La rivincita delle Cinque Terre

di ellacowgirl in Madame_Butterfly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Croci ***
Capitolo 2: *** Tattica ***
Capitolo 3: *** Sacrificio ***
Capitolo 4: *** Speranze ***
Capitolo 5: *** Fidati ***
Capitolo 6: *** Ciò che possiamo ***
Capitolo 7: *** Sangue ***
Capitolo 8: *** Crollo ***
Capitolo 9: *** Armi ***
Capitolo 10: *** Grido ***
Capitolo 11: *** La Forza del Destino ***
Capitolo 12: *** Brutale ultimatum ***



Capitolo 1
*** Croci ***


NOTE AUTRICE:
I fatti e le ipotesi di questa fan fiction non rispecchiano le vere vicende del manga, o almeno non tutte!
Considerando che ho cominciato a scriverla un paio di mesi fa, alcune conseguenze della guerra e azioni dei personaggi potrebbero non essere propriamente coerenti con la realtà dell’anime/manga di kishimoto, ma spero che comunque che possa piacervi, anche perché ho cercato di mantenere i personaggi coerenti a se stessi J
Dunque, come “punto di partenza” considerate il momento in cui Naruto e Killer Bee scendono in campo contro Tobi ed i Kage contro Madara.

 

CAPITOLO UNO:
Croci
 

 

Il sole cocente picchiava senza alcun ritegno su quella piazza sterrata, dinnanzi a quello che sembrava un vero e proprio campo di battaglia piuttosto che la piazza principale di Konoha.
Era lì che risiedeva, il nuovo capo delle cinque terre, colui che per anni aveva bramato di possedere tali territori e tale potere e, nel peggiore dei modi, c’era riuscito, ricorrendo persino ad una resurrezione.
Raggi bollenti, violenti, scottavano quella terra già arsa e deturpata dalle battaglie, mentre su di un rialzamento in legno erano innalzate cinque croci, più o meno robuste a seconda di chi vi era incatenato: cinque corpi scottati e feriti, i quali sembravano combattere in silenzio quella loro battaglia, decisi a non invocare pietà nemmeno gli fosse costata la vita.
 
Una grande folla assisteva a quel terribile spettacolo che si protendeva ormai da una settimana, giovani e vecchi ninja che osservavano i volti feriti e rovinati dei loro Kage: si sentivano sconfortati all’idea che quel governo continuasse, avevano paura di quei tre pazzi che erano saliti al potere nel modo peggiore, rubando loro la libertà e la dignità di ninja.
 
In prima fila, attaccata ad una staccionata in legno massiccio che teneva lontana la popolazione dalle croci di una decina di metri, una ragazza dal volto sconvolto continuava a fissare la figura al centro di quei cinque personaggi: i suoi occhi chiari erano sgranati e pieni di dolore, mentre due lacrime copiose le rigavano il volto, fino a bagnarle il collo e gli abiti ancora rovinati dalla battaglia di poche settimana prima.
Strinse i pugni con tutta la forza che aveva, mentre la rabbia la pervadeva ed una leggera brezza le muoveva i capelli rosati e corti alle spalle: non ce la faceva, non riusciva a reggere la visione della sua sensei ridotta in quello stato, le faceva troppo male…
E poi Naruto, lui che era sempre lì per sostenerla, anche lui le era stato sottratto brutalmente.
Sasuke, di lui non aveva più avuto notizie dalla fine della battaglia, ma non sapeva se quei tre sadici lo avessero ucciso o lasciato in vita come una marionetta.
 
Sentì un pianto a malapena contenuto provenire da qualche metro da lei, così fece lo sforzo di voltarsi in quella direzione e tra la gente intravide una ragazza giovane dai capelli corti e nocciola che piangeva dinnanzi a quello spettacolo indegno: portava il copri fronte della sabbia, di conseguenza Sakura non impiegò molto tempo a riconoscere in lei la giovane allieva del Kazekage.
Le si avvicinò lentamente: non era nelle condizioni di consolare qualcuno, ma condividevano lo stesso dolore e non poteva che starle vicina.
 

- Non piangere, Matsuri… -

Si sentiva patetica da sola, in quel contesto: lei che era la prima a piangere ora cercava di essere forte, di consolare qualcuno che non sarebbe mai stato consolato in alcun modo.
L’abbracciò, permettendole di bagnarle il petto con le copiose lacrime, mentre lentamente si calmava e cercava di riprendere contegno, per quanto non riuscisse ancora ad alzare il volto.
 

  • - Dove sono Temari e Kankuro? –

  • Le chiese la rosa con un filo di voce: se Gaara era lì, i suoi fratelli potevano essere o molto vicini o molto lontani, certo era che se volevano tentare qualsiasi cosa non potevano farlo da soli.
    La ragazza tirò su con il naso, prima di trattenere le lacrime e rispondere con la voce ancora impastata dal pianto.
     

    - Li hanno presi… Non so dove li abbiano portati, loro e gli altri migliori shinobi del nostro villaggio… -

    Sakura strinse i denti: allora avevano fatto la medesima “pulizia” in tutti i villaggi, considerando che i maestri Kakashi, Gai, Kurenai ed Anko fossero letteralmente spariti dalla circolazione da un giorno all’altro.
    O erano riusciti a nascondersi tanto bene anche dai possessori del rinneghan, oppure erano stati catturati come tutti gli altri.
    Lei non era ancora stata considerata un problema, ma era certa che prima o poi sarebbero venuti a cercarla: aveva sconfitto Sasori ed era l’allieva del Quinto Hokage, sicuramente l’avrebbero catalogata come un possibile pericolo considerando che persino Shizune fosse stata imprigionata in quanto confidente e allieva dell’Hokage.
    Da quello che era riuscita a sapere, però, non in tutti i villaggi era ancora stata fatta una vera e propria pulizia, forse non avevano avuto ancora il tempo materiale per dare la caccia ai migliori shinobi: era più importante spaventare la popolazione, scoraggiarla, mostrarle quanto fossero potenti nonostante la guerra appena finita.
     
    Nel silenzio inquietante di quella piazza, un grido di dolore si levò in aria e l’attenzione di tutti fu puntata verso il centro, precisamente sulla croce all’estrema sinistra dove la Mizukage sembrava non sopportare più il dolore lancinante: le vesti strappate, ferite sanguinanti ed una delle braccia che probabilmente si era spezzata, costringendo l’altra a portare il peso dell’intero corpo.
    Sakura impedì a Matsuri di guardare una scena simile, mentre i suoi occhi tremavano dalla paura, dalla pietà, dall’angoscia.
     
    Improvvisamente, dalla folla emerse un uomo sulla quarantina, capelli grigi e tunica verde, il quale aveva saltato la staccionata e aveva colpito violentemente uno degli Zetsu a guardia di un tale spettacolo: si dirigeva rapido verso le cinque croci, tagliando la testa alle copie di quell’alieno nero e bianco con una spada affilata e non lasciandosi assolutamente intimorire dal pericolo.
    Arrivò sino alla piattaforma e con un gesto rapido liberò la Mizukage delle corde che la tenevano imprigionata a quei due pali di legno: la tenne fra le braccia mentre lei non riusciva quasi ad aprire gli occhi, tanto era dolorante ed evidentemente quasi priva di sensi.
     

    - A-Ao… -

    - Non si sforzi, Mizukage. –

    Mei gli sorrise istintivamente mentre l’uomo le iniettava una sostanza nel braccio: sapeva che sarebbe stato impossibile portarla in salvo o farla allontanare, perciò tutto quello che poteva fare per permetterle di sopravvivere era iniettarle una sostanza curativa altamente concentrata sul momento, sperando che facesse effetto il primo possibile.
    Strinse i denti nel vedere le condizioni pessime in cui era ridotta, mentre gli occhi di tutti i ninja erano puntati su di lui, ad ammirarne il coraggio e la volontà: ognuno di loro avrebbe fatto altrettanto se la morte non fosse stata lì in agguato.
     
    Si sentirono alcuni passi particolarmente pesanti posarsi sul quel rialzamento in legno, tanto forti da attirare l’attenzione del più fedele shinobi di Kiri, il quale teneva stretta a sé la donna dall’occhio smeraldo come a volerla proteggere nonostante la situazione disperata.
    Il vociare di poco prima cessò e dinnanzi a quella voce fin troppo irritante e possente anche gli altri kage si sforzarono di aprire gli occhi.
     

    - Dunque la Mizukage non sembra riuscire più a reggere un simile trattamento, a quanto vedo… -

    Tsunade sgranò gli occhi nel vedere le condizioni della sua collega, mentre Shirai e Gaara cercavano di mantenere una certa impassibilità ed il vecchio Onoki lottava contro i suoi terribili dolori di schiena.
     

    - Tu sei un pazzo! Un assassino! Non puoi permetterti di trattare in questo modo una kage, non ti permetterò di farle ancora del male! –

    Aveva i denti serrati, il viso teso ed una rabbia incontrastata che gli batteva in petto: sapeva che di lì a poco un qualsiasi demone sarebbe arrivato ad ucciderlo, lo sapeva, eppure non sembrava voler lasciare la sua kage per nulla al mondo.
    L’uomo mascherato rise di gusto dinnanzi a quella scena, come se per lui fosse un bellissimo spettacolo, mentre la Mizukage con le poche forze che le erano rimaste cercava di far ragionare quello che era un amico ed un fidato collaboratore.
     

    - A-Ao… Ti prego, s-scappa… Non puoi f-fare nulla… Per me… -

    - Io non l’abbandonerò, Mizukage, non posso permettere che la uccidano! –

     
    La mano delicata quanto sanguinante della donna sfiorò la guancia dell’uomo, come a voler attrarre verso di sé tutta l’attenzione possibile, quella necessaria a salvargli la vita.
     

    - Tu devi… P-proteggere il nostro… Popolo… -

    - Ma –

    - F-Fallo per me… -

    L’uomo lasciò che una lacrima gli rigasse il volto, prima di stringere a sé la donna un’ultima volta e poi lasciarla distesa a terra: lanciò uno sguardo di sfida ad un Tobi che ancora rideva di gusto, prima di voltarsi nella direzione opposta per scappare.
    Si sentiva un cane, si malediva, eppure sapeva che non c’erano alternative.
     

    - Prendetelo. –

    Immediatamente un uccello bianco si levò da quello che era l’ex palazzo dell’Hokage e si diresse rapido all’inseguimento del ninja di Kiri, mentre un paio di altri shinobi resuscitati lo seguivano a ruota.
    Sorrideva, il traditore dalla chioma bionda e la passione per l’esplosivo, certo che si sarebbe divertito con un ninja di così alto livello.
    Sakura seguì la figura di Ao con gli occhi e notò che qualcuno della folla si era separato dalla massa e si era diretto nella foresta, nella medesima direzione della guardia del corpo della Mizukage, ma era evidente che non fossero nemici o alleati dei nuovi signori delle terre ninja: anche se erano coperti da mantelli biancastri, la ragazza riuscì a distinguere due chiome nerastre contenute da una coda alta, rassomigliante ad un ananas.
     
    “Shikamaru e suo padre! Allora non sono stati catturati, sicuramente cercheranno di aiutare Ao.”
     
    Uno sguardo determinato si dipinse sul suo viso ancora ingenuo: sì, aveva paura, ma non poteva restare ancora lì a piangere e a disperarsi, doveva trovare un modo per cercare di migliorare la situazione e certamente unirsi ai due Nara sarebbe stato un buon inizio, anche se non sapeva bene per cosa.
    Lanciò un rapido sguardo a Matsuri e si rese conto che anche la giovane ninja di Suna aveva compreso ogni cosa, così entrambe si allontanarono da quello spettacolo indegno e partirono all’inseguimento di Ao, nella speranza di riuscire ad essere d’aiuto a Shikamaru e Shikaku ed impedire che facessero prigioniero un altro importante ninja.
     
    Ne frattempo, Mei cercava di rialzarsi faticosamente ma le forze sembravano mancarle ogni volta, tanto che era riuscita a malapena a restare sorretta sui gomiti, mentre il resto del corpo era abbandonato a terra: ansimava, esausta e sfinita ma con ancora la volontà di non arrendersi.
    Affianco a lei apparve rapidamente un ninja dal manto nero coperto da nuvolette rosse, il quale costrinse la donna ad alzarsi, tenendola saldamente immobile con le braccia muscolose quanto grigiastre: lo aveva sentito arrivare, Kisame, ma non aveva avuto la forza di reagire.
     

    - Vi conviene arrendervi, kage, non riuscirete a sopravvivere ancora per molto. –

    Si avvicinò ulteriormente alla Mizukage e mettendole un dito sotto il mento la costrinse a guardarlo, dritto in quegli occhi assassini mentre lei faticava a respirare.
     

    - E devo ammettere che sarebbe un vero peccato… Non siete d’accordo con me, Mizukage? –
     
    Una voce ironica e sottile ma questa volta Tsunade non riuscì a trattenere la rabbia che la pervadeva e permise alla sua sfrontatezza di avere la meglio: non sopportava che quell’essere immondo mancasse di rispetto in modo tanto indegno a quella che era una sua collega ed amica, non lo tollerava.
     

    - Lasciala stare, lurido verme!! –

    L’aveva detto con più grinta di quello che il suo corpo potesse permetterle, tanto che respirò affannosamente per qualche istante ma le sue parole bastarono per fare in modo che quella maschera grigiastra si voltasse verso di lei, abbandonando la Mizukage che aveva ripreso a respirare.
    Avanzava verso la croce centrale, dove l’Hokage resisteva con tutte le sue forze mentre i capelli biondi erano sciolti sulle spalle ed il suo manto verde completamente stracciato, per non parlare dei pantaloni e del kimono grigio che a malapena la coprivano.
     

    - Vuole essere la prossima a soccombere, Quinto Hokage? O preferisce arrendersi ed accettare che io abbia vinto sui vostri insignificanti paesi? –

    Una terribile vena di nervosismo comparve sul volto graffiato della donna, tanto che prese quante più forze avesse in corpo e sputò a terra, a qualche centimetro dall’uomo mascherato davanti a lei: ansimava ora, l’Hokage, ma non aveva paura di morire ed i suoi occhi ambrati sfidavano quelli sanguinari di Tobi.
    Lui restò immobile per qualche istante mentre l‘aria era tesissima: il gesto di Tsunade era stato un affronto chiaro e fin troppo sfacciato nei confronti di chi aveva il coltello dalla parte del manico, tanto che gli altri kage non osarono immaginare cosa le sarebbe accaduto.
     

    - Amaterasu. –

    Fiamme nere avvolsero il corpo dell’Hokage mentre lei stringeva i denti e si sforzava di non gridare dal dolore, di non dare a quel mostro una tale soddisfazione fin quando le fiamme bruciarono le corde che la tenevano imprigionata e lei cadde a terra, rantolante.
    Shirai ed Onoki sgranarono gli occhi dinnanzi ad una simile scena fin quando Tobi decise di far cessare quella terribile tecnica oculare e permise all’intera popolazione di vedere il corpo ormai esanime dell’Hokage, la quale restava immobile a terra e coperta di ferite, mentre il cuore tuttavia continuava a battere come non volesse arrendersi.
    Decisamente sì, era una fortuna che possedesse tanta forza fisica.
     

    - Tsunade! –

    La voce roca del Raikage, nonostante fosse meno potente del solito, attirò l’attenzione dei presenti e mentre i suoi possenti muscoli si irrigidivano, le parole ferme quanto amare dell’anziano incatenato affianco a lui lo costrinsero a non lasciarsi trasportare dall’ira.
     

    - Risparmia il fiato, R-Raikage… Noi dobbiamo sopravvivere… Per il bene d-del popolo… -

    Tossì con fare dolorante dopo queste parole e mentre Shirai stringeva i denti come non mai, Tobi sembrava quasi divertito da quella scena, mentre l’intera popolazione osservava disgustata quello scempio.
     

    - Sembra che lo Tsuchikage sia l’unico che abbia compreso la situazione, a quanto pare… Ad ogni modo, visto che le croci sembrano non aiutarmi a raggiungere il mio obbiettivo, sarà necessario fare una chiacchieratina con voi Kage. –

    Fece un rapido gesto con la mano e le corde nerastre che tenevano imprigionati i rappresentanti delle cinque terre si spezzarono, permettendo così anche agli altri tre si scendere a terra.
    Lo Tsuchikage digrignò pericolosamente i denti non appena toccò il suolo, considerando che la sua anziana schiena faticasse a reggere simili colpi e le sue condizioni fossero sufficientemente precarie, mentre il ragazzo dai capelli rossi non sembrava mostrare il minimo segno di dolore nonostante il suo volto impassibile nascondesse le sofferenze più crude.
    Il Raikage si guardò rapidamente intorno, come se anche in quelle condizioni avesse voluto sperare di trovare una qualche soluzione, una qualsiasi per liberare lui ed il suo popolo ma immediatamente i demoni dalle sette, sei e cinque code li circondarono, come a volergli intimare di non tentare alcun tipo di gesto, considerata anche la presenza di quel Tobi e di Kisame.
    Shirai si lasciò sfuggire una smorfia alquanto consistente nel rendersi conto che non avrebbe potuto fare nulla, così si avvicinò all’Hokage e prese il suo corpo quasi privo di sensi fra le braccia, mentre con una rabbia feroce notava il terribile stato in cui lo Sharingan l’aveva ridotta.
     

    - Se volete seguirmi… -

    Disse l’uomo mascherato con un’apparente gentilezza e si avviò verso quello che un tempo era il palazzo dell’Hokage, mentre i cinque lo seguivano con sdegno ed i tre demoni li scortavano impassibili, i loro cercoteri sui dorsi e gli occhi ipnotizzati da quella terribile e quasi infallibile tecnica.
     
    Mentre quel “convoglio” si allontanava, la popolazione era ancora allibita dinnanzi alla staccionata e mentre pian piano ogni ninja si allontanava, diretto verso una terra che non sembrava nemmeno più appartenergli, due figure nella penombra di una delle abitazioni rimaste osservavano ogni cosa con il massimo sdegno.
     

    - Vorrà costringerli a collaborare, di conseguenza dobbiamo agire prima che sia troppo tardi. –

    Una voce ferma ma non troppo autoritaria, mentre un cappuccio nerastro nascondeva capelli di un biondo luminoso ritti sulla nuca.
     

    - Cos’hai intenzione di fare, Darui? –

    Il giovane fidato del Raikage assottigliò lo sguardo, mentre tratteneva l’irritazione nel vedere in quale situazione ogni singolo ninja si trovasse a causa di quella spietatezza.
     

    - Dobbiamo assolutamente trovare Killer Bee e Naruto e liberarli, prima che gli sottraggano i demoni e riescano a portare a termine il cosiddetto piano “occhio di luna”. –

    - Ti rendi conto che questo è praticamente impossibile, vero? –

    Gli occhi giallastri della giovane ninja della Nuvola si posarono con fare interrogativo e dubbioso sul compagno, per quanto anche dentro di lei battesse lo stesso sentimento di vendetta e riscatto nei confronti di chi li stava umiliando.
    Ci fu qualche minuto di silenzio, prima che il ragazzo rispondesse alle parole della compagna.
     

    - E’ impossibile se cerchiamo di farlo da soli, Karui, ma se troviamo validi alleati la cosa potrebbe diventare fattibile. –

    - E a chi vorresti affidarti?! Noi shinobi più abili siamo ricercati come dei ladri in tutte le terre, dubito che altri ninja siano disposti a sacrificare la vita per un’impresa tanto improbabile! –

    Non credeva davvero in ciò che diceva, ma le scene che si era ritrovata a vedere l’avevano letteralmente sconvolta: il suo maestro Killer Bee imprigionato e probabilmente torturato chissà dove, il Raikage nelle mani di un nemico insaziabile e la terra per cui aveva combattuto una guerra intera completamente sottomessa.
    No, non vedeva un futuro così roseo, non per loro almeno, ma lo sguardo serioso di Darui divenuto improvvisamente severo la costrinse a dubitare delle sue stesse parole.
     

    - Le Cinque Terre ninja si sono unite per tentare di sconfiggere criminali simili, ogni singolo shinobi ha fatto del suo meglio per questo, ogni ninja ha accettato di combattere con persone di altri villaggi pur di proteggere ciò che amava. Ognuno di noi e di loro ha dato il massimo per la propria terra e il non essere riusciti a vincere una prima volta non significa che dobbiamo arrenderci così. –

    Karui restò impietrita dinnanzi a quelle parole, mentre seguiva lo sguardo del compagno che andava a posarsi di nuovo sui cinque kage che lentamente venivano scortati nella loro prossima prigione.
     

    - Loro non si sono arresi, né si arrenderanno mai. Perciò anche noi dobbiamo fare la nostra parte, non ho intenzione di veder morire altri innocenti per una simile pazzia. –

    La sua mente vagava verso ricordi della guerra appena terminata, mentre un’altra si prospettava davanti a loro, forse ben peggiore.
    La ragazza dai capelli rossicci si fece improvvisamente più determinata e, stringendo i pugni, attirò nuovamente l’attenzione del braccio destro del Raikage.
     

    - Allora non dobbiamo perdere altro tempo. –

    Il ragazzo fece un cenno di assenso con il capo ed entrambi si mossero rapidi in direzione della foresta, decisi ad andare in aiuto degli shinobi delle altre terre: se avessero voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa per migliorare quella situazione, allora non potevano fare altro che cercare di ritrovarsi tutti insieme per decidere la loro prossima mossa. 
     




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    (Lascio il link di un Forum di Naruto gestito da me e da un'altra autrice di EFP, è soptrattutto un Gioco di Ruolo dove si possono interpretare, scrivendo, i personaggi di Naruto :D
    http://ninetails.forumfree.it/
    )

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    Capitolo 2
    *** Tattica ***


    CAPITOLO DUE:
    Tattica
     

     

     
    Lo sentiva, lo stavano inseguendo, ma dopotutto non poteva aspettarsi qualcosa di diverso considerando che fosse uno shinobi di alto livello.
    Si muoveva rapido tra la vegetazione, schivando i vari arbusti che gli intralciavano il cammino mentre il suo volto era ancora leggermente tirato: l’immagine della Mizukage ferita tanto gravemente lo mandava in bestia, gli faceva desiderare le peggiori sorti per quei tre delinquenti ma nonostante questo avrebbe lottato per proteggere ciò che gli era rimasto.
     
    -Byakugan –
     
    Si voltò indietro per qualche istante e vide un grosso uccello bianco al suo inseguimento, sul cui dorso v’era uno dei componenti di quella maledetta Akatsuki, il quale sembrava osservarlo con fare divertito ma non si scompose dinnanzi a quel sorrisetto irritante, continuando a correre anche se non sapeva esattamente dove andare.
     
    Tuttavia, la sua abilità innata lo avvertì di un imminente pericolo e si voltò di nuovo, vedendo il nemico comporre alcuni sigilli e grazie alla particolari potenzialità del Byakugan riuscì a prevedere il colpo: una serie di piccoli pupazzetti bianchi erano stati lanciati qualche metro più avanti da lui, così l’uomo dal manto verdastro fece appena in tempo a fermarsi e a proteggersi che un’esplosione piuttosto consistente distrusse parte di quegli alberi inermi.
    Deidara fece un piccolo sbuffo, restando tuttavia della sua indifferenza superficiale mentre osservava il fumo diradarsi sotto di lui.
     
    -Forse ho esagerato, in fondo dovevo solo catturarlo… -
     
    Sentì qualcosa muoversi alle sue spalle così si voltò di scatto, facendo appena in tempo a proteggersi da un colpo alla testa: incrociò lo sguardo severo di Ao ma non ne ebbe timore, tanto che con l’altra mano creò rapidamente un insetto di argilla e glielo scagliò contro a mezz’aria.
    Non che si aspettasse di metterlo fuori gioco così facilmente, ma un minimo di sperava.
    Osservò la piccola esplosione ma storse il naso nel notare che la figura del ninja di Kiri scompariva in una nuvoletta non appena l’attacco fu avvenuto e non fece in tempo a reagire che un ponderoso calcio lo disarcionò dall’uccello di argilla, tanto che il membro dell’Akatsuki cadde nella foresta.
     
    Ao non perse tempo e si diresse anch’egli tra la folta vegetazione: non poteva sconfiggerlo in aria, ma a terra forse avrebbe avuto qualche possibilità.
    Attivò immediatamente il Byakugan per poterlo individuare meglio tra gli alberi ma non vedeva alcuna sagoma davanti a sé, così si fermò per qualche attimo nella speranza di scorgere la figura del biondo: avvertì altre due presenze alle sue spalle, senza riuscire a comprendere perché fossero tanto distanti da lui quando avvenne una piccola esplosione dinnanzi a lui che lo colse di sorpresa.
    Venne scaraventato molto più indietro ma grazie alla sua agilità riuscì a non schiantarsi contro ad un albero, così si appoggiò con una certa delicatezza al suolo ma vide arrivargli incontro una di quelle bombe esplosive: non ce l’avrebbe fatta a schivarla, così si limitò a coprirsi viso e corpo con le braccia attendendo il colpo ma, con suo estremo stupore, questo non arrivò.
     
    Riaprì immediatamente i propri occhi e rimase leggermente colpito nel notare che quell’oggetto biancastro fosse ancora lì, a mezz’aria, inesploso ed immobile, fin quando non vide accanto a sé la figura di un ninja con i capelli neri legati in una coda alta inginocchiato a terra, il quale teneva evidentemente attiva una tecnica che gli permetteva di controllare l’ombra altrui e quindi immobilizzare ciò che preferiva.
    Gli lanciò un’occhiata veloce, notando la profonda cicatrice sul viso e l’età più o meno sulla quarantina, come lui: sì, lo aveva già visto, doveva trattarsi dello stratega di Konoha.
     
    - Bene bene, due piccioni con una fava! –
     
    Entrambi riposero il loro sguardo sulla figura coperta da un mantello nerastro immobile a qualche metro dall’oggetto biancastro, la quale li osservava con un sorriso ironico appena accennato mentre i due restavano attenti a qualunque movimento.
     
    - Ci risparmi la fatica di venirti a cercare, Shikaku Nara. Così avremo due dei più importanti shinobi delle cinque terre senza fare troppa fatica… -
     
    Ao era pronto a reagire ma non appena Deidara tentò di muoversi si ritrovò immobilizzato al suolo, tanto che si lasciò sfuggire un’espressione particolarmente stupita in volto.
    Il protetto della Mizukage non sembrò comprendere subito la situazione, fin quando non osservò l’uomo al suo fianco che sorrideva con fare superiore, come se avesse già previsto ogni cosa, anche se da un ninja del suo livello e della sua intelligenza non ci si poteva aspettare altro.
     
    - Sei stato avventato e troppo fiducioso, Deidara. –
     
    Il ninja di Kiri non attese oltre e si lanciò all’attacco del nemico, tanto che lo colpì in pieno scaraventandolo a parecchi metri di distanza, mentre questo rotolava a terra abbastanza bruscamente.
    Venne immediatamente affiancato da Shikaku e da un ragazzo più giovane che tuttavia gli somigliava parecchio: sì, doveva trattarsi di un suo famigliare, molto probabilmente suo figlio se si considerava che utilizzasse la medesima tecnica.
     
    Attesero qualche istante, prima di vedere un uccello alato bianco elevarsi rispetto alla fitta boscaglia ed allontanarsi rapidamente da quella zona, mentre il membro dell’Akatsuki li malediceva mentalmente per una simile sconfitta: non poteva rischiare di venir sigillato di nuovo né di combattere contro tre ninja tanto abili, non in quelle condizioni almeno.
    Ao era intenzionato a seguirli ma il capo clan dei Nara gli mise una mano sulla spalla, costringendolo a fermarsi e a voltarsi verso la sua espressione severa.
     
    -  Non ha senso inseguirlo, non conosciamo i sigilli adeguati per fermarlo. –
    -  Ho sentito che Kabutomaru è riuscito ad eluderli, bisognerà trovarne di più potenti per impedire che vengano nuovamente resuscitati. –
    - Esatto, ma non è questo il luogo dove parlarne. –
     
    Si lanciarono una serie di sguardi tanto severi quanto determinati: erano ancora diffidenti nonostante tutto, ma erano consapevoli che un’ulteriore collaborazione sarebbe stata necessaria, per il bene di tutti, così decisero di lasciar spazio alla loro acuta razionalità per sviare il problema, mentre Shikamaru restava silenziosamente accanto al padre.
     
    -  Avete già una base? –
    -  Noi ed altri ninja della Foglia ci siamo riparati in una caverna non molto distante da qui, sotto una cascata. Considerando che Konoha è la nuova base di Madara, non ci sembrava il caso restare lì.-
    - Io purtroppo non conosco la situazione di Kiri, non appena la Mizukage è stata sconfitta e fatta prigioniera sono accorso qui, il prima possibile. –
     
    Abbassò leggermente lo sguardo mentre ripensava all’immagine di Mei dolorante e sanguinante: non poteva tollerare una cosa simile, anche perché conosceva la crudeltà del suo popolo e sapeva che se lei si fosse lasciata sconfiggere nessun altro sarebbe riuscito a guadagnare la fiducia di quella gente, men che meno un’altra persona onesta e giusta come lei.
    Shikaku comprese i suoi sentimenti ma non poteva permettergli tali distrazioni, così ancora una volta richiamò la sua attenzione per capire meglio la situazione.
     
    - Quando vi siete avvicinato alla Mizukage, le avete somministrato qualcosa, vero? –
    - Sì, un’intera capsula di uno dei più potenti medicinali che voi di Konoha ci avevate fornito. Era l’unico modo per aiutarla. 
    - Perfetto, avete fatto molto di più di quello che pensate. –
    - Per quale motivo? –
    -  Conoscerete le rinomate abilità mediche dell’Hokage, saprà estrarre quel liquido dal corpo della Mizukage e se lo inietterà, così riacquisterà vigore e potrà curare almeno in parte gli altri kage. –
     
    Ao fece un cenno di assenso con il capo dinnanzi a quel ragionamento, constatando che effettivamente non fosse un’ipotesi da scartare ed in tal modo anche gli altri kage sarebbero riusciti a sopravvivere per un po’ più di tempo.
    Grazie al Byakugan avvertì altre presenze dirigersi verso di loro, anche se non in modo affrettato, così voltò rapidamente il proprio viso in direzione di quelle sagome ed altrettanto fecero i due Nara, mentre i loro volti si facevano tesi ed attenti.
    Restarono in silenzio, in attesa di scorgere quelle figure fin quando queste non emersero dalla penombra della foresta, permettendo così a Shikamaru di riprendere a respirare mentre il padre si rilassava leggermente.
    Ao intuì che si trattasse di ninja che conoscevano, considerando quel comportamento, tanto che tornò ad osservare le due giovani ragazze che si avvicinavano a loro trascinando qualcosa, mentre anche le loro espressioni erano serene, come a mettere in evidenza la loro contentezza nel vederli sani e salvi.
     
    - Questi li avevate invitati voi? –
     
    Chiese ironicamente la ragazza dai capelli rosati, mentre lei e la compagna lasciavano cadere a terre i corpi di due ninja nemici privi di sensi che probabilmente avevano sconfitto qualche attimo prima.
    Si avvicinarono a loro ed immediatamente gli sguardi dei presenti si posarono sull’allieva del Kazekage, la quale li osservava con un briciolo di imbarazzo e timidezza.
     
    - Matsuri, giusto? –
     
    Chiese Shikamaru con il suo solito fare indifferente, anche se quella poteva considerarsi una domanda retorica visto che si ricordava benissimo di quel volto giovane.
     
    - Sì… Sono fuggita da Suna non appena è stata invasa dai demoni del due e tre code… Stavano catturando tutti i ninja più vicini al Kazekage, così io ho pensato che… -
     
    Abbassò il capo, forse vergognandosi del suo gesto apparentemente da codarda quando Sakura le posò dolcemente una mano sulla spalla, come a volerla rassicurare nonostante lo sconforto: erano tutti dei fuggitivi, il loro era solo un tentativo di potersi riprendere una libertà perduta.
     
    - Hai fatto la cosa giusta, farsi catturare non sarebbe servito a nulla e noi abbiamo bisogno del maggior numero di ninja possibili per tentare qualsiasi cosa, anche se non dobbiamo essere affrettati. –
    -  Hai già qualcosa in mente, Shikaku? –
    -  Forse… Ma ora è meglio tornare al nostro rifugio prima che mandino altri a cercarci. Dobbiamo solo sperare che i prigionieri più efficienti come Kakashi, Gai ed altri riescano a liberarsi, altrimenti non riusciremo a concludere molto in queste circostanze. –
     
    Regnò il silenzio per qualche minuto, fin quando Shikaku non prese l’iniziativa e si voltò verso la parte opposta della foresta, cominciando a correre seguito a ruota dal figlio.
    Sakura prese la ninja di Suna per mano e la invitò a seguirli: sapeva che si sentisse straniera, in quella terra e dinnanzi a quelle persone, ma in quel contesto loro erano un unico popolo, un unico essere che avrebbe cercato di riguadagnare la libertà ed i diritti perduti. Matsuri le sorrise dolcemente e la seguì, mentre con la coda dell’occhio osservava quello shinobi evidentemente esperto di mezza età che aveva esitato a seguirle, poiché aveva rivolto un ultimo sguardo in direzione di quella piazza rovinata dall’odio e dalla violenza.
     

    ******

     
    Alcune sagome si muovevano rapide tra le rocce scure di quel monte situato non molto lontano dal pese del fuoco: nonostante fosse pieno giorno, la luce risultava fioca ed assente in alcuni tratti, tanto che gli era difficile proseguire il loro cammino se non fosse stato per la particolare abilità innata.
     
    - Riesci a vedere qualcosa, Neji? –
     
    La ragazza dagli chignon lanciò una rapida occhiata al compagno dinnanzi a lei, mentre faceva attenzione a dove saltare per evitare di cadere in quel burrone senza fine, dove soltanto l’oscurità sembrava regnare alla base.
    Il kimono di un bianco sporcato dalle battaglie del giovane Hyuga si muoveva rapido ad ogni suo salto, mentre alcune vene erano in rilievo accanto alle iridi lilla: uno sguardo freddo e concentrato, determinato almeno quanto gli ideali che battevano dentro di lui.
    Dopo qualche altro balzo, Neji si fermò dietro ad una roccia ed altrettanto fecero i suoi compagni, mentre si lasciava intravvedere con la testa oltre il masso, osservando con estrema attenzione tutto ciò che potesse essergli utile a quel tentativo di salvataggio, forse troppo azzardato.
     
    - Quella prigione non deve trovarsi molto lontano da qui, riesco a vedere parecchie tracce di chakra consistenti proseguendo per questa strada. –
    - D’accordo, invio l’informazione al nostro nascondiglio. –
     
    Un ragazzo dai capelli neri e corti estrasse dal proprio zaino una pergamena e grazie ad un pennello tinto nell’inchiostro scrisse alcune informazioni crittografate, mentre i due compagni restavano immobili ed in silenzio.
    Dopo qualche attimo, le scritte nerastre si condensarono creando l’immagine di un piccolissimo uccello, il quale prese vita oltre la pergamena e volò rapido nella direzione in cui i tre ragazzi erano giunti.
     
