Nothing can come between me and you.

di MiriiSupertramp
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - oh, my feels. ***
Capitolo 2: *** - only the beginning ***
Capitolo 3: *** - the match. ***
Capitolo 4: *** - new and old friends. ***
Capitolo 5: *** - I don't know how I feel about it, but I like it. ***
Capitolo 6: *** - cause my heart breaks a little. ***
Capitolo 7: *** - Can you feel the love, tonight? ***
Capitolo 8: *** - the big day. ***
Capitolo 9: *** - all you ever did was wreck me. ***
Capitolo 10: *** - girl, you're amazing just the way you are. ***
Capitolo 11: *** - you need to say something. ***
Capitolo 12: *** - let's just laugh ***
Capitolo 13: *** - Days like these lead to love like ours. ***
Capitolo 14: *** - a special day. ***
Capitolo 15: *** - Situations. ***
Capitolo 16: *** - So close but so far apart. ***



Capitolo 1
*** - oh, my feels. ***


                                                                 

                                                  - oh, my feels.











Erano le 12.54. Ancora.
Sembrava passata una vita da quando avevo guardato l'orario sul mio iPhone ch segnava le 12.52. Quella maledettissima campanella non ne voleva proprio sapere di essere suonata. Quell'ora di matematica sembrava interminabile. Io già non ci capivo nulla, poi mi ci si metteva contro anche il tempo. Quest'anno scolastico, il mio ultimo anno al liceo per la precisione, era iniziato da poco più di un mese e io ero già esausta. Solitamente la stanchezza si fa sentire dopo un paio di mesi, quando con la testa sei già alle vacanze di Natale, o ancor di più, a fine anno. Per me quest'anno era importante. Avrei finalmente raggiunto il traguardo: diploma anche per me gente! Dopo quattro anni sudati a cercare di chiudere tutte le lacune nelle materie scientifiche, per la precisione matematica e fisica, era davvero un successo essere arrivata in quinta! Beh, insomma ..i corsi di recupero di giugno e luglio mai nessuno me li aveva privati. I miei professori a quanto pare mi volevano talmente bene da non poter sopportare la mia assenza per tre mesi e così, di conseguenza, mi davano i corsi di recupero, così da poter fare a meno di me solo per un mese. Che amore!
Comunque, sto dilungando troppo.
Ritornando alla lezione di matematica, erano ancora le 12.57. Non era possibile!
Dicono che più vuoi che suoni, più la campanella ritarderà nell'essere suonata. E, in effetti, deve essere proprio così. 
Avevo iniziato a scarabocchiare sul mio 'quaderno di matematica' cose insensate come frasi di canzoni o caricature dei miei compagni di classe. Cavolo, quella del professor Smith era venuta davvero bene. Fu, infatti, per colpa di quella maledetta caricatura che cominciai a ridere e, non riuscendo a trattenermi, venni sbattuta fuori dall'aula dal professore. Grandioso.
Proprio in quell'istante suonò la campanella e tutti gli studenti si riversarono nel corridoio, intenti a prendere le loro cose dai loro armadietti, cosa che feci anch'io. 
Mentre cercavo di posare quel mattone di matematica nel mio armadietto, fui assalita da un bradipo umano: il mio migliore amico nonchè capitano della squadra di calcio dell'Hall Cross Academy. «Quando avrai finito di strozzarmi, sarò molto felice» esclamai, meritandomi un'occhiataccia da parte sua. Lui era fatto così: abbracciava tutti ed era simpatico con tutti. Tutti lo amavano. In effetti ancora non riuscivo a capacitarmi del fatto di come uno così, come lui, potesse essere mio amico. Io ero praticamente il suo opposto: sgorbutica e antipatica con chiunque cercasse di interagire con me. Ovviamente, con lui non ero così. O almeno, non sempre.
Chiusi il mio armadietto e, affiancata dal bradipo umano, mi avviai verso l'uscita. «Allora» iniziò lui «com'è andata questa giornata?» mi chiese sfoggiando uno dei suoi sorrisi meravigliosi. Oh, colpo al cuore. Se ve lo state chiedendo.. no, non sono innamorata del mio migliore amico. E' carino, sì.. Ok, più che carino. E' simpatico ed è sempre dolce con me, sì, ma vi assicuro che non ne sono innamorata, anche perchè sarebbe inutile. Uno come lui non si interesserebbe mai ad una come me.
«Beh, oggi sono stata sbattuta fuori dal professor Smith» dissi fiera di me. «Oh, andiamo Em! E' l'ultimo anno, vedi di comportarti bene!» esclamò lui, alquanto scocciato. Erano anni che cercava di mettermi sulla retta via, ma devo dire che era abbastanza scarso visto che in cinque anni non ero mai riuscita a scansarmi un rapporto o almeno una convocazione dal preside.
Arrivati alla sua auto.. sì, perchè il mio migliore amico figo guida anche, aprì lo sportello e mi fiondai direttamente all'interno di essa. «No ma fai con comodo» disse entrando anche lui in auto e accendendo il motore. Per tutto il viaggio di ritorno mi raccontò di come stava cercando di portarsi a letto Kat, una tizia alquanto zoccola del terzo anno. Cioè, ma dico io, hai sedici anni e già la dai ai quattro venti? Ma un pò di pudore, ragazza! Comunque, mentre mi aggiornava sulle sue conversazioni con la tizia, io speravo vivamente che lei non avrebbe accettato ad uscire con lui, cosa molto improbabile visto che stiamo parlando del mio migliore amico figo, o che almeno lui si sarebbe reso conto di che tipo di ragazza aveva scelto. In ogni caso, chi non farebbe un giro sulla sua giostra? Andiamo. 
«Pronto Em? Mi stai ascoltando?» mi risvegliò lui dai miei pensieri contorti sul suo conto, mentre parcheggiava l'auto nel vialetto di casa mia. «Cosa? S-sì, ovvio!» risposi io, facendogli praticamente intuire il mio disinteresse verso le sue conversazioni piccanti con la tizia. Sbuffò e di conseguenza sbuffai anche io, prima di aprire la portiera e scendere dall'auto. Dopo pochi istanti, mi affiancò. «A chi pensavi?» chiese, curioso. Giusto Em.. a chi pensavi? A chi potevo mai pensare? Chi è quell'idiota che è sempre e costantemente nella mia testa da almeno due anni? A te, brutto coglione! Sarebbe stato bello urlarglielo. Epico. Giusto per vedere la sua reazione. Ma ovviamente non lo feci. Mi limitai a scuotere la testa e a negare i miei possibili pensieri su un qualsiasi ragazzo di quel buco di paese del cazzo in cui mi ritrovavo.
Ma lui mica si arrese così facilmente. Entrati in cucina si accomodò su uno degli alti sgabelli posizionati vicino al bancone, mentre io aprivo il frigo e mi versavo un bicchiere di succo d'arancia. «Dai Em, ti conosco. So che quando non mi ascolti è perchè pensi a qualcuno!» esclamò giocherellando con le chiavi dell'auto. Roteai gli occhi al cielo e mi diressi al divano in salotto, lanciandomici praticamente sopra, senza alcuna grazia. Iniziai a fare zapping col telecomando quando quell'animale mi si sedette sulla pancia, minacciandomi col dito puntato esclamando «Dimmi a chi pensavi o morirai soffocata!». Cominciai a ridere urlando «A nessuno, giuro! A nessuno!». Vedendo che non mollavo, mi baciò la fronte e si alzò dicendo «Torno a casa, si è fatto tardi» e così lo accompagnai  alla porta, sorridendogli finchè non entrò in auto e sfrecciò via con la sua Range Rover nera.
Chiusi la porta alle mie spalle e salii in camera, tuffandomi sul mio letto. Avevo ancora il batticuore. Non andava affatto bene.
Mentre guardavo le notizie su facebook quando mi spuntò all'occhio un post: 'ti voglio bene x' scritto da lui alla tizia sulla bacheca della tizia. Dolore al petto. Bello, bellissimo. Se avessi continuato così, sarebbe stata davvero dura leggere un possibile 'in relazione con' sul suo profilo, probabilmente peggio dell'anno scorso quando iniziò una storia con Amanda Johnson. Che poi erano durati solo due mesi, ma furono due mesi davvero pesanti. Avevo perso ogni tipo di rapporto con lui per colpa di quella vipera: diceva di essere gelosa della nostra amicizia. Alle volte aveva anche dubitato di un qualcosa in più. Ma.. vabbè. 
Avevo parlato a mia madre dei miei sentimenti verso di lui, visto che era l'unica che ci aveva visti crescere insieme e quindi conosceva entrambi. Mi aveva consigliato di parlargliene ma ero troppo codarda per confessargli i miei sentimenti. Non avrebbe mai ricambiato e quindi sarebbe stato solo un modo per mettere fine alla nostra amicizia, prima del dovuto. Decisi così che avrei represso i miei sentimenti, chiusi in una bottiglia e buttati nell'oceano. Oh, quanta filosofia! 














HELLO :) 

Macciaaao! Allora.. Mi presento: mi chiamo Miriam, ho 18 anni e sono due anni che sono impazzita per quei cinque deficienti conosciuti come One Direction!
E' passato più di anno da quando ho scritto la mia prima ed ultima ff, che poi non ho nemmeno portato a termine perchè non mi ispirava più.
Sinceramente? Questo primo capitolo mi piace e credo anche di essere maturata a livello di scrittura (?) sì, ok.. Spero che vi piaccia, e magari vi porterà a leggere il prossimo che pubblicherò, penso, a breve!
Se lasciate una recensione, più che altro per sapere che effetto fa alle persone questa cacchetta, mi farebbe davvero piacere! 
Scusatemi gli eventuali errori di battitura o di italiano! lol 
Beh, che dire .. alla prossima (?) lo spero vivamente! 
Siamo anche in periodo natalizio, siate buone! 
Un bacione x

ah, ovviamente, non ho ancora sgamato lui.. avete idee di chi possa essere? Vediamo un pò lol

 

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Capitolo 2
*** - only the beginning ***


                                                                                                                                               - only the beginning




Quella mattina mi ero svegliata più pimpante del solito, addirittura prima del suono della sveglia! Di conseguenza era strano che io, Emily Moore, ero già sveglia a quell’ora: avevo fatto una doccia calda, mangiato dei pancake col miele e indossato i miei jeans preferiti accompagnati dalle mie creepers nere. Mi diedi un’ultima occhiata veloce allo specchio e, dopo aver fatto l’ennesima passata di rossetto rosso sulle mie labbra, constatai di essere pronta per un’altra noiosa e stancante giornata di scuola. L’umore già mi era sceso sotto i piedi.
Di corsa, scesi le scale, anche perché a momenti sarebbe passato l’autobus e non potevo permettermi di perderlo, assolutamente no, non oggi che già ero pronta!
Uscì di casa fischiettando e mi appoggiai al muretto fuori al mio viale giocherellando con il telefono: ero infatti impegnata a leggere l’oroscopo. Lo leggevo praticamente ogni giorno, era di vitale importanza! Quel giorno diceva che molto probabilmente avrei affrontato delle complicazioni in un rapporto importante. Figo.
Ed ecco arrivare il bellissimo e aggiustatissimo bus giallo canarino! Che poi ho sempre pensato.. perché li fanno gialli questi maledetti bus e perché invece non verdi o, meglio ancora, rosa shock?! Sarebbero fighissimi!
Una volta arrivata alla mia bellissima scuola, mi diressi al mio armadietto e, come ogni mattina, lo aprii tirandone fuori il libro di chimica e il quaderno degli appunti di arte. Quella sì che sarebbe stata una lunga giornata! Avevo appena chiuso l’armadietto quando lo vidi fare il suo ingresso da star. Tutte quelle mini-zoccolette che lo guardavano in preda ad un attacco di estasi, l’ennesimo orgasmo alla sua vista, mentre lui sfoggiava la sua camminata sexy e il suo sorriso perfetto. Ok, dovevo seriamente smetterla di dedicargli certi aggettivi, anche perché avevo deciso di reprimere i miei sentimenti dato che lui non avrebbe mai rivolto gli stessi sentimenti ad una come me!
Mi raggiunse e mi baciò la fronte.
Almeno c’era una cosa di cui non potevo lamentarmi riguardo la mia scuola: grazie ad essa lo vedevo praticamente tutti i giorni e, quando ero con lui, mi sentivo come sollevata.
«Come stai oggi, Em?» mi chiese con quel tono dolce che lo caratterizzava, mentre apriva il suo armadietto e tirava fuori il libro di chimica. Oh, oggi avevamo una lezione insieme! «Benissimo direi, grazie» risposi sfoggiando il mio di sorriso e mordicchiandomi il labbro inferiore, pensando all’ora di chimica che avremmo passato insieme. Se devo dire un paio di cose che mi riguardano, una delle principali è in assoluto quella di provare affetto verso il mio sorriso. Mi spiego: mi era sempre piaciuto. In realtà io mi sono sempre piaciuta, se non fosse per quel poco di pancia dovuto ai troppi pancake o alle troppe patatine ingerite davanti alla tv. Mi era sempre piaciuto il solo pensiero di piacere o interessare minimamente a qualcuno. Mi faceva sentire apprezzata e, sarò sincera, mi gasava un po’ l’idea di un ragazzo che provasse interesse per me!
Così, dopo aver sfoggiato il mio sorriso al ragazzo che mi trovavo davanti, mi appoggiai con poca grazia agli armadietti. Scoppiò a ridere. Che carino rideva di me. Ehy, aspetta! Non è per niente carino. Lo colpii sul bicipite, ricevendo la stessa botta in cambio. Mi stava per caso sfidando? Lo colpii nuovamente, al petto stavolta. Per mia fortuna, venni salvata da un suo compagno di squadra che, proprio in quell’istante, lo chiamò. «Louis!» Si voltò di scatto, facendo un segno con la mano al suo amico, Payne.. Liam Payne, se non erro, per farsi notare. Il ragazzo ci raggiunse e disse al mio migliore amico figo che il Coach Carter voleva vederlo immediatamente. «Ci vediamo dopo Em!» mi congedò con un occhiolino e, accompagnato da Payne, si diresse alla palestra. Mi ero appena voltata per raggiungere il laboratorio di arte quando la sua voce mi richiamò. Mi voltai e lo vidi raggiungermi velocemente. «Non credere di essertela scampata» disse colpendomi la fronte, accennando una risata e aggiungendo un «a dopo!» mentre tornava nuovamente dal suo amico, che nel frattempo lo aspettava. Rimasi per qualche secondo imbambolata a fissare le scale, percorse dalle sue gambe e dal suo culo perfetto pochi attimi prima. Approposito del suo culo! Secondo me gli era stato donato dagli dei, perché io mai, e ripeto mai, ne avevo visto uno così perfetto e sodo allo stesso tempo. E quei jeans che indossava glielo fasciavano in modo davvero divino. Era magnifico!
 

Così, dopo aver passato due intere ore nel laboratorio di arte a contemplare le favolose chiappe di Tomlinson, raffigurandolo come un dio greco, mentre la professoressa Martinez proprio non la voleva smettere di parlare del barocco e di tutti i suoi autori più importanti, venni risvegliata dal mio stato di trans dalla mia compagna di corso: Charlotte. «Hey Em! Sai chi mi ha invitata a bere qualcosa insieme sabato sera?» sussurrò per non farsi beccare dalla professoressa e io, di tutta risposta, le feci cenno con la mano, invitandola a continuare. «Horan! L’irlandese!» squittì, presa dall’entusiasmo.
Bene.
Praticamente ero l’unica che, a quanto pareva, non riusciva ad uscire con un componente della squadra di calcio della mia scuola. Tutte le ragazze che conoscevo erano, almeno una volta, uscite o andate oltre al bacio con uno di loro. Questa cosa mi abbatteva pienamente. Ammetto che il mio era un cuore solitario e vagabondo, però mi sarebbe piaciuto, almeno per una volta, provare il brivido di baciare un calciatore, se così potevano essere chiamati. Vabbè, dai. Erano un’ottima squadra, se la cavavano davvero bene!
Le sorrisi e le consigliai di non dare subito a vedere il suo forte interesse al maschio, così da poter portare avanti una possibile, futura relazione.
Quando suonò la campanella raccolsi velocemente le mie cose e mi fiondai in corridoio. Non vedevo veramente l’ora di passare quelle due ore di chimica con il mio migliore amico. Così avrei potuto osservare ancora di più i suoi lineamenti nei minimi dettagli, partendo dagli occhi leggermente assottigliati di un azzurro che faceva invidia al cielo, per passare poi al sorriso e a quei denti bianchi e dritti, anche se sotto erano leggermente storti, ma nessuno è perfetto, giusto?
Anche se, devo essere sincera, lui si avvicinava parecchio alla perfezione.
Poi, avrei osservato le sue spalle larghe e muscolose, dovute agli allenamenti di calcio abbinati a tanti addominali e flessioni. Entrai in aula con un sorriso a cinquanta denti stampato in faccia e mi andai a sedere al nostro solito posto, il nostro banco. Erano passati buoni quindici minuti, la classe era al completo e il professor Blanket aveva già iniziato la sua lezione sui numeri quantici, quando mi resi conto che Louis non si era presentato.
Pensai che era stato trattenuto dal coach, ma ci ripensai quando, dopo quarantacinque minuti, constatai che non era possibile che lo avesse trattenuto per tutto questo tempo. Lì, iniziai ad innervosirmi. Controllai il telefono per vedere se magari mi aveva degnato di un messaggio, giusto per avvisarmi del fatto che mi avrebbe abbandonata in queste due ore.
E aveva anche detto ‘ci vediamo dopo’.
Brutto coglione, pezzo di merda.
Nessuno si permette di trattarmi così e, tantomeno, non lo lascio fare a te.
Stronzo.
Ero furiosa. Talmente furiosa che quando suonò la campanella che annunciava la fine anche di quella fastidiosa giornata di scuola, mi fiondai direttamente fuori dall’edificio, senza nemmeno posare i libri nell’armadietto, giusto per non rischiare di incontrarlo. Per come ero incazzata lo avrei preso a pugni e schiaffi a non finire. L’avrei fatto male, mi sarei fatta afferrare per pazza e avrei finito anche col litigarci.
Meglio evitare.
Un paio di ore e mi sarebbe passata.
 

Vista così come in quel momento, potevo essere benissimamente paragonata ad una balena arenata in riva al mare: buttata sul mio letto, tuta indosso e capelli raccolti in uno strambo codino. Mi ero ingozzata di cioccolata che, invece di riempirmi di energie così come dovrebbe fare la cioccolata, mi aveva stesa. Non riuscivo a muovere nemmeno un dito. Avevo ignorato il telefono che aveva vibrato per circa mezz’ora, senza sapere nemmeno chi fosse.
Non avevo le capacità fisiche per girare il collo e afferrare il cellulare dal comodino posto affianco al letto.
Ero quasi crollata dal sonno quando udii il campanello, la porta che veniva aperta e di conseguenza richiusa e la voce odiosa di mia madre che cercava di fare la simpatica con chiunque avesse bussato alla mia dimora. Continuai a tenere gli occhi chiusi, cercando di ricadere in bilico tra la realtà e il mondo dei sogni quando la porta della mia camera venne aperta silenziosamente e nello stesso modo venne richiusa.
«Non ti hanno insegnato a rispondere al cellulare?» sussurrò una voce nel mio orecchio, soffiandomi con l’alito caldo.
Conoscevo quella voce. Aspetta, sì. E’ il mio migliore amico figo, Louis.
Aspetta però. Oggi mi ha fatta parecchio incazzare questo coglione.
Emisi una sottospecie di mugolio ma non accennavo a muovermi. Tradotto nella lingua dei comuni essere umani, quel mugolio, stava significare solo una cosa: sono incazzata con te, non parlarmi e non toccarmi.
Come ho già affermato, ero parecchio stesa, stanca morta, sulla via della morte. Però, ci pensò Louis a girarmi e a osservare il mio viso ricoperto di trucco sbiadito, i capelli arruffati in testa e una smorfia come da ciliegina sulla torta sul mio viso. Non dovevo essere un gran bello spettacolo a vedersi, e poi così, a primo impatto. Lo capii infatti quando sul suo viso si formò una smorfia di disapprovazione e subito dopo un sorriso magnifico, trasformatosi in risata qualche secondo dopo.
Mi liberai dalla sua presa sulle mie spalle e mi voltai dal lato opposto sbiascicando un «Và via».
«Dai Em, non fare così.. Non vuoi sapere cosa ho portato qui con me?» esclamò, cercando vagamente di farmi voltare di nuovo, per osservare ancora una volta il mio viso in pessime condizioni e per scoppiarmi a ridere in faccia di nuovo, senza successo. Non risposi bensì mi limitai a liberarmi della sua mano sulla mia spalla in modo brusco.
«Ho portato i muffin al cioccolato Em» disse, avvicinandosi al mio orecchio e accarezzandomi la spalla, provocandomi brividi su tutto il corpo.
Ok.
I muffin al cioccolato erano i miei preferiti.
Forse avrei dovuto perdonarlo per questa volta e abbracciarlo fortissimo, oppure avrei potuto strafogare un paio di muffin al cioccolato, ringraziarlo con finta gentilezza e cacciarlo via dalla mia camera perché ancora troppo arrabbiata con lui. Mh, la seconda sarebbe potuta essere un’ottima idea. Purtroppo però non venne prese in considerazione. In realtà non usai né l’una né l’altra.. forse le mescolai un po’ insieme come idee.
Mi voltai verso il ragazzo e guardai con il tipico sguardo da predatore il pacchetto che stringeva tra le mani accompagnato da uno dei suoi magnifici sorrisi: i miei adorati muffin sarebbero stati salvati dalle sue grinfie. Accennai un sorriso poi ritornai seria ed esclamai «Non pensare di cavartela con degli stupidi muffin»
Oddio.
Avevo appena dato ai miei adorati muffin degli stupidi. Stupida Emily! Sciocca e stolta!
Louis di tutta risposta scoppiò a ridere e, poggiando il sacchetto di carta sul comodino, cominciò a farmi il solletico. Mi mancava il respiro quando lo allontanai violentemente e mi buttai praticamente giù dal letto, pur di sfuggire alle sue mani. «Non toccarmi, traditore!» quasi urlai, puntandogli il dito.
Se volevo essere presa per pazza, lo stavo facendo nel modo giusto.
Mi guardò allibito e poi scoppiò a ridere. Possibile che quel ragazzo ridesse per qualsiasi cosa dicessi o facessi? Avevo per caso scritto in fronte ‘pagliaccio’? Pazzesco. Si distese per bene sul mio letto e, afferrato il sacchetto con i muffin, ne addentò uno, senza preoccuparsi del fare briciole sulle mie lenzuola appena cambiate e nelle quali ci avrei dormito successivamente. Lo affiancai e lo imitai, iniziando a mangiare, in modo decisamente più delicato, il mio muffin al cioccolato. E’ vero avevo degli atteggiamenti da maschiaccio il più delle volte ma ero pur sempre una ragazza e le ragazze mangiano in modo delicato.
Avrei potuto vivere di muffin e Louis. Mi sarebbero bastati loro per vivere un’eternità in pace e serenità.
Ingoiò l’ultimo morso e poi iniziò a spiegare il perché della sua assenza oggi nell’ora di chimica. «Il coach mi ha trattenuto per circa mezz’ora e poi, visto che già ero in ritardo, ne ho approfittato per andare in giro con Kat» finì di dire e io per poco non mi strozzai con l’ultimo morso del mio muffin. Tossicchiai e lo guardai strabuzzando gli occhi. «C-cosa?» esclamai, cercando di calmare il respiro affannato per via del precoce soffocamento e soprattutto cercando di rallentare i battiti del mio cuore all’udire di quella notizia. «Esattamente» sorrise e continuò con un «E siamo anche usciti» secco e diretto, contornato da un sorrisino sbarazzino.
Di bene in meglio, insomma.
Dopo svariati minuti di silenzio decisi di rompere quella tensione che si era venuta a creare con un «Ma quindi.. a te, piace un sacco questa Kat?»
Non so come ma misi insieme questa domanda e gliela esposi, titubante.
Per un momento mi guardò, non lasciando trapelare nemmeno un’emozione. Poi, corrugando la fronte, mi sorrise dolcemente rispondendo con un semplice «Sembrerebbe».
Rimasi a fissare il soffitto. Non avevo idea di come rispondergli. Avevamo iniziato un discorso troppo contorto, troppo articolato per i nostri soliti discorsi stupidi e insensati. Anche Louis fissava il soffitto. Chissà a cosa pensava. Era proprio a questo che non volevo arrivare. Non volevo per niente arrivare a questo punto, quando ci sei talmente dentro da non riuscire più a trovare una via di fuga. Quando sei consapevole del male che ti stai provocando, ma non riesci comunque ad allontanarti perché quella cosa, persona in questo caso, ti fa sentire troppo viva per lasciarla andare. E fu proprio lì che mi resi conto con rammarico di essere anche completamente gelosa del mio migliore amico. Lo volevo solo per me e questa Kat mi stava rendendo tutto più difficile. Volevo quelle attenzioni e quegli sguardi maliziosi riservati solo ed unicamente a me. Volevo che toccasse i miei fianchi, le mie spalle e i miei capelli con fare malizioso ma non troppo.. non come si fa con una sorella più piccola, che poi avevamo la stessa età quindi.. dettagli.
In questi casi però bisogna essere maturi e dimostrare quanto realmente ci si tiene ad una persona.
E così feci.
Mi girai verso di lui e dissi «Se a te piace io sono felice», perché è così che deve essere. Se ami una persona, allora devi volere il suo bene. E se questa Kat rendeva Louis felice, allora io avrei ingoiato il rospo e avrei continuato nella lotta per reprimere i miei sentimenti.
Anche stavolta il mio oroscopo ci aveva azzeccato alla grande.






HEEEEEELLO!


                            SURPRISEEEE! 
Ebbene sì, ho aggiornato! Consideratelo il mio regalo di Natale per voi! loool
Giusto ..
BUON NATALE BELLEZZEEEE!
Io sono ancora sotto shock perchè i miei genitori mi hanno regalato un iPhone 5c e le mie sorelle il profumo dei ragazzi che, vi assicuro, per chi ancora non l'avesse, è bellissimo! Compratelo assolutamente! Piace anche ai miei genitori quindi, fidatevi u.u
Alloooooora.. ve lo aspettavate Louis? Quasi tutte credevano che fosse Harry e invece no! HAHAHAHAHAHAHA sono malefica muaha, no ok. La smetto. Comuuuunque, povera Em! Mi dispiace per lei :(
In ogni caso, spero che questo capitolo sia di vosto gradimento tanto quanto lo è per me! Esatto. Mi piace u.u 
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate attraverso una recensione, grazie mille per l'attesa e per l'attenzione! lol
Credo che entro una settimana dovrei riuscire a pubblicare anche il terzo.. per ora vi auguro ancora un felice Natale e, nel caso non aggiornassi prima del 31, un buon anno nuovo! 
Questo 2013 è volato, cazzo. 
Quiiiiindi, godetevi queste feste prima che riinizi la scuola DD: 
A presto dolcezze! x

Mirii

 

 

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Capitolo 3
*** - the match. ***


                                                                                                                                    - the match.




Oh, Charlotte. Carissima Charlotte. Era praticamente da quando era iniziata l’ora di biologia che non faceva altro che parlare della sua uscita con Mr Niall Horan. La volontà di ascoltarla c’era anche, ma non facevo altro che pensare e ripensare alla partita che si sarebbe svolta quella sera. La squadra di calcio dell’Hall Cross Academy avrebbe sfidato una scuola mediocre di un paesino vicino Doncaster. Non avevano possibilità di vincere. Indirettamente, anche se cercavo di ascoltare Charlotte per davvero, senza farlo apposta, i miei pensieri ricadevano su quell’argomento e su Louis, lasciando tutto il mondo reale fuori dalla mia testa. Qualcosa però, riguardo quello che diceva Charlotte approposito dell’irlandese, l’avevo capito: era stato dolcissimo con lei, le aveva offerto la cena e le aveva aperto la portiera dell’auto.
Stava ancora farfugliando qualcosa riguardo una passeggiata al chiaro di luna, quando suonò la campanella. Sia ringraziato il Signore. «Magari me lo finisci di raccontare un altro giorno» le dissi mentre ero impegnata a buttare alla rinfusa nella mia borsa i quaderni e le penne, che non mi erano serviti poi a molto durante quell’ora.
Charlotte annuì e, frettolosamente, prendendo anche lei le sue cose, uscì dall’aula precedendomi.
Posai i libri nell’armadietto e decisi di aspettare il mio migliore amico fuori, sedendomi sul muretto situato di fronte all’entrata della scuola. Stavo maneggiando il telefono e, al terzo o al quarto tiro di sigaretta, qualcuno ebbe la brillante di idea di togliermela dalle mani.
«Devi smetterla con questa robaccia, Em» esclamò Louis gettando il resto della sigaretta a terra. Alzai lo sguardo e lo fulminai. Ma che cazzo, non si può nemmeno più fumare in santa pace? Sbuffai e mi alzai. «Buongiorno anche a te, Louis»  dissi piuttosto acidamente, avviandomi alla sua auto. Mi bloccò per un braccio e mi fece voltare verso di lui. Era fin troppo serio. Ma che avevano tutti oggi, eh? Persino Charlotte mi era sembrata fin troppo fredda nei miei confronti, quando solitamente era sempre stata allegra e coccolosa, un po’ nauseante ma comunque coccolosa. E adesso lui. Era per caso l’ansia pre-partita? Perché mi sembrava di essere l’unica a non essere stata colpita da questa sindrome, visto che della partita me ne fregavo altamente.
Ci andavo solo perché in campo ci sarebbe stato Louis e non potevo assolutamente perdermelo.
«Sono serio» disse quindi il signorino in piedi davanti a me. No, ma davvero? No, cioè.. non me ne ero proprio accorta! Caro, ti conosco come conosco le mie tasche, anzi, probabilmente anche meglio. So riconoscere quando sei serio o quando stai semplicemente facendo il cazzone. «Ah, beh l’avevo capito sai» risposi, quindi, con una punta d’ironia. Mi voltai di nuovo e continuai a camminare, arrivando finalmente alla sua amatissima Range Rover nera.
«C’è qualche problema Em? Sei parecchio strana ultimamente» mi chiese, quando eravamo già in strada per giungere a casa mia. Mi si bloccò per un attimo il respiro e anche il cervello sembrava aver smesso di funzionare. E ora che gli dico? Non posso mica dirgli che il motivo dei miei sbalzi d’umore è proprio lui? Che per colpa sua e del suo aspetto fisico mi ritrovo ogni giorno a dover combattere contro i miei ormoni? Non posso mica dirgli che tutte quelle attenzioni che da a quella stupida ochetta dovrebbe rivolgerle a me, perché io gli muoio praticamente dietro? Non posso mica dirgli che io saprei amarlo come si deve e che non gli farei mancare niente? Non posso mica dirgli che, magari, con me, si troverebbe bene? No, non posso. Non posso proprio perché dopo mi ritroverei a piangere in camera mia, da sola e al buio. Preferisco averlo come amico piuttosto che non averlo proprio.
Forse dovevo dargli una risposta. Sì, cavolo Emily! Rispondigli prima che pensi che tu sia pazza, anzi ..che ne abbia proprio la conferma!
«N-no Louis, è tutto apposto» risposi, accennando un sorriso forzato.
Proprio in quell’istante parcheggiò l’auto fuori casa mia e io, senza rivolgergli uno sguardo, scesi dell’auto.
Eccole, le sento. Quelle lacrime che, da tanto, avevo sempre ricacciato indietro. Stavano pungendo. Chiedevano il permesso per uscire e bagnarmi il viso, per attraversare le mie guance.
Fu quasi quando avevo finito di percorrere il vialetto che sentii Louis richiamarmi «Em!»
Ancora qualche minuto, dopo potrete uscire per tutto il tempo che volete, ve lo prometto.
Mi voltai e fingendo un sorriso alzai una mano, a mò di saluto. Le mani mi tremavano. Mi sorrise. Era bellissimo. «Stasera vieni alla partita, vero?» mi chiese, rimanendo fermo vicino alla sua auto, con ancora la portiera lasciata aperta stesso da lui, e con un sorriso splendido che gli contornava il viso.
Che cretino! Sarebbe potuto passare un camion, un tir o una qualsiasi auto e buttare all’aria quella porta. Risi al pensiero e annuii, senza proferir parola.
«Bene» esclamò, aggiungendo poi un «perché ho una sorpresa per te!»
Spalancai gli occhi con il cuore che sembrava voler uscire dal petto all’udire di quelle parole. Gli sorrisi. Mi sorrise. Poi entrambi entrammo, chi in auto e chi in casa.
Salii di corsa in camera mia, con un groppo in gola che non poteva più aspettare. Mi lanciai sul letto e scoppiai a piangere.
In realtà non lo so nemmeno io perché. Probabilmente un po’ per la consapevolezza che quel ragazzo, tanto bello ma tanto stupido, non si sarebbe mai reso conto di ciò che provavo nei suoi confronti. Un po’ per i suoi modi gentili che, in un modo o nell’altro, rivolgeva sempre ed unicamente a me. E, ora invece, quei modi di fare, di accarezzare, di abbracciare, rivolti a qualcun’altra. Qualcuna che magari non se lo merita nemmeno così come forse me lo meriterei io. Qualcuna che magari è disposta a tutto pur di farsi conoscere un po’ di più in quella merda di edificio scolastico.
Ero arrivata a singhiozzare. Davvero quel deficiente mi faceva quest’effetto? Ero davvero così presa da lui? Conosco una frase che diceva che se una persona è capace di cambiare il tuo umore, allora sei davvero nella merda. Detto, fatto. Ero nella merda fino al collo. Dicono anche che se sei talmente presa da una persona, sarà di conseguenza difficile riuscire a dimenticarla, o almeno, a farla diventare indifferente nella tua vita.
E, ora ditemi: come avrei mai potuto superare tutto questo, io, che conoscevo Louis dalle elementari e che mai avrei immaginato di finire in una situazione simile?
Mi addormentai poco dopo, forse stremata dai singhiozzi.
 
