V per Vendetta di haphazard (/viewuser.php?uid=173412)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Introduzione ***
Questa
storia
è un esperimento. Non
so se vi piace, però ho delle idee. Solo, non so se portarle
avanti o meno. La
storia sarà un miscuglio tra commedia, romanticismo,
erotismo (ci sta sempre
u.u) e qualche dramma messo qua e là (tranquilli, niente di
tanto drammatico).
Il che è difficile, ma voglio provarci. Voi mi seguirete?
Questa
è solo l’introduzione: il
primo vero capitolo è già scritto, lo
pubblicherò a breve.
p.s.:
so che
dall’introduzione può
sembrare, ma la storia non tratterà di un Edward violento.
Solo… rigido ed
autoritario, lol. La copertina mi è stata gentilmente creata
da elenri.
Introduzione
“Non
posso
sposarlo, Bella. Non lo amo…”
Queste
sono le ultime parole che una sposa dovrebbe pronunciare pensando al
suo futuro
sposo. Anzi, non le dovrebbe proprio pronunciare. O per lo meno, non
davanti
alla sua wedding planner.
“Tanya,
scherzi?” domando con una risatina veloce.
Ovviamente
scherza. Non può dire seriamente, e per ben tre motivi.
Motivo
numero uno: Edward è uno degli uomini più belli
della città – avrei potuto dire
‘del mondo intero’, ma non voglio esagerare
– e, oggi giorno, un motivo come
questo basta e avanza. Solo due matrimoni su cinque si basano sul vero
amore,
dopotutto.
Motivo
numero due: Tanya è perfetta per Edward. Docile, bella,
gentile e di buona
famiglia. La moglie perfetta per un uomo importante quale è
il suo futuro
marito. Sono perfetti l’uno per l’altro.
Motivo
numero tre: ho una cotta per Edward da quando l’ho visto in
uno di quei
giornalini di gossip che compravo all’età di
quindici anni. È stato già il
colmo ritrovarmi come primo incarico da wedding planner la preparazione
del
matrimonio dell’uomo di cui sono ancora cotta, figuriamoci
sapere che la donna
più fortunata del mondo, per chissà quale
capriccio, rifiuta di sposarlo.
Quindi,
certo che scherza. Scherzo di pessimo gusto, ma pur sempre scherzo
è. Ma quando
sento il suo sospiro afflitto, un brivido mi corre lungo la spina
dorsale.
Il colmo
sarebbe anche stare per organizzare un matrimonio per la prima volta e
che il
tuo primo incarico vada subito a monte. Tanya non può farmi
una cosa del
genere.
Per quanto
il mio cuore si rifiuti, ho bisogno anche io – oltre alle due
famiglie degli
sposi – che questo matrimonio si celebri. Ho finito
quest’anno la scuola, e
sono stati anni difficilissimi.
Tutti
sanno della disgrazia che ha colpito mio padre circa due anni fa,
eppure sono
riuscita a completare gli studi e a diplomarmi. Avrei voluto
continuare,
frequentare l’università per poter insegnare, ma
purtroppo non sempre le cose
vanno come vogliamo noi.
E
comunque, sono stata fortunata: non solo essere una wedding planner mi
piace,
ma questo primo incarico mi è stato dato senza nemmeno far
parte di un’agenzia.
Io e Tanya
abbiamo un’amica in comune che le aveva parlato di me, e lei
cercava alla
svelta qualcuno di cui fidarsi, visto che il tempo scarseggiava. Quando
ci
siamo incontrate mi aveva spiegato che avrebbe tanto voluto occuparsi
lei di
questo matrimonio ma che non ne era stata capace.
Ho
accettato nonostante questo fosse il matrimonio dell’anno e
non potevo
permettermi nemmeno di sbagliare un fiore all’occhiello. Ed
è proprio per
questo che ho accettato: essendo considerato il matrimonio
dell’anno, se
piacerà tutti si chiederanno chi è stata
l’organizzatrice, e quindi vien
spontaneo immaginare tante richieste arrivare.
È
quello
che mi auguro, per lo meno…
“Non
lo
amo, capisci? Non lo amo, e lui non ama me. È sbagliato
sposarsi per
qualsivoglia motivo che non sia l’amore” riprende
la futura – spero – sposa.
“Ma
nessuno ormai si sposa per amore. Mi dispiace dirtelo, ma è
così. E Edward ti
ama, ne sono sicura…” cerco di convincerla.
In
realtà
non si direbbe. Edward non ama mostrare le sue emozioni, è
un uomo molto
freddo. O almeno, lo è in pubblico.
“No,
Bella. Non mi ama. E di certo io non amo lui. Io… io
amo… Eleazar” rivela,
osservandomi titubante.
Appunto un
altro ago nel vestito da sposa, continuando a prenderle le misure. Sono
già
dieci minuti che lo indossa, forse è per questo che
da’ i numeri. “Eleazar,
certo…” ripeto, non ascoltando veramente. Poi,
come un lampo, le sue parole
penetrano nel mio cervello, e la fisso con occhi sgranati. “Eleazar?!”
Forse
sentendosi a disagio sotto il mio sguardo inquisitorio, Tanya si
allontana
bruscamente da me afferrandosi il vestito. “Sì,
proprio lui” conferma dandomi
le spalle.
“Oh
mio
Dio. Tanya, è sposato! E poi avrà dieci anni in
più di te!”
“E con
questo?” sbotta, voltandosi di nuovo e trafiggendomi con lo
sguardo. “Edward ha
sette anni in più di me, tre anni non fanno la differenza.
Inoltre, se non
sbaglio, Edward con te si toglie proprio dieci anni” mi fa
notare, e io
sussulto.
“Cosa
c’entro io, ora?” chiedo con un fil di voce.
“Oh,
ti
prego. È chiaro come il sole che sei cotta di lui. Non fai
altro che fissarlo e
ti irriti a morte quando mostra un qualche segno d’affetto
nei miei confronti.
Ammettilo.”
Non riesco
a credere alle sue parole, ma nemmeno alla sua calma. Lei non lo doveva
sapere,
e non dovrebbe reagire neanche come se mi stesse semplicemente
comunicando
l’orario.
Fa un
passo in avanti, con sguardo supplicante. “L’amore
ci prende sempre alla
sprovvista, non è vero? Non possiamo scegliere chi amare,
perché l’amore ci
colpisce improvvisamente e quando meno te lo aspetti. La leggenda su
Cupido è
nata pure per qualcosa, no? L’amore è quella
dannata freccia: dovrebbe mirare a
qualcuno adatto a noi, ma basta sbagliare di un millimetro, ed eccoti
innamorata di un uomo che mai avresti voluto amare. E quando lo ami,
non puoi
fare altro che arrenderti. E poi combattere per lui o lasciarlo andare.
E io ho
tutta l’intenzione di combattere per Eleazar, soprattutto se
lui mi ama come io
amo lui.”
Chiudo gli
occhi per un istante. Troppe notizie tutte insieme…
“Edward
non mi ama. Ogni donna merita di stare con un uomo che la sappia amare
come è
giusto che sia. Non voglio accontentarmi di quelle rare dimostrazioni
d’affetto
di Edward, sapendo anche che comunque sono soltanto a beneficio di chi
ci sta
intorno. Sapessi com’è Eleazar, invece…
è l’opposto, e io sono felice quando
sto con lui” continua Tanya, gli occhi che le brillano al
solo pensare all’uomo
che ama.
Poi mi
guarda, e io capisco.
“Vuoi
annullare seriamente il matrimonio?” sussurro.
Sto quasi
per sentirmi male. Tanya mi ha già dato
l’anticipo, e non dubito che,
matrimonio o no, mi pagherà l’intero compenso. Ma
circoleranno voci su voci a
proposito di questo matrimonio fallito, e i più maligni
daranno la colpa alla
wedding planner che non ha saputo organizzare una festa degna di una
regina
quale sarebbe stata Tanya. O semplicemente che porti sfiga.
Sorride,
togliendosi velocemente l’abito. “Il matrimonio
può comunque farsi” risponde
con tranquillità. In completo di pizzo bianco, mi lancia con
un sorrisino
soddisfatto l’abito nuziale che afferro al volo.
“Basta semplicemente che lo
indossi tu.”
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 ***
Prima di lasciarvi al
capitolo, vorrei ringraziarvi per la
calorosa accoglienza che mi avete dato. Le cose già da
questo periodo si
faranno interessanti, e sto già provvedendo per il secondo
capitolo (se si
esclude l’introduzione scorsa).
Buona lettura.
Capitolo 1
Tre giorni
dopo, il finimondo.
Avevo
preso quella minuscola crisi come quella normalissima
crisi che affrontano tutte le spose che puntano troppo
sull’organizzazione
del matrimonio, e Tanya dopotutto aveva poi continuato a sorridere
radiosa
durante invertiste e foto – il matrimonio
dell’anno, d’altronde, deve essere
pubblicizzato al massimo –.
Quando
inoltre mi aveva proposto di sposarmi al posto suo, avevo semplicemente
riso e
Tanya, a disagio – forse si era finalmente resa conto della
sua pazzia –, aveva
lasciato cadere il discorso.
Nessuno,
soprattutto io, poteva immaginarsi che la sua tranquillità e
radiosità della
ragazza era dovuta al suo progetto in corso di scappare con Eleazar.
I
giornali, i siti online, la televisione, tutti gli esponenti della
pubblicità,
erano scoppiati: ‘La reginetta della moda, Tanya Denali,
spicca il volo come il
marchio dell’industria del padre’,
‘Bellezza e soldi né ha in abbondanza, ma la
moglie? Punto di vista del magnate Edward Cullen’,
‘Cosa avrà spinto la bella
Tanya a lasciare il ricco Edward?’, ‘Voci di Tanya
Denali: quando la ricchezza
è inversamente proporzionale ad un minuscolo
particolare’.
I titoli
degli articoli non solo era falsi e ipocriti, ma anche parecchio
insensibili. E
quelli erano solo una minuscola parte del caos che era uscito...
New York
stava impazzendo, e con essa anch’io.
Quando
lavoravo per Tanya, che abitava in una villetta insieme a Edward ed a
uno
stuolo di governanti e cameriere, la ragazza aveva fatto in modo di
farmi
trasferire in una delle camere per il personale, almeno fino a quando
non si
sarebbe svolto il matrimonio e io sarei potuta ritornare a Forks.
Con Edward
non avevo mai neanche parlato, il che è assurdo, ma
è davvero così. Per cui
salto letteralmente in aria quando la porta della mia stanza, almeno
per oggi,
si apre rivelando la figura di Edward entrare come una furia
chiudendosi il
battente alle spalle.
“Lo
sapevi, non è vero?” esordisce con rabbia, gli
occhi che se potessero mi
ucciderebbero.
Oggi
dovrebbe essere il mio ultimo giorno, vista la fuga di Tanya. Bel
giorno di
merda.
Arretro di
un passo dalla valigia che stavo preparando, senza sapere che
rispondere.
Sapevo una parte dei pensieri di Tanya, questo sì. Ma della
fuga proprio no. “Io
non...” Provo a difendermi ma mi interrompe dopo avermi
squadrato attentamente
da capo a piedi con espressione sconvolta.
“Mio
Dio,
ma quanti anni hai? Ci sei almeno maggiorenne?” chiede, il
tono di voce
beffardo.
Non ho
idea del perché, ma mi infastidiscono sia la sua domanda che
il suo sarcasmo. “Ovvio
che sono maggiorenne, signore. Ma non capisco cosa c’entri la
mia età con la
fuga della sua fidanzata.”
Oh-oh. Non
avrei dovuto pronunciarlo ad alta voce. Forse nessuno l’aveva
fatto fin’ora.
I suoi
occhi non sono soltanto scuri, ora. Mandano veri e propri lampi al mio
indirizzo. “Quindi lo sapevi” afferma con
disarmante calma e sicurezza.
Probabilmente
sta compiendo un notevole sforzo per non uccidermi con le sue stesse
mani. Il
che è ridicolo, visto che se proprio vuole uccidere qualcuno
dovrebbe uccidere
Tanya.
“No,
non
lo sapevo. Come potevo saperlo?”
“Non
sapevi che la mia fidanzata era innamorata di un altro uomo che non era
il suo
futuro sposo?” chiarisce, il sopracciglio inarcato.
Spaventata
com’ero, non mi sono soffermata su quanto fosse bello
così arrabbiato. Lo è
davvero. La mascella serrata, le braccia incrociate al petto ampio, il
corpo
fasciato dal completo sicuramente firmato... Sembra un dio greco con la
sua
folta capigliatura ramata e gli occhi verdi che brillano di rabbia.
Eleazar
è
senza dubbio bellissimo, ma mi chiedo come Tanya lo abbia potuto
preferire all’uomo
che mi sta davanti e che al momento mi fissa con astio.
Ricordandomi
la sua ultima domanda, sento un forte calore affiorare sulle mie guance
e
capisco di essere arrossita. Ops, questo lo sapevo. Distolgo lo sguardo
a
disagio, non sapendo cosa rispondergli.
Ma lui non
è della stessa opinione e vuole che ammetta quanto anche io
abbia sbagliato nel
non dire nulla. “Avanti, rispondi. Lo sapevi o no?”
“Sapevo
solo questo” gli rispondo finalmente, osservandolo e sperando
che mi creda. “Non
sapevo che aveva intenzione di fuggire con Eleazar. Lui è un
uomo sposato,
dopotutto, ci vuole un gran coraggio per fuggire insieme. Se
l’avessi saputo,
penso che sarei corsa a dirglielo, anche tradendo la fiducia di Tanya.
Era
anche nel mio interesse che il matrimonio si svolgesse, non
crede?”
Ascoltando
le mie parole, sembra pensarci su senza smettere di fissarmi un
momento. Forse
teme che se abbassasse gli occhi io potrei smetterla di essere
così agitata, in
modo tale da rilassarmi e non fargli notare che abbia mentito.
Mi sta studiando.
Infine,
annuisce. “Quindi non ti ha detto nulla della fuga”
osserva, e dal tono usato
capisco che mi crede e non mi crede, ancora. “Devo supporre
anche che non ti ha
nemmeno pagata, essendo stata la cosa improvvisa.”
Ad annuire
stavolta sono io. Pensavo che mi avrebbe pagato, qualsiasi fosse stata
la sua
decisione.
Edward
continua a scrutarmi. “E i soldi ovviamente ti
servono.”
Direi.
Edward
rimane in silenzio, riprendendo ad osservarmi da capo a fondo. Lo vedo
soffermarsi sul mio seno e piegare di poco la testa di lato. Che
diavolo...?
“Allora,
sei
pronta a sposarti?” chiede infine, posando finalmente gli
occhi sui miei.
Questa
volta non nascondo la sorpresa, anche perché sono
più che sorpresa. Sono
sconvolta.
“Come?
Mi
prende in giro?” pronuncio con voce oltraggiata.
“Non
ho
tempo per degli stupidi giochetti, ragazzina. Tanya mi ha lasciato a
cinque
giorni dalle nozze, e io ho già fatto la figura
dell’idiota per essere stato
tradito dalla donna che si suppone dovrei amare. Non solo mi ha
lasciato, ma è
scappata con un altro uomo. È giunto il momento di
ricambiare, e tu fai al caso
mio” spiega con spaventosa serietà.
Boccheggio
in cerca d’aria. “Lei… lei non
può dire seriamente... Fino a cinque minuti fa
non sapeva nemmeno se fossi maggiorenne o meno!” esclamo,
piena di
frustrazione.
“A
dire il
vero, non so nemmeno il tuo nome. Completo, intendo. Tanya parlava dei
progressi che facevi chiamandoti col tuo soprannome immagino, Bella” spiega.
“Quindi... qual è il tuo
nome?”
“Isabella.
Isabella Swan.”
So che
esistono nomi molto più carini del semplice Isabella. Ho
sempre odiato il mio
nome per intero. Forse anche a lui non piace perché, giuro, l’espressione del suo
viso nasconde tutt’a un tratto un
sentimento di odio, quasi. Non so nemmeno il perché,
però.
Sembra
fare un’enorme fatica per non urlare. Difatti, apre la bocca
lentamente, come a
respirare per non scoppiare. “Swan? Isabella Marie Swan,
giusto? Sei la figlia
di Charlie” osserva, con gelida calma.
Non è
una
domanda, la sua.
Socchiudo
la bocca in una minuscola ‘O’, confusa.
“Conosce mio padre?” domando, ma
nemmeno mi risponde.
Cambia
direttamente discorso.
“Sapevo
che Charlie Swan aveva una figlia di diciotto anni. Tu ne dimostri
quindici,
praticamente.”
Mi lascio
distrarre, pensando che mi vedeva come una quindicenne forse
perché sono senza
trucco e ho i capelli raccolti a coda di cavallo. Ma se mi considerava
ancora
minorenne, come ha potuto propormi di sposarlo? E un momento: come fa
lui...?
Legge la
confusione nel mio sguardo e sorride, un sorriso che non mi piace.
Forse sono
paranoica, ma lo vedo come un sorriso maligno.
“Sì, conosco tuo padre. E so che
è pieno di debiti” commenta cattivo.
Apro bocca
per parlare, ma ho superato il mio grado di shock per pronunciare anche
solo
una sillaba. Lui sa chi è mio padre. E non solo, sa dei suoi
debiti e ne ride
pure...
Non
può
essere così cattivo, soprattutto con gente che non conosce.
Ma lui
continua, incurante di uccidermi con le sue affermazioni.
“Niente mi renderebbe
più felice che saperlo vittima dei suoi stessi inganni, ma
immagino che vorrai
pagare i suoi debiti con i soldi che ti spetteranno come mia moglie.
Per cui,
fallo pure. Come mia moglie ti spetta una parte del denaro, ma il
contratto
prematrimoniale servirà pure a tutelarmi. E dopotutto tu
pagherai i debiti di
tuo padre con la tua parte di
soldi.
Penserò io al resto” continua sorridendo.
Resto? Ma
quale resto!
Eppure,
lui deve aver finito, perché dopo aver pronunciato:
“Hai cinque giorni di tempo
per scegliere l’abito, se lo vuoi cambiare, e terminare la
preparazione del
matrimonio. Dopodiché, ci vediamo
all’altare”, si volta andandosene senza
guardarsi indietro.
Ancora troppo
sconvolta per raggiungerlo correndo e chiedergli spiegazioni, mi
accascio al
suolo, lo sguardo fisso nel vuoto.
Non
conosco Edward Cullen, ma deve credere in qualcosa di sbagliato per
comportarsi
così. E a causa di questo malinteso l’ha a morte
con mio padre. Questa è la mia
unica preoccupazione, al momento. Al diavolo il matrimonio.
///
Improvvisamente,
però, il matrimonio diventa il primo pensiero della giornata
quando, camminando
per le strade di New York, scorgo in un’edicola un giornale
che, in bella
vista, mostra una fotomontaggio tra me e Edward. Immediatamente, mi
avvicino e
strappo la rivista appesa, leggendone il contenuto.
Il titolo
affermava: ‘Come far diventare il matrimonio
dell’anno il matrimonio del
secolo: istruzioni per l’uso’. L’articolo
era pura spazzatura:
‘Cos’è
che riesce ad attirare i
lettori di un buon libro? Una bella copertina, protagonisti bellissimi
ed
eroici, e una trama avvincente composta da romanticismo, coraggio,
tradimenti e
un pizzico di gelosia. Lo sa bene Isabella Marie Swan, figlia
dell’ormai caduto
in disgrazia Charlie Swan, il quale ha sperperato la sua intera fortuna
in
giochi da tavolo e belle donne, negando ai figli un futuro pieno di
rassicurazioni e senza problemi. Isabella ha sempre covato un grande
sentimento
d’amore nei confronti del potente imprenditore Edward Anthony
Masen Cullen, ma
tra di loro c’è sempre stata la dolce Tanya
Denali. Il loro sarebbe stato il
matrimonio dell’anno, quando Edward e Tanya avrebbero unito
col loro matrimonio
due delle famiglie più influenti di New York, segregando
l’unione con la
nascita di un figlio, futuro erede dei due imperi. Fonti vicino alla
coppia
scoppiata affermano che Isabella, la loro wedding planner, tentasse
sempre in
ogni modo di sedurre Edward, ma invano.
‘Isabella
è sempre stata innamorata
di Edward, fin da piccola. I loro padri si conoscevano, e lei
è cresciuta con
lui, praticamente. Ma Edward è un uomo di vecchio stampo: il
suo rispetto e l’affetto
per Tanya erano troppo sinceri per poter cedere alla
tentazione.’
Tutto questo
fino a quella fatidica
notte meno di due settimane fa, quando al matrimonio da favola
mancavano solo
otto giorni precisi: Isabella è riuscita a far cedere
Edward, penetrando nella
sua corazza e seducendolo.
E Tanya, ferita
dalla notte di passione
tra i due, è scappata col cuore spezzato.
Nessuno dei tre
ha rilasciato alcuna
intervista, ma dagli assistenti dell’imprenditore Cullen
sappiamo come adesso
il matrimonio avrà una nuova sposa, la bella Isabella.
‘Edward
ha scoperto di provare un sentimento
più profondo del semplice rispetto per Bella, cosa che lo ha
sconvolto
profondamente. Non vuole mentire a Tanya, per cui ha deciso di non
seguirla
perché non è più sicuro dei sentimenti
che nutriva per lei. Ma senz’altro, se
adesso a sposarsi sarà Isabella, allora ciò
significa che lei è riuscita a far
innamorare di sé Edward, molto più di quanto ci
sia riuscita Tanya. E Isabella
è finalmente felice, dopo tanto tempo: è difatti
riuscita anche a strappare la
promessa al futuro marito di pagare gli immensi debiti del
padre’, continua la
stessa fonte.
Noi del The Sun
pensiamo che ci
voglia tantissimo coraggio per comportarsi come ha fatto Edward.
È un uomo di
grande umiltà: avrebbe potuto chiedere scusa a Tanya e
sposare lei, senza
rischiare nulla, eppure non l’ha fatto. Non sempre
ciò che facciamo è la scelta
migliore, ma spesso è anche la più giusta. E
sappiamo che avrà sempre la nostra
stima e il nostro rispetto.’
“Signorina,
questa non è una libreria. La deve pagare quella rivista...
Ehi, ma è lei!
Cioè, sei tu! Quella del giornale!” esclama
l’edicolante, l’espressione
dapprima annoiata ora entusiasta.
Più
confusa e irritata che mai, poso bruscamente la rivista nelle mani
dell’uomo
che l’aveva tese per recuperarla e scappo via senza
aggiungere altro.
Ovviamente, corro in direzione della villa.
Dal primo
incontro/scontro con Edward sono trascorsi due giorni nei quali non
l’ho
proprio visto. La governante mi aveva detto che aveva dovuto lasciare
la città
per andare a Londra e che sarebbe ritornato prima del matrimonio.
E in
questi due giorni ho continuato ad abitare lì
perché ancora non avevo chiarito
bene con Edward visto che anche lui, come Tanya, è scappato
portandosi dietro
dubbi su dubbi.
Non
c’è
che dire, la coppia perfetta.
Ma adesso
basta: la governante avrà pure il suo numero, no? Bene. Che
me lo dia, io devo
parlargli urgentemente.
L’articolo
da me letto è senza dubbio uno fra i tanti articoli
squallidi che avranno senz’altro
pubblicato, e trovo disgustoso l’aver etichettato Tanya come
la donna ferita –
quando è stata lei ha cominciare tutto –; Edward
come l’eroe coraggioso che per
amore ha rischiato tutto – quando l’unica cosa che
quel mostro sa provare è il
risentimento –; e me come la stronza di turno che ha rovinato
una delle coppie
più romantiche di sempre – quando qui
l’unica che davvero non ha fatto un
cavolo sono proprio io! –.
Diamine,
sapevano pure che Edward si era offerto di pagare i debiti di mio
padre!
“Taxi!”
urlo alzando velocemente la mano, fermando poi la macchina gialla.
Salgo e,
indirizzo dato, mi metto comoda sul sedile tentando, invano, di
rilassarmi.
Giungiamo
a villa Cullen nel giro di quindici minuti e pago l’autista
senza aspettare
nemmeno che mi dia il resto. Se a quanto pare sarò la moglie
di un uomo ricco
come Edward Cullen dieci dollari di resto sono niente per me.
Ma tutto
è
ancora da vedere.
Quando
entro nel giardino della villa noto grande fermento. E quando entro in
casa
capisco anche il perché quando vedo la figura di Edward
mentre parla al
telefono.
“Com’è
andato il viaggio?” gli chiedo con entusiasmo, incurante di
chi è all’altro
lato del telefono.
Edward,
che mi dava le spalle, si volta lanciandomi un’occhiata di
fuoco. “Angela, ti
richiamo dopo” promette brevemente, chiudendo la chiamata
prima che questa
Angela possa aggiungere altro. “Particolarmente felice di
diventare mia moglie
tra soli tre giorni?” chiede senza divertimento o
felicità, sia nel tono che
nell’espressione.
È
solo
sarcastico. Il mio odio nei suoi confronti aumenta a dismisura ogni
secondo che
passa.
“Hai
una
vaga idea di quello che ho letto? Su di me, su Tanya, su di te...
persino su
mio padre, ti rendi conto?!” esclamo con vigore, proprio
mentre passano due
cameriere, ma sono talmente arrabbiata che me ne infischio di essere
sentita da
qualcuno.
Edward
tuttavia, meno propenso allo spettacolo pubblico, si avvicina a me
sorridendomi. “Ti ho mai detto quanto mi piaci quando ti
arrabbi?”, e senza
darmi possibilità di sfuggirgli, mi prende il viso fra le
mani e mi bacia.
Cerco
subito di scostarmi, ma è così forte che non
riesco a smuovermi di un
millimetro. Alla fine, è lui ad allontanarsi,
l’espressione fredda di ora in
netto contrasto con quella di tre secondi fa, piena di calore.
“Vieni
con
me” esordisce, prendendomi per un gomito e portandomi nel suo
studio.
“Non
farlo
mai più!” esclamo allontanandomi da lui che chiude
la porta a chiave.
“E tu
fai
attenzione a come ti rivolgi a me in presenza del personale”
ribatte
rimproverandomi.
“Me ne
frego! Tu non hai idea di quello che ho letto nel The Sun!”
“Sì,
invece.”
La sua
rivelazione mi lascia pietrificata. “L’hai letto
anche tu?” chiedo.
Edward si
toglie la giacca che ancora indossava. Deve essere appena arrivato. “Ho chiamato io il giornalista affinché scrivesse quell’articolo” rivela infine.
Apro la bocca, sconvolta da ciò che ho appena sentito. “Sei... sei stato tu?” sussurro.
Edward si appoggia con il fondoschiena alla scrivania di legno, incrociando le braccia al petto e fissandomi con gelida freddezza.
“Come...
come hai potuto far scrivere tutte quelle cattiverie?
Perché!” esclamo,
improvvisamente arrabbiata.
Lacrime
d’umiliazione e rabbia bruciano nei miei occhi.
“Non
gli
ho dettato il pezzo da scrivere parola per parola. Ho semplicemente
detto che
io e te ci conoscevamo da sempre grazie all’amicizia tra i
nostri genitori e
che tu sei sempre stata innamorata di me. Tanya ti ha assunto come
wedding
planner e tu hai colto l’occasione al volo. Alla fine,
nonostante cercassi di
non cedere, non ho più saputo resisterti e ho capito anche
io di amarti. Tanya
è fuggita sconvolta, e noi due ci sposiamo per amore. Alla
fine, è la scelta
migliore” conclude, come se stesse parlando del tempo.
“La
scelta
migliore per te!” lo
correggo con la
voce incrinata, senza più riuscire a distinguere la sua
figura per le lacrime.
“E poi mio padre... cosa c’entra il rendere
pubblico i suoi debiti?”
Un’ombra
scura passa sul volto di Edward, e io deglutisco. “Tuo padre?
Sarà meglio per
lui che non venga al matrimonio.”
“Non
ci
sarà nessun matrimonio, lo vuoi capire?” urlo
ancora, al limite della
disperazione, e un singhiozzo esce dalla mia gola mentre le prime
lacrime
sgorgano dai miei occhi.
“Sì,
invece” afferma con forza, allontanandosi dalla sua scrivania
e avvicinandosi
minaccioso a me. Non mi importa nulla, non indietreggio. Peggio di
così non può
andare. Posa le sue mani sui miei fianchi, avvicinando e sfiorando il
suo corpo
col mio. “Vedrai, ti piacerà essere sposata con
me” promette, senza tono nella
sua voce, né alcun segno di malizia nello sguardo. Per lui
è semplicemente un
dato di fatto. “Sarà un matrimonio vero, il
nostro, e io provvederò a
soddisfare ogni tuo capriccio, sia dentro che fuori il talamo
nuziale.”
Deglutisco
distogliendo lo sguardo, odiandolo in silenzio. Come può
pensare ad una cosa
del genere in un momento come questo?
Sento le
labbra di Edward posarsi sulla mia guancia destra, mentre bacia la scia
prodotta dalle mie lacrime. “Sarò un buon marito,
te lo prometto” sussurra con
voce bassa e roca, stringendomi un po’ di più a
sé.
Nonostante
nell’articolo ci siano state un sacco di bugie, una sola cosa
è vera: ho sempre
avuto un debole per Edward e sentirlo così vicino a me non
può lasciarmi
indifferente.
“Sei
vergine?”
continua, senza cambiare il tono di voce fin’ora utilizzato.
Immediatamente,
l’incanto si spezza e mi irrigidisco, pronta ad allontanarmi.
Edward,
capendolo, mi stringe con più forza a sé,
evitandomi così qualsiasi possibilità
di sfuggirgli.
“Lo
sei”
capisce allora. Ma non c’è traccia di scherno
nella sua voce. Le sue labbra si
posano sul mio occhio, lasciandomi anche lì un tenero bacio.
“Non lo sarai
ancora per molto. Tre giorni, mia Bella. Tre giorni e potrai dire addio
alla
tua verginità” promette solennemente.
E se io
non volessi? Se non mi sentissi pronta?
“Sarò
delicato. Farò pianissimo” continua spostandosi
verso la mia fronte. “Farò
talmente piano che sarà doloroso più per me che
per te, a forza di
trattenermi.”
Trattengo
il fiato quando inizio a sentire l’eccitazione di Edward
premere sul mio
ventre. Stringo le mani che avevo poggiato sulle sue muscolose braccia
a pugno
nel tentativo di concentrarmi su altro, per evitare di iniziare anche
io a
sentire i crampi d’eccitazione nello stomaco. Ma non
è per niente facile,
specialmente quando le sue mani si spostano poi verso il mio
fondoschiena e la
sua bocca verso il mio orecchio. Il suo fiato caldo mi fa rabbrividire.
“Sei
talmente bella...” ricomincia, la sua bocca ora fra i miei
capelli. “Voglio la
luce accesa nel momento in cui ti farò mia. Voglio guardarti
negli occhi quando
ti penetrerò a fondo per la prima volta.”
Le sue
parole sono talmente persuasive che riesco ad immaginarmi perfettamente
quella
scena, e a sentirlo già da ora il suo pene deve essere
abbastanza grosso. Al
solo pensare di essere penetrata con una profonda spinta mi fa
trattenere
rumorosamente il fiato. È imbarazzante, ma sempre meglio che
emettere quel
gemito che mi stava scappando senza neanche essere toccata.
In risposta,
Edward stringe il mio corpo fra le sue mani. La sua erezione si fa
sentire
sempre di più. Nemmeno lui è così
tanto indifferente come vuole dare a vedere.
“Sarà così bello... Non vedo
l’ora. Vorrei che fosse oggi il matrimonio, per
poter attendere con ansia il momento in cui ti porterò nel
mio letto e renderti
mia moglie anche di fatto.”
Lo squillo
improvviso di un telefono mi fa sussultare fra le sue braccia,
spaventandomi.
Edward, però, sembra perfettamente a suo agio. Si allontana
da me e si siede
dietro la scrivania, rispondendo al telefono.
“Cullen” risponde, la voce chiara
e dura come suo solito.
Lancio
un’occhiata alla porta, desiderando di poter scappare. Ma
tanto è inutile:
Edward, se vuole ancora parlare con me, mi raggiungerebbe in un
istante.
“Parigi,
Bella?”
Confusa,
mi volto verso di lui. “Come?”
“Il
viaggio di nozze” spiega. “Parigi ti va
bene?”
Forse
avrei dovuto andare via. Avrei avuto solo cinque minuti di vantaggio,
ma
sarebbero bastati per riprendermi dall'intorpidimento che mi avvolge
adesso. Ed
è questo che mi fa annuire senza dire nulla, nonostante fino
a quindici minuti
fa gli abbia detto che non volevo affatto sposarmi con lui.
E il suo
sorriso divertito è la mia sconfitta. “Va
benissimo Parigi, Alec. Prenota
pura.”
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 ***
Siete
meravigliosi. Uno più di un altro. Non sapete
quant’è fantastico per me entrare
e leggere le vostre recensioni e i vostri messaggio privati. Tutto
ciò mi
sprona sempre di più a volervi regalare i capitoli uno di
seguito a un altro.
Ciò che leggerete di seguito – un capitolo lungo e
corposo, spero non vi
dispiaccia – è tutto merito vostro. Se non mi
aveste fatto capire quanto vi
piace la storia, senz’altro ancora sarei ai primi 5 righi,
del tutto
sconfortata. L’avrei terminato, ma in quanto tempo!
Troverete
due personaggi nuovi in questo capitolo, fondamentali per la storia
anche se
non si direbbe. Ci tengo molto a questa e voglio fare le cose con calma
per cui
vi dico: ci saranno tutti gli altri personaggi. Ci saranno molte cose
che vi
lasceranno confusi. Ci saranno molte domande per voi. Ma
è tutto voluto. A tempo debito, i personaggi si
mostreranno e le
domande avranno finalmente risposta.
Detto
questo, vi lascio alla lettura.
p.s.:
alla fine del capitolo troverete delle note. Vi prego di leggerle.
Capitolo
2
Dovrei sentirmi
felice. Dovrei assaporare questo
momento come vuole la regola.
Un matrimonio
è motivo per festeggiare, non per
sentirsi più sola che mai. Invece eccomi qui, disgustata
dalla figura riflessa
dallo specchio.
Quasi non mi
riconosco: indosso un lungo abito
bianco, ben diverso da quello che avrebbe dovuto indossare Tanya.
È
indescrivibilmente bello, e se tutto dipendesse solo
dall’abito, oserei dire
che sarebbe tutto perfetto.
È
l’abito dei miei sogni e Edward non mi ha affatto
messo un limite alle spese per questo.
Domani. Domani,
e tutto sarà compiuto.
Non ho
più avuto notizie di Tanya e con molta
probabilità nemmeno Edward. Me ne avrebbe
parlato… No? Ora il suo ritorno
riguarderebbe anche me. Ma nonostante ciò che è
successo l’altro giorno nel suo
studio dal suo ritorno a Londra, non abbiamo praticamente parlato.
Lui è
rinchiuso nel suo studio o da solo o con dei
colleghi o con dei dipendenti; io sono ancora troppo arrabbiata e
ferita per
fare il primo passo.
“Le
sta d’incanto, signora.”
La voce
melodiosa e oserei dire quasi commossa di
Carmen mi provoca brividi sulla schiena. Sì, forse mi sta
bene. Ma quanto è
sbagliata l’occasione per cui sto indossando
quest’abito principesco…
“Aiutami
a toglierlo, per favore” mormoro senza
tono.
Quasi mi sento
male ad indossarlo sapendo la verità,
quella verità che sappiamo solo io e Edward. Sempre
supponendo, perché io non
l’ho raccontato a nessuno, ma lui?
Carmen ha
un’espressione confusa sul volto a quel
mio brusco ordine e so che vorrebbe chiedermi qualcosa a proposito,
solo che
non si permette di farmi alcun tipo di domande.
Tre minuti dopo,
mi sento come se riprendessi a
respirare dopo una lunga apnea quando ritorno ad indossare i miei
jeans, la mia
camicetta ideale per l’autunno, e le mie converse.
Edward
è uno di quegli uomini importanti le cui
mogli devono sapersi vestire bene. Sarò ben felice di farlo
sfigurare davanti a
tutti quando ci sarà qualche evento mondano. Piccole
rivincite mensili.
Quando bussano
alla porta della mia stanza, Carmen
va ad aprire senza che io le dica niente. Sono troppo distratta per
capire chi
è, lascio fare tutto alla domestica.
“Signora?”
mi chiama cinque secondi dopo. “A quanto
pare suo padre è venuto a farle visita.”
Ecco che
improvvisamente Carmen ha tutta la mia
attenzione. Mio padre? Cosa ci fa qui a New York? Lui abita a Forks.
Ma non si tratta
di un errore. Quando scendo giù,
eccolo lì in salotto.
“Papà”
lo chiamo, commossa.
Era da un sacco
di tempo che non lo vedevo…
Il suo volto,
quando finalmente mi vede, è segnato
da rughe profonde e da un’espressione preoccupata.
“Dio, Bells, che bello
vederti” sussurra avvicinandosi a me.
Nessuno dei due
è spontaneo abbastanza da lasciarsi
andare a dimostrazioni d’affetto, ma questa volta
è diverso. Il mio imminente
matrimonio con Edward Cullen lo rende diverso.
“Ho
letto la notizia su tutti i giornali che mi
capitavano sotto mano. Cosa stai facendo? Perché sposarti
proprio con Edward
Cullen? Nemmeno sapevo vi conosceste” esordisce fissandomi
ansioso.
“Ehm…”
Non posso dirgli la verità. Si preoccuperebbe
troppo per me.
“Oh,
Charlie, mi stupisce la tua domanda. Per quale
motivo due persone si devono sposare se non per amore? Dovresti saperlo
bene,
visto il tuo alquanto improvviso matrimonio con
Renée.”
Lancio
un’occhiata sorpresa alle mie spalle,
scorgendo Edward entrare in salotto con un’espressione
tranquilla –
apparentemente, riesco a notarlo – e affiancarmi.
Dopodiché, poso il mio
sguardo su mio padre, bianco in volto ma con sguardo torvo su Edward.
Sento il petto
di quest’ultimo sfiorarmi la schiena
e mi odio quando mi rendo conto che il contatto mi piace anche troppo.
Ma
continuo a rimanere confusa da come mio padre fissa il mio futuro
marito. Che
motivo ne ha?
“Lascia
stare mia figlia fuori da questa storia. Lei
non ti vuole” sibila mio padre.
Lui mi conosce
troppo bene: sono una ragazza
piuttosto ordinaria, la cocca di papà. Non farei mai pazzie:
sposarmi da un
giorno all’altro è
una pazzia. Tra
l’altro, se fossi stata fidanzata mio padre sarebbe venuto a
saperlo. Ergo,
avrà pensato – indovinando – che
c’era qualcosa sotto.
“Ti
sbagli” mormora senza esitazione Edward. “Lei mi
vuole. E io sarò felice di darle… tutto
ciò che vuole” continua con un pizzico
di malizia.
Arrossisco
violentemente all’allusione sessuale
nascosta nella sua frase e mio padre quasi fuma di rabbia.
“Non
la toccherai” pronuncia con rabbia
avvicinandosi di un passo verso di me.
Edward forse non
aspettava altro: immediatamente mi
porta dietro di sé, fronteggiandosi con mio padre.
“Troppo tardi” gli risponde
con un sorriso gelido sul volto.
“Ora
basta!” esclamo con fervore, ponendomi in mezzo
ai due.
Sono la
più piccola in quella stanza, ma sembra
anche che sia la più matura. Il che è ridicolo.
“Papà”
mormoro con più calma nella sua decisione.
Odio ciò che sto per fare, ma devo. Alla fine, pagherei i
suoi debiti e Dio
solo sa quanto ho pregato per questo momento. “Amo Edward.
Non c’è niente
sotto, e voglio sposarlo tanto quanto lui vuole sposare me.”
Mi odio ancora
di più per l’espressione di profondo
dolore comparire sul viso di mio padre. “Non puoi dire
seriamente…” sussurra.
“Mai
stata più seria in vita mia.” O più
bugiarda,
potrei aggiungere.
Charlie non
replica. Mi guarda con profonda
delusione e per un attimo mi chiedo perché. Capisco che
magari l’abbia deluso
per non avergli detto niente, ma un rimprovero poteva bastare. Magari
chiedermi
perché non glielo abbia detto e io avrei trovato una scusa.
La sua delusione
sembra essere più profonda ma non mi so spiegare quanto.
Senza aggiungere
altro, sorpassa me e Edward e se ne
va. Apro bocca per chiamarlo e muovo un passo avanti: non
può andarsene così!
Ma Edward mi ferma e mi fa cenno di no con la testa, maledettamente
serio in
viso.
Sono talmente
sconvolta da quel gesto che lo fisso
senza spiaccicare parola e nel frattempo mio padre se
n’è già andato.
“Cosa
significa tutto questo? È mio padre!”
“Tranquilla.
Non ne dubito affatto.”
“Che
cosa vorresti insinuare?” ribatto
allontanandomi con un brusco gesto dalla sua presa.
“Che
tua madre è una brava donna. O magari no”
risponde con un sorrisino sfacciato.
È
troppo: lo schiaffo parte prima ancora che io
possa fare un qualsiasi pensiero logico, ma Edward è
più veloce di me e blocca
la mano che sta per colpirlo a una spanna dalla sua guancia. La sua
espressione
è pura rabbia e per un attimo mi pento del mio gesto.
“Non
ti azzardare mai più a riprovarci” mi ordina
con gelida calma, stringendo ancora di più la presa sul mio
polso.
Mi fa male e non
manco di farglielo notare, cercando
di allontanarmi da lui. Va bene, forse ho sbagliato ma nemmeno lui ha
agito con
attenzione.
“Perché
mio padre ha reagito così?” gli chiedo nella
più completa disperazione. La voce mi trema e inizio ad
agitarmi: ancora non mi
vuole lasciare.
Edward sembra
calmarsi di fronte alla mia
espressione sconvolta. “No, Isabella, non fare
così. Va tutto bene” sussurra
con gentilezza.
Sembra
così sincero che i miei occhi si appannano di
lacrime non versate. Ho paura. Non conosco affatto l’uomo con
cui mi sto per
sposare, l’ho conosco da pochi giorni e ho scoperto che
è altezzoso e rigido,
anche troppo per una come me. Se solo potessi ricevere conforto da mio
padre…
ma lui non c’è, ha deciso di andarsene senza
nemmeno spiegarmi le ragioni di
questo suo comportamento.
“Non
devi preoccuparti” riprende, avvicinandosi a
me. Dell’Edward freddo e calcolatore di poco fa non
è rimasto più niente.
Sembra essere ritornato l’Edward di due giorni fa, quello che
mi aveva stretta
nel suo studio sussurrandomi parole proibite nell’orecchio.
Sospiro,
decidendo di tranquillizzarmi.
Edward
potrà essere rude nei modi, ma non è un uomo
violento. Famoso com’è, qualcosa sarebbe saltata
fuori e soprattutto Tanya si
sarebbe confidata con Kate – amica di entrambe – se
così fosse stato, e io
sarei venuta a saperlo. Inoltre, Tanya non sembrava di certo spaventata
nel
lasciarlo, voleva solo stare con Eleazar. E infine, se fosse stato
violento,
Edward avrebbe smosso mari e monti per ritrovare Tanya e vendicarsi
violentemente.
Non
l’ha fatto. Mi ha solo offerto – diciamo
ordinato – un matrimonio in cui lui avrebbe riguadagnato la
dignità che Tanya
gli aveva fatto perdere, e io avrei aiutato mio padre a pagare quei
debiti che
non facevano dormire la notte sia lui, che mamma, che me.
Inoltre,
è bellissimo, di buona famiglia, e
soprattutto ho un debole per lui da tre anni a questa parte. Non
c’è amore, ma
seriamente: quali coppie oggi giorno si sposano per amore? O si
convive, o
quando ci si sposa si ci lascia dopo anche soli tre mesi.
Non dico che il
mio sarà il matrimonio più felice di
tutti i tempi perché non solo è comunque un
matrimonio solo per convenienza, ma
nemmeno l’ho voluto. Ma Edward ci sta provando, almeno quando
posa la maschera
da Mr Hyde per tornare in sé.
Oltre a questo,
Edward e mio padre si conoscono. Si odiano.
In passato deve essere
successo qualcosa, ma scommetto che non sarà nulla di
così grave. Se lo fosse,
io sarei l’ultima persona al mondo con cui Edward vorrebbe
sposarsi, visto che
dovrebbe sopportare la vista di mio padre, l’uomo con cui ha
litigato in
passato.
Perché
ovviamente non può impedirmi di vedere mio
padre. Sarebbe cattiveria pura. È solo la rabbia che lo fa
reagire così, lo so.
Devo agire con calma, molta calma. Assecondarlo, affinché
creda che non sia
qualcuno contro cui combattere.
Non appena presa
questa decisione, mi rendo conto
che sono ancora tra le sue braccia.
“E-Edward…” lo chiamo, improvvisamente
agitata.
Non
c’è malizia nel suo sguardo, non come
l’altro
giorno. Inarca semplicemente un sopracciglio, aspettando che continui.
“Tu
conosci praticamente tutto di me. Io però non
conosco nulla di te” gli faccio notare.
“Cosa
vuoi sapere?” mi chiede.
Scrollo le
spalle, senza sapere da dove cominciare.
Vorrei sapere tutto di lui: della sua famiglia, se ha fratelli e
sorelle, del
suo primo bacio, della sua prima volta… ma non penso che a
quest’ultime mi
risponderebbe.
I miei occhi si
posano sulla sua bocca. Bello com’è,
avrà avuto un centinaio di donne, ognuna di loro con
esperienze strabilianti.
La mia esperienza è stata pomiciare nei sedili
dell’auto del mio primo e ultimo
ragazzo. A quel pensiero, dimentico tutto ciò che volevo
chiedere su di lui,
chiedendo altro.
“Il
nostro sarà davvero
un vero matrimonio?” domando insicura.
Una parte di me,
sarei una falsa a negarlo,
vorrebbe. Edward è bellissimo e diventerà mio
marito. Perché non approfittarne?
Ma l’altra non vuole: l’altra volta ha capito che
sono vergine e mi ha detto
che farà pianissimo, ma dopo? Quando si accorgerà
che non so nulla? O meglio,
so ciò che serve sapere – in quanto a teoria non
ho nulla di cui lamentarmi –
ma la pratica lascerebbe molto a desiderare. Non voglio umiliarmi
davanti a
lui.
“Ovviamente.
Sarà un matrimonio vero in tutti i
sensi” risponde tranquillamente lui facendomi scontrare la
schiena con la sua
scrivania, premendosi poi a me.
Non
c’è bisogno di un genio per capire che
‘in tutti
i sensi’ indica solo un
senso: i
doveri coniugali.
“Ma…”
Mi fermo. Stavo per ammettere le mie paure
davanti a lui, ma non voglio che Edward ne sappia niente.
“Cosa
c’è, Isabella?” mi chiede con tono di
voce
seducente, prendendomi fra le braccia e issandomi sulla scrivania.
Sorride
maliziosamente. Forse ha capito, o forse mi vuole solo prendere in giro.
Mi irrigidisco:
non voglio che stia fra le mie
gambe, non voglio vedere quel sorrisino odioso sul suo volto, e non
voglio
nemmeno che mi chiami Isabella. Di tutt’e tre, gli faccio
notare questa. “Non
chiamarmi Isabella. Mi chiamo Bella” gli ricordo.
“Tuttavia
è Isabella che piace a me” replica con
tranquillità. “È così
elegante, regale… è bellissimo, proprio come
te.” Il suo
viso si piega per baciare lievemente il mio collo. “Ti ha mai
detto nessuno che
sei bellissima? Perché lo sei, Isabella. Sei
davvero…”, il suo viso si sposta
sulla mia gola e vi lascia un bacio “…
davvero…”, si sposta ancora più su,
baciando il mento “… bellissima”
pronuncia ormai sulle mie labbra, per poi
concludere con un vero bacio.
Non so davvero
se dover ricambiare o meno il bacio,
ma il mio corpo decide prima della mia mente: seppur con un
po’ di titubanza,
ricambio il bacio e Edward preme il suo bacino contro il mio. Le sue
mani sono
posate sulle mie cosce e solo ora mi rendo conto di quanto stringano
fino a
farmi male. Ma non è un male fastidioso: mi piace.
Porto le mie
mani sul suo viso e ricambio il bacio
con sempre più decisione. Edward ha un buon sapore e mi
piace come mi bacia:
usa poca lingua e tante, tante labbra.
“Voglio
farlo domani sera” sussurra improvvisamente
scostandosi di qualche millimetro a fatica.
Cerca di
trattenersi dal riprendere da dove ha
interrotto, riesco a capirlo. Nascondo un sorriso soddisfatto a questa
consapevolezza; gli ho fatto perdere quel controllo che cerca di
recuperare con
difficoltà.
“Sarà
bellissimo” promette ancora, baciandomi
un’ultima, lunghissima volta. “Sarà
meglio che ti riposi, Isabella, perché
domani notte non dormirai.” Mi lascia ancora un bacio, questa
volta sfuggente,
per poi incrociare i suoi occhi coi miei.
Non dice altro;
se ne va lasciandomi seduta sulla
sua scrivania a gambe divaricate, le labbra tumefatte dai suoi baci e
il cuore
che batte a mille. Se un bacio ha provocato tutto questo, mi chiedo
come mi
sentirò domani sera.
Ha detto che non
mi lascerà dormire. Ha davvero
intenzione di festeggiare come si deve?
///
Mio padre non
è venuto. Ho provato a chiamarlo, ma
il suo telefono è stato irraggiungibile e il gran giorno
è arrivato. Avrei
tanto voluto che fosse lui a portarmi all’altare, invece non
sarà presente
nemmeno da lontano al mio matrimonio.
Non riesco a
capire cosa provo, se sono arrabbiata,
triste o delusa da lui. Forse tutt’e tre le cose insieme.
“Sei
bellissima, Isabella.”
Mi volto verso
Carlisle, il padre di Edward. Il mio
futuro marito assomiglia tantissimo al padre: stessi occhi verdi,
stesso naso
aquilino, stessa mascella scolpita, stessi zigomi pronunciati. E gli
stessi
capelli indomabili, sebbene i capelli di Carlisle siano biondi.
È la
prima volta che ci incontriamo, ma lo riconosco
grazie alle foto sui giornali.
Sarà
lui che mi accompagnerà all’altare.
“Edward
è un uomo molto fortunato.”
Contrariamente
alla maggior parte dei cinquantenni
che ci provano con tutte le ragazze che potrebbero venir loro figlia,
nello
sguardo di Carlisle non c’è alcun tipo di malizia
e i suoi occhi mandano lampi
amichevoli. La sua voce è calda e gentile, e sembra credere
sinceramente alle
parole appena dette.
Dì
qualcosa di carino, andiamo. “Sono
io quella
fortunata” riesco a dire infine. Sì,
può andare.
Carlisle sorride
più apertamente, per poi scoppiare
seriamente a ridere. “Adesso sì che lo
è davvero” spiega, rivolgendomi un caldo
sorriso. Alza il braccio, piegandolo ad angolo. “Sei
pronta?” mi chiede
amabilmente.
È
simpatico, molto simpatico. Provo per lui quella
simpatia che di solito si prova per poche persone, quelle che incontri
per
strada, lanci loro uno sguardo, e dici: ‘Questa persona mi fa
simpatia’. È
tutta una questione di fiducia: se senti di poterti fidare di quella
persona
anche se non la conosci, allora senti di poterti fidare per sempre.
Poso la mano sul
suo braccio, iniziando ad
incamminarmi insieme a lui.
“La
ringrazio per accompagnarmi” mormoro
immediatamente, rivolgendogli un sorriso imbarazzato.
“Fino
a stamattina pensavo che fosse tuo padre ad
accompagnarti, e tua madre colei che ti avrebbe aiutato col vestito.
Non mi
dispiace accompagnare la mia futura nuora all’altare, lo
considero un onore e
un piacere insieme, ma mi dispiace che sia dovuta essere Carmen la
persona che
ha dovuto aiutarti ad indossare l’abito nuziale. Qualcosa non
va tra te e i
tuoi genitori?”
La voce di
Carlisle è gentile, ma il suo sguardo
sembra più… gelido al solo aver nominato i miei.
Sembra lo stesso comportamento
di Edward nei confronti dei miei genitori, solo molto più
calmo. Tuttavia, sempre
nervoso.
“Io
non… non lo so. Ieri suo figlio e mio padre
hanno avuto una discussione, e Edward sembra odiare mio padre. Solo non
riesco
a spiegarmi il motivo. Quei due non si sono mai visti a parte ieri, ma
i toni
che hanno usato sono stati davvero feroci e mio padre se
n’è poi andato. Non
essendoci lui, non ci sarà nemmeno mia madre. Lei sta a
Forks, ieri mio padre è
venuto da solo con l’intento di farmi annullare le
nozze.”
“Ma tu
non vuoi” replica con un sorriso sul bel
volto mio suocero.
Rifletto su
queste parole. Non voglio davvero?
Dapprima sì, eccome se lo volevo! Ma dopo quello che stava
per succedere tra me
e Edward… Dopo aver scoperto la passione che
c’è tra noi due e in cosa può essa
sfociare, dopo aver capito che nonostante i suoi possibili scatti
d’ira mio
marito non mi farà mai male… No, non voglio
più.
Sembra destino
fare quel pensiero non appena
arrivati davanti l’entrata della chiesa dove si
svolgerà la cerimonia.
Immediatamente, parte la musica e i miei occhi si posano su Edward.
Anche i suoi
occhi sono su di me, e mi fissano con
una strana espressione. Sembra… agitato, nervoso, ma anche
irritato e distante.
Forse troppo, più delle altre volte. È un
miscuglio di sentimenti, quello che
leggo nel suo volto inespressivo in questo momento, che non riesco a
leggere.
“Vi
auguro tutta la felicità di questo mondo, Bella
cara. Sono davvero felice che mio figlio abbia scelto te.”
Distolgo gli
occhi da Edward per posarli su
Carlisle. Non mente: c’è solo una reale
felicità nel suo sguardo. E io sono felice
di rimando di avere mio suocero come alleato.
Quando
raggiungiamo l’altare e mi consegna nelle
mani di Edward, riporto lo sguardo su di lui e non lo lascio un
istante,
nemmeno quando lo prendo per mano e lui stringe la presa, guardandomi
intensamente.
Arrossisco sotto
il suo sguardo, quasi a poter
leggere i suoi pensieri. E per quanto possa sembrare strano, sento come
la
promessa di una notte di fuoco sia nel suo tocco che nei suoi occhi.
La cerimonia
sembra durare un’eternità. Dal canto
mio, non vedo l’ora di poter appurare quanto quella promessa
venga mantenuta da
colui che ormai è a conti fatti mio marito.
È
così strano dirlo, ma è così. Il fatto
è che io ho
diciotto anni, dieci in meno di lui. So che la differenza
d’età non è così
grande: ci sono uomini che sposano donne di anche trent’anni
più vecchie, e poi
comunque a me non pesano questi dieci anni. Davvero.
Ma io sono poco
più di una bambina, a Edward
dovrebbero pesare eccome! Perché proprio me, una ragazzina
come tante, nulla di
così speciale? Per un attimo, uno strano pensiero si fa
strada in me. Non so da
dove sbuchi fuori, forse è l’inconscio, maledetto,
ma è un pensiero talmente
subdolo che mi vergogno ad averlo fatto io stessa. Per un secondo ho
pensato
che se Edward mi ha sposato c’è un motivo che non
sia la salvezza della sua
dignità dopo che Tanya lo ha lasciato fuggendo via, ma
qualcos’altro, qualcosa
di molto più grave. L’ho pensato anche
perché sia lui che il padre sembrano
irritarsi a morte al solo pronunciare Charlie Swan.
Un litigio tanti
anni fa? Charlie e Carlisle erano
compagni di scuola ed è successo qualcosa che li ha fatti
allontanare?
Nascondo un
sorriso. Pensieri assurdi generati dalla
lettura di troppo romanzi rosa, ecco cosa sono. L’inconscio
non c’entra nulla,
è stata solo la mia fantasia.
“Edward
Anthony Masen Cullen, vuole lei prendere
Isabella Marie Swan come sua sposa, per amarla, onorarla e rispettarla
per il
resto della sua vita finché morte non vi separi?”
Mi risveglio dai
miei pensieri alla classica domanda
del prete. La cerimonia è praticamente finita e mordo il
labbro inferiore per
trattenermi dal ridere felice.
“Lo
voglio” risponde deciso Edward, come a sfidare
il prete a suggerirgli il contrario.
“Isabella
Marie Swan, vuole lei prendere Edward
Anthony Masen Cullen come suo sposo, per amarlo, onorarlo e rispettarlo
per il
resto della sua vita finché morte non vi separi?”
“Lo
voglio” rispondo anche io, senz’altro meno
decisa e tuttavia pensandolo davvero.
“Allora
io vi dichiaro marito e moglie. Può baciare
la sposa” conclude scoccando un sorriso simpatico a colui che
adesso è
realmente mio marito.
Quando mi volto
verso Edward, rimango sorpresa dal
suo sguardo e il sorriso mi si congela in volto. Sta sorridendo,
sì, ma non è
un sorriso che esprime gioia. Sembra un sorriso…
soddisfatto, quasi cattivo.
Come se avesse vinto un premio per cui aveva tanto sudato, tanto
ambito. Ma non
posso essere solo un premio per lui, fosse stato così non
avrebbe mai chiesto a
me di sposarmi.
È
tutto così incomprensibile! Ma quando mi prende
fra le braccia e cancella i nostri sorrisi – il suo sempre
soddisfatto, il mio
gelato in volto – dimentico tutto tranne delle sue labbra che
mi baciano
passionali indifferenti delle persone attorno a noi.
Mi do’
anche della stupida: sono paranoica, ecco.
Lui sorrideva, punto.
Non era soddisfatto, era semplicemente felice. Come me.
Non mi illudo
certo che mi ami, nemmeno io amo lui.
Ma mi sento già affezionata a mio marito, questo
sì. Alla fine, non l’ho mai
odiato veramente, all’inizio ero solo arrabbiata per la
sfacciataggine con cui
mi aveva ordinato di sposarlo. Ma la cosa conviene anche a me, non
soltanto a
lui. E poi, le premesse per questo matrimonio sono tutte a favore di
entrambi.
Sarà
un matrimonio perfetto, già ma lo sento.
///
Durante il
ricevimento di nozze, mentre il resto
degli invitati – per lo più conoscenti e familiari
di Edward – rideva e
mangiava nel grande salone della villa di mio marito, io ero in quella
che fino
ad ora era stata la mia stanza da letto da quando ho cominciato a
lavorare per
quello che all’inizio doveva essere il matrimonio di Tanya ma
che alla fine si
è rivelato essere il mio.
Mi stavo
cambiando d’abito, perché erano solo le
otto di sera e il ricevimento si sarebbe protratto fino alla
mezzanotte. Per
quanto l’abito da sposa fosse un abito da sogno, era troppo
sontuoso per
poterlo indossare per tutto quel tempo.
Avevo poi
sciolto i capelli, che adesso erano ondulati
sulla schiena e mi davano un’aria vagamente sexy. O forse ero
io a sentirmi
così, col bellissimo trucco in viso e l’abitino
aderente nero che mi arrivava a
metà coscia ed era scollato – anche se non troppo
– sul petto. Per l’occasione,
avevo messo il push-up per poter risaltare il mio seno praticamente
inesistente. Le mie gambe coperte da delle calze color carne che davano
sul
nudo erano slanciate da un paio di scarpe nere dal tacco alto dieci
centimetri.
Edward ancora
non mi aveva visto. Non era il mio
modo di vestire, mi sentivo parecchio a disagio, ma l’avevo
fatto solo per lui,
con l’intento di provocare una sua qualsiasi reazione.
Sono intenta a
sistemare l’abito da sposa ben bene
sul letto quando la porta della mia stanza si apre. Non pensavo che
Carmen
sarebbe venuta a darmi una mano, alla fine non ce n’era alcun
bisogno. Ma forse
lei pensava diversamente.
Quando
però alzo lo sguardo sulla porta scorgo
invece della figura femminile di Carmen quella maschile e virile di mio
marito,
che mi sta fissando dalla testa ai piedi con una strana espressione sul
viso.
La porta
da’ in modo tale che, per come sono messa
io, lui possa ammirare solo il mio profilo. Tra l’altro, sono
quasi piegata a
novanta perché stavo sistemando il vestito e la cosa
è alquanto imbarazzante.
L’abito che indosso è aderente e rivela ogni mia
forma, specialmente in questo
momento.
L’espressione
strana è ancora sul suo viso. Non
sembra compiaciuto, non sembra divertito. Sembra solo scrutarmi a
fondo.
All’improvviso, vorrei non aver indossato
quest’abito, seppur per farlo
contento.
“Perché
hai indossato quell’abito? Che motivo ne
avevi?” domanda infine senza tono di voce e fissandomi negli
occhi, avanzando
di un passo chiudendosi la porta alle spalle.
Mi raddrizzo e
fingo una nonchalance che non mi
appartiene. “Perché non avrei dovuto?”
ribatto con un’altra domanda.
In effetti, me
lo chiedo davvero.
“So
che la maggior parte di voi donne siete
piuttosto insicure di voi stesse e vi sottovalutate, ma nel salone
c’è una
miriade di giovani uomini, chi più chi meno. Tutti miei
colleghi. È abbastanza
imbarazzante che la mia neo-sposa indossi un abito capace di
risvegliare i loro
appetiti sessuali, ne converrai anche tu.”
Arrossisco
immediatamente; non ci avevo minimamente
pensato. “La maggior parte di loro sono sposati, hai
detto.”
Alza velocemente
le spalle, infilandosi le mani
nelle tasche dei pantaloni di lino.
È
bellissimo e sensuale, sicuramente lo saprà.
Indossa un completo nero con una camicia bianca e cravatta nera. Oh
almeno, la
indossava durante la cerimonia e fino a cinque minuti fa. Ora non
l’indossa
più: al suo posto vi rimane solo la camicia adesso
sbottonata nei primi due
bottoni.
Non penso possa
esistere un uomo più bello di lui, e
nemmeno un uomo che mi provochi tutto ciò che mi provoca
lui. Se esiste, ancora
non l’ho incontrato. E nemmeno ne ho l’intenzione:
Edward è tutto ciò che
desidero.
“Sono
uomini, Isabella. E i miei colleghi più grandi
hanno mogli… molto più sagge di te, e la saggezza
non attira poi molti noi
uomini. Per quanto queste donne siano affascinanti e
intelligenti.”
L’ultimo
commento mi irrita. “Se sono affascinanti e
intelligenti come dici tu non vedo motivo per cui dovrebbero sbavare su
di me”
mi lascio sfuggire.
L’espressione
tranquilla e spaventosamente calma di
Edward si trasforma in pura serietà. Quasi sembra
minacciarmi con il suo solo
sguardo. Si avvicina di un passo e io arretro involontariamente, ma non
serve a
niente. Mi afferra per un polso e mi attira a sé, i nostri
visi pericolosamente
vicini. Per un attimo, a seguire quello che dice, sembra perdere la
naturale
compostezza che lo distingue dagli altri.
“Non
mi interessa un cazzo di tutti gli altri,
Isabella. Possono avere le più belle mogli che possano
esistere su questo
mondo, ma non permetterò a nessuno di desiderare qualcosa
che è mio. E tu sei
mia moglie, per cui farai come cazzo ti dico e ti andrai immediatamente
a
cambiare. Ora.”
Non
l’avevo mai sentito parlare così. Soprattutto,
non mi aveva mai fatto più paura di ora. Ma cerco di
rilassarmi e di ripetermi
che Edward non mi farà mai del male. È un uomo
potente, abituato a dare ordini
ai suoi dipendenti. L’istinto di comandare e avere il
controllo fa parte di
lui, è nella sua indole. Ma non è un uomo
violento. Questo no.
Tuttavia, se
acconsentissi a cambiarmi e ad
obbedirgli, questo sarebbe il primo passo per diventare una specie di
moglie
obbediente. E posso essere tutto fuorché obbediente.
Ciononostante,
sarei una stupida a ribattere
arrabbiandomi. Autoritario e geloso non fanno una bella accoppiata.
Devo
saperlo prendere con calma, molta calma.
“Perché
pensi che a me interessi qualcosa di loro?”
sussurro fissandolo con l’espressione più sincera
che posso. “Non ho mai
indossato un abito come questo perché non mi sento a mio
agio e…”
“E
perché iniziare a indossare un abito così proprio
ora?” sibila interrompendomi.
“Per
te!” esclamo, incapace di credere che un uomo
intelligente come lui non l’abbia ancora capito.
“Hai detto di volere un
matrimonio vero. Anche io lo voglio.”
Sono
sinceramente sollevata quando la sua collera si
trasforma in incertezza. Quasi mi fa tenerezza in questo istante.
“Perché l’hai
indossato per me? Non te lo avevo chiesto.”
Non vuole
umiliarmi con questa frase, è solo
sinceramente confuso. Lo capisco dal suo tono di voce e dallo sguardo.
“Perché…
ho visto le donne a cui ti affianchi,
Edward. Ancora non riesco a credere che tu abbia voluto sposare
me” rivelo
amaramente.
Edward sembra
riprendere la compostezza di sempre,
ma noto come per un secondo distoglie lo sguardo dal mio. Quando lo
riporta su
di me, è tornato il freddo Edward di sempre. “Sei
molto bella.”
“No,
non è vero.”
“Non
starò qui ad ascoltarti mentre ti denigri. Lo
sei. Perché ti sottovaluti così tanto?”
“Ho
dieci anni in meno di te! Questo fa di me una
bambina…”
“Lo
sei, infatti. Ma chi ti dice che non sia proprio
questo che mi attrae di te? La tua freschezza, la tua
ingenuità, la tua
timidezza. Sono parte di te. Sei una giovane donna che non si rende
conto di
com’è veramente. Dieci anni non sono poi
così tanti.”
In effetti no.
Mi ero già ripetuta che non mi
pesano. Se devo essere sincera, a pesarmi era il paragone che Edward
potesse
fare con le donne della sua età, più mature ed
esperte di me, con colei che è
ormai sua moglie.
Perderei
immediatamente. Ma sembra così sincero… non
può mentire. Non sta mentendo. E mi sorprende credergli
così, senza pensarci.
Mi rendo conto che ormai mi fido di lui. Non riesco a capire se sia un
bene o un
male.
Deglutisco,
premendomi ancora di più a lui. Per
tutta la conversazione, il suo corpo ha sfiorato il mio mentre la mano
con cui
mi aveva catturato il polso è ancora lì. Volevo
stare più a contatto con mio
marito e mi sono premuta a lui, desiderando al contempo che mi
stringesse.
“Scendiamo
giù?” sussurro.
Edward non
risponde immediatamente. Lancia un ultimo
sguardo al mio corpo fasciato dall’abito. Quando infine alza
lo sguardo verso
di me, leggo determinazione nel suo volto. “Resta sempre
vicino a me.”
Note: la gelosia
del nostro caro Edward non è una
gelosia dettata da un sentimento nutrito nei confronti di Bella. Come
già ha
capito Bella, fa parte della sua indole. Edward non è il
ragazzo dolce e
simpatico che magari avrete pensato potrà essere.
È successo qualcosa nella sua
vita, qualcosa che ha molto a che fare con il voler sposare
necessariamente
Isabella non appena saputo chi si trovava di fronte. Nel prossimo
capitolo vi
avverto già da ora che avrete un piccolo anticipo su cosa ha
scatenato questo
desiderio di vendetta, ma non sarà tutto. Sarà
solo l’inizio. Ci vorrà del
tempo prima che Edward possa mettere da parte la sua vendetta nei
confronti
degli Swan per dedicarsi solo ed esclusivamente a sua moglie. La storia
consiste proprio in questo. Spero vorrete affrontare insieme a me
questo
viaggio! Vediamo dove ci porta :)
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 ***
Prima
di lasciarvi al capitolo, vorrei scusarmi immensamente con voi per
questo ritardo di praticamente tre settimane. A mia discolpa, vi dico
che purtroppo le ultime settimane di scuola mi hanno tenuto lontana dal
pc (ho letto in giro che maggio/giugno non è mese per
recuperare; è quello che ti rovina le medie che hai fatto
per tutto l’anno, ed è vero!); per di
più, non riuscivo a scrivere il capitolo. Ho preferito
aspettare e darvi qualcosa di minimamente leggibile, piuttosto che un
obbrobrio schifoso.
Questo
capitolo potrà sembrarvi un po’ noioso, eppure non
lo è: ci sono tante frasi, tanti comportamenti, che danno
l’imput al resto della storia. Potrà non
sembrarvi, ma questo capitolo è essenziale. Spero quindi che
per voi non sia una totale delusione: se vi può consolare,
è da questo che parte la vera storia. Abbiate fiducia.
Ed
inoltre, come al solito ringrazio infinitamente chiunque mi lasci una
recensione. Non sono indispensabili, è vero, ma mi fa
enormemente piacere vedere che la storia è apprezzata, mi
sprona a volervi dare sempre più capitoli e, di conseguenza,
mi metto sempre più d’impegno.
p.s.:
anche in questo capitolo, ci sono delle note alla fine in merito a una
scena del capitolo. Leggetele se vi va :)
Capitolo
3
“Edward,
non ho ancora conosciuto la tua famiglia” gli rammento quando
scendiamo le scale per ritornare nel salone affollato.
“Ero
salito proprio per questo, a dire il vero. Non c’è
stato tempo durante la cerimonia, ma adesso ce n’è
a sufficienza per farti conoscere i miei genitori e i miei
fratelli” risponde.
Scendiamo
insieme l’ultimo gradino e in silenzio ci dirigiamo verso la
soglia del salone.
“Tuo
padre lo conosco.”
“Certo,
immagino abbiate parlato un po’ prima che lui ti
accompagnasse all’altare.”
“Mi
è sembrato un uomo tutto d’un pezzo, molto educato
ed elegante.”
“Lo
è” risponde semplicemente. Lo vedo spostare
attorno a sé lo sguardo. “Eccoli,
vieni.” Posa una mano alla base della mia schiena,
riempiendomi senza saperlo di brividi. È un bel contatto.
Mi sta
conducendo verso il tavolo imbandito, dove vi sono tre persone che
conversano.
“Papà”
chiama Edward.
L’uomo
che ci da le spalle si volta al sentirsi chiamare e riconosco in lui la
figura di mio suocero. Sorride a suo figlio e poi rivolge un sorriso
ancora più caloroso a me allungando una mano nella mia
direzione. “Isabella, stupenda come sempre” si
complimenta dandomi un bacio su ogni guancia.
Ricambio
come meglio posso il sorriso, apprezzando sinceramente il complimento.
“Isabella,
lui è mio padre, come già saprai. La donna al suo
fianco è invece Esme, la moglie.”
Nella
voce di mio marito non c’è rancore, ma mi stupisco
quando chiama per nome sua madre. A meno che, ovviamente, lei non lo
sia, penso confusa.
Esme mi
sorride e mi tende la mano, contenta come il marito di conoscermi ma
dimostrandomelo con meno entusiasmo. “Sono contenta che
Edward si sia sposato con una brava ragazza come te.”
Ricambio
la stretta e le sorrido arrossendo, pensando senza capire io stessa il
motivo al litigio di suo figlio con mio padre.
“Lui
è Emmett” continua Edward indicando un ragazzo
alto quanto lui ma più muscoloso, coi capelli ricci e un
sorriso malizioso sul volto.
“Il
più bello della famiglia” continua il ragazzo in
questione, salutandomi con una stretta di mano.
Lancio
un’occhiata a Edward, immaginando che faccia una battutina
scherzosa per dichiarare invece il contrario, ma lui sembra del tutto
indifferente. Non so perché, ma ne rimango delusa.
“Dov’è
Victoria?” chiede invece a suo padre.
Carlisle
inarca le sopracciglia guardandosi attorno. “Era qui poco fa.
Ora non ne ho idea.”
“Chi
è Victoria?” chiedo a nessuno in particolare.
È
Esme a rispondermi. “Victoria è la sorella di
Edward e Emmett” mi dice sorridendomi.
Annuisco
sorridendole piano.
“Bene,
ragazzi” continua lei. “Vado a rifarmi un
po’ il trucco. Edward, noi ci vediamo dopo” saluta
il figlio abbracciandolo dolcemente.
Se se ne
va, rimango sola con Edward, Carlisle e Emmett? Per quanto
già mi piacciano questi due, sono ancora un po’ in
imbarazzo con mio marito accanto.
“Esme,
le dispiace se l’accompagno?” le domando facendo un
passo avanti, pur aspettando ancora la sua risposta.
“Figurati,
vieni” mi invita sorridendomi. “La vostra sembra
una di quelle storie romantiche che si leggono nei romanzi
d’amore.”
“Come,
scusi?”
“Il
tuo matrimonio con mio figlio. Non credi?”
Lancio
un’occhiata a mia suocera, la quale sembra confusa. Deve aver
letto i giornali e deve aver creduto alla storia che si sono inventati.
O meglio, che mio marito si è inventato. Ancora non sono
convinta di averglielo perdonato.
“Bella?
Oh mio Dio, Bella!”
Riconosco
subito la voce. Quando poso il mio sguardo verso la donna che ha
parlato, sgrano gli occhi che si riempiono subito di lacrime represse.
“Rosalie” sussurro.
Esme mi
sente. “Ti lascio da sola con la tua amica. A presto,
Bella.”
A quanto
pare, fin’ora è l’unica della famiglia a
chiamarmi come vorrei mi chiamassero tutti.
Rosalie
si getta fra le mi braccia io la
stringo forte a me.
“Stamattina
sono arrivata dritta in chiesa, non mi hanno fatto passare. Avevano il
divieto di fare entrare estranei, specie una pazza psicopatica come me.
Capisci? Me! Che sono la tua migliore amica” borbotta
incredula. Poi sorride commossa. “Ma eri stupenda. Ho pianto,
sai? Sei bellissima. Edward è così fortunato, e
sarà uno stupido se non approfitta della
situazione.”
Scoppio
a ridere, realmente felice della sua presenza.
Quando
avevo avvertito Rosalie di ciò che stavo combinando non ne
è stata felice. L’ultima volta che le avevo
parlato era scoppiato un litigio. Non credevo che sarebbe venuta al mio
matrimonio.
Lei
finge che non sia successo nulla. Voglio farlo anche io.
Rammento
le parole che mi ha detto Edward e sento le mie guance più
calde. “Be’… lui ha tutta
l’intenzione di rendere vero il matrimonio.”
Rosalie
non capisce immediatamente a cosa mi riferisco. Quando comprende,
sgrana gli occhi mentre un sorriso entusiasta compare sul suo volto.
“L’hai capito il maritino…”
mormora maliziosa.
Tento di
nascondere un sorriso, ma senza successo. “Vado al bagno. Tu
non combinare casini” l’avverto.
“Sì,
mamma!” esclama con finto tono da bambina, facendomi poi
l’occhiolino e andando per la sua strada.
