Natale senza regali

di unannosenzapioggia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***



Capitolo 1
*** I ***




I
"Succede a volte di sentirsi soli, e fingere che va bene così"

 
22 dicembre.
Mae si strinse nel giaccone rosso che sua madre le aveva regalato per Natale, con qualche giorno d’anticipo. Quel Natale sarebbe stato più freddo, lo sapeva. Attraversò di corsa la strada non appena il semaforo per i pedoni divenne verde. Si guardò intorno continuando a camminare. Intorno a sé, c’erano solo addobbi rossi e dorati di Natale, bambini che cercavano di non congelare sotto la neve, i loro genitori che cercavano di portarli al caldo e gli anziani che stavano chiusi in casa, ma affacciati alle finestre, ad osservare a bocca aperta i grandi fiocchi di neve bianchi che cadevano leggeri. Era quasi l’ora di cena, ma i negozi erano ancora aperti e le luci ancora accese. Tutti dicevano che il Natale era il periodo più bello dell’anno, ma Mae non era d’accordo. Dicembre era solo più illuminato e pieno di regali, ma alla fine era esattamente uguale a tutti gli altri mesi, o forse peggio. Era freddo, era grigio, era nebbioso, ed era triste. Concludeva l’anno facendoti credere che il nuovo sarebbe stato migliore, quando invece sarebbe stato brutto o monotono come il precedente. Erano due anni, erano due 31 dicembre che Mae sperava di vivere un anno migliore, uno più felice, ma la sua vita era sempre rimasta la stessa. Da quando aveva lasciato Brighton per studiare a Londra, l’unica cosa che non era riuscita a dimenticare era stata Harry. Lui e tutto ciò che lo riguardava. Per quanto lo avesse odiato, non era riuscita a dimenticarlo, anche se il trasferimento nella capitale le era stato d’aiuto.
Sospirò cercando di pensare ad altre cose e mentre continuava a guardare alcuni bambini sdraiati a terra per fare gli angeli di  neve, si avviò verso una pasticceria. Ad essere sinceri non aveva nessuna voglia di tornare al campus e pensò di mangiare qualcosa prima di rientrare e andare direttamente a dormire. Non era mai stata in quella zona di Londra, ma quel giorno aveva fatto un’eccezione. Spinse la grande porta di vetro, appoggiando la mano sulla maniglia dorata ed entrò. Sorrise quando fu investita da un torpore che la riscaldò. Adocchiò un tavolo, in disparte, vuoto e si diresse lì, sedendosi e rilassandosi. Aveva proprio bisogno di un posto così, una cioccolata calda e qualche biscotto. Sarebbe stata quella la sua cena.
 
Appoggiò le labbra alla tazza piena di cioccolata bollente e ne bevve un sorso. Alzò lo sguardo distrattamente e vide due ragazzi seduti al tavolo di fronte a lei. Sorrise involontariamente: sembravano felici e innamorati, quasi ingenui. Non sapevano che l’amore non sarebbe durato per sempre, non sapevano che avrebbero sofferto come cani perché non c’è mai un lieto fine, sembra che nessuno, alla fine, si meriti di essere davvero felice. Almeno, a lei, no, a loro era capitato così. Era finito tutto nel giro di un giorno: mille promesse, mille frasi. Tutto andato a puttane. Mae aveva il cuore spezzato, sentiva ancora i mille pezzi farle male nel petto, ma faceva di tutto per non pensarci. Dopo tutto, lui aveva fatto la stessa cosa. Aveva promesso, aveva giurato. “Mae, ci sarò sempre, qualunque cosa accada”, le aveva sussurrato una sera, prima di lasciarla davanti casa e lei come una stupida, c’aveva creduto. Povera illusa. Scosse la testa, ricacciando dentro le lacrime che spuntavano invadenti ogni volta che si fermava a pensare. Bevve un altro sorso di cioccolata e addentò un biscotto, dando un’occhiata all’ora sul display del cellulare. Cominciava ad essere tardi, se non fosse riuscita a prendere la metro in tempo, l’università avrebbe chiuso i dormitori e sarebbe stata costretta a dormire da India. Forse, non era male come idea. Non vedeva l’ora di dare l’ultimo esame il giorno prima di Natale e poi andare da sua madre e suo fratello in campagna, fuori Londra, per passare lì le vacanze. Mandò un messaggio ad India, chiedendole se poteva dormire da lei per quella notte e si alzò, avviandosi al grande bancone del bar per pagare.
 