 

Fui risvegliata dal continuo squillare del mio cellulare.
Con gli occhi ancora chiusi, afferai il mio adorato iPhone e risposi, senza nemmeno guardare chi fosse il mittente. Dovetti allontanare il cellulare dall’orecchio subito dopo per i troppi schiamazzi provenienti dall’altro capo del cellulare e per una voce fin troppo squillante che continuava a urlare «Em? Em, mi senti?»
Riconobbi subito la voce: era Charlotte. Che cavolo voleva alle ..19.30 circa di venerdì sera, da una come me?
«Em, la partita! Non te ne sarai mica dimenticata?» Merda.
Mi alzai velocemente dal letto e mi catapultai all’armadio, cercando di trovare qualcosa di decente da buttarmi addosso. Avevo messo il vivavoce quando mi resi conto che gli schiamazzi sembravano esser diminuiti. Probabilmente Charlotte era stata tanto intelligente da spostarsi in un posto più ‘tranquillo’.
«Em, ci sei? Pronto?» esclamò ancora una volta, prima che io rispondessi con un secco «Sì» ficcandomi lo spazzolino in bocca.
Allora, la ragazza mi disse con il tono di chi ti sta riprendendo per una cosa che non dovevi fare, «Fai presto» prima di staccarmi il telefono in faccia.
Mi lavai il viso, ripulendolo da tutto il trucco sciolto e poi, ripresi l’eyeliner e lo ridisegnai sui miei occhi.
In un tempo record per i miei gusti, infilai le creepers nere e mi fiondai in strada. A piedi ci avrei messo circa dieci minuti. Perché non guidavo ancora? Maledetta patente. Dovevo prenderla assolutamente. Perché? Perché è in occasioni come queste che vorresti avere un auto.
Una volta arrivata al campetto, con un po’ di fatica riuscì a trovare Charlotte, che molto gentilmente aveva tenuto un posto libero anche per me. Che carina!
«Possibile che tu ti sia dimenticata anche della partita del tuo migliore amico?» mi disse, mentre continuava a sorseggiare la sua coca-cola e ad osservare i movimenti dei giocatori in campo. «Mi ero addormentata» risposi, senza enfasi, mentre con gli occhi cercavo solo una persona in campo: Louis Tomlinson.
Charlotte mi guardò per un attimo, capendo al volo i miei occhi a chi erano rivolti, e «Ti ha cercata con lo sguardo non so quante volte e, due volte invece, mi ha chiesto che fine avessi fatto» disse, come se niente fosse. Il mio cuore aveva accelerato in modo pazzesco e aveva iniziato a fare capriole per tutto il petto e, evidentemente, non voleva affatto fermarsi a riprendere fiato. Non risposi. Avevo il fiato corto e non sapevo assolutamente cosa dirle. Mi sembrava assurdo immaginare un Louis preoccupato perché la sua migliore amica che non si è presentata alla partita. Ne avevo sempre saltate parecchie in precedenza.
Proprio in quell’istante l’arbitro suonò il fischio che segnava la fine del primo tempo.
Vidi Louis avvicinarsi agli spalti, dove ero seduta anche io. Sul suo viso si formò un sorriso enorme e, proprio mentre lo stavo raggiungendo per scusarmi di aver fatto tardi, qualcuna o meglio, Kat, si fiondò tra le sue braccia e cominciò a baciarlo in modo piuttosto osceno.
Volgare era e volgare sarebbe rimasta quella ragazza. Proprio senza pudore. Come puoi non aver vergogna di fare una cosa del genere davanti a tutte quelle persone? Ah, si. Giusto. Doveva far vedere a tutta la scuola chi era il suo ragazzo adesso: il capitano della squadra di calcio.
Disgustata scesi velocemente le scale e, senza rivolgere uno sguardo a Louis, troppo impegnato per i miei gusti, uscii dall’entrata che avevo varcato appena dieci minuti prima.
La cosa bella era che avevo anche fatto le corse pur di ritrovarmi lì, per vederlo giocare, per esultare insieme a lui quando avrebbe segnato l’ennesimo goal alla porta avversaria. Semplicemente per vederlo camminare, correre e respirare. E aveva anche detto di avere una sorpresa per me. Era per caso quella? Farmi vedere come ci si sbaciucchia davanti ad una scuola intera? Farmi rendere conto di quanto in realtà quelle sue labbra erano lontane dalle mie, anche se spesso erano state molto vicine? Eh, no. Non me lo merito proprio.
Attraversai per la seconda volta nel giro di pochi minuti, il corridoio retrostante all’edificio, illuminato solo da qualche lampione qua e là.
Erano tutti giù al campo a godersi la partita e io, invece, me ne stavo lì, seduta su una delle tante panchine, da sola a godermi la mia sigaretta. Questa volta non avrei permesso alle lacrime di rigarmi di nuovo il volto.
Non due volte nello stesso giorno.
Stavo osservando la mia scuola nei minimi particolari, ad esempio non avevo mai notato che sul soffitto c’erano dipinti degli angeli e roba varia, oppure non mi ero mai accorta di quanto grandi in realtà fossero le porte delle aule. Era una scuola abbastanza vecchia. Proprio quando feci scattare l’accendino per dare fuoco alla seconda sigaretta, qualcuno si sedette affianco a me. Aveva un profilo davvero bello, con dei lineamenti delicati, un po’ di barba a circondargli la mascella e i capelli neri corvino. Indossava un giubbino nero di pelle.
Si girò verso di me, con una sigaretta tra le labbra e «Mi faresti accendere, cortesemente?» mi chiese. Fu in quel momento che i miei occhi furono catturati dai suoi: color cioccolato, così penetranti. Mi inceppai un attimo prima di annuire e far scattare ancora una volta l’accendino. Mi sorrise e poi si appoggiò con la schiena alla panchina, rimanendo in silenzio. Che situazione imbarazzante!
Dopo svariati minuti, ruppe il silenzio con un «Perché non sei alla partita?» secco e diretto. Sembrava molto sicuro di sé.
«Mi aveva scocciata, sai com’è» dissi di tutta risposta, continuando ad aspirare dalla mia Marlboro rossa. Non disse più nulla. Continuammo entrambi a fumare, facendo quasi finta che l’altro non ci fosse. Mi vennero degli strani pensieri in testa, riguardo a degli omicidi e così improvvisamente, domandai al mio compagno di sigaretta «Non sarai mica un maniaco?» quasi urlandolo, e allontanandomi da lui quasi d’istinto. Lui di tutta risposta, mi scoppiò a ridere in faccia e scosse il capo, aggiungendo un «Ti sembro un maniaco?» quasi divertito. Feci spallucce e dissi che con quella sua aria misteriosa e da duro, ci si avvicinava benissimamente. Di nuovo, scoppiò a ridere. Che suono soave! No, seriamente. Era una risata davvero dolce e, se l’avessi visto da lontano, probabilmente non gli avrei mai affidato una risata così.
Parlammo per un po’: si chiamava Zayn Malik e da quest’anno era diventato uno studente ufficiale della mia scuola. Mi stava raccontando di quanto amasse le moto, quando sentimmo gli schiamazzi delle persone aumentare sempre di più e ci rendemmo conto che la partita doveva essere finita e che, a quanto pareva, la Hall Cross Academy aveva vinto l’ennesima partita.
Così, insieme, ci dirigemmo al campo, giusto per vedere come stava festeggiando quell’ammasso di pecore.
La situazione era praticamente così: tutti i giocatori, l’allenatore e i collaboratori della squadra erano al centro del campo impegnati in un abbraccio di gruppo, le cheerleaders erano impegnate a cantare e ricantare più volte l’inno della scuola accompagnato dai loro classici balletti e, infine, l’ammasso di pecore, ossia il pubblico, saltava e cantava insieme alle cheerleaders.
Insomma, sembravano tutti impazziti.
Io e Malik ci guardammo e scoppiammo a ridere.
Era una sensazione abbastanza strana quella che provavo in quel momento. Quel ragazzo aveva un effetto più che positivo sul mio umore ed era come se lo conoscessi da sempre. Non so perché ma mi ispirava fiducia. Ecco perché ero rimasta a parlare con lui tutto quel tempo. Mi piaceva osservare come si portava lentamente la sigaretta alle labbra carnose e con la stessa lentezza aspirava e ricacciava poi tutto fuori. Oppure, mi piaceva osservarlo mentre cercava di farsi calore strofinandosi le mani l’una nell’altra. Sapere che era ormai diventato ufficialmente studente della mia stessa scuola mi riempiva di felicità. Mi era simpatico, ecco.
Improvvisamente fummo raggiunti da Charlotte che, entusiasta, saltellava avanti e indietro, cercando di imitare il balletto delle cheerleaders.
Non potetti fare a meno di ridere, seguita subito a ruota da Zayn e poi dalla stessa Charlotte, consapevole di essere alquanto buffa.
Le presentai il mio nuovo amico, e poi tutti e tre raggiungemmo il resto degli studenti sul campo.
C’era un casino assurdo, gente che urlava e festeggiava ad ogni angolo.
«Io proporrei di andare a farci un giro, solo io e te» sussurrò il ragazzo misterioso al mio orecchio, avvicinandomi a sé stringendo un braccio intorno al mio fianco. Rabbrividii. Non sempre mi ero trovata in situazioni del genere con il sesso opposto e, di conseguenza, mi faceva ancora un certo effetto, strano e piacevole allo stesso tempo. Annuii debolmente e, una volta avvisata Charlotte, ci avviammo all’uscita.
Avevo percorso troppe volte quella strada nel giro di un’ora. Non era possibile. Solitamente l’attraversavo, si e no, due volte alla settimana, e ora invece, quattro volte nel giro di un’ora. Facevo progressi.
 
«Emily!» mi sentii richiamare. Mi voltai di scatto perché sapevo a chi appartenesse quella voce. Conoscevo benissimo quel timbro squillante e sempre marcato. Era lui. Lo vidi correre, con indosso ancora il completino da calcio, per raggiungermi. Anche Zayn si era voltato, con ancora il suo braccio intorno al mio fianco, e ora, entrambi lo stavamo osservando mentre la distanza tra noi diminuiva sempre di più.
«Hey» sussurrò debolmente, riprendendo fiato e accennando un piccolo sorriso. Lo guardai per un attimo, poi con un «Hey» freddo, risposi alla sua esclamazione. «Hai visto? Abbiamo vinto..» aggiunse, con molta meno enfasi di quanta me ne sarei aspettata da lui. Annuii, iniziando a torturarmi le mani all’interno delle tasche del mio giubbinetto. Il ragazzo affianco a me sembrava sentirsi parecchio fuori luogo così «Ti presento Zayn» dissi, tutto d’un fiato.
Louis lo squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulla mano del ragazzo sul mio corpo e poi, dopo un momento di esitazione, strinse la mano al mio amico che gentilmente gliel’aveva tesa. Nessuno sembrava voler proferir parola, così ci pensai io a mettere fine a quella situazione imbarazzante con un «Noi stavamo andando via», dove Louis annuì semplicemente e Zayn «Ti aspetto alla mia moto» disse sorridendomi dolcemente, prima di volatilizzarsi.
Il signorino Tomlinson non aspettò molto prima di congratularsi con me con un «Adesso vai anche dietro le moto con persone sconosciute?» ironico e pungente.
Questa volta non mi gli avrei permesso di giocare sul mio umore. Non gli avrei dato ascolto. Ero incazzata, furiosa con lui per quello che aveva fatto. E sì, era anche da stupidi da parte mia reagire così visto che non stavamo nemmeno insieme, ma mi aveva dato un fastidio enorme. Così «Tu invece preferisci sbaciucchiarti la tua fidanzata di turno davanti a tutta la scuola, giusto?» risposi, cercando di mantenere la calma prima di saltargli addosso per le cazzate che stava sparando.
Boccheggiò per qualche secondo prima di scoppiare a ridere.
Ma quella non era la sua risata. Quella è la risata che usi quando sei incazzato. «Non mi sembra di dover dar conto a te quando devo ‘sbaciucchiare’ qualcuna» espresse. Ok, questa aveva fatto piuttosto male. Quelle non erano parole. Quello era veleno puro. E faceva un male cane.
Riuscii solo a sillabare un «Appunto» prima di voltarmi e andarmene.
Mi fermai un attimo per riprendere fiato e calmare il respiro.
Aveva davvero detto quella cosa? Quelle parole erano davvero uscite dalle sue labbra? Che poi, la cosa che più mi aveva ferita non erano state tanto le parole, ma il suo sguardo. Impassibile. Freddo. Crudele. Con quale coraggio aveva detto una cosa del genere?
 


Arrivai al parcheggio della scuola dove uno Zayn sorridente mi stava aspettando affianco alla sua moto con due caschi tra le mani. Me ne porse uno e io, prontamente lo afferrai e lo infilai. Montò subito la sua moto come un vero professionista e «Pronta?» esclamò, sorridendomi, ancora.
«Pronta» risposi, prima di avvinghiarmi alle sue spalle e salire, goffamente, sulla sua moto.














HEEEEEEEEELLO! (:

Saaaaaalve bellezze! Alloooooora cosa ne pensate di questo nuovo e interminabile capitolo?
Sì, è leggermente più lungo del precedente ma, quando ho iniziato a scriverlo, mi sono venute così tante idee! 
E cosa ne pensate di questo nuovo personaggio? mlmlmlml
Beh, che dire! Ok, forse Emily ha reagito un pò troppo esageratamente, ma andiamo! E' una ragazza innamorata e si sà! Le ragazze innamorate sono sempre molto lunatiche! LOOOL
Allora, sono contenta di essere riuscita già a pubblicare il terzo capitolo e, sono felice di informarvi, che il mio cervelletto sta elaborando così tante novità per il quarto, che spero di riuscire a pubblicare prima dell'inizio della scuola! DD:
Sono al settimo cielo HAHAHAHAHAHHA
Comunque io spero vi piaccia ..fatemelo sapere attraverso una recensione! Mi rendono sempre così felice! akswhj
E' per questo che voglio ringraziare tutte le persone che stanno leggendo la mia storia ..e sono contenta che fino ad ora ho ricevuto solo recensioni positive! E' fantastico!
Sto dilungando. Ok, smetto.
Vi auguro di trascorrere un Capodanno nel migliore dei modi!
Io me ne andrò in un locale a bailar e berrò così tanto da star male! Eeehhhh.. quando ci vuole, ci vuole! U.U
Vooooi invece? Che farete? 

Quuuuindi, ci vediamo l'anno prossimo bellezzeeeeee! 


mirii 

 
 

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Capitolo 4
*** - new and old friends. ***



                                          - new and old friends.






Quella sera, dopo la partita, io e il mio nuovo compagno di sigaretta, ritrovammo in un bar nel centro di Doncaster a bere birra e a parlare del più e del meno, accompagnati da una musica rock-hip hop di sottofondo e dal vociare degli altri clienti. Se all’inizio avevo pensato che fosse un maniaco, beh: mi ero sbagliata di grosso. Per la prima volta, dopo settimane, non avevo pensato nemmeno per un secondo a Louis e a quello che poteva star facendo in quel momento. Mi ero quasi, e dico quasi, dimenticata di tutto quello che era successo precedentemente: partendo dal suo ‘ho una sorpresa per te’ arrivando poi al suo limonare vergognosamente in pubblico con quella tizia, fino alle parole pungenti che mi aveva rivolto nemmeno un’ora prima. Se solo mi ci applicavo, per un secondo o poco più, mi ritornava l’incazzatura e la rabbia, miste ad un pizzico di delusione, nell’averlo sentito e guardato mentre pronunciava quella frase così orribile, in quel modo così brusco. In ogni caso, in quel preciso istante, Zayn mi stava raccontando l’ennesima figuraccia che aveva fatto da quando era arrivato nel mio paesino: a quanto pare aveva scasualmente pestato il piede ad un’anziana signora, mentre era al supermercato, e nel voltarsi per chiederle scusa le aveva palpato il seno sinistro, ricevendo così, non solo un’occhiata di fuoco, ma anche un ceffone in pieno viso. Sarà stata per la birra in più, visto che eravamo già al secondo boccale, o, in effetti, faceva rideva davvero quella storiella. Sarà stato forse anche un po’ il modo buffo, ma pur sempre carino, con il quale cercava di racontarmi quella cosa senza apparire ridicolo, non riuscendo però nel suo intento. Infatti, mi ritrovai a mantenermi la pancia con le mani e ad asciugarmi di tanto in tanto una lacrima, dovute alle troppe risate. Era davvero simpatico, anche se dall’esterno non lo dimostrava affatto!
«E invece» disse portandosi alla bocca il suo boccale di birra «tu non mi racconti nessuna figuraccia?» concluse facendo un lungo sorso e posando subito dopo il contenitore sul tavolo. Esitai un attimo prima di rispondere con un «Non saprei, ne ho fatte così tante!» cercando di pensare ad una delle mie figuracce, possibilmente quella meno imbarazzante. Non me la sentivo di raccontargli già delle mie figuracce: tutte le persone che mi conoscevano, o almeno la maggior parte, aveva spesso assistito ad una di esse e, mi capitava ancora, di essere derisa per il lontano ricordo. Lui era nuovo e non avrei permesso a nessuno di farmi apparire ridicola ai suoi occhi, a meno che non l’avessi voluto io.
Alzò un sopracciglio mentre io abbassavo lo sguardo sul mio boccale di birra, ancora mezzo pieno.
Proprio in quell’istante, le casse del bar spararono a tutto volume le note di ‘Limbo’ e io saltai dalla sedia esclamando «Oddio, io adoro questa canzone!» iniziando a muovermi a ritmo. Uno Zayn alquanto sorpreso dalla mia reazione, mi guardò e scoppiò a ridere, aggiungendo un «Ti stanno guardando tutti, Emily», mentre si accendeva l’ennesima sigaretta della serata. Feci spallucce e lo presi per mano, incitandolo a ballare con me. Insomma, non saremmo stati gli unici a ballare, c’erano già persone, persino più grandi, che ballavano e ondeggiavano ascoltando la musica da prima di noi, in quel posto pezzente.
«Non so ballare» disse accennando una risatina nervosa, aspirando ancora una volta dalla sua sigaretta.
Sbuffai pensando a quello che aveva detto a Louis, una delle tante sere che ci eravamo ritrovati insieme in quel bar: esattamente le stesse parole. Non aveva nemmeno provato a ballare con me, almeno per farmi contenta. Avrei dovuto dirglielo: non me ne frega un cazzo se non sai ballare, ma balla con me, ti prego. E invece, come mio solito, me ne ero stata zitta ed ero ritornata a sedermi, col broncio, rimanendo ad osservare quelle poche persone che, al contrario di me, ballavano, con un Louis che mi fissava con un sorrisetto sulla faccia.
Questa volta però il mio nuovo amico era in piedi davanti a me e, fregandosene degli occhi delle persone puntati su noi due, mi aveva preso per mano e aveva iniziato ad ondeggiare i fianchi e a muoversi a ritmo, insieme a me. Ok, non era proprio una forza a ballare, ma almeno ci provava e lo stava facendo perché gliel’avevo chiesto io. Si era spontaneamente formato un sorriso sul mio volto e avevo fatto fuoriuscire dalla mia bocca un piccolo gridolino di vittoria per averlo convinto, senza troppi sforzi, a ballare quella canzone, nel bel mezzo del bar, davanti a decine di persone, senza importarcene poi così tanto: ero soddisfatta e felice.
Era decisamente la birra di troppo a farmi agire così ma, ripeto, non me ne fregava proprio un bel niente.
Se queste cose non si fanno a quest’età allora ditemi voi quand’è che si fanno!
Ballammo un paio di canzoni prima di risederci e scoppiare nuovamente a ridere fragorosamente. Finimmo le nostre birre e, dopo che Zayn aveva insistito tanto per offrirmi quelle che avevo preso io, uscimmo da quel bar.
Per strada c’erano abbastanza persone: era venerdì sera e di sabato nessuno aveva scuola, ecco perché.
Ci incamminammo per le vie di Doncaster, passando davanti ad alcune vetrine già allestite per il Natale vicino.
Ci passò di fianco la squadra di calcio e Liam Payne, fin troppo ubriaco, mi salutò urlando a squarciagola il mio nome. Sussultai, ripensando immediatamente alla partita e a quello che era successo con Louis. Con tutto il cuore sperai che non ci fosse e infatti, così fu: la squadra era al completo e lui non c’era. Ammetto che non avevo proprio voglia di incrociarlo, però in fondo avevo sperato che ci fosse. Volevo vederlo. Avrei voluto proprio vedere se avesse avuto il coraggio di guardarmi in faccia e, magari, di chiedermi scusa per le sue parole, pronunciate forse in un momento di rabbia, sentendosi attaccato dalle mie di parole.
Pensandolo, arrivai alla conclusione che probabilmente ero anche io ad aver esagerato con ciò che avevo detto, ma non mi sentivo affatto in colpa. Questa era in assoluto una delle sue capacità: qualsiasi cosa facesse, aveva sempre questa sottospecie di potere sulla mia mente. Arrivavo al punto di pensare che forse avevo sbagliato io e che lui era, ancora una volta, vittima del mio caratteraccio.
E’ vero, il mio non era un carattere bellissimo: mi incazzavo troppo spesso e spesso per cose banali, rispondevo sempre acidamente a chiunque, però, allo stesso tempo, volevo che tutti che mi volessero bene e che pensassero cose belle riguardo me. In fondo ero una persona dolce e con dei sentimenti anche io.
E Louis questo lo sapeva benissimo.
Lui era l’unico con il quale riuscivo ad aprirmi sempre e in qualunque occasione: lui c’era quando diedi il mio primo bacio e c’era anche quando uno stupido ragazzino mi spezzò il cuore dicendomi che ero ‘troppo grassa’ per lui. Per colpa di quel ragazzino avevo perso molto peso durante gli anni, pensando sempre di essere troppo grassa per qualsiasi ragazzo.
E Louis era l’unico a dirmi che ero una cretina ad ascoltare quelle persone, mentre era steso sul mio letto ad osservarmi mentre ero troppo occupata a toccarmi la pancia e le gambe grosse, cercando di vederle sotto un punto di vista positivo: ‘loro non ti conoscono come ti conosco io Em’ diceva, ‘piaceresti anche a loro se solo ti comportassi come fai con me’ diceva.
E’ per questo che dico che lui era l’unico con il quale mi aprivo sempre e in qualsiasi situazione e, forse, proprio per questo, ero finita con l’innamorarmene. Mi ero innamorata di lui quando mi aveva difesa da un gruppo di ragazzine che mi prendevano in giro e mi ero innamorata di lui quando correva a trovarmi con un pacco di muffin al cioccolato caldi e appena sfornati.
Insomma, era il mio migliore amico, il fratello maggiore che mai avevo avuto e il fidanzato dei sogni di ogni ragazza. La cosa migliore che potesse mai capitarmi e ringrazio chiunque stia lassù e che ha deciso di far incrociare il mio cammino con il suo.
Però lui, in quel momento, in mezzo a quelle persone, per strada, dirette probabilmente al bar dove da poco ero uscita, non c’era.
E il nostro rapporto si stava frantumando, lo sentivo.
Un pensiero mi passò per la mente: sarà sicuramente con quella del terzo anno. E probabilmente era anche così. Se tutti i suoi amici erano lì, lui dove poteva mai essere, se non era lì con loro? Con Kat, ovviamente.
Salutai i ragazzi velocemente e, in compagnia di Zayn, continuai a camminare, raggiungendo così la sua moto.



Con il vento che mi graffiava la faccia mentre sfrecciavamo per le vie di Doncaster, non potei fare a meno di pensare che il ragazzo che guidava e che, gentilmente, mi aveva offerto la birra e che, sempre gentilmente, mi stava riportando a casa, era dolce. Mi sorrideva in un modo così carino. Io non lo se lo faceva solo perché si era da poco trasferito in paese e, di conseguenza, non aveva ancora amici con cui andare a prendere qualcosa al bar, ma fatto sta che lo faceva e la cosa non poteva far altro che riscaldarmi il cuore e mettermi felicità.
«Grazie mille per la bella serata» dissi una volta scesa dalla moto, cercando di sganciare il laccetto del casco, senza successo.
Mi guardò dolcemente mentre, senza scendere dalla moto, si avvicinava al mio viso. Con le sue mani mi sganciò delicatamente la chiusura e tolse il casco, e io, frettolosamente, mi aggiustai i capelli ricci per non sembrare un barboncino con fin troppi peli sparsi qua e là sulla faccia. Tra di noi era calato un silenzio imbarazzante, mentre i nostri sguardi sembravano essere entrati in ipnosi: ci stavamo osservando, scrutando, entrambi cercavamo di capire quale sarebbe stata la successiva mossa dell’altro. Lì pensai ‘oddio questo ora mi bacia’, e pensando ciò non potei fare a meno di trattenere un sorriso che spuntò sul mio volto. Come di conseguenza a questo mio gesto, anche lui sorrise e, avvicinandosi lentamente, mi lasciò un bacio caldo sulla guancia, aggiungendo un «a presto, Em», mettendo in moto il suo veicolo. Di tutta risposta io annuii non riuscendo a smettere di sorridere. La parte di pelle che aveva sfiorato con le sue labbra sembrava aver preso fuoco e, appena lo vidi girare l’angolo, portai una mano su di essa.
Quella notte dormii poco e niente pensando e ripensando a lui e a Louis.
La mia vita si stava complicando, cavolo!
Non riuscivo proprio a farne a meno: chiudevo gli occhi e rivivevo gli attimi con Zayn e, come un album fotografico che viene sfogliato, giungevo agli attimi con Louis.
Fu così che mi addormentai, molto lentamente, ma ci riuscii.
 


Era sabato. Finalmente. Quella settimana sembrava non finire più.
Quando aprii gli occhi, guardai per prima cosa la sveglia che segnava le 11.40. Ah, che sensazione magnifica quella di svegliarsi a quell’ora! L’aria era fredda quando scesi giù in cucina per mangiare qualcosa e mettere a tacere il continuo brontolio del mio stomaco.
Mia madre aveva lasciato un biglietto sul tavolo dove mi informava di avermi lasciato il pranzo sotto al forno, poiché sarebbe rimasta in ufficio fino a tardi quel giorno.
Sbuffai dirigendomi al frigo e aprendolo.
Dopo circa mezz’ora ero riuscita a preparami dei pancake decenti accompagnati da qualche goccia di miele: mantenevo la linea, io!
Seduta al bancone della cucina con davanti la mia colazione mentre guardavo un appassionante episodio di ‘teenager in crisi di peso’ e mi davo della stupida, lasciandomi divorare dai sensi di colpa perché stavo mangiando qualcosa che non era decisamente salutare, sentii bussare alla porta.
Svogliatamente mi diressi alla porta e, come ogni buona adolescente fa prima di aprire la porta di casa, sbirciai dall’occhiello per vedere chi fosse quel rompipalle: Louis. Mi salii il cuore in gola e con esso pure i pancake che stavo divorando fino ad un attimo prima.
Che ci faceva fuori casa mia? E, soprattutto, perché aveva una bustina della posta bianca tra le mani? Lasciai perdere il batticuore e, osservandomi allo specchio situato proprio all’entrata di casa, decisi che forse non facevo proprio così schifo e che forse avrei dovuto aprire, visto che il ragazzo aveva bussato una seconda volta, impaziente. E poi.. mi aveva vista in condizioni decisamente peggiori!
Respirai molto profondamente prima di «Che ci fai qui?» chiedere,senza nemmeno lasciarlo entrare, con il tono più freddo e distaccato che riuscii ad assumere. Indossava i soliti jeans col risvolto e una maglietta bianca con lo scollo a V. Aveva un sorriso da ebete stampato sul volto quando «Posso?» disse, esitando, quasi come se avesse paura di una mia reazione.
Mi spostai sul lato e gli feci spazio per farlo entrare.
Ritornai a mangiare i miei adorati pancake con un Louis piuttosto imbarazzato, seduto di fronte a me, e che sembrava avesse perso la lingua. Ieri sera la lingua ce l’aveva eccome, però!
«Senti Em.. I-io..» iniziò insicuro. Questo era un Louis fin troppo insicuro.
Che diamine gli prendeva? Io mi innamoravo di lui e lui diventava idiota?
Alzai lo sguardo per immergermi completamente nel suo, completamente pentito e pieno di scuse. Era così bello che solo guardandolo mi passò l'incazzatura. Gli sorrisi e, con uno scatto veloce, scesi dallo sgabello e mi fiondai tra le sue braccia.
Il suo profumo, la sua pelle, la sua morbidezza.. Era così perfetto. Ed era anche reale!
Mi strinse così forte a sé che quasi desiderai di morire in quell’istante per vivere per sempre nelle sue braccia, con il ricordo di un abbraccio perfetto. Questo era uno dei motivi per i quali non volevo assolutamente fargli sapere cosa provavo per lui. Immaginate perdere il paradiso? Non me lo sarei mai perdonata.
«Non lo fare mai più, ti prego» quasi supplicai, stringendolo quanto più potessi e con quanta più forza avessi.
Scosse il capo con un «Te lo prometto» finendo col lasciare un dolce bacio sulla mia fronte.


 
Rimase a pranzo da me quel giorno, forse per farsi perdonare per aver fatto lo stronzo o, forse, semplicemente perché gli andava di farlo. Mi mancava passare quei pomeriggi con lui a fare cazzate continuamente e ad ingozzarsi di schifezze.
Avevamo da poco iniziato a guardare un film, schiantati sul mio letto con la pancia piena di cibo spazzatura, quando, come colto di soprassalto, si alzò e corse giù, tornando poco dopo con la famosa bustina bianca tra le mani e un sorriso a trentadue denti che gli incorniciava il volto.
Si sedette sul letto e quasi come se fremesse dalla voglia di sapere cosa pensassi del contenuto della busta «è per te» disse, tutto contento ed esaltato. Afferrai la bustina strappandogliela letteralmente dalle mani e con gli occhi di un rapace. Me la rigirai tra le mani, osservandola per bene e notando un ‘per Em’ scritto da lui affiancato da un cuoricino storpiato, proprio sul retro della bustina.
E se ci fosse stata una lettera nella quale dichiarava il suo amore per me? Si, sarebbe stato bello.
Anche se quello trovai poco dopo era davvero bello ed.. emozionante,sì.
Infatti, appena mi resi conto che quelli che avevo davvero tra le mani erano due biglietti per il concerto dei Green Day, urlai dalla gioia e gli saltai praticamente addosso, dicendogli che era un pazzo ad aver fatto una cosa del genere.
E lo era davvero. Era davvero un pazzo!
Ma perché poi? Non potevo crederci.
Sarei stata al concerto del mio gruppo preferito, del nostro gruppo preferito.
Ero decisamente al settimo cielo e nessuno potrà mai capire cosa provai in quel momento.

