.
«Interessante, quindi il monastero custodisce qualcosa», continuò Rei, assottigliando lo sguardo.
Purtroppo fummo costretti a lasciare di corsa la nostra postazione, perché oltre l’antifurto ci si era messa anche la luce di un faro ad ostacolarci. Oramai si erano accorti della nostra presenza e sarebbe stato quasi impossibile celarla oramai, quindi facemmo l’unica cosa possibile in quella situazione. Iniziammo a correre verso l’edificio in cui eravamo approdati il giorno prima, quello che pensavamo avesse attirato Kai, sperando di non venire sopraffatti.
Takao faceva da apri fila, con al seguito me e Rei, che mi teneva saldamente per mano per farmi tenere il loro passo. Max invece correva accanto a me, mentre il Prof Kappa imprecava dietro di noi cercando di tenere il passo.
C’eravamo quasi, eravamo quasi arrivati alla nostra meta. Mancavano solo pochi passi e saremmo entrati al dì la di quel grande portone, ma due persone atterrarono proprio di fronte ad esso, sbarrandoci la strada. Erano piovute letteralmente dal cielo, probabilmente da sopra il tetto dell’edificio, ed erano atterrati con un’agilità ed una grazia fuori dal comune.
Ci fermammo con un’inchiodata pericolosa, spiaccicandoci tutti addosso al capo fila, che imprecò subito contro i nuovi arrivati.
Una volta che si furono alzati in piedi e dopo che la luce dei fari illuminò i loro volti, notammo che erano due ragazzi pressappoco della nostra età. Erano molto strani e lo si notava dalle loro espressioni impassibili. Il più alto aveva una strana capigliatura rosso fuoco, mentre il più basso aveva i capelli scuri, di un colore che non riuscii bene a definire per via della penombra, ed erano vestiti con un abbigliamento molto simile ai ragazzi che avevamo visto in quel monastero. Uno indossava una specie di tuta bianca ed arancione, mentre l’altro aveva dei larghi pantaloni che gli davano così un’aria paffuta.
Incuriosita dalla loro apparizione decisi di osservarli meglio e decisi di iniziare dal ragazzo coi capelli rosso fuoco, perché era un colore che non si vedeva tutti i giorni. Mi affacciai da sopra la spalla di Takao ed iniziai a guardarlo dal basso verso l’altro, ma quando arrivai a guardare il suo viso incrociai due occhi color del ghiaccio che mi gelarono sul posto.
Erano così freddi e penetranti che sentii un brivido scendermi lungo tutta la colonna vertebrale.

Fine capitolo 26
 
 
 
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Colei che scrive:
Eccomi qua con questo aggiornamento! Mi dispiace avervi detto nel capitolo precedente che questo sarebbe stato incentrato su Saya e Rei T.T ma non ricordavo che prima ci sarebbe stato questo XD (purtroppo il non ricordare cosa succede è la maledizione di quando i capitoli sono già scritti da un po' xD). Però sono andata a ricontrollare e saranno i prossimi due ad essere più incentrati su Saya e Rei, promesso. Mi perdonate? xD
Purtroppo in questo capitolo non succede nulla di che ed è un capitolo di transizione che ripercorre le vicende di quella puntata…ma vi metterò a breve anche il prossimo, così non vi farò penare molto XD
 
Ps. Spero che non siate incappati in troppi errori o frasi sconnesse o poco chiare >.< è sempre il mio terrore, ma trovo una certa difficoltà nel correggere ciò che scrivo, perché non mi accorgo mai di nulla xD inoltre correggere con in corpo un tasso di stanchezza oltre il limite consentito all’essere umano è un bel dramma XD
 
Che dire, spero che la storia ora che sta entrando più nel vivo continui a piacervi ed appassionarvi <3 e spero mi facciate sapere cosa ne pensate!
Passo a ringraziare come sempre i recensori <3, i lettori silenziosi che sono giunti fin qua e tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
Alla prossima!!!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Scontri ***


Capitolo 27



Gli occhi glaciali di quel ragazzo dai capelli rossi mi avevano inchiodata sul posto e quell’occhiata penetrante, seppur fosse durata pochi secondi, bastò per farmi tremare le gambe. Quegli occhi di ghiaccio si erano spostati poi su Takao, che aveva iniziato ad imprecargli contro.
«Voi cosa volete?», gli chiese infatti il nostro capitano, suscitando nei nuovi arrivati un moto di stizza. 
Fu il ragazzo dai crini scarlatti a rispondergli, senza neanche scomporsi. Era rimasto eretto nella sua posizione, con le braccia conserte al petto e l’espressione impassibile. Da quei volti dal colorito latteo non trapelava la minima emozione.
«La domanda spetterebbe a noi, visto che vi siete introdotti in una proprietà privata!», gli rispose posato, ma la sua voce era tagliente quanto il suo sguardo. «Su andatevene, finché siete in tempo», continuò poi e le sue parole sembravano più una minaccia che un avvertimento.
«Sentito? E che non vi venga in mente di avvicinarvi, chiaro?», rincarò la dose il suo compagno, mantenendo anch’egli un’espressione impassibile, seppur avesse sulle labbra un sorrisetto strafottente.
Se ci fossi stata solo io probabilmente mi sarei fatta intimorire da quelle presenze così strane e posate, così tanto che mi sarei scusata e sarei corsa a gambe levate fino all’Hotel senza neanche guardarmi indietro. E lo avrei fatto davvero, ma Rei continuava a tenermi stretta a sé, quasi volesse proteggermi da quei tizi, ed inoltre i miei compagni non si erano mossi di un millimetro. Solo Kappa mi era sembrato del mio stesso avviso, ma anche lui non si mosse dalla sua posizione, e non seppi dire se fosse stato per colpa della paura che lo aveva inchiodato al suo posto o perché gli altri non avevano accennato a muoversi da lì.
«E se non volessimo ascoltarvi?»
Fu Takao a continuare a rispondere a tono ai due ragazzi, che stizziti fecero una smorfia contrariata.
«Come?!», sibilò il rosso ed io maledissi mentalmente il mio compagno. Perché non era rimasto in silenzio? E perché tutte le volte doveva fare il gradasso proprio nei momenti meno opportuni? Eravamo noi in torto, visto che ci eravamo introdotti, come da loro detto, in una proprietà privata. Se avessero voluto avrebbero potuto chiamare le forze dell’ordine e noi ci saremmo ritrovati in caserma in un nano secondo. E poi chi lo avrebbe sentito mio nonno? Ma, soprattutto, come avremmo fatto a ritrovare quello zuccone di Kai? Perché ovviamente, in quel momento, detti a lui tutta la colpa di quello che stava succedendo. Anche quando non era presente Hiwatari riusciva a farmi alterare e preoccupare alla stessa maniera. Era incredibile!
«Crediamo che un nostro amico si trovi all’interno del monastero», continuò a parlare Kinomiya, leggermente più calmo di quando aveva iniziato ed io potei tirare un sospiro di sollievo. Solo in quel momento mi ero accorta di essere talmente tesa da aver mancato di respirare e che stavo stringendo il braccio di Rei fino a fargli sicuramente male, ma a lui sembrava non importare. Anche il mio compagno era rimasto fisso a guardare i due ragazzi da dietro le spalle di Takao.
«E non ce ne andremo prima di averlo trovato!», sbruffò infine quest’ultimo, anch’egli minaccioso. Evidentemente aveva preso davvero sul serio la questione “Kai” e non potei che esserne felice. Hiwatari era circondato da persone che gli volevano bene, nel bene e nel male, e lui continuava invece a tenerle a distanza…
«Ma senti che pretese!», lo sbeffeggiò invece il piccoletto, che si aprì in un sorrisetto divertito, nonostante i suoi occhi mantenessero la stessa freddezza di quando era balzato giù dal cornicione. «Se vuoi cercare il tuo amico, prima dovrai sconfiggermi!», esordì infine, mostrando al nostro compagno un Beyblade violaceo con fare provocatorio.
«Va bene, ti sfido!», si fece avanti Takao, che come sempre non aveva paura di nulla e non si tirava indietro di fronte ad una sfida.
Il prof Kappa però non sembrò dello stesso avviso e nonostante fosse rimasto in silenzio per tutto il tempo, quella volta disse la sua balzando accanto allo sfidato.
«Ma Takao, no!», gli gridò contro, ma l’espressione del diretto interessato era la sua tipica espressione concentrata da pre-gara. Nessuno lo avrebbe fatto desistere dal battersi, glielo si leggeva negli occhi. E penso lo abbia capito anche lo sfidante, che se ne era rimasto baldanzoso in attesa del match.
«Ma lo hai sentito, se vinco ci lasceranno passare! Per me vale la pena di tentare, no? È, l’unica speranza di ritrovare Kai». E detto quello prese Dragoon dalla tasca del cappotto e lo inserì in un batter d’occhio allo shooter, mettendosi in posizione di lancio sotto il sospiro rassegnato del nostro Prof.
La sfida iniziò subito senza esclusione di colpi e ci tenne col fiato sospeso per tutto il tempo. 
Il piccolo blader, anche se non potevamo dire per certo se fosse davvero piccolo o fosse solo la statura minuta a renderlo tale, era davvero in gamba! Il suo Beyblade teneva testa a Dragoon quasi fosse una cosa normalissima e sul suo volto non trapelava la minima espressione, se non qualche sorrisetto male celato di superiorità ogni volta che i suoi colpi andavano a segno o quelli del nostro compagno a vuoto. Mi dette anche l’impressione che quella non fosse la sua vera forza, ma desistetti dal renderlo noto al professor Kappa, che si era messo a registrare l’incontro con il suo portatile e mi sembrava anche piuttosto agitato. Non lo dissi nemmeno a Rei, perché stava seguendo l’incontro con la mascella serrata. Forse aveva avuto la mia stessa intuizione.
Quindi non mi restò altro da fare che seguire con gli occhi i due Beyblade in campo, che si rincorrevano per tutto il piazzale del Monastero, divenuto il campo di gara.
Nessuno dei due comunque riusciva a sopraffare l’altro, ma il Russo continuava a non convincermi. Era troppo calmo per uno che si sta battendo per una certa causa, che probabilmente era quella di non farci curiosare a giro. Però il moto di inquietudine che mi aveva attanagliata dall’inizio non si era sciolto nemmeno per un attimo, nemmeno quando decisi di spostare la mia attenzione sull’altro ragazzo, che era rimasto a braccia incrociate a seguire impassibilmente la sfida.
Era lui ad incuriosirmi di più, perché quella freddezza e quell’impassibilità le avevo viste solamente in un’altra persona, che in quel momento era la causa per cui eravamo in quel posto. C’era un non so che di misterioso in lui, che mi affascinò e terrorizzò alla stessa maniera. Il suo sguardo di ghiaccio mi aveva congelata all’istante e se ci ripensavo sentivo ancora i brividi lungo la schiena. 
Non mostrava alcun tipo di emozione, nemmeno quando il Beyblade del suo compagno veniva colpito. I suoi grandi occhi azzurri seguivano Dragoon come un’ombra, ma non riuscivo a leggere nulla nel suo sguardo. Era preoccupato per il suo amico? Era incuriosito dal Beyblade bianco? Pensava mentalmente ad una strategia? 
Nulla, non riuscivo a scorgere nulla in quel ragazzo, benché continuassi a tenere gli occhi fissi sulla sua persona. Li spostai dai suoi occhi leggermente assottigliati alla linea sottile delle sue labbra, ma ciò che lessi era solo freddezza. Doveva essere un egregio calcolatore, e forse anch’egli un ottimo Blader, viste le prestazioni dell’altro. 
Ero talmente assorta nei miei pensieri che quando spostò i suoi zaffiri nelle mie ametiste mi sentii gelare all’istante. Venni di nuovo colpita dai soliti brividi freddi e non potei fare altro che stringermi nelle spalle. Provai anche a spostare lo sguardo da lui, ma non ci riuscii. Mi sorrise, con un sorriso che ai miei occhi sembrò quasi maligno, ma forse era per il fatto che soltanto le sue labbra si erano mosse impercettibilmente all’insù. I suoi occhi ed i muscoli del suo viso erano rimasti impassibili. Sembrava quasi una bambola di porcellana, dalla pelle chiarissima ed i capelli color del sangue. 
La prima ad abbassare lo sguardo però fui io, e lo feci per riportare la mia attenzione sull’incontro, ancora più inquietata. Non riuscivo a sostenere la freddezza di quei cristalli di ghiaccio e nemmeno le profonde ametiste di Kai mi avevano mai fatto quell’effetto strano. Eppure fu altrettanto strano, perché le similitudini tra loro erano molto evidenti ai miei occhi. 
L’incanto, e l’incontro tra il misterioso Blader e Takao, fu spezzato dalla voce tagliente del rosso, che intimò al suo compagno di fermarsi. 
Quello, senza sentir ragioni, recuperò il suo Beybldade dal campo di gioco sotto le proteste dello sfidante, che tutto si sarebbe immaginato fuorché concludere lo scontro in quella maniera. E, sinceramente, era la cosa che pensammo tutti noi. 
«Che ti salta in mente, l’incontro non è ancora finito!»
Fu di nuovo Kinomiya ad essere la voce dei nostri pensieri, ma a rispondergli fu ancora il ragazzo che avevo contemplato.
«Hanno chiamato dal monastero, dalle nostre informazioni risulta che il ragazzo che state cercando si chiama Kai», iniziò, sotto lo sgomento di tutti. «Mi hanno detto che è stato trovato in un chiostro sul retro del monastero», assottigliò lo sguardo «pare che abbia la febbre alta. Probabilmente non è abituato a questo freddo»
Usò lo stesso tono impassibile che aveva tenuto per tutto il tempo, rimanendo spiccio e coinciso come aveva fatto da quando era arrivato e l’unico movimento che vidi fare al suo volto fu quello delle sue labbra e delle sue palpebre. 
«Noi vogliamo andare da lui!», s’incaponì il nostro campione e mi sentii d’accordo con lui. In fondo eravamo i suoi compagni di squadra ed amici, se di amicizia si poteva parlare con Kai, e sarebbe stato giusto che tornasse in albergo con noi!
«Mi dispiace ma purtroppo non potete entrare perché in questo momento lo stanno visitando i nostri medici. Il vostro amico verrà sottoposto ad un’adeguata terapia»
Di nuovo i miei pensieri vennero brutalmente interrotti dal ragazzo dagli occhi di ghiaccio e le sue parole suscitarono in me un accentuato moto di stizza. Inoltre lo aveva detto come se fosse la cosa più normale del mondo, portandosi le braccia dietro alla schiena e squadrandoci con tranquillità. 
Ma in Russia avevano dei sentimenti?! Ma forse doveva essere nel loro DNA…in fondo anche Kai era russo per metà, non ci sarebbe stato da stupirsi.
«Andate e non preoccupatevi. Vi prometto che non appena si sarà rimesso in forze potrete andare a visitarlo», sentenziò infine e di fronte a quelle parole non potemmo fare altro che sospirare, nonostante la preoccupazione.
Fu Rei a riprendere parola, chiedendo forse la domanda più ovvia, quella che invece nessuno di noi aveva fatto prima di quel momento.
«Si può sapere come vi chiamate?»
«Oh, scusate, io sono Yuri», disse con noncuranza il ragazzo dai capelli rossi.
«Molto piacere, mi chiamo Ivan», continuò il suo compagno, ma il suo tono di voce era freddo e distaccato, quasi quella fosse una formalità di poco conto.
E così non ci restò altro da fare che girare i tacchi e tornare verso l’Hotel, abbattuti, infreddoliti ed ancora più preoccupati di quando eravamo usciti.



Tornammo in Albergo che oramai era notte fonda ed in più eravamo tutti infreddoliti dalle ore passate fuori alla ricerca del nostro compagno.
Rimanemmo qualche minuto a fare congetture e scambiarci pareri sui due misteriosi Blader Russi, meravigliandoci di come tutti avessimo avuto la stessa impressione, e poi ognuno di noi si chiuse nelle proprie stanze in religioso silenzio. Il giorno dopo avremmo pensato al da farsi, ma in quel momento dovevamo solo pensare a riposarci, per quanto fosse stato possibile.
«Fatti una doccia calda Saya, così ti riscalderai!», mi disse Rei una volta entrati nella camera che dividevamo con Kai, ma lui in quel momento era chissà dove. Mi resi conto dopo che sarei rimasta sola con Rei per tutta la notte ed il pensiero mi fece un po’ arrossire. O forse era il freddo che ancora sentivo addosso. Mi ero stretta nel cappotto pesante e non me l’ero ancora tolto. Continuavo a tenermelo stretto quasi fosse stato una protezione e non solo dal gelo patito. Forse fu per quello che il mio compagno mi intimò di farmi una doccia calda, perché sicuramente l’acqua mi avrebbe aiutata non solo a scaldarmi ma anche a rilassarmi. 
«Si, forse hai ragione. Ma, non vuoi andare prima tu? Non hai freddo?», gli dissi, espandendo ancora di più il mio senso di abnegazione, così tanto che lo feci scoppiare a ridere.
«Maledizione Saya, ti preoccupi sempre per gli altri prima di pensare a te stessa. Guardati, non riesci neanche a parlare da quanto stai battendo i denti»
Colpita ed affondata da quell’affermazione abbassai colpevolmente gli occhi a terra. Purtroppo era un mio grande difetto, o forse un grande pregio quello di pensare prima agli altri e poi a me stessa. Lo avevo sempre fatto, anche con Kai nei giorni spensierati della nostra infanzia ed anche lui, come Rei, me lo aveva fatto notare.
Il ricordo di quei giorni mi fece ancora più male.
«D’accordo», pronunciai, dandogliela vinta ed alzando di nuovo i miei occhi nei suoi, storcendo un labbro con autorevolezza. «Ma dopo vai tu!», sentenziai, con un tono di voce che non avrebbe ammesso repliche. Lui alzò le braccia in segno di resa e con un sorrisetto furbastro si sedette sul letto, lasciandomi il tempo di prendere la biancheria pulita ed il pigiama.
Devo ammettere che rimasi sotto il getto della doccia per un tempo che mi sembrò infinito. In fondo Rei aveva ragione, quella doccia mi dette modo di scaldarmi e rilassarmi un po’. E lo stesso fece lui, che utilizzò il bagno nel frattempo che mi asciugavo i capelli seduta sul nostro letto, persa nei miei pensieri e con lo sguardo fisso su quello che aveva presidiato Kai la sera prima.
«Va meglio adesso?»
La sua voce mi fece sussultare. Ero talmente assorta nei miei pensieri da non averlo neanche sentito rientrare. Stavo pensando a Kai, al suo modo di sparire, alla strana storia che ci avevano raccontato al monastero ed a come avessero fatto a convincerlo a farsi curare lì dentro. Hiwatari era troppo orgoglioso per arrendersi passivamente alle cure di perfetti sconosciuti. Quel monastero lo aveva inquietato tanto quanto aveva inquietato me, e quanto mi avevano inquietata quei due ragazzi. Possibile che fosse rimasto lì di sua spontanea volontà?
No, quella storia non mi aveva convinta per nulla. Soprattutto detta da quei tizi ambigui.
In più ero veramente tanto preoccupata per le sue sorti, in fondo era pur sempre un nostro compagno e sì, nonostante mi avesse ferita, lo consideravo comunque un mio amico e gli volevo bene. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di rivederlo sdraiato sul letto che stavo fissando da circa quindici minuti, o di vederlo entrare in camera con la sua solita aria scocciata. Non ci avrebbe degnato della sua considerazione, certo, ma lo avremmo saputo al sicuro con noi.
Spostai lo sguardo su Rei mentre spegnevo il Phon. Oramai i capelli erano del tutto asciutti e mi ricadevano in una massa ondulata ai lati del viso.
«Sì, grazie», gli risposi cordiale, alzando leggermente gli angoli della bocca in un sorriso per non farlo preoccupare, ma sembrò convincerlo. 
Almeno in un primo momento. 
Sicuramente si era accorto del mio tormento e del mio sguardo vacuo mentre osservavo mesta il cuscino di Kai.
«Sei ancora preoccupata, vero», mi chiese poi, sedendosi di punto in bianco vicino a me ed osservando il mio profilo con occhi curiosi. Sentivo il suo sguardo addosso, ma mi convinsi a non voltarmi. Se avessi osservato le sue iridi ambrate avrei ceduto alla disperazione, perché i suoi occhi avevano quel potere su di me. Inoltre, da quando eravamo partiti per la Russia, non ero nemmeno più sicura di essere riuscita a sopperire la cotta che avevo avuto per lui. Ero sicura che i sentimenti che provavo per questo ragazzo fossero solamente sentimenti benevoli dettati dall’amicizia, dal fatto che ci eravamo confidati e che lui mi aveva sostenuta nelle mie crisi, sempre dovute ai battibecchi con Kai, ma in quel momento non ne ero più così sicura. 
Sicuramente la disperazione di quel momento e la preoccupazione aggravavano il mio stato d’animo ed il mio modo di pensare, ma in quel momento avrei voluto solo che le sue braccia mi stringessero forte come sul treno, e che alleviassero tutto il dolore che provavo.
«Sì…», ammisi con un sospiro, afflosciando le spalle in avanti e finendo per prendermi la testa tra le mani, con i gomiti poggiati sulle cosce. 
«Ti capisco», disse lui, esaudendo il mio silenzioso desiderio. Portò un braccio a circondarmi le spalle e mi attirò a sé, in modo da farmi poggiare il viso sul suo petto come quel giorno in viaggio. Ma in quel momento non stavo piangendo, perché mi ero ripromessa di non versare più una lacrima per Hiwatari e stavo cercando di mantenere la parola data a me stessa. 
Il contatto con la maglia del suo pigiama mi provocò un brivido, che sopperii assaporando il profumo del bagnoschiuma che ancora aleggiava su di lui, trovando così la pace desiderata. Per la prima volta in quella giornata piena di emozioni ed avvenimenti ero riuscita a rilassarmi per un momento.
«Anche io sono preoccupato. È la prima volta che Kai sparisce senza lasciare tracce, o per lo meno senza riapparire…», sospirò anche lui, stringendomi di più a sé.
Non so dire quanto tempo rimanemmo in quella posizione però, con le sue braccia che mi avevano circondato le spalle per sorreggermi, ma fu di nuovo lui a rompere il silenzio. 
«Saya, se potessi fare qualsiasi cosa pur di riportarlo qui ed alleggerire il tuo tormento io la farei…», ammise con sincerità e quelle parole così dolci fecero perdere un colpo al mio cuore. Ero felice di quello che aveva appena detto, com’ero felice di essere protetta dalle sue braccia, che erano sempre state un sogno per me da quando mi ero presa una cotta per lui al torneo Nazionale, ma ancora non ero riuscita del tutto a rilassarmi. Nonostante fossi tra le braccia di Rei, la mia mente vagava ancora alla ricerca di Kai.
«Anche tu sei un po’ abnegante…», gli dissi, senza però spostarmi dalla mia posizione. Sorrisi, perché in fondo non eravamo poi così diversi noi due. Entrambi avremmo fatto qualunque cosa per le persone a cui volevamo bene e dopo quello che era successo, ero sicura di essere entrata tra le persone a cui Rei teneva di più.
Ma c’era sempre Mao nel suo cuore.
Fu il pensiero di quella ragazza che mi dette l’audacia di parlare di nuovo.
«Rei?», lo richiama, e quando sentii di avere la sua attenzione parlai di nuovo, senza però guardarlo negli occhi. Non sarei riuscita a fargli quella domanda altrimenti, il suo sguardo penetrante me lo avrebbe impedito.
«Come hai fatto a capire di essere innamorato di Mao?», gli chiesi, con un’audacia che non pensavo di avere, ma era una domanda che volevo fargli da un po’, da quando mi aveva chiesto se fossi innamorata di Kai. Io non ero innamorata di Kai, o almeno era quello che credevo, perché io non sapevo nulla dell’amore. Conoscevo l’amicizia e l’affetto, ma l’amore per me era ancora un argomento troppo complesso da capire. Mi serviva il parere di una persona che lo aveva toccato con mano, così da poter finalmente quietare i miei dubbi e rispondere alla sua domanda.
Lo sentii sospirare, cosa molto strana per uno che ha chiaro un concetto. Era stato un sospiro talmente sofferto che mi convinse a staccarmi da lui e fissarlo in volto. 
Si era rabbuiato ed aveva abbassato leggermente gli occhi e quello mi sembrò molto strano.
«Rei?», lo incitai a parlare con espressione perplessa, spostando leggermente la testa di lato e lasciando che una ciocca di capelli mi cadesse lungo il petto. Lui la osservò nel lento cadere, quasi stesse prendendo tempo per rispondere. 
Inoltre il mio cuore aveva iniziato a battere ad un ritmo irregolare.
Lui alzò le sue pietre ambrate nelle mie ametiste e per qualche secondo ci guardammo intensamente negli occhi, ma nei suoi lessi una confusione che non gli era mai appartenuta.
«Io credo di non averlo ancora capito…», ammise, abbassando leggermente lo sguardo. Lo rialzò su di me subito dopo, facendomi perdere l’ennesimo colpo.
Sono sicura di aver aperto la bocca in un’espressione quasi sgomenta, meravigliata da quella confessione. Io avevo sempre pensato che lui ricambiasse i sentimenti di Mao, in fondo era per quello che mi ero decisa a sopperire quella strana attrazione che avevo per lui. Mi ero anche negata la finale della tappa Cinese pur di non vederli tubare… 
E per cosa?
«Co…come?», mi lasciai andare in quella domanda quasi sofferta. «Io pensavo che voi due…sì, insomma, dopo il vostro scontro…», continuai, infilando parole sconnesse tanto era il mio grande il mio sgomento, ma lo sentii sospirare di nuovo.
«Lo pensavo anche io…», ammise di nuovo, questa volta senza spostare i suoi occhi dai miei.
«E come mai hai cambiato idea?»
In un primo momento non rispose, tempo che impiegò per alzare gli angoli della bocca in un sorriso che trasportava un non so che di amarezza. E fui sicura che ancora una volta Rei stava  per confessarmi qualcosa di estremamente personale. 
Qualcosa che forse avrebbe cambiato il nostro rapporto.
Fine capitolo 27


°°°°°°

Colei che scrive:
Eccomi qua, come promesso l’inizio di qualcosa tra Saya e Rei, che spero abbia incuriosito qualcuno! XD siamo alle battute finali, e Saya nonostante abbia una mega cotta per Rei e per quanto il ragazzo sia meraviglioso, lei continua a pensare a Kai (ed un po’ la capisco povera anima xD) Hiwatari la manderà al manicomio! XD) 
Inoltre la storia sta entrando nella fase clou, perché ovviamente sappiamo tutti cosa succederà a Kai e chissà come la prenderà questa testarda! Che intanto è rimasta sola con Rei ehehhe 
Che dire, spero non ci siano troppi errori o frasi no sense, perché qualcosa quando correggo mi sfugge sempre e nella stanchezza dell’estate e del lavoro trovo una certa difficoltà. Ma non demordo ehehe 
Ringrazio come sempre i recensori, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi giunti fino a qui! 
Alla prossima! 
































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Capitolo 28
*** Capitolo 28 - avvicinamenti ***


Capitolo 28


«E come mai hai cambiato idea?»
La mia domanda era rimasta in sospeso ed ancora non aveva trovato la risposta che tanto aspettavo. Mi persi a guardare la sua espressione sofferta, quasi fosse combattuto tra il confidarsi o il tenersi tutto per sé. Io dal canto mio continuai a guardarlo affabilmente, cercando di fargli capire che, qualunque cosa avesse detto, io sarei stata dalla sua parte. Non mi ero mai permessa di giudicarlo, nemmeno quando i suoi vecchi amici lo avevano chiamato traditore. In fondo non sapevo nulla della sua vita prima del Torneo Nazionale e di come avesse vissuto prima di incontrare mio nonno. Avevo sempre ascoltato i suoi sfoghi ed ero disposta a farlo anche in quel momento, ma sembrava così diverso da quella volta in Cina... Sembrava una questione molto più complessa di allora.
«Io…», provò a dire ma finì col fare un altro sospiro, al che provai a sorridergli, anche se con nervosismo.
«Rei, non sentirti costretto a parlarne se non vuoi», continuai a sorridergli ed in quel momento vidi il suo volto rilassarsi. Piantò di nuovo i suoi occhi nei miei e mandò giù il groppo amaro di saliva che probabilmente gli impediva di parlare.
«No, è giusto che tu sappia», sospirò ancora ed io non potei fare altro che aggrottare le sopracciglia in un’espressione perplessa.
«Ti ascolto»
«Beh, è giusto che ti racconti tutto dall’inizio»
Mi sorrise anche lui, probabilmente per farsi coraggio, e sedette a gambe incrociate sul letto matrimoniale per potermi parlare a quattrocchi. Io feci lo stesso, così da averlo di fronte a me. 
Prese una copiosa boccata d’aria ed iniziò a parlare di nuovo.
«Sono nato e cresciuto alla tribù della Tigre Bianca e fin da piccolo ho avuto un rapporto di amicizia e rispetto nei confronti di Lai e degli altri ragazzi. Eravamo sempre insieme, inseparabili. Giocavamo a Beyblade in qualunque momento, anche nei momenti meno opportuni. Anche quando ci delegavano i lavori più duri avevamo ancora la forza per sfidarci. Sono stati momenti indimenticabili, in cui posso dire di essere stato veramente felice. 
Con Mao iniziai ad avere un rapporto che andò oltre l’amicizia, e crescendo iniziai a sentire un affetto che non avevo mai provato per nessuno. Ma il nostro villaggio è un piccolo villaggio fuori mano, dove vivono pochissime persone e tra noi ci conosciamo tutti. Noi cinque: io, Lai, Mao, Gao e Kiki, seppure avessimo età diverse, facevamo parte della poca gioventù del luogo. I ragazzi come noi si contavano sulle dita di due mani, e crescendo quella consapevolezza iniziò a pesarmi. Mentre passavano gli anni iniziai a farmi alcune domande. Iniziai a chiedermi se volessi davvero continuare a vivere rinchiuso in quel villaggio, stando alle strette e ristrettive regole del luogo. Non potevamo uscire da quei confini, conoscere gente nuova, sfidare altri Blader oltre noi, e purtroppo gli unici che riuscivano a tenermi testa erano solo i miei compagni. Inoltre, raggiunta l’età giusta, venni eletto capo tribù ed uno dei capi più anziani mi consegnò il simbolo del potere: il Bit della Tigre Bianca. 
Quella notte non chiusi occhio. Con Driger in mano iniziai a farmi delle domande. Il mio Bey era diventato davvero forte, ma non potendo confrontarmi con il mondo esterno non avevo modo di testare la sua forza. Così iniziai a mettere in discussione anche i sentimenti che provavo per Mao. Mi sembrò che l’affetto provato per lei fosse solo una conseguenza dell’isolamento. Crescendo insieme e con poche ragazze coetanee, arrivai a pensare che mi stessi accontentando di quello che il mio paese mi stava offrendo. Non fraintendermi, ho voluto e voglio molto bene a Mao, ma non sono mai riuscito a capire se quello che provo per lei sia autentico o meno. Mi dissi che fuori dal villaggio c’era un mondo che, se fossi rimasto lì, fermo sulle tradizioni, forse non avrei mai visto. E magari, uscendo dai miei confini, avrei incontrato qualcuno che avrebbe fatto battere il mio cuore in modi del tutto diversi da come ero abituato. E così una notte presi i miei effetti personali ed abbandonai il villaggio. Sono stato via più di un anno e, nonostante non fosse stato per niente facile vivere in un mondo a me estraneo, non ho rimpianti per quello che ho fatto. La mia decisione di abbandonare le mie origini mi ha dato l’occasione di conoscere tuo nonno, di fare parte di questa squadra e di presenziare addirittura ad un campionato mondiale di Beyblade, che è sempre stato un mio sogno… E poi…», bloccò la frase, interrompendo il racconto e facendomi sussultare. Si era sporto leggermente più in avanti e con una mano aveva iniziato a carezzarmi una guancia con espressione quasi supplichevole. Quella visione e quel gesto mi avevano lasciata così interdetta che il mio cuore iniziò a battere all’impazzata. Ero sicuramente arrossita, perché sentivo il volto in fiamme e fui sicura che non fosse del tutto una conseguenza della doccia bollente che avevo appena fatto, o del Phon che avevo usato fino a qualche secondo fa. No, quella reazione era una conseguenza del suo tocco, soprattutto perché una strana consapevolezza si stava facendo spazio nel mio cuore.
Una piccola, minuscola speranza.
«Ho conosciuto te», continuò in un sussurro appena accennato, quasi fosse stata una confessione sofferta ed il mio cuore perse l’ennesimo battito. In fondo, quante volte avevo sognato di vivere una scena del genere? Quanto avevo sognato di poter rimanere sola con lui, o che mi parlasse in quel modo? Dopo aver assistito alla finale della tappa Cinese avevo fatto di tutto per togliermelo dalla testa, convincendomi del fatto che lui era gentile con me come lo era con tutti. Mi ero così concentrata su Kai da non accorgermi di tutto il resto, invece Rei mi era rimasto vicino, talmente tanto che avevo scambiato la sua gentilezza per affetto fraterno. Mi ero convinta di non provare null’altro per lui, se non una profonda e vera amicizia, ma in quel momento non ne ero più così tanto sicura. Il mio cuore non poteva battere così forte solo per un amico.
Ma quello che mi inquietò parecchio, fu il fatto che quegli strani battiti repentini io li avevo spesso sentiti anche per Kai…
«Tuo nonno mi parlò di te e del fatto che fossi un’ottima Blader. Sapevo che avresti combattuto al Torneo Nazionale e quello aveva instaurato in me una certa curiosità. Poi ti ho conosciuta…All’inizio mi sono permesso di fare un po’ il gradasso, lo ammetto», sorrise al ricordo e posso dire che in effetti il suo comportamento mi aveva indispettita parecchio. «Ma ero sinceramente curioso di scoprire le tue potenzialità e sono stato felice di battermi con te. Sei stata la prima persona in quel torneo ad aver infiammato il mio spirito di Blader e la prima con il quale posso dire di avere avuto uno scontro serio. Ma nel mio peregrinare da un paese all’altro avevo già capito che il mondo fosse pieno di ragazzi talentuosi, e con il quale valeva la pena battersi», continuò «ma quello che mi hai fatto capire tu non c’entra nulla col Beyblade. Tu sei riuscita a farmi provare lo stesso sentimento che sentivo di provare per Mao, ma anche tu hai il tuo tormento interiore, e l’ho capito nel nostro viaggio in Europa. All’inizio pensavo di essere riuscito a fare colpo su di te, ma mi sono sempre trattenuto, perché vedevo il tuo comportamento nei confronti di Kai e come te la prendevi per le sue risposte sprezzanti. Ma la conferma ai miei dubbi me l’hai data tu stessa sul treno. Ho capito che il tuo cuore, così come il mio, è diviso in due parti. Anche tu hai un amico d’infanzia a cui sei affezionata ed anche tu, come me, devi solo capire che tipo di sentimento ti leghi a lui. Per questo non mi sono mai permesso di andare oltre. Ti sono rimasto accanto cercando di alleggerire il tuo tormento, cercando di starti vicino come un buon amico e compagno di squadra, così che, se ti avessi aiutata a far chiarezza nei tuoi sentimenti, forse tu avresti potuto farla nei miei. Quello che ho fatto non l’ho fatto per un secondo fine, questo ci tengo a dirtelo, ma perché ero davvero preoccupato per te. Tu sei rimasta ad ascoltare i miei sfoghi nella prima tappa del Campionato, ed io volevo fare lo stesso con te. Però a questo punto penso che siamo entrambi arrivati ad uno stallo…», concluse, sorridendomi tristemente, ma io ero rimasta a bocca aperta. Non mi sarei mai immaginata di sentire quelle parole o che lui potesse aver ricambiato i miei sentimenti in qualche modo. O che provasse qualcosa per me che andasse oltre l’amicizia. Ma in quel momento mi domandai cosa io provassi per lui. Mi ero talmente messa l’anima in pace che mi sembrò tutto così irreale. Inoltre le sue parole erano vere, perché io non sapevo ancora dare un nome a ciò che provavo per lui, e nonostante fossi di fronte a lui e fossimo soli in quella camera d’albergo, io continuavo a tormentarmi per Hiwatari.
Però capii il perché della domanda che mi aveva fatto sul treno. Mi aveva chiesto se fossi innamorata di Kai, ma solo in quel momento realizzai che forse me lo avesse chiesto per capire come si sarebbe dovuto comportare lui stesso nei miei confronti. In ogni caso, differentemente da quello che aveva fatto il mio ex amico, lui non mi aveva abbandonata. 
Sentivo un moto di riconoscenza verso questo ragazzo, che si aggiunse a tutte le altre emozioni che stavo provando e che mi faceva provare ogni volta che eravamo insieme.
«Rei…», mi decisi a parlare e quello che uscì in un primo momento dalle mie labbra fu solo il suo nome. Ma mi decisi a continuare. «Io ho provato per te un affetto molto profondo, soprattutto appena partiti per il mondiale. Mi hai attratta fin da subito, da quando incrociai i tuoi occhi sugli spalti al Torneo Nazionale. Combattendo con te ho capito che sei un valido Blader e non solo. Quello stesso giorno ho capito che sei un ragazzo d’oro. Mi sei rimasto accanto per sorreggermi dopo che mi ero fatta male in seguito al nostro scontro e mi hai tenuto compagnia anche quando ero rimasta sola a guardare l’incontro tra Max e Kai, nonostante non sapessi nulla di me e non mi conoscessi. Mi sei stato accanto nei momenti di sconforto, e nei miei tormenti verso quell’ingrato del nostro compagno. Ed oggi, nonostante quello che provi, ti saresti sacrificato per andare a cercarlo per tutta Mosca solo per non farmi preoccupare. Sei unico, veramente. Però hai ragione quando dici che siamo molto simili, perché io ancora non so dare una risposta alla domanda che mi hai fatto. Io non so cosa provo per Kai, ma so che ho provato per te qualcosa che va oltre l’amicizia. Ma, quando ho assistito al tuo incontro con Mao, ho capito che lei era importante per te e mi sono fatta da parte mettendomi l’anima in pace. Però sono felice che mi sei rimasto accanto, nonostante tutto», gli sorrisi affabile, veramente felice di potergli ammettere tutta la verità. Mi sentii davvero più leggera e credo che lo capì anche lui, perché il suo volto mi sembrò più rilassato. 
«E lo farei ancora, tutte le volte che Kai sarà scostante con te»
Riportò una mano a carezzarmi una guancia, facendomi arrossire di nuovo. Sentii una strana emozione e sentii il bisogno di buttarmi di nuovo tra le sue braccia, ma quella volta rimasi ferma nella mia posizione. Non avevo più l’audacia che mi aveva mossa nei miei momenti di disperazione. 
«Rei», lo richiamai invece, e lui riportò i suoi occhi nei miei. Li aveva abbassati per seguire il movimento delle sue dita sulla mia guancia.
«Mh?», chiese solo, con un tono di voce che mi mozzò il respiro dall’emozione.
«Cos’hai provato quando oggi hai rivisto Mao?», gli chiesi, e devo ammettere che era stata una domanda sofferta. Ma, in fondo, se dovevamo liberarci dei nostri tormenti dovevamo capire entrambi cosa ci legasse ai vecchi compagni.
Lui in un primo momento non rispose. Continuò a penetrarmi con il suo sguardo ambrato, che mi fece arrossire senza contegno. Rimase serio e quasi impassibile, mentre i suoi polpastrelli scendevano a seguire la linea della mia mascella, fino ad arrivarmi al mento, che alzò in modo che potesse guardarmi meglio. Solo in quel momento si decise a rispondere.
«Mi ha fatto piacere, indubbiamente. Non mi aspettavo di trovare qui tutta la squadra. Purtroppo non so dire di preciso cosa abbia provato per lei. Ero emozionato, un po’ impacciato forse, ma purtroppo anche con lei ci sono molte questioni irrisolte e molte cose non dette. Ho capito che per lei sono più di un amico, l’ho notato dalla sua mal celata gelosia, ed un po’ le sue attenzioni mi hanno fatto piacere. Purtroppo sono stato molto tempo lontano dal villaggio per poter realmente capire cosa provo», abbassò lo sguardo con colpevolezza, senza però spostare le sue dita dal mio mento, ma fu solo un attimo, perché rapì di nuovo i miei occhi.
«Ma forse c’è un solo modo per capirlo…», continuò ed in un primo momento non capii il vero senso di quelle parole. Tutto mi fu chiaro quando la sua mano si spostò nell’incavo del mio collo. Sentii il suo tocco sotto i capelli, a contatto con la nuca, e quello mi bastò per rabbrividire. Erano brividi diversi da quelli provati sotto gli sguardi gelidi di Yuri. Era qualcosa di benevolo, perché sentivo il mio cuore continuare a battere e mi sentii accaldata come quando il fiotto bollente della doccia mi aveva pervasa. Mi persi ad osservare le sue iridi ambrate incredibilmente lucide e le sue pupille leggermente dilatate farsi sempre più vicine, e solo in quel momento realizzai cosa stava per succedere. 
«Rei», riuscii ad ansimare solo il suo nome quando oramai il suo viso si era fatto irrimediabilmente vicino. In un primo momento avrei voluto dirgli che mi stava donando il mio primo bacio, ma non volli spezzare l’atmosfera. In fondo, quelle labbra erano state il mio sogno proibito per molti giorni. Mi sentivo impacciata, ma mi convinsi a poggiare le mie mani sul suo petto ed attendere ciò che stava per succedere, emozionata ed eccitata.
Chiusi gli occhi quando sentii il suo fiato caldo a contatto con le mie labbra, che dischiusi per accogliere le sue. Erano calde e morbide, proprio come me l’ero immaginate. Mi ero sognata quelle labbra per giorni e giorni, e solo in quel momento ero riuscita ad esaudire un sogno che mi sembrava proibito e lontano. Eppure eravamo lì, soli in quella camera d’albergo nella fredda Mosca, a baciarci come se non avessimo mai aspettato altro. Come se io non avessi atteso altro che averlo in quel modo e mi sentii felice, come se tutta la preoccupazione provata per l’assenza di Kai fosse svanita. Quel bacio dolce mi aveva svuotato la mente dai pensieri negativi. In quel momento c’eravamo solamente io e lui, come se fossimo stati trasportati in un’altra dimensione.
Le sue labbra avevano rapito le mie in tanti piccoli baci, prima che quello iniziasse a prendere una piega più frenetica. Sentii la sua lingua farsi spazio nella mia bocca ed anche se era una sensazione mai provata prima decisi di assecondarlo. Mi lasciai guidare dal suo ritmo, aggrappandomi alla maglia del suo pigiama chiedendo di più. Lui fece lo stesso, stringendomi a sé con una passione che ruppe gli argini della mia pudicizia. Mi sentii stranamente audace, così tanto che finii per circondargli il collo con le braccia, lasciandomi cadere all’indietro sul materasso e trascinandolo con me. 
Finimmo stesi entrambi sul letto, a continuare quello che da qualche minuto stavamo facendo, con una passione crescente che ci infiammò entrambi. 
Con un ginocchio ed il braccio della mano che ancora aveva tra i miei capelli si sorreggeva per non pesarmi addosso, mentre con l’altra mano era sceso ad accarezzarmi il ventre sotto la maglia. Non la spostò mai da lì però, né la mise mai in altri posti. Continuò a carezzarmi la pelle rovente, ed io feci lo stesso portando le mani sotto il suo pigiama, ad accarezzargli il petto senza mai andare oltre. In fondo non lo avevo mai fatto con nessuno e per me erano già troppe le emozioni che stavo vivendo.
Decise di staccarsi da me dopo un tempo che mi sembrò infinito e sono sicura che fosse un gesto incredibilmente sofferto. Mi regalò un’intensa occhiata mentre ansimava per riprendere fiato. Il suo petto si alzava ed abbassava al ritmo dei suoi respiri, così come il mio. I suoi occhi ambrati erano lucidi e le sue pupille di nuovo dilatate. Inoltre, a contatto con la mia coscia sentivo tutta la passione che in quel momento stava trattenendo e quello mi indusse ad arrossire violentemente. Ma lui capì che non ero ancora pronta per quel passo e così non disse nulla e non mi obbligò a fare nulla. Si stese solamente su di me, stando di nuovo attendo a non pesarmi, e nascose il volto nell’incavo del mio collo. Sentivo il suo respiro caldo sulla pelle ed il suo cuore che continuava a battere all’impazzata all’unisono con il mio. 
Con una mano mi presi la briga di abbracciarlo e così facendo gli accarezzai i capelli che gli ricadevano sul viso arrossato, esattamente come aveva fatto lui con me in altre occasioni. 
Non disse nulla ed io feci altrettanto. Non avevamo bisogno delle parole, ci eravamo già detti tutto con quel bacio. Almeno per quella sera.
Si spostò da sopra di me dopo qualche minuto, stendendosi accanto a me ma continuando ad accarezzarmi il ventre con una mano. Mi stava osservando con un sorriso dolce e me ne accorsi quando mi voltai dalla sua parte, per coprire entrambi con la spessa coperta. Senza il calore del suo corpo avevo iniziato ad avere i brividi di freddo.
Si addormentò mentre accarezzava la mia pelle e lo capii quando smise di muovere la mano. L’aveva abbandonata così senza però staccarla da me e la sua espressione si era fatta più rilassata. Aveva iniziato a respirare con la bocca socchiusa, che mi persi ad osservare con un piccolo sorriso mentre gli accarezzavo la frangia che gli era finita sulle palpebre abbassate. Senza la fascia che tipicamente lo caratterizzava, quella gli ricadeva sugli occhi chiusi. 
Io però non riuscii a prendere sonno. Non mi ero spostata dalla posizione in cui ero per non disturbarlo, però ora che ero rimasta sola i pensieri che avevo soppresso fino a quel momento tornarono a tormentare la mia mente, così come la preoccupazione per Kai.
Fu proprio quel pensiero che mi fece storcere le labbra. Possibile che, dopo tutto quello che avevo vissuto e provato con Rei quella sera, avevo ancora la forza di pensare a lui? 
Alla fine mi alzai sconfortata dal letto, dopo aver spostato leggermente la mano di Rei per non svegliarlo. 
In un primo momento mi avvicinai alla grande finestra, forse nella speranza di vedere Kai camminare verso l’Hotel, ma la strada era vuota e buia, così con un sospiro mi lasciai scivolare seduta sul letto singolo su cui aveva dormito lui fino a quella mattina.
Mi persi ad osservare sovrappensiero i vestiti che aveva usato come pigiama, fino a che non mi avvicinai al suo cuscino facendo frusciare le coperte con il cuore in gola. Non volevo svegliare Rei, né che mi vedesse fare quello che stavo per fare, ma in quel momento era l’unica cosa che mi sarebbe servita per rilassarmi. L’ultima volta aveva funzionato. Sulla nave che ci avrebbe dovuto portare in Russia ero riuscita a rilassarmi assaporando il suo profumo e volevo riprovarci. Se quello mi avesse aiutata a quietare il vortice di pensieri che affollava la mia povera mente allora per me valeva la pena provarci.
Spostai i suoi vestiti dal cuscino e lo presi facendo cambio con quello su cui avevo dormito io, accoccolandomi poi sotto le coperte voltata dalla parte di Rei. 
Rimasi in quella posizione per tutto il resto della notte, ad osservare il mio compagno di squadra mentre dormiva ed assaporando il profumo di Kai ad ogni respiro. 
Fine capitolo 28 


Colei che scrive:
Eccomi qua e ben trovati a tutti! Non vi ho fatto penare troppo l’aggiornamento e, come promesso, ecco un capitolo dedicato a Saya e Rei :D spero non abbia fatto troppa confusione con gli errori T.T e che sia stato abbastanza chiaro. In caso contrario vi chiedo scusa xD abbiamo assistito all’avvicinamento dei due e… mi sto innamorando di Rei ad ogni frase, da sola mentre scrivo xD sono messa male! XD 
Bene, detto questo aspetto vostre notizie ehehe
Passo così a ringraziare i recensori, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Alla prossima! 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 - non è possibile! ***


Capitolo 29



La mattina dopo fui io la prima a svegliarmi, probabilmente tormentata dai tanti pensieri che non mi avevano fatta dormire bene. Mi sentivo stanca e sicuramente avevo due occhiaie violacee sotto gli occhi. Per tutta la notte avevo continuato a rigirarmi nel letto, assaporando il profumo di Kai dal cuscino e cercando una posizione in cui riuscire a rilassami, ma purtroppo i miei tentativi erano risultati vani.
Avevo continuato a ripensare allo splendido bacio che mi aveva regalato Rei, che invece continuava a dormire accanto a me con il volto rilassato e leggermente accaldato. Se ripensavo a quei momenti mi sentivo emozionata, ma c’era qualcos’altro che mi impediva di essere completamente felice. Fino a che non avessi saputo dove si era cacciato Kai e del perché non fosse tornato in albergo quella notte io non sarei riuscita ad essere completamente tranquilla, così da poter vivere a pieno 
i bei momenti con il ragazzo che mi stava di fronte. Anche se, a dirla tutta, immaginai che ciò che era successo tra noi difficilmente sarebbe accaduto di nuovo. Anche nella mente di Rei c’erano troppi tormenti interiori per lasciarsi del tutto andare con me. In fondo, lui doveva capire cosa provasse per Mao. Mi chiesi se avesse finalmente fatto chiarezza nel suo cuore, ma quel pensiero mi fece stringere leggermente la mascella in un’espressione contrita. 
Decisi infine di svegliarlo quando la sveglia segnò l’ora in cui ci eravamo accordati di alzarci, nonostante sentissi fin troppo silenzio provenire dalla stanza affianco. Probabilmente anche gli altri ragazzi se l’erano presa comoda, e dopo tutto quello che avevamo vissuto quella sera non li biasimai. Sarei rimasta volentieri a crogiolarmi nel tepore delle coperte ancora per un po’, procrastinando l’inevitabile, ma  in fondo dovevo pur affrontare il mio compagno in qualche modo. Si era addormentato prima di dire qualsiasi cosa e lo aveva fatto accarezzando la mia pelle, come se non volesse effettivamente lasciarmi andare, ma dovevamo ancora dare un nome a tutto quello.
«Rei?»
Lo scossi leggermente per una spalla, scostando le coperte in cui era avvolto ed attendendo che aprisse gli occhi.
Quando lo fece li posò su di me, con uno sguardo leggermente confuso. Probabilmente dormiva così profondamente da non essersi accorto di nulla, nemmeno dell’ora, e lo capii dallo sguardo ancora impastato dal sonno che aveva attraverso le palpebre socchiuse.
«Buongiorno…», mi disse quando capì di essere stato destato dal suo sonno e dopo essersi strofinato gli occhi con il dorso della mano. Si voltò supino e si poggiò un braccio sulla fronte con fare assonnato.
«È già ora?», si lamentò e quello mi fece ridacchiare sotto i baffi. Non era mai capitato che si lamentasse delle levatacce, solitamente a farlo erano Takao, e talvolta Max, ma il fatto di essersi addormentato tardi per colpa di tutti gli eventi successi doveva aver influito molto su quel risveglio. E dormiva così beato che non faticai a credere che gli pesasse parecchio il dover uscire dalle coperte così presto.
«Sì. Stamattina inizieranno gli incontri amichevoli dei White Tigers e degli All Stars, non dirmi che vuoi perderteli. Sappi che mio nonno non ce lo perdonerà», lo ammonii divertita e gli vidi fare una smorfia.
«Lo so…», sbuffò infine, voltando il volto verso di me e penetrandomi col suo sguardo furbastro. «Ma sarà faticoso svegliarsi del tutto stamattina», disse poi e vidi la sua espressione rabbuiarsi per un istante. Fu solo un attimo però, perché tornò a sorridermi subito dopo. Probabilmente non voleva che tornassi a preoccuparmi per Kai o a pensare a ciò che era successo al Monastero. Evidentemente Yuri ed Ivan avevano inquietato parecchio anche lui…
Ma io non volevo parlare di Hiwatari, e nemmeno di ciò che era successo fuori dall’Hotel. C’era solo una cosa di cui volevo parlare, e credo lo capì anche lui.
«Saya», mi richiamò infatti, dandomi modo di guardarlo negli occhi. «Volevo dirti che non sono pentito di quello che è successo ieri sera. So che ho instaurato molti dubbi nel tuo cuore, perché probabilmente sono gli stessi che attanagliano il mio, ma è stata una cosa che ho fortemente voluto fare»
«Non tormentarti per questo Rei», gli sorrisi affabile. «Nemmeno io sono pentita…anzi…», arrossii lievemente, «mi hai regalato un primo bacio stupendo».
Abbassai leggermente lo sguardo, imbarazzata, e quando lo riportai su di lui mi stava guardando con un’espressione in un misto tra lo sgomento e lo stupito.
«Tu…io…quello era…il tuo… primo bacio?», balbettò, altrettanto imbarazzato, portandosi una mano tra i capelli con fare nervoso.
Io annuii solamente, rossa come un peperone ed impossibilitata a sostenere ancora il suo sguardo. Dei, perché doveva mettermi in imbarazzo così? E perché ero stata così stupida da dirglielo? Potevo far finta di nulla, poi se me lo avesse chiesto lui glielo avrei rivelato. No, decisamente non ero in grado di gestire troppe emozioni insieme!
«Perché, non era il tuo primo bacio?»
Mi venne spontaneo chiedere a mia volta, e lo feci aggrottando leggermente le sopracciglia con fare perplesso ed impacciato. Lui però scosse la testa in un gesto negativo, sorridendo divertito.
«No», ammise, assottigliando gli occhi ed aprendosi in uno dei suoi sorrisi rassegnati. 
Io avvampai di nuovo pensando a quanto dovevo essergli sembrata inesperta. Avrei voluto sotterrarmi! Inoltre mi chiesi veramente dove avesse fatto esperienza. Ero molto curiosa di sapere, ed infatti non ci misi molto a chiederglielo.
«Ho avuto una piccola relazione con la figlia del cuoco per cui lavoravo quando ero in Francia. Ricordi che andai a trovarli quando approdammo a Parigi nel nostro viaggio in Europa?», mi spiegò e tutto mi fu chiaro. In fondo Rei era “scappato” dal suo villaggio per fare esperienza, ed a quanto pareva non l’aveva fatta solo per quanto riguardava il Beyblade. Quel pensiero mi strappò un sorrisetto.
«Ti sei dato da fare!», gli dissi, cercando di scoccargli un’occhiata di sufficienza, scoppiando però a ridere subito dopo.
«Un po’», mi sorrise con sguardo furbastro e colpevole, scoppiando a ridere a sua volta. Mi piacevano quei momenti di ilarità con lui, soprattutto quando non avevamo più nulla da nascondere ed il nostro cuore era un po’ più leggero.
Non sapevo ancora quale sarebbe stato il nostro destino, o se eravamo destinati a stare insieme, ma in quel momento volevo solo godermi ciò che la vita ci stava regalando, nel bene e nel male. In fondo c’era ancora una finale da vincere ed i cuori e le menti dei ragazzi dovevano essere pronte ad affrontarlo. Non potevo creare scompiglio nella squadra e nei suoi componenti, non me lo sarei mai perdonato.
E poi c’era ancora Kai nei miei pensieri…
«Però adesso è meglio se ci prepariamo ed andiamo a dare una mano al Prof Kappa ed a Max per svegliare Takao, che ne dici?», mi propose dopo alcuni secondi di silenzio, in cui ero estremamente sicura che si sarebbe sporto e mi avrebbe baciata di nuovo. Invece non lo fece ed io fui felice così. Era stato bello potermi lasciare andare e vivere quei momenti con lui, però non dovevamo esporci troppo l’uno con l’altro, perché non sapevamo a cosa saremmo andati incontro. Non volevo soffrire, vista già la sofferenza che pativo per un’altra persona, anche se di tutt’altra natura.





