Hope- hold on, pain ends.

di weretogether
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ''here, again'' ***
Capitolo 2: *** ''you can't escape forever'' ***
Capitolo 3: *** ''teardrops or smiles?'' ***
Capitolo 4: *** ''my heart is broken'' ***
Capitolo 5: *** ''just tired..'' ***
Capitolo 6: *** ''his smile'' ***
Capitolo 7: *** ''warrior'' ***
Capitolo 8: *** ''him and his memory'' ***
Capitolo 9: *** ''to my angel'' ***
Capitolo 10: *** ''self destruction'' ***
Capitolo 11: *** ''all i need is you and i'' ***
Capitolo 12: *** ''we're just friends'' ***
Capitolo 13: *** ''are you in love with him?'' ***
Capitolo 14: *** ''mistakes'' ***
Capitolo 15: *** ''stupid ideas'' ***
Capitolo 16: *** ''you've got a nice ass'' ***
Capitolo 17: *** ''two perfect idiots'' ***
Capitolo 18: *** ''Justin!'' ***
Capitolo 19: *** ''what is love?'' ***
Capitolo 20: *** ''because..'' ***
Capitolo 21: *** ''feelings..'' ***
Capitolo 22: *** ''his name'' ***
Capitolo 23: *** ''it's not easy.'' ***
Capitolo 24: *** Epilogo. ***
Capitolo 25: *** AVVISO. ***



Capitolo 1
*** ''here, again'' ***


Capitolo 1.
''here, again''


Il cellulare squillava, ‘-se suona altre due volte è importante-‘, pensai.
Non avevo assolutamente voglia di alzarmi e rispondere, non avevo voglia di cominciare un’altra straziante discussione. Nessuno mi capiva ormai, nessuno poteva capire cosa stavo provando.
‘-devi dimenticarlo-‘ si ostinavano a ripetere, come se fosse facile dimenticarsi di qualcuno che ti ha tolto il respiro e ti ha regalato sorrisi, ma, dovevo saperlo, come tutte le cose belle della mia vita, era destinata a finire.
-si?- risposi dopo che il cellulare squillò per la terza volta.
Non avevo visto l’ID, quindi non sapevo di chi si trattasse, ma non m’importava.
-Kristen- disse Izzy dall’altra parte del telefono.
-Izzy, dimmi.- dissi volendo concludere quella discussione il prima possibile
-vieni stasera?- chiese lei in tono speranzoso.
-no, non ne ho voglia.- risposi sbuffando.
-ma tu non ne hai mai voglia.- protestò lei.
-è vero, ma non mi va.-
-perché fai così? perché non esci e non ti diverti? Justin non entrerà dalla porta della tua camera, né si farà vivo, è andata così e non ci possiamo fare niente. so che stai male, ma non puoi continuare a vivere così. è stato uno stronzo, ma da lui dovevi aspettartelo, mi dispiace dirtelo, ma sei diventata impossibile in questo ultimo periodo. non ti fai più viva e esisti solo tu, che fine ha fatto la mia migliore amica? sai dirmelo? perché io non lo so più.- disse lei per poi attaccare.
Sussultai ascoltando le sue parole, stavo soffrendo e lei mi faceva la ramanzina, era suo solito, ed era vero, ma non si era mai comportata così.
Digitai velocemente un messaggio dove avvertivo Izzy che sarei uscita con lei e subito mi diressi verso il bagno e mi misi sotto il getto d’acqua calda.
Aveva ragione, aveva sempre avuto ragione lei. Ultimamente non facevo altro che rifiutare i suoi inviti, non le parlavo quasi mai se non quando mi chiamava o quando ci incontravamo a scuola e non sapevo nemmeno come si sentiva. Mi ero chiusa in me stessa e non riuscivo più a dialogare con gli altri, ed era tutta colpa sua. Justin, lui si era portato via tutto e mi aveva lasciata con niente e io non ero quel tipo di ragazza che dopo essere caduta si rialza e fa finta di niente, no. Io ero quel tipo di ragazza che non si fida facilmente, ma che se lo fa ti dedica anima e corpo, ma Justin non si era portato via solo l'anima e il corpo, lui si era preso anche il mio cuore, e quello non l’avevo mai dato a nessuno. Era tutta colpa mia, ma in realtà non potevo farci niente se quella sera, alla festa, mi ero fidata di lui e gli avevo affidato il mio cuore, ma dovevo saperlo che lui non era un tipo affidabile.
 
-cosa ti ha fatto cambiare idea?- chiese Izzy mentre ci dirigevamo verso la casa di Chaz.
-niente, è solo che ci ho pensato bene e ho deciso di venire. hai ragione tu.- feci una pausa.- come sempre del resto.- conclusi.
Lei si limitò ad annuire. –e,- presi una pausa- scusa se sono sempre così stronza, mi dispiace per tutto.- dissi seriamente dispiaciuta. Non potevo permettermi di perdere anche lei, anche se avevo sempre pensato di non meritarla, voglio dire, lei era così fantastica e gentile con tutti e io ero così impulsiva e stronza e difficile e incomprensibile.
-non ti preoccupare, mi dispiace per questo pomeriggio, ma non sei più la stessa. non mi parli più, non esci, stai sempre in quella stanza e le uniche volte in cui ci vediamo è a scuola, di striscio.-
-già.- sospirai io.
-ma l’importante è che sei qui ora.- sorrise, anche io sorrisi, anzi no, io feci finta di sorridere.
 
Arrivammo a casa di Chaz, già da fuori si sentiva quella musica assordante e mi pentii all’istante di aver accettato l’invito, o meglio, mi pentii di essere stata così stupida da costringere Izzy a dirmi ciò che davvero pensava. Se non fosse stato per i sensi di colpa non avrei mai pensato di andare a quella festa.
-wow di gente.- affermai io.
-è sempre così.-
Chaz dava una festa ogni venerdì sera, era ormai un evento abituale e tutta la scuola ci andava. Tutti tranne io. Era proprio li che avevo conosciuto Justin, era li che i suoi occhi mi avevano ipnotizzata e, da quando se ne era andato, io non ero mai più stata in una di queste feste, anzi no, non ero più stata ad una festa e basta.
-sei pronta?- chiese Izzy mentre salivamo i pochi gradini che ci portavano alla porta di ingresso.
-si.- dissi incerta, anche se non era vero. Io non ero pronta. Non ero pronta a tutto questo. Non ero pronta a varcare di nuovo quella porta e ripensare a quella fottuta sera. Non ero pronta a immergermi in quel mare di persone e non riuscire a stare a galla come gli altri. Non ero pronta a niente, ma del resto era sempre stato così e non potevo fuggire in eterno.
Feci entrare nel mio corpo una grande quantità d’aria, poi la buttai fuori e fui pronta a stare in mezzo a quella massa di persone.
La musica rimbombava in quella casa e, appena entrata, sentii una strana sensazione.
Le persone di cui avevo incontrato gli sguardi era stupite quasi quanto me della mia presenza la. Alcuni mi sorrisero, altri si limitarono a guardarmi. Forse potevo capirli, erano tre mesi che non mi facevo viva, l’unico posto in cui mi vedevano era a scuola.
-Kristen- sentii qualcuno posarmi una mano sulla spalla. Mi girai di scatto, non capendo chi fosse.
-Jonathan, ciao.- dissi sorpresa di rivederlo. Quando frequentavamo lo stesso corso di biologia eravamo molto amici, ma avevo ormai perso i contatti col mondo e quindi non parlavamo più. Tutta colpa di quel bellissimo biondo.
Era grazie a lui se ero diventata impossibile, aggressiva, impulsiva, stronza. Era grazie a lui se avevo smesso di parlare con gli altri, se avevo smesso di fidarmi. Era grazie a quello stronzo se ero così.
-come stai? è da molto che non ci si vede.- disse lui con un filo di malinconia. A me era mancato tanto lui.
-io? bene.- mentii. Era la cazzata che dicevo più frequentemente.- tu?- chiesi per togliermi da quell’imbarazzo. Non avevo voglia di domande.
-forse potrebbe andare meglio.- affermò lui.
-già.- sospirai.- potrebbe andare meglio.-
-stai ancora male per Justin?- chiese. Si vedeva così tanto? L’avevo scritto negli occhi che stavo di merda perché mi ero fatta fregare da un coglione che mi aveva preso il cuore?
-no.- mentii ancora.
-Kristen.- disse lui per incitarmi a dire la verità. Mi conosceva bene, così bene che sapeva quando mentivo e quando dicevo la verità.
-si, sto ancora male per lui.- dissi imbarazzata. Non volevo prendere quell’argomento ma non potevo nemmeno non rispondere. Cercai di limitare la mia risposta perché se avessi iniziato a parlare sarei finita per avere una crisi di pianto.
-vuoi parlarne?- chiese.
-no.- ribattei decisa a non continuare a parlarne.
-che dici di prendere qualcosa?- chiese lui cambiando discorso. Benedivo quel ragazzo perché rispettava le mie scelte. Era sempre stato così, se volevo parlare mi ascoltava, se non volevo parlare mi capiva.
-okay.- dissi facendolo sorridere. Ero l’unica ad aver dimenticato come si faceva?
 
-non avrei dovuto cambiare corsi.- affermò lui ridendo.
-perché?- chiesi abbozzando un sorriso.
-perché sei troppo speciale.- sorrise.
-io? speciale? ma stai bene?- chiesi ironica. Potevo essere tante e tante cose, ma di sicuro non ero speciale.
-si, sto benissimo, guarda.- disse iniziando a ballare facendomi ridere.
Presi un sorso di vodka, avevamo una bottiglia a nostra disposizione e, anche se odiavo l’alcool, ero riuscita a berne qualche sorso. Non volevamo ubriacarci, volevamo solo divertirci un po’, nient’altro.
-tu sei pazzo.- dissi scandendo bene le parole.- completamente pazzo.- dissi cominciando a ballare con lui.
-certo che non sei cambiata.- disse.
-credi davvero che non sia cambiata?- chiesi un po’ sorpresa. Era l’unico a non pensarlo, pure io pensavo d’essere cambiata, mi sentivo così diversa e così, vuota.
-si, sei sempre la stessa Kristen. pazza, simpatica, sei solo più chiusa.- disse lui.
Non ci avevo mai pensato, perfino Izzy pensava fossi cambiata, ma lui no, lui mi credeva sempre la stessa, e questo mi faceva star bene e innervosire allo stesso tempo. Io non volevo cambiare, ma non volevo nemmeno essere la stessa persona ingenua che si era innamorata di Justin.
-wow, è strano.- affermai.
-perché?- chiese lui non capendo.
-perché non sono più la stessa da un bel po’ di tempo, forse mi sono solo convinta d’essere cambiata.- dissi più per convincere me che per convincere Jonathan.
-sei sempre la stessa, fattene una ragione.- disse lui ironico.
-ah-ah. come sei spiritoso.- dissi io facendo la finta arrabbiata.
Continuammo a ballare nel vialetto che stava tra il cancello e la porta d’ingresso e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentivo meglio. Non bene, ma meglio. Eppure c’era sempre il ricordo di Justin a rovinare tutto. Il ricordo di lui che era riuscita ad illudermi. E ce l’avevo anche con me stessa, perché ero stata io a fidarmi, lui ci aveva provato e io ci avevo creduto. Dannata convinzione di poter cambiare una persona.
Ma per quale motivo continuavo a pensare a lui quando in realtà non avrei mai più visto i suoi occhi? Se ne era andato via e non avevo ancora un motivo per pensare a lui dato che non lo avrei mai più rivisto.
-andiamo dentro?- chiese Jon. Io annuii e lo seguii dentro.
Entrai per la seconda volta in quella casa, ma, a differenza della volta prima, non mi sentivo in imbarazzo e non avevo bevuto tanto da potermi sentire a mio agio anche se fossi stata nuda (buon segno). Mi sentivo come la seconda volta in cui ero venuta ad una di queste feste. C’ero venuta controvoglia, ma c’ero venuta e ero riuscita a provare a fregarmene degli altri e quella sensazione mi faceva stare  bene. Penso che il caso non era quello, perché ne sarebbe passato di tempo prima che riuscissi a tornare ad essere almeno in parte quella che ero prima, ma mi sentivo più coinvolta, non mi sentivo una completa estranea. Ero un’estranea a
 metà, esatto.
Dopo qualche movimento riuscii a farmi spazio tra la folla e mi diressi verso il bagno. Salii le scale piene zeppe di persone che si baciavano, subito mi venne in mente la prima volta che avevo baciato Justin. Cercai di scacciare via quei pensieri, nonostante fosse estremamente difficile.
Andai in bagno, ricordavo ancora dov’era. Prima di entrare vidi una porta vicina aprirsi. Cercai di non guardare chi fosse, ma nel preciso istante in cui mi girai incontrai gli occhi color nocciola che per tanto tempo avevo amato.
Restai ferma, quasi fossi paralizzata. Non riuscivo a muovermi, era come se ogni singolo muscolo del mio corpo si fosse pietrificato e a ogni secondo che passava il mio cuore perdeva un battito.
Lui era li? Justin era li? Era tornato? E non era solo.
-Kristen?- pronunciò lui.
Maledizione, non doveva succedere. Maledizione, non poteva essere. Maledizione, non sarei dovuta venire. Ma lui cosa ci faceva li?
Stavo con gli occhi fissi su di lui e, prima di scappare, ebbi modo di vedere la sua mano perfettamente intrecciata con quella di Susan.
Lo odiavo. Odiavo lui, odiavo Susan, odiavo me stessa, odiavo tutto.
Sentii una stretta allo stomaco. Bloccai le lacrime, perché non volevo vedesse che soffrivo ancora. Non volevo che vedesse che aveva vinto lui.
-ehi, che succede?- chiese Jon una volta che fui fuori.
Ma io non risposi e corsi via, corsi lontano da lui, corsi lontano dai ricordi, ma ormai avevo imparato a conviverci, erano la mia realtà.


**

Ecco qui la mia seconda ff. Non so quanto possa essere originale come storia, ma vorrei fare qualcosa di, come dire, carino (?).
Spero vi piaccia, anche se so che, come primo capitolo, non si può proprio dire che sia il massimo.
Diciamo che vi ho anticipato qualcosa del passato di Kristen.
Cosa ne pensate? Spero in una vostra recensione :). 
A presto, baci, weretogether ♥.

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Capitolo 2
*** ''you can't escape forever'' ***


Capitolo 2.
''you can't escape forever''


Avevo finalmente preso sonno quando la sveglia suonò. Avevo passato a notte in bianco, non ero riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, rivederlo dopo tre mesi era stato troppo per me.
Mi alzai a stento dal letto e scesi al piano di sotto, non volevo sentire le urla isteriche di mia mamma, almeno non oggi.
-Kristen?- chiese lei confusa.
-si, è il mio nome, almeno è quello che mi avete fatto credere per diciassette anni.- affermai io acida. Ero sempre così la mattina, e anche il pomeriggio, e la sera, e quando uscivo, e anche la notte.
Mia mamma ignorò ciò che avevo appena detto e continuò –stai bene?-
-cos’è, un interrogatorio?- dissi sbuffando.
-no, ma tu che ti alzi di mattina presto è una cosa molto strana.- concluse.
Non risposi e aspettai che anche papà e Nathan scendessero.
Dopo colazione salii di sopra e mi preparai, mi affacciai dalla finestra e vidi la finestra della camera di Justin aperta. Non aveva cambiato stanza? Significava che l’avrei rivisto ogni sera?
-Kristen, scendi che sono già le otto.- gridò mamma dal piano di sotto.
-un attimo.- risposi smettendo di fissare quel muro.
-o vieni ora o vai a piedi.- disse sempre gridando.
-arrivo.- urlai io a mia volta.
Uscii dalla mia camera e vidi Nathan correre al piano di sotto.
-non ti azzardare a prendere il posto davanti, è mio.- urlai scendendo di sotto e scandendo la parola ‘mio’.
-certo.- disse lui scendendo per le scale. Iniziai a corrergli dietro.
-non provare a uscire da quella porta.- urlai.
-contaci.- disse lui aprendo la porta principale.
Iniziammo a correre verso la macchina e, spingendolo, arrivai prima io alla macchina, così aprii lo sportello e presi posto davanti.
-non vale!- protestò lui.
-non ci sono regole.- gli feci la linguaccia.
Prima di richiudere lo sportello vidi Justin guardare nella mia direzione, di sicuro aveva visto la scena e, oltre ad essere estremamente imbarazzata, sentii una stretta allo stomaco e il cuore iniziare a battere più velocemente.
 
-ehi Izzy.- disse andando verso Isabella, la chiamavo ‘Izzy’ da quando avevo cinque anni e a lei dava tremendamente fastidio.
-ciao Kristen.- disse lei abbracciandomi.
Presi dei libri dal mio armadietto e ne posai altri, poi ci dirigemmo verso l’aula di chimica.
-quando sei andata via ieri?- chiese Izzy dopo aver preso posto. Non c’era ancora nessuno in classe ed eravamo venute proprio per stare un po’ in silenzio.
Ripensai a Justin e Susan e non riuscii a non odiarmi per essere andata a quella festa –abbastanza tardi da poter sapere che Justin è tornato- dissi io quasi fosse un sussurro.
Lei spalancò gli occhi, non capendo se fossi sul punto del suicidio o se l’avessi presa bene –l’hai già visto?- chiese cauta.
Annuii col capo, non avevo voglia di rispondere e non avevo voglia di parlarne ancora.
-e?- continuò lei volendo sapere di più.
-e non voglio parlarne.- dissi togliendo dallo zaino i libri che avevo preso poco prima.
-okay.- disse lei imitandomi.
Poco dopo suonò la campanella e una massa di persone entrò in classe facendomi fare un respiro di sollievo. Sapevo che Izzy avrebbe continuato finché non glielo avrei detto e, ad essere sincera, avrei potuto essere anche più acida del solito se avessimo continuato a parlare di Justin.
 
-signorina Edwards, saprebbe rispondere a questa domanda?- chiese Mr. Sonounrompicoglioni Flores.
Prima che potessi rispondere suonò la campanella che segnò la corsa degli alunni verso la mensa. Io e Izzy come nostro solito uscimmo fuori, non pranzavamo mai a scuola, avevamo troppo da dirci.
-era da tanto che non lo facevamo.- disse Izzy una volta sedute sul solito muretto.
-è vero.- dissi dispiaciuta sapendo d’essere la causa di tutto ciò.
-allora, mi racconti di Justin?- cambiò discorso lei.
-Izzy, non ho voglia di parlare di lui.-
La vidi annuire un po’ delusa.
-l’ho visto con Susan, stavano uscendo da una stanza, mano nella mano. non voglio sapere cosa avevano fatto e non voglio nemmeno sapere quello che hanno fatto in questi  tre mesi.- dissi io tutta d’un fiato.
-cosa? è tornato con Susan?- chiese lei sconvolta.
Io mi limitai ad annuire. Sentivo il mondo crollarmi addosso e la paura di poter incontrare un’altra volta i suoi occhi mi stava divorando.
-ma lei non ha finito la scuola?- disse Izzy.
-si, l’anno scorso.- dissi posando lo sguardo sulla strada. Eravamo le uniche due fuori, ma questo non mi dispiaceva.
Lei non rispose più, forse aveva capito quanto fosse difficile per me l’argomento ‘JUSTIN’, soprattutto dopo averlo rivisto, con Susan.
-vado in bagno.- dissi io, lei mi seguì e entrò in mensa, forse doveva incontrare Noah.
Dopo aver visto Izzy entrare in mensa continuai a continuare per andare verso il bagno, quando andai a sbattere contro qualcosa, o qualcuno.
-scusa.- dissi io veramente dispiaciuta. Alzai gli occhi e rividi Justin, così non lasciai nemmeno che aprisse bocca e corsi verso il bagno.
-Kristen-  gridò lui, ma io non gli diedi retta e lasciai che le lacrime rigassero il mio viso.
Stavo troppo fottutamente male e vederlo mi faceva stare peggio. Perché era tornato? Perché lui mi aveva dimenticato in poco tempo e io stavo ancora male per lui?
Odiavo lui per avermi illusa e odiavo me per averci creduto. Odiavo tutto di lui e tutto di me, ma, per quanto ciò che provavo potesse somigliare all’odio, ero sicura che quello non era odio. Quello era amore.
 
Tornai a casa a piedi, mamma lavorava di pomeriggio, papà era sempre impegnato in ufficio e io avevo bisogno di prendere un po’ d’aria.
Vederlo tre volte in meno di ventiquattro ore era stato troppo per me. Erano tre mesi che non lo vedevo, l’ultima volta che l’avevo visto non stavamo più insieme.
Mi aveva lasciato per stare con Susan, ma avrei dovuto saperlo. Uno come lui non sarebbe rimasto a lungo con una come me. Uno come lui in genere non sta mai con quelle come me, eppure c’era qualcosa che lo aveva spinto a stare con me per ben quattro mesi.
-Kristen.- sentii qualcuno prendermi per il braccio. Mi girai di scatto per vedere chi fosse e me lo ritrovai davanti in tutto il suo splendore.
Sentii i miei muscoli irrigidirsi e volevo solo scappare, ma mi sentivo impotente ed era come se le mie gambe fossero di piombo. Volevo fare un passo e poi un altro e poi un altro ancora e volevo tornare a casa e non vederlo per il resto della mia vita, ma era come se avessi dimenticato come si camminasse.
-che vuoi?- dissi togliendomi la sua mano di dosso.
-voglio solo parlarti.- disse lui.
-mi dispiace per te ma io non voglio.- dissi acida più del solito. Non volevo parlargli, non volevo rivolgergli la parola, non dopo tutto il dolore che mi aveva causato.
-perché mi eviti?- chiese lui.
Non era abbastanza evidente? Davvero non capiva?
-che c’è, questi tre mesi ti hanno reso stupido? strano, perché quando te ne sei andato non eri così, almeno è quello che ricordo.- doveva sentirsi in colpa, almeno questo. Doveva capire come mi ero sentita per tutto questo tempo, doveva capire quanto mi aveva fatta soffrire.
-Kristen, la smetti di fare così?-
-così come? come una stronza?-
-esatto.-
-non penso tu sia nelle condizioni di dirmi come devo o non devo comportarmi.- dissi ritrovando la forza di girare e andare a casa.
-brava, va via. ma non puoi scappare in eterno, lo sappiamo entrambi che non puoi evitarmi per sempre.- disse in lontananza.
Ed era vero, non potevo evitarlo per sempre, non potevo comportarmi come se niente fosse, né potevo comportarmi come un’emerita stronza, per di più pure acida.
Ma non potevo cedere ai suoi ‘voglio parlarti’ perché sarei finita per crederci io.
Tornai a casa e dopo essermi chiusa il portone dietro le spalle iniziai a singhiozzare per il nervoso. Continuava a farmi del male, anche involontariamente. Non potevo continuare così ancora per molto. Non potevo far finta di niente e mollare tutto ogni fottuta volta, ma ora che c’era Justin, cosa dovevo fare? Ora che l’avrei visto giorno per giorno camminare di fianco a Susan, come mi sarei dovuta comportare?
Non potevo più sentire il mio cuore crollare a pezzi, non potevo più starmene in camera mia a pensare a tutto ciò che avevamo passato insieme e a quanto stronzo fosse stato a lasciarmi così.
-Kristen, sei tu?- chiese Nathan mentre scendeva le scale.
Mi asciugai subito le lacrime e risposi con un ‘si’.
-che succede?- mi chiese. Aveva soli quattordici anni e per quanto potessimo odiarci, ci volevamo bene.
-niente- abbozzai un sorriso.- sta tranquillo.-
-è per via di Justin?- mi chiese.
-no.- mentii.
-guarda che lo so che stai male per lui. lo so che è stato lui a lasciarti per quell’altra e lo so che quest’estate sei uscita poco per colpa sua.- disse lui.
-cosa?- chiesi non capendo.
-sto solo dicendo che non sono stupido e che, nonostante abbia quattordici anni, capisco cosa succede.- disse sedendosi accanto a me.
Io sorrisi e gli strofinai la mano sulla nuca –ehi ehi, non toccarmi i capelli.- protestò lui.
-suvvia, tanto lo sai che fanno schifo.-
-cos’hai detto?- chiese lui.
-niente.- scoppiai a ridere e corsi al piano di sopra. Prima che potesse raggiungermi chiusi a chiave la porta della mia camera e lo sentii mugugnare qualcosa.
-me la paghi- disse infine.
-ti voglio bene anche io mr. imieicapellifannoschifo.- scoppiai a ridere.
 
Erano già le sette di sera e io, sul balcone della mia camera, stavo ancora studiando filosofia. Era tra le mie materie preferite, mi affascinava molto.
Facevo avanti e indietro su quello spazio limitato quando sentii il rumore di uno sportello e, certa che fosse mia mamma mi affacciai.
-ehi mamma.- gridai per farmi sentire.
-tesoro.- disse lei da sotto. –devo dirti una cosa.-
-okay.- dissi.
Rientrai in camera e aspettai che salisse per dirmi ciò di cui parlava prima.
-hai finito i compiti?- chiese lei come al solito.
-no, manca solo filosofia.-
-bene, allora studia e dopo vai a fare la doccia, questa sera ceniamo da Jane’s- disse lei.
-cosa? e me lo dici ora?- ero quasi sul punto di una crisi isterica. Cenavamo al ristorante e me lo diceva solo tre ore prima?
-si, sbrigati.-
-okay, dissi precipitandomi in bagno per aprire l’acqua-
-e vestiti bene, non saremo soli.- disse lei.
Stavo per chiederle chi altro sarebbe stato con noi, ma prima che potessi aprire la bocca lei richiuse la porta.
 
Dopo aver asciugato e aver lisciato i capelli, scelsi cosa dovevo indossare.
Viste le scelte di mia mamma optai per un abito nero corto fin poco più sopra il ginocchio, delle francesine nere e un cardigan bianco.
 
-sei pronta Kristen?- disse mamma dietro la porta della mia camera.
-si, che te ne pare?- dissi aprendo la porta per farle vedere ciò che avevo scelto.
-sei bellissima.- disse sorridendo.
Sorrisi con lei, anche se lo sentivo, le mie guance stavano prendendo fuoco,  e scesi al piano di sotto.
-siete pronte?- chiese papà che se ne stava seduto sul divano di sicuro da almeno dieci minuti.
-si- disse mamma.
Uscii di casa seguita da Nathan, mamma e papà.
-allora, chi ci sarà con noi stasera?-
-è una cena di quartiere.- disse mamma.
Cena di quartiere? Quindi ci sarebbe stato anche Justin?
-cena di quartiere?- dicemmo all’unisono io e Nathan.
-si.- disse mamma.
Diedi velocemente un’occhiata alla casa di Justin e vidi la porta principale aprirsi.
-posso restare a casa?-
-no, vieni pure tu signorina.- disse papà.
Sbuffai e salii in macchina.
Sarebbe stata una gran bella serata di merda, ne ero sicura.

**

Salve gente, ecco qui il secondo capitolo.
Non è un granché, ma dovevo pur introdurvi la serata lol.
Cosa ne pensate?
In ogni caso ringrazio le persone che hanno letto il primo capitolo e che anche quelle che l'hanno recensito.
Grazie di cuore, ci tengo tantissimo.
Alla prossima, spero in una vostra recensione :).
Baci, weretogether ♥.

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Capitolo 3
*** ''teardrops or smiles?'' ***


Capitolo 3.
''teardrops or smiles?''


Era già un’ora e mezza che aspettavamo che ci portassero ciò che avevamo ordinato. Da quanto avevo capito questa ‘cena di quartiere’ era dovuta all’arrivo di Justin. Le cose andavano di male in peggio, insomma.
Se l’avessi saputo prima non mi sarei nemmeno preparata e me ne sarei stata sul divano a mangiare gelato per il resto della serata.
Per mia fortuna Justin era impegnato a raccontare ai vicini, donne e uomini che andavano dai cinquanta ai sessant’anni, dell’estate passata in Inghilterra, Susan e i suoi genitori erano di Londra ed era stata una loro idea portarsi Justin per i tre mesi d’estate. Pensavo ci rimanessero per sempre, e invece erano tornati.
Delle volte Justin mi mandava delle occhiate, ma io facevo finta di niente e parlavo con Ronnie, la figlia di una dei vicini, aveva un anno più di me.
 
Stavamo fuori quando Ronnie iniziò quel tanto odiato ma frequente argomento, Justin.
-ma tu e Justin non stavate insieme?- chiese lei per poi accendersi una sigaretta.
-stavamo.- dissi io facendole intendere che mi aveva lasciato lui.
-che bastardo.- disse dopo aver buttato fuori dal suo corpo del fumo.
-già, che bastardo.- dissi più a me che a lei.
-ti ha lasciato per quella con cui sta ora?-
-si. un giorno è arrivato e mi ha detto ‘scusa, ma non possiamo stare più insieme’ e, senza darmi un motivo valido per cui le nostre strade dovevano dividersi, se ne andò.- dissi io mentre cercavo di bloccare le lacrime.
-non devi soffrire, Kristen. i ragazzi vanno e vengono, lui è stato uno stronzo e non devi permettergli di farti smettere di vivere.- disse. Lei si che mi capiva. Ma parlava per esperienza o aveva solo provato a indovinare? La curiosità fu così tanta che glielo chiesi.
-parli per esperienza?- le chiesi io imbarazzata. Non mi piaceva farmi i fatti degli altri, ma ci conoscevamo praticamente da quando eravamo appena nate e, anche se non eravamo mai state veramente legate, parlavamo spesso.
-si.- disse.- anche io sono stata lasciata per un’altra.- concluse. Sentivo anche nel suo tono di voce quella malinconia che da ormai cinque mesi popolava il mio di tono di voce.
Stessa tristezza e stesso dolore. Perché non eravamo diventate migliore amiche? E magari potevamo anche piangere insieme.
-quanto tempo fa è successo?-
-a dicembre sono stati due anni-
Due anni? Lei stava così da due anni? Come faceva a sopportare tutto questo dolore? Come faceva a portarsi dietro, giorno dopo giorno, questo dolore che si portava via anche l’anima?
Mi trattenni dallo spalancare gli occhi e gridare ‘due anni?’, ma ero stupita, e non poco. Quella ragazza doveva essere incredibilmente forte.
-Ronnie, i ragazzi vanno e vengono. lui è stato uno stronzo e non devi permettergli di farti smettere di vivere.- dissi ripetendo le sue stesse parole.
Lei improvvisamente scoppiò in lacrime, stava crollando, lo leggevo nei suoi occhi.
-Kristen, io non ce la faccio più. sono due anni che va avanti così, due anni che non sorrido, due anni che non sono felice. lui se ne è andato e io spero ancora che possa arrivare da un giorno all’altro e possa rendersi conto che lasciarmi è stato un’enorme sbaglio. lui si è fatto una vita senza me, per me invece non c’è vita senza lui. evidentemente non ero abbastanza.- disse tenendosi la testa con le mani e lasciando che le lacrime bagnassero il suo bellissimo vestito blu.
-ehi, ehi, ehi.- dissi abbracciandola.- Ronnie, non fare così. lui è stato uno stronzo, un emerito stronzo, ma questo non vuol dire che sei stata tu a sbagliare o che c’è qualcosa in te che non va, questo significa che lui non ti meritava e che tu hai bisogno di molto di più. so quanto dolore si prova, so quanto ci si sta male, e parla una che piange giorno e notte per uno che non ha versato nemmeno mezza lacrima per me, ma non puoi farti abbattere così. sono passati due anni e devi tornare a vivere. so quanto possa essere difficile e non posso assicurarti che sarà facile, ma le cose andranno meglio.- dissi stringendola ancora più forte. Le sue lacrime avevano bagnato anche il mio di vestito ed era come se in quel momento fossi io a piangere. -andrà tutto bene, te lo prometto.- dissi infine.
Lei alzò lo sguardo, ovviamente imbarazzata e si asciugò le lacrime.
-scusami, io non volevo, ma non ce l’ho fatta.- disse lei per scusarsi.
-non devi scusarti, so cosa si prova.-
-torno dentro, vieni?- mi chiese.
-no, va pure, ti raggiungo subito dopo.- dissi. Posai lo sguardo sulla strada e subito dopo sentii la porta richiudersi.
-che aveva Ronnie?- sentii una voce fin troppo familiare e un nodo mi si formò nello stomaco.
Non risposi, perché voleva parlarmi? Perché voleva far si che mi illudessi un’altra volta? A cosa sarebbe servito?
-puoi smettere di fare la bambina e rispondermi?-
Ora ero pure io la bambina, bene.
-Kristen, vuoi smetterla per una cazzo di volta e darmi retta?- disse alzando di poco il tono di voce.
-cosa vuoi ancora da me? puoi dirmi una volta per tutte cosa vuoi da me? perché io non lo capisco. mi hai lasciata sola, te ne sei andato, ora torni e vuoi anche parlarmi?-
-voglio solo essere tuo amico. mi dispiace per quello che ho fatto, ma preferivo dirti la verità subito. non volevo illuderti.-
Ah, ora voleva essere mio amico? Ma che gli prendeva? Londra gli aveva fottuto il cervello e gli aveva messo in testa un criceto?
-sei serio? no, perché se sei serio ti consiglio di far svegliare il cricetino che hai in testa.-
-perché?- disse scoppiando a ridere. Ora rideva anche? Cos’è, avevo scritto in fronte ‘sono una cogliona, deridetemi’?
-ma ragioni col culo?- io e la mia finezza. Si, ero molto simpatica. –io l’ho detto che Londra ti ha fottuto, e alla grande.- sbottai.
-sei sempre la solita.- disse continuando a ridere. Cosa si era fumato?
-Justin, sai che è illegale fare uso di droghe?- dissi restando impassibile.
-eddai, smettila di fare la seria e ridi.- disse ridendo. Come faceva a sapere che stavo trattenendo la risata? Ero così prevedibile?
Scoppiai in una fragorosa risata e, nonostante facesse uno strano effetto, risi di gusto. Era strano ridere, soprattutto mentre c’era Justin accanto a me. –sono così prevedibile?- chiesi ridendo.
-no, è solo che ho imparato a conoscerti.- disse ridendo.
D’un tratto calò il silenzio tra noi due e, quella confidenza tornata dopo mesi, era ormai sparita. Lui si era accorto solo dopo di ciò che aveva detto e io avevo smesso all’istante di ridere.
Era sempre così, il passato bussa alla porta, tu non apri e fa finta d’essere andato via, ma dopo un po’ di pace non bussa alla porta, suona direttamente.
-scusa, non volevo..- disse Justin rompendo quel silenzio.
-no, non ti preoccupare.- perché tornavo a fare la gentile con lui? Lui non meritava belle frasi, né gentilezza. Lui era uno stronzo e doveva essere trattato come tale.
-allora, come va?- disse cambiando argomento. Eravamo già passati alla modalità ‘ex ma amici’?
-bene.- mentii, ma sapevo ci avrebbe creduto. Lui credeva sempre a tutto, o forse semplicemente non aveva voglia di scomodarsi ad aiutare qualcuno.
-dici sul serio?- chiese stupito.
-si.- risposi.
-wow.- fece un urletto.- avrei scommesso che non saresti riuscita a superare questa storia.- disse quasi fosse stupido.
L’impulso di rispondere ‘e facevi bene, avresti vinto’.
 -e quanto avresti scommesso?-dissi per spezzare l’atmosfera elettrica che si era venuta a creare tra noi due.
-mmm..- fece finta di pensare.- tutto.- rispose subito dopo.
-wow, allora saresti ricco ora!- dissi per poi tapparmi la bocca.
-cosa?- chiese lui evidentemente confuso.
-no, niente, era per dire.- e vaffanculo al ‘era per dire’, ‘era per dire’ un corno, ero seria io!
Justin stava per rispondere quando la porta del ristorante si aprii e la voce di mio papà ruppe la bolla in cui eravamo intrappolati io e Justin.
-ragazzi, stanno servendo.- disse per avvisarci.
Io mi alzai di scatto e, dopo che anche Justin si alzò, entrammo.
Era strano come sembrasse tutto come prima, strano come una sola chiacchierata avesse fatto si che diventassimo quasi come degli amici. Ma questo non significava che il mio odio per lui era sparito, no, solo che nella mia scaletta, che andava dall’uno al dieci, il mio odio per lui era passato dal 10% al 9,99%. Facevamo progressi, insomma.
Prendemmo posto e portarono ciò che avevamo ordinato.
 
Era già mezzanotte passata e di tornare a casa non se ne parlava. Quelle donne erano sconvolgenti, delle pettegole sconvolgenti. Non smettevano un attimo di parlare e io e Nathan, per passare tempo, ci sfidavamo a ‘fruit ninja’. Non male.
-andiamo fuori?- chiese d’un tratto Ronnie.
Alzai lo sguardo verso di lei e annuii col capo.
-uffa, ma stavo vincendo!- esclamò Nathan.
-ecco, appunto.- gli feci la linguaccia e mi beccai l’occhiataccia di mia mamma. Che c’era di male? Non potevo essere bambina anch’io?
-ma con Justin?- chiese Ronnie curiosa quando fummo fuori.
-con Justin cosa?- dissi non capendo.
-non eri arrabbiata con lui?-
-si, lo sono ancora.-
-cosa ti ha detto prima?- disse come se fosse in cerca di scoop.
-niente. abbiamo riso e basta, come i vecchi tempi.- dissi con un filo di malinconia pensando a quando stavo con Justin. Odiavo, insieme a tutte le altre cose, quel mio tratto. Perché dovevo ricollegare ogni cosa a Justin? Perché dovevo necessariamente essere triste? Era come se ce la mettessi tutta per non essere felice, come se mi piacesse soffrire.
-sei fortunata e non sai quanto,- disse lei come se stesse pensando.
-fortunata? per quale motivo?  lui è tornato e questa non potrebbe descriversi una fortuna. non riesco a vederlo, né a guardarlo negli occhi. ricascherei di nuovo in quella trappola e, per ora, è l’ultima cosa di cui ho bisogno.- dissi arrabbiata.
-vuole essere tuo amico.- esclamò lei.
-no che non vuole, e anche se lo volesse, beh, mi dispiace per lui, io non voglio.- come potevo essere amica della causa di tutto il mio dolore? Eppure, per quanto fosse difficile per me ammetterlo, c’era una parte di me che lo voleva. Voleva tornare a stargli vicina, ma sarebbe stato uno sbaglio, un enorme sbaglio. Sapevo che se fossi diventata sua amica poi non mi sarebbe bastato più.
Ci fu una breve pausa di silenzio, poi si sentì un clacson e una macchina parcheggiò davanti al locale.
Una rossa alta e slanciata scese dalla macchina fermatasi poco prima e mi resi subito conto di chi si trattasse.
Poco dopo la porta si aprì e Justin uscì fuori dal locale e si diresse verso la macchina dove stava appoggiata la ragazza.
Sentii un nodo in gola e una stretta allo stomaco. Solo quando le loro labbra si toccarono capii cosa stesse succedendo. Quella scena era un tuffo al cuore e sentivo che il mondo mi stava crollando addosso.
Si scambiarono ancora qualche bacio, poi lui le diede un colpetto sul sedere e insieme entrarono in macchina. Lui guidava, lei lo guardava.
Sentii le lacrime bruciare sul volto e non potei far a meno di poggiare la testa sulle ginocchia.
Prima che tutto accadesse i miei occhi incontrarono quelli di Justin, ma quelli non erano i miei occhi, quello era il mix di dolore, rabbia, nervoso e tristezza che aveva preso il sopravvento su di me da ormai troppo tempo.
Lui era felice. Perché non potevo esserlo anche io?
 
‘dolore o felicità. sta a te scegliere. preferisci una lacrima a un sorriso o un sorriso a una lacrima?’


**
 

Ecco qui il capitolo 3. Tempi record (?).
Okay, da premettere che scrivo questi capitoli quando ho voglia di espimere le mie emozioni. 
Scrivere è il mio modo di esprimermi.
In ogni caso, spero vi piaccia, ce la sto mettendo tutta per cercare di fare dei bei capitoli e, anche se non sono lunghissimi, non troppo corti.
Spero in una vostra recensione e volevo ringraziare le poche ragazze che hanno letto i capitoli, e ovviamente anche quelle che l'hanno recensito.
Per quanto vi possa sembrare banale, ci tengo tantissimo alle recensioni. Quando scrivo ci metto tutta me stessa e mi fa piacere leggere ciò che le persone pensano di ciò che scrivo e di come lo scrivo ( ovviamente anche se sono critiche ).

Alla prossima, baci, weretogether ♥

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Capitolo 4
*** ''my heart is broken'' ***


Capitolo 4.
''my heart is broken''


-Kristen.- sussurrò Izzy facendomi segno di sedermi vicino a lei.
Ero arrivata in ritardo, per l’ennesima volta.
-signorina Edwars, pensa di cavarsela così?- disse Mr. Flores dopo che ebbi preso posto.
 In tutta risposta feci cenno di no e lui obbiettò con un –per questa volta la passa liscia, la prossima volta che la becco ad arrivare tardi a scuola la mando in detenzione.-
Sospirai evidentemente sorpresa di ciò che mi aveva detto il professore e lanciai un’occhiata a Izzy che le faceva capire ‘ti devo parlare’. Si, le dovevo parlare, doveva assolutamente sapere ciò che era successo due sere prima con Justin, e Susan.
 
-allora? dimmi tutto.- disse Isabella una volta fuori.
-l’altra sera.- feci entrare dell’aria nei polmoni, ne avevo sicuramente di bisogno. –ho parlato con Justin, ma non come al solito, non ero scorbutica, né rompicoglioni, né stressante, ero semplicemente Kristen, la stessa Kristen di tre mesi fa.-
Izzy spalancò gli occhi e la vedevo un po’ sorpresa.
-dici sul serio?- chiese abbozzando un sorriso.
-si, sono seria.-
-e cosa vi siete detti?-
-era come se fossimo tornati a qualche mese fa. mi ha detto che vorrebbe essere mio amico.-
-e tu? per favore, dimmi che non hai combinato qualche cazzata.-
-mm, no. gli ho semplicemente chiesto se Londra gli aveva fottuto il cervello.- dissi seria.
Izzy scoppiò in una risata isterica, che, in genere, stava a significare ‘che cazzo combini?’.
-questa è la mia Kristen.- disse essendo d’un tratto seria.
-non sei arrabbiata?- chiesi sconvolta.
-no.-
-nemmeno un po’?-
-no.- rispose impassibile. –dovrei?-
-non so, dimmelo tu.-
-no, hai fatto bene. pensavo  avresti risposto subito di si ed è molto peggio dei tuoi modi scorbutici.-
Scoppiammo a ridere e, per la prima volta dopo mesi, sentivo che quella era la mia migliore amica e nessuno mai avrebbe potuto imitarla, nessuno.
Ridemmo ancora per qualche secondo, poi, d’un tratto, il viso di Izzy si fece serio e, ebbi a malapena il tempo di girarmi che vidi la rossa e il biondo, si baciavano, e così, come per magia, sentii il cuore andare in spezzi e il mondo crollarmi addosso.
-andiamo?- dissi.- per favore.- non era una semplice domanda, era una richiesta d’aiuto.
-okay.- rispose, subito dopo ci alzammo e entrammo a scuola.
 Ovviamente non passammo inosservate e mentre camminavo sentivo gli occhi di Justin posati su di me, ma io non volli girarmi, o meglio, non ci riuscii.
-Kristen!- qualcuno dietro di me mi prese per il braccio.
Mi girai di scatto e abbozzai un sorriso vedendo Jonathan davanti a me.
-ehi, Jon.- sorrisi felice di rivederlo.
-come stai?- sembrava non curarsi della presenza di Izzy.
-diciamo che sto meglio.- finsi un sorriso. Avrei dovuto fare l’attrice e, mentre ci pensavo, lo presi come un possibile lavoro che avrei potuto fare dopo il college. –tu?- aggiunsi.
-bene.- sorrise. La cosa bella di Jon era che aveva sempre il sorriso stampato in faccia e anche se le cose gli andavano male non smetteva per un istante di sorridere. Era la persona più forte che avessi mai conosciuto.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi riprese –che ne dici di uscire questo pomeriggio?- sorrise per la seconda volta nel giro di qualche minuto.
-mm, oggi non posso, ma magari un altro pomeriggio.- dissi deludendolo.
-okay, allora ci si sente.- si limitò a dire, dopo andò via.
-perché hai detto di no?- chiese Izzy subito dopo.
Feci spallucce -perché non mi andava.- mi limitai a dire.
-se lo dici tu.- alzò gli occhi al cielo. 
 
