Avanti Chiara

di maty345
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La scuola ***
Capitolo 2: *** La famiglia ***
Capitolo 3: *** Le amicizie ***
Capitolo 4: *** Gli Amori ***



Capitolo 1
*** La scuola ***


Avanti Chiara, parlami della lezione di oggi. -
 
Sudavo. Maledette goccioline d’acqua scorrevano sulle mie tempie, senza limiti.
La maglietta era rimasta appiccicata sul mio corpo abbronzato, e non si voleva staccare.
Non potevo beccarmi una nota. I miei mi avrebbero ucciso, seppellita viva o rinchiusa dentro uno sgabuzzino senza ossigeno. Ma allora cosa potevo rispondere? É vero, sapevo inventare ottime bugie per salvarmi la pelle, ma qui, ma adesso, o so rispondere o son spacciata.
 
-Forza signorina Rossi, sto aspettando la risposta.-
-Ec-Ecco io…-
 
Avevo abbassato il mio sguardo sul grembo, come se la risposta fosse stampata lì.
Come potevo svignarmela se non ho mai aperto un libro dal primo giorno di scuola?
 
-Mi porti il diario, Chiara-
-Aspetti! Io… -
-Non voglio obiezioni, consegnami il diario. -
 
Avevo annuito chiudendo lentamente gli occhi, sperando che tutto questo fosse un sogno.
Mi prendevo in giro da sola; era chiaro che quella era la realtà.
Avevo aperto con mani tremanti la cartella, sfogliando i fogli stropicciati pieni di segni rossi.
“Pick. Pick. Pick”  avevo alzato la testa, stranita da quel rumore, notando le dita del prof battere rumorosamente sulla cattedra. Gl’occhiali leggermente scheggiati sulla punta del naso, voleva indicare che aspettava con rabbia.
Mi ero affrettata a recuperare il mio diario, trovandolo poi in fondo allo zaino, schiacciato da tutte le mie cose. Lo avevo afferrato svelta e aperto sulla data d’oggi.
 
-Lasci stare signorina Rossi, c’impiegherebbe troppo tempo a scrivere quello che le detto -
 
Annuivo ogni cinque secondi poco convinta dalla risposta, e consegnai al professore  il diario.
Stavo per ritornare al mio banco, quando il  professore mi trattenne con un braccio.
 
-Stia ferma qui, signorina Rossi. Voglio interrogarla sull’argomento che in questo periodo stiamo studiando. -
-ma.. Ma lei ha detto che le interrogazioni cominciavano dopo Pasqua… -
-Mh… Vedo Che allora mi ha ascoltato -
 
Se avessi potuto l’avrei ucciso con lo sguardo. Brutto essere insignificante…
Avevo lanciato un rapito sguardo alla pagina del diario….
Il prof aveva scritto quattro righe belle piene di insulti,  cattiverie, e critiche.
Si, principalmente critiche. M’immaginavo di già le urla di mia madre .
 
- Su Chiara… Mi parli delle proporzioni e delle sue proprietà… -
 
Avevo appena aperto bocca per lasciare un gemito di sofferenza quando il prof mi zittisce
 
- Lasci stare, che è meglio. Sappi che voglio una riunione con i suoi genitori. -
 
Chiudo gli occhi verdi per impedire di lasciar sfuggire le lacrime. Avevo scosso la testa da destra a sinistra, indicando un no molto convinto.
 
- Son sicura che non verranno -
 
Gli occhi erano ancora chiusi.
 
- Vada a posto Chiara, e come voto prende quattro. -
- E.. perché non me lo segna sul diario? -
- Perché questa scelta va scritta non su lì, ma sulla pagella. -
- ma.. ma come media ho sei! -
 
Avevo urlato, aprendo improvvisamente le palpebre. Le lacrime poi avevano fatto il resto.
 
- Torni a posto, Rossi -
- Ma.. -
- Ho detto torni a posto! -
- Si prof -
 
Avevo stretto forte i pugni, facendomi sbiancare le nocche.
Dio, quanto volevo tirarli un pugno dritto in faccia.
I miei compagni stavano in silenzio, assistendo attentamente la scena.
C’era chi rideva sotto i baffi, e chi peggio, scommetteva se avrei pianto o meno.
Infimi idioti, ecco cosa erano.
Avevo riposto il diario con un gesto secco nella cartella, asciugandomi le lacrime con un dorso della mano. La ragazza del banco accanto teneva in mano un fazzoletto bianco di carta vellutata. Lo aveva avvicinato alla mia mano, come se volessi che lo prendessi.
Tremante cercai di prenderlo, ma ella, con un ghigno in volto, lo aveva stracciato in piccoli pezzettini.
 
