Il duetto dell'amore

di Kiji
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Compagni di stanza ***
Capitolo 2: *** Una doccia bollente ***
Capitolo 3: *** Un passo che avvicina ***
Capitolo 4: *** Un dolore per gli occhi ***
Capitolo 5: *** Il calore del silenzio ***
Capitolo 6: *** I ricordi perduti ***
Capitolo 7: *** Il volto del disprezzo ***
Capitolo 8: *** Le lacrime di Chen ***
Capitolo 9: *** Incontrarti ancora ***
Capitolo 10: *** Addio! ***
Capitolo 11: *** Rabbia ***
Capitolo 12: *** Non andartene brutto stronzo ***
Capitolo 13: *** Non ti avvicinare mai più a lui ***
Capitolo 14: *** Una vacanza indesiderata ***
Capitolo 15: *** Lacrime nella notte ***
Capitolo 16: *** Le parole di Kris ***
Capitolo 17: *** La lettera ***
Capitolo 18: *** Ti amo più di ogni altra persona al mondo ***



Capitolo 1
*** Compagni di stanza ***


~Iniziò tutto per caso. Successe così in fretta che non me ne accorsi neanche, eppure senza accorgermente, era già accaduto. La prima volta che lo vidi ero sicuramente teso, lo ricordo ancora adesso, immobile nella mia mente, quel momento si fa più lucido. Ero arrabbiato, non volevo quella situazione, essere separato dal mio gruppo per così tanto tempo, lo odiavo.
– Lay vogliamo solo renderti più popolare. Le stime hanno rivelato che tra tutti i membri sei quello messo più in ombra, non possiamo continuare così, lo sai anche tu. Abbiamo deciso di farti duettare con gli Shinee. Jonghyun ha accettato di collaborare, è stato tutto programmato, vedrai che andrà alla grande. Sarà un successo! – Il manager sembrava così entusiasta di quella proposta, ma tutto ciò che avevo compreso era “ la mia popolarietà era davvero pessima.” Lo capivo da solo, era un periodo difficile e non riuscivo ad emergere, ma mi consolavo del fatto che era ancora l’inizio, avrei dato il mio meglio nel tempo, mi sarei fatto valere, ma per loro non era sufficiente.
Se non andavi bene, dovevi impegnarti di più, raggiungere il risultato nel minor tempo possibile. Mi allenavo come un pazzo, ma ancora non capivo come potevo farmi notare in quel gruppo composto da amici fantastici, forse più di me che non avevo nulla da offrire. Ero bravo nel mio lavoro, ma cos’altro avevo?
– Ragazzi, Jonghyun ha deciso di trasferirsi in questo dormitorio per tutto il periodo della preparazione del singolo. Ci saranno dei disagi per tutti voi, lo so bene, ma cercate di non creare problemi. – Tutto si stava sconvolgendo in un istante, solo perché quel dannato singolo era più importante di ciò che erano i miei stessi sentimenti.
– Per questo periodo noi manager andremo in albergo, in questo modo Jonghyun potrà sistemarsi nella nostra  stanza, ma non credete di poter fare ciò che volete. La maggior parte del tempo lo passeremo qui insieme a voi quindi, non sarà una festa. Kris, Lay, cercate di andare d’accordo con Jonghyun. E’ più anziano di voi e sicuramente avrà molto da insegnarvi. – Avevo i nervi a fior di pelle, non mi piaceva quell’intrusione. Il solo fatto che i nostri amati hyung dovevano vivere in albergo a causa di un sunbae più famoso, mi faceva accapponare la pelle.
– Lay tranquillo, sarà solo per tre mesi, una volta che il singolo sarà finito, tutto tornerà alla tranquillità. – Kris, con una carezza sulla testa, mi sorrise mentre cercava di supportarmi in quel periodo così difficile. Lo abbracciai forte, era il mio unico appiglio per non piangere.
Vedendo quella scena i miei compagni, che sapevano bene il mio dolore, uscirono dalla stanza, sebbene io neanche me ne accorsi inizialmente.
– Hyung, non so che fare. E’ un periodo di merda, non ce la faccio più! – Ero stanco e non solo per quella decisione presa senza consultarmi. I ritmi di lavoro erano pressanti ed i miei sforzi sembravano quasi nulli, la mia autostima era arrivata sottoterra.
– Lay, sei stato bravo. Hai sopportato tutto senza lamentarti mai, tu sei una persona forte, più di quanto realmente credi. Devi solo riuscire a scoprirlo da solo, quel talento innato che solo tu possiedi. – Restammo abbracciati per tanto tempo, mentre le mie lacrime bagnavano i suoi vestiti stropicciati. Kris era sempre così protettivo, un vero capo per il nostro gruppo di scalmanati. Sebbene il suo cuore fosse altrove, ci guidava come un padre dovrebbe fare, con amore e giustizia.
Quando mi ripresi, ricordo solo che vidi il sole tramontare, una giornata era finita e presto sarebbe arrivato il nostro nuovo inquilino. Non riuscivo ancora a crederci.
– Ho capito Hyung, hai ragione. Devo continuare a lottare. Non sono felice di dover ricorrere ad un singolo con Jonghyun sunbae, ma se mi aiuterà a migliorare farò ciò che devo. – Con una pacca alle spalle, Kris mi rivolse il suo più candido sorriso, il che mi riempì di rispetto e gratitudine. Proprio in quel momento, dal nulla, il suono del campanello interruppe quel momento magico.
– E’ arrivato. – Disse il mio più caro amico avvicinandosi alla porta stancamente. Non mi voltai, dovevo riprendere le forze prima di affrontare quella nuova realtà.
– Benvenuto Jonghyun sunbae. – La voce di Kris era allegra, solenne e piena di colore, così diversa dall’umore in cui mi trovavo in quel preciso istante.
– Chiamami solo Jonghyun per favore. Vivremo insieme per tre mesi, lasciamo da parte le formalità. – Avevo sentito spesso quel tono di voce, così unico e riconoscibile, ma non credevo che il mio cuore potesse battere velocemente nell’udirlo improvvisamente. Mi alzai di scatto, non potevo restare lì ad ignorarlo, lo sapevo bene, ma la voce mi moriva in gola. Voltandomi vidi il suo volto sorridente, così alto ed etereo, mi trasmise una strana soggezzione, come se in lui ci fosse qualcosa di speciale.
– Ciao. – Dissi solamente, a denti stretti. Vedendo il mio imbarazzo, Kris si intromise ancora.
– Lay, per favore mostra la stanza a Jonghyun, io vado a chiamare gli altri. – Mi fece l’occhiolino prima di sparire nelle varie stanza. Non sapevo che fare, ma il mio cuore si muoveva autonomamente.
Presi una sua borsa pesante e mi incamminai senza convinsione verso quella porta che conteneva la mia vita fuori il luccicante mondo dello spettacolo. Entrammo in silenzio, non riuscivo a muovere un solo muscolo del viso.
– Io dormo nel letto vicino alla finestra, Kris invece quello a destra. Puoi scegliere tra i due letti restanti. – Non riuscii a dire altro mentre, appoggiato alla parete, osservavo quel ragazzo che, sicuro di sé sceglieva dove si sarebbe istallato.
– Non sei molto felice di avermi qui vero? – Il silenzio divenne opprimente. Non osavo muovere le labbra, anche se tutto il mio corpo fremeva di paura.
– Pensi che io sia felice di aver lasciato il mio gruppo, la mia stessa famiglia? Dobbiamo collaborare quindi, per favore cerchiamo di andare d’accordo, ci stai? – Il suo tono di voce, sembrava così diverso da quello che mi aspettavo. Era quasi…. Minaccioso. La falsa idea che quel volto perfetto emanava, quella gentilezza che percepivo a pelle, era forse solo una maschera? Restammo a fissarci, in segno di sfida.
Era una situazione davvero imbarazzante, ma non potevo permettermi di abbassare lo sguardo. Solo quando Chanyeol irruppe nella stanza, la tensione che aveva impregnato le pareti, iniziò a diradarsi.
– Sunbae, sono davvero felice di averti qui. – La sua innocenza, era così dolce da vedere.
Chanyeol non immaginava neanche che tipo di persona aveva di fronte. Eppure, forse io avevo davvero capito chi era realmente Jonghyun? In quel momento, mentre il sole spariva lasciando indietro le leggere macchie della notte, ero fermamente convinto dei miei pensieri. Vedendo apparire la prima stella luccicante, abbassai lo sguardo ed uscii dalla stanza, senza accorgermi del suo modo di scrutarmi in silenzio.
Vedendo tutti i miei compagni andargli incontro, qualcosa si ruppe in me.
Tutto sembrava crollare, ma la mia ancora di salvezza, non era ancora scomparsa. L’unica persona che desideravo mi salvasse, accanto a me, mi teneva la mano saldamente. Una falsa speranza, quel briciolo di desiderio nascosto che non si sarebbe mai avverato.
 La mano di Kris era troppo calda rispetto alla mia, ma i suoi occhi erano di ghiaccio. Staccandomi da quell’appiglio, uscii in terrazzo, avevo bisogno di prendere aria. La notte si avvicinava troppo velocemente, un altro giorno si stava per concludere, ma il domani non sembrava prospero. A quel tempo non sapevo nulla, ero totalmente ignaro di ciò che il futuro ci avrebbe riservato. Ancora adesso, con i pugni stretti tra le lenzuola ruvide, sussurro il tuo nome senza ricevere risposta.

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Capitolo 2
*** Una doccia bollente ***


-Lay impegnati! Come vuoi affrontare un duetto così importante quando ancora sbagli movimenti elementari? – Il maestro urlava troppo forte nella piccola stanza prove. Ero stato obbligato a seguire lezioni extra, ma era troppo difficile concentrarsi dopo tutte quelle ore a sgobbare in altre aule. Il sudore impregnava ormai completamente i miei vestiti, cambiandone totalmente il colore, mi sentivo sporco e lento. I movimenti del mio corpo non corrispondevano a ciò che realmente volevo fare, non mi ero mai sentito in quel modo, patetico. Incrociai le gambe, troppo vicine l’una all’altra e caddi pesantemente al suolo. Il braccio doleva per l’impatto con il legno scivoloso, ma non potevo arrendermi.
– Mi dispiace, ricominciamo. – Volevo far vedere a tutti il mio talento, ma ci sarei davvero riuscito? Mi impegnavo così tanto e desideravo solo risplendere nel palco, quella luce che a volte faticavo a raggiungere. Passo dopo passo, ero esausto ma non riuscivo a fermarmi. Quando finalmente la musica venne spenta, non sentivo più le gambe, fremevano mentre si infrangevano per terra.
– Grazie per il suo aiuto maestro, mi impegnerò sempre di più. – Lui mi guardò per un solo istante prima di voltarsi ed uscire dalla porta. Era così severo, ma in fondo sapevo  che era per il nostro bene. Mi rialzai a fatica, restando a fissarmi allo specchio, chi era quella persona che osava scrutarmi con occhi sgranati? Non mi riconoscevo più. Era passata una settimana dall’annuncio del nuovo duetto che mi attendeva, eppure le mie condizioni fisiche ritardarono la partenza dei preparativi.
– Lay, il video sarà molto difficile per il tuo attuale livello. Devi affrontare delle lezioni extra per tenere il passo di Jonghyun, ricordati che tutto questo lo facciamo per il tuo bene. – Il manager era protettivo nei nostri confronti, sebbene non riuscissi a capire se il suo interesse fosse davvero disinteressato. Così, dopo le stancanti prove per imparare la melodia, i passi di quel video impossibile, ancora dovevo lavorare per migliorare. Afferrai in silenzio la borsa con i vestiti puliti, mi sembrava un sogno potermi lavare, ero distrutto.
Non attesi neanche di tornare in dormitorio, avevo solo bisogno del conforto del getto d’acqua calda, era qualcosa di vitale. Entrai in silenzio nei bagni della compagnia. Non ci andavo spesso, eppure erano davvero confortevoli. Guardai l’ora, troppo tardi per poter incontrare qualcuno, cosa che mi confortò di cuore. Presi a spogliarmi lentamente, anche solo il contatto della pelle con la leggera stoffa dei vestiti, doleva terribilmente. Una volta nudo, mi gettai addosso quelle leggere gocce d’acqua, canticchiando un motivo tutto mio, qualcosa che scaturiva solo dall’interno del mio cuore. Totalmente immerso nei miei pensieri, turbinanti dentro di me, non mi accorsi neanche della porta che leggermente si apriva a pochi passi di distanza.
– Non pensavo fossi il tipo che cantava sotto la doccia. – Al solo suono di quella voce, mi irrigidii terribilmente. Voltandomi all’improvviso, non riuscii a fare a meno di notare lo sguardo rigido di Jonghyun. Incapace di articolare parola, ripresi ad insaponarmi, lentamente ma con impegno. Mi sentivo a disagio, sotto il suo controllo vigile. Per quale motivo la sua sola presenza mi incuteva una strana sensazione in tutto il corpo?
– Come mai non sei ancora al dormitorio? Gli allenamenti sono finiti da un pezzo. – Biascicai senza convinzione. In fin dei conti, lo sapevamo entrambi che poco mi importava di ciò che quella persona facesse nella sua vita.
– Faccio sempre doppi allenamenti. E’ normale per me finire a quest’ora. Fin dal mio primo giorno in questa compagnia, mi è stato insegnato a dare il massimo. Noi non siamo stati privilegiati come voi. – Faticai a capire le sue intenzioni, eppure succedeva spesso di sentire quelle critiche.  Giravano così tante voci secondo cui noi Exo eravamo un prodotto “commerciale” per quell’epoca di crisi. La pubblicità esplosiva che, ancor prima di debuttare, ci accompagnò, segnò totalmente il nostro destino in quel mondo competitivo. Noi eravamo i principi, i fortunati prescelti che, senza fatica si erano imposti nel mercato.
 Eppure nessuno di loro sapeva lo sforzo che facevamo giorno dopo giorno e la passione che in ogni istante, dimostravamo al mondo. La rabbia ribolliva dentro di me, ma non potevo sfogarmi, sarebbe stato sconveniente.
– Non capisco cosa intendi dire. Non abbiamo mai avuto alcuno sconto, questo è sicuro. – Strinsi i denti mentre pronunciavo quelle parole trafittive. Avrei voluto picchiarlo, vedere il sangue scorrere tra le pliche della sua pelle e sentirlo implorare perdono, ma dovevo sottostare.
 – Questo è da vedere. Se davvero ti sei impegnato così tanto, per quale motivo fai sempre gli stessi errori? Non che i tuoi hyung siano migliori. Belle canzoncine però, complimenti. – Il suo sguardo di sufficienza, quelle parole orribili rivolte agli amici più importanti che avevo, persi la ragione.
Mi voltai di scatto, osservando il suo petto nudo e, con un balzo mi avventai su di lui. Il contatto del mio pugno sul suo viso, fu un rumore paradisiaco. Scalciavo e lo colpivo, con tutta la forza che avevo, ma sebbene il dolore, sembrava impassibile. Vidi il rossore nella sua pelle trasparente e solo quando le sue mani circondarono i miei polsi, mi accorsi che la battaglia era finita.
– Brutto bastardo, non ti permetto di parlare male dei miei amici! Tu non sai nulla di noi, dell’impegno che ci mettiamo per dimostrare il nostro talento agli stupidi come te. Puoi deridermi, insultarmi, ma non ti permettere mai più di toccare i miei fratelli o giuro che ti ucciderò con le mie stesse mani! – Liberandomi dalla sua presa, mi asciugai di fretta, con rabbia, circondato da quel silenzio impalpabile. Non disse nulla, non provò neanche lontanamente a scusarsi per le sue parole, ma in fin dei conti non mi aspettavo neanche che lo facesse. Mi vestii con i primi stracci puliti che trovai e, chiudendo il borsone impregnato di vapore, uscii dalla stanza sbattendo la porta pesantemente.
Ero furioso, non mi importava di aver sbagliato, né delle conseguenze che inevitabilmente il mio gesto avrebbe comportato, ero pronto a tutto. Quando vidi il manager, appostato vicino alla macchina, salii dietro senza emettere alcun rumore. Speravo di cuore che partisse in fretta, avevo una voglia matta di gettarmi sotto le coperte e dormire un sonno profondo e senza sogni.
– Cosa aspettiamo Hyung? – Dissi senza pensarci mentre lui esitava a mettere in moto.
– Jonghyun mi ha chiesto di aspettarlo, stava facendo una doccia, credo. – Ancora quel nome, non riuscivo a sopportarlo. Il solo pensiero di condividere quel piccolo spazio, poi ancora la mia stessa camera insieme a quell’individuo ignobile, mi dava il voltastomaco. Uscii di colpo nel parcheggio, prendendo la mia borsa pesante tra le mani.
– Prendo un taxi, ci vediamo al dormitorio. – Non aspettai la sua risposta, né mi fermai alle sue urla disperate ed intimidatorie. Avevo bisogno di respiro, quei brevi istanti solo per me, ma nessuno riusciva a capirlo. Indossai il cappello nero ed uscii dalla porta secondaria, l’unica non ancora bloccata dalle fan scatenate. Ascoltai il rumore del vento che si infrangeva tra i vicoli di quella strada isolata ed un brivido mi percorse la schiena. Camminai lentamente, non avevo fretta.
Volevo solo seguire fino in fondo la scia dei miei pensieri, confusi e disordinati. Il marciapiede, da desolato, si iniziò a popolare, ma nessuno fece caso a me, a testa china ed occhi confusi. Salii senza problemi nel primo taxi che riuscii a trovare e mormorai brevemente la destinazione. Accasciando la testa allo schienale, mi abbandonai alla stanchezza. Sarei riuscito ad arrivare alla fine di quei tre mesi? Non ne ero completamente sicuro, ma che altra scelta avevo? Chiusi gli occhi, era tutto sparito nel nulla. Mi chiesi da quanto tempo non sorridessi veramente, ma non c’era una risposta concreta a quella domanda, o forse non volevo rispondere. Mi ero accorto di amarlo troppo tardi.
Sapevo che era impegnato, che non poteva rispondere al mio amore, eppure successe troppo velocemente per poterlo controllare. Quando capii che quei battiti così forti non erano dettati dall’amicizia, qualcosa crollò dentro di me. Ero cambiato e non in meglio. Le mie giornate, da meravigliose, divennero delle pene difficili da affrontare, ma per quanto ci provassi, era impossibile liberarmi della sua vicinanza. Lo bramavo, volevo a tutti i costi afferrare la sua pelle delicata, le sue labbra da baciare, anche se proibito. Kris era diventato il centro dei miei pensieri e delle mie angosce, ogni istante di quelle lunghe ore di lavoro. Nel momento esatto in cui il taxi si fermò, guardando quel palazzo a vetri in cui vivevamo, sospirai debolmente pagando il costo della corsa e scesi lentamente.
Non avevo voglia di rinchiudermi in casa, di vedere Jonghyun e di sentire i rimproveri del manager per il mio comportamento “violento e scorretto”. Come poteva capire? Girai il viso, incamminandomi verso il piccolo parco vicino.
La desolazione di quel luogo mi incupì ancora di più il morale, ma forse era meglio restare da solo. Sedendomi nella squallida altalena consumata dal tempo, mi sentii di nuovo bambino. Sembrava quasi di sentire nuovamente la voce di mia madre, preoccupata che cadessi, un altro luogo e un altro tempo che non sarebbero più tornati. Non ricordo quanto tempo rimasi immobile, troppo per quello che riesco a ricordare. Non mi accorsi neanche dei passi che si avvicinavano lenti, troppo immerso nei ricordi. Le giornate passate a ridere, i sogni di gloria che condividevamo, la musica che ci univa, ma non era abbastanza.
– Vuoi restare lì a congelare per tuta la notte? Torniamo a casa. – Alzando lo sguardo, gli occhi impenetrabili di Jonghyun mi stupirono. La sua mano era rivolta verso di me con fare gentile, differente dalla sua espressione accigliata. Non sapevo qual’era la cosa giusta da fare, ma per una volta, un solo momento, mi fidai di quel calore che mi attanagliava la punta delle dita, anche se, forse, fu solo un grosso ed inutile errore.

