Back to the start, back to your heart.

di itsmeWallflower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima. ***
Capitolo 2: *** Parte seconda. ***
Capitolo 3: *** Parte terza. ***
Capitolo 4: *** Parte quarta. ***



Capitolo 1
*** Parte Prima. ***


Titolo: Back to the start, Back to your heart.
Rating: arancione, o almeno credo. (per me dare un colore a qualsiasi storia è un trauma e credo di non esserne capace)
Avvertimenti: AU, OOC (anche se onestamente, per come stanno andando le cose nel tf.. non so su che base dovrei dire che questi Kurt e Blaine non sono in character.. ma va bene)
Note: ne farò solo un paio, giuro. Kurt e Blaine hanno la stessa età, si sono diplomati nello stesso anno (perchè è così che doveva andare), non c'è stato nessun faro e anche se ci sono riferimenti al liceo, molte cose non seguono la storyline del tf. Sono sposati da parecchi anni.
questa doveva essere una OS. Io l'ho concepita come tale e l'ho partorita come una minilong fatta di quattro capitoli.
Stato Storia: conclusa. Per questo ci saranno aggiornamenti giornalieri.

Parte prima.

 
  E chi l’avrebbe detto che un giorno come un altro di Marzo, si sarebbe rivelato il giorno in cui tutto crolla.
Tu crolli, sotto il peso di quello che un’unica sola persona ha il potere di fare.
 
Kurt aveva sempre avuto il suo punto fermo, il suo porto sicuro.
C’era stato da quando l’aveva incontrato per la prima volta, tutto impettito nella sua giacca della scuola e aveva creduto che non se ne sarebbe mai andato.
Mai.
 
Kurt se lo ricorda ancora com’era stato un tempo.
Sincerità.
Passionalità.
Purezza.
Amore.
Era stato un misto di tutte quelle cose e altre ancora.. tutte insieme, solo per Kurt.
 
E ora, cosa si fa quando perdi il tuo punto di riferimento?
Come puoi andare avanti quando non sai dove guardare?
Kurt non lo sa.

*

 
  Era tardi, davvero tardi ma Kurt era troppo preso dal suo lavoro per  notare l’enorme ritardo di Blaine, in effetti non stava badando neanche alla sua necessità di mettere qualcosa nello stomaco.
Ma quello era un mese estenuante per lui, avvenente stilista di Burberry, che doveva finire in tempo per la fashion week un’intera collezione.
Nemmeno ricordava l’ultima volta che aveva messo il naso fuori dal suo studio, ricordava però che quella mattina Blaine gli aveva lasciato del caffè e dei toast sulla scrivania.
Era grazie a lui se non era ancora morto di fame.
 
Alla fine, seppur tardi, quella sera Blaine era tornato a casa con le lacrime agli occhi, i capelli in disordine e i vestiti sfatti, ma Kurt se ne era accorto solo quando l’altro aveva sussurrato un quasi inudibile “scusa”.
 
Una parola biascicata che era arrivata come un fuoco d’artificio alle orecchie di Kurt, forte e chiara.. per questo alzò la testa dal suo blocco da disegno e fissò lo sguardo in quello vacillante dell’altro.
 
“che succede?” aveva chiesto lui,
“scusami Kurt” aveva ripetuto Blaine abbassando lo sguardo e alzando le braccia al cielo, senza capacitarsi di quello che fosse successo solo poco prima.
 
“Blaine dimmi che succede”
Era sempre stato così, sempre.
Nell’attimo in cui avrebbe dovuto andare nel panico, Kurt diventava calmo e autoritario.
Spirito che aveva sempre invidiato, ammirato e a volte anche innervosito Blaine.
 
Il punto era che, subito dopo aver fatto quello che Blaine aveva fatto, si era reso conto di come avesse mandato tutto a puttane.
Si era reso conto, che l’uomo fintamente composto, di fronte a lui era la persona della sua vita, l’amore vero e incondizionato che non potresti mai lasciare andare.
Anche se lo vuoi, anche se lo vuole lui.
Blaine era un debole.
Lo era stato a quattro anni, quando suo fratello maggiore lo scherniva davanti ai suoi amici e lui scappava tra le gambe della mamma.
Lo era stato a quattordici quando aveva acconsentito ad aiutare suo padre a risistemare un’auto d’epoca, solo per sentirsi meno inadeguato.
Lo era stato a sedici anni quando, dopo due costole rotte, un dente saltato e un braccio slogato, lui aveva lasciato la scuola pubblica per nascondersi nella gabbia d’oro che era la Dalton.
 
E poi..
Poi non lo era stato più, debole e codardo, perché cercando un modo per aiutare un ragazzo che in qualche maniera gli ricordava sé stesso, aveva finito col aiutarsi e innamorarsi.
E non era più solo.
C’era Kurt e con lui la paura era un sentimento effimero.
 
Kurt era sempre riuscito a farlo sentire potente, speciale, un qualcuno che vale.
Un qualcuno per cui vale la pena lottare.
 
E poi, esattamente neanche ricordava quando non si era più sentito quel qualcuno che valeva per Kurt.
Me era successo ed era cambiato tutto, era tornato al punto di partenza sentendosi di nuovo quel bambino di quattro anni senza però le gambe della madre a cui aggrapparsi.
Ed era caduto, più debole di prima.
 
“Kurt”
“smettila Blaine e dimmi che cosa diavolo sta succedendo” la voce di Kurt aveva ceduto, si era incrinata.
 
“io- io.. avevo ancora bisogno di te Kurt e tu non c’eri, mai.”
“cosa? cosa vuoi dire B? cosa?”
“non ti sei nemmeno accorto che è quasi mezzanotte e sono tornato solo ora, non è vero?”
“io.. stavo lavorando”
“Sono stato con un altro Kurt”
 
Ed anche se era impossibile, lui lo sapeva, aveva sentito un rumore nel petto, nel momento esatto in cui Blaine aveva detto quelle parole, sentore del fatto che il suo cuore era andato in mille pezzi.
 
Tutto era andato in mille pezzi.
Ogni sua convinzione, ogni suo centimetro di amore che provava per ogni centimetro di pelle di Blaine.
 
“Chi è lui? chi è?!” aveva urlato per poi scacciare via le lacrime con forza dalle sue guancie, arrabbiato per primo con sé stesso, per essere così incapace di trattenersi prima di uscire da quella casa.
“anzi no, non voglio saperlo. Cosa cambia? Niente. non cambia niente. Non cambia il fatto che sei- sei..”
Avrebbe voluto urlare tutte le parole cattive che premevano per uscire insieme alle lacrime, avrebbe voluto colpirlo fino a fargli sentire quel dolore che sentiva lui sul cuore.
Ma cosa avrebbe cambiato? Cosa avrebbe salvato?
Niente.
Alla fine del giro, Blaine sarebbe ancora il traditore e lui il tradito.
Kurt sarebbe ancora quello distrutto e in modo diverso anche Blaine.
E da salvare, a quel punto c’era ben poco, se non il suo orgoglio che gridava per farsi ascoltare.
 
“Kurt! Kurt! guardami!” Blaine lo aveva seguito fino in camera da letto dove Kurt era fuggito per prendere le poche cose di cui aveva bisogno per andarsene da lì.. le gettava alla rinfusa, proprio come erano i suoi pensieri al momento.
“non mi toccare” aveva sibilato lui senza degnarlo di uno sguardo, perché non poteva guardarlo. Non riusciva a guardare quegli d’ambra e non trovare più il suo porto sicuro.
Non poteva fissare i suoi occhi in quelli di Blaine e trovarsi davanti uno sconosciuto con cui fino a poche ore prima aveva condiviso una vita intera.
Se solo si fosse fermato a pensarci, alla vita vissuta, ad ogni esperienza fatta, ad ogni più piccola cosa con Blaine, sarebbe finito coll’impazzire di dolore.. e lui non poteva permetterselo.. perché Blaine in un attimo gli aveva portato via ogni essenza di lui ed era solo il suo amor proprio che lo faceva muovere.
 “me ne vado io. tu resta.” Blaine tirò via la valigia e si accasciò sul letto con le lacrime che anche a lui non volevano smettere di scendere.
Era ormai tutto finito.
“resta” sussurrò ancora con il viso nascosto tra le mani, come se fosse una preghiera e lo era.
“non posso.. mi sistemerò da Santana per un po’” mormorò Kurt sedendosi all’altro lato del letto, schiena contro schiena, distanti più che mai.
 
Allora è così che ci si sente quando non hai più nulla da perdere.
Vagabondo in un mare di disperazione e perdizione.
 
“Kurt ti prego non-“
“Blaine no, non farlo.. solo, perché ti sei arreso? Perché? Noi valevamo così poco?”
“no Dio no! io non lo so! Io-“
“spero per te che ne sia valsa almeno la pena” sospirò Kurt, non riuscendo a dire altro, convinto che le sue ultime parole avevano fatto più male a lui che a Blaine,
“cosa può valere la pena dell’averti perso?” sembrava invecchiato di cent’anni mentre Kurt infilava alla rinfusa i suoi ultimi vestiti in valigia.
 
“dimmi che possiamo sistemare tutto questo Kurt”
“non è un vaso rotto di cui si sta parlando Blaine, si tratta di fiducia infranta.. amore distrutto.”
“no, no, no”
“non riesco nemmeno a guardarti”
“ti prego”
“ti sei preso tutto quello che avevo, dammi almeno un po’ di tempo”
“però torna, anche solo per urlami contro, torna”
 
Tornare è essere diretti al luogo da cui si era partiti o da cui ci si era allontanati, rientrare o rimettersi nel luogo da dove si era venuti.
Tornare è ricominciare a stare bene dopo aver corso e corso ancora.
Tornare è ritrovare “casa” e Kurt si sentiva naufrago dei suoi stessi sentimenti per ripercorrere quella strada in salita.
 
E non tornò.
 
Il tempo lento e inesorabile passava e Kurt e Blaine non si erano più visti, per volere del primo ovviamente, che lo evitava come la peste.
Non si erano visti nemmeno per firmare le pratiche di divorzio, a quello ci avevano pensato i loro avvocati.
La casa fu venduta, perché nessuno dei due voleva metterci piede senza l’altro, Kurt si sistemò nella camera degli ospiti di Santana, Blaine sentendosi soffocare da New York perché ogni centimetro di quella città gli ricordava l’altro si trasferì da Sam a Los Angeles ricominciando d’accapo, senza però farlo sul serio.
 
“È finita” se lo erano ripetuto spesso, ogni giorno.. senza crederci mai fino in fondo.
Come poteva essere finita se mai una volta Kurt glielo aveva detto? Una firma su di un pezzo di carta non decretava niente.
Non decretava la fine di un amore.. non il loro.
Eppure Blaine non aveva avuto diritto di appello.. Kurt non gli aveva concesso parola.
 
“non vuole sentire ragioni, ne tanto meno le tue Hobbit” gli aveva detto allora Santana quando per l’ennesima volta aveva suonato al suo campanello per vedere quello che allora era ancora suo marito, “Ascolta Blaine, queste non sono cose che mi riguardano e neanche voglio sapere cosa ti passava per quella testa impomatata quando sei andato a letto con un altro.. però una cosa la so.. vi amate ancora. Tu lo ami e lui ama te.. altrimenti non ci stareste così male. Altrimenti non sentirei Kurt piangere tutte le sere.. ma tu lo sai come è fatto, quando viene ferito forte e nel profondo, lui diventa un robot senza sentimenti. Lascia tutto e tutti fuori.” Blaine non ricordava quando aveva cominciato a piangere quella volta, però ricordava bene come Santana lo strinse forte a sé.
Erano settimane, che Blaine si negava il calore umano, aspettando e sperando che avrebbe ritrovato quello di Kurt.
“parlo da persona che sa cosa significa essere traditi, Blaine.. e non sto parlando dell’atto fisico ma di fiducia e sentimento.. non è facile perdonare, non è facile ritrovare quella persona che tu credevi conoscere, non è facile rialzarti quando non hai niente cui appoggiare i piedi.. devi concedergli tempo.. Kurt sta colpevolizzando prima sé stesso e poi te.. se gli parlassi ora, non ti ascolterebbe nemmeno.. la vedrebbe come una tua redenzione per pulirti la coscienza e andare avanti. Lui non è pronto e credo che non lo sei neanche tu” Blaine tirò su col naso e annuì, “io ho bisogno di lui San, ma non tornerà. Non lo farà, perché sono stato vile e stupido e ha capito quanto valgo poco. Non lo merito eppure lo voglio.”
“tu pensi che siate fatti l’uno per l’altro?”
“si”
“pensi che fra voi due ci sia vero amore?”
“si”
“beh allora andrà tutto okay, magari non subito.. non ora.. ma tutto si sistemerà”
“come fai a saperlo?”
“quando due persone si amano come voi due vi amate, alla fine tutto si sistema. Devi portare pazienza”
“perché tu non sei arrabbiata con me, come tutti?”
“perché, io so a differenza di molti, a differenza di Kurt, che non sei perfetto e che anche tu puoi commettere un errore.”
“ho rovinato tutto”
“lo hai fatto. Ma chi lo dice che una volta demolito un capanno non puoi costruirci sopra un grattacielo?”
“quello che avevamo non era un capanno San, erano le twin towers ed ora dimmi.. cosa c’è al loro posto?”
“tra qualche anno accanto al memoriale, Blaine, ci saranno diversi grattacieli e non saranno come quelle torri.. ma questo non vuol dire che saranno indicibili, ma solo.. diversi.”
“diversi”

*

 
 Quante volte Kurt, aveva preso il cellulare in mano per chiamare Blaine.
Per chiedere una spiegazione, per avere delle risposte, per urlargli in faccia “perché?”..Quante volte aveva digitato quel numero -che come ogni altra cosa di Blaine, non si cancellava dalla sua testa- senza però premere quel maledetto tasto di chiamata, che lo avrebbe portato, una volta per tutte a chiarire e chiarirsi.
 
Non ci riusciva Kurt, perché faceva male.
Perché faceva paura e non sapeva se era più spaventato di dover mettere quel punto che non aveva il coraggio di mettere o se non sarebbe riuscito a dire “no” a quel mare di sensazioni che sapeva, solo Blaine era capace di regalargli.
E gli mancava, Dio quanto gli mancava.
 
E avrebbe tanto voluto poter dimenticare e tornare indietro nel tempo da lui, da Blaine.
 
Blaine che aveva il sorriso più dolce del mondo.
Blaine che cantava canzoni d’amore sotto la doccia.
Blaine che aveva un papillon per ogni occasione.
Blaine che lo faceva sentire importante in ogni modo possibile.
Blaine che c’era stato, sempre.
Blaine che aveva rinunciato a molte cose per lui.
Blaine che con i suoi occhi cangianti poteva conquistare il mondo.
Blaine.
 
Ogni cosa gli ricordava quel viso, quel corpo, quella voce.. lui.. ed era troppo e non sapeva come fare per smettere.
Sperava, ogni mattina, appena aperti gli occhi che quello sarebbe stato il giorno in cui tutto non facesse più così male.
Sperava, che fosse il giorno in cui lui non si sarebbe più sentito così solo e più giusto e che non avrebbe più sentito quel dolore al petto ogni volta che i suoi pensieri andavano a lui.
Alla fine, ogni sera però, si rendeva conto che quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Quello in cui avrebbe potuto sentirsi.. non felice, quello no.. ma almeno leggero.
Leggero nel suo vestito migliore.
 
Santana aveva lasciato che Kurt se la sbrigasse da solo, credendo che il tempo sarebbe stato l’unico buono amico per lui, per loro.
Ma era passato un anno e mezzo da quando lui si era trasferito in casa con lei e Britt e di miglioramenti non ne aveva visti.
Kurt lavorava il doppio delle ore necessarie, tornava a casa, mangiava quel poco per non far preoccupare Brittany e poi si chiudeva in camera con i suoi blocchi da disegno.
Qualche volta era uscito con i suoi colleghi per far contento il suo capo e solo una volta aveva provato ad andare avanti.
 
In un anno e mezzo c’era stato un unico solo tentativo.
C’era stato un unico solo appuntamento.
 
Kurt aveva studiato alla perfezione ogni minimo movimento, ogni minimo discorso e parola, ogni sguardo e sorriso.
Non aveva parlato di Blaine, non aveva parlato del suo matrimonio finito, non aveva parlato di come era doloroso stare nello stesso ristorante in cui lo aveva portato Blaine quando erano ancora ragazzini ed erano a New York solo per un weekend.
Non aveva detto a quel tizio, così gentile e garbato, che aveva accettato il suo invito perché era completamente l’ opposto di Blaine, perché stava cercando un modo per andare avanti.
Senza riuscirci.
 
Lo capì dopo la cena e la passeggiata.. dopo che David lo riaccompagnò a casa e si baciarono e Kurt ricambiò il bacio per poi scoprire che non c’era quello che cercava e fuggì via.
 
Fuggì per nascondersi tra le braccia di Santana e piangere e arrabbiarsi fino a quando fu troppo esausto per farlo ancora.
 
“se n’è andato San” aveva detto prima di addormentarsi ancora con le lacrime agli occhi e il viso appoggiato al petto di lei.
“se solo tu lo vorresti, lui tornerebbe. Lui verrebbe sempre da te, Kurt” rispose Santana, perché sapeva che stava parlando di Blaine, perché sapeva che quel David non era niente e non sarebbe mai stato niente, perché sapeva che tutto quello che faceva Kurt era per Blaine.
Per perdonarlo.
Per dimenticarlo.
 

*

  Blaine era a Los Angeles da 6 mesi ormai e ancora non si era abituato a quel ritmo di vita, a quell’eterno sole e alla sua vita senza Kurt.
 
Sam era un buon amico, Blaine lo aveva sempre saputo dal liceo, ed era grazie a lui se non si era ancora arreso con sé stesso.
 
Sam non lo abbandonava, mai.
C’era alle tre di notte, quando tornava a casa ubriaco e c’era la mattina presto quando lo rimetteva in sesto per presentarsi a lavoro.
C’era quando piangeva davanti al cielo limpido, di un azzurro troppo simile agli occhi di Kurt e c’era quando si sentiva in dovere di ripescarlo da qualche squallido locale.
 
