Desiderio

di _Hale_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sguardi ***
Capitolo 2: *** Pensieri ***
Capitolo 3: *** Parole ***
Capitolo 4: *** Ricordi ***
Capitolo 5: *** Contatti ***
Capitolo 6: *** Profumi ***
Capitolo 7: *** Segreti ***
Capitolo 8: *** Assaggi ***
Capitolo 9: *** Debolezze ***
Capitolo 10: *** Sogni ***
Capitolo 11: *** Confessioni ***
Capitolo 12: *** Rivelazioni ***
Capitolo 13: *** Amori - I Parte ***
Capitolo 14: *** Amori - II Parte ***
Capitolo 15: *** 15. Ritorno all'accademia ***



Capitolo 1
*** Sguardi ***




Il desiderio che avevo di lei era opprimente. La voglia di averla vicino e percepirne l'odore annientava i miei sensi. La forza che traevo nell'osservarla era talmente intensa da spingermi a tentare l'impossibile.
Lei era forte, radiosa, viva. Bella. Esattamente tutto ciò che mai avrei potuto avere. 
Molti la paragonavano al sole; io, personalmente, odiavo porla in relazione a ciò che più odiavo e che non mi permetteva di vivere come avrei voluto. La luna, invece, era un paragone decisamente più azzeccato, qualcosa senza il quale non sarei riuscito ad andare avanti.
La mia esistenza era stata lunga, tortuosa e ricca di talmente tante sfaccettature da non ricordarle neppure nella loro totalità. In verità, tutto quel che esisteva prima di lei scomparve nel momento stesso in cui la vidi, incapace di riflettere sul perché il suo profumo fosse divenuto la mia unica ragione di vita.
Impossibile dimenticare il momento in cui, per la prima volta, i miei occhi scorsero i suoi, in una giornata di fine stagione, quando il mio primo anno all'Istituto Joskow ebbe finalmente inizio.

*
 
La realtà sarebbe potuta apparire diversa a tutti coloro che non avevano vissuto in quel mondo. La coesistenza e forzata coabitazione tra due razze simili ma non troppo era un qualcosa da non sottovalutare, soprattutto quando una di queste era costituita dai predatori e l'altra da semplici e innocue prede.
Dopo secoli trascorsi a nascondersi perché poco numerosi, nonostante nettamente più forti e veloci, i predatori erano usciti allo scoperto, tentando di dominarli e prendere loro il potere che da tempo avevano bramato e pensato di meritare.
Gli esseri umani, d'altronde, erano così deboli al loro confronto che non si sarebbero imposti.
Non si ricorda la data esatta di quando, però, qualcosa cambiò, a differenza dell'anno: era il 1987 quando prede e predatori trovarono un accordo per coesistere e condividere un mondo che avrebbe portato benefici a entrambe le razze, finché le regole di "convivenza" fossero state rispettate.
Non tutti avevano accettato di buongrado quanto era stato stabilito, ma decisero di rimanere nell'ombra, tacendo e sperando di non finire tra le fauci dei mostri.
Quando poi, nel 2009, venne annunciata la costruzione di un nuovo edificio, un istituto, che avrebbe segnato l'inizio di una nuova era, la quasi totalità degli esponenti di entrambe le razze apparvero scettici; nessuno avrebbe scommesso sul fatto che, a distanza di soli quattro anni, quell'istituto avrebbe accolto i due mondi all'interno delle proprie mura, costringendo i rispettivi membri a imparare a convivere tra loro. 
La vita e la morte, metaforicamente parlando, avrebbero trovato un ponte a congiungerle. 
Il giorno e la notte avrebbero imparato a coesistere. 
La preda e il predatore avrebbero dovuto comprendersi a vicenda e giungere alla consapevolezza di poter vivere l'uno di fianco all'altro.
L'Istituto Joskow, accademia educativa - o, altrimenti, college - fu il primo esperimento di coabitazione forzata tra coloro che prediligevano la caccia all'uomo e... beh, l'uomo stesso.
In molti ebbero da ridire, altrettanti si opposero. Ma, con un po' di fortuna, il fondatore, nonché Preside dell'Istituto, Normann Joskow, riuscì ad ottenere abbastanza fondi e approvazioni per dare inizio a un progetto che avrebbe cambiato la vita, anzi, l'esistenza di due razze condannate altrimenti a odiarsi in eterno.
- Anne, tesoro sbrigati, non vorrai far tardi il primo giorno di scuola! 
Annabelle Evans era una ragazza ordinaria, per il suo genere, talmente nella norma da avere qualche difficoltà a svegliarsi al mattino e iniziare la giornata col sorriso sulle labbra, come chiunque altro. 
Non era elettrizzata all'idea di far parte di un campione di ventiquattro cavie che, per la prima volta nella storia del mondo, avrebbero partecipato a un esperimento considerato, dai più, il preludio di una guerra. Una guerra coi fiocchi, visto contro chi rischiavano di perderla.
I suoi genitori, al contrario, erano fermamente convinti di poter cambiare il mondo con quei loro assurdi ideali. Gli esseri umani? Cos'avevano di diverso dall'altra razza e, soprattutto, cosa di tanto positivo da mettere in ombra i pregi degli altri? Nulla, nulla, in fondo il fatto che quegli esseri potessero divorarti in un sol boccone, per loro non contava niente.
Ah, gli ideali, ecco una cosa che non aveva mai approvato nei suoi genitori.
- Eccomi, sto arrivando! 
Aveva diciotto anni quando tutto aveva avuto inizio. Il 21 Settembre portava con sé un sole in grado di spaccare le pietre e il caldo imperversava nella piccola cittadina di Jacksonville. 
Era un posto tranquillo, quello, il borgo familiare adatto a crescere i propri figli senza il terrore che divenissero spacciatori di droga o spietati assassini. Oh beh, certo, l'altra razza faceva almeno una di queste due cose, eppure nessuno se ne preoccupava. Per loro era normale, quasi lecito, ma andate un po' a chiedere cosa ne pensa chi si è ritrovato servito su un vassoio da portata con una mela in bocca. 
Ops, vero, probabilmente non vi risponderebbe: dovrebbe essere già morto, a quest'ora.
Sì, lo scetticismo di Anne era secondo solo al suo sarcasmo. Un vero peccato, tutto ciò, visto e considerato che era una ragazza particolarmente allegra e vivace nella sua normale esistenza. 
Aveva tentato di rimanere ancorata a quella vita, cercando di convincere i propri genitori a non farle questo, a non mandarla in quell'Istituto, poiché ne andava di mezzo la sua stessa vita.
Ebbene, i suoi genitori si erano limitati a sorridere accondiscendenti, assicurandole che, se dopo aver provato avesse voluto tornare a casa, nessuno glielo avrebbe impedito.
C'era chi credeva nella scienza, nella medicina, nella magia e nella religione. Sua madre e suo padre erano semplicemente fuori di testa.
Il viaggio verso l'Istituto fu lungo, ma non quanto lei avrebbe desiderato. Sua madre continuava a parlare di cose prive di alcuna importanza, come abiti da cerimonia, etichetta, buone maniere e la cosa non fece che fare alterare Anne più del dovuto: erano nel 2013, chi indossava ancora degli abiti da cerimonia? Ma, visto il suo scarso interesse per quanto stava accadendo nella propria vita, non era da escludere che si fosse persa qualche minuscolo, insignificante dettaglio.
- Guarda, non è splendida? 
La voce di sua madre trasudava eccitazione da tutti i pori. Beata lei.
Quando l'auto superò un enorme cancello di ferro battuto, Anne fece attenzione al panorama, contornato da alberi alti quanto una casa. Era una specie di parco, quello?
- Questo è il giardino della scuola. Laggiù, in fondo, c'è un sentiero che conduce alla sorgente, la cui ubicazione però non è ancora ben chiara a nessuno... potrai perderti tra i meandri di questa giungla, parola mia. 
E se suo padre era convinto di una cosa, era inutile cercare di fargli cambiare idea.
O non si sarebbe ritrovata in quella situazione.
- Fantastico, cercherò di trovare una mappa da qualche parte. O una bussola, perché no? 
Il padre le riservò un'occhiata divertita dallo specchietto retrovisore e lei, cercando di far buon viso a cattivo gioco, gli sorrise.
Quando giunsero di fronte a un edificio che, a dire il vero, somigliava molto più a una villa in stile vittoriano che a un college di nuova costruzione, la madre scese rapidamente, andando a recuperare il suo bagaglio.
Anne, d'altra parte, se la prese con comodo. Scese dall'auto e si diede un'occhiata attorno, notando svariati ragazzi nelle sue identiche condizioni. Ah, no, c'era persino qualcuno entusiasta all'idea di essere lì. Beh, non quanto sua madre, ovvio.
- Credo tu abbia tutto, tesoro. Se ti servirà qualcosa, qualunque cosa che non hai portato con te, chiamaci. 
- Si trasferisce a un paio di centinaia di chilometri da casa, Mary, non dall'altro capo del mondo. 
Suo padre era stato sempre molto più ragionevole e assennato di sua madre, ecco perché, nonostante le circostanze, Anne ricambiò il suo sorriso. La donna, d'altro canto, gli riservò un'occhiataccia prima di dedicarsi a salutare la figlia.
- Fai la brava, studia e rendici orgogliosi di te. 
- Lo siamo già, non stare a sentire tua madre. 
Inutile dire che il battibecco tra quei due durò fino a quando Anne non prese la parola, salutandoli una volta per tutte e convincendoli ad andare via.
Rimase nel giardino ad osservare la macchina allontanarsi, fino a svanire tra i numerosi alberi che riempivano la sua visuale.
Fu allora che prese la propria valigia, si volse a guardare l'edificio e ne rimase affascinata.
Era bello, capace di catturare qualcosa di antico e tramutarlo in versione moderna: marmo bianco e lucernari di cristallo costellavano l'interno dell'atrio che si apriva su un'ampia scalinata, dopo aver dato l'accesso alla sala da pranzo sulla sinistra, e alla biblioteca e all'infermeria sulla destra.
Questo, almeno, aveva avuto la possibilità di scorgere dagli opuscoli che i suoi genitori le lasciavano costantemente in camera.
Oh, la sua camera, le sue cose... le sarebbe mancato tutto, ne era certa.
Fece un profondo respiro e, quando si sentì pronta, si avvio verso l'edificio, seguendo altri sei o sette ragazzi che, come lei, parevano alquanto spaesati.
Una volta nell'atrio, vennero accolti da un giovane uomo, un ragazzo di venticinque anni o poco più, all'apparenza, capace di distrarre qualunque donna posasse gli occhi su di lui.
- Buongiorno a tutti voi, ragazzi. 
Quando parlò, la sua voce risuonò chiara e allegra ma, non per questo, meno autoritaria.
- Mi chiamo Aaron Cooper e sarò il vostro responsabile durante la permanenza all'Istituto. 
Con i suoi occhi cerulei, Aaron lanciò uno sguardo veloce ai dodici ragazzi presenti nell'atrio, come a voler sondare il terreno.
- Sapete a cosa avete accettato di aderire, dunque non vi annoierò con ulteriori parole. Vi sarà concesso riposarvi fino all'ora di cena, sistemare le vostre cose nei rispettivi dormitori e, alle ore venti, presentarvi nella sala da pranzo, qui alla mia destra, per la cena. Incontrerete dunque il Preside Joskow che vi darà il benvenuto e tutte le informazioni che vi saranno utili durante la vostra permanenza. Se avete domande o bisogno di aiuto, non esitate a contattarmi, il mio ufficio si trova al di là della porta accanto a quella che vi condurrà presso i dormitori. 
A quel punto, resosi conto che nessuno aveva domande da porgli, Aaron sorrise e si voltò per incamminarsi lungo l'enorme scalinata che conduceva al primo piano.
- Seguitemi, prego. 
I ragazzi fecero quanto fu loro ordinato, proseguendo fino al secondo piano e addentrandosi nell'ala destra dell'edificio.
- Vi converrebbe ricordare di svoltare a destra una volta salito anche l'ultimo gradino. A sinistra ci sono i dormitori dell'altra razza e non vogliamo che qualcuno di voi si addentri in... territorio nemico? Non è la definizione più accurata, ma spero comprenderete il mio timore: questo è solo un esperimento, tentiamo dunque di non forzare troppo la mano. 
Nessuno fiatò, ma dalla tensione palpabile che si sollevò dai dodici ragazzi, Aaron comprese di aver fatto centro.
- Questa è la porta che conduce ai vostri dormitori. A destra le ragazze, a sinistra i ragazzi. Condividerete camere triple, naturalmente non miste. Sulla porta troverete i vostri nomi e, come vi ho già detto, potrete darvi una rinfrescata e ambientarvi fino all'ora di cena. 
Aaron si fece da parte dopo aver aperto la porta che conduceva in un'ampia saletta bene illuminata, dove un camino in marmo, un paio di divani, una libreria incassata nella parete e un tavolo in legno tirato a lucido ne costituivano, bene o male, il mobilio.
Il ragazzo abbandonò gli studenti e Anne non poté fare a meno di seguirlo con lo sguardo, prima che si addentrasse nella stanza di fianco, quella che doveva essere il suo ufficio.
Era alto, molto alto, con occhi azzurri come il cielo appena prima dell'alba e capelli biondo cenere e spettinati. I muscoli erano ben definiti e la carnagione ambrata, insieme ai lineamenti mascolini e marcati del suo volto, lo avvicinavano all'idea che Anne aveva di un dio greco. La cicatrice a forma di croce sullo zigomo sinistro e le due sotto gli occhi, poi, non facevano che consolidare la concezione che la ragazza si era appena fatta di lui.
Terribilmente affascinante e altrettanto letale.
Con quella consapevolezza si condusse all'interno della saletta, non perdendo tempo e imboccando un ampio corridoio alla cui destra, come accennato da Aaron, sostavano le due camere da letto femminili.
- Daphne, Rebecca e Annabelle. Sì, deve essere questa. 
Anne si voltò, riscontrando di fronte a sé una ragazza dai lunghi capelli rossi e che terminavano in armoniosi boccoli, occhi verdi, un viso a forma di cuore e un piccolo neo poco sopra il labbro superiore, sulla parte sinistra del volto.
Era bassina, non eccessivamente formosa e con un fisico proporzionato.
- Tu sei... 
- Rebecca. Tanto piacere di conoscerti, Annabelle! 
La ragazza le rivolse un gran sorriso, prima di porgerle la mano. 
Doveva essere una di quelle tipe tutte risate, dolcezze e abbracci coccolosi, cosa che ad Anne non disturbava affatto ma, in un certo senso, non sapeva se sentirsi troppo a suo agio in compagnia di una persona tanto estroversa e diversa da sé.
Ricambiò la stretta di mano, comunque, sorridendo appena alla nuova compagna di stanza.
- Piacere mio. Come facevi a sapere che... insomma, che sono Annabelle e non l'altra? 
- Semplice: ho conosciuto Daphne mentre aspettavamo di sotto che arrivassero tutti e... oh, eccola lì! 
Una ragazza dai lunghi capelli bruni e lisci e occhi color miele arrivò con tutta calma nella loro direzione. I lineamenti taglienti del viso le conferivano un'aria altera ma, al contempo, una bellezza glaciale. La pelle olivastra di lei contrastava con quella rosea di Rebecca e, nell'osservarle, Anne non poté fare a meno di pensare che quelle due formassero proprio una coppia bizzarra.
- Tu devi essere Annabelle. Piacere di conoscerti, io sono Daphne. 
La ragazza ricambiò il saluto e, dopo i convenevoli, spalancò la porta della stanza.
Al suo interno, sulla destra, vi erano tre letti l'uno di fianco all'altro e separati dai comodini; sulla sinistra si trovavano tre armadi e un cassettone con un ampio televisore a schermo piatto in cima; di fronte, sostavano tre scrivanie e, sopra di esse, inondandole di luce, un'ampia finestra le cui vetrate percorrevano l'intera parete.
Tra le scrivanie e gli armadi si trovava una porta, quella che doveva condurre nel bagno che le tre avrebbero condiviso.
- Oh, è così carina! 
Disse Rebecca in un modo che fece tanto pensare Anne a sua madre.
- Sapevo che l'avresti detto. 

Quello che nel mondo degli umani poteva apparire bizzarro, per loro era naturale come l'istinto di sopravvivenza. Vivere nell'ombra, gioire nel buio e nutrirsi degli esseri umani era ciò che di più congeniale potesse esserci al loro stile di vita. La natura che li caratterizzava era oscura come il mondo in cui vivevano, sempre acquattati e pronti a balzare come un leone inferocito contro la propria preda.
Non aveva mai apprezzato gli esseri umani, non lui. Li considerava inferiori, esseri insignificanti che avevano come unico scopo nella vita quello di nutrire lui e la sua gente.
In fondo, dunque, non erano poi così inutili.
- Gabriel, è ora di andare. 
Una donna dai lunghi capelli corvini e occhi neri come ossidiana, lo costrinse a sollevare lo sguardo dal libro che, con poco interesse, a dire il vero, stava leggendo.
Aveva ereditato quei tratti, da sua madre, oltre alla pelle diafana tipica della loro razza.
- Scendo immediatamente. 
Strano rapporto, il loro. Rispetto e stima venivano al di sopra di tutto ma Gabriel, figlio di Julian e Darla Addams, non vedeva l'ora di fuggire da quell'etichetta e quel rigore che, da troppi anni, lo tenevano intrappolato tra quelle quattro mura.
Erano le due del pomeriggio, l'auto era stata disposta per l'occasione e i suoi bagagli erano stati caricati. Né suo padre né sua madre lo accompagnarono, lui non voleva e loro non ne avevano il tempo.
No, non era un figlio trascurato, tutt'altro. Gabriel era il piccolo di casa, figlio minore di una stirpe nobile, discendente di un'aristocrazia ormai dimenticata da tempo.
Beh, alcuni tratti erano inevitabilmente rimasti, in fondo la loro vita era, in un certo senso, più duratura di quella degli esseri umani.
Gabriel era più grande di quanto non sembrasse e, come tale, aveva una maturità e una compostezza non adatta ai diciotto anni che dimostrava. Quanto meno, maturità e compostezza palesate di fronte ai membri della propria e delle altre famiglie che contavano ancora qualcosa.
- Chiamami non appena arrivi e, ricorda... 
- Se cambio idea posso sempre tornare a casa, sì, lo so. Buona serata, madre. 
Ed esibendosi in un perfetto baciamano, Gabriel salutò la donna con un sorriso, abbandonando la pelle fredda di lei e salendo in auto.
Il viaggio durò ben cinque lunghe ore, durante le quali il giovane ebbe la possibilità di realizzare quanto stesse accadendo. I suoi genitori avevano sempre desiderato figli in grado di divenire qualcuno nel mondo, membri dell'aristocrazia e, per tanto, individui in grado di ricoprire ruoli di predominanza all'interno della realtà che, a fatica, si stava cercando di costruire con gli esseri umani.
Ebbene, il primo figlio era riuscito nell'impresa, divenendo un ricercatore di fama mondiale. Poi era rimasto ucciso in uno scontro armato tra le due razze.
Il secondo, beh, era difficile da apprezzare, quanto meno per Gabriel. Raphael era, in verità, la chicca della famiglia, il gioiello della corona, per così dire: posato, brillante, bello e incredibilmente dotato. Sì, beh, sotto ogni punto di vista, da quel che si diceva in giro.
Era in viaggio per l'Europa e meditava di tornare molto presto.
Gabriel, di pochi anni più piccolo del fratello, era ossessionato dal confronto che i genitori facevano continuamente tra i due, cosa che non aveva di certo contribuito a far nascere e mantenere l'amore fraterno.
Quando poi aveva dichiarato apertamente di voler far parte del progetto dell'Istituto di sua iniziativa, il padre aveva minacciato di non rivolgergli più la parola. Non era un gran sostenitore degli esseri umani, in effetti, così come la madre. Ma quando il giovane spiegò di volerlo fare per intenti puramente accademici e, dunque, conoscere punti di forza e di debolezza dell'altra razza come mai si era stati in grado di fare prima, naturalmente, i genitori accettarono, dichiarandosi molto fieri del loro pargolo.
Già, bastava così poco per ottenere la loro stima, bastava sapere dove andare a mirare.
In verità, non gli importava nulla di imparare qualcosa dagli esseri umani per accanirsi contro di loro, al contrario: anni e anni rinchiuso in una prigione dorata gli avevano fatto comprendere quanto poco avesse vissuto sul serio, poiché le scappatelle durante il giorno e quelle, più rare, di notte con i suoi amici non erano certo da considerarsi "vita".
No, voleva più libertà, più autonomia e indipendenza. E, grazie al signor Joskow, le aveva trovate.
- Siamo arrivati, signorino. Può scendere. 
Erano solo le sette di sera, il sole non era ancora tramontato e, perciò, l'autista doveva aver sostato nell'ingresso dei sotterranei della tenuta. Ottima pensata, quella, quanto meno per la sua gente.
- Molto bene, Jeffrey. Penso io ai bagagli. 
- Signorino Gabriel, posso provvedere io a... 
- Ti ringrazio per il passaggio. Riposa un po' prima di tornare a casa e porta i miei saluti a mio padre. 
- Senz'altro signorino, grazie. 
L'uomo accennò un saluto al ragazzo e lui scese dall'auto, aprendo il portabagagli e portando fuori i propri averi. 
Nei sotterranei si percepiva l'umidità e l'aria viziata tipici delle prigioni, cosa che Gabriel conosceva bene ma solo per sentito dire.
Percorse il lungo corridoio ornato da torce infilzate alle pareti, fino a quando non dovette risalire una rampa poco ripida e ritrovarsi di fronte a un enorme portone di pietra. Questo si spalancò, costringendolo a chiudere gli occhi per un momento a causa dell'accecante luce dei lampadari. A casa sua aveva sempre vissuto nella penombra.
- Puntuale come sempre, Gabriel. 
- Pungente come al solito, Selina. 
La ragazza che lo attendeva a braccia conserte in fondo a un'ampia rampa di scale e lo guardava di sottecchi con espressione severa, era un volto noto al ragazzo che, avanzando tra altri undici vampiri, si portò di fronte a lei.
- Siete tutti, vedo. Dunque, mi chiamo Selina Moscova e sono la vostra guida. Per qualunque domanda, dubbio o casino che andrete a combinare in questo istituto, io ne sarò responsabile, quindi vedete di andarci piano. Ora seguitemi. 
Breve e concisa. Ecco perché la adorava. Beh, per quanto Gabriel potesse adorare qualcuno.
Nella rapida salita, il giovane fu apostrofato da tre o quattro ragazzi, anche loro conoscenze che non vedeva da un po' di tempo, a cui rispose con un cenno del capo.
Quando giunsero al secondo piano, Selina li condusse verso sinistra, lungo un ampio corridoio che si concludeva con due porte. La prima, quella indicata dalla ragazza dai lunghi capelli argentei raccolti in un'alta coda di cavallo e occhi color ghiaccio, era l'ufficio in cui l'avrebbero sempre trovata in caso di necessità.
- Da quest'altra parte, invece, avrete accesso ai dormitori. Camere triple, naturalmente, e un piccolo salottino non appena entrate. All'estremità opposta di questo corridoio si trovano gli alloggi degli umani e... no. 
Disse la donna non appena un mormorio eccitato si sollevò dai ragazzi che, irrequieti e con una strana luce negli occhi, si voltarono a guardare nella direzione da lei indicata.
- Non osate avvicinarvi. Se lo farete, verrete espulsi poco prima dell'alba e, a quel punto, mi prenderò piena responsabilità della vostra scomparsa. Con immenso piacere. 
La minaccia bastò a riottenere l'attenzione dei ragazzi. 
Da quel che Gabriel ricordava, Selina non amava affatto gli esseri umani, ma in un decennio o poco meno cambiano molte cose.
- Tra un'ora mi aspetto di vedervi puliti e profumati nella sala da pranzo, piano terra, a destra della scalinata. Tardate e andrete a letto senza cena. 
Qualcuno sghignazzò dopo che la donna si fu rifugiata nel proprio studio. Poi, tutti entrarono nei rispettivi dormitori.
Gabriel attraversò velocemente il salottino curato in ogni minimo particolare e avvolto dalla penombra, notando quanto i suoi occhi stessero già meglio. Si avventurò lungo il corridoio di fronte, controllando ognuna delle quattro porte presenti ai suoi lati.
- Devon, Gabriel ed Elessar. Qualcuno ha intenzione di riportare alla luce vecchi dissapori. 
- Già. E' un po' che non ti vedo, diciamo, dall'ultima volta che hai cercato di farmi arrosto alla luce del sole. 
Gabriel voltò la testa, osservando i suoi nuovi compagni di stanza con le palpebre socchiuse, da sopra la spalla.
Il primo che aveva proferito parola era un tizio alto e con una muscolatura definita ma non eccessiva; piuttosto snello, a dire il vero, amava evidentemente essere al centro dell'attenzione: i capelli, rasati sul lato sinistro, erano bianchi e sulla parte destra presentavano delle ciocche che sfumavano nei colori del viola e dell'azzurro; gli occhi erano di un blu intenso e la carnagione eccessivamente pallida. Gabriel, tuttavia, in quell'estremo tentativo di finire sotto i riflettori non poté fare a meno di concentrare la propria attenzione sui piercing che il ragazzo portava sul sopracciglio destro e sul labbro inferiore, oltre che sui tatuaggi che si lasciavano intravedere dal collo della felpa che indossava in quel momento.
L'altro vampiro, altrettanto alto ma ben più muscoloso del primo, aveva folti e lunghi capelli ramati e occhi del colore dell'ametista. Rivolgeva uno sguardo divertito all'altro ragazzo, accompagnato da un sorriso cordiale.
- Cose che capitano. Spero non te la sia presa. 
Disse il ragazzo dai capelli bianchi dando una pacca sulla spalla all'altro, più corpulento e dall'aria di principe di altri tempi, non smuovendolo di una virgola.
- Che ne dite di rimandare a dopo le coccole e darci una mossa? 
Gabriel proferì parola e i due gli rivolsero la propria attenzione.
- Gabriel Addams. Questa sì che è una sorpresa; l'ultima volta che ti ho visto ti stavi scopando mia sorella sul mio letto. 
Nonostante la verità di tale accusa, il ragazzo dall'aria alternativa, Devon, lanciò a Gabriel un'occhiata divertita. Lui non se ne sorprese.
- Sì, un bel passatempo, non c'è che dire. A proposito, come se la passa? 
Entrarono nella stanza e ognuno di loro scelse un letto, prima di darsi una ripulita e rimandare a dopo le chiacchiere.
Quando furono pronti, raggiunsero gli altri nella saletta e percorsero il lungo corridoio, giungendo all'ampia scalinata.
Molti di loro si soffermarono a dare un'occhiata all'altro lato dell'edificio, quello in cui risiedevano gli esseri umani. Con l'acquolina in bocca, pensò Gabriel.
- Non ci conviene fare incazzare Selina. Avremo tempo per divertirci con quegli umani, non temete. 
Gabriel riprese a scendere le scale e, con le mani nelle tasche di un paio di jeans neri e una camicia dello stesso colore, faceva una gran bella figura stagliandosi contro il marmo bianco della scalinata.
- Non sapevo che tua cugina lavorasse con Joskow. 
Disse Elessar. Quelle parole fecero in modo che l'angolo destro della bocca di Gabriel si piegasse in un sorriso, prima di giungere al termine della scalinata e attendere gli altri.
Ebbene sì, Selina Moscova era proprio sua cugina. Il tratto affascinante della famiglia, d'altro canto, non era in discussione.
Quando entrarono nella sala da pranzo, fu inevitabile percepire il cambiamento palese che subì l'atmosfera intorno a loro: il terrore dilagò tra i dodici ragazzi che avevano preso posto attorno a uno dei tre tavoli rotondi presenti nella stanza, mentre, al secondo tavolo, il Preside, gli insegnanti e le due guide sollevarono, rilassati, lo sguardo su di loro.
Selina si alzò e si avvicinò ai suoi protetti, dando loro qualche raccomandazione e conducendoli presso il terzo tavolo, attendendo che tutti prendessero posto prima di allontanarsi.
Quando Gabriel si sedette, tra Devon ed Elessar, non poté fare a meno di lanciare uno sguardo agli insegnanti. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto imparare in quell'istituto oltre al modo di interagire con gli esseri umani e, francamente, non gli importava.
- Non ho mai visto tanti umani insieme in vita mia. 
Una ragazza della sua razza prese la parola e rivolse lo sguardo ambrato alla tavolata degli esseri umani. Tutti fecero lo stesso e, dalle loro espressioni bramose, era facile intuire cosa stessero pensando. Quella prima notte, di certo, qualcuno di loro sarebbe sgusciato fuori dal dormitorio per raggiungere quello dell'altra razza.
- Dite che sia il caso di sceglierne uno a testa o possiamo anche scambiarceli tra di noi? 
Devon fu costretto a passarsi la lingua sul labbro inferiore, prima di riprendere a sbavare, puntando uno dopo l'altro gli umani terrorizzati.
A quel punto Gabriel sollevò lo sguardo nella loro direzione, visionandoli tutti uno ad uno, finché...
- Per me possiamo scambiarceli, non mi importa. 
- No. 
Gli undici ragazzi si voltarono verso di lui, a causa del tono determinato e autorevole che lo spinse a parlare. 
Una ragazza dai lunghi capelli neri e occhi color ghiaccio lo osservava ma, a differenza di tutti gli altri, non aveva paura. Lo osservava curiosa, con le labbra appena socchiuse da cui sospirava appena. Non era terrorizzata, piuttosto diffidente e, in un certo senso, Gabriel era in grado di percepire il disgusto che lei sembrava provare per la sua razza.
Si accigliò. La guardò ancora. Lei distolse lo sguardo, portandosi una mano sotto il mento e scambiando qualche parola con la sua vicina di posto.
Si mosse velocemente nel portare una ciocca di quei lunghi capelli lisci dietro l'orecchio, rivelando una pelle bianca e, di certo, morbida al tatto. Il suo profumo arrivò fino a lui, inebriando i suoi sensi e accendendolo di una brama mai provata prima.
- Lei è mia. 
E con ciò, aveva appena segnato quel che sarebbe divenuto suo dominio. Da quel momento, chiunque avesse osato posare un dito su di lei, ne avrebbe risposto a lui.
L'omicidio, in quel caso, era contemplato.
Il vampiro aveva marchiato il proprio territorio.


  
Vi presento Aaron e Selina, spero vi piacciano ^^
D'ora in avanti inserirò il disegno ispirato di uno o due personaggi per ogni capitolo, dunque attendete i prossimi ;)
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolino angoletto:
Salve a tutti! Ritorno con una nuova storia Originale che spero di portare avanti fino alla fine, questa volta :)
E' un ambito totalmente nuovo per me, mi sono lanciata in un'impresa del genere per vedere come potevo cavarmela con queste tematiche, dunque spero che ognuno di voi possa trovare il tempo di lasciarmi una piccola recensione (criticate di tutto e di più), in modo da permettermi di crescere in questo campo.
Ringrazio in anticipo chiunque avrà voglia di leggere e imbarcarsi con me e i personaggi in un mondo tutto nuovo con una trama ancora da definire nei minimi particolari ^^
- Fra

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Capitolo 2
*** Pensieri ***




Quando aveva fatto il proprio ingresso all'interno dell'istituto, Anne era consapevole di ciò a cui sarebbe andata incontro: vampiri e umani costretti a collaborare in un disegno ben più ampio di quanto loro, comuni ragazzini, potessero effettivamente comprendere.
Nel momento esatto in cui, distogliendola dalla conversazione che aveva appena intavolato con i suoi nuovi compagni, la classe dei vampiri si era presentata all'interno della sala da pranzo, gli occhi di Anne squadrarono uno per uno i nuovi arrivati, non soffermandosi su nessuno di loro in particolare. Erano belli, dannatamente e maledettamente belli, cosa che, per quanto la riguardava, diceva molto delle loro origini.
- Cavoli, ma li avete visti? Sono bellissimi! 
Rebecca non si preoccupò di tenere a freno la lingua o, in alternativa, il tono di voce, lasciando così che i nuovi arrivati udissero le sue parole e iniziassero a sghignazzare fra loro.
Anne, d'altro canto, non poteva fare a meno di osservarli con ostentata indifferenza.
- I migliori predatori sono, in genere, bellissimi. Se così non fosse, sarebbe difficile per loro avvicinare le proprie prede, non trovi? 
Daphne parlò distogliendo lo sguardo dai vampiri e concentrò i propri sforzi nell'attenta osservazione del signor Joskow che, in quel momento, si deliziava delle chiacchiere dei suoi colleghi.
- Mi pare di capire che non sei una loro sostenitrice accanita, o mi sbaglio? 
Anne lanciò un'occhiata alla ragazza bruna che aveva preso posto alla destra di Rebecca, mentre lei sedeva alla sinistra di quest'ultima. L'altra, come risposta, si limitò a stringersi nelle spalle, mentre poggiava stancamente il mento contro la mano chiusa a pugno.
- Vivi e lascia vivere, si suol dire. Finché non danno fastidio a me, io eviterò di votare a favore di una bella grigliata nel cortile della scuola, con loro come carne da arrostire alla luce del sole.
Anne sorrise alle parole della ragazza, non senza non notare l'espressione ansiosa di Rebecca; sarebbe stato interessante vivere tra le dinamiche che sarebbero venute inevitabilmente a crearsi tra tre persone così diverse costrette a vivere sotto lo stesso tetto.
Di una cosa, però, era certa: non sarebbe stato peggio che condividere il pasto con un vampiro. Ironia della sorte.
Quando spostò lo sguardo sulla tavolata dei vampiri, vide tutti loro osservare lei e i suoi compagni come se fossero un pasto succulento pronto per essere divorato... e, in effetti, non era andata poi così lontana dalla realtà dei fatti.
Poi i suoi occhi si scontrarono con un paio neri come l'ossidiana e cupi come una notte priva di stelle. Il suo sguardo era in grado di ammaliare e maledire, pozze di perdizione in cui, era certa, molte vittime avevano desiderato annegare.
Anne si perse ad osservare quel vampiro che, con tanta determinazione, non accennava a smettere di ricambiare il suo sguardo, fino a quando la voce di Rebecca non la distolse da quell'attimo infinito.
- Come hai detto?
Domandò la mora rivolgendosi alla compagna.
- Dicevo che ho una fifa blu. Quei tizi continuano a guardarmi come se fossi il loro pranzo!
Rebecca indicò un paio di vampiri, un maschio e una femmina, che non accennavano a smettere di guardarla, passandosi la lingua sul labbro superiore.
Anne non poté fare a meno di provare un moto di disgusto verso quegli esseri, prima di tentare di tranquillizzare la ragazza con qualche parola.
Il tintinnio di una posata contro il bicchiere di cristallo del signor Joskow ridusse tutti i presenti nel silenzio più profondo, costringendoli a voltare lo sguardo verso di sé.
Normann Joskow, un sessantenne arzillo con un volto segnato dalle rughe dell'età e un'espressione affabile a illuminarlo, era un essere umano che godeva di una certa influenza all'interno della società dei vampiri; la sua idea di fondare un istituto (il primo istituto) in cui le due razze avrebbero potuto imparare a coesistere, non fu accolta con esultanza quando fu inizialmente proposta. Via via, però, a seguito dell'illustrazione del progetto e della visione utopistica che l'uomo attribuì nell'insieme a quanto aveva intenzione di creare, ottenne il consenso di proseguire da parte di entrambe le razze.
In tutto ciò, per sua sfortuna, Anne svolgeva dunque un ruolo fondamentale, come il resto degli umani e dei vampiri presenti in quella stanza.
- Buonasera a tutti e benvenuti, miei cari ragazzi. Mi chiamo Normann Joskow e sono lieto di accogliervi nel mio istituto, sperando che esso possa per voi divenire una casa in piena regola.
La voce dell'anziano signore pareva affabile così come i suoi modi, infondendo un senso di quiete e tranquillità all'interno della sala da pranzo.
- Conoscete tutti, credo, lo scopo di questo progetto, un progetto del quale voi siete elementi fondamentali e che, spero, possa condurre tutti noi all'inizio di una nuova era, un'era nella quale vampiri e umani potranno vivere gli uni di fianco agli altri, aiutarsi a vicenda e collaborare e, sì, per quanto ciò possa sembrare assurdo, per il momento, sono certo di potermi permettere di sperare.
Il silenzio accolse quelle parole, mentre gli umani si lanciavano occhiate incerte e scettiche e i vampiri sorrisi beffardi.
Nessuno dei presenti era convinto che quel progetto potesse funzionare realmente, considerandosi piuttosto cavie da laboratorio, pronte ad essere rispedite a casa in qualunque momento. Probabilmente al primo tentativo da parte di un vampiro di dissanguare un umano.
- Da domani inizierete a seguire i corsi organizzati per voi presso l'istituto: gli umani frequenteranno le lezioni mattutine e pomeridiane, i vampiri quelle serali e notturne. Ogni razza gode di un proprio dormitorio, siete dunque invitati a limitare al minimo le visite a quello a cui non appartenete, a meno che le circostanze non lo rendano necessario. I contatti tra umani e vampiri sono, naturalmente, ben vista, ma temo sia il caso di informarvi che l'istituto gode di un ottimo sistema di sorveglianza e, per tanto, qualunque violazione delle regole verrà segnalata istantaneamente al sottoscritto, il quale si impegnerà a prendere i relativi provvedimenti.
Al tavolo degli umani si sollevarono sospiri di sollievo, mentre alcuni carichi di delusione provennero dal tavolo dei vampiri. Anne non poté fare a meno di lanciare un'occhiata nei pressi di quest'ultimo, dove scorse nuovamente quegli occhi neri che, temeva, non l'avevano mai abbandonata.
- Vi è stata data una grande possibilità, miei cari ragazzi, non sprecatela dando adito a istinti primordiali e paure irragionevoli. Voi rappresentate il futuro, un futuro in cui tutti noi potremo vivere in pace e armonia, un sogno che, se si dovesse avverare, vedrà nei presenti i capostipiti di una discendenza che guarderà alla proprie spalle con orgoglio e a voi con assoluta deferenza e profondo rispetto.
L'uomo afferrò il calice e lo sollevò in aria, rivolgendo un sorriso compiaciuto a tutti i presenti.
- Benvenuti in questa nuova avventura, umani e vampiri, un'avventura di cui siete i protagonisti indiscussi! 

- Non posso credere di essere qui.
Dopo aver concluso il discorso, il signor Joskow mise in chiaro di essere reperibile in qualunque momento nel proprio ufficio e, per qualsiasi problema, ognuno di loro, umano o vampiro, avrebbe ricevuto udienza presso di lui; poi fu l'ora della cena e, infine, Aaron e la tutor dei vampiri riaccompagnarono le due razze nei rispettivi dormitori.
- Ti converrebbe iniziare a farlo, credimi, non hai molte alternative.
Nel poco tempo che Anne trascorse con loro, riuscì a comprendere abbastanza facilmente i caratteri delle due ragazze con cui avrebbe imparato a convivere per i prossimi cinque anni della propria vita. Nella migliore delle ipotesi, naturalmente.
Rebecca era una sognatrice, dolce, innocente e ingenua ragazzina di campagna che, dall'aspetto, tendeva a ricordare le bambole di porcellana che i genitori di Anne persistevano a regalare alla loro primogenita quando questa era ancora una bambina.
Ma Rebecca era incantevole, a differenza di quelle bambole, con gli occhi che ricordavano due grandi smeraldi e una folta chioma di capelli rossi.
Daphne, invece, era determinata, matura e indipendente, una forza della natura celata nel corpo di una dea. Bella, seducente e provocante, con un cervello niente male e una razionalità che contrastava con gli impulsi istintivi di Rebecca.
Anne, d'altro canto, non riusciva proprio a collocarsi tra loro due.
- Credete che funzionerà? Intendo, questo progetto.
La rossa, dopo aver indossato il pigiama rosa confetto ed essersi accovacciata sotto le coperte del proprio letto, al centro tra quelli delle compagne, sbadigliò rumorosamente e si mise comoda, sollevando di poco il cuscino per poter osservare le altre due.
- Non lo so, credo di sì. Tutto sta nel tentativo dei vampiri di dominare i propri istinti ed evitare di ammazzare qualcuno nel corso della notte.
A quelle parole Rebecca sussultò appena e gli occhi verdi si sgranarono per il terrore.
Daphne, che aveva compreso bene quanto Anne l'indole della ragazzina, sorrise beffarda e le fece l'occhiolino.
- Smettila di spaventarla inutilmente. Non ci succederà niente, ragazze, in fondo avete sentito anche voi il signor Joskow, no? Questa struttura è piena di telecamere e poi Aaron non permetterà mai che ci accada qualcosa.
Rebecca sembrò tranquillizzarsi, mentre Daphne borbottava qualcosa infilandosi anche lei sotto le coperte. Anne fece lo stesso, chiudendo il diario su cui aveva appena finito di annotare le proprie impressioni sulla giornata trascorsa e spegnendo la luce.
Sarebbe stato un lungo anno, quello, non aveva alcun dubbio a riguardo.

Quando tornarono nel proprio dormitorio, i vampiri si resero conto di avere a disposizione un'intera nottata in cui erano liberi di fare ciò che più desideravano, quanto meno nel rispetto delle regole dell'istituto.
Il che, naturalmente, impediva di recarsi nel dormitorio degli umani e squarciare loro la gola.
- Credete davvero alla storia della sorveglianza? Io penso che sia stato solo un modo per spaventarci e tenerci alla larga da quelle delizie.
Diversi mormorii appoggiarono le parole pronunciate da uno dei vampiri maschi presenti nella piccola saletta che precedeva i dormitori, mentre molti di loro iniziavano a pensare a qualcosa per trascorrere una nottata che si prospettava noiosa e priva di alcuno stimolo.
Devon ed Elessar erano intenti a chiacchierare con tre vampire che non facevano altro che mandar loro sguardi ammiccanti e sorrisi provocanti da quando avevano messo piede all'interno dell'istituto, cosa che a Gabriel non interessava minimamente.
Non che non fosse attratto dalle femmine, naturalmente, ma in quel momento la sua mente vagava altrove, i suoi occhi erano ancora segretamente incatenati a un paio color ghiaccio, le sue mani sfioravano ciocche di capelli neri e lunghi, morbidi come seta e profumati di gelsomino... se solo la realtà fosse stata all'altezza della fantasia, Gabriel era certo che non sarebbe rimasto affatto deluso da quell'umana.
- Tu che ne dici, Gabriel?
L'attenzione del vampiro fu bruscamente attirata dalla folla dei compagni che, piombati in un silenzio carico di entusiasmo, attendevano con ansia una sua risposta, con gli occhi di fuoco rivolti verso di lui.
Leggeva eccitazione, impazienza e brama in quelle iridi di colori diversi e, per un momento, fu tentato di acconsentire a qualunque fosse stata la richiesta.
Non lo fece.
- Qual era la domanda?
Con aria annoiata si scostò dal davanzale della finestra, abbandonando definitivamente l'intento di dedicare alla luna, ormai alta in cielo, la propria attenzione.
- Irruzione nel dormitorio degli umani, stanotte. Niente di che, faremo i bravi, sarà solo per sentirli urlare un po' e movimentare la serata.
La maggior parte dei vampiri accolse le parole di Devon con un certo clamore, mentre il giovane si passava la lingua sui canini e rivolgeva a Gabriel uno sguardo carico di aspettativa.
Il compagno lo conosceva poco, vero, eppure la sua fama lo precedeva: Gabriel era il principino di casa, vampiro posato e a modo, sempre rispettoso dei valori tramandatigli dai genitori e maschio ideale per qualunque femmina della razza. 
In verità, però, questa era solo una faccia della medaglia, la sua apparenza traeva in inganno chiunque non lo avesse conosciuto al di là di quella maschera che si imponeva di indossare l'ottanta percento delle volte.
Gabriel si passò una mano sul volto, soffermandosi a carezzare il labbro inferiore con l'indice e socchiudendo appena gli occhi. 
- Mi sei sempre piaciuto, Devon, dico sul serio: intraprendente, determinato, istintivo...
A quelle parole Devon rispose con un sorriso mozzafiato che ammaliò le femmine presenti nella stanza... questo fino a quando Gabriel non lo spense con ulteriori commenti.
- Eppure non perdi mai l'occasione di farmi ricredere. Sei proprio un idiota.
Così come si era gonfiato, il torace di Devon si sgonfiò come se un ago lo avesse bucato, facendogli perdere tutto il vigore di poco prima.
- Cos'hai detto?
Per quanto Gabriel avesse una certa influenza all'interno di quel gruppo, sia a causa delle sue nobili origine, sia per il suo trascorso più trasgressivo di quanto non desiderasse ammettere, i tipi come Devon non apprezzavano esser trattati con quell'aria di sufficienza che il vampiro osava ostentare il più delle volte, esprimendo la propria opinione.
- Ho detto che sei un idiota. Che c'è, sei anche sordo? Cosa credi che succederà se questa sera provate a irrompere nel dormitorio degli umani, eh? Selina si aspetta che lo facciate, molto probabilmente è qua fuori con un'ascia in mano, pronta a farvi fuori se osate avanzare un passo di troppo.
Gabriel osservava con sguardo annoiato le facce dei vampiri che, via via, perdevano l'entusiasmo palesato fino a quel momento. Lui si passò una mano tra i capelli, prima di avvicinarsi al camino in cui non ardeva alcun fuoco.
- Datevi una calmata, ragazzi, avremo tutto il tempo per divertirci. Cerchiamo di convincere Selina, Joskow e chiunque altro qui dentro della nostra buona volontà, spingiamoli a fidarsi di noi, facciamo loro credere di aver afferrato il senso di questo progetto e, quando finalmente allenteranno la presa... beh, la razza umana avrà ben dodici esponenti in meno di cui preoccuparsi. E c'è persino chi dice che non siamo magnanimi.
Dopo un momento di silenzio e sgomento, diverse voci si sollevarono ad acclamare le parole del vampiro, mentre molti dei presenti si avvicinavano a lui lanciandogli qualche pacca sulla spalla o sguardi ammiccanti.
Persino Devon concordò con le parole di Gabriel, il quale, dopo aver ostentato un sorriso sghembo e una sicurezza che forse non aveva, si recò nella propria stanza.
In verità, non aveva alcuna voglia di tornare a casa e per nessun motivo avrebbe permesso a quegli idioti dei suoi compagni di mandare all'aria il progetto che gli avrebbe garantito qualche mese di pacchia e divertimento assicurati.
Quando si lasciò cadere stancamente sul proprio materasso e portò le mani dietro la nuca, si perse nei ricordi di quella sera; il buio e il silenzio lo aiutavano a riflettere, gli rendevano più facile rammentare gli occhi di quella ragazza che tanto lo aveva colpito.
Gli umani non gli erano mai piaciuti, certo, ma era pur vero che nessuno aveva mai attirato tanto la sua attenzione. Era stato l'atteggiamento freddo e scostante di lei a colpirlo, prima di tutto il resto, persino prima di quegli occhi di ghiaccio. Gli altri umani avevano palesato terrore, soggezione e, addirittura, interesse quando i dodici vampiri avevano fatto il loro ingresso nella sala da pranzo... ma lei no. Era rimasta impassibile e, poco dopo, disgusto e diffidenza avevano preso il posto dell'indifferenza mostrata un attimo prima.
Era fatto così, lui, odiava annoiarsi e quella ragazza rappresentava un ottimo diversivo.
Si sarebbe divertito, l'avrebbe usata fino a quando non ne avesse avuto abbastanza e poi l'avrebbe buttata via, come aveva sempre fatto, come avrebbe continuato a fare in eterno.
Quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza, Gabriel fu tentato di mandare al diavolo chiunque fosse e tornare nel suo mondo di fantasia, ma la consapevolezza di non essere l'unico inquilino di quella camera gli fece fare un'eccezione.
- Avanti.
Gabriel sentì la porta chiudersi con uno scatto e dei passi avvicinarsi al suo letto. Quando l'odore di rosa gli invase le narici, l'angolo destro della bocca si piegò verso l'alto, con la consapevolezza di non aver bisogno di aprire gli occhi per accertarsi di chi fosse arrivato.
- Questa notte sei proprio in cerca di guai, vero, Brittany?
Una delle tre ragazze che poco prima aveva tentato di approcciare i suoi due compagni di stanza aveva avuto la brillante idea di fargli una visitina e, visto l'andazzo della serata, magari Gabriel non l'avrebbe mandata via. Non subito, per lo meno.
- Sono una ragazza cattiva, ormai dovresti saperlo.
La rossa dagli occhi da cerbiatta si accucciò ai piedi del letto del vampiro, gattonando verso il viso di lui e soffermando le proprie labbra a pochi centimetri dalle sue.
- Che ne diresti di movimentare un po' la serata?
Gli propose lei abbassando le labbra su di lui, apprestandosi a baciarlo e a dare inizio alla nottata che lei tanto sembrava bramare.
Brittany era sempre stata così: voleva una cosa? Doveva ottenerla a tutti i costi e proprio per quella sua determinazione Gabriel l'aveva trovata, parecchio tempo prima, interessante.
Ma gli anni erano passati, i gusti cambiati e le abitudini di un tempo ormai dimenticate.
Beh, quasi del tutto.
Lui si mosse all'improvviso, portando la mano sinistra sulla nuca di lei, afferrandola per i capelli e strattonandola quel tanto che bastò per allontanarla di qualche centimetro dal proprio viso, costringendola a osservarlo negli occhi.
- Niente baci, Brit, sai come la penso sulle cose inutili. Ma avrei proprio voglia di un lavoretto.
Così dicendo, con la mano libera Gabriel sganciò la fibbia dei pantaloni e abbassò la cerniera, mettendosi comodo e allentando finalmente la presa sui capelli della ragazza.
La sua mano la accarezzo gentilmente, prima di indirizzarle il viso verso l'erezione che premeva contro il tessuto dei boxer che indossava.
Chiudendo gli occhi e sospirando appena, riportò entrambe le mani dietro la nuca, non prima di aver notato lo sguardo della rossa accendersi e la sua lingua lambire le labbra che presto avrebbero accolto parte di lui.
- Datti da fare, piccola, sono un po' teso là sotto.
Brittany non se lo fece ripetere due volte e, portandosi all'altezza dell'inguine del vampiro, abbassò l'orlo dei boxer di questo e iniziò a lavorarsi l'erezione di lui. Prima con le mani. Poi con la lingua.
Gabriel rimase in silenzio, ascoltando passivamente i rumori provocati dai risucchi della vampira, dalla sua lingua e dai movimenti che, in teoria, avrebbero dovuto eccitarlo.
L'erezione c'era e non era mica una cosa da niente, ma Gabriel era così pensieroso, quella sera, da non riuscire a concentrarsi su quanto stesse accadendo in quella stanza.
- Cosa ne dici se passiamo al dunque?
Domandò la rossa un paio di minuti dopo con un desiderio percepibile dal solo tono della voce.
Per tutta risposta, Gabriel allungò la mano sinistra verso di lei e accarezzò quel viso perfetto, prima di portare la mano tra i suoi capelli e costringerla a calare nuovamente la testa, prendendo tra le labbra il suo membro.
Fu lui a dettare i movimenti, costringendola a muoversi su e giù, spingendo la nuca affondo e allentando la presa per darle il tempo di risalire e prender fiato... quella ragazza, così come tutte le altre, lo disgustavano profondamente. Banali, superficiali, facili e puttane, ecco come potevano essere definite in maniere breve e concisa.
E lui, di tutto questo, ne aveva abbastanza.
Solo quando immaginò di stringere tra le dita della mano ciocche lunghe e lisce di capelli corvini iniziò a mugolare di piacere, gli occhi castani di Brittany vennero sostituiti da un paio del colore del cielo in tempesta e l'odore di rosa venne rimpiazzato da quello di gelsomino... Gabriel raggiunse l'apice del piacere immaginando una persona totalmente differente di quella che, in effetti, era presente in quella stanza. Le sue mani su di lui, la sua bocca intorno a sé erano immagini che avrebbero riempito le sue notti fino a quando non l'avrebbe rivista.
- Fuori dai piedi, ora.
Con il fiato corto si recò in bagno, incurante di Brittany e dell'espressione delusa ma ancora eccitata che le illuminava il volto.
Quando si chiuse la porta del bagno alle spalle, Gabriel si diede un'occhiata allo specchio, notando le guance arrossate, gli occhi lucidi e pieni di desiderio e il labbro inferiore ormai gonfio... evidentemente se l'era morso senza neppure rendersene conto.
Era arrivato a una conclusione: avrebbe trovato un modo per avvicinare quell'umana e, a quel punto, l'avrebbe fatta sua.

Quando Anne si risvegliò dal torpore della notte e soppesò l'idea di far fuori quella maledetta sveglia che disturbava il suo sonno, non aveva ancora realizzato dove si trovasse: la stanza non era la sua, il letto era diverso, non riconosceva le lenzuola e, soprattutto, non ricordava di avere compagne di stanze.
Quando si portò a sedere le servì qualche minuto prima di ricomporsi e ricordare cosa fosse accaduto il giorno prima, ma quando fu abbastanza lucida svegliò le altre e andò a prepararsi, scendendo per prima nella sala da pranzo.
Era viva. I vampiri non avevano tentato di entrare nel suo dormitorio e nessuno aveva accennato a una qualche uccisione o chissà cos'altro all'interno dell'istituto.
Però, forse quella poteva davvero essere una buona giornata!
Aspettò Daphne e Rebecca nella sala da pranzo e, quando la raggiunsero, si recarono insieme verso l'aula in cui si sarebbero tenuti i primi corsi della giornata.
In verità, l'istituto non era poi così diverso da una qualunque altra scuola a cui gli umani erano abituati: i primi due anni fornivano una preparazione generica oltre che base da fornire ugualmente a tutti gli studenti e, dal terzo anno in poi, a ognuno dei "superstiti" veniva concesso di scegliere una specializzazione nel campo che più preferivano.
Anne non aveva ancora idea di cosa volesse fare da grande, dunque per il momento evitava semplicemente di pensarci.
Le lezioni furono noiose, esattamente come quelle che si tenevano nei college degli esseri umani. Per lo meno questo fatto non era cambiato.
Il resto della giornata trascorse piuttosto rapidamente e, per quanto sapesse che i vampiri non amavano andarsene in giro alla luce del sole (a meno che non volessero divenire carne allo spiedo), non poteva fare altro che aggirarsi per i corridoi con una certa inquietudine che, via via, le faceva intuire che non avrebbe potuto reggere a lungo all'interno di quella struttura.
Ma non aveva paura. Non ne avrebbe mai avuta e ci teneva a precisarlo.
Quando poi andò a scontrarsi contro qualcosa di solido e irremovibile, fu certa di aver urtato una parete, portandosi a terra a raccogliere i tre libri che le erano caduti dalle braccia.
Con gli occhi lucidi per il colpo e il naso dolorante, si chinò a raccogliere i tomi, ma un paio di mani grandi e calde furono più veloci di lei.
- Cavolo, ti sei fatta male?
La voce di Aaron la colpì come una ventata di aria fresca e, quando sollevò lo sguardo per incontrare quello celeste di lui, tentò di sorridere, rimettendosi in piedi.
- E' stata colpa mia, scusami, ero distratta.
Il ragazzo sorrise e si alzò a sua volta, restituendole i libri.
- Brutti pensieri?
Anne si limitò a negare col capo, mentre stringeva tra le braccia i libri recuperati.
Si trovavano al primo piano della struttura, le lezioni erano ormai finite e Anne si stava dirigendo presso i dormitori da dove, evidentemente, Aaron si stava allontanando.
- Diciamo di sì. Non sono abituata a condividere gli spazi con dei vampiri. 
Tentò di far intendere che non fosse minimamente preoccupata ma, per quanto non fosse terrorizzata e non si sarebbe fatta ridurre alla stregua di un topolino spaventato da quelle sanguisughe, non riusciva proprio a sentirsi a proprio agio tra quelle quattro mura.
- Vieni, ti accompagno in dormitorio.
Aaron si allungò e afferrò i libri che Anne stringeva, prima di farle un cenno di precederlo lungo le scale che li avrebbero condotti al secondo piano.
- Non è facile, ti capisco bene. Io stesso sono molto diffidente ma conosco abbastanza Selina da sapere che terrà i suoi a debita distanza da noi umani.
Aaron sembrava molto sicuro delle proprie parole e la fiducia che attribuiva a colei che doveva essere la tutor dei vampiri era ammirevole, probabilmente conseguente a una conoscenza lunga e approfondita.
Risalirono lentamente i gradini, per poi svoltare a destra e incalzare il corridoio che li avrebbe condotti presso i dormitori.
- Quanto sai dei vampiri, Annabelle?
Quella domanda la colse di sorpresa, non tanto perché era inaspettata, quanto perché sapeva di non poter dare una risposta soddisfacente.
- Quanto basta. Ammetto di non essere una gran sostenitrice della loro razza ma ciò non mi impedisce di guardare le cose in maniera oggettiva. Voglio dire, sono mostri assetati di sangue che non si fanno problemi a fare fuori noi esseri umani. Come si può giustificare una cosa simile? 
Erano ormai arrivati di fronte alla porta del dormitorio e Aaron si volse finalmente a guardarla, rivolgendole uno sguardo caldo e carico di comprensione.
- Abbandona per un momento l'idea che ti sei fatta di vampiri come Dracula o Nosferatu e cerca di essere più elastica. Apri la mente e accetta nuovi orizzonti, solo così riuscirai a comprendere che non tutto ciò che non capiamo è inevitabilmente sbagliato o cattivo.
Anne rimase immersa nel più profondo silenzio, persino quando Aaron le fece un occhiolino e si volse per tornare da dov'era venuto, lasciandola sola e immersa nella penombra del corridoio. In quella solitudine appena ritrovata, la ragazza non poté che arrossire nel pensare a quanto quel ragazzo fosse gentile e affascinante, nonostante quelle cicatrici che gli deturpavano il volto.
Erano ormai le sette di sera e l'ora della cena si stava avvicinando, ma Anne non aveva fame.
Entrò nella saletta del dormitorio e lasciò sul divano la propria borsa con i libri che Aaron le aveva restituito, prima di uscire in fretta e furia dalla stanza e recarsi verso il piano terra, con la biblioteca come destinazione.
La sala era deserta, eccezione fatta per un paio di studenti che da lì a poco si sarebbero recati presso l'uscita. Il silenzio la accolse così come l'odore delle vecchie pagine dei libri, un aroma che amava fin da bambina. Ma non aveva tempo per perdersi nei meandri dei ricordi, tutt'altro: si era recata in quel luogo per comprendere qualcosa che le sfuggiva, per imparare di più su coloro che aveva sempre disprezzato o, nel migliore dei casi, a cui aveva guardato con indifferenza. Ma Aaron aveva ragione e se Anne desiderava davvero odiarli, per lo meno avrebbe dovuto avere un valido motivo per farlo.
Si aggirò tra gli scaffali fino a quando non trovò i tomi che cercava o che, in qualche modo, avrebbero potuto esserle d'aiuto, prima di prendere posto a un tavolo isolato, in un angolo della biblioteca e coperto alla vista dei passanti da uno scaffale imponente.
Prese a sfogliare le pagine del primo libro con delicatezza, non essendo certa di cosa cercare né a cosa mirasse. Rimase lì, immobile di fronte a quelle pagine consunte di un libro mai visto prima, incapace di comprendere perché i propri genitori l'avessero spinta a fare una cosa simile, desiderosa di tornare a casa più che mai.
Nel frattempo, acquattato nell'ombra, un predatore aveva puntato la propria preda e i suoi occhi neri scrutavano con rinnovata ammirazione il viso di lei, mentre i passi del primo avanzavano silenziosi e la trappola si preparava a scattare.



 
Devon ed Elessar per voi ^^ spero apprezziate la loro "stravaganza".
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolo dell'autrice:
Salve a tuttiiii! Chiedo venia per il tempo di attesa ma le vacanze mi hanno assorbita completamente ^-^'
Dunque, non sono troppo soddisfatta del capitolo poichè lo considero di passaggio ma essenziale per fare un po' comprendere il modo di vivere di Gabriel e la confusione di Anne in questo primo momento.
Penso di postare il propssimo capitolo nel giro di una settimana ma, nel frattempo, passo ai ringraziamenti.
SHEESHEE: fai benissimo a farti film, perchè io lo faccio in continuazione <.< spero di non deluderti nei prossimi capitoli... come già detto questo è solo un capitolo di passaggio ma dal prossimo inizieranno ad avere a che fare l'uno con l'altro e sarei felicissima di sapere cosa ne penserai ^-^
Non posso non ringraziarti per le tue bellissime parole, non sai quanto mi hanno fatto piacere *_* Grazie ancora e a presto, spero!
MEZZANOTTEFIAMMA: Ciaooo! Sono contentissima che la storia ti sia piaciuta ed ecco qui il nuovo capitolo! Spero di continuare a incuriosirti... vedremo cosa mi verrà in mente ^-^ Grazie mille!
Non mi resta che salutarvi e sperare che continuiate a recensire (insultatemi pure, ho bisogno di migliorare e mi necessitano le vostre critiche ç__ç), leggere e seguire le avventure di questi personaggi che sto costruendo capitolo per capitolo ^-^
Un bacio a tutti e ne approfitto per augurare a tutti voi un felice anno nuovo!
- Fra




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Capitolo 3
*** Parole ***




Le piacevano i libri, l'odore delle pagine consunte e ingiallite di tomi risalenti a epoche passate e, ormai, in parte dimenticate.
Era bello lasciarsi travolgere dalle parole, dall'immaginazione e dalla fantasia che rendeva un testo scritto un mondo nuovo in cui immergersi e indossare i panni del protagonista della storia, permettendo al lettore di dimenticare la propria vita, la routine e le difficoltà che animavano il mondo in cui viveva.
Anne aveva sempre amato la lettura, i libri erano i suoi migliori amici e non disdegnava certamente i luoghi di raccolta come la biblioteca o le libreria, ma - perché c'è sempre un ma - quel giorno non avrebbe avuto né la voglia né, tanto meno, il tempo di lasciarsi cullare dalle pagine di un libro.
Era all'istituto da poco più di ventiquattr'ore ormai, minuto più minuto meno, e l'idea di trascorrerne chissà quanti altri insieme a quelle sanguisughe che rappresentavano l'altra razza non la solleticava minimamente. Aaron lo aveva capito, in fondo lei non era mai stata brava a dissimulare quel che sentiva, e per tanto le aveva consigliato di imparare di più sull'argomento, in modo da poter prendere una decisione dopo aver avuto completo il quadro della storia.
Anne sapeva che il ragazzo aveva ragione, ma non per questo il suo umore era migliorato.
Leggeva e rileggeva da una buona mezz'ora oramai, eppure nulla di quello che riscontrava nei libri dedicati all'esistenza dei vampiri le risultava nuovo o utile a farle comprendere i lati positivi di quella maledetta razza.
Lei, personalmente, non aveva mai avuto a che fare con uno di loro e la cosa le andava bene così, peccato che i genitori la pensassero diversamente. L'integrazione era un qualcosa di necessario, dicevano, un'evoluzione a cui presto tutti loro sarebbero stati pronti, qualcosa da abbracciare con entusiasmo e solidarietà. Beh, per quanto riguardava lei, l'idea di scambiare la luce del sole con quella della luna le dava il voltastomaco, almeno quanto l'ipotesi di svegliarsi ogni mattina per cinque anni ringraziando di non essere stata dissanguata durante la notte.
- Dannazione.
Anne si portò le mani tra i capelli, serrando gli occhi e abbandonando la lettura. Odiava vivere in quel modo, con il terrore di non essere al sicuro e la vergogna di palesare quel timore di fronte a occhi indiscreti. Lei era una ragazza forte, lo era sempre stata e all'età di diciotto anni non era certo cambiata. Tuttavia, per quanto una ragazza come lei potesse essere coraggiosa, audace e temeraria, non poteva negare che la realtà con cui stava avendo a che fare in quel momento fosse un qualcosa di nuovo, spaventoso e terribilmente pericoloso. I vampiri non erano i personaggi immaginari di un libro o di un film e trovarsi faccia a faccia con uno di loro era più inquietante di quanto lei avesse mai potuto immaginare.
Quando afferrò i tomi che aveva preso poco prima e fece per alzarsi, si scontrò inevitabilmente con qualcosa di duro e irremovibile. I libri le caddero di mano e lei fu sul punto di fare la stessa fine, quando un braccio le cinse la vita e la sostenne.
Avrebbe dovuto iniziare a guardare dove metteva i piedi.
Anne riaprì gli occhi e si ritrovò ad essere sorretta da un corpo maschile, il suo sguardo puntato su pettorali che si gonfiavano e si sgonfiavano al ritmo di un respiro regolare, un alito profumato di menta a solleticarle la fronte. Una voce a farle perdere il contatto con la realtà.
- Tutto ok?
Anne sollevò lo sguardo verso il volto del ragazzo che le aveva impedito di cadere rovinosamente sul pavimento, scontrandosi con un paio di occhi neri che avrebbe considerato pericolosamente attraenti, se non avesse ricordato di averli visti la sera prima, durante il primo incontro tra le due razze.
Senza rendersene conto, puntò le mani sul torace di lui e si allontanò bruscamente, sbiancando alla consapevolezza di chi... di cosa fosse l'essere che aveva davanti.
- Sì, grazie, ero solo distratta.
Senza rivolgergli un'ulteriore occhiata, Anne si accovacciò a raccogliere i libri con mani ferme, nonostante l'agitazione che le impediva di ragionare lucidamente. Si portò nervosamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio quando ebbe finito, rimettendosi in piedi e stringendo convulsamente i libri tra le braccia. Fu sul punto di andare, e lo avrebbe anche fatto se il ragazzo non si fosse accomodato con la schiena contro lo scaffale, con braccia e gambe incrociate a bloccarle la strada.
Era in trappola, in un certo senso, visto che l'estremità del tavolo cozzava contro la parete e, a meno che non avesse intenzione di scavalcarlo - reazione troppo esagerata per un vampiro che non le aveva fatto nulla se non evitarle di cadere -, l'unica cosa che le restava da fare era chiedere al giovane di scostarsi.
Anne si lanciò un'occhiata attorno e non poté evitare di provare un brivido di terrore a pensare di essere completamente sola all'interno della biblioteca. Eccezione fatta per il suo nuovo interlocutore.
Lui, d'altro canto, sembrava non voler staccare i suoi occhi da lei, incapace di concentrarli altrove e desideroso di studiare ogni sua mossa, ogni sua reazione.
- Ti spiace? Dovrei andare a cena.
Nel pronunciare quelle parole, Anne abbassò lo sguardo interrompendo il contatto visivo, mossa - lo sapeva - sbagliata.
"Non avere paura, non avere paura... NON-AVERE-PAURA."

Aveva paura. Era quasi terrorizzata e l'idea di non darlo a vedere era l'unica cosa che le impediva di mettersi a tremare come una foglia davanti a lui che, da predatore, si preparava a leccare le fauci, nell'attesa che la preda si decidesse a uscire dalla tana.
Era stato un colpo di fortuna scorgerla mentre saliva gli ultimi gradini della scalinata che l'avrebbe condotta al piano dei dormitori, insieme a quel... quel tutor umano, Aaron. Gabriel stava uscendo dal proprio dormitorio per recarsi nella sala da pranzo ma, quando l'aveva vista, tutti i suoi piani erano cambiati. Non sapeva come avvicinarla, non poteva andare nei dormitori degli umani e lei sembrava intenzionata a entrare ma... se non avesse deciso di recarsi in biblioteca, Gabriel sapeva che l'avrebbe attesa lì fuori, nascosto nell'ombra, con la speranza che scendesse per l'ora di cena.
Evidentemente il destino aveva deciso di essere generoso con lui, quella sera. Non pensava che una come lei potesse essere tanto distratta da scontrarsi contro di lui, eppure accadde... l'inevitabile. Stringerla tra le braccia fu calcolato, naturalmente, ma non quanto accadde nel mentre.
La consistenza del suo corpo, il suo calore al tatto e il ritmo accelerato del suo respiro furono tutti imprevisti che non aveva considerato. O che aveva preso sottogamba. Ma quello che lo lasciò interdetto per un momento, ciò che gli impedì di reagire con più prontezza, fu il suo profumo. Il suo odore era dolce e delicato, il gelsomino dei capelli gli aveva inebriato i sensi e i suoi occhi di ghiaccio, quando avevano incontrato quelli neri di lui, lo avevano stregato a tal punto da impedirgli di dire qualunque cosa.
Il motivo per cui quella ragazza gli facesse quell'effetto non riusciva davvero a capirlo. Motivo in più per cercare di avere a che fare con lei.
- Letture mirate, vedo. Le hai trovate interessanti?
Piegando leggermente la testa per poter leggere meglio il titolo del libro capovolto e indicandolo con l'indice la copertina, Gabriel deviò l'argomento su qualcosa che, sperò, potesse trattenerla qualche minuto di più in sua compagnia.
Lei, per tutta risposta, non abbassò nuovamente lo sguardo: aveva imparato la lezione. Quella consapevolezza lo fece sorridere, cosa che lasciò sicuramente intravedere una zanna e attirò l'attenzione della ragazza.
Le sue reazioni erano così minime, insignificanti quasi, almeno a un occhio inesperto. La ciocca di capelli che, come la sera prima, si era portata dietro l'orecchio dopo aver ricambiato lo sguardo di lui, le nocche bianche che lasciavano intuire la forza con cui stesse stringendo quei libri, l'odore penetrante della paura che cercava di nascondergli... quella ragazza risvegliava tutti i suoi sensi, lo rendeva vigile come mai gli era accaduto prima. E curioso. Dannatamente curioso.
- In verità non ho trovato nulla che già non sapessi. Niente di illuminante o che valesse la pena di sprecare il mio tempo. 
A quella risposta, il sorriso di Gabriel si fece più tagliente e il suo sguardo si accese di una luce nuova. La gattina stava tirando fuori le unghie, l'odore della paura lasciava spazio alla grinta, la stessa che aveva intravisto sul suo volto la sera prima. Quella che aveva desiderato di scorgere nuovamente per ben ventiquattro ore. Tempo infinitamente lungo persino per un essere immortale.
- Forse hai preso i libri sbagliati. Potrei aiutarti nella ricerca o, magari, rispondere io stesso alle tue domande sulla mia razza.
Così dicendo, Gabriel si allontanò dalla sua postazione, scollandosi dallo scaffale con un movimento dell'anca e avvicinandosi a lei che, imperterrita, si rifiutava di arretrare.
Gabriel sorrise di nuovo, questa volta mostrando entrambe le zanne e passando lentamente la lingua su quella di sinistra.
- Allora, che ne dici?

Il vampiro la sovrastava di una ventina di centimetri, almeno, il suo corpo era possente, tonico e muscoloso, pronto a scattare come quello di un felino, sicuramente altrettanto elegante e letale. La cosa avrebbe dovuto terrorizzarla, Anne lo sapeva e, nonostante tutto, era convinta che parte dell'adrenalina che scorreva nel suo corpo fosse dovuta proprio a quelle considerazioni.
Quando il vampiro le si avvicinò, la ragazza non poté fare a meno di rimanere ferma nella posizione in cui si trovava, annullando quel tacito avvertimento che le consigliava di arretrare e stargli alla larga. Continuò a ricambiare il suo sguardo, abbassandolo di qualche centimetro solo quando vide la lingua di lui accarezzare le zanne.
Cielo, poco mancò che iniziasse a tremare.
Quando deglutì senza distogliere gli occhi da quella distrazione, tentò di richiamare alla mente l'invito del vampiro che, naturalmente, declinò.
- Apprezzo l'offerta, ma no. Non sono una gran sostenitrice di voi vampiri e l'idea di avere a che fare con te non mi solletica neppure un po'. Con il dovuto rispetto, si intende.
A quel punto Anne desiderò di essersi morsa la lingua poco prima, cosa impossibile a cui rimediare, dunque fece per aggirare il vampiro e andarsene, quando lui allungò il braccio e le ostacolò il percorso, bloccandola di fronte a sé.
- Sai, ho provato a essere gentile ma tu non mi rendi le cose facili. Vuoi che ti costringa a rimanere qui con la forza? Potrei farlo, ma risulterebbe così poco di classe. 
Anne sentì il proprio sangue gelarle le vene. Avrebbe voluto urlargli contro qualcosa, rispondergli a tono, magari anche costringerlo a spostarsi con un bel calcio assestato tra le gambe, ma l'istinto di sopravvivenza la spinse a rimanere calma, tentando di non fare innervosire il vampiro più di quanto non avesse già fatto.
- E' così che costringi le ragazze a fare tutto quello che vuoi?
Ok, il suo istinto di sopravvivenza aveva fatto cilecca.
Per tutta risposta, il vampiro incrociò le braccia al petto e le rivolse un sorriso divertito. Se la stava spassando, non c'era che dire.
- Credi che abbia bisogno di farlo? No, a volte devo costringerle a smettere, pensa un po'.
In verità, Anne poteva scegliere di essere obiettiva e ammettere che quel vampiro fosse bello e affascinante come nessun umano su cui aveva posato gli occhi fino ad allora, oppure poteva scegliere di dar sfogo alla parte di sé che odiava quelli della sua razza.
- Pensa un po'. Dunque, perché non mi lasci andare a cena e non ti concentri su qualcuno che desideri veramente le tue attenzioni? Se non lo avessi capito, io non sono interessata.
- Per ora. 