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Capitolo 3
*** Un passo che avvicina ***


-Non dirò nulla della tua aggressione. E’ anche colpa mia in fondo, ma non mi rimangerò le parole che ho detto. – La voce di Jonghyun in quel breve tragitto fino a casa, restò a lungo nella mia mente quella notte. La sentivo mentre cenavo, circondato dalla famiglia che mi ero costruito col tempo, ma anche sotto le lenzuola, con la luce della stanza spenta ed il silenzio della quiete. Addormentandomi, lo rividi ancora, sembrava quasi non volesse allontanarsi da me.
Per i giorni successivi, non parlammo molto. Gli allenamenti erano troppo intensi e, per vari problemi, le prove erano praticamente nulle. La fine di quel tunnel sembrava allungarsi minuto per minuto. Eppure, in tutto quel caos, continuavo a provare senza sosta, eliminando tutti i pensieri futili che mi andavo creando.
“Per quale motivo era venuto a cercarmi?” Quella domanda restava fissa dentro di me, un chiodo che non riuscivo ad accantonare in silenzio. Jonghyun sembrava sparito nel nulla, troppo impegnato con la promozione del nuovo cd del suo gruppo. La sera tornava così tardi che, a fatica, lo sentivo cambiarsi e la mattina il letto era già vuoto. Avrei dovuto essere felice, ma qualcosa mi frenava. Cos’era? Più i giorni passavano, più mi sentivo inquieto senza un’apparente ragione. Non ricordo quanti giorni passarono, ma in fin dei conti non è importante.
Quella sera, a dispetto della normalità, rimasi in sala più del previsto. Era stata una giornata faticosa ed i muscoli delle braccia ne avevano risentito parecchio. Senza Jonghyun le prove ricadevano solo su di me, ero stato tartassato per tutto il tempo, ma non osavo ribattere.
Era il mio lavoro, che altro potevo dire? Non riuscivo a dormire bene da qualche giorno e restare in camera era asfissiante, per quel motivo non mi affrettai a rientrare. La musica rimbombava ancora nelle quattro mura, mentre i miei passi stanchi risuonavano come nuvole in tempesta. Sfinito mi accasciai al pavimento dopo l’ennesimo giro sbagliato.
– Dannazione, non ci riuscirò mai. – Ero livido dalla rabbia, sembrava che ogni parte dentro di me non  coincidesse. Ai miei occhi ero diventato un fallito!
– Se metti il piede in quel modo non riuscirai mai a girare bene. Mi stupisce come il Maestro Choi non ti abbia buttato fuori dalla sua classe già da tempo. Con noi lo faceva spesso! – Jonghyun si avvicinò lentamente, richiudendosi la porta alle spalle. Non riuscivo a fare a meno di chiedermi quando era arrivato e quanto della mia patetica esibizione aveva visto. Non appena fu accanto a me mi intimò di restare immobile. La voce ferma, così autoritaria che non osai contrastarla. Con un solo movimento spostò l’angolo dei miei piedi di qualche centimetro prima di allontanarsi appena.
 – Riprova adesso, con più convinzione e stile. – Ero titubante, avevo provato così tante volte che mi sembrava quasi impossibile quando, per magia, riuscii a completate il passo senza difficoltà.
– Come… - Non finii la frase, lasciandola semplicemente in aria a ruotare senza meta. Quella persona, ogni momento, mi sconvolgeva sempre di più.
– Non dimenticare la posizione, sei lento e giri con troppa durezza, i piedi cambiano spesso posizione e perdi l’equilibrio. Se mantieni i piedi saldi e ti impegni, riuscirai a non sbagliare più. – Faticavo a capire il motivo per il quale mi aiutasse in quel momento. Non eravamo di certo amici, né aveva alcun motivo apparente di venire in mio soccorso, eppure mi sentii quasi rilassato dalla sua presenza. Dopo quelle parole, fece per andarsene, ma non potevo permettere che uscisse dalla sala in quel modo.
– Grazie, per i tuoi consigli. – Non dissi altro, avevo paura ad espormi e mi sentivo terribilmente in colpa. Lui era stato gentile con me senza motivo quando io avevo provato in tutti i modi ad allontanarlo. L’ostilità del suo volto, l’idea che si era radicata in me al primo sguardo mi rendeva confuso.
– Non l’ho fatto per te. Sinceramente non mi importa nulla del tuo modo di ballare, eppure dobbiamo collaborare. Voglio poter tornare a casa mia entro i tre mesi, cerca di non essere di intralcio nel mio lavoro. – Fu duro e qualcosa dentro di me si accese di nuovo. Non riuscivo proprio a capire Jonghyun, era totalmente diverso da ogni immagine che costruivo lentamente. Ogni volta che credevo di conoscerlo, capivo di essermi sbagliato.
Era difficile stabilire la realtà quando essa mutava continuamente. Non appena sentii il rumore della porta che sbatteva, ripresi il mio duro allenamento ma, improvvisamente, la concentrazione che mi aveva inondato la testa, si era dissolta.
Chiusi la radio dopo poco, non avrei concluso nulla a ballare in quello stato mentale. Mi vestii in fretta, avevo solo voglia di uscire da quell’edificio soffocante. Non appena arrivai nel parcheggio presi il cellulare cercando confusamente il numero del manager, ma il suono improvviso del clacson mi fece balzare in aria. Una hyundai rossa si accostò a me senza preavviso.
– Sali. – Jonghyun era alla guida, maturo e sicuro di sé. Le domande che mi porsi in quel momento erano troppo e totalmente scomode da accettare. Aveva aspettato me per tutto il tempo o c’era qualcosa di più importante che lo tratteneva in una compagnia quasi deserta all’una e mezza della notte? Nel silenzio dell’autovettura, i miei dubbi rimasero insoluti mentre mise la marcia e sfrecciò nelle strade affollate di Seoul.
Mi stupivo sempre di quel caos serale. A volte, dal finestrino dell’auto della compagnia, mentre aspettavo di tornare al dormitorio, non facevo altro che chiedermi cosa facessero quelle persone che inevitabilmente scrutavo da lontano.
Amanti passionali, amici di bevute o famiglie in ritorno verso casa, c’era così tanto là fuori a pochi passi da me che quasi mi lasciava senza fiato. Tante storie, tanti problemi ed avversità ma anche tante gioie e soddisfazioni che io, probabilmente, non avrei mai conosciuto.
Durante tutto il tragitto parlammo appena. Cercai senza risultato di aprire una conversazione, ma, quasi stroncando ogni mio sforzo, Jonghyun rimase impassibile mentre osservava la strada. Guidava con prudenza sebbene pestasse un po’ troppo il piede nell’acceleratore. Non mi accorsi neanche che eravamo arrivati, fu come risvegliarmi dal sonno e ritrovarmi direttamente nel parcheggio sotterraneo del dormitorio, era tutto finito.
– Grazie per avermi accompagnato. – Dissi in sottofondo. La mia voce, però, troppo debole, si infranse con il rumore delle ruote sull’asfalto. Non appena parcheggiò, scesi di fretta dall’auto, mi sentivo inquieto e, stranamente, il suo sguardo mi rendeva nervoso.
Sentii il tonfo della portiera che sbatteva ed i suoi passi seguirmi a distanza. Entrai per primo nell’ascensore, aspettando quella figura a contorni confusi e tratteggiati. Vedendo le porte chiudersi, percepii più che mai la sua presenza accanto a me, come una torcia che infuocava le mie membra. Quelle sensazioni che in silenzio si propagavano in me, non riuscivo a capire cosa significassero. La sua presenza, mi incuteva terrore e sgomento, ma, in qualche modo, mi attraeva nel suo polo d’attrazione. Arrivati in casa, vidi la luce ancora accesa nella stanza, segno che i miei amici erano ancora svegli. Non avevo alcuna voglia di parlare, stare solo era la scelta migliore in quel momento. Senza dire nulla, mi diressi immediatamente nel bagno comune, sperando di cuore di non incrociare nessuno nel mio cammino.
Sentii da lontano la voce squillante di Tao, così felice nella sua ingenuità. Mi aveva sempre dato l’impressione di un grosso orsacchiotto di pezza, sebbene somigliasse più ad un panda in cerca di affetto. Neanche la sua spensieratezza, però, riusciva ad alleggerire la mia anima. Dentro la doccia, il getto d’acqua calda non riusciva a frenare il mio cuore in tumulto. Sudavo ed ansimavo, il mio cuore sembrava voler uscire dal petto. Nella mia mente riuscivo solo a vedere un volto, Kris.
Era lui che ancora aspettavo, senza speranza. Piansi in silenzio, ancora una volta. I singhiozzi morivano in gola e le lacrime si confondevano col sapone. Credevo davvero che la mia vita fosse entrata in un tunnel nero, senza via di fuga. Eppure, non mi ero ancora accorto di quel sole che, senza bussare, era sorto accanto a me e che, in un modo distorto, illuminava la mia vita. Darei qualsiasi cosa per tornare a quei giorni, persino la mia anima.

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Capitolo 4
*** Un dolore per gli occhi ***


Quella mattina, quando mi svegliai, il sole batteva con insistenza alla finestra. Le nubi che la sera prima offuscavano il candido cielo primaverile, sembravano sparite nel nulla. Come se una spugna magica, dall’alto delle nostre teste, avesse cancellato ogni cosa, lasciando solo il pulito e lo splendore. Mi sentivo più rilassato dopo una tranquilla nottata e, quasi felice, mi guardai attorno. I letti di Kris e Jonghyun erano rifatti ed ordinati, non li avevo neppure sentiti uscire.
Mi alzai controvoglia e mi diressi direttamente in cucina dove trovai Chen intento a prepararsi il cappuccino senza sporcare mezza casa. Era sempre molto confusionario, per quel motivo evitavamo sempre di fargli preparare la cena. Non sapevamo cosa aspettarci dalle sue mani di fata. Il miglior cuoco restava sempre Suho, i suoi piatti erano i più saporiti del gruppo, ma non disprezzavo neanche il talento innato di Luhan. Di certo impedivamo a qualunque costo a Kai di avvicinarsi ai fornelli, bruciava anche l’acqua per i noodles. Ancora dopo tanto tempo, non capivo come facesse a tramutare, dalle sue mani perfette, piatti così disgustosi.
Avevamo adottato quell’accordo di cucinare tra di noi sotto iniziativa dei nostri hyung. Era difficile per un gruppo già in partenza separato, legare abbastanza. I K e gli M, spesso restavamo lontani per mesi e mesi e, soprattutto all’inizio, non eravamo uniti come si dovrebbe. Quando  capitava di trovarci nella stessa stanza, ognuno trovava qualche spunto per litigare, anche semplicemente il nostro diverso modo di vedere la musica. Fare viaggi insieme, anche solo di poche ore, mangiare tutti alla stessa tavolata, raccontarci la giornata, è stato difficile ma alla fine siamo diventati una vera famiglia.
– Chen vuoi che faccio io? Ho la brutta sensazione che il vapore farà saltare in aria l’intero palazzo. – Mi guardò per un attimo seccato, ma fu solo un breve istante. Era abituato alle nostre frecciatine innocenti, inoltre non era il tipo da arrabbiarsi per così poco. Fin dal primo momento, mi aveva colpito la sua calma interiore, il suo modo sano di prendere la vita.
– Buongiorno anche a te. Tranquillo, posso farlo anche da solo. – Colpì il tavolo di lavoro, leggermente ma con potenza. Era un periodo difficile anche per lui! Non ne parlava con nessuno, ma io sapevo che la sua mente era tormentata da tanti pensieri ed il suo cuore in frantumi. A tutti appariva stoico, incapace di farsi troppo del male, troppo buono per portare rancore, ma io sapevo che soffriva più di tutti. Da quella sera, quando tornò a casa in lacrime, vedendolo abbracciato al mio corpo fragile, capii davvero la profonda sofferenza che provava. Gli diedi una leggera pacca nelle spalle. Intuivo da solo che non volesse parlarne, proprio come me. L’amore che entrambi provavamo, era troppo sbagliato.
– Oggi non hai le prove Lay? – La sua voce arrivò all’improvviso, soffusa tra il rumore del vapore che colpiva la tazza di latte fumante. Troppo rauca e graffiata, aveva pianto di nuovo!
– Sono state spostate di qualche ora, il coreografo ha avuto un impegno improvviso. In teoria avrei voluto svegliarmi prima, ma non ho proprio sentito la sveglia. – Avevo gli occhi gonfi, non si era accorto che avevo dormito poche ore, annaspando nel sospiro tenue di un Kris addormentato. Per tutta la notte, o quasi, ero rimasto a guardarlo dalle lenzuola, illuminato da un leggero fascio di luce irradiato dalla luna, così bello da lasciarmi senza fiato. Presi senza fiatare i cereali che amavo e riempii una tazza di latte gettandoli distrattamente nella ciotola.
Mangiai controvoglia, mentre la voce del manager iniziata a diffondersi nella stanza. Avevo poca voglia di sentire i suoi rimproveri, era una giornata positiva o almeno dovevo crederci. Mentre mi dirigevo a lavoro, il cielo limpido mi confortò involontariamente. Cercavo un segno che tardava ad arrivare, ma la cosa più importante era che lì, qualcuno mi osservava. Arrivammo presto alla sede centrale, c’era poco traffico quella mattina il che mi stupì molto. Scendemmo lentamente, l’aria era debolmente fresca e alzai distrattamente il colletto della giacca leggera.
– Lay vai avanti tu, ti stanno aspettando tutti nella sala prove 15. Non fare tardi, io devo andare a parlare con il Signor Kim. – Non me lo feci ripetere due volte, mi incamminai senza pensieri per quella compagnia affollata. Dovevo arrivare al sesto piano, eppure non avevo alcun desiderio di rinchiudermi nell’ascensore. Preferivo fare un po’ di moto, quindi optai per le scale.
Nessuno di solito le usa, per quel motivo erano una bella alternativa alla confusione che di solito albergava in quel luogo. Salii lentamente, gradino dopo gradino, oltrepassando facilmente il primo piano. L’atmosfera però, stranamente, si fece troppo pesante. Avevo un peso al cuore, qualcosa che di solito provavo solo vicino a quella persona che feriva troppo spesso il mio cuore con la sua sola presenza. Delle voci si propagarono soffusamente, non c’era bisogno di avvicinarmi oltre per capire di chi si trattava, era così riconoscibile.
– Henry mi manchi troppo. In questi giorni non ci siamo visti per nulla e adesso mi dici che andrai a New York per due settimane? Sei crudele, lo sai che in questo periodo non posso neanche seguirti. – Vidi mio malgrado le loro figure da lontano, non avrei voluto eppure, i miei occhi non smettevano di osservare.
– Kris lo sai bene che non ho scelta. Ho un concerto importante, non posso semplicemente dire di no. Mi dispiace tesoro, avrei voluto restare con te per tutto il tempo. – Le sue mani si intrecciarono al suo collo, finendo in un abbraccio che mi disgustava. Avrei voluto strappare la sua pelle a morsi, ridurlo in un pezzetto di carne macinata, per quel solo gesto che speravo toccasse a me.
Le lacrime iniziarono a formarsi lente nei miei occhi, ma prima che cadessero al suolo, tutto si fece buio. Due mani calde afferrarono il mio viso impedendomi di vedere. Venni trascinato indietro, fino a raggiungere il muro di vetri che dava la visuale sull’intera città di Seoul. Sentivo il contatto caldo del corpo di un uomo ma, seppur ci provassi, non riuscivo a capire di chi si trattasse.
 Mi sentii rincuorato, qualcuno era venuto a salvarmi, ma quella pena che percepivo, era troppo difficile da scacciarla del tutto dalla mia mente. Solo quando le loro voci si allontanarono e la porta del piano si richiuse al loro passaggio, quella forza che mi costringeva in quella posizione si allentò improvvisamente. Tremavo involontariamente e non riuscivo a controllare i singhiozzi. Ero così sconvolto che tutto il mio mondo sembrava ruotare nel nulla. Sapevo bene dell’amore che legava Kris, tutti nel dormitorio ne erano a conoscenza, eppure non riuscivo ancora a farmene una ragione.
 Perché proprio Henry? Per quale motivo lui e non io? Erano quelle le domande che non mi facevano chiudere occhio e che, senza che me ne accorgessi, mi gettavano ancora di più nello sconforto. Mi ero quasi dimenticato della persona che mi stava accanto, sebbene ne sentissi ancora il calore del corpo sul mio. Il segreto di Kris era stato forse svelato? Non potevo permetterlo. Per quanto odiassi quel rapporto, proteggere l’uomo che amavo era l’unica scelta possibile.
– Per favore non dire nulla di quanto hai visto. So che forse sarai sconvolto, ma ti prego, mantieni il segreto.
– Guardavo il pavimento mentre parlavo, con fare autoritario ma supplichevole. La mano di quella persona si intrecciò alla mia, ma ancora non osavo voltarmi. Avevo paura che notasse i sentimenti che risiedevano ancorati al mio cuore.
– Piangi quanto vuoi. In questo momento devi pensare solo a te stesso stupido! – Non riuscivo a crederci, Jonghyun era lì ad osservarmi da un pezzo e, la sua voce, da burbera ed inospitale, sembrava quasi umana. Specchiandomi nei suoi occhi, capii all’improvviso che anche lui soffriva per il mio stesso problema e quella scoperta cambiò inevitabilmente tutta la mia esistenza.
Se quel giorno non fossimo scappati insieme, avrei ancora pensato male del tuo comportamento. Forse non avrei mai smesso di odiarti e sicuramente sarei rimasto nella mia sfera di inquietudine. Sento ancora il vento sulla mia pelle mentre correvamo in moto, incuranti di tutti gli impegni presi, del singolo da registrare e delle conseguenze che ne sarebbero sorte. Abbracciato a te, non avevo paura di nulla.

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Capitolo 5
*** Il calore del silenzio ***


