It's showtime, folks!

di vampirella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Mama always said life was like a box of chocolates. You never know what you're gonna get - Forrest Gump (1994)


Nei cinque anni passati a lavorare nello sfavillante mondo di Hollywood ero stata solo due volte da Gregory Hackman: la prima per essere presentata e la seconda per ricevere la promozione tanto agognata di assistente alla produzione. Era ovvio perciò provare una sorta di agitazione mentre aspettavo in silenziosa attesa su una delle orribili sedie di plastica dell’anticamera dell’ufficio del manager: generalmente si incontravano i dirigenti dei piani alti solo per motivi estremamente importanti, e non essendoci posti vaganti per fare un passo avanti nella mia carriera temevo che la convocazione portasse brutte notizie.

- Sig.ina Fregis, il sig. Hackman può riceverla ora. - la segretaria si rivolse a me con voce metallica e impersonale. Sorrisi a stento ed entrai nel fresco ufficio del mio capo.

Tecnicamente Hackman non era il mio capo. Era il capo del mio capo. La cosa non faceva che aumentare le mie preoccupazione, nonostante tutto cercai di apparire a mio agio e professionale.

Hackman mi aspettava in piedi vicino al suo bonsai, intento a prendersi cura della pianta. Gregory Hackman era uno degli ultimi manager della vecchia guardia. Si distingueva dai giovani yuppie dall’astio che mostrava nei confronti delle nuove tecnologie e alla propensione ad analizzare ogni problema valutando tutte le opzioni possibili in maniera razionale. I giovani erano troppo impulsivi, convinti che i colpi di testa fossero il parto della loro genialità e non della loro eccessiva arroganza.

- Buongiorno, signore. - salutai con un cenno del capo, incerta se avvicinarmi o meno. Hackman pose l’annaffiatoio vicino alla pianta e mi sorrise bonariamente, accennandomi a prendere posto su una sedia posta davanti alla scrivania.

I convenevoli erano tempo perso per il dirigente, ma proprio per questo suo pragmatismo era amato da molti. - Lucy, da quanto tempo ci conosciamo noi due? -

- Cinque anni. - risposi prontamente, sebbene nella mia mente cominciasse a palesarsi l’idea del licenziamento. Iniziano così i discorsi di licenziamento, giusto?

L’uomo annuì, incoraggiante. - Esattamente. Ho seguito con interesse l’evoluzione della tua carriera in questi anni. Nonostante provenissi da un background lavorativo estremamente diverso ti sei data da fare e hai cominciato e ti sei creata un nome all’interno dell’azienda. Sei diventata assistente produttore esecutivo e hai cominciato a portare avanti progetti sempre più importanti. Hai sempre lavorato duro e bene e questo te lo devo riconoscere. -

Inspirai a fondo. ...ma il tuo lavoro qui è finito. Mi chiedevo quanto ci avrebbe messo a sputarlo fuori.

L’uomo abbassò lo sguardo verso le sue carte, le rughe che improvvisamente risaltavano intorno agli occhi. - La Earth Studios è stata una grande azienda cinematografica fin dai primi anni ‘20. Ha sempre proposto progetti d’avanguardia, film d’elite e storie che valeva la pena portare sul grande schermo. Molti fra i più grandi registi, attori, musicisti e scenografi han trovato rifugio in questa azienda per compiere grandi capolavori. Simon Earth, fondatore di quest’azienda, credeva nell’immenso potere che l’intrattenimento possiede sulla massa e sapeva come fosse arduo trasmettere importanti messaggi attraverso le pellicole, e proprio per questo sono orgoglioso di far parte di questa casa cinematografica… -

- Sig. Hackman, potrebbe, per favore… - accennai timidamente. - …insomma, se devo essere licenziata preferirei saperlo il prima possibile. -

L’uomo sbattè le palpebre un paio di volte, confuso.

- Licenziata? Perchè mai? -

- Tutti sanno che la Earth è nei guai. - mi trattenni nel dire che era nella merda, nonostante rendesse meglio l’idea. - I licenziamenti arriveranno presto, lo sappiamo tutti. Pensavo… -

- Siete a conoscenza del debito contratto e della mancata copertura delle banche, vero? -

- Cosa? - stavolta ero io a essere confusa. - Girano delle voci, ma non abbiamo realmente idea…voglio dire, non si sono ancora mossi i sindacati… -

- Si metteranno sul piede di guerra molto presto. - aggiunse preoccupato l’uomo. Si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro vicino alla scrivania, assorto nei suoi pensieri. - La Earth Studios è a un passo della bancarotta. Da quando Simon ha abbandonato le redini della compagnia per godersi la pensione è cominciata la spirale depressiva. Tante valide persone han lavorato sodo perchè si potesse consegnare ai circuiti di distribuzione prodotti di qualità, ma all’interno del consiglio di amministrazione l’istinto puramente commerciale ha trionfato sulla mission dell’azienda. -

- Allude a quelle squallide commedie stile American Pie? -

- Non solo quelle, purtroppo. - il sig. Hackman si tolse gli occhiali e se li pulì con un lembo della giacca. - L’avventura dei reality show, l’acquisto di una piccola casa cinematografica specializzata in pornosoft e tanti altri pastrugni che non voglio ricordare. - l’uomo si risedette davanti a me. - Siamo a un passo dal commissariamento, o peggio ancora, dall’acquisto a prezzo stracciato da parte di una delle altre grandi major. Una fusione che porterebbe alla perdita di molti posti di lavoro. -

Mi resi conto di aver trattenuto il respiro durante quell’ultima frase. Deglutii. - Cosa ci faccio qui, allora? -

Hackman mi lanciò un’occhiata del tipo sapevo che eri una tipa sveglia. Mi passò un copione.

- Showtime. E’ un film? - sfogliai distrattamente le pagine fresche di stampa.