“smettila di comportarti come qualcuno che non sei Blaine”
“e chi lo dice che io non sia quel ragazzo che non vedeva l’ora di farsi fare quel lavoretto che il ragazzo al bar aveva promesso?”
“se eri davvero chi dici di essere ora stavi godendo da qualche parte in quello squallido bar”
“mi hai trascinato via, Sam”
“e mi ringrazierai domani”
“dovresti lasciarmi in pace”
“dovresti provarci sul serio ad andare avanti”
“stavo cercando di conoscere quello che potenzialmente sarebbe potuto essere l’amore della mia vita”
“sono sicuro che non fosse neanche maggiorenne”
“poco importa.. aveva un gran bel potenziale”
Sam in uno scatto d’ira, sterzò di colpo l’auto per accostarsi ad un marciapiedi, senza preoccuparsi delle altre macchine che suonavano e delle urla di qualche donna troppo isterica per essere ritenuta normale e senza neanche spegnere il motore, si slacciò la cintura e tirò un schiaffo a Blaine in pieno viso.
“Sam ma che caz-“
“te lo meritavi e ne avevi bisogno” Blaine si massaggiava la guancia con le lacrime agli occhi e non per lo schiaffo avuto, ma per quello che significava, per quello che stava facendo in quel bar, per Kurt che non c’era più solo per causa sua.
“Ascolta, sono mesi che ti stai torturando.. da quando tu e Kurt vi siete lasciati.. e non venirmi a raccontare la cazzata dell’andare avanti. Rimorchiare ragazzini in squallidi bar non è un modo per andare avanti. Se vuoi sapere la mia.. il tuo è solo un modo per autopunirti. Hai sbagliato una volta, una sola volta e ti sei auto convinto di essere quel genere di persona.. ma non è così.”
“Sam.. sono stato con un altro! L’ho fatto perché sentivo che Kurt stava mettendomi da parte, sentivo che la sua vita era piena anche senza di me e dopo tutto quello a cui ho rinunciato, dopo tutti i problemi che ho avuto con la mia famiglia e il lavoro che non aiutava.. io ho iniziato a pensare che non eravamo predestinati.. che non avremmo passato il resto della nostre vite insieme. Ma la cosa orribile, la peggiore di tutte è che subito dopo essere stato con.. con un altro, ho capito che tutto quello che avevo pensato e creduto erano bugie.. non era così, io e Kurt siamo fatti per stare insieme, lui è l’amore della mia vita, lui è tutto ciò di cui ho bisogno per stare bene. E sono un’idiota, perché qualsiasi piccola mancanza che ci sia stata, io avrei dovuto parlargliene, chiedere spiegazioni, non arrendermi e..”
“devi dirglielo Blaine”
“Dio Sam! Pensi che non ci abbia provato!? Io-“
“Riprovaci! va’ da lui e-“
“No! Sam! No! l’ho tradito.. ho tradito la persona che amo più di ogni altra cosa al mondo. L’ho ferito ed è ovvio che non vuole parlarmi né vedermi, ed è ovvio che non si fiderà mai più di me e non mi perdonerà Sam, io non lo merito”
“se anche fosse, tu devi perdonare te stesso Blaine, devi farlo. Devi smetterla di colpevolizzarti. Sì, sei stato un idiota, sì hai ferito Kurt.. ma cercare di dimenticare con qualche sconosciuto per un paio d’ore, non sistemerà le cose.”
“Voglio solo smetterla di sentirmi come.. come una persona orribile”
“non lo sei Blaine, non lo sei.. solo smettila di comportarti come- come Puckerman con le donne, okay?” Blaine si ritrovò a fare un sorriso se pur tirato e annuì,
“mi hai dato uno schiaffo.. grazie”
“di niente. lo sai, quando vuoi”
“torniamo a casa, Mercedes ti aspetta.”
 

*

  Un anno e otto mesi dopo, Kurt si trovava ancora allo stesso identico punto.
Sdraiato, con i pensieri rivolti ad un’unica sola questione, sul letto nella camera degli ospiti di Santana.
Sapeva, che prima o poi avrebbe dovuto trovarsi una casa tutta sua e magari prendersi un gatto, ma la solitudine gli faceva paura, quasi quanto rassegnarsi al fatto che Blaine non sarebbe più tornato.
 
“Hummel!tu domani farai le valigie! Mi hai capito?!” Santana stava urlando dal corridoio, appena rientrata insieme a Brittany da chissà dove, ma Kurt non si degnò nemmeno di spegnere la sua playlist al computer.
Era un comportamento usuale, quello di Santana, lo minacciava di lasciarlo in mezzo ad una strada almeno una volta a settimana.. e poi gli faceva trovare la sua tisana preferita nel mobile il giorno dopo.
Era fatta così e Kurt le voleva bene.
“Kurt Porcellana Hummel! Sto parlando con te! ora hai superato il limite!” Santana come una furia aveva spalancato la porta, raggiunto il portatile in due falcate lo aveva chiuso e sbattuto sul letto con poca grazia.
“e questo limite quale sarebbe? Rifiutare l’ennesimo uomo di mezza età che mi rifili? Quel Brad o come cavolo si chiama è più vecchio di mio padre, Santana!” Kurt si mise a sedere sul letto, guardando l’amica come se volesse dirle, “discorso chiuso, ora sparisci” ma Santana era arrabbiata, troppo arrabbiata per lasciar perdere.
“oh, non fare il finto tonto con me, Hummel! Credevi che non l’avrei saputo? Che Mercedes non me lo avrebbe detto? Hai buttato il tuo invito al suo matrimonio con Sam!”
“no, non l’ho fatto” disse in tono piatto lui,
“Gesù Kurt, sei diventato così bravo a mentire che ormai non batti ciglio! Mi hai rifilato la storia di Sam che non ti voleva al matrimonio, perché ci sarebbe stato Blaine come suo testimone e non voleva rovinare quel giorno con le vostre scenate.. ed io ti ho creduto come un’idiota! perché si parlava di Bocca di Trota e lui ne fa di idiozie.. ma Dio! Mercedes ti ha persino chiesto di essere il suo testimone e tu non hai avuto nemmeno la decenza di risponderle! Non ti sei preoccupato di come possa esserci rimasta di merda! No, tu freddo e impassibile come un pezzo di ghiaccio, hai buttato l’invito e chiuso la conversazione. Mercedes è una delle tue migliori amiche, Hummel!”
“San, calmati.. e lascia che Kurtye possa spiegarsi” era intervenuta Brittany accarezzandole un braccio e facendola sedere accanto a lei sul letto di Kurt,
“sapevo che se ti avessi detto che avevo ricevuto l’invito tu non avresti voluto sentire ragioni e mi avresti trascinato di peso al matrimonio. Ma non posso, devo lavorare”
“tutte cazzate Hummel, tu hai una paura matta di rivedere Blaine”
“ci saranno così tante persone che potrei anche non incontrarlo affatto”
“allora chiama Mercedes, scusati e dille che sabato sarai lì”
“ho del lavoro da sbrigare”
“ho già chiamato il tuo capo.. sei libero da ogni obbligo. Devi solo fare le valigie”
“no”
“okay le faccio io per te”
“no”
“okay allora, non farle.. puoi comprare qualcosa a Los Angeles”
“no”
“Kurt smettila. Mercedes è stata una delle tue damigelle al matrimonio, non puoi dire di no!”
“no”
Santana era stufa di quel battibecco e stava perdendo ogni briciola di pazienza che gli era rimasta dopo un anno e mezzo di convivenza con Kurt.
“sai cosa Hummel? Per una volta, una stramaledettissima volta smettila di pensare soltanto a te stesso!”
Santana era balzata in piedi alzando le braccia al cielo e guardando Kurt con tutto l’astio che portava dentro.
Erano quasi due anni che lo trattava con i guanti, perché credeva che non sarebbe riuscito a sostenere anche solo una misera discussione senza crollare, ma ora Santana ne aveva fin sopra i capelli dell’atteggiamento autodistruttivo di Kurt e aveva capito che da solo non avrebbe raggiunto nessun risultato.
“tu sei matta” bofonchiò lui, sorpassandola e lasciando la sua camera, in cerca di chiavi e cappotto per uscire da quella casa.
“lascia che ti dica la verità” disse lei con le chiavi che Kurt stava cercando in una mano, “appena capisci che hai avuto l’amore da chi vuoi, non te ne frega di continuare a meritarlo. Credi che ti sia dovuto a priori. Lo fai con tutti, lo fai con Mercedes, con me.. ma io sono una stronza e non me ne frega niente e lo hai sempre fatto con Blaine” Kurt sgranò gli occhi dalla sorpresa e allungò il passo per uscire fuori di lì, per mettere fine a quella conversazione, ma Santana non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare via.. lo avrebbe seguito fin in capo al mondo per il suo bene.
Si piazzò proprio di fronte a lui con le braccia incrociate al petto e un sopracciglio alzato a mo di sfida,
“è così Hummel, non te ne frega di come possano stare le persone accanto a te, qualsiasi cosa fai, qualsiasi decisione prendi, lo fai solo ed unicamente per te. Quante volte hai sbagliato con Blaine? oh te lo dico io! tantissime Kurt, troppe se vuoi saperlo, perché sei egoista, perché pensi a far star bene solo te, perché non lo fai neanche apposta.. semplicemente sei fatto così.. e Blaine quando te ne ha fatto una colpa? Mai! Dio Hummel.. quel ragazzo ti ha sopporto anche fin troppo a lungo!” Kurt era tentato di tirarle un pugno in faccia e fuggire via, ma sapeva che Santana non si sarebbe fermata neanche con la violenza, era un vulcano in eruttazione e non avrebbe smesso fino a quando la lava incandescente non lo avrebbe colpito in pieno petto, quindi tanto valeva prendersela comoda e sedersi sul divano.
“prego Santana, fa’ pure.. dai a me tutte le colpe del tradimento di Blaine.” lei sbuffò e di nuovo alzò le braccia al cielo, sovrastandolo con la sua figura di fronte al divano,
“chi l’ha abbandonato alla Dalton senza battere ciglio quando ha avuto la possibilità di tornare al Mckinley senza le ripercussioni di Karofsky? Chi ha praticamente trascinato Blaine al ballo quando era consapevole del fatto che lui avesse una paura fottuta dopo quello che era successo nella sua vecchia scuola? Chi ha permesso che lui si iscrivesse al nostro liceo solo perché non poteva fare qualche sacrificio e vederlo nel pomeriggio? Chi ha lasciato che Blaine rinunciasse alla sua borsa di studio per l’ American film institute di Los Angeles per iscriversi alla NYU e stare vicino al suo ragazzo? Kurt, chi è stato a non battere ciglio quando i suoi genitori lo hanno diseredato perché era impossibilitato ad accettare il suo posto nell’azienda di famiglia? Chi è stato a dargli una pacca sulla spalla e dirgli che sarebbe andato tutto bene e che la famiglia l’avrebbero costruita insieme e ha fatto passare sei anni e di bambini non se ne è mai parlato perché il lavoro viene prima? Chi non si è mai risparmiato un viaggio a Parigi o Milano per lavoro lasciando suo marito a casa da solo? E chi non ha mai accettato che-“
“Dio Santana! Smettila.. è un- un attacco di panico? Ti prego dimmi che non è un attacco di panico!” strillò Brittany sedendosi di fianco a Kurt, che guardava con sguardo spento un punto indefinito davanti a lui e respirava con affanno a bocca aperta.
“ehi Kurtye.. respira con me, avanti” Brittany gli accarezzava la schiena e gli sussurrava all’orecchio che sarebbe andato tutto bene.
Santana si era seduta anche lei di fianco a Kurt aspettando che si calmasse, senza però gettare la spugna.
 
“se mi avessi lasciato finire ti avrei detto che hai fatto molti errori, senza mai rendertene conto perché Blaine non te li ha mai fatti pesare, perché lui era realmente felice se lo eri anche tu e perché ti ama così tanto che farebbe qualsiasi cosa per starti vicino.. questo però non significa che lui sia perfetto.. è umano e ha sbagliato e non ti sto dicendo che devi dimenticare quello che ha fatto, perché non si può, dico soltanto che per una volta ascoltalo. Ne ha passate tante Kurt e merita almeno il tempo di una spiegazione. La meritate entrambi una spiegazione, non per giustificarsi e giustificarlo.. ma per chiarirsi e andare avanti nel modo in cui voi vogliate. Se n’è andato non perché non ti voleva più Kurt, se è questo che stai pensando, ma perché sapeva che tu avevi bisogno di tempo e spazio.. se n’è andato perché se tu non c’eri, lui non aveva più niente che lo trattenesse, se n’è andato perché era un mese che aveva lasciato il suo odioso lavoro in quella stupida casa discografica che lo stava trattando come un burattino e non sapeva come dirtelo perché credeva che ti avrebbe deluso.”
Santana sapeva di essere stata poco gentile mettendolo con le spalle al muro, sapeva di aver detto troppo.
Sapeva che Blaine non avrebbe mai parlato di e con Kurt in quei termini ma a volte per mali estremi ci vogliono estremi rimedi.
E Kurt e Blaine si stavano facendo male da troppo tempo, per restare ancora a guardare in disparte.
 
Per Kurt fu difficile immagazzinare e digerire le parole di Santana.
Non sapeva da dove iniziare e dove finire, non sapeva come riuscire a trovare il capro espiatorio in tutto quel trambusto che erano i suoi pensieri.
C’erano molte cose di cui Kurt aveva pensato in tutto quel tempo.. non si era mai risparmiato di darsi le colpe di come aveva anche lui, con le sue distrazioni, portato a finire il suo matrimonio.. ma non aveva mai messo in conto ogni suo singolo gesto durante l’intera storia con Blaine.
 
“Sai cosa, Kurt? tu hai sempre voluto vedere Blaine come l’uomo perfetto.. l’hai idolatrato come se non avesse difetti, come se non fosse umano. Ma se ci rifletti, tu sai che lui è la persona più insicura, spaventata e difettosa che tu conosca. Pensaci, lo hai conosciuto alla Dalton dove anche lui era scappato dopo un orribile pestaggio nella sua vecchia scuola pubblica, ti ha seguito al Mckinley perché preoccupato di poterti perdere, ha messo da parte il suo sogno di diventare attore non solo per starti accanto ma anche e soprattutto per la paura di non essere abbastanza bravo senza provarci nemmeno, non si è arrabbiato quando la sua famiglia lo ha abbandonato perché credeva di meritarselo, credeva di non essere mai stato un buon figlio.. Kurt, io so perché ha fatto quello che ha fatto.. ma tu invece? Non vorresti saperlo? Non vorresti chiederglielo? Io non avrei dovuto dirti tutto questo, lo so e mi dispiace. Stava a Blaine parlatene e a te chiedere” Santana gli fece un sincero sorriso e lo abbracciò senza chiedere il permesso, come faceva sempre.
Come aveva imparato a fare col tempo.
“se vuoi essere felice, allora devi darti una possibilità, devi darla a entrambi”
“Santana io non so più come amarlo. Come fare, senza farmi male e senza farne a lui?” disse lui staccandosi dall’abbraccio dell’amica per nascondere il viso tra le mani,
“Kurtye ancora non lo hai capito? Non c’è risposta a questa domanda. L’amore non è una cosa semplice, non c’è un modo giusto di amare. Lo si fa e basta anche se fa male, anche se ti frega” aveva detto Brittany togliendogli le mani dal viso e baciandogli una guancia, come si fa con un bambino quando è triste.
 
“questo è il biglietto per Los Angeles, fa’ quel che vuoi” disse Santana prima di andare via, trascinando con sé Brittany per permettere a Kurt di schiarirsi le idee e prendere la decisione migliore per lui.
 

*

 
  Erano passati quasi due anni anche per Blaine ormai.
Due anni non sono tanti, ma sono abbastanza per credere di non far più parte della vita di un’altra persona.
 
All’inizio credeva che Kurt se ne fosse andato per prendersi il suo tempo, per non rimanere e ridurre tutto in liti rabbiose e parole cattive urlate in faccia.
Aveva creduto e poi sperato, che Kurt sarebbe tornato per poter rimediare insieme.. sapeva che tra i due Kurt era sempre stato il più forte e se lui si era arreso.. allora significava che non c’era più niente da salvare tra di loro.
 
Due anni, non sono molti per dimenticare, ma sono abbastanza per diventare un’altra persona che cerca disperatamente di andare avanti.
 
E Blaine Anderson si era convinto che con le unghie e con i denti lui era riuscito a mettere da parte quel libro.
 
Sapeva che non era concluso e che il finale era ancora inesorabilmente aperto, ma si era convinto di essere riuscito a svestire i panni di quel vecchio personaggio.
 
Aveva preso la via più facile? No.
 
Non era stato per niente facile abbandonare quei vestiti, che gli calzavano ancora a pennello, per vestirsi di nuovi.
Diversi e a volte anche scomodi.
 
Due anni non sono molti per sentirsi più leggeri, ma sono abbastanza per smetterla di portare rancore verso sé stessi.
Aveva sbagliato. Aveva pagato le conseguenze.
Odiarsi ancora, era uno spreco di energie che lui preferiva utilizzare nel ricordare ogni cosa bella.
 
Il suo profumo ad esempio.
 
Due anni non sono molti, ma i giorni di cui essi sono composti sì, per ricordare ancora bene il profumo di cocco e vaniglia di Kurt.
C’erano giorni in cui Blaine si svegliava con la paura di poter dimenticare, prima o poi, il sapore e l’essenza di Kurt.. e poi c’erano giorni, invece, in cui si svegliava con l’odore di lui sul cuscino.. come se fosse stato lì solo qualche ora prima.
 
Blaine dopo quasi due anni, aveva una nuova vita, con una nuova casa e un nuovo lavoro.. ma niente di tutto quello lo faceva sentire vivo.
 
Si trascinava avanti per inerzia, perché era l’unica cosa che poteva fare oltre che aspettare.
 
Perché sì, Blaine Anderson stava aspettando.
Perché è questo, ciò che fanno le persone innamorate: aspettano.
 
E non si trattava di speranza o di fiducia ma semplicemente di dare al suo cuore qualcosa per cui ancora battere e il tempo era tutto ciò che gli rimaneva.
 
Quando poi a questo “tempo” era stata tolta l’aura di astrattezza e gli era stato concesso una data di scadenza, Blaine con tutta la calma che possedeva era andato nel pallone.
 
Dopo due maledettissimi anni, Blaine stava per rivedere Kurt.
Dopo due stramaledettissimi anni, Blaine stava per incontrare di nuovo quegli occhi che non lo avevano abbandonato per un unico solo giorno da quando se ne erano andati.. perché di certi occhi non puoi liberartene mai, neanche quando smettono di guardarti.
 
Ed era spaventato perché non sapeva se la persona che si sarebbe palesata davanti a lui, sarebbe stata ancora quel ragazzo di cui si era innamorato anni addietro.
Non sapeva da dove iniziare con lui e come.
Non sapeva se dall’altra parte ci sarebbe stato solo odio e rancore.
 