Dal
canto mio, entro al bagno che sto ancora sorridendo. O almeno fino a
quando non mi scontro con una donna tanto bella quanto antipatica a
vista dai voluminosi capelli ricci e rossi che la rendono ancora
più algida.
“E
così sei tu la moglie di mio fratello” mormora lei
sorridendomi falsamente.
Capisco
immediatamente di chi si tratta. Victoria.
Esme
deve essere già andata via, perché siamo sole al
bagno.
La vedo
lanciarmi uno sguardo dalla testa ai piedi. “Non sei male.
Abbastanza carina. Certo, non sei il tipo che di solita frequenta mio
fratello. Ma tu questo lo saprai già, no?” afferma
continuando a sorridere con quel sorrisino che già odio.
Vorrei
tanto risponderle per le rime, ma so già che se aprissi
bocca non uscirebbe nient’altro a parte insulti. E so
già che lei correrebbe da suo fratello per farsi difendere.
Non posso permetterlo. Il mio matrimonio non è stato
organizzato col migliore degli auspici; deve almeno partire bene.
Il
sorriso scompare improvvisamente. Si avvicina minacciosa di un passo.
“Voglio solo dirti che non approvo questo matrimonio. Ancora
non riesco a credere che mio fratello, dopo tutto quello che ha
passato, possa voler sposare una come te.”
Sono
sinceramente sconvolta: una come me? Con tutto quello che ha passato? E
perché quel guizzo di odio nei suoi occhi? Nemmeno mi
conosce. Va bene l’antipatia a pelle, ma addirittura arrivare
ad odiarmi senza aver nemmeno ascoltato ciò che potrei avere
da dirle?
Victoria
mi supera lasciandomi da sola nel bagno, sconvolta.
Con che
coraggio ora rientro nel salone? E perché dirmelo proprio
ora, rovinandomi il matrimonio? Perché è escluso
che ora possa godermelo come stavo facendo prima.
Mi passo
una mano sulla fronte, adesso confusa. Nella mia mente risuonano ancora
le parole di Victoria, soprattutto la frase su mio marito.
‘Ancora
non riesco a credere che mio fratello, dopo tutto quello che ha
passato, possa voler sposare una come te.’
Che
diavolo c’entro io con ciò che ha potuto
affrontare Edward?
///
Contrariamente
a ciò che ho pensato la bagno, il matrimonio è
filato liscio. Victoria si è dimostrata educata e distante,
ma la scintilla di odio c’è sempre stata nei suoi
occhi.
Nessuno
se ne accorto, ma non nego di aver notato Carlisle lanciare sguardi di
ammonimento. Edward… lui non ha fatto nulla, tranne che una
volta.
Victoria
mi aveva appena chiesto una cosa e Edward l’ha ripresa
aspramente.
‘Come
mai tuo padre non è venuto?’ mi aveva chiesto
sorridendomi fintamente gentile.
Prima
che io potessi risponderle, Edward era intervenuto parlandole
severamente. ‘Vic, piantala.’
Nessuno
aveva più aggiunto nulla, e io avevo evitato di chiederle
perché mi ha chiesto solo dell’assenza di mio
padre e non dei miei genitori in generale.
“È
abbastanza strano, comunque” mormora con tono pensieroso
Rosalie.
È
rimasta l’ultima tra gli ospiti insieme ai genitori di
Edward, i quali stanno già andando via e sono sulla soglia
di casa. Anche Rose sta andando via, io la sto accompagnando e riesco
già a vedere mio marito parlare con Carlisle.
Strano
che già Esme sia andata via.
“Non
capisco perché tutti questi riferimenti a tuo padre. Vanno
bene le coincidenze, ma queste non lo sono. Dovresti parlare con
Edward” mi consiglia.
“Lo
farò” sussurro.
Siamo
arrivate anche noi sulla soglia e il borbottio dei due uomini si
interrompe bruscamente. Mentre mio marito mi lancia
un’occhiata indifferente al mio arrivo – ferendomi
senza saperlo – Carlisle mi dona un sorriso gentile.
“È
giunto il momento di andare via. Buona serata, ragazzi”
dichiara a entrambi, ma guardando me. Infine, lancia uno sguardo al
figlio, uno sguardo che non riesco a decifrare.
“Me
ne vado anche io, Bella. Chiamami domani” aggiunge,
scoccandomi un occhiolino e salutandomi su entrambe le guance.
“È stato un piacere conoscerti, Edward”
mormora porgendo la mano a mio marito.
Edward
annuisce con fare serio, ricambiando la stretta. “Anche per
me.” Non appena anche lei se ne va e mio marito chiude la
porta, siamo finalmente soli.
“Credevo
che non se ne sarebbero più andati” mormora roco,
voltandosi verso di me e prendendomi fra le braccia, andando subito al
sodo. Sorride sghembo, facendomi quasi tremare le gambe per quanto
è sexy. “Ricordi cosa ti ho detto
l’altro giorno?”
Lo
ricordo? Come un improvviso flash, ricordo la nostra prima, lunga e
intensa conversazione: quella sul nostro vero matrimonio. Edward mi
aveva promesso che sarebbe stato un buon marito, che avrebbe adempiuto
ai suoi doveri coniugali con dolcezza e passione, e –
implicitamente – che io avrei goduto di ogni singolo istante.
Al
semplice pensiero di ciò che accadrà di qui a
qualche secondo, senza dubbio, arrossisco e abbasso lo sguardo, senza
riuscire a guardarlo negli occhi.
Pensavo
che avrebbe riso di questa mia insicurezza, anche teneramente magari, o
che avrebbe potuto commentarla con qualsiasi battuta. E invece no.
Sento le sue labbra sfiorare le mie con delicatezza, le mie mani posate
già sul suo petto mentre riescono a sentire il battito calmo
e rassicurante del suo cuore.
Il bacio
continua via via a farsi sempre più passionale, ma mai
violento. Nascosta nella passione c’è della
dolcezza che, a dire il vero, non mi aspettavo di ricevere.
Edward
si allontana da me, ed è con piacere che noto di non essere
l’unica a respirare con affanno. Lo vedo deglutire
vistosamente. “Andiamo di sopra.”
Mi
prende per mano e non aspetta una mia risposta: mi conduce a quella che
fino ad oggi era stata solo la sua camera da letto, mentre da stanotte
apparterrà anche a me. Non dice una parola, e nemmeno io.
Quasi corre per la fretta. E quando siamo finalmente arrivati apre con
uno scatto la porta e mi fa entrare per prima, chiudendola subito dopo.
Non
capisco davvero più niente: ho solo il tempo di voltarmi di
nuovo verso di lui che sono già fra le sue braccia, il bacio
che ci scambiano stavolta che non ha niente della dolcezza di poco fa.
Questo sì che è passione e violenza. Ma,
ovviamente, non violenza nel senso vero del termine.
Il suo
corpo preme forte il mio e mi costringe a compiere dei passi indietro,
fin quando le mie ginocchia non toccano il letto e cado sul materasso.
Edward è immediatamente sopra di me.
“Edward…”
sussurro, un po’ spaventata.
Non dico
di aver paura che mi possa violentare, questo mai. Ma
senz’altro tutta questa passione può portare a una
penetrazione violenta, di quelle dapprima dolorose ma che alla fine ti
regalano un immenso piacere. Un po’ quel genere di sesso che
le donne esperte sognano di ricevere dal proprio amante.
Ma,
appunto, donne esperte. Io sono ancora vergine.
Edward,
però, sembra capire perfettamente. “Non ti
farò del male” mi rassicura senza esitazione, e
altrettanto velocemente mi rilasso fra le sue braccia.
Mi apre
la gambe, premendo la sua erezione sulla mia intimità ancora
coperta dal vestito. Riesco a sentire quanto sia eccitato e la cosa mi
piace talmente tanto che al momento riesco ad aprire le gambe ancora di
più e ad inarcare il bacino.
Quando
la mano di Edward si intrufola sotto al vestito per accarezzarmi la
coscia, penso di poter seriamente morire. Anche l’altra sua
mano segue lo stesso percorso, per infine far risalire il mio vestito
su fino ai fianchi.
Le mie
mani, mosse come da volontà propria, pensano a lui: se lui
sta spogliando sua moglie, io voglio spogliare mio marito. Gli slaccio
freneticamente la camicia, accarezzando a pieni palmi il petto
muscoloso quando alla fine la apro completamente.
Edward
allontana le mani dal mio corpo per permettermi di togliergli camicia e
giacca insieme. Saranno già stropicciate, ma chi se ne
frega.
Quando
ritorna su di me, le sue mani si intrufolano tra la mia schiena e il
materasso, per aprire il mio vestito. Lo aiuto inarcandomi un poco e,
quando ci riesce, posa le sue mani sul mio petto per scoprirmi il seno,
da cui toglie anche il reggiseno. Adesso, il vestitino aderente
è solo un mucchio di stoffa arrotolato sui miei fianchi.
Edward
nota che indosso il reggicalze e, per togliermi le mutandine, deve
slacciarlo. Sorrido quando noto che ci mette più di qualche
misero secondo per farlo. Alla fine, riesce a far scivolare il vestito
e le mie mutandine, lasciandomi finalmente nuda. O quasi, se non si
conta il reggicalze, le calze color carne e i tacchi a spillo.
“Queste
le teniamo” sussurra facendo scorrere un dito sul bordo delle
calze dopo aver tolto anche il reggicalze.
Sorridiamo
nello stesso momento, quando poi mi rendo conto che sebbene io sia ora
nuda, lui non lo è per niente dalla vita in giù.
Porto le mie mani sui suoi pantaloni e glieli apro.
Edward
non si oppone di certo, e anzi ci pensa direttamente lui. Mentre lo
guardo togliersi le scarpe e le calze, mi rendo conto che il momento
sta arrivando e che io non ho pensato a una cosa importantissima.
“Edward”
sussurro per richiamare la sua attenzione.
Lui non
risponde, ma mi fissa mentre finalmente lascia cadere i pantaloni.
“Non
prendo la pillola” gli comunico.
Non
sembra stupito della cosa, non fa una piega. Senza una parola ritorna
su di me, adesso anche lui nudo, e riesco a sentire la lunghezza del
suo membro sfiorarmi.
Riprende
a baciarmi iniziando a muoversi contro di me, senza ancora entrare. Lo
sento spostare il braccio fuori dal letto e subito dopo il rumore di un
cassetto che si apre. Immagino la sua mano frugare tra mille cose e
osservo infine Edward allontanarsi da me spazientito per cercare di
trovare la scatola dei preservativi, senz’altro.
Quando
non li trova, con uno scatto impaziente fa cadere il cassetto per
terra, rivelandone tutto il contenuto. Lui si muove per cercarli ancora
e anche io mi volto con la schiena. Alla fine, troviamo entrambi i
preservativi sul fondo del cassetto, tre in tutto. Logico che non li
trovasse, tra carte e roba varia.
“Che
cazzo… tre preservativi?”
Noto con
stupore che sembra davvero stupito dalla cosa e non capisco il
perché.
“Domani
sarà meglio andare a compare almeno due scatole di
preservativi.”
Due
scatole di preservativi? Una volta Rosalie ne ha comprata una durante
la sua relazione con Jacob e ho potuto constatare che in una scatola vi
sono sei preservativi. A cosa ci servono almeno
dodici preservativi? Cazzo, non è una macchina, e io non
sono una bambola.
A meno
che non intendesse per la luna di miele. Staremo fuori almeno due
settimane, posso capire che magari non vorrà uscire e pensa
di farsi la scorta prima. Meglio che rimangano ma no averne poi bisogno
senza poter trovare rimedio. Questo sarebbe comprensibile.
Dio, fa
tanto il misterioso…
“Davvero?”
mi scappa così di dire. Che domanda stupida.
I suoi
occhi si posano sui miei, impedendomi quasi di respirare per
l’intensità con cui mi fissano. La sua mano si
posa tra le mie gambe, andando subito a toccare il mio clitoride.
Un’improvvisa
fitta di piacere mi percuote tutta e mi inarco immediatamente senza
volerlo, ansimando senza potermelo impedire. La bocca di Edward si
tuffa sul mio collo, la sua lingua che lecca senza freni. La mano
continua imperterrita ad accarezzarmi e il piacere monta in me sempre
più freneticamente.
Quando
però alla mano sostituisce il suo membro, accarezzandomi con
esso, sento davvero di poter morire. Mi inarco sempre di
più, quasi a farmi male, e premo le mie mani sulla sua
schiena, verso il basso.
Edward
non sembra essere d’accordo. Con un grugnito, le afferra e le
porta al lato della mia testa, smettendo di baciarmi il collo e
fissandomi invece.
Ringrazio
Dio che l’unica cosa a far luce nella stanza siano i raggi
lunari che fanno vedere solo ombre, perché immediatamente
divento rossa, lo so. Ma non posso evitarlo, non quando Edward si muove
su di me incatenandomi al letto e fissandomi con quello sguardo
famelico.
Ma
quando mi fa sua, non riesco anche ad evitare di stringergli forte le
mani, quasi a volergli trasmettere un po’ del mio dolore, e
ad ansimare rumorosamente. Evito l’urlo, perché
fortunatamente Edward non l’ha fatto con un colpo solo. Entra
piano piano, ma fa male comunque.
Involontariamente,
stringo le gambe ai suoi fianchi, ad impedirgli di continuare.
“Ti
fai solo più male, così.”
Mi
faccio male ugualmente, vorrei dirgli. Fa male.
Respiro affannosamente, cercando di spingerlo via da me quando riprova.
Edward non si muove di un millimetro ma almeno si ferma.
“Bella,
calmati” mi ordina ma con tono melodioso.
Mi
lascia andare le mani e queste corrono subito al suo petto, quasi come
per mandarlo via. E una parte di me lo vorrebbe.
“Sei
agitata” nota. “Rilassati. Sono fermo al
momento” sussurra con dolcezza. Pian piano, concentrandomi
sulla sua voce, rallento il mio respiro.
“Così… rilascia anche le
gambe.”
Immediatamente,
a quelle parole mi irrigidisco.
“Non
entro, davvero. Rilasciale e basta” mi ripete.
Con
insicurezza, e molta calma, obbedisco, facendole ricadere sul letto. E
adesso? Le sue mani si posano sui miei glutei, inarcandomi di poco. Mi
lascia un bacio sul naso, qualcosa di tenero che non mi aspettavo.
“Adesso
mi muoverò un poco. Va bene?” Notando il mio
sguardo timoroso, si affretta ad aggiungere: “Non
entrerò più di quanto già non lo sia.
Fidati. È per farti abituare, per ora.”
Annuisco
freneticamente. Le mie mani sul suo petto non lo spingono
più, ma il calore che emana la sua pelle e il battito un
po’ aumentato del suo cuore mi rassicurano.
Edward
tiene fede alla sua parola, muovendosi su di me ma senza entrare. Il
che è un bene, visto che mi limito a sentire solo un forte
bruciore.
“Ti
faccio ancora male così?” mi chiede, deglutendo.
Scuoto
la testa, mentendogli un poco. Ho i muscoli già intorpiditi
e continuo a sentire un fortissimo bruciore che sembra non volersi
attenuare.
“Adesso
entrerò un altro po’, va bene?”
I miei
occhi lo cercano immediatamente. Edward cala il suo viso sul mio,
iniziando a baciarmi. Mi preparo a sentirlo entrare, i muscoli
già tesi involontariamente.
“Rilassati…”
sussurra ancora, con una sfumatura di tenero divertimento sulla voce
che mi induce a rilassarmi per davvero.
Si muove
avanti e indietro, senza mai entrare, il che mi permette di prendermi
un qualcosa come ‘cinque minuti di pausa’ e non
pensare più al possibile dolore che verrò a
provare. Ma non appena non sono più contratta, Edward mi fa
definitivamente sua con un’unica spinta, facendomi scappare
un urlo di dolore e di sorpresa dalla bocca, già le prime
lacrime a rigarmi le guance.
Edward
si ferma immediatamente, riprendendo a baciarmi quasi a volermi
rilassare come prima, senza sapere che in questo momento mi sento solo
soffocare. Senza riuscire ad impedirmelo, lo spingo via, tentando di
riprendere il controllo di me stessa.
“Scusami.
Ma ho pensato fosse meglio così, almeno ormai è
finito” si giustifica.
Una
parte di me vorrebbe urlargli contro, l’altra ammette che in
fondo ha ragione. Questo tuttavia non mi fa sentire meglio. Dopo un
tempo che mi sembra infinito, Edward riprende a muoversi.
Tutto
ciò che succede in seguito è solo molto doloroso
e fastidioso. Non c’è piacere, non ci sono
brividi, non ci sono urla. Ci sono solo io che cerco di non pensare al
dolore e c’è Edward che spinge sempre
più forte in me. Non mi rendo conto di quando raggiunge il
piacere, ma ecco che alla fine si allontana da me. Con delicatezza,
devo dargliene atto.
“Mi
dispiace averti fatto così male. Tu non avevi mai fatto
sesso, ma io non avevo mai posseduto una vergine” mormora
poco dopo.
Rabbrividisco
quando avverto nella sua voce un tono di strafottenza.
“Non
importa. È stata la prima volta… ce ne saranno di
migliori. Spero” aggiungo subito dopo in un sussurro
Edward
scoppia in una risata bassa e cattiva, oserei dire. “Certo.
Saprò soddisfarti, vedrai” promette malizioso,
dandomi un veloce bacio sulla bocca per mettersi a sedere e indossare i
pantaloni senza boxer.
Non
rispondo alla sua osservazione inadeguata ed evito di pensare a quanto
le sue parole possano avermi ferito. Piuttosto aggrotto le
sopracciglia, confusa. Dove sta andando?, mi chiedo quando lo vedo
alzarsi e indossare la camicia bianca.
Ma non
ho il coraggio di chiederlo, né di fermarlo quando se ne va
senza dirmi una parola.
Ho la
mente sgombra da ogni pensiero. Mi sento i muscoli del corpo
intorpiditi, le gambe che mi fanno male e internamente come se qualcuno
mi avesse aperto in due, per lasciarmi un grande vuoto dentro. Cosa
che, in effetti, così è stata.
Ho
appena perso la mia verginità. Edward non l’ha
presa con la forza, ma mi aspettavo un comportamento migliore dopo.
È stato già abbastanza traumatico con tutto quel
dolore per l’entrata improvvisa, avrei voluto che mi tenesse
stretta a sé, facendomi addormentare sul suo petto.
Invece,
inspiegabilmente, sembrava arrabbiato. Con me.
Eppure non ne aveva motivo. Era stato davvero dolce, prima. E anche
durante. Ma dopo? Cosa è successo?
Guardo
la sveglia digitale sul comò. Sono le due e trentasei di
notte. Considerando che quando siamo entrati qui è stato
subito dopo che il ricevimento è finito –
è l’orario in cui è finito era
mezzanotte circa– non credo proprio che ritornerà.
Un
improvviso vuoto si impossessa psicologicamente di me, non soltanto
fisicamente. Le lacrime che stanotte avevano rigato il mio volto per il
dolore fisico ritornano, forse più potenti di prima nel
rendermi conto che la prima notte da donna sposata la
passerò da sola nel grande letto nuziale.
Edward’s
pov
Sento lo
sguardo di mio fratello Emmett perforarmi da capo a piedi mentre
entrambi siamo seduti sul divano nel salotto di casa sua.
Manca
poco alle tre di notte, per la prima volta ho una moglie che mi aspetta
nel letto, e io sono qui a bere caffè con mio fratello.
Bella merda.
“Io
te lo avevo detto che è tutto un grande
errore…”
Di
nuovo, Emmett? No. Stavolta no.
Poso di
scatto la tazza di caffè sul tavolino alzandomi nervosamente
in piedi. “No. Non è stato un errore. Ho aspettato
dieci anni per tutto questo, programmandolo fin nei minimi particolari.
L’arrivo di Isabella non era programmato però.
Eppure è successo senza che io facessi nulla. Non ti pare un
segno del destino?”
Emmett
alza gli occhi al cielo. “Onestamente? No. È stata
solo una coincidenza…”
“Avevo
intenzione di sposare Tanya, Emmett. Questa scappa con
l’amante, ma per il mio matrimonio aveva assunto una wedding
planner che guarda caso è la figlia di quel figlio di
puttana. Ti sembra solo una coincidenza?” gli domando
sarcastico.
Anche
Emmett a questo punto si alza in piedi. “Isabella ha dieci
anni in meno di te. L’hai costretta a sposarti con la forza.
Coincidenza o meno, destino o meno, non ne avevi il diritto!”
esclama con furore.
Scuoto
la testa, voltandogli le spalle e dirigendomi verso la finestra che
dava sul giardino. “Non ha importanza. Dieci hanno non fanno
poi una così grande differenza.”
“È
ancora una bambina, Edward. Probabilmente avrà avuto anche
un fidanzato a Forks, un fidanzato che amava e che ha dovuto lasciare
per…”
“È
vergine” rivelo interrompendolo.
Mio
fratello si interrompe e nella stanza cala il silenzio per un istante.
“Vergine?”
“Lo
era” mi correggo. “Ora non
più.”
“Come
sarebbe a dire ora non più? Sapevi che era vergine? E
nonostante questo l’hai costretta a passare la sua prima
notte con un perfetto sconosciuto?!”
Mi volto
di scatto, fissandolo pieno di rabbia. “Io non l’ho
costretta a fare proprio niente. Avrei potuto averla con un semplice
schiocco di dita, eppure ho aspettato la notte dopo le nozze. Il
matrimonio doveva essere consumato, lo sai bene!”
Fa un
passo avanti, quasi non riconoscendomi. “Tu sei completamente
pazzo! Probabilmente adesso è tutta dolori ad aspettarti
ancora sveglia e tu sei qui a fare cosa, poi?”
A quella
domanda, il motivo per cui effettivamente ho disturbato mio fratello mi
spinge a sorpassarlo per riprendere il mio precedente posto sul divano,
poggiando i gomiti sulle ginocchia. “Stanotte è
stata difficile. Per tutt’e due.”
“Sì,
immagino come sia stato difficile per te” mormora
sarcasticamente lui, imitandomi e prendendo anche lui il posto di
prima. “Che c’è, hai dovuto entrare con
cautela annoiandoti nell’attesa che si aprisse?”
Evito di
ribattere alla sua provocazione. È arrabbiato e amareggiato,
ma alla fine non può capire fino in fondo perché
faccio tutto questo. E mai lo capirà. Penso invece a trovare
la risposta adatta.
“Le
ho fatto male. E mi sono sentito in colpa” sussurro, fissando
la tazza di caffè.
Emmett
sembra preso alla sprovvista. “Be’…
è una cosa buona. Forse c’è ancora un
po’ di speranza per te.”
Scuoto
la testa. “Non capisci” mormoro fissandolo
finalmente. “Non posso iniziare a sentirmi in colpa. Ho
cercato poi di essere il più tenero possibile nel farla mia,
preoccupando per lei. Ma non posso. Non posso permettermi questa
debolezza. Ho bisogno che non mi importi nulla di lei, per tutto il
tempo in cui questo matrimonio durerà.”
Mio
fratello mi fissa a lungo, ogni traccia di ostilità sparita
sul suo volto. “Hai paura che lei si innamori di te, non
è vero? Se ti permetti di essere gentile, di essere un buon
marito per lei, Isabella potrebbe innamorarsi di te. È
giovane, ci si innamora facilmente alla sua età,
no?”
Abbasso
lo sguardo, torturandomi le mani.
“Io
però credo che sia per te che ha
più paura. Hai eretto un muro intorno al tuo cuore, il tuo
unico obbiettivo è far soffrire Charlie, non importa cosa o
chi possa andarci di mezzo. E, per come ho potuto conoscerla
stasera, è facile che ci si innamori di lei. E se tu ti
innamori, non sai come tutto questo possa andare a finire.”
Alzo
immediatamente lo sguardo verso di lui, fissandolo astioso.
“So come andrà a finire. Non mi
innamorerò di Isabella, non provo niente per lei.
L’ho sposata solo per arrivare al padre. E Charlie
soffrirà, esattamente come ha fatto soffrire mia madre. Fine
della storia.”
“Sarà”
risponde Emmett, assolutamente non convinto. “Ma se credi
così tanto che non ti innamorerai di Isabella,
perché sei ancora qui e non con lei? Alla fine della storia,
sarà questa ragazza che soffrirà più
di tutti, lo sai.”
No,
non lo so. È figlia di suo padre; un assegno
basterà.
Bella’s
pov
A
svegliarmi il giorno dopo sono i tiepidi raggi solari di ottobre. Per
un primo momento mi sento smarrita, poi nella mia mente si ripropongono
flash della notte precedente: la mia prima volta con Edward, il nostro
matrimonio.
Se fino
a ieri ero Isabella Swan, oggi sono Isabella Cullen. Sono sposata, Dio
mio. E con un uomo a cui non importa nulla di me.
Quando
scendo dal letto, sento tutti i muscoli del mio corpo ancora
più indolenziti di stanotte che mi impediscono quasi di
muovermi. Noto con disappunto una macchia di sangue fra le mie
gambe e mi metto subito a controllare le lenzuola.
Sono macchiate, ma fortunatamente non troppo.
Rimandando
a dopo la pulizia di queste, prendo un paio di mutandine e dei vestiti
puliti, andando immediatamente a fare una doccia per pulirmi. Ne esco
fuori mezz’ora dopo.
Dopo
essermi vestita, disfo il letto e scendo giù con le lenzuola
in mano, nascondendo accuratamente la macchia.
“Buongiorno,
signora” mi saluta allegra Carmen.
Sussulto,
non immaginando di trovarmela qui di fronte già di prima
mattina. “C-Carmen… buongiorno!” esclamo
agitata.
Lei non
sembra farci caso; scruta invece le lenzuola.
“Perché sta portando in mano quelle lenzuola?
È compito mio” mi fa notare.
Perché
non voglio che qualcuno sappia che il tuo datore di lavoro mi ha
sverginato.
“Dia
a me” riprende con un sorriso. Afferra le lenzuola prima che
io possa fermarla e se ne va prima che io possa aggiungere altro.
O forse
sono io che non voglio dire più nulla; è lei che
si occupa di lavare le lenzuola, non mi importa. Non dopo aver
ripensato al comportamento di Edward la scorsa notte.
Afferro
il telefono che tenevo nella tasca del jeans e guardo l’ora.
Sono le dieci del mattino. Rosalie a quest’ora
sarà sveglia, per cui le invio frettolosamente un messaggio.
‘Ti
devo parlare. È urgente.’
///
“Ha
usato violenza contro di te, Bella? È questo che stai
cercando di dirmi?” domanda Rose fissandomi seriamente, forse
mai così seria in vita mia.
“No!”
esclamo con convinzione. “Mio Dio, no. È proprio
questo il punto: quando l’abbiamo fatto è stato
dolce, tenero… comprensivo. Ha saputo aspettarmi. Mi sono
fatta male, questo è vero, ma chi è che non si fa
male la prima volta?”
Vedo
Rosalie sospirare di sollievo.
“Ciò
che voglio dirti è che quello che invece ha fatto
più male è come si è comportato dopo.
Era… freddo, distante. Quasi l’ha considerato
davvero un dovere coniugale, tanto era tranquillo dopo aver finito
tutto. E non ha senso! Aveva detto che voleva rendere il nostro
matrimonio vero, quindi perché poi si è
comportato trattandomi… come la peggiore delle
prostitute?”
È
proprio in questo momento che mi rendo conto della verità a
cui prima non avevo fatto caso: davvero Edward mi ha trattato come la
peggiore delle prostitute. E io non me ne ero nemmeno resa conto.
“Bella,
ascoltami. Io non so perché Edward si è
comportato così, ma certo si è comportato da vero
stronzo. Il vero problema però è capire come vuoi
comportarti tu” mi fa notare Rosalie.
“Secondo me dovresti fingere che non ti interessa nulla come
si è comportato.”
“Ma
mi è importato!”
“Sì,
ma lui non lo sa. Lui ti ha chiesto un matrimonio di interesse? E tu
dagli solo un matrimonio di interesse. Niente lunghe conversazioni,
niente ‘com’è andata oggi al
lavoro?’, niente ‘cosa vuoi per cena?’,
niente di tutto questo. Solo sesso. E, ovviamente, solo quando vuole
lui. Non appena finito voltati dall’altra parte, non iniziare
una conversazione, non dirgli ‘è stato
bellissimo’. Al massimo, se te lo dice lui, rispondigli con
strafottenza. Come se da uno a dieci lui fosse un sette-otto, e avessi
avuto di meglio. Quando si renderà conto che stai prendendo
la cosa esattamente come voleva lui, vedrai che te lo farà
notare” mi dice con un sorriso.
Non ne
sono poi così tanto convinta. “E
funzionerà?”
Rosalie
scrolla le spalle. “Tesoro, se avessi la sfera di cristallo
cercherei di verificare le cose anche per me stessa. Purtroppo non
posso consigliarti di meglio… Tu prova. Tentare non costa
niente” mormora sorridendomi maliziosa.
Faccio
una smorfia, ripensando a tutto ciò che ha appena detto.
Solo sesso? Io non voglio solo sesso. Rose, però, sembra
convinta che possa funzionare. Alla fine, forse ha
ragione. Certo che tentare non costa nulla.
Note:
posso immaginare e capire se dopo aver letto questo capitolo pensate:
“Mio Dio, la solita storia. Edward cinico e bastardo che ne
fa passare di tutti i colori a una Bella senza spina dorsale che sappia
il fatto suo”. Scrivo queste note per dirvi che non
è così. All’inizio sì, lo
è. Bella si è appena sposata, Edward le ha detto
che vuole che questo sia un vero matrimonio. Pensa che ci siano solo
incomprensioni. Lei non sa ancora la verità. E quando lo
saprà, tutto sarà diverso. Se volete aspettare
per verificare, mi farebbe piacere che non interrompeste la lettura :)
Detto questo, voglio spezzare una lancia a favore di Edward. No, non
del suo comportamento, ma per la prima volta di Bella. Trovo
inverosimile quando in certi libri leggo di una prima volta da favola,
con poco dolore e con anche due orgasmi. Sul serio? La prima volta?
Andiamo. Io volevo uccidere il mio ragazzo quand’è
successo, credo d’averlo maledetto svariate volte quella
notte. La prima volta che ho descritto in questo capitolo penso sia
abbastanza reale. Edward ha provato a farle il meno male possibile, ma
fa comunque male.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 ***
Ed eccomi qui :)
Più passano i capitoli, più mi
fate sapere quanto la storia vi piace. Questo mi fa enormemente
piacere. Non vorrei parlare troppo in fretta ma noto che forse vi state
affezionando alla storia. Non so cosa dirvi su questo, semplicemente
che se è così potrei piangere di gioia.
Ora permettetemi di parlare del capitolo che segue:
leggerete un’altra scena di sesso. Non voglio che il sesso
diventi il fulcro della storia, ma è necessario, visto il
comportamento di Edward e ciò che ha consigliato Rosalie a
Bella. Consiglio che sono felice voi abbiate condiviso! Mi aspettavo
fuoco verso Rosalie, davvero, e invece avete approvato. Tuttavia non
preoccupatevi: ci sarà molto altro apparte il sesso,
ovviamente.
Buona lettura.
Capitolo
4
Dopo
essere state al bar io e Rosalie siamo tornate alla villa,
così da avere più tempo per noi e più
privacy.
Quando
Edward ritorna a casa da chissà quale posto vedo che sono le
due del pomeriggio.
“Oh,
scusami. Pensavo fossi sola” esordisce entrando nella mia
camera da letto – no, non mi sono sistemata nella sua.
Il
sorriso che Rosalie era stata in grado di portare sul mio viso scompare
per lasciare il posto a un’espressione guardinga. Con Edward,
non so mai come potrebbe essere. Se tranquillo, adirato, normale,
preoccupato… Non riesco a capirlo.
“Ciao,
Edward” lo saluta Rosalie alzandosi in piedi dal letto su cui
eravamo sedute comodamente con una tazza di cioccolato in mano.
Edward
le rivolge uno sguardo fugace, ricambiando a stento il saluto.
“Rosalie. Bella, volevo solo ricordarti che l’aereo
ci aspetta fra mezz’ora al massimo, quindi ti conviene
preparare i bagagli. Fai una cosa, non appena li prepari portali nella
mia stanza e posali per terra vicino ai miei.”
I
bagagli? Oh… la luna di miele a Parigi. Oh! E come facciamo
in mezz’ora?
Salto
in aria pronta a esporgli le mie perplessità ma Edward alza
la mano come a bloccarmi. “Tranquilla. Ho un aereo privato,
non ci saranno le solite formalità che sembrano
più lunghe del viaggio in sé. Ti aspetto nel mio
studio.”
Dopo
aver concluso, rivolge mezzo sorriso di saluto a Rosalie ed esce
così come è entrato.
Lancio
alla mia amica uno sguardo confuso, lei che ricambia appieno. Mio
marito sembrava un’altra persona. Sembrava…
tranquillo, forse per la prima volta in questi nove giorni durante il
quale tutto ha avuto inizio.
“Non
sembra per niente essere l’Edward freddo e stronzo di cui mi
hai parlato” afferma Rosalie dopo un attimo di smarrimento.
“L’ho trovato un normale marito che conversa con la
moglie.”
“Anche
io” confermo, stupendola. Ma il punto è che sono
la prima ad esserne sorpresa. “Ti assicuro che era diverso
ieri sera, io non mentirei mai…”
“Bella,
ovvio che ti credo. Solo non capisco perché tuo marito abbia
cambiato umore in così poco tempo.”
Sospiro,
dirigendomi verso l’armadio. “Be’, ora
sembra abbastanza normale, no? Magari la nostra sarà una
luna di miele con i fiocchi. E io ho perso la mia verginità,
per cui non dovrebbe far male come ieri sera.” Al pensiero di
come ho reagito la scorsa notte, arrossisco di brutto. “Dio,
quanto sono stata patetica” borbotto senza accorgermene.
“Per
cosa?” mi chiede Rosalie, non capendo.
Inizio
a frugare nel mio armadio, decidendo cosa dover portare o meno.
“A come ho reagito. Mi sono lamentata come una bambina. Ho
persino pianto” ricordo disgustata. “Almeno non mi
sono messa a singhiozzare” aggiungo sarcastica.
“Bella”
mi chiama Rose con tono di rimprovero. “Era la tua prima
volta. Non eri pronta ancora.”
“Io
lo volevo tanto quanto lo voleva lui, Rose” le faccio notare.
“Certo,
non lo metto in dubbio, ma il fatto che io voglia scoparmi il mio
vicino di casa non significa che se lui me lo chiedesse stasera lo
tromberei per davvero. Volere un uomo e sentirsi pronta per il passo
sono cose ben distinte e separate, ricordatelo. E tu ieri sera lo
desideravi, sì, ma non eri pronta. Edward avrebbe dovuto
chiederti se volevi aspettare o meno, sapendo per giunta che eri
vergine!”
“Sì,
ma… è stato tenero, te lo ripeto. Il dolore che
ho provato io era legato per lo più alla paura, secondo me.
Forse è vero, non mi sentivo pronta, e per quanto lo
desideri davvero la scelta migliore sarebbe stata rimandare. Il
problema è che io volevo che fosse ieri sera. Ho diciotto
anni e fino a ieri ero ancora vergine. È abbastanza
imbarazzante” le spiego.
“Il
problema è proprio questo: se hai diciotto anni e sei
vergine, la gente ti prende per una frigida santarellina. È
una cosa stupida” borbotta Rosalie, lanciandomi
un’occhiataccia.
“Sì,
ma sono ugualmente felice di aver perso la mia verginità con
Edward. Se non fosse stato per il dopo, sarebbe stata la prima volta
perfetta” sussurro non potendole nascondere un sorriso.
Forse
ieri Edward aveva strani pensieri in testa. Forse non si è
reso conto di avermi trattato male ieri notte, e ora che ha riflettuto
se n’è accorto e vuole rimediare.
“Dolore
e lacrime comprese?” mormora maliziosamente.
Piego
la testa di lato, pensandoci su. “Sì. E poi
è bello sapere che hai il corpo indolenzito
perché hai fatto sesso. Spero di averlo costantemente
indolenzito” aggiungo dopo.
Rosalie
scoppia a ridere, contagiandomi. “Allora metti qualche
completino intimo capace di farlo schiattare, aiuterà
senz’altro nell’impresa.”
///
Quando
scendo giù, ci sono due valige moderatamente piene e un
borsone con ciò che mi serve a portata di mano nella stanza
di Edward. Dopo aver accompagnato Rosalie alla porta e averle promesso
che avrei dedicato la mia luna di miele a rendere indolenzito il mio
corpo e che l’avrei richiamata solo non appena ritornata a
New York, mi dirigo nello studio di Edward ricordandomi ciò
che mi aveva detto di fare.
Ho
il cuore che batte forte per paura di essermi solo illusa e che
l’Edward scostante di ieri notte sia ricomparso. Quando
però busso, nessuno mi risponde: Edward mi apre direttamente
la porta, il telefono in mano. Si scosta per permettermi di entrare.
“Okay,
perfetto. Quindi possiamo salire già?” rimane un
attimo in silenzio, in attesa della risposta. Io mi sono già
seduta sulla poltrona al centro della scrivania, il suo posto. La cosa
non sembra disturbarlo minimamente e mi fa un enorme piacere.
“Perfetto” ripete rivolgendomi un sorriso, forse
contento per la risposta appena ricevuta.
Ricambio
deliziata e un po’ imbarazzata, lo ammetto. Nemmeno
così si era mai comportato.
“Saliremo
fra dieci minuti, nel frattempo puoi trovare i bagagli nella mia
stanza. Sono tutti sul pavimento, no?” chiede nella mia
direzione. Annuisco velocemente e lui fa lo stesso.
“Sì, li trovi tutti lì. Darò
comunque un’occhiata per vedere se non ho dimenticato niente.
Bene, a dopo.”
Chiude
velocemente la chiamata e poi si avvicina a me per controllare dei
fogli. Si piega sulla scrivania, evitando di farmi alzare, e la sua
spalla sfiora la mia. Riesco a sentire il suo profumo maschile e il
fatto che non si disturbi a chiedermi di alzarmi mi rende felice. Non
so perché, so che è una cosa da niente, ma mi
piace pensare che quello è solo il suo posto,
posto che non gli dispiace condividere solo con me.
Magari
non è così, ma al momento voglio pensarla in
questo modo.
Firma
velocemente un paio di documenti dopo averli letti – penso
riletti, anzi – e persino la sua mano grande e forte dalle
lunghe dita che impugnano la penna mi attraggono. Persino la sua firma
mi attrae.
Tutto
di lui mi attrae, e non so nemmeno come sia possibile.
“Okay,
finito” mormora alla fine fra se e se. Si alza e mi rivolge
un altro sorriso. Ma che cos’è, Natale?, penso
tuttavia felice. Ricambio senza pensarci. “Allora, pronta per
partire?”
Mi
alzo in piedi e mi ritrovo a fronteggiarlo – okay, modo di
dire perché gli arrivo a stento al mento – senza
però aver programmato i nostri corpi che si sfiorano.
“Ho
preparato due bagagli e un borsone. È troppo?”
domando.
Mi
rivolge uno sguardo sorpreso. “Di solito voi donne non vi
portate dietro tutto l’armadio? Mia sorella si porta sempre
minimo quattro valige. Tutte che traboccano di vestiti, ovvio. Quasi
non si possono chiudere.”
Evito
di far notare il mio disappunto al solo sentir nominare sua sorella e
passo oltre. “Tu quanti ne hai preparato?”
“Uno”
risponde prendendomi fra le braccia. “Tanto se mi serve
qualcosa lo compro nel luogo in cui sto. Ma visto che questa
è la nostra luna di miele, conto di non uscire dalla stanza
e di non dover necessitare mai di un paio di jeans e una maglietta. Al
massimo, posso accordare un accappatoio” sussurra languido al
mio orecchio, passando poi a lasciare un bacio sul mio collo.
Poso
le mie mani sul suo petto, percependo il battito del suo cuore. Adoro
quel suono. Ma c’è una cosa che mi preme
chiedergli. “Edward…” sussurro. Lui non
si allontana, continua a passare le sue labbra sul mio collo, ora verso
la mia gola. Piego senza esitazione la testa per permettergli un facile
movimento. “Riguardo ieri notte…” Lo
sento irrigidirsi e mi viene immediatamente voglia di piangere. Ha
capito a cosa mi riferisco. La pensa come me, sono stata proprio
patetica… “M-mi dispiace per come ho reagito. Ti
giuro, è che mi sono fatta male, ma non volevo reagire
così…”
Sono
costretta a fermare il mio sproloquio quando non ho più
nulla da dire per l’imbarazzo e lui mi fissa con una strana
espressione tra lo stupore e lo sconvolgimento.
“Bella”
mi chiama improvvisamente serio in volto, scostandosi per fissarmi.
Oddio, ora mi dice che a letto faccio schifo. Apre bocca per riprendere
a parlare, ma sembra non avere nulla da dire, confondendo ora lui me.
Alla fine lo vedo deglutire. “Non ti preoccupare. Se dici che
hai reagito in quel modo solo perché ti sei fatta male,
posso pure capire. Sono certo che farai in modo che vada meglio
già dalla prossima volta.”
Rimango
basita dalle sue parole per un attimo senza nemmeno sapere
perché. Alla fine, non è arrabbiato e non mi
trova patetica. Era quello che volevo, no? Ma forse una parte di me
voleva che m’avesse interrotto zittendomi con un bacio e mi
tranquillizzasse dicendo che non importava, e che era orgoglioso di
essere stato comunque il mio primo uomo.
Ovviamente,
Edward non era il tipo e io dovevo accettarlo così
com’era.
Per
questo tento di sorridere. Non so se ci riesco, ma da come ricambia
soddisfatto penso proprio di sì.
///
Mi
sto annoiando. Non pensavo proprio che vicino a Edward mi sarei
annoiata, invece è così. In aereo, lui
è seduto ovviamente al mio fianco, ma non mi degna di un
solo sguardo perché si sta occupando di documenti che, posso
immaginare, sono importantissimi.
Ma
il viaggio è lungo e noi siamo partiti da ancora
mezz’ora.
Una
parte di me vorrebbe chiamarlo e fare conversazione. L’altra
ha paura che mi possa dire di smetterla di scocciarlo. Alla fine,
riesco a trovare una via di mezzo: instaurare una conversazione
sì, ma che riguarda comunque il suo lavoro.
“Sai,
tempo fa ho fatto delle ricerche su di te in internet. È
vero che sei l’amministratore delegato e il proprietario di
un’azienda di marketing?” domando fingendomi
interessata.
E
in realtà lo sono, ma se glielo sto chiedendo in questo
momento è solo per poter fare qualcosa con mio marito.
Edward
non sembra nemmeno aver sentito la mia voce, tuttavia risponde.
“Sì” si limita a dire con
semplicità.
“Posso
chiederti di che si tratta? Se devo essere sincera non ho mai ben
capito niente di economia. So solo che vi sono impegnate delle persone
e dei prodotti” proseguo.
Edward
gira un foglio, proseguendo nella lettura. “Il marketing
è un processo sociale e manageriale che si occupa di un
insieme di cose, tra cui persone e prodotti, sì. Le imprese
che cercano di pubblicizzare il proprio prodotto si affidano alle
aziende come le mie perché le decisioni su come
pubblicizzarlo vengono affidate ad un gruppo di persone, non ci si
limita solo ad un uomo per prodotto.”
“E
la tua azienda l’hai fondata da solo?”
Edward
prende un altro foglio e una penna in mano, correggendo qualche parola.
“Non credere mai a chi ti dice che ha fondato
un’azienda grazie alla sua intelligenza, senza
l’aiuto di nessuno. Se vuoi fondare dal nulla
un’azienda, non solo hai bisogno di qualcuno che finanzi le
tue spese, ma anche di una persona fidata che ti istruisca su come
farlo, o altrimenti non sapresti nemmeno da dove iniziare e andresti in
rovina prima ancora di cominciare.” Prende un terzo foglio,
tenendone due in una mano e sfogliando il resto della cartella con
l’altra. “Io l’azienda l’ho
ereditata da mio nonno.”
“Tuo
nonno? Non tuo padre? Di solito non è
così?”
“L’eredità
più grossa passa da primogenito a primogenito. Prima di me
sarebbe dovuto esserci mio padre, il quale è il
più grande di due fratelli, e poi io
all’età di venticinque anni. Ma Carlisle non si
è mai interessato al marketing e ha preferito diventare uno
stimato psicologo. Mio zio Caius ha tenuto in mano le redini
dell’azienda fino a quando non ho compiuto
l’età giusta, insegnandomi nel
frattempo.”
“E
ora che nei hai ventotto l’azienda è guidata da te
da ben tre anni” osservo.
“Mmh”
conferma lui.
“Tuo
zio non prova rancore verso di te?”
“Mio
zio?” domanda confuso e per la prima volta si volta a
fissarmi. “Mio zio è una specie di secondo padre,
per me. Ormai ha cinquant’anni, preferisce mille volte
occuparsi della filiale di Seattle che della ANIM” spiega
ritornando ai suoi fogli.
“ANIM?”
domando confusa.
“È
il nome dell’azienda” rivela tranquillo.
“Che
nome strano... È un acronimo? Chissà di quali
parole in particolare...” Con mio sommo stupore, vedo che
compare un grande sorriso divertito sul suo volto. Posa tutti i fogli
che aveva in mano e ne prende uno. “Guarda” mi
dice, e scrive qualcosa su questo. Il foglio è battuto al
computer, ma se vi scrive sopra qualcosa allora non deve essere
importante.
Mi
avvicino a lui e involontariamente la sua spalla sfiora la mia, il suo
profumo mi invade le narici e io mi sento finalmente serena al suo
fianco. Mio marito.
Ma
a parte questi pensieri, riesco a vedere cosa ha scritto in corsivo,
evidenziando alcune parole scrivendole a stampatello.
AzieNda
dI Marketing
ANIM.
“No”
sussurro, incredula e divertita anche. “Un nome
così originale per un acronimo così...
banale?”
Scoppia
sinceramente a ridere. Non l’ho mai sentito ridere
così in questi nove giorni in cui siamo stati a contatto da
quando Tanya è scappata. Non solo sembra ancora
più bello, penso fissandolo, ma il suono della sua risata
è qualcosa di indescrivibile.
“L’azienda
è stata fondata dal mio bisnonno più di
cinquant’anni fa. Penso che a quel tempo non ci fossero
così tanti problemi con l’originalità e
che ANIM andasse molto di moda come nome” mi dice.
Sorrido
e gli chiedo un’altra cosa. “E in tutti questi anni
nessuno ha pensato di migliorare il nome? A me piace, ma forse non
tutti la pensano come me.”
“Fin’ora
non ci possiamo lamentare, il lavoro è ottimo. No, non ho
mai pensato di cambiare nome da quando ho saputo che un giorno
l’azienda sarebbe diventata mia. Più una cosa
è vecchia, più è una garanzia,
Isabella” mormora fissandomi negli occhi. Brividi scorrono
sulla mia schiena: credo che non mi abituerò mai a sentirlo
pronunciare il mio nome. “È per questo che
l’azienda va così tanto avanti. Le imprese che si
modernizzano non solo con gli strumenti ma anche con una cosa banale
come il nome non danno nessuna garanzia e, nel giro di pochi anni,
vengono poi dimenticate. La ANIM, nel campo del marketing, è
una di quelle poche aziende su cui puoi contare seriamente e dove
ottieni un risultato ottimo di vendita. Per questo sono abbastanza
ricco da permettermi appartamenti sparsi per il mondo e una villa a New
York con tanto di eliporto sul tetto.”
“E
di jet privato su cui poter viaggiare a proprio piacimento”
aggiungo io sorridendogli e appoggiando la testa al sedile.
Sono
felice. Non pensavo che avremmo davvero potuto
avere una reale conversazione.
Edward
mi stava ancora fissando e per un attimo vedo i suoi occhi posarsi
sulle le mie labbra ancora atteggiate ad un sorriso, e più
giù. Il collo, il seno, lo stomaco, le gambe.
Sento
un calore interno, il ventre contrarsi. Non so perché mi
stia fissando così, ma certo mi piace. Mi maledico per aver
indossato jeans stretti e il giubbotto. Ma c’era freddo, non
potevo indossare una gonna e un top.
Quando
i suoi occhi si scontrano con i miei, l’espressione serena
del suo viso è scomparsa e il sorriso delle mie labbra
sparito con questa.
“Vieni
con me” sussurra roco, chiudendo velocemente la valigetta
sulle sue gambe e passando a slacciarsi la cintura di sicurezza. Lo
imito e poi mi alzo. Non ho idea di dove mi voglia portare. So cosa
vuole, ma non ho ben compreso dove. Nel bagno?
Mi
prende per mano e mi lascio guidare da lui. Quando ci dirigiamo in
fondo al jet e poi ci ritroviamo davanti una porta, rimango senza
parole quando entriamo dentro. È una camera da letto.
Piccola, molto piccola, con un letto centrale a due piazze e
l’ambiente decorato dai colori bianco e nero. Non ci sono
mobili, né oggetti, eccetto due comodini su cui sono
poggiati dei sottili vasi a collo alto con un fiore per ognuno di
questi. Dietro il letto, vi è un’altra porta ma
non ho tempo di chiedere nulla perché Edward chiude la porta
della stanza alle sue spalle e mi ci spinge contro, iniziando subito a
baciarmi con passione.
Ho
ancora un po’ di timore nel pensare a farlo di nuovo visto il
dolore provato ieri sera, ma cerco di non pensarci e di sentire solo le
labbra di mio marito sulla mia bocca. Ricambio come meglio posso il
bacio, strusciandomi con imbarazzo sul suo corpo. Non ho nessuna
esperienza anche se ho letto, e tanto. Solitamente, questo agli uomini
piace, ma a Edward?
Quando
però lo sento gemere appassionato, mi do’ la
risposta che volevo: sì.
Le
sue mani passano sul mio ventre, più giù, fino
alla zip dei miei pantaloni. Non è calmo, è
agitato, e per questo riesce ad aprirla solo dopo svariati tentativi.
Nel frattempo, ho già tolto il giubbotto buttandolo da
qualche parte e sono già in procinto di togliermi la mia
maglia prima che lui, dopo esserci riuscito, passi le mani sul mio
sedere e stringa con forza.
“Salta”
mi ordina ed eseguo senza ben capire cosa vuole in realtà.
Lui mi afferra al volo e io gli circondo con le gambe i fianchi,
tenendomi stretta a lui. Riprende a baciarmi e affondo le mie mani tra
i suoi capelli morbidi.
Mi
porta sul letto per poi passare le sue mani sulle mie cosce fino ad
arrivare alla zip dei miei jeans, facendomeli poi scorrere fino alle
ginocchia. Lui indossa un maglione – che gli sta divinamente
bene – e provo a toglierglielo. Senza esitare, lui mi aiuta e
rimane a petto nudo.
È
davvero bellissimo: non è super muscoloso tanto da poter
essere chiamato pompato, ma muscoloso quanto basta. Ha due spalle
larghe sul quale non vedo l’ora di aggrapparmi come mi ha
consigliato di fare Rosalie al momento in cui mi farà sua.
Edward
si mette in ginocchio, prende qualcosa dalla tasca dei jeans e la posa
di lato, per poi passare togliersi l’indumento seguito subito
dopo dai boxer. Infine, toglie gli ultimi indumenti anche a me: jeans e
mutandine.
Rimango
sorpresa quando mi accorgo di indossare ancora il reggiseno. Ma prima
che possa togliermelo, Edward si posiziona nuovamente su di me
baciandomi mentre le sue mani accarezzano il mio stomaco sempre
più su, infilandosi tra le coppe dell’intimo.
Le
nostre intimità si sfiorano senza nulla a proteggerle e
quando lui, a causa dei movimenti, preme su di me, io faccio lo stesso
inarcandomi e aprendo le gambe più che posso. Lo sento
emettere un gemito basso a quell’azione e le sue mani si
stringono con ancora più forza – quasi fino a
farmi male – sul mio seno.
Edward
inizia a muoversi su e giù sopra di me, provocandomi dei
bassi mormorii alla gola e fitte di piacere allo stomaco. Con un brusco
movimento, toglie le mani da sotto le coppe del reggiseno e ne posa una
sul proprio membro, indirizzandolo alla mia entrata. Il dolore non
sarà come ieri, ma c’è sempre e io mi
irrigidisco di nuovo.
“Bella,
come ieri. Ci sono io qui, non ti faccio del male” mi
rassicura con voce dolce.
Come
ieri, Edward? Te ne andrai di nuovo lasciandomi da sola, dopo?
Questo
però evito di dirlo e mi limito a guardarlo titubante e ad
annuire. Cerco di rilassarmi e Edward mi aiuta posando la sua mano
destra tra i punti in cui i nostri corpi stanno già per
unirsi. Velocemente e senza che io me lo aspettassi, prende ad
accarezzarmi il clitoride e subito partono delle violenti scariche di
piacere su per il ventre espandendosi in tutto lo stomaco, che mi
inducono a volerne sempre di più e quindi ad inarcarmi sotto
di lui. Edward ne approfitta e, dopo aver posato la sinistra sulla
sbarra del letto per tenersi in equilibrio, inizia a spingere piano
dentro di me.
Adesso,
con la stimolazione della sua mano, al posto del forte dolore riesco a
sentire solo un forte bruciore, senz’altro più
sopportabile, e anzi sono io che vorrei che i movimenti aumentassero.
Ci sono quasi, ed è meglio che farlo da sola, dopotutto.
Ma
lui muove la sua mano sempre alla stessa velocità,
aumentandola e diminuendola solo di tanto in tanto. Basta
però per farlo entrare del tutto grazie a una spinta senza
che io mi faccia male come ieri sera. Quando succede, Edward passa a
muovere la mano più velocemente, limitandosi a poche spinte
dentro di me.
Il
piacere cresce sempre di più e io mi inarco sotto di lui
senza pensare a quanto magari possa essere imbarazzante per me,
soprattutto per i gemiti costanti che escono dalla mia bocca. Stringo
forte la presa delle mie mani sulle sue braccia e quando Edward si
abbassa per baciare il mio collo, sono sul punto del non ritorno. Mi
inarco del tutto e affondo le mie unghia sulla sua pelle, aprendo le
mie gambe al massimo e sentendo improvvisamente il mio corpo del tutto
irrigidito quando fino a un secondo fa ora solo intorpidito.
Respiro
affannosamente dopo l’orgasmo e Edward esce da me per
indossare il preservativo che aveva precedentemente messo da parte.
Quando è pronto, rientra di nuovo in me, trovando meno
ostacoli perché sono ancora aperta per la penetrazione di
tre secondi prima, e mi afferra per i fianchi. Improvvisamente mi
ritrovo sopra di lui, i miei capelli che gli cadono ai lati della testa
come una cortina scura.
“Hai
visto?” mi chiede riferendosi al piacere di prima.
“E sarà sempre più bello”
promette.
Ancora
sensibile per l’orgasmo di poco prima, ad ogni minimo
movimento sento un piacere che ieri non avevo minimamente provato.
Quando Edward inizia a muoversi sotto di me afferrandomi peri i
fianchi, ricambio ogni movimento con un gemito ad accompagnarlo. E in
tutto questo, sento montare nuovamente l’ondata di piacere
che è scaturita in me fino a qualche minuto fa,
costringendomi a muovermi secondo il mio ritmo, e
non quello dettato da Edward che ho seguito fino ad ora.
Ma
dai gemiti che gli sento emettere, sempre più forti, la cosa
non sembra dispiacergli poi molto. Porta le sue mani dalla presa ferrea
dei miei fianchi al mio stomaco e poi le posiziona sulla mia schiena
alla stessa altezza del gancetto del reggiseno. Lo sento trafficare un
poco per poi liberare finalmente il mio seno da quella costrizione.
Sotto il tocco delle sue mani che lo massaggiano a pieni palmi
facendomi quasi male – seppur in modo piacevole –
sono costretta ad abbassarmi e a tenermi in equilibrio con le mani
vicino la sua testa, avvicinandomi inconsapevolmente con il seno al suo
viso. Mi ritrovo le sue labbra racchiuse attorno a un mio capezzolo
mentre aumento la velocità dei miei movimenti sopra di lui
per raggiungere di nuovo quella sensazione paradisiaca in soli pochi
istanti.
Le
sue mani si posano sulla schiena e più giù, verso
il mio fondoschiena, accarezzando anche questo a piene mani,
continuando con un ritmo dettato da lui stesso, fino a quando non
inverte di nuovo le posizioni facendomi ritrovare sotto di lui
impotente contro le sue voraci spinte.
Mi
afferra i polsi con le mani e li posiziona accanto la mia testa,
baciandomi. Apro le gambe più che posso per aiutarlo a
raggiungere il piacere che tanto voglio donargli e mi inarco sotto di
lui ad ogni spinta, gemendo per la forza in cui ci mette. Mi sembra
quasi che mi manchi il respiro alla fine, quando Edward emette un
gemito più basso degli altri venendo anche lui.
Rimane
sopra di me per quello che mi sembra un tempo infinito ma che possono
anche essere stati pochi secondi, i nostri corpi ancora madidi di
sudore, i respiri accelerati. Quando di scosta per mettersi di fianco e
togliere il preservativo, mi sento… soddisfatta,
sì. Ho fatto sesso con Edward sentendo un forte dolore solo
alla prima penetrazione, ma per il resto è andata benissimo.
Non l’ho deluso.
Edward’s pov
Quando
esco dal bagno dopo aver fatto una lunga doccia rigenerante, lei sta
dormendo. È da più di un’ora che dorme,
e io la sto osservando senza nemmeno sapere perché mentre
infilo boxer e vestiti puliti.
Mi
siedo al suo fianco distendendo le gambe sul materasso e appoggio la
schiena alla parete sfiorata da letto, le braccia incrociate al petto.
E
continuo a fissarla.
Isabella
non è brutta. Molto diverse dalle donne a cui mi
accompagnavo solitamente, è una bellezza semplice e
delicata. Le mie amanti sono state sempre donne con una folta
capigliatura bionda o corvina; Bella ha i capelli di un caldo color
mogano. Dal seno prosperoso, spesso rifatto le prime; mia moglie ha un
seno piccolo, probabilmente una seconda, ma a me piace. È
perfetto per le mie mani, si abbinano alla perfezione.
Ed
è questo il problema, che stia iniziando a pensare certe
cose. Bella non dovrebbe essere perfetta per me. Dovrei provare
repulsione verso di lei, invece che questo desiderio ingestibile.
Dovrei
farla mia cercando di raffigurarmi il volto di una qualsiasi donna
attraente, invece di raggiungere l’apice con il bisogno di
fissarla negli occhi, tant’è sensuale senza
rendersene conto.
È
per questo che sento quasi di odiarla tanto quanto odio il padre.
Perché mentre io mi ero prefissato nove giorni fa un
determinato piano, ecco che lei arriva e, mentre cerca di fare
conversazione, mi fissa con quegli occhioni enormi rivolgendomi sorrisi
a destra e a manca, confondendomi.
Anche
oggi, poco prima di partire. Perché diavolo si è
scusata? Non doveva; primo perché non ce n’era
alcun bisogno, secondo perché così non mi avrebbe
costretto a risponderle in quel modo.
Non
avrei mai voluto scendere così in basso con quella risposta,
ma ho dovuto: non potevo tranquillizzarla e rassicurarla prendendola
fra le braccia, non quando ho deciso che ritornerò lo
stronzo di questi giorni non appena terminerà la luna di
miele. Luna di miele che, comunque, sarà caratterizzata solo
dal sesso.
Siamo
sposati, perché non godersi queste due settimane? Sesso di
sera, ognuno per la sua strada di giorno. Io lavorerò nel
mio studio e lei farà quei viaggi turistici che alle donne
piacciono così tanto.
Le
lancio un altro sguardo quando la sento muoversi. Non si è
svegliata, si sta solo girando a pancia in giù, il lenzuolo
che la copre solo dai fianchi in basso e la schiena completamente
scoperta.
La
luce che illumina la cabina rende il colore della sua pelle ancora
più bianco, ancora più etereo oserei dire. Ha
un’espressione serena sul volto, le labbra rosse chiuse e la
curva del naso che tanto mi piace; le sopracciglia fini e le lunghe
ciglia che ombreggiano leggermente le sue guance rosee. Ha i capelli
sparsi sul cuscino dietro di lei, il viso è voltato verso di
me, e tutto questo la rende simile a un angelo nel mio letto.
Un
angelo che perderà presto la sua innocenza e che si
trasformerà in un diavolo non appena verrà a
sapere della crudele verità, verità che la
condurrà inevitabilmente a chiedermi del divorzio che io le
concederò con grandissimo piacere.
Ma
per allora, la mia vendetta sarà conclusa.
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 ***
Non
so cosa dire riguardo questo capitolo. È lungo come al
solito (a proposito: vi
annoiano così lunghi o per voi è un piacere?), e
non riesco a capire se sia
noioso o primo di avvenimenti. Forse entrambe, perché non
accade nulla di
speciale, ma si vengono a sapere alcune cose. Come sempre,
però, ci ho messo il
cuore. Sono le due e trentasei(!) di notte quando finisco di scriverlo.
Spero
vi piaccia. Ah, ci sono delle note finali. Chiarisco dei piccoli punti
su un
personaggio che farà visita a Edward e Bella a Parigi
– nel prossimo capirete
il motivo della sua presenza in città.
Buona
lettura.
Capitolo
5
Quando
atterriamo a Parigi sono già le undici e
mezza di sera. Dovrei essere distrutta, invece sono solo un
po’ stanca. Questo
forse perché sul jet ho dormito fino alle sei e quindi sono
più o meno
riposata.
Ricordandomi poi
del fuso orario e apprendendo che a
Parigi sono le sei del pomeriggio, mi dico che ho fatto bene.
Andrò sì a letto
presto stasera, ma sempre meglio che andarci ora se non avessi dormito
il
pomeriggio.
Edward dovrebbe
essere esausto. Lui non ha dormito
come me, o se lo ha fatto non me lo ha detto.
Quando
però entro nel suo studio dopo mezz’ora il
nostro arrivo in questo piccolo appartamento dove staremo per le
prossime due
settimane, lo vedo seduto con gli stessi abiti di prima e i capelli
scombinati,
come se vi avesse più e più volte passato le dita.
Io mi sono fatta
una doccia calda e ho cambiato i
miei vestiti, lui non sembra interessato alla cosa, anche se si
è cambiato in
aereo.
“Questo
è uno dei tanti appartamenti sparsi per il
mondo di cui mi parlavi sul jet?” gli chiedo, facendogli
notare la mia presenza
nella stanza.
Alza lo sguardo
dai vari documenti sui quali lavora
da oggi pomeriggio, e sorride. Un sorriso che non ha nulla di dolce ma
tutto di
proibito.
“Ti
piace?”
“È
bellissimo” mormoro avvicinandomi alla sua
scrivania, alle cui spalle vi è una grande vetrata che
dà sulle strade
illuminate dal tiepido sole invernale di Parigi.
Ancora stento a
credere di essere a Parigi con mio
marito. Solo meno di due settimane fa ero una single senza un soldo che
abitava
con i suoi genitori, e ora ho sposato uno degli uomini più
ricchi ed influenti
di New York per trascorrere la luna di miele in questa stupenda
città.
“Stai
lavorando?” domando ancora abbassando gli
occhi su quei dannati documenti.
Odio che lavori
così tanto persino durante la luna
di miele.
“Io
posso andare in vacanza ma non il mio lavoro.
Devo portarlo ovunque con me. Spero non sia un problema”
risponde in tono
eloquente.
“No,
certo che no” mento. “Sei un uomo importante,
logico che devi lavorare così tanto.”
Edward sorride.
“Bene. Perché non vai a fare un
giro? Ti faccio accompagnare da Dimitri.”
“Dimitri?”
“È
il mio autista personale. Ovviamente è a tua
disposizione ogni qualvolta lo desideri” mi spiega
continuando a dar retta più
a quei documenti che a sua moglie.
“Ne
avrò uno tutto mio, un giorno? Voglio dire, se
dovesse servirmi un autista mentre Dimitri è occupato con
te?”
“Ne
hai già uno. È rimasto a New York, Dimitri per
queste due settimane si occuperà perfettamente di
entrambi” replica.
“Perfetto”
mormoro fingendo un entusiasmo che non
provo. “Dove lo posso trovare?”
Non mi risponde.
Si limita a prendere in mano il
cellulare che ha vicino a sé sulla scrivania e a fare una
chiamata. “Dimitri,
fatti trovare in strada davanti al portone con la macchina
già pronta. Mia
moglie vuole fare un giro, portala nei migliori posti che ci sono
qui” ordina
con semplicità, prima di riattaccare e rivolgersi a me.
“Puoi andare a
prepararti, se vuoi.”
Capendo che
è un invito a lasciarlo solo, me ne vado
senza nemmeno ringraziarlo. È il minimo che potessi fare
visto il trattamento.
///
Parigi
è bellissima. Lo pensavo prima, lo penso ora.
Mentre sono ancora in macchina e il tour è appena iniziato,
decido di
approfittare di ciò che ho a disposizione e godermi la
visita.
Poco importa che
avrei tanto voluto farne una con
mio marito. Poco importa che abbia preferito il lavoro a me anche
durante la
luna di miele. Poco importa tutto.
Sono in una
delle città più belle del mondo, sono
una delle donne più ricche di New York, e ho sposato uno
degli uomini più
affascinanti di sempre che a letto ci sa proprio fare. Il nostro
è stato un
finto matrimonio che raggiunge il massimo solo quando io e Edward
scopiamo. Non
c’è nulla di più e io non devo
pretendere altro.
“Dimitri,
sai cosa ho sempre voluto fare?” domando
passando ad un tono confidenziale.
Dimitri
è un uomo alto, muscoloso e biondo, un viso
abbastanza bello dai lineamenti scolpiti, le labbra fini e gli occhi
azzurri.
Quando mi ha visto per la prima volta mi ha sorriso, un sorriso
caloroso,
insieme a un “Buon pomeriggio,
signora”.
E considerando che è lui ad essere più grande di
me, l’ho trovato parecchio
ridicolo.
Ha venticinque
anni e lavora per Edward da uno. Gli
ho detto di chiamarmi Bella; un po’ perché lo
volevo io, un po’ perché Edward
lo verrà a sapere prima o poi in un modo o
nell’altro e voglio proprio sapere
come reagirà.
Sono ancora
arrabbiata con lui, e da quando ho
iniziato a fare conversazione con Dimitri lo sono ancora di
più: è assurdo che
sappia più cose sul mio dipendente di quante ne sappia su
mio marito! Ma
Dimitri è ben disposto a parlare con me, Edward no.
“Cosa?”
“Visitare
il museo del Louvre. È da quando ero
bambina che ho sempre desiderato andarci. Pensi sia possibile andarci
ora?” gli
chiedo, sicura che la risposta sia affermativa.
Dimitri scoppia
però a ridere, confondendomi.
“Scherzi? Anche a voler evitare tutta quella coda, il Louvre
chiude alle sei e sono
già le sei e mezza del pomeriggio e l’apertura
notturna è solo il mercoledì e
il venerdì. Tra l’altro, oggi è
martedì e il museo è chiuso oggi. Inoltre, il
Louvre non è un semplice museo. Per visitarlo non basterebbe
un giorno intero.
Alcuni ci impiegano sbrigativamente almeno una settimana. Ci sono
più di
trentamila opere d’arte e tutte meritano di essere guardate.
Ma il tempo
scarseggia, così chi va a fare una visita al Louvre si
prepara prima cosa non vuole
vedere. Anche perché comunque
ci sono una marea di sale e non sono aperte tutte tutti i giorni.
Alcune sono
aperte oggi, altre domani, e così via. Per questo faresti
meglio a prepararti
prima, così da non perdere tempo a cercare informazioni per
qualcosa che magari
oggi non potrai visitare se è chiuso. Tu quale vorresti
visitare
assolutamente?”
Non immaginavo
che Dimitri sapesse tutte queste
cose. Pensavo che il Louvre fosse il museo più bello e
importante del mondo,
con la fila più lunga di sempre, ma solo questo. A quanto
pare mi sbagliavo.
“Be’,
assolutamente voglio vedere La Vergine Delle
Rocce. E poi so che vedere La Gioconda è obbligatorio,
quasi. Quindi in primis
queste due. E poi… be’, se devo essere onesta
conosco solo queste due opere”
ammetto imbarazzata.
Anche questa
volta Dimitri scoppia a ridere. “Non
preoccuparti. Senti che facciamo: io ora ti porto a visitare gli
Champs-Élysées
e ci facciamo un giro lì. Appena tornata a casa fai delle
ricerche sulle opere
che vorresti visitare del museo e appena sei convinta, ci andiamo. Ti
faccio
anche da guida, se vuoi” si offre gentilmente.
“Come
fai a sapere tutte queste cose del museo?”
domando sbalordita.
“La
mia famiglia abita qui. O meglio, mio padre si è
trasferito qui quando io avevo dieci anni. Ai tempi i miei si erano
separati,
sono tornati insieme cinque anni dopo, ma in tutto questo tempo passavo
periodicamente dei fine settimana con mio padre. Poi, quando i miei
sono
tornati insieme, ho vissuto qui per altri tre anni, fino ai diciotto.
Quando ho
finito il liceo, mi sono trasferito a New York, la città in
cui ero nato, e
sono stato da mia zia per un bel po’. Ora sono indipendente e
questo mi
permette di avere una casa tutta mia in città”
racconta.
“Bella
storia” dico.
Dimitri sorride.
“Già. Senti, Bella” mormora
improvvisamente preoccupato. “Mi hai chiesto di darti del tu
e di essere il più
amichevole possibile. A me piace parlare con te, sei simpatica e dolce,
ma sei
anche la moglie del mio capo. Non voglio perdere il lavoro”
sussurra, quasi
come avesse timore nel dirmelo.
Gli sorrido e
non ho esitazione nel rispondergli.
“Non perderai il lavoro. Tu fin dall’inizio sei
stato formale con me, sono
stata io a chiederti di darmi del tu perché siamo quasi
coetanei. okay, hai
sette anni in più di me ma non importa. Edward non ti
licenzierà. Al massimo
chiederà a me il divorzio” mormoro con una
battuta.
La risata di
Dimitri è la risposta che cercavo.
///
Torniamo a casa
che sono le nove di sera. Dimitri mi
ha portato a vedere gli Champs-Élysées e dire che
erano uno spettacolo è un
vero e proprio eufemismo.
Sapevo
già che sono la strada più sontuosa di
Parigi, ma non mi spiegavo il motivo. Dimitri mi ha detto che sono
lunghi
millenovecentodieci metri e larghi ottantotto metri, e tanto basta. Ma
lo
spettacolo che ha potuto offrire… non saprei dire di quale
parte mi sia
innamorata di più.
Dimitri mi ha
mostrato come gli Champs-Élysées siano
divisi dall’incrocio Rond_Point, dividendosi così
in una parte superiore che conduce
all’Arco di Trionfo e una parte inferiore che porta alla
Place de la Concorde.
Le due parti sono molto diverse fra di loro, ma entrambe hanno la loro
bellezza: la parte superiore, con la sua animosità
determinata da milioni di
turisti che cercano il divertimento in ristoranti, teatro, cinema e
negozi; e
la parte inferiore, più romantica, costituita da musei e
giardini.
Il sole era
sempre più basso quando mi sono
ritrovata a camminare per la strada e dava un’aria ancora
più eterea a questa
bellezza. Sono entrata in vari negozi, ma non ho preso niente. Abbiamo
ordinato
un caffè, ma io l’ho lasciato perché
abituata al caffè di casa nostra,
senz’altro diverso da quello francese.
“È
perché il caffè francese si fa con la polvere di
questo messa in filtri di carta conici inseriti nella macchinetta,
mentre
quello americano si prepara con delle enormi cialde di carta da
inserire in un
filtro metallico presente nella macchinetta” mi spiega,
sorridendomi. “Io ho
cominciato a bere caffè già qui, quindi ho dovuto
abituarmi a quello americano”
mi aveva spiegato Dimitri con un sorriso divertito.
Contrariamente
alle mie aspettative, mi sono
divertita.
Quando vado alla
ricerca di Edward, mi rendo conto
che sarà senza dubbio nel suo studio, come sempre.
L’appartamento è davvero
piccolo, ma confortevole. Mio marito l’avrà
sicuramente comprato per vacanze
come questa di poche settimane, visto che la porta dà su
un’ampia sala da
pranzo con saletta da cucina, dove al centro vi è un pezzo
di muro a metà che
crea un’altra stanza adibita a salotto, con tanto di divano e
tv a schermo
piatto appesa alla parete.
Le altre due
stanze sono un bagno con vasca e
doccia, infine una camera da letto matrimoniale. Le due enormi stanze
hanno
entrambe grandi finestre, che danno sulla strada trafficata.
Lo studio,
invece, è piccolo rispetto alla prima
stanza e alla camera da letto, ma non per questo meno bello.
Nell’insieme,
l’appartamento è bello e accogliente.
Quando tolgo il
cappotto per buttarlo sul divano e
andare in direzione dello studio di mio marito, però, noto
che non c’è.
Confusa, richiudo il battente alle mie spalle, chiedendomi dove possa
essere
andato alle nove di sera.
Con noi non
è venuto nessun dipendente, tranne
Dimitri – che a quanto pare ne ha approfittato per stare con
la sua famiglia –,
quindi non posso chiedere a una Carmen francese dove sia andato a
finire mio
marito. La porta del bagno è aperta e comunque le luci sono
spente. L’unico
posto è la camera da letto.
Quando mi dirigo
nella stanza, eccolo lì, la luce ancora
accesa. Aggrotto le sopracciglia vedendolo disteso sul letto a pancia
in giù
con tanto di vestiti scomodi per dormire e per giunta coricato sopra la
coperta. L’unica cosa che si è concesso
è l’essersi tolto le scarpe.
Mi avvicino a
lui, notando quanto la sua espressione
assomigli a quella di un bambino con le labbra imbronciate e le
sopracciglia
aggrottate. Forse sta sognando; forse si è addormentato con
un pensiero scomodo
nella testa.
Gli accarezzo
dolcemente i capelli ripetutamente,
fin quando il tocco delicato e gentile della mia mano non penetra nel
suo sonno
facendogli distendere l’espressione afflitta. Quando accade,
passo a recuperare
una pesante coperta dall’armadio presente in stanza per
coprire con essa mio
marito. Recupero la mia valigia non ancora disfatta e spengo la luce,
per
andare in direzione del bagno e spogliarmi.
Mi faccio un
delizioso bagno caldo, caldissimo, e
quasi mi addormento dentro la vasca. Non ho idea di quanto abbia
impiegato a
stare immersa nell’acqua, ma i polpastrelli raggrinziti
dovrebbero essere una
sufficiente risposta per farmi pensare parecchio.
Quando esco dal
bagno, mi asciugo col primo telo che
trovo, e lancio un’occhiata all’orologio del mio
telefono notando con stupore
che sono stata dentro tre quarti d’ora. Mmh, almeno sono
già le dieci di sera,
quasi. Resisto alla tentazione di chiamare Rosalie –
perché le avevo promesso
che avrei seguito il suo consiglio e quindi a quest’ora,
secondo la sua logica,
dovrei essere ancora a fare sesso con mio marito – e i miei
genitori – perché
sono un po’ delusa dal loro comportamento e al momento non
voglio rovinarmi la
serata. Né la luna di miele.