Ero all’uscita da scuola, tornavo a piedi, anche oggi mamma aveva da fare, e forse ne avrebbe avuto anche per il resto dell’anno scolastico.
-ehi Jon.- dissi vedendo Jonathan a piedi davanti a me.
-ehi Kristen.- si girò e mi sorrise.
-vai a casa a piedi?- chiesi.
-si, tu?-
-pure, dove abiti?-
-a tre isolati da qui, tu?-
-davvero? io a due.- abitavamo vicini e nessuno dei due lo sapeva?
-wow. torni a casa tutti i giorni a piedi?-
-dipende, a volte si e a volte no. tu?-
-penso da oggi si.- sorrise. Era la dolcezza e, se dovevo essere sincera, mi era mancato, mancato davvero.
-sono arrivata.- dissi indicando casa mia.
-uh, allora ciao.-
-ciao.- dissi. Stavo per allontanarmi quando mi prese per mano.
-domani sera usciamo?- chiese avvicinandomi a lui.
-okay.- accettai, forse mi avrebbe fatto un po’ di bene uscire.
Sorrise, mi schioccò un bacio sulla guancia e se ne andò.
 
Come mio solito stavo sul balcone a studiare. Studiare li mi rilassava.
-ciao Kristen-panda. - sentii dire. Alzai gli occhi e vidi Justin seduto sulla sdraio che si trovava sul balcone della sua stanza.
-ehi.- sussultai a quel nome. ‘Kristen-panda’ era così che mi chiamava prima di stare insieme.
-che fai?-
-niente, cercavo di studiare.-
-cosa si prova ad essere una del quarto?- chiese ironicamente per fare il superiore.
-dovresti dirmelo tu.-
-credimi, essere del quinto è molto meglio.- sorrise.
-ah-ah. sei davvero spiritoso, Justin Drew Bieber.- dissi ironica.
Scoppiammo in una sonora risata, non era cambiato, era sempre lui, il ragazzo di cui mi ero innamorata qualche mese prima.
Posai di nuovo lo sguardo sul libro di matematica, ma studiare, o almeno cercare di farlo, mentre Justin mi osservava era davvero impossibile.
-perché mi guardi?- chiesi girandomi verso di lui.
-chi ti dice che io lo stia facendo?-
-sarò anche del quarto, ma riesco a capire quando qualcuno mi fissa.- dissi ridendo.
-brava Kristen-panda.- disse lui appoggiandosi alla ringhiera del suo balconne.
Sorrisi a quel soprannome, era come tornare ai vecchi tempi, ma ero sicura di voler tornare ai vecchi tempi?
-come stai?- chiese facendosi serio.
Era strano, lui che mi chiedeva come stavo, lui che mi aveva preso il cuore e se l’era portato via, lui che mi aveva lasciata sola con me stessa. Ma d’improvviso era come se tutto il dolore che mi aveva fatto compagnia in quei lunghissimi tre mesi fosse sparito d’un tratto. Come se con il suo arrivo il dolore fosse sparito e pian piano il vuoto che avevo dentro stesse cominciando a richiudersi.
-io? bene.- risposi.
-sei sicura? voglio dire, sei così..-esitò un attimo.- diversa.- concluse.
-non sono diversa, sono solo maturata.- affermai. Avrei voluto dirgli quanto dolore mi aveva procurato, volevo dirgli quanto fossi cambiata per colpa sua, ma mi trattenni, alla fine, cosa gliene sarebbe importato? –perché me lo chiedi?-
-perché tre mesi fa avevi sempre stampato il sorriso in faccia e ora.. ora non sorridi quasi mai.-
-può essere.- dissi per poi concentrarmi sul libro. Stavo tornando ad essere arrabbiata con lui, lo ero.
Lui continuò a fissarmi, poi, dopo qualche minuto suonò un clacson e io, convinta fosse mia mamma, mi affacciai dal balcone, ma non mi sarei mai aspettata di vedere lei.
-amore.- disse Justin per poi salutarmi e rientrare dentro.
Era Susan, era qui, e lui l’aveva chiamata ‘amore’. Sentii le lacrime bruciarmi sul volto, perché doveva necessariamente essere così doloroso?
Rientrai dentro e mi buttai sul letto a piangere come una stupida.
Poco dopo sentii il mio cellulare vibrare, così, con gli occhi ancora un po’ appannati, lessi il messaggio che mi era arrivato.
 
Da: Jon.
‘ehi :)’
 
A: Jon.
‘ehi Jon.’
 
Da: Jon.
‘che c’è, sei arrabbiata?’
 
A: Jon.
‘come fai a saperlo?’
 
Da: Jon.
‘lo so e basta.’
 
A: Jon.
‘tu sei un mago’
 
Da: Jon.

‘e tu hai bisogno di uscire’
 
A: Jon.
‘forse.’
 
Da: Jon.
‘passo alle otto e non provare a protestare. a dopo :)’
 
Sapevo che non avrebbe avuto senso ribattere, tanto alle otto sarebbe stato sotto casa ad aspettarmi.
Controllai l’orario ed erano già le sei e mezza. Lasciai stare la matematica, mi precipitai in bagno e feci la doccia.
Forse uscire mi avrebbe fatto bene. Justin era felice e io dovevo starmene con le mani in mano a guardarlo vivere la sua vita? 


''Ma soprattutto, odio il fatto che non ti oddio, nemmeno quasi, nemmeno un pochino, nemmeno niente'' 


**
 

Eccomi qui (?).
Ecco il capitolo 4. Forse vi ha deluse un po', ma in qualche modo, se ci avete fatto caso, Justin e Kristen riescono a parlare.
Spero vi piaccia e spero anche in una vostra recensione.
Ah, volevo anche ringraziare quelle che leggono e soprattutto quelle che reccensiscono questa storia. 
Grazie, sul serio, ci tengo tantissimo.
Alla prossima, weretogether ♥.

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Capitolo 5
*** ''just tired..'' ***


Capitolo 5.
''just tired..''

 

Mi preparai in fretta e, come mi aveva detto, alle otto Jonathan era già sotto cosa mia. 
Indossavo degli shorts, una maglia in pizzo nera, una giacca nera e delle ballerine nere.
Quando suonarono al campanello, presi la borsa e mi diressi verso il piano di sotto nella speranza che nessuno avesse aperto alla porta, ma, ovviamente, non era così.
Trovai mio padre che faceva l’interrogatorio a Jonathan, era stato così anche con Justin, solo che ora era diverso. Quando stavo con Justin, lo conoscevano già, Jonathan invece era venuto un paio di volte per qualche ricerca, ma nient’altro, e ora potevo immaginare che volessero sapere tutto di lui, almeno se io non gliel’avessi impedito.
Lanciai un’occhiata a Jon come per dirgli ‘tranquillo, ora smettono’, ma lui non sembrava preoccupato e questo mi rilassava. 
-papà, possiamo uscire ora?- lo interruppi io.
-oh, certo.- disse mio padre quasi fosse deluso del fatto che avessi fatto cessare quella loro straziante ‘conversazione’ in modo brusco.
-ciao.- dissi schioccando un bacio sulla guancia di mio papà e facendo un cenno con la mano a mia mamma.
Prima che Jon potesse salutare, mio padre, quasi fosse una tradizione, pronunciò le solite parole –riportala a casa per le undici.- 
Avevo diciassette anni e non potevo neanche tornare a casa quando volevo. Le undici, quasi non avevamo nemmeno il tempo di mangiare!
Jon annui col capo –certo.- fece una pausa.- arrivederci.- concluse.
Uscimmo di casa e quando la porta si richiuse verso di noi, Jon mi affiancò e percorremmo il vialetto prima di poter arrivare alla sua macchina, si trovava proprio vicino al marciapiedi.
Raggiungemmo subito l’auto e, dopo avermi fatta salire, si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò un –sei bellissima- facendomi arrossire.
-grazie.- balbettai chiaramente non abituata a complimenti di quel genere. Anzi no, non abituata ai complimenti a basta.
Lui si limitò a sorridere e, dopo aver chiuso lo sportello, salì dalla parte del guidatore.
-dove andiamo?- chiesi dopo che ebbe messo a moto.
-tu dove vuoi andare?-
-non saprei, scegli tu.- sorrisi.
-okay. sicura?-
Annuii col capo.
-allora andremo in un posto speciale.- disse felice.
Era davvero giusto quello che stavo facendo? Tornare a frequentare un ragazzo era davvero la cosa migliore da fare? Una parte di me diceva che era giusto, che anche io avevo una vita, ma l’altra parte diceva che non avrei amato più nessuno come avevo fatto con Justin. 
Lui era un capitolo troppo importante per me, uno di quelli che avrei letto e riletto, fino a saperlo a memoria, ma i libri continuano e per scoprire il finale devi andare avanti, non puoi leggere in eterno le stesse pagine.
Dopo dieci minuti Jon parcheggiò la macchina e solo il fatto che non ci muovessimo più mi riportò alla realtà. Durante il viaggio nessuno dei due aveva parlato e a me stava bene così. Non avrei saputo cosa dire.
Scendemmo dalla macchina e Jon mi prese per mano per condurmi al luogo dove mi aveva portata.
Entrammo in una pizzeria poco affollata ma davvero molto carina. La disposizione dei tavoli fuori e tutto il resto rendevano l’aria piacevole. 
Prendemmo posto e poco dopo una cameriera venne a prendere l’ordinazione. 
-è tutto okay?- chiese Jon una volta che la cameriera si allontanò.
-si, perché?- evidentemente aveva notato la tensione che c’era tra noi due.
-sembri strana.-
-no, tranquillo, è tutto okay.- accennai un sorriso per rassicurarlo. 
Ci fu una breve pausa, poi riprese –è la prima volta che esci con un ragazzo da quando Justin ti ha lasciata?- chiese.
Justin, Justin, Justin. Doveva necessariamente essere ovunque?
-beh, si..- risposi imbarazzata.
-è per questo che sei così tesa?-
-anche.- ammisi. 
-mi spiace. non avrei dovuto essere così invadente e costringerti a uscire con me.- si scusò.
-scherzi? se non fosse stato per te sarei a casa a sopportare le lamentele dei miei genitori, o starei studiando matematica.- sbuffai.
o starei piangendo per via di Justin’ pensai. 
Lui si lasciò scappare un sorriso e anch’io feci lo stesso. 
-sono serio Kristen. mi dispiace. la prossima volta che lo faccio prendimi a pugni.- 
-davvero posso farlo?-
Lui annuii ridendo. 
-non ci penserò due volte!- scherzai. 
La serata stava cominciando ad andare meglio rispetto a come era partita. 
Poco dopo arrivarono le pizze, così le mangiammo e, dopo aver pagato, andammo a fare una passeggiata.
-è strano.- disse Jon. 
-cosa?- chiesi. 
-che tu sei qui adesso con me. era tanto che non ci rivedevamo e ora stiamo addirittura uscendo insieme.- lui fece una pausa. Sorrisi. –mi sei mancata tanto.- aggiunse.
-anche tu mi sei mancato. mi dispiace, mi sono comportata da stronza, ma stavo male, davvero male e volevo solo starmene lontana dal mondo, anche se non portava a niente.- 
-avrei voluto poterti aiutare, ma sono stato troppo stupido e ho lasciato che fossi sola.- 
-beh, non ero sola. avevo Izzy, e anche me stessa.- soprattutto me stessa.
-cosa significa?- 
-significa che ho imparato a ‘prendermi cura’ di me. era una cosa che non avevo mai fatto, ma quando sei sola, impari a farlo. impari a badare a te stessa, perché sai che nessuno lo farà mai e tu non puoi esporti a tutti i pericoli di questo mondo come se niente fosse.- spiegai.
-sembri diversa.- 
-forse lo sono.- 
-non necessariamente.- 
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo.
-maturare non significa necessariamente cambiare. maturare può anche significare restare ciò che si è, con una sola differenza.-
-che sarebbe?- 
-sei sempre te stessa, solo che impari a capire ciò che è bene e ciò che è male.- 
-già.- affermai. –impari a capire ciò che è bene e ciò che è male.- ripetei sussurrando, quasi avessi paura che le persone sentissero.
E Justin cos’era? Un bene o un male?
-che ore sono?- chiese Jon interrompendo i miei pensieri.
Guardai l’orario –quasi le undici.- 
-forse è meglio che ti riaccompagni a casa.- 
-forse si.- 
Tornammo in macchina, non avevamo più parlato, sembravamo scossi da quella conversazione forse un po’ troppo azzardata per due ragazzi della nostra età.
-siamo arrivati.- affermò Jon una volta che arrivammo a casa mia. 
-beh, grazie per la bella serata. scusa, ma ero un po’ nervosa.- mi scusai per il mio comportamento un po’, inadeguato?
-non ti preoccupare. posso capire, o almeno posso provarci.- fece una pausa. –ho passato una bella serata e spero che anche per te sia stato lo stesso.- 
Io annuii per fargli capire che anche io avevo passato una bella serata. 
-allora, ci vediamo domani?- chiesi io.
-okay, a domani.- sorrise. –ti voglio bene.- disse per poi darmi un bacio sulla guancia.
-anche io, ciao.- gli feci un cenno con la mano, poi scesi e dopo aver attraversato il vialetto, entrai in casa.
-sono tornata.- affermai una volta dentro.
-tesoro, com’è andata?- chiese mia mamma. Si aspettava davvero che io rispondessi?
-bene.- dissi, dopo mi affrettai a salire al piano di sopra, volevo evitare le domande, inopportune, che mia mamma mi avrebbe fatto. Era una quarant’enne sempre in cerca di scoop e questa cosa mi infastidiva abbastanza. Doveva ringraziare che era mia madre e che le volevo bene, sennò l’avrei presa a parolacce ogni volta che si intrometteva, o solo ci provava, nelle faccende degli altri.
Entrai in camera mia e mi buttai sul letto. I miei occhi si posarono subito sul balcone di Justin, era tutto chiuso anche se notai la luce della sua stanza accesa. Chissà cosa stesse facendo.. 
Subito dopo i miei occhi si posarono sulla sdraio che si trovava sul mio balcone e vidi il libro che avevo comprato qualche giorno prima posato li.
Nathan! Era stato di sicuro lui, ma questa me la pagava! 
Sapeva benissimo quanto tenessi ai libri che compravo e quanto odiassi il fatto che prendessero le mie cose senza il mio permesso.
Uscii fuori a riprenderlo e dopo averlo posato nella libreria della mia camera andai dritta in camera di Nathan. Dormiva.
Accesi la luce e lo tirai giù dal letto.
-quante volte ti devo dire che non devi toccare le mie cose?- gli urlai contro prima che potesse rendersi conto d’essere per terra.
-ma che ho fatto ora?- disse nervoso. –non ho toccato un bel niente. non sono nemmeno stato in camera tua.- 
Okay, forse avevo esagerato un pochino- ma giusto un pochino.
-ah si? allora perché il mio libro era sul balcone e non al suo posto nella libreria?- 
-ma che ne so io!- urlò.- se non sai cosa fai non è colpa mia.- 
-cosa hai detto?- stavo per picchiarlo- si, l’avrei fatto!- ma arrivò mio padre.
-che succede qui?- 
-è un’isterica. questa ragazza è una fottuta isterica.- gridò Nathan.
-cosa hai detto?- stavo per prenderlo a pugni, sul serio.
-smettetela tutti e due!- urlò papà.
-calmatevi, spiegatemi cos’è successo e moderate il linguaggio.-
-è entrato in camera mia, ha preso il mio libro e l’ha portato fuori.- spiegai.
-ma non è vero!- ribatté Nathan. –io non ho fatto un bel niente, non so nemmeno di che libro sta parlando.- 
-perché menti?- gli urlai contro.
-ma è la verità!- gridò lui a sua volta.
-volete smetterla per una volta?- sospirò.- Kristen, ti sembra il caso di fare una scenata del genere per un libro? un libro, non so se mi spiego.- prese una pausa e prima che potessi aggredirlo continuò.- e tu, Nathan. sai quanto Kristen odi il fatto che entriamo in camera sua, potresti per una volta rispettare le sue scelte?- 
-ma se non ho fatto niente.- ribadì lui.
-ancora?- chiesi io. –abbi almeno il coraggio di ammetterlo.- 
Lui andò su tutte le furie e stavamo per picchiarci quando mio padre mi trascinò via dalla sua camera e mi portò in camera mia.
-devi smetterla di comportati così, Kristen. – disse prima di uscire dalla mia camera.
-così come?- gridai nervosa, ma non ebbi nessuna risposta.
-fanculo.- borbottai mentre mi dirigevo in bagno. 
Indossai il pigiama, una canotta e dei pantaloni enormi –per intenderci, li adoravo- e andai in camera mia. 
Notai Justin fuori. 
Era solo? 
Lo guardai per un istante e dopo vide che lo osservavo. 
Mi fece un cenno con la mano e io andai fuori sul balcone.
-ehi.- sorrise. Il suo sorriso, Dio, il suo sorriso era qualcosa di meraviglioso. L’avevo sempre amato e ne ero sicura, l’avrei amato per sempre.
-ciao.- mi limitai a dire, dopo presi posto sulla sdraio, portai le ginocchia vicino al petto e legai le braccia intorno alle gambe in modo da stringerle ancora più forte.
-sei triste?- chiese.
-no, solo pensierosa.- mentii.
-com’è andata l’uscita con quel ragazzo?- 
-come fai a sapere che sono uscita con un ragazzo?- 
-ti ho vista.-
-mi spii?- chiesi.
-forse.- 
Lui si che era strano, strano davvero.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire o fare.
-state insieme?-
-no.- perché tutto questo interesse?
-siete solo amici?-
-si.- era peggio di mio padre.
-stai ancora male?- 
-per cosa?- feci finta di non capire.
-lo sai, per noi..- 
Noi. Quel ‘noi’ mi fece sussultare, lui che diceva ‘noi’, quando in realtà quel ‘noi’ non esisteva già da tempo, e forse era solo stato una mia fantasia, forse quel ‘noi’ non era mai esistito.
-chi ti dice che sono stata male?- chiesi a mia volta. Non avevo voglia di rispondere alla sua domanda, se avessi detto no avrei mentito, se avessi detto si lui avrebbe pensato che fossi una sciocca.
-lo so e basta.- 
-può darsi.
-allora? non hai ancora risposto.- 
-cosa vuoi che ti dica?-
-la verità.-
-mi dispiace, ma la verità è troppo.- dissi per poi tornarmene dentro.
-scappi di nuovo, Kristen-panda?-
Mi girai di scatto, infastidita dal fatto che lui pensasse che stessi scappando, quando invece quello che era scappato era lui.
-non sei la persona più adatta per dirmi che ho paura della realtà.- detto questo me ne tornai dentro e, stanca per la lunga giornata, mi sdraiai sul letto e lasciai che le mie lacrime accarezzassero quel viso a loro ormai tanto familiare.
Era tutto così difficile e il ritorno di Justin non migliorava di certo le cose.

**

Eccomi qui! Che ne dite? Avrei dovuto pubblicarlo questo pomeriggio ma non ne ho avuto il tempo.
In ogni caso mi scuso se fa schifo, ma avevo tanta, e sottolineo tanta, voglia di scrivere.
Ho cercato di farlo quanto più scorrevole e lungo possibile e spero almeno d'esserci riuscita.
Spero vi piaccia e in una vostra recensione.
Ah, ringrazio tutte quelle che leggono e recensiscono, sul serio, siete fantastiche. 
(scusate se non rispondo ma non ho tempo, ma sappiate che le leggo!)
Alla prossima, weretogether ♥

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Capitolo 6
*** ''his smile'' ***


Capitolo 6.
''his smile''

La sveglia suonò e, dopo essermi alzata dal letto ed essermi posizionata davanti allo specchio, capii che sarebbe stata una giornata ‘no’, forse anche una di una lunga serie.
Scesi di sotto, nessuno si era ancora svegliato ed era strano. Riguardai l’orario, erano le 7:05.
Decisa a non arrivare in ritardo a scuola anche questa volta, mangiai dei biscotti e bevvi un succo, dopo salii di sopra e mi preparai, in genere era questo il motivo per cui arrivavo sempre in ritardo.
Aprii il cassetto che si trovava vicino alla porta e iniziai a prendere qualche maglia e, completamente indecisa sul da farsi, mi posizionai davanti allo specchio e cercavo di vedere quale potesse starmi meglio.
Dopo aver passato dieci minuti davanti allo specchio, indossai una canotta nera, una maglia extra large bianca sopra, dei jeans a sigaretta e delle vans nere.
-sei già pronta?- chiese mamma quando fui di sotto.
-si.-
-è..- cercò la parola più adatta – strano.-
-lo so.- mi limitai a dire, dopo salutai tutti e andai fuori e mi incamminai verso scuola.
Erano le otto, la campanella suonava alle otto e quindici, avevo ancora quindici minuti di tempo, ma non avevo la più pallida idea di cosa fare per far passare quanto più velocemente quel tempo che avevo a disposizione.
Camminavo a passo lento verso scuola, forse così avrei potuto occupare qualche minuto, quando sentii dei passi farsi sempre più vicini.
‘sarà qualche passante’ pensai, ma ebbi la certezza che le mie idee erano sbagliate quando sentii qualcuno chiamarmi.
-Kristen.-disse una voce familiare ma che non riuscii a riconoscere subito.
-si?- mi girai, era Jonathan. –ah, ciao Jon!- esclamai dopo aver visto chi fosse.
-pensavo che andassi a scuola in macchina.- disse affiancandomi.
-si, in genere è così.-
-e ora?-
-ora avevo semplicemente voglia di uscire e prendere un po’ d’aria e ho pensato d’approfittarne.-
-ah.- sussultò –se vuoi vado.- disse evidentemente imbarazzato.
-oh no, resta.- sorrisi.
-sicura?-
Io mi limitai ad annuire col capo.
Quella camminata fu piacevole e, nonostante non facessimo altro che parlare del più e del meno, sentivo che stavamo ritornando ad essere gli amici di una volta e questa cosa mi piaceva. Eravamo stati migliori amici un tempo, anche se gli amici, soprattutto quelli migliori, dovrebbero esserci anche quando stai male, non dovrebbero lasciarti soli, ma in parte potevo capirlo. In quei mesi avevo faticato io stessa a stare con me, figuriamoci gli altri. Non potevo pretendere che restasse, non dopo averlo evitato per due lunghe settimane.
Quando arrivammo a scuola Izzy ci veniva incontro dal lato opposto e appena la vidi le feci un cenno con la mano che stava a significare ‘ciao’.
Quando fummo del tutto vicine l’abbracciai, lei sorrise a trentadue denti, sembrava felice, anche se era abbastanza strana.
Si guardava intorno come se fosse alla ricerca di qualcosa, o qualcuno, ma non riuscivo a capire. C’era qualcosa che mi ero persa?
-Izzy, posso parlarti un momento?- le chiesi d’un tratto.
Lei si voltò verso di me e sussultando rispose –oh, certo..- la sua voce era insicura.
-Jon, scusaci un attimo.- dissi prima di prendere Izzy per un braccio e trascinarla il quanto più lontana possibile.
-che succede?- chiese.
-dovresti dirmelo tu.-
-io?-
-si, tu.-
-cosa dovrei dirti?-
-cosa ti sta succedendo.-
-cosa mi sta succedendo?-
-oh, per l’amor del cielo, smettila di ripetere ciò che dico. mi dici che ti succede?-
-n..niente- balbettò lei.
-Izzy,- mi soffermai sul suo nome -non mentire!-
-okay, okay, ora ti spiego tutto!- disse alzando le mani in aria in segno di arresa.
-solo ed esclusivamente la verità.- le dissi prima che potesse continuare. Ero determinata e volevo capire cosa le succedesse, sapevo che c’era qualcosa che non andava, l’avevo visto dai suoi occhi quando veniva verso di noi e non avrei lasciato che anche questa volta mi perdessi qualcosa di importante per lei. In fondo lei c’era sempre stata per me, era la mia migliore amica ed io era la sua ed era mio compito sapere cosa c’era che non andava.
Intrecciò le sue mani e iniziò a girare i pollici, sospirò –c’è un ragazzo che mi piace.- disse abbastanza imbarazzata.
-e me lo dici solo ora?-
-eri così triste e impegnata con le tue cose che non volevo disturbarti o crearti altri problemi.- disse posando il suo sguardo altrove.
Ed ecco che i sensi di colpi s’impossessavano di me. Mi ero persa una delle cose più importanti della vita della mia migliore amica e tutto perché ero sempre così dannatamente impegnata a pensare a quello stronzo di Justin. Ero così presa da me stessa e da lui che la mia migliore amica aveva pensato, male, di lasciarmi all’oscuro e far finta di niente, ma in un certo senso era colpa mia se si era comportata così.
Mi maledissi mentalmente e se avessi potuto mi sarei presa a schiaffi –Izzy, ma come ti salta in mente!?- le chiesi ma non le diedi il tempo di rispondere –è vero che stavo male ed è anche vero che per me è stato un periodo difficile, ma tu non dovevi esitare nemmeno un attimo a dirmelo. non devi esitare a dirmi niente di tutto ciò che ti capita o ti riguarda, ovviamente se vuoi condividerlo con me. Izzy, io sono qui per ascoltarti e fregatene se sto di merda, non devi pensare d’essere un peso, perché non lo sei mai stata, né mai lo sarai.- dissi tutta d’un fiato. Le mie parole erano più che sincere, ma c’era qualcosa dentro che mi creava un vuoto dentro.
Sapevo che era solo colpa mia se lei si era sentita un peso e forse in un certo senso gliel’avevo anche fatto capire esplicitamente, ma tutto questo era accaduto solo in momenti ‘no’, eppure sapevo che quei momenti ‘no’ avevano influito molto su di lei e sulla nostra amicizia.
Chissà, forse un giorno anche lei si sarebbe stufata di me e avrebbe trovato un’amica migliore, una di quelle che ci sono sempre e che non ti fa mai pesare la tua presenza, cosa che forse in quell’ultimo periodo io non avevo fatto.
-o..okay.- balbettò ancora una volta lei.
-mi sento così maledettamente in colpa.- dissi mentre non riuscivo a smettere di pensare a quanto fossi stata stronza.
-per cosa?- chiese Izzy interrompendo i miei pensieri.
-per tutto questo. come sono riuscita a farti credere d’essere un peso?-
-Kristen, tu non devi – la interruppi.
-mi dispiace così tanto Izzy.- dissi mentre rischiavo di iniziare a vederci appannato.
-sul serio Kristen, non è niente. ti capisco e capisco anche che non è stato un periodo facile per te. non è mica colpa tua!-
Sospirai –chi è?- le chiesi con un pizzico di entusiasmo, preparata ad aspettarmi di tutto.
-è quello moro che sta nel mio corso di chimica. si chiama Ed, è bellissimo.- iniziò a saltellare.
Sembrava una bambina a cui avevano appena dato delle caramelle, ma non delle semplici caramelle, le sue caramelle preferite.
-quello con gli occhi verdi?- chiesi.
-si.- disse lei sorridendo. Era felice e questo mi faceva stare un po’ meglio.
-wow, è carino.- sorrisi.
-dici sul serio?-
-si.- iniziai a saltellare anche io.
-sono felice Kristen.-
-anche io lo sono se tu lo sei.- l’abbracciai.
Quando ci staccammo smettemmo di saltellare e tornammo da Jon, era ancora li ad aspettarci e devo dire che la cosa mi dava un po’ fastidio.
Non era lui a darmi fastidio, ma era la sua presenza in quel momento. Avrei dovuto parlare con la mia migliore amica del suo nuovo amore e avrei dovuto recuperare il tempo perso, ma lui non lo permetteva.
-è tutto okay?- chiese.
Io e Izzy annuimmo col capo, poi tutti e tre insieme ci avviammo verso l’entrata della scuola.
D’un tratto un rombo di una macchina attirò la nostra attenzione, ed ecco che scendeva prima il biondo che aveva appena parcheggiato la macchina di lei, e subito dopo scendeva la rossa per mettersi al volante e sfrecciare verso chissà quale meta.
Lei aveva finito la scuola l’anno prima e adesso lavorava nello studio dei suoi genitori e, di sicuro, Justin avrebbe avuto un posto in quello studio dopo il diploma.
Lanciavo occhiate ai due fingendo noncuranza anche se quando la loro distanza stava per annullarsi sentii una stretta al centro dello stomaco e il mio cuore andava in frantumi ogni volta che le loro labbra si toccavano o anche solo sfioravano.
Lei era vicino alla macchina e lui la teneva stretta a se e di tanto in tanto l’avvicinava allo sportello, facendo combaciare il corpo di lei con quel pezzo di ferro.
Si scambiarono svariati baci, poi lei salì in macchina, lui si allontanò di poco e dopo aver messo in moto l’auto, andò via.
Justin si avvicinò ad alcuni amici e io, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime, varcai la soglia della porta e mi ritrovai investita dalle parole e dai movimenti delle persone che vi si trovavano all’interno.
I corridoi erano affollati, eppure mi sentivo così dannatamente sola e confusa e triste.
La campanella suonò dopo qualche secondo e dopo essermi asciugata quelle lacrime invisibili agli occhi della gente, mi diressi verso l’aula di matematica, mi avrebbe aspettato una dura giornata.
 
All’uscita da scuola ripercorsi, come il giorno prima e la mattina appena trascorsa, la strada che portava da scuola a casa con Jon.
Lui parlava, io pensavo.
Ero immersa nei miei pensieri quando mi prese per il braccio e iniziò a scuoterlo a più non posso.
-Kristen!- -Kristen?- -Kristen!- urlò.
-si?-
-che ti prende?-
-oh, niente.- dissi in tutta risposta.
-sicura?-
-si.-
Quando arrivai a casa mia salutai Jon e mi precipitai in camera.
Avevo voglia di stare sola, di non far niente, di piangere, di pensare, ma soprattutto, avevo voglia di Justin.
Ma quella voglia doveva passare, prima o poi sarebbe passata.
passerà’ dicevano.
è una cosa momentanea’ ripetevano.
Eppure erano passati secondi, minuti, ore, giorni, settimane, mesi e il suo ricordo era sempre dentro me, a tenermi compagnia. La sua immagine era sempre nella mia mente. Il suo nome era sempre nel mio cuore e forse sempre così sarebbe stato, perché era stato il primo e lo sanno tutti che il primo amore non si scorda mai, ma li non contava tanto ‘dimenticarlo’, li contava il saper mettere da parte lui e il suo ricordo e andare avanti. Ma come avrei fatto a smettere di pensare a lui se solo aprendo la portafinestra della mia camera me lo sarei trovato difronte? Magari sorridente? Come avrei fatto a dimenticarlo se avevo sempre amato il suo sorriso?
Era quello ciò di cui mi ero innamorata dapprima, del suo sorriso e ogni volta che l’avrei visto sorridere sarei cascata nel suo tranello e per me non c’era più scelta, l’avrei amato sempre.
Ero sdraiata sul mio letto quando sentii qualcosa sbattere contro il vetro della portafinestra.
Mi alzai e andai a controllare. Erano piccole pietre, ed era Justin a tirarle.
Se ne stava sdraiato sulla sdraio del suo balcone e lanciava pietre contro la mia finestra, forse per attirare la mia attenzione, sicuramente per attirare la mia attenzione.
-che c’è?- chiesi sbuffando.
Volevo lui, ed era vero, ma non dimenticavo la sera prima, non dimenticavo la discussione avuta.
-sei ancora arrabbiata?-
-c’è altro che devi chiedermi?-
-rispondi.-
-forse.-
-dai, mi dispiace.- disse con la sua solita faccia da cucciolo. Era così dolce.
-non fa niente.- feci spallucce.
-lo so che sei ancora arrabbiata, Kristen-panda.-
-ora non più.- ammisi.
-sul serio?-
Annuii.
-parliamo un po’?- chiese.
-di cosa?- risposi stupita da quella domanda.
-di qualcosa.-
-okay.- dissi sedendomi sulla sdraio che si trovava sul mio balcone.
-bello il libro nella libreria.-
-quale libro?- chiesi. Ci riflettei un po’ su, poi trassi subito una conclusione –non vorrai dirmi che sei stato tu a prendere il mio libro!-
-si.- rise lui.
-come hai fatto a entrare?-
-avevi lasciato la finestra aperta, non è stato difficile entrare.-
Spalancai la bocca –mio fratello mi ucciderà.- affermai più a me stessa che a lui.
-decisamente.-
-sei uno stronzo!- scherzai.
-e tu sei una stronza.- ribatté.
-allora siamo due stronzi.-
-bene.-
-bene.-
Ci guardammo per qualche secondo, dopo scoppiammo in una sonora risata. C’era sempre bastato uno sguardo per capirci e forse era anche questo che mi piaceva di lui, il fatto che mi capisse all’istante, anche quando volevo nascondere tutto.
-perché sei triste?- chiese dopo un po’ tornando ad essere nuovamente serio.
-cosa? come fai a saperlo?- chiesi.
-l’ho letto nei tuoi occhi.-
-leggi gli occhi?-
-non tutti- fece una pausa.- solo i tuoi.-
Ci fu qualche minuto di silenzio in cui nessuno dei due osò parlare e quasi il fatto che dovessimo respirare sembrava qualcosa che si doveva evitare in quella situazione d’imbarazzo.
-perché me lo chiedi?-
-perché vorrei sapere cosa rende quel mare così grigio.- rispose lui riferendosi all’azzurro dei miei occhi.
-forse sei semplicemente tu che non vedi l’azzurro.-
-o forse è semplicemente che sei troppo impegnata a superare la tempesta passata per riuscire a vedere il sole che c’è dietro le nuvole.-
Si riferiva a noi due?
-sai che c’è Justin? che forse hai ragione. quella tempesta dovrò affrontarla prima o poi e, anche se dovesse essere più poi che prima, non ho bisogno del tuo aiuto.- affermai e, con gli occhi gonfi di lacrime tornai dentro.
Lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa.
Odiavo il fatto che credesse di sapere tutto e soprattutto odiavo il fatto che sapesse che era lui il motivo per cui mi comportavo così.
Cosa gliene importava a lui? Perché era così ostinato a farmi del male?


**

Allora, che ne dite? Spero sul serio che vi piaccia, anche perché sembra che quello precendente non sia stato di vostro gradimento.
Solo due persone l'hanno recensito e, oltre a ringraziare le due ragazze che hanno letto e hanno ritenuto opportuno lasciarmi una recensione che ho apprezzato tantissimo, volevo chiedervi, se non è troppo, di dirmi cosa non vi è piaciuto o non vi piace, potrei almeno provare a migliorarmi.
In ogni caso, spero in una vostra recensione e ringrazio quelle che seguono la storia.
Alla prossima, weretogether ♥.

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Capitolo 7
*** ''warrior'' ***


Capitolo 7.
''warrior''

Justin’s pov.
 
-sai che c’è Justin? che forse hai ragione. quella tempesta dovrò superarla prima o poi, e anche se dovesse essere più poi che prima, lo farò, ma senza il tuo aiuto.- disse. Poi piangendo entrò dentro.
Avrei voluto fermarla, parlarle, scusarmi, ma era meglio lasciarla sola.
Me ne tornai dentro e, sdraiandomi sul letto, pensai a qualcosa che avrei potuto fare per rimediare.
potrei portarla in spiaggia’ pensai ‘a lei è sempre piaciuto andare li a passeggiare.
Ero deciso, l’avrei portata li, sapevo che non avrebbe rifiutato il mio invito, ne ero certo.
Presi un foglio di carta e ci scrissi su ‘scusa per prima, non avrei dovuto. ho decisamente esagerato, quindi, cosa ne dici di fare una passeggiata domani? –Justin’, evidenziai il tutto con un pennarello azzurro e scesi di sotto.
Feci il giro del giardino e salii nel suo balcone grazie alla scala che si trovavo vicino, entravo sempre da li quando stavamo insieme ed era strano che non l’avessero ancora tolta.
Posai il fogliettino sulla sdraio e ci poggiai sopra una rivista che si trovava sul tavolinetto accanto, in modo che non volasse, poi scesi e me ne tornai in camera mia.
Mi misi comodo sul letto, presi l’ipod che si trovava sul comodino, indossai le cuffie e mi addormentai con la musica alle orecchie.
 
Kristen’s pov.

La mattina seguente passò velocemente.
Justin aveva provato ad avvicinarsi, ma io mi allontanavo all’istante, indubbiamente irritata dalla conversazione avuta la sera precedente, così di tanto in tanto mi lanciava qualche occhiata, ma facevo finta di niente, anche se mi era difficile restargli indifferente.
Jon non si era avvicinato per tutta la mattina, forse aveva troppi impegni, o forse mi stava evitando, proprio come io stavo facendo con Justin, ma la sua lontananza non mi aveva creato grandi problemi. C’ero abituata alla sua distanza, d’altronde era lui ad essersi allontanato da me quando stavo male per Justin.
Finita scuola me ne tornai a piedi e nemmeno qui lo vidi.
-sono tornata.- gridai appena rientrata a casa, anche se il mio avviso fu praticamente inutile.
Erano le tre del pomeriggio, Nathan era agli allenamenti di basket, mamma e papà erano a lavoro e io avevo la casa tutta per me.
Presi un pacchetto di biscotti, i miei preferiti, dalla dispensa e salii in camera.
Richiusi la porta dietro le spalle e mi fiondai sul balcone. Di sicuro Justin era agli allenamenti, sempre detto che fosse ancora il capitano della squadra di basket, quindi questo mi avrebbe permesso di non vederlo ancora per un po’.
(nel caso in cui ve lo steste chiedendo, io e Justin c’eravamo conosciuti prima che lui entrasse nella squadra di basket e prima che io diventassi una cheerleader, quando ancora eravamo entrambi delle nullità. poi, quando Justin partì, lasciai le cheerleader, ed ecco che ero tornata a far parte delle nullità, o meglio, una di quelle ‘invisibili’, ma era meglio così.)
Posai la rivista che si trovava sulla sdraio sul tavolinetto accanto e notai un fogliettino. C’era una scritta nera evidenziata in azzurro, diceva: ‘scusa per prima, non avrei dovuto. ho decisamente esagerato, quindi, cosa ne dici di fare una passeggiata domani? –Justin’.
Al leggere quelle parole un sorriso si formò sul mio viso, lui si stava scusando e mi stava chiedendo di fare una passeggiata, ovviamente da amici.
Dovevo chiamare Justin, dirgli che mi ero comportata da stupida, che mi scusavo, che non avevo impegni per quel pomeriggio, così digitai velocemente sul cellulare ‘scusami tu, mi sono comportata da stupida. ah, per me va bene. –Kristen’, andai nella rubrica, feci scorrere la lista fino ad arrivare alla ‘J’ e selezionai il suo numero, inviai e poof, tuffo al cuore. Erano mesi che non gli mandavo un messaggio.
Dopo qualche secondo inviai il messaggio e anche se sapevo di sbagliare, volevo passare quel pomeriggio con lui. Magari questo mi avrebbe aiutata a chiarirmi le idee e, chi lo sa, magari avrei anche scoperto che non è più la persona che credevo di amare.
D’un tratto la portafinestra della casa accanto si aprì e Justin uscì esclamando –sul serio vieni?-
Io annuii e lui sorrise.
-sei pronta?-  chiese.
-beh, no.- risposi incerta.
-fra mezz’ora sotto.- sorrise per poi tornare dentro.
Rientrai in casa, feci la doccia e mi preparai. Indossai dei pantaloncini, un top nero, una super felpa nera sopra e le solite vans nere.
Come stabilito, mezz’ora dopo ci ritrovammo entrambi fuori e, dopo essere saliti nella macchina di Justin, mi decisi a chiedere dove andavamo.
-è una sorpresa.- rispose.
-sai che odio le sorprese.- dissi con fare da bambina.
-tu non odi le sorprese, odi solo il fatto di non sapere dove sei diretta. vuoi sempre avere il controllo di tutto e quando non puoi ti innervosisci.- scherzò.
Aveva perfettamente ragione.
-beh, forse è vero.-
-di sicuro.- rise e io con lui.
Il silenzio calò tra noi due, nessuno dei due osò parola, ma a noi sembrava star bene.
Guardai fuori dal finestrino, finché non notai quella a me tanto conosciuta insegna.
Andavamo in spiaggia, precisamente dove io e Justin passavamo interi pomeriggi. Sapeva quanto amassi camminare a piedi nudi sulla sabbia per metà umida e per metà asciutta, sotto il sole tiepido di metà settembre.
-andiamo al mare.- affermai con gli occhi lucidi.
-beh, doveva essere una sorpresa, ma si. sapevo che non sarebbe stata una sorpresa ancora per molto, conosci questo posto a memoria.-
-si.- sorrisi.
Mi conosceva bene, forse più di quanto credessi.
 
(da qui se vi va, ascoltate questa http://www.youtube.com/watch?v=WPoG8-WJTt0 )
Passeggiavamo lungo la spiaggia, il rumore dei gabbiani che si trovavano a riva e delle onde del mare ci cullavano, era tutto meraviglioso.

This is a story that I’ve never told 
I gotta get this off my chest to let it go 
I need to take back the light inside you stole 
You're a criminal 
And you still like you're fraud 


-ti piace?- chiese dopo un po’.
-certo che si. io amo stare qui, è uno dei pochi posti che davvero amo di questa città.- dissi seria. –ci venivo sempre quando ero piccola, io correvo lungo la spiaggia e mamma e papà insegnavano a Nathan a camminare.- dissi facendo riaffiorare alla mente vecchi ricordi, forse lasciati in un angolo di cuore dimenticato da troppo tempo.
-e tu ti arrabbiavi perché volevi che tuo papà ti rincorresse, così, prima di tornare a casa, ti compravano il gelato per farsi perdonare.- continuò lui per me.
-già.- feci una pausa.- come fai a ricordarti tutte queste cose?- chiesi un po’ confusa.
-non lo so.- disse confuso.
Di nuovo il silenzio calò su di noi.
Sembrava che i ricordi di me e di lui non volessero sparire, quasi fossero ostinati a tornare ogni volta che ne avessero l’opportunità.

All the pain and the truth 
I wear like a battle wound 
So ashamed so confused, I’m not broken, or bruised
 


-suoni ancora?- mi chiese mentre ci sedevamo lungo la riva.

“-mi hanno scelta, mi hanno scelta. la scuola ha scelto proprio me per suonare a fine anno, quando quelli del quinto reciteranno ‘Romeo e Giulietta’.- dissi con gli occhi lucidi mentre correvo ad abbracciare Justin.
-sul serio?- esclamò cingendomi per i fianchi e stringendomi forte a lui.
-si, si, si.-
-Dio quanto sono fiero di te.- affermò sorridendo e accarezzandomi la guancia.
-ti amo Justin.- dissi.
-ti amo anche io, piccola.- disse per poi baciarmi”

Now I’m a warrior 
Now I’ve got thicker skin 
Now I’m a warrior 
Im stronger than I’ve ever been 
And my armor, is made of steel, you cant get it 
Im a warrior 
And you can never hurt me again 

 
-no.- avevo smesso di suonare il pianoforte quando lui se ne era andato. Nessuno aveva appoggiato la mia scelta, ma ero stata irremovibile sul da farsi. Non avrei mai più suonato un pianoforte in vita mia, c’erano legati troppi ricordi e ogni volta che le mie dita incontravano quei tasti bianchi e neri un ricordo riaffiorava alla memoria.
-perché?-
-perché non mi va.-
-eri troppo brava Kristen. per quale assurdo motivo hai smesso di suonare? era l’unica cosa che ti rendeva felice.- disse lui sconvolgendomi ancora di più.
-esatto. era.- precisai.
-dovresti riprendere.-
-beh, non lo farò.-
-posso almeno sapere il perché?- chiese. –la verità.- precisò.
-perché tornare a suonarlo comporterebbe fare i conti col passato, e io non voglio.-
-cosa intendi per ricordi?-
Non risposi.
-Kristen, cosa intendi per ricordi?- chiese ancora una volta desideroso d’avere una risposta.
-vuoi davvero saperlo?-
Lui si limitò ad annuire col capo.
-intendo- la mia voce era tremate –intendo te Justin, intendo te.- le parole mi morirono in gola, ma sapevo che lui le aveva sentite.

