Come salvare Panem in una settimana

di Yuliya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Una padella per amica ***
Capitolo 2: *** 2. Cinque sconosciuti e un paio di guai ***
Capitolo 3: *** 3. Hanna Bond, casino total ***
Capitolo 4: *** 4. Una pallottola spuntata per un pelo ***



Capitolo 1
*** 1. Una padella per amica ***


1. Una padella per amica



 









Osservai con sguardo spento e disperato l’auto uscire dal cancelletto di casa.
Mia madre si sporse dal finestrino.«Non essere triste Hanna! Torneremo tra una settimana!»
Asciugai una lacrima che era sfuggita al mio controllo. «Lo so. Tenterò di sopravvivere. »
Con un ultimo saluto, i miei genitori scomparvero dalla via, imboccando la strada che li avrebbe sfortunatamente condotti alle Maldive. Un vero schifo, già.
Rimasi impalata con tanto di fazzoletto bianco in mano, ancora sorpresa dalla verità che ormai rimbombava euforicamente nella mia testa.
Ero sola a casa.
Io.
Sola.
Casa.
No ok, sembravo una malata mentale a spellingare una frase come quella –sempre che esista il verbo spellingare-.
Con il massimo contegno possibile salii le scale esterne che mi portavano al primo piano, continuando a fingere la mia apparente tristezza.
Appena la porta si chiuse alle mie spalle, iniziai a correre per casa e ad urlare come Tarzan con la diarrea.
«Evvaiiiiiii! La casa è miaaaaaaaaaaa!» con tanto di risata maligna mi gettai sul divano, iniziando a saltarci sopra.
«Avanti mamma, ora dimmi di non farlo!» gridai al muro, non ricevendo risposta.
Passai la giornata tra cibo, coca cola e Mtv. Alla sera mi ritrovai come Homer Simpson dopo che si è preso una sbronza da Boe.
«Che noia!» sbottai, incrociando come una bambina capricciosa le braccia al petto.
Un’idea improvvisa si fece spazio nella mia mente, e una potente luce proveniente dal nulla mi accecò.
«Grazie per la visione, Dio.» mormorai guardando il vuoto.
No, ma tu sei fuori di testa.
Come ti permetti? La prima gallina che canta è quella che ha fatto lo zabaione.
Si dice uovo, razza di imbecille.
Ma aspetta un attimo, se tu sei la mia mente ed io sono imbecille, per la proprietà transitiva pure tu sei imbecille!
Sì, ma non sono io quella che parla con la sua mente.
Oh cazzo.
«Darò una mega festa! Un party hard!» gridai puntando l’indice contro al mio gatto, che era appena rientrato da una faticosa giornata di lavoro; talmente faticosa da consistere in: mangiare, dormire e scoreggiare in santa pace senza che tu possa impedirglielo, perché quando te ne accorgi, è sempre troppo tardi.
Afferrai il telefono. «Mi basta chiamare Lady Gaga e il successo sarà garantito! Questa festa passerà alla storia. Tra milioni di anni i nonni la racconteranno ai loro nipoti, rimembrando le gesta che contraddistinsero la giovane…»
Mi dispiace interrompere il tuo film mentale, ma non hai il numero di Lady Gaga.
Spalancai la bocca per poi richiuderla. «Ah. E’ vero.»
Stupido cervello.
Guarda che ti sento.
Gne gne gne.
Non trovando un’altra idea geniale per passare la serata, decisi di leggere un libro che nonostante tutto mai mi avrebbe stancato.
So che può sembrare strano il fatto che una ragazza un po’ pazza come me possa amare la lettura…
Un po’ pazza? Un po’?!
Shhh, taci! Sto tentando di fare un discorso serio.
Stavo dicendo che potrà apparire strano, ma amo leggere. Vario da tutti i generi, da fantasy a romanzi romantici…
Senti, non frega a nessuno che generi leggi. Passa al dunque.
Smettila di interrompermi!
In realtà ti interrompi da sola visto che io sono te. Imbecille.
Dunque, afferrai lui. Il manoscritto sacro per eccellenza: semplicemente spettacolare, avvincente, bellissimo, stupendissimo, meravigliosissimo…Hunger Games, il canto della rivolta!
Aprii il libro, decisa a saltare le prime pagine –che consideravo noiose- per passare all’azione. La lettura mi trascinò nel suo turbine di emozioni come al solito, e non potei fermare una lacrimuccia quando Peeta aggredì Katniss.
Arrivata alla fine del capitolo, mi resi conto che dovevo dar da mangiare al gatto, poiché non la smetteva si trusciarsi contro al divano sul quale ero bellamente spaparanzata.
Posai il volume sul tavolino in legno antico per poi dirigermi in cucina, dalla parte opposta della casa. Sì, vivere in una villa aveva sia i suoi pregi, sia i suoi difetti.
«Mi devi un favore Palla di neve, sto facendo una fatica immane a giungere sana e salva in cucina.» mormorai risentita, osservando con sguardo di rimprovero il povero micio.
 