La corsa in moto durò un secolo. Avevo chiuso il mio telefono da un pezzo, ma il peso di quell’affare mi bucava le tasche della giacca. Già immaginavo le urla del manager disperato per la nostra assenza, eppure sapevo bene che non sarei riuscito a lavorare in quella condizioni.
Jonghyun era andato a prendere una bibita calda, mentre io, ancora frastornato, rimasi immobile in quella panchina del parco di una città che non conoscevo. Dove ci trovavamo esattamente? Non mi ero preoccupato di controllare i cartelli stradali e anche se li avessi visti, non li avrei memorizzati. Ero in mezzo al nulla!
Cosa sarebbe successo se qualcuno ci avesse riconosciuti, fotografati o addirittura fraintesi? Ci pensai un attimo, era possibile che qualcuno potesse farsi qualche strana idea vedendoci? Due uomini che escono insieme, non era strano. Nella nostra società conservatrice, nessuno avrebbe visto qualcosa di losco, eppure il mio cuore continuava a palpitare.
Kris fu il primo uomo di cui mi innamorai, prima di allora non sapevo di poter provare attrazione per una persona del mio stesso sesso, ma accadde quasi per magia. Lui era così dolce e premuroso, io appena fuggito da una famiglia calorosa e piana di attenzioni. Sebbene inizialmente vedessi in lui una figura paterna capii ben presto che il mio desiderio per lui era tutt’altro che “puro”.
Non appena lo accettai, avevo il cuore a mille. Mi sentivo oppresso da quell’amore che non poteva esistere ma, inconsciamente, avevo la speranza che anche lui condividesse quel dolce sentimento che covavo dentro di me. Non sapevo a quel tempo che non sarebbe potuto essere mio, che amava qualcun altro. Lo scoprii per caso, quando iniziammo a vivere nella stessa stanza.
– E’ difficile da spiegare Lay, ho una persona cara. Non posso dirlo a nessuno, perderei il sogno della mia vita e rovinerei anche il suo. Ti prego di accettarmi, sebbene la persona che amo è un uomo. – Scoprii col tempo che quella persona era Henry, un sumbae molto talentuoso. Non avevo speranze contro di lui, eppure speravo ancora che un giorno, svegliandosi al mattino, si accorgesse di me. Che illuso!
– Stai ancora pensando a quelle cose inutili? Non ti ho trascinato qui per vederti di nuovo piangere, sei fastidioso. – Mi porse un caffè bollente, senza esitazione. Avevo i muscoli del corpo bloccati per il vento gelido della corsa e quel calore mi serviva.
– Anche tu soffri per amore, vero? L’ho capito dal tuo sguardo. Mi dispiace Jonghyun! – Lo guardai per un attimo, sperando si scorgere in lui una qualsiasi reazione, non la trovai.
Per quale motivo di fronte a me era sempre così apatico? Guardandolo da lontano, insieme alla folla, era una persona fantastica. La sua ironia ed il suo modo di ridere, attiravano così tante persone che, vederlo così solo era sconvolgente.
– Non è come credi. Non siamo nella stessa situazione. – Non disse altro. Sorseggiò per tutto il tempo la sua cioccolata calda, macchiandosi gli angoli della bocca di marrone scuro, era così buffo. Risi in silenzio, sperando che non se ne accorgesse e per la prima volta, vidi le sue guance tingersi di rosso.
– Che ridi maledetto! Non è colpa mia se la cioccolata macchia. – Restammo l’intera giornata in quella posizione, senza fiatare ma consapevoli l’uno dell’altro. Ogni tanto, il rumore di qualche nota lontana arrivava fino alle nostre orecchie, ma non ci colpiva totalmente. Il tempo era lento ma non mi accorsi neanche del suo scorrere. Non incontrammo quasi nessuno, per mia immensa fortuna, ma in ogni caso, non mi sarebbe importato molto. Quando il sole stava per tramontare, Jonghyun si alzò e per la prima volta dopo ore, prese la parola.
– Torniamo a casa. – Mille pensieri mi passavano per la testa. Come avrei affrontato i miei amici e, soprattutto, cosa avrei detto per giustificare quella fuga?
“Scusate a tutti ma il solo vedere Henry e Kris insieme mi ha portato all’estrema follia. “ Già mi immaginavo le loro facce tese e forse avrei visto qualche risata o qualche broncio improvviso. Più di tutti, avrei deluso Kris, non potevo permetterlo.
– Tranquillo stupido. Ho avvertito io il Manager prima, non ci saranno problemi. Certo era arrabbiato, ma ho spiegato che hai avuto una crisi di panico dovuta allo stress e ha capito. Adesso andiamo prima che si faccia troppo buio. – Lo seguii a poca distanza, mentre il cielo si incupiva lasciando spazio al dolce blu della notte.
Ricordo che pensai qualcosa di particolare, eppure subito dopo dimenticai completamente cosa. Il tempo del ritorno a casa, durò fin troppo poco. Tremavo al pensiero di dover indossare di nuovo la maschera di indifferenza quando dentro marcivo in silenzio. Al fianco di Jonghyun mi sentivo sicuro, sebbene faticavo ad ammetterlo mi donava una forza che non avrei mai creduto di avere.
Lui sorrise mentre lo osservavo in silenzio, era un gesto strano ai miei occhi. Non il suo solito sorriso finto, un’espressione imbarazzata e poco accennata, ma pur sempre carica di luce. Qualsiasi cosa facesse, restava un grande sole che splendeva in mezzo alle tenebre che lui stesso creava.
 Era un demone ma anche un angelo. Salimmo sull’ascensore in silenzio ma non lasciò mai la mia mano. Solo quando entrammo nell’appartamento, avanzò prima di me, come se sperasse di spazzare via ogni ostacolo al suo solo passo. Il manager era seduto nel divano, un’espressione grigia e cupa ma non sembrava arrabbiato. Amareggiato? Cos’era quella sensazione di profondo sconforto che portavo dentro?
– Per colpa vostra oggi ho dovuto chinare il capo troppe volte. Siete stati degli sconsiderati ma almeno siete tornati sani e salvi. – Aveva pianto e tutto per colpa mia e della mia fragilità. Il suo ruolo di manager era sempre stato messo in secondo piano. Essendoci due gruppi, lui era più una spalla che un protagonista, ma stupidamente, non mi ero mai preoccupato dei suoi sentimenti. Che idiota!
– Scusa Hyung, è tutta colpa mia. Non mi sentivo troppo bene, perdonami! – Mi inginocchiai in silenzio, avevo di nuovo gli occhi lucidi ma trattenni le lacrime. Jonghyun si accostò a me abbassandosi alla mia altezza, non credevo riuscisse ad essere così umile, mi stupì totalmente.
 – Sono io che l’ho trascinato via, mi prendo tutte le responsabilità! – Era serio. Il suo volto non lasciava trasparire neanche la minima incertezza. Le articolazione dolevano in quella posizione, ma era la giusta punizione per i nostri errori.
– Alzatevi! Almeno avete avuto la buona idea di chiamare. Da domani però, dovrete impegnarmi anima e cuore in questo progetto o giuro che vi strangolerò con le mie stesse mani. – Ci alzammo lentamente sorridendo per la gentilezza di quella persona afflitta di fronte a noi, ma pur sempre pronta ad aiutarci nei momenti difficili.
Lui era la nostra forza, un amico sincero che non ci avrebbe mai voltato le spalle. Con un solo gesto, ci voltammo e andammo verso la nostra stanza, buia e silenziosa. Kris non sarebbe tornato aveva preso un giorno di permesso e io già sapevo dove avrebbe dormito e soprattutto con chi. Guardando il suo letto disfatto, tremai per un solo istante. A quel movimento involontario le braccia di Jonghyun si strinsero nel mio corpo ricoprendomi totalmente.
– Non fare pensieri stupidi. Cerca solo di dormire per questa notte. – Sentire il calore del suo corpo mi sciolse. Quando si staccò da me, sentivo ancora l’odore della sua pelle nella mia, ma non riuscii ad osservare il suo volto. Per quale motivo improvvisamente era così gentile e comprensivo? Mi confondeva. Si fermò a pochi passi, dandomi le spalle immobile.
Desideravo toccarlo ancora, poter trovare la forza dentro di lui, ma non mi mossi. La mia mano cercava di afferrare la sua ombra, ma era troppo distante. Restammo in quella posizione senza accorgercene per un po’, il tempo di riflettere sulla mia vita.
Poi, con voce sibilante, mi diede la buonanotte e sparì tra le lenzuola. Non si cambiò nemmeno prima di crollare in un sonno profondo, lasciandomi in quel modo. Il buio si fece più opprimente, mi accasciai nel letto imitandolo, dovevo mettere da parte tutti quei sentimenti se non volevo farmi ancora del male. Quella notte non riuscii a pensare a Kris, impegnato com’ero a ripetere nella mente quell’abbraccio a cui di volta in volta, davo un significato diverso. Compassione, amicizia, pietà, comprensione eppure non era neanche quello.
 Se solo ne avessi la capacità, vorrei disperatamente tornare indietro a quella notte di pochi mesi fa, in quel medesimo istante che adesso ricordo con estrema particolarità. Se potessi rivivere per un solo istante quel momento, cercherei di non compiere più gli stessi errori.
Se solo ritornasi ancora in quella stanza, mi sdraierei accanto a te, asciugando lentamente quelle lacrime invisibili che cercavi in ogni modo di nascondere dentro di te. Avrei fatto di tutto per curare quella parte così fragile che nascondevi di fronte a tutti dandoti il meglio che potevo offrirti.
Mentre stringo la tua mano adesso, piango in silenzio sperando di rivedere il tuo sorriso imbarazzato. Amarti o odiarti, tutto è meglio alla paura di perderti per sempre. Con i singhiozzi che mi impediscono di parlarti, prego in silenzio che il tuo cuore non cessi mai di battere.

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Capitolo 6
*** I ricordi perduti ***


Ho sempre detestato l’ospedale, sin da quando da bambino venni operato di appendicite. Ricordo solo l’odore acre del disinfettante ed il pianto disperato del mio compagno di stanza. Ancora adesso, mentre guardo il suo volto dormire, sento addosso la stessa paura di quei giorni. A quel tempo però, sdraiato sul lettino c’ero io, non lui. La porta scorrevole si mosse appena, qualcuno era entrato nella stanza ma non mi voltai neanche.
– Non ti avevo detto di andare via? Solo perché il manager ti ha permesso di restare non vuol dire che sia un tuo diritto! – La voce aspra di Onew si insinuò lenta nella mia mente. Aveva ragione, non dovevo trovarmi lì, né avevo la presunzione di poter chiedere perdono per i miei errori.
L’incidente fu così rapido che anche se ci provassi non riuscirei mai a descriverne l’esatta sequenza. Stavo attraversando la strada, credo, non ricordo tutto. Ci fu un intenso rumore, venni sbattuto a terra prima di perdere i sensi.
Dovevo finire io sotto quell’auto, invece mi ritrovo con una lieve fasciatura in testa e le idee confuse. Non ricordo nulla di ciò che accadde né del motivo che mi spinse a correre in quel modo incurante del pericolo. Il dottore lo chiama “amnesia post-traumatica” per me è solo una macchina nera verso la verità. La corsa in ospedale, la luce rossa che segnalava l’operazione in corso, tutto il resto era lucido e presente dentro di me, come a prendersi gioco della mia mente.
– E’ tutta colpa mia! Lo so che non sono degno neanche di guardarlo, ma non posso lasciarlo da solo. Non appena si sveglierà sparirò per sempre dalla sua vita, ma per ora lasciami restare ti prego. -  Sussurrai quelle parole quasi come se avessi paura che le sentisse. Più di tutti lui mi detestava, le sue urla quella notte rimbombano ancora in me.
Aveva ragione ad odiarmi, persino io mi detestavo da solo. Jonghyun giaceva sereno, mentre il monitor cardiaco segnava i battiti lenti del cuore. Aveva delle ferite leggere ma più di tutti il trauma cranico spaventava i dottori.
– E’ in coma. – L’unica cosa che riuscii a capire è che stava dormendo profondamente. Perché era finita in questo modo? Non ricordavo più da quanti giorni ero rimasto immobile in quella sedia, ad aspettare paziente che aprisse gli occhi. Due o forse tre, oppure era tutta la vita che attendevo inerme che lui tornasse.
Da quella corsa in moto, la nostra relazione era cambiata, avevo iniziato a guardarlo in modo diverso, più come un amico. Gli allenamenti erano intensi, ma avevo finalmente la forza che mi serviva per tirare avanti. Tornare a casa con lui era diventata un’abitudine a cui non riuscivo a rinunciare. Jonghyun aspettava pazientemente che terminassi le mie lezioni extra, a volte con scuse banali ma che in qualche modo, assomigliavano davvero alla realtà. In macchina parlavamo poco, soprattutto i primi tempi, ma c’era un’armonia che non riuscivo a spiegare.
Iniziai a contare sempre di più nel suo aiuto, nella sua stessa presenza. Sentivo che qualcosa lo affliggeva ma non riuscivo a capire cosa. La prima volta che mi parlò dell’amore che lo tormentava, fu qualche giorno fa, mentre tornavamo a casa da una giornata particolarmente pesante. Le luci della città splendevano sul mio viso mentre ascoltavo la sua voce calma e leggera.
– Sai, per certi versi sei fortunato. La persona che amo io inizialmente non mi guardava neppure. Quando ci incontravamo in qualche evento era come se non esistessi seppur fossi più grande e famoso. I suoi occhi scintillanti non si rivolgevano neanche per un istante verso di me. Anche adesso mi chiedo se riuscirò mai a farmi notare. – Era così triste mentre diceva quelle parole. Avevo una voglia terribile di abbracciarlo, ma sapevo che non avrebbe accettato quella forma di compassione.
Quando tornammo in stanza non mi degnò di uno sguardo, semplicemente si rinchiuse in bagno per un tempo che mi parve infinito. Dalla porta, chiusa a chiave, potevo percepire i suoi singhiozzi o forse, erano i miei che tradivano i miei sentimenti.
Un tondo  si propagò all’improvviso. Il rumore dell’infermiera che entrava mi ridestò per un istante dai miei ricordi. Era una ragazza sveglia, piuttosto giovane ma capace. Veniva a controllare Jonghyun ad ogni ora durante i suoi turni.
– Mi scusi, sono venuta a controllare i parametri vitali. – Aveva una voce soffice, piena di tenerezza. Nessuno fuori dall’ospedale era a conoscenza della gravità delle condizioni di Jonghyun. Con l’uscita del nuovo album era sconveniente lasciar correre una notizia del genere. Ipocriti bastardi!
– Non si preoccupi. Jonghyun è una persona piena di energia. Anche se adesso sembra fragile, io sono sicura che dentro ha una grande forza, riuscirà a svegliarsi e tutto questo diverrà solo un brutto incubo. – Mentre usciva dalla stanza, rimasi per un attimo a riflettere sulle sue parole.
Era davvero così forte? Non ne ero sicuro. In apparenza sembrava invincibile, ma ormai avevo capito da tempo che era tutta una grande illusione. Passò poco tempo da quando qualcun altro venne a trovarci, in quella pace senza tempo.
– Lay, sono 3 giorni che non mangi nulla. Non capisci che siamo preoccupati per te? – La voce di Kris non mi diede nessuna emozione. Da quando il mio cuore aveva smesso di palpitare vicino a lui? Non me ne ero neanche accorto, ma era da un pezzo che quelle emozioni erano svanite per sempre lasciando il posto ad un’altra persona nella mia vita. La sua mano mi prese con la forza, non volevo allontanarmi ma non avevo le forze per oppormi.
– Lo so che non vuoi lasciarlo solo, ma neanche noi possiamo vederti in questo stato. Smettila di fare il bambino! – Era arrabbiato, ma sapevo che anche io lo sarei stato nella sua situazione. Ci fermammo di fronte il bar dell’ospedale e mi fece sedere controllandomi a vista quasi per paura che scappassi all’improvviso.
– Scusa, so che è un brutto momento per te, ma cerca di capire. Ciò che mi importa più di tutti è che i miei fratelli stiano bene e vederti in questo stato mi fa uscire fuori di testa. – Mi lasciò lì per un istante, il tempo di ordinare qualcosa di sostanzioso e facile da ingerire. Con lo sguardo fisso sul nero pece del tavolo, aspettavo in silenzio di tornare a quella stanza, con il cuore alla ricerca di quella persona che aveva bisogno di me. Kris si sedette accanto a me, tenendomi saldamente la mano.
– Ti sei innamorato di lui vero? – Aveva la voce tremante e solitaria. Non riuscii a capire il motivo di quella tristezza, forse dettata unicamente dalla fatica che quell’amore mi avrebbe donato. Annuii senza pensarci, ormai l’avevo capito era inutile opporsi all’evidenza.
Nel momento esatto in cui l’auto lo colpì, le ferite nel suo corpo ed i suoi occhi che non reagivano, qualcosa si spezzò in me. Vederlo andare via, il suo respiro che si affaticava, non riuscivo ad accettarlo. La sofferenza era troppo forte, mi era impossibile anche respirare. Lo amavo così tanto inconsapevole del motivo.
Cosa aveva di speciale? Era burbero ed enigmatico, freddo e distaccato ma anche pieno di calore e dolcezza. 
- Lay ti devo dire una cosa importante anche se so che mi odierai con tutto te stesso.– Rimase per un attimo in silenzio, imbarazzato. Fremevo in attesa di ciò che stava per dire ed allo stesso tempo, desideravo non ascoltare.
– Quel giorno, quando Jonghyun ti ha salvato la vita, è colpa mia se eri in quella strada. Stavi inseguendo me. Perdonami Lay, se solo fossi stato più attento tutto questo non sarebbe successo. Io… - Non disse più nulla, cercando di farmi elaborare le idee. I ricordi non tornarono nella mia mente, solo una parola riecheggia ancora forte ed indistinta “Ti amo.”
 

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Capitolo 7
*** Il volto del disprezzo ***


Il suono della voce di Kris risuonava ancora dentro di me mentre tornavo stanco in quella stanza desolata.
“ E’ colpa mia se eri in quella strada.” Volevo ricordare ad ogni costo ma ancora non riuscivo ad infrangere la barriera che, inspiegabilmente, avevo costruito in me. Avevo chiesto a Kris di non dire altro, era troppo difficile da affrontare ed avevo paura di scoprire cos’era davvero successo.
Credevo che restando ignaro di tutto, avrei potuto fingere che andava tutto bene, almeno fino al suo risveglio. Camminavo lentamente fino a quella porta socchiusa, quando vidi l’agitazione nella sua stanza. Qualcosa era successo, e, dentro di me, pregavo solo che fossero buone notizie.
Onew mi vide e si fermò di colpo, quasi stregato dalla mia presenza. Aveva lo sguardo vivo, sembrava in preda ad una strana frenesia.
– Dove diavolo eri finito? Il suo cuore ha smesso di battere, i medici sono intervenuti d’urgenza. Tu sei ancora qui, quando lui sta lottando per vivere, non riesco a sopportarlo! – Non avevo la forza di ritornare da lui, non dopo quelle parole.
 Rimasi incollato alla parete, così vicino da sentire i rumori dei macchinari a cui era attaccato, ma così distante da percepire il freddo alle ossa. Il manager arrivò di corsa, era lui che ogni tanto usciva a darmi conforto.
“ La situazione è ancora stabile.” Erano queste le parole che sentii per quasi tutta la notte. Non sentivo più le gambe, mi sedetti pesantemente sul pavimento sebbene non so quando accadde con precisione. Mi ritrovai solamente in quella posizione a pensare e rivivere quel momento così lontano dalla realtà. Si fece l’alba ed il corridoio desolato iniziò di nuovo a popolarsi.
Un’infermiera si avvicinò a me vedendo il mio volto più pallido del solito e mi chiese qualcosa, ma non riuscii a capire le sue parole. Tutto si faceva più confuso dentro di me e le pareti iniziarono a girare vorticosamente, non capivo più nulla. Un velo nero cadde sui miei occhi ed il vuoto mi imprigionò, ero morto o solo svenuto?
Chi poteva dirlo. Udivo ancora i rumori che mi circondavano, seppur sembravano così lontani ed irreali. In quel mondo esistevo solo io, in una folta coltre di nebbia. Voci conosciute e totalmente estranee mi circondavano ma io ero immune ad ogni cosa. In quel frangente di tempo, lui era lì, al mio fianco ma non c’era vita nel suo corpo.
Non appena ripresi i sensi mi ritrovai sdraiato su un letto, con le ossa doloranti ed intorpidite. Sentii un fastidio al braccio, avevo una flebo in corso. In effetti mi ero trascurato un po’. Avevo la gola secca e la pelle sottile, non sembravo più la persona che credevo di essere.
– Finalmente hai ripreso i sensi! – Accanto a me vidi il volto preoccupato di Chen, probabilmente era rimasto al mio fianco per tutto il periodo in cui avevo dormito.
– Come sta Jonghyun? Devo andare da lui, aiutami ad alzarmi. – La sua mano mi bloccò sul nascere, benché in ogni caso mi era difficile muovermi in quel momento. Sentivo ogni  cosa in me bloccata.
– Il dottore ha detto che è meglio tenerti in osservazione per un altro po’ di tempo. Tao è da Jonghyun, dicono che è fuori pericolo per il momento ma ancora non si è svegliato. Mi dispiace Lay ma non posso lasciarti andare per il momento. – Era davvero dispiaciuto. Il suo sguardo era uguale a quello di Kris, entrambi mi volevano bene e si preoccupavano per me. Quella consapevolezza, sebbene infantile, mi rese felice anche solo per un istante.
– Lay,  è vero che non ricordi nulla di quel giorno? Prima dell’incidente voglio dire. – Aveva lo sguardo spento mentre scandiva le parole. Sembrava imbarazzato a guardarmi eppure non osava staccare gli occhi dai miei. Cosa nascondeva in fondo al cuore? Avrei davvero voluto saperlo. Feci un solo gesto col capo, non avevo più la forza di rivangare il passato. Insieme a lui ero a casa, una famiglia che si tiene unita nella disperazione, o forse no?
– So che non dovrei, ma sono sollevato di questo. Scusa Lay, sono un pessimo amico. Dimentichiamo tutto e voltiamo pagina. Sono sicuro che Jonghyun si sveglierà presto, tutto tornerà alla normalità, non piangere più. – Mi tenne delicatamente la mano. Non cercai di capire le sue parole, sebbene avessi dovuto pormi qualche domanda.
 In fondo al cuore sapevo bene quali erano le mie colpe, ma le evitavo di proposito, vero? Se tu fossi al mio fianco adesso, in questa stanza, probabilmente mi rimprovereresti come al solito.
“Cresci. Devi essere forte.” Mi sembra quasi di vederti, accanto al mio letto, con quel sorriso imbarazzato che amo dal profondo del cuore.
 Chen rimase con me per tutto il tempo, per paura che disubbidissi ai suoi ordini e riuscissi ad evadere da una cella senza sbarre, ma ero così stanco che anche volendo non sarei riuscito ad attraversare la porta. Vennero altri amici a trovarmi, ma le risposte che portavano non miglioravano le mie preoccupazioni.
“Non ci sono novità, è ancora in coma.” Odiavo essere immobile mentre la persona che amavo si trovava in quel limbo senza fine. Non passò molto che mi fu dato il permesso di alzarmi, sebbene non potessi stancami troppo.
 Nella sedia a rotelle, venni scortato dal mio fedele amico nella sua stanza, terzo piano 4b. Lo vidi più pallido dell’ultima volta, sentivo che ogni istante un pezzetto di lui stava sparendo.
Entrando, l’aria sembrava così leggera che quasi sentivo il mio corpo fluttuare nell’aria. Gli sfiorai la mano, delicatamente per paura di ferirlo, versando ancora quelle lacrime disperate. La porta dietro di me si chiuse mentre Chen ci lasciò soli.
– Stupido! Chi ti ha dato il permesso di andare via? Torna immediatamente da me o ti uccido! – Urlavo così forte che l’eco dei miei pensieri rimbombava tra le pareti. Mi alzai lentamente, avvicinandomi più che potevo al suo corpo immobile.
– Ti sto aspettando, torna da me. Ti amo così tanto! – Le mie labbra sfiorarono le sue e le mie lacrime caddero sul suo viso freddo, ma nulla cambiò. Accostandomi a lui speravo solo di donargli il mio calore, ma era insufficiente. Il fuoco della mia pelle si era spento a contatto con quel sole morente, il buio aveva preso il sopravvento oscurando ogni cosa.
Quando Chen tornò per riportarmi indietro, prima di voltarmi vidi una lacrima scendere sul suo viso, ma sembrò quasi unicamente il riflesso delle mie che continuavano a cadere. Avrei voluto esserci mentre riaprivi i tuoi splendidi occhi. Sentire di nuovo la tua voce e poterti abbracciare senza timore, solo per la felicità di vederti ancora in vita. Se fossi rimasto di più, mi avresti perdonato? Vedendomi disperato ai piedi del tuo letto, avresti forse lasciato andare i miei sbagli?
Eppure mentre Tao entrava sbattendo la porta urlando che ti eri svegliato, non ho potuto trattenere la gioia. Correndo senza preoccupazioni, mi fermai d’istinto proprio quando i primi ricordi bussarono feroci. La testa scoppiava, martellando un sapere che non avevo chiesto.
Vidi me stesso in un altro luogo, mentre mi spogliavo con foga accanto ad un’altra persona che non eri tu e poi il tuo volto pieno di stupore e sgomento. Piangevi mentre scappavi, vero?
Bloccato alla parete vedevo le ombre agitarsi attorno a me. I sospiri di Chen nel mio orecchio mentre i nostri corpi si univano senza pudore.
“Scusami Lay.” Il senso di vuoto ad ogni spinta nel mio corpo sembrava ancora reale. Non riuscivo a respirare, tutto sembrava ruotare come una giostra impazzita.
Mi chiedo ancora il perché del tuo gesto. Se davvero mi odiavi così tanto, perché non hai permesso che quella macchina mi prendesse? Dovevi lasciarmi al mio destino, proprio come meritavo. Il tuo amore per Chen mi aveva già spezzato il cuore, era inutile continuare a vivere, no? Non potevo avanzare oltre, non riuscivo a guardarlo in faccia e sorridere. So che sbagliai a non venire da te, parlando forse tutto si sarebbe risolto, eppure sono ancora troppo ingenuo, non è colpa tua.
Se un giorno ricorderò tutto di quel fatidico giorno, forse riuscirei a colmare il senso di colpa che adesso mi opprime la gola e, probabilmente potremmo tornare ad essere amici, ma quelle macchie nere non vogliono sparire. Mi dispiace Jonghyun, di tutto.

