Tomi.

di 341 KC
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** °~Prologo~° ***
Capitolo 2: *** °~Primo Capitolo~° ***
Capitolo 3: *** °~Secondo Capitolo~° ***
Capitolo 4: *** °~Terzo Capitolo~° ***
Capitolo 5: *** °~Quarto Capitolo~° ***
Capitolo 6: *** °~Quinto Capitolo~° ***
Capitolo 7: *** °~Sesto Capitolo~° ***
Capitolo 8: *** °~Settimo Capitolo~° ***
Capitolo 9: *** °~Ottavo Capitolo~° ***
Capitolo 10: *** °~Nono Capitolo~° ***



Capitolo 1
*** °~Prologo~° ***


Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.

°~Prologo~°
7 gennaio 2013
Caro diario,
io sono Tom, ma tutti mi chiamano Tomi. Sai, due giorni fa è stato il mio compleanno, ne ho compiuti 13. E Angela mi ha regalato te. Mi ha fatto promettere che ogni giorno ci avrei sempre scritto, io l’ ho promesso, ma senza intenzione. Però ora sono qui che scrivo, quindi forse qualcosa valeva quella promessa.
 
“Tomiiii dove sei?”
“Sono in camera mamma!”
“Il pranzo è pronto! Scendi tesoro!”
“Arrivo subito!!”
 
Continuerò dopo a scrivere. Ho tante cose da raccontare, oggi è stato il primo giorni di scuola tornati dalle vacanze invernali.
Tomi.
 
La madre di Tomi era una donna alta e slanciata, un po’ come il figlio. Era sulla quarantina e su di lei si notavano dei segni precoci di invecchiamento, ma nonostante questo si vedeva in lei quella bellezza antica che una volta le faceva da padrona. Gli occhioni verdi era ancora vivaci e i capelli biondi e mossi le donavano un’aria quasi regale. Da lei Tomi aveva preso gli occhi verdi, ma i suoi capelli erano più simili a quelli del padre. Erano biondo scuro, tendenti al castano.
 
“Eccomi mamma. Cosa hai preparato?” disse annusando curioso l’aria.
“Non ho avuto tanto tempo quindi ho fatto solo della pasta. Siediti che ti devo dare una notizia.”
Quando Simone doveva dare una notizia non si sapeva mai come ci si doveva comportare.
 
Quando ebbero finito di mangiare, Simone riprese il discorso.
“Allora. Indovina un po’? La mamma ha trovato un lavoro!”
“Davvero?”
“Sì, è stato più che altro merito del ricordo” – a questa parola fece le virgolette con le mani – “di tuo padre. Ma va bene, è un buon posto. Senti Tomi, so che in questi anni non ho sempre potuto comprarti tutto ciò che volevi, ho sempre cercato di non farti mancare niente, ma adesso le cose cambieranno tesoro.”
“Mamma stai tranquilla, tu hai fatto un sacco per me, davvero. Ti voglio bene.”
A queste parole gli occhi di Simone iniziarono a bruciare fastidiosamente, ma non voleva piangere di fronte al figlio. O almeno, non voleva farlo di nuovo.
“Ok, ti va se usciamo a prendere un gelato o hai di già tanti compiti da fare?”
“No, il tempo di un gelato ce l’ ho. Poi devo fare quella ricerca di geografia che è tutte le vacanze che rimando.”
“Mmmhh, io te l’avevo detto che dovevi portarti avanti.”
“E dai! Mamma, non rompere e andiamo a prendere questo gelato.”
Risero insieme e uscirono per andare alla gelateria all’angolo.
 
Ciao, sono appena tornato. La mamma mi ha comprato un mega gelato con tutto ciò che volevo. Oggi l’ ho vista tanto felice ed entusiasta del lavoro che ha trovato. Ma adesso, torno al mio racconto.
Allora, in classe sono arrivati dei ragazzi nuovi. Due ragazze, Corinna e Anna mi pare, e un ragazzo, Bill. In classe l’ ho visto molto triste e nessuno gli ha parlato o si è interessato a lui. Neanche io per la verità, mi sono limitato a guardarlo per tutta la mattina senza trovare il coraggio di andare da lui a presentarmi. Ma domani lo farò, promesso.
Ora è tardi e devo fare ancora i compiti >.<
Buona notte,
Tomi.
 
Scritto questo chiuse il suo nuovo diario e lo nascose nella grande libreria che aveva nella sua camera, tra la Divina Commedia e i Promessi Sposi, poi si mise a studiare.
 
 
*Va bene Tomi. Bill è lì. Ora vai e ti presenti. Non è difficile. Devi farlo, l’ hai anche promesso al tuo diario. Ok, fai un respiro e vai.*
“CiaoiosonoTomi.” disse tutto d’un fiato lasciando il ragazzo un po’ scosso.
“Non ho capito una sola parola.” rispose scandendo bene sillaba per sillaba.
“Scusa, è che sono un po’ emozionato.”
“Perché?”
E adesso cosa gli doveva rispondere? Che era emozionato perché si doveva presentare a lui? No, neanche per idea.
“Ehmm…”
Fortunatamente la campanella gli venne in soccorso.
“…scusa devo andare! Mia mamma vuole che faccio una cosa e sì, devo farla quindi vado. Ciao!” detto questo scappò dalla porta lasciando l’altro abbastanza turbato.
Solo dopo, entrando in casa, Tomi si rese conto che quello che aveva detto a Bill non aveva senso logico. Si disse che quello che aveva appena combinato era un ottimo racconto da scrivere sul diario, quindi si diresse trascinando i piedi fino alla sua stanza.
 
8 gennaio 2013
Caro diario,
ho appena fatto la figura più brutta di questo mondo con Bill. Lo sapevo che non dovevo andare a presentarmi io! Lui era seduto al suo banco, con lo sguardo perso nel vuoto. Mi sono avvicinato a lui e gli ho detto il mio nome, ma non deve essersi capito niente perché mi ha guardato con una di quelle facce che ti fanno i professori quando cerchi di dire qualcosa che non sai facendo mille giri di parole. Della serie “Mi prendi in giro?”.Poi gli ho chiesto scusa dicendo che ero emozionato. Ma perché? Io non ero emozionato, o forse sì. Ma non potevo dirgli che era per lui. O santo, che imbarazzo! E io domani come torno a scuola? Non posso. Devo cambiare scuola…
 
A quel punto Tomi lanciò la penna con cui stava scrivendo sul suo diario, creando un’enorme macchia d’inchiostro nero. Era preso dal panico. Ma non poteva cambiare scuola. Sua mamma non glielo avrebbe mai permesso, e poi per quale motivazione? “Sai mamma, ho fatto un brutta figura con un compagno di scuola e adesso non voglio più farmi vedere da lui.” No, non poteva funzionare.
Dopo questo pensiero si accorse di essere solo a casa e sentì il suo stomaco brontolare. La mamma non lo aveva chiamato per il pranzo. Scese in cucina e trovò un biglietto attaccato al frigo.
 
Ciao amore,
la mamma è al lavoro.
Torno questa sera tardi,
non mi aspettare alzato.
Il pranzo e la cena sono nel forno.
Sulla mensola ti ho lasciato dei soldi
se hai voglia di andare a prendere un gelato.
Fai il bravo.
Baci, mamma.
 
Lesse il biglietto circa cinque volte. Era così sconvolto da quello che era successo la mattina che non riusciva a mettere a fuoco niente. Poi si accorse dei soldi sulla mensola. Li prese e li andò a mettere nel suo salvadanaio segreto dove aveva già una ventina di euro. Non sapeva perché li tenesse o perché li nascondesse, lo faceva in automatico.
Aveva fame, ma la pasta avanzata del giorno prima non lo attirava per niente, quindi si andò a riposare.
 
 
Driiin driii!
*Mmmmhh cavolo… Sono di già le 7?*
“Tomi! C’è una persona per te, sta salendo!”
Non fece nemmeno in tempo a capire dove si trovava che la porta di camera sua si spalancò ed entrò un bellissimo ragazzo con capelli nero corvino vestito di tutto punto. A Tomi sulle prime sembrò un visione, poi si rese conto che era Bill e iniziò ad arrossire così tanto che un pomodoro ne sarebbe stato geloso.
“Ciao Tomi. Io sono Bill.”
“Ehmm…”
“Vedi, è così che ci si presenta. Guarda che è semplice.” – disse ammiccando – “ora prova tu.”
Non sapeva a che gioco stesse giocando, ma decise di starci.
“Ciao Bill. Io sono Tomi.”
“Bene. Visto? Sei bravo. E questa volta si è capito tutto.”
Tomi non sapeva veramente cosa rispondere. Si sentiva strano in quella situazione. Ma decise di fare domande. O almeno di provarci.
“Quanti anni hai?”
“Ne ho 15. Tu 13 immagino.”
“Già, ma come mai sei ancora alle medie?”
Bill lo sapeva bene il perché. I continui trasferimenti, i problemi con il padre, la dipendenza della madre e ora l’affido. Ma non credeva che erano cose di cui parlare con una persona appena conosciuta.
“Cose. Non ti sto qui a spiegare.” disse usando il suo solito tono da persona misteriosa.
Tomi decise di non addentrarsi oltre in quella via.
“Ti posso chiedere perché sei venuto?”
“Certo. Sono qui perché mi andava di vederti. L’indirizzo me l’ hanno dato a scuola.”
*Eh?? Con questo ho fatto la figura da pirla più grande del mondo e adesso è a casa mia dicendomi che aveva voglia di vedermi? Sto sognando?*
Bill la vide la confusione negli occhi del suo nuovo amico e prese la parola.
“Sai, sei stato il primo. So che è solo due giorni che sono nella vostra scuola, ma nessuno è venuto a salutarmi, a presentarsi. Nessuno a cercato di farmi partecipe della classe. Tranne te. Tu sei venuto e ti sei presentato, anche se non si è capito niente.” a queste parole risero insieme. “Sì, ti volevo ringraziare.”  
*Ma quant’è carino questo Bill. Ho trovato un nuovo amico.*
“Sì, bhe. Tu mi sembravi un tipo forte. E ho visto che eri tutto solo e volevo salutarti, ma ho fatto un figuraccia.” disse mettendosi la mano davanti alla faccia.
“Tranquillo. Va tutto bene. Ora siamo amici?”
“Credo si sì.” dicendo questo accennò un dolce sorriso.
“Sei un bravo ragazzo Tomi. Grazie.” – sorrise di rimando – “Ora è tardi, sono già le 21.30. Devo tornare dalla mia… ehm… famiglia. Ci vediamo domani a scuola.”
Disse così e dando una pacca sulla spalla al piccolo Tomi uscì dalla stanza chiudendo la porta. Ma lui, che conosceva sua madre, sapeva che non sarebbe durata a lungo chiusa. E difatti, di lì a due minuti la sentì salire le scale e la porta inevitabilmente si riaprì.
“Hei tesoro. Chi era quel ragazzo? Non l’ ho mai visto. È un tuo amico?”
Ecco che l’interrogatorio era iniziato. Così Tomi si mise a spiegare tutto. Dal primo giorno fino alla figuraccia. Quando ebbe soddisfatto la sua curiosità uscì dalla camera dando un bacio sulla fronte al figlio. Ma Tomi, a cui ormai il sonno era volato via, si alzò, e andò alla scrivania, recuperando il diario tra i libri.
 
Bill è venuto da me e ha voluto essere mio amico! Cioè, ma è impossibile! Lui è così, imprevedibile. Non ho mai conosciuto nessuno come lui e adesso non vedo l’ora che sia domani per parlare con lui a scuola.
Mi sento un tantino euforico, ma cioè, è normale no? Ho un nuovo amico che fa il misterioso. Sì, è normale. Mamma ha voluto sapere tutto di lui, ma io non so niente. Lo conosco appena.
Alla fine, è stata un bella giornata.
Tomi.

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Capitolo 2
*** °~Primo Capitolo~° ***


°~Primo Capitolo~°
3 marzo 2013
Sono quasi passati 3 mesi da quando conosco Bill. Ed è più o meno da quella sera che non scrivo più niente in questo diario. Quasi tutti i pomeriggi usciamo. Andiamo al cinema, al parco, o semplicemente facciamo i compiti assieme. Avere lui è come avere un fratello grande che ti vuole sempre bene. Domani sera mi ha invitato a dormire a casa sua. Ha detto che mi deve parlare. Io non sono preoccupato, ma non so come sentirmi.
Se mi dovesse dire che non vuole più essere mio amico non so che farei, non posso stare senza di lui.
Lui è tutto.
Tomi.
 
Simone era molto felice dell’amicizia dei due ragazzi. Da quando Tomi aveva conosciuto quel Bill il suo umore era migliorato e ogni giorno andava meglio, quindi non aveva avuto nulla in contrario ad acconsentire al figlio di passare la notte a casa dell’amico.
Tomi preparò lo zaino. Vestiti di cambio, pigiama e diario (tanto per non sbagliare).
Verso le 17.40 lo passò a prendere Bill sul suo motorino.
Quando arrivarono a casa, il moro lo trascinò direttamente in camera sua non lasciando neanche la possibilità a Tomi di fare conoscenza della famiglia dell’amico.
Appena entrati chiuse la porta a chiave, si girò verso Tomi, che era visibilmente confuso, e con sguardo severo iniziò a parlare.
“Tomi, noi siamo amici da mesi ormai.”
“Sono quasi tre.”
“Già.” – e qui sorrise ripensando a tutti i bei momenti passanti insieme all’amico – “E penso che sia giunto il momento di parlarti un po’ di me e della mia storia.” Disse tornando improvvisamente serio.”Quelli che hai visto in salotto di sotto non sono i miei veri genitori. Sono la mia famiglia affidataria. Per questo sono arrivato a metà anno. Quando ero piccolo i miei hanno avuto un sacco di problemi. Mio padre si ubriacava di continuo e di lui ricordo principalmente l’odore di alcool che emanava la sua bocca le volte che mi prendeva in braccio. Quando avevo 6 anni mia madre si trasferì dal suo amante di quel momento e mi portò con lei. Entrambi avevano una dipendenza dalla cocaina, e bhe, capirai che non era posto per me. Dopo un anno passato con loro, una notte uscii di casa e mi incamminai per la strada, non sapendo neanche dove portasse. Non ero neancora mai andato a scuola. La polizia mi trovò dopo non molto. Stupidamente gli dissi il mio nome e dove abitavo. Mi riportarono a casa da mia madre, ma entrati in casa si resero conto delle condizione in cui vivevamo. Chiamarono i servizi sociali e ricontattarono mio padre e diedero a lui la mia tutela. Pensando, non so, che da lui avrei vissuto meglio. All’inizio andò bene. Iniziai ad andare a scuola. Due anni in ritardo. Mi piaceva, ma vedevo la spensieratezza negli occhi degli altri bambini, mentre io non ce l’avevo quella leggerezza con cui affrontavano la vita. E questo mi faceva male. Ma nonostante questo per qualche anno tutto proseguì in modo tranquillo.” – qui sospirò – “Poi mio padre ricominciò a bere. E tutta la merda tornò. E tornò anche la paura. I servizi sociali, che tenevano mio padre sotto controllo se ne accorsero e mi portarono via. Da quel momento ho viaggiato da una famiglia all’altra, fino a questa, che ha persino l’intenzione di adottarmi. I miei genitori non so che fine abbiano fatto. Non li ho più rivisti.” Finto il racconto una lacrima amara scivolò sulla guancia di Bill, venendo subito asciugata dalla mano di Tomi. Era stato in silenzio per tutto il racconto, ascoltando con attenzione. Dopo svariati minuti di silenzio prese coraggio e parlò.
“Santo cielo, non avrei mai pensato che avessi un passato così difficile…” Guardò Bill che aveva lo sguardo basso e l’aspetto di qualcuno che nella sua vita di amore non ne aveva mai ricevuto. Tomi in quel momento si sentì un sacco fortunato ad avere una madre come Simone e provò una compassione immensa per l’amico.
“Vieni qui cucciolo, fatti abbracciare.” Con queste parole Tomi lo prese tra le braccia facendo appoggiare il suo viso nell’incavo del suo collo. A quel tocco tanto dolce Bill si mise a piangere, liberandosi di tutte quelle lacrime e di quel dolore che in quegl’anni aveva tenuto nascosto a tutti.
Rimasero fermi in quell’abbraccio per una buona mezz’ora dondolandosi in quell’aurea di tenerezza che si era creata.
Toc toc toc
“Ragazzi! La cena è pronta! Bill, ci devi presentare al tuo nuovo amico!”
“Arriviamo subito!”
Bill si staccò. Aveva ancora gli occhi lucidi, ma la malinconia che prima aleggiava intorno a lui sembrava essere sparita.
“Grazie Tomi per avermi ascoltato. Grazie per starmi sempre vicino.” disse sorridendogli languidamente.
“Sei il mio migliore amico Bill. Tu hai bisogno di me quanto io ne ho di te.”
“Hai ragione. Questi mesi mi hanno fatto capire un sacco di cose, sai Tomi. Ho capito che senza di te non posso vivere, la mia vita non ha un senso se tu non ne fai parte.”
*Ma quanto è dolce questo ragazzo? Cosa ho fatto per meritarmi un amico simile?*
Bill e Tomi si erano persi ognuno negli occhi dell’altro, non riuscendo a staccarsi. Riconoscevano nell’altro la propria anima gemella, ma vennero disturbati da quella voce che poco prima li aveva chiamati per la cena.
“Allora ragazzi, non venite?”
Si risvegliarono quasi da una trance. Bill si alzò e andò ad aprire la porta.
“Eccoci. Arriviamo. “
 