Quella ragazza lo stava facendo impazzire, letteralmente. Gli piaceva da morire il modo in cui si teneva alla larga, tentando in ogni modo di fargli capire quanto la disgustasse lui stesso e la sua natura, senza però mai superare il limite che le avrebbe garantito una morte certa. Oh, beh, in verità Gabriel non aveva alcuna intenzione di farle del male, non ne aveva mai avuta, eppure non per questo le avrebbe svelato le sue carte. Non ancora.
- Mi chiamo Gabriel, tanto per la cronaca.
- Non mi interessa, tanto per la cronaca.
D'accordo, quella ragazza era più difficile di quanto avesse immaginato, ma anche più combattiva e spavalda di quello che aveva pensato la sera prima. Oh sì, gli piaceva, lo mandava completamente fuori di testa.
Gabriel la squadrò da capo a piedi, con quel corpo da favola era certo che avrebbe fatto presto parecchie conquiste all'interno dell'istituto. E questo, lui, non poteva permetterlo.
Fu un attimo, un gesto rapido che lo portò a spingere la ragazza contro la parete e a intrappolarla con il suo corpo massiccio e sodo.
La mano bloccata sul collo di lei, l'altra a tenerle entrambi i polsi sopra la testa, contro il muro. I libri nuovamente sul pavimento.
Lei non fiatò, si limitò a digrignare i denti e ad ansimare quando la spinta la sorprese. I suoi occhi di ghiaccio -non solo per il colore- gli lanciavano lampi d'odio che, Gabriel sapeva, da quel giorno avrebbero caratterizzato il loro rapporto.
Con la punta del naso il vampiro percorse la lunghezza del collo di lei, annusando la sua pelle e inebriandosi di quella sua fragranza delicata, prima di soffermarsi con le labbra sul suo orecchio.
- Tanto perché tu lo sappia, potrei spezzarti il collo con una leggera pressione.
La sentì respirare debolmente, a fatica, e fu tentato di allentare la presa su di lei.
Non lo fece.
- Sarei già morta, se fosse stato questo il tuo intento. 
Perspicace. Altro punto a suo favore.
- Eppure non lo sono.
- Non ancora.
A quel punto, Gabriel fece scorrere la mano che la teneva ferma per il collo lungo il corpo, liberandola da quella pressione e dedicandosi a parti di lei che gli interessavano particolarmente. Scese lungo il petto, sfiorando la curva dei seni e scendendo giù, fino all'ombelico. Si soffermò sull'orlo della gonna della divisa e afferrò il lembo della camicia, pronto a sollevarla.
- Ti soddisfa? Trattarmi così, usarmi come se fossi un guscio vuoto? Dannazione, puoi percepire le mie emozioni, so che puoi... non lo senti?
La voce le tremò per un momento e quando Gabriel sentì quelle parole rimase di sasso. Qualcosa era cambiato in lei, la mera eccitazione e il timore scaturito da quella situazione erano stati sostituiti da terrore puro e... disgusto. Lei non voleva quello che stava accadendo, non stava facendo la difficile per eccitarlo o stuzzicarlo, non faceva finta di provare ribrezzo per lui. Lei lo detestava davvero.
Lui le faceva schifo, in quel momento più di prima.
Gabriel rimase immobile, con le dita che stringevano ancora l'orlo della camicia, le labbra socchiuse e gli occhi vuoti, spenti.
Non gli era mai capitata una cosa simile. Non era mai stato respinto, mai.
Sospirò, scuotendo appena la testa, impossibilitato a credere a quello che stava facendo. Allentò la presa su di lei, ma una voce alle sue spalle lo fece fermare sul posto.
- Cosa diavolo succede qui?
Dannazione, quella proprio non ci voleva.
Gabriel abbandonò la presa sulla ragazza e si voltò con aria annoiata verso quella appena comparsa, la vampira.
- Tu, prendi le tue cose e va via di qui.
Le parole di Selina erano rivolte all'umana, nonostante lo sguardo di ghiaccio fosse tutto per il vampiro
La ragazza non si prese neppure la briga di recuperare i libri e se ne andò, sorpassando velocemente i due vampiri e abbandonando la sala con gli occhi di Gabriel ancora puntati addosso.
L'aveva combinata grossa e il tempismo non era stato il suo forte.
Selina lo guardava con un cipiglio esagerato, le labbra serrate e la mascella contratta.
- Che cosa credevi di fare, si può sapere?
Il tono di voce era tagliente almeno quanto lo sguardo che gli aveva rivolto.
Lui si ritrovò a sbuffare, prima di passarsi una mano tra i capelli e avviarsi verso l'uscita della biblioteca, superandola.
- Questo non è un gioco, Gabriel! Non osare mai più avvicinarti a quella ragazza, non con le intenzioni che avevi oggi. O giuro sulla nostra famiglia che ti farò cacciare di qui senza darti una seconda possibilità.
Gabriel si fermò dandole le spalle, non potendo fare a meno di pensare che per nessun motivo sarebbe tornato a casa. Avrebbe dunque dovuto cambiare atteggiamento con l'umana o, in alternativa, starle lontano.
Beh, la seconda ipotesi era totalmente fuori discussione: la voleva, a qualunque costo. L'avrebbe avuta e poi l'avrebbe lasciata andare, come se nulla fosse accaduto.
Questi, almeno, erano i piani originali.
- Sono stata abbastanza chiara?
La voce di Selina lo fece tornare alla realtà e, quando lui si rese conto di non poter fare finta di niente se voleva rimanere in quell'istituto, decise di darle il contentino.
- Ricevuto, Selina. Come vuoi tu.
E senza degnarla ulteriormente di attenzione, abbandonò la biblioteca e si trascinò fino al dormitorio. Per lui, il primo pasto della nottata, non aveva alcuna attrattiva.

Non poteva credere a quello che era successo. O forse non voleva.
Se non fosse arrivata la tutor dei vampiri cosa avrebbe fatto? Cosa sarebbe potuto accadere? A causa dello spavento che si era presa non aveva neppure dato peso al fatto che Gabriel stesse per lasciarla andare anche prima dell'arrivo della vampira e, francamente, in quel momento non le importava.
Si trascinò velocemente verso il proprio dormitorio, chiudendosi in camera e crollando sul letto, a pancia in su e con le braccia a coprirle gli occhi.
Non avrebbe pianto, no, quella sarebbe stata una dimostrazione di debolezza. E lei non era debole.
Per questo motivo non avrebbe più permesso che una cosa del genere accadesse di nuovo.
Avrebbe evitato quel vampiro, li avrebbe evitati tutti. E avrebbe lasciato trascorrere quella settimana. Se al termine stabilito dai suoi genitori si fosse sentita ancora in quel modo, avrebbe detto addio all'istituto... ma, per quanto non desiderasse altro, l'idea di darla vinta a quei succhia sangue la disgustava.
- Merda.
D'altra parte era sola, nessuno l'avrebbe vista e nessuno avrebbe saputo.
Si voltò di lato, lasciando che le ciocche dei lunghi capelli le solleticassero il viso e si lasciò andare. Lasciò andare il terrore provato poco prima, le emozioni raccapriccianti che l'avevano imprigionata quando le mani e le labbra del vampiro avevano sfiorato la sua pelle... e pianse.
Pianse tutte le lacrime che avrebbe dovuto versare in quella settimana, la peggiore della sua vita.


 
Qui per voi: Rebecca e Daphne! Spero apprezziate la somiglianza ^^
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolo dell'autrice:
D'aaaaccordo, oggi non ho studiato e mi sono divertita ad andare un po' avanti con la ff, mea culpa.
Allora, che dire, spero vivamente che il primo vero incontro tra Gabriel e Anne non vi abbia deluso... purtroppo dovranno instaurare un rapporto davvero conflittuale o il film che ho in mente non potrà prendere piede, mi spiace ç_ç posso però premettere che chi la dura la vince (?) quindi aspettate e vedrete che le cose miglioreranno... spero xD
Ora passo ai ringraziamenti:
PinkyRosie: l'atmosfera che si viene a creare nei college o nelle accademie in generale mi è sempre piaciuta e credo sia una delle migliori per concentrarsi sulle interazioni tra i personaggi, dunque sono felice che l'idea ti sia piaciuta ^-^ Grazie mille per il supporto!

OnceUpon: Amo spudoratamente Harry Potter, mi piace TVD e non disprezzo Twilight, quindi non posso che essere lusingata dalla tua recensione *-* beh beh, Gabriel è fondamentalmente un bastardo gentiluomo, non tiene a niente e a nessuno, o quasi, e per lui Anne è solo un diversivo per non annoiarsi, tutto qui... ma, sai, tante cose dovranno ancora accadere e sono felicissima che non ti piaccia a livello caratteriale, io personalmente lo appenderei al muro <.< per Anne... grazie, ci tengo molto che invece appaia come l'hai descritta tu *-* non ho parole per dirti quanto abbia apprezzato la tua recensione, dunque mi auguro di risentirti prossimamente! <3
marvel: grazie infinitamente! Come ho già scritto a OnceUpon, molte cose dovranno accadere e a breve inizierò a sviluppare anche gli altri personaggi, in modo da creare una storyline intrigante o, almeno, ci proverò xD ti ringrazio per i complimenti, spero di non deluderti in futuro *-*
Winchester_: ahahahaha i film mentali li ho anche io, sempre xD sinceramente non ho piani precisissimi sui due protagonisti, la storia l'ho in mente a grandi linee quindi sicuramente metterò giù qualcosa che neppure io mi aspetterò, magari un colpo di scena dell'ultimo minuto per cui mi farò odiare <.< spero, tuttavia, di non deluderti... grazie ancora e alla prossima *-*

Non mi resta che salutarvi fino alla pubblicazione del prossimo capitolo! Grazie ancora a tutti e spero vivamente di poter ricevere da voi tanti consigli e suggerimenti per migliorare ^-^ Un bacio e al prossimo capitolo!
- Fra

 

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Capitolo 4
*** Ricordi ***




La notte era calata ormai da un pezzo e i dodici vampiri che abitavano l'istituto erano in dirittura d'arrivo presso le aule adibite per permettere loro, creature notturne, di assistere alle lezioni. Gli insegnanti, così come gli studenti, erano suddivisi in due gruppi e la razza dei vampiri godeva di un corpo docenti a dir poco eccezionale, il migliore nell'intero continente.
Di certo non si poteva negare che Normann Joskow avesse pensato al meglio per i suoi ragazzi.
I vampiri, per quanto ingiusto potesse sembrare, presentavano una tendenza all'apprendimento ben più sviluppata a confronto degli umani: le loro lezioni, in effetti, si svolgevano nella più naturale quiete e terminavano abitualmente senza alcuna domanda di eventuali chiarimenti da parte degli studenti. Alcuni insegnanti, a onor del vero, concedevano qualche distrazione ai ragazzi durante le varie spiegazioni, certi di non dover faticare troppo per assicurarsi che gli argomenti trattati venissero da loro assimilati.
Dopo l'ultimo pasto della nottata, Selina accompagnò i suoi prediletti presso il dormitorio, assicurandosi che ognuno di loro rientrasse senza ulteriori complicazioni.
La vicenda di Gabriel in biblioteca con quella mortale, Annabelle, si era diffusa rapidamente tra i vampiri e non tutti avevano avuto di che congratularsi con il compagno. Alcuni, in effetti, non riusciva proprio a mandar giù l'atteggiamento di Gabriel che, dopo aver disseminato tante belle parole sull'attendere il momento propizio per attaccare gli umani, aveva rischiato di divorarne una nel cuore della biblioteca dell'istituto. O peggio, farsela di fronte a un pubblico vagante.
Questo, ad esempio, era il pensiero di Devon.
- Quel figlio di puttana. Sapevo di non dovermi fidare, il bastardo vuole tenere per sé tutto il divertimento.
Senza alcuna enfasi, il vampiro dai capelli multicolore e l'aria corrucciata giaceva sdraiato sul letto di Julian, il quale gli aveva gentilmente ceduto il posto dopo che il primo era entrato come una furia nella camera che il vampiro divideva con gli altri due maschi della razza.
Lucien ed Excess erano, con ogni probabilità, nel salottino al piano di sotto a divertirsi con Brittany, Zafira e il resto delle vampire femmine che non avevano alcuna voglia di infilarsi nei propri letti. Per lo meno non da sole.
- Non dovresti prenderla così, Devon. Probabilmente c'è una spiegazione: Gabriel non è uno che parla a vanvera e non puoi negare che il suo discorso di ieri notte non faceva una piega.
Julian si alzò dalla sedia che aveva occupato fino a quel momento e si avvicinò al proprio armadio, esaminando con ostentazione ciò che vi era al suo interno.
L'abbigliamento era quanto di più sacro ci fosse per lui, inutile negarlo. Ecco perché i suoi due coinquilini gli aveva ceduto, senza farsi pregare, un intero armadio e una cassettiera. Erano proprio dei veri amici.
Il vampiro afferrò un paio di pantaloni di seta color oro e li stese con cura sul letto di Lucien, osservandoli poi con premura e puntellandosi un dito sulle labbra.
- Certo che no. Però, vedi, anche io avrei qualche voglia da soddisfare e, francamente, non parlo solo di quella di sangue.
Julian sorrise alle parole dell'amico e gli lanciò un'occhiata benevola, prima di voltarsi nuovamente verso l'armadio per tirare fuori la parte superiore di quello che, viste le circostanze, doveva essere il suo pigiama per il giorno.
Devon si sollevò a sedere e abbassò il cappuccio della felpa, mettendo in mostra quella capigliatura tanto bizzarra; Julian, in compenso, la trovava affascinante.
La pelle diafana del compagno era molto simile alla sua e, in verità, persino i lineamenti dei due tendevano ad assomigliarsi parecchio. Peccato che, per quanto riguardasse lo stile, entrambi avessero delle concezioni alquanto estremizzate: se Devon poteva rappresentare lo stile punk nel migliore dei modi, Julian portava onore alla classe dell'eleganza e della raffinatezza.
Gli occhi bicolore di quest'ultimo, uno azzurro e l'altro giallo, si soffermarono per un momento sul compagno, impegnato a passare le dita tra i capelli multicolore.
- Hai davvero intenzione di indossare quella roba? - gli domandò Devon lanciando uno sguardo disgustato al completo steso alla perfezione sul letto di Lucien.
Julian annuì pigramente, prima di sfilarsi con calma deliberata la camicia di seta e sbottonarsi la patta dei pantaloni.
- Devi spogliarti proprio di fronte a me? - chiese l'altro inarcando il sopracciglio destro, facendo brillare il piercing su di esso alla luce soffusa della lampada.
- Tu non hai intenzione di lasciare questa stanza, quindi sì, mi spoglierò davanti a te. Se non ti stai bene sei libero di andartene, ma dubito che lo farai.
Il sorriso accondiscendente di Julian divenne ancora più accentuato nel vedere il compagno mettere su il broncio e imprecare, per poi alzarsi dal letto e camminare su e giù per la stanza.
- Rilassati. Vedrai che presto avremo di ché divertirci e, nel frattempo, puoi sempre andare dalle femmine. Sai che non ti direbbero mai di no.
Già, bella roba. Le sei vampire dell'istituto erano, come tipico della loro razza a quell'età, bisognose di attenzioni da parte dei maschi della loro specie: sesso e sangue consistevano nella dieta prediletta di ognuna di loro e i vampiri, di certo, non potevano fare altro che accontentarle, almeno per quanto riguardava il primo bisogno.
- E' troppo facile, Julian. Sono un predatore, merda, ho voglia di cacciare... e quelle umane sono esattamente ciò che mi ci vuole.
- Farai meglio a non toccare l'umana di Gabriel.
A quelle parole l'altro sbuffò, prima di poggiarsi contro la parete con le mani in tasca e lo sguardo ceruleo puntato sul compagno con indignazione.
- Forse, invece, è proprio quello che farò.
Julian, d'altro canto, era certo che l'avrebbe detto. Dopo aver infilato i pantaloni del pigiama, il vampiro riappese con cura la parte di sopra e si diresse verso lo specchio sulla parete di fronte ai tre letti. Era un classico: non indossava mai la parte di sopra del completo e, prima di mettersi sotto le coperte, era solito levare anche quella di sotto. Gli piaceva unicamente esibirsi per qualche attimo e constatare quanto quei capi gli stessero bene.
- Sai quanto sia pericoloso mettersi sulla strada di un vampiro intenzionato a marchiare ciò che desidera. Fatti un favore e lascia perdere quell'umana: ce ne sono tante altre belle quanto e più di lei e non vale la pena di farsi ammazzare da Gabriel per questo.
- Gabriel non mi...
- Oh sì, invece. Lo farà. Tu non hai visto i suoi occhi mentre l'altra sera, a cena, la guardava. Quella ragazza lo ha stregato e se provi a metterti in mezzo... beh, diciamo solo che dovrò comprarmi qualcosa di adatto al tuo funerale. Il senso di possesso dei vampiri adulti è molto pericoloso, Devon, non dimenticarlo mai.
Dopo essersi dato un'approfondita occhiata, Julian si passò una mano tra i capelli argentati e si volse verso il compagno con aria annoiata e la braccia incrociate al petto.
- Ho voglia di scopare. Ti va di farmi compagnia? 
Devon sgranò gli occhi a quella proposta e portò in avanti le mani, scuotendo la testa.
- Prima di tutto, non mi piacciono i maschi. E, secondo, se anche mi piacessero non verrei mai a letto con te. Sei davvero ridicolo conciato in quel modo.
Il vampiro indicò i pantaloni dorati dell'altro e aggrottò la fronte, mentre si rimetteva comodo contro la parete.
Julian abbassò lo sguardo sul proprio indumento prima di puntare gli occhi al cielo e sbuffare sonoramente.
- Santo cielo, Devon, io non vengo certo a dirti come pettinarti quei dannati capelli! Dunque tu, per favore, evita di criticare i miei gusti in fatto di abbigliamento. Che, tanto per la cronaca, sono assolutamente deliziosi.
- Sì, certo, come no.
- E comunque, razza di depravato, ti avevo appena invitato a una cosa a tre o, perché no, a quattro, con le femmine di sotto.
Quando Devon si rilassò, Julian scosse la testa esasperato e si diresse verso la porta della camera. Con la mano sul pomello si fermò e guardò il compagno da sopra la spalla.
- Sai che ti dico? Forse sarebbe meglio indossare qualcosa di più... confortevole.
- E magari meno ridicolo, sì.

-  Non riesco davvero a crederci. Dovresti denunciare l'accaduto, Anne, dico sul serio!
Rebecca era andata su tutte le furie dopo aver saputo quel che era successo il giorno prima tra Anne e Gabriel nella biblioteca dell'istituto; per lei che, in verità, non aveva mai avuto nulla in contrario all'integrazione con i vampiri, venire a sapere che uno di questi aveva molestato la sua nuova compagna di stanza era un'idea del tutto inaccettabile.
- Selina avrà già fatto rapporto, non c'è altro che io possa fare.
Anne, fin da quando il suo incontro con quel vampiro si era concluso in maniera brutale e inaspettata, non riusciva più a pensare ad altro. La mattinata era stata un inferno, le lezioni sembravano non volersi concludere mai e lei aveva solo un disperato bisogno di tornare nel proprio dormitorio, spegnere le luci e dimenticare l'accaduto.
Il vampiro della sera precedente l'aveva terrorizzata e disgustata a tal punto da costringerla a non pensare ad altro e, per quanto fosse assurda tale idea, Anne voleva distrarsi solo per non dovergli dare la soddisfazione di averle rovinato la giornata.
- Potresti dirlo ad Aaron. 
La voce di Daphne interruppe i suoi pensieri e lei si ritrovò, ancora una volta, a guardare la compagna con aria interrogativa.
- Per parlare, sai, sfogarti e farti aiutare. Lui è il nostro tutor, sarà ben felice di darti una mano per superare il trauma di ieri sera e, magari, potrebbe darti qualche suggerimento su come evitare che la situazione si ripeta.
Aaron. Già. E dire che era finita in biblioteca proprio nel tentativo di dare ascolto al consiglio di quel ragazzo.
Il fatto, però, che si fosse avventurata da sola per l'istituto nell'ora in cui ai vampiri era concesso di lasciare il proprio dormitorio era stata una sua esclusiva e brillante idea.
- Forse lo farò. Dopo cena.
Daphne le lanciò uno sguardo diffidente prima di tornare a guardare il contenuto del proprio piatto e riprendere a mangiare come se nulla fosse.
Rebecca, d'altro canto, non poteva fare a meno di rivolgersi a lei con aria truce e uno sguardo dispiaciuto.
- D'ora in avanti non andrai da nessuna parte senza di noi. Ti accompagneremo ovunque tu voglia andare e non...
- Vuoi metterle anche un guinzaglio, per caso? - replicò la bruna prendendo una mela dal cestino della frutta e addentandola, sorridendo divertita in direzione della rossa.
- Sta tranquilla, Becky, mi passerà. Sono solo un po' scossa, ma non ho alcuna intenzione di farmi rovinare la vita da quel presuntuoso, arrogante e...
Anne non riuscì a terminare la frase, poiché in quello stesso momento i dodici vampiri fecero il loro ingresso nella sala da pranzo e si indirizzarono verso il proprio tavolo, non degnando di uno sguardo gli esseri umani.
Però, un bel cambiamento dalla prima sera.
- Credi che abbia imparato la lezione? - mormorò Rebecca con lo sguardo puntato su un vampiro in particolare. Anne sentì come un brivido percorrerle la schiena per tutta la sua lunghezza, prima di decidersi a sollevare gli occhi e puntarli sul vampiro che la sera prima l'aveva disgustata tanto.
Ma lui non la guardava.
Al contrario, sembrava estremamente coinvolto in un'apparentemente piacevole conversazione con una vampira dai capelli rossi e gli occhi castani da cerbiatta. Il suo braccio avvolgeva le spalle di lei.
- Non lo so. Ma spero per lui che sia così. 
Anne si alzò dal tavolo e si indirizzò verso l'uscita della sala da pranzo, voltandosi appena per comunicare alle due ragazze dove avesse intenzione di andare.
Aaron quella sera non si era presentato a cena. Con ogni probabilità, lo avrebbe trovato nel suo ufficio.

Non appena l'umana abbandonò la sala da pranzo, Gabriel poté finalmente smettere di fingere di essere interessato alla conversazione con Brittany che, a dire il vero, somigliava molto a un monologo circa le preferenze nel campo d'abbigliamento della rossa.
Gabriel seguì con lo sguardo la mortale e, quando Brittany richiamò impaziente la sua attenzione, lui lasciò scivolare il proprio braccio giù dalle spalle della vampira e lo incrociò con l'altro sul tavolo da pranzo.
- Mi domandavo quanto avresti retto.
Elessar gli rivolse la parola divertito, prima di poggiare nel proprio piatto una bistecca al sangue.
Gabriel odiava mangiare. Fosse stato per lui avrebbe trascorso la vita a bere sangue umano ma, vista la carenza di questo e il tentativo di integrarsi con la razza di cui lui adorava nutrirsi, il cibo era l'unica cosa che gli permetteva di non svenire privo di forze durante la notte.
- Il tempo necessario per farle capire che di lei non mi importa assolutamente niente.
Di chi parlasse era, naturalmente, scontato.
- Credo tu sia stato particolarmente chiaro. Non aveva una bella cera quando si è alzata da lì.
Il compagno tagliò elegantemente la bistecca nel piatto e condusse con estrema lentezza il boccone fino alle proprie labbra. Prima di bloccarsi con gli occhi puntati di fronte a sé.
- Cosa c'è?
Quando Gabriel fece per seguire lo sguardo dell'amico, non poté fare a meno di notare un'umana guardare nella loro direzione. I capelli castani emettevano riflessi dorati alla luce del lampadario che illuminava la sala e i suoi occhi color miele inchiodarono Gabriel con espressione divertita.
Merda.
- Credo che quella ragazza abbia capito il tuo gioco.
Elessar rise sommessamente e imboccò il pezzo di carne, per poi posare silenziosamente la forchetta sul piatto e i gomiti sul tavolo, perdendosi ad osservare la mortale con sguardo curioso e un sorriso ad aleggiargli sulle labbra.
La ragazza, con le mani incrociate di fronte alla bocca, non perse mai di vista Gabriel che, a lungo andare, cominciò a sentirsi a disagio con la consapevolezza di quegli occhi puntati su di sé.
Quell'umana iniziava ad essere irritante.
- Io me ne vado.
Così dicendo, una decina di minuti dopo l'inizio della cena, si alzò dalla propria seduta e si allontanò di gran carriera dal tavolo, uscendo dalla sala e indirizzandosi verso l'aula in cui avrebbero avuto la prima lezione della nottata.
Quando salì la prima rampa di scale e si avviò verso il luogo prestabilito, però, una voce lo costrinse a fermarsi sul posto.
- Credi davvero che funzioni?
La bruna lo aveva seguito e, senza neppure voltarsi a controllare, Gabriel fu certo che si trattasse di lei. La sentì avvicinarsi, passo dopo passo, per poi fermarsi a mezzo metro da lui.
Come se quella distanza di sicurezza potesse servire a tenerla al riparo.
- Questo tuo atteggiamento, intendo. Prima cerchi di prenderla con la forza, poi la ignori come a voler farle capire che lei è solo un oggetto con cui ti vuoi divertire e, infine, ti struggi per lei e perché, naturalmente, non puoi averla. Sei ridicolo.
Però, quella ragazza ne aveva di fegato. 
O era semplicemente stupida.
Gabriel sorrise e si passò le dita di una mano sul labbro superiore, consapevole che a breve le gengive avrebbero iniziato a dolergli. Si voltò verso la ragazza e si portò entrambe le mani in tasca, prima di sollevare lo sguardo su di lei.
- Occhio alle parole, dolcezza, a lungo andare potresti pentirti di non averne usato di più adeguate.
La ragazza incrociò le braccia al petto e piegò l'angolo della bocca in un sorriso di sfida.
Gabriel non poté fare a meno di considerarla eccessivamente bella ma, a dire il vero, non più di quanto lo fosse un'altra umana all'interno di quelle quattro mura.
- Errore mio, permettimi di rimediare: non sei ridicolo, sei assolutamente penoso, sfacciatamente presuntuoso e così pieno di te da portarmi a chiedermi come tu faccia a passare attraverso una porta senza rimanervi incastrato. 
Gabriel inarco un sopracciglio e serrò le labbra. La ragazza aveva brutte intenzioni, quella sera. Per se stessa.
- Va meglio? O ti necessita un ulteriore avvertimento per convincerti a lasciarla in pace?
Evidentemente lei teneva molto alla sua umana, ma Gabriel non aveva intenzione di permetterle di prendersi tanta confidenza solo perché poteva vantare un tale legame.
In uno scatto fulmineo si ritrovò a pochi centimetri dal bellissimo viso della bruna, costretta contro il muro dalla propria mano attorno alla gola di lei. Neppure un quell'occasione la ragazza mostrò di provare paura, solo una forte repulsione. Eppure, dal suo odore, Gabriel poté comprendere quanto fosse brava a celare determinate emozioni.
Il vampiro mostrò i canini e soffiò rabbioso, esercitando una stretta vigorosa ma non letale sulla gola della mortale.
- Te lo ripeterò un'ultima volta: modera il linguaggio in mia presenza, umana, e non ti sarà torto un capello. In caso contrario, beh... - lasciò la frase in sospeso mentre si passava la lingua su entrambi i canini, rendendo ben palese cosa sarebbe accaduto se la ragazza non gli avesse dato retta.
- Siete disgustosi. Fate affidamento su un paio di denti affilati e forza bruta per sottomettere chi, a livello di intelletto, non è inferiore a voi.
Gabriel non poté evitare di pensarlo: quella ragazza non era affatto una sciocca, era semplicemente molto coraggiosa e non temeva di esprimere un dato di fatto neppure in circostanze decisamente svantaggiose, per lei.
- Perché ti ostini a volermi irritare?
Domandò il vampiro che, in verità, si era decisamente calmato dopo aver appurato che quella ragazza valesse effettivamente qualcosa.
- Perché spero che qualcuno passi di qui e ti colga in flagrante, per poi cacciarti a calci in culo da quest'istituto.
Dopo qualche secondo di silenzio Gabriel soppesò quelle parole e scoppiò a ridere, liberando la ragazza dalla propria presa e osservandola mentre faticava a rimanere in piedi.
Gli sarebbe piaciuta, se lei non lo avesse odiato così tanto.
- Fatti un favore e vattene da qui. Non sarò così clemente una seconda volta.
- Non ti ho chiesto di esserlo nemmeno la prima.
- Non provocarmi, ragazza.
Così dicendo, il vampiro si avviò verso l'aula in cui si sarebbe tenuta la prima lezione, lasciandosi alle spalle l'umana che, non appena lo vide andar via, si accasciò stancamente contro la parete e scivolò fino a sedersi sul pavimento.

Daphne Moore non aveva mai pianto in vita sua, non da quanto riusciva a ricordare. 
Essendo l'ultima di tre figli e costretta a crescere con due fratelli maggiori che la trattavano alla stregua di un uomo, Daphne si era sempre distinta dalle altre ragazze che, a differenza sua, non facevano che pensare ad abiti, trucco e parrucco.
Lei aveva sempre indossato jeans troppo larghi e maglie che non mettevano in risalto le curve che, a onor del vero, avrebbero fatto invidia a parecchie ragazze della sua età.
Da bambina amava legare i lunghi capelli che la madre le aveva sempre impedito di tagliare e nasconderli sotto un berretto dei Red Sox che, a furia di usarlo, aveva rammendato tante, troppe volte.
Sua madre l'aveva pregata di buttare quel vecchio accessorio: gliene avrebbe comprato un altro, se necessario, ma si rifiutava di mandarla in giro con quello straccio.
Eppure, per Daphne, quel berretto era molto più importante di quanto sua madre o qualsiasi altra donna avrebbe mai potuto capire. Era un ricordo della prima partita che suo padre l'aveva portata a vedere.
Quando il vecchio Tim Moore aveva esalato l'ultimo respiro in un letto di ospedale, Daphne decise di conservare quel berretto per il resto della vita, non indossandolo mai più per timore di rovinarlo più di quanto non fosse già accaduto.
Persino in quel momento esso giaceva in un angolo dell'armadio, nascosto alla vista da una fila di maglioni ingombranti che avrebbero scoraggiato chiunque a mettere mano in quel pezzo di mobilio.
Daphne non piangeva mai, come si è già precisato, non lo aveva mai fatto, eccetto il giorno della morte di suo padre. Ma lo aveva fatto in silenzio, chiusa in uno dei bagni dell'ospedale, accarezzando il cappello dei Red Sox e sciogliendo i lunghi capelli castani per la prima volta.
Quello era stato il momento del cambiamento. Aveva iniziato a indossare abiti più femminili senza mai eccedere da quel lato. Non aveva mai osato truccarsi, tuttavia, nonostante dedicasse particolare cura ai capelli e alla propria pelle.
Sua madre le aveva permesso di partecipare all'esperimento di Joskow con la speranza di farla socializzare con altre ragazze e, in un certo senso, la necessità di quella donna di renderla più femminile era, per Daphne, motivo di grande rancore.
Sua madre l'avrebbe consegnata perfino alle cure di una vampira se questa fosse riuscita là dove lei aveva fallito. E, bene o male, era quello che aveva fatto, solo che al posto di una vampira adulta ce n'erano ben dodici poco più che adolescenti.
Daphne si sedette sul pavimento e raccolse le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e poggiando su di esse la fronte imperlata di sudore.
Quel bastardo l'aveva spaventata ma lei aveva retto, non era crollata.
Tuttavia, la stretta da lui esercitata sul suo collo era stata possente e la gola le bruciava, un pochino.
La ragazza prese un respiro profondo e tossì. Provò una seconda volta e tossì di nuovo.
Maledetto vampiro, prima o poi gliel'avrebbe fatta pagare, soprattutto se non avesse lasciato in pace Anne. Quella ragazza la piaceva, stranamente, un po' come le piaceva Rebecca e, per quanto le suonasse strano, avrebbe cercato di tenere alla larga quei vampiri da entrambe.
- Non sforzarla più del necessario, tossire non ti fa bene.
Una voce calda e ammaliante la costrinse a sollevare lo sguardo verso il nuovo arrivato.
Il respiro le si fermò in gola e non poté fare a meno di studiare ogni dettaglio visibile.
I capelli ramati erano lunghi e folti, una chioma che avrebbe suscitato l'invidia di qualunque donna.
Gli occhi, viola e screziati di grigio come la più grezza delle ametiste, rilucevano nella penombra del corridoio in cui entrambi si trovavano. 
Il corpo, massiccio e muscoloso, si stagliava enorme davanti a lei, facendola sentire in trappola e senza alcuna via di fuga.
Qualcosa, tuttavia, le suggeriva che quel vampiro non avrebbe fatto nulla per impedirle di fuggire, se fosse stato questo ciò che lei desiderava.
- Non ho chiesto il tuo parere.
Rispose lei voltando la testa verso destra, nel punto in cui era sparito l'altro vampiro.
- Non ho domandato se lo desideravi.
Daphne voltò nuovamente il capo verso il vampiro appena arrivato e gli scoccò un'occhiataccia.
- Dì un po', vi diverte prendervi gioco di noi? Cos'è, vuoi dimostrarmi anche tu quanto sarebbe facile appendermi alla parete come se non fossi altro che un inutile quadro?
Il rosso piegò la testa di lato e, nonostante la penombra che le impediva di scrutare attentamente ogni lineamento del suo volto, Daphne fu certa che quel vampiro fosse dannatamente bello.
Non che ce ne fosse qualcuno brutto, tra quelli presenti all'istituto.
- Gabriel non avrebbe dovuto fare quel che ha fatto. Temo di dovermi scusare da parte sua.
Daphne fece scoccare la lingua e digrignò i denti, facendo ricadere l'argomento con un secco gesto della mano.
Poi si soffermò a riflettere sulle parole del vampiro.
- Tu hai visto tutto? Hai assistito a tutta la scena e non hai fatto niente?
Il vampiro sembrò essere messo alle strette e si portò una mano alla nuca, massaggiandola con lentezza premeditata. Parve in difficoltà e Daphne faticò a crederci.
- Mi dispiace. Hai tutto il diritto di essere arrabbiata, ma non volevo intervenire fino a quando le cose non si fossero fatte serie.
Il vampiro si portò alla sua sinistra e si poggiò contro la parete, per poi scivolare fino al suolo e rimanere seduto al suo fianco, con una gamba piegata che fungeva da appoggio per il braccio corrispondente e l'altra allungata davanti a sé.
- Gabriel deve imparare a controllarsi. Stavo per intervenire poco fa ma... quando lo hai fatto ridere ho capito che ti avrebbe lasciata andare, e così ha fatto. Tuttavia, hai ragione, sarei dovuto intervenire prima.
Daphne si voltò verso sinistra e, finalmente, si soffermò ad ammirare quei lineamenti illuminati flebilmente dalla luce proveniente dalla rampa di scale. Era bello, esattamente come aveva immaginato, ma la sua era una bellezza diversa da quella degli altri vampiri: appariva gentile, premuroso e... maledizione, si trovava davanti a un vampiro!
- Non è quello che intendevo. Mi sorprende il fatto che tu non sia intervenuto ad aiutare il tuo amico nel tentativo di farmi fuori.
A quel punto Daphne prese un ulteriore respiro e tossì di nuovo; la gola bruciava e si decise a tornare nel dormitorio, abbandonando quella folle idea di socializzare con uno di quelli.
- Non credo che Gabriel abbia bisogno del mio aiuto in questo. In ogni caso, non lo avrei fatto. Io rispetto gli umani, per quanto possa essere strano sentirlo dire da un vampiro.
Se la ragazza rimase sorpresa da quelle parole, non lo diede a vedere. Cercò di rimettersi in piedi, piuttosto, e quando riuscì nell'ardua impresa un capogiro le fece perdere l'equilibrio.
Un paio di braccia forti e muscolose la cinsero in vita e le impedirono di cadere. Lei poggiò le mani su due spalle possenti e sentì i muscoli guizzare sotto il proprio tocco.
La voce di lui le arrivò bassa e roca, il suo respiro le solleticò la pelle del collo e un fremito la percorse da capo a piedi.
- Non dovresti pretendere così tanto dal tuo corpo. Ti sei presa un bello spavento poco fa e...
- Risparmiami le cazzate da buon samaritano, per cortesia.
Aveva il fiato corto. Gli occhi chiusi le permettevano di affinare gli altri sensi: il tatto funzionava a meraviglia dato ciò che stava sfiorando; l'olfatto era inebriato dal profumo di quel vampiro così come l'udito dalla sua voce profonda e sensuale. Il gusto... beh, non aveva ancora avuto modo di testarlo.
E non lo avrebbe fatto.
- Sei parecchio scurrile, per essere una donna.
Disse lui accennando una risata sommessa, senza smettere di reggerla.
Daphne non era così sicura di non averne più bisogno.
- Spiacente, per le principesse vai a pagina 394 del libro di fiabe che tengo nel ripostiglio del sottoscala. 
- Appassionata del maghetto con la cicatrice, eh?
- Vai al diavolo.
Il vampiro rise di nuovo e, quella volta, Daphne riuscì a percepire persino il tuonare del petto poderoso di quella creatura. Quando poi sollevò il capo verso di lui, i suoi occhi incontrarono quelli ametista del vampiro e, per un attimo, il tempo parve fermarsi.
- Potrei scorgere il Paradiso, volendo, solo per un momento...
Il vampiro abbassò lo sguardo sulle sue labbra e Daphne temette che le proprie gambe non riuscissero a reggerla. Ma ci sarebbe stato lui a impedirle di cadere, di nuovo.
Si avvicinò sempre di più, fino a quando il suo respiro non si infranse sulle labbra della ragazza.
Quella bocca era così invitante, le labbra erano carnose e il modo in cui il vampiro aveva stretto la presa attorno al suo corpo, in maniera talmente impercettibile da farle credere che si trattasse di una sua impressione, le fece tornare il capogiro.
Quando si rese conto di ciò che stava per accadere, però, si allontanò bruscamente da lui e si resse con una mano contro la parete.
Il vampiro fece per avvicinarsi e sorreggerla di nuovo ma lei fece un altro passo indietro.
Lui comprese il messaggio che lei gli stava inviando con lo sguardo furioso e, in parte, colpevole.
Poi Daphne si voltò e prese a salire lentamente le scale fino a giungere al secondo piano e trascinarsi fin dentro il dormitorio.
Quando riuscì ad arrivare nella propria stanza notò, con piacere, che Rebecca e Anne non erano ancora tornate.
Si sdraiò sul proprio letto e si portò un braccio sugli occhi.
Cosa diavolo le era saltato in mente? Stava davvero per baciare uno di quei mostri?
Quando fu certa di essersi ripresa, andò in bagno per darsi una lavata e infilò il pigiama; si mise sotto le coperte ed espirò profondamente. Un altro colpo di tosse.
- Maledetti vampiri.
Non si accorse nemmeno di quando le sue due compagne rientrarono in stanza. L'ultima cosa che vide, quella sera, fu l'immagine di suo padre sdraiato su un letto di ospedale.
E il morso di un vampiro che gli aveva portato via la vita.




Ecco a voi il "delizioso" Julian =)
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolo dell'autrice:
Chiedo venia per l'immenso ritardo ma gli esami mi stanno portando via un sacco di tempo ç_ç in compenso ho già pronto l'altro capitolo e a breve lo posterò :3
Allora, che dire... ho pensato attentamente a quali personaggi inserire e a come farli interagire tra loro: Lucien, Excess (che verranno affrontati nel nuovo capitolo) e Julian saranno tre personaggi fondamentali e spero di tutto cuore che vi possano piacere. Che ne pensate, invece, della scena tra Daphne ed Elessar? Ammetto che non era in programma, è uscita di getto ma non ho potuto fare a meno di inserirla. In più, amo il nuovo look di Elessar, lo trovo molto più adeguato a lui xD
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e, come al solito, attendo qualunque consiglio o critica per migliorare =) Grazie a tutti!
PinyRose: grazie infinite per la recensione! Sono contenta che quei due ti siano piaciuti ^^ sono insopportabili all'inizio, soprattutto Gabriel, ma spero non ti deluderanno! In questo capitolo hanno poco spazio ma nel prossimo mi farò perdonare :P Un bacione e alla prossima, spero!
marvel: sono davvero felice che la scena tra Gabriel e Anne ti sia piaciuta! Ero molto scettica a dire il vero, dato che si trattava del primo vero approccio e non so mai come metterlo giù senza apparire scontata e noiosa xD a dire il vero Selina avrebbe potuto lasciarli fare, a mio avviso, ma poi si svelava tutto in maniera troppo frettolosa >.< come ho già scritto, in questo capitolo entrambi hanno avuto poco spazio, ma nel nuovo ci sarà da ridere :3 grazie per la recensione e spero a prestissimo! Un abbraccio! =)
OnceUpon: sei davvero troppo gentile, mi metti in imbarazzo xD nessuna scrittrice in incognito ma sono davvero contenta che la storia ti stia prendendo =) si, Gabriel è odioso e persino io vorrei farlo fuori, di tanto in tanto, ma ho grandi progetti per lui e penso che saprà farsi amare, alla fin fine... Questo è un capitolo di passaggio, diciamo, ma non volevo farli riavvicinare troppo in fretta; nel frattempo presenterò altri personaggi e sarò felice di ricevere le tue impressione a riguardo =) grazie mille per l'impegno che ci metti nel leggere e recensire, mi auguro di non deluderti ^^ un bacione!
Linavalentino99: come promesso, ecco a te il nuovo capitolo, spero non ti deluda ;) a presto :*

Con ciò vi saluto e, spero, ci rivediamo tra pochissimo con il nuovo capitolo!
Baci baci,
Fra.
 

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Capitolo 5
*** Contatti ***




Dopo quanto era accaduto la sera prima Anne sentiva il bisogno di sfogarsi, urlare e prendere a pugni qualunque cosa, meglio se si fosse trattato dello stesso vampiro che aveva scatenato in lei quelle emozioni, in effetti.
Dopo aver lasciato la sala da pranzo sotto gli sguardi incerti delle sue due compagne di stanza, la ragazza si era affrettata verso l'ufficio di Aaron, ma si convinse di voler parlare con lui solo quando si trovò effettivamente di fronte alla sua porta.
Non sapeva neppure cosa avrebbe dovuto dirgli e, non appena bussò, si pentì immediatamente dell'idea malsana che l'aveva spinta ad andare da lui.
- Chi è?
Dal tono di voce usato dal ragazzo, Anne poté capire di averlo colto alla sprovvista. In effetti, non essendosi presentato a cena, era naturale pensare che avesse altro da fare.
- Ehm, sono Anne. Posso tornare più tardi o domani, se preferi...
- Oh, Anne! Dammi solo un momento e sono subito da te!
A quel punto parve chiaro perfino a lei che non se ne sarebbe potuta andare come se nulla fosse. La ragazza si portò le mani dietro la schiena e dondolò da un piede all'altro con aria evidentemente imbarazzata. Cosa diavolo le era venuto in mente? Cos'avrebbe detto al ragazzo che si sarebbe trovato presto davanti a lei?
Quando Aaron aprì la porta, Anne poté studiare i particolari del momento: le guance erano arrossate, i capelli bagnati e pettinati all'indietro, l'orlo della maglietta nera era arricciato su un fianco e la cinta dei pantaloni slacciata.
Era evidente che lo avesse disturbato durante la doccia. O subito dopo.
Anne sentì le proprie guance andare a fuoco e soffocò l'istinto di nascondere quella vista portando le mani sul volto; rimase invece immobile e non proferì parola, guardando il ragazzo che aveva davanti senza accennare a entrare nel suo ufficio.
- Scusa se ti ho fatto aspettare. Vieni, entra.
Ancora nessuna reazione. Aaron si accigliò e la osservò con aria confusa, prima di farsi da parte e spalancare ulteriormente la porta.
- Anne? - a quel punto la ragazza parve risvegliarsi ed entrò rapidamente nell'ufficio del suo tutor; Aaron chiuse la porta alle sue spalle e si avviò verso un carrello su cui teneva vari tipi di liquori.
- Posso offrirti qualcosa? 
Il ragazzo versò per sé il contenuto di una delle bottiglie in un bicchiere, poi la guardò e attese una risposta.
- No, ti ringrazio, sto bene così.
Aaron annuì e prese un sorso di quello che pareva scotch, prima di avvicinarsi a lei e poggiarsi contro la scrivania, rivolgendole la sua completa attenzione.
- In che cosa posso esserti utile?
In quel momento avrebbe potuto rimanere fermo dov'era lasciandosi ammirare e, si ritrovò a pensare Anne, sarebbe stato davvero di grande aiuto.
In effetti, però, non era saggio prendersi una cotta per la propria guida all'interno dell'istituto e, a dirla tutta, non era il caso di svelare quel desiderio ad alta voce.
Anne si schiarì la gola e distolse lo sguardo dal ragazzo, portandosi distrattamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Credo di aver bisogno di qualche consiglio.
- Riguarda quello che è accaduto ieri sera?
Beh, almeno l'aveva sottratta all'impiccio di dover spiegare la parte imbarazzante della questione. Si limitò invece ad annuire, senza osare guardarlo nuovamente negli occhi.
Non aveva fatto niente di cui vergognarsi, non ancora, eppure non le andava giù quanto fosse accaduto né, tanto meno, che altri lo fossero venuti a sapere.
- Anne, guardami.
Il tono perentorio di Aaron non lasciava spazio a ripensamenti. Anne sollevò il volto ma si rifiutò di guardarlo, fino a quando non lo sentì avvicinarsi e la mano di lui si portò sotto il suo viso, costringendola a ricambiare il suo sguardo.
- Non è successo niente, d'accordo? Hai avuto paura, è normale, nessuno ha detto che sarebbe stato facile.
La sua voce fu poco più che un sussurro ed Anne non poté fare a meno di perdersi in quegli occhi azzurri.
- Ma non ti è accaduto nulla. Selina lo ha fermato in tempo e sarà sempre così fino a quando rimarrai sotto questo tetto. Non permetteremo a nessuno di loro di farvi del male.
Anne si ritrovò ad annuire prima di percepire il calore della mano libera di Aaron sul proprio fianco; l'altra era intenta a massaggiare delicatamente col pollice la sua gota.
- Mi ha costretta al muro e... mi ha intrappolata con il suo corpo...
- Lo so.
- Stava per sbottonarmi la camicia.
- Lo so. Ma non è successo.
- Non voglio che accada di nuovo. Odio sentirmi impotente di fronte a loro.
Di fronte a lui.
Aaron attirò a sé la ragazza e la strinse in un abbraccio, facendole scorrere una mano lungo la schiena, confortandola mentre le lacrime sgorgavano e la paura della sera prima tornava a galla per abbandonarla, sperò, una volta per tutte.
- Te lo giuro, Anne, non ti accadrà mai più una cosa simile. Ti do la mia parola.
Lei annuì contro il suo petto e inalò il profumo del bagnoschiuma ancora brutalmente presente sul corpo del ragazzo. Poi, quando si rese conto che una studentessa non avrebbe dovuto prendersi tanta confidenza con il proprio tutor, poggiò le mani sui pettorali sodi del ragazzo e si spinse via. Aaron non la trattenne e sciolse la presa, guardandola con attenzione come a sincerarsi che stesse bene.
- Grazie.
- E' il mio lavoro - la guardò allontanarsi prima di aggiungere - oh, Anne, ricorda di passare dall'ufficio di Selina dopo cena, vuole parlarti.
Già, era solo il suo lavoro e Anne avrebbe fatto meglio a ricordarselo. Si sarebbe comportato nella stessa maniera per uno qualunque di loro.
Quando finalmente salutò Aaron annuendo e si diresse fuori dal suo ufficio, Anne tirò un sospiro di sollievo. La sua intenzione era quella di tornare nel proprio dormitorio ma, dopo uno sguardo all'orologio, si rese conto di quanto fosse presto. Probabilmente Rebecca e Daphne non avevano neppure finito di cenare.
Inoltre non poteva rimanersene chiusa nella sua stanza per ben cinque anni sperando che quei vampiri non la divorassero, no?
A quel punto lasciò perdere l'idea di rintanarsi in dormitorio e ripercorse il corridoio che aveva intrapreso poco prima per giungere fino all'ufficio di Aaron.
La sua mente tornò all'incontro appena avvenuto e non poté fare a meno di ripensare alla perfezione assoluta del corpo di quel ragazzo; si rese conto dell'assurdità di quell'affermazione poiché il viso di Aaron era deturpato da vistose e numerose cicatrici, eppure, per quanto la riguardava, non avrebbe potuto ritenerlo più affascinante. E non poté fare a meno di domandarsi come se le fosse procurate.
Anne scese di corsa le scale e si scansò per lasciar passare due ragazzi. Il suo gesto non bastò a evitarli e l'impatto con uno dei due la fece cadere.
Ora, era vero che in quei giorni fosse terribilmente sbadata e si scontrasse con chiunque, ma poteva giurare di essersi spostata in tempo. Che il ragazzo l'avesse ostacolata di proposito?
- Santo cielo, stai bene?
Si ritrovò scaraventata a terra e, con lei, una serie di libri caddero dalle braccia del ragazzo contro cui era andata a sbattere.
- Sì, sto bene... - Anne alzò lo sguardo massaggiandosi il naso dolorante a seguito dell'impatto e rimase folgorata dalla visuale che aveva davanti - ...decisamente bene.
Due ragazzi dall'aspetto sconvolgente le si ergevano di fronte in tutta la loro bellezza.
Il primo, quello contro cui si era scontrata e a cui erano caduti i libri, si accucciò sulle ginocchia e le porse una mano, rivolgendole un sorriso candito come tutto ciò che lo caratterizzava.
- E' stata colpa mia, ero distratto.
Santo cielo, non aveva mai visto creature più affascinanti di quelle in tutta la sua vita. Il ragazzo che le aveva afferrato la mano per aiutarla a rialzarsi aveva la pelle color del latte, capelli lunghi fino alla vita, lisci e biondo platino, occhi dall'iride quasi bianca e screziati di rosso. Il fisico era snello e slanciato, tonico ma privo della muscolatura tipica di chi ama darsi da fare in palestra e, vedendolo finalmente in piedi, Anne si rese conto che quel tipo, così come il compagno, doveva sfiorare i due metri o giù di lì.
Il ragazzo si piegò nuovamente a raccogliere i libri che gli erano caduti a seguito dello scontro e Anne concentrò lo sguardo sull'altro che, fino a quel momento, non aveva proferito parola.
La fisionomia era molto simile a quella del biondo; il corpo era snello e slanciato ma i suoi colori differivano completamente da quelli del compagno: la pelle era del colore del cioccolato, i capelli erano lunghi e lisci come quelli dell'altro ragazzo ma erano neri e riflettevano sfumature bluastre alla luce delle torce. Gli occhi... beh, gli occhi erano di un magnifico blu elettrico e, dal colletto della camicia, Anne poté scorgere i margini di un tatuaggio che sembrava protrarsi fino alla tempia sinistra del ragazzo, attorniando la parte esterna dell'occhio.
Un angelo e un demone, ecco come apparivano quei due. E il contrasto era divino.
Quando, finalmente, Anne sembrò tornare con i piedi per terra e si rese conto di chi aveva davanti, arretrò di un passo, irrigidendosi e lanciando occhiate di sfida a entrambi.
Il biondo si rialzò e le rivolse uno sguardo sorpreso. Il moro rispose sorridendo.
- Temo di aver fatto innervosire la ragazza senza volerlo.
La sua voce era persino più ammaliante del suo aspetto. Ma in quell'occasione Anne rimase lucida, reduce dall'esperienza più che negativa della sera precedente.
Con i vampiri aveva chiuso, almeno per un po'.
- Mi dispiace se ti abbiamo spaventata, non era nostra intenzione.
Il biondo chinò la testa accennando un breve inchino che sorprese Anne; il moro incrociò le braccia al petto e piegò l'angolo destro delle labbra.
- Certo che no. Voi vampiri odiate spaventare gli esseri umani.
Il disprezzo nel suo tono di voce era evidente e, nonostante la buona educazione che sembrava essere stata impartita al vampiro con cui si era scontrata, Anne era certa che quell'atteggiamento non l'avrebbe aiutata a lungo.
- No, non lo odiamo. Ma personalmente non la ritengo un'attività, come dire, profittevole.
Il biondo le rivolse un altro sorriso gentile e Anne faticò a credere che si trattasse di un vampiro. Molto probabilmente a breve sarebbe scattato in avanti e l'avrebbe fatta fuori deridendola per essere cascata in quell'assurda farsa.
- Non sembri avere una buona opinione di noi. - appurò il moro facendo un passo verso il compagno e portandosi, automaticamente, più vicino ad Anne. La quale soffocò l'impulso di arretrare nuovamente.
- Fino ad ora non mi avete dimostrato di doverla pensare diversamente.
I due vampiri si guardarono per un attimo scambiandosi un'occhiata di intesa, prima di tornare, benevoli, a osservare lei.
- Con quanti vampiri hai avuto a che fare nella tua vita, mia cara? - le domandò il biondo.
- Non vedo come la cosa possa...
- Quanti? - concluse il moro per l'amico. Non c'era cattiveria in quel tono di voce, ma l'imposizione traspariva da ogni lettera.
- Pochi. - in verità solo uno, si disse Anne, ma non c'era alcun bisogno di farlo sapere ai vampiri.
Il moro sorrise e si avviò verso una delle aule, lasciandosi alle spalle la ragazza e il compagno; quest'ultimo indugiò per un momento, soffermando lo sguardo su di lei e non accennando a smettere di sorridere.
- Scoprirai, col tempo, che non tutti i vampiri si limitano a essere mostri assetati di sangue e privi di intelletto. Siamo anche questo, certo, ma non solo.
Il vampiro fece un paio di passi in avanti e Anne si irrigidì nuovamente, mentre lui le afferrava con delicatezza la mano e si chinava per esibirsi in un perfetto baciamano.
- Posso sapere il tuo nome, prima di congedarmi da te?
Si soffermò a rimirare le sue dita, in attesa di una risposta.
La sua pelle era fredda al tatto ma estremamente delicata.
- Anne. Mi chiamo Anne.
Il vampiro sorrise soddisfatto e le lasciò un casto bacio sulle nocche, prima di rimettersi in posizione eretta e lanciarle un'ultima occhiata inquisitrice.
- Annabelle - disse, come a volerne assaporare ogni sillaba - un nome davvero incantevole. Come, d'altra parte, chi lo porta.
Il vampiro accennò un saluto col capo e raggiunse il compagno che si era fermato sulla soglia ad attenderlo. Entrambi entrarono nell'aula e sparirono alla vista della ragazza che, dopo un attimo di confusione, si diresse verso la sala da pranzo.
Che strano, pensò mentre si accingeva a raggiungere Rebecca, era certa di avergli detto di chiamarsi Anne.

La convocazione di Selina da parte di Aaron era quanto di più strano Anne potesse attendersi. Di cosa la vampira volesse parlarle non lo immaginava proprio, ma di una cosa era certa: ne aveva avuto abbastanza di vampiri, per quel giorno.
Tuttavia un colloquio del genere non era qualcosa che poteva semplicemente rifiutarsi di affrontare, dunque, dopo aver lasciato la sala da pranzo insieme a Rebecca, le due si salutarono al centro del corridoio, mentre la rossa si allontanava preoccupata.
Anne rimase ad osservarla fino a quando non entrò in dormitorio e non poté fare a meno di pensare quanto quella ragazza fosse adorabile. Aveva insistito per accompagnarla ma all'ennesimo rifiuto di Anne si era arresa, non del tutto soddisfatta.
Non poteva smettere di vivere solo per quell'idiota di un vampiro, su questo non transigeva.
Si diresse velocemente verso il lato della struttura dedicato all'altra razza e, una volta arrivata alla sua estremità, si poggiò con la schiena contro la parete e sospirò chiudendo gli occhi.
Non le sembrava vero. La sua vita si era tramutata in un inferno o, in alternativa, i demoni avevano messo piede nel mondo reale. In ogni caso, quella situazione proprio non le andava giù.
La porta dell'ufficio della tutor dei vampiri si aprì all'improvviso e il volto perfetto della femmina rivolse i propri occhi in quelli di Anne.
- Devo farti attendere un paio di minuti, perdonami.
La vampira chiuse la porta e lasciò Anne interdetta. Prima la convocava e poi la lasciava lì fuori a pochi passi dall'entrata del dormitorio dei vampiri. Dubitava che la situazione potesse peggiorare.
Ma quando dall'altra parte del corridoio un rumore di passi la fece voltare, Anne capì che non c'era mai limite al peggio.
Il vampiro dai capelli neri e occhi dello stesso colore che l'avevano terrorizzata la sera prima le si stava avvicinando e, quando sollevò lo sguardo su di lei, le sue labbra si schiusero in un sorriso accattivante.
Anne non si mosse.
- Ci rivediamo, pricipessa. Dì, ti sono mancato?
In quegli attimi infiniti lei non poté fare a meno di sperare che Selina la facesse accomodare nel suo ufficio. In alternativa avrebbe sempre potuto sfondare la porta.
- Quanto potrebbe mancarmi uno spillo in una scarpa.
La ragazza portò le braccia a incrociarsi al petto, rivolgendosi con espressione furiosa al vampiro. Non lo aveva ancora perdonato per quanto le aveva fatto passare e, era certa, non lo avrebbe fatto ancora per un bel po' di tempo.
- Mmm sadica, mi piaci ancora di più.
- Sei disgustoso.
Il vampiro si aprì in un sorriso ancora più esteso e si avvicinò a lei, passo calmo, mani in tasca, voce ridotta a poco più di un sussurro.
- Allora, come mai sei stata convocata da Selina?
- Come fai a sapere che...
- Non crederai possa pensare che ti sei avventurata nel covo dei vampiri solo per una scampagnata.
No, evidentemente no.
- Non ne conosco la ragione, ma se nel frattempo tu potessi sparire dalla mia vista mi faresti immensamente felice.
Il vampiro lasciò scorrere lascivo il proprio sguardo su di lei. Anne percepì un brivido lungo tutto il corpo e si convinse che fosse a causa del disgusto che provava per quella creatura.
- Renderti felice è la mia massima aspirazione, credimi, ma al momento mi risulta difficile farlo.
Si allontanò finalmente da lei e si poggiò contro la parete opposta a quella contro cui si trovava Anne.
- Sono stato convocato anch'io.
Il vampiro si strinse nelle spalle e distolse lo sguardo dalla ragazza, puntandolo sulla porta dell'ufficio di Selina e sbuffando appena.
Se la tutor dei vampiri aveva convocato entrambi, evidentemente qualsiasi cosa avesse da dirle aveva a che fare con quanto era successo la sera precedente.
Cielo, quel vampiro l'aveva spaventata a morte eppure eccolo lì, in quel momento, tranquillo e spensierato e senza la minima intenzione di riprendere da dove aveva lasciato.
- Perché lo hai fatto?
Non riuscì a trattenere quella domanda che, da più di ventiquattr'ore, le impediva di pensare ad altro. Non era certa di poter cambiare opinione su quell'essere, ma sapere il motivo malato che lo aveva spinto ad agire in quel modo sarebbe comunque stato un passo avanti.
Divertimento, noia, bisogno malsano di ingigantire il proprio ego... qualunque cosa, ma desiderava una risposta.
Quando il vampiro spostò lo sguardo su di lei non si mosse, si limito a sorridere appena, mostrando uno dei canini e aprendo la bocca per rispondere...
In quel momento la porta dell'ufficio di Selina si spalancò e la vampira fece cenno a entrambi di entrare.
Quando si suol dire "tempismo perfetto".

Era sul punto di risponderle. Non sapeva cosa diamine sarebbe potuto uscire dalle sue labbra ma era lì lì per darle una risposta che, ne era certo, non le sarebbe affatto piaciuta.
Quell'umana faceva sorgere strane e contrapposte emozioni in lui: voleva tenerla vicina e fare in modo che lei glielo permettesse, ma l'idea di trovare una tregua e spegnere il fuoco che l'animava era inconcepibile. Aveva bisogno di quella foga, del suo essere tanto distante da quello di tutte le femmine con cui aveva avuto a che fare... il suo disgusto e il suo ribrezzo avrebbero dovuto scoraggiarlo, com'era accaduto per un momento la sera prima, e invece lo elettrizzavano. La voleva per sé, in quel momento più che mai.
Quando Selina li trascinò all'interno del suo ufficio, Gabriel prese posto su una delle due poltroncine al di là della scrivania. L'umana fece lo stesso e la vampira si accomodò dall'altro lato, portando i gomiti sul tavolo e incrociando le mani all'altezza delle labbra.
I suoi occhi di ghiaccio vagavano dall'uno all'altro senza tregua, studiandoli e ponderando le parole da usare. Almeno questa era l'impressione che dava a Gabriel.
- Dunque, suppongo che entrambi abbiate capito il motivo per cui siete qui. Ieri sera, dopo l'accaduto, sono andata a fare rapporto a Joskow e, naturalmente, il direttore non si è ritenuto particolarmente soddisfatto del tuo comportamento, Gabriel.
Il vampiro puntò gli occhi al cielo prima di riportarli sulla cugina, completamente indifferente alle sue velate critiche.
- Quanto a te, Annabelle - Annabelle, quello era il suo nome, dunque - egli ha avuto modo di osservarti nel corso della giornata e, consapevole del tuo grado di familiarità con la nostra razza, ha preso una decisione.
Momento di suspance. Selina li adorava, Gabriel un po' meno.
I suoi occhi si spostarono veloci sull'umana che, alla sua destra, stringeva i pugni in grembo, rivolgendo a Selina uno sguardo di fuoco. Pessimo segnale.
- D'ora in avanti voi due trascorrerete parecchio tempo insieme. Rimarrete in luoghi altamente sorvegliati e, possibilmente, mai in solitudine. Gabriel, tu approfitterai di questo periodo per imparare a controllarti; Annabelle, tu cercherai di conoscere a fondo la nostra razza e imparerai a gestirci così come noi siamo in grado di gestire voi esseri umani.
- Stai scherzando, mi auguro.
Gabriel piegò l'angolo destro delle labbra e si voltò a osservare spudoratamente l'umana. Era certo che non avrebbe mai accettato una condizione simile, piuttosto avrebbe abbandonato l'istituto e questo, lui, non poteva permetterlo.
- Ti sembro una che ama scherzare? Poche storie, ragazza, l'obiettivo dell'istituto è favorire l'integrazione e voi sarete solo i primi a dover instaurare un qualche tipo di legame. Perché credi che siate dodici vampiri e dodici umani? Sei femmine e sei maschi per ciascuna razza? Siete destinati a legare tra voi, un umano e un vampiro in particolare e cercare di collaborare indipendentemente dal sesso e dalla specie.
Ecco, questo particolare gli era effettivamente sfuggito.
- E come pensi di costringerci a stare insieme? Ci installerete un microchip sotto pelle? La costringerete a trasferirsi nel dormitorio dei vampiri o farete trasferire me nel suo? E' materialmente impossibile farci...
- Nulla è impossibile qui dentro, a meno che non sia Joskow a dirlo. 
Il tono di Selina non ammetteva repliche e le palpebre socchiuse su quegli occhi incantevoli le attribuivano un'aria da predatrice. Quale effettivamente era.
- Noi vampiri siamo più limitati a causa dell'esposizione alla luce, dunque sarai tu, Annabelle, a dover cercare di andare incontro alle esigenze di Gabriel, in caso di necessità.
Il vampiro ridacchiò soddisfatto ma un cenno della mano di Selina lo fece ammutolire all'istante.
- Dalle 18 alle 21 di ogni giorno vi incontrerete e cercherete di sfruttare al meglio quelle tre ore che sarete costretti a trascorrere insieme. Sarete liberi di girare per l'istituto così come nel parco circostante, ma vorrei farvi presente che ovunque andrete sarete tenuti sotto stretta sorveglianza fisica o tecnologica - così dicendo, la vampira indico con un cenno del dito la telecamera situata in un angolo del suo ufficio. Niente avveniva in quell'accademia senza che Joskow, Selina o Aaron ne fossero informati in tempo reale.
- Stai dicendo che quelle cose sono ovunque?
- Ovunque, persino in giardino. Vi lasciamo un minimo di privacy nei dormitori e nei bagni, tutto qui. E sta attento, Gabriel, se provi a costringerla a entrare nel tuo dormitorio, noi lo sapremo: in corridoio ne abbiamo in abbondanza di questi giocattolini.
Gabriel fece per rispondere quando l'odore dell'umana lo travolse. Aveva di nuovo paura di lui.
- Voglio che tu sappia, Annabelle, che non ti capiterà niente di male. E mi assicurerò personalmente che quest'imbecille non ti torca neppure un capello. Sono stata chiara?
Gabriel fece una smorfia nell'udire l'appellativo che la cugina aveva appena usato per descriverlo, ma non disse niente, concentrando la propria attenzione sull'umana.
Non le avrebbe fatto nuovamente del male. Il disagio che lei aveva provato la sera precedente lo aveva completamente spiazzato e si era ripromesso di non spaventarla più a quel modo.
Doveva trovare un altro approccio con lei e il tempo che avrebbero trascorso insieme lo avrebbe aiutato a individuarlo.
- Molto bene, potete andare. - Selina sembrò improvvisamente impegnata a controllare determinati documenti e i due ragazzi si alzarono, avviandosi verso la porta dell'ufficio.
- Ricordate: settimana prossima, ogni sera alle 18. E, per l'amor del cielo, cercate di andare d'accordo.
Gabriel non accennò alcuna parola e si avviò verso la porta. Dopo averla spalancata si fece da parte e permise ad Annabelle di passare; l'umana gli rivolse un'occhiata sconcertata ma non durò a lungo.
Quando furono fuori dall'ufficio e Gabriel si fu chiuso la porta alle spalle, il ragazzo si incamminò nuovamente verso le aule e non si prese neppure la briga di salutare l'umana.
Solo poche ore. Poche ore e avrebbe potuto trascorrere del tempo con lei.
- Non mi hai ancora dato una risposta.
La sua voce lo costrinse a fermarsi in mezzo al corridoio. La guardò da sopra la spalla con espressione fintamente annoiata e parlò.
- A cosa, di preciso?
La ragazza, evidentemente contrariata da quanto le era stato imposto, prese coraggio e si avvicinò a lui. Gabriel, per tutta risposta, apprezzò il gesto e sorrise, voltandosi verso di lei e aspettando che gli si avvicinasse di sua spontanea volontà.
- Perchè lo hai fatto?
Oh, quello, giusto.
Il vampiro abbassò lo sguardo sulle sue labbra e rimase incantato da quella meraviglia: non eccessivamente carnose e ancora umide, si muovevano appena e con un'eleganza che lo sconvolse.
A quel punto Gabriel fu sopraffatto dal desiderio di sbatterla contro un muro, spogliarla in mezzo al corridoio e farla sua più e più volte, fino a quando non si fosse ritenuto soddisfatto.
Ma non lo fece. Lei non avrebbe apprezzato.
Assurdo.
- Mi stavo annoiando.
Non avrebbe potuto dire una cosa più sbagliata ma, in parte, era la verità.
La ragazza si accigliò e l'ira che Gabriel vide nei suoi occhi lo fece eccitare. Dannazione, doveva imparare a controllare le proprie emozioni di fronte a quell'umana.
- Tu... hai cercato di molestarmi perché ti annoiavi? Scherzi?
- Non ho cercato di molestarti. Volevo solo che ci divertissimo un po'. Non dirmi che non ti è piaciuto.
Di male in peggio. Era certo che non le fosse piaciuto, ricordava ancora il terrore nei suoi occhi e l'odore speziato della paura che il suo corpo aveva sprigionato poco prima che intervenisse Selina.
La ragazza strinse i pugni e i lineamenti del suo volto si indurirono. Dio, quanto gli piaceva vederla furiosa.
- Tu mi fai schifo.
Ahia. Questo, invece, non gli piacque.
Si impose, tuttavia, di rimanere calmo e non fare niente che la spaventasse ulteriormente. Avrebbe dovuto fingere di essere un bravo ragazzo, magari farle capire che non avrebbe voluto portarsela a letto... certo, come no. In ogni caso avrebbe dovuto stare al suo gioco, solo in quel modo avrebbe potuto averla e soddisfare quella matta e inspiegabile voglia di lei.
Con gesti lenti e calibrati sfilò la mano destra dalla tasca dei pantaloni e la avvicinò al suo viso. Lei non si ritrasse ma seguì attentamente ogni suo movimento.
Gabriel le afferrò il mento tra le dita e lo sollevò appena, sorridendo pigramente a quella visione che, in verità, lo infuocava fin nell'animo. Cos'avrebbe dato per quelle labbra, per quel corpo...
- E la cosa mi stupisce. Ti farò cambiare idea, Annabelle, questa è la mia promessa.
Con una mossa fluida e veloce, Gabriel si piegò su di lei e catturò le sue labbra in un bacio rapido e tentatore. Quella bocca era morbida come immaginava e, non appena si staccò da lei, sentì il bisogno impellente di andare oltre.
Ma non lo assecondò. Al contrario, si staccò da quel corpo e fece qualche passo indietro, osservandola impallidire e rimanere perfettamente immobile.
Non c'era alcuna traccia di desiderio, in lei. Avrebbe dovuto lavorarci su.
- Tra sette giorni, alle 18, in cima alla scalinata. Non te ne dimenticare.
Il vampiro la salutò con un cenno della mano e si voltò per incamminarsi verso le aule del piano di sotto.
Sapeva, in ogni caso, che non avrebbe affatto prestato attenzione alle lezioni: la sua mente era ormai proiettata verso le notti che lo avrebbero a breve atteso.

Le lezioni si protrassero per un tempo infinitamente lungo e alle cinque del mattino, quando finalmente avrebbero potuto riposarsi per qualche ora prima che sorgesse il sole, i vampiri rientrarono nel loro dormitorio, intenti a chiacchierare degli argomenti appena trattati come se non avessero mai ascoltato niente di più interessante.
Per Lucien, in effetti, era stato così.
L'idea di partecipare a quell'esperimento l'aveva entusiasmato fin dall'inizio e, certo che non si sarebbe pentito di quella scelta, aveva convinto anche il suo fratellastro a unirsi alla causa. Personalmente Lucien non aveva nulla contro gli esseri umani, al contrario, credeva fermamente nell'integrazione e, seppur suo fratello non la pensasse esattamente allo stesso modo, non aveva opposto resistenza e aveva accettato di buon grado di entrare insieme a lui nel programma dell'istituto.
Quando il loro compagno di stanza, Julian, aveva fatto ben intendere di trascorrere la notte in una delle stanze delle femmine, Lucien gli aveva sorriso divertito e si era trascinato insieme a suo fratello nella loro camera da letto, in fondo al corridoio.
Passando davanti alla stanza di Gabriel, il vampiro non poté evitare di ripensare a come quello gli era apparso durante l'intera nottata: spento, annoiato e con la testa da un'altra parte.
Non era difficile comprenderne la motivazione.
- Una nottata estenuante, non ti sembra? - una volta dentro la loro stanza, Excess chiuse la porta a chiave e si diresse verso il bagno, indice che avrebbe usato lui la doccia per primo.
Lucien annuì e abbandonò i libri sulla scrivania, per poi sdraiarsi sul letto e portarsi il braccio sugli occhi.
La nottata era stata piena, piuttosto, visto anche l'incontro a cui lui ed Excess erano stati sottoposti proprio prima dell'inizio delle lezioni.
Quell'umana, Annabelle, era deliziosa. Era talmente curioso di conoscerla che approfittò di quell'attimo di distrazione della ragazza per urtarla e farla cadere, creando un ottimo diversivo per poterle parlare. Non gli fu affatto difficile capire come mai Gabriel avesse perso la testa per lei. La carnagione chiara era messo in risalto dalla sua chioma corvina e quegli occhi color ghiaccio riflettevano il distacco e la freddezza della ragazza che, Lucien ne era certo, rappresentava solo la facciata esteriore di quella scorza da ammorbidire.
Si sorprese a ridacchiare nel pensare a chi avrebbe avuto quell'onore.
Per quanto potesse trovarla affascinante, tuttavia, non era certo di volersi proporre come volontario.
Era sicuro che l'umana non si fosse neppure resa conto dell'intrusione dapprima involontaria, poi deliberata, che Lucien aveva esercitato sulla sua mente: aveva un cervello interessante, un passato relativamente normale e un futuro che il vampiro non vedeva l'ora di scoprire. Con la sua abilità di leggere il pensiero altrui, Lucien era stato in grado di vivere in prima persona l'esperienza che la ragazza aveva condiviso la sera prima con Gabriel, seppur in pochi secondi, e, per quanto quel tipo gli piacesse, non poté fare a meno di compatire quella poveretta.
Non c'era da stupirsi del fatto che si fosse nuovamente terrorizzata quando aveva visto lui ed Excess piombarle addosso.
- Povera creatura.
- Di chi parli? - il suo fratellastro tornò in camera con un asciugamano avvolto in vita e si diresse verso l'armadio per estrarre un paio di pantaloni da ginnastica.
I capelli gli ricadevano ancora gocciolanti sulle spalle e la sottile treccia sul lato sinistro terminava sul braccio su cui, tempo prima, si era fatto tatuare un dragone che si protendeva fino alla clavicola corrispondente. Tuttavia, il marchio sulla tempia era ciò che lui più preferiva in quel vampiro.
- Dell'umana che abbiamo incontrato prima delle lezioni, Annabelle.
- Sapevo che ti aveva colpito. 
Excess lasciò ricadere l'asciugamano ed espose le natiche sode e rotonde alla vista di Lucien che, per nulla imbarazzato, non gli tolse gli occhi di dosso.
Excess non era realmente suo fratello: sua madre aveva sposato il padre di quest'ultimo quando entrambi avevano quindici anni e da allora erano diventati inseparabili. Forse anche troppo.
In più, Excess conviveva con un dono particolare tanto quanto quello di Lucien e per questo, inevitabilmente, i due vampiri si erano ritrovati a instaurare un legame indissolubile.
- E' incantevole, non trovi?
Disse il biondo accucciandosi su un lato del letto e osservando l'altro infilarsi i pantaloni della tuta. Quando l'elastico di questi scattò sulla vita del vampiro, Excess lanciò un'occhiata di sbieco al fratellastro e si trascinò verso il letto su cui questo era sdraiato, portandosi alle sue spalle.
- Quanto, incantevole?
Gli domandò il moro con voce roca. Lucien sorrise e percepì il materasso affondare sotto il peso del vampiro, mentre una mano esperta gli scostava i lunghi capelli platino dalla spalle, facendoli ricadere inermi sul cuscino.
- Quanto basta per far cadere uno come Gabriel ai suoi piedi.
La mano di Excess percorse il lato del torace di Lucien per tutta la sua lunghezza, per poi insinuarsi sotto il braccio del compagno e soffermarsi sui suoi pettorali.
Le sue labbra, invece, si poggiarono delicate ma bramose sul collo di Lucien, tracciando una scia di baci bollenti fino all'orecchio.
- Non mi piace quando parli così - gli sussurrò con voce rotta dal desiderio.
Lucien si sdraiò sulla schiena, ritrovandosi ad osservare gli occhi di quel blu elettrico incastonati in un viso che conosceva ormai alla perfezione.
Excess era sospeso sopra di lui e la sua mano scese a incontrare il ventre del compagno, soffermandosi a giocare col bordo dei pantaloni.
- Così come? - domandò Lucien con voce apparentemente tranquilla.
- Come se qualcun altro, oltre a me, potesse meritare le tue attenzioni.
Gli occhi di Excess brillarono famelici. Poi le sue labbra si accanirono sul collo di Lucien, portando quest'ultimo ad ansimare sotto le cure del fratello.
La mano del biondo si perse tra i capelli scuri del compagno, spingendolo a non fermarsi.
- Non essere geloso. Sei tu quello che si porta a letto una ragazza diversa ogni sera.
Lui si faceva i ragazzi, invece, cosa di poco conto.
- Sì, ma non oserei mai metterle a paragone con te.
Sussurrò contro la pelle di Lucien. C'era adorazione nel modo in cui si toccavano o, semplicemente, si guardavano. Entrambi rappresentavano uno sfogo per l'altro, un'ancora di salvezza, qualcosa senza la quale non sarebbero sopravvissuti.
Galleggiavano in un mare di incertezze facendosi forza a vicenda, conoscendo una sola casa che si traduceva nelle braccia dell'altro.
La mano di Excess aprì decisa la patta dei pantaloni di Lucien e si insinuò al suo interno, iniziando a massaggiare il membro del compagno.
- Ex... - sibilò Lucien tra i denti.
- Shh... è tutta la notte che desidero farlo. - così dicendo, il moro catturò le labbra dell'altro con la bocca, lambendole con la lingua e cercando di insinuare quest'ultima al loro interno, desideroso di farle incontrare la sua compagna in una danza infuocata e senza fine.
Quando si staccò da Lucien, Excess gli morse il labbro inferiore, soffocando con la propria bocca i mugolii di piacere dell'altro; poi scese giù col capo, trascinandosi verso l'erezione del compagno che bramava di liberarsi da quelle costrizioni.
Non appena Excess prese in mano il membro di Lucien, quest'ultimo soffocò un'imprecazione; l'altro si leccò le labbra, iniziando a muovere la mano per procurargli piacere.
- Ti sono mancato? - domandò senza attendere risposta, fiondandosi con le labbra sull'erezione dell'altro e iniziando a lavorarselo per bene.
- Certo che sì. - il respiro di Lucien si fece irregolare e la sua mano sinistra si fiondò tra i capelli del compagno. Le dita si intrecciarono tra quelle ciocche morbide e vellutate e con forza iniziarono a imprimere il ritmo che il proprio corpo cercava da Ex.
Cominciò a dimenare i fianchi e assecondare i movimenti del vampiro, fino a spingersi in profondità dentro di lui.
Stava impazzendo.
- Ex, basta...
- Dimmi che mi vuoi - disse l'altro imperterrito mentre muoveva la mano lungo l'erezione del compagno e la lambiva di tanto in tanto con la lingua esperta.
- Ex...
- Dimmi che esisto solo io per te.
- Solo tu...
Il corpo di Lucien si irrigidì e, proprio quando fu sul punto di concludere, Ex si fermò, osservando con malcelato desiderio il corpo del compagno, imperlato di sudore ed eccitato da morire.
- Dimmi che Annabelle non è poi così incantevole.
- Chi?
Excess sorrise soddisfatto e si chinò nuovamente sul membro di Lucien, sussurrando poche parole prima di riprenderlo in bocca.
- Risposta esatta.