 
 
 
 
 








HELLOOOO! :)


Hola chikeeeee! Eccomi qui, I’m back!
Quante cose stanno succedendo eh? E quante ne devono ancora succedere! Hahahah
Non mi dilungo perché ho davvero poco tempo: devo studiare ancora quattro capitoli di storia e ripetere i precedenti tre per l’interrogazione di martedì. Ma si può una cosa del genere? Che razza di vacanze sono mai queste? Io odio la scuola.
Comuuuunque, spero vi piaccia ..davvero! L’ho scritto di notte perché di giorno non avevo tempo e, per di più, al telefono.. quindi.. l’ho dovuto ricopiare al pc! U.U
Se vi piace, o se vi fa schifo fatemelo sapere perché, ripeto, le recensioni mi aiutano a migliorare.
Spero abbiate passato un ottimo Capodanno e vi auguro un buon anno e un buon rientro a scuola!
Alla prossima dolcezze! xx
 
mirii
 
Ps. Scusate gli eventuali errori di battitura ma, come ho già detto, vado di fretta!

 
 

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Capitolo 5
*** - I don't know how I feel about it, but I like it. ***



                    


                        - I don't know how I feel about it, but I like it.









«E così» enunciai, mentre ero sdraiata sul mio letto con in mano i biglietti per il concerto.
Sentire quel materiale cartaceo  sotto i miei polpastrelli mi metteva al corrente del fatto che era tutto così fottutamente reale! 
Quando furono messi in vendita quei biglietti e non riuscii a prenderli ci rimasi malissimo. Per circa una settimana avevo avuto l’aspetto di uno zombie: non mi truccavo e andavo a scuola tanto per non rimanere a casa a deprimermi, come se già non lo stessi facendo.
 Ero depressa nel vero senso della parola. E quel coglione del mio migliore amico faceva anche la parte del ‘dai Em, sarà per la prossima volta’ quando invece già li aveva ordinati e magari gli erano anche già arrivati.
Vi chiedete ancora come mai mi ero innamorata di lui? Semplice. Da gesti come questi.
Ogni volta, ogni fottuta volta, se ne usciva con qualcosa di grandioso e mi rendeva così felice. Era fantastico averlo tra i piedi.
«Era questa la sorpresa?» finii girando lo sguardo per incontrare i suoi occhi azzurro mare, già rivolti verso di me.
Un sorriso gli incorniciò il volto prima di annuire e il mio cuore perse qualche battito. Ormai mi ero quasi abituata all’effetto che, quel ragazzo così premuroso, aveva su di me. Non mi interessava più se quando lo guardavo venirmi incontro il mio cuore iniziava a correre e a fluttuare nel petto. Non mi interessava più se quando mi sfiorava la pelle con quei gesti così delicati e così attenti sentivo tutto andare a fuoco. Non mi interessava perché me ne ero resa conto e lo avevo anche accettato. Avevo accettato il fatto di essermi innamorata del mio migliore amico e ne ero anche felice perché, dopo tutto, era sempre al mio fianco. Ma, come ho già detto, mi ero quasi abituata.
Gli lasciai un bacio sulla guancia e, alzandomi dal letto, rimisi i due biglietti nella bustina bianca della posta che, delicatamente, nascosi tra i miei libri posti sullo scaffale.
Cominciai a pensare al fatto che fosse sabato e che avrei dovuto iniziare a scegliere cosa indossare per quella sera, mentre facevo avanti e dietro dalla scrivania all’armadio. Non sapevo nemmeno cosa avrei fatto precisamente ma non mi importava moltissimo.
Ero talmente felice che sarei potuta benissimamente rimanere a casa per continuare a guardare, toccare e persino odorare quei due pezzi di carta insignificanti, eppure così importanti.
Afferrai il cellulare e, guardacaso, trovai un messaggio di Charlotte che mi informava del fatto che alle 21.00 sarebbe passata a prendermi e che sarei dovuta essere pronta per quell’ora perché non aveva la benché minima voglia di aspettarmi. Beh, avevo ancora un paio d’ore per fare tutto quello che fa una normale ragazza prima di uscire in giro con le amiche. Ce l’avrei fatta, comunque.
Mi voltai verso quel sexy tricheco che si trovava arenato sul mio letto mentre cercava di guardare quel film che avevamo smesso di seguire da più di mezz’ora e, portando le mani su entrambi i fianchi «Devo lavarmi, Lou» dissi, aggiungendo poi un sorrisetto strafottente.
Si alzò sollevandosi sui gomiti e alzando un sopracciglio «Perché? Dove devi andare?» chiese, quasi curioso.
Sbuffai, cercando di ignorare l'istinto di guardargli ancora per un pò quelle gambe così toniche fasciate da quei pantaloni neri, e mi voltai aprendo l’armadio e iniziando a scavare qualcosa di adatto per la serata al suo interno.
Non lo sopportavo quando faceva così. Quel tono e quello sguardo indagatore: li odiavo indossati da lui. Quello era il Louis versione fratello maggiore. In pochi secondi mi avrebbe chiesto con chi avrei passato la serata, dove sarei stata e a che ora sarei rientrata, aggiungendo anche un simpaticissimo ‘non fare tardi’.
Stavo continuando ad osservare i miei adorati vestiti sperando che all’improvviso sarebbero spuntati davanti ai miei occhi un paio che magari urlavano ‘hey, io sono sexy, indossa me!’ e magari sarebbero stati davvero sexy, ma non ce n’era traccia. Stavo appunto pensando ‘dove siete finiti, sciocchi?’ quando sentii il letto crogiolare e mi resi conto che Louis si era alzato e così, voltandomi appena, lo vidi infilarsi le scarpe.
Mi bastò guardarlo in viso per un secondo e poco più per capire che si era offeso.
Moccioso.
Che minchia ti offendi a fare? Saranno pure fatti miei quello che devo fare o meno. Ho pur sempre diciott’anni.
D’altronde però, una domandina mi aveva fatto. Non avrei dovuto esagerare reagendo così.
Sbuffai ancora più forte prendendogli il braccio e bloccando una sua possibile uscita dalla mia camera e «Vado a farmi un giro con Charlotte» dissi tutto d’un fiato, ricevendo un sorriso compiaciuto come risposta. Ecco la solita stupida Emily. Ero ricaduta ai suoi piedi. Pur di non farlo incazzare, offendere o semplicemente fargli cambiare umore, ero capace di dirgli qualsiasi cosa mi venisse chiesta.
Se avessi continuato su quella strada sarei arrivata al punto che, qualsiasi cosa mi avrebbe fatto, lo avrei sempre perdonato o avrei sempre acconsentito alle sue richieste.
«Non fare tardi» disse sorridendomi e scompigliandomi i capelli, facendo ricadere qualche ciuffo sul mio viso. L’avevo detto io. Lo conoscevo fin troppo bene. Faceva sempre così. La cosa strana era che ancora non mi aveva chiesto il permesso per aggregarsi a me e alla mia amica, come suo solito. La cosa mi puzzava e non poco e, spinta dalla curiosità, «Tu che fai?» chiesi, pentendomi subito dopo delle mie parole. Mi guardò per un attimo come se non se l’aspettasse. Come se non si aspettasse quella mia domanda. Come se stesse cercando di capire il perché di quella mia domanda. Come se fosse, semplicemente, confuso. Poi «Mi vedo con Kat» confessò, andando a sedersi nuovamente sul letto.
L’avete sentito anche voi giusto? Ah no? Era ancora una volta il mio cuore. L’ennesima crepa.
Quel ragazzo mi stava davvero distruggendo, anzi no: quella mia stupida cotta per lui mi stava distruggendo.
Lui alla fine non c’entrava nemmeno, era innocente.
Mica era colpa sua se era così affascinante? Mica era colpa sua se si ritrovava due occhi e un sorriso da far invidia all’universo? No, ovvio che no. Era tutta colpa mia, mia e solo mia. Perché? Perché se fin dall’inizio mi fossi ficcata in testa il fatto che era e sarebbe sempre stato solo il mio migliore amico, non avrei mai finito con l’innamorarmene. E adesso dovevo accettare il fatto che lui stesse frequentando un’altra ragazza che considerava bella da morire perché Kat lo era davvero: aveva due occhioni verdi, delle labbra enormi, i capelli biondi e un fisico perfetto. Non potevo competere. Era inutile e insensato anche solo pensare di potergli piacere sotto quel punto di vista.
In ogni caso non potevo mica fargli capire di essere innamorata di lui imbronciandomi e mantenendo lo sguardo verso il basso? Oh, no. Così invece di starmene zitta e lasciare spazio ai miei sentimenti, «Ancora?» quasi mi lamentai, guardandolo con una smorfia contrariata sul volto.
Non mi rispose bensì continuò a tenere il suo sguardo su di me: fanculo.
«Lo sai vero che ti sta usando per la tua popolarità?» continuai, senza pensarci e scoppiando in una risata più finta delle extencion della professoressa Martinez. Quelle extencion erano davvero finte, Dio!
Ma ritornando a me e Louis: mi guardò inespressivo.
In realtà, per la prima volta, non riuscii a capire a cosa stesse pensando la sua testolina ed ebbi quasi paura di una sua reazione.
E se mi avesse urlato contro di farmi gli affari miei? O peggio, se ne fosse andato senza rivolgermi mai più la parola?
Fortunatamente non accadde niente del genere. Ma, il ragazzo, continuò a non dire nulla, bensì preferì alzarsi dal letto e avvicinarsi a me per stringermi in un abbraccio. Rimasi per un attimo impietrita: che stava facendo?
«Sarai sempre la mia preferita, Em» sussurrò al mio orecchio, lasciando poi un bacio sulla mia guancia. Mi guardò un’ultima volta, dolcemente, e andò via. Non era solo la mia guancia ad aver preso fuoco stavolta: io stavo andando a fuoco dalla testa ai piedi.
Mi guardai allo specchio ed ero completamente rossa in viso con le mani tremanti, la bocca leggermente aperta, il corpo ancora scosso dai mille brividi e il cuore che di capriole ne aveva già fatte cento e altre cento ne avrebbe continuato a fare.
 
 


Quella sera, io e Charlotte eravamo in giro per Doncaster.
Ci eravamo appena fermate al nostro solito bar quando riconobbi una figura, esile e slanciata con un ciuffo portato all’insù, starsene al bancone del bar in compagnia di alcuni giocatori della squadra di calcio dell’Hall Cross Academy, tra cui Niall Horan e Liam Payne, a sorseggiare birra: Zayn Malik.
Vederlo lì, in quel momento, fuori a quel bar, quella sera, mi riempiva di una felicità immensa.
Mi avvicinai e «Zayn!» gridai dandogli una pacca sulla spalla.
Si, ero un’ometto.
Si voltò di scatto con la sua birra tra le mani e, appena mi riconobbe, con un «Emily!» entusiasto, mi strinse cautamente tra le sue braccia, come se non volesse stringermi troppo perché ancora conoscenti o per il semplice fatto di essere, forse, imbarazzato per la confidenza con la quale mi ero rivolta a lui.
Nel frattempo, notai un irlandese biondo avvicinarsi alla mia amica e offrirle da bere, cosa che lei accettò con gioia. Li vidi anche sedersi su una panca, un po’ più in disparte, per poi ridacchiare tra loro. Erano carini insieme e Charlotte era così presa: glielo si leggeva negli occhi, nel sorriso e persino nel modo con il quale si arrotolava una ciocca di capelli attorno al dito.
Mentre la mia amica era occupata con il ragazzo che le piaceva e io non avevo nessuna intenzione di disturbarla, ordinai una birra e rimasi a ridere e scherzare in compagnia degli altri ragazzi.
Quel sabato sera il bar era stato allestito anche all’esterno con tavolini e panchine lungo tutto il marciapiede e casse collegate dall’interno all’esterno per far sì che tutti sentissero la musica che queste sparavano ad un volume abbastanza alto. Non so nemmeno perché quella sera ci fosse tutto quel casino lì fuori: forse qualcuno stava festeggiando il suo compleanno o, semplicemente, perché il proprietario era impazzito e aveva deciso così. Fatto sta che era tutto programmato per intrattenere e attirare più persone possibile e, devo dire, che c’era molta più gente lì fuori rispetto ad un qualsiasi altro sabato sera in quella noiosa città. Quindi: attirava l’attenzione dei passanti. Decisamente.
«Stasera non balli?» disse qualcuno alle mie spalle nel mio orecchio, poggiando le mani sui miei fianchi.
Mi voltai trovandomi davanti uno Zayn piuttosto brillo, con gli occhi lucidi eppure un sorriso mozzafiato a contornargli il viso. Gli sorrisi scuotendo la testa in segno di negazione. Per un attimo mise il broncio poi mi prese per mano e mi fece fare una giravolta. Quando mi ritrovai nuovamente faccia a faccia con lui, ci guardammo per un attimo e poi, entrambi, scoppiammo a ridere.
Aveva iniziato a farsi degli amici e devo dire che se li era scelti davvero bene, dato che erano i diletti della scuola. E poi, ovviamente, aveva me!
Il legame che si stava instaurando tra me e lui era sicuramente un legame d’amicizia, anche se non ero così stupida, come davo a vedere, da non capire: da quando ero dimagrita a dismisura, avevo iniziato a piacere ai ragazzi e la cosa non faceva che rallegrarmi visto che mi ero sempre sentita a disagio con il sesso opposto.
E, nel giro di un annetto, ero riuscita ad imparare e a capire le loro tattiche e i loro modi di conquistare una ragazza, sia osservandoli che avendoci a che fare.
E sapevo benissimo che quando un ragazzo, in questo caso anche piuttosto carino, ti fa l’occhiolino o ti prende per mano, balla con te e ti sussurra cose dolci con un accenno di malizia all’orecchio, vuole decisamente qualcosa di più di una semplice amicizia.
Non sarei voluta sembrare egoista ma, forse, quel ragazzo, poteva aiutarmi a scordarmi del mio migliore amico che, molto probabilmente, al momento era impegnato da qualche parte al buio, nella sua auto, con quella.
In quella macchina ci entravo ogni santo giorno, Dio mio. Che schifo.
Fu così che quando ci venne offerto un giro di cicchetti né io né lui rifiutammo l’offerta, bensì l’accettammo più che volentieri. E con qualche cicchetto di troppo e, lo stomaco fin troppo vuoto a livello di cibo ma fin troppo pieno a livello di alcool, iniziammo a saltellare avanti e indietro per la piazzetta lì vicino: in realtà a saltellare ero più io che Zayn, ma sono dettagli.
Lui, in effetti, era più contento se correva da un lato all’altro gridando ‘non mi prendi’, con tanto di linguaccia.
Ok, eravamo messi abbastanza male ma ragionavamo: eravamo solo più brilli, più felici e più idioti del solito, ma non stavamo male. Avevamo la risata facile, ecco.
Durante la serata, ad un tratto, ci raggiunsero Charlotte e Niall con passo veloce e un’espressione preoccupata in viso.
Come se loro non avessero mai bevuto un po’ in più e non si fossero mai ritrovati a ridere come due deficienti.
«Em» disse Charlotte col viso rosso, graffiato dal vento gelido che quella sera si stava riversando sull’intera cittadina. Le sorrisi, facendole capire che poteva continuare a parlare e lei, afferrando al volo «Io e Niall ci andiamo a fare un giro..» continuò, tentennando e «Ti dispiace se ti lascio da sola?» finì, trattenendo il fiato: possibile che avesse paura di una mia reazione? Stupida ragazza. No, cioè, aspettate un attimo: quella ragazza era venuta fin lì per avvisarmi del fatto che se ne sarebbe andata in giro per il resto della serata con Niall, del quale era innamorata da anni, per paura che mi fossi arrabiata se non l’avessi trovata? Troppo buona d’animo. Io me ne sarei andata, a partire anche dal fatto che l’avrei vista in compagnia.
Così «Ma non sto da sola, Char» affermai, voltandomi leggermente verso il mio amico che nel frattempo, ascoltando Charlotte, mi aveva affiancata insieme al biondino, e gli avevo sorriso.
Zayn posò un suo braccio intorno alla mia vita e «Tranquilli, noi stiamo bene» aveva esclamato, con il solito sorrisetto sul volto.
Di conseguenza i due ragazzi ci avevano salutato calorosamente e avevano raggiunto l’auto dell’irlandese per poi montarci sopra e andare via.
 
 
 

Per il resto del sabato sera io e Zayn rimanemmo in quella piazzetta a prenderci in giro e a fare cazzate, una dietro l’altra, come ad esempio guardarci i piedi e constatare quanto i suoi fossero grandi rispetto ai miei.
Stavamo facendo lo stesso anche con le mani e fu lì che successe qualcosa. Qualcosa che cambiò le carte in tavola o, forse, quelle carte erano già state scelte e giocate tempo prima. So solo che mi ritrovai a fissare quelle sue mani, così grandi e così possenti, e a desiderare ardentemente di poterle stringere sempre, ogni giorno, per un tempo così.. indeterminato.
Entrambi stavamo fissando quelle mani che, senza preavviso, si intrecciarono e ci ritrovammo così vicini da poter sentire ognuno il fiato caldo dell’altro soffiare sulle labbra, sulle guance e sulla pelle. Ci guardammo per un tempo indefinito: i suoi occhi avevano cambiato colore, erano leggermente più scuri e dentro di essi ardeva il desiderio del piacere; i miei occhi erano come incastrati nei suoi, anche se volevo, non riuscivo a distogliere lo sguardo, mi era impossibile. Quel ragazzo era di una bellezza estenuante e, io, non potevo far altro che sentirmi in imbarazzo davanti a tale bellezza.
Fu un secondo: il tempo di avvertire quella morbidezza sulle labbra che mi resi conto di star baciando quel ragazzo.
Non fu un bacio volgare e passionale. Per niente.
Anzi, fu l’esatto contrario: uno di quei baci dolci e delicati, a fior di labbra, che a stento ti sfiorano, a stento li senti sulla pelle e sulle labbra, a stento li percepisci. Ci ritrovammo a sorriderci e a guardarci con una dolcezza inimitabile mentre, con un filo di imbarazzo, cercavamo di portare a termine nel migliore dei modi quella serata, tornando a comportarci come pochi minuti prima o, almeno, provandoci.

Quella sera sentii per la prima volta di poter voltare pagina e cominciare un nuovo cammino, con una persona del tutto nuova a cui, magari, interessavo per davvero.
Ma questo, era tutto da scoprire.










HEEEEEEEELLO! (:



Maccccciaaao bellissime! 
TADAAAAAAANNN!
Ok, lo so che fa un pò schifo ..ma vi assicuro che questo è solo un capitolo di passaggio.. dopo di chè.. inizieranno i primi veri casini! HAHAHAHAHAHAH
Io spero davvero che, almeno un pò, vi piaccia. Ripeto: è di passaggio. 
Mi serviva per mettere in luce alcuni particolare e soprattutto per l'attesissimo bacio! Ve lo aspettavate?!  
Sarò sincera: non volevo metterlo perchè credevo fosse un pò troppo presto, però poi ho cambiato idea e ho pensato che magari ci stava tutto! LOOOOL
Ovviamente, fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione..
Mi servono per migliorare e per capire cosa ne pensate veramente delle storia! 

Vado a dormire che domani ho il compito di latino alle prime due ore. PLEASE, KILL ME!
Spero di riuscire ad aggiornare ogni settimana, circa.
Detto ciò.. Alla prossimaaa! xx


mirii

 
 

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Capitolo 6
*** - cause my heart breaks a little. ***


             


                     
             - Cause my heart breaks a little.


                                                                                                                                             




                                                                                                                                                                     "
I have died everyday waiting for you
                                                                                                                                   Darling don’t be afraid I have loved you
                                                                                                                                              For a thousand years
                                                                                                                                       I love you for a thousand more."





 

Intravedevo quell’edificio che tanto odiavo, ma che tanto avevo amato per il solo fatto che mi aveva fatto conoscere persone meravigliose e aveva fatto in modo che il mio rapporto con Louis si rafforzasse ancora di più, quando, camminando sul marciapiede, mi arrivò un messaggio: ‘Buongiorno piccola x Z.
Allora, chiariamo subito una cosa: conoscevo una sola persona il cui nome iniziasse per Z ed ero più che sicura di non aver affatto dato il mio numero a quella persona.
Così, semplicemente, non risposi. Non perché ero troppo orgogliosa o troppo timida per farlo, ma per il semplice motivo che ero arrivata a scuola e ciò stava a significare che quella persona l’avrei incontrata a momenti.
E infatti, mi affiancò appena varcai l’entrata, sorridendomi e «Non ti hanno insegnato a rispondere ai messaggi?» annunciando. E io, da perfetta cogliona «Non conoscevo il numero» dissi, arrossendo leggermente per la schiettezza con la quale si era avvicinato a me. Scoppiò a ridere e buttò un braccio attorno al mio collo dandomi un dolce bacio sul capo.
Lo guardai cercando di sfoggiare uno dei miei sorrisi più belli, ancora sopraffatta dall’imbarazzo, e «Siamo felici oggi?» chiesi, posando definitivamente il telefono nella borsa, dal momento che avevo continuato a maneggiarlo anche in sua presenza. Zayn di tutta risposta fece spallucce, mantenendo quel sorriso spensierato sulla faccia.
Così, insieme, raggiungemmo Charlotte, in dolce compagnia dell’irlandese e iniziammo a parlare del week-end passato, senza però, né io né Zayn, accennare a quel piccolo sfioramento di labbra che c’era stato tra me e lui quando eravamo rimasti da soli.
Ci raccontarono di come il sabato sera avevano bucato la ruota dell’auto tornando a casa e di quanto tempo avessero aspettato l’arrivo del carro-attrezzi, che a quanto pare quella sera era più impegnato del solito: la cosa aveva infastidito altamente entrambi i ragazzi.
Quando, dopo poco, fummo raggiunti da un Louis che evidentemente era con la testa ancora sotto le coperte, mi sentii immensamente in imbarazzo e in colpa.
In colpa non lo so benissimo il perché.
Probabilmente per il fatto che fino a qualche giorno prima era sempre stato lui quello che mi stringeva i fianchi la mattina prima di entrare a scuola e, di conseguenza, il ritrovarmi tra le braccia di un altro ragazzo che non fosse lui, mi faceva uno strano effetto.
Quando il ragazzo dagli occhi celesti notò con disprezzo le mani del ragazzo dagli occhi color cioccolato poggiate delicatamente sul mio corpo, mi sentii ancora più in colpa. Mi salutò con un semplice cenno del capo e con un ‘Raggiungo Kat’ ci liquidò, senza nemmeno aspettare le nostre risposte o le nostre contrapposizioni.
L’ennesimo dolore al petto mi colpì ancora di più quando lo vidi baciare quella ragazza, nel cortile della scuola, davanti a tutti gli studenti, proprio come aveva fatto alla partita, pochi giorni prima.
Girai lo sguardo verso il ragazzo che gentilmente mi stava facendo poggiare sulle sue gambe e gli sorrisi. Era uno di quei sorrisi sinceri e stracolmi di tristezza: ero stanca, stanca di amare un ragazzo che non mi guardava proprio sotto un’altra luce. Stanca di dover subire ogni qual volta quelle scene disgustose e pietose.
E probabilmente il ragazzo dagli occhi color cioccolato se ne accorse perché «E’ tutto okay?» mi sussurrò all’orecchio, guardandomi subito dopo negli occhi, come per cercare di capire qualcosa.
Al ché io risposi con un «Sì, tranquillo» aggiungendo un mezzo sorriso, subito prima del suonare della campanella.
 
 

Quella giornata era passata tanto lentamente che quando uscii da quell’edifico mi sembrò fossero passati secoli.
Non ero riuscita a seguire nemmeno la lezione di filosofia che tanto mi piaceva.
I pensieri mi avevano assalito per l’intera durata delle lezioni: da una parte le immagini della partita e di quella mattina mi passavano e ripassavano per la mente, senza lasciarmi un attimo per respirare; dall’altra la sensazione delle labbra del ragazzo dalla pelle olivastra poggiate dolcemente sulle mie, solo poche sere prima, non faceva altro che ritornarmi alla mente e ciò mi portava a toccarmi le labbra, come se così facendo potessi in un qualche modo riprovare quella sensazione.
Quello che più mi aveva invaso la mente era stato sicuramente il pensiero riguardo al ragazzo moro.
Gli interessavo davvero o ero solo un passatempo? Cosa avrebbe fatto d’ora in poi? Sarebbe andato avanti con la sua vita facendo finta di niente? E se fosse stato troppo ubriaco da non ricordare assolutamente niente? Come avrei dovuto comportarmi? E se fossi sembrata banale o goffa, in qualsiasi mia azione?
Ammetto che quel ragazzo davvero riusciva a farmi smettere di pensare al mio migliore amico.
L’attrazione per quella persona c’era, e anche tanta.
Insomma, avreste dovuto vederlo: il colore della pelle, gli occhi così penetranti, quel ciuffo sempre portato in alto con chili di gel e lacca, il suo modo di vestire e, infine, quella moto. Era così dannatamente sexy.
Somigliavo quasi a un morto vivente mentre scendevo la rampa di scale che portava al parcheggio della scuola, quando fui affiancata da Zayn.
Con un sorriso enorme sulle labbra «Posso accompagnarti a casa?» mi chiese, all’improvviso, facendo sì che i suoi occhi affogassero nei miei e mi intrappolassero, quasi come per pregarmi con lo sguardo di accettare l’offerta e di non rifiutarla. Completamente stregata da quello sguardo, annuii col capo.
Oramai Louis aveva smesso di darmi passaggi. Accompagnava la sua nuova ragazza a casa, o almeno, aveva iniziato a farlo da quando era iniziata quella settimana. Io non mi ero nemmeno preoccupata di chiedergli il perché: se era la sua fidanzata, io, essendo un’amica, avevo di sicuro meno importanza e, di conseguenza, dovevo stare in silenzio.
Così, raggiunta la moto del moro, montammo in sella e il ragazzo sfrecciò tra le stradine di Doncaster.
Scesi dalla moto velocemente e, nello stesso modo, gli porsi il casco appena sfilato che portava sempre con sé. Lo ringraziai e, lasciandogli un bacio sulla guancia, feci per andarmene ma venni bloccata dalla sua mano sul mio polso e da un «Aspetta Em» pronunciato quasi silenziosamente. Mi voltai e me lo trovai a pochi centimetri dalla faccia che, con uno sguardo serio ma allo stesso tempo dolce come sempre, mi guardava fisso negli occhi.
Quegli occhi, dio.
Erano di un marrone così intenso.
Di solito gli occhi marroni sono banali perché considerati ‘comuni’, ma quelli erano meravigliosi. Erano diversi: sarà stato per il taglio o forse per la forma dei suoi occhi, ma erano davvero indescrivibili. Bellissimi.
Ero rimasta con la bocca semi aperta quando «Quasi dimenticavo..» disse, prima di fare in modo che le nostre labbra si trovassero di nuovo unite in un bacio che aveva perso molta della dolcezza e della delicatezza del precedente, ma che rimaneva sempre un bacio che probabilmente di più dolci pochi ce ne sono.
Lasciai che con la lingua percorresse le mie labbra e le schiusi appena per lasciargli il libero accesso. Quando la mia e la sua lingua si trovarono a carezzarsi volutamente e un po’ più famelicamente, il mio corpo fu scosso da brividi.
Non avevo mai baciato in quel modo prima di allora: quel ragazzo ci sapeva fare.
Si staccò appena dalle mie labbra per «Ora puoi andare» accennare e far poi comparire sul suo volto un bellissimo sorriso.
Avrei potuto continuare a baciarlo per ore se non fosse stato per il semplice motivo di essere sotto casa.
Così, gli sorrisi di rimando e, con un ultimo bacio a stampo lasciato con velocità sulle sue labbra, entrai in casa con un «Sono tornata!» urlato, forse più del dovuto.
 
 

Quel pomeriggio Louis passò per casa mia come aveva da sempre fatto. Questa volta però senza i muffin al cioccolato appena sfornati. Quando aprii la porta notai subito che il ragazzo, evidentemente, una volta uscito da casa mia, avrebbe avuto un appuntamento, visto che era vestito meglio del solito e aveva addirittura portato tutti i capelli all’indietro con del gel, per farli mantenere in ordine.
Dire che era bello è poco.
Si precipitò in casa mia senza nemmeno salutare e si fiondò sul divano, voltandosi poi verso di me che ero rimasta in piedi vicino alla porta, ancora scioccata per il suo comportamento, e «Ho bisogno di un consiglio, Em» enunciò.
Sospirai e lo raggiunsi subito dopo, sedendomi di fronte a lui sull’altro divano.
Iniziò a parlare e parlare di quanto Kat, a volte, fosse pesante perché voleva vederlo in continuazione, senza lasciarlo un attimo in pace a concentrarsi per gli studi che stava portando avanti per i test dell’università, e di quanto, a volte, invece, fosse tanto dolce con lui da elencargli tutte i suoi pregi e caratteristiche.
Già me la immaginavo quell’oca mentre con quelle mani sudice gli toccava il petto, i capelli, il viso, le parti intime. Cose avrei desiderato fare io, da tempo ormai.
Il ragazzo dagli occhi celesti continuò dicendo che non sapeva che fare, non sapeva come andare avanti né come capire cosa realmente provasse per quella ragazza. Proprio mentre continuava a dannarsi per riuscire a capire i suoi sentimenti, lo interruppi con un «Ti piace, giusto?» chiesto passivamente, come se quel discorso non stesse già urtando al massimo la mia sensibilità nei suoi confronti, come se non mi interessasse più di tanto.
In realtà, sapevo di star arrivando a un punto di rottura dopo il quale non avrei più sopportato questo comportamento infantile ed irrispettoso da parte del ragazzo: Louis sapeva benissimo quanto mi desse fastidio parlare di quella ragazza perché, sapeva, che quella ragazza non mi andava per niente a genio. Eppure continuava a starsene lì, sul mio divano, a torturarsi le dita aspettando un mio consiglio, perché ero io quella dava sempre consigli a tutti, soprattutto a lui.
«Allora?» chiesi, quasi stufa di quel discorso.
Lui alzò per un attimo lo sguardo dalle sue dita per puntarlo nei miei occhi: mi sembrò quasi di avvertire che da un momento all’altro si sarebbe alzato e avrebbe urlato ‘No Em, cazzo, no! Non mi piace per niente!’.
E invece, con voce tremolante «S-sì» affermò, tornando subito dopo a fissare qualsiasi cosa ci fosse in quella stanza tranne che me.
Non vi nascondo che quell’unica parola bastò per distruggere anche l’ultimo granello di speranza rimasto vivo e ardente in me. Speranza che era andata a farsi fottere ma, d’altronde, dopo quello che era successo la mattina con Zayn, poco me ne importava.
«Allora diglielo, che aspetti. Sono sicura che lei ne sarà più che entusiasta» affermai, alzandomi dal divano per mettere un po’ di legna sul fuoco del camino. In quel periodo faceva parecchio freddo. Evitavo il più possibile di uscire di casa per rintanarmi vicino al camino con un buon libro e una tazza di thè fumante tra le mani.
Rimanemmo in silenzio per un po’ prima che il ragazzo dicesse di essere in ritardo.
Avevo immaginato bene, allora.
Lo accompagnai alla porta e, guardandomi con un sorriso di ringraziamento dipinto sulla faccia, mi abbracciò.
Rimasi impalata come una colonna per qualche secondo, prima di stringerlo forte a me. Fu come essere consapevole di abbracciare per l’ultima volta una persona che va, potremmo dire, incontro alla morte, perché, in cuor mio, sapevo che se avesse deciso di fidanzarsi ufficialmente con quella ragazza, le cose tra noi sarebbero cambiate parecchio.
Potevo disprezzarlo quanto volevo per il semplice motivo di essersi invaghito di un’oca parlante, ma non potevo di certo rinnegare i miei sentimenti.
Ero innamorata di quel ragazzo.
E, anche se tra me e il ragazzo dalla pelle olivastra stava nascendo un qualcosa, sapevo che quello che provavo per questo ragazzo era ancora tutto fresco. Bastava sfiorare per un attimo il tassello con incisi sopra i miei sentimenti per lui e subito scoppiavo in mille emozioni e mille amarezze, tutte da buttar giù.
«Non ti dimenticare del concerto» dissi, mentre scioglievo quell’abbraccio provocando la risata di Louis, che, in senso negativo, scuoteva la testa.
 
