Live your life

di Mars_WhoSong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Ironic ***
Capitolo 2: *** 2. Wonder ***
Capitolo 3: *** 3. Take Five ***
Capitolo 4: *** 4. Rain over me ***
Capitolo 5: *** 5. Singing in the rain ***



Capitolo 1
*** 1. Ironic ***


Live your life
 

1. Ironic

“Eh già, arriva un giorno in cui una serie di piccole circostanze del tutto separate l’una
dall’altra si combinano e finiscono per influenzare la nostra vita”.
Mi ricordo che ho riso la prima volta che la mia amica Sara ha pronunciato questa frase con occhi sognanti.
Non ho mai creduto nelle coincidenze e tantomeno nel destino.
Mi sembrava una di quelle frasi mielose e vuote che si possono trovare negli incarti dei Baci Perugina
(un cioccolato così buono…e poi la nocciola croccan… ehhmm…scusate, dicevamo),
una frase che avrebbe pronunciato senza arrossire solo una ragazza innamorata.
E Sara per l’appunto era stata di recente contagiata da quella rara patologia, come testimoniavano il suo nuovo terrificante ottimismo,
quel costante sorrisino trasognato sulle labbra e la disperata convinzione di poter trovare l’uomo della mia vita in meno di una settimana.
Non l’avete mai notato? Le migliori amiche quando s’innamorano si sentono immancabilmente in dovere di trovare un ragazzo anche a voi,
ancora meglio se il povero sventurato in questione è il migliore amico del loro fidanzato.
Non dubito che lo facciano con le migliori intenzioni ma devo ammettere che alle volte è davvero snervante.
“Che ne pensi di Giacomo? È simpatico e ho visto che ieri alla festa di Stefano ti si è avvicinato e avete parlato.”
Eccola, che vi dicevo? La frase incriminata. Ovviamente Stefano è il nuovo ragazzo di Sara e Giacomo è…si esatto!!
Come avete fatto a indovinare?
Affondo nel piumino e dal punto in cui dovrebbe esserci la mia testa esce un borbottio incomprensibile.
“Eh? Anna, esci da lì! Non fare la bambina”.
Perché giocare alla combina-coppiette è molto adulto, vero?
Ovviamente mi limito solo a pensarlo, Sara in questo momento ha in mano il mio cuscino ed io non sono dell’umore giusto per essere malmenata.
Nonostante questa pazzia passeggera Sara è la mia migliore amica, mi butterei nel fuoco per lei e so che lei farebbe lo stesso per me,
non per niente ci chiamano “Sorelle Diverse”.
Per non ferirla cerco su due piedi una risposta generica e non troppo sfavorevole nei confronti di Giacomo.
In verità mi si era avvicinato solo per chiedermi che programmi avessi per l’estate e poi eravamo rimasti in silenzio,
un impacciatissimo silenzio a dirla tutta.
Ma so per esperienza che se anche provassi a dirlo a Sara, lei non mi crederebbe.
Se si mette in testa una cosa è difficile farle cambiare idea e in quel momento si era convinta che Giacomo avesse una “segreta ammirazione”
(sì, avete capito bene, una “segreta ammirazione”, nemmeno si fosse trattato di Mr Darcy) per me.
“Sì, simpatico.” borbotto con poca convinzione.
“Fantastico! Dicevo a Stefano proprio questa mattina che stareste veramente bene insieme. Quando ti porta fuori?”
Primo, io NON sono un cane, quindi non ho bisogno che qualcuno mi porti fuori e
Secondo… avete notato come, nella sua mente, un semplice “Sì, simpatico” si sia già trasformato in una proposta ufficiale di matrimonio?
Rileggete rileggete!
“Non ti sembra di esagerare? Nemmeno lo conosco bene!”
“Oh, per questo non c’è problema, domani io e Stefano usciamo insieme, non devo fare altro che chiedergli di invitarlo.
Passeremo insieme uno splendido pomeriggio noi quattro, ne sono sicura e, magari, chissà che tra te e Giacomo non nasca qualche cosa.”
A queste parole la mia mente inizia a formulare le peggiori previsioni in fatto di noia, imbarazzo,
lunghi silenzi e macchinazioni dei due piccioncini per farci rimanere soli.
NO GRAZIE.
Per fortuna il mio cervello è stato addestrato a trovare in fretta scuse convincenti che mi traggano d’impaccio da situazioni come questa.
In meno di cinque secondi si è già srotolato davanti ai miei occhi un intero piano di guerra.
“Mi piacerebbe DAVVERO TANTO venire con voi ma lo sai che DEVO studiare inglese, altrimenti come lo passo l’esame a settembre?
Non vorrai avere un’amica bocciata sulla coscienza, spero”.
Eh già gente! Per la prima volta in vita mia, dopo anni di onorata carriera nell’universo dell’istruzione… eccolo… il debito!
Incognita temibile alla fine di tre mesi di vuoto scolastico.
Ma Sara che mi conosce troppo bene non si scoraggia.
“Anna! È il primo giorno di vacanze. Non pensi di esagerare?”
Presto! A me una risposta convincente!
“Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi”.
E questa, cervello, ti sembra una risposta convincente?! Mi stai deludendo molto.
“Sara il fatto è che sono veramente preoccupata perché non so cosa aspettarmi, preferisco iniziare subito il grande ripasso
in modo da rendermi subito conto della mole di lavoro a cui dovrò andare incontro, considerando anche il fatto che come al solito siamo pieni di compiti.”
Bravo cervello!! Sara non troverà niente da ribattere ad un’obbiezione del genere, anche perché è la verità,
sono un po’ preoccupata per l’esame. E infatti…
“Hai ragione, se ti fa stare più tranquilla ti consiglio anch’io di iniziare subito!
E non pensare di essere da sola ad affrontarlo, io ci sono sempre lo sai! Ti darò una mano a studiare e…”.
“Graz…”.
“Fammi finire! Volevo appunto dire che non lo faccio perché tu mi ringrazi ma perché tra amiche ci si aiuta sempre”.
Ma dove la trovo un’altra amica così? Aaaaawwwwuuu
E intanto abbiamo scampato anche il problema “appuntamento con Giacomo”!
Yuu-uuu