 
Lucien ed Excess per voi, donzelle, spero apprezziate :3
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolo dell'autrice:
Oooookay. Ho iniziato da poco a cimentarmi nelle scene hot tra uomini, quindi sarei ben felice di essere criticata ampiamente da voi. Dove sbaglio? Cosa c'è che non va? Come posso migliorare?
Passando ai personaggi: le relazioni tra i presenti iniziano a infittirsi e nuovi soggetti si affacciano all'orizzonte. Cosa ne pensate di Lucien ed Excess? Personalmente mi incuriosiscono parecchio e, pur avendo un'idea di come fare andare avanti le loro storie, ci sono parecchie cose da rivedere e un vostro parere mi fa sempre comodo ^^
Aaron... eh, Aaron è un bel problema. Direi che diverrà uno dei personaggi principali. Come lo vedete insieme ad Anne? Possibile che riuscirà a farle mettere da parte Gabriel che, invece, pare sempre più ossessionato da lei?
Lo scopriremo nelle prossime puntate u.u
Distur8ia: ma sono proprio contenta allora *-* spero di non averti deluso con l'aggiornamento che, per farmi perdonare a causa dell'attesa dei giorni scorsi, è arrivato prestissimo! Alla prossima, sperando di non deluderti ^^
PinkyRose: i vampiri sono creature mostruose, in un certo senso, si nutrono degli esseri umani e non possono essere considerati solo dei micetti da compagnia -.- sono felice che la pensiamo allo stesso modo e ancora più felice che il capitolo non ti abbia deluso *-* Daphne ed Elessar ce ne faranno vedere delle belle, temo, quindi spero di avere presto tuoi pareri a riguardo. Un bacione e alla prossima! ^^
Il prossimo aggiornamento ci sarà tra qualche giorno, temo, ma non esitate a darmi ulteriori consigli, mi raccomando! ^^ Un bacio a tutti!
Fra

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Capitolo 6
*** Profumi ***




Difficile dire quale fosse stato il momento migliore di quella giornata: il risveglio era stato deleterio a causa delle ore piccole che involontariamente Anne si era ritrovata a fare; le lezioni erano state sostenute in arabo, secondo il suo modesto parere, probabilmente a causa dell'attenzione tipica di un bradipo in letargo che lei stessa vi aveva prestato; infine, quando finalmente avrebbe potuto tornarsene in dormitorio a riposare, si era resa conto di avere un piccolo e immancabile appuntamento da cui le sarebbe stato impossibile fuggire.
Ma quanto al momento peggiore dell'intera giornata, beh, quello avrebbe saputo riconoscerlo senza il minimo dubbio: le diciotto di quel pomeriggio.
Aveva appena terminato le lezioni ed era riuscita a passare in dormitorio giusto il tempo necessario a posare la borsa e i libri, prima di ricondursi senza alcuna voglia in cima alla scalinata del secondo piano.
Non avrebbe fatto un passo oltre, no signore, lo avrebbe atteso sul confine neutrale del piano in cui si trovavano entrambi i dormitori. E, sì, le importava poco del fatto che si stesse comportando come una condannata che si avviava mesta verso il patibolo.
Quando lo vide spuntare dal fondo del corridoio con una camicia nera e un paio di jeans scuri, Anne non poté fare a meno di pensare di non avergli mai visto indossare abiti con un po' più di colore. Lo stile Dark era, evidentemente, una sua predilezione.
Non che lei tenesse particolarmente alla moda, no. Era una ragazza semplice in fatto di abbigliamento e quel giorno indossava un paio di blue jeans, un maglioncino celeste col collo a V e una camicia bianca che spuntava dal colletto e dalle maniche.
Aveva legato i capelli in un'alta coda di cavallo quella mattina ma, sapendo di dover trascorrere ore con un essere che amava attaccarsi al collo delle proprie vittime, per l'incontro aveva disfatto l'acconciatura, lasciando che i capelli le ricadessero morbidi sulla curva delle spalle.
Quando Gabriel - quello era il suo nome - si avvicinò sbadigliando, Anne percepì senza troppa difficoltà il profumo che già dal loro primo incontro l'aveva quasi ammaliata.
- Buongiorno, raggio di sole.
Oscena-battuta-di un film-da quattro soldi.
Per quanto la riguardava, la settimana era trascorsa troppo velocemente.
Anne inarcò di scatto un sopracciglio e gli si rivolse con espressione annoiata.
- Se solo lo fossi davvero - rispose, ben consapevole di cosa la luce del sole avrebbe comportato per lui.
- Sempre di buon umore, eh? - il vampiro le si avvicinò con aria seducente: le palpebre erano socchiuse su quegli occhi scuri, ancora gonfi a causa del repentino risveglio; i capelli, disordinati, vennero domati con una mano che passò rapida tra le loro ciocche ribelli; la bocca, invitante come sempre, era piegata nell'angolo destro ed esibiva la punta del canino corrispondente.
Anne si accorse di essersi soffermata a guardarlo per qualche secondo di troppo e si riscosse, facendo un passo indietro e avviandosi verso la scalinata.
- D'accordo, bando alle stupidaggini e decidiamo dove trascorrere le prossime tre ore d'inferno.
Per lei lo sarebbero state di certo.
Iniziò a scendere i gradini quando la proposta del vampiro la costrinse a fermarsi.
- Che ne dici di uscire?
La prima reazione di Anne fu guardare al di là delle ampie vetrate laterali della struttura: il sole era ormai calato e il vampiro non avrebbe avuto problemi ad aggirarsi nel parco.
Selina, inoltre, aveva detto che sarebbero stati controllati a vista e Gabriel non avrebbe potuto avvicinarsi più del dovuto.
Inoltre la maggior parte degli esseri umani erano rintanati nel dormitorio e i vampiri avrebbero a breve occupato l'intero istituto: starsene in disparte non sarebbe stata una brutta idea, in fin dei conti.
- Come vuoi - Anne sospirò prima di continuare la sua discesa e, quando arrivò nell'atrio, si voltò per controllare dove fosse finito il vampiro.
Sulla scalinata non c'era nessuno.
- Cerchi qualcuno? 
La voce di Gabriel la fece sobbalzare sul posto, mentre si voltava verso il portone d'ingresso e lo trovava di fianco a esso, con le braccia incrociate al petto e la schiena contro la parete.
Anne non vedeva l'ora che quell'incontro avesse fine, poco ma sicuro.
Si incamminarono fuori dalla struttura e la fresca brezza autunnale le fece rimpiangere di non aver portato una giacca con sé; d'altro canto, notò, Gabriel indossava unicamente una camicia e si domandò se non sentisse freddo. Non che le importasse, in effetti, ma dovendosi impegnare a conoscere la sua razza tanto valeva iniziare dalle cose più basilari.
Gabriel avanzò senza tener conto del fatto che lei lo stesse seguendo o meno. Erano avvolti nel silenzio e la tenue luce della luna di infrangeva su di loro, illuminandoli appena nel contesto buio e immerso nella natura.
- Hai freddo.
Non fu una domanda, quanto una constatazione.
Gabriel si voltò verso di lei lanciandole la sua solita occhiata: menefreghismo allo stato puro, consapevolezza di essere superiore a qualsiasi essere gli si trovasse di fronte. Eppure -Anne non poté negare di averlo notato più di una volta nei suoi occhi- a tratti riusciva a scorgere una brama che la metteva a disagio, per quanto prima di allora non si fosse mai soffermata a rifletterci su.
- Solo un po'.
Era inutile mentire, a breve avrebbe iniziato a tremare.
Gabriel si guardò intorno e, individuata una struttura a vetri a una ventina di metri da dove si trovavano in quel momento, si avviò da quella parte.
- Seguimi.
Anne odiava che le si dessero ordini, eppure non riuscì a contravvenire a quanto le fu detto. Gabriel si incamminò verso la serra dell'istituto e lei faticò a tenere il suo passo.
Quando furono di fronte alla struttura, il vampiro aprì la porta ed entrò, sostenendola fino a quando anche Anne non fece il suo ingresso.
Nella serra il calore la rinvigorì all'istante ma, a dire il vero, fu lo spettacolo al suo interno che attirò la sua intenzione e le impedì di pensare ulteriormente al freddo patito fino a quel momento.
Piante di ogni genere coloravano di verde l'intera struttura a vetri e la luce, proveniente dal suo interno, irradiava ogni foglia, ogni bocciolo dei fiori più belli che Anne avesse mai avuto occasione di vedere. Il profumo che aleggiava in quell'angolo di paradiso la inebriò a tal punto da dimenticare la tensione e il nervosismo che la presenza del vampiro scatenava in lei, facendola invece concentrare sulla premura stranamente da lui dimostrata nel non farla congelare.
- Non sapevo dell'esistenza di questo posto -  sussurrò lei continuando a guardarsi in giro, meravigliata.
Avanzò di qualche passo e si fermò di fronte a un cespuglio di fiori i cui petali sfumavano dal giallo al rosa pastello. Erano semplici, delicati, così anonimi, quasi, in confronto a determinate specie lì presenti.
- Ma guarda, ti piacciono le primule.
La voce di Gabriel le arrivò forte e chiara all'orecchio e la ragazza si rese conto solo allora di essersi accucciata di fronte a quei fiori; nel mentre, il vampiro le si era avvicinato e aveva preso posto sul tavolo alle sue spalle.
- Non mi dispiacciono. Sono belle nella loro semplicità.
- Sai cosa simboleggiano?
A quella domanda, Anne si voltò a guardarlo con espressione scettica. Voleva davvero intraprendere una discussione sul linguaggio dei fiori?
- No? Ebbene, la primula rappresenta l'amicizia nascente. Dici che è un segno?
Anne sbuffò a quelle parole e si voltò nuovamente a guardare i fiori, soffermandosi però a riflettere sul loro significato. 
- Come fai a saperlo? - le uscì di getto, mentre con le dita sfiorava delicatamente quei petali colorati.
- Mia madre ha quello che voi umani chiamereste il pollice verde; quando ero più piccolo si divertiva a insegnarmi il linguaggio dei fiori. Temo si sia sempre rammaricata di non aver avuto una figlia femmina.
- Non hai sorelle? - altra domanda posta senza riflettere. Cosa le importava se avesse sorelle, fratelli o animali da compagnia? 
- No, ho... avevo due fratelli. Uno è morto, il più grande. L'altro, il secondo, è l'orgoglio dei miei genitori.
- Mi dispiace.
- Non dovresti.
Pausa. Silenzio. Tensione e disagio.
Anne si alzò in piedi e si voltò a guardare Gabriel che, impassibile, era poggiato contro il tavolo e aveva le mani in tasca, lo sguardo di ossidiana fisso su di lei.
Per un momento Anne aveva dimenticato l'aria da predatore dannato che lo caratterizzava e, ingenuamente, si era sentita quasi al sicuro con lui.
I ricordi della serata in biblioteca e del bacio che le aveva strappato la sera prima ripiombarono prepotenti nella sua mente e Gabriel si accorse dell'evidente cambiamento.
- Che cosa c'è? - le domandò lui con una punta di curiosità.
- Niente.
- Annabelle - la ammonì lui. Gesù, sentire il proprio nome pronunciato da quella voce roca e profonda era una maledizione. Era come se Gabriel amasse assaporare ogni sillaba con tutta la calma e la cura che aveva a disposizione.
- Non mi piaci, ok? Poco più di una settimana fa mi hai aggredita, poi mi hai baciata e oggi mi parli dei fiori come se nulla fosse. Credi davvero di poterti comportare così e aspettarti che io trovi gradevole la tua compagnia?
Non appena terminò di parlare, Anne iniziò a camminare su e giù per l'intera struttura e di tanto in tanto rivolgeva delle occhiate fugaci al vampiro che, a differenza sua, ostentava una calma invidiabile.
Quelle palpebre socchiuse iniziavano a darle sui nervi, per quanto gli dessero un'aria terribilmente affascinante e sensuale.
- Guardati! Guardati adesso! Non dici nulla per farmi cambiare idea, te ne stai semplicemente lì a guardarmi e a studiarmi come se fossi un animale da circo. Non ti sei mai neppure scusato per come mi hai trattata.
Non che avesse bisogno delle sue scuse. La sua vita sarebbe andata avanti ugualmente ma, a dire il vero, avrebbe apprezzato il tentativo del vampiro di mettere a posto le cose.
Anne non era una ragazza molto incline alle amicizie e ai legami duraturi; erano poche le persone che contavano qualcosa per lei ma non per questo non era disposta a conoscere qualcuno. Gabriel, tuttavia, le aveva reso le cose terribilmente difficili.
Quando si fermò in un angolo della serra, si ritrovò a osservare al di fuori della vetrata; l'istituto si ergeva a un centinaio di metri da lì, tuttavia alcuni alberi ne ostacolavano in parte la vista.
Non percepì alcun rumore alle sue spalle, tanto da spingersi a pensare che il vampiro fosse sparito nel nulla. Poco male, non avrebbe pianto la sua scomparsa.
Ma quando fece per voltarsi, un braccio si sporse davanti a lei, la mano reggeva il gambo di un fiore viola dai petali larghi e delicati.
La voce di Gabriel fu un sussurro al suo orecchio.
- L'anemone simboleggia il rammarico. Non è esattamente ciò che provo per quel che ti ho fatto ma credo che tu ritenga importante che lo sia. 
Anne accettò il fiore che il vampiro le stava porgendo e strinse l'esile gambo tra le dita di entrambe le mani, senza distogliere lo sguardo da esso.
- Annabelle - ancora quella sensazione di benessere. Nessuno la chiamava in quel modo, neppure lei si presentava più col suo nome intero. In verità non le era mai piaciuto, ma era certa che se qualcuno lo avesse pronunciato prima con la predilezione dimostrata da Gabriel, forse avrebbe cambiato idea.
Quando si voltò verso di lui lo trovò a pochi passi da sé, gli occhi neri fissi nei suoi.
- Non era mia intenzione spaventarti. E' difficile per me controllarmi in presenza degli umani. Sono stato cresciuto nella comunità più nobile e aristocratica dei vampiri e non ho mai imparato a gestire il mio istinto da predatore. Quando sono con te... quando sono in presenza di un essere umano e non mi sono nutrito a sufficienza mi comporto da animale. Non posso scusarmi di questo perché significherebbe rinnegare una parte di me ma, se la cosa ti ha davvero ferita, allora prometto di migliorare.
Anne non credeva alle sue orecchie. Quelle erano forse le scuse più sincere che avesse mai sentito da qualcuno.
- Posso cambiare, so di poterlo fare. Ti chiedo solo un po' di pazienza. 
E, per qualche assurdo motivo, Anne pensò di concedergliela. Fu sul punto di accettare quel rammarico e dimenticare  quanto fosse accaduto, quando l'espressione sul viso di Gabriel mutò profondamente e il vampiro scoppiò a ridere, allontanandosi da lei.
- Santo cielo, non posso crederci... ti sei bevuta ogni parola!
Il vampiro non riusciva a smettere di ridere, aveva addirittura le lacrime agli occhi.
Anne cadde nel più profondo imbarazzo. E dire che c'era cascata in pieno, gli aveva creduto ed era persino disposta a perdonarlo. E lui gliel'aveva fatta, di nuovo.
- Vaffanculo.
Così dicendo lo superò e uscì dalla serra. Il freddo non la sfiorava minimamente e, quando rientrò nell'istituto, si rese conto che era passata poco meno di un'ora dall'inizio dell'incontro con Gabriel.
Non le importava nulla, non avrebbe trascorso un minuto di più in sua compagnia.
- Ehi! Ehi, Annabelle, aspetta!
Le urla di Gabriel la seguirono persino lungo le scalinate; studenti vampiri e umani lanciarono occhiate curiose a entrambi, ma lei non vi fece neppure caso.
- Annabelle, mi dispiace, ok?
- Vai al diavolo, Gabriel.
Fece per salire gli ultimi gradini e, non appena svoltò verso il corridoio che l'avrebbe condotta nel dormitorio degli umani, il vampiro le si piazzò davanti.
Aveva i capelli disordinati, gli occhi illuminati dal divertimento e le labbra rosse, come se avesse tentato di smettere di ridere prendendole a morsi.
- Mi dispiace, sul serio, non avrei dovuto ridere. E' che hai un'idea totalmente sbagliata di noi vampiri. Ti aspetti davvero che mi sia pentito di averti sbattuta al muro o di averti baciata?
Anne non aveva intenzione di ascoltare un'altra sola parola; al contrario, lo oltrepassò e si avviò verso il suo dormitorio.
Si sentì afferrare il polso e, nonostante il tentativo di levarsi di dosso le mani di Gabriel, questo la adagiò senza alcuno sforzo contro il muro, mettendo entrambe le mani ai lati della testa.
- Ti conviene lasciarmi andare. Dimentichi le telecamere.
La sua voce era fredda e distante. I suoi occhi guardavano in un punto indefinito, al di là del vampiro.
- Perché non capisci che mi è impossibile pentirmi di quello che ho fatto?- domandò esasperato.
- Perché ti ostini a volermi fare accettare l'idea? - ribatté lei.
- Senti, non era mia intenzione spaventarti, d'accordo? Ma non intendo scusarmi per quello che voglio.
- Quello che vuoi? E cosa sarebbe, di grazia? Così posso aiutarti a ottenerlo e liberarmi di te!
- Sei tu! Sei tu, dannazione. Fin da quando ti ho vista la prima sera non ho fatto altro che pensarti. Ti ho seguita in biblioteca e quando ho potuto toccarti... merda, Annabelle, non sono riuscito a controllarmi.
A differenza di quanto era accaduto pochi minuti prima nella serra, Gabriel non era affatto insensibile alle proprie parole. Il volto era tirato in una maschera di delusione. Perché? Gli dava così fastidio l'idea di desiderare un essere umano?
- Non puoi non essertene accorta, hai visto come ti guardavo.
- Non sono interessata.
E, francamente, era certa che quel vampiro la stesse prendendo in giro. Ancora una volta.
- L'ho notato. E la cosa mi disturba alquanto. - lui sorrise e nei suoi occhi Anne intravide un lampo di soddisfazione. L'aveva presa come una sfida, per caso?
- Se non vuoi fare un favore a me, fallo a te stesso: lasciami in pace. 
- Io so di poterti fare cambiare idea.
Arrogante, presuntuoso, pallone gonfiato.
- Non succederà mai.
- Sta già succedendo, piccola, solo che non te ne stai rendendo conto.
Il sorriso di Gabriel si tramutò in un ghigno divertito, mentre Anne aggrottava la fronte, imprigionata dal corpo del vampiro.
Una cosa era cambiata, in effetti: non aveva più paura di lui. Lo detestava, e basta.
- Non so di cosa tu stia parlando - ribatté piccata.
Lui, per tutta risposta, abbassò lo sguardo sulle labbra di lei e si passo la lingua sulle proprie.
- Ti do un compito a casa: prima di addormentarti, stanotte, ripensa al bacio che ci siamo dati.
Anne per poco non scoppiò a ridere e faticò a rispondergli tentando di risultare credibile.
- E tu quello lo definiresti un "bacio"? Via, credevo che voi vampiri foste più passionali!
Lui non sembrò minimamente offeso, al contrario, rispose a tono.
- Io mi riferivo al nostro secondo bacio, in verità.
- Secondo? Non c'è mai stato un secondo...
Non ebbe il tempo di terminare la frase poiché Gabriel si avventò su di lei, catturando le sue labbra con le proprie in una morsa decisa e violenta che quasi le fece male.
Anne tentò di respingerlo puntando le proprie mani contro il suo torace e spingendolo via, ma non riuscì a smuoverlo di un centimetro. Nel frattempo, Gabriel aveva infilato una mano tra i suoi capelli e con l'altra l'aveva afferrata per un fianco, avvicinandola a sé.
Le sue labbra si muovevano esperte su quelle di Anne e la sua lingua le lambiva alla perfezione, premendo su di esse in attesa che si schiudessero per lui.
Poi, prima che potesse rendersi conto di quanto stesse facendo, il profumo di lui inebriò i suoi sensi, il tocco delle mani divenne calmo e gentile, quello delle labbra rimase bramoso e passionale. Anne lo sentì mugolare di piacere mentre si rendeva conto di come lei, pian piano, si stesse lasciando andare alle sue pressioni. Anne non si era accorta di quando aveva iniziato a rispondere a quel bacio, prima con delicatezza e incertezza, poi con altrettanta foga.
Le sue mani rimasero dov'erano, ma strinsero tra le dita la camicia di lui. Gabriel non si lamentò, anzi, si avvicinò ulteriormente e fece in modo che il suo corpo premesse contro quello della ragazza.
Quando il vampiro si fermò e si allontanò da lei, lasciando che tra i loro corpi passasse una corrente d'aria decisamente sgradita, Anne si rese conto di avere il fiato corto. Gabriel era nelle stesse condizioni, con i capelli più disordinati del solito, gli occhi lucidi e le labbra gonfie.
Il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo di un respiro rotto e le sue gote erano arrossate.
Santo cielo, cos'aveva fatto?
Gabriel sembrò leggerle nel pensiero e, prima di andarsene, si avvicinò nuovamente a lei, portando le proprie labbra a sfiorarle l'orecchio.
- Pensa a questo stanotte, e domani avrai ancora più voglia di vedermi.
Il cuore, che per qualche attimo aveva deciso di galoppare a un ritmo forsennato, sembrò fermarsi di colpo. Gabriel si allontanò da lei e si diresse al piano di sotto, probabilmente per la cena.
Lei, naturalmente, avrebbe fatto a meno di mangiare.
Rimase in quel corridoio per un tempo che parve infinito, non accennando a muovere neppure un muscolo.
Si portò le dita della mano destra alle labbra e, con sguardo perso nel vuoto, riassaporò il bacio che si erano appena scambiati.
Di una cosa non riusciva a capacitarsi: non solo gli aveva permesso di baciarla, ma moriva dalla voglia di farlo di nuovo.

Erano ormai le otto di sera e, dopo aver trascorso le ultime due ore in biblioteca, Daphne si sentiva stremata. All'ora di cena aveva faticato a trascinarsi fino in sala da pranzo e non si sorprese di non vedere Anne seduta al fianco di Rebecca, come al solito.
Una settimana prima la ragazza aveva raccontato sia a lei che alla rossa quello che le aveva detto Selina: quale modo migliore per superare il terrore per i vampiri? Ma ovviamente quello di stare appiccicata a uno di loro per ben tre ore al giorno! Daphne iniziava davvero a faticare a stare al passo di quelle menti geniali.
I minuti, tuttavia, trascorsero veloci e, quando nella sala fece il proprio ingresso il bel vampiro tenebroso, tale Gabriel, Daphne iniziò a preoccuparsi.
Quei due sarebbero dovuti rimanere insieme fino alle nove, allora perché Anne non era con lui? Dopo aver dato un'occhiata all'orologio e aver appurato che mancassero quasi due ore al termine della "punizione" - così la definiva Anne - Daphne si rivolse a Rebecca.
- Sai per caso se Anne ha intenzione di scendere a cena?
La rossa, fino a poco prima impegnata in una discussione con due dei ragazzi del tavolo, si voltò verso di lei con aria trasognante. Rebecca viveva nel mondo delle favole e, nonostante avesse la sua stessa età, Daphne non poteva evitare di considerarla una bambina, con quella sua aria innocente e l'espressione costantemente angelica.
Iniziava ad adorarla, a dire il vero, ecco perché non faceva altro che lanciare sguardi minacciosi a quei due che, naturalmente, ci provavano con lei fin da quando avevano messo piede all'istituto.
Con ogni probabilità, Rebecca non se n'era neppure resa conto.
- L'ho incrociata mentre uscivo dal dormitorio e ha detto di essere stanca; sarebbe rimasta in camera. Qual è il problema? - domandò la rossa portando un ricciolo ribelle dietro l'orecchio.
Daphne era paranoica per natura, anche se odiava darlo a vedere, dunque evitò di preoccupare la ragazza e scosse la testa.
- Nessuno, tranquilla, mi chiedevo solo dove fosse.
Rebecca non diede tanta importanza alla cosa e annuì, prima di riprendere a mangiare come se nulla fosse.
Con un sospiro, la bruna si accasciò contro la sedia, esausta. La testa le faceva male da un'oretta ormai e si sentiva la fronte accaldata. Che avesse preso l'influenza?
Si sfiorò le guance con una mano e le trovò tiepide. Probabilmente si era stancata troppo durante il giorno e le serviva solo una bella dormita.
Ma per poter dormire avrebbe dovuto far passare quello stramaledetto mal di testa.
- Si può sapere perché quel tipo continua a guardarti?
La voce di Rebecca la portò nuovamente nel presente, attirando la sua attenzione.
- Di chi parli?
La rossa indicò con un cenno della forchetta un ragazzo dai lunghi e folti capelli rossi, occhi del colore dell'ametista e un fisico pazzesco. 
- Ti sta fissando da un po', ormai, l'ho tenuto d'occhio.
Quando lo sguardo di Daphne incontrò quello del vampiro con cui aveva parlato la sera prima, per poco non si sentì mancare. L'incontro con quell'essere era stato quanto di più sconvolgente le fosse accaduto durante la sua breve permanenza all'istituto e, francamente, non era per niente desiderosa di replicare l'esperienza.
Distolse in fretta lo sguardo da lui non ricambiando neppure il cenno che il vampiro le aveva rivolto in maniera impercettibile, tanto da domandarsi se effettivamente lo avesse fatto o meno.
- Faccio un salto in infermeria, ho mal di testa.
- Oh no, vuoi che ti accompagni? 
Tipico di Rebecca, sempre a preoccuparsi per chiunque. 
Daphne le sorrise e scosse la testa, portando una mano a scombinare i capelli dell'amica.
- Non preoccuparti, farò in fretta. Ci vediamo in dormitorio.
Rebecca mise su il broncio ma non disse altro, annuendo e riprendendo a conversare con i due ragazzi. Santo cielo, quella ragazza avrebbe proprio dovuto svegliarsi.
Con un'ultima occhiata al tavolo dei vampiri Daphne notò ancora su di sé lo sguardo del rosso, ma si affrettò a uscire da quella sala per raggiungere l'infermeria al primo piano.
Avrebbe dovuto sbrigarsi, neppure mezz'ora dopo le lezioni dei vampiri avrebbero avuto inizio e il primo piano sarebbe stato invaso dai dodici studenti notturni.
Quando bussò in infermeria non vi trovò nessuno, tipico. Probabilmente gli infermieri erano ancora a cena e, naturalmente, questo le avrebbe impedito di farsi passare quell'inutile mal di testa.
- Fantastico.
Decise dunque di tornare in dormitorio ma, non appena uscì dalla stanza, fece un incontro di cui avrebbe fatto volentieri a meno.
- Mi era parso che non stessi bene.
Il vampiro dalla chioma scarlatta se ne stava a pochi passi da lei, braccia e caviglie incrociate, spalla contro il muro, sguardo indagatore che la scrutava con attenzione.
- Cos'è, ti diverti a giocare all'infermierina?
Daphne incrociò a sua volta le braccia al petto ma si tenne a distanza dal vampiro.
Quest'ultimo, per tutta risposta, inarcò un sopracciglio e sorrise divertito.
- Non è una delle mie attività preferite, ma se ci tieni.
Non c'era malizia nel suo tono, solo ironia. Daphne rimase a osservarlo più di quanto in realtà non desiderasse: aveva avuto a che fare con qualche vampiro prima di allora, ma non poteva dire di conoscere bene la razza. Tuttavia, era certa che quell'esponente fosse diverso, più tranquillo e meno violento dei suoi simili ma, ovviamente, poteva sbagliarsi.
I vampiri erano bravi a fingere per avvicinare le loro prede.
- Fa un po' come ti pare, io me ne vado a letto.
Così dicendo sciolse le braccia e si diresse verso la scalinata senza degnarlo di un ulteriore sguardo. Ma dopo appena un paio di passi si sentì afferrare per il polso da lui.
La sua presa fu delicata, tanto da convincerla che se avesse voluto scostarsi e andar via lui non glielo avrebbe impedito.
- Posso sapere cosa ti ho fatto di male?
Daphne voltò la testa per guardarlo di sbieco, un'espressione di scetticismo in volto e nessuna traccia di divertimento o sarcasmo.
- Non mi piaci. Tu e quelli della tua razza, non mi piacete.
- Mi sembrava che avessi detto di concederci il beneficio del dubbio.
- Io non ti ho mai...
Bastardo. L'aveva ascoltata mentre parlava pochi giorni prima con Anne nella sala da pranzo. Avrebbe dovuto pensarci, quegli esseri avevano un udito ben più affinato degli umani e non è che lei si fosse preoccupata di tenere basso il tono di voce.
- L'ho detto, è vero. Qualunque cosa per tranquillizzare un'amica.
In verità non voleva fare di tutta l'erba un fascio. Era consapevole che il vampiro che aveva dissanguato suo padre non rappresentava l'intera categoria ed era al corrente che ve ne fossero alcuni considerati addirittura rispettabili cittadini, ma non le era semplice razionalizzare l'accaduto.
- Non so perché tu abbia un'opinione tanto brutta di noi, ma mi piacerebbe farti cambiare idea.
Perché diavolo quel vampiro tenesse tanto a farsi apprezzare da lei, di certo Daphne non lo capiva. Cioè, non è che nella loro classe mancassero le belle donne, al contrario: le vampire erano nettamente più belle delle umane, dunque perché darsi tanto disturbo?
Probabilmente la sete di sangue era più forte di qualunque desiderio sessuale. Buono a sapersi.
- E a me piacerebbe che tu dedicassi le tue attenzioni a qualcun altro. - ribadì lei con ostinazione - Sul serio, non ho niente contro di te, ma non amo la compagnia di quelli della tua razza. Ora, per favore, lascia andare la presa.
Così dicendo Daphne aspettò che il vampiro lasciasse il suo polso. Non dovette attendere molto.
- D'accordo, ho afferrato il concetto.
Lui le sorrise dolcemente prima di accennarle un saluto con la mano e avviarsi verso una delle aule del piano.
Daphne, d'altro canto, rimase a guardarlo fino a quando non scomparve dalla sua visuale, per poi condursi verso il dormitorio.
Avrebbe potuto essere più gentile, si disse, in fondo quel tipo non sembrava volesse darle fastidio o farle del male. Tuttavia, a sua discolpa, non credeva che avrebbe mollato la presa così presto. Per un attimo si diede dell'imbecille e si sentì sprofondare nell'imbarazzo.
Che razza di idiota.
Quando rientrò in dormitorio e vide Anne sdraiata sul letto a leggere, le rivolse appena un saluto.
Gli occhi dell'amica si diressero verso i suoi e, senza che Daphne dicesse niente, Anne chiuse il libro e si mise in piedi, avviandosi verso di lei.
Le toccò la fronte.
- Niente febbre. Come ti senti?
- Si vede così tanto?
- Hai le guance rosse e gli occhi lucidi. Sembri spossata.
Daphne si strinse nelle spalle e optò per fare una doccia, l'avrebbe sicuramente aiutata a riprendersi.
Obiettivo della serata? Infilarsi sotto le coperte e farsi una lunga dormita.
...
Ma quando quattro o cinque ore dopo si rigirò per l'ennesima volta sotto le coperte, capì di non poter continuare ad andare avanti in quel modo.
La testa le scoppiava e, dopo aver sfiorato guance e fronte, capì di avere anche la febbre.
Non aveva scelta, doveva andare in infermeria e farsi dare qualcosa che le permettesse di chiudere occhio, prima di impazzire.
Facendo attenzione a non svegliare le altre, Daphne infilò una felpa pesante sopra la canotta che usava per dormire e le ciabatte, prima di uscire dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle, attenta a non fare rumore.
Una volta fuori dal dormitorio si diresse velocemente verso il piano di sotto, nonostante quel "velocemente" fosse da intendere in maniera relativa: a ogni passo le sembrava che il mondo iniziasse a vacillare e faceva fatica a reggersi in piedi senza l'appoggio di un muro o di una ringhiera.
Quando finalmente arrivò al primo piano senza cadere dagli scalini, trovò con qualche difficoltà la porta dell'infermeria e bussò.
Fortunatamente il vampiro che svolgeva i turni di notte le aprì la porta e la fece accomodare.
- Non avresti dovuto aspettare tanto per venire a prendere qualcosa - le disse rivolgendole un'occhiata severa.
Spiegargli che in verità era passata all'ora di cena e non aveva trovato nessuno, suo malgrado, le sembrava un'impresa da titani.
- Prendi questo e sdraiati su uno dei lettini fino a quando non ti sentirai meglio. Puoi rimanere anche fino a domattina, se preferisci.
Il vampiro le passò un cucchiaio ricolmo di un liquido color amaranto e Daphne non si soffermò a domandargli cosa fosse; trangugiò tutto e si lasciò condurre verso uno dei lettini della stanza.
- Non alzarti fino a quando non ti sentirai meglio. Se hai bisogno di me sono nel mio ufficio.
Le indicò una saletta dalle vetrate trasparenti prima di costringerla al letto e, subito dopo, andò a rinchiudersi in quella prigione trasparente affaccendandosi con una colonna infinita di documenti.
Naturalmente Daphne non aveva la minima intenzione di rimanere lì un minuto di più. Sembrava avesse una sorta di allergia per i vampiri e, dopo un paio di minuti, attenta che l'infermiere non la notasse - non che ci fosse tale pericolo visto quanto sembrava occupato - uscì dalla stanza.
Lanciò un'ultima occhiata al vampiro assicurandosi di non essere vista, prima di proseguire per la sua strada. Peccato non fosse l'unica.
- Bene bene, guarda cosa gironzola nei corridoi a quest'ora di notte.
Una voce maschile e sensuale le procurò un brivido lungo a schiena, un brivido che si intensificò non appena i suoi occhi andarono a scrutare un volto dalla carnagione pallida e un paio di occhi azzurri e crudeli.
La capigliatura del vampiro era quanto di più strano potesse immaginare: corti da un lato e con un ciuffo multicolore dall'altro, i capelli per lo più argentati del vampiro brillavano alla luce delle torce, ma mai quanto il piercing al labbro inferiore e quello al sopracciglio destro.
Sì, ricordava di averlo già notato la prima sera presso il tavolo dell'altra razza. Quel tipo non poteva passare inosservato.
- Mi dispiace, non sono in vena di chiacchiere.
Biascicò qualche altra parola prima di poggiarsi nuovamente contro la parete e cercare di superarlo. Lui, d'altro canto, le si parò nuovamente davanti.
- Tranquilla, non c'è nulla di cui tu ti debba dispiacere. Per ora.
Il sorriso accattivante del vampiro le fece gelare il sangue nelle vene. In circostanza normali avrebbe risposto a tono e di certo non sarebbe apparsa tanto debole ma, in quel momento, non riusciva neppure a pensare di avere le forze per mettersi a urlare.
- Ti spiacerebbe farmi passare? Non vorrei attaccarti l'influenza.
Scusa banale, ne era consapevole, ma tanto valeva mantenere la calma. O, quanto meno, provarci.
Il vampiro ridacchiò e si poggiò con la schiena contro la parete, senza mai levarle gli occhi di dosso.
- Molto dolce da parte tua, ma altrettanto inutile: noi vampiri siamo immuni ai virus umani. Cielo, siete così deboli.
Le parve evidente che quel tipo non avesse una buona opinione degli esseri umani. La cosa non la sorprese.
- Già, quindi perché perdere tempo a parlare con me? Non dovresti essere a lezione?
Un colpo di tosse le impedì di proseguire. Poi il vampiro rispose.
- Mi annoiavo. E poi ho sentito il tuo odore.
Con quelle parole si passò lentamente la lingua sul labbro inferiore, soffermandosi a giocare col piercing.
L'odore. Dannazione. Quegli esseri erano peggio dei segugi e, da quel che aveva capito, gli esseri umani avevano una fragranza dannatamente invitante per tutti loro. Un po' come se un'amante della carne sentisse il profumo di arrosto per l'ora di cena.
- Sai, quasi mi dispiace fare quello che sto per farti.
Daphne rimase immobile mentre lo guardava staccarsi dalla parete con un movimento del bacino e avvicinarsi a lei con aria minacciosa.
Poi si costrinse ad arretrare.
- Voglio dire, non sei al cento per cento delle tue forze e attaccare un'invalida mi pare una cosa talmente... squallida.
- Allora non farlo. - disse lei con voce tremante. Non poté farne a meno.
- Credimi, potessi evitarlo lo farei, ma è quasi una settimana che non assaggio sangue umano e inizio ad andare in crisi di astinenza.
A quel punto il vampiro schiuse le labbra e Daphne notò le punte dei canini brillare nella penombra del corridoio. Santo cielo, erano così affilati da farle venire i brividi.
- Se mi tocchi con un solo dito mi metto a urlare.
Il vampiro si strinse nelle spalle prima di fare un altro passo verso di lei.
- Ti tapperò la bocca prima ancora che tu abbia preso fiato. Ma ti consiglio di non provarci, mi faresti solo innervosire e, da quel che si dice in giro, divento piuttosto violento quando mi arrabbio.
Daphne lanciò un'occhiata dentro l'infermeria per controllare che ci fosse ancora l'infermiere. Dove diavolo era sparito quell'imbecille?
- Siamo solo io e te, dolcezza, è meglio che tu te ne faccia una ragione.
- Perché lo fai? - prendere tempo non era il massimo della strategia, ma non sapeva cos'altro fare.
Aveva iniziato a sudare freddo, era stanca, terrorizzata e distrutta al livello fisico, non sapeva fino a quando sarebbe riuscita a resistere senza crollare.
- Te l'ho detto: mi annoio. Ma non preoccuparti, prometto che non ti ucciderò.
All'improvviso, una serie di immagini confuse e rumori indistinti le impedirono di seguire le parole del vampiro. Rivide un letto di ospedale, infermieri e medici dal camice bianco che entravano e uscivano da una stanza in cui si trovava un... era un uomo, quello? Sì, un uomo di mezz'età che non rispondeva ad alcuno stimolo fornito dai medici. Aveva una macchia di sangue estesa sul lato destro del collo e segni di lotta sul viso e sul resto del corpo, ricoperto da vestiti imbrattati e strappati.
- No... no...  
Le lacrime iniziarono a bruciarle gli occhi e non poté fare niente per fermarle. Sentì il vampiro ridere sommessamente e dire qualcosa circa il fatto che adorasse sentire implorare la propria vittima prima di bere il suo sangue.
- No, ti prego...
Fu in quel momento che il vampiro la afferrò sbattendola contro il muro e con una mano tapparle la bocca.
Lei provò a divincolarsi ma sentiva già il respiro del vampiro sul proprio collo. Il corpo era interamente bloccato da quello di lui e lei non aveva forze per tentare di resistergli.
Fu quando decise di lasciarsi andare a un pianto disperato che il vampiro si staccò brutalmente da lei e andò a sbattere contro la parete opposta del corridoio.
No, non si era allontanato di sua iniziativa, qualcuno l'aveva afferrato e lo aveva strappato da lei.
Daphne, con la vista annebbiata dalle lacrime, scivolò lungo la parete e si lasciò cadere sul pavimento. Qualcuno si piazzò di fronte a lei rivolgendole la schiena, parlando con il vampiro che l'aveva attaccata.
- Non provarci mai più. 
- Cosa cazzo ti salta in mente? Levati dalle palle!
Daphne si portò le ginocchia al petto e affondò il volto tra le braccia, limitandosi ad ascoltare la conversazione senza vedere nulla.
- Se la tocchi di nuovo ti uccido con le mie mani. Te lo giuro, Devon.
- Cosa... che diavolo vi prende? Tu e Gabriel state dando di matto! Sono solo delle umane!
- Sparisci, non farmelo ripetere.
All'improvviso Daphne sentì un suono gutturale riecheggiare tra le pareti della struttura. Era... un ringhio? Qualcuno stava ringhiando?
Quando sollevò nuovamente la testa riuscì a scorgere il vampiro che l'aveva attaccata alzare le mani in segno di resa e allontanarsi camminando all'indietro, senza distogliere lo sguardo da colui che l'aveva salvata.
- D'accordo, d'accordo, calma, è tutta tua. Tanto è pure malata, non me ne sarei fatto niente.
Dopo ciò, il vampiro si allontanò fino a svanire dalla visuale della ragazza.
Il silenzio avvolse lei e chiunque l'avesse salvata per qualche secondo, prima che questo si piegasse su di lei e la prendesse in braccio, portando una mano sotto le sue ginocchia e l'altra a sorreggerle la schiena.
Daphne fece per opporre resistenza ma era stravolta; non appena un profumo di rose selvatiche la avvolse e un paio di ciocche rosso sangue le scivolarono sul volto si rilassò all'istante, non capendone il motivo ma comprendendo di essere al sicuro.
Si fece trasportare lungo il corridoio e sulla rampa di scale, chiuse gli occhi e si lasciò cullare.
Tra quelle braccia, con quella persona, era certa di non avere nulla da temere.


 
E finalmente, ecco a voi Anne e Gabriel! Spero somiglino all'immagine che vi eravate fatti di loro ^^
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.


Angolo dell'autrice:
Ed eeeeeccoci qua con il nuovo capitolo :3 l'approccio tra Gabriel ed Anne mi ha messo in serie difficoltà... non avevo programmato niente, è venuto fuori tutto di getto e spero non vi abbia deluso ç_ç Gabriel ha perso la testa per lei ma al momento non c'è niente di romantico e profondo, è ancora un bastardo, insomma, ma credo che dal prossimo capitolo cambierà qualcosa :3
Passiamo ora a dedicare un po' di tempo e qualche parola a coloro che hanno avuto la pazienza di recensirmi.
Neve Callaway: grazie infinitamente per le belle parole! Sono contenta che tu abbia trovato ciò che cercavi e ancora più contenta che i personaggi ti piacciano ^^ Annabelle e Gabriel stanno facendo piccoli passi in avanti ma non ti nego che manca parecchia strada prima che i loro sostenitori siano soddisfatti xD spero tuttavia di non deluderti e cercherò di aggiornare il prima possibile, promesso ^^ Un bacio e grazie ancora!
guticamina: grazie, grazie e ancora grazie! ^^ non preoccuparti, Gabriel si mostrerà geloso a tempo debito (in realtà a breve-brevissimo (?)) e Aaron gliene farà passare delle belle ;) sono contenta che la storia ti piaccia e non posso che ringraziarti per i bellissimi complimenti ^^ Al prossimo aggiornamento, sperando di avere altre tue opinioni sull'evoluzione della trama e dei personaggi ^^ 
Onceupon: carissima *_* sono davvero contenta che tu abbia apprezzato Lucien ed Ex! Avranno ruoli parecchio importanti nella seconda parte della storia e diventeranno due dei protagonisti principali, quindi spero non cambierai idea su di loro ^^ Tuttavia molte cose cambieranno, quindi attendi pazientemente u.u E in quanto ad Anne, sono certa che seguirà le tue indicazioni xD grazie mille per le tue recensioni, mi fa sempre piacerissimo riceverle ^^ 
PinkyRose: oooh mi rendi felice *-* sono contenta che la scena sia riuscita e un triangolo tra Lucien, Anne e Gabriel? ... Mmm e chi lo sa! Sai quante cose devono ancora accadere xD no beh, ho in mente grandi progetti per tutti e tre e, sperando di non farmi odiare non appena li metterò in atto, ti consiglio di aspettare e stare a guardare ^^ grazie ancora e alla prossima, non vedo l'ora di avere altri tuoi pareri! ^^ 
Luxux99chan: eccoti qui xD spero vivamente che la parte su Daphne ti sia piaciuta e, in via non troppo confidenziale, ti preannuncio che nel prossimo capitolo ci sarà un bel paragrafo dedicato ancora a lei e... a qualcun altro u.u non perdertelo e fammi sapere cosa ne pensi, mi raccomando ^^ in fondo, la adoro anche io ^^ grazie ancora per il parere!
Bene, direi di aver ringraziato tutti :3 non mi resta che dedicarmi alla stesura del nuovo capitolo (che spero di pubblicare al massimo entro tre giorni, avendolo pronto per metà) e ringraziare tutti coloro che recensiscono <3, che hanno inserito la storia tra seguite, ricordate e preferite e tutti coloro che, ovviamente, leggono la mia storia =) Un bacione a tutti e a prestissimo!
Fra

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Capitolo 7
*** Segreti ***




- Non posso crederci!
Camminava avanti e indietro da un tempo decisamente troppo lungo per poter essere misurato, sarebbe stato inutile farlo persino se Zafira avesse avuto intenzione di impegnare le proprie forze in un'impresa talmente estenuante.
- Le è corso dietro come un cagnolino, te ne rendi conto?
Puntò gli occhi al cielo e scosse la testa mentre, seduta sul proprio letto, si limava le unghie con particolare noncuranza. Erano già perfette, a dire il vero, ma amava prendersi cura di se stessa, soprattutto se costretta ad ascoltare le lamentele della sua cara, dolce e amorevole compagna di stanza.
- Lo ha visto l'intera scuola, Brittany, so perfettamente cos'è successo, tante grazie.
Non voleva essere scortese con l'amica, ma l'ossessione che questa nutriva nei confronti di quell'Addams era insopportabile. Certo, Gabriel era un tipo affascinante, misterioso, carismatico, ma non per questo era disposta a sorbirsi le lamentele perenni di una vampira in preda ai tipici problemi sentimentali.
- Non capisco, è un'insulsa umana! Che cos'ha lei che io non ho?
- Magari il sangue che lui adora a scorrerle nelle vene?
Incredibile ma vero, il principino della razza stava palesemente dimostrando di aver perso il senno per una mortale. Ridicolo.
Certo, anche Zafira aveva avuto i suoi momenti di debolezza: una volta aveva persino pensato di essersi innamorata di uno di quegli esseri, ma era successo talmente tanto tempo prima da chiedersi come avesse fatto a cadere in una trappola simile.
- Andrò a parlargli.
- Sì, certo, così da farti umiliare ancora una volta? Andiamo, Brit, io ti voglio bene ma devi accettare la realtà: quel tipo vuole solo una cosa da te, ovvero la tua bocca attorno al suo uccello. Merda, ha perso interesse persino a scoparti!
Il tatto non era certo il suo forte, non lo era mai stato a dire il vero. Brittany, però, finalmente si fermò in mezzo alla stanza e rivolse all'amica uno sguardo infuocato.
Bene, almeno aveva fatto centro.
- Senti, tesoro - Zafira abbassò la limetta e si concentrò sull'amica nel tentativo di farla ragionare - capisco che Gabriel abbia il suo fascino e sia un mago del sesso. Sul serio, l'ho provato e so come ci si sente a essere desiderata da lui, ma è un bastardo egoista che dopo averti assaggiata una volta non vuole più avere a che fare con te. Ci sono stata male anch'io, fidati, ma poi passa. Credi davvero che con quell'umana sarà diverso? Dopo averla avuta ricorrerà ad altro quindi, ti prego, fattene una ragione e lascialo perdere. Prima o poi capirà di aver fatto un errore a lasciarti andare via.
E, così dicendo, si accasciò nuovamente contro i cuscini, riprendendo il lavoro di limatura.
- Dici sul serio?
No, certo che non diceva sul serio. Ma l'aria imbronciata della rossa non poté farle dire la verità. 
Sorrise indulgente, invece, rivolgendo un'espressione di pura solidarietà alla vampira.
- Ma certo, cara, certo.
Quando finalmente Brinnaty si convinse a lasciar cadere l'argomento e andare nel salottino comune a darsi da fare con uno dei maschi, Zafira puntò gli occhi al cielo ed emise un sospiro di sollievo.
Quella ragazza l'avrebbe fatta impazzire, poco ma sicuro. E, per quanto le dolesse ammetterlo, era certa che non avrebbe lasciato perdere Gabriel. Non finché quell'egoista avesse continuato a usarla per soddisfare qualche bisogno fisico. Ogni volta alle sue condizioni. Semplice ed efficace.
- Bastardo.
Fece per alzarsi dal letto quando la porta della sua stanza si aprì. Che Brittany avesse intenzione di ripartire con le lamentele?
Quando Devon si affacciò sulla soglia, però, i timori della ragazza si rivelarono infondati.
- Che piacevole sorpresa.
Disse la vampira con evidente sarcasmo, inarcando un sopracciglio e rimettendosi comoda sui numerosi cuscini del proprio letto. Piegò una gamba e la sottoveste color oro risalì fino all'attaccatura della coscia, lasciando scoperta una notevole porzione di pelle.
Devon entrò nella stanza e si richiuse la porta alle spalle, sfilandosi la felpa e rimanendo in jeans e canotta.
- Brutta nottata, tesorino? Hai una pessima cera.
Lui, per tutta risposta, le lanciò un'occhiataccia e crollò a sedere sul suo letto, costringendola a ritirare le gambe.
- Pessima. Davvero pessima.
Il vampiro poggiò i gomiti sulle proprie ginocchia e si massaggiò il viso stanco con una mano.
Zafira comprese che, alla fine dei conti, quella nottata non avrebbe potuto rimanersene in santa pace come tanto desiderava.
Si portò dunque in ginocchio vicino al compagno e iniziò a massaggiarli le spalle, scostando le bretelle della canottiera e sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Lui si rilassò immediatamente, allungando la testa contro di lei e poggiandola nell'incavo tra il collo e la spalla. Con gli occhi chiusi sembrava in estati.
- Dimmi cosa ti affligge, bellezza, Zafira è qui per te.
Devon si lasciò coccolare per qualche altro secondo prima di iniziare a parlare e, nel frattempo, la vampira aveva portato le sue mani sul davanti, graffiando delicatamente i pettorali del compagno.
- Non so cosa diavolo stia succedendo in quest'istituto: Gabriel ed Elessar sembrano essere impazziti, entrambi a sbavare per due umane e a minacciarmi di stare lontano da loro.
Zafira rimase colpita da ciò che aveva detto Devon: Gabriel non era certo una novità, l'intera scuola aveva compreso il suo interesse per quell'umana, ma Elessar... dannazione, e dire che le piaceva.
- Poco fa ho tentato di azzannarne una e sono finito contro la parete. Merda, che strazio.
Quanto meno erano spiegati i lividi su entrambe le spalle. Doveva aver preso una bella botta.
- Oh Devon, mio caro, piccolo Devon, devi smetterla con le tue marachelle. Se ti beccano ad attaccare uno degli umani ti fanno tornare a casa senza pensarci due volte.
- Che lo facciano, allora! Non ne posso più di stare qua dentro. Pensavo di potermi divertire e invece è peggio che essere in prigione.
Diamine, tra lui e Brittany, Zafira non avrebbe avuto pace.
- E io, allora? Non pensi a me? Credevo ci divertissimo insieme.
E, doveva ammetterlo, Devon sapeva bene come far divertire una donna. Una delle migliori esperienze di sesso della sua vita, assolutamente.
Come a voler dar forza alle proprie parole, la vampira lasciò scivolare le mani lungo il busto di Devon.
Senza attendere oltre afferrò l'orlo della canotta e gliela sfilò, mentre questo si voltava verso di lei con un sorriso ammaliante. Cielo, era così bello, snello e terribilmente sexy.
Eppure era talmente diverso da lei: Zafira aveva la pelle color caffè latte, i capelli, lunghi, neri e mossi, le ricadevano morbidi sulle spalle e gli occhi erano di un giallo ocre acceso.
Era più formosa delle altre vampire dell'istituto, parecchio alta e con lineamenti morbidi di una bellezza orientale. Devon era l'esatto opposto e, forse, era per questo che insieme facevano scintille.
In più, lei godeva di un dono che, a dirla tutta, considerava una vera e propria maledizione.
- Tu sei la sola ragione che mi spinge a voler rimanere, Zafira.
La ragazza sorrise a quelle parole, mentre il vampiro si frapponeva tra le sue gambe e la costringeva a sdraiarsi sul materasso.
- Non c'è bisogno di adularmi, lo sai che verrò comunque a letto con te senza farmi pregare.
Il vampiro sorrise mostrando le zanne e si passò la lingua sui denti, mentre con una mano si sbottonava la patta dei pantaloni e con l'altra sollevava l'orlo della sottoveste di lei.
- Bene, allora piantiamola di perdere tempo...
E, con una spinta decisa e virile, affondò dentro di lei strappandole un grido di piacere.

Erano le sei del pomeriggio e tutto andava bene. 
Le lezioni si erano concluse, Daphne sembrava essersi ripresa dal malore della sera precedente e aveva trascorso l'intero pomeriggio a leggere su uno dei divani del salottino comune del dormitorio, per poi decidere di recarsi in biblioteca con Rebecca che insisteva per andarle a prendere qualche medicina in infermeria. Anne, invece, se ne stava chiusa in camera sua, unico posto in cui Gabriel non sarebbe potuto arrivare.
Le sei e un minuto. 
Non aveva alcuna intenzione di presentarsi all'appuntamento, non dopo quanto era accaduto in quello stesso corridoio meno di ventiquattr'ore prima. Cosa pensava, quel vampiro? Che qualunque ragazza sulla faccia della terra anelasse alle sue attenzioni o, peggio, ai suoi baci?
Anne avrebbe condotto la sua vita serenamente anche se non avesse avuto a che fare con lui e, francamente, riteneva migliore la seconda prospettiva.
Certo, quel bacio era stato a dir poco indescrivibile. Forse un tantino eccezionale, il miglior bacio della sua vita, ma questo non significava che gli avrebbe permesso di rifarlo. Quel vampiro si era preso gioco di lei e, se Anne era intenzionata a dargli una seconda possibilità dopo l'evento della biblioteca, ormai quel tipo aveva bruciato l'occasione.
Le sei e cinque minuti. 
Non era certa di cosa avrebbe comportato non incontrare Gabriel, disobbedendo così facendo a un ordine dello stesso rettore, ma non avrebbe trascorso neppure un altro attimo in compagnia di quel vampiro. No signore, e a riguardo ne avrebbe presto parlato con Aaron, sperando che questo potesse mediare tra lei e i piani alti.
Le sei e dieci minuti.
Gabriel doveva essersi svegliato da poco e a quell'ora era plausibile che si trovasse in cima alle scale del secondo piano ad aspettarla. Per sua fortuna non avrebbe dovuto attendere ancora a lungo, presto si sarebbe stufato di aspettare qualcuno che, con ogni probabilità, non si sarebbe fatto vivo.
Le sei e venti minuti.
Non si rese neppure conto dello scorrere del tempo e, quando guardò nuovamente l'orologio, realizzò che l'orario dell'appuntamento era passato da almeno mezz'ora.
Fu a quel punto che si portò a sedere sul materasso, sbuffando. Il ticchettio dell'orologio infrangeva il silenzio calato all'interno della camera e le voci soffuse al di là della porta le impedivano di crollare a dormire come, forse, aveva sperato di fare.
Le immagini della sera precedente l'avevano tormentata per tutta la giornata e, per quanto odiasse pensarla in quel modo, non aveva potuto evitare di rivivere quel bacio ogni minuti di ogni ora; sentiva ancora le labbra del vampiro sulle proprie, le sue mani che vagavano, gentili ma bramose, sulla sua schiena, il corpo di lui premuto contro il suo e quella voglia che la divorava fin dal...
Quando una serie di schiamazzi proruppero dal corridoio, Anne lanciò un'occhiata interrogativa alla porta; fu sul punto di alzarsi per dare una controllata fuori ma, quando qualcuno entrò nella sua stanza senza neppure prendersi il disturbo di bussare, l'unica cosa che la ragazza poté fare fu quella di rimanere di sasso a osservare la fisionomia del nuovo ospite.
Il quale, tanto per cominciare, era un vampiro.
- Starai scherzando, spero.
Con gli occhi ridotti a fessura, Anne lanciò un'occhiata assassina a Gabriel che, con il sorriso sulle labbra, chiuse la porta in faccia alle altre tre ragazze che si erano accalcate fuori dalla stanza di Anne per capire cosa diavolo ci facesse un vampiro nel loro dormitorio.
Quando il silenzio li accolse nuovamente, Anne fu certa che le altre ragazze fossero ancora là fuori in attesa di sentire cosa lei e il vampiro di sarebbero detti nei minuti successivi.
Poverette, non avrebbero cavato un ragno dal muro: lei non aveva alcuna intenzione di farlo rimanere un momento di più nella propria stanza.
- Sei viva, noto. Mi fa piacere.
- Fuori di qui. - disse lei con stizza, incrociando le braccia senza interrompere il contatto visivo.
Gabriel, per tutta risposta, si passò una mano tra i capelli e iniziò a incamminarsi lungo il perimetro della stanza, osservandone con malcelata curiosità ogni più piccolo particolare.
Mentre camminava aveva infilato le mani in tasca e, quando riportò lo sguardo su Anne, le palpebre socchiuse e le labbra piegate in un sorriso malizioso fecero sospirare la ragazza.
Per l'esasperazione.
- La lingua ti funziona a meraviglia, noto, e riesci a camminare sulle tue gambe; mi domando cosa ti abbia trattenuta dal presentarti al nostro appuntamento giornaliero.
Il vampiro riprese a camminare e si soffermò proprio davanti alla scrivania di Anne. I suoi occhi ricaddero su una cornice argentata al cui interno vi era una foto di Anne da piccola con i suoi genitori. Gabriel non impiegò molto a sfilare una mano dalla tasca e ad afferrare la cornice per osservarla meglio.
La ragazza scattò nella sua direzione e afferrò malamente la cornice, prima di rimetterla sulla scrivania e rivolgersi al vampiro.
- Punto primo, non toccare la mia roba. Punto secondo, esci dalla mia stanza.
- Punto terzo, dimentica quello che ho appena detto e infilati nel mio letto. - le fece il verso lui.
- Ma guarda, anche i vampiri hanno il senso dell'umorismo allora. - disse lei, sarcastica.
- Ti sorprenderebbe sapere quanto sarei bravo a farti divertire. - ribatté lui ghignando e avvicinandosi di un passo a lei.
Anne reagì immediatamente poggiando una mano sui pettorali del vampiro e riportandolo al suo posto. Era chiaro che Gabriel non avesse posto alcuna resistenza o non sarebbe riuscita a farlo arretrare neppure di un centimetro, come la sera precedente.
- Ho sentito dire che frequenti una certa vampira, la bellona dai capelli rossi. Perché non vai da lei? Sono certa che saprà apprezzare le tue attenzioni più di quanto non sia in grado di fare io.
Quella mattina, durante la lezione, aveva sentito per caso le altre ragazze parlare dei vampiri dell'istituto; ognuna di loro esprimeva pareri e giudizi sui sei maschi della razza e Anne aveva storto le labbra divertita nel constatare quanto potessero essere superficiali alcune ragazze.
Poi l'oggetto di discussione era diventato Gabriel e, tra le tante cose su di lui, si era detto che frequentasse regolarmente quella vampira. 
Anne non aveva ben presente il tipo in questione, aveva solo sentito dire dalle altre che si trattava di una femmina eccezionalmente bella dai lunghi capelli rossi e dagli occhi da cerbiatta. Meraviglioso, proprio l'opposto di quel che caratterizzava lei.
Con questo, almeno, si era rasserenata di non essere il tipo di Gabriel.
- Per prima cosa, io non frequento nessuna vampira. E secondo, ieri sera mi è parso che le mie attenzioni ti piacessero, o sbaglio?
Ecco l'argomento che avrebbe volentieri fatto a meno di affrontare.
Al suono di quelle parole e al richiamo dei ricordi della sera precedente, il viso di Anne si tinse di rosso e lei si costrinse a voltarsi per dare la schiena al vampiro. Dopo essersi avvicinata al letto prese posto sul materasso, sperando che la propria pelle si decidesse ad assumere nuovamente un colorito normale.
- E' stato un errore - disse lei tentando di emulare l'imbarazzo che quella domanda le aveva procurato.
- Non andare fino in fondo? Sì, lo penso anch'io, ma possiamo sempre rimediare.
La voce del vampiro si fece d'improvviso più vicina e Anne si ritrovò distesa sul materasso senza capire come. Il corpo di Gabriel sospeso sopra il suo, piegato su di lei mentre si reggeva con le braccia contro la testiera del letto.
Quegli occhi di ossidiana brillavano alla tenue luce della lampada e le ciocche dei suoi capelli ricadevano in avanti, su quel viso che sembrava essere stato scolpito dagli angeli.
- Quando la smetterai di credere che io ti desideri? - la tranquillità con cui Anne aveva pronunciato quelle parole la stupirono più di quanto non avessero fatto con Gabriel che, tuttavia, non si mosse.
- Quando la smetterai di cercare di convincere te stessa che non è così. - rispose lui in maniera provocante, strizzandole l'occhio.
- Perché diavolo vuoi a tutti i costi che io ceda? - un sospiro esasperato concluse in bellezza la domanda della ragazza.
- Sei l'unica che abbia mai cercato di resistermi, ecco perché.
Tipico, a quanto pareva lei rappresentava solo una sfida per il vampiro. Niente di più.
- E tutta questa fatica solo per portarmi a letto? Cosa ne ricaveresti? Solo un nome in più da aggiungere alla tua assurda lista, e poi?
Gabriel sgranò in maniera impercettibile gli occhi ed esitò per un momento. Poi si allontanò da lei, sedendosi al suo fianco sul materasso.
- Come sarebbe a dire "e poi"? Dopo di te ce ne sarà un'altra e poi un'altra ancora.
Anne si portò a sedere continuando a guardare il vampiro che, per la prima volta, appariva in evidente difficoltà.
- Chi cerchi di impressionare? I tuoi amici? La tua famiglia? Anche se non penso che quest'ultima approverebbe.
- Dacci un taglio - il tono di voce di Gabriel fu duro e sembrò non ammettere repliche di nessun genere; gli occhi neri erano freddi come lastre di ghiaccio e Anne non riuscì a leggere niente in essi, neppure la più piccola sfumatura di una qualunque emozione - non sai niente di me.
- Così come tu non sai niente di me. Eppure cerchi di portarmi a letto fin dalla prima volta che ci siamo visti.
- Da quanto bisogna conoscere qualcuno per scoparselo? A chi interessa?
- A me. A me interessa. 

Anne rispose con tutta la determinazione di cui disponeva, il suo tono di voce era fermo e deciso e il suo sguardo non tradiva la minima traccia di incertezza. Gabriel ne rimase stregato, non aveva mai incontrato qualcuno come lei. Ormai ne era certo.
- E' ridicolo. - sussurrò più a se stesso che alla ragazza, la quale, tirando un sospiro, riprese a parlare.
- Solo perché ti rifiuti di accettare il mio punto di vista.
Gabriel, inutile dirlo, non aveva mai pensato al sesso nei termini usati in quel momento da Anne; per lui si trattava di contatto tra due corpi nudi ed eccitati, desiderio di piacere e conforto nelle braccia di qualcuno con cui, la notte dopo, non avrebbe avuto complicazioni.
Era tutto così semplice e lineare che mai aveva pensato che una cosa come quella potesse essere considerata squallida da qualcuno. Era l'unico sesso che conosceva e fino ad allora non aveva mai avuto motivo di cercarne dell'altro.
Poi era arrivata lei, Anne, con le sue idee, i suoi valori e, nel giro di pochi minuti, stava mettendo in discussione tutte le sue certezze a riguardo. Forse aveva ragione Devon, forse avrebbe dovuto lasciar perdere quella ragazza e dedicarsi a ciò che sapeva fare meglio con chi, evidentemente, la pensava come lui.
Eppure, più trascorreva del tempo con lei, più gli risultava difficile. No, non difficile, semplicemente era certo di poter rimandare la separazione al giorno successivo o a quello dopo ancora; in fondo, perché non sarebbe dovuto riuscirci? Era solo un'umana.
- Sei testarda, lo sai? - e cocciuta, dal poco che riusciva a vedere.
- Preferirei definirmi determinata, ma suppongo che anche il termine testarda mi si addica, sì.
E poi, come a premiarlo per l'indulgenza appena dimostrata nei suoi confronti, Anne gli sorrise in maniera genuina e spontanea, come non le aveva mai visto fare fino ad allora.
Il cuore perse un battito nel constatare quanto fosse bella e unica. Non avrebbe saputo definirla altrimenti.
Quelle labbra, nel frattempo, dolci e morbide a contatto con le proprie, sembrarono richiamare la sua attenzione, tanto da costringerlo ad abbassare lo sguardo su di loro. Si sarebbe avvicinato a lei, avrebbe accostato la propria bocca alla sua e avrebbe assaporato di nuovo ciò che più bramava dalla sera precedente; quel bacio l'aveva sconvolto più di quanto immaginava. Dopo averla lasciata sola, aveva sceso i primi gradini della scalinata e si era poggiato con la schiena contro la parete, incapace di reggersi in piedi da solo. Gli aveva fatto girare la testa, letteralmente. Il bacio con quell'umana era stato persino più soddisfacente di molte sue esperienze di sesso con altre ragazze e, per la prima volta, forse, riuscì a capire il punto di vista di Anne.
Fu pronto a saggiarle di nuovo e a ripetere l'esperienza del giorno prima, quando la porta della stanza venne spalancata bruscamente e il tutor degli umani apparve sulla soglia con aria furiosa.
- Ops. - fu l'unica cosa che disse il vampiro e, vista l'indifferenza sul suo volto, non sembrò neppure particolarmente serio.
- Che diavolo ci fai tu qui? - Aaron, il tipo biondo-e-con-le-cicatrici-sono-figo, si avventò su Gabriel e lo afferrò per la collottola, costringendolo ad alzarsi dal letto di Anne.
- Ehi, Aaron! Come te la passi, amico? - ancora il tono di irriverenza che avrebbe dato sui nervi a qualunque persona dotata di un minimo di autorità. Gabriel lo sapeva e adorava usarlo a tale scopo.
- Credevo che tua cugina ti avesse avvertito. Devi stare lontano da Annabelle, mi sono spiegato?
- Lontano? Ma se ci avete costretti a trascorrere tre ore al giorno insieme!
- Sai bene a cosa mi riferisco, piccolo...
- Aaron - la voce di Anne interruppe il momento magico che si era venuto a creare tra i due maschi alfa; il testosterone era a mille e, quando entrambi voltarono la testa verso la ragazza, sembrarono vederla per la prima volta - non è successo niente. Mi sono addormentata dopo le lezioni e non vedendomi arrivare Gabriel è venuto a controllare che stessi bene.
Non ci poteva credere. Gabriel non poteva credere alle proprie orecchie. L'umana lo stava coprendo?
Con gli occhi sgranati e le labbra serrate, il vampiro cercò di darsi un contegno; era inutile far saltare la copertura davanti ad Aaron che, con una certa diffidenza, spostava lo sguardo da lui ad Anne e viceversa.
- Pensi di lasciarmi andare? Odio il contatto fisico, non vorrei dover ricambiare. - il suo tono aveva raggiunto una sfumatura minacciosa che ad Aaron parve non piacere, vista la sua espressione farsi ancora più tesa. Tuttavia, lo lasciò andare e Gabriel si sistemò con una certa indifferenza il colletto della camicia nera.
Prima o poi avrebbe preso a pugni quel bastardo, l'unico motivo che lo tratteneva era sua cugina.
- Per questa volta la passi liscia. Ad ogni modo, ti voglio fuori da qui entro dieci secondi, non farmi tornare a ripetertelo.
Così dicendo, l'umano accennò un saluto alla ragazza e uscì in fretta e furia dalla stanza, senza prendersi neppure la briga di chiudersi la porta alle spalle.
- Ti ho salvato il culo, bellezza, mi devi un favore.
Quando Gabriel si voltò a guardare Anne, la trovò in piedi e con le braccia incrociate al petto; sul viso un'espressione birichina e un lampo di soddisfazione negli occhi. Il vampiro non poté fare a meno di curvare un angolo della bocca in un sorriso divertito.
Sì, gliene doveva uno.
- Che finezza, mademoiselle.
Anne scrollò le spalle e si avviò verso la porta, spalancandola maggiormente e indicando al vampiro di uscire.
- Ora vattene, prima che cambi idea e lo faccia tornare.
- Lo avrei steso, tanto per la cronaca.
- Ma certo, non lo metto in dubbio.
La ragazza tentò di dissimulare una risata con un paio di colpi di tosse e il vampiro decise di non commentare oltre. Si avvicinò alla porta e le lanciò un'ultima occhiata da sopra la spalla.
Pareva molto più rilassata, in quel momento, pur trovandosi in sua compagnia.
- Domani sera, alle diciotto in punto. Non mancare.
- Cercherò di non addormentarmi.
- In caso contrario verrò a svegliare la bella addormentata. 
Il vampiro sollevò la mano destra e la avvicinò al volto della ragazza. Lei non si mosse ma tenne d'occhio i suoi movimenti, fremendo appena quando quella mano portò una ciocca di capelli dietro il suo orecchio.
- A domani.
Così dicendo, Gabriel uscì dalla camera da letto e si diresse fuori dal dormitorio, ignorando le occhiate e i commenti degli umani nel salottino comune e accennando un sorriso per quanto appena accaduto.
Quando arrivò nei pressi del proprio dormitorio e fece per entrare, un'elettrizzata Brittany gli si parò davanti richiedendo, come sempre, le sue attenzioni.
- Come mai già di ritorno? L'appuntamento è stato noioso? - la micetta si mise a fare le fusa appiccicandosi al braccio di Gabriel, mettendo in mostra il bel décolletté dalla camicetta bianca strategicamente sbottonata.
Gabriel, però, non vi prestava più attenzione da qualche giorno.
- Sì, una noia mortale - mentì per liberarsi della compagna il più in fretta possibile.
La rossa, invece, sembrò incoraggiata a osare di più.
- Povero tesoro. Che ne diresti se ti tirassi su di morale? Camera tua o camera mia?
A quel punto Gabriel, con tutta la delicatezza di cui era capace, sfilò il braccio dalla presa della vampira e si allontanò da lei accennando un saluto con la mano.
- Non oggi, Brittany, non oggi.
In quel momento aveva ben altro in mente: un altro dormitorio, un'altra camera da letto, un'altra voce, un altro viso.

