Pagliaccio triste

di ElPsyCongroo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un ricordo ***
Capitolo 2: *** Un sogno ***



Capitolo 1
*** Un ricordo ***


Pagliaccio triste

 

Capitolo 1: Un ricordo

«Vinto!» esclamò il ragazzo dai capelli castano chiaro, mostrando le proprie carte all’avversario.

«Ahhhhhhh!!! Con te non ha senso giocare!» Si disperò l’altro, che lanciò la propria mano per aria, spargendo le carte per tutta la stanza.

«Sei tu che mi hai chiesto una partita, mica ti ho costretto io. Se poi sei una schiappa non posso mica farci niente.»

«Come hai detto scusa?»

«Che sei una schiappa. Perché, non è vero?» Il ragazzo lo guardò con un ghigno divertito ed uno sguardo di sfida.

«Ti faccio vedere io chi è la schiappa! Un’altra partita, o-!» La “schiappa” non poté finire la frase perché qualcuno lo prese dal colletto della camicia e lo sollevò da terra.

«Ma che!? Mollami subito fratellone, devo insegnare un paio di cose a questa mammoletta!»

«Allen.»

«Smettila brutto idiota!» Il fratellone tirò una testata al ragazzo che aveva preso per la collottola stile gatto, che nel frattempo si era girato per guardarlo faccia a faccia.

«Lo sai che con Allen è inutile, dovresti averlo imparato. Quello ce l’ha nel sangue il poker, quindi è inutile che ci provi ancora, Neah.» Quest’ultimo era ancora a terra che si lamentava per la testata appena ricevuta, ed Allen ne approfittò per deriderlo ancora un po’.

«Ma guarda il piccolo e delicato Neah! Piange tanto per una piccola testata, ma dove le hai lasciate le palle, le hai perse per strada?» Detto questo anche lui si ritrovò a terra dolorante, questa volta per colpa di un calcio dritto nello stomaco.

«Ma che cazzo fai Mana!? Sei impazzito per caso!? Con un calcio co-» non riuscì a terminare la frase che un altro colpo lo raggiunse.

«Sei troppo scurrile Allen, lo sai che non lo sopporto.»

«Ahahah, Allen le ha prese dal fratellone! Vai così, Mana!» Neah si era miracolosamente ripreso alla vista delle botte date ad Allen, e se la rideva a vederlo a terra in agonia.

«Allora mammoletta, chi è la schiappa adesso?»

«Sempre tu» Allen, con una mossa fulminea, centrò Neah in mezzo alle gambe, facendolo sbiancare.

«Sei morto.»

«Tu credi?»

«Ne sono più che sicuro.»

«Forza allora, ti aspetto!»

«Basta! Ma perché mi devo ritrovare con due idioti simili che passano il loro tempo a insultarsi e picchiarsi!?» Mana afferrò entrambi per il collo e fece scontrare le loro teste, facendogli colare un po’ di sangue dalla fronte.

«Ahah, guarda come ti si addice, tale sangue tale capelli, rossiccio.(*)»

«Tu sei proprio l’ultimo che dovrebbe parlare, braccio deforme.» Tra gli sguardi dei due si potevano vedere le scintille di rabbia pronte ad esplodere.

«Mana! Neah! Allen!» Qualcuno spalancò la porta del sontuoso salotto dove i tre avevano tenuto il loro solito teatrino fino a quel momento, pronunciando i loro nomi con voce cristallina.

«Che state facendo ragazzi?» La ragazza che era entrata, che dimostrava si e no 18 anni, li guardò con i suoi grandi occhi dorati pieni di curiosità.

«Niente di che, stavamo solo giocando a carte, vuoi fare una partita?» Neah si sistemò in fretta i rossi e scuri capelli disordinati per affiancare la ragazza dai lunghi capelli blu-viola.

«Giocare con Neah è inutile, lo sai che è scarso, gioca con me piuttosto, sono un insegnante perfetto per una lady come te.» Allen si mise di fronte a lei inchinandosi leggermente e porgendole la mano, come un vero gentelman.

«Lasciali perdere Road, non stare ad ascoltarli. È successo qualcosa che sei venuta a chiamarci?» Mana, con il suo fare elegante, allontanò Road dai due ragazzi portandola a sedere al centro del grande divano, ed i due fecero a gara per prendere posto accanto a lei dall’altro lato. Fu Neah a vincere in questo caso, così Allen fu costretto a sedersi sul tavolo di fronte.

«Niente di che, mi stavo annoiando così sono venuta a cercare voi nella speranza di divertirmi un po’ e» disse tirando il laccetto che stringeva in una coda i castani capelli di Mana «per prendere questo. Non trovo più il mio e sapevo che tu di certo ne avresti avuto uno da prestarmi.» Road ridacchiò e con una semplice mossa si legò i capelli in un’alta coda.

«In realtà quello servirebbe a me, non puoi rubarlo ad Allen?»

«Assolutamente no! Allen sta magnificamente con capelli legati!»

«Ma grazie Road, il tuo complimento mi rende davvero felice.» Allen sorrise mentre guardava trionfante Neah, che nel frattempo era caduto in uno stato depressivo.

«Di niente Allen. Allora, che si fa? Mi portate a fare shopping?»