 
 
 
 
 
 



HAAAAAAAAALOOOOOOAAAA!
Sì, sono proprio io! Non sono morta, bensì sono viva.. o almeno, provo a vivere! 
Questa scuola mi sta uccidendo, soprattutto col fatto che è vicina la chiusura del quadrimestre sembra che tutti i professori siano impazziti.
Interrogano, interrogano e interrogano. Vi prego, ditemi che non sto uscendo fuori di me solo io e che anche voi siete nella mia situazione! 
E' proprio per questo che ci metto un pò più del previsto nell'aggiornare. 
Ho anche iniziato ripetizioni di matematica, salvatemi. 
Comunque, ritorniamo al capitolo che è meglio, o almeno lo spero! HAHAHAHA
Se siete arrivate fin qui vuol dire che vi ho incuriosite nella lettura, yeeep!
Okay, parlando seriamente, non odiatemi per quello che sto creando.
In realtà avrei così tante idee che voi nemmeno immaginate.. ma a volte è come se mi bloccassi perchè non riesco a trovare le parole adatte per esprimere ciò che penso. Questo è triste. LOOOL 
Avete notato quanto la nostra Emily sia confusa? Non sa se smettere di amare Louis e iniziare un nuovo cammino o continuare a dannarsi. 
Voi che pensate? Secondo voi cosa ha inventato la mia fantasia per il prossimo capitolo? Fatemelo sapere, ovviamente, come sempre, tramite una
RECENSIONE.
Sto dilungando, cazzo. 
Vi abbandono, finalmente, ditelo, potete dirlo! HAHAHAHAHAH :') 
Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. A me sinceramente ci sono parti in cui piace un casino, quindi u.u 
Alla prossima pupe tostissime! 

Ringrazio ancora una volta tutte coloro che seguono la storia e la recensiscono e anche chi la legge in silenzio: GRAZIE! x

miriisupertramp 

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Capitolo 7
*** - Can you feel the love, tonight? ***







                                - Can you feel the love, tonight?







Quel pomeriggio, quando Louis uscì da casa mia, dopo aver fatto zapping alla tv e dopo aver mangiato vergognosamente un intero pacco di patatine, mi arrivò un messaggio dal ragazzo dagli occhi color cioccolato: ‘Se ti va alle 18 fatti trovare in piazza x Z.
Ammetto che all’inizio avevo tentennato un po’ sul da farsi.
Non sapevo se realmente volevo vederlo e passare del tempo con lui o evitarlo e mettere fine a questa situazione che si era creata tra di noi. Fatto sta, che tutte le mie azioni erano bloccate dal mio costante pensiero per  Louis e per tutto quello che faceva.
Infatti, quando il ragazzo se n’era andato, avevo come un vuoto diramarsi nel mio petto e congelarmi interamente il corpo: dalle vene, alle articolazione, fin dentro le ossa. Sapevo benissimo come Louis si comportava messo a contatto con le ragazze. Magari le ragazze che frequentava all’inizio non gli interessavano nemmeno così tanto ma poi, col passare delle settimane, iniziava a provare qualcosa per queste e.. Beh, sapete come andava a finire: si perdeva nei suoi sentimenti.
Alle volte avevo pensato che fosse esagerato e fin troppo sdolcinato. Questa sua dolcezza però spesso lo ingannava. Le ragazze, infatti, sfruttavano questo suo lato per farsi riempire di regali costosi e appuntamenti romantici nei posti più belli del paese. Louis all’inizio non se ne rendeva nemmeno conto poi il peggio arrivava quando diventava consapevole di quello che aveva fatto.
Ricordo ancora una volta, eravamo al secondo o al terzo anno di liceo, e Louis era innamorato e ufficialmente fidanzato con una ragazza di un anno più grande di lui. Arrivò a regalarle un viaggio a Parigi perché la ragazza in questione aveva sempre amato quella città, a quanto pareva. Però poi la incontrò al parco, intorno alle tre del pomeriggio, mano nella mano con un ragazzo molto più grande di lui, sia di corporatura che di età, e lei gli passò di fianco come se non lo conoscesse.
Ricordo ancora gli occhi rossi che aveva quando arrivò a casa mia, con il fiatone e i capelli scompigliati dal vento.
Aveva anche promesso che mai più in vita sua avrebbe fatto cose dolci per una ragazza e, in un certo senso, aveva mantenuto la promessa: se non passavano mesi, non si permetteva di regalare alla ragazza qualcosa, ma soprattutto si era tolto il vizio di regalare viaggi alle sue attuali fidanzate. Sempre quel giorno mi fece una promessa che probabilmente non dimenticherò mai. Disse esattamente ‘Ti prometto che sarai la mia donna, un giorno’. Sì, certo, sogna Emily.
Di conseguenza a tutto ciò, sapere che con questa Kat le cose stavano andando anche piuttosto bene sotto un certo punto di vista, mi faceva solo raggelare. Fu proprio per questo che decisi di farmi trovare in piazza quel pomeriggio.
Dovevo andare avanti con la mia vita e smettere di provare sentimenti per il mio migliore amico, anche perché dopotutto tra me e lui non c’era mai stato nulla e probabilmente mai ci sarebbe stato qualcosa.
 



Alle 18.00 in punto ero seduta su una delle panchine ad aspettare il mio caro amico, mentre fumavo la mia adorata Marlboro.
Una cosa di cui ero certa: le mie sigarette non mi avrebbero mai abbandonata o tradita. Sarebbero sempre state lì, pronte a consolarmi quando qualcosa andava male o pronte a festeggiare con me se, invece, al contrario, qualcosa andava più che bene. O, meglio ancora, mi tenevano compagnia durante le lunghe attese, come in quel momento. Ok, probabilmente ero arrivata in anticipo anche, ma ero comunque in attesa del mio amico.
Proprio quando ebbi aspirato l’ultimo tiro, prima di gettare il mozzicone a terra, vidi Zayn avvicinarsi a me e alla panchina sulla quale mi ero momentaneamente seduta, con un sorriso sul volto, un borsone sulle spalle e i capelli ancora bagnati, poiché a quanto pareva era da poco uscito dalla doccia. Ovviamente, se era sudore non lo potevo sapere ma, penso che per darmi appuntamento non si sarebbe mai presentato sudato, dopo essersi allenato. Che poi.. Andava in palestra? Perché io non lo sapevo?
Sopraffatta dalla curiosità non lo lasciai nemmeno avvicinarsi del tutto che «Vai in palestra?» gli chiesi, alzandomi e andandogli incontro. Girò la testa su un lato corrucciando la fronte per la domanda appena postatagli da me e «Sì, calcio» esclamò dopo poco, quasi sentendosi fiero dello sport che praticava. Uomini. C’era da aspettarselo. Quale uomo non ha mai giocato a calcio in vita sua? Ci giocavo anche io con Louis da piccola.
«Figo» dissi, sorridendo e aggiungendo un «Dovresti entrare nella squadra della scuola» felice.
Mi sorrise e avvicinandosi «Potrei provarci» soffiò sulle mie labbra, rimanendo lì a fissarmi negli occhi.
«Sono sicura che ti prenderebbero» dissi, con un tono molto più basso, simile ad un sussurro, e con un accenno di insicurezza per le parole appena pronunciate nella voce. Quella vicinanza mi metteva in soggezione. Annuì e sorridendomi, si avvicinò lasciando un morbido bacio a timbro sulle mie labbra, facendo in modo che rimanessi praticamente imbambolata come un’idiota a fissarlo, con le labbra semi aperte. Perché l’aveva fatto? Non stavamo ancora insieme. Non stavamo nemmeno uscendo insieme, per puntualizzare. O mi ero persa qualcosa? No, non credo. Ci eravamo solo baciati. Era impazzito, comunque.
In ogni caso, vedendomi così, paralizzata si potrebbe dire, scoppiò a ridere e mi prese per mano e «Vieni con me, scema» disse, trascinandomi con sé.
«Dove mi stai portando? Sei un maniaco vero? Avevo ragione fin dall’inizio! Aiutatemi!» quasi urlai, cercando di nascondere la risata nascente nel mio petto e facendo finta di voler scappare ma, voltandomi nuovamente verso di lui, lo guardai in faccia e scoppiammo a ridere insieme.
«Tu sei davvero stupida» disse, scuotendo la testa ma continuando a ridere.
Quanto era carino!
Parlottammo per tutto il tragitto verso il luogo oscuro, la tana del maniaco che alla fine si rivelò essere una stupida caffetteria al centro del paese, allestita nel tipico stile inglese.
In quel momento davvero non seppi come comportarmi. Era un appuntamento? Dovevo considerarlo tale? Se mi avesse avvisata prima magari mi sarei preparata mentalmente e, magari, avrei indossato qualcosa di più carino, merda.
Ci accomodammo a uno dei tanti tavolini tondi e piccoli all’interno e, tra di noi, calò un silenzio imbarazzante.
Non sapevo cosa dire: nella mia testa c’erano così tante domande, affermazioni e cazzate varie che fluttuavano da una parte all’altra del mio cervello, ma tutte davano l’idea di essere fin troppo banali. Di conseguenza non avevo la più pallida idea di cosa dire tale era il mio imbarazzo.
Zayn anche dal canto suo sembrava imbarazzato, non quanto me visto che batteva insistentemente un piede a terra e aveva lo sguardo puntato sul tavolino: cosa aveva quel tavolino di così interessante? Era di un qualche materiale pregiato e io non avevo saputo riconoscerlo? A cosa diavolo stava pensando? Coglione, dici qualcosa e rompi questa tensione!
Sospirai e, lui come sentendosi chiamato in causa, mi sorrise dolcemente.
Cercò di allungare una mano per afferrare la mia, poggiata sul tavolino proprio come la sua, ma esattamente in quell’istante arrivò la cameriera con i menù e distrusse quel momento romantico che si stava venendo a creare. Non so quale santo aveva fatto sì che mantenessi la calma: troia.
Subito dopo la situazione, però, sembrò migliorare decisamente: discutendo su ciò che avremmo poi ordinato, entrambi iniziammo a scioglierci e a parlare come se niente fosse.
Ecco perché odio gli appuntamenti romantici.
Non sono da me. Mi fanno sentire fuori luogo, imbarazzata dalla testa ai piedi e fin troppo stupida.
Però tutto sommato, quel pomeriggio non fu così tragico, bensì il tempo in quella caffetteria passò tra una chiacchiera e un’altra.
Alla fine ordinammo: lui un semplice caffè macchiato e io, invece, da solita bestia qual’ero, ebbi la faccia tosta di ordinare un waffle al cioccolato e panna. Devo dire che dopo aver strafogato pietosamente le patatine a casa, potevo risparmiarmi il waffle in quel momento, ma non seppi dire di no alla tentazione. E soprattutto per sottolineare quanto non mi importasse sembrare la solita perfettina del cazzo che davanti al ragazzo non tocca niente se non una schifosa e insipida insalatina verde, e poi magari a casa si mangia il mondo intero.
A me piaceva mangiare le schifezze e ne andavo fiera: mi piaceva il mio corpo e mi piaceva ingozzarmi, fine.
Zayn mi rubò un paio di morsi di waffle perché «Mi hai fatto venire voglia di cioccolato» e no, non l’avevo odiato, forse un poco, ma d’altronde io ero una persona pacifica: si condivide tutto, sempre entro però un certo limite.
 



La cosa che più mi rimase spiazzata quel pomeriggio fu l’affermazione che il ragazzo dalla pelle olivastra fece mentre, gentilmente, mi accompagnava a casa. Durante il tragitto, infatti, mentre camminavamo sul marciapiede, mi prese improvvisamente per mano.
All’inizio buttavo occhiate fugaci alle nostre mani unite, perché ancora non potevo credere a quello che vedevo e quindi, guardarle, mi faceva rendere conto della realtà che stavo vivendo. Le sue erano così calde in confronto alle mie gelate; le sue erano morbide, in confronto alle mie ruvide e spaccate a causa del freddo e, sempre le sue, erano grandi e possenti, in confronto alle mie piccole e gracili. Che poi le mie non erano piccole, erano mani normali. Piuttosto erano le sue che, essendo molto grandi, facevano sembrare le mie minuscole.
Strano a dirsi ma quella sensazione iniziava a piacermi sempre di più: il fatto che mi cercasse in continuazione, che era riuscito a procurarsi il mio numero da chi sa chi e che, in un modo o nell’altro, trovava sempre una scusa per parlarmi.
Fu proprio pensando a queste belle sensazioni che il ragazzo in questione mi procurava che si dipinse sul mio volto un sorriso.
Ero felice per davvero.
Ma, ovviamente, non fu solo questa semplice presa di mano che mi lasciò spiazzata quel pomeriggio.
A metà tragitto circa, infatti, Zayn si bloccò improvvisamente e, prendendo un lungo respiro, «Mi piaci, Em» aveva affermato incastrando i suoi occhi nei miei, facendomi bloccare il battito cardiaco, l’intero apparato respiratorio, quello nervoso e, addirittura, quello muscolare.
Le orecchie avevano iniziato a fischiare e le guance a colorarsi di rosso.
Nessuno mai prima d’ora mi aveva detto una cosa del genere. Non ero mai piaciuta a qualcuno in quel senso.
I ragazzi uscivano con me per divertimento più che altro, non per avere storie serie. E anche se avevo sempre fatto finta di non interessarmene più di tanto, in fondo, dentro di me, ci stavo male. Perché? Perché volevo anche io una storia d’amore, non come quella dei film, ma almeno ne volevo una da poter vivere a tempo pieno.
Non sapevo che fare e così, con uno Zayn in attesa di risposta di fronte ai miei occhi, feci quello che più mi sembrava giusto, seguendo anche per un attimo ciò che il mio cuore aveva desiderato: mi alzai sulle punte dei piedi e lo baciai.

 
 
 
 







HAAAAAAAALOOOOAA!
Sisisisi, sono sempre io, la vostra rompipalle!
Eccomi qui con questo nuovo capitolo, dedicato interamente ad Emily e Zayn!
Secondo voi questa coppia suona meglio come gli Zem o.. non lo so! Emyn? Voi cosa proponete?
In ogni caso, scusatemi se vi ho fatte attendere un po’ troppo ma, come sempre, la scuola mi sta impegnando tantissimo e, inoltre, la settimana scorsa è morto il mio professore di educazione fisica e, sinceramente, non mi sono applicata proprio per scrivere il capitolo né tantomeno per leggere quello che avevo già abbozzato.
Voi direte: ma è un professore, che ti frega? E invece no, mi frega perché quello non era un professore, era un amico. Aveva sempre il consiglio giusto, non ti giudicava e sempre il sorriso sulle labbra!
Ma vabbè.. chiudiamo qui questo discorso.
Piuttosto.. Che ne pensate del capitolo? E di questa magnifica coppia? Io ne sono innamorata, giuro! Sono tenerissimi insieme! aksjwkh
Ringrazio ancora una volta tutte le persone che leggono e recensiscono la storia e anche tutte quelle che la leggono ma rimangono in silenzio, io vi ringrazio infinitamente!
Sono davvero felice per la piega che sta prendendo questa storia, e ho così tante idee!
Ci vediamo alla prossima bellezze!
E, ovviamente, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!
A preeeesto x
 
miriisupertramp

 
 
 
 

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Capitolo 8
*** - the big day. ***





                                       

                        - the big day.










Era quasi Natale ormai, l’aria era fredda e il vento sembrava volerti tagliare la faccia quando mettevi piede fuori casa. Era poco più di un mese che io e Zayn ci stavamo frequentando e le cose andavano più che bene. Passavamo molto del nostro tempo insieme, molto spesso per studiare qualche materia che avevamo in comune, anche se poi finivamo per sdraiarci sul divano o sul letto a goderci le nostre labbra e le nostre mani.
Mi piaceva il modo in cui mi guardava mentre gli spiegavo qualche argomento di Biologia e mi piaceva come mi guardava quando era lui a spiegarmi l’Algebra o lo Spagnolo. Mi piaceva come rideva quando inebetita lo guardavo senza aver capito nulla. Mi piaceva come mi afferrava per i fianchi per farmi poi cadere dolcemente tra le sue braccia se, ad esempio, eravamo insieme, io avevo voglia di cambiare canale e dovevo alzarmi per prendere il telecomando e, in quel caso, mi diceva ‘Non importa che cosa stia andando in onda, ci sono io qui’ ed era così fottutamente dolce. Mi piacevano i suoi baci caldi e quelle sue labbra morbide e mi piacevano persino le sue mani che si insinuavano sotto i maglioni che indossavo perché faceva fin troppo freddo.
Eravamo in una situazione simile quel pomeriggio, così simile agli altri che avevamo passato insieme a casa mia: lui era steso su di me con le sue mani che correvano su e giù e si erano già disfate dei collant che avevo indossato per stare più comoda. Le sue labbra erano incollate alle mie ed erano più vogliose del solito. Le mie mani si erano insinuate sotto la sua felpa e, una volta liberatesi di questa,  avevano iniziato ad esplorare quella parte di corpo che fino a quel momento non era ancora mai stata toccata dalle mie dita affusolate. Aveva un bel petto scolpito e una tartaruga niente male. I nostri bacini si sfioravano in continuazione e sia io che il ragazzo cercavamo un contatto più intimo. Entrambi ci muovevamo frettolosamente come se da un momento all’altro potesse entrare qualcuno in camera: desideravamo unire i nostri corpi in uno solo il più presto possibile.
La voglia e l’eccitazione erano alle stelle.
Quando Zayn sganciò il reggiseno da sotto al maglione, un sorriso imbarazzato comparve sul suo volto e mi guardò per un istante: i nostri occhi si unirono per l’ennesima volta in una fonduta di cioccolato e verde pistacchio. Iniziò a baciarmi dolcemente il collo e, mentre dalle mie labbra iniziarono ad uscire suoni di piacere sussurati, lo sentimmo, entrambi. Lo sbattersi del portone e la voce di mia madre che urlava «Emily! Sono tornata!» e in un istante la situazione cambiò da piacere che sta per essere soddisfatto a panico totale. Ci guardammo con il terrore di essere scoperti in qualcosa di troppo osceno per gli occhi di mia madre e iniziammo a cercare i nostri vestiti, o almeno quello che eravamo riusciti a toglierci, sparsi sul pavimento della mia camera.
Nell’esatto momento in cui ci sedemmo alla scrivania, dove c’erano ancora i libri di qualche ora prima aperti, e fingemmo di fare i compiti con ancora il cuore a mille e il fiato corto per lo spavento, mia madre spalancò la porta e «Studiate ancora?» esclamò avvicinandosi furtivamente alla scrivania. Sul suo volto era dipinta la tipica espressione di una madre che sa di aver interrotto qualcosa ma non ha le prove per dimostrarlo e di conseguenza osserva ogni minimo particolare per sganciare l’accusa.
Zayn si voltò e cordialmente la salutò con un «Salve signora!» incerto a cui lei rispose con un semplice sorriso e una pacca sulla spalla.
Dopo essersi accertata che stavamo veramente ancora studiando e di conseguenza decise di lasciare la stanza, potei finalmente tornare a respirare regolarmente: avevo avuto il cuore in gola tutto il tempo che mia madre era stata presente nella stanza, con la paura che avesse potuto capire tutto e dire o fare qualcosa di imbarazzante per me o addirittura per il ragazzo dalla pelle olivastra.
Mi lasciai cadere con le spalle contro la sedia girevole e sbuffai.
Zayn mi guardò e con un «L’abbiamo scampata!» scoppiò a ridere, voltandomi poi verso di lui e avvicinando il suo viso al mio.
Possibile che quel ragazzo avesse sempre quel sorriso estremamente dolce dipinto sulla faccia?
Catturò nuovamente le mie labbra con le sue e, distaccandosi leggermente, «Credo di dover tornare a casa» disse, alzandosi e iniziando a infilare le sue cose in borsa, mentre io lo guardavo con una faccia da cucciolo spaesato che stava a significare ‘No rimani con me e coccolami’.
Ma ovviamente non rimase: con mia madre in casa che ci scrutava ad ogni movimento sarebbe stato più che impossibile continuare a coccolarsi.
 
 
 

La mattina seguente Zayn passò a prendermi, come d’altronde stava facendo ogni mattina da quasi un mese oramai, per andare a scuola. Era tanto gentile da riaccompagnarmi anche a casa, cosa che prima faceva Louis.
Ah, Louis.
Era da un po’ che non lo vedevo.
Mi spiego: da un lato la sua storia con Kat era diventata sempre più seria, giorno dopo giorno, impedendo a noi di vederci perché i due passavano la maggior parte del tempo insieme, dall’altro lato anche io ero impegnata con il mio ragazzo.
Ok, non era una cosa proprio ufficializzata al massimo ma a scuola sapevano che io mi frequentavo con lui e che lui si frequentava con me; mia madre lo conosceva da quando aveva iniziato a gironzolare per casa e passavamo davvero parecchio tempo insieme.
Ogni tanto io e Louis ci scambiavamo dei messaggi del tipo ‘Come stai?’ oppure ‘Dovremmo vederci, devo raccontarti delle cose’ ma alla fine non ci vedevamo mai. Sembrava che il tempo non volesse proprio ritagliarci un pomeriggio libero ad entrambi per vederci materialmente come una volta o, almeno un po’, il giusto necessario per scambiare quattro chiacchiere e aggiornarci sulle situazioni altrui. Non ci beccavamo nemmeno più nei corridoi, forse di vista qualche volta ma da quando Louis aveva preferito Storia a Chimica che solitamente avevamo insieme, era davvero complicato vedersi.
Ancora non avevo capito il perché di questo suo cambiamento di lezione.
Probabilmente l’aveva fatto per passare del tempo in più con quell’oca, ma non avrebbe avuto senso visto che lei era al terzo anno ancora.
D’altronde però, questa cosa non mi pesava più di tanto dal momento che mi ritrovavo con il bellissimo ragazzo dagli occhi color cioccolato al mio fianco che dolcemente esplorava la mia bocca con la sua lingua e questo rendeva davvero difficile pensare ad altro.
E poi, a breve, io e Louis avremmo partecipato a uno dei concerti più fantastici e geniali del secolo.
Zayn parcheggiò velocemente la sua moto e insieme ci avviammo all’entrata, mano nella mano.
Mi ricordai improvvisamente della giornata speciale che sarebbe stata quella: quel giorno si sarebbero tenute le audizioni per entrare a far parte della squadra di calcio della Hall Cross Academy.
Così mi bloccai improvvisamente nel corridoio e girandomi verso il ragazzo al mio fianco «Oggi è il grande giorno!» quasi urlai, stringendogli forte la mano. Scoppiò a ridere e «Verrai a vedermi, vero?» disse e riuscii quasi a percepire la sua eccitazione, o agitazione, per il grande evento.
«Certo che sì!» esclamai, saltandogli al collo e lasciandogli un dolce bacio a fior di labbra e «A dopo!» aggiungendo, prima di volatilizzarmi in aula, udendo appena la risata sonora di Zayn risuonare nel corridoio semi-deserto.

 
 
 
L’ora di pranzo arrivò in un battibaleno e quando uscii dalla classe mi precipitai al campetto per assistere all’audizione del mio magnifico ragazzo.
Molti degli studenti erano venuti per guardare quelli che sarebbero divenuti molto probabilmente alcuni dei nuovi membri della squadra.
Il tempo non prometteva niente di buono solo a guardare quei nuvoloni grigi che si distendevano nel cielo e, infatti, mi maledissi mentalmente per non aver messo in borsa quell’ombrello che mia madre, la sera precedente, aveva gentilmente posato sulla mia scrivania ribadendo ‘Non lo dimenticare, domani piove!’ prima di uscire dalla mia camera.
Scesi a bordo campo e guardai Zayn riscaldare i muscoli facendo degli strani movimenti con le gambe: era davvero sexy.
C’erano parecchi ragazzi in campo, con indosso dei pantaloncini da calcio, che si stavano allenando e che in cuor loro speravano di essere abbastanza bravi da riuscire ad entrare in squadra.
Zayn mi vide e con un sorrisetto sghembo mi fece l’occhiolino, prima di concentrarsi su qualcosa, o meglio qualcuno, che in quel preciso istante stava facendo il suo ingresso in campo, ricevendo degli urletti dalle bimbette del primo o del terzo anno: Louis.
Quando mi vide lì, a bordo campo, rimase quasi per un istante paralizzato, scosso.
Emily Moore ad assistere alle audizioni per la squadra di calcio della scuola? Sì, faceva uno strano effetto anche a me.
Passai una mano tra i miei capelli ricci e accennai un sorriso al ragazzo dagli occhi azzurri: era cambiato e forse si era fatto ancora più bello. Era dimagrito notevolmente, portava i capelli più scombinati del solito e c’era un accenno di barba a contornargli il volto.
Non mi preoccupai più di tanto però, piuttosto tornai con gli occhi su quel bellissimo musulmano che adoravo chiamare ‘ragazzo’ e gli mimai con le labbra un
«Buona fortuna»
Iniziarono i vari percorsi e i vari step da superare e Zayn, non so come, riuscì a superarli tutti, insieme ad un altro paio di ragazzi, tra cui un ragazzo riccio e slanciato con degli occhi verdi da far paura.
Parecchi studenti avevano abbandonato gli spalti quando aveva iniziato a piovere, mentre io ero rimasta a guardare Zayn giocare la partita, di un quarto d’ora circa, giocata con la squadra ufficiale e che avrebbe deciso chi restava e diventava un nuovo membro e chi invece non aveva le capacità adatte per parteciparvi.
Cercai di coprirmi al meglio con il cappuccio del mio giubbinetto color cammello e cercando di ripararmi sotto una sottospecie di tettuccio iniziai a tremare dal freddo e dall’ansia che mi stava divorando.
Era giunto il turno del ragazzo moro: doveva battere un calcio di rigore quasi decisivo, anche se alla fine a scegliere erano i componenti della squadra, e io avevo il batticuore mentre mi mangiucchiavo il pollice.
Incrociai le dita e chiusi gli occhi appena prima di ritrovarmi ad esultare come una cretina quando quel pallone sfondò letteralmente la rete.
Zayn si voltò sorridente e velocemente mi raggiunse a bordo campo, abbracciandomi e sussurrando un «Ce l’ho fatta!» estasiato, quasi come se volesse gridarlo al mondo intero tale era la sua felicità. E io in quel momento mi sentii così felice per lui. Vederlo così sorridente e soddisfatto non faceva altro che aumentare in me la gioia che provavo ogni volta che lo vedevo e che passavo del tempo con lui.
Vidi Louis in lontananza che ci fissava: il suo sguardo era distaccato, meschino, indecifrabile.
L’unica cosa che percepii fu la sua freddezza dovuta a non so cosa.
Quello sguardo mi fece male.
Insomma, eravamo pur sempre amici, eravamo cresciuti insieme, non mi meritavo un’occhiata del genere.. e poi, per cosa?




















HAAAAAAAALOAAAAA! 

Heeeeey belleeeezze! (:
Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Beh, come avrete notato le cose si fanno più interessanti e spero davvero che vi sia piaciuto, anche perchè a me piace un sacco!
Emily e Zayn in cameretta, eeeehhh? Chissà, chissà!
E per quanto riguarda Louis? Che sta passando? 
Ovviamente fatemi sapere attraverso una RECENSIONE cosa ne pensate perchè per me è davvero importante!
Vi abbandono perchè mia sorella rompe che vuole il pc! Ahhhh, che odio.

Alla prossima, tanti baci e abbracci coccolosi x


miriisupertramp

ps. scusate gli eventuali errori, ma se non mi muovevo avrei perso qualche arto! LOL


 

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Capitolo 9
*** - all you ever did was wreck me. ***






              - all you ever did was wreck me.









 
La reazione di Louis il giorno delle audizioni per entrare a far parte della squadra di calcio della Hall Cross Academy mi aveva lasciato piuttosto spiazzata. Lo sguardo che mi aveva rivolto era così pungente e freddo che quasi avevo sentito gli occhi iniziare a pungere, ma poi avevo sentito l'odore di Zayn entrarmi nelle narici e inebriarmi la mente e tutto ciò era passato.
Quando tutti ebbero finito le audizioni Louis prese le sue cose e di corsa andò via, senza nemmeno pensare di venirmi a dare un saluto dato che non ci vedevamo da tanto. E così ero ritornata a casa in compagnia di Zayn che, come sempre, mi aveva dato un passaggio e, prima di abbandonarmi fuori casa mia, mi aveva baciato così dolcemente da lasciarmi con il suo sapore impresso sulle labbra per tanto tempo.
Adoravo i suoi baci. Erano diventati quasi indispensabili. Le sue labbra così morbide e che a volte sapevano di tabacco erano come una droga per me.
Poi però quando ero salita in camera mia nella mente mi era comparsa nuovamente l'espressione di quello che sarebbe dovuto essere il mio migliore amico ma che ultimamente non sapevo più cosa fosse, se un semplice amico, un conoscente o un addirittura estraneo. Era così strano e distaccato. D'altronde non credevo nemmeno di aver fatto qualcosa di male. Insomma, non ero io quella che improvvisamente aveva deciso di cambiare orario scolastico nè tantomeno ero io quella lanciava occhiate fugaci eppure letali per il mio povero cuore.
Così senza pensarci più di due volte, infilai ancora una volta in quella giornata il mio giubbinetto color cammello e mi fiondai tra le stradine di Doncaster.
Sapevo che se avessi aspettato che a fare il primo passo per cercare di chiarire questa situazione del cazzo fosse stato lui, avrei dovuto aspettare un bel po’.
Quando giunsi all'entrata del vialetto di casa sua, l'ansia e la sensazione di sbagliare iniziarono a divorarmi, facendomi quasi cambiare idea. In fondo ero ancora in tempo per voltarmi e tornarmene a casa al calduccio, visto che in strada si gelava.
La parte razionale, se così si può dire, e quasi coraggiosa di me però prese il sopravvento e, senza che me ne accorgessi, avevo già bussato al campanello.
Feci un passo indietro in attesa e iniziai ad osservare la punta dei miei stivaletti fin troppo usati, che in quel momento parvero avere un aspetto più che interessante: la pelle scambiata e a tratti spaccata era davvero figa da osservare. Sembravano me: piena di crepe ma ancora in piedi.
Ad aprire la porta di casa fu Lottie, la sua sorellina dagli occhi celesti, che appena mi vide mi saltò praticamente addosso urlando un «Emily! Da quanto tempo, oddio! »
 Ricambiai l'abbraccio più freddamente dato che non mi sarei mai aspettata una reazione del genere e le sorrisi sussurrando appena il suo nome.
«Vieni entra, starai congelando!» disse tirandomi all'interno della casa e iniziando a scrutarmi dalla testa ai piedi. «Sei cambiata un sacco, sai? Ti ricordavo più paffutella!» esclamò accennando ad una risatina e prendendo il mio giubbinetto dalle mie mani, poggiandolo sull'attaccapanni.
Le sorrisi e «Beh, fa bene mangiare meno pancakes ogni tanto» dissi, scatenando la sua risata.
A dire il vero, era cambiata anche lei: il viso le si era assottigliato e aveva assunto un'espressione molto più matura, i capelli le erano cresciuti ed erano persino più biondi di quanto ricordassi, era cresciuta in altezza e aveva iniziato a far fuoriuscire quelle tette che sapevo prima o poi sarebbero sbucate.
Mi trascinò con se in salotto e prima che il mio coraggio andasse a farsi fottere «C'è Louis?» chiesi con la voce quasi tremolante e Lottie parve accorgersene, dato che mi guardò per un attimo stranita, e poi «Sì, è in camera sua» rispose aggiungendo un «Sai la strada» subito prima di rituffarsi sul divano dove evidentemente stava trascorrendo il pomeriggio.
Le feci un cenno di ringraziamento e uscii dalla stanza avviandomi alle scale.
La casa era rimasta sempre la stessa, ovviamente: le stesse fotografie della famiglia Tomlinson a decorare le pareti circondanti, le stesse foto di Louis da piccolo, da solo o insieme alle sorelle, le stesse foto che ormai avevo imparato a memoria tante erano le volte che mi ero ritrovata a fissarle e a studiarne i particolari. Ce n'era una in particolare che mi era sempre piaciuta: un Louis all'età di circa cinque anni con un buffo berretto blu in testa ma con un sorriso tanto dolce da sciogliere chiunque lo guardasse.
Chissà se quel Louis esisteva ancora nel ragazzo che al giorno d’oggi conoscevo: quel ragazzino che correva da una parte all’altra del parco, facendo spaventare ogni volta sua madre che non riusciva più a trovarlo e che, in un modo o nell’altro, mi trascinava sempre con lui a combinare guai.
 
