Galeotto fu l'accordo!

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo / Firmo prima io! ***
Capitolo 2: *** Il sondaggio anonimo ***
Capitolo 3: *** Pacifica convivenza - molto pacifica! ***
Capitolo 4: *** Problemi di sesso ***
Capitolo 5: *** Fragola ***
Capitolo 6: *** La principessa e il pinguino ***
Capitolo 7: *** No, non lo voglio ***
Capitolo 8: *** Un bel casino ***



Capitolo 1
*** Prologo / Firmo prima io! ***


Note Autrice:
Buonsalve! Questa fanfiction è nata senza un motivo particolare se non l'ispirazione momentanea, perciò spero che possa piacervi anche se penso esca dai "canoni" delle classiche storie che si leggono, soprattutto per la coppia trattata ed il modo di farlo.
Saranno una serie di momenti (ogni capitolo riguarda appunto "un momento" o avvenimento che li vede protagonisti) che i due personaggi vivono a causa della situazione in cui si trovano, ovvero l'essere entrambi Hokage!
Niente di pretenzioso, un pò di comicità e un pò di serietà ;)



.:Prologo:.

Tutti,nel villaggio, avevano quell’insana sensazione che qualcosa sarebbe accaduto, prima o poi.
La guerra era finita, nelle terre si viveva finalmente aria di pace: i demoni erano stati suddivisi ed ogni Kage era tornato a svolgere le sue mansioni senza il terrore e l’angoscia di dover sopportare altre vittime nella propria gente.
Tutto era tornato normale, per Suna,Kiri, Iwa e Kumo.
Ma non si poteva dire lo stesso per Konoha.

-Secondo te quanto durano?-
-Non più di due giorni… tre, proprio ad essere ottimisti.-

Le voci erano talvolta spaventate, altre volte incuriosite o quasi ottimiste.
Perché sì, le grandi terre ninja avevano vinto, salvando le generazioni future da un’illusione eterna, ma il prezzo più alto lo aveva pagato il Villaggio della Foglia… e avrebbe continuato a scontarlo per molto, molto tempo.

-Io non mi fido di quell’Uchiha. Non dimentichiamoci che ha cercato di ammazzarci tutti!-
-E’ vero, ma se hanno deciso di dargli una seconda possibilità, perché non provare ad essere meno diffidenti? In fondo, fanno pur sempre parte del Villaggio…-

Non più un solo Hokage, non più soltanto una figura a governare il territorio, non più soltanto un clan al vertice: ma due.
I due clan originari, quelli che avevano fondato il Villaggio, che si erano scontrati e massacrati per poi trovare l’unico motivo che li avrebbe spinti a riappacificarsi, l’unica condizione che bramavano entrambi per la propria gente: la pace.

-Povera signorina Tsunade… dover dividere la scrivania con quel barbaro!-
-Ho come l’impressione che non potrà più concedersi qualche capatina da Teuchi, d’ora in poi…-

Avrebbero diviso la scrivania, l’ufficio, la gestione della burocrazia, del denaro, dell’amministrazione.
Avrebbero condiviso il palazzo destinato agli Hokage, la biblioteca ed i laboratori attigui.
Ma soprattutto avrebbero preso ogni singola decisione assieme a costo di discutere pacificamente fino a trovare un accordo per ambedue le parti.
Quella diplomatica quanto passionale e quella battagliera ed apatica.

-Cinquanta yen che Tsunade lo fa fuori prima della settimana.-
-Te ne do cento di tasca mia se il Villaggio resta intatto per più di due giorni!-

Era stata una decisione comune, dei quattro Kage e dei due Uchiha.
Si erano accordati sugli obblighi che ciascuna delle due parti avrebbe dovuto assecondare, sulla suddivisione del potere decisionale e gestionale, così come degli orari lavorativi e la partecipazione agli eventi ufficiali a cui entrambi avrebbero dovuto presenziare.
Avevano deciso loro: Raikage, Mizukage, Tsuchikage e Kazekage assieme a Obito e Sasuke Uchiha.
Avevano deciso loro perché gli interessati erano stati colpiti da molteplici fattori psicofisici tutt’altro che piacevoli: Madara Uchiha era sbiancato con conseguente svenimento per lo shock e Tsunade Senju era in preda ad attacchi d’asma seguiti da un preoccupante innalzamento della pressione.

-E poi, diciamola tutta, sono anche stati un po’ sfortunati… voglio dire, dovranno anche affrontare il problema della riformazione del clan Uchiha, considerando che sia stato sterminato.-
-Per non parlare del nuovo volto di pietra che dovrà essere scolpito sul Monte! E sarà proprio accanto a quello della signorina Tsunade...-
-… aumento la posta in gioco a duecento yen.-

 
Capitolo Primo
.:Burocrazie:.

Era una giornata tutto sommato tranquilla, almeno all’apparenza.
Il sole concedeva un cielo sereno e nonostante si stesse avvicinando l’inverno, le temperature erano ancora accettabili.
La vita nel Villaggio aveva ripreso a scorrere normalmente, l’assenza del pericolo di una successiva guerra aveva quietato gli animi di tutti, consentendo loro di credere nuovamente in un futuro quantomeno roseo.
Ma ciò che davvero rincuorava tutti era che, nonostante fosse passato già qualche giorno da quel fantasmagorico accordo, il palazzo dell’Hokage fosse ancora integro: niente vetri rotti, niente battaglia sanguinaria nell’ufficio, niente grida di guerra o minacce di morte da parte di uno dei due Hokage.
Il fatto che entrambi avessero passato quei giorni di tranquillità all’ospedale, per via delle ferite riportate durante la battaglia, era un dettaglio: non avevano cercato di avvelenarsi o decapitarsi durante la degenza, ed era già un buon inizio!

Aprì la porta di legno massiccio senza la minima difficoltà, reggendo con un braccio un certo numero di scartoffie, rimanendo perplessa nel trovarla già aperta nonostante lei non vi fosse entrata per tutta la mattina.
Ah, già, non era più l’unica ad avere le chiavi dell’ufficio dell’Hokage.
Ignorando quella considerazione che già le faceva salire la pressione –e Shizune le aveva rammentato non essere una buona cosa data la sua età- puntò lo sguardo immediatamente sulla scrivania davanti a lei, in fondo alla stanza, proprio dinnanzi alle grandi finestre.
E lui era già lì, ovviamente, non alzò nemmeno lo sguardo pur sapendo benissimo chi fosse entrato.
-Togli i piedi dalla scrivania, Uchiha.- Ringhiò senza tanti giri di parole, avanzando a passi rapidi e ben distesi.
Lui, in tutta risposta, sbuffò, senza distogliere lo sguardo dalle burocrazie che aveva tra le mani.
-Buongiorno anche a te, Senju.- Risposta altrettanto fredda, di meglio non ci si poteva aspettare nulla.
-Qui leggo che ci sono dei documenti arretrati da firmare… come immaginavo, avrai perso tempo a far altro, come tutti i Senju.- Continuò, accavallando le gambe, ma sempre tenendole sulla scrivania.
-Sai com’è, qualcuno mi ha tenuta leggermente impegnata nell’ultimo periodo.- Ribatté con un pizzico d’acidità nel tono, pur sforzandosi di mantenersi impassibile.
Non venendo considerata nemmeno questa volta, sbatté con un certo vigore le carte sulla scrivania, a pochi centimetri da quelle che l’Uchiha stava leggendo.
-E non ti ho autorizzato a darmi del “tu”, tra le altre cose.- Sottolineò, e soltanto a questo punto anche lui si degnò di guardarla: sì, decisamente quelle iridi ambrate non avevano perso la loro lividezza e determinazione, così come quelle nere di lui restavano inquietanti.
-Perché, io l’ho fatto?- Chiese spudoratamente. La tensione era già divenuta palpabile.
-Non ha ancora tirato giù i piedi dalla scrivania, egregio Uchiha.- Enfatizzò l’ironia in quelle parole incrociando le braccia sotto il seno prosperoso.
-Questa è anche la mia scrivania, gentilissima Senju. Non vedo perché io non possa fare ciò che più mi aggrada.- Voce impassibile, espressione gelida, occhi che non trasmettevano alcuna emozione se non un rancore profondo.
Ed un’infima soddisfazione nel vederla tanto nervosa.
-Perché dobbiamo convivere, caro collega, per quanto io lo detesti. E sono allergica alla maleducazione. –
-Ed entrare senza salutare non lo è?- Di nuovo silenzio. Sguardi tutt’altro che rassicuranti, l’odio che traspariva da ambedue le parti.
Sospirò e con fare teatrale tornò ad una posizione più consona al suo ruolo, distogliendo lo sguardo da lei.
-Prenditi una sedia, dobbiamo lavorare.- Ordinò secco, e Tsunade dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non inveirgli contro: se c’era una cosa che detestava, era che qualcuno le desse ordini. Specie un Uchiha. Specie Madara Uchiha.
-Quella è la mia sedia. Sei tu che devi prendertene una. – E no, il tono non era per nulla disponibile a compromessi.
-Siamo tornati al “tu”?- La stuzzicò, rimanendo nella propria impassibilità: sì, aveva scoperto un insano divertimento nel provocarla in quel modo.
Tempo qualche millesimo di secondo e si ritrovò col sedere a terra, la sedia che prima lo sorreggeva tenuta saldamente nelle forti mani di Tsunade.
Inutile dire che lo sguardo omicida arrivò immediato da entrambe le parti.
-Regola numero uno per stare qua dentro, Uchiha: mai farmi ripetere le cose due volte.- E si sedette lei sulla sedia, prendendo una pila di fogli ed una penna, ignorandolo palesemente.
Fece per firmare un paio di burocrazie quando una presa salda sul polso le impedì quel movimento.
-Regola numero due, Senju: mai sfidarmi sapendo di perdere.- Le loro iridi si scontrarono di nuovo.
Lei era seduta comodamente, lui fermo davanti a lei, appena propenso in avanti.
Per un attimo le sembrò di tornare sul campo di battaglia, di rivivere quei momenti orribili, ma l’orgoglio la ridestò immediatamente.
-E’ una minaccia?- Domandò ironica, accennando ad un sorriso fin troppo provocatorio.
-E’ un consiglio.- E lui fu freddo, gelido come al solito, in quell’ironia palpabile.
Tsunade si liberò della presa con un gesto secco, mantenendo il contatto visivo.
-Puoi tenertelo, il tuo consiglio.- Gli rispose. –Prima firmo io. – Disse con orgoglio, quasi a ribadire che il “vero” Hokage fosse lei, e non quel subentrato a causa di accordo nel quale ci aveva quasi rimesso un polmone ed il sistema nervoso.
-Negativo, Senju.- Prese rapidamente una penna ed occupò lo spazio delle firme con la propria mano, impedendole di proseguire.
E furono di nuovo fulmini e saette.
-Il più forte sono io. Ergo firmo prima io.- Ma lei gli spostò la mano con la propria con una certa irruenza.
-Questo è da vedere, Uchiha!- E quel litigio andò avanti a lungo, fin quando Madara non perse quasi il controllo in quella sua superba freddezza e le portò l’altra mano al collo, senza stringerlo ulteriormente.
Tsunade non reagì, limitandosi a stringergli il polso con la propria mano, pronta ad intervenire nel caso in cui lui avesse stretto ulteriormente la morsa.
-Toglimi le mani di dosso, Uchiha.- Sibilò a denti stretti, contenendo la rabbia con chissà quale forza.
-E’ una minaccia o un consiglio?- Ribatté lui con sottile ironia, e su quel volto spigoloso quanto maturo si accennò un sorrisetto ironico.
-Vedila come ti pare, ma se non mi lasci entro trenta secondi l’unica cosa che rimarrà integra di te sarà un lontano ricordo.- E non era ironica, ma tremendamente seria.
Di nuovo calò il silenzio, quella sfida a chi avrebbe ceduto per primo li logorava dall’interno più di quanto avessero immaginato.
Perché sapevano entrambi di doversi sforzare di andare d’accordo, di dover collaborare, ma la storia ed i precedenti li inducevano a tutt’altro.
Non fiatarono, non agirono in altro modo, sin quando non entrò improvvisamente in ufficio una Shizune sommersa da altre scartoffie, alla quale tuttavia non era sfuggita la brevissima distanza che separava i due.
-Hokage… ?- Solo sentendo quel bisbiglio Tsunade abbandonò la stretta sul polso di Madara, consentendogli quindi di allontanarsi in un lampo.
-E’… successo qualcosa?- Domandò ingenuamente la kunoichi.
-No!- Dissero entrambi all’unisono, quasi gridando. La rabbia era ancora palese nei loro toni e nei loro sguardi e questo non convinse per nulla la dolce assistente di Tsunade, che inarcò un sopracciglio.
-Le stavo solo… sistemando il colletto del kimono.- Improvvisò Madara in tutta la sua serietà. Inutile dire che sia Tsunade che Shizune sgranarono gli occhi in contemporanea.
-C-Cosa?!- Domandò incredula l’assistente, i pensieri partiti già su un possibile feeling tra i due.
-Che diavolo stai pensando, Shizune!- Le gridò la bionda, visibilmente a disagio.
-E tu, che diavolo di scuse ambigue t’inventi!- Intimò all’Uchiha, già sul piede di guerra quanto lei, ma fortunatamente Shizune intervenne prima che i due riprendessero a scannarsi.
-Comunque!- Proruppe. –Vi ho portato dei permessi da firmare, riguardo la ricostruzione delle terre che sono state distrutte o danneggiate dal recente combattimento…-
Ed il suo sguardo andò istintivo a Madara, per poi volgerlo immediatamente altrove, ancora intimidita da quello che lei vedeva soltanto come un nemico, una minaccia, nonostante si sforzasse di accettarlo diversamente.
-Non daremo un singolo yen per una terra che non è nostra. Fine della questione. Ci penso io a bruciare tutta quella carta.- Disse prorompente l’Uchiha, accennando ad avvicinarsi all’assistente ma Tsunade si alzò di scatto, fermandolo ponendogli una mano davanti al petto.
-Non azzardarti nemmeno!- Lo intimò, fulminandolo con lo sguardo. –L’accordo prevede che tutti i paesi aiutino quelli più in difficoltà. Rientra nelle clausole della pace.-
-Che io non ho firmato.- Sottolineò lui con una maggior asprezza nel tono.
-Era implicito. Altrimenti la porta è quella!- Disse indicando la porta d’uscita. Shizune temette che quella stanza scoppiasse da un momento all’altro da tanta tensione che c’era.
-Di' quello che ti pare, Senju, ma io non firmo.- Affermò allontanandole bruscamente la mano dal proprio petto, i muscoli fin troppo definiti considerando che indossasse solo un kimono blu tipico degli Uchiha.
-Tu firmerai.- Ribadì marcando il tono di voce. Nel mentre Shizune era indecisa tra darsela a gambe o posare le scartoffie sulla scrivania alla velocità della luce – per poi ovviamente squagliarsela.
Nel dubbio, si godeva la scena.
-E come pensi di convincermi, Senju?- La provocò a sua volta, quella voce tanto profonda da disorientare gli interlocutori.
-Passando direttamente alle cattive maniere!- Disse a denti stretti, ma nessuno dei due andò oltre.
Avrebbero fatto volentieri a meno di sopportarsi, ma non avevano scelta.
E per quanto il suo orgoglio gli imponesse di continuare con le proprie idee, di rifiutarsi di abbandonare l’egoismo e l’interesse unico e solo per il proprio Villaggio, Madara era consapevole di non poter perdurare a lungo.
Shizune non osava parlare né muoversi, temeva che anche il solo respirare avrebbe acceso la miccia.
Poi, Tsunade si avvicinò a lei senza dire altro, prese la pila di fogli che teneva tra le mani e la portò sulla scrivania.
-Grazie, Shizune. Puoi andare.- La congedò, e la ragazza le fu immensamente grata per averla allontanata da quella situazione.
Senza farselo ripetere due volte abbandonò l’ufficio, lasciandoli di nuovo soli.
Tsunade prese una penna ed allontanò appena la sedia dalla scrivania, facendo intendere a Madara che dovesse sedersi e firmare.
Una sorta di compromesso: lei gli lasciava momentaneamente il posto , lui firmava. Perché entrambi erano perfettamente consapevoli che quelle due prese di posizione erano dovute soltanto all’orgoglio e ad un carattere autoritario che difficilmente avrebbero smussato.
Si lanciarono lunghe occhiate, entrambi con le braccia incrociate sul petto.
-Dobbiamo star qui tutto il giorno?- Lo incitò con un certo disprezzo.
Lui le lanciò un’occhiata glaciale e poi si sedette, quasi teatralmente, rimarcando quella piccola vittoria.
Dopodiché, firmò.
-Alla prima occasione ti ammazzo, Senju. Sappilo.-
Lei prese un’altra penna e andò ad apporre la propria firma sotto quella dell’altro.
-Ti aspetto al varco, Uchiha. Sappilo.-



Nel prossimo capitolo...
Per avere un'idea della reputazione della rivale, Madara fa fare un sondaggio anonimo agli abitanti di Konoha su di lei... come la prenderà l'irascibile Tsunade quando lui si divertirà a renderle note le risposte?