Stavo finendo di gettare i croccantini nella ciotola, quando sentii dei rumori provenienti dal salotto.
Probabilmente era la tv accesa.
Scrollando le spalle ripresi a riempire il contenitore, ma un nuovo rumore, maggiore dei precedenti, mi convinse che non si trattava della tv. Ed ora che ci pensavo, non avevo nemmeno la tv accesa…
«Sono nella merda!» sibilai afferrando una pentola dalla credenza. Se fossero entrati dei ladri esperti, non sarebbe di certo bastato un inutile aggeggio per cucinare a fermarli.
Puoi sempre utilizzare le tecniche che hai imparato a karate.
Ma se mi sono fermata alla cintura gialla! E poi ci andavo soltanto per vedere Mike, il più figo della scuola.
Mi rigirai tra le mani la potente arma, saggiandone la forza. Sì, ce l’avrei fatta a vincere. Dopotutto ero fortissima ad Assassin’s Creed.
Mi incamminai il più lentamente possibile verso l’origine del suono, finché solo una porta rimase a dividerci. Mi appoggiai al muro, respirando profondamente. Se fossi morta, avrei lasciato tutti i miei beni alla mia migliore amica Lucy, l’avevo già scritto nel testamento.
Pregai per un istante Jack Sparrow e Spongebob, affinché mi infondessero la forza necessaria per uscire indenne da quel combattimento, che sapevo, si prospettava all’ultimo sangue.
«PER SPARTAAAAAAAAA!» gridai gettandomi nel buio della stanza, brandendo la padella tra le mani e agitandola in tutte le direzioni. Mi accorsi con una certa felicità di aver colpito  qualcuno in pieno, sentendo le sue imprecazioni colorite.
«Avanti, chi è il prossimo?!» urlai, sferzando l’aria con la mia micidiale arma.
Socchiusi gli occhi per scorgere meglio le figure –precisamente 3, più quella in  terra- che non accennavano a muoversi.
«Non vi permetterò di derubarmi e..» prima che riuscissi a terminare la frase qualcuno mi afferrò per le spalle bloccandomi e facendomi scivolare dalle mani la padella.
Maledizione, doveva essersi nascosto!
«Non mi avrete mai vivaaaa!» urlai tentando di divincolarmi dalla presa ferrea.
«E’ davvero lei?» domandò una voce dolce, quasi musicale.
«No guarda Peeta, siamo capitati nella casa sbagliata!» sbottò l’uomo –o meglio il ragazzo, dal tono della voce- con un filo tagliente di ironia.
«Aspetta aggressore, come l’hai chiamato?» domandai voltandomi, per quanto me lo concedesse la stretta.
«Peeta.»
«Petta di cognome…?» uno strano presentimento mi fece accapponare la pelle.
«Peeta Mellark.» concluse l’interpellato, aprendosi in un ampio sorriso.
Rimasi per un istante a bocca aperta, riuscendo dopo parecchi minuti a ritrovare la voce. «Lasciami un attimo.» inveii contro al tizio che non accennava a mollarmi.
«Perché dovrei? Chi mi assicura che non tenterai nuovamente di colpirci?» chiese ironico. Certo che era davvero antipatico quel ragazzo.
«Hai la mia parola.» sbottai «Ora liberami, grazie!»
Fece come detto, e presa da un momento di coraggio tastonai la parete, trovando finalmente l’interruttore.
Rimasi letteralmente a bocca aperta, notando che sotto la forte luce del lampadario vi erano delle persone che ben conoscevo nella mia mente.
Dai, ma non possono essere davvero loro…
«Chi siete voi?» domandai con un filo di voce, appoggiandomi al muro.
Un ragazzo perfetto –un sogno ambulante per intenderci- dai capelli scompigliati biondi e dai profondi occhi azzurri, si avvicinò con un dolcissimo sorriso. «Il mio nome è Peeta Mellark, come ti ho detto prima.» fece una pausa, indicando gli altri quattro. «Lui è Haymitch Abernathy, colui che hai colpito con la padella.» un uomo sui quaranta, con un cipiglio deciso mi salutò con un cenno di rimprovero, massaggiandosi la testa «Johanna Mason.» una giovane donna dallo sguardo divertito alzò la mano «Finnick Odair.» un ragazzo dalla bellezza mozzafiato mi fece un sorriso malizioso «E…Gale Hawthorne.» l’ultimo delle presentazioni parve leggermente scocciato dal tono incolore di Peeta, ma riprendendosi mi strizzò l'occhio, facendomi arrossire.
Presi un altro respiro, imponendomi mentalmente di non poter avere delle visioni  così nitide. «Ma questo non può essere vero! Scommetto che ora mi direte che siete usciti dal libro e non sapete come tornare a casa.» conclusi inarcando un sopracciglio.
«Veramente né siamo usciti dal libro né non sappiamo come tornare a casa. » mi contraddisse Finnick, parlando per la prima volta.
«E allora volete spiegarmi che ci fate in casa mia?!» gridai, passandomi una mano tra i capelli. Mi osservarono come si farebbe con una pazza da manicomio, ma non me ne curai più di tanto. Ero troppo presa dal sapere in che diamine di situazione mi fossi cacciata, e soprattutto, cosa ci facessero i protagonisti di Hunger Games nella mia cucina.
«Che ne dici di accomodarti sul divano?» mi propose gentile Peeta «Sarà una lunga storia.»
Sospirai, per poi guardarlo con aria implorante. «Almeno posso prendere i pop corn?»
 