Va bene che mio
padre e mio marito si odino senza
alcuna ragione, ma che il primo non venga al mio matrimonio solo per
orgoglio e
che mia madre lo segui senza nemmeno farmi una telefonata…
Non vedo motivo per
cui dunque dovrei fare io il primo passo.
Il rispetto dei
figli per i genitori non è a senso
unico, deve essere ricambiato.
Nervosa a causa
di questi pensieri che mi fanno
stare male – nonostante tutto, sono i miei genitori e vorrei
che tutto fosse
ben diverso da come è ora – decido di aprire il
frigorifero per vedere cosa c’è
dentro.
Ci sono bibite,
acqua e limonata soprattutto, e poi
ci sono salumi, formaggi, una ciotola di olive, una di pomodoro, frutta
e
nient’altro. C’è del pane sul tavolo.
Potrei farmi velocemente un panino ma mi
rendo conto di non avere molta fame.
Opto per una
mela che basta e avanza, almeno è
leggera e veloce da mangiare. Mentre mangio e controllo il telefono
tanto per
fare qualcosa, mi chiedo se Edward abbia mangiato.
Infine, quando
torno in camera da letto, mi corico
vicino a lui.
Una parte di me
vorrebbe stringersi a lui, passare
la seconda notte di nozze come dovremmo aver passato la prima.
Tuttavia,
l’altra parte sa perfettamente che Edward mi ha sposato solo
perché gli serviva
urgentemente una moglie e io facevo al caso suo perché avrei
potuto finalmente
salvare mio padre da tutti i suoi debiti.
Edward mi aveva
fatto firmare un contratto
prematrimoniale, assicurandomi tuttavia che avrebbe pagato lui stesso i
debiti
di mio padre non appena saremmo tornati da Parigi. Papà non
ne sa nulla, ma
scommetto che quando lo verrà a sapere
accantonerà per sempre questo
inspiegabile odio verso mio marito e faremo nuovamente pace.
Per il resto,
invece, avrei potuto comprare ogni
cosa che avessi voluto semplicemente mettendolo sul conto di Edward
Cullen – se
si fosse trattato di un negozio d’altro livello – o
chiedere direttamente i
soldi a lui.
La vita, in
altre parole stava cominciando a
migliorare economicamente parlando. Non avevo dubbi che con il
consiglio di
Rosalie, sarebbe migliorata anche quella di coppia.
O almeno lo
speravo.
///
Il giorno dopo
mi sveglio sola nel grande letto. Ne
sono un po’ delusa, ma in effetti me lo aspettavo.
Ciò che non mi aspettavo era
trovare un biglietto sul tavolo in cucina con frasi brevi e un numero
telefonico.
Il
numero è di Dimitri. Quando vuoi uscire, chiamalo pure.
Salirà direttamente,
quindi aspetta lui e solo lui. Io ritornerò più
tardi. Molto più tardi. E
grazie per la coperta.
Tutto qui.
Nient’altro, solo delle indicazioni su
come contatta Dimitri e un ringraziamento stupido e superfluo per
averlo
semplicemente coperto. Anche lui l’avrebbe fatto, diamine. O
no? Forse no.
Forse m’avrebbe lasciato morire di freddo.
Presa dalla
rabbia, afferro il mio telefono e chiamo
immediatamente Dimitri. Velocemente, non appena risponde gli dico di
venire a
casa perché ho tutta l’intenzione di andare al
Louvre e che avevo bisogno del
suo aiuto per fare le ricerche che mi avrebbero portato a capire
ciò che
desideravo vedere maggiormente.
E non appena mi
risponde che sarebbe stato da me nel
giro di mezz’ora, chiudo la chiamata per andare a prepararmi.
///
Contrariamente a
quanto mi aspettavo, non è stata
una giornata così brutta. Dimitri è divertente e
mi tiene compagnia come se
fosse un amico di vecchia data, e senza saperlo mi aiuta a non pensare
al fatto
che mio marito non mi abbia chiamato dopo più di
ventiquattro ore che non ci
vediamo o parliamo insieme. Perché, a conti fatti,
l’ultima volta che ci siamo
parlati è stato verso le sei, sei e mezza del pomeriggio.
Anche oggi, come
ieri, io sono ritornata a casa sul tardi, verso le nove.
A mia discolpa,
posso dire che ci siamo mossi per
andare al Louvre solo verso le undici di mattina, a detta di Dimitri
troppo
tardi. Ma ne è valsa la pena, come primo giorno.
Oltre al fatto
che il museo è il più famoso del
mondo, ho un debole per “The Da Vinci Code”, per
cui poter camminare lì attorno
è stato come la realizzazione di un mio piccolo desiderio.
Fino a due
settimane prima non l’avrei mai
immaginato.
È
incredibile anche la storia che ho appreso sul
Louvre. Dimitri mi ha detto che è così
magnificamente grande, come museo,
perché in effetti prima non lo era. Fu edificato nel
milleduecento dapprima come
fortezza, col passare dei secoli divenne poi la residenza reale dei
francesi nel
millecinquecento/milleseicento fino a quando venne sostituito da
Versailles.
L’originaria fortezza divenne museo quando
Francesco I donò alcuni capolavori della
propria collezione d’arte
privata e Napoleone diede il suo involontario aiuto utilizzandolo come
magazzino per conservare le più splendide opere
d’arte prelevate come bottino
di guerra nei vari paesi conquistati.
Prima
d’ora non mi ero mai chiesta l’origine del museo,
ma è bello avere una guida tanto informata. Ho sempre amato
la storia, mi piace
sapere cosa si nasconde dietro certe cose.
Chi avrebbe mai
detto che dietro questo imponente
museo vi è un museo nel ventunesimo secolo ma nel
sedicesimo/diciassettesimo era
una vera e propria abitazione? Per non parlare che nel tredicesimo
secolo era
semplicemente una fortezza.
Io lo trovo
davvero affascinante.
Dimitri aveva
comunque ragione: è enorme, e dalla
veloce occhiata che ho potuto darvi non basta una settimana per
osservare a
fondo tutte le opere che vi sono presenti.
Sarà
un classico, ma non ho potuto resistere dal
vedere dal vivo opere quali: la Mona Lisa, la Venere di Milo, il San
Sebastiano, e la Madonna con il Bambino e San Giovannino. Sono tutte
opere
bellissime, ognuna ha il suo fascino, e mi provoca una strana
sensazione sapere
che dietro questi capolavori che rasentano la perfezione ci sia il duro
lavoro
di uomini umani e non divini.
Il divino non
esiste, non sulla terra – per i
credenti – ma questi artisti sono andati molto vicino a
portarlo qui.
Abbiamo visto
anche altre opere, meno famose ma non
meno belle. Eppure, siamo ancora all’inizio nonostante
l’intera giornata a quel
museo.
Stiamo ancora
parlando apertamente di ciò che vorrei
andare a visitare domani quando, aprendo la porta
dell’appartamento ed aver
fatto un solo passo per entrare dentro, entrambi ci immobilizziamo
quando
notiamo mio marito in piedi proprio davanti a noi, di profilo al centro
della
stanza grande, a fronteggiare una donna dai capelli rossi.
Edward volta
solo il suo viso, non il suo corpo,
fissandomi sorpreso, ma io ho occhi solo per la donna. Quando questa si
volta
sorpresa anche lei per l’interruzione causata
dall’apertura della porta e dalle
risate, riconosco nel suo viso Victoria.
Un improvviso
senso di nausea mi prende la bocca
dello stomaco quando vedo che i suoi occhi si posano su Dimitri
disgustata.
“Adesso
si scopa con i dipendenti del marito anche
alle otto di sera?” domanda sprezzante a Edward.
Sussulto
sconvolta, non potendo credere alle mie
orecchie. Sono talmente sconvolta da non riuscire a pensare nemmeno
alle parole
giuste per risponderle, a parte un possibile “Ehi”,
ma è troppo stupido vista
l’affermazione con la quale mi sta posizionando alla stregua
di una sgualdrina.
Anche Dimitri
sussulta, ma non si permette di
parlare. Anche se vorrei l’appoggio di qualcuno, non posso
fargliene una colpa.
Potrebbe perdere il lavoro.
Nemmeno Edward
parla. Si limita a lanciare
un’occhiata annoiata alla sorella, per poi rivolgersi al suo
dipendente. “Penso
che tu possa andare. Grazie per aver accompagnato mia moglie
così come ti avevo
chiesto” gli ordina in un tono che non ammette repliche,
ritornando a guardare
sua sorella.
Praticamente mi
sta ignorando. Non solo non mi ha
difesa con sua sorella, ma mi ignora anche!
“Uhm…
come desidera, signore. Buonasera, allora”
sussurra incerto ma educatamente, lanciandomi un’occhiata
dispiaciuta.
Quando volto le
spalle ai fratelli Cullen gli sorrido
leggermente per fargli capire che va tutto bene. Anche se non va niente bene. Richiudo la porta e mi
volto di nuovo verso Edward e Victoria: lei sta parlando in un mormorio
accesso
che però non riesco a percepire.
Si comportano
come se io non fossi presente e questo
mi da’ enormemente sui nervi.
Mi sono sempre
considerata una persona dolce e
gentile, educata. La mia timidezza mi ha impedito di essere sfrontata e
dare le
risposte giuste al momento
giusto con il tono giusto
da utilizzare, quel tipo di
risposte che non solo ti rendono figa agli occhi altrui, ma anche ai
tuoi,
facendoti amare te stessa solo perché con queste non ti fai
mai mettere i piedi
in testa da nessuno.
Il tipo di
risposte che dovrei dare in situazioni
come questa.
Ora,
sarà il fatto che ho sposato un uomo che mi
vuole solo per sesso, sarà perché
l’unico mio divertimento in questi due giorni
in cui dovrei essere al settimo cielo –perché:
a)mi sono sposata; b)ho perso la
mia verginità; c)sto trascorrendo la mia luna di miele in
una delle città più
romantiche e belle di sempre – è il dipendente di
Edward quando dovrebbe
esserlo lui visto che è
mio marito, e
soprattutto sarà perché sua sorella mi tratta
come se fossi una merda sui
marciapiedi e mio marito non le
dice
nulla per indurla a trattarmi almeno un pochino meglio, ma scoppio e
rispondo
come forse non ho mai risposto in questi diciotto anni e tre mesi della
mia
vita.
“È
divertente come quella che dovrebbe essere la mia
luna di miele sia stata interrotta dalla cognata che pensa che la
sottoscritta
se la faccia col dipendente di suo fratello” inizio in
direzione di Victoria –
braccia rigorosamente incrociate in una posizione estremamente a mio
agio – “…
ma questo forse è dipeso dal fatto che il marito
è talmente occupato col suo lavoro
da non avere manco il tempo di fare una dannata telefonata a sua
moglie”
concludo in direzione di Edward.
Mi aspettavo di
tutto, ma non quella che è la loro
effettiva reazione. A dire la verità, già mi
immaginavo il fumo uscire dalle
orecchie di Victoria mentre iniziava a urlarmi contro e Edward che mi
lanciava
occhiate di fuoco mentre tentava di calmare sua sorella. Continuando a
non
parlarmi per ignorarmi, ovvio.
Tuttavia, accade
l’impensabile.
I due
interrompono la loro chiacchierata e mi fissano
genuinamente sorpresi. Certo, col mio vero carattere non avrei mai
azzardato
una risposta simile, ma cazzo se non mi sento meglio.
“Però…”
mormora compiaciuta Victoria, annuendo con
ancora l’espressione sorpresa. “Ma allora sai
rispondere una volta ogni tanto.”
Ovvio che la
pensi così, non posso darle torto. Due
volte ci siamo incontrate – durante il mio matrimonio
è successo al bagno da
sole e poi in compagnia dei suoi parenti – e se nella prima
occasione ho solo
subìto, nella seconda ho parlato solo se mi rivolgevano la
parola.
Sono tentata di
farlo anche adesso, ma dopo il mio
spettacolo sto troppo bene per ritornare la timida Bella di sempre. Ho
l’adrenalina per la rabbia in corpo, meglio approfittarne.
“Solo
perché sono educata a volte non significa che
mi si può dire tutto ciò che ti passa per la
mente. Io non so cosa tu abbia
contro di me, ma vedi di fartela passare almeno in mia presenza,
perché non mi
limiterò a risponderti la prossima volta.”
Dio, quanto
è bello! Soddisfacente e liberatorio,
oserei dire meglio ancora del sesso stesso.
Anche questa
volta mi aspettavo che Victoria si
offendesse, soprattutto vista mia implicita minaccia, ma mi sorprende
ancora
una volta quando osservo un piccolo sorriso sul suo volto – e
non è di scherno,
sembra… ammirazione, incredibilmente – mentre
incrocia le braccia al petto per
voltarsi del tutto verso di me.
“E
cosa accadrebbe in una ipotetica prossima volta?”
mi sfida.
Vedendo che sto
per risponderle ancora, Edward mi
anticipa ordinandomi in un tono che non ammette repliche:
“Basta, Bella”.
Ah, comincia lei
a darmi contro e io dovrei stare
zitta e muta a subire? Ma che vada al diavolo come sua sorella.
Lo ignoro.
“Tuo
marito è un uomo potente quanto Edward, no? Non
penso che sarà felice di sapere come mi hai trattato
l’altra sera, non se
questo può causare uno scandalo che potrebbe coinvolgere sia
l’azienda di James
che quella dei Cullen” replico sorridendole.
Edward si volta
immediatamente verso di me,
rivolgendomi uno sguardo di puro odio. Così tanto odio che,
dannazione a lui,
mi fa pentire immediatamente delle mie parole.
Fa un passo
avanti nella mia direzione ma la voce di
Victoria lo blocca.
“E tu
come fai a sapere di mio marito e della mia
azienda?” mi chiede ancora una volta semplicemente sorpresa.
Rimango
sconcertata dalle sue reazioni: perché non
mi urla contro? La sto minacciando, per l’amor di Dio!
Fisso Edward, le
braccia incrociate al petto mentre
continua a fissarmi nero in volto. Dà la colpa a me, a
quanto pare. Non a sua
sorella – che poi, non voglio litighino per me, ma che almeno
le parli per
trattarmi con un minimo di rispetto – ma a me. Sua moglie.
La rabbia
ritorna e non esito a rispondergli,
cattiva. Lui non ha avuto scrupoli quando mi ha ordinato di sposarlo,
rinfacciandomi i debiti di mio padre; non ne ha avuti quando antepone sempre il suo lavoro a me, persino in
luna di miele. Non ne ha avuti quando mi ha lasciato da sola cinque
minuti dopo
avermi scopata – perché se anche per me
è stato qualcosa di più, per lui si è
trattato solo di questo – per la prima volta, quando avevo
bisogno di un suo
tenero abbraccio più che mai.
E allora decido
di non averne nemmeno io.
“Sappiamo
bene che questo matrimonio è stato più per
salvare la faccia a tuo fratello che per altro. Credi davvero che io
avrei mai
potuto sposarmi senza fare delle ricerche sul mio futuro marito, sulla
sua
famiglia?”
Scelgo
accuratamente le parole come salvare la faccia
e tuo fratello perché
voglio fargli intendere che per me è stato solo
questo – oltre, questo lo sappiamo solo io e lui, per
estinguere i debiti di
mio padre – e che lui non è l’uomo della
mia vita o altro, ma solo il fratello
della donna che mi sta di fronte.
Ignoro
deliberatamente la possibile reazione di
Edward e mi limito a fissare Victoria. Il suo sorriso si è
accentuato e non
risponde, non stavolta. E soprattutto, leggo nella sua espressione
qualcosa che
mai avrei potuto immaginarmi: il rispetto che desideravo da lei.
Forse non al
cento per cento, ma ha chiaramente
capito che quando vengo provocata non esito a tirar fuori gli artigli,
e forse
sta cominciando ad osservarmi con occhi diversi.
“Quando
avrete finito di comportarvi come due
bambine venite a chiamarmi. Siete patetiche” mormora
disgustato Edward, andandosene
in direzione del suo studio, ferendomi senza preoccuparsi per me.
Forse io non
l’ho minimamente scalfito con le sue
parole, ma quel “siete patetiche”, includendo oltre
sua sorella anche me, mi ha
ferito oltre ogni dire. Se poco fa eravamo uno a zero per me, adesso
siamo
dieci a uno per lui.
Victoria non
sembra esserci rimasta male, ma per lei
è diverso. Anche se dovesse insultarla pesantemente in
momenti di rabbia, sono
fratello e sorella. Si amano, nulla cambia. Oggi si litiga, domani si
fa pace.
Per me
è peggio. Non prova niente per me. E se
quelle parole le ha pronunciate a sua sorella solo per rabbia
momentanea, in
riferimento a me le ha dette in maniera più realistica che
mai.
Sbatto
velocemente le palpebre per ricacciare
indietro le lacrime. Non voglio che sia arrabbiato con me. Vorrei solo
buttare
fuori Victoria e buttarmi fra le braccia di mio marito,
perché le parole che ho
detto io sono state dettate davvero solo per rabbia, non le penso
affatto.
“Perché
hai gli occhi lucidi?” chiede sconcertata
Victoria.
Quando ho
pronunciato quella prima battuta per
tutt’e due, mi sono avvicinata abbastanza da poterli
fronteggiare guardandoli
attentamente negli occhi, solo pochissimi brevi passi a separarci. Non
è stato
difficile per lei notare i miei occhi lucidi.
“È
la luce” ribatto aspramente.
Lei non sembra
convinta. “È per mio fratello? Te la
sei davvero presa?” continua, non potendoci credere.
“Ma
perché diamine non avrei dovuto rimanerci male?”
sbotto, pentendomene subito dopo. Era un mio pensiero in risposta alla
sua
domanda, e come tale doveva rimanere.
Lei sembra presa
alla sprovvista; apre bocca per
parlare ma la richiude subito dopo. “A te non importa nulla
di mio fratello”
afferma poi, con un tono di voce talmente genuino da far sembrare che
stia
chiedendo che ore sono.
Sussulto
sentendo ciò che ha detto. A questa
affermazione nemmeno voglio rispondere, così mi limito a
sorpassarla e a
dirigermi verso la camera da letto, sbattendomi la porta alle spalle.
E finalmente,
dopo tre secondi in cui cerco di
trattenermi più che posso, mando al diavolo persino me
stessa e scoppio a
piangere.
Edward’s
pov
Dall’imponente
e grande vetrata del mio studio osservo
incazzato come non mai con colei che è mia moglie le strade
di Parigi
trafficate e illuminate dalla luce dei lampioni.
“Edward.”
Non mi volto
nemmeno al sentir pronunciare il mio
nome da mia sorella.
“Scusami,
ho perso le staffe. Ma non puoi negare che
in tutto questo almeno sia tu che io abbiamo scoperto che Isabella Swan
non è
tanto patetica come credevamo, no?”
A quelle parole
mi volto immediatamente verso lei,
trucidandola con lo sguardo. “Chiariamo subito una cosa, Vic.
Tu pensavi che fosse patetica. Io
non ho
mai pensato nulla su di lei, niente.
Se ho sposato quella ragazza è stato per salvami la faccia,
non ricordi?”
ribatto nervoso.
Mia sorella
inarca le sopracciglia. “E dai, non le
avrai davvero creduto! Tutto ciò che ha detto non lo pensa
minimamente, sembrava
più che altro una bimba che cerca di fare la grande. Non hai
notato le sue mani
tremare per l’agitazione? Non creerà mai uno
scandalo, non ti ha sposato solo
per salvarti la faccia.”
“Ma io
sì. Quella ragazza mi serve solo per
vendicarmi contro quel figlio di puttana, nient’altro.
Perché la devi trattare
di merda? Qualche mese e nemmeno la rivedrai più! Diamine,
io ci vado a letto!”
le ricordo, facendole intendere che facevo di peggio che limitarmi a
guardarla
e che quello che stava peggio ero io.
Tuttavia, lei
non recepisce il resto della frase e al
solo sentir nominare il padre di mia moglie l’espressione
serena di Vic
scompare per lasciar posto a una gelida rabbia. “Hai inteso
che sarà una cosa
semplice. Quanto
semplice?”
Lei non ha mai
approvato il mio matrimonio con
Bella, perché sapeva che era la figlia di Charlie. Non
sapeva che l’ho sposata
per quella vendetta, della quale le ho parlato oggi stesso.
Improvvisamente
mi sento meglio. Il solo pensare a
quanto quel bastardo soffrirà mi rende euforico quanto una
scopata degna di
nota. Mi lascio ricadere sul divano, Vic davanti a me ora.
Le sorrido, il
primo sorriso vero della serata. “La
prima mossa sarà subito dopo il ritorno dalla luna di miele.
Il resto verrà da
sé talmente velocemente che probabilmente tre mesi bastano e
avanzano.”
Gli occhi di mia
sorella brillano e un sorriso di pura
gioia si fa strada sul suo viso. “Tre mesi? Davvero
così poco?”
Reclino la testa
sullo schienale del divano e
sospiro. “Lo so. Sembra un sogno.”
“Emmett
e Carlisle…”
“Carlisle
è con noi al centodieci per cento. È
Emmett quello che più mi preoccupa” ammetto.
Aggrotta le
sopracciglia. “Non rovinerà niente.”
Annuisco.
“Lo so. Ma mi preoccupa ugualmente.”
Cala un
improvviso silenzio nella stanza. Lancio
un’occhiata a mia sorella, che si guarda imbarazzata attorno.
“Che
c’è?” le domando confuso.
“Quel
bastardo e sua moglie saranno sistemati. Ma
tua moglie?” aggiunge in un sussurro, facendomi irrigidire.
“Lei, alla fine,
non c’entra niente…”
Mi alzo
così velocemente che quasi mi gira la testa,
e ritorno davanti la vetrata. “Lei è tale e quale
a suo padre” replico con
disprezzo. “Non me ne frega nulla.”
“Edward,
pensaci. Ha solo diciotto anni. Voglio
rovinare la vita di coloro che l’hanno rovinata a me, ma
Isabella non se lo
merita.”
“Fino
a mezz’ora fa non ti interessava nulla di lei”
le faccio notare gelido, voltandomi verso Vic e incrociando le braccia
al
petto. “Perché adesso sei così
preoccupata per lei?”
Scrolla le
spalle, a disagio. “Perché a lei tu
importi” sussurra.
Aggrotto le
sopracciglia, confuso.
“C’è
rimasta malissimo per quello che le hai detto.
Non lo credevo possibile, ma è così. Non capisci?
Lei non è come suo padre, è
anni luce dall’esserlo. L’abbiamo giudicata male
solo perché porta il suo
stesso cognome. Ma non hai visto come…”
“Come
ha detto che avrebbe rovinato le nostre
aziende creando un possibile scandalo?” la interrompo,
aggrappandomi agli
specchi.
Perché
so quello che sa lei, e nella sua risposta me
ne dà conferma.
“Non lo
avrebbe mai fatto. Lo sai. Credi davvero che se fosse stata
sincera avrei
reagito con così tanta calma? Era solo stanca che avessi
sempre la meglio con
lei. Sono stata un po’ stronza con tua moglie, lo
ammetto” mormora divertita.
Non so cosa
risponderle. So che ha ragione, ma non
capisco perché mi sta dicendo tutto questo, né
cosa vuole le risponda.
Lo capisco
subito dopo.
“Perché
non provi ad allacciare un vero rapporto con
lei?” mi chiede speranzosa.
La fisso
sconvolto e incredulo allo stesso tempo.
“È
molto bella. È educata e gentile. Non ti farebbe
sfigurare. E il sesso ti piace con lei, non lo negare. Le due scatole
di
preservativi in bagno ne sono la prova, inutile che mi fai credere che
ti
disgusti il suo corpo, come volevi farmi intendere poco fa”
mi dice.
Ah, allora poco
fa aveva recepito la mia
affermazione.
Tuttavia odio il
fatto che abbia ragione. Non le
rispondo nemmeno questa volta e mi limito a sedermi dietro la scrivania
con un
grande sospiro, pizzicandomi la base del naso col pollice e
l’indice.
Vic scoppia a
ridere. “Hai visto che temperamento
quando la provochi? Sarà divertente bisticciare con lei.
Potremmo essere le
cognate perfette!”
Scuoto la testa.
“La lascerò, Vic. Le rovinerò gi
abbastanza la vita, non peggioriamo le cose” aggiungo.
Vic mi si
avvicina e mi sorride dolcemente. “Quando
tutto verrà a galla, l’avrà a morte con
te. Ma non ti odierà. Non le stiamo
uccidendo il padre, lo stiamo solo ripagando con la sua stessa moneta.
Solo che
lui è un uomo maturo di quasi cinquant’anni, noi
eravamo solo dei bambini”
ricorda con rabbia. “Bella verrà a scoprire come
sono andate veramente le cose,
e se ho capito il tipo di persona che è, non ti
odierà” ripete. “Non
potrà odiarti.”
Le parole di mia
sorella hanno portato alla mente
ricordi mai sopiti, che mi perseguitano di notte e di giorno, e che mi
stanno
portando lentamente alla pazzia. L’odio che provo per
quell’uomo non si può
quantificare, e prima metto in atto la mia vendetta, prima mi
tranquillizzerò.
“Perché
non vai da lei?” mi consiglia in un calmo e
dolce sussurro. “Sono sicura che…”
“Dannazione,
Vic. Non voglio affezionarmi a lei”
mormoro a denti stretti.
Perché
sia Emmett che Victoria devono portarmi a
pronunciarlo ad alta voce? Non è logico che voglia evitarla
per questo motivo?
Mia sorella non
si scopone. Si inginocchia davanti a
me, la poltrona dietro la scrivania già voltata verso di lei
da quando mi si
era avvicinata. “Che tu lo voglia o no, se è
destino non puoi scappare.”
Note: non vorrei
pensaste che il cambiamento di
Victoria sia anormale. In realtà, non
c’è niente che sia cambiato in lei, se
non l’opinione che aveva su Bella. Tutto ciò che
lei ha sempre detto è stato in
merito a ciò che credeva su di lei. Inoltre, ha riconosciuto
in Bella
dell’affetto per suo fratello, e anche per questo motivo lei
ha cambiato idea
prima rispetto a Edward, perché in lei si è
potuta riconoscere come donna
innamorata. Certo, Bella
non lo è ancora di Edward, ma è
evidente che prova un grande affetto per il
marito e questo a una donna matura come Victoria non è
certamente sfuggito.
p.s.: la sua
ultima frase è tratta dal personaggio
di Lexi in The Vampire Diaries, solo modificata a mio vantaggio per la
storia.
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 ***
Ed
eccomi con il sesto capitolo. Vorrei scusarmi se lo scorso vi
è sembrato noioso
per tutte quelle informazioni sul paesaggio di Parigi e il Louvre, ho
semplicemente seguito un consiglio in cui si diceva che, se ambienti
una storia
in un bellissimo posto, è consigliabile descriverne gli
aspetti più famosi.
Credo di avere esagerato, lol
Ad
ogni modo, vorrei anche avvisarvi che la bellissima copertina creata da
elenri
l’ho pubblicata nell’introduzione, non la
pubblicherò ad ogni capitolo. In un
libro la copertina è una sola, mi piace immaginare questa ff
come un libro
on-line. In più, già non pubblico regolarmente e,
vi sembrerà assurdo, ma ogni
secondo è prezioso per me nella pubblicazione del capitolo.
Inserire l’immagine
rallenta moltissimo, mi dispiace.
Comunque!
Godetevi il capitolo.
Capitolo
6
L’indomani
mi sveglio con un gran mal di testa
dovuto al pianto di ieri sera. Ah, e con lo stomaco vuoto,
perché ero talmente
stanca che non mi andava di inghiottire nemmeno un pezzo di pane.
Non mi sono
nemmeno vestita, o tolta le scarpe. La
scorsa notte mi sono solo gettata sul letto e ho pianto tutte le
lacrime
possibili, addormentandomi poi sfinita. Ma è con grande
stupore che mi accorgo
che, sebbene ieri sera mi sia addormentata sul letto senza nemmeno
infilarmi
sotto le coperte, stamattina ne ho una bella pesante, di lana, a
riscaldarmi
dal gelido freddo parigino.
È
stato Edward? Mi alzo guardando la coperta quasi
come se fosse un serpente che mi sta studiando e che alla mia minima
mossa
potrebbe attaccarmi. Non riesco a credere che possa essere stato mio
marito,
non dopo quello che ci siamo detti ieri sera.
Incredula e
ancora un po’ assonnata, esco dalla
stanza per dirigermi in cucina. La luce è accesa e come
conferma ai miei
pensieri – deve esserci qualcuno – vedo Edward per
la prima volta come non
l’avevo mai visto.
Ha un portatile
sul tavolo e indossa una t-shirt
bianca – e non riesco a spiegarmi come sia possibile, visto
il freddo che
sembra, con me, penetrare le ossa – e tiene fra le labbra una
penna. Indossa
poi i pantaloni del pigiama ed è a piedi scalzi. Le gambe
sono incrociate e
distese sulla sedia proprio davanti a lui, essendosi posizionato non
davanti la
tavola ma di lato. I suoi capelli sono sparati da tutte la parti, per
niente
ordinati, e sembrano bagnati alla sola vista – probabilmente
si è fatto una
doccia –. Ciò che tuttavia mi sconvolge
è la sua aria pensierosa, per niente
cupa come tutte le altre volte, e soprattutto come stia muovendo un
piede come
a suon di musica.
Sembra a suo
agio, e io non lo avevo mai visto così
tranquillo.
Quando prende la
penna dalle labbra per scrivere
qualcosa su un quaderno al suo fianco, si gratta con l’altra
mano libera la
testa.
È
bellissimo. Sembra così diverso. Non sembra per
niente l’uomo di ventotto anni proprietario di
un’importante azienda, ma
semplicemente un ragazzo che sembra studiare per un importante esame
universitario.
Temendo di venir
scoperta e non potendo, dopotutto,
rimanere lì a fissarlo per sempre – anche se mi
piacerebbe – faccio un passo
avanti e lui si accorge di me.
“Buongiorno”
mi saluta subito. Non usa un tono
allegro, ma nemmeno ostile. È a suo agio per davvero!
“Dormito bene?” mi chiede
prima che possa ricambiare il saluto.
Mi avvicino a
lui per sedermi nella prima sedia
libera a disposizione, e mi prendo il viso fra le mani.
“Insomma. Mi scoppia la
testa.”
“Mi
dispiace. Mia sorella sa essere veramente
pesante.”
Allontano le
mani dal mio viso e subito dopo scopro
davanti a me un bicchiere di spremuta d’arancia, Edward che
si sta sedendo di
nuovo. Non mi ero accorta si fosse alzato.
“È
buona” mi dice, lasciando stare il computer. “Hai
fame?”
Bevo un lungo
sorso di spremuta d’arancia bella
fresca e penso che sto letteralmente morendo di fame. Ieri sera
dopotutto non
ho cenato.
“Sto
morendo di fame” pronuncio i miei pensieri ad
alta voce.
Edward mi
sorride sbrigativamente fermandomi,
inconsapevolmente, il battito del cuore, che poi riparte più
veloce di prima.
Si alza in piedi e si dirige verso il frigorifero, aprendolo e
rovistandoci
dentro.
“Avevo
intenzione di consigliarti di mangiare una
mela tanto per tenere a bada l’appetito e poi di dirti di
andarti a preparare
perché ti avrei portato fuori a fare colazione. Poi mi sono
ricordato di una cosa.”
“Devi
lavorare?” domando incuriosita, osservandolo
ai fornelli davanti una padella.
Si volta solo
con la testa, inarcando le
sopracciglia. “Non so parlare il francese.”
A quelle parole,
scoppio a ridere senza saperne
trattenere e noto che prima di voltarsi di nuovo per preparare il bacon
arrostito si forma un sorriso sul suo volto.
“Sì,
be’… quello può essere un bel problema.
A meno
che tu non abbia un vocabolario con te” gli dico.
“Niente
vocabolario. Te l’ho detto, uscire
dall’appartamento non è mai stato nei miei
piani” mi ricorda ammiccando
velocemente, facendomi nuovamente sorridere imbarazzata. “Ma
siccome tuo marito
è un genio, ho chiesto a Dimitri.”
“Hai
chiesto a Dimitri? Ma sono appena le sette”
esclamo dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio
da parete.
“È
un mio dipendente, Bella, lavora per me. Se ho
bisogno di lui anche alle quattro di notte, è tenuto ad
esserci” risponde
tranquillo, prendendo in mano una paletta e lavorando su una padella.
“E
quindi? Cosa ti ha detto?”
“I
francesi sono pazzi! Come si può mangiare solo
della frutta per colazione?”
Sorrido
intenerita dal suo turbamento. “Non tutti
mangiano solo la frutta.”
“Oh,
hai ragione” mormora prendendo un piatto dalla
credenza. “Alcuni mangiano i cereali.”
Scoppio ancora a
ridere, sinceramente felice di come
si sta svolgendo questa mattinata. Sembra fingere che le mie parole
ieri non
l’abbiano colpito e si è scusato per il
comportamento di sua sorella. In più,
stanotte mi ha coperto, si è assicurato che stessi bene e mi
sta preparando la
colazione. Il tutto senza che io gli chiedessi niente.
So che magari
sono cose che i mariti fanno
normalmente alle loro mogli, ma non Edward. Non, almeno, a me
soprattutto dopo
ciò che mi ha detto ieri sera. Per me è molto
importante tutto questo.
Edward posa il
piatto con la calda omelette proprio
davanti a me, spostando tutte le altre cose sul tavolo escluso il
bicchiere
mezzo vuoto d’arancia. Mi da’ una forchetta e le
mie dita, nel prenderla,
sfiorano le sue. Ignoro la cosa come fa lui, il quale versa
dell’altra spremuta
nel bicchiere, riempiendolo di nuovo. Va al frigorifero e lo apre,
piegandosi
in due lì davanti. “Mele, pere, banane…
Che frutta vuoi?”
“Uhm…”
Mangiare la banana sarebbe stato troppo
imbarazzante davanti a lui. “Mela” scelgo infine.
Prende
prontamente una mela bella grossa e rossa,
posandomela al fianco del piatto e dirigendosi verso un involucro di
carta
bianca con delle scritte in corsivo. Lo prende e ritorna a sedersi
finalmente
in tavola, aprendolo. Subito, un profumino di invitante cornetto al
cioccolato
invade le mie narici e mi fa passare immediatamente la fame per
l’omelette
sostituita dalla voglia per il croissant francese.
“Ho
chiesto a Dimitri di andare al bar. Per la spesa
ci penserà dopo, purtroppo, perché i negozi sono
invece chiusi.”
“Tu
non hai fame?” gli chiedo notando che sto
mangiando solo io.
“Ho
mangiato poco fa” spiega, incrociando le braccia
e poggiandosi al tavolo con i gomiti. Infine, mi fissa così
intensamente da
farmi contrarre i muscoli del ventre per il desiderio.
Ancora non mi
capacito di come Tanya abbia potuto
rinunciare a Edward così facilmente. Ma forse è
vero che l’amore è cieco.
Non riuscendo a
sopportare l’intensità del suo
sguardo, sposto il mio sul cornetto, accorgendomi solo ora di una cosa.
“Edward,
ma sono due cornetti. Se tu hai mangiato per chi è
l’altro?”
“Sempre
tuo” mormora. “Non puoi stare per tutta la
mattinata con solo un’omelette.”
“Ma
guarda che non c’era problema, l’omelette andava
già bene da sola, non dovevi spendere soldi
inutili…”
Mi interrompe
immediatamente. “Bella. Non l’hai
appena detto, vero?”
Lo fisso
confusa. Cosa non ho…? E poi capisco:
spendere soldi inutili. Edward naviga nei soldi, comprare due cornetti
è stato come
niente per lui.
Alzo le mani in
segno di resa, sorridendogli
imbarazzata. “Okay. Hai ragione.”
“Bene”
replica soddisfatto, riprendendo in mano il
computer e continuando il lavoro di poco fa.
È
stupendo come stia cominciando bene questa
giornata. Sembriamo davvero una coppia. Mangio con
tranquillità la mia
colazione, notando con estremo piacere come lui continui ad essere
tranquillo
al mio fianco picchiettando di tanto in tanto la penna contro il blocco
degli
appunti.
Quando finisco
tutta la colazione – facendolo più
per lui che per me – mi sento strapiena.
“Edward” lo chiamo subito dopo,
bevendo l’ultimo sorso di spremuta d’arancia.
“Mmh.”
“Vado
a farmi una doccia. Hai bisogno del bagno?”
Non alza lo
sguardo su di me, continuando a
scrivere. La cosa non mi disturba, visto comunque che quando risponde
alla mia
domanda è sereno. “No, puoi usarlo
tranquillamente.”
Vado allora al
bagno e decido di fare una veloce
doccia. Ci sono un sacco di bagnoschiuma dalle profumazioni varie,
così come un
sacco di tubetti di shampoo. L’unico accappatoio che posso
usare è quello
dell’altra volta.
Sto dentro la
doccia per quella che è solo una
decina di minuti ed esco avvolta nel tiepido calore prodotto dal
pesante
indumento pronta per vestirmi. Quando sto per dirigermi verso la camera
da
letto, però, sento qualcosa trattenermi non appena supero
Edward.
Mi volto
sorpresa e noto come la sua mano mi blocchi
sul posto trattenendomi per il polso. Alzo lo sguardo su di lui,
confusa.
“È
il mio accappatoio, quello” sussurra con un tono
strano.
Immediatamente,
penso che Edward non mi ha mai visto
in accappatoio e che quindi magari possa infastidirlo che abbia
utilizzato il
suo. D’altronde non gliel’ho nemmeno domandato, se
potevo. Magari è geloso
delle sue cose, che posso saperne?
È mio
marito, ma io non lo conosco affatto.
Apro bocca per
poter dire qualsiasi cosa, anche se
non so bene cosa. Devo davvero giustificarmi? Ma Edward mi anticipa e,
sorprendendomi, mi attira velocemente a sé. Adesso, mi
ritrovo a cavalcioni su
una sola sua gamba.
Improvvisamente,
capisco dove vuole arrivare. A lui
non dispiace affatto che io abbia utilizzato il suo accappatoio, per
niente.
Prima che io
possa dire o fare qualcosa per
togliermi dall’imbarazzo, Edward avvicina il suo viso al mio,
premendo le sue
labbra contro la mia bocca.
Il bacio
è lento ma passionale, e le mani di Edward
non si fanno remore a penetrare la barriera dell’accappatoio
per posare i palmi
pieni sulle mie cosce.
Cingo il suo
collo con le mie braccia, evitando di
pensare che stiamo per fare l’amore in piena luce
giornaliera. Quando sento una
delle sue mani premere contro la giuntura delle mie gambe, mi spingo
verso di
essa quasi senza accorgermene, in un riflesso involontario.
Il bacio si fa
inevitabilmente sempre più
passionale, la dolcezza che poteva esservi intrisa dentro sino a
qualche
istante prima ora è del tutto scomparsa, per cedere al posto
alla bramosia che
Edward mi ha sempre dimostrato sin’ora solo ed unicamente
nelle poche volte che
siamo stati insieme.
Mi fa male
rendermi conto che ogni nostro bacio è
terminato con noi due nudi in un letto, ma allo stesso tempo so di non
poter
desiderare nulla di più al momento. Rosalie ha ragione:
Edward mi desidera, è
vero, e io devo puntare tutto su questo.
Non voglio
seguire il suo consiglio, non ancora:
farlo significherebbe giocare allo stesso gioco di Edward, è
cioè cercarci a
vicenda solo per il sesso, per nient’altro. Come se per me
non significasse poi
nulla di che, come se per me fosse solo
una valvola di sfogo.
E io non voglio
farlo, perché non è così. Rosalie ha
più esperienza di me, magari il suo è un buon
consiglio, ma al momento non
voglio sfruttarlo. Voglio fare di testa mia, utilizzare la stessa
traccia di
ciò che mi ha raccomandato di fare ma a mio vantaggio.
Voglio
sì far in modo che il sesso sia una valvola
di sfogo, ma anche che Edward si renda conto che per lui posso essere
non solo
l’amante, ma anche la moglie che ha sempre desiderato.
Voglio scoprire
ogni cosa possibile del sesso,
voglio che sia il mio maestro e che mi insegni tutto ciò che
vuole. Voglio
darmi a lui senza riserve, accontentarlo. Voglio renderlo felice,
dentro e
fuori il talamo nuziale.
È per
questo che quando porta le sue mani
all’infuori dell’accappatoio, sulle mie natiche,
non emetto il gemito di
sorpresa che mi sale in gola quando mi ritrovo improvvisamente in
braccio a
Edward, il quale mi sta conducendo – presumo – alla
camera da letto.
Mi stringo
semplicemente di più a lui, pregustandomi
già l’intenso piacere che ho già
provato sul suo jet.
Quando mi
distende sul letto, fa per alzarsi ma lo
trattengo. Immagino volesse allontanarsi da me per spogliarsi, ma
voglio farlo
io. Continuo a baciarlo e le mie mani afferrano l’orlo della
sua t-shirt,
sollevandogliela.
Edward non si
oppone, al contrario: mi aiuta
allontanandosi solo quel poco che serve per sfilarsela del tutto.
Ritorna poi
sopra di me, portando le sue mani alla cinta del mio accappatoio, ma
anche
stavolta lo precedo e sono invece io a spogliarlo calandogli i
pantaloni del
pigiama.
I nostri occhi
si incrociano quando infilo una mia
mano all’interno dell’ultima barriera sul suo
corpo, i boxer, stringendo la
presa attorno al suo pene. C’è eccitazione nel suo
sguardo, riesco a leggerlo
chiaramente. Questo non fa che rendermi sempre più felice.
Non avevo mai
preso l’iniziativa in questo modo, deve
essere piacevolmente sorpreso.
So di essere
rossa in viso per l’imbarazzo, non è
facile quando fino a quattro giorni prima eri solo una vergine che si
era
sempre e solo limitata a leggerle, queste cose, ma spero che
attribuisca il mio
rossore al caldo che inizio a sentire e che, senz’altro,
inizia a sentire anche
lui.
Abbasso per un
solo istante lo sguardo per tentare
di aprire il mio accappatoio con la mano libera, ma Edward sostituisce
freneticamente le sue dita alle mie denudandomi. Apre
l’accappatoio; non lo
toglie perché ho ancora la sua mano sul suo membro, ma non
sembra
preoccuparsene.
Nella stanza
riverbera un gemito più forte dei
nostri respiri affannati quando, sorprendendomi, Edward mi toglie la
mano dalla
sua erezione solo per invertire la posizione.
Ecco che
finalmente pensa a togliermi l’accappatoio.
Io non ci avevo ancora pensato, non quando il mio sguardo è
catturato dalla
perfezione del suo petto muscoloso, il ventre piatto, con quella
striscia di
peli che andava sempre più giù…
Il mio sguardo
si porta al viso di mio marito quando
lo sento chiedermi con tono basso e roco: “Ti piace quello
che vedi?”.
Ecco che la mia
spavalderia scompare e ritorno la
Bella imbarazzata e impacciata di sempre. Arrossisco fino alla punta
dei
capelli per essere stata colta in fragrante. È vero,
è mio marito ed è assurdo
che mi imbarazzi solo perché chiaramente mi attrae, ma il
problema non è
questo.
Noi non
siamo una coppia normale. Per me è ancora un estraneo,
nonostante tutto.
“Io…”
“Tranquilla”
mi invita poi, artigliandomi i fianchi
con le sue mani e portandomi sopra la sua erezione. “Anche a
me piace quello
che vedo” aggiunge con sguardo affamato sul mio corpo prima
di calarmi con una
sola presa sul suo pene eretto, penetrandomi con una spinta
spaventosamente
dolorosa che mi fa piegare in due per il male provato.
Affondo le mie
unghia sulla pelle dei suoi
avambracci e gemo rumorosamente, un gemito che nulla ha a che vedere
con il
piacere.
Per un istante, per
un solo istante, mi scopro ad odiarlo per la mancata
delicatezza usata con
me. Vero è che non è più la mia prima
volta, ma sono pur sempre ancora alle
prime penetrazioni…
Gli occhi si
fanno lucidi contro ogni mio volere e
ho paura che possa piangere come la prima notte di nozze. Volevo
sedurlo, non
piangergli addosso! Ma fa ancora così tanto male che
io…
Una lacrima
traditrice scivola sulla mia guancia, e
io vorrei improvvisamente fuggire via da lui, e piangere. Piangere fino
ad
addormentarmi come ho fatto ieri.
“Io…
Pensavo che fossi pronta…”
Riesco a sentire
una nota sinceramente sorpresa nel
suo tono di voce. Mi rendo conto che davvero non se lo aspettava, che
non lo ha
fatto apposta come, in un moto di rabbia verso di lui, ho pensato
all’inizio.
Lui è
ancora fermo, dopotutto. Non si è mosso di un
millimetro in me.
“Mi
dispiace, io non… non volevo farti così
male.”
Un’altra
lacrima bastarda scivola sulla mia guancia
quando Edward si muove solo per sedersi sul letto, per portarsi col
viso alla
stessa altezza del mio. Mi accorgo di quanto è dispiaciuto.
Non lo avevo mai
visto così.
“Non…”
Apre bocca per parlare ma si interrompe,
preferendo asciugare con i pollici le mie lacrime.
Io mi sento
già molto meglio. È questo che vorrei.
Dolcezza. Nulla di più, vorrei dirgli. Non pretendo soldi,
feste e ricevimenti.
Nemmeno amore, perché so perfettamente che il nostro
matrimonio può basarsi su
tutto tranne che su questo. Vorrei solo un po’ della dolcezza
che mi sta
mostrando adesso e che mi fa sentire bene. Felice di stare con lui.
È
davvero così troppo chiederglielo?
Mi accarezza con
una mano i capelli, l’altra posata
leggermente sul mio fianco. “Togliti, Bella.”
Nonostante l’imposizione, usa un
tono gentile. “Davvero, non ti preoccupare. Capita.”
Capisco
immediatamente a cosa si riferisce: posso
togliermi perché mi ha fatto male, non importa che non
finiremo ciò che abbiamo
iniziato.
“Non
fa niente” aggiunge, lasciandomi un bacio
delicato sul collo.
Emetto un lungo
sospiro cercando di rilassarmi,
cingendo con le mie braccia il suo collo. Edward fa lo stesso
cingendomi però
il busto, continuando a baciarmi.
Ma io non voglio
che continui a baciarmi sul collo.
Voglio che riprenda da dove avevamo interrotto.
“Edward?”
lo chiamo, affondando una mano tra i suoi
capelli. “Voglio continuare.”
“Bella,
no” sentenzia deciso, sorprendendomi. “Ti
sei fatta male, non c’è bisogno
che…”
“Ma
voglio io” ripeto. “Mi sono fatta male,
è vero,
ma non importa…”
Mi interrompe
prima che io potessi specificare il
senso di questo ‘non importa’.
“Sì che importa!” esclama sconvolto.
“Io non
sono quel genere di uomo che…”
Stavolta lo
interrompo io. “Lo so” mormoro. Lo fisso
con un’intensità tale da farmi venire i crampi
allo stomaco. “Intendevo dire
che non importa, se farai un po’ più piano. Hai
detto che pensavi fossi pronta.
Ti credo. So che non volevi farmi del male. Non
importa, Edward.”
Ciò
che succede in seguito mi confonde. Mi aspettavo
che Edward riprendesse a baciarmi, acconsentendo implicitamente o che
insistesse ancora nel farmi allontanare. Ma lui non lo fa,
semplicemente mi
guarda. Ma il suo sguardo è destabilizzante, quasi a
togliermi il fiato.
Mi fissa, ma
sembra non vedermi. Come se cercasse di
penetrare dentro la mia anima, non il mio corpo. È uno
sguardo che mi
sconvolge, perché nel suo silenzio sembra riverberare
nell’aria un gelido
grido.
Sto per
chiedergli cosa succeda, quando Edward
smette di fissarmi, per abbassare lo sguardo verso il mio corpo. Non
leggo
malizia nei suoi occhi, solo un grande vuoto. Lo vedo deglutire e
scuotere il
capo, facendo leva sul mio corpo con la mano.
“Isabella,
spostati.”
Non è
un ordine perentorio, quanto piuttosto un
invito. Il tono freddo della sua voce contrasta fortemente con
l’espressione
addolorata.
“Edward…”
sussurro incapace di proferire altra
parola. Tuttavia lo accontento: mi ha preso alla sprovvista, non saprei
cos’altro fare.
Sconvolta e
sconfitta, anche, lo fisso mentre
raccatta pantaloni e t-shirt, indossando i primi senza nemmeno i boxer
e continuando
a darmi le spalle anche col secondo indumento.
Esce dalla
camera da letto, e ormai sono abbastanza
sicura di ciò che avverrà: andrà nel
suo studio e non lo vedrò per l’intero
giorno. Ma mi sorprende sentire il rumore tipicamente prodotto da una
serratura
a scatti, attribuita alla porta principale.
Edward non
è nel suo studio, è
uscito. A quanto pare, non può nemmeno sopportare
la mia presenza
nella sua casa.
Edward’s
pov
Sbatto
furiosamente le mani sul volante, prendendomi
poi la testa fra di esse. Sento le dita tremare fra i miei capelli.
È normale?
Neanche un po’.
Dovrei
fregarmene. Non dovrebbe importarmene niente.
Si è fatta male? Certo, non forzerei nulla – non
ho mai usato violenza su una
donna, figuriamoci se inizio ora – ma avrei aspettato che si
riprendesse e
avrei continuato.
Quindi
perché mi sono fermato? Non c’era motivo. O
forse ne ho trovato uno, quando ho visto i lineamenti di Bella
contrarsi in una
smorfia di dolore, e quelle lacrime che mi hanno provocato un enorme
calore nel
mio ventre.
Lei era disposta
a continuare, però. Ecco perché non
c’era motivo per cui dovessi fermarmi. Ma è stato
il modo in cui mi guardava,
così… pieno di fiducia. Speranzosa. Tenera.
Piccola. Mia moglie.
Le mie dita si
stringono ai miei capelli furiosamente
fino a farmi male.
La odio. La odio
profondamente. Odio ciò che mi
induce a provare, la passione che mi provoca e i sentimenti che non ho
mai
sentito per nessuna donna.
Cosa mi importa
se so già che rimarrà delusa da me,
perché la fiducia che ha riposto in suo marito è
del tutto sbagliata? Cosa mi
importa se penso che a soli diciotto anni è già
sposata con un uomo che non la
ama e che presto la lascerà? Cosa
mi
importa se la sto usando?
Con uno scatto,
metto
in moto l’auto e parto in direzione della casa di mia sorella.
Avevo chiesto a
Victoria di stare con me per i primi giorni, perché non
volevo rimanere da solo
con mia moglie. Mia sorella, allora contraria al matrimonio con Bella
perché
credeva che la stessi sposando solo per non rimanere senza moglie
– e
considerandola ovviamente sbagliata, visto che è la figlia
di Charlie Swan –
aveva accettato immediatamente.
Aveva preso
cinque
giorni di vacanza dal suo lavoro per occupare uno dei suoi appartamenti
a
Parigi, la città che preferisce al mondo – anche
per questo ho scelto questo
luogo per la luna di miele – lasciando Claire e Tom a casa da
mia madre. James,
il marito, non poteva occuparsi a tempo pieno dei figli, dovendo stare
più in
ufficio che a casa, per cui si era anche lui trasferito dai miei per
poter star
loro quanto più vicino possibile.
Ignorando il
paesaggio
che mi offriva Parigi, cerco di non superare i limiti di
velocità e raggiungere
mia sorella sano e salvo. Grande è la sua sorpresa quando mi
vede davanti la
porta di casa sua.
“Che
fai qui?” lancia
un’occhiata all’orologio. “Non sono
nemmeno le otto. Tutto bene?” mi chiede
sospettosa.
Entro
velocemente in
casa senza risponderle, camminando furiosamente avanti e indietro.
“È lei.
È tutta colpa sua!” esclamo.
“Okay”
mormora Vic in
tono eloquente. “Che è successo
stavolta?”
“Lei
ho fatto male. E
lei invece di prendermi a parolacce se ne infischia dicendomi che
potevo
continuare?” sbraito sfogandomi.
Poche volte ho
perso la
calma in vita mia. Questa è una di quelle volte.
“È
una sadica?” si
informa confusa.
“Cosa?
No!” esclamo. Mi
rendo conto che le mie parole possono essere fraintese e mi affretto a
spiegarmi meglio: “Lei non era ancora pronta. Io pensavo di
sì, ma non lo era.
Le ho fatto male e io ero pronto a farla togliere, ma lei non voleva. E
mi ha
fissato… mi ha fissato come… Cristo Santo, non lo
so come mi ha fissato, so
solo che non mi è affatto piaciuto!”
Mi incazzo
ancora di
più quando Vic alza gli occhi al cielo.
“Non
mi sto
affezionando a lei. È lei che si sta affezionando a me! E
non voglio poi
ritrovarmela fra i piedi nel momento in cui la sbatterò
fuori dalla mia vita”
mi giustifico.
Se devo essere
sincero,
non sono abbastanza sicuro di essere in collera per questo, ma non
importa. Deve essere per questo.
“Se
è questo ciò che ti
preoccupa, posso dirle che per tutto il tempo in cui siete stati
sposati l’hai
tradita. L’allontanerà definitivamente, non
temere” mi assicura sorridendomi
fiduciosa.
Mi sta prendendo
per il
culo.
“Non
mi sei d’aiuto”
sibilo fissandola nervoso.
Il sorriso
sparisce dal suo volto per un’espressione
afflitta. “Edward, io davvero non so che consigliarti. Se hai
programmato la
luna di miele devo dedurre che volessi approfittare della situazione e
goderti
tua moglie. Capisco che non avevi messo in conto di affezionarti a lei,
ma
ormai il dado è tratto e non puoi tirarti indietro. Quindi:
o diventi uno
stronzo già da ora, o ti godi due settimane di pace e
tranquillità con lei
tenendo conto di chi è figlia, perché
l’hai sposata, e che presto succederà
l’inferno.”
“Non
è facile” sibilo lanciandole
un’occhiataccia.
Tuttavia,
però, penso alle sue parole. In effetti,
era questo il mio piano. Divertirmi per queste due settimane, fingere
che sia
solo un’amante con la quale sto facendo un viaggio
rilassante, e poi ritornare
alla vita di sempre iniziando a mettere in atto il mio piano per
vendicarmi di
Charlie.
Quand’è
che le cose sono andate diversamente? Me lo
chiedo, eppure non mi so rispondere. Stamattina andava tutto
così bene! È stata
lei così… fiduciosa
a far crollare
tutte le difese costruite durante la notte.
“Edward”
mi chiama mia sorella riscuotendomi dai
miei pensieri. “Non ti innamorerai di Isabella. Non puoi.
Ciò che stai provando
è un minimo di senso di colpa. Sai che è solo una
pedina e che pagherà per degli
errori che ha commesso il padre. Può essere anche della
stessa pasta, ma la
nostra vendetta è causata da degli errori commessi da suo
padre, non da lei. Tu
ricordati di chi è figlia. Ricordati questo. Il momento in
cui la lascerai, le
darai una cospicua somma di
denaro per liquidarla. E saremo tutti felici e contenti”
conclude amaramente.
La fisso
sconvolto. Questo non era incluso nei
piani. “Mi stai dicendo di… pagarla?”
Scrolla le
spalle. “Ti ha sposato per soldi, no?”
domanda retorica, facendomi sussultare. È
vero. “Te l’ho detto: non è
cattiva come suo padre, questo no. Ma è figlia
di suo padre, dopotutto. Lei, per quanto dolce possa essere, non
rifiuterà quei
soldi.”
Bella’s
pov
A svegliarmi non
è il rumore fastidioso di un
qualche oggetto, o la luce che sfiora il mio viso. È ben
altro. Qualcosa di
silenzioso e molto, molto più piacevole.
Quando apro gli
occhi percepisco il peso di qualcosa
di caldo sul mio corpo sistemato fra le mie gambe e labbra morbide che
baciano
con trasporto il mio collo, scendendo fino ai seni.
“Edward?”
chiamo improvvisamente già sveglia,
“Aspettavi
qualcun altro?” domanda.
Non mi da il
tempo di rispondere perché le sue
labbra catturano le mie in un bacio mozzafiato. Che
diamine…? Non deve essere
molto tardi: lui non si è fatto vivo per tutto il giorno e
io sono andata a
letto che erano appena le dieci, stanca per le lunghe passeggiate
turistiche in
giro per Parigi con Dimitri.
Dopo un attimo
di smarrimento, ricambio il bacio,
almeno fin quando non riprende il percorso seguito poco fa con la
bocca. Io
indosso solo un maglione rosso che lascia le spalle scoperte e mi copre
fino al
sedere, e dei leggins. Sono sotto al piumone, ma ci pensa Edward a
scostare le
coperte.
Noto che il suo
corpo è caldo e indossa solo dei
pantaloni del pigiama. Quando infilo le mani nei suoi capelli mi
accorgo che
sono ancora umidi. Piccoli brividi di piacere mi increspano la pelle
quando
passa a togliermi finalmente il maglione e si porta con la testa fra i
miei
seni, lasciando una scia bagnata sulla pelle grazie ai suoi capelli.
Un profumo di
sapone maschile mi invade le narici e
chiudo gli occhi, estasiata.
Passa a
togliermi il resto dei vestiti
frettolosamente, per poi ritornare su di me. È posizionato
tra le mie gambe e
sento chiaramente quanto mi desideri. Desiderosa di fargli capire anche
io
quanto desideri lui, lascio scivolare le sue mani verso il collo, il
petto,
fermandomi sul suo ventre. Infine, sfioro con le dita l’orlo
dei pantaloni
iniziando a farglielo scivolare.
Edward, la cui
testa era ancora fra i miei seni a
torturare con le labbra un capezzolo e con le dita l’altro,
si scosta da me con
uno scatto improvviso, pensandoci sbrigativamente lui stesso.
Un gemito
strozzato mi esce dalla gola quando mi
accorgo che sotto non indossa nient’altro.
Finalmente
entrambi nudi, si riposiziona nuovamente
addosso a me, ma stavolta accarezza con le labbra il mio seno e poi
scende giù,
fino al ventre. Sento la sua lingua calda e bagnata disegnare un lungo
tragitto
da poco sotto l’ombelico fino al solco fra i seni e sono
costretta a chiudere
le gambe fra di loro per cercare un sollievo che mio marito non sembra
disposto
a darmi.
Il gemito
rumoroso che esce dalla mia bocca è
imbarazzante, ma liberatorio. E quando lo fa di nuovo – e
stavolta massaggiando
a pieni palmi i miei seni come se fossero pasta da modellare,
stringendo e
tirando quasi fino a farmi male – sento di poter morire da un
momento
all’altro.
Ma questa volta
non stringo le gambe, no. Le allargo
quanto più posso per poter sentire la sua erezione
liberamente su di me.
Edward, però, non sembra pensarla come me e, cogliendomi di
sorpresa, scende
con la sua bocca sempre più giù, spostandosi fino
ad averla sopra la mia
intimità.
Mi irrigidisco
capendo ciò che ha intenzione di
fare, ma non appena sento il primo colpo di lingua sul mio clitoride
getto la
testa all’indietro chiudendo gli occhi, incapace di
trattenere i gemiti a
seguire.
Non è
calmo, sembrano furiosi quei colpi di lingua,
ma mi dona un piacere estremo che non avevo mai provato. E quando porto
le mie
dita a stringere i suoi capelli, stringendogli le cosce attorno al
viso, le
mani di Edward si spostano a torturare i miei seni.
Punto lo sguardo
al soffitto, seguendo senza
riflettere gli affondi della sua lingua con il mio bacino, e sentendo
il mio
ventre contrarsi in prossimità dell’orgasmo, che
giunge con un grido smorzato
da parte mia e una stretta più dolorosa nei capelli di mio
marito.
Stravolta, seguo
con gli occhi Edward scendere nudo
dal letto senza un minimo di vergogna e andare a recuperare i pantaloni
caduti
dall’altra parte del letto sul pavimento.
Non mi ero mai
soffermata a osservare il corpo nudo
di mio marito. È muscoloso, ma non troppo. Non ha la
tartaruga, ma ha un petto
grande, nel quale vorrei solo stringermi contro. I bicipiti sono molto
evidenti
e le spalle grandi. È perfetto ai miei occhi.
Dalla tasca
prende un preservativo e apre la carta
con i denti, portandosi nel mentre al letto, un ginocchio
già sul materasso.
Quando il profilattico è fuori, si riposiziona fra le mie
gambe e lo indossa.
Infine, posa le
sue mani sui miei polpacci e divarica
le mie gambe, invitandomi con i gesti a circondargli i fianchi. La sua
punta è
contro la mia apertura ed entra dapprima piano. Sono la prima a
stupirmi di non
provare dolore.
Sussulto
violentemente, più per la sorpresa che per
altro, quando entra del tutto dentro di me. Stavolta sono prepara,
calda e
bagnata grazie alla stimolazione di poco prima. È tutto
più facile, e Edward si
distende sopra di me afferrandomi per i polsi e posizionandomeli sopra
la
testa.
Le sue spinte
sono rudi e vigorose, ma invece ch
farmi male mi ridonano il piacere che la sua lingua mi aveva regalato
precedentemente. Forse, un piacere anche più grande.
Apro le mie
gambe quanto posso e lo sento affondare
sempre di più dentro di me.
Il silenzio
della camera da letto è rotto solo dai
miei gemiti e dai suoi leggeri ansimi. Forse per lui è
facile abituarsi, per me
no. Anche perché, oltre al piacere, vi è anche la
spinta del suo membro in me
che mi fa emettere quei rumorosi gemiti.
Le mie mani
prudono dalla voglia di stringerlo e le
muovo cercando di fargli capire che vorrei mi lasciasse andare.
“Ti
faccio male?” chiede in un sussurro roco,
fissandomi senza smettere di spingere.
Non
c’è reale interesse nei suoi occhi. Se
c’è, è
completamente nascosto dal piacere fisico che sta provando nel mentre.
“No”
rispondo senza esitare, circondandogli il collo
e spingendo la sua bocca contro la mia, per baciarlo.
Il bacio non ha
nulla di dolce o lento, ma è rude e
passionale, e lo spinge a gemere più forte sulle mie labbra.
I movimenti che
compie dentro di me aumentano fino a intorpidirmi e io sento come lui
il mio
orgasmo in procinto di arrivare. Continuando a baciarlo
appassionatamente per
fargli capire che non voglio che smetta, le mie mani si spostano verso
la
schiena e sempre più giù, fino a sfiorare il suo
fondoschiena.
Normalmente non
lo farei mai, per me sarebbe ancora
troppo imbarazzante – almeno per ora – ma il
piacere mi inebria e lui non
sembra infastidito quando stringo la mia presa attorno alle sue natiche
per
indurlo a darmi più piacere.
Al contrario, mi
accontenta e le sue spinte
aumentano.
Edward smette di
baciarmi con mio enorme disappunto
ma mi rendo conto che così facendo posso respirare meglio,
sebbene con gemiti
vergognosamente più alti.
“Ti
piace?” ansima puntellandosi sui gomiti,
fissandomi senza il minimo di imbarazzo.
“Sì…
Sì!” esclamo più convinta in seguito a
una
spinta più forte delle precedenti.
“Apri
le gambe, Bella” mi ordina lui perentorio.
Obbedisco,
rendendomi conto che le avevo posizionate
intorno al suo cinto. Sospiro quando le mie gambe intorpidite per
essere state
a lungo piegate possono finalmente distendersi, e colta da un
improvviso
bisogno alzo lo sguardo su Edward.
“Sto
per venire, giuro” promette mentre gli angoli
della sua bocca si curvano lievemente in un sorriso.
Capisco
immediatamente che si riferisce al fatto che
è parecchio che sta dentro di me e che quindi potrei essere
stanca di
conseguenza, ma se devo essere sincera a me non importa. Al contrario,
vederlo
succube di queste reazioni provocate da me, dal mio corpo, mi rende
ebbra di
felicità.
Emetto una breve
e bassa risata, ricambiata dal
sorriso più evidente di Edward, e lo attiro a me in un dolce
bacio. Anche
questa volta ha tutto di passionale, è vero, ma davvero: dolce è la parola giusta per
descriverlo.
Tutto il piacere
fisico va scemando, sostituito
dalla felicità che provo in questo momento. Non mi
interessa. Sono davvero felice.
Edward tiene
fede alla sua promessa raggiungendo
l’apice qualche secondo dopo, mentre catturo
inconsapevolmente il suo gemito di
piacere nella mia bocca, la quale si sta scontrando ancora con la sua.
È
sfinito, mi rendo conto, quando dopo un momento
che sembra durare per me un secolo si scosta con fatica da me, il corpo
pesante
come un macigno.
Non parla, e
nemmeno io: ci stiamo riprendendo e la
stanza è ancora piena dei nostri respiri, l’aria
satura di sesso.
“Penso
che ci vorrà un mese prima che io mi
riprendi” lo sento dire con voce stanca.
Sorridendo mi
volto verso di lui, scoprendolo
disteso al mio fianco con una mano posata sulla fronte.
“Però
è stato bello” mormoro sorridendogli.
Anche lui volto
il viso verso di me, ricambiando
leggermente.
Chiudo per un
istante gli occhi, presa dalla stanchezza
e dal sonno, e quando li riapro continuo a sorridergli, scoprendolo
ancora
intento a fissarmi.
“Vieni
qui” sussurra, e io non perdo tempo a
obbedirgli e a posare il mio capo sull’incavo tra spalla e
collo e a
circondargli il suo petto.
Inspiro appieno
il suo odore e chiudo gli occhi,
assaporando la mano di Edward, quella il cui braccio mi circonda le
spalle,
accarezzarmi lievemente i capelli.
Per me,
è il paradiso.
///
Non so che ore
sono quando mi sveglio. L’unica cosa
che riesco a percepire nonostante la mente ancora annebbiata dal sonno
sono il
calore di un qualcosa di solido dietro di me e la stretta ferrea di un
braccio
attorno al mio busto: Edward mi sta abbracciando da dietro.
Stordita per la
sorpresa, mi muovo piano voltandomi
verso di lui con attenzione. Sta ancora dormendo. Potendone
approfittare
finalmente, osservo come i lineamenti del suo viso siano
così rilassati. Le
labbra sono chiuse in una linea morbida, e i capelli sono spettinati
tutti
intorno al viso.
È a
petto nudo, e siccome anche io mi rendo conto di
essere ancora svestita dopo il sesso di ieri sera, presumo lo sia anche
sotto.
Mi muovo agitata
al pensiero che anche lui sia
completamente nudo e che a coprirlo è solo un pesante
piumone. Lancio svelta
un’occhiata all’orologio. Sono ancora le cinque di
mattina, è ancora presto.
E appurando che
ho ancora sonno, decido di
approfittarne. Non so quando Edward mi abbraccerà
nuovamente, magari lui non se
n’è accorto nemmeno perché è
stato un gesto involontario durante il sonno, ma
voglio godermelo fino in fondo.
Gli
do’ nuovamente le spalle e mi stringo forte a
lui, passando un braccio intorno a quello che mi circonda e
intrecciando le
dita alle sue. Chiudo gli occhi e sospiro beatamente.
Il respiro di
Edward mi sfiora i capelli e riesco a
sentire il suo petto nudo contro la mia schiena muoversi
nell’atto calmo e
regolare. È ancora addormentato, e io ci metto poco a
seguirlo, felice.
D’altronde,
questa è obbiettivamente la prima vera
notte in cui ci addormentiamo insieme, evitando di trovare
l’altro già nel
mondo dei sogni.
Note: niente
è come sembra. Edward non ha affatto
cambiato idea dopo aver parlato con la sorella. Tenetevi pronti: forse
nel
prossimo capitolo ritorneranno a casa e già da lì
scoppierà la bomba.
|
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 ***
Chiedo
scusa per il ritardo, ma mi sto godendo anche io le vacanze, e scrivere
mi è
stato impossibile. Anche perché, pur avendo il capitolo in
testa, non riuscivo
a battere una sola frase. Ho preferito aspettare, e ne sono contenta.
Sono
soddisfatta del capitolo. Spero lo sarete anche voi tanto da volermelo
fare
sapere con una piccola recensione.
Vi
avevo detto che forse in questo capitolo scoppiava la bomba.
Così è stato. La
bomba vera e proprio scoppierà tuttavia quando Bella
verrà a conoscenza della
verità. A quel punto, penso vedrete Edward sotto una luce
diversa, e Charlie lo
condannerete al rogo. Un po’ mi dispiace. È il mio
personaggio preferito
insieme ad Aro.
Vabbè:
cose che capitano.
Vi
lascio al capitolo. Godetevelo fino in fondo.
Capitolo
7
Le cose nei
giorni seguenti andarono meglio.
Non eravamo una
di quelle coppie innamorate che
passava gran parte del suo tempo a parlare dei loro sogni interrompendo
ogni
tanto una frase per poter dire all’altro ‘Ti
amo’.
Io e Edward
eravamo ben diversi da quel genere di
coppia. Gran parte del nostro tempo lo passavamo separati: mio marito
lavorava
spesso nel suo studio, o sul tavolo in cucina quando io non ero a casa,
mentre 1a
sottoscritta andava in giro per i negozi di Parigi con Dimitri.
Victoria non
l’avevo più vista. E se devo essere
sincera, la cosa non mi dispiace affatto.
E in questi
ultimi giorni, ho potuto scoprire molte
cose su mio marito. Tutte riguardanti il sesso, però.
Chiaramente, una coppia
non dovrebbe basare tutto sui rapporti sessuali, ma l’unico
momento in cui
Edward si apre con me è in quelle poche ore di passione.
E io ho bisogno
di sentirmi indispensabile per lui,
anche se solo in quell’istante. A Edward piace
stare con me. Non lo ha mai ammesso, ma è chiaro dal modo in
cui si lascia
andare. Spesso mi sorride. Ed è di questo che ho io bisogno.
Come in questo
momento: vedere come inarca il bacino
ripetutamente sotto di me con la testa gettata indietro e gli occhi
chiusi, il
respiro affannoso e le sue mani che artigliano i miei fianchi, mi fa
sentire
desiderata.
E visto che non
mi ama e che può fare benissimo a
meno di me, cerco di catturarlo tramite il sesso. Rosalie
d’altronde me lo
aveva consigliato, sebbene mi avesse anche detto di usarlo e gettarlo
come
fosse un vibratore umano. Ma non posso. Non posso essere una donna che
vuole
solo sesso dal proprio uomo. Voglio essere una moglie pronta a voler
sperimentare
di tutto col proprio marito.
Mi piego in
avanti e lascio un delicato e umido
bacio sulla sua gola, prima di passare la mia lingua su quello stesso
punto da
me toccato ora con le labbra. Se possibile, le dita di Edward si
stringono di
più alla mia pelle, mentre lo sento emettere un gemito
più forte degli altri.
Mi muovo su di
lui, facendo poi in modo di toccare
solo la punta del suo membro coperto dal preservativo per poi farlo
entrare di
nuovo dentro con un affondo più veloce degli altri. Ho
imparato che questo lo
fa impazzire, e l’imprecazione che emette me ne da’
una prova.
La mia bocca si
sposta verso il mento, verso le sue
labbra, per infine baciarlo imitando con la mia lingua i movimenti
della
penetrazione. Anche questo gli piace, soprattutto perché
così mi distendo del
tutto sul suo corpo. In questo modo, le sue mani si spostano verso il
mio
fondoschiena e con un gemito eccitato afferra la mia pelle stringendo
forte.
Mi alzo un poco,
non molto, quanto basta per
continuare a sfiorare il suo petto con il mio seno pur puntellandomi
sulle
mani. E poi inizio a muovermi come piace a me. Anche questo lo fa
impazzire.
Non mi lascio andare facilmente, per cui quando lo faccio vuole
godersela ben
bene.
Continua ad
assecondarmi, passando le sue mani sul
mio sedere sulla schiena, verso lo stomaco, giungendo ai seni, dove
stuzzica i
capezzoli ricambiando le spinte del bacino che gli impongo con i miei
movimenti.
Questo fa
impazzire me.
Smetto di
baciarlo per sussurrargli sulle labbra:
“Non voglio venire adesso. Voglio venire con te”.
Questo fa impazzire lui.
Mi guarda con
viso stravolto dal piacere, mentre
rivolta improvvisamente la posizione. E riprende a spingere con molta
più
forza. Morde un capezzolo facendomi emettere un gridolino di dolore, e
allora
prende a leccarlo voracemente, alternando a momenti di pausa per
riprendere
fiato dopo un gemito più eccitato di un altro.
Prende i miei
polsi e li posiziona ai lati della mia
testa. “Sto venendo, Bella.” Stava per aggiungere
altro, ma lo interrompo. “Ci
sono” ansimo, inarcando sempre più il mio bacino
verso il suo. “Ti prego, ti
prego, ora…”
Prende a
strusciare su di me e a baciarmi; affondo
le unghia delle mie dita sul dorso delle sue mani che ancora non
mollano la
presa, e poi lo sento: il mio orgasmo e il suo, il cui calore dentro di
me
sembra raddoppiare il mio.
Edward mi culla
con piccole altre spinte, mentre
sento il suo cuore che batte a mille contro il mio, e il suo corpo
tremare del
piacere appena ricevuto.
Mio marito si
sposta non appena le forze glielo
permettono, e io passo una mano fra i capelli, stanca e sudata.
L’aria
è satura di sudore e sesso e il silenzio della
camera riempito dai nostri respiri ancora affannati.
Quando Edward si
alza per raccattare vestiti puliti
e andare via dalla camera da letto ancora nudo, senza una parola, mi
alzo anche
io. Come lui, cerco i miei vestiti, preparandomi a fare una doccia non
appena
finirà lui. Non ho fretta. È successo altre volte.
Ci
vorrà tempo prima che lui esca dalla doccia. E
poi, io impiegherò il doppio del tempo per la mia: non mi
devo solo lavare,
devo anche accettare e superare il fatto che a mio marito servo solo
come un
trofeo da mostrare al pubblico dopo che la sua ex fidanzata
l’ha mollato prima
delle nozze.
///
Il viaggio non
è durato molto. O per meglio dire,
per me non è durato così tanto. Ho dormito per
tutte le ore sul jet. Ma Edward
doveva, come al suo solito, lavorare e io non avevo niente con cui
distarmi.
Mi ha fatto bene
dormire. Quando giungiamo
finalmente a New York, sono in fondo le nove del mattino.
Non porto io i
bagagli in camera, ci pensa un
dipendente di mio marito. Come al solito, Edward è nel suo
studio.
Sospiro,
decidendo che non importa. Abbiamo passato
una bella luna di miele. Cosa mi importa se queste due settimane e
subito dopo
il rientro le ha passate lavorando?
E vedendo che
è ancora così presto, decido di
approfittarne per parlare un po’ con Rosalie. Vorrei chiamare
i miei, ma ho
ancora timore a fare la prima mossa.