Non sapeva molte cose Blaine, di una cosa però era sicuro.. Kurt Hummel ne valeva la pena.
Sempre.
 

 


Angolo Wallflower_

Son tornata con un'altra piccola, piena di angst Klaine.

Spero che vi piacca almeno la metà di quanto è piaciuta a me scriverla.

Se volete farmi sapere cosa ne pensate, non esitate a farlo! ;)

e se volete essere aggiornati sui miei scleri.. questa è la mia pagina autore fb.

A domani <3 

 

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Capitolo 2
*** Parte seconda. ***


Parte seconda.
 
  Era il giorno del matrimonio di Sam e Mercedes.
Blaine in quanto testimone e migliore amico dello sposo aveva avuto il compito di aiutarlo nel vestirsi e di incoraggiarlo e tranquillizzarlo.
 
Facile a dirsi ma difficile a farsi.
Praticamente i due erano chiusi nella camera degli ospiti della casa che avevano affittato proprio per quel giorno, entrambi con le mani sudate, il viso contratto e le cravatte allacciate in malo modo.
 
Non c’era verso che quei due sarebbero riusciti a rassicurarsi a vicenda.
 
Sam continuava la sua maratona di passo svelto in quel piccolo spazio tra il letto e l’armadio, facendo avanti indietro mangiandosi senza ritegno le dita, mentre Blaine se ne stava seduto su una sedia da studio girando su sé stesso, puntando lo sguardo sempre e solo sul tappeto, cercando di non mangiarsi anche lui le mani.
 
“questo sarebbe il momento in cui tu dici qualcosa di rassicurante, Blaine” disse l’amico con uno strano movimento di mani senza fermare il suo andirivieni.
“dovresti dirmi che andrà tutto bene, che sarà un giorno perfetto che ricorderò per tutta la vita. Dovresti anche dirmi che Mercedes mi ama e che non sto facendo nessun maledettissimo errore”
“Sam sei più preparato di me, a quanto vedo. Avanti, guardami come sono ridotto solo perché io e il mio ex marito che amo ancora come se fosse il primo giorno, staremo nella stessa stanza per un giorno intero. Come pretendi che ti dica che andrà tutto bene? non andrà bene Sam, se proprio vuoi saperlo. Perché magari farai un errore.. uno stupido, cazzutissimo errore e ti ritroverai al mio stesso esatto punto.”
“wow Blaine, grazie! Ora si che mi sento meglio!Gesù!” Blaine fermò d’improvviso la sedia e non per l’imprecazione di Sam che non aveva nemmeno afferrato, e sgranò gli occhi,
“Oddio, lui si presenterà con un altro. Deve avere per forza un altro.. lui è bello, intelligente.. è Kurt! e avrà trovato di sicuro qualcuno che lo meriti! Dio, ecco perché ha accettato l’invito, alla fine! Vuole farmi vedere che è andato avanti, che non sono più importante e che forse non lo sono mai stato. Vuole mettere un punto. Dio Sam! Perché non me lo hai detto?”
“che- che cosa?” ora erano uno di fronte all’altro con sguardi persi e nel pieno panico,
“perché cavolo non mi hai detto che Kurt sarebbe venuto con un altro?”
“un altro? non verrà con un altro, idiota! e anche se fosse, Kurt starebbe comunque al tavolo con noi”
“con noi? Cosa?”
“oh non te l’ho detto? Alla fine ha chiamato Tina per chiedere di riavere il suo ruolo di testimone e Tina ha accettato”
“c-cosa?” Blaine ripensò come ad una settimana dal matrimonio Mercedes si era improvvisamente calmata, evitando altre sceneggiate per la torta e i fiori e i posti a sedere, pensò a come gli occhi di Mercedes avevano brillato per quel vestito arrivato quando meno se lo aspettava solo qualche giorno prima.
Era opera di Kurt, ora lo sapeva e si diede dello stupido per non averlo pensato prima.
Kurt era quindi, ancora quel ragazzo che adora i matrimoni, era ancora quel pazzo sadico che non lascia niente al caso e organizza ogni cosa in modo perfetto, era sempre quel ragazzo che deve avere tutto sotto controllo per poter affrontare il testimone dello sposo.
 
Sam non fece in tempo a spiegare quello che sapeva della telefonata di Kurt, Tina e Mercedes perché i rumori dall’altro lato della porta lo avvisarono dell’arrivo delle damigelle e quindi l’inizio di quella pazza e frenetica giornata.
“Santana” mormorò Blaine sentendo la voce dell’amica urlare qualche diavoleria in spagnolo per chissà quale motivo.. Si voltò verso il suo amico Sam col cuore in gola..
Kurt era lì.
Ma non c’era tempo per pensare a quello.. non quando Sam era bianco come un lenzuolo e sembrava essere diventato una statua di sale.
 
Blaine si avvicinò con passo convinto all’altro e lo strinse per le spalle, per tenerlo in piedi e per strattonarlo di tanto in tanto,
“ascoltami Sam, andrà bene. Andrà tutto bene. Tu ricordati di amarla come solo tu puoi fare, ogni giorno, sempre. Non devi dirglielo per forza, ma devi dimostrarglielo. Perché cavolo, ci saranno giorni ‘no’ , giorni in cui vorresti mandare tutto al diavolo, ma tu non dovrai arrenderti. In quei giorni dovrai fidarti di lei, dovrai fidarti di tutte quelle volte che ti ha detto di amarti e non pensare a tutte le volte che non lo ha fatto, perché quelle non contano, perché ti ama, ti ha scelto e ti ha sposato. Hai capito? Sam, non fare mai l’errore stupido di non crederci più, mai. E non pensare con quello che hai sotto, hai capito? È sopravvalutato e stupido. Non essere stupido come il tuo testimone. Mi hai sentito? Perché io non voglio venire a ripescarti in qualche squallido locale e sinceramente non ho neanche una camera per gli ospiti dove potresti stare. Fa’ l’uomo e amala e vedrai che andrà tutto bene” Blaine aveva le lacrime agli occhi e non sapeva quando si erano invertiti i ruoli.
Non sapeva quando era lui quello che doveva essere tranquillizzato e Sam quello che doveva abbracciarlo.
Si strinsero forte però e si sorrisero, sinceri.
“Andrà tutto bene, Blaine.. perché neanche tu hai mai smesso di crederci”
 
“oh scusate per aver interrotto questo idilliaco momento, ma questo matrimonio non è nemmeno iniziato ed io ho già voglia di andarmene” fece la sua entrata in scena Santana, con il suo solito ghigno da stronza e un vestito color glicine di seta e chiffon che stonava quasi con la sua aria antipatica.
Ovviamente ne Sam né Blaine, sapevano che Santana era semplicemente irritata perché aveva visto Kurt avanti quella porta con una mano sulla maniglia e l’altra alla bocca che piangeva.
Non sapevano che Kurt avrebbe dovuto fare la sua entrata salutando lo sposo e sorridendo al testimone come se non li vedesse da giorni, come si era programmato di fare.. ma poi aveva sentito le parole di Blaine, aveva capito che parlavano di lui.. di loro e non era riuscito a contenere quelle maledette lacrime che da giorni continuavano a scendere copiose.
Non sapevano che Santana gli aveva tirato un ciuffo di capelli, lo aveva mandato al bagno a risistemarsi e aveva preso papillon e fiori da consegnare a quei due idioti in camera.
 
“okay, abbiamo poco tempo. Kurt ha dovuto confezionare nuovi vestiti per le damigelle, perché Tina non ne aveva uno uguale a quello vecchio.. e sappiamo tutti come è fatto Porcellana, inizia con una cosa e non la finisce fino a quando tutto non è come dice lui, cioè perfetto. Quindi ha stravolto ogni decorazione, fiore, candela e tovaglia solo per far combaciare i colori con quelli dei nostri vestiti. È pazzo e sta facendo diventare matte anche noi povere damigelle.. per non parlare della sposa, poi! Quindi..” Santana si avvicinò a Sam gli diede un piccolo bacio a fior di labbra, giusto perché lei era Santana e poteva farlo, e poi gli mise tra le mani un cravattino bianco e glicine, con tanto di fazzolettino da taschino dello stesso colore.
“devi indossarlo, ordine di Mercedes su richiesta di Kurt ovviamente” Sam boccheggiò come un pesce fuor d’acqua guardando confuso il cravattino,
“ma è lilla!”
“glicine Sam” lo apostrofò subito Blaine, che sembrava ritornato a respirare dopo anni di apnea, solo al sentire il nome di Kurt tutte quelle svariate volte, in un discorso di Santana, come se non fosse cambiato niente, come se il tempo si fosse fermato a due anni prima.
“e per te Hobbit..” San si avvicinò a lui, gli tolse dal taschino quella piccola rosa rossa per infilargli un piccolo tulipano bianco, “i testimoni non possono stonare nelle foto” disse facendogli un occhiolino, prima di abbassarsi per un bacio sulla guancia e un abbraccio veloce.
“io te l’ho portato Anderson, ora tocca te non sprecare l’occasione. E cerca di non fare altre cazzate che posso ancora spezzarti quelle tenere ossicine che ti ritrovi” un altro bacio, un groppo in gola e un sorriso tirato, con tanto di sudore freddo alla tempia e poi Santana si incamminò alla porta senza però chiudersela alle spalle,
“mi sa che ti devo delle scuse Anderson, quindi.. beh mi dispiace, ma l’importante è che sia qui, no?” fece lei con un alzata di spalle,
“scusa per cosa Santana?” Blaine era fortemente preoccupato, conosceva ormai Santana da più di dieci anni e le volte in cui lei si era sentita in colpa per qualcosa, tanto da portarla a chiedere scusa, si potevano contare sulle dita di una mano,
“sai a volte mi lascio prendere dalle discussioni e sai quanto Hummel sa essere ostinato..”
“cosa gli hai detto?”
“non posso farti un elenco ora.. rischieremo di fare tardi al matrimonio” gli fece un ultimo occhiolino e scappò via lasciando Blaine in preda al panico e Sam con un sorriso sotto i baffi, convinto che quel giorno sarebbe stato un “nuovo” giorno per tutti.
 
*
 
  Kurt stava fingendo.
Fingeva di essere occupato con gli orli del vestito di Mercedes, fingeva di ascoltare lo sproloquio dell’amica, fingeva di non pensare a cosa gli aspettava quel giorno –o meglio chi-, fingeva di stare bene e che il suo cuore non stava correndo come ad una maratona dei cento metri.
 
Ma lo aveva sentito, aveva ascoltato Blaine parlare con Sam e non era riuscito a fermare le sue lacrime.
 
dovrai fidarti di tutte quelle volte che ti ha detto di amarti e non pensare a tutte le volte che non lo ha fatto, perché quelle non contano, perché ti ama, ti ha scelto e ti ha sposato.
 
E tutto era lì, in quelle poche parole..
C’era l’errore di Kurt di non avergli detto ogni volta che ne aveva avuto l’opportunità, di amarlo.
C’era l’errore di Blaine di pensare a quelle volte come importanti.
C’era l’errore di non essersi fidato abbastanza, Blaine di Kurt e Kurt di sé stesso.
E c’era poi l’amore incondizionato, quello che non sparisce con gli errori, quello che non diminuisce con il tempo distanti l’uno dall’altro, quello che vuoi anche se fa male, quello che nonostante le botte ti fa sentire vivo.
C’era ancora e Kurt doveva solo trovarlo da qualche parte negli occhi di Blaine.
 
 
Occhi che aveva incontrato non appena messo piede in quel giardino perfettamente curato che ospitava l’arco nuziale, e che aveva evitato fino a quando non si erano ritrovati uno di fronte all’altro.
 
Blaine non aveva la forza di staccare lo sguardo da Kurt e neanche voleva averla a dirla tutta.
Era passato troppo tempo da quando aveva posato gli occhi su tutto quello che Kurt era.
Lo aveva visto aprire la marcia nuziale con passo fiero e sorriso orgoglioso, avanzando verso di loro, senza preoccuparsi dello sguardo scettico del pastore che credeva di veder comparire la damigella d’onore.
Era bello da mozzare il fiato e a Blaine ricordò come al loro primo ballo insieme, Kurt salì sul palco per farsi incoronare Reginetta,-titolo che aveva vinto per la stupida ignoranza che regnava in quel liceo- pieno di amor proprio ed eleganza, sicuro di sé e di quello che non gli avrebbero mai tolto.
 
Kurt era ancora bello come quel giorno, forse un po’ di più, con i lineamenti più maturi e più consapevoli, con le spalle un po’ più larghe e i fianchi sempre stretti, con un paio di rughe d’espressione che accentuavano i suoi occhi senza renderli meno incantevoli.
 
Uno di fronte all’altro e le persone nel mezzo che neanche vedevano.
Non potevano, perché era da troppo che si mancavano, era da troppo che si negavano la possibilità di cercarsi.
 
Ed era difficile per Kurt restare lì e non fare niente.. solo guardare.
Osservare come Blaine inghiottiva il groppo, come i suoi capelli lasciati liberi dal gel -come non faceva mai spesso quando stavano ancora insieme- incorniciavano alla perfezione quel viso reso un po’ più spigoloso dal tempo.
Osservare come si inumidiva le labbra perché aveva la bocca secca e come sembrava pronto ad affrontare persino il destino pur di non perdere ancora gli occhi di Kurt.
Era difficile restare e non scappare ma per quanto tutto quello che aveva davanti facesse male, non riusciva a privarsene..
Non ora, non più.
 
Ma era insostenibile.
Perché la sua mente continuava a gridargli “ti ha fatto male, ti ha ferito, non puoi più amarlo” il suo cuore invece batteva come non faceva da due anni a quella parte.
Il suo cuore era senza parole eppure riusciva ad esprimere alla perfezione quello che Blaine Anderson era capace di fargli.
Il rimbombo era forte e sconclusionato nelle sue orecchie e sentiva le ginocchia tremare e le mani sudare.
 
E poi la cerimonia era finita, gli invitati si stavano allontanando per il rinfresco e Kurt fu trascinato via da una Rachel più matura e più elegante ma sempre fuori luogo e iperattiva, perdendo così quello sguardo tra la folla.
Lei blaterava della vita a Londra, della sua compagnia teatrale, di Finn e la sua classe di recitazione, si lamentava di come era ingiusto avere sue notizie solo da Burt e che poteva chiamarla una volta tanto.
Blaterava senza sosta fino a quando Santana la tirò via da lui con poca eleganza, “Berry ficcati questa tartina in bocca e seguimi, voglio farti vedere una cosa” disse facendo sorridere Kurt e alzare gli occhi al cielo a Rachel che si lasciò però trascinare lontano dal suo vecchio amico.
 
Alcol, Kurt aveva estremo bisogno di alcol che azzittisse per un po’ la voce nella sua testa, e benedì l’idea di Mercedes di far circolare camerieri in giro per la location con vassoi pieni di vino e spumante.
Ne prese un bicchiere e senza neanche aspettare che la ragazza si allontanasse lo portò alle labbra finendolo in un sorso, per poi poggiarlo vuoto sul vassoio e prenderne un altro.. concedendosi il beneficio di cercare un posto tranquillo dove poter trovare la forza per restare ancora.
 
E Blaine era lì che trovò Kurt, sulla veranda della casa, nella parte più isolata e soleggiata che fissava con insistenza quasi maniacale lo staff preparare il giardino per il ricevimento, mentre gli invitati entravano in quella villa enorme per un piccolo rinfresco.
Il brusio delle voci e della musica accompagnavano chissà quali pensieri di Kurt, perso chissà dove da non accorgersi della vicinanza di Blaine.
 
“Kurt?” fu un sussurro quello di Blaine, fu un attimo quello di Kurt per voltarsi e guardarlo con occhi grandi e spaventati.
 
Un colpo tremendo al cuore. Erano troppo vicini per fermarsi, era passato troppo tempo per allontanarsi.
I loro corpi si muovevano da soli, mettendo da parte le parole, mettendo da parte tutto quello che non era stato urlato.
Si abbracciarono stretti per regalarsi quelle verità che sapevano di provare e di dover dire, prima o poi.
Blaine aveva nascosto il viso nell’incavo del collo di Kurt, respirando il suo odore, quello che nonostante il lungo tempo non aveva potuto dimenticare, sentendo sulla pelle quei brividi che soltanto l’altro gli donava.
“Mi sei mancato da morire” sussurrò ancora, muovendo le labbra sul colletto della camicia di Kurt che strinse gli occhi e i pugni per non piangere.
Sarebbe stato facile dire “anche tu” perché era maledettamente vero, perché non c’era stato giorno in cui Kurt non avesse pensato a Blaine e alle sue labbra sul suo collo come in quel momento, perché solo così, tra le sue braccia si sentiva a casa, ma non poteva lasciarsi andare.
Non ci riusciva.
“non posso” disse Kurt sforzando sé stesso ad allontanarsi da Blaine, senza però guardarlo.
“Io.. io non so come poter andare avanti, ma non posso tornare indietro. E non so come fare per rimediare.. ma voglio farlo. Lasciamelo fare Kurt.” disse semplicemente abbandonando le braccia inermi sui fianchi, puntando gli occhi in quelli di Kurt che erano belli e tristi, azzurri e insicuri.
“forse è troppo tardi, Blaine” mormorò Kurt abbassando lo sguardo e infilando le mani nelle tasche per impedirsi di allungarle ancora verso l’altro, ma Blaine si aggrappò a quel ‘forse’ e al tremolio nella voce di Kurt, facendosi di nuovo avanti,  “guardami e dimmi che lo credi davvero” disse posandogli due dita sotto il mento per alzargli il viso e obbligarlo a guardarlo,
“no-non posso” balbettò di nuovo Kurt combattendo per tenere dentro le lacrime che premevano per uscire e forzando le gambe a muoversi senza però riuscirci.
Era una continua lotta con solo vinti, senza vincitori.
“non puoi o non vuoi Kurt?” Blaine si era spinto ancora avanti, bloccando Kurt tra la staccionata della veranda e il suo corpo.
Tutto ciò che non poteva fare Blaine, era stargli lontano, era farlo fuggire via, era perderlo ancora.. per questo lo tenne stretto a sé, per questo non lasciò che si liberasse del suo sguardo, del suo profumo.
Kurt era esausto, come se avesse corso per quei due anni senza mai fermarsi e si diede una tregua da quegli affanni e dagli occhi di Blaine, appoggiando la fronte sulla spalla di lui.
Sospirò forte e restarono così, vicini, appoggiati l’un l’altro, respirando e respirandosi.
 