 

 
Angolo Autrice:
no ok, io non sono normale. Dove sia nata questa idea non lo so –prendetevela con il mio cervellino bacato-, ma avevo una gran voglia di iniziarla.
Quindi, BAM eccola.
Non so che dire, non è chiaro come quei gran figaccioni –ogni riferimento a Finnick e Peeta è puramente casuale- e gli altri siano piombati in casa della protagonista.
Nel prossimo capitolo sarà tutto spiegato.
Hanna sarà impersonata da Lucy Hale -aww, la amo-.
Che ne pensate come inizio?
Fa tanto schifo? Non ci metto niente a toglierla ahaha.
Oramai lo dico sempre lol.
Vabbeh, fatemi sapere magari con una recensione che ne pensate.
Un bacio :)

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Capitolo 2
*** 2. Cinque sconosciuti e un paio di guai ***



2. Cinque sconosciuti e un paio di guai 
 

 
  








«Fatemi comprendere un attimo la situazione.» sibilai, tentando di riassumere la storia che aveva appena finito di raccontare Peeta «Voi siete arrivati qua tramite un vortice coso creato da Beetee, perché nel vostro mondo Katniss ha fallito la rivoluzione?»
Peeta mi interruppe. «Si chiama vortice spazio temporale distorto
Lo fissai con la bocca semiaperta, per poi scuotere la testa. «Smettila di ripeterlo! Mi perdo sempre alla parola vortice
Peeta mi osservò parecchio intimorito, probabilmente domandandosi se non avessi qualche disturbo mentale. Nuovamente sorvolai, riprendendo il discorso. «Quindi esisterebbero milioni di mondi paralleli, dove in ognuno di questi il destino e il futuro si compiono in maniera diversa; e nel vostro pianeta Snow non è ancora morto perché Katniss è stata quasi assassinata nel sonno da parte di una sua spia, e dunqueee Panem non è ancora libera!»
Ripresi fiato, permettendomi un commento scettico. «Neanche nei migliori film di James Bond appare una trama talmente complicata.»
«James Bond?» domandò Finnick, incuriosito.
«Sì, un film abbastanza famoso. Oh, è vero che da voi probabilmente sarà stato bandito.» intuii, osservando pensierosa il soffitto. «Quella torta c’è sempre stata?» chiesi più a me stessa che a loro, notando il dessert che misteriosamente era appiccicato vicino al lampadario. Doveva essere una missione non riuscita di mia madre.
Tutti alzarono lo sguardo, per poi fissarsi intimoriti negli occhi. «Io ho paura…» mormorò Gale, afferrando la mano di Haymitch, che però lo spintonò sbottando un «Smettila di fare la femminuccia!»
Scuotendo la testa, tornai a guardare Peeta. «Ma ora dimmi una cosa.» affermai, fissandolo intensamente negli occhi «Che cazzo ci fate nella mia cucina?! Quello che mi hai appena raccontato, non giustifica la vostra presenza!» urlai, alzandomi velocemente dal divano –tra l’altro, rischiando un capogiro-.
Puntai un dito contro di loro. «Se volete dei soldi, beh potete scordarveli!» feci una pausa «Così come la mia collezione di My Little Pony
Senza attendere risposta feci una capriola –altro che Ginnaste vite parallele- trovandomi misteriosamente vicino alla porta. «Ricorderete questo giorno perché avete quasi catturato capitana Hanna, il terrore dei sette mari!»
Mai mischiare Pirati dei caraibi con One piece…
Iniziai a correre per la casa, tentando di seminarli.
«Chi va a riprenderla?» domandò annoiato Gale, stravaccandosi ancora più comodamente sul mio divano.
 