Harry si chiuse la porta alle spalle. Non ne poteva più di quella situazione. Ogni volta che arrivavano le bollette era costretto a litigare con Niall per chi dovesse pagare, per chi avesse sprecato più corrente e finiva sempre che l’irlandese usciva di casa, dicendo che non sarebbe mai più tornato lì. Il ragazzo sbuffò: sapeva che Niall sarebbe andato per una settimana a dormire dalla sua ragazza, Emma, ma poi sarebbe tornato strisciando da lui, perché alla fine era il suo migliore amico. Fuori faceva freddo, ma aveva bisogno di una boccata di aria fresca, per riprendersi. Scosse la testa ripensando alla stupida litigata con Niall: qualche volta, avrebbero fatto sicuramente a botte. Ma questo era il compromesso che Harry aveva con suo padre: niente università? Niente appartamento figo a Londra. Così era stato costretto a dividere la casa con Niall. Ma andava bene così, non sarebbe mai voluto tornare a Brighton: troppi ricordi, ricordi dolorosi, soprattutto. Iniziò a camminare per quelle strade che conosceva troppo bene, ormai viveva lì da due anni. Si fermò di scatto quando sentì il cellulare squillare e lo tirò fuori dalla tasca del giaccone. Era un messaggio di Grace, una ragazza carina con cui era uscito un paio di volte, ma che non gli era sembrata un granché. Da quando si era trasferito nella capitale, era uscito con tre ragazze, ma nessuna di loro l’aveva colpito particolarmente. Dopo la sua Mae, aveva cercato in tutti i modi qualcuno che le somigliasse, che fosse capace di farlo innamorare e poi di spezzargli il cuore, facendolo soffrire come un cane. Sapeva di aver sbagliato tutto con lei, ma appena aveva messo piede su quel maledetto treno che lo avrebbe portato a Londra, si era reso conto che fosse troppo tardi per rimettere tutto in ordine.
Attraversò la strada di corsa ed entrò nel bar in cui andava tutte le mattine e si sedette al solito posto, su uno degli sgabelli del bancone. Tom lo salutò con un cenno della testa e Harry gli ordinò un caffè. Si passò una mano tra i capelli e quando alzò lo sguardo, trovò solo gli occhi nocciola di Mae fissarlo, quasi spaventata. Deglutì e rimase immobile, incapace di fare qualsiasi cosa. Guardò la ragazza tornare alla realtà e prendere il resto che Tom le stava porgendo. La vide abbassare lo sguardo e avviarsi all’uscita. Harry, spinto da non sapeva nemmeno lui cosa, si alzò.
“Mae.” – la chiamò, ma lei non si fermò e corse via. Il ragazzo rimase spiazzato, ma alla fine si aspettava una reazione del genere. Non aveva mai pensato che l’avrebbe incontrata di nuovo, ma se era accaduto, significava sicuramente qualcosa. Corse fuori, cercando di raggiungerla, di nuovo colpito dal freddo, di nuovo con quell’angoscia che lo attanagliava e con il cuore che gli faceva male.
Arrivò vicino a Mae che continuava a camminare senza mai voltarsi indietro. In fondo, non aveva tutti torti e sapeva che lo odiava per quello che le aveva fatto, ma era arrivato per Harry il momento di rimettere a posto le cose, o almeno di provarci.
L’afferrò per un braccio e la costrinse a fermarsi. Quando la ragazza si fermò, aveva gli occhi arrossati e le guance rigate dalle lacrime. Harry avrebbe voluto solo abbracciarla, ma dovette trattenersi. La guardò per un tempo che gli sembrò infinito. Era sempre la stessa. Erano passati due anni eppure era sempre la stessa diciottenne che aveva lasciato dormire quella mattina, quando alle sette aveva preso la valigia e se n’era andato. Sempre lei, sempre bella, sempre Mae.
“Mae – sussurrò di nuovo – Non scappare, ti prego.”
“Non sono io quella che scappa.” – rispose, allontanandosi quasi di corsa, dopo essersi liberata dalla stretta del ragazzo.


 
Salve ragazzuole! 
Allora, finalmente le vacanze di Natale sono arrivate! Non ho molto da dirvi, se non che questa è una piccola fan fiction (di 4 capitoli) che ho scritto come regalo di Natale per voi e quindi spero vi piaccia. E' ambientata in quattro giorni (22, 23, 24, 25 dicembre) e la posterò nel corso dei prossimi giorni. Detto questo, vi auguro in anticipo un buon Natale e tanti bei regali.
Spero in qualche vostra impressione,
un bacio, Giulia




 

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Capitolo 2
*** II ***




II
"Il vuoto che hai lasciato è ancora qui, forse il tempo non ti ha cancellato mai"