“Scusami ma non c’è la faccio, Blaine”
Kurt lo spinse via e si allontanò ma riuscì a fare solo un passo prima che la mano di Blaine si posasse sul suo polso, bloccandolo e voltandolo come una bambola verso di lui.
“Anche io non posso Kurt. Non posso lasciarti andare ancora. Ci farebbe troppo male” disse sicuro, di una sicurezza che Blaine non sentiva, ma che aveva per Kurt.. per loro.
“Tutto fa male, ogni cosa. A volte il dolore è così forte che mi anestetizza e non sento più niente. E c’è il vuoto, Blaine. Il vuoto che tu hai lasciato e neanche io so come fare per andare avanti. Ma rimediare, dimmi, come si può rimediare a tutto questo?”
“ti ricordi il nostro primo Natale a New York? Te lo ricordi? Per farti una sorpresa ti portai al Rockefeller Center, ma quando capisti che volevo farti pattinare sul ghiaccio insieme a me, hai iniziato ad andare nel panico. Avevi una paura matta di cadere, di vedere il ghiaccio sotto di te rompersi, ma io ti dissi che mai e poi mai avrei lasciato farti del male. Ti promisi che ti avrei tenuto stretto a me e che se fossi caduto tu, sarei caduto anche io e che ci saremmo alzati insieme. Ti ricordi che poi quello a cadere sono stato io e tu mi hai sorretto e poi siamo caduti di nuovo e tu mi hai dato un bacio sul naso e mi hai detto che rialzarsi insieme e più facile che da soli e ci siamo tirati su barcollando e stringendoci? Te lo ricordi?”
Kurt non sapeva dove volesse arrivare con quello, ma annuì sentendo la nostalgia attanagliargli lo stomaco,
“ed è così che io e te possiamo andare avanti: Insieme. Perché io sono un fottuto idiota e sono caduto Kurt, sono caduto e mi sono perso e ho perso anche te.. ma insieme possiamo ritrovarci, possiamo rialzarci, anche se fa paura. Dimmi che possiamo Kurt, dimmelo.”
“io non.. io non sono più quella persona che era con te al Rockefeller dieci anni fa”
Blaine si alzò sulle punte e si sporse verso di lui, facendo combaciare le sue labbra con l’orecchio di Kurt,
“Posso reinventarmi per te Kurt, perché ti amo e non mi arrendo”
Ed era andato via, salutando Tina e dando un bacio a Brittany che a quanto pareva erano venute per cercare proprio Kurt.
 
Kurt che si era lasciato trascinare, per l’enorme giardino e per tutto il tempo, senza capire come fosse arrivato a metà pranzo senza aver smesso per un solo misero secondo di ripensare a quelle parole scivolate dalla bocca di Blaine, per posarsi proprio sul suo cuore.
Ti amo e non mi arrendo.
Erano quelle le parole, che Blaine stava dicendo anche in quel momento, con gli occhi e con le mani e con ogni parte del suo corpo, seduto proprio di fronte a Kurt, mentre Mercedes e Sam si scambiavano l’ennesima effusione tra un boccone e l’altro di salmone.
 
“Mi arrendo”
Lo disse Kurt sbottando, rosso in viso, stanco di tutto quell’amore nell’aria.
Sopraffatto da tutto quell’amore che nonostante tutto ancora sentiva.
Si alzò dal tavolo, bofonchiò qualche parola cercando una buona scusa per lasciare il ricevimento e correre via.
“Andiamo”
Lo disse Mercedes, allungandogli una mano e sorridendo, “non si nega mai un ballo alla sposa”.
 
E aveva ballato Kurt, stringendo Mercedes come si fa con una mamma quando si è tristi.
Aveva ballato cullato dall’amica che non la smetteva di stringerlo di rimando.
“Sai Kurt dovresti farlo davvero” la ragazza si allontanò quel poco dall’abbraccio per guardarlo dritto negli occhi, “dovresti arrenderti a quello che provi. Perché c’è un tempo per strappare e un tempo per ricucire. Hai avuto due anni per strappare via dal tuo cuore tutto il marcio che vi siete fatti a vicenda, ora devi rimettere insieme quello che è rimasto di voi, che non è poco Kurt.”
“io non devo fare proprio niente”
“non può fare tutto da solo, però” disse lei continuando a muoversi lenta sul posto insieme a lui,
“Cedes io non-“
“sai che io e Blaine non ci siamo mai presi la briga di capirci. Mai.. eppure l’uomo che ho avuto intorno per tutto questo tempo è stato solo lo spettro di quello che era con te. L’ho visto buttarsi giù, l’ho visto riprovarci per non farcela, l’ho visto cercarti dovunque e in chiunque. L’ho visto colpevolizzarsi e amarti da lontano, Kurt. E una cosa però l’ho capita di lui.. Blaine è quel tipo di persona che fa la cosa sbagliata quando sente di aver perso la cosa giusta. Capisci?”
Mercedes alzò gli occhi al cielo quando vide l’amico annuire e tirare su col naso e lo attirò di nuovo a sé in uno di quegli abbracci che ti spezzano le ossa e ti fortifica il cuore.
 
“posso avere questo ballo?”
Prima che Kurt potesse anche solo pensare di negarglielo, perché sarebbe stato più facile, si ritrovò tra le braccia forti e sicure di Blaine.
E prima ancora di poter decidere lui la vicinanza che riuscisse a sopportare, Blaine l’aveva totalmente cancellata, incrociando le mani dietro la schiena di lui e appoggiando la guancia sulla sua spalla.
Blaine sentì per un momento soltanto le mani di Kurt fare leva sulle sue spalle come per spostarlo, ma senza convinzione.. e poi si lasciò stringere da lui, portando le braccia dietro al suo collo e sentendosi dannatamente a casa.
 
Era sempre stato così, tacevano quando c’era bisogno di parlare e parlavano quando non c’era bisogno di dire niente.
Le domande erano troppe per Kurt e le spiegazioni troppo complicate per Blaine.
Ma dovevano affrontarle prima o poi insieme ad ogni paura di soffrire per poter andare avanti, ancora.
 
“non sai quante volte ho composto il tuo numero senza trovare il coraggio per chiamarti” mormorò Kurt, perché da qualche parte dovevano pur iniziare, perché quei sospiri di Blaine sul suo collo lo stavano mandando in confusione, perché i piccoli movimenti con le mani dietro la sua schiena erano da far girare la testa e perdere coscienza e Kurt non poteva permetterselo.
“perché? Perché non ci sei mai riuscito, Kurt?”
“perché mi hai spezzato il cuore, perché non riuscivo a perdonarti, perché non volevo sentirti dire che ti dispiace, perché sei scappato tra le braccia di un altro prima e in un’altra città dopo, perché ho fatto anche io molti errori e non riesco a scusarmi per questo e soprattutto perché anche se avessi voluto ricominciare con te, non sapevo da dove iniziare per amarti di nuovo, da capo”
“Ma ora sei qui però, con me.. Siamo qui io e te e possiamo riprovarci. Kurt, tu mi ami ancora, mi ami e non devi farlo da capo.”
“Si Blaine, dovrei farlo da capo perché come ti amo ora, fa male e sto andando in pezzi. È un amore che mi consuma ed io non lo voglio. E se avessi avuto opzioni avrei scelto quella di non amarti più quando mi hai detto che sei stato con un altro.”
Ogni parola, era sale nella ferita aperta del cuore di Blaine, ma meritava di sentirsele dire e allora lasciava che Kurt le dicesse, senza ribattere, senza scappare, restando e incassando i colpi.
“e cosa succede se io riuscissi in qualche modo ad amarti di nuovo, in maniera diversa, forse, nel modo in cui non ho mai fatto e che tu meriti e che anche io merito di fare.. per poi vederti distruggere di nuovo la mia fiducia e il nostro amore, come se fosse un giocattolo? Non riuscirei a reggere ad un altro cuore spezzato. Io non lo voglio Blaine, lo capisci?”
Blaine non si preoccupò delle sue lacrime quando si staccò da lui, ma asciugò quelle di Kurt con tutta la premura che possedeva in quel momento.
Lo sfiorò come se fosse fatto di petali di fiori e lasciò che le sue dita vagassero sulla pelle arrossata dal sole di Kurt, mentre diceva tutto quello che ancora gli rimaneva da dire.
 
“Kurt ascoltami ti prego. Mai, prima d’ ora, ho pensato di poter essere una persona egoista, mai. Ma lo sono, Dio se lo sono! Perché io non merito niente; non ho meritato tutto l’amore che mi hai dato. E se mi ami, ora, anche solo la metà di come lo facevi un tempo, a me va bene comunque. Perché ti voglio, perché non riesco a rinunciare a te, Perché sei l’unica cosa bella della mia vita, anche ora che non ne vuoi fare parte. Ti prego Kurt, devi darmi una possibilità perché sono sicuro di poter compensare con il mio amore il tuo che non sei più disposto a darmi, perché sono sicuro, ora più che mai di poterti amare e rispettare per tutta la vita. Devi darmi l’opportunità di starti vicino nel modo in cui meriti. Ti prometto che non ti farò più del male, che mi prenderò cura di te, ti prometto che m’impegnerò per essere un uomo migliore per te. Ti prometto Kurt, che litigheremo ogni volta che ci sarà da litigare, non mi risparmierò più di dirti che stai sbagliando se lo stai facendo, non lascerò mai più che la paura di perderti mi porti a perderti sul serio e che i silenzi si mettano tra di noi e le parole che io non ho il coraggio di dire. Ti prometto, amore, che se me lo lasci fare ti seguirò dovunque e comunque, perché casa è dove sei tu. Lasciamelo fare Kurt, lascia che io ti convinca, tutti i giorni, che siamo ancora io e te. Kurt e Blaine”
 
Era come se il mondo intorno a loro si fosse fermato, come se il chiacchiericcio e la musica e le persone intorno a loro fossero su di un altro pianeta.
Non sapevano se li stavano guardando, se li stavano ascoltando e neanche gli importava.
C’erano solo loro, nei loro vestiti migliori che si aggrappavano alle loro parole per non perdersi ancora.
E Blaine stava contando i secondi che passavano, senza che Kurt muovesse un muscolo, galleggiando nel mare dei suoi occhi, con la paura di non aver detto abbastanza, con la paura di non poter fare tutto quello che avrebbe voluto fare per convincerlo che loro due potevano ripercorrere quella lunga e agognata strada di “casa” insieme.
“C-come ci siamo arrivati fino a questo punto?” chiese Kurt più a se stesso che all’altro.
“credo che sia iniziato tutto quando io ho lasciato che ogni mia insicurezza mi divorasse, quando ho capito che il lavoro che facevo non era quello che volevo, quando tornavo a casa e vedevo in mio marito tutto quello che io non ero e che non mi meritavo e invece di parlarne con lui gli ho voltato le spalle. Siamo arrivati qui, perché sapevo che io non ero quel ragazzo perfetto che hai conosciuto al liceo e non sapevo come dirtelo.”
Blaine aveva fatto un passo indietro, lasciando che le sue mani si allontanassero da Kurt, abbassando lo sguardo e perdendo quel coraggio che aveva avuto fin a quel momento.
“è cominciato tutto quando io non me ne sono accorto, Blaine. ero così preso da me da non notare te che stavi andando in mille pezzi. Non avevo capito quanto ti stesse andando stretto il tuo lavoro, non avevo capito quanto pesasse il mio nel nostro matrimonio. Blaine, Dio.. io ho fatto così tanti errori con te che non riesco nemmeno più a contarli. Ho sbagliato tutto sin dall’inizio, costruendo nella mia testa un’immagine di te che non ti appartiene fin in fondo e che tu ti sei cucito addosso per accontentarmi. Non hai lasciato mai vedere le tue paure, i tuoi dubbi.. non hai mai abbandonato quell’atteggiamento calmo e pacato solo perché sapevi che era quello che io mi aspettavo da te e mi dispiace. Mi dispiace perché ora non so più chi ho amato, non so con chi sono stato, non so neanche chi sono stato io per tutti questi anni” Kurt alzò gli occhi al cielo cercando di trattenere dentro tutte quelle lacrime che spingevano per uscire, sospirò piano un paio di volte prima di scuotere la testa e puntare lo sguardo di nuovo su Blaine, che sembrava essere invecchiato di dieci anni.
 
“io.. scusami, ho bisogno di- dammi un attimo di tregua”
Lasciare Blaine lì, da solo, tra la folla di persone fin troppo felici, non fu affatto giusto, non fu giusto negargli ancora l’opportunità di parlare, ma Kurt aveva sentito davvero il bisogno di mettere distanza da Blaine, perché trattenersi era diventato difficile, non lasciarsi prendere dalle sensazioni era diventato quasi impossibile quando tutto quello che avrebbe voluto fare era abbracciarlo tanto stretto da fargli sentire il battito del suo cuore, vivo e reale, per fargli capire quanto lui abbia fatto la differenza, per lui.. per la sua vita.
Ma tutto quello che sarebbe stato naturale solo due anni fa, in quel momento non lo era più.. e Kurt si sentì troppo alla deriva per restare lì.
 
“ci ho riflettuto” disse Blaine sedendosi al posto vuoto di fianco a Kurt, continuando a guardare gli sposi ballare stretti l’un l’altro al centro del prato, “quello che sono stato con te, forse non è più quello che sono ora. Come, forse tu non sei più quel ragazzo di dieci anni fa al Rockefeller, ma questo non significa che noi non ci conosciamo più, non significa che non proviamo ancora dei sentimenti l’uno per l’altro. Kurt, cambiare è un evento naturale della vita, io lo so, tu lo sai. Cercare di non cambiare è invece innaturale. È sbagliato il modo in cui ci aggrappiamo alle cose per com’erano invece di lasciare essere ciò che sono o il modo in cui ci attacchiamo ai vecchi ricordi invece di ricostruirne dei nuovi. Sta a noi decidere come vivere il cambiamento Kurt, possiamo vederlo come la fine di tutto o come l’inizio di una seconda occasione.” Blaine si voltò a guardare l’altro che fece spallucce e sospirò frustrato,
“Kurt, per quanto io possa essere cambiato, sono ancora la stessa persona. Sono ancora io e tu sei ancora quello che mi conosce più di tutti, più di me. Sono ancora il ragazzo che ha un papillon per ogni occasione, che dorme senza calzini anche a dicembre. Sono ancora quel ragazzo che ucciderebbe per una serata al karaoke e per un tuo bacio del buongiorno. Sono sempre quel ragazzo che aspetta la sera di Natale per cantare un duetto con te, insieme alla tua-nostra famiglia. Io..” Blaine gli prese la mano che giocava nervosa con il tovagliolo sul tavolo, aspettando che Kurt alzasse lo sguardo.
“Kurt dammi il tempo. Dammi l’opportunità di farti vedere che sono ancora io. Che siamo sempre noi”
“Blaine è tremendamente difficile e praticamente impossibile”
“fin quando resterai?”
“riparto domani per New York” esalò Kurt quella che sembrava davvero una resa.
Una sconfitta.
“Hummel con tutte le ore di lavoro che hai accumulato, potresti chiedere ferie pagate per almeno tre mesi” s’intromise Santana ad un tavolo di distanza, che a quanto pareva non aveva perso una parola del loro discorso.
“tre giorni. Puoi darmi tre giorni, Kurt? poi ritornerai a New York”
“in questo momento è un senza tetto a New York, certo che può darti tre giorni!” esclamò Santana facendo sbuffare Kurt e sorridere Blaine.
“allora è deciso” sentenziò Blaine soddisfatto facendo per alzarsi.
“Aspetta, io non credo che- tre giorni non sono abbastanza per colmare una mancanza di due anni” Kurt lo trattenne per un polso guardandolo dritto negli occhi,
“e chi lo ha detto Kurt? a me è bastato vederti oggi, per riempire anche le mancanze di una vita intera prima che ti incontrassi alla Dalton.”

 

Angolo Wallflower_ 
Con il secondo capitolo entriamo nel vivo della storia.
e per ora Blaine sembra non cavarne un ragno dal buco.. ma è riuscito ad ottenere almeno tre giorni, grazie anche a Santana.

Io voglio ringraziare quelle personcine dolci (quest'anno Babbo Natale vi porterà tanti regali!) che hanno aggiunto la storia tra le seguite\ricordate|preferite a primo acchito.

Grazie e spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.

Aspetto vostri pareri ;)

Per chi fosse interessato, questa è la mia pagina fb.
A domani <3

 

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Capitolo 3
*** Parte terza. ***


Parte terza.

 
  Il messaggio di Blaine era stato chiaro.
 
-Ti aspetto al 601 W 5th St alle dieci. Sempre tuo, Blaine-
 
Rileggerlo per l’ennesima volta mentre aspettava che il taxi lo portasse a destinazione non lo aiutava a capire cosa aspettarsi.
Le dieci erano passate già da un po’ e Kurt non aveva fatto tardi perché non aveva sentito la sveglia o perché non sapeva cosa mettere, ma solo perché non sapeva se era pronto per affrontarlo, di nuovo.
 
Il fatto era che mai come in quel messaggio Kurt era riuscito a vedere quanto Blaine fosse cambiato.
Anni fa’ Blaine non sarebbe stato così sicuro e diretto, magari avrebbe chiesto a Kurt il luogo, magari gli avrebbe fatto un invito sottoforma di domanda, ma mai gli avrebbe scritto un messaggio che gli avrebbe dato poca scelta.. e Kurt stava andando nel pallone.
Tra i due, era sempre stato lui quello che teneva la situazione in pugno, quello che non si lasciava prendere dal panico, quello che sapeva cosa dire, fare, andare.
Quel nuovo modo quasi autoritario di Blaine era destabilizzante ed entusiasmante e soprattutto spaventoso.
 
Quando però si ritrovò di fronte al locale, dove all’interno c’era Blaine ad aspettarlo, un sorriso gli sfuggì dalle labbra.
Il Coffe Bean si chiamava, ed era in pratica la versione metropolitana del Lima Bean, posto che aveva fatto la storia per loro due al liceo.
 
Blaine era seduto ad un tavolino appartato in fondo alla sala, con indosso una semplice camicia rossa e il suo solito sorriso nervoso.
“scusa il ritardo” bofonchiò Kurt spostando la sedia libera di fronte a l’altro per sedersi con tutta quella calma che non aveva ma che sapeva fingere molto bene.
“oh Kurt tranquillo, non sono qui da molto” quell’imbarazzo era esattamente ciò che più temeva Blaine, quindi ringraziò con gli occhi la cameriera che era arrivata in tempo per chiedere loro le ordinazioni.
“un mocaccino grande con latte scremato e un caffè filtro medio, grazie” Blaine si voltò a guardare Kurt come per chiedergli se andava bene e l’altro annuì, un po’ stupito.
Quando poi la cameriera si congedò con un “arrivano subito” ed un sorriso, Kurt picchiettando le dita sul tavolo, senza guardarlo negli occhi disse: “ricordi ancora come prendo il caffè” ed era proprio quello che Blaine voleva sentirsi dire, “te l’ho detto Kurt, per quanto possiamo cambiare, siamo sempre noi.. e ti avrei preso anche un biscotto alle fibre, ma ho provato uno di quelli in vetrina e credo che non sia per niente commestibile” Kurt si trattenne dal ridere,
“per te neanche quelli che mangio io di solito lo sono, quindi non sei una fonte attendibile”
“te lo concedo” Blaine si lasciò andare ad una risata che fece rilassare entrambi, come se stessero tastando un territorio già conosciuto, per niente pericoloso.
 