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Capitolo 8
*** Le lacrime di Chen ***


Dopo “l’incidente”, come è stato definito gentilmente dal Capo Kim, il duetto è stato interrotto. Le condizioni di Jonghyun migliorarono notevolmente, tanto che i suoi problemi di salute non vennero esposti ai media, almeno non nella gravità esponenziale che lo aveva portato ad assentarsi nell’uscita del video in programmazione. Secondo la versione ufficiale si era semplicemente rotto il naso, non c’era neanche menzionato il mio nome. Probabilmente credevano che lo scandalo sarebbe stato troppo forte da sopportare per entrambi, o forse volevano solo evitare guai.
Quella mancanza di verità mi diede la nausea. Sembrava quasi che quei mesi passati insieme fossero stati gettati in un piccolo cassetto, chiusi a chiave e dimenticati da tutti. In casa ognuno aveva ripreso il suo ruolo, e i vari spettacoli ci avevano intrappolati nella routine di quella vita da idol che avevamo cercato disperatamente.
Rivederlo attraverso lo schermo era così strano, non era quella la persona che avevo amato e che ancora tormentava il mio cuore. Chen sembrava distratto e sfuggevole, quasi non mi rivolgeva la parola, ma neanche io avevo più tanta voglia di parlargli.
Mi chiedevo solamente quale istinto ci avesse spinti a fare sesso in quel modo. Solitudine, rabbia, disperazione? Volevamo solo un conforto a quelle ferite che stentavano a rimarginarsi, ma senza accorgercene ci eravamo fatti ancora più male. Ero abituato a quel senso di vuoto, l’avevo provato spesso, ma la lama che mi trafiggeva si insinuava sempre di più in me. Minuto dopo minuto, costantemente!
Kris cercò spesso di avvicinarsi di nuovo, ma lo tenevo a distanza, per paura di nuovi ricordi. Sapevo che non era finita, quel giorno era ancora oscuro per me, ma che importanza aveva quando ogni cosa era volata via?
Dal momento che tutto si era fermato, immutabile, era inutile riprendere dentro le sofferenze che di certo avrei patito conoscendo. Nel mio cuore ormai esistevano soltanto quelle immagini felici che però erano troppo rare e soffuse, quasi come un frammento di vetro. L’atmosfera tesa si riversò in tutta la nostra squadra, anche se fino all’ultimo non hanno mai saputo realmente il motivo delle nostre preoccupazioni sebbene sospettassero più di quanto fosse concesso. Le esibizioni ne risentivano ed eravamo già stati richiamati dai manager che, esasperati, ci riunirono subito dopo il concerto a Busan.
– Mi spiegate che diavolo succede? Siete sempre stati esplosivi sul palco, adesso sembrate spenti. Smettetela di scherzare ed impegnatevi. Lay, lo so che il problema del duetto ne ha risentito sulla tua motivazione, ma adesso è ora di voltare pagina. Devi dimostrare quanto vali, il Capo Kim ti sta tenendo d’occhio. Chen cerca di collaborare, sembri un pesce lesso in questi giorni e Kris, sei il capo degli M, devi fare da guida ai tuoi ragazzi. Non va bene così, risolvete i vostri cazzo di problemi e tornate il bel gruppo che abbiamo formato, immediatamente! – Nessuno parlò, quasi che avessero paura che, aprendo bocca, qualcosa di inumano uscisse fuori. Ma qualcosa stava cambiando e quella sensazione impregnava totalmente le mie ossa.
Quella sera, andando a dormire in albergo, mi sentii privo di forze ma non riuscii a dire una sola parola. Accadde dopo pochi giorni, al nostro ritorno a Seoul, la situazione andava affrontata in un modo o nell’altro. Chen bussò alla mia porta, la casa era vuota come a volerci lasciare soli in quel momento così difficile. Le pareti trasudavano ansia e terrore, tutto si muoveva contro di noi.
– Lay, dobbiamo parlare, vero? – Aveva la voce tremolante, come la luce di una candela che sta per spegnersi lasciando il posto al nero della notte. Io annuii sedendomi sul letto ancora da sistemare e lo invitai ad entrare. Era pallido, ma non mi sorprendeva. Erano giorni che non lo vedevo mangiare, eppure sembrava qualcosa che non mi dovesse interessare.
– Ho capito sai? Hai ricordato cos’è successo. E’ per questo che mi guardi in quel modo. – Sembrava triste e spento, ma non potevo dargli torto così annuii senza aggiungere altro.  Era difficile parlare di ciò che era successo, anche solo le parole mi incutevano timore.
– Chen, perché lo abbiamo fatto? So che non era per amore, ma non riesco a vedere tutto di quel momento. So bene l’errore che abbiamo commesso, è l’unica immagine vivida che è tornata nella mia mente, ma sento pure le nostre emozioni. Non sono io quello che ami vero? – Lui abbassò lo sguardo, c’era di più da sapere, e forse già conoscevo le risposte. Improvvisamente vidi di nuovo quei segni sulla sua pelle, nascosti in punti in cui gli occhi non arrivano e tutto si fece un po’ più chiaro. Chen fece un cenno del capo, aveva paura ma non riusciva a restare in silenzio.
- Lay, ti prego perdonami. E’ tutta colpa mia se abbiamo fatto sesso! Ti ho usato per sentirmi meglio e per lasciare una prova. Lui doveva credere che non lo amassi perché altrimenti mi avrebbe cacciato via. Perdonami! E’ tutta colpa mia. – Scoppiò a piangere urlando cose che non comprendevo pianamente fino a quando tutto si schiarì riportando alla mente quelle parole e quella disperazione.
Lay era di fronte a me, quella mattina così grigia sebbene calda da morire. Aveva i jeans strappati, non ci feci subito caso eppure era importante. Quando vidi quel livido sulla gamba destra rimasi di sasso. Non sapevo cosa dire né cosa pensare, mi sentivo solamente inutile e senza forze.
– Lay, cosa succede? Per quale motivo hai quella macchia nera? – Lui non parlava, era immobile con le lacrime che scendevano lente sul suo viso.
– Ti prego aiutami! – Cadde sul letto con i singhiozzi che non smettevano di farlo tremare. Promisi qualcosa, delle parole che non avrei mai dovuto pronunciare.
– Va bene, farò tutto ciò che vuoi, ma ti prego smettila di piangere e spiegami cos’è successo. – Quella promessa cambiò tutto, mi abbracciò forte ed iniziò a baciarmi. Ero confuso, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, ma ebbi la forza di scostarlo da me.
 – Cosa? – Le parole morivano in gola, sembrava tutto uno scherzo ma, non poteva essere tale.
– Perché hai quel livido? Qualcuno ti ha picchiato? Chen ti prego parla! – Stavo urlando contro il mio migliore amico, ma non avevo altro modo di arrivare al suo cuore.
– Lui non mi vuole più. Ti prego lascia che stia con te, è il mio solo desiderio. Se vedrà che amo un altro forse mi riprenderà con lui, avrò una seconda possibilità. Lay, scusami. – Iniziò a toccarmi mentre quelle frasi non smettevano di girarmi per la testa. Non riuscii a cacciarlo, mi inabissai in un luogo dove non c’era pace né guerra, quel posto così lontano dalla coscienza.
Non era la prima volta che facevo sesso, non fu doloroso né troppo faticoso, eppure mentre entrava in me, non riuscivo a fermare quelle lacrime. Jonghyun entrò proprio mentre Chan ansimò più forte, ci vide in quel modo ma non riuscì a dire nulla. Scappò in fretta mentre io mi coprivo di vergogna, poi tutto tornò buio. Vedendo di nuovo Chen, con le mani  sul viso ad asciugare le lacrime, mi sentii morire.
– Hai raggiunto il tuo scopo? Lui è tornato da te? – Il tono della mia voce era acuto e troppo duro per una persona così fragile, ma non potei controllarmi. Nella sua disperazione trovai il mio conforto. Se nessuno dei nostri cuori era in pace, andava ancora bene. Non potevamo più tornare come prima, eravamo stati macchiati ognuno in modo diverso, ma tutti troppo profondamente, fino al punto che il sangue non riusciva più a fermarsi.

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Capitolo 9
*** Incontrarti ancora ***


Mantenere la collera con Chen non mi aveva di certo fatto sentire meglio, così infine decisi che perdonarlo era la scelta migliore. La nostra amicizia sarebbe continuata, diversa ma pur sempre solida, forse più di prima. La preoccupazione che nutrivo per lui era sempre viva in me, ma ero consapevole di non poter fare nulla per contrastare la sua volontà. In fin dei conti sapevo meglio di chiunque altro quanto potesse essere devastante l’amore. Passammo dei giorni in Cina per lanciare il nostro ritorno alle scene e lasciare Seoul non era mai stato così semplice.
Mi sentivo quasi sollevato vedendo le case rimpicciolirsi e scomparendo tra le nuvole vaporose sopra il cielo. Per tutto il tempo che passammo nella nostra patria, mi sentii di nuovo me stesso. Gli odori, i rumori, lo stesso spessore della terra era diverso. In quel luogo rivedevo la mia parte infantile, la mia adolescenza, quel sapore che avevo perso nel tempo. Il lavoro mi teneva occupato e mi impediva di soffrire. Le luci che dal palco riflettevano i nostri volti mi dava la grinta e la forza di impegnarmi ancora. In quel momento non ero più me stesso, ma una persona diversa.
“ Ti stai impegnando molto.” Gli incoraggiamenti del manager non mi facevano sentire meglio. Semi impegnavo in quel modo, non era merito mio, ma di quella persona che entrando nella mia vita mi aveva fatto capire qualcosa. Jonghyun mi aveva lasciato un segno che neanche volendo con tutto me stesso, potevo cancellare. Quelle parole dure che mi aveva rivolto, mi avevano fatto crescere e avevo capito che in realtà aveva ragione. Se volevo brillare dovevo combattere con tutto me stesso.
Tornando a Seoul, dopo quel periodo di riflessione, ero più sereno e certamente più maturo ed onesto con me stesso. Sorrisi mentre salivo nell’aereo che mi avrebbe riportato a casa. Le fan non mi facevano più paura come un tempo, né il mio cuore avrebbe più tentennato.
Io avevo qualcosa di speciale e finalmente avevo trovato cosa fosse. L’amore che riuscivo ad emanare, i sentimenti puri che trasformavo nella mia voce e nei miei movimenti mi rendevano unico ed irraggiungibile.
La fonte di quella conoscenza non sarebbe mai potuta essere mia, ma non importava. Vedere il suo sorriso era l’unica cosa che davvero era importante per me. Tra la folla, prima di salire sul furgoncino che ci attendeva alla fine della vetrata scorrevole, vidi un’ombra in lontananza.
Indossava pantaloni scuri, una maglietta semplice, un po’ sporca ed anonima. Aveva il volto velato, mascherato dal pesante cappello, ma lo avrei riconosciuto anche senza vederlo. Sebbene non sapessi dove il suo sguardo fosse rivolto sentivo che la sua attenzione non poteva essere rivolta a me. Non me lo meritavo! Guardai per un attimo Chen ed una lacrima si fermò in gola. Chiusi pesantemente lo sportello ricacciando dietro quell’amaro dolore.
– Lay, che ti succede? Sei pallido. – Tao si accostò a me, quasi notando quella figura anonima, ma senza capirne il significato.
- Non è nulla, sono solo un po’ stanco. – Chiusi gli occhi, ascoltando le voci dei miei compagni. Avevo bisogno di incontrarlo, anche solo una volta. Volevo chiedergli talmente tante cose che le domande risultavano confuse e prive di senso. Quel tormento mi impediva di respirare, ma non riuscivo a controllarmi. Quando sentii il telefono vibrare, sembrava quasi immaginassi chi fosse ma non mi sarei mai aspettato di trovar ragione.
“ Vediamoci stasera al parco vicino al dormitorio. Ho qualcosa da dirti.” Il numero di telefono, che avevo cancellato per la rabbia tempo prima, era ancora vivo nella mia memoria. Lo avrei rivisto eppure, non riuscivo ad esserne pienamente felice.
Una sorta di ansia mista a timore mi attorcigliava la gola. Cosa avrei provato ad essere nuovamente di fronte a lui? Una volta tornato a casa, posai le valigie senza attenzione, la mia mente era occupata unicamente dal suo pensiero distorto. Kris si fermò per un po’ a guardarmi, probabilmente aveva capito cosa mi aspettava o semplicemente lo immaginava. Chiuse la porta e per un istante, solamente uno, sentii il suo cuore chiamarmi.
– Non andare. – Vidi il suo volto, quelle parole non ero sicuro di averle udite, ma non potevo neanche ignorarle. Il suo volto era rivolto verso il pavimento di legno, impossibile leggere la sua espressione, ma sentivo la tristezza che emanava.
– Non voglio che incontri mai più Jonghyun. Non lo fare Lay, ti prego. – Solo in quel preciso istante, quando la confusione aveva ormai ricolmato la mia mente, lui mi abbracciò. Le sue mani ricoprirono il mio corpo, stringendolo a sé con forza.
– Ti farà soffrire di nuovo, non posso permetterlo. Io voglio che tu sia felice Lay, perché…. Perché…. – Non disse nulla, lasciando quelle parole in aria. Persi il fiato, totalmente scioccato dalla sua mossa improvvisa. Il calore che si propagava dal suo corpo al mio, era energia pura. Chiudendo gli occhi, sentii le mie preghiere lontane. Quante volte avevo sognato quel momento, così difficile da raggiungere. Eppure, non provavo nulla di quella gioia che l’immaginazione mi aveva portato per tante notti.
– Sai Kris, ti ho amato per tanto tempo senza il permesso di poterlo confessare, per questo motivo, so già che significa amare e non essere ricambiato. Non posso soffrire più di così. Se adesso vado da lui non è con la consapevolezza di avere un’opportunità, no! Non sono così stupido da credere nei miracoli. Io so fin troppo bene chi porta nel cuore, ma non mi importa più.- Allungai le mani, divincolandomi dalla sua presa e vidi le sue lacrime così chiare e nitide in quel volto d’argento.
- Si dice che quando il dolore arriva al suo massimo non si prova più nulla e forse è la verità perché anche io mi sento così. Qualsiasi cosa accadrà non potrà mai cancellare il passato, né io potrò mai trovare il perdono che cerco. – Uscii dalla stanza, proprio quando la voce tremò appena, quel briciolo di emozione che non potei fermare. Volevo solo illudermi ed in fondo lo sapeva anche lui.
Prima di uscire di casa, incontrai Chen, appoggiato al muro come una colonna portante, quasi per paura che crollasse. Anche lui aspettava qualcosa che non sarebbe arrivato, eravamo davvero simili. Feci un unico cenno del capo prima di oltrepassare la sua ombra.
– Stai attento. – Un breve sussulto, come la voce interiore della mia stessa anima. Mi ritrovai solo, affrontando le mie colpe, e tutto fu più difficile. Il lieve blu della notte si faceva più intenso, e lui era già arrivato, lo sentivo tra le dita.
Ogni passo mi appesantiva, rendendomi ancora più nervoso. Non appena arrivai, vedendolo da lontano, non era cambiato per nulla. Aveva sempre lo stesso sguardo accusatore, proprio come il primo giorno che lo avevo incontrato. Non riuscii a parlare, feci un solo gesto accompagnato da un grugnito senza forma che prese vita nella mia gola. Lui restò ad osservarmi, come se non mi avesse mai visto.
– Sembri stare bene. Il viaggio in Cina è andato bene? – Frasi di convenienza, era palese che non gliene importava nulla. Annuii senza convinzione, fermandomi ad osservare la piccola cicatrice che nascondeva tra i capelli. Così piccola da passare inosservata ma che io ormai conoscevo in ogni centimetro.
– Non sei venuto qua solo per sapere del viaggio, vero? – Dovevo chiederti scusa, lo sapevo ma non riuscivo a farlo. Ancora adesso mi sento uno stupido per il mio comportamento infantile, eppure di fronte a te non sono mai riuscito ad essere sincero. Avrei dovuto sorridere, dirti quanto ero felice di rivederti in vita, abbracciarti con calore, ma tutto sembrava così inutile a pensarci.
– Hai ragione, non sono qui per te. Volevo chiederti come stava Chen, se aveva ancora tentato il suicidio. Io non riesco a contattarlo. – Rimasi immobile, poi sentii nuovamente la voce di Kris “Chen sta per morire.” E tutto si fece buio.