 
23 dicembre.
Mae chiuse il libro, con un forte tonfo. Erano tre ore che stava studiando senza fermarsi e non era riuscita a far entrare niente in testa. Continuava a pensare ad Harry. Avrebbe dovuto essere sorpresa di ciò e invece no. Era arrabbiata. Più con se stessa, che con lui. Non riusciva a togliersi le sue parole di mente: basta scappare. Lui aveva davvero il coraggio di farle una richiesta del genere? Lui che era fuggito, l’aveva abbandonata e poi l’aveva chiamata per dirle che non l’amava più. Davvero aveva quella faccia tosta?
“Mae, stai bene?” – le chiese Michelle, seduta sul letto davanti a lei. Michelle era la sua compagna di stanza. Si stava mettendo lo smalto e aveva ascoltato Mae ripetere ciò che stava studiando, con non molta attenzione, ma aveva alzato gli occhi dalle sue unghie, quando la ragazza si era fermata e non aveva più ripreso a parlare.
Mae annuì, senza rispondere e tornò ad osservare il libro che aveva appena chiuso. Il giorno seguente, avrebbe avuto l’ultimo esame del trimestre e non era sicura che sarebbe andato a buon fine. Aveva studiato per tutto il pomeriggio, ma la sua testa era stata altrove e non si ricordava niente. Per fortuna, quella mattina non era andata a lezione e aveva potuto dormire un po’ di più. Lanciò un’occhiata all’orologio appeso alla parete e decise di uscire a prendere un po’ d’aria. Afferrò il cellulare e il giaccone.
“Dove vai?” – Michelle parlò di nuovo, continuando a soffiare di tanto in tanto sullo smalto.
“Esco – rispose Mae, telegrafica – Non so a che ora torno, quindi non aspettarmi.”
La ragazza annuì distrattamente e Mae se ne uscì, prendendo la metro alla fermata più vicina e nel giro di pochi minuti, si trovò di nuovo nel caos di Londra. In realtà, la rilassava, quella città. Poteva camminare, pensare e andare avanti fino a quando avesse voluto. Le strade erano infinite,  avevano tutto il tempo di ascoltare le preoccupazioni di una persona. Il sole era coperto completamente dalle nuvole, ma c’era ancora luce. La ragazza sorrise pensando che avrebbe nevicato di nuovo.
 
Harry guardò di nuovo fuori dalla vetrata del negozio. Stava piovendo a dirotto e non aveva nemmeno un ombrello. Casa sua era lontana e anche se avesse preso più di una metro, avrebbe dovuto fare un bel pezzo a piedi.
“Gemma, quanto ti manca? – domandò, scocciato alla sorella – Non ho tutto il giorno, vorrei tornare a casa prima che faccia buio.”
Sentì la ragazza sbuffare e scosse la testa. Gemma non viveva a Londra, ma aveva fatto un salto lì quel giorno perché doveva comprare un vestito per il matrimonio di un’amica e aveva pensato di fare anche un saluto al fratello. Due in uno, insomma.
La ragazza uscì dal camerino. “Ti piace?”
“Sì moltissimo – rispose Harry distrattamente e Gemma alzò un sopracciglio – Non lo so, Gem, ti stavano bene tutti. Uno vale l’altro.”
La ragazza sospirò divertita e sorrise. “Va bene, imbronciato vai pure, finisco da sola e poi torno a casa.”
Harry le sorrise e la salutò velocemente prima di uscire. Si diede di nuovo dello stupido per non aver portato con sé l’ombrello e imboccò la strada che portava alla metro, iniziando a correre velocemente. Non sopportava la pioggia, anzi la odiava proprio. Scese le scale, salì sulla metro e nel giro di pochi minuti arrivò nella sua via. Di nuovo sotto l’acqua, era bagnato fradicio e quando finalmente intravide l’entrata del suo condominio tirò un sospiro di sollievo e si mise al riparo, entrando e salutando il portiere. Si avviò all’ascensore quando si trovò improvvisamente davanti Mae.
“Ciao.” – la salutò, abbozzando un sorriso.
Lei non rispose e Harry notò che era nelle sue stesse condizioni. Era bagnata e probabilmente era entrata lì dentro in attesa che smettesse di piovere.
“Ti va di entrare? – chiese d’impulso, vedendo Mae cambiare espressione – Insomma, almeno ci asciughiamo e aspettiamo che smetta.”
I due furono interrotti quando arrivò l’ascensore ed Harry vi salì, aspettando una risposta dalla ragazza. Mae si guardò un po’ intorno, pensando fino a che punto le fosse convenuto salire su quell’ascensore, ma stava morendo di freddo e aveva assolutamente bisogno di bere qualcosa di caldo, anche se dubitava che Harry ce l’avesse. Lo guardò per un’ultima volta, pensando che non fosse cambiato di un centimetro, e alla fine entrò dentro, evitando l’espressione soddisfatta dipinta sul volto del ragazzo.
Quando arrivarono a quello che doveva essere il quarto piano, il ragazzo si avviò alla porta ed aprì lasciando entrare anche Mae.
“Ti va un thè? – le chiese – E poi, posso darti qualcosa di asciutto da mettere.”
Mae annuì, senza rispondere. Il ragazzo pensò che tutto ciò fosse strano, ma non intendeva farsela scappare di nuovo. In due anni, non era riuscito a capire come avesse fatto Mae a sfuggirle. O forse lui l’aveva voluto? Non sapeva se l’aveva avuta davvero, se l’aveva amata davvero, perché al primo problema se l’era andata a gambe, senza alcuna spiegazione. Era sicuro che lei lo amasse ancora e sapeva che non sarebbe riuscito a resisterle, perché  in  fondo era sempre lo stesso ragazzo innamorato di due anni prima, ma troppo codardo per ammetterlo anche a se stesso.
“Allora – iniziò, tentando di cambiare argomento – Che ci fai a Londra?”
Mae sembrò rilassarsi, quando Harry le porse la tazza di thè. “Sono iscritta all’università.”
“Certo – sorrise Harry – Sei sempre stata intelligente, stupido io che te l’ho chiesto.”
La ragazza sorrise a sua volta, senza rispondere, ma quando il suo sguardo cadde su Harry che la stava osservando sentì le gambe tremare, il cuore battere forte e pensò che non fosse un buon segno. Doveva andarsene prima che fosse troppo tardi. Il suo cuore non avrebbe retto ancora a lungo.
“Adesso devo andare. – disse piatta – Domani, ho un esame importante.”
Recuperò la borsa e la giacca bagnati e si avviò alla porta. Harry l’afferrò per un braccio, prontamente prima che se ne andasse. Fece in modo che si voltasse e non perse nemmeno un secondo prima di baciarla. Aveva dimenticato quello che sentiva, ma non si era mai scordato delle labbra di Mae, le uniche che avesse mai amato. La ragazza si staccò bruscamente da lui e lo guardò con le lacrime agli occhi.
“Non te ne andare, Mae – la pregò – Non ora per favore.”
 