Picchiettai debolmente sulla porta prima di aprirla lentamente e trovarmi un Louis sdraiato sul letto, con indosso ancora la tuta da calcio, con il cellulare poggiato sulla pancia e la tv accesa. Come se la stesse guardando:  infatti aveva lo sguardo puntato sul soffitto e sembrava piuttosto pensieroso.
Era proprio bello però.
«Lou» soffiai quasi impaurita e lui voltò di scatto lo sguardo verso di me e alzò di colpo dal letto il busto del suo corpo con un «Emily» sorpreso. «Posso?» sillabai e lui di tutta risposta si alzò completamente dal letto e «Certo che puoi» sistemandosi il pantaloncino bianco ancora sporco di terriccio, come se volesse rendersi più presentabile.
 Mi sembrava di vivere un incubo: io e lui non ci eravamo mai trovati in una situazione del genere, non c'era mai stato tale imbarazzo tra di noi. Perché ora doveva essere così? Cosa diavolo stava succedendo?
 Si sedette nuovamente sul letto e picchiettò leggermente sullo spazio libero affianco a lui, come a indicarmi di raggiungerlo.
«A cosa devo questa visita?» mi chiese appena mi trovai affianco a lui.
Sentivo il suo respiro sfiorarmi la faccia e il suo profumo era rimasto sempre lo stesso: sapeva di vaniglia e cocco, fin da quando era piccolo.
Nuovamente la punta delle mie scarpe attirò la mia attenzione mentre «Avevo voglia di vederti» enunciavo cercando di sembrare il più normale e sciolta possibile.
Mi sorrise e mi sembrò di perdere un battito e «Devo raccontarti così tante cose Em» esclamò quasi contento. Gli sorrisi di rimando prima che lui «Ho lasciato Kat» enunciasse, puntando subito i suoi occhi nei miei. Quelle iridi azzurre erano cosi profonde, riuscivo sempre a leggerci le sue emozioni all'interno, ma quella volta non capivo cosa realmente gli girasse per la testa.
Lo guardai stupita e prima che potessi dire una qualsiasi cosa, «È troppo immatura» disse passandosi una mano tra i capelli scompigliati e «Non è proprio il mio tipo» ridendo come si ride quando sei in imbarazzo.
«Ne troverai un'altra migliore, tranquillo» enunciai, come a volerlo consolare e tranquillizzare. Infondo aveva diciannove anni e quindi aveva una vita avanti per trovare la ragazza giusta. Aveva una vita davanti per capire che magari una come me non gli avrebbe fatto male, anche se purtroppo io per lui non ero più disponibile. O almeno, così avevo creduto.
 Mi sorrise e «A te come vanno le cose?» chiese buttandosi all'indietro sul letto e iniziando a fissare il soffitto, proprio come stava facendo prima del mio arrivo.
«Beh..» iniziai incerta «diciamo che vanno e anche piuttosto bene» sorrisi pensando a Zayn, iniziando a torturarmi però le mani per quello che avrei detto a momenti.
Mi voltai un secondo esatto per vedere la sua espressione: era un ghigno quello?
In ogni caso volevo assolutamente raccontargli di quello che era successo il giorno prima a casa mia con il ragazzo dalla pelle olivastra, avevo bisogno di dirlo a qualcuno e lui era la persona adatta, nonostante tutto quello che stava succedendo tra di noi, mi fidavo ancora ciecamente di lui.
Così, dato che non aveva intenzione a parlare, continuai io dicendo «L'altro giorno è successa una cosa strana sai..» fermandomi un attimo per prendere coraggio e «Io e Zayn eravamo sul letto e.. Beh, insomma.. Si era creata una situazione un po' strana..»
Non mi fece continuare poichè mi bloccò con un «Che intendi?» secco.
«Beh .. Ci stavamo baciando e le sue mani erano sul mio corpo e anche le mie sul suo e..» e ancora una volta mi interruppe con un «Emily» pronunciando il mio nome con un tono così severo, quasi come un padre che ti riprende per una cosa di sbagliato che ha fatto.
«Tranquillo, noi..» cercai di articolare ma per l’ennesima volta spezzò le mie parole con un «Emily ti sei data a quel ragazzo?» guardandomi con gli occhi spalancati e con un espressione di ribrezzo sul viso.
«N-no.. Purtroppo è tornata mia madre e.. Beh, abbiamo fatto finta di studiare» ridacchiai mentre pronunciavo la frase, ripensando alla situazione buffa che era accaduta il giorno precedente. Però lui non sembrava trovarla affatto divertente dato che «Emily vuoi dirmi che se tua mamma non fosse tornata ti saresti concessa a quel ragazzo?» sibilò bruscamente ma ignorai il suo tono e con un «Louis è normale quando sei in una relazione» esclamai, sorridendo imbarazzata e cercando di mantenere la calma dato che lui si stava alterando un po' troppo.
«Ma se vi conoscete da poco più un mese!» urlò e sembrò quasi accecato dalla.. Rabbia?
A quel punto «Ho diciott'anni Louis!» strillai iniziando a incazzarmi per come si stavano evolvendo le cose.
Per me già era difficile raccontargli quella cosa, ma ce la stavo mettendo tutta per dirgliela dato che volevo che sapesse tutto di me e della mia vita, volevo lui nella mia vita e in cambio cosa ricevevo? Una persona importante che mi urlava contro invece di ridere insieme a me della situazione ridicola e più che imbarazzante che avevo vissuto con Zayn.
«Che c’entra! Non puoi fare queste cose!» continuò  urlando, alzandosi improvvisamente e mettendosi di fronte a me in piedi. Lo guardai piuttosto sorpresa dalle parole che stava dicendo e «Ma che dici Louis?» esclamai, mantenendo il tono di voce alto e stridulo, esattamente come lui.
«Sei troppo piccola per queste cose!» stavolta urlò come uno psicopatico. Sembrava essere impazzito.
Iniziò a fare avanti e indietro dalla scrivania al letto dicendo «Non puoi, sei ancora una bambina.. Non puoi fare certe cose. Lo capisci?» ribadiva puntandomi un dito contro e il suo tono era così duro che quasi mi spaventai. Mi stava rimproverando perché stavo iniziando a fare le mie prime esperienze?
Mi si riempirono gli occhi di lacrime per le cazzate che stava sparando con quella sua boccaccia ma le ricacciai indietro, non so come ma lo feci e ci riuscii anche. Non gli avrei permesso ancora una volta di dirmi delle cose così meschine.
Mi alzai e mi misi di fronte a lui, cercando però di calmare vagamente il tono di voce.
Quelli non eravamo noi.
Noi non litigavamo così.
Avevamo litigato altre volte ma mai come in quel momento.
Che ci stava succedendo?
Non ci potevo credere, non ci volevo credere.
Tutto quello era assurdo.
«Ma dici sul serio?» chiesi con la voce tremolante.
Mi faceva paura nel verso senso della parola.
«Sì!» urlò e aggiunse un «E poi scusa che ci trova di bello in te?» abbassando appena il tono di voce ma continuando a mantenere un espressione fredda in volto. Non so nemmeno perché ancora non l'avevo preso a pugni in faccia. Ma non si rendeva conto di come potessi sentirmi io a quelle parole? E così .. Non ero bella, giusto? Ennesimo colpo incassato.
Mi feci forza e sospirando «Louis sai per alcuni ragazzi posso essere desiderabile
» esclamai con un filo di voce e fissandolo negli occhi. I suoi occhi mi fecero rabbrividire: sembrava stessero per prendere fuoco tale era la rabbia che c'era dentro di essi.
«No Emily! Tu non sei desiderabile!» urlò per l'ennesima volta assumendo subito dopo un espressione di rimorso.
Lì non ce la feci più, non potevo farcela. Non ce l'avrei mai fatta. Probabilmente questa fu la cosa che più mi fece male tra tutte le cattiverie che avevo sempre subito. Non solo da parte sua, ma in generale da chiunque. Mai nessuno mi aveva detto una cosa del genere. E sentirselo dire proprio da quello che ritenevo il mio migliore amico faceva male da morire.
Mai mi sarei aspettata una cosa del genere da quel ragazzo, il ragazzo dal sorriso dolce e dagli occhi teneri.
Mi sentivo pugnalata alle spalle, pugnalata più e più volte, in continuazione.
E davvero era impossibile mantenere la calma come avevo fatto fino a quel momento. Stavolta le lacrime non sarebbero tornate indietro facilmente.
Raccolsi velocemente la mia borsa che avevo poggiato a terra quando ero entrata nella sua stanza e prima di uscire «Questa potevi risparmiartela» dissi tremando, con un groppo in gola e la voce rotta.
Sperai con tutto il cuore che guardandomi in faccia si sarebbe reso conto del male che mi ha aveva fatto.
Gliene avrei volute urlare così tante.
 
 
'Tu non sei desiderabile' diceva nella mia testa mentre scendevo velocemente la rampa di scale.

'Tu non sei desiderabile' diceva mentre con le lacrime che ormai avevano preso a uscire dai miei occhi come un fiume che straripa e a colare sulle mie guance afferravo il giubbinetto e velocemente me lo infilavo.

'Tu non sei desiderabile' diceva mentre Lottie che, evidentemente aveva sentito le grida mie e del fratello provenire dal piano di sopra, mi chiedeva «Em ma che diavolo è successo?» in piedi vicino al divano, con lo sguardo serio e sbalordito perché quasi non ci credeva nemmeno lei a quello che era successo in quella casa.

'Tu non sei desiderabile' diceva ancora una volta mentre sbattevo la porta di quella casa e iniziavo a correre per strada, tra il vento gelido e la pioggia che proprio in quel momento aveva deciso di abbattersi sulla cittadina.

'Tu non sei desiderabile' diceva mentre mi maledivo per essermi innamorata di uno stronzo del genere. Per essere sempre stata disponibile per lui. Per essermi sempre fatta trovare libera per lui. Per aver creduto di poter avere una relazione con lui. Per aver sperato con tutto il cuore che magari un giorno mi avrebbe guardata come invece guardava tutte le sue troiette di turno.
Mi maledivo per essermi lasciata condizionare da ogni suo gesto, movimento e ogni sua parola, ogni santissimo giorno.
 
Non so perché ma mi ritrovai di fronte casa di Zayn, con le lacrime che proprio non volevano finirla di uscire dai miei occhi anche se continuavo ad asciugarle con le maniche del mio maglione che fuoriuscivano dal giubbinetto che, dalla fretta, non avevo nemmeno abbottonato, con il mascara colato sulle guance e completamente zuppa nei miei vestiti per la pioggia fin troppo fitta che stava cadendo dal cielo.
Sembrava quasi che il cielo volesse farmi compagnia mentre piangevo. Per lavare via le mie lacrime e farmi dimenticare di tutto quello che era accaduto poco prima. Come se il cielo sapesse quanto mi sentissi a pezzi in quel momento.
Mi sembrava di essere ritornata a quattro anni prima quando, cicciona com’ero, venivo presa in giro da tutti. Ero finita in analisi perché avevo iniziato a smettere di mangiare e a fumare sempre di più. Mi ci erano voluti quasi due anni per tornare a vivere la mia vita. Lui era stato uno dei pochi che mi aveva aiutata davvero, insieme ai medici e a mia madre, e adesso era stato proprio lui a distruggermi completamente.
Dopo le sue parole mi sentivo di star per cadere nuovamente nel baratro in cui mi ero rinchiusa per tutto quel tempo addietro.
Facevo davvero così schifo? Ero rivoltante? Ero pure dimagrita per lui, per piacergli almeno un po'. Che diavolo avrei dovuto fare per attirare la sua attenzione? Cosa avrei mai potuto fare? Perché mi aveva detto una cosa così cattiva? Pensava davvero quelle parole?

E così.. non ero desiderabile, non ai suoi occhi.

 
 
 










HAAAAAAAALOOOOOOOOAAAAA CHICAAAAAAAAS!
 

Okay, okay, okay.. Avete ragione e potete anche picchiarmi!
Questo capitolo è cattivissimo, o almeno qualcuno lo è in questo capitolo!
Ma ascoltatemi, tutto questo è importante per la storia! Poi vedrete u.u
Spero vi abbia fatto commuovere almeno un po’! Hahahahah
Non ci ho messo nemmeno molto a postare, vistooo?! Questo perché ero così eccitata all’idea di scrivere questo capitolo che mi sono messa subito all’opera.. AMATEMI.
Le cose tra Emily e Louis sembra davvero che non vogliano tornare al loro posto :( però intanto lei va da Zayn! akswjh
Comunque, io adoro sempre di più Emily, anche perché mi rispecchia tantissimo. Spero l’adoriate anche voi akjsw
Tralasciando il capitolo, ieri ho preso per la prima volta un SEI al compito di MATEMATICA, dopo ..tre anni? Stasera me ne vado a festeggiare in un locale, yep! I miei genitori non possono proprio dire nulla!
Beh, detto ciò, visto che morivo dalla voglia di dirvelo perché per me è una cosa più che importante, e ritornando alla storia.. Spero che comunque il capitolo in generale vi sia piaciuto, almeno in parte, per come è stato drammatico. Ah, io amo le cose drammatiche u.u
Quindi, se è così, anche se non è così.. vi pregherei di farmi sapere cosa ne pensate attraverso una recensione :)
Grazie dell’attenzione e grazie a tutte voi che leggete e recensite: IO VI AMO.
Alla prossima amori miei bellissimi skjahwkjw
 
miriisupertramp

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Capitolo 10
*** - girl, you're amazing just the way you are. ***


 
 



       


         - girl, you're amazing just the way you are.















Il telefono vibrò proprio quando stavo per iniziare la mia partita a FIFA all'xbox.
Sbuffai e afferrai il telefono poggiato sul letto, dietro di me.
Un messaggio.
Era Emily.

'Mi apri?' diceva.

Mi si bloccò per un attimo il respiro. Sembrò che il cuore avesse smesso di pompare e che il sangue nelle vene si fosse fermato. Era un mese che frequentavo quella ragazza, eppure mi faceva ancora quell'effetto: ogni volta che le mie labbra sfioravano le sue mi sembrava di trovarmi altrove, in un posto tutto nostro, un posto conosciuto solo da me e lei, un posto dove noi eravamo quel che eravamo e niente e nessuno potevano disturbarci. Quando le mie mani si infilavano sotto i suoi maglioni mi sembrava quasi di sentire la pelle bruciare al mio tocco. Sapevo di non esserle indifferente. Sapevo di farle un certo effetto e ne avevo la conferma ogni qual volta stavamo insieme. Quando le dicevo 'sei bellissima' tra un bacio e l'altro, o semplicemente mentre camminavamo mano nella mano nel parco, la vedevo arrossire ad ogni mio complimento rivolto a lei, sempre. Quel color porpora le macchiava le guance in un battibaleno ed era così tenera.
Capii di star facendo attendere Emily un po' troppo quando mi arrivò un secondo messaggio.

'Per favore' diceva.

Mi alzai velocemente dalla poltroncina e corsi di sotto ad aprire il portone.
Pioveva a dirotto e io avevo lasciato che lei aspettasse un mio segno di vita sotto la pioggia, per tutto quel tempo: era fradicia, dalla testa ai piedi. Stando chiuso in cameretta per un arco di tempo che a mio parere poteva sembrare infinito, non mi ero nemmeno reso conto del temporale che si stava riversando al momento sulla piccola cittadina di Doncaster.
La Emily che mi si presentò davanti non era certamente quella che avevo avuto il piacere di conoscere fino a quel momento: stava piangendo, tanto. Troppo per i miei gusti. Odiavo vedere le persone a cui tenevo stare male per qualcosa. Non mi interessava per cosa solitamente, ma non volevo assolutamente vederle in situazione tragiche. E quella era sicuramente una situazione tragica.
Aveva il trucco colato, completamente bagnata e con il fiatone. Aveva corso? Forse per ripararsi dalla pioggia, sì. Ma da dove stava venendo e soprattutto perché aveva gli occhi così arrossati? Quando poche ore prima l'avevo lasciata fuori casa con uno dei nostri soliti baci mi era sembrata così contenta, spruzzava energia da tutti i pori. Mi venne quasi il dubbio che in realtà fingesse di essere felice.
E invece, ora, era distrutta. Ero certo del fatto che quel Tomlinson centrasse qualcosa. E se ne avessi avuto la conferma non sarei stato cosciente delle mie azioni. Non avrei permesso a nessuno di ridurre la mia Emily in una condizione del genere. Se in quel momento stava così avrei fatto di tutto pur di farla sorridere di nuovo. Detestavo il solo pensiero di lei che, correndo sotto la pioggia, piangeva.

Quando, dunque, aprii il portone, Em si fiondò in casa mia e salì direttamente al piano di sopra.
Mi sorprese un po' e «Emily?» la richiamai, richiudendo velocemente la porta, e correndole dietro su per le scale. Si fiondò in camera mia e iniziò a spogliarsi, di scatto, quasi come se le fosse stato ordinato.
«Emily m-ma.. che stai facendo?» esitai avvicinandomi a lei e al suo corpo che al momento sembrava così fragile, lentamente.
Si voltò verso di me, con gli occhi rossi, sconvolti e il volto ancora scosso per qualcosa che l'aveva portata a reagire così, quando i suoi pantaloni si trovavano già sul pavimento della mia cameretta e «Mi trovi attraente Zayn?» chiese con tono freddo e distaccato, mentre iniziava a sbottonare la camicetta bianca che aveva indossato sotto al maglioncino.
Cosa stava facendo? Perché si stava comportando così? Che diavolo le era capitato?
«Emily.. Per favore» dissi avvicinandomi a lei e piegandomi per raccogliere la camicetta che aveva raggiunto i pantaloni sul pavimento. «Rispondimi!» urlò, scacciando nervosamente con le dita quelle lacrime che avevano iniziato a rigarle il volto e io rimasi impietrito. Perché? Vederla così mi faceva male.
«Rivestiti, dai» le dissi, cercando di sembrare il più gentile possibile mentre le porgevo la camicetta.
Mi guardò e quasi con rabbia «Ti faccio schifo senza vestiti?» sputò gettando nuovamente la camicetta a terra.
Sospirai.
Sospirai perché sapevo che quel qualcuno, che sapevo benissimamente chi fosse, era stato l'artefice di quel comportamento.
«No Em, ma che dici» soffiai posando delicatamente le mani sui suoi fianchi nudi.
La sentii sussultare a quel contatto e «Tu sei bellissima» le dissi accennando un sorriso e poggiandole sulle spalle la camicia che, precedentemente, aveva più volte gettando a terra.
Quando mi guardò negli occhi, capii.
Fottuto Tomlinson.
Non avevo idea di cosa diavolo le avesse detto ma sicuramente niente di carino.
L'aveva ridotta come uno straccio.
Questa non era assolutamente la mia Emily.
La mia Emily era sempre sorridente. Lei era quel tipo di persona che quando ti stava accanto ti trasmetteva un'energia unica. Era capace di cambiare il tuo umore con un solo sorriso, un solo tocco. La mia Emily profumava di cocco. Ogni tanto quando la baciavo aveva un retrogusto di tabacco. Non mi piaceva vederla fumare ma spesso potevo affermare di adorare la Emily con quella Marlboro tra le dita. Quelle dita sottili e lunghe, sempre accompagnate da anellini di tutte le forme e tutti i colori, sempre con un filo di smalto a colorarle le unghia.
Emily era bella, ma non bella come definisci bella una ragazza che per strada incroci e guardandola pensi 'cavolo, che bella!'.
No.
Emily era di tutt'altra bellezza: la sua risata faceva ridere di conseguenza anche me e chiunque fosse in sua compagnia, anche se la cosa per cui stava ridendo era più che stupida; era bella quando arricciava il naso e emetteva dei suoni come il grugnito di un maiale perché stava ridendo un po’ troppo; i suoi ricci erano morbidi e sempre profumati; i suoi occhi erano di un verde così intenso che si schiariva quando era parecchio felice e, al contrario, si scuriva quando qualcosa non andava per il verso giusto; le sue gambe entravano in quei jeans perfettamente e quel suo buffo, quasi goffo, modo di camminare la rendeva più unica che speciale; era bella persino quando si arrabbiava perché uno stupido esercizio di matematica non le riusciva o quando mangiucchiava nervosamente il tappo della sua penna blu e mentre freneticamente si riportava quei ricci, che le cadevano davanti agli occhi scrivendo, all'indietro.
Lei era bella, bella davvero.

Quando i suoi occhi incrociarono i miei, fu come se una scarica di fiducia le attraversò le pupille e l'intero corpo.
Mi ritrovai a stringere tra le mie braccia quella ragazza che, in quel momento, piangeva a dirotto, e a sussurrarle «Sono qui, Em.. Sono qui».
Mi sembrò di sentirla sgretolarsi sotto le mie braccia, ad ogni singhiozzo, ogni tremolio proveniente dal suo corpo. Non l'avevo mai vista in quel modo e desiderai con tutto me stesso di star vivendo un incubo e di risvegliarmi al più presto possibile.
Ma ciò non accadde perché Emily un attimo dopo, quando avevo chiuso per un secondo gli occhi cercando di metabolizzare il fatto che lei stesse davvero in quelle condizioni, era ancora lì, tra le mie braccia, a piangere. E pareva davvero che non la volesse smettere.
Le afferrai il viso tra le mani e, guardandola negli occhi «Basta per favore, ci sono qui io adesso» quasi le ordinai cercando di mostrarle tutto ciò che potevo realmente darle, tutto ciò che volevo realmente darle, asciugandole con i pollici le lacrime che continuavano a cadere dai suoi bellissimi occhi e posandole un bacio sulla fronte: doveva sapere che ero suo, che non desideravo altra persona affianco a me se non lei, doveva sapere di avere me e qualunque cosa le fosse capitata l'avremmo affrontata insieme, ci avremmo provato e alla fine le cose sarebbero andate bene.
Mi sembrò di vederla annuire prima di far unire le nostre labbra.
Stavolta però in quel bacio non c'era solo il desiderio di appartenersi, ma si poteva percepire benissimamente il 'io sono qui per te' che le mie labbra quasi urlavano, pur di farglielo capire.

Non so come né perché ma ci ritrovammo sul mio letto, forse un po' troppo piccolo per contenere due persone, con le mani che correvano sui nostri corpi e con i bacini che si sfioravano, fremendo dalla voglia di unirsi.
Furono le mie mani a sganciarle il reggiseno e furono i miei occhi ad osservare quel seno perfetto, forse un po' tendente ad allargarsi, ma pur sempre perfetto.
Furono sempre le mie mani a toglierle quelle mutandine nere semplici che aveva indossato quel giorno e sempre i miei occhi a osservare, dall'alto fino al basso, il suo corpo: era bellissima e così fragile.
Emily si era sempre mostrata una persona così forte e tendente alla strafottenza verso gli altri, ma in quel momento, in camera mia, era praticamente nuda. Non solo fisicamente, ma con me si era spogliata di tutti i dubbi, di tutte le paure e le incertezze che evidentemente la assillavano da molto prima.
Era debole ed indifesa e fui felice, sotto uno strano punto di vista, di poter essere io quello capace di farla sentire bene e di farla sorridere ancora una volta.
La sentii tremare e sospirare quando unimmo i nostri corpi in uno solo, forse un po' per il dolore che stava provando, perché mi resi conto di quanto stretta fosse e di quanto fosse inesperta in quel campo dato che pochi attimi prima mi aveva guardato con uno sguardo spaventato, e forse un po' per la sensazione di piacere che mano a mano andava a diffondersi nel suo corpo.
I nostri respiri, così come i nostri corpi, erano diventati un tutt'uno.
Le carezzai una guancia e dolcemente le baciai gli occhi, asciugando definitivamente quelle lacrime che fino a pochi minuti prima erano uscite da quei meravigliosi occhi.
Si alzò giusto quel po' per far congiungere le nostre labbra in un semplice bacio a fior di labbra e mi sembrò quasi di udire un ‘Ti amo’ sussurrato dolcemente provenire dalle sue morbide labbra.
Non ne fui sicuro così non dissi nulla. Avrebbe potuto pensare che essendo in quella situazione, avrei avuto la voglia di dirlo solo per ringraziarla del piacere che mi stava regalando. E fu proprio per questo che non le dissi niente: doveva sapere che l'amavo, e di quanto l'amavo me ne stavo rendendo conto solo in quel momento, quando vedendola così avrei voluto spaccare la faccia allo stronzo che l'aveva ridotta così.
Per tutto il tempo non feci altro che sussurrarle un ‘sei bellissima’ anche quando aveva assunto una smorfia di dolore dovuta forse ad una spinta un po’ troppo profonda e anche quando mi aveva sorriso in quel modo così dolce che apparteneva solo a lei.

Mi accasciai al suo fianco e prontamente non esitò ad abbracciarmi e a stringermi fortissimo. Potevo sentire i suoi capezzoli sfiorare la mia pancia e i suoi capelli solleticarmi il mento. La strinsi forte a me e le diedi un bacio sul capo mentre con le dita percorrevo la sua liscia schiena, delicatamente, per paura di poterla far male. La sua pelle oltre ad essere profumata era così dannatamente morbida, soffice. Era candida e a tratti fredda, forse per il fatto di aver camminato o corso sotto la pioggia che, ancora in quel momento, cadeva burrascosa dal cielo.
Una scossa di brividi mi attraversò la schiena quando posò le sue labbra sul mio petto lievemente e iniziò a posarne altri e altri ancora, spostandosi con le labbra da una parte all'altra del mio petto.
Dopo quel pomeriggio potevo pienamente affermare che quella ragazza era mia, mi apparteneva così come io appartenevo a lei e non avrei permesso a nessuno di portarmela via.











 
 


HEEEEEEEEEELLO!
Sì, lo so che è passato tantissimo tempo ma potrete capirmi u.u
Sono stata impegnatissima con la scuola e ammetto che questo capitolo lo avevo pronto da un bel po’.. ma per mancanza di tempo non riuscivo a postarlo! Mi ripetevo ogni giorno ‘Cazzo, devo aggiornare’ e poi non lo facevo mai.. Perdonatemi!
Come avrete notato è il POV di Zayn. Ebbene sì!
Ho ritenuto che fosse più adatto far parlare questo personaggio per capire come realmente Emily stesse e come apparisse agli occhi degli altri.
Finalmente hanno fatto l’amore!
Sì, è amore. Non è sesso perché, da come avrete capito, è tutto così estremamente dolce e passionale.
Ahhhhh, li adoro, basta! u.u
Al momento ho la febbre e voi non avete idea di quanto è noioso stare giornate intere al letto. Mi sembra di essere rinchiusa all’ospedale LOL vabbè ma, guarirò u.u
Come ogni volta, spero che vi sia piaciuto!
Credo sia uno dei miei capitoli preferiti, poi ovviamente vedremo nei futuri cosa architetterà la mia mente sadica! HAHAHAH
Ringrazio di cuore tutte coloro che la leggono, la recensiscono, chi la ha tra i preferiti, chi tra le seguite e chi tra le ricordate.
Sappiate che senza di voi io non sono nulla! (In realtà non sono nulla,ma vabè.. dettagli!)
Ovviamente, fatemi sapere cosa ne pensate tramite una RECENSIONE perché adoro leggerne! (:
Stavolta, prometto che impiegherò meno tempo ad aggiornare!
Un bacio a tutte quante voooooi, vi adoro! ♥♥♥♥♥
 
 
miriisupertramp 

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Capitolo 11
*** - you need to say something. ***








 

                 - you need to say something.












Questa potevi risparmiartela’ aveva detto Emily con la voce rotta da quelle lacrime che a breve le avrebbero rigato il volto. E la colpa era solo mia.
Stavo ancora cercando di metabolizzare quello che realmente era accaduto nella mia stanza qualche attimo prima. Avevo davvero detto ad Emily di non essere desiderabile per il sesso maschile? Ne ero stato davvero capace?
Ero rimasto imbambolato in piedi nel bel mezzo della mia camera quando avevo sentito Lottie chiedere «Em ma che diavolo è successo?»; ero rimasto imbambolato mentre continuavo a fissare la porta della mia camera spalancata; quando avevo sentito il portone di casa sbattere e, ancora, ero rimasto imbambolato quando Lottie era salita di corsa su alla ricerca di spiegazioni per le urla e i vari avvenimenti che le avevano susseguite subito dopo.
Mi davo dello stupido mentalmente per essere stato così crudele nei confronti dell'unica ragazza che mai mi avesse realmente voluto bene per quello che ero e non per quello che apparivo nell'ambiente scolastico. Perché avevo reagito così? Qual'era il problema? Qual'era la causa di quel mio comportamento? Cosa l'aveva scatenato? Non avevo assolutamente idea di come rispondere a quelle domande che al momento vagavano nella mia testa. E alla stessa maniera nella mia mente iniziarono ad affiorare ricordi lontani di qualche estate prima. Uno in particolare mi fece riflettere: io ed Emily giocavamo nel retro del suo giardino di casa quasi tutti i pomeriggi, dopo scuola, e fu proprio in uno di quei semplici pomeriggi che lei disse una cosa che all'epoca mi spiazzò.
 



Eravamo seduti uno accanto all'altro sulla pedana dello scivolo.
«Sai Louis a volte ti penso» aveva detto d'un tratto con quella sua voce squillante mentre con la mano destra si torturava una delle due trecce che portava quasi sempre, per avere i capelli più ordinati, almeno così mi raccontava.
L'avevo guardata corrugando le sopracciglia.
Era strano sentirsi dire una cosa del genere dalla tua migliore amica.
«Perché?» le avevo quindi chiesto iniziando ad osservare la punta dei miei piedi che al momento avevano iniziato a muoversi più velocemente del solito nel vuoto sottostante.
«Io lo so che un giorno ci sposeremo, io e te» aveva poi annunciato con uno dei suoi grandi sorrisi.

 



Ora le mani avevano iniziato a tremare e il fiato a mancare.
Avevo davvero buoni voti a scuola ma nella vita personale ero in vero disastro, basti pensare a quello che avevo appena combinato.
Forse ero ancora in tempo per mettere in un certo senso le cose al loro posto, per farmi perdonare dalla persona più cara che avessi.
«Louis ma mi ascolti? Lou?» insisteva Lottie nel frattempo di fronte a me, con le mani sui fianchi, risvegliandomi dal mio momento di trance, in attesa di spiegazioni.
«S-sì.. Cioè.. No! Devo sbrigarmi!» riuscii ad articolare prima di passarle davanti di corsa e fiondarmi giù per le scale, afferrare il giaccone e ritrovarmi poi in strada, sotto la pioggia, diretto a casa sua. Le gambe erano partite da sole, già sapevano dove dover girare e che velocità raggiungere pur di fare in tempo. Ormai conoscevo il tragitto casa mia-casa Em a memoria.
Mentre correvo, il mio cuore si riempii di speranza. Speranza di essere ancora in tempo per recuperare quel rapporto fin troppo importante per me. Speranza che però svanì quando ad aprire il portone di casa sua fu la madre.
«Louis ma sei fradicio! Dai entra!»