 

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Capitolo 10
*** Addio! ***


-Perché diavolo non mi avete detto nulla?- Ero livido per la rabbia. Sentivo che se mi fossi fermato a riflettere sarei impazzito sul serio. Il mio migliore amico aveva tentato il suicidio ed io, proprio quell’unica persona che poteva forse aiutarlo, non se lo ricordava neanche. Vidi il volto dei miei compagni abbassarsi dispiaciuti, ma forse consapevoli che ciò che avevano fatto era giusto.
– Come potevamo? Eri sconvolto per ciò che era successo a Jonghyun, ti addossavi la colpa dell’incidente e stavi perdendo la voglia di vivere. Perché pensi che ti ho tirato fuori da quella maledetta stanza con la scusa di mangiare? Erano giorni che non tornavi al dormitorio, neanche ti eri accorto della mancanza di Chen, né potevamo dirti che era incosciente su di un letto attaccato a quelle dannate flebo. – Le urla di Kris si sentirono per tutto il dormitorio.
Ancora adesso posso rivederne lo spessore, erano così decise e piene di vigore. Sehun e Kai si voltarono, forse sconvolti per quelle emozioni che tornavano a farsi visita a livello degli occhi. Luhan piangeva senza vergogna, sfogando quella tensione che da giorni portava nel cuore.
“E’ ancora colpa mia.” Non riuscivo a smettere di pensarci. Il motivo che mi impediva di ricordare, non era il trauma che avevo subito, ma la mia stessa volontà. I pezzi del puzzle si erano risolti, tutti quei momenti si fecero chiari per la prima volta, ma ancora non riuscivo a crederci. Vidi di nuovo il mio corpo lasciare il dormitorio, inseguendo un Jonghyun sconvolto.
Correre a perdifiato sperando di raggiungere l’unica persona che riuscivo ormai a sentire dentro. Percepivo ancora il fiatone che mi impediva di pensare, le mani che cercavano di acciuffare una parte del suo cuore, o forse di trattenere il mio prima di impazzire. Non lo raggiunsi, fu lui a fermarsi. Come potevo essere arrivato a destinazione quando quelle strade era lui per primo a bloccarle?
– Non cercare di giustificarti con me, non hai motivo di sparare balle per farmi stare bene. – La sua voce era dura, troppo diversa dal tenero tono che spesso rivolgeva verso di me. Sembrava fossimo tornati ai primi tempi quando anche solo parlarci era un incubo.
– Jong, ti prego ascoltami. Non è come sembra, noi… - Mi fermò con un solo grugnito di gola. Aveva ragione, era impossibile fraintendere. Stavamo facendo sesso e questo non sarebbe cambiato neanche con la migliore spiegazione del mondo. Ero allo stremo delle forze, quella corsa mi aveva lasciato debole e vulnerabile, ma non potevo prendere fiato.
– E’ vero. Non posso negare ciò che hai visto, ma la nostra relazione non è ciò che pensi. – Volevo che lui capisse e forse avrei avuto l’occasione per espormi, dirgli ciò che in realtà portavo dentro di me. Lui doveva sapere prima che perdessi il coraggio e la forza di trattenerlo nelle mie mani.
– Non importa Lay. Sai. ciò che fai nel tuo letto non è affar mio. Eppure, ti odio con tutto me stesso.  È colpa sua se la persona che amavo, in un solo istante mi è stata strappata via. Sparisci, non voglio più vederti. – Rimasi immobile sentendo ancora quelle parole. Riuscii a forza a fermare le lacrime, rivolte verso quella schiena anonima che non si degnava neanche di osservarmi. Sarei sembrato più patetico ed in quella situazione, era qualcosa che non avrei mai potuto accettare.
– Tu…. Ami Chen? – Fu in quel momento che si voltò, donandomi uno sguardo confuso e disorientato, lo avevo davvero ferito. Mi vide in quel modo, indifeso ed ancora non si fermò. Decise di affondare la lama, di farmi ancora più male, ma ormai il sangue era impercettibile, confuso com’era dalla forza distruttrice del mio dolore.
– Sei davvero uno stupido! Si, come dici tu amo Chen. Adesso va via! Non voglio mai più incontrarti, SPARISCI!- Le gambe non volevano collaborare. Ero come una macchina senza il motore, il mio corpo c’era ma la mia mente era sparita. Momenti dimenticati tornarono alla memoria. Rividi Jonghyun che osservava di nascosto Chen, con uno sguardo indecifrabile. Poi quel sorriso meraviglioso, così solare che gli mostrava in ogni occasione, la parte migliore di lui che a me non fu mai concessa.
Capii improvvisamente che tutto ciò che avevo creduto, era un’illusione. Pensavo che il Jonghyun allegro e felice fosse solo una maschera, in realtà era la sua vera essenza. Era solo con me che odiava stare, per quel motivo il suo umore era così diverso, donandomi solo la cattiveria del suo rancore. Fu in quel preciso istante che ricevetti quella chiamata. La voce disperata di Kris mi riportò alla realtà. Non capivo, era tutto così confuso.
– Kris ripeti, non riesco a capire. – Furono le uniche parole che a fatica pronunciai.
– Chen sta per morire. Ha inghiottivo un flacone di narcotici, non si sveglia più Lay. Torna qui ti prego, ho bisogno di una mano. – Aveva la paura nella gola, proprio come dentro di me si era spezzato l’ultimo frammento di realtà. Jonghyun era ancora accanto a me, in attesa di sentire una spiegazione, ma le parole che uscirono dalla mia bocca furono talmente sconnesse che anche io non riuscii ad interpretarle.
– Chen, i narcotici, morire. Io, cosa devo… - Non avevo via d’uscita. Avevo perso ogni cosa, nuovamente! Presi a correre senza fermarmi, dovevo tornare prima di tutto dal mio migliore amico perché l’uomo che amavo mi aveva totalmente rifiutato. Non vedevo nulla di fronte a me, né riuscivo a capire totalmente ciò che Jong mi urlava alle spalle.
– Fermati Lay,non correre in quel modo, stupido!- Non avevo la forza di restare ad ascoltarlo. Vedevo solo il corpo inerme di Chen, accasciato alla parete ed aumentai la velocità. Poi il clacson che suonava e le sue mani che mi spingevano via. Jonghyun era a terra, macchiato del sangue che spettava a me, la testa mi girava. Ero vivo oppure era tutto un crudele incubo. Urlai come non avevo mai fatto.
“Dio perché mi odi così tanto?” Tornando al presente, i miei ricordi sembravano solo un brutto film, ma il protagonista ero davvero io? Mi sentivo come il cattivo, ma avevo davvero fatto qualcosa di male? Chen entrò lentamente, sentendo le parole che in quei pochi minuti ci eravamo scambiati. Era a disagio, sentiva su di se quella maledizione.
– Non prendertela con loro. Sono io che gli ho chiesto di non dirti nulla. Quando mi sono ripreso ho saputo tutto dell’incidente, avevo solo paura mi odiassi. Io ho sbagliato Lay, credevo che uccidendomi avrei risolto tutto, mi sentivo così disperato, ma dopo aver aperto gli occhi ho capito che la mia vita non dipendeva solo da me. Accanto avevo degli amici fantastici che ogni istante mi proteggevano. Ho giurato a me stesso e a tutti loro di non provarci mai più ed adesso so per certo che non voglio morire. Ti prego dimentichiamo tutto. – Aprii le braccia per accogliere il mio migliore amico.
Era tutto finito, sebbene quegli sbagli erano ancora sospesi in aria. La paura di perdere le persone più care nella mia vita, non riuscivo a pensare a qualcosa di peggiore. Avevo sperimentato quei sentimenti per troppo tempo, non potevo permettere che accadesse ancora. Non appena mi staccai dalle sue braccia, ripensai all’incontro con Jong, lo avevo lasciato all’improvviso, dopo aver ricordato tutto.
– Mi dispiace devo andare. – Solo quelle parole, ma sentivo che lui aveva capito, anche se solo in parte forse. Mandai un solo messaggio a quel numero, come per giustificare il mio comportameto ma già sapendo che subito dopo avrei dovuto dimenticare tutto.
“ Scusami per oggi. Chen sta bene, non vuole più morire non devi preoccuparti. Credo sia meglio per noi fingere di non conoscerci. Addio Jong, cerca di vivere bene. Lay” Le lacrime che versai subito dopo aver premuto invio, solo Dio sa quanto mi fecero male. Avere la certezza di non vederlo più, mi irrigidiva le membra.
Lo amavo più di chiunque altro, anche più del sentimento puro che avevo provato per Kris. Jonghyun per me non era solo una persona speciale, era il solo che mi faceva tremare di piacere anche solo guardandomi. Anche tra milioni di anni, ero convinto che non avrei mai più amato come ora. Piansi tutta la notte, stringendomi più forte tra le coperte. Kris rimase sveglio, me ne accorsi subito. Non sentivo più il russare incessante che mi teneva compagnia, ma quel dolce respiro che mi confortava. Sebbene non si avvicinò a me, né mi tenne stretto, potei sentire la lua vicinanza più di altre volte.
Era lì al mio fianco, bastava sforzare poco la voce e sarebbe accorso in mio aiuto, ma volevo davvero essere salvato? L’abisso in cui ero caduto era di gran lunga più confortevole. Quando il sole sorse, non avevo voglia di andare a lavorare, né di sentire la pressione che gli hyung ponevano sulle mie spalle. Kris uscì presto, aspettando per un attimo che mi alzassi senza ricevere risposta.
– Dirò agli altri che stai poco bene, cerca di riposare un po’, non hai dormito per nulla. – Non risposi, ma lui sapeva bene quando gli fossi grato. Presi per un attimo il telefono tra le mani, fermandomi ad osservare per un attimo la mia immagine riflessa nel quadrante nero dello schermo. Ero davvero messo male. Le occhiaie erano scavate, gli occhi gonfi e rossi e la pelle maltrattata dal tessuto delle lenzuola. Quando aprii il telefono, non trovai nulla, che sorpresa! Cosa mia aspettavo? Togliendo la batteria, misi fine a tutto. Ero pronto per ricominciare.
 

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Capitolo 11
*** Rabbia ***


Ero deciso a mettere tutto da parte. Cambiai immediatamente numero di telefono, in fin dei conti mi avrebbe solo dato una speranza in più che col tempo sarebbe tornato da me. Se non era possibile, allora era meglio che ogni cosa venisse interrotta, definitivamente. Cosa ci avrei guadagnato ad aspettare invano una sua risposta?
Ripresi gli allenamenti quasi subito, giusto il tempo per permettere ai miei occhi un minuto di respiro. Impegnarmi così tanto mi permetteva di eclissarmi ed i miglioramenti erano ormai visibili a tutti. Non si sarebbe più parlato del duetto, non volevo più rivederlo né continuare con un progetto che ci avrebbe visti protagonisti.
Se da una parte riuscivo quasi a vivere occupandomi del lavoro con tutto me stesso, le persone attorno a me sembravano estremamente preoccupati per il mio comportamento. Quando non provavamo o ci esibivamo, passavo tutto il mio tempo tra una sala prove e l’altra. A me andava bene, per quale motivo sembrava così sbagliato? Il primo che cercò di parlarmi fu Luhan. Aveva uno sguardo strano, molto cupo ed indeciso.
– Lay, lo so che non sono affari miei, ma così ti fai ancora più del male. Stai solamente scappando dalle difficoltà. Credi che così andrà tutto bene? I problemi non spariscono nel nulla.- Non l’avevo mai visto così serio. La mia immagine idilliaca di lui era estremamente solida. Probabilmente ciò che vedevo in lui era solo un’illusione. Per me era una creatura perfetta, quasi impossibile da esistere eppure sapevo che anche lui non aveva avuto una vita facile.
Sebbene non ne parlava, portava dentro cicatrici invisibili. Persino il suo amore era tormentato sebbene almeno lui, a differenza mia, poteva sentirsi amato.
– Non capisco di cosa parli. Ho bisogno di allenarmi perché rispetto a voi sono indietro. Voglio solo migliorarmi, non c’è nulla di male in questo, no? – Ero scorbutico e forse risposi troppo male ad un amico che sperava solo nel mio bene.
In realtà sapevo che non stavo facendo ciò che era giusto per me, ero convinto che avesse ragione ma non c’era altra via di fuga. Luhan andò via, lasciandomi uno sguardo di amarezza. Non ero ancora pronto amico mio, perdonami. Sudando lacrime amare in quelle salette, mi sentivo rilassato. Troppo stanco per pensare ma ancora vulnerabile. Se fossi stato più forte non sarei più stato ferito.
Passarono pochi giorni da quando Suho venne a trovarmi, trovandomi stranamente nella mia stanza. Il borsone appena preparato, pronto per una nuova giornata di fatica, ma mi intercettò in tempo, proprio prima che sparissi ancora.
– Per fortuna sei qui. Dammi due minuti Lay, ho bisogno di parlarti. – Aveva un dolce sorriso sulle labbra, segno che voleva solo mettermi a mio agio. Un po’ come con i gatti, quando ti avvicini piano piano per non spaventarli, aveva la stessa espressione. Ci sedemmo sul letto, a braccia piegate sul lenzuolo ancora da cambiare. Erano giorni che non mi curavo della mia camera, me ne accorsi solo in quel preciso istante.
– Ho saputo quello che ha fatto Luhan, per favore non prendertela con lui, voleva solo esserti d’aiuto. – Si fermò un attimo, aspettando che metabolizzassi le sue parole. Vide la mia indifferenza, ma non ci badò molto. In fin dei conti io ero ancora in quella stanza insieme a lui, poteva ritenersi fortunato.
– Ciò che ti ha detto Luhan, lo pensiamo tutti Lay. Ti stai volutamente facendo del male e come amici non possiamo permettertelo. Abbiamo lasciato correre, ma stai arrivando al limite e non te ne rendi neanche conto. Vuoi svenire durante un’esibizione per capirlo? Non ti vediamo mangiare da giorni ormai, stai dimagrando a vista d’occhio e, pensi che il fondotinta elimini completamente quelle occhiaie? Lay se non ce la fai, chiudi aiuto a noi, i tuoi fratelli. Non sopportare tutto da solo. – Dentro di me ero felice di quelle parole, ma ormai rifiutavo chiunque si avvicinasse. Avevo paura. Era una morsa che mi attanagliava le budella, quel timore di essere rifiutato ancora, di non poter contare più su nessuno. Non dormivo più per gli incubi, quei mostri che mi odiavano e mi maledivano. Ero solo persino nei sogni!
– Smettetela di starmi addosso. Non credo di dover darvi qualche spiegazione, in fin dei conti nessuno di voi ha avuto la decenza di informarmi sulle condizioni di Chen, perché io adesso dovrei confidarmi con voi? Quando davvero avevo bisogno, voi dov’eravate? – Mi sentivo una merda. Persino mentre la mia bocca si muoveva, capivo l’enorme sbaglio che stavo commettendo. Suho non cambiò espressione. Era stranamente sereno mentre sputavo addosso a lui quella rabbia incontrollata.
Non rispose, né provò a giustificarsi, semplicemente si avvicinò a me e mi abbracciò per un istante. Immediatamente lo scostai da me. Se mi fossi abbandonato a quel calore, non sarei più riuscito a rialzarmi.
– Credi che un abbraccio basti? Voi non avete mai capito un cazzo di me. Non venirmi a fare la predica adesso, santarellino di merda. Pensi di essere nostro padre? Un angelo che deve proteggerci? Tu non sei nessuno per me capito? Vedi di piantarla con quella comprensione del cazzo e torna alla tua vita di merda. Se voglio lasciarmi morire o allenarmi fino a spaccarmi ogni ossa del corpo, non ti devi immischiare. – Lo lascai lì, appoggiato alla parete, nello sguardo il vuoto. Per quale motivo ero stato così cattivo? Forse speravo di sentirmi meglio addossando su di lui i miei dispiaceri? Più mi allontanavo da tutti, più mi sentivo letteralmente impazzire. Caddi per terra mentre con il borsone nelle mani, cercavo di chiamare il primo taxi disponibile.
 – Maledizione! – Lanciai un calcio in quel raccoglitore di pezza, dove avevo rinchiuso pezzi di me stesso. Il taglio sul pantalone era poco rispetto al sangue che scorreva dal ginocchio, ma non importava. Salii senza pensarci sulla prima auto bianca che si fermò al mio richiamo. Ero assuefatto, più sudavo, più mi stancavo, più dimenticavo tutto. Pagata la corsa, salii di corsa al quinto piano, l’aula 5 era libera e pronta per me. Zoppicavo ma non ci feci caso. Solo quando il sangue bagnò il pavimento sentii qualcuno fermarmi con forza.
– Lay? Ti senti bene? – Vedere il volto di Onew in quel momento era l’ultima cosa che avrei desiderato. La sua mano aveva afferrato il mio polso, sentii proprio allora il bruciore alla gamba destra. Abbassai gli occhi, il sangue scorreva lento ma persistente. Non era una ferita grave, almeno a primo sguardo, ma agli occhi di chi mi stava intorno forse era diverso.
– Tranquillo, sono solo inciampato. Adesso scusami devo allenarmi. – Mi liberai immediatamente da quella persona che mi ricordava un volto troppo sofferente per me. Dovevo andare via prima che tutti i miei sforzi fossero vani. La mia forza avrebbe ceduto nuovamente nell’incertezza, proprio quando stavo migliorando, o forse era solo un modo distorto di vedere la mia vita. Arrivai senza fatica nella saletta che aspettava proprio me. Il sangue non voleva arrestarsi, andai in bagno senza pensarci, era meglio sciacquare quella ferita prima che si infettasse. L’acqua irritò ancora di più la mia pelle, ma era un toccasana per la terra che si era appiccicata su di me.
Non avevo disinfettanti e sapevo bene che se avessi informato gli hyung mi avrebbero rispedito a casa. Fasciai la ferita strappando un pezzo di stoffa pulito dalla mia nuova maglietta Burberry e la legai saldamente al ginocchio, per un po’ avrebbe tenuto. Con la sicurezza che quella fasciatura improvvisava mi dava, tornai alla sala prova ed accesi la musica.
Non riuscivo a muovermi bene, ma fino a quando non mi fermavo andava bene. Non so per quanto tempo andai avanti, non avevo orologi che segnavano l’inesorabile scorrere del tempo, ma sembrava un secolo da quando i miei piedi avevano iniziato a danzare senza sosta. Mi fermai d’improvviso, sentendo il rumore tonfo della porta che sbatteva. Non lo avevo ancora visto ma sentivo la sua presenza.
– Lay che cazzo stai facendo? – Mi voltai appena, lui era lì che mi guardava, più bello che mai. Un angelo con le fattezze di un diavolo, per quale insano motivo lo amavo così tanto, che persino il mio cuore non voleva più battere in sua assenza?
– Fermati immediata Zhang Yixing! Che diavolo stai facendo con quel ginocchio sanguinante? – Jonghyun si avvicinò correndo verso di me, come in un sogno. Era la mia mente che mi mostrava quella figura distorta? Non dovevo farmi tentare, altrimenti sarei finito divorato.
– Lasciami in pace Jong! Non credo ti debba interessare di come conduco la mia vita, non credi? – Lo allontanai da me, con forza, spingendolo di poco, il giusto spazio che poteva permettermi di respirare ancora.
La musica continuava a suonare e io ripresi a muovermi sebbene il dolore era quasi insopportabile ed i momenti lenti oscuravano la bellezza del ballo. Lui si mosse troppo in fretta, spense con un pugno la radio, quasi rompendo quello strumento di alta tecnologia.
– Me ne fotto di ciò che pensi, chiaro? Tu con quel ginocchio non ti muovi e non sono disposto a sentire le tue lagne. Adesso o ti siedi da solo o ci penso io legandoti mani e piedi, cosa preferisci? – Il suo volto era serio, non mi avrebbe lasciato andare tanto facilmente eppure non riuscivo a crederci.
Non potevo sottomettermi ai suoi ordini ancora, ed inoltre bramavo il momento in cui le sue mani avessero toccato il mio corpo, sebbene volesse dire farmi legare come un salame. Stavo forse diventando sadico?
Ripresi i movimenti, contando il tempo nella mia mente, nel silenzio totale della sala. Le sue mani mi presero alle spalle, con forza e decisione togliendomi il fiato.
Vidi tutto appannato, ed il mio cuore iniziò a battere come mai aveva fatto. Vorrei ancora sentirmi in quel modo, anche solo per un istante ma la mia voce non ti arriva più, vero? 

