Spazi Chiusi

di Perry12
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il centro commerciale ***
Capitolo 2: *** La biblioteca ***



Capitolo 1
*** Il centro commerciale ***


                      Il centro commerciale

 
Mancava una settimana a Natale ed Harry aveva notato che il centro commerciale, che quel pomeriggio era stato pieno di persone che correvano da tutte le parti, in quel momento era praticamente vuoto perché l’ora di chiusura era ormai prossima. La maggior parte dei negozi del primo ed unico piano del Sun Hill erano già chiusi e ad aggirarsi per i corridoi c’erano solo i pochi ritardatari che si affrettavano a comprare gli ultimi regali.
Anche lui rientrava in quella categoria. Era ancora indeciso sul regalo per sua madre e da un’ora cercava di entrare nella gioielleria per acquistare quel braccialetto d’argento che aveva visto, ma ogni volta veniva attirato di nuovo da quel vestito nero esposto nella vetrina del negozio d’abbigliamento proprio lì davanti. Sembrava un trottola impazzita, che faceva avanti e indietro da un negozio all’altro.
Gettò un’ultima occhiata all’interno di entrambi i negozi. In quello di abbigliamento il commesso era un signore di mezza età che stava già mettendo in ordine i capi esposti, pronto a tornare a casa. Al bancone della gioielleria c’era invece un ragazzo giovane, poco più grande di lui, intento a lucidare le teche di vetro che contenevano i vari gioielli. Harry decise di entrare nella gioielleria.
 
                                                                                      ***

“Il regalo è per la tua ragazza?” chiese il commesso con un sorriso sulle labbra.
“Oh no” precisò Harry “per mia madre.”
Il braccialetto che Harry aveva già adocchiato dall’esterno era ora tra le mani del commesso, pronto per essere impacchettato.
“Ottima scelta.” rispose il commesso “Anche se ho notato che ci hai messo un po’ prima di decidere”
“Anche il vestito qui di fronte non era male” ribatté Harry sorridendo. Il commesso, Louis diceva la targhetta sulla sua camicia, aveva limpidi occhi azzurri e un ciuffo di capelli castani scompigliati che gli ricadeva sulla fronte. La barba che gli ricopriva le guance e il mento era più scura di una tonalità, rada e ben curata.
“Certo, ma Al è molto più antipatico di me” disse Louis riferendosi al commesso del negozio di abbigliamento “Te lo incarto e abbiamo finito” disse poi indicando il regalo.
In quel preciso istante le luci del centro commerciale si spensero, lasciandoli completamente al buio. Dopo un secondo, il negozio venne illuminato di nuovo dalla luce bluastra più debole delle lampade di emergenza.
“Cazzo” sibilò Louis tra i denti.
“Che succede?” chiese Harry leggermente turbato.
“La corrente. È saltata” spiegò Louis. Afferrò il suo cappotto da dietro il bancone e fece segno ad Harry di uscire dal negozio “Vieni, usciamo. Vediamo se riusciamo ad andare via da questo maledetto centro commerciale stasera”
“Io sono Louis, comunque.” disse poi mentre percorrevano i corridoio che dalla gioielleria portava all’ingresso. Era completamente bui, ma entrambi li avevano percorsi così tante volte da non aver bisogno di una luce.
 “Sì, credo che la targhetta lo dica piuttosto chiaramente” rispose Harry indicando il petto di Louis “ Io sono Harry”
Harry e Louis raggiunsero l’ingresso del centro commerciale. Un albero di Natale enorme torreggiava su di loro e Louis pensò che senza luci aveva un aspetto triste e anche un po’ inquietante. Raccolte sotto all’albero c’era un piccolo gruppo di persone con facce preoccupate che non la smettevano di gesticolare. Harry ne contò nove. Una di loro indossava un uniforme e sembrava aver preso in mano la situazione.
“Joe!” disse Louis, attirando l’attenzione del poliziotto. La sua voce echeggiò fino all’alto soffitto del centro commerciale e tornò indietro, rimbalzando poi sulle pareti. “Joe, che succede?”
“E’ il capo della sicurezza” spiegò poi ad Harry.
“Abbiamo avuto un problema con la corrente” spiegò Joe “E non solo siamo al buio, ma le porte del centro commerciale funzionano ad elettricità. E ora sono bloccate”
“Non ci sono delle uscite di emergenza?” chiese una signora dall’aspetto elegante, con una serie di buste ai suoi piedi.
“Signora, questo edificio è stato costruito 60 anni fa. Le norme sulla sicurezza ancora non esistevano” disse Joe cercando di usare un tono di voce calmo, per non scatenare il panico.
“Ma è assurdo!” esclamò un signore con un pesante cappotto di pelliccia.
“L’ho sempre detto che questo posto fa schifo!” disse Louis “Non possiamo chiamare dei soccorsi? Qualcuno che ci tiri fuori di qui? O vogliamo passare la notte nel centro commerciale?”
“Louis” disse Harry “forse è meglio se guardi fuori”
Dalla gioielleria Louis non aveva avuto modo di osservare il tempo, ma quando gettò lo sguardo attraverso le grandi finestre quadrate rimase a bocca aperta. All’esterno ogni singolo centimetro di spazio era ricoperto di neve. Un manto bianco, spesso e alto almeno 20 centimetri si era posato sulla città. E la bufera continuava.
“Ho chiamato già i soccorsi” stava dicendo Joe “Fino a quando questa tempesta di neve non finisce, non possono arrivare fino a qui, la neve è troppo alta. E la stazione di polizia è dall’altra parte della città.”
“E che cosa consigliano di fare, nel frattempo?” la voce di Louis uscì acuta e tesa, distorta dall’ansia.
“Hanno detto di aspettare. Non appena la tempesta sarà finita saranno qui.”
“Tutto questo è assurdo” disse Al, il commesso del negozio di abbigliamento, rivolto a nessuno in particolare “Non possono tenerci chiusi qui dentro!”
“Hai qualche proposta, Big Al?” disse Louis sarcastico “Vuoi provare a sfondare la porta? Sono sicuro che se ti impegni potresti farcela”
Harry cercò di trattenere la risata che sentiva nascergli in gola. Al era alto almeno il doppio di loro e pesava sicuramente quanto Harry e Louis messi insieme. La pancia gli sporgeva oltre la cintura stretta intorno ai pantaloni e la camicia gli aderiva sul petto, mettendo in evidenza due chiazze di sudore sotto le ascelle.
“Simpatico.” sibilò Al.
“Vieni con me” disse Louis rivolto ad Harry “Conosco un posto più comodo dell’ingresso per aspettare.”
“Non vi allontanate troppo, ragazzi!” disse Joe alle loro spalle.
“Come se lo potessimo fare” disse Louis a bassa voce.
 