Mae si svegliò all’improvviso, per la pioggia che aveva iniziato a cadere ancora più forte. Harry stava ancora dormendo sul divano con il braccio intorno al suo fianco. Lei indossò la maglietta del ragazzo e cercando di non svegliarlo, si alzò e iniziò a vestirsi senza far rumore. Sapeva che sarebbe andata a finire così, sapeva che avrebbe dovuto chiudere con lui una volta per tutte ed era quello che stava cercando di fare. Infilò i jeans ancora umidi, ma il suo cellulare cadde a terra con un forte tonfo e svegliò Harry.
“Che stai facendo?” – le chiese, sorpreso e ancora addormentato.
La ragazza indietreggiò leggermente. “Io non ce la faccio, scusa.”
“A far cosa?”
“A sopportare tutto questo – rispose Mae allargando le braccia e indicando lei ed Harry – Chi me lo dice che non sparirai di nuovo? Mi hai detto che mi amavi e te ne sei andato e te ne andrai sempre perché non sai cosa significa tornare e rimanere.”
Il ragazzo si alzò e andò verso di lei. “Io non me ne vado te lo giuro.”
“Sai cosa ho pensato in questi due anni? – iniziò Mae, con le lacrime agli occhi – Ti ho cercato in tutte le persone che incontravo, mi ripetevo che non te n’eri andato davvero, che stavo sprecando il mio tempo dietro a te, ma ero convinta che ne valesse la pena, nonostante tutto. Ti ho aspettato in eterno, ma tu non sei mai tornato. Eri tutto quello che volevo anche se faceva male e non riuscivo a non pensarti. Ogni cosa che vedevo mi ricordava di te. Mi chiedevo se ti capitava di pensarmi la sera quando andavi a dormire, perché io lo facevo; mi chiedevo se tra tutto quello a cui potevi pensare, sceglievi di pensare a me.”
Harry rimase spiazzato da quelle parole. In realtà, sapeva di averla fatta soffrire, ma non fino a quel punto. Era stato un vigliacco. Era il re dei vigliacchi.
“Dicono che con il tempo passi, ma sai che c’è, Harry? – chiese retoricamente la ragazza – Che non passa mai, nemmeno dopo un milione di anni. Io ero lì per te, ma tu te ne sei fregato. Guarda l’amore cosa c’ha fatto: forse non ne vale davvero la pena.”
Raccolse le sue ultime cose e uscì di corsa. Fuori pioveva ancora e Harry sapeva che l’aveva persa per sempre.




