Frammenti Dimenticati

di Mad dy ness Zalk909192
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Frammento 1 - 262 parole, nessun punto. ***
Capitolo 2: *** Frammento 2 - Una mattinata scolastica, scrivi la cronaca ***
Capitolo 3: *** Frammento 3 - Questa è una vittoria ***
Capitolo 4: *** Frammento 4 - Casagrande ***



Capitolo 1
*** Frammento 1 - 262 parole, nessun punto. ***


Esercizio di scrittura consigliato dal sito:
http://www.languageisavirus.com/
"Write the first 250 words of a short story, but write them in ONE SENTENCE. Make sure that the sentence is grammatically correct and punctuated correctly."

 

Ogni giornata scorre, fuori da queste finestre sporche, scorre come se non avesse senso di esistere, passa e va come solo un’uggiosa giornata di febbraio sa fare, ed io, seduta alla scrivania della mia camera da letto arredata da miss IKEA, guardo tutto quest’ammontare di ore pigre, riottose ed inutili passare, andarsene per non tornare, chiedendomi dove vadano una volta partite, e dove potrebbero condurre se solo avessi, e sono davvero sincera, la vera intenzione di inseguirle, cercarle e raggiungerle, come se mi importasse, come se potessi farlo nella realtà dei fatti, mentre, per contro, sono qui a portare avanti a fatica un’un esercitazione di scrittura che quella vecchia megera della Professoressa Bianchi mi ha assegnato mesi fa e, in tutta onestà, dubito che addirittura si ricordi di questa ennesima fatica che ha caricato sulle spalle dei suoi poco volenterosi studenti; lo penso e appoggio la penna e il suo inchiostro nero sul foglio di carta quasi intonso, interrompendo del tutto l’impresa titanica che avrei voluto affrontare qualche istante fa, troppo presa dal tempo che passa, dalle nuvole, dai vetri sporchi, dal lieve filo di ragnatela che mi è appena capitato di notare tra i due o tre libri accatastati su uno scaffale poco più in alto del mio naso; troppo distratta dalla lieve musica che fuoriesce dalle casse integrate del mio computer, relegato su una sedia con la semplice funzione di riproduttore musicale, costretto a fare una cosa soltanto e, con tutta probabilità, mi sta melodiosamente ringraziando di questa pausa improvvisa, data la brutalità con cui abitualmente viene trattato dalla sottoscritta.

 

Questa raccolta non è che... una raccolta frammentaria di frammenti di storie, di vita o altro.

Sono frammenti. Ognuno ha un significato a modo suo. Ogni cosa è casuale e sensata come solo una parte di qualcosa più grande, che non esiste, può essere.

Grazie della lettura.

I Frammenti Dimenticati ringraziano per l'attenzione.

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Capitolo 2
*** Frammento 2 - Una mattinata scolastica, scrivi la cronaca ***


Reperto epicamente storico, orrendo e trascritto pié pari.
Abbiate pietà.
Avevo solamente 12 anni.

Tema di Italiano.

12/03/2004

2) Una mattinata scolastica: scrivi la cronaca.

Al suono della campanella mi dirigo a passo svelto verso la mia classe, dentro nel sessanta per cento dei casi ci troverò dentro una prof desolata e rassegnata a passare la sua prima ora di scuola con la classe 2**.

Anche se non sempre è così a metà ora la prof diventa un po' più pimpante e si inizia a fare realmente lezione.

Oggi mi accingo a superare incolume all'ora della prof. G* che non è affatto di buon umore:

-Buongiorno. Prendete i libri e fate quello che dovete.- ci ordina con un tono che non ammette repliche poi squadra R* che è arrivato in ritardo e sedendosi mollemente alla cattedra ci guarda al di sopra dei suoi occhiali arancioni come in attesa di cogliere un qualche nostro movimento furtivo che ci possa far ricevere una nota.

Io sono stata assente gli ultimi due giorni e sono sicura di aver lasciato le mie squadre da 30° sotto al banco.

Ci guardo. Non ci sono. (Aiuto!)

Mi alzo e le cerco nell'armadietto-libreria: niente.

Scomparse, svanite nel nulla.

Intanto mi accorgo che la G* ed alcuni compagni di classe mi osservano.

Niente di preoccuparsi, finché "lei" non chiede sono salva.

Intanto domando a destra e a manca se per caso non avevano visto le mie benedette squadre e ricavo la seguente informazioni: Ce* ne ha trovata una e l'ha messa nell'armadio, Pic* ripete la sua stessa frase.

Metto sottosopra lo sgabiotto dei libri senza successo.

A questo punto non posso neanche ignorare la prof. che mi fissa come se fossi un fantasma senza testa.

Sono veramente terrorizzata (si fa per dire...).

-Valle!- inizia lei; -Cosa stai facendo?-

Questa mattina non ho particolarmente voglia di scherzare ma devo rispettare la tradizione.

-Sto cercando le mie squadre, prof.- le dico chinandomi per guardare di nuovo sotto il banco.