                                                                           ***

Avevano raggiunto di nuovo il negozio di Louis e l’avevano superato, raggiungendo una zona con alcune poltrone nere e di pelle.
“Dovrebbe fare i massaggi, in teoria” disse Louis, appoggiandosi allo schienale “Ma siamo senza corrente.”
Harry lo imitò rimpiangendo che i piccoli ingranaggi nello schienale della poltrona non funzionassero. Aveva vagato per il centro commerciale tutto il giorno e la schiena gli faceva male.
“Allora” disse Louis “ oltre al regalo per tua madre ne hai comprati altri?”
“Solo qualcuno.” Rispose Harry “ Per mio padre e mia sorella. Uno per Sam, un mio amico, e uno per la mia vicina di casa”
“Scommetto che è molto carina”
“Direi di sì, se ti piacciono le donne sulla sessantina”
La risata di Louis risuonò lungo il corridoio, strappando un sorriso anche ad Harry.
“Tu, invece?” chiese Harry “Hai rubato qualcosa dalla gioielleria per fare bella figura?”
“Lo avrei fatto volentieri se non fossi l’unico commesso e il negozio non fosse pieno di telecamere” spiegò Louis “Sarei il solo indiziato”
“Potresti farlo ora. Le telecamere non funzionano e ci sono altre dieci persone insieme a te”
“ Odio questo posto ma sono ancora troppo giovane per finire in galera” rispose Louis in tono divertito.
“Certo” rispose Harry “Facciamo qualcos’altro allora! Non hai mai sognato di rimanere chiuso dentro un centro commerciale?”
“Sono chiuso qui dentro tutti i giorni della mia vita” disse Louis “ quindi credo che la risposta sia no”
Harry sbuffò, sollevando una ciocca di capelli e facendola ricadere sulla fronte subito dopo. Louis notò che era più alto di lui di qualche centimetro. Le gambe di Harry toccavano il pavimento mentre le sue rimanevano sospese sul poggiapiedi. Aveva i capelli scuri e scompigliati, gli occhi verdi.
“E’ interessante” pensò Louis.
Harry si era alzato nel frattempo. “Cosa possiamo fare in questo posto?” chiese ad alta voce, come se ci fosse un’intera platea di persone ad ascoltarlo.
“Ricordati che siamo senza corrente” disse Louis “Riformulerei la domanda in “Cosa possiamo fare in questo posto senza corrente?”
“Ho un’idea!” disse Harry
Afferrò Louis per un braccio e cominciò a trascinarlo lungo i corridoi. Era stato in quel centro commerciale abbastanza spesso per orientarsi anche con la poca luce delle lampade di emergenza. Superarono il supermercato sprangato e i negozi di cellulari fino ad arrivare ad un corridoio cieco.
“Harry” disse Louis “ Questa è l’area bambini”
“Lo so” rispose Harry “Non dirmi che non hai mai sognato di tuffarti di nuovo lì dentro” disse poi indicando con un dito la piscina piena di palline di plastica colorate.
Gli occhi di Louis si illuminarono per un attimo, ma poi decise di tornare si nuovo serio.
“Ho quasi ventidue anni, Harry!”disse Louis “Tra 6 giorni, per essere precisi.”
“La vigilia di Natale!” esclamò Harry eccitato.
“Quello che volevo dire…” Louis cercò di continuare la frase, ma Harry aveva già gettato il cappotto a terra e si era tuffato tra le palline. Louis vedeva le ginocchia che sbucavano fuori dalla massa colorata, mentre il resto delle gambe era completamente coperto.
“Non c’è nessuno che ti possa vedere” disse la voce di Harry dalla vasca di plastica.
“Al diavolo!” esclamò Louis.
Lasciò il cappotto accanto a quello di Harry e lo raggiunse tra le palline. Fu come tornare bambino. Sentiva la massa della palline che cercava di sovrastarlo e ogni suo movimento era rallentato dalla plastica. Si appoggiò alla parete della vasca con la schiena, lasciando che le palline gli coprissero le gambe.
“Che cosa fai nella vita oltre a rimanere chiuso nei centri commerciali e a fare il bagno nella plastica?” chiese Louis.
“ Studio. Canto. Incontro commessi carini. Sai, niente di che.”
Louis alzò gli occhi solo per un istante e poi li abbassò di nuovo sul mare di palline colorate, sentendo le sue guance andare a fuoco.
“E tu?” chiese Harry.
“Studio. Lavoro. Gioco a calcio. Ogni giorno spero di incontrare clienti carini. Niente di che.”
Harry rise e lanciò una pallina rossa a Louis.
“Non dovevi farlo!” strillò Louis cercando di trattenere le risate. Afferrò un pallina verde, colpendo Harry proprio al centro della fronte.

