La generazione della ghiandaia imitatrice

di Ks En
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo L'esecuzione di Snow ***
Capitolo 2: *** La calma prima della tempesta ***
Capitolo 3: *** I tributi del 7 ***
Capitolo 4: *** Il viaggio ***
Capitolo 5: *** Capitol City ***
Capitolo 6: *** I tributi di carta ***



Capitolo 1
*** Prologo L'esecuzione di Snow ***


~~E finalmente eccomi qui, alla resa dei conti.                                                                                                        Incatenato ad un palo come un animale indifeso. Sento il sapore del mio stesso sangue in bocca e penso proprio che se sorriderò i miei denti assomiglieranno in tutto e per tutto a quelli di un vampiro, ma in fondo non sono stato un vampiro con tutta Panem? Gli ho succhiato via goccia per goccia la loro vita per tutti questi anni …                                                                                                                                                                    Alzo gli occhi e la vedo: Katniss Everdeen, la ghiandaia imitatrice, la causa di tutte le mie sventure e che ora mi darà il colpo di grazia. La guardo dritta negli occhi e scorgo in lei solo confusione e non ira: probabilmente non è ancora sicura che io nella serra le abbia detto la verità, ma non lo è neanche del contrario perché il suo sguardo passa da me alla presidente Coin, la donna che le ha portato via la sorella per i suoi ambiziosi scopi. Il mio sguardo cade su ciò che ha appuntato al petto: la spilla a forma di ghiandaia imitatrice, dalla quale ha avuto il suo nome … ah se sapesse di chi era prima che passasse a lei! La mia mente si distacca dal corpo e torno indietro nel tempo, più di 26 anni fa: l’anno prima della seconda edizione della memoria degli Hunger Games dove vinse il mentore di Katniss e Peeta: Haymitch, quel dannatissimo ubriacone!                                                                                                                                                                                                 Ecco, io penso che dopo la 49° edizione degli Hunger Games si sarebbe potuta scatenare una rivolta simile a questa … ma a quel tempo ero giovane, e avevo avuto la forza di prendere in mano la situazione … ma a che prezzo … a che prezzo …

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Capitolo 2
*** La calma prima della tempesta ***


Il sole sorge come sempre sul distretto 7 e mi accarezza il volto con i suoi tiepidi raggi. Si direbbe una giornata come tutte se non fosse che questo giorno è il GIORNO. Mio padre fa capolino dalla porta, fingendo che oggi sia come sempre … e io cerco di ricambiare ma ciò che mi riaffiora sulle labbra non è un sorriso, ne sono sicura, è più che altro una smorfia. Non so perché ma mi sento irrequieta, ma del resto chi non lo è nel giorno della mietitura? Ieri a scuola non riuscivo a concentrarmi su nulla. Mio padre mi scuote leggermente - Allora, Sciel, sei pronta? Io sospiro. – Sì, papà … prima possiamo andare … beh, tu lo sai. Lui annuisce. È da quando sono nata che lui si prende cura di me … in realtà abbiamo solo 19 anni di differenza: mia madre mi ebbe a 17 anni e con la sfortuna più grande del mondo venne estratta l’anno dopo per quegli stupidi Hunger Games … non contava che avesse una figlia piccola a cui badare, non aveva nessuno che si potesse offrire al suo posto. Ovviamente non sopravvisse neanche per un giorno in quello schifo di arena e visto che venne divorata da uno di quegli ibridi non ci venne restituito neanche il corpo, ma solo la sua spilla a forma di uccello: da allora la porto sempre, non mi lascia mai. In realtà quell’uccello non è un volatile qualsiasi: è una ghiandaia imitatrice. È il regalo di nozze che le fece mio padre. Lo aveva trovato durante il lavoro vicino al confine: era di due ragazzi di un altro distretto che stavano fuggendo lontano da Panem e tutto ciò che era legata ad essa, ma, purtroppo, proprio mentre mio padre aveva deciso di aiutarli anche se ogni abitante di ogni distretto è obbligato a non prestare alcuna attenzione alla gente appartenente ad un’altra area differente dalla propria, un grande vento aveva riempito l’aria e sopra le loro teste era comparso un hovercraft da cui si stavano calando alcuni pacificatori. La coppia lanciò verso mio padre la spilla dicendo che non doveva essere presa da Capitol City a nessun costo perché sostenevano che essa rappresentasse i loro sogni e il loro desiderio di creare una nuova vita insieme lontano da Panem. Prima che mio padre fosse riuscito a dire qualcosa i due erano già stati presi e trascinati dai pacificatori verso l’alto. Lui mi dice che mia madre ogni volta che stringeva quella specie di amuleto si sentiva pervadere dall’amore dei due sfortunati innamorati e che questo le dava forza e coraggio, secondo me per ora non ha portato fortuna a nessuno visto la fine che ha fatto anche lei … ma nonostante tutto mi trovo d’accordo con lei: anch’io penso che la spilla non sia una spilla come tutte le altre ma che abbia qualcosa in più. Mio padre è sceso al piano di sotto e starà sicuramente preparando qualcosa da portarci dietro là dove stiamo andando. Io scendo dal letto e mi pettino i capelli biondicci nel modo migliore, me li lego in due belle trecce abbastanza lunghe, poi afferro la mia felpa e i miei vecchi pantaloni e mi precipito di sotto. Lui è già sulla porta che mi aspetta con due fagotti in mano. Prima di raggiungerlo vado in cucina e apro un cassetto sotto alla bacinella che usiamo per lavare i piatti. Dentro di esso trovo la miriade di coltelli che ho conservato per tutti questi anni , frugo un po’ e tiro fuori il mio preferito con il manico in legno ornato con spirali incise nel legno e dipinto di nero. Insieme ad esso ne prendo altri tre senza fare caso a quali siano e me li infilo in fretta nella cintura, poi torno verso l’uscita e insieme a mio padre mi incammino sulla via principale. È ancora molto presto e nessuno si è ancora svegliato nel 7. Sembra di camminare in una città fantasma. Mio padre probabilmente nota la mia tensione e comincia a parlarmi per distrarmi un po’. – Allora, Sciel come vanno le cose a scuola? Io sbuffo e faccio spallucce – Come vuoi che vadano papà, va tutto bene. – Non me la racconti giusta!