 
Blaine aspettò che arrivassero i caffè prima di tirare fuori dalla sua tracolla una scatola.
“Okay, lascia che ti spieghi cosa ho in mente prima di dare di matto e andare via” aveva detto lui mettendo da parte il caffè e lasciando che Kurt studiasse il cofanetto, “qui dentro ci sono più di cento domande. È un gioco che si usa fare a quegli incontri di cuori solitari per conoscere meglio la persona che hai di fronte.. e prima che lo chiedi, no, non sono mai stato a questi incontri e questo gioco è solo un regalo di Sam che non ho mai avuto modo di usare. E so che può sembrare uno scherzo, ma non lo è.. io da qualche parte devo pur cominciare, no?” Blaine sistemò un plico di cartoncini sul tavolo dividendolo a metà e poi continuò, “ti ho fatto venire qui perché questo è il posto più simile al Lima Bean che può esserci a Los Angeles e quella caffetteria è importante per noi, perché è stato durante quei pomeriggi trascorsi lì, che io e te ci siamo davvero conosciuti ed è qui, ora che io e te dobbiamo ricordare chi siamo. Ho portato questo gioco perché ho pensato che sarebbe stata la maniera più diretta per farti capire che non ti ho mai mentito riguardo chi sono e voglio che tu sia sicuro di me, come io lo sono di te.” Blaine alzò gli occhi al cielo e sfregò le dita sudate sui pantaloni, “avrei potuto organizzare qualcosa di eclatante, avrei potuto metterti su di un aereo e portarti a Lima e dedicarti una canzone sulle scalinate del Mckinley, sarebbe stato romantico e incisivo ma poi ci saremmo trovati a questo stesso punto. Io Kurt voglio che tu-“
“bisogna stabilire delle regole per questo gioco?” domandò Kurt, fermando lo sproloquio abbastanza imbarazzante di Blaine,
“oh okay, non ci ho pensato. Oltre al fatto che tu risponderai a domande su di me e viceversa, non ho stabilito alcune regole.. ma potremmo mettere un passo, magari”
“non credo che non rispondere a delle domande su di te giovi all’obbiettivo, anzi così facendo ci remeremmo contro” disse Kurt, facendo spallucce e prendendo un altro sorso del suo caffè,
“giusto, beh potremmo passare qualche domanda o cambiarne di altre”
“per rendere il lavoro più facile?” chiese Kurt in fretta,
“okay Kurt, l’unica regola è che non ci sono regole. Inizio io”
 
“i miei sogni li realizzo o mi crogiolo nelle scuse?” lesse Blaine alzando lo sguardo verso Kurt per vederlo pensarci bene prima di sospirare e rispondere,
“col senno di poi credo che una volta capito quali sono davvero i tuoi sogni e i tuoi desideri e una volta messe da parte le insicurezze più che le scuse, riesci a realizzarli. Dimmi se sbaglio”
“non sbagli no. Ho ridimensionato i miei sogni Kurt, ora sono un appagato insegnante di musica al liceo. Tocca a te” Blaine gli passò una cartoncino e attese che Kurt lo leggesse,
“insegni in un glee club?”
“anche”
“sembra adatto a te”
“lo è”
 
“mi sono mai pentito di qualcosa che ho fatto?” come prima domanda a cui doveva rispondere Blaine non era stato molto fortunato.
“si. ti penti ogni volta che mangi una doppia porzione di torta al triplo cioccolato, quando fuori piove e non puoi andare a correre per smaltire le calorie. E credo che c’è stato una volta in cui hai pensato che avermi scelto e sposato sia stato l’errore più grande della tua vita” mormorò Blaine nascondendo il viso dietro la sua tazza di caffè ormai tiepido,
“è vero, l’ho pensato, ma non me ne sono mai pentito di averlo fatto Blaine, neanche quando pensarti faceva troppo male”
Blaine se fosse stato lucido avrebbe pensato che era stato davvero stupido a non controllare e togliere domande che sarebbero potute essere pericolose, ma la voce di Kurt, i suoi occhi significativi e profondi, il suo modo di prendere il caffè e di prendere lui lo destabilizzavano quanto bastava per dimenticare persino il motivo per cui erano lì.
“tocca a te” disse Kurt consapevole del frastuono dei pensieri di Blaine in quel momento,
 
“ok-kay, ho pregiudizi per alcune categorie di persone?” domandò Blaine poggiando il cartoncino sul tavolo e aspettando,
“che brutta scelta di parola: categorie.. ma comunque, il pregiudizio nasce soltanto dall’ignoranza. Me lo dicesti al nostro primo incontro alla Dalton”
Nessuno dei due lo disse, ma lo sapevano entrambi che ricordavano quel giorno come se fosse stato ieri.
Blaine ricordava la paura negli occhi belli di Kurt quando capì che c’era molto di più dietro la scelta di andare a spiare il coro avversario.
Kurt ricordava invece la sicurezza che traspariva in ogni gesto dell’altro e il coraggio che era riuscito a trasmettergli.
 
C’era chi si chiedeva come aveva potuto rimettere in quegli occhi la paura che era riuscito a cancellare tempo prima e c’era chi si chiedeva perché non era riuscito a infondere un po’ di quel coraggio che l’altro gli aveva regalato senza neanche volerlo.
 
Uno di fronte all’altro, portarono avanti quel gioco che di gioco aveva solo le sembianze per ore ed ore, senza stancarsi mai, senza perdere mai la concentrazione o la motivazione.
Avevano troppo in ballo per non ascoltare e crederci.
 
C’erano stati momenti in cui il silenzio era troppo lungo e altri in cui le parole migliori, quelle giuste venivano a mancare.. e loro cercavano e cercavano e cercavano per trovare risposte già conosciute nei loro gesti, nelle loro mani intrecciate sul tavolo davanti ai loro caffè freddi.
 
Perché ci sono cose che cambiano e cambiano ma altre invece restano invariate e per quanto il tempo e il destino e la vita giochino tiri mancini non possono niente contro l’amore vero, l’amore giusto.
 
E le loro dita allacciate in un gesto naturale e mancato per troppo tempo era una di quelle cose che niente può cambiare e avrebbero potuto chiamare tutti gli scienziati del mondo, che affermano che il cambiamento è l’unica costante in natura, non avrebbero trovato risposta a quel legame che non si era spezzato nemmeno quando lo avevano chiesto col cuore spaccato in mano.
 
Quando avevano convenuto che entrambi erano affamati, comprarono cinese ad un ristorante vicino al Coffe Bean e prima che potessero anche solo deciderlo, erano giù davanti casa di Blaine e poi seduti al tavolo uno di fronte all’altro a parlare ancora.
A parlare di tutto quello che gli passava per la testa,senza però, dire quello che avrebbero dovuto, perché non sembrava argomento da affrontare di fronte un involtino o più sinceramente perché non era una conversazione da fare quando non c’era nessuno nei paraggi.
Erano due anni che non erano chiusi in quattro mura da soli, ed era strano, impacciato, malinconico anche e spaventoso soprattutto.
E la tensione toccava culmini mai visti prima perché erano entrambi consapevoli e affamati, di una fame che tutti gli involtini primavera del mondo non potevano soddisfare.
Kurt faceva vagare gli occhi per la stanza, una stanza così sconosciuta eppure così familiare..
Familiare come la persona che la abitava ed era assurdo se ci si fermava a pensare e non ci voleva pensare Kurt, perché ricordare a sé stesso che quella era casa di Blaine, solo di Blaine e non anche sua, faceva male ancora come credeva che non potesse più fare.
E Blaine osservava invece il suo profilo e ancora una volta si stava dando dello stupido per come lo aveva trattato, per essersene andato, per non aver lottato abbastanza quando –a ragione- Kurt aveva mollato.
E la vita è una sola e troppo breve per lasciare andare.
Era un’idiota Blaine.
Stupido, stupido, stupido.
 
Kurt non agiva mai d’istinto, mai.
Per questo stare seduto nella cucina di Blaine era difficile, perché contro ogni previsione, tenere a bada l’istinto, quello che credeva sopito e sottocontrollo era una lotta continua, e stava perdendo Kurt.
Perdeva ogni volta che mangiava un boccone di riso e si soffermava sulla bocca di Blaine, perdeva quando scrutava la stanza e il pomo d’Adamo di lui che si muoveva con grazia ed eleganza, perdeva nel momento in cui beveva un sorso di birra cinese e seguiva le dita di Blaine che ripulivano l’angolo delle lebbra senza badarci mentre blaterava su quanto era estenuante.. cosa, Kurt non lo aveva capito.
E aveva perso quando Blaine aveva allungato una mano e lo aveva imboccato di quel pezzo di ananas caramellata, “perché non puoi non mangiare l’ananas Kurt, quante volte devo dirtelo?” e aveva sorriso.
 
Blaine aveva sorriso, di quel sorriso spontaneo che non vedeva da troppo tempo, quello che gli fa spuntare una fossetta al lato destro della guancia e stringere di poco gli occhi, quello che faceva dimenticare a Kurt tutto il dolore che aveva sentito per due anni a quella parte.
 
Ma rimediare, dimmi, come si può rimediare a tutto questo?
 
Sorridimi ancora in quel modo, come se non ci fosse niente di più bello al mondo che me, sorridimi con quegli occhi e con la pancia e con ogni singola parte di te.. così possiamo rimediare io e te.
 
Fino a quel momento Kurt nemmeno aveva saputo che il sorriso di Blaine era sempre stata la sua kryptonite, non sapeva che sarebbe stato quello a fargli perdere del tutto la ragione, trovando ad accoglierlo quel mare d’istinti che non erano affogati per niente in quel tempo di tempesta.
 
“Dio Blaine cosa mi stai facendo?” e lo aveva detto alla fine Kurt mettendo via le bacchette e guardando l’altro con quegli blu, troppo blu ed intensi. Un blu che Blaine non vedeva da due anni.
Un blu che, in quel momento Blaine sperava e pregava un qualche Dio lassù, che Kurt non avesse mai fatto vedere a nessuno.
Un blu che prima sapeva essere rivolto solo a lui e per lui ed ora non era più sicuro e faceva male.
Faceva male pensare che quello che lui stava facendo a Kurt, avrebbe potuto, in qualsiasi modo, farglielo anche qualcun altro.
“Blaine”
Ti prego, dì qualcosa. Fai qualcosa.
Blaine ti prego, stringimi e tienimi forte e fammi dimenticare ogni cosa.
Ti prego, convincimi che non farà più male. Ti prego.
 
E Blaine si alzò e spinse via la sedia di Kurt e gli prese il viso tra le mani e lo strinse forte, ma non lo baciò.
Respirò con la bocca sulla sua, respirava Kurt e lo bramava e lo desiderava, ma non avrebbe fatto un altro passo se Kurt non lo avesse voluto.
E lui lo voleva, Dio se voleva.
E voleva tutto.
 
Per questo Kurt gli strinse i fianchi e non gli importava se faceva male, e lo baciò.
Un bacio fatto di denti e morsi e labbra scoordinate e caotiche e unghie nella pelle e gemiti famelici.
In quel bacio c’era una litania intera di “non andartene” e “mi hai fatto male” e “ti amo ancora, sempre” e “sono tuo” e “ho una fottuta paura” e “scusami scusami scusami”.
 
“che stiamo facendo?” aveva ansimato Kurt ancora con gli occhi chiusi e il fiato corto e la fronte appoggiata al petto di Blaine, che non voleva lasciarlo andare.
“solo quello che vuoi che facciamo”
“questo non è giusto, non è giusto che lasci tutto sulle mie spalle. Io non posso, non c’è la faccio”
“Kurt io ti voglio. in tutti i sensi, sempre. Ma voglio anche che tu stia bene, sia felice. Voglio che se sceglierai me è perché sei convinto di potermi dare una seconda possibilità per andare avanti. Voglio che tu torni da me, non perché non puoi farcela senza, ma perché potresti farcela ma non vuoi. Capisci? io ho fatto un errore e ne pago tutte le conseguenze anche quella di non averti più o averti a metà, per questo me ne farò una ragione se mi dirai che non vuoi darmi una passibilità. Lo accetterò se non vuoi, solo se non vuoi. Perché non esiste che non puoi, non esiste Kurt.”
“non lo so Blaine, non lo so se quello che voglio è quello che mi farà stare bene. non lo so se sarò capace di far star bene te.. non ci sono riuscito prima, non posso riuscirci ora”
“ti prometto che sarò un uomo migliore, te lo prometto.”
“non voglio che tu sia migliore. Voglio che tu sia l’uomo giusto, Blaine.”
Kurt si aggrappò con le unghie alla schiena di Blaine, lo strinse forte e cacciò via le lacrime.
“voglio che tu sia giusto, così come sei.”
 
Non finirono il pranzo e nemmeno ripulirono il casino lasciato in giro, semplicemente restarono uno nelle braccia dell’altro fino a quando i muscoli ressero, poi si staccarono e Kurt prese le sue cose, conservò i sorrisi di quel giorno e le parole e gli sguardi pieni di cose inespresse ma sapute e andò via.
“Kurt io ero felice con te. Non eri tu, ero io che non sapevo stare bene con me.” disse Blaine sulla porta di casa prima di richiudersela alle spalle.
 
*
 
E dire che quei giorni avrebbero dovuto servire a chiarire i mille e più dubbi di Kurt.
Ne era passato solo uno e lui era più confuso di prima.
La vicinanza di Blaine era confusionaria per lui, il suo profumo e la sua sicurezza –quella che fingeva di avere prima e quella che aveva acquisito poi-, i suoi baci e le sue mani, era tutto troppo e troppo e Kurt non riusciva a mettere a posto i suoi pensieri.
 
In un anonimo letto di un Hotel di Los Angeles Kurt non riusciva a prendere sonno.
Erano troppe le domande a cui non voleva sentire risposta, perché sarebbe stato difficile. Perché la verità, per quanto sia la cosa più giusta non è sempre quella a cui vuoi aggrapparti.
E la verità nuda e cruda era che Blaine era tutto ciò che Kurt voleva ma non sapeva come.
 
Voglio che tu torni da me, non perché non puoi farcela senza, ma perché potresti farcela ma non vuoi.
 
Gli aveva detto Blaine quel giorno, e Kurt era consapevole del fatto che in qualche modo, se avesse voluto, sarebbe riuscito a vivere senza Blaine, non sarebbe stata forse una vita piena e appagata, ma sarebbe stata di sicuro più quieta.
Il punto quindi, non era dover capire se poteva o non poteva farcela SENZA Blaine, il punto era che non sapeva se poteva farcela CON Blaine.
C’erano così tanti “e se” da non riuscire più a contarli.
E se le sue sono solo parole?
E se fuggirà di nuovo?
E se non siamo destinati a stare insieme?
E se non saprò renderlo felice e cadrà di nuovo?
E se mi ferisce ancora io come farò a curarmi, ancora da solo?
 
Era questo il punto.
Kurt non sapeva se voleva ancora gettarsi nel vuoto senza sapere se il paracadute era funzionante.
Perché dopo l’adrenalina del salto e la bella sensazione di vuoto che in un qualche modo strano riesce a riempirti fino alle viscere, arriva quel momento in cui la terra si fa troppo vicina e tu riesci a distinguere tutti i pericoli e il paracadute è dietro la tua schiena e devi solo aprirlo.
Devi aprirlo per vedere se funziona, ma l’ansia è forte, troppo forte perché sai che senza quel maledetto paracadute tu ti schianterai al suolo e farà male, porterà alla fine.. e la paura di vederlo non funzionare ti spinge a non aprirlo.
Ma devi e poi è un attimo.
L’attimo in cui tu spingi il bottone e il paracadute si apre e tu sei al bivio, aggrappato all’unica speranza per non morire.
Funziona o non funziona.
Era quello che Kurt non poteva sopportare. L’ansia di non sapere, prima di buttarsi, se il paracadute lo avrebbe retto.
 
(da Blaine 23:54)
-Kurt? non hai preso il primo aereo per New York, vero? Mi avevi promesso tre giorni, Kurt-
 
(da Blaine 00:01)
-Non mi rispondi perché stai dormendo, perché non vuoi o perché sei in aereo?-
 
(da Blaine 00:10)
-se sei a New York, ti conviene prendere all’istante un aereo per Los Angeles, perché non me ne sto lavando le mani e quindi pretendo che domani ti presenti al liceo St. Jude, dopo le tre. okay?-
 
(da Blaine 00:12)
-Kurt? mi avevi promesso tre giorni!-
 
(da Kurt 00:13)
-e li avrai Blaine.-
 
(da Blaine 00:14)
-okay-
-non sei a New York ed io sono un idiota.-
-scusami-
-non stavi dormendo, vero? Semplicemente non volevi rispondere-
-kurt?-
 
(da Kurt 00:20)
-si?-
 
(da Blaine 00:21)
-siamo più forti di un singolo errore-
-buonanotte-
 
(da Kurt 00:30)
-‘notte-
 
*
Kurt odiava i licei come la maggior parte delle persone odiavano gli ospedali.
E avrebbe voluto scappare a gambe levate da lì, perché era come essere tornati indietro di dieci anni e lui era di nuovo il ragazzino piegato dal peso dei bulli, ma mai spezzato.
 