    - Ottimo, Sai. Proseguiamo? –
     
    Affermò Tenten con fare determinato e con quella grinta che l’aveva caratterizzata da sempre: Neji non poté che lasciarsi incantare per qualche attimo, come se quel sorriso gli permettesse di estraniarsi per qualche attimo dalla sua solita freddezza ma si ricompose immediatamente non appena avvertì una strana presenza, vicinissima a loro.
     
    - Tenten, atten –
     
    Ma non fece in tempo a finire la frase che un voluminoso oggetto in legno colpì in pieno la giovane kunoichi, scaraventandola oltre le rocce ed i due ragazzi si allontanarono immediatamente da quel punto, balzando in direzioni opposte.
    Neji si voltò immediatamente verso il burrone, preoccupato all’idea che la compagna vi fosse precipitata ma con un certo sollievo vide che era riuscita prontamente a conficcare due kunai nella roccia e così si ritrovava appesa ad essi, col vuoto sotto i suoi piedi.
    Non fece in tempo a ragionare su altro che si ritrovò a pochi metri di distanza una figura coperta da una cappa nera e nuvolette rosse, dalla quale si riusciva a scorgere soltanto un viso giovane dalla folta chioma rossiccia.
     
    - Sasori della Sabbia Rossa… -
     
    Sai pronunciò quelle parole con la solita impassibilità, mentre il giovane membro dell’Akatsuki li osservava con fare quasi scocciato.
     
    - Tre ninja di Konoha che tentano un salvataggio di questo tipo? Vi facevo più furbi sinceramente e, come se non bastasse, mi farete arrivare in ritardo ad una riunione. Ed io odio far aspettare gli altri, quindi vediamo di finirla entro breve. –
     
    Lo Hyuga digrignò i denti e, constatato che Tenten potesse riuscire a cavarsela da sola, si preparò ad affrontare quello che effettivamente risultava essere un nemico temibile e pressoché invulnerabile.
    Se non altro, qualche informazione utile sulla posizione della prigione dove erano rinchiusi Killer Bee e Naruto erano riusciti ad inviarla, dopo quasi una settimana di ricerca.
     

    *******

     
    - Hai finito, Tsunade? –
     
    La domanda piuttosto rude del Raikage trovò risposta in uno sguardo alquanto irritato della principessa delle lumache, la quale stava curando con il poco chakra che aveva il braccio rotto della sua collega.
     
    -  Ho quasi finito… E’ stata una fortuna che Ao ti abbia iniettato quel siero, Mei, altrimenti non sarei riuscita a curarci, anche se non al meglio naturalmente. –
     
    Era riuscita ad estrarre quel liquido vitale dal corpo della Mizukage non appena erano stati lasciati in una cella particolare del palazzo dell’Hokage, una stanza completamente sigillata la cui unica via d’uscita risultava quasi indistruttibile e sorvegliata da due demoni.
    Non erano al pieno delle forze, anzi erano stati curati quel minimo per permettergli di muoversi senza troppa difficoltà, ma il loro chakra era decisamente ridotto ed il fisico ancora leso in varie parti.
    Gaara fissava il portone d’entrata con sguardo impassibile che tuttavia lasciava intravvedere un velo di malinconia e preoccupazione: la sua gente era là fuori, in balia di pazzi assassini e senza nessuno che potesse proteggerli.
    Questo sì, lo faceva decisamente arrabbiare, anche se il suo animo calmo non lo avrebbe mai manifestato.
    E pensare che aveva lottato così tanto per farsi rispettare dai suoi concittadini, per riuscire ad avere da loro quel rispetto e quella fiducia che gli avevano dato la forza di superare ogni cosa, persino la morte, eppure adesso si sentiva totalmente inutile, incapace di mantenere fede a quella promessa che aveva fatto prima di tutto a se stesso.
    Sentì una mano appoggiarsi alla sua spalla, così si ridestò immediatamente da quei pensieri e si voltò, incontrando il volto anziano e severo dello Tsuchikage che lo stava osservando ormai da parecchi minuti.
     
    - Non ti abbattere, ragazzo. Questa non è la fine. –
     
    Gaara avrebbe sorriso, se ne fosse stato capace.
    Stava per rispondergli quando avvertirono dei passi avvicinarsi a quella che probabilmente era stata soltanto una stanza di passaggio, per loro: non avrebbero certamente lasciato i cinque kage uniti, considerate le loro potenzialità.
    Il Kazekgae si rialzò immediatamente, mentre Tsunade aiutava la rappresentante di Kiri ad alzarsi dopo averle curato il braccio ed insieme agli altri si avvicinava a quella porta, pronti ad accogliere chiunque di quegli esseri che non potevano essere definiti umani.
     
    Si aprì con uno scricchiolio fastidioso, lasciando che una luce offuscata penetrasse in quella stanza quasi totalmente oscura, considerando che si trovava nei sotterranei del palazzo nonostante fosse stata costruita molto di recente.
    Immobili accanto a quella massiccia porta d’entrata v’erano due figure, una coperta da un manto nerastro e l’altra più muscolosa e possente, mentre una chioma corvina gli copriva il dorso: Madara Uchiha e quel fantomatico Tobi.
    Notarono immediatamente l’assenza di Kabutomaru a quella “riunioncina” speciale, ma la cosa non dispiacque a nessuno di loro, soprattutto dopo che ebbero incontrato lo sguardo omicida e sadico di quei due soggetti certamente da rinchiudere nel miglior manicomio esistente.
     
    - Eravamo certi che avreste trovato un modo per curarvi almeno in parte… Ma la cosa non ci dispiace, considerando che ora potremo parlare tutti e trovare un accordo. –
    -  Se speri che ci sottometteremo al vostro volere ti sbagli di grosso. –
     
    La voce ferma quanto decisa del Raikage echeggiò in quella stanza chiusa, come se quel suono grave quanto potente volesse in qualche modo sovrastare il potere dei loro avversari.
    L’uomo mascherato non si scompose dinnanzi a quelle parole, dopotutto non poteva aspettarsi altro da cinque valorosi ninja come loro, di conseguenza avrebbe cercato quantomeno di non renderli troppo suscettibili: restavano comunque i ninja più potenti…
     
    - Abbiamo un patto da proporvi, non siamo così stupidi da sottovalutare la vostra forza e soprattutto l’influenza che avete sui vostri paesi… -
    - Che ne è stato dei nostri popoli? –
     
    Si stupirono di come Gaara fosse intervenuto tanto prontamente, considerando che solitamente si limitasse ad ascoltare senza esporsi troppo, ma evidentemente le sorti del suo paese gli stavano particolarmente a cuore e questo fu compreso fin troppo bene.
     
    - Siete più preoccupati della sorte dei vostri popoli ancora liberi, piuttosto che di voi stessi qui prigionieri? –
    -  Liberi? Liberi?! Non ti permettere di definire “libertà” una schiavitù simile! Dubito che tu possa capirne l’importanza! –
     
    Ancora una volta Tsunade non riuscì a trattenere la propria rabbia e si fece leggermente avanti, mostrandosi decisa a non arrendersi in nessuna circostanza mentre gli altri kage restavano sufficientemente vicini per potersi aiutare in un qualsiasi combattimento, determinati a non permettere uno scempio simile.
     
    - Tsunade Senju… –
     
    La voce fredda e priva d’emozioni dell’Uchiha invase quel silenzio con una certa aggressività, mentre nessuno emise altro suono dopo quelle parole: la sua figura avanzò nell’ombra, superando di qualche passo quella dell’uomo mascherato e mostrandosi completamente ai cinque kage dinnanzi a lui.
    Tsunade strinse violentemente i pugni mentre i suoi occhi ambrati e minacciosi reggevano perfettamente lo sguardo altrettanto freddo dell’ultimo degli Uchiha, il quale la squadrò dalla testa ai piedi senza esitazione: durante la loro battaglia non avevano certamente avuto né modo né tempo di osservarsi tanto attentamente…
     
    - Esattamente… -
    -  Come potrei dimenticare la nipote del caro Hashirama… I Senju sono un segno indelebile. –
    -  E te li ricorderai per ancora molto tempo, credimi. -
     
    Strinse persino i denti pronunciando quelle parole, tant’era la rabbia, e continuò quella sfida di sguardi con Madara, fin quando la voce stridula di Onoki non spezzò quell’atmosfera fin troppo tesa.
     
    - Sicuramente avrete fatto dei prigionieri tra il nostro popolo, magari preoccupandovi che i migliori shinobi non potessero organizzare un’insurrezione contro di voi e li terrete sicuramente rinchiusi qui da qualche parte. –
    -  E quindi? –
    -  Vogliamo vederli, per assicurarci che siano in buone condizioni. Certamente vorreste ricattarci e considerando quanto teniamo al nostro popolo, sarà la prima arma che userete contro di noi… Ergo non vi ascolteremo nemmeno se non ci mostrerete le loro condizioni. –
    -  Cosa vi fa pensare che non siano ancora vivi? –
    -  Il fatto che siate dei mostruosi dittatori mi sembra un valido motivo. –
     
    La Mizukage sorrise con fare ironico non appena ebbe terminato il discorso tra lo Tsuchikage e Tobi, mentre Madara e l’Hokage continuavano la loro battaglia portatrice dei rancori più avidi e tenebrosi.
    Dopo qualche minuto di silenzio, l’uomo mascherato sembrò quasi accennare ad un rapido sospiro prima di voltare loro le spalle e riprendere a parlare.
     
    - E sia, ve li mostreremo. Ma penso siate abbastanza intelligenti per comprendere che non avrete modo di fuggire. –
     
    Cominciò a camminare tra quei corridoi bui e desolati, mentre Onoki e Gaara lo seguirono senza troppa esitazione, dopo essere passati al fianco dell’Uchiha, il quale attendeva evidentemente di assicurarsi che non fuggissero dalla parte opposta.
    Le due kage restarono l’una affianco all’altra, come se si fidassero soltanto di loro mentre il Raikage fu l’ultimo dietro di loro: non gli erano piaciuti per niente quegli sguardi tra Madara e Tsunade, non voleva rischiare che l’Uchiha giocasse qualche tiro mancino a colei che incarnava i suoi rivali più odiati ma preferì continuare a tenerlo d’occhio, assolutamente diffidente nei suoi confronti.

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    Capitolo 3
    *** Sacrificio ***


    Note Autrice:
    Ho notato che il numero di chi segue questa storia o l'ha messa tra le preferite è aumentato, e per questo ne sono immensamente felice :D
    Tuttavia, non avendo ricevuto recensioni nello scorso capitolo, la cosa mi è parsa alquanto contrastante e non riesco a farmi un'idea precisa di cosa ne pensiate...
    Dunque, ho fatto questo capitolo un pò più lungo e complesso, sperando che possa piacervi ed in base a questo deciderò se continuare o meno la storia...
    Grazie dell'attenzione, buona lettura ^.^

    Capitolo Tre:
    Sacrificio


    Stavano ancora correndo nella foresta, il capoclan dei Nara guidava la piccola spedizione di “nuove reclute” quando, ad un tratto, si fermò improvvisamente, distendendo le braccia in modo tale che le persone dietro di lui facessero altrettanto.
    Il ninja di Kiri lo osservò sospettosamente, cominciando a scrutare intorno dopo aver intuito che dovesse trattarsi di qualcosa di insolito mentre Shikamaru si affiancava al padre e le due ragazze dietro di loro si limitavano ad imitarli senza porre domande.
     
    Dopo qualche istante di attesa, Shikaku si portò le mani alla bocca ed emise una serie di versi rassomiglianti ad un uccello molto particolare, che non poteva assolutamente vivere in quei territori e questo fece immediatamente intuire ad Ao che si trattasse di un segnale: restò in guardia, ancora poco convinto delle persone straniere che si trovava davanti, quando sentì un leggero frusciare di foglie sopra la sua nuca e si mise immediatamente in guardia.
     
    - Puoi tranquillizzarti, shinobi di Kiri. –
     
    L’uomo dai capelli grigiastri gli lanciò un’occhiata ancora indecisa ma si sforzò di fidarsi di quell’uomo tanto intelligente ed astuto, così ripose il proprio kunai nella bisaccia e si limitò ad ascoltare anche il più piccolo rumore, mentre Sakura e Matsuri dietro di loro sembravano apparentemente ignare di tutto ciò che stava realmente accadendo.
     
    - Hai portato rinforzi, Shikaku? –
     
    Una giovane donna si presentò dinnanzi a loro con un balzo particolarmente atletico, mentre la sua capigliatura di un viola scuro metteva in risalto una personalità particolarmente forte e spiccata, aggiunta ad un portamento assolutamente irruente.
     
    - Abbiamo recuperato due disperse ed aiutato un ninja di Kiri, mi sembra un buon risultato. –
     
    Affermò l’uomo con indifferenza, forse un tantino scocciato da quel fare assolutamente autorevole della donna, ma in fondo sapeva anche lui quanto fosse essenziale la sua abilità ed acutezza.
    Sakura tirò un sospiro di sollievo nel vedere la donna sana e salva, facente parte di quel piccolo movimento rivoluzionario che si stava andando a creare, non potendo che sperare che anche il suo maestro Kakashi e gli altri fossero con lei, anche se ne dubitava fortemente…
     
    Di tutta risposta, Anko si avvicinò con rapidità a loro, in particolare ad Ao e cominciò ad osservarlo attentamente, assolutamente diffidente e ben poco propensa ad accettare uno straniero simile.
     
    - E sarebbe lui, il ninja di Kiri? –
     
    L’uomo ricambiò i suoi sguardi diffidenti con altrettanta freddezza, irritato dinnanzi a quel comportamento alquanto irrispettoso ma si mantenne impassibile e paziente, così come gli avevano insegnato: doveva aiutare il suo popolo in qualsiasi modo, di conseguenza qualunque possibilità gli si fosse presentata avrebbe dovuto coglierla, anche a costo di allearsi o sottostare a ninja di altri villaggi…
    Doveva farlo, lo aveva promesso alla sua Mizukage e mai avrebbe voluto deluderla.
     
    - Sì, è una delle guardie del copro della Mizukage, dunque uno dei migliori shinobi che possano aiutarci in questo disperato tentativo di rivalsa… -
     
    Si voltò anch’egli verso Ao, fissandolo negli occhi.
     
    - Giusto? –
    - Sì, vi aiuterò in qualsiasi modo. Abbiamo dei paesi da proteggere. –
     
    Shikaku fece un cenno di assenso con il capo, prima di scambiarsi un’altra serie di sguardi con il fidato della Mizukage, il quale tuttavia cominciava a rendersi conto che quegli individui non costituissero per lui alcun tipo di minaccia, ma che avessero in realtà il suo stesso obiettivo.
    Anko si limitò ad un piccolo sbuffo e si affiancò al Nara, incominciando a correre nuovamente in direzione di alcune rocce che si stavano innalzando dinnanzi a loro, mentre Sakura, Matsuri ed Ao li seguivano a ruota con Shikamaru davanti a loro.
     
    - Avete avuto notizie della squadra di Neji? –
    - Sì, ci hanno riferito di una probabile posizione della prigione dove sono rinchiusi Naruto e Killer Bee, ma ancora non abbiamo certezze a riguardo e nel breve messaggio non era indicata la loro situazione. –
    - Questo non è un bene, potrebbero trovarsi in pericolo considerando che se il luogo da loro citato è davvero la prigione delle due forze portanti sarà ben controllato, bisogna mandare rinforzi. –
    - Sai che non possiamo permetterceli, Shikaku… Neji e gli altri due lo sapevano. –
     
    Rispose freddamente: non provava alcun gusto nel dire quelle parole, proprio per niente ma anzi era leggermente preoccupata anche se la sua freddezza lo mascherava, tuttavia era consapevole di non potersi lasciare trasportare dalle emozioni e dover essere obiettiva.
    Shikaku non rispose, pensando ad una soluzione quando Ao si fece avanti, non volendo assolutamente essere da meno dinnanzi a quelle circostanze.
     
    - Quale sarebbe la loro posizione? –
     
    Anko gli lanciò un’occhiata ben poco rassicurante ma, dopo aver incontrato lo sguardo severo di Shikaku, con uno sbuffo cesse il rotolo con le informazioni inviate da Sai all’uomo e subito cominciò a leggerle, riflettendo sul da farsi mentre continuavano a correre tra alberi e rocce.
     
    - Posso andarci io, visto che si trova ai confini col paese della Nebbia. Ne approfitterei per controllare la situazione dei villaggi, soprattutto di Kiri, poi verrei a riferirvi ogni cosa. –
    - Grazie, Ao, ma non possiamo rischiare che validi ninja come te vengano catturati, è necessario che le maggiori forze non rischino tanto. –
     
    Ao strinse istintivamente quel rotolo e, pur mantenendo la sua impassibilità, si portò rapidamente davanti a Shikaku, costringendolo a fermarsi: i loro sguardi intensi si scontrarono per qualche istante, decisi e determinati, mentre il ninja di Kiri si sforzava di restare paziente e lucido.
     
    - Il mio paese ha bisogno di me, la Mizukage mi ha affidato il compito di proteggere il suo popolo ed io non posso permettermi di restare qui al sicuro mentre molti ninja vengono catturati ed uccisi. –
     
    Il Nara lo lasciò sfogare per quei pochi secondi, prima di inspirare profondamente e rispondergli con altrettanta calma.
     
    - Comprendo le tue motivazioni e le appoggio, ma credo che tu sia abbastanza intelligente per capire che non è il momento per rischiare. Anche l’Hokage, con il suo sacrificio, ci ha investito di grandi responsabilità e fiducia, ma se vogliamo tentare qualsiasi cosa dobbiamo restare uniti, non ha nessun vantaggio dirigersi in un paese sufficientemente in confusione e controllato dai nemici. –
     
    Lo squadrò ancora, come se la sua volontà gli imponesse di correre lontano da quei ninja di Konoha e tornare a Kiri, per salvarla…
    Poi però, la sua mente gli ricordò ciò che gli aveva detto la Mizukage prima di essere catturata, prima che lo scontro con Madara avesse fine nel peggiore dei modi: gli aveva detto di fidarsi della Foglia, di collaborare con loro perché erano validi alleati, senza contare che Mei stessa provasse una particolare stima per l’Hokage di Konoha, e lui non poteva ignorare tutto questo per orgoglio…
     
    - D’accordo. –
     
    Shikaku annuì col capo e quando stavano per riprendere a correre in direzione del loro nascondiglio, la ragazza dai capelli rosati si fece leggermente avanti: c’era una domanda, un’unica domanda che le invadeva la mente da chissà quanto tempo, in particolare dopo la tragica fine della guerra e non poteva più attendere per avere risposta.
     
    - Si sa… Si sa qualcosa di Sasuke? –
     
    La sua voce era flebile, appena udibile, mentre Matsuri restava a qualche passo da lei ed abbassava il capo: sapeva quanto dolore avesse sopportato Sakura, sapeva quanto si potesse soffrire per amore, soprattutto dopo aver visto in quali condizioni si trovava il suo Kazekage…
     
    - Piantala con questa storia, Sakura! Sei l’allieva di Tsunade-sama, possibile che tu non abbia appreso da lei la capacità di saper gestire le proprie emozioni?! –
     
    Irruppe Anko con freddezza ed irritazione, particolarmente arrabbiata di fronte a quel viso troppo ingenuo e ancora legato ad un amore pressoché impossibile.
    Sakura sussultò ed abbassò il capo, consapevole della sua debolezza mentre sentiva lo sguardo aggressivo della shinobi dei serpenti posarsi con cattiveria su di lei: non tollerava simili comportamenti, non in una situazione tanto critica!
     
    I due shinobi più ricercati del momento restarono in silenzio dinnanzi a quella scena pietosa, provando un moto di compassione verso colei che non poteva fare a meno di soffrire per amore: non potevano aiutarla, lo sapevano, ma ugualmente non si sentivano in grado di spezzarle ulteriormente il cuore.
     
    - Sappiamo solo che è sparito nel nulla dopo che Tobi ha messo fuori gioco sia Naruto che Killer Bee. –
     
    Proruppe il giovane Nara con indifferenza ed impassibilità, mentre a malapena riusciva a reggere lo sguardo abbattuto quanto determinato della ragazza dagli occhi chiari e puri: sapeva quanto avesse sofferto, ma sapeva anche che le responsabilità venissero prima dei sentimenti.
     
    - Andiamo. –
     
    Li esortò Shikaku e così ripresero la loro corsa, Ao, Shikamaru ed Anko immediatamente dietro di lui, mentre Sakura restava ancora lì, ferma ed immobile, lo sguardo perso nel vuoto dinnanzi a sé e terribili emozioni che la invadevano.
     
    - Sakura… -
     
    La mano timida della ninja della sabbia si posò sulla spalla della ragazza quando, ad un tratto, Sakura alzò improvvisamente lo sguardo, stringendo i pugni e facendosi determinata: Anko aveva ragione, lei era l’allieva del Quinto Hokage, non poteva permettersi scenate di quel genere, né tantomeno restare protetta dai suoi compagni come fosse una principiante.
    No, lei avrebbe fatto qualcosa di più per il suo villaggio e per il suo paese, a qualsiasi costo.
    Fissò Matsuri con tanta determinazione che la ragazza, per qualche attimo, ne ebbe quasi timore.
     
    - Devo andare a salvare Naruto, non sentirti obbligata a seguirmi, sarà molto pericoloso. –
    - Ma… Shikaku ha detto… -
    - Non mi interessa, noi non siamo delle semplici pedine, è giusto dare il nostro contributo fino alla fine. –
     
    Naruto… Lui era l’unico che si fosse davvero battuto per la Foglia e per le persone che amava, mentre lei si era limitata a restare nel campo medico, nient’altro.
    Non aveva fatto nulla, e si era stancata di sentirsi inutile, così avrebbe fatto ciò che il suo compagno particolarmente esaltato avrebbe fatto per lei: rischiare la vita pur di salvala.
     
    La kunoichi di Suna rifletté su quelle parole così determinate: tentare di andare a salvare l’Uzumaki avrebbe significato rischiare moltissimo, forse addirittura morire prima ancora di averlo anche soltanto visto…
    Ma la figura malconcia e priva di sensi di Gaara le ricomparve davanti come un fantasma, pronta a ricordarle di chi si era sacrificato fino all’ultimo per il proprio paese… E lei no, non poteva essere da meno.
     
    - Vengo con te, Sakura. –
     
    Si lanciarono uno sguardo d’intesa, prima di guardare un ultima volta verso le rocce dove gli altri si erano diretti e cominciare a correre esattamente dalla parte opposta: sapevano delle informazioni dategli dal gruppo di Neji, si sarebbero limitate a seguirle alla lettera e cercare di andare oltre, verso qualsiasi rischio e pericolo, nonostante il timore e la paura.
     
    Mentre si addentravano nel folto della foresta, due figure nascoste tra gli arbusti poco lontani avevano osservato quella rapida e fugace scena, mentre i loro sguardi seguivano senza esitazione le due ragazze che si allontanavano, sole…
     

    ******

     
    Girò la grossa chiave arrugginita nella toppa, lasciando che uno scricchiolio invadesse quel silenzio ben poco tranquillizzante, mentre la porta dinnanzi a loro si apriva, lasciando che qualche spiraglio di una debole luce entrasse nella stanza: v’era una sola finestra, quasi completamente oscurata dalle grosse inferriate in metallo, la quale permetteva a malapena di distinguere alcune sagome legate alla parete di fronte a loro.
     
    L’uomo mascherato entrò di appena un metro, spostandosi di lato e permettendo ai suoi “ospiti” di vedere alcuni dei loro migliori shinobi incatenati e prigionieri, ancora reduci dalla battaglia e quindi senza aver ricevuto le cure adeguate.
     
    - Come potete vedere, sono ancora tutti vivi… -
     
    Quel tono malizioso non poté che irritare i rappresentanti delle cinque terre, tanto che il Raikage strinse violentemente i pugni mentre Gaara e Onoki a stento restavano impassibili dinnanzi ai loro più fidati collaboratori ridotti in quello stato. La Mizukage, non vedendo Ao tra i prigionieri, tirò un leggero sospiro di sollievo ma immediatamente le sue ansie riemersero senza troppa esitazione, tanto che a stento manteneva una voce impassibile.
     
    - Dov’è Chojuro? –
    - Anche Shizune non è qui… -
     
    Le due kage trattenevano a stento la rabbia, mentre nuovamente l’uomo mascherato dava loro le risposte più terribili pur mantenendo un’aria impassibile, come se non si rendesse conto del dolore che provocava o, ancor peggio, non gliene interessasse.
     
    - Oh beh, loro sono i vostri servitori più fedeli, di conseguenza le informazioni che custodiscono sono molto più preziose… 
    -  Non sono “servitori” ma validi amici e compagni! –
     
    Puntualizzò Tsunade con voce decisa e profondamente irritata e mentre gli altri kage si irrigidivano, preparandosi ad un eventuale scontro considerata la provocazione, una voce flebile provenne dalla parte opposta della stanza, dove la figura di una fragile donna era incatenata alla parete senza rispetto.
     
    - Tsunade-sama… La prego, il bambino… -
     
    La Mizukage si portò istintivamente una mano sulle labbra per impedire loro di tremare dinnanzi a quelle parole così toccanti e doloranti, fragili, mentre Tsunade senza alcuno scrupolo avanzava verso la figura divenuta goffa di Kurenai, la quale la supplicava con lo sguardo.
     
    - Hokage, non le è consentito un tale atteggiamento. –
     
    Disse Tobi con freddezza ma l’Hokage si limitò a voltarsi per qualche attimo, il tempo necessario per lanciargli un’occhiata tagliente e contrariata, mentre continuava ad avanzare nell’ombra: non le importava delle parole di quel pezzente, una vita aveva la precedenza.
    Nessuno osò fare alcun movimento, il Raikage continuava a tenere lo sguardo fisso su Madara nel tentativo di prevenire una qualsiasi sua mossa, mentre il Kazekage teneva lo sguardo fisso sul fratello Kankuro, il quale manteneva un atteggiamento impassibile e dignitoso nonostante le condizioni precarie.
     
    La principessa delle lumache si fermò a pochi centimetri dalla donna e le posò una mano sul ventre gonfio, nel tentativo di capire se il bambino fosse ancora in grado di sopravvivere, mentre Kurenai appariva molto fragile, considerate le occhiaie e le condizioni che una donna incinta non avrebbe dovuto subire…
     
    - Il bambino… Lo sento debole… Lui –
    - E’ vivo, Kurenai, sopravviverà… -
     
    La sua mano si contornò di una lucina verdastra, segno che stesse trasmettendo al bambino quel poco di chakra che le era rimasto per restare in vita, ma evidentemente quello fu un azzardo troppo esagerato.
     
    - Non si prenda troppe libertà, Quinto Hokage. -
     
    L’Uchiha fece un rapido scatto in avanti, intenzionato probabilmente a colpirla ma il Raikage non esitò a fare altrettanto e lo afferrò per un piede, il tempo necessario per rallentarlo e mentre Madara si voltava verso di lui, Tsunade concentrava il proprio chakra nella mano destra e colpiva con un pugno particolarmente potente il terreno, quel tanto che bastava a creare confusione e sbriciolare la parete affianco.
     
    - Mei!! –
     
    La Mizukage compose rapidamente i sigilli e, portandosi le dita alle labbra, creò una coltre di nebbia corrosiva grazie alla sua abilità innata, quel tanto che bastava a rendere quasi innocuo lo sharingan e molto bassa la vista.
    Gaara richiamò immediatamente a sé la sabbia e la diresse rapidamente verso il fratello e gli altri prigionieri, in modo che il suo impeto spezzasse le catene mentre lo Tsuchikage creava due colossi di roccia per potersi aiutare nel combattimento. Erano tutti e cinque quasi privi di chakra e con appena poche energie, sapevano di non poter vincere ma avrebbero sopportato qualsiasi conseguenza, pur di tentare di liberare chi soltanto avrebbe potuto aiutarli dall’esterno.
     
    - Amaterasu. –
     
    A causa della fitta nebbia la tecnica riuscì soltanto in parte, tanto che il Raikage non impiegò molto grazie alla sua velocità a schivare quelle pericolose fiamme, mentre invece la porta alle loro spalle prendeva a bruciare di un fuoco nero.
    Immediatamente lo Tsuchikage direzionò un colosso di pietra verso il compagno, in modo tale da proteggerlo da un altro eventuale attacco mentre Tsunade liberava Kakashi e gli affidava Kurenai.
     
    - Dovete andare, finisci di distruggere la parete e fuggite, trovate gli altri e aiutateli. –
    - Ma Hokage, voi –
    - Dimenticateci, noi abbiamo una battaglia diversa da combattere! Il villaggio ed i paesi prima di tutto. –
     
    Gli lanciò un’occhiata decisa e così il ninja della foglia prese la mora fra le braccia  e assieme agli altri ninja dei diversi paesi cominciò a fuggire, mentre gli altri kage cercavano di trattenere i due pericolosi nemici.
    Ad un tratto, distratta a causa di quella discussione, Tsunade venne colpita violentemente alle spalle e scaraventata contro la parete, tanto che perse definitivamente i sensi ma immediatamente la Mizukage le fu davanti, pronta a proteggerla nonostante la debolezza.
     
    - Patetici… -
     
    Il Rinnegan e lo Sharingan, entrambi quei terribili occhi fissavano ora la più potente kunoichi di Kiri, la quale nonostante la consapevolezza della propria inferiorità attuale restava coraggiosamente davanti all’altra kage.
     
    - Voi siete patetici, pensate di poter controllare ogni cosa ma vi sbagliate! Le persone non si controllano! -
     
    Lo sapeva, che quello fosse più un grido disperato che un’affermazione, ma non si mosse di un solo millimetro mentre Tobi si avvicinava a loro ancora di più.
    Poco lontano, pezzi di roccia venivano scaraventati da ogni parte mentre un mostro violaceo e di enormi dimensioni si innalzava sopra la figura di Madara, il quale aveva un’espressione alquanto irritata in volto.
     
    - Mi avete stancato… -
     
    Il grosso Susanoo compì alcuni gesti rapidi e dopo pochi istanti sollevò le proprie imponenti braccia, mettendo in evidenza la figura dello Tsuchikage imprigionato tra le mani che lo stringevano più del dovuto, tanto che il povero anziano a malapena riusciva a trattenere grida di dolore.
    La nebbia si era ormai diradata, mentre Gaara ed il Raikage si erano avvicinati, posizionati con decisione davanti a quel mostro evocato dall’oscurità più profonda, feriti e consapevoli di non potercela fare: ma a loro non importava della propria vita, ciò che contava era essere riusciti a far fuggire gli alleati più preziosi, anche se di alcuni non v’era traccia, con la speranza che riuscissero a non farsi ammazzare dai due demoni attorno al palazzo…
     
    - Avete raggiunto il vostro scopo liberando i vostri più fedeli sudditi, complimenti: anche se ci aspettavamo una vostra mossa, non avevamo considerato che foste ancora nelle condizioni di combattere. –
     
    Dopo le parole sentenziose di Tobi, che non poterono che provocare sdegno e rassegnazione negli animi dei cinque kage, Il Susanoo di Madara cominciò a ritirarsi, mentre Onoki veniva liberato ma, incapace di reagire, stava precipitando al suolo senza alcun tipo di protezione.
    Una nuvola di sabbia bloccò la sua caduta, impedendogli di ferirsi ulteriormente mentre Onoki si riavvicinava a Gaara e a Shirai con fare dolorante.
     
    - Grazie, ragazzo… -
    - Di nulla, Tsuchikage. –
     
    Anche Mei si avvicinò agli altri kage “invitata” da Tobi, il quale li osservava con estrema diffidenza e ostilità, considerando che leggesse nei loro occhi una determinazione pura e recidiva.
     
    - Sappiate che non accadrà mai più, e che questo avrà conseguenze molto gravi nei vostri confronti, cinque kage. –
     
    Il Raikage strinse violentemente i pugni, mentre Mei abbassava il capo con fare preoccupato per il suo giovane amico spadaccino e Gaara osservava ancora la parete sfondata da cui erano fuggiti i ninja a loro più fedeli, sperando che quel loro sacrifico fosse stato sufficiente.
    L’attenzione dei presenti venne attirata dalla figura di Madara poco distante da loro, il quale prendeva fra le braccia il corpo privo di sensi di Tsunade e si riavvicinava a loro, mentre nel frattempo erano giunti anche Kisame e Deidara, i quali si erano posizionati rispettivamente dietro il Raikage e la Mizukage.
     
    Shirai lanciò un’occhiata minacciosa nei confronti dell’uomo pesce che in passato aveva sconfitto, irritato profondamente dalla sua presenza mentre il Kazekage non poteva che osservare con la coda dell’occhio il biondo dinamitardo che lo aveva privato della vita, ricattandolo col suo stesso villaggio.
     
    - Mi sembra chiaro che non resterete uniti, potreste trovare un modo per fuggire e noi abbiamo altri piani in mente per i rappresentanti delle cinque terre. –
    - Noi non cederemo, Tobi o come diavolo ti fai chiamare, sappilo! –
     
    Ringhiò il capo del paese del fulmine, il quale non poteva che augurarsi di restare solo con quella forza portante senza code per tentare di ucciderlo con le sue stesse mani, nonostante le condizioni precarie.
    Tobi si limitò ad osservarli, prima di fare un cenno con il capo per impartire l’ordine ai suoi sottoposti: Deidara immobilizzò immediatamente le braccia della Mizukage grazie alla sua argilla e lei tentò di dimenarsi, mentre il biondo ridacchiava e gli altri kage restavano indignati.
     
    - Non vi conviene muovervi, Mei Terumi, potreste esplodere… -
     
    Mei strinse i denti e, amareggiata, si lasciò guidare dal membro dell’Akatsuki fino a dove sarebbe stata rinchiusa, mentre Gaara ed il Raikage venivano scortati da Kisame e Tobi fuori da quella stanza con altrettanta rabbia in corpo.
    Onoki fece qualche passo ma poi, dolorante per lo scontro e le ferite subite, cadde a terra in ginocchio, tossendo sangue e faticando a trattenere il dolore, tanto che questo attirò nuovamente l’attenzione dei presenti: la Mizukage e il Kazekage non poterono che provare pietà e dispiacere per lui, nel vederlo in tali condizioni,mentre l’uomo mascherato non esitò a fare il suo intervento ben poco gradito.
     
    - Non vi preoccupate, Tsuchikage, presto verrà Kabutomaru a visitarvi e sono certo che starete meglio… -
     
    L’anziano shinobi strinse i pugni e si rialzò a fatica, lanciando uno sguardo minaccioso e di disprezzo verso di lui, con una determinazione viva negli occhi.
     
    - Non cederò alle vostre torture, luridi bastardi! Anche se sono vecchio il mio corpo è molto più resistente di ciò che pensate! –
    - Lo vedremo, Tsuchikage, lo vedremo… -
     
    Il vecchio Onoki lanciò un occhiata terrificante a Deidara, suo antico allievo ed ora temibile rivale, il quale spingeva la Mizukage lungo il corridoio per condurla alla sua prigione, mentre lo Tsuchikage non poteva che seguire quel convoglio ben poco piacevole.
     
