Rescuer Love

di kioko96japan
(/viewuser.php?uid=348963)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***
Capitolo 4: *** #4 ***
Capitolo 5: *** #5 ***
Capitolo 6: *** #6 ***
Capitolo 7: *** #7 ***
Capitolo 8: *** #8 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


             RESCUER LOVE


CAPITOLO 1:
Il fatto di risvegliarmi con la stessa voglia di scomparire con cui vado a letto la sera è normale, o almeno per me.
Aprendo prima un occhio e poi l’altro mi accorgo che è quasi pomeriggio.  Le nuvole che ricoprono il cielo preannunciano un bel temporale.
Lo vedo dalla finestra enorme che c’è nella mia camera proprio di fronte al letto. Sono felice che sia cattivo tempo, rispecchia quello che ho dentro.
Stufa di stare sdraiata decido di andarmi a fare una passeggiata. Amo l’autunno, i suoi profumi, il fatto che il vento freddo ti tagli il viso ad ogni folata, mi fa sentire viva. Cosa che accade molto raramente negli ultimi tempi.
La scuola è chiusa per una settimana motivi di ristrutturazione e questo per me è un colpo di fortuna. Odio quell’edificio con tutto il mio essere perché non è un posto dove si studia, ma un covo di serpenti e arpie pronti a rovinarti l’esistenza se hai un capello fuori posto o se la tua famiglia, come nel mio caso, non è ricca e dei quartieri alti o come li chiamo io “l’arcipelago degli snob”.          Velocemente mi lavo il viso e i denti, indosso una vecchia felpa che un tempo era verde ora… non so che colore sia esattamente, un paio di jeans stretti strappati sulle gambe e i miei anfibi neri.  Lego i miei lunghissimi capelli neri in una crocchia veloce lasciando che qualche ciocca ribelle mi cada sul viso. Passo un filo di eyeliner rimarcando la forma a mandorla dei miei occhi color nocciola, e senza nemmeno fare colazione esco di casa.
Le strade di Londra sono come al solito affollate di persone che camminano velocemente intente a raggiungere luoghi, vivere le loro vite. Invece io cammino senza meta, con lo sguardo basso.
Solo dopo essermi accorta che la pioggia incomincia a cadere forte realizzo di aver dimenticato l’ombrello, così alzo il cappuccio della felpa e continuo a camminare.
Passo dopo passo penso alla mia misera esistenza, al fatto che continuo a vivere solo per non dare un altro dispiacere a mia madre che oramai ha perso ogni briciolo di stabilità mentale e quindi mi devo prendere cura di lei. Mi meraviglio di come non sia impazzita anche io dopo aver visto mio padre spararsi un colpo in bocca davanti ai miei occhi.                        O forse invece sono pazza e non me ne sono ancora accorta. Può darsi che la perdita di voglia di vivere e l’odio per tutto quello che mi circonda sia un sintomo di squilibrio mentale.                              
 Aumento il passo perché la pioggia sta diventando troppo insistente e perché voglio allontanarmi il più possibile da casa.
Improvvisamente vado a sbattere contro qualcosa e il colpo è talmente forte che rimbalzo all’indietro atterrando sul mio fondo schiena. AHIA!!!! Alzo istintivamente lo sguardo su ciò che è stato la causa della mia caduta, pronta ad imprecare dalla rabbia.                                                                       
–Ma che cazz…- mi interrompo di colpo ritrovandomi davanti ad un ragazzo con gli occhi spalancati e il viso preoccupato. Stranamente mi si bloccano i pensieri, forse perché sono tutta concentrata a perdermi nell’abisso di quelle perle verdi incorniciate da morbidi ricci castani. Sposto lo sguardo sulle sue labbra carnose leggermente socchiuse… e mi immagino di morderle…. MA CHE DIAVOLO STO PENSANDO!! Mi sveglio dall’incanto e mi ricordo di essere a culo per terra bagnata fradicia in una pozzanghera, si perché non mi sono limitata a cadere semplicemente sull’asfalto, e davanti ho l’ idiota che mi ha fatta cadere così rientro in me stessa        –Ma dove cavolo vai!- urlo.
Il ragazzo stupito dal mio tono brusco diventa di colpo serio e subito risponde in sua difesa    –In realtà eri tu quella che correva senza guardare dove andava!-
Mi rendo conto che ha ragione, è un vizio che ho quello di tenere gli occhi rivolti verso terra, ma non voglio ammettere che sia stata colpa mia dopo la mia sparata così mantengo il punto -potevi anche spostarti!- dico accigliata. Sono ancora nella pozzanghera e la pioggia continua a cadermi sulla faccia, ma in questo momento non mi interessa,  perché mi aspetto una secca replica da parte del ragazzo. Ma al contrario di quello che credo lui fa un mezzo sorriso  –hai ragione. Potevo tranquillamente spostarmi.- dice. Rimango interdetta, ha ammesso di essere lui dalla parte del torto anche se è palese il contrario. Non so cosa rispondere e lo osservo mentre  tende una mano a mio avviso enorme per aiutarmi. A quella vista il mondo si ferma, quella mano mi sembra l’ancora di salvezza da quello schifo che è la mia vita, sono tentata di raggiungerla con la mia, ma indurisco lo sguardo e poggiando entrambe le mani sull’asfalto mi alzo da sola rifiutando quindi il suo aiuto. 
D’istinto le passo forte sul jeans per pulirmi, ma è un gesto inutile, il quale provoca una mezza risatina allo sconosciuto di fronte a me. STA RIDENDO DI ME, stronzo!
Stizzita da quel sorriso incredibilmente bello, tiro su il cappuccio che mi è scivolato nella caduta e faccio per andarmene, ma una mano mi tiene ferma mantenendomi da dietro la spalla –Aspetta dove vai!- Ma cosa gli importa di dove vado! –Non sono affari tuoi!- rispondo seccata meravigliandomi da sola della mia sgarbataggine, è vero sono scontrosa di solito, ma non fino a questo punto, devo ammettere che mi sento a disagio. Ma vedo che il ricciolino non si lascia sopraffare dai miei modi bruschi anzi, sorridendo risponde –In realtà sono affari miei visto che ti ho fatta cadere e per colpa mia adesso sei bagnata fradicia!- . Continua con la parte del colpevole! Mi sta decisamente irritando, non è affatto colpa sua se sono caduta. Così mi decido ad ammetterlo –non mia hai fatta cadere tu, smettila! È stata colpa mia, sono imbranata come al solito! Quindi puoi andartene con la coscienza pulita va bene?? – rimane a bocca aperta. Si l’ho ammesso cretino ora puoi andartene. Improvvisamente rinsavisce –ma se tu hai chiaramente detto…- lo interrompo subito –fa finta che non abbia detto niente. Adesso se vuoi scusarmi vado! Ciao!- Finalmente me ne libero, mi incammino ma non riesco a fare nemmeno tre passi che mi blocca di nuovo afferrandomi il braccio. Uffa ma che vuole questo!! –Eh no!- fa –non puoi scappare così! Sta piovendo a dirotto, per colpa tua sono bagnato fradicio e quindi adesso vieni con me e ci andiamo a riparare in quel bar, così per scusarti mi offri un caffè.- il suo non è un tono intimidatorio, anzi è piuttosto divertito. Cavolo, guardandolo bene è veramente bello.
Riesco ad intravedere il suo fisico dalla maglietta bagnata sotto la giacca di cuoio marrone, che essendo bianca lascia poco all’immaginazione. Ha la famosa tartaruga. E poi indossa dei jeans neri che  gli fasciano i fianchi in un modo irresistibile. Aspetta aspetta aspetta!  io non mi devo far perdonare di niente! Tantomeno gli devo qualcosa!!
–Non ti devo un bel niente!!! Ma che diamine vuoi!- prontamente mi risponde – Te l’ho detto. Voglio prendere un caffè. E tra l’altro non mi sembra sia il caso di discutere con questo tempaccio - non finisce nemmeno la parola che un lampo sconquassa improvvisamente il cielo seguito da un fortissimo tuono, finito il rumore il ragazzo continua alzando leggermente il tono di voce per sovrastare il casino che la pioggia provoca cadendo a terra –Inoltre non voglio prendermi un accidenti e credo nemmeno tu! Quindi vieni con me e non fai storie!- finita la frase mi prende la mano e inizia a correre. Io non posso fare altro che seguirlo.
Il suo tocco mi fa salire dei piccoli brividi lungo tutto il braccio destro e mi sento incredibilmente sicura nella sua stretta. Ci ritroviamo in un piccolo Caffè. I miei muscoli si rilassano grazie al calore del posto e subito, troppo presto, il ragazzo mi lascia la mano. Ci andiamo a sedere ad un tavolo vicino alla vetrata d’ingresso, attenti a non farci cogliere mentre goccioliamo sul pavimento. Siamo uno di fronte l’altro.
Lui si porta le mani all’altezza della bocca, quasi come se volesse studiarmi. Io sono li senza sapere cosa dire e rimango in silenzio.
Subito una ragazza con i capelli biondi e le codine ci raggiunge al tavolo con un quadernetto ed una penna. Sicuramente la cameriera. Sembra tutta entusiasta del suo lavoro… No, aspetta… sta fissando il ricciolino che continua ad osservarmi senza prestarle la minima attenzione.
La ragazzina si schiarisce la voce e lui si gira di scatto verso di lei come se si fosse appena svegliato da un sogno… -Cosa prendete??- dice con una voce squillante e fastidiosa. Ok, già non la sopporto! –un caffè ristretto-fa lui e poi riporta lo sguardo verso di me aspettando che io parli –prendo una Diet Coke per favore!-  PERFAVORE?? HO DETTO PERFAVORE??? Che mi succede!!  La Barbie annuisce e rimane qualche secondo ad osservare l’individuo che mi ha trascinata qua dentro, poi se ne va.                                                         –Aaaallora…., non ci siamo ancora presentati. Bene, io sono Harry.-                 
OK. Si chiama Harry. Cosa me ne faccio di questa informazione?? Rimango ancora in silenzio soppesandolo con lo sguardo. Harry sembra attendere qualcosa da me, ma non capisco cosa. Prontamente me lo ricorda lui –E tu? Non vuoi dirmi come ti chiami??-                  
Aaah, giusto. Si aspetta che gli dica il mio nome. –No, infatti. Non voglio dirtelo.- Si, sono una stronza odiatemi! Un lampo di ilarità gli illumina gli occhi –certo che hai un bel caratterino eh??- subito rispondo  secca –non è mia abitudine fare amicizia con le persone con cui da poco mi sono scontrata-  in realtà non è mia abitudine fare amicizia e basta. Sono sempre quella che si mette in disparte. La gente non mi piace ecco.
Inizio a sentirmi a disagio, vorrei scomparire, e mentre penso a come di solito mi isolo dal mondo, di colpo mi viene in mente L’I-POD!!!! Cavolo, c’è l’avevo nella tasca posteriore quando sono caduta! Vengo colta dagli spasmi, quell’aggeggio è la mia vita se si rompe sono perduta e non ho i soldi per comprarne uno nuovo.
Con la mano mi tasto il jeans, lo trovo e lo caccio fuori. È nero e anonimo come me. Provo ad accenderlo, ma niente non da segni di vita. è andato! Mi dimentico che Harry mi sta fissando. So solo che ho perso la mia musica. Merda tutte a me! Gli occhi mi iniziano a pizzicare e si fanno lucidi, sto quasi per piangere, ma mi blocco. Non devo piangere davanti a lui. Ricaccio le lacrime indietro e poso l’i-pod sul tavolo. Mi sforzo di apparire impassibile. Il viso del ragazzo di fronte  me si tinge di preoccupazione –è successo qualcosa??- non so perché ma gli rispondo d’istinto anche se non sono affari suoi.  –la caduta e l’acqua hanno distrutto il mio i-pod!- -capisco- dice… rimaniamo li a fissarci per qualche secondo.
Lo osservo attentamente. È bello davvero! Mi perdo di nuovo in quei occhi da sogno, che trasmettono una grande sicurezza, quella che mi è mancata, quella che mio padre mi ha negato scappando come un codardo dalla vita e lasciandomi li, da sola ad affrontare il mondo. -è importante per te?- -che?- faccio io non sapendo a cosa si riferisca. Lui si limita ad indicare l’affarino nero che poco prima ho poggiato sul tavolo. Sembra interessato. –beh, in realtà si!- rispondo sincera. –mi dispiace- e lo è davvero. –fa nulla, non devi dispiacerti- il suo viso si rilassa. –quindi ti piace la musica-  ma questa non è una domanda, sembra di più un’affermazione, quasi un appunto detto ad alta voce, quindi non rispondo.
 Abbasso lo sguardo, mi sento in imbarazzo di fronte a quegli occhi. Ma che mi succede??? Io non mi comporto mai così, mai! Non riesco più a sostenere questa situazione, questo ragazzo mi fa sentire vulnerabile solamente con la sua presenza e non posso permettermi di apparire debole. Le persone se ne approfittano. Sempre.                                                            –Devo andare- dico improvvisamente. Lo sguardo sconcertato di Harry segue i miei movimenti. Lo guardo un’altra volta e la sua espressione mi fa desiderare di non andarmene mai, ma ho bisogno di allontanarmi da lui. Mi alzo di scatto e allontano la sedia dal tavolo per passare –perché scappi adesso? Ho detto qualcosa di sbagliato??-
Mi alzo il cappuccio, e inizio a camminare ma per qualche motivo non mi va di lasciarlo così bruscamente così mi giro e vedo che nel frattempo si è alzato                                                    –Mi dispiace… ma davvero devo andare. -lascio la frase in sospeso e dopo poco continuo –Comunque io sono Tammy!- -Tammy- ripete con un sorriso. Non lo rivedrò mai più penso. Forse è meglio così. Annuisco al mio pensiero, spingo la porta con il braccio perché ho infilato le mani nelle tasche della felpa ed esco dal bar. Piove ancora, anche se meno forte di prima, ma stavolta inizio a correre verso casa. Corro veloce cercando di scacciare l’immagine nella mia testa di quel ragazzo così sicuro di se, e bello… bello da mozzare il fiato.              



