Anime di Luce

di niky999
(/viewuser.php?uid=179798)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Niente di buono ***
Capitolo 3: *** "La vendetta va servita in un piatto d'argento" ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


"ANIME DI LUCE"

PROLOGO



 







Fissavo con espressione indecifrabile il cielo della nuvolosa Tynson, maledicendomi già per aver abbandonato quello di Petersburg.
La mia nuova casa era disseminata di scatoloni in ogni suo più remoto angolo, persino lo sgabuzzino ne era pieno!
Mi stravaccai sul letto a peso morto, rimbalzando un poco sul morbido materasso; socchiusi gli occhi e mi abbandonai alla dolce brezza che soffiava dalla finestra spalancata.
Nell’aria si sentiva un odore di.. ‘nuovo’. Un odore fastidioso, penetrante, come quello degli ospedali.
Insopportabile.
Mi passai una mano sul viso tirato. Era stato un lungo viaggio il nostro, e ora nessuno avrebbe potuto vietarci un sano riposo. Chiunque avesse solo tentato, avrebbe ricevuto uno scatolone dritto in faccia. Di quelli appuntiti e pesanti. Cosa che non avrei raccomandato a nessuno.
Rilassai e distesi tutti i muscoli, con diversi sonori ‘crack’ in ogni angolo del mio esile corpo.
Emisi un lungo e stanco sospiro e mi lasciai andare, avvolgendomi tra le coperte di lana.
Liberai la mente da ogni pensiero; persino i più remoti furono rimossi dalla mia testa.
Non desideravo altro che riposarmi.
---
Mi risvegliai il pomeriggio stesso: avevo dormito così a lungo che non avevo nemmeno pranzato!
Il mio stomaco iniziò ad accusare la fame e a brontolare come non ebbe mai fatto prima.
Mi alzai di scatto dal letto a malincuore, mi strofinai gli occhi e lentamente mi misi in piedi, con le articolazioni che ancora scrocchiavano.
A passi svelti superai il corridoio e mi fiondai in bagno; aprii il rubinetto e mi rovesciai una cascata d’acqua gelida sul viso ancora stanco e addormentato.
Ciò bastò senz’altro per svegliare un po’ la mente.
Alzai lo sguardo verso lo specchio: i miei lunghi e lisci capelli neri ricadevano spettinati sulle spalle per poi scivolare fin sotto il seno, a pochi centimetri dall’ombelico. Mi tirai una ciocca dietro l’orecchio e fui colta dall’improvvisa lucentezza scaturita dai miei occhi: brillavano di un blu acceso, strano, incomprensibile.
Le mie iridi erano sempre state un problema.
“ Di che colore sono i tuoi occhi? “
“ Non lo so. “
E mi guadagnavo espressioni perplesse, quasi mi dessero della pazza!
Questa era la mia “diversità”, e per quanto potesse sembrare “figo”, potevo garantire che non lo era affatto. Provate anche solo ad immaginare un futuro dove le porte si aprono a riconoscimento degli occhi. Come diavolo avrei potuto adattarmi in quella realtà?
Il mio stomaco reclamò cibo emettendo un sonoro brontolio, e senza pensarci due volte mi riscossi da quei pensieri, correndo già dalle scale e fiondandomi in cucina.
Feci per tagliare la crostata di marmellata che aveva confezionato la mamma, quando un ragazzo affacciato alla mia finestra attirò la mia attenzione.
Sussultai per lo spavento e la torta mi cadde dalle mani, sbriciolandosi in mille pezzi sulla tovaglia del tavolo da cucina.
“ Oh, non volevo spaventarti. “ si scusò, visibilmente dispiaciuto, e mi rivolse un’ espressione preoccupata.
Era abbastanza alto, biondo, fisico asciutto e ben formato, carnagione chiara, quasi trasparente, naso dritto e lineamenti perfetti e due piccole sopracciglia che incorniciavano gli occhi azzurro ghiaccio a mandorla.
Proprio questi ultimi attirarono la mia attenzione: il suo era un azzurro anormale, forse inesistente. Aveva delle trasparenze chiare al centro, la pupilla era leggermente più ristretta e i contorni erano blu oceano.
Che non fossi l’unica al mondo ad avere iridi anormali?
“ Figurati. “ feci, osservando tristemente la mia fetta di torta ridotta in briciole.
“ Emh.. comunque il mio nome è Dan. Tu ti chiami..? “ mi chiese tentennante.