- Odio quando fa così: come fa a sapere se le cose vanno bene o male, insomma, non è mica un veggente! Visto che non gli rispondo decide che ha ragione e cerca di portare avanti la conversazione - Come vanno le cose con Ashton? Lui in realtà lo sa benissimo come vanno le cose con Ashton: non sono mai andate e mai andranno, del resto come posso piacere io al più bel ragazzo del distretto 7? Inutile provare a parlarne con lui … non capisce, per lui sono la ragazza più bella e intelligente del mondo. Intanto stiamo imboccando un viottolo che arriva vicino a un vecchio magazzino dove un tempo si accatastavano i tronchi per poi trasformarli in carta, ma dopo un guasto al tetto (per metà è crollato) e dopo che venne accertato che il materiale con cui era fatto era materiale di scarto e poco sicuro è stato abbandonato. Io e mio padre da allora lo abbiamo usato insieme ad altre due famiglie (i Robertson e i Godrickeye) come “centro addestramento”. Quando entriamo vediamo che oltre a noi ci sono anche Fil Godrickeye e Maryl Robertson, sono entrambi più grandi di me e stanno insieme da tempo. Fil se la cava con il fucile e Maryl con l’arco ed entrambi stanno facendo esercizi per migliorare la mira davanti a due bersagli diversi. Senza dire niente mi preparo posizionandomi davanti al mio bersaglio e comincio a lanciare il primo coltello che si va a conficcare non lontano dal centro. – Allora? Come va?- Comincia a chiedermi Maryl. – Come tutti gli altri anni, Maryl, non vedo l’ora che finisca questo schifo di giorno … - lancio il mio secondo coltello che si avvicina ancora di più al centro. – Beh, per lo meno non hai perso il tuo proverbiale buon umore!- Fil è sempre il solito cretino, di solito non do molto peso a ciò che dice ma oggi sono veramente dell’umore sbagliato. Lancio il coltello: centro perfetto, sono completamente assorta nei miei pensieri, penso che mio padre abbia fatto una delle sue battute perché sento gli altri due che ridono. Il rimbombo del fucile di Fil mi fa tornare in me stessa. – Su Sciel, torna tra noi! È come tutti gli anni, hai sempre paura che esca il tuo nome ma non succede mai! Io li guardo per un secondo e poi scuoto la testa tornando a guardare il bersaglio, poi, mentre prendo la mira dico: - Per voi è facile essere calmi e ottimisti: è il vostro ultimo anno! Ma io, anche se non venissi estratta in questo ho ancora due anni in cui vivrò tesa come la corda di un violino! Cerco di lanciare il coltello rimanendo lucida mentalmente ma il coltello va a piantarsi fuori dal bersaglio e va a conficcarsi nel legno di un vecchio tronco rinsecchito. Senza neanche accorgermene comincio a lacrimare: pensavo che stare qui mi aiutasse a liberare la mente e non pensare a ciò che avverrà fra poche ore, ma grazie a questi due sono più spaventata di prima. Maryl forse si è accorta di avere fatto qualcosa che non andava e viene ad abbracciarmi da dietro mentre io stavo per avventurarmi per andare a riprendermi i miei coltelli. – Scusa, è che non ci avevo pensato, ecco… Io mi divincolo e mi giro verso di lei, la guardo attentamente: occhi blu pervinca, pelle pallida, naso all’insù e capelli neri con delle bellissime sfumature che tendono a un blu - indaco. Io ho sempre sognato di essere bella come lei, ma purtroppo sono tutto il contrario di lei: capelli biondo-paglia, occhi marroni (così ordinari), pelle olivastra e il naso leggermente a patata, insomma, non sono il massimo della bellezza, forse è per questo che i ragazzi belli come Ashton non mi hanno mai notata … Mi asciugo con la manica della felpa l’ultima lacrima solitaria ce cade sulla mia guancia e annuisco. Riprendo i miei coltelli e torno nella mia posizione iniziale, poi chiudo gli occhi e applico il miglior metodo di concentrazione che conosco: chiudo gli occhi e stringo forte la spilla di mia madre spingendo il dito in corrispondenza del suo becco, poi ricostruisco nella mia mente il capannone nel suo completo e immagino me stessa mentre lancio il coltello, vedo il mio braccio che si alza, il mio polso che ruota e poi vedo il coltello che parte velocissimo come un’aquila in picchiata e si va a conficcare dritta nel centro del bersaglio. Apro gli occhi e imito tutto ciò che ho pensato, il risultato: il coltello dal manico nero si conficca rapidamente dentro il centro esatto del bersaglio. Quando questo succede di solito io mi eccito subito, e neanche questa volta faccio eccezione: prendo altri due coltelli e li lancio contemporaneamente, si vanno a conficcare al fianco del primo. Sorrido soddisfatta e sento qualcuno dietro di me che batte le mani: mio padre. – Brava Sciel, continua così! Dopo circa due ore che mi alleno iniziamo a tornare verso casa: Fil e Meryl sono ancora dentro che si allenano. Mio padre mi cinge le spalle con un braccio e mi scuote un po’, - Non devi avere paura, sai Sciel? Io alzo lo sguardo verso di lui e annuisco – Certo papà, non lo dimenticherò! Quando arriviamo a casa io vado al piano di sopra e mi infilo nella tinozza che usiamo come vasca. Dopodiché mi siedo davanti al nostro specchio incrinato e inizio a pettinarmi i capelli, poi me li intreccio in un’acconciatura non troppo elaborata e inizio a prepararmi per vestirmi. Metto un abito verde chiaro quasi azzurro con le maniche che mi terminano a sbuffo al di sopra de gomito, poi tiro fuori delle vecchie scarpe ancora in buono stato di mia madre e le indosso. Poi comincio a guardarmi allo specchio e mi fisso per venti minuti buoni. Quando decido di scendere trovo mio padre che mi sta aspettando per andare: la mietitura è ormai vicina. Prima di andare però mi appoggio un attimo al muro e fingo di avere un bel capogiro. Mio padre si avvicina e mi chiede se sto bene. – Sì, è solo un piccolo giramento, niente di che … tu vai avanti e aspettami all’albero squarciato: ci troviamo lì. Lui annuisce e si incammina verso l’uscita. Quando vedo chiudersi la porta corro verso la piccola credenza in legno e apro la piccola anta: qui mio padre tiene gli alcolici. Velocemente prendo le bottiglie che vedo e corro sul retro, nel piccolo cortile. Scavo una piccola buca e ci ficco le bottiglie: se per caso venissi estratta so benissimo che cosa farebbe, lo ha già fatto quando è morta mamma, solo che questa volta non ci sarà la nonna che lo tratterrà. Ricopro alla svelta la buca e raggiungo mio padre. Lo trovo seduto sull’albero squarciato, chiamato così per il fatto che un tempo era stato colpito in pieno da un fulmine e si era letteralmente squarciato in due parti perfettamente identiche. – Tutto ok? Io allargo le braccia e gli rispondo: - Non temere: non sono un fantasma! Lui ride e mi porge il braccio: - Credi che sarei scappato via urlando? - Come un matto!- esclamo io mentre mi appendo a lui ed insieme ci incamminiamo verso il centro del distretto. Di solito anche se sono nervosa alla fine penso che tutta la mia paura sia stupida e insensata, ma non oggi: oggi una strana sensazione mi attanaglia lo stomaco e non mi abbandona mai, e in cuor mio so che tutto questo non è solo un malessere casuale arrivato nel momento più sbagliato che ci potrebbe essere!