Nota: 
Se state leggendo questa nota vuol dire che siete arrivati alla fine del primo capitolo della mia PRIMA fan fiction e vi ringrazio TANTISSIMOOOOO!!! Soprattuto vi ringrazio di non essere scappati a gambe levate per la lunghezza del testo! ù.ù                                                                                                                                                                                                                                          Mi piacerebbe tanto sapere se vi è piaciuto quello che avete appena letto, perchè mi renderebbe davvero felice e mi darebbe il coraggio per continuare a postare i capitoli. Vi assicuro che ci sto mettendo l'anima per scrivere questa storia. Detto questo, mi sto dilungando quindi un bacione e a presto dalla vostra Flo. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #2 ***


Mi fermo sotto il porticato in legno di un edificio vecchio e logoro che un tempo chiamavo ‘casa’, ma che adesso è tutto tranne quello.
Ogni volta sono restia a varcare questa soglia, ad entrare nel luogo in cui il mio incubo è cominciato.
Per me non è altro che una prigione popolata da sofferenza e ricordi orribili. Inspiro profondamente come sempre per farmi coraggio ed infilo la chiave nella serratura. Entrando vengo accolta dal familiare silenzio che riveste le mie giornate.
Sicuramente mia madre starà dormendo, cosa che fa continuamente a causa dell’effetto degli antidepressivi. si potrebbe dire quasi che vivo da sola. All’inizio quando quel bastardo è morto gli assistenti sociali mi volevano mandare a vivere dai nonni in Giappone perché dicevano che non era sicuro per me rimanere con lei, ma io non volevo andarmene perché Kyoto è troppo lontana e poi  non ho mai avuto a che fare con i genitori di mia madre, non li conosco nemmeno. Ricordo di averli visti in foto una volta ma nulla di più. Così insistei per rimanere qua, io e mamma mettemmo anche in scena una specie di recita in cui lei fingeva di stare bene durante i controlli fino a quando non furono sicuri che andasse tutto bene. Dopodiché lei si lasciò andare completamente, rimaneva tutto il giorno a letto a piangere oppure iniziava a sclerare urlando e lanciando le cose contro i muri, e io, una semplice bambina di sette anni cercavo di calmarla anche se ero terrorizzata.
Sono dovuta crescere in fretta, mi occupavo di lei, della casa, andavo a fare la spesa, a scuola, tutto da sola. Per le bollette mi facevo aiutare dalla vicina. Ora si può dire che va meglio. Lei si è calmata, i suoi raptus non sono spariti del tutto ma sono più rari. Ogni tanto cerca di rendersi utile, pulendo in giro o apparecchiando la tavola, puntualmente per tre. È una cosa che non sopporto ma faccio finta di niente per non farla innervosire. come faccio a mantenere la calma??? Beh… non lo faccio! Quando vengo colta dalla rabbia pensando al mio passato mi chiudo in camera e mi sfogo distruggendo tutto quello che ho a tiro. Infatti sono rimaste intatte pochissime cose. L’ultima volta ho spento momentaneamente la mia rabbia facendo lo specchio in mille pezzi con un pugno.             
Salgo velocemente le scale per raggiungere la mia stanza, metto su Airon Maiden ad alto volume e mi getto a peso morto sul letto.
Chiudo gli occhi, anzi li strizzo cercando di allontanare il mondo almeno per un po’. Ma non ci riesco , un immagine domina i miei pensieri. Il viso di un ragazzo riccio con gli occhi dannatamente ipnotici. Mi ha praticamente travolta, i tutti i sensi. Non mi è mai importato nulla dei ragazzi, in parte perché non ne ho mai avuto il tempo, ma anche se fosse stato diversamente sarei stata indifferente per loro. Mi comporto da fantasma burbero, nel senso che se non mi calcoli non esisto, se mi rivolgi la parola mi odi. Ma lui… lui mi ha trascinata in quel bar ancora non so per quale motivo, mi ha presa per mano senza pensarci un secondo come se gli importasse di me… scuoto la testa ai miei stessi pensieri.
Ma a chi vuoi che importi di te in questo mondo egoista?? Dopo aver ascoltato un bel po’ di canzoni, l’ultima delle quali è la mia preferita ‘Fear of the dark’ mi alzo per spegnere lo stereo. È passato più tempo di quanto credessi l’orologio mezzo rotto sul comodino segna le sette di sera. Fuori  continua a piovere, poso le mani e la fronte sul vetro della finestra cercando di rilassarmi con il rumore delle gocce che picchiettano su di essa, poi mi allontano. Esco dalla mia stanza e mi dirigo verso quella di mia madre. Entro direttamente, senza nemmeno bussare e mi avvicino al letto dove lei sta sdraiata. Odio svegliarla, quando dorme il suo viso è rilassato sembra che stia in pace e anche se non è vero mi cullo nell’illusione che appena si svegli ritorni la persona che era prima, quella che sorride sempre nei miei pochi ricordi di serenità. La scuoto lentamente –Mamma…- ma non si sveglia, -mamma devi prendere le medicine!... MAMMA!- finalmente inizia a muoversi e si volta verso di me. –Tammy! Dove sei stata?- dice con voce assonnata. –In giro.- rispondo. Non le dico mai quello che faccio e nemmeno le parlo di me, sembra delusa per questo ma non do molto peso a questa cosa. –devi prendere le medicine- le ripeto. Come al solito mette il broncio –non le voglio, non mi servono!- magari fosse così. –avanti, non fare la bambina!- dico con calma –ho detto no!- inspiro bruscamente –d’accordo, fa come vuoi!- lascio cadere le pillole sul lenzuolo e mi volto per andarmene. Con la coda dell’occhio sbircio dietro di me e noto con piacere che sta facendo come le ho detto. Sorrido a me stessa per la piccola vittoria ottenuta –Tra poco ceniamo- dico. Ma subito il mio sorriso si spegne al suono delle sue parole… -Non aspettiamo che torna tuo padre da lavoro??-  mi irrigidisco, i miei occhi iniziano a pizzicare e la collera mi sale velocemente, non le rispondo, mi limito ad uscire sbattendo con forza la porta alle mie spalle. Mi chiedo se potrò mai avere una vita normale come quella degli altri. Se esiste un Dio perché mi ha dimenticata? Ricaccio le lacrime indietro e mi dirigo in cucina. Inizio a mettere il cibo nei recipienti ma i miei movimenti sono sconnessi per la rabbia. Mentre prendo le posate stringo un coltello nel palmo della mano talmente forte da farmi uscire il sangue ma nemmeno me ne accorgo. La mia mente è una tempesta di pensieri e la domanda che mi rimbomba nelle orecchie è perché continuo a vivere?! Sento un rumore alle mie spalle e mi giro di scatto giusto in tempo per vedere mia madre che inciampa nelle sue stesse scarpe e l’afferro prima che cada. –Oh, grazie tesoro!- Ecco perché devo continuare a vivere, non per me, per lei. –Devi stare più attenta, capito?- la mia voce è stranamente dolce, forse perché lei mi sembra così piccola e indifesa. Mentre l’aiuto ad alzarsi noto che ha del sangue sul cardigan rosa  ma non vedo nessuna ferita, poi realizzo che proviene da me. Mi ritrovo un taglio abbastanza profondo al centro della mano destra, lo osservo, non mi fa male. Alzo lo sguardo solo per vedere gli occhi sgranati di mia madre che guarda inorridita il taglio. –Oddio no!! Mamma non è niente. È solo un graffio, guarda- corro velocemente al lavandino e pulisco la mano sotto il getto dell’acqua, poi prendo un panno e lo avvolgo attorno. –Visto? non c’è niente di cui preoccuparsi!- ma che…! non si calma , ha già iniziato ad iperventilare e ad emettere piccoli lamenti. Me lo sento, se non la calmo subito avrà un’altra delle sue crisi e io non sono in grado di affrontarla in questo momento. Dopo vari tentativi andati a vuoto per tranquillizzarla, decido che non c’è nient’altro da fare che farle prendere  un calmante molto forte che la dottoressa mi diede in caso di emergenze come questa.
Prendo le gocce dal cassetto delle medicine e le metto nell’acqua per poi farle bere alla donna che sta ormai urlando e dimenandosi terrorizzata.
Dopo cinque minuti smette di gridare ma continua a tremare. Siamo sedute entrambe sul divano e la tengo tra le braccia, il suo respiro si fa pian piano regolare fino a che non si addormenta. Avrei dovuto capirlo subito che la vista del sangue l’avrebbe fatta innervosire, le ricorda l’immagine di quell’essere schifoso stramazzato a terra nel suo studio. Sento ancora che trema… no, aspetta sono io. Gli eventi di poco fa mi hanno turbata e non poco. Era da molto che non succedeva. Questa sera proprio non ci voleva! Devo uscire a fare due passi per schiarirmi le idee. Mi alzo, prendo la giacca e mi immergo nel viale buio. I lampioni sono fulminati da un pezzo. Una folata fredda di vento mi gela il viso, ma questo non mi scoraggia dal continuare a camminare. Arrivo lontano, fino al parco, dove trovo una panchina tutta bagnata che asciugo con la manica della giacca e mi siedo. Appoggio i gomiti sulle ginocchia e porto le mani alla testa. Sospiro profondamente e do finalmente sfogo alle mie lacrime.
Sento dei passi che si avvicinano a me e apro di scatto gli occhi rivolti verso terra per vedere due grandi stivali marroni che quasi toccano con la punta le DM’s. Alzo velocemente lo sguardo e quasi non credo a quello che vedo. Harry, che a sua volta mi guarda preoccupato. È incredibilmente bello anche alla fioca luce delle lampadine del parco. –che cosa ci fai qui a quest’ora??- dice in un misto di apprensione e curiosità. –è una domanda che potrei farti anche io!- rispondo irritata. –si ma io te l’ho fatta per primo!- non ho voglia di discutere, quindi rispondo.  –sono uscita a fare una passeggiata.- fingo indifferenza. –mmmh, non me la dai a bere!- ma che scocciatore che è!!! –non mi interessa se non mi credi!- la mia risposta sgarbata non lo turba, anzi si siede accanto a me. Devo ammettere che la sua vicinanza mi tranquillizza, quindi non lo caccio. –perché stai piangendo??- mi giro di scatto –NON STO PIANGENDO!!- Lui sorride leggermente, come se avesse scoperto un bambino a fare una marachella –si invece, hai ancora le lacrime agli occhi- e mentre lo dice, non faccio in tempo a ritrarmi indietro che porta un pollice sul mio viso e me le asciuga con delicatezza. Provo la stessa sensazione di stamattina quando mi ha presa per mano, gli stessi brividi irradiano il mio corpo e la mia durezza scompare per un attimo –n-nulla non… è il vento che me li ha fatti lacrimare- mento, ma non sembra credere alla mia bugia, anche se non ribatte. Al contrario sorride e cambia discorso.  –non ti sembra strano che ci incontriamo per caso due volte nella stessa giornata? Anzi, no aspetta… la prima volta ci siamo scontrati a dire il vero.- Mi scappa una piccola risatina a quell’affermazione e i suoi occhi sembrano illuminarsi. -continua a farlo!–, -cosa??- chiedo un po’ stranita. –continua a sorridere. Sei bellissima quando lo fai. Mi incanti!- sono stordita dalla sua affermazione, nessuno mi ha mai detto una cosa del genere. Non so per quale dannato motivo ma arrossisco come una cretina e abbasso il viso mentre Harry non la smette di fissarmi con i suoi occhi smeraldo.
D’un tratto la sua mano prende velocemente la mia ancora fasciata dal taglio di prima e subito la ritiro dietro. Ma lui me la riprende –che cosa ti sei fatta??- dice mentre la guarda preoccupato.  –Ma cavolo fatti gli affari tuoi!!- rispondo anzi ringhio. Faccio di nuovo per strappare la mia mano dalla sua e in quel movimento la fascia si slega e la ferita ricomincia a sanguinare. Il suo bellissimo viso sembra accigliato quando duramente mi prende per il braccio e mi trascina verso un’elegante Audi A5 nera parcheggiata all’entrata del parco. Cerco di sciogliermi dalla sua stretta stavolta, ma i miei tentativi sono vani perché è nettamente più forte di me. –smettila di trascinarmi dove cavolo ti pare!- urlo. Si passa una mano tra i capelli scompigliandosi i ricci –Dobbiamo medicare quella ferita!- dice e mi apre lo sportello. –non c’è bisogno che mi porti all’ospedale, posso tranquillamente tornare a casa, non è lontano da qui!- -non ho intenzione di portarti all’ospedale, e nemmeno di lasciarti camminare per strada con una mano che ti sanguina! Ti sto portando a casa mia che tra l’altro è a due soli isolati di distanza!- la sua voce è come miele non riesco a non esserne incantata ma comunque rispondo –ma non sto morendo dissanguata e poi…- non mi lascia finire la frase – Piantala Tammy. Rilassati non sono un maniaco!- ride. –Chi mi garantisce che non lo sei??- chiedo, -io!- risponde con un sorriso sghembo stampato in faccia -Oh, grazie adesso mi sento più tranquilla!- rispondo sarcastica. –dai che ti ho offerto anche il caffè stamattina, nonostante fosse tuo compito farlo!- dice scherzosamente. Mi limito a sbuffare e lui continua a ridere.
Voglio solo tornare a casa. Incontrarlo di nuovo, non ci voleva proprio! Salgo lo stesso in macchina, perché noto che ha ragione sul fatto che devo medicarmi in qualche modo e sto iniziando anche a sentirmi molto debole. Harry chiude il mio sportello e si dirige dal lato del guidatore per poi entrare a sua volta nell’auto. Il suo meraviglioso profumo si sparge ancora più denso nella vettura e il suo corpo emana calore affianco alla mia spalla. Quella sensazione mi rilassa e poggio la testa sul finestrino mentre mette in moto.