    - Dove avete intenzione di portarla?! –
     
    Chiese il Raikage con una certa rabbia nel vedere che il temuto Madara Uchiha si dirigeva dalla parte opposta, portando con sé una Tsunade gravemente ferita ed incapace di reagire a causa della perdita dei sensi, ma l’unica risposta che ricevette fu uno sguardo rapido e freddo, privo di alcuna emozione.
     
    - Vi conviene pensare a sopravvivere, Raikage, avrò cura io della principessa delle lumache. -
     
    Sapeva della rivalità secolare tra Senju ed Uchiha e, considerando che fossero rimasti soltanto loro due come unici esponenti, non poteva che preoccuparsi all’idea che fosse lui ad avere il coltello dalla parte del manico: conosceva la spietatezza di Madara, non gli ci volle molto ad immaginare quali terribili torture le avrebbe inferto, nonostante le precarie condizioni.
    Ma nessuno di loro ebbe modo o tempo per reagire, l’unica loro speranza era che i ninja liberati, i loro fedeli shinobi, riuscissero ad essere così abili da liberarsi di quella prigionia.
    Per quanto riguardava loro, i cinque kage, avrebbero lottato fino alla morte.

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    Capitolo 4
    *** Speranze ***


    Note Autrice:
    Buonsalve!
    Vedo che, purtroppo, la storia non ha molto successo in fatto di recensioni...
    Ma non mi scoraggio, finchè avrò tempo ed ispirazione la scriverò, per coloro che la seguono e l'apprezzano "in silenzio" ^^"
    Buona lettura!


    Speranze


    Riaprì gli occhi con fatica, sforzandosi di riuscire a vedere dove si trovasse: l’ultima cosa che ricordava era il rapimento suo e del fratello Kankuro da parte di alcuni membri dell’Akatsuki resuscitati e poi…
    Poi quegli occhi, sottili e viscidi, gialli e perfidi più del peggior serpente esistente.
    Scosse il capo nel tentativo di riprendersi,mentre i suoi quattro codini dorati ondeggiavano disordinatamente sulla nuca: sgranò le pupille, il verde dei suoi occhi si fece più intenso e spaurito di fronte a ciò che vedeva, dinnanzi a sé, oltre alla consapevolezza di essere legata nel migliore dei modi, o meglio, incatenata.
     
    Era in una stanza, o meglio in un laboratorio che assomigliava propriamente ad una sala per le torture, piuttosto che ad un normale luogo con quattro mura biancastre e sporche: macchinari crudi e tetri erano ammassati in un angolo, mentre nella parete affianco a lei erano incatenati altri quattro individui che, più o meno, conosceva.
     
    La sua fermezza di stomaco le impedì di rigettare di fronte alla figura esanime e gravemente ferita di uno shinobi biondo accanto a lei, talmente ferito e grondante di sangue che a stento si riusciva a riconoscerlo: era Shi, una delle due guardie del corpo del Raikage, e a quanto pareva era stato torturato brutalmente per chissà quanto tempo: poteva solo sperare che non avesse parlato.
     
    Affianco a lui v’era invece una tremante ed esile ragazza dai capelli corvini e corti, il volto irrigidito che tentava di mantenere la calma nonostante la situazione e si sforzava di non guardare le condizioni in cui era stato ridotto colui che era al suo fianco: impiegò alcuni attimi per individuarla ma, considerando che non fosse ferita e quindi facilmente riconoscibile, Temari intuì che si trattasse della nipote dello Tsuchikage, ovvero  Kurotsuchi.
    Fortunatamente sembrava non le fosse ancora accaduto nulla, ma l’ambasciatrice della Sabbia era consapevole che prima o poi li avrebbero torturati tutti, e quella ragazza sembrava essere una vittima fin troppo facile.

     

     Mandò oltre il suo sguardo e non poté che sgranare gli occhi e provare un certo ribrezzo nel vedere, affianco alla ninja della roccia, la kunoichi di Konoha incatenata e gravemente ferita, oltre che priva di sensi mentre i suoi abiti risultavano piuttosto lacerati. 

     -Shizune-san… -
     
    Disse con voce flebile mentre rimaneva disgustata nel vedere le torture che aveva subito, ma era certa che non avrebbe parlato considerata la sua fedeltà nei confronti del paese.
     
    -Non credo che riuscirà a risponderti, kunoichi di Suna… O almeno, non dopo aver risposto a me. –
     
    Il suo sguardo si spostò dalla parte opposta della stanza, dove un essere goffo e coperto da un manto nerastro con tanto di cappuccio sembrava armeggiare dinnanzi ad un tavolo da laboratorio, sul quale erano disposte diverse fiale e boccette contenenti chissà quali diabolici infusi e veleni, probabilmente di sua invenzione.

    - Kabutomaru… -

    Disse a denti stretti, la rabbia che le saliva in corpo come non mai: ma le avevano insegnato a trattenersi anche dinnanzi alle creature più spregevoli, così non aggiunse altro mentre una risatina ironica si levava nella stanza.
    Quello che un tempo era stato l’allievo prediletto del grande Orochimaru si voltò verso di lei con un sorriso ironico appena accennato, mentre teneva fra le mani una siringa dalla quale gocciolava una sostanza violacea, ben poco rassicurante: i loro occhi si incontrarono, ma Temari sostenne quello sguardo con tutta la grinta che possedeva in corpo.
     
    - Devo dire che sia il fidato del Raikage che la docile allieva dell’Hokage sono stati due soggetti alquanto recidivi, nonostante io abbia testato su di loro ogni sorta di veleno non hanno aperto bocca se non per insultarmi, davvero notevole… -
     
    Temari lanciò uno sguardo di nuovo verso Shi e Shizune, entrambi privi di sensi: anche se non era un medico riusciva ad intuire perfettamente la gravità delle loro condizioni, tanto che ancora una volta strinse i denti e si mostrò alquanto ostile, come il suo carattere dettava.
     
    - Sei un codardo, Kabutomaru! -
     
    Ancora una volta sogghignò e le si avvicinò ulteriormente, tenendo il pericoloso ago intrinseco di chissà quale diavoleria tra le dita come fosse un nuovo giocattolo da sperimentare.
     
    -Vediamo invece se hai tanto coraggio quanta grinta, Sabaku No… -
     
    Avvicinò quell’arnese a lei, intento ad iniettarle la sostanza e Temari non mostrò alcun segno di cedimento o timore: avrebbe taciuto comunque, anche a costo di morire, pur di proteggere il proprio paese.
    Continuò a fissarlo e quando l’ago fu a pochi centimetri dal suo collo, una voce flebile ma coraggiosa fermò quel gesto, richiamando l’attenzione dei presenti.
     
    -L-Lasciala in pace…! –
     
    Kabutomaru sorrise nuovamente e volse il suo sguardo a pochi metri da Temari, mentre la ragazza faceva altrettanto, ed osservò con diffidenza l’ultimo dei cinque prigionieri in quella stanza: un ragazzo molto giovane dai capelli di un argento bluastro e due buffi occhiali quadrati sul naso era legato ed immobilizzato quanto lei, con l’unica differenza che nonostante le sue parole ed il suo coraggio tremasse come una foglia.
     
    -  Oh, il timido protettore della Mizukage vuole fare l’eroe… Così mi fai un invito su un piatto d’argento. –
    -  C-Cosa avete fatto alla Mizukage?! –
     
    Tremava, aveva paura, eppure nemmeno lui si sarebbe arreso dinnanzi a quelle ingiustizie.
    Temari rimase molto colpita da tale comportamento e, non appena ebbe udito le ultime parole del suo acerrimo nemico, lanciò di nuovo una rapida occhiata a tutti i presenti: erano esattamente cinque, senza contare che si trattasse delle persone più fidate e vicine ai cinque kage…
    E questo poteva solamente significare che da loro Kabutomaru sperava di ottenere le informazioni più segrete ed importanti delle cinque terre e dei loro rappresentanti, ergo avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio scopo.
     
    Non rispose alla domanda del ragazzo e gli si avvicinò minacciosamente quando si sentì bussare alla ponderosa porta d’entrata, unica apertura in quel luogo oltre ad una finestra, e così il terribile ninja abbandonò momentaneamente le sue intenzioni e andò ad aprire, rivelando nella penombra una figura giovanile e di modesta corporatura: Temari non riuscì a capire precisamente chi fosse, certo era che quella voce profonda e tenebrosa l’avesse già sentita…
     
    - Tobi richiede la tua presenza. –
    - Ho capito, è il turno dei cinque kage a quanto pare… Non facciamoli aspettare. –
     
    E così dicendo uscì assieme a lui, chiudendo la porta alle sue spalle con una certa potenza.
    A quel punto, Chojuro tirò un sospiro di sollievo e mentre la nipote dello Tsuchikage tratteneva a stento le lacrime, Temari non poteva che assottigliare lo sguardo con un certo nervosismo: li aveva in pugno, se non avessero trovato un modo per liberarsi di lì, sicuramente sarebbero stati torturati fino alla morte e prima o poi qualcuno di loro cinque avrebbe parlato, rischio che non potevano assolutamente permettersi di correre.
    Tentò di riflettere su come fuggire di lì, concentrata sui suoi pensieri quando la voce timida di uno dei sette spadaccini della Nebbia richiamò la sua attenzione e quella dell’altra ragazza.
     
    - So che non ci conosciamo, però… Se vi interessa… Io avrei un’idea su come liberarci. –
     

    *******

     
    Un’unica luce soffusa tentava di illuminare quella stanza ombrosa, scavata nella roccia in pochi giorni per permettere ai superstiti della guerra di rifugiarvi e, in un qualche modo, tentare di sopravvivere.
    V’era solo un grosso tavolo di legno al centro, rovinato e recuperato chissà dove all’ultimo minuto, mentre su di esso era aperta una grande mappa delle cinque terre ninja con alcuni segni e appunti.
     
    - Finchè non avremo altre informazioni non potremo muoverci, tentare un salvataggio o esporci sarebbe come darci in pasto al nemico, e non mi sembra il caso. -
     
    Shikaku, a capo di quei rifugiati, si muoveva pensieroso attorno al tavolo mentre la sua mente brillante rifletteva sul da farsi con fare assillante.
     
    - Comprendo, Nara, ma restare immobili senza far nulla non ha alcun senso: prima o poi ci troverebbero e i prigionieri potrebbero non sopravvivere a lungo. –
     
    Proruppe il ninja di Kiri a qualche metro a lui, appoggiato alla parete e preoccupato, oltre che pensieroso: la Mizukage ferita e prigioniera, Chojuro in chissà quali condizioni.
    Shikamaru lanciò un’occhiata riflessiva nei confronti di Ao ma non disse nulla, fin quando in quella lugubre parte delle grotte scavate alla meglio non entrò un ninja di Konoha, il quale non aveva ovviamente abbandonato la sua tuta verde acceso.
     
    -Shikaku, sono arrivati rinforzi! Più o meno…. –
     
    Immediatamente l’attenzione dei presenti ricadde su Gai, il quale non aveva abbandonato il suo sorriso almeno accennato nemmeno in quelle circostanze tragiche.
     
    - Cosa vuoi dire? –
    - Kakashi ed altri shinobi che erano prigionieri sono fuggiti ed ora sono qui! –
     
    Sul volto dei tre presenti si dipinse lo stupore immediato, tanto che senza esitare si lasciarono condurre dal ninja di Konoha lungo i cunicoli delle grotte fino al luogo adibito ad infermeria improvvisata: si fermarono qualche istante, osservando la situazione che si prospettava davanti a loro occhi.
    Oltre ai ninja “salvati” in precedenza, potevano vedere una Kurenai molto debole che veniva fatta sdraiare dalla giovane Yamanaka, la quale metteva in pratica quel poco che l’Hokage aveva fatto in tempo ad insegnarle riguardo le cure mediche mentre sul suo viso si dipingeva un’espressione seriosa: aveva curato molti feriti, ma una donna incinta era qualcosa di molto diverso…
    L’allievo prediletto di Gai aiutava il fratello del Kazekage a sedersi mentre altri venivano momentaneamente soccorsi.
     
    - Shikaku… -
     
    Immediatamente il capoclan Nara venne richiamato dalla voce impassibile del ninja copia, il quale si era lasciato cadere su un giaciglio di paglia nel tentativo di riprendersi: era ferito abbastanza gravemente, in particolare l’occhio con lo sharingan risultava sanguinante per il troppo sforzo.
    Gli si avvicinarono, Ao, Shikaku Shikamaru e Gai, senza esitazione.
     
    - Cos’è successo? Dubito che siate riusciti a fuggire dalla prigione di Madara e di quel Tobi da soli… -
    - Sono stati i cinque kage a liberarci… -
     
    Ao e Shikaku si lanciarono uno sguardo dubbioso, per poi tornare a guardare Kakashi che cercava di rimanere cosciente: appena usciti erano stati attaccati da due demoni e non tutti erano riusciti a fuggire…
     
    - In quali condizioni si trovano? –
    - … Gravi, molto gravi. Credo abbiano usato le loro ultime energie per liberarci, confidando sul fatto che avremmo fatto di tutto per proteggere i paesi. Ora non oso immaginare cosa gli faranno, considerato che non saranno in grado di difendersi. –
     
    Il fidato della Mizukage strinse i pugni, cercando di mantenersi il più impassibile possibile, mentre il brillante di Konoha rifletteva ulteriormente.
     
    - Shikaku Nara, lasciatemi andare a Kiri. –
    - Ho già espresso la mia opinione a riguardo… -
    - Lo capisco, ma non posso abbandonare Kiri, non ora che la Mizukage mi ha affidato questo compito! Voglio solo andare a controllare la situazione e salvare il salvabile, non azzarderò ad alcun attacco. –
     
    Rifletté a lungo sulle sue parole: restare per sempre nascosti non avrebbe portato a nulla, senza contare che li avrebbero presto trovati visto che dovevano in qualche modo procurarsi da vivere. 
    Dovevano quindi organizzare una squadra che andasse nelle varie terre per controllare la situazione, senza contare che il team di Neji in avan scoperta non fosse ancora tornato…
     
    - D’accordo, organizzeremo una squadra che si diriga in ogni paese, tornando a fare rapporto ad ogni viaggio in modo tale da non rischiare troppo, con le dovute preocauzioni. –
    - Bene, Shikaku, io ci sono! –
     
    Affermò Gai con entusiasmo e andò immediatamente ad affiancarsi ad Ao, il quale lo guardò con la coda dell’occhio trattenendo un velo di stupore per quell’individuo verde e dalla pettinatura ridicola.
     
    - Bene, allora Gai ed Ao andrete nel Paese della Nebbia. –
    - Posso portare Lee con noi? –
     
    Chiese il verde della Foglia, tanto che Shikaku fece appena un accenno di assenso col capo, mentre osservava Rock Lee aiutare Kankuro con la coda dell’occhio.
     
    - D’accordo. Andrete voi tre, un sopralluogo veloce, salvate il salvabile ma non rischiate. Se vedete demoni o resuscitati non restate, potrebbero catturarvi e arrivare a noi, e non possiamo permetterci errori. –
     
    Il fidato della Mizukage fece un respiro profondo: non era abituato a prendere ordini da qualcuno che non fosse la kage, tanto che la sua espressione, per quanto impassibile, non riuscì a celarsi dinnanzi allo sguardo attento di Shikaku.
     
    - So a cosa stai pensando, Ao… -
     
    Si lanciarono uno sguardo, uno soltanto, ma deciso: due generali, due uomini astuti ed intelligenti abituati ad ascoltare solo le parole di un kage, di un ninja tra i più potenti, ed ora obbligati ad assumersi un ruolo che non avrebbero mia voluto tenere fra le mani…
     
    - No, non credo tu lo sappia fino in fondo, Shikaku Nara. –
     
    Asserì con un’espressione non fredda, non impassibile, quanto amareggiata, dolorante…
    Perché shikaku poteva comprendere le ansie di un sottoposto che vedeva il proprio superiore torturato, le proprie terre devastate, le responsabilità più forti schiacciarlo: ma non poteva comprendere il dolore di chi non può proteggere la persona che più ama.
     

    *****

     
    Passi rapidi e precisi si muovevano tra gli alberi di una foresta, una delle poche rimaste nella Terra del Fuoco, dopo la guerra e le devastazioni che ne avevano conseguito.
    Un sandalo sfiorò appena un ramo, il tempo necessario a prendere la spinta per il successivo.
     
    - Vedi qualcosa, Hinata-chan? –
     
    Quattro zampe correvano sul terreno lasciando qualche impronta appena percepibile, mentre su di un manto bianco e possente era seduta la figura di un ragazzo, i capelli scuri e due segni rossi sulle gote.
    Sopra di lui, tra i rami, la Hyuga dai lunghi capelli neri scrutava ogni angolo di quel luogo da lì a un centinaio di metri, gli occhi lilla concentrati ed alcune vene in evidenza accanto agli occhi.
     
    - Per ora no… -
     
    Asserì quasi dispiaciuta, un’espressione dolce su di un viso dai lineamenti delicati, di chi non ferirebbe mai, niente e nessuno.
    Accanto a lei, o forse qualche passo più indietro, un ragazzo interamente coperto da una specie di giacca verde e gli occhi celati da occhiali neri correva altrettanto rapidamente, sbuffando dinnanzi ai ringhi che il compagno ed il suo fedele cane avevano emesso dopo le parole di Hinata.
     
    - Cerca di calmarti, Kiba. Ormai dovresti essere abituato all’idea che cacciare sia diventata un’impresa, date le circostanze… -
     
    Parole amare, quelle di Shino, eppure al contempo fredde e consapevoli: la guerra aveva distrutto molti habitat, i nuovi “sovrani” si erano appropriati della maggior parte della selvaggina e questo non era certamente un vantaggio per i “ribelli”, per coloro che ancora si ostinavano a non cedere dinnanzi ai loro nemici.
    Un altro ringhio, quello del giovane allievo di Kurenai, il quale scosse la chioma corvina trattenendo un ululato di rabbia.
     
    - No, non mi ci abituo! Non accetterò mai l’idea che quei tre pazzi decidano della nostra vita e delle nostre terre, che vadano da qualche altra parte a fare i gradassi! –
     
    Hinata abbassò il capo per qualche attimo, sospirando amaramente, mentre si portava con un gesto istintivo la mano al petto: quante ne avrebbero ancora dovute passare?
    Per quanto tempo avrebbero dovuto nascondersi, fare la fame e subire ingurie?
     
    - Smettila di fare il bambino. I maestri stanno già cercando di risolvere la situazione ma non è una cosa semplice, ognuno di noi deve fare il proprio dovere e basta, per il momento. –
    - E il nostro dovere sarebbe restare sottomessi a quei luridi bastardi?! –
     
    Ringhiò più forte, ed Akamaru con lui, tanto che gli occhi del ragazzo puntarono il compagno ora fermo sull’albero: lo sapeva, che avesse ragione, eppure non voleva “abituarsi” all’idea di essere un fuggitivo, lui che come i suoi compagni aveva sempre voluto solo il bene del paese, anche se era solo un ragazzo.
     
    Shino sospirò pesantemente, mentre guardava il compagno adirato, e stava quasi per rispondergli quando la voce tenue quanto precisa di Hinata richiamò la loro attenzione, costringendoli ad abbandonare momentaneamente quella che era diventata una discussione quotidiana.
     
    - Credo di aver trovato qualcosa! –
     
    Asserì, ancora un poco indecisa, mentre  teneva lo sguardo fisso davanti a sé: le iridi lilla avevano individuato, a qualche decina di metri di distanza, qualcosa di assolutamente insolito, che prima forse a causa della fitta vegetazione non avevano percepito.
     
    - Cosa vedi, Hinata? –
    - Conigli? Cervi? Cinghiali? –
    - No… Sembra una botola. –
     
    Kiba rimase stupita dinnanzi a quell’affermazione, tanto che scosse nervosamente il capo, scocciato quasi, mentre Hinata cercava di non perdere il contatto visivo con quella scoperta alquanto curiosa.
     
    - Una botola? E cosa ce ne facciamo di una botola adesso?! –
    - Siamo vicini a Konoha, molto vicini. E se qui c’è una botola di cui nessuno sapeva nulla, significa che potrebbe essere un passaggio segreto per una delle strutture più importanti… -
     
    Un ragionamento nuovamente freddo, quello del ninja degli insetti, ma con una logica impeccabile: Kiba inclinò leggermente il capo dinnanzi a quell’affermazione, ora più interessato, mentre Hinata continuava a tenere le mani giunte in grembo, come fosse intimidita da quella scoperta e sì, almeno un poco speranzosa.
     
    - Questo significa che possiamo andare a prendere a calci direttamente Madara e quel Tobi?? –
     
    Chiese il ragazzo col cagnolone bianco con un’enfasi fuori misura, tanto che persino Akamaru cominciò a scodinzolare ed entrambi mostravano i canini prorompenti, quando davanti a loro balzò immediatamente il compagno, come a voler fermare qualsiasi loro avventatezza.
     
    - Hanno sconfitto i kage e due forze portanti, pensi di poterli battere? –
     
    Altra domanda fredda e decisa, eppure terribilmente veritiera, tanto che Kiba digrignò ulteriormente i denti per la rabbia in quella consapevolezza.
     
    - Forse è meglio tornare alla base e riferire tutto a Shikaku… -
    - Sì, Hinata, faremo così. Ricordati la posizione esatta di quella botola. –
     
    La ragazza fece un cenno di assenso col capo, prima di scendere a terra assieme ai compagni: si guardarono, tutti e tre, chi con rabbia e chi con consapevolezza, ma tutti con l’intento di aggrapparsi a qualsiasi spiraglio di speranza per poter uscire da quella situazione.
     
    Mentre si allontavano il più rapidamente possibile, Kiba ed Akamaru attenti a non incontrare qualche nemico o resuscitato e Shino intento a tenere d’occhio gli istinti del compagno, Hinata si era voltata indietro per qualche attimo…
    Un respiro profondo, un altro: sapeva che lui non potesse trovarsi lì, così vicino a chi avrebbe potuto aiutarlo, ma che fosse rinchiuso chissà dove, lontano da tutto e da tutti, lontano da lei… e questo le stringeva il cuore in una morsa terribile, tanto che trattenne le lacrime e si strinse le mani al petto, mentre lasciava degli occhi solo un piccolo spiraglio.
     
    - Resisti, ti prego… Naruto… -

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    Capitolo 5
    *** Fidati ***


    Fidati


    Non era semplicemente un luogo tetro e cupo, per non dire oscuro, quanto più opprimente, reso tale affinché i suoi prigionieri non avessero motivo di ribellarsi.
    Un luogo dove perdere se stessi era la cosa più facile.
     
    -Svegliati, ragazzino… Dov’è finita la tua grinta? –
     
    Una voce rimbombava tra quelle pareti che, in realtà, non erano nemmeno visibili da tanto che il nero prevaleva sopra ogni cosa.
    Ed un gocciolare, tetro e pungente, si udiva in un’aria densa, come se persino le sorgenti d’acqua non trovassero una via di fuga, di salvezza.
     
    - Stupido e debole, ecco cosa sei… Ed  io che mi sono anche fidato! –
     
    Al centro di tale oscurità, v’era un essere non perfettamente definito, o meglio, quella che sembrava la figura di un ragazzo dai capelli biondi ed un alone rossastro che lo contornava, mentre alcune code di volpe prendevano vita dal suo corpo, ondeggiando appena.
    Sospeso a mezz’aria, o forse nel nulla, sembrava privo di vita, eppure i polmoni respiravano, il cuore batteva, mentre gli occhi prima di un celeste splendente e puro erano ora chiusi, privati quasi d’anima.
     
    - Dannato te e la tua testardaggine… Con tutti i Cercoteri che potevano capitarmi proprio in te dovevano rinchiudemi, moccioso?!
    - Sempre …a lamentarti… non ti capita di… stancarti? –
     
    Di fronte al ragazzo, a qualche apparente metro di distanza, era sospeso in aria un uomo sulla trentina, una corporatura piuttosto muscolosa, una strana bandana bianca sulla nuca ed una barbetta bionda.
    Era sua la voce affaticata di poco prima, mentre lo sguardo stanco ed un poco abbattuto si faceva largo in quell’opprimente luogo.
     
    Dalla parte opposta giunse uno sbuffo sonoro, forse un ringhio, ma era evidente che non fosse del ragazzo privo di sensi quanto più del demone che sembrava convivere con lui, patire con lui le sofferenze fisiche e la presenza di un misero chakra, mentre le loro vite erano pressoché in bilico.
     
    - Non è il momento delle battutine, Bee! Direi che siamo piuttosto nei guai. –
     
    Un’altra voce, più profonda e roca, proveniente questa volta dall’uomo contornato di viola ed alcuni tentacoli dietro la schiena: un rimprovero duro, che metteva soltanto in evidenza una situazione piuttosto scomoda e ardua, dura, difficile e soprattutto pericolosa…
    Il fratello del Raikage abbassò per qualche attimo il capo, mentre sentiva le proprie energie affievolirsi sempre di più, il chakra diminuire e la collaborazione con l’ottocode farsi ardua non per i caratteri o per un legame che ormai si era consolidato, quanto più per la vita che si stava spegnendo in entrambi…
    Perché lo sapevano, che Tobi li aveva condotti in quel luogo oscuro, imprigionati in chissà quale tecnica ottica di Sharingan e Rinneghan, per rendere loro ed i demoni più deboli in modo tale da piegarli al suo volere.
     
    - Naruto è… sopravvissuto? –
     
    Chiese infine Killer Bee, un tono di voce non più scherzoso ma più consapevole, preoccupato per quel biondino nel quale aveva riposto fiducia, speranza, nel quale aveva visto splendere una luce nuova e brillante, soprattutto vera
     
    - Il suo chakra è molto debole. Devo razionalizzare il mio per mantenerlo in vita, per mantenerci in vita… -
     
    Fece un sospiro amaro, l’ottocode all’interno di Killer Bee, mentre la volpe sbuffava animatamente, mettendo in evidenza la rabbia che ora provava verso il biondino, maledicendo se stesso per essersi fidato di un ragazzo che, nonostante la ferrea volontà, quella del fuoco, fisicamente non era riuscito a sopportare una simile battaglia, forse per via anche della poca esperienza.
     
    - Forse quella battaglia è stata troppo dura per un ragazzo così giovane… -
    - Ti sbagli, ottocode… bisogna avere fiducia… in quel giovane… -
     
    Era fiducioso, Killer Bee, fiducioso nei confronti di quel ragazzo che aveva deciso di portare i suoi ideali ad un livello tanto alto da rischiare tutto ciò che aveva, prendersi sulle spalle una responsabilità che non molti si sarebbero affibiati…
    Perché Naruto era avventato, impulsivo: ma un cuore grande non può che celare una forza altrettanto grande, e questo la forza portante dell’ottocode lo sapeva, ci avrebbe creduto fino alla fine.
     
    I due demoni non risposero all’ultima affermazione dell’uomo, tanto che l’Hachibi sospirò semplicemente, mentre il nove code sembrò assentarsi, come volersi allontanare da quel luogo, da quella discussione che, a suo parere, non aveva un minimo di senso.
     
    - Volpe… Se la situazione si fa magra… Prendi il mio chakra… -
     
    E a queste parole entrambi i demoni sembrarono voltarsi verso di un misto, in un misto di stupore e quasi indignazione verso quelle parole: Kurama non avrebbe mai accettato pietà o commiserazione, mai.

     

     *****

    Avevano da poco abbandonato un bosco alquanto folto, per non dire impenetrabile, ai confini con Kumo mentre ora si ritrovavano a saltare da una roccia all’altra, senza avere una precisa idea di dove dirigersi.
    Aveva sbirciato le indicazioni lasciate da Sai dalle mani di Shikaku, ma non v’era una locazione precisa se non qualche coordinata, segno evidente che quel luogo non si trovasse in un posto conosciuto, non completamente almeno.
     
    I capelli rosati si muovevano con fare insistente dinnanzi ad un vento gelido e freddo, che non lasciava tregua tanto che le due giovani kunoichi faticavano nell’avanzata, nonostante le due mantelle che le coprivano: non volevano mollare, non ora che avevano una qualche speranza a cui aggrapparsi, considerando che i loro maestri fossero prigionieri ed irraggiungibili.
     
    -  Sakura, sei sicura che sia la direzione giusta? –
     
    Chiese timidamente la ninja di Suna, a qualche balzo più indietro rispetto all’Haruno: no, non ne era certa, dopotutto avevano solo una vaga idea di quella posizione, eppure non poteva mostrarsi dubbiosa o indecisa, non dinnanzi a quella ragazza che sembrava aver riposto le proprie speranza anche in lei…
    Perché era sempre stata protetta e difesa, Sakura, dal maestro Kakashi, da Naruto, dalla signorina Tsunade… Non se l’era mai cavata davvero da sola, non aveva mai portato sulle spalle la responsabilità di qualcun altro, ma quella era decisamente la situazione per crescere.
    Si voltò per qualche attimo verso Matsuri ed accennò ad un sorriso, gli occhi di un verde acqua ridotti ad una fessura per enfatizzare quella che voleva essere una rassicurazione.
     
    - Non dovrebbe mancare molto, non temere. –
     
    Disse semplicemente, per poi voltarsi e continuare a correre, gli occhi severi e vigili, l’elevata sensibilità dovuta all’applicazione medica che cercava di percepire qualsiasi segno di vita, anche flebile, in quel vento tempestoso ed irruente.
    Fecero qualche altro balzo, prima che la mora si fermasse per qualche attimo, le braccia tese sulle ginocchia ed un respiro più affannato, mentre tentava di riprendere fiato per la stanchezza.
    Sakura avvertì subito il cambiamento della compagna e così interruppe la propria corsa, tornando qualche roccia più indietro ed avvicinandosi a lei, mentre le loro mantelle continuavano a muoversi con forza, due puntini bianchi in una distesa grigia e spenta.
     
    - Stai bene? –
    - Sì, sono solo un po’ stanca… -
     
    Affermò flebilmente, continuando ad ansimare, e Sakura si limitò ad un sorriso dolce, mentre le appoggiava una mano sulla spalla, in segno di conforto.
     
    - Non ti preoccupare, ormai è un giorno che corriamo, possiamo riposarci un pò. –

    Asserì la rosa, cominciando a guardarsi intorno alla ricerca di una grotta che potesse nasconderle e ripararle, quando nel fare qualche balzo in qua e in là percepì un chakra a lei leggermente familiare, nel bene o nel male, tanto che pose una mano dinnanzi a Matsuri, come a fermarla.
    Questa intese il gesto e restò immobile, cercando di comprendere cosa la turbasse, mentre quelle iridi chiare scrutavano le rocce intorno, concentrandosi sulla propria sensibilità…
     
    - Ten Ten! –
     
    Fu quasi un’espressione di gioia, mentre la rosa si affrettava a raggiungere il luogo di provenienza di quel chakra, fin troppo debole: il cuore si era rasserenato, aveva come tirato un sospiro di sollievo nel ritrovare almeno qualche compagno, data la terribile situazione.
    Era partita per cercare Naruto, ma non poteva certamente ignorare la presenza di una cara amica.
     
    Assieme a Matsuri balzò sulle rocce di svariate dimensioni, il forte vento che di certo non facilitava quella ricerca quando sentì la presenza dell’amica farsi sempre più vicina e così aumentò il passo, dimenticandosi per qualche attimo dell’affaticamento della ninja di Suna, da tanto che era l’entusiasmo faticosamente contenuto.
    Pochi attimi e si ritrovò dinnanzi ad una grotta, l’apertura effettivamente molto difficile da trovare poiché nascosta da svariate rocce: Matsuri non l’aveva nemmeno percepito, quel chakra, probabilmente perché solo chi lo conosceva bene ne avrebbe potuta avvertire quella flebilissima presenza.
     
    - Ten Ten…? –
     
    Bisbigliò la rosa sull’entrata, il silenzio regnò per qualche attimo, fin quando sentì qualche passo avvicinarsi all’entrata: era comunque davanti a Matsuri, pronta a proteggerla nel caso in cui si fosse sbagliata.
     
    - Sakura? –
     
    Un sorriso enorme e commosso comparve sulle labbra della rosa, non appena sentì quella voce e soprattutto vide i due graziosi chignon spuntare dall’oscurità di quella roccia.
    Non diede il tempo alla compagna di fare nulla che le fu addosso, le braccia che la stringevano con una certa forza, non potendo che enfatizzare la gioia di vederla, il sollievo nel constatare che stesse bene…
     
    - Sono felicissima di vederti… -
     
    Disse debolmente, mentre anche la specialista delle armi ricambiava l’abbraccio con un sorriso, sebbene fosse un poco più contenuto: dall’inizio della guerra nessuna aveva avuto notizie dell’altra, come di molti compagni.
    Matsuri restava un poco in disparte, gioendo dentro di sé nel vedere due amiche che si ritrovavano, nonostante nel profondo un dolore sommesso la stesse prendendo: lei non aveva ancora incontrato nessuno di Suna, e questo certamente non poteva tranquillizzarla, né renderla completamente felice.
     
    - Anche io sono contenta di vederti, Sakura, ma mi stai strozzando… -
     
    Asserì scherzosamente, tanto che la rosa si staccò quasi subito, continuando a sorridere mentre era evidente che trattenesse le lacrime.
     
    - Scusami. –
     
    Disse semplicemente, mentre i loro occhi si incontravano piacevolmente, condividendo una certa gioia nel vedersi quando, dopo qualche attimo, entrambe ripresero coscienza della situazione e tornarono più serie.
     
    -  Cosa ci fai qui? Credevo ti avessero fatta prigioniera insieme a Shizune… -
    -  Non mi hanno cercata subito e così sono riuscita a fuggire, almeno per il momento. Ho saputo del messaggio di Sai lasciato a Shikaku e così sono corsa qui e –
    - Giusto, Sai!!-
     
    La interruppe bruscamente Ten Ten, prendendo per mano l’amica e trascinandola letteralmente dentro la caverna, mentre la povera Matsuri le seguiva senza interferire e senza capire immediatamente la situazione.
     
    - Mi spieghi cosa c’è? –
     
    Chiese dubbiosa la rosa, quando la compagna la fermò quasi nella zona più buia di quella roccia incavata, lasciando che solo una flebilissima luce permettesse loro di vedere: stesi su di un giaciglio di foglie secche, le figure di Neji e Sai respiravano a malapena, anzi sembravano privi di vita da tanto che i loro corpi erano fermi ed i loro chakra appena percepibili.
    Sakura comprese immediatamente la situazione e si diresse verso di loro, inginocchiandosi a pochi centimetri mentre poggiava le mani su quei petti che a malapena battevano.
    Ten Ten restava a qualche passo da loro, trattenendo uno sguardo addolorato e cercando di non pensare alla pericolosissima battaglia che avevano affrontato, mentre Matsuri si portava una mano sulle labbra, trattenendo un’espressione fin troppo allarmata.
    Non era un medico, ma l’odore di veleno e ferite alquanto gravi con la guerra l’aveva conosciuto.
     
