V per Vendetta

di haphazard
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Questa storia è un esperimento. Non so se vi piace, però ho delle idee. Solo, non so se portarle avanti o meno. La storia sarà un miscuglio tra commedia, romanticismo, erotismo (ci sta sempre u.u) e qualche dramma messo qua e là (tranquilli, niente di tanto drammatico). Il che è difficile, ma voglio provarci. Voi mi seguirete?

Questa è solo l’introduzione: il primo vero capitolo è già scritto, lo pubblicherò a breve.

p.s.: so che dall’introduzione può sembrare, ma la storia non tratterà di un Edward violento. Solo… rigido ed autoritario, lol. La copertina mi è stata gentilmente creata da elenri.

 

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Introduzione


“Non posso sposarlo, Bella. Non lo amo…”

Queste sono le ultime parole che una sposa dovrebbe pronunciare pensando al suo futuro sposo. Anzi, non le dovrebbe proprio pronunciare. O per lo meno, non davanti alla sua wedding planner.

“Tanya, scherzi?” domando con una risatina veloce.

Ovviamente scherza. Non può dire seriamente, e per ben tre motivi.

Motivo numero uno: Edward è uno degli uomini più belli della città – avrei potuto dire ‘del mondo intero’, ma non voglio esagerare – e, oggi giorno, un motivo come questo basta e avanza. Solo due matrimoni su cinque si basano sul vero amore, dopotutto.

Motivo numero due: Tanya è perfetta per Edward. Docile, bella, gentile e di buona famiglia. La moglie perfetta per un uomo importante quale è il suo futuro marito. Sono perfetti l’uno per l’altro.

Motivo numero tre: ho una cotta per Edward da quando l’ho visto in uno di quei giornalini di gossip che compravo all’età di quindici anni. È stato già il colmo ritrovarmi come primo incarico da wedding planner la preparazione del matrimonio dell’uomo di cui sono ancora cotta, figuriamoci sapere che la donna più fortunata del mondo, per chissà quale capriccio, rifiuta di sposarlo.

Quindi, certo che scherza. Scherzo di pessimo gusto, ma pur sempre scherzo è. Ma quando sento il suo sospiro afflitto, un brivido mi corre lungo la spina dorsale.

Il colmo sarebbe anche stare per organizzare un matrimonio per la prima volta e che il tuo primo incarico vada subito a monte. Tanya non può farmi una cosa del genere.

Per quanto il mio cuore si rifiuti, ho bisogno anche io – oltre alle due famiglie degli sposi – che questo matrimonio si celebri. Ho finito quest’anno la scuola, e sono stati anni difficilissimi.

Tutti sanno della disgrazia che ha colpito mio padre circa due anni fa, eppure sono riuscita a completare gli studi e a diplomarmi. Avrei voluto continuare, frequentare l’università per poter insegnare, ma purtroppo non sempre le cose vanno come vogliamo noi.

E comunque, sono stata fortunata: non solo essere una wedding planner mi piace, ma questo primo incarico mi è stato dato senza nemmeno far parte di un’agenzia.

Io e Tanya abbiamo un’amica in comune che le aveva parlato di me, e lei cercava alla svelta qualcuno di cui fidarsi, visto che il tempo scarseggiava. Quando ci siamo incontrate mi aveva spiegato che avrebbe tanto voluto occuparsi lei di questo matrimonio ma che non ne era stata capace.

Ho accettato nonostante questo fosse il matrimonio dell’anno e non potevo permettermi nemmeno di sbagliare un fiore all’occhiello. Ed è proprio per questo che ho accettato: essendo considerato il matrimonio dell’anno, se piacerà tutti si chiederanno chi è stata l’organizzatrice, e quindi vien spontaneo immaginare tante richieste arrivare.

È quello che mi auguro, per lo meno…

“Non lo amo, capisci? Non lo amo, e lui non ama me. È sbagliato sposarsi per qualsivoglia motivo che non sia l’amore” riprende la futura – spero – sposa.

“Ma nessuno ormai si sposa per amore. Mi dispiace dirtelo, ma è così. E Edward ti ama, ne sono sicura…” cerco di convincerla.

In realtà non si direbbe. Edward non ama mostrare le sue emozioni, è un uomo molto freddo. O almeno, lo è in pubblico.

“No, Bella. Non mi ama. E di certo io non amo lui. Io… io amo… Eleazar” rivela, osservandomi titubante.

Appunto un altro ago nel vestito da sposa, continuando a prenderle le misure. Sono già dieci minuti che lo indossa, forse è per questo che da’ i numeri. “Eleazar, certo…” ripeto, non ascoltando veramente. Poi, come un lampo, le sue parole penetrano nel mio cervello, e la fisso con occhi sgranati. “Eleazar?!

Forse sentendosi a disagio sotto il mio sguardo inquisitorio, Tanya si allontana bruscamente da me afferrandosi il vestito. “Sì, proprio lui” conferma dandomi le spalle.

“Oh mio Dio. Tanya, è sposato! E poi avrà dieci anni in più di te!”

“E con questo?” sbotta, voltandosi di nuovo e trafiggendomi con lo sguardo. “Edward ha sette anni in più di me, tre anni non fanno la differenza. Inoltre, se non sbaglio, Edward con te si toglie proprio dieci anni” mi fa notare, e io sussulto.

“Cosa c’entro io, ora?” chiedo con un fil di voce.

“Oh, ti prego. È chiaro come il sole che sei cotta di lui. Non fai altro che fissarlo e ti irriti a morte quando mostra un qualche segno d’affetto nei miei confronti. Ammettilo.”

Non riesco a credere alle sue parole, ma nemmeno alla sua calma. Lei non lo doveva sapere, e non dovrebbe reagire neanche come se mi stesse semplicemente comunicando l’orario.

Fa un passo in avanti, con sguardo supplicante. “L’amore ci prende sempre alla sprovvista, non è vero? Non possiamo scegliere chi amare, perché l’amore ci colpisce improvvisamente e quando meno te lo aspetti. La leggenda su Cupido è nata pure per qualcosa, no? L’amore è quella dannata freccia: dovrebbe mirare a qualcuno adatto a noi, ma basta sbagliare di un millimetro, ed eccoti innamorata di un uomo che mai avresti voluto amare. E quando lo ami, non puoi fare altro che arrenderti. E poi combattere per lui o lasciarlo andare. E io ho tutta l’intenzione di combattere per Eleazar, soprattutto se lui mi ama come io amo lui.”

Chiudo gli occhi per un istante. Troppe notizie tutte insieme…

“Edward non mi ama. Ogni donna merita di stare con un uomo che la sappia amare come è giusto che sia. Non voglio accontentarmi di quelle rare dimostrazioni d’affetto di Edward, sapendo anche che comunque sono soltanto a beneficio di chi ci sta intorno. Sapessi com’è Eleazar, invece… è l’opposto, e io sono felice quando sto con lui” continua Tanya, gli occhi che le brillano al solo pensare all’uomo che ama.

Poi mi guarda, e io capisco.

“Vuoi annullare seriamente il matrimonio?” sussurro.

Sto quasi per sentirmi male. Tanya mi ha già dato l’anticipo, e non dubito che, matrimonio o no, mi pagherà l’intero compenso. Ma circoleranno voci su voci a proposito di questo matrimonio fallito, e i più maligni daranno la colpa alla wedding planner che non ha saputo organizzare una festa degna di una regina quale sarebbe stata Tanya. O semplicemente che porti sfiga.

Sorride, togliendosi velocemente l’abito. “Il matrimonio può comunque farsi” risponde con tranquillità. In completo di pizzo bianco, mi lancia con un sorrisino soddisfatto l’abito nuziale che afferro al volo. “Basta semplicemente che lo indossi tu.”

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei ringraziarvi per la calorosa accoglienza che mi avete dato. Le cose già da questo periodo si faranno interessanti, e sto già provvedendo per il secondo capitolo (se si esclude l’introduzione scorsa).

Buona lettura.

 

 

Capitolo 1 

 

Tre giorni dopo, il finimondo.

Avevo preso quella minuscola crisi come quella normalissima crisi che affrontano tutte le spose che puntano troppo sull’organizzazione del matrimonio, e Tanya dopotutto aveva poi continuato a sorridere radiosa durante invertiste e foto – il matrimonio dell’anno, d’altronde, deve essere pubblicizzato al massimo –.

Quando inoltre mi aveva proposto di sposarmi al posto suo, avevo semplicemente riso e Tanya, a disagio – forse si era finalmente resa conto della sua pazzia –, aveva lasciato cadere il discorso.

Nessuno, soprattutto io, poteva immaginarsi che la sua tranquillità e radiosità della ragazza era dovuta al suo progetto in corso di scappare con Eleazar.

I giornali, i siti online, la televisione, tutti gli esponenti della pubblicità, erano scoppiati: ‘La reginetta della moda, Tanya Denali, spicca il volo come il marchio dell’industria del padre’, ‘Bellezza e soldi né ha in abbondanza, ma la moglie? Punto di vista del magnate Edward Cullen’, ‘Cosa avrà spinto la bella Tanya a lasciare il ricco Edward?’, ‘Voci di Tanya Denali: quando la ricchezza è inversamente proporzionale ad un minuscolo particolare’.

I titoli degli articoli non solo era falsi e ipocriti, ma anche parecchio insensibili. E quelli erano solo una minuscola parte del caos che era uscito...

New York stava impazzendo, e con essa anch’io.

Quando lavoravo per Tanya, che abitava in una villetta insieme a Edward ed a uno stuolo di governanti e cameriere, la ragazza aveva fatto in modo di farmi trasferire in una delle camere per il personale, almeno fino a quando non si sarebbe svolto il matrimonio e io sarei potuta ritornare a Forks.

Con Edward non avevo mai neanche parlato, il che è assurdo, ma è davvero così. Per cui salto letteralmente in aria quando la porta della mia stanza, almeno per oggi, si apre rivelando la figura di Edward entrare come una furia chiudendosi il battente alle spalle.

“Lo sapevi, non è vero?” esordisce con rabbia, gli occhi che se potessero mi ucciderebbero.

Oggi dovrebbe essere il mio ultimo giorno, vista la fuga di Tanya. Bel giorno di merda.

Arretro di un passo dalla valigia che stavo preparando, senza sapere che rispondere. Sapevo una parte dei pensieri di Tanya, questo sì. Ma della fuga proprio no. “Io non...” Provo a difendermi ma mi interrompe dopo avermi squadrato attentamente da capo a piedi con espressione sconvolta.

“Mio Dio, ma quanti anni hai? Ci sei almeno maggiorenne?” chiede, il tono di voce beffardo.

Non ho idea del perché, ma mi infastidiscono sia la sua domanda che il suo sarcasmo. “Ovvio che sono maggiorenne, signore. Ma non capisco cosa c’entri la mia età con la fuga della sua fidanzata.”

Oh-oh. Non avrei dovuto pronunciarlo ad alta voce. Forse nessuno l’aveva fatto fin’ora.

I suoi occhi non sono soltanto scuri, ora. Mandano veri e propri lampi al mio indirizzo. “Quindi lo sapevi” afferma con disarmante calma e sicurezza.

Probabilmente sta compiendo un notevole sforzo per non uccidermi con le sue stesse mani. Il che è ridicolo, visto che se proprio vuole uccidere qualcuno dovrebbe uccidere Tanya.

“No, non lo sapevo. Come potevo saperlo?”

“Non sapevi che la mia fidanzata era innamorata di un altro uomo che non era il suo futuro sposo?” chiarisce, il sopracciglio inarcato.

Spaventata com’ero, non mi sono soffermata su quanto fosse bello così arrabbiato. Lo è davvero. La mascella serrata, le braccia incrociate al petto ampio, il corpo fasciato dal completo sicuramente firmato... Sembra un dio greco con la sua folta capigliatura ramata e gli occhi verdi che brillano di rabbia.

Eleazar è senza dubbio bellissimo, ma mi chiedo come Tanya lo abbia potuto preferire all’uomo che mi sta davanti e che al momento mi fissa con astio.

Ricordandomi la sua ultima domanda, sento un forte calore affiorare sulle mie guance e capisco di essere arrossita. Ops, questo lo sapevo. Distolgo lo sguardo a disagio, non sapendo cosa rispondergli.

Ma lui non è della stessa opinione e vuole che ammetta quanto anche io abbia sbagliato nel non dire nulla. “Avanti, rispondi. Lo sapevi o no?”

“Sapevo solo questo” gli rispondo finalmente, osservandolo e sperando che mi creda. “Non sapevo che aveva intenzione di fuggire con Eleazar. Lui è un uomo sposato, dopotutto, ci vuole un gran coraggio per fuggire insieme. Se l’avessi saputo, penso che sarei corsa a dirglielo, anche tradendo la fiducia di Tanya. Era anche nel mio interesse che il matrimonio si svolgesse, non crede?”

Ascoltando le mie parole, sembra pensarci su senza smettere di fissarmi un momento. Forse teme che se abbassasse gli occhi io potrei smetterla di essere così agitata, in modo tale da rilassarmi e non fargli notare che abbia mentito.

Mi sta studiando.

Infine, annuisce. “Quindi non ti ha detto nulla della fuga” osserva, e dal tono usato capisco che mi crede e non mi crede, ancora. “Devo supporre anche che non ti ha nemmeno pagata, essendo stata la cosa improvvisa.”

Ad annuire stavolta sono io. Pensavo che mi avrebbe pagato, qualsiasi fosse stata la sua decisione.

Edward continua a scrutarmi. “E i soldi ovviamente ti servono.”

Direi.

Edward rimane in silenzio, riprendendo ad osservarmi da capo a fondo. Lo vedo soffermarsi sul mio seno e piegare di poco la testa di lato. Che diavolo...?

“Allora, sei pronta a sposarti?” chiede infine, posando finalmente gli occhi sui miei.

Questa volta non nascondo la sorpresa, anche perché sono più che sorpresa. Sono sconvolta.

“Come? Mi prende in giro?” pronuncio con voce oltraggiata.

“Non ho tempo per degli stupidi giochetti, ragazzina. Tanya mi ha lasciato a cinque giorni dalle nozze, e io ho già fatto la figura dell’idiota per essere stato tradito dalla donna che si suppone dovrei amare. Non solo mi ha lasciato, ma è scappata con un altro uomo. È giunto il momento di ricambiare, e tu fai al caso mio” spiega con spaventosa serietà.

Boccheggio in cerca d’aria. “Lei… lei non può dire seriamente... Fino a cinque minuti fa non sapeva nemmeno se fossi maggiorenne o meno!” esclamo, piena di frustrazione.

“A dire il vero, non so nemmeno il tuo nome. Completo, intendo. Tanya parlava dei progressi che facevi chiamandoti col tuo soprannome immagino, Bella” spiega. “Quindi... qual è il tuo nome?”

“Isabella. Isabella Swan.”

So che esistono nomi molto più carini del semplice Isabella. Ho sempre odiato il mio nome per intero. Forse anche a lui non piace perché, giuro, l’espressione del suo viso nasconde tutt’a un tratto un sentimento di odio, quasi. Non so nemmeno il perché, però.

Sembra fare un’enorme fatica per non urlare. Difatti, apre la bocca lentamente, come a respirare per non scoppiare. “Swan? Isabella Marie Swan, giusto? Sei la figlia di Charlie” osserva, con gelida calma.

Non è una domanda, la sua.

Socchiudo la bocca in una minuscola ‘O’, confusa. “Conosce mio padre?” domando, ma nemmeno mi risponde.

Cambia direttamente discorso.

“Sapevo che Charlie Swan aveva una figlia di diciotto anni. Tu ne dimostri quindici, praticamente.”

Mi lascio distrarre, pensando che mi vedeva come una quindicenne forse perché sono senza trucco e ho i capelli raccolti a coda di cavallo. Ma se mi considerava ancora minorenne, come ha potuto propormi di sposarlo? E un momento: come fa lui...?

Legge la confusione nel mio sguardo e sorride, un sorriso che non mi piace. Forse sono paranoica, ma lo vedo come un sorriso maligno. “Sì, conosco tuo padre. E so che è pieno di debiti” commenta cattivo.

Apro bocca per parlare, ma ho superato il mio grado di shock per pronunciare anche solo una sillaba. Lui sa chi è mio padre. E non solo, sa dei suoi debiti e ne ride pure...

Non può essere così cattivo, soprattutto con gente che non conosce.

Ma lui continua, incurante di uccidermi con le sue affermazioni. “Niente mi renderebbe più felice che saperlo vittima dei suoi stessi inganni, ma immagino che vorrai pagare i suoi debiti con i soldi che ti spetteranno come mia moglie. Per cui, fallo pure. Come mia moglie ti spetta una parte del denaro, ma il contratto prematrimoniale servirà pure a tutelarmi. E dopotutto tu pagherai i debiti di tuo padre con la tua parte di soldi. Penserò io al resto” continua sorridendo.

Resto? Ma quale resto!

Eppure, lui deve aver finito, perché dopo aver pronunciato: “Hai cinque giorni di tempo per scegliere l’abito, se lo vuoi cambiare, e terminare la preparazione del matrimonio. Dopodiché, ci vediamo all’altare”, si volta andandosene senza guardarsi indietro.

Ancora troppo sconvolta per raggiungerlo correndo e chiedergli spiegazioni, mi accascio al suolo, lo sguardo fisso nel vuoto.

Non conosco Edward Cullen, ma deve credere in qualcosa di sbagliato per comportarsi così. E a causa di questo malinteso l’ha a morte con mio padre. Questa è la mia unica preoccupazione, al momento. Al diavolo il matrimonio.

///

Improvvisamente, però, il matrimonio diventa il primo pensiero della giornata quando, camminando per le strade di New York, scorgo in un’edicola un giornale che, in bella vista, mostra una fotomontaggio tra me e Edward. Immediatamente, mi avvicino e strappo la rivista appesa, leggendone il contenuto.

Il titolo affermava: ‘Come far diventare il matrimonio dell’anno il matrimonio del secolo: istruzioni per l’uso’. L’articolo era pura spazzatura:

‘Cos’è che riesce ad attirare i lettori di un buon libro? Una bella copertina, protagonisti bellissimi ed eroici, e una trama avvincente composta da romanticismo, coraggio, tradimenti e un pizzico di gelosia. Lo sa bene Isabella Marie Swan, figlia dell’ormai caduto in disgrazia Charlie Swan, il quale ha sperperato la sua intera fortuna in giochi da tavolo e belle donne, negando ai figli un futuro pieno di rassicurazioni e senza problemi. Isabella ha sempre covato un grande sentimento d’amore nei confronti del potente imprenditore Edward Anthony Masen Cullen, ma tra di loro c’è sempre stata la dolce Tanya Denali. Il loro sarebbe stato il matrimonio dell’anno, quando Edward e Tanya avrebbero unito col loro matrimonio due delle famiglie più influenti di New York, segregando l’unione con la nascita di un figlio, futuro erede dei due imperi. Fonti vicino alla coppia scoppiata affermano che Isabella, la loro wedding planner, tentasse sempre in ogni modo di sedurre Edward, ma invano.

‘Isabella è sempre stata innamorata di Edward, fin da piccola. I loro padri si conoscevano, e lei è cresciuta con lui, praticamente. Ma Edward è un uomo di vecchio stampo: il suo rispetto e l’affetto per Tanya erano troppo sinceri per poter cedere alla tentazione.’

Tutto questo fino a quella fatidica notte meno di due settimane fa, quando al matrimonio da favola mancavano solo otto giorni precisi: Isabella è riuscita a far cedere Edward, penetrando nella sua corazza e seducendolo.

E Tanya, ferita dalla notte di passione tra i due, è scappata col cuore spezzato.

Nessuno dei tre ha rilasciato alcuna intervista, ma dagli assistenti dell’imprenditore Cullen sappiamo come adesso il matrimonio avrà una nuova sposa, la bella Isabella.

‘Edward ha scoperto di provare un sentimento più profondo del semplice rispetto per Bella, cosa che lo ha sconvolto profondamente. Non vuole mentire a Tanya, per cui ha deciso di non seguirla perché non è più sicuro dei sentimenti che nutriva per lei. Ma senz’altro, se adesso a sposarsi sarà Isabella, allora ciò significa che lei è riuscita a far innamorare di sé Edward, molto più di quanto ci sia riuscita Tanya. E Isabella è finalmente felice, dopo tanto tempo: è difatti riuscita anche a strappare la promessa al futuro marito di pagare gli immensi debiti del padre’, continua la stessa fonte.

Noi del The Sun pensiamo che ci voglia tantissimo coraggio per comportarsi come ha fatto Edward. È un uomo di grande umiltà: avrebbe potuto chiedere scusa a Tanya e sposare lei, senza rischiare nulla, eppure non l’ha fatto. Non sempre ciò che facciamo è la scelta migliore, ma spesso è anche la più giusta. E sappiamo che avrà sempre la nostra stima e il nostro rispetto.’

“Signorina, questa non è una libreria. La deve pagare quella rivista... Ehi, ma è lei! Cioè, sei tu! Quella del giornale!” esclama l’edicolante, l’espressione dapprima annoiata ora entusiasta.

Più confusa e irritata che mai, poso bruscamente la rivista nelle mani dell’uomo che l’aveva tese per recuperarla e scappo via senza aggiungere altro. Ovviamente, corro in direzione della villa.

Dal primo incontro/scontro con Edward sono trascorsi due giorni nei quali non l’ho proprio visto. La governante mi aveva detto che aveva dovuto lasciare la città per andare a Londra e che sarebbe ritornato prima del matrimonio.

E in questi due giorni ho continuato ad abitare lì perché ancora non avevo chiarito bene con Edward visto che anche lui, come Tanya, è scappato portandosi dietro dubbi su dubbi.

Non c’è che dire, la coppia perfetta.

Ma adesso basta: la governante avrà pure il suo numero, no? Bene. Che me lo dia, io devo parlargli urgentemente.

L’articolo da me letto è senza dubbio uno fra i tanti articoli squallidi che avranno senz’altro pubblicato, e trovo disgustoso l’aver etichettato Tanya come la donna ferita – quando è stata lei ha cominciare tutto –; Edward come l’eroe coraggioso che per amore ha rischiato tutto – quando l’unica cosa che quel mostro sa provare è il risentimento –; e me come la stronza di turno che ha rovinato una delle coppie più romantiche di sempre – quando qui l’unica che davvero non ha fatto un cavolo sono proprio io! –.

Diamine, sapevano pure che Edward si era offerto di pagare i debiti di mio padre!

“Taxi!” urlo alzando velocemente la mano, fermando poi la macchina gialla. Salgo e, indirizzo dato, mi metto comoda sul sedile tentando, invano, di rilassarmi.

Giungiamo a villa Cullen nel giro di quindici minuti e pago l’autista senza aspettare nemmeno che mi dia il resto. Se a quanto pare sarò la moglie di un uomo ricco come Edward Cullen dieci dollari di resto sono niente per me.

Ma tutto è ancora da vedere.

Quando entro nel giardino della villa noto grande fermento. E quando entro in casa capisco anche il perché quando vedo la figura di Edward mentre parla al telefono.

“Com’è andato il viaggio?” gli chiedo con entusiasmo, incurante di chi è all’altro lato del telefono.

Edward, che mi dava le spalle, si volta lanciandomi un’occhiata di fuoco. “Angela, ti richiamo dopo” promette brevemente, chiudendo la chiamata prima che questa Angela possa aggiungere altro. “Particolarmente felice di diventare mia moglie tra soli tre giorni?” chiede senza divertimento o felicità, sia nel tono che nell’espressione.

È solo sarcastico. Il mio odio nei suoi confronti aumenta a dismisura ogni secondo che passa.

“Hai una vaga idea di quello che ho letto? Su di me, su Tanya, su di te... persino su mio padre, ti rendi conto?!” esclamo con vigore, proprio mentre passano due cameriere, ma sono talmente arrabbiata che me ne infischio di essere sentita da qualcuno.

Edward tuttavia, meno propenso allo spettacolo pubblico, si avvicina a me sorridendomi. “Ti ho mai detto quanto mi piaci quando ti arrabbi?”, e senza darmi possibilità di sfuggirgli, mi prende il viso fra le mani e mi bacia.

Cerco subito di scostarmi, ma è così forte che non riesco a smuovermi di un millimetro. Alla fine, è lui ad allontanarsi, l’espressione fredda di ora in netto contrasto con quella di tre secondi fa, piena di calore.

“Vieni con me” esordisce, prendendomi per un gomito e portandomi nel suo studio.

“Non farlo mai più!” esclamo allontanandomi da lui che chiude la porta a chiave.

“E tu fai attenzione a come ti rivolgi a me in presenza del personale” ribatte rimproverandomi.

“Me ne frego! Tu non hai idea di quello che ho letto nel The Sun!”

“Sì, invece.”

La sua rivelazione mi lascia pietrificata. “L’hai letto anche tu?” chiedo.

Edward si toglie la giacca che ancora indossava. Deve essere appena arrivato. “Ho chiamato io il giornalista affinché scrivesse quell’articolo” rivela infine. Apro la bocca, sconvolta da ciò che ho appena sentito. “Sei... sei stato tu?” sussurro. Edward si appoggia con il fondoschiena alla scrivania di legno, incrociando le braccia al petto e fissandomi con gelida freddezza. “Come... come hai potuto far scrivere tutte quelle cattiverie? Perché!” esclamo, improvvisamente arrabbiata.

Lacrime d’umiliazione e rabbia bruciano nei miei occhi.

“Non gli ho dettato il pezzo da scrivere parola per parola. Ho semplicemente detto che io e te ci conoscevamo da sempre grazie all’amicizia tra i nostri genitori e che tu sei sempre stata innamorata di me. Tanya ti ha assunto come wedding planner e tu hai colto l’occasione al volo. Alla fine, nonostante cercassi di non cedere, non ho più saputo resisterti e ho capito anche io di amarti. Tanya è fuggita sconvolta, e noi due ci sposiamo per amore. Alla fine, è la scelta migliore” conclude, come se stesse parlando del tempo.

“La scelta migliore per te!” lo correggo con la voce incrinata, senza più riuscire a distinguere la sua figura per le lacrime. “E poi mio padre... cosa c’entra il rendere pubblico i suoi debiti?”

Un’ombra scura passa sul volto di Edward, e io deglutisco. “Tuo padre? Sarà meglio per lui che non venga al matrimonio.”

“Non ci sarà nessun matrimonio, lo vuoi capire?” urlo ancora, al limite della disperazione, e un singhiozzo esce dalla mia gola mentre le prime lacrime sgorgano dai miei occhi.

“Sì, invece” afferma con forza, allontanandosi dalla sua scrivania e avvicinandosi minaccioso a me. Non mi importa nulla, non indietreggio. Peggio di così non può andare. Posa le sue mani sui miei fianchi, avvicinando e sfiorando il suo corpo col mio. “Vedrai, ti piacerà essere sposata con me” promette, senza tono nella sua voce, né alcun segno di malizia nello sguardo. Per lui è semplicemente un dato di fatto. “Sarà un matrimonio vero, il nostro, e io provvederò a soddisfare ogni tuo capriccio, sia dentro che fuori il talamo nuziale.”

Deglutisco distogliendo lo sguardo, odiandolo in silenzio. Come può pensare ad una cosa del genere in un momento come questo?

Sento le labbra di Edward posarsi sulla mia guancia destra, mentre bacia la scia prodotta dalle mie lacrime. “Sarò un buon marito, te lo prometto” sussurra con voce bassa e roca, stringendomi un po’ di più a sé.

Nonostante nell’articolo ci siano state un sacco di bugie, una sola cosa è vera: ho sempre avuto un debole per Edward e sentirlo così vicino a me non può lasciarmi indifferente.

“Sei vergine?” continua, senza cambiare il tono di voce fin’ora utilizzato.

Immediatamente, l’incanto si spezza e mi irrigidisco, pronta ad allontanarmi. Edward, capendolo, mi stringe con più forza a sé, evitandomi così qualsiasi possibilità di sfuggirgli.

“Lo sei” capisce allora. Ma non c’è traccia di scherno nella sua voce. Le sue labbra si posano sul mio occhio, lasciandomi anche lì un tenero bacio. “Non lo sarai ancora per molto. Tre giorni, mia Bella. Tre giorni e potrai dire addio alla tua verginità” promette solennemente.

E se io non volessi? Se non mi sentissi pronta?

“Sarò delicato. Farò pianissimo” continua spostandosi verso la mia fronte. “Farò talmente piano che sarà doloroso più per me che per te, a forza di trattenermi.”

Trattengo il fiato quando inizio a sentire l’eccitazione di Edward premere sul mio ventre. Stringo le mani che avevo poggiato sulle sue muscolose braccia a pugno nel tentativo di concentrarmi su altro, per evitare di iniziare anche io a sentire i crampi d’eccitazione nello stomaco. Ma non è per niente facile, specialmente quando le sue mani si spostano poi verso il mio fondoschiena e la sua bocca verso il mio orecchio. Il suo fiato caldo mi fa rabbrividire.

“Sei talmente bella...” ricomincia, la sua bocca ora fra i miei capelli. “Voglio la luce accesa nel momento in cui ti farò mia. Voglio guardarti negli occhi quando ti penetrerò a fondo per la prima volta.”

Le sue parole sono talmente persuasive che riesco ad immaginarmi perfettamente quella scena, e a sentirlo già da ora il suo pene deve essere abbastanza grosso. Al solo pensare di essere penetrata con una profonda spinta mi fa trattenere rumorosamente il fiato. È imbarazzante, ma sempre meglio che emettere quel gemito che mi stava scappando senza neanche essere toccata.

In risposta, Edward stringe il mio corpo fra le sue mani. La sua erezione si fa sentire sempre di più. Nemmeno lui è così tanto indifferente come vuole dare a vedere. “Sarà così bello... Non vedo l’ora. Vorrei che fosse oggi il matrimonio, per poter attendere con ansia il momento in cui ti porterò nel mio letto e renderti mia moglie anche di fatto.”

Lo squillo improvviso di un telefono mi fa sussultare fra le sue braccia, spaventandomi. Edward, però, sembra perfettamente a suo agio. Si allontana da me e si siede dietro la scrivania, rispondendo al telefono. “Cullen” risponde, la voce chiara e dura come suo solito.

Lancio un’occhiata alla porta, desiderando di poter scappare. Ma tanto è inutile: Edward, se vuole ancora parlare con me, mi raggiungerebbe in un istante.

“Parigi, Bella?”

Confusa, mi volto verso di lui. “Come?”

“Il viaggio di nozze” spiega. “Parigi ti va bene?”

Forse avrei dovuto andare via. Avrei avuto solo cinque minuti di vantaggio, ma sarebbero bastati per riprendermi dall'intorpidimento che mi avvolge adesso. Ed è questo che mi fa annuire senza dire nulla, nonostante fino a quindici minuti fa gli abbia detto che non volevo affatto sposarmi con lui.

E il suo sorriso divertito è la mia sconfitta. “Va benissimo Parigi, Alec. Prenota pura.”

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Siete meravigliosi. Uno più di un altro. Non sapete quant’è fantastico per me entrare e leggere le vostre recensioni e i vostri messaggio privati. Tutto ciò mi sprona sempre di più a volervi regalare i capitoli uno di seguito a un altro. Ciò che leggerete di seguito – un capitolo lungo e corposo, spero non vi dispiaccia – è tutto merito vostro. Se non mi aveste fatto capire quanto vi piace la storia, senz’altro ancora sarei ai primi 5 righi, del tutto sconfortata. L’avrei terminato, ma in quanto tempo!

Troverete due personaggi nuovi in questo capitolo, fondamentali per la storia anche se non si direbbe. Ci tengo molto a questa e voglio fare le cose con calma per cui vi dico: ci saranno tutti gli altri personaggi. Ci saranno molte cose che vi lasceranno confusi. Ci saranno molte domande per voi. Ma è tutto voluto. A tempo debito, i personaggi si mostreranno e le domande avranno finalmente risposta.

Detto questo, vi lascio alla lettura.

p.s.: alla fine del capitolo troverete delle note. Vi prego di leggerle.

 

 

Capitolo 2

 

Dovrei sentirmi felice. Dovrei assaporare questo momento come vuole la regola.

Un matrimonio è motivo per festeggiare, non per sentirsi più sola che mai. Invece eccomi qui, disgustata dalla figura riflessa dallo specchio.

Quasi non mi riconosco: indosso un lungo abito bianco, ben diverso da quello che avrebbe dovuto indossare Tanya. È indescrivibilmente bello, e se tutto dipendesse solo dall’abito, oserei dire che sarebbe tutto perfetto.

È l’abito dei miei sogni e Edward non mi ha affatto messo un limite alle spese per questo.

Domani. Domani, e tutto sarà compiuto.

Non ho più avuto notizie di Tanya e con molta probabilità nemmeno Edward. Me ne avrebbe parlato… No? Ora il suo ritorno riguarderebbe anche me. Ma nonostante ciò che è successo l’altro giorno nel suo studio dal suo ritorno a Londra, non abbiamo praticamente parlato.

Lui è rinchiuso nel suo studio o da solo o con dei colleghi o con dei dipendenti; io sono ancora troppo arrabbiata e ferita per fare il primo passo.

“Le sta d’incanto, signora.”

La voce melodiosa e oserei dire quasi commossa di Carmen mi provoca brividi sulla schiena. Sì, forse mi sta bene. Ma quanto è sbagliata l’occasione per cui sto indossando quest’abito principesco…

“Aiutami a toglierlo, per favore” mormoro senza tono.

Quasi mi sento male ad indossarlo sapendo la verità, quella verità che sappiamo solo io e Edward. Sempre supponendo, perché io non l’ho raccontato a nessuno, ma lui?

Carmen ha un’espressione confusa sul volto a quel mio brusco ordine e so che vorrebbe chiedermi qualcosa a proposito, solo che non si permette di farmi alcun tipo di domande.

Tre minuti dopo, mi sento come se riprendessi a respirare dopo una lunga apnea quando ritorno ad indossare i miei jeans, la mia camicetta ideale per l’autunno, e le mie converse.

Edward è uno di quegli uomini importanti le cui mogli devono sapersi vestire bene. Sarò ben felice di farlo sfigurare davanti a tutti quando ci sarà qualche evento mondano. Piccole rivincite mensili.

Quando bussano alla porta della mia stanza, Carmen va ad aprire senza che io le dica niente. Sono troppo distratta per capire chi è, lascio fare tutto alla domestica.

“Signora?” mi chiama cinque secondi dopo. “A quanto pare suo padre è venuto a farle visita.”

Ecco che improvvisamente Carmen ha tutta la mia attenzione. Mio padre? Cosa ci fa qui a New York? Lui abita a Forks.

Ma non si tratta di un errore. Quando scendo giù, eccolo lì in salotto.

“Papà” lo chiamo, commossa.

Era da un sacco di tempo che non lo vedevo…

Il suo volto, quando finalmente mi vede, è segnato da rughe profonde e da un’espressione preoccupata. “Dio, Bells, che bello vederti” sussurra avvicinandosi a me.

Nessuno dei due è spontaneo abbastanza da lasciarsi andare a dimostrazioni d’affetto, ma questa volta è diverso. Il mio imminente matrimonio con Edward Cullen lo rende diverso.

“Ho letto la notizia su tutti i giornali che mi capitavano sotto mano. Cosa stai facendo? Perché sposarti proprio con Edward Cullen? Nemmeno sapevo vi conosceste” esordisce fissandomi ansioso.

“Ehm…” Non posso dirgli la verità. Si preoccuperebbe troppo per me.

“Oh, Charlie, mi stupisce la tua domanda. Per quale motivo due persone si devono sposare se non per amore? Dovresti saperlo bene, visto il tuo alquanto improvviso matrimonio con Renée.”

Lancio un’occhiata sorpresa alle mie spalle, scorgendo Edward entrare in salotto con un’espressione tranquilla – apparentemente, riesco a notarlo – e affiancarmi. Dopodiché, poso il mio sguardo su mio padre, bianco in volto ma con sguardo torvo su Edward.

Sento il petto di quest’ultimo sfiorarmi la schiena e mi odio quando mi rendo conto che il contatto mi piace anche troppo. Ma continuo a rimanere confusa da come mio padre fissa il mio futuro marito. Che motivo ne ha?

“Lascia stare mia figlia fuori da questa storia. Lei non ti vuole” sibila mio padre.

Lui mi conosce troppo bene: sono una ragazza piuttosto ordinaria, la cocca di papà. Non farei mai pazzie: sposarmi da un giorno all’altro è una pazzia. Tra l’altro, se fossi stata fidanzata mio padre sarebbe venuto a saperlo. Ergo, avrà pensato – indovinando – che c’era qualcosa sotto.

“Ti sbagli” mormora senza esitazione Edward. “Lei mi vuole. E io sarò felice di darle… tutto ciò che vuole” continua con un pizzico di malizia.

Arrossisco violentemente all’allusione sessuale nascosta nella sua frase e mio padre quasi fuma di rabbia.

“Non la toccherai” pronuncia con rabbia avvicinandosi di un passo verso di me.

Edward forse non aspettava altro: immediatamente mi porta dietro di sé, fronteggiandosi con mio padre. “Troppo tardi” gli risponde con un sorriso gelido sul volto.

“Ora basta!” esclamo con fervore, ponendomi in mezzo ai due.

Sono la più piccola in quella stanza, ma sembra anche che sia la più matura. Il che è ridicolo.

“Papà” mormoro con più calma nella sua decisione. Odio ciò che sto per fare, ma devo. Alla fine, pagherei i suoi debiti e Dio solo sa quanto ho pregato per questo momento. “Amo Edward. Non c’è niente sotto, e voglio sposarlo tanto quanto lui vuole sposare me.”

Mi odio ancora di più per l’espressione di profondo dolore comparire sul viso di mio padre. “Non puoi dire seriamente…” sussurra.

“Mai stata più seria in vita mia.” O più bugiarda, potrei aggiungere.

Charlie non replica. Mi guarda con profonda delusione e per un attimo mi chiedo perché. Capisco che magari l’abbia deluso per non avergli detto niente, ma un rimprovero poteva bastare. Magari chiedermi perché non glielo abbia detto e io avrei trovato una scusa. La sua delusione sembra essere più profonda ma non mi so spiegare quanto.

Senza aggiungere altro, sorpassa me e Edward e se ne va. Apro bocca per chiamarlo e muovo un passo avanti: non può andarsene così! Ma Edward mi ferma e mi fa cenno di no con la testa, maledettamente serio in viso.

Sono talmente sconvolta da quel gesto che lo fisso senza spiaccicare parola e nel frattempo mio padre se n’è già andato.

“Cosa significa tutto questo? È mio padre!”

“Tranquilla. Non ne dubito affatto.”

“Che cosa vorresti insinuare?” ribatto allontanandomi con un brusco gesto dalla sua presa.

“Che tua madre è una brava donna. O magari no” risponde con un sorrisino sfacciato.

È troppo: lo schiaffo parte prima ancora che io possa fare un qualsiasi pensiero logico, ma Edward è più veloce di me e blocca la mano che sta per colpirlo a una spanna dalla sua guancia. La sua espressione è pura rabbia e per un attimo mi pento del mio gesto.

“Non ti azzardare mai più a riprovarci” mi ordina con gelida calma, stringendo ancora di più la presa sul mio polso.

Mi fa male e non manco di farglielo notare, cercando di allontanarmi da lui. Va bene, forse ho sbagliato ma nemmeno lui ha agito con attenzione.

“Perché mio padre ha reagito così?” gli chiedo nella più completa disperazione. La voce mi trema e inizio ad agitarmi: ancora non mi vuole lasciare.

Edward sembra calmarsi di fronte alla mia espressione sconvolta. “No, Isabella, non fare così. Va tutto bene” sussurra con gentilezza.

Sembra così sincero che i miei occhi si appannano di lacrime non versate. Ho paura. Non conosco affatto l’uomo con cui mi sto per sposare, l’ho conosco da pochi giorni e ho scoperto che è altezzoso e rigido, anche troppo per una come me. Se solo potessi ricevere conforto da mio padre… ma lui non c’è, ha deciso di andarsene senza nemmeno spiegarmi le ragioni di questo suo comportamento.

“Non devi preoccuparti” riprende, avvicinandosi a me. Dell’Edward freddo e calcolatore di poco fa non è rimasto più niente. Sembra essere ritornato l’Edward di due giorni fa, quello che mi aveva stretta nel suo studio sussurrandomi parole proibite nell’orecchio.

Sospiro, decidendo di tranquillizzarmi.

Edward potrà essere rude nei modi, ma non è un uomo violento. Famoso com’è, qualcosa sarebbe saltata fuori e soprattutto Tanya si sarebbe confidata con Kate – amica di entrambe – se così fosse stato, e io sarei venuta a saperlo. Inoltre, Tanya non sembrava di certo spaventata nel lasciarlo, voleva solo stare con Eleazar. E infine, se fosse stato violento, Edward avrebbe smosso mari e monti per ritrovare Tanya e vendicarsi violentemente.

Non l’ha fatto. Mi ha solo offerto – diciamo ordinato – un matrimonio in cui lui avrebbe riguadagnato la dignità che Tanya gli aveva fatto perdere, e io avrei aiutato mio padre a pagare quei debiti che non facevano dormire la notte sia lui, che mamma, che me.

Inoltre, è bellissimo, di buona famiglia, e soprattutto ho un debole per lui da tre anni a questa parte. Non c’è amore, ma seriamente: quali coppie oggi giorno si sposano per amore? O si convive, o quando ci si sposa si ci lascia dopo anche soli tre mesi.

Non dico che il mio sarà il matrimonio più felice di tutti i tempi perché non solo è comunque un matrimonio solo per convenienza, ma nemmeno l’ho voluto. Ma Edward ci sta provando, almeno quando posa la maschera da Mr Hyde per tornare in sé.

Oltre a questo, Edward e mio padre si conoscono. Si odiano. In passato deve essere successo qualcosa, ma scommetto che non sarà nulla di così grave. Se lo fosse, io sarei l’ultima persona al mondo con cui Edward vorrebbe sposarsi, visto che dovrebbe sopportare la vista di mio padre, l’uomo con cui ha litigato in passato.

Perché ovviamente non può impedirmi di vedere mio padre. Sarebbe cattiveria pura. È solo la rabbia che lo fa reagire così, lo so. Devo agire con calma, molta calma. Assecondarlo, affinché creda che non sia qualcuno contro cui combattere.

Non appena presa questa decisione, mi rendo conto che sono ancora tra le sue braccia. “E-Edward…” lo chiamo, improvvisamente agitata.

Non c’è malizia nel suo sguardo, non come l’altro giorno. Inarca semplicemente un sopracciglio, aspettando che continui.

“Tu conosci praticamente tutto di me. Io però non conosco nulla di te” gli faccio notare.

“Cosa vuoi sapere?” mi chiede.

Scrollo le spalle, senza sapere da dove cominciare. Vorrei sapere tutto di lui: della sua famiglia, se ha fratelli e sorelle, del suo primo bacio, della sua prima volta… ma non penso che a quest’ultime mi risponderebbe.

I miei occhi si posano sulla sua bocca. Bello com’è, avrà avuto un centinaio di donne, ognuna di loro con esperienze strabilianti. La mia esperienza è stata pomiciare nei sedili dell’auto del mio primo e ultimo ragazzo. A quel pensiero, dimentico tutto ciò che volevo chiedere su di lui, chiedendo altro.

“Il nostro sarà davvero un vero matrimonio?” domando insicura.

Una parte di me, sarei una falsa a negarlo, vorrebbe. Edward è bellissimo e diventerà mio marito. Perché non approfittarne? Ma l’altra non vuole: l’altra volta ha capito che sono vergine e mi ha detto che farà pianissimo, ma dopo? Quando si accorgerà che non so nulla? O meglio, so ciò che serve sapere – in quanto a teoria non ho nulla di cui lamentarmi – ma la pratica lascerebbe molto a desiderare. Non voglio umiliarmi davanti a lui.

“Ovviamente. Sarà un matrimonio vero in tutti i sensi” risponde tranquillamente lui facendomi scontrare la schiena con la sua scrivania, premendosi poi a me.

Non c’è bisogno di un genio per capire che ‘in tutti i sensi’ indica solo un senso: i doveri coniugali.

“Ma…” Mi fermo. Stavo per ammettere le mie paure davanti a lui, ma non voglio che Edward ne sappia niente. 

“Cosa c’è, Isabella?” mi chiede con tono di voce seducente, prendendomi fra le braccia e issandomi sulla scrivania. Sorride maliziosamente. Forse ha capito, o forse mi vuole solo prendere in giro.

Mi irrigidisco: non voglio che stia fra le mie gambe, non voglio vedere quel sorrisino odioso sul suo volto, e non voglio nemmeno che mi chiami Isabella. Di tutt’e tre, gli faccio notare questa. “Non chiamarmi Isabella. Mi chiamo Bella” gli ricordo.

“Tuttavia è Isabella che piace a me” replica con tranquillità. “È così elegante, regale… è bellissimo, proprio come te.” Il suo viso si piega per baciare lievemente il mio collo. “Ti ha mai detto nessuno che sei bellissima? Perché lo sei, Isabella. Sei davvero…”, il suo viso si sposta sulla mia gola e vi lascia un bacio “… davvero…”, si sposta ancora più su, baciando il mento “… bellissima” pronuncia ormai sulle mie labbra, per poi concludere con un vero bacio.

Non so davvero se dover ricambiare o meno il bacio, ma il mio corpo decide prima della mia mente: seppur con un po’ di titubanza, ricambio il bacio e Edward preme il suo bacino contro il mio. Le sue mani sono posate sulle mie cosce e solo ora mi rendo conto di quanto stringano fino a farmi male. Ma non è un male fastidioso: mi piace.

Porto le mie mani sul suo viso e ricambio il bacio con sempre più decisione. Edward ha un buon sapore e mi piace come mi bacia: usa poca lingua e tante, tante labbra.

“Voglio farlo domani sera” sussurra improvvisamente scostandosi di qualche millimetro a fatica.

Cerca di trattenersi dal riprendere da dove ha interrotto, riesco a capirlo. Nascondo un sorriso soddisfatto a questa consapevolezza; gli ho fatto perdere quel controllo che cerca di recuperare con difficoltà.

“Sarà bellissimo” promette ancora, baciandomi un’ultima, lunghissima volta. “Sarà meglio che ti riposi, Isabella, perché domani notte non dormirai.” Mi lascia ancora un bacio, questa volta sfuggente, per poi incrociare i suoi occhi coi miei.

Non dice altro; se ne va lasciandomi seduta sulla sua scrivania a gambe divaricate, le labbra tumefatte dai suoi baci e il cuore che batte a mille. Se un bacio ha provocato tutto questo, mi chiedo come mi sentirò domani sera.

Ha detto che non mi lascerà dormire. Ha davvero intenzione di festeggiare come si deve?

///

Mio padre non è venuto. Ho provato a chiamarlo, ma il suo telefono è stato irraggiungibile e il gran giorno è arrivato. Avrei tanto voluto che fosse lui a portarmi all’altare, invece non sarà presente nemmeno da lontano al mio matrimonio.

Non riesco a capire cosa provo, se sono arrabbiata, triste o delusa da lui. Forse tutt’e tre le cose insieme.

“Sei bellissima, Isabella.”

Mi volto verso Carlisle, il padre di Edward. Il mio futuro marito assomiglia tantissimo al padre: stessi occhi verdi, stesso naso aquilino, stessa mascella scolpita, stessi zigomi pronunciati. E gli stessi capelli indomabili, sebbene i capelli di Carlisle siano biondi.

È la prima volta che ci incontriamo, ma lo riconosco grazie alle foto sui giornali.

Sarà lui che mi accompagnerà all’altare.

“Edward è un uomo molto fortunato.”

Contrariamente alla maggior parte dei cinquantenni che ci provano con tutte le ragazze che potrebbero venir loro figlia, nello sguardo di Carlisle non c’è alcun tipo di malizia e i suoi occhi mandano lampi amichevoli. La sua voce è calda e gentile, e sembra credere sinceramente alle parole appena dette.

Dì qualcosa di carino, andiamo. “Sono io quella fortunata” riesco a dire infine. Sì, può andare.

Carlisle sorride più apertamente, per poi scoppiare seriamente a ridere. “Adesso sì che lo è davvero” spiega, rivolgendomi un caldo sorriso. Alza il braccio, piegandolo ad angolo. “Sei pronta?” mi chiede amabilmente.

È simpatico, molto simpatico. Provo per lui quella simpatia che di solito si prova per poche persone, quelle che incontri per strada, lanci loro uno sguardo, e dici: ‘Questa persona mi fa simpatia’. È tutta una questione di fiducia: se senti di poterti fidare di quella persona anche se non la conosci, allora senti di poterti fidare per sempre.

Poso la mano sul suo braccio, iniziando ad incamminarmi insieme a lui.

“La ringrazio per accompagnarmi” mormoro immediatamente, rivolgendogli un sorriso imbarazzato.

“Fino a stamattina pensavo che fosse tuo padre ad accompagnarti, e tua madre colei che ti avrebbe aiutato col vestito. Non mi dispiace accompagnare la mia futura nuora all’altare, lo considero un onore e un piacere insieme, ma mi dispiace che sia dovuta essere Carmen la persona che ha dovuto aiutarti ad indossare l’abito nuziale. Qualcosa non va tra te e i tuoi genitori?”

La voce di Carlisle è gentile, ma il suo sguardo sembra più… gelido al solo aver nominato i miei. Sembra lo stesso comportamento di Edward nei confronti dei miei genitori, solo molto più calmo. Tuttavia, sempre nervoso.

“Io non… non lo so. Ieri suo figlio e mio padre hanno avuto una discussione, e Edward sembra odiare mio padre. Solo non riesco a spiegarmi il motivo. Quei due non si sono mai visti a parte ieri, ma i toni che hanno usato sono stati davvero feroci e mio padre se n’è poi andato. Non essendoci lui, non ci sarà nemmeno mia madre. Lei sta a Forks, ieri mio padre è venuto da solo con l’intento di farmi annullare le nozze.”

“Ma tu non vuoi” replica con un sorriso sul bel volto mio suocero.

Rifletto su queste parole. Non voglio davvero? Dapprima sì, eccome se lo volevo! Ma dopo quello che stava per succedere tra me e Edward… Dopo aver scoperto la passione che c’è tra noi due e in cosa può essa sfociare, dopo aver capito che nonostante i suoi possibili scatti d’ira mio marito non mi farà mai male… No, non voglio più.

Sembra destino fare quel pensiero non appena arrivati davanti l’entrata della chiesa dove si svolgerà la cerimonia. Immediatamente, parte la musica e i miei occhi si posano su Edward.

Anche i suoi occhi sono su di me, e mi fissano con una strana espressione. Sembra… agitato, nervoso, ma anche irritato e distante. Forse troppo, più delle altre volte. È un miscuglio di sentimenti, quello che leggo nel suo volto inespressivo in questo momento, che non riesco a leggere.

“Vi auguro tutta la felicità di questo mondo, Bella cara. Sono davvero felice che mio figlio abbia scelto te.”

Distolgo gli occhi da Edward per posarli su Carlisle. Non mente: c’è solo una reale felicità nel suo sguardo. E io sono felice di rimando di avere mio suocero come alleato.

Quando raggiungiamo l’altare e mi consegna nelle mani di Edward, riporto lo sguardo su di lui e non lo lascio un istante, nemmeno quando lo prendo per mano e lui stringe la presa, guardandomi intensamente.

Arrossisco sotto il suo sguardo, quasi a poter leggere i suoi pensieri. E per quanto possa sembrare strano, sento come la promessa di una notte di fuoco sia nel suo tocco che nei suoi occhi.

La cerimonia sembra durare un’eternità. Dal canto mio, non vedo l’ora di poter appurare quanto quella promessa venga mantenuta da colui che ormai è a conti fatti mio marito.

È così strano dirlo, ma è così. Il fatto è che io ho diciotto anni, dieci in meno di lui. So che la differenza d’età non è così grande: ci sono uomini che sposano donne di anche trent’anni più vecchie, e poi comunque a me non pesano questi dieci anni. Davvero.

Ma io sono poco più di una bambina, a Edward dovrebbero pesare eccome! Perché proprio me, una ragazzina come tante, nulla di così speciale? Per un attimo, uno strano pensiero si fa strada in me. Non so da dove sbuchi fuori, forse è l’inconscio, maledetto, ma è un pensiero talmente subdolo che mi vergogno ad averlo fatto io stessa. Per un secondo ho pensato che se Edward mi ha sposato c’è un motivo che non sia la salvezza della sua dignità dopo che Tanya lo ha lasciato fuggendo via, ma qualcos’altro, qualcosa di molto più grave. L’ho pensato anche perché sia lui che il padre sembrano irritarsi a morte al solo pronunciare Charlie Swan.

Un litigio tanti anni fa? Charlie e Carlisle erano compagni di scuola ed è successo qualcosa che li ha fatti allontanare?

Nascondo un sorriso. Pensieri assurdi generati dalla lettura di troppo romanzi rosa, ecco cosa sono. L’inconscio non c’entra nulla, è stata solo la mia fantasia.

“Edward Anthony Masen Cullen, vuole lei prendere Isabella Marie Swan come sua sposa, per amarla, onorarla e rispettarla per il resto della sua vita finché morte non vi separi?”

Mi risveglio dai miei pensieri alla classica domanda del prete. La cerimonia è praticamente finita e mordo il labbro inferiore per trattenermi dal ridere felice.

“Lo voglio” risponde deciso Edward, come a sfidare il prete a suggerirgli il contrario.

“Isabella Marie Swan, vuole lei prendere Edward Anthony Masen Cullen come suo sposo, per amarlo, onorarlo e rispettarlo per il resto della sua vita finché morte non vi separi?”

“Lo voglio” rispondo anche io, senz’altro meno decisa e tuttavia pensandolo davvero.

“Allora io vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa” conclude scoccando un sorriso simpatico a colui che adesso è realmente mio marito.

Quando mi volto verso Edward, rimango sorpresa dal suo sguardo e il sorriso mi si congela in volto. Sta sorridendo, sì, ma non è un sorriso che esprime gioia. Sembra un sorriso… soddisfatto, quasi cattivo. Come se avesse vinto un premio per cui aveva tanto sudato, tanto ambito. Ma non posso essere solo un premio per lui, fosse stato così non avrebbe mai chiesto a me di sposarmi.

È tutto così incomprensibile! Ma quando mi prende fra le braccia e cancella i nostri sorrisi – il suo sempre soddisfatto, il mio gelato in volto – dimentico tutto tranne delle sue labbra che mi baciano passionali indifferenti delle persone attorno a noi.

Mi do’ anche della stupida: sono paranoica, ecco.

Lui sorrideva, punto. Non era soddisfatto, era semplicemente felice. Come me.

Non mi illudo certo che mi ami, nemmeno io amo lui. Ma mi sento già affezionata a mio marito, questo sì. Alla fine, non l’ho mai odiato veramente, all’inizio ero solo arrabbiata per la sfacciataggine con cui mi aveva ordinato di sposarlo. Ma la cosa conviene anche a me, non soltanto a lui. E poi, le premesse per questo matrimonio sono tutte a favore di entrambi.

Sarà un matrimonio perfetto, già ma lo sento.

///

Durante il ricevimento di nozze, mentre il resto degli invitati – per lo più conoscenti e familiari di Edward – rideva e mangiava nel grande salone della villa di mio marito, io ero in quella che fino ad ora era stata la mia stanza da letto da quando ho cominciato a lavorare per quello che all’inizio doveva essere il matrimonio di Tanya ma che alla fine si è rivelato essere il mio.

Mi stavo cambiando d’abito, perché erano solo le otto di sera e il ricevimento si sarebbe protratto fino alla mezzanotte. Per quanto l’abito da sposa fosse un abito da sogno, era troppo sontuoso per poterlo indossare per tutto quel tempo.

Avevo poi sciolto i capelli, che adesso erano ondulati sulla schiena e mi davano un’aria vagamente sexy. O forse ero io a sentirmi così, col bellissimo trucco in viso e l’abitino aderente nero che mi arrivava a metà coscia ed era scollato – anche se non troppo – sul petto. Per l’occasione, avevo messo il push-up per poter risaltare il mio seno praticamente inesistente. Le mie gambe coperte da delle calze color carne che davano sul nudo erano slanciate da un paio di scarpe nere dal tacco alto dieci centimetri.

Edward ancora non mi aveva visto. Non era il mio modo di vestire, mi sentivo parecchio a disagio, ma l’avevo fatto solo per lui, con l’intento di provocare una sua qualsiasi reazione.

Sono intenta a sistemare l’abito da sposa ben bene sul letto quando la porta della mia stanza si apre. Non pensavo che Carmen sarebbe venuta a darmi una mano, alla fine non ce n’era alcun bisogno. Ma forse lei pensava diversamente.

Quando però alzo lo sguardo sulla porta scorgo invece della figura femminile di Carmen quella maschile e virile di mio marito, che mi sta fissando dalla testa ai piedi con una strana espressione sul viso.

La porta da’ in modo tale che, per come sono messa io, lui possa ammirare solo il mio profilo. Tra l’altro, sono quasi piegata a novanta perché stavo sistemando il vestito e la cosa è alquanto imbarazzante. L’abito che indosso è aderente e rivela ogni mia forma, specialmente in questo momento.

L’espressione strana è ancora sul suo viso. Non sembra compiaciuto, non sembra divertito. Sembra solo scrutarmi a fondo. All’improvviso, vorrei non aver indossato quest’abito, seppur per farlo contento.

“Perché hai indossato quell’abito? Che motivo ne avevi?” domanda infine senza tono di voce e fissandomi negli occhi, avanzando di un passo chiudendosi la porta alle spalle.

Mi raddrizzo e fingo una nonchalance che non mi appartiene. “Perché non avrei dovuto?” ribatto con un’altra domanda.

In effetti, me lo chiedo davvero.

“So che la maggior parte di voi donne siete piuttosto insicure di voi stesse e vi sottovalutate, ma nel salone c’è una miriade di giovani uomini, chi più chi meno. Tutti miei colleghi. È abbastanza imbarazzante che la mia neo-sposa indossi un abito capace di risvegliare i loro appetiti sessuali, ne converrai anche tu.”

Arrossisco immediatamente; non ci avevo minimamente pensato. “La maggior parte di loro sono sposati, hai detto.”

Alza velocemente le spalle, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni di lino.

È bellissimo e sensuale, sicuramente lo saprà. Indossa un completo nero con una camicia bianca e cravatta nera. Oh almeno, la indossava durante la cerimonia e fino a cinque minuti fa. Ora non l’indossa più: al suo posto vi rimane solo la camicia adesso sbottonata nei primi due bottoni.

Non penso possa esistere un uomo più bello di lui, e nemmeno un uomo che mi provochi tutto ciò che mi provoca lui. Se esiste, ancora non l’ho incontrato. E nemmeno ne ho l’intenzione: Edward è tutto ciò che desidero.

“Sono uomini, Isabella. E i miei colleghi più grandi hanno mogli… molto più sagge di te, e la saggezza non attira poi molti noi uomini. Per quanto queste donne siano affascinanti e intelligenti.”

L’ultimo commento mi irrita. “Se sono affascinanti e intelligenti come dici tu non vedo motivo per cui dovrebbero sbavare su di me” mi lascio sfuggire.

L’espressione tranquilla e spaventosamente calma di Edward si trasforma in pura serietà. Quasi sembra minacciarmi con il suo solo sguardo. Si avvicina di un passo e io arretro involontariamente, ma non serve a niente. Mi afferra per un polso e mi attira a sé, i nostri visi pericolosamente vicini. Per un attimo, a seguire quello che dice, sembra perdere la naturale compostezza che lo distingue dagli altri.

“Non mi interessa un cazzo di tutti gli altri, Isabella. Possono avere le più belle mogli che possano esistere su questo mondo, ma non permetterò a nessuno di desiderare qualcosa che è mio. E tu sei mia moglie, per cui farai come cazzo ti dico e ti andrai immediatamente a cambiare. Ora.”

Non l’avevo mai sentito parlare così. Soprattutto, non mi aveva mai fatto più paura di ora. Ma cerco di rilassarmi e di ripetermi che Edward non mi farà mai del male. È un uomo potente, abituato a dare ordini ai suoi dipendenti. L’istinto di comandare e avere il controllo fa parte di lui, è nella sua indole. Ma non è un uomo violento. Questo no.

Tuttavia, se acconsentissi a cambiarmi e ad obbedirgli, questo sarebbe il primo passo per diventare una specie di moglie obbediente. E posso essere tutto fuorché obbediente.

Ciononostante, sarei una stupida a ribattere arrabbiandomi. Autoritario e geloso non fanno una bella accoppiata. Devo saperlo prendere con calma, molta calma.

“Perché pensi che a me interessi qualcosa di loro?” sussurro fissandolo con l’espressione più sincera che posso. “Non ho mai indossato un abito come questo perché non mi sento a mio agio e…”

“E perché iniziare a indossare un abito così proprio ora?” sibila interrompendomi.

“Per te!” esclamo, incapace di credere che un uomo intelligente come lui non l’abbia ancora capito. “Hai detto di volere un matrimonio vero. Anche io lo voglio.”

Sono sinceramente sollevata quando la sua collera si trasforma in incertezza. Quasi mi fa tenerezza in questo istante. “Perché l’hai indossato per me? Non te lo avevo chiesto.”

Non vuole umiliarmi con questa frase, è solo sinceramente confuso. Lo capisco dal suo tono di voce e dallo sguardo.

“Perché… ho visto le donne a cui ti affianchi, Edward. Ancora non riesco a credere che tu abbia voluto sposare me” rivelo amaramente.

Edward sembra riprendere la compostezza di sempre, ma noto come per un secondo distoglie lo sguardo dal mio. Quando lo riporta su di me, è tornato il freddo Edward di sempre. “Sei molto bella.”

“No, non è vero.”

“Non starò qui ad ascoltarti mentre ti denigri. Lo sei. Perché ti sottovaluti così tanto?”

“Ho dieci anni in meno di te! Questo fa di me una bambina…”

“Lo sei, infatti. Ma chi ti dice che non sia proprio questo che mi attrae di te? La tua freschezza, la tua ingenuità, la tua timidezza. Sono parte di te. Sei una giovane donna che non si rende conto di com’è veramente. Dieci anni non sono poi così tanti.”

In effetti no. Mi ero già ripetuta che non mi pesano. Se devo essere sincera, a pesarmi era il paragone che Edward potesse fare con le donne della sua età, più mature ed esperte di me, con colei che è ormai sua moglie.

Perderei immediatamente. Ma sembra così sincero… non può mentire. Non sta mentendo. E mi sorprende credergli così, senza pensarci. Mi rendo conto che ormai mi fido di lui. Non riesco a capire se sia un bene o un male.

Deglutisco, premendomi ancora di più a lui. Per tutta la conversazione, il suo corpo ha sfiorato il mio mentre la mano con cui mi aveva catturato il polso è ancora lì. Volevo stare più a contatto con mio marito e mi sono premuta a lui, desiderando al contempo che mi stringesse.

“Scendiamo giù?” sussurro.

Edward non risponde immediatamente. Lancia un ultimo sguardo al mio corpo fasciato dall’abito. Quando infine alza lo sguardo verso di me, leggo determinazione nel suo volto. “Resta sempre vicino a me.”

 

 

 

 

 

 

Note: la gelosia del nostro caro Edward non è una gelosia dettata da un sentimento nutrito nei confronti di Bella. Come già ha capito Bella, fa parte della sua indole. Edward non è il ragazzo dolce e simpatico che magari avrete pensato potrà essere. È successo qualcosa nella sua vita, qualcosa che ha molto a che fare con il voler sposare necessariamente Isabella non appena saputo chi si trovava di fronte. Nel prossimo capitolo vi avverto già da ora che avrete un piccolo anticipo su cosa ha scatenato questo desiderio di vendetta, ma non sarà tutto. Sarà solo l’inizio. Ci vorrà del tempo prima che Edward possa mettere da parte la sua vendetta nei confronti degli Swan per dedicarsi solo ed esclusivamente a sua moglie. La storia consiste proprio in questo. Spero vorrete affrontare insieme a me questo viaggio! Vediamo dove ci porta :)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Prima di lasciarvi al capitolo, vorrei scusarmi immensamente con voi per questo ritardo di praticamente tre settimane. A mia discolpa, vi dico che purtroppo le ultime settimane di scuola mi hanno tenuto lontana dal pc (ho letto in giro che maggio/giugno non è mese per recuperare; è quello che ti rovina le medie che hai fatto per tutto l’anno, ed è vero!); per di più, non riuscivo a scrivere il capitolo. Ho preferito aspettare e darvi qualcosa di minimamente leggibile, piuttosto che un obbrobrio schifoso.

Questo capitolo potrà sembrarvi un po’ noioso, eppure non lo è: ci sono tante frasi, tanti comportamenti, che danno l’imput al resto della storia. Potrà non sembrarvi, ma questo capitolo è essenziale. Spero quindi che per voi non sia una totale delusione: se vi può consolare, è da questo che parte la vera storia. Abbiate fiducia.

Ed inoltre, come al solito ringrazio infinitamente chiunque mi lasci una recensione. Non sono indispensabili, è vero, ma mi fa enormemente piacere vedere che la storia è apprezzata, mi sprona a volervi dare sempre più capitoli e, di conseguenza, mi metto sempre più d’impegno.

p.s.: anche in questo capitolo, ci sono delle note alla fine in merito a una scena del capitolo. Leggetele se vi va :)



Capitolo 3


“Edward, non ho ancora conosciuto la tua famiglia” gli rammento quando scendiamo le scale per ritornare nel salone affollato.

“Ero salito proprio per questo, a dire il vero. Non c’è stato tempo durante la cerimonia, ma adesso ce n’è a sufficienza per farti conoscere i miei genitori e i miei fratelli” risponde.

Scendiamo insieme l’ultimo gradino e in silenzio ci dirigiamo verso la soglia del salone.

“Tuo padre lo conosco.”

“Certo, immagino abbiate parlato un po’ prima che lui ti accompagnasse all’altare.”

“Mi è sembrato un uomo tutto d’un pezzo, molto educato ed elegante.”

“Lo è” risponde semplicemente. Lo vedo spostare attorno a sé lo sguardo. “Eccoli, vieni.” Posa una mano alla base della mia schiena, riempiendomi senza saperlo di brividi. È un bel contatto.

Mi sta conducendo verso il tavolo imbandito, dove vi sono tre persone che conversano.

“Papà” chiama Edward.

L’uomo che ci da le spalle si volta al sentirsi chiamare e riconosco in lui la figura di mio suocero. Sorride a suo figlio e poi rivolge un sorriso ancora più caloroso a me allungando una mano nella mia direzione. “Isabella, stupenda come sempre” si complimenta dandomi un bacio su ogni guancia.

Ricambio come meglio posso il sorriso, apprezzando sinceramente il complimento.

“Isabella, lui è mio padre, come già saprai. La donna al suo fianco è invece Esme, la moglie.”

Nella voce di mio marito non c’è rancore, ma mi stupisco quando chiama per nome sua madre. A meno che, ovviamente, lei non lo sia, penso confusa.

Esme mi sorride e mi tende la mano, contenta come il marito di conoscermi ma dimostrandomelo con meno entusiasmo. “Sono contenta che Edward si sia sposato con una brava ragazza come te.”

Ricambio la stretta e le sorrido arrossendo, pensando senza capire io stessa il motivo al litigio di suo figlio con mio padre.

“Lui è Emmett” continua Edward indicando un ragazzo alto quanto lui ma più muscoloso, coi capelli ricci e un sorriso malizioso sul volto.

“Il più bello della famiglia” continua il ragazzo in questione, salutandomi con una stretta di mano.

Lancio un’occhiata a Edward, immaginando che faccia una battutina scherzosa per dichiarare invece il contrario, ma lui sembra del tutto indifferente. Non so perché, ma ne rimango delusa.

“Dov’è Victoria?” chiede invece a suo padre.

Carlisle inarca le sopracciglia guardandosi attorno. “Era qui poco fa. Ora non ne ho idea.”

“Chi è Victoria?” chiedo a nessuno in particolare.

È Esme a rispondermi. “Victoria è la sorella di Edward e Emmett” mi dice sorridendomi.

Annuisco sorridendole piano.

“Bene, ragazzi” continua lei. “Vado a rifarmi un po’ il trucco. Edward, noi ci vediamo dopo” saluta il figlio abbracciandolo dolcemente.

Se se ne va, rimango sola con Edward, Carlisle e Emmett? Per quanto già mi piacciano questi due, sono ancora un po’ in imbarazzo con mio marito accanto.

“Esme, le dispiace se l’accompagno?” le domando facendo un passo avanti, pur aspettando ancora la sua risposta.

“Figurati, vieni” mi invita sorridendomi. “La vostra sembra una di quelle storie romantiche che si leggono nei romanzi d’amore.”

“Come, scusi?”

“Il tuo matrimonio con mio figlio. Non credi?”

Lancio un’occhiata a mia suocera, la quale sembra confusa. Deve aver letto i giornali e deve aver creduto alla storia che si sono inventati. O meglio, che mio marito si è inventato. Ancora non sono convinta di averglielo perdonato.

“Bella? Oh mio Dio, Bella!”

Riconosco subito la voce. Quando poso il mio sguardo verso la donna che ha parlato, sgrano gli occhi che si riempiono subito di lacrime represse. “Rosalie” sussurro.

Esme mi sente. “Ti lascio da sola con la tua amica. A presto, Bella.”

A quanto pare, fin’ora è l’unica della famiglia a chiamarmi come vorrei mi chiamassero tutti.

Rosalie si getta fra le mi braccia io la stringo forte a me.

“Stamattina sono arrivata dritta in chiesa, non mi hanno fatto passare. Avevano il divieto di fare entrare estranei, specie una pazza psicopatica come me. Capisci? Me! Che sono la tua migliore amica” borbotta incredula. Poi sorride commossa. “Ma eri stupenda. Ho pianto, sai? Sei bellissima. Edward è così fortunato, e sarà uno stupido se non approfitta della situazione.”

Scoppio a ridere, realmente felice della sua presenza.

Quando avevo avvertito Rosalie di ciò che stavo combinando non ne è stata felice. L’ultima volta che le avevo parlato era scoppiato un litigio. Non credevo che sarebbe venuta al mio matrimonio.

Lei finge che non sia successo nulla. Voglio farlo anche io.

Rammento le parole che mi ha detto Edward e sento le mie guance più calde. “Be’… lui ha tutta l’intenzione di rendere vero il matrimonio.”

Rosalie non capisce immediatamente a cosa mi riferisco. Quando comprende, sgrana gli occhi mentre un sorriso entusiasta compare sul suo volto. “L’hai capito il maritino…” mormora maliziosa.

Tento di nascondere un sorriso, ma senza successo. “Vado al bagno. Tu non combinare casini” l’avverto.

“Sì, mamma!” esclama con finto tono da bambina, facendomi poi l’occhiolino e andando per la sua strada.

Dal canto mio, entro al bagno che sto ancora sorridendo. O almeno fino a quando non mi scontro con una donna tanto bella quanto antipatica a vista dai voluminosi capelli ricci e rossi che la rendono ancora più algida.

“E così sei tu la moglie di mio fratello” mormora lei sorridendomi falsamente.