Quando quella mattina Daphne si era risvegliata nel proprio letto, aveva faticato a ricordare se quanto accaduto quella notte fosse stato solo un sogno o, invece, realtà. Ricordava di essere andata in infermeria, poi di aver incontrato il vampiro dal taglio di capelli fuori dal comune e... oddio, aveva cercato di attaccarla!
D'istinto si portò una mano sul collo e, nel constatare che non ci fossero forellini di nessun genere, tirò un sospiro di sollievo.
Poi le venne in mente qualcos'altro: qualcuno era arrivato a salvarla, un uomo, a seconda della voce, e si era dimostrato estremamente protettivo verso di lei...
Eppure era lì, avvolta tra le coperte del proprio letto, al sicuro.
Trascorse l'intera giornata in dormitorio e solo nel tardo pomeriggio si recò in biblioteca, tanto per essere certa di far passare completamente la febbre, decidendo di scendere infine per l'ora di cena.
Era arrivata alla conclusione di aver sognato tutto, anche perché né Rebecca né Anne si erano accorte che avesse lasciato la stanza quella notte.
Eppure, quando mise piede nella sala da pranzo insieme alle amiche e andò a sedersi, lanciò un'occhiata al vampiro dai capelli multicolore e fu attraversata da un brivido di terrore. 
Lui distolse immediatamente lo sguardo, piccato.
Strano.
Mangiò poco quella sera, limitandosi ad ascoltare i discorsi dei suoi compagni e tentando di ricordare altro circa quanto avesse sognato la notte precedente. Non riusciva proprio a focalizzare il volto di colui che l'aveva salvata, ricordava solo quella voce, in parte così familiare...
- Daphne, mi stai ascoltando?
La domanda di Rebecca la riportò al presente, immergendola in una fitta conversazione.
- Cosa? Scusami, ero soprappensiero.
La rossa sorrise indulgente e ripeté la domanda.
- Ti ho chiesto se vuoi che vada a prenderti qualcosa in infermeria.
- Oh no, tranquilla, io... - in quel momento alcuni dei vampiri si alzarono dal tavolo e si diressero verso l'uscita; Daphne fece per rivolgere nuovamente lo sguardo su Rebecca, quando una chioma rossa attirò la sua attenzione.
Profumo di rose selvatiche. Ciocche di lunghi capelli rossi.
- Devo andare, ci vediamo dopo.
Senza prestare attenzione agli sguardi incerti delle amiche, Daphne si mise a correre verso l'ingresso della sala da pranzo, poi in direzione del vampiro dai capelli ramati.
Era rimasto indietro rispetto ai due compagni, entrambi molto alti e dai capelli lunghi. Che trio pazzesco.
- Ehi, ehi aspetta!
I tre vampiri si voltarono contemporaneamente e Daphne rimase ferma sul primo gradino della scalinata.
Il ragazzo dai capelli rossi le rivolse un'occhiata sorpresa, prima di voltarsi verso gli altri due che, dopo un suo cenno, ripresero la salita.
Quanto a lui, tornò sui propri passi e si avvicinò a lei.
- Mi cercavi?
Daphne si trovò a deglutire e si rese conto di non sapere cosa dire.
- Ehm sì, io... volevo chiederti...
- Come va la febbre?
- Cosa?
- Ieri sera avevi la febbre, ricordi? Mi hai detto di non stare bene, dopo cena.
Oh, quello. Forse aveva davvero sognato tutto il resto, allora.
- Meglio, grazie. 
Il vampiro annuì e lei abbassò lo sguardo. Cosa diavolo stava facendo?
- Mi fa piacere. Ora devo andare.
Daphne sollevò lo sguardo verso l'orologio posto nell'atrio dell'istituto e notò che mancava ancora mezz'ora all'inizio delle lezioni. Evidentemente il vampiro non aveva voglia di parlare con lei.
Ottimo, poiché la cosa era reciproca.
- D'accordo, scusa se ti ho fatto perdere tempo.
Il vampiro fece per voltarsi e raggiungere i compagni ma, lanciando un'occhiata alle spalle di lei, si fermò sul posto e aggrottò la fronte. Daphne sgranò gli occhi nel vederlo soffiare e mostrare le zanne come un animale, ma non ebbe paura. Quella rabbia era indirizzata a qualcun altro, qualcuno che, salendo i gradini della scalinata, si era accostato al lato opposto di essa e aveva rivolto uno sguardo irato al vampiro.
Il ragazzo dai capelli colorati.
A quel punto Daphne non riuscì più a tacere e afferrò il rosso per un braccio. Questo si voltò verso di lei con gli occhi ancora in fiamme e i lineamenti del bel viso induriti, ma quanto meno aveva ritratto i canini.
- La notte scorsa... la notte scorsa è successo qualcosa?
Lui non rispose, si limitò a rilassare il viso e a rivolgere un'occhiata dispiaciuta.
Merda, allora non aveva sognato niente.
- Oh cielo... - incrociò le braccia al petto e iniziò a massaggiarsele con le mani, puntando gli occhi sul vampiro dalla chioma multicolore, tremando appena.
- Vieni, andiamo fuori - il vampiro dai capelli rossi le mise una mano dietro la schiena e fece per dirigerla verso l'ingresso dell'istituto, quando si fermò di colpo - a pensarci bene non è una buona idea, stai ancora male.
- No, va bene, ho bisogno di prendere un po' d'aria.
Indossava solo una felpa, però, forse sarebbe stato meglio tornare in dormitorio a prendere qualcosa da metter su.
- Metti questa, allora.
Il vampiro lasciò cadere la borsa con i libri e si sfilò la propria giacca, per poi posargliela delicatamente sulle spalle.
Era un indumento elegante, bianco ed enorme rispetto a lei. E dire che non era certo una ragazzina minuta.
- Grazie.
Detto ciò, si lasciò condurre fuori dall'edificio e seguì il vampiro in un angolo riparato del parco; presero posto su di una panchina in riva al piccolo laghetto circostante, illuminati dai raggi della luna piena.
Inizialmente nessuno dei due disse nulla. Poi, quando il silenzio iniziò a divenire insostenibile, il vampiro prese la parola.
- Speravo non te lo ricordassi.
Daphne sobbalzò appena al suono della sua voce, rivolgendogli uno sguardo incerto.
- Perché?
Lui sospirò e abbassò lo sguardo, incapace evidentemente di sostenere il suo.
- Non avrei mai voluto che affrontassi una tale sofferenza. Farei di tutto per farti dimenticare l'episodio di stanotte, credimi ma, non appena ho visto Devon guardarti, poco fa, io...  - sospirò e chiuse gli occhi - mi dispiace, per quello che ti ha fatto e per averti coinvolto in tutto questo. Mi dispiace.
Daphne rimase in silenzio, non si rese neppure conto di aver trattenuto il respiro per chissà quanto tempo. Quel ragazzo si stava scusando con lei per... per cosa, esattamente? Se non era stato un sogno, l'aveva salvata. Non era lui a doversi scusare.
Rimasero in silenzio per qualche altro momento, fino a quando lei non si decise a parlare, puntando lo sguardo sull'orizzonte illuminato dalla luce argentea della luna, riflessa nelle acque profonde del lago.
- Sei anni fa ho perso mio padre. Quando ci hanno chiamati lo stavano portando in ospedale ma aveva già perso conoscenza. Dicevano che era morto dissanguato e il colpevole era stato colto sul fatto.
Seguì un attimo di silenzio durante il quale Daphne riuscì a percepire lo sguardo del vampiro su di sé. Strano, era in completa solitudine con uno di loro eppure, per la prima volta da quando quella disgrazia era avvenuta, non provava alcuna paura.
- Quando arrivai in ospedale, non mi fu permesso avvicinarmi a lui. Dicevano che sarei svenuta alla vista del sangue ma a me non importava, dovevo assicurarmi che mio padre stesse bene e... poi li vidi. Due fori da cui partivano squarci profondi sul suo collo.
- Oh, cielo...
- So che è stato un assassino a farlo e che la tua razza non ha nessuna colpa, so che mio padre avrebbe potuto incontrare un uomo con la pistola e fare la stessa fine ma... è stato un vampiro, d'accordo? Un vampiro me l'ha portato via e io non posso perdonarlo. Non posso perdonare nessuno di voi per questo.
Una folata di vento gelido la fece rabbrividire e la costrinse a stringersi nelle spalle, addossandosi quella giacca che sapeva di lui, di quel vampiro che l'aveva salvata.
- La notte scorsa mi è tornato tutto in mente non appena ho visto i suoi canini. E' per questo che sono crollata, perché io non piango mai.
Non aveva più pianto dalla morte di suo padre. Eppure, quella notte aveva ceduto.
Si alzò in piedi e si avvicinò alle rive del lago, dove la brezza era più fredda e il bisogno di calore si intensificava.
Sapeva che il vampiro la stava osservando. Lo sentì alzarsi e avvicinarsi a lei.
- Tu mi hai salvato, non devi scusarti di niente e, anzi, sono io a doverlo fare: non avrei dovuto trattarti in quel modo poche ore prima.
Lui non disse niente e quel silenzio la costrinse a voltarsi. Se lo ritrovò a pochi centimetri da sé, imponente nel suo fisico muscoloso, regale con quella chioma magnifica in cui avrebbe tanto voluto immergere le dita. Era bellissimo, non poteva negarlo.
Un'altra sferzata di gelido vento la portò a stringere tra le mani la giacca che lui le aveva prestato, ma quando sentì quelle di lui attirarla a sé per proteggerla dal vento, lo lasciò fare.
Il suo tocco era calmo e gentile, non pretenzioso come quello di tanti altri uomini.
Aveva poggiato il mento sopra la sua testa e le mani si muovevano sulla sua schiena per scaldarla.
- Come ti chiami? - le domandò rompendo il silenzio tutt'altro che imbarazzante che si era venuto a creare tra loro.
- Daphne - rispose di getto lei.
- Daphne... è un nome bellissimo, mi piace molto.
- Grazie. Lo ha scelto mio padre.
Ancora un momento di silenzio, in cui le parve che il vampiro poggiasse le labbra sulla sua nuca e inalasse il suo profumo.
- Chi sei tu? - gli domandò lei.
- Mi chiamo Elessar.
- Un nome altisonante. Mi piace.
- Anche il mio lo ha scelto mio padre.
Lei sorrise e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da lui.
- Daphne?
- Mh?
- Non è un male piangere o provare paura. 
- Lo so.
- Hai perso tuo padre e... no, ti è stato portato via da un vampiro. Hai tutto il diritto di odiarci.
La capiva? La capiva sul serio? Neppure sua madre e i suoi fratelli avevano giustificato quell'odio che lei sembrava non riuscire a cancellare dal suo cuore, eppure un completo estraneo, per di più appartenente alla razza che lei odiava con tutto il cuore, la capiva.
- Vorrei non doverlo fare. - disse sinceramente.
- Lo vorrei anch'io.
La stretta di Elessar divenne più forte, quasi fino a lasciarla senza fiato. Ma lei non si lamentò.
Poi lui allontanò una mano dalla schiena della ragazza, sfiorando con delicatezza le ciocche dei lunghi capelli bruni di lei, fino a giungere al suo viso che, d'istinto, si allontanò dal petto del vampiro e puntò gli occhi color miele in quelli di lui.
- Non ti farò del male - sussurrò il ragazzo.
- Lo so.
Elessar avvicinò il proprio volto a quello di lei e Daphne fu in grado di percepire quel respiro caldo che l'attirava a sé senza via d'uscita.
Il vampiro poggiò la fronte contro quella di lei e chiuse gli occhi, stringendo i denti e accarezzando il suo viso con il pollice.
Era come se si stesse trattenendo dal dire o fare qualcosa.
- Daphne...
Fu poco più di un sussurro, ma in quel nome la ragazza lesse una preghiera.
- Daphne...
Ancora una volta.
Il respiro di lei accelerò e i suoi occhi si chiusero, mentre portava la propria mano a stringere quella di lui.
- Non sai quanto ti desidero...
- Non posso...
Non poteva davvero. Era un vampiro, un mostro assetato di sangue e, per quanto ciò risultasse irrazionale, non riusciva a non attribuirgli parte della colpa della disgrazia che aveva rovinato la sua vita.
Eppure, allontanarsi da lui le sembrava una prospettiva impraticabile.
- Ti penso continuamente...
Il respiro rotto e la voce roca e piena di desiderio costrinsero Daphne a stringere i denti e a staccarsi da lui, non prima di aver sussurrato a sua volta.
- Mi dispiace... mi dispiace tanto...
Si allontanò da Elessar e si voltò, iniziando a correre verso l'istituto. Non si guardò mai indietro, corse a perdifiato fino a quando non si ritrovò nella propria stanza, poggiata contro la porta e con il fiatone.
Cosa le era preso? Stava davvero per cedere a quel vampiro?
Non poteva tradire la memoria di suo padre. No, sarebbe stata lontana da quell'essere, a qualunque costo.
Ma quando si avvicinò al proprio letto, sentì un leggero tonfo alle sue spalle. Si voltò accigliata e, sul pavimento, notò qualcosa che, in quel momento, le parve un bizzarro gioco del destino.
Aveva appena deciso di non vederlo più.
Peccato che avrebbe dovuto riconsegnargli la giacca che lui le aveva prestato.

 
Ed ecco a voi Brittany e Zafira *-* vi piacciono?
NB: i disegni sono stati presi in prestito dal sito DeviantArt e non mi appartengono.
 

Angolo dell'autrice:
Ed eccoci col nuovo capitolo. Spero di non avervi deluso con le scenette tra le due coppie del momento ma, cosa altrettanto importante, mi piacerebbe avere da voi un commento su Zafira. E' uno dei personaggi femminili che più mi piace, anche perchè ha un dono che presto complicherà le vite degli altri abitanti dell'istituto... quindi, stiamo a vedere :3
Daphne ed Elessar proseguono il loro percorso indisturbati, se non dal desiderio di lui nei confronti della ragazza e il terrore di lei di lasciarsi andare da chi considera alla pari di un mostro... come continuerano le cose tra loro?
E Anne e Gabriel? Eh... ero e sono tutt'ora molto indecisa su questo capitolo. Gabriel non sa cosa sia l'amore, per lui il sesso è piacere allo stato puro e non comprende affatto un coinvolgimento sentimentale. Anne, d'altro canto, la pensa nella maniera opposta... che riescano a trovare un compromesso o, alla fine, il vampiro dovrà rendersi conto che il sesso senza amore non è poi il massimo della vita?
Passando ai ringraziamenti:
OnceUpon: grazie, sono proprio contenta che tu non sia rimasta delusa *-* Daphne è una ragazza più semplice di quanto si pensi ma una perdita come la sua ti lascia una profonda ferita nel cuore... nonostante questo, Elessar saprà come farsi amare... forse :3 Sono contenta di leggere che Gabriel ti piace *-* fino ad ora lo avrei menato a sangue ma via via sta cercando di migliorare, anche se inconsapevolmente xD E Devon... beh, ci riserverà delle sorprese, puoi scommetterci U.U Grazie ancora per la tua recensione, è sempre troppo gradita <3 Un bacio e al prossimo capitolo!
guticamina: grazie mille per la recensione e per le belle parole ^^ spero che Gabriel e Anne ti siano piaciuti in questo capitolo, è stato decisamente complicato scriverlo ç_ç per quanto riguarda la scelta di affrotnare diversi personaggi, credo che ognuno di loro meriti un approfondimento e, visto che la trama si divide in due parti, sostanzialmente, alcuni verranno affrontati ora e il resto nella seconda. Spero, tuttavia, di non farti cambiare idea :3 grazie ancora delle belle parole e alla prossima <3
marvel: ne sono proprio felice *-* anch'io amo quel genere di individui (i bastardi dentro che poi, grazie a una bella fanciulla, vedono di migliorare... quasi sempre xD) e spero che le loro maturazioni non ti facciano cambiare idea =) Grazie delle bellissime parole, sono davvero contenta che la storia ti stia prendendo tanto, farò del mio meglio per non deluderti ^^ a presto e un bacione!
ire_hp 7: tu, maledetta, come se non mi recensissi già tutte le volte che leggi qualcosa di mio xD chiappette mosse e... conosco perfettamente i tuoi gusti in fatto di uomini immaginari, quindi con Gabriel andavo quasi sul sicuro con te u.u ma sono certa che neppure Ex e Lucien ti deluderanno... muahahahaha. Per il momento leggi il resto e fammi sapere appena vuoi, strunz. Paris with love (??) <3 (Paris... muahahaha)
Severa Piton: a prescindere dal fatto che ti adoro solo per il tuo nick (io AMO alla follia HP), ti ringrazio davvero tantissimo per la splendida recensione! E' difficile far cambiare idea a chi già parte con dei pregiudizi e sapere di essersi riuscita con te mi rende enormemente felice ^^ Spero che i nuovi capitoli non ti facciano cambiare idea, tengo molto alla storia e soprattutto ai personaggi e sapere che sono apprezzati è una grandissima soddisfazione =) Grazie ancora e spero continuerai a seguire le nostre avventure :3 un bacio potteriano!
Luxus99chan: Gabriel romantico è un po' impossibile da vedere al momento, ma ti prometto che rimedieremo u.u grazie davvero, sono contenta che Daphne ti piaccia e che continui a seguire la storia ^^ aspetto volentieri altri tuoi pareri, nel frattempo ti saluto con un forte abbraccio e tanti ringraziamenti <3
PinkyRosie: ooooh ma allora siamo sulla stessa lunghezza d'onda U.U beh sì, Devon è solo apparenza al momento, è un personaggio che approfondirò tra un po' e ce ne saranno tante da scoprire su di lui... di certo ci riserverà qualche sorpresina, come ho già detto, ma spero non ti deluderà :3 E per Lucien ed Ex... AHAHAHAHAH io amo quei disegni, sul serio, i personaggi li ho basati interamente su di loro e spero di render omaggio a entrambi xD per il resto, grazie della recensione, sei sempre puntualissima e presente, non posso che apprezzarlo ^^ accetto volentieri consigli se c'è qualcosa da migliorare e, nel frattempo, ti saluto! Alla prossima e un bacione, grazie ancora <3

Finitoooo U.U non mi resta che salutare tutti voi e ringraziarvi ancora una volta di tutto cuore per aver recensito *-* ringrazio anche coloro che hanno inserito la storia tra seguite, ricordate e preferite (awwww) e un ringraziamento ulteriore va a tutti voi che leggete e apprezzate ^^
Un bacio e al prossimo aggiornamento (che, spero, ci sarà giovedì sera).
Fra.

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Capitolo 8
*** Assaggi ***




Irrequieto.
Ecco come si sentiva da quando, poco meno di un mese prima, aveva lasciato il dormitorio degli umani e si era recato tra la propria gente, la gente a cui sentiva di appartenere.
La notte stava diventando, per la prima volta, la sua più grande nemica. L'attesa del giorno successivo si rivelava pressappoco struggente e durante le ore diurne quasi non chiudeva occhio. Quelle serate in compagnia di Annabelle lo stava annientando, lentamente, inesorabilmente... iniziava a conoscerla: le parlava, la ascoltava, il tutto reprimendo il proprio istinto che gli diceva di farle ben altro. Eppure, si era reso conto, quell'istinto stava via via andando a scemare, come se la vicinanza di lei gli rendesse difficile rispettare le proprie priorità. Ma nulla era cambiato: lei si era ammorbidita nei suoi confronti, vero, lui aveva smesso di considerarla un premio da esibire e di cui vantarsi, eppure, in tutto ciò, qualcosa non quadrava. Perché attendeva con ansia sempre maggiore la sera successiva, e quella dopo, e quella dopo ancora.
E tutto questo non perché non vedesse l'ora di incontrare quell'umana, no - si diceva Gabriel - lei non c'entrava niente.
Quando decise di alzarsi dal letto, quella sera, mancava poco più di mezz'ora al tramonto, pertanto decise di prepararsi con tutta calma e dirigersi nel salottino del dormitorio per leggere qualcosa.
La lettura, in effetti, era uno dei suoi passatempi preferiti e non aveva più aperto un libro da quando aveva messo piede in quell'istituto, per un motivo o per un altro.
A quella considerazione il suo pessimo umore non fece che peggiorare, cosa tutt'altro che positiva dato il suo imminente incontro con l'umana.
« E io che mi aspettavo di vederti indossare qualche completo elegante per andare incontro alla tua bella. Che sciocco, da parte mia. »
La voce di Devon fu come un raggio di sole a seguito di una notte apparentemente senza fine. Che, per i vampiri, equivaleva a qualcosa di estremamente deleterio e indesiderato.
Gabriel finse di proseguire la propria lettura sfogliando un'ulteriore pagina, per poi tornare nella propria posa composta e assolutamente impeccabile: gambe accavallate, libro in grembo, mano sinistra a sorreggergli il volto stanco, dagli occhi cerchiati di nero.
« Hai qualcosa di interessante da dirmi, Devon? Perché, in caso contrario, ti consiglio di non stuzzicarmi più del necessario. »
Umore nero.
« Calmati amico, non sono qui per litigare. »
Il ragazzo prese posto sulla poltrona alla sinistra del divano su cui si era accomodato qualche minuto prima Gabriel, buttando la testa indietro contro lo schienale e chiudendo gli occhi, apparentemente esausto.
« Giornataccia? » domandò il moro senza distogliere lo sguardo dal libro e privo di un reale interesse circa la domanda appena posta.
« No, non direi. Ma conosci Zafira, quella femmina è insaziabile... ne vuole sempre di più. »
Gabriel alzò finalmente lo sguardo e sogghignò alla vista dell'amico che, dolorante, si massaggiava il collo. Alla base di questo spiccavano scarlatti una serie di piccoli forellini striati di sangue.
« Sì, me ne rammento. »
Una vampira di classe, quella, non c'era che dire. Sotto le lenzuola, invece, diventava una vera pantera. Gabriel aveva apprezzato in un primo momento, poi si era reso conto che il sesso così violento e incessante non faceva per lui.
Non che fosse delicato, solitamente, ma quella femmina lo aveva messo a dura prova... lei amava condurre il gioco e, guarda caso, era quello che piaceva fare anche a lui.
Incompatibili.
Tuttavia, Zafira era una vampira decisamente particolare: il suo dono fuori dal comune la rendeva un elemento da cui lui era riluttante a separarsi del tutto. Inoltre, Gabriel era uno dei pochi a conoscenza di quel segreto che la vampira custodiva tanto gelosamente.
« E tu? Sembri non aver chiuso occhio. »
Lo sguardo attento di Devon si soffermò un attimo di troppo sul viso di Gabriel che, stanco di negare l'evidenza, aveva chiuso il libro e scavallato le gambe, assumendo una posa più confortevole sul divano di pelle nera.
« Infatti. Sono... Dio, non lo so, Devon... credo che ci sia qualcosa di sbagliato in me. »
L'altro vampiro rimase nel più completo silenzio, lo sguardo ancora puntato sull'amico e, nella quiete in cui si immergeva la stanza, Gabriel poteva addirittura immaginare di sentire il rumore delle rotelline del cervello di Devon lavorare a raffica, per comprendere cosa gli stesse succedendo.
Beh, se ce l'avesse fatta avrebbe dovuto avvertirlo. Almeno ne avrebbe saputo di più anche lui.
« E' per quell'umana? »
Inutile negare. Gabriel annuì, puntando gli occhi sul soffitto scuro della saletta.
Sentì Devon sospirare.
« Merda, amico, sei messo peggio di Elessar a quanto pare. »
« Elessar? Che diavolo c'entra lui? »
Gabriel sollevò la testa e si accigliò. Devon gli rifilò un'occhiata di sottecchi e dalla sua espressione Gabriel poté comprendere che non fosse esattamente soddisfatto, qualunque cosa avesse fatto l'amico.
« Non lo sai? Ha completamente perso la testa per quell'umana, Daphne, o come diavolo si chiami lei... »
« Non mi dire. » Gabriel non poté fare a meno di ridere a quella consapevolezza; Daphne gli era sembrata una ragazza di polso, coraggiosa e sicura di sé. Inoltre, voleva molto bene alla sua Annabelle, un punto a suo favore. Ed Elessar, quel vampiro galante e premuroso, si era invaghito di lei? Quella sì che era una notizia interessante.
« In ogni caso, cerca di evitare di fare la sua stessa fine. E' già difficile accettare la sua strana inclinazione, non vorrei dover dividere la stanza con due filantropi improvvisati. »
Gabriel sorrise alle parole dell'amico, ma non poté evitare di dargli ragione.
In qualche modo Annabelle lo aveva stregato, non faceva che pensare a lei e, per quanto la cosa gli desse fastidio, non poteva fare a meno di contare i minuti che lo separavano dal momento in cui l'avrebbe rivista.
Il bisogno di entrare in contatto con lei, sentire la sua voce, percepire il suo odore e guardare quegli occhi di ghiaccio che, da un po' di tempo a quella parte, avevano iniziato a sciogliersi per lui, era destabilizzante. Odiava sentirsi tanto dipendente da qualcun altro, non poteva farne a meno.
« Farò del mio meglio. Non ho alcun interesse a diventare l'animaletto domestico di quell'umana. »
Una mezza verità veniva sempre accettata di buon grado, e il sorriso soddisfatto di Devon ne fu la prova.
« Umana? Quale umana? »
L'arrivo di Lucien, seguito da Excess, fece voltare le teste di entrambi i vampiri nella loro direzione; affascinanti ed eleganti come sempre, quei due maschi portavano onore alla razza dei vampiri.
« Non starete mica parlando di Annabelle, vero? »
Gabriel non poté evitare di lanciare uno sguardo di fuoco a Lucien e, solo a seguito dell'espressione colpita di questo e del grugnito di disapprovazione di Devon, si rese conto di aver iniziato a soffiare mostrando le zanne.
Merda. Non poteva andare avanti in quel modo.
« Bene, bene, bene... molto interessante. »
Il biondo andò a prendere posto di fianco a Gabriel ed Excess raggiunse il fratello sdraiandosi sul divano e poggiando il capo in grembo all'altro.
Quei due avevano uno strano rapporto, indecifrabile, a dire il vero. Se poi si aggiungeva il fatto che erano fratellastri, la cosa diventava a dir poco grottesca.
« A quanto pare quella ragazza ha fatto breccia nel tuo cuore di pietra, eh, mio principe? »
Domandò Lucien in tono gentile, mentre le sue lunghe dita affusolate andavano a intrecciarsi tra le ciocche scure del fratello.
« Non essere ridicolo. Una volta che otterrò ciò che desidero da lei non ricorderò più neppure il suo nome. »
O, quanto meno, questo era ciò che sperava.
« Probabile. O forse... »
« Da quant'è che non ti nutri, Gabriel? » Excess interruppe il fratello e Gabriel apprezzò molto il gesto. Non aveva voglia di sentire le opinioni di un vampiro con una capacità di deduzione fuori dal comune.
« Saranno tre settimane, ormai. » e il tipo di nutrimento a cui si riferiva Excess non aveva nulla a che vedere con il cibo degli umani.
« Ecco risolto il dilemma: hai fame. Quella ragazza avrà per te un odore certamente delizioso e, una volta esserti nutrito dalla sua vena, vedrai che la tua ossessione per lei non sarà che un lontano e imbarazzante ricordo. »
« Sai bene che non ci è permesso nutrirci degli umani all'interno dell'istituto. » puntualizzò Lucien con voce calma.
« Vero, ma nessuno vieta agli umani di offrirsi volontariamente a un vampiro per qualche goccia di sangue e ottenere, così, il suo favore. »
Gabriel voltò la testa verso i due fratelli e poté notare lo sguardo divertito di Excess, mentre Lucien puntava gli occhi al cielo, esasperato.
Avrebbe dovuto convincere Anne a fargli bere il suo sangue? Impossibile. Quella ragazza non si sarebbe mai concessa così facilmente né a lui né a nessun altro vampiro, memore della repulsione che lei provava per la sua razza.
« Se è come la sua amica, ti consiglio di rinunciarci a priori, Gabriel. »
Le ultime parole di Devon accompagnarono Gabriel all'uscita del dormitorio. 
Erano ormai le sei e Annabelle si sarebbe presentata in cima alla scalinata del secondo piano a momenti.
Dopo aver salutato i tre vampiri con un cenno della mano, Gabriel abbandonò la saletta e si diresse al centro del corridoio dove, con sua grande sorpresa, Annabelle lo stava già aspettando.
Quella sera indossava una camicetta nera e dei jeans chiari; i capelli erano, come sempre, sciolti e le ricadevano in morbide onde sulle spalle. 
Quando lo sentì arrivare si volse verso di lui e Gabriel si riscoprì fermo, a pochi passi da lei e con lo sguardo stanco a scrutare qualunque reazione del suo volto.
Quella sarebbe stata una lunga notte, ne era certo.

Quando gli occhi di Annabelle si puntarono in quelli scuri e imperscrutabili di Gabriel, la ragazza provò a mettere da parte l'odio verso la razza del vampiro e tentò di essere gentile, memore delle serate precedenti.
Gabriel era un tipo complicato, lo aveva ormai capito, e il fatto di non appartenere alla sua stessa razza non era la sola giustificazione a riguardo. Era un maschio, tanto per cominciare, cresciuto in un contesto ben differente da quello in cui era venuta su lei, con un giro di amicizie diverso dal proprio e così via discorrendo.
Non sarebbe stato facile avere a che fare con lui ma, a poco a poco, Anne sapeva di fare dei passi avanti con lui. 
Forse.
Eppure, nello scorgere la stanchezza e il cattivo umore sul suo volto, i buoni propositi della ragazza andarono a farsi benedire. Quanto meno, in parte.
« Ciao. »
Fu l'unica cosa che riuscì a dirgli. Mica male.
« Ciao. »
Nessuna battuta, nessun sarcasmo. Bene. Che piacevole serata l'avrebbe attesa.
« Usciamo? Vorrei prendere un po' d'aria. »
Gabriel si limitò ad annuire, poi si portò al suo fianco e la superò, iniziando a scendere i gradini dell'ampia scalinata senza neppure aspettarla o guardarsi indietro.
« Magnifico, allora. »
Sbuffando appena, Anne iniziò a scendere le scale e seguì Gabriel fuori dall'istituto, accelerando il passo per stargli dietro. 
In prospettiva di uscire aveva portato con sé un cappotto; lui, invece, indossava una sottile camicia nera di cotone. Come al solito, il freddo non lo infastidiva minimamente.
Lo vide fermarsi in riva al lago a pochi metri dall'istituto, per poi prendere posto all'ombra di un alto albero, dalle cui fronde filtrava l'argentea luce della luna; i lineamenti di Gabriel brillarono sotto quei raggi perlacei, evidenziando le occhiaia pesanti e i lineamenti induriti per chissà quale motivo. Nonostante questo, pensò Anne, risultava eccezionalmente bello.
« Allora, ehm... dormito bene? »
"Brava Anne, complimenti vivissimi, iniziare dai convenevoli è sempre un'ottima idea per rompere il ghiaccio." 
La ragazza prese posto a quasi mezzo metro da Gabriel, più vicina alle rive del lago rispetto al vampiro e, dunque, impossibilitata a vederlo in faccia.
« A meraviglia. »
Nient'altro.
"D'aaaaccordo, forza Anne, puoi farcela."
« Lo sai, non mi hai più detto se hai avuto problemi, qualche settimana fa... per il fatto di essere entrato nel mio... »
« No. Tuttavia è stata una mossa da idioti, eviterò di ripeterla in futuro. »
« E' stata colpa mia, non avrei dovuto mancare all'appuntamento. »
« No, infatti. »
Anne si ritrovò a subire un cambiamento repentino, stringendo i pugni per tentare di non sfogare la propria irritazione sul vampiro che, tuttavia, ne era la causa.
Stava cercando di essere gentile, di superare i dissapori iniziali e sperava che lui potesse darle una mano, invece non c'era verso di smuoverlo dal suo tumulto interiore.
Ma, alla fine dei conti, non era lei a dover farsi perdonare qualcosa da lui, dunque non ci pensò due volte ad alzarsi e a fare dietro front, incamminandosi verso l'istituto.
« D'accordo, quando ti sarai calmato magari riprenderemo. »
« Che bello. »
Il tono sarcastico del vampiro fu la goccia che fece traboccare il vaso: Anne si fermò e si voltò nuovamente verso di lui, lanciandogli un'occhiata di fuoco.
« Sai, neppure io faccio i salti di gioia per dover trascorrere tre ore al giorno con te. »
« Già, in effetti devi avere molto da fare nella tua vita... fammi indovinare: pettinare i capelli alle bambole, scrivere sul tuo diario segreto, sbavare dietro al più figo della scuola... oh, guarda, credo proprio di essere io. »
Anne sgranò gli occhi e rimase senza parole. Quel tipo aveva proprio intenzione di litigare e, guarda caso, lei non si sarebbe certo tirata indietro.
« Affascinante, Gabriel, sul serio. Non sapevo che anche i vampiri fossero mestruati, i maschi poi... »
A quelle parole fu il turno di Gabriel di alzarsi e voltarsi, furioso, in direzione di Annabelle.
La quale, tanto per infastidirlo ulteriormente, se ne stava a braccia conserte e un'espressione di sfida sul volto.
Fece finta di non vedere le punte dei canini sporgere dal labbro superiore del suo interlocutore, concentrandosi invece sugli occhi irosi del vampiro.
« Attenta a come parli, umana. » il tono di Gabriel rasentò il disgusto nel pronunciare quell'ultima parola, cosa che non aveva mai fatto prima.
Anne, a dire il vero, era tentata di lasciarlo sbollire, poiché era evidente che fosse nervoso per motivi personali. Ma quando aveva provato ad andarsene in maniera anche piuttosto cordiale, lui l'aveva fermata lanciando l'amo a cui lei, stupidamente, aveva abboccato.
Una bella lite, forse, sarebbe servita a entrambi.
« Permettimi di rimediare, vampiro: vuoi che ti porti un assorbente? Ne ho parecchi nella mia... » Anne non riuscì a terminare la frase, poiché si sentì spingere contro il tronco di un albero e si ritrovò ad avere qualche difficoltà a respirare.
La mano di Gabriel faceva presa sul suo collo e gli occhi di lui erano famelici, oltre che infuriati.
« Stai rischiando grosso, Annabelle, non farmi arrabbiare... lo dico per il tuo bene. »
« Come sei premuroso, potrei commuovermi. »
Con qualche difficoltà, Anne riuscì a mantenere la calma. Quella scena le ricordava la prima volta che Gabriel l'aveva aggredita ma, a differenza di allora, aveva imparato che quel vampiro poteva essere domato... in qualche modo.
« Perché? Perché diavolo ti ostini a rendermi tutto così difficile? » il tono di voce del vampiro nascondeva malamente l'esasperazione che Anne riuscì a intravedere chiaramente nei suoi occhi; era evidente che non si stesse riferendo unicamente a quella sciocca lite.
La ragazza deglutì e, come per riflesso, Gabriel allentò la presa sulla sua gola.
Non voleva farle del male, ormai lo aveva capito.
« Sto solo cercando di conoscerti. Neppure per me è una passeggiata. »
Lui sgranò gli occhi nella stessa, impercettibile maniera che aveva usato la sera prima nel dormitorio; le labbra schiuse si aprirono maggiormente per replicare, ma non ne fuoriuscì nulla. 
A quel punto, Anne portò una mano sul polso di Gabriel e lo strinse, fino a quando il vampiro non si decise a mollare la presa sulla sua gola.
Libera.
La ragazza si accasciò contro il tronco dell'albero e si portò una mano alla gola. Non le aveva fatto male, non eccessivamente, ma approfittò di quel momento per fare respiri lunghi e profondi.
Quando riaprì gli occhi, trovò Gabriel di fronte a sé, sguardo basso e mani strette a pugno lungo i fianchi.
Rimasero in silenzio per qualche attimo, il respiro di entrambi a fare da padrone in quel momento di pace e quiete che li circondava, rotto unicamente dal rumore incessante e confortante delle onde del lago che si infrangevano sulla riva.
Anne alzò lo sguardo fino a incontrare quello di lui; in quegli occhi scuri, stanchi ed esasperati, notò un'ombra di rassegnazione. Che avesse fatto breccia in quel muro di pietra che il vampiro stava cercando di costruirsi intorno fin da quando si erano incontrati quella sera?
« Non ricaverai nulla di buono dal conoscermi. »
Vulnerabilità. Per la prima volta da quando l'aveva incontrato, Anne si rese conto di quanto anche creature così potenti come i vampiri potessero essere fragili.
« Non mi pare di aver scelta. Ma ti assicuro che la cosa è reciproca: nemmeno io risulto particolarmente simpatica a chi cerca di instaurare un rapporto con me. »
Gabriel sostenne il suo sguardo per qualche secondo, prima di voltarsi verso l'orizzonte e sorridere, appena più rilassato di poco prima.
« Siamo proprio una bella coppia, io e te. »
Anne lo osservò attentamente e notò i lineamenti del suo volto ammorbidirsi, segno che, qualunque cosa stesse facendo, stava funzionando.
« Per una volta mi trovi d'accordo. »
Rimasero nel più completo silenzio per un paio di minuti, osservando entrambi l'orizzonte come scusante per poter lanciare occhiate di sottecchi all'altro, quando questo non prestava particolare attenzione al proprio compagno. O, almeno, così credevano entrambi.
« Ti va di andare in paese? »
La domanda di Gabriel la colse alla sprovvista. Anne sapeva che a pochi chilometri dall'istituto sorgeva un piccolo borgo nel quale, durante il week end, gli studenti potevano svagarsi un po' per mettere da parte lo stress della settimana, ma non vi aveva mai messo piede.
Era, tuttavia, un altro il problema principale.
« Non possiamo lasciare l'istituto. Per lo meno non durante i nostri incontri in cui, teoricamente, dovremmo essere sorvegliati. »
Gabriel puntò gli occhi al cielo e scosse la testa, senza però riuscire a trattenere un sorriso mesto.
« Oh, andiamo, da quando abbiamo iniziato a vederci ti sarò saltato addosso un paio di volte e ancora non hanno avuto nulla da ridire. Probabilmente nessuno da retta a quelle telecamere. »
E su questo, in verità, non poteva dargli torto. 
Anne distolse lo sguardo da lui che, nel constatare di aver colpito nel segno, non faceva che guardarla con una strana eccitazione negli occhi.
« D'accordo, andata, ma dobbiamo tornare entro le nove. Non voglio finire nei guai per colpa tua. »
Sentì Gabriel ridacchiare sommessamente e poi afferrarla per una mano. 
« Vieni con me. »
Anne si lasciò trascinare e a breve si trovò immersa nel buio del parco che attorniava l'istituto. Via via che camminavano con una certa fretta, gli alberi si facevano più fitti e la luce andava a diradarsi, fino a quando la ragazza non fu più in grado di scorgere alcunché davanti a sé.
« Gabriel, rallenta, non vedo nie-ah! » inciampò su qualcosa e fu sul punto di cadere, ma le mani del vampiro l'afferrarono saldamente per la vita e la tennero in equilibrio. Contro il proprio corpo.
« Scusami. A volte dimentico che non sei... come me. »
« Perché noto un tono d'accusa nella tua voce? » domandò lei, dando poco peso alla domanda. Lo sentì ridacchiare e si dovette accontentare di questo, poiché il buio le rendeva appena possibile intravedere la sagoma del suo viso.
« Procederemo più lentamente. »
La voce di Gabriel si fece più bassa, come timorosa di rompere il delicato equilibrio che si era venuto a creare in quella foresta silenziosa e pacifica.
Non aveva ancora accennato a mollare la presa su di lei, quel vampiro che sembrava essersi soffermato ad assaporare il momento. La sua mano vagò incerta sul fianco di Anne, fino a quando non si decise a riprendere quella della ragazza per condurla fuori dalla foresta.
Anne, d'altro canto, si ritrovò a pensare di non aver paura di trovarsi da sola con un vampiro nel cuore di quel luogo, costretta ad affidarsi a lui e ai suoi sensi, di certo più affinati dei propri.
Trascorsero i successivi venti minuti mano nella mano, con Gabriel che l'avvertiva di stare attenta alle radici che fuoriuscivano dal terreno e alle deviazioni da effettuare, mentre Anne, nonostante tutto, riusciva comunque a inciampare.
Gabriel era sempre pronto ad afferrarla al volo e, grazia e lui, non cadde neppure una volta.
« Sei davvero una frana, lo sai? » le domandò divertito quando, finalmente, uscirono dall'area forestale.
Di fronte a loro si allungava un viottolo limitato da due file di lampioni che si ergevano fino al confine del piccolo paese di Cantonville, meta dei due ragazzi.
« E tu sei testardo. Avremmo potuto prendere un autobus o un taxi o... »
« E farci beccare clamorosamente da Joskow? Sei stata tu a dire di non voler finire nei guai, io ho solo ottemperato alla tua richiesta. »
Gabriel le strizzò l'occhio e le rivolse un sorriso sghembo, per poi incamminarsi verso il paese. Le aveva lasciato la mano una volta fuori dalla foresta, notò Anne, ma quanto meno non sembrava più avercela con lei e il mondo intero.
« Allora, è vero che voi vampiri avete poteri particolari? Tipo volare, trasformarvi in pipistrelli, controllare gli elementi... »
« Decretare il sorgere del sole e il suo tramontare, aprire in due il Mar Rosso, far ribaltare il cielo e la terra... »
« Ah ah, molto divertente » ribatté Anne ridendo insieme a Gabriel che, a quanto pareva, aveva ritrovato il senso dell'umorismo.
« Noi vampiri abbiamo delle capacità più sviluppate rispetto alle vostre, ma non si tratta di poteri veri e propri. Siamo più veloci, più forti, abbiamo i sensi più sviluppati e poi... » si interruppe un momento per arricciare le labbra, come per soppesare le parole da usare « ci sono alcuni di noi che possiedono dei "doni", diciamo, particolari. »
« Che tipo di doni? »
Gabriel si strinse nelle spalle, prima di rispondere. Per lui era tutto assolutamente nella norma.
« Dipende. C'è chi è in grado di leggere il pensiero, chi riesce a entrare nei sogni di qualcun altro, chi può influenzare le emozioni di coloro che gli stanno intorno, chi prevede il futuro e, la mia preferita, chi può bere otto litri di sangue senza prendere fiato. »
Anne vide Gabriel osservarla con la coda dell'occhio e sorridere alla sua espressione: aveva arricciato il naso e il disgusto era piuttosto evidente sul suo volto.
« E' anche questo un dono? »
« No. Ma dovrebbe esserlo, secondo il mio modesto parere. Non è mica così facile. »
All'espressione giocosa di Gabriel, Anne non poté fare a meno di sciogliersi in un sorriso, mentre oramai entrambi avevano varcato la soglia del paese.
« Tu ne possiedi qualcuna? Di queste capacità, intendo. »
« No. Lucien sì, però. Lo hai conosciuto, se ho ben capito. » il viso di Gabriel si rabbuiò per un momento a quelle parole, prima che riprendesse a parlare « E' in grado di leggere il pensiero. E anche suo fratello, Excess, deve avere qualche dono particolare, ma è restio a lasciarlo intuire facilmente. Oh, e poi c'è mio fratello: lui ha il dono dell'empatia. »
Già, Anne ricordava di quando Gabriel le aveva detto di aver avuto due fratelli, in passato, prima che il più grande morisse. Le circostanze non le erano note e non intendeva certo domandare a riguardo riportando a galla vecchie ferite, probabilmente mai rimarginate.
« Immagino che la selezione non sia casuale » osservò, alla fine.
« No, infatti. Si tratta di abilità tipiche dei vampiri unicamente purosangue, status che via via è andato perso nel tempo, a causa degli... beh, degli accoppiamenti incrociati con gli esseri umani. »
Era piuttosto evidente notare quanto poco Gabriel apprezzasse quell'idea, cosa che non le fece particolarmente piacere. Il pensiero che lui potesse considerare tanto malamente la razza a cui lei stessa apparteneva, non era una bella prospettiva.
« Tuttavia, non tutti i discendenti dal sangue puro possono vantare di uno di questi doni. Nella mia famiglia, ad esempio, solo mio fratello gode di tale capacità. »
« E per quanto riguarda le dicerie su di voi? Sai, l'aglio, le croci, le bare... »
Gabriel rise apertamente mentre camminavano senza meta per le vie del paese; i passanti non facevano caso a loro, si limitavano a passare oltre senza degnarli di uno sguardo o, in alternativa, a guardarli come si potrebbero guardare un ragazzo e una ragazza che camminano fianco a fianco e trascorrono del tempo insieme, chiacchierando e divertendosi.
« Odio l'aglio, personalmente, ma odio altrettanto la cipolla. Sai, i problemi con l'alito. » si interruppe poco dopo per prendere posto su di una panchina più isolata rispetto alle altre, attendendo che Anne gli si sedesse affianco.
Con le mani in tasca e lo sguardo puntato su di lei, Gabriel sembrava completamente diverso dal vampiro di pessimo umore di un'oretta prima.
« Le croci sono antiestetiche, ritengo. Le bare... cielo, inizierei a soffrire di claustrofobia lì dentro. » 
Anne prese posto sulla panchina e arricciò il labbro inferiore, puntando gli occhi sui negozi che si ergevano di fronte a lei.
« L'acqua santa? »
« Rinfrescante. » ribatté Gabriel.
« Gli specchi? »
« Non solo vedo il mio riflesso, ma lo apprezzo anche. »
Anne rise e pensò a un ulteriore domanda, mentre Gabriel non riusciva a smettere di guardarla insistentemente e con un'espressione... in un certo senso inadatta alla sua natura.
Tuttavia, Anne non se ne rese neppure conto, e se lo avesse fatto non avrebbe di certo saputo definirla.
« Il morso trasforma gli esseri umani in vampiri? »
« Una diceria. Siamo una razza a parte, non deriviamo da un virus o da un morbo letale. »
« E chi nasce ibrido? »
« Il gene dei vampiri è dominante. » 
« Siete immortali? »
« Sì, se nessuno ci uccide... in pratica, siamo vulnerabili come lo siete voi. Anche se guariamo molto più rapidamente, soprattutto se ci nutriamo di sangue in maniera regolare. »
« Respirate e vi batte il cuore... dunque siete vivi. »
« Vuoi che te lo mostri? »
« E bevete sangue umano. Ma vi vedo mangiare all'istituto. »
« Il sangue ci serve per sopravvivere e tenerci in forze, ma a causa delle leggi che ci impediscono di attaccare gli umani e nutrirci di loro, siamo stati costretti a trovare altre fonti di energia. Personalmente odio il cibo, ma in assenza di alternative migliori... »
« Quindi non bevi sangue umano? »
A quel punto Gabriel, che aveva distolto lo sguardo da lei non appena si era toccato l'argomento "sangue", sembrò fremere d'eccitazione.
Anne lo vide passarsi la lingua sul labbro inferiore e notò le mani chiudersi a pugno all'interno delle tasche dei pantaloni.
Pessimo argomento.
« Certo che sì. Ma posso farlo solo se l'umano si offre in maniera consensuale. Tuttavia è pericoloso... alcuni esseri umani lo fanno unicamente per adescarci e poter denunciare un'aggressione, seppur non si tratterebbe di questo. »
« Ma ci sono anche dei vampiri che violano le regole, invece. »
Gabriel sorrise e la guardò di sottecchi.
« Già. Gli stronzi ci sono da entrambe le parti.
Rimasero dunque in silenzio, osservando la via principale di Cantonville svuotarsi minuto dopo minuto. Erano le sette di sera appena passate, il sole era ormai tramontato da parecchio tempo e le tenebre si riversavano in strada inghiottendo i vicoli più antichi del paese e le abitazioni prive di insegne e illuminazioni.
Il silenzio tornò sovrano del posto, dell'atmosfera creatasi tra i due ragazzi ancora seduti su quella fredda e isolata panchina.
E, ancora una volta, Anne non ebbe paura.
« Com'è? Quando succhi il sangue da un umano... com'è? Lui cosa sente? »
Gabriel aprì bocca ma si fermò, evidentemente colpito dall'improvvisa curiosità palesata da Anne. In più, la ragazza era certa che il vampiro avesse qualche difficoltà a parlare di sangue... probabilmente non se ne nutriva da un po'.
« Preferisco il sangue delle donne, tanto per cominciare. Questo perché l'atto di nutrirsi è molto... intimo, diciamo. Si viene a creare una forte tensione tra le due parti se l'umano è consenziente... tensione sessuale » se Gabriel appariva assolutamente a proprio agio nel parlare di certe cose, per Anne non era lo stesso. Si ritrovò ad arrossire lievemente e spostò lo sguardo sulla via principale.
In quel momento, le parve di intravedere qualcosa in uno dei vicoli circostanti, ma le parole di Gabriel attirarono la sua attenzione.
« Le umane da cui ho preso il sangue hanno sempre apprezzato. Fa male, la prima volta, ma solo perché in genere si è tesi e non ci si fida del vampiro in questione. A buon ragione dato che, se si tratta della prima volta anche per il vampiro, questo può non riuscire a fermarsi. Le volte dopo, invece, diventa piacevole ed eccitante. »
Anne si ritrovò a deglutire non appena il suo sguardo incontrò quello di Gabriel, languido, caldo, con le palpebre socchiuse, mentre la lingua passava lenta sul labbro inferiore.
Il vampiro sollevò una mano e scostò i capelli di Anne dalla spalla a lui più vicina, facendo scorrere lentamente l'indice sul lato del collo di lei, sfiorando la pelle chiara e sensibile.
« E' un'esperienza magnifica per entrambi, soprattutto se ci si attacca dalla gola... »
Il respiro di entrambi si era fatto corto e veloce, soprattutto quando gli occhi di Gabriel si scostarono da quelli di lei per soffermarsi sul suo collo immacolato.

Gabriel aveva intuito che nessun altro vampiro aveva mai inciso quella pelle, e tale prospettiva rendeva Anne ancora più desiderabile ai suoi occhi. Una cosa che non avrebbe ritenuto possibile.
La ragazza fu sul punto di parlare, forse per dirgli di allontanarsi o forse per invitarlo a continuare... i suoi occhi lasciavano intravedere una certa curiosità, il desiderio di provare personalmente la veridicità delle parole del vampiro, ma ciò che accadde rese impossibile realizzare quelle fantasie.
« Guarda guarda chi abbiamo qui. Ehi, bellezza, che ne dici di venire a farti un giro con noi? »
Gabriel aveva intuito la loro presenza già da un po', ormai, ma non avrebbe mai pensato che quei vampiri si avvicinassero. Non a un'umana accompagnata da uno della loro razza.
« Andiamo via » le sussurrò, alzandosi e afferrandola per la mano.
Anne, d'altro canto, aggrottò la fronte in direzione dei nuovi arrivati, quattro maschi adulti di bassa lega e, probabilmente, mezzosangue, dato l'odore che emanavano.
« Ehi, ragazzino, levati di mezzo: la principessa ha da fare. »
« Non con voi, miei signori. »
Gabriel rispose con un tono che non lasciava spazio alle repliche e il portavoce del gruppetto non apprezzò, mostrando il proprio disappunto sputando ai piedi del ragazzo.
Lui, d'altro canto, non si mosse. Si limitò a stringere più forte la mano di Anne, invece, la quale ricambiò la stretta e si avvicinò ulteriormente al vampiro.
« Non te lo ripeterò un'altra volta, stronzo. Lascia qui la ragazza e levati dalle palle. »
Gabriel inarcò un sopracciglio e tirò Anne dietro di sé, lasciando la sua mano ma facendole scudo con il proprio corpo.
La sentì sussurrare qualcosa, forse il suo nome, forse di lasciarla lì e andare a chiamare aiuto... qualunque cosa fosse, Gabriel ormai aveva un'unica cosa in mente: far fuori quei bastardi.
« Voi sì che siete dei gentiluomini. Ditemi, chi devo ammazzare per primo? »
Domandò tirando su le maniche della camicia senza particolare enfasi. Odiava macchiarsi i vestiti di sangue.
« Brutto impertinente! » uno degli altri tre vampiri si fece avanti facendo scrocchiare le nocche e Gabriel spinse indietro Anne.
La voleva lontana da lì, la voleva al sicuro, e quell'istinto protettivo a lui sconosciuto lo sorprese più di quanto, ne era certo, avesse sorpreso lei.
Non sapeva a cosa esso fosse dovuto, ma era certo del fatto che, se qualcuno avesse toccato quella ragazza contro il suo volere, lui lo avrebbe fatto a pezzi, nonostante l'estrema debolezza causata dalla mancanza di sangue umano.

« Scappa. Appena puoi vai via di qui. »
Gabriel sussurrò quelle parole sperando che Anne lo sentisse, dopodiché dimenticò tutto il resto e si avventò contro il primo dei quattro vampiri che aveva osato sfidarlo.
Gli altri tre se ne restarono in disparte, pensando che quel tipo bastasse e avanzasse per sistemare Gabriel ma, come aveva intuito quest'ultimo, si trattava di vampiri di bassa lega, in cui il sangue puro era presente in minima percentuale. Questo li rendeva estremamente più deboli di lui.
Gabriel non impiegò che mezzo minuto per far fuori il primo di loro, evitando facilmente tutti i colpi di questo e stendendolo, torcendogli il collo fino a spezzarlo.
Sentì Anne sussultare ma non se ne preoccupò, non in quel momento.
I tre vampiri osservarono a occhi spalancati il duello tra i due e l'inevitabile esito, comprendendo la natura del vampiro che avevano di fronte e lanciandosi tutti e tre su di lui.
Ecco quello che temeva: nelle condizioni in cui si trovava avrebbe potuto facilmente avere la meglio affrontandoli individualmente, ma tre contro uno... si sarebbe ritenuto fortunato se fosse uscito da quello scontro tutto intero.

Anne osservava la scena ad occhi sgranati. Gabriel aveva appena ammazzato uno dei quattro uomini che li avevano infastiditi... no, non uomini: vampiri.
Avevano aggredito un umano - lei, nel caso specifico - e il fatto che ci fosse stato Gabriel a proteggerla non li assolveva dalle loro colpe. La legge era severa e la legittima difesa era contemplata, a qualunque costo.
Anne non poté fare a meno di ripensare a come Gabriel si fosse frapposto tra lei e quei vampiri. Sarebbe potuto andar via, gli era stata offerta la possibilità di lasciarla lì e tornarsene sano e salvo all'istituto e lui, con sua grande sorpresa, non aveva preso in considerazione quell'idea neppure per un momento. Si era buttato a capofitto nella rissa solo per salvarla e credeva davvero che se ne sarebbe andata senza di lui?
La prima cosa che fece fu, invece, quella di chiamare Daphne. Cercò il suo numero nella rubrica del cellulare, ma una mano grande e rude la afferrò per il polso, torcendoglielo.
Anne urlò e imprecò nei confronti del vampiro che l'aveva intrappolata, bloccandole entrambe le braccia con una mano.
« Sta calma, dolcezza, ti assicuro che ti piacerà... » così dicendo, il vampiro sfoderò le zanne e Anne sgranò gli occhi. Lo vide avvicinarsi a lei e, nonostante la resistenza opposta, quel bastardo non ebbe difficoltà ad afferrarla per il collo e farsi spazio verso la sua gola.
« No, no! Gabriel! »
Con le lacrime agli occhi e il terrore a impossessarsi di ogni sua singola cellula, Anne fu certa di non aver più speranze, quando all'improvviso si sentì tirare in avanti e, l'attimo dopo, le sue braccia furono liberate dalla presa possente del vampiro.
Non appena ebbe il coraggio di riaprire gli occhi, vide che quel mostro giaceva a terra esanime. Di fronte a lei, Gabriel le rivolgeva la schiena. Respirava a fatica, la camicia era strappata in diversi punti e Anne fu in grado di intravedere del sangue sulle sue mani.
Quando lui si voltò verso di lei, la ragazza non si lasciò impressionare da ciò che vide. Le iridi dei suoi occhi erano rossi come il sangue che colava dalle sue labbra; i canini erano più lunghi e affilati di quanto non ricordasse, inevitabilmente macchiati di quel liquido viscido e scarlatto.
Anne rimase a osservarlo inerme e fece per sfiorare quel viso con le proprie mani... quando uno dei vampiri lo afferrò per la collottola e lo azzannò alla gola.
Anne sentì qualcuno urlare disperatamente e solo dopo che le si appannò la vista a causa delle lacrime capì di essere stata lei a lanciare quel grido.
Si portò le mani alla bocca e non seppe cosa fare. Rimase immobile, impotente mentre Gabriel ruggiva e afferrava il vampiro dalle spalle, per poi scaraventarlo al di là di Anne, facendolo sbattere contro il tronco di un albero e crollare, esanime, sul terreno coperto di neve.
La neve... Anne non si era neppure accorta della neve che li circondava fino a quando non l'aveva vista tinta di rosso, a seguito dello scontro. Tuttavia, i suoi occhi tornarono su Gabriel l'attimo dopo, cercando di metabolizzare quel che era appena accaduto. Lui era lì, di fronte a lei, una mano a tamponare il sangue che sgorgava senza freni dallo squarcio sul collo, gli occhi spenti ed esausti, le gambe che, mentre tentava di avanzare verso di lei, tremavano per lo sforzo.
Quando fu sul punto di crollare, Anne non ci pensò due volte e si fiondò verso di lui, sorreggendolo da un lato e portandosi un suo braccio attorno alle spalle.
« Allontaniamoci... da qui... gli alberi... » la voce di Gabriel fu poco più di un sussurro, le palpebre ormai quasi del tutto abbassate, il sangue che continuava a scorrere dalla ferita e imbrattava le vesti e la pelle di Anne.
La ragazza puntò lo sguardo sul parchetto alle loro spalle indicato da Gabriel e lo trascinò tra gli alberi. Dovevano tornare all'istituto ma ripercorrere tutto il tragitto con Gabriel in quello stato era impensabile. Inoltre, lei aveva un pessimo senso dell'orientamento.
Doveva chiamare Daphne e Rebecca e chiedere loro di avvertire Aaron e Selina, non aveva scelta. Avrebbe volentieri scontato qualunque punizione, purché Gabriel si riprendesse.
Quando raggiunsero un punto abbastanza inoltrato del parco dove nessuno avrebbe potuto vederli, Anne crollò sotto il peso di Gabriel ed entrambi si accasciarono sulla neve.
Anne sentì qualcosa di freddo pungerle la punta del naso e, sollevando lo sguardo, si rese conto che aveva iniziato a nevicare. Si voltò verso Gabriel e lo aiutò a poggiarsi contro un tronco, scostandogli i capelli dal viso sudato e macchiato di sangue. 
Era gelato.
Non sapendo cos'altro fare, si sfilò la giacca e gliela poggiò sul petto, cercando poi il cellulare nelle tasche.
« Merda » si rese conto di averlo lasciato cadere quando il vampiro l'aveva attaccata.
Fece per alzarsi ma la mano di Gabriel le afferrò il polso, fermandola sul posto.
« Vado a prendere il cellulare e ritorno immediatamente, te lo... »
« No, ti prego... non andare... » respirava a fatica e parlare non faceva che peggiorare le sue condizioni. 
« Hai bisogno di aiuto e io non so cosa fare! »
Gabriel indurì i lineamenti del viso in una smorfia di dolore e si portò l'altra mano a tamponare lo squarcio sul collo.
Anne, d'istinto, spinse via la sua mano e fece forza con entrambe le sue, tentando di ragionare. Cosa poteva fare? Non era un medico, in verità odiava il sangue e si sorprese della propria risolutezza nel tentare di tamponare la ferita del vampiro.
Non poteva lasciare Gabriel per andare a recuperare il cellulare, per quanto ne sapeva avrebbe rischiato di trovarlo dissanguato al suo ritorno... invasa da una paura mai provata prima, percepì numerose e silenziose lacrime rigarle il volto.
Inutile. Si sentiva inutile.
La mano di Gabriel fu l'unica cosa che la fece tranquillizzare quel tanto che bastò a convincerla ad abbassare lo sguardo sul suo volto; lui le stava asciugando le lacrime dalla guancia sinistra e la guardava come per infonderle tranquillità. 
« Me la caverò... devo solo... recuperare le forze... »
« E' stata tutta colpa mia... » disse lei tra le lacrime, mentre imprimeva ancora più forza su quella ferita « Non dovevo chiamarti quando quel vampiro mi ha attaccata. »
« Non dovevano sfiorarti... hai fatto bene... a chiamarmi... »
« Sei un idiota, non dovevi rimanere per me... » e, a un tratto, le venne in mente una soluzione. Non era certa che funzionasse, lo aveva visto fare solo nei film e non era sicura che valesse anche nella realtà.
Ma le parole che Gabriel le aveva rivolto poco prima le tornarono in mente, rendendo plausibile la sua ipotesi: i vampiri guarivano più in fretta degli umani, se si nutrivano regolarmente di sangue.
Nel frattempo, il vampiro cercò di ridere e tossì sputando sangue, ma parve non accorgersene.
« Dai ringraziamenti agli insulti... che ragazza imprevedibile... »
Un altro colpo di tosse.
« Il sangue... il sangue umano ti rinvigorisce? Può farti guarire più in fretta? »
Gabriel riaprì gli occhi, confuso ed esausto.
« Cosa... »
« Se bevessi del sangue, adesso, staresti meglio? »
Gabriel non rispose. Rimase in silenzio e voltò lo sguardo dalla parte opposta per non incontrare quello di Anne.
E, a quel punto, lei non ebbe più dubbi.
Allontanò le mani dalla ferita e il sangue riprese a sgorgare rapidamente. Doveva sbrigarsi. Aveva pensato di farlo bere dal polso ma non era una sciocca: l'accesso alla giugulare gli avrebbe garantito un maggior flusso sanguigno e, dunque, tempi di ripresa più brevi.
Certo, sull'altro piatto della bilancia aumentava il rischio di dissanguamento per lei, ma se non ci fosse stato Gabriel ad aiutarla poco prima, non osava immaginare la fine che avrebbe fatto.
Senza pensarci una seconda volta, sbottonò la camicetta e scoprì la spalla destra, spostò i capelli sulla sinistra e si avvicinò a Gabriel, portandogli una mano dietro la nuca per sollevargli il viso verso di lei.
Lui, per tutta risposta, oppose resistenza e allontanò la mano di Anne da sé.
« No. Vattene via. »
Nonostante la gravità delle ferite e la drammaticità del momento, quello stupido voleva ancora fare l'eroe? Anne lo guardò accigliata ma non lo stette a sentire.
« Smettila di fare l'idiota. Mi hai salvato la vita, è il minimo che io possa fare per... »
« Sei tu l'idiota... non posso bere da te, non... non posso dipendere da te più di quanto... non lo stia già facendo... »
Anne non aveva idea di cosa Gabriel stesse blaterando. Dal poco che aveva capito di lui, quel vampiro non dipendeva da nessuno, tanto meno da lei.
Portò nuovamente la propria mano dietro la nuca di Gabriel e lo aiutò a sollevarsi. Ancora una volta lui fece resistenza, ma a quel punto fu Anne ad imporsi.
« Non mi interessa quello che vuoi! Tu adesso berrai il mio maledetto sangue e se, quando ti sarai ripreso, avrai voglia di rinfacciarmelo allora lo farai! Ma per il momento non sei tu a prendere le decisioni e farai esattamente quello che ti dico io! »
Gabriel sgranò gli occhi e non disse un'altra parola.
Anne capì di essere stata un po' troppo dura ma non avevano tempo da perdere. Il vampiro si indeboliva sempre di più e aveva bisogno di cure che, per un bizzarro gioco del destino, in quel momento poteva dargli solo lei.
Quando Gabriel chiuse gli occhi e sospirò profondamente, la voce di Anne si fece più dolce mentre si avvicinava a lui.
« Ti prego... per favore, bevi da me... non riuscirei a vivere con il rimorso di averti visto morire per esserti sacrificato per me... »
Quelle parole costrinsero Gabriel a riaprire gli occhi e, a quel punto, sfoderò le zanne. 
Anne ebbe un fremito di paura ma avvicinò il proprio collo alle labbra del vampiro, pregando che per quella sua sciocca reazione Gabriel non cambiasse nuovamente idea.
« Dimmi come devo posizionarmi... così va bene? »
« Un po'... un po' più in basso... »
« Così? »
« Ancora di più... »
Anne si ritrovò sdraiata su di lui, riusciva a percepire il battito lento del suo cuore e il gelo della sua pelle. Poi il suo respiro, caldo e debole, sul proprio collo e...
« Così? »
Non vi fu alcuna risposta, ma un ringhio sommesso e un dolore lancinante che la fece fremere dalla testa ai piedi.
Anne strinse i denti e gli occhi, evitando di urlare per non attirare attenzioni sgradite.
Rimase immobile, tesa, mentre sentiva Gabriel succhiare avido il suo sangue, prima in modo lento, poi, via via, sempre più veloce. Si stava rinvigorendo, lo capì quando percepì la stretta delle sue mani che l'avevano afferrata per le braccia.
I suoi mugolii di piacere le fecero capire che stava funzionando; quando riaprì gli occhi, lottando contro il dolore, lanciò uno sguardo alla ferita sul collo del vampiro e notò che il sangue aveva smesso di scorrere.
Bene.
Le stava facendo male, troppo male, ma non fiatò. Si limitò a rimanere in silenzio e immobile, fino a quando, in un movimento repentino, Gabriel ribaltò le posizioni e le fece distendere sulla neve, portando il proprio corpo sopra il suo.
Si staccò per un momento dal suo collo e sussurrò poche parole contro il suo orecchio.
« Rilassati, piccola, fidati di me... » la voce roca e sensuale di Gabriel fece breccia nella mente di Anne, costringendola a fare esattamente quel che lui le aveva ordinato.
Tentò di rilassare i muscoli, di non aver paura di riprovare nuovamente la fitta di dolore che l'aveva percossa quando Gabriel aveva affondato i canini nella sua carne... si limitò ad attendere, ma era certa di non riuscire a soddisfare la richiesta del vampiro.
A quel punto fu Gabriel ad agire, immergendo una mano nei suoi capelli e iniziando a massaggiarle la nuca, scendendo verso il collo e le spalle.
Anne chiuse gli occhi e sentì distintamente il respiro del vampiro sul suo collo, si preparò al morso e... Gabriel passò la lingua sul punto in cui l'aveva incisa con i canini, soffermandosi a stuzzicarle l'orecchio con piccoli e innocui morsi, passando la lingua umida su di esso e scendendo nuovamente sulla pelle, ormai rovente, del collo.
Con l'altra mano iniziò ad accarezzarle il fianco, salendo su, fino alla curva del seno, per poi scendere nuovamente.
Anne iniziò a rilassarsi e il suo respiro si fece lento e misurato; con gli occhi ancora chiusi si godette le carezze di Gabriel e si ritrovò a portare entrambe le mani sulle sue spalle, come a volerlo attirare maggiormente a sé.
« Così... così, brava... »
Anne sentì nuovamente la lingua di Gabriel sul proprio collo e gemette, per la prima volta, insieme a lui. Lo sentì sorridere sulla sua pelle e, un attimo dopo, affondare nuovamente le zanne nel suo collo.
Ma quella volta non fu doloroso.
Anne percepì distintamente la leggera fitta di fastidio trasformarsi in un'ondata di languido piacere, un piacere che si estendeva lungo tutto il suo corpo come per compensare la fuoriuscita della linfa vitale. Quel piacere, diabolico e rovente, si estese fino al basso ventre e la spinse a inarcare il bacino contro il vampiro che, in risposta a quella sua reazione, gemette a sua volta.
Gabriel si portò tra le gambe di Anne e lei lo lasciò fare, persino quando lui iniziò a muovere i fianchi contro di lei, mimando l'atto di farla sua.
Anne inarcò la schiena e gettò il capo all'indietro, permettendo a Gabriel di avere un più facile accesso alla sua gola, perché lei non voleva che smettesse... niente affatto.
Gabriel accolse quella richiesta con piacere e continuò a succhiare il suo sangue, stuzzicandola con la lingua e mordendola di nuovo, portandola a gemere con il suo nome tra le labbra ogni qualvolta si riattaccava alla sua vena.
« Oh, Annabelle... »
Gabriel le strinse i capelli tra le dita e, con l'altra mano, la costrinse a piegare la gamba e le artigliò la coscia con forza, facendola ansimare. Le sue mani si muovevano bramose sul corpo di lei, Anne lo sentì sollevarle la camicetta e addentrarsi al suo interno, smanioso di poter avere di più. E lei glielo avrebbe concesso, in quel momento gli avrebbe dato qualunque cosa, anche se stessa... e, in fondo, lo stava già facendo.
« Gabriel... »
« Mh? »
« Non... fermarti... » gemette di nuovo e Gabriel, in risposta a quel suono, accelerò le spinte dei fianchi e ansimò.
« Tutto quello che vuoi, piccola, tutto quello che vuoi... »
Le sue zanne incisero nuovamente la pelle di lei ma, quella volta, non nel collo.
Gabriel si era fatto strada tra i bottoni della camicetta, ormai totalmente aperta, e aveva azzannato la parte superiore del seno sinistro di Anne, facendola urlare di piacere.
Anne era ormai schiava di quelle sensazioni, immersa nell'estasi che i denti e le mani di Gabriel le procuravano. Quando lo sentì sbottonarle i pantaloni lo lasciò fare, in un primo momento, credendo che non ci fosse niente di male in tutto quel che stava accadendo.
« Ti voglio, Anne, ti desidero da morire... »
La mano di Gabriel si infilò nei pantaloni di lei e le dita iniziarono a giocare con la sua parte più sensibile. Anne si sentì venir meno a quel contatto, iniziando a muoversi contro di lui, imprimendo alla sua mano il ritmo che tanto desiderava... 
Fino a quando il suono di un cellulare non li interruppe, spezzando il momento che si era creato tra loro.
Anne si ritrovò distesa sulla neve, con la camicia sbottonata e il sangue a macchiarle il collo e il seno; Gabriel, invece, inginocchiato tra le sue gambe, con le mani su di lei.
Il vampiro sbuffò contrariato e recuperò il proprio cellulare dalla tasca.
« Cos... avevi un cellulare? » domandò Anne, sconvolta.
Gabriel sorrise malizioso e si leccò le labbra, per poi scrollare le spalle e rispondere alla chiamata.
« Devon, cosa c'è? »
Anne si rimise a sedere e si abbottonò velocemente la camicetta e i pantaloni, improvvisamente colpevole per quanto gli aveva lasciato fare.
Dannazione, quell'idiota aveva un cellulare con sé e se glielo avesse detto prima forse non si sarebbe spaventata così tanto nel sentirsi completamente impotente; avrebbe telefonato all'istituto e... non che si fosse pentita di quanto era appena accaduto: gli aveva salvato la vita e... beh, era successo anche qualcos'altro che, sinceramente, non sapeva come definire.
Le era piaciuto, certo, eppure era stato solo il risultato fittizio dell'atto che lei e Gabriel avevano appena consumato e...
« Siamo nei guai. »
Gabriel mise giù il cellulare e lanciò uno sguardo divertito ad Anne. 
Bene, almeno uno dei due era tornato ad essere di buon umore.