Prendo il mio
telefono compongo
il numero, confondendomi quando vedo
che devo comporlo tutto perché, contrariamente alle altre
volte, non appare
appena digito i primi numeri. Il mio telefono è vecchio,
ogni tanto capita.
Ignoro la cosa,
e premo il tasto per avviare la
chiamata. La mia migliore amica risponde dopo qualche squillo.
“Pronto?”
domanda dubbiosa.
Scoppio a
ridere, gettandomi a peso morto sul letto
matrimoniale della stanza di Edward. Ora è la mia stanza.
“Due settimane e hai
già cancellato il mio numero?”
C’è
un attimo di silenzio dall’altra parte dl
telefono, cosa che mi confonde per un istante.
“Bella?” domanda infine Rose.
“Certo
che sono io” le rispondo, stupita. “Non hai
visto il numero sul display?”
La sento
sospirare pesantemente, prima di impazzire
definitivamente. “Si può sapere cosa diamine ti
è successo? Perché non
rispondevi alle nostre chiamate, limitandoti a quegli stupidi
messaggini?”
Da distesa
estasiata sul letto, mi metto a sedere
con un cipiglio di puro stupore sul viso. “Ma di che
parli?”
“Di
che parlo? Tuo fratello ritorna da Londra e la
tua famiglia e io proviamo a rintracciarti perché tuo padre
ha urgente bisogno
di te, insieme a Jasper. E tu che fai? Ignori le nostre telefonate
inviandoci
di tanto in tanto dei messaggi dove giuravi di stare bene?”
esclama, il tono
sempre più altero. “E poi l’ultimo, dove
non volevi avere più niente a che fare
con noi. Con tutti noi. Che diavolo t’è saltato in
testa, eh?”
Lei è
arrabbiata a morte con me, riesco a sentirlo
chiaramente tramite il tono alterato della sua voce, ma io sono
sconvolta e
confusa. Forse più di quanto lei sia arrabbiata.
“Rose,
ma di che diavolo parli? Io non ti ho inviato
nessun messaggio. Non ho nemmeno ricevuto chiamate. Eravamo rimaste che
queste
due settimane le avrei dedicate solo alla luna di miele e che avremmo
dovuto
riparlarne solo al mio ritorno” le dico, il tono di voce
sorpreso.
Anche questa
volta, c’è silenzio dall’altra parte.
“Tu non ne sai niente?” esordisce infine.
“Ovvio
che no. Figurati se non richiamo dopo che tu
mi hai fatto uno squillo. Ci sarà stato senz’altro
un errore…”
“Noi
non…” si interrompe. La sento sospirare
profondamente. “Dobbiamo parlare. Ora, Bella.”
La chiamata si
interrompe con la promessa di vederci
fra mezz’ora a casa sua. Confusa e frastornata, mi faccio una
veloce doccia e
mi preparo per uscire. Non avverto Edward: che senso avrebbe quando lui
fa
quello che vuole durante il giorno senza consultarmi?
Ma quando sto
per varcare i cancelli di villa
Cullen, sento una voce chiamarmi.
“Signora
Cullen?”
Non è
facile voltarmi al sentirmi chiamare così, è
la prima volta che mi si apostrofa con questo nome. Tuttavia riesco a
percepire
che è me che l’uomo vestito di nero sta chiamando.
L’uomo
in questione è alto e muscoloso, di carnagione
scura, e indossa un completo nero con una camicia bianca. Ha folti
capelli neri,
occhi scuri e labbra sottili; i suoi lineamenti sono poco pronunciati.
È un
bell’uomo, e il completo gli dona. Ma non ho idea del
perché mi abbia chiamato.
“Sì?”
“Mi
dispiace, ma mi è vietato farla uscire.”
Ci metto tre
secondi o forse più a capire che non
sta scherzando. Cosa più stupida di un
“Come?” non potrei chiedere, ma è
l’unica parola che in questo momento i miei neuroni hanno
prodotto.
“Ordini,
signora. Lei non può uscire senza prima che
suo marito ci abbia avvertito prima” riprende.
Sembra a
disagio. Forse perché ha capito che io non
ne sapevo niente.
Vorrei urlargli
contro; prenderlo a pugni, poi
urlargli ancora. Prenderlo a calci e
lasciarlo steso per terra agonizzante. Ma una parte di me sa che lui
è solo un
dipendente che cerca di tenersi il suo lavoro obbedendo agli ordini, e
che non
è colpa sua se ho sposato un dispotico maschilista che vuole
avere tutto sotto
il proprio controllo.
Perciò
cerco di prendere un profondo respiro per
calmarmi, perché nonostante cerchi di essere il
più razionale possibile, so per
certo che potrei scoppiare da un momento all’altro.
Passo una mano
tra i capelli, come a riordinare i
miei pensieri. “Come si chiama lei?”
“Mi
chiamo Sam Uley, signora Cullen” risponde
prontamente. Sembra molto gentile, benché anche severo.
“Vorrei davvero aprirle
i cancelli e permetterle di uscire, ma…”
‘Ma se
lo faccio verrò licenziato’, sono sicura che
stava per dire prima di interrompersi eloquentemente.
Cerco di
rivolgergli un sorriso caloroso, ma non so
se effettivamente ci riesco. L’unica cosa che so è
che i miei piedi si stanno
muovendo in direzione della villa, e alla ricerca di una persona in
particolare.
Come diavolo ha
potuto impartire un ordine del genere?
Che razza di uomo è? Ma in che epoca crede di vivere? Come
si è permesso di
ordinare che non esca, imponendomi quasi una prigione dorata?
Più
domande mi faccio, più mi sento in collera e
accelero il passo, fino a correre in direzione dello studio. La porta
è chiusa.
Una volta mi ha detto che se la porta fosse stata chiusa lui sarebbe
stato nel
suo studio e nessuno l’avrebbe dovuto disturbare. Ogni volta
che passo da lì la
porta è sempre chiusa.
Ma
contrariamente alle altre volte in cui ho avuto
bisogno di parlargli urgentemente non busso: apro il battente con
furia.
Arresto i miei
passi quando però noto che lo studio
è vuoto: non vi è anima viva dentro. Con un
sospiro agitato, mi muovo in
direzione della scrivania, pensando a quanto sia ipocrita Edward. Io
devo
uscire col suo permesso, lui può sparire dove vuole e
ritornare quando più gli
aggrada.
Se pensa
d’aver sposato una riproduzione delle
possibili bamboline obbedienti a cui si è potuto
accompagnare in questi anni,
si sbaglia di grosso.
Mi siedo sulla
poltrona, osservando i fogli sparsi
sul tavolo. Ne prendo in mano uno scritto a penna. Edward ha una bella
calligrafia. Ordinata, pulita, e scorrevole. Do’ ancora
un’occhiata in giro,
notando appunti sparsi fino anche agli angoli della scrivania, penne
senza
tappo posate di qua e di là, cartelle con fogli che stanno
per uscire fuori.
Sorrido senza
nemmeno accorgermene. Non avevo idea
fosse un tipo così disordinato. Ma il mio sorriso scompare
quando noto un
piccolo portafoto che mostra il volto sorridente di una donna. Una
bella donna,
giovane e bionda, dal sorriso perfetto e gli occhi azzurri splendenti.
In quel
sorriso, la donna sembrava riflettere tutta la felicità che
solo una donna
innamorata può provare.
Prendo in mano
la foto, la quale mostra solo il
primo piano della donna, dai capelli biondi fino al collo, e ne
osservo i
particolari. Non aveva un filo di trucco sul viso un po’
paffuto. Era bella
naturalmente.
“Cosa
diavolo stai facendo?”
Sussulto senza
potermelo impedire, alzando lo
sguardo verso la mia sinistra: Edward sta uscendo da una porta
abbottonandosi
una camicia nuova. Hai i capelli bagnati.
Ha un bagno nel
suo studio?, penso.
“I-io…
Io ti cercavo…” mi giustifico,
improvvisamente imbarazzata.
Tecnicamente non
dovrei: è logico essere incuriositi
dalla foto di una donna sulla scrivania di tuo marito, ma il suo
sguardo riesce
a farmi sentire la più infima dei traditori.
Edward mi si
avvicina e senza aggiungere altro
prende la foto in mano, per poi riporla in un cassetto della scrivania
chiudendolo a chiave.
Ma
c’è davvero bisogno?, penso stupefatta.
“Cosa
volevi?” riprende freddo e scostante.
Mi alzo dalla
sua poltrona per allontanarmi, visto
che sembra volersi sedere lui sulla sedia. Lo fa, in effetti, per poi
guardarmi
quasi volesse che rispondessi al più presto per liberarsi in
fretta da me.
E questo mi fa
incazzare ancora di più, se
possibile.
“Oggi
volevo uscire. Volevo andare da una mia amica,
ma il tuo gorilla, là fuori, me lo ha impedito! Mi spieghi
quale è il motivo
per cui dovrei chiederti il permesso per uscire fuori casa?”
sbotto,
impressionandomi della cosa.
Pensata
è già strano, detto ad alta voce ancora di
più.
Lui non si
scompone. “Sei mia moglie, Bella. E siamo
a New York. Devi andare in giro seguita e protetta da uno dei miei
uomini, e io
devo costantemente sapere dove ti trovi e con cui sei”
risponde tranquillamente.
“Tu
forse potrai vivere bene circondato da guardie
del corpo, ma non io. Diamine, fino a quasi un mese fa potevo fare
ciò che più
volevo senza nemmeno chiederlo a mio padre!”
“Fino
a un mese fa non eri sposata. Adesso lo sei. E
per giunta con uno dei più ricchi uomini della
città. Devi accettarlo, Bella”
mi liquida con semplicità.
“Io
non accetto un bel niente! Dici che vuoi sapere
costantemente dove vado per essere più tranquillo.
Benissimo! Allora anche io
voglio sapere dove vai, così posso stare tranquilla anche
io” esclamo
incrociando le braccia al petto.
Edward non
risponde. Si limita a ghiacciarmi con un
freddo sguardo che mi fa sentire nuda ai suoi occhi. E non è
malizia o
seduzione, o altro. Con quello sguardo sembra urlarmi contro di farmi
gli
affari miei senza effettivamente farlo.
Mi fa sentire a
disagio. E mi porta a voler dirigere
la sua attenzione altrove.
“Chi
è la donna sulla foto?” domando intimidita da
non so cosa.
Una parte di me
ha sempre saputo che chiedere di
un’altra donna non è cosa facile. Ma
chissà perché non mi sarei mai immaginata
che sarebbe toccato a me.
La reazione di
Edward è repentina: sbatte un pugno
sulla scrivania e se fino a un attimo prima i suoi occhi erano freddi,
adesso
brillano di rabbia pura. “Non devi mai più parlare
di quella dannata foto. Mi
sono spiegato?” ringhia.
Per quanto il
mio cervello recepisca l’ordine e intuisca
che sarebbe meglio ascoltarlo, non sono mai stata un tipo obbediente.
Col cuore
che batte a mille, decido di disobbedire anche questa volta.
“Perché?
È una tua ex?” continuo agitata.
“Cosa
diavolo non capisci di quello che ti ho appena
detto? Non è nulla di cui tu ti debba preoccupare. Okay?
Adesso, volevi andare
dalla tua amica? Bene! Vacci pure. Dimitri ti aspetterà
davanti al cancello”
mormora sbrigativamente, acconsentendo a mandarmi via anche se prima
non
voleva, solo per evitare di parlare di quella donna.
Vorrei
continuare il discorso, ma so che se tirassi
la corda questa si spezzerebbe. Ho assoluto bisogno di parlare con
Rosalie.
E mentre lui
prende il telefono in mano e fa quella
telefonata che mi permetterà di uscire dalla villa, vado via
senza dirgli una
parola. Non se lo merita. E il discorso non è comunque
finito qui.
///
Quando giungo a
casa sua, Rosalie capisce subito che
qualcosa non va. Sono agitata e distratta, e io difficilmente lo sono.
“Stai
bene?” chiede, profondamente preoccupata.
Scuoto la testa,
accettando il bicchiere d’acqua che
mi offre immediatamente. Mi siedo sul divano e inizio a bere.
L’acqua fredda mi
calma subito, allietando il calore della rabbia in circolo nel mio
corpo.
“Si
tratta di Edward…” inizio.
“Io… No, lui!
Sarei venuta prima se non avessi
affrontato una discussione con lui.”
“Che
discussione?” si informa confusa.
“Praticamente
devo prima parlare con lui dei posti
in cui voglio andare e della gente che voglio frequentare, e se mi
darà il suo
consenso allora l’autista mi porterà dove voglio.
Mi sta tenendo prigioniera in
una gabbia dorata, Rose! Vuole che gli chieda il permesso, manco fosse
mio
padre!” esclamo.
Rosalie mi fissa
sconvolta. “Non può farlo!”
“Lui
dice che lo fa solo per proteggermi. E per
carità, pensandoci ha ragione: sono sposata con uno degli
uomini più ricchi e
influenti di New York, quindi va bene che voglia sapere dove vado e
posso anche
accettare che il suo autista debba essere il mio unico mezzo di
trasporto. Ma
non si tratta di questo: si tratta del fatto che non sono io a
decidere. È lui
per me! E colui che dovrebbe essere il mio autista prende ordini solo
da mio
marito. E…”
“E
questa cosa ti fa incazzare” conclude Rose per
me.
“Non
farebbe incazzare anche te?” sbotto.
La mia amica si
piega poggiando i gomiti sulle
ginocchia. “Bella, io sono incazzata per te. Anzi, forse di
più proprio perché
se prima pensavo una cosa, adesso mi sento come se fosse una
conferma.”
A quelle parole,
la rabbia sparisce per un istante,
sostituita dalla curiosità e dalla confusione.
“Che vuoi dire?”
Rosalie sospira.
“È il motivo per cui ti ho parlato
in quel modo al telefono poco fa.”
Improvvisamente,
ricordo il perché Rosalie mi abbia
voluto incontrare così urgentemente. Me l’ero
completamente tolta dalla mente.
Lei scuote la
testa e mi fissa dritto negli occhi,
iniziando a parlare.
“Non
sapevo che Jasper fosse tornato. È venuto da me
una settimana fa, credo. Sono venuti lui e tuo padre. Ricordavo che ci
eravamo
dette che avremmo parlato solo dopo il tuo rientro a New York, ma loro
volevano
parlarti subito. Non so perché tutta questa fretta.
Addirittura ho pensato
fosse successo qualcosa a tua madre” ammette dispiaciuta.
“E le
è successo qualcosa?” mormoro impaurita.
“No,
no!” mi rassicura svelta. “Jasper voleva
parlarti urgentemente a causa di tuo marito, e tuo padre ovviamente gli
dava
manforte. Dicevano che non rispondevi alle loro chiamate, e nello
stesso
pomeriggio hanno ricevuto un tuo messaggio. Io l’ho visto: ti
giuro, il numero
è il tuo, Bella!” esclama con enfasi strabuzzando
gli occhi. “Così ho provato a
chiamarti io, ma è successa la stessa cosa. Ho provato a
chiamarti il giorno
dopo, e il giorno dopo ancora. Alla fine, mi hai inviato un messaggio.
Questo.”
Rosalie si alza
e prende il telefono dalla borsa. La
fisso senza poter dire una parola, mentre digita qualcosa sul telefono
e me lo
passa. Vedo chiaramente il mio numero salvato e il testo del messaggio.
‘Mi
dispiace. Non ho intenzione di rispondere alle chiamate in luna di
miele. Non
cercatemi più. Parlo seriamente.’
Scuoto
ripetutamente la testa, osservando sconvolta
Rosalie. “Non l’ho scritto io. Io non ne sapevo
niente!” esclamo.
“Bella,
seriamente: dopo quello che tuo marito ha
imposto ora non credi che possa essere stato anche lui
l’artefice di tutto
questo?”
Anche in questo
caso scuoto la testa. “No. Perché
dovrebbe?” le chiedo sinceramente confusa. “Il
fatto che voglia farmi
accompagnare ovunque è per proteggermi, che senso ha questa
cosa?”
“Bella”
mormora decisa Rosalie. “Tuo fratello stava
impazzendo quando ha saputo che ti eri sposata con Edward. Tuo padre
anche. I
messaggi non possono essere una coincidenza.”
Sospiro
prendendomi la testa fra le mani. “Pensi
dovrei parlarne con Edward?”
“Magari
tuo marito può aiutarti, se proprio non è
stato lui.”
Annuisco
concordando, nonostante una sgradevole
sensazione si fa strada in me.
Quando vado via
da casa di Rosalie, sono troppo
esausta persino per fare conversazione con Dimitri. Lui lo capisce, e
per la
prima volta in queste settimane sembriamo davvero un datore di lavoro e
il suo dipendente.
Giunta
finalmente alla villa, non so cosa fare. La
mia intenzione era di correre nuovamente da Edward e chiedere ennesime
spiegazioni. Ma a dire il vero non so se lo farò. O se
andrò da mio marito
urlandogli immediatamente. Perché
sono
stanca. Mi sento davvero stanca e non ho voglia di iniziare
una nuova
discussione.
Do’
un’occhiata all’orologio. È quasi
mezzogiorno. E
quando noto che la porta dello studio è aperta, capisco che
lui non c’è.
///
Lo vedo il
giorno dopo. Rosalie è venuta a trovarmi
ieri – a quanto pare, nemmeno lei poteva entrare ma io
l’ho riconosciuta, Sam
ha chiamato Edward, e lui ha dato il permesso di farla entrare. Tutta
questa
storia è davvero ridicola. Se lui fosse innamorato di me non
si permetterebbe
di trattarmi in questo modo, ne sono sicura.
Ma sono solo un
suo possedimento e non vuole nemmeno
che mi si faccia del male. Secondo la sua mente contorta, è
possibile. Secondo
la mia, è solo una scusa.
Ho parlato con
Rosalie della foto della donna che ho
trovato e mi ha immediatamente consigliato di approfondire la cosa.
Non posso
permettere che l’ombra di una donna
sconosciuta rovini la mia vita matrimoniale, specialmente se mio marito
non
sembra intenzionato a parlarmi di lei perché sembra che la
cosa debba
riguardare solo lui.
Non solo la cosa
è inaccettabile per me, ma è
inammissibile per ogni donna con un briciolo di amor proprio sulla
terra.
È per
questo che sono nuovamente seduta sulla
scrivania di Edward. Lui ha chiuso il cassetto a chiave, tuttavia non
è detto
che non possa trovare niente. Ma non appena sento alcuni rumori fuori
lo studio
– la porta è aperta – smetto
immediatamente di frugare fra gli altri cassetti,
prendo il primo foglio che trovo sul tavolo e inizio a leggerlo.
Parla di
amministrazione e roba varia, cose che non
interessano. Ma non posso farmi trovare da Edward mentre sto frugando
tra le
sue cose.
I rumori che ho
sentito sono la sua voce e le chiavi
che tiene in mano. Sta parlando al telefono. “Angela, ormai
se ne parla il
ventotto. Prendi appuntamento per quel giorno, non importa
l’ora. Ma non ho
intenzione di passare le feste a preoccuparmi della cosa”
mormora con tono
adirato a quella che presumo sia la sua segretaria.
Non appena mi
vede, si blocca sull’uscio e mi fissa
come spazientito. Nascondo un sorriso vittorioso: non se lo aspettava.
“Grazie”
borbotta infine, prima di chiudere la
telefonata. “Non ti stanchi mai?” riprende
infilando il telefono nella tasca
dei jeans e avvicinandosi a me. Posa la ventiquattro ore che teneva con
la mano
occupata dal mazzo di chiavi, e queste, sulla scrivania.
“Dobbiamo
parlare” annuncio decisa. “E visto che mio
marito non si degna nemmeno di fare una telefonata per dirmi che non
sarebbe
ritornato a casa il giorno prima, ho pensato di aspettarti nel tuo
studio”
continuo, osservandolo sfilarsi la giacca e allentarsi la cravatta con
aria
annoiata verso di me.
“Ho
del lavoro da sbrigare, Bella. Cose che capitano
all’ultimo momento e che spesso richiedono la mia presenza in
azienda. Pensi
che mi diverta ad essere chiamato anche alle dieci di sera? No. Per cui
scusami
se non ti avverto prima, ma sai? Ho più di un centinaio di
dipendenti al mio
servizio, io non gioco.”
Come diavolo si
permette? Ha insinuato che per me è
tutto facile perché non ho un lavoro importante come il suo.
Io sarò una
semplice organizzatrice di eventi in confronto a lui che è
un amministratore
delegato, ma anche se fossi stata una semplice cameriera non si sarebbe
dovuto
permettere!
A prescindere da
questo, lui non capirebbe. Perciò
passo a qualcos’altro che mi ha dato immenso fastidio.
“Ti ho
aspettato tutto il giorno! E tu non hai
ritenuto opportuno mandarmi neanche un misero messaggio la sera, con su
scritto
che so? Magari ‘Non torno’?” domando
sarcastica.
Mi manda
un’occhiata carica di rabbia. Bene. È
quello che voglio.
“O
magari… vediamo, forse ho capito. Sei talmente il
marito perfetto da aver capito che qualcuno si è divertito a
mandare messaggi
alla mia famiglia avvertendola di non chiamarmi più, e ieri
ti sei prodigato
nel scovare il colpevole. È così? Oh, che amore
che sei!” esclamo rivolgendogli
un falso sorriso.
Se non ne
è al corrente, mi chiederà spiegazioni. Se
lo è…
Il fatto che mi
dia le spalle e si preoccupi di
prendere un bicchierino di whisky dal mini-bar mi fa saltare i nervi.
Ne è al
corrente, sì, ed è lui il colpevole.
“Sei
incredibile!” esclamo piena di ira. “Come
diavolo hai potuto? È la mia famiglia, accidenti!”
Indietreggio di
un passo quando lui lancia davanti a
sé il bicchiere per poi voltarsi verso di me fissandomi come
se fossi la cosa
peggiore con cui abbia mai avuto a che fare. E di fronte a quello
sguardo,
sento il mio cuore imitare i pezzi di quel bicchiere infranto per colpa
della
rabbia di mio marito.
“Ti ho
già avvertito della cosa, Isabella. Tu non
rivedrai mai più la tua famiglia, anche a costo di non fare
entrare e uscire più
nessuno da questa villa, anche a costo di rinchiuderti nella tua stanza
e
posizionare lì tre delle mie guardie del corpo
più brave per evitare di farti
fuggire!” sentenzia con furore.
La
verità mi piomba addosso come un temporale di cui
nessuno aveva avvertito l’arrivo. Lui non ha ordinato di non
farmi aprire il
cancello perché sono sposata con lui e ha paura che qualcuno
possa farmi male.
Lui non ha paura di niente. Vuole solo tenermi lontana dalla mia
famiglia per
paura che possa raggiungerla di nascosto, non gli importa niente di
dove vado.
Potrei anche
uscire con tutti i miei amici maschi, a
lui farebbe solo piacere perché non mi avrebbe fra i piedi.
Ma la mia famiglia?
Per lui è come se dovessi considerarla morta.
“Tu
non puoi farmi questo” sussurro sconvolta
aggrappandomi a un lato della scrivania.
Si passa una
mano fra i capelli spettinandoseli e
poi si arrotola le maniche della camicia fino ai gomiti, con calma
esasperante.
Ma risponde: “Non voglio farlo. Ma se non smetterai di
parlare della tua famiglia,
di volerla cercare…”
“Lo
faresti davvero?” continuo, fissandolo delusa.
Pensavo che in
queste due settimane le cose fossero
un pochino cambiate. In meglio. A quanto pare no: sono solo stata una
bella
bambolina per lui. Lacrime di cocente umiliazione appannano i miei
occhi.
“No.
Non lo farei. Ma ti porterei lontano da loro,
questo sì.”
“Siamo
già lontani da loro. Sono a Forks mentre noi
siamo a New York!” mento.
Rosalie mi ha
detto che Jasper e mio padre l’hanno
raggiunta in città. Non so se mia madre sia con loro.
“Non
mentirmi. I tuoi sono a New York. Ho cambiato
scheda al tuo telefono inserendone una nuova, nessuno ha quel numero di
telefono e vorrei che così rimanesse. Conosco abbastanza
bene tuo padre da
sapere che mi odia e che avrebbe considerato strano il messaggio di
risposta
che gli ho mandato dal tuo numero di cellulare fingendomi te tanto da
voler
venire qui in città.”
Scuoto la testa
confusa. Ha cambiato scheda?
Improvvisamente, ricordo di come Rosalie non si aspettasse che fossi
io, quando
l’ho chiamata per la prima volta. O di come, componendo il
suo numero, non mi
sia affacciato il suo nome durante la chiamata.
Edward deve
averlo fatto circa una settimana fa:
Rosalie mi ha detto che è iniziato tutto verso quel periodo,
e ricordo di come
una sera, fra i primi tre giorni di luna di miele, avessi controllato
il mio
telefono spinta dalla noia trovando tutto nella norma.
“Che
gran…” mi interrompo quando lui fa un passo
avanti e mormora il mio nome.
“Bella.
Sei mia moglie adesso. Non voglio trattarti
come una prigioniera, non è mai stato nelle mie intenzioni.
Sono sincero su
questo. Puoi fare quello che vuoi. Shopping dalla mattina alla sera,
sette
giorni su sette? Va bene. Andare alle feste per poter indossare gli
abiti che
più preferisci? Anche questo va bene. Riprendere a lavorare?
Mi va più che
bene. Non voglio davvero tenerti come mia prigioniera, e sarai libera
di uscire
a tuo piacimento dalla villa. L’unica cosa che ti chiedo, l’unica cosa che pretendo,
è che tu chiuda i rapporti con la tua
famiglia.”
Per tutto quel
discorso, mi ha fissato negli occhi.
Mi è sembrato tremendamente sincero. Come dirgli
però che l’unica cosa che lui
vuole, è l’unica che baratterei in cambio di tutte
quelle frivolezze che, come
donna, mi fanno gola, ma come persona proprio no?
Come posso
volerle se so che le otterrò rinunciando
all’amore della mia famiglia?
“Sono
i miei genitori…” sussurro con la voce rotta.
Lui si
è portato a tre passi da me. Posa le sue mani
sui miei fianchi. Non lo respingo, ma per la prima volta non mi procura
niente
quel gesto. “Mi dispiace” mormora. Non è
vero. “Ma…”
Lo interrompo,
ricordandomi improvvisamente di una
cosa. “Mi avevi detto che se ti sposavo avresti pagato i
debiti di mio padre”
ricordo stupita.
L’occhiata
che mi lancia mi da’ la sua risposta. Mi
ha mentito. Lo ha fatto apposta,
perché sapeva ch era l’unico modo che aveva per
convincermi a sposarlo. E io
sento un improvviso disgusto nel farmi toccare da una persona
così infima e
bastarda.
Mi allontano da
lui con decisione, lanciandogli
un’occhiata di puro odio. Me ne vado immediatamente,
sbattendo la porta del suo
studio con rabbia. Lui non mi segue. Non era nemmeno dispiaciuto,
sembrava
aspettarselo.
Non gli ho
nemmeno chiesto della donna. Ma che
vadano al diavolo: lui e la donna insieme.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 ***
Non
sono mai andata a New York City. Non so com’è
fatta, non ho mai capito i
distretti (tipo Brooklyn, Manhattan e così via). Non ho mai
capito in che zona
si può trovare una villa – come quella di Edward
– e dove possiamo trovare un
loft – come quello di cui leggerete in seguito (e della cui
descrizione ho
preso spunto da qui: http://www.digsdigs.com/modern-and-fresh-new-york-loft-design/).
Soprattutto, se anche sapessi
l’informazione, non saprei la tempistica occupata per
raggiungere un punto dall’altro.
Ma penso che con il tipo di trama inserita, con i segreti che la
protagonista –
e voi – dovrete conoscere, e soprattutto dato che questo non
è un libro ma una
semplice fan fiction, spero mi perdonerete questo dettaglio che, ai
miei occhi,
sembra possibile da trascurare.
Con
Parigi sono riuscita a fare qualcosa, ma New York? Mi è
impossibile.
Spero
che il capitolo vi piaccia. Buona lettura.
p.s.:
piccola nota che sono sicura vi piacerà in fondo al capitolo!
Capitolo
8
“Mi
dispiace molto, Bella. Se c’è qualcosa che posso
fare…”
Dopo la mia piacevole
e animata conversazione con Edward, non mi ero rifugiata in camera mia
solo per
gettarmi sul letto e dare libero sfogo alle mie lacrime. Ammetto di
averci
pensato, ma poi ho riflettuto: questo è ciò che
fanno tutte le altre ragazze
che credono che nella vita non ci sia niente di più doloroso
che il proprio
ragazzo ti menta.
Certo, nel mio
caso si trattava di qualcosa di molto
più grande, ma tuttavia non volevo comunque comportarmi
così. Non volevo
piangere, dimostrando a me stessa – più che a lui
– quanto fossi debole.
La mia mente era
troppo sconvolta e il mio cuore
provava troppa rabbia per poter fare qualcosa in proposito.
L’unica cosa a cui
riuscivo a pensare, come soluzione temporanea, era chiamare Rosalie.
Lei aveva avuto
poche relazioni, è vero, ma queste
poche le aveva avute con gli uomini più stronzi che una
donna potesse mai
incontrare.
E dopo
ciò che le avevo raccontato, non si era
risparmiata nessun insulto per mio marito.
“L’unica
cosa che puoi fare è consigliarmi cosa io
posso fare. Non ho la benché minima intenzione di
assecondare queste sue pazze
idee!” esclamo piena di rabbia.
“Brava,
Bella. Così si ragiona! E sarò ben lieta di
aiutarti. Dimmi: vuoi che organizzi un incontro con la tua
famiglia?” si
informa entusiasta.
Purtroppo
però, la mia euforia al pensiero che
gliel’avrei fatta pagare svanisce, mentre
un’improvvisa tristezza si fa strada
in me. “No, io… io non potrei mai incontrarli.
Edward mi fa accompagnare dalle
sue guardie del corpo, ricordi?”
“Oh…”
mormora delusa. “Allora ti do’ il numero di
telefono? Nella nuova scheda sono sicura non l’avrai
memorizzati i numeri dei
tuoi.”
Anche se so che
non può vedermi, scuoto la testa.
“Non riuscirei mai a sentire le loro voci senza scoppiare a
piangere, o senza
desiderare disperatamente di vederli. E se loro sapessero quanto sto
soffrendo,
farebbero fuoco e fiamme pur di vedermi, e al momento non posso
provocare così
tanto Edward.”
Sento Rose
sospirare dall’altro lato del telefono.
“Non è giusto. Fra poco è
Natale…”
Fra tre giorni,
precisamente. Avrei passato il
Natale con un marito che non mi amava, chissà dove,
chissà con chi, e comunque
lontano dalla mia famiglia. Non si prospettava una bella festa, proprio
no.
///
Era la sera del
ventiquattro. Due giorni erano
passati dalla conversazione con Rosalie, e in questi due giorni Edward
mi aveva
evitato come la peste. Non che io avessi cercato di parlare con lui,
ovviamente.
Anche
perché era molto difficile resistere dall’urlargli
contro, prenderlo a pugni, o semplicemente sputargli in faccia per la
rabbia quando
lo vedevo. Mi trattenevo davvero a fatica.
E allora,
utilizzavo la carta dell’indifferenza.
Personalmente mi veniva molto difficile ignorare la sua opprimente e
fastidiosa
presenza, ma Rosalie mi aveva assicurato che non
c’è niente di peggio
dell’indifferenza che una persona ti porta.
Avrei voluto
dirle che Edward, al contrario,
sembrava apprezzare molto – io ignoravo lui, ma anche lui
ignorava me –,
tuttavia non volevo ancora arrendermi.
Da circa
mezz’ora eravamo seduti a quel tavolo, in
silenzio: lui leggeva il giornale, io fingevo di chattare dal telefono
con…
be’, se me lo avesse chiesto – cosa di cui dubitavo
– sarei rimasta sul vago.
Rosalie mi ha detto di stuzzicare un po’, non molto, la sua
gelosia.
In
realtà, ma questo lui non doveva saperlo, giocavo
a Forza quattro. Il fatto che lui insisteva nell’ignorare il
fatto che – ai
suoi occhi – scrivevo a qualcuno e che in realtà
avessi perso trenta partite
contro tre vinte, mi faceva incazzare non poco.
Mi viene in
mente un’idea. All’improvviso, senza
motivo, ma mi viene. Poso il telefono sul tavolo e fingo di sistemarmi
i
capelli, poi abbasso lo sguardo sullo schermo – ancora
illuminato – e sorrido,
emettendo una bassa e veloce risatina.
Se non riesco ad
attirare la sua attenzione in
questo modo, l’unica cosa che forse
potrebbe incuriosirlo è spogliarmi nuda e mettermi a ballare
e cantare per le
strade di New York.
Rosalie aveva
maledettamente ragione: l’indifferenza
è la cosa peggiore. Ma sono io che dovrei ignorare lui, non
il contrario!
“Domani
siamo da mio padre.”
Alzo subito lo
sguardo, stupita. Finalmente ha
parlato. Purtroppo per me ha sganciato una bomba. Dovrei passare il
Natale da
suo padre? La prima e ultima volta che l’ho incontrato
è stato al nostro
matrimonio. Deliziosa persona. Almeno non ci sarà Victoria.
Tuttavia, mi fa
imbestialire che pretenda che io non
frequenti la mia famiglia quando lui può decidere senza
avvertirmi di passare
il Natale dai suoi. Vorrei chiedergli quando l’ha deciso,
perché non mi ha
avvertito, ma rammento le parole di Rosalie ed evito.
“Va
bene” mormoro fingendo non mi interessi,
ritornando al mio telefonino. Prima di farlo, però, riesco a
notare l’occhiata
stupita che mi sta ancora lanciando.
“Davvero?”
Evito di
sorridere soddisfatta e mi limito a
scuotere le spalle, prendendo una forchettata di arrosto. Il mio
sguardo è
puntato sul telefono.
“Sono
contento. Pensavo avresti fatto storie sapendo
che ci sarà anche Victoria.”
Questo non posso
impedirmelo. Avrei voluto non
fissarlo e continuare a guardare il telefono, ma le sue parole
nascondono
qualcosa e alzo lo sguardo per fissarlo. Io avrei
fatto storie, se non fosse stato per Rosalie. Lo so io, lo sa lui, e me
lo
conferma lo sguardo di sfida che leggo nei suoi occhi.
Fottuto
bastardo. Non ha ancora capito con chi ha a
che fare.
“Figurati.
A me non interessa se c’è o meno. Saprò
stare al mio posto.”
“E
qual è il tuo posto, esattamente?” mi sfida.
“In
silenzio al tuo fianco.”
Il silenzio di
prima cala nella stanza. Non oso
guardare Edward. Lui non osa nemmeno respirare, per quanto è
rimasto colpito dalle
mie parole. Ho esplicitamente inteso che tutto ciò che lui
fa mi porta a
vederla in questo modo. In silenzio al
suo fianco, come un cagnolino obbediente.
Sento il rumore
della forchetta che si scontra col
piatto, e la mia schiena viene ricoperta di brividi. Ho esagerato?
Forse non
dovevo correre così veloce. Rosalie mi ha detto di aumentare
la mia
indifferenza pian piano. Io, partendo da uno, sono arrivata a dieci con
cinque
semplici parole.
Sento la sedia
scostarsi e con la coda dell’occhio
lo vedo gettare con rabbia il tovagliolo con cui si era asciugato le
labbra sul
piatto vicino a sé. “Partiamo alle dieci. Fatti
trovare pronta per quell’ora.”
Senza aggiungere
altro, lascia la stanza e non
ritorna in camera nemmeno questa notte.
Non mi piace
questa situazione, e l’indomani i segni
della mia notte in bianco sono evidenti sul viso. Come prima cosa mando
un sms
a Rosalie, augurandogli un buon Natale e chiedendole di chiamare i
miei, per
dir loro che presto mi sarei fatta sentire.
Non ero ancora
pronta, anche se morivo dalla voglia
di sentire la loro voce. Soprattutto quella di Jasper. Erano anni che
non
sentivo mio fratello.
Faccio un bagno
caldo, sprecando quanto più tempo mi
andava. Mi sono alzata verso le sette e mezza, ma sono sicura di aver
impiegato
un’ora al bagno. E considerato che ancora dovevo asciugare i
capelli,
acconciarli, truccarmi e scegliere i vestiti da indossare, le scarpe,
la borsa
da abbinare, e tutto il resto – come profumo, orecchini,
collane –, sarebbe
stato un miracolo se avessi finito per le dieci.
Ovviamente, mi
stavo preparando con così tanta cura
per ben due motivi: un po’ per far innervosire Edward se
avessi ritardato – e
questo non ha a che fare con i consigli di Rosalie, lo faccio
più per semplice
ripicca – e perché se fossi stata al massimo lui
l’avrebbe certamente notato.
Voglio fargli vedere che anche io posso essere elegante e posata come
le sue
ex.
Presumo lo
fossero. Un giorno di questi dovrò fare
una ricerca sul web: ‘Mio marito e le sue ex
amanti’. Wow, troverò senz’altro
qualcosa.
Ad ogni modo,
voglio fargli vedere quanto si perde
ad ignorarmi.
È
stato un lungo lavoro, quello di prepararmi.
Sono partita dal
vestito. In realtà non è che avessi
chissà cosa da indossare, avevo ancora le mie felpe e i miei
jeans di quando
stavo a Forks. Mi trovavo davvero in difficoltà. Poi mi era
capitato
sott’occhio un vestito coperto dal cellophane. Il vestito per
il matrimonio di
Edward e Tanya.
Avevo scelto di
indossare quello, corto fino al
ginocchio, sbarazzino e non troppo colorato. Era smanicato, ma avevo un
copri
spalle per non farmi morire dal freddo. Inoltre, la scollatura era
quadrata, e
io avrei indossato un reggiseno push-up. Mi ripromisi mentalmente che
Edward
avrebbe sofferto molto, quel giorno.
La cosa positiva
è che io avevo deciso già cosa
indossare quel giorno: orecchini a cerchio che sfioravano quasi il mio
collo
per quanto erano grandi e le scarpe abbinate. Nulla di più.
Non volevo
distrarre lo sguardo dalla scollatura con una collana, e i bracciali.
Come
anello portavo la fede al sinistro e una fedina che mi aveva regalato
mio padre
al destro.
Le scarpe erano
già abbinate al vestito, tacco
enorme ma un po’ di fatica e dolore avrebbero valso la pena,
se questo
significava rendere le mie gambe slanciate.
Dopo ero passata
al trucco: quando andavo ancora al
liceo – mi sono diplomata con un anno d’anticipo
– mi truccavo ogni giorno, per
cui ero ormai diventata un’esperta. Sapevo già
come dovevo truccarmi, perché
sapevo cosa non andava bene con la mia carnagione. Avevo coperto come
prima
cosa le occhiaie, perché erano davvero evidenti, per poi
passare la cipria.
Avevo scelto un ombretto grigio glitterato da sfumare sulla palpebra,
leggerissimo, con le sfumature ai bordi, e applicato il mascara. Tanto
mascara,
separando perfettamente le ciglia. Dopo aver passato la matita sul
bordo
inferiore dell’occhio, e passato anche qui una leggera
passata di mascara, ero
passata al fard rosato sugli zigomi. Davvero poco fard, quasi fossi
perennemente dolcemente arrossita. Se non potevo conquistare Edward,
avrei
conquistato almeno la sua famiglia.
Ero stata molto
indecisa se mettere o meno del gloss
sulle labbra. Ma poi avevo pensato che truccando così bene
gli occhi e per
niente le labbra, forse avrei dato come l’impressione che
volessi essere
perennemente baciata. Immediatamente avevo preso il lucido e messo
abbondante
trucco sulle labbra, che adesso risplendevano.
Alla fine,
guardo il mio operato allo specchio. Ho
già l’abito addosso e il trucco in faccia: le mie
gambe sembrano talmente
lunghe da non finire mai, le tette enormi, e lo stomaco piatto; i miei
occhi
sembrano brillare seducentemente ogni volta che li muovo – o
per spostare lo
sguardo o semplicemente sbattere le palpebre – e le mie
labbra parevano
morbidissime.
L’unica
cosa che mancava erano i capelli, ancora
bagnati e allacciati con un fermaglio. Avevo scelto di scioglierli e
lasciarli
lunghi e mossi sulle spalle per come si scioglievano da soli dopo aver
rimosso
la costrizione del fermaglio.
E poi mi fisso
con ancora più attenzione. E ammetto
che mi piaccio.
Per la prima
volta in vita mia, il risultato di ciò
che ho fatto per praticamente due ore mi piace davvero. Mi sento sexy. Mi vedo sexy.
Lancio
un’occhiata all’orologio. Sono le dieci e
cinque. Ho un ritardo di cinque minuti, ma forse non mi farà
il casino. Quando
prendo in mano il copri spalle dal letto, però, la porta si
apre.
“Sei
pronta? Vorrei andare.”
Mi volto verso
mio marito, il quale mi guarda con
impazienza. Che bastardo, nemmeno un misero ‘Stai
bene’.
Lui
sta bene. Indossa un completo gessato con solo una camicia bianca.
Niente
cravatta. D’altronde, nonostante sia Natale, è pur
sempre una cena in famiglia.
Dopo il pensiero
appena formulato, mi rendo conto
che dovremmo scambiarci gli auguri di Natale, ma lui non sembra averne
l’intenzione. Reprimendo l’impulso di ucciderlo,
annuisco.
“Ovviamente”
rispondo. “Possiamo andare” riprendo,
superandolo senza aggiungere altro.
///
Il viaggio in
macchina è stato silenzioso. Siamo
solo noi due e guida lui. Vorrei chiedergli che fine abbiano fatto
Dimitri e
Sam, ma preferisco morire dalla curiosità piuttosto che
iniziare una
conversazione con Edward.
E poi, posso
benissimo vivere senza
quell’informazione.
Diverso discorso
riguarda la sua famiglia. Io non
conosco nessuno e mi piacerebbe sapere qualche cosa perché
così, se dovessi mai
rimanere da sola con uno di loro, saprei già dove mirare per
fare
conversazione.
Ma anche in
questo caso non sembra interessargli
molto che io possa trovarmi in imbarazzo – e sapendo che ci
sarà anche sua
sorella, presumo avverrà molto presto.
Bastardo e
odioso fino al midollo, non c’è che dire.
Quando
finalmente giungiamo a casa dei genitori di
Edward, lui posteggia. Noto con stupore che non abbiamo impiegato tanto
tempo.
Anche loro abitano a New York, e scopro che non si tratta di una
villetta come
quella di Edward, bensì di un loft.
Edward apre da
sé la porta con un mazzo di chiavi.
Entrando,
rimango stupita da tanta bellezza: la
stanza è enorme, e a renderla tale sono anche gli spazi
aperti e le finestre
giganti, che giocano con l’illusione ottica. I colori che
prevalgono sono il
blu e il turchese, che rendono il loft luminoso. Altra
luminosità è data dalle
immagini pop-art che a loro volta abbelliscono lo spazio. La stanza
è divisa, e
se da un lato vi sono abbelliti i mobili per rendere quella
metà come salotto –
con splendidi divani in pelle –, l’altra
è adoperata come cucina, la quale è in
muratura.
“Edward!”
Entrambi ci
voltiamo verso quella voce squillante ma
allo stesso tempo quasi offesa. “Avresti dovuto avvertirci
che saresti arrivato
in anticipo, vi avremmo accolto fuori” lo rimprovera Esme.
Noto confusa
come si limiti a stargli vicino senza
tuttavia toccarlo, per poi abbracciare me – una completa
estranea – come fossi
sua figlia.
“È
bello vederti, cara” sussurra, rivolgendomi un
caldo sorriso.
È
impossibile non ricambiare: nei suoi occhi c’è una
sincerità così disarmante da sentirmi come se
fossi davvero una nuora amata da
lei, sebbene ci siamo incontrate solo in due occasioni –
questa, e il mio
matrimonio.
“Buon
Natale” aggiunge.
Sto per
ricambiare l’augurio quando Edward mi
interrompe. “Dov’è
papà?”
Mi accorgo di
come fissi Esme non con durezza, ma
tuttavia non c’è quello sguardo sinceramente
benevolo che ho visto in Emmett e
persino in Victoria quando gli occhi di entrambi si posavano sulla
donna.
“Nello
studio, stava facendo una chiamata di lavoro.
Noi non vi aspettavamo prima di pranzo, è un bene che io mi
prepari sempre
prima. Sebbene sia in ciabatte al momento” aggiunge
scoppiando a ridere, mentre
un piccolo rossore colora le sue guance paffute.
La guardo
ammaliata: non ho idea di quanti anni
abbia, ma sembra così giovanile e fresca che quasi
l’invidio. È bellissima,
elegante e deliziosamente femminile.
Edward non
ricambia il sorriso, si limita a girare
sui tacchi e lasciarci da sole.
A quanto pare
non tratta di merda solo me, anche
colei che gli ha fatto da madre. Come riesce a dormire la notte?
Esme non sembra
rimanerci male, ma nello sguardo
basso noto come si aspettasse questo comportamento. Lei è
troppo buona per meritarsi
tutto questo da un figlio ingrato. Decido che se Edward è
scortese con lei, non
c’è motivo per cui debba esserlo anche io.
“Esme,
le dispiacerebbe mostrarmi il loft? Già solo
la stanza è meravigliosa, sono curiosa di vedere il resto.
Oh, buon Natale a
lei!” esclamo sorridendole quanto più gioiosamente
posso.
Esme sembra
rianimarsi e ricambia il sorriso.
Durante questo
mini tour, ho visto come la bellezza
della prima stanza eguagli anche il resto. Vi sono due camere. Noto che
la
prima stanza da letto è accogliente e dominata da colori
caldi e dal beige,
mentre l’altra è adibita a studio.
Infine, il bagno
è praticamente splendente, con
vasca da bagno e doccia dove posso entrarvi tre persone
contemporaneamente, e
due lavandini che occupano quasi una parete, enormi specchi posizionati
lì
davanti. Sebbene il colore predominante sia il bianco, gli unici colori
sono
dovuti agli asciugamani dai colori dell’estate che lo
rendono, anche questo,
accogliente.
È
davvero un bellissimo loft, arredato con classe e
gusto.
Durante
l’ora seguente, io e Esme conversiamo senza
annoiarci mai, o venir disturbate da Edward o Carlisle. Loro si fanno
vivi solo
quando, verso mezzogiorno, Victoria e Emmett fanno la loro comparsa,
con anche James
e i figli Claire e Tom.
“Okay,
io ho ufficialmente fame, quando si mangia?”
borbotta Victoria senza nemmeno salutare, sfilandosi il cappotto e
cascando sul
divano a peso morto.
“Fai
schifo. Non ti degni di dire ‘buon Natale’ a
mamma” replica acidamente suo fratello, per poi sorridere a
Esme. “Ciao, mamma”
sussurra dolcemente, dando lunghi e rumorosi baci alla madre.
Da parte mia, mi
gusto l’espressione di beato
divertimento di Esme.
“Buon
Natale, Bella” mi apostrofa James, il quale
sembra il più normale fra tutti.
James
è alto quasi quanto Edward, con muscoli minori
rispetto a quelli di Emmett ma più delineati rispetto a
quelli di mio marito. È
biondo, dai capelli corti, e un viso non troppo spigoloso. È
un bell’uomo, e
sembra simpatico.
“Buon
Natale a te” ricambio sorridendogli imbarazzata.
“Nonna,
anche io ho fame, cosa c’è da mangiare?”
domanda con vocina curiosa una Claire di, mi hanno detto, cinque anni.
Tom è
in braccio al papà e ha solo due anni.
“Oh,
piccola mia, vieni qui! Buon Natale.” Esme le
da’ due baci sulle guance, prima di prendere in braccio il
piccolo Tom, il
quale stende le sue braccia minuscole per andare dalla nonna.
“Emmett, fai
vedere a Claire cosa abbiamo nel frigo, su.”
Mentre Emmett e
Esme sono in piedi davanti a questo,
con i bimbi intorno, Victoria si avvicina al marito e iniziano una
conversazione senza smettere di guardarsi negli occhi. James sembra
improvvisamente aver trovato un sorriso felice, mentre Victoria lo
fissa
estasiata.
C’è
allegria nella cucina, un’allegria di cui io non
faccio parte. Mi sento improvvisamente a disagio, e benché
io e Edward non
siamo in chissà quali rapporti benevoli, ammetto di volerlo
al mio fianco.
Almeno per questa occasione.
Mi alzo e
nessuno si accorge che lo faccio,
dirigendomi verso il salotto. Proprio mentre sto per prendere in mano
il
telefono dalla borsetta che ho portato, la porta dello studio si apre e
sulla
soglia compaiono Edward e Carlisle.
“Isabella!”
esclama il secondo, allargando le
braccia e rivolgendomi un sorriso radioso.
Ricambio,
deliziata che almeno lui sembra felice di
vedermi, al contrario di mio marito. “Buon Natale,
signore.”
Carlisle mi
abbraccia teneramente a sé mentre Edward
sprofonda sul divano prendendo in mano il suo telefono.
“Chiamami
Carlisle. Non c’è davvero bisogno di tutta
questa formalità. Buon Natale anche a te.”
Mi lascia andare
continuando a sorridermi e dandomi
una leggera carezza sulla spalla, prima di superarmi e raggiungere gli
altri.
Il salotto
è unito alla cucina, e tuttavia la grande
sala è davvero enorme, per cui c’è
intimità sia in uno che nell’altro. Il
brusio della confusione che c’è in cucina proviene
con leggerezza anche a noi.
Mi siedo al
fianco di mio marito. “I tuoi fratelli
sono arrivati” sussurro, non sapendo cosa dire.
Edward lancia
un’occhiata sorpresa a me e poi alle mie
spalle, ritornando infine su di me. “Ho bisogno di chiederti
una cosa” mormora
serio, facendomi agitare. Posa una mano sul mio ginocchio,
avvicinandolo alla
sua gamba. Fa’ intendere che vuole mi avvicini di
più e lo faccio,
preoccupandomi: cosa diavolo mi vuole dire? “Ti è
venuto il ciclo?”
Rimango per un
attimo impietrita: è questo che
voleva dirmi. Lo fisso stordita, e tuttavia godendomi i bei lineamenti
del suo
viso a pochi centimetri dal mio. Lui è così
bello, e io… sto per domandarmi
perché uno come lui abbia sposato una come me, quando mi
rispondo subito.
Perché non c’era nessun’altra
disponibile e per costringere mio padre a non
vedermi più.
Ritorno alla
realtà violentemente, ricordandomi
della sua domanda. In altre circostanze mi avrebbe offeso:
l’ha chiesto serio
perché so che sta sperando che la risposta sia affermativa.
Non vuole un figlio
da me. Ma siccome la situazione è che siamo ingarbugliati in
un orrendo
matrimonio dove nessuno di noi due ama l’altro, avere un
figlio sarebbe solo
una complicazione.
Io non vorrei
mai nascere in una famiglia dove non
c’è amore. Certo, io amerei tantissimo mio figlio,
ma senz’altro l’amore dei
genitori è anche essenziale. Io e Edward siamo sposati da
quasi un mese e in
questo lasso di tempo c’è stato solo un periodo in
cui non abbiamo litigato:
solo quando facevamo sesso.
Per cui capisco
la sua preoccupazione, perché
è la mia.
“Ancora
no. Però non c’è da
preoccuparsi… voglio
dire, abbiamo usato sempre il preservativo…”
“Questo
non ci garantisce sicurezza. Anche il
preservativo è infallibile, sebbene le volte in cui
l’abbiamo fatto non si sia
mai rotto.”
Cerco di non
imbarazzarmi e penso di riuscirci.
Almeno non sono arrossita, non ho sentito nessun calore su per le
guance.
“Be’,
mi dovrebbero venire a giorni. Stanotte ho
avvertito i primi crampi allo stomaco” ammetto.
“Stai tranquillo. Io non sono
mai stata tanto regolare…”
“Per
questo ti volevo fissare un appuntamento. Per
il ventotto. Almeno ti fai prescrivere la pillola e staremo
più tranquilli” mi
comunica.
Questo, invece
di offendermi, dovrebbe irritarmi. Ma
anche qui non lo sono: al contrario, ammetto di essergliene grata.
Volevo già
pensarci io – so perfettamente che i preservativi non sono
infallibili – ma una
visita ginecologica non si poteva prenotare dall’oggi al
domani aspettandoti
che il giorno programmato venga a breve.
Edward,
però, con le sue conoscenze, l’ha
programmata fra tre giorni. La cosa mi è favorevolissima.
Per cui, invece che irritata,
mi sento al contrario soddisfatta. Non ho comunque intenzione di
ringraziarlo:
non ho dimenticato nulla dei miei propositi.
“Ehm…
pensi potrò andarci con Rose? Ed è un maschio?
Perché in quel caso…” magari
puoi venire
con me…
“Il
ginecologo è un uomo, sì, ma è anche
un mio
amico. Credimi, non ti farei andare da qualcuno che non sia il
migliore. Aro lo
è” mi assicura, stringendomi il ginocchio con fare
rassicurante. “E considerato
che molte ragazzine ci vanno con la propria madre, sono sicura potrai
portare
la tua amica. Sebbene, comunque, al momento della visita vera e propria
dovrai
entrare da sola.”
Be’,
questo lo sapevo.
Mi mordo il
labbro, portandomi l’indice alla bocca.
I miei denti si serrano sull’unghia. “Sicuro che
sia il migliore?” domando
ancora.
“Lo
è.”
Mi sorprendo di
quanto le sue parole possano
sembrare dure ma invece non lo sono. Il tono con cui le ha pronunciate
è stato…
dolce.
Annuisco, e
prima che possa aggiungere altro
sentiamo la voce squillante di una bambina chiamarlo.
In seguito,
passo il tempo ad osservare come mio
marito tratti sua nipote come una principessa, e non posso fare a meno
di
paragonarlo a come tratti sua moglie come la peggiore delle disgrazie.
///
Edward tiene in
braccio Tom. Il bambino si è
addormentato e lui, in piedi, dondola su se stesso solo a favore della
dormita
del piccolo. In compenso, sta parlando di lavoro con gli altri uomini
presenti
in casa. Victoria è con loro.
Lui ha
un’espressione dannatamente seria in volto e
non parla quasi mai. Ogni tanto, annuisce e pronuncia svelto qualcosa
che non
riesco a sentire. Lui è in salotto, io lo fisso dalla
cucina.
È
bellissimo e dannatamente sensuale con il bambino
in braccio. Mi chiedo se il nostro matrimonio d’affari
durerà abbastanza da
poter creare una famiglia tutta nostra.
“Sembra
che abbiano tante cose da dirsi, vero?” mi
chiede tranquillamente Esme, interrompendomi mio malgrado.
La fisso
brevemente, rivolgendole un caldo sorriso.
Non voglio trattarla male, ma è pur vero che non so cosa
rispondere a questa
affermazione.
Esme non sembra
prendersela. “Ma è normale, non si
vedono da un sacco di tempo” osserva.
Aggrotto le
sopracciglia, pensando che a questa
affermazione so perfettamente cosa obbiettare. “Edward mi
sembra molto legato
con la sua famiglia. Specialmente con Carlisle.”
Esme scrolla le
spalle, abbassando il volto. “Lui
non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli ricordi un passato che
continua
ancora a tormentarlo. Edward vuole molto bene a mio marito e ai suoi
fratelli,
farebbe qualunque cosa per loro. Eccetto che frequentarli assiduamente.
Non
avrei mai immaginato sarebbe venuto oggi, in effetti.”
Rendendosi conto di essersi
lasciata sfuggire qualcosa di importante, scrolla nuovamente le spalle
e fa una
risatina nervosa. “Sono contenta del tuo matrimonio con
Edward. Sei così carina
e dolce. Lui ha sofferto tanto. Si merita qualcuno come te, al suo
fianco.”
Le parole di
Esme catturano definitivamente la mia
attenzione. “Ha sofferto?” sussurro.
“Edward
non te l’ha detto? Lui è adottato, non
è
davvero nostro figlio” mi spiega.
Questo lo
sapevo. Lui non me lo ha mai detto, ma se
fosse stato figlio di sangue non li avrebbe chiamati per nome.
C’è da dire
anche che se l’avessero adottato da bambino forse
l’avrebbe fatto. Edward
doveva essere abbastanza grande da capire e decidere come rivolgersi a
Esme e
Carlisle.
“I
genitori di Edward…”
“Entrambi
una brutta fine. O meglio, questo è quello
che mi ha raccontato mio marito…”
Aggrotto le
sopracciglia. “Lui li ha conosciuti?”
Esme sembra
esitare un solo istante. “Solo la madre
di Edward. Era una delle pazienti di Carlisle.”
Apro la bocca
per poter dire qualcosa, ma purtroppo
ho la mente sgombra da ogni pensiero. Solo uno mi attraversa la mente:
Carlisle
è uno psicologo. Se la madre di Edward era una sua
paziente…
“Il
padre di Edward li ha abbandonati quando lui
aveva appena otto anni. Edward Senior era un alcolizzato ma da quello
che mi è
stato detto non faceva mai loro del male. Non li picchiava mai. Si
limitava a
prendersela con la moglie Elizabeth, ogni tanto con i figli, e urlava
loro.
Questo quando era ubriaco. Quindi la maggior parte delle volte. Ma
Victoria e
Edward… be’, loro hanno bei ricordi. Pochi bei
ricordi dei veri genitori”
racconta Esme.
Non riesco ad
immaginare un Edward e una Victoria da
bambini, a nascondersi o a piangere sotto le grida del padre. O peggio,
distrutti dal dolore per l’abbandono del genitore. Lancio
loro un’occhiata:
Victoria è seduta sul divano e Claire è
addormentata sulle sue ginocchia. Mia
cognata sta fissando sua figlia accarezzandole i capelli, pensierosa.
Mio
marito ha ancora il bambino in braccio e un’espressione dura
sul viso mentre
ascolta attentamente le parole di un Emmett agitato.
Riporto
l’attenzione su Esme: voglio saperne di più,
e lei lo capisce.
“Perché
Edward Senior li ha abbandonati? Se in fondo
un po’ li amava tanto da essere capace di trattenersi quando
era ubriaco e
arrabbiato…”
“So
che aveva scoperto che Elizabeth aveva una
relazione con un altro uomo.”
Trattengo il
fiato. Pensandoci, è un classico. Una
donna solo perché non la picchi non significa che stia bene
con te. Devi anche
rispettarla. E anche se Edward Senior non la picchiava, non la
rispettava di
certo urlandole contro quando era ubriaco.
Poche volte mio
padre ha urlato contro mia madre. Da sobrio.
Ricordo di come mi
nascondessi sotto le coperte tappandomi le orecchie. Papà
era così buono,
sempre sorridente, che non mi piaceva quando si comportava in quel modo.
Charlie ha perso
le staffe raramente: in diciotto
anni di vita si possono contare sulle dita di una mano. Ma sono
più che
sufficienti.
Non riesco ad
immaginare come possano essere state
le sfuriate di un uomo ubriaco marcio.
“Cos’è
successo dopo?” sussurro.
Esme apre bocca
di nuovo, ma esita. Alla fine,
scrolla le spalle e risponde velocemente: “Elizabeth
è stata male, così è
andata da Carlisle. Ma non so dirti di più. Quando io poi ho
incontrato mio
marito, lei era già morta…” spiega,
dirigendosi verso il frigo. “Vuoi un po’ di
torta? Sono le sei del pomeriggio, potremmo fare merenda.”
Devo chiederle
una cosa. Capisco che lei non sappia
più nulla e si sente a disagio, o sa anche troppo ma non sa
se potermelo dire o
meno. Non lo so. Ma questa cosa devo saperla.
“Com’era
la madre di Edward? Esteticamente intendo.”
Sembra confusa
dalla mia domanda, e questa volta non
esita a rispondere. Forse perché non ci vede nulla di male
nel farmi la
descrizione fisica di una persona. “Be’, io non
l’ho mai incontrata di persona.
Però ho visto una sua foto. Elizabeth era davvero
bellissima. Sai, bionda,
dagli occhi azzurri… viso semplice e carino. Una bellezza
pura.”
Sento il mio
cuore accelerare i battiti a quella
descrizione. Sembra corrispondere alla foto…
“Hai
detto di averla visto in foto” pronuncio,
cercando di avere semplicemente un tono curioso. “Questa
foto… c’è ancora?”
Il mio cuore
batte ancora più velocemente. Esme
annuisce e mi fa cenno di seguirla. Mi porta nella sua camera da letto.
Lo fa
senza fretta, quando io sto morendo per l’impazienza. Alla
fine, apre il
cassetto del comò e tira fuori una foto da sotto gli
asciugamani piegati.
E quando prendo
in mano la foto, mi riscopro a
tremare. Il mio cuore registra un battito mancato quando osservo quel
volto di
una donna che tanto ho odiato fino a pochi giorni fa ma per cui adesso
provo
solo pena, essendo venuta a conoscenza della verità.
La foto che
tengo in mano è la stessa che Edward
tiene nel cassetto della sua scrivania. È il primo piano di
sua madre. Ma il
motivo per cui non abbia voluto rivelarmi la verità mi
è sconosciuto.
///
Non posso
evitare di fissare Edward con occhi
diversi ora. Sapevo che Carlisle e Esme non erano i suoi veri genitori,
ma non
avrei mai immaginato ciò che ha dovuto subire da bambino.
Sono ancora
tremendamente arrabbiata con lui, ma è
pur vero che comincio anche a sentirmi in colpa. Lui ha passato
l’inferno, e io
mi arrabbio per così poco.
È per
questo che il viaggio verso casa passa in un silenzio
tranquillo, non teso come quello all’andata. È per
questo che quando scende
senza degnarmi di uno sguardo non lo fermo per dirgli che sono sua
moglie e che
desidero le sue attenzioni. È per questo che quando si
dirige nel suo studio mi
blocco sui miei passi per un istante solo, prima di proseguire oltre e
salire
in camera da letto.
‘Lui
non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli
ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo.’
C’è
qualcos’altro nascosto. Qualcosa che Esme non
conosce, o che sa ma che non mi vuole dire. Io non ne ho davvero idea.
So solo
che Edward non me ne parlerà mai, e nemmeno Carlisle, per
quanto abbia ammesso
che è felice del mio matrimonio.
Emmett
è adorabile, ma non ho molta confidenza con
lui. Rimane solo una persona, una donna che sebbene non mi piaccia,
è sempre
stata sincera nel dirmi cosa pensa di me. E Victoria, a quanto pare,
è colei
che più mi potrà aiutare.
Note: volevo
semplicemente informarmi che le cose si
stanno smuovendo sempre di più e che, se siete curiosi di
sapere quando verrete
a conoscenza della verità (insieme a Bella), questo
avverrà (prologo escluso)
intorno al decimo o undicesimo capitolo. Ciò significa che
manca pochissimo *-*
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 ***
Eccovi
il nono capitolo. Sto già scrivendo un quarto
del decimo, sperando di
farvelo avere il più presto possibile. Il momento della
verità è vicino e io
sono impaziente di scriverlo quanto voi di leggerlo.
Grazie
a tutti per le splendide recensioni, davvero un enorme grazie.
Buona
lettura.
Capitolo 9
Deglutisco a
disagio, senza sapere cosa dire per
prima. Vero è che l’ho chiamata io, ma
è anche vero che Victoria non sembra far
nulla per rendermi le cose facili.
Siamo
l’una di fronte all’altra, rigidamente sedute
sui divani del salotto della villa di mio marito. Lei ha le gambe
incrociate,
le mani strette e posate sulle ginocchia, e l’espressione di
sfida che il suo
viso assume solo quando è con me. Io tengo le ginocchia
strette strette, le
mani posate sul tessuto della poltrona, ai lati delle cosce.
Sebbene il mio
sguardo cerchi di sfuggire al suo,
ogni volta che riporto gli occhi addosso a lei la scopro a fissarmi
acidamente.
Deve proprio odiarmi…
“Non
ho tutto il giorno.” La sua voce è gelida e
alta, decisa mentre scandisce ben
bene le parole appena pronunciate.
Deglutisco
ancora una volta, facendomi forza
dicendomi che non può sentire il battito accelerato del mio
cuore.
“Se mi
hai chiamato, ci sarà senz’altro un
motivo”
continua.
Annuisco,
prendendo un profondo respiro. Okay. Sono
pronta. Immediatamente, il mio sguardo imita il suo, forse superandola.
“Lo so
che non ti piaccio” inizio. Lei inarca un
sopracciglio, senza degnarsi di fingere che non sia così.
Meglio così. Le
persone oneste, anche se brutalmente, mi piacciono di più
dei ruffiani a
convenienza. “E tu non piaci a me. Ma abbiamo una cosa in
comune…”
“Ah,
davvero?”
Piego di lato la
testa, decidendo che non mi farò
sopraffare dal suo sarcasmo. “Davvero” asserisco.
“Mio marito.”
“Mio
fratello” mi corregge lei.
“Mio marito.
È mio marito, adesso” le faccio notare, evitandomi
di nasconderle la freddezza
nel mio tono.
Lei non ribatte
a quell’osservazione. “E cosa
vorresti da me a proposito di tuo marito?”
L’incertezza
si abbatte su di me, facendomi
vacillare per un istante. Abbasso lo sguardo senza sapere cosa
risponderle. Se
vado avanti, non potrò più tornare indietro.
Prima di decidere altrimenti, apro
bocca. “Edward mi ha sposato per pura
convenienza…”
“L’hai
fatto anche tu” mi fa notare.
“No!”
esclamo incredula, alzando immediatamente lo
sguardo. Vuole nasconderlo, ma noto il suo leggero sobbalzo di
sorpresa. “Credi
davvero che avrei potuto sposare un uomo se non avessi provato qualcosa
per
lui? Sì, forse il fatto che Edward si era offerto di pagare
i debiti di mio
padre mi ha indotto a sposarlo in fretta, ma io ero attratta da lui e
lo
desideravo. Pensavo che avremmo potuto costruire un
rapporto…”
“Basato
sul desiderio fisico? Ma che tipo di persona
sei?” domanda quasi disgustata.
“Non
si tratta solo di questo. Siamo nel ventunesimo
secolo, tutti si tradiscono con tutti, non c’è
più fiducia, non più
fedeltà…
Che si voglia o meno, bisogna accettare che ormai un matrimonio ha
più
possibilità di riuscita se a dominare è il
desiderio. Lo so che è sbagliato, ma
è così. Guarda caso, le uniche volte in cui ho
potuto vedere la vulnerabilità
di tuo fratello è a letto, e non in uno scorcio di vita
quotidiana” le dico,
ricordandomi i sorrisi e le carezze passionali ma dolci.
Victoria sembra
stupita della cosa. Mi accorgo di
come vorrebbe ribattere, ma non può. “Ti ha
raccontato qualcosa in quel
frangente?” sussurra dopo.
Arrossisco
immediatamente, lo so. Sento già il
calore salire sulle guance e mi immagino un lieve rossore imporporarmi
gli
zigomi. “Non si è lasciato andare raccontandomi
del suo passato, ma… si è
trattato di altro. Insomma, hai capito.”
No, non sembra
aver capito. Non subito almeno.
Quando comprende, annuisce.
Ognuno rimane
perso nei suoi pensieri, fin quando
non è lei ad interrompere il silenzio.
“Cosa
vuoi da me?”
Ecco: adesso non
si può tornare più indietro.
“Voglio costruire un vero rapporto con Edward. Non voglio
essere solo un amante
per lui, voglio essere una compagna, un’amica, una moglie. Ma
se non conosco il
suo passato, mi è impossibile.”
Victoria non
sembra sorpresa da questa mia
richiesta. Non parla. In silenzio e lentamente, si alza e si avvicina
alla
porta finestra, dandomi le spalle. Ha le braccia incrociate al petto
come in
una posizione di difesa.
“Non
posso rivelarti tutto” esordisce, facendomi
battere forte il cuore. “Non è una decisione che
spetta a me. Deve essere
Edward ha rivelarti tutto. Lui non vuole dirti niente, ma io non sono
d’accordo.” Si volta verso di me, fissandomi dritta
negli occhi. “Sei una
pedina in questo gioco, Bella” mormora.
Una pedina?, mi
chiedo incredula. Una pedina che
entrambi usano…, mi rendo conto con orrore. Mi chiedo
perché faccia così male.
Dovrei sentirmi umiliata ed usata, ma ferita? Sbatto velocemente le
palpebre
per impedirmi di piangere davanti a lei.
“Non
posso dirti niente” ripete. “Posso solo dirti
una cosa: tutto ciò per cui Edward ha sofferto in passato
è colpa di tuo padre”
rivela senza preoccuparsi di ferire i miei sentimenti.
Non ci credo.
Non ci credo minimamente. Deve essere
tutto il frutto di un fraintendimento. Mio padre è un uomo
buono e gentile,
come può aver provocato tanta sofferenza in un uomo che ha
vissuto così
distante?
Tuttavia, anche
se vorrei, non posso urlare contro
Victoria. Le ho chiesto di rivelarmi la verità, e lei me ne
ha fornito una
minima parte. È stata una cosa che ho voluto io. Il resto
tocca a me.
“Devo
andare ora, prima che torni Edward. Lui non ha
orari. E non digli nulla di questa visita: se sapesse cosa ti ho
rivelato
m’ammazzerebbe” mi dice prendendo la borsetta.
Le avrei chiesto
io stessa di non dirgli nulla.
Tuttavia,le sue parole catturano la mia attenzione e mi riportano a una
cosa
che ha pronunciato precedentemente. “Victoria?” la
chiamo.
Lei si volta
verso di me, già voltata verso la porta
d’uscita del salotto.
“Perché
Edward non vuole che io sappia nulla di
questo… gioco?” sussurro, utilizzando la stessa
sua parola.
Victoria mi
scruta a fondo prima di rispondere. “Lui
non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, ma credo che cominci a
covare del
senso di colpa nei tuoi confronti.” Non aggiunge altro.
Vorrei sapere di
più, chiedere ancora spiegazioni,
conoscere molti più dettagli, ma lei se ne va prima che io
possa continuare con
le domande. E io so che se anche la chiamassi, lei non risponderebbe
più a
nessun altra domanda.
///
Mi chiedo se
posso considerarmi una donna sposata.
Io e Edward dormiamo in letti separati, pranziamo e ceniamo nel
più assoluto
silenzio, ognuno sta per conto suo, ci vediamo solo nella sala da
pranzo. Non
facciamo l’amore dall’ultimo nostro giorno in luna
di miele.
Edward a Natale
mi ha detto che vuole che io prenda
la pillola. Mi chiedo per quale motivo se poi mi evita come la peste.
Io avrei
tante cose da dirgli, ma così poco coraggio per farlo.
“Io
sono ancora dell’idea che tu debba usarlo come
ha fatto lui con te. Come continua a fare!” si corregge
Rosalie.
Stiamo
camminando per le strade di New York, lei
piena di borse per lo shopping in corso, io con espressione triste in
faccia.
Sapevo che molte
coppie sposate prima o poi entrano
in crisi, ma non pensavo che a me sarebbe successo così
presto.
“Non
voglio, Rose. L’ho già fatto in e non ha
funzionato” le ricordo.
“No!”
esclama subito. “Tu hai preso il consiglio e
l’hai modificato a tuo piacimento. Io ti ho detto di farci
sesso e poi
trattarlo di merda come fa lui con te, non ti ho detto di farti fare
qualunque
cosa lui voleva solo per farlo felice per cercare di fargli capire che
adori il
sesso con lui” mi fa notare.
“E non è la
stessa cosa?”
“Ma
anche no! Col tuo gli dimostri che vuoi fare
felice lui, col mio gli fai vedere che non ti importa un cazzo di lui,
e che
come può farti godere Edward può farti godere
chiunque. Devi spingerlo a
dubitare che può essere indispensabile, che può
essere l’unico per te. Ecco
perché lo devi ignorare.”
“Lo
sto ignorando, Rose, lo faccio. Ma è lui che
ignora me. Non funziona” le dico alterandomi per il
nervosismo.
“Perché
è quello che lui crede di volere. Per questo
ci vuole il sesso…” Si interrompe immediatamente,
come colpita da un lampo di
genio. Mi fissa stupita. “Sei un genio.”
Dal canto mio,
la fisso confusa. Dovrei prendere per
un insulto quella frase accompagnata da quell’espressione?
“Dimentica
tutto quello che ho detto” ordina. “Mi
hai detto che durante la luna di miele quando facevi sesso eri
entusiasta e
cercavi le sue attenzioni e che poi lui non ti ha cercato
più. Ma lui notava
che tu eri felice?”
Aggrotto le
sopracciglia, pensando ai momenti in cui
gli sorridevo estasiata e lo abbracciavo stretta a me.
“Sì, credo di sì…”
“Perfetto!”
esclama entusiasta. “Puoi usare questo.
Hai usato il tuo consiglio che io ho, sbagliando, mal giudicato? Bene.
Ora usa
il mio. Fa che noti la differenza.”
Ci metto un
po’ per capire che intende. Quando lo
capisco, mordo il labbro inferiore tentando di nascondere un sorriso.
Può
funzionare? Se uso il consiglio di Rosalie dopo aver usato il
mio… se lo induco a mettere a
confronto il fatto
che prima sembravo amare le sue carezze e ora voglio solo usarlo come
lui usa
me?
Oh mio Dio.
“È
perfetto” sussurro impercettibilmente.
Rosalie sgrana
gli occhi. “Davvero?”
“Sì!”
esclamo, sempre più convinta.
“È…
è geniale!”
Rosalie mi
rivolge un caldo sorriso, prima di
fermarsi davanti uno Starbucks. “Bene. E questo è
ancora più geniale” riprende.
Con un cenno del capo indica qualcuno alle mie spalle.
Confusa, seguo
il suo sguardo. Mi si mozza il fiato
quando mi accorgo della presenza di qualcuno che non mi sarei mai
aspettata di
vedere.
“Jasper?”
sussurro, senza capacitarmi di poter
vedere, dopo tantissimo tempo, mio fratello.
Lui mi viene
incontro, commosso ma non sorpreso.
“Quasi non ci credevo che Rosalie ci sarebbe
riuscita!” esclama abbracciandomi
stretta.
Ancora
incredula, lo abbraccio anche io, cercando di
ricambiare l’amore che sento lui sta provando verso di me
come più posso,
stringendolo quasi fino a fargli male.
“Ero
così preoccupato! Nostro padre…”
“Non
so niente di ciò che è avvenuto in passato tra
quei due” lo interrompo immediatamente. “E nemmeno
mi interessa. Sono anni che
non ti vedo, non voglio rovinare questo momento per nulla al
mondo.”
///
Ritorno a casa
verso le sei del pomeriggio, perché
l’appuntamento dal ginecologo era fissato per le cinque e in
seguito sono
passata a prendere la pillola anticoncezionale prescritta in farmacia.
Aro Volturi era
esattamente come Edward me l’aveva
descritto: affabile, educato e gentile. Non sono mai stata un attimo in
imbarazzo con lui.
Per quel che
riguarda mio fratello, ha mantenuto la
promessa che gli ho strappato: almeno per oggi, non parlare di Charlie
e
Edward.