Dopo essere riusciti a far destare Kinomiya dal suo sonno ed essere scesi a fare colazione, in cui Takao spazzolò la metà delle prelibatezze sul tavolo trovando come scusa il fatto che avesse dormito poco e quindi gli servissero più forze, raggiungemmo il pullman che mio nonno ci aveva messo a disposizione e ci dirigemmo verso il Beyblade Stadio messo a disposizione dalla federazione locale.
L’edificio somigliava molto al Monastero in cui eravamo finiti per ben due volte e rimanemmo a bocca aperta quando scoprimmo che i fondi per costruirlo erano stati donati proprio da Vorkof, quello strano monaco che sembrava esserne a capo. Ma tutto quello non mi stupii, in fondo allenava giovani Blader ed immaginai che lo facesse anche per uno scopo ben preciso. Ricordavo benissimo la fine del povero Zenghev, quando era stato battuto da Takao, e, seppur facessero passare il Beyblade come uno sport sano e pulito, dettato dalla passione e dallo spirito combattivo, non ero sicura che lo pensassero davvero.
Una volta entrati trovammo subito i White Tiger, arrivati poco prima di noi, e seppure Rei e Lai si scambiarono un caloroso saluto, io ero rimasta in disparte ad osservare la reazione di Mao alla vista di Rei. Il suo volto si era incredibilmente illuminato alla vista del mio compagno di squadra ed un sorriso le era spuntato sul bel viso quando lui aveva ricambiato il suo saluto. La cosa più strana fu che non mi sentii per niente gelosa di quelle attenzioni. C’era da preoccuparsi?
Quando però lei mi salutò, dopo aver salutato cordialmente tutta la squadra, io non riuscii a sostenere il suo sguardo. Sentivo una certa inquietudine crescermi nel petto, come se lei potesse leggere nei miei occhi quello che era capitato tra me e Rei. Ero imbarazzata e preoccupata della reazione che avrebbe potuto avere se ne fosse venuta a conoscenza. Spostai anche lo sguardo su Rei, in cerca del suo sostegno, ma lui mi stava osservando come a dire “sii te stessa”. E così feci. Presi una copiosa boccata d’aria e la salutai tranquillamente come avevo fatto con il resto dei suoi compagni. Ma per quanto ancora avrei sopportato quello strano triangolo che si era formato tra noi?
Purtroppo non potei pensarci oltre, perché l’arrivo dell’intero Team degli All Stars ci destò tutti dai nostri pensieri.
Max corse ad abbracciare sua madre, mentre i ragazzi salutarono tutti i presenti con un sorriso gioviale. Ci dissero che sarebbero stati i primi a scendere in campo contro i Demolition Boys, ma al suono di quel nome ci irrigidimmo tutti.
«Hai detto Demolition Boys?», chiese Takao, aggrottando leggermente le sopracciglia. «Sono per caso i ragazzi che si allenano al Monastero Vorkof?», continuò poi, dando voce ai nostri pensieri.
Fu Emily a rispondere.
«L’abbiamo saputo anche noi questa mattina. I ragazzi che formano la squadra nazionale Russa provengono tutti da quel monastero»
Ammutolimmo. Era chiaro che pensammo tutti la stessa cosa. Doveva trattarsi di Yuri e Ivan, era oramai chiaro. Quel piccoletto era troppo in gamba per passare inosservato. Quindi, anche se inconsciamente, quella notte avevamo fatto la conoscenza dei nostri prossimi avversari. Per fortuna potevamo studiarli grazie a quelle amichevoli e sono sicura che il Prof Kappa avrebbe sicuramente raccolto tante succulente informazioni. 
«Beh, adesso dobbiamo andare», ci rese noto Michael, scorrendo lo sguardo su ognuno di noi. «Vi conviene andare a prendere i posti migliori sulle tribune ragazzi, non vorrete perdervi gli incontri», ridacchiò.
Così facendo ci salutammo ed ognuna delle squadre andò per la sua strada, ma non mi sfuggì il saluto mieloso di Mao nei confronti di Rei, che la salutò a sua volta con un sorriso affabile. Quindi non mi restò altro da fare che sospirare con un lieve sorriso rassegnato e seguire gli altri sugli spalti, dove prendemmo posto nella quarta fila. Da quell’altezza avevamo la giusta visuale e non era troppo lontana dal campo di gara. Lo stadio era ben visibile, come lo sarebbero stati i Beyblade avversari per poterli studiare.
Il primo ad entrare nella piattaforma di gioco fu Dj Man, sempre lo stesso uomo che aveva seguito tutte le tappe del mondiale, vestito con dei tipici vestiti Russi e del suo sorriso migliore. Iniziò a sproloquiare al microfono di quanto fosse bello il Beyblade, di quanto fosse stato appassionante il mondiale e della generosità di Vorkof  nell’organizzare quello speciale torneo amichevole con i migliori Blader del mondo. A me sembrò parecchio strana la cosa, ma desistetti dal dirlo, e l’espressione dei miei compagni di squadra era del mio stesso avviso. Insomma, perché esporsi così tanto poco prima delle finali del mondiale? E poi sapevano benissimo che ci saremmo stati anche noi a guardare gli incontri, e che avremmo potuto osservare il loro modo di giocare. Si sentivano davvero così sicuri di loro stessi?
Quando il Balder Dj passò la parola a Vorkof ammutolimmo tutti. Era seduto sulle tribune in un posto d’onore, da dove avrebbe osservato i suoi blader battersi contro gli avversari, ed aveva un sorrisetto che mi sembrò alquanto falso.
«Eccolo!», richiamò l’attenzione Takao, digrignando leggermente i denti in un’espressione a dir poco irata. Era chiaro che ancora non gli fosse andato giù il comportamento dell’uomo nei nostri confronti e in quello dei suoi Blader. 
La cosa che ci apparve più strana, e che fece apparire sui nostri volti delle smorfie contrariato, fu il suo discorso. Parlò dell’amicizia e della passione che ogni giocatore mette nel gioco e la fiducia che ripone nei propri mezzi, cosa che ci strappò un sorriso amaro. Avevamo constatato coi nostri occhi che i Russi erano tutto tranne che amichevoli e che giocavano con un rancore che li distingueva da tutti gli altri. Erano stati dei freddi calcolatori, ed anche molto abili, come il Balder di nome Ivan. In più mi chiesi seriamente chi sarebbe sceso in campo per difendere i colori della nazionale locale, o se avessimo visto Yuri in azione. Ero estremamente sicura che anche lui fosse un giocatore molto abile ed infido, vista la freddezza con il quale aveva osservato il match tra il suo compagno e Takao.
«Già…», soffiai in risposta alla constatazione del nostro campione. «Secondo voi chi saranno i Blader Russi?», chiesi infine, dando voce ai miei pensieri. Volevo davvero confrontarmi con le loro idee.
Il primo a rispondermi fu Rei, che era seduto tra me ed il Prof K.
«Secondo me i due ragazzi di ieri sera fanno parte della nazionale. Quell’Ivan è stato davvero bravo, addirittura da mettere in difficoltà un campione come Takao!»
Portò le braccia conserte al petto ed osservò Vorkof assottigliando lo sguardo in un’espressione contrariata, nonostante quello stesse ancora sproloquiando sui benefici di questo sport.
Tutte cavolate a mio avviso. Non che ciò che stesse dicendo lo fosse, anzi, erano tutte cose assolutamente vere. Era il fatto che fosse lui a dirle a farmi storcere il naso. Ma forse faceva parte della sua copertura, e quindi mi chiesi che ruolo ricoprisse quell’uomo in tutto quello. Era veramente un monaco come voleva far credere a tutti? Oppure c’era dell’altro?
«È sicuro!», continuò Max, portandosi il pollice alla bocca e torturandosi l’unghia con fare nervoso. «Inoltre se quello che ha detto Emily è vero ed i Blader locali provengono tutti dal monastero non è difficile intuire che il loro livello di gioco dev’essere abbastanza alto»
«E magari li abbiamo incontrati il giorno in cui siamo entrati in quelle mura…», constatai io, cercando di riportare alla mente i volti di tutti quei ragazzi impauriti che avevamo visto al Monastero.
«Secondo me no», azzardò a dire Kappa, parlando per la prima volta da quando ci eravamo seduti. Aveva continuato a tenere un’espressione concentrata ed aveva ascoltato ogni parola che quell’uomo aveva detto. «Se ci fossero stati dei veri campioni non avrebbero esitato a scendere in campo, invece non l’hanno fatto. Non credo che avrebbero azzardato a farsi scoprire così presto. Credo che l’incontro di questa notte sia stata solo una fortuita coincidenza. E poi non possiamo sapere se effettivamente quei due Blader siano due membri titolari della squadra…», finì a fare spallucce, senza però togliere il suo sguardo da Vorkof, che nel frattempo aveva finito di parlare sotto le ovazioni e gli applausi del pubblico.
Nessuno di noi cinque seguì la massa però, ed anche la nostra conversazione si concluse lì, perché Dj Man chiamò in campo la rappresentativa Americana.
Seguimmo l’entrata in campo dei nostri amici con sguardo attento, osservando le loro espressioni concentrate. La madre di Max, la dottoressa Judy, aveva un’espressione così tesa che stonò sul suo bel volto. Inoltre non era stata così nervosa nemmeno quando giocarono contro di noi. In America erano stati sicuri della vittoria, nonostante fossimo riusciti a strappargliela in finale, invece quella volta ebbi come la sensazione che non fossero preparati a ciò a cui stavano andando incontro. In fondo nessuno aveva informazioni sulla squadra dei Demolition Boys. Quei ragazzi erano un mistero anche per degli scienziati come loro e quella cosa mi inquietò parecchio.
Inoltre, durante l’entrata del PPB, nessuno del pubblicò applaudì. 
«Ed ecco il Beyblader più amato che tutti noi stavamo aspettando! L’eroe del momento! Il primo rappresentante dei grandi Demolition Boys a scendere in campo quest’oggi», gridò a pieni polmoni il cronista «Signori e signore ecco a voi Ivan Pablov!»
Al grido del suo nome invece ci fu uno scoppio di applausi e grida, segno che i Russi dovevano tifare parecchio la loro squadra di appartenenza…
«Hey, ma perché scendono in campo uno alla volta?», chiese Takao, perplesso da quello strano avvenimento. In fondo i componenti delle squadre non dovrebbero essere tutti uniti?
«Non te lo so dire, ma ho la netta sensazione che Dj Man faccia il tifo per la squadra di casa…», lamentò Kappa, apprestandosi ad aprire il portatile per poter finalmente riprendere l’incontro che si sarebbe tenuto tra Ivan e Steve.
Purtroppo come pronosticato i Blader di Vorkof erano fortissimi e, per quanto lo fosse stato anche Steve, tanto da aver messo in difficoltà Takao stesso al Torneo Americano, il campione Statunitense venne battuto in pochissimi secondi sotto il nostro sgomento e quello dei suoi compagni.
Il secondo a scendere in campo per difendere i colori degli USA fu Eddi, mentre per la squadra di casa fece il suo ingresso solitario il Blader dai capelli scarlatti che avevamo conosciuto quella notte. Finalmente saremmo riusciti a vederlo in azione. Mi aveva così tanto incuriosita che non aspettavo altro. Volevo vedere se anche lui era un eccelso giocatore come il suo compagno o se fosse stato sconfitto dal suo avversario, che ricordai riuscì a battere il nostro Rei.
«Ecco a voi Yuri Ivanov!», lo acclamò Dj Man, ed anche per lui ci furono incitazioni ed applausi. 
Io mi persi ad osservare la sua camminata fiera e risoluta, come quella di un predatore che ha adocchiato la sua preda, come se fosse già sicuro di farla fuori. Il suo sguardo di ghiaccio era piantato sull’avversario, mentre metà del suo volto era nascosto dietro il colletto della maglia bianca ed arancione che stava indossando e quello gli dava un’aria così fredda e misteriosa che di nuovo sentii un brivido corrermi lungo la schiena. Non seppi dire perché mi faceva quell’effetto, ma forse era solo una conseguenza di quelle iridi color del ghiaccio che avevano il potere di gelarti all’istante da quanto sembravano vuote e fredde.
Quando iniziò il match non ebbi più dubbi sul perché fosse così sicuro di sé. Inoltre il suo comportamento non tradì le mie aspettative. Anche lui era un campione, esattamente come il suo compagno, ed aveva buttato fuori dal campo di gioco Trypio in pochi, pochissimi, secondi. Non eravamo stati neanche in grado di vedere bene il suo attacco, perché successe tutto in poco tempo e senza che lui avesse mosso un muscolo. Era rimasto sulla pedana di lancio con le braccia conserte e l’espressione indifferente, mentre il suo Beyblade argentato continuava a girare baldanzoso in mezzo al campo, sotto lo sconcerto degli americani.
«Non è possibile!», sentii inveire il Prof di fronte a ciò che era appena successo. Sono sicura che lo avesse detto soprattutto perché il match era durato talmente poco da non essere riuscito a recuperare informazioni.
«Trypio è fuori gioco, il vincitore è Yuri!», decretò il Blader Dj e di nuovo le urla del pubblicò riempirono lo stadio. Ma tutte quelle acclamazioni ed applausi non scalfirono la coltre di ghiaccio del rosso. Si spostò verso la loro panchina senza mai fermarsi a guardare oltre, come se gli apprezzamenti del pubblico lo lasciassero del tutto indifferente.
Nel terzo incontro scese in campo Michael, che raggiunse il campo con l’espressione di chi l’avrebbe fatta pagare cara al suo avversario. Probabilmente il nervosismo la stava facendo da padrone, e come dargli torto… ma avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti se non voleva fare la stessa fine dei suoi compagni.
Io invece avevo iniziato ad agitarmi sulla poltroncina degli spalti. Ero veramente curiosa di sapere chi fosse il terzo Blader a scendere in campo per i Russi. Ivan e Yuri li avevamo già conosciuti quella notte, ed avevamo capito che fossero dei veri fuori classe. Ma chi sarebbe stato il terzo? Sarebbe stato forte e letale come loro? Ma, soprattutto, mi domandai se lo avessimo conosciuto in qualche modo. In fondo avevamo incontrato molti Blader il giorno del nostro arrivo a Mosca, facendo visita proprio al Monastero.
«Adesso può fare il suo ingresso anche il terzo campione Russo!», lo chiamò il Dj, dopo aver presentato Michael, che invece stava attendendo il suo avversario con il suo caricatore a palla da Baseball stretto nella mano destra.
Rimanemmo tutti con il fiato sospeso, mentre ascoltavamo l’eco dei passi del misterioso Blader farsi sempre più vicino. Eravamo tutti fissi a guardare l’entrata del campo posta alle spalle della panchina dove erano seduti Ivan e Yuri. Ricordo che smisi anche di respirare per un momento e mi stavo torturando l’unghia del pollice con nervosismo. Non mi era più capitato di farlo, ma in quel momento fu un gesto del tutto inconscio. I miei occhi non si erano spostati minimamente dal corridoio buio da dove sarebbe entrato lo sfidante del campione Americano.
I suoi passi erano sempre più vicini e la sua ombra iniziava ad intravedersi dalla semi oscurità dell’apertura, posta in mezzo alle tribune di fronte alla nostra. 
Fece ancora qualche passo prima che la luce artificiale delle lampade di cui era provvisto lo stadio lo mostrasse ai nostri occhi. Vedemmo prima la punta delle sue scarpe nere entrare nel nostro campo visivo, poi i larghi pantaloni fin troppo famigliari, fino a che la luce non arrivò a riflettere il bianco della sua sciarpa e l’argenteo colore dei suoi capelli.
I suoi occhi ametista invece scintillavano in direzione del suo avversario.
Tutti noi Bladebreakers ci esibimmo in un’espressione sconcertata alla vista di quel Blader che noi conoscevamo fin troppo bene.
«Non è possibile!», sentii proferire ai miei compagni con voce sofferta. 
Io dal canto mio mi sentii sprofondare, come se mi fosse mancata la terra sotto i piedi. Iniziarono a tremarmi le gambe, mentre sul volto avevo un’espressione puramente sofferta, dettata dalle tante emozioni che avevano attanagliato il mio cuore.
“Non è possibile”, continuai a ripetermi tra me e me.
Sentivo un dolore al petto che difficilmente sarebbe andato via.
Come rappresentante della squadra Russa, sfacciato e sicuro di sé com’era sempre stato, c’era Kai Hiwatari. 
Ed il mondo mi crollò addosso.
Fine capitolo 29


°°°°°°°

Colei che scrive:
Ma salve! Eccomi tornata con un altro aggiornamento! Questo capitolo riprende più o meno ciò che successe nella puntata del cartone, a parte la prima parte tra Rei e Saya ovviamente xD e quanto ci rimasi male quando vidi uscire Kai dalla parte dei Russi U.U 
Quindi ora viene il bello eheheh e quella povera anima di Saya si è rovinata la serata per questo ingrato, tzé! Ma il bello arriverà! 
Che dire, finisco col ringraziare come sempre i recensori, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Al prossimo aggiornamento! 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 - parte della verità svelata ***


Capitolo 30


Corsi a per di fiato tra le tribune, facendomi spazio tra i corridoi, fino a scendere con un balzo tutti i gradini che mi dividevano dal Beyblade Stadio, dove Kai stava avanzando baldanzoso per battersi contro Michael. 
Non avevo staccato gli occhi dal mio ex compagno di squadra neanche per un attimo e la mia espressione era a dir poco furente. Mi ero presa il labbro inferiore tra i denti e lo avevo stretto così tanto che avevo finito per sentire in bocca il sapore metallico del sangue.
Ero arrabbiata, incredula ed amareggiata per quel repentino cambio di fazione da parte di Hiwatari e continuavo a chiedermi il perché di tale scelta. Insomma, ricordavo bene i suoi sguardi inquietati all’interno del Monastero, e come ne fosse uscito provato alla prima occasione utile e senza neanche guardarsi indietro. Allora perché aveva addirittura deciso di combattere con loro? Cosa lo legava a quelle persone ed a quell’uomo?
«Aspetta Saya!»
Takao mi stava rincorrendo e sentivo le sue imprecazioni che mi intimavano di fermarmi, ma non volevo dargli ascolto. Inoltre ero sicura che anche lui avesse voluto cantarne quattro al nostro ex amico. Mi avrebbe fatto piacere un po’ di manforte, perché anche io avevo una gran voglia di sfogare tutto il mio risentimento nei suoi confronti. Ci aveva fatto preoccupare tutto il giorno e, soprattutto, tutta la notte. Mi ero tormentata per lui per tutte quelle ore, anche dopo il meraviglioso bacio che Rei mi aveva regalato. Non ero riuscita a chiudere occhio pensando a lui ed al fatto che potesse essere in pericolo, solo e malato al monastero, invece in quel momento mi sembrava che scoppiasse di salute. Cos’era cambiato nel suo animo? Come avevano fatto a fargli il lavaggio del cervello? 
Capii che la scusa della febbre era stata solo una copertura e solo in quel momento ripensai al fatto che non mi ero bevuta del tutto quella scusa. Era anche per quello che mi ero preoccupata, ed in fondo avevo fatto bene a farlo. Ma chi avrebbe mai pensato che avremmo rivisto Kai come nemico?
Riuscii ad arrivargli di fronte quando oramai era quasi sulla pedana di lancio, ma io fui più veloce e gli sbarrai la strada piazzandomi a pochi passi da lui, che arrestò la sua camminata con un’espressione scocciata. Era chiaro che la mia interruzione, come il fatto che lo avessi disturbato all’inizio di un incontro, non gli era andato molto a genio. Come purtroppo non gli era mai andata giù la mia presenza…
Takao, sopraggiunto in mio soccorso invece, si piazzò accanto a me e, per fortuna, notai con il pelo dell’occhio che la sua espressione era molto simile alla mia. Per la prima volta vidi il nostro campione tremare dalla rabbia. Forse anche lui aveva iniziato a perdere fiducia verso il ragazzo di fronte a noi e per la prima volta lo vidi provare del risentimento e dell’amarezza verso il comportamento spropositato che non aveva avuto remore a tenere quell’ingrato.
«Ci devi delle spiegazioni Kai!», gli intimò infatti contro, prima ancora che io potessi dire la mia, ma gliene fui immensamente grata. Non credo sarei stata capace di iniziare un discorso sensato in quel momento, non con il suo algido sguardo addosso.
«Tu sei uno di noi! Allora perché hai deciso di abbandonare la tua squadra?», rincarò la dose, sibilando a denti stretti. In quel momento capii che Takao non era venuto in mio soccorso, o meglio non solo. Anche lui si era sentito tradito ed anche lui era sceso per chiedere spiegazioni. Gli altri Bladebreakers invece erano rimasti seduti ai loro posti, probabilmente troppo avviliti per fare qualsiasi cosa. Sono sicura che stessero guardando la scena dalle tribune, continuando a domandarsi il perché di tutto quello.
Intanto il mio compagno si era pericolosamente avvicinato ad Hiwatari, così tanto che avrei giurato che gli stesse per tirare un pugno. Invece non lo fece, continuò a guardarlo con aria furente, mentre l’altro era rimasto impassibile come suo solito.
Lo sguardo del mio ex amico però era rivolto a me, che stavo a poca distanza dalle spalle di Takao.
«Sparite!», ci intimò, categorico, con una voce talmente fredda che stentai a riconoscere come sua. È vero che la freddezza gli era sempre stata propria in quel periodo, ma non era mai stato così minaccioso e stranamente calmo come in quel momento. I suoi occhi ametista erano assottigliati in uno sguardo di ghiaccio, nonostante fosse rimasto eretto con le braccia posate lungo i fianchi. 
Ma Takao non demorse. Ridusse la poca distanza tra loro e lo afferrò per le spalle, scotolandolo leggermente mentre gli intimava di rispondere alla sua domanda. 
Di nuovo Kai aveva mantenuto il suo solito distacco, la sua solita impassibilità ed il suo solito vizio di sorvolare sulle risposte che a lui a quanto pareva dovevano sembrare futili.
Ma d'altronde Hiwatari è sempre stato uno con poca pazienza, e quello che successe dopo ne fu la conferma.
Senza sentir altre ragioni, e senza smuoversi più di tanto o cambiare espressione, alzò solamente un braccio e colpì Takao in volto con il dorso della mano, facendogli perdere l’equilibrio e facendolo rovinare a terra con un gridolino di dolore. Non si voltò nemmeno a guardare se il suo vecchio amico si fosse fatto male con quello schiaffo. Continuò a guardare di fronte a sé, nella mia direzione. Stava continuando a tenere i suoi occhi nei miei con un’espressione sprezzante, che mi congelò sul posto. Io dal canto mio strinsi la mascella e mi convinsi a mantenere una posizione eretta. Non mi avrebbe abbattuta, non di nuovo. Mi ero ripromessa di non piangere per lui, e dovevo continuare a mantenere quella personale promessa. Non avevo versato una lacrima per lui quella notte, nonostante tutta la preoccupazione provata e non ci sarebbe riuscito nemmeno se mi avesse rivolto le sue peggiori offese. Dovevo provare a dirgli qualcosa pur di non lasciarlo andare via così, perché probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta in cui lo avrei visto e forse quella constatazione mi pesò più del fatto che avesse deciso di abbandonarci.
«Potevi almeno informarci invece che far finta di sentirti male, ci saremmo preoccupati meno…», sibilai velenosa quando mi fu accanto per sorpassarmi e le mie parole sortirono l’effetto sperato. Lui arrestò la sua camminata, senza però voltarsi nella mia direzione. La sua spalla poteva quasi sfiorare la mia, ma il suo volto era rivolto verso lo stadio e probabilmente verso il suo avversario, che stava ancora attendendo a bordo campo.
Anche io non voltai la mia attenzione sul suo volto, perché sicuramente sarei crollata di fronte alla sua espressione menefreghista ed impassibile. Mi faceva male vedere il viso della persona a cui avevo voluto più bene così trasfigurato dai sentimenti che non gli erano mai appartenuti.
Attesi una risposta, ma quella non arrivò mai. Ero sicura che avrebbe detto qualcosa di sprezzante, come aveva fatto nel giardino degli Jurgens, invece non lo fece e quello mi incuriosì così tanto che decisi di voltarmi nella sua direzione, in modo da averlo perfettamente nel mio campo visivo. La sua espressione era quella di chi si stava sforzando di non dire nulla, oltre al fatto che fosse sprezzante e quasi iraconda. Aveva le labbra leggermente piegate in una smorfia, le narici dilatate e gli occhi assottigliati sotto le sopracciglia aggrottate. Era chiaro che lo stavamo infastidendo non poco, me per prima. Non era un mistero il fatto che gli fossi antipatica, in fondo me lo aveva detto lui stesso proprio qualche giorno prima, ed in quel momento avevo sfruttato la cosa a mio favore. 
Per la prima volta avevo sperato che mi rispondesse con qualcuna delle sue uscite sprezzanti, invece non mi degnò della minima considerazione. Non aveva spostato lo sguardo su di me nemmeno quando mi ero voltata ad osservare il suo profilo, ed ero sicura che col pelo dell’occhio mi avesse vista benissimo mentre mi voltavo. Sperai che almeno avesse colto la mia espressione delusa dal suo comportamento, se proprio non erano bastate le mie parole. Ma sicuramente erano penetrate nel suo animo anche quelle, ne ero certa! 
Riprese a camminare subito dopo, facendo crollare drasticamente ogni mia speranza, e non mi restò altro da fare che raggiungere Takao ed aiutarlo a rialzarsi.
Insieme osservammo la scena che ci si era parata di fronte, di Kai che raggiungeva la postazione di lancio e Michael furioso di fronte a lui.
Poi successe un fatto alquanto strano, che ci fece ammutolire tutti, spettatori compresi.
Hiwatari chiese di battersi contro tutta la squadra degli All Stars e sotto quella richiesta ammutolì anche Dj Man, ma bastò un’occhiata di Vorkof perché quello dette il consenso di far fare a Kai quello che chiedeva. Mi balenò anche in testa il pensiero che quella fosse una cosa architettata in precedenza, ma scacciai il pensiero per concentrarmi su quello che stava succedendo. 
Michael, Eddy, Steve ed anche Emily si erano posizionati sulla pedana di lancio, tutti con uno sguardo furente rivolto al suo avversario. Probabilmente l’aver perso brutalmente i primi due incontri doveva aver bruciato molto ad ognuno di loro, per questo avevano accettato quella strana richiesta da parte del loro avversario. Ma, per quanto si ritenesse forte, non avrebbe avuto speranze di battere una squadra intera.
O almeno così credetti…
«È impazzito! Dranzer non ha nessuna speranza contro Trygle, Trypio e Trygator insieme! Per quanto si senta forte, è sempre da solo contro tre campioni…Perché ha così tanta fiducia nei suoi mezzi?»
Mi lasciai andare in quella constatazione mentre osservavo la squadra americana agganciare i loro Beyblade ai lanciatori, spostando lo sguardo su ognuno di loro. Fu Takao però a rispondermi.
«Perché non userà Dranzer…», iniziò e quella constatazione mi fece voltare con un sopracciglio alzato verso il suo volto allucinato, facendomi poi spostare l’attenzione sul nostro ex compagno di squadra. 
«Ha un nuovo Beyblade!», sibilai a voce alta, curiosa e scioccata allo stesso tempo.
Dov’era Dranzer? Lui non si era mai separato dal suo Beyblade e dalla sua Aquila Rossa e credevo che fossero le uniche cose amate da quell’insensibile, le uniche che infiammavano il suo spirito…ed invece mi dovetti ricredere ancora una volta. 
Mi chiesi cos’avesse di speciale quello strano e misterioso Beyblade nero, ma la risposta arrivò quando, con poche ed infide mosse, mise k.o tutti i Beyblade del Team del PPB! Quell’incontro era durato poco quanto i primi due, giocati da Ivan e Yuri, che stavano osservando le azioni del loro compagno dalla panchina Russa. Quel Bey sembrava inarrestabile ed il suo possessore sembrava esserci perfettamente in sintonia, riuscendo perfettamente a controllarlo. Inoltre per tutta la breve durata del match, Hiwatari era rimasto impassibile al suo posto. Solamente il sorrisetto soddisfatto che aveva tenuto sulle labbra era in contrasto con la sua solita pacatezza. Ma capimmo subito il perché di quell’ilarità.
Dopo l’incontro, chiuso con la vittoria dei Demolition Boys, rubò i Bit Powers dell’intera squadra Americana grazie al Bit Power dell’aquila nera, proprio al Beyblade che stava utilizzando, e ne sembrò così soddisfatto che il suo sguardo di fuoco mi indispettì non poco.
Io e Takao avevamo assistito alla scena dalla nostra posizione, sorreggendosi l’uno con l’altra per non cadere vittime di quegli eventi. Lui aveva osservato il tutto con un’espressione scioccata, la mia invece era furente.
Kai si voltò per uscire dallo stadio senza ripensamenti, ma noi eravamo ancora nel punto in cui ci aveva lasciati e gli stavamo impedendo di raggiungere indisturbato l’uscita. Così si fermò di nuovo a pochi passi da noi, osservandoci come se fossimo solo degli scarafaggi da dover schiacciare.
Il suo sguardo passò da Takao a me, poi di nuovo al campione, e così via. Sembrò come se ci stesse intimando di toglierci di mezzo senza bisogno di utilizzare le parole.
Ovviamente nessuno di noi due si mosse di un passo e forse fu quello che lo convinse finalmente a parlare, con un dito puntato nella nostra direzione.
«State attenti», minacciò, «perché metterò le mani anche sui vostri Bit Powers…», disse infine, riprendendo a camminare verso di noi.
Quella volta però rimanemmo talmente pietrificati da quelle parole sprezzanti che non riuscimmo a rispondere. Non facemmo nulla per cercare di fermarlo, quindi continuammo a guardarlo avvicinarsi indisturbato.
«Kai…», mi lasciai però sfuggire con un lamento quando mi fu quasi di fronte.
«Prova ancora ad indispettirmi e sarai la prossima», mi disse con un filo di voce quando la sua sciarpa frusciò al mio fianco. Non si era nemmeno preso la briga di fermarsi o guardarmi in faccia. 
Quella minaccia mi aveva lasciata talmente di stucco che non riuscii nemmeno a controbattere. Ascoltai i suoi passi farsi sempre più lontani, mentre il mio cuore aveva iniziato a battere fin troppo velocemente e le gambe si erano fatte più pesanti. Le sentii anche tremare sotto il peso di quelle parole sprezzanti.
Sarei caduta a terra se Takao non mi avesse sorretta.
Ancora una volta, Kai era riuscito ad ammutolirmi.



Dopo una breve pausa, in cui raggiungemmo i nostri compagni sugli spalti, ci fu l’incontro tra i Demolition Boys ed i White Tigers. Tutti noi eravamo preoccupati per le sorti degli amici cinesi, soprattutto Rei, che se ne stava seduto a braccia conserte ed un’aria furente. In fondo capivo bene il suo nervosismo, lui più di tutti era legato a quei ragazzi… e si sarebbe dovuta battere anche Mao, che lui in qualche modo reputava importante. 
Rimanemmo a fare congetture su quanto accaduto per tutto il tempo del Time Break, ed a rispondere era spesso il Prof, con l’aria avvilita. Non lo avevo mai sentito sospirare abbattuto come quella volta e potevo ben capirlo, perché in fondo anche io mi ero afflosciata sulla poltroncina delle tribune, a tremare di rabbia verso Hiwatari e tutta la squadra Russa. La minaccia che mi aveva rivolto Kai ancora risuonava nelle mie orecchie ed aveva alimentato tutto il risentimento che sentivo nei suoi confronti.
Purtroppo le nostre congetture furono brutalmente interrotte dalla voce di Dj Man, che dette il via agli incontri.
Quella volta a scendere in campo fu solo Kai per tutti e tre gli incontri, che furono però la fotocopia dei precedenti. Ad ogni incontro vinto, il nostro ex compagno aveva rubato il Bit Powers di un membro dei White Tigers, sotto lo sgomento di tutti noi e di Rei. Quando mi voltai verso di lui, aveva un ringhio talmente adirato che mi fece quasi paura. Ma non potevo biasimarlo. Il comportamento di quell’insensibile aveva inquietato anche me. 
E noi saremmo stati i prossimi se non avessimo pensato ad un modo per fermarlo. Ma il fatto che ci saremmo dovuti battere con lui non mi piacque per niente. Kai era un avversario infido e pericoloso e sicuramente era meglio averlo con noi che contro di noi, ma oramai c’erano ben poche speranze di riportarlo dalla nostra parte.
Mi chiesi anche se tutta quella messa in scena ed il fatto che fosse rimasto passivamente in squadra per tutto il mondiale non fosse stata una cosa premeditata in precedenza. Ma scacciai il pensiero.



«Voglio parlare con lui a quattrocchi!», decretò Takao quando tornammo in Hotel.
Ci sedemmo tutti sui divani della stanza che divideva con Max ed il Prof, furenti di rabbia per gli eventi appena trascorsi. 
I due incontri amichevoli, che di amichevole non avevano avuto nulla, si erano entrambi conclusi con la vittoria dei Demolition Boys. La squadra Americana e quella Cinese avevano perso brutalmente sia gli incontri che i loro Bit Powers. Pensai a come sarei stata io se qualcuno mi avesse rubato il Bit Power di Star Pegaso e sentii una stretta al petto, quindi immaginai come dovevano sentirsi i ragazzi. Uscendo dallo stadio, nella pausa tra i due match, vedemmo Emily trattenere a stento le lacrime, mentre i volti di Michael, Steve ed Eddy erano un misto tra il rabbioso e l’addolorato. E quelli dei membri del team della Tribù della Tigre Bianca non erano da meno. Rei aveva provato a parlare con i ragazzi, ma capivo come dovevano sentirsi e del perché non proferirono parola. Non mi sfuggì però il fatto che Mao si fosse gettata a piangere tra le braccia di Rei, come avevo fatto io sul treno, ma quella scena non mi inquietò particolarmente. Anzi, mi sentii in perfetta sintonia con la ragazza. Anche io se fossi stata nelle sue condizioni mi sarei gettata tra le braccia di qualcuno per consolarmi, come avevo fatto con lo stesso Rei pochi giorni prima e, a malincuore, con Kai ai tempi dell’asilo.
«Anche io voglio cantargliene quattro! Non può rimanere impunito!», ringhiai alzandomi di scatto dalla mi a posizione. Tremavo dalla rabbia e se non l’avessi in qualche modo sfogata mi sarei ritrovata a piangere di nuovo dal nervoso e di nuovo per lui. 
«L’unico modo sarebbe andare al Monastero», sentenziò Rei, ma si vedeva lontano un miglio che aveva tutte le intenzioni di seguirci.
«Siete sicuri? L’ultima volta…», iniziò il Prof, cercando di essere razionale, ma venne brutalmente messo a tacere da Takao.
«Non mi importa! Che provino a fermarci, dovranno vedersela con me! Non sarò magnanimo come l’altra volta!» imprecò e senza sentir ragioni si diresse al suo cappotto, indossandolo mentre con lo sguardo ci incitava a raggiungerlo.
Io e Rei non ce lo facemmo ripetere due volte ed anche Max ed il Prof, dopo essersi scambiati un’occhiata eloquente decisero di seguirci.
In men che non si dica, mentre il tramonto iniziava a tingere di arancione l’aria, arrivammo di fronte al tanto chiacchierato Monastero. Inoltre oramai conoscevamo bene la strada, visto che era la terza volta che la percorrevamo. Quella volta con intenzioni ben precise e poco benevole. Ci saremmo introdotti dentro quella proprietà privata, fregandocene delle conseguenze.
Scavalcammo la stessa inferriata dell’ultima volta, stando attenti a non passare di fronte al congegno ad infrarossi ed iniziammo a correre verso il grande portone d’entrata. Che come previsto però era saldamente chiuso.
«Spostatevi, ci penso io!» 
Takao tirò fuori Dragoon dalla tasca ed appena ci fummo allontanati dalla porta lo lanciò a tutta velocità contro la serratura, che si aprì con un sonoro scatto e...
«Oh no, hai fatto scattare l’allarme!», imprecò spaventato il Prof Kappa, iniziando nervosamente a saltellare.
«Non me ne importa niente! Dai, entriamo!», lo mise a tacere il nostro campione. Era così ansioso di trovare Kai che per la prima volta lo vidi incredibilmente serio.
Senza dire una parola ci lanciammo tutti e cinque all’interno del corridoio di pietra, illuminato solo da alcune fiaccole poste lungo il muro. Non riuscivamo a vedere il fondo, ma solo quanto bastava per capire dove mettevamo i piedi. In ogni caso l’importante era andare avanti, in fondo non avevamo una meta precisa, ci bastava solamente che Kai si accorgesse di noi, il resto lo avrebbe fatto lui stesso. Oppure, se avessero tentato di fermarci, avremmo provato in tutti i modi a farci dire dove trovare il nostro ex compagno.
Ma purtroppo tentarono di fermarci davvero ed il primo che venne acciuffato fu proprio il Prof, che correva dietro di noi come chiudi fila. Era talmente nervoso e spaventato che non era riuscito a tenere il passo, e il pc che saldamente teneva stretto tra le braccia gli aveva impedito di tenere un’andatura costante.
«Non preoccupatevi per me, proseguite le ricerche! Dovete trovare Kai!» ci intimò dalla sua posizione. Il ragazzino che lo aveva braccato era riuscito a farlo cadere nella corsa e lo aveva fermato a terra trattenendolo per le spalle.
Ma purtroppo quella brusca interruzione dette modo ad altri Blader avversari di raggiungere i loro compagni. Uscirono tutti da un corridoio laterale e le loro facce non erano per niente amichevoli.
«Vi copro le spalle, voi continuate a cercare!» ci informò Max, tirando fuori il suo Draciel e parandosi di fronte a me, Takao e Rei, dandoci la possibilità di continuare a correre. E così facemmo, rintanandoci in un altro corridoio quando sentimmo delle voci arrivare verso di noi. Ci eravamo stretti in quello spazio angusto ed io ero finita spiaccicata contro il mio compagno cinese. Lui dal canto suo mi aveva stretto tra le braccia, come per proteggermi da quel luogo infausto e da possibili agguati.
«Qui però non siamo al sicuro», iniziò poi, quando il silenzio cadde di nuovo su di noi. Mi guardò negli occhi e mi sorrise lievemente. In quello sguardo capii le sue intenzioni.
«No Rei! È pericoloso!», gli dissi con un lamento. Avevamo già lasciato addietro due di noi, non potevamo perdere anche Rei. Soprattutto quando io e Takao non saremmo riusciti a trovare l’uscita di quel posto nemmeno se ci saremmo impegnati.
«È l’unico modo! Io cerco di attirarli a me e portarli più lontano possibile da voi, così che avrete modo di continuare a cercare Kai! Sono sicuro che questo corridoio porti da qualche parte!»
«Ma…», provai a controbattere ma lui senza sentire ragioni poggiò lievemente le sue labbra sulle mie, dandomi un lieve e casto bacio che mi fece avvampare. Sono sicura che lo avesse fatto per non farmi preoccupare per le sue scelte, ma mi sentii accaldata comunque. Soprattutto perché il tutto era passato sotto l’attenta osservazione del nostro capitano, che ci stava guardando con le sopracciglia aggrottate in un’espressione perplessa. 
«Ci vediamo dopo!», ci disse poi, staccandosi da me senza aspettare una risposta ed iniziando a correre nel corridoio centrale. Lo fece facendo più rumore possibile ed i ragazzi che erano passati poco prima in quello stesso corridoio arrivarono ad inseguirlo, lasciando me e Takao soli. 
«Beh, non ci resta che andare…», sospirai sconfitta, facendo spallucce, ma Takao mi stava osservando di sottecchi e capii anche il perché.
«Da quanto tu e Rei…», si aprì poi in una risatina complice, facendomi arrossire di nuovo, ma io iniziai a scuotere la testa in un gesto di negazione.
«Takao, non è il momento per queste rivelazioni. Comunque non c’è nulla tra me e Rei, o meglio, non so cosa ci sia tra me e Rei, ma ora il nostro obbiettivo è Kai! Dobbiamo trovarlo e dobbiamo farlo in fretta oppure vanificheremo gli sforzi che hanno fatto i nostri amici per darci questo vantaggio!», proferii in risposta ma bastò per farlo tornare serio. Annuì con un gesto eloquente della testa e, prendendomi per mano, iniziò a correre per il corridoio principale.
Come preventivato però, non avevamo la minima idea di dove stessimo andando né di dove saremmo dovuti andare. Continuammo ad andare avanti per inerzia, percorrendo l’intero corridoio fino alla sua fine, dove era ubicata una porta di legno.
«E ora?», chiesi con un lamento quando arrestammo la nostra corsa.
«Entriamo! Qui siamo troppo vulnerabili», mi rese noto e, di nuovo riprendendomi per mano, entrammo in quella misteriosa stanza.
Per fortuna era più illuminata dell’intero corridoio, tanto quanto bastava per farci vedere cosa ci fosse al suo interno e gelandoci sul posto.
C’erano delle vasche piene di liquido verdognolo, dove all’interno erano custoditi i Bit Powers. Era una scena raccapricciante ed inquietante. Vedere quelle misteriose creature rinchiuse in quel modo mi dette il volta stomaco, soprattutto dopo che iniziammo a capire cosa fosse davvero quel monastero. 
E la cosa non mi piaceva affatto. Era oramai ovvio che quell’apparenza era solo una copertura e forse quell’uomo, Vorkof, non era nemmeno un monaco vero.
Purtroppo però, quando parli del diavolo…ecco che proprio l’uomo che ci aveva accolti in quello stesso monastero nel nostro primo giorno in Russia arrivò nella stanza. Come l’altra volta era vestito della sua tunica marrone ed aveva una strana pacatezza che mi dette sui nervi.
«Fine della corsa ragazzi…», ci disse, tuttavia il suo tono era leggermente divertito. Inoltre, differentemente dall’ultima volta, aveva sul volto una strana maschera che gli tappava il viso e gli dava un aspetto ancora più inquietante.
«Vorkof!», lo richiamammo all’unisono, con un ringhio inferocito che lo fece scoppiare a ridere.
«Che cosa combinate qui dentro?», chiese poi Takao, stanco di tutto quel mistero. Ma come dargli torto in fondo. Immaginai però che l’uomo continuasse a ridere, o che ci prendesse di peso e ci buttasse fuori, oppure che chiamasse i rinforzi. Invece, stranamente da quello a cui avevo pensato, pensò bene di quietare i nostri dubbi.
«Questo è il centro operativo della Borg, un organizzazione che allena i Blader più forti del paese e studia la manipolazione dei Bit Power», iniziò, ma il mio compagno lo interruppe di nuovo.
«E con quale scopo? Le spiacerebbe spiegarmelo?», chiese, dando voce anche ai miei pensieri. Io dal canto mio ero rimasta accanto a lui, con ancora una mano saldamente chiusa nella sua. Quell’uomo mi metteva troppa soggezione.
«Ti accontento volentieri. Devi sapere che accogliamo i Blader nel nostro monastero quando sono ancora piccoli. Selezioniamo i più resistenti e aggressivi e stimoliamo il loro spirito combattivo. Cerchiamo inoltre di forgiarne il carattere affinché diventino crudeli e soprattutto disposti a qualsiasi sacrificio pur di vincere!», assottigliò lo sguardo, rimarcando l’ultima frase. Si fece più serio, ma il sorrisetto serafico sul suo volto mi fece correre un brivido lungo la schiena. Fu la stessa sensazione che ebbi alla vista degli occhi glaciali di Yuri. «Quindi li sottoponiamo senza tregua ad allenamenti durissimi che li portano a diventare imbattibili», finì con un risolino compiaciuto che ci fece sbiancare. In quel momento mi fu chiaro il perché delle espressioni impassibili viste su tutti i Blader di quel luogo. E quella constatazione, oltre a farmi ardere dalla rabbia, mi lasciò nel cuore tanta tristezza. Come potevano ridurre così dei ragazzi con la passione del Beyblade?
«Siete pazzi!», gridò Takao, destandomi dai miei pensieri. «Adesso capisco quegli sguardi e la violenza dei ragazzi che si allenano qui!», continuò.
Le parole di Vorkof invece mi gelarono al mio posto, lasciandomi sul volto un’espressione pressoché scioccata.
«Anche Kai è cresciuto alla Borg», disse semplicemente, come se quella fosse una cosa normalissima, e vidi sul volto di Takao comparire la mia stessa espressione. Si voltò leggermente nella mia direzione, come a voler constatare quanto mi avessero turbata quelle parole e se avessi avuto la sua stessa reazione. Ma Vorkof continuò la sua spiegazione, fregandosene del nostro stato d’animo.
«Era uno dei Blader più potenti dell’organizzazione. Si è allenato al monastero fin da piccolo e grazie al nostro metodo aveva maturato una determinazione ed una crudeltà esemplari. Adesso ha ritrovato sé stesso e punta a diventare il più forte del mondo. Credo che abbia dimostrato le sue grandi capacità negli ultimi incontri che ha disputato in questi ultimi giorni. Grazie a Beyblader come lui ed ai potentissimi Bit Power un giorno noi della Borg riusciremo a dominare il mondo intero!»
Scoppiò in una fragorosa risata, che ammutolì Takao e scioccò del tutto me.
Ero rimasta frastornata dalle sue ultime parole e tutti i pezzi dell’incasinato puzzle andarono al loro posto. Finalmente avevo trovato le risposte che cercavo, anche se le avevo avute nel peggior modo possibile. Finalmente avevo capito dov’era stato Kai in quei cinque anni di assenza e del perché fosse tornato in paese totalmente e radicalmente cambiato.
Era stata colpa loro. Di quell’uomo e di quel posto, che cresceva piccoli Blader come se fossero macchine. Quei ragazzi venivano svuotati di ogni sentimento, come la passione per quel gioco, e riempiti solo di senso di vittoria e crudeltà. Ma allora perché Kai non si ricordava del periodo vissuto prima del Monastero? Perché non si ricordava di me? E soprattutto, perché non ci aveva mai detto che in passato aveva vissuto in questo posto? 
Mi tornò alla mente la sua espressione allucinata il primo giorno in cui avevamo messo piede qui dentro, e fui sicura che non avesse lo sguardo di qualcuno che era appena tornato in un posto in cui era già stato. Ma forse Kai aveva rimosso anche quei ricordi, e quello coinciderebbe con la strana inquietudine che aveva provato alla vista di quelle mura. 
Il cuore prese a battermi all’impazzata, ed il mio sguardo era fisso sugli occhiali dell’uomo che, in quel momento, mi stava osservando compiaciuto. 
Le gambe mi tremavano in maniera indecente, e se non fossi rimasta ancorata al braccio di Takao probabilmente sarei caduta a terra. Lui dal canto suo si accorse del mio stato d’animo e cercò di sorreggermi quanto poté. Ma anche lui era furioso.
In quel momento anche l’odio provato per Kai crollò drasticamente. In quel momento sentii solo pena per lui e per tutto quello che era stato costretto a vivere. Non era stata d’altronde colpa sua, ma dell’uomo che era di fronte a noi. 
Avrei voluto chiedergli molte cose, ma Takao fu più veloce di me.
«Vogliamo vederlo! Ci permetta di parlare con lui», decretò risoluto e Vorkof non poté fare altro che sospirare divertito e rassegnato. Probabilmente aveva messo in conto quella probabilità.
Prese uno strano congegno, probabilmente un microfono, e parlò nell’altoparlante in una lingua a noi sconosciuta. 
Dopo alcuni secondi, i passi di qualcuno proveniente dalle nostre spalle ruppero il silenzio. Quando ci voltammo con il cuore in gola, Kai era a poca distanza da noi, con la sua solita espressione scocciata e gli occhi ametista puntati sulle nostre persone.
«Kai!», lo richiamò il mio compagno, con il tono di voce speranzoso. Tutta la rabbia era scemata dopo il racconto di Vorkof e probabilmente il nostro campione aveva pensato che, mostrandosi gentile, forse avrebbe smosso qualcosa nell’animo di Kai.
Ma io non credetti nemmeno per un momento ad una resa di Hiwatari, ed infatti lui parlò con un tono di voce altamente intimidatorio.
«Non capisco perché siate qui, né tantomeno cosa vogliate da me», ed a quelle parole il suo sguardo si fermò su di me. Mi guardò con uno sguardo talmente tagliente che mi costrinse a spostare i miei occhi dai suoi con espressione frustrata.
«Però ne approfitto per darti qualcosa», continuò, rivolto di nuovo a me, e quelle sue parole mi dettero la forza di riguardarlo in volto. 
Lui che voleva dare qualcosa a me?
Lo osservai nei suoi lenti movimenti, mentre infilava una mano in tasca dei larghi pantaloni e tirava fuori qualcosa. Fu solo quando lo gettò malamente ai miei piedi che tutto mi fu chiaro. Inoltre quel gesto mi strappò un lamento di dolore. 
«Dranzer!», dissi con il tono di voce disperato, abbassandomi in ginocchio per prelevarlo da terra. 
Lo raccolsi quasi fosse un diamante raro, mentre la vista iniziava ad offuscarsi per via delle lacrime troppo a lungo represse. Quel gesto mi aveva dato il colpo di grazia. 
Lui non si era mai separato dal suo Beyblade e dalla sua Aquila Rossa. Dranzer era stato sempre il suo fedele compagno, fin da quando lo avevamo costruito insieme, e quella separazione mi sembrò come l’ennesimo tradimento. Era come se, volendosi separare da quel Beyblade blu, lui avesse voluto chiudere con il suo passato, anche quello che non riusciva a ricordare. O forse mi stava dando quel Bey proprio perché in qualche modo lo teneva legato a me. E lui non voleva legami col passato, lo lessi nel suo sguardo.
Avevo perso Kai per sempre.
Però il suo gesto aveva acceso in me qualcosa, come quella sera in cui volli a tutti i costi ferirlo. Anche quella volta, nonostante la disperazione e l’amarezza, volli fare un gesto sconsiderato.
Lui si era appena liberato di un pezzo della sua vita, del suo passato e di qualcosa che, probabilmente, gli ricordava di me. Gli avevo detto in nave che avevamo costruito insieme i nostri Beyblade, e forse da quel giorno non gli era mai andato giù quel fatto. 
Anche io volevo fare lo stesso.
Misi una mano in tasca e tirai fuori il mio prezioso disegno, quello che gli avevo mostrato in treno e quello che non ero mai riuscita a buttare. Quello che mi ricordava di lui e del passato che avevamo trascorso insieme. 
Un passato che oramai era impossibile da ritrovare.
Cercando di emulare il suo gesto, e con l’espressione più risentita che riuscii a fare nonostante le lacrime, accartocciai il foglio e lo tirai malamente verso di lui, facendolo atterrare a poca distanza dai suoi pedi. 
Lui era rimasto eretto ed impassibile nella sua posizione. Aveva a malapena spostato lo sguardo a seguire l’atterraggio del disegno con espressione seccata, ma in un batter d’occhio riportò di nuovo la sua attenzione su di me. 
In ogni caso, io non volli dargli altra soddisfazione.
«Ti meriti davvero il disprezzo di tutti, Hiwatari», gli dissi solamente, cercando di mantenere ferma la voce nonostante le lacrime, e lo feci guardandolo dritto negli occhi con l’espressione più furente che riuscii a fare.
Ovviamente le mie parole non lo smossero di una virgola, come al solito, ma mi bastò che avesse recepito il messaggio.
Takao invece continuava a scorrere il suo sguardo allucinato da lui a me. Probabilmente anche lui era rimasto scioccato da quegli eventi. Anche lui non si sarebbe mai aspettato che Kai abbandonasse il suo fedele compagno. In fondo, entrambi avevamo sempre sperato che, nonostante non trattasse nessuno da amico, almeno un sentimento simile lo avesse provato per la sua Aquila. Invece no, come sempre aveva dimostrato di essere un freddo calcolatore, uno che aveva sempre utilizzato il Beyblade come un’arma ed un mezzo per ottenere qualcosa.
Mi pentii di aver provato pena per la sua infanzia passata in quel posto. In quel momento mi faceva solo rabbia.
Ero arrabbiata.
E ferita.
Quella volta fui io a tirare per un braccio Takao, trascinandolo fuori da quella maledetta stanza prima che succedesse altro e senza aspettare una risposta da Kai. Non che mi aspettassi di averla…
Corsi a per di fiato per tutto il corridoio, con Dranzer stretto al petto ed il labbro inferiore serrato tra i denti. 
Volevo a tutti i costi uscire da lì.
Fine capitolo 30