 
Parecchie ere glaciali dopo…
Se, ti piacerebbe!
Ok, ehm un’ora dopo…
Magari fosse durato tanto l’inseguimento!
Ok! Un minuto dopo…
«Lasciami andareee…» piagnucolai, tentando di divincolarmi dalla ferrea presa di Haymitch. «Ma tu non eri un ubriacone?» chiesi realmente incuriosita. No, in realtà era un’ intelligentissima tecnica per distrarlo e scappare.
Boia, tu sì che sei geniale!
Oh, mi hai fatto un complimento!
Guarda che era ironico. Imbecille.
«Ora non più.» mormorò con tono grave.
«Hem Hem…» tutti iniziarono a tossicchiare.
Haymitch li ignorò, adagiandomi sulla poltrona.
Peeta prese nuovamente posto davanti a me, tornando ad osservarmi con sguardo dolce. «Noi non vogliamo soldi, né nient’altro. Abbiamo semplicemente bisogno del tuo aiuto. Ecco, vorremmo che tu venissi con noi a Panem per aiutarci nella vitale operazione dedita a salvare il nostro mondo: il piano 1234.»
Di tutta la frase colsi ovviamente la parte più inutile. «1234? Insgamabile, proprio!»
Peeta arrossì, tentando di mantenere un contegno. «Non è male, e poi la combinazione più famosa è 000!»
Gale sorrise maligno. «Dice che non lo è per il semplice fatto che è stato lui a scegliere il nome dell’operazione.» tutti i presenti ridacchiarono divertiti.
Peeta imprecò sottovoce, troppo in imbarazzo per guardarmi negli occhi.
Vedendolo in difficoltà per causa mia, gli afferrai la mano, scuotendolo dolcemente. «Stavi dicendo?»
Il ragazzo mi osservò risentito –ancora offeso per prima-, ma dopo qualche istante riprese a parlare. «Beetee riaprirà il portale, e allora se tu vorrai avrà inizio la missione.»
Inarcai un sopracciglio. «Quindi io dovrei venire in quella merda di mondo -comunemente chiamato Panem- a rischiare la vita per una causa che nemmeno mi interessa? Beh, non sono così pazza da accettare!»
«A, no?» commentò Gale, ridendo.
Lo ignorai, continuando a parlare. «Se mi aveste chiesto di seguirvi a Hogwarts, a Narnia, o nella Terra di Mezzo probabilmente avrei accettato. Ma andiamo ragazzi, Panem fa cagare un leprotto stitico!»
I presenti tacquero, e per la prima volta Johanna spiccò parola. «Ragazzi, non possiamo costringerla. Si vede che non era lei la prescelta
Sgranai gli occhi a quella parola, e mi avvicinai con il tipico sguardo che ha Gollum quando parla del suo tessssoro. «Prescelta?» (*)
Finnick annuì, appoggiandomi una mano sulla spalla. «Lo so che è un compito arduo essere la predestinata, ma è anche un grande onore.»
Prescelta.
Io.
Prescelta.
No, eh! Non ricominciare!
Ti rendi conto?! Io sono la presceltaaaaa! Potrò salvare il mondo, lottare contro il male!
Ci deve essere un errore. Non può essere vero.
Diventerò famosaaaa!
Ci mancava solo che diventassi una Mary Sue.
«Accetto.» affermai decisa, fissando tutti i miei ospiti «Quando si parte?»
Peeta mi abbracciò, e rimasi stupita da quel gesto. Dopo qualche istante si staccò, regalandomi un meraviglioso sorriso. «Anche subito.»
Gale tossì. «Ti ricordo che Beetee ci aveva dato un giorno per convincerla. Fino a quel momento saremo bloccati nel suo mondo.»
«Perché un giorno?» domandai scioccamente.
«Pensava che non saremmo riusciti a convincerti prima.» rispose stringendosi nelle spalle.
«Oh.» sussurrai.
Ah ah ah, neanche ti conosce e già dubitava delle tue capacità!
«Quindi che si fa?» domandò Johanna, sbadigliando rumorosamente.
Appoggiai due dita sotto il mento, pensando intensamente. Una lampadina immaginaria si illuminò sopra la mia testa. «Mtv!»
Afferrai il telecomando, accendendo il televisore. «Diventerà una droga.» mormorai seria, per poi corrucciare la fronte «Che fine ha fatto Haymitch?»
Finnick rispose non distogliendo lo sguardo dallo schermo, troppo preso da Teen Wolf. «L’ho visto salire al piano superiore per cercare un bagno.»
«Ma il bagno è qua al piano terra!» dissi, e borbottando salii le scale.
Pensai a dove potesse essersi cacciato, e dopo una dura ricerca lo trovai nello studio dove mio papà portava il lavoro arretrato da terminare.
«Perché sei nello stud…» capii troppo tardi il motivo «La scorta segreta di rum di mio padre!»
 