E soprattutto, cos'avrà in serbo lei per sbarazzarsi dello scomodo "co-Hokage"?
Alla prossima :D  


-.-.-.-.-.-.-
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Capitolo 2
*** Il sondaggio anonimo ***


Capitolo secondo
.:Il sondaggio anonimo:.
 
Era passata dall’ospedale per controllare che ogni cosa fosse in ordine, che ai malati fossero prestate le giuste cure e che i ninja medici di turno si concentrassero sul proprio lavoro invece di chiacchierare o impiegare il tempo in altro modo – e lei questo lo sapeva fin troppo bene.
Motivo per cui aveva fatto il suo ingresso nell’ufficio con un paio d’ore di ritardo oltre l’orario stabilito ed aveva, naturalmente, trovato quel simpaticissimo ed adoratissimo collega già appostato alla scrivania.
Con i piedi rigorosamente su di essa, ovviamente.
-Anche oggi in ritardo, Senju.- Quello era il suo saluto, che naturalmente la fece irritare già di prima mattina.
-Non mi pare di avere un datore di lavoro, qui dentro. Al di fuori di me stessa intendo- Ribatté col solito tono sicuro, accentuato da un pizzico di presunzione.
L’Uchiha non alzò nemmeno un sopracciglio, mentre l’altra sistemava un paio di volumi nella libreria.
E sì, nel mentre elaborava come fargliela pagare per quei dannati piedi sulla scrivania.
-Ho una cosa, fra le mani, per la quale potrei ricattarti per il resto della vita, Senju.- Affermò lui ad un tratto, scostando i fogli che teneva fra le mani dal volto per osservare l’espressione della collega.
E lei, naturalmente, non lo degnò di mezza attenzione.
-E ne sono tremendamente spaventata.- Disse con una palese ironia, controllando che ogni libro fosse al suo posto.
Evitò di arrabbiarsi per quella risposta, le avrebbe solo dato soddisfazione, e volse la pagina iniziare di quei fogli in sua direzione, senza cambiare la propria posizione piuttosto rilassata e tutt’altro che consona.
-Ho fatto fare un sondaggio anonimo agli abitanti del villaggio per conoscere la loro opinione su di te.- Sguardo sconvolto di Tsunade nei suoi confronti. –E questi sono i risultati.-
Nel giro di pochi attimi la prosperosa Hokage fu davanti alla scrivania, uno sguardo minaccioso verso quell’Uchiha che continuava a sfidarla: sì, decisamente avevano preso in parola quel patto di “collaborazione”.
-Dammi quei fogli.- Ordinò imperatoria. Lui sbuffò, allontanandoli da lei.
-Neanche per sogno.-
-Hai già dimenticato la regola numero uno? –
-E tu la numero due?-
Si lanciarono ovviamente sguardi omicida, lui che accennava ad un sorriso beffardo e divertito, lei con una vena di nervosismo bella in vista sulla fronte.
-Dunque.- Riprese lui dopo qualche attimo di silenzio. Ruotò sulla sedia e le voltò le spalle, tenendo saldamente i fogli tra le mani, attento che lei non tentasse di strapparglieli all’improvviso.
-Risultati maggioritari per l’aspetto caratteriale.- Esordì con tono quasi solenne, mentre Tsunade attendeva con le mani sui fianchi, già sul piede di guerra.
-Irascibile.- Affermò.- Concordo pienamente.- Aggiunse.
-I tuoi commenti non mi interessano, Uchiha. Tieniteli per te.- Brontolò lei a denti stretti.
-Permalosa. Appena confermato.-
Tsunade strinse pericolosamente i pugni, e fortunatamente tra le mani non aveva nulla o sarebbe finito in mille pezzettini.
-Altruista.- Smorfia spontanea. –Che lecchini.- Commentò senza pudore, e conseguentemente a questo la scrivania su cui era appoggiato con la schiena traballò in seguito ad un sonoro pugno.
-Tengo alla mia gente, Uchiha! Ti stupisce tanto che gli abitanti di Konoha lo riconoscano?- Sbraitò adirata. Conosceva bene i propri difetti, Tsunade, fin troppo. Ma era altrettanto consapevole che non avrebbe mai messo la propria vita prima di quella altrui.
-No.- Rispose serio. Il tono talmente fermo che per un istante la rabbia della donna si placò.
Davvero aveva riconosciuto un barlume di pregio in una persona che disprezzava tanto?
Si volse lentamente verso di lei, uno sguardo dall’aria tutt’altro che ironica, come se avesse veramente compreso l’importanza dei gesti passati di Tsunade per Konoha.
-Senza gli Uchiha saranno tutti un branco di rincoglioniti, quindi non mi stupisco che ti considerino quasi utile.- E la rabbia ammontò a mille. Forse di più.
Le iridi ambrate presero quasi fuoco e caricò un pugno di chakra piuttosto ponderoso, che tuttavia venne contrastato dalla rapida evocazione di uno scudo del Susanoo.
Venne decisamente deturpato da quella forza sovraumana ma, se non altro, la scrivania ed il resto dell’ufficio rimasero intatti, nonostante Madara dovette alzarsi dalla poltrona ed indietreggiare per non subire danni.
-Sì, decisamente l’irascibilità è la tua primaria caratteristica. Almeno su questo non sono degli idioti.- Commentò di nuovo, un misto di sfrontatezza e serietà che la facevano letteralmente imbestialire.
Tentò di calmarsi, nonostante il pugno fosse ancora contornato di una lucina azzurrognola.
Lui, dal canto suo, la osservava continuamente, senza perderla d’occhio, pur continuando a leggere i fogli.
-Quanto la tua è l’insopportabilità. Assieme alla sfacciataggine.- Ribadì a denti stretti.
-E da quando sarebbero dei difetti?- Sfacciato. Sfacciato e sbruffone, nonostante l’aspetto distinto e la serietà quasi autorevole.
Cominciava seriamente a non sopportarlo più.
-Altra domanda del sondaggio.- Passò alla successiva, onde evitare diatribe.
In realtà, quello era un modo per sentirsi superiore, oltre che per valutare effettivamente la propria rivale: avrebbe dovuto competere con una donna che, ne era certo, godeva di moltissima stima ed ammirazione, non sarebbe stato semplice arrivare al suo livello agli occhi degli abitanti.
-Segni particolari.- Pausa. Sbatté le palpebre un paio di volte nel leggere le parole successive.
–Risposta: mi sembrano evidenti…-
Sgranò le iridi ambrate, la rabbia si mescolò ad un accenno di rossore sul volto, segno di un palese imbarazzo.
-Chi diavolo ha scritto una cosa del genere?- Inveì. –Voglio nome e cognome!-
L’Uchiha dovette trattenersi dal lasciarsi sfuggire una piccola risata divertita: quelli di Konoha potevano anche essersi rimbambiti, ma la vista ce l’avevano ancora buona.
In ogni caso mantenne il suo fare apatico e serioso, nonostante fosse evidente un certo divertimento.
-E’ un sondaggio anonimo, Senju. A-n-o-n-i-m-o. Sai che vuol dire?- La sbeffeggiò, ed in quell’attimo il portapenne sulla scrivania, accanto al pugno carico di Tsunade, si disintegrò senza che nemmeno lei si muovesse.
-Sì. Vuol dire che se non mi dai una risposta ti riduco in briciole. Te e il tuo sondaggio!- Sbraitò su tutte le furie, sforzandosi con chissà quale forza d’animo di non disintegrarlo su due piedi.
Perché diavolo si era lasciata convincere a scendere a quel compromesso?
Perché?!
Doveva bere meno sakè, poco ma sicuro.
-Meglio se ti calmi, lady irascibilità-facile. Arrabbiarsi così tanto non fa bene alla pressione.-
La provocò lui tornando ad impilare con cura i fogli.
-E ormai hai una certa età, o sbaglio?- Alzò il capo in sua direzione per godersi l’espressione sicuramente furente della donna, ma se la ritrovò letteralmente addosso dopo neanche mezzo secondo.
Una mano al collo, l’altra che gli strappava i fogli di mano, incenerendoli al sol tocco.
E quelle iridi ambrate che avrebbero fulminato chiunque, se non fosse che l’Uchiha, in fatto di cattiveria e potenza, non poteva dirsi inferiore a lei.
-Come ti permetti…- biascicò a denti stretti, riflettendosi in quegli occhi neri, nerissimi, tanto profondi che avrebbe potuto perdercisi.
-Il centenario, qui, sei tu. Non io.- Precisò con la pressione a mille, stava veramente per raggiungere il limite.
Potevano insultarla su tante cose, ma l’aspetto esteriore e l’età - l’invecchiamento - erano l’argomento che più la corrodeva dall’interno.
E questo lui lo sapeva benissimo, si era documentato appositamente per conoscere i suoi punti deboli, i più delicati, con il solo obiettivo di sfinirla e costringerla ad abbandonare quella carica.
Ma non aveva fatto i conti con il suo spregiudicato orgoglio.
-Ma chi ha la voce “vecchia” tra gli aggettivi, qui, sei tu. Non io.- E concluse il tutto con un sorriso tanto ironico e provocatorio che Tsunade lo scaraventò letteralmente fuori dalla finestra: i vetri si disintegrarono, seguiti da un grido di rabbia quasi feroce.
E sì, i cittadini sapevano che in quelle occasioni la cosa più saggia era chiudersi in casa e sperare nell’aiuto divino, affinché la prosperosa Hokage si calmasse in fretta.
-Devo aggiungere anche “violenta”.- La voce proveniva dal tetto sopra la finestra dell’ufficio, Tsunade alzò lo sguardo, stupita, ma non riuscì a fare altri movimenti poiché si ritrovò intrappolata nella morsa del Susanoo.
Imprecò in tutte le lingue che conosceva, mentre quell’orrido demone evocato da Madara si ritraeva, mantenendola però bloccata nella propria mano.
L’Uchiha, dal canto suo, se ne stava ancora a sfogliare quel sondaggio, tranquillamente appoggiato alla ringhiera della balconata.
-E “casinista”. Sì, questo è decisamente perfetto.- Continuò, mentre lei cercava di liberarsi della morsa, le gambe a penzoloni nel vuoto.
-Ma la finisci? Vorrei farlo fare su di te, il sondaggio, per vedere cosa pensano gli abitanti!- Protestò la bionda, senza distogliere lo sguardo da lui.
Madara si limitò ad una scrollata di spalle, sbuffando appena.
-Non ce n’è bisogno. Sanno tutti che sono il più forte ed il miglior Hokage che potrebbero avere.- La sua elevatissima modestia la fece sospirare sconsolatamente, chiedendosi se lo pensasse davvero.
-Ma non sei il più amato.- Rispose fredda, quasi apatica, con un briciolo di rancore nel tono di voce.
Madara interruppe ogni movimento, lasciò la pagina sfogliata a metà, le iridi perse nel vuoto.
E per un attimo Tsunade ebbe l’impressione che quelle insormontabili difese si fossero incrinate, e non poco.
-Parli proprio come lui. Come Hashirama.- Una voce atona, indifferente se non fosse per l’espressione seriosa, a fatica celata.
Gettò il questionario dalla balconata con non curanza, volgendosi nella direzione della donna e muovendo il braccio del Susanoo verso di sé, in modo tale da avvicinarla lentamente.
E no, quella gara di sguardi, di sfide e provocazioni non era ancora finita.
-Sciocchi, patetici, deboli.- Concluse con un rancore evidente, radicato fino al midollo.
-Se hanno scelto lui, invece di te, un motivo ci sarà. E mi sembra evidente.- Gli ringhiò contro, senza alcun timore di una possibile aggressione.
Era consapevole che lui fosse più forte, dopotutto era un dato oggettivo. Ma non per questo avrebbe chinato il capo.
Erano vicini, molto vicini, lui allungò un braccio sino a cingerle il volto con la mano, quasi volesse essere sicuro di avere la sua attenzione.
Lei, a quel tocco gelido, rabbrividì.
-Difatti lui è morto. Lui, il capoclan Senju, disposto ad umiliarsi pur di avere la pace ed il meglio per il proprio popolo… patetico.- Elargiva giudizi carichi di rabbia ed odio senza fermarsi, con voce fredda, contenuta, mentre lo sguardo rimaneva fisso su di lei.
Lei che, in quel momento, rincarnava ogni sua singola sconfitta, ogni compromesso che aveva dovuto accettare nella sua vita pur di arrivare ad essere Hokage… e al contempo non esserci riuscito completamente.
-Sicura di non volerlo raggiungere, il tuo caro nonnino?- Rincarò la dose, ma lei non sopportò oltre.
Schiuse le labbra e qualcosa di umido lo colpì in volto, sulla guancia, appena sotto quel Rinnegan che chiunque avrebbe temuto.
Gli aveva veramente sputato in volto?
-Non avrai Konoha ai tuoi piedi, Uchiha. Che ti piaccia o no, guiderai questo paese assieme a me. E ti farò pagare ogni singolo passo falso.- Puntualizzò con voce ferma.
Lui rimase immobile a fissarla, serio, quasi minaccioso, prima di lasciar spazio ad un sorriso ironico.
-Il pagamento posso sceglierlo io?- La provocò, causando l’ennesimo grido di rabbia.