Out of the ashes, burning like a fire 
You can save your apologies, you're nothing but a liar 
Ive got shame, ive got scars 
But I will never show 
Im a survivor 
And always and you know 

 
-stai male per me?- chiese mentre sentivo un filo di rabbia impossessarsi del suo tono di voce.
-si.- dissi imbarazzata posando lo sguardo sul mare.
-perché continui ancora a guardare al passato? perché ti vieti cose che ti fanno stare bene solo per me? perché non inizi a pensare alla tua vita, quella futura intendo, per una volta?-
-vuoi sapere perché guardo ancora al passato?- feci una pausa.- vuoi davvero saperlo?- chiesi una seconda volta.
-si, voglio davvero saperlo.-

Cause all the pain and the truth 
I wear like a battle wound 
So ashamed so confused, I’m not broken, or bruised 
 

 
-guardo ancora al passato perché non riesco a capire cosa non va in me, non riescoa capire cos’ha Susan più di me. lo so, lei è sicuramente più bella, lei è più sicura, lei è migliore, ma cos’è che lei puoi darti più di me? cosa? ti ho amato come mai ho fatto, ti ho dato tutta me stessa, ti ho amato con tutta me stessa, ma a te è sembrato non importare. te ne sei andato di colpo, te ne sei andato senza un motivo e io penso giorno e notte al modo in cui te ne sei andato e non riesco a trovare una risposta.- dissi mentre le lacrime rigavano il mio viso -tornare a suonare sarebbe come vederti felice con Susan, sarebbe farmi del male da sola, più di quanto non me ne stia già facendo.- mi asciugai una lacrima col dorso della mano.- ma sai una cosa? ora sono forte. ho imparato a cavarmela da sola, ho imparato che le cose cambiano, ho imparato a non affezionarmi, a non fidarmi. ho imparato ad amarmi, perché ho capito che se non lo faccio io nessun’altro mai lo farà, e anche se stare da sola con me stessa ogni giorno è una lotta continua, ora so badare a me stessa, ora sono diversa, sono una combattente.-

Now im a warrior 
Now ive got thicker skin 
Now im a warrior 
Im stronger than ive ever been 
And my armor, is made of steel, you cant get it 
Im a warrior 
And you can never hurt me again 
 

-Kristen, mi dispiace. credimi, Susan non ha niente più di te, tu sei migliore di Susan. per favore Kristen, non permettermi di farti dell’altro male, perché è stata dura lasciarti, è stata dura dirti addio e non voglio che soffri ancora, non per me, non ne vale la pena.- disse rivolgendo lo sguardo ai gabbiani.

There's a part of me I cant get back 
A little girl grew up too fast 
All it took was once, ill never be the same 
Now I take it back my life today 
Nothing left that you can say 
Cause you were never gonna take the blame anyway 


-mi dispiace Justin, ma non riesco a crederti.-
-perché no?-
-perché mi hai lasciata sola quando non ti sono più andata bene e ora mi risulta difficile credere che a te dispiaccia.- dissi sincera.
-sarò anche stato uno stronzo, ma non avrei mai voluto farti del male.-
Restai in silenzio, erano tutte balle.
Scossi la testa ripetutamente, quasi volessi farlo smettere di dire cazzate.
-posso provartelo.- affermò convinto.
-e come vorresti fare?-
-starò giorno e notte con te, ti proverò che ci sono stato male anche io. non ci sarà bisogno di dimostrartelo, lo capirai da sola.-
-perché sei così deciso a tornare nella mia vita?- gli chiesi.
-perché devo rimediare a tutto il dolore che ho causato.-
Spiazzata da quelle parole continuai a fissare davanti a me.
-me lo permetti?-
-sei sicuro di riuscirci?-
-lo so per certo.- affermò.
Ora sarebbe tornato, sul serio?  


Now im a warrior 
Now ive got thicker skin 
Now im a warrior 
Im stronger than ive ever been 
And my armor, is made of steel, you cant get it 
Im a warrior 
And you can never hurt me again 

Nooo oooh yeaaah yeaah 
You can never hurt me again 

 

**

Okay, so che sembrerà un capitolo estremamente deprimente, ma volevo mettere la canzone, quella sopra, ed è stata proprio quest'utlima a darmi l'ispirazione.
Avevo intenzione di fare qualcosa di meno deprimente, magari un po' più allegro, ma mi sono innamorata di questa canzone e alla fine ho fatto qualcosa di un po' più triste (?). 
Kristen è una guerriera!
AHAH okay no.
In ogni caso, grazie a tutte le ragazze che leggono e recensiscono e a quelle che la seguono.
Spero vi sia piaciuto e spero anche in una vostra recensione.
Ah, so che ho aggiornato presto, ma avevo troppa voglia di scrivere, dovevo farlo, dovevo esprimermi, ed ecco qui questo capitolo, non è il massimo, ma ci ho messo tutta me stessa.
Alla prossima, weretogether ♥

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Capitolo 8
*** ''him and his memory'' ***


Capitolo 8.
''him and his memory''

-Kristen svegliati.- disse mamma sbattendo la mano ripetutamente contro la porta della mia camera.
‘come se non lo fossi già’ pensai.
-arrivo.- urlai mentre di alzarmi non ne volevo sapere.
Avevo passato la notte in bianco, non era la prima e di sicuro non sarebbe nemmeno stata l’ultima.
Le parole di Justin si erano impadronite dei miei pensieri e ora non riuscivo a togliermele di mente.
Avevo paura, paura che potesse tornare sul serio e che se ne sarebbe andato, una seconda volta, e non avrei potuto sopportare ancora una volta la sua assenza.
E se mi fossi abituata alla sua presenza? Se avesse davvero mantenuto la sua promessa? Se avesse ripreso a tutti gli effetti a far parte della mia vita? Come avrei fatto poi ad andare avanti, senza lui?
Dovevo assolutamente parlare con qualcuno, ma, al contrario di quanto pensassi, la prima persona a venirmi in mente fu Ronnie. Era strano, ma avevo subito pensato a lei, sapevo che mi avrebbe capita di sicuro meglio di Izzy, e, anche se mi sentivo dannatamente in colpa per aver ‘tradito’ la mia migliore amica, ero decisa a parlare con Ronnie.

A Ronnie:‘ehi, che ne dici di uscire questo pomeriggio dopo scuola? –Kristen’

Non ero sicura che avrebbe risposto, ma ci provai lo stesso, cosa avevo da perderci?
Dopo aver inviato il messaggio mi preparai e scesi di sotto, mangiai dei biscotti e dopo uscii di casa.
Volevo stare sola con i miei pensieri, ancora, e passeggiare da sola mi avrebbe aiutato.
Attraversavo il vialetto di casa e scorrevo la lista delle canzoni presenti nel mio ipod quando notai Justin aspettarmi all’inizio della strada.
-ehi.- disse facendomi un cenno con la mano.
-Justin.- dissi un po’ sorpresa di vederlo la.
-vai a scuola?- chiese.
-no, stavo pensando di andare alle Hawaii, tu?- dissi ironica.
-sei sempre la stessa!- disse scherzando.
Io? Sempre la stessa? Bene..
-si, guardami un po’.- dissi facendo un giro su me stessa e facendolo ridere.
-andiamo insieme?-
-vai a piedi?-
-no, in elicottero.-
-che fai, mi copi?- dissi fingendomi infastidita.
-dai, scherzo.- fece una pausa.- comunque si.-
-allora okay.- risposi alla sua domanda.
Dopo qualche passo tornò a parlare.
-come stai?- chiese d’un tratto.
Sentii una stretta allo stomaco, ero ancora un po’ imbarazzata per la conversazione avuta il giorno precedente, ma sapevo che avrebbe capito se avessi mentito, così risposi, senza pensare, senza preoccuparmi di ciò che potesse pensare, perché quando ero con lui ero Kristen e basta. Non dovevo mentire, non dovevo fingere, sapevo che non mi avrebbe criticata, nonostante tutto quello che c’era stato tra di noi.
-sto bene.- sospirai –penso.-
-ne sei sicura?-
-forse.-
-Kristen, lo sai che a me puoi dire tutto.- disse con voce apprensiva.
Voleva per caso diventare il mio migliore amico?
Se era così poteva anche andarsene, era già tanto se riuscivamo a parlarci, figuriamoci diventare amici.
-sono sicura, è solo che ho mille pensieri per la testa.- ammisi, ‘bene’ non era il termine adatto. Chi sta bene non piange tutte le notti. Chi sta bene non pensa continuamente al passato. Chi sta bene non pensa che le cose prima o poi possano tornare come prima, perché se vuoi che le cose tornino come prima c’è qualcosa che non va, e, per me, quel qualcosa era Justin. Erano lui e il suo ricordo a impedirmi di asciugarmi le lacrime e rialzarmi, a impedirmi di prendere sonno la notte, a impedirmi di voler guardare al futuro.
Ma ormai c’ero abituata, c’ero abituata alle notti insonni, al cuscino che di notte mi accarezzava la pelle ancora un po’ umida, ai film strappalacrime e ai barattoli giganti di gelato.
Ma ero una combattente, o sbaglio..?
-e tu?- chiesi dopo qualche secondo di silenzio.- come stai?-
-io sto bene.-
Mi faceva piacere sapere che almeno lui stava bene. Forse era dannatamente sbagliato, ma avevo sempre voluto vederlo felice, anche se la sua felicità impediva la mia, ma in un certo senso ero io che volevo smettere d’essere felice. Ero io che mi ero imposta di non essere felice. Ero io che pensavo che non esistesse felicità senza Justin. Ma se Justin non fosse mai entrato nella mia vita?
-bene sul serio?-
-bene sul serio.- affermò.
-beato te.- pensai ad alta voce.
-cosa?- chiese.
-oh no, niente.-
-sai cosa mi fa arrabbiare di te?-
-no, cosa?- chiesi un po’ confusa.
-che hai sempre paura di dire ciò che pensi, perché credi che tutto quello che ti passa per la testa sia sbagliato.-
-forse è vero.-
-si che è vero. pensi che ti potrei mai mentire?-
-ovvio che si.- esclamai ridendo.
Ero seria, ma non riuscii a non ridere quando vidi la sua espressione.
-perché ridi?-
-perché sei troppo buffo.- continuai a ridere.
-io? buffo?- disse facendo l’orgoglioso.- Kristen Hannah Edwards, smettila di ridere!- ordinò –o te la faccio pagare.-
-oh, sentiamo, cosa vorresti fare?-
Lui mi lanciò un’occhiata e capii subito cosa voleva fare.
-non provarci nemmeno- gli ordinai, ma era troppo tardi.
Entrambi buttammo gli zaini sul marciapiede e iniziammo a correre.
Io ero in vantaggio di qualche secondo ma sapevo che mi avrebbe presa.
-ti prego Justin, no.- dissi continuando a correre.
Mi girai appena e vidi che avanzava velocemente.
Stava per raggiungermi quando inciampò e io mi fermai poco distante da lui e ricominciai a ridere.
-smettila di ridere.- disse con fare da offeso, ma non riuscì a mascherare un bellissimo sorriso che gli fece incurvare verso su le labbra.
Era perfetto e non riuscivo a smettere di fissarlo.
-dovresti vederti.- dissi facendolo innervosire.
-tanto te la farò pagare.-
-si, ma non ora.-
-devo dirti una cosa.- disse dopo poco.
-sono tutt’orecchi.- dissi imponendomi di smettere di ridere.
Era tanto che non ridevo così, nemmeno alla festa in cui avevo rivisto Justin dopo tre mesi avevo riso così tanto.
-no, devi venire qui, puoi sentirlo solo tu.-
-dai, smettila di fare il bambino.- sapevo che c’era qualcosa che non andava.
-allora non te lo dico.-
-va bene, vengo.- dissi avvicinandomi.
Si avvicinò al mio orecchio e sentivo il calore che emanava quando apriva bocca solleticarmi la pelle. Rabbrividii.
Ebbi a malapena il tempo di sentire il suo respiro accanto al mio viso che mi ritrovai sull’erba di una casa che distava circa tre chilometri da casa mia.
Ero sdraiata sul prato dei Millers, la mia schiena aderiva perfettamente con l’erba ancora umida, il prato era stato di sicuro innaffiato da poco e Justin era su di me. Si teneva su con le sue mani ed il mio viso era a pochi centimetri dal suo.
Guardai nei suoi occhi color nocciola, li avevo sempre amati, ci avevo sempre visto l’infinito dentro.
-sei uno stronzo.- dissi distogliendo lo sguardo imbarazzata.
-e tu sei una stronza sexy.- mi strizzò l’occhio.
-che fai, ci provi?- chiesi.
-no, sto solo cercando di farmi perdonare.-
Gli rivolsi uno sguardo interrogatorio.
-visto, hai già dimenticato tutto.- sorrise.
-vaffanculo.- dissi facendo come per mandarlo via, ma lui era molto più forte di me, e questo non mi dispiaceva.
Fingevo di volerlo mandare via, ma stare con lui mi faceva stare bene.
-Justin, alzati.- dissi controvoglia ma senza darlo a vedere – faremo tardi a scuola.-
-non fa niente.- disse con noncuranza.
-dai, o ci becchiamo la detenzione.-
-ho un’idea.- disse d’un tratto.
-che idea?-
-saltiamo scuola.-
-non pensarci nemmeno.-
-dai.- mise il broncio.
-oh, non riuscirai a convincermi mettendo il broncio.- esclamai distogliendo lo sguardo.

-amo il gelato.-
-lo so, per questo ti ho portata qui.- sorrise.
-che razza di subdolo piano hai in mente?- chiesi.
-nessun piano. voglio solo che tu sia felice.- affermò.
C’era un timbro di sincerità nella sua voce e questo mi fece sorridere.
Ma per quanto l’idea di passare del tempo con Justin mi allettasse, avevo una tremenda paura di perderlo e tornare ad essere come tre mesi prima.
Non mi ero ripresa molto, ma stavo decisamente meglio rispetto a tre mesi prima.
-vuoi davvero che io sia felice?- chiesi mentre mi pulivo la bocca con uno dei soliti tovaglioli inutili delle gelaterie.
-si, perché non dovrei?-
‘perché te ne sei andato tre mesi fa senza nemmeno darmi una spiegazione e non capisco per quale motivo vorresti che io fossi felice’ pensai.
-perché nessuno ha mai voluto che io fossi felice.- dissi sincera. Non era il vero motivo, ma c’entrava.
-allora io sono nessuno.- disse facendomi sorridere.
-sei strano.-
-e tu sei bellissima.- disse e io arrossii.
Perché si comportava così? Tornava da un giorno all’altro e si comportava come se niente fosse. Se quello era il suo modo d’essermi amico allora non avrei resistito a lungo.
Era già tanto se riuscivo a autoconvincermi di non essere più la sua ragazza, figuriamoci se avrei retto il peso di dei complimenti da parte sua.

Justin’s pov.
La vidi arrossire al sentire un mio complimento.
Dovevo fare in modo che tornasse a credere in se stessa, dopodiché non so cosa saremmo stati, ma se fossi riuscito a farle tornare il sorriso, avevo fatto abbastanza.
-posso assaggiare il tuo gelato?- chiese.
-ma hai già mangiato il tuo.- le ricordai.
-si, ma voglio assaggiarlo.- disse con fare da bambina, era dolce.
-okay, ma io cosa assaggio?-
Lei esitò –la prossima volta che mangiamo un gelato insieme, se ci sarà- precisò- ti farò assaggiare il mio.-
-chi ti dice che mangeremo un gelato insieme un’altra volta, cosa ci guadagno?-
-pensa che mi farai felice.- scherzò.
-no.-
Si avvicinò e assaggiò il mio gelato ugualmente.
-è buono.-
-ma ti avevo detto di non assaggiarlo!- mi finsi arrabbiato, lei fece spallucce e scoppiammo entrambi a ridere.

Kristen’s pov.
Lui si finse arrabbiato per il mio gesto, io feci spallucce e dopo entrambi scoppiammo a ridere.
Poco dopo sentii il cellulare vibrarmi nella tasca.
Lo presi e lessi il messaggio.

Da Ronnie: ‘certo, alle cinque allo Starbucks . –Ronnie’

Subito dopo me ne arrivò un altro.

Da Jon: ‘ehi bellezza, che fine hai fatto?’
A Jon: ‘non sto molto bene. i professori sono incazzati?’

-chi era?- chiese Justin.
-nessuno.-
-no, ti sbagli, io non ti ho mandato nessun messaggio- disse riferendosi a quanto detto prima, così subito sorrisi. –allora, me lo dici?- continuò.
-niente di importante.-
-cosa mi nascondi Kristen Hannah?-
-cosa dovrei nasconderti?-
Si avvicinò e iniziò a farmi il solletico.
-basta, smettila.- dissi ridendo.
-dimmi chi era.-
-perché ti interessa?- chiesi.
-perché per ora sei sotto la mia tutela, quindi devo tenerti d’occhio.-
-ti ricordo che nessuno ti ha detto di badare a me e poi sono solo un anno più piccola di te.-
-ti sbagli.- disse serio –per ora sei la mia Kristen Hannah e non posso non sapere chi ti manda messaggi.-
-okay, okay, ma smettila di dire stronzate.- risi.
-va bene.- rise anche lui.
-era Ronnie.-
-erano entrambi suoi?-
-e l’altro era Jon.-
-siete di nuovo amici?- chiese con noncuranza.
-si.-
-bene, allora digli che tu sei la mia Kristen Hannah per il resto della mattinata e quindi non può mandarti messaggi.-
Gli diedi un pugno sul braccio.
-ahio.- disse.
Ridemmo.
Era strano lui. Tornava e mi faceva star bene, come se niente fosse successo.
E mi sentivo strana anch'io, ma d’altronde ero la sua ‘Kristen Hannah’, e se ero sua, in parte ero come lui.
Strana e pazza, a tal punto da amarlo così tanto.

**
 

Eccomi qua con il capitolo 8.
Mi scuso per averlo postato dopo più di un mese, ma non ho avuto tempo e ero da due settimane circa alla ricerca di una canzone adatta
al capitolo e, finalmente, ieri mi sono messa d'impegno e l'ho trovata.
Spero vi piaccia, sono dispiaciuta sul serio per l'enorme ritardo e non so qualcuna leggerà ancora il capitolo.
Ad ogni modo, spero in una vostra recensione e vi ringrazio per le recensioni dei capitoli precedenti. 
Baci, weretogether ♥

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Capitolo 9
*** ''to my angel'' ***


Capitolo 9.
''to my angel''

perché mi piace così tanto farmi del male?’ pensai tra me e me quando, tornati a casa, Justin baciò Susan.
Avrei dovuto smettere d’amarlo, avrei dovuto dimenticarlo, avrei dovuto rifarmi una vita e stavolta ero decisa a farlo.
In quel momento, quello quando le loro labbra si unirono, capii che non aveva senso continuare a stargli dietro, a sperare in qualcosa che non sarebbe mai diventato realtà.
Aveva ragione Izzy “perché tanto le cose non cambieranno.” e io non potevo di certo cambiare i suoi sentimenti. E mi sentivo così dannatamente stupida ad aver sprecato ben tre mesi a pensare a lui.
‘smettila Kristen, smettila’ pensai quando lui si girò e mi fece un cenno con la mano che stava a significare ‘ciao’.
Io ricambiai il saluto e me ne entrai in casa.
-dove sei stata?- chiese mamma.
-a scuola, dove sarei dovuta andare?-
-non mentirmi Kristen. la preside mi ha chiamata e mi ha detto che non eri a scuola.-
‘merda’.
-quindi? dove eri?- chiese esigente.
-sono stata con Justin.-
-pensi ancora a quel ragazzo, Kristen? non vedi che ha un’altra fidanzata, non vedi che lui non ti ama più?- disse mia mamma. Aveva ragione, era esattamente ciò che mi ripetevo da ben tre mesi, ma sentirselo dire dagli altri non era come ripeterselo da soli. Sentirselo dire era ancora più doloroso.- mi dispiace Kristen, è andata così e non ci puoi fare niente. il mondo è pieno di bei ragazzi, quindi, smettila di farti del male.- disse avvicinandosi e stringendomi a se.
Le lacrime scorrevano veloci sul mio viso, ed ecco che il dolore si ripeteva.
Era tutto così dannatamente difficile.
-ma io lo amo troppo, capisci mamma?- quelle parole sorpresero anche me. Non avevo mai detto a nessuno ciò che provavo per Justin, anche se lo sapevano tutti.
 -lo so tesoro, lo so. ma non puoi continuare a sperare che un giorno si renda conto dell’enorme sbaglio che ha fatto.- disse abbracciandomi forte.
Mi allontanai da lei, mi asciugai le lacrime e salii su.
‘dimenticalo. dimenticalo Kristen, fallo per il tuo bene.’ mi ripetevo. Dovevo essere una persona migliore e l’unico modo per esserlo era smettere di pensare a lui, anche se fosse tornato nella mia vita, anche se fossimo diventati amici. Lui amava Susan, non me. Lui voleva lei, non me. Lui mi aveva dimenticata ed era arrivato il momento di farlo anche per me. Dovevo dimenticarlo, non importava quanto difficile sarebbe stato.
 
All’ora stabilita andai allo Starbucks.
Entrai e vidi che Ronnie non era ancora arrivata, così presi posto.
Nell’attesa che arrivasse sfogliai il menù, anche se lo sapevo a memoria. Amavo andare allo Starbucks, ci andavamo sempre con Justin e ogni volta, per gioco, orinavamo cose diverse, che ci piacessero o no.
Dopo poco arrivò anche Ronnie, che entrò e mi fece un cenno con la mano per salutarmi.
-ehi.- sorrise sedendosi nel posto difronte al mio.
-ehi.- le sorrisi io a mia volta.
-come stai?- chiese sorridente. La trovavo meglio dell’ultima volta. Mi sembrava più felice.
-sono confusa, troppo confusa.- sospirai.- tu?-
-meglio.- continuò a sorridere.
Qualche minuto dopo ordinammo i nostri frappuccini, io al cioccolato e Ronnie alla fragola, e tornammo a parlare.
-ti vedo felice.- dissi.
-lo sono.- sorrise.
-le cose vanno meglio?-
-si. ho conosciuto un ragazzo che mi piace davvero tanto. lo conosco da qualche settimana, ma non era niente di serio, ora invece penso di interessargli.-
-sono davvero felice per te.-
-grazie.-
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi continuò a parlare.
-perché mi hai voluta vedere?-
-perché ho bisogno di parlare con qualcuno e tu sei l’unica che mi può capire.- dissi mentre l’imbarazzo prendeva la meglio.
Non eravamo quel tipo di amiche che si frequentano, anzi, forse non eravamo nemmeno amiche, ma se non lei, chi altro avrebbe potuto capirmi?
-dimmi tutto.- disse prendendo i nostri frappuccini e cominciando a sorseggiare il suo.
-si tratta di..- mi schiarii la voce.- si tratta di Justin.-
-ha combinato qualcos’altro? perché se è così ci parlo io con lui.- disse facendo quella piuttosto incazzata.
Io risi per il modo buffo in cui si stava comportando. Quel ragazzo la stava cambiando davvero, la stava facendo tornare la ragazza meravigliosa che era una volta.
-no.- risi ancora.- mi ha detto che vuole tornare. me l’ha promesso.-
-c’è qualcosa che mi sono persa?-
Io annuii col capo e passai il pomeriggio a spiegarle quanto successo.
A lei sembrava non importare se quei problemi erano miei e non suoi e io le era grata.
 
-posso darti un consiglio?- mi chiese dopo aver ascoltato quanto avevo da dire.
-certo.-
-da retta a tua mamma. so di essere la persona meno adatta per dirlo, ma ha ragione lei.- fece entrare nel suo corpo una grossa quantità d’aria, poi riprese a parlare.- non lasciare che lui ti rovini la vita. guarda me. avevo dimenticato come si sorrideva. per ben due anni ho smesso di essere me stessa, ho cercato di capire cosa non andasse bene in me, mi sono odiata e maledetta mentalmente per non essere ciò che lui voleva, ma evidentemente doveva andare così. e ora, ora che ho conosciuto Christian, sono tornata ad essere la ragazza allegra e sorridente che ero.-
-ma come faccio a dimenticarlo?-
-io lo so che non è facile, chi meglio di me può saperlo? ma devi, perché la tua vita continua, con o senza lui, e mentre cerchi una soluzione per togliertelo dalla testa non puoi bloccare il tempo. questi momenti, quelli che stiamo vivendo ora, non tornano Kristen, e fra qualche anno non capirai perché non li hai vissuti fino in fondo.- disse mentre una lacrima le accarezzava la guancia.
-posso dirti una cosa?- chiesi.
-si.- disse passandosi il dorso della mano sulle lacrime.
-grazie Ronnie. non volevo farti sprecare un pomeriggio, ne tantomeno farti tornare in mente i ricordi che stai cercando di conservare in un posto lontano, ma mi sei stata davvero d’aiuto.-
-di niente. non voglio che tu ripeta i miei sbagli.- sorrise.- promettimi una cosa.-
-cosa?-
-promettimi che quando uscirai da qui sarai una persona diversa, una persona nuova. promettimi che tornerai a sorridere come quando eri piccola. promettimi che tornerai la Kristen di prima. promettimi che lo dimenticherai e che non gli permetterai di farti dell’altro male.-
Feci un respiro profondo. Potevo prometterle tutto ciò?
-te lo prometto.- dissi dandole il mignolo.
-non importa quanto tempo ti servirà per dimenticarlo, ma provaci, lo so che ci riuscirai, perché tu sei forte.-
Ci alzammo da quel tavolo e, dopo aver pagato, percorremmo insieme la strada per andare a casa.
-ciao Ronnie.- la salutai.
-ciao Kristen.-
-e grazie ancora.-
-di nulla.- disse prima di lasciarmi uno dei suoi migliori sorrisi e continuare per la sua strada.
Mentre entravo dentro notai la luce della stanza di Justin accesa. Spostai gli occhi sul vialetto di casa sua e vidi la macchina di Susan parcheggiata li.
‘tu sei forte Kristen’ pensai.
Mi feci coraggio e rimandai indietro le lacrime.
Entrai in casa, erano già le otto, quindi era quasi ora di cena.
-dove sei stata?- chiese mia mamma.
-fuori con Ronnie.-
-la figlia dei Millers?-
-si, lei.-
-non sapevo che eravate amiche.-
-ora lo sai.- dissi mentre salivo in camera mia.
-è quasi ora di cena.- mi avvertì mia mamma. –e dobbiamo parlare.- sentivo aria di guai.
 
A Jon:‘ehi, ti va di passare da me dopo cena?’
 
Presi l’ipod e lo accesi. Misi le cuffie nelle orecchie e feci partire la riproduzione casuale.
 
Da Jon:‘okay, va tutto bene?’
A Jon:‘si :)’.
 
Dopo aver parlato con Ronnie stavo veramente meglio.
Poco dopo aumentai il volume dell’ipod, amavo la musica a tutto volume.
Ma quella che partì subito dopo non era una canzone.
 
(DA QUI, SE VI VA, ASCOLTATE QUESTA: http://www.youtube.com/watch?v=StFF5s5-Wfk )


 ‘Al mio angelo.
Ehi piccola, come stai? E’ la prima volta che registro qualcosa e sai anche che non sono bravo con le parole, quindi non so cosa ne uscirà fuori, ma è dedicato a te ed è questo quello che conta.
Non so cosa saremo io e te quando sentirai questa registrazione, io sono sicuro che saremo ancora insieme, la coppia più bella dell’intera città, ma non posso garantirtelo.
Nel caso in cui ti stessi chiedendo perché sto registrando queste parole: lo sto facendo perché così potrai sentire la mia voce tutte le volte che ti mancherò quando sarò a Londra. So che non sarà facile, ma la distanza separa due persone, non due cuori, giusto?
Al solo pensiero di stare tre mesi lontano da te mi viene la pelle d’oca e gli  occhi mi si gonfiano di lacrime. Si, Justin Bieber che piange per una ragazza. Ti amo proprio tanto, lo sai?
Siamo ancora all’inizio e prevedo che tu stia già piangendo, ma ti prego, non farlo.
Lo sai già, partirò per Londra, farò uno stage li, ne parliamo da settimane ormai, e per quanto la cosa possa rendermi felice, per quanto la cosa possa farti piacere, li vedo i tuoi occhi lucidi quando ti dico che staremo lontani per un bel po’ di tempo, così come vedo le tue labbra darsi la caccia per mandare indietro le lacrime.
E’ dura anche per me, sai? Ma i miei genitori hanno scelto questo per me, ed è l’unica cosa che posso fare per farmi perdonare. Questa parte da ‘figlio ingrato’ mi pesa tanto, sai? Partire e fare ciò che vogliono, ciò che ritengono giusto per me, è l’unico modo per farmi star meglio, per togliermi di dosso questo peso, il peso d’essere un figlio che non ha mai fatto ciò che i propri genitori volevano.
Forse quando tornerò tu sarai una persona diversa, forse lo sarò anche io, ma so che i nostri sentimenti non cambieranno, né ora, né mai.
Per favore, non piangere. Asciugati le lacrime e pensa al mio sorriso quando sono con te.
Ti ricordi? Ti ricordi del sorriso che avevo quando hai suonato alla recita di fine anno? Ti ricordi quanto ero fiero di te?
Ecco, ora pensa a me in quel momento, pensa a quanto siamo felici insieme e dai fine a questa cascata di lacrime che ti stanno rigando quel viso perfetto.
Mi mancherai tanto, anzi no, tantissimo, ma ti prometto che questi mesi passeranno veloci.
Forse ora mi sto spingendo troppo oltre, ma avevo voglia di parlarti a lungo, come facciamo sempre, per farti dimenticare, almeno per un momento, che non sono vicino a te.
Piccola mia, quando ti mancherò più del solito, quando la distanza si farà insopportabile, ascolta queste mie parole e dai vita alle emozioni tramite i tasti di quel pianoforte, come solo tu sai fare.
So di avertelo ripetuto migliaia e migliaia di volte, ma sei bravissima a suonare.
Sai, ho sempre pensato che quel posto a sedere e quell’enorme strumento fossero fatti apposta per te.
Ora vado, si sta facendo tardi e i miei occhi chiedono pietà.
Ti amo da morire, Kristen-panda. Ti amo come mai ho fatto. Ti amo come mai farò.
Sei la mia piccola e niente e nessuno potrà cambiare ciò che provo per te.
So che staremo per sempre insieme e anche se la vita dovesse separarci, noi due troveremo il modo di tornare insieme, perché un amore così unico e intenso non può morire.
Ciao piccola mia, sei il mio angelo.
Tuo per sempre, Justin.’’

Erano mesi che non sentivo quella registrazione. Quella registrazione che Justin aveva fatto qualche settimana prima di andare via, quando ancora stavamo insieme.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime e avrei voluto smettere di piangere, ma non ci riuscii.
Avrei voluto far sentire quelle parole a Justin, ma ero impotente e non ne avrei mai avuto il coraggio.
‘cosa stai facendo?’ mi chiesi.
Mi ero ridotta a così poco, ma quell’amore per me aveva significato troppo, era troppo importante per essere messo nella stanza dei sentimenti dimenticati.
L’avrei dimenticato, o almeno ci avrei provato, ma i miei sentimenti per Justin non sarebbero mai cambiati.
Lo avrei amato per sempre.


**

Allora, so che il capitolo 8 l'ho postato ben dieci giorni fa e mi dispiace immensamente, ma dovevo trovare la canzone adatta.

Ieri l'ho trovata, non avevo le idee ben chiare ma ho iniziato a scrivere lo stesso, ed ecco cosa ne è venuto fuori.

Non mi piace proprio tantissimo, ma ci ho messo tutta me stessa nello scrivere questo capitolo.

Spero sinceramente che vi piaccia e spero anche in una vostra recensione, in ogni caso, vi ringrazio per quelle degli altri capitoli.

(mi piacerebbe, se non chiedo troppo, sapere anche cosa ne pensate della registrazione, è un'idea che è venuta 
fuori dal nulla e vorrei sapere se vi è piaciuta oppure no)

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Capitolo 10
*** ''self destruction'' ***


Capitolo 10.
''self destruction''

Mi asciugai le lacrime e con un vuoto dentro scesi giù in cucina.
-va tutto bene?- chiese mamma.
-si, è tutto okay.- mentii. Nessuno si accorgeva delle mie bugie, solo Justin aveva imparato a leggere i miei occhi e capire quando ero sincera e quando no.
-sedetevi. Kristen, aiutami a servire la cena.- disse.
Papà e Nathan presero posto a tavola e io aiutai mamma a mettere il mangiare nei piatti.
Dopo prendemmo posto e iniziammo a mangiare, anche se io non avevo fame. Al sentire quelle parole mi si era chiuso lo stomaco. Avevo voglia di gridare, di andare da lui e chiedergli perché se ne era andato, anche se quello che in realtà mi faceva più male era l’amore che provavo per lui.
Quel dannato amore che mi aveva cambiata per sempre, quell’amore che occupava tutti i miei pensieri.
-non mangi?- chiese papà.
-non ho molta fame.-
Dopo qualche secondo di silenzio continuò a parlare. –perché oggi non sei andata a scuola?- chiese tranquillo.
-non mi andava.- dissi con noncuranza.
-quindi se domani non ti va non ci vai, quindi se per un mese non ti va non ci vai, quindi puoi permetterti di saltare la scuola ogni volta che non ti va.-
-è stata solo un giorno. non sto dicendo che mancherò per un mese da scuola o che non continuerò gli studi.- ribadii.
-signorina, non rispondermi così. sai cosa ne penso della scuola e sai anche che potete assentarvi solo quando state male.-
-io stavo male oggi, va bene?- alzai la voce.
-no che non va bene. tu non sei mancata perché stavi male, tu sei mancata perché quel Justin ti ha detto chissà cosa. gli hai dato ascolto e per di più hai anche mentito a tua madre.-
-è un problema se sono stata con Justin?- chiesi mentre mandavo indietro le lacrime.
-si, lo è. è fidanzato, Kristen.-
-lo so che è fidanzato. chi meglio di me può saperlo? chi?- chiesi furiosa.
-una volta per tutte, la smetti di corrergli dietro?-
-ho smesso da un pezzo.-
-non è quello che hai fatto questa mattina.-
-abbiamo passato una mattinata insieme, ed è vero, ma come amici.-
-e cosa farai quando andrà via?-
-ci sono già abituata alla sua assenza. non ho intenzione di rimettermi con lui, non voglio fare quello che Susan ha fatto con me, e ora per favore smettetela di parlare di Justin, smettetela con tutto, perché io non ce la faccio più.- gridai alzandomi e andando in camera.
-dove vai? sei in punizione per una settimana. uscirai solo per andare a scuola, non andrai da nessun’amica e nessuno verrà qui e se provi a disubbidire la punizione arriva anche a un mese, sia chiaro.- urlò esasperato.
‘fanculo tutto.’ pensai.
Uscii in veranda e la mia attenzione si posò sulla portafinestra della stanza di Justin. La luce era accesa, le tende erano chiuse e si scorgevano due sagome. Si stavano baciando.
‘non piangere.’ mi ordinai. E così feci. Mandai indietro le lacrime, dovevo superare questa cosa una volta per tutte.
D’un tratto ripensai a Jon e subito mi venne in mente d’avvertirlo.
Sarebbe potuto entrare di nascosto dalla scala che si trovava fuori nel mio balcone. La usava sempre Justin per entrare in camera mia quando era tardi o quando ero in punizione.
 
A Jon:‘i miei mi hanno messo in punizione, quindi non potrai entrare dalla porta principale, né farti vedere da loro.’
Da Jon:‘quindi non posso venire?’
A Jon:‘ho un’idea.’
Da Jon:‘quale idea?’
 
 
-tu sei pazza, completamente pazza.- disse una volta davanti alla scala.
-dai, non avrai mica paura.-
-si, ho paura per te.-
Gli rivolsi uno sguardo interrogatorio che+ sembrò cogliere al volo.
-se i tuoi genitori ci scoprono uccideranno prima me e poi te.-
-tranquillo, possiamo correre questo rischio.- gli feci l’occhiolino e lui rise.
-shh.- risi anche io.
Salì e in qualche secondo fu sul mio balcone.
-hai chiuso la porta a chiave?- chiese.
-no.- dissi dirigendomi verso la porta e chiudendola a chiave.
-allora, che hai?- disse mentre ci sedevamo sulle poltroncine in vimini che stavano sul piccolo balconcino, che, in fondo, tanto piccolo non era.
-che dovrebbe succedere?-
-perché hai voluto che venissi?- disse fissando la luna.
-volevo solo passare del tempo con te.- ammisi.
-con me?-
Io annuii col capo e lui sorrise.
-stavi davvero male oggi?- cambiò discorso.
-la verità?-
-si.-
-no.-
-perché non sei venuta a scuola allora?-
-ero..- la voce s’incrinò. –ero con Justin.-
Mi rivolse uno sguardo confuso e per qualche secondo incontrai i suoi occhi.
-ma lui non è..- fece una pausa.- non è fidanzato?-
-siamo solo amici.-
-davvero Kristen?-
-si.- sospirai.
-pensavo che stessi male per lui.-
-infatti è così.- dissi.
-e ci stai insieme?-
-siamo solo stati insieme una mattina.-
Lui annuii col capo, anche se si vedeva, non condivideva la mia scelta, e forse nemmeno io la condividevo così tanto.
‘Justin è la mia autodistruzione’ pensai.
-te lo ricordi?- dissi io dopo un po’.
-cosa?-
-quando eri innamorato di Susan?-
-si.- rise.
-ti ricordi di quella volta che ti sei ubriacato e sei andato sotto casa sua a ‘dichiararle’ il tuo amore?- risi anche io.
-come dimenticarlo. quella sera mi sono giocato la poca reputazione che avevo.-
Scoppiammo a ridere, anche se c’erano tutte le probabilità che ci avrebbero sentiti.
-lo sapevano tutti.-
-davvero?-
-si. quando ero ancora una cheerleader si parlava molto di ragazzi e tutte sapevano che tu amavi Susan.-
-che figura di merda.- disse coprendosi il viso con una mano.
Io risi. Era così buffo.
-aspetta, -si tolse la mano dalla faccia.- parlavate di ragazzi?-
-si, di cosa credi che parlassimo?-
-non so, ma di certo non di ragazzi.- rise.
-invece è proprio così.- sorrisi.
-e cosa dicevano di me?-
-che eri un gran figo.-
-stai scherzando?-
-no, sono serissima. ti stavano tutte dietro.-
-e perché nessuna di loro si è mai fatta avanti?- chiese non capendo.
-perché la tua testolina era troppo impegnata a pensare a Susan, lo sapevano tutti, quindi era inutile che provassero anche solo a parlarti, a te non interessava di loro. tu volevi Susan e basta.-
-è proprio quello che stai facendo tu, Kristen.-
Lo guardai confusa.
-tu ti sei limitata a Justin. respingi tutti, perché tu vuoi lui, lui e nessun’altro.- disse fissandomi.
-non è vero, io non sono come te. tu sei un figo, tutte lo pensano. io sono..- feci una pausa.- io sono Kristen, e Kristen non va bene a nessuno.-
-nessuno si è mai fatto avanti con te perché sanno che tu pensi solo a Justin. non avrebbero concluso niente e lo sanno, per questo non fanno mai un passo avanti. stanno solo aspettando che tu ti rifaccia una vita, ma sembra troppo per te.-
-come fai a saperlo?-
-come fai a non capirlo? sarai anche una ex cheerleader, ma nessuno ha smesso di sbavarti dietro. lo vedono tutti. Kristen, sei tu l’unica a non accorgertene.- nella sua voce si scorgeva un pizzico di rimprovero, ma sapevo che lo stava dicendo per il mio bene.
-e tu come hai fatto a dimenticare Susan?-
-non posso assicurarti di averla dimenticata, ma mi sono fatto coraggio e sono andato avanti. ho provato a guardare anche oltre al mondo immaginario che mi ero creato, un mondo dove c’eravamo solo io e lei. ho eliminato lei e aggiunto tutti gli altri. o meglio, ho lasciato quel mondo, per sempre. dovresti farlo anche tu, Kristen.-
-ma non ci riesco.- dissi esasperata. Tutti che volevano la stessa cosa da me, tutti che mi dicevano di andare avanti, come se non lo volessi anche io, ma io non ci riuscivo. Io non riuscivo a dimenticarlo, perché l’amavo troppo per lasciarlo andare.
-non puoi dire di non riuscirci se non ci provi. è come quando fai per la prima volta un ollie. all’inizio muori dalla voglia di farlo ma hai una paura matta di farti male. pensi di non riuscirci e hai paura di cadere, ma come puoi dire che non sai farlo? la vita è un po’ come eseguire un ollie. non sempre va bene, ma per sapere come va a finire devi provare a farlo, saltare e provare l’ebrezza di restare in equilibrio, o, nel peggiore dei casi, di cadere. ma, lo sai anche tu, l'ollie è la base di tutto.- fece una pausa.- il vero problema è che tu hai paura di lasciare il mondo immaginario che ti sei creata. hai paura della realtà che ti si potrebbe presentare davanti, perché quei mesi con Justin sono bastati a farti sentire protetta, e ora non ti ricordi più come si fa a stare da sola in mezzo a tante persone e hai paura di non farcela senza di lui, ma devi provarci, e devi farcela.- concluse.
-è vero.- dissi ammettendo a me stessa che tutto quello che aveva detto era vero. Avevo paura di non riuscire a farcela senza Justin, ma prima di lui me l’ero sempre cavata da sola, e se prima ce l’avevo fatta, perché non dovevo farcela anche questa volta?
Lui in tutta risposta mi sorrise, sapeva quello che stavo pensando, mi aveva sempre capita al volo lui.
-forse è ora di andare.- disse quando notò le luci delle altre case già spente.
-puoi restare.-
-domani c’è scuola.-
-fa niente. non ci andremo.-
-vuoi davvero farti uccidere?- ridemmo.
-grazie Jon, grazie di tutto.- dissi abbracciandolo.
-voglio solo che tu sia felice.-
Proprio mentre gli schioccai un bacio sulla guancia la portafinestra della casa di Justin si aprì e lui uscii fuori.
-ciao.- sorrise.
-ciao.- ricambiai il sorriso.
Scese giù per la scala e, mentre ridevamo, cercavo di non farmi pesare gli occhi di Justin che erano puntati su di me.
-non pensavo foste così amici.- disse Justin poco dopo.
-mh?- lo guardai.
-sapevo che eravate amici, ma non pensavo così amici.-
-così come?-
-tutti baci e abbracci.-
-invece è così- tenni testa a quel discorso.
-vi siete divertiti?-
-si, molto.- gli feci l’occhiolino.- e tu e Susan?- chiesi.- ti consiglio di spegnere la luce la prossima volta.
-cosa?- chiese.
-diciamo che si vedeva tutto.- dissi riferendomi a quanto visto prima.
-stavamo parlando di te.- disse cambiando discorso.
-non penso ci sia molto da dire.- gli rivolsi un finto sorriso e entrai in camera.
Chiusi la portafinestra, spensi la luce e andai a dormire.
Che ne dici di giocare allo stesso gioco, Bieber?


**
Ecco qui il decimo capitolo. Che ne dite? 


So che sono passati ancora due giorni dal capitolo 9, ma mi andava di scrivere.

Poi, volevo ringraziarvi per le quattro recensioni, e perché il numero delle persone che segue la storia è aumentato.
Grazie :).

Spero vi piaccia e spero anche in una vostra recensione :).