 
Angolo Autrice:
hey people, eccomi con il nuovo e attesissimo –se se, come no- capitolo!
Si capisce finalmente come sono arrivati i nostri eroi in casa di Hanna. Come avrete capito Panem esiste veramente in diversi mondi paralleli, e la storia in molti di essi si svolge esattamente come nel libro. In pratica la Collins ha predetto un possibile futuro lol.
Nel loro mondo però Katniss ha fallito la rivoluzione, e per far sì che non cambi la storia, Hanna deve sostituire la ragazza in fiamme. Non so se è molto chiaro, ma con i capitoli successivi tutto ciò che è stato accennato sarà specificato.
Come avrete capito ogni titolo del capitolo è preso da serie tv o film storpiati. Lo scorso era una padella per amica -titolo originale una mamma per amica-, questo cinque sconosciuti e un paio di guai -quattro amiche e un paio di jeans-.
Grazie mille per le bellissime recensioni allo scorso capitolo. E’ stato uno splendido inizio.
Grazie per i 22 preferiti, le 2 ricordate e le 5 seguite.

La storia è entrata tra le popolari e sono felicissima.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima!
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Ah, mie fan fiction sempre su HG:

 Hunger Games parodia film 

Il ritorno dell'anello 

Di sangue e polvere 
 
Questa è la faccia alla Gollum (*)




hahahahahahaha

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Capitolo 3
*** 3. Hanna Bond, casino total ***


3. Hanna Bond, casino total


 
 




«Le mie mutande sono nel forno!»
Cercai di trascinare un Haymitch decisamente sbronzo giù dalle scale, ma sembrava intenzionato a non collaborare.
«Sì sì, andiamo a cercarle.» lo rassicurai, strattonandolo per il maglione che indossava.
L’ubriacone scoppiò improvvisamente a ridere, indicando la parete vuota. «Il tavolo è al contrario, e…anche la sedia! Vorrà dire che mi siederò sulle gambe!»
Lo osservai con un sopracciglio talmente inarcato da raggiungere le orecchie. «Ceeerto, ora però seguimi.»
Ancora una volta non mi calcolò minimamente. «E come quando avevi quindici anni e tu aspettavi quel treno che non passava mai e più aspettavi e più sentivi che Snow ammazzava tutti con i bazooka e gli Hunger Games non venivano retrocessi, per non parlare di quella gnocca che l’altro giorno sì che era retrocessa sia dietro che davanti! Comunque l’importante è che cada quel governo e buttiamo quattro bombe, prendiamo come aiutante…com’è che si chiama il terrorista in questo posto? Bin Laden? Ecco lui, e se uccidiamo un coniglio lo mangiamo con le patatine fritte e lo mettiamo sotto terra e dentro una bara....»
Alla fine del discorso non capii un accidenti, però mi fu abbastanza chiaro come agire. «Ragazzi, SOS! Haymitch sta delirandooo!»
 
Dopo due ore tutti erano sani e sobri…beh, più o meno.
Osservai i presenti uno ad uno, girandomi i pollici. «Allora, che si fa?»
Peeta si grattò la testa. «Beetee mi aveva consigliato di andare in un posto e armarci al meglio per affrontare Snow. »
«Che stiamo aspettando? E’ il momento di agire!» saltai in piedi, carica di adrenalina.
Sembrava quasi che mi fossi fatta di marijuana –quasi-.
 
 Uscii di casa con i cinque seguendo le indicazioni che mi aveva riferito Peeta, dato che lui non conosceva Londra.
«U-una carrozza evoluta!» mormorò Gale, indicando un auto.
Scossi la testa. «Noi comuni mortali la chiamiamo automobile
«E i vestiti!» rincarò osservando la folla che si districava tra le strette viuzze della metropoli.
«Sì, la luce! L’albero! Il gialloooo!» dissi scettica, ridacchiando da sola.
Mi guardarono straniti. «Andiamo, Padre Maronno
Finnick si illuminò. «L’ho visto prima su Mtv!»
Gli diedi cinque. «Tu sì che mi capisci, Finn.»
Gale sbuffò. «Finn…»
Sorrisi maliziosa al ragazzo. «Geloso, Hawthorne?»
Inarcò le sopracciglia. «Ma ti pare? Ora sbrighiamoci a trovare questo posto.» e continuando a blaterare mi sorpassò.
 