Non pensavo
sarebbe stato così facile incontrarlo:
Edward sapeva che uscivo con Rosalie e così è
stato, dopotutto. Forse in futuro
potrà ricapitare di vedere ancora una volta mio fratello.
Quando
però entro in casa ad accogliermi è Carmen.
“Signora, suo marito mi ha detto di chiederle di raggiungerlo
non appena fosse
tornata a casa” mi dice.
Non le chiedo
nemmeno dove devo andare. So già che
sarà nel suo studio. La ringrazio velocemente e mi dirigo
verso Edward, aprendo
la porta senza bussare. Come avevo immaginato, lui è qui,
che sta scrivendo
qualcosa al computer.
Quando entro,
alza gli occhi – senza tuttavia
muovere la testa – verso di me.
“Mi
cercavi?” domando il più tranquillamente
possibile.
“Sì”
mormora lui, alzandosi in piedi e
posizionandosi davanti la sua scrivania. Con il fondoschiena si
appoggia ad
essa. “Cosa volevi da mia sorella?”
Lui
lo
sa. Lei aveva promesso che non gli
avrebbe detto nulla!
“Te lo
ha detto lei?”
“Sam”
risponde.
“Ma
aveva le chiavi, mi ha detto che lui nemmeno
l’ha vista!” esclamo incredula.
“Ecco
perché Sam è il migliore” risponde
semplicemente.
Capisco
immediatamente cosa intende dire, ma
purtroppo per me non so cosa rispondere a mio marito. Mi ha preso alla
sprovvista e non mi sono preparata nulla da dirgli. In più,
se anche trovassi
qualcosa, potrebbe chiedere conferma a Victoria e io non potrei
contattarla
visto che non ho il suo numero di telefono.
Opto per un
qualcosa il più possibile vicino alla
verità.
“L’ho
chiamata io… per… per chiarirci. Lei è
tua
sorella e non voglio litigare con Victoria ogni volta che passeremo una
cena in
famiglia” spiego. Sì, questa scusa potrebbe andare.
Edward mi scruta
silenziosamente, facendomi agitare
inconsapevolmente. O forse già lo sa. Alla fine annuisce,
dirigendosi verso il
cassetto della sua scrivania. Lo apre: ne tira fuori un qualcosa che
non mi
sarei mai aspettato di vedere. La foto di sua madre.
Mi basta
lanciargli una mezza occhiata per capire
che sa qualcosa.
“E nel
frattempo hai scoperto chi è lei” riprende
infatti.
Rialzo lo
sguardo, fiera. Anche lui l’avrebbe fatto
se la situazione fosse stata invertita e al posto della donna ci fosse
stato un
uomo. O forse l’avrebbe fatto se solo avesse provato qualcosa
per me.
“Ti
avevo detto di non farlo” ringhia immediatamente
dopo, mostrandosi per com’è davvero:
incredibilmente arrabbiato con me.
Anche io stavo
iniziando ad arrabbiarmi con lui, ma
le parole di Rosalie mi vorticavano in testa: dovevo sedurlo, non
provocarlo
fino a farlo incazzare.
Mi avvicino a
lui con espressione di supplica.
“Edward, per favore…” inizio, senza
sapere cos’altro dire. Noto che tenta di nascondere
un moto di sorpresa, sebbene sia ancora furioso con me. “Cosa
c’è di male se
sono a conoscenza dell’identità della donna? Non
ti sto chiedendo di
raccontarmi tutto, rispetto il tuo passato, anche se non lo conosco. Ma
non
potevo non tentare di scoprire di chi fosse il volto di una donna
tremendamente
bella.”
Anche ora sto
usando la verità, sebbene stia anche
facendo un po’ la ruffiana. Vero è che provavo
gelosia, ma non sono così
disperata da implorare il suo perdono.
Mando
un’imprecazione contro Rose per come mi stia
abbassando a chiedergli scusa: il mio orgoglio si sta ribellando
furiosamente e
a fatica mi impongo di ignorarlo. Ma se le cose fossero andate come
Rosalie
aveva programmato, alla fine i ruoli si sarebbero invertiti e il mio
orgoglio
ne avrebbe giovato.
Bisogna
aspettare. Tanta, tanta pazienza.
“Ti
avevo detto che non costituiva un problema”
continua aspramente.
“Anche
tu l’avresti fatto!” rischio. “Anche
tu…”
Mi interrompe
fissandomi come fossi impazzita. “No.
Non mi importa nulla, Bella. Il nostro matrimonio è solo per
convenienza, nulla
di più.”
Tento di
reprimere l’impulso di ucciderlo e tento
un’ultima cosa. Non posso più sopportare di
pregarlo. È umiliante e snervante e
frustrante. È orribile e odioso. Al diavolo la pazienza.
“Ma
facciamo l’amore…” sussurro. Credo di
non
essermi fatta più schifo di ora. Maledizione a te, Rose.
“Noi
facciamo sesso.
E direi di modificare la coniugazione del verbo. È un
po’ che non lo facciamo”
osserva senza scomporsi.
Dall’ultimo
giorno di luna di miele. Una settimana.
Sono passati sette giorni in cui, fra l’altro, dormiamo
separati.
“Non
ti azzardare a cercarlo altrove. Se solo lo
venissi a scoprire, non saresti l’unico.”
Lo dico
facendogli intendere chiaramente che anche
io l’avrei cercato altrove. Lui comprende
all’istante e una furia cieca gli altera
i lineamenti. Mi afferra per un polso stringendo forte la presa.
“Non
oseresti” sentenzia.
“Non
ne sarei così sicuro. Le donne hanno gli stessi
desideri degli uomini” rispondo fissandolo dritta negli
occhi. Non c’è
imbarazzo, perché lui non sta provando a sedurmi,
bensì ad intimidirmi.
Mi scruta a
fondo prima di lasciare la presa. “Non
ci riusciresti” sentenzia infine sicuro di sé.
“Non sei quel tipo di donna.”
E
ha ragione. Tuttavia non
voglio dargli questa
soddisfazione. “Non lo sono” confermo.
“Però ho la mia dignità e ci proverei.
Alla fine, si tratta solo di attrazione fisica. E con tutte le serate
mondane a
cui dovremmo partecipare, non mi sarà difficile trovare un
uomo attraente.”
Edward non
ribatte. Compie un passo indietro e si
dirige verso il tavolino da bar. “Per cui hai voglia di fare
sesso” osserva
tranquillamente.
Emetto un verso
strozzato sgranando gli occhi. Di
che diamine parla? “No! Hai travisato tutte le mie
parole…”
“Non
devi giustificarti” mi interrompe voltandosi
verso di me. Si appoggia con il fondoschiena al tavolino bar, il
bicchiere
pieno di un liquido trasparente in una mano. Ha
un’espressione serena in volto,
parecchio a suo agio. “È normale che tu ti senta
sessualmente frustrata. Non
facciamo sesso da un bel po’ e tra noi
c’è una forte chimica sessuale.”
Parla del nostro
rapporto come se stesse parlando
del tempo.
“Quando
dovrebbe venirti il ciclo?” mi domanda,
cambiando discorso.
“Ehm…
avrei dovuto averlo circa tre giorni fa…” gli
rispondo confusa. Perché vuole saperlo?
“Pensi
di essere incinta?” chiede in tono
improvvisamente serio. Anche la sua espressione lo è.
Improvvisamente
stanca senza un reale motivo,
sospiro e mi siedo sulla poltrona dietro la sua scrivania. È
il suo posto,
riesco persino a sentire il suo odore provenire dalla pelle della sedia
girevole. Un po’ mi rilassa, non lo nego. Lui segue ogni mio
gesto senza
spostare nemmeno per un istante gli occhi da me, pur non emettendo un
solo
sospiro. Non mi sta ordinando di spostarmi e non toccare questo luogo
per lui
oserei dire sacro – visto come passi più tempo qui
che nella sua camera da
letto – e questo, nonostante tutto, mi provoca un moto di
soddisfazione e
piacere.
“No.
Non sono mai stata regolare. E comunque già
riesco a sentire i primi dolori premestruali. Stai tranquillo, non lo
sono”
rispondo.
“La
pillola ci farà stare più tranquilli”
ammette.
Non aggiunge
altro. Avrei tanto voluto che mi avesse
chiesto com’era andata da Aro Volturi.
“Il
trentuno parteciperemo a una serata importante”
mormora senza tono. Posa il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino e si
dirige
verso la porta dello studio. “Cerca di non provarci
com’era tua intenzione
fare” continua per poi uscire.
Mi mordo forte
il labbro inferiore, non sapendo se
posso considerarla una vittoria. Quando qualche ora dopo lo racconto a
Rosalie,
lei afferma che è decisamente
una
vittoria, perché si è ben ricordato
ciò che gli avevo detto a proposito di
altri uomini.
E io mi sento un
po’ meglio. Non troppo, ma un po’.
È la mia seconda piccola vittoria.
///
Sono pallida.
Troppo pallida. Ma è questo l’effetto
delle mestruazioni sulla maggior parte delle donne. E si sa che i primi
giorni
non sono mai una passeggiata. A me il ciclo era venuto solo ieri, per
giunta.
Il trentuno era
giunto in fretta e io mi stavo
guardando allo specchio criticando il mio aspetto. Indossavo un lungo
abito di chiffon
rosso abbastanza semplice, drappeggiato sul busto, due bratelle che
ricoprivano
le spalle e scollo a V non troppo profondo, ma abbastanza per far
intravedere
la linea dei seni che, per l’occasione, avevo cercato di
tirar su con il push-up.
C’erano
abiti che donne dal seno piccolo come me non
potevano usare perché il corpetto necessitava di un seno
prosperoso, e abiti
che donne formose non potevano indossare perché sarebbero
risultate volgari.
L’abito
che indosso è perfetto per me.
Ho i capelli
alzati in un morbido chignon con due
ciocche di capelli ai lati del viso, in modo tale da risaltare il collo
ma non
lasciando il volto troppo scoperto, truccato abbastanza semplicemente.
Come al solito,
l’insieme è abbastanza semplice ma
d’effetto.
Quando scendo
giù, Edward sta parlando con Dimitri.
“Ciao,
Dimitri!” lo saluto entusiasta, ignorando
Edward.
Non voglio fare
la figura della moglie trascurata
davanti a colui che è quasi un amico.
“Signora
Cullen” ricambia con meno informalità ma
rivolgendomi comunque lo stesso sorriso simpatico.
“Sei
pronta?” mi chiede Edward, tranquillo al mio
fianco. “Sei davvero bellissima, non trovi anche tu,
Dimitri?”
Sorrido senza
provarne piacere. Lui non si è
complimentato con me perché lo pensava realmente,
è stato tutto a beneficio di
Dimitri.
“Lo
è. Lei è un uomo fortunato” risponde
prontamente
questi.
Edward gli
sorride. “Andiamo” sussurra non così
piano da non farsi sentire. Posa una sua mano sulla base della mia
schiena e mi
conduce verso l’uscita.
“Buona
serata, signori” ci saluta Dimitri.
“Grazie,
Dimitri, e buon anno a te e famiglia.”
Sorrido
un’altra volta a Dimitri, riflettendo. Non è
la prima volta che il personale si mostra così affabile con
Edward. Lui deve
essere un buon capo. E la sua famiglia lo ama, nonostante Esme mi abbia
raccontato che non li va a trovare quasi mai.
Ma allora
perché deve comportarsi male solo con me?
Non può essere per le incomprensioni con mio padre. In tutti
i miei anni di
vita non ho mai sentito nominare da Charlie nemmeno una sola volta
Edward,
quindi il loro litigio deve risalire a quasi vent’anni fa.
Vent’anni fa Edward
era solo un bambino.
Proprio non
può trattarsi di questo. Ma allora
cos’è?
A causa dei
continui pensieri, quasi scivolo su un
gradino della scalinata e sarei caduta se Edward non mi avesse
afferrato stringendo
la presa.
“Tutto
bene?” mi domanda.
Arrossisco
immediatamente per la stupida figuraccia
appena compiuta, ma quando oso alzare gli occhi sul suo viso noto che
non c’è
traccia di scherno. “Sì. Stavo… stavo
solo pensando e non mi sono accorta di
dove mettevo i piedi” spiego.
Edward mi lascia
andare. “Devono essere stati
pensieri abbastanza seri per renderti così goffa.”
Faccio una
smorfia: anche se pure in questo caso non
mi vuole prendere in giro, non è un bel complimento il
sentirsi chiamare
‘goffa’ con così tanta
serietà dal proprio marito. Fin quando si scherza va
benissimo, posso trovarlo anche tenero, ma lui non scherza. Lo pensa
seriamente.
Non rispondo,
decidendo di ignorarlo, e Edward non
ribatte più.
Il viaggio in
macchina è silenzioso come sempre. Non
faccio domande, lui non mi da’ risposte. È come un
tacito accordo, solo che io
devo sottostare alle sue richieste. Non ho idea di dove siamo, ma
quando
finalmente giungiamo a destinazione, mi accorgo che si tratta di un
ristorante.
Edward lascia
l’auto al posteggiatore e si porta al
mio fianco, senza tuttavia sfiorarmi. Io non faccio nulla per evitarlo.
Mi apre
la porta, ma non ho dubbi che lo abbia fatto per gli invitati
all’interno della
grande sala.
Mi accorgo
immediatamente di come questa sia grande
ed illuminata, con tanti invitati dentro che conversano, ridono, e
ballano fra
di loro. Un lungo e grande tavolo è posto verso
l’interno, addobbato già per la
cena. La sala è decorata con tende bianche che fanno da
contrasto agli abiti
dai colori accesi o scuri delle persone, e benché si
è in tanti non c’è caldo.
“Edward!”
esclama una voce maschile che induce
entrambi a voltarsi verso destra.
“Laurent”
lo saluta cordiale Edward, stringendogli
la mano.
Laurent
è un affabile uomo di colore dagli occhi
scuri e il sorriso gentile. Come tutti gli uomini, è in
smoking e sta davvero
bene. “Spero tu e la tua signora vi godrete ogni cosa ho da
offrirvi” mormora
lanciandomi un’occhiata entusiasta. “È
un onore conoscerti, finalmente. Edward
ti ha tenuta rinchiusa, per caso? Non ci sono foto né
notizie su di te, mia
cara, il che è una bella novità. Solitamente,
ogni donna con cui viene
affiancato tuo marito fa notizia, figuriamoci sua moglie!”
Lui non
può saperlo, e so per certo che le sue
parole non vogliono essere intese come una provocazione o un insulto,
ma io non
posso fare a meno di irrigidirmi. Non avevo affatto pensato che il mio
matrimonio potesse essere pubblicizzato sui giornali mondiali. E non ho
alcun dubbio
che mio marito e la sua amante di turno possano essere la notizia del
giorno,
ma chiunque con un minimo di tatto non lo farebbe notare alla novella
sposa.
Troppo tardi mi
rendo conto del silenzio che è sceso
su di noi e dell’espressione sempre più a disagio
di Laurent. Con mia grande
sorpresa, è Edward a rompere l’imbarazzo.
“Purtroppo
è vero. Ricordi quando due anni fa hanno
scritto che ero prossimo alle nozze solo perché in quel
periodo uscivo spesso
con mia sorella?” domanda Edward con tono calmo e dolce,
posandomi una mano
sulla schiena fino al fianco e stringendomi a sé.
“Oh,
sì! Come avevano nominato Victoria? ‘La rosa
rossa’, solo per i suoi capelli. E Tanya? Ricordi tua cugina
Tanya? Credevano
poi che avessi lasciato tua sorella per tua cugina!” spiega
Laurent scoppiando
a ridere.
Edward annuisce.
“Assurdo. Sai che ho quasi paura ad
uscire con mia nipote Claire? Temo che probabilmente la sua
età non fermerà
quei giornalisti da quattro soldi dal pubblicare l’ennesima
finta notizia su di
me.”
Non ho il
coraggio di guardare Edward. Preferisco
sorridere a Laurent per fargli capire che ora è tutto
apposto e lui,
visibilmente più tranquillo, continua la sua conversazione
con mio marito.
Ma
perché diamine l’ha fatto? Mi odia. Che motivo ha
di rassicurarmi? Questa sua nuova uscita non fa altro che accrescere la
mia
confusione, destabilizzandomi. Non so proprio cosa fare con lui, come
comportarmi. Come prenderlo.
Tuttavia, questa
è una festa e io voglio godermi
almeno un paio d’ore in santa pace fingendo che tutta vada
per il meglio, che
la coppia felice che mostriamo agli altri di essere è
davvero felice.
In attesa che
ritorni l’inferno gelido di prima,
comunque.
Senza farmene
accorgere, premo maggiormente il mio
corpo al suo. Lui non si tira indietro, al contrario, continua a
tenermi
stretta a sé. Il suo profumo mi invade le narici e io
respiro appieno la sua
sensuale fragranza, sentendo il desiderio per quello che è
mio marito
stringermi lo stomaco.
“Lo
stai tenendo tutto per te? Sai che non è giusto,
visto quanto ci è mancato durante la sua assenza!”
Questa volta non
siamo solo io e Edward a voltarci,
ma anche Laurent. La voce femminile proviene da sinistra e io, nel
voltarmi,
premo la mia testa verso il petto di Edward.
Capisco che si
tratta della moglie di Laurent quando
saluta Edward con un bacio n guancia per poi stringersi al marito.
“Sono
stato occupato” risponde Edward
all’osservazione di poco prima.
La donna di
colore come il marito scoppia a ridere.
Non è bella nel senso classico del termine, ma
senz’altro la sua dolce risata e
i suoi allegri occhi attirano l’attenzione. “Vedo.
Due settimane di luna di
miele e una a casa… direi che è una bella
occupazione” afferma, per poi
sorridere. “È un piacere fare la tua conoscenza.
Io sono Theresa” si presenta,
porgendomi la mano.
Ricambio la
stretta con un sorriso imbarazzato.
“Bella.”
“Lo
sei davvero” dice travisando il mio nome. “E
l’abito ti sta un incanto. Certo, è questo che
direi se il tuo corpo fosse meno
appiccicato a quello di tuo marito” continua ridendo.
Mi mordo il
labbro tentando di ignorare la battuta,
rendendomi conto che ha ragione. Quando provo ad allontanarmi un poco,
Edward
sorprendentemente non me lo permette stringendo la presa.
Gli lancio
un’occhiata confusa ma lui non mi guarda.
Ha iniziato a conversare nuovamente con Laurent a seguito della battuta
di
Theresa. Poi capisco: è per il nostro
‘pubblico’.
///
Mi chiedo cosa
abbia intenzione di fare Edward. Dopo
la conversazione con Laurent e sua moglie sembrava andare tutto bene.
Mi ha
tenuta stretta a sé, abbiamo conversato con poche altre
coppie… Tutto per il
meglio.
E poi la moglie
di un collega di mio marito mi ha
chiesto di andare al bagno. Non ci ho visto nulla di male, avremmo
lasciato gli
uomini al loro lavoro e noi ne avremmo approfittato per fare due
chiacchiere
più femminili. Quando però sono uscita dal bagno,
lei è andata per la sua
strada, io per la mia.
E poi
l’ho visto: mio marito insieme a due brunette
tutte curve. Be’, solo una delle due. Ma sono belle tutte e
due, coi lineamenti
delicati e femminili. E lui è a suo agio come non lo
è mai stato con me. Presta
attenzione a ciò che dicono, annuisce loro sorridendo senza
mostrarsi per nulla
annoiato, ride alle loro battute… Una fa per togliergli
qualcosa dalla giacca e
lui non batte ciglio.
È
davvero a suo agio. Con me ha sempre mantenuto le
distanze.
La mia mano si
stringe attorno allo stelo della
flûte che ho preso al volo al passaggio di un cameriere. Non
ho nulla contro
sua madre, non l’ho nemmeno conosciuta. Ma cazzo se
è un figlio di puttana.
Mi dirigo verso
l’uscita per prendere una boccata
d’aria. L’aria fresca non mi da’ alcun
sollievo mentre cerco di dimenticare ciò
che ho appena visto. Lo avevo avvertito. E lui non solo non mi ha
evidentemente
ascoltato, ma me lo ha persino dimostrato in
pubblico.
“Pezzo
di…” mi scappa di dire.
È una
fortuna che sono sola. Bevo tutto d’un fiato
il restante champagne della flûte, per poi rientrare e posare
il bicchiere sul
primo vassoio sui tavoli che circondano la sala. Infine raggiungo il
lungo
tavolo su cui si cenerà e prendo posto.
Ogni posto ha i
nomi assegnati e non mi è difficile
trovare il mio. Sono seduta tra un certo Garrett Denali e Maggie, la
moglie di
Liam – il collega di Edward. Almeno quest’ultima la
conosco.
“Lei
è la moglie del signor Cullen, giusto?”
Non ho fatto in
tempo a sedermi che già qualcuno è
venuto a disturbarmi. Quando alzo gli occhi su quel qualcuno, penso che
in
effetti può disturbarmi quanto vuole visto che,
obbiettivamente parlando, è
davvero un bel ragazzo. Sicuramente più grande di me,
probabilmente più piccolo
di Edward, il ragazzo in questione ha gli occhi verdi e folti capelli
biondi. Un
sorriso sbarazzino sul volto e un’aria curiosa completano il
tutto. Fisicamente
è meno possente di Edward, forse perché
è ancora molto giovane, ma è certo che
lo smoking gli sta perfettamente.
Con un pizzico
di cattiveria, penso che è perfetto
per ciò che ho in mente di fare.
“E…
lei chi è?” domando mostrandomi affabile e
divertita.
Cerco anche di
metterlo comunque a suo agio, e la
cosa sembra funzionare. Il suo sorriso si fa rilassato e mi porge la
mano. La
sua stretta è decisa ma non fastidiosa.
“Mio
padre è un collega di Laurent. Io non so molto
di queste cose, se sono qui è solo per far sì che
i Denali siano presenti a
questa cena e non far così torto all’ospite.
È solo che mi sento così a mio…
non agio e lei è la ragazza più giovane qua
dentro” mi spiega.
“Quanti
anni hai?” mi informo passando direttamente
al ‘tu’.
“Ventitré.
Tu hai diciotto anni, vero? Maggie mi ha
detto così.”
“Tu
conosci Maggie?” mormoro confusa.
Sorride. Un
sorriso davvero simpatico e carino. “Lei
è mia cugina. Le ho chiesto se potevo sedermi accanto a te.
Spero non ti
dispiaccia” aggiunge.
Non
c’è malizia nel suo sguardo, vuole sinceramente
aggrapparsi a qualcuno che pensa si trovi nella sua stessa situazione.
Scuoto la testa,
sedendomi finalmente. “Hai fatto
bene, invece. A parte mio marito, non conosco nessuno qui. Mi ha
presentato un
po’ tutti e ho fatto conversazioni piacevoli, ma non
è che sia amica di tutti
tanto da andare ad intromettermi nei loro discorsi” gli
faccio notare.
Sembra
decisamente sollevato e anche lui si siede
vicino a me. “Bene. Perché per far mettere te
accanto a me ho dovuto accettare
il compromesso di stare con un signore che… be’,
per dirla nel modo più educato
possibile, sembra avere una schiena davvero molto solida.”
Garrett, quindi,
imita una faccia stralunata e si
siede immediatamente composto, raddrizzando la schiena quasi in modo
doloroso.
Scoppio subito a
ridere quando capisco che avrebbe
voluto dire ‘sembra avere una scopa su per il culo’
e lui sorride di rimando.
La conversazione
prosegue piacevolmente per circa
una decina di minuti prima che anche gli altri invitati prendano posto
per la
cena. Penso che possa essere una serata piacevole vista la deliziosa
compagnia.
Lo penso veramente. Questo almeno fino a quando non mi accorgo che
colui che ha
il posto proprio davanti al mio è Edward e sedute vicino a
lui ci sono le due
donne con le quali ha flirtato per tutto il tempo.
///
È
stata la serata peggiore di sempre. Siamo
ufficialmente al primo gennaio del duemilaundici e posso dire che
questa prima
nottata è la prima nottata di merda che passo.
Sono le due di
notte: in sala tutti ci siamo fatti
gli auguri, Edward non ne ha fatti a me, io non ne ho fatti a lui, e
bla bla
bla. Forse siamo stati gli unici a non farci gli auguri e la gente non
si è
accorta di niente troppo presa dai festeggiamenti. Io li ho fatti
persino a
quelle due bastarde, che per mia sfortuna non erano solo davvero molto
belle,
ma si sono rivelate anche molto simpatiche.
Edward non ha
fatto altro che ignorare me e
preferire di conversare con quelle due. Io, dal canto mio, ho parlato
un sacco
con Garrett e penso che siamo diventati già amici. Forse non
migliori amici, ma
abbastanza da scambiarci il numero di telefono e prometterci
un’uscita nei
giorni a venire.
E per quel che
riguarda Edward, può pure andare a
farsi fottere.
“Garrett
è un ragazzo simpatico.”
Trasalgo a
quelle parole, emettendo un sospiro
spezzato. La mia pazienza sta arrivando al limite.
“Lo
è” affermo con decisione, quasi rabbia,
guardando sempre fuori dal finestrino.
Almeno, il
silenzio durante il viaggio di ritorno
l’ha spezzato lui e non io. Piccola vittoria.
C’è
di nuovo silenzio nella Volvo. Vorrei
rispondergli per le rime, per provocarlo. Magari ottengo
un’altra piccola
vittoria.
“Anche
le donne vicino a te erano simpatiche”
osservo senza nessun tono in particolare.
Noto le sue mani
serrarsi sul volante. “Una delle
cose più piacevoli della serata, in effetti.”
Che gran figlio
di puttana, bastardo e coglione che
non è altro!, grido nella mia testa. Quasi lo urlo anche a
lui, ma
fortunatamente riesco a bloccare le parole sul nascere serrando
visibilmente le
mie labbra.
Decido
immediatamente che userò stanotte stesso il
numero di Garrett per offrirgli il tè l’indomani e
qualcos’altro di mio il
giorno dopo ancora. Forse se sono ancora incazzata con Edward domani
stesso.
“Solo
che a me non hanno dato il loro numero di
telefono” aggiunge in seguito.
Questa volta
giuro che parlo invece di riflettere,
prima. “Non ho dubbi che ti daranno qualcos’altro,
prima o poi.”
Gran bella
risposta, non c’è che dire. Quasi mi
stringerei la mano.
Un silenzio teso
si abbatte su di noi, lo stesso
silenzio di poco prima eppure così diverso.
“Che
diavolo vorresti dire?” sbotta infine. La sua
voce trema, davvero, e fa tremare me.
“L’hai
detto tu, no?” rispondo. Non c’è nessun
bisogno che lui sappia quanto possa incutermi timore, quando fa
così. “Stasera sono
state una piacevole distrazione. Scommetto però che domani
saranno una favolosa
scopata.”
È una
fortuna che indossi la cintura di sicurezza,
perché Edward ferma subito la macchina posteggiando davvero
bruscamente al lato
della strada. La nostra fortuna è che non
c’è nessuno qui intorno. Non so se
comunque mi piace.
“È
questo, allora? Sei gelosa?” Non c’è
scherno
nella sua voce. Solo pura, immensa, spaventosa rabbia. E se prima
guardava la
strada mentre guidava, ora che è fermo il suo viso
è tutto per me. Non sono
sicura che nemmeno questo mi piaccia.
“Non
prendere il discorso della gelosia” lo avverto.
“Non c’entra niente. Ogni donna con un briciolo di
dignità sarebbe oltraggiata
dal fatto che il marito ha preferito passare il suo tempo con altre due
donne
piuttosto che con sua moglie!” esclamo livida di rabbia.
Si avvicina
pericolosamente a me posando una mano
sulla manopola del mio sedile. “Se era la mia attenzione
ciò che volevi
stanotte non avevi che da chiederlo” sibila senza un briciolo
di tatto e
calando il sedile.
Senza nemmeno
volerlo, mi ritrovo distesa sul sedile
e Edward improvvisamente su di me con la sua bocca sulla mia. Spinge la
sua
lingua senza aspettare oltre e di riflesso le mie mani si portano al
suo petto
come per spingerlo via.
Come se non le
sentisse, Edward si sistema con un
po’ di fatica – a causa del poco spazio –
su di me e la sua mano è subito sulla
mia gamba. Alza il vestito e piega la mia gamba, sfiorando poi la
coscia. Sarà
perché è un uomo passionale, sarà
perché non facciamo sesso da molti giorni,
saranno entrambe le cose, ma riesco già a sentirlo eccitato
contro la mia intimità.
Il bacio
appassionato che mi sta dando quasi fino a
non lasciarmi nemmeno respirare né è la prova.
È un peccato che si sia deciso
ora a fare la prima mossa.
“Edward”
lo chiamo con difficoltà visto che sembra
non voler lasciar andare la mia bocca. La sua si sposta verso il mio
collo e la
sua lingua non mi aiuta di certo. “Non possiamo.”
“Al
diavolo” ringhia, portando anche l’altra mano
alla coscia libera da ogni tocco. Stringe la presa e si spinge verso di
me. Le
mie mani si serrano sul suo petto e mi mordo il labbro per cercare di
trattenere il gemito che, traditore, è comunque uscito.
“Tu vuoi me, non lui”
aggiunge senza cambiare tono.
È
chiaro il suo riferimento a Garrett ma non ne vedo
il motivo. Mi ha già dimostrato, anche stasera col suo
commento gentile
riferito al mio nuovo possibile amico, che non è geloso;
perché lo tira in
questione proprio ora?
“Edward,
per favore” ansiamo quando la sua mano
stringe un seno. “Ho il ciclo” gli dico quando
l’altra mano si porta alla zip
dei suoi pantaloni costosi.
“Cosa?”
sbotta fissandomi allibito. “Cazzo” sibila
dopo, senza nemmeno spostarsi. Sembra cercare di riacquistare il senno.
Si
sposta poi con un movimento quanto più fluido possibile e mi
metto a sedere.
Lui tira su immediatamente il sedile senza una parola.
Non so quanto
stiamo in silenzio ognuno nei suoi
pensieri, io quasi temendo persino di respirare. Forse anche minuti
interi. Poi
Edward accende finalmente il motore.
“E per
quel che riguarda” inizia, ormai del tutto
padrone di sé e la voce più gelida che mai. Si
rimette in strada. “Le due future
favolose scopate sono in realtà possibili clienti
dell’azienda. Questa sera
hanno deciso di firmare il contratto. E stanno insieme da tre anni,
ormai.”
Non aggiunge
più niente.
Chiudo gli occhi
cercando di ignorare la fitta al
cuore e le lacrime che già fanno capolinea. È
giusto che mi senta in colpa? Non
l’avrei mai accusato di potermi tradire se non mi ci avesse
condotto lui con il
suo comportamento.
Questo,
però, non mi fa sentire meglio.
Note: la frase
dove Edward dice e poi sale sopra di
lei mi è venuta d’ispirazione grazie a
un’altra scena simile in un romanzo
d’amore che io letto tipo… cinque anni fa?
Probabilmente anche di più.
Sicuramente di più. Ovviamente, il fatto che questa scena mi
abbia ispirato non
significa che io l’abbia copiata; inutile sottolineare
l’ovvio, e cioè che
comunque tutto ciò che ho scritto è di mia
immaginazione.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 ***
Wow,
pensavo di essere più in
ritardo del solito e invece non aggiorno da undici giorni
‘solo’. Gran bel
record, devo ammetterlo.
Bene,
passiamo al capitolo. È…
difficile, credo. Molto difficile. Per me lo è stato
scriverlo, per voi forse
lo sarà leggerlo. O forse sarà una cazzata enorme
per voi e sono io che mi sto
emozionando troppo. È solo che finalmente ci siamo arrivati.
E ripeto:
finalmente.
C’ho
messo l’anima in questo
capitolo e giuro che non potrei essere più soddisfatta.
È proprio come l’ho
sempre immaginato.
Questo
è IL capitolo, e proprio per
l’importanza che ha per l’intera storia spero
vorrete spendere due minuti del
vostro tempo per scrivermi cosa ne pensate. E se non vi è
piaciuto, cosa esattamente,
affinché magari – per
la stesura dell’undicesimo – possa tenere in conto
anche i vostri pareri,
importantissimi per me.
Buona
lettura, ve lo auguro con più
sentimento del solito.
p.s.:
note a fine capitolo.
Capitolo 10
Da
quella notte non mi aveva più toccata. Giuro che non
l’avevo più rivisto, nel
vero senso della parola. I primi due giorni avevo pensato fosse solo
una
coincidenza il fatto che io stessi fuori dalla mia camera da letto solo
quando
lui non c’era. Poi mi ero resa conto che non era
così: lui mi evitava, e
scommetto che si era pure trasferito temporaneamente dalla sorella.
Così
mi ero allontanata anche io e mi ero trasferita da Rosalie. Non credevo
fosse
possibile visto che comunque i suoi dipendenti svolgevano ancora il
loro lavoro
e controllavano chiunque mi venisse a fare visita. Ma forse Edward
aveva dato
precedentemente il via libera per andare da Rosalie e, seguendomi,
Dimitri sa
che non mento.
E
in effetti non ho mai mentito, solo che l’ultima visita dalla
mia amica invece
di durare un’ora è durata diciamo due giorni. Due
giorni in cui Dimitri ha
suonato solo per il primo pomeriggio, in cui nessuno gli ha aperto, per
poi finire
in un silenzio assoluto verso sera.
L’indomani
mattina, verso mezzogiorno, era spuntato con mio somma sorpresa
– e lo ammetto,
dispiacere – mio marito.
E
adesso è qui, a tre passi da me. Non ho idea di come sia
entrato: Rosalie non
lo farebbe mai, e per entrare, dato che sei un estraneo, devi prima
superare il
portiere che avvisa… Ma certo. Il portiere.
Mi
chiedo quanto l’abbia pagato.
“Andiamo
a casa” ordina senza la minima rabbia in voce.
“Non
ci penso minimamente” rispondo semplicemente, continuando a
leggere il mio
libro, pur comunque non prestando minimamente attenzione alle sue
parole.
Siamo
soli: Rosalie quando ha aperto la porta ha preferito lasciarci in un
momento di
intimità uscendo da casa. Un po’ le sono grata,
sarebbe stato imbarazzante
comportarmi come una bambina davanti a lei. Ma fossi l’unica!
Dopotutto nemmeno
Edward scherza.
“Isabella”
esordisce con rabbia trattenuta. Non è mai un bene quando mi
chiama col mio
nome completo. “Andiamo. A. casa. O ci vieni di tua spontanea
volontà, o ti ci
porto io a forza.”
Alzo
lo sguardo su di lui, incredula. “Non oseresti.”
Ha
un’espressione dura e le sue braccia sono incrociate al
petto. “Non provocarmi”
ribatte.
Mi
alzo subito in piedi, fronteggiandolo. “Sei
l’essere più…
più…” Non voglio essere
volgare.
“Più?”
mi sfida, un lampo divertito negli occhi. La cosa mi fa incazzare di
più.
“Avanti. Più cosa?”
“Più
arrogante del mondo! Più odioso! Non ti preoccupi di
andartene via di casa, ma
quando lo faccio io ecco che compari. Perché dovrei tornare
in quella villa? Tu
non ci stai mai. Che differenza ti fa sapere che sono
lì?”
“In
effetti nessuna. Ma so che posso controllarti, lì.”
Prima
che possa pensare e decidere di farlo, alzo la mano pronta a colpirlo.
Edward
ferma immediatamente il tutto con un veloce movimento e blocca il mio
braccio
stringendo la presa sul polso.
“Non
farlo. Non ti conviene” sentenzia ruvido.
“Perché?
Mi colpiresti? In effetti non mi sorprende la cosa” ribatto
acida.
Lui
scrolla le spalle. “Non ho mai colpito una donna ma tu
potresti essere
l’eccezione alla regola.”
Ci
deve solo provare.
Prima
che possa ribattere ancora, lui sospira. “Okay. Forse ho
sbagliato.”
“Forse?”
lo interrompo.
Lui
mi lancia un’occhiataccia. “Ma converrai anche tu
che è stato preferibile
un’uscita di scena al posto di una sfuriata, quando ho saputo
che avevi
disobbedito ai miei ordini e incontrato tuo fratello.”
Emetto
un gemito strozzato e non posso più negare. Non
l’avessi emesso, avrei potuto
dire che non l’ho affatto incontrato. Ma la sorpresa di come
l’abbia scoperto
mi ha lasciato senza fiato e non ho saputo fingere.
“È
mio fratello.” Non so cos’altro dire.
“Sono
tuo marito!” esclama immediatamente facendomi sussultare.
Allontano
con uno strattone la mia mano dalla sua presa e mi allontano di un
passo. “Se
potessi scegliere, sceglierei la mia famiglia a te. Lo sai!”
esclamo.
Ogni
colore sembra defluire dal volto di Edward, confondendomi.
Un’espressione
indecifrabile compare sul suo volto, un’espressione
talmente… distrutta che mi
fa rabbrividire. Non sembra dispiaciuto, solo che non se lo aspettava.
E allo
stesso tempo, forse gli ha fatto male.
La
sua espressione è chiara, ma confusa allo stesso tempo. In
questo momento, il
suo viso è come un vaso che cade per terra. Rotto.
Lo
vedo deglutire e riprendere l’espressione gelida di sempre.
“Stai tranquilla.
Non sarai costretta a scegliere, non se aspetti qualche mese.”
Aggrotto
le sopracciglia, non capendo minimamente cosa vuole dire. “A
che ti riferisci?”
riesco a chiedere con un fil di voce.
Non
sembra compiaciuto di darmi la risposta seguente. Me la sta
semplicemente
comunicando. “Ancora poco, e ti ritroverai finalmente insieme
alla tua
famiglia. A mendicare per strada.”
Mi
mordo il labbro inferiore per evitare, questa volta, di mostrarmi
sconvolta
come quando mi ha rivelato di sapere del mio incontro con Jasper.
Vorrei fargli
tante domande sul perché dice così, o
perché dovrebbe fare così, ma so che se
aprissi bocca scoppierei immediatamente a piangere.
Adesso,
il vaso rotto sono io.
Edward
forse nota le lacrime agli occhi, o forse no. Io non lo guardo nemmeno,
fisso
semplicemente le sue scarpe continuando a martoriare il mio labbro
inferiore.
Vedo
i suoi piedi muoversi e intuisco si stia dirigendo verso la porta.
“Ti voglio a
casa per le sei, Bella. O giuro su Dio che non ci sarà
bisogno di aspettare
nemmeno un fottuto mese.”
Sono
queste le parole dure che sento prima di sobbalzare al rumore secco
della porta
che sbatte chiudendosi dietro Edward. Alzo gli occhi al cielo cercando
di
ricacciare indietro le lacrime, perché se mi lasciassi
andare al pianto so che
non mi fermerei.
E
poi non voglio piangere. Voglio impedire questa stupida fissazione che
Edward
ha per mio padre, e piangendo non risolvo nulla. Lo so perfettamente,
eppure
non riesco ad evitare che alcune lacrime bagnino le mie guance.
///
Quando
ritorno a casa, sono le cinque e mezza del pomeriggio. Fisicamente sto
bene.
Emotivamente mi sento distrutta. Non ho nemmeno avuto il coraggio di
raccontare
la verità a Rosalie, le ho solo detto che Edward si
è comportato come suo
solito ma che mi vorrebbe di nuovo a casa con lui.
Non
potevo dirle che me lo ha imposto minacciandomi, anche
perché questa volta
nessuno avrebbe fermato lei dal correre a insultare Edward e me dallo
scoppiare
a piangere fino al giorno seguente.
Durante
questo lasso di tempo, ho comunque pensato. Tanto, tanto a lungo. E
sono
arrivata alla conclusione che lui può fare qualsiasi cosa.
Non ho idea di come
dovrebbe mandare in bancarotta mio padre – forse facendolo
licenziare dal suo
modesto lavoro? – ma non importa.
Io
sono pur sempre sua moglie e ricordo di come lui, circa due settimane
fa, mi
abbia promesso che a patto che io non vedessi la mia famiglia, lui mi
avrebbe
dato tutto ciò che desideravo.
Bene:
desideravo una piccola casetta, e gioielli in oro. Tanti gioielli in
oro. Il
momento in cui il mio dolce marito intendeva mandare me e la mia
famiglia a
mendicare in strada, io mi sarei trasferita nella nuova casa e avrei
venduto
tutto l’oro acquistato durante il mio matrimonio con Edward.
Ho
intenzione di acquistarne così tanto da poter vivere, almeno
per qualche anno,
senza necessità di un lavoro.
Edward
aveva pensato di potermi usare per mandare in rovina mio padre. Non
aveva messo
in conto che io amo mio padre e per lui farei qualsiasi cosa. Anche
risultare
frivola e viziata come Edward sembrava immaginarmi quando mi ha
proposto quella
specie di patto.
È
per questo che quando entro nel suo studio, entro a testa bassa. Cerco
di non
mostrare la mia sorpresa quando trovo lo studio illuminato solo dal
chiarore
del tardo pomeriggio di New York che penetra dalla grande finestra, e
Edward
invece di lavorare come suo solito disteso sul suo divano, i piedi che
fuoriescono e una sua mano sullo stomaco, l’altro braccio a
coprirgli gli
occhi.
Mi
viene una fitta al cuore a vederlo così. Sembra
così solo.
‘Lui
non viene quasi mai. Credo che Carlisle gli ricordi un passato che
continua
ancora a tormentarlo.’
Mi
chiedo perché diavolo lo faccia. Ha una famiglia
meravigliosa, perché non
godersela appieno?
Quando
chiudo la porta, la serratura scatta e Edward si volta verso di me. Non
dice
una parola, rimane solo a fissarmi mentre io mi muovo verso di lui.
“Mi
dispiace” esordisco. “Non so cosa ti abbia fatto
mio padre e… non voglio
nemmeno saperlo.” Mi inginocchio al suo fianco e i nostri
visi sono a pochi
centimetri di distanza. “Noi due siamo sposati. Penso che
dovremmo cercare di
fare andare avanti il nostro matrimonio… no?”
Fingo
che la cosa mi interessi, quando in realtà non mi interessa
più nulla.
Non
dopo quello che mi ha rivelato ha intenzione di fare anche a me, sua
moglie.
Posso essere dispiaciuta per lui, posso immaginarlo un bambino di dieci
anni
solitario e silenzioso. Ma solo perché soffri da piccolo non
sei giustificato
dal trattare di merda tutto il resto.
Lui
non sembra interessato, né colpito. Ma non sembra almeno
incredulo di ciò che
dico. Semplicemente mi sta studiando, come a cercare di capire se sto
dicendo
la verità.
“Va
bene” risponde infine.
Nessuno
di noi due muove un muscolo. Io aspetto una sua mossa, lui aspetta la
mia. Ho
già messo da parte il mio orgoglio per quelle scuse che non
provo, non mi
costringerà a perdere anche la mia dignità. Tocca
a lui. Ma Edward
sembra mettermi alla prova.
Non
mi importa. Non ho intenzione di fare di più.
Edward’s
pov
È
cambiato qualcosa nei suoi occhi. Della luce che caratterizzava quei
suoi occhi
enormi non è rimasta più traccia. Sembra sparita,
e con essa il suo desiderio
di combattermi per il padre.
Le
ho detto che le avrei fatto perdere tutto, a lei e alla sua famiglia, e
che nel
mentre avremmo dovuto tornare a essere una coppia come lo eravamo
prima. Be’,
come più o meno eravamo. Non siamo mai stati una vera
coppia.
E
se prima ha fatto fuoco e fiamme, rifiutandosi di seguirmi, ora eccola
qui.
Forse ci ha riflettuto su e ha capito che non le conviene mettersi
contro di
me. Forse sta fingendo. O forse io sto diventando paranoico.
Sta
di fatto che non posso permettermi passi falsi: anche se lei
è qui e sembra
voler dare una vera svolta al nostro matrimonio, nulla
cambierà.
Però
voglio comunque vedere fin dove si spingerà. Sempre ammesso
che ci sia comunque
qualcosa sotto.
“Per
cui non ti dispiace se invito i miei fratelli, domani sera”
la provoco.
Lei
va d’accordo con Emmett, mio fratello non la colpevolizza di
tutto ciò che
abbiamo passato. Ma d’altronde, lui non era comunque figlio
di mia madre, al
contrario mio e di Victoria.
Cosa
opposto con mia sorella: loro sembrano odiarsi. Bella sopporta a fatica
le
provocazione di Vic, e Vic sopporta a malapena semplicemente mia
moglie. Lei sa
che Bella non c’entra nulla – non direttamente,
almeno – e ogni tanto si sente
in colpa.
Poi,
però, ripensa a mia moglie: è la figlia
dell’uomo che ci ha distrutto la vita,
e se anche non è cattiva come il padre, qualcosa da lui
avrà ereditato. Il
sangue non mente.
“Sono
i tuoi fratelli. Non c’è alcun bisogno che mi
chiedi il permesso” risponde
semplicemente con una scrollata di spalle.
Inarco
le sopracciglia, senza minimamente scompormi. Sono ancora nella stessa
posizione in cui mi ha trovato, solo col viso rivolto verso di lei.
“Ma io non
ti sto chiedendo il permesso. Questa è
casa mia” le faccio
notare.
Sorprendentemente,
sorride. “Penso che tu abbia ragione. Non sento questa come
casa mia.” Scrolla
anche lei le spalle. “È difficile chiamare un
posto così casa.”
Si
alza pronta per andare via, ma non
può.
“Cosa
vorresti dire?” le domando con tono incurante.
“Tu
vivi in questo posto enorme tutto da solo. Ogni tanto
c’è Carmen che si occupa
della casa e poi Sam e Dimitri. Nessun’altro. E loro sono
comunque tuoi
dipendenti. Mi sorprende tanto che tu possa considerarti a casa, qui.
Ma
suppongo questo dipenda dal tempo in cui ci vivi” spiega
voltandosi.
Sto
per risponderle ma mi anticipa. “Posso chiederti dei
soldi?”
Ammetto
che mi lascia senza parole. Non ne ha mai chiesti, in effetti.
Fa
un passo verso di me. “Rosalie mi ha aiutato molto, oggi. Se
sono tornata in
anticipo, lo devi soprattutto alla sua maturità. Anche se
volevo comunque
tornare, ero troppo orgogliosa per farlo. È stata lei a
dirmi di mettere da
parte l’orgoglio e tornare da te” mi dice.
La
scruto attentamente. Non c’è traccia di scherno o
altro. Sembra solo stanca.
“Volevo
comprarle qualcosa che so piacerle molto ma che purtroppo non
può permettersi.
E poi, ovviamente, comprare qualcosa anche per me” finisce.
Io
sono ancora senza parole. Lei ha il buongusto di sembrare incerta.
“Avevi
detto… che se avessi obbedito a non incontrare
più la mia famiglia, avresti
cercato di darmi ogni cosa che desideravo” sussurra titubante.
Per
cui, è così. Trattengo a stento un sorriso amaro:
è frivola come io e Victoria
sapevamo già. È proprio figlia di suo padre.
“Ovviamente”
rispondo con voce di ghiaccio.
Non
l’ho mai odiata come adesso. Mi fa ribrezzo persino
guardarla, ora. Che razza
di donna è?
“Grazie.”
Io
non la guardo più, ma riesco a percepire che sorride dal suo
tono di voce. Non
rispondo. Voglio che se ne vada. Quando sento la porta chiudersi, mi
alzo in
piedi di scatto e prendo il telefono nella mia tasca. Compongo il
numero di
Victoria e lei risponde al secondo squillo.
“Edward?”
Non
l’avevo mai chiamata senza un valido motivo.
“Cerchiamo
di fare questa cosa al più presto. Mi sto stancando di mia
moglie.”
Bella’s
pov
Quella
stessa sera Edward era venuto nel mio letto. Ricordo di come io mi
stavo
spogliando e di come lui, entrando noncurante nella camera che da sua
era
diventata mia visto che non dormiva mai accanto a me, mi aveva guardato
chiedendomi se ne avessi voglia.
Non
credo di averlo mai odiato come quella sera. Così ho
risposto a modo mio: ho
scrollato le spalle e mormorato ‘Perché
no?’. Se ci è rimasto di merda non lo
so, la sua espressione era indecifrabile, ma senz’altro non
c’era sentimento
quella volta. E lui non era mai entrato con forza in me. Quella sera
l’ha
fatto. Forse l’ho un po’ punto sul vivo. Bene.
Da
quella volta ogni occasione è stata buona per fare del sano
sesso. Solo sesso. Un gran bel sesso.
E
a me sta bene. Rosalie aveva ragione: se proprio lui vuole fare sesso,
perché
non accontentare anche me, anche il mio corpo? D’altronde
avevo già un piano
per quando mi avrebbe lasciato, perché non approfittarne nel
frattempo?
Come
donna, tutto ciò che facevo mi portava a stare male con me
stessa, a sentirmi
sola. È così diverso fare l’amore dal
fare sesso. Giuro che quando ero più
piccola pensavo che fosse la stessa, identica cosa. Non è
vero: il sentimento
cambia tutto.
D’altro
canto, non potevo lasciarlo io per prima. Con me o senza di me, Edward
avrebbe
fatto ciò che si era ripromesso di fare. Almeno, se ottenevo
i suoi soldi come
sua moglie, alla fine avrei potuto aiutare la mia famiglia come ideato.
Era
un bel piano, il mio. E se riuscivo ancora a guardarmi allo specchio
senza
sentirmi un oggetto inutile, era perché sapevo di farlo per
una giusta causa.
La mia famiglia. Se ami qualcuno come io amo i miei, non
c’è niente che non
puoi fare.
Anche
scopare a comando. Gli si può dire tutto, a mio marito, ma
non che fosse un
amante mediocre. È per questo che mi riusciva
così facile e non mi consideravo
quasi come una martire nel farlo solo per salvare i miei.
Perché
a me piaceva, dopotutto.
Non
avevo termini di paragone, ma è certo che o che usasse
dolcezza, o che usasse
passione con la P maiuscola, mi rendeva ebbra delle sue carezze. Anche
ora.
Mi
mordo le labbra nell’inutile tentativo di trattenere i gemiti
che a fatica
muoiono sulla mia lingua. Edward sta spingendo in me come se ne andasse
nella
sua vita, trattenendomi per le natiche contro la porta di uno studio.
Eravamo
stati invitati a una cena di beneficienza, ma chissà come ci
siamo ritrovati
qui.
Non
ho timore di essere scoperta: la porta è chiusa e so per
certo che non durerà
molto. È solo sesso. Entra, spinge, viene, esce. Tutto qui. È un
rapporto freddo e breve, ma
non ho intenzione di fare più niente per
‘svegliarlo’. Sono stanca di essere
sempre io quella del ‘per favore’.
Non
c’è nemmeno più imbarazzo. Questo mi fa
essere più disinibita e raggiungere
l’apice è più facile, solitamente. Per
lui non è mai stato un problema.
Quando
tutto finisce, mi lascia andare senza tante storie. In silenzio, lui si
alza i
pantaloni, io sistemo l’abito risalito su per i fianchi. Le
mutandine sono
strappate da qualche parte nella stanza.
“Non
sei venuta” osserva freddamente.
Gli
lancio un’occhiata quando mi abbasso per raccogliere le
mutandine appena
trovate. Lui si sta sistemando i capelli. “E
allora?”
Scrolla
le spalle e infila le mani nelle tasche dei pantaloni firmati. Mi fissa
senza
alcuna emozione negli occhi. “Allora niente”
risponde.
È
un dannatissimo figlio di puttana.
“Sarà
per la prossima volta” aggiunge.
La
suoneria di un cellulare lo distrae, ma io mi dirigo verso di lui e gli
infilo
le mutandine in tasca, sfiorando la sua mano. Sento il suo sguardo
perforarmi
mentre prende il telefono dall’altra tasca con
l’altra mano.
“Sicuro”
rispondo infine, tranquillissima. “Tanto non mi cambia
nulla.”
Senza
degnarlo di una sola occhiata, lo supero e apro la porta dello studio
uscendo.
Cerco di nascondere il sorriso, perché questa volta non ho
dubbi che ci sia
rimasto di merda. D’altronde, gli ho fatto capire senza alcun
dubbio che do per
scontato il sesso con lui e che non mi importa nulla di ciò
che mi provoca.
Ennesima
vittoria.
///
Gli
lancio un’occhiata di sottecchi, senza perdere il sorriso che
sto rivolgendo a
Eric, un ragazzo della mia età figlio di una coppia di
invitati, e Ben, suo
cugino.
Edward
è seduto anche in questo caso davanti a me e come per la
cena di Capodanno non
mi degna di un’occhiata. Al contrario di quella stessa sera,
però, non c’è la
coppia di ragazze lesbiche con cui parlare. A dire il vero, non parla
con
nessuno.
Tutti
parlano con qualcuno: lui è in silenzio, un braccio piegato
col gomito che
poggia verso la spalliera della propria sedia e l’altro
braccio piegato sul
tavolo, mentre le dita giocano con un accendino.
Non
l’ho mai visto fumare, tuttavia non significhi che non lo
faccia.
Mi
sento un po’ in colpa: sto flirtando senza ritegno con due
ragazzi carini – non
belli come mio marito, ma carini. E a Edward gli si può dire
tutto, ma non che
mi abbia mai provocato fino a quel punto.
Tutto
ciò che ha fatto contro di me, non l’ha fatto
mostrando la stessa immaturità
che sto usando io. L’ha fatto per qualcosa di più
grande, qualcosa che ha a che
fare con il suo passato e che ancora lo fa soffrire.
È
la prima volta che me ne rendo conto, e fa male. Sono io quella a
subire, ed è
facile incolparlo. Ma ho mai davvero provato a farmi spiegare la
verità da lui?
Ho mai provato a capire cosa lo spinge a comportarsi così
con me? Ho mai
cercato di immedesimarmi in un bambino che perde la propria madre, che
cresce
senza quella figura per la quale io stessa morirei, se dovessi perderla?
Già
fa male non vederla, ma saperla al sicuro. Edward ha perso sua madre
tempo fa.
Non so quando con esattezza, o quanti anni avesse. Ma certo era
piccolo, e la
perdita della donna ha segnato mio marito.
‘Credo
che Carlisle gli
ricordi un passato che continua ancora a tormentarlo. Edward vuole
molto bene a
mio marito e ai suoi fratelli, farebbe qualunque cosa per loro. Eccetto
che
frequentarli assiduamente.’
Non
riesco a togliermi dalla mente le parole di Esme.
Qual
è questo passato? Perché se ha perso la madre
dovrebbe rigettare anche
l’affetto che provano Victoria e Carlisle, oltre che Esme ed
Emmett, per lui?
Che senso ha amare ed essere capace della qualunque, se poi li eviti?
Quando
riporto lo sguardo su Edward, lui non si è mosso di un
millimetro. Tiene lo
sguardo basso, il sopracciglio leggermente inarcato. Non è
pensieroso: è
qualcosa di più. Come se stesse pensando a qualcosa di
particolarmente
doloroso, un qualcosa però che quasi non ti fa
più effetto perché ci pensi ogni
maledetto giorno.
Sento
il mio cuore stringersi in pena per lui e lo stomaco contrarsi. Vorrei
consolarlo, stargli vicino, renderlo felice.
Ma
lui non me lo permette. Come posso quindi aiutarlo?
Sento
un borbottio al mio fianco, mi
rendo a
malapena conto ch Eric e Ben si sono messi a parlare animatamente fra
di loro.
Quando riporto l’attenzione su Edward, mi accorgo di un uomo
posizionato alle
sue spalle che si piega per sussurrargli qualcosa
nell’orecchio e quando Edward
alza lo sguardo scorgo i suoi occhi lucidi.
Distolgo
immediatamente lo sguardo, sentendo anche i miei inumidirsi.
A
cosa diavolo poteva pensare per far comparire delle lacrime sugli
occhi? Cosa
lo ha reso così triste?
Non
dubito nemmeno per un istante che fossero lacrime, quel luccichio,
piuttosto
che il bagliore delle luci in sala.
Quando
riporto su di lui l’attenzione, vedo che sta porgendo
all’uomo l’accendino.
Mentre questo gli sorride entusiasta, Edward ricambia con un sorriso
triste.
Infine, torna nella stessa posizione di prima. L’unica
differenza è che
stavolta non gioca con l’accendino, bensì sfiora
le sue unghia con nervosismo.
Improvvisamente,
si alza. Lo vedo deglutire per poi voltarsi e uscire dal salone, verso
le porte
finestre. Immagino abbia bisogno d’aria per riprendersi.
Comprensibile.
Vorrei
correre da lui e stargli vicina, ma so che se anche ci provassi lui non
me lo
permetterebbe e mi tratterebbe di nuovo male. E non sono pronta, ora.
Non dopo
averlo visto per la prima volta così vulnerabile.
///
Il
silenzio in auto non è mai stato così teso come
quello del nostro ritorno a
casa.
Lui
si è già tolto la giacca lanciandola
letteralmente sul divano e sta trafficando
nervosamente con la cravatta.
“Edward”
sussurro senza sapere nemmeno il perché. Non so cosa
potergli dire.
“Che
diavolo vuoi?” sbotta con rabbia.
Non
nego che mi abbia fatto male come si sia rivolto a me, ma cerco di
essere la
più matura tra i due.
“Edward…
possiamo parlare?” lo supplico sedendomi sulla poltrona.
“Di
cosa dovremmo parlare?” inveisce affrontandomi e gettando
anche la cravatta
sopra la giacca. “Vogliamo parlare di come mi hai ignorato
tutta la sera
davanti ai miei amici? O di come ci hai provato con i figli di un mio
collega?
O di come…”
“No!”
esclamo interrompendolo. Sento anche io il nervosismo farsi strada in
me. “Ti
ho visto stasera.”
Aggrotta
le sopracciglia, subito in posizione di difesa. “Non so a che
ti riferisci.”
“Quando
avevi in mano l’accendino… a cosa pensavi? Non
sembravi nemmeno più tu.”
Osservo
con attenzione ogni sua mossa e vedo come si sia irrigidito.
“Ero
solo stanco. Smettila di analizzare ogni cosa che dico o faccio, sei
solo
patetica così” mormora con disprezzo, voltandosi e
incamminandosi verso le
scale.
Non
mi arrendo. Se proprio non possiamo instaurare un rapporto, stasera
sono decisa
a sapere la verità. Che lui lo voglia o meno. Per cui lo
inseguo senza smettere
di parlare.
“Non
è vero. Pensavi a qualcosa, ti si leggeva negli occhi.
Perché non ammetti di
avere anche tu dei sentimenti, eh? Cosa ci sarebbe di male nel
provarne?”
Quasi
ho il fiatone nel parlare, perché lui sembra volermi
sfuggire non solo
metaforicamente parlando, ma anche fisicamente visto che sale i gradini
quasi a
due a due.
Siamo
giunti in camera mia, o meglio: sua. In realtà, dopo le
nostre nozze, dovrebbe
essere nostra.
“È
per tua madre? Pensavi a lei? Cos’ha che fare tua madre con
mio padre?”
Non
avrei mai dovuto dirlo. La sua risposta alle mie domande è
repentina. Si volta
improvvisamente verso di me e leggo una furia omicida nel suo sguardo,
qualcosa
che mi fa seriamente avere paura di lui.
“Non
ti devi mai più permettere di nominare quel
figlio di puttana di tuo padre nella stessa frase in cui nomini mia
madre. E soprattutto,
non nominare affatto lei” ruggisce.
La furia nei
suoi occhi non si è ancora placata. Al
contrario, sembrano brillare di luce propria solo per la rabbia.
Sospiro, senza
sapere cosa dire. Alla fine, scuoto
la testa. “Cos’è successo, Edward?
Cos’ha fatto mio padre per portarti ad
odiarlo così tanto?” sussurro senza più
forze.
Mi fissa
intensamente, come pensando a cosa
rispondermi. Infine, ritorna freddo come sempre. “Non sono
affari che ti
riguardano” risponde, passando a sbottonarsi con indifferenza
la camicia.
“Sì,
invece!” esclamo con furore. “Edward, siamo
sposati!”
A quelle parole,
le sue mani si fermano. Non alza
lo sguardo verso di me, lo tiene ancora incollato ai bottoni della
camicia, ma
è fermo. Vuole capire cosa voglio dire.
Capendo che
forse sto per abbattere il muro che ha
eretto intorno a sé, faccio un minuscolo passo in avanti.
“Hai detto che non vuoi
vedere mio padre. Anche se parli della mia famiglia, è a lui
che ti rivolgi,
soprattutto. Io ti ho sposato, Edward” pronuncio con un
sussurro.
Alza il viso
verso di me, finalmente. Leggo un
briciolo di incertezza in quegli occhi verdi che tanto amo. Mi sta
ascoltando,
sta seriamente ascoltando ciò che ho da dirgli.
Faccio un altro
passo verso di lui, che non si
sposta. A dividerci, solo un altro piccolo passo. “Sei tu la
mia famiglia,
adesso. Quando ho deciso di sposarti sapevo esattamente chi eri, e
com’eri. Ma
l’ho fatto ugualmente.”
“L’hai
fatto per tuo padre” mi rammenta con forza.
“Davvero,
Edward?” gli chiedo beffarda. “Pensi che
dei soldi mi avrebbero convinta a sposarmi così giovane solo
perché mio padre
così non avrebbe più avuto debiti? Lavoravo,
Edward. Avevo già mandato a mio
padre l’anticipo che mi aveva dato Tanya per il vostro
matrimonio, e come
wedding planner avrei potuto guadagnare, nel giro di un anno, tutti i
soldi
necessari ad estinguere i debiti di mio padre. Non era messo poi
così male,
anche a rimetterci più anni l’avrei fatto
comunque, purché onestamente.”
È la
prima volta che lo vedo sorpreso. Sono sulla
strada giusta, penso con un fremito.
“Mio
padre è stato la scusa per poterti sposare. Non
volevo ammetterlo nemmeno con me stessa. Ma se ti ho sposato, non
è stato per
lui o perché mi hai minacciato. È stato
perché io volevo
sposarti. Volevo stare con te. Ero entusiasta di
diventare tua moglie e pensavo seriamente che Tanya fosse diventata
pazza per
aver rinunciato a un uomo come te. Sai, lo penso ancora. Ma ci sono io
qui, e
non ho alcuna intenzione di cambiare le cose. Se mio padre ti ha fatto
un
torto, in passato, e tu non vuoi che lo veda mai più, va
bene.”
Lo vedo
sussultare lievemente a quelle parole e
cercare di prendere un respiro a pieni polmoni.
“È
tuo padre” obbietta come fossi impazzita.
“Ma tu
sei mio marito” ribatto. “Amo mio padre, non
smetterò di farlo. Io mi accontenterei davvero di telefonate
e incontri vari,
ma da sola. Se lui ha sbagliato con te, sarei la prima a desiderare di
non
farvi incontrare. Ma proprio perché lo amo, Edward, se devo
smettere di sperare
di vederlo ancora… io voglio sapere la
verità…”
I miei occhi
faticano a inquadrarlo bene, perché
adesso sono pieni di lacrime represse e la mia voce si è
incrinata
pericolosamente all’ultimo.
L’incertezza
sul suo volto è sempre più evidente.
Deglutisce e scuote la testa, come a schiarirsi le idee. “Non
posso” afferma,
dandomi poi le spalle. Il suo tono non ammette repliche.
“Perché
no?” Non lo dico come ad incolparlo.
Il mio tono
è una supplica. Sto camminando sul filo
del rasoio, sento che potrei convincerlo finalmente a confidarsi con
me. Non
posso essere brusca.
“Perché
sceglieresti lui, Bella!” esclama con
rabbia mista ad esasperazione voltandosi nuovamente verso di me.
Sussulto per la
sorpresa causata dalle sue parole e
per gli stessi occhi lucidi che ho intravisto oggi quando
l’ho osservato di
nascosto.
“Perché
dovrei scegliere lui?” sussurro facendo per
raggiungerlo.
Lui si allontana
immediatamente di un passo e io mi
fermo sul mio posto.
“Perché
è così!” urla ancora.
“Perché lo fate
tutti!”
Emetto un breve
ansimo davanti a quelle parole, a
quella voce rotta come lo era la mia, davanti alla rabbia in
quell’esclamazione. Ancora una volta, sento il mio cuore
stringersi di pena per
lui.
Chi è
quel ‘tutti’? Chi l’ha preferito a chi?
“L’hai
detto persino tu” continua.
Capisco
immediatamente a cosa si riferisce: ‘Se
potessi scegliere, sceglierei la mia famiglia a te.’ Adesso
capisco perché ha reagito in quel modo… Io me ne
ero quasi dimenticata, ma lui
sembra non averlo mai fatto.
“E
l’ha fatto lei. Lei, che è mia madre! Avrebbe
dovuto rimanere con noi, con me! Ma ha preferito lasciarsi andare,
morire
dentro, e tutto per tuo padre!”
Mi fa seriamente
paura. Non ho paura che possa fare
male a me, ma a se stesso. Conosco bene i momenti di rabbia di mio
padre: lui
usava spesso colpirsi la testa al muro ripetutamente. Sento ancora quel
disgustoso suono, e ancora non mi capacito di come poi gli dolesse e
basta.
Ho paura che
possa farlo anche lui e io non voglio
assolutamente che si faccia male.
È per
questo che non mi importa se mi allontanerà
bruscamente, ma mi avvicino fino a prendergli il viso fra le mani. Ha
le guance
bagnate, noto con dolore.
“Io
non lo farò. Te lo giuro, Edward. Non hai
bisogno di temere che…”
“Sì,
lo farai.” Posso sentire tutto il dolore del
mondo in quelle tre semplici parole.
È con
una stretta dolorosa al petto che mi accorgo
che altre lacrime sgorgano dai suoi occhi. Se non le sentissi bagnarmi
le mani,
nemmeno me ne accorgerei. Persino lui non sembra accorgersene.
Si lascia cadere
sul bordo del letto, e lo osservo
stringere le dita attorno ai capelli. Il suo sguardo mi è
nascosto, ma posso
immaginare come si senta. Con orrore, osservo le nocche diventare quasi
bianche
per quanto stringe. Si sta facendo adesso stesso male, e nemmeno se ne
rende
conto.
“Edward”
lo chiamo con decisione. Tuttavia, ancora
ora la mia voce trema per le lacrime che è riuscito a
rubarmi.
È
stato solo un bambino, mio Dio, ed è stato ferito
nel peggior modo possibile. È stato abbandonato dal padre, e
sua madre ha
preferito l’amante al figlio. Come può non
diventare colui che è oggi?
Non intendo
giustificarlo, ma che capisco molte
cose… questo sì.
“Non
me ne andrò” continuo con fermezza posando le
mie mani sulle sue. A fatica, riesco ad allontanarle dai suoi capelli e
a
costringerlo a guardarmi. “Mi importa di te” gli
dico con convinzione.
A quelle parole,
lo vedo riabbassare gli occhi e
scuotere il capo mentre noto nuove lacrime sulle guance. Non ci crede,
e ne
soffre.
Sento un moto
d’amore per quest’uomo che finge di
non provare niente se non disprezzo per sua moglie, ma che poi si
comporta con
così tanto trasporto quando questa gli dice che
rimarrà sempre con lui perché
le importa del marito.
Adesso mi
è chiaro il motivo per cui si è
comportato in quel modo con me. Forse all’inizio mi
disprezzava semplicemente
perché ero la figlia di Charlie Swan, ma col tempo ha
indossato solo una
maschera, cercando di auto convincersi che gli ero indifferente. Ma ha
paura,
ha terribilmente paura.
E per la prima
volta, mi sento importante per lui.
Stringo le sue
spalle e, senza pensare se la cosa
può allontanarlo da me o no, attiro le sue labbra alle mie.
Edward mette subito
fine ai miei dubbi quando ricambia il bacio con tutta la rabbia che ha
nel
corpo.
Rabbia, non
passione. Questa volta, non si tratta
di uno sfogo carnale, di bassi istinti primitivi. È un
bisogno che va oltre, di
quelli che si vorrebbe dare a parole ma che per persone come lui si da
solo con
i fatti.
Dal canto mio,
voglio solo che stia bene, che si
senta accettato, e che non abbia dubbi su di me. Io non ne ho. So
già chi
sceglierei.
Edward mi
stringe con vigore a sé, facendomi
ritrovare a cavalcioni su di lui. Non perde tempo, e passa ad alzare il
vestito
sui miei fianchi. Sono già nuda sotto: le mie mutandine le
ha ancora lui.
Passo ad
aprirgli i pantaloni, aiutandolo poi con
la camicia già aperta.
È
sesso, e allo stesso tempo è amore. È
così
diverso da queste ultime volte… Finalmente, non siamo un
uomo e una donna che
scopano tanto per il gusto di farlo. Siamo Edward e Bella che hanno un
disperato bisogno dell’altro, e l’unico modo di
farlo che conoscono è questo.
Edward si porta
verso i cuscini per stare più
comodo, e quando è finalmente nudo mi abbasso su di lui. Non
sono ancora
abbastanza bagnata, ma non importa. L’unico bisogno che ho
è quello che lui stia
bene. E Edward sembra stare davvero bene.
Mentre sento le
sue mani stringere i miei fianchi,
tolgo il vestito arrotolato su di essi, portandomi ad essere nuda come
lui. Le
sue dita sono già a toccare i miei seni con passione, il suo
bacino che già si muove
freneticamente fra le mie gambe aperte.
E quando ho
voglia di baciarlo, lo faccio come
forse non ho mai fatto prima. Non piange più da un
po’, ma le sue guance sono
ancora bagnate. Le mie labbra scendono verso il suo collo, e il mio
stomaco si
contrae quando lo sento supplicare un ‘per favore’.
Sono due parole
che sembrano nascondere molto più
di una semplice supplica per porre fine a quel dolce supplizio. Sento
che è una
richiesta a mantenere la promessa fatta. E io ho tutta
l’intenzione di farlo.
Non vengo, non
ne ho bisogno. Lui sì. E non mi
sento affatto un oggetto per com’è stato. Edward
non mi ha usato come una
bambola, per di più io lo volevo quanto lo voleva lui.
Mi porto con la
schiena sul letto, ma faccio
comunque in modo di non sciogliere l’intreccio dei nostri
corpi. Alla fine, mi
ritrovo con la testa sulla testiera del letto e la testa di Edward sui
miei
seni.
Accarezzo quasi
con fare materno i suoi capelli,
mentre lui non mormora una parola.
“Bella?”
sussurra infine.
Non rispondo:
lui sa che ha la mia più totale
attenzione.
“Cosa
devo fare con te?”
La sua voce
è talmente intrisa di dolore che non
posso fare a meno di arrestare i miei movimenti e sentire il mio cuore
battere
forsennatamente. Forse lui riesce a sentirlo.
Nessuno di noi
dice più niente. Io riprendo ad
accarezzare i suoi capelli, e lui si stringe ancora di più a
me. Alla fine, lo
sento respirare regolarmente, e a fatica trattengo le lacrime quando mi
rendo
effettivamente conto che si è addormentato per la prima
volta fra le mie
braccia.
Capitava sempre
il contrario, perché ero io ad aver
bisogno di lui a causa della mia insicurezza. Adesso, però,
è lui ad avere
bisogno di me.
Note: avevo
scritto che la verità si sarebbe saputa
verso il decimo o undicesimo capitolo. Alla fine, una parte (quella che
più o
meno avete indovinato tutti) ha avuto conferma nel decimo, e
nell’undicesimo ci
sarà la vera storia. Bella ha abbattuto le difese del marito
(finalmente!) e
Edward è pronto a lasciarsi andare. Non troppo: un
cambiamento del genere non
può avvenire nel giro di una notte. Capirete cosa intendo
solo seguendo la
storia :') per quanto riguarda la decisione di Bella riguardo il non
vedere più
il padre, è più complessa di
com’è spiegata qui. Sempre nel prossimo capitolo
lei specificherà cosa intendeva dire.
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 ***
Mi
vergogno un poco ad aggiornare così tanto tempo dopo, ma tra
scuola di mattina,
compiti di pomeriggio, e impegni vari la sera (nessuna uscita, solo la
visione
delle puntate di Glee), giuro che non ho trovato tempo per scrivere.
Non vi
dirò che non si ripeterà ancora una volta,
poiché è una promessa che non posso
fare, ma vi prego di ricordare che qualunque sia il mio ritardo, io
completerò
la storia.
Passiamo
al capitolo: come vi avevo precedentemente avvertito, qui leggerete la
storia
completa di Edward. Spero non sia nulla di banale e nulla di
ingiustificato. Ho
provato a mettermi nei panni di un piccolo Edward costretto a subire
ciò che ha
subito, e ciò che ho scritto è come immaginato
avrei io reagito a quel dolore.
Passiamo
al capitolo: le pagine, rispetto agli altri, sono di meno. Il contenuto
però
penso sia abbastanza, sebbene ci siano circa mille parole in meno. Ma
non posso
aggiungere altro, perché con questo capitolo si chiude la
prima parte della
storia. Con il prossimo capitolo, si passerà alla seconda e
ultima parte.
Volevo
anche avvisarvi del fatto che ho deciso di cambiare il nome jaymes_ in
haphazard, per cui molto probabilmente il prossimo aggiornamento il
nome sarà
quest’ultimo. Onde evitare di confondersi come spesso faccio
io in questi casi,
hahah
Poi,
se andate sul mio account EFP, troverete cliccando sui…
‘bottoni’ (oddio, non
so come chiamarli!) i link per i profili twitter e ask, se vi
può interessare.
Infine,
alle recensioni dello scorso capitolo risponderò pian piano.
Avrei potuto
rispondere e aggiornare dopo come ho sempre fatto, ma non mi va di
farvi
aspettare ancora. E dopotutto, ci tengo comunque a rispondervi. Siete
dolcissimi!
Buona
lettura, e grazie alle splendide recensioni che mi lasciate. Significa
molto
per me.
Capitolo
11
Era da tempo che non mi capitava di
svegliarmi ben riposata. Immediatamente, ricordo
cos’è successo ieri sera, e la
mia mano parte a cercare Edward. Non c’è.
Un improvviso moto di paura si fa
strada in
me: e se si fosse pentito di tutte le cose dette ieri sera? Si
è lasciato
andare come forse non aveva mai fatto nemmeno con la sua famiglia, con
me, la
figlia dell’uomo che gli ha rovinato la famiglia.
Non posso dire di aver ben capito
come, ma
ciò che è certo è che Edward pensa che
mio padre fosse quell’amante per cui sua
madre si è lasciata andare. È tutto ancora molto
confuso in me e ho paura che
adesso, a mente lucida, Edward ritorni sui suoi passi.
Mi alzo dal letto piena di
sconforto, sicura
che possa fare le cose con calma perché Edward non
è di certo a casa. Lancio
un’occhiata all’orologio, appurando che sono appena
le undici del mattino. Non
mi ero mai alzata così tardi da che sono sposata.
Mi lavo, mi vesto, mi trucco. Tutto
con la
paura che Edward sia ritornato il freddo marito che è sempre
stato. Non riesco
a mettere in bocca nemmeno un boccone per l’ansia, nonostante
abbia lo stomaco
vuoto e i crampi della fame non mi lasciano praticamente un attimo di
tregua.