- E’ la nostra unica salvezza. Questo progetto può permetterci di arrivare alle vette delle classifiche dei botteghini e nello stesso tempo vincere un Oscar. -

Gli lanciai un’occhiata di sbieco. - Non crede di stare esagerando? -

- E’ una bomba. - sottolineò lui, indicando il titolo della copertina con il dito. - Ne ho letti di copioni nella mia vita, e questo ha tutti i numeri per essere il primo capolavoro del XXI secolo. -

- Di cosa parla? -

- E’ uno spaccato del mondo di Hollywood. Una storia di attori che vivono le loro vite sullo sfondo delle riprese del film che stanno girando… -

- …come se fosse una trama originale. -

- Ma questa ha un taglio diverso. - abbassò la voce. - Questa racconta la verità. -

Le mie sopracciglia si alzarono di più. - La verità? Sul serio? -

- Già. -

- Non si inimicherà un po’ troppa gente, così? -

- Del tipo? -

- Gente dello showbusiness, l’industria dello spettacolo, attori e agenti. -

- Siamo disperati, perchè preoccuparsi delle conseguenze? - Hackman alzò occhi e bracci al cielo. Sul mio volto comparve un sorriso trattenuto per l’ilarità della scena.

- Capisco, ma ancora non so perchè sono qui. -

- Voglio che tu sia il produttore esecutivo di questo film, Lucy. -

Questo proprio non me lo aspettavo. Alzai lo sguardo dal copione e lo piazzai sull’uomo. - Ma io ho già un progetto in pista e, ancora più importante, non sono un produttore esecutivo. -

- Già, mi hanno detto che stai lavorando a un film di animazione. Beh, è sospeso, come molti dei progetti che non riusciamo più a sostenere economicamente. Per quanto riguarda il tuo incarico, sei un produttore da questo preciso istante. Benvenuta fra i pezzi grossi. -

Hackman pensava di averla risolta così, promuovendomi circa un quarto d’ora dopo aver pensato seriamente di aver perso il lavoro.

- Signore, con tutto il rispetto, io non credo di essere pronta. Ci sono un sacco di P.E con molta più esperienza di me nell’azienda. -

- Costano troppo. - rispose l’uomo con leggerezza. - E non sono bravi come te. Credimi, ti sottovaluti un po’ troppo. -

- Come fa a dirlo? -

- Ho in mano le statistiche sull'efficienza del personale. I tuoi progetti sono sempre usciti puntualmente con le date di release ufficiali e non hai mai sforato nei bugdet. Non so come tu faccia ma tu sei proprio ciò che mi occorre, specialmente adesso che stiamo concedendo al film tutta la liquidità di cui siamo a disposizione. -

Aprii la bocca, shoccata. - Puntate tutto su questo film? E se fallissimo? -

- Non possiamo fallire, è questo il punto. -

Mi alzai dalla sedia cercando di respirare profondamente per evitare che avessi una crisi di panico. - Ok, diciamo che io abbia accettato… - annunciai prudentemente. - Dovrei stilare una lista del personale. Scegliere la mia squadra per questa pellicola. -

- Temo di dover dissentire. - Hackman si alzò e mi consegnò una cartelletta voluminosa. - Abbiamo messo in piedi una crew che ci permettesse di ridurre gli sprechi. Questi sono i tuoi uomini. -

Sfogliai le prime pagine. Gli attori erano già stati scritturati. - Louis Greene? E’ questa la vostra idea di risparmio? E’ uno degli attori più quotati di Hollywood, pietra miliare del cinema americano! -

- Louis ha accettato di lavorare a un terzo del compenso abituale poichè crede fermamente nel progetto. -

- Sarà…Adrienne Leferoux? Ma non era in rehab? -

- Sono felice di annunciarti che non è più un’alcolista ormai da qualche mese. -

- Per fortuna, eh? Vedo che vi siete presi anche Paul Devon. E’ un buon acquisto. -

Il manager si limitò a sorridere. Andai alla sezione tecnica.

- Questo è fuori questione. Non potete fare lavorare Tom e Lin assieme. - Tom Russell era il capotecnico dei macchinisti mentre Lin era il capo costumista. I due erano stati assieme per un paio d’anni per poi rompere disastrosamente alcuni mesi prima.

- Sono professionisti, sapranno separare la loro sfera privata da quella lavorativa. -

- Per il resto sono soddisfatta. - girai le pagine fino all’ultima. La regia.

- Omioddio. - guardai meglio. Non potevo crederci.

- No, io mi rifiuto. - sbattei il plico sulla scrivania e incrociai le braccia al petto. L’uomo sospirò sonoramente. - Io con McKenzie non lavoro. Quell’uomo è uno psicopatico. -

- Io direi che come ogni genio ha le sue stravaganze, e comunque non credo sia quel nome che ti da’ fastidio. -

Non risposi, colpita nell’orgoglio.

- Lucy, vorrei solo che ti rendessi conto di quanto importante sia questo progetto. Per tutti noi. Se neanche ci proviamo a queste condizioni, che so sono estremamente vincolanti, beh, tanto vale dirichiare la sconfitta e cominciare a mandare tutti a casa. -

Mi morsi il labbro inferiore e ripresi in mano il copione. Showtime.

- Suppongo di non poter dire di no. -

Hackman si avvicinò e mi diede una pacca sulle spalle. - Sapevo che avresti capito. Inizi domani. -

- DOMANI? Io non sono pronta, non ho un’agenda, un piano di produzione! - strillai, incapace di controllare. Un progetto del genere doveva essere attentamente ponderato, valutato in ogni sua parte. Occorrevano scenari di spesa, calendari per la gestione delle risorse, meeting su meeting per coordinare video e sonoro, mentre l'uomo mi diceva di partire a occhi chiusi, senza neanche avere idea di come portare avanti la cosa, per il film più importante dell'azienda. Stavamo saltando nel buio e non mi dava neanche una rete di protezione!