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Capitolo 3
*** I tributi del 7 ***


Ecco, ormai ci siamo. Mio padre mi tiene stretta la mano così forte che mi fa male: forse anche per lui quest’anno non andrà come previsto. Sto così male che quando passiamo vicino a un secchio pieno di immondizia non aspetto neanche che mi venga dato il permesso e ci vomito dentro. Mio padre mi guarda con un’espressione assente :- Almeno non hai sporcato il vestito!- Non è una delle sue solite battute, io mi limito a pulire con il braccio ciò che mi è rimasto attaccato alle labbra e annuisco. Ormai siamo vicini alla piazza principale. Quando arriva il momento di separarci lo stringo forte e solo in quel momento mi accorgo che sto piangendo, perché la sua camicia è completamente zuppa. – Adesso basta Sceil- cerca di sorridermi – Andrà come va tutti gli anni… Ora sta piangendo anche lui e l’unica cosa che mi viene in mente è che ho fatto bene ad aver nascosto le sue bottiglie di vino in cortile. – Ehi, mi sa che hai ragione Nesh – mi meraviglio di me stessa: non lo chiamo molto spesso con il suo nome. - È solo agitazione … non ti preoccupare, ora devo andare. Ma ti prometto che non mi estrarranno e che stasera festeggeremo come tutti gli anni, ok … papà?- Lui si limita a sorridere e corre via. Mi volto verso il banco dove una signora di mezz’età mi sta aspettando con aria impaziente tendendomi la mano per registrarmi. Io mi aggiusto le pieghe del vestito è mi avvicino porgendole il dito. Lei mi sorride e mi indica di allontanarmi. Sento dietro di me qualcuno che sta ridendo, quando mi giro per poco non mi viene un colpo: è Ashton. Sta parlando con un ragazzo e ogni tanto mi indica. Io mi limito ad arrossire e a voltarmi. A un certo punto arriva sul palco drappeggiato di verde la rappresentante di Capitol City che ha il compito di estrarci: Nisha Mirvin. Quest’anno ha uno stile molto raffinato: capelli di un giallo canarino con meche che vanno da tinte scure di blu a un verde acqua davvero improbabile e che le ricadono sulle spalle per poi fare un’arricciatura verso l’alto; indossa un tubino verde scuro con sopra una scia di strass di un verde un po’ più chiaro, il volto è come al solito pallido e porta un rossetto straordinariamente rosso. Il risultato? Sembra più una bambola che una persona, ma la cosa che odio di più di lei è la sua vocetta: è così dolce ma allo stesso tempo finta, lo sappiamo tutti che in realtà Nisha odia chiunque non sia di Capitol City, neanche le persone dell’1. Ora apre la bocca e comincia il solito discorsetto (forse l’ha imparato a memoria) che ci ripete tutti gli anni. – Benvenuti all’estrazione miei cari ragazzi- e qui fa una pausa sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi con denti così bianchi che non sembrano neanche veri – Sono curiosa di sapere chi sarà eletto per rappresentare tutti VOI ai 49 Hunger Games! Ora, come tutti sapete gli Hunger Games vennero creati molti anni fa da illustrissimi personaggi di Capitol City per evitare che qualche sciocco sconsiderato possa creare una nuova rivolta che ci faccia ripiombare negli anni bui … - Va avanti così per altri 10 minuti fino a che, avendo esaurito i suoi più che interessanti argomenti di conversazione, finalmente si decide a dire: - Ma non facciamo attendere nessuno ancora di più ed estraiamo i nostri tributi! Ci siamo: sento ancora quella strana sensazione e provo in ogni modo a non vomitare di nuovo. Nisha volteggia sul palco e si accosta all’urna delle ragazze. Vedo la sua mano che sfarfalleggia sui biglietti e ne pesca uno. Tutto intorno a me si blocca e mi volto verso il fondo della piazza: mio padre si è sporto sulla ringhiera ed è tutto orecchi. La voce mielosa della Mirvin pronuncia il mio nome :- Sciel Naison! Improvvisamente non sento più le voci intorno a me, il mio respiro si mozza e sento un nodo alla gola: oh mio Dio sto soffocando! Le mie mani cercano sul petto la spilla di mia madre e la sua presenza mi calma molto. Ma in realtà, mentre salgo sul palco, l’unica sensazione che ho è una sensazione di calma. Poi il mio sguardo torna su mio padre e lo vedo che mena pugni a due pacificatori tentando in ogni modo di raggiungermi. Io gli lancio uno sguardo severo e faccio segno di no con la testa. Mi volto verso Nisha e cerco di sorridere ma ciò che mostro è la faccia più spaventata che ci possa essere. Non ho mai provato questa sensazione: tutti gli occhi della popolazione del distretto 7 sono su di me, questo non mi era mai successo, di solito sono letteralmente invisibile. Ma ora, ora che devo morire nell’arena, tutti si accorgono che esisto e c’è persino qualcuno che piange … avevo sempre sognato di essere guardata così, ma non di certo per questo motivo! Forse era meglio se fossi rimasta invisibile, ma viva. Nisha mi squadra un attimo e poi esclama :- Ma certo! Sedici anni fa … tu sei la figlia di Liz Naison! Sei precisa identica a lei, ah quanto ho pianto quando è stata estratta … Ma ora non pensiamoci ed estraiamo il nostro ragazzo, eh? Il mio sguardo si solleva sull’immensa folla e noto che tutti stanno guardando Nisha con odio … più del solito, ma lei non sembra neanche farci caso e continua a rimescolare i bigliettini con i nomi dei ragazzi. Finalmente si decide e ne prende uno collocato abbastanza in profondità, lo apre e legge il nome :- Ashton Lisgam! Mi blocco con le mani sulla bocca: che cosa? Forse ho sentito male … Del resto da quando il mio nome è stato estratto temo di non sentire molto bene. Ma ciò che più temo si conferma quando vedo Ashton che si fa largo tra la folla camminando con passo un po’ barcollante. Quando finalmente è faccia a faccia con me sul palco noto che è ancora più spaventato di me e mi fissa con lo sguardo perso. I suo occhi azzurri si specchiano nei miei ed è come se tacitamente mi chiedesse cosa deve fare, poi subito un lampo li trapassa e lui scosta in un attimo il capo da me e si volta verso la folla. Lo imito: una miriade di ragazze piangono perché è stato estratto e mi guardano con odio. Come se avessi scelto io di lottare fino alla fine con il ragazzo di cui ho una cotta e che potrebbe uccidermi senza alcuna pietà. La folla è tutta agitata e vedo che oltre a mio padre si sono uniti anche i genitori di Ashton nella lotta contro i pacificatori. Poi uno di loro spara tre colpi a vuoto come per avvertimento e ogni cosa si calma, rimane solo mio padre che urla come un matto il mio nome imprecando contro Capitol City. Poi si calma anche lui. Nisha, che era stata presa da un’improvvisa paura e si era nascosta dietro a un’urna si aggiusta i capelli velocemente e dà un buffetto sulla guancia di Ashton, che subito si scosta infastidito e non la guarda nemmeno, con il suo solito atteggiamento un po’ spaccone. Lei non ci fa molto caso: ormai quello è per lei uno dei tanti gesti meccanici che fa ogni anno. – Ma che bel ragazzo che sei … Ashton, giusto?- sembra che il fascino di Ashton abbia influenzato anche lei! Lui sembra non farci neanche caso, deglutisce e torna ad avere lo sguardo perso di prima. Passa il minuto di silenzio consueto dopo l’astrazione dei tributi del 7, come un tacito addio che tutto il distretto ci manda e lo assaporo fino in fondo perché so che sarà l’ultimo momento che passerò tra la mia gente. Purtroppo, come tutte le cose belle, finisce troppo presto. Nisha prima di farci chiudere dentro le stanze dove i nostri amici e parenti verranno a salutarci ci dice gentilmente :- Che ne dite di una bella stretta di mano per augurarvi reciprocamente buona fortuna? Non ho avuto mai un vero contatto fisico con Ashton se non quando ci scontriamo a volte per i corridoi della scuola, quindi gli porgo la mia mano lentamente e temo che non si accorga che trema leggermente. Ma proprio in quel momento lui fa una cosa veramente inaspettata: spinge via la mia mano e fra la confusione di tutti mi stringe forte abbraccio caloroso e rassicurante. Mi sussurra all’orecchio :- Andrà tutto bene, Sciel, fidati di me!- Sono completamente pietrificata e quelle parole mi fanno tremare. Poi penso che ci abbia pensato velocemente a questa trovata, per avere subito degli sponsor … ma qualcosa nel suo tono di voce mi fa cambiare idea, colgo vera disperazione nelle sue parole e decido che mi fiderò di lui finché avrò vita nell’arena. Pian piano mi stringo a lui e mi sento subito pervasa da una bellissima sensazione. Mi sento completamente persa quando infine lascia quella stretta inaspettata. Mi giro con uno scatto verso la folla e vedo che è tutta ammutolita. Poi capisco che l’angoscia ha il sopravvento: mi giro e vomito di nuovo, solo che il bersaglio non è più un contenitore in lamiera ma il tubino verde di Nisha, che comincia ad urlare disgustata. Vengo presa gentilmente per il braccio da un pacificatore che mi porta dentro la stanza, che io chiamo degli addii e mi lascia lì chiudendo la porta. Io avvicino la mano al petto e sento il mio cuore palpitare velocemente. Sospiro. Malgrado la situazione terribile, penso che il mio sogno d’amore forse stia diventando realtà … peccato che o Ashton o io o entrambi non usciremo mai vivi dall’arena.