    - Questo veleno… -
     
    Le labbra le tremarono per qualche istante, le iridi chiare si dilatarono con evidenza: ricordi di una battaglia sanguinosa, ricordi di una battaglia per riportare in vita un kage, ma soprattutto un amico, ed il sacrificio di quella che per Sakura era stata una maestra...
     
    - … Sasori della Sabbia Rossa? –
     
    Era più un’affermazione, che una domanda: quel veleno non lo avrebbe scordato per nulla al mondo.
     
    - Sì… -
     
    Asserì debolmente Ten Ten, mentre si avvicinava al corpo di Neji, sfiorandogli delicatamente la mano, quasi a temere di svegliarlo o disturbarlo mentre il gesto affettivo era più che evidente.
    Respirò profondamente, prima di spiegare cosa fosse accaduto durante la loro perlustrazione, mentre Matsuri rabbrividì a quel nome, pur non dicendo nulla.
     
    - Dopo aver inviato il messaggio alla nostra base, siamo stati attaccati da quel membro di Alba, liberato dal sigillo che gli era stato impresso… Io sono stata sbalzata presso un burrone, quindi sono stata esclusa dal combattimento per un certo periodo. Quando stavo per iniziare a combattere, in un momento in cui Sai si scontrava con Sasori, Neji mi ha detto di non intervenire, perché potevo essere l’unica a portarli in salvo… -
     
    Strinse i denti mentre le ultime parole si affievolivano, una piccola lacrima scese dai suoi occhi mentre ora teneva la mano di Neji con sguardo di dolore, di dispiacere, quasi gli chiedesse scusa…
     
    - …Li ho abbandonati, Sakura, ho lasciato che si scontrassero contro un essere che non poteva essere scalfito… -
     
    Crollò in un pianto, la giovane kunoichi delle armi, mentre si gettava sul petto di Neji, stringendo la sua mano mentre Matsuri a stento non si commuoveva.
    Sakura strinse un pugno, tanto forte che sentì le ossa scricchiolare ma non cedette, non si lasciò commuovere perché sapeva che lì era l’unica a poter fare qualcosa, a poter salvare i propri compagni: uno sguardo più deciso, quello della rosa, mentre appoggiava una mano sulla spalla nell’amica.
     
    -  Hai fatto la cosa giusta, Ten Ten… Se non fossi rimasta in disparte non avresti potuto portarli in salvo e a quest’ora voi non stareste respirando… -
     
    Fece alcuni singhiozzi, prima di cercare di ricomporsi, asciugandosi le lacrime con la manica bianca del kimono.
     
    -  Hai ragione, Sakura, ma credo tu capisca come mi senta… -
     
    Socchiuse appena gli occhi, senza alzare lo sguardo verso l’amica: le immagini di lei che tenta di ferire Sasuke, poi che resta in disparte mentre lo vede scontrarsi con Naruto…
    E lei che non interviene, li lascia scontrarsi solo per non intromettersi nel loro orgoglio: ma l’orgoglio vale davvero così tanto più dell’amicizia?
     
    -  Sì, lo capisco. Ma in questo caso vi ha salvati… -
     
    Ten Ten fa lieve cenno di assenso con il capo, mentre Sakura si china su Sai, posandogli una mano sul petto già contornata di verde, mentre con l’aktra crea una specie di bolla di chakra.
     
    - Ad ogni modo… Avete trovato il luogo dove è tenuto prigioniero Naruto? –
     
    Dopotutto era per questo che era partita, che si era messa in viaggio con Matsuri verso quella missione impossibile: eppure la forza degli ideali, dell’affetto, spesso è molto più potente del rischio e della paura.
     
    - Mi pare che Sasori avesse detto qualcosa a riguardo… -
     
    Ripensò rapidamente Ten Ten, mentre alla mente ritornavano le immagini del momento in cui Sasori non aveva dato il colpo di grazia ai due giovani ninja della foglia.
    Nel frattempo, Sakura metteva in atto lo stesso procedimento applicato per curare Kankuro dal medesimo veleno: lo estraeva dal corpo del compagno per poi rinchiuderlo in quelle sfere di chakra. Non aveva bisogno di aiuto, segno evidente che fosse migliorata…
     
    -  Dopo averli avvelenati e lasciati esanimi, ha ricevuto un messaggio probabilmente telepatico, tanto che ha detto qualcosa come “d’accordo, arrivo subito nella stanza dei due demoni” ed io ho pensato che si trattasse di Killer Bee e Naruto, essendo gli unici due demoni non ancora estratti o ipnotizzati… -
     
    Ipotizzò la ragazza, mentre Sakura procedeva nel suo lavoro. Nel frattempo, Matsuri si era avvicinata a loro restando comunque in disparte ed ascoltando ciò che le due dicevano, asserendo talvolta sui loro ragionamenti.
     
    - Non è da escludere… Prima è necessario però che Neji e Sai guariscano, dopodiché procederemo nella ricerca… -
     
    Asserì la rosa con meno determinazione rispetto a prima, probabilmente perché il pensiero della ragazza era rivolto al proprio compagno di team, a quel biondino nelle mani dei nemici, in chissà quali condizioni…
    Ten Ten la osservò per qualche attimo, prima di sorriderle con fare più sereno e determinato, come se i ruoli si fossero scambiati per qualche attimo, come se le due amiche riuscissero a comprendersi e a compensarsi.
     
    - Sakura… Naruto ce la farà, ne sono certa. –
     
    Ed anche la rosa in quel frangete sorrise, ringraziando l’amica dentro di sé, prima di volgere le iridi chiare verso Matsuri, la quale arrossì appena e timidamente.
     
    - Ce la faremo… Tutti quanti. -

    *****

     
    Correvano da giorni, o meglio, pedinavano in lontananza le figure delle due giovani kunoichi dirette probabilmente dai cercoteri.
    I capelli corti e biondi del braccio destro del Raikage si muovevano quasi impercettibilmente, da tanto che era preciso e rapido nei movimenti: lo sguardo fisso, gli occhi neri puntati verso un obiettivo che non poteva permettersi di fallire.
     
    -  Sicuro che sia la soluzione migliore, Darui? –
     
    Sempre diffidente, il tono di voce della kunoichi della Nuvola, mentre gli occhi di un giallo intenso fissavano quello che era il suo superiore, a qualche passo da lui.
    Non fece alcun movimento, Darui, si limitò a voltarsi per qualche attimo.
     
    - E’ l’unica che abbiamo. I ninja di Konoha si sono già evidentemente fatti avanti per cercare di salvare le due forze portanti e noi non possiamo essere da meno! Teniamo alla vita delle nostre terre esattamente quanto loro. –
     
    Asserì con tono pacato, ma con quel briciolo di severità che lo aveva sempre caratterizzato. Continuarono dunque la loro corsa quando, giunti in prossimità di un manto di rocce scure, si fermarono improvvisamente: gli occhi andarono a cercare le due giovani ninja, pedinate sino a quel momento.
     
    - Credo siano in quella grotta laggiù, se non erro… -
     
    Indicò la rossa, avvicinandosi con qualche abile balzo, giusto per avere meglio la percezione del chakra che sentiva sempre più chiaramente.
    Darui la raggiunse senza esitazione, soffermandosi sul alto della grotta, a pochi passi dall’entrata: anche lui attento, in ascolto.
     
    - Sì, penso tu abbia ragione. E’ evidente che qualcuno stia facendo ricorso a qualche tecnica, dato lo sprigionamento che si percepisce… Nessuno lo farebbe, se non in caso di estrema necessità, considerando i rischi che ci sono nell’essere scoperti, di conseguenza devono trovarsi in pericolo… -
     
    Uno sguardo d’intesa ed entrambi entrarono in quella grotta, buia e particolarmente profonda: un nascondiglio intelligente, considerando che l’odore di un’acqua stagnante copriva quello delle ninja presenti ed i rumori di quei picchiettii non facevano facilmente intuire quante persone vi fossero all’interno.
    Avanzarono piano, lentamente, le orecchie tese ad ogni rumore che, in quel momento, pareva del tutto assente.
     
    Poi un debole, debolissimo suono, ed entrambi scattarono da parti opposte rispetto a quella piccola grotta dentro la quale erano entrati: da sopra di loro, a quell’incrocio dei tunnel, era stato lanciato una specie di kunai attaccato ad una corda ed una ragazza dai capelli corti e marroni si era posizionata davanti a Kamui.
    Nel medesimo istante, un’altra kunoichi dagli shignon aveva lanciarono una serie di shuriken in direzione di Darui, schivati per un pelo, e dinnanzi a lui si era posizionata.
    Nel frangente in cui vi fu un briciolo di calma, le iridi scure di Ten Ten fissarono intensamente la figura dell’intruso dinnanzi a lei e rimase perplessa per qualche attimo, sbattendo più volte le palpebre…
     
    - Comandante… della Prima Divisione? –
     
    Chiese ancora insicura, non essendo certa di averlo riconosciuto e così l’uomo riassunse una posizione più tranquilla, abbandonando la linea difensiva.
     
    -  Esattamente. Tu devi essere Tenten della Foglia, se non erro. –
     
    Matsuri e Karui, che fino a quel momento non si erano mai viste, continuarono a fissarsi con fare diffidente quando sentirono il suono di un paio di shuriken cadere a terra.
     
    - Mi perdoni, comandante, temevo fosse un intruso… -
     
    Asserì l’esperta d’armi, abbassando appena il capo in segno di scuse e a quel punto anche Matsuri si voltò verso l’amica, affiancandola, mentre Karui con un balzo rapido aveva raggiunto nuovamente il braccio destro del Raikage: combattere non aveva più alcun senso.
     
    -  Non hai nulla di cui scusarti, la difesa in questa situazione è essenziale. Piuttosto… -
     
    Andò calando il suo tono di voce, mentre lo sguardo si posava sulla figura di Matsuri affianco a quella di Tenten, scrutandola con fare un poco interrogativo.
     
    - Tu devi essere una ninja di Suna, giusto? Abbiamo seguito te e l’allieva dell’Hokage sino a qui, dal momento in cui vi abbiamo viste allontanarvi dalla piazza di Konoha… -
     
    Terribile ricordo, quello che aleggiava ora nella mente dell’allieva del Kazekage, la quale scosse appena il capo cercando di scacciarlo: ma doveva contenere le sue emozioni, il suo maestro stava rischiando la vita per loro e lei non poteva mostrarsi tanto debole.
    Perciò alzò timidamente il capo verso i due ninja della Nuvola, cercando di mostrarsi quanto più decisa possibile nel parlare.
     
    - Sì, eravamo noi… Immagino ci abbiate seguite per avere più informazioni sulla vicenda. –
    - Esattamente, la Nuvola è stata praticamente rasa al suolo quanto Konoha e di conseguenza i ninja si sono particolarmente dispersi. Non siamo riusciti a sentire cosa vi siate detti con Kakashi Hatake, Shikaku Nara e Anko Mitarashi ma temevamo di essere scoperti, non conoscendo le vostre intenzioni, perciò vi abbiamo semplicemente seguito. –
    - Ora potreste dirci il motivo per cui siete qui? –
     
    Proruppe Karui dopo le spiegazioni del Capitano, e solo a questo punto anche Tenten parlò con la medesima determinazione, stringendo i pugni al pensiero dei compagni in pericolo.
     
    - Io, Neji Hyuga e Sai abbiamo probabilmente individuato il luogo in cui sono tenuti prigionieri Killer Bee e Naruto, ma siamo stati attaccati da Sasori della Sabbia Rossa e sono in pericolo di vita… -
     
    Fece una piccola pausa, trattenendo i pugni e la rabbia ma si contenne, mostrandosi forte, per ciò che poteva, mentre gli occhi dolci e comprensivi di Matsuri vegliavano su di lei, come a volerla confortare…
     
    - …ma Sakura Haruno sta cercando di curarli. Una volta che si saranno ristabiliti, sicuramente riprenderemo il cammino per il luogo dove si trovano le due forze portanti. –
     
    Attimi di silenzio, nei quali Karui continuava a fissare le due, quasi minacciosamente, mentre il volto di Darui si fece più pensieroso, calcolatore: non potevano permettersi di correre troppi rischi, ma nemmeno di abbandonare chi per loro era particolarmente importante.
     
    - Molto bene, allora resteremo qui anche io e Karui. Vi proteggeremo sino a quando i vostri due compagni non si saranno ristabili e a quel punto riprenderemo il cammino: sette ninja sono meglio che cinque. –
     
    Tenten si aprì in un sorriso di riconoscenza, di gratitudine, tanto che fece ancora una volta un piccolo inchino col capo al suo ex Comandante, per poi condurli sino ai feriti.
     
    - Grazie, Capitano Darui. –



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    (Lascio il link di un Forum di Naruto gestito da me e da un'altra autrice di EFP, è soptrattutto un Gioco di Ruolo dove si possono interpretare, scrivendo, i personaggi di Naruto :D
    http://ninetails.forumfree.it/
    )

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    Capitolo 6
    *** Ciò che possiamo ***


    Noticine:
    Lo so, torno dopo un secolo!! xD
    Purtroppo la quinta è stata peggiore del previsto, ma ora che ho finito torno di nuovo a scrivere (regolarmente, si spera!).
    Quindi, continuo questa storia che mi sembrava piacesse, anche se spero in qualch recensione in più ;)
    Dunque, giusto per ricordare un "dettaglio": la storia parte (come ipotesi di risvolto) dal momento in cui, circa, Naruto e Killer Bee sono entrati ufficialmente in guerra al fianco dell'alleanza ed i Kage se la vedono con Madara, quindi tutto ciò che è accaduto da lì in poi non viene tenuto in considerazione da questa storia, per il semplice fatto che era stata pensata prima.
    Spero comunque che possa continuare a piacere, e ci saranno naturalmente dei risvolti e delle tecniche che potrebbero sorprendere (anche chi legge gli scan settimanali spoiler).



    Ciò che possiamo


    Non era una stanza, non era nemmeno l’ex sala d’attesa per essere ricevuti alla presenza dell’Hokage: era una sala delle torture.
    Una sola finestra permetteva a flebili raggi di sole di penetrare, di rendere quell’ambiente completamente cupo e tetro un po’ meno umido, nonostante le nuvole si addensassero in cielo come ad anticipare imminenti temporali.
    E poi lì, in mezzo a quelle pareti di un indefinibile colore, era posizionata una sedia di legno, presa da chissà quale ripostiglio, talmente marcia e malridotta che ad un movimento un po’ troppo brusco avrebbe potuto spezzarsi, facendo cadere al suolo il malcapitato.
     
    Una porta si aprì lentamente, i cardini cigolarono come ad enfatizzare un’atmosfera già sufficientemente tesa, tersa, tutt’altro che rassicurante.
    Ma nonostante ciò, nemmeno uno spiraglio di luce penetrò nella stanza, mentre la figura di quello che rassomigliava ad un uomo, ricoperto da un mantello ed un cappuccio, faceva il suo ingresso…
    Uno strisciare sordo, quasi un sibilare proveniva da egli, mentre su di un volto estremamente pallido erano posizionati due occhialini tondi.
     
    - Bene bene, siamo arrivati al capolinea… -
     
    Sibilò il nuovo arrivato, un sorriso ironico che gli delineava labbra quasi inesistenti, tutt’altro che umane, mentre si avvicinava a quella sedia.
    Su di essa, un vecchio shinobi era ridotto particolarmente male, graffi e lividi su quasi ogni parte del corpo, abiti squarciati in più punti ma nonostante questo, nonostante fosse cosciente, non disse nulla, non rispose a quella provocazione.
     
    - Oh… facciamo i duri, Tsuchikage… -
     
    E senza troppi ripensamenti gli sferrò un pugno nel ventre, tanto che l’anziano Onoki sgranò le iridi, la bocca si aprì lasciando uscire gocce di sangue ben poco rassicuranti.
    Ma non disse nulla, né emise alcun verso di dolore.
    Strinse però i denti, gli occhi, mentre restava piegato in due, ormai ansante e distrutto, anche se solo fisicamente.
     
    - Ve lo concedo, per la vostra età dovreste essere già morto… ma non avrete ricevuto la carica di Kage per nulla, immagino. –
     
    Sembrava quasi che si divertisse, a schernire l’anziano shinobi, il quale ora ansimava e cercava di riprendersi dall’ennesimo colpo subito.
    Era incatenato a quella maledettissima sedia, in una stanza dove non c’era nulla al di fuori di lui, nulla che potesse dargli anche solo la speranza di potersi salvare.
    La serpe davanti a lui lo osservava attentamente, il busto appena ricurvo in avanti, come se stesse portando un peso, mentre tre serpenti bianchi si mostrarono alle sue spalle: sibilavano, le lingue che vibrava con fare minaccioso, mentre ad un singolo gesto di Kabutomaru le tre teste andarono ad avvicinarsi pericolosamente allo Tsuchikage…
     
    - Suvvia, non voglio fare il cattivo della situazione… Voglio solo qualche informazioncina. –
     
    Onoki fece un leggero sorriso ironico, o meglio, una smorfia di disgusto dinnanzi a quel dire, tanto che si sforzò di aprire gli occhi e puntarli dritti dritti in quelli del suo nemico.
     
    - Stupido… egocentrico… -
     
    Gli disse con una soddisfazione immensa, quasi volesse insultarlo pesantemente ma al contempo mantenere il proprio ruolo, la propria dignità di anziano tra i Kage.
    Kabutomaru inclinò appena il capo di lato, quasi divertito da quelle parole, mentre cominciava a camminare intorno allo Tsuchikage, un passo lento ma ben scandito, come un avvoltoio che aspetta solo il momento giusto per attaccare la preda.
     
    - Le sto solo proponendo una via meno dolorosa, Tsuchikage. Che lei lo voglia o meno avrò comunque le informazioni che pretendo, la differenza la farà soltanto la sua salute dopo che questo piacevole colloquio sarà terminato… -
     
    Continuò con quel fare ironico e sottile, spietato oltre ogni immaginazione, dietro quello che pareva un volto ancora immaturo ed innocente.
    Le parole giungevano all’orecchio del vecchio shinobi come delle lame taglienti, ma più Kabutomaru parlava e più l’uomo si convinceva di dover resistere, a costo di lasciarci le penne.
     
    - Allora… è meglio che… ti dai da fare… moccioso. –
     
    Disse con le ultime forze che gli restavano ma a queste parole Kabutomaru si fece più serio, fermandosi proprio alle spalle dell’anziano shinobi che non solo era piegato in avanti, ma sembrava faticare a restare cosciente.
    L’allievo di Orochimaru mostrò una mano affianco a sé, da sotto quel manto, la quale reggeva una specie di siringa contente un liquido violaceo e ben poco rassicurante.
     
    - Questo siero è stato studiato personalmente da Orochimaru affinché potesse consentirgli di ottenere tutte le informazioni che desiderava dai suoi prigionieri… -
     
    E mentre parlava osservava quel liquido con fare affascinato, portandolo a quell’unico spiraglio di luce.
     
    - …tuttavia, non è efficace su ogni tipo di chakra, ancor meno su chi conosce le abilità mediche o ne ha una buona padronanza, motivo per cui dovrò fare dei test per riuscire a potenziarlo… -
     
    Ecco spiegato perché non fosse riuscito ad avere informazioni né da Shizune né da Shi, entrambi capaci di padroneggiare abilità come quelle da lui citate, mentre lo Tsuchikage ne pareva sprovvisto, soprattutto in simili condizioni.
     
    - Lei sarà una mia cavia, Tsuchikage, e al contempo mi dirà ogni segreto di Iwa, i suoi punti deboli, le sue tecniche segrete… Uniamo l’utile al dilettevole! –
     
    Lui parlava e parlava, mentre Onoki stringeva i denti, dentro di sé non poteva che sperare in un qualche miracolo, giunto ad un simile limite.
    Ma fu questione di qualche attimo ed ecco che i serpenti gli si avvicinarono al volto, uno in particolare aveva cominciato a sibilare dinnanzi al suo collo…
     
    - Ma prima vorrei darle ancora la possibilità di ripensarci, Tsuchikage… e sappia che i miei serpenti non amano molto chi non collabora. –
     
    Questa volta l’uomo non riuscì a trattenere lo sdegno che lo pervadeva, che gli invadeva le vene ad ogni singola parola di quello che per lui era il più sadico dei criminali.
    Un altro sforzo, un altro immane sforzo che, oltre alla soddisfazione personale, lo avrebbe probabilmente portato alla morte.
     
    - Vai al diavolo. –


    *****

     
    - Shikaku, come hai intenzione di procedere? Continuare a cacciare in queste zone rischierà di farci scoprire, ma le terre circostanti non possiamo avere la certezza che siano sicure… -
     
    Chiese un ninja di una mole notevole, il quale indossava ancora una specie di armatura rossa mentre una chioma mora gli scendeva sulla schiena con fare scompigliato, oltre a delle evidenti spirali sulle gote.
     
    - Hai ragione… ma purtroppo non ho molte idee, per il momento. Ormai siamo un discreto numero, in questo rifugio, non possiamo rischiare di spostarci in massa. –
     
    Rispose massaggiandosi le tempie, nella speranza di trovare una soluzione.
    Erano tutti lì riuniti, coloro che avrebbero deciso le sorti del paese, come muoversi, come avanzare, come controbattere nonostante la situazione critica.
    Ma non si sarebbero arresi, questo mai lo avrebbero fatto.
     
    - Shikaku, venite subito! –
     
    Esclamò la voce di un ninja entrando nella grotta di modeste dimensioni, divenuta il momentaneo quartier generale.
    Immediatamente, Choza Akimichi, Hiashi Hyuga ed altri esponenti dei vari clan si affrettarono a seguire il capoclan Nara attraverso quelle gallerie improvvisate, seguendo colui che aveva reclamato la loro attenzione.
    Erano gallerie scavate da molti anni eppure ancora resistenti, tanto spesse e caratterizzate da rocce metamorfiche che risultava difficilissimo riuscire a percepire, dall’esterno, la presenza del chakra al suo interno.
    Pochi passi, l’ansia di qualcosa di inaspettato che saliva costantemente.
    Ormai era così che vivevano, da quando la guerra era terminata disastrosamente: ansie su ansie, le notti passate in bianco aumentavano gradatamente, perché ogni passo falso, ogni minimo errore, sarebbe costato la vita a qualcuno.
    Arrivarono nell’ala principale del rifugio, dove un’ampia grotta (la più grande) si estendeva appena dopo il cunicolo di entrata.
    Lì, tra i ninja che si affollavano, i membri del team 8 avevano portato quelli che erano stati i prigionieri dei loro nemici fino a pochi istanti prima: Kiba aiutava Chojuro a reggersi, altrettanto faceva Akamaru con la nipote dello Tsuchikage, Hinata si limitava a restare accanto ad una Temari troppo orgogliosa per essere aiutata e gli insetti di Shino reggevano altri due corpi.
    Shikaku si fece largo fra gli shinobi, intimandoli di allontanarsi affinché i soccorsi per le ferite più gravi potessero intervenire tempestivamente.
     
    - Allontanatevi tutti! Chi si intende di arti curative o stabilizzazione del chakra si faccia avanti!-
     
    Cominciò a riportare l’ordine, mentre lui e Kakashi si avvicinavano ulteriormente ai tre ninja che erano riusciti ad aiutare i pochi superstiti in salvo da quella tortura.
     
    - Fateli sedere. Ottimo lavoro ragazzi! –
     
    Esclamò il capoclan Akimichi ed immediatamente sia Chojuro che Kurotsuchi vennero fatti sedere su un paio di seggiole di legno racimolate chissà dove, immediatamente raggiunti da un paio di ninja medico improvvisati che cercavano di controllare le loro ferite.
     
    - Non penso che per loro sia l’ideale, un giaciglio del genere… -
     
    La voce cupa di Shino richiamò l’attenzione dei presenti: ogni sguardo venne volto ai due corpi completamente privi di sensi ed in condizioni tutt’altro che accettabili.
     
    - Ino… -
     
    Bisbigliò Shikaku quasi in un sussurro, in una preghiera, in un’invocazione.
    La lunga chioma bionda della giovane Yamanaka si fece largo sino ai due feriti gravi, che ancora restavano sospesi per aria grazie a numerosi insetti neri.
    Non era un’esperta, Ino, aveva imparato qualcosa da Sakura e da Tsunade ma nulla che potesse fare di lei un efficiente ninja medico, non quanto lo sarebbero state le altre due quantomeno.
    Aveva imparato l’essenziale, ed improvvisamente si era ritrovata a dover gestire un mezzo campo profughi: decisamente troppo, per lei, eppure non si era tirata indietro, aveva impiegato tutte le proprie capacità e le proprie energie.
    Il silenzio calò per qualche momento, solo un lieve bisbigliare aleggiava nell’aria mentre la giovane kunoichi passava da un corpo all’altro nella speranza di capire come e dove intervenire, per cercare di evitare il peggio.
    Nel mentre, Hinata aveva timidamente invitato la ninja di Suna a sedersi, porgendole una sedia, ma lei aveva prontamente rifiutato: troppo orgogliosa per accettare di essere debole, troppo disgustata da quanto aveva visto compiere dai propri nemici per darsi tregua.
     
    - Temari! –
     
    Le iridi smeraldo si spostarono subito verso il fratello, il quale le faceva segno di raggiungerlo a qualche metro di distanza.
    Acconsentì con un gesto del capo, ma non appena tentò di fare un ulteriore passo il ginocchio sembro cederle: troppi sforzi, troppe battaglie, troppe tecniche consecutivamente.
    Il suo corpo, per quanto tonico e preparato agli scontri, non poteva decisamente reggere oltre.
    Si vide ormai con il volto a terra, in quella sabbia mista a fanghiglia che già la disgustava, quando una mano dalla presa salda fermò quella caduta, mentre un braccio le cingeva la vita, aiutandola a reggersi.
     
    - Tu non metti mai da parte l’orgoglio, vero Sabaku No? –
     
    Strinse i denti, sbuffando apertamente, ma non poté negare che avesse bisogno di un sostegno, di un aiuto… e per quanto fosse orgogliosa, non poteva negare nemmeno a se stessa di non poter desiderare altro braccio che la sostenesse.
     
    - Per diventare come te, Nara? Mai! –
     
    Affermò voltandosi un secondo, per lanciargli l’ennesimo sguardo di sfida, per vedere se avrebbe mai reagito ad una qualche provocazione.
    Lui accennò ad un minimo sorriso, si limitò ad affiancarla lasciando semplicemente una mano sul fianco e l’accompagnò sino al fratello, quanto bastava per assicurarsi che non cadesse di nuovo.
     
    - Per Shi credo di poter fare qualcosa, se non altro tenerlo in vita. –
     
    Affermò Ino distanziandosi appena dal corpo del biondo di Kumo, per poi volgere uno sguardo distrutto dalla parte opposta, le iridi cristalline che riflettevano una figura resa disumana.
     
    - Ma per Shizune… Non riesco nemmeno a capire quali sostanze le siano state iniettate, cosa comportino, come bisogni intervenire. E’ una medicina troppo avanzata per me, non so nemmeno se potrà… -
     
    E non terminò la frase, mordendosi un labbro e distogliendo lo sguardo.
    Non un’altra vittima, non l’ennesima.
    Non Shizune, che in campo medico era l’unica a poterli aiutare.
    Calò di nuovo il silenzio, Hinata si portò una mano alle labbra ormai tremanti, il sangue si gelò nelle vene alla maggior parte dei ribelli.
    Lo sguardo di Kakashi vagò verso Shikaku, nella speranza di una risposta, mentre questo manteneva le iridi socchiuse.
     
    - Le daremo del chakra, ognuno di noi, un poco al giorno. –
     
    Intervenne ad un tratto uno dei capoclan Hyuga: lui che si era sempre ritenuto superiore, nel suo intimo. Lui che aveva sempre elevato la nobile casata di cui era il capostipite.
    Lui, che mai avrebbe mosso un passo per qualcuno che non possedesse sangue nobile, ora si proponeva in prima linea per cedere il proprio chakra.
     
    - A quale scopo, Hiashi? Sarebbe solo uno spreco, non essendo noi in grado di manipolarlo nel modo adeguato. –
    - Shizune è l’allieva del miglior ninja medico del mondo, avrà attivato qualche difesa interna, no? E tutto ciò che può aiutare una tecnica a restare attiva è il chakra. Altro per lei non possiamo fare. –
     
    Shikaku rifletté in silenzio, e così molti altri.
    Nessuno però si mosse, Ino restò ancora diffidente riguardo la proposta dello Hyuga: non aveva conoscenze mediche, nonostante il suo ragionamento potesse essere stato logico. Non aveva nessuna base di partenza da cui poter trarre simili conclusioni o ipotesi: e se fosse stato il metodo sbagliato? Se avessero peggiorato le condizioni già particolarmente precarie di Shizune?
    Qualcuno si mosse, un passo apparentemente indeciso, forse fragile, ma colmo della più ferrea volontà d’animo: sotto lo sguardo perplesso di tutti, Hinata si avvicinò al corpo di Shizune e vi appoggiò sopra la mano, trasmettendole parte del proprio chakra.
     
    - Se questo è tutto ciò che possiamo fare per Shizune-san, allora lo farò. –
     
    Disse quasi timidamente, ma convinta di ciò che stesse facendo.
    Sorrise dolcemente al padre, che in quel momento la osservava con sguardo perplesso: una figlia dall’animo buono, forse troppo per lui che avrebbe sperato in una discendenza più forte e combattiva, dedita alla battaglia.
    Un animo che, tuttavia, era stato l’unico a riconoscere i suoi intenti come giusti e unici, senza esitazione nel seguire il suo esempio.
    Non sorrise, Hiashi, eppure Hinata dentro di sé comprese quanto il padre le fosse riconoscente.
     
    - Molto bene, stabiliremo dei turni per questo. Ino, tu ti occuperai principalmente di Kurenai e Shi, per il momento, tutti gli altri che abbiano un minimo di basi delle conoscenze mediche sono pregati di soccorrere gli altri. –
     
    Dettati gli ordini, ognuno si mosse nella propria direzione.
    Shino seguì Ino lungo le gallerie, trasportando i due corpi privi di sensi, mentre Kiba ed Akamaru si affrettavano ad aiutare una Kurenai molto più debole e con un ventre sempre più gonfio.
    Kakashi sospirò appena, incrociando le braccia sul petto, mentre altri shinobi si occupavano di Chojuro e della nipote dello Tsuchikage.
     
    - Siamo ancora troppo deboli, e ci vorrà tempo per riprenderci. –
     
    Commentò da quel volto coperto in gran parte, mentre Shikaku al suo fianco aveva già voltato le spalle a quell’immenso spazio.
     
    - Lo so, a questo punto dobbiamo avere fede in chi sta tentando qualche missione piuttosto suicida… -
     

    ****
     

    La nebbia era densa come non mai, ogni cosa lasciata allo sbaraglio. Macerie su macerie, un gelo perenne veniva portato in ogni angolo del Villaggio di Kiri da un vento che non sembrava voler dare tregua.
    E là, al centro di tutto questo, si imponeva il palazzo della Mizukage: ora più cupo che mai, ora diroccato, abbandonato, saccheggiato…
     
    - Come dobbiamo muoverci? –
     
    Gai era accovacciato dietro ad una roccia, affianco a lui un Rock Lee particolarmente vigile ed attento, perfetta imitazione del suo maestro, mentre il valoroso ninja di Kiri restava all’erta, il Byakugan attivato da tempo che scrutava davanti a sé.
     
    - Dobbiamo arrivare al palazzo di Kiri, lì ci sono alcuni dei segreti del nostro paese che vanno salvaguardati… -
     
    Non disse oltre, nonostante i ninja di Konoha avessero riposto la loro fiducia in lui, egli non poteva non diffidare apertamente.
    Aveva combattuto molte guerre, aveva imparato quale fosse il valore della vita, quanto ogni minima parola potesse fare la differenza, in ogni campo: e lui, di certo, non avrebbe messo ulteriormente in pericolo l’incolumità del proprio paese.
     
    - Tecniche segrete? Arti proibite? –
     
    Domandò Rock Lee con un entusiasmo a fatica contenuto, insito nel suo carattere.
    Ao non disse nulla, si limitò ad un lievissimo accenno del capo, dopo aver abbandonato l’utilizzo della propria abilità innata.
     
    - Più o meno. –
     
    Non disse altro, Gai ed il suo allievo si scambiarono un’occhiata comprensiva: loro erano molto diversi da quel freddo ninja di Kiri, non erano stati abituati a vivere nel sangue e nel terrore e, soprattutto, conoscevano il vero significato della fiducia.
    Non dissero nulla, non commentarono, non criticarono quella sua diffidenza: ogni cosa andava conquistata pian piano, ogni goccia di sangue versata inutilmente sarebbe stato l’affievolirsi di una collaborazione già effimera.
     
    - Andiamo. –
     
    Disse il più anziano dei tre, anche se non aveva più di una quarantina d’anni.
    Fece uno scatto oltre la roccia, mentre Rock Lee e Gai accennavano a seguirlo, quando un movimento sul fianco li bloccò, quando ormai il ninja di Kiri era andato oltre.
     
    - Ma cosa… -
     
    Attivò rapidamente il Byakugan, quanto bastò per accorgersi dell’arrivo di un ninja nemico e proteggersi da un violento calcio.
    Venne tuttavia sbalzato oltre, di qualche metro, si voltò per rendersi conto che un kunai lo stava aspettando, per colpirlo dritto in pieno, ma l’arrivo di un uomo completamente vestito di un ridicolo verde impedì il tocco fatale.
    Disarmò l’avversario con una mano, con l’altra fermò il momentaneo “volo” che Ao stava cercando di interrompere a causa del colpo precedente.
     
    -Da quando siete così aggressivi, voi due? –
     
    Domandò Gai quasi scherzosamente, mentre Lee balzava accanto al maestro.
    Le iridi scure di Kotetsu si spalancarono appena, abbandonando immediatamente a terra il kunai col quale avrebbe colpito il ninja di Kiri.
     
    - Gai? –
     
    Domandò perplesso, mentre tra la nebbia si faceva avanti una seconda figura a loro nota: un altro ninja di Konoha, fuggito dalla battaglia e giunto lì in chissà quale modo.
     
    - Avevi dei dubbi? –
     
    Ribatté sarcastico, mentre lo sguardo perplesso di Ao non poteva che venire accentuato: non per la sorpresa di aver trovato due ninja a loro conosciuti, quanto più per il gesto che quell’eccentrico shinobi aveva compiuto, aiutandolo, impedendogli di essere ferito.
    Qualcosa che lui, nella propria intima diffidenza, probabilmente non avrebbe fatto.
     
    - Come siete finiti in questo orribile posto? –
     
    Domandò di nuovo Gai, senza curarsi di poter ferire Ao con quelle parole: dopotutto era sempre un modo scherzoso di rapportarsi, il suo, non aveva mai avuto intenti di offenderlo in alcun modo.
     
    - Al termine della battaglia siamo riusciti a fuggire, eravamo assieme ad alcuni ninja di Kiri e li abbiamo seguiti, non sapendo in quale altro posto andare. –
     
    Si giustificò Izumo, mentre Gai ragionava sulla situazione.
     