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 2. Wonder ***


Live your life
 

2. Wonder

“Biiiip biii-biiiip”
Un lamento inarticolato, una mano, la mia, che sbuca fuori dalle coperte e
cerca a tentoni quel tremendo strumento di tortura che si chiama “sveglia”.
Finalmente la trovo e interrompo il suo insopportabile trillo.
Sono le 7:02
La tentazione di voltarmi dall’altra parte e di riprendere a dormire è forte ma, purtroppo, il dovere mi attende.
Non trovate che ci sia qualcosa di veramente crudele nel costringere i propri studenti ad un corso di recupero estivo
che inizia alle 8:05 in una calda mattina dei primi di luglio?
Io certamente si ma, a quanto pare, la mia insegnante la pensa diversamente.
Naturalmente i miei genitori stanno ancora dormendo e sembra siano intenzionati a continuare così per tutta la mattinata.
Come dare loro torto? Sono in vacanza!
Cercando di fare meno rumore possibile mi vesto e mi trascino in cucina.
Una buona tazza di thè caldo con il latte restituisce un po’ di vita ai miei neuroni addormentati.
Alla fine arriva il momento di uscire, ho già la mano sul pomello della porta, mi volto e…
“Io vado. Ci vediamo tra tre ore, buona giornata a tutti!”
“…”
“…”
Alzo gli occhi al cielo
È in momenti come questo che apprezzi fino in fondo di avere una famiglia.
Esco sbuffando.
Ancora assonnata percorro le strade che mi porteranno a scuola.
O meglio, le mie gambe si preoccupano di trasportarmi mentre il mio cervello osserva passivamente il mondo che lo circonda.
Per fortuna la scuola è a pochi isolati da casa mia, altrimenti sarei stata costretta a svegliarmi prima.
Sono quasi arrivata alla mia scuola, ancora pochi metri e una svolta.
“BEEEEEEEEE-BEEEEEEEEEEE”
Una moto mi supera sbandando sul marciapiede e sparisce dietro l’angolo.
Tutto è durato una frazione di secondo ma è bastato perché mi ritrovassi appiattita contro un muro con un gomito dolorante.
Quando realizzo cosa è successo e quanto quella moto mi sia passata vicina le mie gambe iniziano
a tremare tanto violentemente che corro il rischio di cadere.
Mi appoggio con una mano al muro che fiancheggia il marciapiede e cerco di riacquistare almeno una parvenza di calma respirando profondamente.
Unico risultato: vado in iperventilazione.
C’era da aspettarselo.
Metà seccata metà divertita di essere me mi tolgo dal muro e con passo malfermo percorro quei pochi metri che mi mancano, svolto l’angolo e…
rimango di sale.
La moto che per poco non ha fatto di me marmellata è parcheggiata davanti alla mia scuola
e il suo proprietario si sta avvicinando pericolosamente al portone di accesso.
Non ho nemmeno il tempo di illudermi con qualche folle speranza del tipo
“Figuriamoci, quel tipo sicuramente tirerà dritto”
perché quasi subito il “tipo”, un ragazzo che può avere non più di uno/due anni più di me, sale i gradini e sparisce all’interno.
Improvvisamente mi colpisce un’idea o, per meglio dire, un presentimento.
Mugugnando seguo i passi dello sconosciuto che mi precede per i corridoi della scuola.
“Anna,” - penso confusamente – “ il fatto che quel tizio stia facendo la tua stessa strada non vuol dire
per forza che debba frequentare il tuo corso… magari è qui per tutt’altri motivi, magari ci sono corsi anche per altre materie oppure…
sì ecco, deve essere venuto qui per salutare i suoi amici, non c’è altra ragione; e quindi è per forza un caso ch…”
Un caso che si sia fermato proprio davanti al laboratorio di lingue dove si tengono i corsi estivi di inglese?
Merda.