«Lo sai che non possiamo, se ci becca siamo fregati. Già il fatto che io ed Allen possiamo stare con voi è un miracolo.» Mana guardò a terra, con lo sguardo un po’ triste ed un sorriso mesto. Allen lo imitò, volgendo però lo sguardo ad un angolo della stanza.

«Ehddai voi due, perché dovete sempre fare così? Lo sapete che per noi non è un problema.»

«Lo è per noi infatti.» Allen, con un po’ di rabbia, fissò con i suoi occhi argentei quelli dorati di Neah. «Voi siete Noah, noi semplici umani. È sbagliato di principio stare con voi, abbiamo detto addio a tutto, per nostra scelta ovviamente, ma non basta per non farci patire la situazione.»

Neah fissò i due, mentre Road, con occhi bassi, giocava con il piccolo golem dorato creato da lui. Riteneva che il tutto fosse semplicemente assurdo: lui e Mana erano fratelli, fratelli di sangue, non adottivi, per cui venivano dalla stessa famiglia. Proprio per questo non riusciva a spiegarsi perché lui era un Noah mentre Mana no. Il Conte gli aveva spiegato che non era obbligatorio che membri della stessa famiglia fossero Noah, altrimenti in tutto il mondo ci sarebbero, ma ciò non toglieva l’ingiustizia di essere stati divisi a quel modo.

E poi c’era Allen. Quello sì che era strano. Era stato cresciuto dalla madre di Neah e Mana come se fosse figlio suo perché aveva perso i genitori, uccisi dagli Akuma. Non lo era diventato lui stesso per un fattore non da poco: ironia della sorte, i genitori erano Esorcisti. Di tipo parassita. Allen era nato all’interno dell’ordine ovviamente, ma visto che la madre si rifiutava di farlo crescere ed usare come cavia dall’Ordine, un giorno lo prese con sé e fuggì. Lo lasciò in aperta campagna, affidandolo ad una donna che neanche conosceva, spiegandole il perché del suo gesto prima di sparire. Sapeva che se fosse tornata indietro l’Ordine l’avrebbe considerata un’eretica ed una traditrice, costringendola a rivelare dove si trovava il figlio, quindi fuggì il più lontano possibile, trovando la morte ad attenderla lungo la strada per mano delle marionette del Conte, che uccisero anche il padre che per puro caso l’aveva ritrovata. Tutto ciò i tre ragazzi l’avevano scoperto per mano della donna che ormai era una madre anche per Allen. Aveva deciso di raccontare la verità ai tre per il semplice fatto che non vedeva motivo per nasconderla.

Fu qualche anno dopo questa scoperta che accadde: in Neah si risvegliarono le memory del Noah e per qualche strana ragione non uccise né la madre né Mana ed Allen. Semplicemente sparì per un lungo periodo, per poi tornare chiedendo ai due e alla madre se volevano seguirlo all’interno dell’Arca. Ancora oggi non sapeva spiegarsi il perché, ma i due accettarono, ed abbandonando la loro vita da umani entrarono a far parte della famiglia Noah. La madre invece restò indietro, non volendo prendere le parti di nessuno in quella guerra. In realtà Neah si aspettava più resistenza da parte di Allen visto che era il Conte il costruttore degli Akuma e quindi in parte responsabile della morte dei genitori, ma lui disse semplicemente «Io sono solo biologicamente figlio di quei due esorcisti, ma non ne conosco il nome, l’aspetto o il carattere. Per quel che ne so potrebbero essere stati due esseri spregevoli, o al contrario i genitori migliori al mondo. Ma per me sono degli sconosciuti, solo due figure passate. La mia famiglia siete voi, ed è con voi che voglio restare.»

Era difficile capire anche perché il Conte avesse accettato quei due umani, ma Neah era felice così, quindi non si poneva troppi problemi. Gli altri Noah non avevano preso molto bene la notizia di avere due umani a caso che giravano per l’arca, ma ci fecero presto l’abitudine. L’unica che non ebbe alcun problema ad accettare i nuovi arrivati fu Road, che anzi adorò sin da subito quei due. Fu proprio lei a rompere il silenzio calato fra loro.

«Dai ragazzi, smettetela di tenere il broncio! Sono qui per divertirmi, mica per vedere i vostri musi tristi. Quindi ora mi portate a fare shopping, al Conte non interesserà, e se il problema sono questi» disse indicando le stigmate e gli occhi dorati «basta un gesto e via, ecco una bellissima ragazza umana!» E passandosi la mano davanti al volto la fronte non mostrò più i segni distintivi dei Noah, e gli occhi assunsero una tonalità viola scuro. Neah fece lo stesso, e sorridendo ad Allen e Mana fece sparire stigmate e occhi dorati.

«Sapete che essere nella nostra famiglia non vuol dire per forza abbandonare la propria vita da umani. Potete andare a trovare i vostri cari in qualunque momento, nessuno vi costringe a stare qui con noi tutto il tempo. Certo, non potete più tornare alla vostra vita di sempre, abbandonare noi, ormai siete dei Noah, ma non credo sia un male, no? Non vi piace la nostra famiglia?» chiese Road stringendo la mano di Mana e guardando, con il viso leggermente inclinato, il volto di Allen.