 

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Capitolo 3
*** Pacifica convivenza - molto pacifica! ***


Capitolo Terzo
.:Pacifica convivenza – molto pacifica!:.
 
Erano ormai passate diverse ore da quando avevano iniziato il loro viaggio, la missiva ricevuta dal Paese della Sabbia era stata particolarmente chiara: era necessaria una riunione di tutti i capi delle terre Ninja per fronteggiare una nuova e misteriosa minaccia che incombeva su alcuni di loro e dalla quale sembrava dovessero guardarsi le spalle piuttosto attentamente.
Dopo innumerevoli liti e discussioni tutt’altro che pacifiche circa la decisione di partire entrambi, gli Hokage di Konoha avevano lasciato il villaggio in mano a Kakashi Hatake e si erano incamminati con una scorta esigua.
Inspirava a pieni polmoni quell’aria fin troppo tranquilla, i capelli neri e lunghi lasciati ovviamente sciolti sulla schiena, mentre vestiva la classica divisa da battaglia rossa – nonostante la collega avesse cercato in tutti i modi di fargli capire che non fosse proprio l’atteggiamento migliore per una trattativa del tutto pacifica.
E sì, aveva sottolineato in modo deciso quell’aggettivo che non sembrava appartenere nemmeno lontanamente all’Uchiha in questione.
Volse l’ennesimo sguardo omicida alla prosperosa donna affianco a lui, la quale si teneva ad una certa distanza – più per principio che per paura – e non sembrava minimamente considerarlo.
Tuttavia, quelle occhiate continue avevano cominciato a spazientirla più del dovuto, tanto che alla fine scoppiò in uno sbuffo sonoro e tutt’altro che tranquillo.
-E’ inutile che mi guardi in cagnesco, Uchiha. Non è colpa mia se siamo in ritardo.-
Sbottò nell’immediato, andando immediatamente al nocciolo della questione.
-Ah, non è colpa tua, Senju?- La canzonò ironicamente, fingendo uno sguardo stupito con fare fin troppo teatrale.
-Non sono io che mi sono voluta fermare alle terme!- Lo rimproverò con espressione glaciale, ricevendo in risposta solo uno sguardo di altrettanto astio.
-Ho vissuto per anni sottoterra, Senju, un po’ di comprensione!- Ironizzò lui fingendo di non prestarle attenzione, continuando a camminare.
-Oh ma se ne senti così tanto la mancanza ti ci rispedisco subito, basta chiedere…-
Lo provocò apertamente, aumentando il passo e raggiungendolo senza troppa difficoltà.
Lui si scocciò e si volse nuovamente verso di lei, incrociando quelle iridi ambrate che sembravano tutto fuorché pacifiche o intenzionate ad abbandonare la diatriba: avevano litigato solo per metà viaggio, si erano trattenuti fin troppo.
-E chi è che si è fermato in quell’insignificante villaggio a curare tutti degli ammalati? Chi ha distribuito senza criterio tutte le nostre scorte di viveri per il viaggio alla popolazione?- La rimbeccò senza fermarsi, lei non ebbe nemmeno lo spazio per protestare che lui continuò.
-E ancora, chi è che ha dimezzato la nostra scorta per dare la caccia a qualche criminale locale? Eh!?-
La rimproverò alzando il tono della voce, ricevendo soltanto l’ennesimo sguardo assassino di Tsunade: se c’era una cosa che detestava era che qualcuno si permettesse di giudicare il suo buon operato, specie quello che lei riteneva un crudele assassino.
-Si chiama prendersi cura della propria gente, Uchiha, questo non c’è scritto nel tuo meraviglioso e pacifico codice etico? – Rispose col medesimo tono.
-Sempre che tu sappia cosa sia, un codice etico, ovviamente.-
Terminò con una ironia tutt’altro che celata.
-Dal mio punto di vista, cara collega, quello si chiama sperperare tempo ed energie per un niente. Cosa ci ricaviamo da quel paesello mezzo disastrato? Nulla!-
Continuò sicuro della sua posizione, per poi scrollare le spalle e sbuffare, volgendo lo sguardo altrove.
-Ma cosa te lo spiego a fare… Sei una donna, cosa capisci tu di economia.-
Tempo tre secondi e la donna in questione lo prese letteralmente per il collo, costringendo la scorta a fermarsi.
-Non azzardarti a parlarmi così, emerito assassino. Se voglio aiutare la mia gente la faccio con o senza il tuo consenso!- Gli inveì contro, lui rimase di una calma quasi sconvolgente, accennando ad un sorrisetto ironico particolarmente divertito.
-Oh non temere, avrai tutto il mio consenso quando sarò Hokage da solo e ti spedirò a fare la buona samaritana in giro per il Paese del Fuoco.-
La presa sul suo collo aumentò, tanto che gli ANBU si tennero pronti ad intervenire, per quanto fossero consapevoli della pericolosità di quei due, in caso di uno scontro.
-Dovrai passare sul mio cadavere, Uchiha.- Lo intimò a denti stretti.
-Era la mia seconda ipotesi… a quanto pare ci intendiamo.-
Ed ebbe il terribile impulso di bloccargli il flusso del sangue al cervello, ma si ricordò del loro ritardo e lentamente lo lasciò andare, riprendendo a camminare con un passo più che spedito.
Una volta giunti al palazzo del Kazekage, questi li accolse con quanta più ben disposizione gli riuscì – ovvero un baciamano a Tsunade ed un’occhiataccia all’Uchiha – per poi invitarli a seguire uno degli inservienti affinché li accompagnasse nella loro stanza.
Stanza. Singolare.
Tsunade finse di non capire, Madara guardava da tutt’altra parte in quel momento e non aveva ascoltato una mezza parola, concentrato com’era a non ridere per tutta la gentilezza che la donna dimostrava a chiunque in vesti ufficiali – ovvero con tutti tranne che con lui.
Percorsero lunghi corridoi di un beige quasi nauseante, sino ad arrivare dinnanzi ad una porta quasi imponente con la scritta “Hokage” affissa, ovviamente nella zona riservata ai capi di stato.
-Questa è la vostra stanza, vi auguro un buon pernottamento.-
Li invitò la gentile signora.
-Sì, certo, ottimo. La mia stanza invece qual è?- Domandò l’Uchiha, già pronto a dirigersi altrove.
La kunoichi della Sabbia rimase interdetta e balbettò appena, passando dallo sguardo scocciato di Madara a quello omicida di Tsunade - che naturalmente aveva capito la situazione, purtroppo.
-Ecco… c’è solo una stanza per l’Hokage, signor Uchiha. Il vostro è un caso un po’ particolare, me ne rendo conto, ma non esiste una sesta suite che possa ospitarvi separatamente… -
Cercò di giustificarsi. Madara gesticolò appena con fare superficiale e sbrigativo, cominciava a sentirsi stanco dal lungo viaggio.
-Sono certo che la signorina Tsunade non avrà difficoltà ad adattarsi ad una stanza comune, quindi se foste così gentile da mostrargliela io le sarei molto gra-
Ma non terminò la frase che la bionda fece un passo avanti, lanciandogli un’occhiata furibonda ed intromettendosi, dopo avergli adeguatamente pestato un piede.
-Ma la galanteria l’hai persa per strada, razza di maleducato?- Lo rimbeccò volgendosi subito dopo alla signora, che nel mentre indietreggiava, intimorita da entrambi.
-Signora, la prego, gli mostri una qualsiasi stanza e lui da bravo uomo si adatterà, lasciando a me la suite.-
-Non vedo perché sia io a dovermi adattare, Senju. O forse non sai che noi Uchiha non possiamo mescolarci alla plebe?-
-Oh, ma certo, il povero principino cammina solo su tappeti rossi e moquette…- lo prese in giro modulando il tono della voce. -… e dire che uno come te, abituato a stare sottoterra come i topi, non dovrebbe essere così schizzinoso!-
-Vogliamo parlare della qui presente frequentatrice dei locali più alcolizzati e degradati dei paesi?-
-Quella è acqua passata, Uchiha!- Si riaffermò, irritata come non mai: era consapevole dei propri difetti, dei propri vizi e di ciò che l’aveva resa schiava per troppo tempo…
Eppure ora che era stata capace di reagire, non per se stessa ma per chi amava, non avrebbe permesso a nessuno di inveirle contro in quel modo.
I suoi scheletri nell’armadio li aveva affrontati da tempo.
-Non era sakè?-
Ironico, pungente, maledettamente divertito nel vederla irritarsi in quel modo.
-Ora basta! Io pretendo di…- ma quando si volse verso la kunoichi, questa se l’era già squagliata.
Sbuffarono entrambi contemporaneamente e, nello stesso attimo, volsero lo sguardo alla maniglia della porta.
Inutile descrivere la battaglia che si scatenò per riuscire ad entrare per primi, che si risolse con entrambi catapultati dentro e la porta sfracellata – tanto che Madara dovette ricorrere all’arte del Legno per ripararla.
Una volta all’interno, l’enorme letto a baldacchino – rigorosamente matrimoniale – li lasciò interdetti ed immobili ad osservarlo per un lungo ed intenso attimo.
Poi, quasi all’unisono, si lanciarono l’ennesima occhiata avversa.
-Tu dormi sul divano.-
-E dove sta scritto, Senju?-
-Nella galanteria comune, Uchiha! Voi principini con lo Sharingan non ne siete a conoscenza?-
Lo sbeffeggiò, braccia incrociate sotto il seno prosperoso e sguardo contrariato.
Lui, dal canto suo, era esattamente nella sua stessa posizione, con l’unico dettaglio che il più delle volte uno dei due occhi veniva coperto da un ciuffo nero.
La discussione continuò per una decina di minuti abbondanti, e terminò con una Tsunade adirata che si dirigeva verso una porta laterale con la valigia fra le mani.
-… allora in bagno ci vado prima io, screanzato d’una mummia!- Inveì.
-Fai quello che ti pare, isterica patentata!- Replicò con tono alterato, quasi a gridarle contro.
-Ignobile principino!-
-Sclerotica ubriacona!-
E terminati gli improperi, la donna si chiuse in bagno, lasciandolo solo nel suo palese nervosismo.
Attese pazientemente dieci, quindici, venti minuti ma Tsunade non accennava ad uscire dal bagno e dopo un lungo viaggio qualche urgenza cominciava a farsi sentire.
Ma non disse nulla, l’orgoglio era troppo per abbassarsi ad ammetterlo e per questo attese.
Mezz’ora. Tre quarti d’ora. Un’ora.
Della bionda nemmeno l’ombra e l’orgoglio venne bellamente mandato a quel paese dopo un’ora e mezza di attesa con le gambe ormai tremanti.
-Tsunade, per la barba di Sarutobi, quanto tempo hai intenzione di stare lì dentro?!-
Inveì ormai al limite della sopportazione fisica.
-Il tempo necessario, Uchiha. E non ti ho autorizzato a chiamarmi per nome!-
Rispose dall’interno del bagno, provocando l’ennesimo sbuffo dell’uomo.
Sì, si stava bellamente vendicando, e per quanto fosse un criminale mascalzone non sarebbe entrato nel bagno senza preavviso… non che vedere Tsunade nuda gli fosse dispiaciuto, ovviamente, ma un minimo di decenza l’aveva pure lui.
Poi un lampo di genio gli attraversò la mente e sul volto comparve un’espressione compiaciuta.
-Guarda che se stai creando una tecnica per ringiovanirti dovremmo star qua dei secoli, con tutte le rughe che dovresti nascondere…-

Inutile descrivere le condizioni della stanza –e di Madara- dopo quell’affermazione.


Note Autrice:
No, non sono morta! xD
Come detto ad alcuni, l'ispirazione è altalenante, perciò vi chiedo di portare pazienza... cercherò di non pubblicare sempre ogni due mesi D:
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e anticipo che nel prossimo l'argomento di cui i due personaggi discuteranno sarà molto... come dire... "delicato": il sesso!

 

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Capitolo 4
*** Problemi di sesso ***


Capitolo Quarto
.:Problemi di sesso:.
 
Camminava quasi sovrappensiero per le vie di Konoha, le mani nelle tasche del kimono, quell’aria superiore perennemente dipinta in volto.
E no, non gli interessava poi più di tanto che chiunque lo incontrasse, lungo la strada, lo salutasse nervosamente o si dileguasse alla prima vietta laterale.
Lui era un Uchiha, anzi, il più forte degli Uchiha e di certo non avrebbe mai disdegnato un minimo di terrorismo che la sua persona involontariamente esercitava: altro che democrazia, pacifismo e buonismo, un po’ di sana paura non avrebbe fatto male a nessuno!
Si guardava intorno di tanto in tanto, vedeva alcune famiglie che si ritrovavano nelle case, anche tra Clan differenti, le luci accese nelle stanze e qualche buon profumino che aleggiava di tanto in tanto.
E tutto questo, assieme ad una leggerissima brezza, non poteva che rendere l’atmosfera del Villaggio particolarmente tranquilla, piacevole, serena…
Era dunque davvero tutto questo, ciò che lui aveva da sempre desiderato?
No, no di certo. Il suo Clan era pressochè stato sterminato, ad eccezione di lui, Obito e Sasuke.
Due perfetti idioti, a suo dire, naturalmente.
Scrollò il capo, i lunghi capelli neri si mossero appena e si rese conto di essere giunto quasi alla periferia, dove soltanto un localino si presentava tranquillo e apparentemente innocuo.
Inarcò un sopracciglio, avvicinandosi ad esso più per noia che per altro, ma quando gettò distrattamente lo sguardo all’interno una figura catturò immediatamente la sua attenzione: capelli biondi, busto reclinato sul tavolo e segni particolari piuttosto evidenti.
Sbuffò, facendo la sua entrata un po’ scenica, aprendo la porta e mostrandosi in tutta la sua forza, accentuando appena un poco il chakra affinché tutti potessero rendersi conto del suo arrivo.
Tutti, naturalmente, tranne la diretta interessata, che gli voltava le spalle e manco lo considerava.
-Ehi, sto parlando con te!- Tsunade si alterò col cameriere al quale stava chiedendo l’ennesimo boccale di sakè, poiché egli si era gelato alla sola vista di Madara.
-H-Hokage… è arrivato M-Madara…- Bisbigliò, quasi temesse di essere udito.
-Chi?- Chiese lei con un tono di voce abbastanza alto, dovuto all’alcol.
Seguendo l’indicazione del cameriere fece una mezza rotazione su se stessa, le iridi ambrate incontrarono la figura prorompente di Madara ancora fermo sulla porta, pronto ad essere ammirato: braccia incrociate sul petto muscoloso, sguardo di ghiaccio, chakra decisamente palpabile.
La bionda sbuffò, quasi delusa.
-Oh, è solo quell’Uchiha.- Disse calcolandolo meno di zero e tornando alla sua ordinazione, come se fosse entrato l’ultimo scemo di turno.
Inutile dire che l’Uchiha non la prese troppo bene, tanto che la raggiunse a grandi passi, battendo un violento pugno sul tavolo.
Un brivido salì sulla schiena del cameriere, il quale prese a tremare mentre Tsunade beveva in tutta tranquillità la propria bevanda.
Beata superbia.
-Si può sapere cosa diavolo ci fai qui, Senju?!- Tuonò.
Lei alzò lo sguardo con strafottenza.
-Sono in un locale con un paio di boccali di sakè. Secondo te cosa faccio, l’uncinetto?-
Gli rispose provocatoria, accennando ad un sorrisetto beffardo.
Madara si sedette accanto a lei con un gesto brusco, facendo segno al cameriere di allontanarsi, mentre il locale cominciava lentamente a svuotarsi: quando Tsunade e Madara litigavano –e questo accadeva più o meno venticinque ore su ventiquattro - c’era soltanto da aspettarsi il peggio.
-Sentimi bene, Senju. Sei il capo villaggio, non puoi permetterti questi comportamenti!- La rimproverò, convinto di avere effettivamente tutte le ragioni dalla sua.
Lei roteò le ridi al cielo, accennando a rispondergli in malo modo ma una stramba idea le balenò nella mente, tanto che l’espressione scocciata lasciò presto spazio ad un sorrisetto ironico.
-Una volta che hai l’ufficio tutto per te mi vieni a cercare, Uchiha? Quasi quasi mi commuovo… non è che senti la mia mancanza?-
Lo provocò ancora, per poi lasciarsi sfuggire una mezza risata e portare il boccale alle labbra, bevendone un sorso ampio.
-No, Senju. E’ che altrimenti non ho nessuno da uccidere, e questo mi annoia.- Replicò pari pari, beccandosi un’occhiataccia di lei.
Alla fine si concesse anche lui una bevutina, in fondo il Villaggio era tranquillo e l’unica minaccia delle Cinque Terre Ninja –alias lui- non sembrava bramare nulla di pericoloso.
Restarono, alla fine, praticamente soli in quel locale, a bersi qualche boccale: lei per dimenticare, lui probabilmente solo per cercare nuovi espedienti per prenderla in giro, gettarle addosso tutti i possibili difetti e peccati, come se lui fosse il santarello di turno.
 