                                                                             ***

“Sai, io odio il Natale. E il periodo prima di Natale. E la Vigilia. E quindi suppongo di odiare anche il mio compleanno.” disse Louis.
Avevano cambiato posto quando le palline avevano cominciato a fare male contro la pelle e avevano raggiunto l’ala opposta del centro commerciale, la palestra. Lauren, la proprietaria, era una delle persone rimaste bloccate insieme a loro e non l’aveva ancora chiusa.
“Non puoi odiare il Natale!” rispose Harry, appeso al quadro svedese.
Louis lo guardava dal basso e ad ogni movimento temeva che Harry potesse cadere da quell’intrico di legno che a lui sembrava tanto fragile.
“E’ così invece. Odio i regali che ricevo, perché non me ne piace mai nemmeno uno. Odio il fatto che non ci sia mai nessuno per il mio compleanno perché è la Vigilia. Odio che quando non lo devo passare qui dentro devo stare con i miei parenti. E puoi stare sicuro che ognuno di loro mi chiederà quello che sto combinando nella mia vita, quando io non sto combinando veramente niente!”
“Niente?” chiese Harry “Hai detto che studi e lavori, non mi sembra niente. È molto più di quello che faccio io, in effetti”
“Sì, ma l’unica cosa che mi piace veramente fare è giocare a calcio. Ma quella è solo una passione” rispose Louis “Scusa se ti sto dicendo tutte queste cose, probabilmente non ti interessano”
“Ti sbagli invece” disse Harry scendendo agilmente dal quadro svedese. Rimase seduto al primo livello, con le gambe sospese in aria “ Sei una persona particolare. Mi piaci” continuò poi guardandolo dritto negli occhi.
Louis arrossì di nuovo- perché arrossiva così spesso quella sera?- e abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Harry.
“Sei figlio unico?” chiese Harry interrompendo il silenzio che si era creato tra di loro. Una domanda semplice, poco impegnativa, solo per mandare via l’imbarazzo.
“Oh, no. Ho quattro sorelle, tutte molto più brave, simpatiche e responsabili di me.”
“Devono essere perfette allora.”
 
                                                                                   ***

Harry e Louis erano tornati all’ingresso per vedere come procedeva la situazione. Le altre nove persone  erano ancora lì, alcune ancora in piedi, altre che avevano ceduto e si erano sedute per terra, a gambe incrociate.
“Qualche novità, Joe?” chiese Louis.
“Nessuna” rispose quello “Basta guardare fuori.”
La tempesta continuava e sia Harry che Louis ebbero l’impressione che fosse più forte di prima. All’interno del centro commerciale diventava sempre più buio e i due ragazzi stentavano a vedere il gruppo di persone a pochi passi da loro.
“Andiamo.” disse Louis afferrando Harry per un braccio.
“Dove?”
“Al cinema.”
                                                                                     ***

Il cinema rimaneva sempre aperto, aveva detto Louis. Del resto, chi sarebbe voluto entrare in una sala buia e piena di poltrone?
Louis si accomodò nella fila centrale, su una delle tante poltrone rosse, ed Harry prese posto accanto a lui.
“E se questa tempesta va avanti per giorni?” chiese Harry “Cosa facciamo?”
“Credo che a questo punto ci sarà consentito sfondare la porta del supermercato” rispose Louis “Con la roba che c’è lì dentro possiamo andare avanti per settimane!”
Harry sorrise, ancora un po’ dubbioso, e appoggiò i piedi sullo schienale della poltrona che aveva davanti.
“Non dei avvertire nessuno a casa?” chiese Harry “ I tuoi genitori non si preoccuperanno se non torni?”
“Abito da solo” rispose Louis “ Nessuno mi aspetta.”
“Siamo in due allora. La mia famiglia abita fuori città” spiegò Harry. “Potremmo restare qui per giorni e nessuno ci verrebbe a cercare.”
“Fino a Natale, almeno.”
“Fino a Natale.”
 
                                                                             ***

La sala del cinema era ancora più buia dei corridoi del centro commerciale e Harry riusciva a stento ad individuare il profilo di Louis, nonostante sedessero a pochi centimetri di distanza.
“Se non potessimo più uscire da questo centro commerciale, quale sarebbe l’ultima cosa che vorresti fare?” chiese Louis girando il viso verso Harry.
“Beh, non si può certo dire che avrei molto scelta. Quello che volevo fare qui dentro l’ ho già fatto e il resto dei negozi sono chiusi. Credo che l’unica alternativa disponibile sia baciare te”
Lo aveva detto con così tanta naturalezza che Louis pensò di non aver capito bene. Poi vide Harry sorridere e capì che le sue orecchie non lo avevano tradito.
“Lo puoi fare comunque, sai” rispose Louis “anche se probabilmente usciremo da qui tra poco”
“Devo sbrigarmi, allora.”
Harry si sporse leggermente oltre il bracciolo della poltrona del cinema e raggiunse con una mano il viso di Louis, passando dalla barba ispida e rada ai capelli morbidi e folti, che gli facevano solletico sulle dita. Ne afferrò una ciocca e quando unì le sua labbra con quelle di Louis sentì il sospiro dell’altro ragazzo entrargli direttamente in bocca, riempendogli la gola e poi i polmoni.
Harry aveva già baciato altri ragazzi ma nessuno di loro era stato così piccolo e delicato come Louis e Harry si sentiva come se dovesse fare particolare attenzione per evitare di fargli male. Louis rispondeva al bacio e si gettava con così tanta forza verso Harry che se non ci fosse stato il bracciolo della poltrona a separarli gli sarebbe finito in braccio.
Presi dal bacio, non si accorsero che la luce era tornata. Le luci della sala si erano accese, illuminandoli mentre Harry cercava goffamente di superare il bracciolo per raggiungere Louis.
“Harry…” riuscì a dire Louis “ Le luci!”
“Le luci?”
“Sono tornate!”
Harry tornò al suo posto e guardò in alto. La corrente era tornata veramente e il cinema era completamente illuminato. Ora riusciva a vedere perfettamente i capelli di Louis, ancora più scompigliati di quando li aveva visti per la prima volta nel negozio, e i primi due bottoni della sua camicia slacciati. Entrambi avevano ancora il fiatone.
“Posso continuare, se vuoi” disse Harry.
“Credo sia meglio tornare dagli altri.”  rispose Louis sorridendo. Lo accarezzò sul viso e lo prese per mano, incamminandosi verso l’ingresso.