Lui la guardò un attimo e sbiancò. Iniziò ad urlare e a stringersi forte la testa, in preda ad un dolore lancinante. Nella sua mente stavano apparendo un mucchio di ricordi che non avevano un senso, o almeno, non riusciva a trovargli un senso, ma capiva che dovevano essere importanti in qualche modo, perché il suo cuore era stretto in una morsa d’angoscia. Come dei flash nella sua mente apparvero varie persone dai volti confusi: un ragazzo con i capelli rossi ed una benda su un occhio, un altro dai lunghi capelli neri, una ragazza dai capelli neri con riflessi verde scuro, un uomo dai folti lunghi e rossi capelli per cui sentì una strana sensazione di disagio mista ad affetto. Vide moltissime persone vestite di nero ed altre di bianco, altre ancora con un camice da scienziato. Poi ci fu un flash più lungo, dove lui assisteva da spettatore ad una scena che vedeva protagonisti due ragazzini pieni di ferite. Ad un certo punto un volto solo si fece più chiaro rispetto a tutto il resto: il viso di una ragazzina dai capelli blu-viola, le stigmate sulla fronte e occhi dorati che guardavano con dolcezza il ragazzo davanti a lei. Quella era Road, solo poco più giovane, e lui, quel ragazzo, dai capelli stranamente bianchi, era ciò che più faceva impazzire Allen, perché non capiva: era come se Road guardasse sia lui che il ragazzo dai capelli bianchi contemporaneamente.

Era a terra, respirava a fatica, il cuore a mille, e a malapena sentiva la voce di Road, Neah e Mana attorno a lui, quasi fossero lontani chilometri e chilometri. Ad un certo punto vide il piccolo golem dorato ingrandirsi, ma prese anche quella come una sorta  di allucinazione, perché nessuno sembrava averci fatto caso a parte lui. Il golem si alzò in volo e fece qualcosa che lo sconvolse: inghiottì lui e Road, che si trovava di fronte a lui. Tutto attorno a loro tacque e Road lo abbracciò con forza.

«Tutto bene, Allen?!» Il ragazzo continuava ad essere schiacciato da quella strana sensazione, ma le immagini si stavano dissolvendo, pian piano tutti quei volti sparirono, così come erano arrivate quelle persone sparirono dalla sua mente, senza lasciare traccia.

«È tutto apposto, ormai.» Road continuava a tenerlo stretto per calmare i suoi tremori. «È ancora troppo presto per ricordare, aspetta ancora un po’, altrimenti rovini il mio regalo» disse la ragazza guardandolo dolcemente.

«Che stai dicendo Road? Che cos-» Lei lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra e con un ultimo sorriso gli coprì gli occhi con una mano, mormorando parole incomprensibili. Allen non capì, si sentì solo avvolgere da qualcosa di caldo, poi la sua coscienza lo abbandonò.

 

Allen si svegliò all’improvviso. Si trovava nella sua stanza e notò immediatamente Road sdraiata accanto a lui, mentre Mana e Neah erano seduti l’uno accanto all’altro contro il muro, anch’essi addormentati. Si alzò piano per evitare di svegliare tutti loro e si diresse verso il bagno per rinfrescarsi un po’. Dopo essersi sciacquato con dell’acqua gelata si guardò allo specchio e notò qualcosa di strano nel suo riflesso: gli sembrava che i capelli fossero più chiari e sotto l’occhio sinistro gli pareva di scorgere un chiarissimo segno, come una cicatrice. Avvicinò la mano sinistra all’occhio per sentire se ci fosse qualcosa ed allora notò qualcosa di strano anche li: al centro della sua mano vedeva qualcosa che somigliava al disegno di una croce che emetteva un lieve brillio.

«Ma che diamine-»

«Allen!» Il ragazzo si voltò di scatto e vide Road sul ciglio della porta che lo guardava con occhi strani, quasi… rassegnati. Era come se avesse visto qualcosa che le aveva fatto perdere le speranze, in cosa non si sapeva.

«Ehi Road, che c’è?»

«Ti pare il caso di chiedere a me “che c’è”? Qualche ora fa sei svenuto in preda a dolori lancinanti e chiedi a me cosa succede? Non dovresti spiegarmelo tu?» Ogni traccia di quella rassegnazione era sparita dallo sguardo della ragazza, che ora lo guardava con un po’ di stizza e molta preoccupazione.

«Scusami Road. In realtà non so nemmeno io cosa mi sia successo. Ad un certo punto ho sentito un forte mal di testa, ma oltre a questo non so che dirti. Mi dispiace averti fatta preoccupare.»

«E a noi non ci pensi, ingrato?» Mana e Neah, che da bravi fratelli qual’erano si spintonarono per chi arrivasse per primo da Allen, caddero lunghi distesi sul pavimento, evitando per miracolo di portare Road con loro. Si rialzarono come se niente fosse e raggiunsero Allen, che li guardava sconcertato riflessi nello specchio. I due gli si affiancarono e guardarono il loro riflesso, ed era così che apparivano: tre ragazzi in camicia, tra i 20 ed i 25 anni. Quello a sinistra era il più vecchio, Mana, che aveva ancora i capelli scuri sciolti sulle spalle. Al centro il più piccolo, Allen, che guardava con divertimento i due che lo affiancavano. A destra Neah, quello di mezzo, con i suoi capelli rosso scuro sempre in disordine che rispecchiavano la sua indole agitata e ribelle. 

«Sembrate davvero tre fratelli» disse Road guardando il loro riflesso.

«Ovvio, è quello che siamo!» esclamò con gioia Mana.

«Tre fratelli idioti che si vogliono bene, giusto, “fratellino”?» chiese Neah ad Allen, che scoppiò a ridere a quella scena così surreale.