“ Hope. Mi chiamo Hope. “ mi avvicinai a passi lenti alla finestra e non appena raggiunsi il fascio di luce che entrava da quest’ultima, Dan mi rivolse un’occhiata sbalordita, come se avesse visto un alieno o cose del genere.
Beh, sicuramente non ero il massimo della bellezza, ma questa poi.. “ Pronto? Ci sei? “ gli domandai, passandogli più e più volte una mano davanti al viso inespressivo.
Dan sbatté pesantemente le palpebre, quasi volesse accettarsi che non fossi frutto della sua immaginazione, poi finalmente si riscosse da tutti i pensieri: “ Oh, sì emh.. sei nuova qui non è vero? “ mi chiese, appoggiandosi alla finestra senza smettere di squadrarmi da capo a piedi, cosa che iniziò a darmi un certo fastidio.
Annuii per tutta risposta, e il biondo mi rivolse un enorme, splendido sorriso a trentadue denti. Sembrava quasi che si stesse per staccare la mascella!
“ Bene, allora potrei farti fare un giro. Ti va? “ mi propose. Lo sguardo che ancora si spostava da un angolo all’altro del mio corpo, senza esitazioni.
Valutai la sua proposta: era abbastanza allettante, giusto perché era proprio Dan ad avermela offerta!
Era davvero un bel ragazzo, e aldilà di questo avevo bisogno di conoscere un po’ la mia nuova residenza.
Recuperai il cellulare dal remoto angolino in cui era stato cacciato e subito mi fiondai fuori dalla porta, sbattendola rumorosamente.
Ed eccolo lì, a squadrarmi di nuovo. Sembrava che non avesse mai visto una ragazza in vita sua! Che avevo di strano? Sì, mi guardava proprio come fossi un extraterrestre. Lo stesso identico sguardo. Uno sguardo che lasciava trasparire poco, impenetrabile, uno scudo che mi era impossibile distruggere, superare. Uno sguardo impossibile, di quelli che ti fanno girare la testa; uno sguardo rassicurante, meraviglioso, accattivante. Ma misterioso.
Mi avvicinai a lui a passi svelti e un’ondata di profumo mi travolse, lasciandomi a bocca aperta.
Un profumo inebriante, dolce, ma pur sempre misterioso.
Era tutto misterioso, da capo a piedi. Me lo sentivo. Glielo si leggeva in faccia, in quei suoi occhi così belli, diversi e misteriosi. In quella sua voce, così.. indescrivibile. E misteriosa. Nei suoi gesti, nelle sue azioni, così attraenti e misteriose.
Dietro tutto quello scudo protettivo c’era qualcosa che mi attraeva profondamente, fin dal primo sguardo che risaliva a pochi minuti fa.
Un concentrato di emozioni in così poco tempo.. nessuno era mai riuscito a scaturirlo, nel mio cuore così distrutto, vinto, distante, misterioso e impenetrabile.
Avevamo tanto in comune, troppo. E se fossi rimasta ancora lì, bloccata, a guardarlo negli occhi, ne ero sicura: sarei svenuta senza pensarci due volte.
---
Il pomeriggio con Dan trascorse molto, molto lentamente. Ogni secondo sembrava un’eternità, ma sentivo che in tutti quegli anni non avevo desiderato altro che quello.
Sentire una sottospecie di “ eternità “ al fianco di qualcuno, qualcuno come Dan. Come quel ragazzo, bello e impenetrabile.
Era tutto ciò che avevo sempre sognato, anche se fino a quel momento non me ne ero ancora resa conto. Era così.
Percorremmo il viale principale accanto alla mia casa giungendo al centro della città, poi mi mostrò le piccole scorciatoie per arrivare alla spiaggia e quelle per il college. Infine attraversammo una serie di lunghe vie che portavano al parco di Tynson e girammo così, senza meta, l’intero pomeriggio, “insieme”. Solo a pronunciare questa parola mi vengono i brividi.