- Sono sicuro che riuscirai a controllare tutto, cara. - L’uomo mi accompagnò alla porta. - Hai 9 mesi prima di mandare tutto al montaggio. Se hai qualsiasi problema non esitare a contattarmi, ti fornirò ogni aiuto possibile. Per prima cosa incontrerai gli attori e il regista domani. Fammi sapere com’è andata. -

E senza neanche aspettare una risposta mi chiuse la porta in faccia.



E' da qualche tempo che mi interesso al mondo del cinema. Insieme alle riflessioni che ho fatto dopo aver visto All that Jazz (da cui è tratto il titolo di questa storia) ho deciso di scrivere una storia su questo pazzo pazzo mondo. Spero solo di non perdermi nella trama. E' la prima volta che scrivo un originale quindi fatemi sapere come va!
Penso posterò ogni settimana gli aggiornamenti e ho deciso di linkarvi i ritratti dei vari personaggi (per come credo dovrebbero essere!)
Per prima cosa introduco Lucy Fregis e Gregory Hackman. Se vi state chiedendo perchè Lucy ha un cognome così 'strano', beh, lo scoprirete durante il racconto.
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Fasten your seatbelts. It's going to be a bumpy night - Eva contro Eva (1950)


Quella notte non dormii: avevo troppo lavoro da fare e poco tempo per farlo. Impostai una prima bozza di lavorazione da sottoporre ai tecnici e riflettei sul materiale occorrente per le luci e le riprese, confidando di azzeccare a priori le richieste di ogni reparto in modo tale da partire avvantaggiata nei tempi. Per l’audio ci avrei pensato il giorno dopo, tant’è che per prima cosa occorreva mettersi subito in ballo a costruire i set e fare delle prime prove per le riprese.

Ci lavorai per gran parte della notte e il risultato fu che alle nove di quel mercoledì mattina mi sentivo abbastanza uno straccio. Di buon ora mi diressi a passo spedito verso l’entrata degli studios esibendo il mio tesserino alla guardia, mentre sorseggiavo il mio caffè d’asporto e prendevo la strada verso il capannone 23.

Da lontano vidi Anna corrermi incontro con un paio di cartellette e l’auricolare del bluetooth all’orecchio.

- Che sta succedendo, Lucy? - disse senza fiato, cercando di riprendersi dallo scatto e sistemandosi le cartellette in braccio. - Oggi mi chiamano e senza darmi spiegazioni mi dicono che sono stata trasferita a un altro progetto. E il cartone animato? -

- E’ sospeso. -

- E da quando? -

- Da ieri. Hackman mi ha convocato. -

Anna mi mise una mano sul braccio, imponendomi di fermarmi. - Cosa? Perchè non mi hai chiamato subito? -

- Perchè mi ha dato un mucchio di roba da fare. Ho dormito solo tre ore stanotte. - sbadigliai per sottolineare la frase. - Comunque, mi ha promosso P.E e mi ha dato questo progetto… -

- Ti ha promossa? Ma è fantastico! - la ragazza urlò entusiasta.

- Non credo che tu lo troverai tanto fantastico quando saprai in che guaio ci hanno cacciato. -

Così cominciai a raccontare le vicende accadute il giorno prima al mio braccio destro. Anna era stata la seconda stagista che mi avevano assegnato ai tempi della promozione e non avevo intenzione di mollarla. Era con me da un anno e la sua internship stava per finire, purtroppo, anche se ero sicura che sarebbe stava assunta per fare il mio stesso lavoro, prima della crisi ovviamente. La ragazza era un po’ come me, con la differenza che era molto meno cinica della sottoscritta e se anche le cose andavano visibilmente a puttane non perdeva la calma. Per questo mi fidavo di lei e la richiedevo sempre come aiuto assistente, anche perchè, non da ultimo, faceva molto bene il suo lavoro.

Al termine della spiegazione ci trovammo fuori dal capannone 23. - Uau, che bel casino. - si limitò a accennare Anna. Io annuii e le passai alcuni appunti. - Ho bisogno che mi convochi una riunione con tutti i tecnic iper le 11. Inoltre vorrei che cercassi di scoprire quando arriveranno gli attori per poter organizzare un minimo di accoglienza. Cerchiamo di partire con il piede giusto, che dici? -

- Volo, capo. -

Appena mi lasciò Anna e cercai l’entrata per l’ufficio che mi avevano assegnato quando sentii uno sguardo puntato dritto sulla mia nuca.

Mi girai, curiosa. Un uomo sulla trentina, i capelli alla rinfusa e l’atteggiamento del cattivo ragazzo stava appoggiato al muro del capannone. Si stava fumando una sigaretta e mi osservava con un sorrisetto compiaciuto.

- Ti sono mancata, bionda? -

Scossi la testa, sconsolata, ma allo stesso tempo non riuscii a trattenere lo stesso sorriso ironico sul volto. - Tom, tu non mi manchi mai. -

Avevo lavorato l’ultima volta con il capomacchinista Tom Russell sei mesi prima e la cosa si era rivelata piuttosto interessante. Togliendo il fatto che era perennemente in lite con gli elettricisti, più per una questione di gerarchia che per dei motivi sensati - sembrava una gara per marcare il territorio, a volte - Tom aveva il classico comportamento arrogante e tendeva al dramma. Un po' come le rockstar,  con la differenza che guadagnava molto meno e non era famoso. Non per questo non reputava di non potersi comportare come queste, considerando il suo tenore di vita e le sue stravaganze.