«Sì, tre fratelli, uno più idiota dell’altro, e se non fosse chiaro quello messo peggio sei tu Neah, che si vogliono bene da bravi fratelli.»

«Quello messo peggio eh?»

«Ovvio, e sotto molti aspetti. Mana ti batte in intelligenza, io in bellezza, quindi sei proprio giù in graduatoria.»

«Concordo sul fatto che Mana sia il più intelligente, ma tu il più bello? Non credo proprio! Tu sei solo un bamboccio, vedi di abbassare la cresta!»

«Sempre a litigare voi due, sembrate due adolescenti!»

«Come scusa!?» gridarono in coro le due adolescenti Neah ed Allen.

«Ahahahahahahahahahahah!!!» I tre ragazzi si girarono di scatto e videro Road in preda ad un attacco di risa, con tanto di lacrime agli occhi.

«Ehi Road, non ridere così!»

«Giusto, non prenderci in giro!»

«Almeno tu sii più matura di ‘sti due, non far scendere il loro livello di maturità mentale ancora più del dovuto!»

«Scusate, scusate, è che fate davvero ridere. Due secondi prima tutti tristi, poi vi comportate come un terzetto perfetto, e subito dopo prendete ad insultarvi! Io proprio non vi capisco, voi tre non state mica bene!» Road li guardò molto divertita mentre i tre iniziavano a ridere di loro stessi. All’improvviso si alzò e gli saltò addosso, facendoli ritrovare a terra per l’ennesima volta.

«Ahhh, quanto mi piace stare così con voi. Vorrei che continuasse sempre così, vorrei vivere tranquilla e felice con i miei fratelli per sempre!»

«Fratelli?» Neah ed Allen furono colti dalla depressione: entrambi erano parecchio cotti di Road, altro che fratelli. Ma Road non voleva, ed allora si limitavano ad osservare da lontano quella bellissima ragazza dai lunghi capelli scuri ed i grandi occhi viola, donandole l’affetto che solo dei fratelli potevano donare. E Mana si limitava a stringere a sé i suoi adorati fratellini e quella bella ed irraggiungibile ragazza, proteggendoli da bravo fratello maggiore.

«Road-sama! Neah-sama! Mana-sama! Allen-sama!» Il dolce quadretto fu interrotto da una voce stridula che li chiamava a gran voce.

«Uhrg, questo è Lero.» Mormorarono in coro i quattro, pronti a ricevere la visita di quell’insopportabile ombrello parlante.

«Vostra signoria, dove siet-! Road-sama, cosa fate sdraiata sui suoi fratelli~lero?!»

«Niente, stavamo pensando di organizzare un’org-!» la frase che Neah aveva intenzione di portare a termine fu prontamente interrotta dalle mani di Allen e Mana, che gli tapparono con forza e violenza la bocca. Road ridacchiò divertita e si sollevò da terra.

«Che vuoi Lero?»

«Sua signoria il Conte dice che dovreste iniziare a prepararvi per la festa di stasera~lero, si è fatto tardi e siete ancora qui a giocare~lero»

«Che noioso che sei Lero. Vabbeh, io vado, ci vediamo dopo ok? Preparatevi anche voi, voglio che tutti guardino noi alla festa. Bye~» e così dicendo se ne andò, lasciando i tre ancora seduti sul pavimento del bagno.

«Uff, che noia ‘ste feste, sono tutte uguali, tutte mirati ad accoppiarmi con una di buona famiglia per estendere il potere della famiglia Noah.»

«Povero Neah, ha a disposizione tutte le donne che vuole e si lamenta pure!»

«Guarda che non è mica divertente essere visto da tutti solo come un profitto vivente. La maggior parte delle ragazze a queste feste mi vuole solo per farsi soldi. Non che non mi piacciono certe attenzioni, ma alla lunga stufa. Ma che te lo dico a fare, il mio fratellino che può capirne di donne?»

«Tra un attimo te le prendi, voglio vedere se continui ad essere un buon partito anche con il visino tutto rovinato.»

«Ohoh, ti ho colpito sul vivo eh? Tanto è inutile che fai lo sbruffone, non hai mai avuto a che fare con una donna e mai accadrà.»

«Tu credi? Ed allora Lenalee come me la spieghi? Mi pare più che ovvio che…?» Non servì aspettare che Mana o Neah gli dicessero qualcosa, se n’era reso conto da solo di aver detto una cosa senza senso. Il mal di testa che lo aveva colpito qualche ora prima si fece sentire nuovamente, ed Allen stava per avere un altro attacco se non fosse stato per l’intervento del piccolo golem dorato, che morse il ragazzo con tutte le sue forze, quasi a staccargli la carne.

«Ma sei impazzito stupido golem!? Vuoi staccarmi le dita per caso!? Neah, vedi di tenere a bada le tue stupide invenzioni!»

«Susu, non sgridare il piccolo Tim!»

«Tim?»

«Timcampy. È il suo nome, me l’ha consigliato Road, dice che è il nome di una marca di gioielli.»

«Allora piacere Timcampy,» disse Allen sorridendo malvagio «sappi che se provi ancora a mordermi ti riduco in tanti piccoli frammenti, chiaro?» Il golem annuì con foga e volò via in fretta.

«Povero il mio golem!»