Eccomi!
Ed ecco a voi il secondo capitolo, spero davvero che vi sia piaciuto! Intanto, vorrei dirvi "grazie" per le recensioni e per aver inserito la storia nelle seguite/ricordate, significa molto! Bhè, non ho altro da dirvi, se non che aspetto qualche vostra impressione su questo capitolo. 
Ci vediamo domani con il terzo allora!
un bacio, Giulia

 

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Capitolo 3
*** III ***



III
"Mi son svegliato solo anche oggi, mi chiedo se va bene ancora così"
 
24 dicembre.
Mae si chiuse la porta alle spalle sbattendola forte. Scosse la testa allontanandosi e lasciando che il candidato successivo entrasse. Lo sapeva. Sapeva che quella mattina non sarebbe stata in grado di sostenere un esame, uno dei più importanti per di più. Aveva fatto scena muta: tutto quello che aveva studiato, tutto l’impegno di tre mesi era sparito così, da un momento all’altro. Camminò fuori dal grande stabile e solo quando fu fuori, stringendosi nel giaccone, il suo cellulare iniziò a squillare. Inizialmente, sentì un buco nello stomaco, la colpì l’inutile paura che fosse Harry, ma poi si ricordò che lui non aveva il suo numero di telefono. Tirò fuori l’apparecchio e rispose, dopo aver visto che era sua madre a chiamarla.
“Mamma – rispose, cercando di essere il più convincente possibile – Dimmi tutto.”
“A che ora arrivi domani?” – esclamò la madre, con il fiatone. Mae sorrise continuando a camminare verso il dormitorio, pensando che sicuramente era già indaffarata ai fornelli. Il Natale nella sua famiglia era sempre stato importante, l’unica occasione in cui si riunivano tutti, l’unica cosa che la ragazza forse amava davvero.
“Ho il treno alle otto e mezza – disse Mae, cercando di ricordare l’ora precisa – Dovrei essere lì alle dieci, più o meno.”
La madre ci mise qualche secondo per rispondere. “Mh, viene tua sorella a prenderti, va bene? – chiese – Ah, tesoro, come è andato l’esame?”
Mae prese tempo, doveva inventarsi qualcosa. Non voleva dare una delusione del genere alla sua famiglia: insomma, era sempre stata la più brava, la più intelligente e tutti avevano fiducia in lei. E in più la madre non sapeva che aveva rivisto Harry e quindi era meglio tacere tutto. “L’ho rimandato, mamma, non mi andava di darlo il giorno della vigilia.”
La madre rispose che aveva fatto bene e Mae, contenta che c’avesse creduto, la salutò velocemente ed entrò definitivamente in camera. Non appena fu dentro, vide Michelle studiare e la salutò con un cenno della testa.
“Allora – la bionda chiuse il libro andando verso l’amica – Com’è andata?”
“Come pensavo – rispose Mae, spogliandosi e posando libri, borsa e cose varie sul letto – Sono andata nel panico e non ricordavo più niente.”
“Non pensi di esagerare?” – chiese l’amica.
“In che senso?” – Mae si sentì incolpata di qualcosa che nemmeno lei sapeva.
“Senti io non ti conoscevo fino ad un anno e mezzo fa e non c’ero quando Harry se n’è andato, ma Mae, non puoi permettergli di mandare a puttane tutto quello per cui stai lavorando, per il tuo futuro. Quell’esame era più importante di lui.”
La ragazza avrebbe voluto sputarle in faccia e urlarle che Harry era di più. Lui sarebbe sempre stato qualcosa di più: più dell’università, più del Natale, più dell’amore, più di Londra, più dell’ultimo bacio che si erano dati.
“Forse hai ragione, Michelle – acconsentì alla fine – Ma non mi sembra che sia finito il mondo, darò quell’esame tra un mese.”
L’amica non ebbe tempo di rispondere che Mae già era sotto la doccia. Aveva bisogno di dimenticare quella giornata e possibilmente anche la sera precedente, voleva togliersi di dosso l’odore di Harry: probabilmente era solo per quello che si stava facendo una doccia. Non voleva avere più niente a che fare con lui. Si rilassò quando sentì l’acqua calda scendere lungo il suo corpo e chiuse gli occhi. Continuava a sentire Michelle leggere e poi ripetere, ma non era un rumore fastidioso. Cose come quelle le piacevano, perché facevano parte della sua vita e la facevano sentire al sicuro. Pensò immediatamente ad Harry: anche lui era stato parte dei suoi diciotto anni, ma ne era uscito. Perché doveva sentirsi protetta con lui?
 