 
La sera si ritrovarono entrambi nello stesso letto a parlare di quello che gli sarebbe piaciuto di fare il giorno dopo. Alla fine optarono per andare al parco. Si girarono l’uno di fronte all’altro e i loro visi erano talmente vicini che ognuno sentiva il respiro dell’altro.
“Tomi.”
”Sì?”
“Ti posso fare una domanda?”
“Certo che puoi.”
“Anche se è una domanda un po’ personale?”
“Dimmi tutto Bill, non fare il misterioso.”
“Ok… Tomi, a te piace qualcuno?”
Questa domanda prese il piccolo Tomi alla sprovvista. Si sarebbe aspettato qualunque domanda, ma non quel genere di domande. Quelle che riguardano i sentimenti. La verità è che non lo sapeva. In quei giorni non riusciva a decifrare i segnali che gli mandava il cuore.
“Uhmm… Non lo so.” disse sinceramente “In questo periodo non ci sto capendo niente. E a te Bill?”
“A me cosa?”
“A te piace qualcuno?”
“Sì. E anche tanto.”
“E chi è? La conosco?”
“Bhe, sì. Ma non è una ragazza.”
“Ah no?”
“Ti crea qualche problema che mi piacciano i ragazzi?”
“No, perché? Neanche a me piacciono le ragazze.”
“Dici sul serio?”
“Certo che sono serio. Non ti mentirei mai.”
“Sei un sacco dolce Tomi.”
Accarezzò la guancia al moro che a quel tocco chiuse gli occhi per la bellezza di quel tocco, per la dolcezza. “Sai Bill, sì, credo che qualcuno piaccia anche a me.”
*Non mi posso più mentire. Io voglio bene a lui, a me piace lui. E magari sono io quello che gli piace.*
“E lo conosco?”
“Sì, assolutamente.”
“E com’è?”
“Bellissimo. Ha il sorriso più bello di tutti, ed è quello che si veste meglio di tutta la scuola.”
“Ma è impossibile Tomi.” –disse Bill senza rendersi conto di quello che stava per succedere- “sono io quello che si veste meglio di tutta la scuola.”
“Proprio così.” detto questo annullò la distanza tra le loro labbra e baciò l’amico come era mesi che inconsciamente voleva fare.
Bill lo abbracciò e si mise sopra di lui non staccandosi mai da quel dolce bacio.
Dopo svariati minuti si staccarono con uno schiocco secco. Entrambi avevano le labbra un po’ gonfie e rosse e le guance tinti di rosso dalla vergogna.
“Bill, è stato stupendo.”
“Tomi… tu sei stupendo.” disse posandogli un leggero bacio sul collo. “Fin dal primo giorno in cui ti ho visto ho capito che eri tu. Eri bellissimo e diverso dagli altri. I tuoi rasta, il tuo piccolo piercing sul labbro. Tutto di te è perfetto. Poi mi hai conquistato con la tua dolcezza, mi hai conquistato standomi sempre accanto. Nei momenti difficili e in quelli belli. Grazie per tutto.” e posò di nuovo le sue labbra su quelle dell’amico.
“Hai finito di farmi complimenti?”
“Sono tutti sinceri. È quello che sento.”
“Ora tocca a me. Sai, ora capisco. Ti sono venuto a parlare perché qualcosa in me sapeva di già quello che la mia mente non era neancora pronta a sentirsi dire. I tuoi capelli neri, il tuo profumo Bill. Non c’è niente di te che non mi piaccia immensamente.”
Quelle dichiarazioni non fecero altro che aumentare ancora di più il desiderio che ognuno aveva dell’altro. Bill, che era ancora sopra al più piccolo lasciò tanti baci umidi sulla sua mascella. Continuarono così, baciandosi, accarezzandosi, amandosi, finchè la stanchezza non li fece addormentare uno abbracciato all’altro in quel lettino.
 
 
Bill fu il primo a svegliarsi la mattina seguente. Un flebile raggio di sole illuminava lo splendido volto di Tom. Bill si incantò ammirando la bellezza del suo amico, o meglio, della persona di cui era innamorato. Si mise a pensare a quanto era fortunato ad averlo trovato. E pensò che finalmente la parte schifosa della sua vita era finita.
Diede un bacio leggere sulla guancia di Tomi, che aprì piano gli occhi godendosi ogni istante di quella splendida mattina. Svegliarsi accanto alla persona che amava era la sensazione più bella che avesse mai provato.
“A che pensi Bill?”
“A quando sono stato fortunato a conoscerti.”
Tom si mise a sedere sul letto baciando Bill sulle sue labbra morbide.
“Dai cucciolo, adesso dobbiamo prepararci. Avevamo detto di andare al parco, no?”
Detto questo i ragazzi si alzarono, si vestirono e scesero a fare colazione.
“Buongiorno ragazzi. Dormito bene?”
“Sì, grazie signora.” Rispose Tom sfoderando il suo splendido sorriso.
“Avete qualcosa in programma per oggi?”
“Sì, pensavamo di andare a fare un giro al parco.”
“Mi sembra un splendida idea. Oggi c’è anche un bel sole.”
Quando ebbero finito si infilarono le scarpe e uscirono.
 
Bill era sdraiato sul prato e Tom aveva la testa appoggiata sulle sue gambe. Si tenevano la mano per sentirsi uniti, insieme contro tutti, contro tutto il mondo. Bill gli stava accarezzando quei rasta che tanto amava.
“Tomi… Ti va di uscire uno di questi giorni?”
“Ma Bill, noi usciamo sempre. Perché adesso me lo chiedi?”
“Perché adesso è diverso. Fra di noi voglio dire. Adesso non siamo più semplici amici.”
“Pensi che le cose cambieranno?”
“Probabilmente sì, ma in meglio. Ne sono sicuro.” e dicendo questo poso un dolce bacio sulla fronte del rasta.
“Sì, voglio uscire con te Bill.”
Per un po’ stettero in silenzio, godendosi quei momenti di tranquillità.
“Bill, pensi che lo debba dire a mia mamma?”
“Se pensi che lei possa capire, sì. Dovrebbe essere felice di saperti contento.”
“Già. Non credo che per lei ci siano problemi.” disse annuendo con la testa.
“E i tuoi genitori, cioè… La tua famiglia affidataria… Glielo pensi di dire che usciamo insieme?”
“No.” rispose secco Bill. “Loro fanno parte della mia vita da solo qualche mese. Non centrano nulla con me.”
“E se ti adottano?”
“Se mi adottano forse potrei iniziare a parlare con loro.”
“Capisco. E quindi Bill… Quando è che mi vorresti portare fuori?” chiese con il suo sorriso sornione.
“Che ne dici di domani? Puoi?”
“Sì, se adesso torniamo a casa e ci mettiamo a studiare.” – Bill sbuffò – “Bill lo sai! Domani abbiamo la verifica di storia. Tu ne sai qualcosa della seconda guerra mondiale? Io no, quindi forza. Alziamoci e andiamo!”
Di malavoglia si alzarono e si incamminarono.
 
22.01
“Tomiiiii  ti prego basta! Non ne posso più di studiare!”
“Va bene va bene. Teoricamente adesso siamo pronti per la verifica. Se ci va male non so davvero cosa fare. Possiamo ritirarci dalla scuola e andare a fare gli spazzini.” disse sbuffando il rasta. “Basta. Voglio andare a dormire. Resti qui?”
“Sì, se tua mamma è d’accordo.”
“Certo, lei non mi fa mai problemi. Ti prendo il cordless.“
 
“Sono felice di poter rimanere qui a dormire Tomi.”
“Anche io sono felice che resti qui. Vorrei potessi stare sempre con me.”
“Sei la mia anima gemella Tomi.”
“E tu sei la mia Bill.”
Si addormentarono cullati da quell’aurea di amore che si creava ogni volta che si trovavano vicini. 

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Capitolo 3
*** °~Secondo Capitolo~° ***


°~Secondo Capitolo~°
 
“Bill Bill!! Svegliati! È tardi!! Abbiamo la verifica!” dicendo questo buttò il moro giù dal letto con una forza che neanche lui credeva di avere.
“Ma che vuoi Tomi??!”
“Forza, vestiti! Dobbiamo andare! La sveglia non è suonata questa mattina. Dobbiamo correre!”
“Ok, ok, adesso mi preparo. Tranquillo.”
~ dopo 20 minuti
“Bill, dove sei??”
“Sono in bagno Tomi.”
“Ancora?? Ma ti ho detto che siamo in ritardo. Sono già le 8.15! Ormai dobbiamo entrare alla seconda ora.” disse buttandosi sul letto.
Bill uscì dal bagno avvolto da un’aurea di profumo ineguagliabile. I capelli perfettamente pettinati e lisci, il trucco pesante che gli sottolineava lo sguardo e quei vestiti così stretti che solo a un fisico come al suo poteva stare bene.
“Allora, come sto?” disse il moro facendo una piroetta sul posto e sorridendo compiaciuto.
Per un attimo Tom ne fu veramente estasiato, ma subito si ricordò del ritardo. Prese per mano il moro e corse giù per le scale.
“Hei hei, tomi, non mi hai detto come sto!”
Tom si fermò sull’entrata di casa, si girò e gli diede un secco bacio a stampo su quelle sue labbra rosee. “Sei stupendo. Ma adesso andiamo.”
 
13.10
“Oh mio dio! Non avevo mai risposto a tutte le domande di un compito!” disse incredulo Tom uscendo da scuola insieme a Bill.
“Sai, è così che ci sente quando si studia.”
“AH AH Bill. Molto divertente. Sappi che non ho comunque intenzione di studiare così tanto per le prossime verifiche. Questa è stata un eccezione, sennò questa sera non potevo uscire con te.” dicendo questo gli prese la mano.
“Hei Tom, cos’è? Ti sei fatto il moroso?”
“Stai zitto Fred, non sono affari tuoi!”
“Sì che lo sono se giri con una checca simile.” disse guardando disgustato Bill, che si era nascosto dietro a Tom per la paura. “Cos’è? Ti faccio paura Bill?”
“Lascialo stare!” e si precipitò addosso al ragazzo che lo aveva provocato.
Ci fu un lotta vera e propria e ne volarono di cazzotti finchè non arrivò Angela, la loro compagna di classe.
“Oh mio dio! Ma cosa sta succedendo qui? Tominooo!!!!” a sentire il suo nome storpiato in quella maniera smise di lottare con Fred, infastidito anche lui.
“Santo cielo Angela, quante volte te l’ ho detto che non devi chiamarmi in quella maniera?”
“Ma tu sei il mio Tomino Cuoricino!” insistè la ragazza mandandogli baci con la mano.
“Mi dispiace Angela, sei arrivata tardi. Tom è già fidanzato.” disse Fred indicando Bill che si era fatto piccolo piccolo in un angolo e non parlava da quando quella lotta assurda era iniziata.
Ad Angela le si congelò lo sguardo su quello strano essere che considerava Bill. “Tomicino, sta scherzando vero? Tu non puoi stare davvero con quella… cosa. Voglio dire, tu sei un ragazzo e lui anche. Bhè, più o meno.”
“Ma santo cielo, mi volete lasciare tutti stare?” detto questo Tom iniziò a correre verso casa, dimenticandosi di Bill.
 
Bill che si ritrovò lì solo cercò di svignarsela senza che nessuno se ne accorgesse, ma il suo tentativo fallì. Sia Angela che Fred gli andarono incontro con fare truce. Angela fu la prima a parlare.
“Senti, Coso, Tom mi piace. È bellissimo e sono sicura che ci metteremo insieme quando capirà quanto tengo a lui, quindi non intrometterti!!” e se ne andò in stile diva. Ma adesso toccava a Fred, del quale Bill aveva sinceramente più paura.
“Hei Bill, è così che ti chiami, no?”
Bill assentì leggermente con il capo.
Fred non parlò subito. Voleva sentire l’odore della paura di Tom invadergli le narici. “Non avvicinarti più a Tom o te ne pentirai. Mi hai capito?”
Di nuvo Bill assentì sconvolto.
“Allora ripetilo.”
Racimolando tutto il coraggio in quel fragile corpo che aveva riuscì a ripetere flebilmente quello che gli aveva detto Fred.
“Adesso vai a casa. E non metterti in contatto con Tom. Non provarci.”
Bill corse via spaventato a morte da quello che gli era appena successo. Perché doveva succedere a lui? Non aveva già sofferto abbastanza? Evidentemente no. Evidentemente doveva essere stato un gran bastardo in un’altra vita per meritarsi tutto ciò si disse. E mentre pensava queste cose le lacrime cominciarono a scendere inevitabilmente e a far sciogliere il suo trucco ben fatto. Arrivato a casa si chiuse in camera e pianse, desiderando che Tomi fosse lì con lui per consolarlo come aveva fatto due giorni prima.
 