Come avrebbe trovato Blaine in quell’orda di ragazzi impazziti e come-
“Kurt Hummel?” una ragazzina minuta ed estremamente eccentrica con un pantaloncino a pois e una camicia a scacchi, lo stava guardando ansiosa,
“e tu saresti?” domandò lui alzando un sopracciglio curioso, lasciando perdere ogni tipo di pensiero che stava facendo fino ad un secondo prima,
“una fashion blogger che sta sognando. Devo un enorme favore a Mr Anderson!” la ragazza gli porse la mano e sorrise raggiante,
“Burberry? Ha avuto una marcia in più solo dopo che lei è diventato il primo disegnatore. La linea del 2012? Resterà nella storia della moda per sempre!” Kurt arrossì senza volerlo e strinse la mano della ragazza,
“beh grazie..”
“Annah! Mi chiamo Annah, posso chiamarti Kurt, vero? E mi concederesti il tempo di qualche domanda, giusto? solo un paio.. magari in un video da caricare nel mio blog!”
“io- beh.. io dovrei-“
“vedere Mr Anderson, lo so. Quando ci ha detto che saresti venuto al nostro glee club, stavo quasi impazzendo dalla gioia. Cioè, non avevo mai capito che il suo ex marito a cui dedica ogni canzone melensa al club, per poi scoppiare in lacrime e fuggire via eri proprio tu.. altrimenti, lo avrei preso per le spalle, scosso come si fa con una bambola di pezza e gli avrei detto: -reagisci stupido professore e corri a riprendertelo! Che diamine! Chi stupido si lascia scappare Kurt Hummel?-“ stava dicendo la ragazza, gesticolando come una matta e camminando per quei corridoi infiniti,
“Beh, Kurt.. lascia che ti dica una cosa.. non ho mai visto un uomo così disperatamente innamorato. Qualsiasi cazzata abbia fatto, perché sono sicura che ne abbia fatta una e pure grossa.. non può essere paragonata a tutto l’amore che si percepisce avere per te. Sai cosa diceva sempre mia nonna? Che anche dopo anni e anni di matrimonio tutte le volte che vedeva suo marito tornare da lavoro dalla finestra della cucina le tremavano le gambe dall’emozione. Mi faceva sempre l’esempio delle mandorle, che a volte hanno due noccioli all’interno: diceva che lei e suo marito erano così, erano legati stretti come due noccioli di mandorla. Sai come sono fatti i noccioli di mandorla? Stanno uno incastrato nell’altro, uno concavo e uno convesso, devono adattarsi e combaciare. Ecco,mi diceva, finché non troverai una persona che ti faccia sentire così, una persona che sia il tuo nocciolo di mandorla, allora potrai star certa che non sarà la persona con cui passare il resto della tua vita.** io il mio nocciolo non l’ho ancora trovato.. ma sono sicura, da come il signor Anderson canta per te e da come tu ora stai tremando che voi due siete quei noccioli perfettamente incastrati nel guscio di mandorla.” La ragazza si fermò a pochi metri dal bagno dei maschi,
“forse è meglio che prima ti sciacqui la faccia, non voglio che il mio professore pensi che ti ho fatto piangere, non mi farebbe cantare alle regionali! Ti aspettiamo nell’aula in fondo al corridoio, sulla destra!”
 
Blaine era seduto insieme ad altri venti e più ragazzi, in un cerchio, per terra e stava parlando così animatamente che tutti lo seguivano pendendo dalle sue labbra.
 
Annah era seduta di fianco a lui e gli teneva la mano, annuendo di tanto in tanto del tutto presa dal discorso.
 
“..quindi, la verità è questa, la vita è breve ed è una e non c’è spazio per i silenzi e per i rimpianti. Nessuno sa cosa può portarci il domani, per questo vale sempre la pena dire quel che si ha bisogno di dire. Sempre. Dovete sempre lottare per quello che volete, che amate. Non dovete avere mai paura di dire quanto siete spaventati, non dovete aver paura di deludere le persone che amate dicendo quel che pensate, se qualcosa vi fa star male, ditelo, se amate qualcuno, ditelo senza aspettare qualche occasione importante, ditelo anche quando non c’è una motivazione. Ditelo e ricordatevelo e sentitelo quando lo dite. E Ragazzi, quando sbagliate, capite l’errore e scusatevi e prendetevi la responsabilità delle vostre azioni, non si può tornare indietro.. questo è vero, ma rimediare, quello si può fare. E non ascoltate chi dice che una persona si capisce dagli errori che ha fatto, perché è un’emerita cazzata. Chi sbaglia lo fa perché non è cosciente, chi sbaglia è perché forse si sente sbagliato lui in qualche modo, chi ferisce una persona che ama, non lo fa con l’intenzione di far male, ma perché forse in qualche modo cerca di trovare una maledetta ragione al sentirsi così inadeguato. E una persona si distingue non da come cade, ma da come si rialza e combatte e si pente e chiede scusa.” Blaine si mise in piedi e fissava i suoi ragazzi uno per uno, con uno sguardo così sicuro e passionale e protettivo da far quasi male e poi alzò le braccia al cielo per farle ricadere teatralmente sui fianchi, “io credo di essermi perso nel discorso, come mio solito. Il punto è questo, però: non dovete mai avere paura di esprimere i vostri sentimenti. Qualsiasi essi siano, perché non sempre il treno ripassa sullo stesso binario e le occasioni perse prima sono rimpianti dopo. Quindi-“ si voltò verso la lavagna di fianco alla porta e solo allora si accorse di Kurt, poggiato allo stipite che ascoltava attento.
Aveva gli occhi lucidi e Blaine era quasi sicuro che non fosse stato lui a farlo piangere.. Sorrise, gli indicò una sedia vuota posta vicino al pianoforte e si avvicinò alla lavagna.
Say what you need to say.
Aveva scritto al centro di essa, portando l’attenzione subito dopo, di nuovo ai suoi studenti che ancora non si erano mossi dai loro posti.
“Il compito della settimana è quello di dire alle persone care, alle persone importanti, quello che state provando in questo momento.. e poco importa se non lo farete in musica, quello che conta è che lo fate. Se sentite di voler scrivere una lettera a vostra madre, fatelo. Se sentite il bisogno di scrivere una canzone al vostro migliore amico non pensateci troppo. Se volete urlare in faccia ai vostri fidanzati di smetterla di portarvi sempre al cinema il sabato sera, non esitate. Se qualcuno -e parlo di te Annah- vorrebbe confidare la sua paura nel trovare un posto nel mondo, che lo faccia. Okay? ora c’è qualcuno che vuole condividere qualcosa di suo con noi?”
 
Tutto quel cavolo di discorso, Blaine lo aveva preparato? Aveva capito che lui lo stava ascoltando?
E per quanto ne poteva sapere Kurt, se era stato pensato al momento o preparato prima, poco cambiava, perché l’effetto che aveva avuto su di lui era comunque uguale.
Spaventosamente rassicurante.
Come una prova di sicurezza prima del lancio vero nel vuoto.
 
Blaine non stava cercando di giustificarsi, non stava cercando di dire niente.. se non che aveva capito l’errore e voleva rimediare.
Blaine stava solo dicendogli che non gli importa che ha il biglietto scaduto e che se passerà di nuovo quel treno lui non può salire.. stava dicendo, con gli occhi e con la bocca e con la pancia che lui si aggrapperà all’ultimo vagone e che si fotta il dolore alle braccia.
 
“Io. Io vorrei cantare, posso signor Anderson?”  un po’ tutti si voltarono verso quel ragazzino che cantava sempre poco e parlava ancora meno.
Di solito se ne stava al suo posto ad ascoltare quello che gli altri volevano dire e suonava quando c’era da suonare.. ma non aveva mai preso la scena tutta per sé, non l’aveva mai chiesta e mai voluta.
“Vai Brad!” urlò Annah come per incoraggiarlo, come faceva sempre d’altronde.
Era stata lei a presentare quel ragazzo timido e impacciato al glee
“come ha detto Annah, vai Brad!” le fece il verso Blaine, accomodandosi intanto di fianco a Kurt, sul suo sgabello del pianoforte.
 
Kurt non staccò gli occhi da quel ragazzo che stava facendo una sua versione di “let me love you”, aveva una voce poco comune, ma non era quello che lasciava Kurt senza fiato, era il modo con cui stava cercando di comunicare col cuore che lo metteva a disagio.
Sorrise però quando capì a chi, quel Brad stava dedicando quella canzone.
Sorrise perché Annah piena di vita e chissà quanti scheletri nell’armadio gli ricordava un po’ il suo Blaine del liceo, quello che non si accorgeva dell’amore che aveva intorno, quello cercava in tutti i modi di aiutare gli altri senza riuscirci mai con sé stesso.
Gli ricordava il ragazzo che organizzava parate nel cortile della scuola solo per dire a Kurt che era la sua stella, con tutte le sue insicurezze nascoste dietro il laccio di un papillon stravagante e la risata contagiosa.
“cosa c’è da sorridere?” gli chiese Blaine fin troppo vicino al suo orecchio e lui fece spallucce, senza voltarsi,
“Annah mi ricorda il vecchio te” mormorò
“quello che indossava un maglioncino a righe con una giacca a quadri?” scherzò Blaine,
“si, quello che non riusciva a vedere ad un palmo del suo naso, quello che faceva serenate imbarazzanti ad un commesso gap a San Valentino, invece che di fare un passo avanti col suo migliore amico” Blaine sbuffò e alzò gli occhi al cielo,
“lo sai che sono lento su un certo tipo di cose” e Kurt sogghignò prima di voltarsi a guardarlo,
“perché sono qui?” domandò lui,
“io-io volevo che vedessi perché sono diventato un professore. Ho avuto l’idea di diventarlo da un po’ e-“
“da quando andavamo al liceo, in verità” gli fece notare Kurt,
“davvero?”
“quando stavamo compilando le lettere per l’ammissione al college, mi dicesti che non volevi andare alla NYADA, che ti sarebbe piaciuto diventare un insegnante come il professore Schue.”
“quel giorno ti dissi pure che volevo provare a fare il medico, un chirurgo per l’esattezza come il dottor Shepherd di Grey’s Anatomy.. quindi non era tanto attendibile come discorso, ero solo spaventato per quello che avrei dovuto fare dopo il liceo” Kurt alzò gli occhi al cielo e sbuffò, sorprendendosi quando l’aula si riempì di applausi per la fine della canzone, ma senza badarci più di tanto,
“non ti ho ascoltato sul serio. Volevo che tu venissi a New York con me, non volevo che andasse sprecato il talento che avevi e che credevo volevi sfruttare. E ora come ora.. posso dire di essere contento che alla fine la NYADA non ti abbia preso, voglio dire.. ti saresti ritrovato con una laurea per le arti drammatiche e non avresti saputo che farne.. mentre alla NYU, sei comunque riuscito a trovare quello che cercavi, no? il professore di musica è quello che fa per te.” Blaine annuì,
 
“perché non me lo hai detto?” sbottò all’improvviso Kurt, quando un’altra canzone stava inondando l’aula e tutti i ragazzi erano intenti a fare da coro a quelli che dovevano essere i leader del gruppo,
“detto, cosa?”
“che avevi lasciato il lavoro da un mese, due anni fa”
“io- io non volevo che fossi deluso da me. Ci stavo lavorando da anni e avevamo messo da parte molte cose per quell’album e-“
“oh credimi Blaine, fra tutte le cose che mi hanno deluso, il tuo progetto non entra affatto nella lista. Non era fatto per te. Quella stupida casa discografica stava creando un personaggio che non eri tu e mi dispiace non averlo capito prima.”
*
 
Blaine lo faceva sempre.
Gli piaceva partecipare ai compiti che dava ai suoi ragazzi, gli piaceva imparare insieme a loro.
Ma non era per quello che aveva deciso di cantare quel giorno, lo aveva fatto perché c’era davvero un qualcosa che voleva condividere con una sola specifica persona.
E quello che aveva da dire, lo aveva già imparato, molto tempo fa’, da solo e con lui.
 
Per questo si sistemò meglio sul suo sgabello, davanti al piano, per questo si schiarì la gola e provò qualche tasto, assicurandosi che fosse accordato bene.
 
Per questo chiuse gli occhi e lasciò che la melodia che aveva in testa, quella che non aveva suonato mai, ma aveva ascoltato molte, troppe volte in quei mesi, si facesse spazio nel suo cuore e sulla sua bocca.
 
L’adrenalina che scendeva fino alle sue dita e poi sui tasti avorio, il cuore che batteva seguendo il ritmo della sua voce, la testa piena solo di Kurt.
 
Cantava Blaine, perché quello era l’unico modo che aveva per esprimere concetti, che non sarebbero venuti fuori in altro modo.
Perché sapeva, che Kurt l’avrebbe ascoltato meglio così. Sapeva che certe parole, avevano bisogno di un certo sostegno per risultare più vere e il pianoforte era quel che le reggeva meglio.
Quella distesa di tasti neri e avorio non erano mai stati per Blaine un nascondiglio, ma il contrario.. era il suo unico modo per mettersi a nudo.
Per far vedere a chi sapeva ascoltare la sua anima.
Kurt era sempre riuscito a spogliarlo in quel modo.
 
Non riconobbe subito la melodia e solo quando Blaine cominciò a cantare, capì che non l’aveva mai sentita suonare al pianoforte, prima.
“Same say I’ll be better without you, but they don’t know you like I do” c’era un qualcosa di così sicuro e così struggente in quelle parole che Kurt dovette trattenere il fiato e concentrare tutte le sue attenzioni su Blaine. Blaine che era concentrato, Blaine che aveva gli occhi chiusi e non guardava nessuno.
Sentiva nella sua voce, tutta la sua consapevolezza, il dolore che aveva provato, i rimpianti che aveva dovuto affrontare, “But I wan’t go, I can’t do it on my own, if this ain’t love, then what is?” Blaine cantava e piangeva, e diceva tutto quello che doveva dire e Kurt non poteva fare altro che ascoltare e stringere le mani in grembo per non correre ad abbracciarlo, per proteggerlo, per dirgli che sarebbe andato tutto bene, che neanche lui sarebbe andato da nessuna parte.
Blaine cantava e lui ascoltava.
 
“What if I lose my heart and fail, declined” cantò Blaine aprendo gli occhi e cercando quelli di Kurt, per perdercisi dentro e affogarci, “I wan’t forgive me if I give up trying” lo urlò, squarciando l’aria e il petto di Kurt con la sua voce.
 
E poi ancora sempre nudo e sincero e completamente in gioco, Blaine continuò perché proprio come Kurt che non poteva fare altro che ascoltare, lui non poteva che farsi sentire.
“There will be times, we’ll try and give it up” disse e non stava quasi più cantando, lo sospirava arreso ma non sconfitto, “we’ll almost fall apart, then burn to pieces, so watch them turn to dust, but nothing will ever taint us”
 
E Kurt ascoltò fino alla fine perché in qualche modo voleva sentirsi più vicino, lo ascoltò con le lacrime che gli scendevano dagli occhi sincere come lui non era riuscito ad esserlo in quei giorni, cercando di nascondere in tutti i modi tutti quello che d’importante Blaine avrebbe dovuto sapere, ma lui non voleva dire.
 
Annah azzittì l’applauso prima ancora che questo arrivasse, con una sola infuocata occhiata verso i suoi compagni, lasciando che Kurt e Blaine restassero nel loro mondo, ancora per un po’.
 
Stavano piangendo entrambi e nessuno sa chi dei due fece il primo passo verso l’altro, ma si abbracciarono, si strinsero forte come se non ci fosse un domani, con le unghie conficcate nella pelle, petto contro petto.
 
“Kurt io- io”
“lo so, anch’io. Ma ci facciamo del male Blaine.”
“voglio correre il rischio. Voglio farmi del male, allora. Diamoci un’altra possibilità”
“Hai detto che ci saranno momenti che ci proveremo a cadremo.. io non so se riuscirò a reggere quei giorni, Blaine”
“se lo vuoi c’è la fai, mi vuoi Kurt?” lo aveva sussurrato direttamente sulle sue labbra ad occhi chiusi, perché non sarebbe riuscito a reggere un “no” degli occhi di Kurt.
 
Un bacio.
Fu la risposta di Kurt.
Un solo leggero disperato bacio.
Un bacio che aveva il sapore del sale e delle scuse.
Un bacio che sapeva di addio e di casa.
 
Ed era un casino.
 
Perché ad ogni risposta di Blaine, venivano fuori altre mille nuove domande di Kurt.
E a volte, a volte l’amore non basta.
Non basta a diminuire i kilometri.
Non basta a cancellare gli errori.
Non basta a mettere insieme due vite, ormai completamente diverse.
 
Quando Kurt si staccò da Blaine aveva gli occhi grandi sgranati e spaventati.
Blaine allungò una mano per fermarlo, perché era riuscito a vedere in quello sguardo tutto quello che Kurt stava pensando , tutto quello che stava per fare e lo bloccò.
 
“non vuoi andartene sul serio”
“Blaine”
“Kurt”
 
Quella volta Blaine si prese quello che voleva, senza chiedere il permesso.
E in quel bacio ci mise tutto quello che aveva.
Perché a volte, a volte invece l’amore basta.
E può ogni cosa.
 
Ma l’amore non è mai una cosa semplice.
E non era semplice neanche quella volta, ma non era il tempo e il luogo adatto per discuterne ancora e ancora e ancora fino a quando Kurt non si sarebbe arreso all’evidenza e avrebbe lasciato che le cose andassero come dovevano andare.
Uno nel cuore dell’altro.
 
“potrei baciarti ogni volta che tenti di scappare” mormorò Blaine
“potrei finire col farlo apposta a fuggire, allora” rispose Kurt prima che potesse impedirselo per poi tornarsene a sedere, finalmente conscio del fatto che ogni singolo alunno di Blaine avesse assistito a quella scena.
Alla canzone, alle lacrime, al bacio, alla quasi fuga e ad un altro bacio.
 
“è stata la cosa più romantica che abbia mai visto!” esclamò Annah dando un buffetto sulla spalla di Blaine alla fine della lezione, quando tutti, uno ad uno si stavano allontanando.
“smettila Davis” la rimproverò bonariamente lui,
“ciao Kurt.. e ricorda il nocciolo della questione” disse lei salutandolo con un gesto affettuoso della mano,
“Annah?” la richiamò lui, prima che uscisse dall’aula,
“si?”
“apri gli occhi, guardati intorno e vedi che arriverai anche tu al nocciolo”
“davvero?” domandò lei stupita,
“è più vicino di quanto pensi, ma te lo spiegherò domani, magari.. dopo quelle domande che ti devo”
“davvero?” ripeté lei ancora più stupita,
“davvero, ci vediamo dopo scuola?”
“affare fatto Signor Hummel!”
 
Uscirono dagli edifici della scuola uno di fianco all’altro, con il peso delle parole dette, ripetute e non ancora espresse tra di loro e le loro mani che si trovarono prima ancora dei loro pensieri.
 

 
 

 
Angolo Wallflower_
Il terzo e penultimo capitolo.
Spero lo abbiate apprezzato e spero che non abbiate trovato tutto estremamente noioso e ripetitivo.
 
Comunque volevo precisare un paio di cosette.
 
-Il discorso che fa Annah a Kurt, quello in corsivo per intenderci.. è una citazione che ho trovato girovagando in internet e non lo so mi è piaciuta metterla perché mi hanno ricordato i miei nonni.
 