Harry non si dava per vinto, ci credeva ancora. Non era mai stato un tipo da oroscopo e destini che si incontrano, ma se la vita gli aveva dato una seconda possibilità, quella possibilità che aveva sognato solo di notte negli ultimi due anni, allora voleva dire sicuramente qualcosa. Mae era sempre stata la sua stella, il suo punto fisso di riferimento, era sempre stata il tutto che rendeva perfetta la sua vita. Non poteva lasciarla andare di nuovo, non adesso. Camminava spedito per le strade di Londra, con in mente solo il viso della ragazza e il ricordo dei suoi baci. Non sapeva di preciso quale università frequentasse, ma nella zona ce n’erano un paio e solo una aveva i dormitori. In base a quel poco che la ragazza le aveva detto, poteva andare sul sicuro. Dopo aver fatto qualche ricerca sul navigatore del cellulare, prese un paio di metro e si ritrovò in una zona periferica della capitale; facendo un pezzo a piedi si ritrovò davanti al grande stabile. Non aveva idea di come sarebbe riuscito a trovarla: forse c’erano centinaia e centinai di studenti. Guardò l’ora sul display del telefono e pensò che non fosse a lezione. Lui aveva smesso da un po’ di frequentare l’università, ma si ricordava abbastanza bene come funzionava. Così si diresse ai dormitori e dopo aver individuato quelli in cui stavano gli alunni del secondo anno, cominciò a bussare ad ogni porta, a chiedere di Mae e a ricevere di tanto in tanto un “vaffanculo” da qualcuno. Ma nessuno, davvero nessuno che gli dicesse “Sì, entra, Mae è qui.” Arrivò ormai arreso davanti all’ultima porta e bussò aspettandosi sin da subito l’ennesimo “no”.
Aspettò qualche secondo ed una ragazza bionda venne ad aprire con una penna tra i capelli. “Sì?”
Harry si schiarì la voce e partì con il solito discorso. “Scusa se ti disturbo, conosci una ragazza che si chiama Mae Hall? – chiese – Penso frequenti questa università.”
La ragazza annuì. “E’ la mia compagna di stanza – rispose – Tu chi sei?”
“Sono Harry e devo assolutamente parlare con lei.”
Michelle alzò un sopracciglio e osservò il ragazzo. Sembrava stanco, era leggermente sudato e aveva uno sguardo frustrato. “Adesso non c’è, ma se vuoi, puoi dire a me o tornare più tardi – lo informò – Non domani però, perché se ne va.”
Harry sentì il cuore scoppiargli nel petto. Che significava? “Dove?”
“Oh, penso vada dai suoi genitori per passare lì il Natale.” – rispose.
Harry si fece serio. “Sei sicura?”
“Sì, ma..” – tentò Michelle.
“Sai a che ora parte? – chiese Harry; la ragazza scosse la testa, grattandosi il collo – Ti prego, è importante.”
Michelle sbuffò rientrando leggermente nella stanza e cercando qualcosa. Harry la osservò dalla soglia della porta senza capire quello che cosa effettivamente stesse facendo. Quella ragazza, di cui non sapeva nemmeno il nome, era davvero strana. Insomma, non lo conosceva e pretendeva di evitare l’argomento e di fare il portavoce di Mae. Nessuno avrebbe dovuto mettersi tra di loro, dovevano risolvere un po’ di cose e se non lo avessero fatto, sarebbe finito tutto per sempre. Ritornò alla realtà, quando la ragazza tornò da lui con un biglietto del treno in mano.
“Ha il treno alle otto e trenta – disse – Domattina, ovviamente.”
Harry le sorrise cordiale, forse non era così male. “Da quale stazione parte?”
“Da quella in fondo alla strada.” – rispose.
“Perfetto – la ragazza lo guardò con uno sguardo strano – Grazie mille e ah, non dire niente a Mae per favore.”





Salve!
Di nuovo eccomi con il capitolo, siete felici? Allora, intanto ne approfitto per fare gli auguri di compleanno al mio raggio di sole, Louis e per ricordarvi che domani posterò l'ultimo capitolo, che è leggermente più lungo. Voglio - ovviamente e di nuovo - ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi avete lasciato: non ho risposto perchè non ho mai internet durante il giorno ma sappiate che le ho lette e apprezzate tutte. Infine volevo fare una precisazione: una delle recensioni, quella di AbigayleWood giustamente ha evidenziato il fatto che il discorso finale di Mae ad Harry (del secondo capitolo) è abbastanza confuso e contradditorio. E' vero, ha ragione, ma l'ho fatto di proposito. Sia Harry che Mae (lei soprattutto), dopo essersi rivisti, sono molto confusi e di conseguenza la ragazza non riesce bene ad esprimere quello che vuole dire, perchè da una parte ama Harry ma dall'altra lo odia per averla lasciata. Quindi se nemmeno voi avete capito il suo discorso, va bene così. Spero di aver risposto alla tua domanda, Abigayle!
Bene, mi sono dilungata troppo, quindi vi auguro una buona vigilia di Natale, tanti regali e.. Ci vediamo domani con l'ultimo capitolo.
un bacio, Giulia

 

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Capitolo 4
*** IV ***




IV
"Avevi ragione tu, mentre cercavo di volare, ti ho lasciato giù"