    - In quanti siete? –
     
    Domandò ed uno dei due ninja di Konoha fece un cenno particolare in direzione delle nebbie circostanti: da esse, un gruppo di una ventina di shinobi avanzò cautamente, con la medesima diffidenza, provocando un sorriso smagliante sulle labbra della Bestia verde della Foglia.
     
    - Perfetto! Meglio di così non poteva andare! –
     
    Affermò, dando una pacca amichevole sulla schiena ad Ao, il quale gli lanciò un’occhiata perplessa, senza capire i suoi intenti.
     
    - Hai visto, amico? Basta un po’ di collaborazione e fortuna! –
     
    Ao non rispose, rimase perplesso ad osservare quel fare decisamente buffo, ma che era stato capace di aiutare in modo concreto.
    Squadrò uno ad uno i ninja di Kiri che si erano mostrati, in aperta collaborazione con i due di Konoha a quanto pareva e lui non poté fare altro che rassegnarsi, ammettendo che probabilmente la sua diffidenza non avrebbe avuto alcun risultato… Anche se la fiducia era qualcosa di difficilmente ottenibile.
     
    - Andiamo. –

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    Capitolo 7
    *** Sangue ***


    Note Autrice:
    Questo capitolo, almeno secondo me, ha alcune parti un pò crude (soprattutto le prime)... non c'è una spregiudicata violenza diretta, ma certamente colpisce.
    Dà, comunque, nuove speranze ai nostri eroi!
    E per gli appassionati... nel prossimo gli Uchiha saranno i protagonisti ;)

     

    Sangue



    Penetrava così tanta luce da quell’unica finestrella che bastava per accecare, o quasi, chiunque al suo interno.
    Una finestra ampia e molto alta, che percorreva quasi interamente il perimetro di quella stanza stranamente circolare, spoglia, vuota, quasi priva di vita.
    L’aria al suo interno era afosa e tersa, quasi irrespirabile da tanto che il calore subentrava senza limiti.
    Ed un respiro ansante, sempre più faticoso, il petto che si alzava e si abbassava ansiosamente e con maggior fatica, un ritmo completamente sregolato.
     
    - Devo ammettere che non mi aspettavo una simile resistenza da una ragazza così giovane… Ma l’inesperienza darà i suoi frutti, prima o poi, no?-
     
    Quella voce sottile sembrò perforarle i timpani senza alcuna remora, mentre a poca distanza da quella serpe grigiastra sogghignava il membro di Akatsuki.
    Il ciuffo biondo che copriva appena l’occhio cristallino, un sorrisetto beffardo sul volto: si stava divertendo, ad assistere a quella tortura.
    Se poi ci fosse stata anche un’esplosione sarebbe stato ancora meglio!
    Non rispose a quella provocazione, la donna legata su di un tavolo d’argilla, pronto ad esplodere ad un qualsiasi suo movimento troppo brusco o azzardato.
    Non rispose perché non ne aveva le forze, non rispose perché tutto ciò che poteva fare, in quel momento, era resistere.
     
    - Cederete… o quantomeno vi lascerete sfuggire qualche informazione, così come ha fatto quel povero vecchio di Onoki!-
     
    E la risata di Deidara squarciò l’atmosfera, mentre su quel volto sadico si dipingeva un’espressione ulteriormente divertita.
    Incrociò le braccia sul petto, prima di accennare ad un sorrisetto ironico nei confronti di Kabutomaru, alternando lo sguardo alla figura gravemente ferita della kunoichi di Kiri.
     
    - Sei un bastardo, Kabuto! Dovevi chiamarmi mentre facevi soffrire il vecchio, mi sarei divertito!-
     
    Lo accusò metaforicamente, beccandosi un’occhiata pressochè fulminante da parte dell’uomo in metamorfosi.
     
    - Il mio nome è Kabutomaru, stupido dinamitaro. Vedi di ricordartelo. –
     
    Precisò con un sibilo per nulla rassicurante.
    Deidara si morse un labbro per non azzardare ad una risposta troppo sfacciata, considerando che gli avesse comunque mancato di rispetto.
     
    - Che permaloso! –
     
    Sbuffò il biondo roteando gli occhi al cielo, per poi incamminarsi verso l’uscita ed abbandonare la stanza: era evidente quanto la tensione fosse alta persino fra coloro che avrebbero dovuto ritenersi alleati, eppure il potere e la forza spropositati erano capaci di cambiare radicalmente le persone, fare di loro dei semplici oggetti…
    Kabutomaru non degnò il dinamitaro nemmeno di uno sguardo, ma tornò a concentrarsi sulla figura di Mei immobilizzata al centro della stanza.
    La osservò a lungo, come se stesse elaborando un modo più efficace e rapido per estorcerle informazioni, sin quando non accennò ad avvicinarsi lentamente.
    Lei lo sentiva, quel chakra tanto freddo e gelato.
    Sentiva lo strisciare del kimono a terra, quel sibilo continuo che la tormentava ormai giorno e notte, senza distinzioni.
    Estrasse un kunai, fermandosi all’altezza del volto della donna ed avvicinò la lama alla guancia destra, lentamente, quel tanto che bastava a metterla ulteriormente in soggezione.
     
    - Non trova che sarebbe un peccato rovinare un volto tanto bello, Mizukage? La collaborazione che le chiedo è oltremodo limitata… -
     
    Faceva scorrere lentamente la lama sulla sua pelle, il sibilo del metallo la fece rabbrividire più volte mentre le intenzioni del suo nemico le erano ormai chiare: ed una semplice, piccola lacrime le delineò il volto.
     
    - Mai. –
     
    Fu un attimo, un gesto: la lama tagliò la pelle, il sangue rovinò un volto perfetto ed ammaliatore.
    Ed un urlo squarciò la magione dell’Hokage.
     

    *****

     
    Udì quel grido squarciare ogni parete dell’edificio, tanto che alzò immediatamente il capo biondo lanciando un’occhiata dura al vuoto dinnanzi a sé. Un brivido gli percorse la spina dorsale, ma da quel volto perennemente rigido non emerse assolutamente nulla, se non il disprezzo ed il disgusto.
     
    - Ad ognuno la sua sorte, Raikage. -
     
    Le iridi scure del più forte ninja di Kumo si spostarono immediatamente verso la figura di Kisame, appoggiato alla parete con le braccia muscolose incrociate sul petto.
    Aveva abbandonato da tempo la tunica dell’Akatsuki, trovandola ormai inutile come riconoscimento e per questo restava a petto nudo, con soltanto i pantaloni ed il copricapo rigato.
     
    - Hai detto bene, uomo pesce, pagherete tutti! –
     
    Ruggì digrignando i denti, contenendo la rabbia solo fino ad un certo punto.
    Era bloccato alla parete di fronte alla porta, grosse catene gli immobilizzavano arti ed addome, mentre accanto a lui la pericolosa Samehada del nunkenin gli prelevava il chakra in relazione a quanto riuscisse a riprendersi. Risultava quindi particolarmente difficile per il Rikage poter accumulare energie a sufficienza per liberarsi, rendendolo quindi meno pericoloso di quanto sarebbe stato con qualche forza in più.
    Kisame sogghignò a quelle sue parole, mostrando la fila di denti bianchi ed appuntiti, mentre il volto di un colore sull’azzurro pallido continuava a rimanere fisso sull’altro.
    Passarono pochi minuti, intensi per una serie di sguardi aggressivi ed incattiviti più che mai da ambedue le parti, sin quando la porta non si aprì con un cigolio.
    Era una stanza all’incirca a metà del palazzo dell’Hokage, del tutto anonima se non per le pareti particolarmente spesse, a prova della forza esagerata del Raikage, affinché questa venisse contenuta.
    Ed apparve di nuovo lui, quello che all’apparenza era stato un ragazzo normale ma che al momento era uno dei più pericolosi fra i nemici.
    Si portava un kunai insanguinato alle labbra, la lingua quasi biforcuta ne assaporava il gusto con un’espressione soddisfatta.
    Ed in quell’attimo Shirai comprese a chi potesse appartenere quel liquido infame.
     
    - Razza di bastardo… -
     
    Sibilò il Raikage fra i denti, la rabbia che aumentava sempre ed i muscoli che lentamente venivano stimolati a riprendersi.
    Ma non riuscì a concentrare comunque abbastanza chakra poiché la spada affianco a lui provvedeva ad impedirglielo prontamente, con grande soddisfazione del suo proprietario.
     
    - Come siamo rozzi, Raikage. Non avete gradito l’angelico urlo della Mizukage di Kiri? –
     
    Lo provocò con un sorrisetto malsano, strisciando il manto a terra mentre entrava nella stanza: occhi gialli fissi sulla figura possente e muscolosa dell’altro, occhi che ferivano al solo sguardo, occhi che non avrebbero mai e poi mai provato pietà per alcuno, perché a lui non ne era stata riservata.
     
    - Giuro che ti ammazzerò con le mie stesse mani, verme strisciante! Da noi non avrai alcuna informazione! –
     
    Ringhiò con sempre maggior rabbia, ma a tale provocazione Kabutomaru si limitò ad un sorrisetto, riponendo il kunai ora perfettamente pulito dal rossore di poco prima.
     
    - Su questo si sbaglia. Lo Tsuchikage, per quanto possa avere una volontà di ferro, resta un uomo in età avanzata e non è riuscito a resistere proprio a tutti i miei esperimenti… Motivo per cui qualche informazione su Iwa gli è sfuggita, anche se non quanto speravo effettivamente. –
     
    Gli si strinse il cuore per un attimo: dunque quello che era il più anziano di loro aveva rivelato qualche informazione? Non era riuscito a resistere?
    Ma soprattutto, cosa aveva rivelato?
    Queste domande gli si affollarono nella mente, insieme alla preoccupazione che lui stesso non sarebbe stato capace di resistere a torture tanto sofisticate: avrebbe venduto cara la pelle, poco ma sicuro.
     
    - Con la Mizukage è stato un po’ più semplice, ci ha rivelato come giungere all’archivio segreto Kiri e poco altro… Anche se mi è dispiaciuto, in effetti, rovinare un viso tanto bello. Brutta cosa, la vanità! –
     
    Strinse i denti quanto gli occhi al pensiero di quell’urlo di poco prima, di quel grido che aveva dilaniato aria e cuori di chi l’aveva percepito.
    Anche la Mizukage aveva ceduto, anche se non completamente, pagando la sua resistenza con la propria bellezza sopraffina.
    Non disse nulla, Shirai, ma ogni secondo che trascorreva continuava ad imporsi di resistere, a costo di perdere se stesso.
     
    - Ma io mi preoccuperei di più per l’Hokage… La rivalità fra Senju ed Uchiha è sempre stata lampante ed ora il suo capostipite ha l’occasione di vendicarsi di molti, troppi anni di rancori serbati. –
     
    Shirai spalancò immediatamente gli occhi, lanciando quella che era una delle sue occhiate più minacciose e fulminanti, colma dell’odio più cieco.
     
    - Cosa le ha fatto quel lurido?! –
     
    Tuonò imperioso, infischiandosene del chakra che aumentava e che proporzionalmente veniva prelevato dalla Samehada.
     
    - Oh questo non lo so, ha detto che sarebbe stato lui ad estorcere personalmente informazioni alla principessa Senju… Anche se mi dispiace non poter assistere. –
     
    E si lasciò sfuggire una risata forse di troppo, un’espressione di malsano sadismo lo invase per quell’attimo: quanto avrebbe goduto nel veder perire la donna che aveva umiliato lui ed il suo amato maestro per stupidi ideali!
    Ma quelle parole furono troppo, per un carattere irascibile come quello del Raikage, la goccia che fece traboccare il vaso: sfoderò quante più energie avesse, il corpo muscoloso si contornò di un leggero alone azzurrognolo e con un gesto brusco spezzò una delle catene che gli imprigionavano un braccio.
    Kisame si staccò immediatamente dalla parete, pronto ad intervenire, mentre la Samehada tornava al suo proprietario.
    Lo sguardo del Raikage era furibondo, trasmetteva un odio tale da far invidia persino a Madara Uchiha.
     
    - Oh ma che reazione interessante, Raikage… da quando tenete tanto alla presuntuosa Hokage? –
     
    Lo provocò di nuovo, forse imprudentemente: lo sottovalutò, e questo fu un errore che non avrebbe potuto permettersi.
    Con grande sorpresa dei presenti, il Raikage sfoderò tutte le minime energie che aveva lasciato sparse per il corpo e spezzò anche le altre catene in un sol colpo, dirigendosi più aggressivo che mai verso Kabutomaru.
    La Samehada venne rapidamente alzata da Kisame, pronto a colpire il Kage non appena fosse a tiro ma il colpo venne schivato dalla rinomata velocità di Shirai, che non mancò nel momento più opportuno.
    Caricò un pugno ponderoso e godendo del volto appena stupito di Kabutomaru si scaraventò su di lui con tutte le energie che aveva.
     

    *****

    - Siete sicuri che sia qui? –
     
    La voce calma e sicura di Darui restò limitata ad un’area ristretta, quanto bastava per essere udita dalle persone che lo circondavano.
     
    - Sì, comandante. Non potremmo certo dimenticare dove siamo stati sconfitti…-
     
    Affianco a lui la figura di Neji, il Byakugan perennemente attivo, l’orgoglio che ribolliva nelle vene con quanta più rabbia avesse in corpo.
    Era stato sconfitto con fin troppa facilità e questo non poteva che disonorarlo, ferire quell’intimo orgoglio che ogni membro del clan Hyuga a suo modo conservava.
    Restavano nascosti fra le rocce, esattamente dodici ore dopo l’intervento tempestivo di Sakura: non era ancora un’eccellenza, eppure aveva appreso quanto necessario dalla sua maestra per essere in grado di aiutare, di salvare vite.
    Darui si guardò attorno con attenzione, le iridi scure scambiarono un semplice sguardo con la propria compagna di Kumo: determinazione, ambizione, coraggio. Altro non gli serviva per vincere quella piccola battaglia.
     
    - Sasori è qui… -
     
    Bisbigliò Matsuri poco dietro di loro, un brivido le percorse la schiena riportando alla mente quanto era accaduto al suo Kazekage e maestro: troppo sangue, troppo dolore, troppe ingiustizie.
     
    - Io e Karui lo affronteremo, così voi potrete procedere. –
     
    Asserì deciso, mentre sia lui che la kunoichi dai capelli rossicci si alzavano in contemporanea.
    Tenten osservò perplessa quel fare almeno quanto i suoi compagni, i quali non poterono che provare ammirazione e preoccupazione allo stesso tempo.
     
    - Capitano Darui, non è forse rischioso per voi? Due contro… -
    - Uno, Tenten, uno soltanto. E se dove dite ci sono davvero Naruto e Killer Bee sicuramente sarà un luogo protetto, che richiederà l’ausilio di tutte le vostre capacità. –
     
    Affermò con la stessa sicurezza di poco prima, la stessa forza d’animo che il Raikage avrebbe preteso dalla sua spalla destra.
    E come tutti gli altri avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di essere utile alle cinque terra ninja, ormai unite nell’anima e nel corpo.
     
    - Siete cinque, dovreste farcela unendo tutte le vostre differenti abilità. Non perdete tempo in stupide battaglie o vendette, il vostro unico obiettivo è liberare le due forze portanti. A qualsiasi costo. –
     
    Marcò le ultime parole con particolare sentimento e forza, come a volerle imprimere nelle loro menti: sacrificio, ecco cosa sarebbe stato richiesto a tutti. Sacrificio e tanto, tanto coraggio.
    I due ninja di Kumo fecero un balzo sino a mostrarsi completamente, la figura di Sasori non tardò a raggiungerli ad una debita distanza.
    Sorrideva ironicamente, per quanto quel volto ancora giovane conservasse un’espressione tranquilla, serena, imperturbabile.
     
    - Dunque siete voi, i miei nuovi sfidanti? Spero non siate ridicoli quanto gli altri… -
     
    Banalizzò con una certa noncuranza, tanto che Tenten strinse istintivamente la mano a Neji per impedirgli di reagire: i loro sguardi di incrociarono solo per un attimo, una frazione di secondo, ma fu sufficiente per placare la rabbia che lo Hyuga stava a fatica contenendo.
    Attesero pochi attimi, prima di scattare nella direzione indicata da Neji, il quale col Byakugan attivato continuava a mantenere un contatto con quello che sarebbe stato il loro obiettivo, la destinazione, la prigione di due loro compagni ed amici.
    Sasori naturalmente si accorse di tale spostamento di chakra, ma non ebbe il tempo di fare alcun movimento per impedire ai cinque di avanzare: Darui gli si parò davanti, la spada tratta e lo sguardo determinato.
     
    - Spero che non sia tu ad annoiare noi. –
     
    Lo provocò con sguardo tranquillo ed indifferente quanto quello del nunkenin, mentre Tenten si voltò verso di loro solo per un attimo, quasi a voler invocare una preghiera per loro.
    Mentre Neji conduceva la spedizione, Sakura, Matsuri, Tenten e Sai si preparavano al peggio: avrebbero potuto incontrare chiunque, aspettarsi qualsiasi cosa, dover soccorrere due ninja nelle peggiori condizioni.
    Ma lo avrebbero fatto,a  qualsiasi costo.
     

    *****

     
    Ansimava, sbatteva continuamente le palpebre nella speranza di non perdere ancora conoscenza, qualche goccia di sudore gli scendeva dalla fronte rigandogli il volto.
    Occhi azzurrissimi si aprirono quasi di scatto, sforzandosi di comprendere qualcosa attorno a sé ma non riuscivano ad identificare nulla al di fuori delle tenebre: ogni cosa era buia e fredda, ogni cosa sembrava sopprimerlo e voler annientare quella volontà del Fuoco che da sempre lo aveva caratterizzato.
     
    -Non ti azzardare a mollare, moccioso! Non ho fatto tutta questa fatica per vederci perire in questo modo!-
     
    La voce tuonante di Kurama risuonò nel corpo e nell’anima di Naruto come un’accusa, quasi una minaccia.
    La volpe aveva sacrificato molto del proprio chakra per mantenerlo vivo, attivo, ancora in grado di sopravvivere senza il diretto ausilio di qualcun altro.
     
    - Parli al plurale, volpe… non dirmi che ti preoccupi per me.-
     
    Lo canzonò quel ragazzo con il perenne sorriso sul volto, ancora impresso nonostante gli odi, i dolori, le ferite, le delusioni…
    Era ancora lì, vivo, conscio e con quella perenne grinta che lo caratterizzava ancora viva e pulsante nelle vene.
    La volpe ringhiò con fare contrariato, aumentando la momentanea quanto flebile ilarità del ragazzo.
     
    -Idiota-
     
    Disse semplicemente, sbuffando, ma il sorriso che caratterizzava il volto di Naruto si trasformò presto in preoccupazione nel momento in cui le iridi chiare intravidero una figura dalla parte opposta.
    Anch’essa immobile, anch’essa priva di luce, anch’essa fredda…
     
    - Bee!!-
     
    Lo chiamò con quanta voce avesse in corpo, la preoccupazione per l’amico che cresceva a dismisura ogni secondo. Tentò di protendersi verso di lui ma chissà cosa lo tratteneva, continuava a stringere ritmicamente le palpebre per non perdere quel flebile contatto visivo, fin quando non fu nuovamente Kurama ad intervenire.
     
    -Sta’ calmo, o peggiorerai le cose! Eri messo talmente male che ha dovuto cederti parte del suo chakra e ha perso i sensi… speriamo si limiti a questo o siamo fregati!-
     
    Gli spiegò schiettamente e senza alcuna minima remora, tanto che il cuore di Naruto perse un paio di battiti nel giro di qualche attimo.
    Continuò a respirare cercando di regolarizzarsi, continuò a tenere lo sguardo fisso su Killer Bee, continuò a ripetersi che ora più che mai non avrebbe dovuto arrendersi.
    La scottatura della sconfitta continuava a bruciare tremendamente, rodeva nell’animo e nel corpo quasi volesse consumarlo.
    Eppure, nonostante questo, nulla dentro di lui era stato veramente incenerito.
    Mille dubbi lo assalivano, mille domande, mille perplessità: quanto aveva dormito? Cos’era accaduto dopo la sua sconfitta sul campo di battaglia?
    Ma soprattutto… cos’era accaduto ai suoi amici?
    Quest’ultimo quesito cominciò a tormentarlo incessantemente, in quel luogo dove il tempo e lo spazio erano pressoché indefiniti.
    Stava probabilmente per domandare qualcosa alla volpe, unica sua interlocutrice in un momento tanto disparato quando udì un urlo deciso, quasi aggressivo, di battaglia: sgranò gli occhi nel riconoscerlo, perdendo l’ennesimo battito.
    In pochi attimi quella che probabilmente era una parete posta sopra di loro venne bruscamente disintegrata, una luce debole seppur presente si instaurò anche in quel luogo, costringendolo a socchiudere le palpebre: eppure, nonostante il fastidio, quella figura con ancora il pugno teso era inconfondibile.
     
    - Sakura…-
     
    Bisbigliò con un sorriso, il fiato mozzato in gola per la fatica, ma in quello che prima era un silenzio quasi inquietante quel sussurro fu udito.
    Le iridi verde acqua si volsero in sua direzione, ricambiando il sorriso.
     
    - Ora è il mio turno. Sono venuta a salvarti, baka. –
     
    Gli disse con tono scherzoso ed in quell’attimo Naruto non poté desiderare altro al di fuori di quella semplice e comune visione.
    Mai aveva apprezzato tanto un sorriso.
     
    - Sai, Tenten, andate! –
     
    Disse volgendosi indietro ed un uccello bianco fece la sua entrata in quella parte della roccaforte: dalla luce che penetrava sembrava una grande torre con base circolare, il fondo indefinito almeno quanto il soffitto, mentre i corpi di Naruto e Killer Bee erano incatenati alle pareti di una roccia scura e tetra.
    Sai guidava il proprio disegno alato sino al compagno, mentre Tenten con l’utilizzo delle proprie armi spezzò ciò che lo teneva legato.
    Per chissà quale miracolo Naruto fu in grado di balzare autonomamente sino al punto in cui Sakura aveva distrutto la parete, la forza di volontà ed il chakra donatogli da Killer Bee erano stati sufficienti a consentirgli di riprendersi.
    Si fermarono un attimo per osservarsi, i loro sguardi si incrociarono, i respiri si affievolirono: sembrava passata una vita dall’ultima volta che si erano visti, su quel campo di battaglia ancora rosso del sangue dei vinti quanto dei vincitori.
     
    - Sono felice che tu stia bene, Sakura. Come avete fatto a trovarci?-
    - Abbiamo collaborato, mettendo insieme una sorta di resistenza anche con ninja di altre terre… -
    - Meno male che stai bene, Naruto! –
     
    La voce di Matsuri poco dietro di loro attirò l’attenzione del biondo, il quale sfoggiò uno dei suoi soliti sorrisi smaglianti.
     
    - Grazie Matsuri! Anche io sono felice di vedere che stiate bene! –
    - “Bene” è una parola grossa e stando qui non la prolungheremo di certo! –
     
    Il dire più freddo e razionale di Neji si intromise in quello che poteva essere un piacevole incontro, dopo tutto quello che avevano passato, ma tutti compresero l’importanza di mantenere i piedi per terra.
     
    - Okay, recuperato anche Bee, possiamo andare! –
     
    Affermò Tenten tornando assieme agli altri, mentre Sai rimaneva sul proprio uccello bianco sul quale era posto il ninja di Kumo.
    Un velo di preoccupazione attraversò lo sguardo dei presenti, Naruto in primis, ma ciò che era necessario fare fu evidente a tutti.
     
    - Lo cureremo al rifugio, ora è meglio andare!-
     
    Tutti acconsentirono, cominciando a correre lungo uno dei corridoi più ampi ed angusti di quella fortezza, completamente priva di finestre dove solo qualche torcia poteva essere considerata una fonte luminosa.
     
    - Come avete fatto ad arrivare qui senza intoppi?-
     
    Domandò Naruto perplesso, durante la sua permanenza in quel luogo non aveva udito alcun rumore e per questo era più sospettoso che mai.
    Neji gli correva affianco e fu lui a rispondergli, il Byakugan ancora attivo che cercava di percepire qualsiasi tipo di presenza.
     
    - Li abbiamo aggirati, ma non credo che non si accorgeranno di questa f-
     
    Ma non fece in tempo a terminare la risposta che la parete accanto a loro venne completamente frantumata, lasciando che due mostri di enormi dimensioni si palesassero: un felino con due code ed un enorme insetto volante.

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    Capitolo 8
    *** Crollo ***


    Note autrice:
    Capitolo dedicato agli Uchiha, e proseguirà col prossimo, a cui è particolarmente legato..
    Buona lettura :D

    Crollo

    Vennero sbalzati a qualche metro di distanza, Sai riuscì a mantenere l’equilibrio sul proprio uccello impedendo che Killer Bee venisse ferito mentre gli altri evitarono busche cadute, ritrovandosi però più distanti rispetto a prima.
    La parete davanti a loro, una parte consistente di un lunghissimo corridoio in muratura, era completamente distrutta. Al di là di questa, il duecode ringhiava minacciosamente mentre un grosso insetto alato sembrava quasi coprirgli le spalle.
    Naruto strinse i denti, riportava ancora alcune ferite lungo il corpo ma era già pronto ad evocare quella potenza inaudita che la volpe era in grado di donargli.
     

    - Non fare cavolate, Naruto! Siamo venuti qui per salvarti, non per farti ammazzare alla prima difficoltà!-

    La voce di Neji lo riportò alla realtà, costringendolo a ragionare su cosa fosse meglio per tutti piuttosto che agire d’impulso, come lui aveva sempre fatto.
     

    - Darui aveva detto di non affrontarli direttamente! Subire altre perdite non sarebbe un vantaggio per nessuno. –
     
    Ricordò Tenten a pochi passi da Matsuri, ricevendo un’occhiata severa da parte dello Hyuga: non era stato in grado di proteggere i suoi compagni una volta, non avrebbe corso nuovamente quel rischio…
    Ma soprattutto non avrebbe permesso che altri perdessero la vita.
    Fece un cenno di assenso alla compagna, riportando l’attenzione sul pericoloso felino di dimensioni esagerate che stava già creando dalla propria bocca una sfera nerastra, tutt’altro che rassicurante.
     

    - Ma non possiamo nemmeno fuggire! Ci inseguirebbe, o comunque punterebbe sempre su Naruto e Bee! –
     
    Affermò Sakura balzando immediatamente accanto al compagno, le iridi verde acqua si incrociarono momentaneamente con quelle azzurre di Naruto per poi tornare a volgersi verso il nemico.
     

    - Troviamo la forza portante e immobilizziamola! –
     
    Ordinò lo Hyuga quando la sfera nerastra venne pericolosamente lanciata in loro direzione, costringendoli ad una rapida schivata in più direzioni.
    Nonostante nessuno fosse stato colpito in pieno, lo schianto contro il resto dell’edificio aveva provocato la distruzione di altre innumerevoli pareti, tanto che queste avevano preso a crollare pericolosamente in più punti.
     

    - Ci crolla tutto addosso! –
     
    Le iridi nocciola di Matsuri erano terrorizzate, fissavano un enorme strato roccioso che stava letteralmente per investirla quando questo venne distrutto da un ponderoso pugno di Sakura, che intervenne prontamente in suo aiuto.
    In contemporanea, Tenten sfoggiò quante più armi possedesse in grado di tagliare o spezzare rocce, in modo tale che queste si riducessero di dimensione e potessero quindi essere contrastate facilmente da Sai a protezione di Killer Bee.
    Allo stesso modo, Neji si era rapidamente avvicinato a Naruto e con una Rotazione Suprema aveva creato una sorta di scudo attorno a loro, in modo tale che nemmeno una pietra potesse toccarli.
    Si erano difesi come meglio gli era riuscito, collaborando d’istinto e con i giusti riflessi: ed erano, almeno momentaneamente, sopravvissuti.
    Naruto rimase piacevolmente stupito da quel lavoro di squadra, si lasciò sfuggire un accenno di sorriso anche in una situazione tanto drammatica.
     

    - Grazie ragazzi. –
     
    Affermò con voce convinta, sin quando tutti si furono nuovamente ritrovati accanto a lui, in un unico punto: i loro sguardi determinati, uniti contro quel demone a due code che ringhiava minaccioso e contrariato.
    Loro, piccoli nelle dimensioni ma grandi nell’animo e nelle determinazioni.
    Non ebbero il tempo di dirsi altro che il gatto creò immediatamente una seconda sfera nerastra ed oscura, la lanciò nella loro direzione con una maggior violenza, una cattiveria insita in coloro che non hanno mai avuto tregua, né pietà, né compassione.
    Odio, odio e soltanto odio… ed il rifiuto di un mondo che invece avrebbe dovuto proteggerli.
    Si avvicinarono tra loro, i denti stretti, le tecniche pronte per essere sfoderate insieme, in un unico colpo che avrebbe dovuto godere di chissà quale miracolo: nessuno al massimo delle forze, un ferito privo di sensi e la paura di non farcela, nonostante la determinazione.
    Non sapevano come, ma avrebbero cercato di difendersi a qualsiasi costo.
    Avanzava a tutta velocità, l’aria veniva squarciata senza la minima remora: attesero, pronti a sferrare una difesa disperata quando il colpo che tanto aspettavano non arrivò.
    Una creatura altrettanto demoniaca si erse davanti a loro, una sorta di guerriero contornato di un fuoco nero subì quel colpo al loro posto, rimanendo lesionato solo in parte e rigenerandosi subito dopo.
     

    - Non è possibile… -
     
    Le parole morirono fra le labbra dello Hyuga, nel momento in cui davanti a loro sventolò un mantello marrone ed una chioma di capelli scuri legati in una coda bassa.
    E poi sì, quell’inconfondibile e tanto temuto Sharingan.
     

    - Itachi?! –
     
    Proruppe Naruto con espressione ancora più stupita degli altri, sbatté le palpebre un paio di volte ma prima che potesse avanzare in sua direzione la mano sicura di Sakura lo bloccò, evitandogli qualche imprudenza.
     

    - Non avete da temere, ninja di Konoha… Abbiamo in fondo lo stesso obiettivo.-
     
    Si volse solo un attimo dietro di sé, incrociando gli sguardi stupiti quanto determinati dei due membri del Team 7: ricercavano la stessa persona, amavano entrambi ciò che li aveva legati per molto, moltissimo tempo… e che ancora non s’era spezzato: il loro legame.
    Ma fu il contatto di un attimo, una frazione di secondo, prima che il ruggito del duecode riportasse tutta l’attenzione su di sé.
     

    - Trovate il cercoterio. –
     
    Disse con voce sicura ma senza un’eccessiva autorità nel tono, Neji asserì d’istinto nonostante la sua diffidenza verso gli Uchiha fosse ormai risaputa: in un momento come quello non c’era tempo per mettersi a discutere.
    Attivò il Byakugan, cercando con insistenza la presenza della forza portante mentre Naruto non esitò a farsi avanti accanto allo Hyuga.
     

    - Neji tu cerca Yugito Nii, io Fuu . –
     
    Disse con determinazione, la sua padronanza del chakra del cercoterio gli consentiva un’elevata sensibilità, sufficiente per trovare suoi simili, se si fosse impegnato.
     

    - Tenten con me, Sakura con Naruto. Matsuri, tu resta a protezione di Killer Bee con Sai. –
     
    Ordinò imperatorio Neji,  la voce risoluta e fredda, la mente brillante che elaborava informazioni su informazioni.
    La kunoichi dagli chignon gli si avvicinò subito, trattenendo un sorriso per timore che il compagno lo vedesse, giudicandolo inadeguato.
    Sorrise perché lo vedeva determinato a rimettersi in gioco, a non arrendersi.
    Sorrise perché Neji, in quel momento, aveva messo da parte il rancore verso gli Uchiha e con esso parte del proprio orgoglio, mettendo in primo piano la vita dei propri compagni.
    E nessuno, in quel frangente, aveva dubitato di Itachi Uchiha: ricercato per molti, troppi anni, ora finalmente godeva della fama che gli spettava, dopo quanto era stato loro riferito.
     

    - Sakura, parete Nord! –
     
    Gridò Naruto indicando la suddetta parete, il tempo per lui e Sakura di focalizzare meglio la figura della kunoichi delle Nuvole ed ecco che il demone si intromise fra loro, bloccando momentaneamente il passaggio.
    Ringhiava, la bestia, ringhiava e studiava i suoi nemici come meglio poteva per trarne vantaggio, mentre Naruto già cominciava ad avanzare lo stadio di una prematura trasformazione.
    Alcune code erano spuntate, pronto ad attaccare, quando nuovamente una mano particolarmente pesante lo bloccò, posandosi sulla sua spalla.
     

    - Devo ripeterti ancora di non fare cavolate, baka? Questo non è un allenamento col maestro Kakashi. –
     
    Lo rimproverò tenendo lo sguardo fisso sul duecode, mentre il biondo la fissava perplessa.
     

    - Sakura-chan, che discorso fai? Dobbiamo sconfiggerlo o almeno indebolirlo, se vogliamo prendere Yugito!
    - No. Io faccio da esca al demone, tu blocchi Yugito con le code. Okay? –
     
    Si volse verso di lui con uno sguardo imperatorio che per qualche attimo bloccò il sangue nelle vene al ragazzo: decisamente era allieva di Tsunade, forza e timore erano alla base di ogni sfida e battaglia.
    Ragionò sul da farsi, sul demone che voleva attaccare, sulla sua forza portante che osservava scettica la scena: era veloce, Yugito Nii, ed anche lui lo era.
    Forse Sakura aveva pensato anche a questo, che lei non sarebbe riuscita a tenere testa alla forza portante.
    Naruto sorrise, sentendosi davvero idiota: quanto ancora sarebbe stato tanto impulsivo? Quando sarebbe cresciuto, testa in proporzione al cuore?
    Si lasciò sfuggire un grido di esaltazione e partì, schivò un’unghiata del duecode e quando una seconda stava per colpirlo intervenne l’Haruno, la quale incrociò la forza del proprio pugno con quella del demone.
    Si scontrarono, quanto bastò per consentire a Naruto di balzare oltre, verso Yugito.
    Si fermò ad una decina di metri da lei, su quel che restava del detto: vide nei suoi occhi il Rinnegan, vide nei suoi occhi lo smarrimento e al contempo la disperazione.
     

    - Fallo, Naruto Uzumaki. Fai quello che non sono riuscita a fare io. –
     
    Quelle parole sul momento lo spiazzarono, l’amara consapevolezza di essere un male, un male particolarmente potente, ma pur sempre un male.
    Un male per coloro ai quali aveva voluto bene, e ai quali non avrebbe mai fatto del male.
    Avrebbe pianto, se ne fosse stata capace.
    La lotta sotto di loro continuava, quell’istante fu particolarmente lungo, quasi interminabile…
     
    - Svegliati, idiota! Non abbiamo tutto il giorno, lo sa meglio lei di te!-
     
    Scrollò la nuca, sospirò ringraziando intimamente quello scorbutico dentro di lui e tornò a volgersi alla donna, implorante dentro, impassibile all’esterno.
     