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Capitolo 11
*** ''all i need is you and i'' ***


Capitolo 11.
''all i need is you and i''

La mattina seguente mi svegliai di buon’umore e questo non poteva che essere una cosa positiva per iniziare una “nuova vita”.
In quegli ultimi mesi era come se la mia vita fosse stata in pausa e io avessi fatto da spettatrice a quella degli altri, ma, purtroppo, non era così. La mia vita era continuata e io non avrei mai riavuto quei momenti sprecati, non avrei potuto riviverli un’altra volta.
Era ora di riprendermi la mia vita, visto che da sola non era riuscita a tornare. 
Mi sentivo un’estranea, come se fossi diventata qualcosa che non avrei mai immaginato d’essere, nemmeno fra cent’anni, e quella sensazione mi preoccupava. 
Scesi in cucina e mamma stava preparando la colazione. Avevo almeno la fortuna di avere una famiglia unita, una di quelle che quando stai male fa di tutto per strapparti un sorriso.
-ciao.- dissi sedendomi sulla solita sedia che ormai era diventata “mia”.
-ciao.- mi sorrise dolcemente.- pensavo che dopo lo punizione di ieri non saresti più scesa.- continuò.
-invece sono qui.- dissi anche se era la cosa più ovvia del mondo.
-lo vedo.-
-già.- 
Quella tensione era imbarazzante. Sapevamo entrambe che il motivo di quell’aria elettrica non era tanto la punizione, ma l’argomento “Justin”.
Dopo che mi aveva lasciato nessuno l’aveva più nominato a casa, nemmeno per sbaglio, e la conversazione avuta la sera prima era stata fastidiosa e frustrante. Se da un lato i miei genitori avevano tutta la ragione del mondo, dall’altro avevano affrontato tutto con troppa poca delicatezza. C’ero rimasta male, davvero male. 
Eppure sentivo di non essere arrabbiata più di tanto, non ora, almeno. 
La chiacchierata con Jon era servita davvero e mi aveva aiutata a star meglio, forse era per questo che, stranamente, avevo iniziato la giornata col piede giusto.
Dopo aver fatto colazione uscii di casa e vidi Jon. Fui tentata di aspettare Justin, di andare a scuola con lui, ma controllai quell’impulso assurdo e andai con Jon. 
Per dimenticarlo avrei dovuto calmare certi impulsi, o almeno avrei dovuto impedire che popolasse continuamente la mia mente, e stargli alla larga per un po’ sarebbe stato di sicuro di grande aiuto. 
Quando fummo a scuola, vidi Justin che era già arrivato e, un po’ delusa, mi limitai a ricambiare il saluto. 
Avevo davvero pensato che mi avrebbe aspettata?

Quella settimana in punizione passò così. Tra scuola, compiti, telefonate con Izzy e serate furtive con Jon, e fu più piacevole del previsto. 
Pian piano recuperavo il rapporto che avevo con Jon, e questo mi aiutava, e, ad essere sincera, mi faceva stare meglio.
Avere accanto qualcuno su cui contare era una bella sensazione e pian piano stavo riavendo la mia vita, e questo cambiava tutto, in meglio. Ero stanca di vivere una vita che non sentivo mia. 
-Kristen.- sentii mentre stavo per spegnere le luci della mia camera.
Mi affacciai e capii che era Justin. 
-Justin.- dissi con noncuranza.
-come stai?- disse prendendo posto sulla piccola panchina che si trovava sul suo balcone.
-abbastanza bene.- feci una pausa.- tu?- 
-anch’io.- sorrise.
Anche se volevo e dovevo stare lontana da Justin, quella di parlare dopo cena o prima di andare a letto era diventata un’abitudine.
Un’abitudine di cui avrei dovuto fare a meno, ma, mio malgrado, in parte mi cullavo su quell’illusione. L’illusione di poter essergli almeno amica, senza soffrire, senza pensare a noi, senza guardare indietro.
“tutte le cose belle finiscono, è sempre stato così e non sarà di certo una storiella d’amore a fare in modo che le cose cambino.” furono le parole di mia nonna qualche mese prima, e, per quanto sgradevole potesse essere quell’affermazione, era la triste verità. Non sarebbero bastati dei semplici sentimenti a far si che le cose cambiassero, ma, in cuor mio, speravo almeno di potergli essere amica. Anche se avrebbe fatto male, anche se non sarebbe stato facile, anche se era uno sbaglio, un enorme sbaglio. 
-mi fa piacere.- gli sorrisi. Almeno stava bene. 
-oggi non è venuto il tuo amico?- chiese dopo poco. 
-il mio amico si chiama Jon.- dissi chiaramente parecchio infastidita.
-okay. oggi il tuo amico Jon non è venuto?- 
-no, aveva impegni.- 
-sta uscendo con qualche ragazza?- chiese. A quel punto capii che avremmo parlato ancora per molto, così mi gettai sulla poltroncina in vimini e iniziai a guardare fisso davanti a me.
-non che io sappia.- 
-sarai la prossima conquista allora.- mi fece l’occhiolino.
-non penso proprio.- affermai convinta.
-io invece penso di si.- 
-sei nella sua testa?- risposi stanca. Avevo studiato davvero tanto ed ero sfinita. 
-no. ma tutti vedono i suoi occhi.- 
-cos’hanno i suoi occhi?- chiesi non capendo.
-sul serio non capisci?- domandò.
Scossi la testa –no.- 
-ha gli occhi lucidi quando ti guarda o quando parla di te.- fece una pausa.- questo può significare solo una cosa..
-o è cotto di te, o ha qualche problema.- ripetemmo in coro. 
Ricordavo quelle parole a memoria, sentirle e ripeterle faceva male, più di quanto avessi immaginato.

“-Izzy, c’è una cosa che devo dirti.- 
-cosa?- 
-io..- come dovevo dirglielo? e soprattutto, come potevo dirle che mi ero innamorata del ragazzo che lei aveva desiderato per anni? mi sentivo così dannatamente in colpa che se avessi potuto avrei cambiato scuola, casa, città, nazione. avrei fatto di tutto pur di non innamorarmi di Justin, ma era successo, e ora non potevo impedire al mio cuore di battere più forte quando lo vedevo, non potevo impedire alle farfalle non mio stomaco di scatenarsi ogni volta che sorrideva, non potevo, non più.
Mi guardò con aria interrogativa. Io presi un respiro e sputai tutto fuori –io mi sono innamorata di Justin.- dissi a bassa voce, ma con sicurezza, quasi avessi ritrovato il coraggio che qualche secondo prima mi era mancato. 
Lei mi sorrise, era un sorriso gentile quello.
-tutto qui?- chiese calma. 
-si. mi dispiace Izzy, ma non ho potuto farci niente. è arrivato da un giorno all’altro e mi ha stravolto la vita. mi ero promessa di stargli lontana, perché tanto non ci sarebbe mai potuto essere qualcosa tra me e lui, ma non è stato così.- dissi mentre cercavo di mandare indietro le lacrime.
-ehi, va tutto bene. è già un anno e mezzo che non mi piace più, tranquilla. e poi quella era solo una stupida cotta.- disse accarezzandomi i capelli.- tu sei innamorata di lui, è diverso.- 
-si, credo di essermi innamorata.- 
-hai gli occhi lucidi quando lo guardi o parli di lui. questo può significare solo una cosa- mi sorrise.- o sei cotta di lui, o hai qualche problema.- ridemmo insieme. 
-grazie Izzy.- dissi abbracciandola.”


-i..io non credo.- balbettai. 
-so riconoscere certe cose.- disse in tutta risposta.
Se lui sapeva riconoscere certe cose, allora, qualche tempo prima, aveva riconosciuto anche l’amore che avevo provato per lui? E nonostante tutto se ne era andato senza dirmi niente, mi aveva lasciata sola, senza darmi nemmeno una spiegazione. 
Sentivo di odiarlo, ogni giorno di più.
-che stronzo.- dissi tra me e me.
-cosa?- evidentemente aveva sentito. 
Stavo per rispondere ‘niente’, ma d’un tratto sentii di dovergli dire tutto. Non avevo più niente da perderci, lui mi aveva lasciata e mi aveva fatto del male, io dovevo pure fingere che andasse tutto bene? 
-che stronzo che sei.- ripetei, questa volta a voce più alta. 
-perché sono uno stronzo?- 
-dovresti saperlo. non sarò di certo io a dirtelo.- dissi alzandomi. 
-ah, ho capito.- affermò prima che tornassi dentro.- ti rode il fatto che io me ne sia andato a Londra, nonostante sapessi che mi amavi.- disse di colpo.
L’aveva detto con quel suo tono da ‘non me ne frega niente degli altri’ e questo mi aveva infastidita, e non poco. 
-no Justin. non cambiare le cose. io non mi sono mai arrabbiata perché dovevi partire. sapevi che ti amavo da morire, non te lo avrei mai impedito, non se quello era ciò che volevi, o dovevi, fare.- precisai il ‘dovevi’.- mi fa solo incazzare il fatto che tu te ne sia andato, ma con un’altra.-
-sai com’è, l’amore ti bussa alla porta di casa, fingendosi un venditore di aspirapolveri, o cazzate simili, ti prende per mano e ti trascina via, dalla prima persona che capita. ma da quel momento in poi, quella persona non sarà più una semplice conoscente, o amica, o tutto il resto.- disse come se volesse spiegarmi l’amore. 
-io lo so com’è l’amore, lo so meglio di te. perché a me l’amore non ha bussato alla porta di casa, è salito dalla scala appoggiata al mio balcone, si è seduto sulla mia poltroncina in vimini e mi ha aspettata, poi però, per chissà quale assurdo motivo, un giorno, è sceso da quel fottutissimo balcone e non ha avuto più il coraggio di salire.- dissi imponendomi di non piangere.

Justin’s pov.

“Kristen non era ancora in casa, così decisi di farle una sorpresa.
Salii dalla scala che si trovava sul suo balcone, poi, appena misi i piedi a terra, mi sedetti sulla sedia che si trovava li. 
Quel pomeriggio l’aspettai per ben tre ore, ma sapevo che ne sarebbe valsa la pena.
Quella ragazza si era presa il mio cuore e ora non riuscivo più a fare a meno delle sue parole, della sua risata, delle sue facce buffe, anche se, in realtà, l’unica vera cosa di cui non riuscivo a fare a meno era lei. 
La cosa mi preoccupava molto, aver bisogno di qualcuno non era mai stato nel mio stile di vita. Non ero un puttaniere, uno di quelli che prima le scopa e poi le lascia, no, ma non avevo mai avuto una ragazza per mia scelta, né mai avevo approfittato di qualcuna.
Vivevo di baseball e questo mi era sempre bastato, ma ora, mentre ripensavo a tutti i momenti passati con Kristen, mi rendevo conto che se prima avevo sempre e solo avuto voglia di giocare a baseball, ora quella voglia non bastava più. Il mio cuore voleva lei, la voleva ora, e per sempre. 
Sentii la macchina degli Edwards entrare percorrere il vialetto di casa, e io cercai di non farmi vedere.
Dopo essere rientrati in casa, sentii qualcuno salire le scale e poco dopo la porta della camera di Kristen aprirsi. 
Appena mi vide corse fuori, con quel suo splendido sorriso che faceva invidia anche alle stelle. 
-che ci fai qui?- disse piano per non farsi sentire. I suoi genitori non volevano che frequentasse qualche ragazzo, ma non potevo lasciare che delle stupide regole mi impedissero di stare con lei. 
-niente, avevo voglia di te e sono venuto.- ammisi, un po’ imbarazzato. Ero il capitano della squadra di baseball, all’apparenza sembravo un duro, ma provavo vergogna nel dire cose dolci o nel fare complimenti a qualche ragazza, anzi no, provavo vergogna nel fare complimenti a lei. Chi l’avrebbe mai detto.
Lei sorrise imbarazzata, mentre le sue gote acquistavano colore. Era diventata rossa. 
Sorrisi istintivamente e le accarezzai una guancia. 
-ma non ero in casa.- disse lei non notando il mio gesto. 
Forse mi ero dato da solo delle speranze mai esistite. 
E se non le piacessi? Se vedeva qualcun altro? Se non ero il suo tipo? Se non fossi stato all’altezza? 
Mi creai non so quante paranoie e sentii il cuore stringersi. D’un tratto tutta la sicurezza che avevo, svanì, come se non fosse mai esistita, e mi sentii così dannatamente solo e insicuro. 
Justin Bieber che si sente insicuro. Quella ragazza stava davvero cambiando le cose.
-ti ho aspettata lo stesso.- finsi sicurezza. Dovevo giocarmi la carta del tutto per tutto. Mi stavo giocando tutto ciò che avevo, per lei. 
-potevi venire quando arrivavo.- 
-ma poi non sarebbe stato lo stesso.- 
-cosa sarebbe cambiato?-
-che non avrei potuto vederti sorridere mente mi consideri un completo idiota, non avrei potuto dirti cose dolci e accarezzarti la guancia.- 
-c’è una cosa che devo dirti.- disse mentre guardava altrove.
-devo dirti una cosa anche io.- 
-Justin io..- prima che finisse la frase la baciai. 
Le sue labbra erano morbide e calde, e finalmente erano mie. 
-ti amo.- dissi sulle sue labbra. Lei sembrò cogliere il messaggio e sorrise.”


Aveva colpito nel segno. Al sentire quelle sue parole era come se fossi stato nudo davanti ad una folla. 
La vidi rientrare in casa con gli occhi pieni di lacrime e mi sentii così dannatamente in colpa. 
A riportarmi alla realtà, dopo qualche secondo, fu il suono del mio telefono. 
Risposi alla chiamata senza nemmeno vedere chi fosse a chiamarmi. 
-si?- dissi con noncuranza.
-amore, sono io.- disse Susan dall’altra parte del telefono con, di sicuro, un enorme sorriso stampato in faccia. 
-oh, ehi.- dissi fingendomi felice. La verità era che le parole di Kristen mi avevano colpito nel profondo del cuore, quel giorno era stato un giorno speciale, e sapere che per lei non aveva avuto più di tanta importanza era una cosa terribile. 
Me l’aveva fatto rivivere, descrivendolo con qualche parola, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre io, invece, mi ero sentito come non avevo mai fatto.
-tutto qui?- chiese un po’ delusa.
-scusa, stavo facendo una cosa. perché mi hai chiamato?- chiesi. –amore.- aggiunsi dopo, quasi me ne fossi dimenticato.
-papà mi ha detto che la settimana prossima parto, vado a Dublino, vieni?- chiese speranzosa.
-no, non posso. devo recuperare un paio di materie.- dissi sperando che le bastasse quella scusa.
La verità era che non mi andava di ripartire, non ora, non con lei. 
-posso aiutarti io quando torneremo.-
-no, sul serio. e poi non mi va di ripartire. siamo arrivati da poco.- 
-okay.- dissi riattaccando al telefono senza nemmeno salutare.
Rientrai in camera e mi buttai a peso morto sul letto. 
Presi l’ipod e feci partire la riproduzione casuale.

“-promettimi che mi amerai in eternò.- disse lei.
-e se non volessi promettertelo?- 
Lei mi guardò un po’ delusa –fa niente, vivrò sapendo che non mi amerai per sempre.- disse smettendo di guardarmi negli occhi.
Le alzai il viso –amore mio, non c’è bisogno che te lo prometta, perché non abbiamo bisogno di promesse, io ti amerò in eterno, stanne certa.- 
Lei mi sorrise.
-te lo prometto.- dissi prima di baciarla.”


Con quel ricordo mi addormentai, con le cuffie ancora nelle orecchie e il cuore che batteva forte.

''All i need is you and i, without you.''


**

Allora, eccomi qui col capitolo 11.
Vi ho fatte aspettare un bel po', lo so, ma tra la mancanza di tempo, di ispirazione, e tutto il resto, ho scritto solo ora.

Allora, spero vi piaccia e spero in una vostra recensione. 
Poi, volevo ringraziarvi per le recensioni e tutto il resto. 

Alla prossima :). 

(PRECISO: QUELLI TRA VIRGOLETTE SONO DEI FLASHBACK)


 

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Capitolo 12
*** ''we're just friends'' ***


Capitolo 12.
''we're just friends''

La mattina seguente a scuola le lezioni erano state un inferno.
Izzy stava male e Jon non aveva avuto molto tempo per stare con me, quindi ero sola.
Essere sola per me non era una novità. Lo ero anche quando facevo parte delle cheerleader. Non ero mai stata ben vista in quella “squadra” di ragazze oche. Facevo parte di quel gruppo solo perché mia mamma ne faceva parte quando era alle scuole superiori e le piaceva l’idea che anche io fossi una di loro, ma per quanto mi fossi sforzata non ero riuscita ad essere come una di quelle ragazze.
Ma forse era meglio così, le avevo sempre odiate tutte per quegli assurdi modi di fare e di cambiare tre fidanzati in soli ventiquattro ore. Non ero riuscita a dimenticarne uno, figuriamoci tre.  
Tornai a casa distrutta e, dopo essere salita in camera, mi buttai sul letto.
Una strana sensazione si impadronì di me. Qualcosa di unico e allo stesso tempo magico, qualcosa che non era assolutamente una novità per me, ma che da tempo non provavo.
Quella dannata voglia di poggiare di nuovo le mie dita su quei tasti bianchi e neri tornò ad essere viva in me. Ma non potevo. Non potevo sedermi e iniziare a suonare, non di nuovo. Quello era il mio passato, quella era una delle cose più belle che avessi mai avuto, l’unica cosa che mi aveva sempre capita, l’unica cosa di cui avevo sempre e solo avuto bisogno, prima che arrivasse Justin.
Quella voglia cresceva in me, ma sapevo che apparteneva a un periodo che ricordare avrebbe fatto male, tremendamente male, e ora più che mai dovevo reprimere quell’assurdo desiderio di fare l’unica cosa che, pur essendo sbagliata, poteva farmi star bene. Era antidoto e veleno, e, soprattutto, apparteneva alla vecchia Kristen e le cose dovevano restare tali.
Prima che le lacrime potessero bagnarmi il viso mandai un messaggio a Jon. Volevo uscire, con lui.

A: Jon.
‘Ehi, che ne dici di andare a fare un giro più tardi?’

Da: Jon.
‘Okay.’

A: Jon.
‘Alle sette da starbucks (il solito).’
 
 
Dopo aver finito i compiti andai a casa di Izzy.
-ehi.- le sorrisi appena entrai in camera.
Stava sotto le coperte con la febbre a 38. Suo tipico in questo periodo.
-ehi.- sorrise debolmente.
-come va?- chiesi.
-se non fosse per il tremendo mal di testa, beh, di sicuro andrebbe meglio.- rise.
-dai, passerà.-
-si.- sorrise ancora una volta.
-ehi, che succede? perché tutti questi sorrisi?- le chiesi curiosa. In genere quando stava male riusciva a stento a parlare, figuriamoci se pensava a sorridere.
-oh, niente.- posò lo sguardo altrove.
-Izzy, cos’è successo?- chiesi iniziando a farle il solletico.
-Ed mi ha mandato un messaggio.-
-sul serio?- sentivo l’emozione nel suo tono di voce.
-si.- sorrise.
-e cosa ti ha detto?-
-qualcosina..-
-dai, dimmi cosa ti ha detto.-
-mi ha solo detto che spera che io guarisca presto e che appena torno a scuola usciremo insieme.- lo disse come se fosse una cosa naturale, ma, lo sapevo, moriva dalla voglia di alzarsi e iniziare a saltare per casa.
-Dio, Izzy è bellissimo.- avrei voluto gridare con lei. Per una volta anche lei poteva essere felice. Suo padre se ne era andato quando avevamo 15 anni, si era rifatto una famiglia e aveva lasciato fuori da tutto lei e sua madre. Lei non meritava tutto questo.
-cazzo si.- disse con gli occhi lucidi.
-dai, non iniziare a piangere però.- scherzai.
-sono troppo felice, Kris.-
-ehi bellezza, è normale.- risi.
-ti fermi qui a cena?- chiese Elizabeth, la madre di Izzy, irrompendo in camera.
-oh, no, mi dispiace.-
-che hai da fare?- chiese Izzy.
-esco con Jon.- dissi leggermente imbarazzata.
-ma voi due..- chiese con un sorriso furbo.
-noi due niente. siamo amici.-
-vi lascio sole.- sorrise dolcemente Elizabeth prima di lasciare la camera.
-ah, vero. tu sei troppo impegnata a pensare a Justin. troppo impegnata ad aspettare che lasci Susan e torni da te.- disse con un filo di malinconia.
Quello era un colpo basso!
-non è questo.- ribadii subito io.
-allora cos’è?-
-non mi piace e nemmeno io piaccio a lui. siamo solo amici.-
-cazzate, tu gli piaci.-
-non è vero.-
-si invece.-
-no.-
-okay, se lo dici tu. ma, per favore Kris, non fare cose di cui potresti pentirti.-
-cose come?-
-come lasciartelo scappare solo per colpa di quel coglione.- affermò.
-perché deve c’entrare sempre Justin?- chiesi poco dopo.
-perché tu ce lo fai c’entrare sempre. io lo so come sei e in tutto quello che fai cerchi e, mio malgrado, trovi sempre qualcosa che ti riporti a Justin.-
-non è vero.-
-e invece si. perché io lo so che ti manca da morire, che ne avevi e ne hai tutt’ora di bisogno come l’aria, che per te lui è stato il primo, che pensi che possa essere l’unico, ma il mondo è pieno di ragazzi, tutti farebbero la fila per te. guardati, sei bellissima, piaceresti a tutti loro, farebbero addirittura  a gara per avere il tuo cuore, quello che hai lasciato a Justin. ma lui non lo merita, quindi vai a riprendertelo e fagli capire quanto gli manchi.- concluse.
Le lacrime mi rigavano il viso e lei in tutta risposta mi fece cenno di andarle vicino. Mi sdraiai sul letto accanto a lei, poggiai la testa sul suo petto e lasciai che mi accarezzasse i capelli come solo lei sapeva fare. Era la migliore amica che si potesse desiderare e chissà cosa avevo fatto io per meritarla.
 
Un’ora e venti minuti dopo uscii dalla casa dei Davis e corsi verso casa.
Ero in ritardo. Erano già le sei e dovevo ancora andare a casa, fare la doccia, prepararmi e raggiungere in tempo lo starbucks che distava almeno dieci minuti da casa mia.
-ciao tesoro.- disse mamma appena aprii il portone di casa.
-ciao mamma.- dissi dirigendomi al piano di sopra.
-dove vai?-
-ho fretta, devo prepararmi, esco con Jon.- e con questo mi chiusi la porta della mia camera alle spalle.
Aprii velocemente l’acqua della doccia, lasciai i miei vestiti in giro per la stanza e mi infilai sotto il getto d’acqua calda.
Dopo aver fatto la doccia mi avvolsi nell’accappatoio e me ne tornai in camera per scegliere i vestiti.
Presi qualcosa di semplice: una camicia di jeans senza maniche, dei pantaloncini bianchi, delle vans bianche e una piccola borsa a tracolla blu.
Mi truccai un po’ e diedi una leggera sistemata ai capelli.
-dove vai?- chiese mamma entrando in camera mia.
-esco con Jon.-
-dove andate?-
-a fare un giro.-
Lei mi sorrise.
-non siamo fidanzati, siamo solo amici.- chiarii.
-mi fa piacere che tu stia tornando ad uscire, ad avere degli amici, ad essere la mia Kristen.- mi abbracciò.
-mamma, sono sempre stata la tua Kristen.- risposi ricambiando l’abbraccio.
Lei si staccò poco dopo –lo so, ma non ce la facevo più a vederti tutti i giorni rinchiusa in questa camera.-
-io..- sospirai.- mamma, mi dispiace.- ammisi.
-non devi scusarti con me, devi scusarti con te stessa.- disse baciandomi la guancia e scendendo di sotto.
Uscii in balcone e vidi la macchina di Susan parcheggiata nel vialetto di Justin.
Questa volta non sentii molto. Forse pian piano il dolore spariva, e con lui tutti i ricordi di Justin.
-che fai li?- chiese Justin. Sussultai per lo spavento, non l’avevo né visto, né sentito. Ero troppo concentrata a fissare il terreno sotto i miei piedi.
-niente.- la tensione tra noi due era ancora molta.
-senti Kristen, mi dispiace per ieri..- disse lasciando quella frase a metà, quasi toccasse a me intuire il seguito.
-va bene Justin.- mi limitai a rispondere.
Ero fredda, come mai ero stata, ero diversa.
-mi dispiace sul serio.- confessò.
-non deve dispiacerti.-
-dai, non ce la faccio a vederti così.-
-così come?- chiesi non capendo.
-arrabbiata con me.-
‘sapessi quanto ti ho odiato in questi tre mesi.’ pensai.
-non sono arrabbiata.-
-si che lo sei.-
-no.- affermai.- non lo sono.- ammisi seria.
-un sorriso?- chiese.
-mm?- mugugnai.
-sorridi.-
-perché?-
-fallo e basta.-
Gli sorrisi e lui rise.
-mi prendi in giro?-
-no, volevo solo che sorridessi.-
-perché?-
-mi andava.-
Feci spallucce non capendo quella sua logica assurda. Il giorno prima ti fa una scenata e quella dopo ti chiede di sorridere.
-tu sei pazzo.- risi.
-forse è vero.- mi fece l’occhiolino.
Subito dopo sentii il cellulare vibrarmi in tasca.
 
Da: Jon.
‘dove sei finita?’
 
Erano già le sette e dieci? Merda.
-devo andare.- dissi prima di scendere giù per la scala del balcone, avrei fatto prima.
-dove vai?- chiese mentre seguiva la mia figura con gli occhi.
-esco.-
-e con chi?-
-sei mio padre?-
-con chi esci?- fece finta di non sentirmi.
-con Jon.-
-divertiti.- disse.
-divertitevi anche voi.- gli feci l’occhiolino.
-mm?- mi rivolse uno sguardo interrogativo.
-tu e Susan.-
-contaci.- rise.
Detto questo mi avviai verso lo Starbucks e a metà strada incontrai Jon.
-dov’eri finita?- chiese.
-ho dimenticato di controllare l’orario.- ammisi imbarazzata.
-cazzo mi hai fatto prendere uno spavento.- affermò.
-oh, io..- mi interruppe.
-non fa niente, l’importante è che stai bene.- mi sorrise.
-non sei arrabbiato?-
-no.-
-nemmeno un pochino?- dissi con fare da bambina.
-nemmeno un pochino.- rise prendendomi in giro.
-sei la dolcezza.- dissi schioccandogli un bacio sulla guancia.
-dai, smettila.- rise imbarazzato.
-dove andiamo?-
-tu dove vuoi andare?-
-alle hawaii.-
-bene, allora ci andremo.-
-sul serio?- scherzai.
-no.- rise. -facciamo una passeggiata in spiaggia?- continuò.
Sospirai –c’è qualche altra opzione?- chiesi ripensando all’ultima volta che ero stata in spiaggia.
-si.-
-quale?-
-possiamo andare al luna park, abbuffarci di zucchero filato ed infine sederci su un muretto poco affollato e mangiare fish&chips.-
-vada per questa opzione.-
-però dobbiamo abbuffarci sul serio!- scherzò.
-okay.- gli strinsi la mano.
Si avvicinò di poco a me e ci incamminammo verso il luna park, distava quindici minuti circa, ma non era troppo lontano.
‘sarà una bella serata.’ pensai.


** 
Ecco qui il capitolo 12.

Che ne dite? Vi piace? Non vi piace?
La vita di Kristen sta prendendo una nuova svolta, così anche quella di Izzy.
Ma siamo ancora a soli 12 capitoli!

Ah, che ve ne pare della lunghezza dei capitoli? Sono troppo lunghi? Troppo corti? 
Voi? Che mi dite? Dovrei scrivere capitoli più lunghi? Più corti? Uguali? 

In ogni caso volevo ringraziarvi per le recensioni che lasciate e perché seguite la ff. 
Grazie perché trovate il tempo per leggere e recensire. Grazie per tutto.
Anche questa volta spero in una vostra recensione. 

Alla prossima :).


 

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Capitolo 13
*** ''are you in love with him?'' ***


Capitolo 13.
''are you in love with him?''

-ti piace?-
-questo?- indicai la confezione di cartone che conteneva il fishandchips.
-si, anche quello.-
-si, mi piace tantissimo.- sorrisi.
-e per il resto?-
-per il resto cosa?-
-ti piace?-
-Jon, se stai cercando di chiedermi se mi sta piacendo quest’uscita con te, beh, si.- rise.- e sappi che te ne toccheranno altre se continua così.- gli sorrisi.
-se vuoi possiamo uscire insieme anche tutti i giorni.-
-okay, ma offri tu.- risi.
-certo.- mi fece l’occhiolino.
Ci fu un momento di silenzio, poi Jon continuò a parlare.- come sta Isabella?- chiese cambiando discorso.
-meglio.-
-quando tornerà a scuola?-
-non ne ho idea. penso quando la febbre sarà passata del tutto e avrà riacquistato un po’ di forze.-
-logico.-
-si.- risi.
-quindi sarai sola finché non si riprenderà?- chiese.
-se vogliamo metterla così.- feci spallucce.
-che ne dici se domani pomeriggio passo da te e ti insegno ad andare sullo skate?- chiese un po’ imbarazzato.
-per me va bene, ma c’è un unico problema.-
-quale?- chiese.
-che ci so già andare e sono anche abbastanza brava.- risi.
-ah.- sospirò.- allora potremmo fare un giro in skate.- propose.
-okay, ma preparati a starmi dietro.-
-okay.- rise. –non sarà tanto difficile.-
-cosa? stai insinuando che sei più bravo di me?- dissi fingendomi arrabbiata.
-devo essere sincero?-
-si.-
-certo che sono più bravo di te.-
-bene, domani ti farò rimangiare quello che hai detto.-
Rise. Aveva proprio un bel sorriso e.. DANNAZIONE, AVEVO APPENA PENSATO CHE AVESSE UN BEL SORRISO?
-ora che facciamo?- chiesi poco dopo.
-ruota panoramica?-
-dopo esserci abbuffati di fishandchips?-
-che c’è di male?-
-no, assolutamente no.-
-perché?-
-non mi va di vomitare sulla testa di qualcuno.-
-che schifo.- rise facendo una faccia schifata.- sei tremenda.-
-ho solo sintetizzato in poche parole quello che intendevo.-
-sicuro che sei una femmina?-
-che domanda. ovvio che lo sono!- affermai.- aspetta, perché lo chiedi?- avevo qualcosa di maschile?
-vai sullo skate, hai la finezza di uno scaricatore di porto..- rise.
-cosa?- dissi parecchio offesa.
-eddai, scherzo.- rise lasciandomi un bacio sulla guancia.
E, maledizione, pian piano il mio viso si tingeva di un colorito rossastro e sentivo uno strano calore impadronirsi di me.
E, maledizione, il cuore batteva forte e sentii una stretta allo stomaco.
E, maledizione, le mani tremavano e l’esercito di farfalle si rivoltava dentro me.
E, maledizione, quelle cose le avevo provate solo con Justin.
-Kristen.- disse Jon schioccando ripetutamente le mani davanti al mio viso e riportandomi alla realtà.
-si?-
-stai bene?-
-si.- risposi in fretta.- anzi no.-
-che succede?-
-mi hai appena detto che sono un maschiaccio.
-ehi, scherzavo.-
-non è vero.-
-si.- sospirò.- e lo sai.-
-okay, si, lo so.- risi.
-facciamo un giro, stiamo qui o ti riaccompagno a casa?- chiese.
-facciamo un giro?- chiesi sperando che fosse la stessa cosa che voleva fare lui.
-okay, facciamo un giro.-
Camminammo fino a raggiungere l’uscita del luna park e ci dirigemmo verso una meta sconosciuta.
-quando hai imparato ad andare sullo skate?-
-qualche anno fa.-
-da sola o ti ha insegnato qualcuno?-
-mi ha insegnato Justin.- feci una pausa. -un pomeriggio stava per uscire con lo skate,- ripensai a quanto successo. Ricordavo alla perfezione quel giorno, anche se era passato molto tempo.- così gli corsi dietro e lo seguii per un po’, ovviamente lui mi aveva vista. poco dopo mi chiese perché gli stavo dietro e gli dissi che era bravo ad andare sullo skate. mi chiese se ci riuscissi e io gli risposi di no, così mi fece salire sulla sua tavola e in un pomeriggio mi insegnò ciò che stava alla base di tutto.- avevo gli occhi un po’ lucidi, ma quello era un bel ricordo. Era un nostro ricordo di quando non eravamo fidanzati, e, per quanto strano potesse sembrare, era uno dei ricordi che custodivo più gelosamente.- quel giorno tornai a casa con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. mia mamma mi chiese perché fossi così felice e io dissi che quello era il giorno più bello della mia vita. il giorno dopo comprai la mia prima tavola e da quella volta ho passato mesi e mesi in compagnia di Justin che mi ha insegnato a fare tutto ciò che so fare ora.- tutti quei pomeriggi passati insieme mi avevano fatto innamorare di lui. Era in quel periodo che avevo imparato a conoscerlo, ad apprezzarlo, ad amarlo. 
-allora sei brava.- mi sorrise.
-abbastanza.-
-con un maestro come lui.-
-già.-
-scusa, non volevo parlare di Justin.-
-fa niente.- feci spallucce. La cosa non mi aveva infastidita.
-domani vedremo quanto sei brava.- disse cambiando argomento.
-di sicuro più di te.- sorrise.
-staremo a vedere.- gli feci l’occhiolino.
Un’ora dopo ci ritrovammo davanti casa mia. Avevamo camminato così tanto che alla fine ci eravamo ritrovati al punto di partenza.
-quindi ci vediamo domani pomeriggio?-
-si.-
-allora ciao.- mi sorrise.
-ciao.-
Ci guardammo per un momento, poi il silenzio calò tra noi, così gli schioccai un bacio sulla guancia e rientrai in casa.
Non era il caso di andare troppo oltre, almeno, non ora.
-come è andata?- chiese mamma seduta sul divano in salotto con la testa appoggiata alla spalla di papà.
-bene.- sorrisi, lei con me.
-sono felice per te.-
-anche io.- mi limitai a dire e, detto questo, me ne salii in camera.
Avevo una voglia matta di sedermi sulla poltroncina in vimini, indossare le cuffie e guardare le stelle.
Mi tolsi di dosso quei vestiti e, indossato il pigiama mi misi fuori a guardare le stelle.
Ripensai a quella splendida serata e a quanto grata fossi a Jon.
Ma, in fondo, sapevo che quella non era semplice gratitudine. Era qualcosa di strano e confuso, qualcosa che mi faceva sorridere quando stavo con lui e che mi faceva sentire un vuoto dentro quando non era nelle vicinanze.
Era qualcosa che prima di quel momento avevo provato una sola volta e questa prospettiva da un lato mi piaceva e dall’altro no.
La prospettiva di tornare ad essere quella di una volta, la prospettiva di fare di nuovo lo stesso errore, la prospettiva di essere felice, la prospettiva di sbagliare.
I miei pensieri si cullavano sulle dolci note di ‘with or without you’ e piano le lacrime scorrevano sul mio viso.
Ma quelle non erano lacrime di tristezza, né di gioia, erano lacrime di confusione, lacrime alla ricerca disperata di qualcosa di stabile a cui affidarsi.
Poco dopo vidi la portafinestra della camera di Justin aprirsi e subito mi asciugai le lacrime.
-che fai?- chiese.
-guardavo le stelle.- dissi posando lo sguardo su di lui.
-riesci a sentirmi anche con le cuffie?-
-si.-
Lui sorrise.
Mi tolsi quegli aggeggi dalle orecchie e restai a fissarlo.
-come stai?- chiesi questa volta io.
Sospirò. –bene. e tu?-
-bene.-
-come è andata la serata?-
Parlavamo come due amici di vecchia data. Come due che si conoscono da una vita e si capiscono al volo, come fossero dei libri aperti. Ma, in realtà, lui per me lo era. Era un libro che conoscevo a memoria, letto fin troppe volte per contenere parole o emozioni che non conoscevo.
-bene.- sorrisi.- sono stata bene.-
-ti sei divertita?-
-si.-
-mi fa piacere.-
-e tu?-
-non male.-
-ti sei diveritito?-
-si, anche se ‘le pagine della nostra vita’ mi ha fatto piangere.-
-Susan ti ha costretto a vederlo?-
-chi ti dice che sono stato con lei?-
-lo do per scontato.-
-no, sono stato da solo.-
-e hai davvero visto quel film?- chiesi.
-si.-
-sul serio?-
-no.- rise.
Mi sentii come una di quelle sciocche bambine che crede ancora a babbo natale.
Poco dopo tornai a guardare le stelle, come se stessi aspettando che fosse lui il primo a parlare, come se fossi certa che aveva qualcosa da dirmi, come se non stessi aspettando altro da una vita.
-comunque l’ho visto. e ho pianto davvero.- disse chiaramente imbarazzato.
Risi.- avrei voluto vederti.-
-non era una bella visione.- rise anche lui.
-posso immaginare.- scherzai.
-comunque non ero davvero con Susan.-
-ah.- dissi chiaramente sorpresa.
-l’ho accompagnata all’aeroporto.-
-parte?-
-si.-
-e dove va?-
-a Dublino.-
-non vai con lei?-
-no. me l’aveva chiesto, ma ho troppi compiti da recuperare, così lei ha anticipato il viaggio e io resto qui.-
-perché me lo dici?- chiesi curiosa.
Lui mi guardò negli occhi e i nostri sguardi s’intrecciarono.
-mi andava.- disse semplicemente come fosse la cosa più logica del mondo.
Feci spallucce, non volevo complicare le cose, non ora che sembravano andare meglio.
-ciao.- dissi alzandomi.
-vai a dormire?-
-si.-
-così presto?-
-è mezzanotte!- esclamai.
-potremmo restare a parlare per tutta la notte.-
-mi piacerebbe ma sono davvero stanca.-
-allora ci vediamo domani.-
-va bene.- gli feci un cenno della mano e rientrai dentro.
 
Il pomeriggio seguente Jon era arrivato puntuale e sapevo che avrei vinto io.
Justin era davvero molto bravo e, nonostante non fossi ai suoi livelli, avevo imparato tantissimo da lui e questo mi aveva portato ad essere davvero brava.
-pronto a perdere?- chiesi sorridente.
-staremo a vedere.-
Posammo entrambi la nostra tavola a terra, posizionammo il primo piede e col secondo iniziammo a spingere.
In quella frazione di secondo, quando poggiai anche il secondo piede sulla tavola, mi sentii me stessa. Ero libera, felice.
Spinsi quanto più forte potei e dopo una quindicina di metri feci un ollie, poi un flip, poi un heelflip e così finché non fui alla fine di quella lunghissima stradina che, vista da lontano sembrava senza fine.

Ad ogni salto sentivo l’adrenalina scorrermi nelle vene, ad ogni spinta sentivo che per una volta la mia mente e il mio cuore volevano ciò che voleva anche il mio corpo.
Quando mi fermai vidi Jon che distava qualche metro da me. Era li, fermo, immobile, e mi guardava come se tutto quello che avessi fatto poco prima fosse qualcosa di terribilmente assurdo.
-non pensavo fossi così brava!- esclamò senza fiato.
-pensavi che scherzassi?- chiesi soddisfatta.
-no, ma..- lasciò la frase a metà facendomi capire che non aveva parole per descrivere quanto visto.
Stavo per ribadire che il cellulare di Jon iniziò a suonare.
-devo andare.- disse.
-okay, allora ci vediamo.-
-ti riaccompagno a casa?- chiese.
-tranquillo, vado in skate.- gli feci l’occhiolino.
-okay.- fece una pausa. -ciao e, sei stata fantastica.- disse lasciandomi un bacio sulla guancia.
Quando Jon girò l’angolo che conduceva ad un’altra stradina vidi Justin che mi guardava dall’altra parte della strada.
-cazzo, sei stata favolosa!- disse battendo le mani.
-che ci fai qui?- chiesi chiaramente confusa.
-ho visto che uscivi con lo skate e volevo vederti.- fece spallucce.
-ho fatto del mio meglio.-
-del tuo meglio? tu sei troppo brava.- sorrise.- per non parlare poi di quei flip.-
-grazie.- sorrisi evidentemente fiera.
-se non fossi troppo modesto potrei dirti che sei più brava di me.- scherzò.
Risi. Dannazione, mi fregava ogni volta. –ho imparato dal migliore.- ammisi.
-e chi sarebbe?- finse.
-non so se lo conosci..-feci una pausa.- si chiama Justin. abita qui vicino.-
Ci sedemmo entrambi sul marciapiedi e ci fermammo a parlare.
-quanto tempo era che non salivi su quella tavola?- chiese indicando il mio skate.
-qualche mese.-
-da quando me ne sono andato?- chiese come se la mia risposta non gli bastasse.
-si.- mi limitai a dire.
-eppure te la sei cavata bene.-
-all’inizio avevo paura di non riuscirci più, ma quando ho posato il piede su quello skate una sensazione di sicurezza si è impadronita di me e ho capito che ce l’avrei fatta. ho lasciato che il mio cuore mi guidasse.-
-si vede. hai ancora gli occhi lucidi.-
Lo guardai stranita.
-quando sei scesa da quello skate avevi gli occhi che ti brillavano.- posò il suo sguardo sulla strada asfaltata. -loro parlavano.-
-e cosa dicevano?-
-dicevano che eri felice. dicevano che ti sentivi sicura e che sapevi che ce l’avevi fatta.-
D’un tratto sentii la testa girare e le parole di Justin scorrermi velocemente  in testa. Lo sentivo, ma non lo ascoltavo. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a cogliere le sue parole.
-Justin.- la mia voce era spezzata.
-che succede?- chiese preoccupato.
-Justin, io..- lasciai quelle parole li, senza dar loro un senso, e svenni.
 
 
Justin’s pov.
 
-Justin, io..- non ebbe il tempo di finire la frase che chiuse gli occhi. Riuscii a malapena a far poggiare il suo viso al mio petto.
-Kristen.- la chiamai.- Kristen.-
Ma niente, non rispondeva.
La presi in braccio e corsi verso casa. Era distante, ma non irraggiungibile.
Appena arrivai a casa mia, entrai e corsi in camera.
La feci sdraiare sul letto, le sollevai le gambe e le poggiai una mano sulla fronte. Scottava.
Andai in bagno, presi una pezza e, dopo averla bagnata, gliela misi sulla fronte.
Chiamai mia madre e avvertii i suoi genitori, ma, appena posato il telefono la vidi riaprire gli occhi.
-Justin.- pronunciò.
-ehi, va tutto bene.- le tolsi le vans e la misi sotto le coperte.
-dove siamo?- chiese.
-nella mia camera.-
-e come ci siamo arrivati?- la sua voce era quasi un sussurro.
-ti ci ho portata io.-
Lei annuii e sospirò.
-perché fai tutto questo per me?- chiese.
Già, perché facevo tutto questo per lei? Era una domanda a cui nemmeno io sapevo dare una risposta, così non risposi.
-cosa farò?-
-quando?-
-quando te ne andrai.-
-io non me ne andrò.-
-l’hai già detto una volta e guarda com’è finita.-
Restai in silenzio.
-Justin, devo dirti una cosa.- disse rompendo quel silenzio.
-dimmi.-
-ho una fottuta voglia di tornare a suonare.- disse mentre una lacrima le accarezzava il viso.
-fallo.-
-non posso.-
-perché?-
-perché io voglio dimenticarti.-
Lei voleva dimenticarmi..
-questo non è il modo migliore per farlo.-
-invece si.-
-devi tornare a suonare.- le dissi quasi fosse una richiesta. Eppure nel mio tono si scorgeva sicurezza.
-ho troppa paura, capisci?-
-paura di cosa?-
-di tornare ad essere la ragazzina innamora di te.-
Quindi non mi amava più?
Restai per un momento li, fermo, immobile, quasi pietrificato. Le sue parole mi avevano sconvolto.
-non ti deve importare di me.- affermai deciso poco dopo.
-ti sembra facile?- chiese lei.
-non lo so..- feci una pausa.- ma ora con te c’è Jon.- dissi mentre le parole mi morivano in gola.
-già, c’è lui con me.- accennò, per quanto potesse, un sorriso.
Ma, cosa c’era tra quei due? Avevo paura di chiederlo, paura di sapere la risposta.
Così alla fine mi decisi. Cosa avevo da perderci? In fondo eravamo amici.
-sei innamorata di lui?- chiesi con la voce tremante.
Lei non disse niente. C’era risposta più sincera di quel silenzio?
Sentii una stretta allo stomaco. La mia mente elaborava il significato di quel silenzio e il mio cuore, ad ogni minuto che passava, perdeva un battito.
Non dissi niente, così restammo avvolti in quel silenzio finché la madre di Kristen non arrivò.
Ora ero io a sentirmi vuoto.