 
25 dicembre.
Mae salutò l’amica, ignara della conversazione che quest’ultima aveva avuto il giorno prima con Harry e prese la sua valigia, uscendo dallo stabile. Stranamente si sentiva bene: niente ansia pre-esami e solo voglia di stare con la sua famiglia e di riposarsi un po’. Avrebbe potuto prendere la metro per andare alla stazione, ma preferì andare a piedi. Faceva freddo, è vero, ma meglio così. L’aria fresca della mattina riusciva sempre a toglierle quell’aria assonnata e a rimettere a posto le sue idee. Guardò l’orologio e sbuffò pensando di essere la solita. Era in anticipo mostruoso e avrebbe dovuto sicuramente star seduta su una panchina davanti ai binari a patire freddo. Attraversò un paio di strade, passò vicino ai giardinetti pubblici di quel quartiere e dopo aver svoltato una volta a sinistra, finalmente vide la stazione e automaticamente aumentò il passo, come se il treno la stesse già aspettando. In realtà, nessuno la stava aspettando, nessuno l’avrebbe mai più aspettata. Harry. Quel ragazzo era il suo pensiero fisso da due giorni: aveva fatto di tutto per dimenticarlo, ma lo conosceva bene ed ogni volta che tornava o si faceva vivo, era impossibile non pensarlo. A Mae mancavano le sue labbra, il suo sorriso sincero, ma talvolta malizioso e i suoi abbracci stretti stretti e si rese conto che senza di lui, senza tutte quelle cose lei non era niente. Era come un bambino senza caramelle, Parigi senza la Tour Effeil e Roma senza il Colosseo, era come un album senza foto e il latte senza biscotti. Mae aveva bisogno di Harry e della sua costante presenza nella sua vita. Era stato parte di lei, le era entrato sotto le vene e dentro al cuore e non poteva, o meglio non riusciva a fare a meno di lui. Insomma quel ragazzo era tutto: come la mattina di Natale, il primo bacio, il primo giorno d’estate, la prima nevicata, l’ultimo giorno di scuola o il mare d’inverno. Harry era stato il suo primo tutto e improvvisamente si rese conto che voleva che fosse anche il suo unico ed ultimo.
 