Nota:
Ecco il secondo capitolo... beh come potete vedere i miei capitoli sono davvero lunghissimi... non so forse dovrei farli più brevi (ditemelo voi! ^.^)
comunque sia anche se è il secondo è il mio preferito tra quelli che fino ad ora ho scritto perchè inizia a venire fuori il lato debole di Tammy che diciamocela tutta è una ragazza un po ehmmm FUORI! Lo so che mi ripeto ma se vi è piaciuto il capitolo fatemelo sapere perchè essendo io un Panda con l'autostima sotto terra ne ho davveo bisogno! Un abbraccio coccoloso! Flo.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #3 ***


In macchina vige un silenzio tombale. Nessuno dei sue spiccica una parola. Fuori ha ricominciato a piovere e io seguo con lo sguardo il movimento oscillatorio dei tergicristalli. È Harry ad interrompere il silenzio. –Quindi… parlami un po’ di te- sposta lo sguardo dalla strada a me e poi subito ritorna a guardare avanti. –beh… non c’è niente da dire su di me!- rispondo freddamente. Sorride –allora  vorrà dire che ti scoprirò da solo!-
Le sue risposte mi colpiscono sempre. In realtà sono io a voler scoprire chi è questo ragazzo dannatamente bello che sembra così tanto interessato a me, cosa che non è strana… di più.
La conversazione termina li fino a che Harry ferma la macchina davanti ad una piccola casetta di mattoni rossi. –Siamo arrivati.- si slaccia la cintura ed esce mentre io armeggio con la maniglia del mio sportello che non ne vuole sapere di aprirsi. -Ma che cavolo!- impreco sottovoce. Ma poi improvvisamente si apre, non per merito mio. –scusa, non ho tolto la sicura!- dice mentre mi aiuta ad uscire. Mi mantengo la mano ferita con il panno che oramai è quasi tutto rosso. Harry se ne accorge –Accidenti! Stai perdendo davvero molto sangue! Su forza andiamo.-  Saliamo le scale per arrivare alla porta d’ingresso, ed entriamo in un piccolo appartamento. È buio e non riesco a vedere molto. Ma che diavolo ci faccio qui!!! D’un tratto la stanza si illumina e finalmente riesco a vederla. È piccola e confortevole. Le pareti sono bianche e blu e sul soffitto ci sono dei faretti bianchi che illuminano lo spazio. –Accomodati- mi indica con un gesto un divano di pelle nera, io annuisco e faccio come mi dice. –torno subito, vado a prendere la cassetta del pronto soccorso.-  e si dilegua nel corridoio. Sono imbarazzata e intimorita di stare qui. Non so perché mi sto fidando di questo ragazzo… perché è questo quello che sto facendo, gli sto dando fiducia. E la parola fiducia è stata strappata dal mio vocabolario molto tempo fa.
Continuo a guardarmi intorno. C’è una biblioteca con un fantastilione di libri e altrettanti CD. Affianco un impianto stereo dolby e di fronte al divano un televisore immenso e sottilissimo attaccato alla parete. A dividerli un piccolo tavolino su cui sono posate delle fotografie che ritraggono quello che mi sembra un Harry giovanissimo che gioca con una bambina più piccola di lui e abbracciato ad una splendida donna. Quest’ultima fotografia mi attira molto e mi avvicino di più. -è mia madre!- esclama Harry spaventandomi a morte e facendomi sussultare. Gli scappa una risatina–scusa!- , –Niente, non preoccuparti-  dico arrossendo. –fammi spazio!- Mi sposto  per dargli la possibilità di sedersi accanto a me. –fa vedere la mano!- glie la porgo e lui la poggia sulla sua gamba. Prende un disinfettante dalla valigetta e ne versa un po’ su un batuffolo di ovatta quindi inizia a pulirmi la ferita. Faccio uscire involontariamente uno sbuffo di dolore ma subito mi ricompongo. Ci manca solo che gli sembro una femminuccia che non sopporta nemmeno un po’ di bruciore. Ma cavoli fa male davvero! Mi sa che prima si era proprio addormentata. –è più profonda di quanto credessi- dice con tono serio ma pacato. -devo fare una cosa, ma tu non ti devi spaventare capito?- ok, che diavolo vuole fare?? –spara!- dico fingendo di non essere preoccupata. –Ti devo mettere dei punti!- STA SCHERZANDO?? no, non mi sembra.  Comincio ad agitarmi –Ma che diavolo ti salta in mente?? Tu sei matto!-esclamo. Mi tiene ferma il braccio per il polso –non ti agitare! Ne devo mettere solo un paio, non ti farà male!- Non riesco a fare a meno di incantarmi mentre lo ascolto e osservo le sue labbra accarezzare le parole lentamente. –non sono preoccupata… è solo che non credo che tu sia in grado di farlo! Mica sei un medico?- l’esclamazione  acida non mi poteva mancare. Ma lui non sembra incassare il colpo, anzi ribatte subito – Hai ragione non sono un medico.- sorrido soddisfatta. - Sono un infermiere qualificato! E sto studiando per diventare medico!- dice con tranquillità. Sono io che incasso il colpo alla fine –oh!- mi limito a rispondere –oh!- mi fa il verso lui. Prende un filo e un ago sterilizzati da una bustina trasparente e come un’ottima sarta infila il filo nella cruna. Non posso fare a meno di prenderlo in giro –immagino che tu sappia anche lavorare a maglia!- scoppio a ridere e mi porto la mano sana alla pancia. –Ah, Ah! Fa poco la spiritosa! vedremo quanto ancora continuerai a ridere!- però non sembra arrabbiato anzi, il suo tono è scherzoso. Ma io mi faccio subito seria quando inizia ad infilare l’ago nella pelle. –CAZZO!- impreco ad alta voce. Tremo dal dolore. –Ho finito, solo un altro punto!- mi rassicura. Stringo forte i denti e resisto. –Fatto!-dice e mi bacia delicatamente il dorso della mano da sopra la fasciatura. –Sei stata molto coraggiosa!- dice. –Si, si!- sbotto. Ad un certo punto il mio filtro cervello-bocca si inceppa e la domanda che mi frullava nella testa prende vita. –Perché non hai una foto con tuo padre?- mi maledico mentalmente per aver dato libero movimento alla mia linguaccia. Ma Harry non sembra turbato. –I miei hanno divorziato, e io e lui non ci vediamo tanto spesso.- Mi limito ad annuire. Anche lui ha dei problemi in famiglia allora  –Ehmm… grazie!- sussurro.  –Non c’è di che Tam!- mi gelo al suono di quel nome –Non chiamarmi così!- dico con rabbia. Mentre ritiro di scatto la mano dalla sua. –Cosa? Perché?- chiede sorpreso. Non posso dirgli che era il modo in cui quel bastardo di mio padre mi chiamava quando ero piccola –Tu…Tu non farlo e basta.- mi limito a rispondergli. – Ok.-  dice con gentilezza. Come? Come fa a non arrabbiarsi mai nonostante io sia così acida con lui!
Vengo colta improvvisamente dal senso di colpa. –scusa è che …- mi viene voglia di raccontargli tutto mentre mi guarda con quell’espressione dolce e rassicurante. Ma non posso. –Puoi chiamarmi Tammy, va bene?- -si!- sorride. –Mi togli una curiosità però?- -dipende!- rispondo. –Qual è il tuo vero nome?- vorrei tanto evitare di rispondere a questa domanda ma non posso essere così ipocrita, prima gli ho chiesto di suo padre e lui non ha esitato a rispondermi. Quindi mi faccio coraggio e rispondo. –il mio nome di battesimo è Tàmaki. È Giapponese!- sembra sorpreso -sei giapponese?- mi chiede incuriosito. –Beh, lo sono in parte. Mia madre è di kyoto e mio…- mi sale la bile in bocca nel chiamarlo con quel nome –mio padre era Inglese.- -era?- cavolo devo stare più attenta quando parlo! –è morto.- dico freddamente. Harry sembra mortificato –mi dispiace!- dice. –Non devi farlo!- lo rassicuro. Un tuono fortissimo interrompe la nostra conversazione e ci fa sussultare entrambi. Subito dopo la pioggia inizia a battere violentemente sui vetri delle finestre. Harry si alza e si avvicina ad una di esse. –sembra proprio un tifone!- incuriosita mia alzo anche io e mi avvicino a lui per guardare fuori. Ha ragione. Il vento soffia talmente forte che sembra voglia spazzare gli alberi da terra. –devo tornare a casa!- dico. Mia madre potrebbe svegliarsi improvvisamente e non trovarmi. –è fuori discussione!- dice lui incredulo. –è impossibile prendere la macchina con questo tempo!- -E io come cacchio faccio a tornare a casa??- dico con voce alterata. Lui non sembra scomporsi nemmeno, -che ne dici di rimanere qui finché non passa la tormenta? Ti prometto che poi ti riaccompagno a casa!- sono restia ad accettare la sua offerta, ma pensandoci bene ha ragione, è una pazzia uscire adesso. E nonostante la mia indole sia quella di mantenere il punto in qualsiasi situazione non posso fare altro che cedere. –d’accordo! Ma dopo mi riaccompagni subito a casa va bene?- dico puntandogli il dito contro con tono intimidatorio. –va bene!- risponde lui alzando le braccia in sego di resa fingendo di essere intimorito. Accenno un piccolo sorriso. Mi fa ammattire il fatto che questo ragazzo riesca a destreggiarsi così facilmente con un carattere come il mio. Veniamo colti entrambi alla sprovvista dall’improvvisa mancanza di luce. E ci ritroviamo al buio più totale. –deve essere andata via la corrente- dice tranquillamente. -Non me ne ero accorta genio!- dico in maniera sarcastica e lui scoppia in una risata fragorosa. –sei forte!- esclama. Anche se non posso vederlo immagino le adorabili fossette che compaiono sul suo viso. –vado a prendere qualcosa per fare luce. Aspettami qui!- dice e sento i suoi passi mentre si allontana. Rimango da sola e in piedi.
Mentre mi stringo nella felpa mi ritornano in mente le immagini di poco prima a casa. Mia mamma che inizia a dare di matta. Chissà che cosa sarebbe successo se non l’avessi fermata in tempo. Scaccio quei pensieri appena vedo Harry che torna con una torcia rivolta verso il mento mentre si avvicina. –Uuuuuuuuuh! Sono il fantasma di questa casa e sto per uccidertiiiiiiii!!!!- sussurra con una voce raggelante. Che stupido! Scoppio a ridere. –Piantala Harry! Non mi fai paura!- e comincia a ridere anche lui. –Allora… mi dai una mano ad accendere queste per il salotto??- mi chiede indicandomi le bacchette di cera che ha in mano. -umh..si!-rispondo.                                                        
 Dopo un poco ci ritroviamo seduti per terra su una coperta circondati dalle fiammelle delle candele nel bel mezzo di una partita di Scarabeo. 
–Cane! Sette punti!- dice mentre finisce di mettere la ‘e’ nella casella. –tocca a te!- mi guarda in maniera ipnotica, ma non mi lascio influenzare dalla sua surreale bellezza e con un sorriso stampato sul volto e le sopracciglia in un’espressione altezzosa ribatto –Babbuino! Ottantatré punti! Ho vinto!- -NOOOOOO!- esclama Harry come se avesse appena perso un milione di Sterline alla lotteria. –Cavoli, sei un mostro!- mette il broncio in una maniera adorabile. –No! Sei tu che sei una schiappa!- lo prendo in giro. –Touché!- dice. E in quel momento mi dimentico di tutto, mentre lo guardo avvicinarsi pericolosamente al mio viso. Non ho nemmeno il tempo di capire cosa sta succedendo… gattono istintivamente all’indietro impedendo che le sue labbra carnose entrino e in contatto con le mie. Lui si ritrae e un sorrisetto beffardo gli compare in faccia. –dovevo aspettarmelo!- dice. La sua mano mi accarezza il viso – Non farmene una colpa, sei illegale per quanto sei bella!- sussurra mentre con un dito mi mantiene il mento. 
La mia parte razionale combatte per riprendere il controllo su di me e vince. Mi ritraggo dal suo tocco. –hai promesso che mi avresti riportata a casa appena avesse smesso di piovere. Beh! Ha smesso!- dico mentre mi alzo e con la mano buona rimetto le scarpe che avevo precedentemente tolto. –Hai ragione!- risponde sorridendo. –prendo le chiavi!- Una gelida folata di vento mi fa rabbrividire appena esco dalla casa. Harry mi apre lo sportello dell’auto e mi fa salire per poi seguirmi. Infila le chiavi nel cruscotto e mette in moto. Alla radio stanno trasmettendo una vecchia canzone dei The Smith. –Dove abita signorina?- chiede scherzando. – A Clapham. è un po lontano dal centro.- rispondo. –Non c'è problema!- dice e alza il volume della radio. Durante il tragitto mi addormento.                                                                      
-Sveglia dormigliona mi devi dire qual è casa tua!- dice mentre svolta l’angolo -è quella rosa sulla destra- rispondo con voce assonnata. –eccoci qua allora!- e frena davanti al marciapiede. –ehm… grazie!- dico con il volto basso. Con la mano mi volta il viso per guardarmi negli occhi. –Hey! Non c’è di che!- sussurra. –mmmh… mi apri lo sportello??- chiedo un po’ impacciata. Non è mia abitudine chiedere, ma la mano mi fa dannatamente male. -Certo!- In un lampo si trova dal mio lato e mi aiuta a scendere. –Oookay…- dondolo sui miei piedi. Harry mi accarezza una guancia. Sta diventando un’abitudine questa! Nessuno lo ha mai fatto per me. Le dimostrazioni d’affetto non sono mai state il mio forte. E non so ancora se mi faccia piacere o meno… non voglio soffrire ancora di più. –Allora ci vediamo domani!- dice. Come domani! Pensavo che questo fosse un addio! –Perché mai ci dovremmo vedere anche domani??- chiedo incuriosita. -Beh, come tuo infermiere ufficiale ho il compito di cambiarti la medicazione!- ,-e chi mai ti avrebbe nominato mio infermiere?!- mi stuzzica col dito la punta del naso e io infastidita scuoto velocemente la testa. –Semplice… mi ci sono nominato da solo!- si scosta i ricci sulla fronte e senza nemmeno darmi il tempo di rispondergli si infila in macchina. –Sogni d’oro Tammy!- dice e se ne va, lasciandomi li, davanti all’ingresso di casa mia.