**

Ed ecco qui il capitolo 13. Che ne dite?
Questa volta ho messo entrambi i pov e per una volta parla anche Justin. 
E, rispetto agli altri capitoli, è venuto molto più lungo. 
Da quanto letto nelle recensioni del capitolo 12, secondo molte la lunghezza andava bene, ma questa volta, per non so quale motivo, 
ho scritto molto, molto, di più. 

In ogni caso, come vi è sembrato il capitolo? Vi è piaciuto?
Spero di leggere una vostra recensione e sapere cosa ne pensate. 

E, a proposito di recensioni, vi ringrazio per le recensioni dei capitoli precedenti.
Grazie, sul serio :).

Alla prossima :). 


 

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Capitolo 14
*** ''mistakes'' ***


Capitolo 14.
"mistakes''


Aprii gli occhi e vidi che la luce del sole entrava già dalla portafinestra della mia camera.
Dopo qualche istante sentii mia madre aprire piano la porta e affacciarsi per controllare se dormivo.
-mamma.- pronunciai.
-tesoro, sei sveglia.- di sicuro quella era la milionesima volta che mi controllava.
-ma che ore sono?- chiesi.
-le sei del pomeriggio.-  disse entrando in camera e sedendosi sul mio letto.
-e perché questa mattina non mi hai chiamata per la scuola?-
-so di non essere la migliore delle madri,- mi accarezzò la fronte.- ma non ti avrei mai mandata a scuola con la febbre a 38.-
Ecco cos’era quel mal di testa! Sentivo la testa esplodere e le parole erano parecchio confuse.
-come sono arrivata qua?- chiesi. Poi ricordai tutto, il giro in skate, Justin, me nel suo letto, quanto detto e.. GLI AVEVO DETTO DI VOLER TORNARE A SUONARE.
-sei svenuta mentre eri con Justin, lui ti ha portata a casa sua e ci ha avvertiti.- disse.
-si, ricordo.- sospirai.
-nonostante tutto è davvero un bravo ragazzo.- disse lei.
E tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, non pensavo che un giorno avrei sentito mia madre pronunciare quelle parole.
-cosa?- chiesi parecchio confusa.
Justin non era mai piaciuto ai miei. Lo apprezzavano come ragazzo, ma non come mio fidanzato, e forse era perché era stato il primo, ma, dal momento in cui avevo detto alla mia famiglia di essere fidanzata con lui, nessuno lo aveva più considerato lo stesso “ragazzino simpatico” di qualche mese prima.
-ho detto che è davvero un bravo ragazzo.-
Iniziava a piacergli quando a me non importava più, o quasi?
-è troppo tardi per iniziare ad apprezzarlo. io e lui non siamo più niente.- esclamai.
-Kristen, noi abbiamo sempre apprezzato Justin. è un ragazzo davvero gentile e simpatico, ma è stato il tuo primo fidanzato e come giusto dovevamo mantenere le distanze.-
-dannazione mamma, mantenere le distanze per te significa vietarmi di uscire con lui?-
-anche. ma alla fine cosa importa? tu ci uscivi lo stesso.- rise.
-cosa? come fai a saperlo?-
-non importa.- mi sorrise.- l’importante è che ora tu stia bene.-
-sto un po’ meglio, anche se ho mal di testa.-
-ti prendo un’aspirina.- disse per poi alzarsi e dirigersi verso la porta.
-okay.- dissi prima che la richiudesse.
Poco dopo suonarono al campanello e sentii dei passi su per la scala.
Mia madre aprì la porta ed entrò in camera, dietro di lei c’era Justin.
Era venuto? Per me?
-ehi.- mi sorrise.
-ehi.- accennai un sorriso.
-tieni.- disse mamma porgendomi un’aspirina e un bicchiere con dell’acqua. Dopo averla mandata giù, riprese il bicchiere e uscì dalla stanza.
-come stai?- chiese Justin.
-meglio.-
-lo vedo.-
-e tu?-
-bene.-
-non dovevi studiare per recuperare?- gli chiesi.
-si, ma ho fatto una pausa per venire a trovarti.-
-non ce ne era di bisogno.-
-mi sentivo in diritto. almeno per vedere come stavi.- mi fece l’occhiolino.
Si guardò intorno per qualche secondo –è tutto come lo ricordavo.-
-beh si, non ho cambiato niente.-
-lo vedo.- continuò ad ispezionare la camera, quasi alla ricerca di qualcosa di diverso, qualcosa che non fosse nel posto in cui l’aveva visto l’ultima volta. E invece era tutto come l’aveva lasciato.
-vorrei poterti dire che anche la tua camera è come la ricordavo, ma ieri non ho avuto modo di vederla, e se l’avessi avuto non me ne ricordo.-
Lui rise. –non fa niente.- fece una pausa.- e comunque è tutto come l’hai lasciato.-
-anche le foto?- chiesi.
-anche le foto.-
Era strano. Quando stavamo insieme sui muri c’erano tantissime foto di noi due.
-non le hai tolte?-  
-no.-
-e Susan?-
-lei vorrebbe che le togliessi.-
-e perché non lo fai?-
-non mi va.- disse lui semplicemente.
Io non lo capivo. Non capivo perché si comportasse così. Non capivo perché dicesse cose del genere come se fossero del tutto normali. Non capisco perché si comportasse come se gli fosse importato, o, addirittura,  come se gli importasse.
-senti Justin,- dissi cambiando discorso.- per quanto riguarda ieri, io..-
Lui non mi fece finire la frase.
-so cosa vuoi dire.- disse.- non devo dare importanza a quanto hai detto, erano tutte cose dette in un momento di debolezza, non le pensavi davvero.-
Io feci cenno di si con la testa e lui si limitò a non dire niente.
-sono tutte cazzate.- disse poco dopo.
-cosa?- gli lanciai uno sguardo interrogativo.
-perché lo neghi? è così evidente..- disse quasi fosse arrabbiato.
-cosa nego?-
-neghi di voler tornare a suonare. neghi di voler tornare ad essere quella di prima. neghi tutto.- non sembrava più arrabbiato. Lo era.- se quello è ciò che vuoi fare, fallo.-
-non sapevo cosa dicevo.- mi difesi.
-e invece si che lo sapevi. dicevi esattamente la verità, la stessa verità che stai cercando di nascondere a te stessa. ma non continuare a mentirti ancora, quel pianoforte non ha niente a che fare con me. dannazione, sei brava, non puoi smettere di fare ciò che ti rende felice solo perché un ragazzo ti ha spezzato il cuore.- disse sicuro di sé.
-e anche se fosse? cosa ti importa?-
-mi importa più di quanto credi, e mi sono stancato di sentirti dire che non vuoi tornare ad essere quella di una volta. cos’ha la Kristen di una volta che non va?- quasi urlò.- so di aver sbagliato, ma non puoi continuare a ripeterlo ogni volta che non sei sicura di te. non c’è niente che ti impedisce di suonare, perché sei la migliore, perciò, se è quello che vuoi, fallo, perché te ne pentirai.- posò lo sguardo su di me.- un cuore spezzato non ti impedisce di far ciò che ami da sempre.-
Stavo per dire qualcosa ma continuò a parlare.
-ho fatto tanti di quegli errori, ma non posso e non voglio più continuare ad essere il tuo. -fece una pausa.- perché sai una cosa? per me la nostra storia è la cosa più bella che mi sia mai capitata, quindi, perché non metti da parte l’odio che provi per me e non pensi a noi come un bel ricordo?-
-per te è facile perché sei tu ad essertene andato.-
-per me è stato molto più difficile di quanto lo sia stato per te.-
-non sai cosa dici.- dissi infuriata.
-e tu non sai niente.- disse prima di uscire dalla mia camera.
Non avevo la più pallida idea del perché si fosse comportato in quel modo, ma, mio malgrado, aveva ragione. Ed era questo che più mi faceva arrabbiare. Lui, a parole, rendeva tutto più semplice, quasi fosse una passeggiata, ma non era così, non lo era mai stato.
Dopo essermi schiarita un po’ le idee, presi il cellulare e chiamai Jon.
-ehi Kristen.- disse lui dall’altra parte della cornetta.
-Jon.- sorrisi al telefono, come se potesse vedermi.
-stai meglio? tua madre mi ha detto tutto.-
-mia madre cosa?-
-tranquilla, niente.-
Alzai gli occhi al cielo al pensiero di mia madre che avvertiva Jon che avevo la febbre.
-allora, perché mi hai chiamato?- chiese lui.
-volevo chiederti se ti andava di passare stasera.-
-okay, ci vediamo stasera.-
-ciao.-
-ciao.- riattaccò.
Dopo qualche secondo salì mamma –perché Justin era così arrabbiato?- chiese.
-non era arrabbiato.-
-ce l’aveva scritto in faccia.- disse lei.
-non mi va di parlarne.-
-okay, ma c’è una cosa che voglio che tu non faccia.-
-cosa non devo fare?- chiesi sbuffando.
-non devi farlo soffrire solo perché lui ha fatto soffrire te.-
-lui se ne è andato.-
-è vero, ma chi ti dice che per lui sia stato facile?-
-se fosse stato complicato non se ne sarebbe andato.-
-Kristen, le cose non sono solo ed esclusivamente o bianche o nere, esistono anche il grigio e le sue sfumature.-
-che significa? dovrei far finta di niente, far finta che ha fatto la cosa migliore, far finta che non mi sia pesato?-
-no. significa che tu la vedi solo a senso unico: è lui che ha sbagliato e tu sei quella che ne ha sofferto, ma chi ti dice che anche lui non abbia sofferto? o che lui voleva davvero lasciarti?-
-ti ci metti anche tu ora?- chiesi parecchio infastidita e con la testa che scoppiava.
-non sono contro te, è solo che devi imparare a smetterla di prendere le difensive, devi comprenderle le persone, o almeno devi provarci.- disse uscendo e tornandosene al piano di sotto.
Come se non fosse stata una decisione di Justin..
Mi girai con la faccia verso il muro, indossai le cuffie e mi riaddormentai.
 
-Kristen.- bussarono alla porta, poi sentii la porta aprirsi e i passi di qualcuno farsi sempre più vicini.
Aprii lentamente gli occhi fino a ritrovarmi davanti la figura di papà.
-ciao.- disse abbassandosi e schioccandomi un bacio sulla fronte.
-ehi.- dissi. Ero un po’ più lucida.
-è quasi pronto a tavola, cosa ti porto?- chiese.
-scendo io.-
-non puoi.-
-dai, sto meglio.-
-okay.- misi le ciabatte e scesi giù stando vicino a lui.
Presi posto a tavola e mangiai qualche boccone. Nonostante non toccassi cibo da più di ventiquattro ore mi si era chiuso lo stomaco.
Dopo cena, nonostante le raccomandazioni di mia madre, uscii in balcone. Era una bella serata. La luna aveva li il suo posto nel cielo insieme a tutte le altre stelle. Le foglie degli alberi erano ferme. Le luci delle altre case erano accese, compresa quella della camera di Justin.
Aspettai qualche minuto, sicura che sarebbe uscito, ma quando non lo vidi venire persi le speranze. Allora era davvero arrabbiato.
Restai per un po’ li fuori a pensare finché non vidi Jon venire a piedi verso casa mia.
Rientrai subito in casa per evitare la solita ramanzina dei miei e mi misi a letto. Anche se di sicuro la febbre era passata, o almeno stava passando.
Prima che Jon suonasse al campanello di casa mandai un messaggio a Izzy.
 
A: Izzy.
‘Ehi, come va? Stai meglio?’
 
Non l’avevo sentita e la febbre mi aveva impedito di andare a trovarla, ma speravo stesse meglio.
Come previsto qualche minuto dopo suonarono al campanello e, come nel pomeriggio, mia madre accompagnò Jon in camera mia, poi ci lasciò soli.
-ehi.- disse schioccandomi un bacio sulla guancia.
-ehi.- dissi sorridendo.
-come stai?-
-mi sento molto meglio. penso che la febbre sia scesa di qualche linea.-
-domani verrai a scuola?- chiese.
-forse. ma, sai com’è, mia mamma oggi è diventata iperprotettiva, quindi penso che, anche se la febbre dovesse passare entro domani, non mi manderà.-
Lui sorrise.
-mi sei mancata.- disse poco dopo.
-ma non ci vediamo da ieri!- esclamai come se quello che aveva detto non mi pesava, e invece dentro saltavo di gioia. Era solo passato un giorno!
-si, è vero, ma mi sei mancata lo stesso.- rise. –e comunque mi dispiace per ieri. quando tua madre mi ha chiamato mi sono sentito talmente in colpa! avrei dovuto riaccompagnarti a casa, ma sono stato uno stupido.-
-ehi, non fa niente. mia madre non ti ha chiamato per farti sentire in colpa, solo per avvisarti nel caso in cui ti preoccupassi. non è stata colpa tua, non puoi essere con me ventiquattro ore su ventiquattro!- lo rassicurai.
-appena guarisci usciamo.- disse sdraiandosi accanto a me sul letto.
-e dove andiamo?- chiesi.
-dove vuoi tu.- sorrise.- ah, sono escluse località al di fuori della california.-precisò. Io risi.
-mi hai fregata!- risi.- volevo andare a Parigi, o a Venezia, o a Londra, o a Madrid.-
Rise anche lui.
-comunque okay, per me va bene.- gli sorrisi.- ma non lo dimenticare.- scherzai.
-e se me ne dimenticassi?- chiese con un sorrisino in faccia.
-non ti parlerei più.-
-quindi ci tieni davvero?-
Esitai un attimo –tu cosa ne pensi?-
-penso che sei fantastica.- disse spostando il suo sguardo dal soffitto a me.
-sei un bugiardo.-
-sono serio.- disse guardandomi negli occhi.
Dopo qualche istante iniziò a farmi il solletico.
-dai, smettila.- dissi ridendo.
Mi schioccò un bacio all’angolo della bocca e si fermò. –solo per questa volta.-
E, dannazione, il mio cuore aveva iniziato a battere forte e le farfalle nello stomaco non volavano, facevano la guerra.
 
 
Justin’s pov.
 
Scesi in cucina per cenare ma non dissi una parola. Ma né a mamma, né a papà importò. Erano troppo impegnati a guardare i valori della borsa di quel giorno.
Finito di mangiare salii in camera e ripensai a quanto successo quel pomeriggio.
Avevo decisamente esagerato, ma tutto ciò che avevo detto era la verità.
Infilai le cuffie nelle orecchie e feci partire una serie di canzoni.
Alla fine mi decisi, le avrei scritto tutto su un foglio.
Presi carta e penna e iniziai a scrivere
 
“Ehi, scusami per questo pomeriggio. So di aver esagerato ma pensavo tutto ciò che ho detto. Mi dispiace però di aver tirato fuori l’argomento in questo modo e mi dispiace anche aver sputato tutto fuori senza preoccuparmi di te. So di aver sbagliato, ma pensaci. Ad ogni modo, volevo dirti che ho una sorpresa per te e quando la febbre passerà devo portarti in un posto. –Justin.”
 
Dopo aver riletto quanto scritto piegai il foglio, scrissi sulla parte bianca ‘Per Kristen’ e, uscendo di casa, salii per la scala del balcone cercando di far quanto meno rumore possibile.
Non volevo che mi sentisse, né tantomeno che mi vedesse.
Posai piano sul balcone prima un piede e poi l’altro.
Poggiai il foglio sulla sedia e, come la volta prima, ci poggiai qualcosa sopra in modo che non volasse.
Stavo per scendere quando la sentii parlare, quindi non era sola.
Mi avvicinai quanto più possibile alla portafinestra mezza aperta.
-mi hai fregata!- disse lei per poi ridere. - volevo andare a Parigi, o a Venezia, o a Londra, o a Madrid.-
Qualcun’altro rise. Era Jon.
La prima cosa che mi passò per la mente su saltare giù da quel balcone, ritornarmene a casa e chiudermi in camera, ma, per non so quale motivo restai li.
-comunque okay, per me va bene.- fece una pausa. -ma non lo dimenticare.- scherzò. Di sicuro aveva sorriso. Lo si capiva dal suo tono di voce sdolcinato.
-e se me ne dimenticassi?- chiese lui.
-non ti parlerei più.- disse di sicuro fingendo di fare il broncio.
-quindi ci tieni davvero?-
A quella domanda sentii il cuore rallentare e mi giocai il tutto per tutto affacciandomi di poco.
Stavano entrambi sdraiati sul letto di Kristen a guardare il soffitto.
Lei esitò un attimo, poi gli rispose –tu cosa ne pensi?-
-penso che sei fantastica.- disse per poi girarsi a guardarla.
-sei un bugiardo.- rispose lei ridendo.
-sono serio.- disse lui guardando nei suoi occhi.
Iniziò a farle il solletico e io mi sentivo come se mi avessero preso a pugni.
-dai, smettila.- gli disse ridendo.  
Poi si fermò e le lasciò un bacio all’angolo della bocca –solo per questa volta.-
Sentii un nodo allo stomaco, chissà cosa aveva provato lei..
Così presi il foglio, me lo rimisi in tasca e, senza far rumore scesi dal balcone tornandomene a casa.
A quel punto ebbi la risposta alla domanda della sera precedente: lei lo amava.


**

Ecco il capitolo 14.
Allora, che ve ne pare?

Come potete notare questo capitolo è più corto rispetto al precendete, ma sono presenti, anche qui, entrambi i pov. 
Avete visto il modo in cui si comporta Justin? E quello in cui si comporta Kristen? 
Voi cosa ne pensate?

Ad ogni modo volevo ringraziare quelle che leggono e recensiscono la storia.
Grazie per tutte le recensioni e grazie a quelle che hanno messo la storia o nelle seguite, o nelle preferite, o nelle ricordate.
Ho anche visto che dal capitolo 12 al 13 il numero delle persone che segue la storia è aumentato e mi fa davvero piacere :).

In ogni caso ancora grazie.
Spero vi piaccia e anche in una vostra recensione :).

Alla prossima :). 

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Capitolo 15
*** ''stupid ideas'' ***


Capitolo 15.
''stupid ideas'' 


-Justin, svegliati che è tardi.- gridò mamma dall’altra parte della porta.
 In realtà ero già sveglio e, a dirla tutta, non avevo chiuso occhio quella notte.
Non riuscivo a togliermi quelle parole dalla mente e quella scena dagli occhi.
Controvoglia mi alzai dal letto e liquidai mia madre dicendo –ora scendo.-
Indossai il primo paio di jeans che mi capitò per le mani, una maglia a mezze maniche blu, una camicia a maniche lunghe, che lasciai aperta, a quadri blu e bianchi e delle supra azzurre.
Dopo essermi preparato scesi in cucina e, dopo aver mangiato un toast, indossai il cappello, presi lo zaino ed uscii di casa facendo un semplice cenno della mano.
Arrivato a scuola vidi un paio di amici e mi diressi verso di loro.
Poco dopo suonò la campana, così mi affrettai ad andare in classe e.. ad escogitare un piano per farmi perdonare da Kristen.
 
Cinque ore e mezzo dopo finalmente le lezioni finirono e io mi diressi verso casa, questa volta però non era li che ero diretto.
Una volta davanti casa continuai a camminare lungo quella stradina, avevo un piano in mente.
Avrei riportato lo skate a Kristen e glielo avrei lasciato sul balcone, ovviamente avrei anche lasciato un bigliettino.
Almeno, quello era il mio piano prima di arrivare sull’esatto posto in cui avevamo lasciato lo skate che però non c’era più. O meglio, non per intero. Qualcuno l’aveva distrutto, e, sempre quel qualcuno, aveva mandato all’aria i miei piani.
In qualche modo dovevo rimediare, e dovevo farlo prima che le cose tra noi due si fossero complicate ulteriormente.
 
Kristen’s pov.

-mamma, posso uscire ora?- chiesi dopo aver finito di mangiare.
-no.-
-ma la febbre è passata!- esclamai infastidita.
-si, ma è meglio che almeno per oggi resti in casa.-
-papà, diglielo tu che posso uscire.- chiesi sperando che almeno lui mi desse una mano.
-potresti anche..- ma, prima che mio padre terminasse la frase, mia madre gli lanciò uno sguardo fulminante.- uscire, ma se la decisione di tua madre è quella di farti stare a casa, beh, allora resterai a casa.-
Sbuffai –ma in questa casa decide tutto lei?- alzai gli occhi al cielo e me ne salii in camera.
Io dovevo uscire, con o senza il loro permesso.
Appena entrata nella mia camera il cellulare squillò.
-pronto?- dissi senza guardare chi fosse a chiamarmi.
-ehi, allora?- chiese Jon dall’altra parte del telefono.
-non vogliono.-
-dai, gli hai detto che dovevi uscire con me?-
-no, gli ho solo chiesto se potevo uscire ma hanno detto di no.- sbuffai.-  o meglio, è quello che ha detto mia madre.-
-e tuo padre?-
-mio padre pensa che tutto quello che dice mia madre sia giusto, quindi non la contraddice mai.-
-okay..- sospirò.- allora usciremo la prossima volta.-
-oppure posso uscire di nascosto.- esclamai sperando però che nessuno mi avesse sentita.
-e come?-
-passo dal balcone.-
-ci scopriranno.-
-no, l’ho fatto milioni di volte.-
-sei sicura?-
-si.-
-ma non voglio che ti metta nei guai per me.-
-non lo faccio per te.- scherzai.
-allora per chi lo fai?-
-per il buonissimo gelato che mangeremo.-
Lui rise. E me lo immaginavo li, col telefono in mano, un po’ impacciato, a ridere. Con quel sorriso mozzafiato che si ritrovava..
-potrei anche offendermi.-
Risi. –dai, ci vediamo dopo.-
-okay, a che ora?-
-alle cinque in fondo alla stradina.-
-okay, a dopo.- e detto questo riattaccò.
Sapevo che non avrei dovuto disubbidire ai miei genitori, ma avevo un disperato bisogno di uscire con lui.
Non sapevo cosa avremmo fatto, e, in realtà, non sapevo nemmeno se avesse dei piani per il pomeriggio, ma mi sarebbe bastato anche solo stare insieme.
Uscii in balcone, ma di Justin ancora nessuna traccia. Era passato poco tempo ma iniziavo già a sentire la sua mancanza.
Da quando ero tornata mi ero abituata ad averlo fra i piedi, a parlarci, a vederlo, e ora sembrava tutto così strano.
Ed era proprio questo che temevo di più. Temevo che, una volta tornato, non sarei più riuscita a fare a meno di lui. Temevo che mi sarei abituata alla sua presenza così tanto da mancarmi come l’aria quando non c’era. Temevo di tornare ad abituarmi a lui, al suo essermi costantemente accanto, e, soprattutto, temevo di perderlo di nuovo.
Scacciando via quei pensieri dalla mente, rientrai in casa.
Qualche ora dopo iniziai a prepararmi.
Dopo aver fatto una doccia veloce asciugai i capelli, lasciandoli mossi, poi mi vestii.
Indossai dei jeans skinny, una maglia super larga grigia della obey e delle vans rosse.
Misi un filo di trucco e aspettai il messaggio di Jon che mi avvertiva che era quasi arrivato.
Prima di uscire avvertii mia madre che avrei dormito un po’ e chiusi la porta della mia stanza a chiave. Velocemente presi una borsa a tracolla blu e scesi dal balcone cercando di non far rumore.
Subito corsi verso la casa di Justin e a passo svelto mi diressi al luogo stabilito.
Quando arrivai Jon era già li che mi aspettava.
-ehi.- disse quando mi vide.
-ehi.- gli schioccai un bacio sulla guancia.
-andiamo?-
-dove?-
-ti porto in un posto.- rise.
 
Justin’s pov.
 
Erano circa le sei quando finii i compiti, così decisi di uscire e andare a comprare uno skate nuovo a Kristen.
Appena fuori casa mi diressi verso lo skate shop dove lavorava Ryan.
Ryan era il mio migliore amico. Non era una forza ad andare sullo skate, ma gli bastava anche semplicemente guardarti e creava uno skate adatto a te. Era bravissimo ad abbinare i vari pezzi, a capire i tuoi punti di forza e fare uno skate che rispecchiava te stesso.
Sapeva mettere insieme tutti quei pezzi come nessuno riusciva a fare e, nel complesso, gli skate erano ottimi. Le tavole che sceglieva erano sempre quelle giuste, così come i trucks e le ruote.
Tutti compravano li i loro skate, ma non solo per l’ottima qualità. Non faceva mai due skate uguali e questo piaceva alla gente. Ogni skate era unico e a tutti piaceva l’idea che ciò che li rappresentasse fosse “originale” e non solo una “brutta copia”.
-ehi brò.- dissi entrando in negozio.
-Justin!- esclamò lui dall’altra parte del bancone dandomi il pugno.- che ti serve?-
-devo comprare una nuova tavola.- dissi dando un’occhiata in giro.
-hai già rotto la tua?- mi chiese.
-no, la mia è ancora intera..- feci una pausa per cercare di capire se stessi facendo la cosa giusta.- ma quella di Kristen no.-
-Kristen?-
-si, Kristen.-
-quindi siete ancora amici.- affermò come se non ci credesse.
-si..- dissi sospirando.
-devi farti perdonare per qualcosa?- chiese. Mi conosceva fin troppo bene.
-si.-
-che hai combinato stavolta?- chiese alzando gli occhi al cielo.
-sono solo stato sincero.-
-riguardo a cosa?-
-riguardo al fatto che non può smettere di fare ciò che la rende felice solo perché l’ho lasciata.-
-mi sembra giusto.-
-lo è!- esclamia.-ma lei sembra non volerlo capire.- dissi quasi esasperato.
-in che modo gliel’hai detto?-
-nel modo peggiore che ci potesse essere.- ammisi.
-e ora le regali una tavola per farti perdonare?-
-si. la sua è stata praticamente distrutta, e, visto che so quanto ci tiene, volevo regalargliene una nuova.-
-okay.- fece una pausa.- trovo i pezzi giusti.- disse andando in giro per il negozio.
Una mezz’oretta dopo, aveva già assemblato tutti i pezzi e dovevo dire che ero molto soddisfatto del risultato.
-è bellissima.- esclamai entusiasto.
-lo so.- rise.
-pensi che le piacerà?- chiesi.
-se non le piace falla venire e gliene faccio una nuova, anche se questa è davvero bella.-
-e se non la volesse?- chiesi.
-amico, calmati. le piacerà e ti perdonerà.- mi tranquillizzò.
Mentre Ryan controllava se era tutto apposto mi squillò il cellulare. Era Susan.
-pronto?- dissi uscendo dal negozio.
-ehi amore.- disse lei dall’altra parte del telefono.
-come va?- chiesi.
-bene. Dublino è davvero bella e domani avremo quella riunione di lavoro di cui ti parlavo in aeroporto.-
-ah, allora tornerai presto?- chiesi.
-forse. dobbiamo prima vedere come si mettono le cose domani. se andrà tutto bene la settimana prossima sarò già li, sennò passerà ancora qualche giorno.-
-ah..- sospirai.- torna presto che mi manchi.- sputai fuori.
-anche tu.- disse con quel suo tono sdolcinato.
-ci sentiamo presto, ti amo.- dissi.
-anche io, ciao.- riattaccò.
Mi girai un attimo prima di rientrare e vidi Kristen e Jon poco distanti.
-è li.- dissi una volta dentro al negozio.
-chi?- disse Ryan lanciandomi uno sguardo interrogativo.
-Kristen.- dissi.
-glielo darai ora?- chiese riferendosi allo skate.
-no, è con Jon.-
-quel Jon?- chiese.
-si. Jon del corso di biologia.- dissi.
-stanno insieme?-
-che io sappia no, ma si stanno frequentando.-
-e ti rode?- chiese.
-no, perché dovrebbe?-
-perché sei il suo ex ragazzo.-
-sarà anche vero, ma l’ho lasciata io, e ora sto con un’altra.-
-un’altra che però non ami.-
-io amo Susan.-
-sarà anche vero, ma non la ami tanto quanto ami Kristen.-
-io non amo Kristen.- mi difesi.-  una volta forse si, ma ora non più..- prima di continuare feci un respiro profondo.- è acqua passata ormai.-
-forse?- chiese.- la amavi, davvero.- disse. –non ti avevo mai visto così preso da una ragazza. si vedeva che ci tenevi davvero.- disse.
Io feci spallucce. Aveva ragione. Io l’amavo davvero
 
-sei ancora deciso a darle lo skate?- chiese Ryan prima che uscissi dal negozio.
-non lo so.-
-cos’è che ti rende indeciso?-
-non vorrei  passare per un idiota. lei ora frequenta Jon e io non so se continuare ad essere suo amico sia una scelta giusta oppure no.- mi passai una mano fra i capelli. –le ho promesso che ci sarei stato, che non l’avrei più lasciata, ma se lei è felice con Jon io non le servo più a niente.- sospirai.- forse è meglio smettere di essere amici o forse dovremmo solo continuare ad esserlo, come se tra noi non fosse mai successo niente.- buttai li quella frase quasi ne sentissi il bisogno.
-tu vuoi continuare ad esserle amico?- mi domandò.
-si.-
-allora comportati da amico. apprezzerà il tuo regalo e anche quello che stai facendo per lei. se le hai fatto una promessa, mantienila. se poi riterrete entrambi che smettere di essere amici sia la cosa giusta, okay, ma per ora falle capire che non mentivi, che può fidarsi di te, che non la deluderai.- disse.
E dopo quelle perle di saggezza, lo salutai e mi incamminai verso casa.
Una volta arrivato andai in camera mia, presi un biglietto e iniziai a scrivere.
Poi salii per la scala del suo balcone, posai lo skate davanti alla portafinestra e lasciai il biglietto sotto la una ruota, in modo che non volasse.

Kristen’s pov.
 
-mi sono divertita stasera.- dissi una volta vicini casa di Justin.
-dai, ti accompagno fino a casa.-
-hai dimenticato che i miei non sanno che sono uscita?- chiesi.
-farò finta che stavo venendo a trovarti.-
-okay, ma se ci scoprono non la passerai liscia.-
-vuol dire che rischierò.- ridemmo.
Facemmo attenzione a non passare vicino alla finestre, poi una volta vicino alla scala ci fermammo e restammo in silenzio.
-allora vado.- dissi facendo per salire, ma mi bloccò.
-senti Kristen, volevo dirti che mi piace davvero tanto stare con te.- disse un po’ imbarazzato.
-anche a me.- lo rassicurai.
Dopo qualche istante i nostri sguardi s’intrecciarono e quel silenzio era straziante.
Non sapevo se uscirmene con qualche frase come “vado, ci sentiamo.” o se avrei dovuto aspettare e vedere cosa succedeva.
Qualche istante dopo Jon si avvicinò e anche io feci la stessa cosa. La distanza pian piano si annullava, ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era se quello che stavo facendo era giusto o sbagliato.
Subito le mie labbra incontrarono le sue e una scena occupò i miei pensieri.
 
“Tornavo a casa dopo il terzo appuntamento con Justin. Lui era sul prato di casa sua e io percorrevo il vialetto che conduceva all’ingresso di casa mia.
-Kristen.- gridò lui.
Mi girai di scatto –si?- chiesi.
-so che è sbagliato.- disse avvicinandosi. –so che non dovrei.- iniziai ad andargli incontro. –e so che i tuoi genitori si arrabbieranno.- ora eravamo vicini. –ma non mi importa. -disse mentre mi prendeva il viso fra le mani. –non ora che sei qui, vicina a me.- pronunciò a fatica.- non ora che posso baciarti.- disse mentre mi guardava negli occhi.
Poco dopo premette le sue labbra contro le mie ed una strana sensazione si prese gioco di me.
Sentivo che era parte di me, sentivo di aver bisogno di lui, sentivo di non poterne fare a meno e, soprattutto, sentivo di amarlo.
-ti amo Justin.- dissi istintivamente.
Non gliel’avevo ancora detto e sentivo che quello era il momento giusto per farlo.
Lui sorrise.
-l’ho sempre saputo.- disse inumidendosi le labbra. Poi si avvicinò al mio orecchio e sussurrò –ti amo anche io.-”

Subito dopo mi staccai da Jon e, dopo averlo salutato salii la scala e, una volta sul balcone, poggiai la schiena contro il muro e lasciai che il mio corpo aderisse al pavimento.
Ero confusa e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era Justin.
 
Justin’s pov.
 
-Justin, scendi.- gridò mamma dal piano di sotto.- è pronta la cena.-
-arrivo.- gridai io a mia volta.
Prima di scendere volevo vedere se Kristen era tornata oppure no.
Nell’esatto momento in cui uscii fuori vidi lei e Jon baciarsi. Sembravano felici e io mi presi mentalmente a pugni per lo skate.
Sapevo che era un regalo idiota. Sapevo di star sbagliando. Sapevo che non avrei dovuto. E ora, mentre si baciavano, non potevo più andare a riprenderlo.
Sarebbe stato parecchio sciocco andare da loro e dire “-ehi, scusate, ma dovrei riprendere lo skate che avevo intenzione di regalare a Kristen. ma voi continuate pure e fate come se non ci fossi.-”. Era un’idea più stupida del regalo stesso.
Così, prima che salisse sulla scala, scesi in cucina.
“è la cosa migliore” mi ripetei svariate volte mentalmente, cercando di non pensare a quanto successo.
Ora che lei stava con un altro, aveva davvero bisogno di un amico?
E, soprattutto, aveva davvero ancora bisogno di me?


**
Ecco qui il capitolo 15.
Allora, premetto che questo capitolo non mi piace molto, ma è solo di ''passaggio''.
L'avevo scritto qualche giorno fa, ma non mi piaceva molto, così ho aspettato prima di aggiornare per vedere
se poteva uscire qualcosa di più ''carino'', ma alla fine, a parte qualche modifica, fa sempre schifo.

In ogni caso, grazie per le recensioni del capitolo precedente!

Ah, scusate se la ff risultava come completa, ma per sbaglio avevo messo ''si'' alla voce ''completa''.
 

Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se ho alternato più di una volta i pov, 
e spero in una vostra recensione.

Alla prossima :).

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Capitolo 16
*** ''you've got a nice ass'' ***


Capitolo 16.
“you’ve got a nice ass”

 
Kristen’s pov.
 
Aspettai che Jon andasse via per poi indossare le cuffie dell’ipod, che tenevo sempre rigorosamente in borsa, e ripensai a quanto successo.
Non sapevo se ciò che avevo fatto era giusto o sbagliato.
Speravo di aver preso la decisione giusta, ma dentro sentivo di aver sbagliato e ora non avrei potuto più riparare. O meglio, avrei potuto, ma non senza far soffrire Jon.
Mi guardai intorno e.. ASPETTATE, cosa ci faceva uno skate sul mio balcone?
Mi alzai e lo presi. Dannazione se era bello. Ma, quello non era il mio skate!
Ero parecchio infuriata quando vidi un biglietto a terra.
Lo presi, posai lo skate e mi sedetti sulla solita poltroncina.
Lo aprii e inizia a leggere.
 
“Ehi Kristen, oggi ero stato a riprenderti lo skate ma, mi dispiace dirtelo, non l’ho trovato, o meglio, non intero. Sapevo quanto ci tenessi, così sono andato da Ryan e gli ho chiesto di fartene uno nuovo. So che non è come quello, ma è abbastanza carino. Spero seriamente che ti piaccia, ma, in caso non ti piacesse, puoi sempre tornare in negozio e fartene fare un altro, ovviamente sarà sempre un mio regalo. Mi dispiace tanto, e non solo per lo skate. Non volevo che ieri finisse così, ma voglio seriamente che tu riprenda a suonare, e, lo sappiamo, lo vuoi anche tu. Scusami. –Justin.”
 
Dopo aver letto quel biglietto e aver riguardato quello skate sentii una stretta alla bocca dello stomaco.
Avevo mandato tutto all’aria. Lui mi ricomprava uno skate per farsi perdonare e io baciavo un altro ragazzo per provargli che non avevo bisogno di lui.
‘Un attimo, io non ho baciato Jon per fare un torto a Justin. E poi su quel biglietto non c’è mica una dichiarazione d’amore!’ pensai.
C’era solo una cosa che dovevo fare: tornare da lui e ringraziarlo.
Rientrai in casa, mi struccai velocemente, indossai le prime cose che mi capitarono sotto mano e mi scompigliai di poco i capelli, poi scesi in cucina come se niente fosse.
-dove sei stata Kristen?- chiese mia madre infuriata.
-in camera mia.-
-ah, davvero?- chiese.
-dove sarei dovuta essere?- ribadii.
-dovresti dirmelo tu.- incrociò le braccia.
-mamma, smettila di essere paranoica, sono stata in camera mia.- esclamai sperando che mi credesse.
-sarò anche paranoica, ma ci vedo bene.- disse con fare teatrale.- ti avevo detto di non uscire, e tu cosa hai fatto?- chiese ironica. Prima che potessi rispondere continuò a parlare.- sei uscita.-
-dannazione mamma, non sono uscita.-
-ho bussato in camera tua e non hai risposto, sono salita dalla scala che da sul tuo balcone, e non c’eri, e non imprecare con me.- disse.
Quando la sentii pronunciare quelle parole non riuscii a trattenermi dal ridere.
Lei che saliva dalla scala in balcone? Dio, me la immaginavo li, che gridava di star rischiando la vita e faceva la tragica.
-tu, signorina, -mi puntò il dito contro.- non sai in che guai ti stai cacciando.-
In tutta risposta cercai di tornare seria, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu continuare a ridere.
Dannazione, mi stavo mettendo nei casini.
-da oggi sei in punizione. non uscirai di casa per due settimane se non per andare a scuola. non andrai da nessuno e nessuno verrà qui, e quella scala la toglieremo.-
Spalancai la bocca.- in punizione? di nuovo? ma non è possibile. non ho fatto niente di male.-
-hai disubbidito alle regole.-
-ma chissenefrega delle tue regole. sto bene, la febbre è passata, dammi un buon motivo per non farmi uscire.- feci una pausa.- e la scala resta li dov’è.- aggiunsi.
-perché l’ho scelto io.-
-questo non è un buon motivo.- urlai.- e poi devo andare da Justin.-
-tu non vai da nessuna parte!- gridò quasi esasperata.
-ah si? e chi me lo impedisce?- dissi dirigendomi verso la porta.
-io.-
-è importante.-
-non così importante da non poter aspettare altre due settimane.- disse mettendosi davanti alla porta.
‘e porca puttana.’ Pensai.
-cosa hai detto?- mi urlò contro.
Forse non l’avevo semplicemente pensato.
-ti ricordi cosa mi hai detto ieri?- cambiai discorso.- mi hai detto che le cose non sono tutte bianche o tutte nere, esistono anche le sfumature. mi hai detto che magari Justin ha avuto i suoi buoni motivi per lasciarmi. mi hai detto che non devo farlo soffrire solo perché lui ha fatto soffrire me.- feci una pausa.- bene. io ho fatto una cazzata che può ferirlo, come amico, si intende. quindi, per favore, lasciami andare da lui. ti ho promesso che non l’avrei fatto soffrire e non posso rompere una promessa per il semplice fatto che sono in punizione.- la buttai li, sperando che si convincesse.
Ma lei rimase immobile davanti alla porta facendo cenno di no con la testa.
-sai cosa ti dico?- feci una pausa ma non le diedi il tempo di rispondere.- non rovinerò la mia amicizia con Justin per il semplice fatto che non te ne frega un cazzo della mia felicità.- dissi tornandomene sopra.
-Kristen, non azzardarti ad uscire o..- la interruppi.
-o cosa, mamma?- chiesi fermandomi a metà scala. –cosa?-
-o le settimane di punizione raddoppiano.-
-fa come vuoi, non me ne frega niente.- dissi tornandomene in camera e uscendo dal balcone.
Corsi verso la casa di Justin e suonai il campanello.
‘dai Justin, dai.’ Pensai.
Speravo seriamente che mi aprisse in fretta prima che mia madre si trasformasse in hulk e mi riportasse a casa tirandomi per i capelli.
‘per favore, per favore, per favore, apri.’
Suonai un’altra volta, quasi disperata, ma nessuno apriva, eppure le luci erano accese.
‘se apri faccio tutto quello che vuoi.’
Ma niente.