Harry non aveva dormito per niente quella notte. Aveva messo la sveglia alle sette, ma alle sei era già seduto sul letto, a cercare un senso a quello che stava facendo. In realtà, non c’era nessun senso. Si passò una mano sulla faccia e approfittando del fatto che si fosse svegliato molto prima, decise di farsi una doccia perché si sentiva troppo assonnato. Mangiò poi quel poco che c’era nel frigo: un po’ di latte, qualche biscotto e una mela. Chiuse la dispensa rendendosi conto che da quando Niall se n’era andato e da quando aveva rivisto Mae non aveva più fatto la spesa e nonostante non gli importasse, doveva pur mangiare. Arreso allora, salì di nuovo le scale e si vestì. Voleva andare a quella benedetta stazione, sperava di trovare Mae e poi.. E poi, non lo sapeva nemmeno lui. Voleva rimettere a posto le cose, ma se la ragazza non fosse stata disposta ad ascoltarlo? Non voleva nemmeno pensarci, gli avrebbe sicuramente spezzato il cuore. Uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle e fece lo stesso percorso del giorno prima. Quando si trovò ancora davanti all’università, fece un grande sforzo per ricordare le indicazioni della compagna di stanza di Mae e si incamminò verso la stazione. Il giorno prima, aveva pensato a tre mila discorsi da fare, a infinite cose da dire, ma in quel momento gli sembrava che niente fosse più importante, niente fosse più grande dell’amore che sentiva per Mae. Quell’amore che gli faceva male al cuore, quello che non lo aveva fatto dormire per tutta la notte e quello che lo aveva spinto a baciarla due sere prima, dopo due anni. Era quell’amore per cui Harry avrebbe fatto di tutto, perché era vero: lui se n’era andato, aveva sbagliato, ma questo non significava che non sentisse più niente per lei. Alzò lo sguardo tornando alla realtà e vide la stazione. Sospirò profondamente cercando di ignorare l’ansia che lo stava divorando e le sue gambe che stavano letteralmente tremando. Si fece coraggio ed entrò, avviandosi subito sui binari. Non mancava molto alle otto e trenta. Si voltò velocemente a destra e a sinistra, finchè non la vide. Sorrise senza nemmeno accorgersene, vedendola da sola e piccola, come l’aveva lasciata un paio d’anni prima e avrebbe soltanto voluto abbracciarla e portarla a casa. Sospirò di nuovo e si avviò verso di lei. Solo quando le fu abbastanza vicino, lei alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta. In quel momento, Harry si chiese se fosse stata una buona idea, quella.
Mae si alzò di scatto. “Che ci fai qui?”
“Non partire.” – rispose semplicemente Harry.
“Non vedo perché dovrei rimanere – disse la ragazza scuotendo la testa – Non c’è niente che mi trattiene qui.”
Harry la guardò in silenzio prendere la valigia e allontanarsi da lui. Perché doveva far così male? Perché dovevano rendere sempre tutto così complicato?
“Sentivo di sbagliare, ma non riuscivo a fare altrimenti – esclamò Harry; Mae si bloccò e si voltò di nuovo verso di lui – Sono stato un codardo, ma l’ho fatto per te.”
Lei sorrise amaramente avvicinandosi si nuovo. “Per me? Mi hai davvero spezzato il cuore perché pensavi mi avrebbe fatto bene? Tu te ne sei andato perché sei sempre stato così: pensi a te stesso e te ne freghi degli altri.”
“Mae – la pregò Harry – Ho avuto paura, paura di non essere abbastanza per te. Ho speso giorni interi a pensare a cosa ci trovassi tu in uno come me e ho preferito scappare. Vedevo che gli altri ti aiutavano e che tu vedevi loro come punti di riferimento e poi mi guardavo allo specchio e pensavo di non essere all’altezza. Avrei voluto dirti che sarebbe andato tutto bene, anche se non l’avevi programmato così, avrei voluto farti capire che eri la cosa più importante che avessi mai avuto, essere il tuo eroe. E invece, tutto quello che ho fatto è stato andarmene e credere che saresti stata meglio senza di me, che saresti riuscita a farcela senza di me, perché non ero io il tuo mondo.”
Mae lasciò andare la valigia e fece un ulteriore passo verso di lui; la sua espressione era seria. Faceva troppo male sentire quelle cose, ma nonostante tutto aveva sbagliato. “Questo non ti giustifica.”
Harry sospirò. “Ho fatto un errore e mi dispiace.”
“Non basta.”
Il ragazzo stava per replicare quando l’auto parlante della stazione annunciò l’arrivo del treno. Harry lo ignorò, non poteva perdere altro tempo. Se Mae fosse partita senza che lui avesse finito di spiegarle, era sicuro che non l’avrebbe più rivista.
Mae ritornò alla valigia e si avviò verso il binario su cui sarebbe arrivato il treno. Non sapeva come comportarsi: non voleva più partire, era troppo triste per farlo, ma non voleva nemmeno rimanere lì con Harry e affrontare la triste realtà.
“Mae, io ti amo. – confessò Harry a voce tanto alta perché Mae, ormai un po’ lontana da lui, potesse sentirlo – Questo ti basta?”
La ragazza si bloccò di nuovo e si voltò verso di lui. Sentiva gli occhi pizzicare e non per tristezza. Harry non le aveva mai detto una cosa del genere, era una frase troppo impegnativa per lui.
“Lo so quello che stai pensando – riprese Harry, sorridendo – Non sono il tipo che dice o che solo pensa una cosa così, ma credimi se non lo pensassi davvero, non l’avrei mai fatto. Però ti giuro che devi credermi. L’amore che ho per te è l’unica cosa buona che mi è rimasta e che non riesco a cancellare.”
La ragazza andò verso di lui e finalmente lo baciò. Ormai non avevano più senso ricordi e rimorsi e sinceramente Mae non era più in grado di reggere quella situazione. Si rese conto in quel momento che aveva bisogno solo di Harry. Il bacio misto ai sorrisi dei due durò fino a che il ragazzo non sentì arrivare il treno e fu costretto a staccarsi da Mae.
La ragazza gli sorrise e recuperò la valigia, avviandosi poi al treno che si era quasi fermato.
“Allora, quando torni?” – Harry non vedeva l’ora di averla di nuovo tutta per sé.
“Tra tre giorni – rispose lei – Non starò via molto.”
Le portiere del treno si aprirono ed Harry caricò la valigia della ragazza e poi la baciò di nuovo. “Menomale, almeno possiamo festeggiare insieme Capodanno, chiamami appena arrivi.”
La guardò salire sul treno e la salutò con un cenno della mano mentre si allontanava e scompariva lentamente dalla sua vista. Poi, afferrò il cellulare e le scrisse “Buon Natale x”
Sentiva finalmente che stava facendo lo sbaglio giusto.





Buon Natale a tuttiiiii!
Allora, intanto spero che stiate passando una bella giornata tra parenti, regali e cibi vari. Poi, sinceramente ho poco da dirvi: questo è l'ultimo capitolo e come molti di voi avranno sicuramente pensato, tra Mae e Harry finisce bene. Ovvio, per Natale, tutto finisce bene ahah. Di nuovo, vi ringrazio per le recensioni dolcissime e per aver inserito la storia tra le seguite. Ringrazio in particolare (e di nuovo) AbigayleWood per aver inserito la storia tra le "Scelte", grazie mille!!
Auguri di nuovo a tutti e ci vediamo presto (anche perchè devo aggiornare "Sweet Disaster")
un bacio, Giulia

 

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