Ancora non riuscivo, né potevo immaginare cosa ci fosse dietro a quel ragazzo incredibilmente bello e attraente, dagli occhi di luce e dalle membra splendenti. Non avevo idea di come, né perché fosse così misterioso, ma l’avrei scoperto presto, e in un primo momento l’avrei odiato con tutta me stessa, avrei detestato la mia vita. CONTINUO A 2 RECENSIONI!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Niente di buono ***


" ANIME DI LUCE"

2.NIENTE DI BUONO

 









La sera stessa aiutai mia madre a sistemare gli scatoloni e a organizzarli meglio secondo il contenuto. Incominciammo a svuotare quelli in ambito “culinario” e abbandonammo il resto in fondo al corridoio, con la schiena completamente a pezzi. Ogni tanto mia madre rimproverava il fatto che non sapessi fare altro che far cadere ciò che tenevo in mano. In verità lei non poteva ancora immaginare ciò che era accaduto poche ore fa; la mia testa invece, sembrava che si fosse paralizzata su Dan. Fino a quel momento non aveva fatto altro che ripetere tutto, come un registratore, senza fare accenno ad arrendersi. E naturalmente dentro me maturava sempre più il desiderio di rivederlo, anche se ancora non riuscivo, né potevo capire il motivo di tutta quell’attrazione nei suoi confronti. Nei confronti di un ragazzo che aveva conosciuto da veramente pochissimo tempo.
L’unica cosa che allora riuscivo a comprendere, era che in lui c’era qualcosa di strano e profondamente misterioso. “Mistero”… avevo ripetuto per ore quella parola, e credevo sempre più che potessi attribuire tutto ciò a lui.
Cosa nascondeva? Quel viso pallido, inespressivo, le iridi così.. anormali. Cosa c’era dietro a tutto questo?
Se voleva fare il misterioso aveva scelto proprio il tipo sbagliato. La curiosità era sempre stata la mia caratteristica principale. Avevo sempre questo desiderio di conoscere, capire, sapere. Non c’era nulla che potesse allontanare il mio interesse, e in quel caso ero sicura che avrei fatto luce su tutto.
Ormai però si era fatto decisamente tardi.
Mi misi in fretta un vecchio pigiama bianco che mi aveva passato mamma; riordinai la stanza almeno per fare due passi e sdraiarmi sul letto, poi feci per chiudere la finestra e notai un ragazzo, in lontananza.
Lì per lì credetti proprio che fosse Dan. Strizzai gli occhi e non appena li riaprii non vidi altro che il buio della Tynson notturna. Li spalancai perplessa, ma di lui nessuna traccia.
Che me lo fossi semplicemente immaginato? Forse dovevo staccare un po’ la spina e smetterla di pensare a tutti i suoi “misteri”. Dovevo assolutamente convincermi che fosse un normale ragazzo che mi aveva proposto di fare un giro. Nient’altro. Forse ero solamente troppo paranoica.
Smisi di fissare il vuoto e socchiusi leggermente la finestra, affinché entrasse un po’ d’aria e non morissi soffocata nel sonno. Poi mi buttai sul letto, inerte, e spensi la luce dell’abatjour.
Quella fu sicuramente la nottata più lunga di tutta la mia vita.
Cercare di non pensare a Dan e tutto quanto era chiedere troppo per la mia testa?
---
Mi svegliai il giorno seguente, travolta dai micidiali raggi del sole di primo mattino.
Mi strofinai gli occhi con tale forza da avere la vista annebbiata per diversi secondi, poi mi tirai su e mi stiracchiai. Cercai inutilmente di sistemare un po’ la montagna di capelli scuri che mi ritrovavo, raccogliendoli in una coda, poi mi alzai in piedi e raggiunsi la finestra.
Feci per aprirla, ma rimasi sorpresa notando che questa era già spalancata, ed io avevo afferrato solamente il vuoto.
Com’era possibile? La sera prima avevo lasciato solamente una fessura!
Forse era stata la mamma, ma ne dubitavo.
Avevo lasciato tutti gli scatoloni più pesanti davanti alla porta e lì erano rimasti.
Iniziai a valutare l’idea di soffrire di sonnambulismo, ma la rimossi subito dai miei pensieri.
Come al solito, anche appena sveglia, non sapevo fare altro che essere paranoica.
Mi misi una canotta rossa e degli shorts scuri, poi aprii la porta scavalcando a malapena tutto il disordine che avevo lasciato.
Stranamente quella mattina non avevo fame, né avevo voglia di mangiare qualcosa.
Meglio così: avrei alleggerito un po’ quei fianchi che, a dirla tutta, erano un po’ troppo formosi.
“ Hope, aspetta! “ mamma mi fermò appena in tempo prima che uscissi di casa. “ Già che sei fuori va’ a comprare un po’ di piante. Il giardino è davvero un disastro. “ confessò, schioccandomi un piccolo bacio sulla fronte.