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Capitolo 4
*** Il viaggio ***


Finalmente la porta si apre e sento qualcuno che dice :- Ok, hai solo tre minuti. Mio padre entra nella stanza e mi stritola in un forte abbraccio. Non sta piangendo ora: non vuole spaventarmi ulteriormente. – Sciel … - la sua voce trema quando pronuncia il mio nome – Promettimi che non morirai, che lotterai … non posso sopportare l’idea che tu finisca come Liz … Usa quello che hai imparato insieme a Fil e Meryl: sei bravissima con i coltelli. – Ehi, - comincio io – andrà tutto bene, sì, ce la farò, per te e per la mamma. Gli accarezzo amorevolmente i capelli: sembro io il genitore e lui il figlio. – E papà, se io … insomma non ce la facessi, promettimi che non rimarrai mai solo, che ti troverai una nuova famiglia: ne hai tutto il diritto Nesh. Lui mi guarda e scuote il capo – Mai! Tu e Liz siete e sarete sempre la mia famiglia. La porta si apre e mio padre deve uscire, mi dice solo :- Porta con te la spilla, ti prego. Io urlo contro la porta :- D’accordo, ti voglio bene papà! Dopo di lui arrivano anche Fil e Meryl, mano nella mano, per un breve saluto. Mi stupisco nel pensare che probabilmente non rivedrò mai più nè loro nè mio padre. Però non piango: devo essere coraggiosa. Dopo poco mi vengono a prendere per portarmi verso il treno diretto a Capitol City. Appena entro mi ritrovo immersa nel lusso più sfrenato e stento a crederci. Poi il mio sguardo si posa su un piccolo divano: Ashton è già seduto lì sopra e appena mi vede mi fa cenno di sedersi accanto a lui. Io indugio solo per un attimo e poi mi accomodo. Non diciamo niente e ci scambiamo solo sguardi fugaci per poi subito distoglierli imbarazzati. Le porte del treno si aprono ed entra Nisha che indossa un nuovo abito questa volta di un colore più vicino al blu zaffiro, l’altro si deve essere rovinato irreparabilmente. Cerco di non guardarla. Lei non sembra essersela presa troppo a male per l’accaduto. Si accomoda su una poltrona di fronte a noi e mi porge un bicchiere contenente un liquido di un insolito colore viola tendente al rosso. – Per evitare altri spiacevoli incidenti … ehm … tecnici.- Dicendo questo storce il naso. Forse ripensandoci potrebbe essersela veramente presa con me. – Grazie – lo bevo subito senza pensarci troppo sù. Sa di frutti di bosco e mi pizzica un po’ la gola ma effettivamente sembra farmi bene: la nausea scompare. – Com’era?- mi chiede Ashton. Io mi giro verso di lui e gli rispondo solamente – Maglio di come immaginavo. Lui sorride. Il suo sguardo si posa sul finestrino alle spalle di Nisha. Io lo imito: davanti a noi sfilano le foreste infinite del distretto 7 e ad entrambi si inondano gli occhi di lacrime: questa, almeno per uno di noi, è l’ultima volta che vedremo il nostro distretto. Nisha comincia a parlare a ruota libera di tutto ciò che può essere più futile in questo momento e io sto considerando attentamente l’idea di ficcarle in bocca uno di quei bellissimi soprammobili disposti ordinatamente su un piccolo scaffale al mio fianco. Appena capisce che né io né Ashton la stiamo ascoltando, lei tace e si defila tutta imbarazzata. Temo che non capirò mai cosa passi per la testa di quella donna. Ashton si gira verso di me :- Allora, Sciel, come ti senti?- sinceramente sono ancora convinta per metà che sia tutto un sogno. – Beh, che ne pensi? Stiamo sfrecciando a velocità supersonica verso la nostra morte imminente, io non penso di potermi sentire bene, non trovi? - Temo che tu abbia ragione, è che…- mi pento in un solo secondo per quello che gli ho detto e gli chiedo subito scusa. – Non fa niente… tu sai come usare un’arma, cioè, tu hai mai combattuto? Io gli rivelo la mia abilità come lanciatrice di coltelli, lui mi spiega che non ha mai imparato a usare un’arma. – Non ti preoccupare, ti insegneranno qualcosa al centro addestramento immagino. Mi abbraccia di nuovo, io non so come reagire e mi divincolo. In quel momento la porta si apre ed entrano Nisha e un’altra donna molto muscolosa e atletica: è Bonnie Lisman, il nostro mentore. Ci stringe la mano e si siede di fronte a noi. – Ciao Sciel, ciao Ashton, io sono la vostra mentore: Bonnie Lisman, ma voglio che voi mi chiamiate semplicemente Bonnie.- Ci sorride, ma con un sorriso mesto. Io cerco subito di chiederle le cose più disparate: quanto durerà l’allenamento, come possiamo farci alleati degli altri distretti, come ottenere sponsor. Lei mi zittisce subito sollevando la mano. – Tesoro: fai troppe domande. Io vi aiuterò come posso, ma anche voi vi dovrete impegnare, lottare e soprattutto mai e poi mai mostrare pietà verso agli altri avversari.- Dicendo questo solleva la manica della camicetta e mostra una lunga cicatrice che, da quando ha vinto dieci anni fa gli Hunger Games, è diventato il suo marchio distintivo. Visto che le serpeggia dall’alto verso i basso del braccio la chiamano la cicatrice del serpente. Tutta Panem sa come se l’è procurata: aveva dato soccorso a un ragazzino di tredici anni nell’arena, il piccolo aveva avuto uno scontro con un altro tributo ed era rimasto in fin di vita in bella vista. Lei si era avvicinata per aiutarlo e lui per tutta risposta l’aveva ferita brutalmente con un chiodo arrugginito tirato fuori non si sa bene dove. Fatto sta che quando venne tirata su dall’hovercraft aveva seriamente rischiato di perdere il braccio. Tento di distogliere lo sguardo dalla cicatrice che dal vivo è ancora più disgustosa di com’è in televisione. Lei deve averlo capito perché tira di nuovo giù la manica della camicetta soddisfatta del risultato ottenuto. Passiamo tutto il pomeriggio parlando per conoscerci meglio e così imparo anche qualcosa in più sul carattere di Ashton: ha dei modi un po’ bruschi e goffi, ma in fondo capisco che ha buone intenzioni. Inoltre ho passato il tempo a fissarlo negli occhi: accidenti, sono bellissimi, così azzurri quasi tendenti al blu, dolci. Ovviamente ogni volta che si volta io distolgo lo sguardo un po’ imbarazzata. Arrivato il momento di andare a letto mi saluta e scompare nella sua stanza. Quando entro nella mia rimango a bocca aperta per lo stupore: lusso ovunque, i miei occhi quasi mi fanno male. Mi siedo sulla trapunta del letto e chiudo gli occhi. Tento di fare un sommario di questa giornata che non sembra volere finire: mi sono svegliata come tutte le mattine all’alba, come sempre sono andata ad allenarmi con Fil, Meryl e mio padre nel nostro capannone, sono andata alla mietitura, sono stata estratta insieme al ragazzo di cui sono sempre stata innamorata e ora ho appena fatto una conversazione con una tipa stramba con una cicatrice a forma di serpente sul braccio … fantastico! Quello che ancora non posso accettare è il fatto che dovrò uccidere persone, morire io stessa e forse … Scuoto il capo e mi rimetto a piangere. Odio piangere, ma a quanto pare oggi ho pianto più di tre volte. La porta della mia stanza si apre (dopo mi devo ricordare di chiuderla) e entra allarmato Ashton: si è tolto la camicia che aveva addosso e ha solo i pantaloni. Io deglutisco e mi asciugo le lacrime. – Che hai piccola?