Non che mia nonna sia sdolcinata quanto quella di Annah, però ogni volta che lei ha le mani fredde, guarda mio nonno e dice: “mani fredde, cuore caldo” e mio nonno ogni volta, alza gli occhi al cielo e pure se ha le mani calde dice: “pure le mie so’ fredde, figliò”.
Ogni singola volta ed è il loro modo di dirsi che si amano ancora.
E okay, non ve ne può fregare di meno.. lo capisco, sorry! xP
 
-la canzone è He wan’t go di Adele.
Non so se lo avete capito,ma odoro Adele.. e visto che One and only è stata una canzone importante per Broken Toys, ho voluto dare una specie di colonna sonora anche a questa piccola storia.
 
Queste note sono diventate chilometriche..
Quindi ringrazio voi che avete letto e aggiunto la storia nelle seguite\ricordate\preferite e vi do appuntamento a domani per il quarto e ultimo capitolo.

Vi ricordo la mia pagina autore.
A domani <3

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Capitolo 4
*** Parte quarta. ***


Avviso: c'è dello smut, piccolo e poco descritto.. almeno per come la penso io, ma se pensate che bisogna cambiare rating dall'arancione al rosso, ditemelo vi prego.
Sono negata con questo genere di avvertimenti di efp. xD

 



Parte quarta.

 
  Dovevano parlare loro, per questo Blaine non gli chiese se volesse essere portato in Hotel, perché altrimenti Kurt gli avrebbe detto che era proprio lì che voleva andare e lui avrebbe dovuto farlo e sapeva che più Kurt passava tempo da solo, più aveva la possibilità di infilarsi nella testa dubbi e paure che Blaine non avrebbe potuto cancellare.
 
Per questo quando Kurt gli chiese dove stessero andando lui semplicemente gli disse che dovevano parlare.
Per questo Kurt, una volta arrivati a casa, restò in auto per almeno dieci minuti prima di farsi coraggio ed entrare nell’appartamento piccolo e accogliente di Blaine.
 
Dovevano parlare loro, di cosa però non lo sapevano.
 
Lo avevano fatto per tre giorni ormai, e c’era ben poco da dire se non si voleva ascoltare.
C’era ben poco da dire quando entrambi sapevano già quello che più importava.
Si amavano, si volevano.
 
Per questo quando Kurt chiuse la porta, Blaine si alzò dal divano e gli offrì una caffè.
Per questo quel caffè non lo finirono mai di bere.
 
Blaine ancora una volta quel giorno si prese quello che stava bramando da giorni, da quando aveva posato gli occhi su di lui dopo due anni.
Kurt.
 
Il caffè intatto e la scatola delle cento domande davanti a loro.
Era bastato leggere il primo cartoncino per veder sgretolare tutte le loro finte sicurezze,
“quante storie ho avuto?” aveva letto Kurt, guardando Blaine dritto negli occhi,
“ci sono stato solo io per te e non m’interessa chi c’è stato dopo. Non mi interessa perché sei qua, ora”
“quante storie hai avuto tu, Blaine?”
“rigirare la domanda non era tra le regole”
“non c’erano regole, ora ho deciso che rigirare le domande all’altra persona è una regola” Kurt sembrava quasi avere uno sguardo di sfida,
“una. Tu”
“bugiardo”
“mi hai chiesto quante storie ho avuto nella mia vita ed io sto dicendo che tu sei la mia storia”
“quante persone hai avuto nella tua vita?”
“ho avuto una sola persona nella mia vita. Solo tu ti sei donato a me ed io non ho saputo tenerti stretto”
“non era questa la domanda e lo sai”
“cosa vuoi sapere Kurt?”
“la verità, voglio che ammetti la verità, ora. Voglio che la smetti di chiamare quello che hai fatto ‘errore’ e gli dai un nome giusto, vero”
“il nome più giusto è quello, Kurt. è stato un errore, uno stupido errore che mi porterò dietro per il resto della mia vita”
“dopo di lui, quanti c’è ne sono stati?”
Blaine sospirò frustrato, passandosi una mano tra i capelli, volendo soltanto urlare.
“vuoi la verità Kurt? quando mi hai tagliato completamente fuori dalla tua vita, senza darmi diritto di replica, mi sono sentito perso, vuoto e uno emerito stronzo e sapevo di meritarmelo. Ma non avevo più niente, niente Kurt.. e l’unica cosa che cercavo era te. ti cercavo in ogni cosa. Ci sono stati giorni in cui ho pensato di non volermi più svegliare se non c’eri tu e ci sono stati giorni, invece, in cui avevo il bisogno patologico di sentirti vicino e allora mi obbligavo a trovarti nella bocca o negli occhi o nelle mani di un altro, fino a quando non capivo che tu lì non c’eri, e allora bevevo e piangevo e chiamavo Sam per riportarmi in una casa che non è mai stata mia. Questa è la verità Kurt. Spero che tu ora possa sentirti meglio”
Aveva bisogno di aria Blaine, aveva bisogno di riprendere a respirare correttamente senza gli occhi giudici di Kurt sulla sua pelle.
 
Passò un lungo istante prima che Kurt si rendesse conto che aveva afferrato Blaine e sbattuto alla finestra, per un bacio che non sapeva nemmeno avere il coraggio di dare.
Fece un altro passo avanti, verso Blaine, più vicino e l’altro non si sottrasse , schiuse le labbra per lasciare che Kurt avesse quello che desiderava.
“Aspetta, forse dovremmo-“ provò Blaine quando la tensione era troppo forte e lui ancora troppo turbato, ma Kurt lo fermò di nuovo.
Dovremmo fermarci.
Dovremmo parlare.
Per Blaine niente aveva più importanza, qualsiasi cosa voleva dire, non era importante.
Nulla aveva più importanza in quel momento se non bocche, fianchi, mani, occhi e Kurt.
Kurt Kurt Kurt.
 
Si spinsero in camera da letto, affannando e sbandando e cercando tregua e sollievo.
Si spinsero sulle lenzuola bramando l’altro come non facevano da anni, forse come non l’avevano mai fatto.
C’era frenesia senza fretta, c’era scoperta senza aspettativa, c’era amore e rabbia.
Rabbia, quella ce n’era in abbondanza e lasciavano che fossero i loro corpi avvinghiati a parlare.
Ad elencare tutte le mancanze con baci bagnati e bisognosi.
Ad elencare gli errori con graffi e morsi e denti.
Ad elencare i silenzi ingiustificati con quei gemiti che riuscivano a strapparsi dalle labbra senza compiacersi troppo.
 
Si spogliarono insieme, senza lasciare mai l’altro, in un atteggiamento goffo, ma a chi importava, erano loro.
Erano sempre loro.
Ma non potevo allontanarsi, non potevano smettere di guardarsi, perché dovevano sentire.
Sentirsi.
Kurt doveva essere sicuro e Blaine anche.
 
Il cuore di Kurt batteva forte e Blaine lo poté sentire, quando scese a tracciare piccoli baci sul suo petto, per venerarlo, per fargli capire che si sarebbe preso cura di entrambi.
Di Kurt in quel momento e del suo cuore, sempre.
 
Scese più giù e ancora giù fino a dare un bacio casto sui boxer di Kurt, per sentirlo mugolare e fremere e chiedere.
Ma non lo fece Kurt, almeno non con le parole, ma Blaine sapeva cosa l’altro volesse e l’accontentò come sempre.
Fece scivolare via l’intimo di lui e si prese un momento per ammirare l’uomo che aveva sotto di lui, l’uomo che si mordeva le labbra per non urlare di far qualcosa, l’uomo che lo aveva giudicato –a ragione- e che ora stava aspettando impaziente che lo facesse impazzire.
“Dio quanto mi sei mancato” ringhiò roco Blaine prima di abbassarsi su Kurt e baciargli l’inguine e le cosce e poi lì.
Lì dove il piacere è sempre forte e visibile, lì dove aveva creduto di non poter più essere.
Lì.
Kurt.
 
Kurt che lasciava condurre il gioco a Blaine, perché ormai era affogato in quel mare di sensazioni e non sapeva come tornare a galla e neanche voleva, non con la bocca di Blaine su di lui, non con le sue mani che lo tenevano fermo e lo stringevano e lo spingevano sempre più giù.
Giù ed è un implosione.
Il suo respiro affannato, Blaine tra le sue gambe, Blaine sopra di lui e di fianco a lui.
Blaine dovunque che ancora una volta gli stava chiedendo scusa, a modo suo.
Blaine comunque che ancora una volta lo stava amando come nessun’altro saprebbe fare, a modo suo.
Blaine sempre.
 
“Kurt io-“ si baciarono ancora, ed era un casino di lingue e cuori mentre Blaine gli apriva di più le gambe per adagiarcisi in mezzo, “più vicino Kurt” lo sentì sussurrare nel suo orecchio e Kurt proprio non sapeva se esisteva ancora un modo per starci più vicino.
Non c’era spazio tra loro due, neanche sapeva dove finiva lui e cominciasse Blaine, ma lui lo ripeté “vieni più vicino” e sembrava quasi disperato e Kurt allora si avvinghiò con le gambe dietro la sua schiena e gli baciò una spalla.
E poi gliela morse, quando lo sentì dentro di lui, dopo tanto, troppo tempo.
Ed era doloroso, un dolore che andava oltre quello che il fisico potesse sentire, ma non era sbagliato.
“non sai quanto mi sei mancato” ripeté Blaine, baciandogli la fronte dopo un altro affondo e un altro ancora.
“Kurt, Dio Kurt io-“ gli baciò via quelle parole, le lasciò andare Blaine nella bocca dell’altro insieme ai loro gemiti, spingendo ancora e creando quell’attrito che bastò a Kurt per tendersi e tremare ed esplodere.
Bastò poi guardarlo negli occhi, ancora di quel blu che Blaine tanto amava per venire a sua volta, forte e dentro di Kurt.
 
E poi era il dopo.
Ed il dopo è un casino.
È un casino perché nessuno dei due voleva allontanarsi, tutti e due spaventati di cosa l’altro avrebbe potuto dire o fare.
E allora restarono così, avvinghiati l’uno all’altro, con tutti quei pensieri stanchi e caotici aleggianti su di loro.
Ed era il dopo, solo il dopo.
Non la fine.
Con Blaine la fine non arrivava mai, Kurt lo aveva capito a sue spese.
E andava bene così.
 
Va bene così, sono affogato e risalire è impossibile, ma l’ho voluto io, Dio sì che l’ho voluto io e allora va bene, posso rimanere giù, così.. per sempre, posso non muovermi più, tra queste braccia e affogare ancora e ancora.
Va bene così. 
Pensava Kurt.
 
Ed ora? Ora? L’ha voluto lui per primo, io l’ho seguito perché.. non c’è un perché, lo amo. E va bene così. Sono stato uno stronzo, ancora una volta, perché forse lui era arrabbiato e confuso e va bene così.
E ora? Tornare indietro è impossibile e neanche lo voglio, ma come si fa per andare avanti?
Pensava Blaine.
 
“vicino” mormorò a Kurt, come se fosse la risposta a tutte le loro domande mute, come se fosse l’unica soluzione ragionevole, “restami vicino, puoi farlo Kurt?”
E Kurt gli baciò la fronte e la guancia e il collo e la spalla, per poi stringerlo forte e sistemargli le coperte e chiudere gli occhi,
 
“potrei Blaine” sussurrò Kurt sui capelli disordinati dell’altro prima di sprofondare in un sonno incosciente.
 
 
E il mattino dopo era comunque il dopo.
Kurt si svegliò per primo e sorrise, strofinando il naso nell’incavo del collo di Blaine, che si spostò appena infastidito per poi sorridere anche lui e tirare Kurt più vicino.
Kurt sorrise perché c’è sempre un momento, di prima mattina appena svegli che non sei cosciente di niente e ricordi solo quello che vuoi e lui in quel momento aveva ricordato solo quanto fosse dolce risvegliarsi tra le braccia di Blaine.
Kurt aveva sorriso perché per la prima volta dopo anni si era sentito leggero, non felice.. felice no, ma leggero ed era una sensazione rinfrescante.
Ma poi si svegliò sul serio e doveva fare qualcosa. Non poteva restare lì, ma non poteva nemmeno andarsene.
 
Andò in cucina allora, a preparare la colazione per riempire lo stomaco e la testa, per tenere le mani occupate e i pensieri lontani.
Preparò il caffè e i toast e il succo d’arancia, stava per mettersi a fare anche delle uova quando sentì dei passi arrivare in cucina, alle sue spalle.. ma non si girò, non poteva.
“buongiorno” Blaine lo abbracciò da dietro e lo baciò su un spalla ancora nuda, “sei rimasto” continuò l’altro sentendo però quanto fosse rigido lui, “e hai fatto la colazione” constatò cercando un modo per alleggerire la situazione.
 
“ti amo” lo disse.
Kurt lo disse voltandosi verso di lui, con la tazza di caffè piena tra le mani e lo sguardo confuso e Blaine restò immobile per un secondo, respirando forte come se avesse corso per un’ora intera senza fermarsi, e forse aveva bisogno di sedersi perché le ginocchia tremavano e la bocca era ancora impastata dal sonno.
E Kurt gli aveva detto che lo amava.
“c’è un ma, vero? L’hai detto così..così, perché c’è un ma” mormorò Blaine lasciando che i pensieri scivolassero sulla sua lingua prima di potersi fermare e bearsi di quel momento ancora per un po’.
“Ti  amo Blaine ma come credi che possa funzionare?”
“non lo so, dimmelo tu”
“non funzionerà. Io stasera torno a New York e tu resti qui e come credi che possiamo andare avanti?”
“vengo con te”
“no, non lo farai. Perché io non voglio. Non puoi lasciare tutto per me, non questa volta, non lo permetterò.”
“tutto? Qui non ho niente Kurt!”
“i tuoi alunni e Sam e il glee club”
“Kurt non-“
“no, Blaine.. è sempre stato così. Lasci la Dalton per me, e poi scegli la NYU per me e poi metti da parte la tua famiglia per me, e poi ti senti stretto e solo e te ne vai. E non va bene”
“devi lasciarmi dimostrare che non me ne andrò. Devi farlo.”
“qui hai la tua vita, lì avrai solo me e ci saranno giorni in cui io non basterò e-“
“Cavolo Kurt, qui ho soltanto il lavoro.. la mia vita sei tu, perché non lo capisci?”
“sono spaventato Blaine. lo capisci questo? Capisci che non riesco a fare un passo avanti che mi vedo cadere a tre passi indietro? Lo capisci che fa male? Lo capisci che non è semplice, che non puoi tornare a New York e continuare da dove avevamo interrotto?”
“e allora cosa vuoi fare? dimmelo perché io non lo so”
“prenditi questi ultimi mesi di scuola per vedere dove possiamo andare”
“sono cinque mesi”
“lo so”
“non voglio lasciarti per cinque mesi. Da solo qui, non posso capire niente e tu a New York finirai per credere che non ne vale la pena, che puoi fare a meno di me, che i tuoi dubbi siano verità ed io non posso questo. Non posso lasciarti andare”
“e non devi”
“mi ami”
“lo so”
Kurt si sporse per dargli una bacio a fior di labbra prima di sedersi e fare colazione.
 
*
 
  Blaine aveva accompagnato Kurt in albergo e poi era corso a scuola per la sua prima ora di lezione, con la testa piena di dubbi.
Non era ancora convinto a voler lasciare Kurt per cinque mesi interi, ma d’altra parte sapeva che Kurt aveva ragione.
Aveva ragione nel dire che non poteva ancora una volta mettere da parte una sua scelta per lui, aveva ragione nel dire che la vita doveva essere piena e non solo di lui, aveva ragione col dire che si sarebbe sentito di nuovo insoddisfatto nel vedere suo marito (ex) realizzato e lui ad aspettare chissà cosa.
In fondo Kurt lo conosceva meglio di chiunque altro.
E poi, poi c’era anche la questione del glee club.
Erano stati quei ragazzi insieme a Sam a dargli una ragione per non mollare.
Erano stati loro, con i loro sogni e le loro aspettative e la loro fiducia in lui a trascinarlo avanti e non poteva abbandonarli.
 
“Quindi Anderson che farai? Ci abbandoni?” Annah lo aveva preso sottobraccio come se fosse un amico e lo aveva trascinato fuori l’aula del glee, senza voler sentire storie.
“cosa?”
“tu e Hummel siete tornati insieme”
“perché tendi sempre a dimenticare che io sono un tuo insegnante e non ti è dato parlarmi in questo modo?”
“ha un succhiotto ben in vista sul collo professore” lo rimbeccò lei, facendogli un occhiolino,
“Annah!”
“sai, lo capiremo se te ne andrai prima delle regionali”
“ho promesso che saremmo arrivati alle nazionali tutti insieme”
“e con Kurt? resterà qui?”
“no lui- lui partirà questa sera”
“e voi?”
“non lo so Annah, va bene?”
Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò,
“voi uomini siete tutti uguali!” disse prima di farlo sedere sul muretto della scuola, guardandosi intorno per accertarsi che non ci fosse nessuno,
“parlamene” Blaine alzò un sopracciglio scettico.. non poteva davvero mettersi a parlare con una ragazzina, per quanto intelligente e acuta e furba fosse, restava comunque una ragazzina e una sua alunna per giunta.
Ma Sam non c’era e lui aveva un disperato bisogno di venirne a capo e Annah era lì che lo guardava con tutto l’affetto che provava e-
Alla fine aveva buttato tutto fuori o quasi, per avere in cambio un ceffone dietro la testa,
“ma dico sei impazzita!?” urlò Blaine massaggiandosi la nuca,
“imbecille!”
“Annah ti metto in punizione per il resto dell’anno”
“perché non gli hai chiesto di restare? perché non l’hai fatto?”
“non lo farebbe mai, non è così facile”
Annah guardò l’ora e poi Blaine e poi di nuovo l’ora, prima di sospirare e alzarsi,
“abbiamo un’ora. Un’ora per mettere insieme un calendario. Forza alzati!”
“un cosa?”
“un calendario! Te lo spiego mentre andiamo in classe”
 
L’idea di Annah non era per niente facile da attuare ma sembrava, contro ogni previsione, molto convincente.
Per questo mezz’ora più tardi Blaine si era ritrovato con il suo programma scolastico, l’agenda di tutti gli impegni lavorativi di Kurt (avuta grazie alla forza di persuasione che Santana aveva avuto con l’assistente dell’amico) e un calendario tra le mani.
 