Capisco immediatamente di chi si tratta. Victoria.

Esme deve essere già andata via, perché siamo sole al bagno.

La vedo lanciarmi uno sguardo dalla testa ai piedi. “Non sei male. Abbastanza carina. Certo, non sei il tipo che di solita frequenta mio fratello. Ma tu questo lo saprai già, no?” afferma continuando a sorridere con quel sorrisino che già odio.

Vorrei tanto risponderle per le rime, ma so già che se aprissi bocca non uscirebbe nient’altro a parte insulti. E so già che lei correrebbe da suo fratello per farsi difendere. Non posso permetterlo. Il mio matrimonio non è stato organizzato col migliore degli auspici; deve almeno partire bene.

Il sorriso scompare improvvisamente. Si avvicina minacciosa di un passo. “Voglio solo dirti che non approvo questo matrimonio. Ancora non riesco a credere che mio fratello, dopo tutto quello che ha passato, possa voler sposare una come te.”

Sono sinceramente sconvolta: una come me? Con tutto quello che ha passato? E perché quel guizzo di odio nei suoi occhi? Nemmeno mi conosce. Va bene l’antipatia a pelle, ma addirittura arrivare ad odiarmi senza aver nemmeno ascoltato ciò che potrei avere da dirle?

Victoria mi supera lasciandomi da sola nel bagno, sconvolta.

Con che coraggio ora rientro nel salone? E perché dirmelo proprio ora, rovinandomi il matrimonio? Perché è escluso che ora possa godermelo come stavo facendo prima.

Mi passo una mano sulla fronte, adesso confusa. Nella mia mente risuonano ancora le parole di Victoria, soprattutto la frase su mio marito.

‘Ancora non riesco a credere che mio fratello, dopo tutto quello che ha passato, possa voler sposare una come te.’

Che diavolo c’entro io con ciò che ha potuto affrontare Edward?

///

Contrariamente a ciò che ho pensato la bagno, il matrimonio è filato liscio. Victoria si è dimostrata educata e distante, ma la scintilla di odio c’è sempre stata nei suoi occhi.

Nessuno se ne accorto, ma non nego di aver notato Carlisle lanciare sguardi di ammonimento. Edward… lui non ha fatto nulla, tranne che una volta.

Victoria mi aveva appena chiesto una cosa e Edward l’ha ripresa aspramente.

‘Come mai tuo padre non è venuto?’ mi aveva chiesto sorridendomi fintamente gentile.

Prima che io potessi risponderle, Edward era intervenuto parlandole severamente. ‘Vic, piantala.’

Nessuno aveva più aggiunto nulla, e io avevo evitato di chiederle perché mi ha chiesto solo dell’assenza di mio padre e non dei miei genitori in generale.

“È abbastanza strano, comunque” mormora con tono pensieroso Rosalie.

È rimasta l’ultima tra gli ospiti insieme ai genitori di Edward, i quali stanno già andando via e sono sulla soglia di casa. Anche Rose sta andando via, io la sto accompagnando e riesco già a vedere mio marito parlare con Carlisle.

Strano che già Esme sia andata via.

“Non capisco perché tutti questi riferimenti a tuo padre. Vanno bene le coincidenze, ma queste non lo sono. Dovresti parlare con Edward” mi consiglia.

“Lo farò” sussurro.

Siamo arrivate anche noi sulla soglia e il borbottio dei due uomini si interrompe bruscamente. Mentre mio marito mi lancia un’occhiata indifferente al mio arrivo – ferendomi senza saperlo – Carlisle mi dona un sorriso gentile.

“È giunto il momento di andare via. Buona serata, ragazzi” dichiara a entrambi, ma guardando me. Infine, lancia uno sguardo al figlio, uno sguardo che non riesco a decifrare.

“Me ne vado anche io, Bella. Chiamami domani” aggiunge, scoccandomi un occhiolino e salutandomi su entrambe le guance. “È stato un piacere conoscerti, Edward” mormora porgendo la mano a mio marito.

Edward annuisce con fare serio, ricambiando la stretta. “Anche per me.” Non appena anche lei se ne va e mio marito chiude la porta, siamo finalmente soli.

“Credevo che non se ne sarebbero più andati” mormora roco, voltandosi verso di me e prendendomi fra le braccia, andando subito al sodo. Sorride sghembo, facendomi quasi tremare le gambe per quanto è sexy. “Ricordi cosa ti ho detto l’altro giorno?”

Lo ricordo? Come un improvviso flash, ricordo la nostra prima, lunga e intensa conversazione: quella sul nostro vero matrimonio. Edward mi aveva promesso che sarebbe stato un buon marito, che avrebbe adempiuto ai suoi doveri coniugali con dolcezza e passione, e – implicitamente – che io avrei goduto di ogni singolo istante.

Al semplice pensiero di ciò che accadrà di qui a qualche secondo, senza dubbio, arrossisco e abbasso lo sguardo, senza riuscire a guardarlo negli occhi.

Pensavo che avrebbe riso di questa mia insicurezza, anche teneramente magari, o che avrebbe potuto commentarla con qualsiasi battuta. E invece no. Sento le sue labbra sfiorare le mie con delicatezza, le mie mani posate già sul suo petto mentre riescono a sentire il battito calmo e rassicurante del suo cuore.

Il bacio continua via via a farsi sempre più passionale, ma mai violento. Nascosta nella passione c’è della dolcezza che, a dire il vero, non mi aspettavo di ricevere.

Edward si allontana da me, ed è con piacere che noto di non essere l’unica a respirare con affanno. Lo vedo deglutire vistosamente. “Andiamo di sopra.”

Mi prende per mano e non aspetta una mia risposta: mi conduce a quella che fino ad oggi era stata solo la sua camera da letto, mentre da stanotte apparterrà anche a me. Non dice una parola, e nemmeno io. Quasi corre per la fretta. E quando siamo finalmente arrivati apre con uno scatto la porta e mi fa entrare per prima, chiudendola subito dopo.

Non capisco davvero più niente: ho solo il tempo di voltarmi di nuovo verso di lui che sono già fra le sue braccia, il bacio che ci scambiano stavolta che non ha niente della dolcezza di poco fa. Questo sì che è passione e violenza. Ma, ovviamente, non violenza nel senso vero del termine.

Il suo corpo preme forte il mio e mi costringe a compiere dei passi indietro, fin quando le mie ginocchia non toccano il letto e cado sul materasso. Edward è immediatamente sopra di me.

“Edward…” sussurro, un po’ spaventata.

Non dico di aver paura che mi possa violentare, questo mai. Ma senz’altro tutta questa passione può portare a una penetrazione violenta, di quelle dapprima dolorose ma che alla fine ti regalano un immenso piacere. Un po’ quel genere di sesso che le donne esperte sognano di ricevere dal proprio amante.

Ma, appunto, donne esperte. Io sono ancora vergine.

Edward, però, sembra capire perfettamente. “Non ti farò del male” mi rassicura senza esitazione, e altrettanto velocemente mi rilasso fra le sue braccia.

Mi apre la gambe, premendo la sua erezione sulla mia intimità ancora coperta dal vestito. Riesco a sentire quanto sia eccitato e la cosa mi piace talmente tanto che al momento riesco ad aprire le gambe ancora di più e ad inarcare il bacino.

Quando la mano di Edward si intrufola sotto al vestito per accarezzarmi la coscia, penso di poter seriamente morire. Anche l’altra sua mano segue lo stesso percorso, per infine far risalire il mio vestito su fino ai fianchi.

Le mie mani, mosse come da volontà propria, pensano a lui: se lui sta spogliando sua moglie, io voglio spogliare mio marito. Gli slaccio freneticamente la camicia, accarezzando a pieni palmi il petto muscoloso quando alla fine la apro completamente.

Edward allontana le mani dal mio corpo per permettermi di togliergli camicia e giacca insieme. Saranno già stropicciate, ma chi se ne frega.

Quando ritorna su di me, le sue mani si intrufolano tra la mia schiena e il materasso, per aprire il mio vestito. Lo aiuto inarcandomi un poco e, quando ci riesce, posa le sue mani sul mio petto per scoprirmi il seno, da cui toglie anche il reggiseno. Adesso, il vestitino aderente è solo un mucchio di stoffa arrotolato sui miei fianchi.

Edward nota che indosso il reggicalze e, per togliermi le mutandine, deve slacciarlo. Sorrido quando noto che ci mette più di qualche misero secondo per farlo. Alla fine, riesce a far scivolare il vestito e le mie mutandine, lasciandomi finalmente nuda. O quasi, se non si conta il reggicalze, le calze color carne e i tacchi a spillo.

“Queste le teniamo” sussurra facendo scorrere un dito sul bordo delle calze dopo aver tolto anche il reggicalze.

Sorridiamo nello stesso momento, quando poi mi rendo conto che sebbene io sia ora nuda, lui non lo è per niente dalla vita in giù. Porto le mie mani sui suoi pantaloni e glieli apro.

Edward non si oppone di certo, e anzi ci pensa direttamente lui. Mentre lo guardo togliersi le scarpe e le calze, mi rendo conto che il momento sta arrivando e che io non ho pensato a una cosa importantissima.

“Edward” sussurro per richiamare la sua attenzione.

Lui non risponde, ma mi fissa mentre finalmente lascia cadere i pantaloni.

“Non prendo la pillola” gli comunico.

Non sembra stupito della cosa, non fa una piega. Senza una parola ritorna su di me, adesso anche lui nudo, e riesco a sentire la lunghezza del suo membro sfiorarmi.

Riprende a baciarmi iniziando a muoversi contro di me, senza ancora entrare. Lo sento spostare il braccio fuori dal letto e subito dopo il rumore di un cassetto che si apre. Immagino la sua mano frugare tra mille cose e osservo infine Edward allontanarsi da me spazientito per cercare di trovare la scatola dei preservativi, senz’altro.

Quando non li trova, con uno scatto impaziente fa cadere il cassetto per terra, rivelandone tutto il contenuto. Lui si muove per cercarli ancora e anche io mi volto con la schiena. Alla fine, troviamo entrambi i preservativi sul fondo del cassetto, tre in tutto. Logico che non li trovasse, tra carte e roba varia.

“Che cazzo… tre preservativi?”

Noto con stupore che sembra davvero stupito dalla cosa e non capisco il perché.

“Domani sarà meglio andare a compare almeno due scatole di preservativi.”

Due scatole di preservativi? Una volta Rosalie ne ha comprata una durante la sua relazione con Jacob e ho potuto constatare che in una scatola vi sono sei preservativi. A cosa ci servono almeno dodici preservativi? Cazzo, non è una macchina, e io non sono una bambola.

A meno che non intendesse per la luna di miele. Staremo fuori almeno due settimane, posso capire che magari non vorrà uscire e pensa di farsi la scorta prima. Meglio che rimangano ma no averne poi bisogno senza poter trovare rimedio. Questo sarebbe comprensibile.

Dio, fa tanto il misterioso…

“Davvero?” mi scappa così di dire. Che domanda stupida.

I suoi occhi si posano sui miei, impedendomi quasi di respirare per l’intensità con cui mi fissano. La sua mano si posa tra le mie gambe, andando subito a toccare il mio clitoride.

Un’improvvisa fitta di piacere mi percuote tutta e mi inarco immediatamente senza volerlo, ansimando senza potermelo impedire. La bocca di Edward si tuffa sul mio collo, la sua lingua che lecca senza freni. La mano continua imperterrita ad accarezzarmi e il piacere monta in me sempre più freneticamente.

Quando però alla mano sostituisce il suo membro, accarezzandomi con esso, sento davvero di poter morire. Mi inarco sempre di più, quasi a farmi male, e premo le mie mani sulla sua schiena, verso il basso.

Edward non sembra essere d’accordo. Con un grugnito, le afferra e le porta al lato della mia testa, smettendo di baciarmi il collo e fissandomi invece.

Ringrazio Dio che l’unica cosa a far luce nella stanza siano i raggi lunari che fanno vedere solo ombre, perché immediatamente divento rossa, lo so. Ma non posso evitarlo, non quando Edward si muove su di me incatenandomi al letto e fissandomi con quello sguardo famelico.

Ma quando mi fa sua, non riesco anche ad evitare di stringergli forte le mani, quasi a volergli trasmettere un po’ del mio dolore, e ad ansimare rumorosamente. Evito l’urlo, perché fortunatamente Edward non l’ha fatto con un colpo solo. Entra piano piano, ma fa male comunque.

Involontariamente, stringo le gambe ai suoi fianchi, ad impedirgli di continuare.

“Ti fai solo più male, così.”

Mi faccio male ugualmente, vorrei dirgli. Fa male. Respiro affannosamente, cercando di spingerlo via da me quando riprova. Edward non si muove di un millimetro ma almeno si ferma.

“Bella, calmati” mi ordina ma con tono melodioso.

Mi lascia andare le mani e queste corrono subito al suo petto, quasi come per mandarlo via. E una parte di me lo vorrebbe.

“Sei agitata” nota. “Rilassati. Sono fermo al momento” sussurra con dolcezza. Pian piano, concentrandomi sulla sua voce, rallento il mio respiro. “Così… rilascia anche le gambe.”

Immediatamente, a quelle parole mi irrigidisco.

“Non entro, davvero. Rilasciale e basta” mi ripete.

Con insicurezza, e molta calma, obbedisco, facendole ricadere sul letto. E adesso? Le sue mani si posano sui miei glutei, inarcandomi di poco. Mi lascia un bacio sul naso, qualcosa di tenero che non mi aspettavo.

“Adesso mi muoverò un poco. Va bene?” Notando il mio sguardo timoroso, si affretta ad aggiungere: “Non entrerò più di quanto già non lo sia. Fidati. È per farti abituare, per ora.”

Annuisco freneticamente. Le mie mani sul suo petto non lo spingono più, ma il calore che emana la sua pelle e il battito un po’ aumentato del suo cuore mi rassicurano.

Edward tiene fede alla sua parola, muovendosi su di me ma senza entrare. Il che è un bene, visto che mi limito a sentire solo un forte bruciore.

“Ti faccio ancora male così?” mi chiede, deglutendo.

Scuoto la testa, mentendogli un poco. Ho i muscoli già intorpiditi e continuo a sentire un fortissimo bruciore che sembra non volersi attenuare.

“Adesso entrerò un altro po’, va bene?”

I miei occhi lo cercano immediatamente. Edward cala il suo viso sul mio, iniziando a baciarmi. Mi preparo a sentirlo entrare, i muscoli già tesi involontariamente.

“Rilassati…” sussurra ancora, con una sfumatura di tenero divertimento sulla voce che mi induce a rilassarmi per davvero.

Si muove avanti e indietro, senza mai entrare, il che mi permette di prendermi un qualcosa come ‘cinque minuti di pausa’ e non pensare più al possibile dolore che verrò a provare. Ma non appena non sono più contratta, Edward mi fa definitivamente sua con un’unica spinta, facendomi scappare un urlo di dolore e di sorpresa dalla bocca, già le prime lacrime a rigarmi le guance.

Edward si ferma immediatamente, riprendendo a baciarmi quasi a volermi rilassare come prima, senza sapere che in questo momento mi sento solo soffocare. Senza riuscire ad impedirmelo, lo spingo via, tentando di riprendere il controllo di me stessa.

“Scusami. Ma ho pensato fosse meglio così, almeno ormai è finito” si giustifica.

Una parte di me vorrebbe urlargli contro, l’altra ammette che in fondo ha ragione. Questo tuttavia non mi fa sentire meglio. Dopo un tempo che mi sembra infinito, Edward riprende a muoversi.

Tutto ciò che succede in seguito è solo molto doloroso e fastidioso. Non c’è piacere, non ci sono brividi, non ci sono urla. Ci sono solo io che cerco di non pensare al dolore e c’è Edward che spinge sempre più forte in me. Non mi rendo conto di quando raggiunge il piacere, ma ecco che alla fine si allontana da me. Con delicatezza, devo dargliene atto.

“Mi dispiace averti fatto così male. Tu non avevi mai fatto sesso, ma io non avevo mai posseduto una vergine” mormora poco dopo.

Rabbrividisco quando avverto nella sua voce un tono di strafottenza.

“Non importa. È stata la prima volta… ce ne saranno di migliori. Spero” aggiungo subito dopo in un sussurro

Edward scoppia in una risata bassa e cattiva, oserei dire. “Certo. Saprò soddisfarti, vedrai” promette malizioso, dandomi un veloce bacio sulla bocca per mettersi a sedere e indossare i pantaloni senza boxer.

Non rispondo alla sua osservazione inadeguata ed evito di pensare a quanto le sue parole possano avermi ferito. Piuttosto aggrotto le sopracciglia, confusa. Dove sta andando?, mi chiedo quando lo vedo alzarsi e indossare la camicia bianca.

Ma non ho il coraggio di chiederlo, né di fermarlo quando se ne va senza dirmi una parola.

Ho la mente sgombra da ogni pensiero. Mi sento i muscoli del corpo intorpiditi, le gambe che mi fanno male e internamente come se qualcuno mi avesse aperto in due, per lasciarmi un grande vuoto dentro. Cosa che, in effetti, così è stata.

Ho appena perso la mia verginità. Edward non l’ha presa con la forza, ma mi aspettavo un comportamento migliore dopo. È stato già abbastanza traumatico con tutto quel dolore per l’entrata improvvisa, avrei voluto che mi tenesse stretta a sé, facendomi addormentare sul suo petto.

Invece, inspiegabilmente, sembrava arrabbiato. Con me. Eppure non ne aveva motivo. Era stato davvero dolce, prima. E anche durante. Ma dopo? Cosa è successo?

Guardo la sveglia digitale sul comò. Sono le due e trentasei di notte. Considerando che quando siamo entrati qui è stato subito dopo che il ricevimento è finito – è l’orario in cui è finito era mezzanotte circa– non credo proprio che ritornerà.

Un improvviso vuoto si impossessa psicologicamente di me, non soltanto fisicamente. Le lacrime che stanotte avevano rigato il mio volto per il dolore fisico ritornano, forse più potenti di prima nel rendermi conto che la prima notte da donna sposata la passerò da sola nel grande letto nuziale.

Edward’s pov

Sento lo sguardo di mio fratello Emmett perforarmi da capo a piedi mentre entrambi siamo seduti sul divano nel salotto di casa sua.

Manca poco alle tre di notte, per la prima volta ho una moglie che mi aspetta nel letto, e io sono qui a bere caffè con mio fratello. Bella merda.

“Io te lo avevo detto che è tutto un grande errore…”

Di nuovo, Emmett? No. Stavolta no.

Poso di scatto la tazza di caffè sul tavolino alzandomi nervosamente in piedi. “No. Non è stato un errore. Ho aspettato dieci anni per tutto questo, programmandolo fin nei minimi particolari. L’arrivo di Isabella non era programmato però. Eppure è successo senza che io facessi nulla. Non ti pare un segno del destino?”

Emmett alza gli occhi al cielo. “Onestamente? No. È stata solo una coincidenza…”

“Avevo intenzione di sposare Tanya, Emmett. Questa scappa con l’amante, ma per il mio matrimonio aveva assunto una wedding planner che guarda caso è la figlia di quel figlio di puttana. Ti sembra solo una coincidenza?” gli domando sarcastico.

Anche Emmett a questo punto si alza in piedi. “Isabella ha dieci anni in meno di te. L’hai costretta a sposarti con la forza. Coincidenza o meno, destino o meno, non ne avevi il diritto!” esclama con furore.

Scuoto la testa, voltandogli le spalle e dirigendomi verso la finestra che dava sul giardino. “Non ha importanza. Dieci hanno non fanno poi una così grande differenza.”

“È ancora una bambina, Edward. Probabilmente avrà avuto anche un fidanzato a Forks, un fidanzato che amava e che ha dovuto lasciare per…”

“È vergine” rivelo interrompendolo.

Mio fratello si interrompe e nella stanza cala il silenzio per un istante. “Vergine?”

“Lo era” mi correggo. “Ora non più.”

“Come sarebbe a dire ora non più? Sapevi che era vergine? E nonostante questo l’hai costretta a passare la sua prima notte con un perfetto sconosciuto?!”

Mi volto di scatto, fissandolo pieno di rabbia. “Io non l’ho costretta a fare proprio niente. Avrei potuto averla con un semplice schiocco di dita, eppure ho aspettato la notte dopo le nozze. Il matrimonio doveva essere consumato, lo sai bene!”

Fa un passo avanti, quasi non riconoscendomi. “Tu sei completamente pazzo! Probabilmente adesso è tutta dolori ad aspettarti ancora sveglia e tu sei qui a fare cosa, poi?”

A quella domanda, il motivo per cui effettivamente ho disturbato mio fratello mi spinge a sorpassarlo per riprendere il mio precedente posto sul divano, poggiando i gomiti sulle ginocchia. “Stanotte è stata difficile. Per tutt’e due.”

“Sì, immagino come sia stato difficile per te” mormora sarcasticamente lui, imitandomi e prendendo anche lui il posto di prima. “Che c’è, hai dovuto entrare con cautela annoiandoti nell’attesa che si aprisse?”

Evito di ribattere alla sua provocazione. È arrabbiato e amareggiato, ma alla fine non può capire fino in fondo perché faccio tutto questo. E mai lo capirà. Penso invece a trovare la risposta adatta.

“Le ho fatto male. E mi sono sentito in colpa” sussurro, fissando la tazza di caffè.

Emmett sembra preso alla sprovvista. “Be’… è una cosa buona. Forse c’è ancora un po’ di speranza per te.”

Scuoto la testa. “Non capisci” mormoro fissandolo finalmente. “Non posso iniziare a sentirmi in colpa. Ho cercato poi di essere il più tenero possibile nel farla mia, preoccupando per lei. Ma non posso. Non posso permettermi questa debolezza. Ho bisogno che non mi importi nulla di lei, per tutto il tempo in cui questo matrimonio durerà.”

Mio fratello mi fissa a lungo, ogni traccia di ostilità sparita sul suo volto. “Hai paura che lei si innamori di te, non è vero? Se ti permetti di essere gentile, di essere un buon marito per lei, Isabella potrebbe innamorarsi di te. È giovane, ci si innamora facilmente alla sua età, no?”

Abbasso lo sguardo, torturandomi le mani.

“Io però credo che sia per te che ha più paura. Hai eretto un muro intorno al tuo cuore, il tuo unico obbiettivo è far soffrire Charlie, non importa cosa o chi possa andarci di mezzo. E, per come ho potuto conoscerla stasera, è facile che ci si innamori di lei. E se tu ti innamori, non sai come tutto questo possa andare a finire.”

Alzo immediatamente lo sguardo verso di lui, fissandolo astioso. “So come andrà a finire. Non mi innamorerò di Isabella, non provo niente per lei. L’ho sposata solo per arrivare al padre. E Charlie soffrirà, esattamente come ha fatto soffrire mia madre. Fine della storia.”

“Sarà” risponde Emmett, assolutamente non convinto. “Ma se credi così tanto che non ti innamorerai di Isabella, perché sei ancora qui e non con lei? Alla fine della storia, sarà questa ragazza che soffrirà più di tutti, lo sai.”

No, non lo so. È figlia di suo padre; un assegno basterà.

Bella’s pov

A svegliarmi il giorno dopo sono i tiepidi raggi solari di ottobre. Per un primo momento mi sento smarrita, poi nella mia mente si ripropongono flash della notte precedente: la mia prima volta con Edward, il nostro matrimonio.

Se fino a ieri ero Isabella Swan, oggi sono Isabella Cullen. Sono sposata, Dio mio. E con un uomo a cui non importa nulla di me.

Quando scendo dal letto, sento tutti i muscoli del mio corpo ancora più indolenziti di stanotte che mi impediscono quasi di muovermi. Noto con disappunto una macchia di sangue fra le mie gambe e mi metto subito a controllare le lenzuola. Sono macchiate, ma fortunatamente non troppo.

Rimandando a dopo la pulizia di queste, prendo un paio di mutandine e dei vestiti puliti, andando immediatamente a fare una doccia per pulirmi. Ne esco fuori mezz’ora dopo.

Dopo essermi vestita, disfo il letto e scendo giù con le lenzuola in mano, nascondendo accuratamente la macchia.

“Buongiorno, signora” mi saluta allegra Carmen.

Sussulto, non immaginando di trovarmela qui di fronte già di prima mattina. “C-Carmen… buongiorno!” esclamo agitata.

Lei non sembra farci caso; scruta invece le lenzuola. “Perché sta portando in mano quelle lenzuola? È compito mio” mi fa notare.

Perché non voglio che qualcuno sappia che il tuo datore di lavoro mi ha sverginato.

“Dia a me” riprende con un sorriso. Afferra le lenzuola prima che io possa fermarla e se ne va prima che io possa aggiungere altro.

O forse sono io che non voglio dire più nulla; è lei che si occupa di lavare le lenzuola, non mi importa. Non dopo aver ripensato al comportamento di Edward la scorsa notte.

Afferro il telefono che tenevo nella tasca del jeans e guardo l’ora. Sono le dieci del mattino. Rosalie a quest’ora sarà sveglia, per cui le invio frettolosamente un messaggio.

‘Ti devo parlare. È urgente.’

///

“Ha usato violenza contro di te, Bella? È questo che stai cercando di dirmi?” domanda Rose fissandomi seriamente, forse mai così seria in vita mia.

“No!” esclamo con convinzione. “Mio Dio, no. È proprio questo il punto: quando l’abbiamo fatto è stato dolce, tenero… comprensivo. Ha saputo aspettarmi. Mi sono fatta male, questo è vero, ma chi è che non si fa male la prima volta?”

Vedo Rosalie sospirare di sollievo.

“Ciò che voglio dirti è che quello che invece ha fatto più male è come si è comportato dopo. Era… freddo, distante. Quasi l’ha considerato davvero un dovere coniugale, tanto era tranquillo dopo aver finito tutto. E non ha senso! Aveva detto che voleva rendere il nostro matrimonio vero, quindi perché poi si è comportato trattandomi… come la peggiore delle prostitute?”

È proprio in questo momento che mi rendo conto della verità a cui prima non avevo fatto caso: davvero Edward mi ha trattato come la peggiore delle prostitute. E io non me ne ero nemmeno resa conto.

“Bella, ascoltami. Io non so perché Edward si è comportato così, ma certo si è comportato da vero stronzo. Il vero problema però è capire come vuoi comportarti tu” mi fa notare Rosalie. “Secondo me dovresti fingere che non ti interessa nulla come si è comportato.”

“Ma mi è importato!”

“Sì, ma lui non lo sa. Lui ti ha chiesto un matrimonio di interesse? E tu dagli solo un matrimonio di interesse. Niente lunghe conversazioni, niente ‘com’è andata oggi al lavoro?’, niente ‘cosa vuoi per cena?’, niente di tutto questo. Solo sesso. E, ovviamente, solo quando vuole lui. Non appena finito voltati dall’altra parte, non iniziare una conversazione, non dirgli ‘è stato bellissimo’. Al massimo, se te lo dice lui, rispondigli con strafottenza. Come se da uno a dieci lui fosse un sette-otto, e avessi avuto di meglio. Quando si renderà conto che stai prendendo la cosa esattamente come voleva lui, vedrai che te lo farà notare” mi dice con un sorriso.

Non ne sono poi così tanto convinta. “E funzionerà?”

Rosalie scrolla le spalle. “Tesoro, se avessi la sfera di cristallo cercherei di verificare le cose anche per me stessa. Purtroppo non posso consigliarti di meglio… Tu prova. Tentare non costa niente” mormora sorridendomi maliziosa.

Faccio una smorfia, ripensando a tutto ciò che ha appena detto. Solo sesso? Io non voglio solo sesso. Rose, però, sembra convinta che possa funzionare. Alla fine, forse ha ragione. Certo che tentare non costa nulla.








Note: posso immaginare e capire se dopo aver letto questo capitolo pensate: “Mio Dio, la solita storia. Edward cinico e bastardo che ne fa passare di tutti i colori a una Bella senza spina dorsale che sappia il fatto suo”. Scrivo queste note per dirvi che non è così. All’inizio sì, lo è. Bella si è appena sposata, Edward le ha detto che vuole che questo sia un vero matrimonio. Pensa che ci siano solo incomprensioni. Lei non sa ancora la verità. E quando lo saprà, tutto sarà diverso. Se volete aspettare per verificare, mi farebbe piacere che non interrompeste la lettura :) Detto questo, voglio spezzare una lancia a favore di Edward. No, non del suo comportamento, ma per la prima volta di Bella. Trovo inverosimile quando in certi libri leggo di una prima volta da favola, con poco dolore e con anche due orgasmi. Sul serio? La prima volta? Andiamo. Io volevo uccidere il mio ragazzo quand’è successo, credo d’averlo maledetto svariate volte quella notte. La prima volta che ho descritto in questo capitolo penso sia abbastanza reale. Edward ha provato a farle il meno male possibile, ma fa comunque male.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ed eccomi qui :)

Più passano i capitoli, più mi fate sapere quanto la storia vi piace. Questo mi fa enormemente piacere. Non vorrei parlare troppo in fretta ma noto che forse vi state affezionando alla storia. Non so cosa dirvi su questo, semplicemente che se è così potrei piangere di gioia.

Ora permettetemi di parlare del capitolo che segue: leggerete un’altra scena di sesso. Non voglio che il sesso diventi il fulcro della storia, ma è necessario, visto il comportamento di Edward e ciò che ha consigliato Rosalie a Bella. Consiglio che sono felice voi abbiate condiviso! Mi aspettavo fuoco verso Rosalie, davvero, e invece avete approvato. Tuttavia non preoccupatevi: ci sarà molto altro apparte il sesso, ovviamente.

Buona lettura.



Capitolo 4


Dopo essere state al bar io e Rosalie siamo tornate alla villa, così da avere più tempo per noi e più privacy.

Quando Edward ritorna a casa da chissà quale posto vedo che sono le due del pomeriggio.

“Oh, scusami. Pensavo fossi sola” esordisce entrando nella mia camera da letto – no, non mi sono sistemata nella sua.

Il sorriso che Rosalie era stata in grado di portare sul mio viso scompare per lasciare il posto a un’espressione guardinga. Con Edward, non so mai come potrebbe essere. Se tranquillo, adirato, normale, preoccupato… Non riesco a capirlo.

“Ciao, Edward” lo saluta Rosalie alzandosi in piedi dal letto su cui eravamo sedute comodamente con una tazza di cioccolato in mano.

Edward le rivolge uno sguardo fugace, ricambiando a stento il saluto. “Rosalie. Bella, volevo solo ricordarti che l’aereo ci aspetta fra mezz’ora al massimo, quindi ti conviene preparare i bagagli. Fai una cosa, non appena li prepari portali nella mia stanza e posali per terra vicino ai miei.”

I bagagli? Oh… la luna di miele a Parigi. Oh! E come facciamo in mezz’ora?

Salto in aria pronta a esporgli le mie perplessità ma Edward alza la mano come a bloccarmi. “Tranquilla. Ho un aereo privato, non ci saranno le solite formalità che sembrano più lunghe del viaggio in sé. Ti aspetto nel mio studio.”

Dopo aver concluso, rivolge mezzo sorriso di saluto a Rosalie ed esce così come è entrato.

Lancio alla mia amica uno sguardo confuso, lei che ricambia appieno. Mio marito sembrava un’altra persona. Sembrava… tranquillo, forse per la prima volta in questi nove giorni durante il quale tutto ha avuto inizio.

“Non sembra per niente essere l’Edward freddo e stronzo di cui mi hai parlato” afferma Rosalie dopo un attimo di smarrimento. “L’ho trovato un normale marito che conversa con la moglie.”

“Anche io” confermo, stupendola. Ma il punto è che sono la prima ad esserne sorpresa. “Ti assicuro che era diverso ieri sera, io non mentirei mai…”

“Bella, ovvio che ti credo. Solo non capisco perché tuo marito abbia cambiato umore in così poco tempo.”

Sospiro, dirigendomi verso l’armadio. “Be’, ora sembra abbastanza normale, no? Magari la nostra sarà una luna di miele con i fiocchi. E io ho perso la mia verginità, per cui non dovrebbe far male come ieri sera.” Al pensiero di come ho reagito la scorsa notte, arrossisco di brutto. “Dio, quanto sono stata patetica” borbotto senza accorgermene.

“Per cosa?” mi chiede Rosalie, non capendo.

Inizio a frugare nel mio armadio, decidendo cosa dover portare o meno. “A come ho reagito. Mi sono lamentata come una bambina. Ho persino pianto” ricordo disgustata. “Almeno non mi sono messa a singhiozzare” aggiungo sarcastica.

“Bella” mi chiama Rose con tono di rimprovero. “Era la tua prima volta. Non eri pronta ancora.”

“Io lo volevo tanto quanto lo voleva lui, Rose” le faccio notare.

“Certo, non lo metto in dubbio, ma il fatto che io voglia scoparmi il mio vicino di casa non significa che se lui me lo chiedesse stasera lo tromberei per davvero. Volere un uomo e sentirsi pronta per il passo sono cose ben distinte e separate, ricordatelo. E tu ieri sera lo desideravi, sì, ma non eri pronta. Edward avrebbe dovuto chiederti se volevi aspettare o meno, sapendo per giunta che eri vergine!”

“Sì, ma… è stato tenero, te lo ripeto. Il dolore che ho provato io era legato per lo più alla paura, secondo me. Forse è vero, non mi sentivo pronta, e per quanto lo desideri davvero la scelta migliore sarebbe stata rimandare. Il problema è che io volevo che fosse ieri sera. Ho diciotto anni e fino a ieri ero ancora vergine. È abbastanza imbarazzante” le spiego.

“Il problema è proprio questo: se hai diciotto anni e sei vergine, la gente ti prende per una frigida santarellina. È una cosa stupida” borbotta Rosalie, lanciandomi un’occhiataccia.

“Sì, ma sono ugualmente felice di aver perso la mia verginità con Edward. Se non fosse stato per il dopo, sarebbe stata la prima volta perfetta” sussurro non potendole nascondere un sorriso.

Forse ieri Edward aveva strani pensieri in testa. Forse non si è reso conto di avermi trattato male ieri notte, e ora che ha riflettuto se n’è accorto e vuole rimediare.

“Dolore e lacrime comprese?” mormora maliziosamente.

Piego la testa di lato, pensandoci su. “Sì. E poi è bello sapere che hai il corpo indolenzito perché hai fatto sesso. Spero di averlo costantemente indolenzito” aggiungo dopo.

Rosalie scoppia a ridere, contagiandomi. “Allora metti qualche completino intimo capace di farlo schiattare, aiuterà senz’altro nell’impresa.”

///

Quando scendo giù, ci sono due valige moderatamente piene e un borsone con ciò che mi serve a portata di mano nella stanza di Edward. Dopo aver accompagnato Rosalie alla porta e averle promesso che avrei dedicato la mia luna di miele a rendere indolenzito il mio corpo e che l’avrei richiamata solo non appena ritornata a New York, mi dirigo nello studio di Edward ricordandomi ciò che mi aveva detto di fare.

Ho il cuore che batte forte per paura di essermi solo illusa e che l’Edward scostante di ieri notte sia ricomparso. Quando però busso, nessuno mi risponde: Edward mi apre direttamente la porta, il telefono in mano. Si scosta per permettermi di entrare.

“Okay, perfetto. Quindi possiamo salire già?” rimane un attimo in silenzio, in attesa della risposta. Io mi sono già seduta sulla poltrona al centro della scrivania, il suo posto. La cosa non sembra disturbarlo minimamente e mi fa un enorme piacere. “Perfetto” ripete rivolgendomi un sorriso, forse contento per la risposta appena ricevuta.

Ricambio deliziata e un po’ imbarazzata, lo ammetto. Nemmeno così si era mai comportato.

“Saliremo fra dieci minuti, nel frattempo puoi trovare i bagagli nella mia stanza. Sono tutti sul pavimento, no?” chiede nella mia direzione. Annuisco velocemente e lui fa lo stesso. “Sì, li trovi tutti lì. Darò comunque un’occhiata per vedere se non ho dimenticato niente. Bene, a dopo.”

Chiude velocemente la chiamata e poi si avvicina a me per controllare dei fogli. Si piega sulla scrivania, evitando di farmi alzare, e la sua spalla sfiora la mia. Riesco a sentire il suo profumo maschile e il fatto che non si disturbi a chiedermi di alzarmi mi rende felice. Non so perché, so che è una cosa da niente, ma mi piace pensare che quello è solo il suo posto, posto che non gli dispiace condividere solo con me.

Magari non è così, ma al momento voglio pensarla in questo modo.

Firma velocemente un paio di documenti dopo averli letti – penso riletti, anzi – e persino la sua mano grande e forte dalle lunghe dita che impugnano la penna mi attraggono. Persino la sua firma mi attrae.

Tutto di lui mi attrae, e non so nemmeno come sia possibile.

“Okay, finito” mormora alla fine fra se e se. Si alza e mi rivolge un altro sorriso. Ma che cos’è, Natale?, penso tuttavia felice. Ricambio senza pensarci. “Allora, pronta per partire?”

Mi alzo in piedi e mi ritrovo a fronteggiarlo – okay, modo di dire perché gli arrivo a stento al mento – senza però aver programmato i nostri corpi che si sfiorano.

“Ho preparato due bagagli e un borsone. È troppo?” domando.

Mi rivolge uno sguardo sorpreso. “Di solito voi donne non vi portate dietro tutto l’armadio? Mia sorella si porta sempre minimo quattro valige. Tutte che traboccano di vestiti, ovvio. Quasi non si possono chiudere.”

Evito di far notare il mio disappunto al solo sentir nominare sua sorella e passo oltre. “Tu quanti ne hai preparato?”

“Uno” risponde prendendomi fra le braccia. “Tanto se mi serve qualcosa lo compro nel luogo in cui sto. Ma visto che questa è la nostra luna di miele, conto di non uscire dalla stanza e di non dover necessitare mai di un paio di jeans e una maglietta. Al massimo, posso accordare un accappatoio” sussurra languido al mio orecchio, passando poi a lasciare un bacio sul mio collo.

Poso le mie mani sul suo petto, percependo il battito del suo cuore. Adoro quel suono. Ma c’è una cosa che mi preme chiedergli. “Edward…” sussurro. Lui non si allontana, continua a passare le sue labbra sul mio collo, ora verso la mia gola. Piego senza esitazione la testa per permettergli un facile movimento. “Riguardo ieri notte…” Lo sento irrigidirsi e mi viene immediatamente voglia di piangere. Ha capito a cosa mi riferisco. La pensa come me, sono stata proprio patetica… “M-mi dispiace per come ho reagito. Ti giuro, è che mi sono fatta male, ma non volevo reagire così…”

Sono costretta a fermare il mio sproloquio quando non ho più nulla da dire per l’imbarazzo e lui mi fissa con una strana espressione tra lo stupore e lo sconvolgimento.

“Bella” mi chiama improvvisamente serio in volto, scostandosi per fissarmi. Oddio, ora mi dice che a letto faccio schifo. Apre bocca per riprendere a parlare, ma sembra non avere nulla da dire, confondendo ora lui me. Alla fine lo vedo deglutire. “Non ti preoccupare. Se dici che hai reagito in quel modo solo perché ti sei fatta male, posso pure capire. Sono certo che farai in modo che vada meglio già dalla prossima volta.”

Rimango basita dalle sue parole per un attimo senza nemmeno sapere perché. Alla fine, non è arrabbiato e non mi trova patetica. Era quello che volevo, no? Ma forse una parte di me voleva che m’avesse interrotto zittendomi con un bacio e mi tranquillizzasse dicendo che non importava, e che era orgoglioso di essere stato comunque il mio primo uomo.

Ovviamente, Edward non era il tipo e io dovevo accettarlo così com’era.

Per questo tento di sorridere. Non so se ci riesco, ma da come ricambia soddisfatto penso proprio di sì.

///

Mi sto annoiando. Non pensavo proprio che vicino a Edward mi sarei annoiata, invece è così. In aereo, lui è seduto ovviamente al mio fianco, ma non mi degna di un solo sguardo perché si sta occupando di documenti che, posso immaginare, sono importantissimi.

Ma il viaggio è lungo e noi siamo partiti da ancora mezz’ora.

Una parte di me vorrebbe chiamarlo e fare conversazione. L’altra ha paura che mi possa dire di smetterla di scocciarlo. Alla fine, riesco a trovare una via di mezzo: instaurare una conversazione sì, ma che riguarda comunque il suo lavoro.

“Sai, tempo fa ho fatto delle ricerche su di te in internet. È vero che sei l’amministratore delegato e il proprietario di un’azienda di marketing?” domando fingendomi interessata.

E in realtà lo sono, ma se glielo sto chiedendo in questo momento è solo per poter fare qualcosa con mio marito.

Edward non sembra nemmeno aver sentito la mia voce, tuttavia risponde. “Sì” si limita a dire con semplicità.

“Posso chiederti di che si tratta? Se devo essere sincera non ho mai ben capito niente di economia. So solo che vi sono impegnate delle persone e dei prodotti” proseguo.

Edward gira un foglio, proseguendo nella lettura. “Il marketing è un processo sociale e manageriale che si occupa di un insieme di cose, tra cui persone e prodotti, sì. Le imprese che cercano di pubblicizzare il proprio prodotto si affidano alle aziende come le mie perché le decisioni su come pubblicizzarlo vengono affidate ad un gruppo di persone, non ci si limita solo ad un uomo per prodotto.”

“E la tua azienda l’hai fondata da solo?”

Edward prende un altro foglio e una penna in mano, correggendo qualche parola. “Non credere mai a chi ti dice che ha fondato un’azienda grazie alla sua intelligenza, senza l’aiuto di nessuno. Se vuoi fondare dal nulla un’azienda, non solo hai bisogno di qualcuno che finanzi le tue spese, ma anche di una persona fidata che ti istruisca su come farlo, o altrimenti non sapresti nemmeno da dove iniziare e andresti in rovina prima ancora di cominciare.” Prende un terzo foglio, tenendone due in una mano e sfogliando il resto della cartella con l’altra. “Io l’azienda l’ho ereditata da mio nonno.”

“Tuo nonno? Non tuo padre? Di solito non è così?”

“L’eredità più grossa passa da primogenito a primogenito. Prima di me sarebbe dovuto esserci mio padre, il quale è il più grande di due fratelli, e poi io all’età di venticinque anni. Ma Carlisle non si è mai interessato al marketing e ha preferito diventare uno stimato psicologo. Mio zio Caius ha tenuto in mano le redini dell’azienda fino a quando non ho compiuto l’età giusta, insegnandomi nel frattempo.”

“E ora che nei hai ventotto l’azienda è guidata da te da ben tre anni” osservo.

“Mmh” conferma lui.

“Tuo zio non prova rancore verso di te?”

“Mio zio?” domanda confuso e per la prima volta si volta a fissarmi. “Mio zio è una specie di secondo padre, per me. Ormai ha cinquant’anni, preferisce mille volte occuparsi della filiale di Seattle che della ANIM” spiega ritornando ai suoi fogli.

“ANIM?” domando confusa.

“È il nome dell’azienda” rivela tranquillo.

“Che nome strano... È un acronimo? Chissà di quali parole in particolare...” Con mio sommo stupore, vedo che compare un grande sorriso divertito sul suo volto. Posa tutti i fogli che aveva in mano e ne prende uno. “Guarda” mi dice, e scrive qualcosa su questo. Il foglio è battuto al computer, ma se vi scrive sopra qualcosa allora non deve essere importante.

Mi avvicino a lui e involontariamente la sua spalla sfiora la mia, il suo profumo mi invade le narici e io mi sento finalmente serena al suo fianco. Mio marito.

Ma a parte questi pensieri, riesco a vedere cosa ha scritto in corsivo, evidenziando alcune parole scrivendole a stampatello.

AzieNda dI Marketing

ANIM.

“No” sussurro, incredula e divertita anche. “Un nome così originale per un acronimo così... banale?”

Scoppia sinceramente a ridere. Non l’ho mai sentito ridere così in questi nove giorni in cui siamo stati a contatto da quando Tanya è scappata. Non solo sembra ancora più bello, penso fissandolo, ma il suono della sua risata è qualcosa di indescrivibile.

“L’azienda è stata fondata dal mio bisnonno più di cinquant’anni fa. Penso che a quel tempo non ci fossero così tanti problemi con l’originalità e che ANIM andasse molto di moda come nome” mi dice.

Sorrido e gli chiedo un’altra cosa. “E in tutti questi anni nessuno ha pensato di migliorare il nome? A me piace, ma forse non tutti la pensano come me.”

“Fin’ora non ci possiamo lamentare, il lavoro è ottimo. No, non ho mai pensato di cambiare nome da quando ho saputo che un giorno l’azienda sarebbe diventata mia. Più una cosa è vecchia, più è una garanzia, Isabella” mormora fissandomi negli occhi. Brividi scorrono sulla mia schiena: credo che non mi abituerò mai a sentirlo pronunciare il mio nome. “È per questo che l’azienda va così tanto avanti. Le imprese che si modernizzano non solo con gli strumenti ma anche con una cosa banale come il nome non danno nessuna garanzia e, nel giro di pochi anni, vengono poi dimenticate. La ANIM, nel campo del marketing, è una di quelle poche aziende su cui puoi contare seriamente e dove ottieni un risultato ottimo di vendita. Per questo sono abbastanza ricco da permettermi appartamenti sparsi per il mondo e una villa a New York con tanto di eliporto sul tetto.”

“E di jet privato su cui poter viaggiare a proprio piacimento” aggiungo io sorridendogli e appoggiando la testa al sedile.

Sono felice. Non pensavo che avremmo davvero potuto avere una reale conversazione.

Edward mi stava ancora fissando e per un attimo vedo i suoi occhi posarsi sulle le mie labbra ancora atteggiate ad un sorriso, e più giù. Il collo, il seno, lo stomaco, le gambe.

Sento un calore interno, il ventre contrarsi. Non so perché mi stia fissando così, ma certo mi piace. Mi maledico per aver indossato jeans stretti e il giubbotto. Ma c’era freddo, non potevo indossare una gonna e un top.

Quando i suoi occhi si scontrano con i miei, l’espressione serena del suo viso è scomparsa e il sorriso delle mie labbra sparito con questa.

“Vieni con me” sussurra roco, chiudendo velocemente la valigetta sulle sue gambe e passando a slacciarsi la cintura di sicurezza. Lo imito e poi mi alzo. Non ho idea di dove mi voglia portare. So cosa vuole, ma non ho ben compreso dove. Nel bagno?

Mi prende per mano e mi lascio guidare da lui. Quando ci dirigiamo in fondo al jet e poi ci ritroviamo davanti una porta, rimango senza parole quando entriamo dentro. È una camera da letto. Piccola, molto piccola, con un letto centrale a due piazze e l’ambiente decorato dai colori bianco e nero. Non ci sono mobili, né oggetti, eccetto due comodini su cui sono poggiati dei sottili vasi a collo alto con un fiore per ognuno di questi. Dietro il letto, vi è un’altra porta ma non ho tempo di chiedere nulla perché Edward chiude la porta della stanza alle sue spalle e mi ci spinge contro, iniziando subito a baciarmi con passione.

Ho ancora un po’ di timore nel pensare a farlo di nuovo visto il dolore provato ieri sera, ma cerco di non pensarci e di sentire solo le labbra di mio marito sulla mia bocca. Ricambio come meglio posso il bacio, strusciandomi con imbarazzo sul suo corpo. Non ho nessuna esperienza anche se ho letto, e tanto. Solitamente, questo agli uomini piace, ma a Edward?

Quando però lo sento gemere appassionato, mi do’ la risposta che volevo: sì.

Le sue mani passano sul mio ventre, più giù, fino alla zip dei miei pantaloni. Non è calmo, è agitato, e per questo riesce ad aprirla solo dopo svariati tentativi. Nel frattempo, ho già tolto il giubbotto buttandolo da qualche parte e sono già in procinto di togliermi la mia maglia prima che lui, dopo esserci riuscito, passi le mani sul mio sedere e stringa con forza.

“Salta” mi ordina ed eseguo senza ben capire cosa vuole in realtà. Lui mi afferra al volo e io gli circondo con le gambe i fianchi, tenendomi stretta a lui. Riprende a baciarmi e affondo le mie mani tra i suoi capelli morbidi.

Mi porta sul letto per poi passare le sue mani sulle mie cosce fino ad arrivare alla zip dei miei jeans, facendomeli poi scorrere fino alle ginocchia. Lui indossa un maglione – che gli sta divinamente bene – e provo a toglierglielo. Senza esitare, lui mi aiuta e rimane a petto nudo.

È davvero bellissimo: non è super muscoloso tanto da poter essere chiamato pompato, ma muscoloso quanto basta. Ha due spalle larghe sul quale non vedo l’ora di aggrapparmi come mi ha consigliato di fare Rosalie al momento in cui mi farà sua.

Edward si mette in ginocchio, prende qualcosa dalla tasca dei jeans e la posa di lato, per poi passare togliersi l’indumento seguito subito dopo dai boxer. Infine, toglie gli ultimi indumenti anche a me: jeans e mutandine.

Rimango sorpresa quando mi accorgo di indossare ancora il reggiseno. Ma prima che possa togliermelo, Edward si posiziona nuovamente su di me baciandomi mentre le sue mani accarezzano il mio stomaco sempre più su, infilandosi tra le coppe dell’intimo.

Le nostre intimità si sfiorano senza nulla a proteggerle e quando lui, a causa dei movimenti, preme su di me, io faccio lo stesso inarcandomi e aprendo le gambe più che posso. Lo sento emettere un gemito basso a quell’azione e le sue mani si stringono con ancora più forza – quasi fino a farmi male – sul mio seno.

Edward inizia a muoversi su e giù sopra di me, provocandomi dei bassi mormorii alla gola e fitte di piacere allo stomaco. Con un brusco movimento, toglie le mani da sotto le coppe del reggiseno e ne posa una sul proprio membro, indirizzandolo alla mia entrata. Il dolore non sarà come ieri, ma c’è sempre e io mi irrigidisco di nuovo.

“Bella, come ieri. Ci sono io qui, non ti faccio del male” mi rassicura con voce dolce.

Come ieri, Edward? Te ne andrai di nuovo lasciandomi da sola, dopo?

Questo però evito di dirlo e mi limito a guardarlo titubante e ad annuire. Cerco di rilassarmi e Edward mi aiuta posando la sua mano destra tra i punti in cui i nostri corpi stanno già per unirsi. Velocemente e senza che io me lo aspettassi, prende ad accarezzarmi il clitoride e subito partono delle violenti scariche di piacere su per il ventre espandendosi in tutto lo stomaco, che mi inducono a volerne sempre di più e quindi ad inarcarmi sotto di lui. Edward ne approfitta e, dopo aver posato la sinistra sulla sbarra del letto per tenersi in equilibrio, inizia a spingere piano dentro di me.

Adesso, con la stimolazione della sua mano, al posto del forte dolore riesco a sentire solo un forte bruciore, senz’altro più sopportabile, e anzi sono io che vorrei che i movimenti aumentassero. Ci sono quasi, ed è meglio che farlo da sola, dopotutto.

Ma lui muove la sua mano sempre alla stessa velocità, aumentandola e diminuendola solo di tanto in tanto. Basta però per farlo entrare del tutto grazie a una spinta senza che io mi faccia male come ieri sera. Quando succede, Edward passa a muovere la mano più velocemente, limitandosi a poche spinte dentro di me.

Il piacere cresce sempre di più e io mi inarco sotto di lui senza pensare a quanto magari possa essere imbarazzante per me, soprattutto per i gemiti costanti che escono dalla mia bocca. Stringo forte la presa delle mie mani sulle sue braccia e quando Edward si abbassa per baciare il mio collo, sono sul punto del non ritorno. Mi inarco del tutto e affondo le mie unghia sulla sua pelle, aprendo le mie gambe al massimo e sentendo improvvisamente il mio corpo del tutto irrigidito quando fino a un secondo fa ora solo intorpidito.

Respiro affannosamente dopo l’orgasmo e Edward esce da me per indossare il preservativo che aveva precedentemente messo da parte. Quando è pronto, rientra di nuovo in me, trovando meno ostacoli perché sono ancora aperta per la penetrazione di tre secondi prima, e mi afferra per i fianchi. Improvvisamente mi ritrovo sopra di lui, i miei capelli che gli cadono ai lati della testa come una cortina scura.

“Hai visto?” mi chiede riferendosi al piacere di prima. “E sarà sempre più bello” promette.

Ancora sensibile per l’orgasmo di poco prima, ad ogni minimo movimento sento un piacere che ieri non avevo minimamente provato. Quando Edward inizia a muoversi sotto di me afferrandomi peri i fianchi, ricambio ogni movimento con un gemito ad accompagnarlo. E in tutto questo, sento montare nuovamente l’ondata di piacere che è scaturita in me fino a qualche minuto fa, costringendomi a muovermi secondo il mio ritmo, e non quello dettato da Edward che ho seguito fino ad ora.

Ma dai gemiti che gli sento emettere, sempre più forti, la cosa non sembra dispiacergli poi molto. Porta le sue mani dalla presa ferrea dei miei fianchi al mio stomaco e poi le posiziona sulla mia schiena alla stessa altezza del gancetto del reggiseno. Lo sento trafficare un poco per poi liberare finalmente il mio seno da quella costrizione. Sotto il tocco delle sue mani che lo massaggiano a pieni palmi facendomi quasi male – seppur in modo piacevole – sono costretta ad abbassarmi e a tenermi in equilibrio con le mani vicino la sua testa, avvicinandomi inconsapevolmente con il seno al suo viso. Mi ritrovo le sue labbra racchiuse attorno a un mio capezzolo mentre aumento la velocità dei miei movimenti sopra di lui per raggiungere di nuovo quella sensazione paradisiaca in soli pochi istanti.

Le sue mani si posano sulla schiena e più giù, verso il mio fondoschiena, accarezzando anche questo a piene mani, continuando con un ritmo dettato da lui stesso, fino a quando non inverte di nuovo le posizioni facendomi ritrovare sotto di lui impotente contro le sue voraci spinte.

Mi afferra i polsi con le mani e li posiziona accanto la mia testa, baciandomi. Apro le gambe più che posso per aiutarlo a raggiungere il piacere che tanto voglio donargli e mi inarco sotto di lui ad ogni spinta, gemendo per la forza in cui ci mette. Mi sembra quasi che mi manchi il respiro alla fine, quando Edward emette un gemito più basso degli altri venendo anche lui.

Rimane sopra di me per quello che mi sembra un tempo infinito ma che possono anche essere stati pochi secondi, i nostri corpi ancora madidi di sudore, i respiri accelerati. Quando di scosta per mettersi di fianco e togliere il preservativo, mi sento… soddisfatta, sì. Ho fatto sesso con Edward sentendo un forte dolore solo alla prima penetrazione, ma per il resto è andata benissimo.

Non l’ho deluso.

Edward’s pov

Quando esco dal bagno dopo aver fatto una lunga doccia rigenerante, lei sta dormendo. È da più di un’ora che dorme, e io la sto osservando senza nemmeno sapere perché mentre infilo boxer e vestiti puliti.

Mi siedo al suo fianco distendendo le gambe sul materasso e appoggio la schiena alla parete sfiorata da letto, le braccia incrociate al petto.

E continuo a fissarla.

Isabella non è brutta. Molto diverse dalle donne a cui mi accompagnavo solitamente, è una bellezza semplice e delicata. Le mie amanti sono state sempre donne con una folta capigliatura bionda o corvina; Bella ha i capelli di un caldo color mogano. Dal seno prosperoso, spesso rifatto le prime; mia moglie ha un seno piccolo, probabilmente una seconda, ma a me piace. È perfetto per le mie mani, si abbinano alla perfezione.

Ed è questo il problema, che stia iniziando a pensare certe cose. Bella non dovrebbe essere perfetta per me. Dovrei provare repulsione verso di lei, invece che questo desiderio ingestibile.

Dovrei farla mia cercando di raffigurarmi il volto di una qualsiasi donna attraente, invece di raggiungere l’apice con il bisogno di fissarla negli occhi, tant’è sensuale senza rendersene conto.

È per questo che sento quasi di odiarla tanto quanto odio il padre. Perché mentre io mi ero prefissato nove giorni fa un determinato piano, ecco che lei arriva e, mentre cerca di fare conversazione, mi fissa con quegli occhioni enormi rivolgendomi sorrisi a destra e a manca, confondendomi.

Anche oggi, poco prima di partire. Perché diavolo si è scusata? Non doveva; primo perché non ce n’era alcun bisogno, secondo perché così non mi avrebbe costretto a risponderle in quel modo.

Non avrei mai voluto scendere così in basso con quella risposta, ma ho dovuto: non potevo tranquillizzarla e rassicurarla prendendola fra le braccia, non quando ho deciso che ritornerò lo stronzo di questi giorni non appena terminerà la luna di miele. Luna di miele che, comunque, sarà caratterizzata solo dal sesso.

Siamo sposati, perché non godersi queste due settimane? Sesso di sera, ognuno per la sua strada di giorno. Io lavorerò nel mio studio e lei farà quei viaggi turistici che alle donne piacciono così tanto.

Le lancio un altro sguardo quando la sento muoversi. Non si è svegliata, si sta solo girando a pancia in giù, il lenzuolo che la copre solo dai fianchi in basso e la schiena completamente scoperta.

La luce che illumina la cabina rende il colore della sua pelle ancora più bianco, ancora più etereo oserei dire. Ha un’espressione serena sul volto, le labbra rosse chiuse e la curva del naso che tanto mi piace; le sopracciglia fini e le lunghe ciglia che ombreggiano leggermente le sue guance rosee. Ha i capelli sparsi sul cuscino dietro di lei, il viso è voltato verso di me, e tutto questo la rende simile a un angelo nel mio letto.

Un angelo che perderà presto la sua innocenza e che si trasformerà in un diavolo non appena verrà a sapere della crudele verità, verità che la condurrà inevitabilmente a chiedermi del divorzio che io le concederò con grandissimo piacere.

Ma per allora, la mia vendetta sarà conclusa.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Non so cosa dire riguardo questo capitolo. È lungo come al solito (a proposito: vi annoiano così lunghi o per voi è un piacere?), e non riesco a capire se sia noioso o primo di avvenimenti. Forse entrambe, perché non accade nulla di speciale, ma si vengono a sapere alcune cose. Come sempre, però, ci ho messo il cuore. Sono le due e trentasei(!) di notte quando finisco di scriverlo. Spero vi piaccia. Ah, ci sono delle note finali. Chiarisco dei piccoli punti su un personaggio che farà visita a Edward e Bella a Parigi – nel prossimo capirete il motivo della sua presenza in città.

Buona lettura.

 

 

Capitolo 5

 

Quando atterriamo a Parigi sono già le undici e mezza di sera. Dovrei essere distrutta, invece sono solo un po’ stanca. Questo forse perché sul jet ho dormito fino alle sei e quindi sono più o meno riposata.

Ricordandomi poi del fuso orario e apprendendo che a Parigi sono le sei del pomeriggio, mi dico che ho fatto bene. Andrò sì a letto presto stasera, ma sempre meglio che andarci ora se non avessi dormito il pomeriggio.

Edward dovrebbe essere esausto. Lui non ha dormito come me, o se lo ha fatto non me lo ha detto.

Quando però entro nel suo studio dopo mezz’ora il nostro arrivo in questo piccolo appartamento dove staremo per le prossime due settimane, lo vedo seduto con gli stessi abiti di prima e i capelli scombinati, come se vi avesse più e più volte passato le dita.

Io mi sono fatta una doccia calda e ho cambiato i miei vestiti, lui non sembra interessato alla cosa, anche se si è cambiato in aereo.

“Questo è uno dei tanti appartamenti sparsi per il mondo di cui mi parlavi sul jet?” gli chiedo, facendogli notare la mia presenza nella stanza.

Alza lo sguardo dai vari documenti sui quali lavora da oggi pomeriggio, e sorride. Un sorriso che non ha nulla di dolce ma tutto di proibito.

“Ti piace?”

“È bellissimo” mormoro avvicinandomi alla sua scrivania, alle cui spalle vi è una grande vetrata che dà sulle strade illuminate dal tiepido sole invernale di Parigi.

Ancora stento a credere di essere a Parigi con mio marito. Solo meno di due settimane fa ero una single senza un soldo che abitava con i suoi genitori, e ora ho sposato uno degli uomini più ricchi ed influenti di New York per trascorrere la luna di miele in questa stupenda città.

“Stai lavorando?” domando ancora abbassando gli occhi su quei dannati documenti.

Odio che lavori così tanto persino durante la luna di miele.

“Io posso andare in vacanza ma non il mio lavoro. Devo portarlo ovunque con me. Spero non sia un problema” risponde in tono eloquente.

“No, certo che no” mento. “Sei un uomo importante, logico che devi lavorare così tanto.”

Edward sorride. “Bene. Perché non vai a fare un giro? Ti faccio accompagnare da Dimitri.”

“Dimitri?”

“È il mio autista personale. Ovviamente è a tua disposizione ogni qualvolta lo desideri” mi spiega continuando a dar retta più a quei documenti che a sua moglie.

“Ne avrò uno tutto mio, un giorno? Voglio dire, se dovesse servirmi un autista mentre Dimitri è occupato con te?”

“Ne hai già uno. È rimasto a New York, Dimitri per queste due settimane si occuperà perfettamente di entrambi” replica.

“Perfetto” mormoro fingendo un entusiasmo che non provo. “Dove lo posso trovare?”

Non mi risponde. Si limita a prendere in mano il cellulare che ha vicino a sé sulla scrivania e a fare una chiamata. “Dimitri, fatti trovare in strada davanti al portone con la macchina già pronta. Mia moglie vuole fare un giro, portala nei migliori posti che ci sono qui” ordina con semplicità, prima di riattaccare e rivolgersi a me. “Puoi andare a prepararti, se vuoi.”

Capendo che è un invito a lasciarlo solo, me ne vado senza nemmeno ringraziarlo. È il minimo che potessi fare visto il trattamento.

///

Parigi è bellissima. Lo pensavo prima, lo penso ora. Mentre sono ancora in macchina e il tour è appena iniziato, decido di approfittare di ciò che ho a disposizione e godermi la visita.

Poco importa che avrei tanto voluto farne una con mio marito. Poco importa che abbia preferito il lavoro a me anche durante la luna di miele. Poco importa tutto.

Sono in una delle città più belle del mondo, sono una delle donne più ricche di New York, e ho sposato uno degli uomini più affascinanti di sempre che a letto ci sa proprio fare. Il nostro è stato un finto matrimonio che raggiunge il massimo solo quando io e Edward scopiamo. Non c’è nulla di più e io non devo pretendere altro.

“Dimitri, sai cosa ho sempre voluto fare?” domando passando ad un tono confidenziale.

Dimitri è un uomo alto, muscoloso e biondo, un viso abbastanza bello dai lineamenti scolpiti, le labbra fini e gli occhi azzurri. Quando mi ha visto per la prima volta mi ha sorriso, un sorriso caloroso, insieme a un “Buon pomeriggio, signora”. E considerando che è lui ad essere più grande di me, l’ho trovato parecchio ridicolo.

Ha venticinque anni e lavora per Edward da uno. Gli ho detto di chiamarmi Bella; un po’ perché lo volevo io, un po’ perché Edward lo verrà a sapere prima o poi in un modo o nell’altro e voglio proprio sapere come reagirà.

Sono ancora arrabbiata con lui, e da quando ho iniziato a fare conversazione con Dimitri lo sono ancora di più: è assurdo che sappia più cose sul mio dipendente di quante ne sappia su mio marito! Ma Dimitri è ben disposto a parlare con me, Edward no.

“Cosa?”

“Visitare il museo del Louvre. È da quando ero bambina che ho sempre desiderato andarci. Pensi sia possibile andarci ora?” gli chiedo, sicura che la risposta sia affermativa.

Dimitri scoppia però a ridere, confondendomi. “Scherzi? Anche a voler evitare tutta quella coda, il Louvre chiude alle sei e sono già le sei e mezza del pomeriggio e l’apertura notturna è solo il mercoledì e il venerdì. Tra l’altro, oggi è martedì e il museo è chiuso oggi. Inoltre, il Louvre non è un semplice museo. Per visitarlo non basterebbe un giorno intero. Alcuni ci impiegano sbrigativamente almeno una settimana. Ci sono più di trentamila opere d’arte e tutte meritano di essere guardate. Ma il tempo scarseggia, così chi va a fare una visita al Louvre si prepara prima cosa non vuole vedere. Anche perché comunque ci sono una marea di sale e non sono aperte tutte tutti i giorni. Alcune sono aperte oggi, altre domani, e così via. Per questo faresti meglio a prepararti prima, così da non perdere tempo a cercare informazioni per qualcosa che magari oggi non potrai visitare se è chiuso. Tu quale vorresti visitare assolutamente?”

Non immaginavo che Dimitri sapesse tutte queste cose. Pensavo che il Louvre fosse il museo più bello e importante del mondo, con la fila più lunga di sempre, ma solo questo. A quanto pare mi sbagliavo.

“Be’, assolutamente voglio vedere La Vergine Delle Rocce. E poi so che vedere La Gioconda è obbligatorio, quasi. Quindi in primis queste due. E poi… be’, se devo essere onesta conosco solo queste due opere” ammetto imbarazzata.

Anche questa volta Dimitri scoppia a ridere. “Non preoccuparti. Senti che facciamo: io ora ti porto a visitare gli Champs-Élysées e ci facciamo un giro lì. Appena tornata a casa fai delle ricerche sulle opere che vorresti visitare del museo e appena sei convinta, ci andiamo. Ti faccio anche da guida, se vuoi” si offre gentilmente.

“Come fai a sapere tutte queste cose del museo?” domando sbalordita.

“La mia famiglia abita qui. O meglio, mio padre si è trasferito qui quando io avevo dieci anni. Ai tempi i miei si erano separati, sono tornati insieme cinque anni dopo, ma in tutto questo tempo passavo periodicamente dei fine settimana con mio padre. Poi, quando i miei sono tornati insieme, ho vissuto qui per altri tre anni, fino ai diciotto. Quando ho finito il liceo, mi sono trasferito a New York, la città in cui ero nato, e sono stato da mia zia per un bel po’. Ora sono indipendente e questo mi permette di avere una casa tutta mia in città” racconta.

“Bella storia” dico.

Dimitri sorride. “Già. Senti, Bella” mormora improvvisamente preoccupato. “Mi hai chiesto di darti del tu e di essere il più amichevole possibile. A me piace parlare con te, sei simpatica e dolce, ma sei anche la moglie del mio capo. Non voglio perdere il lavoro” sussurra, quasi come avesse timore nel dirmelo.

Gli sorrido e non ho esitazione nel rispondergli. “Non perderai il lavoro. Tu fin dall’inizio sei stato formale con me, sono stata io a chiederti di darmi del tu perché siamo quasi coetanei. okay, hai sette anni in più di me ma non importa. Edward non ti licenzierà. Al massimo chiederà a me il divorzio” mormoro con una battuta.

La risata di Dimitri è la risposta che cercavo.

///

Torniamo a casa che sono le nove di sera. Dimitri mi ha portato a vedere gli Champs-Élysées e dire che erano uno spettacolo è un vero e proprio eufemismo.

Sapevo già che sono la strada più sontuosa di Parigi, ma non mi spiegavo il motivo. Dimitri mi ha detto che sono lunghi millenovecentodieci metri e larghi ottantotto metri, e tanto basta. Ma lo spettacolo che ha potuto offrire… non saprei dire di quale parte mi sia innamorata di più.

Dimitri mi ha mostrato come gli Champs-Élysées siano divisi dall’incrocio Rond_Point, dividendosi così in una parte superiore che conduce all’Arco di Trionfo e una parte inferiore che porta alla Place de la Concorde. Le due parti sono molto diverse fra di loro, ma entrambe hanno la loro bellezza: la parte superiore, con la sua animosità determinata da milioni di turisti che cercano il divertimento in ristoranti, teatro, cinema e negozi; e la parte inferiore, più romantica, costituita da musei e giardini.

Il sole era sempre più basso quando mi sono ritrovata a camminare per la strada e dava un’aria ancora più eterea a questa bellezza. Sono entrata in vari negozi, ma non ho preso niente. Abbiamo ordinato un caffè, ma io l’ho lasciato perché abituata al caffè di casa nostra, senz’altro diverso da quello francese.

“È perché il caffè francese si fa con la polvere di questo messa in filtri di carta conici inseriti nella macchinetta, mentre quello americano si prepara con delle enormi cialde di carta da inserire in un filtro metallico presente nella macchinetta” mi spiega, sorridendomi. “Io ho cominciato a bere caffè già qui, quindi ho dovuto abituarmi a quello americano” mi aveva spiegato Dimitri con un sorriso divertito.

Contrariamente alle mie aspettative, mi sono divertita.

Quando vado alla ricerca di Edward, mi rendo conto che sarà senza dubbio nel suo studio, come sempre. L’appartamento è davvero piccolo, ma confortevole. Mio marito l’avrà sicuramente comprato per vacanze come questa di poche settimane, visto che la porta dà su un’ampia sala da pranzo con saletta da cucina, dove al centro vi è un pezzo di muro a metà che crea un’altra stanza adibita a salotto, con tanto di divano e tv a schermo piatto appesa alla parete.

Le altre due stanze sono un bagno con vasca e doccia, infine una camera da letto matrimoniale. Le due enormi stanze hanno entrambe grandi finestre, che danno sulla strada trafficata.

Lo studio, invece, è piccolo rispetto alla prima stanza e alla camera da letto, ma non per questo meno bello.

Nell’insieme, l’appartamento è bello e accogliente.

Quando tolgo il cappotto per buttarlo sul divano e andare in direzione dello studio di mio marito, però, noto che non c’è. Confusa, richiudo il battente alle mie spalle, chiedendomi dove possa essere andato alle nove di sera.

Con noi non è venuto nessun dipendente, tranne Dimitri – che a quanto pare ne ha approfittato per stare con la sua famiglia –, quindi non posso chiedere a una Carmen francese dove sia andato a finire mio marito. La porta del bagno è aperta e comunque le luci sono spente. L’unico posto è la camera da letto.

Quando mi dirigo nella stanza, eccolo lì, la luce ancora accesa. Aggrotto le sopracciglia vedendolo disteso sul letto a pancia in giù con tanto di vestiti scomodi per dormire e per giunta coricato sopra la coperta. L’unica cosa che si è concesso è l’essersi tolto le scarpe.

Mi avvicino a lui, notando quanto la sua espressione assomigli a quella di un bambino con le labbra imbronciate e le sopracciglia aggrottate. Forse sta sognando; forse si è addormentato con un pensiero scomodo nella testa.

Gli accarezzo dolcemente i capelli ripetutamente, fin quando il tocco delicato e gentile della mia mano non penetra nel suo sonno facendogli distendere l’espressione afflitta. Quando accade, passo a recuperare una pesante coperta dall’armadio presente in stanza per coprire con essa mio marito. Recupero la mia valigia non ancora disfatta e spengo la luce, per andare in direzione del bagno e spogliarmi.

Mi faccio un delizioso bagno caldo, caldissimo, e quasi mi addormento dentro la vasca. Non ho idea di quanto abbia impiegato a stare immersa nell’acqua, ma i polpastrelli raggrinziti dovrebbero essere una sufficiente risposta per farmi pensare parecchio.