°°°°°
Colei che scrive:
Buon salve a tutti e ben ritrovati in questo capitolo. Innanzi tutto vi chiedo scusa per gli errori che sicuramente avrete trovato, per le ripetizioni e per delle frasi poco chiare, ma purtroppo ho letto e riletto ma il mio cervello con la stanchezza non collabora T.T xD 
Ma, torniamo a noi. Siamo arrivati al tradimento di Kai, e Saya gli ha gettato il disegno ai piedi…chissà se lo butterà. Inoltre ora sappiamo che a breve ci sarà il famoso scontro sul Lago Bajkal (una delle mie puntate preferite *_*) 
Come sempre passo a ringraziare tutti i lettori, recensori e chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate /seguite. 
Grazie a voi che seguite questa storia! 
Alla prossima!

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 - una nuova sfida ***


Capitolo 31
 



Quando io e Takao uscimmo dalla struttura, trovammo Rei, Max ed il Prof Kappa seduti su un muretto del cortile, e quando ci videro arrivare scattarono in piedi come se avessero avuto le molle sotto ai piedi. Probabilmente in tutto quel tempo erano stati in pensiero per noi, sapendoci da soli in quel posto misterioso, e dopo la fine che aveva fatto Kai, passando dalla loro parte, non stentai a credere che fossero incredibilmente preoccupati per la nostra sorte.
Solo dopo aver visto il mio volto furente di rabbia e pieno di lacrime decisero di prendere parola.
«Cos’è successo?», mi chiese Rei, avvicinandosi frettolosamente a me per constatare che stessi bene. Io dal canto mio strinsi la mascella, cercando di aprire la bocca per rispondere con una frase sensata, ma la voce non riusciva a trovare una via d’uscita. Avrei voluto gridare, solo per sfogare la rabbia che sentivo verso Kai, Vorkof e l’intero monastero. Le mie lacrime erano un chiaro segno della frustrazione che stavo provando, della rabbia provata e dell’amarezza per quanto successo.
Di nuovo non ero riuscita a mantenere la parola data a me stessa. Mi ero ripromessa di non avvilirmi ancora per lui, ma non c’ero riuscita. Le parole sprezzanti di Kai riuscivano sempre a trovare il modo di colpirmi.
Fu Takao però a venire in mio soccorso. Sapeva che non ero nelle condizioni adatte per riuscire ad affrontare quel discorso, non dopo tutto quello che era successo. Ma notai che era abbastanza scosso anche lui.
«Abbiamo visto Kai… è inutile ragazzi, non tornerà!»
Disse quelle parole con un tono di voce talmente avvilito che stentai a riconoscerlo come suo. Lui non si era mai fatto abbattere dalle difficoltà, ma in quel momento non era riuscito a tenere la sua solita spensieratezza. Lui era sempre rimasto forte nonostante tutto quello che avevamo affrontato durante il campionato, ma quella volta era diverso e lo capivo bene. Generalmente riusciva a risollevare gli animi di tutti con quella sua ironia e forza di spirito, eppure in quel momento non ci era riuscito.
Anche gli altri ragazzi erano rimasti ammutoliti da ciò che aveva detto. Rei aveva indurito la mascella e mi aveva guardata con uno sguardo consolatorio, come se volesse esprimermi tutta la sua vicinanza ed io dal canto mio gliene fui grata.
Ancora una volta mi ero lasciata confortare da un suo abbraccio e di nuovo per colpa di Hiwatari. Quella consapevolezza iniziava ad indispettirmi non poco.
«Ma dai…magari non è tutto perduto»
Max cercò di sollevare il morale di tutti con quella frase e lo fece con un piccolo sorriso. Anche lui era sempre stato un tipo positivo e non si era mai fatto abbattere da nulla, ma anche lui era molto provato da ciò che avevamo appena vissuto. Sul suo volto, nonostante cercasse di non darlo a vedere, c’era un’espressione leggermente incupita.
«E invece sì!»
Mi decisi a rispondere quando oramai la conversazione era arrivata in un punto in cui assolutamente non sarebbe dovuta arrivare. Era inutile continuare a sperare in un suo cambiamento o in un suo ritorno. Lo avevo visto con i miei occhi, Kai era stato freddo ed impassibile per tutto il tempo, ed aveva tenuto il tipico atteggiamento di uno che non si sarebbe fatto scalfire da nulla. E poi era incredibilmente orgoglioso e quindi non sarebbe mai e poi mai tornato sui suoi passi. Ed in ogni caso non aveva un valido motivo per farlo. Lui in quel luogo ci aveva passato, a mio malincuore, una parte della sua vita. Dovevano essere riusciti a fargli recuperare i suoi vecchi ricordi ed è per questo che ha deciso di lasciarci. Quindi perché avrebbe dovuto rinunciare al suo sogno di essere il miglior Blader del mondo per tornare da noi? Rimanendo coi Russi avrebbe avuto gloria e mezzi per ottenerla, come quello strano Beyblade nero, e quella consapevolezza mi portò a stringere ancora di più Dranzer nella mano. E poi non c’era più nulla che lo legasse a noi, o a me. Nemmeno l’amicizia che pensavo di aver avuto con lui a tempi dell’infanzia. Inizialmente pensavo che, nonostante il carattere freddo e scostante, lui si considerasse un membro effettivo dei Bladebreakers, ma solo in quel momento mi sembrò palese il contrario. A lui non era mai interessato far parte di una squadra, tantomeno la nostra. Era rimasto con noi solo perché gli faceva comodo per i suoi scopi, e lo aveva bellamente dimostrato abbandonando il suo fedele compagno.
Non aveva avuto remore a gettare via il suo Beyblade come se fosse un ferro vecchio, o la sua Aquila Rossa come se per lui non avesse più alcun valore.
«Perché pensi che non possa cambiare idea?», mi rispose il Prof Kappa, nonostante la sua voce fosse pressoché avvilita.
In un primo momento non risposi. Piantai i miei occhi in quelli del mio compagno con espressione furente, e nello stato d’animo in cui ero non mi risultò difficile. Giurai di aver visto un lampo di paura nel piccoletto, ma fu solo un attimo. Non ce l’avevo con loro o con il fatto che continuassero ad alimentare false speranze, ma in quel momento non mi sentivo per niente fiduciosa. Inoltre non sarebbero servite parole per far capire loro il mio punto di vista.
Allungai la mano destra di fronte a me, schiudendo le dita e mostrando Dranzer posato sul palmo della mia mano.
I volti di ognuno di loro, tranne quello di Takao, che rimase a fissare il pavimento con il labbro inferiore stretto tra i denti, si aprirono in un’espressione di puro sgomento dopo aver visto quello che stavo sorreggendo.
«Ma quello è Dranzer!», si lasciò scappare Kappa, avvicinando il volto per guardare meglio, ma io spostai lo sguardo su di Rei, che mi stava guardando con apprensione. Era triste, probabilmente perché sapeva che stavo soffrendo. Inoltre era rimasto al mio fianco anche se mi ero staccata dal suo caldo abbraccio.
«Già», sospirai, richiudendo la mano come per proteggere quel Beyblade dagli sguardi dei presenti. Non seppi dire perché, ma non ero pronta a staccarmi da quell’oggetto, come se in qualche modo avesse potuto compensare la mancanza del disegno che avevo gettato ai piedi di Kai. Lo avevo fatto in un impeto di rabbia ed in quel momento iniziavo a pentirmi di quella decisione, ma non potevo certo tornare dentro a riprenderlo. In ogni caso ero estremamente sicura che Kai l’avesse strappato o gettato nel primo cassonetto.
«Ma è inutile rimanere qui ad alimentare false speranze ed a rischiare di prenderci una polmonite. Hiwatari è perso per sempre, fatevene una ragione», dissi con risentimento, iniziando a camminare a ritroso nel cortile del Monastero, intenta a lasciarmi addietro quella maledetta serata.
A malincuore, dopo alcuni secondi di sgomento, sentii i loro passi dietro di me.
 
 
 
Differentemente dalle ultime volte, quando tornammo in albergo non volli stare ad ascoltare i discorsi dei miei compagni su ciò che era appena accaduto.
Takao, Max ed il Prof si erano seduti di nuovo sui divanetti, mentre il nostro capitano raccontava loro per filo e per segno il nostro incontro con Vorkof e Kai. Io non avevo voglia di ripercorrere mentalmente quei ricordi, quindi mi chiusi nel bagno della stanza che dividevo con Rei e mi infilai sotto la doccia per far sì che l’acqua riscaldasse il mio corpo e mi aiutasse a rilassarmi.
Quando uscii trovai Rei seduto sul letto di Kai, che osservava il paesaggio fuori dalla finestra con espressione mesta, ed io mi presi alcuni secondi per osservarlo, visto che non si era accorto di me. Voltò lo sguardo solo quando il letto matrimoniale su cui mi sedetti cigolò sotto il mio peso.
Io però avevo già distolto l’attenzione dal mio compagno, perché non mi sentivo ancora in grado di affrontare una qualsiasi conversazione. Non volevo tornare sui soliti discorsi. Non avevo assolutamente voglia di parlare di Kai e di quanto successo al Monastero, né parlare di quanto era successo tra noi. C’era una sola cosa che volevo fare in quel momento, e sarebbe stata starmene completamente sola fino a che non avessi prosciugato tutte le lacrime che avevano di nuovo iniziato a scendere lentamente sulle mie guance mentre osservavo Dranzer.
Ancora non ero riuscita a riporlo o a separarmene. Me l’ero portato anche in bagno e lo avevo appoggiato sul bordo del lavandino mentre facevo la doccia. Ed anche in quel momento lo stavo osservando, appoggiata alla spalliera del letto e con le sopracciglia aggrottate in un’espressione sofferente. Ne sfioravo leggermente il Bit con il polpastrello del pollice, come a far capire all’Aquila Rossa tutta la mia apprensione, come se mi stessi scusando io stessa per come l’aveva trattata Kai, ed in un primo momento fu proprio così.
«Il tuo possessore è stato un vero stronzo!», dissi a fior di labbra, ma non era necessario che mi sentisse. Né che mi sentisse Rei. Mi sembrava però doveroso farglielo sapere, e credo che in qualche modo il mio messaggio fosse stato captato dal Beyblade.
Il Bit Chip di Drazer si illuminò per una frazione di secondo, come se l’Aquila mi avesse risposto.
Le sorrisi. Mi sembrò il minimo che potessi fare, anche se poteva essere un gesto stupido per chiunque non sapesse quanto fossero forti i legami tra i Blader ed i propri Beyblade, e mi fece rabbia il fatto che una delle persone che avrebbe dovuto conoscere quei determinati legami fosse proprio Kai. Ma in fondo non aveva avuto remore ad abbandonare quello che doveva essere il suo fedele compagno…
Inoltre mi sentivo in qualche modo legata allo stesso Dranzer, proprio per i ricordi che mi legavano a Kai. In qualche modo quel Beyblade, come aveva fatto il disegno che lui stesso mi aveva donato, mi ricordava del tempo trascorso con lui.
E non avevo ancora intenzione di rinunciare al mio passato ed ai miei ricordi, anche se oramai era chiaro che il mio vecchio amico non esisteva più.
«Saya…»
Alzai il volto quando mi sentii richiamare e mi ritrovai ad osservare le iridi ambrate di Rei, che si era seduto sul letto a poca distanza da me, che invece ero rannicchiata tra i cuscini. L’espressione del suo viso trasportava una tristezza che mi strinse il cuore. Sapevo che lui soffriva per il fatto che stessi male per ciò che era successo. In fondo, proprio il giorno prima mi aveva detto che per vedermi felice avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma purtroppo quello che potevamo fare lo avevamo già fatto. E non era servito a nulla.
«Mi dispiace», mi disse solamente con un filo di voce, che mi fece singhiozzare lievemente, ma cercai di ricacciare indietro le lacrime.
«Sono stanca Rei», ammisi con sincerità, lasciandomi definitivamente andare di nuovo, presa dalla disperazione. «Stanca di piangere per lui e per quello che oramai è chiaro che non esiste più…Vorrei fare come lui, fregandomene di quello che è successo e facendomene una ragione, ma non ci riesco! Perché?!», alzai leggermente il tono della voce, spostando però lo sguardo dai suoi occhi, troppo avvilita per continuare a guardarli.
Sentii le sue dita prendermi da sotto il mento e rialzarmi il volto alla sua altezza, costringendomi a guardarlo di nuovo. Le lacrime mi offuscavano la vista, ma vidi la sua mascella serrarsi leggermente.
«Perché quando vogliamo bene a qualcuno è difficile far finta che non ce ne freghi nulla…», mi rispose, ma non riuscii a comprendere bene se stesse parlando di me o di sé stesso. Sono sicura che anche lui stava vivendo un conflitto interiore, anche se di tutt’altra natura. E sono sicura che non fosse felice di vedermi piangere per qualcuno che mi aveva sempre trattata in malo modo. Ma io non riuscivo a lasciar perdere quella causa. Avrei dovuto fregarmene già dopo lo scontro avuto con Kai nel covo degli Shall Killer, prima del torneo nazionale, o dopo ciò che mi aveva detto in Germania, eppure non mi ero mai fatta fermare dalle sue parole sprezzanti. Mi aveva ferita, mi aveva fatta piangere ed a volte anche umiliata, eppure non riuscivo ad abbandonare quella minima speranza di riportarlo in sé. Anche se in quel momento mi sembrò del tutto impossibile continuare a sperare.
«Già…»
Sospirai abbattuta, abbassando lo sguardo nonostante Rei mi stesse ancora sostenendo il volto. Sarei voluta scappare, da lui e da tutti, anche se avrebbe significato tornare al freddo, ma almeno così avrei potuto sfogare la mia rabbia in qualche modo. Mi sarebbe piaciuto provare a lanciare Dranzer, perché forse in quel momento l’Aquila Rossa era l’unica che poteva veramente capirmi. Invece non riuscii a muovere nemmeno un muscolo.
«Ti prego…», sentii Rei riprendere parola e quel tono disperato mi impose di riposare il mio sguardo sul suo volto. Mi ritrovai ad osservare le sue labbra dischiuse, sentendo disperatamente il bisogno di baciarle, come se fosse stata la via più facile per sopprimere tutti i brutti pensieri. L’ultima volta era successo così. Mentre baciavo Rei ero riuscita a non pensare a nulla, anche se poi non ero riuscita a chiudere occhio.
«Non piangere più», continuò, ed io non potei far altro che seguire il movimento della sua bocca mentre pronunciava quelle parole. Ma sembrò come se il mio sguardo gli avesse fatto capire il mio desiderio, perché spostò in un baleno la sua mano dietro il mio collo per attirarmi di nuovo a sé.
Mi ritrovai a baciare di nuovo quelle labbra tanto a lungo desiderate, desiderosa di sopprimere tutta la tristezza ed i deleteri pensieri, anche se non era sicuramente il modo migliore per farlo. Non era giusto usare Rei per non pensare a Kai, ma in quel momento non riuscivo a trovare un altro modo, e la gentilezza del mio compagno di squadra era tutto quello di cui avevo bisogno. Essere rapita di nuovo dalle sue labbra e dal suo caldo abbraccio mi dette la forza per smettere di piangere.
Quando ci staccammo l’uno dall’altra poggiò la sua fronte alla mia, penetrandomi col suo meraviglioso sguardo a pochissima distanza dal mio. Potevo vedere le sfumature più chiare delle sue iridi e mi persi in quello sguardo che mai avevo osservato così da vicino.
«Grazie», mi sentii in dovere di dirgli, anche se mi sentivo incredibilmente in colpa a piangere per Kai quando entrambi provavamo qualcosa di reciproco. Ma come avrei fatto a capire di chi fossi realmente innamorata se Kai continuava a ferirmi e Rei a confondermi? Ed il fatto che io continuassi a desiderare di essere consolata dal mio dolce compagno per sopprimere il resto dei sentimenti che provavo per l’altro non aiutava certo la mia causa.
«Anche oggi si è fatto tardi, non credi sia il caso di dormire un po’?», mi disse poi a fior di labbra, ed a malincuore non potei fare altro che annuire.
Ci stendemmo sotto le coperte subito dopo ed io lo feci affondando il volto nel cuscino che lui ancora non sapeva essere di Kai, assaporando il suo profumo per cercare di svuotare la mente.
Un attimo prima di sprofondare in un sonno tormentato, sentii due braccia che mi strinsero a sé.
Fu tra le sue braccia che accolsi il sonno.
Un sonno tormentato…
 
 
 
 
 
Fuoco.
Il richiamo disperato di un’Aquila Rossa.
Ancora fuoco.
Eppure non mi sentivo bruciare nonostante fossi in mezzo ad un incendio.
Avevo freddo.
Dranzer girava a stento.
Buio.
Nel buio un Beyblade nero girava indisturbato a poca distanza da noi.
Nell’unico spiraglio di luce che potevo notare, due occhi ametista mi penetrarono con uno sguardo di fuoco
Poi il buio. Di nuovo.
«Saya, svegliati!»
Quando aprii gli occhi ne notai un paio che mi stavano osservando quasi disperati ed io non potei fare altro che aggrottare leggermente le sopracciglia. Ero ancora scossa dal sogno da cui Rei mi aveva appena destata e quindi in un primo momento non riuscii a captare le sue parole.
«Che…che succede?», chiesi, dopo aver notato nella stanza anche il Prof Kappa, che aveva sul volto la stessa espressione di Rei. Entrambi erano ancora in pigiama, ma sembravano abbastanza svegli.
Voltai poi lo sguardo alla ricerca degli altri due.
«Dove sono Takao e Max?», chiesi infatti, portandomi definitivamente seduta mentre cercavo di strofinarmi gli occhi per togliere l’offuscamento che mi impediva di vedere bene.
«Max è uscito presto per andare a salutare sua madre. Torna in America per qualche giorno, per studiare una strategia che possa aiutarci contro i Russi», mi rispose Kappa, nonostante il suo tono di voce fosse diverso dal suo solito. Si vedeva lontano un miglio quanto fosse abbattuto, e non stentai a credete che tutti quegli avvenimenti avessero scosso gli animi di ognuno di noi.
«Takao invece sta dormendo indisturbato, ma è il caso di svegliarlo», fece poi, risoluto. «Dobbiamo andare…»
«Andare dove?»
Spostai lo sguardo su Rei per cercare un suo appoggio, ma lui aveva abbassato leggermente a terra il suo ed una strana inquietudine si fece strada nel mio cuore.
«È…è successo qualcosa?», chiesi infatti, titubante, ma quella volta fu il mio compagno di stanza a rispondermi, guardandomi di nuovo negli occhi.
«Kai ci ha mandato a chiamare», iniziò e quella constatazione mi fece perdere un battito, ma prima che potessi dire qualcosa lui continuò. «Ci ha lanciato una sfida. Vuole che lo raggiungiamo sui ghiacci del Lago Bajkal. Un elicottero della Borg ci sta aspettando per portarci lì», concluse, spostando lo sguardo sul Prof Kappa come per trovare un appoggio, ma il piccoletto si lasciò andare in un sospiro.
Nessuno dei tre fiatò per dei secondi che mi sembrarono infiniti. Solamente la voce di qualcuno ci riportò con i piedi per terra.
«Allora non ci resta che accettare la sfida!»
Takao era sull’uscio della mia camera da letto, coi capelli arruffati, il pigiama stropicciato e l’espressione furente, nonostante sul suo volto ci fossero ancora tracce del sonno da cui si era appena destato.
«Takao!», lo richiamammo all’unisono, meravigliati di vederlo così attivo di prima mattina e con un’espressione che non gli era mai stata propria. Quella visione mi dette la forza per alzarmi definitivamente dal letto e prepararmi.
In pochi minuti eravamo pronti per affrontare Kai anche in capo al mondo.
Quando uscimmo dalla stanza ognuno di noi aveva un’espressione contrita sul volto, mentre io tenevo di nuovo Dranzer stretto tra le mani.
Fine capitolo 31
 
 
°°°°°°°°°°°°
 
Colei che scrive:
Ma salve miei cari lettori e ben giunti fino alle note dolenti finali del capitolo! xD Diciamo che non succede nulla di particolare in questo capitolo, se non un piccolo bacio tra Rei e Saya eheheh Inoltre questo è un capitolo totalmente originale, ed un po' introspettivo, perché non è ripreso da nessun episodio ma diciamo che è un grande buco temporale tra la fine dell’episodio in cui Takao entra nel monastero e quello dopo, della sfida sul lago. Quindi mi sono immaginata questo spazio mancante, ed inoltre siamo davvero arrivati alla resa dei conti, perché sappiamo tutti cosa accade in quella sfida sul lago Bajkal. Finalmente si avvicina lo scontro Saya/Kai <3
In ogni caso spero che questo piccolo capitolo vi sia piaciuto, come tutto il resto della storia! Stiamo arrivando alle battute finali :P
Siccome vado sempre di fretta ultimamente, passo a scusarmi per gli eventuali errori in primis, ed a ringraziare tutti i recensori, che costantemente mi danno una gioia immensa con le loro parole *-*, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua <3
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 - Sfida sul lago Bajkal ***


Capitolo 32



Ci imbarcammo sull'elicottero che ci avrebbe portati sul luogo della sfida subito dopo essere usciti dall’Hotel. 
Kai era stato bravo ad organizzare tutto nei minimi dettagli, non c’era che dire. Ci aveva messo a disposizione un mezzo privato per fare in modo che lo raggiungessimo ed in quel momento eravamo in volo alla volta del lago Bajkal senza riuscire a capire cosa ci saremmo dovuti aspettare.
I conducenti avevano parlato solo per darci delle direttive circa il volo e per informarci sul comportamento da tenere una volta decollati, poi erano rimasti in totale silenzio, chiusi nella cabina di comando. Io rimasi seduta a fissare l’oblò con ancora Dranzer stretto tra le mani. Non ero riuscita a lasciarlo in albergo. 
Il fatto che avremmo rivisto Kai mi lasciò un po’ di inquietudine, soprattutto perché non riuscivo a capire per quale motivo e per quale scopo avesse deciso di sfidarci prima della finale del campionato. Ma purtroppo una minima parte del mio animo aveva capito cosa ci fosse dietro quella strana richiesta. Aveva rubato senza ripensamenti i Bit Powers degli amici Cinesi ed Americani, ed era chiaro che volesse fare lo stesso anche con noi, rendendoci così più deboli ed essere sicuri di diventare campioni del mondo. E visto come si era comportato Vorkof non stentai a crederlo possibile.
Era un piano astuto ed ingegnoso, non c’era che dire, ma quello che mi fece più rabbia fu il fatto che Kai non avesse battuto ciglio per realizzarlo. Da quando era riapparso nella mia vita era sempre stato freddo e distaccato, ma pensavo che almeno l’orgoglio di Blader, o l’orgoglio in generale, gli fosse rimasto. Non potevo credere al fatto che avesse ceduto ai marchingegni di Vorkof. Dovevano proprio averlo abbindolato per bene!
Dopo aver scacciato questi pensieri spostai lo sguardo sui miei compagni, che erano seduti sui singoli sedili di cui era provvisto quel macchinario nero, ed osservai le espressioni di tutti senza farmi notare. Rei stava osservando il paesaggio fuori come avevo fatto io prima di quel momento, ma il suo viso era piegato in un’espressione quasi sofferente, chiaro segno che quella vicenda non gli stava piacendo per nulla. Provai ad immaginare quali pensieri stessero affollano la sua mente, ma probabilmente erano gli stessi che albergavano nella mia.
Il Prof Kappa invece stava digitando qualcosa sulla tastiera del suo immancabile PC con aria assorta. Ero sicura che fosse intento a cercare qualche informazione sullo strano Beyblade nero che aveva utilizzato Kai nelle scorse amichevoli.
In ultimo Takao era seduto in prima fila ed aveva lo sguardo rivolto di fronte a sé, anche se non stava guardando un punto fisso. Forse anche lui, come me, era in balia di emozioni discordanti.
Mi chiesi come ci saremmo dovuti comportare col nostro vecchio compagno. Avremmo dovuto trattarlo come sempre, cercando di farlo ragionare? Oppure ci saremmo dovuti far muovere dalla rabbia?
A parer mio ero più propensa ad utilizzare la seconda opzione. Mi sentivo così tanto arrabbiata con lui, sia perché aveva abbandonato il suo Beyblade senza ripensamenti, sia per aver abbandonato noi, che la rabbia mi sembrava l’opzione migliore. Inoltre ci aveva abbandonato senza dirci nulla! La sua codardia mi aveva lasciata esterrefatta, più del fatto che avesse voluto imbastire quella sfida a così tanti chilometri di distanza. Ma come gli era potuto venire in mente? Ma, soprattutto mi chiesi se fosse stata una cosa organizzata da lui o qualcosa che gli era stato imposto dai vertici. Ma purtroppo la risposta a quella domanda poteva darcela solo lui…


Arrivammo a destinazione circa un ora dopo essere partiti dal centro di Mosca e scendemmo dal mezzo meravigliandoci di trovare Kai già in piedi in mezzo al ghiaccio, con le braccia conserte e l’espressione contrita. Aveva il cappotto scuro proprio ai membri della Borg aperto sul davanti e gli svolazzava alle spalle spostato dalla corrente d’aria generata dalle pale dei due elicotteri. Uno dei quali doveva essere stato quello con cui era atterrato lui.
«Kai…», lo salutò Takao con tono quasi amichevole e forse era riuscito a calmare i bollenti spiriti durante il viaggio. Non c’era più l’espressione furente che avevo scorto sul suo volto quella mattina. Probabilmente aveva provato a cambiare approccio.
«Ce ne avete messo di tempo…», ci disse però in risposta il chiamato in causa, con un tono di voce incredibilmente risentito.
«Hey sta’ calmo…», cercò di calmare i suoi bollenti spiriti il nostro campione, ma Hiwatari perse la pazienza e questa cosa mi sembrò alquanto strana.
«Stai zitto!», gli imprecò contro, ma si calmò dopo aver visto le nostre espressioni perplesse. Probabilmente anche i miei compagni avevano pensato la stessa cosa. «Neanche immagini da quanto tempo io aspetti questo momento. Da quando hai avuto la meglio su di me al torneo nazionale non aspetto altro che batterti!», continuò, prendendo Black Dranzer dalla tasca dei pantaloni e mostrandocelo in segno di sfida.
Takao digrignò i denti e fui sicura che la rabbia avesse di nuovo preso possesso di lui, ma fui altrettanto sicura che stesse facendo di tutto per tenerla a bada. Dovevamo stare calmi e non cedere alle sue provocazioni, solo così lo avremmo indispettito di più.
«Bene, accetto! Non mi tiro certo indietro, spero solo che non te ne pentirai!», gli rispose, emulando il suo gesto prendendo Dragoon. 
Lo stesso però fece Rei, con l’espressione molto simile a quella  del nostro compagno. Fece un passo avanti, affiancando Kinomiya e mostrando il suo Driger pronto per essere lanciato.
«Combatterò anche io!», gli rese noto «abbiamo un conto in sospeso con te…», lasciò cadere così la frase e non fui sicura in che modo avesse potuto continuarla. Era arrabbiato con lui per come aveva trattata me? Per la preoccupazione che mi aveva dato e che ci aveva dato quando era sparito? O per il fatto che ci avesse abbandonato? Probabilmente però, conoscendo Rei, credo che fosse risentito per tutte e tre le cose.
«Ti consideravo un compagno di squadra…un amico che sarebbe corso in nostro soccorso…Ma ora che ti sei tolto la maschera vedo soltanto un rivale! Ed adesso proverai il dolore di sentirti tradito dagli amici» continuò a parlare, piantando le sue iridi ambrate in quelle ametista di Kai, che erano infiammate da un nuovo vigore. Probabilmente non vedeva l’ora di poterli umiliare, soprattutto dopo che entrambi si erano mostrati pressoché amichevoli. 
Le parole di Rei però, mi diedero la forza di tirare fuori Star Pegaso dalla borsetta che avevo a tracolla. Da vera Blader avevo sempre con me il mio Beyblade, e mai come in quel momento ero pronta a lanciarlo. Anche io volevo dare una lezione a quell’ingrato, e farlo combattendo al fianco dei miei compagni di squadra infiammava il mio spirito. In più volevo tenere alto il mio orgoglio!
«Mi batterò anche io con voi!», resi loro noto e vidi i volti di tutti voltarsi nella mia direzione mentre mi affiancavo a Rei. 
I miei compagni si aprirono in un’sorriso d’incoraggiamento, tranne Kappa, che rimase pressoché scioccato. Probabilmente la mia risolutezza li aveva incoraggiati a voler a tutti i costi affrontare quell’incontro. Eravamo 3 contro 1, e nonostante questo non lo avesse fermato nell’incontro contro gli All Stars, noi non ci saremmo fatti battere da lui e dal suo strano Beyblade. Non avevamo nessuna intenzione di dargli partita vinta, né di lasciargli prendere i nostri Bit Powers. Inoltre ognuno di noi voleva fargliela pagare per tutto quello che aveva fatto fino a quel momento. Sia per averci abbandonato, sia per aver impunemente rubato gli animali sacri dei suoi vecchi amici. 
Ma in fondo, cosa contava l’amicizia per Kai Hiwatari?
Nulla. 
Fu quello che mi spinse a ringhiare contro il nostro sfidante mentre incoccavo Star Pegaso al caricatore.
Lui invece mi osservò con un’occhiata sprezzante, come se non fossi stata nemmeno degna della sua considerazione. Ma quello non mi importava più oramai. Non mi interessava più nulla di quello che pensava di me, ero intenzionata a fargli sapere cosa invece pensavo io di lui e lo avrei fatto affrontandolo a testa alta in quell’incontro.
«Per me non fa nessuna differenza affrontarvi tutti insieme o meno, tanto prima o poi vi avrei sfidati uno ad uno!», ridacchiò soddisfatto e si mise in posizione di lancio.
I suoi occhi lampeggiarono nella nostra direzione quando sposò il suo sguardo di fuoco su ognuno di noi. Indugiò su di me per ultima, e lo fece per tutto il momento del lancio.
Mi aveva penetrato con lo stesso sguardo che aveva usato Yuri e sentii lo stesso brivido che avevo accusato osservando le iridi di ghiaccio di quel Blader, ma non mi lasciai sorprendere né impensierire. Ero determinata a fare del mio meglio. Anche io come tutti loro ero una Blader di un certo livello e non mi sarei fatta sorprendere da nessuna distrazione.
I nostri quattro Beyblade atterrarono sul ghiaccio nello stesso momento e da quell’istante la lotta si fece serratissima. Non ci furono esclusioni di colpi, e nessuno dei tre risparmiò Black Dranzer, che riusciva incredibilmente a sostenere ogni nostro attacco.
«Però, è forte…», disse tra i denti Rei, parlando più a sé stesso che a noi. Io riuscii a sentirlo perché mi ero spostata al suo fianco. 
Ogni tanto si voltava nella mia direzione, per sincerarsi che stessi bene, e mi sorrideva leggermente  come per infondermi coraggio, ma io ero rimasta ferma nella mia posizione, ad osservare il mio avversario con il labbro inferiore stretto tra i denti. Non volevo farmi prendere dalle emozioni, ma la rabbia in quel momento la stava facendo da padrone.
Driger dal canto suo proteggeva Star Pegaso dagli assalti di Black Dranzer ed in un primo momento gliene fui grata. Non ero sicura di poter reggere il confronto con quello straordinario Beyblade, ma non volevo nemmeno arrendermi o perdere così la mia occasione di battermi al massimo delle mie possibilità.
Ma quel Bey era veramente fuori dal comune, così tanto forte che Kai, approfittando di una distrazione di Rei, riuscì a mandare k.o Driger.
«Maledizione!», sentii Rei imprecare tra i denti e quando spostai il mio sguardo su di lui vidi la sua espressione farsi furente. Quello fece alimentare la rabbia che provavo per il mio ex amico, così tanto che partii alla carica senza una vera e propria strategia.
«Stai attenta Saya!», mi disse il mio compagno, quasi vicino al mio orecchio. Sapevo che stava cercando di aiutarmi o impedirmi di farmi muovere dalla rabbia e gliene fui grata, perché così facendo riuscivo a rimanere concentrata. Però ero veramente  accecata dal risentimento e dalla voglia di riscattare tutti quelli a cui Kai stesso aveva fatto del male. A partire da me stessa!
«Non preoccuparti», gli sorrisi di rimando e quello bastò per tranquillizzarlo.
Anche Takao mandava il suo Beyblade all’attacco ed anche lui quasi alla cieca, sotto le imprecazioni del Prof Kappa, che invece cercava di suggerirgli qualche tattica. Purtroppo il carattere del nostro amico, come d’altronde il mio, a volte era troppo impulsivo.
«Tzè, non sei degna della mia considerazione!», mi disse invece Kai, inveendomi contro con un tono di voce talmente risentito che mi stizzì non poco. Stavo per cantargliene quattro, o per rispondergli a tono, ma la ricerca delle parole giuste mi impedirono di rimanere concentrata su Star Pegaso, che volò ai miei piedi sotto un colpo ben assestato da parte di Black Dranzer.
«Visto?», disse poi, ridacchiando malignamente ed io non potei fare altro che inveirgli contro mostrando tutto il mio risentimento e la mia rabbia.
«Ti odio Hiwatari!», gli resi noto, ma lui non solo non mi stava ascoltando, ma sembrava annoiato dal monotono scontro che aveva intrapreso con Dragoon una volta messa me fuori gioco.
Takao aveva sul volto la mia stessa espressone, che si aprì in una maschera di disperazione quando anche Dragoon cadde ai suoi piedi, ridotto in pessimo stato.
«Oh no, guarda com’è distrutto!», imprecò il Prof Kappa con le mani nei capelli, recuperando l’oggetto da terra, e per poco non gli venne un infarto. 
«Ho vinto! Ti ho battuto. Ho battuto tutti voi!»
Kai iniziò a ridere, soddisfatto del suo operato. Probabilmente aspettava quel momento da molto tempo, come lui stesso aveva dichiarato. Vidi un lampo assassino nelle sue iridi ametista e non riuscii a sostenere quella vista.
Abbassai gli occhi a terra, sconfitta, e sentii la mano di Rei unirsi alla mia in un gesto consolatorio, e non mi sfuggì la smorfia contrariata di Kai sotto quel gesto, come se a lui desse fastidio ogni minima dimostrazione d’affetto. Ma in fondo lui era completamente privo di ogni tipo di sentimento benevolo. In quel momento mi tornò alla mente la smorfia contrariata che tenne sul volto anche durante tutta la sfida tra Rei e Mao, alla finale della tappa Cinese. 
«Adesso non mi resta altro da fare che prendermi i vostri Bit Powers!», ci rese noto, assottigliando lo sguardo con risolutezza. 
Per fortuna però, qualcuno stava per fargli saltare i suoi piani, e noi ne fummo immensamente felici.
«Prima dovrai battere me!»
Alzammo gli occhi al cielo e vedemmo Max atterrare con grazia sul ghiaccio del lago. Si era lanciato con il paracadute dall’elicottero privato del PPB, probabilmente messo a disposizione da sua madre, e si era messo in posizione di lancio sorreggendo un nuovo Beyblade, che ovviamente non passò inosservato agli occhi attenti del Prof Kappa.
«Ma quello…», iniziò infatti.
«Me lo ha dato la mamma! Vi presento Draciel Fortress!» ci sorrise il nostro amico Americano e quel sorriso ci dette una nuova speranza. 