- Lo so. - l’uomo si staccò e venne verso di me. Mi mise il braccio intorno alle spalle e mi spinse verso l’entrata principale del capannone. - Allora, cosa mi racconti di questo film? Non dirmi niente: so già tutto, in realtà. Mi sono lavorato qualche segretaria dei piani alti. -

- Tipico di te. -

- Non sai quanto sono contento che tu sia il mio capo. Vorrei proporti alcune idee per alleggerire il lavoro dei tecnici... avevo pensato che potremmo avere la settimana di quattro giorni, o di ridurre le ore di lavoro per giornata… -

- Ehi ehi! Solo perchè ci sono io a supervisionare questo film non significa che ti lascerò fare come ti pare, hai capito? -

L’uomo si mise di fronte a me e mi guardò in modo fintamente ferito. - In nome della nostra lunga amicizia… -

- Ci conosciamo da sei mesi. -

- So che c'è anche Lin. - mi interuppe, passando improvvisamente a un tono cospiratore. - Ho intenzione di fargliela pagare, Lucy. Ho in mente di farla ingelosire, qui, su questo set! -

- Tom, veramente, non mi interessa. Vieni alle undici, c’è la plenaria dei tecnici. Devo dirvi delle cose molto importanti. - terminai, sorpassandolo e dirigendomi verso il mio ufficio.
 

La riunione poteva andare peggio, convenne Anna a pranzo. Effettivamente aveva ragione: in fondo c’erano state le solite scenate e i medesimi drammi. Appena annunciati budget Tom si era alzato dicendo che la riduzione dei fondi era dovuta all’eccessivo potere contrattuale che erano riusciti a ottenere gli elettricisti. Questi gli risposero che il budget era contato separatamente dagli stipendi e dai bonus di produzione, ma Tom li ignorò, affermando che erano i soliti esosi e che le richieste facevano alla produzione erano fuori di testa. Gli risposi che nessuno aveva ancora avuto modo di stilare la strumentazione occorrente per il film e farne domanda, pertanto le sue accuse erano fondate sul nulla (come al solito, quando cercava rissa) ma lui non voleva sentire ragioni e cominciò a fomentare gli altri macchinisti. Lin intervenne acida evidenziando la poca intelligenza di Tom nel parlare così a sproposito e lui insinuò che tale commento fosse dovuto alla frustrazione che si era scatenata in lei, pentita di aver mollato un uomo fantastico come il sottoscritto. La donna si limitò ad alzare un sopracciglio mentre fra macchinisti ed elettricisti cominciarono a volare parole grosse.

La riunione finì all’ora di pranzo, più per il desiderio di andare in mensa che per quieto vivere.

- Se ci pensi bene potevano andare alle mani e avremmo dovuto far intervenire la sicurezza. - disse Anna con la bocca semipiena, introducendosi fra i miei pensieri.

- E’ vero. - buttai via il sacchetto del mio panino. - Quando arrivano gli attori? -

- Allora. - la ragazza mandò giù l’ultimo boccone e prese il suo palmare. - Louis Greene arriva alle 14:00, Adrienne Leferoux alle due e mezza, mentre Paul Devon alle 15:00. Hai tempo per parlare separatamente con ognuno di loro, e ho già chiesto di arredarmi una parte dello studio per permettere loro di aspettare e conversare. Il resto della crew arriva alle 15:30, in tempo per iniziare la riunione. Se tutto va bene chiudiamo alle 17:00. -

- Perfetto, sarà meglio che ci sbrighiamo. -
 

Louis Greene era un gentiluomo. Sulla sessantina, portava con eleganza i suoi anni e aveva più carisma di tanti altri giovani colleghi. Aveva recitato in film estremamente pregiati e importanti e aveva vinto un Oscar nel 1990 come miglior attore protagonista. I critici tessevano lodi su di lui a ogni nuova uscita e i giornalisti che lo intervistano si dichiaravano affascinati dai modi di questa persona.

- Sig. Greene, è un piacere. - mi avvicinai all’uomo e gli porsi la mano. Lui la strinse vigorosamente e fece lo stesso con Anna che era con me nell’ufficio. Lo invitai a sedersi mentre l’uomo mi rispose. - Il piacere è mio. Sono contento di partecipare a questo film, ho letto il copione e lo trovo senzazionale. -

Restai folgorata. - Mi scusi, ma quanto tempo fa le è arrivato? -

- Due settimane, più o meno. -

Hackman sei un figlio di

- Bene! - esclamai, cercando di riprendere le fila del discorso. - Showtime sarà un successo, ne sono sicura. Prima di introdurla al resto del cast vorrei discutere alcuni punti del suo contratto… -

- Mi dica. -

Scorsi velocemente il testo in questione.

L’uomo continuava a fissarmi.

- Mi scusi. - presi tempo. Come aveva potuto accettare delle clausole così stringenti nonostante il suo potere contrattuale. - Ecco, io… -

- C’è qualcosa che non va? -

- No, niente. Ma… - nonostante sapessi che quello che stavo per dire sarebbe stato contro la politica aziendale non riuscii a trattenermi. - …come fa ad accettare questo stipendio, queste condizioni? Lei è Louis Greene! Potrebbe avere molti più soldi. -

L’uomo sorrise per il mio commento, poi si girò verso Anna. - Lo sa, somigli molto a mia figlia. -

Anna mi guardò, spaesata. - Ha una figlia di colore? -

- No, in realtà, ma hai la sua età e la sua determinazione. Posso darti del tu? Anche a te Lucy, se non ti dispiace. -

Annuimmo.

- Sono molto amico di Simon Earth e so che è molto preoccupato per il destino della sua società. Non mi chiederebbe mai un favore, ma quando ho visto quale progetto questi studi volessero propormi ho capito che quell'uomo mi stava lanciando un silenzioso grido d’aiuto. Non potevo che accettare nonostante l'offerta sia molto più bassa rispetto ai miei standard, ma la verità è che devo molto a questa azienda e mi sembrava giusto salire su questa barca. -

- Capisco. In questo caso spero ci potrà fornire tutto il supporto possibile. -

- Contate pure su di me. -
 

Alle tre e un quarto gli altri due protagonisti non si erano ancora palesati e io già credevo che non saremmo mai riusciti a portare a casa questo film.