    - Lo farò, te lo prometto. –
     
    Scattò in avanti nello stesso istante in cui anche lei indietreggiò, l’istinto che le imponeva la fuga.
    Evocò due code, poi tre che andavano sempre più allungandosi.
    Continuarono ad inseguirsi, saltando e balzando ovunque: evocò la quarta coda d’improvviso, cogliendola di sorpresa e facendole perdere la concentrazione solo per un attimo: un attimo che le fu fatale, consentendo a Naruto di intrappolarla in una morsa di un caldo tagliente.
    Inspirò ed espirò profondamente: per quanto Kurama possedesse chakra, non si erano ancora ripresi dallo scontro di qualche giorno precedente, date anche le condizioni in cui erano tenute.
    Yugito lo guardò, di nuovo, quasi a chiedergli di sigillare quella promessa, di mantenerla: una supplica, sin quandro fra loro non si intormise Itachi.
    Pochi attimi ed il temibile Sharingan fu attivato, facendo sprofondare la forza portante del duecode in un’altra dimensione.
    Come lei anche il settecode era ormai innocuo, sotto l’effetto di quella potente arma, ed una volta che i due demoni vennero ritirati, Neji si caricò Fuu sulle spalle mentre Tenten e Sakura sorreggevano Yugito assieme.
    Naruto era ancora lì, interdetto: poteva lo Sharingan avere un tale potere?
    Evidentemente sì, dopotutto i cercoteri stessi non erano altro che uomini, dunque dalla mente manipolabile.
    Erano uomini, i cui sentimenti erano stati distrutti.
     

    - Dobbiamo andare. –
     
    La voce di Itachi richiamo tutti all’ordine, sebbene con qualche diffidenza.
    Lo osservarono tutti sospettosamente, increduli nonostante tutto: il pregiudizio, si sa, è duro a morire.
     

    - Devi spiegarci molte cose, Itachi Uchiha. –
     
    Intervenne subito Neji, sentendosi in dovere di farsi avanti come sempre.
    Itachi accennò ad un lieve sorriso di cortesia.
     

    - Lo farò, ma ora è meglio andare. –
     
    Si era liberato dall’Edo Tensei, questo era palese: aveva enfatizzato ulteriormente che non si trattasse di una marionetta nelle mani di Kabuto o quello che era diventato.
    Eppure, nonostante questo, la sfiducia nei suoi confronti, negli Uchiha, era ancora troppo viva perché potessero dire di ritenerlo un compagno, un alleato.
    Naruto, però, era rimasto immobile: aveva osservato la scena, aveva osservato Yugito perdere i sensi ed essere trasportata con la forza.
    Aveva visto quell’ultima luce spegnersi nei suoi occhi, ed in quell’attimo aveva visto anche se stesso.
     
    - Se riuscirà a liberarsi dell’Edo Tensei quanto me, la lascerò libera. Farlo prima sarebbe un’imprudenza troppo grande.-
     
    Le parole di Itachi non erano severe, nemmeno il rimprovero ardito di Sakura poco prima.
    Erano parole cortesi, parole solidali e di comprensione: erano le parole di un fratello che comprende cosa siano il sacrificio ed il dolore, così come comprende l’importanza dell’amore e della libertà.
    Rialzò lo sguardo, determinato quanto prima: balzò a terra e prese a camminare assieme agli altri, il passo che si faceva sempre più frettoloso in direzione del loro accampamento.
     
     
    ******

    Sfiorava alcuni volumi impolverati con la punta delle dita, il sangue non scorreva nelle vene ormai da molti anni ma ciò non gli impediva di rimanere tra i vivi.
    I capelli scuri e lunghi ricadevano sull’armatura rossa e nera, gli occhi tanto scuri da apparire come due semplici pozze tenebrose scrutavano l’ampia biblioteca personale degli Hokage senza la minima remora: si sentiva il padrone, null’altro.
    In quel silenzio quasi inquietante si udì solo un frusciare di stoffa, uno spostamento improvviso di chakra, quanto bastò per immobilizzare uno dei più forti ninja mai esistiti e farlo esitare, mentre la mano veniva ritratta.
     
    - Non nasconderti, non ti temo. –
     
    Si udì solo un piccolo ghigno, una fila di denti bianchissimi venne appena mostrata mentre alla luce fioca e spenta della luna andava delineandosi un figura: un uomo sulla cinquantina, lunghi capelli neri e lisci, pelle pallidissima, occhi gialli ed acuti da far tremare qualsiasi creatura.
    Era in un angolo della stanza, non si fece avanti più del dovuto con la prudenza e l’intelligenza che lo avevano da sempre caratterizzato, mentre Madara lentamente si voltava verso di lui.
    Lo scrutò per qualche istante intenso, o meglio, entrambi si studiarono vicendevolmente: la fiducia ed il rispetto non erano qualcosa che li riguardasse.
     

    - Orochimaru, se non sbaglio… la tua fama è giunta sino a me. –
     
    Affermò con un tono del tutto freddo ed indifferente, come se non avesse detto nulla di importante.
    Orochimaru non ci fece troppo caso, o meglio, annotò immediatamente ogni cosa senza tuttavia mostrare nulla: apatico e calcolatore quanto il più velenoso dei serpenti.
     

    - Non è di fama che voglio parlare, Madara Uchiha. –
     
    Sibilò fra i denti con fare quasi diplomatico, la tensione era alle stelle poiché entrambi non potevano dire di conoscere il loro interlocutore se non per la terribile fama che aleggiava intorno ad entrambi.
     

    - E di cosa, allora? –
    - Voglio proporti un accordo, che sarà vantaggioso per entrambi.-
     
    Affermò schiettamente, catturando in poche parole l’interesse dell’altro: il suo sguardo si acuì, le iridi divennero una fessura, diffidenze e pregiudizi cominciarono a farsi largo nella sua mente… insieme ad una spasmodica curiosità.
     

    - Parla.-
     
    Affermò con fare autoritario, tanto che il Sennin dei serpenti sorrise di nuovo, sospirando appena.
     

    - Preciso che non sono un tuo sottoposto. L’autorità che hai acquisito a me non interessa. –
     
    Precisò con un tono del tutto determinato, ma che si manteneva apparentemente indifferente: troppo astuto per azzardare, ma troppo forte per lasciarsi sottomettere.
    Madara non disse altro, si limitò ad osservare colui che lo stava indirettamente sfidando: non voleva fare l’errore di sottovalutare colui che aveva ucciso un Hokage ed utilizzato tecniche inimmaginabili, ma non poteva nemmeno dirsi spaventato, minimamente.
     

    - Tu hai una cosa che mi serve, o meglio, una persona… Ed io sono a conoscenza della tecnica per rendere l’Edo Tensei di cui sei vittima eterno. –
     
    Una luce attraversò lo sguardo del più temuto Uchiha, il quale dovette trattenersi dallo scomporsi.
    Sul momento l’istinto era quello di accettare, ma un uomo con la sua esperienza ed intelligenza non avrebbe accettato tanto facilmente, non avrebbe creduto alle prime parole dette senza averle accuratamente analizzate.
     

    - Prendendo per ipotesi che le tue parole siano vere, che tu sia davvero capace di una tecnica simile… quale persona dovrei consegnarti? –
     
    Ipotizzò ancora scettico e diffidente, incrociando le braccia sul petto muscoloso e ancora protetto dall’armatura.
    Attese qualche attimo, lo sfidò ancora con lo sguardo, poi parlò.
     

    - Tsunade Senju. –
     
    Un nome ed un cognome che rimbombarono nella mente dell’Uchiha, una richiesta che sul momento non poteva certamente comprendere.
    Certo era che l’ultima discendente dei Senju fosse un prigioniero prezioso, un’arma potente per entrambi e questo non sfuggì alla mente sofisticata dell’Uchiha.
    Sorrise dopo qualche attimo, inclinando appena la nuca di lato, più scettico che mai.
     

    - Per quale motivo dovrei cederti il mio divertimento preferito? –
     
    Asserì con una certa ironia nel tono di voce, a Orochimaru non importava poi molto degli altri a prescindere quindi non si scompose, ma rimase fermo e scettico nella propria posizione, senza concedersi distrazioni di alcun genere.
     

    - Questo non ti riguarda. Se accetterai, dovrai semplicemente consegnarmela… Ed io ti renderò immortale. –
     
    Quell’ultima parola lo avrebbe certamente scosso nel profondo, se avesse avuto anche solo un briciolo di sentimenti o emozioni.
    Lo avrebbe reso ulteriormente diffidente, se non fosse stato maledettamente sicuro di sé.
    Tuttavia attese, la voce si fece un poco più seriosa ed attenta, come se la sua mente volesse penetrare in quella dell’altro senza però violarlo tanto esplicitamente.
     

    - Perché un uomo come te, che ha cercato l’immortalità per tutta la vita, dovrebbe cedere questa enorme opportunità ad un altro? Dove sta l’inganno, Orochimaru? –
     
    Gli chiese schiettamente, in un ragionamento che non faceva effettivamente una piega.
    L’altro sorrise di nuovo, quasi divertito da quella risposta ma si sforzò di contenersi: come ogni volta il suo sguardo era ambiguo, come ogni volta i suoi pensieri inviolabili.
     

    - L’immortalità non è più di mio interesse, trovo divertimento in tutt’altro… -
     
    Affermò con tono fermo quanto ironico, come se lo stesse prendendo in giro, come se lui fosse già un passo avanti.
    E questo Madara lo intuì, come una sensazione di pericolo, ma non aveva prove a sufficienza per credervi davvero: lui aveva lottato per l’immortalità sino a quel momento, non si sarebbe lasciato sfuggire quest’occasione, con le dovuto precauzioni ovviamente…
     

    - …ma non credo ti interessi sapere cosa bramo io. Io voglio l’ultima erede dei Senju, tu l’immortalità. Possiamo esserci utili a vicenda, se accetti. E saprai anche che sono un uomo di parola… -
     
    Affermò andando diminuendo il tono di voce, scettico ed astuto come non mai.
    L’Uchiha l’osservò di nuovo ed attentamente, per poi volgergli lentamente le spalle, Il rinnegan attivato per poter contrastare qualche presunto attacco da parte di Orochimaru, anche se quest’ultimo non sarebbe mai stato tanto stupido da tentare di aggredirlo.
     

    - Seguimi, ti condurrò dalla tua richiesta. –
     
    Affermò come se stesse parlando di un oggetto, anche se il tono non era dispregiativo.
    Orochimaru non esitò a seguirlo, mantenne le dovute distanze senza timore: l’Uchiha aveva bisogno di lui, ne era certo, perciò non aveva da temere e comunque era sopravvissuto anche a cose peggiori.
    Lo seguì lungo un paio di corridoi, sino ad arrivare alla stanza centrale del palazzo dell’ Hokage.
    Madara si soffermò sull’entrata qualche istante, compose un paio di sigilli e poi aprì finalmente la porta.
    Vi entrò, scostandosi appena di lato in modo tale che Orochimaru potesse affiancarlo, mentre un ghigno soddisfatto si palesò sul volto dell’Uchiha.
     

    - Come puoi vedere, se la cava egregiamente… -
     
    Si concesse una mezza risata, mentre il volto già pallido di Orochimaru si fece improvvisamente serioso, le iridi gialle che specchiavano una figura immobile davanti a sé: non sembrava nemmeno Tsunade, da tanto che era ridotta male, se non fosse stato per il seno prosperoso ed i capelli dorati forse non l’avrebbe nemmeno riconosciuta. Era appesa per i polsi al soffitto, gli abiti lacerati ovunque ad eccezione del seno e del bacino, profonde ferite le solcavano svariate parti del corpo ed il sangue colava sul pavimento ai suoi piedi.
    Era viva, percepiva chiaramente il suo chakra, ma mai l’aveva vista ridotta in uno stato simile.
     

    - Placarla è stata un’impresa, ma devo ammettere che sia stata quella più divertente! In genere dopo un paio d’ore dalla tortura si riprende e posso ricominciare… -
     
    Rise di gusto, percorrendo il profilo prosperoso della donna che aveva tra le mani.
    Orochimaru non parlò, non disse nulla, si limitò ad osservare in silenzio la sua ex compagna di team: provò ribrezzo, in quell’attimo.
    Provò un profondo ribrezzo nel vederla ridotta in quel modo.
    Un conato di vomito gli salì alla gola.
    Forse non era affetto, il suo, non erano veri e propri sentimenti… forse per lui era semplicemente uno spreco rovinare una forza della natura come Tsunade, o ancora forse un briciolo di legame che li aveva tanto legati era rimasto.
    Difficile dire perché in quel momento avesse avuto un istinto omicida verso Madara, difficile dire anche perché non reagì in alcun modo davanti a quella visione.
     

    - Se tu volessi ucciderla, non sarebbe certamente questo il modo. –
     
    Affermò con un accenno di sorriso ironico, socchiudendo appena le iridi gialle e riaprendole nel volgersi verso di lui.
     

    - Allora, facciamo questo scambio, Madara Uchiha? –
     
    Gli chiese volgendosi verso di lui.
    Madara lo squadrò di nuovo, accennò a muovere le labbra per pronunciare la sentenza, quando alcuni lamenti lo fermarono.
     

    - Non… osare… -
     
    E di nuovo l’attenzione di entrambi tornò sulla figura distrutta di Tsunade: il capo si alzò, le iridi ambrate lanciarono un’occhiata fulminante verso i due.
    Non verso entrambi, non verso uno a caso, ma verso Orochimaru.
    Un rivolo di sangue le uscì spontaneo dalle labbra carnose, ogni cellula del suo corpo reclamava pietà, ma non il suo orgoglio.
    Orochimaru non rispose, non disse nulla nemmeno in quest’occasione: il sadico gioco che Madara stava conducendo lo affascinava e schifava allo stesso tempo.
     

    - Che donna orgogliosa e determinata… saresti stata un’ottima Uchiha, sai?-
     
    La provocò apertamente ma Tsunade non sembrò nemmeno sentirlo, il suo sguardo quasi minaccioso puntato dritto verso Orochimaru, come se si stessero parlando senza aprire effettivamente bocca.
     

    - Non… farlo… Orochimaru… -
     
    Tossì di nuovo sangue ma non si arrese, ansimò ripetutamente, l’ampio petto s’alzò ed abbassò quasi spasmodicamente.
    Madara contenne le proprie risate nel rendersi conto di essere palesemente ignorato anche dalla sua vittima, l’orgoglio ne risentì tremendamente tanto che lanciò un kunai in direzione delle corde che la tenevano legata.
    Una volta lacerate, Tsunade non aveva certamente la forza per reggersi in piedi ma prima che potesse toccare terra due braccia la sostennero, impedendole ulteriori ferite.
    Era stato rapidissimo, persino Madara non si era accorto del suo movimento: Orochimaru teneva fra le braccia il corpo sanguinante della sua compagna, le iridi gialle fisse sull’Uchiha con quell’espressione seriosa e tanto ambigua che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque.
     

    - Allora, Uchiha, accetti? –

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    Capitolo 9
    *** Armi ***


    Note Autrice:
    Questo capitolo è una sorta di "sequel" di quello precedente, poichè vede gli Uchiha protagonisti.
    E' più breve degli altri semplicemente perchè mi serve come "collegamento" a quello successivo, che sarà più complesso.
    Ho inserito un "colpo di scena" che spero faccia piacere...
    Recensite in tanti =D

     

    Armi


    Lui, differentemente dagli altri, non si trovava in un luogo né lugubre né particolarmente luminoso.
    Era nella biblioteca del palazzo dell’Hokage, stretto in una specie di gabbia fatta di fasciature che gli impedivano qualsiasi movimento, bloccandogli ogni arto sino al volto, escluso.
    Poteva parlare e vedere, ma era impotente dinnanzi a qualsiasi cosa e per lui non poteva che essere logorante.
    Le iridi chiarissime si guardavano intorno alla ricerca disperata di qualcosa che potesse aiutarlo a reagire, se non propriamente a fuggire, ma quei volumi di sapienza non potevano essergli utili in alcun modo.
    Stringeva i denti di tanto in tanto, nonostante sul suo volto perennemente impassibile non comparisse alcun tipo di emozione.
    Continuava a ripetersi che era stato fortunato, alla fine, rispetto agli altri kage. Che probabilmente, essendo il più giovane, Kabutomaru non aveva voluto esagerare con gli esperimenti per evitare il rischio di una sua morte precoce, che non avrebbe dato alcun frutto per i suoi scopi.
    Era entrato solo qualche ora prima, iniettandogli una serie di sostanze che avevano un solo e preciso scopo: distruggere tutti coloro che possedevano la capacità di modellare la sabbia, poiché essa era parte integrante del loro chakra.
    E considerando che quella linfa energetica e vitale scorresse in tutto il corpo, ogni singola vena, ogni singola cellula o cromosoma veniva colpito, distrutto lentamente e dolorosamente, sino a diventare inutilizzabile.
    E così quella lenta agonia aveva avuto inizio: una nuova arma di sterminio per il Paese della Sabbia, considerato il più pericoloso dopo la Foglia.
    Le altre tre terre erano ritenute governabili, manipolabili per svariati motivi, ma quelle due avevano avuto due esempi troppo eclatanti per essere sottomessi facilmente.
    Una Forza Portante che aveva sempre dato tutto per il suo paese, superando l’odio di tutti, ed un bambino aggredito dal padre che aveva saputo mettere da parte il rancore per il proprio paese: Naruto Uzumaki e Gaara Sabaku No.
    I loro nemici erano stati astuti e per questo Kabutomaru aveva deciso di sperimentare quella nuova arma letale contro il Kazekage: se avesse distrutto lui, il ninja di Suna più forte, tutti gli altri non avrebbero avuto scampo.
    Per quanto riguardava Konoha, Tsunade era il miglior ninja medico al mondo perciò non vi erano possibilità di prenderla come un parametro di valutazione.
    Si sentiva rodere dall’interno, senza poter fare nulla per arrestare un simile declino.
    Kabuto aveva parlato di una settimana, come tempo impiegato per distruggerlo completamente, renderlo un involucro vuoto, ma dal dolore che stava patendo probabilmente ne avrebbe impiegati molti meno, di giorni.
    Fu in quell’attimo che avvertì qualcosa di insolito, di estraneo a quella stanza: una presenza alle sue spalle, immobile da quello che riusciva a percepire, i nervi che si tesero dolorosamente nonostante fosse consapevole di essere stato reso innocuo.
     

    - Non ti agitare, Kazekage.-
     
    La voce era fredda, da gelare il sangue nelle vene.
    Gaara non la sentiva da molto, molto tempo… e ad essere sincero non gli era mancata per niente.
     

    - Sasuke… -
     
    Biascicò a denti stretti, l’espressione che cercava di mantenersi il più impassibile possibile, per quanto il corpo ed il dolore gli concedessero.
    Lo sentiva chiaramente alle proprie spalle, il chakra gelido e nitido, e ciò gli imponeva una maggior diffidenza, oltre ad un esagerato autocontrollo: era lì, avrebbe potuto ammazzarlo senza che potesse difendersi.
    Eppure non accennava ad attaccare, né a muoversi.
     

    - Sono qui per proporti un accordo.-
     
    Secco e deciso al punto, senza tanti mezzi termini.
    Gaara aggrottò appena la fronte, cercando di sforzare al massimo i suoi sensi: conosceva le enormi potenzialità degli Uchiha, non aveva intenzione di sottovalutarlo, per quello che poteva.
     

    - A quale pro? Mi sembra che voi non abbiate necessità di stringere alleanze…-
    - Dipende a chi ti riferisci. –
     
    Rispose Sasuke con la medesima indifferenza di poco prima, come se l’argomento quasi non gli interessasse.
    Gaara tacque dinnanzi a tale risposta ed attese che l’Uchiha proseguisse nella spiegazione, non comprendendo dove volesse arrivare.
     

    - Non sono in accordi con Madara Uchiha, se è questo che intendi. Verso di lui ho solo il rancore della morte della mia stirpe e, come voi, tutte le intenzioni di annientarlo. –
     
    Quelle parole furono più fredde di prima, taglienti quanto una lama affilata.
    Il Kazekage non riuscì completamente a comprendere la situazione, anche se l’odio che Sasuke sembrava provare per il suo capostipite pareva sincero, sentito, ben radicato in quel cuore di pietra che ormai non sembrava poter essere scalfito.
    Eppure, al contempo, quella situazione gli pareva assurda.
     

    - Non sono uno sciocco, Sasuke. Se anche tu volessi schierarti con noi, ciò che hai fatto e sei stato mi impedirebbe di crederti. Ed un patto richiede fiducia. –
     
    Sapeva di giocare col fuoco, ma al contempo sapeva anche di avere delle enormi responsabilità: il proprio paese prima di tutto, la sua famiglia, i suoi amici…
    Non poteva pensare di accettare di trattare con un assassino squilibrato come l’Uchiha che si ritrovava davanti.
    Era rimasto immobile per tutta la durata della guerra, si era vociferato di un suo incontro col fratello resuscitato da Kabutomaru ma non si avevano mai avuto precise notizie sulla sua posizione, sulle sue idee che parevano sempre più lunatiche.
    Calò il silenzio per qualche attimo.
     

    - Non credo che tu sia nelle condizioni di poter parlare di fiducia, Kazekage. –
     
    Fu la sua immediata risposta, le iridi scure che fissavano intensamente la figura imprigionata del rosso.
    Se lo ricordava, ai tempi degli esami chunin. Ed ora non lo riconosceva, se non per la fama e la posizione che aveva ottenuto.
    E tutto questo opponendosi all’odio.
     

    - Ma su una cosa hai ragione: non sono qui per schierarmi con voi. I vostri litigi non mi interessano, così come questa guerra. –
     
    Quelle parole non sembravano nemmeno appartenergli, Gaara socchiuse appena le iridi, mostrando una lievissima smorfia.
     

    - Parli come Orochimaru… -
     
    Non disse nulla, inarcò semplicemente un sopracciglio.
    Se Gaara lo avesse visto in volto, si sarebbe accorto di un improvviso cambio di espressione dell’Uchiha, che avrebbe palesato un’informazione di cui non voleva renderlo partecipe.
    Ma tutto questo il Kazekage non poteva saperlo, dandogli involontariamente le spalle.
    Sasuke attese ancora qualche istante, il tempo che il suo tono tornasse ad essere identico rispetto a prima.
     

    - La mia proposta è molto semplice. Io ti libero e ti porto dai tuoi alleati, aiutandovi nella rivalsa. In cambio, una volta che questa guerra sarà finita io ed un mio alleato saremo liberi cittadini. Nessuna terra ninja ci considererà più nunkenin, ogni nota sporca verrà eliminata dal registro. Saremo liberi di agire senza essere braccati. –
     
    Parole precise e dirette, che mettevano in chiaro la situazione.
    Scendere a compromessi con colui che era da sempre considerato un nemico.
    Non rispose, la sua mente si chiuse in una riflessione profonda:  dare una possibilità alle sue terre di vincere significava poi lasciare campo libero a due presunti criminali, anche se l’identità del secondo ancora non era stata rivelata.
     

    - Ho una domanda. –
     
    Esordì prima di rispondere, catturando di nuovo l’attenzione dell’Uchiha.
     

    - Perché sei venuto da me? –
    - Il motivo è semplice. Il Raikage non mi ascolterebbe, lo Tsuchikage probabilmente è già morto, la Mizukage è troppo debole e l’Hokage non è più in mano a Madara. Quindi nessuno dei quattro mi sarebbe stato utile, né a me né alla resistenza. -
     
    Soppresse le ulteriori domande che avrebbe voluto fargli, era consapevole che il tempo fosse limitato e che avesse ben altro a cui pensare: per quanto tenesse agli altri kage, erano in secondo piano rispetto ad una scelta che avrebbe condizionato la sorte delle sue terre.
    Socchiuse gli occhi, il cuore avvampò, l’anima e l’orgoglio gli implorarono di fermarsi…
    Ma ormai lui aveva già scelto, o meglio, l’amore aveva preso la sua decisione, come ogni volta si sarebbe affidato soltanto ad esso.
     

    - Accetto. –
     
    Non un’espressione diversa dall’indifferenza comparve sul volto dell’Uchiha.
    Questione di una frazione di secondo, le bende che lo avvolgevano, immobilizzandolo, andarono in mille pezzi dopo un rapidissimo frusciare.
    Davanti a lui, ora, Sasuke riponeva la spada nel fodero sul fianco, lo sguardo deciso e freddo puntato su di lui.
    E le iridi chiare del Kazekage rifletterono soltanto una figura vuota, priva d’anima e di sentimenti. Solo di rancori sempre più laceranti.
     

    - Cosa mi garantisce che non ci tradirai, ancora? –
     
    Calcò quell’ultima parola, facendola volontariamente pesare più delle altre.
    Voleva che quel ricordo si imprimesse ulteriormente nella mente dell’Uchiha, fargli intuire quanto quella ferita non si fosse minimamente rimarginata.
    E Gaara non lo diceva per sé, in quel momento si sentiva portavoce di qualcuno che per quell’Uchiha avrebbe dato anche l’anima.
    Sasuke non sembrò cogliere quell’allusione palese, eppure dentro di lui qualcosa si mosse: ciò che era stato, nel bene e nel male, non poteva essergli indifferente.
     

    - Se ti avessi voluto morto, ti avrei lasciato qui. La mia volontà di aiutarvi sta soltanto nella sicurezza che tu, dandomi la tua parola, manterrai il nostro patto a guerra finita. Non ho nessun vantaggio a vedere Tobi e Madara governare indisturbati, darebbero molti più problemi di voi. –
     
    Cercò di non lasciarsi condizionare, di non stupirsi più nel sentire quelle parole tanto vuote e lontane, distanti anni luce dal ragazzo che aveva fatto parte di un team della Foglia, molti anni prima.
    Una smorfia amara comparve sul volto del Kazekage, mentre scuoteva appena il capo e la sabbia cominciava a circondarlo, per aiutarlo a restare in piedi.
     

    - Per te, allora, è davvero tutto finito… Sasuke? –
     
    Alzò lo sguardo, gli gettò addosso tutte le sue responsabilità, tutte le sue consapevolezze in quello sguardo.
    Il riferimento non era nemmeno da esplicitare, entrambi sapevano bene a chi si riferisse.
    Sasuke non disse nulla, non reagì, ma quell’ondata lo aveva investito in pieno.

     
    ****
     
     
    Sbatté un pugno sul tavolo, le provette che vi erano sopra caddero rompendosi in vari pezzettini, sporcando il pavimento già sudicio con svariate tonalità di colori.
     

    - Maledizione! –
     
    Le iridi gialle vennero puntate con fare accusatorio in direzione del capoclan Uchiha, un misto di irritazione ed aggressività mentre reggeva l’indifferenza dell’altro.
     

    - Come ti è saltato in mente di fare una cosa del genere?! Consegnare Tsunade, l’ultima erede Senju, proprio a lui… E’ un’imprudenza che ci costerà cara. –
     
    Era arrabbiato, particolarmente infuriato.
    Ma questa sua reazione di fronte a ciò che Madara gli aveva appena raccontato non lo sfiorava minimamente, anzi se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, come se nulla fosse.
     

    - Perché ti scaldi tanto? Hai forse paura? –
     
    Gli domandò provocatorio, lo sguardo che si fece più tagliente mentre la tensione saliva alle stelle, eppure entrambi sapevano di doversi dare una controllata.
    Fin quando sarebbe stato necessario, avrebbero dovuto collaborare.
     

    - Sono io che comando le forze portanti. Io che ho l’Akatsuki dalla mia parte. Non vedo perché dovrei avere paura di un’unica persona. –
     
    Ricambiò con il solito tono saccente e carico di ironia: Madara era libero dall’edo tensei, libero di poter tornare a rivivere, libero dalle costrizioni a cui Kabutomaru lo aveva costretto fino a quel momento…
    Eppure, al contempo, sapeva di avere non poche carte favorevole dalla sua parte, e la sua sapienze, le sue tecniche proibite, erano la certezza che l’Uchiha non avrebbe mai potuto attaccarlo.
    E Madara tutto questo lo sapeva molto bene… eppure non sembrava minimamente intimidito dall’idea di poter essere messo da parte: era pur sempre l’Uchiha più forte mai esistito, un incubo al solo essere nominato.
     

    - Eppure sembra che tu tema profondamente Orochimaru. –
     
    Schietto e deciso, l’intelligenza e l’intuitività dell’Uchiha erano qualcosa che sorprendeva fin troppo spesso Kabutomaru, ed era forse uno dei motivi per cui lo riteneva un pericoloso nemico quanto un prezioso alleato.
    Non negò l’evidenza, la sua espressione tornò leggermente seriosa, mentre gli voltava le spalle per sistemare alcune provette cadute, ma ancora intatte, sul bancone.
     

    - Conosco bene il mio maestro, e proprio per questo so che non è possibile prevedere le sue mosse. –
     
    Disse semplicemente e quella era un’amara verità: chi meglio di lui poteva conoscere una mente contorta e malata come quella di Orochimaru, se non colui che lo aveva servito e riverito per moltissimi anni?
    Eppure persino lui non aveva previsto questo suo misterioso ritorno in scena, non se lo sarebbe mai aspettato e reprimere un simile stupore non era stato affatto semplice.
    E poi sì, non sapeva spiegarsi perché il suo maestro non fosse tornato da lui, non si fosse presentato né gli avesse mostrato un minimo segno: lo aveva servito, aveva continuato le sue volontà, aveva appreso e migliorato ogni sua tecnica…
    Per quale motivo sembrava nascondersi da lui?
    Tutto ciò lo mandava in bestia e lo disorientava al tempo stesso, ma naturalmente tutto questo non poté palesarlo in presenza dell’Uchiha.
     

    - Dobbiamo solo sperare che questo tuo azzardo non ci costi troppo. –
     
    Madara sbuffò sonoramente, assottigliando appena lo sguardo delineando più nettamente la figura goffa e tutt’altro che agile di Kabutomaru, i serpenti bianchi che continuavano a soffiare, impedendo a chiunque di avvicinarsi troppo.
    Quel tizio lo irritava profondamente, ma anche se aveva ottenuto l’indipendenza da lui al momento doveva restargli alleato.
    Restarono in silenzio per qualche attimo, sin quando le iridi scure dell’Uchiha non si posarono quasi casualmente su una cassa abbandonata in un angolo di quella stanza.
    Era di un marrone marcio, un legno vecchio e stantio eppure il chakra che vi si percepiva era vivo, quasi rinato… Ed immediatamente gli ricordò il momento in cui era stato evocato, era sceso in battaglia senza domandarsi subito cosa stesse accadendo.
     

    - Quello cosa sarebbe? –
     
    Domandò leggermente diffidente, ma al contempo tranquillo nella propria posizione.
    Kabutomaru non interruppe le sue mansioni, eppure un sorriso beffardo e soddisfatto gli comparve sul volto.
     

    - Il nostro asso nella manica contro Uzumaki Naruto, caro collega. Ci sarà utile nel momento più opportuno.
     
    Affermò con un tono decisamente diverso da quello di poco prima, come se la rabbia e la paura fossero scemate via al pensiero di quella carta vincente.
    Madara inarcò un sopracciglio, perplesso e ben poco convinto: per lui Naruto non era ancora un problema, era diventato forte collaborando col Kyubi ma non per questo lo avrebbe intimorito.
    Senza domandare oltre si avvicinò a quella cassa, appoggiò la mano sul bordo e con un gesto sgarbato l’aprì.
    La figura ancora immobile che vi si trovava all’interno era massiccia, le iridi ancora chiuse, i lunghi capelli bianchi che scendevano sciolti sulle spalle.
     

    - E lui sarebbe? –
     
    Domandò senza comprendere appieno la situazione.
    Era morto molto prima dell’arrivo di quel ninja, della sua fama e delle sue gesta, soprattutto della sua morte.
    Eppure, il chakra che lentamente ricominciava a fluirgli nelle vene non era indifferente, ed il volto così come il corpo particolarmente segnati dalle battaglie e dall’esperienza gli conferivano l’aspetto di uno shinobi esperto, di un rango certamente elevato.
     

    - Allievo del Terzo Hokage. Detentore del titolo di Sennin leggendario con Orochimaru e Tsunade. Maestro del Quarto Hokage e di Naruto Uzumaki. –
     
    Madara inarcò un sopracciglio, non colpito, ma certamente incuriosito.
     

    - L’Eremita dei rospi: Jiraiya. -

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    Capitolo 10
    *** Grido ***


    Note Autrice:
    Buona sera a tutti!
    Questo capitolo sarà più lungo dei precedenti, proprio perchè ho voluto ricavare un piccolo "spazio" per la maggior parte dei personaggi di questa storia. Più che fatti, in queste righe leggerete un approfondimento
    dei rapporti fra i personaggi che vi invito a non prendere alla leggera: ogni parola avrà un suo risvolto.



    Grido

    Sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto di essere ancora viva.
    Il respiro era sì affannato, ancora irregolare, ma molte delle lesioni interne che era sicura di aver riportato non sembravano più dolerle tanto.
    La vista era ancora annebbiata, abbassò lo sguardo d’istinto per controllare le proprie ferite ma nulla di quel colore rossastro sembrava intaccarla, se non fosse che il corpo era bendato nella maggior parte dei punti.
    Qualcuno le aveva prestato soccorso, e sicuramente non qualcuno che lei considerava alleato, data la precisione con cui qualche rimedio le era stato applicato sulla pelle, basato su chissà quali studi medici, del tutto diversi da ciò che veniva insegnato alle accademie.
     

    - Ben svegliata, Tsunade.-
     
     Quella voce ironica e tagliente la riconobbe immediatamente, la costrinse a strizzare gli occhi per mettere a fuoco chi avesse davanti.
     

    - Orochimaru…-

    Bisbigliò a denti stretti ed accennò a muoversi, accorgendosi di non essere legata.
    Riuscì a mettersi seduta, stringendo appena i denti e rendendosi conto di essere stata distesa su di un lettino bianco e sufficientemente morbido.
    Mentre intorno a lei vi erano soltanto pareti umidicce e scure, tetre: tipico di Orochimaru, rintanarsi in una qualche grotta scavata chissà dove.
     

    - Quanto ho dormito?-
     
    Domandò portandosi una mano alla fronte. Forse era ingenuo, per non dire imprudente da parte sua sentirsi quasi a proprio agio in una tale condizione.
    Lei, dopotutto, ricordava perfettamente come si erano lasciati, prima dell’inizio della guerra, ma non si stupì del fatto che lui fosse riapparso, quasi l’aveva dato per scontato.
     

    - Un paio di giorni. Quell’Uchiha ti aveva ridotta davvero male, non pensavo sarebbero state necessarie le tue stesse tecniche per curarti.-
     
     Le disse con un accenno di sfida nel tono di voce, che Tsunade colse immediatamente senza però reagire: aveva evidentemente frugato per bene nei suoi archivi personali, o forse qualcun altro lo aveva fatto per lui.
    Evitò di arrabbiarsi, avrebbe comportato un dispendio inutile di energie, e lei per il momento aveva solo bisogno di recuperarne. Le bende le fasciavano completamente il corpo, dal seno sino alle ginocchia, non v’era più traccia dei suoi abiti stracciati ma non ci fece troppo caso: chissà quante altre volte Orochimaru l’aveva spiata in circostanze simili.
     