«Quello attenta alla mia vita e ti preoccupi per lui? Stronzo di un-!» Allen si girò verso Mana avvertendo il suo sguardo omicida puntato alla schiena.

«Cosa stavi dicendo scusa?»

«Niente! Assolutamente niente, non preoccuparti!»

«Sarà meglio. Ora a prepararsi, bamboccio, altrimenti chi lo sente più il Conte!»

«Subito!» Allen corse nella propria stanza, mentre lanciava imprecazioni al piccolo golem che gli svolazzava intorno.

«Pensi che sia giusto? Per lui intendo. Si trova bene qui.»

«È proprio per lui che lo stiamo facendo. Dobbiamo liberarlo da tutto questo. Dobbiamo salvare il nostro fratellino.»

Mana e Neah ascoltarono la voce di Allen che arrivava in lontananza, e con un sorriso mesto andarono a prepararsi per la serata.

 

(*) Nella stragrande maggioranza di fanart si vede Neah con i capelli castano scuro, ma sulla wikia di D.Gray ho letto che dal romanzo si capisce che ha i capelli rossi, quindi per far andare incontro le due cose ho optato per un rosso scuro. Per Mana ed Allen invece ho seguito fedelmente le varie art: castano scuro per Mana e chiaro per Allen, ovvero il colore che assumono i suoi capelli quando il 14th prende il sopravvento.

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Capitolo 2
*** Un sogno ***


Capitolo 2: Un sogno

«Certo che stasera è pieno di gente. Il Conte ha fatto proprio le cose in grande.»

«Per forza Allen, oggi è Natale, non poteva mica sfigurare ad un evento di tale importanza!» Road si sedette con agilità sul corrimano dell’elegante balconata che dava sulla sala gremita di persone. La bella Noah poggiò la schiena alla colonna portante e lasciò ricadere una gamba nel vuoto sotto di lei, incurante delle buone maniere.

«Road, ti pare il caso di sederti lì? Sembri una bambina. Oltre a correre il rischio di cadere non fai fare bella figura alla famiglia» le disse Mana con un tono di disapprovazione.

«Non darti pena, Mana, lasciala fare quello che vuole. La nostra Road non farebbe mai qualcosa che potrebbe nuocere alla nostra immagine.» Tutti i Noah presenti si voltarono verso colui che aveva pronunciato quelle parole: il Conte, vestito con estrema eleganza e con in testa un cilindro molto più sobrio di quelli che era solito indossare, si sedette sulla sontuosa poltrona che dava la possibilità, per chi vi si sedeva, di osservare la sala nella sua interezza.

«Conte!» Road lo raggiunse con un salto, facendo svolazzare il bianco abito che indossava. «Hai visto quante persone ci sono? Tutte qui riunite per festeggiare la nascita del figlio del nostro grande nemico!»

«In effetti ha un che di comico. Non crede, Conte, che festeggiare in grande la nascita del figlio di Dio per noi sia un po’… ridicolo?» chiese Neah un po’ dubbioso.

«Tutto ciò che organizzo ha un secondo fine, non dimenticarlo mai. Questa festa aumenterà il nostro ventaglio di conoscenze, avremo consensi anche dalla chiesa, così stupida da non notare i nostri Akuma infiltrati. Ovviamente si tratta di piccole parrocchie, organismi di poco conto, ma è solo il punto di partenza per insinuarci anche nelle organizzazioni di livello più alto.»

«Mhh… continua ad essere troppo strano.»

«Dai Neah, non pensarci! Su, vieni giù con me ed Allen a ballare, mi sono stufata di stare qui a far niente!» Road prese a braccetto i due ragazzi e iniziò a tirarseli dietro.

«No Road, non mi va. Se scendo in mezzo a quell’ammasso di ragazze in crisi ormonale non ne esco più vivo.» Neah si tirò indietro guardando con terrore la sala sotto di loro.

«Smidollato, e poi dici a me. Dai Road, andiamo solo noi due, Neah ci farebbe solo sfigurare.» Allen porse la mano alla ragazza, che con un sorriso divertito la afferrò per seguirlo. Scendendo la grande scalinata tutti si girarono ad osservarli, incantati da quella coppia di una bellezza indescrivibile. Ignorando i loro sguardi i due iniziarono a danzare sulle note di una dolce melodia.

«Neah sta suonando per noi.»

«Almeno si rende utile ogni tanto. È la melodia che ha creato per guidare l’Arca, giusto?»

«Esatto. Diceva che il meccanismo originale non gli piaceva, allora ha deciso di riarrangiare i codici di comando, creando questa musica. Ha detto che così poteva sfruttare la sua abilità al piano.»

«Ovvio, è l’unica cosa che gli viene bene, deve pur farsi valere in qualche modo.»

«Sempre a prendervi in giro voi» ridacchiò Road, volteggiando tra la braccia di Allen. «Ammettilo però.»

«Che cosa?»

«Tu vuoi bene a Neah, vero?»

Allen per poco non inciampò, rischiando di cadere addosso alla ragazza.

«Ma ti pare il caso di dire certe cose?!»

«Eddaih, mica ho detto che lo ami! Dico solo che gli vuoi bene, anzi, che vi volete bene, provate un grande affetto l’uno per l’altro. Ma è normale no? Siete fratelli!»

«Mh, hai ragione, non posso negarlo. Lui e Mana sono la mia famiglia, coloro che mi sono sempre stati accanto, non so come farei senza di loro.» Road lo abbracciò con foga, sorridendo felice.