                                                                               ***

Dopo che la luce era tornata, avevano dovuto aspettare altre due ore prima che gli spazzaneve ripulissero le strade e qualcuno arrivasse a tirarli fuori. Ora Harry e Louis erano coperti da capo a piedi dai loro cappotti e da alcuni strati di coperte portate dai poliziotti. Tremavano in mezzo alla strada, ma nessuno dei due voleva andare via.
“Ci vediamo quando tornerai a prendere il regalo per tua madre.” disse Louis.
“Il regalo! L’ho dimenticato in gioielleria!”
“Credo che tu sia giustificato.”
Una pausa.
“Ti aspetto a Natale, a casa mia. A casa di mia madre, veramente.” disse Harry, colto da un’ispirazione improvvisa.
“Da te?” chiese Louis.
“ Certo, non vorrai passare il resto della tua vita ad odiare il Natale!” rispose Harry “Voglio farti cambiare idea.”
Louis non poté trattenere una risata.  “Affare fatto” disse avvicinandosi impercettibilmente ad Harry “Anche se, ti dirò una cosa. Credo di averla già cambiata.”



Ciao a tutti! Come avete potuto notare questa è una raccolta di one-shot, che avrà come filo conduttore gli Spazi Chiusi. Per quanto riguarda il rating, ho messo quello arancione perchè nella raccolta di varierà dal rating verde a quello rosso e quindi non sapevo bene come fare!

Se sarà necessario naturalmente lo correggerò! :)

Detto questo, spero che questa prima storia vi piaccia! H & L in un centro commerciale! 

Ciao!!  xx

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Capitolo 2
*** La biblioteca ***


                                                         LA BIBLIOTECA
 
"Harry sta giocando di nuovo con Louis" disse la signora Styles rivolta al marito "Non mi piace".
 
Gettò uno sguardo verso il piccolo giardino dove il figlio Harry, 10 anni, giocava in tranquillità.
 
"È solo un bambino, Anne. Non preoccuparti. Crescerà, capirà molte cose. Cambierà."
 
Anne pensava che suo marito fosse veramente troppo veloce a liquidare i loro problemi. Soprattutto quelli che riguardavano Harry.
 
"Crescerà, cambierà" continuava a ripetere, ma intanto Harry da ben quattro anni si ostinava a voler giocare solo con Louis, tagliando fuori gli altri bambini. La signora Styles si passò per l'ennesima volta le mani tra i capelli, segno di estrema preoccupazione, e si avvicinò alla finestra per chiamare il figlio.
 
"Harry, saluta Louis! È pronta la cena!"
 
Vide il figlio salutare con la mano il suo amico e avvicinarsi alla porta. Ne avevano parlato a lungo e Anne era riuscita a convincere Harry a non far entrare Louis in casa, o almeno così credeva. Qualche volta infatti, Harry faceva sgattaiolare Louis di nascosto nella sua cameretta, Louis che era così agile e leggero che raggiungere la finestra della stanza di Harry era facile, con i rami del grande salice che crescevano come gradini. Quella sera, per esempio, Louis rimase con Harry. Si arrampicò di nascosto sui rami del vecchio albero ed entrò dalla finestra che l’amico aveva lasciato aperta, aspettando fino a quando non sentì i passi leggeri di Harry salire le scale.
 
 "Hai già finito di cenare?"
 
"Ho fatto in fretta. Sapevo che eri qui ad aspettarmi."
 
Louis sorrise, annuendo leggermente con il capo. "Possiamo continuare a giocare, se non sei stanco."
 
Louis sapeva che ogni tanto ad Harry mancava il fiato e che aveva bisogno di più tempo rispetto agli altri bambini per riprendersi dopo una lunga corsa.
 
"No, ce la faccio" disse Harry "Voglio giocare."
 
 
                                                                                        ****
 
 
"Harry, sveglia" la voce di sua madre lo raggiunse gradualmente, attraversando uno ad uno gli strati di nebbia che gli offuscavano il cervello "Sono già le 10! La signora Portman ti aspetta tra un'ora per aiutarla a sgombrare la biblioteca."
 
"La signora Portman." Un pensiero colpì il cervello di Harry all'improvviso, scuotendolo dal suo sonno. La signora Portman era la loro vecchia vicina, la stessa che quando lui era piccolo aveva preteso di essere chiamata zia e che ora che aveva 19 anni non si stancava mai di viziarlo. La stessa che nella sua lunga vita aveva accumulato centinaia e centinaia di libri, tutti ammassati nella stanza sul retro, quella più grande. La stessa che ora aveva deciso di ordinare quei libri in ordine alfabetico e aveva praticamente costretto Harry a fare il lavoro per lei.
 
"Mi vesto e vado, mamma" disse Harry. All'idea di faticare tutto il giorno si era già rassegnato, rimandare non sarebbe servito a niente.
 