- mi chiede lui. – Beh, questa è stata una giornataccia direi … sono stata estratta alla mietitura, e come se questo non bastasse … - deglutisco prima di parlare, ma quando alzo lo sguardo verso di lui capisco che ho il coraggio di terminare la frase - … sei stato estratto anche tu. Lui sorride e mi si siede accanto – Sciel, davvero tu … - mi si avvicina e mette una sua mano intorno alla mia spalla. Io sollevo ancora di più il mio volto e improvvisamente le sue labbra s’incontrano con le mie. All’inizio non riesco bene a capire cosa mi succede: la mia mente si annebbia e non capisco più niente, finalmente il più grande tra i miei sogni si è avverato. Il suo bacio continua impetuoso e io non voglio che finisca mai. Mentre penso di essere la ragazza più fortunata del mondo sento un rumore che viene da qualche parte dalla stanza. Mi stacco per un attimo da Ashton per riprendere fiato e mi guardo intorno. Non vedo niente di sospetto e penso che sia tutto frutto della mia immaginazione. Lui si alza e con un sorriso trionfante mi augura la buona notte. – Buona notte Sciel.- Io mi alzo in piedi e mi avvicino per chiudergli la porta dietro alle spalle e ne approfitto per dirgli :- Buona notte anche a te Ashton. Lui si volta e mi schiocca un bacio sulla guancia. Vorrei che non se ne andasse mai. Purtroppo questo è impossibile. Chiudo la porta e sospiro appoggiandovi la schiena e poi mi lascio scivolare seduta sul pavimento. Adesso più di prima sono spaventata all’idea di andare a Capitol City. Mi rialzo scrollando le spalle. Questo treno è fantastico: c’è addirittura la doccia! Ne approfitto e mi concedo una buona mezz’ora sotto l’acqua calda: un lusso che a casa non mi potevo permettere. Poi mi incammino con un accappatoio rosa addosso verso il mio letto e, guardando sotto ai cuscini, trovo un pigiama della mia misura blu scuro. Me lo metto e poi mi infilo sotto le coperte. Chiudo gli occhi e in un attimo mi addormento. Nel sogno sono con mia madre nell’arena. Lei mi aiuta e mi dice dove devo andare. Ad un certo punto lei scompare in mille scintille rosse e una di esse va ad incastrarsi in un occhio della ghiandaia imitatrice che ho appuntata al petto. Mi ritrovo da sola in una radura in mezzo al bosco. Come per incanto la ghiandaia imitatrice spicca il volo e volteggia nell’aria mostrandomi due figure alle parti opposte della radura. Sono entrambe maschili. La ghiandaia imitatrice va a posarsi sulla spalla di una delle due figure e comincia a cantare. Io sto per andare verso di lei ma una voce mi fa voltare: è la voce di Ashton, e sembra in pericolo. Mi volto e inizio a correre verso di lui, il canto della ghiandaia imitatrice continua a confondermi ma io continuo a correre verso Ashton. Sono quasi arrivata a destinazione ma inciampo e cado in un precipizio. L’ultima cosa che mi ricordo del sogno sono gli urli strazianti di Ashton confusi con il canto della ghiandaia imitatrice. Mi risveglio tutta sudata e il mio sguardo ricade sulla mia spilla appoggiata accanto al mio letto, la prendo e la scaglio contro l’armadio che mi sta di fronte. Mi pento subito e corro a riprenderla riponendola con cura sul comodino e mi rimetto stesa sotto le coperte. Guardo l’orologio appeso proprio sulla porta: le 4 del mattino. Chiudo gli occhi tentando di riaddormentarmi. L’ultimo pensiero che ho prima di riaddormentarmi è che Ashton nell’arena correrà un grande pericolo e io dovrò aiutarlo anche se qualcosa me lo impedirà in tutti i modi: dovrò riuscire a raggirarlo per farcela. La mattina seguente vengo svegliata da Nisha che mi batte leggermente con la mano sulla spalla. – Forza dormigliona! Vieni a fare colazione. Io borbottando mi preparo. Cerco il mio vestito ma non lo trovo più: al suo posto torvo un paio di pantaloni attillati e una maglietta lunga con tanto di strass, appena me la metto non scordo di appuntarvi sopra la mia spilla. Mi pettino velocemente i capelli. Esco dalla mia stanza per tornare in quella dove ho passato il pomeriggio ieri: come immaginavo trovo già gli altri (Ashton e Bonnie) seduti al tavolo che mangiano la loro colazione. Io mi siedo accanto ad Ashton che mi chiede subito se sto meglio. – Bene, grazie Ashton. Bonnie mi guarda un attimo per poi tornare a mangiare il suo croissant fumante. – Spero che…- comincia a dire a bocca piena – Tu non ti metta a piangere per ogni singolo avvenimento negativo che ti succederà,vero?- Io sinceramente rimango un po’ stupita, chi le ha detto che ho pianto? Il mio sguardo corre verso Ashton che subito solleva le braccia al cielo :- Ah, non guardare me! Bonnie deve avere intuito che cosa sto pensando e si limita a dire :- Ashton non c’entra niente, sono passata per caso davanti alla tua porta e ho sentito tutto. A me non importa che cosa senti dentro di te, mi importa che tu non appaia agli occhi dei tuoi concorrenti come una debole, Sciel. Io rimango a bocca spalancata. Poi Bonnie si alza e si avvia verso una poltrona dall’altra parte della carrozza, ma prima di fare questo si gira verso di noi e chiede :- Voi state veramente insieme? Mi giro verso Ashton e lo guardo intensamente. – Certo Bonnie.- Si limita a rispondere lui . Lei fa spallucce e si limita a dire :- Non pensiate che per questo motivo vi salverete entrambi. Questa è la vostra più grande sfortuna ma anche la vostra più grande fortuna: molti sponsor si interesseranno a voi e vi concederanno aiuto se voi mostrerete quanto è forte il vostro amore … - Non riesce ad aggiungere altro perché sentiamo i gridolini eccitati di Nisha che dice :- Finalmente, finalmente! Benvenuti a Capitol City: guardate anche voi dal finestrino ragazzi!