 

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Capitolo 3
*** 3. Take Five ***


Live Your life
 

3. Take Five

Siccome quello stupido ciondola davanti alla porta da due minuti buoni e non si decide a bussare decido di prendere in mano la situazione.
Anche perché non ci tengo proprio a fare tardi per colpa sua.
Così mi avvicino alla porta.
“Scusa, dovrei entrare, potresti farmi passare?”
A questo punto vorrei spezzare una lancia a mio favore.
Normalmente sono più educata ma dopotutto è mancato poco che questo ragazzo m’investisse non più di cinque minuti fa.
Un po’ di risentimento è naturale, no?
“La porta è chiusa”
“Come fai a saperlo se non hai nemmeno bussato!”
Sbuffa
“Ti dico che è chiusa e che dentro non c’è nessuno”
Alzo gli occhi al cielo.
Non basta incontrare un potenziale pirata della strada e scoprire che frequenta la tua stessa scuola.
No, bisogna anche che il soggetto in questione sia convinto di possedere superpoteri.
Un miscuglio di preveggenza e capacità di vedere attraverso i muri.
Ottimo.
Perché a me?!
Nel tentativo di mascherare la mia irritazione impugno con un po’ troppa forza la maniglia della porta e do uno strattone.
La porta, con qualche resistenza, si apre.
Getto un’occhiata eloquente al ragazzo sbalordito dietro di me
“Dicevi?”
“L’hai rotta! Hai rotto la porta”
“Cosa? Ma che dici?”
“L’hai rotta ti dico! L’ho bloccata io stesso l’ultimo giorno di scuola con un chiodo!”
“Tu hai fatto cosa?!”
Sono talmente sbalordita che finisco per ammutolire
“Ssssshhh!”
Quindi è del tutto inutile che tu mi zittisca, scemo.
“Sta arrivando”
E infatti proprio in questo momento la mia insegnante d’inglese compare in fondo al corridoio e viene verso di noi.
Si avvicina sorridendo.
Prima ancora che io possa muovere un muscolo vedo il mio stravagante compagno slanciarsi in avanti,
spalancare la porta e con un’incredibile faccia tosta fare galantemente segno alla professoressa di entrare.
E non è tutto.
Il meglio deve ancora venire
“I succeded in opening the door myself”
Cooooosa?!
“Oh thank you sooo much Edward!” cinguetta estasiata la prof.
Così vengo a sapere che
1. Lo sconosciuto si chiama Edoardo
2. Anche nella sua classe la nostra (sì, avete letto bene, nostra. Bisogna arrendersi ai mali inevitabili) professoressa si diverte a inglesizzare i nomi degli studenti.
Mi arrendo. Seguo sconfortata i miei due aguzzini ed entro nell’aula sperando intensamente che al corso partecipino anche altri ragazzi,
ragazzi normali.
Senza nemmeno riflettere mi fiondo verso un banco della terza fila, dal lato della porta, mi accoccolo sulla sedia
e tiro fuori con aria depressa il necessario per la lezione.
Edoardo (ormai non posso più chiamarlo “il tipo”… purtroppo) si guarda per qualche secondo intorno e poi
si dirige con passo elastico verso il banco esattamente dietro al mio.
Mentre passa gli lancio un’occhiataccia, per nulla dimentica della questione “porta”.
Sembra capire e risponde con un mezzo sorriso.
Nei cinque minuti successivi l’aula si riempie dei miei nuovi compagni.
Una ragazza mi si avvicina.
Deve avere almeno un anno più di me, mi ricordo di averla vista più volte nei corridoi della scuola.
Mi sorride e indicando il banco accanto al mio
“È libero questo posto?”
“Certo!” rispondo sorridendole a mia volta.
Appena seduta si volta verso di me
“Piacere di conoscerti, io sono Clara”
“Piacere mio. Mi chiamo Anna”
Ci stringiamo la mano.
Finalmente una persona simpatica con cui parlare.
Una voce alle mie spalle…
“Ciao Clara, bellissima come sempre”
“Ciao Ed, ruffiano come sempre”
Ogni secondo che passa diventa più simpatica, non pare anche a voi?
Sento che andremo d’accordo.
La prima mezz’ora di lezione è spesa in giochi per rompere il ghiaccio e imparare il nome dei nostri compagni.
Noto con sorpresa che non solo Edoardo ricorda senza apparente fatica il nome di tutti ma che ci ha già trovato dei soprannomi.
Il mio è AnnaPanna.
Nemmeno le mie amiche usano più questo nomignolo da anni! (Sì, c’è stato davvero un periodo nella mia vita in cui mi hanno chiamata così;
toglietevi quei sorrisetti dalla faccia!)
E a me è andata ancora bene!
Alla mia vicina di banco è toccato “Lana”.
Ma Clara ha un asso nella manica.
Parlando con me a un volume facilmente udibile da tutta la classe…
“Chissà se Teddy… oh che sbadata, davvero ho detto TEDDY? Scusami, volevo dire Ed…”
Non serve altro. Tutta la classe, insegnante compresa, scoppia in una grandiosa e sonora risata.
Sentiamo T…Ed sibilare alle nostre spalle.
Il primo giorno è stato divertente.