« Non si può andare avanti così! »
Erano le otto di sera e gli studenti si erano recati, come di consueto, presso la sala da pranzo per cenare. Già un'ora prima, però, Aaron aveva notato l'assenza di un'umana e di un vampiro in particolare, dunque si era recato nell'ufficio del direttore Joskow per cercare di individuare Annabelle e Gabriel da una delle telecamere di monitoraggio.
Non erano nell'istituto, non erano nella serra come la penultima volta, non erano neppure nel parco e nei dormitori non vi era la minima traccia di loro, da quanto aveva saputo in giro.
Spariti nel nulla.
Aaron non capì dove potessero essere, non fino a quando non riavvolse i nastri delle registrazioni e li intravide addentrarsi nel cuore della foresta circostante l'istituto.
Il sangue gli si era gelato nelle vene, poiché da allora non vi era stata più alcuna traccia di loro.
Aveva convocato Selina e l'aveva attesa nell'ufficio di Joskow con il direttore stesso, il quale, a dire il vero, non pareva particolarmente turbato.
Selina, d'altro canto, non faceva altro che sbuffare e puntare gli occhi al cielo, nella sua tenuta da lavoro: top e pantaloni di pelle, entrambi neri, tacchi a spillo e capelli legati in un'alta coda di cavallo. Più pronta per la discoteca che per lavorare, in apparenza.
« Non capisco dove sia il problema, Aaron: come vedi si tengono per mano, Gabriel non ha costretto Annabelle a seguirlo, quindi non vedo perché... »
« Se tuo cugino ti somiglia anche solo un po', non mi sorprenderei a scoprire che l'abbia minacciata per farsi seguire. »
I due si guardarono in cagnesco e, se non fosse intervenuto in direttore, probabilmente sarebbero passati alle mani... e ai denti.
« Via via, miei diletti, non è il caso di arrabbiarsi così. Sono certo che i due ragazzi stiano benone. »
A quel punto lo sguardo assassino di Aaron si puntò in direzione del direttore, il quale, con baffi e capelli alla stregua di Einstein, non faceva altro che sorridere amorevolmente ai due.
« Con tutto il dovuto rispetto, signore, sono giorni che mi impedisce di intervenire quando quei due sono da soli e Gabriel si comporta in maniera inappropriata con Anne, eppure... »
« Eppure non è mai successo niente, o sbaglio? »
Selina aveva interrotto Aaron, rivolgendogli uno sguardo disgustato. La vampira non aveva tutti i torti e, per quanto lui non volesse ammetterlo, tutte le volte in cui quei due avevano rischiato di arrivare a un punto di non ritorno, la situazione si era sempre sistemata da sola.
Gabriel l'aveva spinta contro il muro del corridoio del secondo piano e l'aveva baciata. Proprio quando Aaron stava per intervenire, Anne aveva iniziato a ricambiare il bacio e, per quanto disgustato il tutor potesse apparire di fronte a quella scena, non aveva più alcun diritto di fermarli.
Poi aveva visto Gabriel infilarsi nel dormitorio degli umani e lì non aveva avuto motivazioni a impedirgli di andare a recuperarlo... ma, anche in quel caso, Anne lo aveva difeso.
Infine quella sera: il vampiro l'aveva costretta contro il tronco di quell'albero, ma l'aveva lasciata andare pochi secondi dopo. 
Anne aveva una buona influenza su di lui, Joskow e Selina lo avevano capito e non facevano altro che mettere a rischio la vita di Anne per cercare di domare quel... quel mostro.
« E Daphne, allora? Perché non mi avete fatto intervenire? »
Fu Joskow a prendere la parola, in quel caso, assumendo un'aria più pacata e moderata del solito, priva di quel sorriso genuino che gli illuminava sempre il volto vecchio e stanco.
« La signorina Moore ha avuto l'infelice idea di provocare il signor Addams, se ricordi bene, mio caro, ma quest'ultimo è riuscito a controllarsi senza il tuo intervento. E, per quanto riguarda il secondo episodio, con Devon Cooper come protagonista... beh, il signor Blackthorne si è rivelato particolarmente eroico, in quell'occasione. »
Il direttore, a quel punto, si accasciò contro lo schienale della sedia e osservo entrambi i giovani di sottecchi, portandosi le mani unite sotto il mento.
« Mi rendo conto che non sia facile accettare tutto ciò, Aaron, ma l'obiettivo principale di questo progetto è far comprendere alle due razze che sia possibile convivere. I vampiri si nutrono di sangue umano, io non posso punirli o espellerli se danno sfogo alla propria natura e ai rispettivi istinti, purché questo avvenga con il consenso dell'umano che permetterà loro di nutrirsi con il proprio sangue. In questo processo, tuttavia, lento e inesorabile, quei giovani vampiri devono imparare a controllarsi e, per farlo, è naturale che vadano incontro a situazioni di questo tipo. Tuttavia, fino a quando non attaccheranno un umano, esigo da te un comportamento adeguato al tuo ruolo. Gli umani non saranno le pedine dei vampiri, in queste mura, nient'affatto: saranno quelli che insegneranno loro a controllare la propria fame e a domare i propri istinti e, checché tu ne dica, Annabelle sta avendo successo con Gabriel. Quella ragazza ha un notevole ascendente su di lui. »
Esattamente come credeva.
Aaron fece per replicare ma era chiaro che, qualunque cosa avesse provato a dire, il direttore non l'avrebbe accettata di buon grado.
Neppure Selina parve particolarmente soddisfatta poiché, a differenza di Aaron, l'unica cosa che le importava era suo cugino; l'idea che quel vampiro fosse talmente ossessionato da un'umana, era una cosa che gli esponenti del loro rango non avrebbero mai visto positivamente.
E, a quella consapevolezza, Aaron sorrise, mentre Selina lo fulminava con lo sguardo.
Non appena qualcuno bussò alla porta i due tutor si posizionarono ai lati opposti della stanza e il direttore invitò a entrare chiunque si trovasse dall'altra parte.
Un attimo dopo, Anne e Gabriel fecero il loro ingresso e, nel vedere entrambi sporchi di sangue, i due tutor fecero per avvicinarsi, allarmati, ma la voce di Joskow li fece fermare sul posto.
« Mi sono giunte voci circa un vostro allontanamento dall'istituto. Quest'accusa corrisponde a verità? »
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata prima di accordarsi tacitamente. Poi, entrambi annuirono.
Selina assottigliò lo sguardo e incrociò le braccia al petto; Aaron strinse i pugni.
« Capisco. E, di grazia, posso sapere a cosa sia dovuto tutto quel sangue? »
A quel punto, entrambi i tutor parvero interessati a saperne di più, ma Joskow si rivolse proprio a loro, indicando la porta dell'ufficio.
« Vi prego, miei cari, recatevi in sala da pranzo e iniziate pure a cenare. »
I tutor fecero per controbattere ma il direttore parve non ascoltarli.
Prima di uscire dall'ufficio ciascuno di loro imprecò, lanciando sguardi d'accuse a chi, tra i due ragazzi, che non era un esponente della propria razza. 
Una volta fuori, Selina si avviò per prima e Aaron la seguì.
« Ti converrebbe fare un bel discorsetto a tuo cugino, Selina. La prossima volta potrei essere io a ridurlo in quello stato, o forse anche peggio. »
A quel punto la vampira si fermò sulle scale e si voltò a fronteggiare il collega.
« Non ti conviene minacciarlo, Aaron. Ti assicuro che qualunque fine possa fare mio cugino a causa tua, l'umana dovrà patire una sorte dieci volte peggiore per mano mia. »
Aaron non distolse lo sguardo dalla vampira neppure quando quello di lei si fece più morbido e le sue labbra si piegarono in un sorriso.
« Ci tieni molto a quella ragazza, non è vero?  »
« Non sono affari tuoi. »
« Oh sì, sì che lo sono. In fondo mi scopi quando più ti aggrada, non è così? Vorrei sapere con chi devo dividerti perché, sai, non sono affatto intenzionata a prendermi i resti di un'insulsa umana. » 
Aaron decise di chiudere lì l'argomento, non valeva la pena continuare a discutere su qualcosa che non sarebbe mai potuto accadere. Le relazioni tra tutor e studenti erano assolutamente vietate e, cosa ben più importante, Aaron non provava quel tipo di affetto per Anne. Eppure, il fatto che Selina ne parlasse gli rendeva quel dubbio insostenibile.

« Sto attendendo una risposta, figlioli. »
Il direttore Joskow era più anziano di quanto Anne avesse intuito in precedenza; ad osservarlo nel dettaglio era facile notare le numerose rughe che gli attraversavano il volto, il leggero tremolio delle mani e l'atteggiamento ammorbidito dall'età che avanzava.
Tuttavia, in quel momento, si trovava di fronte al direttore dell'istituto, non davanti a suo nonno.
Lanciò un'occhiata a Gabriel per capire cosa dire o fare. Durante il viaggio di ritorno, in cui avevano preso categoricamente l'autobus vista la sua insistenza, decisero entrambi di dire la verità. Escludendo magari qualche piccolo particolare.
« Alcuni vampiri ci hanno attaccati in paese a Gabriel mi ha difesa. »
Punto. Nessun accenno a Gabriel mezzo morto o al fatto che Anne gli avesse fatto bere il suo sangue o a qualsiasi altra cosa fosse successa in quel frangente.
Durante il viaggio in autobus, durato meno di dieci minuti, Anne non aveva proferito parola e Gabriel, invece, non aveva fatto altro che lanciarle battute per sdrammatizzare.
Facile per lui, non aveva mica rischiato di fare sesso in mezzo a un parco innevato con l'esponente di un'altra razza e... oh no, guarda, era proprio quel che era successo anche a lui.
E ALLORA PERCHE' DIAVOLO ERA COSI' SPENSIERATO?
« Capisco. E il fatto che Gabriel sia coperto di sangue ma privo di ferite può spiegare, invece, quei fori che, sono sicuro, troverei su di te se ti chiedessi di scostare appena il colletto della tua camicia, vero, Annabelle?  »
Ops. Beccati.
Anne sentì Gabriel irrigidirsi e, come per compensare quel nervosismo improvviso, riprese a parlare.
« Signor Joskow, non è stata colpa sua. Quattro vampiri si sono avvicinati a noi e volevano attaccarmi, ma Gabriel mi ha difesa e ha combattuto contro di loro, quando uno di questi lo ha azzannato al... »
« Accetterò qualunque punizione, signor direttore, ma lasci fuori Annabelle da questa faccenda. »
Anne si voltò verso Gabriel con gli occhi sgranati e la bocca spalancata dallo stupore. Stava ancora tentando di proteggerla?
« Non se ne parla! Signor Joskow » disse lei, avvicinandosi alla scrivania dell'uomo e ignorando il vampiro « Gabriel è stato ferito gravemente per proteggermi, stava morendo dissanguato e io mi sono offerta di fargli bere il mio sangue! Non ha fatto nulla di male se non cercare di proteggermi e non credo che questo possa essere considerato un reato. »
« Annabelle, basta » disse Gabriel, sibilando tra i denti.
Lei lo guardò con aria di sfida e si rivolse nuovamente al direttore.
« Se vuole punire qualcuno punisca me, è stata colpa mia. Tutto quello che è successo questa sera è stata colpa mia. »
« Vuoi darci un taglio?! »
Gabriel si fece avanti e la costrinse a voltarsi per affrontarlo. Magnifico, lei non chiedeva di meglio.

Quella stupida ragazzina si stava mettendo nei guai e per cosa? Per difenderlo? Santo cielo, gli aveva fatto bere il suo sangue, lo aveva salvato e adesso pretendeva persino di prendersi l'intera responsabilità dell'accaduto? Non era stata colpa sua se quei quattro coglioni l'avevano minacciata né se lui aveva deciso di frapporsi tra lei e loro.
Tuttavia, la risolutezza con cui lei lo guardava e si rifiutava di farsi da parte, furono in grado di ammorbidire lo sguardo che le stava rivolgendo in quel momento.
« Non è stata colpa tua. Non addossarti colpe che non hai. »
« Tu sei rimasto lì per proteggere me. »
« Non potevo lasciarti con quei mostri! »
I due continuarono per qualche altro secondo, mentre il direttore seguiva l'intera scenetta con il sorriso sulle labbra. Nessuno dei due ragazzi se ne rese conto, se non quando una risatina proruppe fra loro.
Entrambi si voltarono sorpresi verso l'anziano uomo, non comprendendo la sua ilarità.
« Magnifico, davvero magnifico. »
Gabriel ed Anne sgranarono gli occhi prima di guardarsi a vicenda e accertarsi che neppure l'altro stesse seguendo la vicenda.
Il direttore batté le mani un paio di volte, prima di rivolgersi entusiasta a entrambi.
« Vi rendete conto di quello che state facendo? »
L'uomo si esibì in una pausa ad effetto, prima di continuare.
« Vi state difendendo a vicenda! Ciascuno dei due non vuole che l'altro paghi per i propri errori e... oh, ragazzi miei, non capite cosa sta succedendo? » il direttore indicò prima Anne, riprendendo a parlare rivolto a lei « Tu, mia bellissima, giovane e coraggiosa ragazza, hai accettato di buon grado di cedere parte della tua vita a un vampiro, una creatura che fino a pochi giorni fa odiavi più di qualunque altra cosa al mondo. » Poi si rivolse a Gabriel, scoprendolo a osservare con attenzione il viso di Annabelle « E tu, mio caro, avresti sacrificato la tua vita pur di tenerla al sicuro, quando fino a poche settimane fa eri intenzionato tu stesso a farle del male. »
Fu il turno di Anne di osservare Gabriel, negli occhi la consapevolezza della veridicità delle parole del direttore.
« Umani e vampiri possono coesistere in pace e armonia e voi ne siete la prova, ragazzi miei. No, no, sarebbe sciocco da parte mia limitare a questo ciò che vi unisce ma... non sarò io a svelare più di quanto i vostri stessi occhi non riescono a vedere. Per il momento. »
Il direttore si alzò dalla sedia e si avviò verso il camino al cui interno scoppiettava un allegro fuocherello. Si soffermò a osservare le fiamme, soprappensiero, mentre il sorriso svaniva dalle sue labbra.
« Suppongo ci siano state delle complicazioni con quei quattro vampiri. »
Fu Gabriel a rispondere.
« Sì. Un paio di loro sono morti. Quando siamo tornati indietro, però, erano scomparsi. Probabilmente gli altri due hanno portato via i corpi. »
Il direttore annuì e Anne rimase sorpresa dalla freddezza e dalla compostezza dimostrata da lui e da Gabriel.
« Molto bene, me ne occuperò io stesso. E' stata legittima difesa e le leggi dei vampiri sono ben diverse da quelle degli umani... ma ora, miei cari, vi consiglierei di andare a riposare, ne avete bisogno. »
Gabriel annuì e si diresse verso la porta, mentre Anne rimase ferma sul posto.
« Nessuna punizione? Ci lascia andare così? »
Il direttore rise a quella domanda e Gabriel non poté fare a meno di imprecare. 
Quel tipo, molto probabilmente, aveva dimenticato di dare loro una punizione ma Annabelle gli stava rendendo le cose più facili di quanto la sua età non gli permettesse.
« Punirvi? E per cosa? No, mia cara, non vi punirò... ma da oggi siete liberi dall'impegno preso: non sarete più costretti a trascorrere tre ore insieme per ogni giorno della settimana. Avete dimostrato ampiamente di aver compreso la lezione. »
Fantastico! Finalmente non avrebbe più avuto a che fare con quell'umana, avrebbe ripreso a vivere la sua vita come se nulla fosse e non sarebbe stato più ossessionato da lei.
Aveva persino assaggiato il suo sangue, dunque, se Excess aveva ragione, probabilmente avrebbe smesso di pensare a lei non appena non l'avesse più avuta davanti.
Eppure, per qualche bizzarro e assurdo gioco del destino, non aveva alcuna voglia di esultare. Così anche Anne che, tentando di dissimulare una determinata emozione, annuì in direzione del direttore e sorrise.
L'uomo, nel frattempo, osservava entrambi i ragazzi con un cipiglio divertito, senza aggiungere altro.
Quando uscirono dall'ufficio, Gabriel e Anne si diressero verso il piano superiore, in direzione dei dormitori. Non dissero una parola, ma lui la accompagnò fino all'entrata del dormitorio degli umani. E rimasero lì, in silenzio, l'uno di fronte all'altra.
Fu Anne a interrompere quella quiete carica di tensione e parole non dette, sorridendo al vampiro che la guardava con aria combattuta.
« Alla fine ce la siamo cavata con un paio di complimenti, eh? »
Gabriel sorrise appena curvando un angolo delle labbra, per poi abbassare lo sguardo sul proprio piede che non faceva che dondolare avanti e indietro.
Era irrequieto.
« Beh, te l'avevo detto. Con me sei al sicuro. »
Non aveva detto proprio così, ma il senso era bene o male quello.
« In ogni caso sei libero, non dipendi più da me. »
Gabriel la guardò senza capire, aggrottando la fronte. Anne abbassò lo sguardo e tentò di rammentare qualcosa.
« Quando ho cercato di farti bere il mio sangue, mi hai detto di non poter dipendere da me più di quanto già non facessi e... mi dispiace che questa "convivenza" forzata ti abbia causato tanti guai, io non... »
« Ehi, frena. Non era alla convivenza che mi riferivo. »
Quando Anne sollevò nuovamente lo sguardo e si trovò il viso di Gabriel più vicino al suo di quanto non lo fosse pochi attimi prima arretrò, fino a trovarsi contro la parete.
Ma non era spaventata. Gabriel riusciva a percepire distintamente il battito del suo cuore, più accelerato del normale ma non a causa della paura.
Si avvicinò ulteriormente, senza entrare in contatto con lei.
« Da quando ti ho incontrata io non... non ho fatto altro che pensare a te. Inizialmente ho creduto che fosse a causa dell'attrazione che provavo nei tuoi confronti, poi di quella del tuo sangue ma... oggi, quando mi sono rifiutato di lasciarti, mi sono ritrovato a pensare di essere totalmente impazzito... » Gabriel si passò una mano tra i capelli, cercando di articolare frasi di senso compiuto e impedire all'ansia di rovinare tutto « Qualcosa in te mi destabilizza e non so di cosa si tratti. Ho bevuto il tuo sangue, ti ho baciata, ti ho toccata e dovrebbe essermi passata, capisci? L'ossessione che ho per te dovrebbe essere passata ora che ho avuto quel che volevo ma, invece, è più forte di prima. Non mi sono mai sentito tanto legato a qualcuno in tutta la mia vita e... questa cosa mi confonde, mi spaventa e io non riesco ad accettarla. »
Lo aveva detto. Era riuscito ad esprimersi spiegando in minima parte il casino che si ritrovava ad avere in testa. Stava facendo dei passi avanti.
Anne, d'altro canto, lo osservava con attenzione, mordendosi l'interno della guancia.
Gabriel sorrise nel pensare che era la prima volta che notava quella reazione in lei.
« Allora, se non puoi accettarlo, converrebbe che non avessimo più nulla a che fare l'uno con l'altra, d'ora in avanti. »
Già. Come se vivere sotto lo stesso tetto per cinque, lunghi anni facilitasse le cose.
Tuttavia, si ritrovò ad annuire.
« Credo sia meglio, sì. »
Perché starle vicino non aveva fatto altro che portare guai a entrambi.
« Quindi, adesso tu andrai via da qui e dimenticheremo quanto è accaduto oggi. »
« Sì... sì, decisamente. »
E, mentre le parole esprimevano un determinato concetto, i loro corpi dicevano altro: gli occhi si cercarono, le dita delle mani si intrecciarono le une alle altre, Gabriel si avvicinò fino a sentire il seno di lei premere contro il proprio petto, fino a percepire il suo respiro sulla pelle.
« E... non parleremo più, non ci sfioreremo più... »
« No, mai più... »
Gabriel portò entrambe le mani, strette a quelle di lei, verso l'alto, prima di abbandonare le presa e percorrere in lunghezza le braccia di Anne, fino a risalire sul collo e ad accarezzarle il viso con le dita, gentili e fredde.
« Gabriel... »
« Shh... »
La bocca di lui cercò quella di lei in un bacio ricco di desiderio e disperazione. L'idea di allontanarsi da quella ragazza annullava completamente la sua razionalità e lo spingeva a fare in modo che nulla, neppure la distanza fisica, potesse separarli. La voleva, la desiderava più di qualunque altre cosa, e la sua non era sete di sangue o di sesso... era sete di lei.
Mentre la baciava, passando le braccia attorno ai suoi fianchi e stringendola contro di sé, si sentì annegare nel suo profumo, nella morbidezza delle sue labbra e nell'abbraccio che lei gli riservò, alzandosi in punta di piedi e avvolgendo il suo collo con entrambe le braccia. Lo desiderava e non aveva più alcun timore a dimostrarglielo. Cos'era cambiato in quella sera, Gabriel non avrebbe saputo dirlo. Ma di qualunque cosa si trattasse, fu grato che fosse accaduta.
Quando si staccarono l'uno dall'altra avevano entrambi il fiato corto, le guance arrossate e gli occhi lucidi; rimasero stretti nell'abbraccio, limitandosi a stringersi e a guardarsi, assaporando quel momento che, nei loro cuori, appariva dannatamente giusto.
« Voglio vederti domani. » osò lui.
« Vediamoci. » rispose lei, senza esitazioni.
Gabriel sorrise sulle sue labbra e la baciò nuovamente, prima di lasciarla andare.
« Alle diciotto in punto. Non fare tardi. »
Gli parve difficile persino allontanarsi da lei con la consapevolezza di rivederla il giorno dopo. Ma lo fece.
Attese che rientrasse in dormitorio e, quando lei si chiuse la porta alle spalle, Gabriel si incamminò verso la propria stanza, con un sorriso ad aleggiargli sulle labbra.
Una volta dentro il salottino, trovò al suo interno unicamente Lucien ed Excess, il primo impegnato a leggere e il secondo a fare un massaggio alle spalle del fratello.
« Buonasera » li salutò Gabriel, allegro.
Excess sgranò gli occhi nel vederlo sporco di sangue, nonostante la certezza che la notizia di lui ed Anne persi nel paese vicino dovesse essere arrivata alle orecchie di tutti, nell'istituto.
« Per te lo è sicuramente, mio principe » Lucien sorrise strizzando l'occhio nella sua direzione. Probabilmente aveva avuto un breve assaggio di quanto era accaduto tra lui e Anne a causa dei ricordi che annebbiavano la mente di Gabriel, ma questo, a differenza del solito, non si dimostrò infastidito dall'intrusione dell'amico.
Fece per dirigersi nella propria camera e darsi una ripulita, quando la voce di Lucien lo fece tornare sui propri passi.
« Fra qualche giorno è il mio compleanno, Gabriel. Farò una piccola festa qui da noi e, pensavo, potresti invitare Annabelle. Quella ragazza mi piace e, visto il vostro rapporto, magari ti farebbe piacere portarla. »
Annabelle in una stanza con dodici vampiri. 
Ceeeeerto... che no.
Fu lì lì per rifiutare l'invito, quando Lucien parlò di nuovo.
« Potrebbe portare quelle due sue amiche, così da non sentirsi fuori luogo. »
Gabriel fece per ribattere ma, in effetti, l'idea non gli sembrava poi così cattiva. Elessar lo avrebbe aiutato a tenerle d'occhio e Lucien, Julian ed Excess avrebbero tenuto a bada gli altri.
Poteva funzionare.
« Glielo proporrò. »
Salutò gli altri due con un cenno della mano e si diresse verso la propria stanza.
Non era certo del rapporto che si era venuto a creare tra lui ed Anne ma, si disse, l'idea di trascorrere del tempo insieme non sembrava disgustare nessuno dei due... probabilmente sarebbe stato il caso di sperimentare cose nuove.
E non poteva esserci niente di meglio di una festa organizzata dai vampiri.
Se fossero sopravvissuti a quella, si disse, avrebbero potuto affrontare qualunque cosa... oh, sì.




Angolo dell'autrice:
Ed eccomi qui con il nuovo capitolo, puntuale puntualissima :3 è decisamente più lungo degli altri, questo per farmi perdonare poichè, il prossimo, verrà pubblicato non prima di mercoledì/giovedì prossimo :(
Duuunque, prima di tutto avrei un parere tecnico da domandarvi: per i dialoghi preferite "<<" questi o "-" questi? E, altra domanda: come font meglio arial o times?
Passando invece al capitolo: spero spero spero spero che Anne e Gabriel non vi abbiano delusi >.< personalmente mi sono divertita un mondo a scrivere questo capitolo, anche se mi è servita un'intera giornata per farlo xD spero vi sia piaciuto il modo in cui Anne si arrende a Gabriel, alla fine, ma vi consiglierei di non esserne troppo felici... le disgrazie non sono finite :3
Mi dispiace per gli ammiratori di Daphne ed Elessar, ma a questo giro ho dovuto lasciarli da parte >.< mi rifarò con il prossimo capitolo, lo prometto :3 in fondo, c'è la festa di Lucien e chissà cosa succederà...
Passiamo ai ringraziamenti:
ninphus: ooooh mi fa piacerissimo, cara *-* spero che continuerai ad apprezzare Anne e Gabrielle anche prossimamente ^^
Severa Piton: Poterhead fino al midollo, dear *-* il piacere è tutto mio! Che dire... Elessar e Daphne, come già detto, li affronterò ben bene nel prossimo capitolo e anche in quello successivo, così avrete modo di scoprire qualcosa di più anche su di loro, soprattutto su Elessar, dato che finalmente scriverò anche dal suo punto di vista. Per il resto devo ringraziarti, gestire diversi personaggi non è una passeggiata, soprattutto se hanno caratteri e psicologie molto differenti gli uni dagli altri... ma sapere che riesco a distinguerli ben bene mi rende davvero contenta, apprezzo molto i tuoi complimenti, davvero *-* spero di risentirti prossimamente, così da sapere cosa pensi del continuo ^^ (oh, e sono così felice che ti piaccia Gabriel ç__ç)
ire_hp 7: smettila di fare la porcella u.u che poi, tu sai già quasi tutto della storia, perchè continuo a rispnderti nelle recensioni? Boh <.< nella tua recensione non fai altro che elencare tutti i miei vampirelli (e Aaron) dicendo di amarli... con parole diverse, ovvio, ma il concetto è sempre quello... troviamoci un uomo anche nella vita reale, te ne prego, o faremo una brutta fine ç__ç grazie della recensione, stronzetta <3
guticamina: ti ringrazio infinitamente per le belle parole, come sempre! Allora, ti è piaciuto questo capitolo? Dato che adori Anne e Gabriel spero di non averti delusa ç_ç mi sono impegnata davvero tanto, giurin giurello, ci ho pensato per ore intere nei giorni precedenti e alla fine è uscita fuori questa roba qui xD attendo volentieri qualunque tua critica a riguardo e, per Daphne ed Elessar, aspetta e vedrai *-*
OnceUpon: AHAHAHAHAHAHA adoro i tuoi deliri su qualunque intreccio all'interno della storia e non ti nego che potresti persino darmi qualche idea, involontariamente xD allora, che dire, il tuo Gabriel ti ha soddisfatto? Spero davvero di sì... Brittany è una vacca, la odio pure io, e tra uno o due capitoli si farà odiare ancora di più, preparati -.- a rogo proprio... e Devon... Devon e Rebecca, eh? Beh, per entrambi ho parecchi piani ma, ahimè, dovrai aspettare la seconda parte della storia per venirne a conoscenza U.U poi, come al solito ti ringrazio infinitivamente per le tue parole, mi fa sempre molto piacere leggere le recensioni che mi lasci ^^ alla prossima, ti voglio cattiva con Brittany, mi raccomando :3
marvel: contentissima che Elessar e Gabriel ti abbiano incuriosita, grazie *-* Brittany è odiosa anche per me, guarda, ma la stro*** di turno mi serviva, o le cose sarebbero andate troppo lisce tra Anne e Gabriel, e poi che divertimento ci sarebbe stato? u.u a noi piacciono le storie tomrentate, si si u.u per il resto, aggiornerò il prima possibile, lo prometto, odio farvi aspettare ç__ç al prossimo capitolo, un bacio *-*
Luxus99chan: fisica è importante, certo, ma anche la lettura lo è u.u (non dire ai tuoi insegnanti che ho scritto una cosa del genere, mi raccomando xD). Oh beh, Daphne, a breve avrai un paio di capitoli incentrati quasi interamente su di lei, promesso *-* e, nel frattempo, scoprirai che il potere di Zafira è molto... importante, ai fini della trama. Comunque spero di risentirti presto, e se hai dei suggerimenti spara pure *-* alla prossima, un bacione!
Distur8ia: ti ringrazio qui per la recensione nel sesto capitolo, dato che l'ho appena letta *-* sono contenta che la scena tra Lucien ed Ex ti sia piaciuta, ci tenevo tanto a renderla... credibile e apprezzabile, diciamo ^^ per il resto sì, Gabriel e Anne sono scemi, che vuoi farci, ma spero che, arrivata a questo capitolo, non la penserai più così ^^ Fammi sapere se sono riuscita a farti cambiare idea, a prestissimo e grazie! *-*

Fatto *-* ringrazio ancora una volta tutti coloro che recensiscono (siete adorabili), chi ha inserito la storia tra le ricordate, le seguite e le preferite e, naturalmente, un grazie in particolare a coloro che semplicemente leggono =) Un bacione a tutti e a settimana prossima!
Fra.

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Capitolo 9
*** Debolezze ***




Era trascorsa una settimana da quello che ormai non era altro che un lontano e imbarazzante ricordo. La sensazione di smarrimento provata di fronte a quel viso scolpito dagli angeli, la pace percepita e mai dimenticata che aveva sentito stando tra le sue braccia, il senso di protezione accanto a quel corpo che l'aveva protetta una volta e si era rifiutato di abbandonarla in un momento di debolezza, l'unico che aveva avuto l'ardire di palesare... e poi la decisione di non continuare quella che avrebbe rappresentato la sua condanna. 
Quando era tornata nella sua stanza e aveva notato di aver portato con sé la giacca di Elessar, Daphne non riuscì a credere di aver fatto tanto per allontanarsi da lui per poi, inevitabilmente, ricadere nella trappola che il destino, beffardo, aveva così attentamente pianificato per lei.
Il giorno seguente quello strano incontro, la ragazza si era recata verso il dormitorio dei vampiri non appena terminarono le lezioni; non era sicura che fosse una buona idea, ma l'ipotesi di dover tardare ulteriormente l'inevitabile la convinse a dare un taglio a quell'assurda situazione.
Quando bussò alla massiccia porta che l'avrebbe condotta nel covo dei vampiri, fu sul punto di tornare indietro, e lo avrebbe fatto se fosse stata in tempo; un vampiro dall'aria affascinante e di altri tempi aprì la porta prima che lei riuscisse a tornare sui suoi passi e le riservò un'occhiata curiosa e affascinata. I suoi occhi dall'iride di diamante con striature scarlatte non abbandonarono mai quelli di lei, banali al loro cospetto, come se da essi il vampiro potesse ricavare chissà quale informazione sul conto di un'umana altrettanto banale.
<< Daphne. >>
Disse semplicemente il vampiro, aprendosi in un sorriso comprensivo e indulgente. Un sorriso che lei non riuscì a contraccambiare.
Deglutì, invece, domandandosi come quell'essere potesse conoscere il suo nome. Probabilmente lo aveva sentito dire in giro o, meno probabilmente, era stato Elessar a lasciarselo sfuggire.
<< Nessuna delle due cose. Sono io ad avere un dono particolare. >>
Il biondo sorrise, inevitabilmente divertito dall'espressione sconvolta di Daphne, ma non perse tempo: si scostò per richiamare l'attenzione di un altro paio di vampiri, i quali, dopo aver mormorato qualcosa, lo seguirono fuori dal dormitorio. Daphne ne riconobbe uno come colui che stava sempre al fianco del vampiro biondo, incredibilmente bello anch'egli, dai colori contrastanti rispetto a quello che, dal poco che aveva sentito dire, doveva essere suo fratello; il secondo, invece, era un ragazzo quieto e apparentemente sulle nuvole, aveva gli occhi di colori differenti, uno azzurro e l'altro giallo e, non appena il suo sguardo spaiato si posò su di lei, non poté fare a meno di sorridere e accennarle un saluto col capo.
<< Lo troverai dentro, è solo. >>
Il vampiro che le aveva aperto la porta la superò salutandola con un cenno della mano, prima di avviarsi verso i compagni che, con aria apparentemente interessata a lei, lo attendevano in cima alle scale.
<< Vampiri. Decisamente esseri da evitare. >>
Daphne prese un respiro profondo ed entrò nel piccolo salottino adibito per l'altra razza. L'eleganza rasentava il lusso più sfrenato all'interno di quelle quattro mura, la parete che si apriva per dare l'accesso ai dormitori era interamente ricoperta da scaffali colmi di libri che affrontavano i più disparati argomenti, un tavolo massiccio e rettangolare di legno laccato si ergeva alla sua sinistra, sotto un'ampia vetrata che, come qualunque altra finestra dell'edificio, impediva che i raggi del sole risultassero deleteri per la razza dei vampiri. Alla sua destra, infine, su un ampio ed elegante divano di pelle nera posizionato di fronte a un camino di marmo, sedeva un vampiro dalla chioma scarlatta che, non appena si rese conto della presenza della ragazza, scattò in piedi come una molla e le si avvicinò.
<< Daphne, cosa ci fai qui? >>
Lei, d'altro canto, fu sul punto di perdere tutta la determinazione che l'aveva spinta ad andare da lui, lasciargli la giacca e tornarsene nel proprio dormitorio. Perché era così che sarebbe dovuta andare. Non c'erano alternative.
Daphne si costrinse a distogliere lo sguardo dagli occhi color ametista del vampiro e, invece, a puntarlo sul colletto della giacca che stringeva spasmodicamente tra le dita.
<< Io... sono venuta a riportarti questa. >>
Così dicendo gli allungò la giacca bianca, lavata e, un tempo, tutt'altro che sgualcita. Il vampiro degnò appena di un'occhiata il capo di abbigliamento, prima di concentrare la propria attenzione nuovamente sulla ragazza. Daphne non ebbe il coraggio di guardarlo una seconda volta negli occhi e l'idea che un essere così mastodontico fosse a pochi centimetri di distanza da lei non le procurava alcun senso di dispiacere, tutt'altro. Ma forse perché si trattava di lui.
<< Non c'era alcuna fretta nel riportarmela. Ma grazie. >>
<< No, grazie a te. >>
Infiniti attimi di silenzio seguirono quelle parole di pura cordialità che, a onor del vero, nessuno dei due sentiva di dover pronunciare. Daphne avrebbe voluto sollevare gli occhi su di lui e scoprire di non provare alcun tipo di sentimento contrastante nei confronti di quel vampiro che l'aveva aiutata, salvata e ascoltata quando nessuno era stato in grado di farlo. Forse perché, prima di lui, lei non aveva mai desiderato che qualcuno la ascoltasse sul serio.
Eppure, quando diede retta all'istinto e lo guardò negli occhi, scoprì di non essere in grado di riuscire nell'intento che si era prefissata.
Elessar fece un passo verso di lei e allungò la mano per sfiorarle il volto; il suo profumo di rose notturne la invase ancora una volta, la scarica elettrica dovuta alla sua vicinanza la colpì senza alcun preavviso e lei, nonostante fosse dominata da una forza che tentava di impedirle di muoversi, fece un passo indietro.
<< Devo andare. >>
Elessar schiuse le labbra per parlare. Lei fece finta di non scorgere alcuna delusione negli occhi di lui, men che meno quella tristezza che lei gli procurava non appena rifiutava qualsiasi forma di affetto da parte sua.
Lui non fiatò. Tornò al proprio posto, lasciando ricadere la mano lungo il fianco e chiudendo nuovamente le labbra, incapace di scostare, tuttavia, lo sguardo da lei.
<< Non mi permetterai mai di farti capire che non siamo tutti uguali, vero? >>
Ed ecco un'altra cosa che la colpiva di lui: riusciva sempre a sorprenderla. Non era mai scontato, non era mai arrogante, iroso o scostante. Quel vampiro era la galanteria fatta persona, era dolce, comprensivo e gentile... caratteristiche che, in verità, lei non aveva mai pensato di poter apprezzare fino in fondo in un uomo. Lei, cresciuta come un maschiaccio; lui, il principe di altri tempi alla ricerca di una principessa che lei non avrebbe mai potuto eguagliare.
<< Mi dispiace, non posso. >>
Non voleva. La verità era questa. Non sarebbe mai riuscita ad accettare l'idea di avvicinarsi a qualcuno che amava nutrirsi del sangue degli esseri umani. Quell'idea la disgustava e pensare che quel vampiro, da cui lei appariva tanto affascinata, non differisse in questo, le rendeva impossibile concedergli una possibilità. Alla fine dei conti, non era poi così diverso come sperava.
O, almeno, questo era ciò che Daphne si ripeteva continuamente.
<< D'accordo. Non ti importunerò oltre, hai la mia parola. >>
Elessar piegò appena il capo in un accenno di inchino, prima di posare la giacca sulla spalliera di una sedia e avviarsi verso l'uscita del dormitorio.
Daphne rimase lì, immobile, consapevole che se il vampiro avesse urlato di rabbia e frustrazione, piuttosto che ritirarsi pacato e deluso, la sua risposta le avrebbe fatto meno male.

<< Daphne? >>
La voce di Anne la riportò con la mente dove, probabilmente, avrebbe dovuto essere: l'ultima lezione del giorno era quasi al termine e, mentre l'insegnante assegnava ai ragazzi i compiti per il fine settimana, Anne e Rebecca le rivolgevano uno sguardo curioso.
<< Sì? >> 
Rispose la ragazza come se nulla fosse. Ma chi voleva prendere in giro? Da settimane non faceva altro che stare con la testa tra le nuvole, persa in quel ricordo come se l'ultimo incontro con Elessar non risalisse a tanto tempo prima. Lui, in compenso, aveva mantenuto la parola: non l'aveva più degnata di uno sguardo o di una parola, si limitava ad accennarle un saluto col capo quando, inevitabilmente, si incontravano nei corridoi.
E la cosa andava benone. In fondo era proprio ciò che voleva: allontanarsi da lui e fare in modo che il vampiro non la tentasse ulteriormente.
<< Va tutto bene? >>
Andava tutto alla grande, altroché.
<< Certo. Certo che sì. >>
Anne non parve per nulla rassicurata, così come Rebecca che, lanciando uno sguardo di intesa alla mora, sospirò con aria afflitta e si appuntò i compiti del giorno.
Quando la lezione terminò, tutte e tre si diressero fuori dall'aula e, con grande sorpresa di Daphne, trovarono qualcuno ad attenderle con impazienza. Per lo meno, attendeva una di loro in particolare.
Alla ragazza bastò scorgere il sorriso imbarazzato di Anne per rendersi conto a chi fossero rivolte le attenzioni di Gabriel che, non appena la vide, si staccò dalla parete su cui si era poggiato con un movimento di anche e si avvicinò a lei.
Inutile dire che la sua presenza, quella di Rebecca e dei restanti nove studenti diurni fosse completamente indifferente a entrambi; Gabriel ed Anne avevano occhi solo l'una per l'altra. Una cosa disgustosa, senza dubbio.
Daphne puntò gli occhi al cielo ma non poté fare a meno di ricambiare il sorriso divertito di Rebecca mentre, con una certa delicatezza, davano al vampiro il tempo di salutare la loro amica.
<< D'accordo, Romeo, non è un po' pericoloso palesare così apertamente il vostro amore? >>
Quando entrambe si avvicinarono, il vampiro sciolse l'abbraccio in cui aveva intrappolato Anne, staccandosi dalle sue labbra e rivolgendo uno sguardo languido e ricco di desiderio alle due ragazze. Oh beh, non che quel desiderio fosse rivolto a loro.
<< Devi proprio paragonarci a due che si tolgono la vita per un fortuito scherzo del destino? >>
Disse lui quasi offeso, mentre sostava ancora con un braccio attorno alla vita di Anne, per tenerla accanto a sé.
<< Ehi, non sono io che faccio le regole. Shakespeare si è scelto due idioti come protagonisti. >>
<< Parli così solo perché era un vampiro. >>
<< Chi, Shakespeare? Scherzi. >>
<< Affatto. >>
<< Allora sì, erano proprio due idioti. >>
Gabriel sogghignò a quello scambio di battute, così come Anne e Rebecca. Daphne, d'altra parte, si limitò ad abbandonare la questione con un gesto secco della mano, rivolgendo appena un sorriso alla nuova coppia che aveva portato scalpore nell'istituto.
A quanto pareva quei due avevano messo da parte i dissapori e da un paio di giorni si mostravano apertamente in pubblico come una coppia a tutti gli effetti; Daphne e Rebecca avevano imposto alla ragazza di raccontare loro cosa fosse accaduto di tanto assurdo da portarla a rivalutare Gabriel e, dopo aver saputo quello che il vampiro aveva fatto per la sua amica, la bruna non poté fare a meno di pensare che, in fondo, non era poi una brutta idea permettergli di starle vicino.
Già, perché per Anne andava bene. Per Anne. Non per lei.
In compenso, però, aveva accettato l'idea di provare ad andare d'accordo con quel vampiro che un mese prima, o poco più, aveva tentato di strangolarla.
Cosa non si fa per le amiche.
<< Prima che mi dimentichi: domani Lucien organizza una festa nel nostro dormitorio. Sarà una cosa intima ma, essendo il suo compleanno, ha preteso che ci foste anche voi. >>
Gabriel parlò rivolgendosi a Rebecca e a Daphne, ma era chiaro che tenesse particolarmente alla risposta della terza ragazza. La quale, così come le altre due, rimase sorpresa dell'invito.
<< Capisco che abbia invitato lei, ma perché noi due? >>
Rebecca non riuscì a trattenersi e, a quella domanda, Gabriel le rivolse un sorriso birichino.
<< E chi lo sa, forse gradirebbe conoscervi di persona. Sente tante cose sul vostro conto ultimamente. >>
Già, essere sulla bocca di tutti. Ecco una cosa che lei, personalmente, non aveva mai sopportato.
Rebecca, d'altro canto, si illuminò e iniziò a saltellare sul posto.
<< Oh beh, allora d'accordo! Ci saremo! >>
Daphne la incenerì con uno sguardo.
<< Non parlare anche per me. >>
Rebecca si voltò verso di lei, priva dell'entusiasmo che l'aveva accesa poco prima, e arricciò il labbro inferiore.
No, dannazione. Non poteva farle questo.
<< Oh ti prego, Becky, non vorrai davvero rinchiuderti in una stanza piena di vampiri? >>
Domandò la ragazza, esasperata. 
<< Anne però ci va! Non possiamo lasciarla andare da sola! >>
Sarebbe stato inutile ricordarle che, prima che Gabriel avesse permesso a un qualunque vampiro di toccare la loro amica, quest'ultimo sarebbe morto. Tuttavia, non sarebbe riuscita a convincere Rebecca a non andare e, naturalmente, l'idea di darla in pasto ai vampiri in completa solitudine non le andava giù.
Fu così che, chissà come, chissà quando, gli altri tre ricevettero il suo benestare.
<< Fantastico. Domani a mezzanotte da noi, non ve ne dimenticate. >>
<< A mezzanotte? >>
<< Certo! Abbiamo un paio di ore libere e ne approfitteremo per divertirci un po'. Ora, se non vi dispiace... >> attirò nuovamente a sé Anne, prendendola per la mano e dirigendosi con lei verso l'aula che avevano appena abbandonato << rapisco la vostra amica per qualche ora. >>
Anne cercò di dire qualcosa ma Gabriel la attirò dentro l'aula e si chiuse la porta alle spalle.
<< Sembra che faccia sul serio. Con lei, intendo. >>
Quando Daphne si voltò a guardare Rebecca, notò con sorpresa che la ragazza stesse parlando seriamente, con lo sguardo perso sulla porta dell'aula ormai chiusa e un lieve e dolce sorriso ad aleggiarle sulle labbra.
La bruna puntò gli occhi dove li aveva l'amica, prima di annuire e ben sperare che Gabriel meritasse ciò che aveva ottenuto. Per il suo stesso bene.


 
***
 

<< Gabriel, cosa diavolo... >> non riuscì a terminare la frase, Anne, dopo che il vampiro l'ebbe trascinata nell'aula, illuminata unicamente dalla flebile luce di un tramonto ormai al traguardo.
Dopo essersi chiuso la porta alle spalle, Gabriel la fece poggiare con delicatezza contro la parete e bloccò qualsiasi sua protesta sul nascere - se mai ce ne fossero state - baciandola con una delicatezza e un desiderio represso che da ore non aspettava altro che riversarsi sull'oggetto del proprio interesse. Per lo meno, era così che si sentiva lei.
Il bacio del vampiro carezzava lievemente le sue labbra, assaporandole con dolcezza e pazienza, godendo appieno di ogni singolo attimo che erano riusciti a rubare al resto del mondo.
Quando si staccò da lei, Gabriel strofinò la punta del naso contro quello di lei, studiando ogni reazione della ragazza con gli occhi di ossidiana dentro cui, oramai, Anne annegava ogni qualvolta gliene venisse data la possibilità.
<< Morivo dalla voglia di farlo da quando ti ho lasciata, ieri sera. >>
Anne si ritrovò a sorridere senza rendersene neppure conto, portando le braccia attorno al collo del vampiro che aveva davanti e attirandolo maggiormente contro di sé.
<< Potevi venire a salutarmi questa mattina, appena finite le lezioni. >>
<< E' un modo carino per dirmi di rivederci all'alba? >>
Entrambi si sorrisero a vicenda, stretti nell'abbraccio che, fino a pochi giorni prima, nessuno avrebbe mai pensato potesse legarli. Non due come loro.
<< Era solo una constatazione. >>
Ribatté lei avvicinandosi alle sue labbra per catturarle in un bacio dolce ma breve.
Si staccò da lui e scivolò via dalla sua presa, sentendolo mugolare di delusione e vedendolo accasciarsi con la fronte contro la parete.
<< Certe cose dovrebbero essere illegali, sappilo. >>
Anne sorrise alle parole del vampiro e prese posto su un banco, l'aula ormai immersa nella penombra della sera.
<< E così Lucien ci ha invitate alla sua festa di compleanno, eh? >>
Ricordava quel tipo, alto, terribilmente affascinante e con un'aria di altri tempi. Nelle scorse settimane non era riuscita a conoscere nessuno dei vampiri che frequentavano l'istituto, con eccezione di Gabriel e i due fratelli. In verità non sapeva nulla di loro, se non che erano estremamente belli e gli idoli di tutte le umane dell'istituto. Oh, beh, delle tre rimanenti, visto che Daphne e Rebecca non parevano interessate a nessuno in particolare; una era troppo cinica e indipendente per pensare agli uomini, l'altra viveva in un mondo tutto suo, probabilmente contornato da unicorni rosa e lecca lecca alla fragola. Le adorava entrambe, forse proprio per quelle loro personalità così peculiari.
<< Già. A quanto ho capito gli sei piaciuta. >>
Il tono di voce contrariato di Gabriel costrinse Anne a sollevare lo sguardo verso di lui; il vampiro era poggiato con la schiena contro la parete, caviglie incrociate e mani in tasca, indossava un paio di jeans chiari e sdruciti e una T-shirt nera e aderente. Anne non poté fare a meno di domandarsi come facesse a non sentire freddo... o, meglio, se lo sarebbe chiesto se non fosse stata attirata dall'espressione corrucciata e infastidita sul viso del vampiro.
Cosa che le strappò un sorriso.
<< Sei geloso. Non posso crederci. >>
A Gabriel non piacque quell'assunzione, tanto da costringerlo ad abbandonare il suo posticino e a fiondarsi su di lei, poggiando le mani sul banco su cui era seduta, ai lati del suo corpo, avvicinando il proprio viso al suo.
Un sorriso meschino gli curvò gli angoli delle labbra.
<< Lo sarei, se non fossi sicuro di essere l'unico vampiro che davvero sopporti. >>
Anne tentò di rimanere seria per qualche secondo, ma non poté evitare di ridere nel ripensare alla veridicità di quelle parole.
In compenso, l'espressione sul viso di Gabriel si ammorbidì, i suoi occhi si concentrarono sulle labbra di lei mentre le sue si schiudevano, richiedendo tacitamente un invito a farsi avanti.
<< Adoro sentirti ridere. >>
A quelle parole, sussurrate flebilmente con voce roca e profonda, a Anne parve che il cuore le salisse in gola. Gabriel aveva dei cambiamenti d'umore improvvisi e la cosa l'aveva infastidita fin da quando lo aveva conosciuto: picchi improvvisi che rendevano difficile conoscerlo per ciò che era veramente e che, nell'ultimo periodo, erano diventati naturali come qualsiasi altra cosa che avesse a che fare con lui.
<< Io non rido spesso, sono piuttosto musona, per così dire. >>
<< Lo so. >> disse lui sorridendo e portando la mano destra a solleticarle il volto in una leggera carezza << Per questo sono felice quando riesco a farti sorridere. Non che tu non mi piaccia quando sei seria: in verità ti trovo parecchio sexy con il broncio e la fronte corrucciata. >>
Anne soffocò il resto della frase tappandogli la bocca con entrambe le mani, allontanandolo da sé ma non potendo fare a meno di ridere. Rideva, rideva continuamente da un paio di giorni a quella parte. Ed era, stranamente, felice.
<< Non sapevo che Lucien conoscesse anche Daphne e Rebecca. >>
Disse per cambiare argomento. E per evitare di sentirsi tanto a proprio agio insieme a lui.
<< Oh, infatti non le conosce. Sa che sono tue amiche e, in più, credo che l'invito di Daphne abbia a che fare con Elessar... ma questa è solo una mia supposizione. >>
A quelle parole Anne non poté fare a meno di sgranare gli occhi, rivolgendoli a Gabriel che, come se non avesse detto niente di particolarmente importante, si strinse nelle spalle.
<< Che c'è? >>
<< Cosa c'entra Elessar con Daphne? >>
Domandò la ragazza alquanto allarmata. Non che fossero affari suoi, ma era sorpresa che l'amica non avesse detto nulla a lei e Rebecca a riguardo. Certo, era pur vero che Daphne fosse una ragazza particolarmente chiusa e riservata, ma Anne sapeva quanto poco apprezzasse i vampiri... però, se aveva cambiato idea lei, cosa impediva all'amica di fare altrettanto?
<< Non ne so molto, ma a quanto ho capito Elessar è particolarmente interessato a lei, anche se, negli ultimi giorni, non sembra averle dato particolare confidenza. >>
Anne non conosceva affatto Elessar se non di vista. Non aveva mai scambiato neppure una parola col vampiro, ma doveva ammettere che, a differenza di tutti gli altri, non sembrava particolarmente spaventoso. A pensarci bene - non che avesse mai notato un particolare interesse da parte dell'amica nei confronti del vampiro - negli ultimi giorni Daphne era sempre soprappensiero e un paio di volte Anne l'aveva sorpresa a fissare il ragazzo durante l'ora di cena.
Ma, appunto, non vi aveva mai dato importanza.
<< Prevedo una festa decisamente movimentata, domani sera. >>
Gabriel annuì pensieroso, prima di lanciarle uno sguardo di sottecchi.
<< Tu stammi vicino. Sempre. >>
A quel punto Anne inarcò un sopracciglio e lo fissò accigliata.
<< Andiamo, cosa vuoi che mi succeda? La cosa peggiore che potrebbe accadere è che prenda a calci quella vampira, la rossa che ti facevi prima di... è finita tra voi due, vero? >>
Fu inevitabile dar voce al timore che la invase in quel momento. Anne sapeva della relazione tra Gabriel e la vampira dai lunghi capelli rossi che era andata avanti fino a pochi giorni prima di quel momento ma, dopo quanto era accaduto tra loro, aveva dato per scontato che fosse tutto finito, un ricordo rinchiuso in uno dei cassetti del passato con un lucchetto. La chiave, possibilmente, doveva finire sepolta nei meandri di una caverna sorvegliata da un drago sputa fuoco.
<< Ora chi è che fa il geloso? >>
Quando Anne tornò con i piedi per terra, notò che Gabriel era particolarmente divertito e soddisfatto da ciò che stava accadendo. E ciò la infastidì. Un pochino.
Orgogliosa com'era non avrebbe mai ammesso che la cosa potesse darle fastidio, dunque incrociò le braccia al petto e si voltò a osservare l'orizzonte al di là della finestra.
<< Vai al diavolo. >>
Beh, non proprio il massimo della diplomazia.
Sentì Gabriel ridere e poi percepì le sue mani sui propri fianchi. La presa da loro esercitata non fu affatto salda e possessiva, quanto dolce e carezzevole, così come la voce che, con discrezione, le domandò implicitamente di prestargli attenzione.
<< Domani sera avrò occhi solo per te. Come ieri, come oggi, come sempre. >>
<< Non fare promesse che non puoi mantenere. >>
Puntualizzò lei, incapace però di mantenere quella facciata di ghiaccio ancora a lungo. Non appena i suoi occhi si scontrarono con quelli di lui, infatti, Anne sciolse le braccia e permise a Gabriel di avvicinarsi, posizionandosi tra le sue gambe e portando le labbra contro il suo orecchio.
<< Allora non ti prometterò che non penserò a te dal momento in cui oltrepasserai quella soglia per andare via da me. So già che non riuscirei a mantenere la parola data. >>
E a quel punto Anne si lasciò andare contro di lui, chiudendo gli occhi e cercando le labbra di Gabriel con le proprie, riuscendo finalmente a ottenere quel bacio ricco di desiderio e passione a cui, dalla sera precedente, non faceva altro che anelare.


 
***
 

Quando era più piccolo era solito soffrire di svariati disturbi cardiaci. Sua madre gli stava accanto per ore leggendogli libri di fiabe, suo padre gli rimboccava le coperte ogni mattina nel vederlo addormentato in un letto troppo grande per il corpicino esile che lo caratterizzava. In età infantile era stato gracile rispetto ai fratelli, più grandi di lui sia d'età che di corporatura.
Le palpitazioni e la tachicardia gli avevano impedito di trascorrere un'infanzia normale, soggetto continuamente alle cure dei medici. Pillole su pillole, medicinali, controlli... doveva evitare sforzi di qualunque tipo, non poteva esercitare alcuno sport, doveva tornare a casa a orari accettabili e, per nessun motivo, gli era stata data la possibilità di trascorrere più di una nottata in compagnia dei suoi amici.
I suoi genitori erano stati molto protettivi nei suoi confronti, fin da quando quei disturbi avevano fatto capolino nella sua vita. 
Un vampiro malato di cuore. Cosa poteva esserci di più ridicolo? Osava chiederselo spesso, ai tempi, non riuscendo mai a darsi una risposta che lo soddisfacesse.
Durante l'adolescenza, però, i problemi erano andati a ridursi via via che il suo corpo acquisiva la potenza dovuta al sangue quasi puro della propria stirpe. I disturbi avevano cessato di infastidirlo, con eccezione di rari attacchi d'asma dovuti principalmente a periodi di stress emotivo. La difficoltà respiratoria era l'unico memento di quel periodo infernale che, in cuor suo, Elessar sperava di dimenticare.
Quando suo padre morì, due anni prima che accettasse di partecipare al progetto di Joskow, il fratello maggiore prese le redini dell'impresa di famiglia e il secondo lo seguì a ruota. Elessar, invece, per quanto fosse legato alla memoria di suo padre, non riusciva ad accettare l'idea di accodarsi ai fratelli e prendere in mano gli affari lasciati in sospeso dal vampiro. Lui amava leggere, scrivere e, sebbene non avesse ancora deciso cosa fare della propria vita, si limitava a vivere il presente con più intensità di quanto chiunque altro, alla sua età, non facesse.
Per lui, la vita aveva acquisito un valore del tutto nuovo da quando la sua salute era andata via via migliorando.
Tuttavia, quella sera, Elessar si sentì venir meno poco prima di recarsi in sala da pranzo per il primo pasto della nottata. Quello era stato il terzo attacco d'asma della settimana e la frequenza con cui questi si erano presentati non aveva certo alleggerito la situazione.
<< E' successo qualcosa in questi giorni? Un evento particolare, un episodio che ti ha in qualche modo sconvolto... >> gli aveva domandato l'infermiere. Ma no, non poteva certo dire che che qualcosa - qualcuno - aveva fatto breccia nel suo cuore tanto da indurlo a non chiudere occhio la notte, a rimuginare sull'ultimo incontro avvenuto con lei, sulle sue ultime parole. La verità era che odiava la situazione che si era venuta a creare, odiava dipendere tanto da qualcuno. Eppure non poteva fare a meno di pensare a lei ogni istante di ogni giorni e fingere di non vederla quando i suoi occhi desideravano scorgerla anche solo per un attimo, di non percepire il suo profumo quando questo aleggiava ancora su quella giacca che non aveva più indossato, per poter continuare a rivivere la sera in cui lei si era confidata con lui... era diventata un'ossessione. 
Lei era un'ossessione.
Seduto su uno dei letti dell'infermeria, Elessar si riabbottonò la camicia, momentaneamente sfilata per consentire all'infermiere di effettuare le visite che, regolarmente, svolgeva una volta al mese. Era andato tutto bene. Era tutto regolare. Gli attacchi d'asma non erano preoccupanti, avrebbe solo dovuto cercare di ridurre lo stress.
Infilò anche l'ultimo bottone nell'asola, nascondendo definitivamente alla vista la ferita che gli deturpava il torace, memore di un'operazione senza la quale, a quel punto, non sarebbe stato lì.
Salutò l'infermiere ringraziandolo per il suo aiuto, promettendo di non frequentare le lezioni del giorno e approfittando di quelle ore per riposare.
Non lo avrebbe fatto.
Una volta fuori dall'infermeria, però, quel profumo - quel profumo - lo costrinse a sollevare lo sguardo davanti a sé.
<< Cosa ci fai qui? Non ti senti bene? >>
Tipico. L'aveva ignorata per tutta la settimana, eppure non riusciva a non preoccuparsi per lei.
Di fronte all'infermeria, con le braccia conserte e un'espressione preoccupata sul volto, era ancora la ragazza più bella che Elessar avesse mai visto.
<< Daphne? >> Domandò, notando che lei si limitava a scrutarlo con attenzione.
<< Ho saputo che eri in infermeria e volevo assicurarmi che stessi bene. >>
Elessar sgranò impercettibilmente gli occhi, prima di riassumere la sua solita aria composta. Si sforzò di sorridere, ignorando quei battiti del cuore, indomiti, che erano accelerati nel constatare la preoccupazione della ragazza per lui.
<< Sei molto premurosa, ma come puoi vedere sto bene. E' stato solo un mancamento, nulla di grave. >>
Daphne lo guardò attentamente ed Elessar si sentì sotto analisi. Quella ragazza era troppo intelligente e lui si sentiva quasi in soggezione in sua presenza. 
Lui. 
Assurdo.
Fu lei a parlare.
<< Mi stai evitando. >>
Già.
<< Non è vero. >>
Bugiardo.
Daphne aggrottò la fronte, ma fu evidente il suo tentativo di mantenere la calma. Elessar trattenne a fatica un sorriso, consapevole di quanto quella ragazza odiasse essere presa in giro. Era inutile negare l'evidenza con lei.
<< Hai detto che non mi avresti più importunato. Ma stai facendo anche più di questo. >>
<< Sto facendo quello che mi hai chiesto di fare, nulla di più. >>
<< Io non ti ho chiesto di ignorarmi. >>
A quel punto fu Elessar a risultare confuso, palesando il proprio sconcerto.
<< Cos'altro credi che debba fare, allora? Sto cercando di venirti incontro ma non mi è facile farlo se trovi sempre qualcosa da rimproverarmi! >>
Non era sua intenzione alzare la voce e, non appena lo fece, prese un profondo respiro portandosi una mano in fronte e chiudendo gli occhi, cercando di calmarsi. Daphne, d'altro canto, rimase impassibile.
<< Daphne, ascolta, avrei voluto che tu prendessi un'altra decisione, che mi permettessi di starti vicino e di aiutarti a superare il tuo blocco ma, evidentemente, ho osato troppo. Io rispetto la tua posizione, ma a questo punto vorrei che anche tu accettassi la mia. >>
Non poteva rischiare che quella situazione gli procurasse altri disturbi. Quella ragazza gli piaceva, dannazione, gli piaceva fin troppo, ma non riusciva ad accettare l'idea di tornare in un letto di ospedale solo perché il suo cuore non era in grado di reggere una sciocca infatuazione.
Doveva riprendere il regolare corso della propria vita. 
<< Non cercarmi più. Ti prego, sta' lontana da me. >>
Così dicendo, Elessar superò la ragazza senza più voltarsi. Sapeva che, se avesse guardato indietro, sarebbe tornato da lei scusandosi per quell'atteggiamento rude e brusco e non poteva permetterselo.
Non aveva mai creduto ai colpi di fulmine, non aveva mai permesso al suo cuore di battere per qualcun altro... con o senza Daphne non sarebbe cambiato niente.
O, per lo meno, questo era ciò che si ripeteva continuamente.


***


Non poteva credere a quello che aveva fatto. 
Semplicemente non poteva. 
Come gli era saltato in mente di andare da quell'umana e dirle che Elessar era in infermeria, non riusciva a spiegarselo. Lui era, fondamentalmente, un gran bastardo e in più non condivideva affatto i sentimenti dei suoi due compagni di stanza nei confronti di quelle umane. Eppure, un po' perché voleva fare ammenda per aver fatto arrabbiare Elessar fuori dall'infermeria qualche settimana prima, un po' perché negli ultimi giorni l'amico aveva nuovamente sofferto di attacchi d'asma frequenti, Devon si era deciso a compiere quella buona azione.
Sapeva che Elessar soffriva di male al cuore fin da quando era nato, era forse l'unico a saperlo in quell'istituto e il motivo era che suo padre era il cardiologo che lo aveva in cura fin da bambino. Una volta, quando erano molto piccoli, Devon ed Elessar trascorrevano parecchio tempo insieme, soprattutto quando il secondo veniva ricoverato per più giorni nella clinica in cui lavorava il padre di Devon.
Crescendo si erano persi di vista, anche perché la salute di Elessar era andata via via a migliorare. Uno dei vantaggi dell'essere un vampiro, naturalmente.
Vederlo nuovamente vittima di quelle crisi, dunque, non era piaciuto a Devon, neppure un po', per quanto potesse essere uno stronzo senza cuore.
E, naturalmente, non era cieco: aveva notato che l'amico non sorrideva più, era sempre con la testa tra le nuvole e, soprattutto, non cercava più l'umana neppure con lo sguardo: era evidente che qualcosa, tra quei due, non avesse funzionato.
E così, inevitabilmente, si era ritrovato ad agire da buon samaritano. Era andato da Daphne, quella sera all'ora di cena, e le aveva detto, sotto gli occhi sbalorditi degli umani del suo tavolo, che Elessar era andato in infermeria perché negli ultimi giorni si era sentito poco bene.
Un punto a favore della ragazza fu segnato quando questa non chiese ulteriori spiegazioni e si diresse, senza pensarci due volte, verso l'infermeria.
Devon si era soffermato sulla soglia della sala da pranzo a osservarla. Forse non era completamente indifferente al suo amico, come invece lui aveva sempre pensato.
Con le mani incrociate dietro la nuca e lo sguardo annoiato, Devon si diresse verso il tavolo riservato alla sua razza, sedendosi al fianco di Julian e di fronte a Brittany e Zafira. Gabriel, naturalmente, era da qualche parte dell'istituto a godersi le attenzioni della sua nuova ragazza.
Bleah.
<< Brit, inizi ad annoiarmi, dico sul serio. >>
La voce leggermente infastidita di Zafira lo costrinse a rivolgere l'attenzione alle due vampire. La mora, di origini brasiliane, mangiava svogliatamente ciò che aveva nel piatto; la rossa, invece, non faceva che lamentarsi delle attenzioni che Gabriel dedicava all'umana. 
Povera illusa, non riusciva proprio ad accettare che il vampiro non volesse avere più niente a che fare con lei. A quanto pareva, con sorpresa di tutti, Gabriel aveva messo la testa a posto.
Per Annabelle.
Nonostante quel che aveva detto pochi giorni prima a Devon.
<< Ha rischiato la vita per lei! Quella smorfiosa, incapace, stupida... >>
<< Via via, bellezza, queste espressioni colorite non ti si addicono, credimi. A proposito, ti ha mai detto nessuno che una rossa con le unghie smaltate di viola è un vero pugno nell'occhio? >>
Devon sorrise alle parole di Julian, prima di godersi l'espressione furiosa di Brittany. Il vampiro dai capelli argentati, d'altro canto, sedeva con le gambe accavallate e il mento poggiato stancamente su una mano, mentre con gli occhi esaminava attentamente le unghie della compagna. 
<< Chiudi il becco, Jul. >>
<< Credimi, lo farei se non fosse per il bene del mondo. Voglio dire, senza di me sarebbe tutto così dannatamente antiestetico. Mai come il tuo smalto, ovviamente. >>
Devon fu costretto ad alzarsi per bloccare le mani di Brittany, la quale, dopo le parole di Julian, si era sporta verso di lui con l'evidente intenzione di strangolarlo.
Zafira, dal canto suo, puntò gli occhi al cielo, scuotendo la testa esasperata.
<< Non hai proprio intenzione di darmi una mano a tenerla buona, vero? >>
Le domandò lui ancora alle prese con Brittany che, incurante, imprecava contro Julian. 
L'altra vampira, invece, gli rivolse un'occhiata annoiata, prima di riprendere a mangiare.
<< Credimi, non gli avrebbe fatto un granché. Non è per mano di Brittany che morirà Julian. >>
E, nel dire questo, Zafira sorrise in maniera gelida a Devon, prima di ficcarsi in bocca un pezzo di carne al sangue.
Fu il turno del vampiro di apparire esasperato, prima di lasciare che Brittany sfogasse la propria rabbia su Julian.
<< Hai fatto una buona azione, poco fa. >>
Osservò lei senza mostrare particolare interesse.
Devon, d'altro canto, si limitò a sbuffare, incrociando le braccia al petto e puntando gli occhi verso l'ingresso della sala.
<< Non ti va giù, vero? La scelta di quei due. >>
<< Smettila di cercare di indovinare cosa mi passa per la testa, d'accordo? Non sono problemi tuoi. >>
Non era la prima volta che usava certi toni con Zafira e, per tutta risposta, la mora ribatté a proprio modo.
<< Ma certo, sono affari miei solo quando vuoi scoparmi. >>
Devon ghignò divertito in direzione della ragazza, prima di concentrare su di lei le proprie attenzioni e sporgersi verso il suo posto.
<< Ora non dirmi che ti ho offesa. >>
Lo sguardo e il sorriso, entrambi maliziosi, che Devon rivolse a Zafira non fecero altro che fare infuriare ulteriormente la vampira. La quale, tuttavia, rispose con lo stesso sorriso gelido di poco prima, assottigliando lo sguardo.
<< No, affatto, sono solo delusa. Sai, ho incontrato umani che ci sanno fare anche più di te sotto le lenzuola, non vedo dunque perché dovresti odiarli tanto. >>
BANG!
Colpito e affondato.
Se c'era una cosa che Devon non sopportava, beh, erano proprio gli umani.
<< Vaffanculo. >>
Le disse tra i denti.
<< Dopo di te. >>
Avrebbero potuto andare avanti all'infinito e lo avrebbero anche fatto se Brittany, dopo aver litigato con Julian, non fosse intervenuta nuovamente.
<< Ho sentito che lei e le sue due amiche sono state invitate alla festa di Lucien di domani sera. >>
Disse la rossa osservando, con particolare attenzione, le unghie della mano destra.
<< Esattamente. Quindi vi pregherei di comportarvi in maniera educata con tutte loro. >>
La voce di Lucien li raggiunse da un metro di distanza, mentre il vampiro rivolgeva loro un sorriso mesto che nascondeva mille promesse. E minacce.
Lucien, così come Excess, era un vampiro molto potente e nessuno avrebbe osato negargli nulla. Nessuno. Tranne, forse, Gabriel.
<< Bella mossa, Lucien. Ora, dimmi, come farà Brittany a farsi notare da Gabriel? Solitamente non la considera nonostante lei giri per l'istituto completamente nuda per attirare la sua attenzione, ma con l'umana tra i piedi le sarà ancora più difficile adescarlo. >>
Julian assunse un'aria affranta, come se le sorti di Brittany fossero davvero importanti per lui. Cosa che alla vampira non piacque affatto.
<< Non mi importa quello che vuoi fare con Gabriel. Saltagli addosso, portatelo a letto mentre l'umana è occupata a conversare, ma non osare fare qualcosa a quelle tre ragazze durante la mia festa di compleanno. Sono stato chiaro? >>
Tipico di Lucien: gentile e disponibile con tutti ma, prima di ogni cosa, pensava al proprio interesse. E, al massimo, a quello di suo fratello.
<< Capito, Brit? Evita di fare la stronza per una sera. >>
Concluse Julian per tutti.
La rossa, tuttavia, assunse un'espressione pensierosa, prima di schiudere le labbra in un sorriso accattivante che, a dire il vero, fece gelare il sangue nelle vene a Devon.
<< Oh, credetemi, sarò occupata a fare qualcosa di molto più... piacevole, domani notte. >>
Quella vampira aveva qualcosa in mente, e per nessun motivo, in quel momento, Devon avrebbe voluto trovarsi nei panni di Gabriel. In fondo una cosa era chiara a tutti: se niente poteva scalfire il vampiro, non era detto che lo stesso valesse per l'umana.





Angolo dell'autrice: 
E per un pelo sono riuscita a postare in tempo, fiuuuu :3 dunque, eccomi a chiedere venia poichè, lo so, il capitolo non è ricco di colpi di scena. Anne e Gabriel sono una coppia a tutti gli effetti, bene o male, e non si vergognano nel mostrarlo ma, come avrete ben capito, non tutti sono felici di questa unione... cos'ha in mente di fare la bella Brittany durante la festa di Lucien? Lo scoprirete nella prossima puntata u.u
E che mi dite di Daphne ed Elessar? Ammetto che questa coppia mi sta coinvolgendo più di quanto non mi aspettassi: è nata per caso e ogni volta che scrivo mi vengono in mente spunti nuovi per farli andare avanti (la malattia di Elessar, per esempio, è stata decisa questa sera stessa). Spero di non avervi deluso, ma credo condividiate con me il fatto che Elessar non possa stare dietro ai cambiamenti di umore tipici del sesso femminile, o sbaglio?
Preciso che questo è unicamente un capitolo di passaggio, essenziale però per portare avanti la storia di Elessar che, fino ad ora, mancava. Il prossimo capitolo sarà uno dei più importanti di questa prima parte della storia per entrambe le coppie e... anche, forse, per una nuova *-*. In più si scoprirà qualcosa sul dono particolare di Zafira che, come ho già accennato, è molto importante ai fini della trama.
Ora passiamo ai ringraziamenti, come sempre, ricordandovi che - causa esami - il prossimo capitolo sarà pubblicato tra una settimana o poco meno.
PolliSam__96: grazie mille! Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e ancora più felice che Gabriel ti abbia colpito ^^ spero che non cambierai idea in futuro! A presto <3
Severa Piton: tu mi fai arrossire, credimi, sei troppo gentile *-* Non so come ringraziarti per i tuoi splendidi complimenti ma sono davvero contenta che la scena ti sia piaciuta! Ho sempre paura di cadere nel volgare, ahimè, vista l'intimità di certe parti. Quanto a Elessar, che te n'è parso? Spero che sia venuto bene il suo punto di vista e, soprattutto, il breve excursus sul suo passato... per quel che riguarda Rebecca, invece, sono felice che ti piaccia! ^^ Quella piccoletta sarà un personaggio centrale nella seconda parte della trama e, chi lo sa, magari nel prossimo capitolo capirai persino chi sarà la sua dolce metà... io ho tutto in mente, ora non resta che lasciarvelo intuire :P grazie ancora di tutto, spero di sentirti di nuovo molto presto <3
guticamina: eccomi a te! Dunque u.u sono consapevole che Anne e Gabriel sono stati troppo, come dire, pucci pucci (?) in questo capitolo, spero tu abbia apprezzato ma, in caso contrario, non temere: quei due ne devono superare di ostacoli, ancora :3 tra i quali anche Aaron, sì, che nel prossimo capitolo darà del filo da torcere a Gabriel. Quanto a Elessar e Daphne... spero tu abbia apprezzato per il momento, nel prossimo capitolo li attenderà un'altra difficile prova ^^ un bacione e grazie ancora di tutto <3
OnceUpon: lol capitoli così lunghi mi uccidono, sappilo! Ahahah ma sono contenta che tu abbia apprezzato :3 le tue parole mi fanno commuovere, credimi ç_ç sono felicissima che la storia ti piaccia e sono lusingata per tutti i complimenti che mi rivolgi, non sono per niente certa di meritarli xD ma grazie, grazie e ancora grazie <3 mi perdonerai se in questo capitolo non ho dato molto spazio ad Anne e Gabriel, ma nel prossimo avranno di che farci arrabbiare, non temere xD questa parte era, ahimè, essenziale, ma cercherò di farmi perdonare nel prossimo capitolo, in cui ne succederanno davvero troppe, credimi ç_ç alla prossima e ancora mille volte grazie <3
marvel: *-* amo leggere che amate Gabriel, è una grande soddisfazione per me dato che all'inizio era così odiato ç_ç per il resto, grazie! Sei stata carinissima, come sempre, nella tua recensione ^^ siamo entrati nel vivo della trama, quindi spero vivamente di non deluderti prossimamente, anche perchè Gabriel è molto lunatico e... beh, povera Anne, cosa dovrà sopportare ancora xD alla prossima <3
Luxus99chan: chiedo scusa anche a te per la pallosità del capitolo ma, come già detto, mi serve per i prossimi capitoli ç_ç l'unica cosa di cui sono convinta è il passato di Elessar... purtroppo mi sono presa una cotta per lui, ahimè, e questo mi rende poco obiettiva XD per il resto, sono felice che la metafora del raggio di sole ti sia piaciuta XD ahahaha Devon è odioso, delle volte, ma saprà farsi amare... quanto meno lo spero! Alla prossima e grazie ancora <3
Distur8ia: ooooh Joskow, è il nonnino che molti vorrebbero avere *-* ahahaha sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e, sì, Gabriel è stato un bastardo con la storia del telefono, ma senza di essa non avrebbero fatto... il resto u.u alla prossima, e grazie infinite per la recensione <3
_seasonoflove_: noi non abbiamo più speranze da tanto, TROPPO tempo, ahimè xD rinunciamoci, vivremo più felici insieme ai nostri uomini di carta. "Voglio un vampiro." anche io, tesoro, anche io. Come dobbiamo fare? Non lo so. Continuiamo a scrivere. Non possiamo fare altrimenti. Per il resto grazie. Grazie, grazie e GRAZIE e (negherò di averlo scritto, bada bene) tu sei una delle due persone che mi danno più coraggio e mi spingono a scrivere... leggi sempre ciò che la mia mente malata partorisce, mi dai consigli, opinioni e pareri che sono sempre positivi (mannaggia a te) e soprattutto lo fai con grande piacere... temo non avrei mai scritto tanto in questi mesi se non fosse stato per te e l'altra che ringrazierò a breve. E, ebbene sì, lo ammetto: questi personaggi sono un po' anche tuoi, non hai idea di quanto, inconsciamente, tu mi abbia aiutato a crearli... abbiamo gli stessi gusti in fondo, no? Grazie <3
Hylia93: ecco Daphne, come mi hai minacciato di fare u.u ma non preoccuparti, nel prossimo capitolo avrà molto più spazio. Lei ed Elessar, quel testone. Gabriel... cosa me lo dici a fare? Lo sai che i bastardi sono il mio punto debole... non lasciarti intenerire da quello che ha fatto in questo capitolo :3 ed ecco, poi, che sono io a commentare te... eh sì, anche te. Grazie. Grazie. Grazieeeeeeee, non te lo ripeterò mai abbastanza. Non sono una che riesce ad esprimersi tanto facilmente, chi meglio di te lo sa? Eppure grazie. Per essere sempre così oggettiva nel darmi il tuo parere. Grazie per leggere sempre ciò che scrivo e per correggermi sempre e ovunque debba essere corretto. Insomma, è anche grazie a te se oggi amo tanto scrivere e se, soprattutto, ho imparato a non vergognarmi di ciò che scrivo... ma basta, o divento mielosa. (<3) questo è il mio regalo per voi per San Merdoli... ehm, San Valentino, stronzette (Hylia e seasonoflove) <3

Ancora una volta grazie a chi ha inserito le storie tra le seguite, ricordate e preferite (siete un sacco, davvero ç_ç) e anche solo a chi legge! Un grazie particolare a tutti voi che recensite e... beh, alla prossima <3
Fra.