Per fortuna il nuovo Bey di Max riuscì a tenere testa a Black Dranzer, ma quel dispositivo nero era incredibilmente tenace e resistente. Anche se in un primo momento Kai era stato messo in difficoltà dal nostro biondino, era riuscito a trovare il modo di mettere in difficoltà a sua volta il nuovo arrivato, che perse tutta la sicurezza in sé stesso che aveva ostentato fin da quando era atterrato. Aveva digrignato i denti in un’espressione furente, mentre Hiwatari continuava a guardarlo con superiorità.
Fu quel suo atteggiamento a far scattare qualcosa nel mio animo. Non mi ero ancora arresa alla sconfitta. Volevo ancora fargliela pagare, e solo quando strinsi la borsetta tra le mani capii come avrei potuto farlo. Quando l’aprii vidi il Bit Chip di Dranzer illuminarsi appena e quello mi dette la forza per fare quello che feci.
Successe tutto in una manciata di secondi e nessuno dei miei compagni, né il diretto interessato, si accorsero di quello che successe. Le loro attenzioni erano tutte per i due Bey in campo, anche quella di Rei accanto a me. 
Lanciai il Beyblade blu con una velocità ed una forza che non credevo di possedere, e lo feci direttamente contro quello che stava usando Kai, cogliendolo di sorpresa.
Dranzer riuscì a separare i due avversari, e girava così velocemente che sembrava avesse preso fuoco.
«Ma che…?!», sentii Hiwatari imprecare, mentre il suo sguardo confuso saettò alla ricerca della persona che aveva lanciato in campo il suo vecchio compagno d’armi.
Ammutolì con un’espressione truce e confusa quando si accorse che ero io ad avere il caricatore in mano, con le braccia posate lungo i fianchi e l’espressione decisamente incazzata.
Ci guardammo negli occhi per degli istanti che sembrarono infiniti, entrambi per tenere alto il proprio orgoglio. Entrambi volevamo vincere la nostra causa, anche se la sua era totalmente sbagliata a mio avviso. Ed era chiaro che nessuno dei due voleva cedere sotto i colpi dell’altro.
Dranzer seguiva la mia volontà e si lanciava all’attacco di Black Dranzer come se in tutto quel tempo non avesse aspettato altro, mentre il suo avversario cercava di schivare la massima rotazione che gli avevo imposto.
«Tu come…come fai a controllare Dranzer?», mi chiese furente ma io non potei fare altro che rispondergli con un sorriso sprezzante, molto simile a quelli che solitamente caratterizzavano lui.
«Davvero ti interessa come io abbia fatto a controllare il tuo vecchio Beyblade? Seriamente? Dopo che lo hai abbandonato come un ferro vecchio?», gli imprecai contro, ma non mi bastava. «Tu che ti decanti come il miglior Blader del mondo dovresti sapere che i Beyblade, e soprattutto i Bit Powers, hanno dei sentimenti, e quello che hai fatto al tuo è riprovevole Kai! Non mi sarei mai aspettata un tale atteggiamento da parte tua, nonostante tutto! Speravo che almeno l’orgoglio di Blader ti fosse rimasto, invece non hai più nemmeno quello!», insistetti. «Dranzer ed io siamo legati dallo stesso sentimento che aveva legato un tempo noi due! Come ti ho già reso noto, costruimmo insieme i nostri fedeli compagni ed il fatto che tu abbia abbandonato il tuo mi ha profondamente delusa. Mi hai ferita nello stesso modo in cui tu hai ferito l’aquila rossa!»
Danzer aumentò ancora a dismisura la rotazione ed il bit chip si illuminò di una luce intensa, fino a far manifestare la maestosa fenice in tutto il suo splendore. Il tutto successe sotto lo sgomento del diretto interessato ed i suoi occhi maligni guizzarono in direzione della sua vecchia amica, che però lo stava guardando con delusione.
«È riuscita a richiamare l’Aquila Rossa!», disse il Prof Kappa, con un tono di voce talmente incredulo da essere quasi irriconoscibile. Ma io non avevo staccato i miei occhi da Kai nemmeno per un momento. Volevo cogliere ogni sua espressione, così da poterlo attaccare nel momento più propizio.
Inoltre la possente creatura si era posta dietro di me ed aveva spiegato le ali fino a chiudermele leggermente di fronte, come a volermi proteggere da un possibile attacco del mio avversario.
Quell’incredibile segno di fiducia da parte del suo vecchio Bit Powers lo indispettì parecchio, lo lessi nei suoi occhi ametista…
«La fenice sta proteggendo Saya!», disse incredulo Takao e quando mi voltai con un sorriso nella loro direzione mi stavano guardando tutti con gli occhi sgranati.
«Lo vedi Kai? Hai perso! Hai perso la fiducia dei tuoi compagni e del tuo animale sacro. L’Aquila Rossa mi sostiene perché sa che quello che ti sto dicendo è la verità. Sa che quello che hai fatto è sbagliato!», ripresi a parlare con un tono di voce più dolce, nonostante avessi assottigliato gli occhi in un’espressione abbastanza truce. 
«Noi non possiamo perdere contro di te! Tu sei da solo e noi siamo in quattro, in cinque col Prof, e siamo tutti uniti contro la stessa causa!», continuai, per poi girarmi a parlare direttamente ai miei compagni. «Che dite, i vostri amici non avrebbero voglia di dare una lezione a questo impertinente?» sorrisi loro e vidi i loro volti aprirsi in un sorriso complice. Capirono al volo il mio intento e così non potei fare altro che riportare la mia attenzione a quello che oramai era un nostro nemico.
«Osserva bene Kai, questa è la forza di una squadra unita! Questa è la forza dei Bladebreakers!»
Alzai un braccio verso il cielo come per dare il segnale per attaccare Black Dranzer e vidi negli occhi di Kai farsi strada una strana consapevolezza. Arretrò di un passo, ma si stava sforzando di non far trasparire l’inquietudine che ero estremamente sicura avesse iniziato a sentire.
Sotto il mio cenno l’Aquila si librò in cielo con un’aura infuocata, seguita da Driger, in un bagliore verde, Draciel in un bagliore violaceo, Dragoon in un bagliore azzurro e Star Pegaso, in un bagliore bianco. 
Tutti e cinque gli animali sacri si scontrarono contro l’Aquila Nera, che Kai aveva richiamato per cercare invano di fermarci. Il suo era stato un gesto alquanto disperato, e penso lo avesse capito anche lui.
Ci fu un boato assordante ed una luce accecante che ci costrinse a chiudere gli occhi. 
Quando tutto si fu quietato e dopo che riuscimmo a riportare la nostra attenzione sulla sfida appena conclusa, Black Dranzer giaceva immobile ai piedi di Kai, mentre Dranzer continuava a ruotare ai miei piedi come se non fosse successo nulla.
«Non può essere…», disse Hiwatari, guardandosi introno con aria disperata. Aveva totalmente cambiato il tono della voce ed ero riuscita a far crollare la sua maschera di apatia. Mi sentii talmente soddisfatta del mio operato che iniziai a sorridere come una scema mentre recuperavo il Beyblade che mi aveva aiutata in quell’impresa.
«Grazie», gli dissi solamente, sfiorando di nuovo il bit in un gesto riconoscente e lui non mancò di rispondermi con un piccolo bagliore.
Purtroppo fui talmente presa da quel gesto, ed i miei compagni erano ancora increduli per quanto successo, che nessuno si accorse di quello che accadde dopo. Sentimmo provenire un rumore sinistro dalla zona in cui era Kai e quando alzammo gli occhi su di lui notammo che era in piedi su di un piccolo pezzo di ghiaccio, che si era brutalmente staccato da quello che lo circondava per via della sfida che avevamo appena concluso. In più quel misero appiglio non sarebbe rimasto a galla per molto, visto che iniziava pian piano ad affondare, sotto lo sguardo disperato dello stesso Kai, che era rimasto immobile a fissare le acque scure che tra non molto lo avrebbero catturato.
Io ero rimasta a bocca aperta, quasi impaurita dalla scena che mi si era presentata di fronte. Avevo voluto fargliela pagare per tutto quello che ci aveva fatto, e lo avevo fatto battendo Black Dranzer con il suo Beyblade, ma non avrei mai voluto che il mio vecchio amico pagasse in quella maniera le sue colpe, morendo affogato o assiderato nelle acque gelide del lago.
Stavo pensando ad un modo per aiutarlo, ma per fortuna Takao fu più veloce di me. Si inginocchiò sul ghiaccio, al bordo del precipizio, e tese una mano verso il nostro ex compagno. 
«Avanti afferrala», gli disse serio, cercando di allungarsi il più possibile. Ma Hiwatari rimase impalato al suo posto, a fissarci come se fosse la prima volta che ci vedeva. Aveva un’espressione talmente allucinata che stentai a credere che fosse davvero lui. E mi preoccupai, sia per il suo strano comportamento fin troppo passivo, sia perché l’acqua gelida aveva iniziato a bagnargli le scarpe. Sarebbe affondato o morto assiderato, ed ovviamente nessuno di noi avrebbe voluto questo.
«Forza, che aspetti, prendi la mia mano!», gli gridò ancora contro il nostro campione, cercando di insistere e di farlo reagire. Il suo tono di voce era furente, ma stava solo cercando di farsi ascoltare da lui.
Kai era troppo orgoglioso. A costo sarebbe affondato, ma non sarebbe mai tornato sui suoi passi o ammesso di essere nel torto. Ma lui sapeva di aver sbagliato, glielo avevo letto in volto quando aveva incrociato lo sguardo della sua Aquila Rossa. Credo che la delusione nello sguardo del suo animale sacro fosse stato il colpo di grazia che lo aveva fatto rinsavire, oltre al vederla proteggermi.
«Dai, sbrigati!», dette man forte il Prof Kappa, accostandosi a Takao. Anche Max e Rei si avvicinarono leggermente, in sostegno dei compagni. Io invece rimasi in piedi alle spalle di Takao, con lo sguardo risoluto e le braccia posate lungo i fianchi, per cercare di far capire a Kai che doveva fare come gli era stato ordinato. Il mio animo era inquieto, perché nonostante lo volessi sano e salvo, non riuscivo a perdonargli ciò che aveva fatto.
Il suo sguardo però saettò subito verso di me, probabilmente perché aveva sentito il mio addosso, e mi rivolse lo sguardo più colpevole che riuscì a fare e quello mi dette una stilettata al cuore che mi fece serrare la mascella con disapprovazione. 
Avrei voluto gridargli molte cose, ma mi trattenni. Fino a che non fosse stato in salvo non volevo azzardarmi a parlare, ma continuai a sostenere quelle iridi ametista che tanto mi confondevano.
«Voi mi volete aiutare?», disse invece, rivolgendo quelle parole a tutti ma continuando a tenere la sua attenzione su di me. «I compagni di squadra che ho tradito vogliono salvare me?»
«Certo, siamo tuoi amici e ti vogliamo bene!»
A rispondergli però fu di nuovo Takao. Io avevo impercettibilmente dischiuso le labbra per controbattere con una frase simile, seppur lo avrei fatto con durezza, ma il nostro capitano era stato di nuovo più veloce di me. Inoltre stava dimostrando una risolutezza ed una perseveranza nel volerlo salvare che mi meravigliò. Quel ragazzo era incredibile! Nonostante fosse rimasto ferito dal comportamento di Kai, nonostante lui ci avesse fatto arrivare fin lì per sfidarci e dopo averci quasi sottratto i nostri Bit Powers, Kinomiya aveva ammesso di volergli bene. Ed in fondo lo capivo, perché era lo stesso sentimento che provavo io. Nonostante tutto quello che mi ero ripromessa e la rabbia e la preoccupazione che quell’ingrato mi aveva fatto provare, io non ero riuscita a sopprimere il sentimento benevolo che sentivo per lui. Avevo continuato a volergli bene nonostante il suo cambiamento.
Ma in quel momento era soppresso dalla rabbia.
«Gli amici non sempre vanno d’accordo…», insistette Rei e lo vidi spostare la sua attenzione su di me, quasi volesse captare la mia reazione. Anche il suo atteggiamento mi meravigliò, perché nonostante quello che Kai mi aveva fatto passare e come si era comportato nei nostri confronti, Rei non riusciva ad odiarlo. 
«A volte possono litigare, ma poi fanno pace!», continuò Max e vidi le sue spalle tremare per un istante. Anche nella sua voce non c’era il minimo accenno del rancore che sicuramente doveva aver provato verso il membro della Borg.
«Hai scelto una strada sbagliata, ma sicuramente adesso hai capito i tuoi errori…», dette man forte il Prof, dando voce ai miei pensieri.
Tutti loro avevano espresso un loro pensiero, cercando di mostrarsi amichevoli nei suoi confronti, ed in quel momento mi imposi di dire qualcosa. Non potevo rimanere ancora in silenzio, non dopo che lo sguardo di Kai non si era spostato da me nemmeno per un secondo.
«Ti prego Kai…», sibilai tra i denti con fare iracondo e col pelo dell’occhio vidi Rei voltarsi di nuovo nella mia direzione con un sopracciglio alzato, quasi fosse rimasto interdetto dal mio strano tono di voce. Spostò il suo sguardo ambrato prima su di me e poi di nuovo verso il chiamato in causa, quasi volesse vedere che effetto avrebbero avuto le mie parole così dure su di lui. Ed infatti riuscii a smuovere leggermente il mio vecchio amico, che sussultò nell’udire il suo nome dalla mia voce. «Afferra la mano di Takao!», insistetti «Il Prof ha ragione, hai scelto una strada sbagliata, ma sei sempre in tempo per rimediare ai tuoi sbagli…e qui ci sono cinque idioti che hanno aspettato insistentemente il tuo ritorno…», finii con una smorfia e per un momento abbassai lo sguardo a terra. Quando lo rialzai su di lui, aveva di nuovo un’espressione disperata che stonava molto sul suo volto sempre impassibile. Mi sembrò come se una parte del mio vecchio amico fosse tornata a galla. Il Kai bambino era sempre stato risoluto e fiero, anche se a volte lo avevo colto in momenti di pianto e disperazione, ma non era mai stato freddo ed insensibile.
Però le mie parole, seppur dette con un tono che di amichevole non aveva nulla, riuscirono a smuovere qualcosa nel suo animo. In più l’acqua gli era quasi arrivata a circondargli la vita, chiaro segno che ormai non c’era più molto tempo.
«Forza Kai!»
Takao batté un pugno a terra con fare spazientito e quello fu la goccia che fece crollare l’ultima traccia di orgoglio in Kai.
Spostò leggermente il volto di lato, serrando gli occhi come a volersi svegliare da quel brutto sogno, e giurai di aver visto una lacrima rigargli il volto. Però aveva fatto come gli era stato detto, seppur dopo una certa titubanza, ed afferrò risoluto la mano di Takao, alla quale si aggiunsero anche quelle degli altri. Ed anche io volli dare il mio aiuto, afferrando il braccio di Kai dopo essermi sporta da dietro le spalle del mio compagno inginocchiato a terra.
Con un balzo e grazie al nostro sostegno, Hiwatari riuscì a saltare dalla nostra parte e ci lasciammo tutti cadere a terra con un sospiro liberatorio. Era andata bene, e lo capì anche il diretto interessato, che osservò il ghiaccio da cui era scappato affondare drasticamente. 
Seguitarono alcuni istanti di silenzio, dove probabilmente nessuno di noi osò dire nulla. So che c’erano molte questioni in sospeso tra noi, come molte parole non dette, ma a rompere il ghiaccio fu come sempre Takao.
«Allora, torni con noi?», gli chiese titubante.
Io dal canto mio lanciai uno sguardo furente verso il mio vecchio amico, che si voltò a guardarmi dopo aver sentito i miei occhi addosso. Il suo sguardo era tranquillo, ma le sue labbra erano  incredibilmente serrate. Sostenni le sue ametiste per qualche istante, prima di voltare i tacchi e correre stizzita verso l’elicottero che ci avrebbe riportato a casa.
Ero sicura che Kai non sarebbe comunque mai tornato con noi. Non avrebbe in ogni caso rinunciato al suo sogno di gloria per noi.
Ed io non ero pronta per vederlo andare via di nuovo.
Fine capitolo 32


°°°°°°°°°°

Colei che scrive:
Eccoci qui al capitolo che segna la svolta ehehe il capitolo che segna ed ha segnato e nella serie il cambiamento di Kai. Ovviamente è stato leggermente cambiato dall’episodio originale per esigenza di trama. Qui è stata Saya a lanciare Dranzer, invece in originale lo fece Takao. I dialoghi, tranne quelli di Saya invece, sono quasi tutti ripresi da quello stesso episodio! 
Non ho molto da dire su questo, spero solo che vi sia piaciuto perché, il prossimo capitolo sarà incentrato su Saya e Kai ehehe 
Come sempre passo a scusarmi per gli eventuali errori, tempi verbali errati o frasi non scorrevoli T.T purtroppo la mia mente è provata dal lavoro T.T (e ieri sera ho perso metà dell’ultimo capitolo che stavo scrivendo, volevo piangere!!) 
Ringrazio al solito i recensori, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Grazie ancora a tutti, al prossimo capitolo! 




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Capitolo 33
*** Capitolo 33 - bentornato Kai ***


Capitolo 33

«Tanto non verrà», dissi sedendomi a gambe incrociate sul letto di Takao.
Da quando eravamo tornati in albergo, i ragazzi non avevano fatto altro che domandarsi se Kai sarebbe tornato. Io invece ero rimasta in religioso silenzio per tutto il tempo, a guardare nervosamente il paesaggio fuori dalla finestra con la mascella serrata. Non mi sentivo per niente fiduciosa verso di lui, non dopo tutto quello che aveva fatto. È vero, era cambiato dopo la battaglia sul lago, ma chissà come aveva reagito una volta ritornato al monastero. Io dubitavo davvero del suo ritorno, soprattutto perché Hiwatari non avrebbe mai e poi mai rinunciato ai suoi sogni di gloria per noi. La mia mente era ancora pervasa dalla rabbia che da qualche tempo covavo per lui e non riuscivo a ragionare obbiettivamente, tuttavia non volevo alimentare altre false speranze. Né le mie, né tanto meno le loro. Inoltre avevo ancora Dranzer stretto tra le mani.
A quella mia sentenza si voltarono tutti verso di me con un sopracciglio alzato, chiaro segno che non si sarebbero aspettati una risposta così dura da parte mia. L’avevo anche detto con un tono di voce che non avrebbe ammesso altre repliche.
«Perché dici così?»
Fu Takao a prendere parola, lui che aveva sempre avuto una spiccata dose di speranza verso tutti gli esseri umani. In un primo momento anche in Vorkof.
Decisi di non rispondere subito e di prendermi qualche secondo in più per sospirare, nonostante sul volto avessi mantenuto una certa espressione contrariata. Chiunque, guardandomi, avrebbe notato il mio stato d’animo incollerito verso il nostro ex compagno di squadra. Ero arrivata ad un punto in cui non riuscivo più a capirlo, o a capacitarmi dei suoi atteggiamenti sconsiderati come invece avevo sempre fatto. Anche se sapevo che la colpa di quel cambiamento era da attribuire a Vorkof ed alla Borg, non riuscivo a perdonarlo per le scelte che lo avevano portato ad allontanarsi da noi. Ma soprattutto non riuscivo a perdonarlo per tutto quello che aveva fatto da quel momento in poi, come rubare i Bit Powers dei White Tigers e degli All Stars. O anche solo per aver abbandonato il suo Beyblade.
«Perché Kai è una persona fredda e calcolatrice. La tipica persona che venderebbe l’anima pur di veder realizzati i suoi scopi. Lui vuole essere il Blader migliore del mondo e non gli interessa nemmeno con quali mezzi potrà farlo, lo dimostra il fatto che Dranzer è qua con me invece di essere con lui. A Kai non frega un’accidenti di noi, né gli è mai importato qualcosa. Lui è rimasto in questa squadra solo perché gli è convenuto, ma dal momento che ha trovato il modo di adempiere ai suoi desideri non ci ha messo molto ad abbandonarci per realizzarli. Se pensate che ad Hiwatari importi qualcosa dell’amicizia, beh, fareste meglio a ricredervi…io ne so qualcosa…», risposi a denti stretti, facendo volutamente notare loro il mio stato d’animo. Non riuscivo a credere che avessero pensato che sarebbe bastato salvarlo dai ghiacci del lago per riuscire a farlo tornare in sé o in squadra, o che tutto quello successo tra noi si sarebbe risolto così. Erano solamente degli illusi!
«Non credi di stare esagerando?», sentii Rei sedersi accanto a me per rispondermi ed io non potei che voltarmi nella sua direzione con un’espressione sconvolta.
«Rei!», lo ammonii, stringendo i denti in una smorfia sofferta. «Come puoi, proprio tu, dire una cosa del genere dopo tutto quello che mi ha fatto, e che vi ha fatto!? Lo avete visto anche voi che non ha avuto remore a rubare gli animali sacri delle altre squadre, che non ha avuto ripensamenti a gettare via il suo fedele compagno e che non vedeva l’ora di batterci tutti per avere i nostri Bit!», blaterai scioccata e lo vidi stringere la mascella sotto le mie parole. Sono sicura che sapesse quanto fossero vere, in fondo era stato proprio lui a consolarmi nei momenti in cui Kai era riuscito a farmi arrabbiare o ferirmi talmente tanto da indurmi a piangere fra le sue braccia. 
Però mi sentii tradita da quella sua constatazione e dall’occhiataccia che gli riservai credo lo capì anche lui, perché abbassò gli occhi con sofferenza. Non riuscii a credere che ebbe il coraggio di difenderlo dopo quello che era successo tra noi e dopo quello che ci eravamo detti non molto tempo prima in quella stanza d’albergo. 
Hiwatari stava di nuovo sconvolgendo la mia esistenza senza essere presente, era assurdo! 
«Lo so…», ammise tristemente, poggiandomi titubante una mano sul ginocchio, in un gesto che avrebbe dovuto tranquillizzarmi. Purtroppo niente e nessuno avrebbe potuto calmarmi in quel momento. «Non volevo dire questo. Ma mi è sembrato che qualcosa fosse cambiato nel suo animo dopo che lo abbiamo salvato», continuò, ma in ogni caso non me l’avrebbe data a bere. «E poi tu sei andata via e non ti sei potuta rendere conto del fatto che Kai non ha mai spostato il suo sguardo da te durante tutta la tua corsa verso l’elicottero. E lo ha fatto con uno sguardo quasi sofferente»
Dopo quelle parole mi decisi a riportare l’attenzione che avevo distolto dalla sua persona di nuovo su di lui. Rimasi interdetta da quella constatazione e cercai di capire se fosse vera oppure se lo avesse detto di proposito per cercare di far alzare di nuovo la stima che avevo perso nei confronti del mio vecchio amico. In ogni caso non sarebbe bastata quella bugia, se fosse stata davvero una bugia, a farmelo salire di nuovo nelle grazie.
«Beh, sicuramente non gli è andato giù il fatto che io gli abbia tenuto testa con Dranzer. Tutto qui…Se gli fosse importato qualcosa di me non mi avrebbe detto quelle cose in Germania!», gli dissi stizzita, assottigliando lo sguardo per fargli intendere quello che solo lui poteva sapere. Gli avevo detto dello scontro avuto con Kai perché mi fidavo di lui, ma non ero riuscita a farlo con gli altri, che sotto le mie parole si guardarono tra loro con fare confuso.
«Hai ragione», mi rispose con un sospiro, ma sembrò come se me la stesse dando vinta pur di non litigare con me. In quel momento stavo vedendo tutto nero, e lui lo aveva ben capito, ma quel suo atteggiamento accondiscendente e quella strana fiducia nei confronti di Kai mi fecero male. 
Mi sentii di nuovo come se fossi stata tradita.
«Non ho altro da dire. Anche se dovesse varcare quella porta non cambierà quello che penso di lui. Me ne ha fatte troppe…», ammisi con sincerità, portando le ginocchia al petto e nascondendo il viso a contatto con le gambe. 
Stavo cercando di non scoppiare di nuovo a piangere dal nervoso. Avrei voluto sfogare in qualche modo la rabbia ed il risentimento che sentivo, e visto che non potevo farlo prendendomela con il diretto interessato dovevo pur scaricarla in qualche modo. In più non volevo rispondere o trattare male i miei compagni, quindi mi trattenni dall’essere rude e dal continuare a parlare.
Sentii soltanto il braccio di Rei circondarmi le spalle, attirandomi a sé. Mi ritrovai di nuovo tra le sue braccia e quella volta non era stato per mia scelta. Avrei voluto andarmene, ma non riuscii a trovare la forza. Per quanto mi aveva fatta arrabbiare, quelle braccia riuscivano sempre a tranquillizzarmi.
«Scusa», mi disse a fiori di labbra, vicino al mio orecchio, ed io lo strinsi a me con maggior forza. Con quel gesto volevo fargli intendere che avessi capito le sue parole e che per il momento avrei accettato le sue scuse.
Rimasi abbracciata a Rei per tutto il tempo in cui i ragazzi continuarono a fare congetture, ma io non avevo voglia di stare a sentirli e quindi, cullata dal suo profumo, mi addormentai tra le sue braccia.



«Kai!», sentii pronunciare dalla voce di uno dei ragazzi e quello mi costrinse a destarmi definitivamente dal mio sonno. 
Mi strofinai gli occhi ancora ancora chiusi e quando definitivamente li aprii lui era di fronte a noi, con le braccia conserte e l’aria quasi malinconica. 
In un primo momento stentai a credere che quello fosse proprio Kai Hiwatari, soprattutto dopo che avevo cercato di far perdere la speranza di rivederlo a tutta la squadra. Non seppi dire quanto tempo fosse passato da quando mi ero addormentata, ma la luce arancione che filtrava dai vetri della finestra chiusa mi fece capire che il sole aveva iniziato a tramontare. Avevo dormito così tanto che credetti di stare ancora sognando. 
«Bentornato, lo sapevo che saresti venuto!», disse Max, con il suo solito tono di voce allegro ed amichevole. Mi presi del tempo anche per osservare Rei ed il Prof, che con mia somma sorpresa stavano sorridendo al nuovo arrivato come se nulla di quello che ci aveva fatto fosse successo. Inoltre Rei era ancora seduto sul letto dove mi ero finalmente issata a sedere. Quando si accorse che lo stavo guardando mi sorrise a sua volta, come a volermi dire: “te lo avevo detto”, ma quella constatazione silenziosa mi stizzì non poco e glielo feci capire storcendo il labbro in una smorfia contrariata. Lui abbassò lo sguardo ambrato per un istante, ma non mi feci smuovere da ciò, perché ero fortemente convinta di continuare a tenere alto il mio pensiero. Mi dispiaceva andare contro Rei, soprattutto dopo quello che era successo tra noi, ma tutta quella fiducia verso Kai, da parte sua e degli altri, mi aveva lasciata pressoché interdetta. Possibile che nessuno di loro serbava un po’ di rancore per tutto quello che aveva fatto da quando ci aveva lasciati? Ed adesso tornava così come se nulla fosse e senza un minimo scontro verbale? E loro lo avrebbero anche perdonato senza chiedere spiegazioni, era assurdo! 
Mi voltai verso il nuovo arrivato e piantati i miei occhi nei suoi come a volerlo intimorire, e lo feci con l’espressione più risentita che riuscii a fare. Lui invece serrò le labbra, come se si stesse sforzando di non dirmi nulla, ma capii che avrebbe voluto parlarmi, soprattutto dopo gli eventi successi sul lago Bajkal. 
Purtroppo però nessuno di noi riuscì a dire nulla, perché venimmo interrotti dall’arrivo in stanza di mio nonno, con al seguito il nonno ed il padre di Takao, e quello ci sembrò alquanto strano. 
A parte festeggiare il ritorno di Kai, nel quale io me ne rimasi imbronciata al mio posto, seduta ancora a gambe incrociate sul letto, i tre uomini ci spiegarono subito il perché della loro presenza. 
Il signor Kinomiya ci raccontò della sua ricerca dei Bit Powers, della videocassetta che mio nonno ci aveva fatto recapitare quando eravamo in Europa, e di come avesse conosciuto Vorkof. Sotto quel racconto ammutolimmo tutti, soprattutto perché nessuno di noi avrebbe mai pensato che quel Monaco fosse in realtà un terrorista. Non che avesse mai avuto un’aria raccomandabile, ma non credevo che fosse malvagio fino a quel punto. 
Kai invece aveva tenuto lo sguardo basso durante tutto il racconto e tremava leggermente sotto le parole del padre di Takao, soprattutto quando il discorso sviò su di lui. Era stato mio nonno a prendere parola, dicendoci quanto il nonno di Kai fosse coinvolto in quella storia.
Il Sig. Hiwatari era socio in affari con Vorkof ed entrambi puntavano a conquistare il mondo grazie all’energia dei Bit Powers. Si erano alleati per far sì che questo accadesse, ma non avevano messo in conto che noi avremmo provato ad ostacolarli. Mio nonno aveva organizzato il mondiale, e quindi messo insieme la squadra dei Bladebreakers, proprio per ostacolare la Borg… e Kai aveva quasi mandato all’aria tutto! Quella constatazione mi indispettì non poco. 
«Ha approfittato della mia passione per il Beyblade. Mi ha portato al monastero affinché diventassi uno dei suoi strumenti per raggiungere la gloria…», prese parola Kai, spostando lo sguardo su tutti i presenti, fino a soffermarsi su di me. Mi squadrò con uno sguardo strano, molto in contrasto con quelli che mi riserbava di solito, quasi stesse cercando di comunicarmi qualcosa con lo sguardo, ma io mantenni la stessa espressione che mi ero piantata sul volto da quando era entrato. Capii comunque che si stesse riferendo al passato, di quando sparì senza lasciare traccia di sé. Già sapevo, grazie allo stesso Vorkof, che Kai aveva passato metà della sua infanzia al Monastero. Avevo anche capito il perché della sua freddezza, ma ero troppo arrabbiata per quello che aveva combinato per perdonarlo così… 
«Non importa quello che ha fatto tuo nonno Kai!», prese parola Takao, balzando in piedi e fermandosi al centro della stanza per essere sotto gli occhi di tutti. 
«Importa che hai capito i tuoi errori e che adesso tu sia con noi», gli sorrise, facendo apparire un sorriso anche sui volti di tutti i presenti. Io invece non avevo nessuna voglia di sorridere e rimasi con le gambe strette al petto, disinteressata al massimo. Per fortuna nessuno si accorse di me e del mio stato d’animo. Nemmeno Rei, che si era alzato dalla sua posizione per raggiungere Takao, con Max ed il Prof al seguito. 
«Glielo giuro presidente, fermeremo Vorkof ed annienteremo i suoi folli piani di conquista!», continuò Kinomiya, rivolto a mio nonno, allungando un braccio di fronte a sé in segno di speranza. 
«Ed io sarò al tuo fianco!», dette man forte Max, col suo solito buon umore e poggiando la sua mano su quella di Takao in segno di solidarietà. 
«Contate pure su di me!», aggiunse Rei, emulando il gesto di Max. 
«E non dimenticatevi di me!», fece invece il Prof Kappa, inserendo anche la sua mano in quella stretta di gruppo. 
Con la meraviglia di tutti i presenti anche Kai si aggiunse al quartetto, poggiando per ultimo la sua mano con un sorriso. Quel gesto mi fece imbronciare ancora di più, perché non mi ero ancora del tutto convinta della sua redenzione.
«Non vi lascerò salvare il mondo da soli…», gli sentii pronunciare e non potei fare altro che storcere di nuovo le labbra in una smorfia. 
«Adesso manca solo Saya… », sentii la voce di Takao riportarmi alla realtà e mi accorsi che gli sguardi di tutti i presenti erano puntati su di me. I ragazzi mi stavano sorridendo affabilmente, mentre Kai mi guardava con una strana pacatezza che mi convinse ad alzarmi stizzita dal letto. Sicuramente credettero che avrei aggiunto la mia mano alle loro, e in un’altra circostanza lo avrei fatto. Era ovvio che condividevo i loro pensieri, e che non vedevo l’ora di mandare all’aria i piani malvagi della Borg, ma non avevo intenzione di interagire con Kai… 
Rimasi in piedi a poca distanza da loro e guardai prima Rei, con uno sguardo che voleva fargli capire tutta la mia delusione, poi spostai la mia attenzione sul mio vecchio amico, con un’espressione incredibilmente risentita. Lo osservai abbassare gli occhi a terra e quello mi dette una soddisfazione immensa. In ogni caso non volli umiliarlo, non ero così stronza come lo era stato lui nei miei confronti. 
Il mio atteggiamento però confuse tutti i presenti e potei notarlo dalle loro espressioni confuse, ma per fortuna non dissero nulla. Nemmeno Kai, che spostò la sua attenzione da me con quello che mi sembrò uno sguardo alquanto ferito. Non volli comunque infierire, né rimanere in mezzo a loro. Avevo bisogno di sbollentare la rabbia ed avevo bisogno di farlo da sola, cosi girai i tacchi con una smorfia e mi diressi nella stanza che dividevo con Rei e Kai, chiudendomi la porta alle spalle. 





Saya era riuscita ad ammutolire tutti i presenti, che in quel momento stavano osservando con uno sguardo confuso il punto in cui la ragazza era sparita. Gli unici invece che si erano leggermente incupiti furono proprio Rei e Kai, entrambi per motivi diversi. 
Rei si sentiva in colpa per aver dubitato di lei e per non essergli stato vicino in quei momenti dove più avrebbe avuto bisogno di lui. Era stato presente in ogni memento di disperazione della ragazza, tranne in quello, che forse era stato quello più cruciale. Saya aveva perso totalmente la fiducia in Kai, ed a quanto pareva anche in tutti loro. Non l’aveva mai vista voltare loro le spalle in quel modo, né farlo con così tanta rabbia. 
«Le passerà, vedrete», ridacchiò Takao, portandosi le mani dietro la nuca in un gesto spensierato, ma non riuscì del tutto a convincere i diretti interessati. 
«Ce l’ha con me…», ammise invece Kai, meravigliando non poco i presenti, soprattutto per il tono di voce colpevole che aveva usato. In quel modo ebbe l’attenzione di tutti, che lo guardarono con una leggera apprensione. Che lei ce l’avesse con lui lo avevano capito tutti e non solo per quello che era successo in Russia. Sapevano che quella era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. 
«Credo che in questo momento tu sia l’unico che può tranquillizzarla. Avete molte cose di cui parlare…»
A meravigliare il ragazzo furono le parole di Rei, che si era avvicinato quasi a parlargli sotto voce. Il diretto interessato fece molta fatica a capire quelle parole, ma evidentemente era una cosa troppo personale per esporla di fronte a tutti.
«Beh, vi lasciamo ai vostri diverbi ragazzi. Ci vediamo domani»
Furono le parole allegre del Presidente Ditenji a stemperare l’atmosfera che si era creata in quella stanza, impedendo in un primo momento a Kai di poter rispondere. Inoltre i tre uomini uscirono tutti sorridenti dalla camera, sapendo che tanto i ragazzi avrebbero chiarito le loro questioni senza bisogno degli adulti. E poi erano tutti abbastanza provati dai recenti avvenimenti.
Quando calò di nuovo il silenzio, Hiwatari ebbe di nuovo tutta l’attenzione dei presenti su di sé. Quella pressione lo confuse non poco però, e si ritrovò a portarsi una mano tra i capelli in un gesto che trasportava tutto il suo nervosismo.
In fondo non si era mai soffermato a dover “consolare” gli altri, né a parlare del suo comportamento o parlare in generale di qualcosa di importante. Era sempre stato un tipo solitario e scostante e non aveva mai detto più di una frase all’interno di una qualsiasi conversazione, soprattutto coi ragazzi. Ed ora pretendevano che lui andasse a parlare proprio con l’amica che aveva perso per colpa dei suoi comportamenti scostanti?
«Io…», iniziò a parlare ma non ebbe idea di cosa avesse voluto dire, poiché le parole gli morirono in gola. Non si sentiva pronto per affrontare una cosa del genere, ma non poteva certo tirarsi indietro. Aveva superato prove ben peggiori, eppure confrontarsi con quella ragazza lo metteva a disagio. Era assurdo!
«Glielo devi, per come l’hai trattata nel giardino degli Jurgens…», rincarò la dose Rei, provocandolo volutamente. Sapeva che l’orgoglio era probabilmente l’unico punto vulnerabile di Kai, che infatti reagì con una smorfia contrariata. 
Dalla faccia che fece, Rei fu sicuro che gli avrebbe risposto nel suo solito modo scostante, invece si meravigliò del fatto che non rispose minimamente alla provocazione. Lo vide serrare la mascella con una smorfia, ma evitò di proferire parola a riguardo, e sotto quel gesto capì che Saya non gli era poi del tutto indifferente. 
E neanche lui a lei.
Forse si sarebbe pentito di aver mandato Kai a parlare con Saya, perché in fondo teneva molto a quella ragazza, ma era anche vero che si era creato un triangolo che solamente lei avrebbe potuto sciogliere. E poi lui doveva ancora capire quale tipo di sentimento provasse per Mao. Erano tutti molto confusi, ma forse quella sarebbe stata la svolta che li avrebbe aiutati a capire.
«D’accordo!», sbottò Kai dopo qualche istante di silenzio ed esitazione, impettendosi e dirigendosi fino alla stanza in cui era sparita la ragazza.






«Vattene Rei!», sbottai inacidita quando sentii la porta chiudersi alle spalle di qualcuno e lo feci col tono di voce più risentito che riuscissi a fare. Ero sicura che fosse lui, perché nessun altro avrebbe avuto il coraggio di entrare sapendo quanto fossi incollerita, ma non avevo alcuna voglia di parlare, né di farlo con lui. Mi dispiaceva davvero dover tenere lontano Rei dopo che era stato così dolce e gentile da starmi vicino nei momenti di sconforto, ma non volevo dire cose di cui mi sarei pentita. Avevo covato una rabbia ed un risentimento che difficilmente sarei riuscita a controllare. Nemmeno un altro bacio del ragazzo mi avrebbe fatta calmare, nonostante avessi sentito la necessità delle sue labbra per tutto il giorno. Inoltre non mi ero ancora del tutto capacitata del suo comportamento di poco prima. 
I miei pensieri però vennero brutalmente messi a tacere dalla voce del nuovo arrivato.
«Non sono Rei», mi rispose, leggermente stizzito, e la sua voce mi convinse a sgranare gli occhi e trattenere il respiro, nonostante continuassi a dargli le spalle. Non volevo voltarmi, né vedere i suoi occhi. Non ero pronta ad un confronto con lui.
«Vattene Kai!», gli intimai, ancora più indispettita ora che sapevo chi mi avesse disturbata. In più usai lo stesso atteggiamento che solitamente usava lui contro di me, o contro i ragazzi della squadra, e mi sentii così soddisfatta di lanciargli contro le sue stesse risorse che mi salì alle labbra un sorrisetto maligno.
Lo sentii sospirare ma non riaprire la porta, chiaro segno che la mia imprecazione non era servita a nulla. Solo allora mi decisi a voltarmi, alzandomi dal letto e portando le braccia al petto con espressione sprezzante. Lui però non si mosse dalla sua posizione e non cambiò minimamente la sua coltre impassibile. Tipico di lui!
«Ho detto vattene», continuai con insistenza, ma lui mi stava guardando con uno sguardo talmente penetrante che non riuscii a sostenerlo per più di tre secondi. Abbassai il mio con un ringhio risentito e lo sentii sospirare di nuovo. Quello mi convinse ad alzare di nuovo i miei occhi su di lui con titubanza.
Le sue sopracciglia erano leggermente incurvate in un’espressione quasi supplichevole, che mi costrinse a serrare di nuovo la mascella.
«Uffa, quando sei tu ad intimare agli altri di andarsene quelli fanno come tu ordini…», sbottai di nuovo spazientita, alzando le braccia in segno di resa. «Ok, se non sarai tu ad andartene me ne andrò io»
Feci qualche passo verso di lui, ma sapevo benissimo che non mi avrebbe fatta passare, in fondo stava piantonando la porta da quando era entrato. Se l’era chiusa alle spalle e non si era mosso da lì come la volta sul treno, quando mi impedì di entrare nella mia cuccetta perché voleva chiedermi di vedere il disegno.
Il ricordo di quest’ultimo e di Dranzer mi indispettì talmente tanto che mi costrinse a fermarmi di colpo. E lo feci con un grugno incattivito.
«Saya…»
Il mio nome soffiato dalle sue labbra fece perdere un colpo al mio cuore, che iniziò a battere all’impazzata facendomi cambiare espressione. Era la prima volta che lo sentivo dalla sua voce, e forse era quello che avevo sperato di sentire per tutta la durata del campionato mondiale. Avevo sperato che lui si accorgesse di me, che si ricordasse di me o che mi chiamasse almeno una volta col mio nome e non con i soliti “Hey” o “Senti”, quasi fossi una nullità di poco conto. Ma non dovevo farmi impietosire da quello, perché ero sicura che lo avesse fatto apposta per richiamare la mia attenzione e quella constatazione mi fece di nuovo salire le lacrime agli occhi. Feci di tutto per trattenerle, anche un’espressione quasi sofferta. Non volevo piangere di nuovo per lui, né tanto meno farlo in sua presenza, ma non riuscivo più a sostenere la rabbia che sentivo verso quell’individuo. L’unico modo che avevo per liberarmene era sfogarmi, ma oltre tirargli una scarpa cosa avrei potuto fare? Avrei dovuto parlargli per non essere minimamente ascoltata? Ero sicura che le mie parole sarebbero state solo parole dette al vento, perché in tutto quel tempo passato nella stessa squadra non avevano mai sortito il minimo effetto. Quindi come potevo sperare che avrebbero potuto cambiare qualcosa in quel momento?
«Vattene», fu il mio ultimo disperato appello, detto senza guardarlo e lasciando che una lacrima sfuggisse al mio controllo. Riuscii ad asciugarla con il dorso della mano, ma non volli alzare gli occhi da terra, troppo avvilita per farlo.
«Vorrei che tu mi ascoltassi…», mi rispose invece, facendomi serrare ancora di più i pugni e la mascella. «Per favore!»
Fu quell’ultima frase a farmi cedere, perché dalla sua voce non avevo mai sentito quelle parole, soprattutto dette con un tono così supplichevole. Se lui, una persona fin troppo orgogliosa, si era abbassato a tanto, probabilmente quello di cui voleva parlarmi era una cosa importante. 
Mi decisi a dargli una possibilità, ma non gli dissi nulla e non alzai lo sguardo. Annuii solamente con un cenno del capo, così da fargli capire che avrebbe potuto parlare e che lo avrei ascoltato.
«Io mi ricordo di te», sospirò. Quel sospiro così arrendevole mi fece perdere l’ennesimo colpo e mi costrinse a riportare i miei occhi nei suoi, che mi stavano osservando mesti.
Non riuscii però a formulare una frase, nonostante avessi aperto la bocca per prendere una boccata d’aria, quindi fu lui a continuare. 
«Quando siamo arrivati a Mosca ho avvertito una strana inquietudine, soprattutto dopo la visita al monastero. Mi aveva inquietato, e penso che tu lo sappia, perché mi sono accorto che era stato lo stesso per te. Volevo capire cosa fosse quella strana sensazione che avevo iniziato ad avvertire, così il giorno dopo mi ci sono avventurato di nascosto. Non è stato facile, ma sono riuscito a penetrare all’interno. Mi sono addentrato nei sotterranei, e più andavo avanti più continuava ad essermi famigliare. Poi ho incontrato Vorkof, che ha fatto luce sui miei ricordi, nonostante ancora non ricordassi nulla del mio passato. È stato solamente dopo aver visto Black Dranzer, e dopo averlo lanciato di nuovo, che la nebbia nei miei ricordi si è dissolta. Non del tutto purtroppo, ma quanto è bastato per ricordare alcune cose più importanti. È stato mio nonno a portarmi in quel luogo e ci sono rimasto per cinque anni. Sono sempre stato un bambino ambizioso, soprattutto per quanto riguarda il Beyblade, e penso tu lo sappia», sorrise leggermente e quello mi sembrò ancora più strano. Non ero abituata a vedere un sorriso sul volto di Kai, ma rimasi ancora in silenzio, con il cuore in gola ad attendere che riprendesse a raccontare. «Circa cinque anni dopo essere arrivato al Monastero, i monaci ci portarono a vedere un Beyblade che avevano appena finito di mettere a punto. Era Black Dranzer, che vedemmo in azione per la prima volta, ed io ne rimasti così tanto affascinato che non resistetti alla tentazione di lanciarlo. Così una notte penetrai nel luogo in cui era riposto e provai un lancio. Purtroppo quel Beyblade ha sempre avuto in sé una forza straordinaria, che andava ben oltre le potenzialità di un bambino di undici anni…Fui sopraffatto dalla sua potenza, che mi scagliò contro la parete di pietra della stanza in seguito al rilascio di quell’immensa energia. Battei violentemente la testa e dopo quell’incidente rimasi in coma. Mio nonno convenne che fosse stato meglio per me tornare in Giappone. Rimasi in osservazione per circa due mesi e quando mi svegliai non ricordavo nulla di quei cinque anni passati al monastero, né dei sei anni prima. C’era solo una sensazione che continuava a torturare la mia mente, ed era il vago ricordo di un Beyblade straordinario. Non ricordavo assolutamente che si trattasse di Black Dranzer, né di come fosse fatto in realtà. Ne rimasi così tanto ossessionato da mettere insieme un gruppo di teppisti e fondare gli Shall Killer solo per poter trovare quel Beyblade. Purtroppo non potevo sapere che non lo avrei trovato in città. E purtroppo, tra i tanti ricordi che avevo perduto, c’era anche il tuo. Fu mio nonno a raccontarmi della mia vita, dicendomi che avevo avuto un incidente grave mentre andavo in bicicletta, cercando di mettere insieme un puzzle che ovviamente non esisteva. Lui non mi hai mai raccontato di te…», sospirò abbattuto, abbassando leggermente lo sguardo a terra come avevo fatto io. In quel momento sentii di provare verso suo nonno tutta la rabbia che avevo provato per lui fino a quel momento. Ma perché non gli aveva mai detto di aver avuto un’amica? Ma era ovvio che Hito Hiwatari voleva plagiarlo per i suoi scopi, e lo abbiamo potuto constatare tutti!
«È stato solo dopo averti vista nel covo degli Shall Killer ed in seguito alle tue parole che ho iniziato a farmi delle domande. Per tutto il tempo ho combattuto un’ardua battaglia interiore. Le tue parole avevano smosso qualcosa dentro di me, ma non riuscivo a ricordare nulla nonostante mi sforzassi. Così, nonostante avessi avuto la sensazione di conoscerti, ho voluto comunque tenerti alla larga da me, perché la tua presenza mi confondeva», ammise, alzando di nuovo il suo sguardo su di me. 
Lo guardai dritto negli occhi, perdendomi nel colore di quelle iridi che tanto avevo amato da piccola.
«Io, confonderti?», chiesi con espressione scioccata. 
«Sì», ammise, «perché sentivo che era la verità. Però, nonostante una parte di me ti avesse creduto, l’altra si era attaccata fortemente al presente ed ai falsi ricordi che mi aveva impiantato mio nonno. Non ero pronto ad un cambiamento, né ero pronto a cambiare me stesso. In realtà all’inizio non mi importava di sapere cosa ci fosse stato tra noi. Volevo ignorarti e continuare la mia vita come avevo sempre fatto. In fondo avevo una missione da compiere… Ma poi c’è stato il Torneo Nazionale e la partenza per il Mondiale…e tu mi sei sempre stata fin troppo vicina. È stata dura starti alla larga…»
Lo guardai con la bocca aperta per qualche secondo, con la tipica espressione di chi non crede alle proprie orecchie. Quindi ci avevo visto giusto, in un modo o nell’altro Kai si ricordava di me, ma non gli importava. 
«Mi dispiace di essere stato così scostante con tutti voi», ammise infine e mi sembrò anche che fosse stata un’ammissione sofferta. Sono sicura che non era stato facile per lui esternare quei pensieri, in fondo non aveva mai parlato così tanto di sé. Lo capii dal suo sguardo sofferente. Forse si aspettava che dicessi qualcosa, ma ero troppo scioccata per poterlo fare. Fu lui in ogni caso a continuare.
«Tutto però è cambiato da quanto ho rivisto Black Dranzer e da quando ho potuto lanciarlo di nuovo. Nonostante abbia riacquistato una parte dei miei ricordi grazie a quel Beyblade, io sono sempre stato troppo ambizioso per farmi prendere dai sentimentalismi. L’amicizia al monastero non è mai stata contemplata. Solo il tuo ricordo mi dava conforto per sopravvivere agli estenuanti allenamenti a cui ci sottoponevano», sorrise di nuovo, amaramente, ed in quel momento avrei voluto davvero abbracciarlo per quanto mi sembrò spaesato, ma riprese a parlare ed io mi trattenni. «Con la memoria ho perso anche la concezione dell’amore, dell’amicizia, della pietà e del perdono. Rimasero solo l’impassibilità e la freddezza, le uniche cose che mi sarebbero servite per raggiungere la gloria. E Vorkof sapeva quanto io fossi ambizioso, per questo quando mi sono introdotto nel Monastero mi ha fatto vedere Black Dranzer. Sapeva che non avrei resistito alla tentazione di averlo, ed infatti così è stato. Nonostante quel Beyblade mi avesse fatto riacquistare i miei ricordi, e quindi facendomi ricordare anche di te, io sono stato comunque egoista ed ho scelto il potere», ammise tra i denti ed io lo guardai con uno sguardo triste. 
Tutti i tasselli erano andati al loro posto e l’intricato puzzle della sua vita era finalmente completo. Aveva ammesso di ricordarsi di me ed io non mi sentivo più così arrabbiata come quando era entrato nella stanza. Le sue parole erano riuscite a calmarmi, e la rabbia che sentivo di provare in quel momento era per suo nonno, per averlo allontanato da me, e per Vorkof, per averlo fatto diventare una macchina priva di sentimenti. In quel momento più che mai sperai nei ragazzi e nel fatto che avessimo potuto in qualche modo fermare i loschi piani di quegli individui. Mio nonno ci aveva affidato un compito e noi lo avremmo portato a termine a tutti i costi! 
Ma c’era ancora una domanda che volevo fargli, una che mi aveva tartassato da quando era entrato. Decisi di prendere una boccata d’aria e provare a dire qualcosa, in fondo lo dovevo sia a me stessa che a lui, che aveva messo da parte l’orgoglio ed era venuto a chiarire con me. 
«Sei tornato per restare?», chiesi con voce roca, dopo aver serrato di nuovo i pugni. Un po’ avevo paura della risposta, che però non tardò ad arrivare.
«Certo…», disse con un piccolo sorriso impacciato. In fondo non era abituato a tutte quelle emozioni e lo capivo bene.
«Quindi aiuterai davvero la squadra e mio nonno a fermare i piani di Vorkof?», chiesi titubante e lui annuì senza ripensamenti.
«Certo. Devo molto a tuo nonno, per tutto quello che ha fatto per noi…», ammise con sincerità e quelle sue parole mi diedero la forza di sorridere in risposta.
«Kai…», lo richiamai dopo alcuni secondi di silenzio, in cui nessuno dei due sapeva più cosa dire. Mi ero sentita talmente in imbarazzo, differentemente dall’imbarazzo provato per Rei, che mi decisi a dire qualcosa. Per fortuna non avevo richiamato la sua attenzione senza un vero motivo. C’era ancora un’ultima cosa che volevo sapere e quella risposta poteva darmela solo lui. «Cosa ti ha spinto a cambiare idea?», chiesi con sincerità, piantando le mie iridi ametista nelle sue.
Ci mise un po’ a rispondere e probabilmente fu perché stava cercando le parole esatte con cui farlo.
«In primis l’Aquila Rossa…», ammise e quelle parole mi spiazzarono. «Dopo aver visto il suo sguardo deluso ho capito di aver sbagliato tutto. Ma l’ho anche vista proteggerti ed ho capito cosa la legasse a te, o cosa legasse te a me. Dranzer e la Fenice non si sarebbero mai fidati di un perfetto sconosciuto. Vederti comandare il mio Beyblade con tanta leggerezza mi ha aperto gli occhi», sorrise. «E poi il fatto che avreste rischiato di finire annegati con me pur di salvarmi la vita mi ha definitivamente fatto capire cosa mi fossi perso in tutto quel tempo. Ho combattuto con voi tutto il mondiale senza però averlo vissuto veramente. Voi eravate uniti, mentre io continuavo a starmene a distanza. Voi avete sempre trattato i vostri Beyblade come se fossero degli amici, mentre io avevo sempre usato Dranzer come uno strumento. L’ho capito dopo la sfida sul lago Bajkal. Grazie per avermi aperto gli occhi», mi sorrise, seppur impercettibilmente, ma a me stava bene così. Non volevo forzare troppo la mano, né rischiare di indispettirlo.
«Devi dire grazie a Dranzer e…a proposto…», dissi spostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio con fare nervoso. In seguito recuperai Dranzer dalla tasca dei pantaloni, dov’era rimasto tutto quel tempo, ma era giusto che tornasse al suo legittimo possessore.
«Questo è tuo. Non dovresti mai separarti dal tuo amico», continuai, avvicinandomi a lui di qualche passo e lo feci con il braccio teso per restituirgli l’oggetto. Lui lo prese con trepidazione, osservando poi con uno sguardo colpevole il Bit Chip. So che anche in quel momento stava vivendo un conflitto interiore non indifferente. Probabilmente aver visto quello sguardo deluso da parte della sua Aquila doveva averlo inquietato parecchio. Forse si stava sentendo indegno di possederla ancora, ma il Chip gli rimandò indietro lo stesso bagliore che mi aveva sostenuta in quei due giorni e non potei fare a meno di sorridere verso quella scena.
Dranzer lo aveva perdonato.
Ed in fondo anche io.
«Non me ne separerò mai più», ammise con un sorrisetto complice mentre lo riponeva al sicuro nella tasca dei suoi pantaloni. «Ricordo, anche se vagamente, del giorno in cui lo costruimmo», continuò poi, tornando serio e penetrandomi con uno sguardo che mi fece arrossire violentemente. Era l’ennesima confessione che avevo sempre sperato di sentigli pronunciare. «Ora capisco il perché dei tuoi discorsi»
«Spero che un giorno potrai recuperarli tutti», gli sorrisi di rimando, alludendo ai suoi ricordi, ma ammutolii quando lui tornò serio ed impassibile e spostai leggermente la testa di lato, non capendo il perché dei suoi repentini cambiamenti d’umore.
«Anche io devo darti una cosa», mi disse dopo alcuni secondi di silenzio, cambiando totalmente discorso. In un primo momento non riuscii a capire di cosa stesse parlando. Cosa mai poteva dare lui a me?
Ero talmente presa da quei pensieri che non mi accorsi di cosa tirò fuori dalla larga tasca dei suoi calzoni. Fu solo dopo che me la porse che capii cosa fosse, e il mio cuore non resse all’emozione.
Le lacrime iniziarono a scendere copiosamente sulle guance, nonostante cercassi di ricacciarle indietro o asciugarle con la manica della maglietta.
«Io…Io pensavo che lo avresti buttato!», singhiozzai, prendendo dalle sue mani il disegno che io stessa gli avevo lanciato contro in un impeto di rabbia. Me ne ero pentita subito dopo, ma oramai il danno era fatto. Mi ero attaccata a Dranzer anche per compensare la mancanza di quel foglio, che mi aveva tenuto compagnia durante gli anni della sua assenza. Quello schizzo era stato l’unica dimostrazione del fatto che un tempo Kai mi fosse stato davvero amico.
 «In un primo momento ho pensato di farlo, ma poi ho deciso di tenerlo. Dopo aver riacquistato i miei ricordi, quel disegno ha assunto un significato diverso. In fondo, volente o nolente, insieme a Dranzer sono gli unici legami che ho con il mio passato e con te…»
Ed era vero, e sapere che anche lui lo aveva capito mi riempì il cuore di gioia, ma continuai a piangere nonostante il sorriso che mostrai.
«È stato per lo stesso motivo che non ho mai avuto la forza di buttarlo», gli resi noto, «e per lo stesso motivo me lo sono portato dietro. Ho continuato a contemplarlo anche dopo i nostri battibecchi, anche dopo il nostro scontro in Germania», storsi il labbro in una smorfia al ricordo di quell’orribile serata e fu solo dopo aver ripensato ai suoi discorsi che decisi di chiedergli un’ultima cosa.
«Kai», lo richiamai infatti e vidi la sua mascella serrarsi, chiaro segno che aveva già capito cosa stessi per domandargli.
«Tu pensi davvero le cose che mi hai detto quella sera?»
Abbassai di nuovo gli occhi, perché avevo paura ad ascoltare quella possibile risposta. Non volevo perdermi di nuovo in quel mare violaceo, perché non avrei retto il colpo altrimenti.
«Saya…», sospirò il mio nome senza rispondermi e mi sentii ancora più avvilita. Avevamo parlato del suo passato e del nostro, ma non eravamo ancora arrivati a parlare del presente. Io non mi ero dimenticata delle cose che mi aveva detto quel giorno, perché ancora torturavano la mia mente. Inoltre non alzai lo sguardo su di lui nemmeno dopo che mi aveva richiamata.
Successe però tutto in una manciata di secondi. In un primo momento stavo guardando il pavimento e l’attimo dopo mi ero ritrovata avvinghiata al suo petto, ad annusare lo stesso profumo che per tutto il tempo avevo assaporato dal suo cuscino. Le sue braccia mi stavano stringendo quasi con disperazione ed io non potei fare altro che aggrapparmi alla sua schiena, stringendo fortemente la sua maglia nera. 
«Come ti ho già detto ero molto confuso e facevo di tutto per tenerti alla larga da me. Quella sera ho esagerato, ma ti assicuro Saya, non ho mai pensato che tu fossi inutile e credo che quella stessa notte tu lo abbia dimostrato. Tutti i membri della nostra squadra devono molto a te e tuo nonno!», mi disse in un sospiro, fatto pericolosamente vicino al mio orecchio. Sentivo il suo fiato caldo sul collo e quello fece di nuovo iniziare a battere all’impazzata il mio cuore. Inoltre sperai che in quella posizione, così avvinghiata al suo petto, lui non riuscisse a sentirlo. Sarebbe stato difficile da spiegare. Ma quelle braccia erano tutto quello che avevo sempre desiderato. In quel momento la mia mente si era svuotata e non c’era più stato il pensiero di suo nonno, della Borg e…soprattutto, di Rei.
In quell’abbraccio capii di aver riavuto finalmente indietro il mio migliore amico. Ma nonostante quello, c’erano ancora molti dubbi nel mio cuore.
In ogni caso mi decisi a confessargli una cosa importante, e anche se lui non aveva posto la domanda, sono sicura che il pensiero lo avesse tormentato tanto quanto aveva tormentato me. 
«Nemmeno io penso le cose che ti ho detto da quella sera in poi. Non ti odio Kai, né ti saresti meritato di rimanere solo. Ero molto arrabbiata», vuotai il sacco con voce sofferta, parlando nell’incavo del suo collo. Tuttavia lui non rispose, perché probabilmente non trovava le parole con cui farlo. Mi strinse maggiormente a sé e quello per me valse più di mille parole. 
Fine capitolo 33


°°°°°°°
Colei che scrive:
Ma salve a tutti ed eccomi qua, come promesso, ad aggiornare nel giorno del mio compleanno. Ebbene si, oggi, 15 Agosto, compio 3x anni xD ci tengo particolarmente a metterlo in questo giorno perché questo capitolo è stato per me molto difficile da scrivere… spero solo di non aver deluso le aspettative T.T diciamo che è il capitolo che segna la svolta della storia e quello che mi ha fato più soddisfazione. L’ho scritto, cancellato, riscritto modificato, etc… finché non sono stata abbastanza soddisfatta. Diciamo che, per la fatica di scriverlo, mi merito di festeggiarlo con il riavvicinamento di Saya e Kai. Spero solo di non aver reso Kai troppo “sdolcinato” T.T non vorrei andare troppo fuori dal personaggio. Ma tranquilli, tornerà in sé! XD 
Come sempre ringrazio i recensori, che mi danno sempre una gioia immensa, chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi arrivati fin qui!
Alla prossima!!! 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 - il primo incontro delle finali ***


Capitolo 34



Dopo cena, i ragazzi erano tornati in stanza tutti molto stanchi e provati dagli eventi trascorsi, soprattutto per via di quell'estenuante viaggio in elicottero fatto per raggiungere il lago Bajkal. Saya inoltre si era addormentata quasi subito, complice anche le varie emozioni che era stata costretta a provare nell’arco di quella giornata. 
L'unico che però sembrava non avere accenni di stanchezza era Kai, che era rimasto sdraiato sul suo letto con le braccia dietro la nuca, a contemplare il soffitto in penombra. I raggi della luna che entravano dalla finestra erano l’unica fonte luminosa. 
Stava ripensando alla sua conversazione con Saya e quella avuta coi ragazzi. Era finalmente in pace con sé stesso e felice di aver riacquistato la totale fiducia dei suoi compagni e del presidente, nonostante ancora faticasse a capire la complicata funzione dell’amicizia, ma era sicuro che col tempo e con l'appoggio della sua squadra ci sarebbe riuscito. C’era solo una cosa che continuava a turbarlo e quel qualcosa era il legame che ancora lo teneva attaccato alla Borg… Sapeva che suo nonno non gli avrebbe perdonato quel tradimento e che avrebbe fatto di tutto per contrastare il presidente Ditenji nella finale del campionato. Sicuramente Vorkof ed  i Demolition Boys sarebbero stati ancora più agguerriti. Aveva riconsegnato Black Dranzer, con tutti i Bit Powers che aveva lui stesso catturato, ed era sicuro che avrebbero sfruttato il potere di quelle creature straordinarie per i loro scopi. In fondo lui conosceva i loro loschi piani, ed era proprio per quello che era turbato. Non avrebbe mai voluto che facessero del male ai suoi ritrovati amici. 
Ma alla fine, stanco di quel continuo rimuginare sugli eventi, decise di alzarsi dal letto con un sospiro. Non avrebbe risolto nulla stando lì fermo, tanto non sarebbe riuscito a dormire. C’era solo una cosa che in quei giorni gli era mancata, e quel qualcosa era Dranzer, che Kai aveva poggiato sul comodino accanto al suo letto. 
Generalmente quando lanciava il suo Beyblade in campo riusciva sempre a calmarsi ed a quietare i pensieri, ed era sicuro che ci sarebbe riuscito ancora una volta. 
Si vestì al volo, prese il suo fidato amico e facendo il meno rumore possibile, come al suo solito, uscì dalla stanza. 