“Ma perché la gente non si fa gli affari suoi?!” urlò esasperato Tom varcando la porta di casa.
“Tesoro, perché urli? Cosa è successo?”
Sua mamma non sapeva di quel che c’era fra di lui e Bill, ma pensò che non sarebbe stata una cattiva idea parlarne.
“Mamma tu non sai… Io non lo sopporto più Fred, e neanche Angela.”
“Ma come è possibile? Una volta eravate tanto amici voi due.”
“Già, una volta…”
Simone si mise seduta al tavolo della cucina con fare di chi adora impicciarsi. “Dai, siediti e raccontami tutto.”
Tom obbedì. “Allora, io e Bill…”
“Sì…? Tu e Bill cosa?”
“Dannazione ho perso Bill!” dicendo questo aveva già spalancato la porta di casa ed era uscito correndo verso la scuola, sperando che il suo cuore fosse ancora lì incolume.
Quando arrivò non lo trovò e si preoccupò ancora di più. Provò a chiamarlo, ma non rispondeva. A quel punto le ipotesi più brutte gli affollarono la mente. Riprese il cellulare e compose il numero di Fred.
“Che vuoi Tom?”
“Cosa hai fatto a Bill?”
“Stai tranquillo, al tuo ragazzo non ho fatto nulla.”
“E allora dov’è?”
“E io come faccio a saperlo?” – disse scocciato sentendo la preoccupazione nella voce dell’ “amico” – “sarà andato a rifugiarsi a casa quel codardo.”
Non lo fece finire che riattaccò la chiamata e corse verso la casa di Bill.
Dlin dlog! Dlin dlog!
“Salve signora, Bill è a casa?”
“Sì, Tom, ma riprendi fiato, mi sembri confuso.”
“No è che ho fatto una corsa per venire qui.”
“E perché?”
“Avevo bisogno di vedere Bill.” disse secco.
“Sisi, vai pure da lui. È su di sopra.” – disse pensierosa – “Ora che mi ci fai pensare… Credo che stesse piangendo quando è arrivato. Si è chiuso in camera sbattendo la porta e non ho voluto disturbarlo.”
Il suo Bill che piange? No, questo non poteva sopportarlo.
“Bill! Sono Tom. Rispondimi!”
Dall’altra parte c’era un Bill con il mascara ormai sciolto sulle pallide guance.
“Vai via Tomi…” disse flebile il moro.
“Perché mi dici questo? E perché non mi rispondi al cellulare?”
“…davvero Tomi. Vattene…”
“Tesoro… Non dirmi che non mi vuoi vicino a te. Io ho bisogno di te e tu di me, ricordi? Ce lo siamo detto due giorni fa, cosa è cambiato da allora?”
“Fred.”
“Fred non rovinerà il nostro rapporto. Non ci dividerà mai, io non ti lascerò mai… Ti prego Bill, apri la porta, così parliamo.”
La porta si aprì lentamente. Tom entrò e trovò un Bill distrutto seduto a terra.
“Cucciolo, ma cosa è successo?”
“Perché mi hai lasciato solo?”
“Scusami. Mi sono arrabbiato con quei due e non ho più ragionato.”
“Tomi, se ti faccio una domando tu sarai sincero con me?”
“Certo.” rispose il rasta un po’ preoccupato per l’imminente domanda.
“C’è stato qualcosa tra te e quel Fred?”
Già. Era preoccupato proprio per l’eventualità che la domanda fosse quella. Cosa gli doveva dire?
“No…” – sbuffò – “non proprio. Io non lo amo e non l’ ho mai amato.”
“E lui ti ama?”
“È quello che mi ha detto due anni fa. Quando gli ho detto che non ricambiavo il suo sentimento lui ha iniziato ad attaccarmi in continuazione rendendomi la vita impossibile. Poi aveva smesso, fino a oggi.”
“Quando ti ha visto tenermi la mano deve essere diventato geloso.”
“Credo proprio di sì.”
Rimasero in silenzio. Nessuno sapeva come interromperlo e quel rumore, quello del silenzio era così insopportabile che i due quasi non ce la facevano più.
Tom accarezzò la guancia del moro, dove l’ombretto e il mascara erano ormai secchi. “Cucciolo mio… Non ci posso credere che sei ridotto così a causa mia.”
“Non ti preoccupare Tomi. La colpa non è tua. È mia perché non so difendermi.”
“Bill guardami.” disse posizionandosi di fronte a quegl’occhi color nocciola così dolci e languidi.”Io ti prometto che ci sarò.”
“Quando?” gli chiese spaesato.
“Bill, io ci sarò sempre per proteggerti. Non ti abbandonerò mai più e ti prometto che una cosa del genere non ti succederà mai più amore mio. Sei troppo importante e vederti soffrire mi strazia il cuore.”
Così prese il suo viso tra le mani baciandolo appassionatamente, togliendogli ogni dolore, ogni preoccupazione. Dopo di quello tutto andava bene, e quella sensazione nella pancia gli dava la certezza che tutto quello che stava vivendo era reale.
“Allora Bill, vai a prepararti.”
“Eh? Perché?”
“Ma come?” – disse facendo il finto offeso – “Mi avevi promesso che mi portavi fuori a mangiare questa sera. È il nostro primo appuntamento ufficiale.”
“Hai ragione Tomi. Vado a cambiarmi e andiamo.” si alzò e baciò di nuovo quel ragazzo che riusciva sempre a renderlo felice anche quando non vedeva via d’uscita.
~ dopo un tempo debito
“Bill… Io qui sto facendo la muffa!” disse sdraiato sul letto dell’amico.
“Dai sono pronto, non fare sempre il noioso.” Disse mettendo un broncio adorabile.
La serata passò piacevolmente tra carezze e allegria. Verso le 22 Bill accompagnò Tomi a casa e lo baciò proprio davanti al portone di casa.
“Sai Tomi, l’ ho sempre visto fare nei film, ma non pensavo mi sarebbe mai capitata l’occasione di farlo anche io.”
Risero insieme.
“Ti amo Bill.”
Lo prese alla sprovvista. Non si aspettava una dichiarazione di quella portata al primo appuntamento, ma sapeva che quello era solo il suo nome formale. Loro si amavano dal loro primo incontro e non c’era stato bisogno di dirlo.
“Ti amo anche io Tomi.”
Si baciarono di nuovo, finchè non furono disturbati dalla portone di casa che si apriva e dalla vista di Simone, che con gli occhi fuori delle orbite fissava i due ragazzi scambiarsi dolci effusioni.
“E voi cosa state facendo qui fuori?!”
“MAMMA! Perché sei ancora sveglia?”
“Tomi, sono appena le 22. Ma non cambiare discorso. Adesso facciamo un discorsetto miei cuori.” disse facendo un finto broncio, ma che i due ragazzi non capirono essendo presi dal panico. “Dai su, entrate.”
Tutti e tre si sederono attorno al tavolo della cucina.
“Allora, ditemi.”
“Mamma… Vedi… Non farò tanti giri di parole. Sono innamorato di Bill, e lui di me.”
“È così Bill?”
“Sì Simone” disse Bill abbassando lo sguardo. “Io amo suo figlio.”
“Ah, lo sapevo!” esclamò Simone.
“C-O-S-A?” dissero i due ragazzi in coro.
“Sapete, io ci credevo davvero in questa coppia e speravo che Tomi venisse da me a parlarmene, ma va bene anche così.”
“Non c’è stato il tempo mamma, stiamo insieme da un giorno. Se tu non fossi tanto impicciona domani te ne avrei parlato.” sentenziò il rasta.
“E dai Tomi, non rimproverare la tua povera mamma.” risero insieme. “Bill, ti va di rimanere qui a dormire anche questa sera?” 
“Davvero posso?”
“Certo” – dicendo questo prese le mani del moro – “questa è come casa tua. Puoi venire quando vuoi tesoro.”
“Lei è davvero buona Simone, grazie.”
Il moro e Simone si abbracciarono e Tomi quasi si commosse a vedere insieme le due persone che amava di più andare così d’accordo.
 

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Capitolo 4
*** °~Terzo Capitolo~° ***


°~Terzo Capitolo~°
 
 6 marzo 2013
Caro diario,
ieri è successa una cosa orribile ieri e la cosa peggiore è che sono stato io a permettere che succedesse. Fred, quello che una volta era il mio migliore amico, ha spaventato a morte Bill. Io per stupidità ed egoismo l’avevo lasciato solo, ma non rifarò mai più lo stesso errore.
Io Fred non lo capisco proprio. Con lui mi ero sempre trovato bene, era un buon amico… il migliore. Ma ha rovinato tutto quando gli ho detto di non provare niente per lui. Era estate ed eravamo sdraiati sull’erba, un po’ come io e Bill l’altro giorno, ma la situazione era completamente diversa, non c’era amore nell’aria, almeno non per me. Mi prese le mani e mi disse che non aveva mai voluto bene a una persona come ne voleva a me, poi provò a baciarmi, ma io – ovviamente – mi spostai. Non volevo che il mio primo bacio fosse con una persona che non amavo veramente, a costo di ferire Fred, e fu proprio quello che successe. Infatti quello con Bill è stato il mio primo bacio, lui è il mio primo ragazzo e voglio che sia tutto perfetto. Poi Fred si è messo ad urlare e a inveire contro di me. Ma io non potevo farci nulla, ma ora non starò a guardare se prenderà di mira nuovamente Bill. Ci tengo troppo.
Tomi.
 
*Prendi coraggio Tom. Ricorda: lo fai per Bill, lui se lo merita.*
“Hei Fred!”
Il ragazzo dai capelli color oro si girò chiamato da quella voce che una volta gli era tanto famigliare e amichevole, ma che quel giorno non prospettava nulla di buono.
“Cosa vuoi Tom?”
“Cosa voglio? E hai anche il coraggio di chiedermelo dopo quello che hai fatto a Bill?”
“Allora state ancora insieme?” chiese facendo trasparire una vena di delusione nella sua voce.
“Ma cosa ti aspettavi, che bastava spaventarlo un po’ per farci lasciare?”
Fred si domandava il perché. Perché a Bill era andata bene e a lui no. Cosa aveva fatto lui di male per non meritarsi l’amore di quella creatura stupenda che era Tom. La gelosia gli inziò a fare da padrona.
“Ascoltami Freddi…” – Tomi quasi si stupì di averlo chiamato in quella maniera, ormai erano anni che non succedeva. E dicendo questo si avvicinò al biondo – “so che in passato fra di noi c’è stato quel malinteso… Ma io non ho mai smesso di volerti bene.”
I suoi occhi iniziarono a pizzicare fastidiosamente a quelle parole. “Tu mi avevi detto di non ricambiare i miei sentimenti…”
“Infatti, ma il fatto che non ti amo non significa che non ti voglio bene.”
“Però ami Bill.”
“Sì…” rispose sospirando.
“Perché?” chiese ingenuamente.
“Bill è un ragazzo stupendo, è buono, è bello e poi mi ama incondizionatamente.”
“Perché non potevo essere io quel ragazzo?”
“Non lo so Fred, è stato il mio cuore a scegliere…”
“Bhe… stai pure con quella checca del tuo ragazzo, a me non importa.” disse fingendo una noncuranza che non gli apparteneva. “Io ora sto con una, comunque.” finì abbassando lo sguardo, per poi girare le spalle all’amico di una vita e andarsene.
 
“Hei tesoro, dove eri finito?” chiese Bill lasciando un bacio languido sul collo del rasta.
“Sono andato a parlare con Fred.” – e vedendo la faccia interrogativa del moro, continuò – “Io dovevo capire perché si è comportato in quella maniera.”
“Si è comportato così perché è cattivo Tomi…”
“No no, non è cattivo.” disse girandosi verso il moro e prendendogli le mani. “Però avevi ragione. È geloso. Si chiede perché devi essere tu il ragazzo che amo, e non lui… Comunque ora ha detto di stare con una ragazza. Non dovrebbe darci più fastidio cucciolo.” detto questo si lasciarono andare a un bacio pieno di passione.
“Oh mio di che schifo!” esce di scena una rottura e se ne presenta subito un’altra, penso Tom sentendo quella voce stridula.
I due amanti si separarono, scocciati da quell’interruzione.
“Cosa vuoi Angela?”
“Tomuccio, ma come è possibile che stai baciando questa… questa cosa?!” – e guardando Bill – “e a te non avevo detto di stare lontano da lui?”
“Cosa avresti fatto tu?”
“Dai Tomuccio, non ti arrabbiare, io sono fatta per te, non lui, o lei, qualunque cosa sia.”
“Angela, una volta per tutte.” – disse cercando di non perdere la pazienza – “A me tu non piaci, non mi sei mai piaciuta e non mi piacerai mai. Mi dispiace di dover essere così schifosamente sincero con te, ma non mi lasci altra scelta.”
La ragazza mise il broncio, girò i tacchi e se ne andò offesa.
“Ora neanche lei dovrebbe darci più fastidio.” disse il rasta sfoderando il suo splendido sorriso.
“Mi fa piacere.” E approfondirono il bacio lasciato in sospeso pochi minuti prima. “Ti andrebbe di uscire questa sera?”
“Certo.”
“Dopo resti da me a dormire? Adoro svegliarmi con te al mio fianco.”
“Sei così perfetto Bill, non mi sembra neanche vero tutto quello che ci sta succedendo.” disse mordicchiandogli il labbro inferiore. “Dopo andiamo a casa insieme quindi?”
“Ehm…” il moro si spostò dal ragazzo. “No, cioè… va bene se ti passo a prendere dopo?”
“Uhm… ok, va bene.” rispose un po’ confuso. “Ma come mai? Devi fare qualcosa?”
“No no, niente. Cioè, devo fare una cosa, ma ti dirò dopo, non è importante.”
“Va bene…”
La campanella suonò e i due ragazzi tornarono in classe.
 
“Cavolo… non pensavo costassero così tanto.” disse il ragazzo moro.
“Sei ancora piccolo per comprare un oggetto così, puoi aspettare di crescere e trovare un lavoro.”
“No, è importante per me. Sono tutti i miei risparmi ma ne vale la pena, me lo sento.” disse facendo un flebile sorriso.
“Va bene questo? Sì? Bene. È molto bello, hai un buon gusto ragazzo.”
“Grazie.” – bella consolazione, pensò Bill.
 
19.05
“Allora mamma io vado!” urlò il rasta.
“Ma non ti doveva venire a prendere Bill?”
“Ah già… hai ragione. Bhè, dovrebbe essere qui a momenti.”
“Certo che Tomi potevi invitarlo a pranzo, no? Avevo fatto le lasagne.”
“Ha detto che aveva un cosa da fare.”
“Cosa?”
“Non lo so… Non me l’ha voluto dire.” disse con una nota di malinconia nella voce.
La madre gli posò una mano sulla spalle. “Hei piccolo, non essere triste. Non siete una persona sola. Devi dargli i suoi spazi.”
“Già, hai ragione mamma.”
Si sentì il rombo del suo motorino che annunciò l’arrivo del moro.
“Oh, eccolo che è arrivato! Divertiti tesoro e salutami Bill!” disse Simone baciando il figlio sulla fronte.
“Ok, ciao mamma!”
 
“Ciao tesoro!”
“Ciao bellissimo!” salutò il moro. Si scambiarono un dolce bacio per poi risalire sul motorino e partire alla volta del loro ristorante abituale.
 
“Allora Bill” – iniziò Tom cercando di non far trasparire la curiosità dal tono della sua voce – “cosa hai fatto oggi?”
“Mah… niente… Avevo da studiare, le solite cose.”
“Potevamo studiare assieme.”
“Sì, ma…” – e adesso cosa gli avrebbe inventato – “la signora che mi ospita ha detto che passo troppo tempo in giro. Quindi oggi ho preferito farle vedere che restavo a casa.”
“Ok.” disse rassicurato il piccolo rasta.
“Senti, dopo ti va se andiamo al parco a fare una passeggiata?”
A Tomi gli si illuminarono gli occhi a quella proposta. “Certo mio cavaliere.”
Si scambiarono dolci sorrisi e sguardi languidi per tutta la durata della cena, poi di avviarono verso il parchetto che c’era lì vicino.
La notte era ormai scesa e la luna piena faceva apparire tutto più romantico, illuminando i visi dei due amanti.
“Tom?”
Trasalì il rasta che stava ammirando quello splendido spettacolo. “Sì Bill?”
Il moro gli si inginocchiò davanti.
“Cosa succede?”
“Ascoltami” – gli disse soltanto accennando un dolce sorriso – “noi ci siamo baciati, siamo usciti… Ma non abbiamo mai detto nulla.”
“Riguardo a cosa?”
“Riguardo a noi, riguardo a quello che siamo.” rispose serio il moro.
“Ma Bill, non credevo ce ne fosse bisogno!…”
“No, Tomi, ascoltami. Io non sono certo tipo da dare un’etichetta alle cose, e non è questa la mia intenzione. Ma volevo farti una domanda che per me è molto importante.”
“Spara.” disse il rasta intrigato da quella situazione.
Bill si sistemò meglio sulle sue esili ginocchia e tirò fuori dalla tasta una piccola scatolina. La aprì e ne uscì un lieve bagliore. “Tom Kaulitz, vuoi diventare il mio fidanzato?”
Non ci potè fare niente, le lacrime iniziarono a sgorgare a fiumi sulle sue guance. “Oh mio dio, Bill. Ma è ovvio che lo voglio!!” disse alzandosi e baciando con forza il suo tesoro. “Questo anello è stupendo. Grazie amore, grazie!”
Le lacrime si mischiarono alla loro saliva in quel bacio lascivo che si stavano dando. Bill pensava solo a quanto fossero morbide le labbra del suo ragazzo e al fatto che fosse stato per lui non si sarebbe mai staccato tanto era piacevole quel contatto.
Dopo minuti che parvero interminabili, si staccarono ed erano entrambi accaldati e desiderosi l’uno dell’altro. Ma era troppo presto.
“Io ti amo!” gridò Bill con tutto il fiato che aveva in gola.
Il rasta rise e lo imitò gridando al vento il suo amore.
“Tomi, voglio che tutti lo sappiano. Voglio camminare con te mano nella mano senza dovermi preoccupare della gente.”
“Ed è esattamente quello che faremo. Noi staremo sempre insieme. Sempre cucciolo, nessuno si metterà tra di noi.”
“È anche per questo che ti amo.” disse donandogli quel suo dolce sorriso. “Ora credo dovremmo tornare a casa, dopotutto domani dobbiamo andare a scuola.”
”Eggià… Andiamo!”
E così si presero per mano e si incamminarono verso al parcheggio del ristorante dove avevano lasciato la moto.
 