Poi, ad un tratto la guardò di sbieco, appoggiando con ben poco garbo il boccale sul tavolo.
-Sai qual è il tuo problema, Senju?-
Le disse con espressione convinta, così d’improvviso. Lei lo liquidò con un gesto disinteressato, continuando a bere.
-Da quando sei anche psicologo, oltre che psicopatico?- Lo rimbeccò riportando il sakè alle labbra.
Lui ignorò quell’affermazione e non distolse lo sguardo da lei, da quelle gote arrossate, le iridi perse in chissà quali pensieri, quel ciondolo perennemente al collo ed una scollatura dalla quale difficilmente si distoglieva lo sguardo.
-Che non scopi da troppo tempo.- Un tono tranquillo, pacato, come avesse appena detto di aver fatto la spesa.
Tsunade sputò di getto tutta la bevanda sulla parente davanti a loro, in un misto di sconvolgimento e stupore.
Se non avesse avuto più alcol che sangue in circolo, probabilmente l’Uchiha sarebbe già stato ammazzato nel modo meno piacevole possibile.
-Come, scusa?!- Ripeté quasi a convincersi da sola di aver sentito male.
-Che non fai sesso, Senju. E questo ti rende acida.-
Concluse in tutta tranquillità, portando il boccale alle labbra per l’ennesima volta.
Lei lo osservava stralunata, le gote palesemente arrossate, la risposta pronta che per un attimo le venne a mancare.
Non poteva credere che le stesse facendo davvero un discorso del genere.
-Parla quello con una intensa vita sessuale…- replicò saccente, convinta di averlo spiazzato: per quanto non si potesse negare a Madara di essere un bell’uomo, di certo non aveva la fila dietro dato il caratteraccio.
-E cosa te lo fa credere?- Le domandò meno aggressivo del solito, probabilmente l’alcol stava facendo i suoi effetti e lui non era propriamente abituato a bere…
Non ai livelli di Tsunade, almeno, leggendaria anche per questo.
-Che i morti non hanno poi ‘sto gran sex appeal, a parere comune.- Lo sbeffeggiò platealmente, per poi cadere in una fragorosa risata che la costrinse ad inclinare appena il capo all’indietro.
Digrignò i denti, offeso profondamente nell’orgoglio da quelle parole, tanto che la cattiveria non si trattenne dal palesarsi nell’immediato.
-Zitta, Senju. Che come minimo sei vergine.- L’aizzò mettendo completamente da parte l’educazione, il garbo, il tatto e tutte quelle congetture che rendono un uomo educato.
-Anzi no. Ti sarai fatta solo quel ninja spettro… come si chiamava quell’idiota? Dan?-
Questo non doveva dirlo.
Appoggiò con una lentezza maniacale il boccale al tavolo, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Questo non doveva proprio dirlo.
Un silenzio inquietante calò d’improvviso.
-Non osare mai più parlare di lui, Madara.- E lo chiamò per nome, con un tono freddo e tanto fermo che per un attimo lo destabilizzò.
-Sono stata chiara?- E lo guardò con un fare diverso dal solito, ma talmente intenso che l’Uchiha per un secondo temette di non reggere il confronto.
Non era la solita rabbia dovuta all’orgoglio o al rancore, non era nemmeno una furia cieca ed irrazionale.
No, quella era rabbia dovuta all’amore, ad un amore bramato e perduto per sempre: una rabbia che lui non aveva mai conosciuto, né compreso. E si sa, ciò che non si conosce fa molta, molta più paura.
Impiegò un minuto abbondante per distogliere lo sguardo, per poi tornare all’ironia sadica e decisamente cinica di poco prima.
-Quindi ho ragione.- Concluse, tornando a bersi il sakè: ora che ci pensava, era la prima volta che lo beveva e questo non gli dispiaceva per niente.
-Ah perché tu detieni il record di Konoha, per caso? Avevi la guerra radicata fino al midollo, figurarsi se hai mai pensato all’amore!- Lo sbeffeggiò, volgendosi lateralmente, in modo tale da vederlo bene.
Lui scoppiò in una risata.
-Amore? Andiamo, Senju, per chi mi hai preso! Per l’Haruno di turno?-
 Ogni riferimento agli atteggiamenti di Sakura negli ultimi cinque o sei anni era puramente casuale, ovviamente, ma Tsunade evitò di arrabbiarsi anche per quello, il suo sangue era sufficientemente avvelenato.
-E comunque sì, me ne son fatte parecchie.- Concluse, soddisfatto. La donna sospirò.
-Non mi interessano le tue conquiste d’amore, Uchiha. E parlare con te di quest’argomento è assurdo!- Aggiunse infine, ancora perplessa sul perché stesse effettivamente discutendo col suo peggior nemico –nonché collega Hokage- di un argomento come quello.
-Andiamo, Tsunade! Non siamo mica dei quattordicenni tutto pudore! E poi ti fa bene, altrimenti diventi una vecchia senza aver mai provato un certo piacere…- Concluse, bevendo un altro sorso con estremo gusto, con tanto di sospiro finale.
-Ti fa bene, ti dico. Magari la smetti di fare la sclerotica e ti apri un po’ di più.-
E solo dopo aver parlato realizzò il termine utilizzato nelle ultime parole, tanto che voltò lentamente il capo verso la collega, la quale lo stava letteralmente fulminando.
-Ascoltami bene, Madara Uchiha.- Cominciò, seria e decisa, quasi dovesse fare il discorso del secolo.
-Le tue implicite richieste sessuali tienile per qualche battona di turno, non ti asseconderei nemmeno sotto tortura!- Esclamò con un certo vigore, sbattendo il boccale sul tavolo, il quale fece un balzo notevole e lasciò cascare a terra numerose bottiglie e boccali vuoti.
L’Uchiha la osservò per un lungo attimo, prima di allargare la labbra in un sorrisetto tanto malizioso quanto ironico.
-Hai paura di non essere all’altezza, Senju?- Una provocazione calibrata su misura per la situazione, solo un oratore del suo calibro avrebbe potuto cogliere l’occasione così maledettamente bene.
Il sangue le ribolliva nelle vene, l’orgoglio le imponeva di saltargli addosso mentre il buon senso l’ancorava alla sedia sulla quale era malamente seduta.
Non rispose, semplicemente si morse il labbro inferiore, facendolo sanguinare appena.
Dio quanto lo odiava.
Lui, invece, si godette quella reazione con estremo piacere, tanto che si passò il bordo del boccale sulle labbra con fare trionfante.
-Facciamo una scommessa, Senju.- Sì, decisamente aveva imparato troppo in fretta a metterla con le spalle al muro, stuzzicando con una certa abilità l’interesse e l’orgoglio di quella sua rivale preferita.
-Se riesco a sedurre una kunoichi entro una settimana, dovrai fare una cosa che ti ordinerò.- Propose, serio e maledettamente divertito.
-La kunoichi la scelgo io, naturalmente.- Rispose a tono lei, giusto per quella scommessa fosse un’arma a doppio taglio.
Appoggiò il boccale sul tavolo, tendendole la mano.
-Affare fatto?-
Lo squadrò ancora. L’alcol prese decisamente il sopravvento sul buon senso.
-Affare fatto.-

Gli strinse la mano con un certo vigore, poi anche sulle sue labbra carnose andò a palesarsi un sorrisetto ironico e maledettamente divertito: sì, era decisamente un'arma a doppio taglio, quella scommessa.
-Mei Terumi.-

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Capitolo 5
*** Fragola ***


Capitolo Quinto
.:Fragola:.