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Capitolo 5
*** Capitol City ***


Ecco tutto quello che mi viene in mente: terribilmente grande! Capitol City sembra una metropoli venuta fuori da un libro di favole. È un po’ inquietante. Intorno non ci sono molti boschi e questo mi fa sentire come un pesce fuor d’acqua. Veniamo introdotti in una lunga galleria e quando ne usciamo siamo immersi in un fiume impetuoso di gente. Tutti guardano verso di noi. Ashton mi prende attirandomi a sé con un braccio alzato e insieme iniziamo a salutare. Tutta la folla impazzisce ogni volta che mando un bacio qua e là. Quando scendiamo dal treno abbiamo difficoltà a muoverci. Tutte quelle persone vestite così stranamente come Nisha, con quei vestiti impossibili quanto le loro parrucche multicolori. Mi viene un po’ da ridere mentre una donna dà una gomitata ad un’altra signora e il suo parruccone viola e rosso cade a terra: la poverina inizia a urlare e a minacciare l’altra puntandole contro un’unghia super smaltata con colori improbabili, come quelli della parrucca. Ad un certo punto una bambina mi strattona la maglietta e mi chiede un autografo. Io glielo firmo in fretta e le accarezzo la testa. Quando riusciamo ad arrivare fuori dalla stazione ci attende un drappello di pacificatori che ci fanno salire su una specie di auto senza ruote che viaggia sospesa nell’aria. Al suo interno ci sono dei sedili in pelle (non saprei dire di che animale) molto morbida e noi ci sediamo subito sopra. Io e Ashton siamo chiusi da soli in una specie di mini stanza: dai sedili davanti a noi parte una specie di lastra sottile che ci separa dalle persone che ci stanno sedute e la stessa cosa per i nostri sedili. Capiamo che servono a insonorizzare l’ambiente perché vedo che Nisha e Bonnie (sedute sui sedili davanti a noi) muovono le labbra ma noi non sentiamo niente della loro conversazione. La veliomobile (così si chiama il mezzo su cui siamo) inizia a muoversi e automaticamente intorno ai nostri lati compaiono delle stringhe elastiche che servono, o almeno così immagino, a fare in modo che i passeggeri non rischino di sbattere la testa in caso d’incidente. Ashton si rilassa sul suo sedile e si gira verso di me. Io faccio lo stesso. Noto subito che in un angolo fra il finestrino e la lastra c’è un piccola ricetrasmittente. Mi avvicino all’orecchio di Ashton e gli sussurro: - Attento, penso che ci stiano filmando! Lui si gira e vede la ricetrasmittente e annuisce. – D’accordo- dice –Starò attento a quello che dico, anche se a dire la verità non capisco perché dovrei. Io scuoto il capo e gli dico :- Pensa se i nostri avversari vedessero anche solo un pezzo di registrazione dove magari sveliamo l’uno all’altra o viceversa un nostro punto debole. Lui annuisce :- Hai ragione, meglio stare attenti. Rimaniamo per un po’ in silenzio, poi lui comincia a parlarmi :- Chi è venuto a salutarti? - Mio padre, perché? - Così, tanto per chiedere. Passa un altro minuto, poi lui vede la mia spilla. – Ehi, l’avevo già notata quella spilla, mi puoi dire che cos’è? - Oh, beh, è solo un vecchio ricordo di mia madre, il mio portafortuna… vorrei riuscire a portarlo con me nell’arena. Lui incuriosito allunga una mano per toccarla. – Posso?- Mi chiede. Io annuisco. Me la sfila con delicatezza e inizia a rigirarla tra le dita con fare incuriosito. – Che uccello è?- - Una ghiandaia imitatrice… la conosci, no? - Certo, è uno dei miei animali preferiti.- Esclama lui –Sai- aggiunge – nel bosco ce ne sono tantissime, e io mi diverto a cantare dei motivetti e a farglieli ripetere. Dicendo questo si mette a fischiettare. Io sorrido divertita. Proprio in quel momento arriviamo al centro addestramento e ci fanno scendere. Sembra molto grande, e poi so che molti piani sono anche sotterranei. Quando entriamo ci accolgono due senza-voce, ex nemici di Capitol City catturati, a cui hanno tagliato la lingua. Non avrei mai immaginato che mi avrebbe fatto così tanto senso : storcono di continuo la bocca e non oso immaginare come sia il moncone che hanno in bocca. I due ci guidano attraverso diversi corridoi fino ad arrivare ad una grandissima porta metallica tutta decorata con motivi geometrici. Uno dei due senza – voce apre la porta premendo un pulsante, solo allora capisco che quello è un ascensore: non ci sono mai stata sopra. Sinceramente mentre saliamo non mi accorgo neanche che ci stiamo muovendo verso l’alto, che delusione: pensavo fosse un’esperienza molto più interessante. Davanti a noi c’è una lunga placca con sopra i numeri dall’1 al 12 che s’illuminano uno dopo l’altro fino ad arrivare al 7. A questo punto le porte si aprono e davanti a noi appare una grande sala inondata di luce: devo sbattere gli occhi per abituarmici. I due senza- voce ci fanno uscire dall’ascensore e poi, chinando le teste come per inchinarsi al nostro cospetto, fanno chiudere le porte dell’ascensore per poi scomparire. Ci guardiamo intorno. Bonnie, che è sempre stata dietro di noi, si fa largo fra me e Ashton e si piazza in mezzo alla stanza guardandosi intorno, poi esplode in una risata e grida :- Ehi, Nisha, ma ogni anno li ristrutturano questi dannatissimi appartamenti! Nisha sbuffa e si fa a sua volta largo e esclama:- Certamente: noi a Capitol City ci teniamo a certe cose! Detto questo tira indietro i capelli con un gesto brusco della mano e scompare dietro a una porta. Bonnie le fa la linguaccia da dietro e scompare anch’essa dietro ad un’altra porta. Io e Ashton rimaniamo da soli in mezzo alla stanza e ci guardiamo per un po’ intorno: ci troviamo in un’ampia stanza con quattro porte per ogni lato (una di esse è quella dell’ascensore). Nel suo centro c’è un grande tavolo con sopra un piatto ricolmo di frutta. Io allungo una mano e addento una grossa mela. Solo quando ruoto gli occhi vedo che dietro di noi ci sono due senza-voce che stanno attendendo di avere la nostra attenzione. Uno raggiunge Ashton e uno raggiunge me: sono entrambi uomini abbastanza alti e magrissimi. Veniamo portati attraverso la porta che sta davanti a noi in un lungo corridoio che termina con una scala. Là saliamo e arriviamo ad un pianerottolo con due sole porte: immagino che siano le nostre stanze. Prima di scomparire nella sua accompagnato dal senza-voce, mi dice:- Ci troviamo fra un’ora nell’ingresso? Io annuisco e vengo spinta a mia volta nella mia stanza. Solo quando entro il senza-voce mi lascia e torna indietro. Mi guardo intorno: la mia stanza è enorme! Vicino alla finestra c’è il mio letto: è immenso. Mi ci siedo sopra e continuo a osservare ciò che mi circonda. Davanti al letto c’è una porta nera che non avevo notato quando ero entrata, immagino sia la porta del mio bagno. Davanti a me c’è un grosso armadio ma non perdo tempo nell’aprirlo. Proprio in quel momento la parrucca di Nisha (ora è di un blu davvero improbabile) sbuca dalla porta, seguita poi dal resto del corpo. Ora indossa un abito del tutto diverso da quello che aveva quando siamo entrate: quella donna potrebbe essere una trasformista da quanto in fretta riesce a cambiarsi! - Sù, sù: devi andare a farti bella! - Prego?- in questo momento penso di non capire niente di quello che mi sta dicendo Nisha, poi capisco: devo andare dal mio staff di preparatori per prepararmi per la sfilata dei carri … chissà come sarò vestita! Di solito veniamo vestiti di verde e veniamo ricoperti dalla testa ai piedi di foglie come degli alberi. Quando arrivo a destinazione vengo spogliata completamente e i miei preparatori cominciano a strofinarmi dappertutto con creme e mi lavano anche i capelli. Dalle loro chiacchiere capisco che non sono particolarmente trascurata come altri tributi che erano passati sotto le loro mani. La cosa non mi tranquillizza neanche un po’. Dopo un’ora sono finalmente pronta ad incontrare la mia stilista: Shanna Luis. Una ragazza alle prime armi ma con un entusiasmo veramente esagerato: appena mi vede mi riempie di baci sulle guance e mi stritola fortissimo, quasi mi toglie il fiato. Poi mi squadra da capo a piedi, mi solleva i capelli e mi fissa dritta negli occhi, alla fine si volta e inizia a parlarmi :- Ciao Sciel, io sono Shanna Luis, lavoro come stilista per gli Hunger Games dall’anno scorso … Per caso ti ricordi come avevo vestito i tributi l’anno scorso? Faccio uno sforzo e provo a ricordarmi. L’anno scorso i nostri tributi (Ammie e Doran) erano vestiti in modo spettacolare: erano completamente ricoperti da rami che s’intrecciavano in motivi a spirale fino a terminare in un colletto di foglie, il tutto era di un colore verde smeraldo cangiante cosparso di brillanti dato che sotto i riflettori scintillavano come rugiada. – Erano vestiti con addosso la foresta del 7… erano selvaggi. Lei annuisce contenta della mia buona memoria. – Bene, e ti erano piaciuti come dici tu … selvaggi?- Mi limito ad annuire. – Allora sappi che quest’anno ho l’intenzione di cambiare completamente stile. Vedi, ogni anno gli stilisti del 7 vestono i ragazzi da alberi o comunque come qualcosa che richiami la natura … selvaggia del vostro distretto, ma nessuno, almeno non recentemente, ha vestito i tributi con quello che effettivamente si produce lì da voi. Non ha tutti i torti: siamo sempre vestiti da vegetali per la miseria! - Quindi ci vuoi vestire da fogli di carta? - Non esattamente: voglio vestirvi CON fogli di carta. Sinceramente non so cosa pensare, spero solo che a nessuno del pubblico venga la brillante idea di tirarci addosso dell’acqua. Quando però mi fa vedere il vestito mi ricredo: è veramente bello! È lungo, con una gonna abbastanza ampia realizzato con una base di raso bianco con applicati a scaglie piccoli foglietti triangolari ognuno con la punta nera. Lei mi si avvicina e mi chiede che cosa ne penso. – È … diverso, mi ricorda il manto degli ermellini. - Lei annuisce, poi mi guarda e mi domanda :- Che ne pensi se ti tingessi le punte dei capelli con la tinta nera? Io la guardo e mi limito a dire :- Sei tu la stilista Shanna, fai quello che preferisci, però non voglio che quello che mi farai sia permanente … voglio rimanere me stessa quando sarò dentro all’arena. Lei annuisce e poi inizia a farmi tingere i capelli dal mio staff di preparatori.