“ Certo mamma, torno più tardi. “ e così finì la nostra conversazione.
Dopo la morte di papà, qualcosa in noi era palesemente cambiato. Prima il nostro rapporto era molto saldo; eravamo una vera famiglia. Quel tipo di famiglia dove riesci a percepire il caldo che infonde nel tuo cuore. Tutta quella sicurezza, quell’amore, che onestamente rimpiangevo da anni.
Poi tutto era cambiato.
I nostri dialoghi erano formati da un semplice:
“ Ciao. “; “ Come stai. “, e nient’altro di rilevante.
Eravamo molto distanti, in tutti gli aspetti. Ormai ci avevo fatto l’abitudine, ma se avessi potuto esprimere un parere, tornare alle origini sarebbe stato molto più fortificante.
Aprii la porta e la sbattei rumorosamente, come ogni volta.
Scesi le scale della veranda e iniziai a camminare verso la via principale della città, a qualche metro dalla mia.
Il giorno prima Dan mi aveva mostrato tutti i negozi di Tynson ( che presto avrei visitato ), e tra questi avevo notato un piccolo negozio di botanica all’angolo.
Mentre camminavo, osservai che alcuni ragazzi mi rivolgevano sguardi perplessi, forse straniti, squadrandomi poi da capo a piedi e scuotendo la testa dall’altra parte.
Io cercavo di non farci caso, ma era praticamente impossibile resistere alla tentazione di prenderli a calci uno per uno! Che avevo di strano? Credevo che in quella città ci fossero ben altri individui misteriosi rispetto a un tipo come me.
Allungai il passo e abbassai lo sguardo, un po’ in soggezione. Dopo di che, per il resto del tragitto, nessuno mi rivolse più alcuno sguardo.
---
Stavo tornando a casa.
Non ci avevo messo molto a trovare ciò che mi serviva.
Ormai ero a metà strada; avrei solo dovuto svoltare a destra dalla via principale, quando all’improvviso tutto attorno a me si bloccò.
I passanti, le macchine, le onde del mare, tutto. Persino le foglie, ora non più mosse dal vento.
Ogni cosa, in ogni dove, ora era completamente paralizzata.
Sgranai gli occhi sbalordita, li richiusi e li riaprii, senza alcun risultato.
Avrei tanto sperato che funzionasse, proprio come nei film, ma lì, in quel momento, era tutto reale. Stava accadendo davvero. O meglio: cosa stava accadendo?
La testa iniziò a dolermi terribilmente, un rumore sordo nelle mie orecchie. Il fiato mi si bloccò nei polmoni, le palpebre paralizzate.
I miei muscoli non rispondevano più ai comandi.
Il cuore stava rallentando i battiti in maniera disumana.
Panico.
Stavo soffocando; l’ultimo respiro mi si mozzò in gola, poi fu come se mi catapultassero in un altro mondo. Come se qualcuno mi avesse dato un gran spintone.
Tutto tornò alla normalità, o quasi: di colpo si era fatta notte fonda; non mi trovavo più a pochi metri da casa mia, bensì in una sperduta foresta, che onestamente non avevo mai notato prima da quelle parti. Né Dan me ne aveva parlato. Non mi trovavo più a Tynson, questo era certo.
Iniziai a correre.
Non seppi perché lo facessi, ma le mie gambe mi spingevano a farlo.
Le “sue” gambe, mi spingevano a farlo.
Quella non ero io, cioè, era il mio corpo, ma qualcun altro lo stava comandando.
Cosa diavolo stava succedendo? Dove mi trovavo? Perché?
Poco a poco il terrore si inoltrò nella mia testa. Il “suo” terrore.
Sentii l’angoscia, il panico, l’enorme paura di non farcela, e di morire.
Non fare cosa? Perché dovevo morire?
Avvertii tanto dolore, troppo. In quel momento avrei voluto gridare, ma la mia bocca non accennava a farlo.
Mi sentivo ferita. D’animo e fisicamente.
Pian piano mi accorsi di quanto faceva male la mia gamba sinistra e la mia spalla.
Le sentivo tirare enormemente; sentivo la carne muoversi dentro e schiacciare sulla ossa.
Già, le ossa… dovevano essere la cosa ridotta peggio. Probabilmente erano rotte.
Cosa mi era successo? Chi mi aveva fatto questo? Perché?