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Capitolo 10
*** Sogni ***




Quando i flebili raggi del sole filtrarono attraverso i tendaggi che ricoprivano le finestre della sua camera, Anne preferì voltarsi verso il lato opposto piuttosto che convincersi che fosse ora di alzarsi. Daphne e Rebecca, d'altro canto, non avrebbero potuto darle torto... se si fossero trovate in quella camera.
Strano, eppure era convinta che le altre due ragazze dividessero con lei il dormitorio.
Non fece molto caso a quella strana circostanza, o per lo meno lo fece fino a quando le dita della sua mano destra tastarono qualcosa di solido e freddo che pareva sostare sul suo materasso. Le bastò socchiudere un occhio per rendersi conto di chi le fosse sdraiato accanto, a petto nudo, come del resto era lei sotto un leggero lenzuolo che pareva coprirle appena il ventre piatto e le dolci curve del seno.
<< Buongiorno. >>
Sussurrò lei con gli angoli della bocca che andavano a piegarsi verso l'alto.
Chiuse nuovamente gli occhi, consapevole che bastasse unicamente il suo profumo per renderla serena.
Lui, d'altro canto, la avvolse tra le braccia e l'attirò maggiormente a sé. Le lasciò un bacio sulla nuca, carezzandole dolcemente i capelli.
<< Potrei abituarmici, sai? >>
Anne sorrise di nuovo e si accoccolò contro il suo petto, beandosi della risata che quei suoi gesti avevano sortito in lui.
<< A non dormire? Perché, se non erro, adesso per te è come se fosse notte. Cioè, come se per me fosse notte, anche se per te la notte è... >>
Gabriel interruppe quella sequela di chiacchiere posando delicatamente le labbra su quelle di lei, soffermandosi su di esse più a lungo del necessario solo per il gusto di farlo. E a lei andò più che bene.
Quando si staccò, i suoi occhi scuri brillavano alla luce del sole e il suo sorriso scaldò il cuore di Anne che, se non si fosse trovata sdraiata, avrebbe ceduto a un peso che le sue gambe, in quel momento, non sarebbero state in grado di reggere.
<< A questi momenti. Tu ed io, insieme, come se non ci fosse nulla al mondo di cui preoccuparsi. >>
Anne non poté fare a meno di domandarsi cosa impedisse loro di trascorrere quei momenti, uno dopo l'altro, insieme. In fondo, cosa c'era di male nell'essere felici?
Lentamente sollevò la mano destra e iniziò ad accarezzare il viso di Gabriel, disegnandone pigramente i taglienti contorni. 
Fino a poche settimane prima non avrebbe mai pensato di trovarsi in circostanze simili con un vampiro, con un esponente di una razza che non aveva mai apprezzato.
Fu sul punto di dire qualcosa, quando l'espressione confusa e poi spaventata del compagno la fece desistere.
<< Gabriel. >>
Il vampiro si portò una mano al cuore, l'altra alla gola, e si mise a sedere sul materasso, allontanandosi da lei.
Anne, d'altro canto, si raddrizzò e lo guardò spaventata, cercando di avvicinarsi per capire cosa stesse succedendo.
<< Gabriel, che cos'hai? >>
Il vampiro iniziò ad ansimare, sembrava aver difficoltà a respirare e le unghie delle mani gli graffiavano la pelle lungo il collo e il petto.
Anne gli mise una mano sulla spalla ma a quel contatto Gabriel si allontanò con una reazione improvvisa che lo portò ad andare a sbattere contro il muro, a poco più di un metro dal letto.
<< Aiuto! C'è qualcuno lì fuori? >>
Anne si precipitò nel corridoio ma, non vedendo arrivare nessuno, tornò da Gabriel, ansimante, inginocchiandosi di fronte a lui. Con mani tremanti cercò il cellulare nella borsa, mentre teneva d'occhio Gabriel che, man mano che i secondi passavano, sembrava soffrire terribilmente, fino a quando i suoi occhi si fermarono in un punto indefinito, apparentemente alle spalle di Anne, e i suoi lamenti cessarono all'improvviso.
<< Gabriel... >>
Pallida e sudata si avvicinò nuovamente a lui, preparandosi a un sospiro di sollievo per la fine di quella che le era parsa una crisi.
Poi si rese conto che Gabriel non respirava, che i suoi occhi non la seguivano e il corpo di lui non reagiva al suo tocco.
Gabriel era morto.
Quando Anne aprì gli occhi, quella mattina, aveva il fiato corto, la pelle sudata e si era rizzata a sedere, mentre con gli occhi si guardava attorno, in cerca di Gabriel.
<< Tesoro, calmati, va tutto bene! >>
Rebecca l'accarezzava in fronte e cercava di rasserenarla, mentre Daphne la guardava con occhio pratico e aspettava che fosse lei a parlare.
<< Gabriel... io... lui... >>
<< Non è qui ma sta bene: è passato poco fa per salutarti prima di tornare nel suo dormitorio, ma... >>
Ma, evidentemente, le ragazze avevano pensato di lasciarla dormire o, magari, era stato lo stesso Gabriel a impedir loro di svegliarla, in fondo si sarebbero visti quella sera.
Anne, a quel punto, si rese conto dell'incubo appena vissuto e, dopo essersi resa conto che si era trattato solo di un sogno, si passò stancamente le mani sul viso, prima di rivolgere nuovamente lo sguardo alle due.
<< Nottataccia? >>
Domandò la bruna.
<< Non me ne parlare. >>
Anne si alzò a fatica dal letto e andò a farsi una doccia, per poi scendere insieme a Rebecca e Daphne per colazione, ben consapevole che non avrebbe trovato lì Gabriel.
Trascorse il resto del giorno con una strana sensazione addosso. Cercò di fare finta di niente, certo, ma il suo umore non lasciò indifferenti le due amiche che, tuttavia, diedero la colpa di quello strano comportamento all'avvenimento che le attendeva quella sera.
Le ore trascorsero lente e inesorabili ma, alla fine, Anne riuscì a non pensare più a quell'orribile sogno e si dedicò ai preparativi per la festa che avevano acceso nuovamente l'interesse e l'euforia di Rebecca.
<< Non posso credere che tu ci stia facendo saltare la cena solo per avere più tempo per prepararci. >>
Se c'era una cosa che Daphne non sopportava, era l'eccessiva cura nell'estetica che, invece, sembrava divertire moltissimo Rebecca.
<< Oh sta un po' zitta! Per te è facile parlare così, saresti uno schianto anche con un sacco della spazzatura come vestito! >>
Le parole di Rebecca vennero accompagnate da una linguaccia che questa indirizzò alla bruna, la quale, al complimento neppure troppo velato dell'amica, arrossì.
Anne si limitò a ridacchiare di fronte a quello scambio di battute, mentre con scarso interesse dava un'occhiata ai propri vestiti per la sera.
<< Ho sentito dire che ci saranno tutti i dodici vampiri alla festa. >>
Disse la rossa mentre, con entusiasmo, porgeva un abito corto e succinto a Daphne. La quale, prontamente, glielo ripose.
<< Beh, da quel che so Lucien ha un buon rapporto con tutti i vampiri del dormitorio, dunque non mi sorprende. >>
Rebecca annuì a quelle parole e, vedendo che per l'ennesima volta Daphne rifiutava il vestito che lei le aveva proposto, decise di dedicarsi a sé.
<< Non ho avuto molto a che fare con nessuno di loro, ma dalle cose che ho sentito dire in giro Lucien è parecchio ammirato anche tra gli umani. >>
Rebecca, a differenza delle due amiche, non aveva stretto alcun rapporto particolare con i vampiri, e questo la rendeva una pedina preziosa nel gioco di quella sera. Inoltre bisognava sempre tener presente che si trattava di una ragazzina piuttosto ingenua e straordinariamente bella, più di quanto lei stessa si rendesse conto.
<< Così pare. >>
Rispose distrattamente Daphne. 
E, a proposito di persone strane, la bruna in quei giorni era davvero distratta. Anne e Rebecca avevano evitato di farle troppe domande, sapendo quanto lei fosse estremamente riservata; eppure, dopo aver parlato con Gabriel, Anne non riusciva a fare a meno di chiedersi cosa ci fosse tra lei ed Elessar.
In ogni caso, a dieci minuti dalla mezzanotte le tre ragazze erano pronte per recarsi nella tana del lupo. Alla fine Rebecca aveva rinunciato ad avere un buon ascendente su Daphne e le aveva permesso di indossare un paio di jeans piuttosto aderenti e una maglia a maniche lunghe che le lasciava nuda una spalla, consolandosi invece con Anne che le aveva dato retta e aveva indossato un abito rosso molto semplice che arrivava appena al ginocchio.
Quando si trovarono di fronte alla porta del dormitorio dei vampiri, però, nessuna delle tre ebbe il coraggio di entrare, almeno in un primo momento; Anne, in effetti, sapeva fin troppo bene quello che sarebbe successo da lì a poco, ovvero che tutti i vampiri avrebbero percepito la loro presenza e l'entrata delle tre umane sarebbe parsa come l'evento della serata. Un evento piuttosto fortuito.
Quando la porta si aprì e dietro di essa apparve Gabriel con un sorriso smagliante, tuttavia, le preoccupazioni di Anne lasciarono largo a una serenità sconfinata che, contemporaneamente, scacciò l'apprensione che l'aveva tormentata durante tutta la giornata.
<< Finalmente! Ci stavamo chiedendo quando sareste arrivate. >>
Gabriel si fece da parte per farle entrare e, mentre Daphne e Rebecca si addentravano nel dormitorio - la prima con un'espressione buffa e curiosa a illuminarle il volto, la seconda con un broncio da fare invidia a Brontolo dei sette nani -, Gabriel afferrò Anne per un polso e la trattenne, per poi spingerla contro il muro dopo aver richiuso la porta.
La musica rendeva difficile condurre una conversazione, ma il chiacchiericcio, piuttosto acceso anche dopo l'arrivo delle ragazze, fece capire ad Anne che il gesto di Gabriel non aveva attirato troppo l'attenzione degli altri invitati.
<< Non è carino impedirmi di andare a fare gli auguri al festeggiato, lo sai? >>
Gli domandò passandogli, tuttavia, le braccia attorno al collo.
Lui sorrise e schioccò la lingua a quelle parole, stringendola a sé.
<< Credo che Lucien se ne farà una ragione e aspetterà. Devo vederti da più di ventiquattr'ore, l'astinenza potrebbe uccidermi. >>
Quelle parole, sussurrate al suo orecchio, la fecero rabbrividire. Gabriel identificò quella reazione con l'eccitazione e ridacchiò mentre le lasciava una scia di baci sul collo; Anne, d'altro canto, ricordò per un attimo l'incubo avuto quella notte e il terrore l'assalì nuovamente.
<< Vorrei poterti trascinare nella mia stanza e gustarmi ogni particolare di questo adorabile vestito ma, ahimè, credo che il festeggiato voglia salutarti. >>
Anne, che fu sul punto di parlargli di quel sogno, si interruppe e volse lo sguardo verso Lucien. Il vampiro dalle iridi di diamante la osservava divertito mentre, con un paio di flute in mano, le si avvicinava.
<< Annabelle, sono così contento che tu e le tue amiche siate riuscite a venire! Tieni, prendi questo e facciamo un brindisi! Oh, poi dovrai assolutamente presentarmi a Daphne e Rebecca, non ho ancora avuto il piacere di parlare con loro. >>
<< Certo, Lucien, sono certa che non vedono l'ora di conoscerti. E buon compleanno, naturalmente. >>
Anne prese il bicchiere offerto dal vampiro e rivolse un sorriso a Gabriel, deliziandosi dell'espressione affranta di quest'ultimo.
Tanti cari saluti all'intimità che aveva atteso per un'intera giornata.


Non doveva pensarci. Avrebbe trascorso la serata in compagnia di Rebecca, dato che Anne sembrava aver a che fare con il tenebroso vampiro che le aveva rapito anima e cuore.
Peccato che, a differenza di quanto potesse aver pensato, Rebecca non sembrava avere particolari problemi nel fare conversazione: un vampiro, dai capelli così chiari da apparire quasi argentati alla tenue illuminazione della stanza, le si era avvicinato offrendole dello champagne e rivolgendosi a lei in maniera educata. Daphne fece per avvicinarsi e assicurarsi che nessuno mettesse le mani addosso alla sua amica, quando una figura imponente che aveva imparato a conoscere fin troppo bene intercettò la sua visuale.
I lunghi e folti capelli ramati del vampiro dagli occhi color dell'ametista erano stati domati in una coda bassa, un paio di pantaloni neri ed eleganti e una camicia di lino bordeaux fasciavano il corpo statuario e perfetto di quella creatura che riempiva i pensieri della ragazza da giorni, ormai.
Ma non era lei l'oggetto del suo interesse, non fino a quando i suoi occhi non incontrarono quelli ambrati di Daphne.
La ragazza gli diede rapidamente le spalle e si avviò in direzione del bancone su cui erano poggiate le varie vivande. Non avrebbe mangiato nulla, ovviamente, ma bere qualcosa non le sembrava una cattiva idea, purché non vi fosse traccia di DNA.
<< Se mio fratello ti vedesse senza qualcosa da bere si offenderebbe a morte, sai? >>
La voce bassa e annoiata del vampiro dai lunghi capelli corvini la fece sobbalzare e la spinse ad allontanarsi da lui di un paio di passi.
<< Stai tranquilla, non mordo... non ora, per lo meno. >>
Excess, il fratello di Lucien, si ergeva di fronte a lei, poggiando il bacino contro il tavolo e prendendo un sorso di una bevanda scarlatta. Santo cielo, quello era sangue? Di fronte a un'umana?
Daphne riuscì a fatica a trattenere un'espressione disgustata mentre il vampiro non poté fare a meno di ridere.
<< Non fare quella faccia. Ti assicuro che non c'è neppure una goccia di sangue in tutto ciò che vedi. In genere, preferiamo correggere le bevande con dello scotch. >>
Ah beh, quella sì che era una rivelazione.
Daphne portò le braccia a incrociarsi al petto e inarcò un sopracciglio, segni evidenti del fatto che non fosse esattamente predisposta a parlare con quell'individuo, tanto meno a scambiare qualche simpatico aneddoto sul suo modo di nutrirsi e abbeverarsi.
<< Credo che passerò, per questa sera. >>
Il vampiro, per tutta risposta, si strinse tra le spalle e prese un altro sorso dalla propria bevanda, per poi tornare con lo sguardo su di lei e lasciare che le proprie labbra si aprissero in un ghigno divertito.
<< Sei un tipetto interessante, te lo concedo. Vedo ciò che ha scaturito l'interesse in lui ma proprio non comprendo il motivo per cui debba lagnarsi tanto per quella che, alla fine dei conti, rimane una semplice umana. Senza offesa. >>
Si affrettò ad aggiungere Excess, come se quella fosse stata tutt'altro che una trascurabile dimenticanza. Daphne, per tutta risposta, gli scoccò un'occhiataccia e represse l'impulso che la spingeva a voler sapere qualche dettaglio in più su quel "lui".
<< Eviterò di dirti quello che penso di te e della tua razza, poiché alla fine del mio sproloquio sarebbe perfettamente inutile e insensato aggiungere "senza offesa". >>
A quelle parole, lo sguardo di Excess si accese di un'irritazione palpabile e Daphne, in un primo momento, ne fu spaventata. Poi, invece, si sentì solo fiera di se stessa per aver messo a tacere un vampiro dalle nobili origini.
<< Sarà anche semplice, ma l'umana sa il fatto suo, Excess, questo devi ammetterlo. >>
L'attenzione di Daphne venne attirata da una vampira dalla pelle ambrata, lunghi capelli neri e occhi dalle iridi color dell'oro. Quella combinazione così esotica fece rimanere la ragazza in completo silenzio, rapita dalla bellezza della nuova arrivata che, con passo sicuro e seducente, si avvicinava a lei e all'altro vampiro.
Daphne aveva sentito parlare della bellezza eterea di quella razza e nell'istituto aveva avuto molte occasioni di studiare gli esemplari maschili e femminili della specie ma, per quanta attenzione avesse posto ai primi, doveva ammettere di non averne dedicata altrettanta ai secondi.
<< Non badare alla maleducazione del mio amico, te ne prego. Excess ha qualche difficoltà nel relazionarsi con gli esseri umani. >>
La vampira sorrise e Daphne rabbrividì nel vedere quei candidi canini brillare sulla pelle scura della sua interlocutrice.
<< Mi chiamo Zafira. Sono molto felice di fare la tua conoscenza. >>
E, così dicendo, le porse la mano. 
Daphne fu sul punto di ricambiare la stretta. C'era qualcosa di carismatico in quella vampira, qualcosa che la spingeva a credere di poterla conoscere, che non sarebbe stato poi tanto male e, quando fu sul punto di convincersene, una voce la riportò nel mondo reale, facendole riacquistare la lucidità necessaria per trattenere la propria mano.
<< Daphne? >>
La ragazza lanciò un'occhiata a Elessar che, a un paio di metri da lei, si ergeva alle spalle di Zafira. Quest'ultima puntò gli occhi al cielo e scosse lievemente la testa, mentre si rivolgeva al vampiro dai capelli rossi senza voltarsi a guardarlo.
<< E' proprio vero quello che si dice in giro, eh, Elessar? Nessuno vuole farle del male, rilassati bellezza. >>
Excess si allontanò senza dire un'altra parola e Zafira si accostò al tavolo lanciando uno sguardo divertito a Daphne, per poi farle cenno di andare da Elessar.
Fu sul punto di accontentarla quando, nel momento esatto in cui Elessar fu distratto da qualcuno, Zafira perse l'equilibrio e si resse con forza al tavolo, facendo cadere un paio di bicchieri. Daphne si rese conto che a causa della musica e della confusione nessuno badò a lei e, per quanto potesse non provare alcuna compassione per i vampiri, non se la sentì di ignorare il malore della mora.
Le si avvicinò e l'afferrò per la vita, cercando di aiutarla a rialzarsi. E poi trattenne un'imprecazione, affievolendo per un attimo la presa sulla compagna: le palpebre di Zafira erano chiuse, in un primo momento, ma era chiaro che i suoi occhi si muovessero a velocità notevole al di sotto di esse, mentre la ragazza dava voce a una litania in una lingua sconosciuta a Daphne. Poi, all'improvviso, gli occhi di Zafira si spalancarono e la vampira prese a respirare col fiatone.
<< Ti senti bene? >>
Ci volle qualche attimo prima che Daphne riuscisse a dar voce a quella domanda, ancora incapace di comprendere cosa fosse appena accaduto alla vampira. Che soffrisse di qualche malanno?
La ragazza si guardò attorno e si accorse che nessuno aveva notato quello che era successo, nessuno, tranne Devon. Il vampiro osservava Zafira con sguardo misto di apprensione e terrore, non degnando lei neppure di uno sguardo.
All'improvviso Zafira afferrò il polso di Daphne e la attirò a sé senza alcuna delicatezza.
<< Tienila lontana da lui. Deve stare lontana da Gabriel, hai capito? >>
La fronte della vampira era imperlata di sudore; gli occhi, febbricitanti, la imploravano di dare ascolto alle sue parole. Daphne non seppe cosa dire e fu esonerata dal rispondere quando una mano si posò su quella di Zafira e la allontanò dal braccio della ragazza.
<< Levale le mani di dosso. >>
La voce di Elessar fu come un balsamo per Daphne, peccato che non si potesse dire la stessa cosa di Zafira; la vampira, in effetti, lanciò uno sguardo irritato al compagno, prima di guardare un'ultima volta Daphne e sussurrarle poche parole mentre si allontanava da loro.
<< Non dimenticare: tienila alla larga da lui... o morirà. >>
A quelle parole Daphne sgranò gli occhi e un brivido di terrore la percorse lungo la schiena.
<< Va tutto bene? >>
La premura di Elessar la strappò da quei pessimi pensieri e la sua attenzione venne rivolta interamente al vampiro che, con dolcezza, la fece incamminare verso il camino, unico angolo della stanza in cui avrebbero potuto avere un po' di privacy.
<< Sì... sì, tutto ok. >>
Daphne si passò ripetutamente le mani sulle braccia, cercando di non pensare alle parole di Zafira. Tuttavia, il suo proposito era alquanto difficile da portare avanti fino in fondo.
Lo sguardo della ragazza venne attirato immediatamente da Gabriel ed Anne che, poco lontano da lei, scambiavano quattro chiacchiere con Lucien.
Erano così felici, seppur tentassero di non darlo pienamente a vedere. Ma Daphne aveva imparato a conoscere l'amica e non le fu difficile notare come le mani di entrambi svanivano dietro la schiena di lei, probabilmente intrappolate l'una nell'altra.
"Tienila alla larga da lui... o morirà."
Daphne era sempre stata una ragazza razionale, per lei la scienza spiegava i fenomeni che avvenivano nel mondo, non credeva nei miracoli o nella religione, le bastava solo la matematica certezza che le cose avvenivano non per un disegno divino, quanto per futili coincidenze o accurate programmazioni. E quella che le era parsa come una predizione futuristica doveva essere, invece, un'inutile minaccia.
Ma perché mai i vampiri avrebbero dovuto far del male ad Anne? Sarebbe stato Gabriel a ferirla o, più probabilmente, la combriccola di succhia sangue che non vedeva di buon occhio la sua relazione con un'umana?
Decise di parlare con Anne non appena la festa fosse finita e a farla giungere a quella conclusione fu Elessar che, sfiorandole delicatamente una guancia, attirò nuovamente la sua attenzione.
Per risposta a quel dolcissimo gesto, però, Daphne arretrò di un passo, scostandosi dalla mano di lui; Elessar, d'altro canto, abbassò la mano, mentre un lampo di tristezza gli attraversava lo sguardo.
Tentò di sorridere, nonostante tutto.
<< Qualunque cosa ti abbiano detto quei due, non badarci. A Zafira piace spaventare la gente ed Excess... beh, lui ama mettere in soggezione chi gli sta intorno, vampiri o umani che siano. >>
Lei si ritrovò ad annuire, ancora scossa da quanto era appena accaduto, ma tentò di non darlo a vedere.
<< E' molto bella. >>
Disse invece, indicando con un cenno del capo Zafira che, in quel momento, si recava verso i dormitori accompagnata da Devon.
Elessar, tuttavia, non distolse mai lo sguardo da lei, osservandola con attenzione.
<< Lo sei anche tu. >>
Quelle quattro parole le mandarono il cuore in gola, i battiti accelerarono e le guance si tinsero di rosso. Abbassò il viso e lasciò che le ciocche di capelli le nascondessero in parte le gote arrossate, mentre tentava di minimizzare il complimento del vampiro.
<< Non direi. Rebecca ha tentato di convincermi a indossare qualcosa di più adatto di questo ma... >>
Indico rapidamente il proprio abbigliamento e sollevò nuovamente lo sguardo alla ricerca dell'amica, senza mai incontrare gli occhi di Elessar, il quale, nel frattempo, approfittò dell'occasione e le sollevò il mento con la mano, avvicinandosi a lei.
<< Oh, la mia bellissima Daphne. Credi davvero che non indossare un abito da sera possa sminuirti? >>
Ancora una volta Daphne si sentì venir meno ma, a differenza di poco prima, tentò di non reagire alle parole del vampiro, mentre questo si dilettava in una risata bassa e breve.
<< Tu non hai idea dell'effetto che fai a chi ti osserva, vero? Delle reazioni che scaturisci in chi ti sta attorno... in me. >>
A quel punto avrebbe tanto voluto che lui si avvicinasse, che ricoprisse la distanza fra le loro labbra e le permettesse di saggiare per la prima volta quella morbidezza e quel candore che sognava ogni notte. Il suo sguardo vagò dagli occhi di Elessar fino alla sua bocca e viceversa e si rese conto di quanto quel desiderio fosse condiviso dal vampiro in egual maniera.
Poi si allontanò, scostando la sua mano e dandogli le spalle.
<< Basta. >>
Basta. Cosa, esattamente?
<< Daphne, io... >>
<< Non ha alcun senso, lo capisci? >>
Si era voltata nuovamente verso di lui e, con gesto calcolato, si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<< Non possiamo andare avanti così. Avevi deciso di lasciarmi in pace, ricordi? Quando ieri sono venuta da te, in infermeria, tu hai ribadito il concetto: devo assecondare le tue scelte come tu assecondi le mie? Perfetto, facciamolo! Smettiamola con questo tira e molla perché, francamente, sto iniziando a stancarmi. >>
Nonostante la frustrazione che si era impossessata di lei, Daphne riuscì a sussurrare quelle parole in modo che solo lui le sentisse, evitando di attirare l'attenzione degli altri.
Elessar, d'altro canto, sembrava non vedere altri che lei. Per lui non esisteva nessun altro in quella stanza.
<< E se la mia scelta fosse un'altra? Se avessi cambiato idea, mi asseconderesti ancora? >>
Si avvicinò nuovamente, costringendola ad arretrare.
<< Non ha senso. Tutto questo non ha senso, Elessar, e io... Dannazione, ieri... >>
<< Mi dispiace per ieri, credimi, non avrei dovuto trattarti in quel modo, dirti quelle cose, ma... >>
A quel punto, Daphne si ritrovò con le spalle al muro, costretta tra la parete e il corpo possente del vampiro che continuava a guardarla come se fosse la sua unica ragione di vita. Come se si nutrisse della sua sola esistenza.
E d'un tratto l'attrazione per lui che aveva tentato invano di nascondere negli ultimi giorni esplose insieme alla rabbia che l'attanagliava dalla sera precedente.
<< Hai idea di quanto fossi preoccupata? Quando Devon mi ha detto che eri in infermeria sono corsa da te, incurante di quello che potessero pensare vampiri e umani e tu, tu cos'hai fatto? Mi hai mandato via senza curarti di quanto... >>
<< Non volevo che mi vedessi in quello stato! Non volevo che sapessi di... >>
Si interruppe e, per la prima volta in quel frangente, abbassò lo sguardo.
Daphne si sentì la gola secca e per un momento fu sul punto di spingerlo a parlare, a continuare. Cosa non voleva che lei scoprisse? Di cosa poteva mai trattarsi? Lo aveva spinto ad allontanarla da sé ma non per questo si doveva trattare di qualcosa di grave, no?
Mentre quelle domande si ripercuotevano senza sosta in lei, Elessar sollevò lo sguardo e lo inchiodò nuovamente al suo, leccandosi il labbro inferiore prima di riprendere a parlare.
Quel particolare attirò l'attenzione di Daphne e il suo sguardo sulle labbra di lui.
<< Dammi una possibilità. Ti spiegherò tutto di ieri a patto che tu mi permetta di dimostrarti che possiamo valere la pena di questo tormento. >>
E a quel punto avrebbe voluto dirgli che non ci sarebbe stato mai niente tra loro, che non avrebbe mai potuto dimenticare quello che un vampiro aveva fatto a suo padre, ciò che aveva sempre creduto e ritenuto vero sulla sua razza, l'odio che aveva segretamente nutrito nei confronti dei suoi simili e, in un primo momento, anche verso di lui. Avrebbe voluto dirgli che l'idea di condividere qualcosa, qualsiasi cosa con uno di loro le avrebbe dato il voltastomaco, che non aveva mai avuto bisogno di legarsi a un uomo per essere felice e non lo avrebbe fatto, a maggior ragione con un vampiro, e avrebbe voluto dirgli tante altre cose che non avrebbero fatto altro che rafforzare quella convinzione che le diceva fin dall'inizio che non sarebbe mai potuta stare con lui.
E alla fine rispose.
<< Questo fine settimana, in paese. >>
Ed Elessar, inizialmente sconvolto dal fatto che lei avesse accettato le sue condizioni, schiuse le labbra in un sorriso, bene attento a non mettere in mostra i canini.
Daphne ricambiò quell'espressione, sussultando appena quando la mano di lui andò a intrecciarsi con quella di lei, nell'angolo della stanza in cui nessuno li avrebbe visti... nessuno tranne Anne che, ricambiando lo sguardo di Daphne, le fece l'occhiolino.
E poi accadde l'inevitabile. Un coro di esclamazioni si sollevò dal gruppetto di vampiri formatosi attorno a due di loro che, incuranti degli spettatori, si baciavano nel bel mezzo della festa.
E Daphne avrebbe perfino sorriso e scosso la testa di fronte a quella scena, se il ragazzo della coppia non avesse avuto capelli corvini e occhi del colore dell'ossidiana che, fino a un attimo prima, guardavano Anne colmi d'amore. Peccato che la ragazza che Gabriel stava baciando di fronte a tutti avesse lunghi capelli rossi e, una volta staccatasi dalle labbra del vampiro, avesse rivolto ad Anne un sorriso di soddisfazione.

Se qualcuno gli avesse detto qualche settimana prima che sarebbe rimasto interdetto di fronte a una vampira sexy che gli si buttava tra le braccia, non ci avrebbe creduto; se poi a questo avesse aggiunto anche il fatto che l'avrebbe allontanata senza pensarci due volte, rimanendo disgustato dalla performance, sarebbe stato in grado di far internare il povero mal capitato.
Ma quando Brittany si avvicinò a lui e ad Anne con sorriso sornione e lo baciò di fronte all'umana, il vampiro dovette irrimediabilmente ricredersi.
Quando Anne era arrivata nel suo dormitorio, uno sorriso spontaneo gli aveva illuminato il volto e una dolce prospettiva di rintanarsi con lei nella propria stanza, lontano da occhi indiscreti, gli diceva che sarebbe valsa la pena di dividerla con qualcuno per pochi minuti, prima di portarla via. Ma, naturalmente, l'uragano dai lunghi capelli rossi gli aveva inevitabilmente fatto saltare i piani.
La cosa più buffa? Non erano i piani rovinati a preoccuparlo, quanto la reazione di Anne una volta resasi conto di quel che stava succedendo di fronte ai suoi occhi.
Quando Brittany, senza dire una parola, afferrò Gabriel per il colletto della camicia nera e lo attirò a sé, intrappolando le sue labbra con le proprie per un bacio frettoloso e mozzafiato - non di certo per lui -, il vampiro rimase nell'immobilità più totale. Prima di scacciarla via in malo modo e ripulirsi le labbra con il dorso della mano, un'espressione di puro disgusto misto a odio rivolta alla vampira.
Poi, si voltò verso Anne.
Lei se ne stava lì, immobile, occhi sgranati e labbra serrate in una linea sottile. Non c'era traccia di comprensione nel suo sguardo e le mani chiuse a pugno lasciavano intuire quanto poco fosse incline a ottenere spiegazioni.
Gabriel, d'altro canto, sembrò non farci caso; la afferrò per un polso e la trascinò verso la propria stanza, nel silenzio generale calato all'improvviso nella saletta. O, almeno, quello fu il suo tentativo.
<< Non osare toccarmi. >>
Quelle tre parole appena sussurrate e la resistenza perfettamente inutile della ragazza fecero immediatamente bloccare Gabriel che, ancora una volta, si voltava a guardarla esterrefatto. Non poteva crederci.
<< Come hai detto? >>
Anne gli rivolgeva uno sguardo accusatore, nessun cenno di cedimento. Poi, con un gesto secco, sottrasse la mano dalla presa del vampiro.
<< Oh, per favore. >>
Disse lui, esasperato.
<< Vai al diavolo. >>
La ragazza fece per voltarsi ma Gabriel perse la pazienza. 
<< Eh no, tu non vai da nessuna parte. >>
Si lanciò su Anne e se la caricò in spalla, dirigendosi verso la propria camera incurante delle grida di lei e dei suoi colpi. Strano, e dire che aveva immaginato modi più eccitanti per permetterle di graffiargli la schiena.
Quando finalmente entrò nella propria camera e si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò al letto e fece cadere sul materasso - con poca delicatezza - la ragazza.
<< Vuoi darti una calmata? Rischi di svegliare i... >>
<< Cosa diavolo credi di fare?! Pensi che trascinarmi qui sia un buon modo per farmi dimenticare quello che è appena successo? >>
Era furiosa. Gabriel non poté fare a meno di piegare l'angolo destro della bocca verso l'alto, trovandola incredibilmente bella con gli occhi accesi d'ira e le gote arrossate, così viva, come lui non si era sentito per un'infinità di tempo, prima di incontrare lei.
<< Stai... stai sorridendo. Stai sorridendo?! >>
Lui si strinse tra le spalle.
<< Beh, cos'altro dovrei fare? E' una situazione così... >>
<< Tu hai baciato un'altra! Davanti a me! >>
<< Il problema, dunque, è che l'abbia baciata o che lo abbia fatto davanti a te? Perché la prossima volta potrei farlo di nascosto. >>
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Anne si incamminò verso la porta e fece per abbassare la maniglia, quando la mano di Gabriel la afferrò per il braccio e la spinse contro il muro. Ancora una volta, il suo gesto fu privo di delicatezza.
<< Vuoi starmi a sentire, per favore? >>
Si dimenava. Si contorceva così tanto che Gabriel fu costretto a fermarle entrambi i polsi con una mano, sopra la testa, mentre con le proprie gambe teneva ferme le sue. 
<< Sei uno stronzo! Non avrei dovuto fidarmi di te, non avrei dovuto neppure darti la possibilità di... >>
<< Ma di che diavolo stai parlando? Tu c'eri, hai visto che è stata lei a lanciarsi su di me! Che altro potevo fare se non scacciarla via appena... e smettila di muoverti! >>
Vista dall'esterno, quella situazione poteva risultare quasi comica: quei due non facevano che agitarsi l'uno contro l'altra, impegnati tuttavia in una discussione senza fine.
<< E' stata lei a baciare me! Perché ti è tanto difficile crederlo? >>
La voce di Gabriel salì di qualche tono per sovrastare quella di lei, ancora impegnata a urlargli contro quanto fosse stato stupido pensare di poter stare insieme o fidarsi di lui.
<< Perché non cambierai mai! Per quanto ancora pensi di prenderti gioco di me? Diamoci un taglio, Gabriel, non ho intenzione di farmi umiliare da te. >>
E quello fu, invece, il punto di non ritorno per il vampiro.
Gabriel sgranò gli occhi e ricacciò indietro tutto quello che avrebbe voluto dirle. Le rassicurazioni non erano mai state il suo forte, lui, che non aveva mai tenuto a nessuna ragazza, che ne aveva avute molte ma con nessuna aveva provato ad avere quello che stava offrendo ad Anne. E lei, invece, non riusciva a capirlo.
Sì, aveva fatto molti errori in passato, eppure per una volta aveva provato a cambiare. E non era servito.
Quelle parole lo ferirono, ma il suo orgoglio gli impedì di darlo a vedere.
Lasciò la presa su di lei e alzò le mani in segno di resa.
<< Fa' quello che vuoi, vattene. Sei solo una ragazzina. >>
Avrebbe dovuto capire il suo punto di vista, rendersi conto di quanto l'avesse ferita vederlo baciare un'altra di fronte a lei, per quanto non fosse stata colpa sua. Come avrebbe reagito lui se si fosse trovato nella sua situazione? Non riusciva neppure a pensare lucidamente alla possibilità che qualcun altro mettesse le mani su di lei.
<< E tu sei un idiota! Non riconosceresti una cosa per cui vale la pena lottare neppure se ti finisse dritta tra le mani e... >>
<< Pensi che non ci abbia provato? Credi davvero che non volessi fare sul serio con te?! >>
Anne aprì la bocca per replicare ma lui non glielo permise, rimanendo a poco meno di un metro da lei e continuando a sbraitarle contro.
<< Non posso controllare le altre persone! Non potevo prevedere quello che Brittany avesse intenzione di fare! >>
<< Brittany, certo. Dunque è un caso se proprio lei si sia gettata tra le tue braccia con tanta naturalezza. >>
A quel punto Gabriel soffocò un ringhio di esasperazione, prima di voltarsi e iniziare a camminare per la stanza, nel vano tentativo di calmarsi.
<< Ti ho già detto che tra noi non c'è nulla! Sì, ci siamo divertiti insieme ma questo risale a prima che arrivassi tu. >>
Beh, non proprio prima che arrivasse Anne, ma di certo prima che lui capisse quanto fosse attratto da lei.
La ragazza, d'altro canto, incrociò le braccia al petto e inarco un sopracciglio.
Dio, la trovava eccitante persino in circostanze del genere. Doveva farsi curare.
<< Oh beh, adesso sì che sono tranquilla. >>
<< Cosa vuoi che faccia? >>
A quel punto, l'orgoglio era una componente che poteva mettere da parte. Per il momento.
<< Nulla. Ma credo sia il caso di tornare nel mio dormitorio, prima che Aaron venga a riprendermi. >>
Gabriel non seppe mai se nominare quel tizio fu un modo, da parte di Anne, per scatenare le sue ire o, più probabilmente, un'azione assolutamente casuale, tuttavia sentì la rabbia montargli dentro.
<< Cosa diavolo c'entra lui adesso? >>
Domandò stringendo i pugni e assottigliando lo sguardo.
Anne, d'altro canto, lo osservò smarrita.
<< Che intendi dire? >>
Ed ecco la domanda che aspettava.
<< Sai, fai tante storie per Brittany quando anche tu non sei poi così innocenti come dici di essere. >>
Accusarla di frequentare il tutor degli umani? Come farsi perdonare da una donna, volume primo.
Anne era sconvolta e indignata.
<< Ma come osi? Non c'è mai stato niente tra me e Aaron! >>
Lo sapeva.
<< E come faccio ad esserne certo? Per quanto ne so potresti avere una relazione con lui da quando è iniziato l'anno scolastico. >>
Anne rimase a bocca aperta a quelle parole, prima di riprendere il controllo di sé e avviarsi verso la porta.
<< Sei ridicolo. >>
Era vero. E la cosa lo fece infuriare maggiormente, tanto da spingerlo a richiudere con un tonfo la porta che Anne era riuscita ad aprire, togliendo alla ragazza la possibilità di andarsene. 
A quel punto iniziarono una sequela di domande da parte della ragazza.
<< Si può sapere qual è il tuo problema? >>
Non poteva dirglielo. Non riusciva ad ammetterlo neppure a se stesso.
<< Prima mi chiedi di venire a questa festa, poi sembri entusiasta di vedermi... >>
Era troppo presto. Lo avrebbe preso per matto.
<< ... Baci un'altra e mi rinchiudi qui dentro accusandomi di stare con Aaron? >>
"Non dirlo, non farlo..."
<< Ti sei completamente ammattito! Perché ti comporti... >>
<< Perché ti amo, maledizione! >>
Quelle parole gli uscirono dalle labbra con un tale impeto e una furia che le urlò come se volesse che tutti, all'interno di quell'istituto e anche oltre, le sentissero. Anne era sua, sua e di nessun altro e per nessun motivo avrebbe lasciato che Brittany o altri si mettessero tra loro.
E alla fine glielo aveva detto. Alla fine le aveva confessato che, nel giro di qualche settimana, si era innamorato di lei. Inesorabilmente, senza via d'uscita alcuna.
E lei rimase immobile, occhi sgranati e bocca socchiusa, come sul punto di voler dire qualcosa che, al momento, faticava a ricordare. O, forse, neppure ci stava provando.
Rimasero così, a guardarsi per minuti interminabili, mentre Gabriel - col fiato corto e un imbarazzo crescente - non sapeva esattamente cos'altro dire.
<< Le altre non significano niente, per me ci sei solo tu. >>
Iniziò, ma poi capì che non c'era alcun bisogno di parlare, perché gli occhi di Anne si illuminarono e lei si lanciò tra le sue braccia, baciandolo con passione e dolcezza, impedendogli di non ricambiare quella stretta.
E fu così che lei finì contro la parete alle sue spalle. Fu così che Gabriel spinse il proprio corpo contro quello di lei, imprimendolo su quella pelle morbida che si adattava perfettamente alla sua. Fu così che la sua mano, bramosa, andò a cercare la pelle della gamba di lei, trovando l'orlo del vestito e sollevandolo sempre più su, fino alla vita, portandosi il ginocchio della ragazza sul fianco.
Fu così che, baciandole il collo e sussurrandole che l'amava, Gabriel la sentì sbottonargli la camicia e, proprio quando fu certo di poter stare con lei nel modo più intimo e completo che credeva esistesse...
<< Gabriel! >>
La porta si spalancò con forza e Gabriel fu scaraventato dall'altra parte della stanza. Anne si ritrovò a osservare sconvolta un uomo dall'espressione furiosa che, molto probabilmente, stava soppesando l'idea di colpire nuovamente il vampiro: Aaron. 


Chi lo avrebbe mai detto? Lei, un'anonima ragazzina di un istituto per umani e vampiri che si insinuava a una festa organizzata da questi ultimi e - rullo di tamburi - si divertiva!
Non che avesse attirato l'attenzione dell'intera stanza iniziando a ballare nuda e ubriaca sul tavolo - no, il solo pensiero la faceva arrossire in misura sconsiderata - ma il fatto di scambiare quattro chiacchiere con esseri con cui non aveva mai avuto a che fare la aiutava a trascorrere piacevolmente quelle ore.
Da quando aveva messo piede nel dormitorio dei vampiri, la ragazza sapeva che avrebbe dovuto cavarsela da sola: Anne aveva a che fare con Gabriel, e Daphne... beh, in verità non credeva che la bruna si sarebbe volentieri appartata con qualcuno ma, dopo aver visto il bel vampiro che non faceva altro che tenerla d'occhio dall'inizio della festa, chi era Rebecca per guastarle il divertimento?
Poi, naturalmente, c'era stato il fattore X della serata, quello che aveva scombussolato gli animi e dato alla gente qualcosa di cui parlare: la vampira dai lunghi capelli rossi - così simili ai suoi, per altro, solo molto più setosi e lucenti - si era letteralmente lanciata tra le braccia di Gabriel e, naturalmente, Anne non l'aveva presa nel migliore dei modi. A dire il vero, lei stessa si sarebbe lanciata alla carica per portar via l'amica e impedirle di assistere a una tale disgustosa e vergognosa scena, ma, a dirla tutta, Gabriel le stava simpatico e, quando lo vide trascinare di peso Anne fino a quella che, presumibilmente, doveva essere la sua stanza, la ragazza sorrise e scosse la testa. Era certa che quei due avrebbero chiarito in pochi minuti.
Nel frattempo, con sua grande sorpresa, un vampiro di nome Julian le si era avvicinato e si era dimostrato particolarmente gentile nei suoi confronti; lei, d'altro canto, arrossì non appena lui le mostrò un minimo di attenzione e rimase incantata dal suo atteggiamento da uomo di altri tempi e, ancor di più, dagli occhi di colore diverso.
Fu quando decise di tornare nel proprio dormitorio, subito dopo l'evento che aveva attirato l'attenzione su Gabriel e Anne, che ne combinò una delle sue. Oh, sì, la piccola Rebecca era deliziosa a prima vista ma, a uno sguardo un po' più attento e prolungato, non era difficile individuare il suo punto debole: la goffaggine.
Per questo motivo non poté fare a meno di sbiancare e balbettare qualche scusa strascicata quando, diretta verso la porta del dormitorio e con lo sguardo per aria, si scontrò con qualcosa di alto e massiccio, versando su di esso l'intero contenuto del proprio bicchiere. Quel "qualcosa" era, invero, il corpo perfetto e statuario della creatura più bella su cui Rebecca avesse mai posato gli occhi.
<< Ma si può sapere dove diavolo guardi mentre cammini? >>
E, a quanto pareva, era anche estremamente arrabbiato.
Rebecca, con aria afflitta, raccolse un tovagliolo dal tavolo vicino e tentò di tamponare la macchia scarlatta della bevanda sulla camicia azzurra del giovane vampiro, evitando di guardarlo negli occhi per non arrossire. O, meglio, per non diventare più rossa di quanto già non fosse.
<< Mi dispiace, mi dispiace moltissimo, credimi, ero sovrappensiero. >>
Era sicuramente più facile che dirgli la verità, ovvero che era solo estremamente sbadata.
<< Lascia stare, rischi solo di peggiorare la situazione. >>
E, di certo, quel vampiro non aiutava a migliorarla, la situazione.
Strappò di mano a Rebecca il fazzoletto e tentò di rimediare alla macchia, per quanto potesse, borbottando tra sé qualcosa sugli umani che la ragazza non poté sentire. Qualunque cosa fosse, non doveva certo trattarsi di complimenti.
Rebecca approfittò di quel momento per concentrarsi sul viso del ragazzo e osservarlo fin nei minimi particolari; sapeva di chi si trattava, in fondo Excess e suo fratello erano i vampiri più belli dell'istituto e, francamente, due dei vampiri più affascinanti che Rebecca avesse mai visto. Tuttavia, non le era mai stata data l'opportunità di osservarlo così da vicino e studiarne i particolari: la pelle scura si intonava alla perfezione con i capelli corvini che, lisci e senza costrizione alcuna, gli ricadevano sulla spalle larghe, fino ad arrivare ai fianchi; gli occhi, dal poco che poté vedere, erano blu e screziati appena di viola e le ricordarono il cielo in tempesta; i lineamenti del viso, taglienti, si adattavano alla perfezione al corpo snello e slanciato del giovane, lasciando Rebecca senza parole.
Lei, d'altro canto, era l'opposto del giovane: la pelle chiara, quasi diafana, era tipica delle donne dai capelli ramati, seppur i suoi, lunghi e ondulati, fossero di un rosso più acceso della norma; gli occhi, infine, erano di un verde smeraldo che molti le invidiavano, nonostante lei non riuscisse a capirne il motivo. Ma la particolarità che nessuno notava e che lei, invece, sembrava finalmente apprezzare del suo aspetto, era il piccolo neo sopra il labbro superiore che le conferiva una particolarità tutta sua. Quanto al fisico, beh, Rebecca sapeva di non essere né formosa né alta ma, fortunatamente, piuttosto proporzionata.
Quando Excess alzò lo sguardo, però, tutti quei pensieri svanirono velocemente così come erano arrivati e la ragazza si ritrovò a perdersi in quelle pozze di tormento in cui, sfortunatamente, non era mai annegata.
Excess che, fino a pochi attimi prima, aveva avuto da ridire sulla sua sbadataggine, lasciò la frase in sospeso per un momento, con le labbra socchiuse e lo sguardo perso in quello di lei, prima di riassumere un'espressione irritata e riprendere a parlare.
<< Ehi, mi stai ascoltando? >>
Domandò sprezzante mentre la ragazza, evidentemente distratta da altro, si torceva le mani in grembo.
<< No, scusami ero... >>
<< Distratta, già. Ti capita spesso a quanto pare. >>
Il vampiro non impiegò molto tempo prima di capire che Rebecca non era il tipo di ragazza in grado di rispondere a tono. Non era aggressiva come Daphne né sicura di sé come Anne e questo, purtroppo, la penalizzava di fronte a individui come Excess. Quest'ultimo, d'altro canto, sembrava divertirsi parecchio e Rebecca ebbe l'impressione che la macchia sulla camicia non sarebbe stato un così grande dilemma se non gli fosse piaciuto tormentare lei.
<< Ti chiedo nuovamente scusa, ma a meno che tu non voglia una camicia nuova non so come ripagarti. >>
Disse il tutto d'un fiato e abbassando lo sguardo, fisso ora sulle mani che si contorcevano tra loro. Sentì il vampiro ridacchiare e osò alzare per un momento gli occhi nuovamente su di lui.
<< Ho così tante camicie che potrei indossarne una diversa per ogni giorno dell'anno, non me ne serve certo un'altra. >>
A quel punto Rebecca fu tentata di lasciarsi sfuggire un respiro di sollievo, ma Excess si avvicinò a lei, facendola indietreggiare fino a scontrarsi col tavolo e ponendosi di fronte a lei. Le sue mani - dalle dita lunghe e affusolate, notò Rebecca - si posarono sul tavolo, ai lati dei fianchi della ragazza che, a una così ravvicinata distanza con il vampiro, deglutì.
<< Tuttavia, hai ragione, dovrai ripagarmi in qualche modo. >> il suo sguardo vagò, curioso e a tratti derisorio, sul volto della giovane, soffermandosi infine sulle sue labbra; la bocca di Excess si piegò in un ghigno divertito, mentre il labbro superiore lasciava intravedere i canini appuntiti che procurarono un fremito in Rebecca.
<< Potresti essermi utile, in fondo. Come ti chiami? >>
La mano destra del vampiro si staccò dal tavolo e afferrò una ciocca di capelli della ragazza che, incomprensibilmente, avevano attirato anche il suo sguardo. Lui rimase a contemplarli per qualche attimo quando, senza una motivazione, riportò lo sguardo sul viso di lei e avvicinò a questo la mano, lentamente, fin quasi a sfiorarlo.
L'arrivo di Aaron nel dormitorio fece sussultare Rebecca mentre il vampiro si allontanava da lei con calma e lanciava al tutor degli umani uno sguardo annoiato.
A quel punto si creò un'immensa confusione nella stanza e Daphne si frappose tra Rebecca ed Excess.
<< Che succede? Cosa diavolo ci fa qui Aaron? >>
A quanto aveva detto Gabriel a Anne il giorno prima, nessuna delle tre umane avrebbe avuto problemi nel recarsi alla festa dei vampiri, poiché Lucien si era recato personalmente dal signor Joskow per avere il permesso di ospitarle. Dunque perché Aaron era entrato come una furia e si era precipitato nella stanza in cui erano spariti Gabriel e Anne?
All'improvviso un'idea terribilmente imbarazzante sorse nella mente di Rebecca che, soffocando un gridolino, si voltò verso Daphne, ritrovando nello sguardo dell'amica lo stesso dubbio. 
Non rimase loro che sperare che quei due non si fossero abbandonati alla... passione del momento?
Pochi attimi dopo, Anne fu trascinata fuori dal dormitorio da Aaron che, con un solo sguardo di fuoco, fece intuire a Rebecca e Daphne che fosse ora di andare. Le due non esitarono e si precipitarono verso l'ingresso. Nel mentre, il vampiro con i lunghi capelli rossi si era avvicinato a Daphne per sussurrarle qualcosa all'orecchio, ma Rebecca non vi fece molto caso, poiché il suo sguardo venne attirato da Excess; il vampiro la osservava da un punto della stanza, immerso nella penombra, con un angolo della bocca piegato verso l'alto e le dita della mano destra a sostenere il mento appuntito. I suoi occhi la studiavano famelici e in essi Rebecca, con un brivido, riconobbe una scintilla pericolosa che, tuttavia, riuscì a farla fremere di eccitazione.
Fu con quella consapevolezza che si trascinò fuori dal dormitorio, mentre Gabriel si lanciava contro di loro e veniva fermato dal vampiro con i capelli multicolore ed Elessar, i quali faticarono a trattenerlo perfino in due.
Quando la porta si chiuse alle loro spalle, Rebecca e Daphne precedettero Aaron e Anne ma fu praticamente inutile, poiché furono in grado di sentire ogni parola che i due si scambiarono.
<< Come hai potuto colpirlo? E' uno studente! >>
Diceva Anne in tono concitato.
<< Uno studente vampiro che ti ha messo le mani addosso! Dannazione, Anne, come pretendi che possa proteggerti se sei tu ad andare a cercare guai? >>
Aaron sembrava avere un tono esasperato ma fu inevitabile scorgere pura rabbia in esso.
Sapevano tutti quanto prendesse seriamente il suo lavoro lì all'istituto, ma non stava forse esagerando?
<< Oh, Aaron, non ti aspetterai che ti spieghi una cosa così semplice, vero? Ti sembrava che avessi... che avessi bisogno di protezione? >>
Rebecca non poteva vedere Anne ma era sicura che l'amica fosse arrossita; evidentemente non era l'unica, lei, a imbarazzarsi nel parlare di cose intime e assai personali.
<< Ehi ehi, dateci un taglio voi due. Personalmente vorrei evitare di assistere a una conversazione simile tra tutor e studentessa, grazie. >>
Daphne, senza voltarsi, espresse la sua opinione e i due smisero di affrontare quell'argomento. A quanto pareva, la bruna aveva fatto un favore a tutti.
<< Non dovevi colpirlo, comunque, non ne avevi alcun diritto. >>
<< Lascia decidere a me cosa devo o non devo fare nel mio lavoro, Anne. >>
<< Il tuo lavoro non è impedire a due studenti di frequentarsi! >>
<< Il mio lavoro è assicurare la protezione dei dodici studenti umani! E se per farlo devo introdurmi nella camera da letto in cui un vampiro sta per scoparsi un'umana allora sì, questo rientra nel mio lavoro! >>
A quel punto fu facile intuire che i due si fossero fermati, in fondo gli unici passi che si sentivano riecheggiare tra le mura del corridoio erano quelli di Rebecca e di Daphne.
<< Tu non hai alcun diritto di... >>
<< Anne, ti sta solo usando, maledizione! Quelli come lui non... >>
<< Quelli come lui? Come osi farmi la paternale, proprio tu che... lascia perdere, non voglio più parlarne, ma non osare intrometterti nuovamente nella mia vita privata, qualunque cosa tu dica del tuo lavoro. >>
E così, senza aggiungere altro, Anne raggiunse all'entrata del dormitorio Rebecca e Daphne, le quali si limitarono a un cenno di saluto per Aaron che, a ben guardarlo, sembrava affranto. La rabbia che lo aveva assalito fino a pochi minuti prima era, ormai, un lontano ricordo.
Quella notte Rebecca condusse un sonno agitato, tanto da costringersi a svegliarsi più volte a causa del sudore freddo che le imperlava la fronte e la schiena. La mattina seguente non rammentava nulla dei sogni che l'avevano tormentata per ore, se non un paio di occhi: degli occhi che le ricordavano il cielo in tempesta.


Angolo dell'autrice:
CHIEDO VENIA.
Ecco, so di dovermi scusare con tutte le lettrici per essere stata assente per... quanto, tre mesi? Purtroppo, come avevo precisato nell'annuncio, Febbraio è stato un mese di esami e lo stesso è stato Aprile, in più, alcuni fatti nella vita reale mi hanno impedito di dedicarmi alla scrittura come avrei voluto, dunque mi è stato impossibile continuare la ff...
Fortunatamente sono tornata a respirare, ma ammetto che scrivere questo capitolo ha richiesto parecchi giorni, più che altro perchè non ricordavo esattamente quello che volevo fare e, soprattutto, alcuni dettagli necessari per il continuo della storia. Tuttavia, ce l'ho fatta :3
D'ora in avanti spero di pubblicare un capitolo a settimana, ma in ogni caso questa ff avrà una fine, non rimarrà incompleta, ve lo garantisco <.<
Procediamo con i commenti al capitolo: Anne e Daphne le conoscete, le loro storie d'amore stanno prendendo una piega assai complessa ma credo che nei prossimi capitoli tutto sarà più chiaro (vi comunico che il prossimo sarà incentrato unicamente su Daphne ed Elessar, spero non vi dispiaccia ^^); quanto a Rebecca... è la prima volta che scrivevo dal suo punto di vista, dunque spero di aver evidenziato bene la differenza con le sue due amiche, a livello caratteriale. E, riguardo a lei, che ne pensate di Excess? XD Ammetto che è una coppia a cui penso fin dall'inizio, forse la mia preferita in assoluto, ma ancora devo decidere tante cose e ci sarà modo di vederli insieme nel corso dei capitoli :3
Infine, passo ai ringraziamenti: questa volta vi chiedo scusa ma saranno unicamente generali (per scrivere i ringraziamenti avrei dovuto tardare di un altro paio di giorni e non vedevo l'ora di pubblicare ç_ç), ma prometto che nel prossimo vi risponderò per messaggio privato non appena arriveranno le recenzioni!
Devo scappare e abbandonare il computer, dunque vi mando un abbraccio enorme, scusandomi ancora per il ritardo immenso che, se tutto va bene, non dovrebbe più verificarsi.
Grazie a tutti coloro che hanno aspettato, sperando di ritrovarvi ancora <3

-Fra

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Capitolo 11
*** Confessioni ***




Daphne non era mai stata come le altre ragazze sotto molti punti di vista. Non amava, per esempio, trascorrere il tempo a fare shopping e curarsi unghie e capelli, odiava le gonne e adorava gli indumenti comodi quali jeans e felpe, e, infine, non ricorreva a futili passatempi quali quelli che tanto amavano le sue compagne di scuola.
A dire il vero, le risultava alquanto difficile andare estremamente d'accordo con Annabelle e Rebecca, nonostante il fatto che, a differenza sua, quelle due amassero comportarsi da... femmine, ecco. Probabilmente essere rinchiuse in un'accademia, lontano da negozi di abbigliamento e discoteche aveva permesso loro di condividere un destino che le aveva unite per darsi man forte l'un l'altra. Sì, doveva essere andata certamente così.
In ogni caso, per quanto avesse voglia di dir loro quello a cui si stava preparando quel sabato pomeriggio, evitò di fornire troppe informazioni. Anche perché sarebbe stato completamente inutile. Entrambe le amiche, in effetti, l'avevano vista appartarsi con Elessar durante la festa di Lucien, cosa che, insieme a ciò che Gabriel aveva detto ad Anne, aveva confermato le loro ipotesi circa un'eventuale complicazione nei rapporti tra la ragazza e il vampiro.
Santo cielo, era tutto così surreale che si sentiva come la protagonista di un film di fantascienza.
<< Non quello, no, assolutamente. >>
Rebecca stava spulciando negli armadi di tutte e tre per trovare a Daphne qualcosa di carino da indossare quel pomeriggio, incurante del fatto che la bruna non avrebbe mai indossato niente di diverso dai jeans chiari che portava e il maglione di lana bianco dal collo alto.
<< Non sei nervosa? Neanche un po'? >>
Domandò Anne con un sorriso sornione sulle labbra, poggiata contro la porta del bagno.
<< Perché dovrei esserlo? Dobbiamo solo parlare. >>
Rebecca smise per un momento di frugare tra i vestiti e, dopo aver lanciato un'occhiata a Daphne, si scambiò con Anne uno sguardo incerto.
<< Cosa sono quelle facce? Tra me ed Elessar non c'è niente, dobbiamo solo chiarire un paio di cose. >>
Disse la bruna mentre, con scarsa attenzione, ripiegava un maglione e lo posava su un ripiano nell'armadio.
In verità, neppure lei era consapevole di ciò di cui avrebbe parlato con Elessar; cosa, questa, che la rendeva nervosa, seppur volesse evitare di darlo a vedere alle due ragazze.
Quando il trio delle umane fu trascinato fuori dalla festa di Lucien, qualche sera prima, Elessar le aveva sussurrato all'orecchio che quel sabato si sarebbero incontrati alle sei del pomeriggio di fronte alla gelateria all'angolo della piazza principale del paese, dunque Daphne sapeva esattamente dove arrivare quando salutò le due amiche in fretta e furia.
Era in perfetto orario, a dire il vero, eppure voleva rimanere da sola per un po' prima di incontrare il vampiro.
A quanto pareva, Elessar preferiva non partire insieme dall'istituto, cosa che non fece particolarmente piacere alla ragazza, la quale, però, ebbe il buon senso di non dire nulla a riguardo.
Era all'ingresso dell'istituto quando, distratta da altri pensieri, sentì a stento una voce che la chiamava.
Quando si voltò, notò un ragazzo alto e slanciato, dai capelli corti e castani, giungere verso di lei.
<< Daphne Moore, qual buon vento? >>
Il ragazzo - Michael, era il suo nome - le rivolse un sorriso smagliante e l'affiancò. Era uno dei dodici studenti umani dell'esperimento e, dunque, uno dei pochi con cui Daphne scambiava di tanto in tanto qualche parola in classe. 
<< Michael Finnigan. Vedo che non sono stata l'unica ad avere l'idea di prendere una boccata d'aria fresca. >>
Il ragazzo sorrise e lanciò un'occhiata al giardino al di fuori dell'istituto, indicando con un cenno del capo i cancelli d'ingresso.
<< Sto andando a fare un giro in paese, tanto per svagare un po'. >>
<< Oh, anche io. Devo... ehm, devo incontrare una persona. >>
Michael piegò appena la testa da un lato e puntò i propri occhi color nocciola in quelli di Daphne. Non era bellissimo, no, ma aveva un carisma e un fascino del tutto particolari che alle ragazze dell'istituto di certo non dispiacevano. 
Daphne, d'altro canto, non aveva mai davvero rivolto il proprio interesse verso qualche ragazzo, non fino a quando non aveva incontrato Elessar.
<< Se vuoi possiamo fare insieme la strada. Prometto di non intromettermi nel tuo appuntamento. >>
<< Oh, non è un appuntamento. In ogni caso, certo, perché no. >>
Michael sorrise e le fece cenno di precederlo fuori dalla struttura.
<< Dopo di te. >>
A quanto pareva, in quei giorni doveva proprio essere accompagnata da galantuomini.
Percorsero chiacchierando il vialetto che conduceva fuori dai cancelli dell'istituto e lì, a un paio di metri, attesero l'autobus che li avrebbe condotti in pochi minuti direttamente in paese.
<< Sul serio, mi domando perché Joskow non la licenzi! >>
Le risate dei due ragazzi sembrarono non infastidire minimamente i pochi passeggeri presenti sull'autobus che, al contrario, li osservavano con una curiosità quasi sfacciata.
Daphne aveva avuto difficoltà ad abituarsi a quegli sguardi nelle ultime settimane, in fondo faceva parte di un esperimento di portata mondiale e, per tanto, chiunque era a conoscenza del suo ruolo, dopo averla vista prendere l'autobus dalla fermata dell'istituto.
Tuttavia, dovette ammettere che in compagnia di Michael, il quale non prestava la minima attenzione agli sguardi degli estranei, fu tutto più facile.
<< Oh andiamo, non è poi così male. Certo, se evitasse di sbiancare ogni volta che uno dei vampiri mostra i canini in sala da pranzo, forse le sue lezioni potrebbero superare le nostre più rosee aspettative. >>
L'espressione scettica di Michael la fece ridere e, a quel punto, lei stessa ritirò quanto aveva appena detto.
<< Siamo arrivati. >>
I due scesero dall'autobus e si incamminarono verso la piazza del paese.
<< Dove hai appuntamento con il tuo ammiratore? >>
Domandò il ragazzo osservandola di sottecchi mentre, con guanti pesanti e sciarpe attorno al collo, entrambi continuavano a camminare.
<< In piazza, di fronte alla gelateria. Ma, come ti ho detto, non è un mio ammiratore. >>
Beh, più o meno.
<< Allora dev'essere proprio pazzo. >>
Daphne si irrigidì per un momento a quel commento, non riuscendo ad evitarlo.
Lui se ne accorse.
<< Scusa, non volevo metterti in imbarazzo. >>
Riprese Michael ridacchiando.
<< Non mi hai messo in imbarazzo. Solo, non sono abituata a tanta franchezza. >>
Evitò di guardarlo, lei, puntando gli occhi sulla gelateria che iniziava a intravedersi.
<< Beh, mi piacerebbe fartici abituare. >>
D'accordo, quella sì che era una situazione surreale. In vita sua aveva ricevuto la corte di svariati ragazzi, seppur la maggior parte di loro non li avesse mai realmente presi in considerazione, ma che Michael ed Elessar se la contendessero, questa sì che era una novità.
<< Perdona la mia di franchezza, adesso, ma non ti sei mai avvicinato se non per domandarmi qualcosa sulle lezioni e ora ti comporti come se ci volessi provare con me? >>
Non aveva mai avuto peli sulla lingua, lei, tanto meno si lasciava mettere in soggezione facilmente. L'unico che ci riusciva, in effetti, era il vampiro che, probabilmente, la stava attendendo a pochi metri di distanza.
E che magari l'aveva già individuata.
<< Non pensavo ci fosse una data di scadenza. >>
Rispose lui, ilare. Affrontava l'argomento con così tanta facilità che Daphne non poté fare a meno di apprezzarlo.
<< Non c'è, in effetti. Semplicemente mi chiedo perché adesso. >>
In fondo, la situazione con Elessar le bastava e le avanzava.
<< Perché, checché tu ne dica, quell'omone dai capelli rossi che mi sta guardando come se fossi una piattola da eliminare è evidentemente il tuo ammiratore e, dato che ce n'è uno a cui devo rendere conto, tanto vale farmi avanti. >>
Daphne seguì lo sguardo di Michael e lì, poggiato a una colonna del portico sotto cui si trovava la gelateria dell'appuntamento, c'era Elessar, avvolto in un cappotto nero e una sciarpa di lana bianca. E li stava osservando.
<< Non ti conviene provarci. Apprezzo molto quanto mi hai detto, credimi, ma non sono interessata. >>
Fu sul punto di allontanarsi, quando il sorriso di Michael la sorprese, di nuovo.
<< Sei sempre così diretta? >>
<< Preferisco definirmi sincera. In ogni caso, grazie per la compagnia, Michael, ci si vede a lezione. >>
Il ragazzo, ancora sorridente, alzò la mano in segno di saluto, mentre Daphne, sorridendo, gli voltava le spalle e si dirigeva verso Elessar.
<< Tanto per la cronaca: se fosse stato così semplice non mi sarei mai fatto avanti. >>
Le parole di Michael la fecero fermare e voltare verso di lui, appurando che il ragazzo avesse ormai fatto dietrofront, diretto chissà dove.
Daphne sospirò e chiuse gli occhi, scuotendo appena la testa. Non aveva tempo di pensare anche alla corte di Michael, aveva già troppi grattacapi da risolvere.
Quando si voltò nuovamente per raggiungere Elessar, però, questo si ritrovò a pochi centimetri da lei, sorprendendola tanto da farla arretrare di colpo e scivolare sulla neve ghiacciata. 
Elessar la prese al volo e la aiutò a stabilizzarsi, senza però allontanare le braccia, in quel momento avvolte attorno alla vita sottile della giovane.
<< Scusa, non volevo spaventarti. >>
Disse lui, sorridendo appena.
Il suo tipico profumo - che, dopo averci pensato su, Daphne decretò essere un misto tra muschio bianco e rose - le invase le narici e lei, all'improvviso, si sentì a casa.
<< Non c'è problema, sono solo un po'... >>
<< Tesa? >>
Suggerì lui, senza mai smettere di tenerla stretta.
Lei, dal canto suo, annuì, distogliendo finalmente gli occhi da lui e poggiando le mani sul suo petto possente per allontanarsi.
<< E' molto che aspetti? >>
Il vampiro la lasciò andare, riluttante, per poi controllare l'orologio al polso e scuotere la testa.
<< In verità sono in anticipo, e anche tu. Ma già che siamo qui... >>
Daphne non ebbe bisogno che Elessar continuasse la frase e, anzi, annuì col capo e si mise a camminare di fianco a lui, lasciando che fosse il vampiro a guidarla.
Rimasero senza parlare per un po', crogiolandosi in un silenzio carico di imbarazzo e, forse, di aspettativa. Poi Elessar prese la parola.
<< Allora, ehm, chi era il ragazzo con cui sei arrivata? >>
Beh, di certo quella non era la domanda che Daphne si era aspettata. Anche se, forse, avrebbe dovuto.
<< Come mai non mi hai chiesto di venire insieme fin dall'istituto? >>
Rispose lei, come a sfidarlo. Era un gioco, fondamentalmente: a domanda si rispondeva con un'altra domanda, finché il vampiro non avesse deciso di essere sincero con lei e raccontarsi, almeno un po'. In fondo, lei lo aveva fatto rivelandogli la verità sulla morte di suo padre, no?
Elessar, per tutta risposta, sorrise.
<< Avevo da fare in paese. Ma se avessi saputo che ti saresti fatta accompagnare da un altro, sarei rimasto. >>
Nessuna risposta alla sua domanda. E una provocazione.
Toccava a lei.
<< Lui è... un ammiratore. >>
Daphne guardava di fronte a sé mentre camminavano, ma non le fu difficile scorgere con la coda dell'occhio Elessar che voltava il viso verso di lei. E la cosa la fece silenziosamente esultare.
<< Chissà perché la cosa non mi sorprende. >>
Se Daphne si aspettava una reazione di gelosia o, quanto meno, una sorta di irritazione per la comparsa di una sorta di rivale, di certo non lo diede a vedere. Così come Elessar non lasciò trapelare nulla di ciò che quella notizia scaturiva in lui.
Bella fregatura da entrambi i lati.
<< Siete molto... uniti? >>
Domandò poi il vampiro.
Daphne 1, Elessar 0.
<< Lo conosco appena, ma a quanto pare ha finalmente trovato il coraggio di farsi avanti. Evidentemente vederti gli ha dato la spinta che gli serviva. >>
In verità, a Daphne non importava proprio niente di ciò che Michael volesse fare, al contrario, il suo obiettivo era capire cosa provasse Elessar nei suoi confronti e, ancor prima, quello che lei nutrisse per lui.
Il resto poteva attendere, ma perché non usarlo come arma a suo favore?
<< Mi fa piacere essergli stato d'aiuto. >>
Quella volta, la frustrazione fu palese nel suo tono di voce, e Daphne si concesse di fermarsi nei pressi di una panchina e guardarlo.
Lui fece lo stesso, ponendosi di fronte a lei.
<< Di cosa volevi parlarmi alla festa di Lucien? >>
Tuttavia, i giochi potevano aspettare. Era andata a quell'appuntamento per un motivo e non se ne sarebbe andata se non avesse avuto le risposte che cercava.
Elessar, invece, fu preso in contropiede. Abbassò la sguardo e infilò le mani in tasca, incerto sul da farsi. Ma prima che Daphne potesse spazientirsi ulteriormente, riprese a camminare.
<< Cos'è che vuoi sapere, di preciso? Su di me, intendo. >>
Si fermò il tempo necessario per attendere che Daphne lo raggiungesse, poi entrambi ripresero a camminare fino ad arrivare a una lunga staccionata che si ergeva su un campo di grano incontaminato. Lì il flusso di gente era inferiore rispetto al centro del paese e sarebbe stato più facile parlare.
<< Perché mi hai allontanata la sera in cui ci siamo visti fuori dall'infermeria? >>
Elessar si poggiò con i gomiti sulla staccionata e perse lo sguardo verso l'orizzonte; il tramonto era giunto da un pezzo, cosa che gli aveva permesso di aggirarsi in tranquillità per le strade del paese.
<< Non è questa la vera domanda, sbaglio? >>
Daphne si poggiò con la schiena contro la staccionata, sospirò e abbassò lo sguardo sugli anfibi.
<< Cosa non volevi che sapessi? Cos'è che vuoi nascondermi? >>
Gli occhi del vampiro si chiusero per un momento e Daphne si perse nell'ammirare i lineamenti di quel volto marcato e perfetto, illuminato flebilmente dalla luce argentea della luna.
E, per l'ennesima volta, lo trovò bellissimo.
Gli occhi di lui, infine, si aprirono, ma non la guardarono. Il suo corpo si irrigidì e le parole vennero buttate fuori come veleno, come qualcosa di cui il vampiro non vedesse l'ora di liberarsi.
<< Sono malato di cuore. >>
*

In quel momento nessuno dei due osò aggiungere altro. Elessar guardava di fronte a sé, con lo sguardo falsamente attirato dal buio orizzonte e i gomiti poggiati sulla staccionata, le mani strette l'una nell'altra fino a far sbiancare le nocche. Daphne, invece... beh, non avrebbe saputo dirlo, non aveva neppure il coraggio di guardarla in quel momento.
Francamente, il vampiro non avrebbe mai pensato che il giorno in cui avrebbe raccontato a qualcuno della propria malattia sarebbe arrivato tanto presto e, di certo, non si sarebbe mai aspettato che la prima a cui ne avrebbe parlato sarebbe stata un'umana.
Non sapeva perché lo innervosisse tanto rivelarlo a Daphne. Forse pensava che lei lo avrebbe guardato in maniera diversa, alla stregua di un cucciolo o, peggio, un malato terminale a cui avrebbe rivolto da allora e per sempre uno sguardo di pena e compassione. Lui, però, non voleva la pietà di nessuno, tanto meno la sua.
Nonostante tutto, però, l'unica cosa che gli diede la forza di continuare là da dove aveva lasciato furono le parole di lei, quella ragazza che, con tono sicuro e per nulla mosso dalla compassione lo incitò.
<< Va avanti. >>
Elessar chiuse gli occhi e inspirò l'aria della sera, i capelli ramati e folti che si muovevano leggeri al ritmo della brezza quasi invernale.
Poi riprese a parlare.
<< Esami, letti d'ospedale e uomini in camice bianco. E' sempre stato così da quando riesco a ricordare. Fin da piccolo ho presentato i sintomi più evidenti: difficoltà respiratorie, spossatezza, dolore addominale, perdita di appetito, confusione... era un supplizio, credimi, rendersi conto a quell'età di poter avere i giorni contati. >>
Si fermò e rammentò i giorni in cui le crisi si facevano più forti. Le lacrime di sua madre e la praticità di suo padre a rendere quel cuore più debole di quanto già non fosse.
<< Tre anni fa ho subito un trapianto. Da allora le cose vanno meglio ma non posso dire di essere fuori pericolo. Ho degli esami da fare costantemente, devo stare attento a ciò che mangio e a ciò che faccio, persino... >>
Gli tornò in mente il giorno in cui decise di lasciar andare Daphne, di liberarla dalla sua presenza; rammentò perfettamente come si sentì venir meno, come aumentarono le palpitazioni e si convinse ad andare a fare un controllo.
Tutto nella norma, eppure aveva appurato che quella ragazza, la donna che bramava più di qualsiasi altra sulla faccia della terra, poteva essere il suo punto debole, il punto di non ritorno.
<< Persino ciò che provo. Le emozioni forti sono, in un certo senso, sconsigliate dal parere medico. >>
E a quelle parole si ritrovò a ridere, una risata senza il minimo accenno di allegria.
Seguì qualche minuti immerso nel più totale silenzio. Elessar percepiva appena il respiro calmo e regolare di Daphne al suo fianco, ma era completamente terrorizzato dall'idea di voltarsi a guardarla.
Poi lei parlò.
<< E' stato per colpa mia, vero? E' per questo che sei finito in infermeria, quel giorno. >>
Elessar non l'avrebbe mai definita una "colpa". Lei non poteva sapere e anche se l'avesse saputo, cosa diavolo avrebbe dovuto fare? Trattenersi per evitare che a lui prendesse un attacco di cuore? Non era quello che voleva, non sarebbe stata la sua Daphne e... maledizione, lei non era sua, non lo sarebbe mai stata!
Un animale destinato al macello non aveva alcun diritto di influenzare qualcuno che, come lei, aveva una vita radiosa davanti.
<< Non è stata colpa tua. Non potevi saperlo e poi non vorrei mai che ti trattenessi per un motivo del genere. Sono più forte di quanto credi. >>
Già, era questo che gli piaceva credere.
<< Tuttavia, devo scusarmi. Mi sono fatto avanti senza pensare alle conseguenze che questo avrebbe avuto su di me e, soprattutto, su di te. Non volevo turbarti, non volevo infastidirti e, come ti ho già detto, non volevo neppure essere sgarbato con te ma... >>
A quel punto il suo monologo fu interrotto. Per la prima volta da quando aveva iniziato a raccontarle la verità, la'aveva guardata: lacrime calde e silenziose segnavano ininterrotte le guance di Daphne, mentre questa guardava davanti a sé, con lo sguardo perso nella distesa pianura che andava a confondersi col buio della notte.
<< Daphne... >>
Il suo tono di voce fu caldo e incerto, poiché in quel momento era lui ad aver bisogno di rassicurazioni. Perché piangeva? Era forse per quella compassione che aveva tanto temuto e che, fino ad allora, lei non aveva mostrato?
<< Mi dispiace... santo cielo, mi dispiace terribilmente. Sono così dannatamente impulsiva, ho scatti d'ira continui e per tutto questo tempo non ho fatto altro che prendermela con te solo perché tu sapevi cosa volevi e io, invece, non ne avevo la più pallida idea. Cielo, mi dispiace da morire... >>
Quelle lacrime continuavano a scendere inesorabili sul suo volto, perdendosi tra le pieghe della sciarpa che avvolgeva quel collo delicato che Elessar aveva imparato ad amare.
Quelle lacrime non erano una forma di compassione o, peggio, di pietà. Daphne pensava di aver peggiorato le sue condizioni, stava piangendo perché si riteneva responsabile di quelle emozioni che lo avevano portato a un'alterazione di quel delicato equilibrio che, da anni, lo aveva illuso di essere sano come chiunque altro.
E allora lui capì. Tutto fu improvvisamente chiaro: amava quella ragazza di un amore puro e sincero che non aveva mai rivolto a nessun essere, vampiro o umano che fosse.
Si voltò verso di lei con sguardo commosso, gli occhi lucidi di lui incontrarono il viso di lei, mentre la ragazza si imponeva di guardare ovunque meno che nei suoi occhi.
<< Tu sei pazza... >>
Le afferrò delicatamente il viso tra le mani e lo sollevò, costringendola a guardarlo negli occhi. Ma neppure questo funzionò. 
Lei, d'altro canto, continuava a piangere, silenziosamente.
<< Sei completamente fuori di testa se credi che mi sia pentito di quello che ho fatto con te. Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata e se pensi che ti lascerò andare solo per... >>
<< Sei finito in infermeria per colpa mia. >>
<< Sono finito in infermeria perché, per la prima volta nella vita, ho provato un'emozione così forte da farmi battere il cuore come non era mai accaduto prima. >>
E, finalmente, gli occhi ambrati di lei si posarono su di lui, ricambiando quello sguardo che diceva molto più di quanto le sue parole avrebbero mai potuto fare.
In quel momento, Elessar comprese realmente di non aver mai visto una creatura più bella di quella che aveva davanti: con le guance e la punta del naso arrossati dal freddo e dal pianto, gli occhi lucidi e l'espressione addolorata e sorpresa che la rendeva la cosa più innocente che Elessar avesse mai visto.
<< E se stare con te significa questo, beh... sono pronto ad accettarlo. Sembrerà una frase da film ma preferisco trascorrere i brevi momenti che ho a disposizione con te piuttosto che vivere più a lungo senza averti conosciuta. >>
Lei scosse piano la testa non appena si riprese, come a voler ricacciare indietro quell'assurda idea. Eppure, a lui sembrava tutto meno che assurda. Credeva davvero nelle parole che le aveva appena rivolto.
Lei, tuttavia, non ne sembrava affatto convinta.
<< Tu non... come puoi pensare certe cose di me? >>
A Elessar quella parve la domanda più sciocca che gli avessero mai posto.
Sorrise e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, accarezzandole il volto con l'altra mano.
<< Perché non dovrei? >>
<< Ci sono così tante altre ragazze che... >>
<< No, non ci sono. Daphne, tu mi fai sentire vivo come non mai e io ho bisogno di vivere, in questo momento, ho bisogno di godermi le gioie della vita senza preoccuparmi costantemente di ciò che potrebbe uccidermi. Ho bisogno di vita, ho bisogno di te. >>
Daphne singhiozzò ed Elessar giurò tra sé e sé di non aver mai visto una cosa tanto dolce nella sua intera esistenza; sorrise e l'attirò tra le sue braccia, cullandola dolcemente e sussurrandole all'orecchio che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero superato qualsiasi cosa, e lo avrebbero fatto insieme.
Quando si staccarono, diversi minuti dopo, si avviarono verso la fermata dell'autobus che li avrebbe riportati all'istituto, mano nella mano e con un'imbarazzo tangibile da parte di Daphne che impediva a Elessar di smettere di sorridere. Cosa per cui lei continuava a rimproverarlo.
Era felice, finalmente, felice come non era da tanto tempo.
Sapeva che ci sarebbero state ancora tante difficoltà tra loro, sapeva di dover fare in modo che Daphne si lasciasse alle spalle l'odio per la razza dei vampiri e il rancore per la morte di suo padre.
C'era ancora molto su cui lavorare, ma quando constatarono che nell'autobus non c'erano troppi posti liberi e si sedettero l'una in braccio all'altro, Daphne arrossì palesemente ed Elessar rise, attirando gli sguardi divertiti e nostalgici di anziani signori che vedevano in loro un giovane amore pronto a sbocciare.
E questo, per lui, fu più che abbastanza.