Nota: 
Eh si... Harry un infermiere...  lo so è strano ma lo adoro! *w* Coooomunque come potete vedere sto caricando velocemente questi primi capitoli ma mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate di questa storia. facciamo così posterò il prossimo capitolo se almeno uno di voi mi lascerà una recensione. Su su su sono culiosa ecco tutto! ok vado mi sto congelando la mano lol
BACIOTTO. Flo! 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** #4 ***


Mi precipito in casa e mi chiudo la porta alle spalle. Mia madre ancora dorme sul divano, non la sveglio.
La medicina che le ho dato prima deve averla messa proprio fuori gioco. Chissà se sta sognando o se la sua mente è un buco nero. Il bello di dormire è questo, i pensieri si bloccano come se andassero in stand-by.
È vero, esistono i sogni, nel mio caso sempre sotto forma di incubi, ma ho imparato che niente può essere peggio della realtà.  
Salgo velocemente le scale, entro nel bagno e riempio la vasca. Dopo essermi disfatta dei vestiti, mi ci immergo, facendo attenzione a non bagnarmi la mano fasciata. La sensazione dell’acqua bollente sulla pelle mi rilassa i muscoli, facendomi chiudere automaticamente gli occhi. Immagini della giornata mi invadono la mente, la maggior parte delle quali ritraggono il viso di quel misterioso ragazzo con gli occhi che sembra racchiudano una foresta. Ripenso al modo in cui mi ha trattata nonostante il mio comportamento brusco. È disarmante. Nessuno ha mai voluto aver a che fare con me per più di cinque minuti, e per me va bene così. È sempre stato quello il mio intento, allontanare le persone, non permettere loro di scalfirmi. Ma ad Harry sembra non importare la mia freddezza e la cosa mi snerva. Sussulto al pensiero di quando si è fatto così vicino al mio viso per baciarmi, e mi congratulo con me stessa per essermi scansata.                        
 Cerco di scacciare questi pensieri immergendo completamente la testa sott’acqua. Immediatamente mi si tappano le orecchie. Rimango così fin quando il bisogno di respirare mi costringe a riemergere. Mi accorgo che le dita mi si sono raggrinzite, segno che sto da troppo tempo in questa vasca.
Una volta uscita rimango in piedi con la testa rivolta verso il basso mentre guardo i miei capelli lunghi gocciolare sul pavimento. Sto li e non penso a niente. D’un tratto il mio stomaco comincia a fare degli strani rumori, e realizzo che non ho toccato cibo da stamattina. Mi metto velocemente il pigiama  e con i capelli ancora zuppi scendo in cucina. C’è ancora la tavola imbandita e i piatti sono sul tavolo pieni di ciò che avevo cucinato. Mi siedo e in silenzio comincio a mangiare il pollo ormai freddo, una volta finito mi alzo e poso tutto nel lavandino, spengo la luce e me ne vado in camera. Come un automa mi metto nel letto e cerco di dormire. Niente. Il sonno non ne vuole sapere di venirmi a trovare stasera. Così prendo le cuffie e subito realizzo che il mio i-pod è andato a farsi fottere quando sono caduta. Mi arrangio, chiudo gli occhi e lascio scorrere il tempo fino a quando finalmente mi addormento.  ////////////////////////////////////////////   
 
Il corridoio si fa sempre più lungo, e io corro, corro, cerco di raggiungere quell’uomo così lontano, quell’uomo che ha lo sguardo perso nel vuoto… e intanto urlo “papà! Papà! Perché te ne sei andato?? Perché? Spiegamelo!” e più corro e più lui si allontana… “papà!” la mia voce si fa strozzata. Allunga un braccio verso di me… e scompare. “papà! No! Rispondimi!”
 
-Papà!- urlo con voce disperata mentre mi alzo di scatto sul letto. La fronte sudata. Mi guardo attorno, sono nella mia camera, è tutto normale. Era solo un sogno, un dannatissimo sogno. Esco dalle lenzuola e mi metto direttamente sotto la doccia. Non me ne importa di bagnarmi la fasciatura. Devo cancellare al più presto l’immagine di quel pezzo di merda dalla mia testa. Come posso sognarlo? Come? Perché mi ostino sempre a cercare di capire per quale motivo si è tolto la vita, perché ci ha lasciate così, all’improvviso? Basta! Me ne devo fare una ragione. La vita era troppo difficile per lui e allora ha scelto la strada più facile. Punto. Esco dalla doccia e dopo essermi asciugata infilo la prima cosa che trovo. Un paio di jeans neri, una camicia a scacchi rossa e gli anfibi. Sciolgo i capelli dalla crocchia che mi ero precedentemente fatta e copro la testa con un cappellino di lana nero. Passo velocemente la matita ed esco dalla stanza. Mi dirigo all’armadietto delle medicine, preparo quelle che mia madre deve prendere la mattina e glie le lascio giù sul tavolino affianco al divano sul quale sta dormendo e le scrivo un bigliettino “Prendile! Se torno a casa e le ritrovo ancora qua mi incazzo di brutto!” non lo firmo, è inutile. Esco di casa e l’aria fresca del mattino mi sveglia completamente. Stavolta ho in mente un posto preciso dove andare, uno dei pochi luoghi dove posso  dire di star bene. La campanella agganciata alla porta suona leggermente al mio ingresso nella libreria. Il profumo della vecchia stampa mi inebria i sensi. Mi dirigo all’ultimo tavolo in fondo alla grande stanza e mentre ci arrivo passo davanti al bancone d’ingresso dietro al quale sta seduto un vecchio signore. –Ciao Tom!- dico. Alza lo sguardo dal giornale solo per rispondermi  -Salve signorina Morgan- e subito torna alla sua lettura. Mi sta simpatico, non parla mai, non fa domande. Una volta si avvicinò al mio tavolo mentre stavo leggendo, mi offrì una tazza di cioccolata fumante e se ne andò senza dire una parola e senza nemmeno aspettare un mio ‘grazie’. Da quel giorno ha tutta la mia stima. Andiamo d’accordo, ognuno pensa a sé. Riprendo il libro che avevo iniziato la volta scorsa e mi perdo in un altro mondo.