- Anna, li hai chiamati? - intercettai la ragazza appena uscita dal bagno.

- Devon è ai cancelli, attorniato dai fans. Ho chiesto alla sicurezza di darsi da fare, ma è veramente tanta gente. -

Pensai di andare direttamente da lui e strapparlo violentemente dalle grinfie di ragazzine urlanti. - E la Leferoux? -

- Niente. Il suo agente non sa dove sia. -

- Andiamo bene. - cominciai a dirigermi verso di camerini quando vidi in lontananza camminare verso di me un manipolo di guardie del corpo con in mezzo uno degli attori più in auge del periodo.

Paul Devon era bellissimo. Riccioli castani gli cadevano scompigliati sulla fronte e i penetranti occhi azzurri brillavano pure nel buio. Il fisico prestante permetteva di compensare la sua poca esperienza nella recitazione. Era un gran lavoratore e la fama appena acquisita non lo aveva ancora trasformato in uno stronzo arrogante.

Lanciai un’occhiata alla mia assistente che mi restituì lo stesso sguardo. Ci sono dei lati positivi in questo lavoro, per fortuna.

- Sig. Devon, stavo per venire a prenderla… -

- Sei Lucy? Piacere di conoscerti. Chiamami pure Paul. -

- Paul, il piacere è tutto mio. Ti posso presentare Anna Richards? E’ la mia assistente e lavorerà a stretto contatto con noi durante questi mesi. - vidi Anna trattenere il fiato mentre stringeva la mano a uno degli uomini più belli di Hollywood. - Se mi vuole seguire in ufficio… -

- Senza offesa - mi interruppe. - Ma ci sono ancora molti fans che richiedono la mia presenza. Ti dispiace se sto con loro fino alla riunione conclusiva? Potrò sembrare poco professionale ma trovo che dare loro un po’ di attenzione sia il minimo, considerando che gli devo la mia fortuna! -

- Ehm. Sì, certo, perchè no? - mi ficcai un sorriso di circostanza sulla faccia e lo guardai impotente mentre Devon tornava dalla sua folla. Anna mi osservava preoccupata.

- Lucy, tutto… -

- Tanto vale tornare dal resto del cast, non ti pare? E’ il primo giorno e uno dei nostri protagonisti preferisce stare con gli ammiratori piuttosto che cominciare a lavorare. Vedi, il fatto è che non sono loro a cui deve la sua fortuna ma a quei maledetti film che ci obblighiamo a girare! - la mia voce era salita di un’ottava verso la fine della frase. Il cellulare cominciò a squillare poco dopo la mia uscita plateale.
 

Moe’s era un piccolo pub situato nelle vicinanze degli studios. Normalmente il personale si ritrovava la sera per prendersi una birra e chiaccherare del lavoro. Qui elettricisti, truccatrici, tecnici di ogni tipo passavano il tempo libero dai ciack.

Corsi dentro senza tanti preamboli e mi diressi verso Moe.

- Dov’è? -

- Là in fondo. - l’uomo mi indicò un tavolino appartato. - Beve come una spugna. Sei sicura che sia un’attrice? -

- E’ la protagonista del mio prossimo film. - affermai, depressa. Mi diressi verso il tavolo e mi misi di lato, in atteggiamento di deferenza. - Signora Leferoux... -

La donna, china sul suo bourbon, fece finta di non avermi sentito.

- Signora Leferoux, è un piacere conoscerla… -

Ancora nessuna risposta.

- Devo essere sincera, è strano trovarla qui con in mano un bicchiere, considerando che avevo riunione con lei un’ora fa e il suo agente mi aveva assicurato che fosse astemi da un po' di tempo... -

La donna alzò gli occhi appannati e prese il mio braccio fra le sue grinfie.

- Siediti. - mi ordinò con voce strascicata. - Descrivimi. Chi sono io? -

- La grandissima… -

- Oh, piantala! - la donna indicò il bicchiere a Moe. - Portamene un altro! Io non sono grande in niente! -

- Non capisco… -

- La mia carriera, la mia schifosa carriera, tutto merito dei soldi di quell’idiota del mio ex marito. - cominciò a girare in mano il drink. - Lo ammetto: lo avevo sposato per questo. Ma ero convinta, estremamente convinta delle mie capacità da attrice. Pensai ‘non giocherò secondo le regole ma sono certa che Hollywood si accorgerà di me come di una vera stella!’. E invece eccomi qui, ad accettare l’ennesima parte fallimentare giusto per pagare il mio agente. -
- Come? -
- Andiamo, sappiamo entrambe che non avrebbero chiamato me per questa parte se il film non fosse veramente un capolavoro! -

Mi sentii punta nell’orgoglio. - Signora, ha tutto il diritto di reputare questo progetto fallimentare, ma se pensa di mettermi il bastone fra le ruote possa tirarla su di morale... -

- Eh ? -

- Se crede che verrò a prenderla ogni giorno qui e a obbrigarla a lavorare... -

La donna parve ricomporsi. - Crede anche lei che io sia un’alcolista. -

- Lei è stata in rehab, signora. E dopo pochi mesi si permette di bere! -

- Io non ero dipendente! - scattò. - E’ stata la stampa a reputarmi tale! Certo, negli ultimi tempi ci sono andata un po’ pesante, ma ero depressa, è normale sfogarsi con qualcosa, no? -

- Non credo. - Mi alzai dal tavolo. - Se è necessario rinegozierò il suo contratto o la butterò fuori, sicuramente non comincerò questo film tirandomi dietro una palla al piede. La condotta di oggi mi aiuterà di certo nel mio compito. Voglio che questo film sia speciale, anziane attrici in disgrazia o meno. -
 

Abbandonai la Leferoux al suo destino e lasciai un memo alla segretaria del suo agente per fissare un appuntamento l’indomani, poi chiamai i casting per metterli subito al lavoro nella ricerca della sostituta. Alle quattro mi trovai il cast degli attori (quasi) completo per la riunione.