 
                                                                                           ****
 
 
La biblioteca della signora Portman era disordinata e buia. Le finestre erano piccole e strette, collocate sulla parte più alta della parete ed Harry le aprì aiutandosi con un bastone che la sua vicina gli aveva messo a disposizione, sganciando l'anello che le teneva sigillate. Un pò della polvere millenaria accumulata nella stanza uscì dalla stanza, permettendo ad Harry di respirare un po’ più facilmente.
 
"Ehi, Harry!" la voce squillante di Louis alle sue spalle lo fece sobbalzare.
 
"Louis! Come hai fatto ad entrare?"
 
"Ero venuto a cercarti a casa e ti ho visto entrare qui. La porta era aperta."
 
"Sì la signora Portman è uscita e credo che si sia dimenticata di chiudere" disse Harry " Sono felice che tu sia qui. Mi serve un pò di compagnia."
 
Harry era contento che Louis non si fosse fatto vedere a casa sua. Erano anni che sua madre aveva problemi con lui, anche se Harry non capiva il motivo.
 
"Louis non esiste, Harry" gli aveva detto così tante volte che in alcuni momenti Harry non poteva fare altro che crederci "È solo un residuo della tua infanzia. Il tuo vecchio amico immaginario"
 
Ma Harry si chiedeva perché, se sua madre aveva ragione, lui continuava a vedere Louis anche ora che aveva 19 anni e non era più un bambino.
 
"Louis non è veramente lì a parlare con te" aveva detto suo padre, centinaia di volte, prima di andare via e non tornare mai più.
 
Ma allora perché Louis era sempre stato l'unico disposto ad ascoltare Harry quando lui ne aveva bisogno? Quando suo padre se ne era andato? Quando sua madre passava giorno e notte e piangere? A volte Harry pensava che forse sua madre aveva ragione, che forse era solo lui a vedere Louis, e questo sicuramente non andava bene. Ma poi lo vedeva così chiaramente davanti ai suoi occhi che non riusciva a fare a meno di parlare con lui, di toccarlo, di accarezzare i suoi capelli. Louis aveva i capelli corti, ma Harry non aveva mai avuto problemi ad affondarci dentro le dita, come un bambino in un barattolo di nutella. E la cose che piaceva di più ad Harry, che lo faceva letteralmente impazzire, era che Louis non lo fermava mai. In quei momenti in cui erano da soli Harry dimenticava di dover sempre obbedire ad una madre così oppressiva e si sfogava con Louis fino a quando non ne aveva più. Quando Harry aveva 14 anni, e i suoi ormoni non la smettevano di offuscargli i pensieri, Louis era stato il primo a capire di cosa avesse bisogno. Lo aveva raggiunto in camera sua una notte, sempre salendo sul salice che cresceva vicino alla sua finestra, e aveva lasciato che Harry lo accarezzasse quanto voleva. Harry aveva esplorato il corpo di Louis e aveva scoperto che non c'era niente che non gli piacesse. La pelle liscia e gli occhi cristallini, le dita sottili e le sua labbra...soprattutto le sue labbra. Harry aveva esitato un attimo e poi lo aveva baciato una volta. Il suo primo bacio. Lo aveva baciato una seconda volta. Il suo secondo bacio. Louis lo aveva lasciato fare fino al terzo bacio, ma al quarto era intervenuto e gliene aveva regalato uno vero, con la lingua e tutto il resto. Le mani che scivolavano lungo la schiena e i loro corpi premuti come se fossero uno. Harry aveva capito che lo amava proprio in quel momento, mentre Louis gli tirava piano i capelli e gli affondava di nuovo la lingua tra i denti.
 
"A che punto sei con questi libri?" chiese Louis distogliendolo dai suoi pensieri. Era seduto per terra a gambe incrociate,la mani sulle ginocchia. Harry era davanti a lui con la testa sepolta tra i volumi infiniti.
 
"Sono solo alla C" rispose seccato. Non vedeva l'ora di finire per passare un pò di tempo con lui.
 
"Dovrei spostare questa libreria per fare più spazio" disse Harry pensando ad alta voce  “Non deve essere tanto pesante"
 
"Sicuro?" chiese Louis in tono dubbioso.
 
"Sono forte abbastanza." Harry poggiò i palmi delle mani sul lato corto della libreria e cominciò a spingere piano e poi sempre più forte. La libreria iniziò a muoversi un centimetro alla volta, lentamente. Dopo qualche passo, Harry si accorse dell'irregolarità nel pavimento che bloccava il suo passaggio. Spinse più forte per superarla, ma il risultato fu disastroso. La libreria si sbilanciò in avanti e poi cadde definitivamente, provocando una reazione a catena e trascinando con sè anche le altre librerie.
 
"Harry, attento!" urlò Louis. Harry si piegò per evitare che una pioggia di volumi pesanti e polverosi gli si abbattesse sulla testa. Si rannicchiò sul pavimento e nascose la testa tra le braccia mentre intorno a lui tutto cadeva. Quando riaprì gli occhi il pavimento era ricoperto di libri e la porta della stanza, la loro unica possibilità di uscita, completamente bloccata.
 
“Harry, tutto bene?” disse Louis con tono preoccupato.
 
Harry sentì le sue mani sollevarlo da terra e in pochi secondi si trovò in piedi. “Tutto bene, credo. Niente di rotto.”
 
Entrambi si guardarono intorno, realizzando solo in quel momento il disastro che li circondava. Le librerie erano cadute come delle tessere del domino e i pesanti volumi che contenevano ricoprivano il pavimento, lasciando solo poco spazio a disposizione per camminare. Una coltre di polvere si era alzata dalle vecchie pagine ed Harry cominciava già a fare fatica a respirare.
 