 
Stranamente – molto stranamente - era arrivata puntuale in ufficio ed era già seduta alla sua scrivania – sottolineiamo sua - a firmare svariate burocrazie, uno dei tanti compiti della giornata.
Tutto sembrava tranquillo, gli uccellini cantavano, la gente passeggiava tranquilla per le strade, il sole splendeva alto nel cielo sopra Konoha…
-SENJU!- … e sì, mancava giusto lo strillo insopportabile del co-Hokage per rovinare quella pacifica quiete.
Una vena di nervosismo si palesò sulla tempia della donna, quando quella porta venne aperta – anzi, sbattuta - violentemente, tanto che la libreria attigua vibrò per un attimo.
-Non eri tu il maniaco del bussare, Uchiha?- Gli domandò ironicamente, giusto per provocarlo apertamente già di prima mattina.
Ma non reagì, Madara, o meglio sembrava già particolarmente infuriato di suo, per qualcosa che –sempre molto stranamente- non era la prosperosa donna che si trovava davanti ogni giorno.
-La questione è grave.- Esordì tutto d’un fiato, con ancora il volto rosso per lo sforzo della corsa appena fatta, mentre appoggiava ambedue le mani sulla scrivania, braccia tese e nervose, lo sguardo sconvolto rivolto alla nipote del suo peggior nemico.
-Io non la farei così tragica, sono abituata a perdere le scommesse…- ammise con un sonoro sbuffo, guardando altrove per un attimo, per poi riprendere immediatamente il discorso precedente con uno sguardo ed un sorrisetto ironico degno di un serial killer, di chi si sta godendo la faccia per una disgrazia altrui.
-… e poi, non sei forse contento di aver conquistato l’aitante e tanto bramata Mei Terumi in un sol giorno?- Poteva sembrare un complimento, magari un elogio, ma la verità era che lei sapeva benissimo che quella fosse, per lui, la peggiore delle provocazioni.
La voce del flirt tra la Mizukage e l’Hokage si era sparsa immediatamente ed aveva fatto vociferare di tutto: dalla semplice botta e via ad un vero e proprio fidanzamento, alcuni si erano addirittura spinti a sospettare che i due già si frequentassero di nascosto e che, quindi, fossero pronti al “grande passo”.
Un grande passo nella tomba, per un orgoglioso libertino come l’Uchiha, ovviamente.
-Taci!- Esclamò d’improvviso, in una esplosione di rabbia, gesticolando furiosamente al cielo.
-La pressione, Uchiha…- gli ricordò a bassa voce, tornando alle proprie burocrazie come se nulla fosse, mentre lui si avviava alla finestra.
-E’ una piattola! Una sanguisuga! Una stracazzo di donna sentimentalista che crede che io la ami davvero!- Sbraitò ancora, guardava fuori dalle vetrate con fare circospetto, come se si stesse nascondendo da qualcuno o stesse controllando che – sempre questo qualcuno - non lo avesse seguito fin lì.
-L’arteriosclerosi, Uchiha…- continuò lei. Sì, si stava spudoratamente vendicando di tutte le volte che le aveva dato della vecchia, quando il centenario, lì, era lui.
-Ma dico, non ci si può semplicemente divertire un po’? Macché, qui siete tutti seri! Come diavolo è degenerata Konoha?! E’ diventato un Convento?- Continuava, inveendo, rabbioso come non mai.
E Tsunade se la rideva, eccome se se la rideva.
Non aveva scelto Mei Terumi a caso, naturalmente, conoscendo i suoi gusti maschili e soprattutto quanto, per lei, l’argomento “matrimonio” fosse particolarmente scottante.
-Sai, Uchiha, qui non sono tutti degli animali come te. C’è chi ai sentimenti ci tiene.- Gli fece notare sempre con quel fare distaccato e supponente, quasi non le interessasse minimamente della questione, mentre lui era tanto preso da quella condizione di “fidanzato” - che non gli addiceva minimamente - da non rendersi nemmeno conto delle reali espressioni della sua rivale-collega autoimposta.
-Ma quali sentimenti e sentimenti, qui si tratta di sopravvivenza!- Asserì indignato.
-Quella mi sta addosso neanche fossi già suo marit- Ma si interrupe, gelandosi sul posto.
Un brivido freddo gli percorse la schiena, come avesse appena visto un fantasma.
Tsunade inarcò un sopracciglio e si degnò di guardarlo.
-“Marito”, Uchiha, si dice “marito”. Non è una bestemmia.- Specificò fingendo di non aver capito il suo improvviso terrore, ma questa volta non riuscì a trattenere una risata divertita, del tutto sincera dinnanzi al casino in cui l’orgoglioso Madara si era cacciato.
E lei sarebbe stata lì ogni singolo istante per non perdersi nemmeno una di quelle sue espressioni sconvolte… a Mei doveva davvero un favore.
Forse quella risata era stata decisamente troppo, l’Uchiha pareva essersela presa particolarmente e per questo sbatté violentemente un pugno sulla scrivania, facendola sobbalzare e costringendo la prosperosa Hokage ad asciugarsi i lacrimoni delle risa precedenti.
-Ho detto che è una situazione grave, Senju. Te ne rendi conto?- Asserì di nuovo, questa volta decisamente più freddo e preoccupato.
Tsunade, in tutta risposta, fece spallucce.
-Ti correggo, Uchiha. E’ una situazione grave per te.- E di nuovo le labbra carnose andarono ad aprirsi in un sorriso ironico e particolarmente soddisfatto: perdere una scommessa non le era mai piaciuto così tanto!
Madara, tuttavia, non sembrava pensarla allo stesso modo, ovviamente.
-Aprì gli occhi, vecchiaccia: se io davvero dovessi fidanzar- E anche qui si interruppe, mandando giù un magone piuttosto grosso al sol pensiero del continuo di quella frase.
-Insomma, quellacosalì, con la Terumi, poi ce la ritroveremmo sempre qui tra i piedi!- Cercava disperatamente di trovare una qualche motivazione che potesse indurre anche la collega a considerare grave quella situazione, piuttosto che un ottimo motivo per burlarsi di lui.
Inutile dire che, come Madara non avrebbe mai ammesso che di fatto le stesse chiedendo aiuto – alla sua peggior rivale -, Tsunade non avrebbe mai accettato di assecondarlo, ora che aveva la possibilità di vendicarsi.
-E dov’è il problema? Mei è così una cara ragazza.- Esclamò in tutta tranquillità, le iridi ambrate che fissavano quelle scure dell’altro con una soddisfazione senza pari.
-E poi, magari ti chiederà di andare a vivere da lei… così finalmente ti sarai strigato dalle scatole.- Terminò appoggiando i gomiti sulle scrivania ed il mento sulle mani incrociate, assumendo un’espressione angelica che avrebbe fatto indiavolare anche il più santo sulla terra.
Madara era seriamente tentato di ammazzarla nel peggiore dei modi, quando un’idea del tutto subdola non gli attraversò la mente, illuminandogli lo sguardo di estrema malizia per un attimo.
Tsunade inarcò un sopracciglio, perplessa: se c’era una cosa che aveva imparato era mai fidarsi degli Uchiha, mai.
-Sai, Senju, stavo pensando…- cominciò, portandosi le mani dietro la schiena e cominciando a camminare tranquillamente per l’ufficio – troppo tranquillamente, considerando la scenata che aveva appena fatto.
-… e già il fatto che tu pensi è un problema…- aggiunse lei a bassa voce, beccandosi un’occhiataccia dell’altro che, tuttavia, era concentrato a non perdere il filo del discorso, perché la provocazione peggiore sarebbe arrivata da lì a poco.
-Se davvero, nel peggiore dei casi, io dovessi andare a Kiri, tu resteresti qua da sola…- affermò, mentre le iridi ambrate di Tsunade cercavano disperatamente di capire dove volesse arrivare.
-… perciò ho pensato, perché non ti trovi un bel fidanzato anche tu?- Domandò spudoratamente, volgendole un sorrisetto ironico e beffardo.
Inutile dire che lo sguardo della prosperosa Senju si fece immediatamente infuocato: come si permetteva di dirle una cosa del genere, quando era sempre stato chiaro a tutti che per quarant’anni non si fosse mai fidanzata proprio perché il suo cuore apparteneva già a qualcun altro?
Strinse i pugni sulla scrivania, tendendo i nervi.
-Dicevo, appunto, che non tutti sono degli animali come te.- Ribatté piuttosto acidamente, quello non era un argomento sul quale le piaceva scherzare, per niente.
-Non sono una superficialotta come te e sto bene da sola. Ma grazie per la premura.- Disse nuovamente con fare aggressivo a stento trattenuto, considerando che fosse palese ad entrambi che non si trattasse di premura, ma piuttosto di levarsi dai piedi l’un l’altro.
Tuttavia, Madara non sembrò per nulla influenzato da tali parole e continuò col suo discorso, sicuro che, se al solo accennarlo la collega era scattata in quel modo, andando più a fondo nella questione sarebbe definitivamente esplosa. E lui non aspettava altro.
-Suvvia, Tsunade, non fare l’acida come tuo solito...- commentò sarcastico, godendosi quella vena di nervosismo che, come solito, andava a palesarsi sulla fronte dell’altra, accanto a quel rombino dalle infinite proprietà curative.
-… il Quarto Raikage ti fissa il fondoschiena ogni sacrosanta volta, una possibilità gliela potresti dare, no?- Sgranò gli occhi. I muscoli si tesero. La pressione cominciò vertiginosamente a salire e Madara ebbe l’impressione che, probabilmente, nemmeno un bunker antiatomico sarebbe servito a fermarla.
-Cosa. Hai. Detto?- Scandì ogni singola parola, in una frazione di secondo superò la scrivania, inchiodando l’Uchiha alla parete, mentre questo si limitava a sospirare.
-Dimentico sempre che sei violenta.- Borbottò fra sé e sé, ma Tsunade non pareva minimamente scherzare.
-Stammi a sentire, Uchiha. Il Raikage potrà anche essere una brava persona, ma non vado col primo che capita per puri istinti sessuali!- Affermò con una certa convinzione.
Madara non sembrava minimamente intimorito da quel fare, ormai aveva imparato a conoscerla: violenta, acida, aggressiva, ma non aveva davvero la cattiveria di uccidere qualcuno, se non in casi estremi.
-Oh, dunque li hai ancora? E io che pensavo che dopo la menopausa tutto si affievolisse…- azzardò con un sorrisetto ironico e nel giro di un paio di secondi si ritrovò nella stanza attigua, la parete dove prima era appoggiato completamente disintegrata.
Le due segretarie di turno se la squagliarono immediatamente, mentre l’Uchiha si liberava dalle macerie con gesti di non curanza ed un sorrisetto soddisfatto in volto: non si sarebbe mai stancato di torturarla in quel modo, vedere le sue reazioni era pressoché esilarante.
Tsunade, naturalmente, non la pensava allo stesso modo: era furibonda e si stava già tirando su le maniche come dovesse combattere di nuovo la guerra.
-Io ti uccido.- Sibilò a denti stretti.
-Nah. Ci hai già provato una volta e non ci sei riuscita. Ed eri pure in compagnia del tuo spasimante…- continuò a sbeffeggiarla bellamente.
Se la ritrovò di nuovo addosso, una mano al collo, l’altra pronta a sferrare un pugno di una certa potenza, mentre i loro sguardi roventi continuavano a sfidarsi.
-Non ripeterò lo stesso errore, credimi.-
-E io che pensavo di essere quello più paranoico coi fidanzamenti e stupidatine varie…- commentò sarcastico, sospirando, anche se il fiato gli si ruppe in gola poiché la presa cominciò a stringersi, anche un po’ troppo per i suoi gusti. Ma il rischio gli piaceva – stuzzicare quella donna gli piaceva – perciò avrebbe corso il rischio, tanto che mentre Tsunade era più impegnata a non esplodere di rabbia lui continuava il suo discorso, imperterrito.
-Sai come sarebbe contento di ricevere una tua lettera particolarmente promettente?- E se la rise, tanto che l’Hokage per non ucciderlo veramente dovette allontanarsi bruscamente, imponendosi di calmarsi, anche se con un soggetto del genere accanto era un’impresa ardua: altro che missione di livello S!
-Non succederà, quindi non vedo perché porsi il problema.- Asserì sicura, diretta di nuovo all’ufficio, nella speranza che ignorandolo le si sarebbero calmati i bollori.
-Ne sei sicura?- E quel tono aveva un ché di beffardo ed ironico talmente pungente che la prosperosa Hokage dovette fermarsi, volgendosi lentamente verso di lui con uno sguardo pressoché omicida.
-Non osare…- bisbigliò a denti strettissimi. Vivevano praticamente in simbiosi – per forza di cose ovviamente - ma l’Uchiha avrebbe di sicuro trovato qualche momento per scrivere quella presunta lettera ed inviarla al Raikage in gran segreto, mettendo nei casini la collega.
Madara sorrise ironicamente, rialzandosi e scrollandosi la polvere di dosso.
-Facciamo un accordo, Senju.- Propose, ormai sapeva giocare sui punti deboli della donna in modo tanto abile che ogni volta lei ne rimaneva spiazzata. E la cosa non le piaceva per niente.
Sospirò ed incrociò le braccia sotto il seno prosperoso.
-Come se gli accordi ci portassero bene, Uchiha.- Commentò sarcastica, considerando che se si trovavano in una situazione del genere era proprio a causa di uno stupido accordo.
-Tu mi aiuti a liberarmi della Mizukage ed io ti tengo lontano il Raikage.- Propose, lei inarcò un sopracciglio accennando ad una lieve risata.
-So tenerlo a bada anche da sola, Uchiha. Io.-  Sentenziò.
-Non se viene incoraggiato.- Disse palesando il solito sorrisetto malsano ed ironico.
Si lanciarono una lunga occhiata, consapevoli entrambi che, in caso di mancato accordo, l’uno avrebbe fatto di tutto per mettere in difficoltà l’altro circa quell’ambito.
Sospirò ed afferrò la mano che l’Uchiha le tese, stringendola forse con un poco più di forza del dovuto.
Continuarono a mantenere quel contatto visivo, Tsunade era piuttosto seria e scocciata, mentre Madara – se possibile - assumeva un’espressione ulteriormente beffarda.
-Bene…- esclamò, stringendo anche lui la presa di quella mano.
-Ora mi prendo il premio per aver vinto la scommessa.-
E senza dire altro la tirò sgarbatamente a sé, facendo aderire perfettamente le loro labbra.
Tsunade sgranò letteralmente gli occhi, mentre l’Uchiha li socchiudeva appena, intensificando il contatto con quelle labbra carnose che erano decisamente più morbide e piacevoli del previsto.
Era una provocazione evidente, forse la peggiore che potesse farle.
Tempo qualche attimo e si ritrovò cinque dita rosse stampate sulla guancia ed una Tsunade sconvolta - non solo arrabbiata - ma decisamente stupita per ciò che era appena accaduto.
-Che diavolo ti salta in mente?!- Sbraitò fuori di sé: tutto si sarebbe aspettata da quell’Uchiha, tutto. Tranne quel gesto che, lei ne era certa, lui sapeva che l’avrebbe disorientata più di qualsiasi altra cosa.
E ci godeva, nel vederla così, ovviamente l’aveva fatto di proposito, traendone anche un certo piacere personale.
-Fragola… non dirmi che hai anche un lato dolce.-
E l’ennesimo muro del palazzo dell’Hokage venne disintegrato.

 

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Capitolo 6
*** La principessa e il pinguino ***


Capitolo Sesto
.:La principessa e il pinguino:.

Si ritrovavano lì, davanti a quella porta a vetri che pareva l’ingresso all’Inferno, una grande scritta luminosa ed invitante e ben tre piani disponibili soltanto per loro - per gli Hokage.
Trascinati a forza entrambi se ne stavano impalati con borse vuote (pronte per essere riempite) fra le mani, mentre Shizune e qualche altro ninja volenteroso attendevano il loro ingresso all’interno.
“Un Matrimonio da Favola – abiti per lui e per lei”: questo era il loro girone, questa la loro condanna mentre nei loro occhi era dipinto il terrore.
Possibile che i bei tempi delle guerre e dei massacri fossero già finiti?
-Ricordami perché dobbiamo entrare qui, Senju.- Biascicò Madara, il quale sbatteva freneticamente le palpebre nella speranza di risvegliarsi da un brutto sogno.
-Ricordami di ucciderti quando ne usciremo, Uchiha.- Dire che Tsunade fosse irritata era poco – lo era così tanto che aveva persino scordato di portarsi appresso una bottiglietta di sakè, vitale per giornate come quella.
-Non è colpa mia se qualcuno non ha rispettato l’accordo e per questo dovremo vestirci da pinguini.- Borbottò Madara, ancora incapace di muovere anche un solo passo verso quella giornata di puro shopping, nel quale avrebbe dovuto scegliere il suo presunto vestito da “fidanzato ufficiale”.
Gli veniva il voltastomaco soltanto a pensare ad una cosa del genere, figurarsi doversi preparare ad un evento simile.
-Ah, adesso sarebbe colpa mia?- Esordì volgendosi a lui con una occhiataccia.
-Non sono io ad aver aggiunto un cuoricino ad una lettera formale – e sottolineo formale! – al Quarto Raikage, suscitando in lui fin troppi pensieri!- L’accusò bellamente, per poi riflettere sulle parole appena dette e scuotere sconsolatamente il capo, portando una mano alle tempie per massaggiarsele animatamente.
-Dio, un cuoricino! Neanche fossi una ragazzina ormonata di tredici anni!- Continuò a ripensare a quell’imbarazzante equivoco, provocato naturalmente dal suo rivale-collega troppo maschio per poter comprendere a fondo una situazione complicata come quella.
Una situazione doppiamente complicata per lei, soprattutto, sensibile e piuttosto attenta ai sentimenti altrui per permettersi di trattarli con sottigliezza.
Il capoclan Uchiha, naturalmente, non esitò ad approfittarne per l’ennesima battutina.
-Non avevi insinuato che i tuoi ormoni fossero perfettamente attivi nonostante la menopausa?- Disse senza guardarla, ma un sorrisetto ironico comparve sul suo volto marmoreo.
Incredibile come fosse passato dalla disgustante rassegnazione al palpabile divertimento nel giro di qualche attimo. Cominciava a sospettare che forse – e dico forse – quella giornata sarebbe stata meno noiosa del previsto, considerato che avesse una vittima ormai quotidiana da torturare quanto gli pareva.
Anche se definire “vittima” una Hokage furente e dalla forza sovraumana forse è un po’ riduttivo ed azzardato.
-Punto 1, io non sono in menopausa.- Specificò con un tono leggermente irritato, ma che pareva concentrato ben su altro.
-Punto 2, abbiamo un problema ben più grave da risolvere.- Continuò tornando a fissare l’insegna. All’interno alcune commesse già stavano prendendo qualche disposizione da una Shizune emozionata che annotava qualche dettaglio su un taqquino.
Tsunade già rabbrividiva all’idea di dover indossare un abito cerimonioso, lei che aveva sempre detestato ogni sorta di gonna o vestito che fosse.
-Un problema che avremmo potuto benissimo evitare, se Sua Altezza l’Orgogliosa non avesse mandato tutto all’aria.-
-Oh, scusami se mentre cercavo di convincere Mei che non sei l’uomo perfetto che lei immagina, alias cercando di salvarti le chiappe, tu sei saltato su insultandomi!- Ribatté alternata.
-Suvvia, ho semplicemente evidenziato una piccola differenza d’età fra di voi…- Rispose con una finta ingenuità palesata in volto.
-Ed era necessario farlo in quel momento?!-
La diatriba sembrò continuare per qualche altro minuto, mentre l’uno incolpava l’altro senza rendersi conto che, effettivamente, nessuno dei due ci avesse guadagnato poi molto a non trattenersi in determinate circostanze.
Morale della favola, entrambi erano nei guai fino al collo: Madara con un fidanzamento ufficiale alle porte e Tsunade promessa testimone di nozze assieme al caro Raikage.
Un vero e proprio disastro.
-Hokage, è meglio se entrate! O non riuscirete a provare tutti gli abiti!- La voce di Shizune, eccitata come non mai, costrinse entrambi ad interrompersi per sbuffare sonoramente ed avanzare.
Una volta all’interno si lanciarono l’ennesima occhiata omicida di sottecchi, prima di venir trascinati in due ale diverse di quell’immenso negozio di super lusso, addobbato come fosse Natale e ricco della più sfavillante mercanzia.
Loro, che avevano passato la vita a lottare e a combattere, si ritrovavano chiusi in un negozio di alta moda con l’unico obiettivo di fungere da manichini ad abiti ridicoli che non avrebbero più indossato per il resto della loro vita.
Una meravigliosa prospettiva giornaliera, senza dubbio.