- Avanti Chiara, prendilo –
 
Quanto odiavo questa classe.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** La famiglia ***


- Avanti Chiara, sto aspettando una risposta.-

Le mani callose sui fianchi, ed una espressione grottesca in volto. Ecco come mi si presenteva mia madre, quel giorno. Dovevo ancora realizzare la domanda... Non ne era molto sicura.
Mi aveva appena chiesto come era andata a scuola? Può darsi. Dopotutto, era una domanda perfettamente normale, se non si viene analizzata insieme a mia madre.

- Emh... Mi potresti ripetere la domanda? -

Aveva sbuffato sonorosamente, mettendosi una mano in fronte. Picchetava con le dita delle mani il tavolo di legno della cucina. Era stanca. Molto.

- Ti ho chiesto come è  andata a scuola. -

Ecco. La frase che per un addolescente può distruggerli la vita. Come lo era nel mio caso. E che potevo fare adesso? Ammetere tutto? O semplicemente mentire?...
No, dire bugie non era lo cosa migliore. Se scopriva anche la più piccola delle menzogne, finivo male.
Avevo preso un bel respiro, e avevo incrociato i miei occhi color mandorla con quelli blu mare di mia madre.

- Ho preso quattro -
- COSA? BRUTTA STRONZA! IO FACCIO TUTTI QUESTI SACRIFICI PER LA FAMIGLIA E TU MI
RIPAGHI COSI'? -

No, non aveva fatto niente per la famiglia. Rimaneva ogni giorno a casa, a  lasciarsi consumare dal tempo. Che io avessi saputo, per me, non aveva mai compiuto sacrifici. Ma queste sono solo sottigliezze, per i miei genitori. Mia madre mi si era avvicinata minacciosamente, dandomi un bello schiaffo in viso. Dopo quello se ne riportarono tanti altri, così tanti che  ne persi il conto.
Ma, non erano le botte che mi causavano tanto dolore. Bensì le parole, che a volte erano espresse con così tanta cattiveria che potevo considerarle  come veri e prorio "aggettivi" sul mio conto.
Quell'incontro alla fine si era concluso come sempre, con il solito castigo. Mia madre non conosceva i miei beni, dato che  ai suoi occhi glieli nascondevo sempre. Così invece di sequestrarmi qualcosa, mi faceva stirare il bucato.  non era una punizione così terribile, a volte era anche piacevole.
Il problema era che così non mi rimaneva tempo per studiare, e svolgere i compiti scolastici.

- ADESSO, PER PUNIZIONE, VA A FARE IL BUCATO! -

Mi aveva dato un calcio in culo, allontanandomi da lei. Avevo preso in fretta e furia il bucato, il ferro e l'asse da stiro. E dopo le varie procedure, cominciavo a stirare i panni.
Era l'unico momento della giornata in cui mi sentivo a mio agio. be', agio non era la parola giusta.
Diciamo al "sicuro". E se ci si riflette sopra, considerare questo processo rilassante fa venire le risate.
Ma io non ridevo. Accettavo solo le cose come stavano.
Mio padre era finalmente tornata dal suo cosidetto "lavoro". Una bottiglia di liquore stretta nella mano destra, e nell'altra una sigaretta accesa.
Si era avvicinato a me,  e con aria strafottente mi aveva soffiato in faccia il fumo.

- Che ci fai qui? -
- Stiro il bucato- avevo detto semplicemente.
- Che ci fai qui?-

Avevo chiuso gl'occhi, riflettendo sempre su la mia famiglia.
Madre pazza omicidia razzista e padre ubriaco e drogato.
Bel quadretto famigliare.

- Te l'ho già detto... -
-Che ci fai qui? -
- La mamma ti vuole - gli avevo detto arrendendomi all'idea che non avrebbe cambiato discorso.