Le giornate sono incredibilmente
vuote senza
qualcosa da fare. È per questo che sto quasi sempre da
Rosalie, o è lei a
venire da me. Quando preferisco invece stare un po’ in
solitudine, vado nella
libreria di Edward. È stata Carmen a mostrarmela,
perché Edward non me ne aveva
fatto parola.
Oggi ho voglia solo di un bel libro
e di una
cioccolata calda. È giovedì ed è il
giorno libero di Carmen. La donna mi sta
molto simpatica, ma non nego di mandare un ringraziamento a non so
nemmeno io
chi per questo. Non ho molta voglia di chiacchierare con nessuno che
non sia
mio marito.
La giornata passa lenta, tra una
pagina e
l’altra, fra un sonnellino e un po’ di televisione.
In effetti, mi sveglio che
sono ormai le cinque del pomeriggio, il mio primo pensiero verso mio
marito.
Non so dove sia, cosa stia facendo,
se lavora
davvero o mi voglia evitare. Il problema è che lo penso
sempre, è come un
pensiero fisso che mi fa dimenticare il resto, e sapere che per lui
sono solo… niente, mi fa
sentire davvero male.
Improvvisamente stufa dei miei
stessi
pensieri, mi dirigo verso la cucina e apro il frigorifero. Prendo una
mela e do
un primo morso senza togliere la buccia. Quando faccio per uscire dalla
cucina,
però, ho un leggero sussulto di spavento quando vedo Edward
mentre sta per
entrare quando non sapevo nemmeno fosse a casa.
La cosa positiva è che
avevo già inghiottito
e non ho rischiato di affogarmi davanti a lui.
“Edward!”
esclamo col fiatone. “Che fai qui?”
Edward sembra sinceramente confuso.
“Ci
vivo?”
Sospiro piano, lanciandogli
un’occhiata.
Indossa, come sempre, un abito elegante, ma ha i capelli spettinati e
il viso
stanco.
“Sei andato al
lavoro?” domando.
Edward chiude gli occhi e sospira
stanco,
passandosi una mano fra i capelli. Deve averlo fatto spesso, oggi.
“Sì” mormora
dirigendosi anche lui verso il frigorifero. Afferra un arancio e un
coltello
dal ripiano della cucina.
“Sei stanco?”
sussurro con timore, senza
sapere nemmeno io perché. Forse è il modo
più innocente per chiedergli in
realtà come sta senza che lui pensi voglia solo compatirlo.
Edward non mi guarda, ma riesco a
capire che
le mie parole hanno colpito nel segno. Senza dire nulla, si siede e
inizia a
sbucciare l’arancio con movimenti agili. Il mio sguardo viene
subito catturato
dalle sue lunghe e perfette dita, e sento lo stomaco contrarsi al
pensiero di
come si posino sul mio corpo fino a farmi urlare di piacere.
Ma poi lui parla:
“Sì.”
Porto i miei occhi su di lui,
scoprendolo
intento a sbucciare l’arancio quasi con maniacale attenzione.
Con un leggero
sospiro, mi avvicino di un passo.
“Edward…”
“Oggi mio padre mi ha
chiesto se stasera
potevamo cenare insieme” mi interrompe immediatamente.
“Magari verso le otto e
mezza. Per te non è un problema?” Mi guarda,
finalmente, e i suoi occhi non
mostrano alcuna emozione. È con dolore che mi accorgo siamo
tornati al punto di
partenza…
Gli mostro un sorriso tirato,
cercando di
resistere. Ho resistito a molto peggio, non sarà lui a farmi
cedere. “Okay.
Nessun problema.” Trovo la forza di sorridergli ancora un
po’ di più, ma ormai
mi è difficile persino stare nella stessa stanza con lui.
Senza che nessuno aggiunga altro,
poso la
mela sul bancone e lo lascio da solo.
///
Avevo immaginato che questa
giornata si sarebbe
svolta diversamente. Avevo pensato che, dopo ieri sera, le cose si
sarebbero
risolte e Edward sarebbe stato più felice d’avermi
come moglie.
O per lo meno, lo desideravo.
A quanto pare, dopo la sua uscita
in cucina,
mi sbagliavo. E nonostante sia passata un’ora, lui non si
è più fatto vivo.
Sto continuando la lettura di Cime
Tempestose
quando sento bussare così piano alla mia porta che per un
momento penso l’abbia
soltanto immaginato. Volto lo sguardo dal libro alla soglia adesso
aperta
fissando Edward in attesa.
Cos’altro
dovrò sorbirmi, adesso?
“Quello che è
successo ieri”, inizia quasi
con fatica. “Io… mi dispiace. Non dovevo dirti
quelle cose.” Non aggiunge più
niente, e nonostante si mostri come sempre imperturbabile questa volta
cerco di
capire se lo è davvero.
La mano serrata sulla maniglia, i
suoi occhi
che evitano i miei quasi fingendosi annoiato nell’attesa di
una mia risposta, e
il leggero pallore del suo viso, mi fanno realizzare che è
comunque una finta.
Il problema, però,
è se vale la pena
combattere per lui. Anche ieri sera sono stata sincera, più
che sincera, ed ho
ottenuto un comportamento freddo come quello di sempre. Chi mi assicura
che non
ricapiterà ancora, e ancora, e ancora?
Niente e nessuno, è la
mia risposta. E io di
primi passi ne ho fatti sin troppi. Se devo combattere per far
funzionare
questo matrimonio, devo avere un motivo che mi spinga a farlo. E quel
motivo
deve darmelo mio marito.
“Pensi
meriterò mai di sapere la verità?” gli
chiedo quasi senza forza, chiudendo il libro e abbassando lo sguardo.
So bene cosa mi
risponderà, e come. Mi
dirà che non sono affari miei
e me lo dirà nel tono più disgustato di sempre.
Noto, però, come lui
eviti di rispondere.
Poso il libro sul comodino e, voltata di spalle, attendo senza sperarci
davvero
una sua risposta.
“Forse la
meriti…” esordisce infine,
sorprendendomi. Non solo afferma ciò, ma lo dice anche con
tono… dolce. “È solo
che non sei pronta” conclude.
Annuisco amareggiata. “E
questo lo pensi
perché…?”
Lascio volutamente la frase in
sospeso,
aspettando che la concluda lui stesso.
“Perché ami
tuo padre.”
Ha inteso più o meno
tutto il nocciolo della
questione di ieri sera. Mio padre e il mio amore per lui. Pensa che la
verità
che sentirò pronunciargli mi ferirà al tal punto
da odiarlo per aver messo in
cattiva luce colui che mi ha cresciuto.
Sospiro esasperata e finalmente mi
volto. È
con sorpresa che scopro che è seduto sul bordo del letto, i
gomiti alle
ginocchia e l’espressione stanca. “Il fatto che lo
ami non significa che potrei
perdonargli qualsiasi errore da lui commesso” affermo.
Mi fissa con così tanta
intensità da farmi
sentire improvvisamente caldo. I suoi occhi sono incollati ai miei,
quasi non
batte nemmeno le palpebre. Mi mette a disagio, ma allo stesso tempo mi
fa
provare un desiderio fisico per lui mai sopito.
Alla fine distoglie lo sguardo
quasi con
violenza e per poco non mi sento travolgere dalle mie emozioni. Lo vedo
passarsi una mano fra i capelli e poi alzare le maniche della camicia
fin sui
gomiti. È nervoso e cerca di tenere le mani occupate.
“Avevo otto anni la prima
volta che sentii
nominare tuo padre.”
Mentre parla, sento una rabbia
repressa nella
sua voce e mi accorgo di come sfugga al mio sguardo.
“È stato per
puro caso. Io nemmeno dovevo
esserci, quel pomeriggio a casa. Ma Victoria insisteva che dovevamo
tornare a
prendere la sua borsa delle bambole, perché altrimenti lei e
la sua amica non
si sarebbero divertite con i soli giocattoli della bambina. Lei aveva
dieci
anni, e io ero convinto che dovevo comunque proteggerla pur avendo due
anni di
meno. Le nostre case abitavano a dieci minuti di distanza, per cui le
dissi di
non preoccuparsi, che sarei andato a prenderle io.”
Fa una pausa. Il suo sguardo
è perso nel
vuoto e vedo come contrae e rilascia le sue mani. Non sta semplicemente
raccontando un ricordo, lo sta vivendo nella sua mente.
Mi accorgo di avere la pelle
d’oca e il
battito accelerato. Finalmente verrò a conoscenza della
verità, ma a che pro se
poi lui deve stare così male?
C’è dolore,
nel suo viso. Lo vedo
improvvisamente sussultare e la sua espressione trasformarsi
freddamente, per
poi alzarsi bruscamente dirigendosi alla finestra e darmi le spalle.
“Ti basti sapere che li
ho visti litigare, e
fu allora che venni a sapere che mia madre aveva un amante. Ovviamente,
tuo
padre.”
Non sapevo come reagire a quella
notizia.
Chiaramente, un sospetto del genere m’era venuto in mente
precedentemente, e
non ho dubbi che a quel tempo lui non conoscesse ancora mia madre.
Un conto, però,
è avere un sospetto; un altro
è la conferma ad esso.
“Mio padre se ne
andò senza mai più farsi
rivedere” continua con freddezza. “Mia madre visse
forse per la prima volta
felice in tutta la sua vita le settimane a seguire, perché
era innamorata e non
aveva più l’ombra di mio padre ad oscurare quella
felicità. Il che sarebbe
stato bello, se non avesse preferito la compagnia di tuo padre a quella
dei
suoi figli.”
Il tono di voce è
divertito, beffardo, ma è
chiaramente una difesa, la sua. Non lo vuole dare a vedere, ma ha
sofferto, e soffre ancora.
“Lei... lei si prendeva
cura di noi, però non
si occupava dei suoi figli come una madre dovrebbe fare. Poi successe.
Tuo
padre lasciò mia madre perché aveva incontrato
un’altra donna. Pensai che
avrebbe sofferto come qualsiasi donna innamorata, ma che dopo un
periodo di
tempo le cose sarebbero migliorate. Per lei, ma soprattutto per noi.
Forse con
tuo padre lontano avremmo potuto vivere finalmente sereni, solo noi
tre.”
La pausa, adesso, è
ancora più lunga delle
precedenti. Così lunga che forse si è persino
perso di nuovo nei ricordi.
“Cos’è
successo?” domando con un fil di voce.
Continua con un secondo di pausa,
poi
finalmente riprende. “Cadde in depressione”
sussurra.
Mi mordo le labbra lasciandomi
ricadere sul
letto, sfinita, aspettando che continui. Continua a darmi le spalle e a
guardare
fuori, ma forse per lui è meglio così.
“È stato
allora che hai incontrato Carlisle?”
domando, ricordandomi delle parole di Esme.
Edward annuisce piano.
“Mamma era una sua
paziente. Col tempo, lui l’ha aiutata. Lei era caduta in
depressione perché Charlie
aspettava un figlio, e Carlisle era un vedovo con un figlio di nome
Emmett di nemmeno
un anno. Forse sarebbe stata una storia davvero romantica se mia madre
fosse
stata capace di voltare le spalle a tuo padre e andare avanti. Non
riuscivo a
capacitarmi di come l’amore per un uomo che ti ha abbandonato
potesse causarti
tutto questo, lo trovavo ridicolo. Ricordo che pensai che non avrei mai
permesso a nessuna donna di ridurmi nello stesso stato in cui si era
ridotta
mia madre. E ricordo che iniziai anche ad odiare lei, perché
se non trovava le
forze per occuparsi di me e mia sorella significava che non ci amava
abbastanza. Non tanto da combattere, per lo meno.”
Era appena un bambino, al tempo.
Non pensavo
che un bambino potesse capire certe cose, o pensare di odiare la donna
più
importante per un uomo. Ma senz’altro tutto ciò
che ha fatto sua madre ha
influenzato la sua crescita, il suo modo di vedere le cose, e
l’odio che
afferma di aver provato intuisco sia solo un riflesso del dolore e
della delusione
che Edward ha provato nel vedersi abbandonato, un sentimento di rancore
cresciuto insieme a lui.
“È qui che
finisce la storia?” gli chiedo con
cautela.
Non ho bisogno di chiedergli cosa
prova nel
raccontare tutto questo per capire che se ha bisogno di tempo, glielo
darò
senza pensarci due volte. Potevo immaginarmi tutto, ma non questo.
C’è un istante
di silenzio prima che Edward
riprendi la sua storia. “Mamma ebbe un'altra ricaduta quando
scoprì che Charlie
aspettava un altro figlio. Te, ovviamente.”
Non so cosa dire. Seppur non abbia
fatto
nulla, mi sento in un qualche assurdo modo colpevole per quella seconda
ricaduta.
“Negli anni a venire, mia
madre sembra stare
bene e poi di nuovo male, di nuovo bene e ancora male. Tuo padre, poi,
sembrava
essere ovunque. Ad ogni modo, non stavo bene. A quindici anni non avevo
amici,
Victoria era l’unica ragazza con cui riuscivo a parlare. I
professori
chiamarono Carlisle per spronarlo a mandarmi da uno psicologo. Il che
è
divertente, se ci pensi, perché lui stesso è uno
di loro.”
La voce di Edward diventa
improvvisamente
leggera, come se lo trovasse lui per primo divertente. Io non la
pensavo
affatto così.
“Acconsentii comunque.
Parlare mi faceva bene
ed era pur sempre qualcuno che ascoltava qualsiasi cosa avessi da dire,
dalla
più stupida a quella che più tenevo dentro. Non
mi importava che fosse pagato
per interessarsi a me: il dottor Marcus ci teneva davvero. Ancora oggi
parliamo
insieme, sai? Sebbene in maniera del tutto diversa rispetto a poco
più di dieci
anni prima. Ma il momento in cui capii che lui si era davvero
affezionato a me
fu quando iniziai a trattarlo male, a trattare male tutti. Avevo sedici
anni e
mia madre aveva deciso di lasciare la sua casa, la sua famiglia, per
scappare
lasciandoci una misera lettera.”
Non aggiunge altro, né
voglio chiedergli
niente. Continua da sé.
“Decisi che il ragazzino
timido, impacciato e
asociale di prima doveva sparire con lei. Doveva lasciarmi
così come aveva
fatto mia madre. Così chiesi a Carlisle di cambiare scuola,
e benché dentro
morissi ogni giorno di più davanti agli altri fingevo che
tutto fosse un gioco
per me. Iniziai a dimenticare le felpe e i jeans strappati per camice e
jeans
nuovi, a lasciarmi crescere quel tanto che bastava la barba e a
ingellare i
capelli. I ragazzi cominciavano ad imitarmi in tutto e le ragazze
cominciarono
a farmi il filo. Ti sorprenderà, ma non accettai nessun loro
invito. Le odiavo.
Non riuscivo a fissarle senza pensare a quanto fossero ridicole a
comportarsi
in quel modo con un ragazzo, senza nemmeno provare un briciolo di
vergogna.”
Scoppia improvvisamente a ridere,
una risata
cupa e fredda.
“Ricordo che una volta mi
chiesi se fossi
gay, visto che a sedici anni ero ancora un vergine che non voleva alcun
contatto con il genere femminile.”
Anche ora avrei tante cose da dire,
ma
rimango in silenzio. È chiaro come il sole che la sua rabbia
per la madre, per
l’abbandono di lei, la rifletteva del tutto inconsciamente
sul genere femminile
senza fare alcuna distinzione.
“Però sapevo
anche che le ragazze mi
attraevano. Era solo... il pensiero di agire che quasi mi ripugnava. E
mi
portava ad odiarle di più, ovviamente. Riuscii a superare
tutto l’anno dopo,
quando mia madre tornò. E lei finalmente sembrava
così serena! Sorrideva come
non aveva sorriso mai in vita sua. E poi aveva cominciato a mostrarci
quell’amore
che negli ultimi anni ci aveva negato... Non dico che non ci amava,
questo no.
Però non lo dimostrava, o semplicemente forse amava
più tuo padre che me e mia
sorella. Quindi era bello che, nonostante la sua fuga di un anno, fosse
tornata
per amarci. Dovevo essere arrabbiato, e lo ero. Non fu facile, ci misi
mesi ad
accettarla di nuovo. Però, giuro, quando mi abbracciava,
sentivo come se tutto
sparisse. Come se solo lei contasse. Non mi importava se aveva rovinato
la
nostra famiglia tradendo mio padre, perché mi dicevo che per
farlo era stato
probabilmente pure lui, con le sue scarse attenzioni, a farle
desiderare le
attenzioni di un altro. E non mi importava nemmeno tutto quello che
aveva fatto
in seguito, trascurando i suoi figli. Mi dicevo che era umana, e che
tutti
sbagliamo. Così riuscii a perdonarla.”
L’ultima frase
è un sussurro a voce spezzata.
Sento che ci stiamo avvicinando alla fine e mando al diavolo tutto per
il
desiderio di stargli vicino in un momento simile. Così mi
alzo e mi avvicino a
lui. Forse percependo i miei movimenti, Edward si volta verso di me con
gli
occhi lucidi e si appoggia al muro accanto la finestra.
È maledettamente triste
in volto.
“In seguito scoprii che
lei era felice perché
aveva ripreso la sua relazione con Charlie. E fu per questo che
morì, perché di
ritorno da un loro incontro finì sotto un auto.”
Sento il mio cuore come fermare i
suoi battiti
mentre inizio a sudare e a sentire vorticare la stanza intorno a me.
“Cosa?” riesco
a sussurrare stravolta.
Non può essere: mio
padre non ha mai tradito
mia madre. Può aver avuto una relazione con
un’altra donna prima del matrimonio
con mia madre, ma non l’ha mai tradita. Lui non lo farebbe
mai, non l’ha
fatto... O l’ha fatto?
Mi lascio cadere per terra a gambe
incrociate, perché giuro che potrei svenire da un momento
all’altro.
“Avevo sempre pensato che
mia madre fosse
ancora innamorata di tuo padre, e ciò che avevo pensato
sull’essere umano lo
pensavo più di prima. Mia madre era morta, Bella, non ci
sarebbe stata più”
mormora con voce chiaramente tremante. “E pur odiando
comunque tuo padre trovai
la forza per chiedergli di assistere al suo funerale, perché
sapevo che lei lo
amava. Ma Charlie mi rispose senza mezzi termini che avrei dovuto
dimenticarlo,
che non avrei dovuto mai disturbarlo, di lasciarlo vivere in pace con
la sua
famiglia. Io avevo solo diciassette anni, mia madre era appena morta, e
tuo
padre aveva chiuso quella maledetta conversazione con un fottutissimo
‘mi
dispiace, è finita’. Oh, lo era eccome”
sibila con ira.
Alzo il mio
viso sconvolto verso il lui, scoprendolo acceso di rabbia
con le guance
bagnate.
“Giurai che mi sarei
vendicato di tuo padre,
mandandolo in rovina, distruggendo la sua famiglia, costringerlo
persino al
suicidio. Ero disperato e arrabbiato. Non mi importava niente di lui, e
non mi
importa nemmeno ora. L’odio che provavo per tuo padre a
diciassette anni non si
è mai sopito, nemmeno quando cinque anni dopo è
entrata Esme nelle nostre vite.
L’odio c’è ancora, Bella, sempre
più forte e vivo in me. Non mi fa dormire la
notte, non mi lascia vivere di giorno. Mi rende un dannato che vive in
mezzo a
tanti.”
Si inginocchia davanti a me che
continuo a
singhiozzare. Non sembra ferirlo il mio pianto disperato. È
accecato dalla
rabbia, perso nei ricordi.
“Non sapevo che aspetto
avessi, né chi tu
fossi. Quando l’ho scoperto, ho pensato che eri perfetta per
la mia vendetta.
Sai, credo che vedere la persona che più amiamo soffrire sia
cento volte peggio
che soffrire noi stessi. È così,
Bella?” sussurra accarezzandomi i capelli.
Non so perché, ma ho
brividi di terrore.
“È
così?!” sbotta facendomi sussultare.
Annuisco velocemente, mordendomi il
labbro
inferiore per non urlare dal dolore e dalla rabbia.
Mi asciuga le lacrime di una
guancia con l’indice.
“Sei stata perfetta. Davvero perfetta” riprende
piano, ma il suo dito si sposta
sui miei capelli per stringerli fino a farmi male con la mano.
“Allora perché
non mi sento meglio? Perché fa ancora male?” mi
domanda con le lacrime agli
occhi, la voce rabbiosa ma tremante.
Non so cosa voglia da me. Non so
perché lo
chiede proprio a me. Però so la risposta.
“Perché... Perché la vendetta non
è
mai un giusto proposito per superare qualcosa. Non è... non
è giusta a
prescindere dal motivo. Tu non sei un uomo vendicativo, Edward... Non
lo sei”
sussurro esitante.
Oso guardarlo: i nostri visi sono a
pochi
centimetri di distanza, entrambi siamo seduti per terra.
“Era mia madre,
Bella...” singhiozza
finalmente. Anche a me scappa un singhiozzo a vederlo così,
e una mia mano
parte a stringergli una coscia come conforto. “Nonostante
tutto, io l’amavo...”
continua sfogandosi del tutto.
Dimenticando mio padre, sua madre,
e tutto il
resto, mi inginocchio per attirarlo a me e stringerlo con tutto
l’amore che
provo per lui. Perché è di questo che si tratta,
non c’è altra parola per
descriverlo.
E quando lo sento stringermi a
sé con tutte
le sue forze, molto più di quanto non abbia fatto ieri sera,
mi fa sentire in
paradiso al centro esatto dell’inferno.
Se ieri lo pensavo solamente,
adesso lo so:
lui ha bisogno di me. Vendetta o meno, faccio parte della sua vita,
ormai, e
non è facile nemmeno per lui provare qualcosa per me, che
sono la figlia dell’uomo
che tanto odia.
Non so se quello che ha scoperto
Edward sia
vero o no. Amo Charlie, ma quando ho sposato Edward ho messo davanti a
mio
padre un altro uomo che non fosse lui. È mio marito la mia
priorità, e lui ha
un disperato bisogno di me.
Charlie mi manca disperatamente,
esattamente
come mi manca mia madre. Mi piacerebbe tanto far loro una telefonata, e
forse
potrei anche riuscirci. Se prima non l’ho fatto, è
perché poi sarebbe stato
tutto ancora più difficile. Ma arrivati a questo punto, non
ho scelta.
Edward è stato troppo
ferito per incontrarli
di nascosto, non ci dormirei la notte a sapere che anche io ci ho messo
del mio
per fargli perdere fiducia nel prossimo. Proprio non ci riuscirei.
“Mi dispiace
così tanto, amore, proprio così
tanto...” mi lascio sfuggire. Non me ne pento un solo
istante: è questo che
dovevo dire e l'ho fatto. Lui, piano piano, si sta calmando.
“Ma ti prometto
una cosa” mormoro fra le lacrime. “Mai, mai, mai io ti lascerò. Non lo
farò mai, te lo giuro. Cascasse il mondo,
io sarò sempre qui.”
Non dice niente, ma va bene. Non mi
aspettavo
nulla. Quando sento di poterlo fare, mi allontano solo un attimo per
sistemarmi
meglio seduta a cavalcioni su di lui. Le lacrime sul suo volto sono
ormai
asciutte come le mie, sebbene le ciglia siano ancora un po’
bagnate.
Lui è così
bello e mi sento la donna più
fortunata del mondo ad averlo come marito, rifletto sistemandogli i
capelli.
Personalità scorbutica e difetti inclusi, penso con un
sorriso. Lui fraintende
il mio sorriso, ricambiandolo leggermente.
E questo sorriso è la
risposta che non
pensavo di ottenere.
///
Non avevo molta fame, per cui
quando Edward
mi ha proposto di sistemarci meglio a letto ho accettato, immaginando
che, pur
essendo appena le sette di sera, ci saremmo infine addormentati.
Sarei stata una pazza a rifiutare,
tanto più
che questi ultimi due giorni mi avevano sfinito e per riprendermi
dubitavo
seriamente che persino ventiquattro ore sarebbero bastate.
Il che, comunque, così
è stato: mi ero
effettivamente addormentata se non mi fossi svegliata sentendo la voce
di mio
marito. La sua voce è stanca e parla piano per non
svegliarmi, senza sapere che
dormivo di un sonno leggero – mi ero appena addormentata
– e comunque anche
tormentato, per cui mi svegliavo ad ogni minimo rumore.
“Domani è
perfetto, sì. Eravamo felici per la
cena, ma Bella non si sente bene e preferisco che riposi...”
Non mi è difficile
intuire che sta parlando
con Carlisle e che adesso attende una sua risposta.
“Ti ringrazio, davvero
Carlisle. Io... Io lo
so che non te lo dico spesso. Anzi, mai. Però... ti sono
davvero grato per
quello che hai fatto per me. Per quello che continui a fare”
si corregge.
È a disagio, ma ha
trovato finalmente il modo
per ammettere che ha bisogno anche di Carlisle, che gli vuole bene.
È l’unica
vera figura paterna che gli è mai stata vicina, dopotutto.
“Lo so. Tu ci sei sempre
stato...” continua.
Mi sento quasi in colpa a sentire
questa
conversazione, ma non ne posso fare a meno. Se anche gli facessi capire
che sto
per svegliarmi, bloccherebbe in tronco la conversazione e perderebbero
entrambi
il momento. So per certo che era una cosa che Edward aveva il bisogno
di dire
tanto quanto Carlisle ne aveva da ascoltare.
“Lo farò. E tu
salutami Esme, okay?”
prosegue. “Va bene. A domani, allora.”
Quando la chiamata finisce, lo
sento sospirare
piano, e capisco che Edward sta ancora male, che lo sfogo di poco prima
non ha
cambiato nulla. Mi chiedo se riuscirà mai a lasciare andare
il ricordo di sua
madre e la vendetta verso mio padre, perché fin quando non
lo farà continuerà a
soffrire e a perdersi le cose belle della vita.
Edward’s pov
La sua risata la sentivo a metri di
distanza.
La cosa strana non era saperla rilassata e spensierata, ma che io
stessi
sorridendo appresso a lei solo perché ero contento di sapere
che stava
finalmente bene.
“Sembra felice, non ti
pare?” mi chiede
Carlisle affiancandomi al bancone del bar su cui ero seduto da una
decina di
minuti.
Ancora con un leggerissimo, quasi
invisibile,
sorriso sulle labbra, mi volto leggermente verso mia moglie. Sta
conversando
con Emmett e un altro ragazzo che frequenta
l’università insieme a mio
fratello. Quest’ultimo sembra fare più battute che
conversazione vera e
propria, perché mia moglie sta quasi piangendo per le risate.
Ha gli occhi lucidi, o forse sono
le luci del
salone, e una mano poggiata sullo stomaco come a trattenersi. Sembra
brillare
di luce propria come una stella, e non ho dubbi che possa aver
incantato altri
uomini oltre me con la sua semplicità e spensieratezza.
“Anche tu non sei da
meno” mi fa notare
ancora Carlisle, fissandomi con un sorriso. Aveva organizzato quella
cena di
compleanno in uno dei ristoranti più rinomati di Ne York per
i vent’anni di
Emmett.
Abbasso lo sguardo mentre il mio si
allarga
solo poco meno del suo. “Sto bene, sì.”
“Ah
sì?”
Lancio un’altra occhiata
a Bella. “Lei... Be’,
è difficile da spiegare. Lei sa tutto, adesso.”
Carlisle inarca un sopracciglio.
“In che
senso?”
Scrollo le spalle bevendo un sorso
di liquore
dal mio bicchiere. “In ogni senso.”
Carlisle è scioccato e
vedo chiaramente che
non sa cosa dire. Nemmeno io.
“Oh” risponde
infine. “Be’, lo sai cosa
penso. La tua felicità prima di tutto. E se una ragazza
adorabile quanto tua
moglie è capace di questo miracolo... ben venga.”
“Anche se è la
figlia dell’uomo che più
odiamo al mondo?” gli domando sarcastico.
“Smettila di vederla in
questo modo” mi
rimprovera severo. “Hai sposato Bella per un motivo, ma non
c’è ragione per cui
non dobbiate rimanere una famiglia per una causa completamente diversa
e del
tutto migliore. Se ti rende felice, perché ostacolarti da
solo, Edward?”
Scuoto la testa, riflettendo
attentamente
sulle sue parole. “Forse perché mi sembra tutto
surreale” sussurro.
Carlisle non risponde
immediatamente a ciò
che ho detto. “Edward” mormora infine, con voce
calma e pacata. Ma anche
amorevole. Con la voce da papà.
“Non
hai vissuto una vita facile. Non ricordo momento in cui hai sorriso
più per te,
perché eri davvero felice, che per noi che ti stavamo
attorno, per farci
contenti. Ma adesso, anche se tu non riesci a notare la differenza, io
la vedo.
E colei che ha reso possibile questo cambiamento è tua
moglie.”
Poso inavvertitamente lo sguardo su
di lei.
Ha un sorriso solare sul volto, ancora. Sentendosi osservata, sposta
gli occhi
da Emmett a me, ancora sorridente. Posso sentirla trattenere il
respiro, quasi,
e vedere i suoi occhi farsi ancora più lucidi prima che
l’amico di mio fratello
catturi la sua attenzione con un’altra battuta che la fa
ridere ancora di più.
“Sì, forse
può sembrarti surreale che Bella
sia più di tutto la figlia di Charlie, però cosa
importa? Anche se è la figlia,
Bella non è suo padre. Dovremmo tutti rendercene conto,
Edward.”
Non rispondo, perché se
aprissi bocca ho
paura che potrei dire qualcosa che penso, ma che allo stesso tempo non
voglio.
Ma Carlisle mi conosce come nessun altro, nemmeno Victoria mi conosce
come mi
conosce lui.
“Cosa
c’è, Ed?” sussurra avvicinandosi.
Gioco con il mio bicchiere senza
avere il
coraggio di alzare lo sguardo su di lui. “L’ho
sposata per vendicarmi dell’uomo che
aveva fatto tanto soffrire mia madre. L’ho promesso sulla sua
tomba il giorno
del suo funerale. Non ho mai dimenticato le parole che dissi, o i
sentimenti
che provai. E giuro, li provo ancora. È solo...”
“Solo cosa?”
chiede dopo un attimo di
esitazione.
Non lo guardo ancora. Non ci
riesco. Non
voglio vedere la delusione che so già leggerò nel
suo viso. “Lui è suo padre”
mormoro l’ovvio, sapendo che non c’è
bisogno aggiunga altro.
Ha già capito.
“E se tu ti vendicassi,
lei soffrirebbe”
conclude lui.
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 ***
Il
capitolo di oggi, forse lo noterete,
è più corto rispetto a tutti gli altri capitoli.
Spero non vi peserà e che vi
piacerà comunque.
Non ho
molto da aggiungere, se non che
magari è un capitolo di passaggio e potrà
annoiarvi. Spero di no, spero vi
piacerà ugualmente. Nel prossimo… be’,
non posso dirvi nulla senza ottenere di
spaventarvi. Ma vi dico che sarà molto più pieno
rispetto a questo.
La
domanda è: pieno di cosa?
Alla
prossima! (entro stasera, al
massimo domani, avrete la risposta alle vostre recensioni dello scorso
capitolo
<3)
Capitolo
12
Le
cose nei giorni seguenti vanno sempre meglio. Edward non mi trattava
più con la
stessa freddezza di sempre, ma teneva in considerazione le mie
esigenze.
Lavorava spesso, come al solito, ma almeno tornava a casa per cena, e
riuscivamo
ad avere una vita matrimoniale come qualsiasi altra coppia.
Questo, però, era un
discorso che riservavo solo alla sfera sessuale della nostra vita
perché
sebbene fosse diventata quasi la stessa persona di quella magnifica
luna di
miele – se si escludevano i primi giorni – era
davvero molto difficile per lui
lasciarsi andare a gesti d’affetto che non fossero baci e
carezze che limitava
a quando lasciava che il suo desiderio ci unisse.
Io, però, non osavo
mettergli fretta. Non avevo bisogno di chiedere l’aiuto di un
medico per capire
che Edward aveva bisogno di tempo per metabolizzare il tutto.
Lui era riuscito ad
aprirsi con me ammettendo cose che aveva cercato di tenere nascoste nei
remoti
meandri della sua mente, preferendo un’illusione a
ciò che sua madre aveva
fatto: preferire l’amore della sua vita ai suoi figli.
Edward aveva portato
rancore alla madre per molto tempo quando lei stava male per mio padre,
perché
la donna aveva preferito soffrire piuttosto che prendere in mano le
redini
della propria vita e rendere l’infanzia dei suoi figli
migliore di come era
stata sino ad allora.
Ma lei non lo aveva
fatto, e Edward ha provato un sentimento di rabbia che, ingenuamente,
col tempo
aveva confuso per odio. Ma gli sbagli di sua madre avevano avuto
conseguenze su
di lui, facendogli vedere le ragazze come un riflesso della madre.
L’ultima goccia era
stata l’abbandono di Elizabeth, un abbandono che ha portato
Edward al limite. E
quando è tornata, non faccio fatica ad immaginare come debba
essersi sentito
mio marito: da un lato, la rabbia verso quella donna che senza una
parola aveva
abbandonato marito – un marito che la amava, finalmente
– e figli a carico; e
poi gioia, in fondo, perché era pur sempre la madre che non
vedeva da tempo.
Ma Edward aveva solo
diciassette anni, all’epoca, e sentimenti così
contrastanti sono difficili da
gestire. È per questo che ha preferito dimenticare e andare
avanti, accettando
la madre e i suoi sbagli.
Perché sì,
era umana e
sbagliava. Ma soprattutto, era sua madre, e aveva sofferto.
Cosa del tutto diversa
era la questione riguardante mio padre: Charlie è stato
l’uomo che, insieme a
Elizabeth, ha causato tanta sofferenza a Edward. Ma a differenza della
madre,
mio padre è un completo estraneo per mio marito.
Non ho idea di quello
che Edward ha ancora intenzione di fare: ho accettato di mettere da
parte i miei
genitori per amore suo, per amore di questa mia nuova famiglia, ma non
so se
potrei mai accettare che mio marito riduca vero sul lastrico mio padre.
Lui, da quel giorno, non
ha più fatto parola della vendetta e io non ho di certo
aperto il discorso, preferendo
invece farlo sentire amato quando eravamo a letto, l’unico
momento in cui lui
si lasciava andare per davvero.
E questa volta, senza
alcuna riserva. Era in quei momenti che lo vedevo come mai lo avevo
visto in
precedenza, perché i sorrisi semplici e appena percepibili
che mostrava prima
ora erano diventati risate gioiose e battutine leggere, per stemperare
quel
desiderio bruciante a volte difficile da trattenere.
Ed era una cosa
così…
normale, così scontata. Ma non per me. Non, almeno, fino a
quel momento. Ed è
con un vuoto allo stomaco che mi rendo conto che per raggiungere quel
grado di
intimità con mio marito ci sono voluti due mesi. Ma
soprattutto, che questo è
ancora e solo l’inizio.
///
Non è male questa
serata. Pensavo sarebbe andata peggio: James aveva organizzato per sua
moglie
una cena per il suo compleanno, e sapendo quanto Victoria mi odiava non
avevo
molta voglia di andarci.
Ma Edward era molto
legato a sua sorella e non potevo dirglielo.
Ho un leggero déjà-vu
perché proprio in questo momento lo
sto fissando come la sera di Natale ho fissato mio marito nel loft di
Carlisle
e Esme osservandolo mentre conversava con i suoi famigliari.
Ma le cose
sorprendentemente sono cambiate, e in meglio: al posto
dell’espressione seria e
contrita che aveva due mesi fa, adesso vi è un sorriso
entusiasta mentre
scherza con i suoi fratelli, una cosa che non avevo mai visto in
passato e che
adesso mi riempie di felicità.
Allo stesso tempo, la
cosa più dolorosa è questa illusione che sento
del tutto inappropriatamente
pensando di essere stata io a renderlo così felice.
Un’illusione sciocca e
infantile.
Qualcuno, però, non la
pensa come me.
“Hai fatto un
miracolo”
osserva Carlisle, affiancandomi sul divano da cui fingo di leggere una
rivista.
“A che
proposito?”
Non so quanto Carlisle
possa essere coinvolto in questa singolare vendetta ai danni di mio
padre, ma
al contrario di Victoria lui non ha mai portato rancore verso di me. Il
che è
ammirevole, perché non so come avrei obbiettivamente reagito
al posto suo dovendo
aver a che fare con la figlia dell’uomo che ha indotto mia
moglie a tradirmi.
“Edward”
risponde senza
esitazione. “Non l’ho mai visto così
felice.”
Mi schiarisco la gola,
distogliendo lo sguardo dai suoi occhi fissi su di me. “Non
sono stata io”
obbietto.
“Sì, sei stata
tu. E ti
devo ringraziare: sembra una persona diversa. Non un diverso Edward,
semplicemente qualcuno che ha finalmente qualcosa per cui
vivere.”
Non ho idea del perché
la sua ultima frase mi fa trattenere il respiro mentre sento i miei
occhi
riempirsi di lacrime. È una frase così semplice,
persino costruita.
Non ho tuttavia la forza
di parlare, preferisco fissarlo. Lui sa cosa ha subito Edward, e lo so
anche
io. Le mie lacrime parlano per tutt’e due.
Carlisle non sembra
scioccato dalla vista dei miei occhi lucidi, né mi sembra
provi del senso di
colpa per essere stato lui a ridurmi così. La sua mano mi
accarezza brevemente
una guancia, una carezza paterna che mi riscalda il cuore.
“L’hai
riportato in vita
Bella, è così. E non lo dico perché
hai fatto un miracolo, ma perché sei stata
l’unica che ci sia mai riuscita. Sapevo che prima o poi
sarebbe accaduto. Tu, o
qualcun’altra, avreste finalmente spezzato quella coltre
ghiacciata che
rivestiva il suo cuore. E so che non è stato facile,
né semplice. So anche che
è un viaggio lungo e tortuoso per cui occorrerà
del tempo. Ma so anche che se
non ci siamo riusciti noi, che siamo la sua famiglia, in tutto questo
tempo… So
che se non ci riesci tu, è la fine. Perché
nonostante lui non voglia ammetterlo,
sta cominciando a tenere a te, credimi. E per
com’è fatto lui, è già il
suo
limite. Anche se forse tu non lo ami, allo stesso tempo sei
l’unica che può
aiutarlo.”
Il suo limite. Un limite
che io, forse, ho raggiunto?, mi chiedo lanciandogli
un’occhiata. Lui mi sta
guardando con un’espressione confusa sul volto. Vorrei tanto
capire perché, ma
c’è una cosa che prima devo chiarire.
“Io lo amo. Io lo amo
con tutto il cuore.”
Ma Carlisle mi da un
leggero sbuffo sul mento, come se già si aspettasse una
conferma del genere.
“Ancora meglio.”
“Cosa è ancora
meglio?”
domanda Victoria intromettendosi nella conversazione e sedendosi sul
posto
vuoto accanto al mio, sorprendendomi.
Forse oggi è la giornata
delle sorprese?
“Edward e Bella hanno
intenzione di dormire qui, questa sera. Quindi perché non
vai a preparare la
camera per gli ospiti?” pronuncia Carlisle.
“Davvero?”
domanda
Edward avvicinandosi a noi e inarcando un sopracciglio nella mia
direzione.
In effetti, ne so quanto
lui. Tuttavia assecondo Carlisle. “Tua sorella
compie…”
“Ventisei anni,
sì. Si
compiono ventisei anni solo una volta nella vita” conclude al
posto mio
Victoria con voce sbrigativa, alzandosi e battendo le mani.
“Vado a preparare
il letto, okay? Ora parlate di quant’è buona la
torta che dovete mangiare!”
esclama quasi istericamente, lasciandoci di sasso.
O meglio, lasciando me
di sasso. Edward non fa una piega mentre si siede al posto della
sorella e suo
padre scoppia a ridere.
“Compie davvero ventisei
anni?” oso stupidamente chiedere.
“No!” esclama
Carlisle,
ridendo ancora di più. “Ne compie
trenta.”
“Ma ne dimostra
quaranta” interviene Emmett, sedendosi sul tavolino di fronte
a noi.
Sento il braccio di
Edward sfiorare le mie spalle, avendolo posato sullo schienale del
divano, e
non mi ero nemmeno accorta che il mio braccio è poggiato
alla sua gamba.
Mentre Carlisle e Emmett
continuano a parlare allegramente tra di loro, oso lanciare
un’occhiata a
Edward. Ha di nuovo lo sguardo perso nel vuoto, come quella sera in cui
la
verità venne finalmente a galla.
Sento il mio cuore
spezzarsi di fronte la prova reale che io e Carlisle avevamo ragione:
la strada
è lunga, e siamo ancora all’inizio.
Ma se, come dice
Carlisle – e come io, non lo nego, spero –, sono
anche colei che può aiutarlo a
venirne fuori, non voglio perdere tempo. Per cui la mano posata sul suo
ginocchio si stringe di poco attorno ad esso, e Edward posa i suoi
occhi su di
me.
“Credi che Esme mi
darebbe una fetta di quella torta di cui parlava Victoria?
Perché sto morendo
di fame!”
La tristezza sul suo
volto sembra sparire, rimpiazzata da un’espressione
tranquilla. Ha
momentaneamente messo da parte i ricordi. “Sono
più che sicuro sarebbe disposta
a fartela mangiare tutta. Lei è così”
risponde alzandosi e prendendomi per
mano, per condurmi da sua madre e vedere se ha effettivamente ragione.
Anche se vorrei, non
posso dirgli frasi come ‘Io ci sono. Ti aiuto io. Ne verremo
fuori’, perché
ormai lo conosco bene e so che si chiuderebbe a riccio e ricominceremmo
dall’inizio.
Con lui, devo fare piccoli
passi, perché non deve rendersi conto che sto provando a
dargli un motivo per
capire che la vita è bella e che proprio per questo deve
dimenticare il passato
se vuole vivere il presente e creare le basi per potersi godere il
futuro.
L’uomo inevitabilmente
rovina ciò che può renderlo felice,
perché non è in grado di capirlo da
sé.
Edward, purtroppo, non
fa eccezione.
///
Era sempre meraviglioso
fare l’amore con lui. Non è mai stato, in passato,
un amante egoista o altro,
ma cercava sempre di rendermi partecipe del suo piacere.
Ma da quel giorno di
metà gennaio, da quel giorno in cui tutto ha avuto
finalmente una svolta, le
cose si sono anche intensificate.
I suoi baci, le sue
carezze, le sue strette. È in questi momenti che non parla,
perché non c’è
alcun bisogno delle parole quando sono i suoi gesti che parlano
abbastanza per
lui.
Anche adesso è
così. E
anche adesso, come nelle ultime notti di queste settimane, continua a
farmi
sentire, almeno per quei minuti, amata.
Si prende così cura di
me, che non importa quanto tempo io possa impiegare a raggiungere il
piacere: è
come se lui comunque apprezzasse tutto ciò che mi fa.
E io ricambio facendogli
capire quanto io apprezzi
ciò che mi
fa: la mia mano sui suoi capelli si stringe così tanto che
quasi mi faccio male
da me, e la mia schiena si inarca violentemente sotto
l’impeto della lingua di
mio marito tra le pieghe della mia intimità.
Ho perso il conto di
quanto tempo può stare passando con la sua testa fra le mie
gambe, ma gli
affondi e i movimenti della sua lingua hanno comunque e sempre lo
stesso ritmo,
come se ancora non fosse stanco di baciarmi così intimamente.
I miei gemiti vanno via
via aumentando quasi fino a diventare dei gridolini che cerco di
soffocare per
paura che Victoria e suoi marito – o peggio, i suoi figli
– nelle altre stanze
ci sentano. Be’, non credo però di stare gemendo
così tanto…
Mollo la presa sui
capelli di Edward e con tutt’e due le mani afferro la
testiera del letto,
incrociando dietro la testa di mio marito le mie gambe, come rimpiazzo
alla
precedente stretta della mia mano.
A quel movimento, quelli
compiuti da Edward sembrano approfondirsi maggiormente e finalmente
riesco a
sentire che ci sono vicina, così vicina che Edward
è costretto ad interrompersi
di botto quando, effettivamente, lancio un gridolino più
acuto dei precedenti.
Il suo corpo si
intrufola agilmente fra le mie gambe spalancate e il suo membro tocca
la mia
intimità senza alcun riguardo, costringendomi ad emettere un
altro suono sulle
labbra di Edward, il quale aveva cominciato a baciarmi.
Un secondo dopo si
allontana, mormorando qualcosa mentre il suo pene sostituisce i
movimenti della
sua lingua. “Piano, Bella… Piano.”
La sua bocca si posa
sulla mia gola, lasciando un bacio umido e caldo su di essa, per
scendere fin sul
petto, su uno dei seni, e baciarlo appassionatamente. E poi di nuovo
giù, in un
percorso che ho imparato a conoscere così bene, che finisce
proprio dove non
vedo l’ora finisca.
Mentre la sua testa
riprende la posizione iniziale, le mani di Edward si posano sui miei
seni e
iniziano a toccare rudemente, facendomi sentire attraverso quelle
carezze
quanto amasse quella parte di me che mi è sempre piaciuta
meno.
Il calore allo stomaco
si fa sempre più forte, il tremore che scuote il mio corpo
sempre più veloce,
la lingua di mio marito così calda e bagnata che si muove
quasi senza darmi
tregua. Il mio bacino quasi non tocca più il letto, e la mia
schiena si inarca
sempre di più fino a quando, finalmente, non sento
l’apoteosi del piacere
invadermi e scuotermi da capo a piedi, e i gemiti rumorosi trasformarsi
in
semplici ansimi spezzati.
Edward continua a
cullarmi con le sue carezze fin quando non mi sento di nuovo padrona di
me, con
l’intero corpo finalmente disteso rilassato sulle lenzuola e
il battito del mio
cuore accelerato unico testimone di quel piacere intenso appena provato.
In seguito, Edward
ripercorre lo stesso percorso di poco prima in senso contrario,
partendo dal
mio stomaco fin sui seni, sulla gola, e poi sulle mie labbra, sulle
quali
riesco a sentire il mio sapore.
Con un movimento delle
mani, Edward si posiziona per entrare in me, un gesto davvero facile
viste le
condizioni in cui mi trovo. Quando lo sento in me, è come se
mi sentissi
finalmente completa.
Duro e pulsante, non
perde tempo a muoversi in me, pensando adesso solo al suo piacere. Non
mi da
fastidio, al contrario: apro più che posso le gambe
assecondandolo, cercando di
regalargli quanto più piacere possibile.
Io non ne ho bisogno,
non più. Non se vederlo ridotto in quello staso a causa mia
è più di quanto
possa volere dal piacere fisico stesso.
Le sue mani sono ai lati
della mia testa e sento la stoffa delle lenzuola stringersi sotto il
peso delle
sue dita che si stringono ad esse, mentre continua a farmi sua con
affondi
veloci e potenti.
Le mie mani partono al
suo viso e catturo le sue labbra con le mie, baciandolo con quanta
più passione
mi riesce. Sento Edward gemere sulle mie labbra, gemiti che si ripetono
sempre
di più, spinte che si intensificano, e baci che si
moltiplicano in uno scontro
frenetico di lingue.
Sta venendo, intuisco
quando le sue spinte non mi lasciano quasi più fiato. Edward
è costretto a
separare le sue labbra dalle mie per prendere quanto più
fiato possibile,
aggrappandosi con una mano alla tastiera del letto, e gemendo
rumorosamente,
gemiti che adesso non sono più coperti dalla mia bocca come
poco prima.
Tuttavia continuo a
baciarlo, sul mento, sulla gola, di nuovo sul mento. Parecchio vicino
alla sua
bocca, quando posso. E lo stringo sempre più forte a me,
senza lasciarlo, il
suo corpo che ormai striscia sul mio incrementando le spinte.
Quando inarco il bacino
per venire incontro a una sua spinta, riesco a sentire sotto il peso di
quelle
spinte di nuovo il piacere, questa volta molto più veloce
grazie alla
sensibilità che ancora provano le mie membra.
Quasi come di volontà
propria, le mie mani si muovono verso la schiena di Edward,
soffermandosi sulle
sue natiche e stringendo forte, per assecondare le sue spinte, e
raggiungere un
secondo sorprendente orgasmo per la prima volta insieme a lui.
È una sensazione del
tutto nuova e ancora più intensa, perché
è come se i nostri tremiti si unissero
e l’uno scomparisse più a fondo in quello
dell’altro, mentre entrambi ci
lasciamo andare col medesimo trasporto e senso di appagamento.
Avevamo avuto sempre
un’intesa fisica perfetta, ma questa sera è stata
qualcosa ancora più che
perfetta. Indescrivibile. E non so se prenderla come un segno.
Edward rimane disteso su
di me per qualche istante prima di voltarsi e stendersi con la schiena
sul
letto, sfinito probabilmente molto più di me.
Provo sempre
dell'imbarazzo, quando tutto finisce. La cosa bella, però,
è che Edward ormai
non si allontana più: si addormenta vicino a me, senza
sentire il bisogno di
alzarsi e andare in qualunque altra stanza. Un altro piccolo passo
avanti.
///
Sorridevo senza quasi
accorgermene, troppo presa a godere della stretta di mio marito che
sembrava
così fiero di mostrarmi a tutti i suoi soci e colleghi, o
gente benestante come
lui.
Era l’ennesima cena a
cui presenziavamo, ma non ero annoiata. Edward mi aveva sin da subito
avvertito
che, essendo un uomo molto famoso come imprenditore, avrebbe spesso
dovuto
cenare con gente illustre.
La cosa non mi pesava,
mi divertiva. Mi faceva sentire bene, perché la maggior
parte di queste cene
trattava di beneficenza, e io ero orgogliosa di essere la moglie di uno
dei
tanti uomini che collaboravano.
Sto sorridendo
ascoltando le parole di un giovane socio di Edward quando sento le sue
dita
stringersi attorno al mio fianco in modo rude, così diverso
dal suo solito.
Alzo lo sguardo su di
lui, perché mi sta facendo davvero male, e quasi impietrisco
quando noto che il
sorriso compiaciuto di poco prima è scomparso per lasciare
il posto ad un’espressione
a metà fra la rabbia e la sorpresa. È sconvolto,
ma non lo da a vedere.
Fissa un punto alle mie
spalle e mi volto verso quel punto, non potendo immaginare chi possa
averlo
ridotto in questo stato. Trattengo il respiro quando scorgo la figura
di mio
fratello avanzare verso di noi con uno strano sorrisino.
“Buonasera,
signori”
esordisce allegramente, interrompendo in modo sgarbato il collega, il
quale lo
fissa con stupore.
“Garrett, posso
chiederti cortesemente di continuare più tardi la
conversazione?” Edward pone
la domanda all’uomo in questione, ma i suoi occhi non
lasciano un istante mio
fratello.
La tensione è palpabile,
e Garrett non osa nemmeno offendersi, preferendo invece allontanarsi
come
implicitamente ordinato da Edward.
“Che diavolo ci fai
qui?” ringhia quasi questo, compiendo un passo avanti e
separandosi dal mio
corpo.
È furibondo, e temendo
possa essere capace di scatenare una rissa davanti a tutti causando uno
scandalo, faccio un passo avanti raggiungendolo e posando le mie mani
sulla sua
schiena.
“Edward, fermo”
lo incito
con voce tremante per la preoccupazione.
Lancio un’occhiata a
Jasper ma lui non sembra nemmeno notarmi. Il divertimento è
sparito e ora i due
stanno lanciandosi occhiate di fuoco.
“È meglio se
te ne vai”
continua Edward, senza dar segno d’avermi sentito. Ma
l’ha fatto, perché ha
arrestato i suoi passi poco prima di raggiungere mio fratello.
“Perché?
Sembravi morire
dalla voglia di tirarmi un pugno. È incredibile che mia
sorella abbia una così
tale influenza su di te da indurti a cambiare idea!” esclama
Jasper maligno.
Gli lancio un’occhiata
sconvolta. Ma cosa diavolo cerca di fare? È forse impazzito?
“Jasper,
smettila!” gli
ordino con rabbia.
“Lei non verrà
con te”
esordisce Edward improvvisamente, quasi cambiando il filo del discorso.
Cosa c’entro io?
Perché
crede che sia questo ciò che è venuto a fare mio
fratello?
“È mia
sorella” sibila
Jasper.
“È mia
moglie!” esclama
con molta più forza Edward, compiendo un altro passo avanti.
Lo fermo di nuovo,
questa volta prendendogli una mano e posando l’altra sul suo
petto. Riesco a
sentire i battiti accelerati del suo cuore. Era così
tranquillo e sereno, poco
fa...
“Edward, ti
prego”
sussurro nella sua direzione.
Non mi fissa, ma capisco
che le mie parole hanno comunque fatto effetto quando lo sento tremare
per lo
sforzo di trattenersi.
“Allora
è...”
“Piantala, Jasper.
Smettila!” lo interrompo prima di un’altra
provocazione.
“Voglio parlare con te.
Da solo” sentenzia, fissandomi per la prima volta.
“Non se ne
parla”
risponde subito Edward.
Sento la mano stretta alla
mia stringere la presa.
“Perché?”
lo sfida mio
fratello, sorridendo. “Hai paura che Bella possa ammettere la
verità con me?
Hai paura che non ritorni più con te, visto che
andrà via con me?”
Edward non risponde alla
provocazione. Sento la presa allentarsi leggermente, poi sempre di
più, e vedo
un’espressione stanca sul volto prima arrabbiato.
No. Oh, no. Jasper ha
colpito nel segno, senza sapere che mio fratello stesso ha frainteso
tutto.
“Hai paura...”
Lo interrompo ancora.
“Non ha paura di niente, Jasper. Non ho alcuna intenzione di
tornare con te. A
dire il vero non so nemmeno perché tu abbia potuto pensare
volessi tornare con
te. È questo il mio posto” comunico freddamente,
con decisione e senza
smetterlo di fissarlo.
Sorprendentemente, per
quanto lo amo e mi manchi, so che ciò che ho appena detto
è la pura verità.
Niente rimane per sempre, avrei dovuto separarmi dai miei genitori, da
mio
fratello, dalla mia famiglia, per crearmene una nuova. L’ho
fatto con Edward.
Non posso abbandonare mio marito.
“Sei
impazzita?” sbotta
lui, capendo quanto dico il vero. “Mamma e
papà...”
“Sopravvivranno. Anche
tu te ne sei andato per farti una tua vita. Questa è la mia,
adesso.”
“Non è la
stessa cosa!”
obbietta ostinatamente. “Io non mi sono sposato, e se anche
lo fossi stato, non
avrebbero odiato mia moglie.”
Mi irrigidisco a quelle
parole.
“Perché loro
odiano
Edward, invece, vero?” domando con voce dura. Vorrei dirgli
tante cose, ma
sento solo la rabbia e la delusione mescolati in me.
“È mio marito, Jasper”
sibilo. “E le cose non cambieranno, specialmente visto che si
permettono di
inviare te al posto loro!”
“Ho detto loro io di non
venire, perché papà era abbastanza agitato quando
sono tornato e mamma stava
quasi per sentirsi male. Io non ho idea del perché, nemmeno
conosco tuo marito
e a questo punto nemmeno mi interessa. Ma sappi che ti stai comportando
da
egoista.”
Una volta le sue parole
mi avrebbero ferita, perché corrispondono in parte al vero.
Ho rinunciato a
loro per Edward. Ma lui non sa cosa so io da settimane a questa parte,
e non ho
alcuna intenzione di dirgli la verità solo perché
dubita di me.
Avrebbe dovuto capire
cosa mi ha portato a una decisione tanto drastica, che
c’è un motivo per cui
oso comportarmi così, e invece non l’ha fatto. Non
mi importa. Voglio solo che
Edward si fidi di me, per questo non ne faccio il minimo accenno.
Edward, però, non
è
soddisfatto: “Adesso basta” sibila minaccioso,
compiendo un passo avanti. Non
lo fermo: il suo tono è semplicemente
d’avvertimento.
Capendo che non andrò
con lui, Jasper scuote la testa e lancia un’occhiata carica
d’odio a Edward.
Infine, senza aggiungere altro, se ne va lasciandoci finalmente soli.
“Non sapevo sarebbe
venuto” mi affretto a chiarire, temendo possa pensarlo.
Edward si volta verso di
me un istante dopo, il viso stanco. “Lo so, Bella”
sussurra. “Non l’ho mai
pensato” aggiunge, accarezzandomi i capelli.
Gli sfioro il ventre
piatto con le mani, stringendomi a lui. È diverso, lo vedo.
Non è più l’Edward
di poco fa, tranquillo e sereno, ma è ritornato
l’Edward vittima degli incubi
del passato.
“Mi dispiace
tanto”
continuo, riferendomi a tutto.
È colpa della mia
famiglia se sta sempre male. È come se fosse colpa
mia…
“Non scusarti. Non
è
colpa tua” risponde semplicemente, accarezzandomi anche con
l’altra mano.
“Nessuno poteva sapere che sarebbe venuto” aggiunge
ancora, come a
tranquillizzarmi.
Non mi convince per
niente, ma sorride. Un sorriso stanco. Pur a malincuore, ricambio anche
stavolta, senza sapere se questo può essere un altro passo
avanti: sapere che
non ha dubitato di me quando in passato l’avrebbe fatto.
Edward’s
pov
Bella dormiva
teneramente abbracciata al mio cuscino. Io mi stavo vestendo per
affrontare
un’altra giornata di lavoro, l’ennesima di due mesi
e mezzo che mi pesava come
un macigno.
Ma ero io a caricarmi
così tanto, perché se qualche mese prima volevo
semplicemente sfuggire alla
presenza costante di mia moglie, da quando mi ero aperto con lei in un
momento
di assoluto sconforto, perso nei ricordi, le cose erano cambiate.
All’inizio non volevo
certamente ammetterlo, ma alla fine mi ero reso conto che
così facendo mi
comportavo da stupido: sfuggivo alla sua presenza perché
starle vicino mi
rendeva tranquillo e sereno come mai mi era capitato. Quasi mi rendeva
felice.
E lo so che era un controsenso, perché tutti desideriamo la
felicità, ma io non
posso certo permettermi che sia lei
a
rendermi felice.
Per lo meno, è questo
che pensa la mia mente. Ogni giorno che passa, diventa sempre
più difficile
starle lontano, ed è per questo che intensifico sempre di
più le ore di lavoro,
come a punirmi per questo desiderio che non dovrei provare.
Anche questo è un
controsenso, perché voglio starle lontano eppure non voglio
quasi più
vendicarmi sul padre, perché se lo facessi non ho dubbi che
Bella se ne
andrebbe, e io non la rivedrei mai più.
La verità è
che ero
sempre stato un uomo impulsivo che agiva secondo le sue regole, i suoi
momenti.
E Bella? Lei scombussolava il mio mondo.
Anche ora, mentre
indosso la camicia osservandola dormire beatamente, quasi vorrei
mandare al
diavolo tutti e tutti e infilarmi nel letto insieme a lei. Ma non
posso. Per
cui metto da parte quello stupido desiderio e cerco di convincermi che
l’unica
cosa da desiderare è il mio lavoro.
Quando però
effettivamente sono nel mio ufficio, non riesco non solo a pensare a
lei, ma
neanche a combinare qualcosa di buono. Mi sento confuso, frastornato,
con la
testa altrove: nel mio letto con mia moglie nuda, coperta solo da quel
misero
lenzuolo che stamattina ho tanto odiato.
“Signor
Cullen?”
annuncia Angela all’interfono, la mia segretaria.
“Dimmi” la
sprono.
“C’è
un signore che
desidera vederla. È urgente, dice.”
Sospiro, pensando che
forse un incontro di lavoro – sebbene non organizzato
– possa aiutarmi a
concentrarmi sul mio ambito lavorativo e non su mia moglie.
“Va bene. Fallo
entrare.”
Quando però
l’uomo
entra, la prima cosa che faccio è maledirmi per avergli dato
il mio benestare a
farlo. Subito dopo maledico lui, il fratello di Bella che non vuole
capire lei
appartiene solo a me.
“Cosa diavolo
vuoi?”
sbotto gelido, alzandomi in piedi.
“Non voglio
litigare”
annuncia come prima cosa, e allarga le mani come segno di resa.
“L’altra sera…
non ero in me. Ero solo molto arrabbiato.”
Mi dico che lui, come
Bella e sua madre, non ha nulla a che fare con gli errori del padre. Me
lo
ripeto tre volte, prima di rinunciarvi: è come se provassi
odio per Charlie e
repulsione per la sua famiglia. Un tempo era così anche con
Bella, è stata la
mia rovina l’essermi avvicinato così tanto a lei.
Tuttavia, mi accorgo di
essere più disposto ad ascoltarlo – prima di
buttarlo fuori – meglio di quanto
lo ero l’altra sera.
“Io
amo mia sorella. La amo molto più di
quanto possa anche solo minimamente importarti di lei. E lo so, a te
non
importa nulla di lei.”
Mi irrigidisco senza
nemmeno sapere perché. Non mi importa se pensa questo.
“Ma a me sì, e
so che
sta soffrendo per non essere vicina ai suoi genitori.”
“Genitori che non si
sono degnati di fare una telefonata” rinfaccio io.
“Tu hai mentito durante
la luna di miele! O hai dimenticato quel tuo stupido giochetto? E poi
toccava a
Bella: nessuno l’ha costretta a sposarsi con te, doveva
essere lei a chiamare
perché mio padre sapeva che non le avresti permesso di
risponderci. Doveva
chiamare almeno per farci sapere che andava bene. Se
andava tutto bene” mormora eloquente.
“Mia moglie sta
bene”
annuncio ricalcando sul ‘mia moglie’. “Su
questo non dovete preoccuparvi. E sì,
hai ragione. Non voglio che tuo padre abbia niente a che fare con Bella
ora che
appartiene a me” affermo con decisione.
“Mia sorella non ti
appartiene! Lei non è un oggetto che puoi mostrare a quei
quattro gatti che ti
ritrovi come amici! Smettila di vederla in questo modo.”
“So che Bella non
è un
oggetto, ma rimane comunque mia moglie, ed
è mia” continuo testardo.
“Quindi ci tieni a
lei?”
chiede come a sfidarmi.
“Non vedo per quale
motivo debba risponderti” replico duramente.
Jasper sospira,
passandosi le mani fra i capelli. “Senti: tu non piaci a me e
io non piaccio a
te. Ma abbiamo una cosa in comune, Bella.
E se a te frega meno di zero, lei è tutta la mia vita per
me, e non voglio che
soffra. Anche tu hai una sorella, no? Ti farebbe male vederla
soffrire.”
“Ti do dieci secondi
prima che ti butti fuori, la mia pazienza ha un limite e tu
l’hai superato già
bellamente.”
“Ascoltami!”
ribatte
esasperato. Non sembra decisamente il Jasper dell’altra sera.
Forse aveva
bevuto, mentre ora è sobrio. “Falla parlare con i
miei. Almeno per un minuto…”
“Va bene,
fuori” gli
ordino andando verso la porta del mio ufficio.
“Vuoi bene a
Bella?”
urla quasi, insistendo. “Non devi rispondere a me, devi
rispondere a te stesso!
I miei genitori la amano, la amano davvero, e Bella ricambia con tutto
il
cuore. Tu non vuoi avere niente a che fare con loro, ma che ti costa
farli
incontrare in luoghi che tu non frequenti? Non è un gran
sacrificio!”
Jasper ha ragione, da un
lato. Non sa che il solo pensiero mi da’ ribrezzo.
“Pensaci, okay? Per
favore. Non ti dico di farlo se ti importa di mia sorella, te lo chiedo
se hai
un cuore.”
Sono le ultime parole
che mi dice, prima di imboccare lui stesso l’uscita e
lasciarmi da solo con i
miei pensieri. Non ho alcuna intenzione di far incontrare Bella con i
suoi, e
la cosa non cambierà. Non mi importa se Charlie
soffrirà, meglio.
Bella purtroppo ci andrà
di mezzo, ma non posso farci nulla. Imparerà a convivere
come ho imparato io a
sapere mio padre vivo senza però alcuna
possibilità di vederlo.
Diventa facile, passati
i primi anni. Poi, inevitabilmente ti rassegni. Lo farà
anche Bella.
Ma allora perché mi
sento in colpa verso di lei?
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Wow,
un miracolo. Sono riuscita ad aggiornare dopo 3 giorni solo la prima
volta, per
il primo capitolo dopo l’introduzione. E questo
perché avevo il primo capitolo
già pronto! Ma durante questa settimana ho avuto del tempo
libero perché non
sono andata a scuola, per cui perché non approfittarne?
Ho
tante cose da scrivere, ma non posso ora perché vi spoilerei
metà capitolo. Ci vediamo
a fine capitolo :)
Capitolo
13
Nelle settimane
a seguire, fui fermamente convinta
d’aver raggiunto il limite. Durante tutti quei giorni passati
assieme ho
cercato con ogni mezzo di mostrarmi il più amorevole e
disponibile possibile,
giuro.
Edward,
però, pur comportandosi con gentilezza con
me, non faceva né mostrava altro. Era appunto questo il
problema: era gentile
come un estraneo può esserlo con un’altra persona
che non conosce.
Sapevo che aveva
bisogno di tempo, e per carità:
questo e altro per aiutarlo a rendersi conto di dover superare un
problema che
fino a poco tempo prima non voleva nemmeno ammettere –
l’abbandono consensuale
della madre – ma non ero un robot, ero fatta di carne e
soprattutto di
sentimenti, e quella freddezza gentile mi feriva.
Ero
un’estranea per lui e non mancava di farmelo
notare a piccoli gesti, come i sorrisi cordiali che mi rivolgeva e le
poche
attenzioni che mi riservava.
Nei mesi
precedenti mi ero detta sino allo svenimento
che tutti i sgraditi comportamenti di mio marito verso di me, durante
gli inizi
del nostro matrimonio, erano dettati dalla rabbia, dal desiderio di
vendetta.
Mi dicevo che era umano e che sbagliava, che in preda alla rabbia
agiamo in
modi che, se consapevoli, non prenderemmo mai in considerazione.
Per cui ero
riuscita ad ignorare tutte quelle volte
che mi aveva trattato male, riversando su di me l’odio che
provava per mio
padre. Ma ho ignorato, non cancellato. Non credo di poter mai
cancellare le
volte in cui mi fissava con disprezzo, con disgusto.
E adesso,
benché le cose fossero un po’ migliorate,
cercavo un qualsiasi pretesto per convincermi che quei piccoli passi
che dovevo
e volevo fare non fossero tempo sprecato. Mi serviva quella spinta che
Edward
doveva darmi, ma che non mi dava.
Sembrava
pretendere che gli fosse tutto dato, mai
guadagnato. E per quanto mi dispiaceva, non ero disposta a questo. Ha
sofferto,
mi dispiace enormemente, ma ciò non significa che
può far soffrire anche me. Io,
che fra l’altro cerco solo di aiutarlo.
Carlisle ha
detto che forse ero l’unica che poteva
aiutarlo ad uscire dal baratro di vendetta e risentimento in cui ha
vissuto per
tutti questi anni. Io ero convinta che si sbagliava. Forse ho per la
prima
volta ragione…
///
Sono arrabbiata.
Sono molto arrabbiata. Con Edward,
ovviamente. Nulla di nuovo.
Nelle ultime
settimane mi era capitato spesso. Più
che arrabbiata, ero innervosita con lui per ciò che doveva
fare ma non faceva,
e ad ogni minima sua frase che mi rivolgeva spontaneamente –
poche, e questo
non faceva che irritarmi ancora di più – cercavo
di dirmi che dovevo essere
gentile nel rispondergli.
Lui è
seduto sul letto con il portatile sulle
ginocchia, in pigiama. Io sono seduta sulla poltrona, ad occupare la
scrivania.
Sarebbe stato un bel momento di pace condivisa da una coppia di sposi
se non
sentissi quest’aria tagliente intorno a me.
Sono le dieci di
sera e lui è da un po’ che
preferisce terminare il lavoro qui in camera con me che da solo nel suo
studio.
È capitato per sbaglio inizialmente, perché una
sera lui era al lavoro e io
avevo bisogno del suo laptop, così l’ho preso in
prestito. E da quella sera in
cui lui ha dovuto finire lì, ho fatto in modo tale da far
ricapitare la stessa
situazione.
E da qualche
giorno è ormai lui che ha preso
l’iniziativa. Questo è uno di quei gesti che mi
fanno pensare di star facendo
dei piccoli passi, ma con Edward uno ne compi avanti e due ne fai
indietro.
La lettura di un
libro viene interrotta dalla sua
voce, sussurrata quasi come faticasse a fare quella domanda.
“Ti
mancano?”
Giuro che
inizialmente non capisco a chi si
riferisce. “Chi?” Poso gli occhi su di lui,
chiudendo il libro e aspettando che
prosegua.
“I
tuoi genitori” risponde dopo un attimo di silenzio.
Ammetto di non
sapere cosa rispondergli. Se mi
mancano? Ovvio che sì. Amo loro come loro amano me e, fosse
stata una mia
scelta, non avrei mai rinunciato loro. Sono molto legata ai miei
genitori.
“Credo
che una chiamata non farebbe male a nessuno”
aggiunge infine, facendomi trattenere il respiro.
Solo fino a un
mese fa non potevo nemmeno
pronunciare riferimenti ai miei genitori nemmeno per sbaglio, e ora
Edward mi
propone di chiamarli? Perché diavolo deve confondermi
così tanto? Mi farà
diventare matta.
Lui non mi ha
mai fissato fin’ora, continua a
digitare qualcosa dalla tastiera, ma percependo il mio silenzio per la
sorpresa, e forse anche irritatosi, chiudo di scatto il suo portatile e
scrolla
le spalle, alzandosi dal letto.
“Non
mi interessa, basta solo che non proponi loro
di venire qui” prosegue con voce tranquilla, uscendo dalla
camera da letto.
Non so se le sue
parole mi fanno più piacere o male.
Non so per quale miracolo, ma mi ha finalmente dato il permesso per
incontrare
i miei genitori, e questo ovviamente non può che farmi
piacere! Ma ugualmente
quel ‘non mi interessa’ mi fa capire quanto non gli
interessi di me. È
questo fa male, fa tanto male.
///
Credo non ci sia
sentimento peggiore del sentirsi
soli.
Se sei felice
perché magari ottieni qualcosa che
desideravi con tutta l’anima, non credo sia una reale
felicità se non la
condividi con un familiare o un’amica speciale.
E se sei davvero
sola, allora è come se tutto fosse
perduto. È peggio che sentire dolore.
I miei sono
ancora a Forks, Dopo l’arrivo a New York
di qualche mese fa, per cui ho potuto fare una telefonata. Una pessima
telefonata, dove dopo i primi minuti di lacrime di gioia e di frasi
amorevoli
che ricambiavo appieno, è svanito tutto non appena mio padre
ha cominciato a
parlare male di Edward.
Non volevo
sentire nulla, perché sentivo di essere
abbastanza fragile da cominciare a credere alle sue parole, e gli ho
chiesto di
smetterla. Papà ha intensificato le parole, io ho dovuto
chiudere
sbrigativamente la chiamata, fra lacrime di dolore.
Al mondo avevo
solo i miei genitori, mio fratello.
Poche settimane fa pensavo d’avere anche mio marito. E adesso
non ho nessuno su
cui poter contare…
///
Spesso nei film
quando sta per succedere qualcosa di
grave la protagonista riesce ad avvertirlo. Suppongo che, se avessi
avuto anche
io quel famoso sesto senso, avrei dovuto percepire anche io che
qualcosa stava
per accadere.
È
questo che penso quando rispondo alla chiamata
anonima sul mio telefonino e una voce sconosciuta mi arriva alle
orecchie.
“La
signora Cullen?”
“Sì?”
“Volevo
solo consigliarle di entrare su internet e
cercare il nome di suo marito su Youtube. Buona serata.”
La chiamata
viene interrotta prima che io possa
chiedere spiegazioni o fare domande sul perché dovrei fare
una cosa simile.
Però lo sento ora, il sesto senso che mi dice di fare come
mi è stato
suggerito, e a voler essere onesta non voglio perdere tempo.
Sento…
qualcosa, proprio alla bocca dello stomaco, e
mi sento agitata, e vorrei solo correre e affrettare i miei gesti.
Prendo il laptop
di mio marito ed entro su internet.
La pagina sembra caricarsi con molta più lentezza del solito
ma, quando
finalmente compare la home del sito, riesco a digitare Edward
Cullen solo dopo due tentativi falliti.
Nelle anteprime
dei vari video c’è Edward spesso
solo, o magari accanto a un uomo, mentre sta parlando con qualcuno o
presentando qualcosa. Sono normali eventi a cui partecipa, non vedo
nulla per
cui dovevo scomodarmi.
È
tuttavia l’ultimo video caricato ad attirare la
mia attenzione, il suo titolo ad essere più precisi:
‘Edward Cullen a cena con
una nuova fiamma’.
Il mio cuore
batte sempre più veloce quando noto che
effettivamente nell’anteprima scura perché la
registrazione è avvenuta durante
la notte, vi sono due figure vicine. Molto vicine fra loro. Quando
clicco per
vedere il video, penso seriamente di poter morire per l’ansia.
Il video dura
pochissimo, circa tre minuti e mezzo,
ma bastano e avanzano per sentirmi male. All’inizio ci sono
solo varie foto,
dove Edward cena in un ristorante con la brunetta tutta curve
– come descritto
nel box informazioni – e si sorridono e si vede che sono
entrambi a loro agio.
Per lui non
è un’estranea, è un’amica,
una
confidente. Con disgusto mi chiedo se sia pure la sua amante.
Il restante
video mostrava l’uscita dei due: non vi
erano paparazzi e la persona che aveva registrato il tutto era ben
nascosta, si
capiva da com’era fatto il pezzo. Edward e la ragazza
camminavano l’uno
affianco all'altro, sorridenti e tranquilli come quando cenavano.
Infine,
entravano dentro la sua auto.
Il video
mostrava la data di ieri e non avevo dubbi
che la persona che l’avesse registrato non avesse perso tempo
a caricarlo.
Edward era
uscito con un’altra donna ieri e non m’aveva
detto nulla. Effettivamente, nel video non c’erano gesti
affettuosi come
carezze, mani che si sfioravano, o altro. Ma era il modo in cui
trattava lei
che mi faceva impazzire di gelosia. Non aveva mai trattato me
così.
E soprattutto,
mi aveva mentito.
Io aspettavo
qualcosa che mi facesse capire cosa
fare, un suo gesto che mi facesse capire se valeva la pena di
combattere o
meno. Me l’aveva dato, quel gesto. Peccato che era ben
diverso da come me lo
aspettassi...
Edward’s
pov
Quando torno a
casa c’è uno strano silenzio. Be’,
c’è
sempre stato silenzio, ma questa volta sembra tutto diverso: le luci
del
salotto sono spente quando sono invece sempre accese, anche se mia
moglie non è
in quella stanza.
Solitamente, se
non è lì, è in camera sua.
Ma quando vado a
cercarla in camera da letto, lei
non c’è. Le ante dell’armadio sono
stranamente aperte e quando mi avvicino per
chiuderle mi rendo conto che sono inspiegabilmente vuote. Ammetto di
essere un
tantino confuso...