Mentre le persone cominciavano a sedersi nel bel mezzo del capannone delle riprese, mentre gli elettricisti e gli uomin di fatica ci giravano intorno indaffarati a trasformare l’area in un vero e proprio set, mi avvicinai ad Anna - Sai qualcosa di McKenzie? -

Anna scosse la testa. - Non si è fatto vedere ma dovrebbe arrivare il suo secondo. Vuoi che te lo mandi al termine della riunione? -

- Preferire di no. Vedi di dirgli di contattare quel maledetto irlandese, che le riprese devono iniziare il più presto possibile. -

Salutai tutti i presenti e cominciai a illustrare il progetto. Introdussi Greene e lo pregai di fare un discorso di incoraggiamento, cosa che migliorò enormemente l’umore a tutti. Organizzai una prima lettura dei copioni il giorno dopo, chiedendo a una delle comparse di sostituire la Leferoux che feci intendere, era indisposta. Aggiornai tutti e mi diressi verso Max Willer, uno degli elettricisti.

- Riesci a farmi avere la lista della strumentazione per domani? Includi le luci e le attrezzature del sonoro. -

- Non c’è problema. Lucy - mi trattenne Max, mentre un suo collega stava saldando due fili poco lontano da noi. Non mi piaceva stare così vicina a un flessibile. - Dobbiamo parlare di Tom. La cosa sta diventando ridicola. -

- Domani. Adesso scusami, devo lavorare sugli ordini di produzione. - mi diressi verso l’ufficio. Se facevo in fretta sarei potuta tornare a casa a un orario accettabile.

Aprii la porta del mio ufficio e trovai Anna seduta al mio posto. Davanti a lei c’era Edward Bernst. Entrambi erano chini sul loro pc ma si rivolsero verso di me appena sentirono la mia presenza.

Mi bloccai. Mi ero completamente dimenticata di lui.

- Ciao Ed - dissi cercando di apparire il più a mio agio possibile. - Come va? -


Eccomi qua con il secondo capitolo di questa novella. Pubblicherò il terzo capitolo fra due settimane poichè mi concederò un breve periodo di ferie. Vi lasciò con i ritratti di Tom Russell e Anna Richards. A presto!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Capitolo 2

 

Of all the gin joints in all the towns in all the world, she walks into mine - Casablanca (1942)

 

Edward Bernst. Quanto tempo era passato.

Avevamo iniziato il nostro tirocinio alla Earth lo stesso giorno, assegnati allo stesso film. Nonostante io aspirassi a lavorare in produzione e Ed alla regia all’inizio ci trovammo a eseguire le stesse noiose mansioni di routine che aspettavano ai tirocinanti, e presto sviluppammo un’amicizia sincera sebbene legata alla sopravvivenza in quel mondo folle e complesso. Ed mi salvò dal rischio di molestie da parte di attori alcolizzati e io cercai di ricambiare coprendolo quando sbagliava a convocare le comparse o a gestire il magazzino delle lenti. Eravamo una buona squadra, efficiente e affiatata, finché due mesi dopo non ci convocarono nell’ufficio di produzione e ci comunicarono che alla fine della settimana uno di noi due sarebbe stato licenziato per mancanza di fondi.

Panico.

Non potevo perdere l’internship: senza alcun occupazione mi avrebbero rispedito nel mio paese e non mi avrebbero fatto rientrare per un paio d’anni, e quindi addio alla mia carriera! Non riuscivo neanche a concepire di tornare alla mia vita, alla mia noiosissima esistenza persa fra i paesini del pavese, fra i campi coltivati a mais e i trattori che intasano le statali, pertanto pensai all’unica cosa che mi veniva in mente per assicurarmi il posto in quella produzione.

Sabotai Ed.

Non ci volle molto: Ed si sabotava da solo. Era piuttosto disorganizzato e confusionario di per sé, ma finché lavoravamo assieme riuscivamo spesso a sistemare i casini. Decisi semplicemente di dirgli, al termine della riunione a cui eravamo stati convocati, che ognuno avrebbe pensato a sé stesso e che avesse vinto il migliore. In capo a due giorni venne convocato e lasciato a casa.

Mi sentii un po’ in colpa: ero sempre stata io quella che si occupava dell’organizzazione e lui era quello sì, insomma, quello creativo, che creava gruppo e scherzava con le comparse. Era un collante, creava la giusta atmosfera e faceva crescere il gioco di squadra. Il fatto di avergli lasciato scoperto questo suo tallone d’Achille lo vedevo come una mossa scorretta e vedermelo davanti l’ultimo giorno, infuriato, era stato il colpo di grazia che mi aspettavo dalla mia coscienza.

Ovviamente Ed sapeva del perché del suo licenziamento e se l’era legata al dito, cercando di screditare il mio lavoro all’interno della Earth. Mezzi commenti, alcune parole…era bravo con le persone, peccato che i risultati che ottenevo lo smentivano su tutta la linea. Si era creata così una sorta di ostilità latente fra di noi che diventava più marcata nei periodi in cui si tornava a lavorare assieme. Era successo una sola volta ma quello non aveva fatto altro che desiderare di dover lavorare più con lui.