“La porta è bloccata” constatò Louis accomodandosi su una pila di libri lì vicino “Non riusciremo mai a spostare tutto quel peso” disse poi indicando le pesanti librerie che gli sbarravano la strada.
“Spero solo che la signora Portman torni presto, allora.”
 
“Non hai il cellulare?”
 
“E’ a casa. Abito qui accanto, non pensavo mi potesse servire” spiegò Harry “non pensavo di rimanere bloccato in questa biblioteca del cazzo!” esclamò raggiungendo Louis sulla catasta di libri.
 
Harry gettò un’occhiata alle finestre e si calmò un po’ vedendo che erano ancora aperte, anche se solo per uno spiraglio. La luce riusciva a filtrare e Harry sentiva anche un fioco filo di vento arrivargli attraverso la coltre di polvere.
 
“Respira e stai calmo. Respira e stai calmo” disse a sé stesso mentre cercava con le dita la mano di Louis. La raggiunse e la afferrò, tenendola stretta.
 
“Non ti agitare” sussurrò Louis cercando di calmarlo. Sapeva che tutta quella polvere non poteva di certo fare bene ad Harry, ma del resto non c’era altra soluzione che aspettare la signora Portman. Louis accarezzò con la mano libera il viso dell’altro ragazzo, delicatamente, e portò la bocca sulle sue labbra. Lo baciò lentamente, in modo che Harry avesse modo di scacciare l’ansia che lo bloccava e concentrarsi su di lui. Quando si staccò, gli occhi di Harry erano più calmi, più chiari, come se il ragazzo si fosse liberato di un grosso peso.
 
Louis sentì la mano di Harry afferrare la sua maglietta e tirarla verso l’alto.
 
“La vuoi togliere?” chiese Louis divertito.
 
“Sì” rispose semplicemente Harry.
 
Ma Louis poteva vedere che non voleva solo togliere la maglietta. Voleva spogliarlo completamente e baciarlo lì dove nessuno lo aveva mai baciato.
 
“Sono mesi che te lo chiedo” insisté Harry “che ti prego”
 
“E sono mesi che ti rispondo la stessa cosa” disse Louis “Devi aspettare. Dobbiamo aspettare.”
 
“Ma perché?”
 
Se la voce di Harry fosse stata una frusta, Louis avrebbe ricevuto una frustata in piena faccia.
 
“Lo sai perché, Harry. Lo so che in fondo lo sai.”
 
“E’ per quella cazzata dell’amico immaginario?” sibilò Harry “Anche tu?”
 
“Ti spiegherò una cosa, Harry” disse Louis in tono conciliante “Non ti assicuro che capirai, ma dovrai fare uno sforzo. Non c’è occasione più adatta di questa. Siamo soli, e nessuno ci potrà disturbare per un bel po’”
 
Harry annuì, mollando finalmente la presa sulla maglietta di Louis e cercando una posizione più comoda tra i libri. Gli sembrava che  Louis stesse per raccontargli una storia,una di quelle interessanti, come faceva sua madre quando era molto piccolo, prima che tutto nella sua famiglia andasse a rotoli.
 
“Molti bambini hanno degli amici immaginari, questo lo sai, vero?” chiese Louis. Era una domanda retorica, lo sapevano entrambi, ma Harry fece comunque un cenno con la testa per far vedere che lo stava seguendo “Tu, naturalmente, eri uno di loro. Quando eri piccolo giocavamo insieme, quando sei cresciuto siamo passati ad altro, ricordi no?” un sorriso apparve sulle labbra di entrambi al ricordo del loro primo bacio.
 
“Ma la verità è che quelli che i bambini vedono non sono degli “amici”. Sono delle possibilità che gli vengono date.”
 
“Che genere di possibilità?” chiese Harry. La curiosità lo aveva spinto sull’orlo della pila di libri e ormai pendeva da ogni singola parola che usciva dalle labbra di Louis.
 
“La possibilità di conoscere la propria anima gemella” spiegò Louis, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
 
“L’anima gemella?” ripeté Harry. Louis non diede segno di averlo sentito e continuò con il suo racconto. Era concentrato perché voleva a tutti i costi che Harry capisse, che non lo fraintendesse.
 
“Ma il punto è… hai fatto caso che quando i bambini crescono tutti i loro amici immaginari scompaiono?”
 
“Certo, è quello che mio padre ha sperato per anni.”
 
“In realtà non scompaiono. Si limitano a diventare invisibili anche per i bambini con cui giocavano fino al giorno prima, così come lo sono sempre stati per i loro genitori.”
 
“Ma con me non è successo.”
 
Se Harry era convinto che Louis fosse reale – non poteva farne a meno, era proprio lì, davanti a lui-  negli anni aveva anche capito che lui era l’unico a poterlo vedere. Louis andava e veniva, a volte lasciando Harry da solo per interi mesi, ma tornava sempre. Quando Harry era cresciuto si era cominciato a domandare perché Louis non andasse a scuola come lui, o perché non lo invitasse mai a casa sua. Ma non aveva mai cercato di trovare una risposta a quelle domande per paura che Louis lo potesse abbandonare, se avesse indagato troppo.
 
“Esatto” disse Louis “con te non è successo. Io sono ancora qui.”
 
“Ma perché?”
 
“Può succedere, a volte. Ci sono alcune persone, tu, ad esempio, più sensibili delle altre. Queste persone riescono a mantenere il collegamento con la loro anima gemella anche una volta cresciute, e queste stesse persone, Harry, sono quelle più fortunate”
 
“In che modo posso essere fortunato?” chiese Harry “La mia famiglia mi crede pazzo perché ho passato la mia intera vita a parlare con una persona che loro non vedono, a baciare una persona che loro non vedono, a desiderare…” Harry si interruppe, colpito da un improvviso lampo di comprensione “Aspetta, è per questo che non hai mai voluto…ehm…andare oltre con me?
 