Si era scrollato le spalle, e, barcollando, era uscito dalla stanza, andando a cercare sua moglie.
Dopo che finivo il mio lavoro- Perchè si, lo consideravo tale- andavo finalmente a dormire, pensando sempre che il giorno dopo sarebbe stato migliore del precendente. Ma sinceramente, consatando tutti i fatti, dovevo smetterla di illudermi. Perchè tanto non sarebbe cambiato mai niente.


 Quanto odiavo la mia famiglia.

 

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Capitolo 3
*** Le amicizie ***


- Avanti Chiara, vieni a socializzare con noi!-

Avevo spalancato gli occhi dalla sorpresa, sentendo Silvia Negroli, la ragazza più cool della scuola, chiamarmi per parlare con lei.
L'ho sempre definita una bimbaminchia leccaculo, che otteneva sempre otto e nove solo perchè si faceva "palpare" le tette dai prof.
Si trovava all'interno della classe, seduta sopra alla cattedra, con intorno a se il suo gruppo personale di ochette- bimbeminchia anche loro-.
Giocherellava con una ciocca di capelli biondo platino, arricciandola con l'indice più volte. I suoi occhi chiari mi scrutavano con malizia, come se io fossi un
semplice uccellino ferito sul punto di cadere in trappola.
Io Silvia l'ho sempre odiata. Da prescindere dal suo atteggiamento, che era la cosa che mi faceva più imbestialire. Ed inoltre, si credeva la ragazza più bella del mondo, argomento molto discutibile.
Manco fosse una modella con curve da far invidia a Belen Rodriguez! Era, se vogliamo entrare nel volgare, un cesso.
Un naso a patata, che le cadeva su tutta la faccia, storto e poco proporzionato. In confronto, il mio era perfetto.
Gli occhi erano stretti, piccoli, che protendevano verso il basso. In poche parole orribili, se non fosse per il colore, che era mozzafiato.
Un azzurro intenso, come l'edivenziatore che si usa per sottolineare le frasi importanti.
Le orecchie erano a sventola, ed erano più grosse del normale.
Poi il fisico era piatto. senza culo e senza tette.
Ma ai miei compagni piaceva per la sua volgarità e per il fatto che lei fumava e si faceva le canne.

- Su Chiara, vuoi un invito via whut's up? -
- Si dice 'what's app', non è 'whut's up' come dici tu. -
- Ma che nei vuoi sapere tu che non ci chatti mai?-
- ecco io... niente.-
-Brava, adesso entri? -

Il suo modo di parlare, il suo linguaggio del corpo, e per il semplice fatto che lei era Silvia Negroli, non mi rassicurava nell'entrare in classe.
Volevo restare appoggiata al muro, come facevo sempre, ed aspettare che la tortura finisse.

-Chiara, ma' che hai paura? -

Il suo italiano era sconvolgente, a volte faceva addirittura dei discorsi senza un filo logico.
Come faceva a farsi rispettare da tutti? Be', tutti tranne me, ovvio.

-Non ho voglia di entrare in classe.-

Il suo sguardo si era trasformato in odio puro, come se si aspettasse qualcosa di diverso. le sue 'migliori amiche' scoppiarono a ridere come sceme,
borbottando parole come "Non ha voglia!" o " Che cretina!"
Silvia aveva schioccato le dita, e subito due miei compagni, che pensavo fossero nei paraggi per puro caso, mi avevano preso per le braccia e mi avevano scaraventato
in classe.
la prima cosa che avevo sentito- o l'ultima, mi era difficile distinguere cosa c'era prima e cosa c'era dopo- fu un qualcosa di appiccicoso, caldo e viscido sul mio corpo.
Era tipo miele, ma bruciato... non capivo bene cosa fosse. C'era un odore acre nella classe, che mi dava la nausea.
Avevo girato la testa per vedere chi fosse stato. Marco Mazzagalli, ovvio. teneva in mano una sorte di... recipiente giallo, con un liquido dorato all'interno.
Con crudeltà che si trapelava da chilometri di distanza, prese un cuscino dalla cartella, lo tagliò con le forbici, e fece cadere le piume su di me.
Tutti erano scoppiati a ridire, mentre io piangevo in silenzio.
Un Flash.
Giulia Augusto aveva appena fatto una foto con il suo galaxy.

- Ahaha, questa va su facebook!-
-Aahahahahahah!-

Che compagni di merda.
 