Sfrecciarono insieme, tenendosi stretti per riscaldarsi finchè non furono a casa.
Entrarono in casa lentamente e facendo attenzione a non fare nessun rumore, tutti stavano già dormendo. In camera si spogliarono a vicenda toccandosi quei corpi che erano bramosi di scoprire e fare propri. Bill baciò lascivamente il collo del rasta lasciandogli diversi succhiotti piuttosto difficile da nascondere, ma sul momento non ci pensò.
Si misero sul letto, dove Tomi si sdraiò sopra il moro, senza mai staccarsi da quel bacio. “Ti amo ti amo ti amo ti amo.” continuò a ripetere il rasta baciando a stampo quell’angelo che era sotto di lui.
“Ti amo anche io. Sei stupendo, sono la persona più fortunata di questo mondo perché posso permettermi di dire che sei mio.”
“E tu mio.”
“Esatto.” e si lasciarono andare a un altro bacio appassionato finchè la stanchezza non prese il sopravvento e si addormentarono abbracciati.

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Spazio dell'autrice ^^
Per prima cosa volevo ringraziare tutte le ragazze che hanno recensito e che hanno seguito la mia storia, grazie davvero :33 Secondo, mi dispiace di aver fatto quello a Bill, che lo trovo come un cucciolo indifeso (♥), ma dopo ho rimediato, no? Spero che questo capitolo vi piaccia!
Un bacio a tutte :33
 

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Capitolo 5
*** °~Quarto Capitolo~° ***


°~Quarto Capitolo~°
 
7 marzo 2013
Caro diario,
Bill è il migliore ragazzo che si possa desiderare. Ma io cosa ho fatto per meritarmelo? Mi ha comprato un anello stupendo, dice che è il simbolo dell’ amore che prova per me. Quel piccolo brillantino mi ricorda noi due, nonostante siamo ancora piccoli valiamo moltissimo e solo insieme possiamo risplendere. Alla mamma lo devo ancora dire, ma non credo ci saranno problemi. Ho un po’ paura per la scuola sinceramente, sono già tanti quelli che sfottono Bill perché si trucca e si mette lo smalto, ma temo che con la nostra relazione le cose possano peggiorare.
Per ora spero soltanto che Angela e Fred non si mettano più in mezzo.
Tomi.
 
Tom scese le scale per andare in salotto dove c’era una Simone  tutta intenta a seguire l’ultima puntata della sua telenovela preferita. “Hei mamma!”
“Shhhh!”
“Ti devo dire una cosa...“ annunciò timidamente il rasta.
“Shhhh!” insistè Simone.
“Oh santo cielo, mamma! Te la puoi guardare dopo la tua stupida telenovela!” disse spegnendole spazientito la televisione.
“Tom!!! Quella era la parte cruciale, stavano per dire chi era il padre di Paul!”
Tom la guardò severamente.
“Cosa vuoi Tomi?” chiede fingendosi offesa.
Il rasta per tutta risposta le mostrò la mano che indossava l’anello regalatogli da Bill.
“Oh mio dio Tom! Dove l’ hai preso?”
“Bill.”
“Ma gli deve essere costato un fortuna, sai dove gli ha presi i soldi?”
Il ragazzo scosse la testa, effettivamente non si era chiesto da dove fossero venuti i soldi per quel gioiello. E la faccia della madre non faceva altro che far aumentare il sospetto nel piccolo.
“Tomi, glielo devi chiedere assolutamente.”
“Me l’ ha regalato quando mi ha chiesto se volevo essere il suo fidanzato.”
Madre e figlio si abbracciarono. Simone si era appena resa conto di quanto suo figlio fosse cresciuto velocemente.
“È stupendo Tomi, il vostro rapporto e anche questo anello, ma costa decisamente di più di quanto un ragazzino di 15 anni si possa permettere.”
Il rasta era un po’ intristito. “Ora gli telefono e glielo chiedo.”
“Va bene, dopo fammi sapere.”
 
“Hei Bill!”
“Hei cucciolo, come va? Già finito si studiare geometria?”
“No, ma ti volevo chiedere una cosa.”
“Dimmi tutto.”
“L’anello che mi hai regalato… Voglio dire, è stupendo, ha anche un brillante. Cavolo, ti deve essere costato un sacco…”
“Non ti preoccupare di quanto mi sia costato, l’ ho preso con piacere.”
“Sì, e io ti ringrazio, ma…”
“Tomi, cosa c’è che non va?”
“Dove gli hai presi tutti quei soldi?”
E adesso cosa gli avrebbe risposto? Non l’aveva una storia pronta, non aveva messo in conto questa domanda. “Risparmi dalla paghetta e cose così…”
“Sei sicuro?”
“Certo, ma perché questa domanda?”
“Perché mi sembra improbabile che tu sia riuscito a comprare un anello simile con i tuoi risparmi.”
“Cosa stai insinuando?” 
“Niente, niente, voglio solo che tu sia sincero con me e mi dica la verità.”
Bill sbuffò. “Va bene… Domani ci troviamo dopo scuola e ti spiego tutto.”
“Grazie Bill. Ora torno a studiare. Un bacio.”
 
 
“Allora, dimmi tutto.”
I due ragazzi erano sdraiati sul letto del moro e si stavano guardando negli occhi.
“Ti ho già detto che sono stato per un periodo da mio padre, no?”
“Sì.”
“Bhe, mio padre aveva un lavoro da inserviente in qualche bagno pubblico, ma questo non ci permetteva di vivere in modo dignitoso. Mio padre ebbe un moto di compassione per me, o almeno è quello che mi sono sempre detto io, e… Pfff… Me vergogno così tanto.”
“Tesoro non ti devi vergognare di una cosa che ha fatto tuo padre.”
“Lui ha fatto una rapina.”
“Cosa??”
“Hai sentito bene. È andato dal suo datore di lavoro, era un vecchio taccagno pieno di soldi che viveva da solo in un monolocale. Lo vedevo spesso, neanche per lui li spendeva tutti i soldi che aveva accumulato. Così, una notte gli penetrò in casa e scassinò la cassaforte. Il vecchio fortunatamente non si accorse di nulla, era troppo pieno di sonniferi. Papà portò a casa circa 40.000 marchi. All’inizio andò tutto alla grande, era felice perché adesso poteva permettersi di comprarmi le cose di cui avevo bisogno. Ma dopo qualche mese si rese conto di quello che aveva fatto e per non sentire i sensi di colpa assalirgli l’anima ricominciò a bere. Io feci finta di nulla anche se sapevo benissimo cosa gli stava succedendo ma non trovavo un modo per aiutarlo. All’epoca avevo circa 11 anni. Iniziai a truccarmi per non far trasparire dai miei occhi il mio star male, e in quel look trovai me stesso. Mi piaceva, mi rispecchiava e trovai un po’ di felicità. Mio padre lo vide ed era felice se lo ero io. I servizi sociali si accorsero che non andava più al lavoro e mi portarono via, ma prima di essere strappato per la seconda volta da mio padre lui mi lasciò circa 2.500 marchi, quello che era avanzato. Mi servirono molto, senza di essi probabilmente sarei morto. Quando mi misero nell’orfanotrofio scappai dopo tre giorni e vissi per strada per circa due mesi. Un mercoledì mi riacciuffarono e mi dettero subito a una famiglia. E andò avanti così finchè non sono arrivato qui. Con il restante di quel denaro ti ho comprato l’anello.” e come la prima volta in cui si era aperto con Tomi, una lacrima impertinente gli scese bagnandogli le sue labbra perfette.
“Cristo Bill…” disse soltanto prima di andare ad abbracciare il moro con tutta la forza che aveva per fargli capire che ora era amato e niente sarebbe più andato male per lui. “Non volevo farti star male.”
Si baciarono, e ancora, e ancora, e ancora finchè il cellulare del rasta non suonò. Era Simone.
“Hei mamma.”
“Tom, hai chiesto a Bill quella cosa?”
“Sì, sono qui con lui. Dopo ti spiego.”
“Va bene, a dopo. Digli che se vuole questa sera può venire a dormire da noi.”
“Grazie, ciao.” e riattaccò.
“Bill ti va di venire da me a dormire?”
“Certo tesoro.”
 
“Sai, mi piace che sia così.” disse il piccolo rasta mentre si metteva il pigiama.
“Cosa ti piace?”
“Che fra di noi possiamo parlare, che ci possiamo dire tutto.”
“Già, è bello. Però fino ad ora ho parlato solo io.” disse il moro facendo un ghigno amaro. “Tu non hai niente da confessare bel biondino?”
“Lo sai che non voglio che mi chiami così.” – disse dando un bacetto sul naso a Bill per poi infilarsi sotto le coperte con lui- “comunque sì, qualcosa da confessare ce lo avrei anche io.”
“Avanti, su!”
“No, non ora Bill, ho sonno! Ne parleremo presto. Promesso. Ora dormi cucciolo.”
“E va bene. Ma ce la vuoi avere sempre vinta tu e questo non è giusto.”
Bill faceva l’offeso anche se sapeva che non Tomi non attaccava. Si scambiarono un dolce bacio per poi lasciarsi cullare tra le braccia di Morfeo.
 
 
10 marzo 2013
Caro diario,
in questi giorni sono stato un po’ male per le cose che mi ha confessato Bill. Non pensavo che qualcosa del genere fosse accaduto proprio a lui. Povero il mio cucciolo. Adesso tocca a me confessargli i miei segreti, anche se alla fine non mi appartengono così tanto.
Poi c’è un’altra cosa che mi preoccupa, tra cinque giorni sarà il compleanno di Angela e mi ha invitato al suo compleanno. Perché quella ragazza non si rassegna? E sinceramente non mi va di passare un pomeriggio in mezzo a una dozzina di ragazze che sembrano delle Barbie.
Fred non ci ha più dato fastidio, ora lo vedo sempre insieme a Julia, una di prima. Forse è davvero innamorato di lei adesso. Sarei solo felice se fosse così, ma è che non la vedo la luce nei suoi occhi quando è con lei.
Tomi.
 
Tom chiuse il diario di scatto sentendo la porta aprirsi. Era Angela. Cosa ci faceva in casa sua?
“Cosa ci fai qui?”
“Tomuccio, non sarai ancora arrabbiato per l’altro giorno, vero?” chiese lei facendo le labbra a rosa.
“No… Io non sono arrabbiato, ma ti ho fatto una domanda.”
“Bhe, tu non mi dicevi niente. L’altro ieri ti ho chiesto se venivi alla mia festa e tu sei scappato.”
“Angela no, non credo che verrò.”
“E perché?”
“Perché preferisco passare un pomeriggio insieme a Bill piuttosto che con te e le tue amiche oche.” rispose ostinato il rasta.
“E va bene. Non mi lasci altra scelta. Ti devo sempre dimostrare io tutto. Ti devo sempre far vedere la verità e farti capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.” detto questo la ragazza si avvicinò pericolosamente a Tom che era troppo confuso da quello che gli aveva appena detto per prestare attenzione a quello che stava facendo. E lei ne approfittò, stampandogli un bacio bagnato sulle labbra.
“Cavolo, che schifo Angela!!!”
“Come che schifo, stai scherzando? Tom, questo è giusto, non quello che fai sempre con Bill, devi capire che non è normale.”
“Angela ti prego vattene.”
Per l’ennesima volta la ragazza prese e se ne andò sbattendo la porta della sua camera. La sentì dire a sua mamma che lui era malato. Era follia, come poteva considerare l’amore una malattia?
Tom capì cosa doveva fare, si andò a vestire (non prima di essersi accuratamente sciacquato la bocca da quel sapore di fragola che gli era rimasto da quel bacio non desiderato che aveva ricevuto poco prima) e corse a casa di Bill. Doveva parlargli.
 
“Hei Bill.”
“Hei cucciolo, che ci fai qui?” chiese il moro abbracciandolo con dolcezza.
“Ti devo parlare. È appena successa una cosa e voglio che tu lo sappia.”
“Va bene, saliamo in camera.”
Tom appena entrato fece sedere il suo ragazzo sul letto e si inginocchiò davanti a lui.
“Ascoltami, io non voglio che tu venga a sapere questa cosa da qualcun altro a scuola domani, per questo voglio dirtela subito.”
“Tom mi stai facendo preoccupare.”
“Angela mi ha baciato.”
Un’espressione di terrore si dipinse in quello splendido viso che aveva Bill. E non riuscì a proferire parola, nonostante vedesse che Tom stava aspettando una sua risposta.
“Ma stai tranquillo Bill, io l’ho cacciata. Ma mi ha scosso un sacco.”
“Hai provato qualcosa Tom?”
In quella domanda il rasta avvertì nella voce del moro una freddezza non propria e capì come si sentiva.
“No, cioè… è stato disgustoso. Tutto quel lucida labbra alla fragola. Nauseante.”
Bill annuì abbassando gradualmente la testa.
“Amore, io non voglio baciare nessuno che non sia tu, io non voglio baciare delle labbra che non siano le tue. Tu sei troppo importante.”
Bill capì che Tom se era venuto a dirglielo era per non farlo soffrire il giorno seguente, quando tutti lo avrebbero additato più degli altri giorni. Angela avrebbe sicuramente detto a tutti che aveva baciato il suo Tomi.
“Ti amo Tomi.” e buttò le braccia intorno al collo del rasta.
“Ti amo anche io Bill, non sai quanto.”
 
11 marzo 2013
Ho paura per quel che succederà oggi. 
 
Bill e Tom entrarono insieme dalla porta della scuola tenendosi per mano, facendosi forti dell’amore che ognuno aveva per l’altro. Ma non aveva fatto neanche cinque metri che iniziarono a sentirle le voci dei ragazzi e delle ragazze che parlavano di loro e di quello stupido bacio che Angela gli aveva dato.
“Problemi in paradiso?” era la voce di Fred, veniva dalle loro spalle.
Tom non ci pensò su neanche due secondi. Amava Bill e doveva proteggerlo. “Nessun problema. Va tutto stupendamente tra noi due.”
“Va tutto così bene che vai a baciare le ragazze di nascosto dal tuo ragazzo?”
“Fred, io non ho baciato proprio nessuno. Semmai è stata Angela a venire a casa mia ieri pomeriggio a stamparmi un bacio indesiderato sulle labbra. E per tua informazione, Bill sa tutto. Non gli nascondo niente.”
“Non è quello che dice Angela. Lei dice che l’hai invitata a casa tua e hai cercato di andare fino in fondo con lei, ma è scappata.”
“Mente, mi sembra ovvio.”
“Ne sei sicuro Tom?”
“Certo che ne sono sicuro Fred, e se tu avessi ancora un po’ d’amore per me in quel tuo cuore di pietra capiresti che dico il vero. E sapresti che non farei mai nulla di male alla persona che amo.”
Gli occhi del biondo iniziarono a pizzicare e una lacrima dispettosa cadde sulla guancia del ragazzo che corse via. Tom l’aveva vista.
 