«Che ti prende adesso?!»

«Niente, sono solo felice che tu abbia trovato qualcuno di così importante.»

«Okok, ma ora riprendiamo a ballare, tutti ci fissano, non credo sia il caso di-» Allen girò di scattò la testa, seguendo con lo sguardo un figura che correva tra gli invitati. Non riuscì a vederla bene, ma aveva notato con estrema chiarezza i corti capelli neri dai verdi riflessi e i bracciali rosso sangue alle caviglie di quella che senza dubbio era una ragazza. All’improvviso un forte mal di testa lo colpì, e dentro di essa sentì risuonare una voce, la voce di una donna che cantava una dolce ninna nanna, che sembrava seguire alla perfezione la melodia di Neah.

«Che succede Allen?! Ehi, riprenditi, ti supplico!» Allen era caduto a terra, in preda al dolore, come qualche ora prima, e Road, nella confusione generala, tentava invano di farlo riprendere. Presto fu raggiunta dagli altri Noah, a eccezion fatta del Conte, che osservava la scena dall’alto, di Neah, che continuava a suonare il piano, e Mana, che era sparito.

«Allen, ascoltami! Ascolta la mia voce, devi riprenderti! Non pensare a niente, così facendo stai rovinando tutto! I tuoi ricordi stanno contaminando il mio sogno!» Allen udiva appena le parole di Road, ma riuscì a cogliere alcune di esse.

«Road… di che stai parlando? Quale… sogno? Che… ricordi?» Allen respirava a fatica, la testa che gli doleva sempre di più, e la canzone che rimbombava sempre più forte. All’improvviso tutto tacque nella sua testa, ma quando Neah suonò l’ultima nota ad Allen sembrò di essere colpito da un numero infinito di schegge di vetro, che lo fecero urlare come mai prima. Road premette forte le mani sulle orecchie, nella speranza di non essere colpita da quella voce, inutilmente. Quasi subito si videro gli effetti di quell’urlo: le pareti della grande sala si creparono, le persone intorno a loro persero forma, diventando qualcosa di indefinibile, e mentre il suo sogno cadeva in pezzi tutto fu avvolto da una luce bianca.

Allen finalmente si calmò, non sentiva più né il dolore né la canzone, e con calma aprì gli occhi. Attorno a lui vide tutto bianco, tutto era sparito, vedeva solo alcune figure in lontananza.

«Ma che diavolo è successo? Dove siamo finiti?»

«Siamo nel mio mondo, Allen Walker.»

«Walker? Ma che stai dicendo, Road-!» dove si aspettava di trovare la bella ragazza dai lunghi capelli trovò invece una ragazzina con i capelli corti e disordinati. Sembrava la copia in miniatura della Road che aveva conosceva, indossava addirittura lo stesso abito bianco, solo più corto.

«Road? Che ti è successo? Ho le allucinazioni?» Allen, con una strana sensazione dentro di sé, allungò la mano verso di lei, quasi a volersi rassicurare del fatto che fosse reale. Fu allora che con orrore lo notò: nella sua mano era incastonata quella che sembrava una croce di un verde brillante, e tutto il suo braccio era rosso sangue, sembrava fosse stato corroso dal fuoco.

«Eh-ehi Road, che significa questo?» La ragazzina lo guardò con occhi tristi, e senza pronunciare una parola  fece apparire una specchio davanti a lui. Allen si trattenne dal gridare solo perché era rimasto senza fiato, talmente era sconvolto: il suo riflesso era diverso, vedeva un ragazzo dai capelli bianchi, gli occhi argentati e una lunga cicatrice che gli attraversava in lungo la parte sinistra del viso. Più si guardava però e più la cosa gli sembrava normale: quello era lui, senza alcun dubbio, era Allen Walker, l’esorcista di tipo parassita, portatore delle memory del 14th, e per questo ricercato sia dall’ordine che dai Noah. Ma allora perché anche l’altra immagine, quella che aveva visto poche ore prima con Mana e Neah, quell’immagine di un ragazzo senza deturpazioni di nessun tipo ed i capelli di un normalissimo castano chiaro, gli sembrava tanto normale? Perché Allen D. Campbell, il ragazzo divenuto fratello adottivo di Neah e Mana D. Campbell, era una realtà altrettanto giusta? Perché nella sua testa nomi e volti si mischiavano creando tutta quella confusione?

«Scusami Allen, è colpa mia. Volevo creare un bel sogno per te, ma ho sottovalutato i tuoi ricordi e quelli di Neah. Siete riusciti ad intaccare il mio sogno alla radice, ed è nato qualcosa di distorto, che non ha niente a che fare con quello che volevo io.» Road sembrava davvero molto triste, la sua voce suonava spenta, come se avesse perso ogni speranza.

«Road, continuo a non capire cosa succede. Dove mi trovo? Cosa stavo facendo fino a poco fa? Dove sono finiti tutti? Dove sono Mana e Neah?» Appena pronunciò i loro nomi senti in lontananza un grido di disperazione, e Mana che a gran voce chiamava suo fratello Neah.

«Che succede?!» Allen si alzò di scatto allarmato, ma fu bloccato prontamente da Road, che gli si parò davanti con sguardo deciso.