“Esatto!” Louis si esibì in un piccolo applauso canzonatorio e sorrise “Io non sono reale, Harry, sono solo una proiezione.”
 
Harry abbassò il viso e si portò le mani tra i capelli. Una proiezione? La persona più importante della sua vita era solo una proiezione?
 
“Una proiezione di una persona reale, Harry.”
 
“Aspetta, vuoi dire che esiste un te reale? Un te che possono vedere tutti?”
 
Vide Louis annuire e sentì il suo cuore riempirsi di gioia. Avrebbe finalmente potuto mostrare Louis a tutti, senza bisogno di essere preso per pazzo.
 
“Ma come faccio a trovarlo? A trovarti?” chiese Harry, ancora sconvolto da quelle rivelazioni.
 
“J, 14” rispose Louis “Devi guardare in J- 14” e con quelle parole scomparve, lasciando Harry da solo.
 
Harry divenne di nuovo cosciente della polvere che lo circondava e che gli rendeva difficile respirare, tutta quella polvere che fino a quel momento non gli aveva dato fastidio perché c’era Louis con lui. Cercò di calmarsi e di fare piccoli respiri, per evitare che altra polvere gli entrasse nei polmoni, e ci riuscì solo dopo alcuni minuti. Doveva essere in grado di pensare chiaramente per riuscire a capire il messaggio criptico di Louis. J,14.
 
Lanciò uno sguardo intorno sé, per l’ennesima volta da quando era rimasto chiuso lì dentro e passò di nuovo in rassegna il mare di libri che lo circondava. Avrebbe dovuto finire di mettere in ordine prima dell’arrivo della signora Portman, altrimenti sua madre lo avrebbe rimproverato per il resto della sua vita. Continuando a riflettere sulle ultime parole di Louis, cominciò a raccogliere i primi volumi, cercando di ordinarli in pile divise in ordine alfabetico. Non poteva sollevare le librerie cadute, ma poteva almeno cercare di mettere in ordine i libri. Andò avanti ad un ritmo regolare per minuti e minuti, perdendo la cognizione del tempo, fino a quando non arrivò alla pila di autori il cui cognome iniziava con la J.
 
“Ma certo!” esclamò Harry, battendosi una mano sulla fronte.
 
Si chinò sul pavimento, cominciando a cercare disperatamente tutti gli autori sotto la lettera J. Erano tanti, ma Harry riuscì a raccoglierli tutti ai suoi piedi, impilandoli in ordine alfabetico.
 
“Dodici, tredici…quattordici!” afferrò il quattordicesimo volume e lo sfogliò con foga, cercando un qualsiasi messaggio. Un foglietto, un pezzo di carta qualunque, ma non c’era niente. Sfogliò il libro con più delicatezza, aprendolo alla prima pagina.
 
Per –H,
diceva la prima riga del messaggio. La speranza che era nata nel petto di Harry scomparve subito. Il resto del testo era un serie incomprensibile di numeri che Harry non riusciva a decifrare.
 
“Harry!” la voce acuta e tremolante della signora Porter lo raggiunse attraverso la porta e le librerie cadute “Harry, che cose è successo?”
 
Harry strappò la prima pagina del libro che aveva in mano e se lo infilò nella tasca dei jeans. Poi si avvicinò alla porta il più possibile, pronto a spiegare alla sua vicina il disastro che aveva combinato.
 
                                                                                           ***
 
Sua madre aveva stabilito che Harry non avrebbe più potuto uscire di casa per un mese, come minimo, ma a lui non importava. Nella sua cameretta c’era il computer, tutto ciò che gli serviva per decifrare il messaggio trovato nel libro. Digitò la serie di numeri nella barra di ricerca e spinse invio, aspettando trepidante quei pochi secondi necessari al motore di ricerca per trovare i risultati.
 
Harry seppe all’istante di aver fatto la cosa giusta. Quei numeri erano coordinate geografiche e ora sullo schermo del suo computer appariva lo stesso indirizzo, ripetuto all’infinito.
 
“E’ qui vicino, in centro” disse Harry ad alta voce. Decise che sarebbe andato la mattina seguente. Sarebbe scappato dalla finestra e avrebbe corso fino all’angolo della strada, dove sua madre non avrebbe più potuto vederlo. Probabilmente si sarebbe guadagnato un altro mese di punizione, ma non poteva fare altro. Doveva trovare Louis.
 
                                                                                               ***
L’indirizzo corrispondeva ad uno studio di uno psicologo. La fronte di Harry si aggrottò per la perplessità mentre stava fermo davanti al portone, fissando la targa che aveva di fronte.
 
John Stuart, 3 piano.
 
Harry spinse il pesante portone d’ingresso ed entrò nel palazzo, raggiungendo lo studio di Stuart, e venne accolto da una segretaria all’ingresso che subito gli chiese se avesse un appuntamento.
 
“No” rispose Harry “ma non ci vorrà molto. Devo solo parlare con il signor Stuart per pochi minuti. Io mi chiamo Harry. Harry Styles.”
 
La segretaria annuì e scomparve in una delle molte stanze dello studio, per tornare pochi secondi dopo con un sorriso sulle labbra.
 
“Prego, il signor Stuart la aspetta nel suo studio, è in fondo a sinistra.”
 
Harry seguì le direttive ed entrò in una stanza piccola ma ben illuminata. Stuart sedeva dietro la scrivania con gli occhiali appoggiati sulla fronte, le mani impegnate a scrivere sul computer. Quando sentì aprirsi la porta però, alzò subito lo sguardo sul ragazzo.
 