Stava osservando Dranzer girare indisturbato sulla neve con aria mesta ed ogni tanto lo spingeva attraverso gli alberi del giardino in cui si era rintanato. Nonostante fosse coperto di neve, il Beyblade blu non dava segni di cedimento e continuava a rispettare i voleri di Kai, che invece era rimasto impalato al suo posto con le braccia lungo i fianchi. 
Era talmente assorto che in un primo momento non si accorse che qualcuno aveva lanciato un Beyblade contro Dranzer, che schizzò indietro accusando il colpo. 
«Chi c’è?», imprecò indispettito, cercando il proprietario del Bey grigio che stava ruotando indisturbato davanti ai suoi piedi. 
«Ma questo è…», disse poi a fior di labbra, riconoscendo Driger.    «Rei!», lo ammonì quando il suo compagno uscì allo scoperto. Solo in quel momento rilassò i muscoli e l’espressione, capendo che non era stato un nemico a disturbarlo. In fondo si sarebbe aspettato un attacco da parte dei suoi ex compagni, in fondo era così che solitamente agivano. Inoltre conosceva molto bene l’indole di suo nonno…
«Che ci fai qui?», gli chiese poi, mettendo a tacere i suoi stessi pensieri. 
Rei nel frattempo gli era arrivato di fronte, a pochi passi di distanza, ma non aveva recuperato Driger dal campo, e Dranzer aveva avuto modo di riprendersi dal colpo subito. 
«Ti ho visto uscire e ti ho seguito», fece spallucce in risposta Rei, come se quella fosse la cosa più normale del mondo e lo fece con un piccolo sorriso impacciato. Ancora non era sicuro di potersi prendere una certa confidenza con Kai, nonostante fosse cambiato. 
«Volevi vedere se vi avessi tradito di nuovo?», domandò Kai con un sorriso amaro, ma in fondo capiva il punto di vista del suo compagno. I ragazzi lo avevano accolto di nuovo a braccia aperte senza chiedere una spiegazione o senza uno confronto, come invece era successo con Saya, ma era sicuro che nei loro cuori ci fossero ancora tanti dubbi. E poi Rei era stato la persona con il quale aveva legato meno, in più, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso, era la persona che aveva invidiato più di tutti, proprio per il rapporto che aveva instaurato con la sua vecchia amica. 
«Ammetto di averlo pensato, ma mi sono detto che non potevi essere così malvagio», gli sorrise di rimando e quel sorriso caldo riuscì di nuovo a rilassarlo, anche se avrebbe preferito rimanere da solo. Certe abitudini non sarebbero mai cambiate. 
«Non riesco a dormire», ammise con una smorfia, ed in fondo era vero. Era stato complice anche il profumo di Saya, che aveva annusato dal cuscino che si era ritrovato sul letto. Era sicuro che lei lo avesse scambiato con il suo, anche se non sapeva per quale motivo lo avesse fatto. Ma nemmeno quello era riuscito a tranquillizzarlo, segno che il suo tormento interiore era più complesso del previsto. 
«Nemmeno io…», gli rispose di rimando il compagno, alzando leggermente gli occhi ambrati al cielo, dove avevano iniziato a cadere lenti i primi fiocchi di neve di quella notte. Il freddo pungente iniziava a farsi sentire, e Rei si chiese come facesse Kai a starsene col cappotto della BBA aperto sul davanti.
«Sai Kai…», continuò poi, riprendendo parola dopo alcuni secondi di silenzio, vedendo che l’amico non aveva intenzione di parlare, «Sono felice che tu sia tornato in squadra. Ero sicuro che lo avresti fatto. In fondo non sei così menefreghista come ci hai sempre fatto credere», ridacchiò, ma come da buona abitudine Kai lo guardò leggermente storto. 
«No, non lo sono. Ma è grazie a voi ed a Dranzer se ho capito i miei errori», fece spallucce, dando per la seconda volta quella spiegazione. 
«Ho addirittura indispettito Saya per questa mia strana fiducia nei tuoi confronti, ma sono riuscito a leggere il tuo cambiamento nel tuo sguardo», ammise con titubanza e fu solo dopo aver udito il nome della ragazza che ebbe la completa attenzione di Hiwatari. «Lei era convinta che non saresti tornato. L’hai ferita in modi che tu neanche immagini», disse poi, con più durezza, ma lo fece volutamente per colpirlo nell’orgoglio e per fargli capire quanto lei avesse sofferto per tutta quella situazione. 
«Lo so…», ammise Kai, sospirando. «Ho avuto modo di parlarne e di chiarirmi con lei», continuò e non gli passò inosservata l’occhiata perquisitrice di Rei, che probabilmente si stava chiedendo cosa fosse successo tra loro. Ma quella volta fu Kai ad essere più veloce ed a strappargli le parole di bocca, mettendo per la prima volta da parte l’orgoglio per formulare la domanda che per molto tempo l’aveva tormentato. 
«Cosa c’è tra te e Saya?», gli chiese con uno sguardo inquisitore, assottigliando gli occhi ametista in un’espressione che non avrebbe ammesso bugie. 
Rei rimase basito da quella domanda fatta così a brucia pelo, perché se la sarebbe aspettata da tutti tranne che da lui. Kai era sempre stato uno a cui non era mai fregato nulla degli altri. Era sempre stato un tipo che si era sempre fatto gli affari suoi, ma forse teneva a quella ragazza più di quanto ci tenesse ad ammettere. E Rei fu estremamente sicuro che fosse così, quindi si decise a buttare fuori un po’ d’aria con un sospiro e vestirsi del suo sorriso migliore. 
«In realtà non so dare un nome al nostro rapporto. Mi ha attirato dal giorno in cui la conobbi al Torneo Nazionale. Era così risoluta e combattiva…», sorrise al ricordo. «Ma non ho mai pensato di avvicinarmi, perché lei era gentile ed amichevole con tutti e non  solo con me. Non avrei mai pensato di poter fare colpo su di lei», arrossì lievemente al ricordo e Kai alzò gli occhi al cielo con una smorfia. Continuava a non essere tipo da smancerie. 
«Tzé, ti ha sempre sbavato dietro e si vedeva…», gli rese noto, facendolo arrossire ancora di più. «Me ne sono accorto perfino io», continuò, non togliendo minimamente la sua smorfia contrariata dal volto. 
«Ci siamo avvicinati dopo le vicende al castello degli Jurgens…», gli disse poi Rei, sospendendo volutamente la frase per osservare la reazione di Kai, che indurì leggermente la mascella in segno di colpevolezza. Sapeva di aver esagerato quella volta, ma non gli andava giù il fatto che lo sapesse anche lui. Non voleva essere giudicato da persone estranee alla vicenda. Già era stato troppo accollarsi l’odio di Saya, non era pronto a sostenere anche quello dei suoi compagni. 
«Non ti giudico per quello che hai fatto Kai, sono cose che non mi riguardano…», mise subito in chiaro Rei dopo aver visto l’espressione del compagno. «Ma è stato grazie a quegli eventi se mi sono potuto avvicinare a lei. In quei momenti ho sentito anche una certa attrazione, che mi ha portato a baciarla la sera che sei sparito». Piantò i suoi occhi color ambra in quelli ametista dell’altro, con uno sguardo inquisitore che però Kai sostenne senza remore. «Ma Saya è molto confusa, come lo sono io. Sto bene con lei, molto, ma non sono in pace con me stesso perché provo lo stesso sentimento per Mao…» 
«Non sono la persona adatta a dare questo tipo di consigli…», mise le mani avanti Hiwatari, finendo per far scoppiare a ridere il bel Cinese. 
«Non mi aspetto che tu lo faccia. Ma sono felice di averne parlato con te. Non so cosa ci riserverà il futuro, ma adesso voglio solo battere la Borg e vincere il campionato» , continuò. 
«E dopo che farai?», gli chiese però a brucia pelo il Russo, con sguardo inquisitore, e quella domanda fece sussultare il chiamato in causa, che abbassò leggermente lo sguardo. 
«Non lo so», ammise dopo qualche secondo di esitazione. 
Seguitarono altri attimi di imbarazzante silenzio, dove nessuno dei due osò proferire parola. In fondo si erano già detti tutto e la curiosità di Kai era stata in parte soddisfatta. Rimasero a fissare un punto indefinito del bianco paesaggio, Kai da una parte e Rei dall’altra, senza incrociare i loro sguardi, fino a che proprio quest’ultimo non decise di interrompere quella situazione di stallo. 
«Che ne dici di continuare la sfida? In fondo sia Driger che Dranzer sono ancora in gioco… », propose con un sorriso, voltandosi definitivamente verso di lui e guardandolo di nuovo in volto. 
Kai annuì con un piccolo sorriso, felice di riprendere a fare quello che gli riusciva meglio. Non era nella sua indole parlare troppo, nonostante in quelle ultime ore lo avesse fatto più del dovuto. Per lui una sfida a Beyblade valeva più di mille parole. 
E così, senza dire altro, incitò Dranzer ad andare all’attacco di Driger con espressione soddisfatta. 
Passarono così il resto della notte, sfidandosi sulla coltre di neve che ricopriva Mosca e sotto il gelo pungente che aveva arrossato i loro volti rilassati. 





Finalmente arrivò il tanto atteso giorno della finale e ci ritrovammo nel nostro camerino circa mezz’ora prima dell’inizio della prima sfida, che avrebbe visto protagonisti Kai e Sergey. 
Purtroppo il giorno prima fummo vittime di un agguato da parte dei Russi, che avevano attaccato Max portandogli via la Tartaruga. Fu un gesto da vili, non c’era che dire, e quell’avvenimento aveva impedito a Max di poter gareggiare. Per fortuna Kai fu ben felice di prendere il suo posto. In fondo aveva un conto in sospeso con quegli individui. Il Prof convenne anche di farlo scendere in campo per primo, visto che lui conosceva il gioco dei Demolition Boys, essendosi allenato con loro. 
Inoltre avevamo ritrovato il nostro spirito combattivo grazie a Ralph, Andrew e gli altri European Dreams, che erano atterrati sul suolo Russo per assistere alla finale e per prepararci agli incontri che ci aspettavano, sotto una specifica richiesta di mio nonno. Fui grata a tutti loro per quella trovata, perché il nostro umore era veramente sotto i piedi. È vero che avevamo ritrovato Kai, ma eravamo talmente accecati dalla rabbia da non riuscire a giocare a cuor leggero. E lo aveva dimostrato Takao, che era sempre stato quello più combattivo e spensierato della squadra, ma tutte quelle vicende avevano messo a dura prova anche lui. 
«In bocca al lupo Kai…», gli dissi prima di uscire dalla stanza, dopo essermi avvicinata a lui con titubanza. Mi ero afferrata una ciocca di capelli e la stavo torturando in un gesto nervoso. Non ero abituata a rivolgergli la parola, né tanto meno a fargli i miei auguri, almeno non da quando lo avevo ritrovato… inoltre i ragazzi erano tutti partiti avanti senza aspettarci, compreso Rei, che però mi aveva riservato un leggero sorriso nervosa prima di raggiungere i nostri compagni. So che stava soffrendo per quella situazione, perché io stessa mi ero allontanata da lui da quando avevo ritrovato un po’ di complicità con Kai. Il non soffrire più per lui aveva impedito a Rei di dovermi consolare, e mi ero anche chiesta se ci fossimo avvicinati solo per colpa di Kai. 
Inoltre io non riuscivo ancora a dare una risposta alla domanda che mi aveva fatto sul treno. 
Hiwatari dal canto suo si fermò al suono della mia voce e si voltò nella mia direzione con un sorriso molto impacciato. Probabilmente nemmeno lui era abituato a questo tipo di approccio. Solitamente era sempre Takao ad augurare “buona fortuna” ai componenti della nostra squadra, ogni volta che dovevano scendere in campo, ma Kai era sempre stato l’unico a non avergli mai risposto. Solitamente si voltava stizzito con un sibilo e raggiungeva impettito il campo di gara. Per questo io rimasi un po’ sulle mie, titubante, perché avevo paura di come avrebbe reagito. 
«Grazie…», mi rispose invece, contrariamente alla mia aspettativa, e quello mi dette il coraggio di rimandarli indietro un piccolo sorriso, smettendo di arrotolare i capelli e portando le braccia dietro la schiena. 
«Starnazzerò il tifo dalla panchina…», feci spallucce, lanciandogli volutamente la frecciatina, ma lo feci con una risatina complice ed a cuor leggero. Mi sentivo più audace e sentivo che potevo riprendermi una certa confidenza con lui dopo il nostro confronto nella stanza di albergo. Non era successo nulla di particolare tra noi, soprattutto non ciò che era invece successo con Rei, ma ero felice di essere tornata almeno un po’ come ai vecchi tempi. Come se tra noi non fosse successo nulla. Ovviamente lui aveva ancora molte barriere alzate nei confronti delle persone, ed ancora portava i segni degli anni trascorsi al monastero, ma sono sicura che col tempo sarebbe tornato ad essere il ragazzo felice e spensierato che avevo imparato a conoscere. Non aveva mai esternato le sue emozioni, neanche in tenera età, ma io avevo imparato a leggere i suoi sguardi e le sue espressioni. Inoltre ero l’unica con cui lui si fosse mai aperto, quindi voleva dire qualcosa. Anche in tenera età, nonostante io fossi sempre andata d’accordo con tutti i nostri compagni di classe, lui invece si teneva alla larga e passava il suo tempo solo con me. 
«Se proprio devi…», lo vidi sorridere impercettibilmente sotto i baffi, quasi divertito. In lui non c’era più traccia della cattiveria che aveva sempre mostrato nei miei confronti e ne fui sollevata. 
Decisi però di non dire altro. Allungai solamente il pugno chiuso nella sua direzione, come ultimo augurio, e lui ci batté leggermente il suo con complicità. Poi girò i tacchi e senza dire altro camminò spedito verso il campo di gara, lasciandomi sola ad ascoltare il mio cuore che batteva all’impazzata. 


Purtroppo il primo match non andò come sperato e Kai perse l’incontro, ma in fondo eravamo ancora in gara. Non dovevamo perdere la speranza. Per quanto forti fossero stati i nostri avversari noi l’avremmo contrastati in tutti i modi  possibili e con tutte le forze. 
Purtroppo però, quando scese dal piedistallo di lancio, Kai era furente di rabbia. Lo potemmo notare dalla sua espressione e dal modo in cui si teneva il labbro inferiore tra i denti. In un primo momento non mi azzardai a dire nulla, per paura che fosse tornato il solito ragazzo scontroso di sempre, ma fu lui a fermarsi di fronte a me, che stavo in piedi vicino al corridoio di uscita. Arrivarono anche i ragazzi in supporto, come erano soliti fare con tutti i membri della squadra, sia quando vincevano che quando perdevano, ma Hiwatari continuò ad ignorarli. 
«Kai…», lo chiamai quando si fermò definitivamente di fronte a me, ed in un primo momento pensai che mi stesse intimando di togliermi dalla sua traiettoria, perché gli impedivo di raggiungere l’uscita. In ogni caso feci un passo di lato con aria abbattuta, ma mi sentii afferrare per un polso. Solo in un secondo momento mi accorsi che ad averlo fatto era stato lui ed il mio cuore iniziò a battere di nuovo all'impazzata, come tutte le volte che gli ero cosi vicina. 
Aspettai che parlasse, che mi dicesse qualcosa, perché quel silenzio tra noi era insopportabile. Lo osservai per qualche secondo, ma lui continuò a stare in silenzio. Vidi solamente i suoi occhi alzarsi su di me dopo qualche secondo e lo fece con espressione quasi abbattuta. 
Perdere quell’incontro doveva averlo sconvolto parecchio.
«Kai…», provai ad incitarlo di nuovo e stavo per dire qualcosa per smorzare quella strana tensione, ma lui non me ne dette il tempo. 
«Ti prego, non dire nulla», disse tra i denti, ma credo che la sua rabbia fosse stata in relazione all’incontro appena concluso. In ogni caso vederlo in quello stato mi fece ancora più male. È vero che ai vecchi tempi ero sempre riuscita a consolarlo, ma stentai a credere che in quel momento sarei riuscita a farlo di nuovo. 
«Lasciatemi solo fino all’inizio del prossimo set», continuò poi, spiccio e coinciso. Lasciò il mio polso e sentii un brivido freddo laddove la sua mano calda aveva stretto la mia pelle, ma annuii solamente lasciandolo definitivamente andare. 
Spiegai ai ragazzi quello che mi aveva appena detto, ma Takao non riuscì a stare tranquillo e seduto alla panchina ad aspettare il suo ritorno. E neanche io. Ero turbata e preoccupata e quello portò a chiedermi con quale spirito lui avrebbe affrontato il secondo match, viste le condizioni in cui versava. In più non lo avevo mai visto cosi emotivo. Era sempre stato freddo ed impassibile negli incontri che aveva giocato durante il campionato, quindi non riuscivo a capire quel suo strano comportamento. 
«Basta, vado a cercarlo!», proferì infine Takao, alzandosi di scatto dalla panca, seguito a ruota dal Prof Kappa. 
«No, lascialo in pace, vorrà starsene da solo! Sai quanto è orgoglioso!», gli intimò in risposta il Prof, ma io non potei che essere d’accordo con Takao, anche se ero restia ad andare a cercarlo. 
Pochi secondi dopo, quando i due sparirono nel corridoio alla ricerca del nostro compagno, vidi Rei sedersi accanto a me con un piccolo sorriso impacciato. 
«Saya?», mi richiamò, ed io non potei far altro che voltarmi nella sua direzione. 
Lo avevo volutamente ignorato da quando mi ero chiarita con Kai e lui non si era mai avvicinato a chiedermi il perché. Probabilmente aveva rispettato silenziosamente i miei voleri ed il mio stato d’animo, e di quello gliene ero grata. Non mi ero dimenticata del meraviglioso bacio che mi aveva dato, ma la situazione da allora era un po’ cambiata e penso lo avesse capito anche lui. 
«Rei…», gli risposi, cercando di sorridere come meglio potei, ma purtroppo si vedeva lontano un miglio quanto fossi preoccupata. 
Lui poggiò una mano sul mio ginocchio, in un gesto che trasportava tutta la sua solidarietà, e non potei fare altro che ringraziarlo con un altro sorriso, quella volta meno tirato. 
«Vedrai, Kai riuscirà a vincere l’incontro!», cercò di rassicurarmi, accarezzandomi leggermente la pelle in un gesto consolatorio, causandomi alcuni brividi. 
«Hai molta fiducia in lui…», gli dissi invece, assottigliando lo sguardo in un’espressione inquisitrice. 
«Tu no?», mi domandò a sua volta, ma vidi che stava cercando di rimanere sorridente nonostante la tensione che era scesa tra noi. 
«Certo…», ci tenni a precisare, «ma parlo dell’altro giorno. Alla fine avevate avuto ragione voi»,  feci spallucce, «vi sono grata per non aver perso la speranza come invece avevo fatto io». 
«Sono felice che vi siate chiariti…», mi disse dopo qualche secondo di silenzio, in cui ascoltammo il cicaleccio del pubblico ed il tallone che Max stava battendo incessantemente a terra con fare nervoso. Era chiaro che si stava sforzando di non ascoltare i nostri discorsi. 
«Anche io… Ma mi dispiace che sia invece cambiato qualcosa tra noi…», ammisi con tristezza, ed in fondo era vero. Dovevo far chiarezza nei miei sentimenti, ma non volevo farlo soffrire dopo tutto quello che aveva fatto per me. 
«Non è cambiato nulla Saya», cercò di rassicurarmi con un sorriso, ma io avevo notato la differenza dal primo giorno in cui eravamo sbarcati a Mosca. Tuttavia non risposi, perché non riuscii a trovare le parole adatte per farlo. 
Fu però lui a continuare. 
«Sai, ho avuto modo di parlare con lui», mi disse ed il mio cuore perse un battito. Mi voltai di nuovo con occhi sgranati, strappandogli una risata per via della mia espressione. 
«In realtà più che parlare ci siamo affrontati in un incontro durato quasi tutta la notte», fece spallucce, «ma ho capito che per lui tu sia molto importante, anche se ancora non riesce ad ammetterlo…». 
«Ed è per questo che ti sei fatto da parte?», lo presi in contro piede e lo sentii sospirare. 
«Anche. Siamo tutti molto confusi. Cerchiamo di vincere il mondiale, le questioni personali possono aspettare», sorrise ancora e di nuovo gli fui grata per la sua saggezza. Sapeva sempre cosa dire per rincuorarmi e non potei far altro che prendergli una mano e stringerla nella mia in un gesto d’affetto.  
Purtroppo non riuscimmo a dirci altro, perché DJ Man richiamò in campo i due sfidanti e vedemmo Kai entrare nello stadio a testa bassa, seguito da un Takao furente ed un Kappa agitato. 
«Che succede?», chiese Max, scattando in piedi quando il Dj dette il via al secondo match. 
L’espressione di Takao era molto preoccupante, perché non lo avevamo mai visto così preoccupato ed arrabbiato alla stessa maniera. 
Buttai anche uno sguardo ai due sfidanti in campo, giusto per capire cosa fosse successo. 
Fu la voce rotta di Kappa che mi costrinse a voltarmi di nuovo nella loro direzione. 
«Kai stava parlando con suo nonno. Temo che gli abbia consegnato il Bit di Black Dranzer!», ci disse ed io non potei credere alle mie orecchie. 
«Abbiamo visto l’Aquila Nera su Dranzer. Lo teneva in mano quando ci è passato accanto», concluse avvilito ed io lanciai di nuovo uno sguardo preoccupato in direzione di Hiwatari. Dentro di me iniziai di nuovo a sentire la famigliare rabbia di qualche giorno prima. 
«È inconcepibile che Kai abbia ceduto alle lusinghe di suo nonno! Vuol dire che è tornato ad essere il suo burattino!», constatai furentemente, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. 
«Calmati Saya, non possiamo esserne sicuri», cercò di tranquillizzarmi Rei, come era solito fare, ma non avevo intenzione di calmarmi né tanto meno di ascoltarlo. 
Se veramente Kai aveva ceduto di nuovo alla tentazione di potere mi avrebbe definitivamente delusa. 
«E invece sì, l’ho visto coi miei occhi. Rassegniamoci ragazzi, Kai non sarà mai completamente uno di noi». Fu il furente commento di Takao ad ammutolirci tutti ed a costringerci a seguire l’incontro con nervosismo. 
Per fortuna, quando Kai fu alle strette e fu costretto a richiamare il suo Bit Power, quella che uscì dal Chip di Dranzer non fu la malvagia Aquila Nera, bensì la stessa Aquila Rossa che mi aveva dato fiducia nella sfida sul lago Bajkal. Era apparsa di fronte alla Balena di Sergey, brillante e maestosa come non era mai stata, e si parò a difesa del suo Blader. 
Sorrisi come una scema a quella vista, quasi con le lacrime agli occhi dalla felicità. Quel gesto da parte di Kai ci aveva definitivamente dimostrato quanto lui fosse veramente cambiato. Era rimasto si un ragazzo ambizioso, ma con meno sete di potere, ed in quel momento stava difendendo la sua squadra. Lo capii quando si voltò verso di noi con un’espressione supplichevole, quasi ci stesse chiedendo di perdonarlo per averci fatto preoccupare. Il suo sguardo ametista era scorso su ognuno di noi, fino a fermarsi su di me. Decisi di sorridergli, per infondergli un po’ di sostegno, e lo feci con le mani strette all’altezza del cuore. Lui capì il mio messaggio e sorrise lievemente, finalmente sereno, prima di voltarsi di nuovo verso il suo avversario. 
Purtroppo però il match non si concluse come sperato e Kai perse per 2 a 0. Ma fosse stata solo la sconfitta l’avremmo superata in modo diverso. Soprattutto il diretto interessato. 
Dranzer si era fermato al centro del campo ed il Russo ne approfittò per rubargli il Bit Power. 
Noi ammutolimmo tutti di fronte a quella vista e sentii una fitta al cuore che mi lasciò boccheggiante. Mi sentivo come se mi avessero appena rubato il mio Star Pegaso. In fondo ero molto affezionata all’Aquila Rossa e vederla volare via mi fece male, e fece male anche al suo possessore.
Vidi Kai recuperare il suo Beyblade con gesti meccanici, quasi fosse stato svuotato della sua vitalità. Scese dalle scale della pedana come se fosse stato un condannato a morte, ma potevo capire il suo stato d’animo. Se ci fossi stata io al suo posto sarei scoppiata in un pianto disperato, ma sul suo viso non c’era nemmeno l’ombra di una lacrima. Sapevo che non avrebbe mai dato la soddisfazione a Vorkof o a suo nonno, che era nelle tribune, di vederlo piangere. 
Camminò verso di noi con i pugni stretti ed il labbro inferiore serrato tra i denti. I ragazzi si lanciarono tutti verso di lui, ma Kai aveva lo sguardo a terra e l’espressione talmente furente che quella vista mi strinse il petto e mi costrinse a non muovermi dalla mia posizione. Non ero corsa da lui, tanto non avrebbe minimamente ascoltato le nostre parole. Infatti Takao provò a consolarlo ma lui lo ignorò come era solito fare. Camminò tuttavia nella mia direzione e solo quando mi fu di fronte alzò i suoi occhi ametista su di me, facendomi andare la saliva di traverso. Mi stava osservando con una disperazione che sul suo volto non avevo mai scorto e sotto quella vista finii di nuovo a piangere per lui. 
Quella volta però lo feci senza vergogna. 
«Kai», singhiozzai. «L’Aquila… mi dispiace…», continuai, cercando di mettere insieme una frase di senso compiuto, ma fallii miseramente. Le mie parole lo fecero solamente tremare ancora di più dalla rabbia e quello che successe dopo accadde così in fretta che neanche me ne resi conto. 
Kai abbassò lo sguardo con un ringhio sofferto e con due falcate ridusse la distanza che lo divideva da me. Sentii le sue mani poggiarsi ai lati del mio volto e con un gesto disperato lo alzò in modo che fosse indirizzato verso il suo. 
«Saya…», pronunciò a fior di labbra, prima che riducesse ancora la distanza che separava le nostre bocche. Subito dopo rapì la mia in un gesto repentino e mi ritrovai a baciarlo come se non avessi mai desiderato fare altro. 
In un primo momento sgranai gli occhi dalla sorpresa, perché tutto mi sarei aspettata tranne essere baciata dal mio vecchio amico, ma poi mi aggrappai alla sua maglia con altrettanta disperazione e mi persi in quel bacio dimenticandomi di tutto il resto. Assaporai le sue labbra calde e lasciai che la sua lingua raggiungesse la mia. 
Lui mi teneva avvinghiata a sé grazie alla salda stretta che aveva fatto tra i miei capelli. Un po’ mi fece male, ma non ci detti più di tanto peso, perché la disperazione che lo muoveva forse era la stesa che stava muovendo me. 
Sembrava come se il tempo si fosse fermato, come se lui mi avesse trasportato in un’altra dimensione. Non seppi dire nemmeno se quelli che trascorsero fossero stati secondi o minuti prima che lui mise fine a quell’incanto. Continuò però a sorreggere il mio viso in modo che il suo sguardo fosse ancora piantato nel mio. 
Il cuore mi batteva all’impazzata e fui sicura che le emozioni provate in quel momento fossero nettamente diverse da quelle provate per il bacio di Rei. 
Fu in quel momento che alcuni dei dubbi che avevano attanagliato il mio animo si dissolsero. 
Forse avevo finalmente trovato una risposta alla domanda di Rei. 
Kai infine poggiò la sua fronte sulla mia e chiuse gli occhi con una smorfia sofferta, mentre cercava di riprendere fiato. 
Attesi che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, perché non avrei retto ancora il silenzio. Abbassai lo sguardo per non doverlo incrociare di nuovo col suo, che sicuramente mi avrebbe fatto perdere altri colpi, perché mai lo avevo osservato così da vicino. 
«Scusa…», mi disse alla fine con voce sofferta, prima di staccarsi definitivamente da me e raggiungere il corridoio a passo spedito. 
Quando realizzai cosa veramente fosse accaduto e quando rialzai finalmente gli occhi da terra, ne incrociai due color ambra che mi stavano scrutando mestamente. 
Fine capitolo 34

°°°°°°°°°

Colei che scrive: 
Ma salve e ben trovati alle note finali (o dolenti, dipende dai casi xD) di questo capitolo ehehe sono sicura che non vi aspettavate la fine. Bene. Nemmeno io… sono stata combattuta per giorni sul decidere se scrivere di questo bacio o meno. All’inizio non ero molto convinta di far baciare KAI e Saya, però avevo troppo voglia di farlo, e mi serviva per fare chiarezza nei sentimenti di lei, che ha finalmente capito di provare qualcosa più di una semplice amicizia… 
All’inizio avevo pensato di farlo scendere dalla padana di lancio, sempre decisamente disperato, ma invece che baciarla l’avrebbe abbracciata. Ma alla fine ho detto: o la va o la spacca. Quindi, se volete tirarmi i pomodori sono pronta xD 
Penso di non avere altro da dire, ho voluto mettere l’aggiornamento così abbastanza presto perché volevo regalarvi questa piccola chicca ehehe 
Finisco con ringraziare i recensori, che mi danno sempre una carica in più, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Grazie ancora a tutti ed al prossimo aggiornamento! 



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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo lo 35


Quando tornammo nel nostro camerino, Kai era seduto curvo su una panca e si stava sorreggendo la testa con le mani nei capelli. Dalla mia posizione riuscii ad intravedere solamente il ringhio sofferente che aveva sulle labbra e non mi fu difficile immaginare come dovesse sentirsi. Per essersi addirittura esposto a baciarmi di fronte a tutto lo stadio doveva essere veramente provato, o disperato… 
Volevo inoltre dirgli qualcosa, per consolarlo, o solo per capire cosa lo avesse spinto a compiere quel gesto. Ma, soprattutto, volevo capire se anche lui provava per me lo stesso sentimento che provavo io nei suoi confronti. Non potevo ancora parlare d’amore, quello era ovvio, ma ogni volta che lo osservavo o che mi rivolgeva parola sentivo le classiche farfalle nello stomaco, soprattutto dopo gli eventi del giorno prima. Io provavo ancora l’affetto che mi aveva legata a lui negli spensierati anni d’infanzia, ma volevo capire se anche per lui fosse lo stesso. Ero anche estremamente sicura che non si baciassero così gli amici, e lo avevo dimostrato baciando Rei. Nel bacio di Kai invece avevo sentito una frustrazione ed una disperazione che arrivai a credere che non si fosse nemmeno reso conto di cosa stesse facendo. Probabilmente era stato mosso da qualcosa che non era stato in grado di gestire, e per colpa di nuovo della mia vasta abnegazione mi stavo convincendo a scusarlo. In fondo un po’ lo capivo. Per lui perdere l’incontro e la sua preziosa aquila nello stesso giorno, da parte di quelle persone che in passato avevano già rovinato la sua vita, doveva essere stato troppo da sostenere. Soprattutto dopo che era successo sotto gli occhi vigili ed attenti di suo nonno. Immaginai la faccia soddisfatta di Hito Hiwatari dopo aver visto la scena di Sergey che umiliava suo nipote. Quello mi fece storcere il naso, e probabilmente era la stessa cosa a cui aveva pensato lo stesso Kai. 
Ero entrata nella stanza per ultima, quasi intimorita da quello che sarebbe potuto succedere se qualcuno avesse osato rivolgergli la parola, ma per fortuna nessuno dei presenti osò farlo. Nemmeno Takao, che era sempre stato l’unico a farlo anche quando il nostro silenzioso compagno era incredibilmente alterato, correndo così il rischio di ricevere in risposta le sue sprezzanti constatazioni stizzite. 
Inoltre mi meravigliai del fatto che si trovasse lì ad aspettarci e non fosse scappato fuori come suo solito, per riapparire chissà quando. E dopo quanto era successo fui felice di trovarlo lì. 
Ognuno di noi recuperò i suoi effetti in religioso silenzio, senza minimamente voltarsi dalla parte di Kai, se non per lanciargli qualche occhiata triste, ma lui non ci stava calcolando, quindi non ci restò altro da fare che tornare in albergo. 
I primi ad uscire furono Takao, Max ed il Prof, che ci resero noto il fatto che ci avrebbero aspettato in Pullman. Credo che ognuno di loro avesse capito le questioni che c’erano in sospeso tra me, Rei e Kai, ed in quel momento eravamo gli unici rimasti in quella stanza. 
Quando realizzai la cosa iniziai ad agitarmi ed il cuore iniziò a battermi all’impazzata, ma solo perché non sapevo cosa mi sarei dovuta aspettare dai due. 
Dopo che Kai era uscito dallo stadio mi ero ritrovata gli occhi di Rei addosso, ma non era arrabbiato e non mi disse assolutamente nulla. Forse è stato proprio questo il problema. Se avessi avuto almeno uno scontro con Rei, in modo da capire cosa avesse provato vedendomi baciare Kai, forse sarei riuscita a muovermi di conseguenza, invece rimase impassibile al suo posto, abbassando solamente gli occhi con un piccolo sorriso. Quel gesto mi aveva confuso le idee ancora di più e mi domandai come avrei reagito io se lo avessi visto baciarsi con Mao. Sicuramente, al di là di tutto, mi avrebbe dato noia. 
«Rei… »
La voce di Kai mi riportò alla realtà ed il fatto che avesse richiamato lui e non me mi lasciò un po’ di amaro in bocca. 
Vidi il chiamato in causa girarsi verso di lui con un sopracciglio alzato, ma la sua espressione era rilassata, chiaro segno che Rei era in pace con sé sesso. O almeno così cercava di dare a vedere, forse per salvare le apparenze. Però sono sicura che quella situazione l’avesse scosso almeno un po’, altrimenti tutto quello che mi aveva detto in albergo sarebbero state solo bugie. O false speranze. 
«Si?», gli rispose con estrema calma, ed i suoi occhi ambrati saettarono subito nella mia direzione, come per cercare un qualche tipo di sostegno o solo per trovare complicità. 
«Posso parlarti?», insistette Kai, spostando poi lo sguardo su di me. «Da soli». Disse quella frase come se fosse stata una richiesta sofferta ed io non potei far altro che aggrottare le sopracciglia e spostare la mia attenzione dal mio vecchio amico al nuovo, che aveva uno sguardo confuso esattamente uguale al mio. Tuttavia non poté che annuire con un sorriso impacciato, quasi avesse capito di cosa Hiwatari avesse voluto parlargli. E forse lo avevo capito anche io, ma non mi intromisi. Probabilmente era una cosa che dovevano sbrigare da soli, ma il fatto che io non fossi stata contemplata mi stizzì non poco. In fondo eravamo in quella situazione anche per colpa mia, anche se non sapevo ancora quali fossero stati i sentimenti di Kai nei miei confronti. Avevo tirato un sospiro di sollievo dopo aver saputo che le cose che mi aveva detto in Germania non erano vere, ma non mi aveva detto cosa fossi per lui. Si ricordava di me, e quello mi aveva riempita di una gioia che non pensavo di poter provare, ma non sapevo altro. E il non sapere mi rendeva inquieta. 
«D’accordo, vi lascio soli», dissi con un sorriso impacciato, convincendomi a non far trapelare il mio stato d’animo ed alzando le mani in segno di resa. «Raggiungo gli altri sul pullman. Non fateci aspettare troppo», conclusi con una piccola linguaccia, cercando di nuovo di apparire amichevole e spensierata come ero sempre stata nei giorni del campionato. Da quando avevamo messo piede in Russia però, nessuno di noi era stato più lo stesso. 
Rei mi sorrise, leggermente divertito, come se anche lui si stesse sforzando di non far notare la sua agitazione, mentre Kai aveva un’aria abbattuta che non avevo mai visto sul suo volto. E quello mi strinse il cuore. 



Rimasero entrambi a fissare la porta dietro cui era sparita Saya e dopo aver sentito i suoi passi percorrere a ritroso il corridoio decisero di distogliere lo sguardo da essa. Rei riportò l’attenzione su Kai, che però non si era mosso dalla sua posizione. Decise di alzarsi dalla panca solo dopo un tempo che a Rei sembrò infinito, e lo fece con un sospiro sofferto e sotto lo sguardo attento del compagno di squadra, che in tutto quel tempo era rimasto in trepidante attesa. Ma Rei sapeva quanto Kai fosse orgoglioso e quanto dovesse pesargli il dover affrontare quel discorso, per cui decise di rompere lui stesso il ghiaccio, ben sapendo oramai di cosa avesse voluto parlargli. 
«Vuoi parlare di Saya, non è vero? Per questo non l’hai fatta rimanere… », gli disse con voce apprensiva, cercando di mostrarsi il più tranquillo possibile per non agitarlo. Kai non era mai stato così emotivo come in quel momento, chiaro segno che gli eventi appena trascorsi dovevano averlo scosso più del dovuto. 
«Sì, ti chiedo scusa per quello che è successo con lei… », soffiò in risposta, senza però guardarlo negli occhi. Si vergognava molto per ciò che aveva fatto, perché nemmeno lui stesso capiva il motivo per il quale era finito a baciare la sua vecchia amica, soprattutto di fronte a Rei, sapendo quello che c’era tra loro. 
Hiwatari si portò una mano tra i capelli con fare nervoso, spostando la frangia da davanti agli occhi, ma fu solo quando sentì il compagno sospirare amaramente che decise di concedergli di nuovo la sua attenzione. 
«Kai… non c’è l’ho con te per quello che hai fatto, né con lei per averti assecondato. Non biasimo te, perché probabilmente avrei reagito alla stessa maniera, e non biasimo lei…», si apprestò a rispondere. «Eri preso dalla disperazione per aver perso sia l’incontro che il Bit Power ed hai cercato conforto in lei, così come ho sempre fatto io…», abbassò lo sguardo per un istante, ma fu solo un attimo perché riportò subito gli occhi in quelli del compagno. Quest’ultimo in un primo momento non rispose. Digrignò i denti in un ringhio sofferto, chiaro segno che la perdita della sua fedele amica era stata un duro colpo. 
«O come hai sempre fatto tu in passato», continuò Rei, spezzando di nuovo il silenzio, e quella frase costrinse il Russo ad aggrottare leggermente le sopracciglia in un’espressione confusa. 
«Saya mi ha raccontato qualche aneddoto nei suoi momenti di disperazione, o quando semplicemente mi raccontava della sua vita. Deve aver sofferto molto la tua mancanza e ti posso assicurare che la mancanza di qualcuno a cui si vuole bene ci fa stare molto male…», confessò tristemente e nemmeno lui seppe dire perché usò quel tono, ma quelle parole sembrarono andare a segno. Kai abbassò di nuovo lo sguardo, anche se aveva un’espressione pressoché indecifrabile. 
Seguitarono altri secondi di silenzio, dove nessuno dei due seppe cosa dire. Si erano già detti tutto, sia nello scontro avuto al parco la sera prima, sia in quel momento. Ma c’era una cosa che Rei voleva chiedergli, fin da quando l’amico gli aveva chiesto qualcosa di simile il giorno prima, e lo fece cercando di usare più tatto possibile. Non sapeva ancora come avrebbe reagito Kai. 
«Posso farti una domanda?», tastò il territorio e solo quando Kai annuì, seppure lo avesse fatto con espressione confusa, decise di continuare. 
«Cosa provi per Saya?», iniziò, ma cercò di ammorbidire il discorso. «So che non sono affari miei, ma…», alzò le mani in segno di resa, sperando che l’altro capisse il suo punto di vista.
Kai dal canto suo sospirò e già quello sembrò una buona cosa. Non gli aveva risposto in modo sprezzante come suo solito, come quando qualcuno di troppo curioso voleva impicciarsi dei fatti suoi. 
Tuttavia rimase di nuovo in silenzio, probabilmente per cercare dentro di sé le parole giuste, e Rei fu estremamente sicuro che quella fosse la prima volta in cui il suo compagno pensava seriamente ad una possibile risposta a quella domanda. Sarebbe stato tipico di lui. 
«Non lo so», ammise infatti Hiwatari. «Ho passato tutto il mondiale a cercare di allontanarla da me ed inoltre ho da poco riacquistato i ricordi che avevo perduto, anche se non ancora del tutto. Mi ricordo di lei e dell’affetto provato per la Saya bambina, ma non so nulla della Saya adolescente e questo mi confonde. Il fatto di averla baciata mi ha lasciato interdetto, ma forse è come dici tu e l’ho fatto per cercare il suo conforto… o per il fatto che fossi disperato ed arrabbiato…», concluse con sincerità e quello bastò all’altro come risposta. Almeno per quel momento. 
Quella conversazione probabilmente avrebbe aiutato Rei nelle sue decisioni. Anche lui era combattuto, proprio per i sentimenti che provava per Saya e per quelli provati invece per Mao. Se avesse saputo cosa avesse provato il suo compagno di squadra per la nipote del presidente, probabilmente sarebbe stato tutto più semplice. Ma per il momento gli bastava così. Non voleva infastidire Kai più del dovuto, non dopo quello che aveva vissuto in quella giornata. Era già tanto che Hiwatari non lo avesse cacciato dopo quella domanda fin troppo personale. 
«Capisco…», gli sorrise infine il ragazzo Cinese, cercando di metterlo così a suo agio. Era sicuro che Kai si fosse pentito di avergli chiesto di rimanere a parlare con lui. Era probabilmente una cosa a cui non era abituato, ma già il fatto che lo avesse fatto dette modo a Rei di capire quanto Kai stesse in tutti i modi cercando di rimediare ai suoi errori. 
E di quello gliene fu silenziosamente grato. 
«Ma forse sarebbe il caso di chiarire anche con lei, non credi?», riprese parola, puntando di nuovo in suoi occhi in quelli ametista del compagno, che subito serrò la mascella sotto quella constatazione. Ma sapeva che era la verità. 
«Già…», ammise infine, leggermente spazientito. La conversazione era durata anche troppo, ed alla fine nessuno dei due voleva far aspettare gli altri più del dovuto. Quindi, dopo un sospiro che trasportò tutte le parole non dette, decisero di lasciare il camerino e dirigersi verso il pullman messo a disposizione dalla loro società. 
«Promettimi una cosa Rei», gli disse però Kai, quando furono fuori dal portone d’entrata del Beyblade Stadio, facendo girare il chiamato in causa con un sopracciglio alzato. Era sicuro che oramai la conversazione fosse conclusa, ma a quanto pareva si era sbagliato. 
Gli sorrise dopo un momento di perplessità e quello convinse Hiwatari a continuare. 
«Battili», sentenziò, «domani devi vincere a tutti i costi!». 
Parlò con un’autorevolezza che convinse l’altro ad aprirsi ancora di più in un sorriso. In quel momento il suo compagno di squadra era tornato ad essere sé stesso, il ragazzo posato e fiero che aveva conosciuto, ed un po’ gli faceva piacere essergli stato d’aiuto. 
«Ce la metterò tutta, lascia fare a me!», gli rispose e quelle parole fecero sì che potesse finalmente vedere un sorriso sentito da parte del suo compagno di squadra.