<< Per quanto ancora hai intenzione di pedinarmi? >>
<< Fino a quando non ti deciderai a dirmi cosa cavolo ti è successo alla festa di Lucien. >>
Erano le due del mattino e i vampiri si preparavano ad andare a lezione di storia quando, inspiegabilmente, Zafira diede di matto.
In verità, non fu del tutto ingiustificata la sua reazione, visto e considerato che Devon non la lasciava sola da giorni, ormai.
La vampira sollevò lo sguardo al cielo e sbuffò sonoramente, continuando a camminare verso l'aula designata per la lezione.
<< Te l'ho già detto: ho avuto un leggero mancamento, fine della storia. >>
Non era affatto quel che era accaduto, voleva solo minimizzare. Ma tanto sarebbe dovuto bastare a far desistere Devon che, invece, continuava a seguirla imperterrito, facendo finta di non ascoltare le scusanti che la ragazza sembrava volergli rifilare a tutti i costi.
<< E io ti ho già detto di non prendermi per il culo. Ti ho vista, non mi è parso affatto un semplice mancamento. >>
A quel punto la vampira si voltò verso di lui e per poco Devon non le finì addosso.
Nonostante la bellezza eterea del giovane, con quegli occhi cerulei, i capelli bianchi con ciocche di svariati colori e i piercing al sopracciglio e sul labbro inferiore, Zafira si concentrò unicamente sulla furia che la invadeva in quel momento.
<< Ma cosa diavolo ti importa, si può sapere? >>
In verità, il vampiro si era sempre dimostrato parecchio attento ai bisogno della giovane, si poteva quasi dire che Devon nutrisse un sincero e profondo affetto per lei, nonostante agli occhi dei più potessero apparire unicamente come una coppia di amici di letto.
Devon, per tutta risposta, inarcò il sopracciglio destro facendo brillare il piercing alla luce tenue delle torce, socchiuse le palpebre in un'espressione annoiata e si portò le mani in tasca.
<< Hai voglia di giocare? No, perché se è così evita di farmi perdere tempo. Dopo il tuo "mancamento" ti sei avvicinata all'umana di Elessar per dirle qualcosa in maniera alquanto concitata. Non ho sentito una parola ma se mi costringi potrei sempre andare da lei a farmelo riferire. >>
Quello fu troppo.
Zafira lanciò uno sguardo di fuoco al vampiro e si voltò, proseguendo verso l'aula di storia e stringendo tra le mani un paio di libri che, nella sua mente, stavano assumendo la forma e la consistenza del collo di Devon. Oh, sì, gli avrebbe fatto molto male se non fosse riuscita a calmarsi.
Furono i primi ad arrivare in classe, probabilmente perché gli altri vampiri si erano attardati a pranzo. E fu così che Devon la afferrò per il braccio e la spinse contro la parete con il proprio corpo, impedendole la fuga.
<< Ti è così difficile fidarti di me? Credere che sia realmente preoccupato per quello che ti ho visto fare? Non è la prima volta che succede, Zafira, e se è qualcosa di grave io... >>
<< Tu, cosa? >>
Sputò lei, velenosa, a un palmo dalla bocca di lui.
<< Cosa credi di poter fare? Cambiare il corso degli eventi? Impedirmi di... "vedere" certe cose? Credi che mi piaccia o che non ne farei a meno? Non posso, Devon, io non posso non accettare ciò che il destino mi ha riservato! Dei doni... è così che li chiamate voi, quando in realtà non sono altro che delle maledizioni. Chiedilo a Lucien, se non mi credi, chiedilo a Excess... non sono più liberi di quanto non lo sia io. >>
Devon rimase nel più completo silenzio e Zafira, improvvisamente, si rese conto della consapevolezza del ragazzo. Nessuno era a conoscenza del suo dono, del suo segreto, o quasi nessuno. Gabriel ne era al corrente ma Zafira era certa di potersi fidare di lui, non ne avrebbe mai parlato con nessuno. E adesso anche Devon sapeva.
Si fidava di lui, certo, il vampiro non l'avrebbe mai tradita, ma all'improvviso si sentì nuda di fronte a tale consapevolezza.
<< Tu lo avevi capito, non è vero? >>
Gli domandò infine, con un filo di voce.
Sentirono dei passi risuonare dall'altra parte della porta e Devon lasciò la presa che aveva esercitato fino a quel momento su di lei, allontanandosi di poco senza mai smettere di guardarla.
Che cosa avrebbe fatto? Sarebbe scappato? L'avrebbe trattata come un'appestata? Zafira lo sfidava con sguardo duro e penetrante, ma nel suo cuore aveva una gran paura: più e più volte, in passato, le era capitato di perdere l'affetto dei suoi cari per quel dannatissimo dono perché, in fondo, a tutti piaceva sapere se avrebbero avuto o meno fortuna nel gioco o in amore, ma nessuno avrebbe mai voluto sapere il giorno e le circostanze della propria morte.
E Zafira, purtroppo, era a conoscenza di quelle di ciascuno di coloro che le stavano attorno.
Fu per questo che decise di nascondere il suo dono, per l'eternità.
<< Mi dispiace. >>
Fu l'unica cosa che Devon disse, invece, cogliendola di sorpresa.
Le passò delicatamente una mano sul volto e, non appena gli altri vampiri fecero il loro ingresso nell'aula, i due si separarono, andando verso i rispettivi posti.
Zafira si sedette nell'angolo sinistro dell'aula, in ultima fila, con lo sguardo perso nel vuoto. Si sorprese nel constatare, pochi minuti più tardi, che di fianco a lei aveva preso posto Brittany, la quale parlava incessantemente da chissà quanto tempo.
<< ... e alla fine, detto tra noi, è stato un vero e proprio bastardo. >>
Zafira sollevò lo sguardo e incontrò la figura di Devon, intento a ridere di qualche battuta di Lucien e determinato a non incontrare i suoi occhi.
<< Già. >>
Disse alla fine.
<< Un vero bastardo. >>


Angolo dell'autrice:
Bene bene bene, eccoci alla fine dell'undicesimo capitolo. Che ne pensate? Cosa avreste voluto ci fosse o, in alternativa, non ci fosse?
Andando in ordine: Michael. Nuovo personaggio che da ora in avanti sarà sì, un personaggio comunque secondario, ma in ogni caso presente nel corso della storia e avrà una propria storyline all'interno della ff con un personaggio che abbiamo già conosciuto in precedenza.
Daphne ed Elessar? Bene, allora, informo che mi sono documentata circa l'insufficienza cardiaca quindi spero di non aver scritto baggianate. In ogni caso, se cosi fosse, chiedo venia, non studio medicina ç_ç Daphne si rende conto di essere un ostacolo per Elessar, mentre quest'ultimo tenta di farle capire che è esattamente il contrario e, ehi, non crediate sia finita qui, non c'è alcun happy ending per i due piccioncini... non ancora, per lo meno.
E Zafira? Beh, ormai avrete capito qual è il suo dono e con questo vi ho reintrodotto il fatto che non è l'unica a possederne uno. Conosciamo quello di Lucien (la lettura del pensiero), ma quale sarà mai quello di Ex? Lo scopriremo nelle prossime puntate (?).
Devon, naturalmente, non si smentisce mai. Con quel "mi dispiace" sembra essersi lavato le mani di Zafira dopo aver tanto insistito affinchè questa gli svelasse la verità, e adesso?
Non mi resta che salutare tutti voi fino al prossimo capitolo che, anche stavolta, arriverà non prima di una settimana (maledetti esami). Nel dodicesimo capitolo si affronterà un evento decisamente particolare e annuale e vi consiglierei di prepararvi psicologicamente, perchè dal tredicesimo in poi ci sarà uno stravolgimento notevole della trama.
Per il resto, vi auguro un buon fine settimana e ringrazio tutti coloro che leggono e recensiscono questa storia: grazie a voi ho tanta voglia di scrivere e non vedo l'ora di rispondere nuovamente a tutti i vostri dubbi a riguardo.
Un bacione e a presto!

-Fra

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Capitolo 12
*** Rivelazioni ***




Era trascorsa ben oltre una settimana da quando Anne aveva messo piede nell'istituto, eppure era ancora lì che si trovava. I suoi genitori le avevano telefonato più e più volte per ribadirle il concetto che, se non si stesse trovando bene, non avrebbe dovuto fare altro che dirlo e sarebbe tornata a casa all'istante. Anne si scoprì a sorridere alle parole di sua madre, dall'altro capo della cornetta, poiché evidentemente la mancanza della loro unica figlia si era fatta sentire in tutto quel tempo, in fondo erano trascorsi quasi tre mesi.
Ma erano cambiate tante di quelle cose da allora. Inizialmente non era affatto contenta di quella situazione, non aveva alcuna voglia di rinchiudersi in un istituto alla mercé di dodici vampiri affamati e pronti a saltarle alla gola ma, diciamocelo, fino a quel momento li aveva conosciuti quasi tutti e nessuno di loro le era parso alla stregua di un animale.
Certo, beh, forse Brittany non si annoverava tra le sue simpatie, ma neppure lei aveva cercato di farle fisicamente del male.
In pratica era in grado di pensare. Non tanto velocemente quanto lo era nel levarsi le mutande in presenza di Gabriel, ma quanto meno alle cose ci arrivava, con un po' di impegno.
Tragedie scolastiche a parte, era finalmente arrivato il giorno tanto atteso dalla maggior parte degli studenti: l'incontro con i genitori.
Era su di giri, la dolce Anne, questo non poteva negarlo. Inizialmente aveva tenuto il muso ai suoi per averla mandata in quel posto sperduto ma, a dirla tutta, era proprio a loro che doveva quello che le stava accadendo.
E poi le erano mancati, erano pur sempre i suoi genitori.
A quanto si era capito dall'annuncio del giorno prima del direttore, le famiglie dei vampiri e degli umani si sarebbero incontrate ad un orario comodo per entrambe le razze; in fondo, se i loro figli erano in grado di socializzare, non lo sarebbero stati anche i genitori?
Fu così stabilito che le famiglie degli umani giungessero nei pressi dell'istituto nel tardo pomeriggio, mentre quelle dei vampiri poco prima dell'ora di cena. Tutti loro, infine, avrebbero cenato insieme agli abitanti della villa e si sarebbero fermati, eventualmente, a riposare.
<< E lui che ne pensa? >>
La voce di Rebecca riportò Anne nel mondo reale, impegnata com'era ad asciugare i capelli per il grande evento.
Guardò l'orologio: mancavano meno di due ore e avrebbe riabbracciato suo padre e sua madre.
<< E' stato lui a proporlo, a dire il vero. Dice che vorrebbe davvero conoscere mia madre e i miei fratelli. >>
Anne riportò l'attenzione su Daphne che, con faccia sconsolata, guardava fuori dalla finestra. Il sole brillava ancora alto nel cielo e i vampiri stavano riposando.
<< Beh, è magnifico! Oh, Daphne, sapessi quanto sono felice per te! >>
E lo era davvero, la piccola Rebecca. Lo erano entrambe per quanto Daphne aveva raccontato loro dopo l'incontro del sabato precedente con Elessar.
Anne le sorrise e, dopo aver spento l'asciugacapelli, andò a sedersi sul letto di Daphne, accanto a Rebecca.
<< Cos'hai? Non vorrai mica rovinare tutto con quel musetto, vero? >>
Le domandò senza smettere di sorridere.
Strano come avesse stretto un legame profondo con due ragazze che conosceva da appena tre mesi e tanto diverse da lei. In un passato non troppo lontano avrebbe mal sopportato l'idea di avere vicino una come Rebecca, a causa della dolcezza che emanava in ogni suo gesto o parola. E in quanto a Daphne, beh, probabilmente non le avrebbe rivolto la parola se non in caso di estrema necessità.
E invece, ancora una volta, doveva qualcosa ai suoi genitori e a quell'istituto: per la prima volta sentiva di aver trovato qualcuno con cui chiacchierare, e confidarsi non le sembrava più una cosa tanto frivola.
<< Certo che no, è solo... andiamo, cosa c'è di sbagliato in me? Fino a poco tempo fa odiavo i vampiri e adesso invece faccio fatica ad aspettare il momento in cui ne rivedrò uno. >>
Daphne, che si era allontanata dalla finestra per iniziare a camminare avanti e indietro nella stanza, aveva dato inizio a uno sproloquio che fece sghignazzare le due amiche senza ritegno. Cosa di cui lei si accorse interrompendosi all'istante, rossa in viso.
<< Ditemi che non ho detto realmente quello che penso di aver detto. >>
<< Lo hai detto. >>
Esclamarono le altre all'unisono.
<< Vi odio. >>
La bruna abbassò appena le palpebre e riservò alle due uno sguardo gelido.
Poi le arrivò un cuscino in piena faccia e non poté fare a meno di unirsi alle risate di Anne e Daphne quando la battaglia di cuscini ebbe inizio.
Sembravano così spensierate, così felici, come qualsiasi diciottenne dovrebbe essere; nessuna di loro poteva prevedere quello che sarebbe accaduto da lì a pochi giorni.
 
<< Non dirmelo: sono ridicolo. >>
Quando Gabriel era andato a bussare alla porta del dormitorio degli umani, fu Anne ad accoglierlo. Comprensibile, tutti gli altri erano scesi a dare il benvenuto alle proprie famiglie, mentre lei era rimasta ad aspettare nel salotto comune che il bel tenebroso si svegliasse un'ora prima del previsto.
D'altro canto a Gabriel piacevano le entrate ad effetto, e quella in cui arrivava mano nella mano con un'umana di certo rientrava in tale categoria.
<< Sei molto elegante, invece. Solo... non sei più tu. >>
Anne lo osservò con attenzione. Persino con una giacca elegante e la cravatta quel vampiro, generalmente amante delle maglie aderenti e le camice scure, le faceva battere il cuore.
Optò, però, per qualche cambiamento.
<< I tuoi sono già arrivati? >>
Le domandò mentre, una volta dentro il salottino, lasciava che Anne gli allentasse il nodo della cravatta e gli sbottonasse il collo della camicia.
<< Sono all'ingresso, mi hanno appena telefonato. >>
<< Quindi abbiamo qualche minuto? >>
Anne allontanò le mani dalla camicia del vampiro e lo guardò di sbieco.
<< Forse un paio. >>
Gabriel a quel punto le sorrise, quel sorriso che lasciava intravedere il canino sinistro e che ad Anne, dopo qualche settimana, procurava brividi ben diversi da quelli dovuti alla paura.
<< Sa', signorina Evans, avranno di ché parlare di sotto, dopo che avremo fatto la nostra entrata. >>
Oh sì, lo sapeva bene.
Gabriel le si avvicinò e la costrinse a poggiarsi contro la parete, mettendo entrambe le mani ai lati della sua testa.
Anne, d'altro canto, non poté fare a meno di ripensare a ciò che avevano passato fino a quel momento. Guardò di nuovo quegli occhi e ci si perse dentro, come aveva fatto molte volte fino ad allora.
<< Sicura di volerlo fare? >>
L'ilarità di Gabriel svanì per un momento, lasciando insinuare nella mente della ragazza il dubbio di quelle parole. Era evidente che lui lo avrebbe fatto, avrebbe fatto di tutto per lei, persino sfidare la propria famiglia. In fondo, non era un segreto che i genitori di Gabriel non fossero simpatizzanti del progetto e avessero acconsentito alla proposta del figlio solo per permettergli di imparare a conoscere bene la razza nemica.
Più volte, da quando ne avevano parlato, Anne si era detta di lasciar perdere. Voleva accontentarlo ma come poteva dichiarare pubblicamente di stare con un vampiro quando i genitori di quest'ultimo erano contrari? Non che non fosse mai accaduto prima che le due razze si mescolassero tra loro, ma era avvenuto nel silenzio e piuttosto di rado, come a voler tenere segreto uno abominio di tale portata.
Ogni volta che si trovava sul punto di dirgli che forse avrebbero fatto meglio ad attendere, però, Anne ricordava il percorso da loro intrapreso: il momento in cui i loro occhi si erano incontrati per la prima volta, il modo in cui Gabriel l'aveva intercettata in biblioteca e spaventata, la punizione che li aveva costretti a stare insieme più di quanto ciascuno di loro volesse e il giorno in cui lui le aveva salvato la vita a sue spese.
Era stato in quel momento che Anne aveva capito di poter correre qualche rischio per provare a stare con lui. Perché insieme, a quanto pareva, avevano qualche possibilità di farcela.
Sorrise e avvolse le braccia attorno alla vita di lui, avvicinandosi al suo corpo e poggiando il capo contro il suo petto. Chiuse gli occhi e inspirò il suo profumo, mentre Gabriel ricambiava la stretta.
<< Non sono mai stata tanto sicura di qualcosa in vita mia. >>
Sentì Gabriel ridacchiare, prima che questo le lasciasse un bacio tra i capelli.
Molti avrebbero avuto da ridire. Altrettanti avrebbero tentato di ostacolarli. Ma erano insieme. Loro due erano insieme e tanto bastava per darsi forza l'un l'altra.
E poi, beh, non erano certo gli unici che avrebbero dato spettacolo: a quanto ne sapevano, anche Daphne ed Elessar si sarebbero presentati alle rispettive famiglie.
Non rimaneva che sperare.
 
*
 
Quando Daphne mise piede nell'atrio dell'istituto, non fece in tempo a fare due passi che i suoi fratelli l'avevano già raggiunta per stringerla tra le braccia fino a toglierle il respiro.
Ah, quanto le erano mancati!
<< E' un po' che non ci si vede, piccola teppista! >>
Il secondo dei figli Moore, Dylan, la scapigliò a dovere prima di stringerla nuovamente tra le braccia, per poi lasciare spazio al maggiore dei fratelli.
<< Simon! >>
Daphne si lasciò baciare e cullare dall'abbraccio più dolce del primogenito, per rivolgersi infine a sua madre.
Non era cambiata di una virgola: quei capelli, così simili ai suoi, erano stati raccolti in un alto chignon e gli occhi azzurri spiccavano luminosi sulla pelle ambrata che la figlia condivideva. 
<< Mamma. >>
La donna, emozionata per l'incontro, non riuscì a trattenere le lacrime. Daphne, che ogni volta che la vedeva piangere la rimproverava bonariamente, scelse di godersi quella reazione in silenzio, stringendo sua madre e rendendosi conto di essersi alzata di almeno un paio di centimetri. Quella donna ormai era più bassa di lei.
<< Femmine, stanno sempre a piagnucolare. >>
Dylan le provocò fino a quando madre e figlia non si separarono e poi, insieme, si aggiornarono sulle ultime novità.
A quanto pareva, Simon era riuscito nel suo intento di ottenere il brevetto da pilota e Dylan aveva fatto il secondo provino per poter entrare in una squadra di calcio locale che gli avrebbe offerto un contratto; la signora Moore ne era entusiasta e così anche Daphne. Certo, però, che ne succedevano di cose in tre mesi.
Lei, d'altro canto, li aggiornò su quanto era accaduto nell'accademia - non proprio su tutto - e indicò in lontananza Rebecca, dicendo che entro la fine della serata l'avrebbe presentata a tutti loro.
Ignorò bellamente il commento ben più che positivo di Dylan sulla sua amica e cercò Anne con lo sguardo. Sapeva che la mora aveva deciso di aspettare Gabriel in dormitorio, ma per nulla al mondo si sarebbe persa la loro entrata in scena. Avrebbero avuto bisogno di tutto l'appoggio possibile. Almeno questo sarebbe stato ciò che avrebbe voluto lei.
<< Sono contenta che tu abbia trovato delle amiche, tesoro, ma... >>
Lo sguardo ceruleo della donna vagò a sondare gli studenti maschi presenti nell'atrio. Erano tutti esseri umani poiché i vampiri erano ancora in procinto di prepararsi.
<< Oh no, ci siamo! >>
Simon rise e Dylan si portò una mano sugli occhi, scuotendo la testa.
<< Cosa? Che c'è? >>
Daphne guardò i fratelli senza capire e i due si piazzarono ai suoi lati, passandole le braccia sulle spalle.
<< Beh, non ci arrivi? >>
Domandò Simon cogliendola di sorpresa. 
<< E' da una settimana che non fa altro che domandarci se, per caso, ci avessi detto che avevi conosciuto qualcuno di interessante qui dentro. >>
Completò Dylan sghignazzando.
Daphne, d'altro canto, si sfilò dall'abbraccio dei fratelli e lì guardò senza capire. Certo che aveva conosciuto qualcuno di interessante, in effetti voleva presentare alla sua famiglia sia Rebecca che Anne e... oh.
Sua madre voleva sapere se si stesse vedendo con qualcuno.
E lei avrebbe dovuto rispondere di sì, in fondo si trattava solo di un vampiro.
Fu sul punto di rispondere, con palpitazione crescente, quando vide sua madre allungare una mano verso l'alto e salutare animatamente qualcuno.
<< Mamma, cosa stai... >>
<< Amber, santo cielo, ciao! >>
Amber era sua madre. E la donna che le si era avvicinata era una vecchia amica di famiglia, trasferitasi in un altro Stato subito dopo la morte del padre di Daphne.
E cosa diavolo ci faceva in quell'istituto?
<< Myriam, non posso crederci! >>
Le due donne si strinsero in un abbraccio sincero e non smisero di parlare fino a quando non si accorsero di Daphne e dei suoi fratelli, tutti e tre con un'espressione confusa in volto.
<< Ragazzi, ricordate Myriam? Veniva spesso a casa nostra prima che... >>
<< Prima dell'incidente. Certo. Come sta, signora? >>
Simon, il più diplomatico ed educato dei tre figli, prese la parola e strinse la mano alla donna che, con espressione raggiante, ricambiò il saluto.
Daphne e Dylan, invece, se ne stavano dietro di lui, accennando un saluto ai nuovi arrivati.
Daphne era impegnata a pensare che definire "incidente" quanto era capitato a suo padre fosse un eufemismo, ma era anche a conoscenza del fatto che la sua famiglia non incolpasse i vampiri più di quanto non avrebbero incolpato un essere umano, a differenza di quello che aveva fatto lei fino a pochi giorni prima.
<< Tu devi essere Daphne. Santo cielo, quanto sei cresciuta! >>
Senza alcun preavviso la donna la strinse in un abbraccio e Daphne, con occhi sgranati e braccia rigide, si sforzò di essere gentile. Quanto meno a parole.
<< Ehm... grazie. E' bello rivederla. >>
La donna si staccò da lei in fretta e furia e i saluti passarono a suo marito, sua figlia e... Michael.
<< Non posso crederci. >>
La ragazza sussurrò quelle parole con lo sguardo rivolto al giovane, apparentemente non sorpreso quanto lei.
<< E così vi conoscete, magnifico! >>
<< Che splendida coincidenza: mia figlia e tuo figlio insieme in questo progetto. >>
<< Coincidenza? No, mia cara, questo deve essere destino! >>
Le due donne ridacchiarono tra loro e lanciarono ai due diretti interessati sguardi eloquenti.
Fantastico. Daphne era certa che quelle due stessero telepaticamente organizzando il matrimonio del secolo.
Fu allora che entrambe si allontanarono per parlare dei vecchi tempi e la ragazza rimase in compagnia dei due fratelli e di Michael, che parlò spezzando la tensione.
<< Quanto credi ci vorrà prima che mia madre mi costringa a chiederti di sposarmi? >>
Daphne cercò di ridere a quella battuta ma non ne fu in grado; al contrario, si irrigidì ulteriormente.
<< Ehi, stavo solo scherzando. >>
Michael fece per avvicinarsi a lei ma Daphne fece un passo indietro, costringendo il ragazzo a fermarsi e guardarla con la fronte aggrottata.
Le parole di Michael erano ancora fresche nella sua memoria e la sua presenza la metteva a disagio, non poteva negarlo.
E a peggiorare la situazione... 
<< Daphne, tutto bene? >>
Per un momento quella voce fu come un'ancora di salvezza per lei; si riscoprì pronta ad abbandonare quell'incontro e rifugiarsi insieme ad Elessar in qualche posto in cui stare da soli, bearsi del suo profumo e della sua presenza, delle sue carezze... e invece no.
<< Ehi >>
Daphne gli riservò un sorriso sincero, cosa che lo portò a non rimanere sulla difensiva. Elessar le si avvicinò e le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, soffermando la mano sul suo collo.
<< Scusa il ritardo, ma Gabriel aveva monopolizzato il bagno. >>
La ragazza ridacchiò a quelle parole, poi rimase in silenzio a guardarlo.
Dylan e Simon, che osservavano la scena con una certa curiosità, rimasero in silenzio, a differenza di Michael che, invece, si fece avanti, allungando una mano verso il vampiro.
<< Tu devi essere Elessar, se non erro. Mi chiamo Michael. >>
Elessar distolse riluttante lo sguardo da Daphne, portando la propria attenzione sul ragazzo che gli aveva appena rivolto la parola. Dopo un attimo di esitazione - in cui Daphne fu certa che il vampiro avesse riconosciuto Michael - gli strinse la mano e sorrise, educatamente.
<< Piacere di conoscerti, Michael. >>
Daphne, a dire il vero, di piacevole vedeva poco o niente in quella circostanza.
<< Sei amico di Daphne? >>
Quella domanda non venne pronunciata da colui che, tra i due, avrebbe avuto il diritto di darle voce, ma da Michael. Daphne fece per rispondere ma Elessar la precedette.
<< No, sono il suo ragazzo. >>
E quello fu lo scoop del secolo. Michael rimase impassibile, ma Simon sgranò gli occhi e Dylan fece uno strano verso di sorpresa. Poi la signora Moore parlò.
<< Come hai detto, prego? >>
Evidentemente doveva essere tornata prima che la ragazza se ne rendesse conto. In ogni caso non c'era cattiveria nel suo tono di voce, solo incredulità.
Elessar, d'altro canto, rimase perfettamente calmo. E, nonostante la frustrazione che Daphne provò nel vedersi spiattellata così come stavano le cose, ammirò la sua tenacia.
<< Mi scusi, temo di non essermi presentato. Mi chiamo Elessar e sono il ragazzo... il vampiro che frequenta sua figlia. >>
Fu evidente il suo tentativo di mettere in chiaro le cose. Daphne avrebbe potuto apprezzarlo ma non lo fece fino in fondo. Sua madre, d'altra parte, assimilò con calma le parole e, dopo qualche attimo, allungò la mano verso quella di Elessar.
<< Oh, io... ti prego di scusare me e i miei figli, ma non abbiamo mai avuto molto a che fare con i vampiri e averne uno qui che... insomma, sì, che esce con mia... >>
<< Capisco perfettamente, non c'è nulla di cui debba scusarsi. >>
La donna rimase piacevolmente colpita dalla compostezza di Elessar e non poté fare a meno di sorridergli raggiante. Daphne sapeva già cosa le avrebbe detto una volta fuori dalla portata d'orecchio del vampiro, e i suoi commenti si sarebbero soffermati sulla bellezza e la raffinatezza del suo ragazzo. Un ragazzo vampiro.
Forse il matrimonio con Michael poteva passare in secondo piano. Forse.
Elessar domandò alla donna il permesso di potersi allontanare con Daphne per un momento, mentre Dylan e Simon non facevano altro che lanciarle occhiate divertite e Michael... beh, Michael era sparito. Daphne non fece in tempo a sentire la risposta di sua madre - che sarebbe stata sicuramente affermativa - che un vociare concitato li avvolse e, non appena la ragazza alzò lo sguardo in direzione della scalinata centrale, ne comprese il motivo: Gabriel ed Anne erano arrivati, mano nella mano, sguardo fiero e determinato.
Ed erano bellissimi.
 
*
 
Anne attendeva quel momento da settimane. Erano giorni, in effetti, che non faceva altro che immaginare di riabbracciare i suoi genitori e non potè fare a meno, in quel momento, di cercarli tra la folla.
Alla fine lei e Gabriel si erano decisi a dare inizio allo spettacolo e avevano percorso la scalinata fino a quando - come si erano aspettati - tutti i presenti non avevano smesso di svolgere le rispettive occupazioni per osservare loro.
Un vampiro e un'umana mano nella mano. Insieme. Era un evento più unico che raro.
Nonostante l'ansia che l'aveva assalita in quei lunghi attimi, Anne era rimasta al fianco di Gabriel per tutto il tempo, mentre la stretta di lui attorno alla sua mano si faceva sempre più forte.
Il vociare di poco prima venne sostituito da un silenzio interminabile e, a quel punto, Anne pensò di rifugiarsi in qualche posto sicuro e lontano da quella folla.
<< Ce ne avete messo di tempo. >>
Lo sguardo di Anne venne attirato da Daphne che, insieme a Elessar e Rebecca, si faceva strada fino ad arrivare al suo fianco. Tutti e tre sorridevano ed era esplicita la forza che stavano cercando di infondere in quell'atto di coraggio. Perché, diciamocelo, non poteva essere definito altrimenti.
<< Che volete farci? Anne è dannatamente lenta a prepararsi. >>
Gabriel ridacchiò ma fu evidente quanto si sforzasse di sembrare sereno. Anne lo guardò per un momento, prima di rafforzare a sua volta la stretta delle loro mani.
Attorno a loro la gente continuava a fissarli, incuranti del fatto che alcuni di quegli studenti sostenessero il gesto appena palesato. Era vero che molti di loro credevano nell'integrazione, ma vederla realizzata era tutt'altra faccenda.
<< Ora si prenderanno anche le nostre ragazze. >>
Fu un commento che arrivò alle loro orecchie, e Gabriel si irrigidì.
<< Guardali, che scandalo. >>
Anne si sentì il cuore in gola e neppure i commenti dei tre ragazzi servirono a tranquillizzarla.
Fu in quel momento che le porte dell'accademia si spalancarono, dando l'accesso ad alcune delle famiglie di vampiri giunte per l'occasione.
<< Di bene in meglio. >>
Sussurrò Daphne al fianco di Anne e la mora non poté darle torto.
L'attenzione degli esseri umani si spostò sui nuovi arrivati e molti di loro non riuscirono a evitare di arretrare a quella vista. Quanto ai ragazzi, beh, si persero ad osservare quella ventina di vampiri che attraversava l'atrio e si fermava a metà di esso.
Erano stati in grado di creare un confine immaginario con gli umani persino all'interno di una stanza.
Quando anche l'attenzione dei vampiri fu attirata dalle mani di Gabriel ed Anne, strette in una morsa, una di loro avanzò di qualche passo, abbandonando il gruppo compatto.
Anne non ebbe bisogno di sapere chi fosse, non dopo aver notato la capigliatura corvina e gli occhi di ossidiana, uguali a quelli del vampiro che le stava di fianco.
<< Gabriel. >>
Sua madre. E non sembrava felice di quella assistere a quella presa di posizione.
<< Madre. >>
Il vampiro, tuttavia, non demordette. Rimase al fianco di Annabelle e non accennò ad abbandonare la presa su di lei.
A quel punto, mentre gli esseri umani commentavano sottovoce quella che pareva essere una sfida a entrambe le razze, i vampiri rimasero immobili e in silenzio, lanciando sguardi carichi di disprezzo o curiosità ai due giovani.
Anne, a quel punto, fu certa di non poter reggere quella tensione e fece per tornare nel dormitorio, quando una voce interruppe il borbottio degli umani e attirò l'attenzione dei vampiri.
<< Cielo, gente, rilassatevi. Con quelle facce austere non mi sorprende che gli umani ci considerino dei morti viventi. >>
Devon scese lentamente la scalinata seguito da Zafira, Julian e le vampire; Excess e Lucien lo precedevano.
<< Annabelle, sei davvero incantevole. >>
Lucien pronunciò quelle parole con un tono di voce talmente alto da far sì che tutti potessero sentire e si fermò davanti alla ragazza, esibendosi in un perfetto baciamano mentre le rivolgeva un occhiolino. Anne gli sorrise, grata, e Gabriel gli fece un cenno con la testa.
Un paio di ragazzi, tra le famiglie degli umani, ripresero a parlottare tra di loro e Devon, a quel punto, si rivolse direttamente ai due interessati.
<< Ehi, se aveste qualcosa da ridire sulla qui presente coppia, sappiate che mi trovereste perfettamente d'accordo. >>
Gabriel lanciò uno sguardo di fuoco a Devon e persino Anne non poté fare a meno di guardarlo con rancore. Così come tutti i loro amici.
Poi il vampiro riprese a parlare, sorridendo appena.
<< Ma se osate dire o fare qualcosa che dovesse offendere uno solo dei due, mi assicurerò di avervi per cena. E non intendo come ospiti. >>
A quelle parole gli umani ammutolirono, terrorizzati, mentre i vampiri lanciarono sguardi carichi di incredulità a Devon. I ventiquattro studenti, invece, scoppiarono a ridere.
Gabriel ed Anne si unirono alla risata collettiva e, quando finalmente tornarono a guardarsi, nei loro occhi lessero una consapevolezza reciproca: per la prima volta da quando il progetto aveva avuto inizio, lì, su quella scalinata, umani e vampiri si davano man forte a vicenda... e tutto per sostenere loro due.
 
L'incontro con le rispettive famiglie fu meno duro di quanto entrambi avessero pensato. I genitori di Anne accolsero Gabriel con un abbraccio e sua madre non fece altro che dire quanto fosse bello, attraente e gentile; suo padre fu un tantino più duro ma, alla fine, ammise che doveva trattarsi proprio di un bravo ragazzo, dato che Anne aveva deciso di stare con lui.
Quanto alla famiglia di Gabriel, la situazione non fu esattamente la stessa. Per una serie di circostanze si era presentata unicamente la madre, accompagnata dal fratello di mezzo, Raphael, che in quel momento aveva deciso di prendere una boccata d'aria. Evidentemente, pensò Anne, non aveva alcuna intenzione di incontrarla.
Quel pensiero la rese ancora più ostinata: non capiva perchè quella famiglia facesse tanti problemi a vederla con Gabriel, ma se quest'ultimo voleva stare con lei, allora avrebbe fatto di tutto per far sì che tra loro funzionasse. E si sarebbe presa anche una bella soddisfazione nell'andar contro i desideri di quella vampira.
La donna la guardava dall'alto in basso con sufficienza, senza però essere mai scortese. Al contrario, si rivelò pacata ed educata, a tratti persino gentile, invitandola ad essere indulgente con suo figlio visto il caratteraccio di quest'ultimo. Peccato che, se con le parole intendeva una cosa, il linguaggio del corpo dicesse l'esatto contrario.
Quando arrivò il momento della cena, Anne disse a Gabriel che sarebbe risalita un momento in dormitorio per prendere un coprispalle, in fondo l'aria di Dicembre iniziava a farsi sentire e il suo abito da cerimonia - quel famoso abito da cerimonia che all'inizio dell'anno aveva tanto denigrato - era senza maniche.
<< Vuoi che ti accompagni? >>
Anne gli disse di stare tranquillo e che si sarebbero riuniti dopo cena; il vampiro le lasciò un bacio in fronte ma, prima di lasciarla andare, si sfilò la cravatta e gliela porse.
<< Ti spiace portarmela su? Non riesco più a sopportarla. >>
L'espressione da cucciolo bastonato di Gabriel la fece ridere, ma afferrò la cravatta e si recò verso la scalinata dell'ingresso.
Il preside indirizzò tutti i presenti verso la sala da pranzo e lei, non attirando l'attenzione, salì al piano di sopra. Passò prima dal proprio dormitorio, recuperando un giacchetto, poi si avviò verso quello dei vampiri, con la testa altrove.
Non si aspettava certo che le cose sarebbero state facili, non con la famiglia di Gabriel che, diciamocelo, non amava gli esseri umani, ma almeno avrebbe gradito che la madre del vampiro tentasse di nascondere ciò che nutriva nei suoi confronti: un disgusto alquanto evidente.
Anne non aveva mai sofferto di insicurezza, francamente, ma doveva ammettere che quegli sguardi quasi derisori non l'avevano fatta sentire propriamente a suo agio. 
Tuttavia, si ritrovò a sorridere al pensiero che non a tutti era andata così male: Daphne era stata presentata alla famiglia di Elessar e i genitori del vampiro e i fratelli sembravano adorarla. Era stato così divertente notare l'imbarazzo di Daphne avvolta nell'abbraccio di quell'allegra famigliola. Ed Elessar, santo cielo, era raggiante.
Nel mentre era anche riuscita a conoscere le famiglie delle sue due amiche e, tutto sommato, la serata era ancora lunga, magari avrebbe finito per risultare simpatica anche a...
<< Certo, domani al tramonto. No, sta' tranquillo, ho sistemato tutto. >>
Il pensiero surreale che stava prendendo forma nella sua mente venne interrotto bruscamente da una voce proveniente dall'ufficio del guardiano dei vampiri. La porta era socchiusa. 
Anne non aveva alcuna intenzione di origliare e, quando si rese conto che quella voce apparteneva proprio a Selina, non vide l'ora di andarsene. Non ne conosceva il motivo, eppure quella vampira la metteva in soggezione.
<< Gabriel non ci sarà, te lo assicuro. Santo cielo, è solo un ragazzino e tu ne sei... >>
<< La mamma non ti ha insegnato che non si origliano le discussioni altrui? >>
Una voce calda e profonda la fece sussultare.
In verità sì, glielo aveva insegnato. Ma sentir pronunciare il nome di Gabriel l'aveva fatta fermare sul posto per qualche attimo di troppo. E, a quanto pareva, era stata colta in flagrante.
<< Io non stavo origliando. >>
Scusante un po' debole, senza dubbio.
Quando Anne si voltò verso colui che aveva parlato, scoprì che non era solo la voce di quel tizio ad ammaliarla, ma tutta la sua figura.
La carnagione diafana creava un netto contrasto con i capelli corvini, mossi e lunghi fino alle spalle, un accenno di barba ispida fungeva da contorno a labbra sottili e gli occhi scarlatti - che la fecero sussultare - brillavano alla tenue luce delle torce.
Il ragazzo che aveva davanti - sicuramente un vampiro - incrociò le braccia al petto e la osservò con sguardo apparentemente annoiato.
<< Ah no? E come chiameresti lo stare in piedi di fronte a una porta socchiusa? >>
Anne si sentiva profondamente in imbarazzo, non poteva negarlo. Eppure non demordette. D'altro canto, l'ostilità e la sfrontatezza del tizio non facevano altro che darle maggior forza.
<< Stare in piedi di fronte a una porta socchiusa. >>
Anne si strinse nelle spalle. Il ragazzo inarcò un sopracciglio, per niente convinto. Poi si soffermò a studiarla attentamente, ed Anne si sentì nuda sotto quello sguardo invadente.
<< Non troppo sveglia, a quanto pare. Appena passabile in termini di bellezza e... neppure eccessivamente formosa. Cosa diavolo ci ha trovato in te? >>
Era evidente che parlasse di Gabriel, in fondo la loro entrata non era passata inosservata. Ma il fatto che quello sconosciuto l'avesse giudicata nel giro di un paio di secondi e avesse persino avuto il coraggio di rivolgersi a lei in quella maniera...
<< Fammi indovinare: adesso dovrei chiudermi in camera mia a piangere fino a disidratarmi. E magari tornare a pensare che voi vampiri siate bestie brutte e cattive, dico bene? >>
Il vampiro, quella volta, inarcò entrambe le sopracciglia e dopo lo stupore iniziale sorrise mestamente. Negli occhi uno sguardo furtivo.
Anne deglutì e lui non si era praticamente mosso.
<< Sul "brutti" devo darti torto: siamo belli da mozzare il fiato, soprattutto io. Quanto al "cattivi", beh... >>
Il vampiro fece qualche passo in avanti e costrinse Anne ad arretrare, fino a sbattere contro la porta del dormitorio.
Lo sguardo del ragazzo - che a occhio e croce doveva avere almeno cinque o sei anni più di lei - catturò il suo ed Anne si perse in quelle iridi nere come la pece.
Che strano, eppure avrebbe giurato che fino a poco prima fossero rosse. Evidentemente la luce delle torce giocava brutti scherzi.
<< Non  vorrei farti scoprire quanto tu possa aver ragione a riguardo. >>
Anne deglutì a fatica e si appiattì contro la porta. Quel tipo le metteva i brividi, ma non voleva dargli la soddisfazione di vederla crollare.
Fu così che riprese il controllo di sé e gli rispose a tono.
<< Tu prova a toccarmi e ti assicuro che il fatto che io abbia ragione sarà l'ultimo dei tuoi problemi. >>
E, in quel frangente, non aveva torto: se le avesse fatto del male in quell'istituto, sarebbero stati guai seri per il bell'imbusto.
A quanto pareva Anne aveva fatto breccia nel vampiro che, con espressione delusa, si allontanò da lei, poggiando una mano sulla maniglia della porta dell'ufficio di Selina.
Si voltò a guardarla un'ultima volta ed Anne sentì un fremito correrle lungo la schiena.
<< Gira a largo, ragazzina. >>
E, dopo quell'avvertimento, il vampiro scomparve nell'ufficio della guardiana, sottraendosi alla vista della ragazza.
 
*
 
La serata trascorse nel più piacevole dei modi e ad eccezione di Anne, che a un certo punto si era rivelata più pensierosa del previsto, Daphne non poté lamentarsene. Non considerando l'uscita di Elessar di fronte a sua madre, ovvio.
Ma certo, in fondo perché attendere che fosse lei a dare la notizia ai suoi? La verità, però, era un'altra. E anche se non voleva ammetterlo con chi le stava attorno, avrebbe dovuto almeno avere il coraggio di farlo con se stessa: aveva paura. La privacy c'entrava poco in quel frangente, il fatto che Elessar avesse dato voce a quella che era la realtà dei fatti, invece, era il vero problema di Daphne.
Stava con un vampiro. Lo aveva accettato e doveva imparare a conviverci. E le stava bene, in fondo le piaceva davvero Elessar e aveva provato ad allontanarsi da lui, a rinnegare quel che sentiva quando gli stava vicino o quando non lo vedeva, eppure tutto questo ancora non le bastava.
Quando sua madre e i suoi fratelli la salutarono, Daphne faticò a trattenere le lacrime per quella donna che, invece, non riuscì a mantenere il suo autocontrollo; li seguì con lo sguardo fino a quando non li vide sparire oltre il portone di ingresso, quando questo si chiuse alle loro spalle.
Rebecca ed Anne erano andate via da un pezzo e lei decise di tornare in dormitorio, in fondo Elessar aveva ancora da fare con la propria famiglia.
Santo cielo, pensò mentre saliva le scale e svoltava sulla destra, la famiglia di Elessar le era davvero piaciuta. I suoi componenti non avevano nulla di spaventoso o criptico, come la maggior parte dei vampiri presenti quella sera, al contrario: erano stati gentili con lei ed entusiasti non appena Elessar aveva fatto le presentazioni. Almeno per quella volta il vampiro aveva evitato di definirla la sua ragazza.
Quel flusso di pensieri venne interrotto quando ormai si trovava a pochi passi dalla porta che l'avrebbe condotta in dormitorio, precisamente da una voce che aveva iniziato a riconoscere senza problemi in quegli ultimi tempi.
<< Credevo ti accompagnasse per darti il bacio della buonanotte. >>
Daphne non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi si trattasse, ma lo fece comunque per rivolgersi direttamente all'interessato.
<< Di che stai parlando? >>
La stanchezza era palese nel suo tono di voce e, per quanto Michael potesse starle simpatico, quella sera aveva socializzato abbastanza; in quel momento voleva solo andare a dormire.
Il ragazzo, invece, sorrise di sbieco e si infilò le mani nelle tasche dei jeans, avvicinandosi ulteriormente a lei.
<< Del tuo ragazzo. Si è definito usando questo termine, giusto? >>
D'accordo, la provocazione era piuttosto esplicita e questo portò Daphne a chiudere gli occhi per un momento e sospirare, le mani a massaggiare delicatamente le tempie.
<< Senti, non ho voglia di parlare con te di quanto è successo questa sera, d'accordo? Sono affari che non ti riguardano. >>
E, per quanto potesse essere stata maleducata, non si pentì di aver usato quei toni. Non aveva dimenticato le parole di Michael della settimana precedente e di certo non aveva alcuna intenzione di affrontare con lui i suoi problemi con Elessar.
Che quel ragazzo non avesse speranza con lei - per quanto fosse attraente - era un dato di fatto.
<< Relativamente, Daphne. Relativamente. >>
A quel punto Michael annullò la distanza tra loro ma Daphne non si scompose, non arretrò. Se quel tipo aveva voglia di farle delle avances, beh, aveva trovato pane per i suoi denti.
<< Hai già dimenticato cosa ti ho detto sabato scorso? >>
Daphne lo guardò dritto negli occhi e rispose senza tentennamenti.
<< No. Ma a quanto pare tu hai dimenticato quello che ti ho detto io. >>
Lui sorrise.
<< Affatto. Ma mi piacciono le sfide, e la tua evidentemente lo era. >>
<< Perché voi uomini credete sempre che se una donna vi resiste lo fa solo per spingervi a dare di più? Come disse la cara Elizabeth Bennet, mio caro signore, non ho alcun interesse nel tormentare il vostro animo con falsi rifiuti o vili inganni. >>
Beh, le parole non erano proprio quelle della protagonista di Orgoglio e Pregiudizio, ma il concetto era stato ben definito.
<< Io credo semplicemente che sarai mia. >>
E, a quel punto, Daphne perse la pazienza.
<< Senti tu, non so chi ti creda di essere, ma ti assicuro che non ho alcuna intenzione di uscire con te, né ora né mai. E per quanto mi riguarda, le nostre madri possono tranquillamente dare... >>
E poi lui si chinò per baciarla, interrompendola improvvisamente.
Daphne non fece in tempo a reagire, non ne ebbe materialmente la possibilità poiché, un attimo dopo l'inizio di quel bacio, Michael fu scaraventato contro la porta del dormitorio.
<< Non provarci mai più. Sono stato chiaro? >>
Elessar si ergeva in tutta la sua potenza a pochi centimetri da Michael, trattenendolo per il collo e impedendogli quasi di respirare.
No, levate il "quasi", Michael faceva fatica a prendere aria. 
<< Elessar! >>
Il grido di Daphne servì a poco, poiché il vampiro non aveva alcuna intenzione di allentare la stretta.
<< Non credo di averti sentito, puoi ripetere? >>
Quella domanda era del tutto superflua, era chiaro. Michael lo intuì e, per quanto la mano di Elessar glielo permise, annuì, stramazzando al suolo quando il vampiro lo lasciò.
Daphne, sconvolta, spostava lo sguardo dall'uno all'altro senza proferir parola, ma non fece in tempo ad avvicinarsi a Michael che, non appena si rimise in piedi, entrò in dormitorio.
Elessar, d'altro canto, non gli tolse lo sguardo di dosso fino a quando non lo vide chiudersi la porta alle spalle. Era livido di rabbia.
<< Cosa diavolo ti è preso, si può sapere? >>
E lei, d'altra parte, era furiosa con lui.
<< Tu che dici? >>
Elessar si voltò verso di lei e le riservò uno sguardo di fuoco. Daphne per poco non ebbe timore. Non lo aveva mai visto così arrabbiato da quando lo conosceva.
<< Non è successo niente, stavamo soltanto... >>
<< Parlando? Beh, la prossima volta potresti almeno cercare di mantenere una distanza di sicurezza, non trovi? >>
<< Non dirmi quello che devo o non devo fare! >>
A quel punto Elessar si portò una mano tra i capelli e sospirò, esausto.
<< Si può sapere qual è il tuo problema? Sei stata fredda per tutta la serata e quando vengo qui per darti la buonanotte ti trovo a baciare quell'idiota! >>
<< Ti ho già detto che non significa niente, è stato lui a baciarmi! In ogni caso è colpa tua, tu... ecco... >>
Daphne si interruppe e abbassò lo sguardo, non sapendo bene cosa dire. Forse non avrebbe dovuto parlarne. Elessar, d'altra parte, inarcò un sopracciglio in attesa che la ragazza continuasse.
<< Non avevi il diritto di dire a mia madre che stiamo insieme. >>
E alla fine lo aveva fatto. Lo aveva detto. E il sopracciglio di Elessar raggiunse vette incredibili.
<< Come, scusa? >>
<< Hai capito bene. Non avevi alcun diritto di dire... >>
<< La verità? E' questo che non potevo dire? Non pensavo fosse un segreto, sai? O forse credevi che tutto quel mio discorso di sabato non includesse il fatto che volessi stare seriamente con te? Credevi scherzassi, che mi stessi prendendo gioco di te e ti stessi proponendo una storia di una notte? >>
Daphne rimase in silenzio, consapevole di non poter avere ragione, quella volta.
Poi Elessar riprese a parlare.
<< Che cosa devo fare per farti capire che sto facendo sul serio? Perchè non capisci che per me sei... che io... >>
Daphne sollevò nuovamente lo sguardo e rimase in attesa. Improvvisamente voleva sentirsi dire cosa lei significasse per lui, voleva sapere quali parole avrebbero seguito quell'"io"... ma quelle stesse parole non arrivarono.
Elessar si passò una mano sugli occhi e scosse la testa. E Daphne comprese di avere esagerato. Quanta pazienza poteva avere quel vampiro con una come lei?
<< Sai che ti dico? Non ce la faccio più. Ci ho provato, Daphne, credimi, ci ho provato in tutti i modi ma tu non me lo rendi facile. Non ti fidi di me, hai paura di quello che potrebbe nascere tra noi e io ti ho dato tempo, ti ho dato dei mesi... ma ora basta. Sono stufo. >>
E qualcosa, dentro di lei, si ruppe. Fu così straziante che la costrinse a rimanere in silenzio, a guardarlo mentre la superava e andava via.
<< E' finita. >>
Furono le sue ultime parole, parole che avrebbero impedito a Daphne di chiudere occhio per tutta la notte.
 
*
 
<< Dove mi stai portando? >>
Erano giorni che pensava a come preparare il tutto: il luogo, il momento, le parole che avrebbe usato e il modo in cui l'avrebbe sfiorata. Era da tempo che voleva portarla nel suo rifugio, nel suo piccolo angolo di paradiso scoperto per caso.
<< Attenta al gradino. >>
Il giorno dell'incontro con le famiglie sarebbe stato ideale, in fondo le lezioni erano state annullate per i vampiri così come per gli umani e nessuno avrebbe dato loro retta dovendo accompagnare i genitori fuori dall'istituto.
Le aveva fatto promettere di aspettarlo in cima alle scale, al secondo piano, dove l'aveva raggiunta allo scoccare della mezzanotte.
L'espressione di Anne, quando lo vide arrivare con una pezzo di seta nera, fu impagabile e Gabriel faticò a trattenere le risate. La bendò e la prese per mano, guidandola verso il terzo piano e facendo attenzione che non inciampasse sulla soglia della porta che, settimane prima, aveva forzato.
Erano saliti lungo un'altra rampa di scale, più vecchia e malmessa di quelle che gli studenti percorrevano ogni giorno e ogni notte, ma abbastanza resistente da reggere il peso di entrambi.
Alla fine della rampa, un lucernario conduceva al tetto dell'enorme villa e, dopo essersi assicurato che Anne si issasse senza problemi, la fece sedere al proprio fianco.
<< Fa freddo... ma dove siamo? >>
Gabriel sorrise mentre le disfaceva il nodo della benda, permettendole di dare un'occhiata.
Non si perse neppure un attimo di quella reazione, i suoi occhi rimasero incantati dall'espressione di lei che dalla confusione lasciò spazio alla sorpresa e, infine, alla meraviglia.
<< Non ho mai visto niente di così... santo cielo, è bellissimo. >>
Gabriel non poté essere più d'accordo, seppur l'oggetto del suo interesse fosse lei.
Aveva pianificato tutto fin nei minimi particolari: dopo aver salutato sua madre e suo fratello era corso in dormitorio a prendere un paio di coperte e dei cuscini e, infine, aveva portato tutto sul tetto prima di incontrarsi con Anne. Aveva perfino un thermos di cioccolata calda.
Lì, di fronte ai loro occhi, si estendeva il parco che avvolgeva nel proprio cuore l'istituto, e più in là, oltre la distesa di alberi, le prime luci natalizie che adornavano le case e i locali del paese vicino.
L'atmosfera era magica, non poteva negarlo, ed Anne sembrava apprezzare.
<< Sarebbe carino se dicessi che nessun ragazzo ha mai fatto niente del genere per te. >>
Disse lui attirando la sua attenzione.
Lei, per tutta risposta, lo guardò sorridendo, inarcando un sopracciglio.
Gabriel non poté evitare di pensare che adorava quella sua aria da dura.
<< In effetti nessuno lo ha mai fatto. Erano un tantino più ligi di te alle regole. >>
Gabriel sorrise e si lasciò cadere sui cuscini con le mani dietro la nuca, intento ad osservare il cielo stellato.
<< Come hai fatto a trovare questo posto? >>
Domandò lei guardandolo da sopra la spalla.
<< Tralasciamo il come e passiamo al perché. Ho bisogno, delle volte, di starmene un po' da solo. >>
<< E' il tuo posto speciale, in pratica. >>
<< Già, il mio posto speciale. Ma ora che anche tu lo conosci, dovrò ucciderti. >>
Anne rise e Gabriel la afferrò per un braccio, attirandola a sé.
<< Dico sul serio! Questo posto non è abbastanza grande per tutti e due, uno di noi dovrà morire. >>
Naturalmente la stava prendendo in giro, ma quando la sentì irrigidirsi nel suo abbraccio comprese di aver esagerato, forse.
<< Non scherzare su certe cose. >>
Il tono in cui lo disse convinse Gabriel a smettere di giocare. Il vampiro le sollevò il mento con le dita, mentre con l'altra mano le accarezzava i capelli in gesti lenti e calibrati.
<< Ehi, stavo solo scherzando. Che ti prende? >>
Anne lo guardò per qualche attimo nel più completo silenzio e, quando Gabriel fu sul punto di convincersi che non avrebbe proferito parola, la ragazza parlò.
<< Non è niente di grave, una sciocchezza. Ho avuto un incubo di recente, in cui tu... insomma, ci stavamo baciando e sembrava tutto normale, ma poi... >>
<< Inizia a piacermi. Continua. >>
<< Poi morivi. Smettevi di respirare e io non potevo fare nulla per aiutarti e... alla fine hai smesso di muoverti, gli occhi vitrei e... e io... >>
Stava tremando. Gabriel afferrò una delle coperte e gliela avvolse attorno al corpo, stringendola maggiormente a sé. Eppure era certo che quei brividi non fossero causati dal freddo.
<< Va tutto bene, Anne, sono qui. Non mi succederà niente. >>
Non era mai stato un tipo superstizioso, tanto meno credeva a cose come l'oroscopo o le premonizioni. In qualunque altro momento avrebbe preso in giro Anne per aver pensato che quel sogno potesse voler dire qualcosa, ma vedendola così turbata tentò di tranquillizzarla.
<< Ehi, ricordi quando ci siamo incontrati in biblioteca, all'inizio dell'anno? >>
<< Intendi dire quando ti sei comportato da stronzo? >>
Gabriel fece una smorfia e, seppur non riuscisse a vedere il viso di Anne, la sentì ridere sul suo petto.
<< Vuoi dire quando ero ancora figo. Ammettilo, da quando sto con te mi sono rammollito. >>
Un po' era vero, doveva riconoscerlo. Prima di incontrare Anne non avrebbe mai creduto di poter cambiare tanto per una ragazza, per di più umana, eppure... insomma, le aveva perfino organizzato una scampagnata romantica sul tetto della scuola! Senza contare che stava andando contro i principi morali della propria famiglia per frequentarla. Non che gliene importasse più di tanto, ma in passato non lo avrebbe mai fatto.
<< E ti dispiace? >>
La domanda di Anne lo riportò con i piedi per terra e il vampiro prese ad accarezzarle la schiena.
<< No. Sono solo sorpreso. Tu mi hai cambiato, Anne, hai... frantumato qualcosa in me e lo hai ricostruito a tuo piacimento. >>
La ragazza portò le braccia a incrociarsi sul petto di Gabriel e poggiò il mento su di esse, in modo da poter guardare negli occhi il vampiro.
<< Sono felice che tu abbia cercato di uccidermi quel giorno, in biblioteca. >>
Gabriel non riuscì a trattenere una risata ed Anne gli sorrise di rimando, mentre entrambi ripensavano al giorno in cui tutto aveva avuto inizio.
<< Non avevo alcuna intenzione di farti del male, volevo solo spaventarti. >>
<< E ci sei riuscito. Sai che volevo andarmene da qui? >>
<< Scherzi? >>
La ragazza scosse il capo in segno di diniego.
<< Affatto. Poi però qualcosa è cambiato, e la paura è diventata determinazione. >>
<< Ecco la mia ragazza, ora ti riconosco. >>
<< C'è poco da scherzare, ti ho odiato davvero. >>
<< L'odio e l'amore sono il preludio e l'epilogo di un bacio. Non te l'hanno mai detto? >>
Continuarono a parlare e a ricordare i momenti trascorsi insieme per minuti interminabili e Gabriel non poté fare a meno di riconoscere che amava quella ragazza più di qualsiasi altra cosa al mondo. La sola idea di separarsi da lei gli spezzava il cuore, un cuore che non pensava neppure di possedere fino a pochi mesi prima.
Mentre Anne parlava, Gabriel, distrattamente, le accarezzò il viso, portandola a interrompersi.
La guardò con tale intensità che la ragazza quasi si preoccupò.
<< Va tutto bene? >>
Il vampiro si domandò se, potendo tornare indietro nel tempo, avrebbe mai scelto una strada diversa pur sapendo ciò a cui sarebbe andato incontro. Il vecchio Gabriel non avrebbe mai voluto incontrare Anne, ma lui... lui avrebbe rifatto quella scelta ancora e ancora, senza mai pentirsene.
Quella ragazza era tutto ciò che gli serviva per essere felice. 
Era tutto ciò che gli serviva per vivere.
<< Ti amo. >>
Glielo aveva già detto, ma in quel momento quelle due parole assunsero un significato del tutto nuovo. La prima dichiarazione era stata spinta dalla rabbia e dalla frustrazione - anche se non per questo si era rivelata meno veritiera -, ma quella... ci aveva riflettuto, aveva ponderato l'idea di vivere senza di lei, di lasciarla e dar credito a ciò che pensava sua madre.
E poi era arrivato alla conclusione che il suo unico desiderio fosse restare con lei, per sempre.
Un tantino frettoloso, dite? Probabile, ma la vita è troppo breve per preoccuparsi delle tempistiche, persino quella di un vampiro.
Anne, che la prima volta aveva reagito con stupore, in quella circostanza sorrise, abbassandosi per lasciare un lieve e dolce bacio sulle labbra del vampiro.
<< Ti amo. >>
E fu come se avesse raggiunto la meta più alta a cui un essere vivente avesse mai potuto aspirare. Altro che farfalle nello stomaco, Gabriel non si era mai sentito più vivo in vita sua e una morsa feroce all'addome lo costrinse a sussultare.
<< Dillo ancora. >>
Anne lo ripeté una volta, e un'altra volta ancora. Gabriel era certo che non si sarebbe mai stancato di sentirglielo dire e... beh, sì, stava diventando esageratamente melenso, lo riconosceva anche lui.
A quel punto afferrò Anne e ribaltò le posizioni, portandola sotto di sé e poggiandosi sui gomiti per non pesarle.
La guardò per un tempo che parve infinito; quegli occhi di ghiaccio erano lì, che lo fissavano e non lo avevano più abbandonato da quel lontano giorno di fine estate.
Si abbassò a baciarla, assaporando lentamente quelle labbra che per lui erano puro nettare, per poi staccarsi amaramente da lei e convincersi del fatto che avevano una vita davanti.
<< Promettimi una cosa. >>
Disse lei, nello sguardo ancora un'ombra di inquietudine.
<< Qualunque cosa. >>
Rispose lui.
<< Non lasciarmi mai. >>
Gabriel rimase in silenzio per pochi secondi, reputando impossibile l'eventualità di lasciarla. Sarebbe stato sempre con lei, qualunque cosa fosse accaduta, Anne lo avrebbe avuto al suo fianco per il resto della sua vita se solo avesse voluto.
Perchè lui l'amava.
<< Farò di meglio. >>
Perché lei era il suo mondo.
<< Sarò sempre con te. >>
Perché fino a quando fossero stati insieme, niente avrebbe più avuto importanza.
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Bene, ed eccomi qui con un giorno d'anticipo nella pubblicazione (piano piano sto a farmi perdonare :P).
Allora, che dire? Il prossimo capitolo sarà un BOOM, quindi ci tenevo a evidenziare alcune cose in particolare: il legame profondo che unisce Anne, Daphne e Rebecca (sappiamo che per le prime due è una cosa del tutto nuova e presto sapremo anche cosa ne pensa la rossa); l'unione che si sta creando tra i vampiri e gli umani presenti nell'istituto; la stima che tutti i vampiri nutrono nei confronti di Gabriel e, infine, i cambiamenti d'umore tipici delle ragazze in età adolescenziale (e in tutto il resto della nostra vita, ma sh).
Come al solito ringrazio tutti coloro che leggono e mando un abbraccio speciale e virtuale a chi recensisce; spero di trovare recensioni interessanti come quelle del capitolo precedente: amo quando mi fate domande ma ancor di più quando vi lanciate in supposizioni *-*
Dunque vi abbandono dicendovi che tra una settimana circa pubblicherò il capitolo che segnerà la conclusione della prima parte della storia... se riesco giuro di pubblicarlo anche prima <.<
Al prossimo capitolo!
 