Quando esco dal bagno, mi asciugo col primo telo che trovo, e lancio un’occhiata all’orologio del mio telefono notando con stupore che sono stata dentro tre quarti d’ora. Mmh, almeno sono già le dieci di sera, quasi. Resisto alla tentazione di chiamare Rosalie – perché le avevo promesso che avrei seguito il suo consiglio e quindi a quest’ora, secondo la sua logica, dovrei essere ancora a fare sesso con mio marito – e i miei genitori – perché sono un po’ delusa dal loro comportamento e al momento non voglio rovinarmi la serata. Né la luna di miele.

Va bene che mio padre e mio marito si odino senza alcuna ragione, ma che il primo non venga al mio matrimonio solo per orgoglio e che mia madre lo segui senza nemmeno farmi una telefonata… Non vedo motivo per cui dunque dovrei fare io il primo passo.

Il rispetto dei figli per i genitori non è a senso unico, deve essere ricambiato.

Nervosa a causa di questi pensieri che mi fanno stare male – nonostante tutto, sono i miei genitori e vorrei che tutto fosse ben diverso da come è ora – decido di aprire il frigorifero per vedere cosa c’è dentro.

Ci sono bibite, acqua e limonata soprattutto, e poi ci sono salumi, formaggi, una ciotola di olive, una di pomodoro, frutta e nient’altro. C’è del pane sul tavolo. Potrei farmi velocemente un panino ma mi rendo conto di non avere molta fame.

Opto per una mela che basta e avanza, almeno è leggera e veloce da mangiare. Mentre mangio e controllo il telefono tanto per fare qualcosa, mi chiedo se Edward abbia mangiato.

Infine, quando torno in camera da letto, mi corico vicino a lui.

Una parte di me vorrebbe stringersi a lui, passare la seconda notte di nozze come dovremmo aver passato la prima. Tuttavia, l’altra parte sa perfettamente che Edward mi ha sposato solo perché gli serviva urgentemente una moglie e io facevo al caso suo perché avrei potuto finalmente salvare mio padre da tutti i suoi debiti.

Edward mi aveva fatto firmare un contratto prematrimoniale, assicurandomi tuttavia che avrebbe pagato lui stesso i debiti di mio padre non appena saremmo tornati da Parigi. Papà non ne sa nulla, ma scommetto che quando lo verrà a sapere accantonerà per sempre questo inspiegabile odio verso mio marito e faremo nuovamente pace.

Per il resto, invece, avrei potuto comprare ogni cosa che avessi voluto semplicemente mettendolo sul conto di Edward Cullen – se si fosse trattato di un negozio d’altro livello – o chiedere direttamente i soldi a lui.

La vita, in altre parole stava cominciando a migliorare economicamente parlando. Non avevo dubbi che con il consiglio di Rosalie, sarebbe migliorata anche quella di coppia.

O almeno lo speravo.

///

Il giorno dopo mi sveglio sola nel grande letto. Ne sono un po’ delusa, ma in effetti me lo aspettavo. Ciò che non mi aspettavo era trovare un biglietto sul tavolo in cucina con frasi brevi e un numero telefonico.

Il numero è di Dimitri. Quando vuoi uscire, chiamalo pure. Salirà direttamente, quindi aspetta lui e solo lui. Io ritornerò più tardi. Molto più tardi. E grazie per la coperta.

Tutto qui. Nient’altro, solo delle indicazioni su come contatta Dimitri e un ringraziamento stupido e superfluo per averlo semplicemente coperto. Anche lui l’avrebbe fatto, diamine. O no? Forse no. Forse m’avrebbe lasciato morire di freddo.

Presa dalla rabbia, afferro il mio telefono e chiamo immediatamente Dimitri. Velocemente, non appena risponde gli dico di venire a casa perché ho tutta l’intenzione di andare al Louvre e che avevo bisogno del suo aiuto per fare le ricerche che mi avrebbero portato a capire ciò che desideravo vedere maggiormente.

E non appena mi risponde che sarebbe stato da me nel giro di mezz’ora, chiudo la chiamata per andare a prepararmi.

///

Contrariamente a quanto mi aspettavo, non è stata una giornata così brutta. Dimitri è divertente e mi tiene compagnia come se fosse un amico di vecchia data, e senza saperlo mi aiuta a non pensare al fatto che mio marito non mi abbia chiamato dopo più di ventiquattro ore che non ci vediamo o parliamo insieme. Perché, a conti fatti, l’ultima volta che ci siamo parlati è stato verso le sei, sei e mezza del pomeriggio. Anche oggi, come ieri, io sono ritornata a casa sul tardi, verso le nove.

A mia discolpa, posso dire che ci siamo mossi per andare al Louvre solo verso le undici di mattina, a detta di Dimitri troppo tardi. Ma ne è valsa la pena, come primo giorno.

Oltre al fatto che il museo è il più famoso del mondo, ho un debole per “The Da Vinci Code”, per cui poter camminare lì attorno è stato come la realizzazione di un mio piccolo desiderio.

Fino a due settimane prima non l’avrei mai immaginato.

È incredibile anche la storia che ho appreso sul Louvre. Dimitri mi ha detto che è così magnificamente grande, come museo, perché in effetti prima non lo era. Fu edificato nel milleduecento dapprima come fortezza, col passare dei secoli divenne poi la residenza reale dei francesi nel millecinquecento/milleseicento fino a quando venne sostituito da Versailles. L’originaria fortezza divenne museo quando  Francesco I donò alcuni capolavori della propria collezione d’arte privata e Napoleone diede il suo involontario aiuto utilizzandolo come magazzino per conservare le più splendide opere d’arte prelevate come bottino di guerra nei vari paesi conquistati.

Prima d’ora non mi ero mai chiesta l’origine del museo, ma è bello avere una guida tanto informata. Ho sempre amato la storia, mi piace sapere cosa si nasconde dietro certe cose.

Chi avrebbe mai detto che dietro questo imponente museo vi è un museo nel ventunesimo secolo ma nel sedicesimo/diciassettesimo era una vera e propria abitazione? Per non parlare che nel tredicesimo secolo era semplicemente una fortezza.

Io lo trovo davvero affascinante.

Dimitri aveva comunque ragione: è enorme, e dalla veloce occhiata che ho potuto darvi non basta una settimana per osservare a fondo tutte le opere che vi sono presenti.

Sarà un classico, ma non ho potuto resistere dal vedere dal vivo opere quali: la Mona Lisa, la Venere di Milo, il San Sebastiano, e la Madonna con il Bambino e San Giovannino. Sono tutte opere bellissime, ognuna ha il suo fascino, e mi provoca una strana sensazione sapere che dietro questi capolavori che rasentano la perfezione ci sia il duro lavoro di uomini umani e non divini.

Il divino non esiste, non sulla terra – per i credenti – ma questi artisti sono andati molto vicino a portarlo qui.

Abbiamo visto anche altre opere, meno famose ma non meno belle. Eppure, siamo ancora all’inizio nonostante l’intera giornata a quel museo.

Stiamo ancora parlando apertamente di ciò che vorrei andare a visitare domani quando, aprendo la porta dell’appartamento ed aver fatto un solo passo per entrare dentro, entrambi ci immobilizziamo quando notiamo mio marito in piedi proprio davanti a noi, di profilo al centro della stanza grande, a fronteggiare una donna dai capelli rossi.

Edward volta solo il suo viso, non il suo corpo, fissandomi sorpreso, ma io ho occhi solo per la donna. Quando questa si volta sorpresa anche lei per l’interruzione causata dall’apertura della porta e dalle risate, riconosco nel suo viso Victoria.

Un improvviso senso di nausea mi prende la bocca dello stomaco quando vedo che i suoi occhi si posano su Dimitri disgustata.

“Adesso si scopa con i dipendenti del marito anche alle otto di sera?” domanda sprezzante a Edward.

Sussulto sconvolta, non potendo credere alle mie orecchie. Sono talmente sconvolta da non riuscire a pensare nemmeno alle parole giuste per risponderle, a parte un possibile “Ehi”, ma è troppo stupido vista l’affermazione con la quale mi sta posizionando alla stregua di una sgualdrina.

Anche Dimitri sussulta, ma non si permette di parlare. Anche se vorrei l’appoggio di qualcuno, non posso fargliene una colpa. Potrebbe perdere il lavoro.

Nemmeno Edward parla. Si limita a lanciare un’occhiata annoiata alla sorella, per poi rivolgersi al suo dipendente. “Penso che tu possa andare. Grazie per aver accompagnato mia moglie così come ti avevo chiesto” gli ordina in un tono che non ammette repliche, ritornando a guardare sua sorella.

Praticamente mi sta ignorando. Non solo non mi ha difesa con sua sorella, ma mi ignora anche!

“Uhm… come desidera, signore. Buonasera, allora” sussurra incerto ma educatamente, lanciandomi un’occhiata dispiaciuta.

Quando volto le spalle ai fratelli Cullen gli sorrido leggermente per fargli capire che va tutto bene. Anche se non va niente bene. Richiudo la porta e mi volto di nuovo verso Edward e Victoria: lei sta parlando in un mormorio accesso che però non riesco a percepire.

Si comportano come se io non fossi presente e questo mi da’ enormemente sui nervi.

Mi sono sempre considerata una persona dolce e gentile, educata. La mia timidezza mi ha impedito di essere sfrontata e dare le risposte giuste al momento giusto con il tono giusto da utilizzare, quel tipo di risposte che non solo ti rendono figa agli occhi altrui, ma anche ai tuoi, facendoti amare te stessa solo perché con queste non ti fai mai mettere i piedi in testa da nessuno.

Il tipo di risposte che dovrei dare in situazioni come questa.

Ora, sarà il fatto che ho sposato un uomo che mi vuole solo per sesso, sarà perché l’unico mio divertimento in questi due giorni in cui dovrei essere al settimo cielo –perché: a)mi sono sposata; b)ho perso la mia verginità; c)sto trascorrendo la mia luna di miele in una delle città più romantiche e belle di sempre – è il dipendente di Edward quando dovrebbe esserlo lui visto che è mio marito, e soprattutto sarà perché sua sorella mi tratta come se fossi una merda sui marciapiedi e mio marito non le dice nulla per indurla a trattarmi almeno un pochino meglio, ma scoppio e rispondo come forse non ho mai risposto in questi diciotto anni e tre mesi della mia vita.

“È divertente come quella che dovrebbe essere la mia luna di miele sia stata interrotta dalla cognata che pensa che la sottoscritta se la faccia col dipendente di suo fratello” inizio in direzione di Victoria – braccia rigorosamente incrociate in una posizione estremamente a mio agio – “… ma questo forse è dipeso dal fatto che il marito è talmente occupato col suo lavoro da non avere manco il tempo di fare una dannata telefonata a sua moglie” concludo in direzione di Edward.

Mi aspettavo di tutto, ma non quella che è la loro effettiva reazione. A dire la verità, già mi immaginavo il fumo uscire dalle orecchie di Victoria mentre iniziava a urlarmi contro e Edward che mi lanciava occhiate di fuoco mentre tentava di calmare sua sorella. Continuando a non parlarmi per ignorarmi, ovvio.

Tuttavia, accade l’impensabile.

I due interrompono la loro chiacchierata e mi fissano genuinamente sorpresi. Certo, col mio vero carattere non avrei mai azzardato una risposta simile, ma cazzo se non mi sento meglio.

“Però…” mormora compiaciuta Victoria, annuendo con ancora l’espressione sorpresa. “Ma allora sai rispondere una volta ogni tanto.”

Ovvio che la pensi così, non posso darle torto. Due volte ci siamo incontrate – durante il mio matrimonio è successo al bagno da sole e poi in compagnia dei suoi parenti – e se nella prima occasione ho solo subìto, nella seconda ho parlato solo se mi rivolgevano la parola.

Sono tentata di farlo anche adesso, ma dopo il mio spettacolo sto troppo bene per ritornare la timida Bella di sempre. Ho l’adrenalina per la rabbia in corpo, meglio approfittarne.

“Solo perché sono educata a volte non significa che mi si può dire tutto ciò che ti passa per la mente. Io non so cosa tu abbia contro di me, ma vedi di fartela passare almeno in mia presenza, perché non mi limiterò a risponderti la prossima volta.”

Dio, quanto è bello! Soddisfacente e liberatorio, oserei dire meglio ancora del sesso stesso.

Anche questa volta mi aspettavo che Victoria si offendesse, soprattutto vista mia implicita minaccia, ma mi sorprende ancora una volta quando osservo un piccolo sorriso sul suo volto – e non è di scherno, sembra… ammirazione, incredibilmente – mentre incrocia le braccia al petto per voltarsi del tutto verso di me.

“E cosa accadrebbe in una ipotetica prossima volta?” mi sfida.

Vedendo che sto per risponderle ancora, Edward mi anticipa ordinandomi in un tono che non ammette repliche: “Basta, Bella”.

Ah, comincia lei a darmi contro e io dovrei stare zitta e muta a subire? Ma che vada al diavolo come sua sorella.

Lo ignoro.

“Tuo marito è un uomo potente quanto Edward, no? Non penso che sarà felice di sapere come mi hai trattato l’altra sera, non se questo può causare uno scandalo che potrebbe coinvolgere sia l’azienda di James che quella dei Cullen” replico sorridendole.

Edward si volta immediatamente verso di me, rivolgendomi uno sguardo di puro odio. Così tanto odio che, dannazione a lui, mi fa pentire immediatamente delle mie parole.

Fa un passo avanti nella mia direzione ma la voce di Victoria lo blocca.

“E tu come fai a sapere di mio marito e della mia azienda?” mi chiede ancora una volta semplicemente sorpresa.

Rimango sconcertata dalle sue reazioni: perché non mi urla contro? La sto minacciando, per l’amor di Dio!

Fisso Edward, le braccia incrociate al petto mentre continua a fissarmi nero in volto. Dà la colpa a me, a quanto pare. Non a sua sorella – che poi, non voglio litighino per me, ma che almeno le parli per trattarmi con un minimo di rispetto – ma a me. Sua moglie.

La rabbia ritorna e non esito a rispondergli, cattiva. Lui non ha avuto scrupoli quando mi ha ordinato di sposarlo, rinfacciandomi i debiti di mio padre; non ne ha avuti quando antepone sempre il suo lavoro a me, persino in luna di miele. Non ne ha avuti quando mi ha lasciato da sola cinque minuti dopo avermi scopata – perché se anche per me è stato qualcosa di più, per lui si è trattato solo di questo – per la prima volta, quando avevo bisogno di un suo tenero abbraccio più che mai.

E allora decido di non averne nemmeno io.

“Sappiamo bene che questo matrimonio è stato più per salvare la faccia a tuo fratello che per altro. Credi davvero che io avrei mai potuto sposarmi senza fare delle ricerche sul mio futuro marito, sulla sua famiglia?”

Scelgo accuratamente le parole come salvare la faccia e tuo fratello perché voglio fargli intendere che per me è stato solo questo – oltre, questo lo sappiamo solo io e lui, per estinguere i debiti di mio padre – e che lui non è l’uomo della mia vita o altro, ma solo il fratello della donna che mi sta di fronte.

Ignoro deliberatamente la possibile reazione di Edward e mi limito a fissare Victoria. Il suo sorriso si è accentuato e non risponde, non stavolta. E soprattutto, leggo nella sua espressione qualcosa che mai avrei potuto immaginarmi: il rispetto che desideravo da lei.

Forse non al cento per cento, ma ha chiaramente capito che quando vengo provocata non esito a tirar fuori gli artigli, e forse sta cominciando ad osservarmi con occhi diversi.

“Quando avrete finito di comportarvi come due bambine venite a chiamarmi. Siete patetiche” mormora disgustato Edward, andandosene in direzione del suo studio, ferendomi senza preoccuparsi per me.

Forse io non l’ho minimamente scalfito con le sue parole, ma quel “siete patetiche”, includendo oltre sua sorella anche me, mi ha ferito oltre ogni dire. Se poco fa eravamo uno a zero per me, adesso siamo dieci a uno per lui.

Victoria non sembra esserci rimasta male, ma per lei è diverso. Anche se dovesse insultarla pesantemente in momenti di rabbia, sono fratello e sorella. Si amano, nulla cambia. Oggi si litiga, domani si fa pace.

Per me è peggio. Non prova niente per me. E se quelle parole le ha pronunciate a sua sorella solo per rabbia momentanea, in riferimento a me le ha dette in maniera più realistica che mai.

Sbatto velocemente le palpebre per ricacciare indietro le lacrime. Non voglio che sia arrabbiato con me. Vorrei solo buttare fuori Victoria e buttarmi fra le braccia di mio marito, perché le parole che ho detto io sono state dettate davvero solo per rabbia, non le penso affatto.

“Perché hai gli occhi lucidi?” chiede sconcertata Victoria.

Quando ho pronunciato quella prima battuta per tutt’e due, mi sono avvicinata abbastanza da poterli fronteggiare guardandoli attentamente negli occhi, solo pochissimi brevi passi a separarci. Non è stato difficile per lei notare i miei occhi lucidi.

“È la luce” ribatto aspramente.

Lei non sembra convinta. “È per mio fratello? Te la sei davvero presa?” continua, non potendoci credere.

“Ma perché diamine non avrei dovuto rimanerci male?” sbotto, pentendomene subito dopo. Era un mio pensiero in risposta alla sua domanda, e come tale doveva rimanere.

Lei sembra presa alla sprovvista; apre bocca per parlare ma la richiude subito dopo. “A te non importa nulla di mio fratello” afferma poi, con un tono di voce talmente genuino da far sembrare che stia chiedendo che ore sono.

Sussulto sentendo ciò che ha detto. A questa affermazione nemmeno voglio rispondere, così mi limito a sorpassarla e a dirigermi verso la camera da letto, sbattendomi la porta alle spalle.

E finalmente, dopo tre secondi in cui cerco di trattenermi più che posso, mando al diavolo persino me stessa e scoppio a piangere.

Edward’s pov

Dall’imponente e grande vetrata del mio studio osservo incazzato come non mai con colei che è mia moglie le strade di Parigi trafficate e illuminate dalla luce dei lampioni.

“Edward.”

Non mi volto nemmeno al sentir pronunciare il mio nome da mia sorella.

“Scusami, ho perso le staffe. Ma non puoi negare che in tutto questo almeno sia tu che io abbiamo scoperto che Isabella Swan non è tanto patetica come credevamo, no?”

A quelle parole mi volto immediatamente verso lei, trucidandola con lo sguardo. “Chiariamo subito una cosa, Vic. Tu pensavi che fosse patetica. Io non ho mai pensato nulla su di lei, niente. Se ho sposato quella ragazza è stato per salvami la faccia, non ricordi?” ribatto nervoso.

Mia sorella inarca le sopracciglia. “E dai, non le avrai davvero creduto! Tutto ciò che ha detto non lo pensa minimamente, sembrava più che altro una bimba che cerca di fare la grande. Non hai notato le sue mani tremare per l’agitazione? Non creerà mai uno scandalo, non ti ha sposato solo per salvarti la faccia.”

“Ma io sì. Quella ragazza mi serve solo per vendicarmi contro quel figlio di puttana, nient’altro. Perché la devi trattare di merda? Qualche mese e nemmeno la rivedrai più! Diamine, io ci vado a letto!” le ricordo, facendole intendere che facevo di peggio che limitarmi a guardarla e che quello che stava peggio ero io.

Tuttavia, lei non recepisce il resto della frase e al solo sentir nominare il padre di mia moglie l’espressione serena di Vic scompare per lasciar posto a una gelida rabbia. “Hai inteso che sarà una cosa semplice. Quanto semplice?”

Lei non ha mai approvato il mio matrimonio con Bella, perché sapeva che era la figlia di Charlie. Non sapeva che l’ho sposata per quella vendetta, della quale le ho parlato oggi stesso.

Improvvisamente mi sento meglio. Il solo pensare a quanto quel bastardo soffrirà mi rende euforico quanto una scopata degna di nota. Mi lascio ricadere sul divano, Vic davanti a me ora.

Le sorrido, il primo sorriso vero della serata. “La prima mossa sarà subito dopo il ritorno dalla luna di miele. Il resto verrà da sé talmente velocemente che probabilmente tre mesi bastano e avanzano.”

Gli occhi di mia sorella brillano e un sorriso di pura gioia si fa strada sul suo viso. “Tre mesi? Davvero così poco?”

Reclino la testa sullo schienale del divano e sospiro. “Lo so. Sembra un sogno.”

“Emmett e Carlisle…”

“Carlisle è con noi al centodieci per cento. È Emmett quello che più mi preoccupa” ammetto.

Aggrotta le sopracciglia. “Non rovinerà niente.”

Annuisco. “Lo so. Ma mi preoccupa ugualmente.”

Cala un improvviso silenzio nella stanza. Lancio un’occhiata a mia sorella, che si guarda imbarazzata attorno.

“Che c’è?” le domando confuso.

“Quel bastardo e sua moglie saranno sistemati. Ma tua moglie?” aggiunge in un sussurro, facendomi irrigidire. “Lei, alla fine, non c’entra niente…”

Mi alzo così velocemente che quasi mi gira la testa, e ritorno davanti la vetrata. “Lei è tale e quale a suo padre” replico con disprezzo. “Non me ne frega nulla.”

“Edward, pensaci. Ha solo diciotto anni. Voglio rovinare la vita di coloro che l’hanno rovinata a me, ma Isabella non se lo merita.”

“Fino a mezz’ora fa non ti interessava nulla di lei” le faccio notare gelido, voltandomi verso Vic e incrociando le braccia al petto. “Perché adesso sei così preoccupata per lei?”

Scrolla le spalle, a disagio. “Perché a lei tu importi” sussurra.

Aggrotto le sopracciglia, confuso.

“C’è rimasta malissimo per quello che le hai detto. Non lo credevo possibile, ma è così. Non capisci? Lei non è come suo padre, è anni luce dall’esserlo. L’abbiamo giudicata male solo perché porta il suo stesso cognome. Ma non hai visto come…”

“Come ha detto che avrebbe rovinato le nostre aziende creando un possibile scandalo?” la interrompo, aggrappandomi agli specchi.

Perché so quello che sa lei, e nella sua risposta me ne dà conferma.

Non lo avrebbe mai fatto. Lo sai. Credi davvero che se fosse stata sincera avrei reagito con così tanta calma? Era solo stanca che avessi sempre la meglio con lei. Sono stata un po’ stronza con tua moglie, lo ammetto” mormora divertita.

Non so cosa risponderle. So che ha ragione, ma non capisco perché mi sta dicendo tutto questo, né cosa vuole le risponda.

Lo capisco subito dopo.

“Perché non provi ad allacciare un vero rapporto con lei?” mi chiede speranzosa.

La fisso sconvolto e incredulo allo stesso tempo.

“È molto bella. È educata e gentile. Non ti farebbe sfigurare. E il sesso ti piace con lei, non lo negare. Le due scatole di preservativi in bagno ne sono la prova, inutile che mi fai credere che ti disgusti il suo corpo, come volevi farmi intendere poco fa” mi dice.

Ah, allora poco fa aveva recepito la mia affermazione.

Tuttavia odio il fatto che abbia ragione. Non le rispondo nemmeno questa volta e mi limito a sedermi dietro la scrivania con un grande sospiro, pizzicandomi la base del naso col pollice e l’indice.

Vic scoppia a ridere. “Hai visto che temperamento quando la provochi? Sarà divertente bisticciare con lei. Potremmo essere le cognate perfette!”

Scuoto la testa. “La lascerò, Vic. Le rovinerò gi abbastanza la vita, non peggioriamo le cose” aggiungo.

Vic mi si avvicina e mi sorride dolcemente. “Quando tutto verrà a galla, l’avrà a morte con te. Ma non ti odierà. Non le stiamo uccidendo il padre, lo stiamo solo ripagando con la sua stessa moneta. Solo che lui è un uomo maturo di quasi cinquant’anni, noi eravamo solo dei bambini” ricorda con rabbia. “Bella verrà a scoprire come sono andate veramente le cose, e se ho capito il tipo di persona che è, non ti odierà” ripete. “Non potrà odiarti.”

Le parole di mia sorella hanno portato alla mente ricordi mai sopiti, che mi perseguitano di notte e di giorno, e che mi stanno portando lentamente alla pazzia. L’odio che provo per quell’uomo non si può quantificare, e prima metto in atto la mia vendetta, prima mi tranquillizzerò.

“Perché non vai da lei?” mi consiglia in un calmo e dolce sussurro. “Sono sicura che…”

“Dannazione, Vic. Non voglio affezionarmi a lei” mormoro a denti stretti.

Perché sia Emmett che Victoria devono portarmi a pronunciarlo ad alta voce? Non è logico che voglia evitarla per questo motivo?

Mia sorella non si scopone. Si inginocchia davanti a me, la poltrona dietro la scrivania già voltata verso di lei da quando mi si era avvicinata. “Che tu lo voglia o no, se è destino non puoi scappare.”

 

 

 

 

 

Note: non vorrei pensaste che il cambiamento di Victoria sia anormale. In realtà, non c’è niente che sia cambiato in lei, se non l’opinione che aveva su Bella. Tutto ciò che lei ha sempre detto è stato in merito a ciò che credeva su di lei. Inoltre, ha riconosciuto in Bella dell’affetto per suo fratello, e anche per questo motivo lei ha cambiato idea prima rispetto a Edward, perché in lei si è potuta riconoscere come donna innamorata. Certo, Bella non lo è ancora di Edward, ma è evidente che prova un grande affetto per il marito e questo a una donna matura come Victoria non è certamente sfuggito.

p.s.: la sua ultima frase è tratta dal personaggio di Lexi in The Vampire Diaries, solo modificata a mio vantaggio per la storia.

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Ed eccomi con il sesto capitolo. Vorrei scusarmi se lo scorso vi è sembrato noioso per tutte quelle informazioni sul paesaggio di Parigi e il Louvre, ho semplicemente seguito un consiglio in cui si diceva che, se ambienti una storia in un bellissimo posto, è consigliabile descriverne gli aspetti più famosi. Credo di avere esagerato, lol

Ad ogni modo, vorrei anche avvisarvi che la bellissima copertina creata da elenri l’ho pubblicata nell’introduzione, non la pubblicherò ad ogni capitolo. In un libro la copertina è una sola, mi piace immaginare questa ff come un libro on-line. In più, già non pubblico regolarmente e, vi sembrerà assurdo, ma ogni secondo è prezioso per me nella pubblicazione del capitolo. Inserire l’immagine rallenta moltissimo, mi dispiace.

Comunque! Godetevi il capitolo.

 

 

Capitolo 6

 

L’indomani mi sveglio con un gran mal di testa dovuto al pianto di ieri sera. Ah, e con lo stomaco vuoto, perché ero talmente stanca che non mi andava di inghiottire nemmeno un pezzo di pane.

Non mi sono nemmeno vestita, o tolta le scarpe. La scorsa notte mi sono solo gettata sul letto e ho pianto tutte le lacrime possibili, addormentandomi poi sfinita. Ma è con grande stupore che mi accorgo che, sebbene ieri sera mi sia addormentata sul letto senza nemmeno infilarmi sotto le coperte, stamattina ne ho una bella pesante, di lana, a riscaldarmi dal gelido freddo parigino.

È stato Edward? Mi alzo guardando la coperta quasi come se fosse un serpente che mi sta studiando e che alla mia minima mossa potrebbe attaccarmi. Non riesco a credere che possa essere stato mio marito, non dopo quello che ci siamo detti ieri sera.

Incredula e ancora un po’ assonnata, esco dalla stanza per dirigermi in cucina. La luce è accesa e come conferma ai miei pensieri – deve esserci qualcuno – vedo Edward per la prima volta come non l’avevo mai visto.

Ha un portatile sul tavolo e indossa una t-shirt bianca – e non riesco a spiegarmi come sia possibile, visto il freddo che sembra, con me, penetrare le ossa – e tiene fra le labbra una penna. Indossa poi i pantaloni del pigiama ed è a piedi scalzi. Le gambe sono incrociate e distese sulla sedia proprio davanti a lui, essendosi posizionato non davanti la tavola ma di lato. I suoi capelli sono sparati da tutte la parti, per niente ordinati, e sembrano bagnati alla sola vista – probabilmente si è fatto una doccia –. Ciò che tuttavia mi sconvolge è la sua aria pensierosa, per niente cupa come tutte le altre volte, e soprattutto come stia muovendo un piede come a suon di musica.

Sembra a suo agio, e io non lo avevo mai visto così tranquillo.

Quando prende la penna dalle labbra per scrivere qualcosa su un quaderno al suo fianco, si gratta con l’altra mano libera la testa.

È bellissimo. Sembra così diverso. Non sembra per niente l’uomo di ventotto anni proprietario di un’importante azienda, ma semplicemente un ragazzo che sembra studiare per un importante esame universitario.

Temendo di venir scoperta e non potendo, dopotutto, rimanere lì a fissarlo per sempre – anche se mi piacerebbe – faccio un passo avanti e lui si accorge di me.

“Buongiorno” mi saluta subito. Non usa un tono allegro, ma nemmeno ostile. È a suo agio per davvero! “Dormito bene?” mi chiede prima che possa ricambiare il saluto.

Mi avvicino a lui per sedermi nella prima sedia libera a disposizione, e mi prendo il viso fra le mani. “Insomma. Mi scoppia la testa.”

“Mi dispiace. Mia sorella sa essere veramente pesante.”

Allontano le mani dal mio viso e subito dopo scopro davanti a me un bicchiere di spremuta d’arancia, Edward che si sta sedendo di nuovo. Non mi ero accorta si fosse alzato.

“È buona” mi dice, lasciando stare il computer. “Hai fame?”

Bevo un lungo sorso di spremuta d’arancia bella fresca e penso che sto letteralmente morendo di fame. Ieri sera dopotutto non ho cenato.

“Sto morendo di fame” pronuncio i miei pensieri ad alta voce.

Edward mi sorride sbrigativamente fermandomi, inconsapevolmente, il battito del cuore, che poi riparte più veloce di prima. Si alza in piedi e si dirige verso il frigorifero, aprendolo e rovistandoci dentro.

“Avevo intenzione di consigliarti di mangiare una mela tanto per tenere a bada l’appetito e poi di dirti di andarti a preparare perché ti avrei portato fuori a fare colazione. Poi mi sono ricordato di una cosa.”

“Devi lavorare?” domando incuriosita, osservandolo ai fornelli davanti una padella.

Si volta solo con la testa, inarcando le sopracciglia. “Non so parlare il francese.”

A quelle parole, scoppio a ridere senza saperne trattenere e noto che prima di voltarsi di nuovo per preparare il bacon arrostito si forma un sorriso sul suo volto.

“Sì, be’… quello può essere un bel problema. A meno che tu non abbia un vocabolario con te” gli dico.

“Niente vocabolario. Te l’ho detto, uscire dall’appartamento non è mai stato nei miei piani” mi ricorda ammiccando velocemente, facendomi nuovamente sorridere imbarazzata. “Ma siccome tuo marito è un genio, ho chiesto a Dimitri.”

“Hai chiesto a Dimitri? Ma sono appena le sette” esclamo dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio da parete.

“È un mio dipendente, Bella, lavora per me. Se ho bisogno di lui anche alle quattro di notte, è tenuto ad esserci” risponde tranquillo, prendendo in mano una paletta e lavorando su una padella.

“E quindi? Cosa ti ha detto?”

“I francesi sono pazzi! Come si può mangiare solo della frutta per colazione?”

Sorrido intenerita dal suo turbamento. “Non tutti mangiano solo la frutta.”

“Oh, hai ragione” mormora prendendo un piatto dalla credenza. “Alcuni mangiano i cereali.”

Scoppio ancora a ridere, sinceramente felice di come si sta svolgendo questa mattinata. Sembra fingere che le mie parole ieri non l’abbiano colpito e si è scusato per il comportamento di sua sorella. In più, stanotte mi ha coperto, si è assicurato che stessi bene e mi sta preparando la colazione. Il tutto senza che io gli chiedessi niente.

So che magari sono cose che i mariti fanno normalmente alle loro mogli, ma non Edward. Non, almeno, a me soprattutto dopo ciò che mi ha detto ieri sera. Per me è molto importante tutto questo.

Edward posa il piatto con la calda omelette proprio davanti a me, spostando tutte le altre cose sul tavolo escluso il bicchiere mezzo vuoto d’arancia. Mi da’ una forchetta e le mie dita, nel prenderla, sfiorano le sue. Ignoro la cosa come fa lui, il quale versa dell’altra spremuta nel bicchiere, riempiendolo di nuovo. Va al frigorifero e lo apre, piegandosi in due lì davanti. “Mele, pere, banane… Che frutta vuoi?”

“Uhm…” Mangiare la banana sarebbe stato troppo imbarazzante davanti a lui. “Mela” scelgo infine.

Prende prontamente una mela bella grossa e rossa, posandomela al fianco del piatto e dirigendosi verso un involucro di carta bianca con delle scritte in corsivo. Lo prende e ritorna a sedersi finalmente in tavola, aprendolo. Subito, un profumino di invitante cornetto al cioccolato invade le mie narici e mi fa passare immediatamente la fame per l’omelette sostituita dalla voglia per il croissant francese.

“Ho chiesto a Dimitri di andare al bar. Per la spesa ci penserà dopo, purtroppo, perché i negozi sono invece chiusi.”

“Tu non hai fame?” gli chiedo notando che sto mangiando solo io.

“Ho mangiato poco fa” spiega, incrociando le braccia e poggiandosi al tavolo con i gomiti. Infine, mi fissa così intensamente da farmi contrarre i muscoli del ventre per il desiderio.

Ancora non mi capacito di come Tanya abbia potuto rinunciare a Edward così facilmente. Ma forse è vero che l’amore è cieco.

Non riuscendo a sopportare l’intensità del suo sguardo, sposto il mio sul cornetto, accorgendomi solo ora di una cosa. “Edward, ma sono due cornetti. Se tu hai mangiato per chi è l’altro?”

“Sempre tuo” mormora. “Non puoi stare per tutta la mattinata con solo un’omelette.”

“Ma guarda che non c’era problema, l’omelette andava già bene da sola, non dovevi spendere soldi inutili…”

Mi interrompe immediatamente. “Bella. Non l’hai appena detto, vero?”

Lo fisso confusa. Cosa non ho…? E poi capisco: spendere soldi inutili. Edward naviga nei soldi, comprare due cornetti è stato come niente per lui.

Alzo le mani in segno di resa, sorridendogli imbarazzata. “Okay. Hai ragione.”

“Bene” replica soddisfatto, riprendendo in mano il computer e continuando il lavoro di poco fa.

È stupendo come stia cominciando bene questa giornata. Sembriamo davvero una coppia. Mangio con tranquillità la mia colazione, notando con estremo piacere come lui continui ad essere tranquillo al mio fianco picchiettando di tanto in tanto la penna contro il blocco degli appunti.

Quando finisco tutta la colazione – facendolo più per lui che per me – mi sento strapiena. “Edward” lo chiamo subito dopo, bevendo l’ultimo sorso di spremuta d’arancia.

“Mmh.”

“Vado a farmi una doccia. Hai bisogno del bagno?”

Non alza lo sguardo su di me, continuando a scrivere. La cosa non mi disturba, visto comunque che quando risponde alla mia domanda è sereno. “No, puoi usarlo tranquillamente.”

Vado allora al bagno e decido di fare una veloce doccia. Ci sono un sacco di bagnoschiuma dalle profumazioni varie, così come un sacco di tubetti di shampoo. L’unico accappatoio che posso usare è quello dell’altra volta.

Sto dentro la doccia per quella che è solo una decina di minuti ed esco avvolta nel tiepido calore prodotto dal pesante indumento pronta per vestirmi. Quando sto per dirigermi verso la camera da letto, però, sento qualcosa trattenermi non appena supero Edward.

Mi volto sorpresa e noto come la sua mano mi blocchi sul posto trattenendomi per il polso. Alzo lo sguardo su di lui, confusa.

“È il mio accappatoio, quello” sussurra con un tono strano.

Immediatamente, penso che Edward non mi ha mai visto in accappatoio e che quindi magari possa infastidirlo che abbia utilizzato il suo. D’altronde non gliel’ho nemmeno domandato, se potevo. Magari è geloso delle sue cose, che posso saperne?

È mio marito, ma io non lo conosco affatto.

Apro bocca per poter dire qualsiasi cosa, anche se non so bene cosa. Devo davvero giustificarmi? Ma Edward mi anticipa e, sorprendendomi, mi attira velocemente a sé. Adesso, mi ritrovo a cavalcioni su una sola sua gamba.

Improvvisamente, capisco dove vuole arrivare. A lui non dispiace affatto che io abbia utilizzato il suo accappatoio, per niente.

Prima che io possa dire o fare qualcosa per togliermi dall’imbarazzo, Edward avvicina il suo viso al mio, premendo le sue labbra contro la mia bocca.

Il bacio è lento ma passionale, e le mani di Edward non si fanno remore a penetrare la barriera dell’accappatoio per posare i palmi pieni sulle mie cosce.

Cingo il suo collo con le mie braccia, evitando di pensare che stiamo per fare l’amore in piena luce giornaliera. Quando sento una delle sue mani premere contro la giuntura delle mie gambe, mi spingo verso di essa quasi senza accorgermene, in un riflesso involontario.

Il bacio si fa inevitabilmente sempre più passionale, la dolcezza che poteva esservi intrisa dentro sino a qualche istante prima ora è del tutto scomparsa, per cedere al posto alla bramosia che Edward mi ha sempre dimostrato sin’ora solo ed unicamente nelle poche volte che siamo stati insieme.

Mi fa male rendermi conto che ogni nostro bacio è terminato con noi due nudi in un letto, ma allo stesso tempo so di non poter desiderare nulla di più al momento. Rosalie ha ragione: Edward mi desidera, è vero, e io devo puntare tutto su questo.

Non voglio seguire il suo consiglio, non ancora: farlo significherebbe giocare allo stesso gioco di Edward, è cioè cercarci a vicenda solo per il sesso, per nient’altro. Come se per me non significasse poi nulla di che, come se per me fosse solo una valvola di sfogo.

E io non voglio farlo, perché non è così. Rosalie ha più esperienza di me, magari il suo è un buon consiglio, ma al momento non voglio sfruttarlo. Voglio fare di testa mia, utilizzare la stessa traccia di ciò che mi ha raccomandato di fare ma a mio vantaggio.

Voglio sì far in modo che il sesso sia una valvola di sfogo, ma anche che Edward si renda conto che per lui posso essere non solo l’amante, ma anche la moglie che ha sempre desiderato.

Voglio scoprire ogni cosa possibile del sesso, voglio che sia il mio maestro e che mi insegni tutto ciò che vuole. Voglio darmi a lui senza riserve, accontentarlo. Voglio renderlo felice, dentro e fuori il talamo nuziale.

È per questo che quando porta le sue mani all’infuori dell’accappatoio, sulle mie natiche, non emetto il gemito di sorpresa che mi sale in gola quando mi ritrovo improvvisamente in braccio a Edward, il quale mi sta conducendo – presumo – alla camera da letto.

Mi stringo semplicemente di più a lui, pregustandomi già l’intenso piacere che ho già provato sul suo jet.

Quando mi distende sul letto, fa per alzarsi ma lo trattengo. Immagino volesse allontanarsi da me per spogliarsi, ma voglio farlo io. Continuo a baciarlo e le mie mani afferrano l’orlo della sua t-shirt, sollevandogliela.

Edward non si oppone, al contrario: mi aiuta allontanandosi solo quel poco che serve per sfilarsela del tutto. Ritorna poi sopra di me, portando le sue mani alla cinta del mio accappatoio, ma anche stavolta lo precedo e sono invece io a spogliarlo calandogli i pantaloni del pigiama.

I nostri occhi si incrociano quando infilo una mia mano all’interno dell’ultima barriera sul suo corpo, i boxer, stringendo la presa attorno al suo pene. C’è eccitazione nel suo sguardo, riesco a leggerlo chiaramente. Questo non fa che rendermi sempre più felice.

Non avevo mai preso l’iniziativa in questo modo, deve essere piacevolmente sorpreso.

So di essere rossa in viso per l’imbarazzo, non è facile quando fino a quattro giorni prima eri solo una vergine che si era sempre e solo limitata a leggerle, queste cose, ma spero che attribuisca il mio rossore al caldo che inizio a sentire e che, senz’altro, inizia a sentire anche lui.

Abbasso per un solo istante lo sguardo per tentare di aprire il mio accappatoio con la mano libera, ma Edward sostituisce freneticamente le sue dita alle mie denudandomi. Apre l’accappatoio; non lo toglie perché ho ancora la sua mano sul suo membro, ma non sembra preoccuparsene.

Nella stanza riverbera un gemito più forte dei nostri respiri affannati quando, sorprendendomi, Edward mi toglie la mano dalla sua erezione solo per invertire la posizione.

Ecco che finalmente pensa a togliermi l’accappatoio. Io non ci avevo ancora pensato, non quando il mio sguardo è catturato dalla perfezione del suo petto muscoloso, il ventre piatto, con quella striscia di peli che andava sempre più giù…

Il mio sguardo si porta al viso di mio marito quando lo sento chiedermi con tono basso e roco: “Ti piace quello che vedi?”.

Ecco che la mia spavalderia scompare e ritorno la Bella imbarazzata e impacciata di sempre. Arrossisco fino alla punta dei capelli per essere stata colta in fragrante. È vero, è mio marito ed è assurdo che mi imbarazzi solo perché chiaramente mi attrae, ma il problema non è questo.

Noi non siamo una coppia normale. Per me è ancora un estraneo, nonostante tutto.

“Io…”

“Tranquilla” mi invita poi, artigliandomi i fianchi con le sue mani e portandomi sopra la sua erezione. “Anche a me piace quello che vedo” aggiunge con sguardo affamato sul mio corpo prima di calarmi con una sola presa sul suo pene eretto, penetrandomi con una spinta spaventosamente dolorosa che mi fa piegare in due per il male provato.

Affondo le mie unghia sulla pelle dei suoi avambracci e gemo rumorosamente, un gemito che nulla ha a che vedere con il piacere.

Per un istante, per un solo istante, mi scopro ad odiarlo per la mancata delicatezza usata con me. Vero è che non è più la mia prima volta, ma sono pur sempre ancora alle prime penetrazioni…

Gli occhi si fanno lucidi contro ogni mio volere e ho paura che possa piangere come la prima notte di nozze. Volevo sedurlo, non piangergli addosso! Ma fa ancora così tanto male che io…

Una lacrima traditrice scivola sulla mia guancia, e io vorrei improvvisamente fuggire via da lui, e piangere. Piangere fino ad addormentarmi come ho fatto ieri.

“Io… Pensavo che fossi pronta…”

Riesco a sentire una nota sinceramente sorpresa nel suo tono di voce. Mi rendo conto che davvero non se lo aspettava, che non lo ha fatto apposta come, in un moto di rabbia verso di lui, ho pensato all’inizio.

Lui è ancora fermo, dopotutto. Non si è mosso di un millimetro in me.

“Mi dispiace, io non… non volevo farti così male.”

Un’altra lacrima bastarda scivola sulla mia guancia quando Edward si muove solo per sedersi sul letto, per portarsi col viso alla stessa altezza del mio. Mi accorgo di quanto è dispiaciuto. Non lo avevo mai visto così.

“Non…” Apre bocca per parlare ma si interrompe, preferendo asciugare con i pollici le mie lacrime.

Io mi sento già molto meglio. È questo che vorrei. Dolcezza. Nulla di più, vorrei dirgli. Non pretendo soldi, feste e ricevimenti. Nemmeno amore, perché so perfettamente che il nostro matrimonio può basarsi su tutto tranne che su questo. Vorrei solo un po’ della dolcezza che mi sta mostrando adesso e che mi fa sentire bene. Felice di stare con lui.

È davvero così troppo chiederglielo?

Mi accarezza con una mano i capelli, l’altra posata leggermente sul mio fianco. “Togliti, Bella.” Nonostante l’imposizione, usa un tono gentile. “Davvero, non ti preoccupare. Capita.”

Capisco immediatamente a cosa si riferisce: posso togliermi perché mi ha fatto male, non importa che non finiremo ciò che abbiamo iniziato.

“Non fa niente” aggiunge, lasciandomi un bacio delicato sul collo.

Emetto un lungo sospiro cercando di rilassarmi, cingendo con le mie braccia il suo collo. Edward fa lo stesso cingendomi però il busto, continuando a baciarmi.

Ma io non voglio che continui a baciarmi sul collo. Voglio che riprenda da dove avevamo interrotto.

“Edward?” lo chiamo, affondando una mano tra i suoi capelli. “Voglio continuare.”

“Bella, no” sentenzia deciso, sorprendendomi. “Ti sei fatta male, non c’è bisogno che…”

“Ma voglio io” ripeto. “Mi sono fatta male, è vero, ma non importa…”

Mi interrompe prima che io potessi specificare il senso di questo ‘non importa’. “Sì che importa!” esclama sconvolto. “Io non sono quel genere di uomo che…”

Stavolta lo interrompo io. “Lo so” mormoro. Lo fisso con un’intensità tale da farmi venire i crampi allo stomaco. “Intendevo dire che non importa, se farai un po’ più piano. Hai detto che pensavi fossi pronta. Ti credo. So che non volevi farmi del male. Non importa, Edward.”

Ciò che succede in seguito mi confonde. Mi aspettavo che Edward riprendesse a baciarmi, acconsentendo implicitamente o che insistesse ancora nel farmi allontanare. Ma lui non lo fa, semplicemente mi guarda. Ma il suo sguardo è destabilizzante, quasi a togliermi il fiato.

Mi fissa, ma sembra non vedermi. Come se cercasse di penetrare dentro la mia anima, non il mio corpo. È uno sguardo che mi sconvolge, perché nel suo silenzio sembra riverberare nell’aria un gelido grido.

Sto per chiedergli cosa succeda, quando Edward smette di fissarmi, per abbassare lo sguardo verso il mio corpo. Non leggo malizia nei suoi occhi, solo un grande vuoto. Lo vedo deglutire e scuotere il capo, facendo leva sul mio corpo con la mano.

“Isabella, spostati.”

Non è un ordine perentorio, quanto piuttosto un invito. Il tono freddo della sua voce contrasta fortemente con l’espressione addolorata.

“Edward…” sussurro incapace di proferire altra parola. Tuttavia lo accontento: mi ha preso alla sprovvista, non saprei cos’altro fare.

Sconvolta e sconfitta, anche, lo fisso mentre raccatta pantaloni e t-shirt, indossando i primi senza nemmeno i boxer e continuando a darmi le spalle anche col secondo indumento.

Esce dalla camera da letto, e ormai sono abbastanza sicura di ciò che avverrà: andrà nel suo studio e non lo vedrò per l’intero giorno. Ma mi sorprende sentire il rumore tipicamente prodotto da una serratura a scatti, attribuita alla porta principale.

Edward non è nel suo studio, è uscito. A quanto pare, non può nemmeno sopportare la mia presenza nella sua casa.

Edward’s pov

Sbatto furiosamente le mani sul volante, prendendomi poi la testa fra di esse. Sento le dita tremare fra i miei capelli. È normale? Neanche un po’.

Dovrei fregarmene. Non dovrebbe importarmene niente. Si è fatta male? Certo, non forzerei nulla – non ho mai usato violenza su una donna, figuriamoci se inizio ora – ma avrei aspettato che si riprendesse e avrei continuato.

Quindi perché mi sono fermato? Non c’era motivo. O forse ne ho trovato uno, quando ho visto i lineamenti di Bella contrarsi in una smorfia di dolore, e quelle lacrime che mi hanno provocato un enorme calore nel mio ventre.

Lei era disposta a continuare, però. Ecco perché non c’era motivo per cui dovessi fermarmi. Ma è stato il modo in cui mi guardava, così… pieno di fiducia. Speranzosa. Tenera. Piccola. Mia moglie.

Le mie dita si stringono ai miei capelli furiosamente fino a farmi male.

La odio. La odio profondamente. Odio ciò che mi induce a provare, la passione che mi provoca e i sentimenti che non ho mai sentito per nessuna donna.

Cosa mi importa se so già che rimarrà delusa da me, perché la fiducia che ha riposto in suo marito è del tutto sbagliata? Cosa mi importa se penso che a soli diciotto anni è già sposata con un uomo che non la ama e che presto la lascerà? Cosa mi importa se la sto usando?

Con uno scatto, metto in moto l’auto e parto in direzione della casa di mia sorella.

Avevo chiesto a Victoria di stare con me per i primi giorni, perché non volevo rimanere da solo con mia moglie. Mia sorella, allora contraria al matrimonio con Bella perché credeva che la stessi sposando solo per non rimanere senza moglie – e considerandola ovviamente sbagliata, visto che è la figlia di Charlie Swan – aveva accettato immediatamente.

Aveva preso cinque giorni di vacanza dal suo lavoro per occupare uno dei suoi appartamenti a Parigi, la città che preferisce al mondo – anche per questo ho scelto questo luogo per la luna di miele – lasciando Claire e Tom a casa da mia madre. James, il marito, non poteva occuparsi a tempo pieno dei figli, dovendo stare più in ufficio che a casa, per cui si era anche lui trasferito dai miei per poter star loro quanto più vicino possibile.

Ignorando il paesaggio che mi offriva Parigi, cerco di non superare i limiti di velocità e raggiungere mia sorella sano e salvo. Grande è la sua sorpresa quando mi vede davanti la porta di casa sua.

“Che fai qui?” lancia un’occhiata all’orologio. “Non sono nemmeno le otto. Tutto bene?” mi chiede sospettosa.

Entro velocemente in casa senza risponderle, camminando furiosamente avanti e indietro. “È lei. È tutta colpa sua!” esclamo.

“Okay” mormora Vic in tono eloquente. “Che è successo stavolta?”

“Lei ho fatto male. E lei invece di prendermi a parolacce se ne infischia dicendomi che potevo continuare?” sbraito sfogandomi.

Poche volte ho perso la calma in vita mia. Questa è una di quelle volte.

“È una sadica?” si informa confusa.

“Cosa? No!” esclamo. Mi rendo conto che le mie parole possono essere fraintese e mi affretto a spiegarmi meglio: “Lei non era ancora pronta. Io pensavo di sì, ma non lo era. Le ho fatto male e io ero pronto a farla togliere, ma lei non voleva. E mi ha fissato… mi ha fissato come… Cristo Santo, non lo so come mi ha fissato, so solo che non mi è affatto piaciuto!”

Mi incazzo ancora di più quando Vic alza gli occhi al cielo.

“Non mi sto affezionando a lei. È lei che si sta affezionando a me! E non voglio poi ritrovarmela fra i piedi nel momento in cui la sbatterò fuori dalla mia vita” mi giustifico.

Se devo essere sincero, non sono abbastanza sicuro di essere in collera per questo, ma non importa. Deve essere per questo.

“Se è questo ciò che ti preoccupa, posso dirle che per tutto il tempo in cui siete stati sposati l’hai tradita. L’allontanerà definitivamente, non temere” mi assicura sorridendomi fiduciosa.

Mi sta prendendo per il culo.

“Non mi sei d’aiuto” sibilo fissandola nervoso.

Il sorriso sparisce dal suo volto per un’espressione afflitta. “Edward, io davvero non so che consigliarti. Se hai programmato la luna di miele devo dedurre che volessi approfittare della situazione e goderti tua moglie. Capisco che non avevi messo in conto di affezionarti a lei, ma ormai il dado è tratto e non puoi tirarti indietro. Quindi: o diventi uno stronzo già da ora, o ti godi due settimane di pace e tranquillità con lei tenendo conto di chi è figlia, perché l’hai sposata, e che presto succederà l’inferno.”

“Non è facile” sibilo lanciandole un’occhiataccia.

Tuttavia, però, penso alle sue parole. In effetti, era questo il mio piano. Divertirmi per queste due settimane, fingere che sia solo un’amante con la quale sto facendo un viaggio rilassante, e poi ritornare alla vita di sempre iniziando a mettere in atto il mio piano per vendicarmi di Charlie.

Quand’è che le cose sono andate diversamente? Me lo chiedo, eppure non mi so rispondere. Stamattina andava tutto così bene! È stata lei così… fiduciosa a far crollare tutte le difese costruite durante la notte.

“Edward” mi chiama mia sorella riscuotendomi dai miei pensieri. “Non ti innamorerai di Isabella. Non puoi. Ciò che stai provando è un minimo di senso di colpa. Sai che è solo una pedina e che pagherà per degli errori che ha commesso il padre. Può essere anche della stessa pasta, ma la nostra vendetta è causata da degli errori commessi da suo padre, non da lei. Tu ricordati di chi è figlia. Ricordati questo. Il momento in cui  la lascerai, le darai una cospicua somma di denaro per liquidarla. E saremo tutti felici e contenti” conclude amaramente.

La fisso sconvolto. Questo non era incluso nei piani. “Mi stai dicendo di… pagarla?”

Scrolla le spalle. “Ti ha sposato per soldi, no?” domanda retorica, facendomi sussultare. È vero. “Te l’ho detto: non è cattiva come suo padre, questo no. Ma è figlia di suo padre, dopotutto. Lei, per quanto dolce possa essere, non rifiuterà quei soldi.”

Bella’s pov

A svegliarmi non è il rumore fastidioso di un qualche oggetto, o la luce che sfiora il mio viso. È ben altro. Qualcosa di silenzioso e molto, molto più piacevole.

Quando apro gli occhi percepisco il peso di qualcosa di caldo sul mio corpo sistemato fra le mie gambe e labbra morbide che baciano con trasporto il mio collo, scendendo fino ai seni.

“Edward?” chiamo improvvisamente già sveglia,

“Aspettavi qualcun altro?” domanda.

Non mi da il tempo di rispondere perché le sue labbra catturano le mie in un bacio mozzafiato. Che diamine…? Non deve essere molto tardi: lui non si è fatto vivo per tutto il giorno e io sono andata a letto che erano appena le dieci, stanca per le lunghe passeggiate turistiche in giro per Parigi con Dimitri.

Dopo un attimo di smarrimento, ricambio il bacio, almeno fin quando non riprende il percorso seguito poco fa con la bocca. Io indosso solo un maglione rosso che lascia le spalle scoperte e mi copre fino al sedere, e dei leggins. Sono sotto al piumone, ma ci pensa Edward a scostare le coperte.

Noto che il suo corpo è caldo e indossa solo dei pantaloni del pigiama. Quando infilo le mani nei suoi capelli mi accorgo che sono ancora umidi. Piccoli brividi di piacere mi increspano la pelle quando passa a togliermi finalmente il maglione e si porta con la testa fra i miei seni, lasciando una scia bagnata sulla pelle grazie ai suoi capelli.

Un profumo di sapone maschile mi invade le narici e chiudo gli occhi, estasiata.

Passa a togliermi il resto dei vestiti frettolosamente, per poi ritornare su di me. È posizionato tra le mie gambe e sento chiaramente quanto mi desideri. Desiderosa di fargli capire anche io quanto desideri lui, lascio scivolare le sue mani verso il collo, il petto, fermandomi sul suo ventre. Infine, sfioro con le dita l’orlo dei pantaloni iniziando a farglielo scivolare.

Edward, la cui testa era ancora fra i miei seni a torturare con le labbra un capezzolo e con le dita l’altro, si scosta da me con uno scatto improvviso, pensandoci sbrigativamente lui stesso.

Un gemito strozzato mi esce dalla gola quando mi accorgo che sotto non indossa nient’altro.

Finalmente entrambi nudi, si riposiziona nuovamente addosso a me, ma stavolta accarezza con le labbra il mio seno e poi scende giù, fino al ventre. Sento la sua lingua calda e bagnata disegnare un lungo tragitto da poco sotto l’ombelico fino al solco fra i seni e sono costretta a chiudere le gambe fra di loro per cercare un sollievo che mio marito non sembra disposto a darmi.

Il gemito rumoroso che esce dalla mia bocca è imbarazzante, ma liberatorio. E quando lo fa di nuovo – e stavolta massaggiando a pieni palmi i miei seni come se fossero pasta da modellare, stringendo e tirando quasi fino a farmi male – sento di poter morire da un momento all’altro.

Ma questa volta non stringo le gambe, no. Le allargo quanto più posso per poter sentire la sua erezione liberamente su di me. Edward, però, non sembra pensarla come me e, cogliendomi di sorpresa, scende con la sua bocca sempre più giù, spostandosi fino ad averla sopra la mia intimità.

Mi irrigidisco capendo ciò che ha intenzione di fare, ma non appena sento il primo colpo di lingua sul mio clitoride getto la testa all’indietro chiudendo gli occhi, incapace di trattenere i gemiti a seguire.

Non è calmo, sembrano furiosi quei colpi di lingua, ma mi dona un piacere estremo che non avevo mai provato. E quando porto le mie dita a stringere i suoi capelli, stringendogli le cosce attorno al viso, le mani di Edward si spostano a torturare i miei seni.

Punto lo sguardo al soffitto, seguendo senza riflettere gli affondi della sua lingua con il mio bacino, e sentendo il mio ventre contrarsi in prossimità dell’orgasmo, che giunge con un grido smorzato da parte mia e una stretta più dolorosa nei capelli di mio marito.

Stravolta, seguo con gli occhi Edward scendere nudo dal letto senza un minimo di vergogna e andare a recuperare i pantaloni caduti dall’altra parte del letto sul pavimento.

Non mi ero mai soffermata a osservare il corpo nudo di mio marito. È muscoloso, ma non troppo. Non ha la tartaruga, ma ha un petto grande, nel quale vorrei solo stringermi contro. I bicipiti sono molto evidenti e le spalle grandi. È perfetto ai miei occhi.

Dalla tasca prende un preservativo e apre la carta con i denti, portandosi nel mentre al letto, un ginocchio già sul materasso. Quando il profilattico è fuori, si riposiziona fra le mie gambe e lo indossa.

Infine, posa le sue mani sui miei polpacci e divarica le mie gambe, invitandomi con i gesti a circondargli i fianchi. La sua punta è contro la mia apertura ed entra dapprima piano. Sono la prima a stupirmi di non provare dolore.

Sussulto violentemente, più per la sorpresa che per altro, quando entra del tutto dentro di me. Stavolta sono prepara, calda e bagnata grazie alla stimolazione di poco prima. È tutto più facile, e Edward si distende sopra di me afferrandomi per i polsi e posizionandomeli sopra la testa.

Le sue spinte sono rudi e vigorose, ma invece ch farmi male mi ridonano il piacere che la sua lingua mi aveva regalato precedentemente. Forse, un piacere anche più grande.

Apro le mie gambe quanto posso e lo sento affondare sempre di più dentro di me.

Il silenzio della camera da letto è rotto solo dai miei gemiti e dai suoi leggeri ansimi. Forse per lui è facile abituarsi, per me no. Anche perché, oltre al piacere, vi è anche la spinta del suo membro in me che mi fa emettere quei rumorosi gemiti.

Le mie mani prudono dalla voglia di stringerlo e le muovo cercando di fargli capire che vorrei mi lasciasse andare.

“Ti faccio male?” chiede in un sussurro roco, fissandomi senza smettere di spingere.

Non c’è reale interesse nei suoi occhi. Se c’è, è completamente nascosto dal piacere fisico che sta provando nel mentre.

“No” rispondo senza esitare, circondandogli il collo e spingendo la sua bocca contro la mia, per baciarlo.

Il bacio non ha nulla di dolce o lento, ma è rude e passionale, e lo spinge a gemere più forte sulle mie labbra. I movimenti che compie dentro di me aumentano fino a intorpidirmi e io sento come lui il mio orgasmo in procinto di arrivare. Continuando a baciarlo appassionatamente per fargli capire che non voglio che smetta, le mie mani si spostano verso la schiena e sempre più giù, fino a sfiorare il suo fondoschiena.

Normalmente non lo farei mai, per me sarebbe ancora troppo imbarazzante – almeno per ora – ma il piacere mi inebria e lui non sembra infastidito quando stringo la mia presa attorno alle sue natiche per indurlo a darmi più piacere.

Al contrario, mi accontenta e le sue spinte aumentano.

Edward smette di baciarmi con mio enorme disappunto ma mi rendo conto che così facendo posso respirare meglio, sebbene con gemiti vergognosamente più alti.

“Ti piace?” ansima puntellandosi sui gomiti, fissandomi senza il minimo di imbarazzo.

“Sì… Sì!” esclamo più convinta in seguito a una spinta più forte delle precedenti.

“Apri le gambe, Bella” mi ordina lui perentorio.

Obbedisco, rendendomi conto che le avevo posizionate intorno al suo cinto. Sospiro quando le mie gambe intorpidite per essere state a lungo piegate possono finalmente distendersi, e colta da un improvviso bisogno alzo lo sguardo su Edward.

“Sto per venire, giuro” promette mentre gli angoli della sua bocca si curvano lievemente in un sorriso.

Capisco immediatamente che si riferisce al fatto che è parecchio che sta dentro di me e che quindi potrei essere stanca di conseguenza, ma se devo essere sincera a me non importa. Al contrario, vederlo succube di queste reazioni provocate da me, dal mio corpo, mi rende ebbra di felicità.

Emetto una breve e bassa risata, ricambiata dal sorriso più evidente di Edward, e lo attiro a me in un dolce bacio. Anche questa volta ha tutto di passionale, è vero, ma davvero: dolce è la parola giusta per descriverlo.

Tutto il piacere fisico va scemando, sostituito dalla felicità che provo in questo momento. Non mi interessa. Sono davvero felice.

Edward tiene fede alla sua promessa raggiungendo l’apice qualche secondo dopo, mentre catturo inconsapevolmente il suo gemito di piacere nella mia bocca, la quale si sta scontrando ancora con la sua.

È sfinito, mi rendo conto, quando dopo un momento che sembra durare per me un secolo si scosta con fatica da me, il corpo pesante come un macigno.

Non parla, e nemmeno io: ci stiamo riprendendo e la stanza è ancora piena dei nostri respiri, l’aria satura di sesso.

“Penso che ci vorrà un mese prima che io mi riprendi” lo sento dire con voce stanca.

Sorridendo mi volto verso di lui, scoprendolo disteso al mio fianco con una mano posata sulla fronte.

“Però è stato bello” mormoro sorridendogli.

Anche lui volto il viso verso di me, ricambiando leggermente.

Chiudo per un istante gli occhi, presa dalla stanchezza e dal sonno, e quando li riapro continuo a sorridergli, scoprendolo ancora intento a fissarmi.

“Vieni qui” sussurra, e io non perdo tempo a obbedirgli e a posare il mio capo sull’incavo tra spalla e collo e a circondargli il suo petto.

Inspiro appieno il suo odore e chiudo gli occhi, assaporando la mano di Edward, quella il cui braccio mi circonda le spalle, accarezzarmi lievemente i capelli.

Per me, è il paradiso.

///

Non so che ore sono quando mi sveglio. L’unica cosa che riesco a percepire nonostante la mente ancora annebbiata dal sonno sono il calore di un qualcosa di solido dietro di me e la stretta ferrea di un braccio attorno al mio busto: Edward mi sta abbracciando da dietro.

Stordita per la sorpresa, mi muovo piano voltandomi verso di lui con attenzione. Sta ancora dormendo. Potendone approfittare finalmente, osservo come i lineamenti del suo viso siano così rilassati. Le labbra sono chiuse in una linea morbida, e i capelli sono spettinati tutti intorno al viso.

È a petto nudo, e siccome anche io mi rendo conto di essere ancora svestita dopo il sesso di ieri sera, presumo lo sia anche sotto.

Mi muovo agitata al pensiero che anche lui sia completamente nudo e che a coprirlo è solo un pesante piumone. Lancio svelta un’occhiata all’orologio. Sono ancora le cinque di mattina, è ancora presto.

E appurando che ho ancora sonno, decido di approfittarne. Non so quando Edward mi abbraccerà nuovamente, magari lui non se n’è accorto nemmeno perché è stato un gesto involontario durante il sonno, ma voglio godermelo fino in fondo.

Gli do’ nuovamente le spalle e mi stringo forte a lui, passando un braccio intorno a quello che mi circonda e intrecciando le dita alle sue. Chiudo gli occhi e sospiro beatamente.

Il respiro di Edward mi sfiora i capelli e riesco a sentire il suo petto nudo contro la mia schiena muoversi nell’atto calmo e regolare. È ancora addormentato, e io ci metto poco a seguirlo, felice.

D’altronde, questa è obbiettivamente la prima vera notte in cui ci addormentiamo insieme, evitando di trovare l’altro già nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

 

Note: niente è come sembra. Edward non ha affatto cambiato idea dopo aver parlato con la sorella. Tenetevi pronti: forse nel prossimo capitolo ritorneranno a casa e già da lì scoppierà la bomba.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Chiedo scusa per il ritardo, ma mi sto godendo anche io le vacanze, e scrivere mi è stato impossibile. Anche perché, pur avendo il capitolo in testa, non riuscivo a battere una sola frase. Ho preferito aspettare, e ne sono contenta. Sono soddisfatta del capitolo. Spero lo sarete anche voi tanto da volermelo fare sapere con una piccola recensione.

Vi avevo detto che forse in questo capitolo scoppiava la bomba. Così è stato. La bomba vera e proprio scoppierà tuttavia quando Bella verrà a conoscenza della verità. A quel punto, penso vedrete Edward sotto una luce diversa, e Charlie lo condannerete al rogo. Un po’ mi dispiace. È il mio personaggio preferito insieme ad Aro.

Vabbè: cose che capitano.

Vi lascio al capitolo. Godetevelo fino in fondo.

 

 

Capitolo 7

 

Le cose nei giorni seguenti andarono meglio.

Non eravamo una di quelle coppie innamorate che passava gran parte del suo tempo a parlare dei loro sogni interrompendo ogni tanto una frase per poter dire all’altro ‘Ti amo’.

Io e Edward eravamo ben diversi da quel genere di coppia. Gran parte del nostro tempo lo passavamo separati: mio marito lavorava spesso nel suo studio, o sul tavolo in cucina quando io non ero a casa, mentre 1a sottoscritta andava in giro per i negozi di Parigi con Dimitri.

Victoria non l’avevo più vista. E se devo essere sincera, la cosa non mi dispiace affatto.

E in questi ultimi giorni, ho potuto scoprire molte cose su mio marito. Tutte riguardanti il sesso, però. Chiaramente, una coppia non dovrebbe basare tutto sui rapporti sessuali, ma l’unico momento in cui Edward si apre con me è in quelle poche ore di passione.

E io ho bisogno di sentirmi indispensabile per lui, anche se solo in quell’istante. A Edward piace stare con me. Non lo ha mai ammesso, ma è chiaro dal modo in cui si lascia andare. Spesso mi sorride. Ed è di questo che ho io bisogno.

Come in questo momento: vedere come inarca il bacino ripetutamente sotto di me con la testa gettata indietro e gli occhi chiusi, il respiro affannoso e le sue mani che artigliano i miei fianchi, mi fa sentire desiderata.

E visto che non mi ama e che può fare benissimo a meno di me, cerco di catturarlo tramite il sesso. Rosalie d’altronde me lo aveva consigliato, sebbene mi avesse anche detto di usarlo e gettarlo come fosse un vibratore umano. Ma non posso. Non posso essere una donna che vuole solo sesso dal proprio uomo. Voglio essere una moglie pronta a voler sperimentare di tutto col proprio marito.

Mi piego in avanti e lascio un delicato e umido bacio sulla sua gola, prima di passare la mia lingua su quello stesso punto da me toccato ora con le labbra. Se possibile, le dita di Edward si stringono di più alla mia pelle, mentre lo sento emettere un gemito più forte degli altri.

Mi muovo su di lui, facendo poi in modo di toccare solo la punta del suo membro coperto dal preservativo per poi farlo entrare di nuovo dentro con un affondo più veloce degli altri. Ho imparato che questo lo fa impazzire, e l’imprecazione che emette me ne da’ una prova.

La mia bocca si sposta verso il mento, verso le sue labbra, per infine baciarlo imitando con la mia lingua i movimenti della penetrazione. Anche questo gli piace, soprattutto perché così mi distendo del tutto sul suo corpo. In questo modo, le sue mani si spostano verso il mio fondoschiena e con un gemito eccitato afferra la mia pelle stringendo forte.

Mi alzo un poco, non molto, quanto basta per continuare a sfiorare il suo petto con il mio seno pur puntellandomi sulle mani. E poi inizio a muovermi come piace a me. Anche questo lo fa impazzire. Non mi lascio andare facilmente, per cui quando lo faccio vuole godersela ben bene.

Continua ad assecondarmi, passando le sue mani sul mio sedere sulla schiena, verso lo stomaco, giungendo ai seni, dove stuzzica i capezzoli ricambiando le spinte del bacino che gli impongo con i miei movimenti.

Questo fa impazzire me.

Smetto di baciarlo per sussurrargli sulle labbra: “Non voglio venire adesso. Voglio venire con te”. Questo fa impazzire lui.

Mi guarda con viso stravolto dal piacere, mentre rivolta improvvisamente la posizione. E riprende a spingere con molta più forza. Morde un capezzolo facendomi emettere un gridolino di dolore, e allora prende a leccarlo voracemente, alternando a momenti di pausa per riprendere fiato dopo un gemito più eccitato di un altro.

Prende i miei polsi e li posiziona ai lati della mia testa. “Sto venendo, Bella.” Stava per aggiungere altro, ma lo interrompo. “Ci sono” ansimo, inarcando sempre più il mio bacino verso il suo. “Ti prego, ti prego, ora…”

Prende a strusciare su di me e a baciarmi; affondo le unghia delle mie dita sul dorso delle sue mani che ancora non mollano la presa, e poi lo sento: il mio orgasmo e il suo, il cui calore dentro di me sembra raddoppiare il mio.

Edward mi culla con piccole altre spinte, mentre sento il suo cuore che batte a mille contro il mio, e il suo corpo tremare del piacere appena ricevuto.

Mio marito si sposta non appena le forze glielo permettono, e io passo una mano fra i capelli, stanca e sudata.

L’aria è satura di sudore e sesso e il silenzio della camera riempito dai nostri respiri ancora affannati.

Quando Edward si alza per raccattare vestiti puliti e andare via dalla camera da letto ancora nudo, senza una parola, mi alzo anche io. Come lui, cerco i miei vestiti, preparandomi a fare una doccia non appena finirà lui. Non ho fretta. È successo altre volte.

Ci vorrà tempo prima che lui esca dalla doccia. E poi, io impiegherò il doppio del tempo per la mia: non mi devo solo lavare, devo anche accettare e superare il fatto che a mio marito servo solo come un trofeo da mostrare al pubblico dopo che la sua ex fidanzata l’ha mollato prima delle nozze.

///

Il viaggio non è durato molto. O per meglio dire, per me non è durato così tanto. Ho dormito per tutte le ore sul jet. Ma Edward doveva, come al suo solito, lavorare e io non avevo niente con cui distarmi.

Mi ha fatto bene dormire. Quando giungiamo finalmente a New York, sono in fondo le nove del mattino.

Non porto io i bagagli in camera, ci pensa un dipendente di mio marito. Come al solito, Edward è nel suo studio.