Sentivo il fiato mozzarsi in gola, il cuore pronto a scoppiare. Io pronta a scoppiare. Avrei potuto piangere tanto da creare un’onda e spingere via il Titanic dall’iceberg a cui andava incontro. Ero perfettamente capace di farlo.
Ma perché dovevo piangere? Perché tutto quel terrore? Cosa stava succedendo? Perché stava succedendo?
Mentre quel corpo non accennava a fermarsi, tutte le domande mi si bloccarono nella testa.
Fu come se mi catapultassero in un altro mondo. Come se qualcuno mi avesse dato un gran spintone.
“ Hope! HOPE! Rispondimi ti prego! “
Aprii lentamente gli occhi.
Tutte le sensazioni di poco fa svanirono, lasciandomi finalmente padrona delle mie emozioni e dei miei muscoli.
Un’ondata di luce mi travolse, costringendomi a socchiudere leggermente le palpebre.
Fui attirata da dei bellissimi fari blu luminosi, proprio davanti a me.
Poco a poco mettei a fuoco la situazione e riconobbi Dan: “ Il ragazzo dagli occhi di luce. “
Il viso pallido e terrorizzato, naturalmente niente a che vedere con l’espressione che dovevo avere io in quel momento.
“ Hope! Finalmente! Che ti è successo? “ mi domandò preoccupato, aiutandomi ad alzarmi in piedi.
Per fortuna mi trovavo esattamente dietro l’angolo della via principale, dove di solito non passava mai nessuno.
“ Vorrei saperlo anch’io! “ fui sorpresa del poco tempo che ci misi per riprendere coscienza, tanto da poter gridare tutto il mio terrore. “ Ho… visto cose strane. “ mi limitai.
Dan mi rivolse un’espressione stranita:
“ Cose strane? Spiegati meglio… “ mi invitò. Il suo viso però tradiva qualcosa di più. Una sensazione che non riuscivo a cogliere.
Mi massaggiai le tempie, ancora un po’ doloranti dopo tutto quello che era successo.
“ Ho visto il tempo bloccarsi all’improvviso. Mi è sembrato di entrare in un altro corpo. Non so cosa sia successo, né perché, ma di sicuro niente di normale. E’ stato … strano. “ spiegai, senza soffermarmi troppo sui dettagli. Sicuramente mi avrebbe presa per una pazza, avrebbe potuto rinchiudermi in un manicomio, ma non lo fece:
“ Forse è stato il caldo. Di primo mattino non scherza. Magari sei svenuta e… “
“ Dan, era tutto vero! “ lo fermai, con l’espressione più convincente possibile.
Lo vidi mordersi il labbro inferiore e abbassare lo sguardo.
“ A cosa stai pensando? “
“ Ok, senti, forse so quello che è successo. E credimi, non ti piacerà. “
CONTINUO A 2 RECENSIONI!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** "La vendetta va servita in un piatto d'argento" ***


"ANIME DI LUCE"
3. LA VENDETTA VA SERVITA IN UN PIATTO D'ARGENTO
Ringrazio:
-Meister Angie
-_Lunastorta_
-Ellie Dream
-kirabest99
per le loro recensioni!


Lo guardai allibita.
“ E non ti piacerà. “ cosa stava a significare?
Naturalmente nulla di buono. O lontanamente immaginabile.
Da quando avevo visto Dan tutto improvvisamente si era fatto più misterioso. A partire dai suoi occhi, 
così diversi e quasi ‘anormali’; poi la sua carnagione, così pallida e calda; i suoi modi di fare: quando mi esponevo alla luce, rimaneva fisso sulle mie iridi con un’espressione nervosa.
E infine questo. Qualcosa di apparentemente inspiegabile. Completamente senza senso. Essere 
catapultati in un altro corpo, o così credevo che fosse, non era cosa di tutti i giorni.
Questa volta non si trattava di essere 
semplicemente ‘paranoici’, ma ‘spaventati’.
Sapevo che quello che avevo visto era reale, 
seppure senza senso. Sapevo che, qualunque cosa fosse, era successo. Sapevo che Dan, in tutta quella storia centrava qualcosa. Lo sapevo fin dall’inizio che quel ragazzo, ‘anima di luce’, avrebbe condizionato la mia vita per sempre.
Era destino.
E al destino non si sfugge.
---
Un attimo dopo ero a casa di Dan.