se aprono torno a suonare, lo giuro.
Cosa, che stavo dicendo?
‘no, stavo scherz..’
Aprirono alla porta.
-ehi.- restai ferma immobile sulla soglia della porta.
-Kristen?- disse quasi come se non si aspettasse che fossi li e, ad essere sincera, nemmeno io mi sarei aspettata li.
-così mi chiamano.- dissi. Ma che cazzo dicevo?
Lui ridacchiò.- già.-
-posso umh, come dire..-
-si, entra.- mi evitò quell’imbarazzo.- vieni.- dissi facendomi strada. Come se non sapessi dove si trovava la sua camera!
Entrammo in camera sua e ci sedemmo sul suo letto.
-quindi?- mi guardò con aria interrogativa.
-penso che tu sappia perché sono qui.- dissi piuttosto imbarazzata.
Si batté una mano sulla fronte.- è per quel regalo idiota?-
-se stiamo parlando della stessa cosa, beh, non era idiota.-
-invece lo era, e anche tanto.-
-non è vero.- ribattei. –ed è pure bellissimo.-
-ti è piaciuto?-
-ovvio.- dissi sorridente. –tenevo molto alla mia vecchia tavola, ma, ammettiamolo, questa è fantastica.-
-sono felice che almeno ti sia piaciuta.-
Mi girai i pollici aspettando che dicesse qualcosa. Mi sentivo come una ragazzina alle prese col suo primo amore, ma in fondo lo ero davvero. Non stavamo più insieme ma era davvero stato il mio primo amore.
-senti, mi dispiace per ieri. non avrei dovuto. ho esagerato e mi dispiace.- disse lui d’un tratto.
-è colpa mia, dovevo smetterla tempo fa di fare la vittima, anzi, non dovevo iniziare per niente.-
Mi scrutò attentamente poi scoppiò a ridere.
-perché ridi?- chiesi inarcando un sopracciglio.
-mi dispiace aver rovinato un momento così, ma dove hai trovato il coraggio di vestirti così?- disse ridendo ancora più forte.
Mi guardai bene e, sul serio, dove cazzo avevo trovato il coraggio per vestirmi così?
-che figura di merda.- esclamai.
-no, sul serio, maglia e gonna si abbinano molto.- disse tenendosi la pancia per le troppe risate.
Avete presente quando dissi “indossai le prime cose che mi capitarono sotto mano”? Bene, non stavo scherzando.
Indossavo una maglia rossa a maniche lunghe con una renna, una gonna cortissima nera e delle converse bianche, ma, la cosa peggiore, era che quella non era una semplice gonna, quella era una gonna da tennis, ed era di mia madre.
Mi coprii il viso con le mani.
-Dio, ma dove hai trovato questi vestiti?- chiese cercando di smetterla di ridere.
-diciamo che non mi sono guardata quando sono uscita.- dissi imbarazzatissima.
-scommetto che quello è un regalo di tua zia.- rise indicando il maglione.
Feci cenno di ‘si’ con la testa.-cazzo, dovrebbero abolirli questi regali di natale.- scoppiai a ridere con lui.
-no, perché? sono così carini.- rise.
-sul serio, mia madre doveva essere proprio incazzata per non dirmi che sembravo cosa, un albero di natale? un manichino di quelli che allestiscono per carnevale?-
-si è arrabbiata perché sei uscita di nascosto?- mi chiese lui.
-si, ma- mi bloccai di colpo.- come fai a sapere che sono uscita di nascosto?-
-quando sono stata da Ryan ho visto te e Jon e quando siete tornati sei salita dalla scala.- disse lui facendo spallucce.
Aveva anche visto il bacio allora.
-aspetta, tu hai visto tutto?-
-se per tutto intendi il bacio, si.- disse spostando lo sguardo.
-oh, io..- mi interruppe.
-sono felice per te.- disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
‘se solo anche io fossi felice per me’ pensai.
Io annui semplicemente. Avrei potuto dirgli che avrei anche io voluto essere felice per me, ma che non lo ero?
Non lo ero e non lo ero stata nemmeno per un fottutissimo secondo di quel bacio.
-quando torna Susan?- gli chiesi.
-forse la settimana prossima, forse fra due settimane.- sospirò.- chi lo sa.- fece spallucce.
-ti manca?- dissi un po’ imbarazzata.
-un po’.-
-i giorni passeranno veloci.- buttai li. Solo dopo mi accorsi di ciò che avevo detto.
-già, passano sempre veloci, eppure mentre vivi giornata per giornata ti sembra che manchi ancora un secolo.- rispose.
-già.- giocherellavo con i miei capelli.- e poi quando realizzi che il peggio è passato, che manca poco, davvero poco, che sei ad un passo dal tornare ad essere felice, sembra che i giorni che devono ancora passare siano anni, e le ore secoli.-
-e quando quell’inferno finisce ti chiedi come hai fatto a sopravvivere.- concluse.
E sapevamo entrambi a cosa ci stavamo riferendo. Sapevamo che ciò di cui avevamo parlato non era una cosa che avevamo visto nei film, o che avevamo letto in qualche libro, no. Sapevamo che quello che avevamo descritto l’avevamo vissuto, che avevamo sentito il peso dei giorni alleviarsi sempre di più, per poi tornare ad essere maggiore e infine scomparire del tutto. L’avevamo vissuto in quei lunghi mesi che avevamo passato separati, anche se non stavamo insieme, e l’avevamo vissuto perché sapevamo che le cose non si sarebbero aggiustate e che un giorno o l’altro ci saremmo rivisti.
-vado un attimo a prenderti qualcosa da mettere per tornare a casa.- spezzò il silenzio che si era creato.
-umh?- gli lanciai uno sguardo interrogativo.
-hai per caso intenzione di tornare a casa così?- disse ridendo.
-meglio di no.- ridacchiai.
Uscì dalla sua camera e andò chissà dove a cercare qualcosa da darmi per tornarmene a casa, così, nell’attesa feci un giro della stanza.
Aveva proprio ragione, era tutto come l’avevo lasciato: teneva la sua infinità di cappelli sempre al solito posto, le scarpe erano sempre vicino all’armadio, le foto di quando era piccolo erano sempre sulla solita mensola e le foto alle pareti erano le stesse e non erano state spostate di un millimetro.
Probabilmente non le aveva ancora tolte perché non aveva avuto tempo prima di partire o magari perché era troppo impegnato per sprecare del tempo così.
Girai un po’ per la camera, alla ricerca di qualcosa che non mi sembrasse “normale” e alla fine trovai un fogliettino dove c’era scritto ‘Per Kristen’.
Lo presi e lo aprii, c’era scritto: “Ehi, scusami per questo pomeriggio. So di aver esagerato ma pensavo tutto ciò che ho detto. Mi dispiace però di aver tirato fuori l’argomento in questo modo e mi dispiace anche aver sputato tutto fuori senza preoccuparmi di te. So di aver sbagliato, ma pensaci. Ad ogni modo, volevo dirti che ho una sorpresa per te e quando la febbre passerà devo portarti in un posto. –Justin.”
Poco dopo Justin entrò in camera con alcuni vestiti in mano.
-oh, ehi.- mi girai di scatto quando sentii dei passi.
-ehi, che facevi?- mi chiese abbozzando un sorriso.
-davo un’occhiata in giro per vedere se eri sincero ieri.-
Mi guardò con aria interrogativa.
-è tutto come lo ricordavo.- gli feci l’occhiolino e lui rise.
-tieni.- disse porgendomi i vestiti.- dovrebbero starti bene.-
-sono di Susan?- chiesi.
Lui annuì.
-non si arrabbierà?-
-non si ricorda nemmeno di averli.- sospirò.- cambia guardaroba ogni settimana.- ridacchiai.
-dove mi cambio?- chiesi.
-il bagno è sempre li.- disse indicandomi la porta.
Ridemmo.
-okay.- stavo per entrare in bagno quando Justin mi chiamò.
-si?- chiesi.
-hai un bel culo.- rise, io gli feci la linguaccia.
Una volta in bagno indossai i vestiti che mi aveva portato Justin.
Qualche minuto dopo tornai in camera sua, questa volta però avevo visto ciò che stavo indossando. Mi aveva portato dei leggins neri, un maglione enorme bianco che arrivava poco più giù del sedere e una sciarpa rossa.
-ora mi spieghi per quale motivo mi hai dato anche una sciarpa?- chiesi uscendo dal bagno.
-mi piaceva.-
-Justin, devo solo fare una ventina di metri e sono a casa, non pensi sia esagerato?- chiesi.
Poi mi guardai bene allo specchio e capii. Quella era la mia sciarpa.
-ma questa è la mia sciarpa!- esclamai.
-si.-
-e ce l’hai ancora?-
-l’ho trovata ora e ho pensato fosse un buon momento per dartela indietro.-
-l’ho cercata ovunque, ecco perché non la trovavo.-
-ora è di nuovo tua.- mi fece l’occhiolino ridendo.
-ah, prima ho trovato un biglietto sulla tua scrivania.-
-che biglietto?- chiese.
-non avevo intenzione di leggerlo, né di farmi gli affari tuoi, ma ho visto che c’era scritto che era per me, quindi ho pensato fosse il caso di leggerlo.-
-oh, l’avevo scritto l’altra sera, poi però ci ho ripensato e non te l’ho dato.-
-e di che sorpresa si trattava?- chiesi.
-niente.- disse grattandosi la nuca imbarazzato.
-dai, ora sono curiosa.-
-niente, era un’idea idiota.-
-se era idiota come lo skate, allora amerò di sicuro questa sorpresa.-
-niente, volevo portarti in un posto, ma non fa niente.-
-okay, allora andiamo.-
-non sei in punizione?- chiese.
-si..-lo guardai.- come fai a saperlo?-
-lo immaginavo. anche quando uscivi di nascosto con me ti mettevano in punizione, ma tu non gli davi mai retta.- ridacchiò.
-comunque non mi importa. andiamoci.-
-non sai nemmeno di che luogo stai parlando.-
-sono sicura che sarà un posto bellissimo.-
-forse, ma sei ancora in punizione.-
-dai, Justin, per favore.- fecI gli occhi dolci.
-no.-
-per favore.- dissi con fare da bambina.
-no.-
-dai, se mi ci porterai non disubbidirò mai più a mia madre.-
-sul serio?-
-sul serio.-
-allora okay, ma solo per domani.-
Gli baciai la guancia, poi mi diressi verso la porta –a che ora domani?- chiese.
-alle undici fatti trovare pronta.-
-okay, ma dove andiamo?-
-ti ho detto che è una sorpresa.-
-okay, okay.- alzai gli occhi al cielo e uscii dalla sua camera.
Mentre tornavo a casa la mia mente era invasa dai pensieri.
Suonai alla porta di casa mia e, mentre aspettavo che qualcuno aprisse, ripensai a quanto successo prima e CHE COSA AVEVO COMBINATO?
Avevo giurato che sarei tornata a suonare.
‘gran bel casino Kristen’.
**
Ecco qui il capitolo 16.
Fa schifo, lo so, ma questa volta è quasi interamente dedicato a Justin e Kristen. 
So che non succede niente di particolare, ma è già un passo avanti!

Ah, ho visto che il numero delle persone che ha la storia tra le seguite e preferite è aumentato, quindi grazie.

Poi, volevo ringraziarvi per le recensioni, anche se il capitolo precedente ne ha avute solo 2.

Spero comunque che vi piaccia e in una vostra recensione.

:).

 

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Capitolo 17
*** ''two perfect idiots'' ***


Capitolo 17.
“two perfect idiots”


 

Quella notte non chiusi occhio, dovevo escogitare un piano per uscire di casa senza che mamma se ne accorgesse.
Era il fine settimana e in genere non mi svegliavo mai presto quando avevamo scuola, questa era una buona scusa per non farmi vedere per tutta la mattina.
Per quanto riguardava il pomeriggio, ero sicura che saremmo tornati entro l’ora di pranzo.
Erano già le dieci e venti quando decisi di prepararmi.
Indossai dei pantaloncini a vita alta, una maglia nera senza maniche con su scritto “Los Angeles”, che misi dentro i pantaloncini, delle vans nere e un cardigan grigio.
Misi un po’ di mascara, del correttore sotto gli occhi, della matita nera e un po’ di lucidalabbra. Era un trucco abbastanza leggero per andare in giro di giorno.
Prima di uscire mi diedi un’occhiata allo specchio e, una volta fuori, mi assicurai che né la macchina di mamma né quella di papà fossero nel vialetto.
Nathan non si sarebbe di certo preoccupare di controllare in camera mia o di farmi compagnia.
Scesi in fretta dalla scala sul balcone, alla fine non l’avevano tolta, e mandai un messaggio a Justin dove lo avvertivo che ero già pronta e che lo aspettavo sotto casa sua.
In qualche minuto fu fuori e mi trascinò con se nel garage sul retro per far si che nessuno ci vedesse.
-sei in anticipo.- disse quando ci fummo fermati.
-lo so, ma se fossi rimasta ancora a casa l’attesa si sarebbe fatta snervante.-
-e ti avevo detto di farti trovare pronta, non di venire da me a controllare se io ero pronto.-
-non ho controllato se tu eri pronto, mi sono semplicemente assicurata che non perdessi tempo.
Ridacchiò. –sei matta.-
Feci spallucce e risi. –allora, andiamo?-
Annuii e, dopo aver tolto un immenso telo bianco, scoprì una moto. Di sicuro l’aveva comprata con i soldi guadagnati lavorando allo studio del padre di Susan. Ne aveva sempre voluta una, ma per un motivo o per un altro non l’aveva mai potuta comprare.
-sali.- disse mostrandomi la moto.
-io? li? no, non se ne parla.-
-allora restiamo qui, la mia macchina è a riparare, e l’altra ce l’ha mamma.-
-andiamo a piedi.-
-non possiamo.-
-ma io non voglio salirci li sopra!- protestai con fare da bambina.
-bene, allora puoi tornare a casa.-
-cosa? no.-
-sali, sbrigati e non fare storie.-
Feci come mi aveva detto e, appena usciti dal garage, si assicurò che le mie mani fossero legate ai suoi fianchi.
Quel contatto mi provocò un brivido.
-devo per forza tenermi a te?- chiesi mentre i miei occhi vagavano alla ricerca di qualsiasi cosa a cui le mie mani potessero aggrapparsi.
-si.- fece una pausa. –tieni.- disse porgendomi un casco.
-ma..- stavo per protestare ma mi interruppe.
-se protesti un’altra volta, ti faccio scendere e vado solo.- disse assicurandosi che non mi lamentassi più di niente.
Indossai il casco e, dopo che lui ebbe fatto la stessa cosa, mise a moto e partì.
Le mie mani erano strette a lui e il mio corpo era perfettamente attaccato alla sua schiena.
Cercai di pensare ad altro, ma sentivo il suo profumo accarezzarmi delicatamente e, durante il tragitto, sentivo i brividi percorrermi lungo il corpo senza interruzione.
-senti freddo?- chiese mentre teneva gli occhi fissi sulla strada.
-no.- dissi cercando di essere il più chiara possibile.
-hai la pelle d’oca.- disse osservando poi le mie gambe scoperte.
Non dissi niente e tornai ad appoggiarmi al suo corpo.
Un’ora e venti minuti dopo eravamo arrivati.
Quando scesi dalla moto per poco non cadevo, avevo le gambe a pezzi.
-dove siamo?- chiesi una volta aver messo piede a terra ed essermi appoggiata a Justin per non fare una delle mie solite figure.
-Newport.- disse lui.
-è parecchio lontano da santa monica!- esclamai.
-e penso che non avrai bisogno di quel cardigan, se poi però vuoi farti una bella sauna, fa pure.- rise.
Risi anche io e me lo tolsi, tenendolo in mano.
Iniziammo a camminare e più mi guardavo intorno, più restavo meravigliata da quell’incantevole posto.
-è bellissimo qui.- esclamai.
-lo so, per questo ti ci ho portato.-
-le persone sono simili a quelle di santa monica. stessi atteggiamenti, stessi vestiti.-
-si, è questo l’unico aspetto di questa città che non mi piace.-
Andammo verso la spiaggia e, dopo esserci tolti le scarpe, ci lasciammo andare sulla sabbia.
-deve essere bello vivere qui.-
-si. molte persone di Los Angeles e dintorni hanno la casa qui, è un po’ come una casa per le vacanze, anche se non tutti possono permettersela, i prezzi sono davvero alti.-
-quando sei stato qui?-
-venivo spesso con i miei genitori. a mio padre piaceva surfare qui, quindi venivamo spesso e, nella speranza che il mare lo permettesse, passavamo intere giornate a surfare.-
-avevi anche tu una casa qui?- chiesi.
Lui annuii. –ce l’ho ancora ora, anche se stanno per venderla.-
-perché?- chiesi.
-i miei hanno alcuni debiti e non possono pagarli, vendere la casa è l’unica soluzione.-
Io annuii.
-passavi le vacanze qui?-
-si, venivo tutti gli anni in estate, mi piaceva tantissimo, poi quando ho fatto diciassette anni ai miei non importava più venire qui e non mi lasciavano venire solo, così ho dovuto aspettare d’essere maggiorenne per tornare a visitare questo posto.-
-hai molti amici qui?-
-abbastanza.-
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi continuò a parlare. –hai fame?- mi chiese.
-un po’.-
-andiamo.- disse aiutandomi a rialzarmi e portandomi in un ristorante li vicino.
-che posto è?- chiesi curiosa.
-è il mio ristorante preferito di Newport. fanno il miglior granchio di tutta la california.- disse entusiasta.
-devo assaggiarlo allora!- dissi ridendo per il modo in cui l’aveva detto.
-che prendi?- chiese fissandomi mentre ero intenta a guardare il menù.
-umh, non ne ho idea.- risi.
Rise anche lui. –ordino io?-
-forse è meglio.- sorrisi.
Poco dopo si avvicinò una cameriera.
-Justin!- esclamò lei.
-ehi, Christine.- disse lui salutandola e offrendole uno dei suoi migliori sorrisi.
-come stai? è un po’ di tempo che non ti facevi vivo.-
-lo so, ma non ho un attimo di tempo.- fece spallucce.- comunque sto bene, grazie, e tu?-
-bene.-
-non pensavo lavorassi ancora qui.-
-si, non c’è molto e non posso andare avanti alla giornata, ho un affitto da pagare.- disse lei facendo spallucce e sorridendogli. –mi fa piacere che sei qui.- disse ignorandomi del tutto.
-a me fa piacere averti rivista.- sorrise lui.
Stavano flirtando spudoratamente davanti ai miei occhi!
-allora, che prendete?- disse riferendosi anche a me questa volta.
Non gli aveva nemmeno chiesto chi fossi! Non che mi importasse, intendiamoci..
Dopo che Justin ordinò, Christine sorrise per l’ennesima volta e si allontanò dal tavolo.
Io feci finta di niente e continuai a guardare fuori, il mare era bellissimo e c’erano davvero tanti surfisti.
-Kristen.- mi chiamò Justin, ma feci finta di niente.
-Kristen.- provò ancora. Non risposi.
-Kristen, mi rispondi.-
-umh?- gli dissi portando lo sguardo su di lui.
-che ti prende?-
-niente, perché?- chiesi come se niente fosse.
-mi sembri strana.-
-io?- scoppiai a ridere.- scherzi?-
-quella era Christine, siamo stati insieme per qualche mese quando avevamo sedici anni, poi però ci siamo lasciati e da allora non ci vediamo più.- disse per chiarire.
-non ho detto niente.- dissi alzando le mani in aria in segno di difesa.
In quel momento mi sentii come una delle tante, pensavo d’essere stata la prima di cui si era innamorata, ma a quanto pare non era stato così.
Che idiota che ero stata a pensare che fossi stata speciale..
-ho voluto chiarire.-
-non ce n’è di bisogno, ricordi, non stiamo più insieme.- dissi facendo spallucce.
Dannazione se ero infastidita.
Poco dopo arrivarono le nostre ordinazioni, ovviamente aveva portato tutto Christine e, ovviamente, non aveva smesso un attimo di sorridere.
-stavate spudoratamente flirtando.- dissi sotto voce quando lei andò via e lui le sorrise.
-che hai detto?- chiese rivolgendosi a me.
-io? non ho detto niente.-
Susan era via e lui flirtava con le altre. Per un momento mi sentii sollevata di non essere al suo posto, ma il momento dopo sentii un vuoto dentro.
-okay.- disse iniziando a mangiare, io feci lo stesso.
Aveva ordinato dei crab nachos e un secchio, così lo chiamavano loro, di gamberi fritti.
Quando finimmo di mangiare lui pagò ed uscimmo.
-allora, mi dici che ti prende?- disse mentre camminavamo.
Non gli diedi retta.
-Kristen.- disse bloccandomi per il polso e facendomi fermare.- mi dici che ti prende.- disse posizionandosi davanti a me.
-niente, te l’ho detto, non ho niente.-
-non hai parlato per tutto il tempo e avevi lo sguardo perso, c’è qualcosa che non va?- disse calmandosi e pronunciando quelle parole dolcemente.
Se un attimo prima avrei voluto gridargli contro che era un fottuto stronzo, ora avrei voluto sicuramente abbracciarlo.
-non ho niente, sul serio.- dissi calmandomi di poco.
-se non ti va di restare qui, oppure non ti piace, dimmelo.-
-dico davvero Justin, è tutto okay.- sentivo il battito del cuore stabilizzarsi e mi mancava così tanto essere la sua fidanzata.
-allora, ti sono piaciuti i nachos?- chiese affiancandomi.
-si, erano buonissimi, per non parlare poi dei gamberetti.- esclamai.
Dannazione, avevo lo stesso tono entusiasta di Justin qualche ora prima.
-sapevo che ti sarebbe piaciuto.-
Sorrisi, mi conosceva così bene.
-ora che si fa?- chiesi.
-tu che vuoi fare?-
-sei tu che hai vissuto qui, non io.- dissi facendolo ridere.
-ho un’idea.-
-quale?-
-aspettami qui.-
-okay, ma non lasciarmi sola per troppo tempo, o potrei anche trovarmi un fidanzato.-
Mi lanciò un’occhiata fulminante.
-okay, okay, scherzavo.-
Si girò ed entrò in un negozio di skate, poco dopo uscì con due skate in mano.
-cazzo Justin, hai comprato altri due skate?- chiesi con la mia solita finezza.
-no, li ho presi in prestito. il proprietario è mio amico e me ne ha dati due.-
-senza pagare?- chiesi.
Non disse niente.
-dannazione Justin, quello non è prendere in prestito, quello è affittare.-
Fece spallucce.
-non posso tollerare che per una giornata tu stia spendendo tutti questi soldi!- dissi chiaramente arrabbiata. –prima il ristorante, ora gli skate, vuoi tornare al verde?-
-forse hai ragione, ma ti consiglio di salire su quella tavola e starmi dietro, sennò arriverò a casa sul serio al verde.- disse ridendo e dando le spinte iniziali.
-cazzo Justin, sei un coglione!- dissi salendo sulla tavola e cercando di stargli dietro.
Andammo in giro con lo skate per tutto il molo e avrei potuto giurare di non essermi divertita mai così tanto.
C’erano parecchi ragazzi che andavano sullo skate e io ero una delle poche ragazze.
-stammi dietro ora, Justin.- dissi superandolo e girando improvvisamente a destra.
Lui mi seguì finché non arrivammo ad un pontile dove era quasi praticamente impossibile passare.
Era pieno zeppo di gente e di sicuro non avrebbero fatto passare noi con gli skate, così tornammo indietro fin quando non arrivammo davanti allo skate shop.
Justin rientrò a consegnarli, ovviamente pagò quello che aveva da pagare e tornò da me.
-cazzo, siamo stati tre ore e mezzo in giro.- disse.
-merda.- dissi, poi entrambi scoppiammo a ridere.
-spero solo che tu abbia altri soldi nel caso dovesse terminare la benzina nella moto.-
Justin tossì leggermente.
-hai i soldi per la benzina, vero Justin?-
Lui si grattò la nuca.
-cazzo Justin, sei un irresponsabile!- gli urlai contro.
-ora come torniamo a casa?-
-per tua fortuna ho anche io dei soldi.-
Fece un sospiro di sollievo e ci avviammo verso la moto.
-come ti è venuta in mente l’idea degli skate?- chiesi.
-quando stavo qui andavo sempre in giro con lo skate e pensavo ti sarebbe piaciuto.-
-infatti mi è piaciuto, ma tutti quei soldi!-
-volevo solo che ci divertissimo.-
-almeno ne è valsa la pena.- lo rassicurai.
Quando arrivammo alla moto il sole stava per tramontare e, per la prima volta in quella giornata, pensai alla possibile reazione di mia madre quando sarei tornata a casa.
Cercai nella borsa il cellulare, ma non lo trovai.
-dannazione, che ore sono?- chiesi a Justin.
-le sei e mezza.-
-mia mamma non mi farà uscire per un anno.- dissi appoggiandomi ad un muretto.
-ti riporto a casa?- chiese avvicinandosi a me.
-no, a che servirebbe? tanto mi metterà lo stesso in punizione, quindi, godiamocela tutta questa giornata.-
-ne sei sicura?-
Feci cenno di si con la testa.
-allora, quando hai comprato questa moto?-
-quando sono tornato da Londra, avevo messo da parte abbastanza soldi e la prima cosa che ho fatto è stato comprarla.-
-era da tanto che dicevi di volerne una.-
-già e finalmente sono riuscito a comprarla.-
-è davvero bella.-
-lo so. ho dovuto fare qualche lavoro di manutenzione e rimettere a posto un paio di cose, ma ora è come nuova.- un sorriso gli si dipinse sul volto.
-è la prima volta che ci fai un giro?- gli chiesi.
-si, da quando ho finito di aggiustarla non ho avuto il tempo per provarla.-
-quindi siamo venuti qui e tu ancora non avevi provato la moto per vedere se era tutto okay?-
-esatto.-
-io non esco più con te, davvero.-
-infatti il giro di prova l’ha fatto il meccanico al posto mio.- disse.
Feci un sospiro di sollievo. –potevi dirmelo prima.-
-no, mi piace sentirmi fare la tua solita ramanzina.- ridemmo.
-mi ci porti?-
-dove?-
-a casa tua.-
-vuoi tornare a casa?-
-stupido, quella che hai qui.-
-ah.- risi.- okay.-
Salimmo in moto, indossammo il casco, mi aggrappai a lui e, appena messo in moto, sfrecciammo sulle strade di Newport.
La casa, o meglio, la villa, non era molto distante dal parcheggio in cui avevamo lasciato la moto.
-è questa?- dissi togliendomi il casco e porgendoglielo.
-si.-
-è stupenda!- esclamai.
-lo so.-
-è davvero un peccato che i tuoi la vendano.- dissi guardandomi intorno.
-già. in realtà era di mio nonno, l’ha lasciata a mia mamma, ora però dobbiamo necessariamente venderla. vale anche più della casa che abbiamo a santa monica.-
-ma è un grosso debito?- chiesi.
-no, ma dobbiamo necessariamente venderla, perché se non lo faremo ora e non avremo i soldi per pagare, pian piano si aggiungeranno gli interessi, e quindi saremmo costretti a venderla lo stesso e pagare un debito più grande.-
Annuii capendo quello che volesse dire. -c’è già qualcuno interessato a comprarla?- chiesi.
-alcune persone, anche se dubito la compreranno sul serio. vale davvero molto e i miei non la venderanno di certo ad un prezzo inferiore del valore reale.-
-possiamo entrare?- chiesi.
Lui si avvicinò alla porta d’ingresso, tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca e, dopo averla cercata, finalmente trovò quella giusta. Poco dopo aprì la porta e mi fece cenno d’entrare.
-è bellissima.- dissi guardando la sistemazione dei mobili e le stanze enormi.
Justin non disse niente. Di sicuro aveva molti ricordi in quella casa e venderla gli avrebbe fatto male.
-se non mi avessi chiesto di vederla, probabilmente sarei tornato uno di questi giorni e avrei fatto un giro qua dentro. non so se la prossima volta che tornerò l’avranno già venduta.- disse con un filo di nostalgia.
-avresti potuto chiedermelo.-
-non mi andava di farti venire qui se non avessi voluto.-
-sei un idiota, pensi davvero che mi sarei lamentata?-
Fece spallucce.
-l’ha arredata tua mamma?- dissi facendo un giro nel salotto.
-si.-
-ha davvero buon gusto.-
-mamma non avrebbe lasciato che qualcun altro l’arredasse al posto suo.-  ridemmo.
Dopo aver fatto un giro completo della casa uscimmo fuori. C’era una piscina enorme.
-c’è anche una casetta in piscina!- esclamai.
-si.- rise per il modo in cui l’avevo detto.
Restai per qualche secondo li a guardare ciò che mi circondava. Era tutto perfetto. Avrei seriamente voluto poter aiutare la famiglia di Justin a pagare quei debiti.
Anche io, se la casa fosse stata mia, avrei un po’ avuto nostalgia di tutto ciò che mi stava attorno in quel momento.
-che ne dici di fare un bagno?- Justin interruppe i miei pensieri.
-non ho il costume.-
-fa niente.-
-stai scherzando?- dissi prima che mi prendesse in braccio.
-Justin non..- prima che finissi la frase mi aveva già buttata in acqua e anche lui si era buttato con me.
-sei uno stronzo.- dissi avvicinandomi a lui.
Eravamo entrambi vestiti e sembravamo due perfetti idioti, ma, per quanto volessi negarlo, ero felice.
-grazie.- disse ridendo.
-l’acqua è freddissima.- dissi.
-usciamo dai.- disse prendendomi per mano e aiutandomi ad uscire.
Mentre gocciolavamo, entrò nella casetta in piscina e portò fuori due asciugamani.
Me ne porse uno e subito mi ci avvolsi.
-senti ancora freddo?- chiese avvolgendosi anche lui nel suo asciugamano.
-si.- dissi battendo i denti.
Si avvicinò di poco e mi abbracciò,  sfregando le sue mani contro l’asciugamano per farmi riscaldare.
Rabbrividii ancora una volta per il contatto col suo corpo.
-va meglio?- chiese.
Io mi limitai ad annuire.
-forse è meglio se ora andiamo.- disse indicando il sole che stava completamente calando per lasciare spazio alla luna.
-hai ragione.- dissi avviandomi con lui verso l’uscita.
Lasciammo quei due asciugamani all’ingresso e uscimmo.
-aspetta, se avevi degli asciugamani avevi anche dei costumi!- esclamai mentre salivo sulla sua moto.
-umh..- disse facendo finta di pensare.- si.-
Gli diedi una sberla sul braccio. –almeno potevamo cambiarci, di sicuro ora non saremmo bagnati fradici.- esclamai facendo la finta offesa.
-ma non c’era divertimento! e poi di sicuro non ti avrei convinta.-
Non dissi niente.
-dai, ridi.- disse facendomi il solletico.- non voglio che fai quella arrabbiata per tutto il tempo del viaggio.
-okay, okay, basta.- dissi scoppiando a ridere.
-tieni.- disse porgendomi il cardigan che avevamo lasciato poco prima sulla moto.
Lo indossai e, dopo aver ripetuto le stesse procedure di una mezz’oretta prima, partì a tutta velocità.
Quando fummo a Santa Monica e arrivammo a casa, per poco non dormivo.
Ero davvero, davvero stanca. Quella giornata era stata esaustiva, anche se davvero bellissima.
-sei sicura che non vuoi che venga anche io con te?- chiese Justin.
-si, vedrai che andrà tutto bene.- dissi.
-allora ci vediamo domani.-
-a domani, e grazie per la bellissima giornata, mi sono divertita tantissimo.-
-mi fa piacere.- disse abbozzando un sorriso.
Sorrisi anche io e, per evitare l’imbarazzo, girai e tornai a casa.
Stavo per salire dalla scala sul balcone ma vidi che non c’era più.
Cazzo.
Frugai per un momento nella borsa, poi, finalmente, trovai le chiavi.
Le misi nella serratura e sentii dei passi farsi vicini.
Merda.
Aprii la porta e mi ritrovai davanti i miei genitori furiosi.
-dove sei stata?- urlò mamma.
Aveva gli occhi gonfi, di sicuro aveva pianto.
Papà l’abbracciava e le accarezzava dolcemente il braccio.
-io..- stavo per dire qualcosa quando mio padre mi interruppe.
-tu cosa Kristen? eri in punizione e sei andata via. dove sei stata? non hai risposto al cellulare, non hai detto niente a nessuno.-
-ero solo uscita con Justin e ho dimenticato il cellulare a casa.-
-eri in punizione, non potevi uscire. hai disubbidito alle regole e hai anche fatto preoccupare tua madre. potevi almeno avvisare.- disse gridando.
Non l’avevo mai visto così.
-mi dispiace.-
-non importa ora. li c’è la tua roba, andrai a dormire da tua nonna, o da Isabella, o ovunque ti pare, ma per un po’ di tempo non starai a casa.-
-ma perché?- dissi con le lacrime che bruciavano sul volto. –ho sbagliato e lo so, ma non lo farò più.-
-dici sempre così. stare un po’ lontana da casa ti farà solo bene e vedremo se imparerai a rispettare le regole.-
-ma..-
-niente ma. se vuoi andare da tua nonna, il letto è già pronto, se vuoi andare da Isabella avvertila e va da lei, sennò fai come vuoi.-
-mi state cacciando?- chiesi tra un singhiozzo e un altro.
-no, devi solo imparare che non possiamo fare tutto ciò che vuoi tu e fingere che vada bene.- disse.
Mia madre non mi guardò nemmeno negli occhi e mio padre si sforzava per trattenere le lacrime. Aveva gli occhi velati, lo vedevo.
In silenzio, salii in camera, presi il cellulare, scesi, misi sulle spalle la borsa che avevano preparato e uscii, richiudendomi alle spalle la porta.
Andai di corsa a casa di Justin e lo vidi sui gradini d’ingresso.
-che succede?- chiese vedendomi e alzandosi di scatto.
-mi hanno cacciata, dicono che mi farà bene stare un po’ lontano da loro.- dissi mentre le lacrime scorrevano veloci.
Lui mi abbracciò e lasciò che mi accoccolassi tra le sue braccia.
-entra, dormirai qui.-
-ma..-
-niente ma, andiamo.- disse prendendo la mia borsa e facendomi strada.
Erano le dieci, né Pattie, né Jeremy erano in casa, di sicuro cenavano fuori.
-i miei sono fuori per tutta la serata, ora ti preparo la stanza degli ospiti, nel frattempo vai in bagno e fatti una doccia.- disse.
Feci come mi disse e lasciai che l’acqua tiepida mi cullasse, poi mi avvolsi in un asciugamano e andai dritta nella camera degli ospiti.
-ti ho preparato il letto e la borsa l’ho messa la, spero ti vada bene.-
-si, grazie.- dissi con un misto di gratitudine per quello che stava facendo e di imbarazzo per come ero conciata.
Quando lasciò la camera, tirai fuori le cose dalla borsa e indossai una maglia larga e dei pantaloncini.
Legai poi i capelli ancora umidi in una coda e andai nella camera di Justin.
-se per te è un problema, posso anche andare da mia nonna a dormire, non fa niente.-
-non è un problema, puoi restare qui finché vuoi.- disse lui.
-aspettami qui, vado a fare la doccia.-
Uscì dalla sua camera e mi sedetti sul suo letto.
Diedi un’occhiata in giro, poi presi il cellulare e lo controllai.
C’erano cinque nuovi messaggi e venti chiamate perse.
Controllai le chiamate: erano tutte di mia madre.
Poi diedi un’occhiata ai messaggi.
 
Da: Jon.
‘ehi, stasera ti va di uscire?’
 
Da: Jon.
‘perché non ti sei fatta sentire oggi?’
 
Da: Jon.
‘sei arrabbiata con me per il bacio di ieri?’
 
Da: Izzy.
‘ehi, ho saputo che anche tu hai avuto la febbre, come stai? appena stai meglio ti racconto di quello che è successo con Ed.. :)’
 
Da: Jon.
‘quando ti rimetti a posto le idee, fammi sapere.’
 
-ehi.- disse Justin entrando in camera.
-ehi.- posai il cellulare.
Indossava dei boxer, solo dei miseri boxer!
-che facevi?-
-controllavo chiamate e messaggi.-
-tutto okay?- chiese sedendosi sul letto con me.
-si, sono solo stanca.- dissi sdraiandosi sul suo letto. Lui fece la stessa cosa.
Iniziò ad accarezzarmi il braccio.
-è stata una giornata fantastica.- dissi mentre gli occhi si facevano pesanti.
-sono contento che tu ti sia divertita.-
Restammo in silenzio per qualche secondo, mentre l’unica luce che illuminava la stanza era una lampada sul comodino vicino al letto.
-Justin?-
-si?- chiese.
-amavi Christine?- mi lasciai sfuggire.
-no.-
-lo dici solo per farmi felice?-
-no, lo dico solo perché è la verità.-
Si avvicinò di poco a me e, mentre il suo petto aderiva perfettamente alla mia schiena, sentivo il suo respiro irregolare.
Un’ultima scia di brividi mi percorse il corpo e poi chiusi gli occhi, addormentandomi.

 
**
 
Ecco qui il capitolo 17!
So che in genere aggiorno più spesso, ma non avevo idee e poi ci ho messo un po' a scrivere questo perché, 
come vedete, è molto più lungo rispetto agli altri (18 pagine!).
Spero che non vi siate annoiate, solo che non mi andava di fare due capitoli solo per la sorpresa che Justin ha fatto a Kristen.

Allora, che ne pensate? Ci ho messo un po' a scriverlo perché ho dovuto cercare nomi, durata del viaggio e tutto il resto. 
(sono anche andata sul sito del ristorante per vedere il menù!).
So che può sembrare stupido, ma ci tenevo che fosse tutto okay e che assomigliasse alla realtà.
Ho visto tutto nel telefilm ''The O.C.'' e visto che ho amato Newport praticamente dal primo episodio, 
mi andava di farli andare li.
(anche la casa che ho ''descritto'' è nel film, anche se mi è impossibile mostrarvi una foto, perché, stando a quanto ho letto,
la casa che si vede e che fanno credere come una sola, in realtà sono due case dalle quali sono stati presi gli aspetti migliori.)

Bene, non voglio confondervi le idee. 

Spero vi piaccia e aspetto una vostra recensione (ci tengo davvero). 

:).

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Capitolo 18
*** ''Justin!'' ***


(QUANDO FINITE DI LEGGERE IL CAPITOLO, POTETE DARE UN'OCCHIATA ALLO SPAZIO AUTRICE? E' IMPORTANTE. GRAZIE SE LO FARETE (: )

Capitolo 18.
"Justin!"

Justin’s pov.
 

Il mattino dopo mi svegliai e sentivo qualcosa che mi solleticata la spalla.
Mi girai di poco e vidi che Kristen era appoggiata su di me. Era il suo respiro.
-Kristen.- le sussurrai all’orecchio.
-Kristen.- ripetei di nuovo.
-umh.- mugugnò appena.
-Kristen, dobbiamo svegliarci.-
Lei si girò dandomi le spalle e facendomi ridere.
-smettila di ridere.- disse con la voce impastata dal sonno.
-dai, c’è scuola.-
-non voglio andarci.-
-e invece devi, sbrigati.-
Si girò per la seconda volta, facendo aderire la sua schiena al materasso e si passò una mano sugli occhi prima di aprirli lentamente.
-ieri sera ci siamo addormentati qui?- chiese.
-a quanto pare si.- dissi. Capitan ovvio.
-devo prepararmi.- disse mettendosi seduta per poi alzarsi dal letto.
-okay, ti aspetto in cucina.-
Uscì dalla mia camera e si richiuse la porta alle spalle.
A quel punto mi alzai, mi vestii e mi diressi verso il bagno che, fortunatamente, non era ancora occupato.
Quando fui pronto scesi in cucina.
-buongiorno.- dissi entrando in cucina e lasciando un bacio sulla guancia a mia mamma che era alle prese con i pancakes.
-ciao Justin.- mi disse lei sorridente, anche se sapevo che c’era qualcosa che non andava. Lo vedevo dalla sua espressione e dal suo sorriso forzato.
-che c’è mamma?- le chiesi.
-umh?- disse facendo finta di niente e lanciandomi uno sguardo interrogativo.
-dai, lo vedo che sei preoccupata, che succede?-
-Justin, sai che sono sempre stata dalla tua parte e ovviamente le cose non cambieranno, ma ieri sera quando sono tornata a casa ho visto un borsone nel corridoio e così mi sono incuriosita. sono andata nella stanza degli ospiti e ho visto che c’era della roba in giro, poi sono entrata in camera tua e ti ho visto abbracciato stretto a Kristen.-
-e?-
-e tu sei fidanzato con Susan.-
-mamma, non abbiamo fatto niente di male. i suoi genitori le hanno detto di stare fuori per un po’ e visto che era già tardi le ho detto di restare qui. avrei dovuto lasciarla andare in giro sola alle dieci di sera?-
-lo so che non avete fatto niente di male, ma non credi che non sia giusto nei confronti di Susan?-
-mamma, non l’ho baciata, né cose simili. siamo solo amici.-
-ma prima eravate fidanzati.—
-prima.- dissi con la voce rotta.- ora io sto con Susan e Kristen frequenta un altro ragazzo.-
-se lo dici tu. ma non farle soffrire, non se lo meritano.-
-non succederà.- dissi rassicurandola.
Poco dopo in cucina entrò Kristen seguita da mio papà.
-ciao.- disse imbarazzata Kristen.
-ehi Kristen.- l’accolse dolcemente mia mamma. L’aveva amata dal primo momento, ma, siamo sinceri, chi non l’amerebbe? –vieni, siediti. ho appena fatto i pancakes.- le sorrise.
Anche Kristen abbozzò un sorriso e, insieme a noi, prese posto a tavola.
-scusate per l’irruzione di ieri sera..- disse mentre mia mamma metteva la colazione nei piatti.
-non devi preoccuparti, sei sempre la benvenuta qui.- la rassicurò mio papà.
-in ogni caso dopo scuola passerò a prendere le mie cose e andrò da mia nonna.-
-perché?- le chiesi.
-non mi va di disturbare..-fece una pausa addentando un pancake.- e poi a casa di mia nonna ci sono molte stanze, mi troverò bene.- fece spallucce.
-non disturbi affatto.- mi precedette mia mamma.
-tranquilli, fa niente.- fece spallucce lei.
-ma casa di tua nonna è distante da scuola.-
-lo so.-
-arriverai in ritardo.-
-prenderò l’autobus.-
-ma non passerà in orario.-
-allora andrò a piedi e mi organizzerò meglio il tempo.-
-dai Kristen, puoi restare qui, nessun disturbo, davvero.-
-ma poi ci sarà Susan, non penso le andrà bene.-
Allora era questo il problema? Il problema era Susan?
-Susan per ora è in viaggio e quando tornerà le andrà bene che tu starai qui, sa che siamo solo amici.- abbozzai un sorriso cercando di convincerla.
-non so, vedremo.- disse finendo poi di mangiare.
 
Kristen’s pov.
 
Quando finimmo di fare colazione Justin insistette per accompagnarmi a scuola, dicendomi che avrei fatto tardi e che Mr. Flores non avrebbe fatto finta di niente questa volta.
Come una stupida mi lasciai convincere e, dopo che lui ebbe preso il suo zaino e io il mio, uscimmo di casa e salimmo sulla moto.
Di nuovo, quando il mio petto e la mia testa aderirono perfettamente alla sua schiena sentii una scia di brividi percorrermi tutto il corpo.
Era dura stargli così vicino e dover far finta di niente. Non sapevo per quanto tempo ancora avrei resistito.
-tieniti stretta.- disse prima di mettere in moto.
Feci come mi aveva detto e subito dopo partì.
Le mie mani erano strette intorno a lui e, nonostante l’aria mattutina mi pizzicasse di poco la pelle, era come se ogni cosa che non fossimo io e Justin non avesse importanza.
In quel momento, li, tra le sue braccia, stavo bene.
Quasi vicino scuola, gli chiesi di farmi scendere, per evitare i commenti della gente. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che Jon smettesse di parlarmi e che Susan diventasse mia nemica, sempre detto che non lo fosse già.
-ci vediamo a casa.- mi disse dopo essere scesa.
-ciao.- Gli porsi il suo casco e mi diressi verso scuola.
-ehi, aspetta, non dimentichi niente?- chiese attirando la mia attenzione.
Mi voltai a guardarlo lanciandogli uno sguardo interrogativo.
-dovresti salutarmi.- mi disse.
-no, non ci penso nemmeno.-
-dai, io ti ho portata fino a qui, almeno ringraziami.-
-ma sei stato tu a costringermi a venire con te!-
-io? costringerti? non mi sembra che tu ti sia fatta pregare per venire in moto con me!- disse serio anche se, lo sapevo, si stava trattenendo dal ridere.
-certo che sei proprio uno stronzo!- sbottai avvicinandomi e baciandogli delicatamente la guancia.
-brava bambina, così si fa.- disse ridendo.
-vaffanculo.- gli feci il dito medio e mi diressi verso scuola.
Ridacchiò e subito dopo ripartì fino ad arrivare a scuola, dove poi parcheggiò e raggiunse i suoi amici.
-Kristen!- esclamò una voce dietro di me.
Mi girai di scatto. –Izzy!- dissi vedendola.
-finalmente ci rivediamo!- disse abbracciandomi.
Quel gesto inaspettato mi spiazzò leggermente, e non ne sapevo nemmeno il perché, ma ricambia l’abbraccio.
-saresti potuta venire a farmi visita!- disse fingendosi seria.
-sono venuta infatti, poi però ho avuto anche io la febbre!- dissi facendola ridere.
-allora, come va ora?- chiese mentre entravamo a scuola e ci dirigevamo verso i nostri armadietti.
-meglio, a te?-
-bene..- disse facendo la misteriosa.
L’appuntamento, l’appuntamento, l’appuntamento!
-allora, com’è andata con Ed?-
A quella domanda i suoi occhi si illuminarono, anche se non lo voleva dare a vedere. Si vedeva che aspettava quella domanda.
-abbastanza bene..-
-dai Izzy, devi raccontarmi tutto.-
Lei sorrise e, mentre ci dirigevamo in classe, mi raccontò tutto.
 