-In che senso?- mi fa lei.

-Nel senso che giovedì mi ero dimenticata le mie squadre sotto il banco e ora cerco per la classe dove è più probabile che ci siano. E visto che non camminano da sole, i bidelli o qualche compagno di classe me le hanno spostate.-

-Ma tu le hai lasciate sotto il banco, quindi la colpa è tua!-

-Ciò non toglie che qualcuno le abbia tolte di lì- ribatto decisa.

Visto che la prof. non accenna a parlare mi siedo e continuo a indagare senza neanche aprire il libro di testo.

Ad un certo punto la G* mi fa: -Ma non puoi proprio fare niente senza?-

Le faccio una faccia come per dire "secondo lei?".

-Allora dammi il diario.-

Per salvarmi Francesca mi impresta la sua e intanto che cerco quella da 45° che uso come supporto... guarda il caso trovo in fondo allo zaino le mie innocenti square da 30°.

Non erano in quello stramaledetto zaino ieri sera e sicuramente non ce le ha messe il fantasma formaggino, quindi penso proprio che qualcuno ce le abbia rimesse data la situazione.

Finalmente l'ora è finita e mi preparo le cose di musica: Quaderno, fotocopie...

Tutto sommato la recitazione non riesce neanche tanto male e mentre leggo "Gioco Mortale", durante la ricreazine, ovvio, non penso alle prossime lezione dove potrei essere interrogata di geografia e storia mentre il resto della classe non mi aiuta a ricordarlo ed esagera in chiacchere e schiamazzi.

Mi saltano in mente quando la professoressa ci saluta...

Per fortuna prima decide di interrogare di Epica, cioè Autori, dove ero già stata interrogata.

Non che fossi impreparata, anzi, però è sempre ripassare negli ultimi minuti.

Finita Letteratura interroga di Storia.

Mi sembra di essere un topo in trappola.

Sceglie altre due persone e visto che secondo alcune fonti ci sono quattro persone "prenotate" in geografia mi rilasso e lascio passare le ultime ore del mattino in quasi totale tranquillità visto che la prof. ogni tanto mi lancia un'occhiata accusatrice senza che io capisca il perchè

DRIIIN!

Finalmente si mangia.

Intanto che, come al solito, scrivo due scemate alla lavagna, mi metto a parlare con Al* del più e del meno.

Oggi è uno di quei giorni in cui ci siamo io, Al*, e la marmaglia maschile... Pensate che divertimento.

A mensa non ci danno neanche l'ovetto, contrariamente all'anno scorso e il pranzo Pasquale consiste in minestrone, carne impanata dal sapore di solvente e insalata rossa.

Siccome alla fine di tutto questo ho ancora fame segno la mia rovina.

Infatti come frutta c'la mela e non so il perchè ma quando la mangio tutta la classe mi guarda e ride.

L'unica persona che non capisce il perché èla prof., con la quale scambio qualche occhiata esasperata scuotendo malinconicamente la testa.

La prima ora del pomeriggio la passiamo con la professoressa M*.

Un'ora per niente speciale, niente interrogazioni, niente note (x fortuna) e l'ora, anche se lentamente, passa tra regole e nuove parole.

In quest'ora un potere soporifero invade la classe che come per magia potrebbe essere scambiata per la migliore della scuola.

Durante l'ora successiva l'eccitazione dell'ultima ora dell'ultimo giorno prima delle vacanze riprende il sopravvento.

Si ricomincia con le chiacchere e le risate decisamente fuori luogo.

Suonata la campanella siamo tutti felici come Pasque ma mercoledì prossimo ci ritroveremo più volentieri di quanto vogliamo far credere.

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Capitolo 3
*** Frammento 3 - Questa è una vittoria ***



Sfogo di una quindicenne.
O forse sedicenne.
O forse anche ventenne.