Erano già passati più di dieci minuti da quando ero salita sul pullman e di Kai e Rei non c’era nemmeno l’ombra. Non che mi aspettassi che risolvessero così in fretta la questione, ma nemmeno che facessero aspettare tutti così tanto. Però sembrava che fossi l’unica a lamentarsi di ciò, anche se lo stavo facendo silenziosamente. Nessuno dei presenti aveva chiesto dove fossero i due e quello mi fece storcere un po’ il labbro. 
Quando salii sul mezzo trovai mio nonno che chiacchierava allegramente con il padre ed il nonno di Takao, coinvolgendo di tanto in tanto anche il conducente.
Takao e Max invece erano seduti l’uno accanto all’altro, circa a metà del pullman, ed erano in ginocchio sui loro sedili ad osservare il Prof Kappa che, seduto tranquillo in quello dietro Takao, stava scrivendo qualcosa nel suo personal PC. I due ragazzi lo stavano osservando con le sopracciglia aggrottate ed ogni tanto si lanciavano un’occhiata confusa, e succedeva quando il piccoletto sentenziava qualcosa riguardo ai prossimi match. Era chiaro che il nostro tecnico stava elaborando delle possibili strategie, e Takao e Max lo stavano guardando in silenzio per non disturbarlo. Conoscendoli però, credo che si stessero sforzando molto per non aprire bocca. Quella scena mi strappò un sorrisetto ed in altre circostanze mi sarei seduta con loro per essere d’aiuto alla squadra o per partecipe ai discorsi di Kappa, ma in quel momento sentivo solo il bisogno di starmene da sola.
Mi sedetti nell’ultima fila, nel posto accanto al finestrino, e presi a guardare fuori con aria trasognata. 
Ripensai a tutto quello che era successo in quei giorni, dal primo giorno a Mosca fino al bacio ricevuto da Kai, e quello mi fece arrossire involontariamente, tanto che finii per imbronciarmi. Non che non mi fosse piaciuto quel bacio, anzi, era proprio il fatto che mi fosse piaciuto che non mi andò propriamente giù. Dopo quello ricevuto da Rei ero sicura che il mio cuore sarebbe stato rapito per sempre da lui, nonostante le tante questioni irrisolte di allora con Kai, invece mi ero dovuta ricredere. Le emozioni intense che avevo sentito in quello stadio non le avevo sentite neanche per l’altro mio compagno di squadra. 
Ripensandoci a mente fredda cercai di immaginare il motivo per il quale Hiwatari si fosse esposto così tanto, al di là della disperazione che avevo visto dipinta sul suo volto. Mi chiesi se fosse solamente quello il motivo, o se ce ne fossero altri. In ogni caso mi sarei dovuta mettere l’anima in pace, perché difficilmente avrei avuto una risposta a quella domanda. Figurarsi se mi avrebbe risposto in maniera sincera. 
Per fortuna i miei pensieri vennero interrotti dall’arrivo di coloro che erano stati la fonte del mio continuo tormentarmi e spostai la mia attenzione dal paesaggio per portarla su di loro. 
Entrò prima Kai, seguito a ruota da Rei, ed al loro passaggio solamente gli adulti rivolsero loro parola, chi per un motivo chi per un altro. Takao, Max ed il Prof invece gli rivolsero solo un’occhiata impensierita, ma probabilmente decisero che era meglio non fiatare. Soprattutto con Hiwatari, che mi stava guardando in un modo che non riuscii a definire. 
Dal canto mio invece spostai lo sguardo sul nostro compagno dietro di lui, che invece rispose alla mia occhiata con un sorriso complice, come se volesse dirmi qualcosa. Invece non disse nulla. La cosa che mi stupì fu che, invece di raggiungere me come aveva sempre fatto negli ultimi tempi, Rei si sedette vicino a Kappa e lo fece penetrandomi con un’ultima occhiata, come a volermi intimare qualcosa che però in quel momento non ero in grado di capire.
Io storsi il labbro, quasi risentita per quella decisione, nonostante la sua espressione fosse rimasta tranquilla, ed abbassai lo sguardo abbattuta. Cercai di capire se magari avesse voluto allontanarsi da me dopo quello che era successo tra me e Kai, oppure se la colpa fosse quello che si erano detti in quel camerino. 
Di nuovo sola non mi rimase altro da fare che riportare nuovamente l’attenzione fuori dal finestrino e lo feci con un sospiro. In altre circostanze mi sarei alzata e sarei andata a parlare con Rei, ma in quel momento sentii il bisogno di lasciarlo stare. Sentivo che oramai il meraviglioso rapporto che avevo costruito con lui si stava pian piano sgretolando, ed in parte era colpa mia. Avevo ritrovato il mio migliore amico, quello era vero, ma il non sapere cosa provassi per lui mi fece capire che era il principale motivo per il quale stavo perdendo Rei. Ed in ogni caso, nel cuore di quest’ultimo, c’era anche un’altra persona, come nel mio…
«Saya?»
Mi voltai quando mi sentii chiamare e lo feci con espressione meravigliata, perché tutto mi sarei aspettata tranne che essere richiamata proprio da lui.
«Kai…», proferii in risposta, spostando leggermente la testa di lato con fare confuso, ma il suo sguardo aveva un non so che di supplichevole che mi costrinse ad alzare un sopracciglio. Stavo anche per chiedergli se andasse tutto bene, ma lui fu più veloce di me.
«Posso sedermi?», mi chiese, indicando il posto vuoto accanto a me e quello mi lasciò benevolmente interdetta. Non aveva mai avuto l’ardire di sedersi accanto a qualcuno, né così gentile da chiederlo. Se lo faceva era perché veniva costretto da qualcuno o qualcosa, oppure dalle circostanze, e lo faceva con aria estremamente stizzita o contrariata. Invece in quel momento mi sembrò solamente supplichevole e capii che probabilmente era giunta l’ora di parlare anche per noi. Inoltre non capii perché avesse voluto farlo prima con Rei invece che con me, ma ancora non riuscivo a capire gli intricati e complessi marchingegni della sua mente. Kai non era più un libro aperto per me. Era passato troppo tempo dai giorni spensierati in cui riuscivo a capirlo. 
«Siediti pure», gli dissi, cercando di apparire sorridente e cercando di sedere composta. Purtroppo sentivo ancora il suo sapore sulle labbra e guardandolo mi tornarono in mente quei momenti, che mi confusero ancora di più le idee e mi fecero avvampare.
Lui dal canto suo non se lo fece ripetere due volte e, di nuovo meravigliandomi, prese posto nel sedile accanto al mio, nonostante non mi stesse guardando. La sua espressione sofferente era catturata dalla testiera del sedile di fronte al suo. 
Era caduto di nuovo il silenzio tra noi ed immaginai che fosse per il fatto che stesse cercando le parole giuste per iniziare il discorso, ma io volevo assolutamente rompere il ghiaccio, perché non avrei retto ancora a lungo quel silenzio. 
«Come ti senti?», gli chiesi, dando voce alla prima cosa che mi venne in mente. In fondo volevo davvero avere una risposta a quella domanda, anche se mi era sembrato leggermente più tranquillo rispetto all’ultima volta che lo avevo osservato. Per lo meno non c’era più l’espressione disperata che avevo scorto sul suo viso dopo l’incontro perso con Sergey. 
«Come vuoi che mi senta?», mi rispose però, stizzito come se fosse tornato il Kai di sempre. Quella sua reazione mi fece sorridere, differentemente da tutte le altre volte. Non c’era traccia di cattiveria nella sua voce e quello bastò per tranquillizzarmi. 
Tuttavia capì di essere stato troppo brusco nei miei confronti, quindi si limitò a sospirare ed a cambiare discorso. 
«Non sono qui per parlare di ciò che è successo nel match», iniziò, guardandomi con la coda dell’occhio, ed il mio cuore iniziò a battere più velocemente.  «Ma su quanto successo dopo»
«Immaginavo…», gli risposi, continuando a sorridergli. Volevo metterlo a suo agio e mettere a mio agio me stessa. Ancora non riuscivo ad essere tranquilla se lui era di fronte a me, e lui era incredibilmente vicino, così tanto che il mio cuore aveva iniziato di nuovo a battere a tutta forza. Sentii anche il disperato bisogno di ripoggiare le mie labbra sulle sue, perché anche se cercavo di non ammetterlo a me stessa, era una cosa che avevo sempre desiderato, ma mi trattenni. Non credetti che Kai fosse disposto a lasciarsi andare di nuovo, e se aveva messo da parte l’orgoglio per chiarire con me l’equivoco difficilmente avrebbe riceduto. 
Strinsi l’orlo della maglietta tra i pugni con fare nervoso ed aspettai che riprendesse a parlare . 
«Innanzi tutto ti richiedo scusa per quanto successo, ed ho fatto le mie scuse anche a Rei. So che tra voi c’è qualcosa e non voglio intromettermi…» , iniziò e non seppi dire il motivo, ma il fatto che lui sapesse di me e Rei mi lasciò stranamente turbata, come se non volessi che Kai sapesse quello che provavo per il nostro compagno. Come se ci fosse una piccola, lieve, speranza di essere per lui quello che invece ero per l’altro. Tuttavia non mi dette il tempo di controbattere. «Non so cosa mi abbia spinto a fare quello che ho fatto, forse la scia degli eventi che sono stato costretto a vivere. Perdere tutto in così breve tempo… », indurì la mascella, nonostante ancora continuasse a non guardarmi. Avrei voluto perdermi in quel mare violaceo, ma forse era meglio così. Non so se avrei retto a lungo il suo sguardo. «Forse è stata colpa della disperazione del momento», sospirò infine, facendo di nuovo calare il silenzio tra noi.
Mi persi ad osservare il suo profilo, la linea perfetta del suo naso e la linea dolce della sua mascella, spostandomi poi ad osservare i segni blu che aveva sul volto, che lo rendevano unico ai miei occhi.
«Non c’è nulla di cui tu ti debba far perdonare, o per lo meno non per quel bacio. Tra tutto quello che è successo tra noi, penso che il maggior problema non sia quello…», ridacchiai nervosamente, ma tornai subito seria. «Davvero Kai, non tormentarti più e non pensiamoci ancora, ok?», dissi con un filo di voce, nonostante l’amarezza che mi aveva messo quel discorso. Possibile che si fosse pentito a tal punto? A me era piaciuto più di quanto ci tenessi ad ammettere, perché volente o nolente le sue labbra erano state un mio più nascosto desiderio. Ma sembrava che per lui non fosse stata la stessa cosa, e quella consapevolezza mi costrinse a serrare la mascella ed ad abbassare sconfitta lo sguardo.
«D’accordo… », sospirò in risposta, ma io non alzai gli occhi da terra, troppo avvilita per la piega che aveva preso quel discorso. «Perché non voglio rovinare il nostro rapporto. Ho da poco riacquistato la memoria ed ho capito quanto sei stata importante per me. In un certo periodo della mia vita ti ho voluto bene, e forse è tuttora così, ma ho vissuto fino a poco tempo fa con dei ricordi falsi per colpa di mio nonno», continuò, e solo allora si decise a guardarmi. Lo vidi col pelo dell’occhio, ma io mi costrinsi ancora a non voltarmi. Sorrisi tristemente, anche se cercai di non darlo a vedere.
«Ti capisco Kai, non devi assolutamente scusarti. Sono felice che tu ti sia ricordato di me e che non pensi le cose che mi hai detto al castello degli Jurgens. Mi sei mancato davvero molto in questi anni, e spero possiamo ritrovare un minimo di quel rapporto di amicizia che avevamo…in fondo mi basterebbe solo questo», dissi, costringendomi a voltare di nuovo la mia attenzione su di lui, e come preventivato mi persi nell’intensità del suo sguardo, ma serrai la mascella e resistetti alla tentazione di spezzare quello scambio di sguardi che mi stava altamente confondendo.
Iniziavo a capire che la domanda che mi aveva fatto Rei sul treno stava trovando una risposta positiva, ma sotto quello sguardo mi costrinsi a non pensarci. Io non potevo innamorarmi di Kai, perché lui non avrebbe mai corrisposto i miei sentimenti. Né potevo innamorarmi a mia volta di Rei, perché avrebbe avuto lo stesso esito. Dovevo pensare a me stessa ed al futuro, perché il mondiale era inesorabilmente arrivato al capolinea.
Calò di nuovo il silenzio, in cui probabilmente nessuno dei due seppe cos’altro dire. Compresi che per lui quel discorso era stato abbastanza sofferto, perché solitamene non amava parlare di sé, o parlare in generale. Fin da quando lo avevo rivisto ben poche volte avevo sentito la sua voce, e per la maggior parte di quelle apriva bocca solo per sputare sentenze risentite.
Tuttavia mi costrinsi per l’ennesima volta a dire qualcosa pur di interrompere quel gelo, e quella volta lo feci guardandolo.
«Kai…»,iniziai, e quando ebbi la sua attenzione, che mostrò con un sopracciglio alzato, ripresi a parlare. «Mi dispiace per tutto quello che sei stato costretto a vivere, e per quello che ti ho detto nei miei momenti di rabbia», rimarcai la questione, anche se era una cosa che gli avevo già detto, ma lui sembrò abbastanza tranquillo.
«Non potevi saperlo», fece spallucce, come se fosse una cosa di poco conto, e gliene fui grata. Anche per il piccolo sorriso che mi regalò, nonostante non stesse guardando nella mia direzione. 
«Ci tenevo a dirtelo e… mi dispiace ancora di più per l’Acquila Rossa», ammisi, portandomi le cosce al petto con fare triste, come se avessi voluto proteggermi. Lui dal canto suo strinse la mascella, ed in un primo momento non fiatò. Guardò di fronte a sé con un’espressione indecifrabile.
«Preferirei non parlare di questo», mi rispose stizzito e la conversazione crollò di nuovo. Non volevo infastidirlo e sapevo quanto fosse risentito per quella grave perdita. Lo sarei stata anche io se fossi stata al suo posto e già il fatto che non avesse reagito un modo esagerato, come  intimandoci di stargli alla larga e lasciarlo in pace, era per me un buon inizio. Quello mi aveva dato tutta l’audacia che usai in quella conversazione.
«Ok, scusa!», mi scusai, poggiando la testa allo schienale del sedile e guardando in alto senza un particolare motivo. Lui soffiò in risposta qualcosa di incomprensibile e quei repentini cambi di umore continuavano a confondermi. Ma lui, dopo essersi reso conto di aver reagito di nuovo in modo brusco, decise di addolcire il tono. 
«È vero che negli anni passati, quando uno di noi due perdeva un incontro o aveva un problema, trovava sempre conforto nell’altro?»
Quella domanda mi spiazzò, soprattutto perché me la fece a brucia pelo e senza neanche guardarmi. Mi sarei aspettata di sentire di tutto dalla sua voce, tranne qualcosa che provenisse dalla nostra infanzia. Probabilmente stava cercando di riordinare tutti i pezzi della sua incasinata vita. Il fatto che non ricordasse proprio tutto doveva indispettirlo parecchio. Mi chiesi come facesse a sapere di quell’aneddoto, ma non chiesi.
«Si è vero», ammisi con un piccolo sorriso per quello che il ricordo suscitò in me e lo vidi fare un’espressione confusa. Forse era uno dei tanti ricordi che aveva perduto e probabilmente era stato Rei a dirglielo.
«Mi sa che ho ancora molto da recuperare…»
Lo sentii sorridere e quello mi dette la forza per spostare di nuovo su di lui il mio sguardo, seppur leggermente di traverso. Però per la prima volta lo vidi sereno e quello bastò a tranquillizzarmi.
«Vinceremo il campionato Saya, è una promessa. Tutti noi aiuteremo tuo nonno a salvare il mondo, nonostante quello che è successo oggi»
Quelle parole, dette dopo alcuni secondi di silenzio, mi fecero sussultare, perché di nuovo disse qualcosa che non mi sarei mai aspetta di sentire da lui. Solitamente erano discorsi degni di Takao, e li aveva sempre affrontati col suo più gioviale sorriso, per tenere alta la tenacia che lo aveva sempre caratterizzato.
«Rei vincerà», disse poi, vedendo che io non mi apprestavo a rispondere. Ero rimasta così interdetta da quella presa di parole che non sapevo minimamente cosa dire. «Lo ha promesso», spostò la sua attenzione in direzione del chiamato in causa con un’espressione contrita.
«Certo che vincerà!», mi decisi a controbattere, vestendomi del mio sorriso migliore. «Rei è forte e darà una bella lezione a quei tizi!  Recupereremo l’Acquila Rossa e la Tartaruga Kai, te lo prometto!», continuai, con un’audacia che in quel momento non credevo nemmeno di possedere. Avevo riportato le gambe a terra e mi ero voltata verso di lui, poggiandogli una mano su una spalla in un gesto che doveva essere consolatorio, finendo invece per farlo sussultare e voltare di nuovo verso di me. Le sue iridi raggiunsero le mie ed il mio cuore prese di nuovo a battere all’impazzata, così come il mio volto arrossì sotto il suo sguardo. Sperai che non se ne accorgesse, ma non volevo spezzare quell’intenso scambio di sguardi. Credetti che mi avrebbe baciata di nuovo, ma fui solo una stupida a pensarlo. Lui mi sorrise solamente, senza fare altro o spostare la mia mano e fui io a capire di aver osato troppo. La spostai con un gesto repentino e tornai imbarazzata al mio posto, iniziando a torturare una ciocca di capelli con fare nervoso.
«Adesso ti alzerai e cercherai un posto solitario, vero?», gli chiesi, cercando di sembrare spensierata. Quel pensiero però mi turbò, perché se lui se ne fosse andato avrebbe voluto dire che ricercava la mia compagnia solo per chiarire alcune cose o quando era costretto dagli eventi, e non perché gli faceva piacere stare con me. Era vero che Kai non era mai stato uno che amava rapportarsi con gli altri, e solitamente nei nostri spostamenti con i mezzi sceglieva il posto più lontano possibile da tutti noi, che facevamo sempre un baccano enorme, ma quella volta sperai invece che rimanesse seduto al suo posto. Volevo bearmi della sua presenza fin quanto avessi potuto.
«No…», mi meravigliò invece e quello fece perdere un colpo al mio povero cuore, già fin troppo provato dagli ultimi eventi vissuti. «Continuerò ad infastiditi con la mia presenza», ridacchiò leggermente e quello mi convinse a rilassarmi ed a mostrargli un sorrisetto divertito in risposta.
Capii di aver ritrovato la complicità che avevo sempre ricercato con lui, e di quello ne fui estremamente felice.
Forse non gli ero poi del tutto indifferente…
Fine capitolo 35

°°°°°°°°°

Colei che scrive:
Ma salve e ben trovati alla fine di questo 35esimo capitolo ehehehehehe 
Finalmente il tanto atteso scontro tra Rei e Kai e tra Kai e Saya dopo il bacio di Kai è arrivato eheh spero di non aver deluso le aspettative T.T per lo scontro SayaSaya/Rei attenderemo almeno il prossimo capitolo, ma me vedremo delle belle! Non anticipo nullanulla! 
Siccome sono di fretta (come mio solito xD), passo a ringraziare i meravigliosi recensori e chi ha messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Alla prossima!! 

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Capitolo 36
*** 36 - Rei Vs Boris ***


Capitolo 36


Una volta in albergo nessuno osò più fiatare riguardo ciò che era successo nel primo match della finale tra Kai e Sergey. Nessuno parlò del fatto che il nostro compagno avesse perso l’incontro o l’Aquila Rossa, e sono più che sicura che il diretto interessato ce ne fu più che grato. Anche per il fatto che nessuno fece accenno a ciò che successe subito dopo. La questione sembrava conclusa per tutti, tranne che per me, che non ero riuscita a togliermi quel bacio dalla testa. So che avrei dovuto farlo, e che quello non aveva significato nulla per Kai, ma per me non era stato così. Era stato mosso dalla disperazione, ma le emozioni che invece avevo provato io in quel breve momento non le avevo provate nemmeno per Rei, nonostante fosse stato altrettanto emozionante. Erano state due situazioni differenti ed avevano trasportato due ragioni completamente opposte. Rei aveva ammesso di provare qualcosa per me, ed io ero estremamente sicura di contraccambiare, ma da quando Kai era tornato in squadra tutto era cambiato. Aveva ammesso di ricordarsi di me e di avermi voluto bene e quello era bastato per mettere in discussione i sentimenti che provavo per il bel cinese. Già una volta mi ero messa l’anima ed il cuore in pace con lui, e forse avrei dovuto fare lo stesso, perché sentivo che il mio cuore batteva altrettanto repentinamente per il mio vecchio amico, che però oltre all’affetto e l’amicizia non provava altro per me. Anche con lui avrei dovuto mettermi l’anima in pace e non sperare di poter baciare di nuovo le sue labbra. Difficilmente lo avrebbe rifatto ed io ero solo un’illusa a credere che Kai avrebbe potuto cedere di nuovo. 
«Saya?»
Fu la voce di Rei a riportarmi alla realtà, facendomi voltare di scatto dalla sua parte. In attesa della cena mi ero rifugiata nel terrazzino di cui era provvista la camera in cui dormivano Takao, Max e Kappa, mentre loro si stavano dando a turno il cambio per fare la doccia e lo stavano facendo in religioso silenzio. Ogni tanto parlavano delle tattiche da usare nel secondo match del mondiale, che Rei avrebbe dovuto combattere l’indomani, ma oltre quello non avevo sentito altro provenire dalle loro bocche. In ogni caso non avevo voglia di stare ad ascoltare, né tanto meno di parlare. Non volevo nemmeno stare a contatto con le due persone che avevano costantemente scombussolato i miei pensieri, anche se ci avrei dovuto condividere di nuovo la stanza. Ero tentata di chiedere ad uno dei miei compagni di fare cambio, pur di non rimanere di nuovo sola con le due persone che avevo baciato a così poca distanza di tempo, ma non mi sembrava carino nei loro confronti. Quello che mi preoccupò di più però, era il fatto che avrei di nuovo condiviso il letto con Rei. Dopo tutto quello che avevo vissuto non mi sentivo più audace come prima, né libera e spensierata come ero sempre stata con lui. Ero conscia del fatto che oramai il rapporto di apprensione e complicità che avevamo sviluppato, anche per colpa di Kai, non esisteva quasi più. Mi domandai cosa mi sarei dovuta aspettare, ma non volevo davvero trovare una risposta a quella domanda. Nemmeno per quanto riguardava l’altro. 
Tuttavia gli sorrisi, cercando di mostrarmi tranquilla per non farlo preoccupare. Purtroppo il mio sorriso fin troppo tirato mi tradì e lo capii dal suo sospiro colpevole. 
«Come stai?», mi chiese, probabilmente in relazione a ciò che aveva scorto nella mia espressione. 
Sospirai anche io, per cercare di riordinare le idee e rispondere sinceramente a quella domanda. 
«Se ti dicessi che sto bene mentirei…», gli dissi infine, piantando gli occhi verso l’orizzonte, dove il sole stava iniziando pian piano a tramontare. Faceva freddo, ma quello non mi impedì di rimanere lì fuori, né lo impedì a lui. Si appoggiò alla ringhiera vicino a me e col pelo dell’occhio notai che mi stava guardando. Solo allora decisi di contraccambiare e piantare i miei occhi nei suoi. Almeno quello glielo dovevo, perché in fondo non ero una codarda e se eravamo arrivati alla svolta che tanto cercavamo, beh, avrei retto il colpo coraggiosamente. 
«Anche per me è lo stesso», ammise, ma quando vide che non avevo intenzione di controbattere continuò. «Mi fa piacere che tu abbia ritrovato il rapporto e la complicità che avevi con Kai, dico sul serio…», sospirò di nuovo e capii quanto fosse difficile per lui parlare di ciò. Immaginai quanto altrettanto fosse stato difficile averlo farlo con lui.
«Anche a me», pronunciai con un sorriso, perché in fondo era la verità. Ero stata così felice di stare di nuovo tra le braccia di Kai, che tutto il resto era passato in secondo piano. Almeno fino a che non ero tornata con i piedi per terra. Sapevo che c’erano ancora delle questioni irrisolte tra me e colui che mi stava di fronte e forse era arrivato il momento di chiuderle. 
«Però Rei, ci tengo a dirti che quello che è successo tra noi non lo dimenticherò facilmente, qualunque sarà la tua decisione…», continuai. «Non voglio che tu pensi che ti abbia messo in secondo piano solo perché adesso Kai è cambiato. Ciò non cambia quello che invece provo io per te!», ci tenni a confessagli e vidi il suo sorriso farsi più luminoso. Probabilmente erano le parole che avrebbe voluto sentirsi dire da quando mi aveva raggiunta fuori. 
«Io non so ancora quello che farò, ho deciso che ci penserò dopo l’incontro di domani», fece spallucce «ma c’è ancora una cosa che vorrei fare…», mi disse, penetrandomi con uno sguardo intenso, che per un momento mi fece credere che mi avrebbe baciata di nuovo. Non ero pronta a ricevere di nuovo un altro bacio, perché mi avrebbe mandata ancora più in confusione. Ma per fortuna non fece nulla di ciò. 
«Cosa? », lo incitai, spezzando l’atmosfera. 
Ero arrossita di nuovo. 
«Vorrei passare del tempo con Mao e credo di farlo domani dopo l’incontro…», ammise di nuovo con sincerità ed io mi ritrovai a serrare la mascella, nonostante mi aspettassi una confessione del genere. In fondo non potevo biasimarlo. Un po’ però mi sentii invidiosa del loro rapporto, perché nonostante tutto quello che avevano passato, lui continuava a volerle bene e lei aveva aspettato pazientemente, seppur con qualche problema, il suo ritorno. Avrei voluto avere un rapporto così anche io con il mio amico d’infanzia, ma purtroppo non ero stata così fortunata. 
Nel profondo del mio animo però, sentivo già che Rei avrebbe scelto lei… 
In ogni caso cercai di rimanere sorridente, per non fargli capire quanto le sue parole mi avessero turbata. Non volevo impensierirlo alla vigilia di un incontro importante. L’incontro di Rei sarebbe stato decisivo per le sorti della squadra e penso che lo sapesse anche lui. 
«Ma certo, mi sembra naturale…», gli dissi, spostando leggermente la testa di lato, e la conversazione crollò in quel modo. Riportammo entrambi l’attenzione al tramonto, che oramai aveva lasciato spazio ad un’atmosfera arancione. In altre circostanze quell’incontro sarebbe stato incredibilmente romantico, nonostante il gelo, e forse mi sarei ritrovata di nuovo ad abbracciarlo o baciarlo, ma non in quel momento. Stava andando tutto come era giusto che andasse.
«Tu invece che farai?», mi chiese poi, dopo alcuni secondi di silenzio, senza però spostare i suoi occhi dall’orizzonte. 
Mi presi del tempo per pensare ad una possibile risposta a quella domanda, ma dissi come mio solito la prima cosa che mi venne in mente. 
«Non ne ho idea. Sono ancora molto confusa. Per ora voglio vivere quello che resta di questo intenso mondiale», sorrisi in direzione del sole e lo sentii sorridere a sua volta. 
«Rei?»
Lo richiamai, quando oramai stava per rientrare in camera, e lui si voltò con un sopracciglio alzato, chiaro segno che non immaginasse cos’altro avrei potuto dirgli.  
«Si? », mi incitò a parlare e quasi mi pentii di averlo fermato, ma oramai il danno era fatto. 
«Potrei aver trovato una risposta alla domanda che mi facesti sul treno…», iniziai, titubante, guardandolo finalmente negli occhi che tanto mi avevano colpita. 
«Ne sono felice…», mi rispose solamente con un sorriso, prima di voltarmi le spalle e lasciarmi sola su quel terrazzo. Quello che mi spiazzò però, fu la sua espressione leggermente triste.


La serata passò senza altri colpi di scena e dopo cena, che facemmo in silenzio ed in compagnia degli adulti, ognuno di noi si chiuse nella propria stanza. Kai fu il primo a raggiungere il letto e si infilò nel tepore delle sue coperte dandoci le spalle come al suo solito. Rispetto alla prima volta in cui aveva dormito in quella stanza però, ci dette la buonanotte. Solitamente erano parole che non si udivano facilmente dalla sua voce. 
Dopo di che venne anche il nostro turno di abbandonarci alle braccia di Morfeo e dopo essersi dati il cambio in bagno, anche io e Rei ci infilammo sotto le coperte per cercare di conciliare il sonno. 
Una volta coricata voltai volutamente le spalle al mio compagno, perché con lui non riuscivo più ad essere spigliata come lo ero stata nei giorni addietro, non dopo la conversazione che avevamo avuto. E lui non provò ad avvicinarsi. Rimasi in quella posizione fino a che non mi addormentai. Se avessi visto il volto rilassato di Rei mentre dormiva avrei avuto un cedimento. E lui non aveva bisogno di distrazioni. Doveva riposare perché l’indomani avrebbe dovuto affrontare Boris nel secondo incontro della finale mondiale. 


Il giorno dopo uscimmo dall’Hotel all’ora prestabilita, trovando mio nonno ed i parenti di Takao già in pullman ad attenderci.
Rei era rimasto in silenzio per tutto il tempo ed avevamo sentito la sua voce solamente quando ci aveva dato il buongiorno. Poi aveva preso Driger ed era entrato in uno stato di concentrazione che nessuno si azzardò a rompere.
Una volta entrati nel camerino dedicato alla BBA, la situazione non cambiò minimamente. 
Il nostro compagno cinese sedette su una panca a gambe e braccia incrociate, lontano da tutti noi, e sembrava stesse meditando. Probabilmente stava cercando di svuotare la mente e riordinando i pensieri, almeno quelli riguardanti il Beyblade. Gli lanciai solo qualche occhiata impensierita, ma bastò l’ammonizione di Kai a farmi desistere dal disturbarlo.
«Lascialo stare…», mi ammonì con fermezza, scuotendo leggermente la testa in un cenno negativo. Tuttavia non c’era cattiveria nella sua voce, solo una leggera nota preoccupata che mi convinse a fare come mi aveva detto. Anche lui iniziava a preoccuparsi per l’esito dell’incontro e per le sorti del nostro amico, glielo leggevo in faccia. Probabilmente non avrebbe mai voluto che qualcun altro provasse lo stesso dolore che aveva provato lui quando l’Aquila Rossa aveva abbandonato il suo Beyblade. Sono sicura che Kai non avrebbe mai voluto che Rei provasse una sensazione simile, non dopo che la Tigre lo aveva già abbandonato una volta e sapendo quanto essa fosse importante per il nostro amico.
E nemmeno io avrei voluto assistere di nuovo ad una scena simile. Se chiudevo gli occhi potevo ancora rivedere l’Aquila Rossa che abbandonava Dranzer come se quello fosse appena successo, ed avevo ancora in mente lo sguardo disperato di Kai un attimo prima di baciarmi. E poi, non dimentichiamoci che quelle persone avevano anche il Bit Power di Max!
«Vieni, iniziamo ad andare», mi disse poi, ma non mancò di lanciare un’ultima occhiata al nostro compagno, che continuò a rimanere nella sua posizione anche quando Takao, Max ed il Prof gli resero noto il fatto che ci saremmo avviati alla nostra panchina.
Rei ci seguì dopo qualche minuto ed il suo sguardo era puntato di fronte a sé con un’espressione incredibilmente seriosa. 
Io invece spostai la mia attenzione sui Demolition Boys, che avevano raggiunto la loro parte di campo insieme a quel pazzo di Vorkof, ed osservai i loro sguardi freddi e distaccati saettare subito su di noi. Non trapelava la minima emozione da quei volti di porcellana, o almeno era così per tre di loro. Inoltre non mi fu difficile scorgere l’avversario di Rei, perché era l’unico seduto con un sorrisetto sulle labbra che aveva un non so che di maligno. Ed era l’unico che non conoscevo e che non avevo mai visto prima, se non quella volta in cui ci attaccarono in mezzo al nulla per rubare la Tartaruga di Max. Sergey, Yuri e Ivan li avevamo già visti in azione, e mi chiesi quanto fosse forte questo quarto elemento.
Purtroppo lo scoprimmo dopo ed a spese dello stesso Rei…
Mi decisi a spostare la mia attenzione dalla rappresentativa Russa dopo qualche secondo e la portai così sulle tribune, per capire dove mio nonno e gli altri due si fossero seduti. Mentre scorrevo con lo sguardo i presenti, notai l’intera squadra del PPB, i White Tigers e tutti e quattro gli European Dreams. Tutti sedevano immobili ai loro posti e tutti sembravano ansiosi di assistere a quell’incontro. Piantai i miei occhi su Mao però, perché volli scorgere la sua espressione impensierita dall’incontro che si apprestava a combattere il suo vecchio compagno. La trovai leggermente accigliata, anche quando il suo sguardo felino saettò nel mio. Ci squadrammo per qualche secondo, finché non le sorrisi, seppur nervosamente. Lei però non ricambiò il mio e quello mi convinse a spostare definitivamente la mia attenzione verso i miei compagni. 
O meglio, verso uno in particolare. 
«Buon fortuna…», dissi in direzione di Rei prima che raggiungesse la pedana di lancio. Avevo fatto la stessa cosa con Kai il giorno prima, nel nostro camerino, quindi non avrei mancato di dare il mio appoggio anche a lui. Per fortuna mi sorrise e sul suo viso potei finalmente rivedere il sorriso che lo aveva sempre contraddistinto. Un po’ sciolsi la tensione che avevo iniziato ad avvertite, anche se sentivo gli occhi di Mao ancora puntati addosso, e sapendola sugli spalti non faticai a credere al fatto che non si fosse persa un solo attimo di ciò che accadde. 
Rei spostò poi il suo sguardo alle mie spalle, probabilmente per tranquillizzare tutti gli altri presenti. Anche loro gli dettero il loro sostegno intimandogli buona fortuna, e quando Rei salì gli scalini del Beyblade stadio aveva una fierezza ed una sicurezza nei suoi mezzi che mi portò ad essere un po’ più positiva.
Spostai anche lo sguardo su Kai, come per fargli capire che il nostro compagno era agguerritissimo, e lui mi sorrise facendo spallucce, come a dirmi che lo avesse capito ben prima di me.
Così iniziò il primo match…che fu vinto da Boris. Era stato un match assolutamente sleale, in cui il Russo aveva continuato a colpire sia il Beyblade che il Blader con colpi infidi e talmente ignobili da essere impercettibili all’occhio di Dj Man, che continuò a fare la telecronaca come se nulla fosse. Il nostro amico accusava i colpi con smorfie di dolore sempre più acute e mi ritrovai a guardare l’incontro con le mani al petto ed il cuore che batteva all’impazzata. Almeno fino a che non vedemmo Rei cadere all’indietro, finendo steso a terra assieme al suo Driger.
Il secondo match fu più o meno la fotocopia del primo, con l’unica differenza che il vincitore fu Rei. Gioimmo tutti per quella vittoria, perché era la prima in quelle finali, ma purtroppo il nostro entusiasmo svanì quando Rei crollò a terra svenuto. Boris lo aveva così tanto sfinito, per colpa dei ripetuti colpi a tradimento che gli aveva inflitto, che il nostro compagno non aveva retto a lungo. Anche il peso della responsabilità che pesava sulle spalle di Rei aveva influito sulla sua resistenza. 
Ci lanciammo tutti verso di lui, cercando come meglio potemmo di portarlo in camerino e stenderlo su una poltroncina. 
Ci ritrovammo a contemplare il nostro compagno con le espressioni incredibilmente sofferte e iraconde. Non credevamo possibile che una persona potesse ridursi così per un incontro di Beyblade. O meglio, che un Blader ne potesse ridurre un altro in quello stato . Ma quando Rei riprese i sensi si incaponì sul fatto che voleva a tutti i costi giocarsi il terzo round, nonostante le sue condizioni. Anche Driger era messo maluccio, e lo vidi quando io stessa lo prelevai da terra.
«Puoi fare qualcosa per aggiustarlo se ti do i pezzi di Dranzer?», mi chiese Kai, prendendomi da parte e meravigliandomi non poco. Non avrei mai pensato che una persona come lui potesse rinunciare a qualcosa di suo per donarlo ad un altro, ma in fondo il mio vecchio amico ce la stava mettendo tutta per essere parte integrante della squadra ed una persona migliore di quello che era stato fino a pochi giorni prima. 
«Da sola non credo. Avrò bisogno del Prof…», gli dissi con aria triste e lui non ci mise molto a prendere da parte anche Kappa ed aggregarlo alla nostra causa. In circa dieci minuti, noi tre riuscimmo a rendere per lo meno riutilizzabile il Beyblade di Rei e lo avevamo fatto mettendo insieme la bravura del nostro tecnico per i pezzi di ricambio, la generosità di Kai e la mia voglia di fermare la Borg.
Driger racchiudeva la forza combattiva di quasi tutti i Bladebreakers ed io stessa lo resi noto al suo possessore quando glielo riconsegnai, poco prima che tornasse in campo. Si reggeva a stento in piedi ed il suo sguardo era leggermente vacuo, ma non mancò di ringraziarmi. Portò una mano ad accarezzarmi il volto e quel gesto improvviso mi fece sussultare. Non mi sarei mai aspettata quel gesto dolce da parte sua, non dopo che ci eravamo consapevolmente allontanati l’uno dall’altra, ma capii che la disperazione rendeva vulnerabili le persone. Kai ne era stato una dimostrazione.
«Saprò ricompensarti per Dranzer…», disse poi in direzione del mio vecchi amico, spostando definitivamente la sua mano dal mio volto. Si guardarono negli occhi per alcuni istanti, in cui nessuno osò fiatare, almeno fino a che lo stesso Kai non decise di sorridergli.
«Vinci l’incontro e sarà una ricompensa più che sufficiente», gli disse infine, prendendomi per un braccio e spostandomi dalla porta per lasciarlo passare.
«Dobbiamo avere fiducia in lui e sperare che vinca…»
Fu mio nonno a prendere parola quando uscimmo dal camerino per seguire i passi del nostro compagno, che cercava di mantenersi eretto per raggiungere di nuovo la pedana di lancio. In un primo momento la decisione del presidente fu quella di far ritirare la squadra dalla finale, dando la vittoria a tavolino alla Borg, ma la testardaggine della nostra squadra e dello stesso Rei dette una nuova speranza ed un nuovo vigore a tutti. Io stessa ero sicura che ce l’avrebbe fatta, e dello stesso avviso fu anche Kai.
«Ce la farà», mi disse vicino al mio orecchio, dopo che mi aveva attirato a sé per lasciar uscire il diretto interessato dal camerino. Io poggiai solamente la fronte sulla sua spalla, come per farmi confortare dalla sua presenza, ed annuii con veemenza. 
Nel terzo match, Rei dette davvero il meglio di sé e tutto sé stesso. Riuscì a battere Boris grazie alla sua tenacia ed alla forza di volontà, perché la forza fisica lo aveva quasi del tutto abbandonato. Ma lui non aveva perso la speranza o demorso. Aveva diligentemente accusato tutti i colpi dell’avversario ed aveva attutito tutti i brutali attacchi alla sua persona. Stava difendendo sé stesso, noi, la sua squadra, e la sua Tigre Bianca. Era arrivato allo stremo delle forze, e lo capimmo quando riuscì a buttare fuori Falborg dal campo di gara. Driger ruotava ancora al centro dello stadio, seppur meno intensamente, mentre Rei era svenuto sulla pedana. Era malconcio, coi capelli sciolti che gli ricadevano ai lati del volto, ferito in molte parti del corpo e con i vestiti logori, ma aveva sul volto un sorriso finalmente rilassato. Sono sicura che fosse assolutamente soddisfatto di ciò che era riuscito a fare e il fatto che fosse allo stremo delle forse non aveva intaccato il suo buonumore. 
Io però fui la prima a lanciarmi su di lui, cercando di scuoterlo un po’ per fargli riprendere i sensi, seguita poi da Kai, Takao, Max ed il Prof Kappa. Ci raggiunse anche mio nonno, con a seguito il nonno ed il padre di Takao, preoccupatissimi per le sorti del nostro campione. Ci aveva regalato la nostra prima vittoria, ma in quel momento non riuscivamo a gioirne. 
Rei fu subito messo su una barella, sotto una specifica richiesta del nostro presidente, per essere trasportato subito in ospedale. Aveva bisogno di cure e di risposo, ma io non ero ancora pronta a lasciarlo andare così. Non prima di avergli visto aprire gli occhi ed aver constatato che stesse bene. Il mio volto si era rigato delle lacrime che avevo soppresso durante tutta la durata dell’incontro, troppo tesa anche per piangere, invece in quel momento detti sfogo a tutta la tensione che avevo accumulato.
Furono due possenti braccia a farmi alzare da terra, quando i medici arrivarono a prestare soccorso. In un primo momento non riuscii a capire chi mi avesse sollevata, ma lo scoprii quando il suo profumo invase le mie narici.
«Si riprenderà, vedrai», mi disse Kai vicino al mio orecchio, mentre le sue braccia ancora mi tenevano saldamente ancorata a sé, come quella volta in Francia, in cui mi aveva impedito di correre all’inseguimento del Team delle Tenebre.
Decisi di spostarmi da lui, seppur con una certa difficoltà, solo quando Rei fu adagiato sulla barella per essere trasportato in ambulanza. Mi avvicinai alla lettiga insieme ai miei compagni di squadra, e quando mi avvicinai alla barella notai una figura femminile che ero sicura di non aver visto prima, se non sugli spalti. Alzai lo sguardo su di lei e capii subito che fosse Mao, con in volto la stessa espressione preoccupata che avevo io. Aveva gli occhi lucidi ed il volto rigato dalle lacrime e quello mi strinse il cuore e mi costrinse a bloccarmi sul posto. 
Quando uno dei medici chiese se ci fosse stata una persona che avesse voluto fargli compagnia, per sbrigare le formalità in pronto soccorso, quali dare i dati del paziente, fu proprio la sua vecchia compagna d’infanzia a proporsi per prima, senza minimamente chiedere se a noi, i suoi compagni di squadra, fosse andato bene. Quella fermezza mi fece storcere un po’ il labbro in una smorfia, ma in fondo non la biasimavo. Io mi sarei comportata alla stessa maniera.
Così, mentre Rei e Mao lasciavano lo stadio insieme ai medici, io rimasi a contemplare la loro uscita con il labbro serrato tra i denti e le lacrime che continuavano a scendere lungo le guance. Solo quando sparirono dalla mia visuale mi decisi a voltarmi verso Kai, che era rimasto alle mie spalle in religioso silenzio e leggermente più in disparte rispetto agli altri. Lo penetrai con uno sguardo tagliente, ma capì subito che non era per lui. 
«Li odio!», sbottai con voce incredibilmente roca, ben diversa da quella che avevo di solito, e quella mia constatazione, che apparentemente non aveva né capo né coda, fece aggrottare leggermente un sopracciglio al mio amico. 
«Vorkof e la Borg!», gli resi noto, «per quello che hanno fatto a te ed a tutti noi! Ci hanno attaccati a tradimento in mezzo al nulla per rubare il Bit Power di Max, hanno rubato la tua Aquila Rossa ed infine hanno ridotto Rei in quello stato. Cos’altro dobbiamo aspettarci? », dissi con un ringhio ferito e quello fece fare a Kai una smorfia sofferta. 
Quella mia domanda però non trovò risposta. 
Lui continuò a guardarmi con la mia stessa espressione ferita, e capii che lui sapeva benissimo dare una risposta a quella mia domanda, ma evitò di esporla. Kai li conosceva fin troppo bene, tanto da sapere di cosa erano capaci, per quello la sua espressione era fin troppo sofferta.
Iniziai inoltre ad essere preoccupata per Takao, che avrebbe dovuto vedersela con Yuri in finale, il ragazzo che, con le sue taglienti occhiate, mi aveva sempre fatto correre i brividi lungo la schiena. 
Sperai solo che la vittoria sofferta di Rei non venisse vanificata.
Fine capitolo 36 


°°°°°°°°

Colei che scrive:
Eccomi qua con un nuovo aggiornamento! Questa volta ho fatto passare meno tempo xD 
Finalmente abbiamo assistito allo “scontro” verbale tra Rei e Saya, e spero di non aver deluso le aspettative T.T ed all’incontro di Rei e Boris (uno dei miei preferiti della serie). Ovviamente non mi sono soffermata sullo scontro, perché possiamo vederlo dalla puntata, ma ciò che ha descritto Saya è successo veramente nell’episodio. Boris è stato talmente ignobile… tanto da farmelo amare ed odiare allo stesso tempo xD (nulla, ho ancora di fronte agli occhi la scena di Rei coi capelli sciolti *_*
Anche Kai che dona i pezzi di Dranzer è esistito veramente xD ho ripreso tutto dall’anime. E nulla, spero vi sia piaciuto, anche se non succede nulla di che. Nei prossimi due capitoli assisteremo ad una scena forse paradossale xD spero di avervi incuriosito! 
Passo a ringraziare come sempre i recensori, le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite ed a tutti i lettori silenziosi giunti fin qua! 
Alla prossima!! 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 - una serata da dimenticare...oppure no! ***


Capitolo 37
 
 
Riuscimmo ad andare a trovare Rei in ospedale solamente quando fu l'ora consentita alle visite e lo facemmo entrando tutti insieme a passo di carica. Takao, Max ed il Prof entrarono per primi, mentre io e Kai rimanemmo a debita distanza, nonostante anche il nostro passo trasportasse una certa urgenza. Rimasi un po’ titubante, perché non sapevo cosa avrei visto. Non sapevamo se il nostro compagno fosse sveglio, ma riuscii a tirare un sospiro di sollievo quando lo vidi con gli occhi aperti. Era steso sul letto, con la testa poggiata su due cuscini per stare più rialzato, e nonostante fosse attaccato ad una flebo mi sembrava che stesse molto meglio. Per lo meno ci sorrise quando entrammo.
La cosa che mi saltò più all’occhio però, fu il fatto che Mao gli stava tenendo una mano fra le sue con fare amorevole. In quel momento capii come doveva essersi sentita, perché probabilmente mi stavo sentendo alla stessa maniera. Ma lo sguardo della ragazza, dopo essere scorso su tutti i membri dei Bladebreakers, si fermò infine su di me e dall’espressione che fece mi resi conto che lei e Rei dovevano aver parlato di molte cose, incluso quello che era successo tra me e lui. Mandai giù un groppo amaro di saliva e serrai le labbra, cercando di sorriderle, ma che fosse un gesto incredibilmente nervoso lo capì anche lei.
Rimanemmo con il nostro compagno per circa una mezz’ora prima di lasciarlo riposare ed in tutto quel tempo mi decisi a non avvicinarmi più di tanto al letto. Lo avevo fatto solamente appena entrata, dopo qualche attimo di esitazione, e solo per chiedergli come si sentisse. Lui mi rispose affabile, con il suo solito tono dolce che mi aveva sempre mandata in brodo di giuggiole. In quel momento capii che finalmente doveva essere in pace con sé stesso. In fondo aveva portato a termine ciò che si era prefissato di fare e ciò che ci aveva promesso. Ci aveva regalato una strabiliante vittoria, se pur a caro prezzo.
«Rimettiti presto amico!», gli disse infine Takao, porgendogli la mano in segno di saluto, ma lo sguardo di Rei saettò subito su di me e quello non passò inosservato agli occhi attenti della sua compagna.
Io mi limitai a ricambiare l’occhiata e quella volta lo feci col sorriso. Non mi feci fermare dall’invidia o dalla gelosia della ragazza, perché volente o nolente io volevo troppo bene a Rei per ignorarlo in quel momento delicato. Volevo che almeno lui sapesse quanto ci avesse fatto preoccupare.
«Non preoccuparti, mi rimetterò presto!», mi sorrise, decidendosi a rivolgermi la sua attenzione. Ci sarebbero state molte cose che avrei voluto chiedergli, compreso cosa si fossero detti lui e Mao o se fossero arrivati entrambi ad una conclusione riguardo i loro sentimenti, ma non dissi nulla. Non mi sembrava il momento adatto, soprattutto non di fronte a tutte quelle persone. Era una questione privata tra me e lui.
Così gli sorrisi ancora, decidendomi finalmente a raggiungere la sua posizione e stringere la mano che mi aveva allungato per salutarmi.
«Ti aspetto», gli dissi affabilmente e mi costrinsi a non alzare lo sguardo dai suoi occhi ambrati. Se lo avessi fatto, avrei sicuramente notato l’occhiata contrariata che invece mi aveva riserbato la componente dei White Tigers.
Cosi tornammo in Albergo in silenzio, un po’ più rincuorati di quando eravamo entrati però. Solamente Takao parlava, principalmente a sproposito, e sicuramente lo stava facendo per scaricare tutta la tensione che doveva aver provato da quando Rei aveva messo piede sul Beyblade Stadio. Inoltre capii che era molto nervoso per l’incontro che avrebbe dovuto combattere il giorno dopo contro Yuri, il miglior esponente della squadra Russa. Sarebbe stato un osso duro, sapendo anche quanto giocassero sporco i Blader di Vorkof, e penso che lo sapesse anche lui.
Dopo cena, nel quale assistetti alle solite scene del nostro capitano che mangiava come se non ci fosse stato un domani e di Max che spremeva maionese su ogni piatto facendoci vergognare tutti, ci ritrovammo nella camera di questi ultimi per limare gli ultimi dettagli riguardo la finalissima. Io non avevo molta voglia di interagire e parlavo solo se interpellata. Mi ero seduta sul letto di Takao, mentre gli altri ragazzi erano seduti sui divanetti della stanza. Tranne Kai, che se ne stava in piedi a braccia conserte a poca di stanza da loro. Le vecchie usanze non le avrebbe mai abbandonate.
Quando finalmente decidemmo che fosse giunta l’ora di andare a dormire, mi resi conto che, in assenza di Rei, avrei dovuto condividere la stanza solo con Kai e quello portò il mio cuore ad agitarsi. Mi sentii avvampare quando lui chiuse la porta della nostra camera alle spalle, soprattutto perché subito dopo mi penetrò con un’intensa occhiata. Sembrava come se avesse voluto dirmi qualcosa ma non sapeva come farlo, quindi non mi restò altro da fare che sedermi sul letto matrimoniale con l’aria abbattuta. Forse fu la mia espressione a convincerlo a parlare.
«Non dovresti essere triste, in fondo hai visto anche tu che sta molto meglio. E poi non hai avuto quello che hai sempre sognato?»
Sentii la sua voce rompere il silenzio dopo alcuni secondi, mentre andava a sedersi sul suo letto per parlarmi a quattrocchi, ma in un primo momento non capii il senso delle sue parole e credo che la mia espressione confusa glielo avesse fatto capire. Lui alzò gli occhi al cielo, leggermente spazientito, ma quello non gli impedì di continuare a parlare.
«Parlo di Rei», iniziò, «si vede lontano un miglio che sei triste e pensierosa per lui, come lo sei stata per tutto il mondiale. Lo capirebbe anche un bambino che sei innamorata di lui…», storse leggermente il labbro, come se determinati sentimentalismi fossero troppo per lui. «Ma non hai sempre desiderato che lui ricambiasse? Beh, ora ricambia, no?», concluse e mi meravigliai molto del fatto che lui avesse voluto parlare proprio di quello. Ma forse era un modo per non finire a parlare del campionato o del match perso, perché non credo che a lui interessasse molto di ciò che c’era tra me e Rei. Tuttavia lo guardai un po’ di traverso, giusto per capire quanto potevo espormi a parlare con lui. È vero che avevo recuperato un po’ del vecchio rapporto che avevamo avuto in passato, ma non mi sentivo del tutto pronta a confidarmi con lui. Purtroppo tutti quegli anni passati avevano cambiato molte cose tra noi, compresa la sua capacità di capire gli intricati meccanismi del cuore di una ragazza. Non che ne fosse mai stato in grado comunque. Eravamo troppo piccoli al tempo per parlare di qualcosa che non fosse il Beyblade o la scuola.
«Non è così semplice», sospirai, afflosciando leggermente le spalle con fare abbattuto. «Anche se entrambi abbiamo ammesso di provare qualcosa l’uno per l’altra non vuol dire che sia tutto facile. Io sono molto confusa, e credo che lo sia anche lui. In fondo lui prova lo stesso sentimento per Mao», conclusi facendo spallucce e lo vidi aggrottare leggermente le sopracciglia. Non disse nulla però, perché credetti davvero che non sapesse cosa dire, e poi non era minimamente il tipo adatto per consolare qualcuno. Sono sicura che se avesse potuto, o solo se fosse successo qualche giorno prima, lui sarebbe scappato da quella stanza a gambe levate, per tornare forse il giorno dopo. Per fortuna invece non fece nulla di ciò, ma rimase in silenzio, fino a che non fui io a romperlo di nuovo.
«Sai Kai», dissi con voce malinconica, piantando gli occhi in un punto indefinito della stanza. «A volte vorrei essere come te. Tu hai vissuto fin ora pensando solo a te stesso, egoisticamente, come se ciò che ti succedeva attorno non avesse la benché minima importanza. Non c’era nulla che scalfisse la tua impassibilità e la tua freddezza, mentre io mi sono sempre fatta carico dei problemi di tutti. Essere sentimentali ed un po’ troppo altruisti stanca…»
Mi portai le gambe al petto come ero solita fare quando ero triste o pensierosa, o anche solo nervosa, ed abbassai lo sguardo per osservarmi le ginocchia. Avrei voluto guardarlo negli occhi, ma sapevo che non sarei riuscita a sostenere il suo sguardo. Per quanto continuassi ad essere attratta da Rei, era sempre stato Kai ad avere il primato nel mio cuore. E lo capii forse troppo tardi. Mi ero avvicinata a Rei soprattutto nei momenti di sconforto dovuti ai battibecchi con lo stesso Kai, o quando lui aveva delle uscite troppo sprezzanti nei miei confronti, e lo dimostrava il fatto che tutte le volte finivo a piangere tra le sue braccia. Però arrivai anche a capire che, se quella situazione non si fosse resa necessaria, probabilmente non ci saremmo mai avvicinati l’uno all’altra. Probabilmente avremmo continuato a trattarci da amici, nonostante l’attrazione reciproca, e quella constatazione, per quanto vera fosse, mi lasciò un po’ di amaro in bocca. Mi chiesi se quella era la conclusione alla quale era arrivato anche Rei…ma purtroppo per sapere la verità avrei dovuto chiederlo al diretto interessato.
«Non è facile nemmeno vivere come me…», ammise però Kai in risposta, e quando spostai di nuovo i miei occhi su di lui stava guardando altrove. Capii quanto fosse stata sofferta da parte sua quell’affermazione, perché in fondo c’era un motivo che io conoscevo fin troppo bene che spiegava il perché del suo innato scetticismo e della sua posata freddezza. Sicuramente non doveva essere stato facile vivere sotto il comando di Vorkof, dovevo riconoscerlo. A pensare a quello che doveva aver passato nella sua giovane vita mi si strinse il cuore e mi detti della stupida per aver pronunciato quelle parole.
«Scusa…», gli dissi infatti. «Indubbiamente mi dispiace per tutto quello che hai passato Kai…», sospirai, «ma forse dovrei pensare più a me stessa…», conclusi e siccome non avevo voglia di continuare a parlare, soprattutto perché lui sembrava essere del mio stesso avviso, mi alzai dal letto con in mano il mio pigiama e mi diressi in bagno per cambiarmi.
Quando tornai in camera, Kai aveva indossato la sua tenuta da notte e si era coricato supino sotto le coperte del suo letto. Stava osservando mestamente il soffitto, come se lì ci fossero state tutte le risposte a cui anelava. Non si voltò nella mia direzione nemmeno quando gli lancia un’ultima occhiata, prima di sprofondare nella solitudine di quel grande letto matrimoniale.
Mi decisi a spegnere la luce quando oramai ero sicura che da parte sua non avrei sentito più una parola e alla fine pensai che si fosse addormentato. Invece, dopo qualche attimo, in cui credevo di essere riuscita a trovare una posizione in cui riuscire a prendere sonno o scaldarmi, ecco che lui parlò di nuovo.
«Perché hai scambiato i nostri cuscini?», mi chiese, spiccio e diretto come solo lui sapeva essere e quelle parole mi fecero prendere un colpo. Per fortuna era buio, altrimenti mi avrebbe vista arrossire dall’imbarazzo. Inoltre non sapevo davvero come mi sarei dovuta giustificare. Non potevo certo dirgli la verità! Per cui feci passare alcuni secondi, in cui pensai veramente a cosa dire, prima di rispondere.
«Il tuo mi sembrava più comodo…», gli resi noto, cercando anche di farlo con il tono di voce più disinvolto possibile. Seppi per certo di non avergliela data a bere, soprattutto perché sentii ridacchiare nel silenzio della stanza, ma non disse altro ed io non mi azzardai a continuare.
Mi detti di nuovo della stupida e, voltandogli le spalle, sperai di sprofondare nelle braccia di Morfeo.
 