\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\\

Il rumore di una sedia mi sveglia dalla mia trance. Da quanto tempo sto leggendo? Un’ora? Due? No, sono stata qui tutta la mattina e non me ne sono nemmeno accorta. Ho finito tre libri e giuro che non vorrei mai andarmene… appena uscirò da quella porta il mondo mi sbatterà in faccia la mia vita di merda. Almeno leggendo faccio finta di non essere io. Mi alzo e saluto Tom che mi rivolge quel sorriso che trasmette pace. Conto i miei passi mentre torno a casa giocherellando distrattamente con le chiavi.  La settimana è quasi finita e tra poco si torna a scuola, esattamente un giorno mi separa dall’imminente tortura. Dovrei studiare… ma le cose che facciamo sono talmente banali che non c’è n’è bisogno…. Basta che scrivi su quei fogli bianchi le cose che i professori vogliono sentirsi dire, e sono tutti contenti.  Non vedo la necessità di frequentare la scuola, ma la società ha bisogno di quell’insulso pezzo di carta che crede sia abbastanza a decidere se una persona sia matura o meno per continuare gli studi, per andare avanti. Io prendo dieci in quasi tutte le materie eppure non so cosa farmene. Le persone non si giudicano con i voti, io non valgo dieci, ma meno di zero. Appena mi trovo sul viale che porta a casa mia vedo davanti alla porta una macchina nera.
Mi avvicino per vedere meglio, sembra vuota. La riconosco, è la macchina di Harry. Ma che ci fa qui? E dov’è lui? Mi guardo attorno in cerca della sua chioma riccia. D’un tratto lo vedo sbucare da dietro un muro con il suo sorrisino beffardo stampato sul viso. Mi chiedo cosa abbia da sorridere sempre in quel modo. Ogni volta che lo fa mi tremano le gambe. Non sopporto questa sensazione. –cosa fai giochi a nascondino?- -Latte e simpatia questa mattina Tammy?-  -ah ah simpatico. Che ci fai qui?- dico irritata. –te l’avevo detto che sarei tornato a controllare la fasciatura!- -ti avevo detto che non c’è ne sarebbe stato bisogno! Ma come al solito tu non ascolti quello che dico!- lo guardo torva. Lui si gratta spensieratamente la nuca –in realtà ti ascolto, solo che poi agisco di testa mia!- -lo avevo notato!- -bene- risponde. Infilo le chiavi nella serratura e apro la porta. Una volta entrata non so cosa fare. Se farlo entrare o meno. La mia testa urla, strepita di chiudergli la porta in faccia, non posso farlo entrare qui dentro, non posso assolutamente, ma non riesco nemmeno a lasciarlo fuori. Così esco di nuovo e mi chiudo la porta alle spalle. Lui mi guarda stranito. –che stai facendo?- chiede incuriosito. – mmmh Pensavo che… beh… niente, non farci caso.-  -no, dai, dimmi!- -non voglio tornare a casa.- dico, anzi sussurro. È  vero, questo non è il mio posto. Mi ripropone uno dei suoi sorrisi mozzafiato. Vorrei chiudere gli occhi e non guardarlo. È troppo. –ho io un posto dove andare… per cambiare la fascia alla mano!- adesso glie lo tiro un destro! in effetti però guardandola, la medicazione è diventata grigia. Ma si sa, il bianco subito si sporca quindi fa niente. Ma a chi voglio darla a bere. –d’accordo!- ringhio. –Sali in macchina dolcezza!-  COME MI HA CHIAMATA???? Mi faccio rossa dalla rabbia e gli piazzo un pugno sulla spalla con la mano buona. -Non osare chiamarmi mai più in questo modo capito??- gli urlo a pochi centimetri dal viso. –Aggressiva la ragazza!- dice ridendo mentre si mantiene la spalla con la mano. Faccio per andarmene ma lui mi ferma come la prima  volta che ci siamo incontrati. –dai stavo solo scherzando!- dice tentando di discolparsi. Mi calmo e mi volto verso di lui. –attento a te!- lo avverto ed entriamo in macchina. –fai male però!- si lamenta mentre ancora si strofina la spalla. Sorrido soddisfatta –non sei il primo che le prede da me!- dico quasi come avvertimento al fatto che sono pericolosa. È vero. Ho picchiato un paio di ragazzi a scuola. Anche se però non erano chissà quali colossi, solo due poveri deficienti mingherlini che avevano fatto la battuta sbagliata al momento sbagliato, ma non lo dico. –non vorrei essere nei panni di quei poveri ragazzi!- scherza. –dove stiamo andando??- chiedo incuriosita, mentre lui mette in moto. –vedrai- mi risponde in maniera enigmatica. Il tragitto come al solito è silenzioso, solo ogni tanto Harry mi lancia qualche occhiatina e ridacchia da solo scuotendo la testa. All’ennesima risatina non c’è la faccio più. –Che hai così tanto da ridere!- lui si aggiusta i capelli con una mano. –è solo che…- -cosa??- lo incalzo io. –è che… sei buffa!- dice guardandomi per un attimo. Volto  di scatto la testa verso di lui. –Buffa?? Io?? E per quale motivo sentiamo…-  dico incrociando le braccia al petto. –niente, lascia perdere- fa lui. –no, adesso me lo dici!- voglio capire che cosa pensa. Stranamente mi sto esponendo più io che lui, anche se non mi sembra che abbia problemi a parlare di sé. Sembra un po’ incerto prima di parlare – beh… sei…mmmh, no fa niente!- non continua e accende la radio ad altissimo volume per rompere il silenzio, lasciandomi sospesa assieme alla frase. Per il resto del tragitto sono io a osservare lui. È così sicuro di sé nei movimenti, lo sguardo deciso anche se sembra un po’ pensieroso. Entriamo in un viale che mi sembra familiare. E infatti parcheggia la macchina davanti casa sua. –Che sorpresa! Hai una fantasia incredibile nel decidere i posti dove andare!- esclamo sarcastica. –guarda che non esiste un posto entusiasmante per medicare le fasciature, a parte l’ospedale… dove se sei fortunato e prendi gli antidolorifici puoi vedere qualche cavallino rosa volare…- -ah ah… Harry sei simpatico quanto un calcio in culo guarda!- -dai entriamo- fa lui mentre mi apre la porta di casa. È ordinata come lo era la volta scorsa , le luci calde dell’appartamento rendono la stanza confortevole. Senza farmelo dire mi stravacco sul divano –stavo per dire fa come se fossi a casa tua, ma vedo che non c’è n’è bisogno!- dice lui ridendo. –vedi? ti risparmio anche la fatica di essere gentile!- gli dico facendogli l’occhiolino. –allora presumo che andrò a prendere da bere solo per me…- e fa per andarsene  -no, no puoi essere gentile d’accordo!- mi affretto a dire. –ok, birra??- -andata!- rispondo. Subito dopo torna con due bottiglie ghiacciate già stappate. –ecco a te!- sorride mentre me la porge. Ne bevo subito un sorso, anzi si può dire più di un sorso, tanto che il freddo mi sale fino alla testa. Strizzo gli occhi dal fastidio –piano è gelida!- fa lui. –lo avevo notato, grazie!- Scoppia a ridere, non c’è la fa è più forte di lui. Ride in continuazione. –ma perché ridi così tanto? non capisco!- - perché sei buffa!- dice ancora con le lacrime agli occhi. –questo me lo avevi detto già in macchina, ma non hai detto il motivo.- lui si fa leggermente più serio –ok, te lo dico ma non ti arrabbiare!- -uff dillo e basta santo cielo!- dico roteando gli occhi. –ok… sei buffa perché… cerchi di mostrarti dura quando non lo sei affatto, imiti gli atteggiamenti mascolini ma ti assicuro che sei tutta al femminile- dice guardando il mio corpo dalla testa ai piedi. Il suo sguardo mi fa sentire a disagio. –ti comporti così perché ti vuoi difendere… ma ancora non ho capito da cosa.- dice con voce più bassa. I suoi occhi sembrano leggermi dentro. –Cerco di difendermi da te che sei un maniaco sessuale!- urlo per decentrare il discorso da me a lui. –si hai ragione- dice –e ti ho portato qui per approfittarmi di te!- dice con voce profonda  e occhi famelici per poi avvicinarsi e iniziare a farmi il solletico. Inizio a ridere fortissimo anche io, e mentre mi dimeno tra uno schiamazzo e l’altro gli intimo di fermarsi –Harry! F- fermati! Non c’è la faccio più!- appena si ferma mi alzo dal divano e riprendo fiato mentre mi asciugo gli occhi dalle lacrime. –ma che ti prende!- gli dico ancora con l’affanno. – niente… volevo sentirti ridere! Sei sempre arrabbiata!- fa lui.



Nota: 
Ecco il quarto capitolo come promesso!!! Avevo intenzione di caricarlo prima ma ci sono state le feste di Natale! A proposito... come sono andate queste feste a voi? avete ricevuto dei bei regali? fatemelo sapere sono culiosa! ewe                                                                                                       Comunque tornando alla storia, lo so che sono ripetitiva ma mi piacerebbe sapere se vi sta piacendo e se ne vale la pena continuare!                           se mi volete chiedere qualcosa questo è il mio account twitter: https://twitter.com/kioko96Japan chiedetemi qualsiasi cosa!                                               Ok vi saluto.... al prossimo capitolo di Rescuer Love! <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** #5 ***


Lo guardo. Sta seduto comodamente sul divano, con la sua aria sicura di sé e il viso che trasmette pace.
–non fissarmi così, lo so che sono bello, ma mi fai arrossire!!- no, rettifico, trasmette omicidio.             
– Se io mangio pane e simpatia, tu ti nutri soltanto di modestia a quanto pare!- dico.
Lui si alza facendomi l’occhiolino e si avvicina a me –lo so che stai facendo di tutto per sfuggire alla medicazione, ma non ci riuscirai…-  mi prende per il braccio e mi mette a sedere –resta qui!- mi intima con un dito –ho capito, non sono un cane!- rispondo acida.
Vedo la sua figura scolpita allontanarsi nel corridoio. Ora che ci penso non ho mai visto la casa per intero… mi sono solo fermata al salotto e alla cucina.
La curiosità mi assale come al solito, anche se  so che è una brutta nemica le cedo sempre. Con fare furtivo mi alzo dalla poltrona e mi dirigo verso il corridoio dove poco prima Harry si era addentrato. Giro a destra passando davanti al piccolo bagno fino a ad una porta socchiusa, la spalanco completamente. È la camera da letto.
Ordinata come l’ingresso, il materasso a due piazze al centro della stanza coperto da finissime lenzuola beige e di fronte un grande armadio di mogano con lo specchio. L’ho detto io che è un vanitoso. Anche qui c’è una grande libreria ricca di libri ma di medicina stavolta, infatti subito accanto c’è una scrivania piena di quaderni aperti e scritti. Sicuramente stava studiando. Lo so sembro una detective ma è più forte di me.
All’angolo sinistro poggiata al muro c’è una bellissima chitarra, ma la cosa che mi incuriosisce di più è un piccolo quaderno rilegato in pelle marrone chiuso con un laccio che lo circonda più volte. È vecchio e usato… sembra un diario…  Sussulto quando Harry mi si para davanti
–vedo che il mio messaggio di rimanere seduta non ti è arrivato vero??- il suo sguardo è severo mentre getta la valigetta del pronto soccorso per terra provocando un forte rumore. Mi sa che non dovevo venire qua dentro… non dovevi proprio seguirlo a casa sua Tammy! Che diavolo sto combinando.
Il panico si fa spazio dentro di me, ma il pesante silenzio viene interrotto dalla fragorosa risata di Harry . –cosa??- dico stranita, stavolta per davvero. 
-Dovresti vedere la tua faccia Tammy… è è epica!- dice mentre si getta sul letto a pancia in giù per continuare a ridere. –Non ci posso credere!- dico con voce alterata –mi hai fatto prendere un infarto cavolo!!- ma inizio a ridere anche io.
Non sono abituata a ridere così tanto. Harry si alza lentamente dal letto –ti dovevo scattare una foto, perché non ci ho pensato!-
-si certo, così avresti avuto la possibilità di torturarmi a vita. No grazie!- mi siedo sulla punta del suo letto ridacchiando ancora, è veramente comodo.
–dai cambiami questa fasciatura- dico sorprendendomi da sola delle mie parole . Anche lui sembra sbalordito –finalmente cominciamo a ragionare!-
si inginocchia e prende l’occorrente dalla cassetta. Mentre srotola la fascia ormai grigia dalla mia mano mi guardo attorno
–certo che la tua camera sembra quella di mia madre!- Anche se tutto concentrato a disinfettarmi mi risponde –beh… ho dei gusti un po’ retrò, fa parte del mio fascino.- mi fa l’occhiolino. –mi sa che hai un tic all’occhio!- esclamo. –Guarda che non ci metto niente a ricominciare con il solletico!- mi intima
–no, va bene ho capito, ho capito!- non c’è la farei a sopportare  altre risate, mi fa male lo stomaco oramai. –bene!- dice sottovoce.
Sembra il suo commento preferito. Appena finita la medicazione usciamo dalla camera. –hai fame?- mi chiede –perché io sto proprio morendo.- dice massaggiandosi la pancia. –in realtà… non mangio da stamattina, non mi dispiacerebbe mettere qualcosa sotto i denti.- Certe volte dimentico di mangiare. Vengo sopraffatta dai pensieri o cerco di non pensare affatto. –allora!- dice con entusiasmo appoggiando le mani sull’isola
–essendo io un gran cuoco, chiamami anche chef se ti fa piacere… ti preparerò uno dei miei piatti migliori. Perfino la regina lo ama. L’ho chiamato Styles-è-un-gran-figo-quindi-mangiami-e-basta. Che te ne pare??- -si prospetta un’emerita schifezza!- dico alzando gli occhi al cielo. –grazie, molto carino da parte tua. Vedo che mi dai fiducia!- dice, facendo il finto offeso. Alla fine il suo piatto favoloso era un sandwich prosciutto e formaggio con una fetta di insalata. –la ringrazio chef dei miei stivali!- dico facendo una smorfia. –signorina se vuole può anche non mangiarlo… ci sono milioni di compratori oltre lei.- -ah ah tipo… tu?- -certo, non posso dire di no a questa delizia!- dice addentando il suo sandwich. Alla fine cedo alla fame anche io e finisco il panino prima di lui. –ti ha fatto proprio schifo eh?- dice schernendomi. –in mancanza di meglio…- rispondo a tono. Guardando l’orologio del telefono mi accorgo che ho passato davvero molto tempo fuori casa. –devo andare adesso, si è fatto tardi! Non posso lasciare per troppo tempo mia madre da sola.-  mi porto la mano alla bocca. Ho detto troppo. Il fatto è che mi è uscito spontaneo e non era mai successa una cosa simile prima. Dalla sua espressione capisco che Harry si è incuriosito ma stranamente non fa domande e ciò mi colpisce. Di solito devo sempre fare i conti con gente che chiede, chiede, vuole sapere di più sulla mia vita e non mi da tregua, tipo gli assistenti sociali o gli insegnanti a scuola. Ma lui no. Se ne sta zitto a guardarmi. Non so per quale motivo ma ho voglia di parlargli di mia madre.
–è impazzita dopo la morte di mio padre. Me ne prendo cura fin da quando ero piccola e non lo posso far sapere quasi a nessuno perché gli assistenti sociali la porterebbero via da me e la rinchiuderebbero in un ospedale per matti e non lo posso permettere.- dico di getto.
Senza pesarci due volte. D’un tratto è come se mi fossi tolta uno dei miei grandi macigni dal petto. Il respiro si fa tremolante ma per la prima volta da quando è successo tutto, è più libero. Harry mi fissa con quegli occhi che riscaldano il cuore e le lacrime iniziano a scorrermi liberamente sulle guance, non le posso fermare. Così mi giro di spalle. Non posso farmi vedere mentre piango. Subito sento delle braccia avvolgermi da dietro, Harry poggia il viso sulla mia spalla solleticandomi il collo con i suoi ricci. –Hey! Non piangere piccola, ci sono io.- mi sussurra all’orecchio.
Quelle parole sono medicina per me, che non ho mai ricevuto affetto da nessuno. Così  mi volto e lo abbraccio anche io singhiozzando. –shh… è tutto apposto Tammy. Stai tranquilla- continua a sussurrare. La sua voce calda mi fa smettere di tremare e non appena finisco di singhiozzare mi allontano da lui. Per la prima volta da sempre sono crollata davanti a qualcuno. Non mi riconosco più. –s-scusa.- dico con la voce ancora un po’ tremolante dal pianto. –non devi scusarti di nulla. Tu puoi parlarmi di tutto, sempre.- dice accarezzandomi la guancia. E infatti sento che posso fidarmi di lui… ma non sono ancora pronta a raccontare di mio padre e di quello che ha fatto. –devo davvero andare… potresti accompagnarmi a casa?- gli chiedo. –certo!- risponde sorridendomi teneramente.  Prende la giacca e le chiavi –andiamo- dice tendendomi la mano. Io l’afferro d’istinto. Perché è questo quello che sto facendo. Sto seguendo l’istinto.                 
Arrivati davanti casa Harry spegne il motore. –eccoci arrivati!- -grazie di tutto!- gli dico e faccio per uscire dalla macchina. –Tammy!- mi sento chiamare da dietro. –per qualsiasi cosa ti serva… anche la più stupida mi devi chiamare. Capito?- dice con tono preoccupato e allo stesso tempo premuroso. Stavolta non ho voglia di rispondere male come mio solito, mi è stato davvero d’aiuto e non se lo merita. Gli sorrido –va bene!- lui annuisce sorridendo a sua volta. Chiudo lo sportello ed entro in casa.
Come al solito è silenziosa. Mentre mi dirigo verso il piano superiore passo davanti al tavolino dove avevo lasciato le pillole che mia madre doveva prendere stamattina e con mia grande sorpresa sono ancora li. Di solito le prende quando le dico che altrimenti mi arrabbio.
Inizio a cercarla per tutte le stanze. Provo nella cucina, nel salone, ma niente. Inizio davvero a spaventarmi. –Mamma!- cavolo -mamma dove sei?- salgo in fretta le scale, guardo nella sua camera da letto… non c’è da nessuna parte. –Mamma! Rispondimi!- improvvisamente mi fermo. L’unico posto dove non ho guardato è il bagno. Entro spedita dentro la stanza. L’immagine che mi ritrovo davanti è raccapricciante.
–MAMMA!!!- grido con tutto il fiato.