- Non c’è male, sai, mi hanno spedito qui, senza darmi alcun preavviso e spiegazione, la tua assistente qui mi chiede di darle i piani di lavorazione senza capire che non posso consegnarle nulla se non parlo con McKenzie che, guarda un po’, è sparito. – disse Edward, a metà fra lo spazientito e l’ironico. Anna lo guardò, stupita dalla sua reazione, e io mi limitai ad alzare lo sguardo al cielo.

- E’ la procedura, Ed. –

- Se vuoi proprio parlare di procedure… - mi rispose, alzandosi dalla sedia e chiudendo il laptop. – Il tuo compito non dovrebbe essere quello di controllare che tutto sia a posto? –

- E’ tua responsabilità sorvegliare sul regista. –

- Quando si ha a che fare con una persona normale la cosa mi andrebbe bene, ma qui stiamo parlando di lui! – esclamò, rimettendo a posto con gesti stizziti il caricatore della batteria nella borsa. – Non risponde ai messaggi né alle email, ha il telefono staccato e nemmeno la sua segretaria sa dove sia! Che dovrei fare? –

Riflettei sulle sue parole, incrociando le braccia. Anna rimpallava lo sguardo fra di noi, come in una partita di tennis. Chi avrebbe fatto punto?

- Hai il copione? – gli chiesi, rassegnata al nero panorama che si stava delineando davanti ai miei occhi per i prossimi sei mesi.

- Me lo ha appena consegnato la tua collega, adesso. –

- Allora domani puoi cominciare a registrare i dettagli minori, almeno finché non ritroviamo McKenzie. –

Ed strabuzzò gli occhi. – Domani? –

- Qual è il problema? -

- Non fare la furba con me… -

- E tu stai attento: in questo progetto SONO IL TUO CAPO, ok? –

Lui si raggelò, sfidandomi con lo sguardo.

- Già… la tua ‘promozione’. Vedremo se sarai all’altezza del tuo compito, mangiaspaghetti.  – Ed mi sorpassò senza più degnarmi di uno sguardo. Mi girai per urlargli di arrivare puntuale il giorno dopo.

- Un bel tipo quel Bernst. – Anna mi raggiunse sulla soglia della porta. – Vi conoscete? –

- Un po’. –

- Mi hanno detto che è il migliore sulla piazza. Perché fa parte di questo gruppo sgangherato? –

- Presumo per lo stesso motivo per cui ci siamo noi. Andiamo a casa: abbiamo un sacco di lavoro da fare domani. –

 

Il secondo giorno di lavoro si svolse senza intoppi. Riuscii a ordinare la strumentazione e a mettere tutti all’opera, sebbene i lamenti e i battibecchi rallentarono un po’ tutti. Tom ce l’aveva ancora per la riunione del giorno prima, la Leferoux aveva scatenato il suo agente e Ed continuava a lanciarmi occhiate cariche d’odio.

Nonostante avessimo un regista disperso, un’attrice con l’intenzione di fare causa allo studio già sul lastrico e una guerra civile fra i tecnici restai salda e mi concentrai su ciò che dovevo fare. Per prima cosa chiamai Hackman.

- Jack McKenzie? Ha firmato un mese fa, mi pare. Dovrei chiedere alla mia segretaria. -

- Lascia stare Bette, ci credo. Ciò non toglie che non sia qui. Non ha neanche preso accordi col suo vice. Cosa devo pensare? –

- Hai provato a contattare la sua segretaria? –

- Mi prendi per una sprovveduta? – domandai istericamente a mia volta, poi ripresi il controllo di me. – Non mi può chiedere di scandagliare tutti i possibili luoghi della Terra per trovare il regista, signore. –

- E va bene, ci penso io, ma tu devi assolutamente ricucire i rapporti con Adrienne Leferoux. –

- Ma quella ci vuole sabotare! –

- Farà ben peggio se cercherai di reciderle il contratto. Non possiamo assolutamente mandare avanti gli avvocati, non abbiamo liquidità in questo momento…Lucy… -

- Ok, affare fatto. Ora devo andare. –

Rimisi in cellulare in tasca all’apparire di Lin sulla porta dell’ufficio.

- Ciao capo. Disturbo? -

- Hai l’inventario del trucco? – le chiesi, andando alla scrivania ed esaminando i faldoni della contabilità nel tentativo di trovare quello del suo reparto.

- Ho una bella gatta da pelare. – e detto questo chiuse la porta dietro di sé. – Tom… -

- No, ti prego. –

- Quel bastardo di Tom… -

Gemetti.

- Ieri sera eravamo da Moe. Io ero con Joey, Lisa e Sarah al bancone. Tom si avvicina e comincia a provarci con Sarah, sai la rossa responsabile delle acconciature, no? Ecco, ci prova con lei davanti al mio naso e, insomma, lei sa che non esco più con Tom ma era disagio perché insomma, io ero lì e lui era il mio ex, ma Joey si è intromesso vedendo Sarah in difficoltà e Tom gli ha detto di farsi i cazzi suoi e Joey è andato un po’ fuori di testa… -

- Cosa stai cercando di dirmi? –

- Ecco, insomma, … - Lin cominciò a guardarsi la punta dei piedi. – Tom si è preso un bel pugno sul naso e ha passato la notte in gattabuia. Non sarà facile lavorare con lui per un po’. –

La guardai, allibita. – Ma chi è Joey, si può sapere? –

- E’ il mio nuovo ragazzo. Fa il poliziotto. – rispose lei, candidamente.

Cazzo, cazzo, cazzo.