Sospiro, decidendo che non importa. Abbiamo passato una bella luna di miele. Cosa mi importa se queste due settimane e subito dopo il rientro le ha passate lavorando?

E vedendo che è ancora così presto, decido di approfittarne per parlare un po’ con Rosalie. Vorrei chiamare i miei, ma ho ancora timore a fare la prima mossa.

Prendo il mio telefono  compongo il numero, confondendomi quando vedo che devo comporlo tutto perché, contrariamente alle altre volte, non appare appena digito i primi numeri. Il mio telefono è vecchio, ogni tanto capita.

Ignoro la cosa, e premo il tasto per avviare la chiamata. La mia migliore amica risponde dopo qualche squillo.

“Pronto?” domanda dubbiosa.

Scoppio a ridere, gettandomi a peso morto sul letto matrimoniale della stanza di Edward. Ora è la mia stanza. “Due settimane e hai già cancellato il mio numero?”

C’è un attimo di silenzio dall’altra parte dl telefono, cosa che mi confonde per un istante. “Bella?” domanda infine Rose.

“Certo che sono io” le rispondo, stupita. “Non hai visto il numero sul display?”

La sento sospirare pesantemente, prima di impazzire definitivamente. “Si può sapere cosa diamine ti è successo? Perché non rispondevi alle nostre chiamate, limitandoti a quegli stupidi messaggini?”

Da distesa estasiata sul letto, mi metto a sedere con un cipiglio di puro stupore sul viso. “Ma di che parli?”

“Di che parlo? Tuo fratello ritorna da Londra e la tua famiglia e io proviamo a rintracciarti perché tuo padre ha urgente bisogno di te, insieme a Jasper. E tu che fai? Ignori le nostre telefonate inviandoci di tanto in tanto dei messaggi dove giuravi di stare bene?” esclama, il tono sempre più altero. “E poi l’ultimo, dove non volevi avere più niente a che fare con noi. Con tutti noi. Che diavolo t’è saltato in testa, eh?”

Lei è arrabbiata a morte con me, riesco a sentirlo chiaramente tramite il tono alterato della sua voce, ma io sono sconvolta e confusa. Forse più di quanto lei sia arrabbiata.

“Rose, ma di che diavolo parli? Io non ti ho inviato nessun messaggio. Non ho nemmeno ricevuto chiamate. Eravamo rimaste che queste due settimane le avrei dedicate solo alla luna di miele e che avremmo dovuto riparlarne solo al mio ritorno” le dico, il tono di voce sorpreso.

Anche questa volta, c’è silenzio dall’altra parte. “Tu non ne sai niente?” esordisce infine.

“Ovvio che no. Figurati se non richiamo dopo che tu mi hai fatto uno squillo. Ci sarà stato senz’altro un errore…”

“Noi non…” si interrompe. La sento sospirare profondamente. “Dobbiamo parlare. Ora, Bella.”

La chiamata si interrompe con la promessa di vederci fra mezz’ora a casa sua. Confusa e frastornata, mi faccio una veloce doccia e mi preparo per uscire. Non avverto Edward: che senso avrebbe quando lui fa quello che vuole durante il giorno senza consultarmi?

Ma quando sto per varcare i cancelli di villa Cullen, sento una voce chiamarmi.

“Signora Cullen?”

Non è facile voltarmi al sentirmi chiamare così, è la prima volta che mi si apostrofa con questo nome. Tuttavia riesco a percepire che è me che l’uomo vestito di nero sta chiamando.

L’uomo in questione è alto e muscoloso, di carnagione scura, e indossa un completo nero con una camicia bianca. Ha folti capelli neri, occhi scuri e labbra sottili; i suoi lineamenti sono poco pronunciati. È un bell’uomo, e il completo gli dona. Ma non ho idea del perché mi abbia chiamato.

“Sì?”

“Mi dispiace, ma mi è vietato farla uscire.”

Ci metto tre secondi o forse più a capire che non sta scherzando. Cosa più stupida di un “Come?” non potrei chiedere, ma è l’unica parola che in questo momento i miei neuroni hanno prodotto.

“Ordini, signora. Lei non può uscire senza prima che suo marito ci abbia avvertito prima” riprende.

Sembra a disagio. Forse perché ha capito che io non ne sapevo niente.

Vorrei urlargli contro; prenderlo a pugni,  poi urlargli ancora. Prenderlo a calci e lasciarlo steso per terra agonizzante. Ma una parte di me sa che lui è solo un dipendente che cerca di tenersi il suo lavoro obbedendo agli ordini, e che non è colpa sua se ho sposato un dispotico maschilista che vuole avere tutto sotto il proprio controllo.

Perciò cerco di prendere un profondo respiro per calmarmi, perché nonostante cerchi di essere il più razionale possibile, so per certo che potrei scoppiare da un momento all’altro.

Passo una mano tra i capelli, come a riordinare i miei pensieri. “Come si chiama lei?”

“Mi chiamo Sam Uley, signora Cullen” risponde prontamente. Sembra molto gentile, benché anche severo. “Vorrei davvero aprirle i cancelli e permetterle di uscire, ma…”

‘Ma se lo faccio verrò licenziato’, sono sicura che stava per dire prima di interrompersi eloquentemente.

Cerco di rivolgergli un sorriso caloroso, ma non so se effettivamente ci riesco. L’unica cosa che so è che i miei piedi si stanno muovendo in direzione della villa, e alla ricerca di una persona in particolare.

Come diavolo ha potuto impartire un ordine del genere? Che razza di uomo è? Ma in che epoca crede di vivere? Come si è permesso di ordinare che non esca, imponendomi quasi una prigione dorata?

Più domande mi faccio, più mi sento in collera e accelero il passo, fino a correre in direzione dello studio. La porta è chiusa. Una volta mi ha detto che se la porta fosse stata chiusa lui sarebbe stato nel suo studio e nessuno l’avrebbe dovuto disturbare. Ogni volta che passo da lì la porta è sempre chiusa.

Ma contrariamente alle altre volte in cui ho avuto bisogno di parlargli urgentemente non busso: apro il battente con furia.

Arresto i miei passi quando però noto che lo studio è vuoto: non vi è anima viva dentro. Con un sospiro agitato, mi muovo in direzione della scrivania, pensando a quanto sia ipocrita Edward. Io devo uscire col suo permesso, lui può sparire dove vuole e ritornare quando più gli aggrada.

Se pensa d’aver sposato una riproduzione delle possibili bamboline obbedienti a cui si è potuto accompagnare in questi anni, si sbaglia di grosso.

Mi siedo sulla poltrona, osservando i fogli sparsi sul tavolo. Ne prendo in mano uno scritto a penna. Edward ha una bella calligrafia. Ordinata, pulita, e scorrevole. Do’ ancora un’occhiata in giro, notando appunti sparsi fino anche agli angoli della scrivania, penne senza tappo posate di qua e di là, cartelle con fogli che stanno per uscire fuori.

Sorrido senza nemmeno accorgermene. Non avevo idea fosse un tipo così disordinato. Ma il mio sorriso scompare quando noto un piccolo portafoto che mostra il volto sorridente di una donna. Una bella donna, giovane e bionda, dal sorriso perfetto e gli occhi azzurri splendenti. In quel sorriso, la donna sembrava riflettere tutta la felicità che solo una donna innamorata può provare.

Prendo in mano la foto, la quale mostra solo il primo piano della donna, dai capelli biondi fino al collo, e ne osservo i particolari. Non aveva un filo di trucco sul viso un po’ paffuto. Era bella naturalmente.

“Cosa diavolo stai facendo?”

Sussulto senza potermelo impedire, alzando lo sguardo verso la mia sinistra: Edward sta uscendo da una porta abbottonandosi una camicia nuova. Hai i capelli bagnati.

Ha un bagno nel suo studio?, penso.

“I-io… Io ti cercavo…” mi giustifico, improvvisamente imbarazzata.

Tecnicamente non dovrei: è logico essere incuriositi dalla foto di una donna sulla scrivania di tuo marito, ma il suo sguardo riesce a farmi sentire la più infima dei traditori.

Edward mi si avvicina e senza aggiungere altro prende la foto in mano, per poi riporla in un cassetto della scrivania chiudendolo a chiave.

Ma c’è davvero bisogno?, penso stupefatta.

“Cosa volevi?” riprende freddo e scostante.

Mi alzo dalla sua poltrona per allontanarmi, visto che sembra volersi sedere lui sulla sedia. Lo fa, in effetti, per poi guardarmi quasi volesse che rispondessi al più presto per liberarsi in fretta da me.

E questo mi fa incazzare ancora di più, se possibile.

“Oggi volevo uscire. Volevo andare da una mia amica, ma il tuo gorilla, là fuori, me lo ha impedito! Mi spieghi quale è il motivo per cui dovrei chiederti il permesso per uscire fuori casa?” sbotto, impressionandomi della cosa.

Pensata è già strano, detto ad alta voce ancora di più.

Lui non si scompone. “Sei mia moglie, Bella. E siamo a New York. Devi andare in giro seguita e protetta da uno dei miei uomini, e io devo costantemente sapere dove ti trovi e con cui sei” risponde tranquillamente.

“Tu forse potrai vivere bene circondato da guardie del corpo, ma non io. Diamine, fino a quasi un mese fa potevo fare ciò che più volevo senza nemmeno chiederlo a mio padre!”

“Fino a un mese fa non eri sposata. Adesso lo sei. E per giunta con uno dei più ricchi uomini della città. Devi accettarlo, Bella” mi liquida con semplicità.

“Io non accetto un bel niente! Dici che vuoi sapere costantemente dove vado per essere più tranquillo. Benissimo! Allora anche io voglio sapere dove vai, così posso stare tranquilla anche io” esclamo incrociando le braccia al petto.

Edward non risponde. Si limita a ghiacciarmi con un freddo sguardo che mi fa sentire nuda ai suoi occhi. E non è malizia o seduzione, o altro. Con quello sguardo sembra urlarmi contro di farmi gli affari miei senza effettivamente farlo.

Mi fa sentire a disagio. E mi porta a voler dirigere la sua attenzione altrove.

“Chi è la donna sulla foto?” domando intimidita da non so cosa.

Una parte di me ha sempre saputo che chiedere di un’altra donna non è cosa facile. Ma chissà perché non mi sarei mai immaginata che sarebbe toccato a me.

La reazione di Edward è repentina: sbatte un pugno sulla scrivania e se fino a un attimo prima i suoi occhi erano freddi, adesso brillano di rabbia pura. “Non devi mai più parlare di quella dannata foto. Mi sono spiegato?” ringhia.

Per quanto il mio cervello recepisca l’ordine e intuisca che sarebbe meglio ascoltarlo, non sono mai stata un tipo obbediente. Col cuore che batte a mille, decido di disobbedire anche questa volta.

“Perché? È una tua ex?” continuo agitata.

“Cosa diavolo non capisci di quello che ti ho appena detto? Non è nulla di cui tu ti debba preoccupare. Okay? Adesso, volevi andare dalla tua amica? Bene! Vacci pure. Dimitri ti aspetterà davanti al cancello” mormora sbrigativamente, acconsentendo a mandarmi via anche se prima non voleva, solo per evitare di parlare di quella donna.

Vorrei continuare il discorso, ma so che se tirassi la corda questa si spezzerebbe. Ho assoluto bisogno di parlare con Rosalie.

E mentre lui prende il telefono in mano e fa quella telefonata che mi permetterà di uscire dalla villa, vado via senza dirgli una parola. Non se lo merita. E il discorso non è comunque finito qui.

///

Quando giungo a casa sua, Rosalie capisce subito che qualcosa non va. Sono agitata e distratta, e io difficilmente lo sono.

“Stai bene?” chiede, profondamente preoccupata.

Scuoto la testa, accettando il bicchiere d’acqua che mi offre immediatamente. Mi siedo sul divano e inizio a bere. L’acqua fredda mi calma subito, allietando il calore della rabbia in circolo nel mio corpo.

“Si tratta di Edward…” inizio. “Io… No, lui! Sarei venuta prima se non avessi affrontato una discussione con lui.”

“Che discussione?” si informa confusa.

“Praticamente devo prima parlare con lui dei posti in cui voglio andare e della gente che voglio frequentare, e se mi darà il suo consenso allora l’autista mi porterà dove voglio. Mi sta tenendo prigioniera in una gabbia dorata, Rose! Vuole che gli chieda il permesso, manco fosse mio padre!” esclamo.

Rosalie mi fissa sconvolta. “Non può farlo!”

“Lui dice che lo fa solo per proteggermi. E per carità, pensandoci ha ragione: sono sposata con uno degli uomini più ricchi e influenti di New York, quindi va bene che voglia sapere dove vado e posso anche accettare che il suo autista debba essere il mio unico mezzo di trasporto. Ma non si tratta di questo: si tratta del fatto che non sono io a decidere. È lui per me! E colui che dovrebbe essere il mio autista prende ordini solo da mio marito. E…”

“E questa cosa ti fa incazzare” conclude Rose per me.

“Non farebbe incazzare anche te?” sbotto.

La mia amica si piega poggiando i gomiti sulle ginocchia. “Bella, io sono incazzata per te. Anzi, forse di più proprio perché se prima pensavo una cosa, adesso mi sento come se fosse una conferma.”

A quelle parole, la rabbia sparisce per un istante, sostituita dalla curiosità e dalla confusione. “Che vuoi dire?”

Rosalie sospira. “È il motivo per cui ti ho parlato in quel modo al telefono poco fa.”

Improvvisamente, ricordo il perché Rosalie mi abbia voluto incontrare così urgentemente. Me l’ero completamente tolta dalla mente.

Lei scuote la testa e mi fissa dritto negli occhi, iniziando a parlare.

“Non sapevo che Jasper fosse tornato. È venuto da me una settimana fa, credo. Sono venuti lui e tuo padre. Ricordavo che ci eravamo dette che avremmo parlato solo dopo il tuo rientro a New York, ma loro volevano parlarti subito. Non so perché tutta questa fretta. Addirittura ho pensato fosse successo qualcosa a tua madre” ammette dispiaciuta.

“E le è successo qualcosa?” mormoro impaurita.

“No, no!” mi rassicura svelta. “Jasper voleva parlarti urgentemente a causa di tuo marito, e tuo padre ovviamente gli dava manforte. Dicevano che non rispondevi alle loro chiamate, e nello stesso pomeriggio hanno ricevuto un tuo messaggio. Io l’ho visto: ti giuro, il numero è il tuo, Bella!” esclama con enfasi strabuzzando gli occhi. “Così ho provato a chiamarti io, ma è successa la stessa cosa. Ho provato a chiamarti il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Alla fine, mi hai inviato un messaggio. Questo.”

Rosalie si alza e prende il telefono dalla borsa. La fisso senza poter dire una parola, mentre digita qualcosa sul telefono e me lo passa. Vedo chiaramente il mio numero salvato e il testo del messaggio.

‘Mi dispiace. Non ho intenzione di rispondere alle chiamate in luna di miele. Non cercatemi più. Parlo seriamente.’

Scuoto ripetutamente la testa, osservando sconvolta Rosalie. “Non l’ho scritto io. Io non ne sapevo niente!” esclamo.

“Bella, seriamente: dopo quello che tuo marito ha imposto ora non credi che possa essere stato anche lui l’artefice di tutto questo?”

Anche in questo caso scuoto la testa. “No. Perché dovrebbe?” le chiedo sinceramente confusa. “Il fatto che voglia farmi accompagnare ovunque è per proteggermi, che senso ha questa cosa?”

“Bella” mormora decisa Rosalie. “Tuo fratello stava impazzendo quando ha saputo che ti eri sposata con Edward. Tuo padre anche. I messaggi non possono essere una coincidenza.”

Sospiro prendendomi la testa fra le mani. “Pensi dovrei parlarne con Edward?”

“Magari tuo marito può aiutarti, se proprio non è stato lui.”

Annuisco concordando, nonostante una sgradevole sensazione si fa strada in me.

Quando vado via da casa di Rosalie, sono troppo esausta persino per fare conversazione con Dimitri. Lui lo capisce, e per la prima volta in queste settimane sembriamo davvero un datore di lavoro e il suo dipendente.

Giunta finalmente alla villa, non so cosa fare. La mia intenzione era di correre nuovamente da Edward e chiedere ennesime spiegazioni. Ma a dire il vero non so se lo farò. O se andrò da mio marito urlandogli immediatamente. Perché sono stanca. Mi sento davvero stanca e non ho voglia di iniziare una nuova discussione.

Do’ un’occhiata all’orologio. È quasi mezzogiorno. E quando noto che la porta dello studio è aperta, capisco che lui non c’è.

///

Lo vedo il giorno dopo. Rosalie è venuta a trovarmi ieri – a quanto pare, nemmeno lei poteva entrare ma io l’ho riconosciuta, Sam ha chiamato Edward, e lui ha dato il permesso di farla entrare. Tutta questa storia è davvero ridicola. Se lui fosse innamorato di me non si permetterebbe di trattarmi in questo modo, ne sono sicura.

Ma sono solo un suo possedimento e non vuole nemmeno che mi si faccia del male. Secondo la sua mente contorta, è possibile. Secondo la mia, è solo una scusa.

Ho parlato con Rosalie della foto della donna che ho trovato e mi ha immediatamente consigliato di approfondire la cosa.

Non posso permettere che l’ombra di una donna sconosciuta rovini la mia vita matrimoniale, specialmente se mio marito non sembra intenzionato a parlarmi di lei perché sembra che la cosa debba riguardare solo lui.

Non solo la cosa è inaccettabile per me, ma è inammissibile per ogni donna con un briciolo di amor proprio sulla terra.

È per questo che sono nuovamente seduta sulla scrivania di Edward. Lui ha chiuso il cassetto a chiave, tuttavia non è detto che non possa trovare niente. Ma non appena sento alcuni rumori fuori lo studio – la porta è aperta – smetto immediatamente di frugare fra gli altri cassetti, prendo il primo foglio che trovo sul tavolo e inizio a leggerlo.

Parla di amministrazione e roba varia, cose che non interessano. Ma non posso farmi trovare da Edward mentre sto frugando tra le sue cose.

I rumori che ho sentito sono la sua voce e le chiavi che tiene in mano. Sta parlando al telefono. “Angela, ormai se ne parla il ventotto. Prendi appuntamento per quel giorno, non importa l’ora. Ma non ho intenzione di passare le feste a preoccuparmi della cosa” mormora con tono adirato a quella che presumo sia la sua segretaria.

Non appena mi vede, si blocca sull’uscio e mi fissa come spazientito. Nascondo un sorriso vittorioso: non se lo aspettava.

“Grazie” borbotta infine, prima di chiudere la telefonata. “Non ti stanchi mai?” riprende infilando il telefono nella tasca dei jeans e avvicinandosi a me. Posa la ventiquattro ore che teneva con la mano occupata dal mazzo di chiavi, e queste, sulla scrivania.

“Dobbiamo parlare” annuncio decisa. “E visto che mio marito non si degna nemmeno di fare una telefonata per dirmi che non sarebbe ritornato a casa il giorno prima, ho pensato di aspettarti nel tuo studio” continuo, osservandolo sfilarsi la giacca e allentarsi la cravatta con aria annoiata verso di me.

“Ho del lavoro da sbrigare, Bella. Cose che capitano all’ultimo momento e che spesso richiedono la mia presenza in azienda. Pensi che mi diverta ad essere chiamato anche alle dieci di sera? No. Per cui scusami se non ti avverto prima, ma sai? Ho più di un centinaio di dipendenti al mio servizio, io non gioco.”

Come diavolo si permette? Ha insinuato che per me è tutto facile perché non ho un lavoro importante come il suo. Io sarò una semplice organizzatrice di eventi in confronto a lui che è un amministratore delegato, ma anche se fossi stata una semplice cameriera non si sarebbe dovuto permettere!

A prescindere da questo, lui non capirebbe. Perciò passo a qualcos’altro che mi ha dato immenso fastidio.

“Ti ho aspettato tutto il giorno! E tu non hai ritenuto opportuno mandarmi neanche un misero messaggio la sera, con su scritto che so? Magari ‘Non torno’?” domando sarcastica.

Mi manda un’occhiata carica di rabbia. Bene. È quello che voglio.

“O magari… vediamo, forse ho capito. Sei talmente il marito perfetto da aver capito che qualcuno si è divertito a mandare messaggi alla mia famiglia avvertendola di non chiamarmi più, e ieri ti sei prodigato nel scovare il colpevole. È così? Oh, che amore che sei!” esclamo rivolgendogli un falso sorriso.

Se non ne è al corrente, mi chiederà spiegazioni. Se lo è…

Il fatto che mi dia le spalle e si preoccupi di prendere un bicchierino di whisky dal mini-bar mi fa saltare i nervi. Ne è al corrente, sì, ed è lui il colpevole.

“Sei incredibile!” esclamo piena di ira. “Come diavolo hai potuto? È la mia famiglia, accidenti!”

Indietreggio di un passo quando lui lancia davanti a sé il bicchiere per poi voltarsi verso di me fissandomi come se fossi la cosa peggiore con cui abbia mai avuto a che fare. E di fronte a quello sguardo, sento il mio cuore imitare i pezzi di quel bicchiere infranto per colpa della rabbia di mio marito.

“Ti ho già avvertito della cosa, Isabella. Tu non rivedrai mai più la tua famiglia, anche a costo di non fare entrare e uscire più nessuno da questa villa, anche a costo di rinchiuderti nella tua stanza e posizionare lì tre delle mie guardie del corpo più brave per evitare di farti fuggire!” sentenzia con furore.

La verità mi piomba addosso come un temporale di cui nessuno aveva avvertito l’arrivo. Lui non ha ordinato di non farmi aprire il cancello perché sono sposata con lui e ha paura che qualcuno possa farmi male. Lui non ha paura di niente. Vuole solo tenermi lontana dalla mia famiglia per paura che possa raggiungerla di nascosto, non gli importa niente di dove vado.

Potrei anche uscire con tutti i miei amici maschi, a lui farebbe solo piacere perché non mi avrebbe fra i piedi. Ma la mia famiglia? Per lui è come se dovessi considerarla morta.

“Tu non puoi farmi questo” sussurro sconvolta aggrappandomi a un lato della scrivania.

Si passa una mano fra i capelli spettinandoseli e poi si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti, con calma esasperante. Ma risponde: “Non voglio farlo. Ma se non smetterai di parlare della tua famiglia, di volerla cercare…”

“Lo faresti davvero?” continuo, fissandolo delusa.

Pensavo che in queste due settimane le cose fossero un pochino cambiate. In meglio. A quanto pare no: sono solo stata una bella bambolina per lui. Lacrime di cocente umiliazione appannano i miei occhi.

“No. Non lo farei. Ma ti porterei lontano da loro, questo sì.”

“Siamo già lontani da loro. Sono a Forks mentre noi siamo a New York!” mento.

Rosalie mi ha detto che Jasper e mio padre l’hanno raggiunta in città. Non so se mia madre sia con loro.

“Non mentirmi. I tuoi sono a New York. Ho cambiato scheda al tuo telefono inserendone una nuova, nessuno ha quel numero di telefono e vorrei che così rimanesse. Conosco abbastanza bene tuo padre da sapere che mi odia e che avrebbe considerato strano il messaggio di risposta che gli ho mandato dal tuo numero di cellulare fingendomi te tanto da voler venire qui in città.”

Scuoto la testa confusa. Ha cambiato scheda? Improvvisamente, ricordo di come Rosalie non si aspettasse che fossi io, quando l’ho chiamata per la prima volta. O di come, componendo il suo numero, non mi sia affacciato il suo nome durante la chiamata.

Edward deve averlo fatto circa una settimana fa: Rosalie mi ha detto che è iniziato tutto verso quel periodo, e ricordo di come una sera, fra i primi tre giorni di luna di miele, avessi controllato il mio telefono spinta dalla noia trovando tutto nella norma.

“Che gran…” mi interrompo quando lui fa un passo avanti e mormora il mio nome.

“Bella. Sei mia moglie adesso. Non voglio trattarti come una prigioniera, non è mai stato nelle mie intenzioni. Sono sincero su questo. Puoi fare quello che vuoi. Shopping dalla mattina alla sera, sette giorni su sette? Va bene. Andare alle feste per poter indossare gli abiti che più preferisci? Anche questo va bene. Riprendere a lavorare? Mi va più che bene. Non voglio davvero tenerti come mia prigioniera, e sarai libera di uscire a tuo piacimento dalla villa. L’unica cosa che ti chiedo, l’unica cosa che pretendo, è che tu chiuda i rapporti con la tua famiglia.”

Per tutto quel discorso, mi ha fissato negli occhi. Mi è sembrato tremendamente sincero. Come dirgli però che l’unica cosa che lui vuole, è l’unica che baratterei in cambio di tutte quelle frivolezze che, come donna, mi fanno gola, ma come persona proprio no?

Come posso volerle se so che le otterrò rinunciando all’amore della mia famiglia?

“Sono i miei genitori…” sussurro con la voce rotta.

Lui si è portato a tre passi da me. Posa le sue mani sui miei fianchi. Non lo respingo, ma per la prima volta non mi procura niente quel gesto. “Mi dispiace” mormora. Non è vero. “Ma…”

Lo interrompo, ricordandomi improvvisamente di una cosa. “Mi avevi detto che se ti sposavo avresti pagato i debiti di mio padre” ricordo stupita.

L’occhiata che mi lancia mi da’ la sua risposta. Mi ha mentito. Lo ha fatto apposta, perché sapeva ch era l’unico modo che aveva per convincermi a sposarlo. E io sento un improvviso disgusto nel farmi toccare da una persona così infima e bastarda.

Mi allontano da lui con decisione, lanciandogli un’occhiata di puro odio. Me ne vado immediatamente, sbattendo la porta del suo studio con rabbia. Lui non mi segue. Non era nemmeno dispiaciuto, sembrava aspettarselo.

Non gli ho nemmeno chiesto della donna. Ma che vadano al diavolo: lui e la donna insieme.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Non sono mai andata a New York City. Non so com’è fatta, non ho mai capito i distretti (tipo Brooklyn, Manhattan e così via). Non ho mai capito in che zona si può trovare una villa – come quella di Edward – e dove possiamo trovare un loft – come quello di cui leggerete in seguito (e della cui descrizione ho preso spunto da qui: http://www.digsdigs.com/modern-and-fresh-new-york-loft-design/). Soprattutto, se anche sapessi l’informazione, non saprei la tempistica occupata per raggiungere un punto dall’altro. Ma penso che con il tipo di trama inserita, con i segreti che la protagonista – e voi – dovrete conoscere, e soprattutto dato che questo non è un libro ma una semplice fan fiction, spero mi perdonerete questo dettaglio che, ai miei occhi, sembra possibile da trascurare.

Con Parigi sono riuscita a fare qualcosa, ma New York? Mi è impossibile.

Spero che il capitolo vi piaccia. Buona lettura.

p.s.: piccola nota che sono sicura vi piacerà in fondo al capitolo!

 

 

Capitolo 8

 

“Mi dispiace molto, Bella. Se c’è qualcosa che posso fare…”

Dopo la mia piacevole e animata conversazione con Edward, non mi ero rifugiata in camera mia solo per gettarmi sul letto e dare libero sfogo alle mie lacrime. Ammetto di averci pensato, ma poi ho riflettuto: questo è ciò che fanno tutte le altre ragazze che credono che nella vita non ci sia niente di più doloroso che il proprio ragazzo ti menta.

Certo, nel mio caso si trattava di qualcosa di molto più grande, ma tuttavia non volevo comunque comportarmi così. Non volevo piangere, dimostrando a me stessa – più che a lui – quanto fossi debole.

La mia mente era troppo sconvolta e il mio cuore provava troppa rabbia per poter fare qualcosa in proposito. L’unica cosa a cui riuscivo a pensare, come soluzione temporanea, era chiamare Rosalie.

Lei aveva avuto poche relazioni, è vero, ma queste poche le aveva avute con gli uomini più stronzi che una donna potesse mai incontrare.

E dopo ciò che le avevo raccontato, non si era risparmiata nessun insulto per mio marito.

“L’unica cosa che puoi fare è consigliarmi cosa io posso fare. Non ho la benché minima intenzione di assecondare queste sue pazze idee!” esclamo piena di rabbia.

“Brava, Bella. Così si ragiona! E sarò ben lieta di aiutarti. Dimmi: vuoi che organizzi un incontro con la tua famiglia?” si informa entusiasta.

Purtroppo però, la mia euforia al pensiero che gliel’avrei fatta pagare svanisce, mentre un’improvvisa tristezza si fa strada in me. “No, io… io non potrei mai incontrarli. Edward mi fa accompagnare dalle sue guardie del corpo, ricordi?”

“Oh…” mormora delusa. “Allora ti do’ il numero di telefono? Nella nuova scheda sono sicura non l’avrai memorizzati i numeri dei tuoi.”

Anche se so che non può vedermi, scuoto la testa. “Non riuscirei mai a sentire le loro voci senza scoppiare a piangere, o senza desiderare disperatamente di vederli. E se loro sapessero quanto sto soffrendo, farebbero fuoco e fiamme pur di vedermi, e al momento non posso provocare così tanto Edward.”

Sento Rose sospirare dall’altro lato del telefono. “Non è giusto. Fra poco è Natale…”

Fra tre giorni, precisamente. Avrei passato il Natale con un marito che non mi amava, chissà dove, chissà con chi, e comunque lontano dalla mia famiglia. Non si prospettava una bella festa, proprio no.

///

Era la sera del ventiquattro. Due giorni erano passati dalla conversazione con Rosalie, e in questi due giorni Edward mi aveva evitato come la peste. Non che io avessi cercato di parlare con lui, ovviamente.

Anche perché era molto difficile resistere dall’urlargli contro, prenderlo a pugni, o semplicemente sputargli in faccia per la rabbia quando lo vedevo. Mi trattenevo davvero a fatica.

E allora, utilizzavo la carta dell’indifferenza. Personalmente mi veniva molto difficile ignorare la sua opprimente e fastidiosa presenza, ma Rosalie mi aveva assicurato che non c’è niente di peggio dell’indifferenza che una persona ti porta.

Avrei voluto dirle che Edward, al contrario, sembrava apprezzare molto – io ignoravo lui, ma anche lui ignorava me –, tuttavia non volevo ancora arrendermi.

Da circa mezz’ora eravamo seduti a quel tavolo, in silenzio: lui leggeva il giornale, io fingevo di chattare dal telefono con… be’, se me lo avesse chiesto – cosa di cui dubitavo – sarei rimasta sul vago. Rosalie mi ha detto di stuzzicare un po’, non molto, la sua gelosia.

In realtà, ma questo lui non doveva saperlo, giocavo a Forza quattro. Il fatto che lui insisteva nell’ignorare il fatto che – ai suoi occhi – scrivevo a qualcuno e che in realtà avessi perso trenta partite contro tre vinte, mi faceva incazzare non poco.

Mi viene in mente un’idea. All’improvviso, senza motivo, ma mi viene. Poso il telefono sul tavolo e fingo di sistemarmi i capelli, poi abbasso lo sguardo sullo schermo – ancora illuminato – e sorrido, emettendo una bassa e veloce risatina.

Se non riesco ad attirare la sua attenzione in questo modo, l’unica cosa che forse potrebbe incuriosirlo è spogliarmi nuda e mettermi a ballare e cantare per le strade di New York.

Rosalie aveva maledettamente ragione: l’indifferenza è la cosa peggiore. Ma sono io che dovrei ignorare lui, non il contrario!

“Domani siamo da mio padre.”

Alzo subito lo sguardo, stupita. Finalmente ha parlato. Purtroppo per me ha sganciato una bomba. Dovrei passare il Natale da suo padre? La prima e ultima volta che l’ho incontrato è stato al nostro matrimonio. Deliziosa persona. Almeno non ci sarà Victoria.

Tuttavia, mi fa imbestialire che pretenda che io non frequenti la mia famiglia quando lui può decidere senza avvertirmi di passare il Natale dai suoi. Vorrei chiedergli quando l’ha deciso, perché non mi ha avvertito, ma rammento le parole di Rosalie ed evito.

“Va bene” mormoro fingendo non mi interessi, ritornando al mio telefonino. Prima di farlo, però, riesco a notare l’occhiata stupita che mi sta ancora lanciando.

“Davvero?”

Evito di sorridere soddisfatta e mi limito a scuotere le spalle, prendendo una forchettata di arrosto. Il mio sguardo è puntato sul telefono.

“Sono contento. Pensavo avresti fatto storie sapendo che ci sarà anche Victoria.”

Questo non posso impedirmelo. Avrei voluto non fissarlo e continuare a guardare il telefono, ma le sue parole nascondono qualcosa e alzo lo sguardo per fissarlo. Io avrei fatto storie, se non fosse stato per Rosalie. Lo so io, lo sa lui, e me lo conferma lo sguardo di sfida che leggo nei suoi occhi.

Fottuto bastardo. Non ha ancora capito con chi ha a che fare.

“Figurati. A me non interessa se c’è o meno. Saprò stare al mio posto.”

“E qual è il tuo posto, esattamente?” mi sfida.

“In silenzio al tuo fianco.”

Il silenzio di prima cala nella stanza. Non oso guardare Edward. Lui non osa nemmeno respirare, per quanto è rimasto colpito dalle mie parole. Ho esplicitamente inteso che tutto ciò che lui fa mi porta a vederla in questo modo. In silenzio al suo fianco, come un cagnolino obbediente.

Sento il rumore della forchetta che si scontra col piatto, e la mia schiena viene ricoperta di brividi. Ho esagerato? Forse non dovevo correre così veloce. Rosalie mi ha detto di aumentare la mia indifferenza pian piano. Io, partendo da uno, sono arrivata a dieci con cinque semplici parole.

Sento la sedia scostarsi e con la coda dell’occhio lo vedo gettare con rabbia il tovagliolo con cui si era asciugato le labbra sul piatto vicino a sé. “Partiamo alle dieci. Fatti trovare pronta per quell’ora.”

Senza aggiungere altro, lascia la stanza e non ritorna in camera nemmeno questa notte.

Non mi piace questa situazione, e l’indomani i segni della mia notte in bianco sono evidenti sul viso. Come prima cosa mando un sms a Rosalie, augurandogli un buon Natale e chiedendole di chiamare i miei, per dir loro che presto mi sarei fatta sentire.

Non ero ancora pronta, anche se morivo dalla voglia di sentire la loro voce. Soprattutto quella di Jasper. Erano anni che non sentivo mio fratello.

Faccio un bagno caldo, sprecando quanto più tempo mi andava. Mi sono alzata verso le sette e mezza, ma sono sicura di aver impiegato un’ora al bagno. E considerato che ancora dovevo asciugare i capelli, acconciarli, truccarmi e scegliere i vestiti da indossare, le scarpe, la borsa da abbinare, e tutto il resto – come profumo, orecchini, collane –, sarebbe stato un miracolo se avessi finito per le dieci.

Ovviamente, mi stavo preparando con così tanta cura per ben due motivi: un po’ per far innervosire Edward se avessi ritardato – e questo non ha a che fare con i consigli di Rosalie, lo faccio più per semplice ripicca – e perché se fossi stata al massimo lui l’avrebbe certamente notato. Voglio fargli vedere che anche io posso essere elegante e posata come le sue ex.

Presumo lo fossero. Un giorno di questi dovrò fare una ricerca sul web: ‘Mio marito e le sue ex amanti’. Wow, troverò senz’altro qualcosa.

Ad ogni modo, voglio fargli vedere quanto si perde ad ignorarmi.

È stato un lungo lavoro, quello di prepararmi.

Sono partita dal vestito. In realtà non è che avessi chissà cosa da indossare, avevo ancora le mie felpe e i miei jeans di quando stavo a Forks. Mi trovavo davvero in difficoltà. Poi mi era capitato sott’occhio un vestito coperto dal cellophane. Il vestito per il matrimonio di Edward e Tanya.

Avevo scelto di indossare quello, corto fino al ginocchio, sbarazzino e non troppo colorato. Era smanicato, ma avevo un copri spalle per non farmi morire dal freddo. Inoltre, la scollatura era quadrata, e io avrei indossato un reggiseno push-up. Mi ripromisi mentalmente che Edward avrebbe sofferto molto, quel giorno.

La cosa positiva è che io avevo deciso già cosa indossare quel giorno: orecchini a cerchio che sfioravano quasi il mio collo per quanto erano grandi e le scarpe abbinate. Nulla di più. Non volevo distrarre lo sguardo dalla scollatura con una collana, e i bracciali. Come anello portavo la fede al sinistro e una fedina che mi aveva regalato mio padre al destro.

Le scarpe erano già abbinate al vestito, tacco enorme ma un po’ di fatica e dolore avrebbero valso la pena, se questo significava rendere le mie gambe slanciate.

Dopo ero passata al trucco: quando andavo ancora al liceo – mi sono diplomata con un anno d’anticipo – mi truccavo ogni giorno, per cui ero ormai diventata un’esperta. Sapevo già come dovevo truccarmi, perché sapevo cosa non andava bene con la mia carnagione. Avevo coperto come prima cosa le occhiaie, perché erano davvero evidenti, per poi passare la cipria. Avevo scelto un ombretto grigio glitterato da sfumare sulla palpebra, leggerissimo, con le sfumature ai bordi, e applicato il mascara. Tanto mascara, separando perfettamente le ciglia. Dopo aver passato la matita sul bordo inferiore dell’occhio, e passato anche qui una leggera passata di mascara, ero passata al fard rosato sugli zigomi. Davvero poco fard, quasi fossi perennemente dolcemente arrossita. Se non potevo conquistare Edward, avrei conquistato almeno la sua famiglia.

Ero stata molto indecisa se mettere o meno del gloss sulle labbra. Ma poi avevo pensato che truccando così bene gli occhi e per niente le labbra, forse avrei dato come l’impressione che volessi essere perennemente baciata. Immediatamente avevo preso il lucido e messo abbondante trucco sulle labbra, che adesso risplendevano.

Alla fine, guardo il mio operato allo specchio. Ho già l’abito addosso e il trucco in faccia: le mie gambe sembrano talmente lunghe da non finire mai, le tette enormi, e lo stomaco piatto; i miei occhi sembrano brillare seducentemente ogni volta che li muovo – o per spostare lo sguardo o semplicemente sbattere le palpebre – e le mie labbra parevano morbidissime.

L’unica cosa che mancava erano i capelli, ancora bagnati e allacciati con un fermaglio. Avevo scelto di scioglierli e lasciarli lunghi e mossi sulle spalle per come si scioglievano da soli dopo aver rimosso la costrizione del fermaglio.

E poi mi fisso con ancora più attenzione. E ammetto che mi piaccio.

Per la prima volta in vita mia, il risultato di ciò che ho fatto per praticamente due ore mi piace davvero. Mi sento sexy. Mi vedo sexy.

Lancio un’occhiata all’orologio. Sono le dieci e cinque. Ho un ritardo di cinque minuti, ma forse non mi farà il casino. Quando prendo in mano il copri spalle dal letto, però, la porta si apre.

“Sei pronta? Vorrei andare.”

Mi volto verso mio marito, il quale mi guarda con impazienza. Che bastardo, nemmeno un misero ‘Stai bene’.

Lui sta bene. Indossa un completo gessato con solo una camicia bianca. Niente cravatta. D’altronde, nonostante sia Natale, è pur sempre una cena in famiglia.

Dopo il pensiero appena formulato, mi rendo conto che dovremmo scambiarci gli auguri di Natale, ma lui non sembra averne l’intenzione. Reprimendo l’impulso di ucciderlo, annuisco.

“Ovviamente” rispondo. “Possiamo andare” riprendo, superandolo senza aggiungere altro.

///

Il viaggio in macchina è stato silenzioso. Siamo solo noi due e guida lui. Vorrei chiedergli che fine abbiano fatto Dimitri e Sam, ma preferisco morire dalla curiosità piuttosto che iniziare una conversazione con Edward.

E poi, posso benissimo vivere senza quell’informazione.

Diverso discorso riguarda la sua famiglia. Io non conosco nessuno e mi piacerebbe sapere qualche cosa perché così, se dovessi mai rimanere da sola con uno di loro, saprei già dove mirare per fare conversazione.

Ma anche in questo caso non sembra interessargli molto che io possa trovarmi in imbarazzo – e sapendo che ci sarà anche sua sorella, presumo avverrà molto presto.

Bastardo e odioso fino al midollo, non c’è che dire.

Quando finalmente giungiamo a casa dei genitori di Edward, lui posteggia. Noto con stupore che non abbiamo impiegato tanto tempo. Anche loro abitano a New York, e scopro che non si tratta di una villetta come quella di Edward, bensì di un loft.

Edward apre da sé la porta con un mazzo di chiavi.

Entrando, rimango stupita da tanta bellezza: la stanza è enorme, e a renderla tale sono anche gli spazi aperti e le finestre giganti, che giocano con l’illusione ottica. I colori che prevalgono sono il blu e il turchese, che rendono il loft luminoso. Altra luminosità è data dalle immagini pop-art che a loro volta abbelliscono lo spazio. La stanza è divisa, e se da un lato vi sono abbelliti i mobili per rendere quella metà come salotto – con splendidi divani in pelle –, l’altra è adoperata come cucina, la quale è in muratura.

“Edward!”

Entrambi ci voltiamo verso quella voce squillante ma allo stesso tempo quasi offesa. “Avresti dovuto avvertirci che saresti arrivato in anticipo, vi avremmo accolto fuori” lo rimprovera Esme.

Noto confusa come si limiti a stargli vicino senza tuttavia toccarlo, per poi abbracciare me – una completa estranea – come fossi sua figlia.

“È bello vederti, cara” sussurra, rivolgendomi un caldo sorriso.

È impossibile non ricambiare: nei suoi occhi c’è una sincerità così disarmante da sentirmi come se fossi davvero una nuora amata da lei, sebbene ci siamo incontrate solo in due occasioni – questa, e il mio matrimonio.

“Buon Natale” aggiunge.

Sto per ricambiare l’augurio quando Edward mi interrompe. “Dov’è papà?”

Mi accorgo di come fissi Esme non con durezza, ma tuttavia non c’è quello sguardo sinceramente benevolo che ho visto in Emmett e persino in Victoria quando gli occhi di entrambi si posavano sulla donna.

“Nello studio, stava facendo una chiamata di lavoro. Noi non vi aspettavamo prima di pranzo, è un bene che io mi prepari sempre prima. Sebbene sia in ciabatte al momento” aggiunge scoppiando a ridere, mentre un piccolo rossore colora le sue guance paffute.

La guardo ammaliata: non ho idea di quanti anni abbia, ma sembra così giovanile e fresca che quasi l’invidio. È bellissima, elegante e deliziosamente femminile.

Edward non ricambia il sorriso, si limita a girare sui tacchi e lasciarci da sole.

A quanto pare non tratta di merda solo me, anche colei che gli ha fatto da madre. Come riesce a dormire la notte?

Esme non sembra rimanerci male, ma nello sguardo basso noto come si aspettasse questo comportamento. Lei è troppo buona per meritarsi tutto questo da un figlio ingrato. Decido che se Edward è scortese con lei, non c’è motivo per cui debba esserlo anche io.

“Esme, le dispiacerebbe mostrarmi il loft? Già solo la stanza è meravigliosa, sono curiosa di vedere il resto. Oh, buon Natale a lei!” esclamo sorridendole quanto più gioiosamente posso.

Esme sembra rianimarsi e ricambia il sorriso.

Durante questo mini tour, ho visto come la bellezza della prima stanza eguagli anche il resto. Vi sono due camere. Noto che la prima stanza da letto è accogliente e dominata da colori caldi e dal beige, mentre l’altra è adibita a studio.

Infine, il bagno è praticamente splendente, con vasca da bagno e doccia dove posso entrarvi tre persone contemporaneamente, e due lavandini che occupano quasi una parete, enormi specchi posizionati lì davanti. Sebbene il colore predominante sia il bianco, gli unici colori sono dovuti agli asciugamani dai colori dell’estate che lo rendono, anche questo, accogliente.

È davvero un bellissimo loft, arredato con classe e gusto.

Durante l’ora seguente, io e Esme conversiamo senza annoiarci mai, o venir disturbate da Edward o Carlisle. Loro si fanno vivi solo quando, verso mezzogiorno, Victoria e Emmett fanno la loro comparsa, con anche James e i figli Claire e Tom.

“Okay, io ho ufficialmente fame, quando si mangia?” borbotta Victoria senza nemmeno salutare, sfilandosi il cappotto e cascando sul divano a peso morto.

“Fai schifo. Non ti degni di dire ‘buon Natale’ a mamma” replica acidamente suo fratello, per poi sorridere a Esme. “Ciao, mamma” sussurra dolcemente, dando lunghi e rumorosi baci alla madre.

Da parte mia, mi gusto l’espressione di beato divertimento di Esme.

“Buon Natale, Bella” mi apostrofa James, il quale sembra il più normale fra tutti.

James è alto quasi quanto Edward, con muscoli minori rispetto a quelli di Emmett ma più delineati rispetto a quelli di mio marito. È biondo, dai capelli corti, e un viso non troppo spigoloso. È un bell’uomo, e sembra simpatico.

“Buon Natale a te” ricambio sorridendogli imbarazzata.

“Nonna, anche io ho fame, cosa c’è da mangiare?” domanda con vocina curiosa una Claire di, mi hanno detto, cinque anni.

Tom è in braccio al papà e ha solo due anni.

“Oh, piccola mia, vieni qui! Buon Natale.” Esme le da’ due baci sulle guance, prima di prendere in braccio il piccolo Tom, il quale stende le sue braccia minuscole per andare dalla nonna. “Emmett, fai vedere a Claire cosa abbiamo nel frigo, su.”

Mentre Emmett e Esme sono in piedi davanti a questo, con i bimbi intorno, Victoria si avvicina al marito e iniziano una conversazione senza smettere di guardarsi negli occhi. James sembra improvvisamente aver trovato un sorriso felice, mentre Victoria lo fissa estasiata.

C’è allegria nella cucina, un’allegria di cui io non faccio parte. Mi sento improvvisamente a disagio, e benché io e Edward non siamo in chissà quali rapporti benevoli, ammetto di volerlo al mio fianco. Almeno per questa occasione.

Mi alzo e nessuno si accorge che lo faccio, dirigendomi verso il salotto. Proprio mentre sto per prendere in mano il telefono dalla borsetta che ho portato, la porta dello studio si apre e sulla soglia compaiono Edward e Carlisle.

“Isabella!” esclama il secondo, allargando le braccia e rivolgendomi un sorriso radioso.

Ricambio, deliziata che almeno lui sembra felice di vedermi, al contrario di mio marito. “Buon Natale, signore.”

Carlisle mi abbraccia teneramente a sé mentre Edward sprofonda sul divano prendendo in mano il suo telefono.

“Chiamami Carlisle. Non c’è davvero bisogno di tutta questa formalità. Buon Natale anche a te.”

Mi lascia andare continuando a sorridermi e dandomi una leggera carezza sulla spalla, prima di superarmi e raggiungere gli altri.

Il salotto è unito alla cucina, e tuttavia la grande sala è davvero enorme, per cui c’è intimità sia in uno che nell’altro. Il brusio della confusione che c’è in cucina proviene con leggerezza anche a noi.

Mi siedo al fianco di mio marito. “I tuoi fratelli sono arrivati” sussurro, non sapendo cosa dire.

Edward lancia un’occhiata sorpresa a me e poi alle mie spalle, ritornando infine su di me. “Ho bisogno di chiederti una cosa” mormora serio, facendomi agitare. Posa una mano sul mio ginocchio, avvicinandolo alla sua gamba. Fa’ intendere che vuole mi avvicini di più e lo faccio, preoccupandomi: cosa diavolo mi vuole dire? “Ti è venuto il ciclo?”

Rimango per un attimo impietrita: è questo che voleva dirmi. Lo fisso stordita, e tuttavia godendomi i bei lineamenti del suo viso a pochi centimetri dal mio. Lui è così bello, e io… sto per domandarmi perché uno come lui abbia sposato una come me, quando mi rispondo subito. Perché non c’era nessun’altra disponibile e per costringere mio padre a non vedermi più.

Ritorno alla realtà violentemente, ricordandomi della sua domanda. In altre circostanze mi avrebbe offeso: l’ha chiesto serio perché so che sta sperando che la risposta sia affermativa. Non vuole un figlio da me. Ma siccome la situazione è che siamo ingarbugliati in un orrendo matrimonio dove nessuno di noi due ama l’altro, avere un figlio sarebbe solo una complicazione.

Io non vorrei mai nascere in una famiglia dove non c’è amore. Certo, io amerei tantissimo mio figlio, ma senz’altro l’amore dei genitori è anche essenziale. Io e Edward siamo sposati da quasi un mese e in questo lasso di tempo c’è stato solo un periodo in cui non abbiamo litigato: solo quando facevamo sesso.

Per cui capisco la sua preoccupazione, perché è la mia.

“Ancora no. Però non c’è da preoccuparsi… voglio dire, abbiamo usato sempre il preservativo…”

“Questo non ci garantisce sicurezza. Anche il preservativo è infallibile, sebbene le volte in cui l’abbiamo fatto non si sia mai rotto.”

Cerco di non imbarazzarmi e penso di riuscirci. Almeno non sono arrossita, non ho sentito nessun calore su per le guance.

“Be’, mi dovrebbero venire a giorni. Stanotte ho avvertito i primi crampi allo stomaco” ammetto. “Stai tranquillo. Io non sono mai stata tanto regolare…”

“Per questo ti volevo fissare un appuntamento. Per il ventotto. Almeno ti fai prescrivere la pillola e staremo più tranquilli” mi comunica.

Questo, invece di offendermi, dovrebbe irritarmi. Ma anche qui non lo sono: al contrario, ammetto di essergliene grata. Volevo già pensarci io – so perfettamente che i preservativi non sono infallibili – ma una visita ginecologica non si poteva prenotare dall’oggi al domani aspettandoti che il giorno programmato venga a breve.

Edward, però, con le sue conoscenze, l’ha programmata fra tre giorni. La cosa mi è favorevolissima. Per cui, invece che irritata, mi sento al contrario soddisfatta. Non ho comunque intenzione di ringraziarlo: non ho dimenticato nulla dei miei propositi.

“Ehm… pensi potrò andarci con Rose? Ed è un maschio? Perché in quel caso…” magari puoi venire con me…

“Il ginecologo è un uomo, sì, ma è anche un mio amico. Credimi, non ti farei andare da qualcuno che non sia il migliore. Aro lo è” mi assicura, stringendomi il ginocchio con fare rassicurante. “E considerato che molte ragazzine ci vanno con la propria madre, sono sicura potrai portare la tua amica. Sebbene, comunque, al momento della visita vera e propria dovrai entrare da sola.”

Be’, questo lo sapevo.

Mi mordo il labbro, portandomi l’indice alla bocca. I miei denti si serrano sull’unghia. “Sicuro che sia il migliore?” domando ancora.

“Lo è.”

Mi sorprendo di quanto le sue parole possano sembrare dure ma invece non lo sono. Il tono con cui le ha pronunciate è stato… dolce.

Annuisco, e prima che possa aggiungere altro sentiamo la voce squillante di una bambina chiamarlo.

In seguito, passo il tempo ad osservare come mio marito tratti sua nipote come una principessa, e non posso fare a meno di paragonarlo a come tratti sua moglie come la peggiore delle disgrazie.

///

Edward tiene in braccio Tom. Il bambino si è addormentato e lui, in piedi, dondola su se stesso solo a favore della dormita del piccolo. In compenso, sta parlando di lavoro con gli altri uomini presenti in casa. Victoria è con loro.

Lui ha un’espressione dannatamente seria in volto e non parla quasi mai. Ogni tanto, annuisce e pronuncia svelto qualcosa che non riesco a sentire. Lui è in salotto, io lo fisso dalla cucina.

È bellissimo e dannatamente sensuale con il bambino in braccio. Mi chiedo se il nostro matrimonio d’affari durerà abbastanza da poter creare una famiglia tutta nostra.

“Sembra che abbiano tante cose da dirsi, vero?” mi chiede tranquillamente Esme, interrompendomi mio malgrado.

La fisso brevemente, rivolgendole un caldo sorriso. Non voglio trattarla male, ma è pur vero che non so cosa rispondere a questa affermazione.

Esme non sembra prendersela. “Ma è normale, non si vedono da un sacco di tempo” osserva.

Aggrotto le sopracciglia, pensando che a questa affermazione so perfettamente cosa obbiettare. “Edward mi sembra molto legato con la sua famiglia. Specialmente con Carlisle.”

Esme scrolla le spalle, abbassando il volto. “Lui non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo. Edward vuole molto bene a mio marito e ai suoi fratelli, farebbe qualunque cosa per loro. Eccetto che frequentarli assiduamente. Non avrei mai immaginato sarebbe venuto oggi, in effetti.” Rendendosi conto di essersi lasciata sfuggire qualcosa di importante, scrolla nuovamente le spalle e fa una risatina nervosa. “Sono contenta del tuo matrimonio con Edward. Sei così carina e dolce. Lui ha sofferto tanto. Si merita qualcuno come te, al suo fianco.”

Le parole di Esme catturano definitivamente la mia attenzione. “Ha sofferto?” sussurro.

“Edward non te l’ha detto? Lui è adottato, non è davvero nostro figlio” mi spiega.

Questo lo sapevo. Lui non me lo ha mai detto, ma se fosse stato figlio di sangue non li avrebbe chiamati per nome. C’è da dire anche che se l’avessero adottato da bambino forse l’avrebbe fatto. Edward doveva essere abbastanza grande da capire e decidere come rivolgersi a Esme e Carlisle.

“I genitori di Edward…”

“Entrambi una brutta fine. O meglio, questo è quello che mi ha raccontato mio marito…”

Aggrotto le sopracciglia. “Lui li ha conosciuti?”

Esme sembra esitare un solo istante. “Solo la madre di Edward. Era una delle pazienti di Carlisle.”

Apro la bocca per poter dire qualcosa, ma purtroppo ho la mente sgombra da ogni pensiero. Solo uno mi attraversa la mente: Carlisle è uno psicologo. Se la madre di Edward era una sua paziente…

“Il padre di Edward li ha abbandonati quando lui aveva appena otto anni. Edward Senior era un alcolizzato ma da quello che mi è stato detto non faceva mai loro del male. Non li picchiava mai. Si limitava a prendersela con la moglie Elizabeth, ogni tanto con i figli, e urlava loro. Questo quando era ubriaco. Quindi la maggior parte delle volte. Ma Victoria e Edward… be’, loro hanno bei ricordi. Pochi bei ricordi dei veri genitori” racconta Esme.

Non riesco ad immaginare un Edward e una Victoria da bambini, a nascondersi o a piangere sotto le grida del padre. O peggio, distrutti dal dolore per l’abbandono del genitore. Lancio loro un’occhiata: Victoria è seduta sul divano e Claire è addormentata sulle sue ginocchia. Mia cognata sta fissando sua figlia accarezzandole i capelli, pensierosa. Mio marito ha ancora il bambino in braccio e un’espressione dura sul viso mentre ascolta attentamente le parole di un Emmett agitato.

Riporto l’attenzione su Esme: voglio saperne di più, e lei lo capisce.

“Perché Edward Senior li ha abbandonati? Se in fondo un po’ li amava tanto da essere capace di trattenersi quando era ubriaco e arrabbiato…”

“So che aveva scoperto che Elizabeth aveva una relazione con un altro uomo.”

Trattengo il fiato. Pensandoci, è un classico. Una donna solo perché non la picchi non significa che stia bene con te. Devi anche rispettarla. E anche se Edward Senior non la picchiava, non la rispettava di certo urlandole contro quando era ubriaco.

Poche volte mio padre ha urlato contro mia madre. Da sobrio. Ricordo di come mi nascondessi sotto le coperte tappandomi le orecchie. Papà era così buono, sempre sorridente, che non mi piaceva quando si comportava in quel modo.

Charlie ha perso le staffe raramente: in diciotto anni di vita si possono contare sulle dita di una mano. Ma sono più che sufficienti.

Non riesco ad immaginare come possano essere state le sfuriate di un uomo ubriaco marcio.

“Cos’è successo dopo?” sussurro.

Esme apre bocca di nuovo, ma esita. Alla fine, scrolla le spalle e risponde velocemente: “Elizabeth è stata male, così è andata da Carlisle. Ma non so dirti di più. Quando io poi ho incontrato mio marito, lei era già morta…” spiega, dirigendosi verso il frigo. “Vuoi un po’ di torta? Sono le sei del pomeriggio, potremmo fare merenda.”

Devo chiederle una cosa. Capisco che lei non sappia più nulla e si sente a disagio, o sa anche troppo ma non sa se potermelo dire o meno. Non lo so. Ma questa cosa devo saperla.

“Com’era la madre di Edward? Esteticamente intendo.”

Sembra confusa dalla mia domanda, e questa volta non esita a rispondere. Forse perché non ci vede nulla di male nel farmi la descrizione fisica di una persona. “Be’, io non l’ho mai incontrata di persona. Però ho visto una sua foto. Elizabeth era davvero bellissima. Sai, bionda, dagli occhi azzurri… viso semplice e carino. Una bellezza pura.”

Sento il mio cuore accelerare i battiti a quella descrizione. Sembra corrispondere alla foto…

“Hai detto di averla visto in foto” pronuncio, cercando di avere semplicemente un tono curioso. “Questa foto… c’è ancora?”

Il mio cuore batte ancora più velocemente. Esme annuisce e mi fa cenno di seguirla. Mi porta nella sua camera da letto. Lo fa senza fretta, quando io sto morendo per l’impazienza. Alla fine, apre il cassetto del comò e tira fuori una foto da sotto gli asciugamani piegati.

E quando prendo in mano la foto, mi riscopro a tremare. Il mio cuore registra un battito mancato quando osservo quel volto di una donna che tanto ho odiato fino a pochi giorni fa ma per cui adesso provo solo pena, essendo venuta a conoscenza della verità.

La foto che tengo in mano è la stessa che Edward tiene nel cassetto della sua scrivania. È il primo piano di sua madre. Ma il motivo per cui non abbia voluto rivelarmi la verità mi è sconosciuto.

///

Non posso evitare di fissare Edward con occhi diversi ora. Sapevo che Carlisle e Esme non erano i suoi veri genitori, ma non avrei mai immaginato ciò che ha dovuto subire da bambino.

Sono ancora tremendamente arrabbiata con lui, ma è pur vero che comincio anche a sentirmi in colpa. Lui ha passato l’inferno, e io mi arrabbio per così poco.

È per questo che il viaggio verso casa passa in un silenzio tranquillo, non teso come quello all’andata. È per questo che quando scende senza degnarmi di uno sguardo non lo fermo per dirgli che sono sua moglie e che desidero le sue attenzioni. È per questo che quando si dirige nel suo studio mi blocco sui miei passi per un istante solo, prima di proseguire oltre e salire in camera da letto.

‘Lui non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo.’

C’è qualcos’altro nascosto. Qualcosa che Esme non conosce, o che sa ma che non mi vuole dire. Io non ne ho davvero idea. So solo che Edward non me ne parlerà mai, e nemmeno Carlisle, per quanto abbia ammesso che è felice del mio matrimonio.

Emmett è adorabile, ma non ho molta confidenza con lui. Rimane solo una persona, una donna che sebbene non mi piaccia, è sempre stata sincera nel dirmi cosa pensa di me. E Victoria, a quanto pare, è colei che più mi potrà aiutare.

 

 

 

 

 

 

 

Note: volevo semplicemente informarmi che le cose si stanno smuovendo sempre di più e che, se siete curiosi di sapere quando verrete a conoscenza della verità (insieme a Bella), questo avverrà (prologo escluso) intorno al decimo o undicesimo capitolo. Ciò significa che manca pochissimo *-*

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Eccovi il nono capitolo. Sto già scrivendo un quarto del decimo, sperando di farvelo avere il più presto possibile. Il momento della verità è vicino e io sono impaziente di scriverlo quanto voi di leggerlo.

Grazie a tutti per le splendide recensioni, davvero un enorme grazie.

Buona lettura.

 

Capitolo 9

 

Deglutisco a disagio, senza sapere cosa dire per prima. Vero è che l’ho chiamata io, ma è anche vero che Victoria non sembra far nulla per rendermi le cose facili.

Siamo l’una di fronte all’altra, rigidamente sedute sui divani del salotto della villa di mio marito. Lei ha le gambe incrociate, le mani strette e posate sulle ginocchia, e l’espressione di sfida che il suo viso assume solo quando è con me. Io tengo le ginocchia strette strette, le mani posate sul tessuto della poltrona, ai lati delle cosce.

Sebbene il mio sguardo cerchi di sfuggire al suo, ogni volta che riporto gli occhi addosso a lei la scopro a fissarmi acidamente. Deve proprio odiarmi…

“Non ho tutto il giorno.” La sua voce è gelida e alta, decisa mentre scandisce ben bene le parole appena pronunciate.

Deglutisco ancora una volta, facendomi forza dicendomi che non può sentire il battito accelerato del mio cuore.

“Se mi hai chiamato, ci sarà senz’altro un motivo” continua.

Annuisco, prendendo un profondo respiro. Okay. Sono pronta. Immediatamente, il mio sguardo imita il suo, forse superandola.

“Lo so che non ti piaccio” inizio. Lei inarca un sopracciglio, senza degnarsi di fingere che non sia così. Meglio così. Le persone oneste, anche se brutalmente, mi piacciono di più dei ruffiani a convenienza. “E tu non piaci a me. Ma abbiamo una cosa in comune…”

“Ah, davvero?”

Piego di lato la testa, decidendo che non mi farò sopraffare dal suo sarcasmo. “Davvero” asserisco. “Mio marito.”

“Mio fratello” mi corregge lei.

Mio marito. È mio marito, adesso” le faccio notare, evitandomi di nasconderle la freddezza nel mio tono.

Lei non ribatte a quell’osservazione. “E cosa vorresti da me a proposito di tuo marito?”

L’incertezza si abbatte su di me, facendomi vacillare per un istante. Abbasso lo sguardo senza sapere cosa risponderle. Se vado avanti, non potrò più tornare indietro. Prima di decidere altrimenti, apro bocca. “Edward mi ha sposato per pura convenienza…”

“L’hai fatto anche tu” mi fa notare.

“No!” esclamo incredula, alzando immediatamente lo sguardo. Vuole nasconderlo, ma noto il suo leggero sobbalzo di sorpresa. “Credi davvero che avrei potuto sposare un uomo se non avessi provato qualcosa per lui? Sì, forse il fatto che Edward si era offerto di pagare i debiti di mio padre mi ha indotto a sposarlo in fretta, ma io ero attratta da lui e lo desideravo. Pensavo che avremmo potuto costruire un rapporto…”

“Basato sul desiderio fisico? Ma che tipo di persona sei?” domanda quasi disgustata.

“Non si tratta solo di questo. Siamo nel ventunesimo secolo, tutti si tradiscono con tutti, non c’è più fiducia, non più fedeltà… Che si voglia o meno, bisogna accettare che ormai un matrimonio ha più possibilità di riuscita se a dominare è il desiderio. Lo so che è sbagliato, ma è così. Guarda caso, le uniche volte in cui ho potuto vedere la vulnerabilità di tuo fratello è a letto, e non in uno scorcio di vita quotidiana” le dico, ricordandomi i sorrisi e le carezze passionali ma dolci.

Victoria sembra stupita della cosa. Mi accorgo di come vorrebbe ribattere, ma non può. “Ti ha raccontato qualcosa in quel frangente?” sussurra dopo.

Arrossisco immediatamente, lo so. Sento già il calore salire sulle guance e mi immagino un lieve rossore imporporarmi gli zigomi. “Non si è lasciato andare raccontandomi del suo passato, ma… si è trattato di altro. Insomma, hai capito.”

No, non sembra aver capito. Non subito almeno. Quando comprende, annuisce.

Ognuno rimane perso nei suoi pensieri, fin quando non è lei ad interrompere il silenzio.

“Cosa vuoi da me?”

Ecco: adesso non si può tornare più indietro. “Voglio costruire un vero rapporto con Edward. Non voglio essere solo un amante per lui, voglio essere una compagna, un’amica, una moglie. Ma se non conosco il suo passato, mi è impossibile.”

Victoria non sembra sorpresa da questa mia richiesta. Non parla. In silenzio e lentamente, si alza e si avvicina alla porta finestra, dandomi le spalle. Ha le braccia incrociate al petto come in una posizione di difesa.

“Non posso rivelarti tutto” esordisce, facendomi battere forte il cuore. “Non è una decisione che spetta a me. Deve essere Edward ha rivelarti tutto. Lui non vuole dirti niente, ma io non sono d’accordo.” Si volta verso di me, fissandomi dritta negli occhi. “Sei una pedina in questo gioco, Bella” mormora.

Una pedina?, mi chiedo incredula. Una pedina che entrambi usano…, mi rendo conto con orrore. Mi chiedo perché faccia così male. Dovrei sentirmi umiliata ed usata, ma ferita? Sbatto velocemente le palpebre per impedirmi di piangere davanti a lei.

“Non posso dirti niente” ripete. “Posso solo dirti una cosa: tutto ciò per cui Edward ha sofferto in passato è colpa di tuo padre” rivela senza preoccuparsi di ferire i miei sentimenti.

Non ci credo. Non ci credo minimamente. Deve essere tutto il frutto di un fraintendimento. Mio padre è un uomo buono e gentile, come può aver provocato tanta sofferenza in un uomo che ha vissuto così distante?

Tuttavia, anche se vorrei, non posso urlare contro Victoria. Le ho chiesto di rivelarmi la verità, e lei me ne ha fornito una minima parte. È stata una cosa che ho voluto io. Il resto tocca a me.

“Devo andare ora, prima che torni Edward. Lui non ha orari. E non digli nulla di questa visita: se sapesse cosa ti ho rivelato m’ammazzerebbe” mi dice prendendo la borsetta.

Le avrei chiesto io stessa di non dirgli nulla. Tuttavia,le sue parole catturano la mia attenzione e mi riportano a una cosa che ha pronunciato precedentemente. “Victoria?” la chiamo.

Lei si volta verso di me, già voltata verso la porta d’uscita del salotto.

“Perché Edward non vuole che io sappia nulla di questo… gioco?” sussurro, utilizzando la stessa sua parola.

Victoria mi scruta a fondo prima di rispondere. “Lui non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, ma credo che cominci a covare del senso di colpa nei tuoi confronti.” Non aggiunge altro.

Vorrei sapere di più, chiedere ancora spiegazioni, conoscere molti più dettagli, ma lei se ne va prima che io possa continuare con le domande. E io so che se anche la chiamassi, lei non risponderebbe più a nessun altra domanda.

///

Mi chiedo se posso considerarmi una donna sposata. Io e Edward dormiamo in letti separati, pranziamo e ceniamo nel più assoluto silenzio, ognuno sta per conto suo, ci vediamo solo nella sala da pranzo. Non facciamo l’amore dall’ultimo nostro giorno in luna di miele.

Edward a Natale mi ha detto che vuole che io prenda la pillola. Mi chiedo per quale motivo se poi mi evita come la peste. Io avrei tante cose da dirgli, ma così poco coraggio per farlo.

“Io sono ancora dell’idea che tu debba usarlo come ha fatto lui con te. Come continua a fare!” si corregge Rosalie.

Stiamo camminando per le strade di New York, lei piena di borse per lo shopping in corso, io con espressione triste in faccia.

Sapevo che molte coppie sposate prima o poi entrano in crisi, ma non pensavo che a me sarebbe successo così presto.

“Non voglio, Rose. L’ho già fatto in e non ha funzionato” le ricordo.

“No!” esclama subito. “Tu hai preso il consiglio e l’hai modificato a tuo piacimento. Io ti ho detto di farci sesso e poi trattarlo di merda come fa lui con te, non ti ho detto di farti fare qualunque cosa lui voleva solo per farlo felice per cercare di fargli capire che adori il sesso con lui” mi fa notare.

“E  non è la stessa cosa?”

“Ma anche no! Col tuo gli dimostri che vuoi fare felice lui, col mio gli fai vedere che non ti importa un cazzo di lui, e che come può farti godere Edward può farti godere chiunque. Devi spingerlo a dubitare che può essere indispensabile, che può essere l’unico per te. Ecco perché lo devi ignorare.”

“Lo sto ignorando, Rose, lo faccio. Ma è lui che ignora me. Non funziona” le dico alterandomi per il nervosismo.

“Perché è quello che lui crede di volere. Per questo ci vuole il sesso…” Si interrompe immediatamente, come colpita da un lampo di genio. Mi fissa stupita. “Sei un genio.”

Dal canto mio, la fisso confusa. Dovrei prendere per un insulto quella frase accompagnata da quell’espressione?

“Dimentica tutto quello che ho detto” ordina. “Mi hai detto che durante la luna di miele quando facevi sesso eri entusiasta e cercavi le sue attenzioni e che poi lui non ti ha cercato più. Ma lui notava che tu eri felice?”

Aggrotto le sopracciglia, pensando ai momenti in cui gli sorridevo estasiata e lo abbracciavo stretta a me. “Sì, credo di sì…”

“Perfetto!” esclama entusiasta. “Puoi usare questo. Hai usato il tuo consiglio che io ho, sbagliando, mal giudicato? Bene. Ora usa il mio. Fa che noti la differenza.”

Ci metto un po’ per capire che intende. Quando lo capisco, mordo il labbro inferiore tentando di nascondere un sorriso. Può funzionare? Se uso il consiglio di Rosalie dopo aver usato il mio… se lo induco a mettere a confronto il fatto che prima sembravo amare le sue carezze e ora voglio solo usarlo come lui usa me?

Oh mio Dio.

“È perfetto” sussurro impercettibilmente.

Rosalie sgrana gli occhi. “Davvero?”

“Sì!” esclamo, sempre più convinta. “È…  è geniale!”

Rosalie mi rivolge un caldo sorriso, prima di fermarsi davanti uno Starbucks. “Bene. E questo è ancora più geniale” riprende. Con un cenno del capo indica qualcuno alle mie spalle.

Confusa, seguo il suo sguardo. Mi si mozza il fiato quando mi accorgo della presenza di qualcuno che non mi sarei mai aspettata di vedere.

“Jasper?” sussurro, senza capacitarmi di poter vedere, dopo tantissimo tempo, mio fratello.

Lui mi viene incontro, commosso ma non sorpreso. “Quasi non ci credevo che Rosalie ci sarebbe riuscita!” esclama abbracciandomi stretta.

Ancora incredula, lo abbraccio anche io, cercando di ricambiare l’amore che sento lui sta provando verso di me come più posso, stringendolo quasi fino a fargli male.

“Ero così preoccupato! Nostro padre…”

“Non so niente di ciò che è avvenuto in passato tra quei due” lo interrompo immediatamente. “E nemmeno mi interessa. Sono anni che non ti vedo, non voglio rovinare questo momento per nulla al mondo.”

///

Ritorno a casa verso le sei del pomeriggio, perché l’appuntamento dal ginecologo era fissato per le cinque e in seguito sono passata a prendere la pillola anticoncezionale prescritta in farmacia.

Aro Volturi era esattamente come Edward me l’aveva descritto: affabile, educato e gentile. Non sono mai stata un attimo in imbarazzo con lui.