 

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Capitolo 4
*** 4. Rain over me ***



Ciao a tutti!
Questo è il primo commento che lascio su di un capitolo pubblicato,
fino ad ora ho preferito aspettare per osservare le vostre reazioni davanti alla storia,
anche perché questa è la prima volta che pubblico una storia qui.
Voglio ringraziare Miss Mistery per la recensione positiva, sei stata molto gentile e il tuo incoraggiamento mi è stato prezioso.
Spero che questo nuovo capitolo non vi deluda e anzi vi faccia sorridere.
Verrà introdotto un nuovo personaggio, importante per lo svolgersi degli eventi, quindi leggeteleggete.




 
Live your life

 
4. Rain over me.
 
Sono a casa.
Mentre chiudo la porta d’ingresso il mio cellulare inizia a trillare
“Messaggio da Sara”
Ciao Anna, spero di non disturbarti, sei a casa?

Lettura del pensiero? Sono rientrata ora…
Hanno appena aperto una nuova gelateria in centro…
Ti va di andarci oggi pomeriggio?

Non sai quanta voglia ho di gelato!!!
Anche io! Con questo caldo poi… magari anche una bella granita al caffè!
E poi… al cinema è appena uscito l’ultimo film di Tom Cruise!
Tom Cruise, capisci?

Capisco benissimo! Definirlo il suo attore preferito è riduttivo. Fondamentalmente è l’amore della sua vita...
(Rassegnati Stefano, è così.)
E proiettare un film in cui lui è protagonista a una sola settimana dal compleanno di Sara…beh…
immagino non potessero farle un regalo più bello.
Non vedrà l’ora di vederlo e…
Oh no! Aspetta! So cosa sta per chiedermi e la risposta è NO!
Ciandiamociandiamociandiamo?
Ecco appunto.
Stefano non ne vuole sapere.
Ha tutta la mia comprensione.
Alle volte proprio non lo capisco.
Fammi sapere al più presto
Un bacione
p.s. chissà quanti ragazzi carini avrai conosciuto oggi ai corsi di inglese…
non voglio sapere niente, mi dirai tutto quando ci vediamo!