Questa è una vittoria.
Conosco bene la mimica del mio volto, accompagno con decisione ogni muscolo facciale alla sua posizione pù opportuna e la mantengo in modo fermo; rispondo ironicamente nei miei pensieri contro il veleno e gli insulti che mi sputano addosso; sdrammatizzo, in parole povere; controllo i miei sentimenti.
Poco fa ho innarcato lievemente le mie sopracciglia, corrugando appena quella di destra, con lo sguardo fisso, sbattendo le palpebre in modo naturale, la mandibola e gli zigomi erano rilassati, le labbra serrate ma con delicatezza, per nulla contratte.
Il risultato è un'espressione dalle due interpretazioni:
la prima è quella di un automa rotto, senza più il dono del movimento; la seconda è un'impressione di sfacciataggine mista a menefreghismo e scetticismo.
Ambedue le espressioni rappresentavano ciò che ho voluto mostrare, l'interpretazione non può che essere corretta.
Finalmente il bipede-sputa-veleno alza i tacchi e se ne va, chiudendosi velocemente la porta alle spalle.
Rimango nella stessa posizione per ancora qalche minuto, ripensando a ciò che mi è stato detto mentre sento che rabbia, frustrazione, istinto omicida e disperazione mi invadano l'interno chiedendo di uscire sottoforma di lacrime, amare e salate allo stesso tempo.
Vorrei esplodere.
Passata l'ostentata indifferenza mi ritrovo a immaginare di prendere una sedia e distruggere tutto quello che vedo nella stanza, immagino di urlare cercando di strapparmi i capelli, immagino di prendere a pugni il muro, di mordermi una mano, di rovesciare la scrivania, di lanciare un libro e rompere una a una le ossa di quell'insopportabile bipede velenoso.
Non lo faccio.
Mentre penso ancora una volta a distruggere tutto con una sedia, il mio volto cambia espressione radicalmente e sento che vere lacrime si formano là, appena dietro l'occhio.
Ho un improvviso scatto di consapevolezza.
Non devo piangere. Non l'avrà vinta.
Serro la mandibola sfregandomi le palpebre chiuse con le mani.
Non mi farà piangere. Non ne ha il diritto.
Chiudo gli occhi dopo averli riaperti un secondo, mentre le lacrime ritornano da dove sono venute.
Apro gli occhi.
Nulla è diverso da qualche secondo prima.
Mi siedo alla scrivania e inizio a scrivere.
Questa è una vittoria.









 
 


 

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Capitolo 4
*** Frammento 4 - Casagrande ***


Un giorno quest'idea verra presa, rielaborata, ampliata e trasformata in un'original.
Per ora rimane in questa raccolta.










Dedicato alle mie splendide compagne.















Noia, il vuoto esistenziale.
Aveva finito da giorni l'ultimo progetto da presentare a Casagrande, lo spocchioso docente di Regia dell'Accademia, e anche se ormai abitava a Torino da sette mesi, ancora non si era ambientata come avrebbe voluto, così, la sera, era la noia che spadroneggiava nell'appartamento.
Il sabato sera ancor più degli altri giorni, data l'assenza dei suoi caotici coinquilini, impegnati a ballare e pomiciare con sconosciuti in qualche discoteca o locale del centro.
Aveva provato ad uscire con loro, qualche volta, ma non era quel genere di persona, così, noia per noia, preferiva restare in appartamento senza dover spendere inutilmente soldi in alcolici e consumazioni varie che poco le interessavano.
Per i primi tempi si era divertita, il profumo della libertà conquistata allontanandosi dai suoi genitori e dal suo paese la galvanizzava così tanto da non farla sentire sola o abbandonata.
Dopo qualche mese, però, la noia si era ormai impossessata di ogni suo momento di solitudine.
Doveva trovare qualcosa d nuovo da fare.
Spostò il computer portatile sul tavolo della cucina, spense il televisore e si affidò al random di iTunes, che prontamente scelse Vivaldi come primo ascolto.
Cliccò rapida sullo sputacchio di colori che era l'icona di Chrome e fece un controllo generale su mail e social network.
Una mail di spam e tre notifiche, due delle quali richieste per giochini succhia-tempo.
L'avevano taggata anche in una foto.
Aprì il collegamento e vide sé stessa, sfocata, con i suoi compagni di seconda liceo.
Rabbrividì. Era passato poco tempo, eppure lei si ero dimenticata di loro perché loro non avevano fatto lo stesso?
Si guardò nella foto con aria critica e cinica.
Grassa, brufolosa, ignobili capelli di un anonimo castano, sottili e impossibili da acconciare.
Si concesse un'occhiata rapida allo specchio appeso al muro oltre allo schermo del portatile.
Durante quegli anni i brufoli erano quasi scomparsi, aveva perso qualche chilo e soprattutto, andandosene di casa si era finalmente concessa un taglio corto e una decolorazione totale.
Era orgogliosissima dei suoi capelli bianchi.
Si lasciò infatti sfuggire un ghigno che esprimeva compiacimento e una buona dose di sentimento vendicativo; sua madre le aveva sempre impedito di fare cose del genere e lei l'aveva fatto appena uscita di casa, dal primo parrucchiere abbastanza lercio da consentirle un tale scempio della cute.
Sì, ogni tanto si sentiva una figa.
Poi lo sguardo scese di poco più sotto.
Ecco, aria compiaciuta defunta. Troppe poche tette.
Sospirò per l'ennesima volta e si mise a fissare il desktop tornando alla sua aria sconsolata, assente ed annoiata.
iTunes stava passando Ready Set Go dei Flow.
Mh, poteva scaricare le puntate di quell'anime dal nome impronunciabile che non aveva ancora visto.
No, noioso.
Aveva voglia di produrre, più che di guardare passivamente uno schermo.
Produrre... Poteva dare una pulita alla cucina, era indecente.
No anche a questo, troppo faticoso.
Poteva sempre scrivere qualcosa.
Ecco, sì, scrivere era né un'attività faticosa né improduttiva, poteva andare.
Però... scrivere cosa?
Si sentì al punto di partenza e si perse a fissare il muro.

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