Mi diedi giusto il tempo di far tornare il mio respiro regolare prima di «Emily è in casa?» chiedere a Caroline, la madre che nel frattempo stava dando una ripulita al banco della cucina ancora infarinato.
In quella casa era quasi come d'abitudine preparare biscotti o dolci vari durante il pomeriggio.
Emily era proprio bella quando cercava di preparare qualcosa anche se, rispetto alla madre, era piuttosto negata.
«Non era da te?» chiese quindi di rimando la donna davanti ai miei occhi, assumendo un espressione confusa.
Quella domanda mi fece capire tutto: era andata da Malik. Ne ero quasi sicuro.
Al massimo poteva essere andata da Charlotte, ma questo non potevo saperlo.
Mi sentii sprofondare.
Quando un ragazzo la faceva stare male, la faceva sentire 'non abbastanza' o semplicemente le diceva qualcosa che la feriva, era sempre corsa da me. Questa volta invece ero stato proprio io a farla piangere e a farla scappare; e ora potevo solo tornarmene a casa e maledirmi fino alla fine per quello che avevo fatto.
«N-no, non era da me» riuscii a dire prima di «Vabbe, n-non fa niente.. La chiamerò» aggiungere per poi alzarmi dallo sgabello e aggiustare i pantaloni della divisa della squadra di calcio, sporchi di terriccio.
«È tutto apposto, Louis?» chiese la madre mentre si puliva le mani sul grembiule e mi guardava con un'aria sospetta.
«S-sì.. È tutto okay Caroline» esclamai, cercando di assumere un'espressione sincera con tanto di sorriso tirato per poi salutarla come sempre ed uscire da quella casa.
 
 
 



Mi sembrava di star vivendo un incubo: avevo passato l'intero week-end a pensare ad un modo carino per chiedere scusa ad Emily, per farle capire quanto realmente mi sentivo in colpa, e a litigare con Lottie che insisteva dicendo quanto in realtà io volessi Emily tutta per me e quanto mi desse fastidio vederla con un altro ragazzo.
Da quando avevamo litigato, io ed Emily non ci eravamo rivolti la parola. Lei non mi aveva cercato né tantomeno l'avevo fatto io. Non la vedevo da quando era uscita di corsa dalla mia camera. Con che faccia avrei potuto chiamarla e fare finta di nulla? Era già capitato altre volte che litigassimo ma, in un modo o nell'altro, nel periodo di rabbia che ci inondava, avevamo sempre continuato a telefonarci per controllare insieme i compiti, avevo sempre continuato a darle un passaggio al ritorno da scuola e lei aveva sempre continuato a chiamarmi per dirmi che aveva voglia di muffin al cioccolato.

Era lunedì e io, come mio solito all'ora di pranzo, ero seduto al tavolo della mensa con Liam e Niall.
Mentre i due discutevano su quale succo fosse migliore da abbinare ad un panino col pollo, notai Kat a pochi metri da me osservarmi con lo sguardo di fuoco. Non l'aveva proprio presa bene la nostra rottura. Quando le avevo detto 'Non voglio stare con te' mi aveva prima schiaffeggiato e poi se n'era andata sculettando. Ma almeno sculetta in modo decente!
Le amiche mi guardavano con disprezzo perché nemmeno loro potevano credere al fatto di essere stato un ragazzo a lasciare la loro amata amica e non il contrario. Ma al momento quello non era proprio uno dei miei problemi principali. Dovevo parlare con Emily e risolvere una volta per tutte questa situazione. Uno dei primi ostacoli da superare era proprio alla base di tutto: trovare il coraggio.
Proprio mentre pensavo a come farmi perdonare, girai lo sguardo e la vidi entrare in mensa, mano nella mano, con quel ragazzo moro. Gli sorrideva e sembrava completamente un'altra persona.
Era diversa.
Sembrava più sicura di sè accanto a quel ragazzo.

«Chiudi la bocca!» quasi urlò Liam toccandomi la mascella e scoppiando a ridere, scatenando anche la risata del biondo. Li guardai sforzandomi di sorridere ma non ebbi molto successo: non riuscivo a trovare nulla di divertente. Avevo i sensi di colpa che mi stavano mangiando dalla testa ai piedi e finchè non avrei parlato con lei, in un modo o nell’altro, avrebbero continuato a torturarmi.
 A Liam bastò guardarmi in faccia per capire che qualcosa non stava andando per il verso giusto e infatti «Da quant'è che non ci parli?» mi chiese subito dopo aver lanciato un'occhiata alla ragazza e tornando serio.
«In realtà ci ho litigato venerdì pomeriggio» confessai abbassando lo sguardo su quello che avevo nel vassoio e iniziando a giocare con la forchetta, girandola in quella poltiglia verdastra contenuta nel piatto.
Quella era una classica dimostrazione di quanto fossi in ansia.
«Allora parlale» emanò il biondo.
Per un attimo mi sorprese.
Solitamente quando qualcuno di noi aveva un problema, lui era il primo a tirarsene fuori perché non erano problemi suoi, ma stavolta sembrava dispiaciuto. Per me.
Guardai ancora una volta Emily che adesso stava abbracciando Malik sorridente, prima di tornare con lo sguardo sui due miei amici e «Non posso» affermare.
«Perché?» chiesero in coro entrambi.
«Perché adesso mi odia» finii, cercando di chiudere l'argomento e prendendo un sorso d'acqua. Non mi andava di parlare di Emily. O almeno non con loro. Avrebbero potuto non capire e prendermi in giro e quella era decisamente una cosa che mi faceva andare in bestia.
Corrugarono la fronte e poi Niall prese parola con «Lei non ti odierà mai» e mi sentii per un attimo quasi rincuorato, ma ciò non basto a farmi sentire meglio. Il biondo sbuffò e «Senti..» iniziò per poi «Io non lo so che diavolo avete combinato voi due, però so che il bene che provi per una persona non svanisce da un giorno all'altro e, credimi, lei ti vuole fin troppo bene» continuando con «Quindi muovi il culo e chiarisci le cose con la tua migliore amica» finì, sbattendo una mano sul tavolo perché era quasi innervosito da quel mio comportamento. E un po' lo capivo anche. Io non mi ero mai comportato così. Almeno non negli ultimi due anni.
Apprezzavo il modo in cui stavano cercando entrambi i ragazzi al momento di tirarmi su il morale e di darmi il coraggio giusto per affrontare la cosa, ma il problema era che non ne avrei avuto le palle. Avevo sempre fatto così: preferivo far morire un rapporto piuttosto che avvicinarmi e chiarire. E anche se stavolta era diverso io proprio non ne avevo il coraggio.
Nella mia testa giravano e rigiravano parole e frasi che avrei potuto, anzi avrei dovuto, dire ad Em ma quando solo provavo a dirle ad alta voce, queste rimanevano bloccate nella mia gola.
Il mio malumore era riuscito a zittire anche quei due che, subito dopo l’affermazione del biondo, avevano continuato a consumare il loro pranzo in silenzio. Questo venne però interrotto da un «Posso?» pronunciato da un ragazzo che già si era accomodato al nostro tavolo, senza nemmeno aspettare un nostro consenso. Alzai lo sguardo e mi trovai di fronte un ragazzo con le spalle larghe e i capelli ricci, mantenuti all'indietro con una strana bandana messa a mò di turbante che sorseggiava la sua coca-cola.
Per un secondo lo guardai stranito: un po' mi aveva dato fastidio quel suo atteggiamento, sembrava non fregarsene di niente e nessuno, nè tantomeno delle varie gerarchie sociali che c'erano a scuola. Poi pensai che magari era simpatico così «Ci conosciamo?» chiesi, mantenendo però un atteggiamento freddo e menefreghista che al momento mi riusciva davvero bene, ottenendo la sua attenzione, dato che si era già presentato ai miei due compagni.
Si voltò verso di me e con un sorriso stampato in faccia «Sono uno dei nuovi giocatori» disse mantenendo quella sua aria da 'non me ne frega un cazzo di quello che dici'.
Annuii, ricordando improvvisamente che anche il ragazzo di Emily era entrato a far parte della squadra, e feci finta di niente. Ma evidentemente il tizio aveva voglia di fare conoscenza dato che «Sono Harry, piacere» disse allungando una mano verso di me. Lo guardai e non potei fare a meno di stringergli la mano e «Louis» dichiarare.
Passammo il resto della pausa pranzo a parlare con quel ragazzo: alla fine si era rivelato davvero simpatico. Ci aveva raccontato di essersi da poco trasferito da Holmes Chapel dato che la madre aveva trovato lavoro qui e di trovare la cittadina di Doncaster davvero figa. Aveva fatto commenti sulla maggior parte delle ragazze che giravano per la scuola e anche su quanto gli piacesse giocare a calcio. Era un tipo sveglio. Ciononostante, mi bastò girare per un attimo lo sguardo e incontrare gli occhi di Emily per ritornare la persona noiosa che ero stato per l'intera giornata scolastica.
 
Quando suonò la campanella che annunciava la fine della pausa pranzo, mi alzai e, per gettare il vassoio, passai accanto al tavolo dove era seduta Emily con Charlotte e Zayn e la tentazione di piegarmi e dirle 'possiamo parlare?' mi travolse, ma ovviamente non lo feci. Mi limitai a passarle accanto e ad assumere un espressione di indifferenza mentre in realtà il cuore aveva preso a battere fortissimo.
Sembrava che a momenti sarebbe esploso e uscito dal petto.
Faceva quasi male.
Ci guardammo per un millesimo di secondo e mi sembrò di leggerle negli occhi la delusione, il disprezzo, l'odio, ma anche l'amore, il bene e la compassione per me e per il mio essere così stupido.
Avrei solo voluto abbracciarla forte e dirle che mi dispiaceva, che ero stato un coglione, che non l'avrei più rifatto ma che lei non avrebbe dovuto abbandonarmi più, nemmeno per un giorno, perché io proprio non ci riuscivo a stare senza di lei, io proprio non volevo stare senza di lei.
Lei era la mia piccola Emily, quasi come una sorella minore e non volevo assolutamente perderla.
Non potevo proprio permettermi di perderla.








 
 




HEEEEEEEEEELLOOOOOOO!
Eccomi quàààà! Già, sono tornata!
Non ci ho messo molto no?! Vabbèèèèè in ogni caso, oggi stranamente mi sento felice.. sarà che fuori c’è un sole da pauuuura! Amo il sole, giuro.
Comunque, parlando di cose serie.. Sì, è il POV di Louis!
Tranquille, prometto che al prossimo capitolo ritornerà il POV della nostra cara e dolce Emily!
Non so perché ma volevo farvi vedere le cose anche dal punto di vista del nostro coccolone! Anche lui ha un cuore, non è poi così stronzo! U.U
Beh, devo dire che le cose iniziano a riscaldarsi, già!
Come sempre ringrazio tutte coloro che leggono la mia storia, aspettano ogni capitolo e ogni volta sono pronte a recensire.. e ovviamente ringrazio anche tutte le lettrici/lettori che rimangono in silenzio.
Spero con tutto il cuore che anche questo ennesimo capitolo sia di vostro gradimento e fatemi sapere cosa ne pensate attraverso una RECENSIONE!
Mi raccomando stanotte festeggiate il miglior Carnevale di sempre e fate tanto tanto casino! :)))
Vi voglio bene.
 
 
miriisupertramp
 

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Capitolo 12
*** - let's just laugh ***






                                                                                                              - let's just laugh! 
 











Erano all'incirca due mesi che io e il moro avevamo formato una coppia e ormai, anche a scuola, tutti sapevano che Emily Moore era la ragazza di Zayn Malik, il ragazzo nuovo. Mi era capitato di trovarmi in bagno e di ascoltare ragazze parlare di e me e del 'ragazzo misterioso', almeno così lo definivano alcune, ignare del fatto che proprio io, protagonista dei loro discorsi, mi trovavo nella loro stessa stanza ad origliare per così dire i loro discorsi sciatti.
Da un lato il fatto che parlassero di me e della mia relazione mi faceva sentire 'importante' perché finalmente anche io avevo assunto un ruolo in quel liceo pieno di gerarchie e vizi vari, dato che prima ero sempre e solo riconosciuta come l'amica di Tomlinson, il capitano della squadra di calcio della scuola.
Dall'altro lato però mi dava quasi fastidio rendermi conto di come tutti sapessero tutto di me e della mia vita privata e la cosa mi sorprendeva e non poco, anche perché, in un modo o nell'altro, tutto si veniva sempre a sapere.

Erano passate esattamente due settimane da quando avevo litigato pesantemente con Louis e il fatto che non avessimo ancora chiarito, che ancora non si fosse presentato a casa mia a chiedermi scusa per come si era comportato, non faceva altro che preoccuparmi e farmi stare male. Insomma, sì aveva sbagliato, mi aveva offesa alla grande e mi aveva mancato di rispetto però era pur sempre il mio migliore amico e io non potevo farci niente se dopo tutto continuavo ancora a volergli un bene immenso e a volerlo incessantemente nella mia vita: tutti commettiamo errori nella vita. Ciò nonostante non sarei mai andata io da lui per avere chiarimenti perché ero stata io la vittima del suo caratteraccio e delle scuse me le meritavo eccome.
Ovviamente avevo parlato a Zayn riguardo quello che era successo quel pomeriggio a casa del ragazzo dagli occhi celesti, prima che corressi da lui in lacrime dato che, dopo quello che era accaduto tra me e il moro nella sua camera, proprio lui aveva chiesto spiegazioni perché «Non sopporto l'idea di vederti piangere» aveva affermato mentre, abbracciati sul suo letto ancora nudi, con una mano mi carezzava i capelli e l'altra la teneva stretta alla mia. Quando gli avevo confessato l'accaduto con Louis, notai come l'espressione del suo viso era cambiata dall'essere serena al voler realmente combinare qualcosa di brutto. Tutta la rabbia che provava per il ragazzo dagli occhi celesti e il sorriso tenero si era anche riversata nelle occhiate meschine che gli riservava ogni qual volta lo incontrasse nei corridoi della scuola.
Louis a differenza sembrava dispiaciuto e sapevo, o almeno ci speravo, che in fondo un po' gli mancavo anche io ma che per il suo carattere da orgoglioso del cazzo non sarebbe mai venuto da me a chiedermi di chiarire le cose.
Così stavo vivendo la mia vita in bilico tra Zayn e Louis: da un lato ero sempre felice e sorridente perché il moro mi metteva una felicità in corpo incredibile; era capace di farmi il solletico finché non sarei morta dal ridere e persino quando lo pregavo di smetterla mi rispondeva con «Ma sei così bella quando ridi» e mi faceva sentire così completa e bella, sì bella, per lui e soprattutto per me stessa. Quando ero in sua compagnia mi dimenticavo persino di tutto il casino presente nella mia vita e la cosa non poteva far altro che farmi piacere.
Dall'altro lato, Louis era una questione ancora aperta: mi mancava da morire e non potevo negarlo. Mi mancavano le sue visite improvvise accompagnate sempre da quei caldi muffin al cioccolato appena sfornati presi dalla pasticceria all'angolo e mi mancava sentire la sua risata fresca e serena così come mi mancavano quelle sue braccia attorno al mio corpo quando improvvisamente mi stringeva a sè e addirittura mi mancava il suo odore che arrivava alle mie narici e mi inebriava la mente.
Quel pomeriggio Zayn avrebbe avuto l'ennesimo incontro con la squadra di calcio e quella volta mi aveva chiesto di rimanere ad aspettarlo alla fine delle lezioni così magari dopo saremmo andati insieme a fare un giro da qualche parte.
Ero seduta sugli spalti con il libro di biologia sulle gambe e la mia sigaretta tra le dita e ogni tanto lanciavo un'occhiata al mio ragazzo in campo mentre si allenava insieme agli altri ragazzi: c'era anche Louis.

Chiusi il libro di botto perché anche se avessi voluto non sarei riuscita a studiare per la troppa pressione che sentivo arrivarmi fin dentro le ossa. Mentre mi stringevo nel mio cappottino per via del vento forte che stava soffiando, osservavo Zayn palleggiare con il pallone da calcio e buttavo continue occhiate a Louis che, diversamente dal moro, se ne stava a bordo campo con le mani sui fianchi ad osservare tutti i suoi compagni. Dopo poco più di mezz'ora, alla fine dell'ennesima sigaretta fumata quel giorno, il coach li radunò tutti intorno a sè e quando ebbe finito di spiegargli qualche probabile nuovo schema di gioco suonò quel suo fischietto, annunciando la fine anche di quel lunghissimo allenamento che, almeno per me, sembrava non finire più.
Raggiunsi lo spogliatoio maschile sottostante al campetto e mi misi ad aspettare Zayn fuori ad esso, mentre mi torturavo le mani facendo avanti ed indietro da una parte all'altra del corridoio illuminato solo da qualche lampadina, non riuscendo a trovare pace. Le tre volte che la porta dello spogliatoio si era aperta lasciando fuoriuscire alcuni ragazzi, tra cui un Liam Payne che felicemente mi salutò con un «Ciao Emily!», mi si bloccava il respiro e il cuore mi saliva in gola: avevo paura. Paura che da un momento all'altro sarebbe potuto uscire Louis e paura di come sarebbe stato trovarsi nuovamente da soli, faccia a faccia, e con miliardi di cose da volersi dire e urlare l'uno contro l'altro.
Mi avvicinai a passo lento alla porta e proprio in quell'istante si aprì mostrando uno Zayn con i capelli ancora umidi tutto sorridente che «Andiamo?» enunciava mentre mi porgeva la sua mano. Senza rendermene nemmeno conto lasciai cadere lo sguardo all'interno dello spogliatoio e incontrai i suoi occhi: era intento ad allacciarsi le scarpe, con i capelli completamente bagnati e il petto scoperto. Quasi come se fosse d'abitudine, alzò lo sguardo e i nostri occhi si incrociarono: sul suo viso si formò un espressione quasi di stucco e si bloccò all'istante in quello che stava facendo; il mio respiro si mozzò in gola e quasi mi dimenticai di Zayn che nel frattempo attendeva una mia risposta.
Tornai con gli occhi in quelli del moro, il quale aveva assunto un espressione di fastidio, e «S-sì» dissi cercando di nascondere il desiderio di parlare con quello che sarebbe dovuto essere il mio migliore amico. Lasciai che il ragazzo dalla pelle olivastra intrecciasse le sue dita alle mie e mi voltai, iniziando a percorrere quel corridoio così lungo mano nella mano con quel fantastico ragazzo che potevo considerare mio e di nessun altra.

Eravamo quasi arrivati all'uscita quando «Emily!» mi sentii richiamare e giuro che avrei riconosciuto quella voce dappertutto. Mi voltai di scatto e il cuore cominciò a battermi fortissimo mentre lo vedevo avvicinarsi a grandi passi.
«L-lou» riuscii a sillabare prima di essere raggiunta dal ragazzo dagli occhi celesti che con un sorriso incerto «C-credo tu abbia perso questo» disse mostrando un braccialetto azzurro, il nostro braccialetto che avevamo comprato insieme l'estate scorsa al mare, porgendomelo dolcemente. Si era spezzato durante l'attesa ed ero così presa dall'ansia che non me ne ero nemmeno resa conto.
«Oh» sospirai fissando quello stupido pezzetto di stoffa così pieno di significato e «Grazie» articolai al massimo dell'imbarazzo, cercando comunque di non dare a vedere il tremore improvviso che aveva assalito le mie mani e il battito cardiaco accelerato che mi impediva una respirazione normale, dato che al mio fianco c'era Zayn e sapevo che tra i due non scorreva buon acqua, almeno non per ora. Soffermai lo sguardo su quelle mani che un tempo mi abbracciavano e mi facevano sentire al sicuro e notai che sul suo polso quel braccialetto, un po' annerito e consumato, c'era ancora.
Venni assalita da un senso di felicità e non potei fare a meno di sorridere mentre afferravo l'oggetto dalla sua mano.
Mi guardò sorridendo e «Sarebbe un peccato perderlo» disse, assottigliando gli occhi come solo lui sapeva fare e io con una calma che non so nemmeno io da dove venisse, forse perché sapevo che infondo io e lui non ci saremmo mai separati veramente, saremmo potuti rimanere così fino alla fine dei giorni nostri, ma niente e nessuno avrebbe mai potuto capire cosa c'era tra me e lui e «Infatti» risposi continuando a sorridere al ragazzo di fronte a me.
Zayn che nel frattempo aveva assistito a tutta la scena «Possiamo andare ora?» chiese più che infastidito dalla situazione e dal fatto di essersi ritrovato in mezzo a quella scenetta rivoltante per i suoi gusti e «Certo» dissi in risposta, salutando con un cenno della mano il ragazzo e trascinando con me il ragazzo dalla pelle olivastra fuori dall'edificio, improvvisamente colta da un'immensa felicità.
Zayn sembrava quasi arrabbiato per come mi ero comportata pochi istanti prima e così, senza pensarci due volte, gli afferrai il viso e lasciai un caldo ed umido bacio sulle sue labbra, sempre così invitanti, sussurrandogli un «Ti amo» leggero che bastò a fargli tornare il sorriso in un batter d'occhio.
 
Stavamo girovagando da un po' per una delle vie più popolate della cittadina di Doncaster.
Popolate così per dire: era quella dove trovavi i negozi più belli d'abbigliamento e cose varie e persino quella con le cioccolaterie e i ristoranti più carini della zona. 
«Oddio!» esclamai con gli occhi luccicanti di desiderio, il costante sorriso sulle labbra e arrestandomi immediatamente nel bel mezzo della strada. Zayn mi guardò accigliato cercando di capire cosa aveva attirato la mia attenzione e «Che c'è?» esclamò, continuando a tenere stretta la presa sulla mia mano mentre io lo trascinavo con me. 
«Quello!» indicai avvicinandomi alla vetrina della famosa gioielleria 'Pandora' e osservando quel bellissimo ciondolo della Torre Eiffel. 
Adoravo Parigi. Era la città dell'amore. La città dove mi sarebbe piaciuto trascorrere un week-end o semplicemente una giornata con la persona che amavo e, possedere quel ciondolo per fare compagnia agli altri che già possedevo e che già si trovavano sul mio polso, significava davvero molto. 
Sorrisi all'improvviso pensiero di me e Zayn in quella città ma sciacciai immediatamente il pensiero perchè sapevo che solo immaginarlo sarebbe risultato fin troppo fantasioso!
«Ti piace davvero?» aveva poi chiesto il ragazzo al mio fianco facendo ondeggiare gli occhi da me al ciondolo per un paio di volte. 
«Sì!» quasi urlai voltandomi verso il moro e «Da morire!» esclamai sorridendo come un'ebete.
Scoppiò a ridere e, dopo avermi osservato per qualche secondo con quel suo sguardo che non riuscivo ancora tuttavia a comprendere la maggior parte delle volte, con un «Dai andiamo che ho fame!» mi attirò a sè e mi baciò dolcemente, facendomi assaporare per l'ennesima volta quel suo inconfondibile sapore di vaniglia e tabacco.

Così alla fine, dopo aver sorseggiato una cioccolata calda che con quel freddo ghiacciante ci stava più che bene, optammo per trascorrere il resto del pomeriggio a casa del moro al caldo, a coccolarci sul suo letto. Come tutti i pomeriggi d'altronde, casa sua era vuota perché la madre era ancora al lavoro e, proprio quel giorno, invece le sorelle erano a casa di una zia nei paraggi.
Tra un bacio e l'altro, mi ritrovai a cavalcioni su di lui e così come se fosse una cosa più che normale, dato che lo è, perché è una cosa normale avere un rapporto con il tuo fidanzato, scivolò dentro di me e chiudemmo in bellezza quella giornata interminabile.

 
 











HAAAAAALOAAAAAAAA!
Ciaaaaao baaaaambole!
Già, sono tornata! Vi ho fatto attendere molto vero? PERDONAAAAAAATEMI.
Purtroppo ho avuto il computer ad aggiustare e solo da qualche giorno è tornato a casa :(
Comuuunque oggi sono felice perché le cose mi stanno andando più che bene. Oddio, c’è sempre quella cosa che magari rovina la giornata, ma alla fine le cose vanno bene! Voi piuttosto come state? (((((:
Tornando al capitolo.. EMILY IS BAAAAAAACK!
Ve l’avevo detto che sarebbe ritornata anche perché altrimenti io come faccio senza di lei?! Già! u.u
Allora spieghiamo un po’ di cose riguardanti questo schifo di capitolo perché io lo so che fa schifo!
Avrei tanto voluto aggiungere qualcos’altro ma volevo soffermarmi solo sull’incontro tra Louis, Emily e Zayn negli spogliatoi .. così ho pensato che tutto questo bastasse per completare il capitolo. 
Perdonatemi se il capitolo è così ‘corto’.. ma davvero, non sapevo cos’altro aggiungere!
Mi rifarò per il prossimo, I promise!
Come sempre..Spero con tutto il cuore che almeno un po’ vi sia piaciuto, tanto da invogliarvi a scrivermi quello che pensate di come scrivo, di com’è la storia e della piega che sta prendendo.. il tutto attraverso una piccola RECENSIONE!
Spero anche di non metterci molto per pubblicare il seguito.. però su questo non posso assicurarvi nulla :((
Ok, mi sto dilungando un po’ troppo :’)
 

Un bacio e un abbraccio fortissimi a tutte voi!
Sappiate che senza voi io non sono nulla! Xx
 
miriisupertramp 

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Capitolo 13
*** - Days like these lead to love like ours. ***




    



          - 
days like these lead to love like ours.










Seconda ora.
La lezione di biologia era cominciata da appena sedici minuti e i miei occhi già traballavano e pregavano che li chiudessi solo per un poco, per riprendere le giuste energie. Ma io sapevo che se avessi solo provato a chiuderli, sarei caduta in un coma profondo e sarebbe stato difficile dopo farmeli riaprire. Tutta questa stanchezza per il semplice fatto che la sera precedente Zayn aveva insistito, una volta usciti dalla sala cinematografica, per andare a prendere qualcosa al bar, come un frappè.
Inizialmente avevo rifiutato perché sapevo che mi aspettava una lunga giornata di scuola e anche perché sapevo che sarei già dovuta essere nel letto, al caldo e a riposare.
Però poi quando «Dai ti prego amore» aveva sussurrato, guardandomi con quei suoi occhioni color cioccolato così dannatamente belli e persuasivi, non avevo resistito: mi ero sciolta come un ghiacciolo al sole. E ovviamente avevo annuito come un'ebete lasciandomi praticamente trascinare in quello che ormai era il nostro bar di riferimento: ci andavamo praticamente sempre. 

Quando Charlotte mi urtò bruscamente con il gomito e «Emily! Emily!» sussurrò iniziando a prendermi a calci, mi resi conto di aver chiuso realmente gli occhi e di non essermene nemmeno accorta e per di più di essere appena stata interpellata dalla professoressa Stuart che con la sua solita voce stridula «Signorina Moore sto aspettando!» continuava a ribadire, con il tono di chi sta per perdere la pazienza.
Non avevo idea di quello che la donna mi aveva chiesto e così «Mi dispiace professoressa ma non ero attenta» dissi sbadigliandole praticamente in faccia.
Ricevetti un'occhiata di fuoco dalla professoressa che, dopo avermi ribadito per l'ennesima volta quanto i miei comportamenti la stupissero, mi cacciò dall'aula per averle sbadigliato in faccia e per essermi rivolta con modi sgarbati nei suoi confronti.
Preferii non contestare data la sua affermazione: evidentemente le era andato qualcosa storto visto che quel giorno era più antipatica del solito. 
Mancavano all'incirca quindici minuti e sarebbe finalmente terminata anche quell'ora. Così nell'attesa iniziai a girovagare un po' per i corridoi ritrovandomi, non so come, davanti al bagno dei ragazzi del secondo piano.
Mi voltai per tornare al piano inferiore dove si trovava l'aula dove stavo 'seguendo' con molto piacere la lezione di biologia, che mi scontrai con qualcuno, o per meglio dire con Louis, il ragazzo dagli occhi celesti e così ricordato come mio migliore o ex, non saprei, amico.
Ci guardammo per un attimo spaesati e incapaci di proferir parola. Erano ormai mesi che non ci ritrovavamo entrambi da soli. Solitamente al mio fianco c'era sempre Zayn o Charlotte accompagnata dall'irlandese figo con il quale aveva intrapreso una relazione da poco; al suo fianco invece c'era sempre Liam Payne o una ragazza dai capelli neri e lunghi, con uno stile un po' metallaro, con le labbra dipinte di un rosso non rosso, molto più scuro del rosso, tendente al marrone. Tipa a me sconosciuta. 
Così quando me lo ritrovai praticamente incollato addosso a primo impatto mi sentii insicura, nervosa ed in imbarazzo. Lui subito si scusò con un «S-scusami non ti avevo visto!» detto velocemente, con quel tono che usi quando fai qualcosa a qualcuno che non conosci, peccato che lui a me mi conosceva e anche fin troppo bene. E poi.. da quando Louis Tomlinson si scusava con le persone che urtava? Era cambiato così tanto?
Mi venne solo da ridere.
Mi venne da ridere perché era tutto così buffo.
Questo nostro ignorarci continuamente e da parecchio era buffo, ridicolo.
Non non eravamo mai stati così.
Volevo il mio migliore amico indietro, al mio fianco, sempre pronto a consigliarmi.
E, anche se ormai sapevo che la cotta per lui mi era praticamente passata perché nella mia vita c'era un ragazzo bellissimo dalla pelle olivastra, sentivo il forte bisogno di abbracciarlo e di inspirare il suo profumo. 
E così scoppiai a ridere: una di quelle risate a pancia all'aria e forse anche po' troppo fuori luogo ma che purtroppo non riuscì proprio a frenare, e mi sorpresi quando notai che il ragazzo dagli occhi celesti aveva iniziato a ridere anche lui, insieme a me. Sembrava di essere tornati a qualche mese indietro quando di risate ce ne facevamo eccome! 
Quando finalmente riuscimmo a riprendere fiato, «Che ci fai al secondo piano?» chiesi diretta e senza un minimo di timore. Louis mi guardò per un attimo incerto e poi «La mia aula di greco è stata spostata su questo piano» rispose, accennando a un sorriso. 
Strizzai l'occhio destro e, senza ritegno, gli chiesi, anzi quasi gli ordinai, di accompagnarmi al distributore automatico perché ero affamata. Da che mancavano solo pochi minuti al suono della campanella, ora il tempo sembrava non voler accelerare ne continuare: era bloccato. O almeno così era nella mia testa.
Mentre prendevo un pacchetto di patatine al pomodoro, il ragazzo mi raccontò di essere appena andato male all'interrogazione di greco perché aveva preferito giocare a calcio in cortile piuttosto che dedicarsi agli ultimi paragrafi assegnati dal professore. 
«Vabbè ma tanto recuperi» avevo risposto infilandomi una patatina in bocca e assaporandone il sapore così gustoso. Io adoravo le patatine al pomodoro. Lui aveva roteato gli occhi al cielo e aveva anche sbuffato prima di «Hai ragione» ammettere e scoppiare a ridere con quella sua risata così fresca e contagiosa. 
Tra un discorso e l'altro, ci ritrovammo al primo piano, e quindi al piano dove c'era la mia aula, e con il pacchetto di patatine ormai vuoto, divorato in gran parte da me.
Mi resi conto di quanto quel ragazzo era capace di farmi sentire bene e, anche se in teoria, in quel momento, avrei dovuto odiarlo, non potevo far altro che sentire di volergli fin troppo bene e di sentire fin troppo la sua mancanza. 
Per l'ennesima volta gli sorrisi e proprio quando stavo per dirgli che, nonostante tutto lo volevo ancora bene, suonò la campanella e in pochi secondi gli studenti di tutte le aule si riversarono nel corridoio, scansando me e il ragazzo che invece eravamo rimasti imbambolati a fissarci. 
Come di scatto, mi svegliai da quel momento di trans e «Ci vediamo in giro, Lou» avevo detto sorridendo, liquidandolo lì in quel punto. 