Per tutto il tempo non aveva fatto altro che rimanere in silenzio di fronte alla miriade di domande che gli ponevo, e questo mi aveva dato un certo fastidio.
Avevo tutto il diritto di sapere e di certo non mi sarei arresa così facilmente!
Mi aveva strattonata fino alla porta di casa e poi eccoci qui.
Io, Dan e una ragazza minuta e snella. Aveva lunghi capelli biondi legati in una coda, occhi azzurro ghiaccio, carnagione chiara e un neo poco distante dal labbro superiore. Vestiva di una semplice canotta bianca e shorts di jeans, e se ne stava lì, seduta su una poltrona con le braccia conserte e le gambe accavallate a fissarmi. Non distoglieva gli occhi da me nemmeno per un secondo, quasi fossi una psicopatica pronta a saltargli addosso con un coltello nascosto nelle tasche.
Continuò a squadrarmi, dalla punta delle dita dei piedi fino all’ultimo capello. Poi il suo sguardo si posò di nuovo sulle mie iridi e un piccolo sorrisetto comparve sulle sue labbra rosee e sottili.
Mi chiesi cosa ci fosse di divertente in me, proprio in quel momento, appena dopo una sorta di “incarnazione” che, se avessi raccontato a qualcuno, avrebbe causato una reazione del tipo:” Questa è una psicopatica pronta a saltarmi addosso con un coltello nascosto nelle tasche”.
Il suo sguardo però, non tradiva niente. Nessuna emozione, nessun sentimento. Ai miei occhi sembrava uno scudo; non ci misi molto a capire che lei fosse la sorella minore di Dan.
Poi si voltò e vidi scomparire il suo sorriso.
‘Parli del diavolo e spuntano le corna’; eccolo lì, appoggiato allo stipite della porta, che mi guarda con fare disinvolto e… infastidito.
Sì, infastidito. In una manciata di secondi aveva cambiato totalmente il suo umore.
Lo fissai pensierosa, in cerca di risposte, ma non ne ricevetti.
“ E’ lei? “ domandò allora la bionda, indicandomi con lo sguardo.
Dan annuì e sbuffò, inclinando il capo di lato e facendo una smorfia.
Cosa? ‘Lei’ chi? Che avevo fatto di male?
“ Sei sicuro? Non mi sembra proprio come… ecco hai capito. “
Come chi? Forse non all’altezza delle loro aspettative? E poi, quali aspettative?
Il biondo si mise le mani nelle tasche e mi squadrò di nuovo.
Ma quella era una loro abitudine? No perché altrimenti avrei contattato i loro genitori per fargli una lezione su come si educano i figli.
“ Non ne sono certo Arya, però i fatti parlano. Quello che ha visto… potrebbe convalidare la nostra ipotesi, come il suo aspetto potrebbe smontarla. L’avevano descritta diversa, lei mi sembra troppo.. ragazzina. E comune. “
“ Cosa? Mi volete spiegare cosa diavolo state dicendo? “ sbottai infastidita, di fronte alle loro accuse. Mi avevano dato della ‘ragazzina comune’. Ma cosa avevano nel cervello?
Arya sospirò, massaggiandosi le tempie con gli occhi socchiusi. “ Io tenterei. Al limite la eliminiamo. “ commentò disinvolta.
Come come come?? Diceva sul serio? ‘Al limite la eliminiamo’, ma cos’ero, una macchina usa e getta? Veniva spontaneo chiedersi quanti ‘lei’ avessero eliminato. E poi, cosa stava a significare quel ‘eliminiamo’? Avevano davvero intenzione di uccidermi? E cosa più importante, chi erano loro?
“Ma dico siete impazziti? Non sono un oggetto che potete usare e distruggere quando vi pare, sono un’umana! Fino a prova contraria ho gli stessi diritti che avete voi!” entrambi si lasciarono sfuggire uno strano sorrisetto. “ E poi nemmeno vi conosco! Cosa volete da me? Chi siete voi? “ sbottai di nuovo in preda a un attacco di panico.
Quella non era di certo una delle situazioni migliori.
“ Non puoi saperlo, ragazzina. E poi fai troppe domande. Dovresti imparare un po’ a tacere. “ commentò Dan, con sguardo freddo e distante.
In quel momento il mondo sembrò crollarmi addosso. Non seppi perché, né come, ma le sue parole, le parole di un perfetto sconosciuto, mi ferirono profondamente.