Per quel che riguarda mio fratello, ha mantenuto la promessa che gli ho strappato: almeno per oggi, non parlare di Charlie e Edward.

Non pensavo sarebbe stato così facile incontrarlo: Edward sapeva che uscivo con Rosalie e così è stato, dopotutto. Forse in futuro potrà ricapitare di vedere ancora una volta mio fratello.

Quando però entro in casa ad accogliermi è Carmen. “Signora, suo marito mi ha detto di chiederle di raggiungerlo non appena fosse tornata a casa” mi dice.

Non le chiedo nemmeno dove devo andare. So già che sarà nel suo studio. La ringrazio velocemente e mi dirigo verso Edward, aprendo la porta senza bussare. Come avevo immaginato, lui è qui, che sta scrivendo qualcosa al computer.

Quando entro, alza gli occhi – senza tuttavia muovere la testa – verso di me.

“Mi cercavi?” domando il più tranquillamente possibile.

“Sì” mormora lui, alzandosi in piedi e posizionandosi davanti la sua scrivania. Con il fondoschiena si appoggia ad essa. “Cosa volevi da mia sorella?”

Lui lo sa. Lei aveva promesso che non gli avrebbe detto nulla!

“Te lo ha detto lei?”

“Sam” risponde.

“Ma aveva le chiavi, mi ha detto che lui nemmeno l’ha vista!” esclamo incredula.

“Ecco perché Sam è il migliore” risponde semplicemente.

Capisco immediatamente cosa intende dire, ma purtroppo per me non so cosa rispondere a mio marito. Mi ha preso alla sprovvista e non mi sono preparata nulla da dirgli. In più, se anche trovassi qualcosa, potrebbe chiedere conferma a Victoria e io non potrei contattarla visto che non ho il suo numero di telefono.

Opto per un qualcosa il più possibile vicino alla verità.

“L’ho chiamata io… per… per chiarirci. Lei è tua sorella e non voglio litigare con Victoria ogni volta che passeremo una cena in famiglia” spiego. Sì, questa scusa potrebbe andare.

Edward mi scruta silenziosamente, facendomi agitare inconsapevolmente. O forse già lo sa. Alla fine annuisce, dirigendosi verso il cassetto della sua scrivania. Lo apre: ne tira fuori un qualcosa che non mi sarei mai aspettato di vedere. La foto di sua madre.

Mi basta lanciargli una mezza occhiata per capire che sa qualcosa.

“E nel frattempo hai scoperto chi è lei” riprende infatti.

Rialzo lo sguardo, fiera. Anche lui l’avrebbe fatto se la situazione fosse stata invertita e al posto della donna ci fosse stato un uomo. O forse l’avrebbe fatto se solo avesse provato qualcosa per me.

“Ti avevo detto di non farlo” ringhia immediatamente dopo, mostrandosi per com’è davvero: incredibilmente arrabbiato con me.

Anche io stavo iniziando ad arrabbiarmi con lui, ma le parole di Rosalie mi vorticavano in testa: dovevo sedurlo, non provocarlo fino a farlo incazzare.

Mi avvicino a lui con espressione di supplica. “Edward, per favore…” inizio, senza sapere cos’altro dire. Noto che tenta di nascondere un moto di sorpresa, sebbene sia ancora furioso con me. “Cosa c’è di male se sono a conoscenza dell’identità della donna? Non ti sto chiedendo di raccontarmi tutto, rispetto il tuo passato, anche se non lo conosco. Ma non potevo non tentare di scoprire di chi fosse il volto di una donna tremendamente bella.”

Anche ora sto usando la verità, sebbene stia anche facendo un po’ la ruffiana. Vero è che provavo gelosia, ma non sono così disperata da implorare il suo perdono.

Mando un’imprecazione contro Rose per come mi stia abbassando a chiedergli scusa: il mio orgoglio si sta ribellando furiosamente e a fatica mi impongo di ignorarlo. Ma se le cose fossero andate come Rosalie aveva programmato, alla fine i ruoli si sarebbero invertiti e il mio orgoglio ne avrebbe giovato.

Bisogna aspettare. Tanta, tanta pazienza.

“Ti avevo detto che non costituiva un problema” continua aspramente.

“Anche tu l’avresti fatto!” rischio. “Anche tu…”

Mi interrompe fissandomi come fossi impazzita. “No. Non mi importa nulla, Bella. Il nostro matrimonio è solo per convenienza, nulla di più.”

Tento di reprimere l’impulso di ucciderlo e tento un’ultima cosa. Non posso più sopportare di pregarlo. È umiliante e snervante e frustrante. È orribile e odioso. Al diavolo la pazienza.

“Ma facciamo l’amore…” sussurro. Credo di non essermi fatta più schifo di ora. Maledizione a te, Rose.

“Noi facciamo sesso. E direi di modificare la coniugazione del verbo. È un po’ che non lo facciamo” osserva senza scomporsi.

Dall’ultimo giorno di luna di miele. Una settimana. Sono passati sette giorni in cui, fra l’altro, dormiamo separati.

“Non ti azzardare a cercarlo altrove. Se solo lo venissi a scoprire, non saresti l’unico.”

Lo dico facendogli intendere chiaramente che anche io l’avrei cercato altrove. Lui comprende all’istante e una furia cieca gli altera i lineamenti. Mi afferra per un polso stringendo forte la presa.

“Non oseresti” sentenzia.

“Non ne sarei così sicuro. Le donne hanno gli stessi desideri degli uomini” rispondo fissandolo dritta negli occhi. Non c’è imbarazzo, perché lui non sta provando a sedurmi, bensì ad intimidirmi.

Mi scruta a fondo prima di lasciare la presa. “Non ci riusciresti” sentenzia infine sicuro di sé. “Non sei quel tipo di donna.”

E ha ragione. Tuttavia non voglio dargli questa soddisfazione. “Non lo sono” confermo. “Però ho la mia dignità e ci proverei. Alla fine, si tratta solo di attrazione fisica. E con tutte le serate mondane a cui dovremmo partecipare, non mi sarà difficile trovare un uomo attraente.”

Edward non ribatte. Compie un passo indietro e si dirige verso il tavolino da bar. “Per cui hai voglia di fare sesso” osserva tranquillamente.

Emetto un verso strozzato sgranando gli occhi. Di che diamine parla? “No! Hai travisato tutte le mie parole…”

“Non devi giustificarti” mi interrompe voltandosi verso di me. Si appoggia con il fondoschiena al tavolino bar, il bicchiere pieno di un liquido trasparente in una mano. Ha un’espressione serena in volto, parecchio a suo agio. “È normale che tu ti senta sessualmente frustrata. Non facciamo sesso da un bel po’ e tra noi c’è una forte chimica sessuale.”

Parla del nostro rapporto come se stesse parlando del tempo.

“Quando dovrebbe venirti il ciclo?” mi domanda, cambiando discorso.

“Ehm… avrei dovuto averlo circa tre giorni fa…” gli rispondo confusa. Perché vuole saperlo?

“Pensi di essere incinta?” chiede in tono improvvisamente serio. Anche la sua espressione lo è.

Improvvisamente stanca senza un reale motivo, sospiro e mi siedo sulla poltrona dietro la sua scrivania. È il suo posto, riesco persino a sentire il suo odore provenire dalla pelle della sedia girevole. Un po’ mi rilassa, non lo nego. Lui segue ogni mio gesto senza spostare nemmeno per un istante gli occhi da me, pur non emettendo un solo sospiro. Non mi sta ordinando di spostarmi e non toccare questo luogo per lui oserei dire sacro – visto come passi più tempo qui che nella sua camera da letto – e questo, nonostante tutto, mi provoca un moto di soddisfazione e piacere.

“No. Non sono mai stata regolare. E comunque già riesco a sentire i primi dolori premestruali. Stai tranquillo, non lo sono” rispondo.

“La pillola ci farà stare più tranquilli” ammette.

Non aggiunge altro. Avrei tanto voluto che mi avesse chiesto com’era andata da Aro Volturi.

“Il trentuno parteciperemo a una serata importante” mormora senza tono. Posa il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino e si dirige verso la porta dello studio. “Cerca di non provarci com’era tua intenzione fare” continua per poi uscire.

Mi mordo forte il labbro inferiore, non sapendo se posso considerarla una vittoria. Quando qualche ora dopo lo racconto a Rosalie, lei afferma che è decisamente una vittoria, perché si è ben ricordato ciò che gli avevo detto a proposito di altri uomini.

E io mi sento un po’ meglio. Non troppo, ma un po’. È la mia seconda piccola vittoria.

///

Sono pallida. Troppo pallida. Ma è questo l’effetto delle mestruazioni sulla maggior parte delle donne. E si sa che i primi giorni non sono mai una passeggiata. A me il ciclo era venuto solo ieri, per giunta.

Il trentuno era giunto in fretta e io mi stavo guardando allo specchio criticando il mio aspetto. Indossavo un lungo abito di chiffon rosso abbastanza semplice, drappeggiato sul busto, due bratelle che ricoprivano le spalle e scollo a V non troppo profondo, ma abbastanza per far intravedere la linea dei seni che, per l’occasione, avevo cercato di tirar su con il push-up.

C’erano abiti che donne dal seno piccolo come me non potevano usare perché il corpetto necessitava di un seno prosperoso, e abiti che donne formose non potevano indossare perché sarebbero risultate volgari.

L’abito che indosso è perfetto per me.

Ho i capelli alzati in un morbido chignon con due ciocche di capelli ai lati del viso, in modo tale da risaltare il collo ma non lasciando il volto troppo scoperto, truccato abbastanza semplicemente.

Come al solito, l’insieme è abbastanza semplice ma d’effetto.

Quando scendo giù, Edward sta parlando con Dimitri.

“Ciao, Dimitri!” lo saluto entusiasta, ignorando Edward.

Non voglio fare la figura della moglie trascurata davanti a colui che è quasi un amico.

“Signora Cullen” ricambia con meno informalità ma rivolgendomi comunque lo stesso sorriso simpatico.

“Sei pronta?” mi chiede Edward, tranquillo al mio fianco. “Sei davvero bellissima, non trovi anche tu, Dimitri?”

Sorrido senza provarne piacere. Lui non si è complimentato con me perché lo pensava realmente, è stato tutto a beneficio di Dimitri.

“Lo è. Lei è un uomo fortunato” risponde prontamente questi.

Edward gli sorride. “Andiamo” sussurra non così piano da non farsi sentire. Posa una sua mano sulla base della mia schiena e mi conduce verso l’uscita.

“Buona serata, signori” ci saluta Dimitri.

“Grazie, Dimitri, e buon anno a te e famiglia.”

Sorrido un’altra volta a Dimitri, riflettendo. Non è la prima volta che il personale si mostra così affabile con Edward. Lui deve essere un buon capo. E la sua famiglia lo ama, nonostante Esme mi abbia raccontato che non li va a trovare quasi mai.

Ma allora perché deve comportarsi male solo con me? Non può essere per le incomprensioni con mio padre. In tutti i miei anni di vita non ho mai sentito nominare da Charlie nemmeno una sola volta Edward, quindi il loro litigio deve risalire a quasi vent’anni fa. Vent’anni fa Edward era solo un bambino.

Proprio non può trattarsi di questo. Ma allora cos’è?

A causa dei continui pensieri, quasi scivolo su un gradino della scalinata e sarei caduta se Edward non mi avesse afferrato stringendo la presa.

“Tutto bene?” mi domanda.

Arrossisco immediatamente per la stupida figuraccia appena compiuta, ma quando oso alzare gli occhi sul suo viso noto che non c’è traccia di scherno. “Sì. Stavo… stavo solo pensando e non mi sono accorta di dove mettevo i piedi” spiego.

Edward mi lascia andare. “Devono essere stati pensieri abbastanza seri per renderti così goffa.”

Faccio una smorfia: anche se pure in questo caso non mi vuole prendere in giro, non è un bel complimento il sentirsi chiamare ‘goffa’ con così tanta serietà dal proprio marito. Fin quando si scherza va benissimo, posso trovarlo anche tenero, ma lui non scherza. Lo pensa seriamente.

Non rispondo, decidendo di ignorarlo, e Edward non ribatte più.

Il viaggio in macchina è silenzioso come sempre. Non faccio domande, lui non mi da’ risposte. È come un tacito accordo, solo che io devo sottostare alle sue richieste. Non ho idea di dove siamo, ma quando finalmente giungiamo a destinazione, mi accorgo che si tratta di un ristorante.

Edward lascia l’auto al posteggiatore e si porta al mio fianco, senza tuttavia sfiorarmi. Io non faccio nulla per evitarlo. Mi apre la porta, ma non ho dubbi che lo abbia fatto per gli invitati all’interno della grande sala.

Mi accorgo immediatamente di come questa sia grande ed illuminata, con tanti invitati dentro che conversano, ridono, e ballano fra di loro. Un lungo e grande tavolo è posto verso l’interno, addobbato già per la cena. La sala è decorata con tende bianche che fanno da contrasto agli abiti dai colori accesi o scuri delle persone, e benché si è in tanti non c’è caldo.

“Edward!” esclama una voce maschile che induce entrambi a voltarsi verso destra.

“Laurent” lo saluta cordiale Edward, stringendogli la mano.

Laurent è un affabile uomo di colore dagli occhi scuri e il sorriso gentile. Come tutti gli uomini, è in smoking e sta davvero bene. “Spero tu e la tua signora vi godrete ogni cosa ho da offrirvi” mormora lanciandomi un’occhiata entusiasta. “È un onore conoscerti, finalmente. Edward ti ha tenuta rinchiusa, per caso? Non ci sono foto né notizie su di te, mia cara, il che è una bella novità. Solitamente, ogni donna con cui viene affiancato tuo marito fa notizia, figuriamoci sua moglie!”

Lui non può saperlo, e so per certo che le sue parole non vogliono essere intese come una provocazione o un insulto, ma io non posso fare a meno di irrigidirmi. Non avevo affatto pensato che il mio matrimonio potesse essere pubblicizzato sui giornali mondiali. E non ho alcun dubbio che mio marito e la sua amante di turno possano essere la notizia del giorno, ma chiunque con un minimo di tatto non lo farebbe notare alla novella sposa.

Troppo tardi mi rendo conto del silenzio che è sceso su di noi e dell’espressione sempre più a disagio di Laurent. Con mia grande sorpresa, è Edward a rompere l’imbarazzo.

“Purtroppo è vero. Ricordi quando due anni fa hanno scritto che ero prossimo alle nozze solo perché in quel periodo uscivo spesso con mia sorella?” domanda Edward con tono calmo e dolce, posandomi una mano sulla schiena fino al fianco e stringendomi a sé.

“Oh, sì! Come avevano nominato Victoria? ‘La rosa rossa’, solo per i suoi capelli. E Tanya? Ricordi tua cugina Tanya? Credevano poi che avessi lasciato tua sorella per tua cugina!” spiega Laurent scoppiando a ridere.

Edward annuisce. “Assurdo. Sai che ho quasi paura ad uscire con mia nipote Claire? Temo che probabilmente la sua età non fermerà quei giornalisti da quattro soldi dal pubblicare l’ennesima finta notizia su di me.”

Non ho il coraggio di guardare Edward. Preferisco sorridere a Laurent per fargli capire che ora è tutto apposto e lui, visibilmente più tranquillo, continua la sua conversazione con mio marito.

Ma perché diamine l’ha fatto? Mi odia. Che motivo ha di rassicurarmi? Questa sua nuova uscita non fa altro che accrescere la mia confusione, destabilizzandomi. Non so proprio cosa fare con lui, come comportarmi. Come prenderlo.

Tuttavia, questa è una festa e io voglio godermi almeno un paio d’ore in santa pace fingendo che tutta vada per il meglio, che la coppia felice che mostriamo agli altri di essere è davvero felice.

In attesa che ritorni l’inferno gelido di prima, comunque.

Senza farmene accorgere, premo maggiormente il mio corpo al suo. Lui non si tira indietro, al contrario, continua a tenermi stretta a sé. Il suo profumo mi invade le narici e io respiro appieno la sua sensuale fragranza, sentendo il desiderio per quello che è mio marito stringermi lo stomaco.

“Lo stai tenendo tutto per te? Sai che non è giusto, visto quanto ci è mancato durante la sua assenza!”

Questa volta non siamo solo io e Edward a voltarci, ma anche Laurent. La voce femminile proviene da sinistra e io, nel voltarmi, premo la mia testa verso il petto di Edward.  

Capisco che si tratta della moglie di Laurent quando saluta Edward con un bacio n guancia per poi stringersi al marito.

“Sono stato occupato” risponde Edward all’osservazione di poco prima.

La donna di colore come il marito scoppia a ridere. Non è bella nel senso classico del termine, ma senz’altro la sua dolce risata e i suoi allegri occhi attirano l’attenzione. “Vedo. Due settimane di luna di miele e una a casa… direi che è una bella occupazione” afferma, per poi sorridere. “È un piacere fare la tua conoscenza. Io sono Theresa” si presenta, porgendomi la mano.

Ricambio la stretta con un sorriso imbarazzato. “Bella.”

“Lo sei davvero” dice travisando il mio nome. “E l’abito ti sta un incanto. Certo, è questo che direi se il tuo corpo fosse meno appiccicato a quello di tuo marito” continua ridendo.

Mi mordo il labbro tentando di ignorare la battuta, rendendomi conto che ha ragione. Quando provo ad allontanarmi un poco, Edward sorprendentemente non me lo permette stringendo la presa.

Gli lancio un’occhiata confusa ma lui non mi guarda. Ha iniziato a conversare nuovamente con Laurent a seguito della battuta di Theresa. Poi capisco: è per il nostro ‘pubblico’.

///

Mi chiedo cosa abbia intenzione di fare Edward. Dopo la conversazione con Laurent e sua moglie sembrava andare tutto bene. Mi ha tenuta stretta a sé, abbiamo conversato con poche altre coppie… Tutto per il meglio.

E poi la moglie di un collega di mio marito mi ha chiesto di andare al bagno. Non ci ho visto nulla di male, avremmo lasciato gli uomini al loro lavoro e noi ne avremmo approfittato per fare due chiacchiere più femminili. Quando però sono uscita dal bagno, lei è andata per la sua strada, io per la mia.

E poi l’ho visto: mio marito insieme a due brunette tutte curve. Be’, solo una delle due. Ma sono belle tutte e due, coi lineamenti delicati e femminili. E lui è a suo agio come non lo è mai stato con me. Presta attenzione a ciò che dicono, annuisce loro sorridendo senza mostrarsi per nulla annoiato, ride alle loro battute… Una fa per togliergli qualcosa dalla giacca e lui non batte ciglio.

È davvero a suo agio. Con me ha sempre mantenuto le distanze.

La mia mano si stringe attorno allo stelo della flûte che ho preso al volo al passaggio di un cameriere. Non ho nulla contro sua madre, non l’ho nemmeno conosciuta. Ma cazzo se è un figlio di puttana.

Mi dirigo verso l’uscita per prendere una boccata d’aria. L’aria fresca non mi da’ alcun sollievo mentre cerco di dimenticare ciò che ho appena visto. Lo avevo avvertito. E lui non solo non mi ha evidentemente ascoltato, ma me lo ha persino dimostrato in pubblico.

“Pezzo di…” mi scappa di dire.

È una fortuna che sono sola. Bevo tutto d’un fiato il restante champagne della flûte, per poi rientrare e posare il bicchiere sul primo vassoio sui tavoli che circondano la sala. Infine raggiungo il lungo tavolo su cui si cenerà e prendo posto.

Ogni posto ha i nomi assegnati e non mi è difficile trovare il mio. Sono seduta tra un certo Garrett Denali e Maggie, la moglie di Liam – il collega di Edward. Almeno quest’ultima la conosco.

“Lei è la moglie del signor Cullen, giusto?”

Non ho fatto in tempo a sedermi che già qualcuno è venuto a disturbarmi. Quando alzo gli occhi su quel qualcuno, penso che in effetti può disturbarmi quanto vuole visto che, obbiettivamente parlando, è davvero un bel ragazzo. Sicuramente più grande di me, probabilmente più piccolo di Edward, il ragazzo in questione ha gli occhi verdi e folti capelli biondi. Un sorriso sbarazzino sul volto e un’aria curiosa completano il tutto. Fisicamente è meno possente di Edward, forse perché è ancora molto giovane, ma è certo che lo smoking gli sta perfettamente.

Con un pizzico di cattiveria, penso che è perfetto per ciò che ho in mente di fare.

“E… lei chi è?” domando mostrandomi affabile e divertita.

Cerco anche di metterlo comunque a suo agio, e la cosa sembra funzionare. Il suo sorriso si fa rilassato e mi porge la mano. La sua stretta è decisa ma non fastidiosa.

“Mio padre è un collega di Laurent. Io non so molto di queste cose, se sono qui è solo per far sì che i Denali siano presenti a questa cena e non far così torto all’ospite. È solo che mi sento così a mio… non agio e lei è la ragazza più giovane qua dentro” mi spiega.

“Quanti anni hai?” mi informo passando direttamente al ‘tu’.

“Ventitré. Tu hai diciotto anni, vero? Maggie mi ha detto così.”

“Tu conosci Maggie?” mormoro confusa.

Sorride. Un sorriso davvero simpatico e carino. “Lei è mia cugina. Le ho chiesto se potevo sedermi accanto a te. Spero non ti dispiaccia” aggiunge.

Non c’è malizia nel suo sguardo, vuole sinceramente aggrapparsi a qualcuno che pensa si trovi nella sua stessa situazione.

Scuoto la testa, sedendomi finalmente. “Hai fatto bene, invece. A parte mio marito, non conosco nessuno qui. Mi ha presentato un po’ tutti e ho fatto conversazioni piacevoli, ma non è che sia amica di tutti tanto da andare ad intromettermi nei loro discorsi” gli faccio notare.

Sembra decisamente sollevato e anche lui si siede vicino a me. “Bene. Perché per far mettere te accanto a me ho dovuto accettare il compromesso di stare con un signore che… be’, per dirla nel modo più educato possibile, sembra avere una schiena davvero molto solida.”

Garrett, quindi, imita una faccia stralunata e si siede immediatamente composto, raddrizzando la schiena quasi in modo doloroso.

Scoppio subito a ridere quando capisco che avrebbe voluto dire ‘sembra avere una scopa su per il culo’ e lui sorride di rimando.

La conversazione prosegue piacevolmente per circa una decina di minuti prima che anche gli altri invitati prendano posto per la cena. Penso che possa essere una serata piacevole vista la deliziosa compagnia. Lo penso veramente. Questo almeno fino a quando non mi accorgo che colui che ha il posto proprio davanti al mio è Edward e sedute vicino a lui ci sono le due donne con le quali ha flirtato per tutto il tempo.

///

È stata la serata peggiore di sempre. Siamo ufficialmente al primo gennaio del duemilaundici e posso dire che questa prima nottata è la prima nottata di merda che passo.

Sono le due di notte: in sala tutti ci siamo fatti gli auguri, Edward non ne ha fatti a me, io non ne ho fatti a lui, e bla bla bla. Forse siamo stati gli unici a non farci gli auguri e la gente non si è accorta di niente troppo presa dai festeggiamenti. Io li ho fatti persino a quelle due bastarde, che per mia sfortuna non erano solo davvero molto belle, ma si sono rivelate anche molto simpatiche.

Edward non ha fatto altro che ignorare me e preferire di conversare con quelle due. Io, dal canto mio, ho parlato un sacco con Garrett e penso che siamo diventati già amici. Forse non migliori amici, ma abbastanza da scambiarci il numero di telefono e prometterci un’uscita nei giorni a venire.

E per quel che riguarda Edward, può pure andare a farsi fottere.

“Garrett è un ragazzo simpatico.”

Trasalgo a quelle parole, emettendo un sospiro spezzato. La mia pazienza sta arrivando al limite.

“Lo è” affermo con decisione, quasi rabbia, guardando sempre fuori dal finestrino.

Almeno, il silenzio durante il viaggio di ritorno l’ha spezzato lui e non io. Piccola vittoria.

C’è di nuovo silenzio nella Volvo. Vorrei rispondergli per le rime, per provocarlo. Magari ottengo un’altra piccola vittoria.

“Anche le donne vicino a te erano simpatiche” osservo senza nessun tono in particolare.

Noto le sue mani serrarsi sul volante. “Una delle cose più piacevoli della serata, in effetti.”

Che gran figlio di puttana, bastardo e coglione che non è altro!, grido nella mia testa. Quasi lo urlo anche a lui, ma fortunatamente riesco a bloccare le parole sul nascere serrando visibilmente le mie labbra.

Decido immediatamente che userò stanotte stesso il numero di Garrett per offrirgli il tè l’indomani e qualcos’altro di mio il giorno dopo ancora. Forse se sono ancora incazzata con Edward domani stesso.

“Solo che a me non hanno dato il loro numero di telefono” aggiunge in seguito.

Questa volta giuro che parlo invece di riflettere, prima. “Non ho dubbi che ti daranno qualcos’altro, prima o poi.”

Gran bella risposta, non c’è che dire. Quasi mi stringerei la mano.

Un silenzio teso si abbatte su di noi, lo stesso silenzio di poco prima eppure così diverso.

“Che diavolo vorresti dire?” sbotta infine. La sua voce trema, davvero, e fa tremare me.

“L’hai detto tu, no?” rispondo. Non c’è nessun bisogno che lui sappia quanto possa incutermi timore, quando fa così. “Stasera sono state una piacevole distrazione. Scommetto però che domani saranno una favolosa scopata.”

È una fortuna che indossi la cintura di sicurezza, perché Edward ferma subito la macchina posteggiando davvero bruscamente al lato della strada. La nostra fortuna è che non c’è nessuno qui intorno. Non so se comunque mi piace.

“È questo, allora? Sei gelosa?” Non c’è scherno nella sua voce. Solo pura, immensa, spaventosa rabbia. E se prima guardava la strada mentre guidava, ora che è fermo il suo viso è tutto per me. Non sono sicura che nemmeno questo mi piaccia.

“Non prendere il discorso della gelosia” lo avverto. “Non c’entra niente. Ogni donna con un briciolo di dignità sarebbe oltraggiata dal fatto che il marito ha preferito passare il suo tempo con altre due donne piuttosto che con sua moglie!” esclamo livida di rabbia.

Si avvicina pericolosamente a me posando una mano sulla manopola del mio sedile. “Se era la mia attenzione ciò che volevi stanotte non avevi che da chiederlo” sibila senza un briciolo di tatto e calando il sedile.

Senza nemmeno volerlo, mi ritrovo distesa sul sedile e Edward improvvisamente su di me con la sua bocca sulla mia. Spinge la sua lingua senza aspettare oltre e di riflesso le mie mani si portano al suo petto come per spingerlo via.

Come se non le sentisse, Edward si sistema con un po’ di fatica – a causa del poco spazio – su di me e la sua mano è subito sulla mia gamba. Alza il vestito e piega la mia gamba, sfiorando poi la coscia. Sarà perché è un uomo passionale, sarà perché non facciamo sesso da molti giorni, saranno entrambe le cose, ma riesco già a sentirlo eccitato contro la mia intimità.

Il bacio appassionato che mi sta dando quasi fino a non lasciarmi nemmeno respirare né è la prova. È un peccato che si sia deciso ora a fare la prima mossa.

“Edward” lo chiamo con difficoltà visto che sembra non voler lasciar andare la mia bocca. La sua si sposta verso il mio collo e la sua lingua non mi aiuta di certo. “Non possiamo.”

“Al diavolo” ringhia, portando anche l’altra mano alla coscia libera da ogni tocco. Stringe la presa e si spinge verso di me. Le mie mani si serrano sul suo petto e mi mordo il labbro per cercare di trattenere il gemito che, traditore, è comunque uscito. “Tu vuoi me, non lui” aggiunge senza cambiare tono.

È chiaro il suo riferimento a Garrett ma non ne vedo il motivo. Mi ha già dimostrato, anche stasera col suo commento gentile riferito al mio nuovo possibile amico, che non è geloso; perché lo tira in questione proprio ora?

“Edward, per favore” ansiamo quando la sua mano stringe un seno. “Ho il ciclo” gli dico quando l’altra mano si porta alla zip dei suoi pantaloni costosi.

“Cosa?” sbotta fissandomi allibito. “Cazzo” sibila dopo, senza nemmeno spostarsi. Sembra cercare di riacquistare il senno. Si sposta poi con un movimento quanto più fluido possibile e mi metto a sedere. Lui tira su immediatamente il sedile senza una parola.

Non so quanto stiamo in silenzio ognuno nei suoi pensieri, io quasi temendo persino di respirare. Forse anche minuti interi. Poi Edward accende finalmente il motore.

“E per quel che riguarda” inizia, ormai del tutto padrone di sé e la voce più gelida che mai. Si rimette in strada. “Le due future favolose scopate sono in realtà possibili clienti dell’azienda. Questa sera hanno deciso di firmare il contratto. E stanno insieme da tre anni, ormai.”

Non aggiunge più niente.

Chiudo gli occhi cercando di ignorare la fitta al cuore e le lacrime che già fanno capolinea. È giusto che mi senta in colpa? Non l’avrei mai accusato di potermi tradire se non mi ci avesse condotto lui con il suo comportamento.

Questo, però, non mi fa sentire meglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: la frase dove Edward dice e poi sale sopra di lei mi è venuta d’ispirazione grazie a un’altra scena simile in un romanzo d’amore che io letto tipo… cinque anni fa? Probabilmente anche di più. Sicuramente di più. Ovviamente, il fatto che questa scena mi abbia ispirato non significa che io l’abbia copiata; inutile sottolineare l’ovvio, e cioè che comunque tutto ciò che ho scritto è di mia immaginazione.

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Wow, pensavo di essere più in ritardo del solito e invece non aggiorno da undici giorni ‘solo’. Gran bel record, devo ammetterlo.

Bene, passiamo al capitolo. È… difficile, credo. Molto difficile. Per me lo è stato scriverlo, per voi forse lo sarà leggerlo. O forse sarà una cazzata enorme per voi e sono io che mi sto emozionando troppo. È solo che finalmente ci siamo arrivati. E ripeto: finalmente.

C’ho messo l’anima in questo capitolo e giuro che non potrei essere più soddisfatta. È proprio come l’ho sempre immaginato.

Questo è IL capitolo, e proprio per l’importanza che ha per l’intera storia spero vorrete spendere due minuti del vostro tempo per scrivermi cosa ne pensate. E se non vi è piaciuto, cosa esattamente, affinché magari – per la stesura dell’undicesimo – possa tenere in conto anche i vostri pareri, importantissimi per me.

Buona lettura, ve lo auguro con più sentimento del solito.

p.s.: note a fine capitolo.

 

 

Capitolo 10

 

Da quella notte non mi aveva più toccata. Giuro che non l’avevo più rivisto, nel vero senso della parola. I primi due giorni avevo pensato fosse solo una coincidenza il fatto che io stessi fuori dalla mia camera da letto solo quando lui non c’era. Poi mi ero resa conto che non era così: lui mi evitava, e scommetto che si era pure trasferito temporaneamente dalla sorella.

Così mi ero allontanata anche io e mi ero trasferita da Rosalie. Non credevo fosse possibile visto che comunque i suoi dipendenti svolgevano ancora il loro lavoro e controllavano chiunque mi venisse a fare visita. Ma forse Edward aveva dato precedentemente il via libera per andare da Rosalie e, seguendomi, Dimitri sa che non mento.

E in effetti non ho mai mentito, solo che l’ultima visita dalla mia amica invece di durare un’ora è durata diciamo due giorni. Due giorni in cui Dimitri ha suonato solo per il primo pomeriggio, in cui nessuno gli ha aperto, per poi finire in un silenzio assoluto verso sera.

L’indomani mattina, verso mezzogiorno, era spuntato con mio somma sorpresa – e lo ammetto, dispiacere – mio marito.

E adesso è qui, a tre passi da me. Non ho idea di come sia entrato: Rosalie non lo farebbe mai, e per entrare, dato che sei un estraneo, devi prima superare il portiere che avvisa… Ma certo. Il portiere.

Mi chiedo quanto l’abbia pagato.

“Andiamo a casa” ordina senza la minima rabbia in voce.

“Non ci penso minimamente” rispondo semplicemente, continuando a leggere il mio libro, pur comunque non prestando minimamente attenzione alle sue parole.

Siamo soli: Rosalie quando ha aperto la porta ha preferito lasciarci in un momento di intimità uscendo da casa. Un po’ le sono grata, sarebbe stato imbarazzante comportarmi come una bambina davanti a lei. Ma fossi l’unica! Dopotutto nemmeno Edward scherza.

“Isabella” esordisce con rabbia trattenuta. Non è mai un bene quando mi chiama col mio nome completo. “Andiamo. A. casa. O ci vieni di tua spontanea volontà, o ti ci porto io a forza.”

Alzo lo sguardo su di lui, incredula. “Non oseresti.”

Ha un’espressione dura e le sue braccia sono incrociate al petto. “Non provocarmi” ribatte.

Mi alzo subito in piedi, fronteggiandolo. “Sei l’essere più… più…” Non voglio essere volgare.

“Più?” mi sfida, un lampo divertito negli occhi. La cosa mi fa incazzare di più. “Avanti. Più cosa?”

“Più arrogante del mondo! Più odioso! Non ti preoccupi di andartene via di casa, ma quando lo faccio io ecco che compari. Perché dovrei tornare in quella villa? Tu non ci stai mai. Che differenza ti fa sapere che sono lì?”

“In effetti nessuna. Ma so che posso controllarti, lì.”

Prima che possa pensare e decidere di farlo, alzo la mano pronta a colpirlo. Edward ferma immediatamente il tutto con un veloce movimento e blocca il mio braccio stringendo la presa sul polso.

“Non farlo. Non ti conviene” sentenzia ruvido.

“Perché? Mi colpiresti? In effetti non mi sorprende la cosa” ribatto acida.

Lui scrolla le spalle. “Non ho mai colpito una donna ma tu potresti essere l’eccezione alla regola.”

Ci deve solo provare.

Prima che possa ribattere ancora, lui sospira. “Okay. Forse ho sbagliato.”

“Forse?” lo interrompo.

Lui mi lancia un’occhiataccia. “Ma converrai anche tu che è stato preferibile un’uscita di scena al posto di una sfuriata, quando ho saputo che avevi disobbedito ai miei ordini e incontrato tuo fratello.”

Emetto un gemito strozzato e non posso più negare. Non l’avessi emesso, avrei potuto dire che non l’ho affatto incontrato. Ma la sorpresa di come l’abbia scoperto mi ha lasciato senza fiato e non ho saputo fingere.

“È mio fratello.” Non so cos’altro dire.

“Sono tuo marito!” esclama immediatamente facendomi sussultare.

Allontano con uno strattone la mia mano dalla sua presa e mi allontano di un passo. “Se potessi scegliere, sceglierei la mia famiglia a te. Lo sai!” esclamo.

Ogni colore sembra defluire dal volto di Edward, confondendomi. Un’espressione indecifrabile compare sul suo volto, un’espressione talmente… distrutta che mi fa rabbrividire. Non sembra dispiaciuto, solo che non se lo aspettava. E allo stesso tempo, forse gli ha fatto male.

La sua espressione è chiara, ma confusa allo stesso tempo. In questo momento, il suo viso è come un vaso che cade per terra. Rotto.

Lo vedo deglutire e riprendere l’espressione gelida di sempre. “Stai tranquilla. Non sarai costretta a scegliere, non se aspetti qualche mese.”

Aggrotto le sopracciglia, non capendo minimamente cosa vuole dire. “A che ti riferisci?” riesco a chiedere con un fil di voce.

Non sembra compiaciuto di darmi la risposta seguente. Me la sta semplicemente comunicando. “Ancora poco, e ti ritroverai finalmente insieme alla tua famiglia. A mendicare per strada.”

Mi mordo il labbro inferiore per evitare, questa volta, di mostrarmi sconvolta come quando mi ha rivelato di sapere del mio incontro con Jasper. Vorrei fargli tante domande sul perché dice così, o perché dovrebbe fare così, ma so che se aprissi bocca scoppierei immediatamente a piangere.

Adesso, il vaso rotto sono io.

Edward forse nota le lacrime agli occhi, o forse no. Io non lo guardo nemmeno, fisso semplicemente le sue scarpe continuando a martoriare il mio labbro inferiore.

Vedo i suoi piedi muoversi e intuisco si stia dirigendo verso la porta. “Ti voglio a casa per le sei, Bella. O giuro su Dio che non ci sarà bisogno di aspettare nemmeno un fottuto mese.”

Sono queste le parole dure che sento prima di sobbalzare al rumore secco della porta che sbatte chiudendosi dietro Edward. Alzo gli occhi al cielo cercando di ricacciare indietro le lacrime, perché se mi lasciassi andare al pianto so che non mi fermerei.

E poi non voglio piangere. Voglio impedire questa stupida fissazione che Edward ha per mio padre, e piangendo non risolvo nulla. Lo so perfettamente, eppure non riesco ad evitare che alcune lacrime bagnino le mie guance.

///

Quando ritorno a casa, sono le cinque e mezza del pomeriggio. Fisicamente sto bene. Emotivamente mi sento distrutta. Non ho nemmeno avuto il coraggio di raccontare la verità a Rosalie, le ho solo detto che Edward si è comportato come suo solito ma che mi vorrebbe di nuovo a casa con lui.

Non potevo dirle che me lo ha imposto minacciandomi, anche perché questa volta nessuno avrebbe fermato lei dal correre a insultare Edward e me dallo scoppiare a piangere fino al giorno seguente.

Durante questo lasso di tempo, ho comunque pensato. Tanto, tanto a lungo. E sono arrivata alla conclusione che lui può fare qualsiasi cosa. Non ho idea di come dovrebbe mandare in bancarotta mio padre – forse facendolo licenziare dal suo modesto lavoro? – ma non importa.

Io sono pur sempre sua moglie e ricordo di come lui, circa due settimane fa, mi abbia promesso che a patto che io non vedessi la mia famiglia, lui mi avrebbe dato tutto ciò che desideravo.

Bene: desideravo una piccola casetta, e gioielli in oro. Tanti gioielli in oro. Il momento in cui il mio dolce marito intendeva mandare me e la mia famiglia a mendicare in strada, io mi sarei trasferita nella nuova casa e avrei venduto tutto l’oro acquistato durante il mio matrimonio con Edward.

Ho intenzione di acquistarne così tanto da poter vivere, almeno per qualche anno, senza necessità di un lavoro.

Edward aveva pensato di potermi usare per mandare in rovina mio padre. Non aveva messo in conto che io amo mio padre e per lui farei qualsiasi cosa. Anche risultare frivola e viziata come Edward sembrava immaginarmi quando mi ha proposto quella specie di patto.

È per questo che quando entro nel suo studio, entro a testa bassa. Cerco di non mostrare la mia sorpresa quando trovo lo studio illuminato solo dal chiarore del tardo pomeriggio di New York che penetra dalla grande finestra, e Edward invece di lavorare come suo solito disteso sul suo divano, i piedi che fuoriescono e una sua mano sullo stomaco, l’altro braccio a coprirgli gli occhi.

Mi viene una fitta al cuore a vederlo così. Sembra così solo.

‘Lui non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo.’

Mi chiedo perché diavolo lo faccia. Ha una famiglia meravigliosa, perché non godersela appieno?

Quando chiudo la porta, la serratura scatta e Edward si volta verso di me. Non dice una parola, rimane solo a fissarmi mentre io mi muovo verso di lui.

“Mi dispiace” esordisco. “Non so cosa ti abbia fatto mio padre e… non voglio nemmeno saperlo.” Mi inginocchio al suo fianco e i nostri visi sono a pochi centimetri di distanza. “Noi due siamo sposati. Penso che dovremmo cercare di fare andare avanti il nostro matrimonio… no?”

Fingo che la cosa mi interessi, quando in realtà non mi interessa più nulla.

Non dopo quello che mi ha rivelato ha intenzione di fare anche a me, sua moglie. Posso essere dispiaciuta per lui, posso immaginarlo un bambino di dieci anni solitario e silenzioso. Ma solo perché soffri da piccolo non sei giustificato dal trattare di merda tutto il resto.

Lui non sembra interessato, né colpito. Ma non sembra almeno incredulo di ciò che dico. Semplicemente mi sta studiando, come a cercare di capire se sto dicendo la verità.

“Va bene” risponde infine.

Nessuno di noi due muove un muscolo. Io aspetto una sua mossa, lui aspetta la mia. Ho già messo da parte il mio orgoglio per quelle scuse che non provo, non mi costringerà a perdere anche la mia dignità. Tocca a lui. Ma Edward sembra mettermi alla prova.

Non mi importa. Non ho intenzione di fare di più.

Edward’s pov

È cambiato qualcosa nei suoi occhi. Della luce che caratterizzava quei suoi occhi enormi non è rimasta più traccia. Sembra sparita, e con essa il suo desiderio di combattermi per il padre.

Le ho detto che le avrei fatto perdere tutto, a lei e alla sua famiglia, e che nel mentre avremmo dovuto tornare a essere una coppia come lo eravamo prima. Be’, come più o meno eravamo. Non siamo mai stati una vera coppia.

E se prima ha fatto fuoco e fiamme, rifiutandosi di seguirmi, ora eccola qui. Forse ci ha riflettuto su e ha capito che non le conviene mettersi contro di me. Forse sta fingendo. O forse io sto diventando paranoico.

Sta di fatto che non posso permettermi passi falsi: anche se lei è qui e sembra voler dare una vera svolta al nostro matrimonio, nulla cambierà.

Però voglio comunque vedere fin dove si spingerà. Sempre ammesso che ci sia comunque qualcosa sotto.

“Per cui non ti dispiace se invito i miei fratelli, domani sera” la provoco.

Lei va d’accordo con Emmett, mio fratello non la colpevolizza di tutto ciò che abbiamo passato. Ma d’altronde, lui non era comunque figlio di mia madre, al contrario mio e di Victoria.

Cosa opposto con mia sorella: loro sembrano odiarsi. Bella sopporta a fatica le provocazione di Vic, e Vic sopporta a malapena semplicemente mia moglie. Lei sa che Bella non c’entra nulla – non direttamente, almeno – e ogni tanto si sente in colpa.

Poi, però, ripensa a mia moglie: è la figlia dell’uomo che ci ha distrutto la vita, e se anche non è cattiva come il padre, qualcosa da lui avrà ereditato. Il sangue non mente.

“Sono i tuoi fratelli. Non c’è alcun bisogno che mi chiedi il permesso” risponde semplicemente con una scrollata di spalle.

Inarco le sopracciglia, senza minimamente scompormi. Sono ancora nella stessa posizione in cui mi ha trovato, solo col viso rivolto verso di lei. “Ma io non ti sto chiedendo il permesso. Questa è casa mia” le faccio notare.

Sorprendentemente, sorride. “Penso che tu abbia ragione. Non sento questa come casa mia.” Scrolla anche lei le spalle. “È difficile chiamare un posto così casa.”

Si alza pronta per andare via, ma non può.

“Cosa vorresti dire?” le domando con tono incurante.

“Tu vivi in questo posto enorme tutto da solo. Ogni tanto c’è Carmen che si occupa della casa e poi Sam e Dimitri. Nessun’altro. E loro sono comunque tuoi dipendenti. Mi sorprende tanto che tu possa considerarti a casa, qui. Ma suppongo questo dipenda dal tempo in cui ci vivi” spiega voltandosi.

Sto per risponderle ma mi anticipa. “Posso chiederti dei soldi?”

Ammetto che mi lascia senza parole. Non ne ha mai chiesti, in effetti.

Fa un passo verso di me. “Rosalie mi ha aiutato molto, oggi. Se sono tornata in anticipo, lo devi soprattutto alla sua maturità. Anche se volevo comunque tornare, ero troppo orgogliosa per farlo. È stata lei a dirmi di mettere da parte l’orgoglio e tornare da te” mi dice.

La scruto attentamente. Non c’è traccia di scherno o altro. Sembra solo stanca.

“Volevo comprarle qualcosa che so piacerle molto ma che purtroppo non può permettersi. E poi, ovviamente, comprare qualcosa anche per me” finisce.

Io sono ancora senza parole. Lei ha il buongusto di sembrare incerta.

“Avevi detto… che se avessi obbedito a non incontrare più la mia famiglia, avresti cercato di darmi ogni cosa che desideravo” sussurra titubante.

Per cui, è così. Trattengo a stento un sorriso amaro: è frivola come io e Victoria sapevamo già. È proprio figlia di suo padre.

“Ovviamente” rispondo con voce di ghiaccio.

Non l’ho mai odiata come adesso. Mi fa ribrezzo persino guardarla, ora. Che razza di donna è?

“Grazie.”

Io non la guardo più, ma riesco a percepire che sorride dal suo tono di voce. Non rispondo. Voglio che se ne vada. Quando sento la porta chiudersi, mi alzo in piedi di scatto e prendo il telefono nella mia tasca. Compongo il numero di Victoria e lei risponde al secondo squillo.

“Edward?”

Non l’avevo mai chiamata senza un valido motivo.

“Cerchiamo di fare questa cosa al più presto. Mi sto stancando di mia moglie.”

Bella’s pov

Quella stessa sera Edward era venuto nel mio letto. Ricordo di come io mi stavo spogliando e di come lui, entrando noncurante nella camera che da sua era diventata mia visto che non dormiva mai accanto a me, mi aveva guardato chiedendomi se ne avessi voglia.

Non credo di averlo mai odiato come quella sera. Così ho risposto a modo mio: ho scrollato le spalle e mormorato ‘Perché no?’. Se ci è rimasto di merda non lo so, la sua espressione era indecifrabile, ma senz’altro non c’era sentimento quella volta. E lui non era mai entrato con forza in me. Quella sera l’ha fatto. Forse l’ho un po’ punto sul vivo. Bene.

Da quella volta ogni occasione è stata buona per fare del sano sesso. Solo sesso. Un gran bel sesso.

E a me sta bene. Rosalie aveva ragione: se proprio lui vuole fare sesso, perché non accontentare anche me, anche il mio corpo? D’altronde avevo già un piano per quando mi avrebbe lasciato, perché non approfittarne nel frattempo?

Come donna, tutto ciò che facevo mi portava a stare male con me stessa, a sentirmi sola. È così diverso fare l’amore dal fare sesso. Giuro che quando ero più piccola pensavo che fosse la stessa, identica cosa. Non è vero: il sentimento cambia tutto.

D’altro canto, non potevo lasciarlo io per prima. Con me o senza di me, Edward avrebbe fatto ciò che si era ripromesso di fare. Almeno, se ottenevo i suoi soldi come sua moglie, alla fine avrei potuto aiutare la mia famiglia come ideato.

Era un bel piano, il mio. E se riuscivo ancora a guardarmi allo specchio senza sentirmi un oggetto inutile, era perché sapevo di farlo per una giusta causa. La mia famiglia. Se ami qualcuno come io amo i miei, non c’è niente che non puoi fare.

Anche scopare a comando. Gli si può dire tutto, a mio marito, ma non che fosse un amante mediocre. È per questo che mi riusciva così facile e non mi consideravo quasi come una martire nel farlo solo per salvare i miei.

Perché a me piaceva, dopotutto.

Non avevo termini di paragone, ma è certo che o che usasse dolcezza, o che usasse passione con la P maiuscola, mi rendeva ebbra delle sue carezze. Anche ora.

Mi mordo le labbra nell’inutile tentativo di trattenere i gemiti che a fatica muoiono sulla mia lingua. Edward sta spingendo in me come se ne andasse nella sua vita, trattenendomi per le natiche contro la porta di uno studio.

Eravamo stati invitati a una cena di beneficienza, ma chissà come ci siamo ritrovati qui.

Non ho timore di essere scoperta: la porta è chiusa e so per certo che non durerà molto. È solo sesso. Entra, spinge, viene, esce.  Tutto qui. È un rapporto freddo e breve, ma non ho intenzione di fare più niente per ‘svegliarlo’. Sono stanca di essere sempre io quella del ‘per favore’.

Non c’è nemmeno più imbarazzo. Questo mi fa essere più disinibita e raggiungere l’apice è più facile, solitamente. Per lui non è mai stato un problema.

Quando tutto finisce, mi lascia andare senza tante storie. In silenzio, lui si alza i pantaloni, io sistemo l’abito risalito su per i fianchi. Le mutandine sono strappate da qualche parte nella stanza.

“Non sei venuta” osserva freddamente.

Gli lancio un’occhiata quando mi abbasso per raccogliere le mutandine appena trovate. Lui si sta sistemando i capelli. “E allora?”

Scrolla le spalle e infila le mani nelle tasche dei pantaloni firmati. Mi fissa senza alcuna emozione negli occhi. “Allora niente” risponde.

È un dannatissimo figlio di puttana.

“Sarà per la prossima volta” aggiunge.

La suoneria di un cellulare lo distrae, ma io mi dirigo verso di lui e gli infilo le mutandine in tasca, sfiorando la sua mano. Sento il suo sguardo perforarmi mentre prende il telefono dall’altra tasca con l’altra mano.

“Sicuro” rispondo infine, tranquillissima. “Tanto non mi cambia nulla.”

Senza degnarlo di una sola occhiata, lo supero e apro la porta dello studio uscendo. Cerco di nascondere il sorriso, perché questa volta non ho dubbi che ci sia rimasto di merda. D’altronde, gli ho fatto capire senza alcun dubbio che do per scontato il sesso con lui e che non mi importa nulla di ciò che mi provoca.

Ennesima vittoria.

///

Gli lancio un’occhiata di sottecchi, senza perdere il sorriso che sto rivolgendo a Eric, un ragazzo della mia età figlio di una coppia di invitati, e Ben, suo cugino.

Edward è seduto anche in questo caso davanti a me e come per la cena di Capodanno non mi degna di un’occhiata. Al contrario di quella stessa sera, però, non c’è la coppia di ragazze lesbiche con cui parlare. A dire il vero, non parla con nessuno.

Tutti parlano con qualcuno: lui è in silenzio, un braccio piegato col gomito che poggia verso la spalliera della propria sedia e l’altro braccio piegato sul tavolo, mentre le dita giocano con un accendino.

Non l’ho mai visto fumare, tuttavia non significhi che non lo faccia.

Mi sento un po’ in colpa: sto flirtando senza ritegno con due ragazzi carini – non belli come mio marito, ma carini. E a Edward gli si può dire tutto, ma non che mi abbia mai provocato fino a quel punto.

Tutto ciò che ha fatto contro di me, non l’ha fatto mostrando la stessa immaturità che sto usando io. L’ha fatto per qualcosa di più grande, qualcosa che ha a che fare con il suo passato e che ancora lo fa soffrire.

È la prima volta che me ne rendo conto, e fa male. Sono io quella a subire, ed è facile incolparlo. Ma ho mai davvero provato a farmi spiegare la verità da lui? Ho mai provato a capire cosa lo spinge a comportarsi così con me? Ho mai cercato di immedesimarmi in un bambino che perde la propria madre, che cresce senza quella figura per la quale io stessa morirei, se dovessi perderla?

Già fa male non vederla, ma saperla al sicuro. Edward ha perso sua madre tempo fa. Non so quando con esattezza, o quanti anni avesse. Ma certo era piccolo, e la perdita della donna ha segnato mio marito.

‘Credo che Carlisle gli ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo. Edward vuole molto bene a mio marito e ai suoi fratelli, farebbe qualunque cosa per loro. Eccetto che frequentarli assiduamente.’

Non riesco a togliermi dalla mente le parole di Esme.

Qual è questo passato? Perché se ha perso la madre dovrebbe rigettare anche l’affetto che provano Victoria e Carlisle, oltre che Esme ed Emmett, per lui? Che senso ha amare ed essere capace della qualunque, se poi li eviti?

Quando riporto lo sguardo su Edward, lui non si è mosso di un millimetro. Tiene lo sguardo basso, il sopracciglio leggermente inarcato. Non è pensieroso: è qualcosa di più. Come se stesse pensando a qualcosa di particolarmente doloroso, un qualcosa però che quasi non ti fa più effetto perché ci pensi ogni maledetto giorno.

Sento il mio cuore stringersi in pena per lui e lo stomaco contrarsi. Vorrei consolarlo, stargli vicino, renderlo felice.

Ma lui non me lo permette. Come posso quindi aiutarlo?

Sento un borbottio al mio fianco,  mi rendo a malapena conto ch Eric e Ben si sono messi a parlare animatamente fra di loro. Quando riporto l’attenzione su Edward, mi accorgo di un uomo posizionato alle sue spalle che si piega per sussurrargli qualcosa nell’orecchio e quando Edward alza lo sguardo scorgo i suoi occhi lucidi.

Distolgo immediatamente lo sguardo, sentendo anche i miei inumidirsi.

A cosa diavolo poteva pensare per far comparire delle lacrime sugli occhi? Cosa lo ha reso così triste?

Non dubito nemmeno per un istante che fossero lacrime, quel luccichio, piuttosto che il bagliore delle luci in sala.

Quando riporto su di lui l’attenzione, vedo che sta porgendo all’uomo l’accendino. Mentre questo gli sorride entusiasta, Edward ricambia con un sorriso triste. Infine, torna nella stessa posizione di prima. L’unica differenza è che stavolta non gioca con l’accendino, bensì sfiora le sue unghia con nervosismo.

Improvvisamente, si alza. Lo vedo deglutire per poi voltarsi e uscire dal salone, verso le porte finestre. Immagino abbia bisogno d’aria per riprendersi. Comprensibile.

Vorrei correre da lui e stargli vicina, ma so che se anche ci provassi lui non me lo permetterebbe e mi tratterebbe di nuovo male. E non sono pronta, ora. Non dopo averlo visto per la prima volta così vulnerabile.

///

Il silenzio in auto non è mai stato così teso come quello del nostro ritorno a casa.

Lui si è già tolto la giacca lanciandola letteralmente sul divano e sta trafficando nervosamente con la cravatta.

“Edward” sussurro senza sapere nemmeno il perché. Non so cosa potergli dire.

“Che diavolo vuoi?” sbotta con rabbia.

Non nego che mi abbia fatto male come si sia rivolto a me, ma cerco di essere la più matura tra i due.

“Edward… possiamo parlare?” lo supplico sedendomi sulla poltrona.

“Di cosa dovremmo parlare?” inveisce affrontandomi e gettando anche la cravatta sopra la giacca. “Vogliamo parlare di come mi hai ignorato tutta la sera davanti ai miei amici? O di come ci hai provato con i figli di un mio collega? O di come…”

“No!” esclamo interrompendolo. Sento anche io il nervosismo farsi strada in me. “Ti ho visto stasera.”

Aggrotta le sopracciglia, subito in posizione di difesa. “Non so a che ti riferisci.”

“Quando avevi in mano l’accendino… a cosa pensavi? Non sembravi nemmeno più tu.”

Osservo con attenzione ogni sua mossa e vedo come si sia irrigidito.

“Ero solo stanco. Smettila di analizzare ogni cosa che dico o faccio, sei solo patetica così” mormora con disprezzo, voltandosi e incamminandosi verso le scale.

Non mi arrendo. Se proprio non possiamo instaurare un rapporto, stasera sono decisa a sapere la verità. Che lui lo voglia o meno. Per cui lo inseguo senza smettere di parlare.

“Non è vero. Pensavi a qualcosa, ti si leggeva negli occhi. Perché non ammetti di avere anche tu dei sentimenti, eh? Cosa ci sarebbe di male nel provarne?”

Quasi ho il fiatone nel parlare, perché lui sembra volermi sfuggire non solo metaforicamente parlando, ma anche fisicamente visto che sale i gradini quasi a due a due.

Siamo giunti in camera mia, o meglio: sua. In realtà, dopo le nostre nozze, dovrebbe essere nostra.

“È per tua madre? Pensavi a lei? Cos’ha che fare tua madre con mio padre?”

Non avrei mai dovuto dirlo. La sua risposta alle mie domande è repentina. Si volta improvvisamente verso di me e leggo una furia omicida nel suo sguardo, qualcosa che mi fa seriamente avere paura di lui.

“Non ti devi mai più permettere di nominare quel figlio di puttana di tuo padre nella stessa frase in cui nomini mia madre. E soprattutto, non nominare affatto lei” ruggisce.

La furia nei suoi occhi non si è ancora placata. Al contrario, sembrano brillare di luce propria solo per la rabbia.

Sospiro, senza sapere cosa dire. Alla fine, scuoto la testa. “Cos’è successo, Edward? Cos’ha fatto mio padre per portarti ad odiarlo così tanto?” sussurro senza più forze.

Mi fissa intensamente, come pensando a cosa rispondermi. Infine, ritorna freddo come sempre. “Non sono affari che ti riguardano” risponde, passando a sbottonarsi con indifferenza la camicia.

“Sì, invece!” esclamo con furore. “Edward, siamo sposati!”

A quelle parole, le sue mani si fermano. Non alza lo sguardo verso di me, lo tiene ancora incollato ai bottoni della camicia, ma è fermo. Vuole capire cosa voglio dire.

Capendo che forse sto per abbattere il muro che ha eretto intorno a sé, faccio un minuscolo passo in avanti. “Hai detto che non vuoi vedere mio padre. Anche se parli della mia famiglia, è a lui che ti rivolgi, soprattutto. Io ti ho sposato, Edward” pronuncio con un sussurro.

Alza il viso verso di me, finalmente. Leggo un briciolo di incertezza in quegli occhi verdi che tanto amo. Mi sta ascoltando, sta seriamente ascoltando ciò che ho da dirgli.

Faccio un altro passo verso di lui, che non si sposta. A dividerci, solo un altro piccolo passo. “Sei tu la mia famiglia, adesso. Quando ho deciso di sposarti sapevo esattamente chi eri, e com’eri. Ma l’ho fatto ugualmente.”

“L’hai fatto per tuo padre” mi rammenta con forza.

“Davvero, Edward?” gli chiedo beffarda. “Pensi che dei soldi mi avrebbero convinta a sposarmi così giovane solo perché mio padre così non avrebbe più avuto debiti? Lavoravo, Edward. Avevo già mandato a mio padre l’anticipo che mi aveva dato Tanya per il vostro matrimonio, e come wedding planner avrei potuto guadagnare, nel giro di un anno, tutti i soldi necessari ad estinguere i debiti di mio padre. Non era messo poi così male, anche a rimetterci più anni l’avrei fatto comunque, purché onestamente.”

È la prima volta che lo vedo sorpreso. Sono sulla strada giusta, penso con un fremito.

“Mio padre è stato la scusa per poterti sposare. Non volevo ammetterlo nemmeno con me stessa. Ma se ti ho sposato, non è stato per lui o perché mi hai minacciato. È stato perché io volevo sposarti. Volevo stare con te. Ero entusiasta di diventare tua moglie e pensavo seriamente che Tanya fosse diventata pazza per aver rinunciato a un uomo come te. Sai, lo penso ancora. Ma ci sono io qui, e non ho alcuna intenzione di cambiare le cose. Se mio padre ti ha fatto un torto, in passato, e tu non vuoi che lo veda mai più, va bene.”

Lo vedo sussultare lievemente a quelle parole e cercare di prendere un respiro a pieni polmoni.

“È tuo padre” obbietta come fossi impazzita.

“Ma tu sei mio marito” ribatto. “Amo mio padre, non smetterò di farlo. Io mi accontenterei davvero di telefonate e incontri vari, ma da sola. Se lui ha sbagliato con te, sarei la prima a desiderare di non farvi incontrare. Ma proprio perché lo amo, Edward, se devo smettere di sperare di vederlo ancora… io voglio sapere la verità…”

I miei occhi faticano a inquadrarlo bene, perché adesso sono pieni di lacrime represse e la mia voce si è incrinata pericolosamente all’ultimo.

L’incertezza sul suo volto è sempre più evidente. Deglutisce e scuote la testa, come a schiarirsi le idee. “Non posso” afferma, dandomi poi le spalle. Il suo tono non ammette repliche.

“Perché no?” Non lo dico come ad incolparlo.

Il mio tono è una supplica. Sto camminando sul filo del rasoio, sento che potrei convincerlo finalmente a confidarsi con me. Non posso essere brusca.

“Perché sceglieresti lui, Bella!” esclama con rabbia mista ad esasperazione voltandosi nuovamente verso di me.

Sussulto per la sorpresa causata dalle sue parole e per gli stessi occhi lucidi che ho intravisto oggi quando l’ho osservato di nascosto.

“Perché dovrei scegliere lui?” sussurro facendo per raggiungerlo.

Lui si allontana immediatamente di un passo e io mi fermo sul mio posto.

“Perché è così!” urla ancora. “Perché lo fate tutti!”

Emetto un breve ansimo davanti a quelle parole, a quella voce rotta come lo era la mia, davanti alla rabbia in quell’esclamazione. Ancora una volta, sento il mio cuore stringersi di pena per lui.

Chi è quel ‘tutti’? Chi l’ha preferito a chi?

“L’hai detto persino tu” continua.

Capisco immediatamente a cosa si riferisce: Se potessi scegliere, sceglierei la mia famiglia a te.’ Adesso capisco perché ha reagito in quel modo… Io me ne ero quasi dimenticata, ma lui sembra non averlo mai fatto.

“E l’ha fatto lei. Lei, che è mia madre! Avrebbe dovuto rimanere con noi, con me! Ma ha preferito lasciarsi andare, morire dentro, e tutto per tuo padre!”

Mi fa seriamente paura. Non ho paura che possa fare male a me, ma a se stesso. Conosco bene i momenti di rabbia di mio padre: lui usava spesso colpirsi la testa al muro ripetutamente. Sento ancora quel disgustoso suono, e ancora non mi capacito di come poi gli dolesse e basta.

Ho paura che possa farlo anche lui e io non voglio assolutamente che si faccia male.

È per questo che non mi importa se mi allontanerà bruscamente, ma mi avvicino fino a prendergli il viso fra le mani. Ha le guance bagnate, noto con dolore.

“Io non lo farò. Te lo giuro, Edward. Non hai bisogno di temere che…”

“Sì, lo farai.” Posso sentire tutto il dolore del mondo in quelle tre semplici parole.

È con una stretta dolorosa al petto che mi accorgo che altre lacrime sgorgano dai suoi occhi. Se non le sentissi bagnarmi le mani, nemmeno me ne accorgerei. Persino lui non sembra accorgersene.

Si lascia cadere sul bordo del letto, e lo osservo stringere le dita attorno ai capelli. Il suo sguardo mi è nascosto, ma posso immaginare come si senta. Con orrore, osservo le nocche diventare quasi bianche per quanto stringe. Si sta facendo adesso stesso male, e nemmeno se ne rende conto.

“Edward” lo chiamo con decisione. Tuttavia, ancora ora la mia voce trema per le lacrime che è riuscito a rubarmi.

È stato solo un bambino, mio Dio, ed è stato ferito nel peggior modo possibile. È stato abbandonato dal padre, e sua madre ha preferito l’amante al figlio. Come può non diventare colui che è oggi?

Non intendo giustificarlo, ma che capisco molte cose… questo sì.

“Non me ne andrò” continuo con fermezza posando le mie mani sulle sue. A fatica, riesco ad allontanarle dai suoi capelli e a costringerlo a guardarmi. “Mi importa di te” gli dico con convinzione.

A quelle parole, lo vedo riabbassare gli occhi e scuotere il capo mentre noto nuove lacrime sulle guance. Non ci crede, e ne soffre.

Sento un moto d’amore per quest’uomo che finge di non provare niente se non disprezzo per sua moglie, ma che poi si comporta con così tanto trasporto quando questa gli dice che rimarrà sempre con lui perché le importa del marito.

Adesso mi è chiaro il motivo per cui si è comportato in quel modo con me. Forse all’inizio mi disprezzava semplicemente perché ero la figlia di Charlie Swan, ma col tempo ha indossato solo una maschera, cercando di auto convincersi che gli ero indifferente. Ma ha paura, ha terribilmente paura.

E per la prima volta, mi sento importante per lui.

Stringo le sue spalle e, senza pensare se la cosa può allontanarlo da me o no, attiro le sue labbra alle mie. Edward mette subito fine ai miei dubbi quando ricambia il bacio con tutta la rabbia che ha nel corpo.

Rabbia, non passione. Questa volta, non si tratta di uno sfogo carnale, di bassi istinti primitivi. È un bisogno che va oltre, di quelli che si vorrebbe dare a parole ma che per persone come lui si da solo con i fatti.

Dal canto mio, voglio solo che stia bene, che si senta accettato, e che non abbia dubbi su di me. Io non ne ho. So già chi sceglierei.

Edward mi stringe con vigore a sé, facendomi ritrovare a cavalcioni su di lui. Non perde tempo, e passa ad alzare il vestito sui miei fianchi. Sono già nuda sotto: le mie mutandine le ha ancora lui.

Passo ad aprirgli i pantaloni, aiutandolo poi con la camicia già aperta.

È sesso, e allo stesso tempo è amore. È così diverso da queste ultime volte… Finalmente, non siamo un uomo e una donna che scopano tanto per il gusto di farlo. Siamo Edward e Bella che hanno un disperato bisogno dell’altro, e l’unico modo di farlo che conoscono è questo.

Edward si porta verso i cuscini per stare più comodo, e quando è finalmente nudo mi abbasso su di lui. Non sono ancora abbastanza bagnata, ma non importa. L’unico bisogno che ho è quello che lui stia bene. E Edward sembra stare davvero bene.

Mentre sento le sue mani stringere i miei fianchi, tolgo il vestito arrotolato su di essi, portandomi ad essere nuda come lui. Le sue dita sono già a toccare i miei seni con passione, il suo bacino che già si muove freneticamente fra le mie gambe aperte.

E quando ho voglia di baciarlo, lo faccio come forse non ho mai fatto prima. Non piange più da un po’, ma le sue guance sono ancora bagnate. Le mie labbra scendono verso il suo collo, e il mio stomaco si contrae quando lo sento supplicare un ‘per favore’.

Sono due parole che sembrano nascondere molto più di una semplice supplica per porre fine a quel dolce supplizio. Sento che è una richiesta a mantenere la promessa fatta. E io ho tutta l’intenzione di farlo.

Non vengo, non ne ho bisogno. Lui sì. E non mi sento affatto un oggetto per com’è stato. Edward non mi ha usato come una bambola, per di più io lo volevo quanto lo voleva lui.

Mi porto con la schiena sul letto, ma faccio comunque in modo di non sciogliere l’intreccio dei nostri corpi. Alla fine, mi ritrovo con la testa sulla testiera del letto e la testa di Edward sui miei seni.

Accarezzo quasi con fare materno i suoi capelli, mentre lui non mormora una parola.

“Bella?” sussurra infine.

Non rispondo: lui sa che ha la mia più totale attenzione.

“Cosa devo fare con te?”

La sua voce è talmente intrisa di dolore che non posso fare a meno di arrestare i miei movimenti e sentire il mio cuore battere forsennatamente. Forse lui riesce a sentirlo.

Nessuno di noi dice più niente. Io riprendo ad accarezzare i suoi capelli, e lui si stringe ancora di più a me. Alla fine, lo sento respirare regolarmente, e a fatica trattengo le lacrime quando mi rendo effettivamente conto che si è addormentato per la prima volta fra le mie braccia.

Capitava sempre il contrario, perché ero io ad aver bisogno di lui a causa della mia insicurezza. Adesso, però, è lui ad avere bisogno di me.

 

 

 

 

 

 

 

Note: avevo scritto che la verità si sarebbe saputa verso il decimo o undicesimo capitolo. Alla fine, una parte (quella che più o meno avete indovinato tutti) ha avuto conferma nel decimo, e nell’undicesimo ci sarà la vera storia. Bella ha abbattuto le difese del marito (finalmente!) e Edward è pronto a lasciarsi andare. Non troppo: un cambiamento del genere non può avvenire nel giro di una notte. Capirete cosa intendo solo seguendo la storia :') per quanto riguarda la decisione di Bella riguardo il non vedere più il padre, è più complessa di com’è spiegata qui. Sempre nel prossimo capitolo lei specificherà cosa intendeva dire.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Mi vergogno un poco ad aggiornare così tanto tempo dopo, ma tra scuola di mattina, compiti di pomeriggio, e impegni vari la sera (nessuna uscita, solo la visione delle puntate di Glee), giuro che non ho trovato tempo per scrivere.

Non vi dirò che non si ripeterà ancora una volta, poiché è una promessa che non posso fare, ma vi prego di ricordare che qualunque sia il mio ritardo, io completerò la storia.

Passiamo al capitolo: come vi avevo precedentemente avvertito, qui leggerete la storia completa di Edward. Spero non sia nulla di banale e nulla di ingiustificato. Ho provato a mettermi nei panni di un piccolo Edward costretto a subire ciò che ha subito, e ciò che ho scritto è come immaginato avrei io reagito a quel dolore.

Passiamo al capitolo: le pagine, rispetto agli altri, sono di meno. Il contenuto però penso sia abbastanza, sebbene ci siano circa mille parole in meno. Ma non posso aggiungere altro, perché con questo capitolo si chiude la prima parte della storia. Con il prossimo capitolo, si passerà alla seconda e ultima parte.

Volevo anche avvisarvi del fatto che ho deciso di cambiare il nome jaymes_ in haphazard, per cui molto probabilmente il prossimo aggiornamento il nome sarà quest’ultimo. Onde evitare di confondersi come spesso faccio io in questi casi, hahah

Poi, se andate sul mio account EFP, troverete cliccando sui… ‘bottoni’ (oddio, non so come chiamarli!) i link per i profili twitter e ask, se vi può interessare.

Infine, alle recensioni dello scorso capitolo risponderò pian piano. Avrei potuto rispondere e aggiornare dopo come ho sempre fatto, ma non mi va di farvi aspettare ancora. E dopotutto, ci tengo comunque a rispondervi. Siete dolcissimi!

Buona lettura, e grazie alle splendide recensioni che mi lasciate. Significa molto per me.

 

 

Capitolo 11

 

Era da tempo che non mi capitava di svegliarmi ben riposata. Immediatamente, ricordo cos’è successo ieri sera, e la mia mano parte a cercare Edward. Non c’è.

Un improvviso moto di paura si fa strada in me: e se si fosse pentito di tutte le cose dette ieri sera? Si è lasciato andare come forse non aveva mai fatto nemmeno con la sua famiglia, con me, la figlia dell’uomo che gli ha rovinato la famiglia.

Non posso dire di aver ben capito come, ma ciò che è certo è che Edward pensa che mio padre fosse quell’amante per cui sua madre si è lasciata andare. È tutto ancora molto confuso in me e ho paura che adesso, a mente lucida, Edward ritorni sui suoi passi.

Mi alzo dal letto piena di sconforto, sicura che possa fare le cose con calma perché Edward non è di certo a casa. Lancio un’occhiata all’orologio, appurando che sono appena le undici del mattino. Non mi ero mai alzata così tardi da che sono sposata.

Mi lavo, mi vesto, mi trucco. Tutto con la paura che Edward sia ritornato il freddo marito che è sempre stato. Non riesco a mettere in bocca nemmeno un boccone per l’ansia, nonostante abbia lo stomaco vuoto e i crampi della fame non mi lasciano praticamente un attimo di tregua.

Le giornate sono incredibilmente vuote senza qualcosa da fare. È per questo che sto quasi sempre da Rosalie, o è lei a venire da me. Quando preferisco invece stare un po’ in solitudine, vado nella libreria di Edward. È stata Carmen a mostrarmela, perché Edward non me ne aveva fatto parola.