Sigh.
Povera illusa.
Non sa cosa la aspetta.
Comunque anch’io ho una gran voglia di uscire e, Tom Cruise a parte, ho bisogno di distrarmi un po’.
Ci mettiamo d’accordo e di lì ad un’oretta sono sulla strada per casa sua.
Mentre ci incamminiamo verso il centro le racconto di questa prima giornata di corsi.
Le parlo dei compagni, di Clara e… sì, anche di Edoardo.
“Davvero ha bloccato la porta con un chiodo?! Non ci posso credere!”
“Eppure è così, ho come compagno un potenziale vandalo.
Ahahahahah non so immaginare cosa architetterà per il giorno degli esami… allagare la scuola? Darle fuoco?”.
“YYuuu-uuuu lo voglio conoscere per esprimergli tutto il mio appoggio! Quando pensi di presentarmelo?”.
Mi strizza l’occhio.
“E se poi è anche un bel ragazzo…”.
“Sara! Tu hai già un ragazzo! Il nome Stefano ti dice niente?”.
Alza le spalle, un’ ombra di tristezza negli occhi.
“Ieri abbiamo litigato…alle volte è così noioso!”.
Scuote la testa come a voler mandare via quel pensiero.
La conosco troppo bene per non capire che vuole evitare di parlarne,
almeno per ora.
Ricominciamo a parlare del mio corso.
Sara si volta verso di me sorridendo.
“Però non ho ben capito questa storia dei soprannomi, davvero ti ha chiamata AnnaPanna?”.
“Lasciamo stare che è meglio… di tutti i soprannomi possibili… ”.
“Ahahahah non oso immaginare che occhiata devi avergli lanciato!
Non sa cosa lo aspetta. Chi è stato l’ultimo a osare tanto?”
“Se non mi sbaglio Simone, in terza elementare… ”
Ridacchia.
“È vero! E tu eri tanto arrabbiata che all’intervallo con un calcio hai spedito la palla rossa tra i rami della quercia…
a dire il vero penso sia ancora lì, come monito per la posterità. Quanti ricordi!”
“Proprio! Sapessi quindi che piacere sentirmi chiamare di nuovo così dopo tutto questo tempo.
Ma già! Dovevo aspettarmelo: quando si ha a che fare con dei lattanti… ”
Arriviamo davanti al cinema. Il gelato è stato rimandato a dopo il film.
Due ore di complotti, inseguimenti, esplosioni e sparatorie ci aspettano!
Enjoy.
Abbiamo dei buoni posti, esattamente al centro del cinema, e tanto spazio per distendere le gambe.
Il film non è nemmeno tanto male e io e Sara passiamo la maggior parte del tempo a congetturare
su chi possa essere la mente di una stranissima società segreta che…
Beh avete capito, nonostante il mio scetticismo iniziale alla fine ci siamo divertite.
Quando usciamo dal cinema abbiamo un brivido, fa più freddo e tira vento.
Decidiamo comunque di non rinunciare al gelato.
Pessima idea.
Appena comprati iniziano a squagliarsi a una velocità davvero notevole e finiscono per impiastricciarci le mani.
Del gelato macchia la maglietta preferita di Sara che inizia a dare in escandescenze.
Immaginatevi la scena… due ragazze in maglietta e pantaloncini,
un gelato che si scioglie in mano,
il buon umore inizia ad incrinarsi.
Non vi sembra manchi qualche cosa?
Ma certo!
Pioggia!
Giusto per non farsi mancare niente il tempo peggiora sempre di più e di lì a poco inizia a cadere una pioggerella fitta e insistente.
Ora, ditemi voi come si può aprire un ombrello (sì, miracolosamente ho un ombrellino un po’ scassato nella borsa:
la preveggenza di mia madre non conosce confini!) con le mani tutte appiccicose di gelato.
Semplicemente non dovrebbe capitare!
Ci ripariamo per un po’ sotto i portici sperando che passi in fretta.
Non passa.
Semmai peggiora.
Mai visto un cielo così nero a luglio.
Alla fine, non potendone più decidiamo di tornare comunque a casa.
O almeno di provarci.
La pioggia si è fatta davvero fitta adesso e il vento ci versa addosso scrosci di acqua gelida.
“Brrrrin!”
Un messaggio sul cellulare. Ma proprio ora?!
“Messaggio da Davide”
Ho provato a chiamarti a casa ma mi hanno detto che eri uscita.
Quando ho saputo che anche Sara era fuori ho fatto due più due.
È riuscita a convincerti ad accompagnarla al cinema, vero?
Così ora siete fuori e piove a dirotto… tipico! Ahahahah
State bene? Avete un ombrello?
Vi sto venendo incontro, ho con me un ombrello in più, spero basti.
Sto andando al solito posto, ci troviamo lì.