“ Io non sono una ragazzina. E non sono nemmeno ‘comune’. Le riconosco le persone come voi, che un attimo prima si mostrano gentili e quello dopo ti scaricano. Beh, potete andare tranquillamente a farvi fottere! Voi e i vostri ‘misteri’. Pensate io sia un essere che non conti nulla? Bene, dimenticatemi dalla faccia della Terra e lasciatemi in pace! “ le parole mi uscirono di getto, come un fiume in piena. Mi ero trattenuta fin troppo; alla fin fine avevo tutte le ragioni dalla mia parte per una simile reazione. Insomma, non li conoscevo nemmeno! Come si permettevano di insultarmi così?
“ Lo vedi? Ecco cosa intendevo. Non può essere sicuramente lei. “ fece Dan, con una nota nervosa nella voce. Sembrava quasi ‘incerto’.
“ Ok, senti, calmiamoci e non saltiamo a conclusioni affrettate. Se è veramente lei lo scopriremo, tempo al tempo. “ La bionda si alzò in piedi sospirando, poi con pochi e veloci passi, salì le scale e chiuse dietro di sé la porta di una stanza.
Si udì appena la sua camminata dal pavimento di sopra, poi il silenzio avvolse quella fredda atmosfera. Riuscivo ad avvertire, quasi toccare, il distacco che c’era fra di noi.
Sembrava così incredibile che potessi essermi quasi innamorata di un tipo come lui, e mi ero meravigliata che fosse davvero successo.
Non ero il genere di persona che si faceva abbindolare tanto facilmente, ma dovevo ammettere che quella volta mi ero lasciata un po’ troppo andare.
Mai fidarsi degli sconosciuti.
“ Qual è il tuo problema? “ ringhiai all’improvviso, rompendo quel silenzio insopportabile.
Dan alzò lentamente lo sguardo, posando i suoi occhi di ghiaccio sui miei.
Mi voltai di scatto; un lieve tremolio scosse le mie mani. Non riuscivo a trovare la forza di guardarlo in faccia, nemmeno per un secondo.
Fui assalita da una sensazione strana: non sapevo se quel tremore fosse causato dai sentimenti che provavo per lui o dall’incredibile voglia di aprire la porta e scappare da quel manicomio.
Mi morsi il labbro inferiore dando vita a piccoli rivoli di sangue che pian piano invasero tutta la mia bocca. Feci una smorfia deglutendo del sangue, poi mi ricomposi e cercai Dan con lo sguardo, ma non lo vidi: era la mia occasione.
Balzai in piedi con uno scatto, leccai le ultime tracce di sangue rimaste sul labbro, poi raggiunsi la porta principale e feci per girare la maniglia, quando una mano mi sfiorò la spalla.
Sussultai per lo spavento, perdendo istantaneamente l’equilibrio, e un braccio muscoloso mi avvolse da dietro la schiena tirandomi su.
Incrociai gli occhi di ghiaccio, i ‘suoi’ occhi, e per un attimo sentii che avrei preferito senz’altro scivolare per terra e rompermi il naso piuttosto che ritrovarmelo a un palmo dal viso.
La fredda atmosfera di poco fa sembrò accendersi, come se qualcuno avesse impostato il riscaldamento.
Il contatto tra di noi era bollente; sembrava che attorno ai nostri corpi soffiasse aria calda, come un ventilatore impostato al contrario.
Ero letteralmente paralizzata.
“Cosa stavi facendo?” mi domandò. Sembrava quasi che non si fosse nemmeno accorto dell’atmosfera bollente che ci percorreva.
Per l’ennesima volta mi ricomposi, visibilmente ferita nel profondo dell’animo. Stava giocando con i miei sentimenti, glielo si leggeva in faccia.
Trattenni le lacrime a stento, sentendole bruciare terribilmente.
Risistemai il grande coccio di cuore che mi era scivolato dalle mani e ripresi il controllo di me stessa, della “Hope Harrys” che avevo nascosto in un remoto angolino della mia anima dopo aver conosciuto Dan.
Ricacciai indietro tutte le emozioni che attimo per attimo stavano maturando nella mia testa e finalmente trovai la forza che avevo perso poco fa.
“Torno a casa. Grazie per la piacevole chiacchierata.” gli rivolsi un sorrisetto vittorioso e gli sbattei la porta in faccia, proprio come lui aveva fatto nel mio cuore.
‘La vendetta va servita in un piatto d'argento.’
Non avevo mai compreso la grande importanza che celava quella frase come quel giorno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2294829