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Capitolo 12
*** Non andartene brutto stronzo ***


Venni trascinato per tutta l’azienda da lui che, senza permettermi di reagire, mi aveva messo k.o. in una sola mossa. Odiavo essere così debole. Nota mentale: prendere lezioni di karate, kung fu e perché no taekwondo. Gliela avrei fatta pagare per quell’umiliazione sebbene ero consapevole che non mi importava più di tanto. Anche se gli occhi degli altri non smettevano di fissarci, sentire il suo odore mi rendeva cieco. La rabbia che provavo, era solo un’alterata manifestazione del mio amore senza confini.
L’amore e l’odio sono due parti della stessa moneta, se così fosse vorrei che mi odiassi ancora di più almeno non verrei dimenticato. Ferirti non è abbastanza, voglio ucciderti dentro, ma purtroppo non ci sono mai riuscito. L’atto più grande che ho compiuto è stato rischiare la tua vita non la tua anima. Scendemmo fino al garage dove vidi in lontananza la sua macchina nuova, una Ferrari nera lucente. Per quale motivo avesse cambiato modello mi era ancora sconosciuto.
Forse a differenza delle donne che cambiano pettinatura dopo una delusione d’amore, lui potrebbe fare lo stesso per la sua auto. Come sarebbe più facile la vita se sentimenti così potenti non esistessero, ma poi dove finirebbero i nostri cuori?
– Vuoi lasciarmi andare maledetto? Vuoi che ti mordo una mano per capirlo? Non mi devi toccare neanche con un dito, mi sento sporco quando sei vicino a me. – Avevo davvero detto quelle frasi? Non mi riconoscevo più! Desideravo con tutto me stesso che qualcuno, mi fermasse, facendomi comprendere l’enorme errore che stavo portando avanti, ma solo sbattendo la testa si possono aprire gli occhi.
Aprì la portiera quasi rompendo lo sportello. Non mi sarei stupito di ritrovarglielo magicamente tra le mani, sarebbe stato davvero ironico. Caddi pesantemente nel sedile, sbattendo leggermente la testa con la testiera, nulla di preoccupante però.
Non feci neanche in tempo ad accorgermi di quello che era successo, che entrò a sua volta dalla parte del guidatore chiudendo la fermatura della macchina prima che riuscissi a reagire. Rimase fermo, quasi pensando a cosa dovesse fare o dire.
– Vuoi forse morire? Pensi che quella ferita guarirà solo mettendo qualche goccia d’acqua? Hai la più pallida idea che se si dovesse infettare potresti dire addio alla tua carriera di cantante? – Urlava in un modo spaventoso, sarebbe sembrato un orso se non fosse per quel dolce viso che si ritrovava. Neanche le rughe dell’agitazione riuscivano a diminuire la sua bellezza, era incredibile.
– Perché ti preoccupi per me? Come hai detto all’inizio noi siamo stati “privilegiati”. Anche se perdo il lavoro non sarà uno spreco per questa società di merda, quindi smettila di rompermi le palle con questi discorsi inutili. Decido io cosa fare del mio corpo. – Per prima cosa sentii il rumore del colpo, poi il dolore alla guancia, ma ancora non avevo pienamente capito. Mi aveva colpito con tanta forza da fermare per un attimo la mia mente con domande idiote come “cosa sta succedendo?”
– Sei solo un coglione. Non so per quale motivo ti stai comportando così, né mi interessa, proprio come hai detto tu, ma non sopporto queste cazzate. Sbrigati a crescere altrimenti ti farai male. Adesso ti porto al tuo dormitorio, vuoi o non vuoi. Ti voglio vedere salire quelle dannate scale, hai capito. Dopo di ciò smetterò di preoccuparmi per te, anche se ti dovessi vedere morire in mezzo alla strada, mi girerò dall’altro lato, in fondo sei tu che hai deciso di fare finta di non conoscermi, no? – Non disse più nullo, né aspettò la mia risposta. Solo il rumore incessante del motore nuovo riusciva a scuotere i nostri pensieri qualunque essi fossero. Mi accorsi di essere arrivato solo quando, letteralmente, mi spinse fuori dall’auto con un sonoro addio che riecheggiò spesso nella mia mente.
Ero spiazzato, decisamente consapevole che se fosse giunto il momento di rivederlo sarei caduto a pezzi. Vedendolo immobile in attesa della mia reazione, mi girai a forza, ordinando al mio corpo di non abbandonarmi. Se non altro dovevo conservare il mio orgoglio di uomo. Non potevo piangere di fronte a lui, né sarei mai riuscito a pregarlo di restare al mio fianco. Non ero il tipo da apparire debole di fronte al prossimo, semplicemente mi facevano schifo quelle persone.
Chen era l’unica eccezione alla regola. Qualsiasi cosa avesse fatto, ogni errore che potesse aver commesso, lo avrei perdonato in ogni caso. Non ne capisco neanche il motivo, ma era quasi come un fratello, ed i fratelli non si abbandonano mai, vero? I passi erano incerti, ma riuscii senza cadere ad arrivare dentro il salone della nostra “casa”.
Dentro sembrava tutto troppo tranquillo, ma qualcuno mi aspettava nell’ombra. I passi di Kai si avvicinarono sempre di più e, notando la mia ferita, si avvicinò a me quasi svogliato. Era difficile vedere in lui una qualche reazione diversa, sebbene lontano dagli occhi, era totalmente diverso da come immaginavo. Ricordavo ancora la volta in cui Suho dichiarò il suo amore per Kai, erano così teneri insieme ed anche io, osservando Kris, speravo con tutto il mio cuore di poter fare altrettanto un giorno. Come cambiano le cose. Da un momento all’altro, il sogno di una vita diventa nulla a confronto con la nuova realtà.
– Che diavolo ti è successo alla gamba? Aspetta prendo il kit di pronto soccorso, cerca di non sporcare il divano o gli hyung se la prenderanno sul serio. – La sua solita delicatezza non mi stupì per nulla. Non era cattivo, ma voleva a tutti i costi apparire figo. Solo con Suho mostrava la sua vera essenza, quanto li invidiavo. Rispetto agli altri, Kai era il solo che non mi stressava, ma forse perché solo lui comprendeva cosa stessi provando.
– Luhan ci è rimasto davvero male per come l’hai trattato, lo sai vero? Voleva solo esserti d’aiuto. – La sua voce mi scivolò addosso come acqua calda. L’odore acre del disinfettante impiegò poco ad impregnarsi alla mia pelle. Non so perché ma con lui non riuscivo ad essere crudele, strano.
– Kai lo sai anche tu che non era mia intenzione ferirlo, volevo solo… non lo so neanche io. – Lui non mi guardava, intento com’era nel finire la sua “operazione chirurgica” in miniatura. Faceva quasi paura, sembrava come Frankestein alle prese con il “mostro”. 
– Quando Suho mi ha rifiutato inizialmente, avrei voluto sparire nel nulla. Odiavo persino l’aria che mi circondava. E’ per questo che mi allontanai da voi, sebbene mi mancavate da morire, ma non credere che questo funzioni. Scappando non si risolve nulla, si fa solo del male alle persone che amiamo. – Lo ascoltavo in silenzio, senza pronunciare neanche un fiato, ma sapevo bene che tutto ciò che diceva era vero. Non ero ancora pronto per ricominciare a sperare e forse non lo sarei stato mai più. Dopo aver lasciato che fasciasse la ferita, mi chiusi nella mia stanza sfinito e spossato.
Ero una merda, ma dopo essere caduto negli inferi non sapevo più come continuare a vivere. Dovevi insegnarmi tu il cammino, invece come sempre, mi hai lasciato lì a pormi quelle domande. Ti odio brutto stronzo, ma non posso fare a meno di amarti. 

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Capitolo 13
*** Non ti avvicinare mai più a lui ***


Bisogna assolutamente inserire la storia in codice html, altrimenti il testo verrà fuori tutto attaccato. Per istruzioni guardate il riquadro azzurro affianco e se non sapete cos'è l'html, utilizzate la prima delle dueLa rabbia non passò, stavo annegando nell’odio e ciò non rendeva bene nella mia vita. Ormai i miei compagni di avventura evitavano di avvicinarsi a me. Dov’era finito il ragazzo sempre sorridente? Quello che sebbene fosse rifiutato in partenza dal suo amore incondizionato continuava a vivere? Capii ben presto che se non fosse stato Jonghyun, non avrei mai più amato.
Preferivo trasformarmi in un orco cattivo e tenere tutti lontani da me che vivere in una vita felice ma priva della mia stessa essenza vitale. Uscivo di casa prima di tutti, la sola idea di mangiare insieme a loro, di dover parlare e conversare con persone che non sapevano un cazzo di ciò che mi passava per la testa, mi faceva venire l’orticaria. Li adoravo, uno per uno, ma nessuno di loro poteva fare nulla per me, anche se ci avessero provato per tutta la vita.  
Quando non mi allenavo, aiutavo i trainee nelle loro coreografie, o anche passavo il mio tempo a sbrigare moduli insieme allo hyung che ormai non mi chiedeva più cosa avessi, era inutile quando ormai sapeva bene che non avrei risposto a nessuna delle sue domande. Era passato qualche settimana o forse un mese quando vidi qualcuno bussare alla porta della mia saletta prova. Un volto che avevo conosciuto tempo prima e che avevo visto più a fondo solo in circostanze estreme. Onew era lì che mi osservava, con uno strano sguardo dubbioso sul volto. Di lui ricordavo la rabbia nella voce e gli occhi iniettati di sangue, quasi non lo riconoscevo così calmo e pacato, con solo un velo di tristezza che sembrava inondarmi.
Per quale motivo era lì? Cosa ci faceva nella mia sala e soprattutto perché mi osservava così attentamente? Non avevamo nessun contatto tra di noi, né avevamo mai avuto una qualche specie di amicizia, solamente un tranquillo rapporto di collaborazione. Come mio sumbae gli portavo rispetto, ma solo all’esterno. In fondo di lui Non mi era mai importato nulla proprio come del resto anche lui non pensava neanche lontanamente a me.
– Sapevo di trovarti qui. Ho sentito che ultimamente non fai altro che allenarti e devo dire che le voci sono vere. – Aveva un tono di voce strano. Non arrabbiato, ma quasi seccato da quella mia ostinazione al lavoro, ma probabilmente era solo una mia impressione. Giocava leggermente con il piede, fissando un punto indefinito del pavimento ed io non smettevo di chiedermi che diavolo era venuto a fare.
– Cosa vuoi da me Onew? Non è da te venirmi a trovare, ti serve forse la sala? Sappi che l’ho prenotata in anticipo quindi non ti lascerò allenare. – Sentii improvvisamente la sua risata, era così strana. Non sembrava accordarsi con l’espressione che aveva sul volto eppure era così squillante e piena di vita. Avevo sempre visto quel sumbae come una persona forte, ma quel modo di ridere sembrava più il dolce suono di un bambino che si diverte.
– Sei fuori strada. Volevo parlare con te, sempre se hai qualche attimo da dedicarmi. Non vorrei mai distoglierti dai tuoi impegni. – L’ultima frase appariva ai miei orecchi come troppo ironica. Non mi stupii di quel proposito, in fin dei conti anche lui credeva fermamente che se eravamo arrivati al successo non era principalmente per le nostre qualità di idol.
Annuii, non avevo nulla da fare quindi parlare con lui non mi avrebbe fatto male, inoltre era pur sempre una persona più importante di me ed in Corea i sumbae vanno rispettati. In Cina non è molto diverso, il rispetto è anche al centro della nostra vita, ma forse il particolare rapporto che si crea con i superiori è leggermente più attenuato da noi, ma non ero molto esperto in questo campo.
Lascai la porta della sala socchiusa, era scomodo parlare in quel luogo increspato dal sudore, quindi uscimmo dalla compagnia dirigendoci al primo, piccolo bar nelle vicinanze. Non appena entrammo notai subito che era piuttosto riservato. Poco frequentato e decisamente accogliente, il luogo adatto per una bella conversazione tra amici. Peccato solo che la persona che mi accompagnava non era per nulla una compagnia “socievole” nei miei riguardi.
– Ti ho chiesto di parlare perché prima di tutto, devo scusarmi con te. Ti ho trattato piuttosto male in ospedale, lo ammetto. Non è stato facile per me venire qui a parlarti, perché ancora adesso ti incolpo per l’incidente, ma so bene che anche tu sei rimasto ferito quel giorno. Mi dispiace Lay. – Era vero ciò che avevo appena udito?
Faticavo a credere che la persona che più di tutti sembrava odiarmi, riuscisse a chiedermi scusa per qualcosa che non aveva senso. Aveva ragione a trattarmi male, ad insultarmi, mi meritavo quel trattamento più di tutti al mondo.
 – Non sei tenuto a scusarti con me. Hai sempre avuto ragione su tutto quindi questa discussione è inutile. – Onew mi fissava incredulo. Probabilmente non si sarebbe aspettato quella risposta oppure era proprio ciò che sperava che io dicessi. Non riuscivo a capire la sua mente.
– E’ vero ciò che dici. Se non fosse stato per te Jonghyun non sarebbe mai finito in ospedale, ma incolparti così non è la soluzione giusta. Ho riversato su di te la mia rabbia e di questo mi dispiace davvero. Per me Jong non è solo un amico, è un fratello. Nei momenti di sconforto è sempre stato al mio fianco, mi ha sempre aiutato e mi ha convinto a non mollare mai anche quando era così dura che volevo morire. Ero così arrabbiato che ti avrei ucciso, ma ti ho fatto soffrire ancora di più e di questo mi dispiace. Eppure anche adesso se ci ripenso vorrei strangolarti, è strano vero? – Il suo sguardo mentre parlava di Jonghyun, era uguale al mio.
Una luce avvampò in me, lui mi assomigliava così tanto. Finalmente capivo un po’ di più quella strana persona e, stranamente, mi intristii. Anche lui stava provando quel dolore straziante, allora perché soltanto io sembravo così patetico?
Il ciuffo castano di Onew rimbalzava frenetico da una parte all’altra della testa, aveva l’aria così buffa mantenendo ugualmente quella perfetta bellezza che lo contraddiceva. Eleganza, portamento, poche parole che descrivevano il suo stile di vita esaltato alla perfezione. Dietro quell’apparenza, nelle profondità delle viscere, lui era proprio come me. Così insicuro e pieno di paure, devoto ad un amore che, sin dal principio, non aveva alcuna speranza. Mi alzai, avvicinandomi verso di lui ancora perfettamente seduto. Mi chinai leggermente con ancora le lacrime che bagnavano le mie guance biancastre.
– Perdonami! – Non dissi altro, ma non c’era bisogno di aggiungere un solo fiato in più. Prima di andare via, prendendomi leggermente la mano, parlò con lentezza come se volesse imprimere su di me il calore delle sue stesse parole.
– Dimentica ogni cosa, seppellisci tutto nel tappeto delle tue emozioni, proprio come se nulla di tutto questo fosse mai successo. Le ombre del passato ti uccideranno lentamente proprio come adesso stanno facendo. Ti chiedo un solo favore, non avvicinarti più a Jong. Ricomincia una nuova vita, vivi come se quei mesi fossero stati cancellati dal vento. Non ti permetterò più di fargli del male sebbene so che non era ciò che desideravi. Sii felice Lay. – Uscendo dal locale, non smisi un attimo di pensare a ciò che disse. Sembrava così serio e pieno di “logica”. Uno schema perfetto che, una volta avvicinato, sembrava caotico e senza forma. Come potevo dimenticare?
Avevo quasi ucciso la persona che amavo con tutto me stesso e perso per sempre il mio migliore amico senza neanche accorgermene. Nulla aveva più senso, neanche la mia stessa vita.  opzioni, l'editor di EFP.

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Capitolo 14
*** Una vacanza indesiderata ***


Ero sull’orlo di una crisi, lo sentivo. Ogni giorno sembrava sempre peggiore, non c’era una fine.
“Ammettilo Lay, così non va per nulla bene.” La mia mente ci provava a reagire, era il mio cuore che non ci riusciva. Ogni volta che ci provavo sentivo dentro di me il peso del passato.
“Puoi farcela Lay, devi solo ricominciare” mi dicevo senza tregua. Poi rivedevo il corpo senza coscienza di Jong, il volto sconvolto di Chen mentre mi chiedeva perdono e tutto tornava di nuovo buio. Riprendevo a farmi del male. Stavo dimagrendo a vista d’occhio, sebbene non avessi mai smesso di mangiare del tutto. I miei amici me lo impedivano forzandomi ad ingurgitare qualche pasto durante alla giornata, anche modico. Ci stavo provando, era il massimo che potevo fare. Quando hyung mi chiamò in disparte, quel giorno, pensavo di essere in guai seri, eppure dalla parte della compagnia non avevo fatto nulla per attirare l’attenzione. Sapevo quanta fragilità c’era tra il successo e la sconfitta.
Se mi avessero preso di mira, ci avrei messo poco ad uscire di scena, ed era qualcosa che non riuscivo ad accettare. Volevo cantare perché quello era il sogno di tutto la mia vita, l’unica ambizione che avevo sempre avuto e che mi avrebbe accompagnato fino alla morte.
– Lay sono giorni che ti osservo, cosa ti succede? – Era serio, così preso dalle sue parole che sembrava quasi una persona totalmente diversa. Ero sulle spine, se avesse capito che c’era qualcosa che non andava in me, mi avrebbe sicuramente fatto domande che non ero pronto a rispondere.
– Hyung sto bene, voglio solamente migliorare. – Ci provai con tutto me stesso ad apparire calmo in quella situazione, doveva credermi, vero? Mi osservò per un tempo indefinito, non riuscivo a decifrare i suoi pensieri e questo mi incuteva ancora più timore.
– I tuoi compagni sono preoccupati ed io penso che abbiano ragione. Ascolta Lay non voglio doverlo dire al Capo Kim quindi mettiamoci d’accordo, che ne dici? – Si fermò un attimo, guardandomi pieno di comprensione, ma quell’inquietudine non passava.
– Prenditi qualche giorno di riposo, vai al mare, fai qualche escursione o ciò che vuoi basta che ti riposi mentalmente. Posso darti al massimo una settimana, ma non puoi usarli per venire alla compagnia. Niente allenamento, niente spettacoli, farò finta che hai avuto un grave problema di famiglia, in pratica sei scomparso dalla circolazione. Se dopo questa settimana non torni in te dovrò prendere dei seri provvedimenti. – Stava per andandosene senza considerare la mia opinione, ma non riuscivo ad accettare quella punizione.
– Hyung non puoi! Mi sto solo allenando un po’ di più del solito, per quale motivo devi mandarmi via? Mi sto impegnando più di tutti in questo cazzo di gruppo e tu punisci solo me? – Ero livido di rabbia. Chiunque vorrebbe qualche giorno di riposo ma per me era inaccettabile. I pensieri facevano più male della stanchezza.
– E’ proprio perché non voglio che ti caccino. Sai più di tutti quanto il vostro corpo sia importante. Pensi che non mi sia accorto che ti cadono i pantaloni? Sei davvero convinto che usare quelle ridicole cinture fatte di lacci mi impediscano di vedere? Sei scontroso con tutti e ti sei rintanato in un mondo fatto solo di fatica, vuoi davvero rovinare qualche spettacolo per capire che così non può continuare? Il Capo Kim non te la farebbe passare liscia, sai bene com’è fatto. Quindi cerca di prendere il mio rimprovero come un modo per migliorare. Non so come farai, ma risolvi i tuoi problemi e torna meglio di prima. E’ per il tuo bene che lo dico. – Non mi sentivo fortunato. Sebbene probabilmente quel gesto  mi abbia salvato, in quel preciso istante volevo sprofondare. Senza la mia fonte di energia, quel desiderio di vivere che mi dava il mio sogno, come avrei fatto ad andare avanti?
Tornai in stanza preparando la valigia. Non avevo idea di dove sarei stato, avevo solo una voglia tremenda di piangere. Chen entrò nella mia stanza, mentre lentamente, posavo i vestiti che mi servivano in una grande valigia. Mi sentivo come se non sarei più tornato indietro. Era davvero quella la mia fine? Dovevo forse tornare in Cina? Fu proprio in quella mia indecisione che lo sentii parlare.
– Ti abbiamo prenotato una camera in un albergo in periferia. C’è il mare, ti troverai sicuramente bene. Scusa Lay, davvero non sapevamo come fare per aiutarti. – Aveva la tristezza nella gola, ma non riuscii a sentirmi meglio.
– Quindi mi avete venduto allo hyung, vero? Volevate disfarvi di me per caso? Sono diventato un peso anche per voi... – Mi sentivo proprio in quel modo, anche se non riuscivo ad ammetterlo neanche con me stesso.
– No, non è così. Non pensarlo neanche per scherzo! Vogliamo aiutarti stupido! Ci sono passato anche io e hai visto fino a che punto sono arrivato no? Stavo per uccidermi Lay, lo riesci a capire? Non voglio che accada anche a te. – Era sincero, ma non ero pronto per cambiare. Mi stava bene quel tiepido tremore della tristezza, la rabbia che mi faceva sentire il cuore che batteva. Paradossalmente solo quando urlavo contro qualcuno, potevo ancora provare emozioni. Il resto era solo tempo vuoto. Poteva un amore ferito ridurmi in quello stato? Amare troppo è difficile, ti logora dentro e ti sfinisce giorno dopo giorno.
– Se solo vi preoccupaste più di voi stessi che per me, mi fareste il più grande dei favori. Non sono così stupido da uccidermi Chen, quel record tocca a te tranquillo. – Presi dalle sue mani il bigliettino con il semplice nome dell’hotel dove avrei alloggiato. Avere un letto era sempre meglio di non sapere dove andare. Prendere una decisione era difficile e non ero sicuro di poterlo fare in quella condizione mentale. Uscii dal dormitorio senza salutare, mi sentivo tradito ed amareggiato. Loro non dissero nulla, come se sapessero come mi sarei comportato.
Adesso riesco a capire meglio le loro intenzioni, eppure in quel momento mi sentivo abbandonato. Pensavo che non avessero avuto la forza di combattere per me e semplicemente mi avessero mandato via. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Se solo fossi stato meno cieco, avrei visto il loro dolore mentre chiudevo la porta con la mia borsa pesante. A quel punto tante cose sarebbero state diverse. Era una giornata fredda, sentivo le mani gelate, ma non avevo alcuna fretta.
Camminando nel freddo pomeriggio, non avevo alcun pensiero. Salii sul primo taxi non appena le gambe iniziarono a cedere per lo sforzo eccessivo e gli dettai la mia destinazione. Chiusi gli occhi, non mi importava della strada, volevo solo annegare nel mio stesso cuore. Forse, solo se mi fossi tuffato a picco, avrei trovato ancora qualcosa di vivo. Non appena arrivai pagai la corsa troppo salata e portai i miei bagagli all’esterno. Ciò che vidi non mi lasciò tanto sbalordito, avevo visto posti più spettacolari sebbene sicuramente, rispetto al caos di Seoul, fosse un posto piuttosto accogliente.
Un piccolo albergo, non molto diverso da tanti altri della zona, di certo niente di lussuoso ma per una persona nota come me era fuori discussione. Volevo passare inosservato, lì forse sarei stato tranquillo. Le pareti erano bianco sporche, ma l’avanzare del tempo era quasi impercettibile, ero solo io ad essere troppo suscettibile.
Il mare era agitato, la spiaggia deserta, un luogo ideale per scacciare i pensieri cattivi. Entrai poco dopo, non mi andava di restare lì ad osservare il paesaggio. Già sapevo che avrei passato tutto il tempo in stanza, che senso aveva ricordare qualcosa così terribilmente penosa? Non appena misi piede dentro, qualcosa di sconvolgente attraversò la mia mente, imprimendosi nei miei occhi. Cosa ci faceva lui lì? Per quale ragione quel viso beffardo si trovava in quel luogo?
Non feci in tempo a scappare, lui mi vide subito. Jonghyun era lì che mi guardava con la stessa incredulità mia. Com’era possibile che tra tutti gli alberghi del mondo, tra tutte le vacanze possibili, potessi essere lì insieme a lui? Non disse nulla, come avevo deciso mi ignorò del tutto. Si voltò di scatto, un gesto che mi ferì più di quanto pensavo.
“Non piangere Lay, sei tu che glielo hai chiesto.” Diceva una parte di me. Sebbene l’altra, quella dettata dal cuore, urlava di dolore. Mi avvicinai al bancone, troppo vicino a quella persona che mi faceva soffrire. Avrei dovuto andare via, ma ciò sarebbe significato una sconfitta troppo bruciante. Non appena fui lì per toccarlo, lui sparì di nuovo, salendo le scale verso un luogo che non conoscevo e lasciandomi ancora indietro.
– E’ stata prenotata una stanza a mio nome. Zhang Yixing. – Il ragazzo, un po’ perplesso, controllò in silenzio. Probabilmente erano abituati agli idol che pernottavano in quel motel, forse per quel motivo ero stato mandato proprio lì. Non poteva essere solo una coincidenza.
– Si, inizialmente è stata prenotata una camera doppia. Ma credo sia un errore del sistema. Purtroppo non abbiamo più camere libere, ma il suo compagno di stanza ha accettato di dividere la sua suite con lei, spero che non ci siano problemi da parte sua. – Non ci pensi molto, volevo solo dormire qualche ora. Successivamente avrei trovato un altro albergo, non potevo mica vivere con uno sconosciuto visto la mia carriera.
Accettai in silenzio ed afferrai di sfuggita le chiavi della stanza dopo aver sbrigato le pratiche necessarie. Odiavo perdere tempo in cose futili soprattutto in quel periodo. Primo piano stanza 7c, facile da trovare, ma leggermente appartata, perfetta. Aprii la porta senza pensarci e rimasi di stucco quando il suo volto si trovò così vicino al mio. Ti prego, smettila di ferirmi. 