    - Se sono qui, significa che Madara ha accettato il tuo accordo.-
     
    Alzò lentamente il capo, volgendogli un’occhiata fulminante, quasi minacciosa, mentre le iridi ambrate erano ridotte ad una fessura tutt’altro che benevola.
     

    - Come hai potuto regalargli così un’opportunità tanto grande?!-
     
     Alzò il tono di voce, divenne imperioso, autoritario, con quella grinta tipica di chi mette cuore e anima in tutto ciò che fa.
    Il Signore dei Serpenti sorrise appena, rimanendo immobile nella propria posizione, lo sguardo che osservava la reazione di quella donna che conosceva meglio di chiunque altro.
     

    - Sempre a mettere tutti gli altri prima di te stessa, vero Tsunade?-
     
    Le domandò metaforicamente, senza concederle il tempo di una possibile risposta, se ci fosse stata.
     

    - L’opportunità che gli ho offerto è tanto di vittoria quanto di sconfitta, dipende come la utilizzerà.-
     
     Sempre troppo vago per dare una spiegazione significativa, per far capire al mondo cosa gli passasse per la testa.
    Ma era sempre stato così, dopotutto: indecifrabile e diabolicamente intelligente.
    Orochimaru non aveva mai avuto interesse a veder vincere uno schieramento piuttosto che un altro, ma in cuor suo Tsunade aveva la sensazione che non stesse con gli attuali tiranni.
    Li avrebbe umiliati, loro della resistenza, li avrebbe sfruttati e ricattati, ovviamente, ed era consapevole che quella sensazione l’avesse portata a sbagliarsi sul conto del compagno un discreto numero di volte: eppure lei continuava a sperarci, nonostante la freddezza e la razionalità fossero radicate in lei molto più dei sentimenti.
    Lui aveva già calcolato tutto, poco ma sicuro.
     

    - Cosa vuoi da me?-
     
    Gli domandò poi schiettamente, sul precedente argomento sarebbe tornata in seguito.


    - Voglio che lavori per me e con me.-
     
    Le disse in tutta tranquillità, come se la sua fosse una richiesta scontata.
    Le immagini di pochi anni prima tornarono ad invaderle la mente come un flusso incontaminato e feroce: lui che rideva sul corpo morto di Dan, lui che uccideva il loro maestro, lui che se ne andava brutalmente, lui che la ricattava, lui che voleva catturare Naruto…
    Un moto di rabbia la pervase, strinse i pugni e si alzò in piedi di scatto, quasi volesse attaccarlo.
     

    - Come osi chiedermi una cosa del…-
     
    Ma le gambe ed il corpo cedettero, le parole le morirono in bocca dopo quel grido di rabbia e si sentì cadere, inevitabilmente.
    Due forti braccia la sostennero, una la reggeva per la vita, l’altra per un braccio.
    Si sentì improvvisamente debole, debole come non lo era mai stata: fisicamente, certo, ma soprattutto perché era consapevole che Orochimaru conoscesse ogni suo singolo e maledetto punto debole.
    E l’avrebbe utilizzato contro di lei in ogni modo, per cercare di averla dalla propria parte.
     

    - Sei l’unica, Tsunade. L’unica di cui ho bisogno.-
     
    Per un attimo le iridi ambrate si illuminarono, per un attimo le speranze vennero esaudite.
    Ma mentre lui la riportava al lettino, sul suo volto delicato si dipingeva un amaro sorriso ironico.
     

    - Non dire stronzate. Tu non hai mai avuto bisogno di nessuno, o non te ne saresti andato.-
     
     Gli sputò quella sentenza come se nulla fosse, quasi a volersi indirettamente sfogare.
    Lui si fece appena più serio, allontanandosi di un passo non appena Tsunade ebbe riacquistato l’equilibrio, seduta sul materasso.
     

    - Non ho interesse a vedere quel folle governare, anzi sarebbe un bel problema per i miei studi. E tu sei l’unica di cui io possa fidarmi.-
     
    Lo sapeva, che Orochimaru era sincero. Non era solo una sensazione ma una certezza: lui non mentiva mai, a costo di distruggere l’animo di chi aveva dinnanzi, come aveva fatto col maestro Sarutobi, con Jiraya, con lei, con tutti indistintamente.
    Era sadico, cinico, ricattatore e criminale, ma mai aveva mentito.
    Inarcò un sopracciglio, l’espressione seria su quel volto segnato dal dolore: avrebbe sempre retto quello sguardo gelido ed ironico, sempre.
     

    - E se non fossi io a fidarmi?-
     
    Se lo aspettava, da una come Tsunade. Dopotutto nessuno meglio di lui poteva dire davvero di conoscerla, nessuno meglio di lui era consapevole che lei non si sarebbe arresa, che quella sincera, profonda e forte volontà d’animo non l’avrebbero mai abbandonata.
    E gli serviva anche per questo.
     

    - Se non torneremo dalla resistenza, avranno poche possibilità di sopravvivere. Se non ti alleerai con me, non vincerete.-
     
    Fu schietto nel parlare, serio nel tono di voce, ma ancora non riuscì a convincerla, non totalmente: e non era orgoglio, il suo, ma un cuore lacerato, ferito e deluso, ben peggiore di un semplice rimorso.
     

    - Parli della resistenza in terza persona, come se tu non facessi parte di loro, di noi…-  
     
    Si zittì un attimo, ma riprese subito, senza lasciarlo parlare.
     

    - Chi sei, ora, Orochimaru?-
     
    Uno sguardo deciso, iridi gialle che riflettevano la figura di una donna tremendamente bella quanto forte, determinata, coraggiosa.
    Non sapeva dire se l’ammirasse o se la compatisse, certo era che anche lui aveva preso la propria decisione…
    E avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarla dalla propria parte.
     
     
    *****
     
    Il ritorno di Naruto e del gruppo aveva provocato un applauso generale ed una nuova speranza per la resistenza, tanto che in quel nascondiglio non v’era stata l’ombra di un’espressione triste per tutta la giornata.
    Lacrime, lacrime e ancora lacrime: di gioia, ovviamente, per tutte le fatiche e le sofferenze che avevano sopportato e che sembrava avessero avuto finalmente fine.
    O almeno, questo era ciò che speravano, nonostante le menti più razionali avessero avuto tutt’altra interpretazione.
    Senza troppe cerimonie né illusioni, i vertici di quel covo si erano riuniti nella parte più interna della grotta, in una nicchia adibita a “comando generale”, dove una grande pietra era stata lisciata e posta al centro come fosse un grande tavolo.
    Lì sopra era stata disegnata una cartina con svariati dettagli, nessuna sedia l’accerchiava poiché non c’era stato tempo per procurarsi qualcosa di tanto futile.
    E la puzza di umido era fin troppo irritante.
     

    - Ti ascoltiamo, Itachi Uchiha. Penso tu abbia parecchie cose da spiegarci. –
     
    Lo sguardo attento di Shikaku era puntato sul traditore della Foglia, considerato il nunkenin per eccellenza prima delle rivelazioni dei piani di Danzo e della Radice.
    Sapeva che non era un nemico, dopotutto aveva aiutato il gruppo di Darui e Sakura a ritornare sani e salvi liberando anche Naruto e Killer Bee, ma nonostante questo non poteva dire di fidarsi, non totalmente almeno.
    Una persona morta, uccisa dal proprio fratello, con un passato alle spalle di assassino e membro di Akatsuki non poteva certamente risultare ancora un “santo” nella sue mente.
    Itachi non si lasciò distrarre da quel tono freddo e distaccato, la diffidenza ancora palese: non gli dava torto, nemmeno lui avrebbe dato per scontata un’alleanza di quel tipo avendo la responsabilità di tante vite.
     

    - Sono stato resuscitato per combattere contro di voi assieme a molti altri, il mio corpo era controllato dall’Edo Tensei di Kabutomaru ma la mia mente e le mie parole mi appartenevano ancora. –
     
    Cominciò con tono garbato, mentre i pochi presenti erano ancora scettici.
     

    - Questo lo sapevamo già, Uchiha… -
     
    Il capoclan Yamanaka sembrava ancora ben poco convinto della cosa, difatti lo guardava con scetticismo e al contempo attenzione: quella guerra gli aveva sottratto troppe vite per permettersi anche il minimo errore.
     

    - Continuate pure. –
     
    A quel coro di diffidenza si opponeva una voce più mite, forse insicura, quale era quella della guardia del corpo della Mizukage.
    Chojuro era difatti più tranquillo nel giudicare il ragazzo che avevano dinnanzi, più scrupoloso, forse troppo speranzoso: vedeva in lui una possibilità di salvare la sua amata Kage e con ella l’intero paese, se l’Uchiha rappresentava una speranza non si sarebbe lasciato condizionare dalle dicerie, per quanto fossero veritiere.
     

    - Sono stato in grado, con un piccolo aiuto, di riprendere le facoltà che mi erano state tolte, liberandomi dell’Edo Tensei e del controllo che Kabutomaru esercitava su di me. Ora, lui non può né vedere né regolare le mie parole e le mie azioni e al contempo non posso essere ucciso. –
     
    Spiegò con una certa precisione.
    Certo, erano tutti consapevoli che  con appositi sigilli sarebbe stato messo fuori combattimento, ma al contempo un semplice colpo di spada o di kunai non lo avrebbe minimamente ferito.
     

    - E questo piccolo aiuto chi sarebbe stato? –
     
    A Darui non era sfuggito alcun dettaglio, rimaneva fisso e concentrato su Itachi.
    Scambiò con lui una rapida occhiata, alcuni minuti trascorsero prima che l’Uchiha decidesse di rivelare quel nome: avrebbe provato una fitta al cuore, se il suo avesse continuato a battere.
     

    - Mio fratello, Sasuke Uchiha. –
     
    Un nome che suscitò in ognuno di loro rabbia, frustrazione, risentimento.
    Un nome che per una frazione di secondo fece serrare i denti ai due fratelli del Kazekage, tanto che fu Shikamaru a stringere la mano di Temari per un istante.
    La kunoichi di Suna gli lanciò un’occhiata perplessa, stupita quanto risentita per una libertà che lei non gli aveva concesso, ma lo sguardo profondo del Nara bastò per quietarle momentaneamente l’animo.
    Perché lo sapeva, Shikamaru, che se Temari fosse rimasta calma anche Kankuro non avrebbe reagito, e a quanto pareva lei sembrava fidarsi soltanto di quel ninja delle ombre…
    Gliela lasciò immediatamente, non volendo distrarla ulteriormente dal contesto in cui si trovavano: e ringraziò il cielo che in quel momento né Naruto né Sakura fossero in quella stanza.
     

    - Che ne è stato di lui? –
     
    L’unico che poteva porre quella domanda finalmente lasciò spazio alla propria voce: volto coperto, sguardo impassibile, cuore che si era vertiginosamente stretto in una morsa.
    Se ne era rimasto appoggiato alla parete umidiccia senza dire nulla, senza intervenire, ma quel nome era uno dei pochi a non potergli essere indifferente.
    Lo aveva addestrato, lo aveva aiutato e sostenuto, lo aveva almeno in parte cresciuto… e poi lo aveva visto andare via, cadere nell’oscurità, senza avere la possibilità –e forse la forza- di tendergli realmente una mano.
    Itachi si volse verso Kakashi, il silenzio che invase quella stanza durò un minuto abbondante: non si stavano dicendo nulla, eppure i loro sguardi parlavano da sé.
     

    - E’ impegnato altrove, ma presto si farà vivo. Se riuscirà nel suo intento, presto avrete un nuovo alleato. Avremo un nuovo alleato. -
     
    Aveva specificato volutamente la pluralità. Volutamente si era ufficialmente inserito all’interno di quel gruppo, di quella resistenza.
    Aveva commesso omicidi, nel suo passato oscuro, aveva tramato contro molte terre e terrorizzato un discreto numero di shinobi…
    Eppure non aveva mai dimenticato le sue origini e ciò che per lui era sempre stato davvero importante, più della sua stessa vita o dell’orgoglio o dell’onore: il Villaggio della Foglia ed il fratello Sasuke.
    E questo, volente o nolente, era chiaro a tutti, la sua presenza in quel luogo lo dimostrava.
     

    - Conosciamo la tua storia, Itachi Uchiha, la tua volontà di difendere il Villaggio e di aiutare tuo fratello. Ma non possiamo essere certi che Kabutomaru non ti abbia fatto qualche condizionamento che poi ti porti ad aggredire noi piuttosto che loro… Madara Uchiha è pur sempre sangue del tuo sangue. –
     
    Shikaku non perdeva la sua fredda razionalità, non si lasciava condizionare da una storia commovente o da parole sincere.
    Itachi, dentro di sé, sorrise.
     

    - E’ più che legittimo. Avevo previsto che non vi avrei convinti immediatamente, perciò ho preparato un nuovo tipo di sigillo che dovrebbe riuscire a neutralizzare i resuscitati di questo Edo Tensei potenziato dallo stesso Kabutomaru. –
     
    Shikaku e Darui inarcarono un sopracciglio, gli altri parlottarono silenziosamente, con discrezione e la medesima diffidenza di poco prima.
    L’Uchiha estrasse dal proprio mantello un rotolo, che appoggiò su quella pietra ovale al centro della stanza, proprio davanti a Kakashi.
     

    - Controllate pure. –
     
    Disse riallontanandosi di un paio di passi.
    Shikaku lo osservò scettico per una frazione di secondo, per poi allungare la mano verso il rotolo e cominciare a srotolarlo.
     

    - Darui, Kankuro, Chojuro, venite qui. Kakashi, tu occupati del nostro ospite: la sua lealtà verrà testata sul campo. –
     

    Mentre  i vertici della resistenza decidevano sul da farsi, in un’ala più riservata di quel luogo erano radunate diverse kunoichi, mentre i feriti restavano seduti su alcune sedie o completamente sdraiati su barelle improvvisate.
    C’era un discreto silenzio in quel luogo, alcuni ninja medico che si davano da fare affinché nessuno rischiasse la vita: ogni vita, in ogni istante, poteva risultare essenziale, fatale per la loro sopravvivenza o la loro disfatta.
     

    - Ahia! Mi fai male! –
     
    Una voce ruppe quella calma, ed un sonoro schiaffo venne stampato sulla guancia del biondino in questione.
     

    - Sopporta in silenzio, Naruto! Non hai delle grosse ferite, ma poteva andarti peggio… Molto peggio. –
     
    Le iridi chiare della giovane Yamanaka scorrevano sul braccio del nove code con precisione e professionalità, soffermandosi su qualche ferita all’apparenza invisibile, ma che si nascondeva all’interno del corpo e che solo un’esperta di arti mediche poteva percepire e, conseguentemente, curare.
    Naruto sbuffò sonoramente, lasciando che Ino gli curasse le ferite maggiori, dopodiché la ragazza si rialzò in piedi, passandosi distrattamente una mano sulla fronte.
     

    - Bene, tu sei fuori pericolo. Ora vado a vedere come sta Killer Bee… Hinata, lo tieni d’occhio tu? –
     
    Chiese metaforicamente, strizzando l’occhio all’amica ed allontanandosi immediatamente, quasi a non volerle dare la possibilità di replicare.
    Dal canto suo, la timida Hyuga arrossì vistosamente, ma per sua fortuna Naruto era troppo impegnato a sbuffare per rendersi effettivamente conto della situazione.
     

    - Ehi, non sono mica più un bambino! –
     
    Si lamentò seguendo la figura di Ino con lo sguardo, mentre questa si dirigeva altrove.
    Sospirò appena, passandosi una mano fra i capelli biondi, prima di volgere le iridi azzurrissime verso la ragazza: era tanto che non la vedeva, Hinata, e dopo tutto quel tempo le era mancato quel volto tanto ingenuo e pieno di dolcezza.
     

    - Sai una cosa Hinata? –
    - C-Cosa, Naruto-kun?-
    - Mi sei mancata! –
     
    Le disse con un sorrisone sincero e solare, senza rendersi conto che quelle parole sarebbero state ampliate ed enfatizzate nella mente della ragazza: per lui, Hinata era un’amica importante, del tutto diversa dalle altre, anche se ancora non aveva mai riflettuto su tutto questo.
    Il suo cuore accelerò vertiginosamente i battiti, si portò una mano al petto, stringendolo istintivamente, mentre le labbra le restavano dischiuse.
     

    - A-Anche tu, Naruto-kun… -
     
    Disse semplicemente, con un fil di voce, tanto che il ragazzo allargò ulteriormente quel sorriso solare che lo caratterizzava… e che nessuno gli avrebbe mai strappato dal volto.
     

    - Lo so! Sakura mi ha detto che chiedevi sempre di me! –
     
    Il suo tono era tranquillo e cordiale, come se si trattasse di una normalissima conversazione. Al contrario, la dolce Hyuga perse tre battiti di fila, avvampò, il rossore sul volto aumentò mentre la vista cominciò ad annebbiarsi lentamente.
     

    - T-Tu… l-lo sai…? –
     
    Lo sguardo cominciava già ad essere perduto nel vuoto: avrebbe perso i sensi da lì a poco e sarebbe cascata a terra come una pera cotta, un’altra volta.
    Ma d’improvviso Naruto si fece preoccupato nel vedere quella reazione, tanto che scattò in piedi mandando all’aria tutto il bendaggio e sorreggendola con ambedue le braccia.
    I loro volti erano vicini, troppo vicini perché il cuore della ragazza potesse sopportarlo, mentre su quel viso perennemente solare vedeva un’espressione leggermente preoccupata, perplessa.
     

    - Ehi, Hinata, non ti senti bene? –
     
    Le domandò. Seguì una serie di ragionamenti illogici nella sua mente, tanto ad arrivare ad una conclusione non propriamente azzeccata mentre la povera Hinata era in balia del peggior baka in circolazione: lei quanto il suo cuore, naturalmente.
     

    - Guarda che non devi più avere paura! Adesso ci sono qui io e ti proteggerò sempre, non vi lascerò più! –
     
    E di nuovo sorrise, ma non con quel fare infantile di sempre, non con quell’espressione da indomabile sognatore: no, era un’espressione forte, decisa, più matura rispetto a come l’aveva visto tante altre volte.
    Avrebbe voluto svenire, in fondo fra le braccia di Naruto non sarebbe stato male, ma quella nuova espressione, quella maturità che ora sembrava caratterizzarlo, la spinsero a contenersi.
    Si lasciò stringere fra le sue braccia, appoggiando delicatamente la testa contro il suo petto.
     

    - Ti ringrazio, Naruto-kun. –
     

    A qualche metro da loro, in una nicchia scavata più in profondità nella roccia, le iridi verde acqua di Sakura passavano incessantemente sul corpo privo di sensi di una delle kunoichi a cui teneva di più in assoluto.
    Lì stesa, inerme, incapace di reagire, forse di sopravvivere…
    Strinse i denti e diede un violento pugno ad una roccia vicina, disintegrandola con quanta brutalità avesse in corpo: rabbia, rabbia e ancora rabbia, oltre ad un opprimente senso di impotenza.
    A quella reazione seguì l’arrivo immediato di Karui ed Ino, le quali non poterono che soffermarsi sull’entrata: Sakura ansimava, ansimava per la rabbia, non certamente per lo sforzo.
     

    - Non posso fare nulla. –
     
    Disse a denti stretti: cos’avrebbe detto la sua maestra vedendola in quel modo?
    Cos’avrebbe pensato di tutto il tempo impiegato per addestrarla, se non era capace di curare una cara amica?
    Si dava della stupida, dell’inutile, senza avere pace.
     

    - Hai già fatto molto, Sakura. Kurenai e Killer Bee se la caveranno egregiamente solo per merito tuo. –
     
    Ino non era una persona che dispendeva elogi, non ringraziava né si complimentava gratuitamente, talvolta non lo faceva nemmeno dinnanzi all’evidenza.
    Ma ora, vedendo un’amica che si era impegnata al massimo per rendersi utile, per poter aiutare le persone che amava, ridotta in quello stato le aveva fatto fare un’eccezione alla regola.
    Le aveva fatto male, maledettamente male, anche se questo non lo avrebbe ammesso.
     

    - Ma Shizune no! Per cosa sono stata addestrata, se non sono in grado di guarirla?!-
     
    Karui ed Ino si lanciarono una semplice occhiata, senza dire né fare nulla.
    Quella era una battaglia che la ragazza avrebbe dovuto combattere da sola, contro se stessa.
     

    - Le resta un giorno, forse due… -
     
    Emise la sentenza con un filo di voce, si inginocchiò ai piedi di quella barella, appoggiando la fronte contro il corpo della fidata dell’Hokage.
    E calde lacrime le rigarono il volto.
     

    Un suono di passi fin troppo cauti echeggiò nel grande atrio del loro rifugio, le pareti umidicce della grotta enfatizzavano quel suono rendendolo udibile a chiunque fosse nei paraggi.
    Un ciuffo viola ondeggiava all’avanzare della donna, sin quando ella non si fermò al centro di quel luogo, dove molti erano accorsi quasi tempestivamente.
    Sguardi di stupore ed anche di paura si palesarono sui volti dei presenti alla vista di chi le fosse accanto: Sasuke Uchiha ed il Kazekage.
    Il secondo decisamente mal ridotto e sostenuto dal primo, il quale non sembrava palesare alcuna emozione ma fissava tutti indistintamente.
    Choza Akimichi, a guardia dell’entrata, avvertì immediatamente Shikaku ed altri di quell’arrivo, tanto che ben presto chiunque fosse della resistenza si stava dirigendo lì.
     

    - Questo cosa significa? –
     
    Shikaku non aveva perduto la razionalità, non si stava facendo condizionare dal fatto che assieme ad Anko ci fossero un nunkenin ed un Kage: quella situazione gli pareva assurda, per non dire ironica, ed il rischio di un possibile inganno era più che palese.
     

    - Ti darò tutte le spiegazioni necessarie, Shikaku. Ma prima c’è qualcosa di cui tutti dobbiamo prendere atto, purtroppo… -
     
    Il volto della donna, perennemente combattivo e diffidente, si era fatto improvvisamente cupo, quasi addolorato, i denti stretti in una morsa mal celata.
    Si volse alle proprie spalle, le iridi viola che incrociarono per un attimo quelle chiare del Kazekage: incapaci di mentire, incapaci di celare un dolore che li stava profondamente corrodendo dall’interno.
    Perché quella guerra, nonostante il sangue versato, nonostante le troppe vittime, continuava a mietere disperazione.
    Con le forze che gli rimanevano, Gaara alzò appena un braccio, dirigendo una nuvoletta di sabbia sino al centro dell’atrio, affinché tutti potessero vedere.
    Lacrime immediate, stupore, terrore, preoccupazione incapace di essere celata.
     
    - Nonnooooooooooooo! –
     
    E la disperazione più viva della kunoichi dai capelli corti e neri, la quale si gettò a capofitto sul corpo dello Tsuchikage trasportato dalla sabbia.
    Morto.

     

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    Capitolo 11
    *** La Forza del Destino ***


    Note Autrice:
    Buonasera!
    Mi scuso per i tre giorni di ritardo, ho traslocato e quindi avuto un pò di cose da fare!
    Ma spero che il capitolo non vi lascerà delusi ;)
    Dunque, faccio una piccola premessa che mi sembra lecita: questo capitolo è, in un certo senso, incentrato sulla figura di Sakura. Metto in chiaro che io la detesto in ogni modo possibile, ma proprio per questo ho voluto scrivere di lei, cercare di darle una sorta di rivalsa senza affibbiarle degli strapoteri che non le apparterrebbero.
    L'ho resa più matura, credo, nonostante una bella batosta se la prenda (chi legge gli spoiler, alla fine del capitolo capirà perchè e credo che molti concorderanno xD).
    In questo tratterò dei "buoni" (non lasciatevi ingannare dalle apparenze...) mentre il prossimo sarà sui dittatori.
    Buona lettura!
    PS. il titolo del capitolo è un'opera di Verdi, che io amo, e che credo rievochi molto le dinamiche della storia ;)



     
    La forza del destino

    Una teca di vetro, creata dai migliori maestri degli elementi della terra, era posta su di una roccia, in una nicchia scavata nelle profondità di quel covo che andava via via allargandosi, per esigenze tecniche.
    Una teca che conteneva un corpo privo di vita, il pallore che rispecchiava la totale assenza di sangue circolante, nonostante l’ossigeno fosse stato allontanato dal corpo appositamente perché non lo distruggesse, non completamente almeno.
    Lo avevano trovato durante la fuga, o il salvataggio in base a come lo si interpreta: Sasuke avrebbe voluto proseguire, indifferente dinnanzi ad un simile lutto, mentre il Kazekage si era opposto fermamente.
    Gli aveva insegnato tanto, quel vecchietto scorbutico, e lui mai gli avrebbe mancato di rispetto soltanto per un paio di ferite.
    Il singhiozzare sordo della nipote di Onoki si udiva sommessamente in gran parte della caverna, accanto a lei Matsuri cercava di consolarla: non c’erano parole per descrivere tale dolore, non c’erano spiegazioni o consolazioni ad una brutalità che non sembrava avere fine.
    Era un avvertimento, chiaro e tondo. Non avrebbero giocato ancora a lungo e sapere che la Mizukage ed il Raikage fossero ancora nelle mani di quei folli non lasciava tranquillo nessuno: avevano promesso di occuparsi delle terre, piuttosto che dei loro capi, ma un pensiero doloroso era pressoché spontaneo.
    La lasciarono sola, nelle mani della dolce kunoichi di Suna, mentre tutti gli altri riprendevano le loro mansioni: l’arrivo dei due Uchiha ed il ritorno di due cercoteri aveva risollevato il morale, ma la morte di una persona cara non aveva aiutato a mantenere alta la determinazione.
    Solo un’infinita rabbia.
     

    - Dovrai guardarmi in quel modo ancora per molto? –
     
    L’espressione appena scocciata del giovane Uchiha era sotto gli occhi di tutti i presenti, quello che un tempo era stato il Team 7 si trovava riunito in una stanza che gli era stata lasciata.
    Avevano molto da dirsi, o forse nulla.
    Kakashi non cambiò minimamente l’intensità del proprio sguardo, l’iride nera che percorreva il profilo dell’allievo come stesse studiando il suo peggior nemico.
    E sì, l’affetto lo stava reprimendo con una fatica immane.
     

    - Finché non mi convincerai di quello che hai detto poco fa, ovviamente. –
     
    Disse riferendosi alle blande spiegazioni che Sasuke aveva dato riguardo tutto ciò che aveva fatto e detto fino a poco detto prima, dall’abbandono, al tradimento alla neutralità e all’indifferenza rispetto alla guerra che aveva travolto le nazioni.
     

    - Perché adesso? –
     
    Continuò il maestro, mentre Naruto e Sakura rimanevano quasi in disparte, cercando di percepire emozioni e sfumature di quel volto ora maturo, ma ancora impassibile, impenetrabile, maledettamente freddo…
    Avrebbero voluto abbracciarlo, stringerlo forte e dirgli che poteva tornare, dirgli che lo avrebbero accolto come prima, dirgli che per loro era sempre stato solo un amico, mai un nemico…
    Eppure non potevano mostrarsi in quello stato, non dinnanzi a colui che, di fatto, non ci aveva pensato due volte a tradire il mondo intero.
     
    - Perché mi conviene. –
     
    Una risposta sincera, tanto tagliente da lacerare l’animo dei presenti.
    Sakura perse un battito, gli occhi chiari lucidi, il cuore che non voleva ancora cedere all’evidenza, nonostante tutto: di chi era stata innamorata per tutti quegli anni?
    Kakashi non si scompose, eppure quella fiammella di speranza che aveva in corpo, seppur flebile, cominciò a dare evidenti segni di abbandono totale.
     

    - Non è così, Sasuke! Sappiamo tutti che avresti potuto prendere questa decisione molto tempo fa, se sei tornato adesso significa che qualcosa è cambiato! –
     
    Non perdeva la speranza, quel biondino, nemmeno di fronte alle ferite più profonde.
    Avanzò di un passo verso l’amico, le braccia aperte, le iridi celesti sfiorate dalla determinazione più sincera.
    Si volse verso di lui, lo trapassò con quello sguardo ce un tempo era stato buono, poi oscuro, ed ora ancora indecifrabile.
     

    - Cosa pensi di sapere, Naruto? Essere capace di domare una forza come quella del novecode non ti ha dato la capacità della totale onniscienza. Questo sì, lo dovresti sapere. –
     
    Non aveva risposto alla sua domanda, e lo sapevano entrambi.
    Sembrava si fosse trattenuto, volesse temporeggiare, ancora incapace di rispondere a tutti gli effetti: perché, probabilmente, una risposta effettiva non l’aveva.
    Ma Naruto non si arrese, non così facilmente: aveva lottato per tutti gli ultimi anni nella speranza di raggiungerlo, di guadagnarsi ancora la sua fiducia, il suo rispetto, di riportarlo finalmente a quel legame che credevano perduto.
    Ma non sapeva che ciò che si sfalda non potrà ma tornare come era prima.
     

    - Io so solo che se anche siamo cambiati qualcosa è rimasto. E’ una cosa che sento io, sente Sakura e il maestro Kakashi. E sono certo che la senta ance tu. –
     
    Tentò di nuovo, con quelle parole forse troppo profonde per un animo rimasto congelato per molto tempo.
    Eppure, nonostante l’impassibilità, l’incontro con il fratello lo aveva cambiato, aveva riaperto in lui ciò che Orochimaru aveva chiuso a forza, spinto dai rancori, dalla rabbia, dalla voglia d’odio e di vendetta.
    Ma mai, mai avrebbe ammesso di aver faticato tanto per abbandonare ciò che era, per abbandonare loro
     

    - Se la sento, non la riconosco. –
     
    Non era una risposta negativa, ma nemmeno positiva.
    Era la verità, dopotutto a loro non l’aveva mia negata, nel bene e nel male.
    Kakashi tacque, ancora diffidente: lo avrebbe perdonato, se avesse potuto, ma era consapevole del ruolo che doveva ricoprire e della precarietà di quella situazione.
    Naruto accennò ad un sorriso, alzò il pollice e sfoderò una delle sue espressioni più sincere e determinate: non gliel’avrebbero tolta, quella determinazione, quello spirito, quella volontà del fuoco. Mai.
     

    - Vorrà dire che la nostra prossima missione sarà questa! Dico bene, maestro Kakashi? –
     
    Chiese volgendosi al maestro, un sorriso a trentadue denti che non ammetteva risposte negative. Eppure, mentre il biondo continuava a sperare e Sasuke a cercare di capire, di cambiare almeno parzialmente ciò che gli aveva invaso la mente negli ultimi anni, qualcun altro aveva già deciso di mettere da parte le parole.
    Sakura si avvicinò all’Uchiha, lentamente, il capo abbassato e gli occhi ancora lucidi, ma invisibili al ragazzo.
    L’ultima volta che aveva pianto davanti a lui pensava di averlo perduto per sempre.
    Si fermò ad un passo da lui, zittendo i presenti con la sua sola determinazione: aveva passato troppo tempo a piangere, lo sapeva, e mai avrebbe continuato a farlo ancora, a sbagliare.
    Alzò il capo quasi di scatto, le iridi chiare si specchiarono in quelle del moro, le quali rivelarono un certo stupore: non era più la ragazzina frignante che aveva conosciuto, nemmeno la compagna di squadra debole ed incapace.
    Non sapeva dire cosa fosse diventata, forte quanto lui no di certo, ma la luce che le brillava negli occhi aveva qualcosa di molto, molto potente.
     

    - Abbiamo creduto in te ogni istante della nostra vita, Sasuke, rivolto a te ogni nostro pensiero anche quando tu ci avevi rinnegati con tutta l’anima. –
     
    Fece una pausa, minuscola, eppure efficace quanto una lama tagliente.
     

    - Ora tocca a te. Ora o mai più. –
     
    Non credeva che avrebbe mai detto una cosa simile, non a lui almeno.
    Mai avrebbe creduto di essere capace di dare un ultimatum: eppure lo sapeva, che in quel momento toccasse a lei mediare la troppa fiducia di Naruto e la troppa diffidenza del maestro.
    Per una volta era stata lei a prendere una decisione…
    Per una volta Sasuke la guardò con occhi alla pari.
     

    Bevve un sorso abbondante di quel liquido rossastro che Sakura gli aveva preparato, mentre si sforzava di rimanere seduto in una posizione decente sulla seggiola.
    Cercava di riprendersi, la degenerazione degli organi interni pareva essersi arrestata, forse non completamente, ma rimaneva comunque da reintegrare ciò che gli era stato danneggiato.
    Così, mentre cercava di riprendersi, Shikaku gli aveva esposto la situazione, la loro organizzazione, la squadra che era partita per Kiri e la presenza di Itachi Uchiha.
    Gaara aveva ascoltato attentamente ogni cosa, senza mostrare il minimo segno di dolore: ne aveva provocato troppo, per troppi anni, perché proprio lui si permettesse di lamentarsi.
     

    - Questo è quanto, Kazekage. Attendiamo qualche sua eventuale informazione riguardo i movimenti di Kabutomaru, Tobi e Madara Uchiha…-
     
    Appoggiò il bicchiere sul tavolo, le iridi chiare si soffermarono attentamente sui presenti, ma senza alcuna ombra di un’espressione altezzosa: dopotutto, aveva la metà degli anni dei presentii, anche se questo non sembrava turbare nessuno.
     

    - So che ci hanno torturati uno ad uno. L’Hokage è stata torturata da Madara, il quale sembra però aver preso degli accordi con Orochimaru e da quello che so ora lei è in mano a quella serpe… -
     
    Il capoclan Nara assottigliò lo sguardo, un misto di stupore e disgusto mentre gli altri bisbigliavano tra di loro.
    Gaara non si scompose, non più di tanto almeno: non era a conoscenza dei piani dell’Uchiha né del suo patto col signore dei serpenti, motivo per cui perdere tempo a riflettervi non avrebbe portato a nulla.
    E questo, a malin cuore, lo sapevano bene anche gli abitanti della Foglia che tanto dovevano a quella donna impetuosa.
     

    - Il Raikage so che ha avuto uno scontro con Kisame e Kabutomaru e, da quello che ho capito, quest’ultimo ne è uscito con qualche problema di troppo, considerando che non abbia proseguito gli interrogatori. –
    - E’ riuscito a fuggire? –
     
    Domandò Darui, l’impassibilità dipinta su un volto che mostrava soltanto dedizione ed estrema fedeltà verso un uomo per cui avrebbe dato qualsiasi cosa, oltre ad una stima profonda.
     

    - Non saprei dirlo, ma temo di no considerando che siano intervenuti il trecode e il seicode. Non so altro su di lui. –
     
    Ammise, purtroppo era sempre rimasto incatenato in quella stanza, poteva avvalersi soltanto delle voci che sentiva casualmente o di qualche parola di troppo di Kabutomaru durante gli interrogatori.
     