Una trentina di minuti dopo, rischiando di smarrire Johanna in uno Street Club, Gale da un carrettino dello zucchero filato, Haymitch in una cantina che vendeva alcolici di gran prestigio…arrivammo alla meta.
«Io vedo soltanto una tipica cabina telefonica.» mormorai a Peeta, osservando la struttura rossa «Avrai sbagliato indirizzo.»
«Sono sicuro che sia questo il posto! E mi ha dato anche il codice.» mi rassicurò il giovane.
Spalancai l’anta, entrando nella cabina. Osservai il telefono pensierosa, comprendendo pochi istanti dopo. «Ma certo, devo digitare il codice e poi magicamente verremo scaraventati in una sala! Come in James Bond!» affermai eccitata, battendo le mani.
«Ancora con questo Geims Tond?» domandò Johanna attorcigliandosi una ciocca di capelli, palesemente annoiata dalla poca azione.
«James Bond, . James. Bond.» le ricordai, gesticolando.
Poi tornai seria. «Peeta, il codice.»
«Oh sì! 0 1 2 3 4»
Sghignazzai, coprendomi malamente con la mano. «Certo che avete una gran fantasia voi di Panem!»
Il ragazzo del pane arrossì vistosamente. «Non dire così..»
Dopo aver digitato i numeri sulla testiera del telefono - mettendoci cinque secondi- il pavimento sotto i nostri piedi si aprì e fummo scaraventati in uno scivolo.
Dapprima cacciai un grido, per poi iniziare a ridere. «Su le mani ragazzi!» urlai esaltata.
Nessuno mi cagò, anzi parvero terrorizzati da quella tecnologia. Si notava che non avevano mai visto un film di spionaggio.
Terminato lo scivolo acquatico mi rivolsi ai ragazzi. «Compriamo la foto ricordo??»
«L’ho sempre detto che era pazza..» sussurrò Gale, non abbastanza piano da non farsi udire.
«Guarda che ti ho sentito!» sbottai, voltandogli le spalle.
«Mmmm, che si fa?» domandò Peeta, rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato.
«Direi di aprire la porta.» commentai ironica, lanciando un’occhiata all’unico modo di procedere.
«Che spiritosa.» mormorò Gale.
Mi girai come una furia alzando i pugni. «Io ti ammazzo brutto cazzon..»
Prima che potessi colpirlo in faccia Haymitch mi afferrò saldamente, allontanandomi dal ragazzo che mi osservava spaventato. «Calmati dolcezza, stava scherzando.»
Lanciai uno sguardo colmo di cattiveria a Gale. «Non finisce qui!»
«Sai che paura…» commentò ironico.
Che faccia da schiaffi!
Ma taci che vorresti che fosse una porta!
Perché una porta?
Per sbatterlo tutto il giorno.
Sei una pervertita!
Io sono te, ricordalo.
Oh…
Beh è un bel manzone, te lo concedo.
Sì, talmente tenero da essere mangiato con un grissino!
Quello era il tonno, imbecille.
Ci avviammo alla porta, ma questa si aprì automaticamente permettendoci l’accesso.
Una grande stanza tutta bianca si stagliò dinnanzi i nostri occhi. Sulla parte destra rispetto al corridoio vi era una scrivania anch'essa bianca con una segretaria intenta a limarsi le unghie e a postare su Facebook le foto dei suoi nuovi smalti.
«Oh tesssoro, senti, che ne pensi dell'ultima canzone di Justin Bieber? E' troppo cool!» cinguettò allegra, parlando al telefono.
La osservai con tanto di occhi sgranati. Ok che adoravo Justin, ma quella era una vera e propria oca.
«Mi ricorda te quando parla.» osservò malevolo Gale, scatenando l’ilarità del gruppo.
Non feci in tempo a replicare che la segretaria si accorse della nostra presenza. «Ah giusto, il capo vi sta aspettando!» urlò, rompendo con la sua voce stridente il bicchiere di vetro che teneva sulla scrivania.
Spalancai la prima porta che vidi –visto che la gallina non si era degnata di indicarci dove dovessimo andare - e notai un uomo sulla sessantina, pronto ad accoglierci in un piccolo studio.
«Eccovi finalmente! Beetee mi aveva accennato del vostro arrivo!. Non preoccupatevi, posseggo le migliori armi nel campo della tecnologia. Il mio nome è Q-Quadro.» affermò, sorridendo bonario. Sembrava simpatico.
Ci invitò a seguirlo, fermandosi davanti ad una porta con due leve.
«Puoi abbassare la leva, cara?» domandò gentile.
Eseguii l’ordine, scegliendo la prima.
«L’ALTRA LEVAAAAAAAAAAAAAAAAA!» urlò il signore, mentre cadeva in una botola.
«Oh cazzo…» mormorai, mentre gli altri mi fissavano sconvolti «E se l’ho ucciso? Non posso aver commesso un omicidio, sono troppo giovane per finire in prigione! Ho una famiglia da mantenere, due mariti, uno in Brasile e uno in Burkina Faso…»
Mentre stavo delirando, riapparve Q-Quadro, con un coccodrillo alle calcagna che scacciò con un sonoro ceffone.
«Non capisco perché dovete avere due leve…» diede voce ai suoi pensieri –e anche ai nostri- Haymitch. Quando non beveva ragionava piuttosto lucidamente.
«Questioni di sicurezza. Tutti sanno che la leva giusta è quella rossa.» borbottò l’uomo, guardandomi come per schernirmi.
«Non capita spesso di dover entrare in un covo di uno scienziato per fornirsi di armi!» gli ricordai.
«Touché.» rispose semplicemente «Se ore volete seguirmi…questa volta abbasso io la leva.» e tirandola, una porta prima invisibile ad occhio umano, si spalancò nella parete, mostrando un laboratorio enorme e ben fornito.
 