-Fra

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Capitolo 13
*** Amori - I Parte ***


Angolino dell'autrice:
Questa volta non inserirò alcun commento a fine capitolo perchè, ahimè, non saprei davvero cosa aggiungere.
Daphne ed Elessar ci abbandoneranno in questo capitolo e la loro storia avrà qui un finale, bello o brutto che sia.
Anne e Gabriel, beh, avranno il loro da fare e, personalmente, non posso negare di aver amato tutti e quattro questi personaggi dall'inizio alla fine.
Godetevi il finale della prima parte (strutturato in due capitoli) e attendete l'inizio della seconda che, spero, arriverà tra qualche giorno <3

-Fra
 


"Non voglio perderlo". 
Quelle tre parole, forse troppo semplici e banali, le avevano impedito di chiudere occhio per tutta la notte.
Daphne, nonostante ci avesse tentato, non era riuscita a darla a bere alle due amiche che, con molto tatto, avevano deciso di non riprendere più l'argomento di Elessar, a meno che non fosse stata lei a volerlo.
Quella sera, appena finite le lezioni, Anne e Rebecca la precedettero verso i dormitori senza fare alcuna domanda, consapevoli che l'amica avesse bisogno di tempo per assimilare quanto era accaduto la sera prima con il vampiro dai capelli ramati. Lei, nel frattempo, credeva di dover riprendere in mano la propria vita e, con esattezza, quella strana e pazzesca ossessione che le impediva di essere felice con qualcuno che, fino a pochi mesi prima, aveva considerato una bestia, una minaccia, un assassino.
Si ritrovò a camminare senza una meta ben precisa, o così pensava, fino a quando non arrivò alle rive del lago che aveva fatto da sfondo all'incontro in cui aveva finalmente compreso di essere legata a Elessar più di quanto a lei stessa non piacesse ammettere.
La brezza quasi invernale la costrinse a stringersi le braccia attorno al corpo, massaggiando senza troppa foga o convinzione il tessuto del cappotto che, teoricamente, doveva servirle per proteggersi dal freddo.
I suoi occhi vagavano sulla lastra d'acqua su cui si rifletteva la luna, alta e non del tutto piena in una serata come quella. Erano quasi le sette e, da quel che ne sapeva lei, Elessar doveva essere già sveglio.
Chiuse gli occhi e sospirò, lasciando che il fiato si condensasse in una piccola e, subito dopo, inesistente nuvoletta, mentre la sua mente andava a ripercorrere quello che era accaduto la notte precedente; come aveva potuto permettere che Michael si avvicinasse tanto a lei da mettere a repentaglio la sua relazione con Elessar? Ma, soprattutto, era stato giusto, da parte del vampiro, reagire in quel modo? In fondo, cosa aveva fatto di male, lei? Aveva solo espresso la sua opinione circa la fretta dimostrata dal ragazzo nel dare a tutti i presenti la notizia della loro relazione.
In fondo, si conoscevano solo da tre mesi.
In fondo, lei era solo una stupida e sciocca ragazzina che non lo meritava affatto.
Con quella consapevolezza, Daphne non poté fare a meno di farsi forza, ripercorrendo un percorso fin troppo doloroso persino per lei. Prima di scendere in giardino aveva fatto una capatina in dormitorio e aveva recuperato il suo tesoro più grande, quello che portava sempre con sé ma che, fino ad allora, non aveva mai avuto il coraggio di tirare fuori dal cassetto dei ricordi.
Forse era giunto il momento.
Forse fu per questo che, quando una ciocca di capelli le andò davanti agli occhi e la infastidì, si mise una mano nella tasca del cappotto e, prendendosi il tempo necessario per dire addio a una parte della sua vita che l'aveva tormentata fino a quel momento, ne estrasse un piccolo e consunto berretto da baseball, sfilacciato ai bordi e con una macchia indelebile sulla visiera che non ricordava neppure come si era procurata.
Il berretto che le aveva regalato suo padre molti anni prima, il suo unico, vero tesoro.
Lo indossò con le mani che tremavano e gli occhi lucidi di lacrime che erano sempre appartenute al ricordo del suo vecchio papà, colui che la vedeva come una principessa nell'animo e la chiamava "campione".
Aveva sempre pensato che fosse stato lui a soffrire di più per quello che gli era accaduto ma, a rifletterci meglio, Daphne non poté non pensare che, forse, essere ucciso era stato il male minore per lui; se una cosa simile fosse capitata a un qualunque altro membro della famiglia, cosa sarebbe successo a suo padre? Si sarebbe roso nel dolore, arso nella vendetta o avrebbe accettato la cosa come segno del destino? Daphne non poteva saperlo, ma di una cosa era certa: quando qualcuno che amiamo ci abbandona per sempre, a lui basta un attimo per rendersene conto, a noi una vita intera non sembrerà mai abbastanza per superarne la perdita.
Con il berretto finalmente in testa, la bruna notò quanto ormai le andasse stretto. Tuttavia, non se lo tolse, rimase a osservare l'orizzonte con le mani in tasca e le lacrime che, silenziose, le rigavano il volto.
Cosa avrebbe detto suo padre di Elessar? Come minimo lo avrebbe trovato affascinante, terribilmente educato e avrebbe avuto qualcosa da ridire contro quelle arie da uomo d'altri tempi che, in realtà, facevano parte di lui. Ma non avrebbe fatto alcun accenno sulla natura del ragazzo, lo avrebbe massacrato di domande e raccomandazioni così come avrebbe fatto con un qualunque essere umano.
E, soprattutto, dopo il primo incontro, l'avrebbe presa da parte e con un'espressione dannatamente seria - tipica solo dei momenti importanti - le avrebbe posto un'unica, importantissima ed essenziale domanda: ti rende felice?
Perché era così, suo padre, metteva lei prima si qualsiasi cosa. Lei e la sua felicità. 
E quando Daphne avesse risposto di sì, suo padre avrebbe sorriso e l'avrebbe stretta tra le braccia, dicendole che, a dire il vero, Elessar sembrava davvero un ragazzo in regola.
Perché a lui non erano mai importate le differenze tra umani e vampiri, a lui non importava che la sua principessa indossasse un vecchio e logoro berretto da baseball o un abito da cerimonia, per lui le apparenze non erano mai state importanti quanto ciò che si ha nel cuore.
E Daphne, dopo anni e anni, si rese finalmente conto che suo padre non avrebbe mai voluto vederla rodersi nel rancore per una morte accidentale che, sì, avrebbe cambiato la sua vita, ma le avrebbe anche fatto capire di godersi ogni giorno, ogni attimo, perché sarebbe potuto essere l'ultimo.
E la vita era troppo bella, nonostante tutto, per lasciarsela scivolare via dalle mani con tanta passività.
<< Non pensavo di trovarti qui. >>

<< Vuoi smetterla di farmi sempre la stessa domanda? Ho detto che non voglio parlarne! >>
<< SHH! >>
Michael si mise a sedere, guardandosi attorno con aria piuttosto imbarazzata. Rebecca, che gli sedeva di fronte al di là del lungo e massiccio tavolo di legno, non poté fare a meno di sghignazzare. La biblioteca non era il posto più adatto per mettersi a urlare ma, se Michael aveva tali tendenze, chi era lei per fermarlo?
<< D'accordo, d'accordo, farò finta che l'incontro con Elessar di ieri sera non ti abbia turbato più del dovuto. >>
Ebbene sì, tutti, all'interno dell'istituto, erano venuti a sapere del triangolo amoroso costituito da Daphne, la bella umana, Elessar, l'affascinante vampiro, e Michael, il guastafeste.
Non che Rebecca lo odiasse, no, figuriamoci, lei non odiava nessuno! Eppure, a onor del vero, non poteva fare a meno di pensare che quel ragazzo avrebbe dovuto rispettare i sentimenti della coppia e mettersi da parte. 
E poi, diciamocelo, alla rossa piaceva moltissimo Elessar. Rebecca era davvero affezionata a Daphne e ciò che le stava più a cuore era la felicità dell'amica, un'amica che aveva iniziato a sorridere e assumere un'aria trasognata proprio quando aveva conosciuto il vampiro dai capelli ramati.
Con un sospiro e chiudendo il tomo che aveva davanti, Rebecca poggiò il mento sulla mano destra e si mise a scrutare il cielo, ormai privo di luce, al di là della finestra.
Chissà se quei due sarebbero riusciti ad appianare le proprie divergenze. Lei era convinta di sì, assolutamente, ma era pur vero che fosse dannatamente ottimista e positiva.
<< Ehi, non pensavo facessero sul serio. Daphne mi piace, ovviamente, ma se avessi saputo che quel vampiro mi avrebbe ucciso se mi fossi avvicinato a lei... >>
<< Cuor di leone, non c'è che dire. >>
Rebecca ridacchiò nuovamente e la bibliotecaria, passando di fianco al loro tavolo, le fece cenno di fare silenzio, con quell'aria burbera e imbronciata che alla rossa proprio non piaceva. 
"Un sorriso al giorno leva il medico di torno" affermava sempre con gran convinzione.
<< Dico solo che non avresti dovuto metter loro i bastoni tra le ruote. >>
Michael le scoccò un'occhiataccia e la ragazza si morse il labbro per evitare di continuare a parlare.
<< Se sono così pazzamente innamorati non si lasceranno certo per causa mia, non credi? >>
E a quel punto, la rossa non poté che dargli ragione.
Evidentemente c'era sotto qualcos'altro, cose che nessuno dei due diretti interessati si sentiva di svelare al mondo e andava bene così; Rebecca non poteva fare a meno di sperare che la situazione si sistemasse, in fondo Daphne era riuscita a trovare il grande amore, quello vero, cosa che non capitava a tutti. Anzi, per quanto potesse essere positiva, Rebecca era certa di non riuscire ad essere tanto fortunata nella sua vita.
Ma andava bene così.
<< Io credo semplicemente che se non chiudi quella boccaccia potrei decidere di strappartela via a morsi. E poi ti ucciderei. >>
Rebecca scattò sulla sedia e rivolse lo sguardo in direzione dei due vampiri appena giunti al loro tavolo: Lucien la osservava con fare tranquillo e un sorriso dipinto sul volto gentile e quasi assonnato; Excess, che aveva appena proferito parola, se ne stava poggiato contro la libreria a braccia conserte, gli occhi blu a scrutare con attenzione il volto della ragazza.
<< Via via, Ex, non essere scortese. >>
Lucien prese la parola e si rivolse prima a Rebecca, facendole l'occhiolino, poi a Michael, su cui soffermò lo sguardo un attimo di troppo.
Il ragazzo, ancora evidentemente scosso dall'incontro della sera prima con Elessar, osservò la scena con i muscoli tesi e uno sguardo d'odio in direzione dei due vampiri.
<< Lucien, Excess, buonasera. Come mai da queste parti? >>
Rebecca si rivelò un po' troppo formale, cosa che in genere avrebbe fatto sorridere Lucien e le avrebbe fatto ottenere la sua approvazione; ma in quel frangente il vampiro sembrava essere attratto da qualcosa di più interessante. Fu Excess che, resosi conto della distrazione del fratello, riprese a parlare. 
<< La prossima settimana abbiamo il compito di anatomia umana e ci servirebbe qualche libro per... oh, ora che ci penso, tu potresti farci da cavia. >>
Il vampiro sorrise in direzione di Rebecca lasciandole scorgere i canini appuntiti, su cui passò la lingua con fare lento e calcolato. Rebecca rabbrividì vistosamente, prima di dissimulare il disagio pizzicandosi il lobo dell'orecchio destro.
<< Io... ecco, non credo di... insomma... >>
<< Per l'amore del cielo, Ex, vuoi lasciarla in pace? Non è divertente. >>
Lucien, che improvvisamente sembrò riprendersi dallo stato di torpore in cui era momentaneamente caduto, si passò distrattamente le dita di una mano sulle labbra, soffermandosi nei punti in cui avrebbero dovuto trovarsi i canini, in un moto di insofferenza.
Excess, in risposta al rimprovero del fratello, si strinse nelle spalle e puntò gli occhi al soffitto, evidentemente annoiato dalla piega degli eventi.
<< Posso chiedervi se sapete dove sia Elessar? >>
La domanda che le uscì dalle labbra colse alla sprovvista tutti i presenti e la cosa la fece arrossire. Non era solita porre domande così poco velate, ma l'idea che il vampiro potesse aver abbandonato Daphne e non avesse intenzione di parlare con lei e chiarire il malinteso la faceva impazzire.
Lucien fu il primo a riscuotersi e le rispose con un sorriso accondiscendente e uno sguardo di intesa.
<< Non preoccuparti, sono certo che le tue paure siano del tutto infondate. >>
Per quanto apprezzasse Lucien, Rebecca era certa di non avergli svelato proprio nulla circa le proprie paure e i propri dubbi. Si diceva, in effetti, che i due fratelli vampiri godessero di doni eccezionali persino per la propria razza, e si vociferava che quello di Lucien fosse la lettura della mente. Ma, per quanto vera potesse essere l'insinuazione, era possibile che Rebecca fosse un libro aperto per chiunque, a maggior ragione per un essere intuitivo e sveglio come Lucien.
<< Andiamo, abbiamo ancora molte cose da fare prima che inizino le lezioni. >>
Excess richiamò l'attenzione del fratello e, dopo un'ultima occhiata a Rebecca, si voltò e si recò verso l'uscita della biblioteca.
<< Ti prego di scusarlo, solitamente non è scorbutico ma... beh, non così tanto. >>
Lucien sorrise alla ragazza che, prontamente, ricambiò, prima di notare nuovamente lo sguardo del vampiro soffermarsi su Michael.
<< Credo che qualcosa in te lo spinga a mettere in mostra il suo lato peggiore. >>
Seppur l'attenzione fosse attirata dall'umano, le parole di Lucien erano inequivocabilmente rivolte a Rebecca.
<< Ed è un male, immagino. >>
Domandò lei volgendo gli occhi laddove, poco prima, si trovava il vampiro dalla pelle scura e i capelli corvini.
<< Non necessariamente. >>
Lucien si riscosse per l'ennesima volta e, con un cenno di saluto e un sorriso, si incamminò elegantemente verso l'uscita della biblioteca.
Rebecca sentì Michael ricadere pesantemente sulla sedia, ma lei non riuscì a distogliere lo sguardo dal vampiro dai capelli color platino.
<< Bleh, vampiri. >>
Disse Michael, prima che la bibliotecaria spuntasse nuovamente tra gli scaffali, facendolo sobbalzare. 
<< Sh! >>

Quando quella domanda la colse di sprovvista, Daphne si voltò in direzione di colui che le aveva dato voce, illuminandosi nel momento stesso in cui un viso conosciuto e terribilmente nostalgico le apparì di fronte.
<< Cosa ci fai qui? >>
Elessar a breve avrebbe cominciato le lezioni e non aveva senso, per lui, presentarsi a quell'ora in un posto che, per loro, aveva avuto un certo significato. Per lo meno, lo aveva avuto per lei.
Era stato lì, pochi metri più avanti, che Elessar l'aveva stretta tra le braccia e le aveva detto, per la prima volta, cosa provava per lei.
<< Volevo solo prendere una boccata d'aria. >>
Il vampiro, che evidentemente non pensava di trovarla lì, sembrò a disagio, sul punto di andarsene e lasciarla in completa solitudine.
Ma non l'avrebbe mai fatto. Per senso del dovere.
Fece qualche passo in avanti e si fermò al fianco di Daphne che, improvvisamente più serena, puntò nuovamente lo sguardo sull'orizzonte.
<< Vuoi che ti lasci sola? >>
Domandò lui senza neppure guardarla. Lei lo osservò con la coda dell'occhio.
<< No. Va bene così. >>
Piombarono in un silenzio che si protrasse per qualche minuto, quando Elessar fece un passo indietro e si preparò, probabilmente, a salutarla.
<< Vorrei parlarti. >>
Lo precedette lei, voltandosi finalmente a guardarlo.
<< Daphne, ti prego, non... >>
<< Per favore, lasciami parlare. Ti prometto che, se dopo non vorrai più vedermi, non ti cercherò oltre. >>
Daphne non seppe con esattezza cosa convinse Elessar ad accettare la sua proposta; forse la supplica che gli rivolse, gli occhi ancora lucidi per le lacrime di poco prima... no, fu quel berretto di cui tanto gli aveva parlato a convincerlo che, forse, se aveva avuto il coraggio di tirar fuori un ricordo così prezioso da un cassetto colmo di dolore, probabilmente sarebbe riuscita a dire ciò che lui sperava. O aveva sperato.
Elessar annuì e i suoi occhi, del colore dell'ametista, si puntarono in quelli ambrati di lei.
Daphne si sentì venir meno per un momento, non più certa di riuscire a fare quanto si era proposta.
Poi, decise di ascoltare ciò che le avrebbe detto suo padre. Avrebbe colto l'attimo e fatto di tutto per non perdere l'unica persona senza la quale sarebbe stato difficile andare avanti.
<< Mi dispiace. Credo che delle scuse siano d'obbligo per tutto quello che ti ho fatto passare. Sono stata insopportabile, me ne rendo conto, sempre così dannatamente indecisa e poco coerente. Riconosco quello che hai fatto per me e l'ho sempre apprezzato, credimi, ma la paura di legarmi a qualcuno che potrei perdere è qualcosa che non credo di poter superare per la seconda volta. >>
Elessar inarcò le sopracciglia e distolse lo sguardo, consapevole, forse, di ciò che un tempo Daphne gli avrebbe detto. 
Le mani in tasca e il piede che, nervosamente, batteva il tacco sul terreno, erano segnali evidenti del fatto che non gli piacesse la piega che stava prendendo la conversazione.
Poi, Daphne si sfilò il cappello e l'attenzione del vampiro fu di nuovo su di lei.
<< Ne ho passate tante nella mia vita e sono cambiata, radicalmente. Dopo la morte di mio padre non sono stata più la stessa, il sorriso luminoso che mi caratterizzava da sempre svanì, lasciando il posto a un'espressione insolitamente seria e imbronciata; la mia esuberanza venne sostituita dalla responsabilità e dalla maturità che una ragazzina non dovrebbe avere e la mia predisposizione a legarmi a qualcuno lasciò il posto al desiderio di solitudine e alla necessità di non soffrire ulteriormente. >>
La ragazza strinse le dita della mano attorno al berretto, ma i suoi occhi erano tutti per Elessar che, inaspettatamente, la osservava rapito.
<< Poi sono arrivata qui e ho conosciuto Anne e Rebecca. Due ragazze così diverse da me, con esperienze di vita totalmente differenti, eppure, così buone e sincere da riuscire a sciogliere un cuore di pietra come il mio, a ricordarmi quanto fosse bello lasciarsi amare da qualcuno e, soprattutto, fidarsi nuovamente di persone che avrebbero potuto rimanermi accanto per molto, moltissimo tempo. >>
Daphne abbassò lo sguardo, ma non smise di parlare.
<< Infine sei arrivato tu, quel vampiro buono che ha cercato di convincermi di non essere un assassino, quel ragazzo che è riuscito a penetrare oltre la dura scorza che mi ero costruita a fatica negli anni e distruggerla con facilità, giorno dopo giorno, parola dopo parola. Quella persona che, dopo anni in cui credevo di essermi persa per strada, è riuscita a farmi sentire nuovamente come un tempo, a riportare a galla un sorriso che mi mancava da morire. E allora ho capito di poter cedere a un amore che mi avrebbe fatto soffrire nuovamente e irrimediabilmente. >>
<< Daphne, io... >>
<< Quello che non avevo capito, però, è che preferisco aver vissuto con mio padre quei pochi anni di vita piuttosto che non averlo mai conosciuto. E, francamente, credo di poter dire con certezza che preferisco vivere questi attimi che ho a disposizione con te, piuttosto che perderti per paura e non ritrovarti mai più sul mio cammino. >>
A quel punto, quando Daphne sollevò il viso per osservare il vampiro negli occhi, Elessar si avvicinò a lei e le sfiorò la guancia con le dita di una mano, stranamente calde.
Era evidente che cercasse di trattenersi, voleva ascoltare tutto ciò che Daphne aveva da dire, ma moriva dalla voglia di baciarla come non aveva ancora fatto fino ad allora.
<< Quello che sto cercando di dirti è... beh... >>
<< Puoi farmelo capire in altri modi, se non riesci a dirlo. >>
La ragazza sorrise ed Elessar avvolse la sua vita con le braccia, attirandola a sé.
<< Dirti che mi sto innamorando di te dovrebbe essere la parte più... >>
Elessar non seppe mai come dovesse essere quella parte, perché sentire quelle parole fu abbastanza per convincerlo ad attirare Daphne a sé e assaggiare le sue labbra come da tempo immemore sognava di fare tutte le notti, senza alcuna eccezione.
Nessuno dei due ricorda esattamente come fecero ad arrivare nella camera da letto di Elessar, dove decisero tacitamente di conoscersi nel modo più intimo in cui due persone possano fare. Elessar fu dolce, paziente, la svestì con calma e la sfiorò con una predilezione che commosse Daphne; nessuno l'aveva mai toccata in quel modo, nessuno aveva mai mostrato tanta adorazione per lei.
E quando, finalmente, si unirono in una cosa sola, Elessar fece l'amore con lei come se fosse la loro prima e ultima volta, godendo appieno di quei momenti di felicità assoluta.
Ripeté il suo nome costantemente, dicendole che l'amava, assicurandole che fosse l'unica.
Poi, la mano di Daphne andò a sfiorare l'enorme cicatrice che sostava al centro del torace del vampiro ed Elessar si irrigidì.
Lei, sdraiata al suo fianco e coperta unicamente da un lenzuolo, si portò sopra di lui e abbassò il capo fino a sfiorare, delicatamente, la cicatrice con le labbra, lasciando su di essa una scia di baci dolci e rassicuranti.
<< Amo anche lei, sai? >>
Sussurrò passando con cura le dita su quel marchio indelebile.
Elessar la guardò a disagio, ma ciò non gli impedì di risponderle.
<< Potrebbero essercene altre, in futuro. >>
<< Allora, vorrà dire che le amerò tutte, una dopo l'altra, in un futuro che sarà solo nostro. >>
E, a quel punto, Elessar sorrise e invertì le posizioni, annidandosi tra le gambe di Daphne ed entrando nuovamente in lei, scontrandosi contro il suo corpo e guardandola negli occhi per tutto il tempo.
Dopo una vita di sofferenza e rinuncia, Daphne aveva finalmente capito che quel vampiro era tutto ciò che le serviva per tornare quella di un tempo. Elessar era la sua felicità, una felicità che, seppur momentanea, valeva la pena di essere vissuta.

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Capitolo 14
*** Amori - II Parte ***




Era in ritardo, era estremamente in ritardo.
No, non lei. Lui.
Annabelle attendeva Gabriel ai cancelli d'ingresso da quasi dieci minuti ormai, ma non potendo certo dare la colpa del ritardo al vampiro, optò per scaldare col fiato le mani infreddolite.
Aveva nevicato appena durante il giorno ma, in quel momento, di fiocchi di neve neppure la misera ombra.
Le dispiaceva. Ricordava l'ultima volta che aveva nevicato presso l'accademia, in realtà dubitava che avrebbe mai potuto dimenticarlo; era stato in quel giorno, in effetti, che lei e Gabriel si erano finalmente avvicinati l'uno all'altra, quando un gruppo di vampiri aveva minacciato di farle del male e Gabriel, incurante di essere ferito, li aveva affrontati uno ad uno, rischiando di morire dissanguato.
Per lei.
Era incredibile rendersi conto di quante volte lui le avesse dimostrato che erano fatti l'uno per l'altra, che dovevano stare insieme. E lei, invece, aveva fatto così poco.
Quel giorno, così come le aveva preannunciato Gabriel la sera prima, avrebbero avuto un normale appuntamento, poiché fino a quel momento si erano limitati a vedersi durante il cambio delle lezioni e a cena, non contando la scappatella della notte precedente e l'evento con i genitori di qualche ora prima.
Anne, però, non riusciva ad essere serena come avrebbe voluto: la vicenda di Daphne ed Elessar l'aveva colpita nel profondo e non poteva fare a meno di sperare che l'amica riuscisse ad appianare il litigio col vampiro, il quale sembrava profondamente innamorato della ragazza.
Anne, per quanto credesse come Rebecca che le cose si sarebbero indubbiamente risolte, non poteva fare a meno di stare in pensiero per Daphne.
Diede un altro sguardo all'orologio e, dopo aver notato che Gabriel era in ritardo di ben venti minuti, decise di andare a controllare che fosse tutto a posto; si erano incontrati fuori dal dormitorio del vampiro e sapevano di avere circa tre ore prima che le lezioni di quest'ultimo ricominciassero, ma quando Selina era uscita dall'ufficio e, con aria complice, aveva chiesto a Gabriel di unirsi a lei per qualche minuto e detto ad Anne di aspettarlo ai cancelli di ingresso, la ragazza non ebbe molto da replicare.
Fece per tornare verso l'istituto, quando un rumore di passi la fece fermare e voltare verso i cancelli.
<< Finalmente! Pensavo non arriv... >>
Ma non era Gabriel il ragazzo che la osservava con un ghigno perverso a deformargli le labbra. E non era Gabriel neppure quello alla sua sinistra o colui che chiudeva la fila.
Anne fece un passo indietro ma tentò di restare calma. In fondo, non era detto che dovesse ripetersi esattamente la scena accaduta settimane prima al villaggio.
Peccato che la volta precedente ci fosse Gabriel a proteggerla da eventuali malintenzionati.
<< Un bel bocconcino, non vi pare? Selina non è stata troppo generosa nelle descrizioni. >>
Selina.
Non appena Anne sentì quel nome si rilassò all'istante. Selina era la cugina di Gabriel e, per quanto potesse non starle particolarmente simpatica - non quanto Aaron, comunque -, la vampira non avrebbe permesso che le succedesse niente di male.
<< Selina è nel suo ufficio, se volete vado a chiamarla. >>
Tuttavia, quei tizi non avevano l'aria di gente per bene, e lei avrebbe volentieri evitato di rimanere più del dovuto in loro compagnia.
Il primo della fila scoppiò in una fragorosa risata e gli altri due lo seguirono a ruota. Anne, nel frattempo, approfittò della situazione per lanciare uno sguardo alle telecamere di sorveglianza dei cancelli: erano spente.
<< Oh, non disturbarti, non verrà nessuno a controllare che tu stia bene. Il tuo ragazzo è alle prese con la sua adorabile cugina. >>
A quel punto il sangue le si gelò nelle vene e le tornarono in mente le parole origliate dall'ufficio di Selina la sera prima: la vampira diceva a qualcuno di farsi trovare dopo il tramonto da qualche parte, quando Gabriel non ci sarebbe stato.
Non poteva crederci. Cosa stava a significare tutto ciò?
<< Se è uno scherzo, dateci un taglio. >>
Altro passo indietro.
Quei tre erano umani, d'accordo, ma questo non significava che non potessero nuocerle. E, come a confermare quel pensiero, il portavoce del gruppo sfilò dalla tasca dei pantaloni un coltello.
<< Che ne dici, dolcezza, diamo una spuntatina a quei capelli? >>
Il volto di Anne divenne cereo e gli occhi sgranati non si riempirono neppure di lacrime. Era terrorizzata, ma piangere non avrebbe di certo migliorato la situazione. Aveva bisogno di aiuto. Avrebbe potuto urlare o correre verso l'istituto, ma non era certa di riuscire a seminarli. 
La sua unica speranza era che Gabriel arrivasse da un momento all'altro e chiamasse aiuto.
Anne sentì qualcosa di freddo pungerle la punta del naso. 
Aveva ripreso a nevicare.

 
*

Erano giorni che non si sentiva al massimo delle proprie forze, con esattezza da quando Lucien aveva organizzato quella stramaledetta festa di compleanno e il suo meraviglioso dono si era manifestato per l'ennesima volta.
Solitamente le serviva del tempo per riprendersi, d'accordo, ma in quell'occasione la visione era stata così potente da sconvolgerla e turbarla per giorni.
Poi, a dirla tutta, la confessione a Devon e il totale disinteresse del ragazzo dopo la cruda verità, non le erano stati certo d'aiuto.
Ciò che più rimpiangeva, però, era il dover rimanere chiusa nel proprio dormitorio a subirsi le lamentele di Brittany. Ancora. E ancora.
Erano le sei e mezzo del pomeriggio e fuori era già buio. I vampiri erano tutti svegli all'interno del dormitorio e qualcuno aveva preferito fare una passeggiata serale prima dell'inizio delle lezioni. Qualcuno come Elessar, Gabriel e Devon. La loro stanza era, in effetti, vuota, a sentire Brittany.
Zafira si portò di fronte allo specchio e infilò il secondo orecchino, poi si dedicò alla collana. Gli occhi dalle iridi gialle scrutavano il proprio riflesso alla ricerca dei segni del suo deperimento. Aveva ancora pesanti occhiaia, la pelle aveva perso parte del pallore di quei giorni, ma l'ansia che lasciava trasparire il suo volto era abbastanza per capire che qualcosa non andasse in lei.
<< ... e io le ho detto di farmelo sapere, ma con quella memoria! >>
Qualcuno bussò alla porta e, con grande fortuna di Zafira, Brittany si interruppe per andare ad aprire.
<< Chi si vede, Devon! >>
Zafira, che aveva appena preso posto sul letto per infilarsi una scarpa, perse la presa su di essa facendola cadere sul pavimento e generando un gran tonfo. Gli occhi di Devon, Brittany e la terza vampira della stanza di cui ancora, dopo mesi, Zafira non ricordava il nome - tale Dorothy, se non sbagliava - si soffermarono su di lei.
Dopo qualche secondo di silenzio decisamente imbarazzante, Brittany si schiarì la voce e, con Dorothy al seguito, uscì dalla stanza, lasciando Zafira e Devon da soli.
Non cambiò molto. Zafira infilò la scarpa e si mise in piedi, incrociando le braccia sotto il seno e lanciando un'occhiataccia a Devon. 
Ma ancora silenzio. Fino a quando...
<< Come... >>
<< Che diavolo ci fai qui? >>
Inutile dire che il tentativo di Devon di partire col piede giusto fu bruscamente interrotto da Zafira che, carica di quella rabbia che l'aveva accecata per giorni nei confronti del vampiro, aveva finalmente l'occasione di scaricarsi.
<< Mi dispiace. >>
<< Non mi interessa. Hai fatto tanto per scoprire quale merda di dono mi fosse stato rifilato e, quando finalmente vieni a saperlo, sparisci? Dì un po', con chi diavolo credi di... >>
<< Ho sbagliato. Ti chiedo scusa. >>
Devon alzò la voce e riuscì a sovrastare quella di Zafira, la quale si zittì e lo lasciò continuare, seppur non esattamente secondo il proprio volere.
Devon la osservò con l'intento di capire se potesse continuare a parlare e, dopo l'alzata di sopracciglia della vampira, si affrettò a proseguire.
<< Non è facile stare vicino a chi conosce il giorno e l'ora della mia morte, probabilmente anche il modo in cui essa avverrà. >>
<< Credi che lo abbia voluto io? Pensi che non farei qualsiasi cosa per liberarmi di questa maledizione? >>
Perché, in fin dei conti, per lei era tutt'altro che un dono.
<< No, non credo che tu ne sia felice ma... dannazione, Zaf, è quello che sei! Come puoi pretendere che gli altri ti accettino se non sei la prima a farlo? >>
La fronte di Zafira si aggrottò e le sopracciglia corsero il rischio di arrivare fino all'attaccatura dei capelli.
<< Mi prendi in giro? Tu, che sei scappato via con la coda tra le gambe quando lo hai scoperto, vieni a farmi questo discorso? >>
<< Ho impiegato dei giorni a capirlo, d'accordo, ma ora sono qui! Non significa niente questo? >>
Zafira si era svegliata da poco, certo, eppure si sentiva più confusa del solito.
Percé Devon era andato a trovarla? Perché proprio in quel momento? E cosa sperava di ottenere dicendole cose che, alla fine dei conti, non avrebbero risolto niente?
Il vampiro, nel frattempo, colse il suo momento di confusione e le si avvicinò. Zafira non poté fare a meno di osservarlo e notare come, in tutto quel tempo, avesse imparato a riconoscere Devon per via del cappuccio di qualche felpa sollevato sulla capigliatura multicolore.
Le mani in tasca erano, in genere, un'altra caratteristica che lo differenziava da chiunque altro.
Ecco perché, nel notare che aveva un semplice maglione e nessun cappuccio e, naturalmente, le mani fuori dalle tasche dei pantaloni, Zafira non poté fare a meno di osservarlo meglio, studiare tutti quei dettagli che fino ad allora aveva dato per scontati.
<< Mi sono comportato da stronzo. >>
<< Puoi dirlo forte. >>
Devon ridacchiò a bassa voce e le sue mani cercarono quelle della vampira. Anche lei sorrise, abbassando lo sguardo prima di incontrare quello di lui.
<< Dovresti rassicurarmi invece che darmi corda. >>
<< Rinunciaci, credo che ti insulterò ancora per moltissimo tempo. >>
<< Posso portarti a letto, almeno? >>
Zafira sgranò gli occhi e fece per allontanarsi, ma Devon l'afferrò al volo e l'avvicinò a sé quanto bastò a scoccarle un breve ma intenso bacio sulle labbra.
Quei due erano fuori dal comune, senza alcun dubbio. Devon non era l'amore della sua vita e Zafira era alquanto convinta che non sarebbero durati poi molto insieme, ma lei era una di quelle che amava vivere il momento. Conoscere il futuro di chi ti sta attorno ti condanna a non poter vivere al fianco di nessuno, poiché saresti costretto a rammentare giorno dopo giorno il momento esatto della sua morte.
E fu mentre ricambiava il bacio di Devon che, in fretta come qualsiasi altra volta, una sequenza rapida e confusa di immagini prese il sopravvento nella sua mente. Voci che si sovrapponevano le une alle altre, una mano che impugnava una spada o... un pugnale, una lama che affettava l'aria circostante e urla di dolore. Gli occhi di una ragazza spalancati dal terrore e un fiotto di sangue che, di umano, non aveva nulla.
Quando Zafira riaprì gli occhi e urlò, si ritrovò seduta sul pavimento tra le braccia di Devon, che l'accarezzava cercando di tranquillizzarla.
<< E' ora... è ora! >>
<< Shh... va tutto bene, piccola, ci sono io qui... >>
Zafira fece per alzarsi ma Devon la trattenne.
<< Non capisci... tu non capisci... è una trappola! >>
A quel punto, Devon osservò Zafira con attenzione, come se la vedesse davvero per la prima volta.
Lei, d'altro canto, non aveva tempo di spiegare. Con il fiato corto ed enorme fatica, si alzò in piedi e si diresse fuori dal dormitorio, con Devon alle calcagna.
<< Zaf, dove stai andando? >>
Le urlò poco lontano.
Gabriel. Doveva trovare Gabriel e assicurarsi che non fosse con quell'umana.
Fece appena in tempo a uscire dal dormitorio che Gabriel fece capolino dall'ufficio di Selina e le rivolse un'occhiata gentile... prima di allarmarsi.
<< Gabriel! Grazie al cielo! >>
Gli si lanciò tra le braccia e il vampiro, che aveva già assistito Zafira durante una delle sue visioni, riconobbe subito i segnali.
Devon li raggiunse pochi secondi dopo e scambiò uno sguardo confuso con Gabriel.
Quest'ultimo, con calma e pazienza, fece staccare Zafira da sé e la osservò attentamente in volto.
<< Che cosa c'è? Cos'hai visto? >>
Zafira respirava a fatica e si reggeva a mala pena in piedi, cosa che spinse Devon a sorreggerla, allontanandola da Gabriel.
La vampira non era in grado di proferire neppure una parola e Devon rassicurò Gabriel dicendogli di non preoccuparsi e di raggiungere Anne.
Gabriel fu sul punto di annuire, ma non appena Zafira sentì pronunciare il nome della ragazza riprese a urlare e tentò di lanciarsi su Gabriel per impedirgli di allontanarsi.
A quel punto, il vampiro le rivolse un'occhiata terrorizzata e si avventò su di lei, afferrandola per le spalle e scuotendola con violenza.
<< Che le accadrà? E' lei, non è vero? E' Annabelle? Dimmi cos'hai visto! >>
<< Gabriel, dacci un taglio! Non vedi che è sconvolta? >>
Devon si frappose tra Gabriel e Zafira ma il vampiro non gli diede alcuna risposta; prese a correre verso la rampa di scala e pochi attimi dopo, quando non fu più in grado di vederlo, Zafira seppe di averlo perduto.

*

<< Non vogliamo farti niente di male, credimi. >>
Inutile dire che gli avvertimenti di quel tizio non fecero che allarmare solo più del dovuto una ragazza sull'orlo del pianto.
Anne non sapeva cosa fare, la sua unica speranza era Gabriel che tardava ad arrivare. I tre ragazzi se l'erano presa con calma fino a quel momento e lei aveva evitato mosse azzardate. Infine, quando due di loro si lanciarono su di lei e l'afferrarono per le braccia, iniziò a urlare.
<< Ti converrebbe abbassare la voce, non vorrei doverti tagliare la lingua. >>
Il terzo ragazzo, quello che stringeva in mano il coltello, le si avvicinò con circospezione, lanciando occhiate complici ai compari che, da quella posizione, si divertivano a osservare la scena.
<< Dimmi, ti diverti a frequentare un lurido succhia sangue? >>
Anne, che sapeva di non poter risolvere nulla urlando a squarciagola, tentò di recuperare un briciolo di lucidità. Prendere tempo sarebbe stata la cosa più saggia da fare e Gabriel sarebbe arrivato a momenti. Decise di optare per una bella chiacchierata.
<< Perché? Perché state facendo questo? Non vi conosco nemmeno! >>
Il ragazzo di fronte a lei si fermò e le rivolse un'occhiata curiosa. Poi scoppiò a ridere.
<< Non prenderla sul personale, bellezza, non ho nulla contro di te. Selina ci ha pagati per levarti dai piedi e noi... >>
<< Selina? >>
Non che non lo avesse capito, ma a quel punto tanto valeva comprenderne anche il motivo.
<< Già. A quanto pare non le va a genio che tu frequenti il suo adorato cuginetto. >>
<< Non farebbe mai una cosa simile! >>
Non ne era del tutto sicura, ma qualunque argomentazione andava bene per allungare il brodo.
<< Non mi importa nulla che tu mi creda o no, ma le cose stanno così. >>
Il ragazzo si passò il coltello tra le mani e si soffermò a osservarlo con attenzione, per quanto la flebile luce dei lampioni potesse permetterglielo.
Poi sollevò lo sguardo verso Anne e la ragazza notò nuovamente quell'orribile ghigno che le aveva rivolto poco prima.
<< Ora sta ferma, non vorrei sgualcirti i vestiti... >>
Avvicinò il coltello alla faccia di Anne e lei lanciò un ultimo, assordante grido di paura, preparandosi a sentire la lama del coltello penetrarle nella carne... non ci fu alcuna lama, ma Anne venne scaraventata a un metro di distanza, sul terreno duro e ricoperto da un leggero manto di neve. 
Seppur scossa da quanto era appena accaduto, sollevò lo sguardo in direzione del punto in cui si trovava un attimo prima, e quello che vide le diede una sensazione di sollievo così come di terrore: Gabriel aveva scaraventato contro un albero uno dei ragazzi che l'aveva trattenuta poco prima e se la stava vedendo col secondo. Dopo un paio di minuti anche quest'ultimo era stato messo fuori combattimento e, senza alcun ripensamento, il vampiro si lanciò sul terzo e ultimo rimasto.
E poi avvenne tutto troppo rapidamente: Gabriel che affondava i denti nel collo di quel ragazzo, l'urlo di dolore di quest'ultimo e un gesto veloce del braccio per allontanare il vampiro da sé, il sangue che colava a fiotti dalla ferita del ragazzo e dal mento del vampiro e, infine, il corpo dell'umano, esanime, che si accasciava sul terreno.
Quando Anne vide cadere il coltello tirò un sospiro di sollievo e si alzò, pronta per recarsi tra le braccia di Gabriel...
Ma non vi fu alcun abbraccio in cui recarsi. Gabriel le rivolse uno sguardo confuso, quasi terrorizzato, e provò a dirle qualcosa, prima di accasciarsi sulla neve fredda e appena caduta.
Anne non capì cosa gli stesse succedendo, continuava a ripetere il suo nome senza sosta. Poi vide una chiazza di sangue dilatarsi sull'addome del vampiro e invadere la purezza della neve.
A quel punto non capì più nulla. Si lanciò su Gabriel pronta a sorreggerlo, tamponandogli la ferita che, evidentemente, il pugnale di quel ragazzo gli aveva procurato. Il vampiro respirava a fatica ma, quando si sdraiò sul manto di neve e poggiò la testa sulle gambe di Anne, si limitò a guardarla, regolando il respiro in base alle istruzioni di lei.
<< Anne... >>
Lei gridava ma nessuno si avvicinava. Nessuno poteva sentirli.
Fece per andare a chiamare aiuto ma la mano di Gabriel, per quanto debole, si strinse sulla sua, impedendole di allontanarsi.
<< Ti prego... oh Dio, ti prego, lasciami andare... >>
Piangeva, le lacrime le rigavano copiose le guance e fu sul punto di abbandonarlo per correre all'istituto. Ma quando alzò la testa e scorse delle sagome in lontananza che si avvicinavano, decise di rimanere con lui.
Gli accarezzò la fronte in maniera quasi febbrile, cercò di tranquillizzarlo ma non riusciva a smettere di piangere. Lui continuava a sanguinare e quella sua dannata linfa vitale le scorreva tra le dita. 
<< Per favore, ti prego non lasciarmi... devi resistere... >>
Gabriel la guardava con un'attenzione quasi commovente, sembrava fosse lei ciò che lo tratteneva su quella terra.
Lo vide sollevare una mano in direzione del suo viso e tentò di fermarlo.
<< No no no, non sforzarti, cerca di stare tranquillo. >>
Notò le sagome farsi sempre più vicine e scorse Selina tra loro.
L'odio che provava nei suoi confronti poteva aspettare. Sarebbe persino svanito nel tempo se quella vampira avesse salvato Gabriel.
Lui riuscì ad alzare la mano e a sfiorare il suo viso. A quel contatto l'attenzione di Anne fu nuovamente tutta per lui.
Il vampiro si limitò ad asciugarle le lacrime, scuotendo appena il capo e provando a parlare.
L'unica cosa che gli importava, anche in quell'occasione, era che lei non soffrisse.
Anne cercò di smettere di piangere e gli sorrise, stringendogli la mano, più gelida del solito, nella propria.
<< Tutto... bene... tutto... >>
Anne gli pose le dita sulle labbra e annuì.
<< Andrà tutto bene, tu resterai con me... devi farlo per me... >>
Per un momento, le parve che a quelle parole Gabriel reagisse. Poi, lui schiuse nuovamente le labbra ma non ne uscì alcun suono. Anne lo osservò con attenzione e, nonostante la vista appannata, riuscì a comprendere quelle ultime due parole.
*

Era bella. Bella come la prima volta in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli di lei.
Luce e ombra. Sole e luna. Così diversi, eppure così incredibilmente simili e bisognosi l'uno dell'altra. E in quel momento, all'ombra di un cielo cosparso di stelle, la persona più importante della sua vita lo osservava dall'alto. E soffriva.
Perché stava piangendo? Lui stava bene, era solo una ferita superficiale, la sua. Ma l'aveva salvata, era questa la cosa più importante.
Perché piangeva? Non si rendeva conto che tutto ciò che lui voleva era tenerla al sicuro? E c'era riuscito, per l'ultima volta.
"Non piangere" avrebbe voluto dirle. Eppure, non ci riusciva.
Si sentiva stanco, così stanco... avrebbe chiuso gli occhi per qualche attimo e, una volta riaperti, si sarebbe risvegliato tra le sue braccia, con la sua Anne che gli dormiva accanto.
Ma prima aveva bisogno di riposare.
La guardò di nuovo, memorizzò ogni dettaglio di quel viso perfetto che lo aveva fatto innamorare. Persino con gli occhi gonfi di lacrime e la punta del naso arrossata era la cosa più bella che lui avesse mai visto nella sua intera vita.
Ed era sua. Lei lo amava. E lui le sarebbe sempre stato accanto.
Fu con quella consapevolezza che le disse che sarebbe andato tutto bene, o ci provò.
Lui sarebbe rimasto con lei, così come Anne gli aveva chiesto. Perché lui le apparteneva, completamente.
Ma lei... seppur per pochi mesi, Anne era stata la sua vita, mentre lui era stato solo un capitolo di quella di lei.
La guardò per un'ultima volta, notando come la neve sostasse sui capelli scuri della sua ragazza. Le accarezzò il volto, conservando la sensazione di quel contatto in eterno.
E le disse di amarla, ancora una volta.
Tre mesi erano stati sufficienti per farlo innamorare, ma l'eternità non sarebbe bastata per far sì che smettesse di sentire la sua mancanza.
Quando chiuse gli occhi la sentì urlare, disperata.
La sua unica consolazione era che non sarebbe rimasta sola.



Angolo dell'autrice:
Non dico altro. Insultatemi pure ma mi farebbe piacere sapere se sono riuscita nell'intento di strapparvi il cuore, ecco.
Ora sono in lutto.
Al prossimo capitolo <3

 

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Capitolo 15
*** 15. Ritorno all'accademia ***


NB: questa storia è il sequel di Desiderio. Presenti SPOILER se non avete concluso il primo racconto.

 

Accademia G.A.

(sequel di "Desiderio")

 


Cap 1. Ritorno all'accademia

Era trascorso un anno da quando dodici esseri umani -sei ragazzi e sei ragazze di diciotto anni- avevano deciso di aderire a quell'esperimento, un progetto senz'altro ambizioso ma in cui nessuno, neanche i dodici, credeva realmente: gli esseri umani dovevano proteggersi, dovevano difendersi a tutti i costi da coloro che volevano sterminarli per non vivere più nella penombra, più forti ma in netta minoranza numerica. I vampiri non erano frutto della fantasia, non erano mostri che esistevano unicamente nei libri per ragazzi o nei film dell'orrore, erano reali e dodici di loro vennero selezionati per frequentare l'accademia e dimostrare che la convivenza con gli umani era non solo possibile, ma addirittura vantaggiosa.
Erano cambiate molte cose dal giorno in cui la nuova generazione di umani e vampiri era ritrovata per la prima volta nella stessa stanza dell'istituto; la tensione, allora, era palpabile: i primi erano terrorizzati e disgustati all'idea di avere a che fare con mostri che si nutrivano di loro, mentre i secondi erano sprezzanti e prepotenti, convinti di poter sottomettere l'altra razza nel giro di pochi giorni. 
Ciò che accade in poche settimane, però, costrinse entrambe le parti a ricredersi: l'umano e il vampiro che tanto si disprezzavano divennero compagni, nei casi più fortuiti persino amici e la vecchia faida, che da secoli impediva alle due razze di trovare un punto di incontro, sembrò svanire nel nulla all'interno di quelle quattro mura.
Fu un episodio a segnare la svolta decisiva, una disgrazia che colpì profondamente non solo i vampiri, da sempre giudicati gli assassini tra le due razze, ma persino gli umani: uno degli esponenti della razza tecnicamente più "selvaggia" venne brutalmente ucciso da un gruppo di esseri umani esterni all'istituto; il suo intento era difendere una giovane mortale, anch'ella, come lui, parte dell'esperimento. La vicenda, che nella vita di tutti i giorni avrebbe scatenato una guerra più che giustificata tra le due razze, portò invece umani e vampiri a creare un unico fronte: quella nuova generazione si rese conto che non esistevano razze buone o razze cattive, non era la sete di sangue a determinare l'indole di un individuo, quanto le scelte che esso compiva.
Gabriel era un vampiro, il rampollo di una delle famiglie più nobili e antiche che il mondo avesse mai avuto, e aveva perso la vita per proteggere Annabelle, un'umana, la persona che amava di più sulla faccia della terra.

La sua unica consolazione era che non sarebbe rimasta sola.

*     *     *

Il ritorno all'istituto fu relativamente semplice, soprattutto dopo avervi trascorso i mesi successivi la morte di Gabriel. Quello sì che era stato un vero Inferno, ed Annabelle non se n'era persa un solo giorno. 
I genitori le avevano proposto di abbandonare il progetto una volta saputo dell'accaduto, ma se c'era una cosa che la ragazza non poteva accettare, era tornare alla vita di un tempo, quella in cui Gabriel non c'era, di cui non aveva mai fatto parte e nella quale non avrebbe mai più potuto rivivere nulla che lo riguardasse. Lui c'era stato, aveva fatto parte della sua vita e se per rendere concreto il suo passaggio su questa terra era necessario rimanere all'istituto, allora Anne sarebbe tornata tra quelle mura. Almeno lì era tra persone che lo avevano conosciuto e che gli avevano voluto bene, ognuno a proprio modo.
I mesi estivi erano trascorsi molto lentamente e la ragazza li aveva passati interamente a leggere, ad eccezione di un paio di settimane in cui le sue due più care amiche -Daphne e Rebecca, anch'esse parte dell'esperimento di Joskow- erano andate a trovarla.
Anne sapeva che le due ragazze avevano come intento quello di farle trascorrere un'estate quanto meno piacevole, in fondo Gabriel se n'era andato da più di sette mesi ed era ora, per quanto anche loro sentissero la sua mancanza, di riprendere in mano le proprie vite. Avevano tentato di farla uscire, di portarla al mare, di farla partecipare alle feste degli amici di quartiere e nessuna delle due, neanche una volta, aveva accennato a Gabriel o a un qualsivoglia vampiro. Fu Annabelle che, spinta dalla curiosità di sapere come stessero gli altri ragazzi dell'esperimento, chiese alle due notizie su alcuni studenti in particolare.
Daphne ed Elessar, uno dei vampiri dell'esperimento, stavano insieme da mesi, ormai, e la loro storia procedeva a gonfie vele: Daphne aveva impiegato parecchie settimane a lasciarsi andare e ad aprire il proprio cuore al bel vampiro ma, una volta fatto, quei due erano diventati inseparabili.
Anne era davvero contenta per loro, in fondo ne avevano passate così tante prima di riuscire a vivere serenamente la loro storia; in più, entrambi avevano sofferto moltissimo nella loro vita, per quanto breve fosse stata fino ad allora, dunque meritavano davvero un po' di felicità.
- Mi manca, sai? Mi manca soprattutto la sua magnifica chioma ramata. - disse Anne un pomeriggio assolato, mentre tutte e tre erano sedute sul letto della ragazza a raccontarsi vari aneddoti. Daphne si sentiva terribilmente a disagio a parlare dell'argomento con Anne, non perché non fosse in confidenza con la ragazza, al contrario, le due si adoravano, ma temeva che la sua relazione con Elessar potesse ricordarle ciò che aveva perso con la morte di Gabriel. Anne, d'altro canto, era sinceramente felice per l'amica e cercò di farle capire che oramai aveva accettato la cosa.
- Salutalo da parte mia appena lo senti.
- Potrai farlo di persona: pensava di venire a trovarti una di queste sere, in fondo non abita lontano da qui. Mi sembra di aver capito che anche Devon ci terrebbe molto a vederti.
Per quanto Daphne tentasse di non dar peso alle parole appena pronunciate, persino Rebecca si intesì. Devon era stato, insieme a Elessar, il compagno di stanza di Gabriel e, come il vampiro dai capelli rossi, uno dei suoi più cari amici, per quanto litigassero piuttosto di frequente.
Ad Anne non era mai piaciuto molto Devon, ma dopo che questo aveva preso le parti sue e di Gabriel durante la visita dei genitori -umani e vampiri- all'istituto dell'anno precedente, la sua opinione su di lui era nettamente migliorata; persino Daphne aveva dovuto ricredersi, e lei era stata addirittura attaccata dal vampiro durante le prime settimane all'istituto.
- Anne? Hai sentito quello che ho detto?
Come accadeva ormai di frequente, ogni qualvolta si accennava a qualcosa o qualcuno che avesse a che fare con l'istituto, la ragazza si perdeva tra mille ricordi. Era quasi come se preferisse continuare a parlare di quei mesi appena trascorsi piuttosto che vivere la vita al di là di quel contesto.
- Certo che sì. Sarebbe carino.
In realtà, dopo che Daphne e Rebecca tornarono a casa, Anne non vide più nessun altro dell'accademia, in fondo mancavano poche settimane al ritorno a scuola e avrebbero avuto tempo e modo di parlare e raccontarsi come avevano trascorso l'estate.


Le valige erano ormai pronte da un pezzo, Annabelle era sulla soglia di casa e attendeva che i genitori scendessero per accompagnarla. Una volta in auto, la madre iniziò a parlare di quello stesso viaggio di un anno prima, quando Anne non aveva la minima intenzione di partecipare a un progetto simile, considerandolo privo di senso e totalmente inutile, oltre che pericoloso per gli umani.
- Ricordo che tenesti il broncio a me e a tuo padre per settimane, prima che l'anno scolastico avesse inizio.
Lo ricordava bene: non capiva perché i suoi stessi genitori, le persone che più avrebbero dovuto amarla sulla faccia della terra, volessero condannarla a una fine così brutale. Nove mesi in compagnia di malvagi assassini assetati di sangue? Un colpo di pistola sarebbe stato più veloce e meno doloroso.
Invece le cose erano andate diversamente e, quell'anno, Anne non vedeva l'ora di rimettere piede nell'accademia.
- Sai, credevo che dopo quanto avvenuto a quel vampiro tu non avessi più voglia di tornare lì.
Il padre ricevette una gomitata in pieno fianco destro da parte della moglie a seguito di quella frase, come se nominare -o tentare di farlo- Gabriel fosse un insulto alla sua memoria.
Annabelle, d'altra parte, sorrise indulgente ai genitori e tornò a rivolgere la propria attenzione fuori dal finestrino, a un panorama del tutto ordinario, col mento poggiato sulla mano sinistra e lo sguardo perso nel vuoto. Suo padre non ricordava neppure il nome di "quel vampiro", ma non gliene fece una colpa. I suoi amici, i pochi che aveva da una vita, non sapevano neppure come fosse fatto: il colore dei capelli, la corporatura, quegli occhi di ossidiana che lei tanto aveva amato.
Ma non poteva farne una colpa a nessuno.
- La vita va avanti, giusto? Lui non avrebbe voluto che mi chiudessi nella mia stanza a piangere tutto il giorno e tutta la notte.
Così dicendo, Anne chiuse l'argomento con i genitori, i quali si scambiarono un'occhiata incerta e iniziarono a parlare del tempo.


Si rese conto da sola di quando furono ormai vicini, in fondo aveva camminato tra quegli alberi per notti intere. Il parco circostante, più simile a una foresta in realtà, si diradò e lasciò posto alla magnifica vista di una villa di epoca vittoriana che si stagliava contro le luci del tramonto e sapeva di casa. Il cuore di Anne perse un battito, ma tutto tornò alla normalità dopo pochi istanti.
- Sei sicura che starai bene? Ricorda, se...
- "Se ti servirà qualcosa, qualunque cosa che non hai portato con te, chiamaci." Lo so, mamma. Sono sopravvissuta già un anno qui dentro, direi che non avrò problemi neanche per il secondo.
Anne sorrise gentile a sua madre e la abbracciò, cogliendola totalmente di sorpresa. La donna ricambiò l'abbraccio con più affetto di quanto avesse dovuto, poi lasciò che la figlia salutasse il padre e, insieme a lui, tornò a Jacksonville, quella cittadina da cui mai aveva voluto scappare come nell'estate appena trascorsa.
Prese la valigia e trasse un profondo respiro, prima di voltarsi e prepararsi psicologicamente a un altro anno in quella scuola. 
Nell'osservare la villa, Anne non poté negare che molte cose erano cambiate, anzi, tutto era cambiato e avrebbe trovato particolarmente difficile l'idea di adattarsi a tali cambiamenti.
Si fece coraggio ed entrò.


- Oh, ragazze, quanto mi siete mancate!
Rebecca, la dolce ragazza dai lunghi capelli rossi e il viso a forma di cuore era, tra le tre, la più emotiva e affettuosa. Non appena vide Anne e Daphne ai piedi della scalinata che le avrebbe condotte nel loro dormitorio, era saltata addosso a entrambe rischiando di farle cadere, nonostante fosse piuttosto minuta, stringendole in un abbraccio mozzafiato; Anne la lasciò fare ridendo, mentre Daphne, solitamente allergica ai gesti d'affetto, fece molta fatica a non scaraventarla lontano da sé.
Una volta nel loro dormitorio, l'odore di pulito e il fruscio delle tende tipico di quel luogo le fecero sentire a casa.
- D'accordo, lo ammetto: è mancato anche a me tutto questo.
E con un mezzo sorriso e un'occhiata di sbieco ad Anne, Daphne lasciò una pacca sulle spalle a entrambe le amiche e si sistemò per la cena.
Dopo neanche venti minuti dal loro arrivo, le tre ragazze scesero in sala comune, dove trovarono i restanti nove studenti umani dell'istituto. Tra i volti ormai noti Anne riconobbe Michael, un ex spasimante di Daphne che aveva ricevuto il benservito da Elessar dopo che, una sera, aveva provato a baciare la sua ragazza. Beh, qualsiasi cosa il vampiro gli avesse fatto, Anne era del parere che se la fosse pienamente meritata.
- Anne, che bello rivederti!
Il ragazzo mostrò particolare affetto per lei, cosa che le risultò piuttosto familiare: dopo la morte di Gabriel tutti all'interno dell'istituto si dimostrarono eccezionalmente gentili nei suoi confronti. Cosa, a suo parere, molto premurosa ma piuttosto inutile. Tuttavia, contraccambiò il saluto con un gran sorriso.
- Michael, ti trovo in forma! Sei andato in palestra quest'estate?
Il ragazzo, inizialmente un po' incerto su come comportarsi, a quelle parole si illuminò di gioia e ammise di aver fatto un po' di esercizio fisico. Anne rise di nuovo mentre rivolgeva lo sguardo agli altri ragazzi. Che strano, alcuni di loro non li aveva mai visti.
- Sembra che dopo il successo dell'anno precedente altri studenti si siano proposti per entrare a far parte dell'esperimento.
- Altri studenti?
Anne rimase sorpresa dalle parole di Michael, in fondo il senso dell'esperimento era far sì che ci fosse un pari numero di vampiri ed esseri umani nell'istituto per far sì che si creassero vere e proprie coppie che collaborassero tra loro. Se erano aumentati gli umani, con ogni probabilità sarebbero aumentati anche i vampiri.
- A quanto pare alcuni degli studenti dello scorso anno hanno abbandonato l'istituto: sai, i genitori non volevano rimandarli in un posto in cui è morto uno di noi.
Quel riferimento a Gabriel fece quasi commuovere Anne, che apprezzò il fatto che Michael lo avesse definito uno di loro, come se non vi fosse alcuna differenza tra la morte di un vampiro e quella di un uomo.
- Anche alcuni di loro sono andati via, me lo diceva Elessar ieri sera.
Daphne si intromise nella discussione dopo aver sentito le parole di Michael, il suo tono non lasciava molto da intendere: riteneva assurdo che alcuni vampiri avessero abbandonato l'accademia, soprattutto dopo quello che era successo a Gabriel, una sorta di guida per loro.
- Non avercela con quei ragazzi, hanno sofferto molto anche loro per la sua morte. Era giusto che avessero la possibilità di scegliere da che parte stare.
Così dicendo, Anne anticipò i compagni e si diresse fuori dal dormitorio per la cena. 
Scesero al piano terra chiacchierando allegramente del più e del meno, presentandosi ai nuovi arrivati e raccontando loro qualcosa dell'accademia; Anne, Rebecca, Daphne, Michael, Dominic, Jason, Allison e Ralph erano gli otto "superstiti" dell'annata precedente, coloro che avevano scelto di restare, e i quattro nuovi arrivi, due ragazzi e due ragazze, avevano molte domande per loro.
Una volta giunti nella sala da pranzo, il loro ingresso venne accolto con gioia dal preside Joskow, allegro e pieno di vita come sempre. Quall'uomo piaceva molto ad Anne, la sua sicurezza e la fiducia che nutriva in quell'esperimento avevano fatto cambiare l'opinione di molti dei ragazzi che, in quel momento, si trovavano nella stanza. 
Joskow lanciò un'occhiata in particolare proprio a lei, come a sincerarsi che il ritorno in quella scuola non fosse motivo di sofferenza, ma Anne annuì e gli sorrise dolcemente.
Lei stava bene.
I ragazzi presero posto ma prima di iniziare a mangiare attesero ancora qualche momento. La classe notturna avrebbe fatto il suo ingresso a minuti e i nuovi ragazzi erano eccitati all'idea di vedere così tanti vampiri radunarsi insieme a loro.
Anne, come gli altri sette veterani, attendevano invece con ansia il ritorno di alcuni di quelli che erano diventati loro cari amici.
L'attesa fu ben presto ripagata e, non appena il pesante portone di legno massiccio si spalancò, ecco fare il loro ingresso i dodici vampiri dell'esperimento di Joskow.
La mente di Anne tornò indietro di un anno, nel momento in cui vide i dodici vampiri di allora entrare in quella stessa sala e prendere posto al tavolo rettangolare di fronte al loro; ricordava perfettamente l'astio che nutriva verso la loro razza, pur non conoscendoli affatto, e con un sorriso le tornò alla mente lo sguardo famelico ed eccitato che la maggior parte di loro riversò sui dodici umani, lei compresa.
Le cose erano decisamente cambiate, poiché gran parte dei vampiri che fecero il loro ingresso deviarono dal proprio tavolo per andare a salutare personalmente alcuni degli umani presenti. 
Elessar non si fece attendere e, dopo una decina di secondi dalla sua apparizione, era già tra le braccia di Daphne per salutarla a dovere tra i fischi di approvazione dei compagni; Anne rise a quella scena, mentre un vampiro dai lunghi capelli biondo platino e gli occhi di diamante screziati di rosso le si avvicinava, sorridendo.
- Annabelle, che piacere rivederti.
Lucien era forse il vampiro più gentile e raffinato che Anne avesse mai avuto la gioia di incontrare, e le piaceva moltissimo. Era sempre stato gentile con lei, fin dal loro primo incontro-scontro sulle scale che conducevano al primo piano dell'istituto. Non avrebbe detto la stessa cosa del fratello, ma non si poteva avere tutto dalla vita.
- Lucien, sono felice che tu sia rimasto.
- Non me ne sarei andato per nulla al mondo. Questo glielo devo.
Il vampiro non ebbe bisogno di leggere la mente di Anne per sapere che la ragazza aveva afferrato il senso della sua affermazione: Gabriel aveva creduto in quell'idea ed era morto realizzandone appieno il significato; nessuno di quelli che avevano creduto in lui e che lo avevano rispettato avrebbero abbandonato il progetto.
- Ehi, bocconcino, mi hai sognato durante l'estate?
La voce di Excess, il fratello -fratellastro, a dire il vero- di Lucien si era appena rivolto a Rebecca, facendola arrossire come solo lui sapeva fare. Non era chiaro a nessuno il perché, ma il vampiro dalla pelle scura e i capelli corvini era particolarmente affascinato all'idea di infastidire Rebecca e metterla continuamente in imbarazzo.
- Dacci un taglio, Ex, te ne prego. La dolce Rebecca sarà molto stanca a causa del lungo viaggio, non le serve davvero che tu le rovini la serata.
E con un sospiro di finta esasperazione, Lucien lanciò un sorriso e un'occhiata divertita ad Anne e tornò col fratello verso il tavolo dei vampiri, non prima di essersi soffermato un attimo di troppo con lo sguardo su Rebecca e Daphne, le quali ricambiarono il gesto con aria seria.
In lontananza la ragazza vide Julian, il vampiro -o l'essere vivente- più interessato alla moda che avesse mai conosciuto, Elessar, che le promise di passare in dormitorio a salutarla prima che gli umani andassero a dormire, Zafira, la vampira dai tratti esotici che non aveva ancora deciso se Anne le piacesse o meno, Devon, che le rivolse un sorriso mesto e un cenno del capo e Charity, la compagna di stanza di Zafira. Altre quattro vampire femmine dovevano aver preso il posto di coloro che avevano scelto di abbandonare l'accademia, compresa Brittany, la ragazza che Gabriel aveva frequentato prima di conoscere Anne. E poi lo videro, il nuovo compagno di stanza di Devon ed Elessar, il vampiro che aveva preso il posto di Gabriel nell'esperimento.
Il tintinnio di una forchetta contro un calice di cristallo destò Anne da ricordi ormai lontani, facendo cessare il chiacchiericcio eccitato dei nuovi esponenti del gruppo e attirando l'attenzione di tutti i presenti.
Il preside Joskow si alzò dalla propria seduta e rivolse un sorriso gentile ai suoi studenti, il suo orgoglio.
- Benvenuti, ragazzi miei, bentornati per il secondo anno di questo magnifico progetto. Molti di voi sanno già di cosa si tratta, mentre per altri è un salto nel vuoto, una sfida a cui andranno incontro per la prima volta, pertanto, mi aspetto da voi altri il massimo supporto possibile.
Gli sguardi dei presenti cercarono i ragazzi nuovi che, comprensibilmente, apparivano come erano apparsi loro l'anno precedente: gli umani sembravano alquanto intimoriti dai vampiri, e le nuove reclute di questi ultimi non facevano che lanciare sguardi languidi e bramosi all'altra tavolata.
- Prima di dare ufficialmente inizio a questo esilarante anno scolastico, permettetemi di ricordarvi le brevi e semplici regole dell'istituto e di aggiornarvi sui recenti cambiamenti che si sono resi necessari nel personale della scuola. 
A quelle parole Anne abbassò lo sguardo sul proprio piatto, mentre tutti gli altri si fecero più attenti alle parole del preside e allungarono il collo per vedere chi fosse stato sostituito. Per coloro che erano presenti già dall'anno precedente, fu facile notare la mancanza di una persona che, fino a pochi mesi prima, era stata un punto di riferimento: Selina Moscova, la tutor dei vampiri, nonché cugina di Gabriel, era stata la causa involontaria della morte del vampiro, fatto che le aveva fatto perdere non solo la fiducia di Joskow, ma anche il posto in accademia.
Anne aveva sentito dire da Rebecca che i vampiri avevano minacciato di abbandonare l'istituto se Selina non fosse stata allontanata dalla scuola, ma la vampira stessa aveva rassegnato le sue dimissioni prima ancora che Joskow potesse prendere provvedimenti.
Nessuno sapeva che fine avesse fatto, le leggi dei vampiri erano diverse da quelle degli umani, ma ad Anne non importava. Le bastava non vederla mai più.
- Per i nuovi arrivati: le lezioni degli umani si svolgeranno durante la mattinata e nel primo pomeriggio, mentre per i vampiri si terranno la sera e la notte. Avrete la possibiità di interagire dopo il tramondo per qualche ora, prima che scatti il coprifuoco per gli umani e l'inizio delle lezioni per i vampiri; come ben sapete ogni razza gode di un proprio dormitorio e, per quanto io sia il primo a incentivare la nascita di svariate amicizie, vi pregherei di non recarvi troppo spesso nel dormitorio dell'altra razza. Inoltre, una delle novità di quest'anno vedrà un nuovo corso, tenuto niente meno che dai vostri tutor, che sarà seguito da tutti voi. Sì, avete capito bene: umani e vampiri frequenteranno la stessa lezione che si terrà ogni mercoledì nel tardo pomeriggio.
Quella sì che era una novità! L'anno precedente i contatti tra le due razze erano praticamente assenti durante le lezioni, ci si limitava a frequentarsi -quando ciò divenne fattibile- al cambio delle lezioni tra le due classi e durante la cena o, al massimo, nelle visite al paese durante i weekend.
- ... ecco perché il suo posto verrà preso dal nostro nuovo tutor, che sono certo farà un ottimo lavoro e saprà essere un punto di riferimento per tutti e dodici i vampiri dell'istituto. Gradirei che tutti voi deste un caloroso benvenuto a Raphael Addams!
Nell'udire quel nome parecchie teste si voltarono in direzione di Anne, mentre questa rivolgeva uno sguardo colmo di sofferenza a colui che aveva preso il posto di Selina come guida dei giovani vampiri.
La mano di Rebecca si strinse attorno a quella della ragazza e Daphne fu sul punto di trascinarla via da quella sala, ma Anne non si mosse e non disse nulla.
Avrebbe riconosciuto prima quel vampiro se si fosse presa la briga di guardarlo meglio una volta entrata nella stanza. Avrebbe riconosciuto il ragazzo che l'aveva beccata fuori dall'ufficio di Selina nell'inverno precedente, la sera in cui aveva sentito la vampira organizzare un incontro in cui Gabriel non avrebbe dovuto esserci. Quello stesso incontro in cui il vampiro aveva perso la vita perché quel coltello era destinato a lei, non a lui.
Selina la voleva morta, o per lo meno abbastanza terrorizzata da lasciare il suo prezioso cugino.
Ma la cosa peggiore, era che non aveva mai saputo -almeno fino a quel momento- che quel vampiro fosse il fratello di cui Gabriel le aveva parlato.
- Se lo scorso anno vi ho detto di essere certo di poter sperare nella buona riuscita di questo esperimento, a dodici mesi di distanza vi dico lo stesso, ma questa volta ho voi come prova vivente del successo di questa convivenza. Quindi rendiamo onore a questo progetto, rendiamo onore alla memoria di un vampiro che ha sacrificato se stesso per salvare un'umana che amava più della sua stessa vita. 
Ma quello fu troppo. Mentre alcuni dei presenti applaudivano, Anne si alzò brutalmente dal tavolo facendo cadere la sedia e attirando su di sé lo sguardo di tutti. Non si accorse di Daphne, Rebecca, Elessar e Lucien che si alzarono contemporaneamente con l'intenzione di seguirla, né dell'occhiata di fuoco che Raphael le riservò, tanto meno delle espressioni confuse dei nuovi arrivati.
Corse, corse a perdifiato verso il proprio dormitorio, percorrendo una strada che ormai aveva imparato a conoscere in mesi di permanenza in quell'istituto; le lacrime le appannavano la vista ma i suoi passi erano sicuri, tanto da arrivare incolume nel dormitorio degli umani e, poco dopo, sul proprio letto.
Le lacrime sgorgarono senza freni, le urla di dolore che aveva trattenuto dalla notte in cui Gabriel morì echeggiarono tra le mura dell'istituto, mentre la consapevolezza di averlo perso per sempre si faceva nuovamente strada in lei, lacerando il cuore che a fatica, per mesi, aveva mantenuto insieme.
Qualcuno entrò nella stanza qualche istante dopo di lei, ma ad Anne non interessava sapere di chi si trattasse, seppur potesse immaginarlo. Le sue urla sovrastavano le parole di Daphne e il pianto di comprensione di Rebecca, mentre le due tentavano di abbracciarla e darle conforto. Daphne la afferrò per le spalle e la costrinse a sollevarsi quel tanto che bastò per attirarla fra le sue braccia, stringendola fin quasi a soffocarla, imprimendole la sua presenza. Rebecca fece altrettanto, abbracciandola da dietro e piangendo con lei tutte le lacrime che erano state trattenute per quel momento.
- Mi manca da morire! Non riesco... non riesco a respirare! Mi fa male... troppo male... 
Anne urlava e stringeva spasmodicamente le braccia delle amiche, tentando a volte di liberarsi e altre volte di sorreggersi a quei pilastri. Dalla notte in cui Gabriel morì non aveva più versato una lacrima, neppure durante il funerale del vampiro. Ogni qualvolta qualcuno le aveva chiesto come si sentisse o se stesse bene, lei rispondeva con un sorriso, affermando che la vita doveva andare avanti e che Gabriel non avrebbe voluto vederla triste; aveva dato la sua vita per lei, dunque Anne avrebbe dovuto viverla al meglio. Era il minimo che potesse fare per onorare la sua memoria.
Ma erano stronzate, tutte stronzate. La sua vita era vuota senza di lui. Gabriel le aveva fatto conoscere la felicità, l'amore adolescenziale di cui si avrebbe conservato il ricordo per sempre. Si dice che il primo amore non dura mai tutta la vita, ma il loro era diverso, loro due insieme avrebbero potuto affrontare di tutto.
- Ha dato la vita per me... è morto per colpa mia!
- Gabriel è morto per colpa di quel pugnale, di quel bastardo che ha cercato di farti del male, per colpa di Selina! Tu eri tutto per lui, non avrebbe mai lasciato che ti accadesse qualcosa.
Daphne tentava di cullarla e di accarezzarle il viso per farla calmare, ma senza riuscirci.
- Perché me lo hanno portato via... Non dovevano portarmelo via!
Le mancava il fiato, respirava a fatica e le sue urla erano strazianti.
- Anne, ti prego, calmati...
Rebecca non aveva la risolutezza e il sangue freddo di Daphne, qualunque cosa avesse provato a dire non sarebbe stato sufficiente per placare il dolore di Anne, dunque si limitò ad abbracciarla in silenzio, non provando neppure a nominare Gabriel.
Lei e Daphne avevano capito che c'era qualcosa che non andava nell'amica; dopo la morte di Gabriel non era stata più la stessa, sorrideva ma il suo sguardo si perdeva nel vuoto, era spento e nulla attirava la sua attenzione o destava il suo interesse. Non aveva mostrato più segni di cedimento, la notte dormiva e si dimostrava partecipativa e volenterosa in qualsiasi programma che le due proponevano per distrarla. Eppure non era più lei.
Era solo questione di tempo prima che il suo dolore venisse a galla e tornare all'accademia, per quanto questo fosse il suo desiderio, era stato troppo per lei.
Lucien le aveva avvertite durante l'estate e, poco prima del discorso di Joskow, quando si era voltato per tornare al proprio tavolo, aveva lanciato uno sguardo ammonitore alle due ragazze. Lui sapeva delle parole che il preside avrebbe pronunciato, sapeva chi fosse Raphael ed era certo della reazione di Anne.
- Non posso... non ce la faccio a guardare suo fratello negli occhi, giorno dopo giorno...
- Ce la fai, certo che ce la fai! Ci siamo noi con te, non ti lasceremo affrontare tutto questo da sola, te lo prometto, ma tu devi darci una mano. 
- Non sono abbastanza forte.
- E allora crollerai, piangerai e ti struggerai di dolore. Ma poi ti rialzerai, ti renderai conto che per quanto dolorosa possa essere, la tua vita deve andare avanti. Lo devi a lui, Anne, ma prima di tutto lo devi a te stessa. Credimi, io lo so.
Il respiro della ragazza iniziò a divenire più regolare, i singhiozzi si ridussero fin quasi a sparire e le lacrime, con molta fatica e altrettanto tempo, smisero di rigarle il volto arrossato dal pianto. Quando fu pronta abbandonò le braccia delle amiche e si mise a sedere, guardandosi attorno.
Non era più tanto certa di aver fatto la scelta giusta a tornare, ma in un certo senso sapeva che Gabriel avrebbe voluto che tutti loro portassero a termine l'esperimento. In più, quei ragazzi, umani e vampiri, erano diventati la sua famiglia e l'istituto era ormai casa sua.
- L'ho amato davvero.
Sarebbe stato assurdo vivere di nuovo lì e sapere di non vederlo mai più. Era ridicolo sapere che non lo avrebbe trovato ad aspettarla in cima alla scalinata del secondo piano ogni sera alle diciotto, così come non lo avrebbe scorto a cena, come quando la fissava con l'intento di farla arrabbiare fin dai primi giorni di convivenza. Le sarebbero mancati da morire i baci che ogni mattina, all'alba, Gabriel passava a darle prima di andare a riposare e non sapeva come andare avanti senza il sorriso che aveva riservato sempre e solo a lei.
 

"Promettimi una cosa." 
"Qualunque cosa."
"Non lasciarmi mai." 
"Farò di meglio: sarò sempre con te." 
 
I ricordi dell'ultima notte trascorsa con lui tornarono prepotenti a invaderle la mente, con le ultime parole che si erano detti. Quanto di vero poteva esserci?
- Devo reagire, avete ragione. Lui non vorrebbe questo per me e non lo voglio neanche io. Ce la farò, il dolore non passerà mai del tutto ma diventerà più facile da sopportare.
A quel punto si alzò e rivolse uno sguardo carico di gratitudine alle due amiche, le quali le sorrisero di rimando, prima di dirigersi verso la finestra e osservare il panorama notturno che tanto aveva amato.
Lo sguardo le cadde sul laghetto sulle cui rive aveva trascorso ore incantevoli in compagnia di Gabriel, sulla serra in cui lui l'aveva presa in giro e fatta arrabbiare, sul percorso che finiva dritto tra i folti alberi e che, prendendo il sentiero giusto, avrebbe condotto al villaggio adiacente. Ogni cosa, ogni luogo le ricordava lui e questo non sarebbe cambiato.
In quell'accademia lo aveva conosciuto, lo aveva odiato e poi, con calma, aveva imparato ad amarlo. Questo era un qualcosa per cui valeva la pena soffrire.
- Mi aveva promesso che sarebbe rimasto con me per sempre.
- Oh, Anne, tesoro... non puoi pensare che...
- Lo so. Solo, me lo aveva promesso.



Angolo dell'autrice:
Bene, che dire? SONO TORNATA. 
Avrei dovuto concludere questa storia più di tre anni fa, me ne rendo conto, ma quando il blocco colpisce non ci si può fare nulla ç___ç era da qualche settimana, però, che continuavo a pensare di rimettermi a scrivere: le idee per questa ff continuavano a fare capolino nei momenti più disparati e, tre un ricordo di qua e un'idea nuova di là, ecco la seconda parte della storia prendere forma. Purtroppo non ho idea della frequenza con cui farò uscire i capitoli, se a distanza di ore o di settimane, ma prometto di portare alla fine questa storia, perché tutti i personaggi meritano un benedetto finale!
Quindi mi scuso, mi prostro ai piedi di chi ha aspettato invano la seconda parte della storia. A distanza di tre anni, eccomi qui a rispettare la promessa.

Passiamo al capitolo: ho deciso di pubblicare questo passaggio (come vedete molto diverso dai precedenti, dato che si concentra unicamente su Anne ed è, in un certo senso, una sintesi molto rapida di quanto accaduto nei quattordici capitoli che lo precedono) in duplice "copia", ovvero sia come capitolo finale della mia storia Desiderio, sia come primo capitolo della mia nuova storia Accademia G.A., che altro non è che il sequel, possiamo dire, dell'altra. In questo modo spero sì di riuscire ad attirare nuove lettrici, ma anche e soprattutto di ritrovare le amiche fedeli che mi hanno accompagnata nella stesura di tutti e quattordici i capitoli di una storia che non sono riuscita a dimenticare.
Come noterete se continuerete a leggere, più che su una trama complessa e articolata preferisco concentrarmi sui personaggi, mi piace caratterizzarli fin nei dettagli, amo scoprire di volta in volta lati del loro carattere che inizialmente non noto, mi piace renderli unici rispetto a tutti gli altri e, cosa che trovo molto utile, alla fine di ogni capitolo inserirò dei disegni che vi mostreranno come io immagino ciascuno di loro. Poi magari non riesco nell'intento, ma la volontà c'è ç____ç
Quindi che altro aggiungere? Se avete letto Desiderio, allora bentornate, mi siete mancate e spero vivamente di avere altre recensioni da voi, positive o negative che siano, mi aiutano sempre a migliorarmi e a perfezionare i miei personaggi; se invece siete nuove di questa storia, spero che il capitolo vi sia piaciuto o che vi abbia incuriosito quel tanto che basta per convincervi a leggere anche Desiderio, in fondo vi aiuterebbe a capire il come e il perché siamo arrivati a questo punto.
Aspetto come al solito tante critiche! Non scrivo da un po' e sono decisamente arrugginita, quindi via con i suggerimenti *-*
Un bacione e a presto, spero!
-Fra

 

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