“Angela sei una strega!”
“Ma come ti permetti???” la ragazza fece l’offesa e la stupita.
“Come mi permetto? Spero tu stia scherzando. Hai detto un sacco di bugie su quello che è successo ieri in camera mia. Ma sai cosa ti dico? Non mi interessa, il problema non è mio. Puoi raccontare quello che vuoi alle tue stupide amiche, non scalfirai il nostro rapporto.” detto questo si girò verso Bill, a cui teneva ancora stretta la mano e gli dette un tenero bacio sulle sue morbide labbra. Per poi sussurrare ad Angela “Questo è giusto.” 
Dall’espressione che fece la ragazza capì di aver toccato il tasto giusto, e soddisfatto andò a sedersi al suo posto con il suo ragazzo, che mai era stato tanto fiero di lui.

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Capitolo 6
*** °~Quinto Capitolo~° ***


Note dell'autrice ^^
Questa volta le note le ho messe prima perchè volevo dirvi che le scritte in rosa rappresentano il pensiero di Angela (che purtroppo resterà con noi ancora per un pò). E volevo scusarmi inoltre per averci messo di più per postare questo capitolo, ma come al solito ho rimandato i compiti fino agli ultimi giorni e adesso mi tocca studiare tutto il giorno e scrivere la notte. 
Btw, spero che non rimarrete deluse dal capito! Buona lettura ~

 
°~Quinto Capitolo~°
 
Non è proprio possibile che lui mi rifiuti in questa maniera. Sono bella, sono popolare, potrei farlo diventare il re ma quel piccolo rasta si ostina a stare con quella mezza checca di Bill. Devo farli separare, neanche quel bacio è servito, eppure ero sicura che le cose si sarebbero almeno incrinate nel loro rapporto, invece adesso sono ancora più affiatati. Ci deve essere un modo…
“Angela!”
“Cosa c’è Karin?”
“È che ti vedevo persa tesoro, non stai partecipando alla festa.”
“Stavo pensando…”
“Dai Angi, non perdere tempo con queste cose, vieni a ballare!”
Santo cielo, ma l’aveva sempre avuta questa voce stridula?
“Sisi, arrivo.” Le due ragazze tornarono nel salone principale dove c’erano tutte le persone più popolari della scuola. Tutti ballavano storditi dalla musica e dall’alcool.
 
“Sono felice che sei qui con me.”
“Cosa intendi dire Bill?”
“Sono felice che non sei andato alla festa di Angela.”
“Ma come avrei potuto dopo quello che ha provato a fare? Lei vuole dividerci.”
“Ma non ci riuscirà, vero?” e il moro diede un dolce bacio sul naso del piccolo rasta.
“Bill, no, non ci riuscirà mai. Il nostro amore è troppo grande per essere distrutto. Troppo.”
“Sei stupendo Tomi.”
“Tu di più.” disse Tom assentendo con la testa. “Ora però andiamo a casa, sono due ore che siamo in biblioteca e non abbiamo neanche aperto il libro.”
“Ok piccolo. Andiamo a casa da me, puoi rimanere, ormai ci hanno fatto l’abitudine che sei sempre lì.”
“Sai, penso che possano capire…”
“Chi?”
“I tuoi genitori affidatari. Penso che potrebbero capire che stiamo insieme.” il rasta si alzò radunando le proprie cose. “Dopotutto non fanno storie quando dormo da te.”
“Sì, ma… Non lo so… Non ne sono sicuro al cento per cento che la prenderanno bene.”
“Ci potremmo provare, no?” –dicendolo Tom fece un tenero sorriso a Bill che gli stava tenendo aperta la porta per farlo uscire – “Insieme ce la possiamo fare.”
“Sì piccolo, insieme possiamo fare tutto. Arrivati a casa glielo diciamo.”
“Va bene, è la decisione migliore secondo me. Almeno potrò baciarti sempre, anche davanti a loro.” finito di dire questo gli stampò un bacio sulle labbra e il moro non poté non pensare che ragazzo migliore non c’era.
 
“Buon pomeriggio signora Schneider!”
“Ciao Tomi, come stai?”
“Tutto bene, io e Bill vorremmo dirle qualcosa.”
Il moro si stava torturando le guance a forza di morderle.
“Va bene ragazzi, ma prima ho una cosa io da dire.”
I due ragazzi si guardarono. “Ok.”
“Bill, questa sera arriva Andreas.”
“Arriva chi?”
“Andreas è nostro figlio naturale.”
“Oh…”
“Fa l’università in America e torna per una settimana. Pensavo che potevi invitare la tua ragazza questa sera a cena. Puoi rimanere anche te Tomi.” –disse sorridendo al rasta che era rimasto di pietra – “Che ne dici Bill?”
“Ehm… sì, cioè… Io non ho la ragazza Adele.”
“Ah no? Non so come mai ero convinta di sì.”
“Non so proprio…”
“Ma allora con chi parli la sera al telefono? Ti sento dire un sacco di parole dolci.”
Dannazione pensò Bill. Non si sentiva pronto a dire la verità ad Adele che era convinta che lui fosse etero. Lei non lo conosceva, non poteva capirlo, ne era convinto.
“Ah ma sì, cioè… la ragazza ce l’ho.”
“Cosa?” a parlare era Tom, sconvolto da quell’affermazione. E girandosi verso il moro vide la disperazione nei suoi occhi. Voleva che la loro relazione venisse allo scoperto, ma non al costo di far soffrire Bill. Decise così di reggergli il gioco.
“Ah, sì giusto… intendi Corinna?”
“Già, proprio lei…”
“Allora non me l’ero immaginato che eri fidanzato. Bhe, ne sono felice. Allora la puoi invitare?”
“Certo che la può invitare! Ora la chiamo io mentre Bill va a prepararsi!”
 
Il rasta uscì in giardino assicurandosi che nessuno potesse sentirlo e compose il numero della ragazza.
“Pronto?”
“Ciao Corinna sono Tom.”
“Hei ciao Tom! Che mi racconti?”
“Mi serve un enorme favore.”
“Vuoi che ti faccia copiare i compiti?”
“No no, è molto più importante.”
“Forza, dimmi.”
“Sai vero che io e Bill… ehm… stiamo insieme?”
“Uhm… lo sospettavo. State sempre insieme. Siete un sacco carini!”
“Mi fa piacere che la pensi così Corinna. Davvero.”
“Quindi qual è questo grande favore?”
“Hai da fare questa sera?”
“No, non direi.”
“Verresti a cena a casa di Bill fingendoti la sua fidanzata?”
“…”
“I suoi genitori, cioè la sua famiglia non lo sa, e per ora pensiamo che sia meglio mantenere il segreto.”
“Va bene Tom. Arrivo tra 20 minuti.”
“Grazie Corinna!”
 
Tom rientrò in casa e si diresse verso la camera di Bill, quando sentì una voce chiamarlo. “Tom!”
“Sì signora Schneider?...”
“Hai chiamato la ragazza di Bill?”
“Sì è tutto a posto! Arriva tra una ventina di minuti.”
“Perfetto.” e si diresse nuovamente in cucina.
Il rasta tirò un sospiro di sollievo. Quella situazione gli causava non poca ansia. Salite le scale aprì lentamente la porta della camera di Bill ritrovandosi davanti il suo ragazzo che si stava cambiando la maglia e intravide quella splendida pelle bianca che aveva e non poté resistere al desiderio di abbracciarlo baciandogli l’incavo del collo.
“Oh mio Dio, Tomi, hai le mani congelate.”
“Scusami cucciolo…”
“Corinna cosa ha detto?”
“È qui in venti minuti. Ha detto che insieme ci trova adorabili. Possiamo contare su di lei.” rispose non slegandosi da quell’abbraccio.
“Senti, mi dispiace di non aver avuto il coraggio di fare coming out…”
“Bill non ti preoccupare. Ci ha presi alla sprovvista.”
“Già, poi non pensavo che mi sentisse la sera quando parlo con te.”
“Quello è un problema. Se non ti ho vicino a me non posso addormentarmi senza sentire la tua voce.”
“Presto glielo diremo, te lo prometto. Per questa sera cerchiamo di non dare nell’occhio. Ci mancava Andreas…”
Dling dlog!
“È arrivato, oddio!” disse Bill con un’espressione di puro terrore dipinta sul volto.
“Respira tesoro, ora io vado di sotto ad aspettare Corinna, poi tu farei il tuo trionfale ingresso e tutti noi ti guarderemo ammirati per la tua bellezza.”
“D’accordo. Vai. No aspetta.” Lo prese per un braccio e gli diede un languido bacio per poi lasciarlo andare. Doveva finire di prepararsi.
 
Tom scese le scale e vide subito Andreas. A prima vista pensò avesse sui 24 anni. Era un bel ragazzo, alto, moro con un fisico muscoloso. Non era il suo genere di ragazzo, ma non poteva dire guardarlo era un dispiacere. Andò subito a presentarsi, ricordandosi di scandire bene le parole questa volta.
“Ciao Andreas, io sono Tom.” disse sorridendogli e allungando la mano, che fu subito presa da quella del ragazzo.
“Oh, piacere.” Guardò il rasta, poi guardò di sopra e sorrise maliziosamente. Tom pensò di aver fatto qualcosa di male.
“Ho fatto qualcosa?”
“No no, stavo… ehm… pensando a una cosa. Bill è ancora in camera?”
“Sì, si sta preparando. Ci mette sempre un’eternità, tiene molto al suo aspetto.”
Dling dlog!
“Deve essere Corinna.”
“Chi?”
“La…fidanzata di Bill.” sulle sue labbra le parole sembrarono così difficili da pronunciare.
“Ah…”   
“Ciao Tomi!”
“Ciao Corinna!” i due si abbracciarono amichevolmente. “Come sei carina questa sera.” disse facendole un dolce sorriso. Effettivamente Corinna era una bella ragazza. Aveva grandi occhi verdi, un po’ come i suoi e capelli rosso rame. Il sorriso sul volto non le mancava mai e questo le dava un’aria dolce e simpatica. Tom si sorprese di non averla mai notata prima.
“Grazie Tomi! E tu chi sei?” chiese guardando in direzione di Andreas con un certo interesse.
“Io sono Andreas, il fratello di Bill.”
“Non vi assomigliate molto…”
Ci un momento di imbarazzante silenzio, interrotto per fortuna dall’arrivo della signora Schneider.
“Chi è questa bella ragazza?”
“Sono Corinna.” rispose la ragazza tingendosi leggermente di rosso.
“Bill ha proprio bel gusto. Su, vieni a sederti a tavola, il tuo ragazzo dovrebbe arrivare a momenti.”
 
Si sederono tutti a tavola. I signori Schneider a capotavola, sulla destra Andreas e Tom e sulla sinistra Corinna e il posto vuoto che spettava a Bill.
Passarono 2 minuti, poi 5, poi 10 poi, finalmente, allo scoccare dei 15 fece il suo ingresso in sala Bill e come Tom aveva immaginato restare tutti esterrefatti dalla sua bellezza, o almeno, lui lo era. Cercò di cogliere ogni minimo particolare. I pantaloni neri di jeans così stretti da sembrare una seconda pelle, il pullover bianco che contrastava con i suoi capelli corvini.
“Tom ti sei incantato?” era Adele.
“Eh… ah, no. Stavo pensando…”
“A che cosa?”
Il rasta guardò Bill che si era andato a sedere vicino a Corinna e disse la prima cosa che gli venne in mente. “Che me la potrei trovare anche io una fidanzata.” ma il suo tono di voce lo tradì e Andreas lo colse subito.
 
La sera passò tranquillamente per tutti, tranne che per Bill e Tom, che non riuscirono a rilassarsi per la paura di essere scoperti. Andreas li continuò a guardare per tutta la cena e capì che quei due gli nascondevano qualcosa. Ma chi era lui per dirlo? Non si conoscevano da neanche un giorno. Ma nonostante questo, quel pensiero non lo abbandonò neanche quando fu il momento del dolce.
“Andreas, tu ce l’hai la fidanzata?” la ragazza aveva provato a trattenersi, ma non ce l’aveva fatta. La curiosità era un suo grande difetto.
“Ehm… ce l’avevo quando vivevo ancora qui. Poi mi sono praticamente trasferito in America e lei ha detto che era meglio prendersi una pausa.”
“Oh… è un po’ triste. Io ti avrei aspettato…”
 
Alle 22 la ragazza dovette andare a casa per il coprifuoco e Bill l’accompagnò alla porta.
“Grazie davvero per questa sera, io e Tom… non credo che i miei siano pronti a una notizia simile.”
“Non ti preoccupare, ma ti posso fare una domanda?”
“Certo, dimmi pure.”
“Quanto resta qui tuo fratello?”
“Ehm… una settimana mi sembra. Perché?”
“No no, niente. Ora vado, ciao ciao!” e la ragazza se ne andò dando un bacio sulla guancia al moro. Stava per tornare in salotto quando Tom gli venne incontro. “Hei dove vai?”
“A casa.”
“Perché? Non avevi detto che restavi qui a dormire?”
“Sì ma… dopo questa sera? È meglio non rischiare per ora.”
“Mi fa così male non riuscire a dire la verità. Hai visto com’era felice Adele di aver conosciuto la mia ragazza, come faccio? Ho paura di dover cambiare di nuovo famiglia.”
“Non succederà.”
“E se mi dovessero mandare in un’altra città? O in un altro Stato addirittura? Non ci potremmo più vedere!”
“No, questo è impossibile. Non mi posso separare da te. Ora rilassati Bill. Ci vediamo domani a scuola.” e se ne andò anche lui dandogli un piccolo, discreto bacio a stampo.
 
“Bill, è stata una bella serata.”
“Già… ma non mi sento tanto bene. Ho un po’ di mal di stomaco. Posso andare di sopra?”
“Certo, riposati.”
“Buona notte! Buona notte Andreas!”
“Notte Bill!”
 
Toc  toc!
“Posso?”
“Andreas?”
“Sì sono io. Ti posso parlare un momento?”
“Uhm… sì certo, entra pure.”
Il ragazzo entrò chiudendosi la porta alle spalle. “Volevo dirti che Corinna è proprio una bella ragazza.”
“Già…”
“Ma io non penso che il tuo cuore batta per lei...”
“Eh? Cosa vuoi dire?”
“Bill so che per te sono un perfetto estraneo e ci siamo appena conosciuti, ma se è possibile mi piacerebbe essere in qualche modo tuo fratello veramente.”
Il moro era spiazzato. Che Andreas si fosse accorto di lui e Tom? Ma da cosa?
“Bill, guardami negli occhi e dimmi che tu e Tom non state insieme.”
“Non posso… Io sono innamorato di Tomi, e lui di me. Stiamo insieme, ma non so come dirlo ad Adele.”
“Lo immaginavo che fosse la mamma il problema. Non so come la prenderebbe.”
“Ho paura che mi rimandi in orfanotrofio, ho paura di non poter più vedere Tom, capisci?”
“Certo. Ascoltami, per ora non fare niente. Io provo a parlarle poi ti dico cosa ne pensa di queste cose. Va bene?”
“Perché lo fai?”
“Perché mi sembri così indifeso Bill, mi viene voglia di proteggerti. E io ho sempre desiderato un fratello piccolo.”
“Grazie Andreas.”
E così i due ragazzi si abbracciarono felici di quel nuovo legame che avevano creato.
 