Nota:  
Si lo so non pubblico da tanto... ma ci sono state tantissime cose da fare e oggi è pure ricominciata la scuola! :CCC    UCCIDETEMI!   (ahaha no scherzo non mi prendete sul serio! lol).
Comunque io ho adorato questo capitolo... finalmente Tammy si sta sciogliendo un po è veh? ahha e Harry è asdfghjkl
Dimenticavo... volevo ringraziare -Giada- sei dolcissima lo giuro... ti ringrazio tanto e spero che continuerai a seguire la mia ff <3
Oltre a questo volevo ringraziare anche chi ha messo la mia storia tra quelle da ricordare ecc... 
ok mi sto dilungando troppo come al solito se mi volete contattare il mio twitter è sempre questo: https://twitter.com/kioko96Japan 
un bacione e al prossimo capitolo!  SMACK SMACK!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** #6 ***


Il cuore mi batte a mille e il sangue mi pulsa nelle tempie alla vista di mia madre stesa sul pavimento del bagno.
Subito mi avvicino a lei cercando di rianimarla. Provo a sentirle il polso ma è davvero debole.
Non so che fare. Mi viene in mente Harry e il suo ‘chiamami se hai bisogno ’ .
È strano per me chiedere aiuto…. Ma adesso ne ho DAVVERO bisogno.
Prendo il cellulare , non ricordo di aver salvato il numero ma il suo nome è li, nella rubrica.
Deve avermelo registrato lui mentre ero distratta.
Premo il tasto di chiamata e dopo nemmeno due squilli una voce calda e tranquilla mi risponde.
–Hey… già ti manco??-
-Harry ti prego devi venire subito qui!- gli dico con voce piena di preoccupazione.
–Arrivo!- risponde sicuro e riattacca immediatamente.
Cinque minuti precisi e sento il campanello suonare.
Mi precipito al piano di sotto lasciando mia madre stesa con la testa poggiata su un asciugamano.
Apro velocemente la porta ed Harry entra a passo svelto in casa –cosa è successo?!- chiede con tono preoccupato.
–mia madre… l’ho trovata a terra nel bagno.
Ha il polso debole e non so cosa le sia successo… non ha preso le pillole che doveva prendere e…e…- inizio a parlare a raffica con voce tremante e respiro affannato. 
Harry mi poggia una mano sulla spalla per rassicurarmi –Shh..ok, ok…-
-è.. è solo che ho troppa paura!- -lo so. Dov’è tua madre adesso?-
- è di sopra nel bagno!- dico e gli faccio segno di seguirmi.
Appena arriviamo da lei… Harry la prede in braccio e la portiamo sul suo letto.
Mentre io rimango ferma sulla porta, lui le controlla a sua volta il polso e le guarda le pupille .
Poi si gira verso di me con espressione seria ma tranquilla –è solo svenuta!
Mi hai detto che non ha preso le pillole.
Deve essere la controindicazione di quando si interrompono bruscamente.-  
Emetto subito un sospiro di sollievo e mi avvicino a mia madre per accarezzarle il viso.
-mi hai fatto prendere uno spavento enorme…- le sussurro, poi mi volto verso Harry
–le vado a prendere un bicchiere d’acqua- dico trovando una scusa per allontanarmi un attimo e riprendere fiato dopo la confusione del momento. Appena arrivata in cucina mi appoggio al lavandino con la testa abbassata e inspiro forte.
Incredibile come questo ragazzo che conosco da appena tre giorni sia stato sempre così disponibile nei miei confronti sin dall’inizio.
Come io mi sia confidata con lui, anche se in parte, e lo abbia coinvolto nei problemi di mia madre.
Me la sono sempre cavata da sola, ma ultimamente mi sto aprendo come non ho mai fatto prima.
Non ho mai avuto bisogno di nessuno, o almeno mi sono fatta bastare le mie forze.
Riempio il bicchiere di acqua e prendo anche le medicine dal tavolino.
Torno nella camera e trovo Harry vicino alla finestra che guarda fuori, il suo sguardo pensieroso.
Mi piacerebbe scoprire a cosa pensa...ma non gli faccio domande.
–ho portato anche le medicine- dico avvicinandomi di nuovo a mia madre che nel frattempo si è svegliata.
Harry si volta verso di me annuendo leggermente. Il cielo si è fatto scuro anche se è pomeriggio.
Le giornate cominciano ad accorciarsi in fretta.
–si è fatto tardi anche per me!- esclama mentre indossa la giacca che aveva precedentemente poggiato sul letto.
–oh! Si, ok.- Lo seguo mentre usciamo dalla stanza e ci dirigiamo all’uscita. –Ehm… non so come ringraziarti…io…- ma subito mi interrompe
–anche prima ti ho detto che non devi ringraziarmi di nulla mi sembra!- .
Non capisco… non capisco perché si prodiga così tanto per me. –perché?- dico sotto voce mentre lui sta uscendo.
Sono convinta che non mi abbia sentita ma al contrario di quanto mi aspetto lui si volta –perché cosa?- chiede aggrottando la fronte.
Non posso non finire la frase, lo voglio sapere davvero. –perché sei sempre così disponibile con me? non capisco.
Di solito le persone si allontanano appena mi conoscono meglio. Spariscono tutti.- mentre lo dico abbasso lo sguardo.
Vedo le scarpe di Harry allungare due passi verso di me.
– io… io resto!- al suono di quelle parole alzo la testa di scatto per ritrovare il suo sguardo fisso nei miei occhi e rimango sorpresa quando si avvicina per posarmi un delicato bacio sulla guancia.
–Ci vediamo Tammy!- sussurra e scuote la testa sorridendo  quando si accorge del mio viso in fiamme.
Rimango immobile mentre lo guardo allontanarsi con la sua bellissima macchina. Rientro in casa e torno da mia madre che nel frattempo si è svegliata.
–Come ti senti?- le chiedo premurosamente –Tammy… s-sto bene.-
-Mi hai fatta preoccupare un casino, ti avevo anche scritto di prendere le pillole, perché non fai mai quello che ti chiedo?- le dico con la voce che traspare i miei sentimenti a differenza delle altre volte.
–scusa – mi risponde mortificata. Non è più la donna sicura e risoluta che un tempo mi teneva forte la mano quando dovevamo attraversare la strada. Ora è una bambina di cui mi devo prendere cura.
–chi era quel ragazzo che è andato via poco fa?-chiede curiosamente
-un amico- rispondo.
Si, credo che posso considerarlo un amico dopo che mi ha aiutata con lei. –è carino!- dice ridacchiando.
Non posso fare a meno di sorriderle –si mamma, certo. Ma adesso torna a dormire si è fatto tardi.- le accarezzo una guancia e spegnendo la luce esco dalla camera.
Dopo una notte piena di incubi mi incammino stancamente per raggiungere la scuola.
Quelli che dovevano essere i miei giorni di riposo sono stati tutt’altro che tali, l’incontro con Harry li ha completamente sconvolti ma adesso non so dire se in positivo o in negativo.
Gli sono debitrice e questa è un’altra cosa nuova per me.
Attraverso il corridoio della Mc’Adams High School con il viso rivolto verso il basso e facendo il possibile per evitare gli sguardi di quelle teste di cavolo che sono gli altri studenti… per non parlare dei professori.
Mi avvicino al mio armadietto su cui una coppia di deficienti sta beatamente pomiciando senza alcun ritegno.
–Toglietevi dai piedi!- intimo ai due che non mi prestano la minima attenzione. –Ho detto smammate!- Incominciamo bene.
-Fuori dalle palle!- urlo dando un calcio all’armadietto subito di fianco al mio.
Finalmente si accorgono della mia presenza e scocciati si allontanano.
Sbuffando prendo il libro di storia e mi dirigo all’aula dove ci sono già quasi tutti, compreso Mr. Tomson.
–La sveglia non ha suonato signorina Morgan??- dice col suo tono acido – No professore. Due idioti si stavano baciando sul mio armadietto.-
dico provocando una risata generale. Non capisco cosa ci sia di divertente.
Mi siedo all’ultimo banco che si trova per mia sfortuna accanto a Shelly.
Non è un caso se si chiama come la sorella di barbie. è una bionda ossigenata la cui voce da fastidio anche alle papere.
Mi da ai nervi la sua sola presenza figuriamoci la sua vicinanza.
–Cosa si prova nel vedere gli altri fare cose che tu non farai mai??-dice sogghignando maleficamente.
Non le rispondo, mi limito soltanto ad alzarle il dito medio.
L’ora passa lentamente con il professore che spiega e io che scarabocchio sul quaderno.
Pare che il tempo si fermi quando vuoi che vada più veloce.
La mattinata passa tutta così, esco da un’aula per poi prendere i libri e passare in un’altra.
Soltanto l’ultima lezione è gradevole, la letteratura inglese mi ha sempre affascinata molto e anche la professoressa è passabile, beh in effetti è l’unica che salverei se l’edificio andasse in fiamme.
Al suono della campanella metto i libri nella borsa e quando tutti sono usciti mi dirigo anche io all’uscita, ma proprio mentre sto per andarmene la professoressa mi chiama. –signorina Morgan, un attimo soltanto.-
Anche se ho fretta di andare rimango perché sono curiosa di sapere di cosa vuole parlarmi. –Ho corretto il compito che mi ha consegnato la settimana scorsa, e devo dire che è un gran bel lavoro come al solito.-
-la ringrazio- dico e faccio per andarmene credendo volesse dirmi soltanto questo. - Solo…- dice frenando il mio passo.
– Volevo sapere come va? Intendo… a casa.- Nonostante miss Ronda mi sia simpatica voglio evitare di parlare delle mie cose personali, anche se è una brava persona è sempre una professoressa e non mi va che si intrometta nella mia vita.
–Miss Ronda non so cosa le hanno detto ma le assicuro che io e la mia famiglia stiamo bene. Non si deve preoccupare.-
detto questo la piccola donna dietro la scrivania annuisce lentamente senza fare più domande.
Esco in fretta dall’aula stavolta ripensando alle mie parole. “io e la mia famiglia stiamo bene”.
Ma di quale famiglia stavo parlando? Di certo non la mia. Io non ne ho una. Una volta uscita dalla scuola vorrei solo tornare a casa ma non posso, il lunedì ho il turno al supermercato.
Faccio la cassiera part-time tre volte alla settimana, il sussidio che ci da lo stato dopo la morte di quello lì è buono ma non basta per pagare tutte le spese. Dato che il posto è abbastanza lontano da qui decido di andare a prendere l’autobus che stranamente non tarda ad arrivare.
Dopo aver indossato la divisa di lavoro, che consiste in una felpa verde con su scritto SAFEWAY a caratteri cubitali e un cappellino dello stesso colore, saluto le ragazze che fanno il turno con me e inizio a passare al laser la spesa di una persona dopo l’altra.
In questi casi mi sento come una macchina e devo dire che la sensazione non è spiacevole.
Sono le poche volte in cui non penso a tutto il casino che mi frulla per la testa.
Ma la sensazione di semi-spensieratezza dura poco giusto fino al momento in cui alzo la testa per comunicare il conto
–sono trentasette e cinquantadu…- la voce mi si blocca quando i miei occhi inquadrano il viso che sto vedendo più spesso in questi ultimi giorni.
-Ha-Harry!- lo stomaco comincia a formicolare, succede sempre così quando lo vedo.  
 –Bel cappellino Tammy!- dice facendomi l’occhiolino.