Oggi ho voglia solo di un bel libro e di una cioccolata calda. È giovedì ed è il giorno libero di Carmen. La donna mi sta molto simpatica, ma non nego di mandare un ringraziamento a non so nemmeno io chi per questo. Non ho molta voglia di chiacchierare con nessuno che non sia mio marito.

La giornata passa lenta, tra una pagina e l’altra, fra un sonnellino e un po’ di televisione. In effetti, mi sveglio che sono ormai le cinque del pomeriggio, il mio primo pensiero verso mio marito.

Non so dove sia, cosa stia facendo, se lavora davvero o mi voglia evitare. Il problema è che lo penso sempre, è come un pensiero fisso che mi fa dimenticare il resto, e sapere che per lui sono solo… niente, mi fa sentire davvero male.

Improvvisamente stufa dei miei stessi pensieri, mi dirigo verso la cucina e apro il frigorifero. Prendo una mela e do un primo morso senza togliere la buccia. Quando faccio per uscire dalla cucina, però, ho un leggero sussulto di spavento quando vedo Edward mentre sta per entrare quando non sapevo nemmeno fosse a casa.

La cosa positiva è che avevo già inghiottito e non ho rischiato di affogarmi davanti a lui.

“Edward!” esclamo col fiatone. “Che fai qui?”

Edward sembra sinceramente confuso. “Ci vivo?”

Sospiro piano, lanciandogli un’occhiata. Indossa, come sempre, un abito elegante, ma ha i capelli spettinati e il viso stanco.

“Sei andato al lavoro?” domando.

Edward chiude gli occhi e sospira stanco, passandosi una mano fra i capelli. Deve averlo fatto spesso, oggi. “Sì” mormora dirigendosi anche lui verso il frigorifero. Afferra un arancio e un coltello dal ripiano della cucina.

“Sei stanco?” sussurro con timore, senza sapere nemmeno io perché. Forse è il modo più innocente per chiedergli in realtà come sta senza che lui pensi voglia solo compatirlo.

Edward non mi guarda, ma riesco a capire che le mie parole hanno colpito nel segno. Senza dire nulla, si siede e inizia a sbucciare l’arancio con movimenti agili. Il mio sguardo viene subito catturato dalle sue lunghe e perfette dita, e sento lo stomaco contrarsi al pensiero di come si posino sul mio corpo fino a farmi urlare di piacere.

Ma poi lui parla: “Sì.”

Porto i miei occhi su di lui, scoprendolo intento a sbucciare l’arancio quasi con maniacale attenzione. Con un leggero sospiro, mi avvicino di un passo. “Edward…”

“Oggi mio padre mi ha chiesto se stasera potevamo cenare insieme” mi interrompe immediatamente. “Magari verso le otto e mezza. Per te non è un problema?” Mi guarda, finalmente, e i suoi occhi non mostrano alcuna emozione. È con dolore che mi accorgo siamo tornati al punto di partenza…

Gli mostro un sorriso tirato, cercando di resistere. Ho resistito a molto peggio, non sarà lui a farmi cedere. “Okay. Nessun problema.” Trovo la forza di sorridergli ancora un po’ di più, ma ormai mi è difficile persino stare nella stessa stanza con lui.

Senza che nessuno aggiunga altro, poso la mela sul bancone e lo lascio da solo.

///

Avevo immaginato che questa giornata si sarebbe svolta diversamente. Avevo pensato che, dopo ieri sera, le cose si sarebbero risolte e Edward sarebbe stato più felice d’avermi come moglie.

O per lo meno, lo desideravo.

A quanto pare, dopo la sua uscita in cucina, mi sbagliavo. E nonostante sia passata un’ora, lui non si è più fatto vivo.

Sto continuando la lettura di Cime Tempestose quando sento bussare così piano alla mia porta che per un momento penso l’abbia soltanto immaginato. Volto lo sguardo dal libro alla soglia adesso aperta fissando Edward in attesa.

Cos’altro dovrò sorbirmi, adesso?

“Quello che è successo ieri”, inizia quasi con fatica. “Io… mi dispiace. Non dovevo dirti quelle cose.” Non aggiunge più niente, e nonostante si mostri come sempre imperturbabile questa volta cerco di capire se lo è davvero.

La mano serrata sulla maniglia, i suoi occhi che evitano i miei quasi fingendosi annoiato nell’attesa di una mia risposta, e il leggero pallore del suo viso, mi fanno realizzare che è comunque una finta.

Il problema, però, è se vale la pena combattere per lui. Anche ieri sera sono stata sincera, più che sincera, ed ho ottenuto un comportamento freddo come quello di sempre. Chi mi assicura che non ricapiterà ancora, e ancora, e ancora?

Niente e nessuno, è la mia risposta. E io di primi passi ne ho fatti sin troppi. Se devo combattere per far funzionare questo matrimonio, devo avere un motivo che mi spinga a farlo. E quel motivo deve darmelo mio marito.

“Pensi meriterò mai di sapere la verità?” gli chiedo quasi senza forza, chiudendo il libro e abbassando lo sguardo.

So bene cosa mi risponderà, e come. Mi dirà che non sono affari miei e me lo dirà nel tono più disgustato di sempre.

Noto, però, come lui eviti di rispondere. Poso il libro sul comodino e, voltata di spalle, attendo senza sperarci davvero una sua risposta.

“Forse la meriti…” esordisce infine, sorprendendomi. Non solo afferma ciò, ma lo dice anche con tono… dolce. “È solo che non sei pronta” conclude.

Annuisco amareggiata. “E questo lo pensi perché…?”

Lascio volutamente la frase in sospeso, aspettando che la concluda lui stesso.

“Perché ami tuo padre.”

Ha inteso più o meno tutto il nocciolo della questione di ieri sera. Mio padre e il mio amore per lui. Pensa che la verità che sentirò pronunciargli mi ferirà al tal punto da odiarlo per aver messo in cattiva luce colui che mi ha cresciuto.

Sospiro esasperata e finalmente mi volto. È con sorpresa che scopro che è seduto sul bordo del letto, i gomiti alle ginocchia e l’espressione stanca. “Il fatto che lo ami non significa che potrei perdonargli qualsiasi errore da lui commesso” affermo.

Mi fissa con così tanta intensità da farmi sentire improvvisamente caldo. I suoi occhi sono incollati ai miei, quasi non batte nemmeno le palpebre. Mi mette a disagio, ma allo stesso tempo mi fa provare un desiderio fisico per lui mai sopito.

Alla fine distoglie lo sguardo quasi con violenza e per poco non mi sento travolgere dalle mie emozioni. Lo vedo passarsi una mano fra i capelli e poi alzare le maniche della camicia fin sui gomiti. È nervoso e cerca di tenere le mani occupate.

“Avevo otto anni la prima volta che sentii nominare tuo padre.”

Mentre parla, sento una rabbia repressa nella sua voce e mi accorgo di come sfugga al mio sguardo.

“È stato per puro caso. Io nemmeno dovevo esserci, quel pomeriggio a casa. Ma Victoria insisteva che dovevamo tornare a prendere la sua borsa delle bambole, perché altrimenti lei e la sua amica non si sarebbero divertite con i soli giocattoli della bambina. Lei aveva dieci anni, e io ero convinto che dovevo comunque proteggerla pur avendo due anni di meno. Le nostre case abitavano a dieci minuti di distanza, per cui le dissi di non preoccuparsi, che sarei andato a prenderle io.”

Fa una pausa. Il suo sguardo è perso nel vuoto e vedo come contrae e rilascia le sue mani. Non sta semplicemente raccontando un ricordo, lo sta vivendo nella sua mente.

Mi accorgo di avere la pelle d’oca e il battito accelerato. Finalmente verrò a conoscenza della verità, ma a che pro se poi lui deve stare così male?

C’è dolore, nel suo viso. Lo vedo improvvisamente sussultare e la sua espressione trasformarsi freddamente, per poi alzarsi bruscamente dirigendosi alla finestra e darmi le spalle.

“Ti basti sapere che li ho visti litigare, e fu allora che venni a sapere che mia madre aveva un amante. Ovviamente, tuo padre.”

Non sapevo come reagire a quella notizia. Chiaramente, un sospetto del genere m’era venuto in mente precedentemente, e non ho dubbi che a quel tempo lui non conoscesse ancora mia madre.

Un conto, però, è avere un sospetto; un altro è la conferma ad esso.

“Mio padre se ne andò senza mai più farsi rivedere” continua con freddezza. “Mia madre visse forse per la prima volta felice in tutta la sua vita le settimane a seguire, perché era innamorata e non aveva più l’ombra di mio padre ad oscurare quella felicità. Il che sarebbe stato bello, se non avesse preferito la compagnia di tuo padre a quella dei suoi figli.”

Il tono di voce è divertito, beffardo, ma è chiaramente una difesa, la sua. Non lo vuole dare a vedere, ma ha sofferto, e soffre ancora.

“Lei... lei si prendeva cura di noi, però non si occupava dei suoi figli come una madre dovrebbe fare. Poi successe. Tuo padre lasciò mia madre perché aveva incontrato un’altra donna. Pensai che avrebbe sofferto come qualsiasi donna innamorata, ma che dopo un periodo di tempo le cose sarebbero migliorate. Per lei, ma soprattutto per noi. Forse con tuo padre lontano avremmo potuto vivere finalmente sereni, solo noi tre.”

La pausa, adesso, è ancora più lunga delle precedenti. Così lunga che forse si è persino perso di nuovo nei ricordi.

“Cos’è successo?” domando con un fil di voce.

Continua con un secondo di pausa, poi finalmente riprende. “Cadde in depressione” sussurra.

Mi mordo le labbra lasciandomi ricadere sul letto, sfinita, aspettando che continui. Continua a darmi le spalle e a guardare fuori, ma forse per lui è meglio così.

“È stato allora che hai incontrato Carlisle?” domando, ricordandomi delle parole di Esme.

Edward annuisce piano. “Mamma era una sua paziente. Col tempo, lui l’ha aiutata. Lei era caduta in depressione perché Charlie aspettava un figlio, e Carlisle era un vedovo con un figlio di nome Emmett di nemmeno un anno. Forse sarebbe stata una storia davvero romantica se mia madre fosse stata capace di voltare le spalle a tuo padre e andare avanti. Non riuscivo a capacitarmi di come l’amore per un uomo che ti ha abbandonato potesse causarti tutto questo, lo trovavo ridicolo. Ricordo che pensai che non avrei mai permesso a nessuna donna di ridurmi nello stesso stato in cui si era ridotta mia madre. E ricordo che iniziai anche ad odiare lei, perché se non trovava le forze per occuparsi di me e mia sorella significava che non ci amava abbastanza. Non tanto da combattere, per lo meno.”

Era appena un bambino, al tempo. Non pensavo che un bambino potesse capire certe cose, o pensare di odiare la donna più importante per un uomo. Ma senz’altro tutto ciò che ha fatto sua madre ha influenzato la sua crescita, il suo modo di vedere le cose, e l’odio che afferma di aver provato intuisco sia solo un riflesso del dolore e della delusione che Edward ha provato nel vedersi abbandonato, un sentimento di rancore cresciuto insieme a lui.

“È qui che finisce la storia?” gli chiedo con cautela.

Non ho bisogno di chiedergli cosa prova nel raccontare tutto questo per capire che se ha bisogno di tempo, glielo darò senza pensarci due volte. Potevo immaginarmi tutto, ma non questo.

C’è un istante di silenzio prima che Edward riprendi la sua storia. “Mamma ebbe un'altra ricaduta quando scoprì che Charlie aspettava un altro figlio. Te, ovviamente.”

Non so cosa dire. Seppur non abbia fatto nulla, mi sento in un qualche assurdo modo colpevole per quella seconda ricaduta.

“Negli anni a venire, mia madre sembra stare bene e poi di nuovo male, di nuovo bene e ancora male. Tuo padre, poi, sembrava essere ovunque. Ad ogni modo, non stavo bene. A quindici anni non avevo amici, Victoria era l’unica ragazza con cui riuscivo a parlare. I professori chiamarono Carlisle per spronarlo a mandarmi da uno psicologo. Il che è divertente, se ci pensi, perché lui stesso è uno di loro.”

La voce di Edward diventa improvvisamente leggera, come se lo trovasse lui per primo divertente. Io non la pensavo affatto così.

“Acconsentii comunque. Parlare mi faceva bene ed era pur sempre qualcuno che ascoltava qualsiasi cosa avessi da dire, dalla più stupida a quella che più tenevo dentro. Non mi importava che fosse pagato per interessarsi a me: il dottor Marcus ci teneva davvero. Ancora oggi parliamo insieme, sai? Sebbene in maniera del tutto diversa rispetto a poco più di dieci anni prima. Ma il momento in cui capii che lui si era davvero affezionato a me fu quando iniziai a trattarlo male, a trattare male tutti. Avevo sedici anni e mia madre aveva deciso di lasciare la sua casa, la sua famiglia, per scappare lasciandoci una misera lettera.”

Non aggiunge altro, né voglio chiedergli niente. Continua da sé.

“Decisi che il ragazzino timido, impacciato e asociale di prima doveva sparire con lei. Doveva lasciarmi così come aveva fatto mia madre. Così chiesi a Carlisle di cambiare scuola, e benché dentro morissi ogni giorno di più davanti agli altri fingevo che tutto fosse un gioco per me. Iniziai a dimenticare le felpe e i jeans strappati per camice e jeans nuovi, a lasciarmi crescere quel tanto che bastava la barba e a ingellare i capelli. I ragazzi cominciavano ad imitarmi in tutto e le ragazze cominciarono a farmi il filo. Ti sorprenderà, ma non accettai nessun loro invito. Le odiavo. Non riuscivo a fissarle senza pensare a quanto fossero ridicole a comportarsi in quel modo con un ragazzo, senza nemmeno provare un briciolo di vergogna.”

Scoppia improvvisamente a ridere, una risata cupa e fredda.

“Ricordo che una volta mi chiesi se fossi gay, visto che a sedici anni ero ancora un vergine che non voleva alcun contatto con il genere femminile.”

Anche ora avrei tante cose da dire, ma rimango in silenzio. È chiaro come il sole che la sua rabbia per la madre, per l’abbandono di lei, la rifletteva del tutto inconsciamente sul genere femminile senza fare alcuna distinzione.

“Però sapevo anche che le ragazze mi attraevano. Era solo... il pensiero di agire che quasi mi ripugnava. E mi portava ad odiarle di più, ovviamente. Riuscii a superare tutto l’anno dopo, quando mia madre tornò. E lei finalmente sembrava così serena! Sorrideva come non aveva sorriso mai in vita sua. E poi aveva cominciato a mostrarci quell’amore che negli ultimi anni ci aveva negato... Non dico che non ci amava, questo no. Però non lo dimostrava, o semplicemente forse amava più tuo padre che me e mia sorella. Quindi era bello che, nonostante la sua fuga di un anno, fosse tornata per amarci. Dovevo essere arrabbiato, e lo ero. Non fu facile, ci misi mesi ad accettarla di nuovo. Però, giuro, quando mi abbracciava, sentivo come se tutto sparisse. Come se solo lei contasse. Non mi importava se aveva rovinato la nostra famiglia tradendo mio padre, perché mi dicevo che per farlo era stato probabilmente pure lui, con le sue scarse attenzioni, a farle desiderare le attenzioni di un altro. E non mi importava nemmeno tutto quello che aveva fatto in seguito, trascurando i suoi figli. Mi dicevo che era umana, e che tutti sbagliamo. Così riuscii a perdonarla.”

L’ultima frase è un sussurro a voce spezzata. Sento che ci stiamo avvicinando alla fine e mando al diavolo tutto per il desiderio di stargli vicino in un momento simile. Così mi alzo e mi avvicino a lui. Forse percependo i miei movimenti, Edward si volta verso di me con gli occhi lucidi e si appoggia al muro accanto la finestra.

È maledettamente triste in volto.

“In seguito scoprii che lei era felice perché aveva ripreso la sua relazione con Charlie. E fu per questo che morì, perché di ritorno da un loro incontro finì sotto un auto.”

Sento il mio cuore come fermare i suoi battiti mentre inizio a sudare e a sentire vorticare la stanza intorno a me.

“Cosa?” riesco a sussurrare stravolta.

Non può essere: mio padre non ha mai tradito mia madre. Può aver avuto una relazione con un’altra donna prima del matrimonio con mia madre, ma non l’ha mai tradita. Lui non lo farebbe mai, non l’ha fatto... O l’ha fatto?

Mi lascio cadere per terra a gambe incrociate, perché giuro che potrei svenire da un momento all’altro.

“Avevo sempre pensato che mia madre fosse ancora innamorata di tuo padre, e ciò che avevo pensato sull’essere umano lo pensavo più di prima. Mia madre era morta, Bella, non ci sarebbe stata più” mormora con voce chiaramente tremante. “E pur odiando comunque tuo padre trovai la forza per chiedergli di assistere al suo funerale, perché sapevo che lei lo amava. Ma Charlie mi rispose senza mezzi termini che avrei dovuto dimenticarlo, che non avrei dovuto mai disturbarlo, di lasciarlo vivere in pace con la sua famiglia. Io avevo solo diciassette anni, mia madre era appena morta, e tuo padre aveva chiuso quella maledetta conversazione con un fottutissimo ‘mi dispiace, è finita’. Oh, lo era eccome” sibila con ira.

Alzo il mio  viso sconvolto verso il lui, scoprendolo acceso di rabbia con le guance bagnate.

“Giurai che mi sarei vendicato di tuo padre, mandandolo in rovina, distruggendo la sua famiglia, costringerlo persino al suicidio. Ero disperato e arrabbiato. Non mi importava niente di lui, e non mi importa nemmeno ora. L’odio che provavo per tuo padre a diciassette anni non si è mai sopito, nemmeno quando cinque anni dopo è entrata Esme nelle nostre vite. L’odio c’è ancora, Bella, sempre più forte e vivo in me. Non mi fa dormire la notte, non mi lascia vivere di giorno. Mi rende un dannato che vive in mezzo a tanti.”

Si inginocchia davanti a me che continuo a singhiozzare. Non sembra ferirlo il mio pianto disperato. È accecato dalla rabbia, perso nei ricordi.

“Non sapevo che aspetto avessi, né chi tu fossi. Quando l’ho scoperto, ho pensato che eri perfetta per la mia vendetta. Sai, credo che vedere la persona che più amiamo soffrire sia cento volte peggio che soffrire noi stessi. È così, Bella?” sussurra accarezzandomi i capelli.

Non so perché, ma ho brividi di terrore.

“È così?!” sbotta facendomi sussultare.

Annuisco velocemente, mordendomi il labbro inferiore per non urlare dal dolore e dalla rabbia.

Mi asciuga le lacrime di una guancia con l’indice. “Sei stata perfetta. Davvero perfetta” riprende piano, ma il suo dito si sposta sui miei capelli per stringerli fino a farmi male con la mano. “Allora perché non mi sento meglio? Perché fa ancora male?” mi domanda con le lacrime agli occhi, la voce rabbiosa ma tremante.

Non so cosa voglia da me. Non so perché lo chiede proprio a me. Però so la risposta. “Perché... Perché la vendetta non è mai un giusto proposito per superare qualcosa. Non è... non è giusta a prescindere dal motivo. Tu non sei un uomo vendicativo, Edward... Non lo sei” sussurro esitante.

Oso guardarlo: i nostri visi sono a pochi centimetri di distanza, entrambi siamo seduti per terra.

“Era mia madre, Bella...” singhiozza finalmente. Anche a me scappa un singhiozzo a vederlo così, e una mia mano parte a stringergli una coscia come conforto. “Nonostante tutto, io l’amavo...” continua sfogandosi del tutto.

Dimenticando mio padre, sua madre, e tutto il resto, mi inginocchio per attirarlo a me e stringerlo con tutto l’amore che provo per lui. Perché è di questo che si tratta, non c’è altra parola per descriverlo.

E quando lo sento stringermi a sé con tutte le sue forze, molto più di quanto non abbia fatto ieri sera, mi fa sentire in paradiso al centro esatto dell’inferno.

Se ieri lo pensavo solamente, adesso lo so: lui ha bisogno di me. Vendetta o meno, faccio parte della sua vita, ormai, e non è facile nemmeno per lui provare qualcosa per me, che sono la figlia dell’uomo che tanto odia.

Non so se quello che ha scoperto Edward sia vero o no. Amo Charlie, ma quando ho sposato Edward ho messo davanti a mio padre un altro uomo che non fosse lui. È mio marito la mia priorità, e lui ha un disperato bisogno di me.

Charlie mi manca disperatamente, esattamente come mi manca mia madre. Mi piacerebbe tanto far loro una telefonata, e forse potrei anche riuscirci. Se prima non l’ho fatto, è perché poi sarebbe stato tutto ancora più difficile. Ma arrivati a questo punto, non ho scelta.

Edward è stato troppo ferito per incontrarli di nascosto, non ci dormirei la notte a sapere che anche io ci ho messo del mio per fargli perdere fiducia nel prossimo. Proprio non ci riuscirei.

“Mi dispiace così tanto, amore, proprio così tanto...” mi lascio sfuggire. Non me ne pento un solo istante: è questo che dovevo dire e l'ho fatto. Lui, piano piano, si sta calmando. “Ma ti prometto una cosa” mormoro fra le lacrime. “Mai, mai, mai io ti lascerò. Non lo farò mai, te lo giuro. Cascasse il mondo, io sarò sempre qui.”

Non dice niente, ma va bene. Non mi aspettavo nulla. Quando sento di poterlo fare, mi allontano solo un attimo per sistemarmi meglio seduta a cavalcioni su di lui. Le lacrime sul suo volto sono ormai asciutte come le mie, sebbene le ciglia siano ancora un po’ bagnate.

Lui è così bello e mi sento la donna più fortunata del mondo ad averlo come marito, rifletto sistemandogli i capelli. Personalità scorbutica e difetti inclusi, penso con un sorriso. Lui fraintende il mio sorriso, ricambiandolo leggermente.

E questo sorriso è la risposta che non pensavo di ottenere.

///

Non avevo molta fame, per cui quando Edward mi ha proposto di sistemarci meglio a letto ho accettato, immaginando che, pur essendo appena le sette di sera, ci saremmo infine addormentati.

Sarei stata una pazza a rifiutare, tanto più che questi ultimi due giorni mi avevano sfinito e per riprendermi dubitavo seriamente che persino ventiquattro ore sarebbero bastate.

Il che, comunque, così è stato: mi ero effettivamente addormentata se non mi fossi svegliata sentendo la voce di mio marito. La sua voce è stanca e parla piano per non svegliarmi, senza sapere che dormivo di un sonno leggero – mi ero appena addormentata – e comunque anche tormentato, per cui mi svegliavo ad ogni minimo rumore.

“Domani è perfetto, sì. Eravamo felici per la cena, ma Bella non si sente bene e preferisco che riposi...”

Non mi è difficile intuire che sta parlando con Carlisle e che adesso attende una sua risposta.

“Ti ringrazio, davvero Carlisle. Io... Io lo so che non te lo dico spesso. Anzi, mai. Però... ti sono davvero grato per quello che hai fatto per me. Per quello che continui a fare” si corregge.

È a disagio, ma ha trovato finalmente il modo per ammettere che ha bisogno anche di Carlisle, che gli vuole bene. È l’unica vera figura paterna che gli è mai stata vicina, dopotutto.

“Lo so. Tu ci sei sempre stato...” continua.

Mi sento quasi in colpa a sentire questa conversazione, ma non ne posso fare a meno. Se anche gli facessi capire che sto per svegliarmi, bloccherebbe in tronco la conversazione e perderebbero entrambi il momento. So per certo che era una cosa che Edward aveva il bisogno di dire tanto quanto Carlisle ne aveva da ascoltare.

“Lo farò. E tu salutami Esme, okay?” prosegue. “Va bene. A domani, allora.”

Quando la chiamata finisce, lo sento sospirare piano, e capisco che Edward sta ancora male, che lo sfogo di poco prima non ha cambiato nulla. Mi chiedo se riuscirà mai a lasciare andare il ricordo di sua madre e la vendetta verso mio padre, perché fin quando non lo farà continuerà a soffrire e a perdersi le cose belle della vita.

Edwards pov

La sua risata la sentivo a metri di distanza. La cosa strana non era saperla rilassata e spensierata, ma che io stessi sorridendo appresso a lei solo perché ero contento di sapere che stava finalmente bene.

“Sembra felice, non ti pare?” mi chiede Carlisle affiancandomi al bancone del bar su cui ero seduto da una decina di minuti.

Ancora con un leggerissimo, quasi invisibile, sorriso sulle labbra, mi volto leggermente verso mia moglie. Sta conversando con Emmett e un altro ragazzo che frequenta l’università insieme a mio fratello. Quest’ultimo sembra fare più battute che conversazione vera e propria, perché mia moglie sta quasi piangendo per le risate.

Ha gli occhi lucidi, o forse sono le luci del salone, e una mano poggiata sullo stomaco come a trattenersi. Sembra brillare di luce propria come una stella, e non ho dubbi che possa aver incantato altri uomini oltre me con la sua semplicità e spensieratezza.

“Anche tu non sei da meno” mi fa notare ancora Carlisle, fissandomi con un sorriso. Aveva organizzato quella cena di compleanno in uno dei ristoranti più rinomati di Ne York per i vent’anni di Emmett.

Abbasso lo sguardo mentre il mio si allarga solo poco meno del suo. “Sto bene, sì.”

“Ah sì?”

Lancio un’altra occhiata a Bella. “Lei... Be’, è difficile da spiegare. Lei sa tutto, adesso.”

Carlisle inarca un sopracciglio. “In che senso?”

Scrollo le spalle bevendo un sorso di liquore dal mio bicchiere. “In ogni senso.”

Carlisle è scioccato e vedo chiaramente che non sa cosa dire. Nemmeno io.

“Oh” risponde infine. “Be’, lo sai cosa penso. La tua felicità prima di tutto. E se una ragazza adorabile quanto tua moglie è capace di questo miracolo... ben venga.”

“Anche se è la figlia dell’uomo che più odiamo al mondo?” gli domando sarcastico.

“Smettila di vederla in questo modo” mi rimprovera severo. “Hai sposato Bella per un motivo, ma non c’è ragione per cui non dobbiate rimanere una famiglia per una causa completamente diversa e del tutto migliore. Se ti rende felice, perché ostacolarti da solo, Edward?”

Scuoto la testa, riflettendo attentamente sulle sue parole. “Forse perché mi sembra tutto surreale” sussurro.

Carlisle non risponde immediatamente a ciò che ho detto. “Edward” mormora infine, con voce calma e pacata. Ma anche amorevole. Con la voce da papà. “Non hai vissuto una vita facile. Non ricordo momento in cui hai sorriso più per te, perché eri davvero felice, che per noi che ti stavamo attorno, per farci contenti. Ma adesso, anche se tu non riesci a notare la differenza, io la vedo. E colei che ha reso possibile questo cambiamento è tua moglie.”

Poso inavvertitamente lo sguardo su di lei. Ha un sorriso solare sul volto, ancora. Sentendosi osservata, sposta gli occhi da Emmett a me, ancora sorridente. Posso sentirla trattenere il respiro, quasi, e vedere i suoi occhi farsi ancora più lucidi prima che l’amico di mio fratello catturi la sua attenzione con un’altra battuta che la fa ridere ancora di più.

“Sì, forse può sembrarti surreale che Bella sia più di tutto la figlia di Charlie, però cosa importa? Anche se è la figlia, Bella non è suo padre. Dovremmo tutti rendercene conto, Edward.”

Non rispondo, perché se aprissi bocca ho paura che potrei dire qualcosa che penso, ma che allo stesso tempo non voglio. Ma Carlisle mi conosce come nessun altro, nemmeno Victoria mi conosce come mi conosce lui.

“Cosa c’è, Ed?” sussurra avvicinandosi.

Gioco con il mio bicchiere senza avere il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. “L’ho sposata per vendicarmi dell’uomo che aveva fatto tanto soffrire mia madre. L’ho promesso sulla sua tomba il giorno del suo funerale. Non ho mai dimenticato le parole che dissi, o i sentimenti che provai. E giuro, li provo ancora. È solo...”

“Solo cosa?” chiede dopo un attimo di esitazione.

Non lo guardo ancora. Non ci riesco. Non voglio vedere la delusione che so già leggerò nel suo viso. “Lui è suo padre” mormoro l’ovvio, sapendo che non c’è bisogno aggiunga altro.

Ha già capito.

“E se tu ti vendicassi, lei soffrirebbe” conclude lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Il capitolo di oggi, forse lo noterete, è più corto rispetto a tutti gli altri capitoli. Spero non vi peserà e che vi piacerà comunque.

Non ho molto da aggiungere, se non che magari è un capitolo di passaggio e potrà annoiarvi. Spero di no, spero vi piacerà ugualmente. Nel prossimo… be’, non posso dirvi nulla senza ottenere di spaventarvi. Ma vi dico che sarà molto più pieno rispetto a questo.

La domanda è: pieno di cosa?

Alla prossima! (entro stasera, al massimo domani, avrete la risposta alle vostre recensioni dello scorso capitolo <3)

 

 

Capitolo 12

 

Le cose nei giorni seguenti vanno sempre meglio. Edward non mi trattava più con la stessa freddezza di sempre, ma teneva in considerazione le mie esigenze. Lavorava spesso, come al solito, ma almeno tornava a casa per cena, e riuscivamo ad avere una vita matrimoniale come qualsiasi altra coppia.

Questo, però, era un discorso che riservavo solo alla sfera sessuale della nostra vita perché sebbene fosse diventata quasi la stessa persona di quella magnifica luna di miele – se si escludevano i primi giorni – era davvero molto difficile per lui lasciarsi andare a gesti d’affetto che non fossero baci e carezze che limitava a quando lasciava che il suo desiderio ci unisse.

Io, però, non osavo mettergli fretta. Non avevo bisogno di chiedere l’aiuto di un medico per capire che Edward aveva bisogno di tempo per metabolizzare il tutto.

Lui era riuscito ad aprirsi con me ammettendo cose che aveva cercato di tenere nascoste nei remoti meandri della sua mente, preferendo un’illusione a ciò che sua madre aveva fatto: preferire l’amore della sua vita ai suoi figli.

Edward aveva portato rancore alla madre per molto tempo quando lei stava male per mio padre, perché la donna aveva preferito soffrire piuttosto che prendere in mano le redini della propria vita e rendere l’infanzia dei suoi figli migliore di come era stata sino ad allora.

Ma lei non lo aveva fatto, e Edward ha provato un sentimento di rabbia che, ingenuamente, col tempo aveva confuso per odio. Ma gli sbagli di sua madre avevano avuto conseguenze su di lui, facendogli vedere le ragazze come un riflesso della madre.

L’ultima goccia era stata l’abbandono di Elizabeth, un abbandono che ha portato Edward al limite. E quando è tornata, non faccio fatica ad immaginare come debba essersi sentito mio marito: da un lato, la rabbia verso quella donna che senza una parola aveva abbandonato marito – un marito che la amava, finalmente – e figli a carico; e poi gioia, in fondo, perché era pur sempre la madre che non vedeva da tempo.

Ma Edward aveva solo diciassette anni, all’epoca, e sentimenti così contrastanti sono difficili da gestire. È per questo che ha preferito dimenticare e andare avanti, accettando la madre e i suoi sbagli.

Perché sì, era umana e sbagliava. Ma soprattutto, era sua madre, e aveva sofferto.

Cosa del tutto diversa era la questione riguardante mio padre: Charlie è stato l’uomo che, insieme a Elizabeth, ha causato tanta sofferenza a Edward. Ma a differenza della madre, mio padre è un completo estraneo per mio marito.

Non ho idea di quello che Edward ha ancora intenzione di fare: ho accettato di mettere da parte i miei genitori per amore suo, per amore di questa mia nuova famiglia, ma non so se potrei mai accettare che mio marito riduca vero sul lastrico mio padre.

Lui, da quel giorno, non ha più fatto parola della vendetta e io non ho di certo aperto il discorso, preferendo invece farlo sentire amato quando eravamo a letto, l’unico momento in cui lui si lasciava andare per davvero.

E questa volta, senza alcuna riserva. Era in quei momenti che lo vedevo come mai lo avevo visto in precedenza, perché i sorrisi semplici e appena percepibili che mostrava prima ora erano diventati risate gioiose e battutine leggere, per stemperare quel desiderio bruciante a volte difficile da trattenere.

Ed era una cosa così… normale, così scontata. Ma non per me. Non, almeno, fino a quel momento. Ed è con un vuoto allo stomaco che mi rendo conto che per raggiungere quel grado di intimità con mio marito ci sono voluti due mesi. Ma soprattutto, che questo è ancora e solo l’inizio.

///

Non è male questa serata. Pensavo sarebbe andata peggio: James aveva organizzato per sua moglie una cena per il suo compleanno, e sapendo quanto Victoria mi odiava non avevo molta voglia di andarci.

Ma Edward era molto legato a sua sorella e non potevo dirglielo.

Ho un leggero déjà-vu perché proprio in questo momento lo sto fissando come la sera di Natale ho fissato mio marito nel loft di Carlisle e Esme osservandolo mentre conversava con i suoi famigliari.

Ma le cose sorprendentemente sono cambiate, e in meglio: al posto dell’espressione seria e contrita che aveva due mesi fa, adesso vi è un sorriso entusiasta mentre scherza con i suoi fratelli, una cosa che non avevo mai visto in passato e che adesso mi riempie di felicità.

Allo stesso tempo, la cosa più dolorosa è questa illusione che sento del tutto inappropriatamente pensando di essere stata io a renderlo così felice. Un’illusione sciocca e infantile.

Qualcuno, però, non la pensa come me.

“Hai fatto un miracolo” osserva Carlisle, affiancandomi sul divano da cui fingo di leggere una rivista.

“A che proposito?”

Non so quanto Carlisle possa essere coinvolto in questa singolare vendetta ai danni di mio padre, ma al contrario di Victoria lui non ha mai portato rancore verso di me. Il che è ammirevole, perché non so come avrei obbiettivamente reagito al posto suo dovendo aver a che fare con la figlia dell’uomo che ha indotto mia moglie a tradirmi.

“Edward” risponde senza esitazione. “Non l’ho mai visto così felice.”

Mi schiarisco la gola, distogliendo lo sguardo dai suoi occhi fissi su di me. “Non sono stata io” obbietto.

“Sì, sei stata tu. E ti devo ringraziare: sembra una persona diversa. Non un diverso Edward, semplicemente qualcuno che ha finalmente qualcosa per cui vivere.”

Non ho idea del perché la sua ultima frase mi fa trattenere il respiro mentre sento i miei occhi riempirsi di lacrime. È una frase così semplice, persino costruita.

Non ho tuttavia la forza di parlare, preferisco fissarlo. Lui sa cosa ha subito Edward, e lo so anche io. Le mie lacrime parlano per tutt’e due.

Carlisle non sembra scioccato dalla vista dei miei occhi lucidi, né mi sembra provi del senso di colpa per essere stato lui a ridurmi così. La sua mano mi accarezza brevemente una guancia, una carezza paterna che mi riscalda il cuore.

“L’hai riportato in vita Bella, è così. E non lo dico perché hai fatto un miracolo, ma perché sei stata l’unica che ci sia mai riuscita. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Tu, o qualcun’altra, avreste finalmente spezzato quella coltre ghiacciata che rivestiva il suo cuore. E so che non è stato facile, né semplice. So anche che è un viaggio lungo e tortuoso per cui occorrerà del tempo. Ma so anche che se non ci siamo riusciti noi, che siamo la sua famiglia, in tutto questo tempo… So che se non ci riesci tu, è la fine. Perché nonostante lui non voglia ammetterlo, sta cominciando a tenere a te, credimi. E per com’è fatto lui, è già il suo limite. Anche se forse tu non lo ami, allo stesso tempo sei l’unica che può aiutarlo.”

Il suo limite. Un limite che io, forse, ho raggiunto?, mi chiedo lanciandogli un’occhiata. Lui mi sta guardando con un’espressione confusa sul volto. Vorrei tanto capire perché, ma c’è una cosa che prima devo chiarire.

“Io lo amo. Io lo amo con tutto il cuore.”

Ma Carlisle mi da un leggero sbuffo sul mento, come se già si aspettasse una conferma del genere. “Ancora meglio.”

“Cosa è ancora meglio?” domanda Victoria intromettendosi nella conversazione e sedendosi sul posto vuoto accanto al mio, sorprendendomi.

Forse oggi è la giornata delle sorprese?

“Edward e Bella hanno intenzione di dormire qui, questa sera. Quindi perché non vai a preparare la camera per gli ospiti?” pronuncia Carlisle.

“Davvero?” domanda Edward avvicinandosi a noi e inarcando un sopracciglio nella mia direzione.

In effetti, ne so quanto lui. Tuttavia assecondo Carlisle. “Tua sorella compie…”

“Ventisei anni, sì. Si compiono ventisei anni solo una volta nella vita” conclude al posto mio Victoria con voce sbrigativa, alzandosi e battendo le mani. “Vado a preparare il letto, okay? Ora parlate di quant’è buona la torta che dovete mangiare!” esclama quasi istericamente, lasciandoci di sasso.

O meglio, lasciando me di sasso. Edward non fa una piega mentre si siede al posto della sorella e suo padre scoppia a ridere.

“Compie davvero ventisei anni?” oso stupidamente chiedere.

“No!” esclama Carlisle, ridendo ancora di più. “Ne compie trenta.”

“Ma ne dimostra quaranta” interviene Emmett, sedendosi sul tavolino di fronte a noi.

Sento il braccio di Edward sfiorare le mie spalle, avendolo posato sullo schienale del divano, e non mi ero nemmeno accorta che il mio braccio è poggiato alla sua gamba.

Mentre Carlisle e Emmett continuano a parlare allegramente tra di loro, oso lanciare un’occhiata a Edward. Ha di nuovo lo sguardo perso nel vuoto, come quella sera in cui la verità venne finalmente a galla.

Sento il mio cuore spezzarsi di fronte la prova reale che io e Carlisle avevamo ragione: la strada è lunga, e siamo ancora all’inizio.

Ma se, come dice Carlisle – e come io, non lo nego, spero –, sono anche colei che può aiutarlo a venirne fuori, non voglio perdere tempo. Per cui la mano posata sul suo ginocchio si stringe di poco attorno ad esso, e Edward posa i suoi occhi su di me.

“Credi che Esme mi darebbe una fetta di quella torta di cui parlava Victoria? Perché sto morendo di fame!”

La tristezza sul suo volto sembra sparire, rimpiazzata da un’espressione tranquilla. Ha momentaneamente messo da parte i ricordi. “Sono più che sicuro sarebbe disposta a fartela mangiare tutta. Lei è così” risponde alzandosi e prendendomi per mano, per condurmi da sua madre e vedere se ha effettivamente ragione.

Anche se vorrei, non posso dirgli frasi come ‘Io ci sono. Ti aiuto io. Ne verremo fuori’, perché ormai lo conosco bene e so che si chiuderebbe a riccio e ricominceremmo dall’inizio.

Con lui, devo fare piccoli passi, perché non deve rendersi conto che sto provando a dargli un motivo per capire che la vita è bella e che proprio per questo deve dimenticare il passato se vuole vivere il presente e creare le basi per potersi godere il futuro.

L’uomo inevitabilmente rovina ciò che può renderlo felice, perché non è in grado di capirlo da sé.

Edward, purtroppo, non fa eccezione.

///

Era sempre meraviglioso fare l’amore con lui. Non è mai stato, in passato, un amante egoista o altro, ma cercava sempre di rendermi partecipe del suo piacere.

Ma da quel giorno di metà gennaio, da quel giorno in cui tutto ha avuto finalmente una svolta, le cose si sono anche intensificate.

I suoi baci, le sue carezze, le sue strette. È in questi momenti che non parla, perché non c’è alcun bisogno delle parole quando sono i suoi gesti che parlano abbastanza per lui.

Anche adesso è così. E anche adesso, come nelle ultime notti di queste settimane, continua a farmi sentire, almeno per quei minuti, amata.

Si prende così cura di me, che non importa quanto tempo io possa impiegare a raggiungere il piacere: è come se lui comunque apprezzasse tutto ciò che mi fa.

E io ricambio facendogli capire quanto io apprezzi ciò che mi fa: la mia mano sui suoi capelli si stringe così tanto che quasi mi faccio male da me, e la mia schiena si inarca violentemente sotto l’impeto della lingua di mio marito tra le pieghe della mia intimità.

Ho perso il conto di quanto tempo può stare passando con la sua testa fra le mie gambe, ma gli affondi e i movimenti della sua lingua hanno comunque e sempre lo stesso ritmo, come se ancora non fosse stanco di baciarmi così intimamente.

I miei gemiti vanno via via aumentando quasi fino a diventare dei gridolini che cerco di soffocare per paura che Victoria e suoi marito – o peggio, i suoi figli – nelle altre stanze ci sentano. Be’, non credo però di stare gemendo così tanto…

Mollo la presa sui capelli di Edward e con tutt’e due le mani afferro la testiera del letto, incrociando dietro la testa di mio marito le mie gambe, come rimpiazzo alla precedente stretta della mia mano.

A quel movimento, quelli compiuti da Edward sembrano approfondirsi maggiormente e finalmente riesco a sentire che ci sono vicina, così vicina che Edward è costretto ad interrompersi di botto quando, effettivamente, lancio un gridolino più acuto dei precedenti.

Il suo corpo si intrufola agilmente fra le mie gambe spalancate e il suo membro tocca la mia intimità senza alcun riguardo, costringendomi ad emettere un altro suono sulle labbra di Edward, il quale aveva cominciato a baciarmi.

Un secondo dopo si allontana, mormorando qualcosa mentre il suo pene sostituisce i movimenti della sua lingua. “Piano, Bella… Piano.”

La sua bocca si posa sulla mia gola, lasciando un bacio umido e caldo su di essa, per scendere fin sul petto, su uno dei seni, e baciarlo appassionatamente. E poi di nuovo giù, in un percorso che ho imparato a conoscere così bene, che finisce proprio dove non vedo l’ora finisca.

Mentre la sua testa riprende la posizione iniziale, le mani di Edward si posano sui miei seni e iniziano a toccare rudemente, facendomi sentire attraverso quelle carezze quanto amasse quella parte di me che mi è sempre piaciuta meno.

Il calore allo stomaco si fa sempre più forte, il tremore che scuote il mio corpo sempre più veloce, la lingua di mio marito così calda e bagnata che si muove quasi senza darmi tregua. Il mio bacino quasi non tocca più il letto, e la mia schiena si inarca sempre di più fino a quando, finalmente, non sento l’apoteosi del piacere invadermi e scuotermi da capo a piedi, e i gemiti rumorosi trasformarsi in semplici ansimi spezzati.

Edward continua a cullarmi con le sue carezze fin quando non mi sento di nuovo padrona di me, con l’intero corpo finalmente disteso rilassato sulle lenzuola e il battito del mio cuore accelerato unico testimone di quel piacere intenso appena provato.

In seguito, Edward ripercorre lo stesso percorso di poco prima in senso contrario, partendo dal mio stomaco fin sui seni, sulla gola, e poi sulle mie labbra, sulle quali riesco a sentire il mio sapore.

Con un movimento delle mani, Edward si posiziona per entrare in me, un gesto davvero facile viste le condizioni in cui mi trovo. Quando lo sento in me, è come se mi sentissi finalmente completa.

Duro e pulsante, non perde tempo a muoversi in me, pensando adesso solo al suo piacere. Non mi da fastidio, al contrario: apro più che posso le gambe assecondandolo, cercando di regalargli quanto più piacere possibile.

Io non ne ho bisogno, non più. Non se vederlo ridotto in quello staso a causa mia è più di quanto possa volere dal piacere fisico stesso.

Le sue mani sono ai lati della mia testa e sento la stoffa delle lenzuola stringersi sotto il peso delle sue dita che si stringono ad esse, mentre continua a farmi sua con affondi veloci e potenti.

Le mie mani partono al suo viso e catturo le sue labbra con le mie, baciandolo con quanta più passione mi riesce. Sento Edward gemere sulle mie labbra, gemiti che si ripetono sempre di più, spinte che si intensificano, e baci che si moltiplicano in uno scontro frenetico di lingue.

Sta venendo, intuisco quando le sue spinte non mi lasciano quasi più fiato. Edward è costretto a separare le sue labbra dalle mie per prendere quanto più fiato possibile, aggrappandosi con una mano alla tastiera del letto, e gemendo rumorosamente, gemiti che adesso non sono più coperti dalla mia bocca come poco prima.

Tuttavia continuo a baciarlo, sul mento, sulla gola, di nuovo sul mento. Parecchio vicino alla sua bocca, quando posso. E lo stringo sempre più forte a me, senza lasciarlo, il suo corpo che ormai striscia sul mio incrementando le spinte.

Quando inarco il bacino per venire incontro a una sua spinta, riesco a sentire sotto il peso di quelle spinte di nuovo il piacere, questa volta molto più veloce grazie alla sensibilità che ancora provano le mie membra.

Quasi come di volontà propria, le mie mani si muovono verso la schiena di Edward, soffermandosi sulle sue natiche e stringendo forte, per assecondare le sue spinte, e raggiungere un secondo sorprendente orgasmo per la prima volta insieme a lui.

È una sensazione del tutto nuova e ancora più intensa, perché è come se i nostri tremiti si unissero e l’uno scomparisse più a fondo in quello dell’altro, mentre entrambi ci lasciamo andare col medesimo trasporto e senso di appagamento.

Avevamo avuto sempre un’intesa fisica perfetta, ma questa sera è stata qualcosa ancora più che perfetta. Indescrivibile. E non so se prenderla come un segno.

Edward rimane disteso su di me per qualche istante prima di voltarsi e stendersi con la schiena sul letto, sfinito probabilmente molto più di me.

Provo sempre dell'imbarazzo, quando tutto finisce. La cosa bella, però, è che Edward ormai non si allontana più: si addormenta vicino a me, senza sentire il bisogno di alzarsi e andare in qualunque altra stanza. Un altro piccolo passo avanti.

///

Sorridevo senza quasi accorgermene, troppo presa a godere della stretta di mio marito che sembrava così fiero di mostrarmi a tutti i suoi soci e colleghi, o gente benestante come lui.

Era l’ennesima cena a cui presenziavamo, ma non ero annoiata. Edward mi aveva sin da subito avvertito che, essendo un uomo molto famoso come imprenditore, avrebbe spesso dovuto cenare con gente illustre.

La cosa non mi pesava, mi divertiva. Mi faceva sentire bene, perché la maggior parte di queste cene trattava di beneficenza, e io ero orgogliosa di essere la moglie di uno dei tanti uomini che collaboravano.

Sto sorridendo ascoltando le parole di un giovane socio di Edward quando sento le sue dita stringersi attorno al mio fianco in modo rude, così diverso dal suo solito.

Alzo lo sguardo su di lui, perché mi sta facendo davvero male, e quasi impietrisco quando noto che il sorriso compiaciuto di poco prima è scomparso per lasciare il posto ad un’espressione a metà fra la rabbia e la sorpresa. È sconvolto, ma non lo da a vedere.

Fissa un punto alle mie spalle e mi volto verso quel punto, non potendo immaginare chi possa averlo ridotto in questo stato. Trattengo il respiro quando scorgo la figura di mio fratello avanzare verso di noi con uno strano sorrisino.

“Buonasera, signori” esordisce allegramente, interrompendo in modo sgarbato il collega, il quale lo fissa con stupore.

“Garrett, posso chiederti cortesemente di continuare più tardi la conversazione?” Edward pone la domanda all’uomo in questione, ma i suoi occhi non lasciano un istante mio fratello.

La tensione è palpabile, e Garrett non osa nemmeno offendersi, preferendo invece allontanarsi come implicitamente ordinato da Edward.

“Che diavolo ci fai qui?” ringhia quasi questo, compiendo un passo avanti e separandosi dal mio corpo.

È furibondo, e temendo possa essere capace di scatenare una rissa davanti a tutti causando uno scandalo, faccio un passo avanti raggiungendolo e posando le mie mani sulla sua schiena.

“Edward, fermo” lo incito con voce tremante per la preoccupazione.

Lancio un’occhiata a Jasper ma lui non sembra nemmeno notarmi. Il divertimento è sparito e ora i due stanno lanciandosi occhiate di fuoco.

“È meglio se te ne vai” continua Edward, senza dar segno d’avermi sentito. Ma l’ha fatto, perché ha arrestato i suoi passi poco prima di raggiungere mio fratello.

“Perché? Sembravi morire dalla voglia di tirarmi un pugno. È incredibile che mia sorella abbia una così tale influenza su di te da indurti a cambiare idea!” esclama Jasper maligno.

Gli lancio un’occhiata sconvolta. Ma cosa diavolo cerca di fare? È forse impazzito?

“Jasper, smettila!” gli ordino con rabbia.

“Lei non verrà con te” esordisce Edward improvvisamente, quasi cambiando il filo del discorso.

Cosa c’entro io? Perché crede che sia questo ciò che è venuto a fare mio fratello?

“È mia sorella” sibila Jasper.

“È mia moglie!” esclama con molta più forza Edward, compiendo un altro passo avanti.

Lo fermo di nuovo, questa volta prendendogli una mano e posando l’altra sul suo petto. Riesco a sentire i battiti accelerati del suo cuore. Era così tranquillo e sereno, poco fa...

“Edward, ti prego” sussurro nella sua direzione.

Non mi fissa, ma capisco che le mie parole hanno comunque fatto effetto quando lo sento tremare per lo sforzo di trattenersi.

“Allora è...”

“Piantala, Jasper. Smettila!” lo interrompo prima di un’altra provocazione.

“Voglio parlare con te. Da solo” sentenzia, fissandomi per la prima volta.

“Non se ne parla” risponde subito Edward.

Sento la mano stretta alla mia stringere la presa.

“Perché?” lo sfida mio fratello, sorridendo. “Hai paura che Bella possa ammettere la verità con me? Hai paura che non ritorni più con te, visto che andrà via con me?”

Edward non risponde alla provocazione. Sento la presa allentarsi leggermente, poi sempre di più, e vedo un’espressione stanca sul volto prima arrabbiato.

No. Oh, no. Jasper ha colpito nel segno, senza sapere che mio fratello stesso ha frainteso tutto.

“Hai paura...”

Lo interrompo ancora. “Non ha paura di niente, Jasper. Non ho alcuna intenzione di tornare con te. A dire il vero non so nemmeno perché tu abbia potuto pensare volessi tornare con te. È questo il mio posto” comunico freddamente, con decisione e senza smetterlo di fissarlo.

Sorprendentemente, per quanto lo amo e mi manchi, so che ciò che ho appena detto è la pura verità. Niente rimane per sempre, avrei dovuto separarmi dai miei genitori, da mio fratello, dalla mia famiglia, per crearmene una nuova. L’ho fatto con Edward. Non posso abbandonare mio marito.

“Sei impazzita?” sbotta lui, capendo quanto dico il vero. “Mamma e papà...”

“Sopravvivranno. Anche tu te ne sei andato per farti una tua vita. Questa è la mia, adesso.”

“Non è la stessa cosa!” obbietta ostinatamente. “Io non mi sono sposato, e se anche lo fossi stato, non avrebbero odiato mia moglie.”

Mi irrigidisco a quelle parole.

“Perché loro odiano Edward, invece, vero?” domando con voce dura. Vorrei dirgli tante cose, ma sento solo la rabbia e la delusione mescolati in me. “È mio marito, Jasper” sibilo. “E le cose non cambieranno, specialmente visto che si permettono di inviare te al posto loro!”

“Ho detto loro io di non venire, perché papà era abbastanza agitato quando sono tornato e mamma stava quasi per sentirsi male. Io non ho idea del perché, nemmeno conosco tuo marito e a questo punto nemmeno mi interessa. Ma sappi che ti stai comportando da egoista.”

Una volta le sue parole mi avrebbero ferita, perché corrispondono in parte al vero. Ho rinunciato a loro per Edward. Ma lui non sa cosa so io da settimane a questa parte, e non ho alcuna intenzione di dirgli la verità solo perché dubita di me.

Avrebbe dovuto capire cosa mi ha portato a una decisione tanto drastica, che c’è un motivo per cui oso comportarmi così, e invece non l’ha fatto. Non mi importa. Voglio solo che Edward si fidi di me, per questo non ne faccio il minimo accenno.

Edward, però, non è soddisfatto: “Adesso basta” sibila minaccioso, compiendo un passo avanti. Non lo fermo: il suo tono è semplicemente d’avvertimento.

Capendo che non andrò con lui, Jasper scuote la testa e lancia un’occhiata carica d’odio a Edward. Infine, senza aggiungere altro, se ne va lasciandoci finalmente soli.

“Non sapevo sarebbe venuto” mi affretto a chiarire, temendo possa pensarlo.

Edward si volta verso di me un istante dopo, il viso stanco. “Lo so, Bella” sussurra. “Non l’ho mai pensato” aggiunge, accarezzandomi i capelli.

Gli sfioro il ventre piatto con le mani, stringendomi a lui. È diverso, lo vedo. Non è più l’Edward di poco fa, tranquillo e sereno, ma è ritornato l’Edward vittima degli incubi del passato.

“Mi dispiace tanto” continuo, riferendomi a tutto.

È colpa della mia famiglia se sta sempre male. È come se fosse colpa mia…

“Non scusarti. Non è colpa tua” risponde semplicemente, accarezzandomi anche con l’altra mano. “Nessuno poteva sapere che sarebbe venuto” aggiunge ancora, come a tranquillizzarmi.

Non mi convince per niente, ma sorride. Un sorriso stanco. Pur a malincuore, ricambio anche stavolta, senza sapere se questo può essere un altro passo avanti: sapere che non ha dubitato di me quando in passato l’avrebbe fatto.

Edward’s pov

Bella dormiva teneramente abbracciata al mio cuscino. Io mi stavo vestendo per affrontare un’altra giornata di lavoro, l’ennesima di due mesi e mezzo che mi pesava come un macigno.

Ma ero io a caricarmi così tanto, perché se qualche mese prima volevo semplicemente sfuggire alla presenza costante di mia moglie, da quando mi ero aperto con lei in un momento di assoluto sconforto, perso nei ricordi, le cose erano cambiate.

All’inizio non volevo certamente ammetterlo, ma alla fine mi ero reso conto che così facendo mi comportavo da stupido: sfuggivo alla sua presenza perché starle vicino mi rendeva tranquillo e sereno come mai mi era capitato. Quasi mi rendeva felice. E lo so che era un controsenso, perché tutti desideriamo la felicità, ma io non posso certo permettermi che sia lei a rendermi felice.

Per lo meno, è questo che pensa la mia mente. Ogni giorno che passa, diventa sempre più difficile starle lontano, ed è per questo che intensifico sempre di più le ore di lavoro, come a punirmi per questo desiderio che non dovrei provare.

Anche questo è un controsenso, perché voglio starle lontano eppure non voglio quasi più vendicarmi sul padre, perché se lo facessi non ho dubbi che Bella se ne andrebbe, e io non la rivedrei mai più.

La verità è che ero sempre stato un uomo impulsivo che agiva secondo le sue regole, i suoi momenti. E Bella? Lei scombussolava il mio mondo.

Anche ora, mentre indosso la camicia osservandola dormire beatamente, quasi vorrei mandare al diavolo tutti e tutti e infilarmi nel letto insieme a lei. Ma non posso. Per cui metto da parte quello stupido desiderio e cerco di convincermi che l’unica cosa da desiderare è il mio lavoro.

Quando però effettivamente sono nel mio ufficio, non riesco non solo a pensare a lei, ma neanche a combinare qualcosa di buono. Mi sento confuso, frastornato, con la testa altrove: nel mio letto con mia moglie nuda, coperta solo da quel misero lenzuolo che stamattina ho tanto odiato.

“Signor Cullen?” annuncia Angela all’interfono, la mia segretaria.

“Dimmi” la sprono.

“C’è un signore che desidera vederla. È urgente, dice.”

Sospiro, pensando che forse un incontro di lavoro – sebbene non organizzato – possa aiutarmi a concentrarmi sul mio ambito lavorativo e non su mia moglie. “Va bene. Fallo entrare.”

Quando però l’uomo entra, la prima cosa che faccio è maledirmi per avergli dato il mio benestare a farlo. Subito dopo maledico lui, il fratello di Bella che non vuole capire lei appartiene solo a me.

“Cosa diavolo vuoi?” sbotto gelido, alzandomi in piedi.

“Non voglio litigare” annuncia come prima cosa, e allarga le mani come segno di resa. “L’altra sera… non ero in me. Ero solo molto arrabbiato.”

Mi dico che lui, come Bella e sua madre, non ha nulla a che fare con gli errori del padre. Me lo ripeto tre volte, prima di rinunciarvi: è come se provassi odio per Charlie e repulsione per la sua famiglia. Un tempo era così anche con Bella, è stata la mia rovina l’essermi avvicinato così tanto a lei.

Tuttavia, mi accorgo di essere più disposto ad ascoltarlo – prima di buttarlo fuori – meglio di quanto lo ero l’altra sera.

 “Io amo mia sorella. La amo molto più di quanto possa anche solo minimamente importarti di lei. E lo so, a te non importa nulla di lei.”

Mi irrigidisco senza nemmeno sapere perché. Non mi importa se pensa questo.

“Ma a me sì, e so che sta soffrendo per non essere vicina ai suoi genitori.”

“Genitori che non si sono degnati di fare una telefonata” rinfaccio io.

“Tu hai mentito durante la luna di miele! O hai dimenticato quel tuo stupido giochetto? E poi toccava a Bella: nessuno l’ha costretta a sposarsi con te, doveva essere lei a chiamare perché mio padre sapeva che non le avresti permesso di risponderci. Doveva chiamare almeno per farci sapere che andava bene. Se andava tutto bene” mormora eloquente.

“Mia moglie sta bene” annuncio ricalcando sul ‘mia moglie’. “Su questo non dovete preoccuparvi. E sì, hai ragione. Non voglio che tuo padre abbia niente a che fare con Bella ora che appartiene a me” affermo con decisione.

“Mia sorella non ti appartiene! Lei non è un oggetto che puoi mostrare a quei quattro gatti che ti ritrovi come amici! Smettila di vederla in questo modo.”

“So che Bella non è un oggetto, ma rimane comunque mia moglie, ed è mia” continuo testardo.

“Quindi ci tieni a lei?” chiede come a sfidarmi.

“Non vedo per quale motivo debba risponderti” replico duramente.

Jasper sospira, passandosi le mani fra i capelli. “Senti: tu non piaci a me e io non piaccio a te. Ma abbiamo una cosa in comune, Bella. E se a te frega meno di zero, lei è tutta la mia vita per me, e non voglio che soffra. Anche tu hai una sorella, no? Ti farebbe male vederla soffrire.”

“Ti do dieci secondi prima che ti butti fuori, la mia pazienza ha un limite e tu l’hai superato già bellamente.”

“Ascoltami!” ribatte esasperato. Non sembra decisamente il Jasper dell’altra sera. Forse aveva bevuto, mentre ora è sobrio. “Falla parlare con i miei. Almeno per un minuto…”

“Va bene, fuori” gli ordino andando verso la porta del mio ufficio.

“Vuoi bene a Bella?” urla quasi, insistendo. “Non devi rispondere a me, devi rispondere a te stesso! I miei genitori la amano, la amano davvero, e Bella ricambia con tutto il cuore. Tu non vuoi avere niente a che fare con loro, ma che ti costa farli incontrare in luoghi che tu non frequenti? Non è un gran sacrificio!”

Jasper ha ragione, da un lato. Non sa che il solo pensiero mi da’ ribrezzo.

“Pensaci, okay? Per favore. Non ti dico di farlo se ti importa di mia sorella, te lo chiedo se hai un cuore.”

Sono le ultime parole che mi dice, prima di imboccare lui stesso l’uscita e lasciarmi da solo con i miei pensieri. Non ho alcuna intenzione di far incontrare Bella con i suoi, e la cosa non cambierà. Non mi importa se Charlie soffrirà, meglio.

Bella purtroppo ci andrà di mezzo, ma non posso farci nulla. Imparerà a convivere come ho imparato io a sapere mio padre vivo senza però alcuna possibilità di vederlo.

Diventa facile, passati i primi anni. Poi, inevitabilmente ti rassegni. Lo farà anche Bella.

Ma allora perché mi sento in colpa verso di lei?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Wow, un miracolo. Sono riuscita ad aggiornare dopo 3 giorni solo la prima volta, per il primo capitolo dopo l’introduzione. E questo perché avevo il primo capitolo già pronto! Ma durante questa settimana ho avuto del tempo libero perché non sono andata a scuola, per cui perché non approfittarne?

Ho tante cose da scrivere, ma non posso ora perché vi spoilerei metà capitolo. Ci vediamo a fine capitolo :)

 

 

Capitolo 13

 

Nelle settimane a seguire, fui fermamente convinta d’aver raggiunto il limite. Durante tutti quei giorni passati assieme ho cercato con ogni mezzo di mostrarmi il più amorevole e disponibile possibile, giuro.

Edward, però, pur comportandosi con gentilezza con me, non faceva né mostrava altro. Era appunto questo il problema: era gentile come un estraneo può esserlo con un’altra persona che non conosce.

Sapevo che aveva bisogno di tempo, e per carità: questo e altro per aiutarlo a rendersi conto di dover superare un problema che fino a poco tempo prima non voleva nemmeno ammettere – l’abbandono consensuale della madre – ma non ero un robot, ero fatta di carne e soprattutto di sentimenti, e quella freddezza gentile mi feriva.

Ero un’estranea per lui e non mancava di farmelo notare a piccoli gesti, come i sorrisi cordiali che mi rivolgeva e le poche attenzioni che mi riservava.

Nei mesi precedenti mi ero detta sino allo svenimento che tutti i sgraditi comportamenti di mio marito verso di me, durante gli inizi del nostro matrimonio, erano dettati dalla rabbia, dal desiderio di vendetta. Mi dicevo che era umano e che sbagliava, che in preda alla rabbia agiamo in modi che, se consapevoli, non prenderemmo mai in considerazione.

Per cui ero riuscita ad ignorare tutte quelle volte che mi aveva trattato male, riversando su di me l’odio che provava per mio padre. Ma ho ignorato, non cancellato. Non credo di poter mai cancellare le volte in cui mi fissava con disprezzo, con disgusto.

E adesso, benché le cose fossero un po’ migliorate, cercavo un qualsiasi pretesto per convincermi che quei piccoli passi che dovevo e volevo fare non fossero tempo sprecato. Mi serviva quella spinta che Edward doveva darmi, ma che non mi dava.

Sembrava pretendere che gli fosse tutto dato, mai guadagnato. E per quanto mi dispiaceva, non ero disposta a questo. Ha sofferto, mi dispiace enormemente, ma ciò non significa che può far soffrire anche me. Io, che fra l’altro cerco solo di aiutarlo.

Carlisle ha detto che forse ero l’unica che poteva aiutarlo ad uscire dal baratro di vendetta e risentimento in cui ha vissuto per tutti questi anni. Io ero convinta che si sbagliava. Forse ho per la prima volta ragione…

///

Sono arrabbiata. Sono molto arrabbiata. Con Edward, ovviamente. Nulla di nuovo.

Nelle ultime settimane mi era capitato spesso. Più che arrabbiata, ero innervosita con lui per ciò che doveva fare ma non faceva, e ad ogni minima sua frase che mi rivolgeva spontaneamente – poche, e questo non faceva che irritarmi ancora di più – cercavo di dirmi che dovevo essere gentile nel rispondergli.

Lui è seduto sul letto con il portatile sulle ginocchia, in pigiama. Io sono seduta sulla poltrona, ad occupare la scrivania. Sarebbe stato un bel momento di pace condivisa da una coppia di sposi se non sentissi quest’aria tagliente intorno a me.

Sono le dieci di sera e lui è da un po’ che preferisce terminare il lavoro qui in camera con me che da solo nel suo studio. È capitato per sbaglio inizialmente, perché una sera lui era al lavoro e io avevo bisogno del suo laptop, così l’ho preso in prestito. E da quella sera in cui lui ha dovuto finire lì, ho fatto in modo tale da far ricapitare la stessa situazione.

E da qualche giorno è ormai lui che ha preso l’iniziativa. Questo è uno di quei gesti che mi fanno pensare di star facendo dei piccoli passi, ma con Edward uno ne compi avanti e due ne fai indietro.

La lettura di un libro viene interrotta dalla sua voce, sussurrata quasi come faticasse a fare quella domanda.

“Ti mancano?”

Giuro che inizialmente non capisco a chi si riferisce. “Chi?” Poso gli occhi su di lui, chiudendo il libro e aspettando che prosegua.

“I tuoi genitori” risponde dopo un attimo di silenzio.

Ammetto di non sapere cosa rispondergli. Se mi mancano? Ovvio che sì. Amo loro come loro amano me e, fosse stata una mia scelta, non avrei mai rinunciato loro. Sono molto legata ai miei genitori.

“Credo che una chiamata non farebbe male a nessuno” aggiunge infine, facendomi trattenere il respiro.

Solo fino a un mese fa non potevo nemmeno pronunciare riferimenti ai miei genitori nemmeno per sbaglio, e ora Edward mi propone di chiamarli? Perché diavolo deve confondermi così tanto? Mi farà diventare matta.

Lui non mi ha mai fissato fin’ora, continua a digitare qualcosa dalla tastiera, ma percependo il mio silenzio per la sorpresa, e forse anche irritatosi, chiudo di scatto il suo portatile e scrolla le spalle, alzandosi dal letto.

“Non mi interessa, basta solo che non proponi loro di venire qui” prosegue con voce tranquilla, uscendo dalla camera da letto.

Non so se le sue parole mi fanno più piacere o male. Non so per quale miracolo, ma mi ha finalmente dato il permesso per incontrare i miei genitori, e questo ovviamente non può che farmi piacere! Ma ugualmente quel ‘non mi interessa’ mi fa capire quanto non gli interessi di me. È questo fa male, fa tanto male.

///

Credo non ci sia sentimento peggiore del sentirsi soli.

Se sei felice perché magari ottieni qualcosa che desideravi con tutta l’anima, non credo sia una reale felicità se non la condividi con un familiare o un’amica speciale.

E se sei davvero sola, allora è come se tutto fosse perduto. È peggio che sentire dolore.

I miei sono ancora a Forks, Dopo l’arrivo a New York di qualche mese fa, per cui ho potuto fare una telefonata. Una pessima telefonata, dove dopo i primi minuti di lacrime di gioia e di frasi amorevoli che ricambiavo appieno, è svanito tutto non appena mio padre ha cominciato a parlare male di Edward.

Non volevo sentire nulla, perché sentivo di essere abbastanza fragile da cominciare a credere alle sue parole, e gli ho chiesto di smetterla. Papà ha intensificato le parole, io ho dovuto chiudere sbrigativamente la chiamata, fra lacrime di dolore.

Al mondo avevo solo i miei genitori, mio fratello. Poche settimane fa pensavo d’avere anche mio marito. E adesso non ho nessuno su cui poter contare…

///

Spesso nei film quando sta per succedere qualcosa di grave la protagonista riesce ad avvertirlo. Suppongo che, se avessi avuto anche io quel famoso sesto senso, avrei dovuto percepire anche io che qualcosa stava per accadere.

È questo che penso quando rispondo alla chiamata anonima sul mio telefonino e una voce sconosciuta mi arriva alle orecchie.

“La signora Cullen?”

“Sì?”

“Volevo solo consigliarle di entrare su internet e cercare il nome di suo marito su Youtube. Buona serata.”

La chiamata viene interrotta prima che io possa chiedere spiegazioni o fare domande sul perché dovrei fare una cosa simile. Però lo sento ora, il sesto senso che mi dice di fare come mi è stato suggerito, e a voler essere onesta non voglio perdere tempo.

Sento… qualcosa, proprio alla bocca dello stomaco, e mi sento agitata, e vorrei solo correre e affrettare i miei gesti.

Prendo il laptop di mio marito ed entro su internet. La pagina sembra caricarsi con molta più lentezza del solito ma, quando finalmente compare la home del sito, riesco a digitare Edward Cullen solo dopo due tentativi falliti.

Nelle anteprime dei vari video c’è Edward spesso solo, o magari accanto a un uomo, mentre sta parlando con qualcuno o presentando qualcosa. Sono normali eventi a cui partecipa, non vedo nulla per cui dovevo scomodarmi.

È tuttavia l’ultimo video caricato ad attirare la mia attenzione, il suo titolo ad essere più precisi: ‘Edward Cullen a cena con una nuova fiamma’.

Il mio cuore batte sempre più veloce quando noto che effettivamente nell’anteprima scura perché la registrazione è avvenuta durante la notte, vi sono due figure vicine. Molto vicine fra loro. Quando clicco per vedere il video, penso seriamente di poter morire per l’ansia.

Il video dura pochissimo, circa tre minuti e mezzo, ma bastano e avanzano per sentirmi male. All’inizio ci sono solo varie foto, dove Edward cena in un ristorante con la brunetta tutta curve – come descritto nel box informazioni – e si sorridono e si vede che sono entrambi a loro agio.

Per lui non è un’estranea, è un’amica, una confidente. Con disgusto mi chiedo se sia pure la sua amante.

Il restante video mostrava l’uscita dei due: non vi erano paparazzi e la persona che aveva registrato il tutto era ben nascosta, si capiva da com’era fatto il pezzo. Edward e la ragazza camminavano l’uno affianco all'altro, sorridenti e tranquilli come quando cenavano. Infine, entravano dentro la sua auto.

Il video mostrava la data di ieri e non avevo dubbi che la persona che l’avesse registrato non avesse perso tempo a caricarlo.

Edward era uscito con un’altra donna ieri e non m’aveva detto nulla. Effettivamente, nel video non c’erano gesti affettuosi come carezze, mani che si sfioravano, o altro. Ma era il modo in cui trattava lei che mi faceva impazzire di gelosia. Non aveva mai trattato me così.

E soprattutto, mi aveva mentito.

Io aspettavo qualcosa che mi facesse capire cosa fare, un suo gesto che mi facesse capire se valeva la pena di combattere o meno. Me l’aveva dato, quel gesto. Peccato che era ben diverso da come me lo aspettassi...

Edward’s pov

Quando torno a casa c’è uno strano silenzio. Be’, c’è sempre stato silenzio, ma questa volta sembra tutto diverso: le luci del salotto sono spente quando sono invece sempre accese, anche se mia moglie non è in quella stanza.

Solitamente, se non è lì, è in camera sua.

Ma quando vado a cercarla in camera da letto, lei non c’è. Le ante dell’armadio sono stranamente aperte e quando mi avvicino per chiuderle mi rendo conto che sono inspiegabilmente vuote. Ammetto di essere un tantino confuso...

Perché mia moglie ha mandato tutto il suo guardaroba in lavanderia?

C’è però un’altra cosa che noto, un biglietto ripiegato dentro l’armadio. Mi sembra strano trovare l’armadio vuoto e un solo biglietto dentro, per cui preso dalla curiosità lo prendo e lo leggo.