Tom era sdraiato sul suo letto freddo pensando a Bill, immaginandolo accanto a sé. Pensava ai signori Schneider, poi il suo pensiero deviò a suo padre. Con Bill non ne aveva ancora parlato. Era mancato il tempo. Negli ultimi giorni c’erano stati troppi problemi.
 
Allo stesso modo di Tom, anche Angela era sdraiata sul suo letto dal piumone di un rosa accecante arrovellandosi la testa alla ricerca di una soluzione al suo “mal d’amore”.
Mi devo avvicinare a lui. Ma come? Quel ragazzo non ha amici… Ha solo Bill. Alle volte parla con le ragazze nuove però, quanto non le sopporto quelle smorfiosette! È più amico loro che mio. Trovato!
La ragazza si mise a sedere sul letto prendendo il suo cellulare e componendo il numero di Anna, ma squillò senza ricevere una risposta. Evidentemente già dormiva. Così tentò con Corinna e le andò bene.
“Pronto?”
“Ciao cara!”
“Ehmm… Angela?”
“Sì sono proprio io tesoro. Come stai?”
“Bene, ma come mai mi chiami? A scuola non mi parli mai.”
“Perché voglio essere tua amica. E non sono io, sono lei altre, Karin e Daphne che non vogliono che mi avvicini a te perché pensano male di quelle con i capelli rossi, ma io non voglio stare al loro gioco.”
“Okay…”
“Allora, raccontami… Come hai passato la serata?”
“Sono andata a cena da Bill.”
“Da Bill?” disse la ragazza facendo una smorfia. “E come mai?”
“Sai no che Bill e Tom stanno insieme?”
“Sì, l’ho sentito dire…” rispose fingendo noncuranza.
“I genitori di Bill non lo sanno e mi hanno chiesto di fingermi la sua fidanzata.”
“Ah… interessante.”
“Perché?”
“No, così. Mi ha fatto piacere parlare con te tesoro! Ci vediamo domani!”
Corinna si sentì attaccare il telefono senza avere il tempo di salutarla a sua volta, e si chiese se avesse fatto male a dirle di Bill e Tom. Purtroppo per lei lo era un male, perché adesso Angela sapeva esattamente come farli lasciare.

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Capitolo 7
*** °~Sesto Capitolo~° ***


Mi sono proprio appassionata ai colori XD I pensieri di Corinna sono arancioni (richiamo ai suoi capelli). 
Buona lettura! 

°~Sesto Capitolo~°
 
18 marzo 2013
Caro diario,
questi giorni sono trascorsi in tranquillità, ma non mi piace non poter passare insieme tutto il tempo con Bill come facevo prima. Lui è sempre più spaventato che la sua famiglia ci scopra. Andreas sa di noi e parlando con sua mamma ci ha detto che è meglio se manteniamo in segreto. Perché la signora Schneider non capisce il nostro amore? Perché non capisce che due ragazzi si possono amare come un ragazzo e una ragazza? Io non credo comunque che lo caccerebbe da casa, secondo me gli vuole bene, secondo me lo accetterebbe, ma ho paura di sbagliarmi.
Tomi.
 
Dling dlog!
“Hei cucciolo!”
“Hei Bill… che bello che sei qui!” disse il rasta salutando con un bacio appassionato il moro.
“Mi manchi piccolo. Tanto. Poi noi abbiamo una discussione in sospeso.”
“Ah sì?”
“Già. Voglio il tuo segreto.”
Tom annuì con il capo. “Vieni con me, andiamo in salotto, tanto mamma non c’è.”
I due ragazzi si sederono ai piedi del divano abbracciandosi come a dire ‘niente e nessuno ci potrà separare’.
“Bill… Questa storia non mi riguarda proprio in prima persona, riguarda più mia mamma. Però fa parte in qualche modo di me.”
“Raccontami.”
“Io mio padre me lo ricordo quasi per niente. Ho solo qualche flash dei suoi capelli, delle sue mani forti. Non se ne è andato tanti anni fa, ma io non riesco a ricordarlo con nitidezza. Era una brava persona, davvero. Era solo molto ingenuo e questo gli è costato tanto. Era un avvocato, era solito a rappresentare piccole imprese, ma il suo ultimo cliente lo aveva richiesto… volevano solo lui.” – e qui Tom sbuffò – “Quando lo chiamarono non capì il rischio. Accettò il caso. Questa volta non era come prima, la causa era contro uno potente, una di quelle persone che non puoi toccare, sennò ti uccidono. Ed è quello che è successo.”
“È stato ucciso?” Bill si portò le mani alla bocca.
“Sì. Vinse la causa perché quell’uomo era evidentemente un criminale, ma quel tipo aveva un sacco di conoscenze e ordinò ai suoi scagnozzi fuori dal carcere di eliminare mio padre. Quella notte io ero rimasto sveglio perché non riuscivo a dormire, avevo un brutto presentimento. Papà era in salotto, proprio su questo divano, che stava leggendo uno dei suoi soliti romanzi gialli e… e semplicemente gli spararono dalla finestra un proiettile alla testa. Morì sul colpo. Sentendo lo sparo corsi giù e vidi il sangue scorrere e sporcare il tappeto. Iniziai a piangere e a urlare tanto che svegliai mia madre che dormiva beatamente. Scese anche lei e lo vide. Distrusse casa, letteralmente. Andò avanti ore a spaccare qualsiasi cosa. Poi chiamò la polizia. Quando portarono via il corpo si sdraiò per terra in cucina e si mise a piangere. Non riuscivo a vederla così, mi chiusi in camera. Saltai la scuola per parecchio tempo. Poi lei andò in analisi e cercò di sistemare le cose. Si ricominciò a prendere cura di me, ricominciò a cucinare, e a cercare un lavoro. Ora che mio padre era morto non sapeva come fare. Qualche mese fa i capi di mio padre le hanno dato un lavoro come segretaria o una cosa simile. Ora va tutto bene, non ne parliamo mai in ogni caso.”
“Ti manca?”
“Non molto. Come ho detto non riesco a ricordarlo. Però mi chiedo se avrebbe accettato il nostro rapporto. Era molto rigido con le regole e cose così. Aveva fatto l’accademia militare, lui era un vero uomo. Non come me…”
“Tomi, tu sei un vero uomo, ma che dici?”
“Non pensi che se fossi un vero uomo mi piacerebbero le ragazze?” 
“Ma questo che c’entra? Non si scelgono certe cose!”
“Sì, hai ragione. Scusami Bill. Scusami.” e gli diede un tenero bacio nell’incavo del collo.
 
 
Vado da lui o no? Resterà qui ancora pochi giorni e non ho fatto niente fino ad ora. E se non gli piacessi? Non voglio causargli problemi. Voglio essere semplicemente sua amica. Già… Non posso permettere che torni in America senza avergli prima parlato. Cavolo però, quanto è grande…
Driin driin!
“Ciao Corinna!”
“Hei Andreas… ciao.”
“Bill non c’è, credo che sia da Tom.”
“Oh sì. Ma io cercavo te.”
“Me?”
“Ehm sì, volevo chiederti se ti andava di andare a fare un giro.” Ecco, l’avevo fatto, l’aveva invitato. Il cuore della ragazza cominciò a battere all’impazzata. Lui se ne stava lì, sulla porta senza sapere che rispondere.
“Un giro dici?”
“Sì, cioè… magari prendiamo un gelato. O quello che vuoi, se vuoi della birra.”
“No, io non bevo. Il gelato va bene.” Perché aveva accettato? Corinna era troppo piccola e graziosa, perché lui usciva con lei? *È solo un’uscita in amicizia* si disse.
 
“Ti piace?”
Andreas sobbalzò, si era completamente perso nei suoi pensieri. “Eh?”
“Il gelato dico, ti piace?”
“Oh, sisi, è buono. Il tuo?”
“Squisito.” rispose la ragazza con un grande sorriso. “Che gusti hai preso?”
“Cioccolata e stracciatella.”
“Mmmh, che buona la stracciatella! L’ho presa anche io!”
Andreas non poteva non sorridere a quella spontanea semplicità di Corinna, non poteva negarlo: quella ragazza era adorabile. “Corinna, ti va se andiamo al parco?”
“Davvero?”
“Certo. Facciamo due passi.”
“Sicuro! Andiamo.”
Così i due si diressero verso il parco più vicino e si sedettero su una panchina. Era pieno di bambini e il suono delle loro risate era una dolce musica per le orecchie di entrambi.
“Mi piacerebbe fare la maestra d’asilo quando sarò più grande.”
“Veramente?”
“Certo. I bambini sono così carini, veri e sinceri. Mi piacciono. E a te?”
“Sì, anche a me piacciono.”
“Ti piacerebbe averne?”
“Uhm, sì, ovvio. Ma quando sarò più grande e avrò finito l’università. E poi devo trovare la donna giusta.”
“Già, quello non è facile. Ma secondo me è più vicina di quanto tu credi.” detto questo la piccola Corinna si girò verso Andreas, che aveva l’aria un po’ spiazzata, e gli sorrise dolcemente. “Secondo me devi solo imparare a fidarti dei tuoi sentimenti.”
Poteva una ragazza così piccola dire delle cose tanto vere?
 
“Sono già le 18.30, è meglio che ti accompagno a casa.”
“Va bene, mi ha fatto piacere passare il pomeriggio con te Andreas.”
“Anche a me è piaciuto. Possiamo uscire qualche altra volta se ti va, tra qualche giorno aprono il luna park.”
“Sarebbe stupendo, ma tu devi partire.” e la sua voce tradì la tristezza che provava all’idea della sua partenza.
“Ho deciso di rimanere un po’ di più. Per stare con Bill e vedere come vanno le cose con i miei. “
“Ti prendi davvero cura di lui, sei così caro.” disse la ragazza prendendogli ma mano.
 
 
Non è difficile Angela, adesso tu suoni e dici tutto. Sii coraggiosa e verrai ricompensata per la tua audacia.
 

Dling dlog!
Adele andò ad aprire la porta.
“Salve signora.”
“Ciao, tu devi essere una compagna di classe di Bill.”
“Esattamente.”
“Bill non è a casa sfortunatamente…”
“Sono qui per dire una cosa a lei che riguarda Bill.”
“Cosa?”
“Bill è gay. È fidanzato con Tom.”
Adele restò interdetta all’affermazione della ragazza. Aveva avuto dei sospetti, ma dopo aver conosciuto Corinna si era messa l’animo in pace.
“Stai scherzando?”
“Nessuno scherzo signora. Sono venuta a dirglielo per il suo bene, la storia di Corinna è tutta una montatura. Ora devo andare. Arrivederci!”
Così, con la stessa leggerezza con cui era arrivata se ne andò saltellando come era suo solito. Aveva compiuto il suo dovere, almeno, questo è quello che pensò. Ora era davvero convinta che si sarebbero lasciati.
 
“Mamma sono a casa!”
“Andreas!”
“Cosa c’è? È successo qualcosa?”
“Dove sei stato? E dov’è Bill?”
“Ehm… ho aiutato la fidanzata di Bill con i compiti. Credo che Bill sia da Tom.”
Una smorfia di disegnò sulla faccia della signora.
“Mamma, c’è qualcosa che non va?”
“Vai a prendere Bill. Prendi la macchina.”
“Va bene.”
Andreas uscì di nuovo di casa con un presentimento tutt’altro che buono. Aveva paura. Arrivato davanti alla porta di casa Kaulitz bussò.
“Hei Andreas, come va?”
“Tom… credo che mamma lo sappia.”
“Che cosa?”
“Di voi due.”
“Ma come, gli hai detto qualcosa?”
“No, ho passato il pomeriggio fuori con Corinna e quando sono arrivato a casa era tutta rigida e mi ha detto di venire a prendere Bill.”
“Dannazione… Aspetta, sei uscito con Corinna?”
“Sì, cioè, mi ha chiesto se avevo voglia di un gelato. Ne possiamo parlare dopo?”
Bill arrivò in quel momento dal salotto e vedendo le facce dei due ragazzi si preoccupò. “Cosa succede?”
“Andiamo a casa. Adele deve parlarti. Forse è meglio che vieni anche tu Tom.”
Il rasta annuì, scrisse un biglietto a Simone dove le diceva che andava da Bill, prese per mano il suo ragazzo e andò insieme ad Andreas verso quello che considerava il patibolo. Questa era la resa dei conti.
 
Tutti e tre entrarono in silenzio e andarono a sedersi sul divano in soggiorno. Adele era lì in piedi, doveva aver appena finito di raccontare tutto a Gordon che stava ancora annuendo con la testa. Almeno lui non sembrava agitato e arrabbiato.
La donna prese subito la parola appena li vide.
“Cosa ci fa qui Tom?”
“Gli ho chiesto io di venire.” disse Andreas con un fil di voce. Quando sua madre era arrabbiata bisognava stare molto attenti, era una lezione che aveva imparato con l’esperienza.
“Effettivamente mi sembra una presenza opportuna. Adesso non mentitemi, non più. Voi due siete fidanzati?”
Bill e Tom si guardarono l’un l’altro cercando nell’altro il coraggio di risponderle. Si stavano ancora tenendo per mano. Bill si fece coraggio. “Sì Adele. Siamo fidanzati e ci amiamo.”
Un’espressione di autentico disgusto di dipinse sul volto della donna, contortosi in un’orribile smorfia di disappunto.
Gordon, che era seduto dietro a lei, in un angolo stava sorridendo con gli occhi bassi e questo confortò Andreas.
“Mi fate schifo.” Ed eccole le lacrime che cominciano a scendere sulle guance di entrambi i ragazzi. La loro più grande paura si era appena concretizzata, quella di essere giudicati per la natura del loro rapporto. Ma perché dovevano vederli come due gay invece che come due persone innamorate l’una dell’altra? Si strinsero ancora più forte la mano.
“Andatevene da casa mia.”
I ragazzi si alzarono e si avviarono verso la porta. Ma la voce di Gordon li fermò.
“Aspettate. Perché li stai cacciando?”
“Come perché? Hai sentito quello che ti ho raccontato prima?”
“Certo che ho sentito Adele. Mi hai raccontato di una splendida storia d’amore tra due persone che si amano.”
Tutti e tre i ragazzi ringraziarono quell’uomo che aveva avuto il coraggio di opporsi alla propria moglie bigotta e si era messo a difendere l’amore. Perché di quello di trattava. Non importava che fosse una relazione omosessuale o eterosessuale, non avrebbe fatto alcuna differenza. Il loro sentimento era espressione di amore.
“Gordon ma come puoi dire una cosa simile? Come puoi giustificare una cosa simile?”
“Come posso giustificare cosa? L’amore?”
“È sbagliato! Non è un sentimento sano! Per fortuna quella ragazza è venuta a dirmelo.”
A quelle parole qualcosa in Tom scattò e tutto gli  fu più chiaro. Una ragazza aveva detto ad Adele della loro relazione. Solo una ragazza poteva trarre dei vantaggi da questa situazione. “È stata Angela vero?”
La donna si girò verso il rasta con la stessa espressione di disgusto di prima. “Sì. E adesso andatevene, non mi importa quello che dice Gordon. Bill, non mi potevi deludere di più. Domani vado a rinunciare all’affidamento. Così non potrai più vedere Tom. È per il tuo bene dopotutto.” Bill iniziò a singhiozzare rumorosamente a queste parole e Andreas gli andò vicino abbracciandolo.
Gordon non poteva vedere una cosa simile. “Sai cosa ti dico Adele? Fai andare via i ragazzi, però me ne vado anche io. Non posso sopportare di dormire un’altra notte con una persona che non capisce un sentimento bello con il loro. Ma è possibile che non li vedi con che forza si tengono la mano. L’amore li unisce.”
“Vattene Gordon! Vattene pure, e anche tu Andreas! Solo io vedo le cose come stanno veramente.  Solo io…”
Tutti tranne Adele uscirono dalla casa e si diressero verso la casa di Tom.
 