“devi controllare bene Blaine, non puoi sbagliare. Devi fare in modo che Kurt non trovi una scusa per dire no”
“non è facile Annah.. anzi credo che sia impossibile trovare giorni o addirittura settimane in cui lui può stare qui ed altre in cui posso stare io a New York” la ragazza sbuffò per l’ennesima volta e gli strappò di mano il calendario con gli impegni di Kurt,
“Kurt non deve essere presente fisicamente od ogni maledettissimo impegno. Guarda qui ad esempio!” gli sbatté il foglio sotto il naso indicando una data particolare,
“meeting con lo staff. Potrebbe fare una videochiamata o che so io. Sono cose che si fanno oggi giorno no?”
“si penso di si”
“perfetto allora.. io mi occupo di dividere i suoi impegni da quelli a cui deve esserci per forza a quelli che può disdire o occuparsene in maniera diversa stando qui a Los Angeles.. tu invece ti occuperai delle tue vacanze, dei tuoi weekend liberi e delle feste comandate. Hai capito?”
“è un casino Annah”
“fa’ lavorare la tua testolina vuota e vedrai che ci riusciremo”
 
Lavoravano in maniera frenetica, passandosi di tanto in tanto fogli e annuendo quando uno chiedeva qualcosa all’altro, senza fermarsi mai.
Blaine non permetteva alla sua testa di fermarsi a ragionare altrimenti avrebbe mollato tutto e sarebbe corso da Kurt per implorarlo di non lasciarlo ancora.
Se si fosse fermato a pensare, Blaine avrebbe di certo capito che quello che bloccava Kurt dallo stare con lui, non erano i kilometri di distanza, perché per quanto quelli fossero un problema ed anche bello grosso, il vero ostacolo fra loro due era lui.
Lui che aveva perso la fiducia di Kurt.
Lui che aveva infranto molte vecchie promesse.
Lui che non era riuscito a stargli vicino, pure quando erano ad un passo di distanza.
 
“Blaine, cavolo lo so a cosa stai pensando” disse Annah accarezzandogli un braccio, “fagli capire che vuoi rimediare, fagli capire che potete ancora costruire qualcosa e fagli vedere che sei maturato al punto tale che ora riesci a vedere anche le sfumature di grigio oltre al bianco e nero e che quindi sai fare dei compromessi” lei fece spallucce all’occhiata sorpresa di lui, come per dire –lo so, sono un genio-.
“come hai.. ma quanti anni hai tu?”
“mia nonna diceva sempre che è l’esperienza a dettare l’età”
“e se questo non basta Annah?” disse lui passandosi una mano fra i capelli,
“e se questo non basta allora gli chiedi di restare e se neanche questo lo convince allora passi al piano B”
“non ho un piano B”
“c’è sempre un piano B”
“perché ho come l’impressione che tu me lo stia per dire?”
“perché sono come un libro aperto” la ragazza batté le mani entusiasta e poi continuò, “ti metterai alla ricerca di una cattedra di musica a New York, magari in qualche conservatorio o in uno di quei corsi per giovani attori, poi quando sarai riuscito a farti assumere, ti presenti davanti alla sua porta e gli dici che sei tornato a casa.”
“e vissero per sempre felici e contenti” bofonchiò Blaine, alzando gli occhi al cielo,
“esatto, ma spero comunque che il piano A vada a buon fine, così possiamo andare a New York tutti e tre insieme dopo il diploma”
“cosa?”
“beh sì, io entrerò alla Parsons e Kurt è stato alla Parsons e lavora per Burberry e potrebbe essermi utile”
“Annah e Harvard?”
“qualcuno mi ha detto di dire quello che si ha bisogno di dire ed io l’ho fatto. Con i miei genitori”
“e come è andata?”
“è andata che mi hanno praticamente chiuso la porta in faccia. Mi hanno detto che è da stupidi buttare all’aria un futuro già scritto per una sciocca passione per la moda che non porterà a niente. e mi hanno detto che se voglio entrare in quella scuola per disadattati allora devo cavarmela da sola. Oh ti ho già detto che vogliono che passi l’estate in un campo scuola? Giusto per non stargli tra i piedi. Ma è okay, voglio dire: devo sperare che io vinca la borsa di studio e che scappi di casa quest’estate per andare a New York e iniziare a cercare qualche lavoretto per mantenermi.. ma va bene.”
“No Annah, no che non va bene. posso parlarci io con i tuoi genitori.”
“Blaine? pensiamo a te adesso, Kurt sta per arrivare”
“parlane con Kurt, promettimi che lo farai”
“cosa? no!” Blaine mise da parte i fogli e incrociò le braccia al petto come un bambino intento a fare i capricci.
“cosa stai facendo adesso?” domandò lei guardandolo scettica,
“mi arrendo”
“cavolo Blaine, ma quanti anni hai?”
“promettilo”
“e va bene, ora rimettiti a lavoro e-“ Annah fu interrotta da un lieve bussare alla porta.
Kurt.
 
“pensavo che non ci fosse più nessuno e che Annah avesse dimenticato il nostro appunt- va tutto bene?” Blaine era rimasto impalato a fissare la figura di Kurt di fianco alla porta mentre Annah si affannava a nascondere tutto in una cartellina,
“va tutto benissimo Kurt, posso ancora chiamarti Kurt, vero?”
“s-si certo”
“bene, allora io e Blaine ti stavamo aspettando qui, così potevamo andare tutti e tre insieme da lui.”
“da-da lui? cosa? perché?”
“perché a scuola non possiamo stare, fare un video in una caffetteria non mi sembra il massimo, troppe voci di sottofondo.. e se portassi qualcuno a casa i miei genitori finirebbero col farlo fuggire via per la paura”
“oh okay”
 
Era strano.
Era davvero strano per Blaine pensare che Kurt e Annah fossero a casa sua, bevendo un caffè e parlando come se fossero amici di vecchia data, tutti e tre insieme.
Era ancora più strano sentire Kurt parlare di vecchi tempi, del liceo, del loro glee club e dell’ossessione di Blaine per gli assurdi papillon che era scemata col tempo ma non era sparita.
Era poi un toccasana vedere Kurt ridere e prendere in giro Blaine insieme ad Annah per la sua paura di vedere l’effetto del gel sparire per colpa di quel maledetto caldo afoso di Los Angeles.
“c’è stato un periodo in cui aveva iniziato a mettere i calzini solo per nasconderci dentro il pettine.. era davvero imbarazzante quando tirava fuori quel coso!” scoppiò a ridere Kurt e Blaine alzò gli occhi al cielo col cuore però leggero,
“Oddio Blaine, sei esilarante!” esclamò Annah asciugandosi le lacrime agli occhi,
“okay voi due! Mettetevi a lavoro, io tolgo il disturbo” disse lui e senza pensarci lasciò un bacio sui capelli di Kurt e sfiorò una spalla di Annah prima di andarsene in camera sua, come se quello fosse la cosa più naturale del mondo, un gesto che faceva tutti i giorni da anni.
 
Le prime domande di Annah furono abbastanza facili, gli chiese del suo lavoro a Burberry, di come si era sentito quando aveva visto realizzato il suo primo disegno, e poi gli chiese da dove trovasse l’ispirazione per intere collezioni.
“ricordi quella collezione invernale vintage, con tanto di renne sui maglioni? Quella ad esempio è venuta fuori dopo una telefonata con la mia amica Rachel.. al liceo aveva un gusto per la moda orrida, ma sono riuscito a tirar fuori qualcosa di buono anche pensando alle sue gonne oscene” Annah annuì e sorrise,
“hai una collezione per tutte le persone a cui vuoi bene? aspetta, lasciami indovinare. La collezione invernale per bambini di due anni fa, quella con papillon e pantaloni coi risvolti era ispirata a Blaine, vero?” Kurt si morse un labbro, ponderando bene la risposta.
Sarebbe stato facile dire di sì ed andare avanti, ma Annah sembrava leggerlo dentro, sembrava quasi capire che sarebbe stata una bugia e l’avrebbe giudicato.
Era quello che si disse quando decise di rispondere con la verità a quella ragazza,
“in realtà quella collezione era ispirata all’idea dei figli miei e di Blaine” Annah alzò un sopracciglio curioso e la domanda successiva le uscì dalle labbra prima di pensare che forse sarebbe stata troppo personale da chiedere,
“tu e Blaine volevate avere dei bambini?”
“Blaine si, li voleva eccome.. io, io mi ero abituato all’idea. Eh beh si, li volevamo.. ma non ne abbiamo mai parlato sul serio perché lui era impegnato col suo album e non sapevamo come sarebbe andata a finire, non sapevamo se avesse avuto successo e se-.. comunque io stavo cercando di farmi un nome nell’ambiente, per avere il potere e i soldi necessari per aprirmi qualcosa di mio, sai, magari una piccola sartoria di alta moda e avere impiegati che facessero la maggior parte del lavoro per me, mentre io avrei avuto tutto il tempo necessario per crescere un bambino. Io so cosa significa crescere senza la presenza di un genitore, non che mio padre non sia stato un buon padre, ma volevo che mio figlio avesse entrambi i genitori. Blaine non si è mai sbilanciato tanto con l’andamento del suo progetto discografico ed io non volevo mettergli fretta e poi beh, io e lui-“
Blaine non era più riuscito a restare fermo ad ascoltare dietro di Kurt, non era più riuscito a trattenere la rabbia e la frustrazione ed esplose, senza neanche dare il tempo all’altro di finire,
“perché diavolo non me lo hai mai detto, Kurt! perché non hai fatto partecipe anche me di quello che ti passava per la testa?!” aveva urlato Blaine, alzando le mani al cielo e camminando per la stanza come se fosse un animale in gabbia, mentre Annah spegneva la telecamera e borbottava qualcosa sulla sua vescica e il dover usare il bagno.
Una volta soli Blaine si sistemò di fronte all’altro che aveva nascosto il viso tra le mani, frustrato,
“magari Kurt, se mi avessi detto quello che pensavi, io non mi sarei mai sentito messo da parte, magari non avrei mai messo in dubbio che mi amavi e che il tuo maledettissimo lavoro non fosse una scusa per starmi lontano. Non hai mai pensato che forse se ne avessi parlato con me, invece di tenerti tutto dentro ora non staremmo qui? che forse e dico forse io non avrei avuto nessuna remora a mandare al diavolo quello stupido progetto e a dirtelo e trovare qualcos’altro per mantenere la nostra famiglia? Dio Kurt! io non-“
“non dare tutte le colpe a me Blaine! non farlo! Non provare a giustificare il fatto che sei stato a letto con un altro perché io non ti ho detto quanto desiderassi avere una famiglia con te! Non farlo! Potevi lasciarmi, potevi parlarmene tu, potevi dirmi anche tu cosa avevi per la testa, questo sarebbe stato giustificabile per il mio comportamento.. ma il tradimento Blaine, quello non-“
Kurt gli stava puntando il dito contro, era arrabbiato ma non davvero con lui, ma con loro, con i vecchi loro che non avevano saputo prendersi cura l’uno dell’altro.
Era arrabbiato e la voce gli tremava e Blaine si era lasciato cadere sulla sedia con gli occhi chiusi e le mani tra i capelli ed era arrabbiato anche lui, forse anche lui con i vecchi loro e cosa potevano farci?
“darci contro è inutile” sussurrò Kurt,
“non muoverti da qui” disse Blaine scattando in piedi per poi correre nell’altra stanza e tornare un attimo dopo con una pila di fogli che aveva sbattuto sul tavolo.
Come se la soluzione al loro amore, fosse tutto lì e forse era vero.
O forse no.
 
“cosa son-“
“sta’ zitto e ascoltami. Ascoltami perché noi faremo questa cosa. Perché ci amiamo e funzionerà. La faremo funzionare. E non hai bisogno di altro tempo e nemmeno io. Abbiamo bisogno di provarci sul serio e di stare insieme e.. ascolta.”
Blaine sparpagliò quei fogli sul tavolo, “resterai qui con me fino a sabato, poi andremo insieme a New York, prenderemo quello che ti serve per restare due settimane a Los Angeles, intanto cercheremo appartamenti a New York, ci faremo aiutare da Santana, tu avrai i tuoi meeting di lavoro stando qui.. puoi usare skype o quello che vuoi, poco m’interessa. Ritornerai a New York quando non puoi proprio disdire o occupartene da qui, io ti raggiungerò ogni weekend, poi resterò per le vacanze primaverili a scuola e ritorneremo di nuovo qui a Los Angeles e tu resterai fino a quando potrai ed io ti raggiungerò quando potrò, ho pianificato tutto basandomi sui tuoi impegni e sui miei e ti prometto che staremo separati per meno di una settimana per volta e lo faremo funzionare per cinque mesi, fino alla fine della scuola.. poi decideremo se restare qui o a New York e ci sposeremo, perché non è presto, perché siamo già stati sposati e lo siamo tutt’ora a dire il vero e non m’interessa cosa stai pensando, ci amiamo e lo faremo e inizieremo le pratiche per l’adozione e ci informeremo anche per l’utero in affitto o quel che è, perché io voglio almeno due bambini. E funzionerà Kurt. fidati di me. Lascia che mi prenda cura di te, posso farlo ora.” Blaine gli aveva preso le mani e le stringeva forte, per paura che potesse scappare, “guardami Kurt, devi lasciare che io mi riconquisti la tua fiducia e non posso farlo standoti lontano e non posso farlo dandoti altro tempo. Ti amo. Tu neanche immagini quanto ti amo e sono pronto a fare tutti i compromessi che vuoi e funzionerà, perché se lo vogliamo l’amore basta. E hai paura lo so, lo capisco perché ho una fottuta paura anche io, ma ora sono sicuro di quello che voglio e sono sicuro di fare ogni cosa nel modo giusto, sono sicuro di poterti amare e sopportare e supportare ogni giorno per il resto della mia vita, Kurt. Fa paura perché sono un’idiota e ho rovinato tutto la prima volta, ma questa volta andrà bene. Questa volta non lascerò che i silenzi vincano su di noi. Cancellerò ogni tuo dubbio, perché ora sono convinto di poterlo fare. Lasciamelo fare, Kurt. Resta. Resta con me e ama me. Puoi farlo Kurt?”
 
“io non- non posso. Non ho niente da mettere fino a sabato”
 
C’era voluto un attimo per dare un senso alle parole di Kurt, ma poi quel senso era arrivato forte e chiaro aiutato dal sorriso e dagli occhi lucidi e luminosi di Kurt e Blaine non poté fare altro che abbracciarlo.
 
“e ti amo Blaine” sussurrò Kurt, con gli occhi arrossati dalle lacrime e non importava , e andava bene così.
Era bellissimo e suo e Dio, Kurt ne valeva la pena, sempre.
“ti amo ti amo ti amo” ripeté Blaine contro la sua tempia e Kurt lo strinse più forte premendo il viso contro il suo collo e respirando il suo odore, perché poteva farlo, perché voleva farlo, perché doveva riscoprire quel profumo che non aveva mai dimenticato e aveva sempre cercato ed era sempre stato suo, di Blaine, solo di Blaine che era tra le sue braccia e non lo avrebbe fatto andare via una seconda volta.
 
“ma era vero quando ho detto che non posso stare qui fino a sabato perché non ho niente da mettere” disse dopo un po’ Kurt sentendo la barba ispida di Blaine e le sue labbra sul suo collo, “andiamo al centro commerciale. Ora, dopo, quando vuoi e compriamo tutto quello di cui hai bisogno”
Rispose prontamente Blaine senza staccarsi da lui, perché non ne aveva mai abbastanza, perché non gli interessava che aveva tutto il tempo del mondo per toccarlo e respirarlo e viverlo.
Non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
“okay Blaine.. aspetta, Annah, dov’è Annah?” chiese allontanando quelle labbra così morbide dalle sue,
“sono qui. Tranquilli, stavo giusto andando via. Blaine? visto che il piano A è andato più che bene, mi prenoto una camera degli ospiti a New York e mi offro come babysitter. Ci conto, tanto mi devi un favore” lei fece l’occhiolino e si avvicinò al tavolo per prendere la sua roba,
“piano? Quale piano? Okay, facciamo così: noi tre andremo al centro commerciale, Blaine per la carta di credito e Annah per un sostegno morale, faremo shopping e mi racconterete di questo piano, del favore e del perché tu, Annah hai bisogno di ospitalità a New York” Kurt diede un buffetto sulla spalla di Blaine e fece un occhiolino alla ragazza,
“poi però ti riaccompagneremo a casa Annah, perché abbiamo altro da fare e-“
“Blaine!” lo bloccò l’altro alzando gli occhi al cielo e sorridendo avviandosi alla porta.
 
Tenere la mano di Blaine, passeggiare uno di fianco all’altro, sorridendosi e baciandosi tra un parola e l’altra era diverso.
Blaine era diverso, restando comunque lui.
Era diverso da due anni prima, diverso da un mese prima, diverso da prima di Kurt. Kurt che gli aveva cambiato la vita, per ben due volte.
E andava bene così perché erano diversi loro, insieme.
 
Tornare a casa, tornare indietro, tornare al suo cuore non era stato facile, come non sarebbe stato facile restarci senza cadere ancora e perdere la rotta.
E a volte le cose vanno male a volte vanno bene, a volte vanno e basta.
Vanno come devono andare per sentirsi leggeri e capire che quella leggerezza del cuore, è felicità.
Quella leggerezza è la sicurezza di un punto fisso, di un faro nella notte, di Blaine che ci sarebbe sempre stato e di Kurt che non l’avrebbe abbandonato.
Quella leggerezza, quella che Kurt aveva agognato per ben due anni non era altro che saper “tornare a casa” nonostante tutto, nonostante le botte.
 
 
Ed erano lì, in quel momento dove tutto era iniziato.
L’uno nel cuore dell’altro.
A casa.

 
Back to the start, back to your heart
To that once upon a time
 
 
Fine.
 

Angolo Wallflower_

è finita.
Spero sia piaciuta.

Note e ringraziamenti:

-la frase finale e quindi anche il titolo è tratta dalla canzone di Darren Criss- Once Upon a Time, che io amo come ogni altra sua canzone.

-Ho tutta una storia in testa che riguarda, Annah il ragazzo timido del glee club e ovviamente Kurt e Blaine a New York.
Magari scriverò un Missing Moment o magari no. xD
Se volete sapere, chiedete! ;)

-Il finale non era assolutamente questo che ho pubblicato, ma mi era sembrato la soluzione più vicina ad un happy ending. Quindi, va bene cpsì.

Voglio ringraziare tutti quelli che sono arrivati fin qui.

Grazie e buone feste.

Ancora una volta.. alla prossima.
Non so quando sarà, ma ci sarà.

Un abbraccio. <3

WallFlower.

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