È con del senso di colpa che mi rendo conto che la scrittura che mi si presenta non la riconosco, benché intuisca a chi appartenga. In tre mesi che siamo sposati, non ho mai nemmeno visto la scrittura di mia moglie...

‘Nei libri quando succede qualcosa del genere, la ragazza lascia sempre un biglietto lungo quanto un foglio di quaderno, pieno di frasi d’effetto che mi lasciano sempre a bocca aperta: dove le avrà mai trovate? È per questo che preferisco andare al sodo: me ne sono andata, Edward. E ho persino litigato con mio padre, nel caso ti interessasse saperlo. Hai vinto, Charlie ha perso, io ci sono andata di mezzo. È questo che ti eri prefissato per un’intera vita e ci sei riuscito. In un certo qual modo, c’è da essere orgogliosi. Complimenti, Edward, e buona vita.’

Giuro che ho bisogno di rileggerla una seconda volta, e poi una terza, per capire appieno il significato di queste parole. Non hanno senso. Perché avrebbe dovuto lasciarmi? No, non può avermi lasciato. E dai, siamo sposati!

Sto ancora cercando di capire quando sento il telefono vibrare. È lei, immagino subito.

No, è un messaggio di Sam nel quale sembra a quanto pare che il mio caro fratellino è qui e pretende di vedermi. È la sua espressione furiosa a non convincere il mio dipendente.

Sempre più confuso, dico a Sam di lasciarlo entrare e scendo le scale. Arrivato all’ultimo gradino, sento la porta aprirsi e vedo entrare Emmett incazzato come non mai.

“Possibile che devi combinare sempre casini, tu? Per una volta che avevi trovato una donna che fosse interessata a te e non al tuo portafoglio!” esclama senza nemmeno salutarmi.

“Mi spieghi di che parli?” lo sprono, perché davvero non ho idea di cosa stesse parlando.

“Il video. Dovevi proprio tradire Bella a nemmeno un anno di matrimonio? Diamine, sapevo della crisi matrimoniale ma non mi aspettavo si dovesse affrontare a nemmeno sei mesi!”

Alzo le mani in segno di resa, aggrottando le sopracciglia. “Aspetta, aspetta. Di che tradimento parli? Di che video?”

“Non l’hai visto? Avresti potuto stare più attento nel portarti a cena una donna e poi accompagnarla chissà dove!”

Ci metto un solo istante a capire a cosa si riferisce. Stanco, chiudo brevemente gli occhi. “Perché se esco con una donna pensate subito che ci vada a letto?”

Emmett sta per rispondere ma il telefono vibra una seconda volta. Questa volta deve essere lei. Guardo la chiamata in arrivo: è di nuovo Sam.

“Signor Cullen, c’è un signore che desidera vederla con urgenza. Ha detto che è il fratello della signora...”

“No! Non farlo entrare!” Ci manca solo lui.

“Signore, ha detto che se non lo fa entrare scatenerà il putiferio mondiale facendo appostare i paparazzi fuori dalla sua villa.”

Sbuffo intuendo che ne sarebbe capace. Do’ sbrigativamente il mio permesso e ritorno a mio fratello.

“Non l’ho tradita” dico con fermezza.

Non gli serve altro: mi crede, e dopo un attimo di esitazione mi domanda: “Allora chi era?”

“Già, lo vorrei sapere anche io!”esclama furibondo Jasper, avvicinandosi minacciosamente a me.

“Mia cugina!” esclamo stizzito.

Odio dover dar loro spiegazioni. Se proprio devo darli a qualcuno, quella è mia moglie.

“Tua cugina?” fanno all’unisono, sorpresi.

“Sì” rispondo in direzione di Jasper. “Alice” aggiungo in direzione di Emmett.

Emmett sgrana gli occhi e sorride entusiasta. “Quella nanetta? Ma non era a Parigi?”

“Infatti lo era, ma ha deciso di passare qua qualche mese prima di cominciare l’università e...”

“Mi spiegate che accidenti significa? Hai tradito o non hai tradito mia sorella?!” urla Jasper al limite della sopportazione.

“No!” urlo anche io. “Cristo santo, mia cugina è venuta a trovarmi fuori dal lavoro ed era affamata, e per una fottuta cena improvvisata con mia cugina si sta scatenando l’inferno!?”

Siamo tutt’e due affannati e pallidi, senza sapere che altro dire.

“Okay, prendete un bel respiro” ci sprona con calma Emmett.

Io lo faccio cercando di calmarmi, Jasper lo fa adesso visibilmente rassicurato.

“Dov’è Bella?” gli chiedo infine.

Mi rivolge un'occhiata confusa. “Ehm... qui?”

Forse Dio mi sta fermando dal dargli un pugno. “No, idiota, non è qui.”

“Non chiamarmi...”

Emmett lo interrompe. “Okay, se non è qui dov’è?” sbotta.

“Cosa vuoi che ne sappia io? Per colpa sua non le parlo da un po’” mormora sarcastico in direzione di mio fratello e riferendosi a me.

Okay, non appena la situazione si sistemerà lo ucciderò.

Emmett mi lancia un’occhiataccia. “Non riprendiamo il discorso che è meglio...”

“E vogliamo parlare del fatto che le ha pure proibito di parlare con...”

“Adesso basta!” esclamo, sentendo la rabbia montare in me. “Dove cazzo è mia moglie!”

Cala il silenzio dell’ingresso e tutt’e tre ci fissiamo l’un l’altro come a leggere la risposta nel volto di uno di noi. A quanto pare, però, nessuno conosce la risposta.

Preso dalla disperazione, Jasper si passa una mano fra i capelli. “Oh mio Dio, è scomparsa!”

Fermo le mie mani tre secondi prima che raggiungano il collo del mio caro cognatino, preferendo passarmeli anche io fra i capelli come a ravviare anche i miei pensieri. Sembra funzionare: “Non perderlo di vista, se riesce a trovare qualcosa fammi sapere” dico a Emmett, mentre Jasper urla un “Ehi!” offeso.

Non rispondo nemmeno: esco di casa per cercare mia moglie.

///

Okay: teoricamente, lei con una valigia può andare solo in tre posti: dai suoi, da Rosalie, in uno degli alberghi di New York. Ma le cose stanno così: i suoi sono a Forks ed escludo immediatamente una sua partenza.

La prima opzione è Rosalie. Quando però raggiungo il suo appartamento lei non solo sembra non sapere nulla di quanto successo, ma la sua casa è effettivamente vuota. E lo so perché ho controllato tutte le stanze con le grida e gli insulti della ragazza dietro le spalle. Gli insulti sono migliorati dall’ultima volta, perché in effetti aveva altro materiale su cui prendere spunto data la mia breve spiegazione perché pretendeva di sapere.

In tutto questo, ha anche provato a chiamarle ma Rosalie ha detto che il telefono squillava e basta, e immagino che se non vuole rispondere alla sua amica, non risponderà a me nemmeno sotto tortura.

Tolta Rosalie, rimangono gli hotel. Per un attimo penso di strappami tutti i capelli, perché si parla di hotel a New York. Il cosiddetto ago nel pagliaio. Ma in questo caso, è bello avere delle amicizie.

Non sono amico di tutti i proprietari, ma almeno la metà non ho bisogno di controllarli.

Nel giro di un pomeriggio, sono andato da Rosalie, ho fatto avanti e indietro per gli hotel più vicini, richiamato Rosalie per sapere se aveva novità, sorbito dieci minuti pieni di sue urla isteriche intrise di insulti, aspettato che chiunque tra i miei amici proprietari mi facesse avere una lista di coloro che avevano pernottato una camera nei loro hotel.

Di Bella, però, nessuna presenza. Non poteva essere partita, non così all’improvviso senza pensare adeguatamente. E poi, sembra impossibile abbia trovato un volo all’ultimo minuto!

Emmett e Jasper nemmeno hanno notizie, e in un momento di totale sconforto provo persino dai miei. Non credo proprio Bella possa aver deciso di dormire lì, ma sono talmente disperato che tentare non costa nulla. Ovviamente, Esme è entrata quasi nel panico e solo Carlisle è riuscita a calmarla.

Ma non era nemmeno lì.

Avevo bisogno di qualcuno più forte di tutti loro messi insieme, qualcuno che non riusciva a sopportare nemmeno la vista di mia moglie: Victoria.

Sapevo di essere stato un coglione e sapevo anche che avrei dovuto avvertire mia moglie, ma non pensavo mica si sarebbe scatenato l’inferno. Pensavo invece avrei avuto tutto il tempo di spiegarle: alla fine, era mia cugina la donna con la quale ero uscito. Magari non è mia cugina di sangue visto che è la cugina di Emmett, però io la vedo come tale.

Alice è oggettivamente una bella donna, ma non ho mai provato attrazione per lei, nemmeno per un secondo, perché non è quel genere di bellezza che mi attrae. Soprattutto, sento davvero come se facesse parte della mia famiglia e pensare che l’abbiano affibbiata come mia amante mi disgusta quanto quando hanno detto che Victoria era la mia amante, qualche anno fa.

Ai paparazzi interessano solo gli scoop, nemmeno si preoccupano di interessarsi realmente alle persone di cui parlano, e io pensavo d’averlo chiarito a Bella.

A quanto pare no, penso sospirando e dirigendomi verso casa di mia sorella, stanco morto. Quando lei mi apre, sembra sorpresa di vedermi.

“Edward, ciao!”

“È successo un casino” annuncio entrando.

“Wow, anche io sono felice di vederti. Tu sei felice di vedermi?” chiede ironicamente.

Sbuffo sedendomi sul divano del salotto di mia sorella. “I bambini?”

“Da mia suocera. James è a lavoro. Io sto qui ad annoiarmi. Che carino che ti sei preoccupato di alleggerire le mie tetre ore pomeridiano...”

“Vic, non sono dell’umore adatto. Bella mi ha lasciato.”

Sgrana gli occhi ed esita un momento. “Fammi capire... Non la dovevi lasciare tu? Carlisle mi ha detto tutto, sai?”

Scuoto la testa passandomi una mano fra i capelli. “Non mi ha lasciato per il padre, ma perché mi ha visto uscire con una donna e...”

“Non ti lascia per il padre ma se ne va senza darti una spiegazione quando la tradisci? Non so se stimarla perché ha dignità, o insultarla per l’egoismo” asserisce pensierosa.

“Vic, smettila!” esclamo esasperato. “Sono venuto perché avevo bisogno del tuo conforto, non del tuo sarcasmo.”

Scrolla le spalle per niente ferita. “Lo sai che la mia unica arma è il sarcasmo” si giustifica. “Però va bene, cercherò di esserti d’aiuto.” Si schiarisce la gola e la tranquillità sparisce dal suo volto per diventare seria. “Dimmi, caro, cosa affligge il tuo povero cuore?”

Mi alzo avendone piene le scatole di tutto questo gioco, ma lei mi ferma.

“Okay, okay, scusami. Però davvero non ho capito: al tuo posto la starei cercando, non mi farei consolare a parole da mia sorella.”

“L’ho cercata! È un’intera giornata che la cerco, non la trovo da nessuna parte. Deve stare in una casa, o in una stanza di motel, perché ha portato una valigia con sé e forse anche altro. E non voglio credere che sia partita, anche no! Non so più che fare, lo ammetto.”

“Perché la cerchi tanto se l’hai tradita?” mi chiede senza il divertimento di poco prima.

“Non l’ho tradita!” urlo per l'ennesima volta. “Era Alice la ragazza del video, Cristo Santo. Perché non mi chiedete una cosa prima di giungere da soli alle conclusioni?”

“Alice? Oh mio Dio...” sussurra con lo sguardo basso. “Nel video non si nota tanto la ragazza quanto te.”

“Be’, se Bella avesse avuto fiducia in me avrebbe aspettato, invece di fare di testa sua come sempre.”

“Non la puoi biasimare, Ed” mi rimprovera lei, sorprendendomi. “Non guardarmi in quel modo!” esclama leggermente imbarazzata e infastidita. “Non ho mai nascosto che all’inizio non mi piaceva, ma col tempo vuoi o non vuoi devo abituarmi a lei, no? E obbiettivamente parlando, non la puoi biasimare.”

Mi appoggio allo schiena del divano, alzando gli occhi al cielo. “Non so che fare... Non so dove cercarla.”

“Senti: io non la conosco, ma credo che ogni donna che non vuole essere trovata va a rifugiarsi nel luogo in cui sa la gente penserà non andrà. Anche se questo è il peggior posto al mondo” mi dice, accarezzandomi velocemente il ginocchio.

Annuisco, riflettendo sulle sue parole e capendo che ha ragione. Devo cercarla dove immagino non andrebbe mai. “Vado, Vic” le dico incamminandomi verso la porta. “Grazie” sussurro sconfitto uscendo sulla soglia.

Mi sorride leggermente, e mi da una pacca sulla spalla. “Quando vuoi” sussurra, e chiude la porta dietro di me.

Pov Esterno

Lei sapeva che era sbagliato. Anni fa, lui era stato l’unica persona che le fosse mai rimasta seriamente accanto ed erano stati inseparabili. Lo amava come forse non amava nessuno, ad eccezioni dei suoi figli.

E odiava mentirgli ma sapeva che era necessario. Lo faceva anche per lui, dopotutto. Gli serviva una bella scossa per svegliarsi. Suo fratello era stato addormentato per troppo tempo.

Si mosse verso la camera degli ospiti, aprendo la porta senza bussare. Sua cognata stava fissando qualcosa – o meglio, qualcuno – dalla finestra, lo sguardo perso nella tristezza.

“Se n’è andato” annunciò inutilmente Victoria, palesando la sua presenza.

Isabella vedeva chiaramente Edward lasciare casa di Victoria, e la ragazza sapeva che le doveva tantissimo.

“Grazie” sussurrò stancamente, allontanandosi dalla finestra.

Victoria la fissò seriamente. “Prima o poi dovrai affrontarlo. Mio fratello non ti ha tradito, Bella.”

Bella lo aveva precedentemente pensato dopo l’iniziale rabbia, lo sperava. Poi le è arrivata la conferma dopo la conversazione origliata. Ma sebbene si sentisse un po’ meglio, sapeva che le cose non cambiavano. Almeno per lei.

Capendo che non avrebbe cambiato idea, Victoria sospirò uscendo dalla stanza e lasciandola sola.

Edward’s pov

È la mia ultima possibilità. Non l’avevo fatto perché sapevo che non mi avrebbe risposto, ma adesso era giunto il momento di chiamarla.

La sorpresa è grande quando, dopo solo il primo squillo, lei mi risponde, la voce poco più di un sussurro.

“Pronto?”

“Dove sei?” Avrei voluto che la mia voce fosse stata più decisa invece che qualcosa simile ad una supplica.

“Edward...”

“Ti prego” continuo. “Ciò che hai visto... non è vero! Hai frainteso, lei non è nessuno, era solo mia cugina!” riesco finalmente a spiegarle.

“Lo so.”

Sono talmente disperato che non faccio realmente caso al fatto che, per saperlo, qualcuno deve averglielo detto. “E allora perché non torni a casa?”

“Perché non ho nessun motivo per farlo” sussurra piano sebbene senza esitazione.

Le sue parole colpiscono e fanno male. Tanto male. “Nemmeno... per me?”

C’è un istante di silenzio prima della sua risposta: “No, nemmeno per te.”

“Ma perché, Bella? Ti ho detto che non ti ho tradita” tento ancora.

“Non si tratta solo di questo, Edward. È... l’insieme. Io ho cercato in tutti i modi di starti vicino, di farti sentire bene, di renderti almeno un po’ felice. Ma tu non mi hai mai dato motivo per credere che fossi felice di avermi con te, sono stata solo un peso e io sono stanca d’essere vista così.”

“Ma non sei affatto un peso! Sei mia moglie, accidenti, e io ti...” mi blocco all’istante, sconvolto da ciò che stavo per dire. “Ti voglio al mio fianco” concludo infine, ancora sconvolto.

“Mi hai anche mentito. Potevi dirmi che uscivi con tua cugina, invece di farmi credere chissà cosa” afferma con tono accusatorio.

“Se tu ti fossi fidata di me non avresti dubitato per un solo istante” rispondo senza esitazione.

Anche stavolta rimane un istante in silenzio. “Mi parli di fiducia... Come tu ti sei fidato di me quando ti dicevo che non ero come mio padre?” replica infine.

Colpito e affondato. “Bella...”

“O come quando ti dicevo che non avevo idea di ciò che aveva fatto in passato? O quanto pensavi le peggiori cose di me, nonostante nemmeno mi conoscessi?” continua imperterrita.

“Bella, ti prego.”

“Tu vuoi che ritorni da te senza curarti di come mi sono sentita, perché in questo momento riesci a pensare a come ti senti tu, non è vero?” insiste.

Non so cosa risponderle senza mentirle, perché ha ragione. “Cristo, Bella” rispondo con rabbia.

“Fa male, Edward.” La rabbia sembra sparita dalla sua voce adesso rotta. Sento il cuore stringersi mentre la immagino in lacrime. Ancora una volta per colpa mia. “Lo capisci? Quel video mi ha fatto male. Perché io ora so che quella era tua cugina, ma tutto il mondo no. Per chiunque ha visto quel video sono la povera moglie tradita per l’ennesima volta dal marito. E sai cosa? Forse non ora, ma se continuo così lo sarò un giorno. E preferisco fermarmi adesso e fare un passo indietro che rendermi conto troppo tardi della persona che non voglio diventare.”

Il mio cuore perde un battito quando pronuncia quelle parole, mentre la paura si fa strada in me. “E... e quel passo che vuoi compiere. Vuoi... vuoi lasciarmi?”

Per la terza volta c’è silenzio. “Non so nemmeno più io cosa voglio. So solo che sono stanca, Edward” mormora sconfitta.

È stanca. È davvero stanca…

“Adesso devo andare.”

“No, Bella, aspetta!” Ma lei ha già riattaccato.

 

 

 

 

Note: che razza di storia sarebbe se i protagonisti non si dividono per almeno un capitolo? u.u Però, vi giuro, è l’ultima volta: come dice Victoria, Edward deve provare una bella scossa per svegliarsi, per abbattere quel muro che ha costruito durante tutti questi anni. Ed è questa la scossa che aspettavamo tutti, l’ultimo ostacolo.

A proposito di Victoria: vi aspettavate che Bella andasse da lei? Io quasi mi sono applaudita da sola per questo 'colpo di genio' hahahah!

Riguardo la chiamata tra Bella e i genitori: ho deciso di non soffermarmi su ciò perché in questo capitolo ci sono state tante cose che ho dovuto frammentare, una cosa che non mi piace. Per cui ho preferito riassumere l’incontro parlando di ciò che davvero ci interessava, e cioè se Charlie avrebbe in qualche modo detto la sua versione sul passato alla prima occasione. Cosa che non ha fatto. E chissà perché!

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Buon martedì a tutti (:

Avrei potuto aggiornare prima, ma mi sono operata al braccio e ammetto che a scrivere alla tastiera mi stancavo enormemente c.c

Però eccolo finalmente qui, con tanto di novità: ancora due, tre capitolo (epilogo escluso) e la storia finisce.

Non ve lo aspettavate? Be’, nemmeno io. E avrei già da ora tante cose da dirvi! Però aspetto la fine (wow, fa uno strano effetto scriverlo, sembra ieri che ho pubblicato solo l’introduzione °-°) perché non ha senso stressarvi già da ora XD

Grazie a tutti per i bellissimi complimenti che mi fate, mi rendete le giornate migliori. Può sembrarvi ridicolo o sciocco, però è così.

Grazie. :3 Buona lettura!

p.s.: note a fine capitolo

 

 

Capitolo 14

 

Erano passate più di ventiquattro ore ma ancora non ero riuscito a scoprire dove fosse mia moglie.

Continuavo a pensare ai possibili posti dove fosse andata a stare, ma non conosceva nessuno qui e avevo già controllato nelle case delle poche persone che potevano ospitarla.

Carlisle mi avrebbe subito detto se Bella fosse stata da lui e da Esme, per cui era escluso che fosse da loro. Emmett era venuto a cercarmi come un diavolo per rimproverarmi – cercava da tanto un pretesto simile, visto il suo disprezzo verso la vendetta che io, mia sorella e Carlisle volevamo attuare – perché aveva sin da subito preso in simpatia mia moglie.

Jasper nemmeno a pensarci, perché era davvero terrorizzato quando aveva saputo che Bella non era a casa con me. E Rosalie… be’, lei lo era altrettanto, e poi in casa non c’erano né Bella né una valigia in più.

Effettivamente, Victoria aveva ragione. Bella sapeva che i primi luoghi in cui avrei controllato sarebbero state quelle case, e che con gli agganci che avevo potevo sapere in quale camera d’albergo avesse pernottato.

No, non poteva essere in uno di quei posti.

’Ogni donna che non vuole essere trovata va a rifugiarsi nel luogo in cui sa la gente penserà non andrà. Anche se questo è il peggior posto al mondo.’

Quale poteva essere per Bella il posto peggiore al mondo, quello dove immagina non cercherei mai? Non è che conosca bene la città, lei abitava ancora a Forks fino  a qualche mese fa.

Aveva un’amica di cui io non ero a conoscenza? No, Dimitri me l’avrebbe detto se così fosse. L’accompagnava sempre quando usciva.

“Novità?” mi chiede Emmett, scuotendomi dai miei pensieri.

Entra nel salone insieme a Jasper. Entrambi sono rimasti qui a dormire per questa notte. Vista la situazione, sopportare mio cognato è più o meno facile. E poi, devo accettare che il ribrezzo verso il suo cognome non è un motivo giustificabile per trattarlo male: come Bella, anche lui è diverso dal padre. E poi la ama seriamente, è davvero preoccupato, e tanto basta.

“Niente” sussurro. “Ho controllato in ogni casa possibile: da Carlisle, da Rosalie, voi mi dite che nella vostra non è…” Sospiro. “Tu conosci il peggior posto per tua sorella, qui a New York?” domando in direzione di Jasper.

Lui aggrotta le sopracciglia, chiaramente confuso. “No. Perché?”

“Mia sorella mi ha detto che per essere sicura di non essere trovata, Bella si sarebbe rifugiata nel posto che più odia, perché sa che non mi sognerei mai di andarla a cercare lì. È da ieri che cerco di capire a quale posto possa riferirsi…” spiego velocemente.

“Sei andato anche da Vic, quindi?” si informa Emmett.

“Sì, avevo bisogno del suo sarcasmo” rispondo.

“Pensavo fossi andato da tua sorella perché speravi la mia fosse lì” si intromette Jasper sorpreso.

“Figurati se Bella va da Victoria, non andrebbe mai lì…”

Giuro che il significato delle parole appena pronunciate si fanno lentamente strada in me da quel ‘figurati’, fino a farmi finire in un sussurro la frase. L’espressione che ho sul volto deve essere simile a quella di Jasper e Emmett, un misto cioè di vittoria e sorpresa.

Il posto migliore per nascondersi è quello che più si odia, perché così sai che nessuno ti verrà a cercare lì.

Mia moglie non ha mai provato simpatia per mia sorella, sapeva che non l’avrei mai cercata lì. Cosa che, effettivamente, è stata. Sono persino andato a casa di Victoria, ma non ho controllato perché mi è venuto spontaneo scartarla a priori.

Ma se mia sorella aveva detto il vero, allora…

Mi alzo dal divano nello stesso momento in cui si alza Jasper, ed entrambi corriamo verso la porta.

“Emmett, tua sorella è morta” dico con fare minaccioso a mio fratello, il quale ci ha seguiti.

I nostri passi rallentano quando giungiamo alla porta e quando la apro non perdiamo tempo a dirigerci verso la mia auto.

“Signore” saluta Sam.

“Sam, le chiavi. Puoi prenderti il resto della giornata libero se vuoi” gli dico frettolosamente, aprendo lo portello.

Confuso, Sam obbedisce e si allontana proprio mentre Emmett sale sul sedile posteriore. Jasper è seduto su quello anteriore, al mio fianco.

“Ricordati che se non fosse stato per Victoria tua moglie avrebbe dormito per strada” esordisce Emmett mentre inizio a guidare.

“Non Bella” pronunciamo nello stesso momento io e Jasper.

Ci lanciamo entrambi un’occhiata di, lo ammetto a malincuore – e so che per lui sarà lo stesso –, reciproca intesa.

“Avrebbe escogitato qualche altra cosa. Quando decide di mettersi in testa una cosa, nessuno la ferma” continua Jasper.

“Ancora non riesco a immaginare come le sia potuto venire in mente di andare da lei” borbotto a mezza voce.

“Be’, ha centrato il punto” mormora divertito Emmett.

“Pure troppo. Ora mi sente” sibila Jasper.

“Ora mi sente cosa? È mia moglie, io dovrò dirgliene quattro!” ribatto piccato.

“Oh, ma sentitelo! È tua moglie! Era tua moglie anche quando non ti sei degnato di avvertirla che avresti cenato fuori con una fighetta mora?” risponde prontamente.

“Ehi!” esclama Emmett. “Quella è mia cugina.”

“Non sapevo che dovevo chiederle il permesso. Devo chiederglielo pure per andare al bagno?” sbotto innervosendomi.

“Se ti vuoi trombare una bionda sulla tazza del gabinetto, sì!”

“Io ti ammazzo!” esclamo incazzandomi, senza più sapere cosa dire. “Fammi scendere dall’auto, fammi recuperare mia moglie, e poi ti giuro che ti ammazzo.”

“Okay, ragazzi, okay” si intromette Emmett. “Su, dai, pace e amore a tutti. Siete così carini insieme, sapete? Jasper, ti do ufficialmente il benvenuto nella nostra famiglia.”

Dallo specchietto retrovisore osservo che crea un cuore con le mani.

“Sai che c’è?” sbotto. “Ci ho ripensato, mi sa che ucciderò te invece che lui” dico in direzione di mio fratello.

“Il Signore mi accoglierà a braccia aperte perché sarò morto sacrificando la mia vita per quella di un altro uomo” mormora solennemente lui.

“Dimmi un po’, non sei sposato, vero?” gli domanda Jasper, la voce incuriosita. “È perché vuoi farti prete?”

Scoppio a ridere ma mi blocco subito: non posso ridere a una battuta del coglione qua a fianco a me.

“Io? Io farmi prete?” ripete incredulo Emmett, scoppiando poi a ridere anche lui. “Le donne si rivolterebbero se arrivasse a mancare loro tutto questo ben di Dio” risponde indicandosi. “No, è carità, la mia.”

“Fottersi chiunque abbia un buco al posto del martello?” persevera Jasper.

“Be’, posso giurarti che con quel martello ho reso felice molte donne.”

La macchina viene presto riempita dalle nostre risate, mentre metto per un attimo da parte la paura che Bella possa non accettare le mie scuse. Perché lo farà. Lei deve farlo.

“Abita qui?” domanda Jasper quando mi fermo con il motore acceso davanti casa di mia sorella.

“Sì” rispondo sbrigativamente scendendo dalla macchina.

Sorprendentemente, non devo fare questioni per dirgli di stare in macchina: è Jasper stesso che non si muove. Per cui vado dritto da quella traditrice di mia sorella e più che suonare il campanello preferisco tirare pugni contro la porta.

Sto bussando, dopotutto.

Victoria mi apre qualche istante dopo, il volto curioso. “L’hai trovata?”

La trucido con lo sguardo. “Lei è qui.”

Victoria sorride sorpresa. “Wow, giuro che pensavo non l’avresti capito prima di pranzo.”

Sbuffo entrando in casa. “Dov’è?”

“È nella camera degli ospiti. Non c’è nessuno in casa e io sto uscendo: per quando tornerò voglio entrambi fuori da casa mia, chiaro? Vi lascio un’ora. Non rompetemi la testiera del letto, per favore...”

La butto fuori di casa letteralmente, spingendola fuori. La risata di Victoria è l’ultima cosa che sento prima di chiudere malamente la porta.

Sospiro. E questa è fatta, mi dico.

Mi dirigo nella camera degli ospiti, senza sapere se bussare o meno. Al diavolo, è mia moglie. Entro aprendo la porta con calma cercandola subito fra le quattro mura della stanza.

La vedo immediatamente, intenzionata a parlare al telefono con la schiena poggiata ai cuscini nel letto.

“Sto bene, Rose, davvero. Smettila di preoccuparti per me, appena potrò verrò a trovarti…” si interrompe immediatamente quando sente la porta aprirsi, e i suoi occhi non perdono tempo nel trovare i miei.

Non sembra spaventata o sconvolta, solo sorpresa.

“Ehm… Rosalie, devo andare. Ti chiamo dopo.” Chiude la chiamata con tono calmo, per nulla agitato. Si mette a sedere sul bordo del letto mentre io mi dirigo verso la sedia della scrivania.

“Non pensavo mi avresti trovato così facilmente” inizia con tono piatto.

Vorrei dirle che non è stato affatto facile, che senza l’aiuto di mia sorella effettivamente non l’avrei trovata, ma preferisco evitare. “E ti sbagliavi” ribatto più duramente di quanto mi aspettassi.

“A quanto pare” osserva fissandomi con i suoi occhioni limpidi.

Cala il silenzio nella stanza, ognuno perso nello studio dell’altro. Sembra cambiata: sembra così tranquilla, così forte, mentre mi fissa senza traccia di rammarico o risentimento. Fino a qualche settimana prima, mi avrebbe osservato con odio o rancore per ciò che suppone le abbia fatto. O timore.

Adesso sembrava come se stessimo discutendo a proposito del tempo.

È lei alla fine a rompere il silenzio. “Perché sei qui?” chiede senza giri di parole, la voce più fredda.

“Perché non è questa casa tua. Casa tua è con me.”

“No. Non è mai stata casa mia stare con te. Soprattutto ora” ribatte.

“Perché? Per il video? Se mi avessi chiesto spiegazioni, avresti saputo che si trattava di…”

“Tua cugina?” mi interrompe. Lei lo sapeva?

“Se sai che era mia cugina, perché sei scappata via?”

“Edward…” Sospira scuotendo la testa bassa. “È stata la decisione migliore. Credimi, non tornerò con te.”

“Sì, invece!” esclamo alzandomi di colpo. “Dannazione, non ti ho tradito!”

“E cosa ti impedisce di farlo in futuro?” mi sfida con il sopracciglio inarcato. “Andiamo, Edward. Potresti innamorarti di qualsiasi donna, più bella e più esperta di me. Potresti stancarti di me domani stesso e andare alla ricerca di qualcun altra. Perché dovrei tornare con te sapendo tutto questo?”

“È questo il problema? Hai paura di essere tradita? Perché se è così, allora dovrai restare sola per il resto della tua vita, perché come posso tradirti io potrà farlo chiunque” le faccio notare.

Lei non si lascia abbattere. “Non se mi ama.”

Non so cosa risponderle stavolta. È un’osservazione tagliente a cui non so ribattere, ma che mi fa pensare. “Vuoi che ti dica che ti amo?” mormoro sorpreso.

Se mi rispondesse di sì? Sarei disposto a dirglielo solo per farla tornare con me?

Bella si alza in piedi fissandomi esasperata. “Io voglio solo che tu mi lasci in pace. Hai avuto la tua vendetta, ora basta. Cosa c’entro ancora?” sussurra stanca.

Stanno davvero così le cose? È stanca? Stanca di me? L’ho davvero esasperata fino a non poterne più?

Forse sì, forse Bella vuole che le dica un semplice ‘ti amo’. O forse vuole incontrare un uomo, innamorarsene, creare una nuova vita insieme a lui, e farsi dire solo allora quelle due parole.

Però non posso… Io non so cosa provo per lei, mi sembra come se tutto stesse accadendo troppo in fretta.

L’odio per Bella che si trasforma in qualcosa che mi fa stare bene con lei, il disgusto verso suo fratello e sua madre che si trasforma in comprensione, gli sbagli di mia madre che prima mi ostinavo a non notare, il capire che lei non è stata una vittima ma una carnefice di se stessa senza nemmeno saperlo, e anche dei suoi stessi figli.

Ho vissuto anni di buio, e adesso mi sembra come se la luce mi stesse rischiarando le giornate troppo in fretta, troppo a fondo. E non sono abituato a tutto questo, non so nemmeno come rispondere, come comportarmi.

L’unica costante è l’odio che provo per Charlie. Questo non cambia.

Bella non c’entra niente con suo padre e proprio per questo non posso mentirle. Non so cosa provo per lei, non posso illuderla. Non so nemmeno cosa lei prova per me.

Però una cosa posso farla, una cosa che ho fatto solo una volta. È finita bene, quella sera. Quella volta in cui ho aperto a lei il mio cuore e ho sofferto insieme a lei.

Bella mi sta ancora guardando, in attesa di una mia risposta. Compio un passo avanti, per inginocchiarmi e posare le mie braccia ai lati delle sue gambe.

“Bella, io… Io non so come iniziare. Ci sono tante cose che vorrei dirti, ma non so come. Non è facile per me, e vorrei davvero fare qualcosa per rimediare, ma…”

Le parole che escono dalla mia bocca rispecchiano la confusione che provo da mesi a questa parte. E il fatto che lei non mi sproni gentilmente a continuare non mi aiuta. Avrei preferito mi sfiorasse una mano per dirmi di aprirmi con lei, che mi avrebbe ascoltato e che mi sarebbe stata accanto.

Avrei preferito la Bella di quella notte di due mesi fa, quando le ho raccontato la storia della mia vita. Ma a quanto pare ho fatto la mia mossa ed ottenuto una Bella ferita che non si fida più.

Nemmeno mi fissa: tiene lo sguardo basso torturandosi le dita, e non una lacrima le solca le guance.

“Bella, io non so cosa provo, okay?” sbotto esasperato, innervosito da quel comportamento. Sento gli occhi inumidirsi senza un motivo e, agitato, decido di camminare avanti e indietro affondando le mani nelle tasche dei miei pantaloni.

“Non mi ami. Mi disprezzi. È semplice” risponde Bella.

“Io non ti odio!” urlo nella sua direzione senza potermelo impedire, perché è riuscita a rompere quel delicato filo che mi ancorava alla calma.

Lei non replica.

“Io non so se ti amo, davvero non lo so.” Porto senza nemmeno notarlo le mani ai capelli, affondandovi le dita. “Sento la testa scoppiare ogni dannato giorno della mia vita, perché è come se i miei pensieri mi stessero uccidendo lentamente, ora dopo ora, e nessuno si è mai degnato a chiedermi ‘come stai?’ perché tutti hanno tutto in questa fottuta vita, tranne me. Carlisle ha Esme, Victoria ha James e i suoi bambini, e Emmett ha avuto una vita felice perché non c’entra nulla con la merda che è capitata a me e mia sorella. E perché io non posso avere lo stesso? Perché devo essere sempre io quello che sta male?”

“Perché sei tu!” esclama Bella avvicinandosi. Finalmente vedo anche i suoi occhi lucidi, segno che non è così disinteressata come voleva farmi crudelmente pensare, e crollo sfinito in ginocchio sul pavimento mentre un odioso singhiozzo di sollievo riverbera nell’aria.

Le importa. Nonostante tutto, le importa ancora.

Bella’s pov

“Non ti rendi conto?” sussurro con voce rotta, mentre le prime lacrime iniziano a rigarmi le guance.

Edward è in ginocchio con i pugni stretti sul pavimento, il volto nascosto da me.

Odio vederlo in questo stato, e per la prima volta provo un moto d’odio verso la madre. È per colpa dei suoi errori che Edward si è negato l’amore per così tanto tempo, preferendo un sentimento negativo come la vendetta a uno più benevole quale l’amore che poteva donargli una qualsiasi persona a lui cara.

Ma con sorpresa, mi scopro a provarlo non solo per quella donna accecata dall’amore, ma anche per il mio stesso padre, colpevole quanto lei.

Mi avvicino a Edward con passo strascicato, senza sapere cosa fare. So bene cosa volergli dire, e vorrei anche abbracciarlo, ma sono ancora terribilmente arrabbiata con lui. Mi limito a posargli una mano sulla testa, con la leggerezza di una piuma.

“Ti stai negando tutto ciò che di più bello la vita ti può offrire” sussurro fra le lacrime. “Non puoi continuare così, Edward… Devi dimenticare e andare avanti. Io lo so che è difficile, e non riesco nemmeno ad immaginare cosa tu possa provare, cosa puoi sentire. Ma il sentimento di vendetta che hai provato in tutti questi anni ti ha fatto solo stare peggio, non lo vedi?”

Mi si spezza il cuore quando lo sento singhiozzare, e mi avvicino ancora di più fino a quando la sua testa non sfiora il mio ventre. È un bambino, è ancora un bambino…

È stato costretto a comportarsi da adulto durante l’infanzia e l’adolescenza, entrambe rubate, perché ora non può essere amato come se fosse un bambino?

“Cosa c’è, Edward? Cosa è che ti fa veramente stare così male?” sussurro ancora.

La mia è stata una domanda cui non pensavo avrei ricevuto risposta. Mi era uscita presa dallo sconforto, perché io voglio aiutarlo, ma non so come e lui nemmeno si lascia aiutare quel poco che potrei fare.

Ma questa volta succede. Edward questa volta risponde, seppur con voce stanca e roca per il pianto. E fa male persino a me.

“Mi manca mia madre…”

La verità è che non c’è risposta a questo. Non c’è rimedio, o aiuto. Lo so perché a me manca la mia quasi fino a sentirmi soffocare, spesso. Però la mia è viva, so che sta bene, e questo mi aiuta ad andare avanti.

Se anche mia madre commettesse i peggiori sbagli al mondo, sarebbe sempre mia madre. Potrebbe ferirmi quanto vuole, ma una parte di me l’amerebbe ugualmente. Per Edward è lo stesso: io posso giudicare la sua mamma, posso odiarla perché per me è solo un’estranea e giudicare con criterio i suoi errori. Ma lui è suo figlio e tutto ciò che voleva era che sua madre l’amasse come un tempo. Cosa che, purtroppo, non è avvenuta.

La mamma di Edward è morta quando lui aveva appena diciotto anni, eppure è come se l’avesse persa tanti anni prima, quando si era annullata totalmente per amore preferendo un uomo ai suoi figli.

Penso che Edward odi mio padre non soltanto perché secondo lui gliel’ha portata via, ma soprattutto perché l’ha cambiata. Della madre amorevole di prima non era rimasto più niente se non un guscio vuoto che si risvegliava solo durante gli incontri con mio padre.

E io non posso biasimarlo, non in questo. L’unica cosa che posso fare è aumentare la mia stretta sui suoi capelli, ed essere la prima ad amarlo come merita. Edward si abbandona a quel mio piccolo abbraccio, affondando ancora di più la guancia contro il mio ventre.

“Per favore, non lasciarmi anche tu” pronuncia con voce attutita dal tessuto della mia maglia.

Non so cosa rispondere nemmeno a questo. Non voglio lasciarlo, ma non voglio nemmeno continuare a soffrire come ho fatto fin’ora. E se lo perdonassi e Edward ricominciasse? Non sarebbe la prima volta.

“Edward, io…”

“Cosa vuoi, Bella?” sussurra alzandosi e sovrastandomi con la sua altezza. I suoi occhi sono lucidi e le guance bagnate. “Mi comporterò meglio, te lo prometto. Cercherò di…”

“Edward, devi stare meglio per te, non per impedirmi di andare via” gli faccio notare.

“Sei tu che mi fai stare meglio” sibila prendendomi il volto fra le mani e sfiorando la sua fronte con la mia.

Mi si mozza il respiro a quelle parole: non si era mai spinto a dirmi così tanto.

“Mi dai la spinta giusta per farlo, mi fai sentire bene e lo so che non ci crederai, ma amo stare con te. Se non ti sembra vero è perché ho cercato di negarlo persino a me stesso per quella stupida storia con tuo padre, ma è così” termina.

“Non voglio bugie, Edward” sussurro.

“Alice è venuta a trovarmi nel mio ufficio da Parigi e aveva fame, così l’ho portata a cena fuori. Non ti ho detto nulla della cena perché è stata una cosa sul momento, non perché l’avessi già programmata e pensavo non fosse necessario dirtelo. Io ho sbagliato: ero così felice di rivedere mia cugina che nemmeno ho pensato d’avvisarti, ma ti prometto che non succederà più” giura solennemente.

“E mio padre?” continuo. Devo sapere cos’ha intenzione di fare con lui.

Lui esita un solo momento prima di sospirare. “Voglio cominciare una nuova vita con te. Non c’è istante in cui mia madre non mi manchi, ma voglio anche essere finalmente felice.”

Sento aumentare i battiti del mio cuore e cerco di nascondere un sorriso di pura felicità. “E pensi di poterci riuscire con me?”

Edward mi accarezza i capelli con dolcezza. “Ne sono sicuro. E se per stare con te devo rinunciare ai miei propositi di vendetta nei confronti di tuo padre… Non mi importa. Ha smesso di importarmene quando hai cominciato a vedere del buono in me nonostante il modo in cui ti trattassi. Tu mi hai fatto sentire come se per me ci fosse ancora speranza di poter essere amato da qualcuno che non fosse un mio parente… Voglio ricominciare, Bella. E voglio farlo con mia moglie” conclude.

Non aspettavo altro: mi getto fra le sue braccia e mi stringo forte al suo petto. Anche Edward mi stringe con forza, facendomi sentire con quel gesto quanto gli sia mancata.

///

Edward parlava seriamente quando quella tarda mattinata mi aveva confessato di voler ricominciare insieme a me.

Nella nostra nuova vita insieme, fin’ora è andato tutto per il meglio: abbiamo acquistato una nuova casa, molto più piccolina, con due camere da letto, uno studio, un salone che vale per due, e una cucina abitabile dove mangiamo la maggior parte delle volte, perché lo desideravo io.

E adesso, anche quando litighiamo per sciocchezze, Edward dorme con me, non più nel suo studio o in chissà quale altra camera, per cui la seconda l’ho adibita a libreria.

La casa è perfetta e anche a quindici minuti di distanza da quella di sua sorella.

Il rapporto tra Edward e Esme è cambiato: ora mio marito si lascia andare di più anche con lei. Penso che Edward non si lasciasse andare con lei per paura di poter tradire inconsciamente il ricordo della madre, ma ora che sta provando con tutto se stesso a creare i legami che ha sempre desiderato, di cui soprattutto ha sempre necessitato, non può non iniziare soprattutto con lei.

Persino tra me e Victoria le cose sono cambiate, anche se non drasticamente e non siamo diventate migliori amiche dall’oggi al domani: semplicemente adesso abbiamo smesso di litigare e ogni tanto ci scappa pure una risata condivisa. C’è reciproco rispetto, perché Victoria ha capito chi io sia realmente e quanto abbia a cuore la felicità del fratello.

È infatti lei a dirmi di non organizzare nessuna festa a sorpresa per il ventinovesimo compleanno del fratello a giugno, e in effetti ha ragione: Edward non è certo tipo da feste e auguri.

Non posso dire che abbia apprezzato il giorno del suo compleanno, ma certo è che ha adorato il completino intimo che ho acquistato apposta per lui.

Le cose non potrebbero andare meglio, oserei dire.

È l’ennesimo gossip che mi ricorda che ci sono, però, ancora delle questioni in sospeso: Tanya, ad esempio.

Sto aspettando l’arrivo di Edward per cena, e mi ero messa davanti alla televisione per ingannare la noia. Quello su Tanya è il primo servizio che vedo dopo quell’insulso e falso articolo su un giornale che ho letto qualche giorno prima il mio matrimonio con Edward, quando ancora non ero d’accordo.

E se nel primo articolo ero io la bastarda che faceva cadere in tentazione Edward costringendolo a tradire l’angelo Tanya, in questo servizio televisivo sono invece io la vittima, colei che viene tradita ripetutamente da questi incontri che simboleggiano che l’amore tra i due non si è mai sopito. Di Eleazar, l’uomo sposato con il quale Tanya è fuggita, nessuna parola.

Spengo il televisore quando il servizio finisce, preda di contrastanti sentimenti.

Sono passati solo sette mesi, eppure a me sembrano passati secoli da quella volta in cui, come wedding planner della ragazza, mentre l’aiutavo con l’abito da sposa, lei mi confessava di non volersi sposare perché innamorata di un altro uomo.

Chi l’avrebbe mai detto che la Bella che aveva ribattuto allegramente con un ‘scherzi’ pensando che doveva essere pazza perché Edward era un figo, si sarebbe sposata con il figo in questione, e che la cotta si sarebbe trasformata in amore?

Ma davvero, poi, Edward ha ripreso i contatti con Tanya? Lei ne sarebbe capace? Ha lasciato Edward per amore: sarebbe capace di riprenderselo per invidia? O per ripicca nei miei confronti?

“Deve essere interessante il televisore spento” osserva una voce tranquilla alle mie spalle.

Mi volto e scorgo la figura di Edward dirigersi verso di me, mentre piega le maniche della camicia fino ai gomiti. Non ha né giacca né cravatta e i primi due bottoni della camicia bianca sono aperti, segno che deve essersi già sistemato con tranquillità.

Persa nei ricordi, non l’ho sentito entrare. Lui, però, nota subito che qualcosa non va.

“Cosa c’è?” mi chiede sulla difensiva.

Mi passo una mano fra i capelli, non sapendo come iniziare. Decido di andare dritta al punto. “Ho visto un servizio televisivo in cui dicevano che hai ripreso i rapporti con Tanya.”

Edward chiude immediatamente i suoi occhi, esausto. Si gratta velocemente la base della nuca. “Bella… Lo sai come sono fatti. Il loro scopo è quello di creare tensioni senza un reale motivo per farlo, lo fanno solo per i soldi. Più il loro scoop è sensazionale, più vendono o aumentano lo share della visione. E devi ammettere che creare un gossip su una nuova relazione tra due persone che in passato si dovevano sposare ma che sono stati divisi da un terzo incomodo, e che adesso è il terzo incomodo a subire il tradimento, crea vendite. Però…”

“Non è vero” concludo io per lui.

Lui sembra sorpreso di sentirmi dire questo, ma conferma. “Non è vero.”

Non voglio negare che lo scoop mi abbia fatto male, perché solo il pensiero mi crea dolore. Gelosia? Sì, un po’ inizialmente, perché avevo per un istante creduto al gossip. Però in questi mesi ho anche imparato a conoscere mio marito, e a capire cosa vuole da me: vuole che sia sincera nel discutere su qualcosa che posso aver sentito su di lui, come quella volta di quattro mesi fa.

Ma adesso? Adesso provo soltanto fiducia. Nessun dolore, nessuna gelosia, perché gli credo.

“Va bene. Ti credo” sussurro sorridendogli dolcemente.

“Davvero?” mormora incredulo. “Pensavo…”

“Edward, io lo so com’è questo mondo. So che dal niente possono creare qualsiasi cosa positiva o negativa che sia. Però, io so anche un’altra cosa. Ed è che mi fido di te, completamente. Non dico che in futuro, non appena verrò a conoscenza di un’altra cosa simile appena letta o vista, non te lo chiederò ancora perché non sono forte abbastanza da poter credere che tu mi voglia così tanto da non tradirmi. Però so che qualsiasi cosa mi risponderai, se un ‘sì, ti ho tradito’ o un ‘no, non ti ho tradito’, io ti crederò. Non ti farò nessun altra domanda, perché ho fiducia in ciò che mi dirai.”

Non ho idea del perché mi sia aperta così tanto adesso, ma ammetto di sentirmi bene. Edward sembra non avere parole.

“Vieni qui” mi invita, facendomi sistemare sulle sue gambe. “Grazie” sussurra accarezzandomi le cosce con entrambe le mani.

“Per cosa?” gli domando confusa e incuriosita.

Lo sguardo che mi rimanda è assolutamente sincero, così tanto che tremerei se non fossi seduta comoda. “Per fidarti di me” risponde semplicemente.

Sorrido posando leggermente le mie labbra sulle sue. Non è un bacio passionale o sensuale, uno di quei baci che anticipano qualcosa di più profondo. È davvero un semplice bacio, che però per me vale tanto. Non ho dubbi che sia lo stesso anche per lui.

“Però forse dovrei risentirla, Tanya” annuncia allegramente subito dopo. “Per ringraziarla. Se non fosse fuggita, mi sarei sposato con quel pezzo di ghiaccio invece che con te.”

Tanya mi aveva precedentemente raccontato che i due si stimavano a vicenda ma che il loro era solo un matrimonio d’affari. Fisicamente parlando, erano perfetti – entrambi ricchi, entrambi belli, entrambi dell’alta società – ma lei stessa mi aveva raccontato che non c’era chimica, né passione. Lui non l’aveva mai neppure sfiorata in quel senso e lei di certo non l’aveva invitato a farlo.

Inizialmente non volevo crederci: figuriamoci se, anche se si conoscevano da soli tre mesi, quei due non avevano approfondito il ‘contratto’! Adesso, però, avendo imparato a conoscere mio marito, effettivamente ci credo: Tanya non lo ha mai desiderato in quel senso e per Edward viene prima di tutto il lavoro. Sì, in tre mesi può essere pure successo che non siano andati a letto insieme.

Nascondo una piacevole soddisfazione a sentirlo chiamare la ragazza ‘pezzo di ghiaccio’, perché ha appena confermato senza saperlo ciò che pensavo: nemmeno lui l’ha mai desiderata.

Tuttavia, se lo può scordare di risentirla.

Cingo il suo collo con le braccia e poco prima di riposare le mie labbra sulle sue, mormoro: “Puoi ringraziare direttamente me, stai tranquillo.”

La sua risata è ciò che racchiudo con la bocca.

 

 

 

 

Note: l’ultimo pezzo è stata l’ennesima scena in cui Bella ha dovuto fronteggiare Edward per la questione della gelosia. Mi dispiace se vi è sembrato che fosse Bella sempre quella che doveva dimostrare la sua gelosia; posso solo dire che ogni volta che è successo, è stato per un motivo. Specialmente questo!, dove Bella ha ammesso ad alta voce di fidarsi completamente di Edward e Edward necessitava di sentirlo :) penso che la fiducia sia la cosa più importante in un rapporto e che non si vada da nessuna parte senza di essa. Puoi amare con tutto il cuore, ma se non ti fidi non sarà mai un vero rapporto.

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Vi prego di scusarmi se non ho risposto alle recensioni (bellissime, fra l’altro, vi ringrazio di cuore, non sapete quanto mi rendono felici i vostri complimenti, le vostre splendide parole) dello scorso capitolo, ma la scuola comincia a togliermi il fiato. Credetemi, non ho tempo nemmeno per scrivere. Oggi sono rimasta a casa e ne approfitto per pubblicarvi questo capitolo, già pronto da tempo. Non oso dire nulla adesso, preferisco tenermi il meglio per la fine del capitolo. Vi prego quindi di non saltare le note finali e di leggere attentamente persino le virgole! Buona lettura (:

Ancora mille scuse.

 

 

Capitolo 15

 

Sto muovendo i piedi a tempo di musica. È meraviglioso leggere un libro nella vasca piena d’acqua fino al collo mentre le note di una canzone rendono l’atmosfera ancora più leggera.

E se questo non bastasse, basta invece l’idromassaggio che da solo vale tutto il resto.

Ma proprio mentre sto per scoprire come reagirà David alla notizia che Lucy è incinta, qualcuno mi toglie il libro di mano.

“Devo parlarti.”

Cercando di riprendermi dallo spavento appena ricevuto, lancio un’occhiataccia a mio marito. “La prossima volta che torni in anticipo avvisa. Non ti aspettavo e per poco non mi hai fatto morire.”

Edward deve essere arrivato da un bel po’ a casa perché al posto di giacca e cravatta indossa i pantaloni di una tuta e una leggera maglietta. Ha i capelli spettinati ed è scalzo.

È perfetto.

“In questo periodo” esordisce ignorando il mio tono accusatorio, “mi hai fatto una testa tanta perché volevi tornare a lavorare.”

“Non capisco perché…”

Mio marito frena immediatamente lo sproloquio che avevo in mente tappandomi letteralmente la bocca con la sua mano, fissandomi con quegli occhi che da tre mesi a questa parte sono animati di luce viva.

Sento che mi sto sciogliendo.

“Mi sta bene” continua.

Non posso parlare perché ho ancora la sua mano sulla mia bocca, ma inarco un sopracciglio facendogli capire quanto sia confusa da questa sua scelta improvvisa. Non era lui il maschio alfa che pretendeva che sua moglie non lavorasse perché era lui a dover portare i soldi a casa?

“Però ad una condizione.” Sorrido sulle sue dita e lo vedo ricambiare il sorriso che percepisce a quel contatto. “Voglio che inizi a settembre. Voglio agosto tutto per noi.”

Okay, a questa rivelazione non può impedirmi di porre domande. Mi allontano immediatamente.

“Ma se sei il primo a lavorare da mattina a sera.”

Edward annuisce. “Difatti è per questo che, se tu vuoi, ho fatto in modo tale da prendermi un mese di ferie. È uno dei motivi per cui queste settimane ho lavorato ancora più delle altre.”

La mia espressione parla per me. “Non ci credo” sussurro. Sarebbe troppo bello per essere vero. “Davvero puoi prenderti un mese di ferie?”

Lo vedo esitare un breve istante. “Tecnicamente non sarebbe possibile, perché posso pure rimanere a casa ma qualche volta dovrò lavorare anche dentro. Però sì, potremmo partire e, con l’azienda in mano a mio zio Caius che per l’occasione ha acconsentito a tornare a gestirla come faceva un tempo, non dovrei avere problemi.”

Non so cosa dire. In questo momento di trance, oserei dire, mi rendo conto che per tutto il tempo ho conversato completamente nuda con mio marito del tutto vestito. L’acqua ricoperta di fitta schiuma mi copre alla sua vista, ma sotto sono pur sempre nuda.

Anche lui ha messo da parte quei propositi per concentrarsi su di me. Ha lo sguardo basso verso la vasca e con la mano ne sfiora l’acqua.

“È fredda” osserva.

Cerco di non sorridere. “È tiepida” lo correggo.

“Non senti freddo?” mi domanda fingendosi preoccupato. “Se vuoi, posso aiutarti…”

Scoppio a ridere, non riuscendo più a trattenermi. Avrei voluto continuare quel gioco, ma purtroppo la sensualità non è il mio forte. “Non ho bisogno d’aiuto…”

Ma Edward si sta già togliendo la t-shirt. “Io non credo proprio…” e quando poi passa a togliersi i pantaloni, non aspetto che tolga anche i boxer.

Lo afferro per il gomito e lo spingo verso la vasca, scoppiando a ridere quando sputa fuori l’acqua.

“Questo non dovevi farlo” mormora fissandomi minaccioso.

Emetto un gridolino divertito quando stavolta è lui ad afferrare me, mentre si premura a farmi emettere altre urla completamente diverse e più piacevoli.

///

Lui me l’aveva detto. Non posso essere in collera con lui perché mi aveva avvisato che, pur preso quel mese di vacanza, avrebbe comunque lavorato da casa. Casa che, in questo momento, si trova a Venezia. La scorsa settimana era un hotel ad Atene. La prossima non ne ho idea.

Ad ogni modo, sono contenta che i giorni di lavoro siano stati sostituiti da telefonate in diverse città visitate per questo mese. È solo che non mi aveva detto avrebbe lavorato in camera nostra, causando così il mio risveglio.

Sto usando il suo petto come lettino, ma non importa: me lo deve visto che mi ha svegliato. Gli lancio un’occhiataccia e lui ricambia pizzicandomi il naso, continuando imperturbabile la sua conversazione telefonica.

Okay, forse lo posso perdonare: mi sarei arrabbiata di più se mi avesse negato la possibilità di risvegliarmi fra le sue braccia. Mi accoccolo nuovamente su di lui, lasciandomi un delicato e dolce bacio sul petto prima di richiudere gli occhi. Sento la mano di Edward posarsi sulla mia testa e iniziare ad accarezzarmi i capelli, e mi stringo ancora di più.

Resto sveglia per quel che mi pare un secolo ad ascoltare la sua voce roca e sensuale e lui non smette nemmeno un istante di accarezzarmi. È così che mi addormento ancora, nel migliore dei modi.

///

Il tempo è passato così velocemente da non rendermi conto il mese di settembre è arrivato e con esso anche il momento della partenza. Si ritorna alla vita normale, la vita di sempre.

Ammetto di avere un po’ di timore, perché la prima e unica volta in cui io e Edward abbiamo passato così tanto tempo insieme con spensieratezza, al ritorno è successo il finimondo e, benché lui ora sia ben diverso da quello di un tempo, purtroppo ho una brutta sensazione.

È solo la mia paranoia, questo lo so.

Difatti, nei giorni a seguire il nostro ritorno, pur riprendendo il faticoso vecchio orario di lavoro, Edward non è cambiato: è proprio come durante lo scorso mese.

Ed è fantastico, perché finalmente mi sento davvero felice. Poco importa se per raggiungere questo obbiettivo ho dovuto faticare mesi, dovendo persino rinunciare alla mia famiglia.

Con Jasper ci sentiamo ogni giorno e, sorprendentemente, ho scoperto che con Edward non c’è odio. Voglio dire, i due non si amano, si sopportano a stento. Ma è sempre meglio dell’odio. Inoltre, è chiaro come il sole che tollerano la presenza dell’altro per il mio bene e questo mi fa sentire speciale e amata. Persino da Edward.

Per quel che riguarda i miei genitori, so bene cosa mio padre ha causato a Edward. Non ho ancora sentito la sua versione, ma anche se le cose fossero andate diversamente, l’odio di mio marito per Charlie è reale, e sotto quella coltre di serenità e tranquillità che ora pervade Edward, il rancore e la rabbia bruciano ancora.

A me basta sapere che stanno bene e James mi rassicura su questo ogni giorno. Per quanto, aggiunge, possano stare bene sapendomi lontana e senza alcuna possibilità di parlare con loro. Le possibilità ci sono, ma non voglio mentire a Edward. Forse un giorno la loro mancanza mi toglierà talmente il respiro che sarà inevitabile compiere quel gesto, ma fin quando posso resistere, resisto.

Inoltre, con l’arrivo di settembre, ho anche altro che mi permette di non pensare a cose negative. Edward mi ha promesso che avrei potuto ritornare a lavorare a partire da questo mese e io mi sono già messa all’opera.

Ho già una cliente, per quanto possa essere arrivata facilmente visto che è la fidanzata di un collega di Edward.

“Vorrei un matrimonio semplice, ma non troppo. E vorrei un menu abbondante, sebbene per favore faccia attenzione a ciò che sceglie. Non vorrei ingrassare… Oh, e poi voglio sposarmi in chiesa, con addobbi sfarzosi. Hai presente quelli del Natale? Addobbi simili, ecco.”

Sorrido tentando di calmare quell’entusiasmo quasi eccessivo ma comprensibile. “Avremo tempo per decidere ogni cosa con calma, Leah, non preoccuparti. Abbiamo tempo a sufficienza, in un anno si possono fare molte più cose di quanto immagini. Quindi direi di cominciare dalla scelta più ovvia e, solitamente, quella più difficile. L’abito di sposa.”

Gli occhi della ragazza abbronzata si illuminano mentre un sorriso felice appare sul suo volto. Annuisce immediatamente con la testa.

“Sai già come lo vorresti?”

“Uhm… Credo di sì… Voglio dire, ho in mente un abito in particolare però non saprei…”

Emetto una breve risata che la confonde ulteriormente. “È proprio per questo che è la scelta più difficile. Cosa importa se non ti piace ciò che mangi per quella giornata, ti rifarai quella dopo. Ma l’abito? Quello non si può sbagliare, lo indosserai solo una volta sola nella vita e deve essere più che perfetto. Quindi stai tranquilla, se sei ancora indecisa possiamo pensare ad altro. La chiesa? Ti sta bene scegliere la chiesa dove si svolgerà la cerimonia?”

“Oh, sì! Direi che come inizio è perfetto!” esclama riprendendo il suo naturale entusiasmo.

Non sono un’esperta wedding planner perché questo è il secondo matrimonio che organizzo, però sono giovane e sposata da neppure un anno, quindi so bene cosa si prova a doversi sposare. Spesso wedding planner con più esperienza significa severità e eccessiva preoccupazione perché i desidera raggiungere la perfezione, e tendono a dimenticare – nella maggior parte dei casi – come rassicurare una futura sposa.

Io so bene come farlo, e il fatto che abbia passato un’ora a parlare con Leah fra noi per conoscerci meglio, per questo primo incontro, lo dimostra, perché della ragazza timida di un’ora fa non è rimasto niente se non un involucro che scoppia di entusiasmo e vitalità.

Prendo in mano l’agenda e la apro sul giorno di oggi. “Se ti va adesso andiamo a fare un giro e vediamo, e magari la prossima settimana scegliamo il catering…” Mi interrompo e aggrotto le sopracciglia, confusa, mentre Leah invece mormora una risposta che non percepisco.

Sono sempre stata una frana con le date, per cui nella mia agenda appunto ogni cosa, dal giorno in cui dovrei fare la spesa a quando mi arriva il ciclo, a quando dovrei cominciare a prendere la prima pillola del mese.

E dovrei prenderla oggi la prima di settembre. C’è solo un problema: non ricordo d’aver controllato l’agenda per quella del mese di agosto… e ciò significa di conseguenza l’intero mese scorso non protetta.

Credo mi stia per venire un infarto.

“Bella? Mi senti?”

Mi riscuoto dalla trance per fissarla, pur senza vederla davvero. “Ehm… sì, certo. Leah, mi sono appena ricordata di una cosa importantissima e devo scappare. Ti chiamo io, okay?” mormoro sbrigativamente raccattando le mie cose.

“Ehm… va bene!” esclama, e sento la sua voce giungere lontana perché già sono sulla soglia di casa sua pronta per uscire.

Quando entro in macchina, non perdo tempo. “Dimitri, per favore, a casa di Rosalie.”

“Tuo marito ha detto…”

“Lo so che dovevo tornare a casa, ma ti prego, portami a casa di Rosalie. Parlerò io con Edward.”

Mi sento agitata, confusa, quasi isterica, e Dimitri questo lo intuisce. Per cui, pur con riluttanza, obbedisce ai miei ordini e mi porta a casa di Rose. È un bene avere un autista personale che non si annoi nello aspettare in macchina ovunque vada, perché per come sto messa non sarei mai arrivata viva dalla mia amica.

Prendo l’agenda e, senza dire una parola, esco dalla macchina per raggiungere la porta di Rosalie, suonando velocemente.

Rosalie mi apre confusa. “Bella? Wow, sembri avere un diavolo per capello, cosa…?”

Entro senza indugiare oltre e passo subito al sodo mentre sbatto la porta per chiuderla. “Ho dimenticato la pillola.”

Rosalie sgrana gli occhi. “Be’, potresti prenderne due insieme, non succede niente, sai?”

“No! L’ho scordata per un mese! Un mese intero, capisci? Il mese di agosto, quello dove ho fatto tanto sesso, estremo sesso, e…” Prendo la mia agenda e la apro alla pagina del giorno dove ho scritto la note ‘arrivo ciclo’. “Ho un ritardo di quattro giorni quando sono stata sempre regolare da quando prendo la pillola.”

Rosalie è sconvolta. “Cristo…” sussurra, per poi esclamare: “Ma come hai fatto a dimenticarti di prendere la pillola per un intero mese?!”

“Perché siamo partiti che io avevo il ciclo e dovevo ancora iniziarla, per cui tra le giornate a letto, tra i viaggi per il mondo e i fusi orari diversi, ho perso del tutto il conto dei giorni e mi sono dimenticata completamente di quando avrei dovuto cominciare a prendere la pillola. Diamine, volevo solo godermi una bella pausa estiva con mio marito!” esclamo sull’orlo di un pianto isterico.

“Va bene, va bene” mi culla Rosalie tentando di calmarmi. “Non è poi la fine del mondo…”

“Non è la fine del mondo? Cristo santo, siamo appena usciti da una crisi coniugale e dovrei dirgli che forse sono già incinta?”

“Magari reagisce bene…”

“Parliamo di Edward, Rose!” urlo ancora.

“Da quando siete sposati ogni volta che ti aspettavi reagisse in un modo lui faceva l’esatto contrario, perché dovrebbe essere diverso questa volta?” sbotta.

“Perché non parliamo del passato, né di quella stupida vendetta, né della mia prima volta. Stiamo parlando di un figlio!”

Non faccio altro che urlare contro la mia migliore amica. Una piccola parte di me sa che sto sbagliando a prendermela con lei, e alla fine non sono realmente arrabbiata, è solo uno sfogo. È l’unica con cui posso permettermi di sfogarmi così, sicuramente se lo facessi con Jasper farebbe il casino a Edward.

Rosalie lo sa e non mi aggredisce.

“Bella” inizia con voce calma. “Come prima cosa devi tornare a casa. Se non ti senti sicura, se hai paura, aspetta un poco. Quando ti sentirai pronta farai il test. E ricordati che per essere sicura al cento per cento è meglio andare dal ginecologo, anche perché hai solo quattro giorni di ritardo ed è ancora un po’ presto perché il test dia con sicurezza una risposta. Prenditi del tempo, okay? Fai passare un po’. Quando lo riterrai opportuno, mi chiamerai e andremo a fare quel benedetto test. D’accordo?”

Sospiro pesantemente e annuisco. Ha ragione. Perché fasciarsi la testa prima ancora di rompersela? E poi non è detto che lo sia. Voglio dire, ho preso la pillola per qualche mese, l’effetto non si annulla subito, no? Però è anche vero che non sarebbe un caso rimanere incinta subito dopo aver smesso… Ne ho lette parecchie di storie così. E se io ne facessi parte?

No. No, devo solo stare calma. Stare calma e aspettare di sentirmi in grado di sapere la verità. Fino a quel momento continuerò a godermi mio marito. È un bel programma, sì, peccato che quando arrivo a casa ci sia altro ad attendermi: Jasper e mio padre.

“Papà!” esclamo senza sapere cosa fare.

Il primo impulso è quello di correre ad abbracciarlo, ma so anche di averlo deluso e ho paura possa rifiutare il mio abbraccio. È lui a porre fine ai miei dubbi quando mi prende fra le sue braccia e la telefonata dove avevamo litigato è già dimenticata.

 Affondo il mio viso sul suo petto.

Questa è casa. Tuttavia, mi sconvolge pensare a questo come quando passi davanti la casa dove hai abitato per anni durante l’infanzia e l’adolescenza. Sei affezionata e senti che il tuo cuore apparterrà per sempre a quella casa, ma sai anche che quella vera è quella dove ritornerai dopo essere stata lì.

Abbracciando mio padre, provo la stessa cosa. Edward è la mia nuova casa.

“Cosa fai qui? Sam ti ha fatto entrare?”

È Jasper a rispondere a questa domanda. “Non ha fatto storie perché non lo conosce, e io ho garantito per lui.”

“Devi andartene” sussurro con le lacrime agli occhi. “Se Edward ti vedesse…”

“Non mi vedrà, amore mio. Ce ne andremo prima che lui ritorni” assicura fissandomi con amore.

“Cosa?” mormoriamo contemporaneamente io e Jasper.

“Avevi detto che volevi solo parlarle” gli ricorda Jasper, ma lo ignoro.

“Non posso andarmene!” esclamo. “È mio marito, come potrei farlo?”

“Ti ha costretto a sposarlo! Non ti rende felice, passa più tempo con le sue amanti che con te, come quella volta a quel ristorante…”

Allento la presa e mi allontano di un passo, fissandolo confusa. “Quando il video è uscito l’ho visto e rivisto, e nel box informazioni c’era scritto che era un pub…”

Charlie apre bocca ma non risponde, presentandosi come fosse a disagio. “Mi sarò confuso…” si giustifica poi, debolmente.

“Oh, papà…” sussurra Jasper deluso.

Non ci posso credere. È stato lui…

“Senti, non avevo alcun contatto con te e quel bastardo ha impedito qualsiasi cosa potessi inventarmi. Pagare qualcuno che ti facesse capire che dovevi lasciare Edward era l’unico modo per ritornare ad essere una famiglia…”

“Non eri tu quello che doveva indurmi a farlo, ero io che dovevo capirlo da sola! Hai idea di come mi sia sentita a pensare che mio marito mi aveva tradito?” urlo fissandolo come se lo vedessi per la prima volta.

“Allora perché sei ancora qui?” mi chiede disperato. “Ti ha tradito, dovresti…”

“Era la cugina, papà” risponde gelido Jasper, affiancandomi. “Non c’è stato nessun tradimento. Potrai non crederci, ma Edward è pazzo di Bella…”

Mi trattengo a fatica dall’alzare lo sguardo verso mio fratello per capire se lo pensa davvero o meno. Io no di certo.

“Non è vero!” obbietta diventando rosso per la rabbia. “L’ha sposata per chissà quale motivo, non ci credo che lui a pochi giorni dal matrimonio con la bionda abbia deciso di sposare un’altra e soprattutto non credo che tu lo ami come mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti. Non ti innamoreresti mai di un uomo impegnato, e se anche fosse faresti di tutto pur di comportarti onestamente verso la ragazza. Sei ben diversa da così.”

Mio padre mi conosce fin troppo bene.

“Io…”

“Ti ha raccontato una bugia, Bells, perché non mi vuoi credere?” mi chiede con gli occhi lucidi. “Ti ha tradito, io lo so che è così. Quella donna era…”

“Mia cugina. Per l’ennesima volta: Alice è mia cugina.”

Tutti e tre ci voltiamo verso la soglia del salotto, io spaventata a morte. Edward ha sempre odiato ciecamente l’uomo che adesso ha davanti, un uomo che è causa di tanta sofferenza.

Una ragazza gli si affianca. Una ragazza bassa quanto me con i capelli neri e corti e un sorriso timido e dispiaciuto in viso. “Chiedo scusa per aver creato tanta confusione. Ma sì, sono solo la cugina di Edward.”

Lei è Alice? Lancio uno sguardo a Edward che non fa altro che fissare mio padre. Sembra esserci solo lui nella stanza.

Mio marito ha incontrato mio padre solo un’unica volta prima di questa, subito dopo l’annuncio del nostro fidanzamento. A quel tempo, Edward si godeva l’inizio della sua vendetta che iniziava per il verso giusto, col grande botto. Poteva permettersi di goderne appieno con tanto di sorriso cattivo verso mio padre. Ma adesso che ha rinunciato ad ogni proposito, attaccare briga con lui sarebbe l’unico modo per sfogarsi.

Lo affianco immediatamente, senza sapere cosa ho davvero intenzione di fare. “Edward, ti prego…”

“Non lo voglio qui” sibila nella mia direzione, pur continuando a fissare mio padre.

“Non me ne andrò fin quando mia figlia non verrà con me” sentenzia senza timore Charlie.

Il passo avanti di mio marito mi fa rizzare ogni singolo pelo sul corpo e lo prendo per mano stringendo forte la presa, così forte da farmi male io stessa, posandogli anche una mano sul petto.

“Tu…” inizia Edward, ma viene interrotto da mio fratello.

“Mi avevi assicurato che desideravi solo parlarle. Lei non verrà mai via con te, papà, ha scelto suo marito all’inizio e continuerà a farlo fino alla fine.”

Fisso Jasper con tutta la gratitudine del mondo, con tutto l’amore che provo per lui. Mi sento terribilmente in colpa per averlo trattato male quella sera di mesi fa in cui è intervenuto a una serata mondana per convincermi a lasciare Edward.