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Capitolo 15
*** Lacrime nella notte ***


-Che ci fai tu nella mia stanza? – Dissi pieno di stupore guardando uno Jonghyun mezzo nudo.
– Chiudi quella cazzo di porta che mi sto cambiando, idiota! – Sembrava così normale, sebbene tutto ciò che era successo, lui non era cambiato di una virgola.
– Non avevo tempo di trovare un altro posto, purtroppo non so per qualche cazzo di scherzo sono finito in questa stanza, ma tranquillo non dovrai sopportarmi per molto, entro domani cercherò una nuova stanza. – Era adirato, ma sembrava così tranquillo. Era la sua solita ambiguità, mi sconvolgeva. Non avevo avuto la forza di dire nulla, neanche che mi mancava. Che cos’avevo da perdere? Giusto avevo ancora il mio orgoglio.
Mi sedetti nell’unico letto non ancora occupato e disfai velocemente la valigia, o almeno il necessario per sopravvivere in una dura notte insonne. Come potevo prendere sonno quando l’oggetto del mio desiderio era così vicino? Vederlo nudo di fronte a me era stata una tortura, lo amavo e lo bramavo più di qualsiasi persona al mondo. Jong si coricò immediatamente, spegnendo parzialmente la luce. Capii subito che non aveva voglia di parlare, ma forse era l’unica occasione che avevo per riaprire uno spiraglio di me stesso, anche solo per un istante.
– Jong, perché sei qui? – La luce del sole che tramontava, lasciando lo spazio alla notte piena di intrighi e tranelli. Io aspettavo ardentemente una risposta, una qualunque, steso in un letto scomodo e troppo freddo.
– Volevo una pausa. Dovevo ricaricare le batterie. Non sapevo che ci saresti stato anche tu, Taemin ha prenotato a mio nome. So bene che non vuoi incontrarmi, cercherò di andare via al più presto. – Non capivo se il suo tono fosse beffardo o stranamente serio.
– Non dire sciocchezze, non mi infastidisci. Sono io che dovrei andare via. Se ti sto troppo vicino ti faccio del male, non voglio che ti ferisci di nuovo. – Dissi quelle parole così piano che speravo di cuore che non le sentisse. Il silenzio non mi aiutava a capire, volevo attirare la sua attenzione, ma anche evitare la sua ira.
– Sei uno stupido, pensi ancora a quelle sciocchezze. Non è colpa tua se quell’auto mi ha investito. – Non disse altro. Era impossibile capire se stesse dormendo o no, sentivo solo il suo respiro regolare nell’oscurità della stanza.
“Ti prego Dio, se esisti ferma il tempo in questo istante. Fammi vivere questa notte in eterno, solo così potrò essere felice.” Urlavo la mia preghiera dentro di me, sperando di arrivare a quella persona che mi osservava da lassù già sapendo che la mia richiesta era troppo assurda persino da pronunciare. Se avessi vissuto lì per sempre, ascoltando solamente quel dolce sospiro, potevo essere soddisfatto, vero? Che egoista!
Quando chiusi gli occhi, sopraffatto dalla stanchezza, feci quell’incubo che alla fine era una realtà scomoda. Lui che si accasciava a terra, io che urlavo. Non mi lasciare, non andare via. Avevo il respiro corto, mi sentivo indifeso in mezzo alle tenebre di quelle accuse.
“E’ colpa tua, dovevi esserci tu su quel letto.” Vedevo le persone che amavo additarmi, farmi sentire quella merda che ero, ma non erano loro. I loro visi erano distorti e ben presto si trasformarono nel mio. Ero io che mi accusavo, che non riuscivo a perdonarmi.
– Lay, svegliati! Cazzo sei un bagno di sudore. – Le mani di Jong mi premevano il petto. Aprire gli occhi osservando i suoi era una dolce benedizione. Mi sembrava di essere in paradiso, ma ero forse morto?
– Era solo uno stupido incubo idiota, perché ti agiti così tanto? – Era severo ma con una strana foga in gola, sembrava quasi preoccupato davvero.
Non riuscii a controllarmi, senza che ci pensassi stavo già abbracciato a lui, perso tra le lacrime. Per quale motivo non riuscivo a fermare quelle copiose gocce d’acqua salata?
– Tranquillo Lay, va tutto bene adesso. Non piangere più. – Mi strinse forte, sentivo l’odore acre del suo corpo, così distintivo che non riuscivo a paragonarlo a nulla. Il pigiama che indossava era bagnato e stropicciato. Mi aggrappai a lui come se non esistesse il domani ed anche lui se ne accorse. Per tutta la notte rimase al mio fianco, donandomi una parte del suo cuore che non conoscevo.
Quella dolcezza che non mi aveva mai mostrato e che era così intensa da sconvolgermi. Mi addormentai sul suo petto, con il calore del suo respiro e per la prima volta dopo mesi, non ebbi incubi. Accanto a Jong non avevo più paura! Il mondo sembrava quasi accogliente, era tutto perfetto, ma il sole portò via le mie certezze ed anche la sua stretta si fece meno forte.
“Non andare via notte, non portarmi via questo tenero tocco.” Mi ritrovai solo nel letto, come se gli eventi trascorsi non fossero mai esistiti. Avevo paura, ma più di tutti mi sentivo solo ed amareggiato. Aprii gli occhi lentamente, constatando i perfidi raggi di sole che illuminavano la stanza. Lui non c’era, al suo posto solo un letto disfatto e pochi vestiti lasciati senza cura. Le sue magliette preferite erano lì, a due passi da me proprio come in passato, lasciando una traccia della sua presenza. Non sopportavo di restare rinchiuso in quel luogo così stretto, avevo bisogno di aria e soprattutto, di mettere qualcosa sotto i denti. Era vero ciò che dicevano tutti, ero dimagrito troppo, solamente faticavo ad ammetterlo.
Scendendo la piccola rampa di scala, mi ritrovai quasi subito proiettato nel piccolo ristorante dell’albergo, quattro tavoli corredati da sedie, modico ma familiare. Lui era lì, seduto in disparte, vicino alla finestra a guardare un punto indefinito. Come dovevo comportarmi? Avvicinarmi a lui chiedendogli scusa per quella notte di follia, o dimenticare tutto? Il mio corpo si mosse da solo, prendendo la decisione che razionalmente non sarei riuscito a scegliere.
– Jong, posso sedermi con te? – Avevo la voce rotta dall’emozione, per paura che si allontanasse di nuovo. Non mi guardava, sembrava distante, perso in un mondo in cui io non c’ero. 
– Se adesso ti sedessi a questo tavolo tutto tornerebbe alla normalità, lo sai vero? Vuoi davvero che questo accada? – In quel momento pensai così tante cose. La sua voce mi rendeva schiavo, inerme di fronte alla bellezza che emanava.
Già immaginavo le nostre giornate insieme, il sorriso che mi avrebbe riscaldato ogni momento, ma inconsciamente lo sapevo bene. Non mi meritavo di averlo al mio fianco e non avrei sopportato di ferirlo ancora. Le parole di Onew si ripetevano come un disco rotto nella mia mente.
“ Ti chiedo solo un favore, non avvicinarti più a Jong.” A testa china, mi uccisi di nuovo, con maggiore volontà.
– No, non voglio più essere tuo amico. – Mi voltai a fatica, lottando con ogni mezzo contro il mio cuore che urlava pietà e mi sedetti distante, dando le spalle a quella persona che, instancabilmente, non smetteva di osservarmi. Non riuscii a mangiare nulla, sebbene il latte caldo mandava un’onda di vapore che sembrava poter lenire la mia pena.
Restai immobile, nello stesso luogo dove c’era lui, pensando a come sarebbe stato se avessi avuto il coraggio di rischiare. Quando andai via non controllai neppure se lui fosse ancora al suo posto, semplicemente uscii dalla stanza consapevole del mio rimorso. Ancora adesso sono sicuro che stare vicino a te sarebbe pericoloso. Il mio corpo è coperto di spine, non voglio vederti sanguinare. 

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Capitolo 16
*** Le parole di Kris ***


Jong non tornò in stanza, né quel giorno né i successivi. Mi accorsi non appena entrato che tutto ciò che gli riguardava, era sparito nel nulla. Toccai senza intensità il suo letto, il calore stava per sparire lasciando posto al freddo della lontananza. Piansi copiosamente, come non facevo da tempo. In quella disperazione, avevo rinchiuso la mia anima.
Sdraiandomi su quel materasso, cercai di trattenere il suo profumo, ma era solo un’illusione. Passai 5 giorni letteralmente distrutto, immobile sul suo letto cercando di capire il senso delle mie azioni. Avevo la possibilità di cambiare, ma la paura mi aveva trattenuto. Mancavano due giorni al mio rientro nel gruppo, ma ancora non avevo deciso cosa fare. Dovevo abbandonare le mie speranze? Vivere una vita anonima ricordando la gloria del passato, ma con il cuore più leggero, oppure tornare a combattere? Se avessi ripreso la mia vita in quel modo, in quelle condizioni, sicuramente non avrei risolto nulla.
Il Capo Kim mi avrebbe sbattuto fuori o peggio, mi avrebbe messo in disparte, lasciando che la mia figura di idol venisse dimenticata. Il destino più temibile, le ali spezzate in una carriera che ti spinge a crescere sempre di più. Dovevo cambiare altrimenti sarebbe finito tutto, vivere quella situazione era impossibile. Fu in quella miriade di pensieri, che sentii bussare alla mia porta. Non avevo voglia di vedere nessuno, non c’era peggio di fingere di stare bene quando si vuole solo morire.
– Lay, so che sei dentro, per favore aprimi. – La voce di Kris era netta e distintiva. Cosa voleva ancora? Non riuscivo a parlare, volevo solo scomparire nel nulla. Non riuscivo a smettere di piangere ed i singhiozzi riecheggiarono lenti nella stanza.
 – Non piangere Lay, per favore apri questa porta. Ho qualcosa di importante da dirti. – Mi alzai ma le gambe sembravano di cartapesta. Molli e fragili non riuscivano ad obbedire ai miei comandi. Stupido corpo che mi tradiva nei momenti peggiori! La mano si avvicinò alla maniglia ed in un attimo lui mi fu di fronte. Il suo sguardo di stupore era terribile, ma il mio aspetto era anche peggio.
“Non guardarmi in quel modo.” Pensavo in silenzio. Mi sentivo patetico ed inutile, ormai era una sensazione che mi perseguitava. Kris mi abbracciò forte, ma lo spinsi via da me con tutta la forza che mi restava.
-No, ti prego non farlo. Così perderò per sempre il suo odore. – Ero disperato e dicevo cose senza senso, me ne accorgevo da solo. Il mio amico mi osservava in silenzio, sembrava così smarrito.
– Non doveva andare così. Noi… pensavamo di aiutarti. – La sua mano si appoggiò sulla mia ancora tremante. Neanche la sua frase detta di sfuggita riusciva ad incuriosirmi, semplicemente, volevo restare solo con me stesso ad annegare nel vuoto.
Mi portò dentro chiudendosi la porta alle spalle e mi scortò con forza fino al letto, stando attendo a lasciarmi il mio spazio. Non appena mi sedetti, si avvicinò alla finestra scostando le tapparelle per far entrare la luce del sole pomeridiano e mi guardò straziato dal dolore.
– Cos’è successo Lay? Cosa ti ha fatto Jong per ridurti in questo stato? – Lui sapeva? Per quale motivo era al corrente che quella persona era stata qui? Non capivo ma una parte di me aveva già intuito. Non risposi, solamente lo guardai e lui sembrò tremare di paura.
– Scusa Lay, è colpa nostra. Abbiamo fatto in modo che finissi nella sua stanza. E’ stata una mia idea ma sembrava l’unico modo per farti stare meglio. Maledizione, ogni volta che cerco di aiutarti peggioro la situazione! – Strinse il pugno con frustrazione. Cosa ne sapeva lui? Per quale motivo si immischiava nella mia vita? Ero arrabbiato ma non riuscivo a protestare o ad emettere qualsiasi rumore. Ero come un guscio vuoto, dentro di me non era rimasto nulla.
– Lay cazzo parla! Cosa ti sta succedendo? Non riesco a vederti così, ti prego! – Si avventò su di me, scuotendo con forza il mio corpo, ma io non sentivo nulla. Era tutto inutile.
– L’ho lasciato andare. Potevamo ricominciare, ma… non posso ferirlo ancora. – Non riconobbi la mia voce, perché? Stavo davvero impazzendo? Vedevo Kris, ma non distinguevo più il suo volto. Chi era? Perché mi toccava in quel modo? Urlai senza pensarci “lasciami andare.” Mi dibattevo come un pesce uscito dall’acqua, mi mancava l’aria.
– Stai calmo! Non ti farò del male Lay. Va tutto bene adesso, smettila di soffrire in questo modo. – Neanche le sue parole di conforto riuscivono ad arrivarmi. Solo quella scena mi torturava dentro. Quel rumore sordo del mio cuore che scoppiava dal dolore.
Mi cullò per tutto il tempo, mentre vivevo in quell’incubo. Solo dopo tante ore riuscii a rilassarmi, cadendo nel baratro del sonno. L’inquietudine c’era ancora, ma non avevo più forza per lottare. Sdraiato sul letto di Jong, vedevo il volto di Kris, nuovamente integro e piangevo senza motivo.
– Lay, mi stai ascoltando? – Annuii, ma non ero sicuro della mia risposta. Quel momento di lucidità, quanto a lungo poteva durare?
– Devo scusarmi con te Lay, ho sempre sbagliato tutto nei tuoi confronti, fin da quando ci siamo conosciuti ad ora. Ti ho sempre visto come un fratellino, una persona di cui prendermi cura, ma non mi ero mai reso conto di come questo mio comportamento avrebbe influito su di te. Ti ho voluto bene più di tutti, ma non sono mai riuscito a provare altro che questo. Ho amato e amerò per sempre un solo uomo e non potevo farci nulla. Avevo capito che mi amavi, ma cosa dovevo fare? – Abbassò la testa  e notai quelle goccioline che iniziavano a torturargli il volto così perfetto.
– Non potevo abbandonarti, ma ti ho fatto soffrire. Per questo motivo volevo con tutto il cuore che tu trovassi una persona che ti amasse a pieno. Speravo che così facendo avrei eliminato il mio senso di colpa. Credevo che quella persona potesse essere Chen, ma mi sbagliavo. Quel giorno quando tutto è successo, chiamai te per primo proprio per questo motivo. Ero convinto che provavi qualcosa per lui e volevo che fossi il primo che avrebbe trovato al suo risveglio, ma ho combinato un disastro. Chen aveva preso quelle pillole, ma aveva già vomitato e senza pensarci ti ho messo in agitazione. Non potevo immaginare… - Si fermò per un attimo cercando di recuperare il fiato.
Sebbene i miei movimenti erano lenti, la mia mente elaborava i pensieri più velocemente, anche se di poco. Capii la sua preoccupazione ed il suo dolore, ma ancora non trovavo una vera colpa nelle sue azioni.
– In quel momento ho capito che amavi Jonghyun sunbae, ma era troppo tardi. Lui era in quel dannato letto d’ospedale e tu non reagivi più. Ci ho provato Lay, volevo aiutarti. Credevo che Jong non provasse nulla per te, ma ancora ero in errore. Lui ti ama Lay ed io ho sempre provato ad allontanarlo da te. Quando sei uscito dall’ospedale, gli ho chiesto di non incontrarti. Gli ho spiegato com’era difficile per te, in realtà non avevo capito nulla. Sono solo uno stupido! – Cosa stava dicendo? Aveva frainteso ancora una volta. Kris non sapeva i veri sentimenti di Jong, per questo parlava in quel modo così infantile, vero?
– Lui non mi ama. E’ innamorato di Chen, me lo ha confessato il giorno dell’incidente. Gli ho spezzato il cuore e l’ho quasi ucciso, sono troppo pericoloso per lui. Non posso avvicinarmi perché altrimenti morirebbe. Sono un veleno incontrollabile. – Kris avanzò ancora, accarezzandomi il viso dolcemente e sorridendo come uno stupido.
– Ti sbagli Lay, so per certo che hai frainteso tutto. Jonghyun ha sempre amato una sola persona. Il suo cuore un po’ troppo duro si è aperto per un solo sorriso. Prendi questa. – Mi diede una piccola busta bianca. Dentro l’ignoto mi aspettava, ma volevo davvero rischiare? Con ancora mille domande, lui riprese a parlare.
– L’ha trovata casualmente Chen. Leggendola sono sicuro che avrai le idee più chiare, non posso fare altro per te Lay. Decidi tu cosa vuoi farne. Leggerla o strapparla per sempre, due possibilità che solo tu puoi prendere o lasciare. Sappi solo che il destino non è scritto nel cielo, siamo noi che lo creiamo, scrivendo giorno dopo giorno la nostra vita, non pensare mai che tutto è finito ancor prima di incominciare. – Non disse altro.
Mi lasciò solo con i miei dubbi sapendo bene che la decisione spettava a me. Non sapevo cosa avrei trovato lì dentro, forse tutto o forse niente, ma nel momento esatto in cui lo scoprii, nulla fu più come prima. 