 
Purtroppo però il sonno non sopraggiunse ed io trascorsi circa due ore a voltarmi e rivoltarmi nel letto, alla disperata ricerca di un po’ di tregua. Avevo continuato a tormentarmi con mille pensieri, sia riguardanti i due ragazzi che avevano scombussolato il mio cuore, sia riguardo alla finale che Takao avrebbe dovuto disputare il giorno dopo. Ero così tanto nervosa ed ansiosa che finii a piangere senza un vero motivo e solo per sfogare tutta la tensione che provavo. Mi mancava Rei, perché vederlo dormire sereno accanto a me mi aveva dato una certa sicurezza in quegli intensi giorni, e mi mancava l’audacia per chiedere a Kai di coricarsi accanto a me come a volte avevamo fatto da piccoli. In quel momento sarebbe stata gradita anche la presenza di Takao ed il suo rumoroso russare pur di avere un po’ di conforto. Kai era molte cose, ma non era mai stato di molta compagnia in quel mondiale.
Mi ero talmente stufata di stare sdraiata senza riuscire a prendere sonno che alla fine mi portai seduta sul materasso con un sonoro sbuffo, prima che mi decidessi ad alzarmi dal letto spazientita per andare in bagno a sciacquarmi la faccia. Ero scossa da tremiti e singhiozzi per via del pianto e se non mi fossi data una calmata avrei sicuramente svegliato il mio compagno di stanza.
Tornai in camera dopo che mi fui rinfrescata il volto e quando mi chiusi la porta alle spalle per poco non mi venne un colpo.
Kai era in piedi tra il suo letto ed il mio, con le braccia conserte e l’aria decisamente contrariata. Faceva quasi paura, soprattutto perché era rimasto in penombra ad osservarmi di sottecchi, con gli occhi ametista che scintillavano nella mia direzione.
Serrai le labbra, dandomi la colpa per averlo svegliato, ma lui non mi dette modo di scusarmi.  In più il mio cuore mi stava di nuovo tradendo, perché iniziò a battere all’impazzata di fronte a quella vista. Sarebbe stato molto più facile per me se lui avesse continuato a dormire…
«Devi continuare a piangere ancora per molto?», mi chiese con una smorfia, ma nella sua voce, seppur fosse leggermente stizzita, non c’era rabbia.
«Non so di cosa parli…», gli risposi prontamente, anche se il mio tono incredibilmente nasale mi tradì seduta stante. Lui però sospirò, chiaro segno che fosse decisamente spazientito, e si avvicinò a me costringendomi a trattenere il respiro. Non riuscivo a capire quali fossero le sue intenzioni, né riuscivo a leggere la sua espressione. Kai era una maschera di apatia.
In ogni caso non disse nulla, mi prese solamente per un braccio e mi trascinò fino alla porta d’entrata, dove prelevò il mio cappotto.
«Mettitelo», mi disse esasperato, in un tono che non avrebbe ammesso altre repliche.
Io lo presi con un sopracciglio alzato, perché di nuovo non capii cosa gli passasse per la testa.
«Vuoi che esca in pigiama??», gli chiesi inoltre, iniziando anche io a spazientirmi verso tutto quel mistero, ma lui mi scoccò un’occhiata che mi impose di stare zitta.
Feci come mi aveva detto ed indossai scarpe e cappotto, osservando poi i suoi gesti. Anche lui aveva indossato il suo cappotto, sopra gli indumenti che usava come pigiama, chiudendo la cerniera fin sotto il mento e mettendo poi le scarpe. Lo vidi anche avvicinarsi al comodino e prendere qualcosa che infilò in tasca, ma dalla mia posizione non riuscii a vedere cosa fosse. Poi tornò verso di me, mi afferrò per un braccio e mi trascinò fuori dalla stanza intimandomi di non fare rumore.
Ero rimasta talmente scioccata da quel gesto che mi feci guidare senza dire una parola. Lasciai che mi tirasse per un braccio e mi beai della stretta che la sua mano aveva fatto attorno al mio polso. In più spostai lo sguardo ad osservare il suo profilo. La sua espressione era rimasta irremovibile, quasi spazientita, e probabilmente la colpa era mia.
In un primo momento non capii perché mi stesse portando fuori dall’Hotel, né dove mi stesse portando in generale, visto che dopo svariati passi sotto la neve ancora non si decideva a fermarsi.
«Dove stiamo andando?», gli chiesi dopo alcuni minuti di silenzio, decidendomi a spezzarlo.
Lui spostò i suoi occhi su di me con un’occhiata in tralice, senza neanche voltare la testa nella mia direzione e mi intimò un “lo vedrai” che mi fece storcere le labbra in una smorfia.
«Fa freddo…», gli resi però noto, stingendomi il cappotto addosso con la mano libera. Il gelo di Mosca in piena notte era qualcosa a cui non ero mai riuscita ad abituarmi. A lui invece sembrava non importare e mi chiesi se stesse facendo finta di non sentirlo oppure se non lo sentisse davvero. In più eravamo usciti con una certa urgenza, che mi aveva impedito di vestirmi un po’ più calda o anche solo di prendere un cappello.
In quel momento feci il primo starnuto.
«Siamo in Russia, il freddo è di casa…», liquidò invece la questione lui, che faceva sempre tutto facile. Quella constatazione mi fece imbronciare come una bambina a cui è stato negato qualcosa, ma mi imposi di non controbattere, tanto con lui sarebbe stato tutto inutile.
Continuai in silenzio a scorrere l’attenzione su dove stavamo andando, fino a che non finimmo in un parco giochi completamente coperto di neve.
«Eccoci», mi rese noto lui quando arrivammo al centro di quel parchetto, in cui neanche riuscii a capire le attrazioni che c’erano. Notai uno scivolo, un’altalena ed alcune panchine. Per quanto riguarda il resto dei giochi era troppo buio ed innevato per capire cosa fossero, ma fui estremamente sicura che Kai non mi avesse portato lì per giocare. Almeno non a quelli.
«Perché siamo qui?», gli chiesi infatti, spazientita, portandomi le braccia al petto quando finalmente lui mollò la presa che aveva fatto sul mio polso.
«Ero stanco di sentirti piangere», mi rispose facendo spallucce ed io serrai le labbra in un’espressione colpita, ma lui continuò prima che potessi controbattere. «Volevo fare qualcosa per aiutarti, ma non sono la persona adatta per farlo a parole», si aprì in un piccolo sorrisetto furbastro, «pensavo che ti sarebbe servita una distrazione…», concluse, impettendosi e portando anch’egli le braccia conserte al petto. Mi penetrò con uno sguardo leggermente assottigliato, che mi fece storcere le labbra ancora di più.
Però era riuscito nel suo intento.
Avevo smesso di piangere.
«Con una distrazione intendi una polmonite? Perché se continuiamo a stare impalati qui potrei non superare la notte!», commentai stizzita ma lui sbuffò appena, portando entrambe le mani alle tasche del cappotto. Solo in quel momento mi accorsi che erano piene di qualcosa che faticava a starci dentro.
«Ma che…», iniziai di nuovo, ma non feci in tempo a finire la fase. Lui mi lanciò contro qualcosa che riuscii a stento a prendere al volo e con mia somma meraviglia mi accorsi che si trattava di Star Pegaso col suo lanciatore.
Quando alzai gli occhi su di lui, notai che stava tenendo in mano il suo Dranzer.
«Ma certo, è chiaro…», ridacchiai dopo aver capito perfettamente le sue intenzioni. Mi aveva trascinata fin lì per sfidarmi, perché il Beyblade era sempre stata l’unica cosa che fosse mai riuscita a calmarmi. Ed aveva pensato bene.
In quel momento gliene fui immensamente grata, perché era dal nostro misero allenamento in Francia che non lanciavo il mio Bey ed avevo iniziato a sentirne la mancanza. Avevo lanciato Dranzer pochi giorni prima, certo, ma non era stata comunque la stessa cosa.
«In posizione!», intimò, senza lasciarmi altro tempo per pensare. Sono sicura che lo avesse fatto appositamente per non permettere alla mia mente di pensare ad altro se non alla sfida, così che il mio cervello fosse stato finalmente libero dai pensieri che continuavano a tormentarmi.
Lui l’aveva capito ed a modo suo stava cercando di aiutarmi.
In più era dai tempi in cui giocavamo insieme, molti anni prima, che non mi battevo con lui serenamente. Quella constatazione silenziosa bastò ad infiammare il mio spirito e farmi battere il cuore all’impazzata.
Dopo il lancio i due Beyblade iniziarono a rincorrersi per tutto il giardino innevato, colpendosi reciprocamente con violenti attacchi che ci costringevano a correre via dalla direzione in cui schizzavano. La neve continuava a scendere copiosa dal cielo e ci aveva bagnato già i capelli, ma a noi sembrava non importare. Dranzer dava la caccia a Star Pegaso, che riusciva a trovare riparo grazie alla semi oscurità procurata dalle attrazioni del parco. Gli occhi di Kai scintillavano nella direzione del suo Bey, mentre sul volto rilassato c’era un sorrisetto che conoscevo bene, perché era dai tempi in cui ci sfidavamo nel parco della nostra città che non lo vedevo.
In quel momento potei dire di essere stata davvero felice, libera di giocare con lui senza impedimenti, nonostante la nostra partita fosse finita in parità.
L’ultimo attacco ci aveva sfiniti entrambi e finimmo per accasciarci a terra sulla neve cercando di riprendere fiato, con Star Pegaso e Dranzer oramai fermi in mezzo a noi. In più mi presi qualche secondo per osservare meglio Kai, visto che lui aveva il volto rivolto verso il cielo e gli occhi chiusi. Ansimava per regolarizzare il respiro e non era mai stato più bello di così.
Cercavo di riportare alla memoria i vecchi tempi pur di scacciare il pensiero e ripensai alle nostre sfide e come mi sentivo ogni volta che finivamo in parità. Stavo provando le stesse emozioni di allora, anche se con una certa consapevolezza che mi portò a serrare le labbra con colpevolezza.
Non potevo certo dirgli che ero innamorata di lui, seppur la situazione potesse sembrare quasi romantica.
L’atmosfera fu spezzata da una raffica di starnuti, che feci riprendendo fiato a stento.
Mentre era in corso la nostra sfida avevo dimenticato tutto, sia dove eravamo, l’ora tara che era e sia il fatto che stava nevicando e che c’erano ben pochi gradi. Solo in quel momento realizzai che il mio corpo era scosso da molti brividi e che i capelli oramai quasi fradici mi ricadevano lungo il viso. Sentivo il naso e la punta delle orecchie ghiacciate, così come i miei piedi, dentro le scarpe non proprio adatte a stare sulla neve. A completare il tutto c’erano le mani gelate, che riuscii a muovere a stento.
«Kai…», lo richiamai infatti, provando ad alzarmi da terra, ma le mie gambe non sembravano più in grado di reggere il mio peso e crollai di nuovo in ginocchio.
Lui si accorse subito che qualcosa non andava, solo per come ero caduta come una pera cotta e come il mio corpo fosse scosso dai brividi.
«Hey…», lo sentii richiamarmi quando mi fu vicino e le sue mani furono l’unico conforto quando cercò di aiutarmi ad alzarmi. «Tutto bene?», mi chiese, seppur la sua espressione fosse decisamente allarmata.
«No», sentenziai in un primo momento, riuscendo a stento a parlare da quanto battevo i denti. «Ho freddo!», gli resi noto, cercando il più possibile di stringermi il cappotto addosso, ma per quanto ci provassi, oramai la neve aveva inzuppato anche quello. Lui invece sembrava così tranquillo che mi chiesi seriamente se fosse umano. «Tu no?», gli chiesi infatti e lo vidi serrare le labbra con colpevolezza. Probabilmente si stava dando la colpa per quanto successo, ma non disse nulla. E poi, conoscendo Kai, probabilmente era già entrato in panico ma non voleva darlo a vedere. Ero sicura che non si fosse mai trovato in una situazione del genere, ed avrebbe preferito continuare così…
«Torniamo in albergo. Hai bisogno immediatamente di una doccia calda!», sentenziò perentorio, prendendomi sottobraccio ed aiutandomi a camminare a ritroso sulla strada del ritorno.
Quando entrammo nella Hall dell’Albergo, a parte un’occhiata preoccupata da parte della receptionist, che però Kai liquidò con la sua solita indifferenza e col solito menefreghismo, notai che fossero le quattro del mattino…
Fine capitolo 37
 
 
°°°°°°°°°°
Colei che scrive:
Ma ciao e ben trovati in questo 37° e terzultimo capitolo ehehe (ebbene sì, mancano 3 capitoli alla fine, ma non temete!!)
In questo capitolo abbiamo trovato una Saya molto pensierosa ed un Kai che cerca di aiutarla in qualche modo ma…ahimé, ha fatto peggio XD e chissà come sarà per loro questa serata ehehehe ma io sono diabolica ed ho troncato il capitolo prima di farvi vedere come andrà a finire muahahaha sarà tutto nel prossimo aggiornamento! :P però sono curiosa di sapere come si comporterà Kai secondo voi! XD Mi piace scrivere questi aneddoti originali, è per questo che ho ingegnato ed iniziato a scrivere il continuo :D
Bene, spero che, nonostante l’originalità del capitolo, io abbia mantenuto almeno un po’ il carattere originale di Kai U.U ci tengo particolarmente <3
Bene, detto questo passo a ringraziare i miei meravigliosi recensori (davvero grazie di cuore <3), tutte le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua ^_^
Vi lascio infine l'immagine del personaggio a cui mi sono ispirata per creare fisicamente Saya *-* (Virtual Aiko, da Virtual Yui <3 di cui l'anno scorso sono riuscita a farci il Cosplay *-* ps. Sì, sono una cosplayer <3 ehehe). Ps. adoro i personaggi con gli occhi viola *-* Sarà un caso?! Forse no! xD
Alla prossima!!!
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Capitolo 38
*** Capitolo 38 - sofferenze ***


Capitolo 38


Eravamo da poco rientrati in camera e lo avevamo fatto cercando di fare il meno rumore possibile.
Kai mi aveva costretta a fare una doccia calda e mi aveva anche aiutata ad entrare in bagno, ma una volta sola mi fu alquanto difficile riuscire a stare in piedi. Tuttavia il fiotto caldo dell’acqua quietò un po’ i miei brividi e mi sembrò di stare un po’ meglio. Ero riuscita ad asciugare i capelli frizionandoli con l’asciugamano che avevo ancora in testa, non potendo accendere il phon a quell’ora tarda, ma quando tornai in camera, lontano dal tepore che si era creato in bagno, iniziai di nuovo a tremare. Avevamo azionato il riscaldamento al massimo, e credo che Kai mi avesse maledetta in qualche modo, perché probabilmente era troppo caldo per i suoi gusti, ma non disse nulla e gliene fui grata.
Mi accoccolai nel letto, rannicchiandomi per cercare un po’ di calore, ma non c’era verso di riuscire a scaldarmi. Avevo messo a lavare il pigiama che avevo usato per uscire e ne avevo messo uno pulito, leggermente più leggero dell’altro, ma in ogni caso non riuscivo a tranquillizzarmi. Ed anche Kai se ne accorse, perché dopo qualche minuto riaccese spazientito la luce e si sedette sulla parte del mio letto per controllare la situazione.
«Non riesci a scaldarti?», mi chiese, alzando leggermente un sopracciglio, ed io annuii solamente. Mi era troppo difficile parlare in quel momento, ma cercai di fare uno sforzo per fargli capire il mio stato d’animo e dissi la prima cosa che mi venne in mente.
«Sento…anto…fr..e..o», borbottai tra i tremiti e per fortuna lui riuscì a capire cosa avessi detto, perché ero risultata incomprensibile anche a me stessa. Ma in quel momento formulare una frase di senso compiuto era troppo difficile.
«Mi gira la testa», pronunciai invece dopo qualche secondo, dopo aver preso una copiosa boccata d’aria ed una certa concentrazione. Però era vero, perché la stanza aveva preso a vorticarmi intorno e dovevo stare concentrata per osservare degnamente le sue iridi, che mi stavano guardando veramente preoccupate. 
«Scotti…», sentenziò invece, dopo aver poggiato una mano sulla mia fronte, per cercare la risposta che entrambi cercavamo. 
«Lo so», gli risposi con quello che doveva essere un lamento e vidi le sue labbra spostarsi di nuovo in una smorfia contrariata. Credo che in quel momento stesse pensando a come farmela pagare per il disturbo che gli stavo arrecando, ma sperai nel suo ritrovato buon senso.
«Vuoi bere qualcosa di caldo?», sospirò, anche se capii subito che fosse leggermente spazientito e quello mi rattristò, fino a farmi salire di nuovo le lacrime. Non volevo essere un peso per lui, né avrei voluto che si sentisse costretto a fare qualcosa che non voleva fare.
Io scossi la testa e cercai di trattenere lo sfogo di pianto il più possibile, ma in quella situazione non ci riuscii molto bene. La febbre che era drasticamente salita aveva annullato ogni mio pensiero razionale, inoltre era davvero molto tempo che non mi sentivo così male. Credo che tutto il freddo patito in quei giorni avesse influenzato molto sulla mia condizione fisica. In fondo era dal primo giorno in Russia che vagavamo a giro nelle ore più fredde, ed un po’ era stata anche colpa sua. Purtroppo in quel momento non riuscii a rinfacciarglielo.
«Guai a te se ti rimetti a piangere!», mi minacciò, ma il suo tono di voce apprensivo e la sua espressione esasperata lo rese così buffo ai miei occhi che non riuscii del tutto ad arrabbiarmi per quella sentenza.
«Vai a dormire Kai e non preoccuparti per me. Io me ne starò qui a cercare di scaldarmi e di prendere sonno. Una bella dormita mi aiuterà», feci spallucce come meglio potei ed ansimai dopo aver concluso la frase, perché quelle poche parole mi avevano fatto consumare una certa dose di energia, ed in quel momento ne avevo ben poca.
Lui invece storse di nuovo il labbro e di nuovo risultò talmente buffo che dovetti distogliere lo sguardo dal suo volto. Sapevo che, in fondo, si stava preoccupando per me e quella consapevolezza mi stava facendo battere forte il cuore un'altra volta. Inoltre mi salì alla mente un vecchio ricordo di quando eravamo piccoli. Lui era venuto spesso a trovarmi a casa, anche quando io ero stata tanto malata da saltare la scuola. Lui, pur di non rimanere solo nella sua grande villa, si faceva portare dai suoi inservienti fino a casa mia, e passavamo il pomeriggio a fare i compiti o a giocare, almeno fino a quando le forze me lo consentivano. Altrimenti si sedeva sul letto, come aveva fatto in quel momento, e parlavamo. 
«Non dire idiozie…», soffiò in risposta, stringendosi nelle spalle. «Non sono così stronzo!», continuò e sembrò come se fosse riuscito a leggere i miei pensieri. Però gli fui grata del fatto che non mi avesse abbandonata a me stessa. Probabilmente, se quello fosse successo alcuni giorni prima, sicuramente mi avrebbe  lasciata lì a soffrire anche la pena più dolorosa, maledicendomi anche per averlo disturbato. Ma per fortuna tutto era cambiato da quei tempi.
«Ho freddo», puntualizzai di nuovo, lamentosa e con il volto affondato nel suo cuscino. Con il suo profumo ad inebriarmi e la febbre a confondermi non ci stavo più capendo nulla. Al che lui si alzò stizzito dal letto e imprecando un: “torno subito” si diresse verso la porta che divideva la nostra stanza da quella in cui stavano dormendo Takao, Max ed il Prof, chiudendosela silenziosamente alle spalle.



Kai si era appena chiuso la porta della camera alle spalle ed il buio che regnava nell’altra lo bloccò per un momento al suo posto. Attese pazientemente che i suoi occhi si abituassero all’oscurità, prima di avanzare cripticamente verso il letto su cui stava dormendo il Prof, maledicendo il fatto che fosse quello più lontano dalla sua posizione. Avrebbe anche dovuto evitare qualche ostacolo, come le borse ed i vari oggetti degli altri due ragazzi malamente gettati sul pavimento. Dio quanto odiava il disordine dei suoi compagni, era una cosa alla quale non si sarebbe mai abituato. Lui era sempre così ordinato e composto ed era sempre quello che aveva i vestiti diligentemente piegati sul letto o dentro la valigia. Invece vedeva spesso Takao gettarli dentro alla sua borsa come capitava, solo perché era sempre in ritardo o perché non aveva voglia di sistemarli. Forse quella era un'altra delle tante cose alla quale non si sarebbe mai abituato.
Ma in quel momento non doveva pensare al disordine dei suoi compagni, né farsi fermare da ciò, perché doveva raggiungere il borsone del Prof Kappa, dove all’interno avrebbe trovato il kit di pronto soccorso che solitamente portavano in campo per le emergenze. Era sicuro che all’interno ci fosse il necessario per riuscire a curare Saya, o per lo meno che ci fosse un termometro ed un analgesico.
Era riuscito a scartare alla bene e meglio gli oggetti a terra e lo aveva fatto cercando di assottigliare lo sguardo per abituare gli occhi alla semi oscurità del luogo, dove solo alcuni deboli raggi di luna riuscivano a filtrare dalle imposte serrate. Era quasi arrivato alla sua metà quando colpì con il piede la borsa di Takao, che stava bellamente russando sul suo letto, affondandoci sopra con le ginocchia. 
«Maledizione!», imprecò tra i denti, cercando di parlare il più sottovoce possibile per non svegliare i presenti. Non aveva voglia di avere a che fare anche con loro, già gli bastava il bel da fare che aveva con Saya.
Per fortuna però la borsa del suo compagno di squadra aveva attutito la caduta ed il rumore che faceva Kinomiya mentre russava aveva coperto tutto il resto. Solo Max sussultò lievemente, ma poi si girò dall’altra parte e continuò imperterrito a dormire, così che Kai poté sciogliere un po’ la tensione con un sospiro liberatorio.
Quando arrivò alla tanto agognata borsa ci rovistò un po’ dentro, imprecando di nuovo. Non riuscì a capire perché il piccoletto si fosse portato dietro tutte quelle cose inutili, come pomate, spray, creme e dio solo sapeva cosa. Solo in quel momento riuscì a capire perché quella maledetta valigetta pesasse così tanto, e lo sfiorò il pensiero che quella fosse stata anche opera della nipote del presidente. In fondo erano sempre le donne a mettere in valigia cose inutili, che secondo loro però sarebbero potute servire. A dimostrare ciò c’era appunto la valigia della ragazza, che tra i sei membri della squadra era quella ad averla più grande.
Il pensiero però gli strappò un piccolo sorriso, che morì di nuovo quando si accorse che non riusciva a trovare quello che stava cercando.
«Kai?», si sentì chiamare ed il sangue gli si gelò nelle vene. Arrestò i suoi movimenti e tirò su di colpo la testa, trovandosi gli occhi impastati di sonno del Prof Kappa, che lo stavano guardando con un’espressione decisamente perplessa. Non riuscì a dire se stesse dormendo ancora o meno, ma il fatto che lo avesse richiamato lo aveva turbato parecchio.
«Che stai facendo?», insistette il piccoletto, strofinandosi gli occhi per capire se quello che aveva di fronte a sé fosse veramente Kai o fosse il frutto della sua immaginazione. In più si aprì in uno sbadiglio sentito, che indispettì il Russo ancora di più.
«Nulla, sto cercando una cosa. Credo di averla trovata», mentì spudoratamente, cercando di mantenere ferma la voce e non fargli capire quanto fosse alterato da tutta quella situazione. In più, più passava il tempo, più Saya continuava a stare male. E l’alba si stava facendo sempre più vicina.
«Nella valigetta del “non si sa mai”?»
Kappa alzò un sopracciglio e lo osservò con un’espressione stralunata, perché davvero non ci stava capendo nulla di tutta quell’assurda situazione. E nemmeno Kai.
Averlo visto rovistare al buio e con fare circospetto dentro una valigetta dove, probabilmente, non avrebbe trovato nulla di interessante lo aveva decisamente lasciato perplesso.
«La valigetta del cosa?!», rispose però il diretto interessato, con un tono di voce che rasentava l’isteria. Aveva anche alzato il tono, e quello aveva costretto il Prof a mandare giù un groppo di saliva. Hiwatari riusciva sempre a incutergli un certo timore.
«In quella valigetta ci sono le cose che Saya ha insistito per portare ma che non entrano in quella ufficiale, che troverai laggiù…», disse indicando il tavolo, dove sopra c’era una valigetta identica a quella che aveva aperto di fronte a sé, solo di un colore leggermente diverso. A sua discolpa si può dire che nel buio della stanza le avesse tranquillamente confuse, anche se Kai non era decisamente a conoscenza del fatto che ce ne fossero due e lo si poteva capire benissimo dall’espressione del suo volto. In quel momento si ritrovò a maledire la ragazza nell’altra stanza e gli salì alla mente il piccolo pensiero di lasciarla soffrire febbricitante per tutto il resto della notte solo per fargliela pagare, ma si trattenne.
«Ma, è successo qualcosa?», insistette ancora il Prof, ma Kai fu irremovibile nella sua risposta.
«No, rimettiti pure a dormire», gli intimò, perentorio, in un tono che non avrebbe ammesso repliche. «Tu non mi hai mai visto!», concluse, quasi intimidatorio, e quello convinse il piccoletto a rimettersi sotto le coperte, trattenendo anche il respiro pur di non correre il rischio di indispettirlo. Quando ci si metteva, Kai Hiwatari sapeva farsi decisamente obbedire.
Arrivò alla valigetta che gli aveva indicato Kappa e la prese direttamente senza neanche prendersi la briga di rovistarci dentro, intimorito dal fatto che avrebbe potuto svegliare anche gli altri. Non aveva voglia di spiegare la situazione anche a Max e Takao, anche se non avrebbe mai creduto di riuscire a svegliarlo con così poco. Solitamente non bastavano nemmeno le cannonate. Ma non si poteva dire lo stesso per l’Americano, che preso dalla preoccupazione avrebbe insistito per aiutarlo con Saya, invece in quel momento voleva aiutarla da solo, anche per il bene della ragazza. Non voleva che la vedessero stare così male.
Cercò di percorrere a ritroso la stanza, cercando di nuovo di evitare gli ostacoli ed imprecando silenziosamente ad ogni passo, ma quando finalmente arrivò alla porta gli sembrò come se fosse arrivato al traguardo di una corsa estenuante. Poggiò la mano sulla maniglia, l’aprì come se in tutto quel tempo non avesse aspettato altro, e si rifugiò nella sua stanza, dove la febbricitante ragazza era seduta ansimante sul letto.




«Che diavolo fai, rimettiti giù!», sentii imprecare Kai quando riapparve in camera ed aveva anche l’aria decisamente incazzata.
Mi ero messa seduta per aspettarlo, perché non volevo rimanere sola in quella stanza. Lui non arrivava ed io mi stavo iniziando a preoccupare, anche se era una conseguenza della febbre, che mi aveva un po’ mandato in pappa il cervello. Tremavo ed ansimavo per lo sforzo di mantenere lo sguardo fisso da una parte, per non vedermi la stanza vorticare attorno. 
In due falcate fu di nuovo vicino al letto e notai che aveva tra le mani la valigetta del pronto soccorso, che io stessa avevo sistemato prima della partenza per il mondiale, e capii quale fosse la sua idea. 
«Stai bene? Sembri arrabbiato…», gli chiesi, con la voce rotta dai tremori e lui mi scoccò un’occhiataccia che mi fece capire che non era propenso a rispondere a quel tipo di domanda. Era chiaro che fosse successo qualcosa nell’altra stanza, ma mi imposi di non chiedere altro. 
Lui posizionò l’oggetto sul letto, dove si era seduto per constatare la mia condizione di salute, e l’aprì cercando qualcosa all’interno con aria meticolosa. Solo quando riuscì a trovarla scoprii che stava cercando un termometro.
«Si sa che ho la febbre, non c’è bisogno di misurarla», gli resi noto con una smorfia che lo indispettì ancora di più.
«Stai zitta e lasciami fare o ti mando a dormire nel letto con Takao! Ti farei sentire come russa!», mi rispose stizzito ed io non potei fare altro che sbuffare ed alzare le braccia in segno di resa, ma le forze mi avevano abbandonato anche per compiere quel piccolo gesto.
Feci come mi aveva ordinato però, e lui mi sorresse leggermente per le spalle fino a farmi stendere di nuovo tra le coperte. Mi passò il termometro e con il suo solito modo di fare perentorio mi obbligò a portarlo sotto braccio.
Aspettammo in silenzio il tempo necessario perché funzionasse e quando trascorsero i minuti necessari, in cui io avevo chiuso gli occhi per non vedere il soffitto muoversi sopra di me, lo ripresi per passarglielo. Lui lo afferrò con un gesto spazientito e quando portò i suoi occhi a guardare quello che segnava per poco non gli prese un colpo.
«Allora?», lo incitai, stringendomi nelle spalle. Ero veramente curiosa di sapere a quanto mi fosse salita, anche perché per stare male in quel modo doveva essere alta per forza.
«39!», sbuffò rassegnato, spegnendo il congegno e riponendolo nella valigetta, dove si mise a cercare qualcos’altro sotto il mio sguardo offuscato.
«Che fai?», gli chiesi ancora, pur di parlare, perché in quel momento volevo solamente distrarmi e pensare a qualcosa che non fosse la mia sofferenza.
Ma lui non rispose. Si alzò stizzito dal letto e si diresse a passo spedito fino al tavolo, dove versò un po’ d’acqua nel bicchiere che avevo usato io stessa non molto tempo prima.
Quando tornò seduto accanto a me mi passò quello stesso bicchiere, dove all’interno c’era del liquido effervescente che non aveva per niente l’aspetto invitante.
«Cos’è?»
«La smetti di fare domande? Sei fastidiosa!», grugnì indispettito, chiaro segno che stava lentamente perdendo la pazienza ma cercava di non darlo a vedere. «Bevilo e stai zitta, ti assicuro che dopo starai meglio!», finì, addolcendo leggermente il tono della voce per convincermi a fare quello che mi stava chiedendo di fare.
Anche se non ero molto fiduciosa mi convinsi a fare come mi era stato ordinato e presi il bicchiere mandando giù tutto il liquido senza neanche respirare. Per fortuna non aveva un cattivo sapore e, con la speranza che quello mi avrebbe fatto riprendere, mi ributtai a capofitto tra le coperte. 
Lui invece, dopo un sospiro di sollievo, si diresse al suo letto sotto la mia lenta inquisizione. Lo guardai compiere quei normali gesti con lo sguardo offuscato dalla febbre e mi sentii avvampare. Non seppi dire però se fosse una conseguenza del mio stato di salute o dell’effetto che lui aveva su di me. Mi ero girata dalla sua parte e, nonostante avessi ancora il suo odore sul cuscino, quello sembrava non bastami. Volevo godere di quella visione ancora un po’, come se in tutto quel tempo non avessi bramato altro. Inoltre lui non mi stava guardando, intento com’era ad infilarsi sotto le coperte del suo letto, e solo quando ci fu dentro spense la luce della sua lampada, facendo piombare di nuovo il buio.
Non disse null’altro e dopo qualche secondo pensai che si fosse addormentato. Io sperai di fare presto lo stesso. Volevo sprofondare nel sonno per mettere fine a quella sofferenza ed al freddo che ancora sentivo addosso. Non vedevo l’ora che la medicina che mi aveva dato Kai iniziasse a fare effetto, così da sentirmi un po’ meglio. Se non fossi riuscita a vedere la finale per colpa del mio stato di salute non me lo sarei mai perdonato.
Ma purtroppo il sonno sembrava ahimè così lontano. Mi rigirai nel letto cercando di trovare una posizione comoda ed un po’ di calore, ma essendo da sola in quel grande letto era quasi impossibile da trovare. Avevo inoltre infilato la testa sotto le coperte pur di stare al caldo, ma continuavo a battere i denti facendo un certo baccano. 
Stavo anche per mettermi di nuovo a piangere, per sfogare tutto il risentimento dettato da quell’assurda situazione, ma prima che le mie lacrime iniziassero a cadere sentii due braccia che mi strinsero a sé e per poco non mi strozzai con la saliva. 
«Non riesco a dormire se fai tutto questo baccano»
Sentii la voce di Kai parlarmi proprio accanto all’orecchio ed il suo corpo caldo aderire al mio, dandomi un leggero sollievo dal freddo. Non riuscii a capire come facesse ad essere così temperato, ma in quel momento benedii il fatto che lui soffrisse più il caldo del freddo, ed in quel momento c’erano molti gradi in quella stanza. Forse era anche per quello che si era trasformato in un termosifone umano.
Mi lasciai cullare dalle sue braccia e mi sentii subito avvampare per quell’improvvisa vicinanza. Era da quando mi aveva fermata in Francia e da quando mi aveva alzata da terra dopo lo scontro di Rei che non ero in quella posizione, con la schiena a contatto con il suo petto, ma allora era stato tutto totalmente diverso. Quelle volte aveva cercato di farmi desistere dal compiere un gesto avventato, invece in quel momento era stato lui stesso a volersi avvicinare a me, e di quello ne fui immensamente felice. 
Il mio cuore aveva preso a battere repentinamente, ma potevo sempre usare la scusa della febbre, anche se sperai che lui non lo sentisse. Avrebbe dovuto mettere le mani dove sicuramente non avrebbe voluto, ed ero estremamente certa che Kai non le avrebbe mai allungate più del dovuto. Mi aveva circondato la vita ed io mi ero rannicchiata addossandomi maggiormente a lui. Avevo poggiato le mie braccia sulle sue, come a volerlo abbracciare a mia volta e fargli capire quanto fosse valso per me quel suo gesto.
In quella posizione però, mentre cercavo di non fargli sentire i battiti emozionati del mio cuore, io stavo sentendo i suoi. E correvano alla stessa velocità dei miei.
Non gli dissi nulla però, perché tanto lo avrei stizzito ancora di più e non mi avrebbe mai risposto sinceramente, per cui mi feci cullare e tranquillizzare dalla sua presenza, così tanto che, con un sorriso stampato sulle labbra, mi addormentai tra le sue braccia.
Fine capitolo 38



Colei che scrive:
Ma salve a tutti e benvenuti in questo capitolo, dedicato allo sprazzo di umanità di Kai Hiwatari! XD direi che sono una brutta persona U.U perché mi sono divertita troppo a scrivere di lui sgattaiolare malamente nella stanza dei suoi compagni di squadra, e ad indispettirlo con tutto il resto. Chi è convinto che la farà pagare cara a Saya alzi la mano! XD però via, ogni tanto mi piace immaginarlo un po’ più umano xD in fondo anche Hiwatari ha un cuore e lo ha dimostrato varie volte, anche se è sepolto sotto un discreto strato di ghiaccio U.U inoltre non vi ho fatto penare troppo questo capitolo. Inoltre siamo davvero agli sgoccioli, ma nonostante la fine siamo solo all'inizio MUAHAHAH
Bene, detto questo spero di non aver deluso le aspettative e non avere fatto troppi errori! 
Passo così a ringraziare i recensori grazie delle vostre belle parole <3, alle persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite ed a tutti i lettori silenziosi che attendono silenziosamente un mio aggiornamento. Con la speranza che mi facciate sapere cosa ne pensate eheh
Alla prossima!!! 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 - La finale mondiale ***


Capitolo 39
 
 
Quando mi svegliai la mattina dopo, mi meravigliai di trovarmi ancora tra le braccia di Kai. Stava dormendo indisturbato e potevo sentire il suo respiro regolare sul collo, dove il suo fiato caldo mi aveva fatto salire alcuni brividi lungo la schiena. Se avessi potuto non lo avrei mai disturbato ed avrei continuato a godere di quella posizione ancora a lungo. Mi sentivo molto meglio rispetto a qualche ora prima, chiaro segno che la medicina aveva iniziato a fare effetto. Per lo meno la stanza non mi vorticava più attorno e non stavo battendo i denti dal freddo. E forse anche il suo calore aveva contribuito a farmi stare bene ed io non potei far altro che sorridere, finalmente felice di aver passato con lui un po’ di tempo, anche se non era successo assolutamente nulla. Lui lo aveva fatto per farmi calore, e perché secondo lui non gli avevo fatto prendere sonno per colpa delle mie convulsioni febbricitanti, ma una piccola parte di me sperò che lo avesse fatto perché gli faceva piacere stare con me. Purtroppo però non avrei mai potuto saperlo, né glielo avrei potuto chiedere. Kai era troppo orgoglioso per rispondere sinceramente.
Cercai di girarmi un pochino su me stessa, in modo da averlo di fronte e poterlo guardare mentre dormiva. Era una cosa che avevo sempre voluto fare, per cercare di ritrovare nei lineamenti del suo viso cresciuto quello del mio vecchio amico. Era capitato molte volte che lo guardassi dormire ed allora, col viso paffutello, sembrava davvero un angioletto.
Ed anche in quel momento, coi lineamenti del volto finalmente rilassati e le guance arrossate dal caldo, non potei non ammettere a me stessa quando fosse bello. Il fatto che quella visione mi avesse fatto battere forte il cuore ne era stata la prova.
Riuscii a voltarmi senza svegliarlo, chiaro segno che doveva essere proprio distrutto per aver continuato a dormire senza essersi accorto di nulla. Di solito era sempre quello più mattiniero, che si svegliava prima di tutti e ci bacchettava se facevamo tardi. O il più delle volte usciva senza neanche rendercelo noto e noi lo capivamo solamente vedendo il suo letto vuoto.
Portai una mano in direzione del suo viso e con un gesto dolce delle dita gli spostai la frangia argentea, in modo da poterlo guardare meglio, poi scesi a scrutare i segni blu che aveva sul volto, e con un dito gli sfiorai la pelle per cercare di capire se fossero disegnati o meno. Non vennero via, quindi dovevano essere stati fatti con un tipo di tintura resistente. Non credetti fossero tatuaggi, perché a scuola non li portava.
Infine detti la mia attenzione alle sue labbra socchiuse e nella mente mi sfiorò il pensiero di baciarle ancora, ma mi trattenni ingoiando mestamente. Non potevo rischiare di incorrere nelle sue ire, perché ero stata già fin troppo sfacciata a voltarmi ed a guardarlo dormire. Ma purtroppo quel pensiero fece correre di nuovo all’impazzata il mio cuore, che cercai di regolarizzare facendo alcuni lunghi respiri.
«Kai…», decisi di richiamarlo quando oramai la situazione mi stava sfuggendo di mano. In quella posizione, così vicina a lui, col cuore che batteva all’impazzata ed il corpo oramai accaldato dall’imbarazzo, credetti di non riuscire a reggere a lungo. Quindi, prima che mi pentissi di qualsiasi gesto, decisi di provare a destarlo dal suo sonno. Inoltre, nonostante avessi dormito anche tra le braccia di Rei, fui sicura di non aver mai provato delle simili emozioni per l’altro mio compagno e quella consapevolezza mi lasciò un po’ di amaro in bocca. Da quando il mio corpo reagiva così per Hiwatari?
«Mh?», mugugnò in risposta lui e quel piccolo lamento sconnesso mi fece sorridere. Non lo avevo mai colto in momenti come quello durante tutta la durata del Mondiale e quella scena mi riportò di nuovo a molti anni prima.
Lui aprì solamente un occhio, che era talmente impastato dal sonno e lucido che in un primo momento credetti veramente che lui non si fosse accorto di me. Quando lo fece però, aprì entrambi gli occhi e mi guardò leggermente spaesato.
«Buongiorno!», gli dissi, con un sorriso e col volto a poca distanza dal suo.
Nella penombra della stanza lo vidi arrossire. O forse era solo una conseguenza del caldo che probabilmente stava provando. Era ancora abbracciato a me ed eravamo sotto delle spesse coperte in una stanza con il riscaldamento al massimo.
«Giorno…», mi rispose con una piccola smorfia, ma per fortuna non si ritrasse né si mosse dalla sua posizione. Anzi, mi penetrò infine con un’occhiata talmente intensa che mi costrinse ad abbassare lo sguardo per un momento.
«Come ti senti?», mi chiese però, probabilmente per spezzare il silenzio che si era creato tra noi. Poteva sembrare un risveglio romantico, ma lui ed il romanticismo erano agli antipodi, quindi sono sicura che avrebbe detto qualsiasi cosa, anche se non gli interessava sapere la risposta, pur di spezzare il momento.
«Molto meglio!», provai a sorridergli di nuovo, perché in fondo era vero ed era anche merito suo, per cui ci tenetti a renderglielo noto. «Grazie per quello che hai fatto per me»
Lui però si aprì di nuovo in una smorfia leggermente contrariata, ma riuscii a capire che fosse in conseguenza al mio ringraziamento. Non era abituato a sentirsi ringraziare, per cui reagiva in quella buffa maniera. Riusciva a rimanere freddo ed impassibile nelle situazioni più gravi e disparate, ma non riusciva a sopportare alcune notevoli emozioni. Era davvero un tipo strano. Ma purtroppo sapevo benissimo quale fosse il motivo, per cui non insistetti e non lo misi più in imbarazzo di così. Attesi che dicesse qualcosa, perché volevo veramente che lui mi rispondesse. Anche se mi avrebbe mandata a quel paese lo avrei accettato, pur che parlasse.
«Tzè, lo avresti fatto anche tu e lo avresti fatto per chiunque…», disse, alzando leggermente gli occhi al soffitto.
«È vero», ridacchiai, ma poi mi ammutolii e lo guardai intensamente, talmente tanto che lui reagì di conseguenza.
«Perché mi guardi così?», sbuffò spazientito.
«Perché, tu non lo avresti fatto per chiunque?», gli chiesi a brucia pelo, assottigliando lo sguardo e vedendo il suo aggrottarsi leggermente. Probabilmente si stava chiedendo cosa avrebbe dovuto rispondere a quella domanda ed il suo leggero tormento interiore mi fece salire di nuovo un piccolo sorrisetto alle labbra, che lui osservò di nuovo con una smorfia contrariata.
«Può darsi», disse infine, guardandomi di traverso. «Ma ora che ne dici di alzarci? Mi si sono informicolite le braccia e sei pesante!», bofonchiò ed io mi imbronciai come una bambina.
«Sei sempre il solito ingrato!», gli dissi, balzando a sedere e guardandolo dall’alto con le braccia incrociate, ma lui scoppiò leggermente a ridere prima di alzarsi definitivamente in piedi.
«Prendi un‘altra bustina, in modo da essere coperta per tutta la giornata. Non vorrai che la febbre ritorni nel bel mezzo della finale, no?», mi disse infine, quando oramai stava per entrare in bagno per lavarsi.
Io annuii solamente, spostando l’attenzione alla valigetta che aveva poggiato sul tavolo. In quell’oggetto aveva trovato tutto il necessario per prendersi cura di me ed io mi ritrovai a sorridere di nuovo nella solitudine della stanza.
 