    - E della Mizukage? Ha notizie? Sta bene? –
     
    Il Kazekage incrociò per un attimo lo sguardo profondamente preoccupato di Choujuro, l’animo in pena da parecchi giorni per la salute della sua amata kage.
    Avrebbe preferito tagliarsi un braccio, piuttosto che pronunciare quelle parole: ma erano alleati, compagni, e in quanto tali era necessario che tutti sapessero… sapessero la verità.
     

    - Di lei ho solo udito un urlo straziante.-
     
    Perse un battito, forse due. Le labbra rimasero dischiuse sin a quando Anko non gli appoggiò una mano sulla spalla: non era materna né affettuosa, l’allieva del sennin, ma conosceva il dolore di un cuore trafitto e disperato.
     

    - Se è viva, la salveremo. Lei come chiunque altro. –
     
    Erano parole di promessa, parole dettate dalla rabbia, dalla voglia di rivalsa, di vendetta, di riscatto…
    Parole che avevano intrinseche una determinazione fuori dal comune, condivisa in diversi modi da tutti.
    Non venne nominato lo Tsuchikage, sarebbe stata una rievocazione inutile: il lutto era ancora vivo nel cuore di tutti, bruciava come una fiamma di sterminio.
    Itachi non parlò, rimase in silenzio ad osservare ed ascoltare: era cambiato davvero molto, quel mondo. Era cambiato tanto da aver distrutto diverse terre, reso schiavo e fuggitivo un popolo legittimo, torturati a morte i loro capi e mentori.
    Eppure sorrise, dentro di sé: sorrise perché mai nella sua vita aveva visto tanti cuori ed animi uniti, saldati assieme così strettamente.
    E sapeva che non ci sarebbe stata forza più grande di quella.
     

    - Mi complimento per la pianificazione, Shikaku Nara. Prima del mio arrivo avevate progettato qualcosa in particolare? –
     
    Le parole di Gaara, nascoste dietro ad una qualsiasi formalità, spezzarono la tensione del momento.
    Shikaku respirò profondamente, prima di parlare a nome di tutti i presenti e non.
     

    - Sì. Ci siamo resi conto che, per quanto Madara, Tobi e Kabutomaru possano essere forti, senza le forze portanti risulterebbero meno pericolosi. Dunque, la nostra idea sarebbe quella di usufruire dello Sharingan di Itachi e Sasuke Uchiha per portarne il più possibile dalla nostra parte: anche se Naruto e Killer Bee restano i più forti, sarebbero comunque due contro sette, e nessuno di noi riuscirebbe a tenere testa ad un esercito del genere. –
    - Senza contare che Madara non abbia ancora mostrato tutte le proprie potenzialità e che gran parte dell’Akatsuki sia ancora sotto il controllo di Kabutomaru. –
     
    Aggiunse Darui, al quale non sembrava sfuggire nemmeno un minimo dettaglio.
    Gaara ascoltò attentamente, abbassando lo sguardo solo per un attimo, un’espressione pensosa dipinta sul volto.
     

    - Significa obbligarli di nuovo a fare qualcosa. Schiavizzarli. –
     
    Constatò a malin cuore: nessuno meglio di lui, in quella stanza, poteva dire di comprendere appieno la situazione.
     

    - Se non saranno in grado di liberarsi autonomamente dall’Edo Tensei… Sì, è l’unica soluzione. Ma credo che loro sarebbero d’accordo. –
     
    Intervenne questa volta Itachi, beccandosi un’occhiata generale dei presenti.
    Il Kazekage ancora non si scompose, come se la questione riguardasse parte integrante della sua vita: anche lui era stato emarginato, usato e schiavizzato dall’odio delle persone che lo circondavano, quindi comprendeva benissimo lo stato d’animo di quelle forze portanti che si ritrovavano ad essere utilizzate come armi prima da uno schieramento e poi dall’altro.
     

    - D’accordo. Ma voglio parlare con loro, prima di decidere se dovranno intervenire o meno in queste battaglie. E vorrei che Naruto fosse con me. –
     
    Espresse un semplice desiderio, senza impartire un ordine.
    Naruto, in fondo, gli aveva insegnato anche questo.
     

    - C’è un piccolo dettaglio da organizzare, prima di tutto questo, Kazekage… -
     
    Sottolineò Shikaku, incrociando le braccia sul petto, mentre altri shinobi appoggiavano sul tavolo alcune carte e materiale per scrivere o disegnare.
     

    - …dobbiamo riuscire a catturarli, questi cercoteri. E senza subire perdite. –
     

    Piombarono improvvisamente, senza preavviso, senza nemmeno dare il tempo alle sentinelle piazzate nei dintorni di rendersene conto.
    I primi ad accorrere a quell’entrata che stava diventando fin troppo trafficata furono coloro che non erano impegnati nella riunione, come Shikamaru, Kakashi e Naruto.
    Si fermarono quasi di colpo nel vedere dinnanzi a loro l’Hokage, già in forze nonostante l’aspetto lasciasse trasparire una precedente sofferenza: sì, Madara l’aveva torturata in ogni modo possibile, vederla viva fu un sollievo non indifferente.
    Non indossava i propri abiti, il corpo prosperoso era coperto da innumerevoli bendaggi e vestiva un kimono chiaro sino alle ginocchia, due lunghi spacchi ai lati e privo di maniche, mentre i capelli dorati erano raccolti in due code basse come sempre.
    Affianco a lei, la gelida figura di Orochimaru sorrideva quasi maliziosamente: no, lui non era mancato a nessuno, eppure il Kazekage aveva anticipato un’alleanza simile.
     
    - Nonna Tsunade! -

    - Quinto Hokage, è un sollievo vedere che sta bene. –
     
    Si affrettò a dire il ninja copia, sinceramente sollevato nel vederla, mentre lo sguardo dell’impetuosa donna sembrava lontano anni luce da quel momento: i sensi erano attivati al massimo, percepiva ogni tipo di chakra presente in quel luogo, ne riconosceva l’identità come se li avessi impressi nell’animo, uno ad uno.
    Si guardò intorno dopo un cenno di saluto, senza muoversi, sin quando le iridi ambrate non andarono a fissare intensamente un punto preciso di quell’atrio, ovvero l’entrata ad un piccolo antro scavato in profondità.
    Si mosse decisa in quella direzione, ma una presa salda la fermò.
     

    - Non sei nelle condizioni. –
     
    Per un attimo le sue iridi ambrate incrociarono quelle gialle del compagno, come un tempo la sfida che continuavano a lanciarsi sfiorava la soglia della follia.
     

    - Decido io per me stessa, correrò il rischio. –
     
    Rispose seccamente, per poi liberarsi dalla presa con un gesto sgarbato e sparire dalla vista dei presenti.
    No, non avrebbe lasciato morire Shizune. A qualsiasi prezzo.
    Calò il silenzio nell’atrio, gli sguardi dei presenti fissavano il sennin dei serpenti con diffidenza, sdegno, alcuni persino ribrezzo.
    Di tutta risposta, Orochimaru sembrava tranquillo come non mai, con quel perenne sorriso ironico stampato sul volto che no, non era nulla di rassicurante.
     

    - Immagino di non essere il benvenuto, qui. –
     
    Affermò con indifferenza, in fondo l’argomento non gli interessava più di tanto.
    Fu in quell’attimo che arrivarono anche Sasuke e Sakura e su di loro andò l’attenzione del sannin, sull’Uchiha in particolare.
     

    - Il mondo è davvero piccolo, Sasuke. –
     
    Disse con un sibilo divertito, tanto che Naruto e Sakura si avvicinarono al compagno quasi d’istinto, uno sguardo contrariato che animava entrambi: no, non si era scomposto nemmeno questa volta, Sasuke.
    Eppure dentro di lui qualcosa continuava a muoversi.
     

    - Cos’hai in mente, Orochimaru?-
     
    La domanda schietta di Shikamaru arrivò tempestivamente, quasi a voler interrompere quel gioco di sguardi che sicuramente non avrebbero condotto ad alcun vantaggio.
    C’era tensione, fin troppa, eppure nessuno sembrava azzardarsi ad attaccare, non in una situazione come quella.
    E, probabilmente, Orochimaru aveva previsto anche questo.
     

    - Non vedo perché dovrei rispondere alla tua domanda. Il fatto che io abbia richiesto l’aiuto di Tsunade, così come io ne ho prestato a lei, non fa di me un vostro alleato. –
    - Esattamente. –
     
    Si affrettò a dire Anko a denti stretti, arrivata da qualche attimo assieme a pochi altri.
    No, lei più di tutti non aveva la minima voglia di vederlo, di riportare alla mente vecchi ricordi, di riaprire ferite ancora troppo profonde per essere accantonate.
    Orochimaru le rivolse solo uno sguardo, più serioso rispetto agli altri, ma non disse nulla.
     

    - Ti vuoi vendicare su Kabutmaru, per averti fregato ogni tecnica e ricerca che tu hai condotto per tanti anni? E’ per questo che hai aiutato l’Hokage? –
     
    Proruppe Naruto con quello sguardo ingenuamente determinato, nonostante la rabbia lo aizzasse ogni secondo di più, contro quello shinobi: traditore del villaggio, omicida del Terzo Hokage, causa dell’allontanamento di Sasuke  dalle loro vite e tutto ciò che ne aveva conseguito.
    No, un individuo del genere era l’ultimo a cui avrebbe voluto stringere la mano.
    Orochimaru si limitò a sorridere di nuovo, inclinò appena la testa di lato e gli puntò addosso quelle iridi spaventosamente gialle: enigmatico ed indecifrabile, come sempre, con quella nota di divertimento perenne che dava l’idea di un sapere smisurato, fin troppo pericoloso.
     

    - La vendetta è per le teste calde, novecode. Io sono sempre stato un tipo riflessivo. –
     
    Fece una piccola pausa, quasi a volersi gustare meglio il nervosismo presente sul volto di ognuno di loro: li guardava dall’alto, in un certo senso, con quel fare superiore che lo aveva sempre caratterizzato, più o meno legittimamente.
     

    - Kabutomaru è molto forte, adesso. Eppure ha un terribile difetto: ha paura.
      Paura di perdere qualcosa che crede gli appartenga… ed è ciò che lo porterà alla rovina. –

     
    Non era un tono rassicurante, i dettagli che aveva volutamente tralasciato non presagivano nulla di buono.
    In un certo senso, sapere che Kabutomaru avesse un punto debole e quindi potesse essere sconfitto aveva sicuramente tranquillizzato gli animi: ma chi, quindi, avrebbe vinto?
    La risposta, data l’espressione di Orochimaru, era tutt’altro che scontata, ancora troppo lontana.
    Passati pochi attimi si udì nuovamente un suono di passi avvicinarsi a quell’antro, passi stanchi ma carichi di una forza spropositata.
    Tornò a mostrarsi ai presenti, il volto ulteriormente emaciato, quasi sciupato, la pelle divenuta pallida ed i muscoli indolenziti per il troppo sforzo: ma la sua espressione era ben lontana da quella di chi ha fallito.
     

    - Maestra… -
     
    Sakura le si avvicinò d’istinto, con tutte le intenzioni di aiutarla, ma il leggero sorriso che le aveva mostrato venne bruscamente eliminato con un sonoro schiaffo.
    Il ciocco si udì ovunque, i presenti sgranarono gli occhi mentre la kunoichi indietreggiava di un passo reggendosi una guancia arrossata, le lacrime sul bordo delle palpebre.
    E quell’espressione, perennemente dura e ferrea, che le pareva più severa che mai.
     

    - Non ti ho addestrata per far morire i tuoi compagni, Sakura. Né tantomeno le persone a cui tieni! –
     
    Aveva alzato la voce, anche se solo per una frazione di secondo.
    Nessuno disse nulla, Sakura trattenne le lacrime soltanto per un attimo.
    Non aveva mai picchiato nessuno, Tsunade, se non per un motivo in particolare: per difesa delle persone che amava.
    Aveva riempito Jiraya di pugni perché era l’amico più sincero che avesse avuto, e mai gli avrebbe concesso di considerarla pari a chiunque altra, così come lui non era “chiunque” per lei.
    Aveva dato piccoli buffetti a Nawaki perché lo amava più di ogni altra persona, e mai avrebbe voluto che per un suo mancato rimprovero continuasse a correre dei rischi.
    Aveva mollato uno schiaffo a Sakura perché conosceva le sue capacità, e mai le avrebbe permesso di non metterle a frutto a pieno per indecisione o mancata fiducia in se stessa.
    Si allontanò verso l’uscita nel silenzio generale che l’avvolgeva, mentre Orochimaru aveva preso a camminarle affianco, osservandola.
    Naruto fece per avanzare, forse per fermarla, per chiederle spiegazioni, per inveire contro di lei per l’umiliazione che aveva fatto subire a Sakura, ma Kakashi gli appoggiò una mano sulla spalla, impedendo tutto questo.
    Si fermò sul ciglio della caverna, la prosperosa Hokage, per poi volgersi ai presenti con una rapida occhiata: mai avevano visto un tale sguardo d’odio e determinazione impresso in quelle iridi ambrate.
     

    - Moriranno, quei tre bastardi. E con loro perirà tutto l’odio e la violenza che hanno provocato. –
     
    Parole cariche di rabbia, eppure di un’immensa speranza.
    Avrebbe ammazzato Kabutomaru con le sue stesse mani, dopo aver visto in quale stato avesse ridotto Shizune. Poco ma sicuro.
     

    - Continuate a seguire le indicazioni di Shikaku Nara e del Kazekage di Suna, rigorosamente e senza opposizioni. Questo è quello che vi chiedo, che vi ordino. Al resto provvederà chi di dovere, me compresa. –
     
    E detto questo voltò loro di nuovo le spalle, sorretta da Orochimaru si allontanò sparendo nella selva.
    Rimasero tutti lì, in silenzio: avevano ricevuto un ordine, avevano avuto un insegnamento e al contempo una nuova speranza.
    Era stata dura, l’Hokage, maledettamente dura: eppure ognuno di loro era certo, in cuor suo, che quella forza fosse intrinseca anche nei loro cuori… e avesse solo bisogno di essere risvegliata.

     

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    Capitolo 12
    *** Brutale ultimatum ***


    Note Autrice:
    Salve a tutti e bentornati su questa fanfic!
    La mia assenza è dovuta alla mancanza di ispirazione e piuttosto che scrivere uno schifo di capitolo, ho preferito aspettare…
    Per cercare di “farmi perdonare”, ho inserito due colpi di scena che spero possano piacervi (e che non seguono minimamente lo svolgimento del manga spoiler, proprio per mantenere l’originalità di tutto).
    A fine capitolo ho messo uno “schemino riassuntivo” degli schieramenti e quant’altro, per fare il punto della situazione e cercare di esservi d’’aiuto, visto che siamo in dirittura della “battaglia finale” ;)
    Buona lettura!


    Brutale ultimatum
     
    - Patetici. Davvero patetici. Tentare di superare tre demoni e due membri dell’Akatsuki con un ridicolo manipolo di ninja.-

    La voce del tutto ironica e quasi scocciata di Tobi aleggiava indisturbata in quello che era l’ufficio dell’Hokage.
    Seduto comodamente sulla scrivania, in un posa tutt’altro che consona, lasciava vagare lo sguardo oltre la finestra: un tempo grigio, che anticipava soltanto una burrascosa serata.
     
    - Io non sarei così superficiale, Tobi. –
     
    Lo rimproverò l’Uchiha, scambiando con egli uno sguardo a metà tra la freddezza e la complicità.
    Passava a rassegna ogni volume contenuto in quella stanza, sfiorandone il bordo con la punta delle dita, quelle iridi sadiche che bramavano le conoscenze perdute più di ogni altra cosa al mondo: era tornato in vita, riprendendo possesso delle sue capacità, ma non era rimasto “al passo” con le scoperte che erano avvenute dopo la sua presunta morte.
     
    - E’ il segno che si sono riorganizzati. E questo ci costringe ad accelerare i tempi. –
     
    Continuò leggendo con avarizia ogni titolo di quei libri. Saperi proibiti alcuni, banali altri.
    Ed un’insana rabbia che lo logorava dall’interno al pensiero che tutta quella sapienza fosse stata concessa soltanto agli Hokage, categoria dalla quale lui era stato escluso a prescindere.
    Escluso per colpa loro, dei Senju.
    A ripensarci, avrebbe fatto meglio ad ammazzarla, quella nipote del suo più acerrimo nemico. Sarebbe stata una vendetta più che lecita.
     
    - Non avere fretta, Madara Uchiha. Uscire allo scoperto significa esporsi più del dovuto… Saranno loro a venire da noi, senza farci scomodare nel cercarli. –
     
    Un sorriso ironico e compiaciuto comparve sulle labbra fredde del nuovo sennin dei Serpenti, il cappuccio perennemente calato sulla nuca, le iridi gialle che brillavano di tenebra e sadismo dietro quelle lenti tondeggianti.
    Aveva previsto ogni cosa, proprio come il suo maestro gli aveva insegnato. Ed era stato proprio il ritorno di quest’ultimo a stimolarlo nell’andare oltre, mentre la cattiveria e la violenza erano un aspetto che l’Uchiha sapeva curare benissimo anche da solo.
    Tobi sbuffò.
     
    - E pensi che l’aver ucciso quei quattro shinobi della Foglia ed uno della Nebbia sia sufficiente per stimolarli ad uscire allo scoperto? L’assassinio dello Tsuchikage sarebbe dovuto essere la provocazione maggiore. –
     
    Fece notare Tobi con un certo amaro in bocca. Il suo fermento era palpabile, palese agli occhi di tutti: la voglia di seminare nuovamente terrore e malessere sembrava essere diventata una sua prerogativa persino più di Madara.
    Si ritrovava spesso a girovagare per le terre senza una vera e propria meta, con la scusante di controllare che non vi fossero ribelli nei paraggi, calpestava i territori distrutti dalla guerra senza la minima intenzione di ricostruirli.
    A lui non interessava ricostruire nulla, il suo unico intento era riunire tutti i demoni e dare vita alla più grande illusione mai esistita: voleva la pace, sì, ma una pace fasulla, tutt’altro che reale. E per quanto fosse consapevole di questo, non gli importava: qualsiasi cosa sarebbe stata migliore di quel mondo.
    Madara, dal canto suo, sembrava avere tutt’altri piani, ma sapeva mantenersi tanto impassibile che interpretare le sue intenzioni ed i suoi pensieri era quasi impossibile.
    Impossibile per chiunque, forse per tutti, tranne che per una mente astuta quanto malata come quella di Kabutomaru.
     
    - La morte non è sufficiente a provocare. E’ il rancore, l’odio di chi è in vita a logorare dall’interno anche gli animi più forti e sicuri. –
     
    Camminava lentamente nella stanza pronunciando quelle parole, lo strisciare del lungo manto aumentava l’inquietudine che quelle parole trasmettevano.
    Si fermò dinnanzi ad una figura femminile accasciata a terra, la schiena malamente appoggiata agli angoli di una parete, quasi riversa su se stessa. Si abbassò appena, prendendo quel volto prima impeccabile tra le dita gelide: piangeva ancora, la Mizukage, piangeva sommessamente mentre quella ferita profonda le percorreva l’intero volto, obliquamente, dalla parte destra della fronte alla guancia sinistra.
    Un solco, una cicatrice che avrebbe rovinato per sempre una bellezza afrodisiaca.
     
    - L’animo umano è così fragile, basta poco per distruggerlo… non è vero, Mizukage?-
     
    Non reagì nemmeno, Mei, non reagì perché in quelle lenti tonde vedeva il riflesso del proprio volto rovinato nel modo più brutale.
    Avrebbe ripreso a piangere, se solo le fossero rimaste delle lacrime, ma l’umiliazione che aveva subito gliele aveva già prosciugate tutte.
    Una risatina ironica e non troppo sommessa uscì dalle quelle fameliche labbra, mentre le iridi gialle assaporavano quella visione malsana.
    Si rialzò, lasciandole il volto, lasciandola là rannicchiata in un angolo, lasciandola alla sua umiliazione.
     
    - Cosa ne dobbiamo fare, di lei? –
     
    Domandò freddamente l’Uchiha, completamente disinteressato alla questione.
    Avevano estorto alla Mizukage il maggior numero di informazioni possibili, riducendola letteralmente ad uno straccio, e dal suo pratico e sadico punto di vista non era più utile a nessuno.
     
    - La consegneremo ai suoi compaesani, naturalmente. Saranno più che felici di riaverla. –
     
    Di nuovo sorrise, sorrise con quella malizia e quella cattiveria insite in coloro che hanno sofferto più di chiunque altro.
    Una sofferenza che, tra il bene e il male, aveva scelto l’odio e la disperazione più assoluti, senza pensarci due volte.
    Aveva provato piacere nel ferire, aveva provato piacere nel leggere la distruzione negli occhi degli altri: e mai avrebbe rinunciato a tutto questo, assieme ad una dose sempre più corposa di sete di sapere.
     
    - Il novecode e l’ottocode non saranno certamente ancora in forze per combattere, questo per noi è un vantaggio. Ci conviene attaccare subito, fin quando non si saranno completamente organizzati. –
     
    Ribadì Tobi con una certa fermezza. Aveva aspettato fin troppo, e bramava di liberarsi di un paio di persone, prima di portare a termine il suo piano.
     
    - Mi sembra di essere stato chiaro a riguardo. –
     
    Kabutomaru era tornato freddo, con quel tono fin troppo saccente, che infastidiva l’ascolto. Madara interruppe il suo interesse per i libri e lo spostò agli altri due, quasi non vedesse l’ora di vederli scannarsi a vicenda.
    In fondo sarebbe finita così, ne era quasi certo. Ma lui se ne sarebbe guardato bene dal farsi fregare.
     
    - Faremo in modo che trovino la Mizukage, e che lei riferisca quanto abbiamo fatto in piazza. Quanto è accaduto a chi ha cercato di ostacolarci. –
     
    Spiegò schiettamente, con una fermezza senza eguali.
    Tobi si trattenne dall’intervenire ancora, mentre l’ultimo degli Uchiha rimaneva impassibile: impossibile comprendere i suoi pensieri, impossibile avere un’idea di chi fosse davvero quell’uomo.
    Una belva che stava solo per risvegliarsi, di questo ne erano certi.
     
    - E se riferirà quanto abbiamo appena detto… -
     
    Disse volgendo uno sguardo alla Mizukage, che non aveva nemmeno alzato lo sguardo in loro direzione, pur avendo udito ogni cosa.
     
    - …tanto meglio. Se cercheranno di rintanarsi ulteriormente, li scoveremo e non avranno possibilità di fuga. Se vorranno uscire allo scoperto, il gioco finalmente verrà terminato. Ed il vincitore sarà uno soltanto. –
     
    Non sfuggì a nessuno dei presenti  quell’ultima precisazione.
    Non era casuale, non era vaga, non era per enfatizzare il discorso: no, era sincera, veritiera, perché lì dentro tutti e tre sapevano che, una volta messe a tacere le cinque terre una volta per tutte, la vera battaglia l’avrebbero combattuta loro tre.
    A meno ché uno o due di loro non fosse caduto disgraziatamente in battaglia, ovviamente.
     
    - Ovviamente. –
     
    Fu la risposta fredda dell’Uchiha, l’ironia palesemente mascherata dal tono di voce.
    Tobi non disse nulla, né si mosse, sin quando Kabutomaru non cominciò ad avviarsi verso la porta d’uscita, senza volgere loro un vero e proprio sguardo.
     
    - Tobi, fai in modo che la Mizukage venga trovata dai suoi compagni. Io intanto richiamerò i demoni e l’Akatsuki: la battaglia avverrà a breve. –
     
    Terminò con tono solenne, chiudendo la porta alle proprie spalle.
    L’uomo mascherato non si mosse nemmeno questa volta, scambiò semplicemente uno sguardo d’intesa con l’Uchiha ancora appoggiato alla parete, le braccia conserte e lo sguardo impassibile.
     
    - Il piano non cambia, suppongo. –
     
    Disse scendendo dalla scrivania in legno massiccio ed avvicinandosi alla Mizukage, ancora riversa a terra: per un attimo, solo per un attimo, provò pietà nel vedere una donna così bella ridotta in quello stato.
    Provò pietà, nonostante fosse una nemica, un piccolo passo che lo allontanava dal proprio obiettivo…
    Ma per quanto odio potesse provare nei confronti del mondo, per quanto non riuscisse a liberarsi di quella visione di sangue e umiliazione al petto, ridurla così gli era sembrato troppo.
     
    - No. Farai ciò che avevamo già deciso… -
     
    Si abbassò e prese sulle spalle il corpodella donna, ormai priva di sensi a causa dell’eccessivo dolore, mentre Madara non distoglieva lo sguardo da lui.
     
    - …Izuna.-
     
    E mentre gli dava le spalle, si volse verso di lui soltanto per una frazione di secondo.
    Quanto bastava per accrescere ulteriormente quell’intesa profonda e radicata sin dalla nascita.


     
    *****
     
    - Presto! Chiamate Sakura e Shizune! –
     
    Di nuovo l’antro del rifugio si fece gremito di shinobi sfuggiti alle rappresaglie dei tre dittatori, mentre fuori imperversava una burrasca di vento e pioggia.
    Anko e Darui trascinavano il corpo appena cosciente della più forte kunoichi di Kiri, la quale teneva volutamente il capo abbassato: la vergogna ancora l’assillava, l’umiliazione subita la logorava dall’interno come una belva affamata.
    Le due ninja medico accorsero il più in fretta possibile, grazie all’intervento di Tsunade Shizune si era parzialmente ristabilita e avrebbe almeno potuto aiutare l’amica nelle cure, assisterla in caso di bisogno.
    Ma Mei fece loro segno di non avvicinarsi, rimase inginocchiata a terra, i capelli di un castano ramato in disordine le ricadevano parzialmente davanti al viso.
    Rimasero colpite, stupite da quel fare, ma non osarono insistere nell’avanzare sentendo i singhiozzi contenuti che questa emetteva.
     
    - Mizukage! –
     
    La voce sconvolta di Choujuro divenne la protagonista, mentre il ragazzo si faceva largo per raggiungere l’amata Kage: non si curò del suo gesto di allontanamento, né dello sguardo di rimprovero di Anko.
    Si gettò a capofitto su di lei, inginocchiandosi accanto a quella donna dalla forza d’animo lodevole: mai, mai l’aveva vista in uno stato simile. E soprattutto mai l’aveva vista tanto abbattuta, incapace di reagire.
    L’osservò con gli occhi sul punto di piangere ma si trattenne, mentre nessuno in quel momento osava dire o fare qualcosa.
     
    - Mizukage… la prego… -
     
    La supplicò avvicinandosi ulteriormente, le prese delicatamente una mano, quasi volesse dimostrarle di esserle vicino, senza invadere i suoi spazi.
    Lei inspirò profondamente, poi alzò il capo in sua direzione con lentezza e rimorso.
    Sbiancò, il giovane spadaccino, sbiancò e perse più battiti di quanti il suo cuore gli potesse concedere.
    Sarebbe fuggito, se avesse potuto, sarebbe scappato lontano a gridare di rabbia davanti a quella visione, alla consapevolezza di ciò che le avessero fatto: deturpato, quel volto prima immensamente bello. Deturpato quanto un animo forte che aveva saputo trascinare un’intera nazione fuori dalla disperazione più misera.
     
    - Li hanno uccisi. –
     
    Riuscì a dire in un sussurro. Alcuni compresero, altri non riuscirono ad udire quelle parole perché troppo distanti, o perché la pioggia picchiettava fin troppo insistentemente.
    Prese coraggio, inspirò ancora una volta, prima di volgersi anche agli altri presenti: e li resse, quegli sguardi sconvolti e sorpresi. Resse il riflesso della propria umiliazione e deturpazione nelle iridi degli altri ninja, mentre qualcuno si copriva le labbra con una mano per evitare di lasciarsi sfuggire un grido.
     
    - Li hanno catturati, mentre cercavano di recuperare i segreti della biblioteca di Kiri. Li hanno uccisi brutalmente. Hanno strappato loro la vita e deturpato i loro corpi. –
     
    Inspirò, di nuovo.
     
    - Ed ora sono impalati nella piazza di Kiri. Tutti quanti. –
     
    Strinse i denti per la rabbia, per il fallimento.
    Strinse la mano di Choujuro perché in quel momento aveva soltanto bisogno di sentire un poco di calore, null’altro.
    Alcuni compresero di chi si trattasse, altri non avevano inteso e per questo qualcuno si fece avanti, chiedendo quasi con vergogna di chi stesse parlando con tanto dolore.
     
    - Una ventina di shinobi di Kiri. Gai Maito. Rock Lee. Izumo. Kotetsu… -
     
    Tenten perse un battito, forse due. Le iridi nocciola di riempirono di lacrime in una frazione di secondo e nemmeno le braccia forti di Neji furono sufficienti a calmarla, a darle sicurezza, nonostante lo Hyuga si sforzasse di essere forte anche per lei, di mantenersi freddo, quasi impassibile.
    Ma nessuno, in quell’attimo, riuscì davvero ad essere distaccato.
    Persino Shikaku si lasciò sfuggire un’imprecazione, mentre Anko malediceva ogni singolo istante della vita di quei tre individui.
    Persino Kakashi, perennemente impassibile sotto quella maschera, manifestò apertamente una rabbia ed un dolore che lo aveva perforato come una lama tagliente: strinse le iridi, abbassò il capo con nervosismo e colpì la parete alle sue spalle con un pugno.
    Non forte, ma deciso, ed era uno dei rarissimi casi in cui manifestava un proprio stato d’animo: Gai, per lui, era stato molto più che un rivale perenne, molto più che un compagno d’avventure e di sventure.
    Ma un amico.
     
    - …e Ao. –
     
    Terminò la Mizukage, ma l’ultimo nome le provocò un tale dolore che il pianto tornò padrone della sua voce prima angelica e sensuale.
    Choujuro rimase con le labbra dischiuse, incapace di dire oltre. D’istinto allargò le braccia e strinse a sé il volto in lacrime della sua Kage.
    Nessuno fiatò per i successivi minuti, il dolore fu l’unico protagonista, almeno fino a quando il Kazekgae non si fece avanti: avevano una missione, avevano un dovere verso le loro terre, la loro gente e soprattutto verso se stessi.
     
    - Questa era una provocazione plateale. Vogliono istigarci ad uscire allo scoperto, costringerci a combattere. –
    - Allora cosa stiamo aspettando?! –
     
    La grinta di Naruto si fece avanti senza difficoltà, il volto rigido per la rabbia, i pugni stretti quasi dovesse combattere sul momento.
     
    - Itachi e Sasuke hanno lo sharingan, no? Possono controllare i demoni ed aiutarli a liberarsi della tecnica di Kabutomaru. –
    - Naruto ha ragione. Se ci riuscissero, avremmo degli alleati molto preziosi e potremmo permetterci di sferrare un attacco. –
     
    Intervenne Darui, freddo e calcolatore come sempre.
    Il biondo cercò istintivamente l’approvazione del suo sensei, ma trovò nel suo sguardo perso chissà dove solo un mare di rabbia.
    L’ennesima perdita, l’ennesima pugnalata al petto. Forse era stata troppa persino per lui.
     
    - Stare rintanati non ci aiuterà a vincere, questo è vero, ma non siamo nemmeno nelle condizioni di combattere. –
     
    Proruppe Shikaku aggrottando la fronte, le braccia conserte in petto, segno che stesse riflettendo sul da farsi mentre la discussione continuava.
     
    - E non possiamo permetterci nemmeno di rischiare altre perdite. In mano ai nostri nemici ora non ci sono soltanto le tecniche segrete di Konoha, ma anche quelle di Kiri e probabilmente di Iwa. E non conosciamo le condizioni degli altri due paesi, di conseguenza azzardare a fare qualche altro passo potrebbe costarci caro. –
     
    Le parole del Kazekgae erano posate, calibrate su misura per quella situazione disperata. Avevano azzardato ad inviare un gruppo a Kiri ed il risultato era stato disastroso, senza contare che  gli alleati alla resistenza non erano poi molti e soprattutto altalenanti: i due demoni avrebbero collaborato, ma non erano certi fino a che punto. Senza contare che la figura di Orochimaru fosse fin troppo ambigua per essere considerata una certezza.
     
    - No.-
     
    La voce della Mizukage , ora ferma e decisa, interruppe quella discussione.
    Aveva ancora il capo abbassato, una mano stretta a Chojuro, ma no stava più piangendo, né chiedendo pietà o commiserazione.
     
    - Il loro segnale è stato chiaro. Non aspetteranno oltre, e soprattutto non avranno pietà. –
     
    A fatica si rialzò in piedi, contro l’opposizione della sua guardia del corpo.
    Una figura emaciata, rovinata, distrutta, ma con ancora la forza di combattere: era la Mizukage di Kiri, una delle kunoichi più forti esistenti, e non avrebbe permesso a nessuno di distruggerla in quel modo.
    Si portò lentamente una mano al voltò, sfiorò la profonda cicatrice che glielo rovinava, per poi andare a posarsi sul lungo ciuffo castano.
     
    - Perciò nemmeno noi ne avremo. Non ci nasconderemo, non subiremo altre perdite, non gli permetteremo più di prendersi gioco delle nostre vite in questo modo. –
     
    Rabbia, frustrazione ed estrema determinazione.
    Invece che distruggerla come sembrava, invece che annientare lei così come il suo popolo, quella profonda ferita non aveva fatto altro che risvegliare una grinta fuori dal comune.
    Scostò il ciuffo, rivelando ciò che aveva sempre nascosto agli occhi di chiunque, in quell’iride destra.
     
    - Noi combatteremo. –
     
    Lo Sharingan Ipnotico.
     
     

    Punto della situazione!
    Dunque, giusto per fare chiarezza sui vari capitoli e sugli schieramenti (considerando che ci si avvicini alla “battaglia finale”), lascio uno schemino che spero possa essere d’aiuto.
     
    Resistenza (principali membri liberi)
    • Shikaku (capo)
    • Kazekage Gaara (capo)
    • Mizukage Mei (capo/non in grado di combattere)
    • Killer Bee (non in grado di combattere)
    • Kakashi
    • Naruto
    • Sasuke
    • Sakura
    • Shizune (non in grado di combattere)
    • Neji
    • Tenten
    • Darui
    • Karui
    • Chojuro
    • Anko
    • Itachi
    • Ino
    • Shikamaru
    • Choji
    • Matsuri
     
    Aiuti “esterni” alla resistenza:
    • Orochimaru
    • Hokage Tsunade
    • Demoni Bicoda ed Eptacoda
     
    Dittatori/Nemici:
    • Madara (capo)
    • Izuna
    • Kabutomaru (capo)
    • Akatsuki (senza Itachi e Sasori)
    • Demoni Monocoda, tricoda, tetracoda, pentacoda, esacoda (involontari)
    • Jiraiya (involontario/ancora “inutilizzato”)
     
    Deceduti:
    • Tsuchikage Onoki
    • Gai
    • Rock Lee
    • Ao
    • Kotetsu
    • Izumo 
    • Sasori (sigillato)

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