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Capitolo 17
*** La lettera ***


La corsa in auto durò più di quanto speravo. Vedevo il paesaggio scorrere di fronte ai miei occhi, ma non riuscivo in alcun modo ad accelerare il tempo. Proprio quando la distanza diventava un problema, io non riuscivo a trovare il modo di ridurla al minimo.
– Per favore si sbrighi, ho bisogno di incontrare una persona. – Il tassista era distratto. Probabilmente non aveva capito la mia fretta ma come potevo dargli torto? Neanche io capivo più me stesso. Vedere quel foglio, sentire la compostezza della carta ed il profumo delle sue dita che emanava. Non credevo di poter riconoscere persino quei piccoli fattori, era proprio vero che l’amore ti infetta dentro.
– Mi dispiace, non posso oltrepassare il limite di velocità. Si metta comodo ed aspetti tranquillamente. Arriveremo tra poco. – Possibile che dovessi ancora aspettare? Percorrevo ancora mentalmente quelle parole ed il significato che avevano assunto nella mia testa. Era una scrittura semplice, proprio come la persona che le aveva impresse ad una ad una. Le ricordavo ancora, come se li avessi stampate nella mente, un marchio a fuoco che bruciava ancora.
“Hyung,
ti rispetto fin dal primo momento in cui entrai in questo meraviglioso gruppo. Sei sempre stato il nostro manager, la persona che più ci ha aiutati nei periodi di difficoltà, ma anche tu sei un essere umano vero? Per qualche strana ragione ci fu un periodo in cui credevo che tutta la tua vita ruotasse attorno a noi ed invece non avevo capito nulla. Quando scoprii la tua relazione rimasi sconvolto, non per la persona che avevi accanto, ma per come la trattavi.
Tu non sei quel mostro, vero? Vidi i suoi lividi, le lacrime che scendevano lente e la disperazione in volto, ma ancora quello stupido continua ad amarti. Perché? Credo di saperlo, una volta anche io ti ammiravo da lontano, sebbene il mio non era di certo amore. La persona che porto nel cuore non è così crudele, ma ha un’anima dolce. Lui mi ha sempre sorriso, anche se non conosceva i miei sentimenti. Mi hai chiesto per quale motivo ho salvato Lay?
So bene che il mio corpo è sacro, ma quella persona che tanto amavo stava per morire, potevo forse permetterlo? Quando vidi Chen tra le tue braccia, così piccolo ed indifeso, volevo a tutti i costi aiutarlo, non per strappartelo dalle mani, ma solamente per salvarlo da un amore che lo avrebbe distrutto così come anche il mio cuore sta facendo.
Mi hai detto che sono un ipocrita, che anche io amo in un modo distorto, ma almeno io so quando farmi da parte. Anche se Lay non potrà mai accettarmi, io non lo forzerò mai verso di me. Ti detesto per come hai portato Chen alla disperazione, ma ancora di più perché l’hai sfruttato. L’amore non è questo Hyung. Cerca dentro di te e trova una risposta, così come io troverò il modo di dimenticare.  Jonghyun.”
Pensai tanto, ma le risposte erano troppo confuse. Per quale motivo si era complicato tutto in quel modo? Probabilmente era così ferito che mi aveva spinto via per non sentire le spine nella sua stessa carne, proprio come me.
Jonghyun era una persona strana, ogni volta imparavo sempre qualcosa di più e mi stupiva in ogni istante. Era come una matrioska, aprendo ogni bambola la sua espressione cambiava scoprendo sempre una persona diversa ma pur sempre magnifica. Fin da quando lo conoscevo, avevo sempre visto in lui quella scintilla, ed ho sempre amato ogni parte della sua personalità, anche le più severe. Stavo correndo da lui, dopo averlo ferito di nuovo, forse più di altre volte.
 Credevo che chiedendo scusa tutto sarebbe tornato normale o almeno ci speravo. Se solo ci fossimo abbracciati avremmo trovato le parole adatte per ricominciare, ne ero fermamente convinto. Non appena vidi in lontananza il suo dormitorio, una parte dentro di me divenne irrequieta. Il cuore iniziò a battere, era il momento di scoprire le carte.
Era inutile ferirsi ancora, portava solo più dolore. Non mi importò nulla di dover dare spiegazioni, entrai senza permesso in quello stanzone così simile al nostro. La loro vita era sospesa in bilico così come quella di ogni idol nell’agenzia. Tenuti in sospeso dal favore del pubblico, ma prima o poi ognuno di noi sarebbe stato rimpiazzato. Minho mi guardava sconvolto, mi chiese qualcosa ma non risposi. La mia bocca si aprì da sola, avevo bisogno di sapere una sola cosa.
– Dov’è Jonghyun? – Sembrava irritato, ma non potevo dargli torto. Anche io sarei sconvolto se la situazione fosse capovolta.
– Non è qui. Ha preso una settimana, dovrebbe tornare domani se non sbaglio. – Quella consapevolezza mi lasciò senza fiato. Non doveva andare in quel modo. Io dovevo assolutamente trovarlo, dovevamo parlare e gli avrei detto cosa provavo dentro il mio cuore. Ci saremmo abbracciati e lui mi avrebbe dato dello stupido, ma non era lì. Ancora una volta dovevo aspettare che tornasse da me.
– Ti prego, sai per caso dove si trova adesso? Io… devo vederlo. – Le parole mi morivano in gola. Sembravo pazzo e forse lo ero davvero. Una voce dietro di me sconvolse tutto.
 – Pensavo che avessi capito. Jonghyun ha sofferto troppo a causa tua ed ancora non vuoi lasciarlo in pace. Perché? Mi spieghi per quale diavolo di motivo sei tornato? Sono stato gentile con te e te l’ho chiesto come un favore, ma non vuoi capire, vero? – Onew era arrabbiato.
Si avventò su di me, stringendomi il polso con potenza. Non avevo mai visto una tale luce nei suoi occhi. La belva che mi aveva assalito all’ospedale, disperata e ferita, non era lontanamente paragonabile alla furia omicida che in quel momento voleva sbranarmi.
– Mi dispiace, ci ho provato a restare lontano da lui. Davvero con tutto il cuore volevo smetterla di amarlo, ma non ci riesco. – Liberato dalla sua presa mi inginocchiai d’istinto. L’orgoglio bruciava nel petto, ma sentivo che gli dovevo una scusa almeno. Sapevo bene cosa provava e non riuscivo a fingere di non vedere quegli occhi lucidi pronti a scoppiare in un pianto disperato.
– Picchiami se vuoi, sfoga la tua rabbia. Puoi fare ciò che vuoi del mio corpo, ma ti prego dimmi dove si trova Jong. Ho bisogno di vederlo, di chiedergli scusa. Sento che se non potrò vederlo questa notte, nulla tornerà a posto. – Onew non mi guardava. Aveva voltato lo sguardo da tempo, ma io continuavo a restare immobile, in balia delle sue emozioni. Anche se mi avesse ucciso, io non avrei mollato.
– Pensi che così risolverai tutto? Credi davvero che le nottate passate in bianco, le ferite sul suo corpo e nel cuore verranno lavate via? Io ho visto quanto ha sofferto a causa tua e lo amo più di quanto tu possa anche solo sperare. Vai via dalla mia casa e non tornare mai più. Se ti vedrò ancora accanto a Jong giuro che ti uccido con le mie mani. – Non mi degnò di uno sguardo né aspettò che mi fossi alzato, semplicemente uscì dalla stanza rintanandosi dietro una porta qualsiasi, consapevole che non mi restava altro che fuggire via. I passi lenti di Minho, rimbombarono nella stanza deserta.
Sentivo il peso del suo respiro accanto a me, ed il profumo del cioccolato caldo che teneva tra le mani, mi riscaldò per un istante le membra tremolanti.
– Scusalo Lay. Cerca di capirlo, vuole solo proteggere una persona cara. Non posso dirti dove trovarlo anche perché ho promesso a Jong di lasciargli il tempo di pensare. Vuole restare da solo. Sono consapevole che probabilmente non mi ucciderà se ti vedesse lì, ma Onew si. Mi dispiace. – Anche lui mi lasciò lì, senza la possibilità di dimostrargli quel qualcosa che mi ero ripromesso. Ero stato uno stupido e solo in quel momento davvero ne capivo la gravità. Se mi fossi accorto dell’errore, loro mi avrebbero forse accettato? Aspettai fino a quando i ginocchi non dolevano per lo sforzo. Avevo paura di vedere nuovamente Onew, ma non potevo allontanarmi del tutto.
Uscii fuori, con il vento fresco che mi pungeva il viso e cercai di non morire. Era quella ormai la mia vita, fino a quando lui non avrebbe ripercorso la via insieme a me. 

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Capitolo 18
*** Ti amo più di ogni altra persona al mondo ***


Non ricordo per quanto tempo aspettai. Avevo le dita congelate per il freddo ed i muscoli intorpiditi, ma finalmente lo vidi. Scese dalla macchina come una scheggia, ma non sapeva che io ero lì per lui.
– Jonghyun! – Urlai il suo come se non mi importasse d’altro e nel momento esatto in cui lui si voltò verso di me, caddi a terra. Sentivo solo un gran freddo che mi ricopriva le ossa, poi un lieve tepore ma ancora non riuscivo ad aprire gli occhi. Per quanto tempo rimasi incosciente?
Probabilmente qualche ora, o forse di più. In quel periodo ricordo solo il nero pece che, addensato nella mia mente, mi donava una falsa sicurezza. Aprii gli occhi lentamente, abituandomi gradualmente alla luce del sole. Riconobbi il bianco soffitto, l’odore pungente dei profumi di Kris, sapevo dove mi trovavo ma una sola domanda mi vorticava nella mente.
“Dov’era Jong?” Lo cercai con gli occhi nella stanza, ma non riuscii a scorgere la sua presenza. Passarono qualche secondo quando la porta si aprì senza tante cerimonie e l’essenza della mia ossessione si presentò di fronte a me. Fece un piccolo grugnito con la gola, non ne capii subito il motivo ma sembrava seccato.
– Ti sei svegliato alla fine. – Fu breve, niente falsi giri di parole, in fin dei conti era pur sempre Kim Jonghyun. Non era come mi aspettavo, avrei preferito che tutto andasse secondo i miei piani per una volta.
– Cosa ci facevi lì? Minho ha detto che mi aspettavi, sei stupido per caso? Sai che di notte la temperatura scende di molti gradi? – Mi urlava contro, ma non riuscivo ad arrabbiarmi più con lui. Era lontano, ma avevo una voglia irrefrenabile di abbracciarlo forte. Mi alzai dal letto, con le gambe incerte e mi avvicinai a lui gettandomi direttamente tra le sue braccia forti. Sembrava sconvolto dal mio gesto ed anche io non avrei mai creduto di averne la forza. Sentivo che potevo cambiare, per la prima volta nella mia vita ne ero pienamente sicuro.
– Lasciami andare Lay. Hai messo in chiaro che non hai intenzione di essere mio amico, quindi ti prego smettila di confondermi le idee. – Mi scostò, ma io ero più forte, almeno ci provavo con tutto me stesso. Non avevo intenzione di mollare la presa neanche se significasse perdere la mia stessa carne.
– Perdonami! Mi sono comportato da idiota ed hai tutte le ragioni per odiarmi, ma lasciami dire una sola cosa prima che tutto il coraggio che ho in corpo mi abbandoni per sempre. – Ripresi fiato, avevo bisogno di ogni cellula del mio corpo per proferire di nuovo parola. Perché dichiararsi era così difficile? Mi morsi il labbro inferiore e nascosi il viso nel suo petto caldo.
– Ti amo Jonghyun. Ti amo più di ogni altra persona al mondo. Ho cercato di allontanarti da me perché avevo paura, ma continuare a vivere senza di te è troppo difficile. E’ come se mi mancasse l’aria, tu mi hai totalmente sconvolto l’esistenza. – Non riuscii più a parlare, restando ad ascoltare i nostri cuori che battevano all’unisono. Le mani di Jong afferrarono i miei polsi e, con un unico gesto, si staccò da me. Aveva le lacrime agli occhi sebbene il viso restò quasi impassibile. Solo gli occhi erano tristi, si vedeva che stava combattendo contro se stesso.
– Pensi che sia sufficiente questo? Confessarmi che mi ami dopo avermi pugnalato così tante volte può servire a cancellare via l’odio che provo? Avevi l’opportunità in quel cazzo di ristorante. Avevo deciso di azzerare tutto, riprendere da dove avevamo cominciato, ma sei arrivato tardi. – Voltò lo sguardo, era sconvolto e tutto dentro di me faceva male. Cercai di afferrare la sua mano, avevo bisogno di trattenerlo a me prima di perderlo del tutto, ma lui si scostò all’ultimo istante. Il castello di sabbia stava nuovamente crollando?!
– Hai la più pallida idea di quanto ti ho amato in tutto questo tempo? No vero? Non sai nemmeno ricordare il nostro primo incontro figuriamoci! – Cercai di parlare, scrutando in lui una qualche risposta. Non riuscivo a fare mente locale. Probabilmente avvenne in compagnia, forse nel periodo in cui ero ancora trainee, ma era difficile dirlo con esattezza.
– Lo sapevo. Quel giorno ha avuto importanza solo per me, che stupido che sono! – Stava per uscire quando afferrai il suo polso con forza.
 – Ti prego, non andare via. Spiegami! Ho bisogno di sapere. – Ciò che mi aspettava era un’incognita, ma ricominciare quel lungo cammino di solitudine era troppo difficile. Se ancora una volta fosse uscito dalla mia vita, probabilmente avrei davvero commesso una stupidaggine.
– E’ stato in Cina, nel 2005. Era un periodo difficile per me, avrei dovuto fare il provino per entrare nella SM ma ero nervoso. Feci un viaggio con mio cugino, nella speranza di trovare il coraggio di rischiare. Fu lì che ti incontrai. Eri un ragazzino così carino all’epoca, con quei buffi capelli neri arruffati. Mi ero perso e piangevo come uno stupido. Avevo tutto quello stress addosso, volevo solo scomparire dalla faccia della terra, ma tu mi hai dato la mano con dolcezza e mi hai parlato. Non capii molto, il cinese non è mai stato il mio forte, ma dicesti qualcosa in coreano. “ Sei fortunato, hai incontrato me. Il magnifico Zhang Yixing ti riporterà a casa.” Per te non ha avuto nessun significato, ma io non l’ho mai dimenticato. Il tuo sorriso mi ha dato la forza. Speravo che diventando famoso avrei avuto la possibilità di rivederti, ma quando sei entrato da quella porta come trainee, non mi hai neanche riconosciuto. – Si fermò, la voce spezzata. Dovevo agire, altrimenti lo avrei perso per sempre .
Lo afferrai con forza, sebbene lui mi spingeva via. Il mio fragile corpo sembrava volersi spezzare, ma non lo avrei permesso. Vidi per la prima volta quel momento dopo tanto tempo. Fu difficile farlo riaffiorare, ma dopo aver sentito le sue parole, qualcosa si fece strada in me.
Quel giorno lo incontrai davvero, prima che tutto avesse inizio, prima che la nostra vita cambiasse. Avevo avuto qualche merito musicalmente, mi sentivo invincibile e già progettavo di lavorare in Corea. Vederlo in quel luogo a piangere mi strinse il cuore.
Era un ragazzo così bello, un po’ basso per la sua età, ma stranamente affascinante. Non so come mai dimenticai proprio il suo viso, cosparso di lacrime d’argento. Lo portai fino al suo albergo, lo guardai sorridere prestando attenzione solo alle sue labbra rosate.
– Jong ti prego scusami! Mi merito tutti gli insulti che stai pensando. Sono un idiota, un cretino, uno stronzo, un decerebrato, ma non andare via. Non permettere che questo ci allontani ancora. Non ti ho riconosciuto ma non è vero che l’ho dimenticato. Ti vedo ancora quel giorno, c’era il sole e la tua figura era sfocata nella mia mente. Non voglio perderti ora che ti ho trovato. Ti amo così tanto che rischierei di impazzire. – Stretto a lui, mi vergognai come una scolaretta la sua prima volta. Ero così vulnerabile che al solo tocco mi sarei sgretolato per sempre in mille pezzettini. 
“Credimi ti prego.” Urlavo sottovoce nel mio cuore. La sua resistenza iniziò a diminuire, a poco a poco mi rilassai insieme a lui e crollammo a terra. Il suo viso non mi guardava neanche, ma ne sentivo la tristezza inconscia.
– Yixing non ci riesco. In questo momento sento il petto che mi brucia di dolore. Vorrei poter mettere da parte tutto, giuro, ma è impossibile. Ogni volta che mi tocchi, rivedo tutti i momenti tristi ed ho paura che accadrà ancora. Non mi fido più di me stesso come posso fidarmi di te? – Spalancai gli occhi ma, purtroppo, lo immaginavo. I buoni propositi che mi ero ripromesso, erano davvero stati consumati dall’attesa. Già sapevo quanto sarebbe stato difficile. Se faceva già così male, figuriamoci come sarebbe stato non appena avrebbe varcato quella porta. Lasciai la presa, ma non riuscii ad allontanarmi, ero totalmente fuori gioco.
– Perché? Per quale motivo non possiamo semplicemente amarci? Non posso vivere senza di te Jong, mi sento morire. – Lui mi strinse la mano, dolcemente. Sentii la sua forza entrare dentro di me, bloccando i singhiozzi che già mi torturavano la gola.
– Anche io ho bisogno di te, ora più che mai. Non smettere di stringermi a te. – Le mani tremavano, ma lo afferrai di nuovo, sentendo i suoi singhiozzi imbarazzati. Non era da lui esporsi in quel modo. Amavo la sua forza ma anche nella sua debolezza riuscivo a sentirmi protetto ed al sicuro, come ci riusciva?
– Stammi accanto, sempre. Dammi il tempo di cancellare il dolore e non ti arrendere mai anche quando ti tratterò male, probabilmente troppo spesso. Non sono bravo con gli altri e so che ti farò soffrire con le mie parole, ma tu non arrabbiarti. Ti prego Yixing non mi abbandonare più, non lo sopporterei. – Non disse altro. Voltandosi leggermente, lo guardai negli occhi avvicinando il mio viso al suo fino a quando le nostre labbra non di incontrarono in un tenero bacio d’amore. Fu un tocco dolce, pieno di passione ma sincero. Bramavo quelle labbra  da tempo e sentirle sulle mie mi fece tremare. Non ci fu sesso tra di noi, ma l’intensità dei suoi baci era così sconvolgente che credevo mi sarebbe bastata per tutta la vita.
Da quel giorno molte cose cambiarono, io non sono più lo stesso. Prima di amare lui vedevo il mondo pieno di ombre oscure, pronto ad avventarsi contro di me appena avessi girato lo sguardo. Adesso, sebbene  so che ho tanta strada da compiere per arrivare a te, so che ci sarai sempre per distruggere quei falsi fantasmi ed aiutarmi a vedere il sole. Se ci sei tu non ho più paura delle tenebre, perché tu porti quella luce che ho sempre cercato.
FINE
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Finalmente è finita. L’agonia infinita dei nostri cari Lay e Jong si è conclusa anche se la fine della storia è solo l’inizio di qualcosa di più grande. Probabilmente molti avrebbero voluto una fine più concreta, ma la vita non è mai bella o brutta, non c’è mai un “vissero per sempre felici e contenti”. Lay e Jong lotteranno ancora per stare insieme, probabilmente nei nostri sogni, ma non c’è mai fine alla speranza. :D Quindi a chi si chiede se si sono riconciliati? Secondo me si, lay non smetterà di provarci perché adesso sa che c’è speranza. Adesso ha la consapevolezza che Jong lo ama e metterà tutto se stesso per farlo tornare da lui. :D Io di certo farei così eheheheheh Per tutti quelli che hanno seguito la mia storia un grazie sincero. Non credevo che ogni capitolo sarebbe stato così emozionante non solo per ciò che vi cercavo di trasmettere con le mie parole ma anche per ciò che voi avete dato a me con i vostri commenti e la vostra gentilezza. Grazie di tutto… Per chi è curioso di sapere cosa ne sarà di Chen, vi preannuncio che presto inizierà una fanfic dedicata a lui ed alla sua storia ( dove probabilmente ci sarà anche qualche riferimento alla storia in progresso di Lay e Jong ) A presto e… aspetto come sempre i vostri commenti, byeeee
 
 

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