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Capitolo 4
*** Gli Amori ***


"Avanti Chiara, sono qua giù che ti aspetto ;)"

Paura.
Rabbia.
(
La Devono Smettere di prendermi per il culo!)
Timore.
Angoscia.

Si, l'angoscia si presentava spesso alle porte di casa mia, in quel periodo.
Di messaggi non ne ricevevo mai, e quello era abbastanza inquietante.
Per le mie compagne di classe non lo sarebbe, si aspetterebbero che si stato il principe azzurro a scriverle.
Ah, già. Stupore.
Era da un po' di tempo che analizziavo le mie emozioni una alla volta, come per spendere il tempo. 
Anche lo stupore si rappresentava bene. Per prima cosa, il testo del messaggio. E seconda...
...mia madre non mi ha punito, oggi.
Sembrerebbe strano per tutti, ma quella che mi stupisce di più è l'ultima che ho pensato.
Di informazione fallaci ne ricevo ogni giorno, anzi, si direbbe che costituiscono una parte di me. Mia madre che mi lascia in pace è una novità. Ed ero felice per questo. Ma c'è sempre un ma, in ogni istante che la mia anima umana respira. E per me oggi è quel fottuttissimo cellulare, che, nel bel mezzo dello studio, si è illuminato rovinandomi la media di latino.
Rabbia.
Si, ci sta anche quella. Forse l'avevo già detta, questa emozione che un po' tempo fa si stampava di rado nel mio cuore.
Se ci penso, manco tanto tempo fa...

"Ehi, tesoro, buon compleanno"
Una scatoletta blu, di cotone, con un bel fiocco argenteo sulla parte frontale.
Dentro, un cellulare. Brutto, usato, e probabilmente con qualche pezzo fuori posto. 
Ma mi pareva bellissimo. 
Con quel che guadagnava mio padre, quando l'alcool era ancora un'identità estranea, quel regalo rappresentava la perfezione.
Dimostrava l'amore di mio padre, quando ancora si ricordava chi fosse sua figlia.
Quando mi dava buffetti sulla testa, quando era ancora sobrio.
Quando era mio padre


Certi ricordi non si dovrebbero mai riportare in vita.
Faceva troppo male.
(Non è colpa sua, è la mamma che...)
Basta.
Ricordare quello che aveva fatto mia madre, dopo quest'ultimo ricordo mi avrebbe reso cenere.
Avevo messo le mie nike, senza nemmeno allacciare le stringhe. Mi andava bene così.
Paura.
(Devi solo uscire dalla porta, girare la testa da una parte all'altra e ritornare dentro... nulla di più.)
Avevo aperto la porta di camera mia e mi ero fiondata fuori, e , senza fare rumore, ero scesa dalle scale. Evitavo di colpire il piede troppo forte, non volevo svegliare mia madre...e nemmeno mio padre, anche se non avrebbe fatto tanto differenza.
Il suo cervello ormai era una pappa molliccia, con il metabolismo di un pesce rosso.
(NON E' COLPA SUA)
Dovevo smetterla di graziarlo, non doveva buttarsi sull'alcool e basta.
(NON E' COLPA SUA!)
Avevo messo le chiavi nell'intoppo, e avevo girato la maniglia.
Giravo la testa a sinistra e a destra, ma niente. Il vuoto più totale. 
Avevo avanzato verso la strada, tremante, ma forse per colpa del freddo.
Forse non ero così codarda.
Forse non ero così vigliacca.
Forse non mi rendevo conto del pericolo dove stava.


Crack. Crack Crack.

Sapevo che la paura si fiutava, perchè quando siamo spaventati il corpo produce una sostanza che stimola alcune cellule presenti nel naso.
Se il mio nemico fosse stato un  cane, o un carnivoro, sarei stata svantaggiata.
Beh, Chiara, mi pare che tu lo sia comunque.

Crack. Crack. Crack.

Sentivo questo sonoro "crack", e lo sentivo sempre più vicino. Avevo paura. Avevo paura.
E la paura mi fa bloccare come se fossi in una sorte di trans.
(ENTRA CHIARA: ENTRA!)

Crack. Crack. Crack.
Un dolore lancinante alla testa, e poi niente. Dovevo dar retta alla testa e non al corpo. 
Speravo solo che mi risvegliassi, perchè avevo paura dei miei genitori.








 

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