Continuo a pensare tutto ciò che gli dissi quella volta, ma capisco anche che avrei potuto reagire diversamente. Tutto ciò che ha detto è stato solo perché mi vuole bene, un bene che ricambio con tutto il cuore.

“Non capisci che è lui che pressa? La costringerà in qualche modo, lei non può voler stare con lui, non può stare con lui…” insiste mio padre.

Alice, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si intromette con voce gelida. Del sorriso imbarazzato ma dolce di poco prima non vi è rimasta alcuna traccia. “Non vedo motivo per cui non dovrebbe voler stare con mio cugino.”

“Suo cugino è senza cuore” ribatte prontamente Charlie senza un briciolo di rimorso. “Ha minacciato mia figlia per riuscire a farsi sposare e Dio solo sa se può averla trattata male!”

Vero. Mi ha minacciato per costringerlo a sposarlo, sebbene una minaccia nascosta da una proposta – il matrimonio in cambio di un aiuto economico, avvenuto solo grazie ai miei risparmi in seguito alla scoperta della vendetta – e mi ha anche trattato male. Non fisicamente e nemmeno psicologicamente. Più che altro, me ne ha fatte passare quattro, lo ammetto.

Ma tutto ciò non si può paragonare a ciò che ha fatto lui.

“Almeno lui non mi ha tradito con una donna madre di due bambini portandola ad abbandonare tutto e tutti per un amore non corrisposto” mi sento pronunciare.

Mi ha fatto molto male dirlo, perché in fondo speravo di sentire anche la versione di mio padre e scoprire che c’erano lati nascosti agli occhi di Edward che motivavano il comportamento di Charlie.

Eppure, le mie parole colpiscono nel segno: sento Edward irrigidirsi e vedo il colore defluire dalle guance di mio padre. È una conferma silenziosa, e non si aspettava io sapessi.

Quella mia frase ambigua è stata ben capita da mio padre, meno da Jasper e Alice, perché loro non conoscono la verità. Tuttavia, capiscono che non è una frase detta a caso e nessuno dei due fiata. Nemmeno Edward e Charlie. E io sono solo stanca di tutto, ormai…

“Papà” sussurro, allontanandomi da Edward quel tanto che basta per sedermi sul divano. “Per favore” lo supplico.

Io amo mio padre, questo non cambierà. Non puoi passare dall’amore all’odio, o viceversa, in un istante. Ci vuole tempo, tempo che io non ho nemmeno desiderato. Io non voglio odiare mio padre. È solo che, per quanto io gli voglia bene, scelgo mio marito, perché lo amo.

Questo, però, non significa che sia facile o che non faccia male. Perché fa male, e anche tanto. È per questo che lancio un’occhiata a Jasper per chiedergli silenziosamente aiuto, perché sto per scoppiare e so che non resisterò a lungo. È un addio, l’ho ormai capito.

“Basta così” sentenzia Jasper, capendo al volo. “Andiamo, papà. È la scelta migliore.”

Ho lo sguardo basso e non vedo cosa stia succedendo o come possa essere lo sguardo di mio padre. Ferito? Deluso? Arrabbiato?

Sussulto quando Edward si inginocchia davanti a me fissandomi con sguardo indecifrabile.

“Mi dispiace” mormoro immediatamente, la voce incrinata. “Io non sapevo, io non immaginavo…”

“Va tutto bene” sussurra lui, prendendomi il volto fra le mani.

Non va tutto bene. Edward ritornerà la persona fredda e scostante di prima; penserà che gli abbia mentito facendo entrare mio padre; e mi odierà quando scoprirà che sono incinta, dato che ci sono alte possibilità. Come può dire che va tutto bene?

“Se ne sono andati.”

Entrambi alziamo lo sguardo verso Alice, che sta tornando verso il salotto, segno che ha accompagnato mio fratello e mio padre via.

Edward annuisce. “Puoi stare con lei un attimo? Devo fare una telefonata” spiega alzandosi e allontanandosi di un passo.

Vedi? Ti stai allontanando ancora. Oh Dio, non di nuovo, non ora…

“Certo” asserisce subito Alice. Mentre il cugino esce, lei si siede con un dolce sorriso accanto a me. “Mi dispiace. Per tutto. Se non fosse stato per colpa mia…”

Sospiro. Non conosco questa ragazza e a prima vista sembra simpatica, ma ciò che vorrei fare in questo momento è solo andare a letto e dormire per le prossime ventiquattro ore. “Non è stata colpa tua, ma di mio padre. È stato lui a pagare quel paparazzo affinché facesse quel video.”

“Oh mio Dio” sussurra sconvolta.

“Già” borbotto. “Oh mio Dio.”

///

Fin da quando ero piccola ho sempre avuto il sonno facile, un’abitudine che non ho perso col passare degli anni.

Edward non si è fatto vedere quella sera e sono andata a letto con la triste consapevolezza di essere di nuovo punto e a capo con lui. Ma quando a svegliarmi è la lieve carezza di una mano sul viso mi fa dubitare.

“Come ti senti?” sussurra Edward fissandomi… dolcemente. “Alice mi ha detto che hai cominciato a sentire un forte mal di testa…”

È seduto di fianco a me sul bordo del letto, così vicino che se distendessi la mia mano poggerebbe sulla sua coscia. Lo faccio.

“Sto bene… Almeno credo.” Perché se lui è tornato lo stesso uomo che prima mi disprezzava allora no, non sto affatto bene.

“Vuoi che ti porti qualcosa?”

La sua mano è ancora sul mio viso. Indossa gli stessi abiti di oggi pomeriggio e sembra stanco. Voglio qualcosa, a dire il vero.

“Ti corichi vicino a me?” mormoro con un fil di voce. Ho paura della sua risposta.

Con il pollice mi accarezza lo zigomo mentre continua a fissarmi con sguardo impenetrabile. “Non sei arrabbiata?” indaga.

Lo sono? Sì, in effetti. Almeno fino a quando non mi darà un buon motivo per giustificare la sua assenza. Credo che la mia espressione parli chiaro.

“Credi che sia facile, Bella?” mi chiede con voce decisa. “Ti ho visto oggi. Eri spaventata quando tuo padre se n’è andato. Diamine, hai persino pianto. Come se dopotutto ciò che è successo io potessi arrabbiarmi con te. Come se potessi farti mai del male.”

Percepisco del disprezzo nella sua voce, ma per la prima volta non è rivolto a me.

“Non avevo paura che potessi ferirmi. È solo…”

“Non fisicamente, forse. Ma hai ancora paura possa diventare come prima, che possa trattarti di nuovo come pochi mesi fa.”

“Puoi biasimarmi?” sussurro.

Edward non risponde alla mia domanda, ma va dritto al punto. “Tu non ti fidi, Bella.”

“Io ho paura, Edward!” esclamo con voce bassa. “Io mi fido di te, ma ho paura che tu possa deludermi.”

“Come potrei mai non deluderti se già sei convinta che lo farò? Come puoi darmi un’altra occasione se pensi già che la sprecherò come ho fatto quando ti ho sposato?” mi chiede piano.

Trattengo il respiro senza nemmeno rendermene conto. Credo d’aver capito cosa vuole dire, ed ha ragione.

“Io voglio provarci, Isabella, e sto cercando di essere per te la persona che voglio mostrarti. Giorno dopo giorno, mi sto aprendo con te come non ho mai fatto nemmeno con mia sorella. E non è facile, perché ho passato quasi trent’anni a nascondere i miei sentimenti dietro la freddezza e l’imperturbabilità, e poi vieni tu e scombussoli il mio mondo, e devo mostrarmi per chi voglio essere realmente.” I suoi occhi verdi sembrano perforarmi per l’intensità del suo sguardo. “Io sono questo, Bella. E sono questo solo con te.”

Apprezzo la sua sincerità. Comprendo le sue parole e ammiro il fatto che non nasconda che tutt’ora ci prova, sebbene a piccoli passi. Mi ha chiesto di fidarmi, e voglio farlo. Come per la questione della gelosia, devo fidarmi di lui anche su tutto il resto.

“Così è per questo che non ti sei fatto vedere stasera? Perché avevi bisogno di calmarti?” chiedo con un piccolo sorriso che Edward ricambia.

“Anche. Ma soprattutto, eri tu che avevi bisogno di pensare.”

“Io avevo bisogno di te. Mi sarei risparmiata ore di dubbi, sai?”

Vedendo che non sono più arrabbiata, Edward emette una breve e bassa risata. “Non sono bravo nemmeno a capire cosa vuole mia moglie, vedi? Però prometto che migliorerò.”

Annuisco, credendogli. “Ti va di venire a letto?” sussurro poi.

Non c’è malizia nella mia voce, voglio solo dormire insieme a lui. Edward lo capisce e scalcia via le scarpe con i piedi stessi, spegnendo l’unica luce che illumina la stanza, quella del lumino. Poi, ancora vestito, si distende al mio fianco prendendomi fra le braccia.

Il mio cuscino viene sostituito dal suo petto e non c’è niente di meglio. Inizia ad accarezzarmi i capelli e lascia un lieve bacio sulla mia nuca.

Ora che abbiamo trovato un po’ di serenità, non voglio pensare a come reagirebbe Edward se dovesse sapere sono rimasta incinta per un mio stupido errore. Ma come dice Rosalie, è meglio aspettare. È inutile pensarci adesso…

///

“Tanti auguri, vita mia, tanti auguri, tanti auguri, amore mio!”

Jasper non smette un istante di tenermi stretta a se baciandomi guancia, fronte, zigomi, orecchie quasi. Per il mio compleanno, lui è sempre stato più entusiasta della sottoscritta.

“Ah, che gioia!” esclama deliziato allontanandosi per osservarmi. “Diciannove anni non si compiono tutti i giorni, eh?” mi chiede scoppiando poi a ridere per la battuta – pessima – appena fatta.

Tuttavia non riesco a non ridere davanti al suo entusiasmo. Ed è una bella distrazione, visto ciò che ha confermato il test di gravidanza che ho fatto stamattina.

“Ma che ho fatto di male per meritarmi questo?” sento borbottare Edward seduto sul divano.

“E dai, sono così carini” lo rimprovera Alice, osservandoci con sguardo quasi innamorato.

“Da fare schifo” conclude per lei Victoria, seduta al fianco di Edward.

Fratello e sorella hanno la stessa espressione disgustata.

“Tu non hai mai fatto così!” esclama piccata Alice verso Emmett, seduto sul tavolo mentre si sta ingozzando.

Alice mi ha detto che i due sono nati nello stesso periodo e che sono cresciuti insieme, per cui sono come fratelli. La coincidenza era che avevano entrambi la stessa età di mio fratello.

Emmett la ignora, preferendo fare gli occhi dolci a Esme. “Questo dolcino è squisito” le dice estasiato.

Sono abbastanza convinta che se Esme non fosse sposata con suo padre, allora la sposerebbe lui.

La famiglia di Edward è a casa mia per festeggiare il mio compleanno. O meglio, loro festeggiano: per me è un giorno come un altro.

Ovviamente c’è anche Rosalie. È qui da stamattina, perché avevo bisogno di qualcuno che mi sostenesse mentre facevo il test. Rosalie mi aveva proposto di aspettare, ma dopo pochi giorni non ho più saputo resistere. Sapevo che il test non era affidabile al cento per cento, specialmente i primi tempi, e io non sapevo nemmeno a che settimana ero.

Perché il test era positivo, anche se potevo comunque non essere incinta. Tuttavia so, sento di esserlo. Sarebbe un miracolo, dopo un mese di sesso non protetto, non esserlo.

E, in tutta onestà, ancora non ho ben capito come mi sento. Confusa, stralunata, non ancora abituata all’idea. Spaventata, quando penso che dovrò dirlo a Edward.

Questa cena in famiglia è una buona trovata per distrarsi.

Ci sono Victoria e la sua famiglia, Carlisle e Esme, Emmett, Jasper e Rosalie, e Alice. Jasper mi ha detto che con Emmett hanno avuto occasione di instaurare un bel rapporto d’amicizia. Edward ha borbottato parolacce quando ha saputo che ci sarebbe stato mio fratello, ma sotto sotto sono convinta che non gli dispiaccia poi così tanto.

Carlisle e James stanno giocando a dama in uno scontro di sguardi, preferendo vincere contro l’altro che partecipare alla discussione per il comportamento idiota di mio fratello. Non posso dire di biasimarli.

Claire e Tom, invece, stanno riposando rispettivamente sul tavolo e fra le braccia della nonna.

Avendo cambiato casa, adesso non abbiamo più a disposizione le camere per gli ospiti come nella precedente villa, dato che ne avevamo solo due di cui una adibita a libreria. Per cui, se il bambino è piccolo e può stare bene fra le braccia di Esme, mi dispiace che la bimba possa avere dolori alla schiena così piegata sul tavolo con le braccia incrociate a farsi da momentaneo cuscino. Così decido di avvicinarmi a lei inginocchiandomi al suo fianco e accarezzandole i capelli.

“Claire… se sei stanca vuoi andare a dormire nel mio letto?” le sussurro all’orecchio.

Lei mi fissa col visino assonnata. “Posso?” mi chiede con vocina insicura.

Vorrei stringerla così tanto che finirei per farle male. “Vieni, ti accompagno” mormoro alzandomi e porgendole la mano.

Lei l’afferra subito e scende dalla sedia, stropicciandosi con l’altra mano libera l’occhio.

L’accompagno in camera da letto e la faccio sedere sul bordo. Le tolgo le scarpette e la metto a dormire posandole una copertina leggera di sopra.

“Va meglio?” le dico infine sedendomi al suo fianco e riprendendo ad accarezzarle i capelli rossi come quelli della madre.

Lei annuisce sorridendomi. È adorabile. “Zio Emmett una volta ha portato una sua amica che non mi piaceva. Ma zio Edward è stato bravo. Tu sei simpatica!” esclama quasi fosse sorpresa.

Scoppio a ridere, pensando a quanto è bella l’ingenuità dei bambini che ti dicono le cose in faccia. “Anche tu sei simpatica.”

“Rimani un po’ con me? Non riesco a dormire quando sono fuori casa…” mi supplica.

“Amore, non puoi chiedere alla zia di rimanere, è la sua festa e vuole stare con gli altri” esordisce Victoria entrando in stanza e avvicinandosi a me.

Mi fa piacere mi abbia apostrofato con ‘zia’ e non col mio nome, mi sembra così intimo e una reale appartenenza alla loro famiglia.

“Non fa niente, Vic, rimango volentieri. Sono un po’ stanca e mi fa male la schiena, per cui magari rimango un poco, giusto il tempo per riprendermi.”

Victoria mi scruta a fondo, prima di chiedermi: “Sicura?”

“Sì. Vai tranquilla” dico sorridendole leggermente.

Benché mi sopporti molto meglio rispetto a prima, non siamo ancora diventate grandi confidenti, per cui non so mai come comportarmi. Ma Victoria mi rivolge un piccolo sorriso di ringraziamento prima di sfiorare con le labbra la fronte della figlia e toccare in segno di un altro grazie il mio ginocchio. Apprezzo anche questo.

Quando rimaniamo da sole, Claire si sposta più in là e io accetto l’invito, posando la schiena sui cuscini ed emettendo un sospiro di sollievo. Non ho mentito a Victoria, sono davvero stanca e ho davvero mal di schiena.

Claire ha il viso praticamente sul mio seno e gli occhi sono già da ora chiusi. Riprendo ad accarezzarle i morbidi capelli, cullandola canticchiando a bassa voce un motivetto che non conosco nemmeno io. Pochi minuti dopo, sento il suo respiro regolarizzarsi e capisco che si è addormentata. Tuttavia non voglio alzarmi: sto bene così, c’è pace e silenzio e il corpicino della bambina mi da’ conforto e piacere mentre è così stretto a me.

Senza che io mi ne renda conto, inizio ad accarezzare il mio stomaco che sento un po’ più rotondo. Forse sono solo io che lo vedo così, o forse lo è davvero.

Mi chiedo cosa proverò a prendere in braccio il mio bambino. Se mi sento già così affezionata a colei che è semplicemente mia nipote, cosa proverò con mio figlio? Già lo so, lo vizierò tantissimo. Starà sempre tra le mie braccia.

La verità è che non sono contraria a questa gravidanza, non potrei mai. Ho solo paura di non essere una buona madre. Voglio dire, io sono così giovane, così inesperta. Ho ancora così tanto di imparare, ora ho anche un marito, e come potrei prendermi cura di mio figlio se a malapena so prendermi cura di me stessa? Se al momento sto ancora imparando ad essere una moglie, come posso essere una brava madre?

La porta si apre di scatto ma fortunatamente al mio sussulto Claire non si sveglia. Edward sembra sorpreso di vedere quella scena.

“Sta bene?” si informa chiudendo la porta e sedendosi accanto a me, nel posto che precedentemente occupavo.

“Sì” sospiro. “Claire aveva solo sonno.”

Edward non aggiunge altro ma i suoi occhi si posano sul viso della bambina. Starà vedendo come accarezzo i suoi capelli? Starà immaginando come potrei essere come madre di un suo bambino? Spero di sì. Spero inizi a pensare a quest’idea, perché è una cosa che avverrà presto.

“E tu? Stai bene?” domanda aggrottando le sopracciglia. “Sembri così pallida.”

“Sono solo un po’ stanca, davvero.”

Edward annuisce, lanciando un’ultima occhiata alla bambina. “Vieni di là quando ti senti meglio, okay?” mormora dandomi una leggerissima pacca sul ginocchio.

“Okay” rispondo osservandolo uscire dalla stanza.

Faccio passare qualche altro minuto e finalmente decido di tornare a quella che, dopotutto, è la mia festa di compleanno. Cena di compleanno, per meglio dire.

Quando ritorno, James e Carlisle hanno già finito di giocare. Adesso, i giocatori sono Emmett e Rosalie, seduti uno di fronte l’altro a fissarsi quasi in cagnesco.

“Che succede?” mormoro confusa, affiancandomi a mio marito.

Capisco che stiano giocando, ma perché tutti, da Esme e Carlisle, a Victoria e James, a Edward, Alice e Jasper, sono in piedi attorno a loro?

“Sssh!” mi rimprovera aspramente mio fratello. “È un momento critico.”

Dio mio. Lo pensa seriamente.

Giurerei che Rosalie e Emmett non sbattono nemmeno le palpebre per il desiderio di studiare le espressioni dell’altro. È Emmett a fare poi la prossima mossa.

“Da quanto tempo giocano?” sussurro in direzione di Edward.

Lui scrolla le spalle. “Dieci minuti, più o meno.”

Oh, Dio. Dieci minuti e hanno fatto letteralmente sette mosse. È impossibile.

Tocca a Rosalie, ma Emmett la distrae. “Ti farò il culo a strisce.” Solitamente una frase così nasconde un tono malizioso, ma mio cognato lo pensa seriamente dato lo sguardo truce che le rivolge.

“Emmett!” lo rimprovera Esme.

“Prima devi arrivarci al mio culo!” esclama Rosalie facendo la sua mossa con rabbia.

“Io vado a sedermi” borbotto alzando le mani come a togliermi ogni responsabilità per il comportamento della mia amica.

Pur essendo in compagnia dei ragazzi nella stessa stanza, seduta sul divano mi sento sola. Ho tutto ciò che mi serve, tranne una cosa.

Mi mancano i miei genitori. Odio essermi separata da loro in questo modo, soprattutto odio che potrebbero essere arrivati a rinunciare a me. Mamma sono secoli che non la sento. Magari ha accettato questa situazione.

Quanto vorrei averla al mio fianco proprio ora. Lei non ha la minima idea di quanto mi manca.

“Ho vinto!” esclama improvvisamente Rosalie, esultando come se avesse vinto alla lotteria.

Emmett sbatte le mani sul tavolo alzandosi in piedi. “Hai imbrogliato! Mi facevi il piedino sotto al tavolo, logico che poi arrivo a sbagliare!” grida offeso.

“Rosalie” la rimprovera mio fratello.

“Oh, mica è colpa mia se è sensibile ai piedini” borbotta lei.

Emmett si rivolge a me con le parole pur tenendo lo sguardo omicida su Rose. “Bella, io ti rispetto molto, ma credo proprio che ucciderò la tua migliore amica.”

“Fai pure” gli dico con voce stanca. Odio stare male proprio ora che sono qui soprattutto per me, ma purtroppo ho un forte mal di testa e un senso di nausea opprimente che mi fa desiderare solo di andare a letto. È una conferma alla già precedente conferma, questa.

“Ehi!” esclama offesa.

Ma io non la sento più, non quando improvvisamente la nausea aumenta a seguito dell’odore di caffè nella stanza.

“Okay, basta così. Ho preparato il caffè, almeno se dobbiamo animarci lo facciamo con le giuste intenzioni!” esclama Esme, causando – senza saperlo – la mia rovina.

Mi alzo improvvisamente correndo per il bagno. Ringrazio l’aver scelto una casa piccola perché riesco a raggiungere la tazza del gabinetto giusto in tempo per vomitarci dentro. Non avevo alcuna intenzione di vomitare con tutti loro davanti, mi sento già malissimo così.

Mi sento quasi morire, perché se c’è una cosa che odio con tutta me stessa è vomitare. Gli occhi lacrimano, la gola brucia, e mi sento già uno schifo.

Mani fresche mi aiutano tirando via i capelli e, quando finisco, porgendomi una salviettina bagnata.

“Non pensavo stessi così male” mormora dolcemente Edward.

Se se ne è accorto lui, allora anche tutti gli altri.

Quel pensiero mi fa piangere ancora di più, stupidamente, nonostante anche io sappia non c’è alcun motivo per essere così esagerata. “Mi dispiace…”

“Va tutto bene, non c’è alcun bisogno di scusarsi, Bella” osserva sottovoce, come a tranquillizzarmi con la sua stessa voce. “Se ti senti male possiamo rimandare, non c’è alcun bisogno che debbano mangiare da noi per forza oggi e…”

“No, no!” esclamo subito. “La tua famiglia è stata così carina con me, non voglio mandarli via…”

“Bella” mormora lui con decisione. Mi accarezza i capelli. “Stai male e hai bisogno di riposto. Sono i primi a voler rimandare per permetterti di andare a letto.”

Annuisco brevemente e faccio per alzarmi. Edward mi segue mentre io vado al lavandino per lavarmi velocemente i denti e tornare ad avere un buon sapore di menta al posto della schifezza del vomito.

Qualcuno bussa al bagno. “Edward, tutto bene?” Victoria.

“Sì, tutto bene, Vic” le risponde sbrigativamente. Tira lo sciacquone e abbassa il copri water.

“Okay, ci vediamo di là.”

Prendo uno degli asciugamano appesi e lo tampono sulle labbra. Mi sento ancora uno schifo. Edward prende la salvietta che avevo utilizzato per me e si volta per gettarla nel cestino dei rifiuti. Quando apre, però, deve aver notato qualcosa perché lo vedo aggrottare le sopracciglia.

Certo di tranquillizzarmi subito perché non è possibile che l’abbia trovato, non quando ho avvolto la confezione del test in chili di carta igienica.

Edward si volta verso di me, l’espressione sconvolta. “Sei incinta?”

Dovrei rispondergli? Ovvio che sì. Ma come posso rispondergli con semplicità ‘Sì, sono incinta’. Pensarlo è un conto, dirlo ad alta voce lo rende ancora più vero. Lo rende definitivamente vero.

Ma il mio silenzio deve essere per lui più di mille parole, e scuotendo velocemente la testa esce fuori dal bagno.

Rimasta sola, mi lascio cadere per terra, stremata. Non ho la forza per seguirlo, e nemmeno l’intenzione di farlo. Sono stanca di corrergli dietro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: prima di lanciare maledizioni contro Edward, sappiate che è andato via solo per chiedere agli invitati di lasciarli soli, così da poter parlare da solo con Bella. Bella ha frainteso, ma sappiate che è così :)

Mmhh... Bella è incinta e questo è ufficialmente il penultimo capitolo. Dopo questo scriverò il sedicesimo e per finire l’epilogo, ambientato un anno dopo. Cosa accadrà? Staranno ancora insieme? O magari Charlie riuscirà a convincere Bella a lasciare il marito? E il bambino? Bella è davvero incinta o il malessere è dovuto a un po’ di stress e il test ha sbagliato?

A proposito di Bella incinta, ammetto che non mi è piaciuta molto questa decisione ma sentivo di doverla prendere. Questo perché quando ho iniziato la storia doveva essere più leggera rispetto a come è venuta fuori, e soprattutto non avrei mai creduto possibile di arrivare a scrivere 18 capitoli lunghissimi. (Magari per voi non saranno così lunghi, ma credetemi: più di seimila parole per capitolo -in media- è un gran bel record per me.)

Tuttavia non c’è niente di cui mi penta, tranne che per l’età di Bella. Il mio ‘non mi è piaciuta molto questa decisione’ difatti non è riferito alla gravidanza, bensì alla scelta dell’età. Probabilmente, potessi riscrivere nuovamente la storia, Bella sarebbe più grande. Voglio dire, madre a diciannove anni? È ancora una ragazzina che dovrebbe esplorare il mondo! Però penso anche che probabilmente al posto di Bella sarei stata felicissima. È per questo che, nonostante l’età, non ho voluto cambiare idea.

Magari voi potrete scrivermi ‘E’ troppo  giovane, è troppo presto’, ma solo dell’opinione che ognuno possa avere in merito a un argomento come questo le sue idee. In ogni caso, io sono qua ad accettare qualsiasi cosa abbiate da dirmi (:

p.s.: non temete, la questione ‘genitori’ non è ancora conclusa, specialmente quella di Renèe a cui, povera, non ho dato il giusto spazio. È un’altra delle cose di cui mi pento, ma vedrete che saprò rimediare (:

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Vi chiedo mille volte scusa per questo ritardo di un mese, purtroppo ho avuto problemi con il pc e non ho potuto scrivere. Nemmeno si è trattato di mancanza di ispirazione, sono stati solo problemi tecnici.

Giuro che quasi mi vergogno a pubblicare questo capitolo per due motivi: probabilmente nessuno ci sarà più; è una vergogna farvi aspettare tanto per quelli che sono gli ultimi due capitoli.

Ma vi avevo comunque promesso, sin dagli inizi, che non avrei abbandonato la storia, non importava quanto fosse lungo il periodo in cui non pubblicavo nulla. E io mantengo le mie promesse :)

Questo tra l’altro è proprio l’ultimo capitolo. Vi pubblicherò un epilogo con salto temporale, per farvi sapere come sono trascorse le cose, e dopo questo metterò fine a questa storia. Sono davvero fiera di essa, c’ho messo tutta me stessa, l’impegno che potevo, sfidandomi persino quando pensavo d’aver raggiunto il limite.

Non sarà la storia più bella, quella meglio scritta, quella con il significato più profondo: ma io sono soddisfatta così (:

Buona lettura a tutti, sperando che ci siate ancora :3 – tra l’altro, proprio ora vado a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo, l’avrei fatto prima ma non volevo rimandare oltre l’aggiornamento!!

 

 

Capitolo 16

 

Quando esco dal bagno trovo mia sorella ad attendermi con aria seria.

“È incinta, vero?”

Annuisco brevemente senza guardarla negli occhi. Lei non aggiunge altro. Mi dirigo verso il salotto e so che lei mi segue. Entrando, noto tutti i loro sguardi su di me e riesco a leggervi dentro la stessa preoccupazione che mi aveva invaso solo pochi istanti prima.

“Bella sta bene, ma è parecchio stanca. Vi offendete se vi chiedo di rimandare a un’altra serata questa cena?”

“Certo che no” risponde subito Esme, e vedo Alice annuire al suo fianco.

“Facci sapere come si sente, va bene?” chiede Carlisle, alzandosi dalla sedia su cui era seduto fino a qualche istante prima.

“Sì, per favore. Jasper, vai via anche tu, vero?” domanda Rosalie.

“Sì, certo” sussurra, lanciandomi un’occhiata. “Magari vado a salutare mia sorella, però.”

Annuisco, e Jasper mi supera per andare da lei. Non so se vuole per davvero solo salutarla né cosa gli dirà lei.

Mentre gli altri si stanno preparando, Emmett mi si avvicina.

“Tutto bene?” Mi scruta con attenzione.

“È incinta” gli rivelo senza tanti preamboli in un sussurro diretto solo a lui.

Emmett strabuzza gli occhi. “Incinta? Ehm… Wow! Voglio dire, non siete neanche sposati da un anno e già aspettate il primo figlio. E meno male che fino a qualche tempo fa la odiavi, non voglio sapere a che stato stareste se ti fosse piaciuta fin dall’inizio!”

“Emmett!” esclama Victoria aggiungendosi alla conversazione. “Smettila.”

Emmett è parecchio imbarazzato e non sa cosa dire. “Scusami, sai cosa intendevo dire…”

Lo interrompo. “Certo. Non preoccuparti” gli dico sbrigativamente.

Victoria mi da’ una leggera pacca sulla spalla. “Noi andiamo, okay? Se hai bisogno sai dove trovarmi.”

Annuisco ringraziandola. Le sono davvero grato per l’appoggio, è solo che in questo momento mi sembra strano persino respirare.

La vedo dirigersi verso il marito che tiene in braccio mio nipote, mentre Alice, al suo fianco, tiene per mano Claire. Victoria e la sua famiglia se ne vanno insieme dopo avermi salutato, mentre Carlisle e Esme li seguono dopo poco.

Rosalie mi si avvicina mentre indossa il giubbino. “Dille di chiamarmi, per favore…”

“Tu lo sapevi?” le chiedo invece.

Ovvio che doveva già saperlo. Mia moglie si confida più con lei che con me.

“Cosa?” Aggrotta le sopracciglia, ma è chiaro che lo sa.

“Bella è incinta” asserisce Emmett.

Rosalie mi fissa. “Oh. Te l’ha detto?”

“No, ho semplicemente fatto due più due. L’improvvisa stanchezza, il mal di schiena, il senso di nausea, mia moglie che vomita dopo aver sentito l’amore del caffè… Non sono un idiota, era chiaro che sarei arrivato a capirlo dopo aver passato settimane con Bella in questo stato! Cristo, persino mia sorella l’ha capito.”

“Lei voleva dirtelo, ma aveva paura…”

“Paura di cosa?” sbotto. “Maledizione, quando capirà che può fidarsi di me?”

“La fiducia non si conquista da un giorno all’altro, che poi non è nemmeno questione di fiducia. Lei aveva timore di dirtelo, sì, ma oltre a questo è spaventata lei stessa per cose che tu forse nemmeno capisci. Ha solo diciannove anni, siete così giovani, lei è giovane! Ha paura di fallire come moglie, come madre, come donna. Ha paura persino della sua stessa ombra, arrivata a questo punto. Perché non lo capisci?”

“Come posso capire una cosa del genere se non parla con me?”

“E allora chiediglielo” si intromette Alice. “Fino a qualche mese fa nemmeno tu sapevi che potevi parlare onestamente con lei. Cosa ti fa pensare che per lei sia più facile arrivare a capirlo?”

Sospiro. Mi strofino gli occhi con entrambe le mani. “Va bene. Parlerò con lei…”

“Bene” annuisce mio fratello con un sorriso, prima di voltarsi verso Rosalie. “Bambola, ti accompagno?”

Rosalie inarca il sopracciglia e lo fissa incredula. “Sparati” risponde semplicemente, prima di voltarsi e andare via.

Mio fratello mi sorride con espressione furba. “È pazza di me” mormora malizioso prima di correrle dietro.

“Ehi!” urla Alice “E io con chi me ne vado?”

“Ti accompagno io, non preoccuparti.”

“No, l’accompagno io. Tu va a parlare con mia sorella” ordina Jasper. “Andiamo” continua in direzione di Alice.

Non gli rispondo male, bensì faccio come dice visto che una volta tanto ha ragione.

Immagino che mio cognato abbia portato mia moglie in camera, per cui mi dirigo senza attendere oltre verso la stanza.

Bella’s pov

Lo sento entrare nella stanza con calma. Non mi urla contro, non sbatte la porta, non si muove fendendo l’aria.

Quando mi volto verso di lui, lo osservo mentre sta per sedersi sul bordo del letto.

“Come ti senti?” chiede con tono indecifrabile.

“Come hai fatto a scoprirlo?” preferisco invece chiedergli.

“Ultimamente eri strana. Stanca, mal di testa, sonno, nausea... Ti è bastato sentire l’odore del caffè per vomitare. E ricordo che… uhm, non abbiamo saltato nemmeno una settimana in questi ultimi mesi. Così ho capito.”

Annuisco osservandolo attentamente. Non sembra arrabbiato. “È stato un errore...”

“È tutto okay. So che non l’hai fatto apposta.”

Mi avvicino a lui titubante. “E ora che si fa?”

“Bella” inizia con tono serio. “Avevamo deciso di provare a darci una seconda opportunità. Di dimenticare tutto e andare avanti, solo noi due. Di continuare con il nostro matrimonio. Forse è un po’ troppo presto per un bambino, ma prima o poi, se continuare il matrimonio era davvero ciò che volevamo, il suo arrivo sarebbe stato inevitabile... no?”

Continuo ad osservarlo incapace di capire dove vuole arrivare.

“Voglio questo bambino” annuncia infine. “E non credo di capire perché tu non lo voglia. Se è per l’età…”

“No!” esclamo, incredula. “Voglio anche io questo bambino, ovvio che lo voglio.”

“E allora qual è il problema?” continua non capendo seriamente.

“Edward, io…” Mi interrompo con un sospiro e mi alzo con il bisogno di camminare, di fare qualcosa.

“Rosalie mi ha detto che hai paura. È di questo che si tratta?”

Preferisco non rispondere a questa domanda e Edward, capendolo, mi raggiunge e mi prende fra le sue braccia.

“Vieni qui” sussurra.

Poso la testa sul suo petto e mi lascio avvolgere dal suo profumo, da lui.

“Va tutto bene, Isabella, va tutto bene” continua a sussurrare con voce calda e bassa.

Sento i miei occhi inumidirsi e mi mordo il labbro inferiore imponendomi di non piangere.

“E va tutto bene perché sei perfetta. Sei una donna perfetta, e una moglie perfetta, e sarai una madre ancora più perfetta. Tra tutto ciò che potresti mai temere, questa è l’ultima cosa al mondo.”

Ma io scuoto la testa con forza. “No, non è vero…” La voce mi trema e lui se ne accorgerà sicuro, e per risposta mi sento peggio. “Non so niente di niente, sento che fallirò in tutto e ho solo bisogno…”

Non posso andare oltre. E preferisco che mi senta piangere piuttosto che sentire la verità.

Ho bisogno di mia madre. Ho bisogno di averla accanto, di poter condividere la notizia non solo con mio marito ma anche con lei, di farmi raccontare quello che sentiva lei e come ha affrontato tutto.

A quanto pare, però, non è possibile.

Edward’s pov

Dopo che Bella si era calmata, avevo deciso di portarla a cena fuori. Avevo capito il punto di vista di mia moglie ed era normale che fosse preoccupata, ma non ne aveva realmente motivo.

Era una brava moglie e sarebbe stata una brava madre. Lo so io, lo immagina persino la mia famiglia. Bella è l’unica che non se ne rende conto.

In seguito le cose sono andate un po’ meglio. Bella aveva ancora l’irrazionale paura di non essere una buona madre, ma era davvero felice per questo bambino. Lo capivo nel modo in cui si accarezzava distrattamente lo stomaco e lo vedevo quando mi parlava dei malesseri che la gravidanza le portava mentre tuttavia sorrideva.

E con il passare del tempo, non riuscivo a capire il motivo per cui era ancora spaventata.

“Come puoi non capirlo? Non ha nemmeno vent’anni e aspetta già il primo figlio. Moglie e madre nel giro di un anno, c’è da impazzire!” esclama Victoria un giorno che vado a farle visita.

“Sì, ma se lei è felice del bambino, perché rovinarsi il momento?”

Davvero non aveva senso. Non per me.

Victoria sospira e mi guarda come spazientita. “Vuoi sapere cosa credo io? Vuoi la verità? Bene: Bella è spaventata perché è sola.”

Idiozie. “Bella non è sola. Ho cercato persino di ridurre le mie ore di lavoro per starle vicino e…”

“No, non capisci. Puoi starle accanto anche ventiquattro ore su ventiquattro, questo non le impedirà di sentire la mancanza dell’unica persona che in questo momento potrebbe esserle veramente d’aiuto. Sua madre.”

Fisso mia sorella senza dire una parola, soppesando le sue parole.

Sua madre. Bella sente la sua mancanza, ed è chiaro. Ma davvero fino a questo punto?

“Edward, ascoltami e non prenderla a male per quello che ti sto dicendo. Bella è una ragazza che è stata costretta a sposarsi e che è stata allontanata, da un momento all’altro, dalla famiglia che ha sempre amato. Poi ha vissuto in pieno tormento perché il marito cercava vendetta sui genitori servendosi di lei, distruggendola mentalmente e costringendola persino a scappare. Infine, è rimasta incinta a nemmeno vent’anni, in una città non sua con persone che sono degli estranei per lei. E in questo momento delicato è ovvio che voglia sua madre. Non sa cosa aspettarsi dalla gravidanza, come affrontarla, e io e Esme potremmo anche aiutarla ma non sarà la stessa cosa. Credimi.”

Lei lo sapeva bene. Anche lei non ha avuto sua madre durante le gravidanze.

Abbasso lo sguardo puntandolo su un punto qualsiasi del pavimento. “Ho abbandonato la vendetta. Non potevo andare avanti, non quando si tratta del padre di Bella.”

“E di ferirla” aggiunge piano Victoria.

Non do’ segno d’averla sentita, ma nemmeno obbietto.

“Edward, penso che se davvero non vuoi più vendicarti, allora forse è giunto il momento di lasciarsi il passato alle spalle e accettare la famiglia di tua moglie.”

Di scatto la fisso. “Mai. Ho fatto una promessa sulla tomba di mamma. L’avrei vendicata e già non sto mantenendo questa, ma almeno non arriverò a fare amicizia con loro.”

“Tu ce l’hai solo col padre, perché impedire a mamma e figlia di rivedersi? Cristo, Bella deve amarti davvero molto per non incontrarsi con sua madre nemmeno di nascosto!” esclama arrabbiandosi.

“Lei non mi ama” affermo guardandola come se vedessi un mostro. “Come potrebbe amarmi? L’hai appena detto: gliene ho fatte passare davvero troppe.”

“Be’, allora non conosci le donne” risponde sbrigativamente, incrociando le braccia al petto.

Sospiro passandomi una mano fra i capelli. “Devo andare.”

Chiudo sbrigativamente la conversazione e me ne vado senza nemmeno salutarla. Capirà. In questo momento sono davvero confuso. Devo farle incontrare sua madre? O devo evitare come ho fatto fin’ora?

Victoria ha ragione, mia moglie ha bisogno di sua madre. Però anche io avevo bisogno di mia madre, eppure non era qui.

Perché mia madre era morta.

Con un brusco movimento, spengo il motore e scendo, entrando in casa. La luce del soggiorno è accesa segno che Bella è lì. Quando entro, noto però Jasper e mia moglie insieme: lui è seduto sul divano, lei ha la testa posata sul bracciolo e i piedi sulle gambe di lui, addormentata.

“Sta bene?” sussurro palesando la mia presenza.

Jasper scrolla le spalle. “Non lo so” risponde con voce triste.

Poso le chiavi e tolgo la giacca, andando in camera a prenderle una coperta. Quando ritorno per coprire mia moglie, Jasper si giustifica: “Non sapevo dove fosse e non mi sembrava giusto curiosare.”

Annuisco sbrigativamente, osservando attentamente il viso pallido di mia moglie. Le tolgo un ciuffo di capelli davanti al volto e, nel farlo, mi accorgo che ha una guancia bagnata. La sfioro di nuovo, poi mi rivolgo a mio cognato. “Ha pianto?”

Jasper sembra riluttante a rispondermi. “Un po’” mormora infine. “Ma non mi ha detto il motivo. Poi si è addormentata.”

Ritorno con lo sguardo su mia moglie. Le parole di mia sorella sembrano assumere un nuovo significato in me.

Aveva paura di essere una pessima moglie quando è chiaro che io sono un pessimo marito. Mi è stata vicina quando qualsiasi altra donna se ne sarebbe andata spillandomi soldi. Mi ha accettato nonostante tutto, nonostante i miei difetti, preferendo lasciare la sua famiglia e scegliendo di stare insieme a me.

Forse Victoria ha ragione, forse davvero mi ama.

E così anche io.

Non avrei mandato la mia vendetta all’aria per niente e nessuno al mondo. Non mio fratello, non mio padre, nemmeno mia sorella. Ma per lei sì. Per lei tutto. Per lei davvero tutto.

Le do’ un’altra veloce carezza e mi allontano sedendomi sul tavolino di fronte al divano. “Ho bisogno del tuo aiuto.”

La mano di Jasper che accarezzava il polpaccio di mia moglie si ferma e mi scruta confuso. “Hai bisogno del mio aiuto” conferma scettico.

So che è assurdo ed è ancora più assurdo quello che sto per dire. Non so nemmeno come iniziare. “Bella ha bisogno di sua madre.”

Jasper guarda immediatamente sua sorella. “Allora è questo?”

“Sì. Penso si senta sola e abbia bisogno solo di sua madre, non saprei. Non me ne parla. Me l’ha fatto capire mia sorella.”

“Saggia Victoria” borbotta lanciandomi un’occhiataccia.

“Ad ogni modo” riprendo spazientito. “Ho bisogno del tuo aiuto perché voglio vedermi con i tuoi genitori.”

Jasper sussulta. “Cosa?”

“Non mi piace tuo padre. E non mi piace nemmeno tua madre. Una telefonata avrebbe potuto farla per sapere come diamine stava sua figlia.”

Jasper prende le sue difese. “Lo so. E anche lei. Ma non poteva. E non perché mio padre glielo vietava, quando eravate in luna di miele provavano ogni giorno ma Bella non rispondeva mai. Solo dopo siamo venuti a sapere che tu avevi fatto cambio di scheda e…”

“Sì, lo so. Ma poi Bella ha ripreso i contatti con te e potevi benissimo dare il suo nuovo numero a tua madre.”

Jasper sospira. “Una volta Bella mi ha detto che non chiamava i suoi genitori perché sentire la loro voce le avrebbe fatto più male e non avrebbe più resistito. Per mia madre le cose sono le stesse: sono io a dirle che Bella sta bene, io a dirle che Bella è felice. Non potrebbe sentirla, se solo la sentisse prenderebbe il primo aereo per New York facendo chissà cosa.”

Quando ho ideato la mia vendetta sapevo che ne avrebbe risentito l’intera famiglia di Charlie. Ciò che mi ostinavo a non capire fosse quanto.

“Pagherò io il biglietto a tua madre.”

“E a mio padre?” si informa lui. “Edward, devi renderti conto che devi gettarti il passato alle spalle…”

“No. Pagherò il biglietto a lui perché a mia moglie mancano i suoi genitori e ha bisogno di sua madre. Ma per il resto, non voglio avere niente a che fare con lui.”

“E allora l’incontro?”

“Ho bisogno di mettere in chiaro delle cose e Bella non deve sapere niente di tutto questo: se le cose dovessero andare male non voglio che soffra di più.”

Le lancio un’occhiata: sta ancora dormendo profondamente.

Jasper annuisce sospirando. “Va bene. Ti faccio sapere.” Si alza spostando dolcemente i piedi di mia moglie per non farla svegliare. “Chiamerò stasera, okay?”

Annuisco, e prendo il suo posto quando si sposta per prendere la giacca. Quando rimango solo, mi dico che ho fatto la scelta giusta. Se non per me, per mia moglie, e tanto basta a non farmene pentire.

///

“Non sono sicuro che sia una buona decisione” mi dice serio Emmett quando dalla finestra del soggiorno di casa mia vediamo una macchina fermarsi.

Jasper mi aveva mandato un messaggio avvisandomi che erano arrivati. Ed eccoli qui.

“Devo farlo” rispondo a mio fratello, prima di dirigermi verso la porta e aprirla. Non li aspetto: me ne ritorno a sedermi sul divano.

E quando entrano, le mani mi prudono per la voglia di pestare a sangue quel figlio di puttana. Ma devo resistere, per mia moglie. Victoria, a conoscenza dell’incontro, le aveva procurato un’altra cliente e sarebbero ritornate entro un’ora. Un’ora era un lasso di tempo più che sufficiente.

“Mia figlia è qui?” esordisce la madre di Bella in un sussurro.

Charlie è pallido ma non mi guarda, mentre io riesco a vedere solo lui.

“No, signora, sua figlia è con mia sorella Victoria” le risponde gentilmente mio fratello.

“Perché siamo qui?” chiede Charlie, senza rabbia nella voce.

Non rispondo. Ho talmente così tante cose da dirgli che inizierei sicuramente da quella sbagliata. Vedendo che non rispondo, Jasper prende la parola.

“Siete qui perché…”

“Bella è incinta” esordisco alla fine. Dritto al sodo, evitando stronzate varie.

Renée si siede incapace di articolare mezza parola, Charlie impallidisce ancora di più. Nessuno dei due sa cosa dire, perché non sa cosa ne penso io al riguardo.

Quando vedo che Charlie sta finalmente per dire qualcosa, mi rivolgo a sua moglie. “Sua figlia ha bisogno di lei, signora. È l’unico motivo per cui siete qui” aggiungo osservando gelido il marito, rispondendo così alla sua domanda.

Charlie si siede vicino a Renée, mentre una miriade di sentimenti passano sul suo volto.

Il silenzio nella stanza viene bruscamente interrotto da un singhiozzo, e i miei occhi si posano verso la figura da cui proviene.

“Mi odia? È per questo che non è qui?” chiede disperata Renée.

“Mamma, ovviamente Bella non…”

“Glielo ripeto, signora: sua figlia ha bisogno di lei. Non potrebbe mai odiarla, se l’odiasse non l’avrei fatta di certo venire qui.” Nonostante le mie parole, ho un tono gentile. Questo perché non ce l’ho affatto con lei, solo col marito.

Alle mie parole, lei non sa come reagire, cosa rispondere. Allora la vedo annuire quasi con timore.

“Ho bisogno di parlarti.”

Persino il pianto di Renée si interrompe a quelle parole del marito, perché certamente nessuno se le aspettava. Perché parlarmi? Non abbiamo nulla da dirci.

“Non ho niente da dirti” mormoro.

“Io sì. Ho bisogno di parlarti” ripete, e vedo che sembra ostinato a farlo.

Lo scruto intensamente, cercando di capire se è sincero o meno. Quando mi alzo, Emmett fa un passo verso di me. “Edward?”

“Non voglio certo iniziare un litigio” aggiunge Charlie con tono più leggero. “Voglio solo parlare. Possiamo stare cinque minuti da soli senza arrivare ad alzarci le mani, giusto?” mi chiede sperando in un sì.

Possiamo?, mi chiedo scettico. Io lo farei già ora che siamo in tanti. Mi sento nervoso e lo voglio già fuori da casa mia.

Ma lui continua. “Per Bella. Ce la fai per Bella, no?”

Lo sto ancora fissando. Lui ha ragione, almeno in questo. Posso farlo almeno per questa volta, posso farlo per Bella.

“Fammi strada.”

Lo supero senza degnarlo di una risposta, senza aspettare che mi segua. Lo porto nel mio studio e aspetto che entri per chiudere la porta. E poi aspetto che inizi.

“Non ti biasimo per odiarmi. Certe volte mi odio anche io. Non mi aspettavo che avessi raccontato tutto a Bella e non so se ora anche lei odia me e…”

“Lei non ti odia” ribatto gelido, fissando fuori la finestra. “Non volevo dire la verità a tua figlia, è stata lei che mi ha indotto a farlo. Ma non ti odia. Questa è una questione tra me e te.”

Lo sento sospirare. “Edward, io non so quello che sai…”

“So abbastanza” lo interrompo voltandomi con rabbia verso di lui. “Mia madre ha tradito mio padre con te. Poi tu l’hai tradita con tua moglie. Mia madre è caduta in depressione a causa tua e quando vi rimettete insieme muore dopo il vostro ennesimo schifoso incontro.”

“Ci rimettiamo insieme?” esclama sconvolto. “La nostra storia è finita quando ho incontrato mia moglie, Edward!”

“Non mentirmi! L’ho seguita una volta e vi ho visti insieme. Usciva sempre alla stessa ora, di uno stesso giorno a settimana…”

“Va bene, okay. Lo ammetto: avevamo ripreso i contatti. Ma non per ciò che pensi tu. Tua madre mi aveva contattato prima in lacrime, dicendomi che era scappata e andata nemmeno ricordo dove… Era sconvolta e io…”

“Lei ti ha chiamato?” sussurro incredulo.

Charlie sembra confuso dalla mia interruzione. “Sì… Ma non ci sentivamo da anni, la nostra relazione era ormai finita. So di avere sbagliato, ma non è stato uno sbaglio intenzionale. Amavo davvero tua madre, ma l’amore che ho poi provato per Renée superava tutto. Ho dovuto lasciarla, non potevo continuare a fingere di amarla quando non era vero!”

“Se amavi tua moglie perché hai poi ripreso i contatti con mia madre?” gli chiedo con rabbia, non credendogli.

“Perché tua madre mi aveva detto che aveva bisogno d’aiuto. Non potevo abbandonarla, non quando in ogni singolo istante della mia vita mi sentivo in colpa per come l’avevo trattata. Così accettai di vederla non appena sarebbe tornata. È stato tutto molto innocente, non poteva essere altrimenti.”

“Quindi… mi stai dicendo che mia madre aveva ripreso a vivere solo perché eri diventato il suo nuovo migliore amico? Non perché avessi ripreso la relazione con lei?” gli chiedo sarcastico, sedendomi sul divano e posando i gomiti sulle ginocchia.

“Questo non lo so. Non vivevo con lei, non so come si comportava con voi. Posso però dirti che se davvero tua madre mi amava davvero… allora sì. Perché avere accanto la persona che ami anche senza per forza doverci finire a letto ti rende comunque felice” obbietta serio.

Al mio silenzio, sospira ancora. “Edward, non pretendo che tu mi perdoni o che comprenda le mie ragioni. Io so di avere sbagliato, e il senso di colpa mi accompagnerà per il resto della mia vita. Ma non sono la persona cattiva che tu pensi io sia” ribatte con forza.

“Io ti ho chiamato” sussurro senza fissarlo. “Anche se sono arrivato ad avercela con mia madre per il suo abbandono, io ho cercato di vedere del positivo in tutto questo, perché mia madre era la persona più infelice sulla terra e almeno la rendevi felice quando stava con te. Ma quando ti ho chiamato per il suo funerale non ne hai voluto sapere nulla.”

“Averti trattato in quella maniera, quando eri ancora così distrutto per la morte di tua madre, è forse ciò che rimpiango di più. Eri solo un ragazzino che aveva appena perso la madre, e io sono stato un vero verme. Non posso essere perdonato per questo, e nemmeno voglio perché non me lo merito. Ma anche io stavo male e non volevo crederci. Benché avessi smesso di amare tua madre, lei comunque era comunque la donna che avevo amato in passato e avevo dei ricordi felici di noi due insieme. Perderla non è stato facile nemmeno per me. So che ti sembrerà impossibile, ma è così. L’unica cosa che posso dirti è che non lo pensavo davvero. E che sebbene tu non mi abbia visto, io ero comunque al funerale.”

“Non ti credo” mormoro immediatamente.

“Non mi aspetto che tu mi creda. Volevo solo dirtelo” risponde come se già avesse immaginato la mia risposta.

Perché mi sembra così sincero? Perché tutto ciò che mi ha appena detto sembra avere un senso?

Charlie fa un passo avanti per avvicinarsi a me. “So che improvvisamente non nutrirai una simpatia nei miei confronti. So che mi odierai per il resto della mia vita. Okay, me lo merito. Ma ti prego: non allontanarmi da mia figlia. Sono stati mesi difficili, dove l’unica cosa che ci permetteva di andare avanti era sapere grazie a Jasper che Bella stava bene. Non penso di poter tornare a starle lontano, soprattutto adesso.”

Lui ha ragione: non arriverò mai a cambiare opinione su di lui. Mai. Penso ancora che sia un maledetto bastardo figlio di puttana ed è una cosa che non cambierà. Ma Charlie è anche il padre di mia moglie, e se c’è una cosa che Bella mi ha fatto capire su di me è che non sono la cattiva persona che pensavo di essere: non posso separarli. Io non sono come Charlie.

Perciò, seppur con riluttanza annuisco, osservando un’espressione di puro sollievo comparire sul suo volto, mentre è costretto ad aggrapparsi alla scrivania per non cadere. Mi sento improvvisamente a disagio vedendolo così… profondamente sollevato, come se fosse davvero grato. Una persona con dei sentimenti.

Non riuscendo a fare di più per fargli capire che sono sincero ed essendo arrivato al limite, mi alzo per ritornare in soggiorno. Jasper e sua madre sono seduti a parlare con mio fratello, in viso espressioni serie e preoccupate allo stesso momento.

Per far capire che è tutto risolto – più o meno – Charlie esordisce: “Tra quanto dovrebbe arrivare Bella?” chiede sedendosi vicino alla moglie.

Io rimango in piedi al fianco di Emmett, che risponde: “Victoria dovrebbe portarla a casa tra mezz’ora…”

Improvvisamente, sentiamo la porta aprirsi e la voce agitata di mia sorella. “Avremmo dovuto chiamare, Edward non sarà contento…”

Ma Bella non può rispondere a quell’osservazione, perché è appena entrata ed ha occhi solo per sua madre. Dalla sua espressione, non sembra credere che sia davvero davanti a lei. “Mamma…” sussurra, mentre vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime represse.

Renée senza attendere oltre si getta fra le braccia della figlia, riempiendo il silenzio della stanza con i suoi singhiozzi; Bella, al contrario, è così sconvolta che impiega qualche secondo per abbracciare piano sua madre, come se a stringere troppo forte si corresse il pericolo che scompaia.

Anche Charlie si avvicina alle due e quello è troppo per me. Mi allontano di un passo, posando lo sguardo su mia sorella che mi è vicina. Lei sorride. “Hai fatto la cosa giusta” mormora dolcemente, stringendomi un braccio.

“È così commovente, giuro” esclama Emmett, avvicinandosi anche lui a noi.

Riesce a strappare un sorriso a me e un insulto nella sua direzione a Victoria. I miei occhi si posano su Jasper che sta venendo verso di me.

“Ti ringrazio” sussurra come se gli costasse.

Lo capisco benissimo. Anche a me costa molto tutto questo. Così annuisco, sapendo che questo è il nostro massimo. Per il limite che invece riguarda me e Charlie, è molto meno di quello col figlio.

Sapendo che hanno passato quasi un anno senza vedersi, ma non potendo sopportare oltre, trovo una soluzione: “Penso che Bella sarà molto felice di stare un po’ da sola con voi. Jasper potrebbe portarvi a casa sua, appena poi lei vorrà passo io a prendere mia moglie” mormoro interrompendo le lacrime, i sorrisi, e i discorsi fra i tre seduti ormai sul divano con la ragazza al centro.

Tre paia d’occhi si posano su di me, ma io fisso solo quelli di Charlie, sperando che capisca.

“Certo” afferma fortunatamente, ricambiando la mia occhiata con gratitudine. Sa che è il mio massimo. “Noi rimarremo qui per tre giorni. Al momento, purtroppo non posso prendere una pausa dal lavoro, ma forse mia moglie…”

“Dipende tutto da te. Bella sarebbe comunque molto felice di stare con sua madre, lo sai.”

“Grazie” sussurra Renée alzandosi, fissandomi con immensa gratitudine.

Mi prende alla sprovvista e non so cosa risponderle. Fortunatamente, mia sorella arriva come sempre in mio aiuto.

“Bella non si è sentita molto bene, oggi, quindi se stasera mangia da voi vi chiedo di controllarla.”

“Cosa?” le chiedo, temendo di non aver capito.

Bella mi si avvicina subito. “È stato solo un leggero mancamento, tutto qui.”

La fisso cercando di capire se lo pensa vero o mi sta nascondendo qualcosa per evitare che io mi preoccupi, ma non vedo niente nei suoi occhi che me lo faccia pensare.

“Stia tranquillo, penso io a lei” interrompe Renée con voce sicura. Non ho dubbi che ci penserà davvero lei a mia moglie.

“Vado a prendere la macchina?” chiede Jasper.

Mentre riceve risposta alla sua domanda, Bella si stringe a me. “Tu non vieni?” sussurra in modo tale che la senti solo io.

“No” rispondo, posandole una mano sul fianco. “Non posso” dico a bassa voce.

Bella mi scruta a fondo, capendo il motivo. “Dobbiamo parlare” aggiunge infine con tono dolce.

“Stasera. E mangia, per favore.” Lancio un’occhiata al suo stomaco, sfiorandolo con lo sguardo.

Bella sorride radiosa. “Va tutto bene, davvero. Non metterei mai a rischio il bambino” promette.

Le rivolgo un mezzo sorriso per tutta risposta.

“Andiamo?” chiede Jasper a Bella, avvicinandosi a noi.

Bella si scosta da me rivolgendomi un’occhiata e io annuisco impercettibilmente. Rivolgo lo stesso segno come saluto a sua madre, ma per Charlie è diverso. Non è un saluto, è più un ‘Okay. Posso essere educato per Bella’. Forse per lui non è così, per lui è davvero un segno di saluto.

Bella’s pov

“Stai bene così, amore mio?” domanda mia madre, sistemandomi per l’ennesima volta i cuscini alle mie spalle.

Scoppio a ridere, confermando ancora una volta.

Mio padre è seduto vicino a me e tiene la mia mano stretta tra le sue.

“Mi dispiace davvero tanto, piccola…”

“Non importa…”

“Sì che importa. È una fortuna che a tuo marito sia venuto in mente di chiarire, altrimenti…”

“Chiarire? Hai parlato con Edward?” domando incredula. Muoio dalla voglia di sapere cosa si sono detti, ma preferisco rimandare.

Ho passato troppo tempo lontano dai miei, questa serata non è per i brutti discorsi, ma per sorrisi e lacrime di gioia. Ci sarà tempo anche per le spiegazioni in seguito, ma non adesso.

“Be’… non penso mi vedrà mai bene come il suocero che ha sempre desiderato. Non penso passeremo mai il Natale fra risate e scherzi vari. Però sì, gli ho spiegato tutto dal mio punto di vista. E benché forse per lui è difficile da accettare, penso che farà lo sforzo di vedere me per te.”

“Lo pensi davvero?” sussurro, non riuscendo a crederci.

“Io penso che lui ti ama. E per amore della propria donna si può affrontare di tutto” afferma seriamente mio padre. “Il che, tra l’altro, mi rende immensamente più felice e tranquillo, perché di tutto mi aspettavo ma non che lui si innamorasse di te. Tramite tutto ciò che c’era tra noi, ovvio.”

Non riesco a smettere di sorridere pensando che forse Charlie ha ragione. Edward ha accettato mio padre per me, e deve essere stato un motivo abbastanza forte per farlo, o non l’avrebbe mai permesso. Quale ragione più potente dell’amore?

“Io sono solo felice che tu lo sia, e vederti finalmente è la mia più grande gioia” mormora mia madre venendo ad abbracciarmi. “Edward tra l’altro ci ha anche detto che tu sei incinta” continua con le lacrime agli occhi.

Sento la mano di mio padre sul mio stomaco. “È la notizia più bella, oltre a quella di poterti finalmente vedere a nostro piacere.”

“Oh, amore mio…” singhiozza mia madre riprendendo ad abbracciarmi e facendo piangere anche me. Papà ci stringe entrambe tra le sue braccia e sento le sue labbra fra i miei capelli. Infine, la porta si apre.

“Ecco qui, ho portato le pizze! Oddio, ancora a piangere state?” chiede disperato Jasper, alzando gli occhi al cielo.

Mamma e papà scoppiano a ridere e io gli sorrido, rendendomi conto che per la prima volta che quel vuoto dentro di me è finalmente scomparso.

///

Quella giornata era stata così piena di emozioni e lacrime che mi sentivo distrutta. Con la promessa che avrei passato la giornata di domani con loro, Jasper mi ha poi accompagnato a casa.

Non ho obbiettato, non voglio disturbare Edward. E ho fatto anche bene: entrata in casa, le luci sono spente e lui non è nel suo studio, bensì nel letto in camera a nostra a dormire.

Noto con un sorriso il telefono accanto a lui, immaginandolo ad aspettare la mia chiamata.

È a pancia in giù e petto nudo, i pantaloni del completo nero di lavoro ancora messi. Sfioro la sua pelle con la mano, notando quanto sia ghiacciata. Sembra un così tenero bambino che non ho voglia di svegliarlo, per cui passo a prendere una coperta. Quando la sistemo sul suo corpo, però, si sveglia da solo.

Inizialmente è confuso, poi capisce. “Ehi…”

“Ehi” sussurro anche io, senz’altro meno assonnata di lui. “Torna a dormire, sei stanco…”

“Avresti dovuto chiamarmi. Ti ha accompagnato tuo padre?” Tira via le coperte sotto di lui e si infila sotto, scostandosi.

“No, Jasper” gli rispondo, coricandomi al suo fianco anche se ho ancora le scarpe. Le scalcio via e mi stringo a lui, rabbrividendo.

“Come stai?” mi chiede accarezzandomi i capelli.

“Bene. Davvero bene.”

“Mmh.”

“Domani parliamo?” sussurro alzando il viso per guardarlo.

Mi fissa con così tanta intensità che quasi arrossisco.

“Non c’è niente di cui parlare. È giusto che tu veda i tuoi genitori, Bella. Noi possiamo anche stare separati per qualche ora, al giorno.”

Annuisco. “Papà mi ha detto che ti ha spiegato le cose secondo il suo punto di vista.”

Edward scuote le spalle. “Non è tanto diverso da ciò che ti ho raccontato io. Tuttavia secondo quanto detto da lui gli ultimi loro incontri erano puramente amichevoli, perché mia madre stava male e tuo padre non se la sentiva di abbandonarla. E nonostante come mi abbia trattato al telefono, lui al funerale è venuto per conto proprio.”

“E tu gli credi?”

Edward non risponde subito. Posa il mento sulla mia testa. “Sembrava sincero” preferisce rispondere, senza che questo sia un no, ma nemmeno un sì.

Emetto un lungo sospiro, lasciandogli un bacio sul petto. “Non credo potremmo mai sapere se è sincero o meno. Noi non eravamo lì. Io nonostante tutto ho fiducia in mio padre. So che per te non è lo stesso, e mi dispiace veramente che tu debba sopportare tutto questo a causa mia.”

“Io mi fido di te” mormora lui semplicemente. “E non mi interessa se devo o non devo sopportare tuo padre, perché se tu starai al mio fianco come hai sempre fatto per me sarà tutto più facile.”

Sfioro con le mie dita la sua guancia, sorridendo leggermente.

Più volte in passato avrei voluto dirgli quanto lo amassi, ma benché in certi momenti avrei anche potuto, nessuno mi era mai sembrato adatto. Fino ad oggi. Così lo dico.

“Ti amo.”

Non so esattamente perché il mio cuore ha preso a battere quanto un tamburo. Forse perché finalmente ho potuto dirglielo. O forse per paura che lui mi rifiuti, che lui non provi lo stesso sentimento che provo io.

Non vedo cambiamenti nei suoi occhi. Sfiora un mio sopracciglio delicatamente, sempre tenendomi fra le sue braccia. “Ti amo anche io” risponde in un sussurro un istante dopo. I suoi occhi si posano in basso e la mano con cui sfiorava il mio viso si muove sul mio stomaco.

Scosta il maglione e posa la grande mano sul mio ventre nudo. “E amo anche lui. O lei.”

Chiudo gli occhi, inebriata da quelle parole, da quel tocco.

Manca poco al nostro primo anniversario di matrimonio. Quasi un anno a dover aspettare per queste parole, quasi un anno e ne abbiamo affrontati già tanti, di problemi. L’ho persino lasciato, credendo di essere arrivata al limite.

Mi sbagliavo. E sono davvero felice di essermi sbagliata.

Edward si sistema meglio sotto le coperte per farmi stare più comoda ed entrambi finiamo per addormentarci vestiti e abbracciati. Niente baci appassionati, niente sesso per festeggiare. Ma a me va bene così, e so che anche per lui è lo stesso.

E l’indomani, quando a svegliarmi sono labbra sul mio ventre e mani sui miei fianchi, mi scopro ad essere felice come mai sono stata in passato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 18
*** Epilogo ***


Ho fatto in fretta per ringraziare di vero cuore tutte quelle persone che hanno seguito costantemente la storia: quelle che hanno messo V per Vendetta fra le seguite, tra le ricordate, tra le preferite. Quelle che rileggevano un determinato capitolo perché magari lo trovavano più di loro gradimento, aumentando le visite. Quelle che hanno commentato, specialmente, facendomi leggere pareri e scleri, perché avete davvero odiato Edward e amato tantissimo Bella.

Non dico nulla adesso, vi chiedo solo di leggere le note a fine capitolo.

 

 

Epilogo

Natale 2013

Pov Esterno

Né Victoria né Carlisle avrebbero scommesso su Edward. O meglio, sul matrimonio di Edward. Quando tutto era iniziato, lui era davvero intenzionato a mandare avanti la vendetta su Charlie, incurante di riversare parte di essa sulla figlia che lui aveva sposato con l’inganno.

Nessuno di loro, specialmente la sorella, avrebbe mai potuto immaginare che tre anni dopo sarebbero stati ancora sposati, ancora felicemente sposati, e genitori di uno splendido bambino di nome Paul.

Edward aveva trentuno anni ed era nel pieno del suo splendore, sia lavorativo che personale. Bella, al contrario, era ancora una ragazza di appena ventuno anni.

Forse Carlisle sì, ma Victoria non avrebbe scommesso nemmeno su di lei: a ventuno anni appena compiuti non puoi essere moglie e mamma, ne senti il peso. Spesso lo sentiva lei, che aveva comunque già trentatré anni, anche se amava con tutto il cuore la sua famiglia.

Invece, Bella era quasi orgogliosa di far sapere a tutti quelli che incontrava che a quell’età era già sposata da tre anni e che il loro bambino era venuto presto a far parte della loro famiglia.

La risata cristallina di sua cognata la riportò alla realtà. La vide mentre parlava con Rosalie, che ormai faceva coppia fissa con Emmett – il che era strano, perché loro erano completamente gli opposti, sia fisicamente che caratterialmente, e anche su di loro non avrebbe scommesso.

Anche suo fratello Emmett era lì a festeggiare il Natale a casa di Edward, e stava invece adulando il talento culinario di Esme, come sempre. Emmett adorava letteralmente Esme, e una volta a Rosalie era scappato di dire che si era innamorata di lui proprio per questo: il suo lato fanciullesco lo rendeva estremamente sexy.

Victoria non riusciva a immaginare come poteva renderlo sexy, ma sorvolò quando Rosalie cambiò poi il discorso.

Quelli messi meglio – o peggio, a seconda di come la si vedeva – erano probabilmente Alice e Jasper, in procinto di concludere qualcosa tra loro. Forse. Be’, lei andava ancora all’università e lui iniziava ad avere successo come avvocato, per cui volevano pensare prima di tutto alla carriera.

I due in quel momento parlavano con i genitori di lui, che per l’occasione erano stati invitati a trascorrere insieme a noi le feste. Col passare degli anni, per Edward era diventato un po’ più facile sopportare la vista di Charlie.

Non erano diventati ottimi amici, né anche solo semplici amici. Non c’era nemmeno stima. C’era solo… educazione. Una fredda educazione. Ma era sempre meglio del niente.

Edward parlava con Carlisle. Sembravano tranquilli, specialmente suo fratello, che teneva in braccio il suo meraviglioso bambino di venti mesi.

“Tutto bene?”

Victoria si voltò verso il marito, che teneva per mano entrambi i bambini. Tom si fiondò subito ad abbracciare le gambe della madre, mentre Claire rimaneva con la sua manina in quella del padre.

“Sì, tutto bene” rispose sorridendo. “Stavo solo pensando a come sono cambiate le cose in questi ultimi anni.”

Un improvviso pianto interruppe la quiete del momento, mentre tutti si voltarono preoccupati verso Seth che ormai piangeva disperato. Saltavano tutti sempre in aria quando il bambino piangeva, forse un po’ paranoici.

Ma Seth era un bambino così dolce, così bello, che faceva male sentirlo piangere a quel modo.

Bella si alzò per andare a prendere il figlio, mentre il pianto poco a poco diminuiva. Il resto dei presenti riprese le proprie chiacchiere, persino Edward riprese a parlare tranquillamente con Carlisle, con Bella adesso al suo fianco.

A Victoria piaceva il modo in cui quei due si toccavano senza nemmeno farlo intenzionalmente, probabilmente. Cercavano un contatto anche senza programmarlo. Erano come due calamite.

Bella cullava dolcemente il figlio, mentre sussurrava parole di conforto per farlo calmare come aveva tante volte fatto Victoria con i suoi figli. Si ritrovò a sorridere intenerita.

“Ho nostalgia di quando odiavo Bella, sai?” chiese al marito con tono divertito.

James scoppiò a ridere. “Non ne dubito.” Rimasero un istante il silenzio, ad osservarla. “È una brava madre” osservò poi pensandolo veramente.

Victoria annuì. “È anche una brava moglie.” Sorrise, non credendo che avrebbe mai detto il resto: “Mio fratello è stato davvero fortunato.”

 

 

 

 

 

 

Note: non trovo altri scenari che potrebbero concludere al meglio questa storia. Questo è un mini epilogo (anche per questo ho pubblicato subito: che senso ha farvi aspettare settimane per poche righe?), forse troppo mini, ma onestamente mi piace così. Non vedo nulla da raccontare in più: se lo facessi, non solo sarebbero cose superficiali, ma temo che rovinerebbero persino la fine.

Mi piace che Victoria abbia accettato Bella; mi piace che Edward faccia ancora fatica ad accettare Charlie; mi piace che Emmett e Rosalie non si siano sposati e che la loro può essere solo una cosa di sesso; mi piace che Jasper e Alice abbiano delle difficoltà nel loro rapporto. Mi piace il fatto che, nonostante quei due/tre anni passati, i personaggi siano rimasti in linea con il loro essere, coerenti.

Ma ciò che più di tutto mi piace, è il rapporto che si è instaurato tra Bella e Edward. Victoria ha ragione quando dice che non avrebbe scommesso su di loro; nemmeno io all’inizio. Eppure, eccoli qua più felici che mai.

Inizialmente l’epilogo era dedicato al primo compleanno di Seth, ma visto il periodo ho pensato di scrivere del Natale – sebbene potrebbe essere comunque una cena qualsiasi quella descritta – per farvi i miei migliori auguri a voi e famiglia, perché senz’altro non pubblicherò più niente per lo meno fino al prossimo anno. O magari, chissà per qualche miracolo, solo dopo Natale.

Ad ogni modo, se davvero mi vorrete seguire in un nuovo viaggio (come alcuni mi han detto), migliori spiegazioni le trovate sulla mia pagina autore:)

Ancora tanti auguri di buon Natale in anticipo, e mille grazie per tutto

 

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