 
 
 
 
«Buona fortuna Takao! Adesso è tutto nelle tue mani!»
Mi ero avvicinata al nostro capitano prima che iniziasse a dirigersi verso la pedana di lancio. Eravamo tutti e sei posizionati sulla nostra panchina, nel Beyblade Stadio, e ci eravamo arrivati dal camerino in religioso silenzio. Come Kai e Rei prima di lui, anche Kinomiya era entrato in uno stato di concentrazione che mi meravigliò non poco. Solitamente quando era nervoso sproloquiava a sproposito, invece quella volta si era messo seduto in meditazione su una poltroncina. Ogni tanto si apriva in un ringhio incattivito, ma noi lo lasciavamo fare.
In ogni caso, come avevo fatto con gli altri miei compagni di squadra, ci tenni a dargli il mio personale incoraggiamento. Purtroppo non potevo fare molto, se non prendermi cura di loro ed incitarli prima e durante gli incontri.
Lui però mi sorrise e mi abbracciò, differentemente da quello che avevano fatto gli altri due, spiazzandomi totalmente. Ma Takao in fondo era stato sempre molto espansivo, soprattutto nei miei confronti, e mai aveva avuto atteggiamenti maliziosi verso di me. Tutto quello che faceva era perché sentiva di volerlo fare. Era molto impulsivo ed aveva un grande cuore. Era impossibile non volergli bene ed in quel momento mi sentii in dovere di stringerlo a me, per fargli capire tutto il mio sostegno.
«Ce la farò! Per me, per voi e per tuo nonno! I Bladebreakers usciranno da questo stadio vincitori, te lo prometto Saya!», mi disse con un sorriso, battendosi leggermente il pugno all’altezza del cuore e quel suo gesto fece sorgere di nuovo sulle mie labbra un grande sorriso.
Quando i nostri compagni ci raggiunsero vidi sorridere anche Max ed il Prof, e sono sicura che lo fecero anche loro per dare manforte al nostro campione. Anche Kai era giunto accanto a me e quando mi voltai meravigliata nella sua direzione mi sorrise leggermente, come per tranquillizzarmi. In quel momento fui sicura che lui avesse piena fiducia nel nostro compagno e lo capii quando allungò un pungo in sua direzione e gli intimò perentoriamente di distruggerli. Sono sicura che fosse stato il suo tormento da quando Sergey lo aveva battuto nel primo incontro e da quando la sua Aquila non animava più il suo Dranzer. Ma fui altrettanto sicura che, se avessimo vinto il mondiale, probabilmente per lui sarebbe stata una rivincita per tutto quello che la Borg gli aveva fatto durante la sua infanzia.
Assistemmo al primo incontro con il fiato sospeso. Fu difficile per Takao trovare un modo per contrattaccare un freddo calcolatore come Yuri, ma grazie ai nostri incitamenti e consigli riuscì a vincere il primo round.
Il secondo fu altrettanto difficile ma meno fortunato del precedente, perché Yuri aveva capito i punti deboli del nostro Blader ed ovviamente li sfruttò a suo favore, riuscendo a battere Dragoon col suo Wolborg.
Nel terzo ed ultimo incontro, dove si sarebbero decise le sorti di entrambe le squadre, Yuri giocò la sua ultima, infida, carta e sfruttò totalmente a suo favore la debolezza della nostra squadra.
Tutti i membri dei Bladebreakers potevano contare sull’appoggio dei suoi compagni. Ogni membro traeva la sua forza dagli incitamenti degli amici e dai loro consigli e questo Ivanov lo aveva capito benissimo. Takao era riuscito a cavarsela spesso grazie alle tecniche studiate dal Prof Kappa, le stesse che il piccoletto gli gridava tutte le volte dalla panchina, e così avevano sempre fatto anche gli altri. Anche Kai era riuscito a dargli spesso degli ottimi consigli, e Yuri lo aveva notato.
Era così riuscito ad isolare Takao, intrappolando entrambi in una coltre di ghiaccio, che era riuscito a forgiare grazie all’energia del suo Lupo Bianco. In più aveva dalla sua parte la potenza di tutti i Bit Powers che la Borg aveva catturato nei giorni addietro, compresi quelli di Max e di Kai.
In quel momento iniziammo a perdere un po’ di fiducia. Eravamo avviliti, soprattutto vedendo dai monitor come si stava comportando Takao una volta rimasto solo. Inoltre, l’esponente dei Demolition Boys era riuscito ad intrappolare nel ghiaccio anche il Drago Azzurro.
In quel momento vidi Max ributtarsi seduto sulla panchina con espressione avvilita, il Prof Kappa chiudere il pc con un sospiro e Kai stringere i pungi e digrignare i denti con fare furente. Era chiaro che non avrebbe mai voluto vedere quella conclusione, non da parte di Takao, che era sempre stato fiero e combattivo anche negli attimi più disperati.
Ma io non volevo perdere del tutto la speranza, nonostante avessi leggermente afflosciato le spalle. Non mi ero voluta sedere, perché avrebbe significato dare moralmente partita vinta a quei vili e quella era una cosa che non avrei mai voluto fare. Se ci fosse stata anche la minima possibilità di liberare Takao o fargli sentire la nostra presenza, beh, io l’avrei fatto.
E lo feci.
«Non può finire così!», imprecai a voce alta, probabilmente meravigliando i miei compagni, ma non mi importò di quello che potevano pensare in quel momento.
Mi lanciai a capofitto verso il campo di gara coperto dal ghiaccio e cominciai a picchiarlo con i pugni, credendo di poterlo scalfire solo con la mia forza. Era un gesto disperato, lo ammetto, ma in quel momento mi ero attaccata anche alla disperazione pur di non accettare la sconfitta.
Mio nonno credeva in noi, ed io credevo in Takao.
«Saya?!», mi sentii richiamare ed in un primo momento non riuscii a capire chi fosse stato, se Kai, Max o il Prof, ma non mi stava importando. Non sarei tornata a posto senza essere riuscita a richiamare il nostro compagno.  Anche le lacrime avevano preso a scendere di nuovo lungo le mie guance, per colpa della frustrazione che stavo provando. Mi stavo graffiando le dita senza minimamente essere riuscita a scalfire quella parete.
«Saya!», mi sentii richiamare di nuovo e quella volta capii bene a chi appartenesse quella voce, ma non feci in tempo a realizzarlo del tutto che venni prontamente allontanata dalla lastra ghiacciata.
Mi ero ritrovata di nuovo con la schiena appoggiata al petto di Kai e sentii le sue braccia stringermi a sé con fare protettivo. Aveva portato un braccio a circondarmi la vita, mentre con l’altro mi stava trattenendo per le scapole, poco sopra il petto. Fu solamente il suo fiato caldo a contatto col mio orecchio che riuscì a calmare i miei bollenti spiriti, ma non il pianto quasi disperato in cui ero caduta vittima.
«Smettila, così non risolverai nulla!», mi bacchettò con voce furente, ma capii che quella rabbia non era per me e per il mio gesto. Ero estremamente sicura che anche lui fosse arrabbiato per ciò che stava succedendo, esattamente come lo ero io.
«Ma Takao è lì dentro, da solo, e Yuri sta approfittando della situazione!», sibilai disperata ma lui mi strinse più a sé. Avevo iniziato a dimenarmi di nuovo e lui stava cercando in tutti i modi di non lasciarmi andare.
«Lo so maledizione, ma non riusciremo a distruggere questo maledetto ghiaccio a mani nude!», imprecò ancora più vicino al mio orecchio e quello fece sì che il mio cuore iniziasse di nuovo a battere all’impazzata. C’erano troppe emozioni contrastanti dentro di me, dalla disperazione alla felicità di stare di nuovo così vicino a lui. Alla fine decisi di calmarmi, così che lui mi lasciò finalmente andare. Non che non fossi rimasta volentieri in quella posizione, ma dovevamo pensare alla finale e ad un modo per tirare fuori di lì il nostro compagno.
«Ma dobbiamo fare qualcosa!», continuai speranzosa, voltandomi per guardarlo negli occhi.
Lui ricambiò l’occhiata, anche se leggermente di traverso, ed infine sospirò.
«Lo so, ma…», cercò di iniziare la frase.
«Ragazzi, guardate!», lo interruppe invece il Prof, facendo sì che la nostra attenzione ricadesse subito su di lui. Ci voltammo nella sua direzione, che era rimasto seduto alla panchina con aria abbattuta, e lo trovammo con un’espressione quasi rincuorata che indicava il grande schermo alle spalle di Dj Man.
Subito ci voltammo a vedere cosa avesse allarmato così tanto il nostro compagno e vedemmo, con nostra somma meraviglia, che Takao era riuscito a riprendersi dallo shock e stava reagendo agli attacchi di Yuri con il vigore che gli era sempre appartenuto.
Non aveva perso la speranza ed era forse riuscito a sentire la nostra vicinanza anche se non eravamo fisicamente con lui. Le nostre suppliche, le nostre preghiere, i nostri gesti e forse anche le nostre voci dovevano essere arrivate fino al suo cuore.
Takao Kinomiya aveva vinto l’incontro. Era riuscito a battere Yuri nell’ultimo match e ad uscire dal ghiaccio che quest’ultimo aveva creato.
I Bladebreakers vennero dichiarati campioni del mondo, sotto la nostra più sentita gioia.
In un primo momento non credetti alle mie orecchie e rimasi impalata al mio posto con ancora le lacrime che scendevano sulle mie guance, ma quella volta erano lacrime di gioia.
La nostra squadra era rimasta unita per quell’unica causa ed insieme eravamo riusciti a superare uno scalino che ci sembrava impossibile. Avevamo battuto Vorkof e la Borg e finalmente avevamo annientato i piani di conquista di quel monaco e del nonno di Kai. Eravamo riusciti ad esaudire il desiderio del nostro presidente! Eravamo riusciti ad arrivare alla gloria che tanto avevamo bramato.
Quando alzai gli occhi al cielo vidi tanti bagliori colorati volteggiare sulle nostre teste ed aggrottai leggermente le sopracciglia, con lo sguardo offuscato dalle lacrime. In un primo momento non capii cosa stava succedendo, ma quando ne scorsi uno in particolare non ebbi più dubbi a riguardo. Sgranai gli occhi e mi voltai alle mie spalle con una gioia che credevo mi avrebbe fatto scoppiare il cuore.
«Kai!!», lo richiamai e lui mi sorrise. Teneva Dranzer in mano e lo vidi allungare il suo Beyblade verso il soffitto, dove un bagliore rosso fuoco lo pervase.
«È tornata…», mi disse infine, con un’espressione incredibilmente rilassata che mi costrinse di nuovo a singhiozzare. Mi avvicinai di più a lui, fino a parlargli a poca distanza dal suo volto.
«Te lo avevo promesso no? Siamo riusciti a recuperare l’Aquila Rossa!»
Mi strinsi nelle spalle e lo osservai con uno sguardo intenso. Volevo bearmi della sua espressione soddisfatta e dei suoi occhi emozionati per ciò che era appena successo. Eravamo riusciti a battere i Demolition Boys ed a fermare i piani malefici di quelle persone. Avevamo riscattato la sua sconfitta e gliel’avevamo fatta pagare per ciò che avevano fatto a Rei. In più eravamo riusciti a recuperare tutti gli animali sacri in loro possesso!
Mi sentivo così soddisfatta ed audace nella mia felicità, che senza pensarci due volte mi lanciai fra le sue braccia, attaccandomi al suo collo ed affondando il volto nella sua candida sciarpa bianca.
In un primo momento lo sentii sussultare, chiaro segno che non si sarebbe mai aspettato un gesto così avventato da parte mia, ma poi sentii i suoi muscoli rilassarsi.
«Abbiamo vinto Saya. Ce l’abbiamo fatta!», mi disse infine, stringendomi di più a sé e quel gesto inaspettato mi fece battere il cuore come ultimamente batteva tutte le volte che mi era vicino.
Rimanemmo in quella posizione per un tempo che a me sembrò infinito e mi decisi ad alzare il volto in direzione del suo solo in un secondo momento, e lo feci continuando a rimanere addossata al suo petto. Lo guardai fisso negli occhi e lui fece lo stesso. Tra noi cadde il silenzio, ma era la sua occhiata penetrante a pochi centimetri dal mio viso a parlare per lui. In quello sguardo emozionato lessi tutta la riconoscenza e la felicità che probabilmente stava provando, nonostante dal suo volto non trapelasse la minima emozione. Sentii anche il familiare desiderio di baciarlo di nuovo, magari quella volta senza disperazione, e dal modo in cui mi stava fissando finii per credere che lo avesse voluto anche lui.
Per un secondo credetti davvero di averlo visto chiudere leggermente gli occhi ed avvicinarsi, ma in quel momento la mia attenzione fu catturata una figura familiare. Era a braccetto con una ragazza e si stava sorreggendo con una stampella, ma quando Kai sciolse l’abbraccio, così che potei guardare meglio in quella direzione, non ebbi più dubbi sull’identità del nuovo venuto.
«Rei!», gridai a pieni polmoni, richiamando la sua attenzione.
Mi lanciai verso di lui dopo aver buttato un’occhiata a Kai, che con un piccolo gesto della testa mi convinse a raggiungere il nostro compagno, così come fecero anche gli altri.
Mao invece era rimasta leggermente in disparte, visto che lui riusciva a sostenersi abbastanza degnamente, ed inoltre, differentemente da quello che avevo pensato, ci stava sorridendo. Probabilmente era felice dell’affetto che legava il suo compagno a noi, e forse erano riusciti a parlarsi ed a chiarire. Avrei voluto saperlo, ma in quel momento riuscii solamente ad abbracciarlo con ardore.
«Abbiamo vinto!!!», gli dissi, e sentii il suo braccio stringermi a sé. In quel momento non mi importò di cosa avrebbe potuto pensare la ragazza con il quale era giunto, perché volevo far capire a Rei tutta la mia felicità. In fondo avevamo esaudito un suo desiderio, oltre che nostro. Rei aveva dato quasi la vita per permettere a Takao di giocarsi la finalissima, e non lo aveva deluso!
«Sì…», mi rispose solamente e la conversazione finì così. Mi beai del suo abbraccio ancora per un po’ e quando mi staccai da lui mi regalò uno dei suoi tipici sorrisi, quelli che avevo imparato ad amare.
Ma il mio cuore non stava battendo come invece aveva battuto pochi secondi prima, tra le braccia di Kai…
 
 
 
Quella sera andammo a festeggiare la nostra vittoria con gli amici Americani, Cinesi ed Europei. Rimanemmo nei paraggi dell’hotel, visto che eravamo tutti stanchi e provati dal mondiale appena finito, ed approdammo in un locale scelto da mio Nonno.
L’indomani saremmo partiti tutti per fare ritorno a casa e la malinconia aveva iniziato a prendersi gioco di me. Avevo iniziato a rimuginare su tutte le cose successe in quelle poche settimane e tutto quello che era successo con i membri della mia squadra. Alla fine fui talmente sopraffatta dalle emozioni e dai ricordi che volli uscire a prendere una boccata d’aria, seppur facesse incredibilmente freddo e fossi ancora convalescente.  Infatti Kai se ne accorse e mi prese per un braccio prima che potessi uscire dalla porta d’ingresso.
«Dove pensi di andare?», grugnì, guardandomi storto. Probabilmente non avrebbe voluto ritrascorrere una nottata come quella precedente e non potei biasimarlo. Nemmeno io ero pronta a patire di nuovo quella stessa sofferenza, ma avevo davvero bisogno di starmene alcuni minuti da sola, per rimuginare su quello che avrei dovuto affrontare da lì in poi ed al futuro che mi avrebbe atteso.
Abbassai gli occhi con fare triste e forse fu quello che lo costrinse ad allentare leggermente la stretta.
«Volevo stare un attimo per i fatti miei…», gli resi noto, alzando di nuovo i miei occhi per guardare i suoi, ma purtroppo non lo convinsi del tutto. Vidi le sue sopracciglia aggrottarsi e lo vidi voltare il viso per guardarmi leggermente di traverso.
«Non al freddo!», sentenziò perentorio, ma sentimmo qualcuno ridere alle nostre spalle e così finimmo entrambi per guardare in cagnesco il nuovo arrivato.
«Calma, non volevo offendervi…»
Rei alzò la mano libera in segno di resa e mi accorsi, con mia somma gioia, che non aveva la sua amica al seguito. Non avevo voglia di confrontarmi anche con lei, o beccarmi le sue occhiate rancorose.
«Volevo parlare un attimo con Saya», disse poi, in direzione di Kai, che con una smorfia e senza dire una parola ci lasciò soli per tornare a braccia conserte in un angolo della stanza. Io lo osservai nella sua camminata, pur di procrastinare il momento in cui avrei dovuto parlare con Rei, perché già sapevo cosa voleva dirmi.
E faceva male.
«Usciamo?», indicò la porta ed alla fine fui ben felice di accontentarlo, perché in fondo era stato il mio intendo fin da principio e quindi non me lo feci ripetere due volte. Prendemmo i nostri cappotti e ci dirigemmo fuori dalla struttura.
Camminammo per qualche metro, fino ad arrivare allo stesso parco giochi in cui mi aveva portato Hiwatari la sera prima, meravigliandomi di come fosse vicino dal luogo in cui eravamo.
«Me lo ha fatto conoscere Kai questo posto», ridacchiò poi Rei, sedendosi su una panchina nonostante la neve fresca. Io lo imitai, nonostante il gelo ed il fatto che mi sarei bagnata di nuovo i vestiti.
«Anche a me…stanotte», gli sorrisi e gli vidi fare un’espressione perplessa prima di scoppiare a ridere.
«Mi fa piacere che le cose tra voi vadano bene», mi disse infine e nonostante il suo tono di voce fosse sereno io mi rabbuiai per un attimo.
«Bene è una parolona, ma diciamo che è meno scostante rispetto a qualche giorno fa», feci spallucce, «credo stia ancora cercando un modo per farmela pagare per stanotte. Ci siamo sfidati a Beyblade per un tempo indefinito. Abbiamo così preso freddo e mi è salita la febbre alta», gli resi noto, tacendo però sul perché della nostra sfida.
«Capisco», disse infine ed anche se seppi per certo che avrebbe voluto sapere più dettagli, non proferì parola sull’argomento. «Allora sarò breve e non ti farò stare a lungo qua fuori a prendere altro freddo», mi sorrise, ma quel sorriso tirato mi strinse il cuore.
«Volevi parlarmi di qualcosa?», lo incitai e lo vidi abbassare leggermente lo sguardo a terra, abbattuto. Ero estremamente sicura che, qualunque decisione avesse preso, era stata comunque sofferta.
«In realtà sì, e scusami se ti sembrerò così diretto e indelicato ma non conosco altro modo per affrontare il discorso…», continuò, penetrandomi di nuovo con il suo sguardo ambrato, che quella volta ressi senza fare una piega.
«Ho retto di peggio», feci spallucce con un sorrisetto, riferendomi alle risposte che Kai mi aveva sempre riservato da quando eravamo partiti per quel mondiale.
«Già», sospirò, ma si decise ad andare avanti solo dopo alcuni secondi, in cui probabilmente aveva pensato alle parole adatte. «Ho deciso di tornare in Cina»
Ascoltai tutto in religioso silenzio e lo feci senza distogliere la mia attenzione da lui. Quella breve frase mi colpì, indubbiamente, soprattutto ascoltandola dalla sua voce, ma in fondo mi aspettavo una confessione del genere, da quando lo avevo visto sul letto d’ospedale insieme a Mao. Sapevo per certo che avessero parlato e che avesse avuto modo di riordinare i suoi pensieri ed i suoi sentimenti. Sapevo anche che provava qualcosa per me, ma in fondo Mao faceva parte della sua vita, della sua cultura e del suo passato e difficilmente sarebbe riuscito a sopprimere quello che provava per lei. Quello che provava per me, probabilmente, era più facile da superare. E poi la Tribù della Tigre Bianca era casa sua. Ognuno di noi prima o poi avrebbe fatto ritorno a casa e lui non faceva eccezioni. Visto che il mondiale era finito, era più che logico che avrebbe deciso di tornare dai suoi vecchi amici. In fondo, era dalla tappa in Cina che dovevano risolvere alcune delle loro questioni personali. E poi, una pausa dopo quel combattutissimo torneo ce la meritavamo tutti.
«Lo immaginavo», ci tenni a rispondergli dopo alcuni secondi di silenzio, in cui nessuno dei due osò spostare lo sguardo dall’altro, e lo sentii sospirare di nuovo, questa volta con un piccolo sorriso. Ma prima che potesse dire altro, volli continuare a parlare. «Ma va bene, in fondo è giusto che sia così», gli sorrisi. «Spero solo che tu sia riuscito a fare chiarezza nel tuo cuore», continuai e lo vidi sorridere a sua volta.
«Io e Mao abbiamo avuto modo di parlare, di confrontarci e di stare insieme come ai vecchi tempi. In tutto questo tempo non mi ero mai accorto di quanto mi fosse mancata e sono stato felice di aver trascorso un po’ di tempo con lei, anche se l’ospedale non era forse il posto più adatto. In ogni caso non so ancora dare un nome a quello che provo per lei, ma forse il primo passo per far chiarezza nel mio cuore è proprio quello di tornare al mio paese»
«È la decisione più giusta…», sentenziai, anche se lo feci con voce leggermente roca. Lui si accorse della mia inquietudine e lo sentii sospirare leggermente.
«Però voglio che tu sappia che non mi sono dimenticato di te o di quello che c’è stato tra noi. Il bacio che ti ho dato in quella camera d’albergo io…probabilmente non lo dimenticherò mai», mi guardò intensamente per un istante ed il suo sguardo fece fare un salto al mio cuore, già abbastanza provato da tutti quegli avvenimenti. «Però forse non siamo fatti per stare insieme. Non dimenticherò mai le emozioni provate con te, e forse è anche per questo che ho deciso di allontanarmi. Ma sarò sempre grato a te e tuo nonno, per le possibilità che entrambi mi avete dato», mi carezzò una guancia, ma le emozioni che provai non erano minimamente paragonabili a quelle che avevo provato con Kai e quella consapevolezza mi portò a serrare la mascella. «Non dimenticherò mai questo mondiale, perché in questo lasso di tempo sono cresciuto molto. Sia professionalmente che umanamente ed è stato anche merito tuo»
«Anche io mi sento cambiata dal giorno in cui siamo partiti. Avevo idee diverse, concezioni diverse, ed avevo un vecchio amico che non si ricordava di me. Inoltre avevo nella mente una persona che ero sicura non avrebbe mai ricambiato i miei sentimenti», gli sorrisi. «Ed ora invece sono qui a cercare di organizzare il futuro», sospirai, abbassando leggermente lo sguardo, ma lui con la sua mano lo portò di nuovo alla sua altezza.
«Sono sicuro che troverai la tua strada, e forse si incrocerà di nuovo con quella di Kai. Magari non subito, ma…credo che voi due siate perfetti insieme, per quanto mi duoli ammetterlo, è chiaro!», ridacchiò, ma sono sicura che lo fece solo per allentare un po’ la tensione che era scesa tra noi.
«Io non credo…», ridacchiai anche io in risposta. Ero però consapevole che Kai non avrebbe mai ricambiato i miei sentimenti. Era già tanto che mi considerava un’amica ed era quella la consapevolezza che mi fece più male. Più del fatto che Rei si sarebbe allontanato da me.
«Beh, ora che ne dici di tornare? Si staranno chiedendo dove siamo…»
Spezzò di nuovo il silenzio, alzandosi dalla panchina. Eravamo finiti a guardare la neve al suolo, senza sapere cos’altro dire. In fondo ci eravamo già detti tutto.
Il giorno dopo sarebbe partito, e forse non lo avrei più rivisto. Quel piccolo dettaglio mi strinse il cuore, così tanto che finii per alzarmi di scatto dalla panchina.
«Rei!», lo richiamai.
Si voltò con espressione perplessa e probabilmente si stava chiedendo cosa avessi voluto chiedergli ancora, ma fu quando alzò un sopracciglio che mi decisi a parlare di nuovo.
«Promettimi che tornerai a trovarci! Promettimi che i Bladebreakers esisteranno sempre!», gli dissi, sull’orlo delle lacrime. Forse il pensiero che ognuno di noi fosse andato per la sua strada era quello che mi aveva rattristata di più. Avrei continuato a frequentare Takao ed il Prof, visto soprattutto il rapporto di amicizia che si era creato tra noi durante il campionato Nazionale, ma non sapevo cosa avrebbe deciso di fare gli altri. Non sapevo se Max sarebbe tornato da suo padre in Giappone o se sarebbe andato da sua madre in America. Ma, soprattutto, non sapevo cosa avrebbe fatto Kai…Sarebbe tornato ad essere lo spietato capo degli Shall Killer?
Ed io? Che ruolo avrei ricoperto io per lui?
Per fortuna i miei pensieri furono interrotti dalla risposta di Rei.
«Ma certo, te lo prometto! O forse sarete voi a venirmi a trovare in Cina. Oppure entrambe le cose!», mi sorrise e dopo avermi presa per mano e stretta a sé in un abbraccio consolatorio tornammo dagli altri, ma io non riuscii a togliermi di dosso l’inquietudine che mi avevano messo quei pensieri.
Di una cosa ero estremamente sicura: non volevo che Kai mi allontanasse di nuovo dalla sua vita. Non dopo che sarei stata costretta a salutare Rei.
Fine capitolo 39
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve a tutti ed eccomi prontamente tornata con l’aggiornamento! Finalmente ho concluso la stagione lavorativa (mancano solo le pulizie, ma quelle sono tranquille xD), così mi posso dedicare ai miei amati capitoli *-*
Qui siamo giunti al penultimo (già…penultimo…), capitolo di questa storia e vi assicuro che fa strano anche a me. Mi ero sempre promessa di finire questa storia, che porto avanti da anni xD e che non l’avrei mai lasciata inconclusa, ed alla fine ce l’ho fatta. Ma mentre scrivevo questi capitoli finali mi era presa una certa nostalgia, perché non sono ancora pronta a concludere le vicende di Saya, né a lasciare andare questo mio personaggio. Ho creato Saya nel 2013, quando è nata questa storia, ma Saya in fondo fa parte di me fin dai primi anni 2000, quando mi sedevo tutta emozionata davanti ad una puntata e mi immaginavo di essere nella squadra, con Kai, nel mondiale, una blader. Diciamo che Saya è la trasposizione dei miei sogni e pensieri di ragazzina XD infatti c’è molto di me in lei.
Ma, bando alle ciance, non fatevi prendere dalla nostalgia anche voi, salvatevi xD, perché come ho detto varie volte ci sarà un seguito – che ho già iniziato a scrivere, per cui la storia seguirà il solito tempo di aggiornamento -  eheheh (cioè, chi non è curioso di vedere Kai, Yuri e Boris liceali? Ma non dico altro, non voglio fare troppi spoiler. Dico solo che ne vedremo delle belle e mi piacerebbe ritrovare i miei amati recensori <3)
Quindi, parlando di questo capitolo…no, penso abbia parlato da solo XD Kai è diventato quasi umano, ma non fatevi fregare, è solo un’illusione. Rei ha deciso di tornare in Cina (ed un po’ la cosa stringe il cuore anche a me), ed i Bladebreakers sono campioni del mondo per la prima volta!
Passo a ringraziare come sempre i recensori, <3 <3, le persone che hanno messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite, e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua (palesatevi XD)
Al prossimo aggiornamento!!

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 - un sentito arrivederci! ***


Capitolo 40


La fatidica mattina della partenza mi svegliai sola nel letto matrimoniale, lo stesso che avevo condiviso con Rei fino al giorno della sua sfida con Boris. 
Quel letto era stato testimone del bacio che il mio dolce compagno di squadra mi aveva donato ed era stato anche testimone della notte precedente, che avevo passato tra le braccia di Kai. Stavo lasciando in quella stanza d’albergo i miei ricordi più belli e probabilmente sarebbero rimasti indelebili nella mia mente. Non sapevo ancora cosa ci avrebbe riservato il futuro. Non sapevo quando avrei potuto incontrare di nuovo Rei, né sapevo cosa avrebbe fatto Kai una volta tornati in Giappone. Ma, soprattutto, non sapevo cosa avrei dovuto fare io. Inoltre volevo solo una cosa, e cioè che la squadra dei Bladebreakers avesse continuato ad esistere e che, nella probabilità che si fosse presentato un altro campionato del mondo, noi avremmo di nuovo combattuto insieme. 
«Saya?», mi sentii richiamare e quando alzai gli occhi verso la persona che mi aveva destata dai miei pensieri sospirai, perché capii immantinente che il fatidico momento era arrivato. Era più di mezz’ora che stavo meticolosamente mettendo i miei vestiti in valigia, con una lentezza tale che avrebbe snervato chiunque. E l’espressione di Kai, che mi stava osservando a braccia conserte sull’uscio della camera, ne era la prova. Aveva il suo borsone già a tracolla ed era vestito di tutto punto, pronto per la partenza.
«Arrivo…», dissi in mia discolpa, di nuovo con un lungo sospiro, finendo per scaraventare alla bene e meglio le ultime cose all’interno della valigia oramai quasi piena. «Datemi solo il tempo di stipare le ultime cose qui dentro!», conclusi, digrignando i denti mentre cercavo di chiudere la cerniera della mia borsa, sotto una plateale occhiata al cielo spazientita del mio compagno.
«Tuo nonno ti lascerà qui…», mi disse lui, guardandomi di traverso, e fu in quel momento che mi decisi a rimandargli indietro un’occhiataccia.
«Non hai nulla di meglio da fare stamattina?», sbuffai mentre mi rialzavo da terra, togliendomi da davanti al viso i ciuffi di capelli che erano sfuggiti dalla coda per colpa dello sforzo che mi ero ritrovata a fare. «Sei fin troppo logorroico per i miei gusti…», assottigliai lo sguardo, ma lui mi rispose solamente con una risatina posata ma divertita. «Perché non vai a dare una mano al Prof e Max? Sono sicura che avranno un bel da fare con Takao e sono sicura che anche lui sia messo come me…», gli indicai la mia borsa, facendogli intendere che il nostro grande campione fosse come al solito in ritardo, ma lui alzò di nuovo gli occhi al cielo con una smorfia.
«Non ci penso nemmeno…», mi rispose con aria arcigna, ripiantando di nuovo i suoi occhi nei miei.
«Potevi almeno darmi una mano, invece che stare lì a bacchettare…», continuai imperterrita, prendendo la valigia ed arrivandogli a parlare a pochi centimetri dal naso. Lui comunque non si spostò minimamente dalla sua posizione e sembrò anche parecchio divertito dalla situazione. Era chiaro che stavamo scherzando, ma in ogni caso un piccolo aiutino mi avrebbe fatto comodo. Lui però fece spallucce, come se quella fosse stata una questione di poco conto ed aprì la porta che ci separava dalla camera degli altri tre, ma quando attraversammo l’uscio venimmo gelati all’istante dalla scena che ci si parò di fronte.
«Takao, quelli sono i miei calzini!», stava gridando Max, cercando di togliere dalle mani del capitano un paio di calzini bianchi. 
«E dove sono i miei?!», gridò quest’ultimo in risposta, indispettendo di più il biondino, già sull’orlo della crisi di nervi.
«Non lo so, guarda in bagno!», continuò il nostro americano, mentre il professor Kappa cercava, con fare decisamente nervoso, di chiudere le sue borse.
«Ahh, la valigetta dei pezzi di ricambio è qua, quella del pronto soccorso è lì, dove avrò messo il pigiama? Oddio siamo in ritardo!», continuava a sbraitare da solo, quasi noi non fossimo stati presenti e non potevo credere ai miei occhi. Quando spostai lo sguardo su Kai, lui si era portato una mano a coprirsi gli occhi e tremava leggermente, chiaro segno che stava iniziando lentamente a perdere la pazienza ma stava diligentemente mantenendo il silenzio pur di non dire qualcosa di cui si sarebbe pentito.
«Visto? Non sono l’unica ritardataria!», gli resi noto con una smorfia, ma l’occhiata che intravidi dalle sue dita mi convinse a non continuare a controbattere.
«Aspetta Takao, ti do una mano!», gli proposi prima che Hiwatari decidesse di farlo penzolare fuori dalla finestra con un cappio fatto di lenzuola.


In un ora eravamo riusciti a riordinare le nostre cose, scendere a fare l’ultima colazione in quell’Hotel e raggiungere l’aeroporto di Mosca, per imbarcarci sul volo che ci avrebbe riportato a Tokyo, e nella sala di aspetto del check-in c’erano tutte le nostre vecchie conoscenze. Le squadre degli European Dreams, Alla Stars e White Tiger erano tutte radunate in quel grande salone e quando approdammo all’interno stavano tutti parlando tra loro. Alcuni ci salutarono, alcuni vennero a parlare con noi per darci l’ultimo saluto prima di partire, ma la mia attenzione venne catturata da una persona in particolare.
«Rei…», lo richiamai quando ci venne incontro e, per fortuna, non c’era Mao al suo seguito. Era rimasta a parlare con Emily, leggermente più in disparte rispetto alla mischia, ma ogni tanto buttava un’occhiata verso di noi, probabilmente per vedere come si sarebbe comportato il suo compagno o come mi fossi comportata io…
«Saya», mi salutò con un buffetto affettuoso sulla guancia, che mi fece  abbassare leggermente lo sguardo. Non ero ancora riuscita a sopprimere del tutto quello che provavo per lui, o a dimenticare quel che c’era stato. Il fatto che il mio cuore era stato rapito da un’altra persona non voleva dire che fossi riuscita a togliere il ricordo di Rei dal mio cuore.
«E quindi il fatidico momento è arrivato…», mi lasciai però andare, parlando con un tono talmente triste che riuscì ad indispettire a tal punto Kai accanto a me, che decise di allontanarsi lasciandoci soli. Probabilmente, dopo la nottata che gli avevo fatto passare due giorni prima, non avrebbe voluto vedere le mie lacrime nemmeno sotto tortura, e poi sono sicura che lui non era tipo da smancerie, quindi si sarebbe limitato a salutare tutti compostamente come suo solito. 
«Già», sospirò in risposta il mio compagno di squadra, ma lo fece con un piccolo sorriso, anche se triste.
«Mi dispiace che sia già finita, avrei voluto che questo mondiale fosse durato ancora un po’!», gli resi noto, riportando lo sguardo che avevo abbassato di nuovo nei suoi occhi, trovandoli stranamente lucidi.
“Non piangere Saya”, mi imposi, ma purtroppo non era nella mia indole rimanere impassibile. Ero troppo sentimentale e troppo sensibile, soprattutto quando si trattava di salutare persone che ritenevo importanti, come lo era lui.
«Anche per me. Siete stati la mia famiglia ed ho passato con voi dei momenti che rimarranno indelebili nel mio cuore…», iniziò «soprattutto quelli vissuti con te…», mi sorrise, portandomi una mano ad accarezzarmi di nuovo la guancia, dove una lacrima era appena sfuggita al mio controllo.
«Rei…», singhiozzai il suo nome quando oramai non ero più in grado di trattenere le lacrime e sentii le sue braccia, quelle in cui avevo trovato confronto nei momenti di disperazione, stringermi a sé come in quei giorni e mi lasciai andare in un pianto quasi disperato.
«Dai, non è un addio», sentii la sua voce in risposta, ma la trovai incredibilmente incrinata, chiaro segno che si stava imponendo di non scoppiare a piangere anche lui.
«Lo so…», continuai io, senza però staccarmi dal suo petto, e sono sicura che in quel momento Mao mi avesse maledetta in tutte le lingue. 
Quando mi decisi a sciogliere quell’abbraccio, lo vidi asciugarsi al volo alcune lacrime sfuggite anche al suo di controllo e mi beai del sorriso meraviglioso che invece mi regalò. 
Ci guardammo intensamente negli occhi per dei secondi che parvero infiniti, in cui pensai che mi avrebbe presa e baciata di nuovo, invece non lo fece. Era rimasto eretto nella sua posizione e stava quasi per dirmi qualcos’altro, ma l’arrivo di Kai spezzò l’atmosfera.
«Dobbiamo andare», disse categorico, spostando poi lo sguardo su Rei, che annuì leggermente sotto quella constatazione.
Insieme noi tre ci dirigemmo verso i nostri compagni Bladebreakser, che nel frattempo avevano salutato tutti gli altri Bladers.
«Quindi dobbiamo salutarci…», sospirò Takao, che per l’ennesima volta era stato la voce dei miei pensieri. 
Io, Kai ed il Prof saremmo imbarcati sull’aereo diretto Tokyo, insieme a mio nonno, Takao ed i suoi parenti, mentre Max e Rei avrebbero preso strade diverse. Uno sarebbe tornato al suo villaggio natale insieme ai White Tigers, mentre l’altro aveva deciso di passare del tempo in America con sua madre e suo padre. 
«Già», sospirò Max, abbattuto, mentre osservava la punta delle sue scarpe. 
«Parla per te, io dovrò sopportarti ancora tutto il viaggio…», fu la risposta sprezzante di Kai, che però stemperò la tensione del saluto che si era creata, facendoci scoppiare a ridere. E rise anche lui stesso.
«Dai ragazzi, non sarà la fine. Prometto di venire a salutarvi il prima possibile, il tempo di sistemare alcune questioni in sospeso», disse Rei, spostando per un momento lo sguardo su di me e capii subito che c’entrasse Mao.
«Vale anche per me! Tornerò in Giappone molto presto, vedrete!», continuò il nostro americano, più rincuorato di pochi minuti prima. Per lo meno aveva ripreso la sua solita spensieratezza.
«Scrivetemi, mi raccomando, leggerò tutte le vostre e-mail!», disse la sua il Prof e dopo essersi accordati per avere notizie l’uno dell’altro con costanza, le nostre strade si divisero.
Quando varcai il check in mi voltai indietro per l’ultima volta e vidi due occhi ambrati che mi osservavano con tristezza.




Era passata una settimana da quando eravamo tornati in Giappone e di Kai non si vide più nemmeno l’ombra. Sperai almeno che non fosse tornato ad essere il ragazzo freddo e spietato a capo degli Shall Killer. Ammetto che mi era passata per la testa l’idea di andare a vedere se lo avessi trovato nel loro covo, ma non volevo tornare di nuovo in quel posto, né andare da sola fino in periferia. Inoltre avevo paura di ciò che avrei trovato se fossi realmente andata. Non so cosa avrei fatto se lo avessi visto di nuovo in quella stanza. Era vero che in fondo era cambiato grazie a noi, ma come si sarebbe comportato se avesse rivisto i suoi vecchi sottoposti? Ma purtroppo quella fu solamente l’ennesima domanda senza risposta. 
Per fortuna le mie giornate venivano risollevate dalla presenza di Takao ed il Prof Kappa. Anche loro erano preoccupati per l’assenza di Kai, ma entrambi mi rassicurarono sul fatto che in fondo il nostro compagno era fatto così. Per tutto il mondiale era sparito e riapparso a suo piacimento, e probabilmente avrebbe fatto la stessa cosa. In più sarebbe iniziato presto un nuovo anno scolastico, quindi lo avrei sicuramente rivisto a scuola. Dovevo solo pazientare ancora qualche giorno. 
Così, insieme ai miei amici ed Akira, trascorrevamo le nostre giornate al parco, oppure al fiume, giocando a Beyblade con i ragazzi che ci avevano accolti a braccia aperte dopo il nostro ritorno. Si erano tutti complimentati con noi per la nostra vittoria al campionato mondiale e la loro presenza ed i loro complimenti, così come la vicinanza dei miei amici, avevano colmato un po’ il vuoto lasciato da Rei e Kai.
Ma non potevo ancora sapere che il destino ci avrebbe di nuovo messo lo zampino… 
Rividi Hiwatari qualche giorno dopo, quando oramai la speranza di rivederlo era crollata drasticamente. 
Stavo tornando a casa dopo una giornata passata coi ragazzi ed il sole stava pian piano iniziando a tramontare. Le strade erano tinte dei colori di quel meraviglioso fenomeno e si stavano accendendo i primi lampioni. Ero quasi arrivata al cancello d’entrata della mia villetta quando lo vidi. 
In un primo momento non lo riconobbi, perché era rimasto leggermente in ombra, con le braccia conserte al petto ed un piede appoggiato al muro dietro di sé. Sciolse la posizione solo quando si accorse della mia presenza e solo allora decise di mostrarsi, facendomi prendere un colpo.
«Kai!», lo richiamai, meravigliata ed emozionata di trovarmelo di fronte quando oramai non ci speravo più. Nonostante avessi costantemente avuto voglia di rivederlo, ogni giorno imponevo a me stessa di non alimentare false speranze. 
Invece in quel momento era di fronte a me, con uno sguardo incredibilmente serio e la sciarpa bianca che svolazzava alle sue spalle portata dal vento.
Ci guardammo negli occhi per un lungo istante, in cui ascoltai il mio cuore battere all’impazzata. Probabilmente ero anche arrossita, ma sperai che lui non se ne fosse accorto.
«Saya!», rispose al mio saluto, alzando leggermente gli angoli della bocca in un piccolo sorriso, probabilmente per rassicurarmi.
«Ma dov’eri finito? Ci hai fatto preoccupare!», lo bacchettai poi, facendogli capire dall’intonazione della voce tutta la mia preoccupazione. «Sono giorni che non ti fai vedere!», insistetti e lo sentii sospirare sotto quelle parole. Quello mi incuriosì molto e mi costrinse a guardarlo con un sopracciglio alzato.
«È successo qualcosa?», gli chiesi infine, dopo che dalla sua voce non sembrava fuoriuscire alcun che.
«Sono sorti alcuni problemi», ammise e mi sembrò che quella confessione fosse stata alquanto sofferta. Non dissi nulla però, perché non volevo obbligarlo a dirmi quello che non mi avrebbe mai detto di sua spontanea volontà. In un primo momento mi chiesi il perché della sua presenza fuori casa mia, ma per fortuna fu lui a continuare. Inoltre fui ben felice di vedere che si ricordava il mio indirizzo. 
«Ti va di fare due passi?»
Quella sua strana richiesta mi meravigliò, perché non mi sarei mai aspettata una simile proposta da parte sua, ma probabilmente il suo voleva solamente essere uno sfogo. Così non mi restò altro da fare che accettare, ed inoltre avrei fatto di tutto pur di stare con lui ancora un po’. Avevo l’impressione che, se mi fossi distratta anche solo per un attimo, lui sarebbe sparito di nuovo…
Mi portò fino al parco, dove anni addietro ci divertivamo a sfidare a Beyblade i ragazzi più grandi di noi. Il ricordo mi strappò un sorriso, ma quando prendemmo posto su una panchina poco illuminata e dopo che vidi lo sguardo di Kai perso nell’orizzonte, mi costrinsi a darmi di nuovo un contegno. Inoltre, quegli occhi  così malinconici mi strinsero il cuore. 
«Kai, è successo qualcosa?», gli chiesi, quando oramai non riuscivo più a sopportare il suo silenzio. Ero sicura che avesse qualche problema, ma purtroppo non era mai lui ad iniziare un discorso. Sono sicura che per lui doveva essere stato difficile anche venire a parlare con me, ma gli fui grata per averlo fatto. Significava che ero tornata ad essere pressoché importante per lui. Abbastanza per confidarmi i suoi problemi. 
«Ho rivisto mio nonno», mi disse però, spiccio e coinciso come era solito essere e quella constatazione mi spiazzò. Mi ero ritrovata a serrare la mascella con disapprovazione. Sapevo quello che aveva fatto quell’uomo, ma sapevo anche che fosse in prigione… 
Fu lui in ogni caso a dissipare ogni mio dubbio. 
«È in carcere», mi rassicurò, «ma è stato trasferito qui in quanto non è cittadino Russo. Purtroppo però è ancora lui il mio tutore, in quanto io sia minorenne, e nell’impossibilità momentanea di poter adempiere ai suoi doveri, io sono stato di nuovo affidato a mio padre», concluse e lo vidi stringere pugni e mascella, nonostante non avesse spostato minimamente il suo sguardo dall’orizzonte. 
Io ascoltai diligentemente le sue parole, ma purtroppo non le compresi a pieno. Così decise di continuare. 
«Dopo la morte di mia madre, mio padre si è risposato. Si è fatto una nuova famiglia, dimenticandosi della vecchia. Non si è mai preso cura di me o preoccupato per la mia salute, infatti non si è mai preoccupato del fatto che mio nonno mi avesse usato per i suoi scopi. Non fece una piega quando suo padre gli disse che ci saremmo trasferiti a Mosca…», fece spallucce, ma l’espressione del suo volto mi fece capire che avesse sofferto non poco quella situazione. 
«Ed anche adesso ha preferito non avermi tra i piedi nella sua famiglia perfetta, infatti ha trovato un modo per allontanarmi…», fece spallucce, ma io spostai lo sguardo sul suo profilo con un sopracciglio alzato e lui, quasi avesse capito la mia confusione, continuò. 
«Mi ha trasferito in un collegio fuori città», disse amaramente ed a me prese un colpo. Era esattamente quello che non avrei mai voluto sentire. 
Stava di nuovo per allontanarsi da me. 
«Purtroppo parto domattina, perché dovrò portare nel dormitorio tutte le mie cose», digrignò leggermente i denti, «E non potrò tornare molto facilmente, perché saremo controllati», soffiò contrariato ed io mi accorsi che ero rimasta per tutto il tempo con il fiato sospeso. Allentai leggermente la tensione quando finì di parlare, seppur lo feci con fare triste. 
«Quindi stai andando via… di nuovo…», constatai e mi meravigliai di come la mia voce fosse uscita decisamente troppo roca rispetto al solito. 
«Si», ammise, «però questa volta ho voluto avvertirti», concluse, facendo sicuramente riferimento alla prima volta in cui era andato via, e lo fece spostando il suo sguardo intenso su di me. Probabilmente si aspettava che dicessi qualcosa, ma ero rimasta talmente scioccata che in un primo momento non seppi cosa dire. In ogni caso mi imposi di parlare e così feci. 
«Ma, tornerai vero? Ti farai sentire?», gli chiesi, titubante, e lo vidi aprirsi in un piccolo sorriso, seppur anche il suo fosse incredibilmente triste. 
«Appena potrò... », fece spallucce. «Ho trovato un piccolo magazzino in periferia, dove porterò tutto quello che non mi servirà nella nuova scuola, compreso Dranzer», sospirò poi, amareggiato, appoggiandosi alla spalliera della panchina in cui eravamo seduti.
In un primo momento mi persi a guardare il suo profilo, mentre il suo sguardo era di nuovo rapito dall’orizzonte, così da riuscire ad imprimere nella memoria ogni dettaglio di quel volto oramai perfetto. Purtroppo c’era ancora una cosa che volevo chiedergli, e lo feci chiedendoglielo a brucia pelo. 
«Kai?», lo richiama infatti e quando spostò i suoi occhi nei miei continuai. «Sei tornato ad essere il capo degli Shall Killer? »
Serrai la mascella e lo vidi aprirsi un un’espressione talmente schifata che mi fece ben sperare. 
«Non ho più nulla a che spartire con quei teppisti», disse perentorio e potei tirare un sospiro di sollievo. 
«Era quello che volevo sentire», gli sorrisi e lui me ne fece un altro in risposta, uno di quelli che non vedevo da molti anni. 
Purtroppo però nessuno dei due aveva intenzione di parlare ancora e la conversazione crollò così. Spostai anche io lo sguardo verso l’orizzonte, ascoltando il battere incessante del mio cuore, provato dalla sua vicinanza e da quello che mi aveva appena detto. 
Kai sarebbe andato via di nuovo ed io non ero pronta a vederlo andare via come avevo visto andare via Rei. 
«Spero solo che quando tornerai ti ricorderai di nuovo di me…», dissi di punto in bianco, quando oramai non riuscivo più a sopportare ancora il silenzio che era sceso tra noi. Lui non si era più voltato a guardarmi, nemmeno quando avevo provato a lanciargli qualche occhiata inquisitrice, mentre cercavo di captare la sua reazione, ma quella constatazione mi era venuta dal cuore. Quella era la mia più grande paura. Avevo il terrore di vederlo andare via perché non volevo che la storia si ripetesse. Non volevo soffrire di nuovo mentre mi aggrappavo alla speranza di fargli ricordare il fatto che fossi esistita nella sua vita. Per fortuna lui scoppiò a ridere, con una risatina composta tipica di lui. 
«Non succederà! In fondo, questa volta sono abbastanza vicino a te», sorrise chiudendo leggermente gli occhi ed io mi tranquillizzai. In fondo, volevo solo rimanere presente nella sua vita. Non potevo inoltre pretendere che lui fosse rimasto con me per sempre. Mi accontentavo della sua amicizia, anche se io avevo iniziato a sentire per lui qualcosa di più intenso e profondo, persino più di quello che avevo provato per Rei. 
«Allora aspetteremo il tuo ritorno…», gli resi noto, parlando volutamente al plurale. Non volevo che capisse quello che provavo, ed in fondo anche Takao ed il Prof avrebbero voluto rivederlo. I Bladebreakers avrebbero continuato ad esistere, almeno nel cuore dei componenti. 
Lui però non rispose ed io mi limitai ad osservare l’ultimo raggio di sole lasciare spazio all’oscurità. Fu in quel momento che Kai si alzò dalla panchina, voltandosi verso di me con una mano tesa. 
«Vieni», mi disse poi, facendomi arrossire. «Ti accompagno a casa», mi sorrise leggermente ed io non potei far altro che acconsentire a quella richiesta, prendendo la sua mano e beandomi di quel suo sprazzo di gentilezza. 
Camminammo in quella posizione in religioso silenzio, fino a quando arrivammo di nuovo di fronte al cancello d’entrata della mia villetta, e solo allora Kai allontanò la sua mano. Io invece ero rimasta in piedi con lo sguardo basso, mentre imponevo a me stessa di non piangere, ma mi stava costando un certo sforzo. In fondo avevo pianto quando avevo salutato Rei all’aeroporto ed in quel momento la situazione non era diversa da allora. Non ero pronta a lasciarlo andare. Non ero pronta per vederlo andare via di nuovo. Non ero pronta a piangere di nuovo la sua assenza. 
«Beh, allora ciao… », mi disse, anche se dalla sua voce trapelava un certo nervosismo, che in altre circostanze mi avrebbe fatta sorridere. Ma non in quel momento, perché il mio cuore stava piangendo. Stava andando via senza avergli detto quello che provavo, ma ero estremamente sicura che lui non fosse stato pronto per comprendere a pieno le mie parole e forse, così facendo, lo avrei allontanato da me ancora di più. Per questo rimasi in silenzio, annuendo leggermente con le labbra serrate. Stavo in tutti i modi cercando di reprimere le lacrime. Lui non era un tipo sentimentale e sono sicura che non avrebbe mai voluto vedermi piangere per un saluto. 
«Ciao… », gli risposi, provando a sorridere, anche se ero sicura che fosse stato un sorriso fin troppo tirato. 
Lui mi sorrise a sua volta e mi trapassò con uno sguardo talmente intenso che mi sentii avvampare. Osservai i suoi occhi ametista beandomi di quella bellezza, fino a che non mi voltò le spalle per andarsene. 
Io abbassai leggermente lo sguardo, cercando di imporre alle mie gambe di spostarsi dall’entrata. Dovevo voltarmi anche io ed entrare in casa, ed una volta al sicuro avrei potuto dare sfogo alla mia frustrazione. 
Mi imposi finalmente di voltare lo sguardo e lo feci ancora a testa bassa, ma una presa ferrea sul mio polso mi costrinse a voltarmi di scatto e mi ritrovai a guardare di nuovo quelle iridi leggermente lucide che mi avevano sempre emozionata. 
«Ti prego, non essere triste», mi disse Kai con voce roca, ed ero estremamente sicura che gli fosse costato un certo sforzo. Sperai che anche lui non fosse pronto a dirmi addio, e forse il fatto che mi avesse richiamata ne era stata la prova. Ma io gli sorrisi debolmente, perché in fondo non avrei mai voluto rattristarlo o impensierirlo, soprattutto sapendo quello che lo aspettava da lì in avanti. 
Lui mi sorrise con rassegnazione, forse leggermente divertito, ed abbassò lo sguardo solo quando vide un gesto positivo dalla mia testa. 
«Te lo prometto», gli dissi e quelle mie parole lo convinsero a voltarmi le spalle di nuovo, quella volta definitivamente. 
Fu in quel momento che le lacrime iniziarono a scendere, mentre osservavo il lento oscillare della sua sciarpa trasportata dal vento. 
Quella fu l’ultima volta in cui vidi Kai Hiwatari. 
Almeno per quell’anno… 
Fine


°°°°°°

Colei che scrive:
Eccoci qua, arrivati con tristezza alla fine di questa storia T.T credo di non essere mai stata pronta per farlo, ma in fondo doveva succedere prima o poi. Porto avanti questa storia dal 2013 ed è sempre stata la trasposizione dei miei sogni di allora, di quando seguivo la serie in TV! Questa storia ha visto diversi blocchi dello scrittore, ma mi sono sempre imposta di finirla e così ho fatto. Ma non sono mai stata pronta per scrivere la fine definitiva, ed è per questo che ho deciso di scrivere il seguito (che inizierò a postare molto presto!). Nella mia mente, quando ho iniziato a scrivere questa storia, c’era un finale diverso. C’era sempre il triangolo Rei/Saya/Kai, con l’eccezione che Saya e Kai sarebbero finiti insieme. 
Ammetto che anche il finale di questo capitolo volevo farlo diverso…volevo far baciare di nuovo i due, in un lungo e passionale bacio di addio U.U ma mi avrebbe scombussolato di nuovo il seguito, per cui l’ho fatto così U.U Però forse, per i miei gusti, mi piace più così…perché così ci gusteremo le vicende di Saya e Kai, con la partecipazione straordinaria di Yuri e Boris, alle prese con la scuola e la vita da adolescenti ehehe
Come sempre ringrazio i miei recensori, che mi hanno sostenuta ed accompagnata fin qui *-* e che spero di trovare nel sequel tra qualche giorno ehehe. Ringrazio anche chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e tutti i lettori silenziosi giunti fin qua. Spero mi facciate sapere cosa ne pensate di questa storia. 
Infine mi sento di dire che, in fondo, questa non è una fine ma è solo l’inizio perché… beh ne vedremo delle belle! Eheh
A prestooo! 

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