Quando Simone aprì la porta si trovò davanti il proprio figlio, il fidanzato di suo figlio, il fratellastro del fidanzato di suo figlio e il padre del fratellastro del fidanzato di suo figlio, dire che era confusa è dire poco.
“Non mi sembrava di avere tanti figli.” cercò sdrammatizzare vedendo le facce di tutti. Li fece entrare e si sederono tutti in soggiorno.
“Mamma è successo un disastro.” Tom scoppiò a piangere e si staccò da Bill andando a tuffarsi tra le braccia della madre.
“Cosa è successo Gordon?” chiese la donna rivolgendosi all’uomo.
“Mia moglie è pazza. Mi sembra strano non essermene accorto prima.
“Non capisco…”
“Una loro compagna di classe gli ha fatto la spia venendo a casa nostra a dire che Bill è gay e che lui e Tom sono fidanzati.”
“E quindi? Non vedo dove sta il problema.”
“Neanche io. Ma ho appena scoperto di avere una futura ex moglie omofoba.”
“Vuoi dire che vi ha cacciati per l’orientamento sessuale di Bill?”
“Proprio così.”
“Ma è una follia.”
Andreas e Bill erano abbracciati e il moro stava piangendo imbrattando di mascara la camicia del fratello.
Simone prese tra le mani il viso del figlio ricoperto dalle lacrime. “Tesoro, chi è stato?”
Il rasta tirò su con il naso. “Angela.” Sospirò. “È gelosa di Bill.”
La donna si avvicinò a Bill che staccandosi dalla presa di Andreas si fiondò in quella di Simone che lo teneva stretto. “Come stai Bill?”
“Mi sento rifiutato. E ho paura.”
“Tu sei un ragazzo stupendo, non ascoltare Adele. Non devi avere paura.”
“Ma lei vuole rimandarmi in orfanotrofio.”
“Né io né Gordon le permetteremo una cosa simile.” disse guardando l’uomo che stava annuendo.
 
Tom e Bill finirono di piangere tutte le loro lacrime finché non si furono calmati. Poi andarono a dormire. Si ritrovarono come al solito. L’uno nelle braccia dell’altro. Almeno così si sentivano al sicuro, così nessuno gli avrebbe potuti separare.
Simone entrò in camera a dargli la buonanotte posando un bacio sulla fronte dei due sussurrandogli “Si sistemerà tutto cuccioli, vedrete.” per poi uscire dalla camera in silenzio.
Tom guardò Bill in quei suoi occhi arrossati. “Angela ha vinto la battaglia, ma non la guerra.”
“Dici? Che ne sarà di noi se mi rispediscono da dove sono venuto?”
“L’hai sentita mia mamma, no? Non lo permetterà e Gordon è con lei. Il tuo posto è qui. Insieme a noi.”
“Ma cosa ho fatto io per meritarmi te?”
“Esisti, ed è già tanto.”
Si baciarono languidamente, fu un bacio pieno di passione ed emozioni. Si addormentarono poi stanchi per gli avvenimenti della giornata.
 
Ce l’ho fatta! L’espressione della madre di Bill era di terrore puro! Ahah, non permetterà che suo figlio stia con Tom, così diventerà tutto mio. Finalmente si molleranno. Sfortunatamente per lei non sapeva quanto si sbagliava.



Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Sistemo tutto, promesso n_n
 

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Capitolo 8
*** °~Settimo Capitolo~° ***


 °~Settimo Capitolo~°
 
19 marzo 2013
È mattina presto ma io non riesco a dormire oltre. Bill fortunatamente è ancora immerso nel mondo dei sogni. Pensando a ieri sera mi sembra tutto così irreale. Che Adele ci abbia cacciato di casa e che adesso siano tutti qui da me, anche Gordon e Andreas. Però in un certo modo sono felice perché adesso tutti sanno la verità e ci sono comunque persone che lotteranno insieme a noi per il nostro diritto di amarci.
Ormai io e Bill siamo come fratelli, viviamo in simbiosi e ci completiamo a vicenda. Sensazione più bella non esiste. Persona migliore di lui non è mai nata. Per ora spero solo che Adele non faccia nulla per rimandarlo in orfanotrofio.
Tomi.
 
Il rasta restò ancora qualche minuto a osservare ammirato il moro che dormiva, poi scese lentamente le scale andando in soggiorno dove trovò un Gordon pensieroso.
“Buongiorno Gordon.”
“Oh, buongiorno Tomi. Come hai dormito?”
“Così così. Sono un po’ preoccupato.”
“Anche io. Ma ho preso una decisione, ne ho già parlato anche con tua mamma e lei pensa che sia una buona cosa per tutti.”
“Ah sì? Quale?”
“Io voglio andare avanti con le pratiche dell’adozione di Bill, voglio bene a quel ragazzo. Ho appena chiamato il mio avvocato per chiedergli di mandarmi le pratiche per il divorzio.”
“Hai intenzione di lasciare Adele?”
“Sì.” rispose secco l’uomo. “Non posso più guardarla senza pensare a quello che vi ha fatto. E poi, era già da tanto che non provavo più niente per lei. Sono rimasto, inizialmente per non scombussolare Andreas, poi è arrivato Bill e volevo dargli una famiglia come si deve. Ma poi è successo questo…”
“Tu sei stato grande Gordon, non so cosa avremmo fatto senza di te ieri.”
“Grazie piccolo.”
“Già svegli voi due?” era Andreas, con il suo solito buonumore.
“Già, non riuscivamo a dormire.”
“Io ho appena provato a chiamare mamma ma non mi risponde.”
“Lasciala stare. Dopo passiamo a casa a vedere com’è la situazione.”
“Va bene papà.”
“Io vado a svegliare Bill e a prepararmi per la scuola.” Così il rasta tornò di sopra dal moro che si stava rigirando nel letto in preda agli incubi.
 
“Oh santo! Bill, cosa c’è?”
Il ragazzo si svegliò di colpo, scombussolato. “Tomi… per fortuna sei qui. Ho fatto un sogno orribile. Un camion mi veniva a prendere e mi riportava ad Amburgo e mi proibivano di vederti.”
Il rasta lo prese fra le braccia confortandolo e dicendogli che si dovevano vestire per andare a scuola, così di malavoglia andarono a scegliere i vestiti dall’armadio.
 
“Allora noi andiamo!”
“Va bene cuccioli! Io mi sono presa un giorno di ferie per sistemare la situazione con Gordon e Adele. Ci vediamo a pranzo!”
“Okay!”
“Ah Tom! Non fare cavolate, ci siamo intesi?”
Il ragazzo, che sapeva esattamente a cosa si riferisse la madre, annuì svogliatamente e uscì di casa con Bill.
 
Le prime ore passarono velocemente, almeno per loro, non per Angela che era incredula nel vederli ancora insieme. Non si diede pace per tutta la mattinata. Dopo tutto quello che aveva fatto erano ancora insieme.
Tom scrisse una cosa sul suo quaderno per poi farlo vedere a Bill. ‘ Angela sembra disperata ahaha non si aspettava di vederci ancora insieme.’
Il moro sorrise e scrisse la risposa. ‘ Già, non sta un momento ferma! Magari adesso l’ha capito che non può far nulla per mettersi tra di noi.’
13.10
Ho perso. “Credo di dovervi complimentare con voi.” disse Angela fermando i due ragazzi.
“Perché Angela?” per la prima volta era Bill ad avere preso la parola, rendendo il rasta ancora più fiero di lui.
“Bhè, ti ho insultato, ho baciato Tom, ho detto a tua madre che sei gay, che state insieme e che la storia di Corinna era una montatura eppure state ancora assieme.”
“Ma non ti vergogni?”
“No. Però penso che deve essere questo l’amore, no?”
“Sì Angela, è questo. È stare insieme, uniti, anche se hai tutto il mondo contro.”
“Già. Sentite, non vi darò più fastidio, ve lo prometto. Quello che potevo fare per separarvi l’ho fatto e non ha funzionato, quindi ora mi ritiro e mi concentrerò su qualcun altro. Magari su Fred…”
“Non toccare Fred!” era Tom.
“E perché?” chiese la ragazza un po’ confusa, anche Bill si era girato verso di lui.
“Fred è, era, un mio caro amico e non voglio che una persona come te si metta con lui. Merita di meglio.”
Angela sbuffò e se ne andò.
I ragazzi si incamminarono verso casa pensando che il capitolo Angela era finito.
 
“Oh eccovi qui! Com’è andata a scuola?”
“Tutto normale come al solito. Angela ha detto che non ci romperà più.”
“Questa è una bella notizia.”
“E Adele è sparita.” annunciò Gordon entrando insieme ad Andreas dalla porta.
“Cosa?”
“Se ne è andata dalla sorella. Ieri sera ha preso l’aereo e ha detto di arrangiarmi. Non gli interessa più di me o di Bill.”
“Ma quella donna ha qualcosa che non va!” Tom era sconvolto.
“Già, hai proprio ragione ragazzo. Ora spero solo che gli assistenti sociali non mi facciano storie perché ci sarò solo io a prendermi cura di te Bill.”
“Dai, alla fine tutto si è sistemato.”
Tutti insieme si abbracciarono confortandosi l’un l’altro. Che quello fosse l’inizio di una nuova famiglia?

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Note dell'autrice ^^
Questo capitolo è un pò cortino, ma con gli altri mi rifarò :33 
 

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Capitolo 9
*** °~Ottavo Capitolo~° ***


Ciao a tutte ^^ Mi dispiace davvero tanto tanto di non avere più pubblicato uwu La scuola mi ha preso tutto il tempo e davvero non ce l'ho fatta. Scrivere dei gemelli mi è mancato terribilmente e spero di non dover più fare una pausa tanto lunga. 
Buona lettura! :33





°~Ottavo Capitolo~°
 
13 giugno 2013
Caro diario,
in questi mesi tutto è andato splendidamente e una nuova storia d’amore è nata. Mamma e Gordon si sono messi insieme e hanno intenzione di sposarsi quest’autunno, dicono che la storia che è successa con Adele e noi li ha avvicinati molto. Andreas è dovuto tornare in America, ma tra poco torna per passare con noi le vacanze estive, anche se dice che dovrà comunque studiare molto per non restare indietro con il programma. Corinna mi continua a parlare di lui e alle volte proprio non la sopporto. Pff… che cosa fa l’amore! Io ne so qualcosa visto che non riesco a stare neanche 10 minuti senza guardare il mio splendido ragazzo. Per questi mesi abbiamo grandiosi progetti e speriamo di realizzarli tutti. È la prima estate che passiamo assieme e voglio che sia perfetta.
Ora viviamo tutti a casa da me e quindi io e Bill dormiamo sempre insieme e questo è stupendo perché amo addormentarmi le sue esili braccia intorno alle mie spalle. Sento il suo respiro fresco sul collo e alle volte i suoi capelli mi fanno il solletico. Mi sembra tutto così perfetto. Lo è. Spero che niente lo rovini.
Angela non ci ha più parlato e neanche Fred, alle volte li vedo girare assieme, ma ho deciso di non immischiarmi.
Life is a beautiful dream
Tomi.
 
Driin driin!
“Tomi vai ad aprire tu! Deve essere arrivato Andreas!” gridò Simone dalla cucina.
Il ragazzo chiuse velocemente il diario e corse giù dalle scale, ma quando aprì la porta non si ritrovò davanti qualcuno che non si sarebbe mai aspettato di vedere e il sorriso che aveva preparato per accogliere Andreas sparì all’istante.
“Ciao Tom.”
Era Adele, e vicino a lei c’era un signore in giacca e cravatta. Si prospettava qualcosa di molto brutto.
“Che cosa ci fa qui?” chiede freddamente il rasta.
“Sono qui per Bill. Mi fai entrare?”
“Che cosa vuoi da lui?”
“Devo parlare con Gordon.”
Tom, di malavoglia, fece entrare i due ospiti indesiderati e andò a chiamare la madre e Gordon.
 
“Adele… perché sei qui? E chi è quest’uomo?” Gordon era sinceramente stupido di vedere nel suo salotto la moglie, pensava di non doverla più rivedere dopo il divorzio.
“Abbiamo delle pratiche in sospeso. Lui è Lukas, il mio avvocato.”
“Quali pratiche?”
 
Tom era corso su in camera da Bill a dirgli che di sotto c’era Simone. A sentire quel nome Bill iniziò a tremare, ma Tom non capiva. Cosa potevano volere ancora da lui?
 
“Bill.”
“Bill sta bene, grazie per l’interessamento.” disse Gordon sarcastico.
“Intendevo dire che Bill è la nostra pratica in sospeso.”
“Cosa intendi dire?”
Lukas prese la parola, stanco di tutto quello scambio di battute. “Ascolti, Gordon, nel dicembre dello scorso anno lei e Adele avete preso insieme l’affidamento di Bill, ma da quanto ci risulta voi avete divorziato. Siamo qui per portare via il ragazzo. Deve stare con una famiglia vera.”
A quelle parole gli occhi di Simone, che era seduta sulla poltrona, si incominciarono a inumidire.
“…cosa? Non capisco. Perché dovete portarlo via? Qui con noi sta benissimo.”
“Questo non è lei a stabilirlo.”
“Chiedetelo al ragazzo! A scuola va bene, con noi si trova bene, esce con i suoi amici, con il suo fidanzato. Va tutto bene.”
“Visto?... con il suo fidanzato. Te l’avevo detto.” sussurrò Adele all’orecchio di Lukas.
“Ecco un altro argomento  di cui discutere. Da quel che dice Bill è fidanzato.”
“Sì.”
“Con chi?”
“Con Tom, il figlio di Simone.” risposte indicando la moglie.
“Vede, trasferendo il ragazzo in una struttura apposita o in una famiglia stabile, queste sue ehmm… passioni… potrebbero passare.”
“Di nuovo con questa storia?! In Bill, o in Tom, non c’è niente che non va!”
“Non si agiti Gordon, noi vogliamo solo il bene del ragazzo e deve concordare con me quando dico che l’omosessualità non è normale. Pensi se tutti noi lo fossimo, la razza umana si estinguerebbe.”
“E se tutti noi avessi gli occhi marroni si estinguerebbero le persone dagli occhi azzurri.”  Sbuffò “L’omosessualità è normale Lukas, quanto l’eterosessualità. E mi stupisco come nel 2013 possano esistere ancora persone così ottuse come lei e la mia ex moglie qui presente.”
 
Bill e Tom stavamo ascoltando la discussione dalle scale. Piangevano e tenevano stretti con la paura che non si sarebbero più potuti vedere. Decisero di scendere per dire la loro, si presero la mano e scesero lentamente.
Appena Lukas li vide fece una smorfia, che a Tom ricordò tanto quelle di Adele. “Le sembra normale che un ragazzo si trucchi? O che si vesta in quella maniera?”
“È il suo modo di esprimersi e a me piace, perché non se ne fa una ragione?!” gridò il rasta con tutto il fiato che aveva nel polmoni. Bill non riusciva neanche a parlare da quanto stava singhiozzando.
“Comunque non c’è da discutere. Ho qui l’ordine del giudice che mi autorizza a prelevare Bill. Quindi andiamo, ci siamo trattenuti anche troppo.”
Simone corse ad abbracciare il ragazzo che si era fatto cadere sulle ginocchia dallo sconforto.
Lukas si alzò e prese di peso Bill che cercava di dimenarsi, Tom gli saltò sulla schiena. Non potevano portagli via il suo ragazzo in quella maniera, senza che avesse neanche il tempo di dargli un bacio. Così, sopra la testa di Lukas i loro visi si incontrarono, uno da una parte, e uno dall’altra. Fu un bacio sofferto, pieno di malinconia e tristezza. Anche questa volta le lacrime si mischiarono alla saliva, ma questa volta avevano un gusto amaro. Si interruppe quando Lukas scaraventò a terra i due ragazzi, e ripreso Bill per la vita lo chiuse in macchina e senza dare ulteriori spiegazioni partì.
Tom rimase a terra svariati minuti, piangendo tutte le lacrime che aveva. Sia Simone che Gordon cercarono di consolarlo, ma niente ci riuscì. Gli avevano strappato il suo cuore, e adesso come avrebbe continuato a vivere?
 