«Non andare Allen! Scopriresti cose che non ti piacerebbero, fidati di me. Quello che è accaduto è passato, questo è solo un gioco perverso di Neah, che si diverte ad inquinare il mio sogno perfetto! Ma tra poco sarà tutto finito, il sogno sta per finire, e con esso sparirà tutto ciò che è nocivo per te.» Allen la guardò sempre più confuso, ma quando udì il suo nome pronunciato a fil di voce da Neah la scostò con violenza e corse verso di lui, ignorando la grida di Road che gli chiedevano di fermarsi. Quando lo raggiunse lo trovò a terra, in fin di vita.

«Neah, che ti è successo?!»

«Ehi Allen… Senti, io e Mana abbiamo creato un gran casino…»

«Tu e Mana? Che avete fatto?»

«Volevamo salvarti Allen… Ma credo che così abbiamo solo peggiorato le cose… Ora però non ho tempo di spiegarti tutto… Sappi solo che io e Mana ti vogliamo bene… e che abbiamo ucciso quegli stronzi solo per difenderti…»

«Di che parli? Chi avete ucciso?»  Non fu necessaria la risposta di Neah, perché davanti agli occhi di Allen apparve una scena raccapricciante: vide 11 corpi, i corpi ormai senza vita dei Noah, di tutti quelli che fino ad allora gli erano stati accanto come una famiglia. Solo in Conte e Road si erano salvati da quella strage, ed ovviamente Neah, che a suo dire era fautore di quel massacro.

«Che hai fatto… Neah? Che cosa hai fatto?! Perché li hai uccisi?!» Allen non capiva. Che senso aveva ucciderli? A lui della guerra tra Esorcisti/umani e Noah non interessava, era qualcosa in cui non voleva addentrarsi, per cui nei Noah non vedeva né una fazione nemica né una amica, in loro vedeva solo la sua famiglia, anzi, non solo sua, ma anche di Mana ed in particolar modo di Neah.

«Te l’ho detto… non ho tempo… né forza o voglia… di spiegarti tutto adesso… Per questo ti devo chiedere un favore, un favore enorme…»

Allen lo guardò un attimo, ancora pieno di rabbia e disperazione, ma acconsentì con un cenno di capo. «Di cosa hai bisogno?»

«Tu dovrai… essere me… Non posso morire adesso, non definitivamente… almeno… Tu porterai le mie memorie… e quando sarà giunto il momento… io tornerò…»

«Non credo di aver capito cosa significa ma ok, farò quello che vuoi se questo potrà salvarti! Ma ora dobbiamo curarti, dobbiamo trovare un luogo sicuro! Dov’è Mana? Dobbiamo farci aiutare da lui!»

«Mana… è-»

«Basta!» l’urlo di Road non permise a Neah di terminare la frase. «Non ti lascerò rovinare oltre il mio sogno. Ormai è finita, Neah, e tu non te ne sei ancora reso conto. Raccontargli la verità adesso non servirebbe a niente, faresti solo soffrire tutti. Ma che te lo dico a fare? Tu sei marcio fino al midollo, non so come io sia riuscita a renderti tanto buono.»

«Forse è perché… sei una mocciosa… Solo i bambini… sono in grado di fantasticare… come fai tu…»

«Meglio essere una mocciosa che una stronza come te» e con queste ultime parole e lo sguardo carico di disprezzo urlò alcune parole incomprensibili, e tutto attorno a loro svanì.

 

La neve aveva iniziato a cadere lenta, e tutto si stava ricoprendo di un manto bianco. Allen aprì gli occhi piano, ma una fitta di dolore lo costrinse a richiuderli con forza.

«Ehi Allen, non agitarti. Tra poco sarà tutto finito.» Road, accanto a lui, lo carezzava dolcemente, con le lacrime agli occhi.

«Che è… successo?»

«Niente, niente, non preoccuparti. Ci sono qui io, torna a dormire.»

Allen chiuse nuovamente gli occhi e gli tornò in mente una serie di immagine strane: lui insieme a Mana e Neah, tutti appartenenti alla famiglia dei Noah, e Road, in una bellissima versione cresciuta di sé stessa, con cui scherzava e ballava. Solo in quel momento le cose divennero chiare.

«Quello… era un sogno creato da te, vero?»

«Esatto.»

«E perché l’avresti… fatto?»

«Era il mio regalo per te.»

«Regalo?»

«Mhmh, regalo, anche se non è andata come speravo. Con i tuoi ricordi lo hai contaminato un po’. Ti sei fatto chiamare mammoletta da Neah, facendoti prendere in giro per il braccio, una cosa senza senso se pensiamo al fatto che il tuo braccio era sanissimo! E poi hai visto e parlato dei tuoi amici, quando non avresti dovuto nemmeno ricordarli. Senza parlare poi della melodia dell’Arca. Vabbeh, non importa. Comunque tanti auguri, Allen.»

«Ahhh… oggi è Natale…» Allen tentò di guardarsi intorno, ma Road glielo impedì.

«No, è il tuo compleanno. Torna a dormire. Prometto che sta volta non ti faccio sognare.»

«Road… ho una domanda da farti…»

«Dimmi.»

«Io… chi sono?» Era l’unica cosa che quel sogno aveva portato ad Allen: la consapevolezza di non sapere chi era.

«In che senso? Non sei ancora del tutto sveglio? Tu sei Allen, no?»