Il resto della giornata scolastica passò lentamente e all'uscita, nel parcheggio riservato agli studenti, io e Charlotte optammo per andare a pranzare al centro commerciale, accompagnate dal moro e dal biondo, che ormai ci si erano incollati rispettivamente addosso. 
«Charlotte mi passeresti quella bustina di maionese?» domandai alla mia amica, indicando una bustina gialla vicino alla sua confezione di patatine del Mc Donald's. 
Me la lanciò e «Ma sbaglio o la settimana prossima è il tuo compleanno?» chiese, attirando anche l'attenzione dei due che avevano intrapreso una relazione con i loro panini. Annuii addentando il mio panino e Zayn, ingoiando l'ennesimo boccone, «Hai intenzione di festeggiare?» mi chiese, puntando i suoi occhi nei miei. 
«In realtà non ho ancora pensato a cosa voglio fare precisamente..» dissi prendendo un lungo sorso di Coca-Cola e continuando con un «Cosa mi consigliate?»
«Dipende da cosa vuoi fare tu» disse Charlotte e io la guardai inarcando un sopracciglio dato che con quella risposta non mi era affatto d'aiuto. 
«Secondo me..» iniziò Niall sputacchiando quà e là quello che aveva in bocca, «Dovresti andare a farti una gran bella mangiata in qualche bel ristorante e poi la sera..» fece una pausa per ingoiare il boccone e riprese con «.. La sera, sì.. Potresti andartene in qualche locale ad ubriacarti» finì regalandomi un sorriso dolcissimo. 
Quel ragazzo era l'amore in persona, ma comunque non mi allettava molto come idea la sua. 
Mi voltai verso Zayn, che nel frattempo aveva ascoltato gli altri due nostri amici rimanendo in silenzio, e «Tu che mi consigli?» lo incalzai sorridendo. 
Scrollò le spalle e con tono vago «Potresti semplicemente invitare qualche amico a casa e trascorrere del tempo in compagnia» affermò quasi annoiato.
Stavolta insieme al mio sopracciglio alzato, anche il mio volto assunse l'aspetto di un 'ma che cazzo dici?' secco e irritato. 
Sbuffai e «Certo che siete proprio d'aiuto voi tre!» dissi lasciandomi cadere con le spalle sullo schienale di quell'odiosa sedia di plastica. 

Finimmo di mangiare tutta quella porcheria e, tra Niall che giocava con ciò che rimaneva del suo ordine e Charlotte che lo ammoniva, e me e Zayn abbracciati costantemente, con lui che ogni tanto mi lasciava dei baci sul capo, trascorremmo un paio d'ore così, senza fare nulla. 
In realtà un po' mi sentivo offesa, non tanto da Charlotte e Niall, perché da loro non mi sarei aspettata grandi consigli, ma piuttosto da Zayn. In lui riponevo tutte le mie incertezze, paure e speranze. Era un po' come la mia roccia personale: sempre pronto a sostenermi nel caso stessi per cadere. Però in quell'occasione era come se mi avesse deluso. Da lui mi sarei aspettata una qualche fantastica idea come ad esempio 'andiamo tutti al mare' oppure 'andiamo al luna park' e invece era stato così.. sciatto, deludente al massimo.
Non ero nemmeno arrabbiata, non riuscivo a incazzarmi con lui, però era come se mi avesse in un certo senso 'tradito'. Non gli avrei detto nulla perché sarei potuta risultare pesante, anzi sapevo che così reagendo ero una persona veramente pesante e noiosa. Così mi limitai a stringerlo quanto più potessi e a farmi stringere dalle sue braccia accoglienti, assaporando di tanto in tanto quelle labbra così morbide e carnose che ormai erano diventate un po' come la mia droga personale. 

Arrivati al vialetto di casa mia, scesi dalla moto e sfilai il casco, posizionandomi davanti al bellissimo ragazzo dagli occhi color cioccolato. 
Ci guardammo per qualche istante, verde nel marrone, pistacchio mischiato al cioccolato, prima di udire le urla di mia madre che disperata era alla ricerca di qualcosa dentro casa, aveva gentilissimamente interrotto il mio momento di tranquillità con Zayn, che dal canto suo si stava sbellicando dalle risate, facendo così ridere anche me. 
Quello del fissarci per minuti interi era un po' come una sorta di gioco nostro, personale: ci scrutavamo cercando di cogliere quel qualcosa in più che ancora non conoscevamo dell'altro, finendo quasi sempre col limonare appassionatamente. 
«Vuoi entrare?» chiesi, avvicinandomi alla moto ancora di più e iniziando a giocherellare con qualche ciocca dei suoi capelli che fuoriusciva dal casco agganciato in malo modo.
«Non posso» disse, aggiungendo subito un «Ho promesso a mamma che sarei rientrato prima oggi» sorrise per «E poi.. Con tua madre furiosa in casa..» e scoppiammo a ridere insieme. 
Era capitato diverse volte che Zayn, mentre eravamo in casa mia insieme,  assistesse a qualche sfuriata di mia madre che ad esempio non trovava il pettine o non ricordava più dove aveva messo la giacca blu per le grandi occasioni. 
«Allora ci vediamo domani» avevo sussurrato prima di lasciargli un bacio a fior di labbra, staccandomi appena per poter osservare quei suoi occhioni mozzafiato. 
«Ci vediamo domani» aveva a sua volta sussurrato il ragazzo, prima di avventarsi nuovamente sulle mie labbra, schioccando numerosi baci, uno dietro l'altro.










HEEEEEEEEEEEEEY!
Sì, avete tutte le ragioni del mondo per essere furiose con me e per picchiarmi a sangue! 
Avevo promesso che avrei aggiornato al più presto e invece.. è passato un mese, se non di più!
Il punto è che io davvero l'avevo già iniziato questo capitolo, solo che non riuscivo a trovare l'idea giusta per completarlo, per renderlo carino e presentabile, dato che lo scorso capitolo ha fatto davvero schifo! lol
Comunque, che piega che sta prendendo eh? Non me la sarei mai aspettata!
Chissà cosa succederà tra Em e Louis ..e tra Em e Zayn! 
Spero che questo capitolo vi piaccia per davvero! 
Scusatemi ancora per l'enorme ritardo! 
Proverò ad aggiornare al più presto!  
Un bacio e un abbraccio a tutte voi.. Grazie per esserci sempre!


miriisupertramp

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Capitolo 14
*** - a special day. ***













                   - a special day.










Era il mio diciannovesimo compleanno. 
Fortunatamente era sabato e non c'era scuola: avrei potuto dormire di più sia perché era sabato e soprattutto perché era il mio compleanno e non dovevano rompermi le palle. 
O almeno, così credevo io. 
Fui svegliata di soprassalto da mia madre e mia sorella piccola, Georgia, che entrarono in camera mia cantando 'tanti auguri a te' a squarciagola, con in mano una piccola torta con delle candeline sopra e, per di più, la mia adorata sorellina di soli sei anni, mi era praticamente saltata addosso abbracciandomi e riempendomi di baci. 
Si, ok. Era stata un'idea carina e anche piuttosto dolce e proprio per quello non mi arrabbiai con loro per aver disturbato il mio sonno. 
Quando finalmente mi lasciarono da sola in camera mia, a poltrire un altro po' nel mio letto, afferrai il cellulare trovando diversi messaggi di 'buon compleanno'. 
Non mi interessava leggerli tutti, solo quelli più importanti come quello di Zayn che diceva: 

'Buon compleanno amore mio. Per le cinque fatti trovare pronta e nella borsa metti un ricambio!  xx

Che strambe idee aveva il ragazzo? E poi perché così tardi? Avevo pensato di trascorrere questa giornata interamente con lui, ma a quanto pareva non sarebbe stato così. Lessi poi i messaggi di Charlotte, Niall, Liam Payne e addirittura uno di Josh. Sinceramente non mi sarei mai aspettata gli auguri di buon compleanno da alcuni ragazzi della squadra di calcio della scuola. Insomma non è che avessimo tutta questa confidenza, tralasciando il saluto che non toglievo mai a nessuno di quelli con cui almeno una volta ci avevo parlato. Il mio rapporto con quei ragazzi non era mai andato oltre il saluto e al massimo qualche battutina scambiata così per divertimento. Per questo mi sorpresi tanto quando trovai i loro messaggi: sorpresa, stupore e il tutto mischiato a un pizzico di felicità. Ciò stava a significare che almeno in parte, avevo anche un ruolo in quella scuola; nel senso che persone che mai avrei creduto sapessero della mia esistenza, si ricordavano di chi fossi abbastanza da spingerle a farmi gli auguri di compleanno. Era da considerarsi una cosa positiva, no?
Lessi l'intera lista di messaggi, rimanendo però alquanto delusa dal non trovare nemmeno uno stupido 'Auguri' da parte di quella persona ancora così importante nella mia vita: Louis. Va bene che non ci frequentavamo più come una volta e che magari forse gli ero diventata anche antipatica, però così mi faceva proprio bestemmiare. Era il mio compleanno! 
L'anno prima, per i miei diciotto anni, si era presentato sotto casa con uno striscione, i palloncini e un pacco regalo, il tutto accompagnato da quel suo sorriso bellissimo sempre stampato sul viso. Ricordo ancora il battito accelerato del mio cuore che a momenti sembrava mi avrebbe bucato il petto e, ricordo, l'immensa scarica di adrenalina, che attraversò il mio corpo, dal collo attraversando la spina dorsale giungendo fino alle piante dei piedi, quando mi schioccò un bacio così appiccicoso sulla guancia e mi strinse così forte quasi volesse spezzarmi le ossa.
Ora invece ero amareggiata, delusa e incazzata e mandai per l'ennesima volta a quel paese quel ragazzo alzandomi e iniziando a scavare nel mio armadio per cercare qualcosa di decente da indossare. 
Quando mia madre era quasi pronta per accompagnarmi a fare un po' di shopping da compleanno, bussarono al portone e corsi ad aprirlo, trovandomi di faccia una Charlotte più bella del solito, con un muffin al cioccolato con tanto di candelina su che gridò «Auguri!» facendomi scoppiare a ridere. L'abbracciai e la feci entrare in casa. 
«Guarda che il muffin lo devi mangiare» disse ridendo e togliendosi il cappotto. 
«Volete farmi ingrassare, insomma» risposi a mia volta, guardando quella delizia sul tavolo della mia cucina e iniziando a sentire un certo languorino allo stomaco. Languorino dovuto non alla fame, che sia chiaro, dato che mi ero già data da fare con la torta preparata da mia madre. Mi concessi questa pecca perché quel giorno era speciale per me e decisi che il giorno dopo mi sarei messa a dieta. Forse. O forse avrei semplicemente evitato di mangiucchiare schifezze per un paio di giorni.
Dopodiché Charlotte si offrì di accompagnarmi al centro commerciale, lasciando il via libera a mia madre per darsi alla pazza gioia e rimanere a casa senza far nulla. 
Eravamo già state in quattro diversi negozi e in tutti e quattro avevo comprato qualcosa da indossare, approfittando del fatto che mia madre mi avesse concesso di usare la sua carta solo perché 'è un giorno speciale' aveva affermato prima di posare quel prezioso pezzo di plastica nelle mie mani. 
Stolta.
Ci fermammo al bar, stesso lì dentro, per prendere un caffè e rilassarci un attimo. 
Charlotte stava parlottando riguardo a un nuovo metodo che aveva sperimentato lei stessa per fare i capelli ondulati così come li portava in quel momento, quando si bloccò e fissò qualcuno alle mie spalle. Mi voltai di scatto e mi trovai davanti un Louis sorridente che «Posso rubartela un attimo?» chiese alla mia amica, tendendomi la mano. 
Il cuore cominciò a martellarmi nel petto, iniziando una corsa impazzita verso una meta sconosciuta ed ebbi quasi paura che potesse rendersene conto, il respirò si mozzò in gola e mi maledissi per tutte quelle ansie che mi stavano assalendo in quel preciso istante, urlando mentalmente al mio cuore e allo strano tremolio che avevano assunto le mie gambe di smetterla. 
Charlotte annuì e io, lentamente mi alzai e, non afferrando la mano del ragazzo dagli occhi celesti, dato che non potevo permettermi di mostrargli la felicità che mi era scoppiata dentro all'udire della sua voce e gli feci segno di camminare e portarmi dove voleva che lo seguissi. 
Raggiungemmo una panchina poco distante dal bar in cui io e Charlotte avevamo deciso di trascorrere la nostra pausa shopping sfrenato e ci sedemmo. Potevo giurare di aver visto Charlotte allungare il collo per vedere che cosa stessimo combinando io e il ragazzo al mio fianco. Mi venne da ridere ma trattenni lo stimolo.
In un certo senso io ero arrabbiata con Louis: non mi aveva fatto gli auguri per il mio diciannovesimo compleanno. 
O forse non ancora. 
Così «Allora?» dissi freddamente, puntando i miei occhi nei suoi. 
Tirò dalla tasca posteriore dei suoi jeans blu scuro con tanto di risvolto alle caviglie un pacchettino e «Buon compleanno» esclamò, facendomi pentire immediatamente del tono che avevo usato pochi secondi prima nei suoi confronti. Rimasi per un attimo con la bocca leggermente spalancata prima di sorridergli, sussurrare un flebile «Grazie» e afferrare il pacchetto: lo aprii e ne uscì una collanina d'argento semplice con il segno dell'infinito. 
Non dissi nulla. 
Non sapevo cosa dirgli. 
Perché? Perché mi evitava e poi faceva una cosa del genere? Perché per settimane intere aveva fatto finta che non esistessi e ora invece era lì in tutta la sua bellezza a sorridermi? Perchè proprio il segno dell'infinito poi?

«Noi siamo come l'infinito, vero Em?» 
Aveva chiesto, dopo uno dei nostri tanti, piccoli e insensati battibecchi che ci ritrovavamo ad affrontare continuamente nell'ultimo periodo. Che poi più che una domanda che aspetta una risposta, era quasi un'affermazione, una domanda retorica, perchè lui lo sapeva che era così e non si sarebbe mai aspettato una risposta che, prontamente, gli diedi; «Sì» avevo sussurrato abbassando lo sguardo sulle mie converse bianche sporche di terriccio. 


Ricordavo benissimo quel pomeriggio di un paio d'anni prima. Possibile che lo ricordasse anche lui? 
Mentre il mio cervello stava andando in corto circuito, «Scusa» borbottò puntando i suoi occhi nei miei, facendo spalancare i miei occhi ancora di più e facendo sì che la mia gola si seccasse come un deserto arido. 
Mi aveva messo davvero in difficoltà.
Senza rendermi nemmeno conto delle mie stesse azioni, gli saltai al collo e lo abbracciai così forte che, quasi, non respirava. Le lacrime iniziarono a cadere dai miei occhi come un fiume in piena e «Hey, hey..» sentii pronunciare dalle sua labbra, con la sua voce calda, ma non potevo farci niente, non ne volevano proprio sapere di fermarsi.
«Ti prego non piangere Em altrimenti piango anche io» continuava a parlare, con la voce che mi sembrò tremare, mentre mi stringevo forte a lui e gli mostravo tutto il dolore che avevo provato in quei lunghi mesi della sua assenza nella mia vita. Continuò a consolarmi picchiettando ripetutamente la sua mano sulla mia schiena, accarezzandola quasi, trasformando il tutto in un gesto così delicato e dolce. Avevo aspettato quella rappacificazione per così tanto tempo che ora che mi trovavo ad affrontare la situazione non mi sembrava nemmeno reale.
«Questo..» iniziai, liberandomi appena dal suo abbraccio e asciugandomi gli occhi, «Questo è il miglior regalo che potessi farmi» finii, abbracciandolo nuovamente e sentendo la sua risata vibrare nel suo petto. E fu davvero il più bel regalo di sempre. Il mio migliore amico era lì ad abbracciarmi, il giorno del mio compleanno, ad accarezzarmi i capelli e a sussurrarmi di smetterla di piangere. 
Ma quelle erano lacrime di felicità. 
Ora mi sentivo completa: avevo un fidanzato bellissimo e dolcissimo, un'amica che un tempo non credevo così amica, una bella famiglia e, finalmente, il mio migliore amico era ritornato.
Cosa potevo desiderare di più? Nulla. 
Ero così felice. 



Dopo essere restato in compagnia mia e di Charlotte, Louis andò via dicendo di dover tornare a casa, cosa che imitammo anche io e la ragazza dopo aver girato per qualche altro negozio. Avevo un sorriso a trentadue denti stampato in faccia da ore. 
Tornai a casa e incredibilmente mancavano solo un paio d'ore al mio incontro con il ragazzo dalla pelle olivastra, così decisi di preparare già la borsa per quel pomeriggio e di stendermi sul letto, ripensando a quello che era successo con Louis. 
Sarebbe stato davvero tutto come prima? 
Mi concessi giusto una mezz'oretta di relax prima di buttarmi sotto il getto caldo della doccia. 
Quando Zayn passò a prendermi e gli chiesi il perché di quel messaggio, mi disse semplicemente che avremmo passato la notte fuori, io e lui, e che il resto era una sorpresa. 
E io che pensavo fosse annoiato quando gli avevo chiesto consiglio per i festeggiamenti riguardanti il mio compleanno: quel grande stronzo chissà che piani aveva in mente. Viaggiammo per circa due ore con quella moto e si gelava. Dicembre non è esattamente il mese, il periodo dell'anno consigliato per viaggiare in moto. 
Quando percepii l'odore del mare giungere alle mie narici, aprii gli occhi che avevo chiuso per il troppo freddo e la troppa velocità che stava prendendo quel deficiente del mio ragazzo, e mi resi conto che stavamo passando vicino alla costa. 
Spuntò un sorriso sul mio volto e strinsi di più quel corpo gracilino eppure così forte quando voleva, del moro. 
Dopo poco svoltò in una stretta stradina sulla destra, che scendeva più giù, avvicinandosi alla spiaggia fredda, deserta e color grano, parcheggiando la moto fuori all'unica casetta completamente in legno che si trovava da quelle parti o almeno nel raggio di qualche chilometro. 
«Cos'è questo posto, Zay?» dissi scendendo dal mezzo, slacciando il casco e osservando tutto intorno a noi. 
«È la casa al mare dei miei» disse aggiungendo «A te che sembra?» ridacchiando e, arrivato fuori al portico, infilò la chiave nella toppa e aprì la porta, «Dai entra, fa freddissimo» concluse passandosi le mani sulle proprio braccia: faceva freddo davvero.
Lo seguii all'interno della casa: era ben arredata, con diverse stanze, un piccolo caminetto e aveva tutta l'aria di una baita dei nonni. Profumava di vaniglia e mare lì dentro.
Posai il mio zaino a terra e mi tuffai sul divano accanto al camino, «Dio Zay, ma è bellissimo!» esclamai togliendomi le scarpe e sorridendo al ragazzo che nel frattempo si era avvicinato e «Buon compleanno amore» aveva detto, stampandomi un bacio leggero e caldo sulle labbra. Non gli permisi di allontanarsi dato che me lo tirai praticamente addosso per approfondire di più quel bacio e per sentire il suo sapore, il suo odore e il suo corpo al meglio su di me. 
Rimanemmo così, a coccolarci, tra un bacio e una carezza, per un bel po' prima che il mio stomaco iniziasse a brontolare. 
Il ragazzo dagli occhi color cioccolato preparò una cena con i fiocchi: spaghetti all'italiana e pollo con le patate. 
Si era dato da fare anche per la spesa, che carino. 
Ok, ci mise un bel po' a preparare il tutto, dato che nell'attesa mangiai un bel po' di pane.. Ma almeno lo fece e sembrò metterci tutto l'impegno e l'amore che possedesse. 
Mai nessuno aveva cucinato per me. Mi fece sentire preziosa, lusingata, amata. 
Fuori faceva freddo davvero e il fuoco emanato dal camino acceso non riscaldava abbastanza. 
Dopo cena così, tra un bacio e l'altro, io e Zayn trovammo un modo molto più piacevole per riscaldarci, accanto al camino, sul tappeto a forma di orso marrone: unimmo i nostri corpi in uno solo, un'unica anima e una sensazione di piacere immensa. 



Quando riaprii gli occhi il fuoco era spento, anche se il carbone era ancora abbastanza caldo da rendere l'atmosfera lì dentro piacevole. 
La sera prima, Zayn aveva ricoperto i nostri corpi nudi con una coperta di flanella e ci eravamo addormentati abbracciati, con la sensazione di piacere ancora incollata addosso, i nostri profumi a mischiarsi e con il calore del fuoco alle nostre spalle. 
Osservai per un po' il viso del ragazzo e non potei fare a meno di pensare che anche da dormiente era uno spettacolo della natura: le labbra carnose abbastanza da rendere ogni bacio dolce e passionale, le palpebre chiuse lo rendevano ancora più dolce di quanto già normalmente lo era e quei tratti orientali che gli appartenevano erano bellissimi. Non credo che esistano parole per descrivere la bellezza di quel ragazzo. 
Presi a sfioragli il volto con le dita, a sentire sotto i polpastrelli la barba rasata, sul punto di spuntare di nuovo, ruvida ma pur sempre morbida. I capelli corvini scombinati e quel ciuffo che tanto mi piaceva toccare, appiattito sulla sua fronte. 
Era troppo bello per essere vero e per essere mio, soprattutto. 
Mi alzai e infilandomi le mutandine e il maglione largo che avevo indossato la sera prima, uscii fuori sul portico che affacciava direttamente sulla spiaggia deserta, osservando quel luogo di pace in cui mi ritrovavo: il cielo era grigio, le nuvole non sarebbero rimaste così tranquille per molto tempo ancora e il mare era agitato, quasi arrabbiato e faceva del tutto a cazzotti con il mio umore. 
L'atmosfera sembrava triste ma era così tranquilla, silenziosa e pacata. 
Sentii la porta cigolare e subito dopo qualcuno mi abbracciò da dietro, «Ciao amore» sussurrò al mio orecchio quel qualcuno che era entrato in punta di piedi nella mia vita e l'aveva praticamente stravolta, diventando la persona più importante per me. Mi voltai sorridendogli e «Ciao a te amore» sussurrai allo stesso modo, lasciandogli un bacio casto su quelle morbide labbra che si ritrovava. Mi sorrise in un modo così dolce che quasi credetti di sciogliermi lì, davanti a lui, con tutto il freddo che faceva. 
«Si gela qui fuori» aveva detto, stringendomi più forte e io, in tutta risposta, avevo riso.
«Ho un'ultima cosa da darti» affermò poi sorridendo e «Ancora? Tu sei pazzo!» esclamai, scoppiando a ridere. 
Perché faceva tutto quello per me? Cosa avevo fatto io per meritarmi quella persona? Cosa avevo fatto io per meritarmi tutto quell'amore?

Hai sofferto fin troppo per amore negli anni passati, Emily.

Entrò dentro e tornò dopo pochi secondi con un pacchetto tra la mani con la scritta 'Pandora' sulla piccola bustina. 
Capii tutto e «Tu sei pazzo!» esclamai ancora una volta, sconvolta e scoppiando a ridere, portando le mani sul mio viso. «Ma è un giorno speciale!» si era difeso lui mentre mi porgeva il pacchetto.
La Torre Eiffel in miniatura era contenuta in quella piccola scatola e non potevo crederci: l'aveva comprata apposta per me; si era ricordato di quando mi ero soffermata ad osservare il negozio qualche settimana prima e gliel'avevo indicata, mentre giravamo per la cittadina di Doncaster. 
«Per ora non posso portarti a Parigi» disse guardandomi negli occhi con quei suoi occhi color cioccolato colmi di dolcezza e un pizzico di rimorso. Rimorso dovuto al fatto che non mi avesse regalato un biglietto aereo per la città dell'amore? Parigi poteva anche andare a farsi fottere per quanto mi riguardava perché io, in quel momento, possedevo e amavo la persona più bella che avessi mai avuto la fortuna di incontrare. 
E la cosa più bella ancora era che quella persona ricambiava il mio amore. 
Gli saltai al collo «Non mi interessa di Parigi» quasi urlai e iniziai a riempire il suo viso di baci. 
Scoppiò a ridere e «Prima o più ti ci porto, te lo prometto» aveva affermato, più convinto che mai e io non potei fare a meno di arrossire e far spuntare sul mio viso un sorriso così luminoso che sarebbe stato capace di illuminare quella giornata così fredda e grigia. 
Quel ragazzo era tutto ciò di più significativo nella mia vita. 
Non potevo immaginare di vivere senza di lui. 
Insomma, la mia vita prima non era un granché: tra scuola, famiglia che continuamente rompeva le palle e una cotta stratosferica per il mio migliore amico che non se ne era mai reso conto e che coglieva ogni occasione per raccontarmi delle sue 'scappatelle' con qualche ragazzina follemente innamorata di lui e che, dopo qualche giorno, abbandonava come quasi fosse un oggetto di cui si ha poco interesse. 
Ora invece, beh: ero stracolma di felicità, sempre. Ogni qual volta la testa del moro faceva capolino nella mia stanza, nel corridoio o nella mensa scolastica.












HOLAAAAAAAAAAAA CHIKAAAAASSSSS! (?)
Non so se si scrive realmente così in spagnolo, ma comunque non mi interessa.. Ho aggiornato!
Siete felici veeeeeeero? Sì, che lo siete! U.U
Che dite Emily è un po' troppo fortunata? Insomma questo compleanno è stato perfetto nel vero senso della parola!
Ha finalmente fatto pace col suo migliore amico, anche se.. chissà; inoltre ha un fidanzato perfetto e super sexy che le ha preparato una sorpresa coi fiocchi!
Voi sciocche che credevate che il nostro Zayn si fosse già stancato della dolcissima Emily! Non sono sadica? HAHAHAHHAHAH
Beh, non so voi.. ma io ultimamente sono in fissa malamente con questo moretto e vedere le foto dei ragazzi ogni giorno, dopo i concerti, mi riempe di felicità!
Mi erano mancati così tanto i miei bimbi! aksjwh
Che poi tanto bimbi non sono! Cazzo, ma avete visto quanto si sono fatti boni? Sì, lo sono sempre stati.. ma porca troia, fanno uscire proprio il mio lato selvaggio! HAHAHHAHA
Comuuuuunque, devo abbandonarvi perchè devo ripetere fisica DDD:
Vi chiederete 'A quest'ora?' Beh, sì perchè sono una pazza che ha preferito passare il pomeriggio a cazzeggiare in giro piuttosto che ripetere: CAPRA! Sono una capra! *si dispera*
Ok.. sto degenerando HAHAHAHAH
Ci sentiamo alla prossima cuccioleeeeeee!
Grazie per tutto: per recensire e anche per semplicemente leggere ogni volta questa cacchetta di fanfiction!
BYEEEEE!

miriisupertramp

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Capitolo 15
*** - Situations. ***





               


                 - Situations.











Le vacanze di Natale sembrano sempre non terminare più e poi, quando si avvicina il tempo del ritorno a scuola, sembrano invece sempre durare troppo poco. Dopo il mio compleanno le cose avevano iniziato ad andare decisamente meglio: tutti i pezzi sembravano star tornando al loro posto.
Zayn continuava ad incarnare il ruolo del fidanzato perfetto: sempre pronto a scarrozzarmi in giro, avanti e indietro; sempre pronto a consolarmi e a ripetermi di essere bellissima se magari un giorno mi svegliavo e ritenevo di essere un cesso ambulante; sempre al mio fianco. A volte mi ritrovavo a pensare che fosse un tantino pesante, ma l'attimo dopo quel pensiero spariva dalla mia testa perché ancora mi chiedevo cosa avessi mai fatto di tanto speciale per meritare una persona del genere. Durante i primi tempi che avevamo iniziato a frequentarci, non mi sarei mai aspettata di trovarmi affianco una persona così disponibile e così dannatamente dolce. Insomma, a primo impatto, per il suo modo di vestire e di approdarsi con le persone, addirittura per il solo motivo di possedere una Yamaha YZF completamente nera, chiunque avrebbe pensato che il tipo fosse uno poco di buono. E invece.. l'apparenza inganna alla grande! Alle volte se ne usciva fuori con quelle battutine squallide che solitamente si leggono sui social network come «Perché un gobbo non può fare l'avvocato?» e l'attimo dopo mi ritrovavo a ridere come una deficiente, accompagnata ovviamente dal ragazzo. Altre volte invece, quando ad esempio eravamo da soli in camera, accendeva lo stereo e iniziava a ballare e a sculettare in modo assolutamente goffo e scoordinato quel culetto che si ritrovava.
Se dovessi tracciare il suo profilo a livello caratteriale, direi che era dolce, simpatico, assolutamente buffo e costantemente presente.
Louis, invece, aveva ripreso a venirmi a trovare a casa durante il pomeriggio, accompagnato dai suoi muffin al cioccolato. Ovviamente non si presentava a casa mia tutti giorni come faceva una volta, dato che comunque il rapporto, che lo volessimo o no, era cambiato ed entrambi ne eravamo consapevoli; ma almeno lo faceva. E ciò mi faceva capire che bene o male, ci tenesse ancora a me e, in un modo o nell'altro, stava cercando di riparare all'errore commesso mesi prima. Di conseguenza, non potevo far altro che apprezzare quel suo modo di comportarsi, d'altronde mi era mancato e poter vedere la sua testolina gironzolare per casa, con però meno confidenza di prima, mi rendeva felice.
Mi ascoltava quando gli raccontavo del moro e io l'ascoltavo quando si lamentava del fatto che tutte le ragazze fossero completamente uguali: maschere di trucco a colorarle il viso, tacchi esageratamente alti e tutte già pronte per aprire le gambe. Riuscivo quasi a cogliere la tristezza nel suo raccontare quanto poco gli era bastato per entrare nelle mutande di una delle tante, oltre al disprezzo che non aveva timore di mostrare. In quei casi, rimanevo per la maggior parte del tempo in silenzio, lasciando che si sfogasse, pronunciando al massimo un «Già», oppure lo guardavo e gli sorridevo appena, percependo quasi un imbarazzo improvviso che si era impadronito delle sue emozioni per qualche istante, e non riuscendo a capire il perché. Mi ero mentalmente data della stupida per aver solo pensato che quel ragazzo fosse in una imbarazzo per colpa mia.
 