 



 
Angolo Autrice:
questo capitolo è di una demenza assurda ahahaha.
In alcuni punti ho tentato di farlo serio, ma non ci sono riuscita.
Il titolo sta per l’originale James Bond Casino Royale -che si pronuncia roial, ecco perché l’ho storpiato in total-.
Non mi ricordo se a Panem ci siano le auto come le abbiamo noi. Nel libro si parla sempre di treni e non ricordo nel dettaglio. Quindi perdonatemi se in realtà esistono.
La parte del covo segreto l’avevo già utilizzata in una mia precedente fan fiction –una parodia sulle spie segrete- che poi ho cancellato. Quindi se avete avuto modo di leggerla, non l’ho copiata. E’ sempre mia.
Non so che aggiungere, penso sia abbastanza chiaro.
Grazie mille per i preferiti/seguite/ricordate.
Grazie a chi recensisce con costanza e a chi legge.
Ci becchiamo al prossimo capitolo, che vi avviso…sarà ancora più stupido ahaha.
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Di sangue e polvere 

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Capitolo 4
*** 4. Una pallottola spuntata per un pelo ***


4.Una pallottola spuntata per un pelo









 
«Benvenuti al laboratorio!» urlò Q-quadro, spalancando con gesto teatrale le braccia. «Ora che vi ho portati qui sani e salvi, posso lasciarvi nelle mani di Ains.» aggiunse fuggendo in fretta da una porta secondaria.
«Secondo me ha paura che Hanna combini altri guai in sua presenza.» sussurrò Gale a Peeta.
In tutta risposta mi limitai a dargli uno scappellotto che lo fece finire esanime per terra.
Dovete sapere che Ains era niente meno che lo scienziato ufficiale e storico dei servizi segreti. Certe leggende metropolitane raccontavano fosse stato lui stesso a fornire le armi a James Bond.
Nonostante la non più giovane età veniva ancora considerato un luminare nel suo campo. Ok, forse era un po’ rimbambito –un po’ tanto rimbambito- però che ci volete fare, gli mancava un anno alla pensione!
«Ben arrivati ragazzi, ho preparato qualcosa per voi!» affermò accarezzandosi la lunga barba bianca in stile Babbo Natale, e facendo cenno di seguirlo iniziò a guidarci per il laboratorio.
«Cos'è questa?» chiese Finnick indicando una specie di balestra.
«Una normalissima balestra.» rispose lo scienziato con noncuranza.
Dall’altra parte del tavolo Peeta osservava delle frecce, tastandole come se su Panem non ne avesse mai viste di simili. «Però... sono appuntite!» affermò con ammirazione.
Il dottore si portò una mano alla bocca. «Oh no! Sono impregnate di un potentissimo veleno letale. Se non ti do l'antidoto potresti morire entro pochi minuti!»
«Che cosa?» gridai, spalancando gli occhi. «E poi dannazione Peeta, cosa cazzo ti metti a toccare delle frecce?!»
Non potevo condurre alla morte l’eroe del mio libro preferito.
Hai ragione, prima te lo scopi, poi lo facciamo morire.
Zitta tu!
«Per fortuna porto sempre con me dell'antidoto.» affermò con estrema soddisfazione Haymitch, estraendo dalla tasca della giacca una fiala contenente un liquido semitrasparente.
Tutti lo guardarono stranito. «E perché mai?» domandò Johanna, incrociando le braccia al petto.
«Ubriaco come sono rischio la morte tre volte a settimana.»
Ci trovammo tutti d’accordo sulla sua affermazione
«Beh, ce l'avevo anch'io.» si intromise Ains.
«Davvero?» domandai.
«No, in effetti ho finito le scorte proprio ieri. Però...»
«Faceva figo dirlo?» conclusi per lui.
Lo scienziato mi sorrise bonario, appoggiandomi una mano sulla spalla. «Tu sì che mi capisci. Saresti una valida collaboratrice.»
«Se mai dovessi tornare viva dalla missione, considererò la sua proposta.» in effetti cercavo un lavoretto part time e soprattutto leggero.
 