«No… Io sono un bambino abbandonato a causa di un braccio deforme… un garzone di un circo… un bambino adottato da un clown.. o da una donna madre di due bambini?... un bambino chiamato Allen Walker… il figlio di un uomo chiamato Mana, non so più se Walker o D. Campbell… un Pierrot… un patricida… un discemolo… un esorcista… il distruttore del tempo… il pagliaccio di Dio, Crown Clown… il 14th, Neah… un traditore… un ex esorcista… un ricercato dell’Ordine e dai Noah… un fuggitivo…

Io sono tutto e sono niente… uno con tante identità alla fine non ne ha una… Quindi Road, chi sono io?»

Road lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. Tutto quello che aveva appena detto era terribilmente corretto, ingiustamente corretto. Lui era tutti e non era nessuno, e non poteva negarlo in alcun modo. Trattenne le lacrime a fatica e si guardò intorno. La neve, quasi a voler essere sua complice, stava coprendo i cadaveri attorno a loro. Noah ed Esorcisti alla fine si erano annientati a vicenda, e lei era nuovamente l’unica rimasta. Con le morte dell’innocense nessuno avrebbe potuto ucciderla, ed essendo rimasta l’unica Noah al mondo avrebbe vissuto per l’eternità in completa solitudine. Portò lo sguardo sul volto del ragazzo che tanto amava, e gli sorrise debolmente.

«Tu sei un pagliaccio triste.»

«Ahah… e questo che significa?»

«Tu sei un clown, ma non fai ridere le persone. Tu hai sempre cercato di far felici gli altri, indossando tante maschere, senza renderti conto che il primo ad aver bisogno di un po’ di felicità eri proprio tu. Quindi tu sei un pagliaccio triste.»

«Un pagliaccio triste…. Mi piace…» dopo tanto finalmente sorrise, e dopo aver mormorato un debole grazie ed aver lasciato scorrere una lacrima solitaria sul viso, morì.

Road lo lasciò dov’era per un attimo, ed andò a sistemare gli altri corpi, Noah ed Esorcisti vicini, con un unico spazio a dividerli. Fu lì che lo distese, esattamente tra i Noah ed i suoi compagni Esorcisti, facendogli stringere in una stretta eterna la mano della sua Lenalee.

Lui quasi si confondeva con tanto candore. Non una goccia di sangue lo aveva macchiato; i sui capelli ormai lunghi erano dello stesso candore della neve, ed indossava vesti bianche, il colore della sua innocense.

Innocense che alla fine lo aveva abbandonato: la morte infatti era sopraggiunta dall’interno, da quel maledetto buco nel cuore che l’aveva fatto morire tempo prima. Questa volta però non ci sarebbe stato il cristallo di Dio a salvarlo, nulla l’avrebbe riportato indietro dalla morte. Creò una barriera attorno a quei corpi, in modo da renderli invisibili agli occhi del mondo e a proteggerli da esso.

Road guardò un’ultima volta quella che era stata la sua famiglia e quelli che erano stati i suoi nemici, senza sapere dove collocare il suo amato, e dopo aver pianto alcune lacrime silenziose se ne andò, seguita dal piccolo golem dorato, unico sopravissuto come lei a quell’inutile massacro.

 

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P.S. … e buon Natale! Ok, scusate, ma sono una causa persa, se non scrivo qualcosa di triste non sono felice. L’ho divisa in due capitoli perché era troppo lunga per uno solo, ma li ho pubblicati assieme perché è oggi il compleanno di Allen, ed avendola scritta tutta oggi non credevo che venisse tanto lunga, altrimenti avrei fatto un capitolo ieri ed uno oggi, ma svegliandomi all’ultimo secondo alla fine ho fatto casini. Per quanto riguarda la storia in sé è venuta fuori abbastanza di getto, è nata con l’intenzione di far vivere un episodio di vita quotidiana ad Allen, Neah e Mana, ma il tutto si è evoluto. Sinceramente non so che dire, a me piace, spero che sia così anche per voi (un commento è sempre ben accetto, anche per insultarmi, darmi consigli, pareri o farmi domande, basta che almeno una persona mi dica qualcosa, pleaaase, sarebbe un bellissimo regalo di Natale!), quindi vi saluto, alla prossima

ElPsyCongroo

 

*nel frattempo*

Allen: Vuoi piantarla?

Io: Di far che?

Allen: Di farmi impazzire o morire nelle tue storie!

Io: Maddaih Allen caro, è solo la seconda volta che ti faccio morire no?

Allen: Appunto, due su tre!

Io: Beh, un volta ti ho salvato V.V

Lenalee: Ed io allora? Sono morta sempre!

Io: Su Lena, non fare così! Farti morire aggiunge sempre il tocco giusto di drammaticità!

Lenalee: Ma sta volta non ho nemmeno avuto una parte decente!

Road: Ti ho rubato la scena ragazza esorcista!

Lenalee: Taci tu, che intanto sei rimasta di nuovo sola, e siamo a due pure per te V.V

Road: Almeno io vivo, tu muori, diventi buona solo a concimare in terreno V.V

Io/Allen: Eddaih ragazze, fate le brave, è Natale!

Road/Lenalee: Tacete o siete vi faccio a pezzi!

Allen: Io sono già morto!

Io: E senza di me non tornate più V.V Che mondo sarebbe senza colei che vi massacra ogni anno?

Tutti: Un mondo migliore :D

Io: ç.ç cattivi ç.ç

*end*

 

 

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