L’ora di pranzo arrivò subito e, a differenza delle altre volte, io e Izzy decidemmo di pranzare dentro.
In realtà era stata una sua decisione. Voleva vedere Ed e io non potevo di certo impedirglielo.
Dopo aver preso qualcosa da mangiare, ci sedemmo ad un tavolo poco distante dalla porta d’ingresso alla mensa.
-allora, dov’è Ed?- le chiesi.
-umh, sarà in giro.- fece spallucce.
Poco dopo vidimo la porta spalancarsi e Ed entrò accompagnato da una delle solite ragazze.
Si girò a guardarci e salutò Izzy con un cenno della mano che lei, fingendosi felice, ricambiò.
Notai subito nei suoi occhi una nota di delusione.
-Izzy, sarà solo un’amica.- le dissi leggendole nel pensiero.
-certo, una di quelle che si porta a letto.-
-non pensarla così. se ti ha chiesto di uscire ci sarà un motivo, e poi ora ti ha salutato.-
-stronzate.-
-vedrai che ci tiene.-
-no che non ci tiene.-
-avere qualche amico non significa non tenere a qualcun altro.-
-ma quella era un’amica.-
-è uguale, non fa differenza.-
-invece si che la fa.-
-no, perché se avesse fatto la differenza non ti avrebbe nemmeno degnata di uno sguardo, cose che, come hai ben potuto vedere, non ha fatto.-
Lei fece spallucce.- forse hai ragione tu.-
-lo so.- abbozzai un sorriso sperando di averla rassicurata almeno un po’.
-sta venendo verso di noi.- disse d’un tratto guardando oltra la mia spalla.
-chi?- chiesi.
-ciao Jon!- disse Izzy.
Mi voltai velocemente a guardarlo e vidi che la sua espressione non era delle migliori.
-ciao Isabella.- le disse mentre le sue labbra si incurvavano leggermente in un sorriso.
-ehi.- dissi sorridendogli.
-posso parlarti?-
Annuii col capo e mi alzai velocemente dal tavolo.
Lui mi prese per mano e mi trascinò fuori dalla mensa.
-perché mi eviti?- mi chiese un po’arrabbiato.
-non ti evito.-
-e invece si. dopo l’altra sera non ti sei fatta nemmeno sentire. ti ho mandato dei messaggi ma non hai risposto, si può sapere che ti prende? ti sei pentita del bacio? se è così dimmelo, possiamo almeno rimanere amici.-
-no, non mi sono pentita. è solo che ieri sono uscita e ho dimenticato il cellulare a casa, poi quando sono tornata era scarico e non ho avuto modo di leggere i messaggi.- mentii.
-sul serio Kristen, se vuoi che restiamo solo amici, per me va bene, ma non evitarmi.- la sua voce si addolcì.
-te lo ripeto, non ti ho evitato e non voglio che restiamo solo amici.- dissi sorridendogli.
-okay.- disse avvicinandomi a lui.
Poggiai la mia testa sul suo petto, e lui mi baciò la testa.
-questo pomeriggio che fai?- mi chiese mentre mi teneva ancora stretta a sé.
-dovrei studiare per recuperare chimica..-
-e questa sera? ti va di andare a fare un giro?-
-okay.- gli sorrisi mentre mi allontanavo di poco per posare le mie labbra sulle sue.
Lo stavo baciando. Io lo stavo baciando per la seconda volta!
Brava Kristen, così si fa!
Ovviamente Jon ricambiò il bacio e ne fui felice.
-emh..- sentimmo qualcuno schiarirsi la voce.
Jon si girò lasciando le mie labbra.
-che vuoi Justin?- gli chiesi fulminandolo con lo sguardo.
-siamo in un luogo pubblico.- mi rimproverò.
Che pezzo di merda!
-e allora?-
-allora dovreste darvi una calmata.-
-aspettiamo che torna Susan e poi ne riparliamo.- gli feci l’occhiolino e trascinai dentro la mensa Jon.
 
Le altre ore di scuola passarono velocemente e una volta all’uscita Ed raggiunse Izzy che aveva un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
L’ammiravo. Ammiravo il modo in cui riusciva a metterti di buon’umore anche solo ridendo. Ammiravo il modo in cui, inconsciamente, ogni singola parte di lei trapelava i sentimenti e le emozioni che portava dentro. Ammiravo tutto di lei ed ero felice che per una volta fosse riuscita a trovare una persona che l’amava davvero.
La salutai con un cenno della mano che lei ricambiò e mi diressi verso casa, o meglio, verso casa di Justin.
-Justin!- dissi vedendolo, stava salendo sulla sua moto.
Non si girò.
-Justin!- lo chiamai ancora, ma niente.
Gli corsi incontro sperando che non partisse.
-che ti prende?- gli chiesi una volta accanto a lui.
-a me? niente.-
-dai, smettila di fare lo stronzo.-
-a me sembra che qui la stronza sia tu, almeno in presenza del tuo fidanzato.-
-non è il mio fidanzato.-
-non m’importa. ti sei comportata da stronza ugualmente.-
-la smetti di comportarti così?-
-ti da fastidio che ti dica la verità in faccia?-
-no, ma..- mi interruppe.
-non hai bisogno d’essere qualcun altro per farti amare da Jon. se gli piaci davvero amerà ogni singola parte di te, anche il tuo lato peggiore.-
-sei arrabbiato?-
-secondo te?-
-mi dispiace.-
-anche a me.-
-mi dai un passaggio fino a casa? non mi va di andare a piedi.-
Rise.- scherzi?-
-ho la faccia di una che scherza?-
-te lo sogni.-
-per favore, non fare il bambino.-
-scordatelo.- mise il casco e mise a moto.
-dai, mi fai salire?-
-ciao Kristen.- disse per poi dare gas alla moto e partire.
In un paio di secondi fu qualche metro più avanti, poi si fermò di colpo.
Mi fece cenno di andargli vicino, ma, ovviamente, orgogliosa e testarda quale ero, non gli diedi nemmeno retta.
Tornò di nuovo indietro e mi tagliò la strada.
-ho un’idea.- disse.
-fai progressi, pensavo non avessi nemmeno un cervello.- dissi incrociando le braccia.
-ti riaccompagno a casa.-
-non ho intenzione di venire con te.-
-invece ora sali sulla mia moto e ti riaccompagno io.-
-e quale sarebbe la condizione?- chiesi. Era ovvio che ci fosse una condizione.
-resterai a casa mia.-

 
**
Ecco qui il capitolo 18!
So che sono in ritardo, molto in ritardo, ma avete presente la scuola? Bene, mi ha tenuta impegnata per la maggior parte del tempo.
E' impossibile per me trovare un minuto libero e quelle poche volte che l'ho avuto ero a corto di idee.
Comunque so che è davvero molto deludente, ma è più un capitolo che fa di ''passaggio'' per i prossimi che,
se ci riesco, saranno molto più interessanti (almeno credo). 

In ogni caso volevo ringraziare tutte le ragazze che lasciano una recensione, grazie, sul serio. 
Ovviamente ringrazio anche quelle che leggono ma che non hanno abbastanza tempo per recensire, sapete che la leggete mi basta :). 

Spero vi piaccia, o comunque che lo troviate interessante, e aspetto una vostra recensione, se potete :).

Ah, ultima cosa, ho appena iniziato una nuova fanfiction e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.
Se vi va di leggerla qui c'è il link, ripeto, l'ho appena iniziata, quindi i capitoli non sono molti, solo 1. 
(se ne trovate due è perché forse ora aggiorno anche quella).

Ecco a voi il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215

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Capitolo 19
*** ''what is love?'' ***


(SE NON CHIEDO TROPPO, QUANDO FINITE DI LEGGERE IL CAPITOLO, POTETE DARE UN'OCCHIATA ALLO SPAZIO AUTRICE? E' IMPORTANTE. GRAZIE SE LO FARETE (: )


Capitolo 19.
"what is love?''

Dieci giorni dopo.
 
-sbrigati Justin o farò tardi all’appuntamento.- sbottai da dietro la porta del bagno aspettando una sua risposta.
Era chiuso dentro il bagno da mezz’ora e l’idea che lo stesse facendo di proposito mi era passata per la mente svariate volte.
-se non esci ora da questo fottuto bagno giuro che faccio le valigie e me ne vado.- urlai nella speranza che facesse qualcosa per fermarmi.
Ebbene si, mi ero lasciata convincere a restare a casa sua. In realtà era stata una buona idea. In quel modo ero riuscita comunque a vedere i miei genitori, avevo cenato a casa due sere e stavano iniziando a rendersi conto che stessi davvero cambiando.
In quei dieci giorni fuori casa ero diventata più matura e forse lo scopo dei miei era proprio questo, farmi smettere d’essere una bambina e diventare una donna.
A quella mia affermazione Justin iniziò a canticchiare e fischiare, quasi non volesse sentire la mia voce, così, spazientita, me ne tornai in camera, presi uno zaino e ci buttai dentro le prime cose che mi capitarono sotto mano. Sapevo che l’avrei fatto uscire se avessi fatto finta di andar via.
Dopo aver richiuso lo zaino, uscii dalla ‘mia’ camera e mi diressi verso le scale.
-ciao Justin, a mai più.- dissi ad alta voce sperando che mi sentisse.
Qualche secondo dopo sentii il rumore della chiave nella serratura, poi la porta si spalancò e Justin mi seguii per le scale.
Ti ho fregato, Bieber!
-dove vai?- disse bloccandomi per il polso e facendomi voltare verso di lui.
Aveva l’asciugamano avvolto attorno alla vita, i capelli umidi e qualche gocciolina d’acqua di tanto in tanto gli accarezzava il petto.
Mi morsi il labbro a quella vista.
-vado via.- dissi cercando di liberarmi dalla sua presa, ma lui era più forte.
-ora il bagno è libero.- disse trascinandomi su per le scale e portandomi in camera.
-ora non ne ho più di bisogno.- dissi dopo aver buttato lo zaino a terra ed essermi buttata a peso morto sul letto.
Lui, invece, era appoggiato allo stipite della porta, mentre si passava una mano tra i capelli.
-a che ora passa a prenderti?- mi chiese guardando fisso dritto davanti a sé.
-alle otto.- dissi guardando il soffitto.
-sbrigati a fare la doccia, oggi scelgo io i vestiti.-
-non ci pensare nemmeno.-
Si avvicinò e, prendendomi in braccio, mi portò in bagno.
-invece si.- non feci in tempo a ribadire che aveva già la chiave in mano e mi aveva chiusa in bagno.
Giuro che me la pagherà!
Dopo aver battuto i pugni varie volte contro la porta, mi arresi e, dopo aver aperto il rubinetto della doccia ed essermi tolta i vestiti di dosso, mi misi sotto il getto d’acqua.
Chissà che vestiti avrebbe scelto..
Pensai agli impegni dei giorni successivi e mi ricordai che mancavano solo tre giorni all’arrivo di Susan. Di sicuro Justin sarebbe andato a prenderla in aeroporto e poi avrebbero fatto un giro insieme.
Ultimamente mi raccontava tutto, così come io raccontavo tutto a lui. Eravamo diventati quasi due migliori amici e per me capire ciò che pensava non era più così difficile. Anche se in realtà non lo era mai stato. Ci conoscevamo così bene che, se ci fossimo odiati, saremmo riusciti a percepire i nostri sentimenti anche solo stando vicini.
Dopo essermi risciacquata, uscii dalla doccia, mi avvolsi in un asciugamano e, prendendone un altro, tamponai i capelli gocciolanti.
-Justin, ho finito, mi fai uscire?- urlai.
Poco dopo udii dei passi e la porta si aprì. Quando fu davanti a me, notai che si era già vestito, anche se i capelli non erano ancora stati asciugati.
-certo che sei proprio un coglione.- dissi facendogli la linguaccia e sorpassandolo. Lui rise e mi affiancò.
-allora, che hai scelto?- gli chiesi prima di passare ad ispezionare i vestiti che si trovavano sul letto.
Aveva scelto un semplice vestito nero, un cinturino beige che andava legato sotto il seno, un giacchetto di pelle beige, stesso colore del cinturino, e dei tacchi neri.
-che ne dici?- mi chiese mentre davo un’occhiata ai vestiti.
-ben fatto Bieber.- dissi girandomi e battendogli il cinque.
Ridacchiò per poi sparire nel corridoio.
Dopo aver asciugato i capelli, indossai la biancheria intima e il vestito che però, mio malgrado, non riuscii a chiudere. La cerniera infatti era dietro e io non ci arrivavo.
-Justin, mi aiuti?- chiesi facendo irruzione nella sua stanza.
Aveva le cuffie alle orecchie e scorreva tra le immagini del suo ipod nero. Li avevamo uguali.
-umh?- chiese abbassando il volume della musica.
­-mi aiuti?- gli chiesi.- non riesco a chiudere la cerniera.-
Dopo aver posato l’ipod, si alzò e si mise dietro di me.
-tieni i capelli.- disse.
Feci come mi aveva detto e aspettai che dicesse qualcosa, ma niente, eravamo avvolti dal silenzio.
-allora, cosa farai quando ar­riverà Susan?- chiesi curiosa.
Justin per un attimo si bloccò, poi riprese. Sentivo il suo respiro sulla mia pelle e feci fatica a cercare di rimanere calma.
Solo quando chiuse del tutto la lampo si decise a parlare.
-non so, cosa mi consigli?- mi chiese.
Restai piuttosto spiazzata da quella domanda. Cosa avrei dovuto consigliarli?
-umh, potresti portarla a cena fuori.-
-non so. penso che dopo un viaggio così lungo preferisca riposare..- sospirò per poi ributtarsi sul letto.
Portò le mani sotto la nuca, segno che era pensieroso.
-che c’è che ti preoccupa?- chiesi poi posizionandomi davanti allo specchio della sua camera e indossando il cinturino che poco prima avevo portato con me e che ora tenevo in mano.
-niente.- disse.
-c’è qualcosa che non va con Susan?- chiesi girandomi a guardarlo.
I nostri sguardi s’intrecciarono, mi stava nascondendo qualcosa, ne ero più che sicura.
Scosse semplicemente la testa.
-e allora che succede?-
-sono già le sette e un quarto, sbrigati a prepararti.- disse poi tornando ad indossare le cuffie.
Feci spallucce, poi tornai in camera a finire di prepararmi.
Negli ultimi giorni era così misterioso e giuro che non lo capivo.
C’erano momenti in cui sembrava che la mia presenza gli desse fastidio e altri in cui sembrava andare tutto bene.
Quando finalmente fui pronta erano le otto meno dieci.
Jon sarebbe arrivato di li a poco e io mi sentivo un po’ in colpa per dover lasciare Justin solo.
Ultimamente le cene di lavoro di Pattie e Jeremy li tenevano occupati quasi tutte le sere e mi dispiaceva che dovesse passare il fine settimana in quel modo.
Quando Jon suonò al campanello di casa, passai prima dalla stanza di Justin per salutarlo, ma vidi che dormiva, così, un po’ più sollevata, mi diressi verso la porta di casa.
 
-sei un completo idiota.- dissi ridendo a Jon.
Lui, che stava dietro di me, mi attirò a sé e mi cinse la vita.
-non scherzavo quando dicevo che questa sera sei davvero bella.- disse baciandomi la guancia.
-Jon, ti ricordi che non siamo a casa mia e che c’è Justin, vero?- risi mentre mi liberavo dalla sua presa e aprivo la porta di casa.
-cosa credi che voglia fare?- disse fingendosi offeso.
-smettila e va a casa, è già tardi.- dissi baciandolo.
-ma io non voglio.- replicò.
-ci vediamo domani.- dissi passandogli una mano fra i capelli e spingendolo via di poco per poi chiudere la porta di casa.
Risi mentre lo sentivo imprecare fuori. La verità era che volevo solo stare a casa con Justin.
-sei già tornata?- chiese Justin mentre tornava dalla cucina con un bicchiere d’acqua in mano.
Sussultai per lo spavento. –sei un completo stronzo!- dissi per poi dirigermi verso il piano di sopra.
-allora, com’è andata?- chiese seguendomi su per le scale.
-bene, anche se sono stanchissima.- dissi sbadigliando.
-ci vediamo domani.- disse schioccandomi un bacio sulla guancia ed entrando in camera sua.
Nonostante fosse buio, sapevo che se Justin si fosse soffermato a guardarmi avrebbe notato il rossore delle mie guance che in quel momento andavano a fuoco.
Quando fui in camera mia per un  momento sentii le mie gambe cedere e mi lasciai cadere mentre la mia schiena aderiva perfettamente alla porta.
Mentre me ne stavo seduta sul pavimento freddo, mi tolsi le scarpe, lanciai il giacchetto sul letto e, dopo aver tolto anche il cinturino, decisi che mi sarei fatta prestare un paio di pantaloni da Justin.
Mi alzai da terra e, una volta davanti alla porta della sua camera, bussai.
-che c’è?- mi chiese mentre dalla sua voce potevo capire che fosse parecchio irritato.
-stai dormendo?- chiesi.
-pensi che se stessi dormendo ti avrei risposto?- chiese ridacchiando piano.
-ti ho sentito!- dissi con tono accusatorio mentre le mie labbra si incurvarono in un sorriso.
-che ti serve?- chiese facendo finta di niente.
-mi presti dei pantaloni di tuta?-
-ne hai milioni.-
-si, ma i tuoi sono più comodi.-
-non m’importa.-
-e anche più caldi.-
-compratene un paio uguali.-
-dai Justin, non farei il tirchio.- dissi mentre le mie mani erano appoggiate ai fianchi.
-entra e sbrigati.- disse sbuffando.
-grazie.- dissi entrando in camera e lasciandogli un bacio sulla guancia. Con mia grande sorpresa se ne stava sopra le coperte con lo sguardo fisso sul soffitto.
-che stai facendo?- gli chiesi mentre frugavo nel suo armadio alla ricerca dei pantaloni.
-sto pensando.-
Quando li trovai li indossai, nonostante avessi ancora il vestito addosso.
-ora io e te facciamo una bella chiacchierata.- dissi prendendo poi una sua maglia.
-ehi, che fai con quella maglietta?- mi chiese.
-posso prendere anche questa?- gli feci gli occhi dolci.
-no.-
-per favore.- dissi inginocchiandomi davanti al letto sperando che cedesse.
-sei una stronza.- disse.
Sorrisi fiera di me.
-ti dispiace girarti?- gli chiesi.
Fece come gli avevo detto e così, velocemente, mi sfilai il vestito di dosso e indossai la maglietta.
-puoi guardare.- dissi poi prendendo un elastico dalla scrivania e legando i capelli. –ecco dove l’avevo lasciato!- esclamai.
-allora, mi dici che ti prende?- gli chiesi sedendomi sul letto accanto a lui che però era sdraiato.
Non rispose.
-non eri stanca?- mi chiese.
-non abbastanza da non poter parlare con te.-
 
Quasi tre ore dopo ci ritrovammo a ballare in giro per la casa.
La musica era messa a tutto volume ed eravamo sicuri che tutto il vicinato avrebbe chiamato la polizia, ma poco c’importava.
Justin non si era deciso a parlare, ma, in compenso, ci stavamo divertendo tantissimo.
Quella di ballare e cantare a squarciagola era stata una sua idea e avrei potuto giurare di non essermi mai divertita così tanto.
Ad ogni canzone cambiavamo stanza e, da quando era partita ‘Release me’ di Agnes, ballavamo in salotto.
-secondo te stiamo bene?- chiesi a Justin mentre ero sul divano a far finta d’essere su un set fotografico.
Lui rise di gusto, poi caddi e a quel punto non riuscì più a smettere.
-giuro, sei fantastica.- disse mentre mi aiutava ad alzarmi.
Sorrisi mentre mi massaggiavo il sedere, poi, quando capimmo che la canzone stava finendo, Justin mi prese per mano e corremmo fino ad arrivare alla sua stanza.
-che canzone c’è ora?-
-non ricordo.- disse facendo spallucce.
Aspettammo qualche secondo che partisse la canzone, poi, quando finì del tutto, Justin si mise pronto sul letto, questa volta toccava a lui fare l’idiota.
Sembravamo due bambini, eppure ci stavamo divertendo così tanto.
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi le casse dello stereo tornarono a tremare.
Subito capì di che canzone si trattava. Era ‘What is love?’ di Haddaway. (SE VI VA DI SENTIRLA QUI C'E' IL LINK:  http://www.youtube.com/watch?v=xhrBDcQq2DM )
Justin, a quel punto, iniziò a cantare, solo che questa volta, al contrario delle altre, era serio.
-what is love? baby don’t hurt me, don’t hurt me, no more.-  (cos'è l'amore? piccola non ferirmi, non ferirmi ancora)
La sua espressione era sempre la stessa e le sue labbra erano serrate.
Restai impalata davanti a lui a guardarlo, mentre aspettavo che ridesse e che mi facesse capire che stava scherzando, ma niente.
-baby don’t hurt me, don’t hurt me, no more.- (piccola non ferirmi, non ferirmi ancora)
Silenzio.
I suoi occhi erano fissi nei miei, nessuno dei due distolse lo sguardo.
-I don’t know why you’re not here. I give you my love, but you don’t care. So what is right and what is wrong?  Give me a sign.- (non so perché non sei qui. ti ho dato il mio amore, ma non ti importa. allora cos'è giusto e cos'è sbagliato? fammi capire)

Che stava succedendo?
-what is love? baby don’t hurt me, don’t hurt me, no more.- (cos'è l'amore? piccola non ferirmi, non ferirmi ancora)
I suoi occhi trapelavano emozioni mentre trattenevo il respiro per chissà quale ragione.
-baby don’t hurt me, don’t hurt me, no more.- (piccola non ferirmi, non ferirmi ancora)
-i don’t know, what can I do? what else can I say? It’s up to you. I know we’re one, just me and you, I can’t go on.- (non so, cosa posso fare?  cos'altro posso dire? dipende da te. so che siamo una cosa sola, solo io e te, non posso andare avanti)
Scese dal letto e mi si avvicinò, cingendomi i fianchi.
-what is love? baby don’t hurt me, don’t hurt me, no more.- disse mentre mi avvicinava sempre di più a sé.
-Just..- la mia voce era spezzata, ma lui mi impedì di continuare. 
-i want no other, no other lover. this is our life, our time. when we’re together, I need you forever. Is it love?- (non voglio nessun'altro, nessun'altro amore. questa è la nostra vita, il nostro tempo. quando siamo insieme ho bisogno di te per sempre. è amore?)
Sentii una stretta allo stomaco e gli occhi iniziarono a pizzicarmi.
Che stava dicendo?
Una lacrima stava per rigarmi il volto, ma Justin fu più veloce e l’asciugò col pollice.
Poi annullò del tutto la distanza tra di noi posando le sue labbra sulle mie.
Sentii le farfalle scatenarsi nel mio stomaco e ricambiai il bacio.
Per una volta dopo mesi stavo davvero bene.
Mi strinse più vicino a lui, per quanto possibile, e mi fece indietreggiare finché la mia schiena non aderì perfettamente alla porta della sua camera.
Si fermò un attimo per guardarmi negli occhi e solo in quell’istante sentii la rabbia impadronirsi di me.
-perché l’hai fatto?- gli urlai contro mentre le note della nuova canzone che era appena partita non avevano più nessun effetto su di noi.
-non lo so.- disse non distogliendo lo sguardo.
-che significa che non  lo sai?- dissi mentre sentivo le lacrime bruciarmi sul volto. Questa volta, però, Justin non fece niente per asciugarmele.
-significa che non lo so. non so perché l’ho fatto.- disse mentre non si decideva a lasciare la presa dai miei fianchi.
-dovresti smetterla di comportarti così. dovresti smetterla di fare come se il mondo girasse solo e sempre intorno a te. dovresti smetterla di preoccuparti solo di te e iniziare a pensare agli altri.-
Non disse niente. Questa volta toccava a me parlare.
-è questo il motivo per cui ho continuato a ritenerti il mio errore per così tanto tempo. è questo il motivo per cui ho cercato di mantenere le distanze da te quando sei tornato da Londra. è questo il motivo per cui non sarei mai dovuta restare qui.- gridai mentre le lacrime calde bagnavano la maglietta che avevo indosso. –il motivo siamo noi.- dissi allontanandolo e facendo per andare via.
-cosa significa?- mi chiese mentre mi seguiva.
Mi bloccai di colpo nel corridoio ancora buio.
-significa che finiamo sempre per litigare. significa che ogni cosa che facciamo sarà sempre sbagliata. significa che siamo troppo orgogliosi per poter andare d’accordo.- sospirai.- significa che insieme siamo un casino.- dissi per poi entrare in camera e chiudere la porta a chiave.
Poco dopo sentii la porta della camera di Justin sbattere.
Le lacrime continuarono a rigarmi il viso mentre tenevo lo sguardo fisso sulla luce della luna che filtrava appena in camera.
Quale era il prossimo passo da fare ora?
**
Ecco il capitolo 18!

So che è deludente, ma è l'unica cosa che sono riuscita a scrivere.
Non so, volevo fare una cosa del genere già da molto e volevo introdurre un bacio
e questa è stata l'unica idea che mi è venuta.

Volevo comunque ringraziare tutte le ragazze che leggono e che recensiscono,
quelle che leggono ma che non hanno il tempo per recensire (mi basta sapere che c'è qualcuno che legge),
quelle che hanno la fanfiction tra le seguite e\o le preferite.
Grazie, davvero :).

Spero vi piaccia e spero in una vostra recensione.

Ultima cosa: da poco ho iniziato a scrivere una nuova fanfiction e mi farebbe davvero, davvero piacere se la leggeste.
Qui c'è il link del prologo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215&i=1
Sono ancora tre capitoli, quindi, se vi va di passare a leggerla.
Ci tengo davvero molto.
Grazie se lo farete :).

 

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Capitolo 20
*** ''because..'' ***


(SE NON CHIEDO TROPPO, QUANDO FINITE DI LEGGERE IL CAPITOLO, POTETE DARE UN'OCCHIATA ALLO SPAZIO AUTRICE? E' IMPORTANTE. GRAZIE SE LO FARETE (: )

Capitolo 20.
''because..''

Quella notte non chiusi occhio, ero rimasta appoggiata contro la porta per un periodo di tempo che sembrava eterno e quando mi ero decisa a sdraiarmi sul letto il sole entrava già dalla finestra.
Ero finalmente riuscita ad addormentarmi quando bussarono alla porta.
-Kristen, vieni con noi?- mi chiese Pattie aprendo poi la porta quanto le bastava per guardarmi.
Mi sedetti sul letto e scossi la testa –no, non mi va, ma voi andate pure tranquilli.- sforzai un sorriso.
-perché? so che non siamo il massimo del divertimento, ma è Sabato, noi, compreso Justin, stiamo via per due giorni e i tuoi genitori non staranno in casa, non mi va di lasciarti qui da sola.-
-non ti preoccupare, non è per voi, è solo che sono stanca.- cercai di rassicurarla.- magari andrò da Izzy e comunque c’è Jon qui.-
-stanotte non hai chiuso occhio, vero?- mi chiese prendendo posto accanto a me sul letto.
Annuii –ho passato la notte in bianco.- dissi scrollando le spalle.
-allora, facciamo una cosa: o vieni con noi, o Justin resterà a casa a farti compagnia. non mi va di passare due giorni fuori e di saperti qui da sola.-
-Pattie io..- non feci in tempo a parlare che mi interruppe.
-allora, prepari il borsone o dico a Justin di disfare il suo?-
Sospirai. –faccio il mio.-
Lei mi sorrise e uscì dalla camera –ti aspettiamo sotto, facciamo colazione e poi si parte.-
Feci come mi aveva detto e, buttando a caso alcuni vestiti in un borsone, li raggiunsi in cucina.
Tra me e Justin c’era una strana tensione. Non eravamo riusciti a guardarci negli occhi e i nostri sguardi non si erano nemmeno cercati.
Sapevamo entrambi di aver sbagliato: lui per avermi baciata e io per aver ricambiato.
Quando finimmo di fare colazione, ormai pronti, uscimmo di casa, trascinandoci dietro i bagagli contenenti la nostra roba e prendemmo posto in macchina.
Justin era, ovviamente, accanto a me. Il suo sguardo era posato su di me, anche se cercavo di non farci caso.
-siete pronti?- ci chiese Jeremy.
Tutti annuimmo col capo.
-dimenticate qualcosa?- ci chiese per essere sicuro di non dover tornare indietro a metà strada o, una volta arrivati, di non dover sentire le lamentele di qualcuno.
–no- dicemmo tutti all’unisono.
-allora si parte.- sorrise.
-aspettate, ma dove andiamo?- chiese Justin.
-è una sorpresa.- disse Jeremy lanciando poi un’occhiata felice a Pattie.
Subito dopo mise a moto la macchina e in pochi istanti eravamo già partiti.
Presi l’ipod dalla borsa e, mentre scorrevo la playlist, mi accorsi che non era il mio.
-per caso hai tu il mio ipod?- chiesi un po’ insicura a Justin.
Lui annuì. –si, ieri sera l’ho preso per sbaglio. avevo dimenticato di dartelo.- disse poi uscendo il mio ipod dalla tasca e porgendomelo. Gli diedi il suo e, dopo aver infilato le cuffie, feci partire la riproduzione casuale e inizia a guardare fuori dal finestrino, immergendomi completamente nei miei pensieri.
Per tutta la notte non avevo fatto altro che pensare a quel bacio, e, anche in quel momento, la mia mente non riusciva a pensare ad altro.
I miei pensieri erano completamenti rivolti alla sera precedente e a quanto successo.
Quando le nostre labbra si erano unite una parte di me diceva che era la cosa migliore, diceva che era l’unico modo per essere felice, diceva che era tutto ciò di cui avevo bisogno, mentre l’altra mi ripeteva che era sbagliato, che non avrei dovuto farlo, che avrei ferito Susan.
Ammetterlo era piuttosto difficile, ma sapevo che quella di ricambiare il suo bacio era stata una pessima idea, perché sapevo quanto male avrebbe fatto a Jon e, soprattutto, a Susan.
Sentii una stretta allo stomaco quando mi resi davvero conto di ciò che avevo fatto e non potei fare a meno di sentirmi in colpa.
 
Justin’s pov.
 
Lo sguardo di Kristen era fisso fuori dal finestrino. Da quando le avevo restituito il suo ipod e aveva indossato le cuffie sembrava assente, quasi i suoi pensieri la stessero mangiando piano piano e lei non se ne accorgesse nemmeno.
Quella mattina lei era strana e io sapevo anche il motivo.
Ero certo che stesse pensando al bacio della sera prima. Pensava a lei, a me, a noi. Pensava a quanto male avrebbe fatto quel bacio alle persone che ci stavano vicine e quanto poco ne aveva fatto a noi, a me e lei messi insieme.
Quando capii che fissarla non sarebbe servito a farla tornare alla realtà, indossai anche io le cuffie e lasciai che le note della canzone che era appena partita calmassero tutto ciò che avevo dentro.
 
Quando riaprii gli occhi un enorme cartello con su scritto ‘Los Angeles’ si presentava ad ogni chilometro facendo, insieme a tutte le persone che si trovavano in autostrada, il conto alla rovescia per i chilometri che mancavano alla fine di quella tortura.
-cosa ci facciamo qui?-
-shh.- mi riproverò mia madre. –Kristen dorme.-
Mi girai a guardarla. Aveva gli occhi chiusi, l’ipod in mano e la guancia sinistra premuta contro il finestrino.
Lentamente mi spostai sul sedile centrale e feci in modo che appoggiasse il suo viso alla mia spalla.
Restammo in quella posizione finché, un quarto d’ora dopo circa, non arrivammo.
Quando la macchina si fermò, Kristen dormiva ancora, così fui costretto a scuoterla un po’.
-siamo arrivati.- le sussurrai.
Pian piano aprì gli occhi e, quando capì d’essere appoggiata a me, velocemente si ricompose.
Si guardò un attimo intorno e, a differenza mia, capì subito dov’eravamo.
-cosa ci facciamo qui?- chiese scendendo dall’auto.
Mia madre le sorrise dolcemente –è stata un’idea dei tuoi genitori.-
Kristen abbozzò un sorriso, poi annuì col capo e, dopo essere scesa, prese il suo borsone.
Io feci lo stesso e la seguì.
-mamma, dove siamo?- chiesi.
Poco dopo la porta di casa si spalancò e uscirono il padre e la madre di Kristen.
Allora questa era casa che avevano a Los Angeles!
-mamma, papà.- gridò Kristen non appena li vide.
I suoi genitori le corsero incontro e l’abbracciarono, di sicuro era un modo per farla tornare a casa, o, meglio, per farle capire che sarebbe potuta tornare.
Dopo che si staccarono e salutarono anche noi, ci accolsero in casa e ci mostrano le nostre stanze.
La mia era l’ultima del corridoio. Era attaccata a quella di Kristen ed era di fronte a quella di Nathan.
Quando salimmo per sistemare la nostra roba in camera, mi scontrai con Kristen che, però, fece finta di niente.
Avrei voluto parlarle, ma c’era davvero qualcosa da dire?
 
La sera dopo.
 
Erano tutti andati a fare un giro nel centro di Los Angeles mentre io e Kristen eravamo rimasti a casa.
O meglio, Kristen era voluta rimanere a casa e io ero stato costretto a farle compagnia.
Ma questo mi avvantaggiava un po’.
Erano due giorni che mi evitava. Tra noi non c’era stato niente. Nessuno sguardo, nessuna parola.
Quando entrai in salotto, se ne stava sdraiata sul divano, con un pacchetto di patatine in mano a guardare la tv.
-ehi.-
Il suo sguardo si spostò su di me per una manciata di secondi, poi tornò sul televisore.
-non mi saluti nemmeno?-
Niente, nessuna risposta.
-Kristen, mi rispondi?- le chiesi.
I suoi occhi erano puntati sul televisore, di tanto in tanto prendeva qualche patatina dal pacchetto e la mangiava. Il suo petto si alzava e si abbassava regolarmente, nessuna ciocca di capelli le copriva il viso. Era li e si comportava come se non esistessi.
Quando nemmeno la terza volta mi rispose, presi il telecomando che si trovava sul tavolinetto di vetro che stava tra il divano e la televisione e la spensi, sicuro che questo l’avrebbe fatta parlare.
Lei, invece, non si scompose. Iniziò a fissare il nulla e continuò a mangiucchiare le sue patatine.
-la smetti di fare la bambina e mi dici cosa ti prende?-
A quelle parole si alzò in piedi, lasciando che il pacchetto che stava posato sulla sua pancia cadesse, e mi si avvicinò.
-mi prende che per colpa nostra ora le persone a cui teniamo di più soffriranno.-
-che vuol dire che soffriranno?-
-vuol dire che..- si interruppe per un attimo mentre sembrò realizzare quanto le stessi dicendo.- tu non hai intenzione di dire a Susan del bacio?-
Scossi leggermente la testa –perché dovrei?- le chiesi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Kristen diventò rossa in viso e sembrava poter sputare fuoco per tutta la rabbia che le ribolliva nelle vene -hai anche il coraggio di chiedermi perché dovresti? perché mi hai baciata cazzo.- mi urlò contro.
-non è un obbligo dirglielo.-
-non è un obbligo?-
-no, non lo è mai stato.-
-sai cosa sei?-
-cosa sono?-
-sei uno stronzo.- sputò fuori. –e mi fai schifo. perché che razza di persona sei se non dici alla tua fidanzata che hai baciato un’altra? anzi, che razza di persona sei se baci un’altra ragazza quando sei fidanzato?-
-perché ne stai facendo un dramma?-
-perché io sarei potuta essere al posto di Susan, perché lei ci soffrirà se glielo dirai e ci starà ancora più male se non lo farai.- disse mentre iniziava a piangere. –chissà quante volte hai baciato altre ragazze mentre stavi con me.- lo sdegno traspariva sempre più dalle sue parole.
-non puoi dire una cosa del genere.-
-ah no? e io come faccio a sapere che eri sincero? come faccio a sapere che non hai mentito anche a me?-
Non dissi niente.
Kristen non pensava quello che stava dicendo, perché lei sapeva che l’amavo davvero.
-perché mi hai baciata, Justin? perché l’hai fatto?- mi chiese.
Le lacrime le bagnavano le gote e io, in cuor mio, speravo d’essermi immaginato quella domanda.
Restò ferma a guardarmi in attesa della mia risposta.
Già, perché l’avevo baciata?
-non importa ora.-
-e allora quando importerà? quando Susan sarà di nuovo con te, al tuo fianco? quando ti sarai dimenticato di quanto è successo ieri sera?-
-non importa perché è stato uno sbaglio.-
-sai che c’è, Justin? c’è che credevo che fossi ancora il Justin che amavo, credevo che non fossi cambiato, credevo che nonostante tutto fossi ancora lo stesso Justin, ma no, non è così e questi mesi passati lontano dal mondo con te come unico pensiero sono stati tutti una fregatura. avrei dovuto fare altri progetti e tagliarti fuori, avrei dovuto chiamare Jon prima e dirgli che mi mancava, almeno lui sarebbe tornato. avrei dovuto voltare pagina molto tempo prima.-
-e ora? hai voltato pagina?-
-l’ho appena fatto.-
-non puoi tagliarmi via ora, non dopo che siamo diventati amici, non dopo che sono tornato, tornato per restare.-
-non puoi chiedermi di tenerti nella mia vita, non ora, perché io ci ho provato ad essere tua amica, sono perfino arrivata a desiderarlo, ma non è così che si fa. ed ora che sei qui, di fronte a me, ora che mi sono davvero resa conto di che razza di persona sei, non ti permetterò di continuare a starmi  né accanto, né dentro, perché ti porto nel cuore da troppo, ed è ora di smetterla.-
-vuoi sapere perché ti ho baciata? vuoi davvero saperlo?- dissi alzando il tono di voce.
-si che voglio saperlo.- urlò.
Il cuore iniziò a martellarmi nel petto, sapevo che era ora di dirlo, sapevo che non mi sarei più potuto tirare indietro.
-ti ho baciata perché ti amo ancora.-
Quando l’eco di quelle parole rimbombò nella stanza, sembrarono sconcertare entrambi.
Ed ora che lei se ne stava in silenzio, mi sentii in dovere di non dire niente.
-cosa hai detto?- ripeté con un filo di voce.
-ti ho detto che ti amo ancora e, se proprio ci tieni a saperlo, non ho mai smesso di amarti.-
-non ti credo.- disse ritrovando il coraggio che, qualche istante prima, sembrava averla abbandonata.
-dovresti invece, perché non ho mai amato nessuna come amo te.-
-allora perché sei andato via con Susan? perché mi hai lasciata qui da sola?- si sedé sul divano, quasi non avesse più le forze per reggersi in piedi.
-se non credi che ti amo allora è inutile dare spiegazioni sul perché sono andato via.-
-dovremmo smetterla di farci del male.- disse mentre continuava a piangere.
-si, dovremmo smetterla.- dissi per poi salirmene al piano di sopra, chiudermi in stanza, sdraiarmi sul letto, indossare le cuffie e sperare che una bella canzone potesse impedire alle lacrime di uscire.
 
**
Qui c'è il capitolo 20!
(NO, NON E' UNO SCHERZO, HO DAVVERO AGGIORNATO! AHAH (: )

Allora, inizio col dire che so che sono passate due settimane da quando ho aggiornato l'ultima volta,
ma la scuola mi tiene impegnatissima e raramente riesco a trovare il tempo per scrivere e, quando lo trovo, 
sono quasi sempre senza ispirazione.

Ad ogni modo, penso che sia arrivato il momento che aspettavate (dopo il bacio). 
Bene, ora sapete perché Justin si comportava così.
So che come capitolo fa schifo, ma non sono riuscita a fare molto.

Un'altra cosa: volevo ringraziare tutte quelle che leggono e recensiscono, quelle che leggono la fan fiction ma che non hanno il tempo per recensire e quelle che hanno la storia nelle preferite e\o seguite.

Ultima cosa: da poco ho iniziato a scrivere un'altra fan fiction, se vi va, passate a dare un'occhiata.
Mi farebbe molto piacere se mi diceste cosa ne pensate, quindi, se vi interessa, qui c'è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215&i=1
E, ovviamente, ringrazio tutte le ragazze che seguono questa fan ficiton e che hanno deciso di leggere anche quella.
Grazie :). 

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Capitolo 21
*** ''feelings..'' ***


(se vi va, mentre leggete ascoltate questa: http://www.youtube.com/watch?v=TA-uT1jE4O4 . se finisce prima che finiate di leggere il capitolo fatela partire di nuovo )

Due mesi dopo.

 
Indossai un giubbino di pelle nera, presi le chiavi della moto e uscii di casa.
Andai in garage e, dopo aver messo a moto, salii sulla mia Ducati nera; dopo aver indossato il casco percorsi il vialetto e svoltai a destra.
Mentre passavo vidi Kristen che stava per entrare in casa.
Mi girai velocemente per lanciarle uno sguardo che lei ricambiò, poi tornai a guardare la strada e accelerai fino ad essere abbastanza lontano da far smettere al mio cuore di martellarmi nel petto.
 
Kristen’s pov.
 
Stavo per rientrare in casa quando sentii un rombo invadere lo spazio circostante.
Mi girai velocemente e vidi Justin sulla sua moto andar via. Si girò per un istante e mi lanciò uno sguardo che ricambiai, poi scomparì dalla mia vista.
Erano passati due mesi da quando aveva detto di amarmi. Da quel giorno non ci eravamo più parlati e, a parer mio, quello sguardo era troppo pesante per essere retto solo da me e lui.
Qualche secondo dopo infilai la chiave nella toppa di casa ed entrai, mentre una strana sensazione mi invadeva lo stomaco. Forse erano gli occhi color nocciola di Justin ad avermi fatto quell’effetto, o forse era semplicemente lui.
Senza cercare di dare troppo peso a quello sguardo furtivo, mi diressi in camera mia e mandai un messaggio a Jon dove lo avvertivo che ero appena arrivata a casa.
 
Justin’s pov.

Quando finalmente arrivai, parcheggiai la moto non molto distante dal negozio che cercavo e, una volta davanti alla porta d’ingresso, entrai.
Ad accogliermi c’era una ragazza che appena mi vide mi salutò cordialmente.
Mi guardai intorno e vidi chitarre di ogni dimensione.
Girai per il negozio e quando trovai ciò che cercavo chiamai Jane, questo era il nome scritto sulla targhetta attaccata alla maglietta rossa che la ragazza indossava, e le mostrai ciò che avevo scelto.
Mentre Jane appuntava su un foglio la via a cui avrebbero dovuto consegnare l’ordinazione, scorsi una batteria.
Mi avvicinai e notai che era simile a quella che avevo da bambino. Un sorriso mi si dipinse sul volto, sarebbe stato bello tornare a suonarla.
 
Kristens’ pov.
 
Quando staccai la chiamata con Jon che, per assicurarsi che andasse tutto bene, mi aveva chiamato dopo aver letto il mio messaggio, presi l’ipod, un libro e mi diressi in balcone.
Mi sedetti sulla solita poltroncina, avvicinai le gambe al petto, accesi l’ipod ed indossai le cuffie.
Quando la riproduzione casuale partì, aprii il libro alla pagina segnata dal segnalibro e mi concentrai solo su quello.
 
Justin’s pov.
 
Dopo aver salutato, uscii dal negozio e, dopo essere salito sulla moto, feci un giro in città.
Avevo bisogno di schiarirmi le idee, avevo bisogno di prendere una boccata d’aria, avevo bisogno di smetterla di pensare a Kristen.
Da quando le avevo detto di amarla non ci eravamo più parlati e in quel momento mi mancava più che mai.
Speravo che se le avessi detto di amarla sarebbe rimasta con me, speravo che in un modo o nell’altro mi avrebbe capito, ma non era stato così.
Mi ero giocato tutto una seconda volta, solo che non era andata bene come la prima e l’unica cosa che potevo fare era vederla felice insieme a Jon.
Dopo il nostro ritorno da Los Angeles, a scuola era iniziata a girare la voce che stessero insieme e a confermare il tutto c’erano le loro costanti uscite.
Vederli insieme era difficile, ma se lui era ciò che voleva l’unica cosa che mi restava da fare era guardarli essere felici.
Anche se faceva male non potevo negare che lui fosse migliore di me, o, addirittura, che fosse quello giusto. Lei non entrava più dalla scala in balcone, non faceva più tardi la sera, non era costretta a cercare costantemente delle scuse per giustificare le assenze di scuola o le insufficienze per non aver studiato a causa mia. Lui era quello giusto ed io ero solo stato un periodo di passaggio della sua vita, che lo volessi o no.
 
Kristen’s pov.
 
Girai pagina quando d’un tratto una voce fin troppo familiare mi invase le orecchie.
Mi bloccai di colpo quando capii ciò che stavo ascoltando, ma non trovai la forza per mettere pausa.
Era un’altra registrazione.
 