Perché
mia moglie ha mandato tutto il suo guardaroba
in lavanderia?
C’è
però un’altra cosa che noto, un biglietto
ripiegato dentro l’armadio. Mi sembra strano trovare
l’armadio vuoto e un solo
biglietto dentro, per cui preso dalla curiosità lo prendo e
lo leggo.
È con
del senso di colpa che mi rendo conto che la
scrittura che mi si presenta non la riconosco, benché
intuisca a chi
appartenga. In tre mesi che siamo sposati, non ho mai nemmeno visto la
scrittura di mia moglie...
‘Nei
libri quando succede qualcosa del genere, la
ragazza lascia sempre un biglietto lungo quanto un foglio di quaderno,
pieno di
frasi d’effetto che mi lasciano sempre a bocca aperta: dove
le avrà mai
trovate? È per questo che preferisco andare al sodo: me ne
sono andata, Edward.
E ho persino litigato con mio padre, nel caso ti interessasse saperlo.
Hai
vinto, Charlie ha perso, io ci sono andata di mezzo. È
questo che ti eri
prefissato per un’intera vita e ci sei riuscito. In un certo
qual modo, c’è da
essere orgogliosi. Complimenti, Edward, e buona vita.’
Giuro che ho
bisogno di rileggerla una seconda
volta, e poi una terza, per capire appieno il significato di queste
parole. Non
hanno senso. Perché avrebbe dovuto lasciarmi? No, non
può avermi lasciato. E
dai, siamo sposati!
Sto ancora
cercando di capire quando sento il
telefono vibrare. È lei, immagino subito.
No, è
un messaggio di Sam nel quale sembra a quanto
pare che il mio caro fratellino è qui e pretende di vedermi.
È la sua
espressione furiosa a non convincere il mio dipendente.
Sempre
più confuso, dico a Sam di lasciarlo entrare
e scendo le scale. Arrivato all’ultimo gradino, sento la
porta aprirsi e vedo
entrare Emmett incazzato come non mai.
“Possibile
che devi combinare sempre casini, tu? Per
una volta che avevi trovato una donna che fosse interessata a te e non
al tuo
portafoglio!” esclama senza nemmeno salutarmi.
“Mi
spieghi di che parli?” lo sprono, perché davvero
non ho idea di cosa stesse parlando.
“Il
video. Dovevi proprio tradire Bella a nemmeno un
anno di matrimonio? Diamine, sapevo della crisi matrimoniale ma non mi
aspettavo si dovesse affrontare a nemmeno sei mesi!”
Alzo le mani in
segno di resa, aggrottando le
sopracciglia. “Aspetta, aspetta. Di che tradimento parli? Di
che video?”
“Non
l’hai visto? Avresti potuto stare più attento
nel portarti a cena una donna e poi accompagnarla chissà
dove!”
Ci metto un solo
istante a capire a cosa si
riferisce. Stanco, chiudo brevemente gli occhi.
“Perché se esco con una donna
pensate subito che ci vada a letto?”
Emmett sta per
rispondere ma il telefono vibra una
seconda volta. Questa volta deve essere lei. Guardo la chiamata in
arrivo: è di
nuovo Sam.
“Signor
Cullen, c’è un signore che desidera vederla
con urgenza. Ha detto che è il fratello della
signora...”
“No!
Non farlo entrare!” Ci manca solo lui.
“Signore,
ha detto che se non lo fa entrare
scatenerà il putiferio mondiale facendo appostare i
paparazzi fuori dalla sua
villa.”
Sbuffo intuendo
che ne sarebbe capace. Do’
sbrigativamente il mio permesso e ritorno a mio fratello.
“Non
l’ho tradita” dico con fermezza.
Non gli serve
altro: mi crede, e dopo un attimo di
esitazione mi domanda: “Allora chi era?”
“Già,
lo vorrei sapere anche io!”esclama furibondo
Jasper, avvicinandosi minacciosamente a me.
“Mia
cugina!” esclamo stizzito.
Odio dover dar
loro spiegazioni. Se proprio devo
darli a qualcuno, quella è mia moglie.
“Tua
cugina?” fanno all’unisono, sorpresi.
“Sì”
rispondo in direzione di Jasper. “Alice”
aggiungo in direzione di Emmett.
Emmett sgrana
gli occhi e sorride entusiasta.
“Quella nanetta? Ma non era a Parigi?”
“Infatti
lo era, ma ha deciso di passare qua qualche
mese prima di cominciare l’università
e...”
“Mi
spiegate che accidenti significa? Hai tradito o
non hai tradito mia sorella?!” urla Jasper al limite della
sopportazione.
“No!”
urlo anche io. “Cristo santo, mia cugina è
venuta a trovarmi fuori dal lavoro ed era affamata, e per una fottuta
cena improvvisata
con mia cugina si sta scatenando l’inferno!?”
Siamo
tutt’e due affannati e pallidi, senza sapere
che altro dire.
“Okay,
prendete un bel respiro” ci sprona con calma
Emmett.
Io lo faccio
cercando di calmarmi, Jasper lo fa
adesso visibilmente rassicurato.
“Dov’è
Bella?” gli chiedo infine.
Mi rivolge
un'occhiata confusa. “Ehm... qui?”
Forse Dio mi sta
fermando dal dargli un pugno. “No,
idiota, non è qui.”
“Non
chiamarmi...”
Emmett lo
interrompe. “Okay, se non è qui
dov’è?”
sbotta.
“Cosa
vuoi che ne sappia io? Per colpa sua non le
parlo da un po’” mormora sarcastico in direzione di
mio fratello e riferendosi
a me.
Okay, non appena
la situazione si sistemerà lo
ucciderò.
Emmett mi lancia
un’occhiataccia. “Non riprendiamo
il discorso che è meglio...”
“E
vogliamo parlare del fatto che le ha pure
proibito di parlare con...”
“Adesso
basta!” esclamo, sentendo la rabbia montare
in me. “Dove cazzo è mia moglie!”
Cala il silenzio
dell’ingresso e tutt’e tre ci
fissiamo l’un l’altro come a leggere la risposta
nel volto di uno di noi. A
quanto pare, però, nessuno conosce la risposta.
Preso dalla
disperazione, Jasper si passa una mano
fra i capelli. “Oh mio Dio, è scomparsa!”
Fermo le mie
mani tre secondi prima che raggiungano
il collo del mio caro cognatino, preferendo passarmeli anche io fra i
capelli
come a ravviare anche i miei pensieri. Sembra funzionare:
“Non perderlo di
vista, se riesce a trovare qualcosa fammi sapere” dico a
Emmett, mentre Jasper
urla un “Ehi!” offeso.
Non rispondo
nemmeno: esco di casa per cercare mia
moglie.
///
Okay:
teoricamente, lei con una valigia può andare
solo in tre posti: dai suoi, da Rosalie, in uno degli alberghi di New
York. Ma
le cose stanno così: i suoi sono a Forks ed escludo
immediatamente una sua
partenza.
La prima opzione
è Rosalie. Quando però raggiungo il
suo appartamento lei non solo sembra non sapere nulla di quanto
successo, ma la
sua casa è effettivamente vuota. E lo so perché
ho controllato tutte le stanze
con le grida e gli insulti della ragazza dietro le spalle. Gli insulti
sono
migliorati dall’ultima volta, perché in effetti
aveva altro materiale su cui
prendere spunto data la mia breve spiegazione perché
pretendeva di sapere.
In tutto questo,
ha anche provato a chiamarle ma
Rosalie ha detto che il telefono squillava e basta, e immagino che se
non vuole
rispondere alla sua amica, non risponderà a me nemmeno sotto
tortura.
Tolta Rosalie,
rimangono gli hotel. Per un attimo
penso di strappami tutti i capelli, perché si parla di hotel
a New York. Il
cosiddetto ago nel pagliaio. Ma in questo caso, è bello
avere delle amicizie.
Non sono amico
di tutti i proprietari, ma almeno la
metà non ho bisogno di controllarli.
Nel giro di un
pomeriggio, sono andato da Rosalie,
ho fatto avanti e indietro per gli hotel più vicini,
richiamato Rosalie per
sapere se aveva novità, sorbito dieci minuti pieni di sue
urla isteriche
intrise di insulti, aspettato che chiunque tra i miei amici proprietari
mi
facesse avere una lista di coloro che avevano pernottato una camera nei
loro
hotel.
Di Bella,
però, nessuna presenza. Non poteva essere
partita, non così all’improvviso senza pensare
adeguatamente. E poi, sembra
impossibile abbia trovato un volo all’ultimo minuto!
Emmett e Jasper
nemmeno hanno notizie, e in un
momento di totale sconforto provo persino dai miei. Non credo proprio
Bella
possa aver deciso di dormire lì, ma sono talmente disperato
che tentare non
costa nulla. Ovviamente, Esme è entrata quasi nel panico e
solo Carlisle è
riuscita a calmarla.
Ma non era
nemmeno lì.
Avevo bisogno di
qualcuno più forte di tutti loro
messi insieme, qualcuno che non riusciva a sopportare nemmeno la vista
di mia
moglie: Victoria.
Sapevo di essere
stato un coglione e sapevo anche
che avrei dovuto avvertire mia moglie, ma non pensavo mica si sarebbe
scatenato
l’inferno. Pensavo invece avrei avuto tutto il tempo di
spiegarle: alla fine,
era mia cugina la donna con la quale ero uscito. Magari non
è mia cugina di
sangue visto che è la cugina di Emmett, però io
la vedo come tale.
Alice
è oggettivamente una bella donna, ma non ho
mai provato attrazione per lei, nemmeno per un secondo,
perché non è quel
genere di bellezza che mi attrae. Soprattutto, sento davvero come se
facesse
parte della mia famiglia e pensare che l’abbiano affibbiata
come mia amante mi
disgusta quanto quando hanno detto che Victoria era la mia amante,
qualche anno
fa.
Ai paparazzi
interessano solo gli scoop, nemmeno si
preoccupano di interessarsi realmente alle persone di cui parlano, e io
pensavo
d’averlo chiarito a Bella.
A quanto pare
no, penso sospirando e dirigendomi
verso casa di mia sorella, stanco morto. Quando lei mi apre, sembra
sorpresa di
vedermi.
“Edward,
ciao!”
“È
successo un casino” annuncio entrando.
“Wow,
anche io sono felice di vederti. Tu sei felice
di vedermi?” chiede ironicamente.
Sbuffo sedendomi
sul divano del salotto di mia
sorella. “I bambini?”
“Da
mia suocera. James è a lavoro. Io sto qui ad
annoiarmi. Che carino che ti sei preoccupato di alleggerire le mie
tetre ore
pomeridiano...”
“Vic,
non sono dell’umore adatto. Bella mi ha
lasciato.”
Sgrana gli occhi
ed esita un momento. “Fammi
capire... Non la dovevi lasciare tu? Carlisle mi ha detto tutto,
sai?”
Scuoto la testa
passandomi una mano fra i capelli.
“Non mi ha lasciato per il padre, ma perché mi ha
visto uscire con una donna
e...”
“Non
ti lascia per il padre ma se ne va senza darti
una spiegazione quando la tradisci? Non so se stimarla
perché ha dignità, o
insultarla per l’egoismo” asserisce pensierosa.
“Vic,
smettila!” esclamo esasperato. “Sono venuto
perché avevo bisogno del tuo conforto, non del tuo
sarcasmo.”
Scrolla le
spalle per niente ferita. “Lo sai che la
mia unica arma è il sarcasmo” si giustifica.
“Però va bene, cercherò di esserti
d’aiuto.” Si schiarisce la gola e la
tranquillità sparisce dal suo volto per
diventare seria. “Dimmi, caro, cosa affligge il tuo povero
cuore?”
Mi alzo avendone
piene le scatole di tutto questo
gioco, ma lei mi ferma.
“Okay,
okay, scusami. Però davvero non ho capito: al
tuo posto la starei cercando, non mi farei consolare a parole da mia
sorella.”
“L’ho
cercata! È un’intera giornata che la cerco,
non la trovo da nessuna parte. Deve stare in una casa, o in una stanza
di
motel, perché ha portato una valigia con sé e
forse anche altro. E non voglio
credere che sia partita, anche no! Non so più che fare, lo
ammetto.”
“Perché
la cerchi tanto se l’hai tradita?” mi chiede
senza il divertimento di poco prima.
“Non
l’ho tradita!” urlo per l'ennesima volta.
“Era
Alice la ragazza del video, Cristo Santo. Perché non mi
chiedete una cosa prima
di giungere da soli alle conclusioni?”
“Alice?
Oh mio Dio...” sussurra con lo sguardo
basso. “Nel video non si nota tanto la ragazza quanto
te.”
“Be’,
se Bella avesse avuto fiducia in me avrebbe
aspettato, invece di fare di testa sua come sempre.”
“Non
la puoi biasimare, Ed” mi rimprovera lei,
sorprendendomi. “Non guardarmi in quel modo!”
esclama leggermente imbarazzata e
infastidita. “Non ho mai nascosto che all’inizio
non mi piaceva, ma col tempo
vuoi o non vuoi devo abituarmi a lei, no? E obbiettivamente parlando,
non la
puoi biasimare.”
Mi appoggio allo
schiena del divano, alzando gli
occhi al cielo. “Non so che fare... Non so dove
cercarla.”
“Senti:
io non la conosco, ma credo che ogni donna
che non vuole essere trovata va a rifugiarsi nel luogo in cui sa la
gente
penserà non andrà. Anche se questo è
il peggior posto al mondo” mi dice,
accarezzandomi velocemente il ginocchio.
Annuisco,
riflettendo sulle sue parole e capendo che
ha ragione. Devo cercarla dove immagino non andrebbe mai.
“Vado, Vic” le dico
incamminandomi verso la porta. “Grazie” sussurro
sconfitto uscendo sulla soglia.
Mi sorride
leggermente, e mi da una pacca sulla
spalla. “Quando vuoi” sussurra, e chiude la porta
dietro di me.
Pov Esterno
Lei sapeva che
era sbagliato. Anni fa, lui era stato
l’unica persona che le fosse mai rimasta seriamente accanto
ed erano stati inseparabili.
Lo amava come forse non amava nessuno, ad eccezioni dei suoi figli.
E odiava
mentirgli ma sapeva che era necessario. Lo
faceva anche per lui, dopotutto. Gli serviva una bella scossa per
svegliarsi.
Suo fratello era stato addormentato per troppo tempo.
Si mosse verso
la camera degli ospiti, aprendo la
porta senza bussare. Sua cognata stava fissando qualcosa – o
meglio, qualcuno –
dalla finestra, lo sguardo perso nella tristezza.
“Se
n’è andato” annunciò
inutilmente Victoria,
palesando la sua presenza.
Isabella vedeva
chiaramente Edward lasciare casa di
Victoria, e la ragazza sapeva che le doveva tantissimo.
“Grazie”
sussurrò stancamente, allontanandosi dalla
finestra.
Victoria la
fissò seriamente. “Prima o poi dovrai
affrontarlo. Mio fratello non ti ha tradito, Bella.”
Bella lo aveva
precedentemente pensato dopo l’iniziale
rabbia, lo sperava. Poi le
è arrivata
la conferma dopo la conversazione origliata. Ma sebbene si sentisse un
po’
meglio, sapeva che le cose non cambiavano. Almeno per lei.
Capendo che non
avrebbe cambiato idea, Victoria
sospirò uscendo dalla stanza e lasciandola sola.
Edward’s
pov
È la
mia ultima possibilità. Non l’avevo fatto
perché sapevo che non mi avrebbe risposto, ma adesso era
giunto il momento di
chiamarla.
La sorpresa
è grande quando, dopo solo il primo
squillo, lei mi risponde, la voce poco più di un sussurro.
“Pronto?”
“Dove
sei?” Avrei voluto che la mia voce fosse stata
più decisa invece che qualcosa simile ad una supplica.
“Edward...”
“Ti
prego” continuo. “Ciò che hai visto...
non è
vero! Hai frainteso, lei non è nessuno, era solo mia
cugina!” riesco finalmente
a spiegarle.
“Lo
so.”
Sono talmente
disperato che non faccio realmente
caso al fatto che, per saperlo, qualcuno deve averglielo detto.
“E allora
perché non torni a casa?”
“Perché
non ho nessun motivo per farlo” sussurra
piano sebbene senza esitazione.
Le sue parole
colpiscono e fanno male. Tanto male.
“Nemmeno... per me?”
C’è
un istante di silenzio prima della sua risposta:
“No, nemmeno per te.”
“Ma
perché, Bella? Ti ho detto che non ti ho
tradita” tento ancora.
“Non
si tratta solo di questo, Edward. È... l’insieme.
Io ho cercato in tutti i modi di starti vicino, di farti sentire bene,
di
renderti almeno un po’ felice. Ma tu non mi hai mai dato
motivo per credere che
fossi felice di avermi con te, sono stata solo un peso e io sono stanca
d’essere
vista così.”
“Ma
non sei affatto un peso! Sei mia moglie,
accidenti, e io ti...” mi blocco all’istante,
sconvolto da ciò che stavo per
dire. “Ti voglio al mio fianco” concludo infine,
ancora sconvolto.
“Mi
hai anche mentito. Potevi dirmi che uscivi con
tua cugina, invece di farmi credere chissà cosa”
afferma con tono accusatorio.
“Se tu
ti fossi fidata di me non avresti dubitato
per un solo istante” rispondo senza esitazione.
Anche stavolta
rimane un istante in silenzio. “Mi
parli di fiducia... Come tu ti sei fidato di me quando ti dicevo che
non ero
come mio padre?” replica infine.
Colpito e
affondato. “Bella...”
“O
come quando ti dicevo che non avevo idea di ciò
che aveva fatto in passato? O quanto pensavi le peggiori cose di me,
nonostante
nemmeno mi conoscessi?” continua imperterrita.
“Bella,
ti prego.”
“Tu
vuoi che ritorni da te senza curarti di come mi
sono sentita, perché in questo momento riesci a pensare a
come ti senti tu, non
è vero?” insiste.
Non so cosa
risponderle senza mentirle, perché ha
ragione. “Cristo, Bella” rispondo con rabbia.
“Fa
male, Edward.” La rabbia sembra sparita dalla
sua voce adesso rotta. Sento il cuore stringersi mentre la immagino in
lacrime.
Ancora una volta per colpa mia. “Lo capisci? Quel video mi ha
fatto male.
Perché io ora so che quella era tua cugina, ma tutto il
mondo no. Per chiunque
ha visto quel video sono la povera moglie tradita per
l’ennesima volta dal
marito. E sai cosa? Forse non ora, ma se continuo così lo
sarò un giorno. E
preferisco fermarmi adesso e fare un passo indietro che rendermi conto
troppo
tardi della persona che non voglio diventare.”
Il mio cuore
perde un battito quando pronuncia
quelle parole, mentre la paura si fa strada in me. “E... e
quel passo che vuoi
compiere. Vuoi... vuoi lasciarmi?”
Per la terza
volta c’è silenzio. “Non so nemmeno
più
io cosa voglio. So solo che sono stanca, Edward” mormora
sconfitta.
È
stanca. È davvero stanca…
“Adesso
devo andare.”
“No,
Bella, aspetta!” Ma lei ha già riattaccato.
Note: che razza
di storia sarebbe se i protagonisti
non si dividono per almeno un capitolo? u.u Però, vi giuro,
è l’ultima volta:
come dice Victoria, Edward deve provare una bella scossa per
svegliarsi, per
abbattere quel muro che ha costruito durante tutti questi anni. Ed
è questa la
scossa che aspettavamo tutti, l’ultimo ostacolo.
A proposito di
Victoria: vi aspettavate che Bella
andasse da lei? Io quasi mi sono applaudita da sola per questo 'colpo
di genio'
hahahah!
Riguardo la
chiamata tra Bella e i genitori: ho
deciso di non soffermarmi su ciò perché in questo
capitolo ci sono state tante
cose che ho dovuto frammentare, una cosa che non mi piace. Per cui ho
preferito
riassumere l’incontro parlando di ciò che davvero
ci interessava, e cioè se
Charlie avrebbe in qualche modo detto la sua versione sul passato alla
prima
occasione. Cosa che non ha fatto. E chissà perché!
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 ***
Buon
martedì a tutti (:
Avrei
potuto aggiornare prima, ma
mi sono operata al braccio e ammetto che a scrivere alla tastiera mi
stancavo
enormemente c.c
Però
eccolo finalmente qui, con
tanto di novità: ancora due, tre capitolo (epilogo escluso)
e la storia
finisce.
Non
ve lo aspettavate? Be’, nemmeno
io. E avrei già da ora tante cose da dirvi! Però
aspetto la fine (wow, fa uno
strano effetto scriverlo, sembra ieri che ho pubblicato solo
l’introduzione
°-°) perché non ha senso stressarvi
già da ora XD
Grazie
a tutti per i bellissimi
complimenti che mi fate, mi rendete le giornate migliori.
Può sembrarvi
ridicolo o sciocco, però è così.
Grazie.
:3 Buona lettura!
p.s.:
note a fine capitolo
Capitolo 14
Erano
passate più di ventiquattro ore ma ancora non ero riuscito a
scoprire dove
fosse mia moglie.
Continuavo
a pensare ai possibili posti dove fosse andata a stare, ma non
conosceva
nessuno qui e avevo già controllato nelle case delle poche
persone che potevano
ospitarla.
Carlisle
mi avrebbe subito detto se Bella fosse stata da lui e da Esme, per cui
era
escluso che fosse da loro. Emmett era venuto a cercarmi come un diavolo
per
rimproverarmi – cercava da tanto un pretesto simile, visto il
suo disprezzo
verso la vendetta che io, mia sorella e Carlisle volevamo attuare
– perché aveva
sin da subito preso in simpatia mia moglie.
Jasper
nemmeno a pensarci, perché era davvero terrorizzato quando
aveva saputo che
Bella non era a casa con me. E Rosalie… be’, lei
lo era altrettanto, e poi in
casa non c’erano né Bella né una
valigia in più.
Effettivamente,
Victoria aveva ragione. Bella sapeva che i primi luoghi in cui avrei
controllato sarebbero state quelle case, e che con gli agganci che
avevo potevo
sapere in quale camera d’albergo avesse pernottato.
No,
non poteva essere in uno di quei posti.
’Ogni donna che non vuole essere trovata
va a rifugiarsi nel
luogo in cui sa la gente penserà non andrà. Anche
se questo è il peggior posto
al mondo.’
Quale
poteva essere per Bella il posto peggiore al mondo, quello dove
immagina non cercherei
mai? Non è che conosca bene la città, lei abitava
ancora a Forks fino a
qualche mese fa.
Aveva
un’amica di cui io non ero a conoscenza? No, Dimitri me
l’avrebbe detto se così
fosse. L’accompagnava sempre quando usciva.
“Novità?”
mi chiede Emmett, scuotendomi dai miei pensieri.
Entra
nel salone insieme a Jasper. Entrambi sono rimasti qui a dormire per
questa
notte. Vista la situazione, sopportare mio cognato è
più o meno facile. E poi,
devo accettare che il ribrezzo verso il suo cognome non è un
motivo giustificabile
per trattarlo male: come Bella, anche lui è diverso dal
padre. E poi la ama
seriamente, è davvero preoccupato, e tanto basta.
“Niente”
sussurro. “Ho controllato in ogni casa possibile: da
Carlisle, da Rosalie, voi
mi dite che nella vostra non è…”
Sospiro. “Tu conosci il peggior posto per tua
sorella, qui a New York?” domando in direzione di Jasper.
Lui
aggrotta le sopracciglia, chiaramente confuso. “No.
Perché?”
“Mia
sorella mi ha detto che per essere sicura di non essere trovata, Bella
si sarebbe
rifugiata nel posto che più odia, perché sa che
non mi sognerei mai di andarla
a cercare lì. È da ieri che cerco di capire a
quale posto possa riferirsi…”
spiego velocemente.
“Sei
andato anche da Vic, quindi?” si informa Emmett.
“Sì,
avevo bisogno del suo sarcasmo” rispondo.
“Pensavo
fossi andato da tua sorella perché speravi la mia fosse
lì” si intromette
Jasper sorpreso.
“Figurati
se Bella va da Victoria, non andrebbe mai
lì…”
Giuro
che il significato delle parole appena pronunciate si fanno lentamente
strada
in me da quel ‘figurati’, fino a farmi finire in un
sussurro la frase.
L’espressione che ho sul volto deve essere simile a quella di
Jasper e Emmett,
un misto cioè di vittoria e sorpresa.
Il
posto migliore per nascondersi è quello che più
si odia, perché così sai che
nessuno ti verrà a cercare lì.
Mia
moglie non ha mai provato simpatia per mia sorella, sapeva che non
l’avrei mai
cercata lì. Cosa che, effettivamente, è stata.
Sono persino andato a casa di
Victoria, ma non ho controllato perché mi è
venuto spontaneo scartarla a
priori.
Ma
se mia sorella aveva detto il vero, allora…
Mi
alzo dal divano nello stesso momento in cui si alza Jasper, ed entrambi
corriamo verso la porta.
“Emmett,
tua sorella è
morta” dico con fare
minaccioso a mio fratello, il quale ci ha seguiti.
I
nostri passi rallentano quando giungiamo alla porta e quando la apro
non
perdiamo tempo a dirigerci verso la mia auto.
“Signore”
saluta Sam.
“Sam,
le chiavi. Puoi prenderti il resto della giornata libero se
vuoi” gli dico
frettolosamente, aprendo lo portello.
Confuso,
Sam obbedisce e si allontana proprio mentre Emmett sale sul sedile
posteriore.
Jasper è seduto su quello anteriore, al mio fianco.
“Ricordati
che se non fosse stato per Victoria tua moglie avrebbe dormito per
strada”
esordisce Emmett mentre inizio a guidare.
“Non
Bella” pronunciamo nello stesso momento io e Jasper.
Ci
lanciamo entrambi un’occhiata di, lo ammetto a malincuore
– e so che per lui sarà
lo stesso –, reciproca intesa.
“Avrebbe
escogitato qualche altra cosa. Quando decide di mettersi in testa una
cosa,
nessuno la ferma” continua Jasper.
“Ancora
non riesco a immaginare come le sia potuto venire in mente di andare da
lei”
borbotto a mezza voce.
“Be’,
ha centrato il punto” mormora divertito Emmett.
“Pure
troppo. Ora mi sente” sibila Jasper.
“Ora
mi sente cosa? È mia
moglie, io dovrò
dirgliene quattro!” ribatto piccato.
“Oh,
ma sentitelo! È tua moglie! Era tua moglie anche quando non
ti sei degnato di
avvertirla che avresti cenato fuori con una fighetta mora?”
risponde
prontamente.
“Ehi!”
esclama Emmett. “Quella è mia cugina.”
“Non
sapevo che dovevo chiederle il permesso. Devo chiederglielo pure per
andare al
bagno?” sbotto innervosendomi.
“Se
ti vuoi trombare una bionda sulla tazza del gabinetto,
sì!”
“Io
ti ammazzo!” esclamo incazzandomi, senza più
sapere cosa dire. “Fammi scendere
dall’auto, fammi recuperare mia moglie, e poi ti giuro che ti
ammazzo.”
“Okay,
ragazzi, okay” si intromette Emmett. “Su, dai, pace
e amore a tutti. Siete così
carini insieme, sapete? Jasper, ti do ufficialmente il benvenuto nella
nostra
famiglia.”
Dallo
specchietto retrovisore osservo che crea un cuore con le mani.
“Sai
che c’è?” sbotto. “Ci ho
ripensato, mi sa che ucciderò te invece che lui”
dico
in direzione di mio fratello.
“Il
Signore mi accoglierà a braccia aperte perché
sarò morto sacrificando la mia
vita per quella di un altro uomo” mormora solennemente lui.
“Dimmi
un po’, non sei sposato, vero?” gli domanda Jasper,
la voce incuriosita. “È
perché vuoi farti prete?”
Scoppio
a ridere ma mi blocco subito: non posso ridere a una battuta del
coglione qua a
fianco a me.
“Io?
Io farmi prete?” ripete
incredulo
Emmett, scoppiando poi a ridere anche lui. “Le donne si
rivolterebbero se
arrivasse a mancare loro tutto questo ben di Dio” risponde
indicandosi. “No, è
carità, la mia.”
“Fottersi
chiunque abbia un buco al posto del martello?” persevera
Jasper.
“Be’,
posso giurarti che con quel martello ho reso felice molte
donne.”
La
macchina viene presto riempita dalle nostre risate, mentre metto per un
attimo
da parte la paura che Bella possa non accettare le mie scuse.
Perché lo farà. Lei deve
farlo.
“Abita
qui?” domanda Jasper quando mi fermo con il motore acceso
davanti casa di mia
sorella.
“Sì”
rispondo sbrigativamente scendendo dalla macchina.
Sorprendentemente,
non devo fare questioni per dirgli di stare in macchina: è
Jasper stesso che
non si muove. Per cui vado dritto da quella traditrice di mia sorella e
più che
suonare il campanello preferisco tirare pugni contro la porta.
Sto
bussando, dopotutto.
Victoria
mi apre qualche istante dopo, il volto curioso.
“L’hai trovata?”
La
trucido con lo sguardo. “Lei è qui.”
Victoria
sorride sorpresa. “Wow, giuro che pensavo non
l’avresti capito prima di
pranzo.”
Sbuffo
entrando in casa. “Dov’è?”
“È
nella camera degli ospiti. Non c’è nessuno in casa
e io sto uscendo: per quando
tornerò voglio entrambi fuori da casa mia, chiaro? Vi lascio
un’ora. Non
rompetemi la testiera del letto, per favore...”
La
butto fuori di casa letteralmente, spingendola fuori. La risata di
Victoria è l’ultima
cosa che sento prima di chiudere malamente la porta.
Sospiro.
E questa è fatta, mi dico.
Mi
dirigo nella camera degli ospiti, senza sapere se bussare o meno. Al
diavolo, è
mia moglie. Entro aprendo la porta con calma cercandola subito fra le
quattro
mura della stanza.
La
vedo immediatamente, intenzionata a parlare al telefono con la schiena
poggiata
ai cuscini nel letto.
“Sto
bene, Rose, davvero. Smettila di preoccuparti per me, appena
potrò verrò a
trovarti…” si interrompe immediatamente quando
sente la porta aprirsi, e i suoi
occhi non perdono tempo nel trovare i miei.
Non
sembra spaventata o sconvolta, solo sorpresa.
“Ehm…
Rosalie, devo andare. Ti chiamo dopo.” Chiude la chiamata con
tono calmo, per
nulla agitato. Si mette a sedere sul bordo del letto mentre io mi
dirigo verso
la sedia della scrivania.
“Non
pensavo mi avresti trovato così facilmente” inizia
con tono piatto.
Vorrei
dirle che non è stato affatto facile, che senza
l’aiuto di mia sorella
effettivamente non l’avrei trovata, ma preferisco evitare.
“E ti sbagliavi”
ribatto più duramente di quanto mi aspettassi.
“A
quanto pare” osserva fissandomi con i suoi occhioni limpidi.
Cala
il silenzio nella stanza, ognuno perso nello studio
dell’altro. Sembra
cambiata: sembra così tranquilla, così forte,
mentre mi fissa senza traccia di
rammarico o risentimento. Fino a qualche settimana prima, mi avrebbe
osservato
con odio o rancore per ciò che suppone le abbia fatto. O
timore.
Adesso
sembrava come se stessimo discutendo a proposito del tempo.
È
lei alla fine a rompere il silenzio. “Perché sei
qui?” chiede senza giri di
parole, la voce più fredda.
“Perché
non è questa casa tua. Casa tua è con
me.”
“No.
Non è mai stata casa mia stare con te. Soprattutto
ora” ribatte.
“Perché?
Per il video? Se mi avessi chiesto spiegazioni, avresti saputo che si
trattava
di…”
“Tua
cugina?” mi interrompe. Lei lo sapeva?
“Se
sai che era mia cugina, perché sei scappata via?”
“Edward…”
Sospira scuotendo la testa bassa. “È stata la
decisione migliore. Credimi, non
tornerò con te.”
“Sì,
invece!” esclamo alzandomi di colpo. “Dannazione,
non ti ho tradito!”
“E
cosa ti impedisce di farlo in futuro?” mi sfida con il
sopracciglio inarcato.
“Andiamo, Edward. Potresti innamorarti di qualsiasi donna,
più bella e più
esperta di me. Potresti stancarti di me domani stesso e andare alla
ricerca di
qualcun altra. Perché dovrei tornare con te sapendo tutto
questo?”
“È
questo il problema? Hai paura di essere tradita? Perché se
è così, allora
dovrai restare sola per il resto della tua vita, perché come
posso tradirti io
potrà farlo chiunque” le faccio notare.
Lei
non si lascia abbattere. “Non se mi ama.”
Non
so cosa risponderle stavolta. È un’osservazione
tagliente a cui non so
ribattere, ma che mi fa pensare. “Vuoi che ti dica che ti
amo?” mormoro
sorpreso.
Se
mi rispondesse di sì? Sarei disposto a dirglielo solo per
farla tornare con me?
Bella
si alza in piedi fissandomi esasperata. “Io voglio solo che
tu mi lasci in
pace. Hai avuto la tua vendetta, ora basta. Cosa c’entro
ancora?” sussurra
stanca.
Stanno
davvero così le cose? È stanca? Stanca di me?
L’ho davvero esasperata fino a
non poterne più?
Forse
sì, forse Bella vuole che le dica un semplice ‘ti
amo’. O forse vuole incontrare
un uomo, innamorarsene, creare una nuova vita insieme a lui, e farsi
dire solo
allora quelle due parole.
Però
non posso… Io non so cosa provo per lei, mi sembra come se
tutto stesse
accadendo troppo in fretta.
L’odio
per Bella che si trasforma in qualcosa che mi fa stare bene con lei, il
disgusto verso suo fratello e sua madre che si trasforma in
comprensione, gli
sbagli di mia madre che prima mi ostinavo a non notare, il capire che
lei non è
stata una vittima ma una carnefice di se stessa senza nemmeno saperlo,
e anche
dei suoi stessi figli.
Ho
vissuto anni di buio, e adesso mi sembra come se la luce mi stesse
rischiarando
le giornate troppo in fretta, troppo a fondo. E non sono abituato a
tutto questo,
non so nemmeno come rispondere, come comportarmi.
L’unica
costante è l’odio che provo per Charlie. Questo non
cambia.
Bella
non c’entra niente con suo padre e proprio per questo non
posso mentirle. Non
so cosa provo per lei, non posso illuderla. Non so nemmeno cosa lei
prova per
me.
Però
una cosa posso farla, una cosa che ho fatto solo una volta.
È finita bene,
quella sera. Quella volta in cui ho aperto a lei il mio cuore e ho
sofferto
insieme a lei.
Bella
mi sta ancora guardando, in attesa di una mia risposta. Compio un passo
avanti,
per inginocchiarmi e posare le mie braccia ai lati delle sue gambe.
“Bella,
io… Io non so come iniziare. Ci sono tante cose che vorrei
dirti, ma non so
come. Non è facile per me, e vorrei davvero fare qualcosa
per rimediare, ma…”
Le
parole che escono dalla mia bocca rispecchiano la confusione che provo
da mesi
a questa parte. E il fatto che lei non mi sproni gentilmente a
continuare non
mi aiuta. Avrei preferito mi sfiorasse una mano per dirmi di aprirmi
con lei,
che mi avrebbe ascoltato e che mi sarebbe stata accanto.
Avrei
preferito la Bella di quella notte di due mesi fa, quando le ho
raccontato la
storia della mia vita. Ma a quanto pare ho fatto la mia mossa ed
ottenuto una
Bella ferita che non si fida più.
Nemmeno
mi fissa: tiene lo sguardo basso torturandosi le dita, e non una
lacrima le
solca le guance.
“Bella,
io non so cosa provo, okay?” sbotto esasperato, innervosito
da quel
comportamento. Sento gli occhi inumidirsi senza un motivo e, agitato,
decido di
camminare avanti e indietro affondando le mani nelle tasche dei miei
pantaloni.
“Non
mi ami. Mi disprezzi. È semplice” risponde Bella.
“Io
non ti odio!” urlo nella sua direzione senza potermelo
impedire, perché è
riuscita a rompere quel delicato filo che mi ancorava alla calma.
Lei
non replica.
“Io
non so se ti amo, davvero non lo so.” Porto senza nemmeno
notarlo le mani ai
capelli, affondandovi le dita. “Sento la testa scoppiare ogni
dannato giorno
della mia vita, perché è come se i miei pensieri
mi stessero uccidendo
lentamente, ora dopo ora, e nessuno si è mai degnato a
chiedermi ‘come stai?’
perché tutti hanno tutto in questa fottuta vita, tranne me.
Carlisle ha Esme,
Victoria ha James e i suoi bambini, e Emmett ha avuto una vita felice
perché
non c’entra nulla con la merda che è capitata a me
e mia sorella. E perché io
non posso avere lo stesso? Perché devo essere sempre io
quello che sta male?”
“Perché
sei tu!” esclama Bella avvicinandosi. Finalmente vedo anche i
suoi occhi
lucidi, segno che non è così disinteressata come
voleva farmi crudelmente
pensare, e crollo sfinito in ginocchio sul pavimento mentre un odioso
singhiozzo di sollievo riverbera nell’aria.
Le
importa. Nonostante tutto, le importa ancora.
Bella’s
pov
“Non
ti rendi conto?” sussurro con voce rotta, mentre le prime
lacrime iniziano a
rigarmi le guance.
Edward
è in ginocchio con i pugni stretti sul pavimento, il volto
nascosto da me.
Odio
vederlo in questo stato, e per la prima volta provo un moto
d’odio verso la
madre. È per colpa dei suoi errori che Edward si
è negato l’amore per così
tanto tempo, preferendo un sentimento negativo come la vendetta a uno
più
benevole quale l’amore che poteva donargli una qualsiasi
persona a lui cara.
Ma
con sorpresa, mi scopro a provarlo non solo per quella donna accecata
dall’amore, ma anche per il mio stesso padre, colpevole
quanto lei.
Mi
avvicino a Edward con passo strascicato, senza sapere cosa fare. So
bene cosa
volergli dire, e vorrei anche abbracciarlo, ma sono ancora
terribilmente
arrabbiata con lui. Mi limito a posargli una mano sulla testa, con la
leggerezza di una piuma.
“Ti
stai negando tutto ciò che di più bello la vita ti
può offrire” sussurro fra le
lacrime. “Non puoi continuare così,
Edward… Devi dimenticare e andare avanti.
Io lo so che è difficile, e non riesco nemmeno ad immaginare
cosa tu possa
provare, cosa puoi sentire. Ma il sentimento di vendetta che hai
provato in
tutti questi anni ti ha fatto solo stare peggio, non lo vedi?”
Mi
si spezza il cuore quando lo sento singhiozzare, e mi avvicino ancora
di più
fino a quando la sua testa non sfiora il mio ventre. È un
bambino, è ancora un
bambino…
È
stato costretto a comportarsi da adulto durante l’infanzia e
l’adolescenza,
entrambe rubate, perché ora non può essere amato
come se fosse un bambino?
“Cosa
c’è, Edward? Cosa è che ti fa veramente
stare così male?” sussurro ancora.
La
mia è stata una domanda cui non pensavo avrei ricevuto
risposta. Mi era uscita
presa dallo sconforto, perché io voglio aiutarlo, ma non so
come e lui nemmeno
si lascia aiutare quel poco che potrei fare.
Ma
questa volta succede. Edward questa volta risponde, seppur con voce
stanca e
roca per il pianto. E fa male persino a me.
“Mi
manca mia madre…”
La
verità è che non c’è
risposta a questo. Non c’è rimedio, o aiuto. Lo so
perché
a me manca la mia quasi fino a sentirmi soffocare, spesso.
Però la mia è viva,
so che sta bene, e questo mi aiuta ad andare avanti.
Se
anche mia madre commettesse i peggiori sbagli al mondo, sarebbe sempre
mia
madre. Potrebbe ferirmi quanto vuole, ma una parte di me
l’amerebbe ugualmente.
Per Edward è lo stesso: io posso giudicare la sua mamma,
posso odiarla perché
per me è solo un’estranea e giudicare con criterio
i suoi errori. Ma lui è suo
figlio e tutto ciò che voleva era che sua madre
l’amasse come un tempo. Cosa
che, purtroppo, non è avvenuta.
La
mamma di Edward è morta quando lui aveva appena diciotto
anni, eppure è come se
l’avesse persa tanti anni prima, quando si era annullata
totalmente per amore
preferendo un uomo ai suoi figli.
Penso
che Edward odi mio padre non soltanto perché secondo lui
gliel’ha portata via,
ma soprattutto perché l’ha cambiata. Della madre
amorevole di prima non era
rimasto più niente se non un guscio vuoto che si risvegliava
solo durante gli
incontri con mio padre.
E
io non posso biasimarlo, non in questo. L’unica cosa che
posso fare è aumentare
la mia stretta sui suoi capelli, ed essere la prima ad amarlo come
merita.
Edward si abbandona a quel mio piccolo abbraccio, affondando ancora di
più la
guancia contro il mio ventre.
“Per
favore, non lasciarmi anche tu” pronuncia con voce attutita
dal tessuto della
mia maglia.
Non
so cosa rispondere nemmeno a questo. Non voglio lasciarlo, ma non
voglio
nemmeno continuare a soffrire come ho fatto fin’ora. E se lo
perdonassi e
Edward ricominciasse? Non sarebbe la prima volta.
“Edward,
io…”
“Cosa
vuoi, Bella?” sussurra alzandosi e sovrastandomi con la sua
altezza. I suoi
occhi sono lucidi e le guance bagnate. “Mi
comporterò meglio, te lo prometto.
Cercherò di…”
“Edward,
devi stare meglio per te, non per impedirmi di andare via”
gli faccio notare.
“Sei
tu che mi fai stare meglio” sibila prendendomi il volto fra
le mani e sfiorando
la sua fronte con la mia.
Mi
si mozza il respiro a quelle parole: non si era mai spinto a dirmi
così tanto.
“Mi
dai la spinta giusta per farlo, mi fai sentire bene e lo so che non ci
crederai, ma amo stare con te. Se non ti sembra vero è
perché ho cercato di negarlo
persino a me stesso per quella stupida storia con tuo padre, ma
è così”
termina.
“Non
voglio bugie, Edward” sussurro.
“Alice
è venuta a trovarmi nel mio ufficio da Parigi e aveva fame,
così l’ho portata a
cena fuori. Non ti ho detto nulla della cena perché
è stata una cosa sul
momento, non perché l’avessi già
programmata e pensavo non fosse necessario
dirtelo. Io ho sbagliato: ero così felice di rivedere mia
cugina che nemmeno ho
pensato d’avvisarti, ma ti prometto che non
succederà più” giura solennemente.
“E
mio padre?” continuo. Devo sapere cos’ha intenzione
di fare con lui.
Lui
esita un solo momento prima di sospirare. “Voglio cominciare
una nuova vita con
te. Non c’è istante in cui mia madre non mi
manchi, ma voglio anche essere
finalmente felice.”
Sento
aumentare i battiti del mio cuore e cerco di nascondere un sorriso di
pura
felicità. “E pensi di poterci riuscire con
me?”
Edward
mi accarezza i capelli con dolcezza. “Ne sono sicuro. E se
per stare con te
devo rinunciare ai miei propositi di vendetta nei confronti di tuo
padre… Non
mi importa. Ha smesso di importarmene quando hai cominciato a vedere
del buono
in me nonostante il modo in cui ti trattassi. Tu mi hai fatto sentire
come se
per me ci fosse ancora speranza di poter essere amato da qualcuno che
non fosse
un mio parente… Voglio ricominciare, Bella. E voglio farlo
con mia moglie”
conclude.
Non
aspettavo altro: mi getto fra le sue braccia e mi stringo forte al suo
petto.
Anche Edward mi stringe con forza, facendomi sentire con quel gesto
quanto gli
sia mancata.
///
Edward
parlava seriamente quando quella tarda mattinata mi aveva confessato di
voler
ricominciare insieme a me.
Nella
nostra nuova vita insieme, fin’ora è andato tutto
per il meglio: abbiamo
acquistato una nuova casa, molto più piccolina, con due
camere da letto, uno
studio, un salone che vale per due, e una cucina abitabile dove
mangiamo la
maggior parte delle volte, perché lo desideravo io.
E
adesso, anche quando litighiamo per sciocchezze, Edward dorme con me,
non più
nel suo studio o in chissà quale altra camera, per cui la
seconda l’ho adibita
a libreria.
La
casa è perfetta e anche a quindici minuti di distanza da
quella di sua sorella.
Il
rapporto tra Edward e Esme è cambiato: ora mio marito si
lascia andare di più
anche con lei. Penso che Edward non si lasciasse andare con lei per
paura di
poter tradire inconsciamente il ricordo della madre, ma ora che sta
provando
con tutto se stesso a creare i legami che ha sempre desiderato, di cui
soprattutto ha sempre necessitato, non può non iniziare
soprattutto con lei.
Persino
tra me e Victoria le cose sono cambiate, anche se non drasticamente e
non siamo
diventate migliori amiche dall’oggi al domani: semplicemente
adesso abbiamo
smesso di litigare e ogni tanto ci scappa pure una risata condivisa.
C’è reciproco
rispetto, perché Victoria ha capito chi io sia realmente e
quanto abbia a cuore
la felicità del fratello.
È
infatti lei a dirmi di non organizzare nessuna
festa a sorpresa per il ventinovesimo compleanno del fratello a giugno,
e in
effetti ha ragione: Edward non è certo tipo da feste e
auguri.
Non posso dire
che abbia apprezzato il giorno del
suo compleanno, ma certo è che ha adorato il completino
intimo che ho
acquistato apposta per lui.
Le cose non
potrebbero andare meglio, oserei dire.
È
l’ennesimo gossip che mi ricorda che ci sono,
però, ancora delle questioni in sospeso: Tanya, ad esempio.
Sto aspettando
l’arrivo di Edward per cena, e mi ero
messa davanti alla televisione per ingannare la noia. Quello su Tanya
è il
primo servizio che vedo dopo quell’insulso e falso articolo
su un giornale che
ho letto qualche giorno prima il mio matrimonio con Edward, quando
ancora non
ero d’accordo.
E se nel primo
articolo ero io la bastarda che
faceva cadere in tentazione Edward costringendolo a tradire
l’angelo Tanya, in
questo servizio televisivo sono invece io la vittima, colei che viene
tradita
ripetutamente da questi incontri che simboleggiano che
l’amore tra i due non si
è mai sopito. Di Eleazar, l’uomo sposato con il
quale Tanya è fuggita, nessuna
parola.
Spengo il
televisore quando il servizio finisce,
preda di contrastanti sentimenti.
Sono passati
solo sette mesi, eppure a me sembrano
passati secoli da quella volta in cui, come wedding planner della
ragazza,
mentre l’aiutavo con l’abito da sposa, lei mi
confessava di non volersi sposare
perché innamorata di un altro uomo.
Chi
l’avrebbe mai detto che la Bella che aveva
ribattuto allegramente con un ‘scherzi’ pensando
che doveva essere pazza perché
Edward era un figo, si sarebbe
sposata con il figo in questione, e che la cotta si sarebbe trasformata
in
amore?
Ma davvero, poi,
Edward ha ripreso i contatti con
Tanya? Lei ne sarebbe capace? Ha lasciato Edward per amore: sarebbe
capace di
riprenderselo per invidia? O per ripicca nei miei confronti?
“Deve
essere interessante il televisore spento”
osserva una voce tranquilla alle mie spalle.
Mi volto e
scorgo la figura di Edward dirigersi
verso di me, mentre piega le maniche della camicia fino ai gomiti. Non
ha né
giacca né cravatta e i primi due bottoni della camicia
bianca sono aperti,
segno che deve essersi già sistemato con
tranquillità.
Persa nei
ricordi, non l’ho sentito entrare. Lui,
però, nota subito che qualcosa non va.
“Cosa
c’è?” mi chiede sulla difensiva.
Mi passo una
mano fra i capelli, non sapendo come
iniziare. Decido di andare dritta al punto. “Ho visto un
servizio televisivo in
cui dicevano che hai ripreso i rapporti con Tanya.”
Edward chiude
immediatamente i suoi occhi, esausto.
Si gratta velocemente la base della nuca. “Bella…
Lo sai come sono fatti. Il
loro scopo è quello di creare tensioni senza un reale motivo
per farlo, lo
fanno solo per i soldi. Più il loro scoop è
sensazionale, più vendono o
aumentano lo share della visione. E devi ammettere che creare un gossip
su una
nuova relazione tra due persone che in passato si dovevano sposare ma
che sono
stati divisi da un terzo incomodo, e che adesso è il terzo
incomodo a subire il
tradimento, crea vendite. Però…”
“Non
è vero” concludo io per lui.
Lui sembra
sorpreso di sentirmi dire questo, ma
conferma. “Non è vero.”
Non voglio
negare che lo scoop mi abbia fatto male,
perché solo il pensiero mi crea dolore. Gelosia?
Sì, un po’ inizialmente,
perché avevo per un istante creduto al gossip.
Però in questi mesi ho anche
imparato a conoscere mio marito, e a capire cosa vuole da me: vuole che
sia
sincera nel discutere su qualcosa che posso aver sentito su di lui,
come quella
volta di quattro mesi fa.
Ma adesso?
Adesso provo soltanto fiducia. Nessun
dolore, nessuna gelosia, perché gli credo.
“Va
bene. Ti credo” sussurro sorridendogli
dolcemente.
“Davvero?”
mormora incredulo. “Pensavo…”
“Edward,
io lo so com’è questo mondo. So che dal
niente possono creare qualsiasi cosa positiva o negativa che sia.
Però, io so
anche un’altra cosa. Ed è che mi fido di te,
completamente. Non dico che in
futuro, non appena verrò a conoscenza di un’altra
cosa simile appena letta o
vista, non te lo chiederò ancora perché non sono
forte abbastanza da poter
credere che tu mi voglia così tanto da non tradirmi.
Però so che qualsiasi cosa
mi risponderai, se un ‘sì, ti ho
tradito’ o un ‘no, non ti ho tradito’, io
ti
crederò. Non ti farò nessun altra domanda,
perché ho fiducia in ciò che mi
dirai.”
Non ho idea del
perché mi sia aperta così tanto
adesso, ma ammetto di sentirmi bene. Edward sembra non avere parole.
“Vieni
qui” mi invita, facendomi sistemare sulle sue
gambe. “Grazie” sussurra accarezzandomi le cosce
con entrambe le mani.
“Per
cosa?” gli domando confusa e incuriosita.
Lo sguardo che
mi rimanda è assolutamente sincero,
così tanto che tremerei se non fossi seduta comoda.
“Per fidarti di me”
risponde semplicemente.
Sorrido posando
leggermente le mie labbra sulle sue.
Non è un bacio passionale o sensuale, uno di quei baci che
anticipano qualcosa
di più profondo. È davvero un semplice bacio, che
però per me vale tanto. Non
ho dubbi che sia lo stesso anche per lui.
“Però
forse dovrei risentirla, Tanya” annuncia
allegramente subito dopo. “Per ringraziarla. Se non fosse
fuggita, mi sarei
sposato con quel pezzo di ghiaccio invece che con te.”
Tanya mi aveva
precedentemente raccontato che i due
si stimavano a vicenda ma che il loro era solo un matrimonio
d’affari.
Fisicamente parlando, erano perfetti – entrambi ricchi,
entrambi belli,
entrambi dell’alta società – ma lei
stessa mi aveva raccontato che non c’era
chimica, né passione. Lui non l’aveva mai neppure
sfiorata in quel senso e lei
di certo non l’aveva invitato a farlo.
Inizialmente non
volevo crederci: figuriamoci se,
anche se si conoscevano da soli tre mesi, quei due non avevano
approfondito il
‘contratto’! Adesso, però, avendo
imparato a conoscere mio marito,
effettivamente ci credo: Tanya non lo ha mai desiderato in quel senso e
per
Edward viene prima di tutto il lavoro. Sì, in tre mesi
può essere pure successo
che non siano andati a letto insieme.
Nascondo una
piacevole soddisfazione a sentirlo
chiamare la ragazza ‘pezzo di ghiaccio’,
perché ha appena confermato senza
saperlo ciò che pensavo: nemmeno lui l’ha mai
desiderata.
Tuttavia, se lo
può scordare di risentirla.
Cingo il suo
collo con le braccia e poco prima di
riposare le mie labbra sulle sue, mormoro: “Puoi ringraziare
direttamente me,
stai tranquillo.”
La sua risata
è ciò che racchiudo con la bocca.
Note:
l’ultimo pezzo è stata l’ennesima scena
in cui
Bella ha dovuto fronteggiare Edward per la questione della gelosia. Mi
dispiace
se vi è sembrato che fosse Bella sempre quella che doveva
dimostrare la sua
gelosia; posso solo dire che ogni volta che è successo,
è stato per un motivo.
Specialmente questo!, dove Bella ha ammesso ad alta voce di fidarsi
completamente di Edward e Edward necessitava di sentirlo :) penso che
la
fiducia sia la cosa più importante in un rapporto e che non
si vada da nessuna
parte senza di essa. Puoi amare con tutto il cuore, ma se non ti fidi
non sarà
mai un vero rapporto.
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 ***
Vi prego di
scusarmi se non ho risposto alle recensioni (bellissime, fra
l’altro, vi ringrazio di cuore, non sapete quanto mi rendono
felici i vostri complimenti, le vostre splendide parole) dello scorso
capitolo, ma la scuola comincia a togliermi il fiato. Credetemi, non ho
tempo nemmeno per scrivere. Oggi sono rimasta a casa e ne approfitto
per pubblicarvi questo capitolo, già pronto da tempo. Non
oso dire nulla adesso, preferisco tenermi il meglio per la fine del
capitolo. Vi prego quindi di non saltare le note finali e di leggere
attentamente persino le virgole! Buona lettura (:
Ancora mille scuse.
Capitolo 15
Sto muovendo i
piedi a tempo di musica. È meraviglioso leggere un libro
nella vasca piena d’acqua fino al collo mentre le note di una
canzone rendono l’atmosfera ancora più leggera.
E se questo
non bastasse, basta invece l’idromassaggio che da solo vale
tutto il resto.
Ma proprio
mentre sto per scoprire come reagirà David alla notizia che
Lucy è incinta, qualcuno mi toglie il libro di mano.
“Devo
parlarti.”
Cercando di
riprendermi dallo spavento appena ricevuto, lancio
un’occhiataccia a mio marito. “La prossima volta
che torni in anticipo avvisa. Non ti aspettavo e per poco non mi hai
fatto morire.”
Edward deve
essere arrivato da un bel po’ a casa perché al
posto di giacca e cravatta indossa i pantaloni di una tuta e una
leggera maglietta. Ha i capelli spettinati ed è scalzo.
È
perfetto.
“In
questo periodo” esordisce ignorando il mio tono accusatorio,
“mi hai fatto una testa tanta perché volevi
tornare a lavorare.”
“Non
capisco perché…”
Mio marito
frena immediatamente lo sproloquio che avevo in mente tappandomi
letteralmente la bocca con la sua mano, fissandomi con quegli occhi che
da tre mesi a questa parte sono animati di luce viva.
Sento che mi
sto sciogliendo.
“Mi
sta bene” continua.
Non posso
parlare perché ho ancora la sua mano sulla mia bocca, ma
inarco un sopracciglio facendogli capire quanto sia confusa da questa
sua scelta improvvisa. Non era lui il maschio alfa che pretendeva che
sua moglie non lavorasse perché era lui a dover portare i
soldi a casa?
“Però
ad una condizione.” Sorrido sulle sue dita e lo vedo
ricambiare il sorriso che percepisce a quel contatto. “Voglio
che inizi a settembre. Voglio agosto tutto per noi.”
Okay, a questa
rivelazione non può impedirmi di porre domande. Mi allontano
immediatamente.
“Ma
se sei il primo a lavorare da mattina a sera.”
Edward
annuisce. “Difatti è per questo che, se
tu vuoi, ho fatto in modo tale da prendermi un mese di ferie.
È uno dei motivi per cui queste settimane ho lavorato ancora
più delle altre.”
La mia
espressione parla per me. “Non ci credo” sussurro.
Sarebbe troppo bello per essere vero. “Davvero puoi prenderti
un mese di ferie?”
Lo vedo
esitare un breve istante. “Tecnicamente non sarebbe
possibile, perché posso pure rimanere a casa ma qualche
volta dovrò lavorare anche dentro. Però
sì, potremmo partire e, con l’azienda in mano a
mio zio Caius che per l’occasione ha acconsentito a tornare a
gestirla come faceva un tempo, non dovrei avere problemi.”
Non so cosa
dire. In questo momento di trance, oserei dire, mi rendo conto che per
tutto il tempo ho conversato completamente nuda con mio marito del
tutto vestito. L’acqua ricoperta di fitta schiuma mi copre
alla sua vista, ma sotto sono pur sempre nuda.
Anche lui ha
messo da parte quei propositi per concentrarsi su di me. Ha lo sguardo
basso verso la vasca e con la mano ne sfiora l’acqua.
“È
fredda” osserva.
Cerco di non
sorridere. “È tiepida” lo correggo.
“Non
senti freddo?” mi domanda fingendosi preoccupato.
“Se vuoi, posso aiutarti…”
Scoppio a
ridere, non riuscendo più a trattenermi. Avrei voluto
continuare quel gioco, ma purtroppo la sensualità non
è il mio forte. “Non ho bisogno
d’aiuto…”
Ma Edward si
sta già togliendo la t-shirt. “Io non credo
proprio…” e quando poi passa a togliersi i
pantaloni, non aspetto che tolga anche i boxer.
Lo afferro per
il gomito e lo spingo verso la vasca, scoppiando a ridere quando sputa
fuori l’acqua.
“Questo
non dovevi farlo” mormora fissandomi minaccioso.
Emetto un
gridolino divertito quando stavolta è lui ad afferrare me,
mentre si premura a farmi emettere altre urla completamente diverse e
più piacevoli.
///
Lui me
l’aveva detto. Non posso essere in collera con lui
perché mi aveva avvisato che, pur preso quel mese di
vacanza, avrebbe comunque lavorato da casa. Casa che, in questo
momento, si trova a Venezia. La scorsa settimana era un hotel ad Atene.
La prossima non ne ho idea.
Ad ogni modo,
sono contenta che i giorni di lavoro siano stati sostituiti da
telefonate in diverse città visitate per questo mese.
È solo che non mi aveva detto avrebbe lavorato in camera
nostra, causando così il mio risveglio.
Sto usando il
suo petto come lettino, ma non importa: me lo deve visto che mi ha
svegliato. Gli lancio un’occhiataccia e lui ricambia
pizzicandomi il naso, continuando imperturbabile la sua conversazione
telefonica.
Okay, forse lo
posso perdonare: mi sarei arrabbiata di più se mi avesse
negato la possibilità di risvegliarmi fra le sue braccia. Mi
accoccolo nuovamente su di lui, lasciandomi un delicato e dolce bacio
sul petto prima di richiudere gli occhi. Sento la mano di Edward
posarsi sulla mia testa e iniziare ad accarezzarmi i capelli, e mi
stringo ancora di più.
Resto sveglia
per quel che mi pare un secolo ad ascoltare la sua voce roca e sensuale
e lui non smette nemmeno un istante di accarezzarmi. È
così che mi addormento ancora, nel migliore dei modi.
///
Il tempo
è passato così velocemente da non rendermi conto
il mese di settembre è arrivato e con esso anche il momento
della partenza. Si ritorna alla vita normale, la vita di sempre.
Ammetto di
avere un po’ di timore, perché la prima e unica
volta in cui io e Edward abbiamo passato così tanto tempo
insieme con spensieratezza, al ritorno è successo il
finimondo e, benché lui ora sia ben diverso da quello di un
tempo, purtroppo ho una brutta sensazione.
È
solo la mia paranoia, questo lo so.
Difatti, nei
giorni a seguire il nostro ritorno, pur riprendendo il faticoso vecchio
orario di lavoro, Edward non è cambiato: è
proprio come durante lo scorso mese.
Ed
è fantastico, perché finalmente mi sento davvero
felice. Poco importa se per raggiungere questo obbiettivo ho dovuto
faticare mesi, dovendo persino rinunciare alla mia famiglia.
Con Jasper ci
sentiamo ogni giorno e, sorprendentemente, ho scoperto che con Edward
non c’è odio. Voglio dire, i due non si amano, si
sopportano a stento. Ma è sempre meglio dell’odio.
Inoltre, è chiaro come il sole che tollerano la presenza
dell’altro per il mio bene e questo mi fa sentire speciale e
amata. Persino da Edward.
Per quel che
riguarda i miei genitori, so bene cosa mio padre ha causato a Edward.
Non ho ancora sentito la sua versione, ma anche se le cose fossero
andate diversamente, l’odio di mio marito per Charlie
è reale, e sotto quella coltre di serenità e
tranquillità che ora pervade Edward, il rancore e la rabbia
bruciano ancora.
A me basta
sapere che stanno bene e James mi rassicura su questo ogni giorno. Per
quanto, aggiunge, possano stare bene sapendomi lontana e senza alcuna
possibilità di parlare con loro. Le possibilità
ci sono, ma non voglio mentire a Edward. Forse un giorno la loro
mancanza mi toglierà talmente il respiro che sarà
inevitabile compiere quel gesto, ma fin quando posso resistere, resisto.
Inoltre, con
l’arrivo di settembre, ho anche altro che mi permette di non
pensare a cose negative. Edward mi ha promesso che avrei potuto
ritornare a lavorare a partire da questo mese e io mi sono
già messa all’opera.
Ho
già una cliente, per quanto possa essere arrivata facilmente
visto che è la fidanzata di un collega di Edward.
“Vorrei
un matrimonio semplice, ma non troppo. E vorrei un menu abbondante,
sebbene per favore faccia attenzione a ciò che sceglie. Non
vorrei ingrassare… Oh, e poi voglio sposarmi in chiesa, con
addobbi sfarzosi. Hai presente quelli del Natale? Addobbi simili,
ecco.”
Sorrido
tentando di calmare quell’entusiasmo quasi eccessivo ma
comprensibile. “Avremo tempo per decidere ogni cosa con
calma, Leah, non preoccuparti. Abbiamo tempo a sufficienza, in un anno
si possono fare molte più cose di quanto immagini. Quindi
direi di cominciare dalla scelta più ovvia e, solitamente,
quella più difficile. L’abito di sposa.”
Gli occhi
della ragazza abbronzata si illuminano mentre un sorriso felice appare
sul suo volto. Annuisce immediatamente con la testa.
“Sai
già come lo vorresti?”
“Uhm…
Credo di sì… Voglio dire, ho in mente un abito in
particolare però non saprei…”
Emetto una
breve risata che la confonde ulteriormente. “È
proprio per questo che è la scelta più difficile.
Cosa importa se non ti piace ciò che mangi per quella
giornata, ti rifarai quella dopo. Ma l’abito? Quello non si
può sbagliare, lo indosserai solo una volta sola nella vita
e deve essere più che perfetto. Quindi stai tranquilla, se
sei ancora indecisa possiamo pensare ad altro. La chiesa? Ti sta bene
scegliere la chiesa dove si svolgerà la cerimonia?”
“Oh,
sì! Direi che come inizio è perfetto!”
esclama riprendendo il suo naturale entusiasmo.
Non sono
un’esperta wedding planner perché questo
è il secondo matrimonio che organizzo, però sono
giovane e sposata da neppure un anno, quindi so bene cosa si prova a
doversi sposare. Spesso wedding planner con più esperienza
significa severità e eccessiva preoccupazione
perché i desidera raggiungere la perfezione, e tendono a
dimenticare – nella maggior parte dei casi – come
rassicurare una futura sposa.
Io so bene
come farlo, e il fatto che abbia passato un’ora a parlare con
Leah fra noi per conoscerci meglio, per questo primo incontro, lo
dimostra, perché della ragazza timida di un’ora fa
non è rimasto niente se non un involucro che scoppia di
entusiasmo e vitalità.
Prendo in mano
l’agenda e la apro sul giorno di oggi. “Se ti va
adesso andiamo a fare un giro e vediamo, e magari la prossima settimana
scegliamo il catering…” Mi interrompo e aggrotto
le sopracciglia, confusa, mentre Leah invece mormora una risposta che
non percepisco.
Sono sempre
stata una frana con le date, per cui nella mia agenda appunto ogni
cosa, dal giorno in cui dovrei fare la spesa a quando mi arriva il
ciclo, a quando dovrei cominciare a prendere la prima pillola del mese.
E dovrei
prenderla oggi la prima di settembre. C’è solo un
problema: non ricordo d’aver controllato l’agenda
per quella del mese di agosto… e ciò significa di
conseguenza l’intero mese scorso non protetta.
Credo mi stia
per venire un infarto.
“Bella?
Mi senti?”
Mi riscuoto
dalla trance per fissarla, pur senza vederla davvero.
“Ehm… sì, certo. Leah, mi sono appena
ricordata di una cosa importantissima e devo scappare. Ti chiamo io,
okay?” mormoro sbrigativamente raccattando le mie cose.
“Ehm…
va bene!” esclama, e sento la sua voce giungere lontana
perché già sono sulla soglia di casa sua pronta
per uscire.
Quando entro
in macchina, non perdo tempo. “Dimitri, per favore, a casa di
Rosalie.”
“Tuo
marito ha detto…”
“Lo
so che dovevo tornare a casa, ma ti prego, portami a casa di Rosalie.
Parlerò io con Edward.”
Mi sento
agitata, confusa, quasi isterica, e Dimitri questo lo intuisce. Per
cui, pur con riluttanza, obbedisce ai miei ordini e mi porta a casa di
Rose. È un bene avere un autista personale che non si annoi
nello aspettare in macchina ovunque vada, perché per come
sto messa non sarei mai arrivata viva dalla mia amica.
Prendo
l’agenda e, senza dire una parola, esco dalla macchina per
raggiungere la porta di Rosalie, suonando velocemente.
Rosalie mi
apre confusa. “Bella? Wow, sembri avere un diavolo per
capello, cosa…?”
Entro senza
indugiare oltre e passo subito al sodo mentre sbatto la porta per
chiuderla. “Ho dimenticato la pillola.”
Rosalie sgrana
gli occhi. “Be’, potresti prenderne due insieme,
non succede niente, sai?”
“No!
L’ho scordata per un mese! Un mese intero, capisci? Il mese
di agosto, quello dove ho fatto tanto sesso, estremo sesso,
e…” Prendo la mia agenda e la apro alla pagina del
giorno dove ho scritto la note ‘arrivo ciclo’.
“Ho un ritardo di quattro giorni quando sono stata sempre
regolare da quando prendo la pillola.”
Rosalie
è sconvolta. “Cristo…”
sussurra, per poi esclamare: “Ma come hai fatto a
dimenticarti di prendere la pillola per un intero mese?!”
“Perché
siamo partiti che io avevo il ciclo e dovevo ancora iniziarla, per cui
tra le giornate a letto, tra i viaggi per il mondo e i fusi orari
diversi, ho perso del tutto il conto dei giorni e mi sono dimenticata
completamente di quando avrei dovuto cominciare a prendere la pillola.
Diamine, volevo solo godermi una bella pausa estiva con mio
marito!” esclamo sull’orlo di un pianto isterico.
“Va
bene, va bene” mi culla Rosalie tentando di calmarmi.
“Non è poi la fine del mondo…”
“Non
è la fine del mondo? Cristo santo, siamo appena usciti da
una crisi coniugale e dovrei dirgli che forse sono già
incinta?”
“Magari
reagisce bene…”
“Parliamo
di Edward, Rose!” urlo ancora.
“Da
quando siete sposati ogni volta che ti aspettavi reagisse in un modo
lui faceva l’esatto contrario, perché dovrebbe
essere diverso questa volta?” sbotta.
“Perché
non parliamo del passato, né di quella stupida vendetta,
né della mia prima volta. Stiamo parlando di un
figlio!”
Non faccio
altro che urlare contro la mia migliore amica. Una piccola parte di me
sa che sto sbagliando a prendermela con lei, e alla fine non sono
realmente arrabbiata, è solo uno sfogo. È
l’unica con cui posso permettermi di sfogarmi
così, sicuramente se lo facessi con Jasper farebbe il casino
a Edward.
Rosalie lo sa
e non mi aggredisce.
“Bella”
inizia con voce calma. “Come prima cosa devi tornare a casa.
Se non ti senti sicura, se hai paura, aspetta un poco. Quando ti
sentirai pronta farai il test. E ricordati che per essere sicura al
cento per cento è meglio andare dal ginecologo, anche
perché hai solo quattro giorni di ritardo ed è
ancora un po’ presto perché il test dia con
sicurezza una risposta. Prenditi del tempo, okay? Fai passare un
po’. Quando lo riterrai opportuno, mi chiamerai e andremo a
fare quel benedetto test. D’accordo?”
Sospiro
pesantemente e annuisco. Ha ragione. Perché fasciarsi la
testa prima ancora di rompersela? E poi non è detto che lo
sia. Voglio dire, ho preso la pillola per qualche mese,
l’effetto non si annulla subito, no? Però
è anche vero che non sarebbe un caso rimanere incinta subito
dopo aver smesso… Ne ho lette parecchie di storie
così. E se io ne facessi parte?
No. No, devo
solo stare calma. Stare calma e aspettare di sentirmi in grado di
sapere la verità. Fino a quel momento continuerò
a godermi mio marito. È un bel programma, sì,
peccato che quando arrivo a casa ci sia altro ad attendermi: Jasper e
mio padre.
“Papà!”
esclamo senza sapere cosa fare.
Il primo
impulso è quello di correre ad abbracciarlo, ma so anche di
averlo deluso e ho paura possa rifiutare il mio abbraccio. È
lui a porre fine ai miei dubbi quando mi prende fra le sue braccia e la
telefonata dove avevamo litigato è già
dimenticata.
Affondo
il mio viso sul suo petto.
Questa
è casa. Tuttavia, mi sconvolge pensare a questo come quando
passi davanti la casa dove hai abitato per anni durante
l’infanzia e l’adolescenza. Sei affezionata e senti
che il tuo cuore apparterrà per sempre a quella casa, ma sai
anche che quella vera è quella dove ritornerai dopo essere
stata lì.
Abbracciando
mio padre, provo la stessa cosa. Edward è la mia nuova casa.
“Cosa
fai qui? Sam ti ha fatto entrare?”
È
Jasper a rispondere a questa domanda. “Non ha fatto storie
perché non lo conosce, e io ho garantito per lui.”
“Devi
andartene” sussurro con le lacrime agli occhi. “Se
Edward ti vedesse…”
“Non
mi vedrà, amore mio. Ce ne andremo prima che lui
ritorni” assicura fissandomi con amore.
“Cosa?”
mormoriamo contemporaneamente io e Jasper.
“Avevi
detto che volevi solo parlarle” gli ricorda Jasper, ma lo
ignoro.
“Non
posso andarmene!” esclamo. “È mio
marito, come potrei farlo?”
“Ti
ha costretto a sposarlo! Non ti rende felice, passa più
tempo con le sue amanti che con te, come quella volta a quel
ristorante…”
Allento la
presa e mi allontano di un passo, fissandolo confusa. “Quando
il video è uscito l’ho visto e rivisto, e nel box
informazioni c’era scritto che era un pub…”
Charlie apre
bocca ma non risponde, presentandosi come fosse a disagio.
“Mi sarò confuso…” si
giustifica poi, debolmente.
“Oh,
papà…” sussurra Jasper deluso.
Non ci posso
credere. È stato lui…
“Senti,
non avevo alcun contatto con te e quel bastardo ha impedito qualsiasi
cosa potessi inventarmi. Pagare qualcuno che ti facesse capire che
dovevi lasciare Edward era l’unico modo per ritornare ad
essere una famiglia…”
“Non
eri tu quello che doveva indurmi a farlo, ero io che dovevo capirlo da
sola! Hai idea di come mi sia sentita a pensare che mio marito mi aveva
tradito?” urlo fissandolo come se lo vedessi per la prima
volta.
“Allora
perché sei ancora qui?” mi chiede disperato.
“Ti ha tradito, dovresti…”
“Era
la cugina, papà” risponde gelido Jasper,
affiancandomi. “Non c’è stato nessun
tradimento. Potrai non crederci, ma Edward è pazzo di
Bella…”
Mi trattengo a
fatica dall’alzare lo sguardo verso mio fratello per capire
se lo pensa davvero o meno. Io no di certo.
“Non
è vero!” obbietta diventando rosso per la rabbia.
“L’ha sposata per chissà quale motivo,
non ci credo che lui a pochi giorni dal matrimonio con la bionda abbia
deciso di sposare un’altra e soprattutto non credo che tu lo
ami come mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti. Non
ti innamoreresti mai di un uomo impegnato, e se anche fosse faresti di
tutto pur di comportarti onestamente verso la ragazza. Sei ben diversa
da così.”
Mio padre mi
conosce fin troppo bene.
“Io…”
“Ti
ha raccontato una bugia, Bells, perché non mi vuoi
credere?” mi chiede con gli occhi lucidi. “Ti ha
tradito, io lo so che è così. Quella donna
era…”
“Mia
cugina. Per l’ennesima volta: Alice è mia
cugina.”
Tutti e tre ci
voltiamo verso la soglia del salotto, io spaventata a morte. Edward ha
sempre odiato ciecamente l’uomo che adesso ha davanti, un
uomo che è causa di tanta sofferenza.
Una ragazza
gli si affianca. Una ragazza bassa quanto me con i capelli neri e corti
e un sorriso timido e dispiaciuto in viso. “Chiedo scusa per
aver creato tanta confusione. Ma sì, sono solo la cugina di
Edward.”
Lei
è Alice? Lancio uno sguardo a Edward che non fa altro che
fissare mio padre. Sembra esserci solo lui nella stanza.
Mio marito ha
incontrato mio padre solo un’unica volta prima di questa,
subito dopo l’annuncio del nostro fidanzamento. A quel tempo,
Edward si godeva l’inizio della sua vendetta che iniziava per
il verso giusto, col grande botto. Poteva permettersi di goderne
appieno con tanto di sorriso cattivo verso mio padre. Ma adesso che ha
rinunciato ad ogni proposito, attaccare briga con lui sarebbe
l’unico modo per sfogarsi.
Lo affianco
immediatamente, senza sapere cosa ho davvero intenzione di fare.
“Edward, ti prego…”
“Non
lo voglio qui” sibila nella mia direzione, pur continuando a
fissare mio padre.
“Non
me ne andrò fin quando mia figlia non verrà con
me” sentenzia senza timore Charlie.
Il passo
avanti di mio marito mi fa rizzare ogni singolo pelo sul corpo e lo
prendo per mano stringendo forte la presa, così forte da
farmi male io stessa, posandogli anche una mano sul petto.
“Tu…”
inizia Edward, ma viene interrotto da mio fratello.
“Mi
avevi assicurato che desideravi solo parlarle. Lei non verrà
mai via con te, papà, ha scelto suo marito
all’inizio e continuerà a farlo fino alla
fine.”