Dopo aver dato l'antidoto a Peeta, Ains riprese il tour del laboratorio.
«Questa secondo me potrebbe essere un'arma degna: è un Mirror Paralizzante. Se uno lo guarda per più di cinque secondi cade a terra paralizzato.»
«E' per caso quello in cui si sta specchiando Finnick?»domandò Johanna indicando il biondo, mentre masticava rumorosamente un chewingum.
Quindi il ragazzo cadde a terra con un tonfo pazzesco .
«Effettivamente si.» commentò lo scienziato «Comunque non preoccupatevi, l'effetto dura solo pochi minuti.»
«Niente male!» mormorò Gale «Dai Finnick alzati!» lo incitò divertito, dando qualche calcio al busto pietrificato.
«FINNICCCCCKKKKKKKKKKKKKK!» gli urlò nell'orecchio «Non puoi muoverti eh, eh, eh, eh?» ridacchiò spettinandogli i capelli.
«Quando si riprende ti ammazza.» decretai, guardando in cerca di aiuto Peeta, l’unico normale tra i presenti.
Sono circondata da un branco di idioti…
Lasciando il ragazzo disteso, proseguimmo.
«Che stregoneria è mai questa?» domandò Haymitch indicando un oggetto.
«Un lucidalabbra.» rispose ovvia Johanna «Non ne hai mai visto uno?»
«Pensavo fosse un'arma super segreta!» mormorò indignato, allontanandosi e borbottando parole indistinte.
«Ma figurati, alcune servono solo per ingannare il nemico, vero dottore?» chiese conferma la giovane, alzando dignitosamente la testa.
«Ehm, veramente se premi il pulsante vicino il tappo, parte un raggio laser in grado di stendere un bisonte.»
«Ah.» sussurrò Johanna, posando all'istante l'oggetto per paura che si ripercuotesse contro di lei.
«Beh e questo cos'è? Una cannuccia?» domandò Gale.
«E' una cerbottana!» rispose lo scienziato mettendosi le mani tra i pochi capelli.
«Voglio provarla!» esclamò esaltato, lanciandomi un occhiolino.
Inarcai un sopracciglio delusa dalle sue scadenti tecniche di abbordaggio. «Il solito megalomane.»
Vuoi forse dire che se per caso –decisamente per caso- te lo ritrovassi sul letto tutto nudo coperto solo da cioccolato fuso, non gli salteresti addosso?
No, mi incazzerei più che altro!
Perché si sarebbe scordato la panna?
No, perché mi avrebbe finito il vasetto di nutella!
Gale afferrò un dardo e mirò una lattina di Pepsi che stava abbandonata su una cattedra.
Mentre stava per soffiare però arrivò Finnick che gli tirò una poderosa pacca sulla spalla. Colto di sorpresa Gale, anziché soffiare inspirò, e inghiottì così il dardo.
«Dltrwhfjginjlmnl!»
Scoppiai a ridere. «Toh, commenta come i bimbiminkia
«Così impari per prima, buffone.» ribatté il biondo aggiustandosi il ciuffo tanto amato, e godendosi la scena.
Johanna gli porse anche una pacchetto di pop corn per assaporare meglio il momento, ricevendo uno sguardo di ringraziamento da Finnick.
Gale deglutì, quindi aggiunse «Niente male questo dardo, devi darmi la ricetta, Ains.»
Peeta si ritrovò a dare le testate al muro.
Lo scienziato lo ignorò bellamente, terminando il giro panoramico. «Eccoci arrivati, qui ci sono i vostri kit per la missione muniti di orologio SWOTCH in grado di andare sott'acqua e di sparare piccoli dardi soporiferi, poi dei guanti speciali con delle ventose e qualche altro gadget specifico per ognuno di voi, che penso vi tornerà utile.»
«Tutto qui? Nemmeno una pistola?» domando Gale deluso.
Lo scienziato sospirò, passandosi stancamente una mano sul viso. «Eccole sono qui. Ho solo paura a darvele in mano in mia presenza.»
Gale ne afferrò una puntandola sul ragazzo del pane e premendo il grilletto. «Questa è la tua fine, Peeta!»
«Ma sei totalmente impazzito?!» urlò quest’ultimo, sbiancando dalla paura.
«Ho la sicura, piagnucolone.» replicò Gale riponendo la pistola sul tavolo, ma a quel punto un colpo partì e ruppe all'istante alcune ampolle riposte su uno scaffale di uno strano liquido, che sciolsero alcune mattonelle del pavimento.
«Per fortuna che avevi la sicura…» sussurrò sprezzante Peeta, lanciando un’occhiataccia al ragazzo.
Tossii per riportare l’attenzione su di me. «Bene, avete fatto abbastanza danni per oggi al laboratorio. Grazie di tutto Signor Ains.» mormorai prima di trascinarli via.
Da quando ero diventata la responsabile del gruppo?
«Ehi, ma non avevamo ancora finito!» sbottò Gale, liberandosi dalla mia presa.
Cara Hanna, da quando questi strani tizi erano piombati nella tua vita direttamente da Panem.
 
 





 
Angolo Autrice:
no sul serio, perdonatemi per l’enorme ritardo…ma non ho mai avuto tempo per aggiornare.
Però direi che sono tornata con un signor capitolo, ammettetelo!
Merito del cenone di Natale…cristo quanto ho mangiato. Si può diventare obesi in una sola giornata? Perché penso di essere ingrassata 392020 kg.
Cooomunque, voi come ve la siete passata?
Volevo fare lo speciale natalizio, ma il capitolo l’avevo già scritto da tempo e non volevo cambiarlo.
Beh non so che aggiungere, grazie a tutti quelli che seguono.
Altre mie storie:


Hunger Games parodia film  --> comica/demenziale

Di sangue e polvere  --> storia interattiva conclusa


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