Aah, Davide! Semplicemente il mio migliore amico insieme a Sara.
Noi tre siamo cresciuti insieme, condividendo tutto come fratelli.
Siamo inseparabili e ci vogliamo davvero bene.
Lo troviamo lì, appoggiato ad un muro,
il cappuccio calato sui capelli castani sempre spettinati,
ha con sé un sacchetto e l’ombrello promesso.
Ci vede arrivare e si avvicina sorridendo…
un sorriso ironico.
“Tipico! Solo voi poteva… ”
Io e Sara ci guardiamo, un lampo di intesa,
lei gli toglie il cappuccio, io gli scompiglio i capelli.
Non lo sopporta.
“Ehi, ma che… Basta! Basta ti dico!”
“Solo se smetti di sfottere”
“Va bene, va bene mi arrendo…”, sorride “anche se…”
“Come scusa?”
“Niente, pensavo ad alta voce”
“Ah ecco!”
Bofonchiando tira fuori dal sacchetto tre bicchieri pieni di caffè caldo.
Lo guardiamo come si guarderebbe un angelo.
“Lo so, mi adorate! Sono un genio e siete fortunate ad avere me come amico”
“Ma soprattutto ti ammiriamo per la tua impareggiabile modestia”
Sara alle volte se ne esce con queste frasi, significa che è di buon umore.
Scoppiamo a ridere, Davide ci prende a braccetto e tutti e tre ci avviamo chiacchierando verso casa.


Mars_time:
Rieccomi qui!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Se vi fa piacere lasciate un commento, ovviamente sono benvenute tutte le recensioni,
anche quelle negative.
I vostri consigli sono preziosi, sappiatelo!
Ci si vede con il prossimo capitolo!
Bacimusicali a tutti!

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Capitolo 5
*** 5. Singing in the rain ***


Ciao a tutti!
Ecco qui il nuovo capitolo!
Spero vi piaccia come è piaciuto a me mentre lo scrivevo.
Buona lettura, ci vediamo giù!

 