Tsunade era accerchiata da Shizune e Kurenai ai lati, mentre Anko si limitava a controllare che la prosperosa Hokage non tentasse la fuga in un qualsiasi momento.
-Oh sono così emozionata per lei, Tsunade-sama! Essere la testimone di nozze assieme al Raikage…- Esclamò la sua giovane assistente con gli occhi quasi lucidi per la commozione, mentre faceva loro segno di fermarsi e spulciava abiti su abiti.
-Potrebbe essere una buona occasione per, come dire… insomma… col Raikage… è un bell’uomo… ed è single…- Cercava di lasciar intendere Kurenai senza esplicare apertamente il suo pensiero.
Una pericolosa vena di nervosismo comparve sulla tempia della bionda: possibile che anche loro stessero complottando con l’Uchiha?
Lo Sharingan, dopotutto, aveva parecchie potenzialità.
-Sentite, non sono io che devo fidanzarmi e- Ma venne interrotta da un paio di vestiti che Shizune le lanciò prontamente addosso, evitando così di farle finire la frase – e di insultarle tutte quante ed andare in escandescenza, ovviamente.
Anko, nel mentre, diede una gomitatina tattica all’Hokage.
-Io ci farei un pensierino, signorina Tsunade… Il Quarto Raikage sembra parecchio, come dire, prestante.-
Azzardò facendole l’occhiolino, con conseguente espressione sconcertata di Tsunade che continuava a venire sommersa da vestiti che avrebbe dovuto provare di lì a poco.
-Oh, in effetti…- Commentò poi Kurenai, arrossendo lievemente mentre Shizune continuava a lanciare vestiti su vestiti, esaltatissima per uno shopping che non faceva da… da quando aveva cominciato ad affiancare Tsunade, ora che ci pensava, dunque aveva un bel po’ di anni arretrati!
-Ma non esiste proprio! Ne ho a sufficienza di quell’insopportabile Uchiha!- Esordì tutto d’un tratto, cedendo quella pila di vestiti alla povera Yuhi che, non possedendo la sua stessa forza fisica, venne letteralmente schiacciata da stoffe e pizzi.
-E’ psicopatico, egoista…-
-Veramente ha accettato di risparmiare le Cinque Terre, firmando quel patto…- Le fece notare Anko. Tsunade fece spallucce.
-Dettagli. E’ un megalomane egocentrico!- Continuò. La testa di Shizune comparve da dietro una scaffalatura.
-Divide la carica di Hokage con lei, Lady Tsunade, non è così propriamente egocentrico.-
-Sono io a dividere la scrivania con lui! Sono io la vittima!- Ribatté gesticolando, sconcertata.
-E poi è molto intelligente. Voglio dire, in poche ore ha liberato la scrivania da tutte le burocrazie e-
-Cos’è che ha fatto?- Domandò ancora Tsunade, più sconvolta di prima. Decisamente non aveva mai visto Madara sotto questi punti di vista – ma preferiva di gran lunga il proprio, che lo vedeva come il viziatello troppo ironico per i suoi gusti.
Shizune, pazientemente, tornò verso di loro con una pila di scarpe in mano.
-Siccome lei era all’Ospedale per le visite, il signor Uchiha si è prodigato a smaltire tutte le burocrazie… ed è stato anche molto veloce.- Spiegò tranquillamente, lasciando Tsunade con un’espressione sinceramente perplessa.
-Mi stai dicendo che sa anche rendersi utile?- Domandò ironicamente, incrociando le braccia sotto il seno prosperoso.
-Lei è prevenuta, Hokage! Madara è molto disponibile e-
-Prevenuta? Io che ci convivo tutti i giorni?!- Inveì, decisamente fuori di sé, gironzolando per la stanza.
-E poi, disponibile quando? Ad insultare a gratis?- Continuò, mentre le altre tre si lanciavano sguardi sconsolati.
-Secondo me non stiamo parlando della stessa persona, qua.- Concluse frettolosa e spazientita, sin quando non venne costretta ad entrare nel camerino per cominciare la prova d’abito.
Madara doveva aver creato una copia con l’Arte del legno, per convincere le sue più fidate kunoichi che fosse un brav’omo e non l’assassino megalomane che conosceva lei…
Sì, decisamente era l’unica spiegazione logica che le venisse in mente.

Nel frattempo, all’ultimo piano Obito se ne stava mezzo stravaccato su un divanetto, giocherellando con un kunai proprio davanti ad un ampio camerino.
Quasi quasi si divertiva, a vedere quella specie di sfilata che ormai si svolgeva da un’oretta abbondane, contrariamente al più giovane Uchiha che sbuffava di tanto in tanto.
-Ma questa che roba è? Una camicia di forza forse?!- Ad interrompere quella quiete erano, appunto, gli improperi e le lamentele di un Madara Uchiha che, puntualmente, sbagliava ad abbottonarsi la camicia o non riusciva a sistemarsi il colletto di una giacca.
-Avete inventato queste nuove armi per far fuori me, eh? Ammettetelo, traditori! Tutti dalla parte di quei Senjuchecca state!- Continuava a gridare dall’interno del camerino, mentre fuori i due Uchiha si scambiavano uno sguardo sconsolato.
-Ah ma io non ve la do vinta eh! Nossignore, non mi vestirò da frocetto in questo modo ridic-
-Madara, scusa se ti interrompo, ma fra un’ora dobbiamo aver già scelto tutto. E sei ancora alla camicia.- Gli ricordò freddamente Sasuke, scocciato all’ennesima potenza.
Pochi attimi di silenzio ed il fantomatico Madara Uchiha si degnò di uscire dal suddetto camerino, sfoggiando una camicia azzurrina malamente abbottonata, col colletto per metà ordinato e l’altra metà inguardabile, e naturalmente senza ancora i pantaloni.
Per non parlare dei capelli, poi: contrario all’idea di legarseli, si ritrovava piuttosto arruffato per la battaglia appena svolta con la suddetta camicia – una delle peggiori che avesse combattuto, in effetti.
Sasuke inarcò un sopracciglio, Obito si portò frettolosamente una mano alle labbra per evitare di ridere sguaiatamente – cosa che, ovviamente, non gli riuscì.
-Che ridi?!- Sbottò Madara. Siccome Obito non si riprendeva, a Sasuke toccò sforzarsi di intervenire ancora una volta.
-Non si indossa in quel modo. Ecco perché ride.- Spiegò apatico come sempre, tanto che l’altro si infuriò letteralmente sin quando una gentile – ed intimidita – commessa non gli si avvicinò per dargli una sistemata.
-Ai miei tempi si indossavano uniformi, Santo Cielo, uniformi di guerra! Non questa robetta!-
Cercò di giustificarsi. Obito ancora non era tornato tra loro.
-Stai andando ad un fidanzamento ufficiale, non alla quinta guerra ninja.- Gli fece notare di nuovo il giovane Uchiha.
Madara ci rifletté, poi di nuovo esordì con uno sbuffo e si passò una mano fra i capelli.
-Chi me l’ha fatto fare…- Sbottò. –Anzi no, lo so chi è stato!- Esordì subito dopo, alzando un dito con fare rabbioso.
-Tutta colpa di quella Senju e della sua incapacità di vincere anche solo una mezza scommessa! Non poteva mica capitarmi una pseudo-collega normale, no, mi capita la sfigata ubriacona di turno!-
-Ti ricordo che a bere e ad ubriacarti c’eri anche tu, con lei, Madara.- Gli fece presente Obito, anche se ancora si dava piccoli col pettini al petto.
L’Uchiha inarcò un sopracciglio con fare irritato: davvero quella tettona era riuscita a farlo sgarrare in quel modo dal suo ferreo autocontrollo?
-Dettagli. Resta una nullafacente, come tutti i Senju!- Continuò imperterrito, convinto di avere tutte le ragioni dalla propria parte.
-Veramente per anni ha mandato avanti brillantemente il Villaggio e al contempo ha gestito il miglior Ospedale delle Cinque Terre. Da sola.-
Altre parole che non gli piacquero per nulla, ma non poté ribattere dinnanzi all’evidenza.
Si lasciò sfuggire un mezzo grido di rabbia e si levò la camicia in tutta fretta, nervoso come non mai.
-In ogni caso è tutta colpa sua!- Inveì ancora, prendendo una giacca ed un paio di pantaloni completamente a caso ed indossandoli in tutta fretta.
-Ed è giusto che lei trovi una soluzione a questo casino!- ed era convintissimo, tanto che gli altri due non osarono ribattere.

Tempo qualche minuto e Madara si era già diretto al piano superiore, superando le proteste di Anko sul fatto che non potesse introdursi così nei camerini altrui ed arrivando proprio davanti ad un piccolo salottino dove Shizune e Kurenai aiutavano la prosperosa Hokage ad indossare un abito.
Si fermò di colpo, rimase con gli occhi letteralmente incollati su quella figura per qualche minuto, come incantato: un abito rosso le fasciava il corpo dalle curve ben in vista ma non troppo sgarbate, i capelli erano elegantemente raccolti sulla nuca e le scarpe con un tacco vertiginoso le davano un tocco di raffinatezza fuori dal comune.
Sì, era decisamente bella, doveva ammetterlo.
-Che diavolo ci fai qui, Uchiha?!- La voce acida di Tsunade lo riportò alla realtà: tempo di incontrare il suo sguardo e tornare ad una espressione ironica, provocatrice, tipica di chi ha ripreso a divertirsi delle disgrazie altrui.
-Sei incantevole, Senju. Una incantevole bomboniera.-
E nemmeno quel povero negozio riuscì a rimanere intatto.
L’ennesimo.



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Capitolo 7
*** No, non lo voglio ***


Spazietto Autrice:
Buonsalve a tutti! Lo so, dovrei seppellirmi invece di tornare dopo più di un anno, ma questa storia era finita completamente nel dimenticatoio e l'altro giusto... puff, è saltata nuovamente fuori! I capitoli che mancano sono giusto un paio, dunque mi sembrava doveroso terminarla, visti gli apprezzamenti e, soprattutto, la pazienza di molti nell'aspettare i miei aggiornamenti! Non vi rubo altro tempo, grazie a chi legger e a chi avrà ancora la voglia di seguirla o recensirla, sarà molto apprezzato - e questa volta aggiornerò brevemente, promesso.


 
Capitolo Settimo
.:No, non lo voglio:.

Non poteva andare peggio, non poteva assolutamente andare peggio.
Il giardinetto davanti al palazzo dell’Hokage era stato accuratamente allestito per l’evento, file di sedie bianche accompagnavano un lungo tappeto del medesimo colore sino ad un piccolo alterino, sul quale era già posizionato lo Tsuchikage, incaricato di celebrare quell’importante giorno.
E mentre gli invitati si accomodavano, sorridenti e solari almeno quanto quella stella di fuoco nel cielo, la prosperosa erede dei Senju rimaneva seduta lì, in prima fila, stretta in quell’abito rosso – quella bomboniera, come qualcuno le aveva fatto notare – con l’ansia che le saliva ogni secondo di più.
Stava davvero per assistere al matrimonio di Madara Uchiha con Mei Terumi, dove lei ed il Raikage avrebbero persino dovuto fare da testimoni?
Rabbrividì al sol pensiero che un giorno sarebbe dovuto toccare anche a lei, ma lo scacciò subito nel concordare con se stessa che fosse ben più intelligente e sveglia di quel principino dell’Uchiha.
Questa rassicurazione le fece quasi tornare il buon umore, anche se questo durò soltanto fino all’arrivo del suo cosiddetto compagno.
-Siete incantevole, Lady Tsunade.- Non gli rivolse subito lo sguardo, non sarebbe stato carino mostrare sin da subito l’espressione di disagio sul suo bel volto.
Attese qualche secondo, poi sfoggiò un accenno di sorriso – ovviamente forzato – che il capo di Kumo parve apprezzare, tanto da gonfiare quasi il petto. Ridicolo, persino più dell’Uchiha.
-Non nascondo una certa emozione. Sono eventi che ho sempre trovato particolarmente… lieti, non trova?- Discorsi persino peggiori di quelli di Madara, sembrava che il Raikage si stesse veramente impegnando per superare quello che lei riteneva già l’uomo più insopportabile del mondo.
Il sorriso si prolungò forzatamente.
-Trovo che dipenda dai soggetti in questione.- Si limitò a rispondere, non senza il suo solito cinismo.
A. si accomodò al suo fianco, elegante nel suo completo bianco, ma obbligato a tenere la giacca aperta per via di un petto fin troppo muscoloso.
Tsunade roteò le iridi al cielo a quell’osservazione: gli uomini muscolosi non erano certamente da disdegnare, ma… ma dai, nemmeno quel principino Uchiha si pompava così tanto, nonostante l’ego smisurato!
Sospirò, poi d’improvviso le iridi ambrate si fissarono nel vuoto, come spaventate.
Da quando aveva cominciato a confrontare chiunque con Madara?
Si passò una mano alla tempia: aveva passato troppo tempo con lui, il fatto che le invadesse persino i pensieri cominciava a diventare snervante, per non dire preoccupante.
-Vi sentite bene, Hokage?- Ecco la parte del principe azzurro, pensò.
-Solo un po’ di mal di testa, niente di ché.- Tagliò corto, cercando di ignorare il fastidio che sentiva nell’avvertire chiaramente il suo sguardo addosso.
Il suo sguardo in un punto particolare del suo corpo.
Maiale, almeno il pazzoide in armatura non si era mai permesso tanto…
Dannazione, ci aveva pensato di nuovo!
-Vuole che chiami un medico?- A quella domanda, Tsunade sperò di aver capito male. Lo fulminò con lo sguardo e lui, resosi conto dell’errore colossale – sebbene compiuto in buona fede – improvvisò un sorriso di circostanza.
-Stavo scherzando, ovviamente.- Si salvò all’ultimo, volgendosi poi dalla parte opposta per salutare Ao di Kiri e qualche altro ninja della Nebbia.
La bionda, nel mentre, aveva ancora lo sguardo sconcertato nella direzione dell’uomo, come se si stessero ancora guardando: davvero era così stupido?
Quella cerimonia doveva finire in fretta – molto in fretta – o avrebbe cominciato ad irritarsi fin troppo… e tutti sapevano bene come andava a finire, quando Tsunade Senju si irritava.
Quando si irritava con gli uomini.