Fisso Jasper
con tutta la gratitudine del mondo, con tutto l’amore che
provo per lui. Mi sento terribilmente in colpa per averlo trattato male
quella sera di mesi fa in cui è intervenuto a una serata
mondana per convincermi a lasciare Edward.
Continuo a
pensare tutto ciò che gli dissi quella volta, ma capisco
anche che avrei potuto reagire diversamente. Tutto ciò che
ha detto è stato solo perché mi vuole bene, un
bene che ricambio con tutto il cuore.
“Non
capisci che è lui che pressa? La costringerà in
qualche modo, lei non può voler stare con lui, non
può stare con lui…” insiste mio padre.
Alice, che
fino a quel momento era rimasta in silenzio, si intromette con voce
gelida. Del sorriso imbarazzato ma dolce di poco prima non vi
è rimasta alcuna traccia. “Non vedo motivo per cui
non dovrebbe voler stare con mio cugino.”
“Suo
cugino è senza cuore” ribatte prontamente Charlie
senza un briciolo di rimorso. “Ha minacciato mia figlia per
riuscire a farsi sposare e Dio solo sa se può averla
trattata male!”
Vero. Mi ha
minacciato per costringerlo a sposarlo, sebbene una minaccia nascosta
da una proposta – il matrimonio in cambio di un aiuto
economico, avvenuto solo grazie ai miei risparmi in seguito alla
scoperta della vendetta – e mi ha anche trattato male. Non
fisicamente e nemmeno psicologicamente. Più che altro, me ne
ha fatte passare quattro, lo ammetto.
Ma tutto
ciò non si può paragonare a ciò che ha
fatto lui.
“Almeno
lui non mi ha tradito con una donna madre di due bambini portandola ad
abbandonare tutto e tutti per un amore non corrisposto” mi
sento pronunciare.
Mi ha fatto
molto male dirlo, perché in fondo speravo di sentire anche
la versione di mio padre e scoprire che c’erano lati nascosti
agli occhi di Edward che motivavano il comportamento di Charlie.
Eppure, le mie
parole colpiscono nel segno: sento Edward irrigidirsi e vedo il colore
defluire dalle guance di mio padre. È una conferma
silenziosa, e non si aspettava io sapessi.
Quella mia
frase ambigua è stata ben capita da mio padre, meno da
Jasper e Alice, perché loro non conoscono la
verità. Tuttavia, capiscono che non è una frase
detta a caso e nessuno dei due fiata. Nemmeno Edward e Charlie. E io
sono solo stanca di tutto, ormai…
“Papà”
sussurro, allontanandomi da Edward quel tanto che basta per sedermi sul
divano. “Per favore” lo supplico.
Io amo mio
padre, questo non cambierà. Non puoi passare
dall’amore all’odio, o viceversa, in un istante. Ci
vuole tempo, tempo che io non ho nemmeno desiderato. Io non voglio
odiare mio padre. È solo che, per quanto io gli voglia bene,
scelgo mio marito, perché lo amo.
Questo,
però, non significa che sia facile o che non faccia male.
Perché fa male, e anche tanto. È per questo che
lancio un’occhiata a Jasper per chiedergli silenziosamente
aiuto, perché sto per scoppiare e so che non
resisterò a lungo. È un addio, l’ho
ormai capito.
“Basta
così” sentenzia Jasper, capendo al volo.
“Andiamo, papà. È la scelta
migliore.”
Ho lo sguardo
basso e non vedo cosa stia succedendo o come possa essere lo sguardo di
mio padre. Ferito? Deluso? Arrabbiato?
Sussulto
quando Edward si inginocchia davanti a me fissandomi con sguardo
indecifrabile.
“Mi
dispiace” mormoro immediatamente, la voce incrinata.
“Io non sapevo, io non immaginavo…”
“Va
tutto bene” sussurra lui, prendendomi il volto fra le mani.
Non va tutto
bene. Edward ritornerà la persona fredda e scostante di
prima; penserà che gli abbia mentito facendo entrare mio
padre; e mi odierà quando scoprirà che sono
incinta, dato che ci sono alte possibilità. Come
può dire che va tutto bene?
“Se
ne sono andati.”
Entrambi
alziamo lo sguardo verso Alice, che sta tornando verso il salotto,
segno che ha accompagnato mio fratello e mio padre via.
Edward
annuisce. “Puoi stare con lei un attimo? Devo fare una
telefonata” spiega alzandosi e allontanandosi di un passo.
Vedi? Ti stai
allontanando ancora. Oh Dio, non
di nuovo, non ora…
“Certo”
asserisce subito Alice. Mentre il cugino esce, lei si siede con un
dolce sorriso accanto a me. “Mi dispiace. Per tutto. Se non
fosse stato per colpa mia…”
Sospiro. Non
conosco questa ragazza e a prima vista sembra simpatica, ma
ciò che vorrei fare in questo momento è solo
andare a letto e dormire per le prossime ventiquattro ore.
“Non è stata colpa tua, ma di mio padre.
È stato lui a pagare quel paparazzo affinché
facesse quel video.”
“Oh
mio Dio” sussurra sconvolta.
“Già”
borbotto. “Oh mio Dio.”
///
Fin da quando
ero piccola ho sempre avuto il sonno facile, un’abitudine che
non ho perso col passare degli anni.
Edward non si
è fatto vedere quella sera e sono andata a letto con la
triste consapevolezza di essere di nuovo punto e a capo con lui. Ma
quando a svegliarmi è la lieve carezza di una mano sul viso
mi fa dubitare.
“Come
ti senti?” sussurra Edward fissandomi… dolcemente.
“Alice mi ha detto che hai cominciato a sentire un forte mal
di testa…”
È
seduto di fianco a me sul bordo del letto, così vicino che
se distendessi la mia mano poggerebbe sulla sua coscia. Lo faccio.
“Sto
bene… Almeno credo.” Perché se lui
è tornato lo stesso uomo che prima mi disprezzava allora no,
non sto affatto bene.
“Vuoi
che ti porti qualcosa?”
La sua mano
è ancora sul mio viso. Indossa gli stessi abiti di oggi
pomeriggio e sembra stanco. Voglio qualcosa, a dire il vero.
“Ti
corichi vicino a me?” mormoro con un fil di voce. Ho paura
della sua risposta.
Con il pollice
mi accarezza lo zigomo mentre continua a fissarmi con sguardo
impenetrabile. “Non sei arrabbiata?” indaga.
Lo sono?
Sì, in effetti. Almeno fino a quando non mi darà
un buon motivo per giustificare la sua assenza. Credo che la mia
espressione parli chiaro.
“Credi
che sia facile, Bella?” mi chiede con voce decisa.
“Ti ho visto oggi. Eri spaventata quando tuo padre se
n’è andato. Diamine, hai persino pianto. Come se
dopotutto ciò che è successo io potessi
arrabbiarmi con te. Come se potessi farti mai del male.”
Percepisco del
disprezzo nella sua voce, ma per la prima volta non è
rivolto a me.
“Non
avevo paura che potessi ferirmi. È
solo…”
“Non
fisicamente, forse. Ma hai ancora paura possa diventare come prima, che
possa trattarti di nuovo come pochi mesi fa.”
“Puoi
biasimarmi?” sussurro.
Edward non
risponde alla mia domanda, ma va dritto al punto. “Tu non ti
fidi, Bella.”
“Io
ho paura, Edward!” esclamo con voce bassa. “Io mi
fido di te, ma ho paura che tu possa deludermi.”
“Come
potrei mai non deluderti se
già sei convinta che lo farò? Come puoi darmi
un’altra occasione se pensi già che la
sprecherò come ho fatto quando ti ho sposato?” mi
chiede piano.
Trattengo il
respiro senza nemmeno rendermene conto. Credo d’aver capito
cosa vuole dire, ed ha ragione.
“Io
voglio provarci, Isabella, e sto cercando di essere per te la persona
che voglio mostrarti. Giorno dopo giorno, mi sto aprendo con te come
non ho mai fatto nemmeno con mia sorella. E non è facile,
perché ho passato quasi trent’anni a nascondere i
miei sentimenti dietro la freddezza e
l’imperturbabilità, e poi vieni tu e scombussoli
il mio mondo, e devo mostrarmi per chi voglio essere
realmente.” I suoi occhi verdi sembrano perforarmi per
l’intensità del suo sguardo. “Io sono questo,
Bella. E sono questo solo
con te.”
Apprezzo la
sua sincerità. Comprendo le sue parole e ammiro il fatto che
non nasconda che tutt’ora ci prova, sebbene a piccoli passi.
Mi ha chiesto di fidarmi, e voglio farlo. Come per la questione della
gelosia, devo fidarmi di lui anche su tutto il resto.
“Così
è per questo che non ti sei fatto vedere stasera?
Perché avevi bisogno di calmarti?” chiedo con un
piccolo sorriso che Edward ricambia.
“Anche.
Ma soprattutto, eri tu che avevi bisogno di pensare.”
“Io
avevo bisogno di te. Mi sarei risparmiata ore di dubbi, sai?”
Vedendo che
non sono più arrabbiata, Edward emette una breve e bassa
risata. “Non sono bravo nemmeno a capire cosa vuole mia
moglie, vedi? Però prometto che
migliorerò.”
Annuisco,
credendogli. “Ti va di venire a letto?” sussurro
poi.
Non
c’è malizia nella mia voce, voglio solo dormire
insieme a lui. Edward lo capisce e scalcia via le scarpe con i piedi
stessi, spegnendo l’unica luce che illumina la stanza, quella
del lumino. Poi, ancora vestito, si distende al mio fianco prendendomi
fra le braccia.
Il mio cuscino
viene sostituito dal suo petto e non c’è niente di
meglio. Inizia ad accarezzarmi i capelli e lascia un lieve bacio sulla
mia nuca.
Ora che
abbiamo trovato un po’ di serenità, non voglio
pensare a come reagirebbe Edward se dovesse sapere sono rimasta incinta
per un mio stupido errore. Ma come dice Rosalie, è meglio
aspettare. È inutile pensarci adesso…
///
“Tanti
auguri, vita mia, tanti auguri, tanti auguri, amore mio!”
Jasper non
smette un istante di tenermi stretta a se baciandomi guancia, fronte,
zigomi, orecchie quasi. Per il mio compleanno, lui è sempre
stato più entusiasta della sottoscritta.
“Ah,
che gioia!” esclama deliziato allontanandosi per osservarmi.
“Diciannove anni non si compiono tutti i giorni,
eh?” mi chiede scoppiando poi a ridere per la battuta
– pessima – appena fatta.
Tuttavia non
riesco a non ridere davanti al suo entusiasmo. Ed è una
bella distrazione, visto ciò che ha confermato il test di
gravidanza che ho fatto stamattina.
“Ma
che ho fatto di male per meritarmi questo?” sento borbottare
Edward seduto sul divano.
“E
dai, sono così carini” lo rimprovera Alice,
osservandoci con sguardo quasi innamorato.
“Da
fare schifo” conclude per lei Victoria, seduta al fianco di
Edward.
Fratello e
sorella hanno la stessa espressione disgustata.
“Tu
non hai mai fatto così!” esclama piccata Alice
verso Emmett, seduto sul tavolo mentre si sta ingozzando.
Alice mi ha
detto che i due sono nati nello stesso periodo e che sono cresciuti
insieme, per cui sono come fratelli. La coincidenza era che avevano
entrambi la stessa età di mio fratello.
Emmett la
ignora, preferendo fare gli occhi dolci a Esme. “Questo
dolcino è squisito” le dice estasiato.
Sono
abbastanza convinta che se Esme non fosse sposata con suo padre, allora
la sposerebbe lui.
La famiglia di
Edward è a casa mia per festeggiare il mio compleanno. O
meglio, loro festeggiano: per me è un giorno come un altro.
Ovviamente
c’è anche Rosalie. È qui da stamattina,
perché avevo bisogno di qualcuno che mi sostenesse mentre
facevo il test. Rosalie mi aveva proposto di aspettare, ma dopo pochi
giorni non ho più saputo resistere. Sapevo che il test non
era affidabile al cento per cento, specialmente i primi tempi, e io non
sapevo nemmeno a che settimana ero.
Perché
il test era positivo, anche se potevo comunque non essere incinta.
Tuttavia so, sento di
esserlo. Sarebbe un miracolo, dopo un mese di sesso non protetto, non
esserlo.
E, in tutta
onestà, ancora non ho ben capito come mi sento. Confusa,
stralunata, non ancora abituata all’idea. Spaventata,
quando penso che dovrò dirlo a Edward.
Questa cena in
famiglia è una buona trovata per distrarsi.
Ci sono
Victoria e la sua famiglia, Carlisle e Esme, Emmett, Jasper e Rosalie,
e Alice. Jasper mi ha detto che con Emmett hanno avuto occasione di
instaurare un bel rapporto d’amicizia. Edward ha borbottato
parolacce quando ha saputo che ci sarebbe stato mio fratello, ma sotto
sotto sono convinta che non gli dispiaccia poi così tanto.
Carlisle e
James stanno giocando a dama in uno scontro di sguardi, preferendo
vincere contro l’altro che partecipare alla discussione per
il comportamento idiota di mio fratello. Non posso dire di biasimarli.
Claire e Tom,
invece, stanno riposando rispettivamente sul tavolo e fra le braccia
della nonna.
Avendo
cambiato casa, adesso non abbiamo più a disposizione le
camere per gli ospiti come nella precedente villa, dato che ne avevamo
solo due di cui una adibita a libreria. Per cui, se il bambino
è piccolo e può stare bene fra le braccia di
Esme, mi dispiace che la bimba possa avere dolori alla schiena
così piegata sul tavolo con le braccia incrociate a farsi da
momentaneo cuscino. Così decido di avvicinarmi a lei
inginocchiandomi al suo fianco e accarezzandole i capelli.
“Claire…
se sei stanca vuoi andare a dormire nel mio letto?” le
sussurro all’orecchio.
Lei mi fissa
col visino assonnata. “Posso?” mi chiede con vocina
insicura.
Vorrei
stringerla così tanto che finirei per farle male.
“Vieni, ti accompagno” mormoro alzandomi e
porgendole la mano.
Lei
l’afferra subito e scende dalla sedia, stropicciandosi con
l’altra mano libera l’occhio.
L’accompagno
in camera da letto e la faccio sedere sul bordo. Le tolgo le scarpette
e la metto a dormire posandole una copertina leggera di sopra.
“Va
meglio?” le dico infine sedendomi al suo fianco e riprendendo
ad accarezzarle i capelli rossi come quelli della madre.
Lei annuisce
sorridendomi. È adorabile. “Zio Emmett una volta
ha portato una sua amica che non mi piaceva. Ma zio Edward è
stato bravo. Tu sei simpatica!” esclama quasi fosse sorpresa.
Scoppio a
ridere, pensando a quanto è bella
l’ingenuità dei bambini che ti dicono le cose in
faccia. “Anche tu sei simpatica.”
“Rimani
un po’ con me? Non riesco a dormire quando sono fuori
casa…” mi supplica.
“Amore,
non puoi chiedere alla zia di rimanere, è la sua festa e
vuole stare con gli altri” esordisce Victoria entrando in
stanza e avvicinandosi a me.
Mi fa piacere
mi abbia apostrofato con ‘zia’ e non col mio nome,
mi sembra così intimo e una reale appartenenza alla loro
famiglia.
“Non
fa niente, Vic, rimango volentieri. Sono un po’ stanca e mi
fa male la schiena, per cui magari rimango un poco, giusto il tempo per
riprendermi.”
Victoria mi
scruta a fondo, prima di chiedermi: “Sicura?”
“Sì.
Vai tranquilla” dico sorridendole leggermente.
Benché
mi sopporti molto meglio rispetto a prima, non siamo ancora diventate
grandi confidenti, per cui non so mai come comportarmi. Ma Victoria mi
rivolge un piccolo sorriso di ringraziamento prima di sfiorare con le
labbra la fronte della figlia e toccare in segno di un altro grazie il
mio ginocchio. Apprezzo anche questo.
Quando
rimaniamo da sole, Claire si sposta più in là e
io accetto l’invito, posando la schiena sui cuscini ed
emettendo un sospiro di sollievo. Non ho mentito a Victoria, sono
davvero stanca e ho davvero mal di schiena.
Claire ha il
viso praticamente sul mio seno e gli occhi sono già da ora
chiusi. Riprendo ad accarezzarle i morbidi capelli, cullandola
canticchiando a bassa voce un motivetto che non conosco nemmeno io.
Pochi minuti dopo, sento il suo respiro regolarizzarsi e capisco che si
è addormentata. Tuttavia non voglio alzarmi: sto bene
così, c’è pace e silenzio e il
corpicino della bambina mi da’ conforto e piacere mentre
è così stretto a me.
Senza che io
mi ne renda conto, inizio ad accarezzare il mio stomaco che sento un
po’ più rotondo. Forse sono solo io che lo vedo
così, o forse lo è davvero.
Mi chiedo cosa
proverò a prendere in braccio il mio bambino. Se mi sento
già così affezionata a colei che è
semplicemente mia nipote, cosa proverò con mio figlio?
Già lo so, lo vizierò tantissimo.
Starà sempre tra le mie braccia.
La
verità è che non sono contraria a questa
gravidanza, non potrei mai. Ho solo paura di non essere una buona
madre. Voglio dire, io sono così giovane, così
inesperta. Ho ancora così tanto di imparare, ora ho anche un
marito, e come potrei prendermi cura di mio figlio se a malapena so
prendermi cura di me stessa? Se al momento sto ancora imparando ad
essere una moglie, come posso essere una brava madre?
La porta si
apre di scatto ma fortunatamente al mio sussulto Claire non si sveglia.
Edward sembra sorpreso di vedere quella scena.
“Sta
bene?” si informa chiudendo la porta e sedendosi accanto a
me, nel posto che precedentemente occupavo.
“Sì”
sospiro. “Claire aveva solo sonno.”
Edward non
aggiunge altro ma i suoi occhi si posano sul viso della bambina.
Starà vedendo come accarezzo i suoi capelli?
Starà immaginando come potrei essere come madre di un suo
bambino? Spero di sì. Spero inizi a pensare a
quest’idea, perché è una cosa che
avverrà presto.
“E
tu? Stai bene?” domanda aggrottando le sopracciglia.
“Sembri così pallida.”
“Sono
solo un po’ stanca, davvero.”
Edward
annuisce, lanciando un’ultima occhiata alla bambina.
“Vieni di là quando ti senti meglio,
okay?” mormora dandomi una leggerissima pacca sul ginocchio.
“Okay”
rispondo osservandolo uscire dalla stanza.
Faccio passare
qualche altro minuto e finalmente decido di tornare a quella che,
dopotutto, è la mia festa di compleanno. Cena di
compleanno, per meglio dire.
Quando
ritorno, James e Carlisle hanno già finito di giocare.
Adesso, i giocatori sono Emmett e Rosalie, seduti uno di fronte
l’altro a fissarsi quasi in cagnesco.
“Che
succede?” mormoro confusa, affiancandomi a mio marito.
Capisco che
stiano giocando, ma perché tutti,
da Esme e Carlisle, a Victoria e James, a Edward, Alice e Jasper, sono
in piedi attorno a loro?
“Sssh!”
mi rimprovera aspramente mio fratello. “È un
momento critico.”
Dio mio. Lo
pensa seriamente.
Giurerei che
Rosalie e Emmett non sbattono nemmeno le palpebre per il desiderio di
studiare le espressioni dell’altro. È Emmett a
fare poi la prossima mossa.
“Da
quanto tempo giocano?” sussurro in direzione di Edward.
Lui scrolla le
spalle. “Dieci minuti, più o meno.”
Oh, Dio. Dieci
minuti e hanno fatto letteralmente sette mosse. È
impossibile.
Tocca a
Rosalie, ma Emmett la distrae. “Ti farò il culo a
strisce.” Solitamente una frase così nasconde un
tono malizioso, ma mio cognato lo pensa seriamente dato lo sguardo
truce che le rivolge.
“Emmett!”
lo rimprovera Esme.
“Prima
devi arrivarci al mio culo!” esclama Rosalie facendo la sua
mossa con rabbia.
“Io
vado a sedermi” borbotto alzando le mani come a togliermi
ogni responsabilità per il comportamento della mia amica.
Pur essendo in
compagnia dei ragazzi nella stessa stanza, seduta sul divano mi sento
sola. Ho tutto ciò che mi serve, tranne una cosa.
Mi mancano i
miei genitori. Odio essermi separata da loro in questo modo,
soprattutto odio che potrebbero essere arrivati a rinunciare a me.
Mamma sono secoli che non la sento. Magari ha accettato questa
situazione.
Quanto vorrei
averla al mio fianco proprio ora. Lei non ha la minima idea di quanto
mi manca.
“Ho
vinto!” esclama improvvisamente Rosalie, esultando come se
avesse vinto alla lotteria.
Emmett sbatte
le mani sul tavolo alzandosi in piedi. “Hai imbrogliato! Mi
facevi il piedino sotto al tavolo, logico che poi arrivo a
sbagliare!” grida offeso.
“Rosalie”
la rimprovera mio fratello.
“Oh,
mica è colpa mia se è sensibile ai
piedini” borbotta lei.
Emmett si
rivolge a me con le parole pur tenendo lo sguardo omicida su Rose.
“Bella, io ti rispetto molto, ma credo proprio che
ucciderò la tua migliore amica.”
“Fai
pure” gli dico con voce stanca. Odio stare male proprio ora
che sono qui soprattutto per me, ma purtroppo ho un forte mal di testa
e un senso di nausea opprimente che mi fa desiderare solo di andare a
letto. È una conferma alla già precedente
conferma, questa.
“Ehi!”
esclama offesa.
Ma io non la
sento più, non quando improvvisamente la nausea aumenta a
seguito dell’odore di caffè nella stanza.
“Okay,
basta così. Ho preparato il caffè, almeno se
dobbiamo animarci lo facciamo con le giuste intenzioni!”
esclama Esme, causando – senza saperlo – la mia
rovina.
Mi alzo
improvvisamente correndo per il bagno. Ringrazio l’aver
scelto una casa piccola perché riesco a raggiungere la tazza
del gabinetto giusto in tempo per vomitarci dentro. Non avevo alcuna
intenzione di vomitare con tutti loro davanti, mi sento già
malissimo così.
Mi sento quasi
morire, perché se c’è una cosa che odio
con tutta me stessa è vomitare. Gli occhi lacrimano, la gola
brucia, e mi sento già uno schifo.
Mani fresche
mi aiutano tirando via i capelli e, quando finisco, porgendomi una
salviettina bagnata.
“Non
pensavo stessi così male” mormora dolcemente
Edward.
Se se ne
è accorto lui, allora anche tutti gli altri.
Quel pensiero
mi fa piangere ancora di più, stupidamente, nonostante anche
io sappia non c’è alcun motivo per essere
così esagerata. “Mi dispiace…”
“Va
tutto bene, non c’è alcun bisogno di scusarsi,
Bella” osserva sottovoce, come a tranquillizzarmi con la sua
stessa voce. “Se ti senti male possiamo rimandare, non
c’è alcun bisogno che debbano mangiare da noi per
forza oggi e…”
“No,
no!” esclamo subito. “La tua famiglia è
stata così carina con me, non voglio mandarli
via…”
“Bella”
mormora lui con decisione. Mi accarezza i capelli. “Stai male
e hai bisogno di riposto. Sono i primi a voler rimandare per
permetterti di andare a letto.”
Annuisco
brevemente e faccio per alzarmi. Edward mi segue mentre io vado al
lavandino per lavarmi velocemente i denti e tornare ad avere un buon
sapore di menta al posto della schifezza del vomito.
Qualcuno bussa
al bagno. “Edward, tutto bene?” Victoria.
“Sì,
tutto bene, Vic” le risponde sbrigativamente. Tira lo
sciacquone e abbassa il copri water.
“Okay,
ci vediamo di là.”
Prendo uno
degli asciugamano appesi e lo tampono sulle labbra. Mi sento ancora uno
schifo. Edward prende la salvietta che avevo utilizzato per me e si
volta per gettarla nel cestino dei rifiuti. Quando apre,
però, deve aver notato qualcosa perché lo vedo
aggrottare le sopracciglia.
Certo di
tranquillizzarmi subito perché non è possibile
che l’abbia trovato, non quando ho avvolto la confezione del
test in chili di carta igienica.
Edward si
volta verso di me, l’espressione sconvolta. “Sei
incinta?”
Dovrei
rispondergli? Ovvio che sì. Ma come posso rispondergli con
semplicità ‘Sì, sono
incinta’. Pensarlo è un conto, dirlo ad alta voce
lo rende ancora più vero. Lo rende definitivamente vero.
Ma il mio
silenzio deve essere per lui più di mille parole, e
scuotendo velocemente la testa esce fuori dal bagno.
Rimasta sola,
mi lascio cadere per terra, stremata. Non ho la forza per seguirlo, e
nemmeno l’intenzione di farlo. Sono stanca di corrergli
dietro.
Note: prima di
lanciare maledizioni contro Edward, sappiate che è andato
via solo per chiedere agli invitati di lasciarli soli, così
da poter parlare da solo con Bella. Bella ha frainteso, ma sappiate che
è così :)
Mmhh... Bella
è incinta e questo è ufficialmente il penultimo
capitolo. Dopo questo scriverò il sedicesimo e per finire
l’epilogo, ambientato un anno dopo. Cosa accadrà?
Staranno ancora insieme? O magari Charlie riuscirà a
convincere Bella a lasciare il marito? E il bambino? Bella è
davvero incinta o il malessere è dovuto a un po’
di stress e il test ha sbagliato?
A proposito di
Bella incinta, ammetto che non mi è piaciuta molto questa
decisione ma sentivo di doverla prendere. Questo perché
quando ho iniziato la storia doveva essere più leggera
rispetto a come è venuta fuori, e soprattutto non avrei mai
creduto possibile di arrivare a scrivere 18 capitoli lunghissimi.
(Magari per voi non saranno così lunghi, ma credetemi:
più di seimila parole per capitolo -in media- è
un gran bel record per me.)
Tuttavia non
c’è niente di cui mi penta, tranne che per
l’età di Bella. Il mio ‘non mi
è piaciuta molto questa decisione’ difatti non
è riferito alla gravidanza, bensì alla scelta
dell’età. Probabilmente, potessi riscrivere
nuovamente la storia, Bella sarebbe più grande. Voglio dire,
madre a diciannove anni? È ancora una ragazzina che dovrebbe
esplorare il mondo! Però penso anche che probabilmente al
posto di Bella sarei stata felicissima. È per questo che,
nonostante l’età, non ho voluto cambiare idea.
Magari voi
potrete scrivermi ‘E’ troppo giovane,
è troppo presto’, ma solo dell’opinione
che ognuno possa avere in merito a un argomento come questo le sue
idee. In ogni caso, io sono qua ad accettare qualsiasi cosa abbiate da
dirmi (:
p.s.: non
temete, la questione ‘genitori’ non è
ancora conclusa, specialmente quella di Renèe a cui, povera,
non ho dato il giusto spazio. È un’altra delle
cose di cui mi pento, ma vedrete che saprò rimediare (:
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 ***
Vi
chiedo mille volte scusa per questo ritardo di un mese, purtroppo ho
avuto
problemi con il pc e non ho potuto scrivere. Nemmeno si è
trattato di mancanza
di ispirazione, sono stati solo problemi tecnici.
Giuro
che quasi mi vergogno a pubblicare questo capitolo per due motivi:
probabilmente nessuno ci sarà più; è
una vergogna farvi aspettare tanto per
quelli che sono gli ultimi due capitoli.
Ma
vi avevo comunque promesso, sin dagli inizi, che non avrei abbandonato
la
storia, non importava quanto fosse lungo il periodo in cui non
pubblicavo
nulla. E io mantengo le mie promesse :)
Questo
tra l’altro è proprio l’ultimo capitolo.
Vi pubblicherò un epilogo con salto
temporale, per farvi sapere come sono trascorse le cose, e dopo questo
metterò
fine a questa storia. Sono davvero fiera di essa, c’ho messo
tutta me stessa,
l’impegno che potevo, sfidandomi persino quando pensavo
d’aver raggiunto il
limite.
Non
sarà la storia più bella, quella meglio scritta,
quella con il significato più
profondo: ma io sono soddisfatta così (:
Buona
lettura a tutti, sperando che ci siate ancora :3 – tra
l’altro, proprio ora
vado a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo,
l’avrei fatto prima ma
non volevo rimandare oltre l’aggiornamento!!
Capitolo
16
Quando esco dal
bagno trovo mia sorella ad
attendermi con aria seria.
“È
incinta, vero?”
Annuisco
brevemente senza guardarla negli occhi. Lei
non aggiunge altro. Mi dirigo verso il salotto e so che lei mi segue.
Entrando,
noto tutti i loro sguardi su di me e riesco a leggervi dentro la stessa
preoccupazione che mi aveva invaso solo pochi istanti prima.
“Bella
sta bene, ma è parecchio stanca. Vi offendete
se vi chiedo di rimandare a un’altra serata questa
cena?”
“Certo
che no” risponde subito Esme, e vedo Alice
annuire al suo fianco.
“Facci
sapere come si sente, va bene?” chiede
Carlisle, alzandosi dalla sedia su cui era seduto fino a qualche
istante prima.
“Sì,
per favore. Jasper, vai via anche tu, vero?”
domanda Rosalie.
“Sì,
certo” sussurra, lanciandomi un’occhiata.
“Magari vado a salutare mia sorella,
però.”
Annuisco, e
Jasper mi supera per andare da lei. Non
so se vuole per davvero solo salutarla né cosa gli
dirà lei.
Mentre gli altri
si stanno preparando, Emmett mi si
avvicina.
“Tutto
bene?” Mi scruta con attenzione.
“È
incinta” gli rivelo senza tanti preamboli in un
sussurro diretto solo a lui.
Emmett strabuzza
gli occhi. “Incinta? Ehm… Wow!
Voglio dire, non siete neanche sposati da un anno e già
aspettate il primo
figlio. E meno male che fino a qualche tempo fa la odiavi, non voglio
sapere a
che stato stareste se ti fosse piaciuta fin
dall’inizio!”
“Emmett!”
esclama Victoria aggiungendosi alla
conversazione. “Smettila.”
Emmett
è parecchio imbarazzato e non sa cosa dire.
“Scusami, sai cosa intendevo dire…”
Lo interrompo.
“Certo. Non preoccuparti” gli dico
sbrigativamente.
Victoria mi
da’ una leggera pacca sulla spalla. “Noi
andiamo, okay? Se hai bisogno sai dove trovarmi.”
Annuisco
ringraziandola. Le sono davvero grato per
l’appoggio, è solo che in questo momento mi sembra
strano persino respirare.
La vedo
dirigersi verso il marito che tiene in
braccio mio nipote, mentre Alice, al suo fianco, tiene per mano Claire.
Victoria e la sua famiglia se ne vanno insieme dopo avermi salutato,
mentre
Carlisle e Esme li seguono dopo poco.
Rosalie mi si
avvicina mentre indossa il giubbino.
“Dille di chiamarmi, per favore…”
“Tu lo
sapevi?” le chiedo invece.
Ovvio che doveva
già saperlo. Mia moglie si confida
più con lei che con me.
“Cosa?”
Aggrotta le sopracciglia, ma è chiaro che lo
sa.
“Bella
è incinta” asserisce Emmett.
Rosalie mi
fissa. “Oh. Te l’ha detto?”
“No,
ho semplicemente fatto due più due.
L’improvvisa stanchezza, il mal di schiena, il senso di
nausea, mia moglie che
vomita dopo aver sentito l’amore del
caffè… Non sono un idiota, era chiaro che
sarei arrivato a capirlo dopo aver passato settimane con Bella in
questo stato!
Cristo, persino mia sorella l’ha capito.”
“Lei
voleva dirtelo, ma aveva paura…”
“Paura
di cosa?” sbotto. “Maledizione, quando
capirà
che può fidarsi di me?”
“La
fiducia non si conquista da un giorno all’altro,
che poi non è nemmeno questione di fiducia. Lei aveva timore
di dirtelo, sì, ma
oltre a questo è spaventata lei stessa per cose che tu forse
nemmeno capisci.
Ha solo diciannove anni, siete così giovani, lei
è giovane! Ha paura di fallire come moglie, come madre, come
donna. Ha paura persino della sua stessa ombra, arrivata a questo
punto. Perché
non lo capisci?”
“Come
posso capire una cosa del genere se non parla
con me?”
“E
allora chiediglielo” si intromette Alice. “Fino a
qualche mese fa nemmeno tu sapevi che potevi parlare onestamente con
lei. Cosa
ti fa pensare che per lei sia più facile arrivare a
capirlo?”
Sospiro. Mi
strofino gli occhi con entrambe le mani.
“Va bene. Parlerò con lei…”
“Bene”
annuisce mio fratello con un sorriso, prima
di voltarsi verso Rosalie. “Bambola, ti accompagno?”
Rosalie inarca
il sopracciglia e lo fissa incredula.
“Sparati” risponde semplicemente, prima di voltarsi
e andare via.
Mio fratello mi
sorride con espressione furba. “È
pazza di me” mormora malizioso prima di correrle dietro.
“Ehi!”
urla Alice “E io con chi me ne vado?”
“Ti
accompagno io, non preoccuparti.”
“No,
l’accompagno io. Tu va a parlare con mia
sorella” ordina Jasper. “Andiamo”
continua in direzione di Alice.
Non gli rispondo
male, bensì faccio come dice visto
che una volta tanto ha ragione.
Immagino che mio
cognato abbia portato mia moglie in
camera, per cui mi dirigo senza attendere oltre verso la stanza.
Bella’s
pov
Lo sento entrare
nella stanza con calma. Non mi urla
contro, non sbatte la porta, non si muove fendendo l’aria.
Quando mi volto
verso di lui, lo osservo mentre sta
per sedersi sul bordo del letto.
“Come
ti senti?” chiede con tono indecifrabile.
“Come
hai fatto a scoprirlo?” preferisco invece
chiedergli.
“Ultimamente
eri strana. Stanca, mal di testa,
sonno, nausea... Ti è bastato sentire l’odore del
caffè per vomitare. E ricordo
che… uhm, non abbiamo saltato nemmeno una settimana in
questi ultimi mesi. Così
ho capito.”
Annuisco
osservandolo attentamente. Non sembra
arrabbiato. “È stato un errore...”
“È
tutto okay. So che non l’hai fatto apposta.”
Mi avvicino a
lui titubante. “E ora che si fa?”
“Bella”
inizia con tono serio. “Avevamo deciso di
provare a darci una seconda opportunità. Di dimenticare
tutto e andare avanti,
solo noi due. Di continuare con il nostro matrimonio. Forse
è un po’ troppo
presto per un bambino, ma prima o poi, se continuare il matrimonio era
davvero
ciò che volevamo, il suo arrivo sarebbe stato inevitabile...
no?”
Continuo ad
osservarlo incapace di capire dove vuole
arrivare.
“Voglio
questo bambino” annuncia infine. “E non
credo di capire perché tu non lo voglia. Se è per
l’età…”
“No!”
esclamo, incredula. “Voglio anche io questo
bambino, ovvio che lo voglio.”
“E
allora qual è il problema?” continua non capendo
seriamente.
“Edward,
io…” Mi interrompo con un sospiro e mi alzo
con il bisogno di camminare, di fare qualcosa.
“Rosalie
mi ha detto che hai paura. È di questo che
si tratta?”
Preferisco non
rispondere a questa domanda e Edward,
capendolo, mi raggiunge e mi prende fra le sue braccia.
“Vieni
qui” sussurra.
Poso la testa
sul suo petto e mi lascio avvolgere
dal suo profumo, da lui.
“Va
tutto bene, Isabella, va tutto bene” continua a
sussurrare con voce calda e bassa.
Sento i miei
occhi inumidirsi e mi mordo il labbro
inferiore imponendomi di non piangere.
“E va
tutto bene perché sei perfetta. Sei una donna
perfetta, e una moglie perfetta, e sarai una madre ancora
più perfetta. Tra
tutto ciò che potresti mai temere, questa è
l’ultima cosa al mondo.”
Ma io scuoto la
testa con forza. “No, non è
vero…”
La voce mi trema e lui se ne accorgerà sicuro, e per
risposta mi sento peggio.
“Non so niente di niente, sento che fallirò in
tutto e ho solo bisogno…”
Non posso andare
oltre. E preferisco che mi senta
piangere piuttosto che sentire la verità.
Ho bisogno di
mia madre. Ho bisogno di averla
accanto, di poter condividere la notizia non solo con mio marito ma
anche con
lei, di farmi raccontare quello che sentiva lei e come ha affrontato
tutto.
A quanto pare,
però, non è possibile.
Edward’s
pov
Dopo che Bella
si era calmata, avevo deciso di
portarla a cena fuori. Avevo capito il punto di vista di mia moglie ed
era
normale che fosse preoccupata, ma non ne aveva realmente motivo.
Era una brava
moglie e sarebbe stata una brava
madre. Lo so io, lo immagina persino la mia famiglia. Bella
è l’unica che non
se ne rende conto.
In seguito le
cose sono andate un po’ meglio. Bella
aveva ancora l’irrazionale paura di non essere una buona
madre, ma era davvero
felice per questo bambino. Lo capivo nel modo in cui si accarezzava
distrattamente lo stomaco e lo vedevo quando mi parlava dei malesseri
che la
gravidanza le portava mentre tuttavia sorrideva.
E con il passare
del tempo, non riuscivo a capire il
motivo per cui era ancora spaventata.
“Come
puoi non capirlo? Non ha nemmeno vent’anni e
aspetta già il primo figlio. Moglie e madre nel giro di un
anno, c’è da
impazzire!” esclama Victoria un giorno che vado a farle
visita.
“Sì,
ma se lei è felice del bambino, perché
rovinarsi il momento?”
Davvero non
aveva senso. Non per me.
Victoria sospira
e mi guarda come spazientita. “Vuoi
sapere cosa credo io? Vuoi la verità? Bene: Bella
è spaventata perché è sola.”
Idiozie.
“Bella non è sola. Ho cercato persino di
ridurre le mie ore di lavoro per starle vicino e…”
“No,
non capisci. Puoi starle accanto anche
ventiquattro ore su ventiquattro, questo non le impedirà di
sentire la mancanza
dell’unica persona che in questo momento potrebbe esserle
veramente d’aiuto.
Sua madre.”
Fisso mia
sorella senza dire una parola, soppesando
le sue parole.
Sua madre. Bella
sente la sua mancanza, ed è chiaro.
Ma davvero fino a questo punto?
“Edward,
ascoltami e non prenderla a male per quello
che ti sto dicendo. Bella è una ragazza che è
stata costretta a sposarsi e che
è stata allontanata, da un momento all’altro,
dalla famiglia che ha sempre
amato. Poi ha vissuto in pieno tormento perché il marito
cercava vendetta sui
genitori servendosi di lei, distruggendola mentalmente e costringendola
persino
a scappare. Infine, è rimasta incinta a nemmeno
vent’anni, in una città non sua
con persone che sono degli estranei per lei. E in questo momento
delicato è
ovvio che voglia sua madre. Non sa cosa aspettarsi dalla gravidanza,
come
affrontarla, e io e Esme potremmo anche aiutarla ma non sarà
la stessa cosa.
Credimi.”
Lei lo sapeva
bene. Anche lei non ha avuto sua madre
durante le gravidanze.
Abbasso lo
sguardo puntandolo su un punto qualsiasi
del pavimento. “Ho abbandonato la vendetta. Non potevo andare
avanti, non
quando si tratta del padre di Bella.”
“E di
ferirla” aggiunge piano Victoria.
Non
do’ segno d’averla sentita, ma nemmeno obbietto.
“Edward,
penso che se davvero non vuoi più
vendicarti, allora forse è giunto il momento di lasciarsi il
passato alle
spalle e accettare la famiglia di tua moglie.”
Di scatto la
fisso. “Mai. Ho fatto una promessa
sulla tomba di mamma. L’avrei vendicata e già non
sto mantenendo questa, ma
almeno non arriverò a fare amicizia con loro.”
“Tu ce
l’hai solo col padre, perché impedire a mamma
e figlia di rivedersi? Cristo, Bella deve amarti davvero molto per non
incontrarsi con sua madre nemmeno di nascosto!” esclama
arrabbiandosi.
“Lei
non mi ama” affermo guardandola come se vedessi
un mostro. “Come potrebbe amarmi? L’hai appena
detto: gliene ho fatte passare
davvero troppe.”
“Be’,
allora non conosci le donne” risponde
sbrigativamente, incrociando le braccia al petto.
Sospiro
passandomi una mano fra i capelli. “Devo
andare.”
Chiudo
sbrigativamente la conversazione e me ne vado
senza nemmeno salutarla. Capirà. In questo momento sono
davvero confuso. Devo
farle incontrare sua madre? O devo evitare come ho fatto
fin’ora?
Victoria ha
ragione, mia moglie ha bisogno di sua
madre. Però anche io avevo bisogno di mia madre, eppure non
era qui.
Perché
mia madre era morta.
Con un brusco
movimento, spengo il motore e scendo,
entrando in casa. La luce del soggiorno è accesa segno che
Bella è lì. Quando
entro, noto però Jasper e mia moglie insieme: lui
è seduto sul divano, lei ha
la testa posata sul bracciolo e i piedi sulle gambe di lui,
addormentata.
“Sta
bene?” sussurro palesando la mia presenza.
Jasper scrolla
le spalle. “Non lo so” risponde con
voce triste.
Poso le chiavi e
tolgo la giacca, andando in camera
a prenderle una coperta. Quando ritorno per coprire mia moglie, Jasper
si
giustifica: “Non sapevo dove fosse e non mi sembrava giusto
curiosare.”
Annuisco
sbrigativamente, osservando attentamente il
viso pallido di mia moglie. Le tolgo un ciuffo di capelli davanti al
volto e,
nel farlo, mi accorgo che ha una guancia bagnata. La sfioro di nuovo,
poi mi
rivolgo a mio cognato. “Ha pianto?”
Jasper sembra
riluttante a rispondermi. “Un po’”
mormora infine. “Ma non mi ha detto il motivo. Poi si
è addormentata.”
Ritorno con lo
sguardo su mia moglie. Le parole di
mia sorella sembrano assumere un nuovo significato in me.
Aveva paura di
essere una pessima moglie quando è
chiaro che io sono un pessimo
marito.
Mi è stata vicina quando qualsiasi altra donna se ne sarebbe
andata spillandomi
soldi. Mi ha accettato nonostante tutto, nonostante i miei difetti,
preferendo
lasciare la sua famiglia e scegliendo di stare insieme a me.
Forse Victoria
ha ragione, forse davvero mi ama.
E
così anche io.
Non avrei
mandato la mia vendetta all’aria per
niente e nessuno al mondo. Non mio fratello, non mio padre, nemmeno mia
sorella. Ma per lei sì. Per lei tutto. Per lei davvero tutto.
Le do’
un’altra veloce carezza e mi allontano
sedendomi sul tavolino di fronte al divano. “Ho bisogno del
tuo aiuto.”
La mano di
Jasper che accarezzava il polpaccio di
mia moglie si ferma e mi scruta confuso. “Hai bisogno del mio
aiuto” conferma
scettico.
So che
è assurdo ed è ancora più assurdo
quello che
sto per dire. Non so nemmeno come iniziare. “Bella ha bisogno
di sua madre.”
Jasper guarda
immediatamente sua sorella. “Allora è
questo?”
“Sì.
Penso si senta sola e abbia bisogno solo di sua
madre, non saprei. Non me ne parla. Me l’ha fatto capire mia
sorella.”
“Saggia
Victoria” borbotta lanciandomi
un’occhiataccia.
“Ad
ogni modo” riprendo spazientito. “Ho bisogno del
tuo aiuto perché voglio vedermi con i tuoi
genitori.”
Jasper sussulta.
“Cosa?”
“Non
mi piace tuo padre. E non mi piace nemmeno tua
madre. Una telefonata avrebbe potuto farla per sapere come diamine
stava sua
figlia.”
Jasper prende le
sue difese. “Lo so. E anche lei. Ma
non poteva. E non perché mio padre glielo vietava, quando
eravate in luna di
miele provavano ogni giorno ma Bella non rispondeva mai. Solo dopo
siamo venuti
a sapere che tu avevi fatto cambio di scheda e…”
“Sì,
lo so. Ma poi Bella ha ripreso i contatti con
te e potevi benissimo dare il suo nuovo numero a tua madre.”
Jasper sospira.
“Una volta Bella mi ha detto che non
chiamava i suoi genitori perché sentire la loro voce le
avrebbe fatto più male
e non avrebbe più resistito. Per mia madre le cose sono le
stesse: sono io a
dirle che Bella sta bene, io a dirle che Bella è felice. Non
potrebbe sentirla,
se solo la sentisse prenderebbe il primo aereo per New York facendo
chissà
cosa.”
Quando ho ideato
la mia vendetta sapevo che ne
avrebbe risentito l’intera famiglia di Charlie.
Ciò che mi ostinavo a non
capire fosse quanto.
“Pagherò
io il biglietto a tua madre.”
“E a
mio padre?” si informa lui. “Edward, devi
renderti conto che devi gettarti il passato alle
spalle…”
“No.
Pagherò il biglietto a lui perché a mia moglie
mancano i suoi genitori e ha bisogno di sua madre. Ma per il resto, non
voglio avere
niente a che fare con lui.”
“E
allora l’incontro?”
“Ho
bisogno di mettere in chiaro delle cose e Bella
non deve sapere niente di tutto questo: se le cose dovessero andare
male non
voglio che soffra di più.”
Le lancio
un’occhiata: sta ancora dormendo profondamente.
Jasper annuisce
sospirando. “Va bene. Ti faccio
sapere.” Si alza spostando dolcemente i piedi di mia moglie
per non farla
svegliare. “Chiamerò stasera, okay?”
Annuisco, e
prendo il suo posto quando si sposta per
prendere la giacca. Quando rimango solo, mi dico che ho fatto la scelta
giusta.
Se non per me, per mia moglie, e tanto basta a non farmene pentire.
///
“Non
sono sicuro che sia una buona decisione” mi
dice serio Emmett quando dalla finestra del soggiorno di casa mia
vediamo una
macchina fermarsi.
Jasper mi aveva
mandato un messaggio avvisandomi che
erano arrivati. Ed eccoli qui.
“Devo
farlo” rispondo a mio fratello, prima di
dirigermi verso la porta e aprirla. Non li aspetto: me ne ritorno a
sedermi sul
divano.
E quando
entrano, le mani mi prudono per la voglia
di pestare a sangue quel figlio di puttana. Ma devo resistere, per mia
moglie.
Victoria, a conoscenza dell’incontro, le aveva procurato
un’altra cliente e
sarebbero ritornate entro un’ora. Un’ora era un
lasso di tempo più che sufficiente.
“Mia
figlia è qui?” esordisce la madre di Bella in
un sussurro.
Charlie
è pallido ma non mi guarda, mentre io riesco
a vedere solo lui.
“No,
signora, sua figlia è con mia sorella Victoria”
le risponde gentilmente mio fratello.
“Perché
siamo qui?” chiede Charlie, senza rabbia
nella voce.
Non rispondo. Ho
talmente così tante cose da dirgli
che inizierei sicuramente da quella sbagliata. Vedendo che non
rispondo, Jasper
prende la parola.
“Siete
qui perché…”
“Bella
è incinta” esordisco alla fine. Dritto al
sodo, evitando stronzate varie.
Renée
si siede incapace di articolare mezza parola,
Charlie impallidisce ancora di più. Nessuno dei due sa cosa
dire, perché non sa
cosa ne penso io al riguardo.
Quando vedo che
Charlie sta finalmente per dire
qualcosa, mi rivolgo a sua moglie. “Sua figlia ha bisogno di
lei, signora. È
l’unico motivo per cui siete qui” aggiungo
osservando gelido il marito,
rispondendo così alla sua domanda.
Charlie si siede
vicino a Renée, mentre una miriade
di sentimenti passano sul suo volto.
Il silenzio
nella stanza viene bruscamente
interrotto da un singhiozzo, e i miei occhi si posano verso la figura
da cui
proviene.
“Mi
odia? È per questo che non è qui?”
chiede
disperata Renée.
“Mamma,
ovviamente Bella non…”
“Glielo
ripeto, signora: sua figlia ha bisogno di
lei. Non potrebbe mai odiarla, se l’odiasse non
l’avrei fatta di certo venire
qui.” Nonostante le mie parole, ho un tono gentile. Questo
perché non ce l’ho
affatto con lei, solo col marito.
Alle mie parole,
lei non sa come reagire, cosa
rispondere. Allora la vedo annuire quasi con timore.
“Ho
bisogno di parlarti.”
Persino il
pianto di Renée si interrompe a quelle
parole del marito, perché certamente nessuno se le
aspettava. Perché parlarmi?
Non abbiamo nulla da dirci.
“Non
ho niente da dirti” mormoro.
“Io
sì. Ho bisogno di parlarti” ripete, e vedo che
sembra ostinato a farlo.
Lo scruto
intensamente, cercando di capire se è
sincero o meno. Quando mi alzo, Emmett fa un passo verso di me.
“Edward?”
“Non
voglio certo iniziare un litigio” aggiunge
Charlie con tono più leggero. “Voglio solo
parlare. Possiamo stare cinque
minuti da soli senza arrivare ad alzarci le mani, giusto?” mi
chiede sperando
in un sì.
Possiamo?, mi
chiedo scettico. Io lo farei già ora
che siamo in tanti. Mi sento nervoso e lo voglio già fuori
da casa mia.
Ma lui continua.
“Per Bella. Ce la fai per Bella,
no?”
Lo sto ancora
fissando. Lui ha ragione, almeno in
questo. Posso farlo almeno per questa volta, posso farlo per Bella.
“Fammi
strada.”
Lo supero senza
degnarlo di una risposta, senza
aspettare che mi segua. Lo porto nel mio studio e aspetto che entri per
chiudere la porta. E poi aspetto che inizi.
“Non
ti biasimo per odiarmi. Certe volte mi odio
anche io. Non mi aspettavo che avessi raccontato tutto a Bella e non so
se ora
anche lei odia me e…”
“Lei
non ti odia” ribatto gelido, fissando fuori la
finestra. “Non volevo dire la verità a tua figlia,
è stata lei che mi ha
indotto a farlo. Ma non ti odia. Questa è una questione tra
me e te.”
Lo sento
sospirare. “Edward, io non so quello che
sai…”
“So
abbastanza” lo interrompo voltandomi con rabbia
verso di lui. “Mia madre ha tradito mio padre con te. Poi tu
l’hai tradita con
tua moglie. Mia madre è caduta in depressione a causa tua e
quando vi rimettete
insieme muore dopo il vostro ennesimo schifoso incontro.”
“Ci
rimettiamo insieme?” esclama sconvolto. “La
nostra storia è finita quando ho incontrato mia moglie,
Edward!”
“Non
mentirmi! L’ho seguita una volta e vi ho visti
insieme. Usciva sempre alla stessa ora, di uno stesso giorno a
settimana…”
“Va
bene, okay. Lo ammetto: avevamo ripreso i
contatti. Ma non per ciò che pensi tu. Tua madre mi aveva
contattato prima in
lacrime, dicendomi che era scappata e andata nemmeno ricordo
dove… Era
sconvolta e io…”
“Lei
ti ha chiamato?” sussurro incredulo.
Charlie sembra
confuso dalla mia interruzione. “Sì…
Ma non ci sentivamo da anni, la nostra relazione era ormai finita. So
di avere
sbagliato, ma non è stato uno sbaglio intenzionale. Amavo
davvero tua madre, ma
l’amore che ho poi provato per Renée superava
tutto. Ho dovuto lasciarla, non
potevo continuare a fingere di amarla quando non era vero!”
“Se
amavi tua moglie perché hai poi ripreso i
contatti con mia madre?” gli chiedo con rabbia, non
credendogli.
“Perché
tua madre mi aveva detto che aveva bisogno
d’aiuto. Non potevo abbandonarla, non quando in ogni singolo
istante della mia
vita mi sentivo in colpa per come l’avevo trattata.
Così accettai di vederla
non appena sarebbe tornata. È stato tutto molto innocente,
non poteva essere
altrimenti.”
“Quindi…
mi stai dicendo che mia madre aveva ripreso
a vivere solo perché eri diventato il suo nuovo migliore
amico? Non perché
avessi ripreso la relazione con lei?” gli chiedo sarcastico,
sedendomi sul
divano e posando i gomiti sulle ginocchia.
“Questo
non lo so. Non vivevo con lei, non so come
si comportava con voi. Posso però dirti che se davvero tua
madre mi amava
davvero… allora sì. Perché avere
accanto la persona che ami anche senza per
forza doverci finire a letto ti rende comunque felice”
obbietta serio.
Al mio silenzio,
sospira ancora. “Edward, non
pretendo che tu mi perdoni o che comprenda le mie ragioni. Io so di
avere
sbagliato, e il senso di colpa mi accompagnerà per il resto
della mia vita. Ma
non sono la persona cattiva che tu pensi io sia” ribatte con
forza.
“Io ti
ho chiamato” sussurro senza fissarlo. “Anche
se sono arrivato ad avercela con mia madre per il suo abbandono, io ho
cercato
di vedere del positivo in tutto questo, perché mia madre era
la persona più
infelice sulla terra e almeno la rendevi felice quando stava con te. Ma
quando
ti ho chiamato per il suo funerale non ne hai voluto sapere
nulla.”
“Averti
trattato in quella maniera, quando eri
ancora così distrutto per la morte di tua madre,
è forse ciò che rimpiango di
più. Eri solo un ragazzino che aveva appena perso la madre,
e io sono stato un
vero verme. Non posso essere perdonato per questo, e nemmeno voglio
perché non
me lo merito. Ma anche io stavo male e non volevo crederci.
Benché avessi smesso
di amare tua madre, lei comunque era comunque la donna che avevo amato
in
passato e avevo dei ricordi felici di noi due insieme. Perderla non
è stato
facile nemmeno per me. So che ti sembrerà impossibile, ma
è così. L’unica cosa
che posso dirti è che non lo pensavo davvero. E che sebbene
tu non mi abbia
visto, io ero comunque al funerale.”
“Non
ti credo” mormoro immediatamente.
“Non
mi aspetto che tu mi creda. Volevo solo
dirtelo” risponde come se già avesse immaginato la
mia risposta.
Perché
mi sembra così sincero? Perché tutto
ciò che
mi ha appena detto sembra avere un senso?
Charlie fa un
passo avanti per avvicinarsi a me. “So
che improvvisamente non nutrirai una simpatia nei miei confronti. So
che mi
odierai per il resto della mia vita. Okay, me lo merito. Ma ti prego:
non
allontanarmi da mia figlia. Sono stati mesi difficili, dove
l’unica cosa che ci
permetteva di andare avanti era sapere grazie a Jasper che Bella stava
bene.
Non penso di poter tornare a starle lontano, soprattutto
adesso.”
Lui ha ragione:
non arriverò mai a cambiare opinione
su di lui. Mai. Penso ancora che sia un maledetto bastardo figlio di
puttana ed
è una cosa che non cambierà. Ma Charlie
è anche il padre di mia moglie, e se
c’è una cosa che Bella mi ha fatto capire su di me
è che non sono la cattiva
persona che pensavo di essere: non posso separarli. Io non sono come
Charlie.
Perciò,
seppur con riluttanza annuisco, osservando
un’espressione di puro sollievo comparire sul suo volto,
mentre è costretto ad
aggrapparsi alla scrivania per non cadere. Mi sento improvvisamente a
disagio
vedendolo così… profondamente sollevato, come se
fosse davvero grato. Una
persona con dei sentimenti.
Non riuscendo a
fare di più per fargli capire che
sono sincero ed essendo arrivato al limite, mi alzo per ritornare in
soggiorno.
Jasper e sua madre sono seduti a parlare con mio fratello, in viso
espressioni
serie e preoccupate allo stesso momento.
Per far capire
che è tutto risolto – più o meno
–
Charlie esordisce: “Tra quanto dovrebbe arrivare
Bella?” chiede sedendosi
vicino alla moglie.
Io rimango in
piedi al fianco di Emmett, che
risponde: “Victoria dovrebbe portarla a casa tra
mezz’ora…”
Improvvisamente,
sentiamo la porta aprirsi e la voce
agitata di mia sorella. “Avremmo dovuto chiamare, Edward non
sarà contento…”
Ma Bella non
può rispondere a quell’osservazione,
perché è appena entrata ed ha occhi solo per sua
madre. Dalla sua espressione,
non sembra credere che sia davvero davanti a lei.
“Mamma…” sussurra, mentre
vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime represse.
Renée
senza attendere oltre si getta fra le braccia
della figlia, riempiendo il silenzio della stanza con i suoi
singhiozzi; Bella,
al contrario, è così sconvolta che impiega
qualche secondo per abbracciare
piano sua madre, come se a stringere troppo forte si corresse il
pericolo che
scompaia.
Anche Charlie si
avvicina alle due e quello è troppo
per me. Mi allontano di un passo, posando lo sguardo su mia sorella che
mi è
vicina. Lei sorride. “Hai fatto la cosa giusta”
mormora dolcemente, stringendomi
un braccio.
“È
così commovente, giuro” esclama Emmett,
avvicinandosi anche lui a noi.
Riesce a
strappare un sorriso a me e un insulto
nella sua direzione a Victoria. I miei occhi si posano su Jasper che
sta
venendo verso di me.
“Ti
ringrazio” sussurra come se gli costasse.
Lo capisco
benissimo. Anche a me costa molto tutto
questo. Così annuisco, sapendo che questo è il
nostro massimo. Per il limite
che invece riguarda me e Charlie, è molto meno di quello col
figlio.
Sapendo che
hanno passato quasi un anno senza
vedersi, ma non potendo sopportare oltre, trovo una soluzione:
“Penso che Bella
sarà molto felice di stare un po’ da sola con voi.
Jasper potrebbe portarvi a
casa sua, appena poi lei vorrà passo io a prendere mia
moglie” mormoro
interrompendo le lacrime, i sorrisi, e i discorsi fra i tre seduti
ormai sul
divano con la ragazza al centro.
Tre paia
d’occhi si posano su di me, ma io fisso
solo quelli di Charlie, sperando che capisca.
“Certo”
afferma fortunatamente, ricambiando la mia
occhiata con gratitudine. Sa che è il mio massimo.
“Noi rimarremo qui per tre
giorni. Al momento, purtroppo non posso prendere una pausa dal lavoro,
ma forse
mia moglie…”
“Dipende
tutto da te. Bella sarebbe comunque molto
felice di stare con sua madre, lo sai.”
“Grazie”
sussurra Renée alzandosi, fissandomi con
immensa gratitudine.
Mi prende alla
sprovvista e non so cosa risponderle.
Fortunatamente, mia sorella arriva come sempre in mio aiuto.
“Bella
non si è sentita molto bene, oggi, quindi se
stasera mangia da voi vi chiedo di controllarla.”
“Cosa?”
le chiedo, temendo di non aver capito.
Bella mi si
avvicina subito. “È stato solo un
leggero mancamento, tutto qui.”
La fisso
cercando di capire se lo pensa vero o mi
sta nascondendo qualcosa per evitare che io mi preoccupi, ma non vedo
niente
nei suoi occhi che me lo faccia pensare.
“Stia
tranquillo, penso io a lei” interrompe Renée
con voce sicura. Non ho dubbi che ci penserà davvero lei a
mia moglie.
“Vado
a prendere la macchina?” chiede Jasper.
Mentre riceve
risposta alla sua domanda, Bella si
stringe a me. “Tu non vieni?” sussurra in modo tale
che la senti solo io.
“No”
rispondo, posandole una mano sul fianco. “Non
posso” dico a bassa voce.
Bella mi scruta
a fondo, capendo il motivo. “Dobbiamo
parlare” aggiunge infine con tono dolce.
“Stasera.
E mangia, per favore.” Lancio un’occhiata
al suo stomaco, sfiorandolo con lo sguardo.
Bella sorride
radiosa. “Va tutto bene, davvero. Non
metterei mai a rischio il bambino” promette.
Le rivolgo un
mezzo sorriso per tutta risposta.
“Andiamo?”
chiede Jasper a Bella, avvicinandosi a
noi.
Bella si scosta
da me rivolgendomi un’occhiata e io
annuisco impercettibilmente. Rivolgo lo stesso segno come saluto a sua
madre,
ma per Charlie è diverso. Non è un saluto,
è più un ‘Okay. Posso essere educato
per Bella’. Forse per lui non è così,
per lui è davvero un segno di saluto.
Bella’s
pov
“Stai
bene così, amore mio?” domanda mia madre,
sistemandomi per l’ennesima volta i cuscini alle mie spalle.
Scoppio a
ridere, confermando ancora una volta.
Mio padre
è seduto vicino a me e tiene la mia mano
stretta tra le sue.
“Mi
dispiace davvero tanto, piccola…”
“Non
importa…”
“Sì
che importa. È una fortuna che a tuo marito sia
venuto in mente di chiarire, altrimenti…”
“Chiarire?
Hai parlato con Edward?” domando
incredula. Muoio dalla voglia di sapere cosa si sono detti, ma
preferisco
rimandare.
Ho passato
troppo tempo lontano dai miei, questa
serata non è per i brutti discorsi, ma per sorrisi e lacrime
di gioia. Ci sarà
tempo anche per le spiegazioni in seguito, ma non adesso.
“Be’…
non penso mi vedrà mai bene come il suocero
che ha sempre desiderato. Non penso passeremo mai il Natale fra risate
e
scherzi vari. Però sì, gli ho spiegato tutto dal mio punto di vista. E benché
forse per lui è difficile da
accettare, penso che farà lo sforzo di vedere me per
te.”
“Lo
pensi davvero?” sussurro, non riuscendo a
crederci.
“Io
penso che lui ti ama. E per amore della propria
donna si può affrontare di tutto” afferma
seriamente mio padre. “Il che, tra
l’altro, mi rende immensamente più felice e
tranquillo, perché di tutto mi
aspettavo ma non che lui si innamorasse di te. Tramite tutto
ciò che c’era tra
noi, ovvio.”
Non riesco a
smettere di sorridere pensando che
forse Charlie ha ragione. Edward ha accettato mio padre per me, e deve
essere
stato un motivo abbastanza forte per farlo, o non l’avrebbe
mai permesso. Quale
ragione più potente dell’amore?
“Io
sono solo felice che tu lo sia, e vederti
finalmente è la mia più grande gioia”
mormora mia madre venendo ad
abbracciarmi. “Edward tra l’altro ci ha anche detto
che tu sei incinta”
continua con le lacrime agli occhi.
Sento la mano di
mio padre sul mio stomaco. “È la
notizia più bella, oltre a quella di poterti finalmente
vedere a nostro piacere.”
“Oh,
amore mio…” singhiozza mia madre riprendendo ad
abbracciarmi e facendo piangere anche me. Papà ci stringe
entrambe tra le sue
braccia e sento le sue labbra fra i miei capelli. Infine, la porta si
apre.
“Ecco
qui, ho portato le pizze! Oddio, ancora a
piangere state?” chiede disperato Jasper, alzando gli occhi
al cielo.
Mamma e
papà scoppiano a ridere e io gli sorrido,
rendendomi conto che per la prima volta che quel vuoto dentro di me
è
finalmente scomparso.
///
Quella giornata
era stata così piena di emozioni e
lacrime che mi sentivo distrutta. Con la promessa che avrei passato la
giornata
di domani con loro, Jasper mi ha poi accompagnato a casa.
Non ho
obbiettato, non voglio disturbare Edward. E
ho fatto anche bene: entrata in casa, le luci sono spente e lui non
è nel suo
studio, bensì nel letto in camera a nostra a dormire.
Noto con un
sorriso il telefono accanto a lui,
immaginandolo ad aspettare la mia chiamata.
È a
pancia in giù e petto nudo, i pantaloni del
completo nero di lavoro ancora messi. Sfioro la sua pelle con la mano,
notando
quanto sia ghiacciata. Sembra un così tenero bambino che non
ho voglia di
svegliarlo, per cui passo a prendere una coperta. Quando la sistemo sul
suo
corpo, però, si sveglia da solo.
Inizialmente
è confuso, poi capisce. “Ehi…”
“Ehi”
sussurro anche io, senz’altro meno assonnata
di lui. “Torna a dormire, sei stanco…”
“Avresti
dovuto chiamarmi. Ti ha accompagnato tuo
padre?” Tira via le coperte sotto di lui e si infila sotto,
scostandosi.
“No,
Jasper” gli rispondo, coricandomi al suo fianco
anche se ho ancora le scarpe. Le scalcio via e mi stringo a lui,
rabbrividendo.
“Come
stai?” mi chiede accarezzandomi i capelli.
“Bene.
Davvero bene.”
“Mmh.”
“Domani
parliamo?” sussurro alzando il viso per
guardarlo.
Mi fissa con
così tanta intensità che quasi
arrossisco.
“Non
c’è niente di cui parlare. È giusto che
tu veda
i tuoi genitori, Bella. Noi possiamo anche stare separati per qualche
ora, al
giorno.”
Annuisco.
“Papà mi ha detto che ti ha spiegato le
cose secondo il suo punto di vista.”
Edward scuote le
spalle. “Non è tanto diverso da ciò
che ti ho raccontato io. Tuttavia secondo quanto detto da lui gli
ultimi loro
incontri erano puramente amichevoli, perché mia madre stava
male e tuo padre
non se la sentiva di abbandonarla. E nonostante come mi abbia trattato
al
telefono, lui al funerale è venuto per conto
proprio.”
“E tu
gli credi?”
Edward non
risponde subito. Posa il mento sulla mia
testa. “Sembrava sincero” preferisce rispondere,
senza che questo sia un no, ma
nemmeno un sì.
Emetto un lungo
sospiro, lasciandogli un bacio sul
petto. “Non credo potremmo mai sapere se è sincero
o meno. Noi non eravamo lì.
Io nonostante tutto ho fiducia in mio padre. So che per te non
è lo stesso, e
mi dispiace veramente che tu debba sopportare tutto questo a causa
mia.”
“Io mi
fido di te” mormora lui semplicemente. “E non
mi interessa se devo o non devo sopportare tuo padre, perché
se tu starai al
mio fianco come hai sempre fatto per me sarà tutto
più facile.”
Sfioro con le
mie dita la sua guancia, sorridendo
leggermente.
Più
volte in passato avrei voluto dirgli quanto lo
amassi, ma benché in certi momenti avrei anche potuto,
nessuno mi era mai
sembrato adatto. Fino ad oggi. Così lo dico.
“Ti
amo.”
Non so
esattamente perché il mio cuore ha preso a
battere quanto un tamburo. Forse perché finalmente ho potuto
dirglielo. O forse
per paura che lui mi rifiuti, che lui non provi lo stesso sentimento
che provo
io.
Non vedo
cambiamenti nei suoi occhi. Sfiora un mio
sopracciglio delicatamente, sempre tenendomi fra le sue braccia.
“Ti amo anche
io” risponde in un sussurro un istante dopo. I suoi occhi si
posano in basso e
la mano con cui sfiorava il mio viso si muove sul mio stomaco.
Scosta il
maglione e posa la grande mano sul mio
ventre nudo. “E amo anche lui. O lei.”
Chiudo gli
occhi, inebriata da quelle parole, da
quel tocco.
Manca poco al
nostro primo anniversario di
matrimonio. Quasi un anno a dover aspettare per queste parole, quasi un
anno e
ne abbiamo affrontati già tanti, di problemi. L’ho
persino lasciato, credendo
di essere arrivata al limite.
Mi sbagliavo. E
sono davvero felice di essermi
sbagliata.
Edward si
sistema meglio sotto le coperte per farmi
stare più comoda ed entrambi finiamo per addormentarci
vestiti e abbracciati.
Niente baci appassionati, niente sesso per festeggiare. Ma a me va bene
così, e
so che anche per lui è lo stesso.
E
l’indomani, quando a svegliarmi sono labbra sul
mio ventre e mani sui miei fianchi, mi scopro ad essere felice come mai
sono
stata in passato.
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Capitolo 18 *** Epilogo ***
Ho
fatto in fretta per ringraziare di vero cuore tutte quelle persone che
hanno
seguito costantemente la storia: quelle che hanno messo V per Vendetta
fra le
seguite, tra le ricordate, tra le preferite. Quelle che rileggevano un
determinato capitolo perché magari lo trovavano
più di loro gradimento,
aumentando le visite. Quelle che hanno commentato, specialmente,
facendomi
leggere pareri e scleri, perché avete davvero odiato Edward
e amato tantissimo
Bella.
Non
dico nulla adesso, vi chiedo solo di leggere le note a fine capitolo.
Epilogo
Natale 2013
Pov
Esterno
Né
Victoria né Carlisle avrebbero scommesso su
Edward. O meglio, sul matrimonio di Edward. Quando tutto era iniziato,
lui era
davvero intenzionato a mandare avanti la vendetta su Charlie, incurante
di
riversare parte di essa sulla figlia che lui aveva sposato con
l’inganno.
Nessuno di loro,
specialmente la sorella, avrebbe
mai potuto immaginare che tre anni dopo sarebbero stati ancora sposati,
ancora felicemente sposati, e
genitori
di uno splendido bambino di nome Paul.
Edward aveva
trentuno anni ed era nel pieno del suo
splendore, sia lavorativo che personale. Bella, al contrario, era
ancora una
ragazza di appena ventuno anni.
Forse Carlisle
sì, ma Victoria non avrebbe scommesso
nemmeno su di lei: a ventuno anni appena compiuti non puoi essere
moglie e
mamma, ne senti il peso. Spesso lo sentiva lei, che aveva comunque
già trentatré
anni, anche se amava con tutto il cuore la sua famiglia.
Invece, Bella
era quasi orgogliosa di far sapere a
tutti quelli che incontrava che a quell’età era
già sposata da tre anni e che
il loro bambino era venuto presto a far parte della loro famiglia.
La risata
cristallina di sua cognata la riportò alla
realtà. La vide mentre parlava con Rosalie, che ormai faceva
coppia fissa con
Emmett – il che era strano, perché loro erano
completamente gli opposti, sia
fisicamente che caratterialmente, e anche su di loro non avrebbe
scommesso.
Anche suo
fratello Emmett era lì a festeggiare il
Natale a casa di Edward, e stava invece adulando il talento culinario
di Esme,
come sempre. Emmett adorava letteralmente Esme, e una volta a Rosalie
era
scappato di dire che si era innamorata di lui proprio per questo: il
suo lato
fanciullesco lo rendeva estremamente sexy.
Victoria non
riusciva a immaginare come poteva
renderlo sexy, ma sorvolò quando Rosalie cambiò
poi il discorso.
Quelli messi
meglio – o peggio, a seconda di come la
si vedeva – erano probabilmente Alice e Jasper, in procinto
di concludere
qualcosa tra loro. Forse. Be’, lei andava ancora
all’università e lui iniziava
ad avere successo come avvocato, per cui volevano pensare prima di
tutto alla
carriera.
I due in quel
momento parlavano con i genitori di
lui, che per l’occasione erano stati invitati a trascorrere
insieme a noi le
feste. Col passare degli anni, per Edward era diventato un
po’ più facile
sopportare la vista di Charlie.
Non erano
diventati ottimi amici, né anche solo
semplici amici. Non c’era nemmeno stima. C’era
solo… educazione. Una fredda
educazione. Ma era sempre meglio del niente.
Edward parlava
con Carlisle. Sembravano tranquilli,
specialmente suo fratello, che teneva in braccio il suo meraviglioso
bambino di
venti mesi.
“Tutto
bene?”
Victoria si
voltò verso il marito, che teneva per
mano entrambi i bambini. Tom si fiondò subito ad abbracciare
le gambe della
madre, mentre Claire rimaneva con la sua manina in quella del padre.
“Sì,
tutto bene” rispose sorridendo. “Stavo solo
pensando a come sono cambiate le cose in questi ultimi anni.”
Un improvviso
pianto interruppe la quiete del
momento, mentre tutti si voltarono preoccupati verso Seth che ormai
piangeva
disperato. Saltavano tutti sempre in aria quando il bambino piangeva,
forse un
po’ paranoici.
Ma Seth era un
bambino così dolce, così bello, che
faceva male sentirlo piangere a quel modo.
Bella si
alzò per andare a prendere il figlio,
mentre il pianto poco a poco diminuiva. Il resto dei presenti riprese
le
proprie chiacchiere, persino Edward riprese a parlare tranquillamente
con
Carlisle, con Bella adesso al suo fianco.
A Victoria
piaceva il modo in cui quei due si
toccavano senza nemmeno farlo intenzionalmente, probabilmente.
Cercavano un
contatto anche senza programmarlo. Erano come due calamite.
Bella cullava
dolcemente il figlio, mentre
sussurrava parole di conforto per farlo calmare come aveva tante volte
fatto
Victoria con i suoi figli. Si ritrovò a sorridere intenerita.
“Ho
nostalgia di quando odiavo Bella, sai?” chiese
al marito con tono divertito.
James
scoppiò a ridere. “Non ne dubito.”
Rimasero un
istante il silenzio, ad osservarla. “È una brava
madre” osservò poi pensandolo
veramente.
Victoria
annuì. “È anche una brava
moglie.” Sorrise,
non credendo che avrebbe mai detto il resto: “Mio fratello
è stato davvero
fortunato.”
Note: non trovo
altri scenari che potrebbero
concludere al meglio questa storia. Questo è un mini epilogo
(anche per questo
ho pubblicato subito: che senso ha farvi aspettare settimane per poche
righe?),
forse troppo mini, ma onestamente mi piace così. Non vedo
nulla da raccontare
in più: se lo facessi, non solo sarebbero cose superficiali,
ma temo che
rovinerebbero persino la fine.
Mi piace che
Victoria abbia accettato Bella; mi
piace che Edward faccia ancora fatica ad accettare Charlie; mi piace
che Emmett
e Rosalie non si siano sposati e che la loro può essere solo
una cosa di sesso;
mi piace che Jasper e Alice abbiano delle difficoltà nel
loro rapporto. Mi
piace il fatto che, nonostante quei due/tre anni passati, i personaggi
siano
rimasti in linea con il loro essere, coerenti.
Ma
ciò che più di tutto mi piace, è il
rapporto che
si è instaurato tra Bella e Edward. Victoria ha ragione
quando dice che non
avrebbe scommesso su di loro; nemmeno io all’inizio. Eppure,
eccoli qua più
felici che mai.
Inizialmente
l’epilogo era dedicato al primo
compleanno di Seth, ma visto il periodo ho pensato di scrivere del
Natale –
sebbene potrebbe essere comunque una cena qualsiasi quella descritta
– per
farvi i miei migliori auguri a voi e famiglia, perché
senz’altro non
pubblicherò più niente per lo meno fino al
prossimo anno. O magari, chissà per
qualche miracolo, solo dopo Natale.
Ad ogni modo, se
davvero mi vorrete seguire in un
nuovo viaggio (come alcuni mi han detto), migliori spiegazioni le
trovate sulla
mia pagina autore:)
Ancora tanti
auguri di buon Natale in anticipo, e
mille grazie per tutto♥
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