- Starò all’occhio, allora. Grazie di avermelo detto e fammi un favore, per un po’ stai lontano da Tom, ok? -

- Fosse per me gli starei SEMPRE lontano. –

- A chi lo dici. –

 

Cercai di evitare i tecnici, almeno per quel pomeriggio, decidendo di dedicarmi totalmente agli attori. Entrai nella zona a loro dedicata e cercando di fare meno rumore possibile mi sedetti ad assistere alla lettura del copione. A occhio e croce mi sembravano a circa mezz’ora di dialogo e tutto sembrava tranquillo. Greene lanciava ottimi spunti e sembrava aiutare tutti a entrare nella parte dando consigli e incitando una ruolata scatenando gli applausi. Sorrisi a una delle battute che pronunciò in maniera fintamente teatrale quando Devon sbagliò la pronuncia di alcune parole francesi: stimavo quell’uomo sempre di più. Anche Paul sembrava pensarla come me, trattando l’anziano attore come una sorta di dio in terra e ascoltando le sue parole come un discepolo ascolta il suo profeta.

L’atmosfera rimase serena fino a quando Anna si abbassò all’altezza della mia spalla e annunciò l’arrivo della Leferoux. Mi alzai e interruppi il cast gentilmente, dicendo di far un applauso all’ultima importante tessera del meraviglioso puzzle che stavamo per andare a comporre con questo film. Adrianne arrivò giusto in tempo per godersi l’immeritato trionfo, indossando degli occhiali neri e senza mostrare alcuna cordialità. Louis si avvicinò e le prese la mano fra le sue.

- Signora Leferoux, è un piacere averla fra noi. -

- La ringrazio, sig… -

- Greene. Adrianne, le presento Louis Greene. – mi intromisi, trattenendo un commento acido. Tipico di una donna insulsa come lei, fare finta di non conoscere uno degli attori più famosi di Hollywood.

Paul si avvicinò titubante e si presentò, sfoderando il suo splendido sorriso.

- Devon, uh? Piacere di conoscerti, caro. – Adrienne si tolse gli occhiali e si sedette al posto che Anna le indicò. – E’ un piacere essere qui con tutti voi, cari. Spero perdonerete il mio, ho avuto un imprevisto che non mi ha permesso di presentarmi ieri. Vi assicuro che questo non si ripeterà mai più. – la donna mi lanciò uno sguardo di sfida che io ressi abbastanza bene, finché non sentii un urlo provenire dall’altra parte del capannone.

Cominciai a correre verso la fonte del rumore e vi trovai Edward intento a bestemmiare. Poco distante da lui, Max cercava di domare un piccolo incendio scatenatosi a uno dei quadri che fornivano la corrente elettrica al capannone.

- COSA…? -

- Tutto a posto, Lucy, non è successo niente. – mi disse un altro elettricista, cercando di tranquillizzarmi. – Lo ripariamo fra un paio di giorni. Intanto c’è il generatore di emergenza. -

- Cosa alimentava il quadro? –

- Secondo te? – urlò Edward. – Il magazzino della fotografia, mi sembra ovvio! –

- Senti, l’impianto elettrico è vecchio, non potevamo sapere… - cercò di rispondergli a tono Max, ma Edward rincarò la rabbia nella sua voce.

- Siete elettricisti, no? Dovreste essere esperti di queste cose! – continuò. Poi si rivolse a me. – Ottima cosa iniziare il primo giorno con un incendio. Non mi sarei aspettato niente di meglio. –

- In realtà è il secondo. –

- Cosa? –

- E’ il secondo giorno di produzione. – sibilai a denti stretti.

- Senti, Lucy, vaffanculo. – Edward si diresse verso l’uscita, fra lo sguardo attonito della gente. Lo inseguii.

- Ehi, EHI! – riuscii ad afferrarlo per la manica anche se feci fatica a fermarlo. – Sai niente di McKenzie? –

- Per quanto mi riguarda potrebbe essere morto. –

- Certo! Molto maturo da parte tua! – alzai le braccia al cielo. – Senti, se vuoi mandare tutto a puttane per una faccenda personale fai pure, ma lascia stare i miei lavoranti, ok? –

- I tuoi… -

- Hai capito bene, Rent Boy – rimarcai, cercando di imporre la mia autorità. – So che questa cosa ti fa incazzare parecchio, ma non vedo come il tuo comportamento possa migliorare le cose. Non ti chiedo una tregua ma voglio che tu creda nel progetto e dia una mano per realizzarlo. Poi fai quello che vuoi. Molla, sbattitene i coglioni, francamente ho fin troppi problemi che litigare con te. –

- E’ il modo di fare, Lucy. – mi disse, bloccandomi mentre mi dirigevo a passo spedito verso il capannone. Il sole era appena tramontato ma c’era già poca luce attorno a noi. – Bisogna mettersi in testa che questa è una missione suicida e dare il cento per cento per quella piccola possibilità che è terminare nei tempi prestabiliti. Ho paura che i tuoi uomini non sappiamo cosa sia, questo cento percento. –

- Allora glielo insegneremo. – mi voltai di scatto, cercando di mostrare più entusiasmo di quello che provavo. – Ma tu sei convinto di volerne far parte? –

- Ho altra scelta? – si schiarì la voce. – Voglio ancora diventare regista, Lucy. –

- Lo so. –

- Non ho perso la speranza. –

- Lo so. –

- Ricominciare tutto da capo, in un’altra casa cinematografica…significa dover dimenticare questo sogno. –

- Già. –

- Io darò il sangue per questo film ma non credo che tu possa chiedere agli altri di fare lo stesso. Non credo che tu abbia le palle abbastanza grosse per fare questo film. –

Mi irrigidii. – Puoi credere quello che vuoi, ma non è a parole che lo dimostreremo. –

Quelle frasi mi avevano ferito ed irritato. Lui si limitò a lanciarmi un’ultima occhiata e a dirigersi verso l’uscita degli studios.

Rientrai nel capannone.

- Che è successo? – incrociai Max insieme al suo team ed a alcuni macchinisti andare e venire dal magazzino della fotografia, cercando di valutare i danni dell’incendio.

- Cosa vuoi che ti dica? Non solo il regista è sperduto; forse abbiamo perso anche il suo vice. -

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