Nota:
Arieccoooooomeeeeeee!!! 
Lo so è tanto che non carico un altro capitolo ma ultimamente tra scuola, compiti, organizzare la mia festa di compleanno ( a proprosito tra poco è il mio compleanno!!! asdfghjasdfghjkdfghjk).
Cooomunque... cosa ne dite di questo capitolo??  Io ho adorato scriverlo!!! *w* 
Fatemi sapere se vi è piaciuto!!!
Come al solito ringrazio le ragazze che mi hanno recensito!! Siete troppo carine! ^.^
Qualsiasi cosa questo è il mio twitter: https://twitter.com/kioko96Japan
Ok un bacio graaaaaaaaaaaande grande grande!!!! 
A presto con Rescuer Love! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** #7 ***



HARRY’S POV:

Ho avuto l’impressione che il turno non sarebbe finito più. Sono sfinito.
Mi dirigo allo spogliatoio per togliermi il camice e indossare finalmente dei vestiti normali.
Non ho mai visto così tanti feriti e malati in un giorno solo.
–Giornata dura oggi eh?- esclama Mac mentre entra dalla porta scorrevole. –Non sai quanto amico!- dico mentre finisco di allacciarmi le scarpe.
–Beh io vado Mac, ci vediamo domani!- -A domani Hazz!-.
Saluto anche gli altri colleghi ed esco dall’ospedale. Respiro profondamente l’aria gelida della sera londinese.
Mi stringo nella giacca e mi dirigo alla macchina. Un gioiellino che mi sono sudato con ore ed ore di lavoro ma devo dire che ne è valsa la pena.
Non vedo l’ora di tornare a casa e dormire fino a domani pomeriggio, ma il mio stomaco non è d’accordo e reclama del cibo con tutte le sue forze.
Ora che ci penso… nel frigo non c’è niente, a parte quella scatoletta di tonno mezza aperta che assolutamente non voglio mangiare.
Ci tengo alla mia salute. Mi fermo al supermercato più vicino. L’insegna SAFEWAY scritta in un acceso colore verde mi acceca quasi… si potrebbe vedere a miglia di distanza. Fermo l’auto nel parcheggio poco affollato ed entro.
Sono abituato a fare la spesa, vivo solo da quando avevo sedici anni, dopo il divorzio dei miei ho deciso di prendere in mano la mia vita e di crearmi un futuro, così sono andato via di casa.                          
 Dopo aver preso un po’ di cose che mi mancavano mi metto in fila per la cassa, e mentre le poggio sul nastro scorrevole me ne accorgo.
La cassiera. È Tammy. Indossa una divisa verde e un cappellino dello stesso colore.
Ha gli occhi bassi mentre passa il mio cibo al laser. Non riesco a credere a quanto sia bella.
Sin da quando l’ho vista la prima volta sono stato attratto da lei, i suoi lineamenti orientali, i suoi lunghissimi capelli neri e il fisico da paura che si ritrova. E vogliamo parlare del suo caratterino?? Ah… è una gattina selvatica! –Sono trentasette e cinquantadu…- si interrompe appena si accorge della mia presenza. -H-Harry!- La vedo mentre arrossisce e mi viene da sorridere –Bel cappellino Tammy!- esclamo strizzandole l’occhio.       
   -C-che ci fai qui?- mi chiede incuriosita. –Beh faccio la spesa, come puoi notare- le rispondo indicando con lo sguardo la roba che ho appena comprato.
–Questo lo avevo capito testone! Intendevo che ci fai da queste parti. Non è che mi stai stalkerando?- 
In effetti può sembrare che io sia uno stalker date tutte le volte che ci vediamo, ma sono davvero delle coincidenze, e ne sono stupito tanto anche io.    –Niente spionaggio da psicotici, sono solo un povero infermiere appena uscito da lavoro che sta facendo la spesa. Non è colpa mia se ci incontriamo sempre. Anzi… non è che sei tu che fai di tutto per starmi vicino?- le dico scherzando.
Adoro stuzzicarla e vedere le sue reazioni. Infatti… -Ma ti è dato di volta il cervello??? Adesso sarei io a seguire te? Tzè… ma tu guarda questo!- come avevo detto! –Hey calmati, sto scherzando!- la rassicuro mentre rido.
Succede sempre… non posso fare a meno di ridere. –Meglio per te!- mi intima
–e smettila di ridere sempre!- dice mentre mi porge il resto dei soldi che le ho appena dato. –Agli ordini signora!- rispondo mimando il saluto da soldato e facendole sorgere un sorrisino a fior di labbra, quelle labbra che solo Dio sa quanto vorrei baciare! –Quando stacchi?-le chiedo.
Guarda il piccolo orologio che porta al polso e poi risponde –Dovrei finire tra cinque minuti!- -Bene, allora ti aspetto fuori.- dico e faccio per uscire ma lei mi interrompe –Non c’è bisogno che mi aspetti, appena finisco qua prendo la metro- Cocciuta come al solito. –Ti do un passaggio io, sono di strada.- dico ed esco senza aspettare una sua risposta.
 
TAMMY’S POV:

Assurdo…  quello che dico io non conta mai, dobbiamo sempre fare di testa sua! Mi tolgo quella stupida divisa di dosso ed esco dalla porta sul retro. Vorrei andare via senza farmi vedere ma… qualcosa mi fa cambiare idea. Faccio il giro dell’edificio e lo raggiungo nel parcheggio.
Sta appoggiato sul cofano della macchina e ha le mani nelle tasche, il vento gli smuove i capelli. Mi fermo un attimo ad osservare l’immagine che ho davanti. Il suo sguardo indagatore mi scruta da capo a piedi facendomi andare a fuoco lo stomaco e non solo…
-Avevi intenzione di svignartela vero?- mi dice mentre mi avvicino. –Era l’uscita più vicina a dove mi trovavo- mento senza successo.  
–Si certo, come no!- fa lui mentre mi apre lo sportello –Madame!- dice e mi fa cenno con la mano di entrare –Guarda che me lo so aprire anche da sola!- rispondo.      
–E dove andrebbe a finire la cavalleria?!- dice sorridendomi. –Nel Medioevo, ecco dove andrebbe a finire!-
-Ah, non esistono più le donzelle di una volta!- esclama alzando gli occhi al cielo mentre cammina al lato del guidatore.  Mi scappa una risatina.       –Non mi avevi detto che lavori in un supermercato!- dice una volta entrato anche lui nell’auto. –Non è una cosa così interessante da dire!-
non mi vanto del lavoro che faccio anche perché non c’è ne nessun motivo, faccio solo la cassiera. –A me interessa tutto di te!- dice mentre il suoi occhi verdi fissano i miei. Un brivido mi da la forza di spostare lo sguardo via dal suo viso. –Hai freddo?- mi chiede –In effetti si!-.
Subito accende il riscaldamento e mette in moto. –Ehm… comunque anche se non te lo vuoi sentir dire ti ringrazio per quello che hai fatto ieri sera e anche per questa- dico alzando la mano ancora fasciata. -Prego!- si limita a rispondere. –A proposito come va la ferita?-  -Si è rimarginata quasi del tutto- in effetti sto guarendo molto velocemente. –Bene. Presto dovremo togliere i punti.- dice deciso. –Se fa male come quando me li hai messi preferisco tenermeli!- ma che avevo in testa quando ho stretto quel coltello! –Non fa male fifona!- esclama ridendo
–Ah se lo dici tu allora sono in una botte di ferro!- rispondo sarcastica. –E poi non sono una fifona! È solo che non voglio sentire dolore ecco tutto!-  “non voglio sentire dolore” né fisico né mentale. A quell’affermazione Harry non mi risponde, mi guarda soltanto, come se avesse colto il mio pensiero.
In Inghilterra il cambiamento del clima è più repentino di una donna col ciclo! Infatti improvvisamente comincia a diluviare tanto da costringere Harry ad accostare sul ciglio della strada. –Mi sa che dobbiamo aspettare che la pioggia rallenti- dice mentre strofina le mani sui jeans.
Sembra che il destino faccia di tutto per mettermi in queste situazioni. –Se avessi preso la metro, adesso sarei già arrivata a casa!- dico maledicendomi per non averlo fatto. –Beh… guarda il lato positivo- fa lui –E quale sarebbe sentiamo!- dico incrociando le braccia al petto.
–Il lato positivo è che sei con me!- a quell’affermazione sul suo viso compare un sorrisino con tanto di fossette.
–Non mi ero mai accorta che avessi le fossette!- dico non riuscendo a non infilare gli indici nei due foretti posti a entrambi i lati della sua carnosa e rossa bocca. Mi rendo subito conto di quello che sto facendo e mentre sto allontanando le mani, quelle di Harry le raggiungono frenandole.
–Perché non ti lasci mai andare Tammy?- non riesco a rispondere. So che il suo solo contatto  mi rende debole, e la sua vicinanza vulnerabile.
–Io… io… finirei per soffrire, e non lo sopporterei.- rispondo allontanandomi definitivamente.
 
HARRY’S POV:

Il suo gesto mi coglie alla sprovvista… e a quanto pare anche lei è sorpresa di se stessa, tanto da arrossire. Prendo le sue mani e mi perdo nei suoi occhi intensi. Non capisco cosa la frena, di cosa a paura? La risposta che da alla mia domanda mi fa riflettere : "Finirei per soffrire e non lo sopporterei”, qualcuno l’ha ferita talmente tanto da segnarla in maniera così profonda. Ho voglia di prendermi cura di lei, ma non come faccio di solito con i pazienti dell’ospedale, con lei è diverso. Ho voglia di proteggerla dal mondo, dalla gente schifosa che ci circonda, da tutto.
– Fidati di me!- dico.
Ha l’espressione di una persona rassegnata.
–Mi sono fidata tante volte della gente Harry, e mi hanno sempre delusa, persino le persone a me più care.-              
-Io non riuscirei mai a farti del male…- 
 
TAMMY’S POV:

Guardo il suo viso, e sembra dannatamente sincero. Non so spiegarlo, ma ogni secondo che passa sento la corazza che mi sono costruita attorno sgretolarsi un pochino alla volta. Quando sono con lui mi sento… protetta e questo mi fa paura.
Non voglio che succeda di nuovo, non voglio essere abbandonata un’altra volta.
I miei sensi vengono annebbiati dal suo sguardo profondo e in un gesto veloce ma delicato le labbra di Harry raggiungono le mie facendomi dimenticare per un momento tutte le preoccupazioni. Un momento che sembra non avere fine, e non so se voglio che l’abbia.
Un brivido mi corre lungo la schiena quando infila le mani tra i miei capelli e mi attira ancora più vicina a sé intensificando il bacio.
Sono sorpresa di me stessa e del fatto che non lo sto respingendo, ma il mio corpo non vuole farlo. Io non voglio farlo… Mi sento mancare il fiato quando si allontana da me, mantenendo la fronte premuta sulla mia.
–Ti prego…- sussurra con voce profonda e un po’ affannata –…lascia che mi prenda cura di te!- e dal profondo del cuore sento urlare un “si!”.