Attendeva, non poteva far altro.
Vestito come un odioso pinguino restava immobile all’inizio di quel lungo tappeto bianco che, di lì a poco, lo avrebbe condotto all’altare. Rabbrividì, palesando una smorfia non indifferente.
-Non credo sia l’espressione adatta ad un novello sposo, sa?- Obito era accanto a lui, intento ad accertarsi che il capoclan Uchiha non commettesse qualche cavolata. Madara pareva non averlo nemmeno sentito – per sua fortuna.
-Dovevo ammazzarli tutti finché ero in tempo.- Biascicò fra sé e sé.
Il giovane Uchiha roteò l’iride nera al cielo, mentre l’altro si rifiutava di volgere lo sguardo ai presenti, tantomeno alla direzione da cui sarebbe arrivata la sua teorica promessa sposa.
Rabbrividì di nuovo.
-Sì, dovevo sterminarli, loro e queste manie bigotte di sposarsi e farsi assurde promesse d’amore! E’ tutta colpa di quelle idee smielose di Hashirama, decisamente è un’eredità che ha lasciato lui!- Continuò, Obito dovette fargli cenno di abbassare la voce, se non voleva cominciare la cerimonia con una dichiarazione di guerra.
-Lui e quella tettona di sua nipote!- Terminò, lasciando Obito particolarmente perplesso.
-Madara…-
-Che c’è?!- Sbottò irritato, non consapevole dell’osservazione appena fatta.
-Hai… davvero fatto un quasi apprezzamento su Lady Tsunade?- Domandò sinceramente incredulo.
Madara ricambiò il suo sguardo con uno d’ovvietà assoluta, scrollando le spalle, come se fosse lui quello stupito delle parole dell’altro.
-Non fare la checca, è oggettivamente uno schianto.- Affermò in tutta tranquillità.
Ormai era un dato di fatto: quando Madara era sotto stress – il ché capitava molto raramente – o con un po’ troppo d’alcool addosso, finiva per fare discorsi di cui si sarebbe presto pentito.
Discorsi troppo sinceri per uno del suo rango.
-E’ una rompicoglioni da record, eh, però di donne così belle non ce ne sono mica tante. Una cosa quasi fatta bene Hashirama almeno l’ha fatta!-
Obito era allucinato, sbatteva la palpebra senza sapere come reagire ma, fortunatamente, di lì a qualche minuto arrivò finalmente la sposa, interrompendo quello che sembrava un delirio da crisi di nervi del capoclan Uchiha.
Non le rivolse subito lo sguardo – anzi, gli veniva il mal di stomaco solo a vedere una tizia in bianco – ma quando lo fece rimase allibito, con le iridi nere decisamente spalancate: si sarebbe aspettato un qualsiasi vestitino principesco e pomposo, da una come la Terumi che adorava cioccolatini e fiori, ma mai che si sarebbe presentata al suo matrimonio conciata in quel modo.
Sexy, dannatamente sexy in quell’abitino cortissimo ed aderente.
Trattenere una certa bavetta era difficile – particolarmente difficile – ma, per quanto potesse apprezzare quell’abbigliamento in determinate occasioni, quella era decisamente la più inadeguata.
-Maddy amoruccio!- Lo salutò raggiungendolo, sbattendo le palpebre con quello sguardo tremendamente seducente.
L’Uchiha avrebbe voluto chiederle se stesse andando a sposarsi o a fare una lapdance.
-Allora, ti piace il mio abito? L’ho scelto apposta per te, ormai conosco i tuoi gusti!- Asserì con un sorriso fascinoso, prendendolo sottobraccio.
Avrebbe voluto obiettare, eccome se avrebbe voluto obiettare: andare a letto con la Terumi era uno spasso, non c’era dubbio, ed era stato il primo a criticare tutta quella serietà nelle relazioni che s’era instaurata dalla sua morte ma… ma non poteva negare che la trovasse troppo volgare.
Si maledì da solo a quel pensiero: ora si metteva a fare il moralista come quella Senju?
Una musica particolarmente sdolcinata e fastidiosa interruppe i suoi pensieri, tanto che si sentì letteralmente trascinato sul lungo tappeto bianco, in direzione dell’altare. Tutti sorridevano, applaudivano, e lui si sentiva un perfetto idiota.
Come diavolo aveva fatto a finire così in basso?! E dire che la scommessa l’aveva proposta lui, dannazione!
Non si scomodò nel cercare Tsunade con lo sguardo, sapeva che sarebbe stata in prima fila e se la sua visione lo irritava già di per sé, non avrebbe tollerato anche quel grottesco tutto muscoli accanto a lei.
I minuti successivi li passò ad imprecare mentalmente, non ascoltava nemmeno quel vecchio rimbambito di Onoki – non riusciva ancora a capacitarsi che lo stesse “maritando” un inetto simile – tanto che si ritrovò, dopo non sapeva bene quanto tempo, lo sguardo sognante di Mei addosso, così come quello di tutti gli altri.
Rimase composto e fiero, naturalmente, non poteva certo render palese la propria distrazione ma rimase in silenzio, tanto che lo Tsuchikage ripeté la domanda.
-E tu, Madara Uchiha, vuoi prendere la qui presente Mei Terumi come tua legittima sposa?- Il sangue si freddò direttamente nelle vene, e si pentì di avere ancora una circolazione sanguigna funzionante.
Stava davvero – lui – per sposarsi? Per dire sì ad una donna che gli stava veramente sulle scatole e con cui avrebbe dovuto passare il resto dei suoi giorni?
Aveva rinunciato alla libertà per troppo tempo, marionettato e quant’altro, non si sarebbe lasciato mettere ai ferri da una donna.
Nossignore.
-No, non lo voglio.- Una risposta secca, sicura, quasi banale.
Qualcuno sputò l’aperitivo, altri rimasero a bocca aperta, Onoki rischiò il millesimo infarto e Mei perse otto anni di vita.
-Cosa, scusa?- Ripeté, un tono polemico già evidente.
-Non voglio sposarti.- Ribadì. In quell’attimo, lo sguardo prima dolce ed innamorato della Terumi si fece rapidamente omicida, di quelli che promettono la peggiore delle vendette, neanche fosse stata una serial killer più pericolosa di lui o, ancor peggio, la miglior stalker mai esistita.
Gli avrebbe reso la vita un inferno, si rese conto solo in quel momento del casino che aveva appena creato.
-Per quale dannato motivo non dovresti volermi sposare?- La voce era calma, quasi delicata, eppure i denti erano serrati almeno quanto i pugni.
Obito e Sasuke cercarono con lo sguardo qualcosa con cui seppellirsi, onde sottrarsi alla furia che lì a poco sarebbe avvampata.
Si era messo con le spalle al muro, lo sapeva, lo sapeva benissimo. L’animo libertino lo aveva spinto in quella trappola, la mente calcolatrice avrebbe dovuto tirarlo fuori.
Quale scusante avrebbe mai potuto inventarsi per soddisfarla? Si sarebbe arrabbiata di brutto in ogni caso, lo sapeva, ma come convincerla che fosse uno stronzo per davvero e che, quindi, fosse veramente il caso di lasciarlo in pace?
Rifletté su di lei, su come poterla ingannare: era una annata sentimentalista, Mei Terumi, e con quello stesso sentimentalismo avrebbe dovuto sconfiggerla.
Dentro di sé sorrise col peggior fare bastardo.
-Perché sono innamorato di un’altra.- Sentenziò con tono solenne.
Sentendo la parola “innamorato” persino Tsunade – concentrata sul suo drink alcolico fino a quel momento – si ridestò, volgendogli uno sguardo attonito.
In quell’attimo, mente il volto della Mizukage si faceva sempre più rosso dalla rabbia per l’umiliazione subita ed Onoki cercava con lo sguardo una disperata via di fuga, gli occhi scuri ed astuti di Madara si posarono proprio su di lei, sulla Principessa Senju.
Le gelò il sangue nelle vene, letteralmente: conosceva quell’espressione sadica ed ironica, e non prometteva mai nulla di buono.
Nulla di buono per lei.
E ne ebbe la conferma quando si ritrovò il dito dell’Uchiha puntato su di sé.
-Di Tsunade Senju.- Ed in quell’attimo gli augurò tutti i mali possibili, mentre lui quasi se la rideva sotto i baffi, fin troppo soddisfatto nell’averla trascinata con sé – la sua peggior nemica – in quella che sarebbe stata una sorta di Quarta Guerra Mondiale.
Tsunade rimase con le labbra dischiuse ed una folgorante voglia di ucciderlo con le proprie mani.
Si era sbagliata, all’inizio: era davvero andata peggio di quel che immaginava.


 
-.-.-.-.-.-.-
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Capitolo 8
*** Un bel casino ***


Note Autrice:
Arriviamo così - finalmente - alla fine di questa piccola long-fic!
Lo ammetto, è iniziata quasi per gioco, ma sono contenta che sia piaciuta, che abbia fatto sorridere e che abbiate condiviso - voi lettori e/o recensori - questo piccolo momento di shipping di una coppia alquanto improbabile ma, a mio parere, piuttosto divertente.
Grazie a chi mi ha seguita, non nego che mi piacerebbe avere un parere - anche piccolo - sulla storia, essendo ora finita... chissà, magari potrebbe venirmi l'ispirazione per un - altrettanto folle - sequel.
Buona lettura!

 
Capitolo Ottavo
.:Un bel casino:.

Se ne stava seduto lì, le braccia incrociate sul petto muscolo e la camicia scomposta, mentre la giacca dello smoking era abbandonata chissà dove.
Lì, su una delle panchine che fino a poco prima ospitava illustri rappresentanti da tutte le terre, fissava quel dannato altare come fosse stato il suo peggior nemico.
Il che – ad eccezione di una Mizukage particolarmente adirata – lo era a tutti gli effetti.
Una Mizukage che era stata sedata per ragioni di forza maggiore da Shizune, la quale era stata costretta ad una risoluzione tanto drastica proprio dalla stessa Tsunade che, indiavolata a sua volta, aveva dichiarato di “non voler avere nulla a che fare con una mestruata” – l’offesa era probabilmente dovuta all’invidia, secondo Madara – ma che avrebbe preferito “occuparsi” personalmente dell’Uchiha.
La situazione era poi degenerata, Chojuro l’aveva portata via di peso, scortato da due ANBU fino al paese della nebbia, mentre Tsunade era stata costretta ad occuparsi di tutti gli altri ospiti ed anche di un Rikage che, come si può sospettare, non aveva preso troppo bene quella dichiarazione nemmeno lui.
Sbuffò, il volto imbronciato, senza accennare minimamente a muoversi.
Qualcuno si sedette sconsolatamente accanto a lui.
-Certo che, tra tutte le scusanti che potevano venirti per evitare il matrimonio, hai scelto proprio la peggiore- gli fece notare Obito, unico rimasto in quel luogo.
Il capoclan Uchiha sbuffò di nuovo, senza rispondere, come se stesse riflettendo su chissà cosa – non di certo sul pentimento, ovviamente.
-Ed avete un modo molto strano di corteggiare, se posso permettermi – aggiunse poco dopo, facendo andare di traverso la saliva a Madara, il quale gli lanciò un’occhiata omicida.
-Corteggiare? Ma che diavolo blateri?-
-Parlo dell’Hokage… o avete già dimenticato a chi vi siete dichiarato?- gli fece notare. Madara imprecò in chissà quale antica lingua e lo scacciò con un gesto sgarbato della mano, volgendo le iridi scure altrove.
-Quello era un pretesto per metterla nei guai quanto me, idiota.- bofonchiò, trovando l’ipotesi dell’altro alquanto inappropriata, per non dire folle.
Obito scosse sconsolatamente il capo, rialzandosi.
-Già, metterla nei guai con voi… ormai sembra non possiate starle lontano per più di qualche ora.- Un’altra frecciatina, o meglio, un’altra annotazione che il capoclan Uchiha sperava nessuno gli avrebbe mai fatto. Non reagì, apparentemente mantenne quella freddezza e quella compostezza che lo caratterizzavano, eppure dentro di sé aveva sentito qualcosa mutare, muoversi tanto da rigirargli lo stomaco.
Perché diavolo il suo subconscio reagiva in quel modo?
Erano balle, quelle di Obito, balle di uno stupido shinobi rammollitosi negli anni.
Ma lui no, Madara Uchiha si sarebbe mantenuto freddo e distaccato come sempre, senza dar adito in alcun modo a quelle assurde parole che insinuavano una sorta di sentimento per Tsunade. Assurdo, davvero assurdo: lei era una Senju, una stramaledettissima tettona che -
-Come vi siete permesso?!- I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce quasi isterica di Shizune, la quale gli si presentò dinnanzi con un’espressione alquanto furibonda.
Alzò uno sguardo annoiato nei suoi confronti: la plebaglia non gli era mai interessata, da nessun punto di vista.
-Sono l’Hokage, faccio quello che mi pare- asserì freddo, senza tanti giri di parole.
La giovane assistente dell’Hokage strinse i pugni.
-E allora perché a sedare le possibili risse siamo state io e la signorina Tsunade?! Perché è lei che sta cercando di sistemare un casino che voi avete creato e –
-Non puoi startene zitta? Sei irritante. E inutile. E non riesco proprio a capire cosa diavolo ci trovi una Hokage in una jonin che non sa manco – uno schiaffo, dritto alla guancia.
Il volto non si mosse di molto, restava di una forza ben superiore alla jonin, ma lo sguardo che le rivolse fu tanto pericoloso che Obito temette di dover intervenire. L’avrebbe ammazzata, se lo appuntò mentalmente, non appena quel pasticcio fosse stato concluso. Il braccio del Susanoo prese vita da terra, stringendo Shizune in una morsa tutt’altro che rassicurante.
-Ti ammazzo seduta stante. Nessuno si permette di parlarmi in questo modo. A me, capoclan Uchiha!- alzò la voce, la rabbia stava prendendo possesso dell’autocontrollo secondo dopo secondo.
Si stava sfogando su di lei, sì, ma sapeva bene anche lui che la rabbia non fosse realmente indirizzata a lei…
Respirava a fatica, la giovane Kato, ma non sembrava intenzionata a arrendersi.
-Se le fanno del male io ti…- ma si sentì soffocare, senza riuscire a terminare la frase. Una frase che, tuttavia, fece inarcare un sopracciglio all’Uchiha, il quale allentò leggermente la presa soltanto per consentirle di parlare – di certo non gli importava della sua salute fisica o se l’ossigeno le arrivasse effettivamente ai polmoni.
-Del male a chi?- domandò.
-Alla signorina Tsunade. Il Raikage e la Mizukage hanno richiesto un incontro segreto questa sera…- tossì, ma Madara non parve preoccuparsene, anzi, nella sua mente aleggiava tutt’altro pensiero.
-Incontro? E perché io non ne so niente?!-
-Forse… voleva… limitare… altri danni…- biascicò Shizune, senza trattenere troppo l’ironia.
Madara la lasciò cadere a terra senza molto garbo e, mentre lei cercava di riprendere fiato – ed Obito andava in suo soccorso – lo sguardo dell’Uchiha si fece serioso, i pugni si strinsero ed i muscoli si contrassero.
Conosceva fin troppo bene quel genere di “incontro”, si poteva dire che l’avesse inventato lui – e l’invenzione di un sanguinario vendicativo non era certamente nulla di buono.
-Dannata testona- imprecò verso la bionda, cominciando a liberarsi della camicia mentre si dirigeva alla magione dell’Hokage, intento a recuperare poi il proprio kimono – quello da battaglia, s’intende.
-Dove andate?- domandò Obito, non senza una lieve preoccupazione.
-A menare un po’ di gente.- freddo, nervoso.
-Cosa?! Non potete, rischierete di provocare un’altra guerra e – tentò Shizune, ma questa volta fu lui ad interromperla.
-L’unico che metterà le mani addosso a quella maledetta Senju sono io, chiaro?! Non permetterò a nessun altro di precedermi!- e detto questo quasi sparì, deciso a raggiungerla il più in fretta possibile. Non aveva idea di dove si fosse diretta, ma confidava che l’alcool ingerito durante la cerimonia l’avesse resa più sbadata e che, quindi, avesse lasciato qualche traccia.
Era furibondo, Madara, letteralmente: non verso Shizune, non verso quei due che sicuramente non avevano buone intenzioni né tantomeno verso quella zuccona di Tsunade.
No, ce l’aveva a morte con se stesso perché, dopo ormai un secolo, aveva di nuovo provato cosa significasse essere preoccupati per qualcuno.
E non lo era verso se stesso.