Gordon e Simone, in cucina si misero a studiare un piano per riprendersi Bill. Volevano una famiglia vera? E l’avrebbero avuta. Presero la macchina e andarono al comune. Tom che vide la loro macchina allontanarsi si sentì ancora più solo, sperava solo che presto sarebbe arrivato Andreas e almeno in questo senso fu accontentato perché poco dopo arrivò e vedendo il rasta sdraiato a terra lo prese in braccio e lo portò dentro.
“Cosa è  successo Tomi? Perché piangi?”
“Bill…Bill… l’hanno portato via.”
“Cosa stai dicendo? Chi?” Andreas era sconvolto, non riusciva a capacitarsi di quello che aveva appena detto il ragazzo.
“Adele e un avvocato… Lukas.”
“Mia mamma… Oddio. Tomi, calmati. Noi ce lo riprenderemo, ok?” disse risoluto il moro asciugando le lacrime che scivolavano sul volto del piccolo. Tom annuì poco convinto, ma in un certo senso si calmò un po’. “Dove sono papà e Simone?”
“Sono usciti in macchina, non lo so…”
 
Passano le ore e niente succede in casa Kaulitz. Tom è ancora seduto sul divano in salotto, sconsolato, credendo che niente possa salvare quella situazione. Andreas era in cucina a provare a telefonare al padre, ma il suo cellulare risultava sempre spento.  Ogni tanto buttava un occhio in salotto, per vedere come stava il rasta, ma l’immagine non cambiava mai.
Verso le 20 finalmente ci fu una svolta.
“Eccoci, siamo a casa!” era Simone. Tom appena sentì la voce della madre le corse incontro abbracciandola e versando su di lei tutte quelle lacrime che in quelle ore avevano bagnato i cuscini.
“Cosa c’è tesoro?”
“…c-c-ome… c-cosa c’è?... m-mi hanno p-portato via Bill!!” cercò di dire il piccolo tra un singhiozzo e l’altro.
La donna si inginocchiò di fronte al figlio. “Tomi, noi ci riprenderemo Bill. Non pensare che ci arrenderemo facilmente. Lui ha il diritto di vivere da noi, perché lo amiamo.”
“Ma… ma… Lukas…”
“Non ti preoccupare di Lukas. Ha detto che non eravamo una famiglia a posto, che Bill ne meritava una. Bene, ora lo siamo.” disse con aria soddisfatta sorridendo in direzione di Gordon.
“Cosa intendi mamma?”
Simone si rialzò, prese per mano l’uomo e guardò intensamente negli occhi suo figlio e Andreas, che era appoggiato al muro. “Ci siamo appena sposati.” disse infine in un sol respiro.
Calò il silenzio. I due ragazzi si guardarono, un po’ disorientati da quella notizie inaspettata. Gordon, notando il loro disagio, prese la parola. “Vedete, io e Simone ci volevamo già sposare, e questa è stata l’occasione perfetta. In questa maniera abbiamo coronato il nostro amore e siamo diventati una famiglia a tutti gli effetti. Non ci possono impedire di riprendere Bill. Adele non può farlo, e neanche Lukas. Mio fratello è avvocato e gli ho chiesto di aiutarmi in questa cosa. Domani mattina ha detto che mi telefona per informarmi di come sta procedendo il tutto. Quindi rilassatevi miei cuori.” Finito di dire questo unì tutti quanti in un abbraccio pieno d’amore.
L’aria si era impregnata di una ritrovata serenità. Tom era più tranquillo, anche se Bill era ancora lontano, presto lo avrebbe rivisto. Presto avrebbe potuto accarezzare il suo viso e baciare le sue labbra morbide.  

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Capitolo 10
*** °~Nono Capitolo~° ***


°~Nono capitolo~°
 
Tre anni sono passati da quel maledetto giorno in cui Bill venne portato via contro la sua volontà da casa Kaulitz. Ora Bill ha 18 anni e finalmente gli è stato concesso di uscire da quell’istituto in cui né Simone e né Gordon sono stati in grado di tirarlo fuori. Tre anni che non ha contatti con Tom. Già, Tom… dopo quello che è successo molto è cambiato in lui. Ha tenuto duro un anno e mezzo e poi si è rassegnato a vivere la sua vita senza il ragazzo che amava. In tre anni non gli hanno mai permesso di telefonargli, di lettere gliene ha scritte, ma a quale indirizzo inviarle? Nessuno è mai stato in grado di dirgli qualcosa di certo.
 
L’aria fresca della appena ritrovata libertà accarezzava dolcemente il delicato viso di Bill. Non era uscito da neanche 5 minuti che si guardava ancora indietro, guardava la prigione in cui era stato segregato, in cui il suo sogno d’amore era stato soppresso. Dopo tre anni gli era stato finalmente comunicato in quale parte del mondo si trovava. Amburgo. Doveva assolutamente tornare a Berlino, lì era rimasto quel poco di cuore che ancora aveva. Ma come? Non ci voleva pensare, non per ora. L’istituto gli aveva dato 20 euro e tanti saluti. Nessuna spiegazione del perché, niente di niente.
Durante quegli anni Bill aveva pensato tante volte ad Adele, pensando che si dovesse sentire molto soddisfatta di quel che aveva fatto. Alla fine aveva vinto lei, alla fine l’odio aveva vinto sull’amore. Ma Bill, a differenza di Tom, la speranza non l’aveva mai persa. Pensava a lui costantemente, andando indietro con la mente ai pomeriggi passati insieme, alle notti in cui avevano dormito abbracciati, ai baci che si erano scambiati. Quei ricordi erano probabilmente l’unica cosa che non lo fece impazzire. Resisteva per se stesso e principalmente per Tom. Doveva essere forte per lui. Troppe volte era stato lui a proteggerlo dal mondo esterno, ora doveva dimostrargli di potercela fare.
Si accese una sigaretta e ispirò lentamente. Ancora qualche istante, poi si sarebbe messo in viaggio – si disse.
 
A casa di Simone niente fu più come prima. Quell’aurea di perfezione che si era creata si era disintegrata quel giorno d’estate. Il matrimonio con Gordon durava ancora, ma la malinconia era padrona di entrambi. Andreas era scappato in America , disse che doveva mettersi in pari con lo studio dopo la pausa che si era preso e che l’università lo avrebbe aiutato a superare il dolore, ma nessuno gli credette. Specialmente Tom pensava che aveva preso una brutta strada, ma non se la sentiva di andare da lui a riprenderlo, a salvarlo. Prima, aveva bisogno di essere salvato lui stesso. Ma da chi? Da Fred? In un anno e mezzo di relazione non era riuscito a strappargli un sorriso vero. In realtà non sapeva neanche perché aveva accettato di diventare il suo ragazzo. Magari pensava di poter riempire il vuoto, ma non sapeva ancora quanto sbagliava. Ma nonostante sentisse questa grande tristezza dentro al petto non si aspettava più niente. Ora aveva 16 anni. Era nel pieno della sua adolescenza e si sentiva perso. Fred ci provava veramente a tirarlo su di morale, ma anche lui aveva capito che non era sostenibile quella situazione. Tom non era più il ragazzino dolce di cui si era innamorato, o almeno, non lo era all’apparenza.
 
“Hei.”
“Ciao Corinna.”
“Come stai? Ti vedo più malinconico del solito.”
“Nah, è che ho dormito poco. Ho un peso sullo stomaco da un paio di giorni.”
 
Anche Corinna era cambiata. Da quando Andreas era partito tutto il suo mondo era crollato. Tutti attorno a lei si chiesero che fine aveva fatto quella ragazza con sempre il sorriso sulla faccia e i riccioli color rame. La verità è che Corinna attraversò un periodo di profondo cambiamento. Iniziò con tingersi i capelli, poi si fece qualche piercing, iniziò a fumare e smise di andare a scuola. I suoi genitori non sapevano che fare con lei, non riuscivano più a riconoscerla e così si dimenticarono piano piano di lei. Per qualche mese  se ne andò e visse per la strada. In città giravano voci che dicevano che avesse iniziato a prostituirsi per procurarsi la droga. Tutta bugie – fu quello che pensò Tom. E aveva ragione. Quando tornò le cose iniziarono ad andare un po’ meglio. Tornò a scuola e riallacciò amicizia con Tom. Erano come migliori amici. Ognuno sapeva quello che l’altro aveva passato e non serviva porre domande ma solo uno sguardo per capirsi.
 
“Ma a te manca ancora Bill?”  il rasta non rispose, sapeva che la ragazza sapeva la risposta. “Lo immaginavo.  A me manca ancora Andreas. Volevo andare da lui, in America, ma mi manca la grana, no? Ti giuro che appena la trovo parto e te lo riporto.”
“Sarebbe bello riaverlo a casa, almeno lui…”
 
“Scusi, mi può dire quanto costa il biglietto per Berlino?”
“80 euro.”
Cavolo – pensò. “Ok, grazie.” e si allontanò con la testa bassa. Dove li trovo i soldi per il biglietto?
 
“Ciao Tom!”
“Ciao mamma. C’è anche Corinna, va bene se si ferma a dormire?”
“Certo.” rispose Simone sorridendo.
“Vieni, andiamo su. Devo dirti una cosa.”
Si sederono sul letto e il ragazzo prese una busta che teneva nel doppio fondo di un cassetto. Senza troppi convenevoli la diede in mano a Corinna, che era confusa a dir poco.
“Cos’è questa roba?”
“Il biglietto per l’America.”
“Eh?”
“Sono soldi, li tengo da parte da quando ho 12 anni. Dovrei avere circa 1000 euro ormai. Ti dovrebbero bastare per arrivare.”
“Ma Tom, non posso accettare accidenti, sono soldi tuoi. E se ti servissero?”
“Non dire cazzate, sono tre anni che non mi muovo da casa se non per andare a scuola. Voglio che tu li prenda e vada a recuperare Andreas. Il volo te l’ho già prenotato. Parti domani alle 13 da Amburgo.”
“Ma è appena ricominciata la scuola…”
“Corinna, non recitare con me la parte della studentessa diligente. So che vuoi andare, me ne hai parlato proprio ieri.”
“Hai ragione. Grazie Tom.”
 
Uno zainetto era anche troppo grande per le poche cose che Corinna aveva da portarsi. Un paio di jeans e una maglietta, di più non aveva. Da quando i genitori l’avevano dimenticata viveva un po’ come un senzatetto, ma la maggior parte del tempo stava da Tom. Simone le aveva comprato dei vestiti, ma aveva preferito non portarseli. Voleva farcela.
Arrivata ad Amburgo scese dal treno. Aveva ancora un’ora e mezza prima del decollo, decise così di andare a prendersi un caffè al bar della stazione. Appena entrata le si aprì il cuore, riconoscendo un viso familiare.
“BILL!” gridò così forte che tutti si girarono.
Spaurito si girò anche il moro, ma non riconobbe la ragazza che aveva urlato il suo nome. La vide venire verso di lui e non sapeva cosa fare.
“Bill! Non mi riconosci?! Sono Corinna.”
“Corinna… sei così diversa. Che fine ha fatto il rosso dei tuoi capelli?”
“Dovevo cambiare. Staccarmi. Ma tu  come mai sei qui? Sono anni che tutti cercano di trovarti!”
“Mi hanno fatto uscire qualche giorno fa dall’istituto. Volevo tornare a Berlino (da Tom avrebbe voluto dire), ma non ho abbastanza soldi.”
“Te li do io.”
“Non ti preoccupare Corinna, non devi…”
“Sì che mi preoccupo, ma sai come sta Tom?”
“Non mi hanno mai permesso di mettermi in contatto con lui. Mai…”
E le lacrime iniziarono a scendere copiose su quelle guance candide.
“Non piangere Bill. Ora puoi tornare da lui. Io fra poco parto per l’America. Vado a recuperare Andreas.” disse la ragazza con una luce di speranza che le illuminava gli occhi.
 
I due ragazzi si abbracciarono e si salutarono. Corinna partì per l’America, mentre Bill tornò in stazione a prendere l’agognato biglietto. Non ci poteva credere, avrebbe rivisto Tom. Dopo tre anni. La gioia lo invase e non poteva smettere di sorridere.
 
20.45
Dling dlong!
Tom era sdraiato sul divano. A casa non c’era nessuno. Sia Simone che Gordon erano al lavoro e ora che Corinna era partita era davvero solo. Così, quando sentì suonare il campanello si spaventò un po’. Chi poteva essere? Per un attimo ebbe il timore che l’amica avesse deciso di tornare. Fece suonare il campanello ancora un paio di volte poi si decise ad alzarsi per andare ad aprire.
La persona che si ritrovò davanti gli gelò il sangue nelle vene, per poi farlo bollire.
“Bill…”
“Sì…”
“Ma, come? Come hai fatto?”
I ragazzi si sederono in salotto e il moro raccontò dell’incontro avuto con Corinna ad Amburgo.
Tom sentiva contrastanti sentimenti dentro al petto, da una parte era felice di rivedere Bill, dall’altra non avrebbe mai voluto aprire quella porta. E Bill se ne accorse. Sentì la freddezza con cui gli parlava, con cui interagiva con lui. Nella sua testa si era fatto un’immagine completamente diversa del suo ritorno a casa. Si era immaginato Tom che gli correva incontro, al rallentatore, con le lacrime agli occhi. E i baci, specialmente quelli si era immaginato. E invece erano distanti, non solo fisicamente, ma anche spazialmente.
Tom non ce la fece più. “Perché sei tornato?”
“Come perché? Che domande mi fai Tomi?”
“Non chiamarmi Tomi…”
“Cosa ti succede?”
“E hai il coraggio di chiedermelo?”
Bill era interdetto, spaventato e triste allo stesso tempo. Come poteva il suo ragazzo, o quello che riteneva tale, rivolgersi al lui in quella maniera?
“Te ne sei andato e mi hai lasciato qui da solo.”
“Mi sa che ricordi male, mi hanno trascinato via da te se ben ricordi.”
“Potevi far sentire. Scrivermi, io l’ho fatto ma non avevo un cazzo di indirizzo a cui mandare tutte quelle lettere.”
“Ma non sapevo dove ero. L’ho scoperto solo quando mi hanno fatto uscire.” Un attimo di silenzio. Bill vedere la delusione negli occhi del rasta. “Tom, noi ci amiamo, ti ricordi? Io dipendo da te e tu da me.” Tom sembrava colpito da quelle parole. Certo che se lo ricordava. Bill gli prese la mano, e avvicinò lentamente il suo viso la suo, ma Tom lo allontanò. “No, Bill, no… Io sto con una persona ora.”
Tutto si sarebbe aspettato, ma non quello. Non quella notizia. Abbassò lo sguardo, ferito. “Chi è?” “Fred.” Tom sapeva che sarebbe stata dura per lui accettare che stava con il ragazzo che lo aveva fatto soffrire, che lo aveva spaventato e aveva cercato di dividerli.
“Va bene.” Ma la verità è che niente andava bene. Le lacrime iniziarono a scendere da quei dolci occhi color nocciola, ma le asciugò con un movimento brusco della mano. Si alzò dal divano e uscì come era arrivato. Tom gli urlò di tornare indietro, ma non funzionò. Quel gesto gli fece male al cuore e si pentì di essere stato tanto freddo con lui. Bill non aveva colpa di quello che era successo.
 
Il moro corse al parco, in quello stesso parco in cui aveva chiesto a Tom di diventare il suo ragazzo e pianse tutte le lacrime che aveva. Si era avverato il suo peggior incubo. Fu ancora più doloroso di quando fu portato via. Quel giorno Tom lo aveva lasciato con amore, adesso lo aveva ricevuto con distacco e niente poteva ferirlo di più di essere ignorato dalla persona che amava. 

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