Live your life
 

5. Singing in the rain.
 

Arriviamo a casa di Sara.
Il tempo non ha fatto che peggiorare per tutta la strada.
Io e Davide non vediamo l’ora di tornare a casa ma Sara è di diverso parere.
“Fermatevi almeno cinque minuti!
Prepariamo del thé e ci sono anche i biscotti al cioccolato che ho fatto ieri.
Dai su, i miei biscotti al cioccolato! Non potete dirmi di no.
Siete mezzi congelati, Davide almeno ha la felpa, la tua maglietta invece è tutta bagnata. Piove troppo, non potete andare.
Non voglio avervi sulla coscienza”.
Cerco di reprimere un sorriso
“Saremo prudenti mammina, prenderemo la strada più veloce e non ci cacceremo nei guai, promesso”.
E Davide, con tono poco rassicurante,
“Sgancia i biscotti”.
“Non sto scherzando! Siete degli incoscienti”
Lui si volta verso di me fingendo di essere sorpreso
“Non hai tutti i torti, più parla più assomiglia a mia madre!”
Finalmente riusciamo a strappare un sorriso a Sara.
Con un tono irritato che non convince nessuno conclude
“Va bene, andate se volete, poi non dite che non vi avevo avvertito!”
“Okay! Ciao Sarina, appena siamo a casa ti chiamiamo. Buona serata!”
Sara ha ancora un’espressione accigliata mentre chiude la porta.
Davide, rimasto chiuso fuori, emette un lamento inarticolato degno di un uomo in agonia.
“Ma… i biscotti?!”
Gli do una pacca sulla spalla, con fare comprensivo.
“Dai Davide, a casa ho ancora un po’ di gelato, credo basti anche per il tuo appetito insaziabile”.
Ritorna baldanzoso, poi ci ripensa.
“Solo per me? E tu?”
Gli strizzo l’occhio.
“Penso di averne avuto abbastanza per oggi”.
Usciamo e ci avventuriamo in questo universo liquido che è la città quando piove.
Camminando finiamo il caffè e ci sentiamo in pace con il mondo.
Ci divertiamo a saltare le pozzanghere, parliamo e ridiamo, così, senza pensieri.
Decidiamo di tornare a casa provando una scorciatoia, o meglio,
scegliendo una strada che crediamo più breve ma che, senza saperlo,
ci porta ben lontano dal nostro obbiettivo fino quasi a farci perdere.
Costeggiamo i muri delle case per cercare un po’ di tregua dalla pioggia.
Fa davvero freddo ora.
Svoltiamo un angolo e arriviamo ad una piazzetta.
Al centro, attraverso la fitta cortina di pioggia, salta all’occhio una vecchia giostra per bambini, illuminata da mille lucine,
piccolo faro colorato in mezzo al grigiore della città.
Il proprietario deve essersi concesso una pausa perché non c’è nessuno.
Decidiamo di fermarci per un po’ sotto la sua tettoia.
Posiamo gli ombrelli e ci facciamo strada tra cavallini di plastica colorata e strane creature sorridenti.
“Dove ci sediamo? Che ne dici di quei delfini arancioni?”.
“Non credi di essere un po’ troppo cresciuto per queste cose?”
Risponde col tono di un uomo arrivato, dopo molti anni di meditazione, ad una grande verità.
“Crescere è una colossale fregatura”.
Lo guardo con finto stupore.
“Non sapevo avessi cambiato nome!”
Mi guarda senza capire.
“Eh?”
Scoppio a ridere.
“Peter Pan!”
Alza gli occhi al cielo e poi… mi sorride.
“Anna, sei pessima!”
“E io che volevo farti un complimento… Peter è il mio preferito.”
Il sorriso di Davide si allarga e diventa malizioso.
Per esperienza diretta so che ne sta escogitando una delle sue.
“Davvero? Mi dispiace tanto, scusami… Wendy!”
“Giglio Tigrato per favore, è molto più tosta!”
Il suo braccio si posa sulle mie spalle, la voce ironica e affettuosa insieme.
“La mia tigrotta…”
Lo guardo con tanto d’occhi, stupita.
“Come?”
Forse ha frainteso le ragioni del mio stupore perché subito si affretta
a spiegare:
“Ma sì, giglio TIGRATO, tigre, tigrotta.”
Gli lancio un’ occhiata dubbiosa.
“Forse hai preso un po’ troppo freddo…”
Sorride ironico.
“Non sto delirando per la febbre, se è questo che intendi”.
“Eh, non si sa mai con te!”
Sbuffa.
Poi si illumina in volto e prendendomi per mano mi guida verso
una piccola macchina dai colori sgargianti e dalla forma bizzarra.
“Ho trovato! Questa è perfetta!”
Saliamo e davvero somigliamo a due bambini entusiasti in un Lunapark.
Dai finestrini si vede la pioggia cadere a catinelle,
sembra davvero di essere in viaggio.
Rimaniamo per un po’ in silenzio, Davide è il primo a parlare
“È tutta la giornata che voglio chiedertelo, per questo ti ho chiamata oggi pomeriggio… Allora, come è andato il primo giorno di corsi?”
Mi aspettavo questa domanda ma nonostante tutto esito un attimo di troppo nel rispondere
“Tutto bene. Niente di che”.
Ride.
“Non crederai davvero di darmela a bere! Allora? Racconta”.
Mi dà una piccola pacca incoraggiante sulla spalla