“Ehi Kristen-panda,
come stai? Chissà quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo parlati. Magari è stato soli cinque minuti fa, o magari è passata un’eternità.
Ho preso per sbaglio il tuo ipod e, dopo aver sentito casualmente la registrazione che ti avevo fatto prima di partire, mi son detto “perché non farne un’altra?”.
Sono di nuovo qui, a parlarti, anche se non so precisamente quale sia questa volta lo scopo.
Sai, tu ora sei con Jon. Sei con lui e ti starai divertendo tantissimo e io sono qui, a casa, a pensare che al posto suo potrei esserci io, a pensare che al posto suo vorrei esserci io.
So di non avere il diritto di dire queste cose, ma mi manchi così dannatamente tanto, Kristen-panda.
Mi mancano i tuoi abbracci, le tue carezze, le tue parole dolci. Mi manchi tu.
Vorrei che in questo momento fossi qui, con me, a ridere e a scherzare, o anche semplicemente ad urlarmi contro che sono uno stronzo. Vorrei che in questo momento fossi qui, accanto a me, e mi abbracciassi e mi chiedessi di amarti per tutta la vita, o anche semplicemente a farmi cadere dal letto perché abbiamo litigato e quindi me lo merito.
Dovresti vedermi in questo momento, dovresti vedere come i miei occhi si stanno velando di lacrime, dovresti vedere come sto lottando per non farle uscire, ma, in fondo, so che la tua battaglia è stata molto più dura e molto più violenta.
So che la battaglia che hai combattuto contro quello che provavi per me è stata devastante e che non può essere paragonata a quella di nessun’altra persona e per questo voglio chiederti scusa.
Mi dispiace per averti fatto soffrire così tanto, credevo di fare il meglio ed invece ho solo peggiorato le cose.
Credevo che lasciarti andare sarebbe stato facile, credevo che fosse la cosa migliore per entrambi, perché, in fondo, credevo che avresti potuto sostituirmi in fretta. Avevo paura Kristen, paura di andar via e di lasciarti andare, paura di tornare e vederti star bene insieme a qualcuno, qualcuno che però non ero io. Così mi sono fatto indietro, mi sono messo da parte e ho creduto che stare insieme a Susan potesse aiutarmi a dimenticarmi di te, ma no, non è stato così.
Ed ora voglio che tu sappia che ti amo così tanto, che questi mesi lontani da te sono stati insopportabili, che non riesco ad amare nessun’altra, perché io amo te.
Amo te, Kristen, ti amo davvero tanto.
Non so se troverò il coraggio di dirlo un’altra volta, perché non so se vorrai sentirtelo dire, ma ci tenevo a farlo almeno ora, ora che per me non c’è niente di più vero di quello che provo per te.
Voglio che tu sia felice, e che torni a suonare. Voglio che tu non veda la nostra relazione passata come un errore e che impari dal passato a capire quali sono le scelte migliori per il futuro. Voglio che non ti dimentichi di noi, anche se stare insieme delle volte ci ha ferito.
Credo che tu sia tornata, perché sento la tua risata mischiata a quella di Jon e, al solo pensiero che tu possa amarlo quanto e come hai amato me, mi si stringe lo stomaco.
Spengo, prima che questa sorpresa si rovini.
Ciao Kristen-panda, ti amo.”

 
Quando l’ultimo sospiro di Justin segnò la fine della registrazione, mi ritrovai con le gote bagnate. Stavo piangendo per lui, ancora.
Lasciai che il libro cadesse a terra ed un tonfo riuscì a sovrastare il rumore della canzone che era appena iniziata.
Ricordavo perfettamente la sera descritta da Justin nella registrazione e ricordavo perfettamente anche quanta voglia avessi io di stare con lui. Ricordavo anche cosa era successo, ricordavo del nostro bacio e mi si formò un nodo nello stomaco.
Quel bacio non era stato dato a caso, quel bacio non era finto, quel bacio c’era, era vivo, forse più di me e Justin, quel bacio era li, ed era l’unica cosa che entrambi desideravamo.
E, anche se sembrava così dannatamente sbagliato, a distanza di due mesi avrei voluto rivivere ogni singolo momento di quella serata; avrei voluto tornare a ballare e a cantare con lui; avrei voluto guardarlo negli occhi; avrei voluto sentirmi cantare la stessa canzone da lui; avrei voluto sentire le farfalle nello stomaco quando i nostri sguardi si erano incrociati; avrei voluto avere ancora la certezza che lui mi amasse.
Mentre il mio sguardo era fisso nel vuoto, il cuore mi martellava nel petto e un nodo mi si formava nello stomaco, sentii una porta al piano di sotto sbattere.
Restai per un momento paralizzata, ancora spiazzata da quelle parole che, una per volta, mi avevano trapassato anche l’anima, poi, con le guance ancora bagnate e gli occhi gonfi di lacrime, un pensiero mi passò per la mente e, senza rifletterci su, corsi al piano di sotto.
-mamma.- le andai in contro mentre sistemava la spesa nella dispensa.
Si voltò a guardarmi e, appena mi vide, corrugò la fronte –perché stai piangendo?- mi chiese.
-non importa ora, voglio solo chiederti una cosa.-
-che cosa?-
-non è una cosa da niente.-
-di cosa si tratta?-
-prima promettimi che starai a sentirmi.-
Lei annuì. –prometto.-
-i genitori di Justin non hanno dei soldi per pagare dei debiti e per questo motivo sono costretti a vendere la loro casa al mare..-
-quindi?-
-mamma, potete dargli quei soldi?-
-ma di che cifra si tratta?- chiese lei perplessa.
-non lo so, ma non credo sia molto.-
-Kristen io..-
-per favore mamma, so che non è semplice, ma è davvero importante.-
-qualcosa si potrebbe pur fare, ma sei sicura che i genitori di Justin accetteranno?-
Feci spallucce. –proviamoci, se insisterai magari lo faranno.-
-okay.- disse.
Un enorme sorriso mi si stampò in volto. Corsi ad abbracciarla felice.
-ma, se posso sapere, perché ci tieni così tanto?-
-perché quella casa l’ho vista e ti assicuro che è davvero bella. è un vero peccata venderla per un debito che potrebbe essere facilmente pagato.- dissi semplicemente.
Lei sorrise e annuì –se lo dici tu, ti credo.- mi accarezzò i capelli.
Ero ancora un po’ scossa da quella registrazione e non sapevo realmente come mi fosse venuta in mente quell’idea, ma sapevo di aver fatto la cosa giusta. 

 
**
Saaalve! 
Parto col dire che MI DISPIACE DAVVERO TANTISSIMO PER AVER AGGIORNATO SOLO ORA, SO CHE E' PASSATO QUASI UN MESE, MA NON HO DAVVERO AVUTO TEMPO. SCUSATEMI. NON HO UN MINUTO LIBERO E, DI CONSEGUENZA, NON SONO RIUSCITA A TROVARE UN PO' DI TEMPO PER CONTINUARE LA STORIA E AGGIORNARE.

Poi, so che questo capitolo fa schifo, ma è l'unica cosa che sono riuscita a fare. Ho alternato i pov perché questa volta mi andava di mettere in un solo capitolo i sentimenti che entrambi provano, sia nel momento in cui si vedono, sia dopo.

Altra cosa sempre riguardante questo capitolo: ho riproposto per la seconda volta una registrazione fatta da Justin. Era da tempo che volevo metterne una e mi ero già organizzata le idee. Ad essere sincera, non so se vi è piaciuta ora, così come non so se vi è piaciuta la prima volta, se magari vi va di farmi sapere cosa ne pensate di questa idea :). 

Ultima cosa: volevo ringraziare tutte le persone che leggono e recensiscono la storia, quelle che l'hanno tra le preferite\seguite, quelle che aspettano con ansia i capitoli e quelle che tornano a leggerla dopo tempo. Grazie a tutte. 
Ah, ci tengo davvero tanto a ringraziare le nove persone che hanno recensito il capitolo precedente, grazie di cuore :).

Scusatemi ancora.

(se vi va, passate a leggere anche questa fanfiction http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215 mi farebbe davvero piacere ).

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Capitolo 22
*** ''his name'' ***


Capitolo 22. 
''his name.''

..-smettila Justin, smettila di ferirmi. non ho bisogno di te, non più.- urlai più forte che potei.
La mia voce ebbe a malapena il tempo di riecheggiare in quella stanza fredda e illuminata solo dal chiarore della luna.
-e tu smettila di dire cazzate. lo so che non lo pensi davvero. lo so che hai bisogno di me e non di Jon.- disse. Il suo tono non era calmo, tutt’altro.
Faticavo a vedere il suo viso, ma ero sicura che lui potesse intravedere le lacrime che stavano per rigarmi le guance.
Nella stanza piombò il silenzio, poi pian piano Justin si avvicinò a me. I suoi passi erano piccoli e non molto decisi, quasi avesse paura di rovinare tutto.
-io lo so Kristen, lo so che mi ami.- disse quando il suo viso era ormai a qualche centimetro di distanza dal mio.
Scossi ripetutamente il capo, quasi sperando di far diminuire il significato di quell’ultima frase che, dopo essermi arrivata al cuore, sembrava pesare quintali.
-e sai cosa so anche?- disse mentre le sue labbra si incurvavano appena in un sorriso.
-non dirlo, per favore, non dirlo.- quasi lo supplicai. Sapevo cosa stava per dire. Sapevo quanto male mi avrebbero fatto quelle parole. Sapevo quanto dura sarebbe stata. E io non volevo. Non volevo correre il rischio di crederci ancora. Non volevo correre il rischio di innamorarmi di quell’incantevole sorriso, anche se triste, che gli si stava dipingendo sul volto. Non volevo continuare ad amarlo come avevo sempre fatto.
-so che ti amo.- disse mentre mi spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio e bloccava il tragitto delle lacrime con il pollice.
-non è vero.- dissi cercando di convincermi a non crollare, di ricordarmi di tenere duro, ma fu inutile.
Poco dopo annullò del tutto la distanza e, quando le nostre bocche si unirono e le nostre lingue si incontrarono, sentii una scia di brividi invadermi il corpo. 

 
Mi svegliai di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore.
Erano quattro giorni che facevo lo stesso sogno. Forse era stata quella registrazione, o forse avevo solo bisogno di Justin.
Guardai il display del cellulare e vidi che erano ancora le sei, così mi venne un’idea.
Mi alzai, mi preparai e, dopo aver preso lo skate che mi aveva regalato Justin, uscii di casa.
Mi diressi al parco, decisa a prendere una boccata d’aria che, di sicuro, mi avrebbe aiutato a schiarire le idee.
Quando arrivai era praticamente deserto, tranne per qualche persona che, di tanto in tanto, passava correndo, intenta a fare jogging alle sei del mattino, con le cuffie alle orecchie e lo sguardo rivolto al loro orologio da polso per scegliere se continuare quella tortura o porre fine ed andare a bere una calda e fumante tazza di caffè da Starbucks.
Feci qualche giro con lo skate, mentre cercavo di calmarmi un po’ e rimettermi a posto le idee, poi mi sedetti su di una panchina e lasciai che quella quiete si prendesse cura di me.
Quasi un’ora dopo stavo svoltando a sinistra per imboccare il vialetto di casa mia. Avevo lo skate sottobraccio e nascondevo le mani dentro le maniche della maglia che indossavo per ripararmi dal lieve freddo mattutino.
Mentre mi dirigevo verso casa sentii qualcuno fissarmi, così alzai istintivamente lo sguardo e vidi che era Justin.
Era seduto su uno dei gradini che portavano al portone principale di casa sua. Aveva il cappuccio tirato su. Una mano era infilata nella tasca della felpa e l’altra reggeva una sigaretta accesa.
Subito dopo averlo visto, riportai il mio sguardo a terra e continuai a camminare indifferente verso casa. O almeno questo era quello che davo a vedere.
Dentro un esercito di farfalle si scatenava nello stomaco, le mani tremavano, e non più per il freddo, e gli occhi erano leggermente lucidi.
Alcune scene del sogno fatto la notte precedente mi si presentarono davanti e, una volta dentro casa, non riuscii più a trattenere le lacrime.
Corsi in camera, presi il cellulare e chiamai Izzy.
-pronto?- rispose una voce assonnata dall’altra parte del telefono.
-Izzy..- risposi soffocando un singhiozzo.
-Kristen, che succede?- disse con tono normale, quasi non avesse più sonno.
-io..-aspettai che altre lacrime mi rigassero ancora il viso.- io l’ho visto..-
-Justin?- chiese.
Annuii col capo, anche se sapevo che non poteva vedermi –si. era fuori, davanti casa sua.- dissi mentre continuavo a piangere, questa volta non più silenziosamente.
-tesoro, calma.- disse in tono apprensivo. Ci fu qualche secondo di silenzio, poi la sentii respirare rumorosamente. –ti manca proprio tanto, vero?- chiese mentre supponevo si stesse mettendo a sedere.
-non lo so, so solo che vederlo mi fa male, parlarne mi fa male, pensare a lui mi fa male, tremendamente male.-
-è per via della registrazione?- chiese.
-anche.-
-tu lo ami ancora, Kristen. non c’è bisogno di un esperto per capirlo.- disse. –tu ami lui e lui ama te. vi amate e non c’è altro da fare.-
 
Justin’s pov.
 
Erano le otto e mezza, stavo per uscire di casa con lo zaino in spalla quando sentii il cellulare nella tasca anteriore dei jeans vibrare.
Lo presi velocemente e, senza prestare attenzione a chi mi stesse chiamando, risposi.
-pronto?- dissi aspettando una risposta dall’altra parte del telefono. Una risposta che però non arrivò.
-pronto?- ripetei una seconda volta chiudendomi la porta di casa alle spalle e dirigendomi a scuola.
-c’è nessuno?- dissi irritato.
Sentii qualcuno sospirare –Justin..-
Appena sentii quella voce mi bloccai di colpo, non capendo.
-si?- dissi incerto.
-sono io, Isabella.- disse la ragazza con un tono di voce basso, quasi temesse la mia risposta.
L’avevo riconosciuta, sapevo che era lei.
-Isabella..- ripetei.- dimmi.- dissi mentre riprendevo a camminare, anche se i miei passi erano diventati molto più piccoli e lenti.
-disturbo?- chiese.
-umh.. no.-
L’imbarazzo che provavo si sarebbe potuto percepire anche solo passandomi accanto.
-devo parlarti di una cosa.- disse.
-dimmi.-
-non ora. non è né il momento, né il modo adatto. ti va di vederci dopo scuola allo Starbucks vicino casa mia?-
-io.. non saprei..- risposi esitante non capendo di cosa volesse parlarmi.
-è importante..- disse lasciando quella frase a mezz’aria, come se sapere il resto mi avrebbe fatto male.
-okay.- sospirai.- ci vediamo dopo.- dissi, poi lei mi salutò e riattaccò.
Che cosa doveva dirmi?
 
Kristen’s pov.
 
Erano le cinque del pomeriggio e Izzy non si era ancora fatta viva. Mi aveva detto che mi avrebbe riportato gli appunti di scuola in palestra, ma erano già dieci minuti che l’aspettavo.
Gli allenamenti di basket si erano conclusi già da mezz’ora e tutti i ragazzi della squadra avevano lasciato la palestra da tempo.
Nell’attesa, mi sedetti su uno degli scomparti da dove si seguono le partite e mandai un messaggio a Izzy per chiederle dove si fosse cacciata.
Dopo qualche secondo il cellulare vibrò e vidi che mi aveva risposto, dicendomi che sarebbe arrivata di li a poco e che stava ritardando solo perché sua madre l’aveva mandata a fare una commissione.
Prima che riponessi il cellulare nella borsa, iniziò a squillare: era mamma.
-pronto?- dissi dopo aver fatto scorrere il dito sullo schermo.
-dove hai trovato i soldi per comprare un pianoforte?- urlò mia madre. Non capivo se fosse arrabbiata o stupefatta ma.. un pianoforte?
-cosa? un pianoforte? di che parli?- chiesi alzandomi di scatto e scendendo di corsa i gradini.
-i fattorini del negozio di musica lo stanno lasciando in salotto. non mi avevi detto che ne avevi comprato uno e, soprattutto, non sapevo che avessi tutti questi soldi.-
-mamma, non ho comprato un bel niente.- dissi.
-aspetta, c’è un bigliettino.-
-che un bigliettino? cosa c’è scritto? arrivo subito.- corsi verso l’uscita.
D’un tratto ci fu silenzio e mia madre trattenne il respiro.
-mamma, è tutto okay?- chiesi.
-Justin.- disse poco dopo.
-cosa Justin?-
-sul bigliettino c’è il suo nome.-
A quelle parole mi bloccai di colpo. Era come se le mie gambe, dopo aver sentito il suo nome, si fossero rifiutate di camminare, come se avessero avvertito il pericolo e volessero tenersi lontane.
Il telefono mi scivolò dalle mani, finché un tonfo riempì l’aria circostante.
Qualche istante dopo la porta della palestra si spalancò e dei passi si fecero sempre più vicini e, sicura che fosse Izzy, mi tranquillizzai un po’.
Solo quando la porta sbatté, avvertendomi che si fosse chiusa, vidi Justin avanzare verso di me.
Gli occhi mi si velarono di lacrime e sentivo di non avere più forze.
Perché lui era li? Perché non c’era Izzy al posto suo? Perché quel pianoforte? E quel biglietto? Cosa c’era scritto?
-che ci fai qui?- chiesi con voce tremante.
Lui mi si avvicinò, facendo diminuire ad ogni passo la distanza tra i nostri corpi.
-Izzy mi ha detto tutto.- pronunciò poco dopo, fermandosi quando la distanza iniziava a farsi pericolosa.
-tutto cosa?- chiesi mentre mi passavo il dorso della mano sulle lacrime che però continuavano a scorrere.
-mi ha detto della chiamata di stamattina..-
-che importanza ha?- chiesi.
-ce l’ha, eccome.- disse lui avanzando di un passo.
Avrei voluto farne uno indietro, e poi un altro, e un altro ancora, fino a ritrovarmi a debita distanza da lui. Avrei voluto correre via, proprio come quando era tornato da Londra, ma non potevo, era arrivato il momento di affrontare le cose.

 
**
HO AGGIORNATO!

SO CHE SONO PASSATI 15 GIORNI DALL'ULTIMA VOLTA CHE HO AGGIORNATO, E MI DISPIACE DAVVERO TANTO, MA, RIPETO, NON HO UN MINUTO LIBERO, A STENTO SONO RIUSCITA A TROVARE QUELLO PER SCRIVERE QUESTO CAPITOLO, QUINDI, PER FAVORE, CAPITEMI.

Il capitolo in realtà l'avevo scritto venerdì. Avevo un estremo bisogno di scrivere, così ho buttato giù il capitolo in meno di un'ora (penso che si possa vedere dai risultati molto scadenti), ma poi, ovviamente, non ho avuto il tempo di rivedere, quindi ho aspettato prima di postarlo.
So che fa schifo anche dopo averlo rivisto, ma è il massimo che sono riuscita a fare. 

Ad ogni modo ringrazio tutte quelle che leggono e recensiscono, quelle che trovano anche solo il tempo per leggere, quelle che hanno la storia nelle preferite e\o seguite, quelle che non si stancano mai di leggere e quelle che aspettano con pazienza anche se ultimamente passa tantissimo tra un capitolo e un altro.
Mi dispiace davvero tanto, scusatemi!

Ah, se vi va, passate a leggere l'altra fan fiction che sto scrivendo, la trovate qua: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215

Sono ancora ai primi capitoli.

 

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Capitolo 23
*** ''it's not easy.'' ***


Capitolo 23.
"it's not easy."

-non.. non ne voglio parlare.- riuscii a sibilare.
-Kristen..-
-dico sul serio.-
-sono stanco di tutti questi giochetti, sono stanco di andare avanti così, di far finta di niente.- pronunciò avanzando ancora.
-quali giochetti?-
-questi.- disse, poi infilò una mano nella tasca dei suoi jeans. –sono stanco di tutti questi giri di parole, di tutti questi sguardi evitati e di tutte le occhiate lanciate di nascosto.-
-cosa vuoi che ti dica?- chiesi.
-la verità.-
-quale verità?-
-la stessa verità che hai detto oggi a Izzy.- disse. La sua voce riecheggiò per qualche secondo in quell’enorme palestra.
-non ho intenzione di farlo.- dissi mentre altre lacrime scorrevano sul mio viso.
-perché no?-
-perché non so se è ciò che voglio.-
-e allora cosa ci facciamo ancora qui, Kristen-panda? perché non posso ancora abbracciarti, baciarti, farti sentire al sicuro?-
-perché chi mi garantisce che domani vorrai ancora me? chi mi garantisce che non soffrirò ancora per te? chi mi garantisce che le cose andranno bene?-
Lui fece silenzio.
-è proprio questo il motivo.- dissi mentre stavo per andare via.- il motivo è che non posso dirti ciò che provo veramente perché tu non vuoi davvero saperlo.- mi avviai verso la porta.
-mi sembra d’essere stato chiaro, Kristen. mi sembra di averti fatto capire esplicitamente cosa provo per te, mi sembra di averti detto di amarti, ma se vuoi andare via, fallo. nessuno ti costringe a stare con me, nessuno ti costringe ad amarmi ancora. però, te lo chiedo per favore, non usarmi come scusa. lo sai che ti amo ancora, ma se il mio amore non ti basta, non so cos’altro darti.- fece una pausa. I miei passi si facevano sempre più lenti.
-come faccio a crederti se dopo avermi baciata hai detto che quel bacio era stato uno sbaglio?-
-cos’avrei dovuto fare? dimmelo, perché io non lo so.- urlò in preda alla rabbia. –quel bacio non era uno sbaglio, ma credevo che fosse ciò che volessi sentirti dire, così l’ho detto.- il suo respiro si faceva più affannoso, quasi come stesse correndo a perdifiato e non riuscisse a fermarsi.  
-perché mai avrei dovuto volere che quel cazzo di bacio fosse un errore?-
Sentii dei passi, poi qualcuno farsi sempre più vicino.
-perché tu stavi sempre con Jon e credevo che ti fossi innamorata di lui. mi hai evitato per due giorni ed eri arrabbiata con me. ti ho detto che ti amavo e tu hai detto di non credermi.-
-perché non ti sei fatto vivo? perché non mi hai detto chiaro e tondo che quel bacio lo volevi davvero? che non era uno sbaglio?-
-perché credevo che ormai avessi scelto per il tuo futuro e pensavo di non rientrare nel progetto che avevi pianificato.-
Non dissi niente.
-lo so che Jon è tutto ciò che di meglio c’è. lo so che lui non è testardo, stronzo, coglione come me. lo so che lui è quello perfetto, quello che non ti fa fare mai tardi la sera, quello che ti rispiega la lezione di fisica finché non la capisci. lo so che lui è quello con il sorriso sempre stampato sul volto, le camicie ben stirate e i capelli sempre perfettamente tirati indietro. lo so che lui è quello con cui andare il sabato sera al ristorante e la domenica mattina a fare una passeggiata in spiaggia.- si passò una mano fra i capelli, poi sospirò. Aveva un’aria stanca. –Kristen, io lo so che lui non è come me, ma..- a quelle parole ebbi la necessità di interromperlo.
-è questo il problema, Justin.- dissi mentre tenevo gli occhi fissi a terra. –il problema è che lui non è come te, perché lui non è te.-
Poggiò le mani sui miei fianchi e mi avvicinò delicatamente a se. La mia schiena era contro il suo petto e sentivo il suo cuore battere. Gli martellava forte nel petto, quasi come volesse uscire a riprendersi il mio.
-non posso garantirti niente, perché non so come andranno le cose domani. non posso assicurarti che le cose tra noi resteranno immutate e che vivremo una storia da favola, perché le favole non esistono e bisogna fare i conti con la realtà..- lo interruppi.
-lo so.-
Sembrò non prestare attenzione alle mie parole e continuò a parlare.
-ma posso dirti con certezza che io ora, adesso, in questo momento, io voglio stare con te, voglio farti ridere, accarezzarti i capelli e baciarti delicatamente la fronte.- fece una pausa e mi fece girare fino a farmi trovare le sue labbra a qualche centimetro di distanza dal mio viso.- posso dirti con certezza che, se tu lo vorrai, farò di tutto per far in modo che le cose funzionino tra noi, perché se c’è una cosa di cui non ho mai dubitato è che io voglio te, Kristen.-
Prima ancora che un sorriso mi si stampasse sul volto, Justin mi prese il viso fra le mani e mi baciò.
Quando le nostre labbra s’incontrarono seppi con esattezza ciò che volevo. Volevo lui.
-io..-
-ti amo.- disse precedendomi.
Sorrisi, ma restai in silenzio.
Poi, non aspettando risposta, mi prese le mani e le intrecciò.
-voglio solo chiederti una cosa.-
-cosa?-
-torna a suonare.-
-non..-
-non devi farlo necessariamente ora. magari fra qualche giorno, magari fra qualche settimana, magari fra qualche mese, ma, per favore, fallo.- mi strinse la mano.- non farlo per me, né per gli altri, fallo per te stessa.-
Dopo qualche secondo feci cenno di si con la testa.
-promettimi che lo farai.-
-te lo prometto.- risposi. Poi mi schioccò un bacio all’angolo della bocca.
 
Prima di tornare a casa, decisi che era meglio parlare con Jon. Doveva sapere tutto e doveva saperlo da me. Volevo fare tutto per bene e non mettere di mezzo gli altri.
Justin aveva capito ed era stato d’accordo con me.
Quando avvertii Jon che volevo parlargli e che sarei andata a casa sua, lo trovai seduto fuori intento a scrivere un messaggio.
-ehi.- dissi avvicinandomi.
Lui alzò la testa dal suo cellulare e mi rivolse un sorriso spento, quasi come se sapesse già ciò che avevo intenzione di dirgli.
-ehi.- si alzò e mise in tasca il suo iphone.
-come va?- chiesi.
-potrò risponderti solo quando saprò cosa hai da dirmi.-
Annuii.
Presi un respiro profondo -credo che tra noi sia meglio finirla qui..- dissi mentre sentivo un groppo salirmi in gola. Amavo Justin con tutta me stessa ed era vero, ma non volevo ferire Jon, anche se sapevo di averlo già fatto.
-e il motivo, ovviamente, è Justin.- quelle parole suonavano dure, ma il suo tono di voce non lo era. Al contrario di quanto mi aspettassi, non sembrava arrabbiato.
-si..-
Mi si avvicinò di poco, stando attento a mantenere la dovuta distanza tra noi.
-mentirei se dicessi che è facile e che non fa male, perché, dannazione, fa tutt’altro che bene, ma se lui ti fa star bene, allora okay.- fece spallucce.- tutti sanno che vi appartenete, io ho provato a infrangere le regole del destino e a vincere lo stesso, ma non è così che funziona. voglio solo che tu smetta di soffrire e se lui è il tuo antidoto, bene, me ne farò una ragione.-
-sicuro?- chiesi.
-no, non lo sono per niente, ma è la cosa migliore. quindi ora torna da lui e recuperate tutto il tempo perduto prima che ti tenga qui con me.- disse.
Lo abbracciai più forte che potei, poi gli lasciai un bacio sulla fronte e corsi via.
Avevo sempre odiato gli addii, non erano mai facili e dubitavo che prima o poi lo sarebbero diventati.
Prima di andare da Justin, decisi che era meglio tornare a casa. Volevo vedere quel pianoforte, volevo sedermi e suonare, suonare e ancora suonare. Volevo farlo per sempre.
Quando rientrai in casa, le stanze erano deserte ed ero sicura che non fosse una coincidenza.
C’eravamo solo io e il pianoforte.
Mi avvicinai e lo ispezionai. Poggiai un dito su quell’enorme strumento nero, poi mi sedetti e toccai uno di quei tasti bianchi.
Prima che potessi iniziare a suonare, vidi una busta. Era il biglietto di Justin.
Lo aprii e lessi le parole nere che risaltavano sulla carta bianca.

“Qualunque cosa saremo, qualunque cosa vorremo diventare, qualunque cosa ci unisca e qualunque cosa ci separi, finché tu suonerai ci sarà un posto per te nel mio cuore e finché mi amerai almeno la metà di quanto hai amato questo piano, ci sarà un posto per me nel tuo cuore.”

A quel punto lasciai il foglio cadere e corsi verso casa di Justin.
Suonai ripetutamente, quasi non potessi più aspettare, finché lui stesso non venne ad aprirmi.
-che succ..- prima che potesse finire la frase, premetti le mie labbra sulle sue.
-ti amo Justin.- dissi dopo essermi staccata da lui.
Questa volta fu lui a sorridere.
-l’ho sempre saputo.- disse abbracciandomi e tenendomi stretta a lui. 
 
**
So di essere in ritardo, so che è passato quasi un mese dall'ultimo aggiornamento,
ma, non so voi, io non ho avuto un singolo istante libero. Sono stata impegnatissima. 
So che scrivere è un impegno importante, ma, per favore, capitemi.

So che fa schifo, ma spero vi piaccia e in una vostra recensione. L'ho scritto di fretta, perché non mi andava di farvi aspettare ancora molto, perciò, eccolo qua.
Probabilmente non sarete in molte a leggerlo, ma ho voluto pubblicarlo comunque.

Prima di andare, volevo chiedervi due cose:
Uno: sto scrivendo un'altra fanfiction e mi farebbe molto piacere se passaste a leggerla. 
Vi lascio il link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215
Sono ancora agli inizi.

Due: voglio ringraziare tutte le ragazze che leggono e recensiscono, quelle che apprezzano la mia scrittura e riescono a notare, se e quando ci sono, i miglioramenti, anche se minimi, e quelle che hanno la storia tra le seguite e\o preferite.
Grazie di cuore :).


 

 

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Capitolo 24
*** Epilogo. ***


Epilogo.

Otto mesi dopo.

-ci vediamo dopo.- disse Justin lasciandomi un bacio delicato sulle labbra.
Sorrisi ed entrai in casa, tirando dietro di me la pesante valigia che mi aveva accompagnato durante tutto il viaggio.
La casa era deserta, era luglio e mamma, papà e Nathan erano in viaggio verso Parigi. Salii in camera e mi lasciai cadere sul letto, ormai sfinita.
Contemplavo il soffitto quando mi ricordai di dover disfare la valigia.
Presi vestiti ed asciugamani e li misi nel cesto dei vestiti da lavare, poi presi una delle tante buste contenenti souvenir e l’aprii.
C’erano una cartolina che non ricordavo. Raffigurava la statue della libertà.
La posai sul letto e uscii altri acquisti.
C’erano un portachiavi con un ciondolo, la statua della libertà; una chiave ed una foto mia e di Justin.
Girai più volte la chiave tra le mani, pensando che probabilmente avevo preso per sbaglio una busta con gli acquisti di Justin, poi i miei occhi finirono su una scatolina.
Appena la presi capii che era di Tiffany. Subito l’aprii e vidi che conteneva un bracciale.
Aveva tre ciondoli in tutto. Erano una nota musicale, delle ali ed un cuore.
Cercai di capire per chi fosse e l’unica cosa che mi venne in mente fu di guardare il retro della cartolina, magari aveva scritto qualcosa.
Velocemente la presi in mano e mi resi conto di non essermi sbagliata. C’era scritto:
“Queste due settimane sono state meravigliose. Spero che questo regalo possa farti capire quanto sei importante. Avrei voluto dartelo di persona e vedere come avresti reagito, se ti fosse piaciuto oppure no. In ogni caso, capirai presto.  
Ti amo, Justin.”
Cosa si era messo in testa?
Presi il cellulare per chiamarlo, ma notai che avevo un messaggio ed era suo.
Da Justin: “nel caso in cui volessi chiamarmi, non posso rispondere. ci vediamo questa sera in spiaggia. vorrei passarti a prendere ma devo sbrigare alcune cose. a dopo.”
 
Che succedeva?
Scacciai via tutti i brutti pensieri e cercai di continuare quello che stavo facendo, invano.
Presi la scatolina e mi sdraiai sul letto, cercando di non pensare a Justin, fin quando, esausta per il viaggio, mi addormentai.
 
Erano circa le otto quando mi svegliai. Quando guardai l’orario, scattai in piedi e mi diressi verso il bagno. Justin non mi aveva detto a che ora dovessimo incontrarci, ma immaginai che avrei comunque fatto tardi.
Dopo aver fatto la doccia, mi avvolsi in un asciugamano, asciugai i capelli ed in fine mi vestii.
Indossai una gonna nera, una maglia bianca e delle vans nere.
Dopo aver legato i capelli in uno chignon disordinato, presi una borsa nera e, mettendoci dentro il cellulare, uscii di casa.
Camminai per circa quindici minuti prima di arrivare in spiaggia.
I locali nelle vicinanze erano abbastanza affollati, ma di Justin non c’era ombra.
Camminai ancora di qualche metro e mi sedetti sulla sabbia asciutta.
Mi guardai intorno e vidi alcune coppie camminare mano nella mano, altre sedute, intente a guardare la luna.
Passarono svariati minuti e presi il cellulare per controllare l’ora. Il display si illuminò quando sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla.
Mi girai e vidi che era Justin.
I miei occhi si illuminarono e mi alzai, abbracciandolo. Lui, in tutta risposta, mi strinse forte a sé.
-credevo che non venissi..- gli sussurrai mentre ero ancora tra le sue braccia.
Mi poggiò le mani sui fianchi e mi scostò fino a potermi dare un bacio sulla fronte.
Sorrisi e gli accarezzai il viso, facendo così tintinnare i ciondoli del bracciale che portavo al polso.
I suoi occhi finirono su quei ciondoli che brillavano al chiarore della luna e, notando il suo sguardo, lo anticipai.
-ti piace?- gli chiesi.
-chi te l’ha regalato?- restò al gioco.
-umh.. un ragazzo..-
-e perché te l’ha regalato?-
-sai, credo di piacergli, ma non ne sono completamente sicura.-
-e lui ti piace?-
Scossi ripetutamente la testa, mentre cercavo di non ridere troppo –come ti viene in mente?-
Lui inarcò un sopracciglio e si finse infastidito –e quindi lui non ti piace.-
-esatto.-
-ne sei sicura?-
Stavo per annuire quando, prima ancora che potessi rendermene conto, i miei piedi si sollevavano da terra e Justin mi caricava in spalla.
-cosa hai intenzione di fare?- chiesi mentre mi dimenavo.
-voglio farti fare un bel bagno.-
-per favore, no.-
-perché no?-
-perché quel ragazzo mi piace tantissimo.-
Lo sentii rallentare di poco –e?-
-e lo amo.-
-brava ragazza.- disse dandomi una pacca sul sedere. –a proposito, ti ho già detto che hai un bel culo?- rise.
-Justin.- urlai.
-che c’è?-
-smettila.-
-di fare cosa?-
-lo sai.-
Mentre mi fingevo arrabbiata per quel commento, non  mi resi conto che stavamo continuando ad avanzare verso il mare.
Quando il rumore dell’acqua si faceva sempre più vicino, Justin mi tolse le scarpe e si tolse anche le sue.
-Justin, non farlo.- lo supplicai, ma lui ignorava le mie parole.
Lo vidi guardare a destra e a sinistra e, dopo, mi sfilò la gonna e mi tolse la maglietta.
-che cazzo fai?- urlai cercando di mascherare il divertimento nella mia voce. –potrebbero vederci.-
-sono troppo lontani per vederci.-
Poi avanzò finché l’acqua gli arrivò alle ginocchia e mi lasciò andare.
Sentii l’acqua sfiorarmi la pelle per qualche secondo prima che tornassi a galla.
-Justin?- chiesi guardandomi attorno e non vedendolo. –Justin?- dissi, questa volta più forte.
Stavo per uscire dall’acqua a cercarlo, credendo che fosse uno dei suoi stupidi scherzi, quando mi sentii tirare per i fianchi prima che la mia schiena sbattesse contro qualcosa, o qualcuno.
Ovviamente, era Justin.
-sei un coglione.- dissi appoggiando la testa sulla sua spalla nuda. Evidentemente si era tolto anche i suoi di vestiti.
Lui iniziò a riempirmi la guancia di baci.
-sei bellissima.- disse. Poi mi girai e feci in modo che fossimo faccia a faccia.
I suoi occhi brillavano come mai e, istintivamente, lo baciai.
Restammo in acqua finché non iniziai a tremare leggermente per via dell’acqua gelida.
-hai freddo?- chiese Justin mentre le mie gambe cingevano i suoi fianchi e le mie braccia erano attorno al suo collo.
Annuii e lui, sollevandomi, mi portò fino in spiaggia. Poi tirò fuori un grande asciugamano da una borsa che quando era arrivato non avevo notato e, dopo averlo steso sulla sabbia, mi ci adagiò sopra.
Poi prese i nostri vestiti e li avvicinò al punto in cui ci trovavamo e dopo si sdraiò accanto a me.
Mi prese la mano ed iniziò a giocherellare con il bracciale che mi aveva regalato.
-ti piace?- chiese questa volta serio.
-si.- dissi sorridendo, anche se sapevo che non poteva vedermi perché aveva lo sguardo perso altrove.
-e i ciondoli? ti piacciono?-
-sono bellissimi.-
Poco dopo lui si sdraiò su di un fianco e iniziò a fissarmi.
-che c’è?- chiesi voltandomi verso di lui.
-non mi chiedi cosa significano?-
-aspettavo che me lo dicessi tu.-
Prese il mio polso tra le sue mani e con le dita sfiorò i singoli ciondoli.
-allora? non dici niente?-
-questo- disse indicando la nota musicale- indica il tuo amore verso il pianoforte, l’amore che ci metti quando suoni.- prima di continuare mi guardò negli occhi e riuscii a capire che era teso.
Gli feci cenno di continuare e lui lo fece.
-questo- indicò le ali- indicano quello che eravamo quando io ero a londra. so che è tardi, ma avrei voluto che, ogni volta in cui ti mancavo, tu guardassi queste ali e fingessi di essere accanto a me.-
Sorrisi e gli passai una mano fra i capelli, poi lo avvicinai a me e gli lasciai un bacio sulle labbra.
-questo- disse indicando il cuore- è il simbolo di ciò che mi lega a te. indica l’amore che provo per te.- disse un po’ imbarazzato.
Quando concluse quella frase, sentii le lacrime scendermi lente sul viso.
-Justin..-
-c’è qualcosa che non va?- chiese preoccupato.
Scossi la testa e affondai il mio viso contro il suo petto.
Mi accarezzò i capelli –ed infine-disse facendomi alzare lo sguardo e tirando fuori dalla tasca dei jeans qualcosa.-
Mi allontanai di qualche centimetro e lo vidi agganciare un altro ciondolo al bracciale. Non mi ero accorta che ci fosse lo spazio per un altro.
-questo- disse indicando una chiave che aveva la parte superiore a forma di un cuore –devi scoprirlo da sola.- disse.
Restai per qualche istante a guardare quell’ultimo ciondolo, per cercare di capire cosa potesse significare, ma non mi veniva in mente niente.
-voglio un indizio.- dissi.
-non puoi averlo.-
-perché?-
-perché devi arrivarci da sola.-
Ripensai alla busta con i souvenir e mi ricordai della chiave che c’era dentro, della cartolina e di quanto aveva scritto.
Mi porta una mano alla bocca e spalancai gli occhi.
-non posso crederci.- dissi.
-hai capito cosa significa?-
-ha qualcosa in comune con le chiavi della busta?-
Justin annuì.
-non posso crederci.- dissi quasi senza parole.
-vuoi venire con me a vivere a New York?- mi chiese.
Le lacrime ripresero a scendere e cercai di riprendere fiato e dargli una risposta.
-questo braccialetto è stupendo.-dissi mentre mi asciugavo le lacrime.-amo quella nota musicale, quelle ali e quel cuore. amo i significati che tu hai dato a questi ciondoli e so per certo di non poter desiderare di meglio. amo suonare tanto quanto amo te e, no, non è troppo tardi per quelle ali. sapere che anche tu mi volevi li con te è qualcosa di molto meglio della mancanza che ho sentito quando sei partito.- feci una pausa.- e quel cuore, credo di amarlo. lo amo perché gli hai dato un significato speciale, quello del tuo amore per me e non potevi fare di meglio.-
Presi le sue mani e intrecciai le dita. Aveva bisogno di una risposta.
-per concludere, quella chiave. l’ho lasciata per ultimo perché sapevo che se ti avessi dato prima la mia risposta non ti sarebbe importato sapere cosa pensavo degli altri ciondoli.-
Sentivo le sue mani tremare mentre erano incastrate con le mie, così, con il pollice, gli accarezzai la mano.
-credo che sia un enorme passo avanti, davvero, davvero un grande passo avanti e..- feci un’altra pausa mentre sentivo le parole morirmi in gola–vorrei davvero farlo insieme a te. quindi si, voglio venire a vivere con te a New York.- dissi.
Vidi gli occhi di Justin illuminarsi e iniziò a riempirmi di baci fino a lasciarmene uno sulle labbra.
-ti amo tanto.- disse per poi baciarmi di nuovo.
-ti amo tanto anche io.- dissi avvicinandolo di più, sempre detto che fosse possibile, a me.
La gente attorno a noi era scomparsa da un po’ e mentre le mie mani e quelle di Justin erano ancora intrecciate capii che non potevo amarlo più di così.
-Justin.- sussurrai.
-si?-
-l’ho sempre saputo.-
-cosa?-
-che non hai mai smesso d’amarmi.-
-hai ragione.-
Ci fu un istante di silenzio.
-Kristen.- sussurrò questa volta lui.
-si?-
-anche a lui piaci.-
-a chi?-
-al ragazzo che ti ha regalato il bracciale.-
Sorridemmo come fossimo due bambini.
Avevamo l’emozione scritta negli occhi e l’amore scritto nel cuore.
Restammo immersi in quel silenzio, l’uno abbracciato all’altro, per del tempo che sembrò infinito e li, tra le sue braccia, capii che non m’importava d’essere a Los Angeles, a Parigi, a Madrid o in qualsiasi altro posto del mondo, finché Justin sarebbe stato al mio fianco.

 
**
Ecco qui l'epilogo.
So d'essere tremendamente in ritardo, che sono passati quasi due mesi dall'ultima volta che ho aggiornato e mi dispiace tantissimo. 
So anche che quest'ultimo capitolo non vale nemmeno un quarto del tempo che avete aspettato per leggerlo, so che fa schifo e che vi sareste aspettate qualcosa di meglio, ma è l'unica cosa che sono riuscita a scrivere.
L'ho scritto milioni di volte e l'ho cancellato altrettante volte. 
Niente di ciò che scrivevo mi piaceva abbastanza ed ecco alla fine cosa è venuto fuori.

Spero sul serio che possa piacervi almeno un po' e che non vi siate dimenticate della storia. 
Mi farebbe piacere leggere una vostra recensione e sapere cosa ve ne è sembrato. 

Ringrazio tutte quelle che hanno la fanfiction tra le preferite e\o seguite, quelle che l'hanno letta e recensita e quelle che l'hanno letta pur non avendo molto tempo a disposizione. 
Ringrazio quelle che hanno apprezzato ciò che ho scritto e quelle che hanno notato, quando c'è stato e se c'è stato, qualche piccolo miglioramento nel mio modo di scrivere. 
Ho in mente la trama per un'altra storia, ho già scritto qualcosa, ma niente di concreto. 
Magari quando inizierò a scrivere vi avviserò e se qualcuna sarà interessata potrà iniziare a leggere.
Ad ogni modo, se vi va, sto scrivendo anche un'altra fanfiction.
Qui c'è il link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2140215
Grazie ancora :). 

 

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Capitolo 25
*** AVVISO. ***


Salve! 
Scusate per il fastidiosissimo avviso, ma non avevo ancora messo la storia tra le 'complete' perché avevo intenzione di scrivere una nuova storia (anche se ci ho messo un po' di tempo). 
E quindi eccomi qua. 
Ho appena iniziato una nuova fanfiction, si chiama 'I wanna be the one to remind you what it is to smile, i will show you what true love can really do.' ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2608799&i=1 )
Se vi va, passate a leggerla, mi farebbe davvero piacere.
Ho ancora pubblicato solo il prologo -che, preciso, non lascia intendere un granché -ma ho davvero tante idee per questa nuova storia, quindi mi farebbe piacere se qualcuna di voi la leggesse.
Se non chiedo troppo, aspetto di leggere una vostra recensione per sapere che ve ne pare. 
Scusatemi ancora per il disturbo.

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