“Harry, suppongo.”
 
Harry riuscì ad accennare un sorriso e annuì a stento, sedendosi su una poltrona libera senza aspettare che Stuart lo invitasse ad accomodarsi. Era stanco e non vedeva l’ora di trovare Louis, il vero Louis. Una domanda gli attraversò la mente, come un treno sui binari.
Lo avrebbe riconosciuto? O sarebbero stati dei completi estranei?
 
Harry si rilassò sulla poltrona e si preparò a raccontare la sua storia alla psicologo. Se lo avesse potuto aiutare gli avrebbe fatto un grande favore, altrimenti avrebbe continuato a cercare Louis in altri modi, anche se non sapeva ancora bene quali.
 
 
                                                                                                                ***
Quando Harry ebbe finito di raccontare, Stuart lo fissò ancora per un attimo e poi fece un gran respiro.
 
“Conosco Louis. Lo conosco da anni, a dire il vero. È un mio paziente, sua madre lo ha mandato da me perché, come te, continuava a parlare con una persona invisibile agli altri anche dopo essere uscito dall’infanzia” disse lo psicologo “Dopo il tuo racconto, si spiegano molte cose. Sapevo che le descrizioni di Louis erano troppo dettagliate per essere solo i residui dei ricordi di un bambino molto fantasioso. E ora che ti vedo, mi rendo conto che in tutti questi anni Louis non ha fatto altro che descrivere te.”
 
“Quindi Louis, il vero Louis,è andata da uno psicologo” pensò Harry “ I suoi genitori hanno cercato di prendersi cura di lui. A mia madre non è mai importato niente, altrimenti credo che avrei fatto la stessa fine”
 
“Mi sa dire dove lo posso trovare?” chiese Harry rivolto a Stuart. Sedeva sull’orlo della sedia, i muscoli in tensione, pronto ad uscire dallo studio e a raggiungere Louis, dovunque fosse.
 
“Ha un appuntamento con me tra poco. Perché non aspetti?”
 
 
                                                                                                  ***
Era passato un anno da quando il signor Stuart aveva fatto aspettare Harry nella piccola sala di attesa del suo studio. Ripensandoci ora, Harry poteva ancora percepire tutta l’ansia che gli scorreva nelle vene in quei momenti e la paura di perdere Louis per sempre. Ma adesso gli bastava solamente girare lo sguardo per tranquillizzarsi, perché Louis era lì con lui.
 
Erano di nuovo nella biblioteca della signora Portman, che stranamente aveva di nuovo chiesto l’aiuto di Harry. Le librerie naturalmente erano state sollevate e questa volta la sua vicina le aveva fatte fissare alla parete, in modo che non si ripetesse quello che era successo un anno prima.
 
“Lo sai” disse Harry “ è qui che Louis, cioè, la tua proiezione, mi ha spiegato tutto.”
 
Louis, il Louis reale, annuì. Anche lui, quando si erano incontrati, sapeva già tutta la storia, ma il suo Harry, la sua proiezione, era già sparita da un pezzo, lasciandolo con un indizio che il ragazzo non era riuscito a decifrare. Anche lui aveva ricevuto dei numeri apparentemente senza senso ma che in realtà corrispondevano alle coordinate della casa di Harry.
 
“Te lo ripeterò all’infinito” disse Louis “ Sei stato un genio a capire che i numeri erano delle coordinate.”
 
“Non era poi così difficile.” rispose Harry, osservando Louis che lo aiutava a mettere in ordine i libri. A volte, mentre lo guardava, Harry si stupiva ancora di quanto Louis fosse concreto rispetto alla sua proiezione, con cui aveva condiviso così tanti anni della sua vita. Il Louis che ora aveva davanti aveva la pelle più chiara e gli occhi ancora più brillanti, se possibile. La risata più acuta e i capelli più morbidi. Era anche molto meno permissivo della sua proiezione, ma Harry aveva capito che questo aspetto faceva parte dell’essere una persona reale. Questo Louis gli poneva dei limiti, ma ad Harry andava bene così. Si sentiva finalmente trattato come una persona normale.
 
“In questa stanza ho anche provato a spogliarti … per la centesima volta” disse ancora Harry, questa volta sorridendo “ma la tua proiezione mi ha bloccato. Non voleva che fosse… così poco reale.”
 
“Aveva ragione.” disse Louis,dandogli le spalle, ancora concentrato sui libri “Avevo ragione.”
 
Sentì le braccia di Harry circondarlo da dietro, e la sua schiena aderire con il petto del ragazzo. Subito dopo percepì le labbra di Harry sul suo collo e la  maglietta scorrergli sulla pelle e passargli davanti agli occhi per poi cadere sul pavimento.
 
“E’ più reale ora?” sussurrò Harry nel suo orecchio, facendogli scendere un brivido freddo lungo la schiena.
 
Ma Louis non fece in tempo a rispondere che sì, sì, quello era tutto ciò che aveva sempre sognato, perché il fiato gli mancava a causa di quel ragazzo dietro di lui, un ragazzo vero, vero in una maniera inimmaginabile mentre lo spogliava e lo baciava ovunque, e visibile agli occhi di tutti. Quello che aveva desiderato per tutta la vita.


Ecco il secondo capitolo di questa raccolta!! Come avrete visto oltre agli spazi chiusi, in questa one shot c'è anche un pò di sovrannaturale che spero di essere riuscita a rendere bene. Spero che la storia vi piaccia e che sia riuscita a spiegare bene la questione dell'anima gemella. Nel caso in cui invece non ci sia riuscita, e vogliate dei chiarimenti, scrivetemi pure! Sarò felice di rispondere alle vostre domande! :)

A presto!

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