“Di’ tutto al tuo vecchio! Prima di iniziare, però, hai già qualche amica che mi vuoi presentare?”
Gli lancio un’occhiataccia e lui scoppia di nuovo a ridere.
Racconto una volta di più di Clara e di Edoardo, li descrivo, cerco di dargli un’idea dei loro caratteri, almeno di quel poco che ho potuto osservare io stessa.
“È ufficiale, ho intenzione di chiamarti AnnaPanna per sempre”.
Alzo gli occhi al cielo.
“Di tutto quello che ti ho raccontato ti è rimasto in mente solo il soprannome che mi ha dato quel…quello…”.
“Scemo?”
“Peggio”.
“Se ti può consolare mi è rimasta in mente anche la descrizione della tua amica… si chiama Clara, vero?”
“Ti odio!” ma lo dico ridendo.
Ora però si fa pensieroso.
“Comunque quel ragazzo…Edoardo giusto? Lo conosco, non è esattamente un tipo che definirei affidabile, stacci attenta”.
Sorrido.
“Se ti conoscessi di meno penserei che sei geloso”.
Si blocca per un attimo, colto alla sprovvista, poi scrolla la testa e mi sorrride.
“Comunque stai correndo troppo con l’immaginazione. L’ho conosciuto solo oggi e non mi piace. Per ora non ho nemmeno motivi per trovarlo simpatico. Quindi non ti preoccupare”.
Gli lancio un’occhiata maliziosa
“E poi lo sai che sei tu il mio preferito”.
“Ovvio, tutti mi adorano, sono splendido”.
“…”
Ci guardiamo in faccia, perplessi.
“Mmmmh! Inizio a sospettare che in quel bicchiere ci fosse qualche cosa di più del semplice caffè, sei d’accordo?”.
“Credo tu abbia ragione! Stiamo dicendo più sciocchezze del normale, direi che è notevole visti i nostri standard”.
A quanto pare però nemmeno il caffè “diluito” (tutt’ora non ne siamo sicuri) impedisce a Davide di tornare per un momento serio.
“Va bene, lo so che sai badare a te stessa ma… non dargli troppa confidenza, okay?”
Reprimo un sorrisetto: è entrato nella fase “fratellone preoccupato”.
“Senti, ho già due genitori che si prendono cura di me, non c’è bisogno che anche tu mi faccia da tata, davvero”.
Cala il silenzio, Davide si sta stiracchiando.
Io mi giro un attimo per guardare fuori.
Smetterà mai di piovere?
Quasi subito un forte rumore mi costringe a voltarmi.
Il mio aspirante babysitter, nel tentativo di scendere dalla macchina, ha impigliato un piede in qualche gancio ed è caduto rovinosamente a terra.
Non ce la faccio, è più forte di me, scoppio a ridere e non riesco più a smettere.
Anche Davide inizia a ridere ma subito smette, con una smorfia.
“Vieni ad aiutarmi invece di stare lì a rotolarti dal ridere!
Spero ti venga il singhiozzo!”
Sempre ridendo lo aiuto a rimettersi in piedi.
“E io che spreco il mio tempo a darti consigli! Non riesco nemmeno ad uscire da un’automobile giocattolo senza spezzarmi qualche costola!”
Stiamo ancora ridendo mentre riprendiamo i nostri ombrelli e scendiamo dalla giostra.
Man mano che ci avviciniamo all’angolo della piazza, arrivano sempre più chiare fino a noi le note di una canzone allegra che vengono, forse,
dalla radio di qualche abitazione.
Davide mi fa fare una piroetta
“Mademoiselle, mi concede questo ballo?”
“Con molto piacere Sir”.
“Sir è inglese!”
“Come sei pignolo! Allora con molto piacere Monsieur… contento?”
“Oui”.
E come solo due adolescenti mezzi matti possono fare ci mettiamo a ballare e cantare per tutta la piazza seguendo la musica, sotto la pioggia.
Penso di non aver mai preso così tanta acqua in vita mia.
Ma ne è valsa la pena.
Ci accorgiamo che è tardi quando si accendono i lampioni.
Ci avviamo verso casa.
Davide vive nel mio stesso palazzo.
La sua casa è due piani più in basso della mia.
È già in programma che venga a casa mia per cena così ho solo il tempo per una doccia veloce prima di rivedermelo comparire davanti.
Mentre mi vesto penso a tutta questa giornata: al cinema con Sara, alle risate, al caffè caldo.
Mi balena davanti agli occhi il viso serio di Davide, quell’espressione insolita per lui, quasi preoccupata.
E poi la musica, i passi di danza sotto la pioggia, quella sensazione di libertà.
Un pomeriggio unico, perfetto, da ricordare.
Guardo la mia immagine riflessa nello specchio, sorrido sovrappensiero.
Speriamo solo non mi venga il raffreddore.



Mars_time:
Rieccomi qui!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
In questa parte volevo sviluppare meglio il tema dell’affetto esistente tra Anna e Davide, la natura della loro amicizia.
Voglio ringraziarvi per l’appoggio, il vostro interessamento mi incoraggia a scrivere.
Bacimusicali a tutti, ci vediamo con il prossimo capitolo!!


 

 

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