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Capitolo 6
*** I tributi di carta ***


Appena finita la preparazione, vengo portata verso l’anfiteatro. Shanna mi ha fatto tingere i capelli di nero per richiamare le punte nere dei foglietti del vestito, inoltre mi ha caricato il viso con un pesantissimo trucco scuro che sostiene mi risalti gli occhi (che però sono stati coperti da delle lenti che me li fanno apparire azzurri come il ghiaccio). Quando arriviamo al carro Ashton è già lì che mi aspetta: è bellissimo, come sempre. Anche lui porta un abito coperto di foglietti come il mio e gli sta d’incanto, ma penso che del resto lui stia bene veramente con tutto. Mi prende a braccetto e mi sussurra all’orecchio che sono bellissima. Ridacchio, ma poi mi blocco e gli tiro una leggera gomitata. – Che c’è piccola?- Mi chiede. – Non ricordi più? Non dobbiamo farci notare da tutti i tributi … almeno non per ora. Lui annuisce e mi lascia il braccio. Devo proprio considerare di stare muta più spesso: chissà quando mi potrà succedere una cosa simile di nuovo. Ormai ci siamo e stiamo per partire con il carro, quando Shanna ci raggiunge e ci addita un piccolo pulsante sul carro dicendoci di premerlo quando saremo al centro della pista. Il carro parte e noi ci ritroviamo catapultati nell’anfiteatro: all’inizio la luce mi abbaglia, poi mi ritrovo a correre su un carro in mezzo ad un mucchio di gente che mi addita. Mi giro per un attimo verso Ashton e lo vedo che saluta con energia tutti quanti e manda baci verso le donne elegantissime di Capitol City, che urlano appena lui volge il suo sguardo verso di loro. Inizio a salutare anch’io con entusiasmo il pubblico e a mandare baci a mia volta. Ad un certo punto Ashton si volta verso di me e mi sussurra all’orecchio:- E’ ora! Poi mi prende la mano ed insieme spingiamo il pulsante indicatoci da Shanna. All’inizio non succede niente, poi improvvisamente dal carro esplodono nuvole e nuvole di pezzettini di carta che ci avvolgono. Beh, se la folla prima non era in delirio, ora lo è. Mi sembra di galleggiare nel vuoto, poi mi vedo in uno schermo enorme: non sembro io, sono completamente diversa dalla vecchia Sciel che conosco. Sono superba e fiera, i miei occhi sembrano di ghiaccio e quasi mi fanno paura, i miei capelli sono raccolti in una complicata acconciatura fatta di trecce bionde e nere … penso che quella ragazza sullo schermo sia una delle più belle del mondo … ma che non sono assolutamente io. Arriviamo davanti al presidente Snow che fa il suo discorso iniziale per l’apertura dei giochi e ci augura buona fortuna, a tutti quanti, cosa che mi fa un po’ ridere, visto che alla fine del gioco crudele a cui dobbiamo partecipare arriverà una sola persona, che non sarò io. Dopo di che il nostro carro riparte e torna verso il punto da cui è partito. Appena scendiamo dal carro Nisha ci viene incontro esultando e squittendo dicendo che noi siamo stati bravissimi e che eravamo bellissimi con quei vestiti di carta. L’unica cosa che Bonnie ci dice è che io ero stata troppo rigida e che Ashton poteva fare di meglio. Fantastico. Questa sera verremo presentati a Capitol City in compagnia di Cesar Flinkerman: quanto odio quell’uomo! Quest’anno ha una parrucca verde bile che mi fa pentire del fatto che ho vomitato su Nisha invece che sul suo orribile parrucchino, scommetto che non dispiacerebbe a nessuno e verrebbe svelato il più grande dei miei interrogativi: Cesar è pelato? Mi riprometto che se ne avrò l’occasione gli chiederò se lo è! Veniamo riportati nei nostri appartamenti per riposarci un po’. Quando arrivo davanti alla mia stanza sto per aprire la porta vedo uscire Ashton in tutta fretta e rosso per aver corso prima in corridoio. – Scusa- arrossisce- temo di avere sbagliato stanza … - Non c’è alcun problema, figurati. –Bene, allora tolgo il disturbo. Scusami ancora. Senza aggiungere altro scompare nella sua stanza. Entro dentro e chiudo di nuovo la porta a chiave, nel caso qualcun altro sbagli la stanza. Mi levo con delicatezza il vestito di Shanna e mi faccio una doccia. Quando la tinta nera dei miei capelli scompare mi sento sollevata: sono di nuovo io. Mi tolgo i residui rimanenti del trucco e mi cambio d’abito. In quel momento mi bussano alla porta e quando dò alla persona il permesso di entrare, mi vedo piombare in camera Bonnie, l’ultima persona che potessi aspettarmi. Mi si siede accanto e comincia a parlare. – Sono certa che non ti aspettavi un mentore così duro, eh? Mi limito ad annuire. – Ma vedi, non sono per niente contenta di come ti stai comportando … sei troppo facile da colpire emotivamente. Sinceramente non ho capito nulla della sua osservazione poco lusinghiera sul mio carattere. – Come, in che senso scusa? - Ecco, sembri una tenera ragazzina che non cerca di difendersi in questo posto ostile … sembra che tu faccia completo appoggio su Ashton, ogni volta che vi vedo insieme tu hai sempre un’espressione estasiata e, anche se vorresti nasconderlo, rendi palese il tuo attaccamento nei suoi confronti. Io sbianco per un attimo e penso di avere capito male, ma poi capisco che non è così … effettivamente per ora sono sempre apparsa in pubblico vicino al lui, ma non mi sembrava di essere sempre così estasiata come dice Bonnie. Sarà perché penso sempre che prima o poi uno di noi dovrà morire e questo rende per me ogni attimo vicino a lui ciò che c’è di più prezioso al mondo … i miei pensieri vengono bloccati da una risata irritante da parte di Bonnie. – Vedi? Lo stai facendo di nuovo. La cosa m’infastidisce ancora di più e cerco di svuotare la mente. Lei mi dà una pacca sulla spalla e si avvia verso alla porta ridendo ancora. Io mi alzo spazientita e, noncurante del fatto che qualcuno mi senta, le grido:-Bonnie , mi spiace veramente tanto di amare Ashton da quando l’ho visto per la prima volta nella mia vita, e mi spiace anche di sembrare così debole, proverò a darmi un tono più duro, d’accordo? Lei si limita a fermarsi sulla soglia fissandomi e poi mi dice semplicemente:- Questo non mi importa Sciel, qui non sei a casa dove puoi giocare alla scolaretta innamorata del bellimbusto, qua dentro si gioca per salvarsi la vita e il tuo atteggiamento ti aiuterà nell’arena non poco, quindi rimedia, ok? Sbatte la porta e io ricado sul letto seduta sul pavimento senza parole. La porta si riapre e Bonnie fa di nuovo capolino nella mia stanza. – So che è dura- comincia – ma quando nell’arena dovrai scegliere chi di voi due resterà in vita (sempre che non veniate fatti fuori subito), tu chi sceglierai? Questa volta esce definitivamente dalla stanza lasciandomi senza parole. Proprio in quel momento Ashton entra di gran carriera nella mia stanza e mi abbraccia fortissimo, togliendomi quasi il respiro. – Cosa ci fai qui? - Stavo venendo a cercarti quando ho visto entrare Bonnie nella tua stanza e ho sentito tutto.- Io arrossisco violentemente. -Tutto?- Annuisce. Senza aggiungere altro mi abbraccia di nuovo e poi mi bacia. Anche questa volta mi sento vorticare nel vuoto e mi devo aggrappare a lui per sorreggermi. Lui preme più forte le sue labbra sulle mie e quasi mi toglie il fiato. Mi abbandono nel suo profumo e mi perdo completamente nei suoi occhi perfetti. Non vedo più niente e sono completamente impotente. Ad un certo punto sento di nuovo quel rumore che avevo sentito in treno e mi irrigidisco all’improvviso. – Che c’è?- mi chiede lui un po’ deluso ma anche allarmato. – Niente, niente- gli rispondo guardandomi intorno. – Ho avuto abbastanza emozioni oggi … penso che sia meglio vederci dopo lo show di stasera. Lui annuisce e prima di uscire mi dice:- Non ascoltare quello che dice la Lisman, davvero, non lo fare. Non so perché ma più che una supplica sembra una minaccia- Annuisco, anche se poco convinta. La porta si chiude e io mi stendo cercando di capire che cosa sia quel rumore ma, non sentendolo più lascio perdere e chiudo gli occhi. Ripenso a quello che prima mi ha detto Bonnie: che cosa sceglierò fra la morte e la vita? Mi ritrovo a piangere di nuovo per la paura, ma mi asciugo le lacrime e mi riprometto che non piangerò più e che, quando arriverà il momento (se, come dice Bonnie, non sarò fatta fuori subito) saprò che cosa dovrò fare.

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