(…)
Era ormai buio, giunse nel cuore della foresta che separava il Paese del fuoco da quello del fulmine esattamente nell’orario indicato – e non fece altro che insultare l’Uchiha per tutto il viaggio.
Se lo sentiva, che non sarebbe potuto filare tutto bello liscio come l’olio… e che, alla fine di tutto, avrebbe dovuto farci i conti lei.
Non perché fosse magnanima nei confronti di Madara, non perché avesse voglia di litigare – o darsele di santa ragione, forse era più probabile – con altri due Kage, ma perché teneva alla stabilità ed al bene delle sue terre più di qualsiasi cosa al mondo… anche dell’orgoglio.
E forse era questo a differenziarla davvero da Madara, o almeno così le veniva spontaneo pensare.
Una casupola era la sola fonte di civilizzazione, lì in mezzo, e non poté non pensare che si trovassero all’interno proprio perché si trattava di un incontro segreto, visti i contenuti.
C’era silenzio, un po’ troppo per non metterla sulle difensive, per questo teneva il chakra pronto ad essere utilizzato per le evenienze. Si avvicinò alla porta con cautela, questa scricchiolò nell’aprirsi: una candela era tutto ciò che riusciva a vedervi, all’interno.
Lanciò sguardi diffidenti nei dintorni, per quel che riusciva a vedere, poi finalmente si decise ad entrare.
Nel momento esatto in cui la porta si richiuse, un gas non ben identificato invase la misera casupola, penetrandole nei polmoni senza lasciarle il tempo di trattenere adeguatamente il respiro.
-Maledizione…- imprecò, uscendo immediatamente da quella piccola struttura ma, anche una volta all’esterno, il suo corpo non venne preservato dalle conseguenze: quella dannata tossina non le era semplicemente entrata nei polmoni, ma le aveva penetrato la pelle, rendendo ben poco reattive le cellule del suo corpo.
Non tossiva, non soffriva: non era una tossina velenosa, ma paralizzante.
Cadde a terra, quasi in ginocchio: la sua esagerata forza fisica le consentiva piccoli movimenti, ma giusto quanto bastava per non cadere rovinosamente immobile sull’erba umidiccia.
-Gliel’avevo detto, Mizukage, che avrebbe funzionato.- La voce baritonale del Raikage risuonò nel silenzio circostante, Tsunade riuscì giusto ad alzare il capo per scorgere le figure dei due Kage ormai ad un paio di metri da lei.
-Infami… che diavolo… avete in… mente?- inveì l’Hokage, irritata da quella situazione: se c’era una cosa che detestava era decisamente l’impotenza. I due si scambiarono uno sguardo, nemmeno troppo complice a dire la verità, ma era evidente quale fosse l’obiettivo comune: vendicarsi di chi li aveva umiliati.
-Vede, Hokage, questo genere di situazione non si addice alla diplomazia, visto che è una questione personale e non riguarda i nostri paesi- esplicò la Mizukage con un sorrisetto enigmatico e tutt’altro che rassicurante.
Tsunade strinse i denti, pur senza abbassare lo sguardo: era inerme, completamente inerme, non sapeva nemmeno se sarebbe stata in grado di attivare la Rinascita, nel caso in cui l’avessero aggredita.
-La risolveremo alla vecchia maniera, ormai dovrebbe sapere di cosa siamo capaci, no?- e non perse tempo a dire altro, un chakra azzurro lo contornò nell’immediato, mentre la Miuzkage si posizionava per comporre i sigilli delle abilità innate.
Imprecò mentalmente, la bella Hokage: se ne fosse uscita viva, probabilmente non avrebbe avuto tutti gli arti al posto giusto, e non era certamente la migliore delle prospettive.
Tentare di farli ragionare? Lei sapeva bene quanto i sentimenti potessero essere forti, tanto da oscurare un animo, e distruggerli… no, non ci sarebbe stato alcun altro rimedio.
Serrò denti ed occhi quando li vide pronti ad attaccare, pregò di riuscire poi a rilasciare il sigillo sulla fronte, così come di sopravvivere in generale, ma il colpo atteso non arrivò.
Sfere di fuoco li avevano aggrediti, costringendoli ad arretrare parecchio onde evitare di subire un colpo che non sarebbero stati in grado di parare.
Non comprese, lo stupore che lesse nei loro occhi trovò una spiegazione nel momento in cui l’artefice di quella tecnica si palesò, frapponendosi tra lei e gli altri due.
Madara Uchiha.
Madara Uchiha l’aveva appena salvata.
Se avesse potuto muoversi, si sarebbe fatta un facepalm da sola: il mondo si stava decisamente ribaltando.
-Tu! Maledetto, cosa diavolo –
-Nessuno può uccidere una Senju a parte me, chiaro?!- tuonò come sorta di scusante, adirato in modo non indifferente, nonostante stesse cercando di contenersi, di essere l’impassibile e freddo Uchiha che avevano affrontato solo poco tempo prima.
-Avete fatto tanti bei discorsi sulla pace, sull’assurdità della mia vendetta e sul mio imperdonabile orgoglio e poi? Voi vi comportate allo stesso modo? Sono io quello che è stato preso in giro, non voi.- asserì con convinzione, zittendoli.
Non parlava mai molto, Madara Uchiha, ma in quell’occasione gli sembrava più che lecito sputargli in faccia la verità: lui era stato “condannato” per l’orgoglio e per la sete di vendetta, quei due per primi lo aveva etichettato, criticato e combattuto proprio per questo.
Ed ora facevano esattamente ciò che avevano tanto sbandierato come insensato, folle ed irresponsabile? Se non fosse stato tanto iracondo – e se ne fosse stato capace - sarebbe scoppiato a ridere.
-E poi, per dirla tutta, oltre al danno mio c’è pure la beffa. Perché mi tocca ammettere che, qua in mezzo, l’unica che abbia davvero dimostrato coi fatti ciò che diceva a parole è quella testona che volevate ammazzare.-
Sgranò gli occhi, sinceramente stupita.
Oltre a salvarla, si complimentava pure?
Cominciò a sospettare che assieme al paralizzante ci fossero degli allucinogeni.
Incrociò poi le braccia sopra il petto muscoloso, fiero, vittorioso, consapevole – almeno quanto gli altri due – che non avrebbero potuto sconfiggerlo: ce l’avevano fatta a fatica in cinque, con il miglior ninja medico disponibile a salvargli le chiappe, di certo quei due non avrebbero avuto speranze.
-E l’unico motivo per cui non vi uccido seduta stante è che poi la suddetta rompicoglioni tutta giustizia e diplomazia non mi lascerebbe vivere in santa pace.- detto questo, voltò loro le spalle con teatralità – era pur sempre egocentrico – e si apprestò a recuperare Tsunade, ancora immobile a terra.
La prese tra le braccia, lanciando uno sguardo alquanto minaccioso agli altri due Kage, ancora allibiti per quanto avevano visto e sentito.
-Provateci di nuovo e vi ammazzo.- sentenziò, ed aveva tutta l’aria di essere più sincero d’un bambino.
Detto questo, si affrettò a fare ritorno a Konoha, ancora combattuto, ancora in lotta con se stesso per quanto detto e fatto: avrebbe potuto liberarsi di Tsunade, addirittura senza sporcarsi le mani né venire poi successivamente incolpato, perché diavolo lo aveva impedito?
Davvero voleva essere lui a farla fuori, era realmente questo il motivo?
Non volle pensarci, e probabilmente nemmeno la bionda aveva intenzione di rimuginare sull’argomento.
-Madara.- proferì in un fil di voce.
-Mh?- distrattamente le rispose, senza volgerle lo sguardo, senza accorgersi che, per la prima volta, lo aveva chiamato per nome.
-Grazie-.

(…)
Raggiunse la magione in poco tempo, in via eccezionale – o meglio, per forza di cose – ebbe accesso agli alloggi di Tsunade, tanto che non si trattenne dallo sfoggiare una risatina sardonica nel notare il disordine.
La bionda non lo notò, concentrata com’era a tentare di utilizzare il proprio chakra per far smaltire più velocemente le spore paralizzanti in corpo.
La adagiò sul letto, lei sembrava cominciare a riprendersi, a muovere abbastanza bene gli arti superiori almeno.
La appoggiò lì, ma non si allontanò: quando mai gli sarebbe capitato di rivederla così mansueta?
Avrebbe trovato mille motivi per fargli guerra il giorno seguente, uno in più non avrebbe fatto poi molta differenza.
Rimase così, ad osservarla, ne percorse il profilo con lo sguardo, sino ad incontrare il suo, ambrato.
Era bella, dannatamente bella.
Lei non disse nulla, parve lasciarlo fare – quasi compiaciuta – ed attese, come se sapesse cosa sarebbe accaduto di lì a poco – o meglio, cosa avrebbero voluto che accadesse, entrambi.
-Sai una cosa, Senju?- spezzò il silenzio con un tono lievemente ironico, quasi malizioso, simile a quello utilizzato la prima volta che aveva osato sfiorarle le labbra.
Mosse una mano verso di lei, lì a pochissima distanza, sfiorandole un fianco, poi la parte superiore della gamba, con una lentezza che non lasciava molti dubbi, almeno quanto il tocco tutt’altro che delicato.
-Potrei approfittarne- terminò, coronando il tutto con un sorrisetto.
E mentre stava giusto per abbassare lo sguardo in una zona particolarmente generosa della donna, si sentì prendere per il colletto e trascinare a ben poca distanza dal suo volto.
Sì, decisamente lo sapeva maneggiare bene, il chakra.
-Cosa ti fa pensare che non sia io, ad approfittarne?- Eccola, quella sfida che continuamente si lanciavano, provocazione dopo provocazione, sguardo dopo sguardo.
Per la prima volta – all’unisono – sembrarono aver accettato quell’ormai innegabile attrazione nascosta dietro a litigi, pugni ed insulti.
Ne stavano approfittando entrambi: lei con la scusante della salute, lui con quella della conquista.
Azzerò le distanze, premette con foga su quelle labbra carnose – ancora al sapor di fragola – mentre le mani andavano a liberarla dei vestiti, divenuti ormai futili dinnanzi a quel dannato impulso, irrefrenabile.
Sebbene riuscisse a muovere bene solo la parte superiore del corpo, Tsunade non si tirò certamente indietro e lo spogliò senza troppe difficoltà, pretendendo – in un certo senso – la sua parte.
Le lenzuola divennero inutili almeno quanto lo erano stati i vestiti fino a poco tempo prima, ed entrambi ringraziarono di essere gli unici ad abitare nella magione.
Non si trattennero, non si nascosero: forti, orgogliosi e potenti entrambi, quella notte combatterono una battaglia che avevano desiderato da molto, molto tempo.
Forse l’unica.

(…)
Il sole era già alto nel cielo quando terminarono, ritrovandosi coperti da un sottile lenzuolo di seta – si trattava bene, la principessa – entrambi con la schiena appoggiata al materasso.
Se ne stavano così, uno affianco all’altro a fissare il soffitto, lei coprendosi il seno prosperoso, lui a fregarsene totalmente delle condizioni in cui avevano ridotto la stanza – e se stessi.
Ansimavano ancora un po’.
-Abbiamo combinato un casino.- proruppe Tsunade ad un certo punto, spezzando il silenzio con un sospiro sconsolato.
-Già.-
-Se lo si viene a sapere, la questione diventerà seria.-
-Vero anche questo.- Silenzio.
La bionda si massaggiò le tempie.
-Comunque è stata la peggior dichiarazione degli ultimi cent’anni, Uchiha. Si vede che sei fuori allenamento.- non resistette dal punzecchiarlo, anche se l’affermazione era piuttosto veritiera.
Madara si limitò ad un sbuffo con fare superiore.
-Eppure fino a poco fa non ti lamentavi, tutt’altro…- rispose malizioso, osservando la sua reazione con la coda dell’occhio, giusto per godersela.
Silenzio di nuovo, ma non c’era imbarazzo, anzi, si comportavano come fosse stata una cosa del tutto… naturale?
Uchiha e Senju nello stesso letto?
Sì, era più probabile che vederli andare d’accordo.
-Dovrai comunque scusarti con Mei.-
-E tu con lo scimmione.-
-Col cavolo, ha cercato di ammazzarmi. Mei con te non l’ha fatto.-
-Perché a quello ci pensi già tu – asserì volgendole completamente lo sguardo – e ti riesci anche piuttosto male.- terminò.
Tsunade volse a sua volta lo sguardo nella sua direzione, fulminandolo.
-Vuoi davvero avventurarti in questa conversazione, Uchiha?-
-In realtà, avevo in mente un altro tipo di avventura…- sorriso sornione, di nuovo.
Ormai stava diventando un’abitudine – una piacevole abitudine.
La bionda lo osservò per un lungo attimo, indecisa se assecondarlo oppure ucciderlo. Sospirò di nuovo.
-Devo aggiungere pervertito sessuale alla lista degli aggettivi.-
-Non è colpa mia, se tu non avvicini per niente alla redenzione - si difese.
Un altro scambio di sguardi, il sorrisetto si accennò anche sulle labbra della donna.
-Idiota.- e lo tirò nuovamente a sé.
Sì, avevano combinato proprio un bel casino.


 
-.-.-.-.-.-.-
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