Quel pomeriggio mi ritrovai stranamente da sola, dato che Zayn era agli allenamenti della squadra di calcio e di regola anche Louis era lì; Charlotte era bloccata in casa perché doveva badare al fratellino di soli due anni, e quindi io ero sola, nella mia stanzetta con il libro di biologia aperto davanti a me: come mio solito mi ero ridotta all'ultimo giorno prima delle fine delle vacanze natalizie sommersa di compiti per casa.
Mia madre e mia sorella erano andate a fare compagnia alla nonna a pochi isolati da casa e mio padre, beh.. Lui, per colpa del suo lavoro, era sempre in giro per il mondo: era ritornato solo per il cenone di Natale e per stappare la bottiglia di champagne scoccata la mezzanotte che aveva messo fine anche a quell'anno; era ripartito due giorni dopo, lasciandoci con la malinconia impressa addosso e la certezza che presto lo avremmo rivisto. Ormai eravamo abituate a vivere senza di lui.
Mentre mi allungavo sulla sedia girevole della mia scrivania per afferrare il quadernino di chimica sulla mensola, feci cadere anche un altro libro che, aprendosi, lasciò fuoriuscire la famosa bustina bianca che quel pomeriggio di mesi prima mi aveva reso la ragazza più felice della terra: il concerto dei Green Day. Mancava davvero poco ormai: all’incirca una settimana e il mio sogno si sarebbe avverato.
Anche di questo avevamo parlato io e Louis in uno dei nostri incontri pomeridiani.
Aveva pensato a tutto lui: saremmo andati con la sua auto e stesso la sera saremmo ritornati, dato che comunque il concerto si sarebbe tenuto in un edificio vicino alla cittadina di Doncaster. Semplice, no? Eppure avevo una fottuta paura. Paura che sarebbe potuto succedere una qualsiasi cazzata che avrebbe impedito al mio sogno di realizzarsi, come ad esempio l'ennesimo litigio. In realtà, più che del litigio, avevo quasi paura a viaggiare da sola con lui. Insomma, se ci sarebbero stati momenti imbarazzanti durante il viaggio? Come mi sarei dovuta comportare? Avevo la testa piena di pensieri, sembrava quasi che mi uscissero dalle orecchie, eppure non vedevo l'ora di vivere quell'esperienza.
Sorrisi aprendo la bustina bianca ed estraendo quel pezzo di carta giallo e promisi mentalmente a me stessa che niente avrebbe potuto rovinare quel progetto.
Chiusi il libro, constatando che per quel giorno avevo studiato fin troppo e, indossando le mie converse bianche, avevo deciso di andare a trovare Charlotte: un po' di tempo tra ragazze non fa mai male, giusto? Dopo circa venti minuti, mi ritrovai a bussare fuori alla sua porta mentre il cielo grigio iniziava a buttare giù un po' di pioggia: ultimamente pioveva davvero tanto. Ok che era inverno, ma.. Che diamine!
Mi aprì una Charlotte isterica e anche un po' esausta che «Micheal smettila!» urlava raccogliendo una pallina che le era finita dietro la schiena per poi «Oh, Emily! Ciao!» esclamare voltandosi verso di me, quasi sorpresa dalla mia presenza, con un sorriso ad incorniciarle il volto.
«Come procede?» sghignazzai entrando in casa e, togliendomi il cappotto, notai quanto disordine ci fosse in quel salotto: giocattoli sul divano, per terra e sul tavolino di vetro al centro della stanza un biberon pieno a metà di latte, un piatto sporco di quella schifezza che fanno mangiare ai bambini e per finire patatine sparse a terra, sul divano e ancora contenute nella busta. Che macello!
Charlotte sbuffò e «Ti prego non far caso al disordine!» disse iniziando a raccogliere i vari giocattoli e a buttarli nella cesta posta vicino al divano. Sorrisi e mi avvicinai al piccolo «Ciao bellissimo!» esclamai con la voce di una deficiente, prendendolo in braccio e sedendomi sul divano. Quello di tutta risposta mi sorrise mostrando i dentini da poco spuntati. Era così paffuto!
«Allora» iniziò Charlotte per poi «A cosa devo questa tua visita?» chiedere, prima di sedersi accanto a me con poca femminilità e decisamente esausta. Sollevai lo sguardo dal piccolo e «Non posso venire a trovare la mia bellissima amica?» domandai, sfoggiando il mio sorriso.
Mi diede un colpo dietro alla nuca e «Hai studiato piuttosto?» chiese, facendo comparire un broncio sul suo viso.
«Abbastanza» confessai scoppiando a ridere, seguita a ruota anche dalla ragazza.
Parlottammo di cazzate varie per un bel po', con Micheal che aveva iniziato a gironzolare per il salotto giocando con dinosauri e macchinine varie. Mi raccontò di essere stata ad una festa qualche sera prima, insieme al biondo, a casa di un certo Harry Styles, trasferitosi da poco a Doncaster.
Ma quello era per caso l'anno in cui tutti avevano magicamente deciso di trasferirsi nella mia cittadina? No, perché non c'era niente di speciale nè di interessante da vedere in quel posto.
Sorrisi quando mi disse di essersi ubriacata malamente per colpa dell'irlandese che continuava a dirle «Bevi con me, dai!» con la differenza che lui l'alcool lo reggeva parecchio bene, mentre a lei bastava poco più di un goccio per farla uscire di testa.
«C'era anche Louis» disse poi di botto, facendosi improvvisamente seria, in un attimo di silenzio e io feci spallucce come per farle capire che non mi interessava più di tanto come una volta. Ma ovviamente sapeva quanto ero stata male in quei mesi di assenza del ragazzo, dato che era stata lei quella che per la maggior parte del tempo mi aveva ascoltata, mi aveva beccata a piangere nel bagno della scuola e a lamentarmi del fatto di quanto quel ragazzo mi mancasse, e così roteò gli occhi e «È cambiato un sacco sai?» continuò, come per mettermi al corrente di qualcosa che necessitavo di sapere.
«Ah si?» chiesi di rimando, improvvisamente curiosa di sapere il perché di quell'affermazione. Lei annuì e «Non ha toccato alcool per l'intera serata, tranne per una birra» iniziò per poi «E l'ho visto rifiutare ben due ragazze che avevano tutto, tranne che l'aria di due santarelline» finì portandosi alla bocca due patatine. «Perché mi stai dicendo queste cose?» domandai irritata.
Che dovevo fare io se aveva rifiutato una scopata o se improvvisamente aveva deciso di non ubriacarsi? Fino a prova contraria, io non dovevo immischiarmi: la vita era la sua. E poi, quando avevamo litigato, era stato chiaro: non erano affari miei le sue scelte nella sua vita sentimentale. Forse sbagliavo a reagire così ma per quanto gli volessi bene e per quanto stavamo cercando di recuperare il rapporto, io le sue parole non avrei potuto dimenticarle così facilmente. Non sarebbe di certo bastato uno 'scusa' o un'espressione dispiaciuta sul suo volto. Le parole rimangono impresse nella mente, sempre.
Charlotte alzò un sopracciglio sorpresa e «Dico che non è da Louis!» quasi urlò, facendo comparire sul suo volto il cipiglio tipico di chi sospetta qualcosa, ma cosa non saprei. Sospirai e «Beh, non è affar mio comunque!» affermai con un sorriso fintissimo dipinto sul volto.
«La settimana prossima andrete ad un concerto insieme, giusto?» chiese ed io annuii, lasciandola continuare con «Allora secondo me dovresti parlarci».
Ma parlare di che?
 
Quando tornai a casa quella sera, pensai molto alle parole di Charlotte. Possibile che Louis stesse attraversando un qualche brutto periodo tale da farlo cambiare completamente? Tutte le volte che eravamo andati insieme alle feste si era sempre dato da fare sia con l'alcool che con le tipe e, anche se era responsabile come persona, anzi probabilmente era la persona più responsabile che conoscessi, quando si trovava in situazioni del genere si lasciava tutto alle spalle e si dedicava solo ed esclusivamente al divertimento. Avevo notato anche io qualcosa di diverso in lui quando aveva ricominciato a venire a trovarmi a casa nel pomeriggio, soprattutto la tristezza che si celava in quegli occhi azzurro mare ma che cercava in ogni caso di nascondere con dei sorrisi enormi, eppure non mi ero mai domandata il perché. Non mi ero mai realmente preoccupata più di tanto del perché fosse diventato improvvisamente così. Forse, da un lato, non volevo nemmeno accettare il fatto che probabilmente aveva bisogno soltanto di qualcuno che lo ascoltasse e, magari, lo comprendesse. E dall'altro lato, forse, ero stata io ad essere fin troppo cieca e fin troppo egoista nei suoi riguardi da non capire che avesse bisogno d'aiuto: che diavolo gli stava succedendo?
I miei pensieri furono interrotti dalla suoneria del mio cellulare che, prontamente, afferrai e «Pronto?» dissi, senza neanche vedere chi fosse il mittente della telefonata troppo stanca e troppo preoccupata ma, mi scordai di tutto quando «Ciao bellissima» aveva pronunciato l'interlocutore con quella voce così calda e allo stesso tempo così dannatamente sexy: Zayn. Mi era mancato davvero molto quel giorno. Ormai vivevo in sincronia con lui: facevamo tutto insieme. Il nostro poteva sembrare un rapporto morboso, ma vi assicuro che mi faceva stare così bene. Quando lui c'era mi sentivo al settimo cielo.
Sorrisi immaginando il suo viso dall'altro capo del telefono e «Mi sei mancato» dissi, pentendomi immediatamente della velocità e della dolcezza con cui avevo pronunciato quelle parole. È vero che sapeva quanto fosse importante per me e quanto fossi presa dal nostro rapporto, però mi imbarazzava sempre un po' esternare ciò che provavo nei suoi riguardi. La sua risata calda mi giunse alle orecchie accompagnata da un «Anche tu piccola» sussurrato dolcemente. Fui pervasa da brividi e arrossii senza rendermene nemmeno conto, cadendo ancor di più nell'imbarazzo convinta del fatto che potesse vedermi arrossire. «Com'è andato l'allenamento?» chiesi cambiando argomento velocemente, prima che potessi sentirmi ancor di più in imbarazzo.
Lo sentii ridere leggermente prima di «Bene! Tu piuttosto.. hai studiato?» esclamare ridendo e coinvolgendo pure me nella sua risata. «Sì» esclamai, con la voce quasi di chi si sente punto nell’orgoglio, ma continuando a ridacchiare.
«Brava piccola» disse prima di sospirare e «Sai il mister ha detto che verranno i rappresentanti dell'università di Columbus per osservarci giocare» conludere. Sembrava fosse improvvisamente spento.
«E non sei felice?» chiesi, iniziando a pensare negativamente a quello che sarebbe potuto diventare a breve il suo futuro. Mille pensieri cominciarono a frullarmi per la testa e nessuno di questi era positivo.
«Certo che lo sono, ma se dovessero darmi una borsa di studio..» lo interruppi con un «Che intendi?» improvvisamente preoccupato: i miei pensieri stavano prendendo forma.
«Beh, se dovessero scegliermi dovrei trasferirmi lì» disse velocemente e per un attimo sperai di aver capito male. Mi mancò il fiato al solo pensiero di dover vivere lontano da lui. Immaginare un futuro senza lui: non ci avevo mai pensato, eppure non mi piaceva per niente l'idea. Forse esageravo ed ero stupida a pensare che saremmo rimasti insieme per sempre, ma in quel momento, in quel periodo era così. Non riuscivo ad immaginarmi senza quel ragazzo dalla pelle olivastra e gli occhi a mandorla accanto. Eppure era infinitamente stupido da parte mia reagire così dato che la nostra non era una di quelle relazioni storiche, bensì erano appena pochi mesi. Mi sentii così egoista a pensare che non sarebbe stato giusto nè corretto nei miei riguardi allontanarsi da me per cercare di vivere un sogno, però non riuscivo a trovarne il lato positivo. Allo stesso tempo però non dovevo assolutamente impedirgli di realizzare il suo sogno di giocare da professionista. Infatti era proprio quello il suo sogno: riuscire un giorno ad entrare in una qualche famosa squadra di calcio e diventare come un Ronaldo o un Messi.
«Sarebbe fantastico Zay» pronunciai con la voce e il petto tremanti. Quella borsa di studio rappresentava una possibilità su un milione di riuscire a farcela e non sarei di certo stata io a impedirgli di farlo. Avrei sempre approvato le sue scelte finchè queste gli avessero recato felicità.
E comunque nulla era certo. Niente era ancora accaduto e io, in quel momento, volevo solo godermi la sua presenza.
Non potevo vederlo, ma potei percepire il suo sorriso sulle labbra e un peso in meno sul petto.

 
 
 







HAAAAAAAAAAALOOOOOAAAAAA!
Sono viva, sono viva!
Come al solito non ho mantenuto la parola e ho aggiornato dopo un secolo!
Purtroppo con la chiusura del quadrimestre e, finalmente, anche di questo lunghissimo e noiosissimo anno scolastico, non ho molto tempo per pensare a scrivere: interrogazioni e compiti mi escono anche dalle orecchie!
Vabbè ma comunque non sono qui per annoiarmi con il mio stress da liceale! Lol
Piuttosto.. Cosa ne pensate?
Credo abbiate capito che questo può essere considerato come una sottospecie di capitolo di passaggio perché.. è quello che è! HAHAHAHAH
Alloooora, innanzitutto ho pensato che inserire una conversazione con Charlotte si stata una buona scelta, dato che si mettono in scena nuove situazioni e nuovi atteggiamenti da parte dei nostri carissimi personaggi! Come avrete visto il nostro LouLou è parecchio giù di morale e sta attraversando un brutto periodo.. Ma perché? Ah eh.. Bho! HAHAHAHAHA
Io sono innamorata del personaggio di Zayn: voglio anche io un fidanzato così.
Che poi.. pensandoci.. Emily rispecchia me in questo momento: ricoperta dai libri! HAHAHAHAHAHHA
Me ne vado ja .. Fatemi sapere cosa ne pensate! E' importante per me!
Alla prossima!
 
miriisupertramp
 

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Capitolo 16
*** - So close but so far apart. ***






so close but so far apart.
















Dopo esattamente otto giorni, alle quattro del mattino, mi ritrovai nuovamente nella mia cameretta con una bellissima ed enorme borsa aperta sul mio letto con vestiti sparsi dappertutto, ancora indecisa su cosa indossare per quello stramaledettissimo concerto che si sarebbe tenuto qualche ora più tardi, che avevo desiderato per così tanto e che finalmente era giunto a realizzarsi. Avevo l'aspetto di una psicopatica in crisi con i capelli raccolti in una cipolla disordinata, una canotta lunga fino al ginocchio che fungeva da pigiama e il cervello che sembrava essere attraversato da una mandria di tori impazziti. In poche parole: non stavo capendo un cazzo. In meno di mezz'ora Louis sarebbe passato a prendermi e il solo pensiero di dover affrontare l'intera situazione con lui, da sola, senza le dolci parole di Zayn che mi rassicuravano sul dover mantenere la calma ogni qual volta perdessi il controllo di una qualsiasi situazione, ancora in pigiama e senza la più pallida idea di cosa avrei indossato, stavo andando in panico.
Presa da una sensazione di timore e sconforto, afferrai il cellulare e, senza preoccuparmi dell'orario, telefonai all'unica persona in grado di trasmettermi sicurezza con il solo suono della voce: Zayn. Quando ero ormai al quinto squillo e non avevo ancora ricevuto risposta e stavo praticamente per piangere dallo sconforto, udii la sua voce calda e assonnata
«Piccola» sussurrare e il mio cuore perse qualche battito.
«Non posso andarci»
 dissi di colpo, sbuffando leggermente e sedendomi a gambe incrociate sul letto, iniziando ad attorcigliare un lembo di lenzuolo intorno al mio dito. Lo sentii sospirare prima di «Non essere stupida» esclamare, schiarendosi la voce: lo immaginai mentre si metteva più comodo nel letto, ormai sveglio per colpa mia. Per l'intera settimana lo avevo assillato con le mie paure e le mie domande stupide su quanto all'ottanta percento il discorso che avrei provato a far nascere col castano sarebbe rovinosamente precipitato per il trovarsi continuamente in una situazione di totale imbarazzo.
Il moro mi aveva ascoltata e mi aveva detto che era normale da parte mia reagire così dopo tutto quello che era successo con Louis, e anche se sapevo che in fondo un poco lo odiava perché ancora non riusciva a dimenticare le parole cattive che mi aveva rivolto mesi prima, era rimasto in silenzio ad ascoltare i miei lamenti e a consolarmi come meglio poteva. Non volevo sembrare ancora una volta una bambina capricciosa ai suoi occhi così mi limitai a sbuffare e a rimanere in silenzio. Silenzio che venne poi rotto dall'ennesimo sbuffo di Zayn che
«Ascoltami piccola» iniziò schiarendosi la gola, per poi «Vai tranquilla, divertiti. Goditi queste ore perchè è uno dei tuoi desideri e si sta per avverare. Lascia perdere Louis, pensa solo a divertiti. Verrei con te, ma non posso. Però quando tornerai, sarò pronto ad ascoltare tutto ciò che hai da dirmi, nei minimi dettagli». Un sorriso si dipinse sul mio volto e cominciai a mordermi il labbro inferiore al solo pensiero di averlo svegliato per una stupidaggine, per una mia paranoia stupida e da deficienti che mi stava solo facendo perdere tempo e mi stava intossicando un'esperienza che avrei dovuto ricordare nel tempo come una delle più belle della mia vita. Per un attimo mi sentii anche particolarmente egoista e mi maledissi mentalmente per aver dato di matto per un qualcosa che non era nemmeno successo, se non nella mia testa, davanti al mio ragazzo. Solo in quel momento mi resi conto che probabilmente avevo esagerato e che probabilmente adesso poteva pensare che io, infondo, amassi Louis fin troppo e questo avrebbe potuto portarlo ad allontanarsi da me. Quel pensiero cominciò a torturarmi i pensieri e «Scusa Zay» dissi in un soffio, sentendomi appena sollevata solo quando questo «Lo sai che ci sono sempre» affermò, facendomi arrossire e permettendo al mio cuore di riprendere quella corsa che aveva iniziato quando aveva risposto al telefono con la voce assonnata.
Era così bello.
Ed era mio.
Così come io ero sua.
Lasciai che tornasse a dormire e in fretta e furia mi buttai sotto la doccia perché ormai avevo davvero poco tempo. Paranoie del cazzo. Quando finalmente infilai le mie adorate Dr. Martens al piede, il ragazzo dagli occhi celesti bussò al campanello di casa. Raccolsi le ultime cose, infilandole velocemente in borsa quasi a casaccio e mi precipitai giù dalle scale, sempre dopo aver lasciato un bacio a mamma appena sveglia.


Eravamo in macchina da almeno quaranta minuti e il discorso ancora non era precipitato: stupida Emily. Louis aveva iniziato a parlare di vecchie esperienze che avevamo vissuto insieme, la maggior parte delle quali erano pure abbastanza ridicole ed imbarazzanti. Non so come e non il perché ma se ne era uscito fuori con una situazione imbarazzante al massimo per me è divertentissima per lui che avevamo affrontato tipo tre anni prima. In pratica Louis aveva assistito alla mia caduta stratosferica causata da una stupidissima buccia di banana nel bel mezzo del cortile della scuola, durante l'ora di pranzo: tutti si erano girati per guardare la ragazzina e per sbellicarsi dalle risate. Ricordavo ancora benissimo l'espressione che aveva assunto il volto di Louis, al mio fianco e con il vassoio tra le mani, che anzicché aiutarmi aveva preferito piegarsi dalle risate mentre io continuavo ad esclamare «Aiutami per favore», ripulendomi dalla pasta che mi era finita sul petto. Volevo morire dalla vergogna. Intanto ricordare quell'esperienza aveva fatto ridere entrambi per un bel po' durante il viaggio.
Da quando avevo messo piede nella sua auto, più pulita del solito, il sorriso era come incollato sulle nostre labbra. Eravamo eccitati all'idea di vedere dal vivo il nostro gruppo preferito: era da quando avevamo iniziato ad ascoltarli che ci ripetevamo
«Un giorno li ascolteremo dal vivo» e così era stato. Io, personalmente, ancora non me ne facevo capace di tutta la situazione e probabilmente anche Louis la pensava come me: troppa euforia, troppa felicità e troppa agitazione. Alla fine avevo optato per una gonna nera corta e una maglietta con il logo dei Green Day stampato sopra. E mi piaceva come stavo. Dopotutto sarei stata in una fottuta arena e avrei sudato parecchio probabilmente, quindi sti cazzi quello che avevo addosso.
Mancava poco all'arrivo sul posto dove si sarebbe tenuto il concerto e proprio per questo ci fermammo alla prima area di servizio, se tale si poteva chiamare quella specie di locale che puzzava un po' troppo di cacca di mucca e di fattoria, perché entrambi avevamo urgente bisogno di usare il bagno: pipì.
Le mie paranoie, in tutto ciò, erano sparite e mi ero ritrovata a ridere e scherzare proprio come i vecchi tempi con quello che consideravo sempre e comunque il mio migliore amico. Il tutto anche grazie a Zayn e alla sua voce e alla sua presenza: era riuscito a tranquillizzarmi con le sole parole e non potevo che ringraziarlo mentalmente.
Mentre aspettavo Louis, appoggiata alla sua auto, perché a quanto pare era ancora in bagno, ne approfittai per fumarmi una sigaretta in santa pace. Al quarto o al quinto tiro, vidi la sua testolina castana sbucare dall'entrata del locale con un sorriso enorme sulle labbra e una busta tra le mani.
«Che hai comprato?» chiesi mentre il ragazzo si avvicinava sempre più alla sua auto e «Qualcosa da sgranocchiare durante la fila» rispose, mantenendo sempre il solito sorriso sornione. Stranamente non aveva commentato per nulla il fatto di avermi beccata con una sigaretta tra le dita, quando solitamente aveva sempre da ridire. Ma ora le cose erano diverse, giusto? Gli sorrisi di rimando e nuovamente ci ritrovammo sull'autostrada.
Improvvisamente mi ricordai del discorso di Charlotte e, un po' presa dalla curiosità e un po' dalla preoccupazione,
«Ultimamente sei diverso sai» soffiai, iniziando a guardare il paesaggio che si mostrava ai miei occhi: il sole stava sorgendo in quel momento e i colori del cielo erano davvero belli, da una parte c'era l'azzurro chiaro mischiato al giallo e all'arancione dei raggi solari, e dall'altro il blu notte che ancora incombeva sulle nostre teste. Lasciai che quel paesaggio attirasse la mia attenzione perché dopo la mia affermazione non avevo proprio il coraggio di guardare il ragazzo al mio fianco negli occhi. Però lo sentii sospirare prima di «Su cosa?» disse atono, mentre continuava a tenere lo sguardo sulla strada di fronte a sé. «Non lo so.. a volte ho come l'impressione di vederti spento..» dissi torturando la pelle della mia gamba e «Ho solo capito delle cose» ricevetti di tutta risposta. «Cioè?» chiesi, voltandomi di scatto verso di lui, improvvisamente preoccupata da quella che potrebbe essere diventata la sua risposta e improvvisamente consapevole del discorso che stavamo intraprendendo: mi stavo scavando, in un certo senso, la fossa da sola.
Mi guardò per un secondo, che bastò per farmi abbassare rapidamente lo sguardo e puntarlo sulle mie cosce scoperte per la gonna forse un po' corta, e
«Ho capito che ci sono delle cose più importanti di altre» disse ritornando con lo sguardo dove lo aveva prima.
Non dissi più nulla. Evidentemente non voleva andare oltre con il discorso e in parte lo capivo: purtroppo anche per me alcune cose risultavano troppo personali per potergliele confessare, avendo quasi vergogna.
In ogni caso riuscì a cambiare discorso a far tornare il sorriso sulle labbra di entrambi, dato che si era spento in quell'arco di tempo che era sembrato infinito, come se fosse bloccato.


Arrivammo all'arena poco più tardi e quello che ci trovammo davanti agli occhi ci lasciò con la bocca aperta, tanto che sembrava stesse per toccare il terreno: c'era una marea di gente all'esterno dell'edificio, già in fila da chissà quanto tempo, c'erano persone nelle tende, alcune al di fuori di queste, altre invece erano appena arrivate come noi e si affrettavano per raggiungere la fila, proprio come me e Louis. La cosa a dir poco spaventosa fu l'orario: se erano solo le otto del mattino e c'era tutta quella gente, cosa diavolo ci sarebbe stato all'apertura del concerto da parte dei gruppi di supporto?
Con un sorriso a trentadue denti, le mani che prudevano per l'ansia e il fiato corto, anche io e Louis ci unimmo a quelle persone e passarono davvero parecchie ore prima che riuscissimo ad entrare all'interno e a rimanere, per quanto fosse possibile, ancora più sbalorditi. Riuscimmo ad arrivare in quarta o quinta fila, grazie a Louis che mi aveva afferrata per mano e aveva corso più che poteva, scavalcando o strattonando senza interesse chiunque intralciasse il nostro cammino.
Il palco era di dimensioni stratosferiche con una passerella al centro lunga una decina di metri, c'erano luci colorate da tutte le parti e sul palco c'era già qualcuno che intratteneva il 'pubblico'. Mi guardai attorno e notai come man mano tutta l'arena si stava riempendo di persone: era una sensazione magnifica.
D'un tratto si spensero le luci e una voce ci diede il benvenuto con un
«Benvenuti alla SykeHouse Arena di Sheffield»: si dilaniò il delirio in tutto l'edificio e né io né Louis potemmo fare a meno di urlare e lasciare che le lacrime d'emozione bagnassero le nostre guance, insieme a tutta la folla.
Non immaginerete mai la felicità che scoppiò nel mio cuore quando vidi quei tre bellissimi uomini fare la loro entrata spettacolare, accompagnati da fuochi d'artificio e fumo a volontà e riuscirono a spaccare tutto nel vero senso della parola. La musica suonava così forte che quando tutto fu finito pensai di essermi drogata con qualcosa di pesante: la testa faceva male, la gola mi bruciava, sbandavo quando camminavo e non smettevo di ridere e cantare a squarciagola. Ma ero talmente felice e soddisfatta di quell'esperienza che non me ne importava.

«È stata l'esperienza più bella di tutta la mia vita» esclamai saltellando e raggiungendo finalmente l'auto che avevamo parcheggiato più in là, lontano dall'arena. «Peccato che è durata troppo poco» continuò Louis al mio posto, togliendomi così le parole da bocca.
Lo guardai per un attimo e notai le labbra sottili secche e screpolate, bisognose di acqua, gli occhi di un azzurro così liquido, sembravano persi, come se ancora non avessero metabolizzato tutto quello che era appena accaduto e i capelli. I capelli erano scombinati in un modo così strano: nemmeno a prima mattina gli diventavano così. Forse perché avevamo saltato, urlato e ballato per più di due ore e quello era il risultato. Non osavo immaginare i miei di capelli in che condizioni erano.
Annuii alla sua affermazione aggiungendo un
«Però è stato divertente» non potendo fare a meno di pensare che fosse bellissimo anche mentre concordava silenziosamente con me, anche in quello stato: sudaticcio, con la barba accennata, i capelli da psicopatico e un permanente isorriso mozzafiato sulle labbra.
Distolsi lo sguardo ed entrai in auto per non perdermi ancora una volta in quei maledettissimi occhi che si ritrovava: quelli erano in assoluto il mio tallone d'Achille, il mio punto debole, quello più delicato. Erano un tassello che avevo quasi dimenticato il potere che avessero su di me: bastava sfiorarlo per farlo ritornare a galla, quasi più forte di prima.
Senza rendermene nemmeno conto, mentre il ragazzo dagli occhi celesti e il sorriso sbarazzino sulle labbra guidava per le strade di campagna per raggiungere nuovamente l'autostrada e parlava di quanto si sentisse felice ed eccitato, ricordando ogni minimo dettaglio della serata, mi addormentai cullata dal suono della sua voce acuta e dal rumore del vento che picchiava sui finestrini dell'auto.


«Em! Emily!» mi sentii chiamare dolcemente da quella voce che conoscevo meglio delle mie tasche e piano piano riaprii gli occhi, rischiando quasi di affogare con la mia stessa saliva per colpa di due occhi azzurro mare fin troppo vicini ai miei e al mio viso: quegli occhi insieme al sorriso smagliante sorridevano ed erano ancora più belli.
Il mio cuore perse qualche battito ma riuscii a riprendermi in tempo per
«Che succede?» farfugliare con la voce ancora impastata dal sonno. Notai che l'auto veniva rimessa in moto e «Manca poco a casa tua» disse il ragazzo al mio fianco, tornando con le mani sul volante e lo sguardo sulla strada. Mi alzai lentamente, guardando fuori dal finestrino, avendo giusto il tempo per riconoscere il cartello 'Doncaster' passarmi davanti agli occhi e mettendomi meglio sul sedile «Scusa se mi sono addormentata» mi affrettai a dire perché davvero mi sentivo in colpa: avevo lasciato che guidasse per più di due ore, durante la notte, completamente da solo perché io mi ero abbattuta come un pesce lesso. Sorrise e «Ma sei scema?» esclamò continuando con un «Tranquilla! Mi sono divertito lo stesso, anche da solo» detto ridacchiando.
Gli diedi un pugno scherzoso sulla spalla e, dopo qualche minuto di silenzio, senza riuscire a controllare le mie parole e la mia boccaccia,
«Ti voglio bene Lou» dissi guardandolo dritto negli occhi: mi mancò il fiato probabilmente e probabilmente lo stesso successe a lui dato che mi guardò per un infinità di minuti con la bocca semi-aperta, prima di fermare di botto la macchina, appena prima il vialetto di casa mia. «Eccoci qui» disse improvvisamente imbarazzato o nervoso, non saprei dirlo ma strinse con forza il volante dell'auto e indicò appena con un dito il cancelletto nero in ferro battuto, che recintava tutta l'abitazione.
«Eccoci qui» ripetei in un sussurro, prima di voltarmi ed incrociare il suo sguardo, che ora si era poggiato su di me, sul mio corpo e sul mio viso. «Grazie per questa giornata» dissi, un po' malinconica e un po' fredda a dirla tutta: gli avevo detto di volerlo bene e non aveva dato risposta.
Perché?
Puntò i suoi occhi nei miei e, sperai con tutto il cuore che non notasse l'improvviso tremolio che aveva assalito le mie mani, il sudore che improvvisamente stava prendendo posto sulla mia fronte, tra le mani e dietro la schiena e soprattutto sperai che non sentisse il battito frenetico del mio cuore, che a momenti sarebbe esploso nel mio petto. Perché aveva ancora quest'effetto su di me?
Non riuscii nemmeno a pensare a tutte queste cose contemporaneamente perché mi ritrovai le sue labbra appiccicate alle mie, in un bacio morbido e leggero. I miei occhi erano dapprima spalancati per lo stupore di quello che realmente stava accadendo, dopodiché, automaticamente, si chiusero e lasciarono che quel semplice sfioramento di labbra diventasse qualcosa di più intimo: le mie braccia finirono dietro al suo collo, avvicinandolo sempre più al mio corpo, le sue mani si insinuarono sui miei fianchi, sotto la maglietta nera sporca e sudata, la sua lingua tracciò il contorno delle mie labbra e, senza esitazioni, lasciai che entrasse nella mia bocca per incontrarsi con la mia e insieme scambiarsi saliva ed eccitazione.
Era il bacio che avevo sognato per anni: per anni avevo immaginato i posti più stravaganti, le situazioni più strane durante le quali avrei potuto avere la possibilità di assaporare quelle labbra, ma mai mi ero immaginata che sarebbe successo in macchina, dopo il concerto del nostro gruppo preferito e quando ormai avrei dovuto dimenticarlo perché lui aveva detto che io ero un maschiaccio, che io non ero all'altezza per giudicare le ragazze che si portava a letto e soprattutto che io, Emily Moore, non ero desiderabile per un ragazzo.
Un ragazzo che invece aveva trovato dell'affascinante e del 'sexy' nel mio aspetto fisico, al contrario, c'era e non erano quelle le sue labbra che in quel momento stavo baciando. Non potevo fargli una cosa del genere, non me la sarei mai perdonata. Più che altro non volevo.
Come attraversata da una scarica elettrica che mi permise di risvegliarmi da quell'attimo di confusione, mi resi conto che in realtà non erano le labbra di Louis quelle che volevo baciare, ma erano quelle di un altro ragazzo, più alto e più magrolino che al momento stava sicuramente dormendo nel suo letto, in quel letto che aveva fatto da testimone alla nostra storia.
Così poggiai due mani sul suo petto e lo allontanai, dandomi da un lato della stupida perché quel bacio era stato il mio desiderio per così tanto e ora lo stavo respingendo.

«Q-qualcosa non va?» articolò il ragazzo, spostandosi nuovamente sul suo sedile, dato che si era come tuffato sul mio corpo incastrandomi contro la portiera dell'auto, mentre riprendeva fiato e si passava la lingua sulle labbra, come per gustare ancora una volta il sapore che avevano lasciato le mie labbra sulle sue, e «N-non posso Lou» dissi, sentendo le lacrime riempire i miei occhi.
«I-io posso darti tutto, Em» disse lui portando il suo sguardo nel mio, la sua voce era incrinata e vederlo così mi fece male: che voleva significare tutto questo? Perché mi aveva baciata? Perché proprio ora che ero felice e avevo un fidanzato bellissimo? Perché?
«M-mi dispiace Lou..» riuscii a dire prima di aprire la portiera dell'auto e precipitarmi fuori da essa, con le lacrime che ormai avevano preso a scivolare sul mio viso: troppe sensazioni tutte in una giornata.
In quell'auto era successo un qualcosa di così giusto ma così sbagliato allo stesso tempo: quella cosa così giusta si era mescolata a quell'errore che difficilmente mi sarei perdonata.
I miei pensieri ora andavano solo al moro e a quello che avevo fatto, che avevo lasciato accadesse.
















HEEEEEEEEEEEEEI!
Scuola finita e probabilmente senza debiti! 
Avrò così tanto tempo per aggiornare questa storia che sono eccitata alla sola idea!
Finalmente il concerto e l'attesissimo bacio tra Em e Lou! Come vi sentite? HAHAHAHAH u.u
Fatemelo sapere attraverso una piccola recensione! 

Manca così poco al concerto dei ragazzi che non sto più nella pelle!
Prenderò l'aereo da sola per arrivare a Milano! Ho pauuura! Hahaha(':
Chi di voi ci sarà? 

A presto bellezze! x

miriisupertramp

ps. perdonatemi gli errori, ma vado di fretta!

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