NOTA:

SCUSATEEEEEEEEEE, SCUSATE SCUSATE SCUSATE!!! :C 
Lo so è una vita che non aggiorno! Mi picchierei da sola! *cosa che non faccio perchè sembrerei una scema! ù.ù*
Sono successe tantissime cose 1 il mio compleanno! 2 studio , studio, studio. 3 cercavo un po di ispirazione.
Comunque non ci sono scusanti. 
NGUEEEEEEEEEEEEEEEEEE!
Anyway... finalmente in questo capitolo vediamo anche il punto di vista di harry. *w* 
e Tammy... si sta lasciando andare! yuppyyyyyyyy!
Vabbè.... fatemi sapere se vi è piaciuto e siate libere di fare le vostre considerazioni! 
detto questo vi lascio!! Un bacione!! SMAK!
ps: Mio profilo twittah:  https://twitter.com/kioko96Japan

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** #8 ***



Vorrei dirgli a voce il mio si… vorrei ammettere che ho bisogno di aiuto perché non riesco più a sostenere il peso della mia vita, ma non posso, non ci riesco. Non so dove trovo la forza per distogliere lo sguardo dai suoi occhi così penetranti ma lo faccio giusto in tempo per accorgermi che la pioggia è diminuita. –Credo che adesso possiamo andare-  dico allontanandomi dal suo tocco.   -Mmmh… si!- risponde mentre si volta e con espressione un po’ delusa mette in moto. Posso capirlo… desiderava una risposta che non gli ho dato. Il resto del tragitto lo passiamo in silenzio, e come al solito mi lascio cullare dal ritmico rumore dei tergicristalli, tanto regolare da appesantirmi gli occhi. –Siamo arrivati.- la voce calda di Harry mi scuote dal mio sonno.   –Oh…mi sono addormentata- dico con la bocca ancora impastata. –No Tammy… sei proprio andata in letargo!- mi dice sorridendo con il suo solito senso dell’umorismo, e non so perché ma sono felice che non sia arrabbiato con me perché non gli ho dato una risposta.  –Uhm, grazie del passaggio Harry.-  -Non c’è di che- risponde con gentilezza. Apro lo sportello e scendo dalla macchina.   –Sogni d’oro Tammy!-                                                          -Notte!- rispondo per poi chiudere lo sportello ed avviarmi all’entrata sentendo il suo sguardo accarezzarmi le spalle. Chiudo la porta di casa e appoggiandomi con la schiena su di essa scivolo fino a sedermi per terra per poi portarmi  le mani sul viso. Non posso credere a quello che è successo… mi ha… mi ha baciata ed è stato incredibile.  Per un momento ho dimenticato il resto del mondo. Mi tocco le labbra come se potessi riuscire a sentire di nuovo il suo sapore.  Che sto facendo? Non sono più io… la vera me gli avrebbe piantato cinque dita in faccia e sarebbe tornata a casa a piedi anche sotto l’acqua, invece ho addirittura contraccambiato il bacio, volevo contraccambiarlo! ... non ci capisco più niente.                                       Alzandomi da terra  mi dirigo nel soggiorno dove trovo mia madre seduta sul divano circondata dai vecchi album di famiglia mentre guarda ad una ad una tutte le foto risalenti ai tempi in cui eravamo felici. Mi siedo accanto a lei che mi accoglie con un sorriso porgendomene una che ritrae me piccola mentre con una mano mantengo il mio coniglietto e con l’altra mi aggrappo alla sua maglietta, la maglietta dell’uomo  di cui mi fidavo di più al mondo. La vista del suo viso è un pugno nello stomaco e in un attimo mi ritornano in mente tutti i momenti trascorsi con lui, le passeggiate al lago per dar da mangiare alle anatre, i giochi che facevamo assieme e le favole che mi raccontava tutte le sere prima di andare a dormire. La vita era perfetta… il mondo era perfetto, poi un giorno lui ha voluto rovinare tutto… ha voluto rovinare me e la mamma, che ancora lo ama nonostante tutto. Non posso più guardare il suo dannatissimo viso, fa troppo male.–Rimetti tutto a posto quando hai finito!- dico freddamente mentre mi alzo per andarmene in camera dopo averle restituito la fotografia.  –Tammy!- la voce sottile di mia madre frena il mio passo.  –Perché non sorridi più così?- chiede prendendomi alla sprovvista.  –Perché non ho più un motivo per farlo!- rispondo e riprendo a camminare. Spalanco la porta della mia camera e mi spoglio mentre vado in bagno per poi infilarmi sotto la doccia bollente. Mi concentro sul rumore dell’acqua per non pensare a nulla ma il mio tentativo è vano. Il viso di quel ragazzo è sempre li non riesco a mandarlo via. Mi chiedo dove abbia trovato la chiave per accedere alla mia mente. Chiudo l’acqua ed esco rabbrividendo per il cambio di temperatura. Mi infilo l’accappatoio e mi getto sul letto, nemmeno il tempo di chiudere gli occhi che crollo dal sonno.
 
[ una bambina dai capelli neri e con le guance paffute tiene la mano al padre mentre camminano nel parco.                                                                       “Papà mi compri il gelato?”   “Ne hai già mangiato un tesoro, poi chi la sente tua madre se ti viene il male al pancino!”   “Ma non glie lo diciamo…”             “Va bene… ma sarà il nostro piccolo segreto!” la bimba esulta e salta in braccio al papà. Il suo nido, il suo rifugio.
Poi d’un tratto la mano del padre non tiene più la sua… non si trovano più nel parco ma in un luogo vecchio e angusto… il padre va via senza portarla con sé e la bimba piange… ritrovandosi da sola nel buio… ]

Mi risveglio col viso bagnato dalle lacrime. Questi maledetti incubi non mi abbandoneranno mai, è la mia condanna. Mi alzo velocemente dal letto guardando l’ora. Stavolta sicuro faccio tardi. Mi vesto in fretta, infilando le scarpe e lavandomi i denti allo stesso tempo. Esco dalla stanza e corro a preparare le medicine per mia madre che come al solito sta dormendo sul divano… ha la Sua foto poggiata sul petto… entro in cucina prendo una mela ed esco di casa come un razzo correndo alla velocità della luce, e arrivo alla fermata giusto in tempo per vedere l’unico mezzo di trasporto che mi avrebbe portata a scuola partire senza di me a bordo. Ma perché il mondo mi odia così tanto?? Perché?????!!                                                             Rassegnata comincio a camminare a piedi, prima o poi dovrò pure arrivare no? Mentre l’idea di dover spiegare il motivo del mio ritardo ai professori si fa spazio nella mia mente una macchina familiare mi si accosta accanto, facendo si che il mio cuore prenda la rincorsa per farmi venire un infarto.–Ciao Harry!- dico fingendo noncuranza. –Hai bisogno… non so, di un passaggio?- chiede ironicamente sapendo perfettamente che ho appena perso il pullman. –Ehmmm no!- dico addentando la mia mela. –Non mi pare che la tua scuola sia molto vicina- dice seguendomi lentamente con l’auto. –Ho voglia di fare due passi!- mento spudoratamente.  –Starai scherzando? Due passi più altri duemilasettecentoventitrè!- dice incredulo.                               –Grazie dell’informazione molto utile…- dico continuando a mangiare la mia mela. Lui rimane in silenzio e continua a seguirmi con la macchina velocità  finché non mi fermo di botto. –La finisci di seguirmi?- esclamo infastidita.  –Hey! Guarda che vado verso la tua stessa direzione non è colpa mia!- risponde con sufficienza. -Possibile che devi andare così lentamente allora?- -Non posso prendermi una multa per eccesso di velocità!!... tzè!- dice guardando la strada. È sempre il solito. Stanca di continuare quel teatrino apro lo sportello della sua auto ed entro nella vettura.                                      –Ti sei decisa finalmente!- esclama Harry mostrandomi le sue dannatamente adorabili fossette. –Mi ero stufata di camminare!-                                       -Ceeerto!- mi fa il verso. Mi fa salire un nervoso! Però allo stesso tempo per quanto io voglia negarlo la sua vicinanza mi fa formicolare lo stomaco.         –Devi lavorare oggi?- mi chiede di soppiatto mentre cerco di distrarmi contando i lampioni. –Mmmh no oggi giornata libera- rispondo continuando a contare. –Bene allora oggi vengo da te!- dice mentre frena l’auto proprio di fronte alla mia scuola. -17- dico senza nemmeno riflettere.                            –Cosa?- dice lui non capendo la mia affermazione. Ed è normale perché colta dalla sorpresa ho detto ad alta voce il numero dei lampioni che avevo contato. –Ehm niente… perché dovresti venire da me?- -Per togliere i punti!-  risponde come se fosse la cosa più ovvia del mondo. -Scordatelo!- dico decisa.–Non puoi tenerli a vita Tammy!- dice con tono di rimprovero. Ok… ha ragione ma... –A casa mia c’è mia madre Harry-  -Allora ti vengo a prendere e vieni da me!- inutile… qualunque cosa io dica lui troverà una contro risposta. –D’accordo!- rispondo sospirando oramai rassegnata.            –Perfetto!- dice sorridendo soddisfatto. -Si, si!- dico mentre scendo dall’auto.  –Ci vediamo Tammy!- dice e parte a tutta velocità. E si lamentava per la multa che avrebbe preso per colpa mia! Comincio a camminare e mentre rielaboro le sue parole mi blocco. Un urlo di esasperazione mi esce dalla gola facendo girare tutti nel giro di cinque metri.–Che diavolo avete da guardare?!- esclamo mentre entro a passo svelto nell’edificio. Fortunatamente il mio armadietto è libero, in questo momento se avessi trovato quei due idioti a baciarsi se la sarebbero vista brutta. Nell’aprirlo un piccolo foglietto di carta mi vola quasi sul viso. Lo raccolgo da terra.  
“PER QUANTO ANCORA VORRAI MENTIRE AGLI ASSISTENTI SOCIALI?? IL GIOCO STA PER FINIRE INSULSA RAGAZZINA!!!”
 
Il sangue mi si gela nelle vene. Nessuno a scuola sa dello stato di mia madre… o almeno credo. Chi è che vuole farmi questo?? Lei non ha mai dato fastidio a nessuno… NON POSSONO TOCCARMELA!!! Un misto di terrore e rabbia si fa spazio nella mia mente. Mi guardo attorno come se potessi individuare tra quella immensa massa di studenti il mittente del messaggio. Ma ovviamente le mie ricerche sono vane. La campanella suona  ma non ci faccio caso, rimango quasi in stato di shock  con lo sguardo nel vuoto finché un bidello non mi richiama per entrare in classe. Le ore passano più lentamente che mai… non riesco a scacciare dalla testa il pensiero di quello che potrebbero farle se gli assistenti sociali vedessero lo stato mentale i cui si trova adesso. La rinchiuderebbero sicuramente in una clinica dove ci sono quelle  stanze vuote e bianche in cui sembra stare fuori dal mondo e la tratterebbero come un animale. Rabbrividisco a quell’immagine. Al termine dell’ultima ora corro come una forsennata fuori da quell’edificio inutile e senza nemmeno aspettare il pullman, quella strada che stamattina pareva così lunga da fare la percorro a perdifiato, rischiando quasi di essere investita. Mi precipito in casa dove con mio grande sollievo la trovo a guardare la tv.  Il suo viso dolce mi intenerisce a tal punto che ancora con il fiatone mi getto su di lei e l’abbraccio come se potessero portarmela via da un momento all’altro. Ed è proprio questo che temo.                                                   –Tammy! C-cosa c’è?- chiede stupita dal mio improvviso gesto d’affetto. Sono anni ormai che non la stringo più così, avevo smesso si dimostrarle quanto tenessi a lei, ma adesso…                                                                                                                                                                                          -Ti voglio bene mamma! Non sai quanto!- dico con voce tremolante. E lei non chiede altro, semplicemente ricambia il mio abbraccio, in silenzio.  



NOTA:
ATTENZIONE questo capitolo non è un miraggio, ripeto, non è un miraggio!!                                                                                                                       Lo so, saranno mesi oramai che non aggiorno e giuro che mi dispiace tantissimo. Ho dovuto studiare come una matta perchè il mio liceo non è dei più semplici e soprattutto verso gli ultimi tempi, come credo succeda a tutti, i professori ci hanno ammazzato di compiti.                                                         Comunque sia chiedo venia.                                                                                                                                                                                                   Detto questo, come potete notare il capitolo non è lungo come i primi ma non riuscivo a trovare un finale diverso. Comunque sia chi è l'autore del bigliettino anonimo? eheh si scoprirà più avanti, ma voi siate pure libere di fare le vostre ipotesi, sono curiosa!! ewe                                                         Tammy, si sta sgretolando piano piano, e si può capire da qui che lei voleva un bene  dell'anima a suo padre, e non riesce ad accettare il fatto che se si sia tolto la vita. Lo prende come un torto personale, e in un certo senso ha ragione!                                                                                                            Okkey come al solito ho scritto un bordello, tra poco il commento è più lungo del capitolo! Mi fareste molto felice se metteste le vostre considerazioni personali e le vostre ipotesi.                                                                                                                                                                                                   SOLITO:  mio account twitter: https://twitter.com/kioko96Japan
ah dimenticavo grazie a tutte coloro che commentano, siete dolcissime ogni volta mi fate quasi arrossire ewe *w*
okappa un BACIONE GIGANTE SMACK
Flo
ps: sicuramente avrete notato che i capitoli non sono suddivisi bene e sembrano tutto un blocco, è perchè sono un'imbranata e non so usare il codice html uffaaaaaa!

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2342331