I wish I was a punk rocker with flowers in my hair.

di EgoBrain
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ink and blood ***
Capitolo 3: *** Dream? No, thanks! ***
Capitolo 4: *** Like snow on Christmas ***
Capitolo 5: *** Burn it down ***
Capitolo 6: *** These feelings ***
Capitolo 7: *** Of insanity and hugs ***
Capitolo 8: *** They fell in love, didn't they? ***
Capitolo 9: *** Of shriveled leaves and love ***
Capitolo 10: *** Luna Park ***
Capitolo 11: *** Madness ***
Capitolo 12: *** Embrace ***
Capitolo 13: *** Smoke ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

Prologo
 
 
Harry’s Point Of View
 
Stava seduto con un’inconsapevole grazia su una panchetta nera e lucida, la mani poggiate leggermente sui tasti bianchi e neri del pianoforte di fronte a lui.
Aveva capelli ricci e scuri che gli scendevano ai lati del viso squadrato ma morbido, trattenuti da una fascia a quadretti. La fronte era lasciata scoperta e il ciuffo che altrimenti l’avrebbe nascosta era fermato al di sotto della fascia. Indossava un maglione verde scuro e pantaloni neri attillati. Ai piedi portava degli stivali che osservati in un altro contesto sarebbero risultati inadeguati per un ragazzo, ma su di lui stavano insolitamente bene.
Teneva gli occhi verdi fissati su uno spartito, e spostava velocemente lo sguardo da un punto all’altro dei fogli, per studiarli e memorizzarli, mentre si passava la lingua sulle labbra rosse e screpolate a causa del freddo.
 
Inspirò piano e cominciò a muovere le dita sottili sui tasti del piano, facendo risuonare nell’aria i suoni che essi producevano. Era una melodia dolce e sicura.
Poi iniziò a cantare. Aveva una voce grave, potente e intonata, un po’ roca, ma piacevole.
Apriva e chiudeva piano la bocca per formulare le parole che si apprestava a cantare, e la sua voce si fondeva con la musica quasi fossero una cosa sola. Non c’era nessuno in casa, ed era quello il motivo per cui poteva dare sfogo ai suoi sentimenti e alla sua frustrazione senza dover seguire legittime ma estremamente irritanti regole di convivenza.
 
Sentì una vibrazione provenire dalla tasca dei suoi jeans. Era un messaggio.
“Sei pronto? Sto per arrivare a casa.”
Se era pronto? No, non lo era affatto.
Ripose lo spartito su un tavolino e chiuse il pianoforte.
Era teso, nervoso, agitato ed emozionato. Aveva paura.
Aveva deciso di farsi un tatuaggio, così, su due piedi.
Si buttò sul divano accompagnato da uno sbuffo.
Lo voleva davvero, ma leggendo il messaggio di Zayn aveva sentito un brivido percorrergli la schiena; avrebbe fatto male?
Sarebbe stato il suo primo tatuaggio, e non voleva che finisse in tragedia.
Zayn gli aveva assicurato che il dolore sarebbe stato relativamente facile da sopportare, e che era anche probabile che gran parte di quel dolore, sarebbe stato causato dalla semplice suggestione.
Non ne era molto sicuro, ma si era fatto forza e, deciso a voler dare una svolta alla propria vita, alla fine aveva chiesto all’amico di accompagnarlo a fare il tatuaggio nello stesso posto in cui questo si era fatto fare i suoi.
 
Un suono metallico proveniente dalla porta dell’appartamento lo riportò alla realtà e alzandosi si diresse verso la porta per aprirla, rivelando dietro di essa un ragazzo alto e magro, i capelli scuri come gli occhi, e un ciuffo tinto di biondo che svettava sulla fronte. Indossava dei semplici jeans neri, una maglietta leggera e una giacca di pelle, che gli donava un’aria da duro. Ai piedi portava delle Converse nere.
«Hey Haz!» lo salutò.
«Ciao Zayn» sussurrò guardando oltre le spalle dell’amico.
«È tutto ok? Sei pronto?»
«Sì, possiamo andare».
«Grandioso!» disse con entusiasmo. «Se hai preso tutto usciamo».
Harry annuì tirandosi dietro la porta di casa e lasciando che Zayn la chiudesse a chiave.
 
 
«Quindi ha deciso cosa vuoi farti tatuare e dove?»
«In realtà no. Deciderò all’ultimo momento, magari mi farò consigliare...» assunse per pochi secondi un’aria corrucciata, poi si schiarì la voce. «A proposito, com’è il tatuatore? È un uomo grosso e spaventoso, pieno di piercing e tatuaggi dappertutto? Io me li sono sempre immaginai così i tatuatori. Ed è uno dei motivi per cui non mi sono mai deciso a farmi un tatuaggio, effettivamente».
L’altro accennò a un sorriso che Harry in un differente contesto avrebbe definito malizioso.
Lo guardò con la coda degli occhi e sussurrò abbastanza forte perchè potesse sentirlo «Lo vedrai, Harry, lo vedrai...».
 
In una buona quindicina di minuti raggiunsero lo studio e Zayn vi entrò con passo sicuro, seguito da Harry, che si guardava intorno come un bambino curioso.
L’ingresso era abbastanza ampio e accogliente. Nell’angolo della stanza, all’ingresso, si trovava una scrivania abbastanza disordinata, dietro la quale sedeva svogliatamente un ragazzo biondo che poteva avere all’incirca qualche anno in più di loro.
I muri dovevano essere bianchi in origine, ma erano dipinti con grandi disegni colorati, simili a graffiti. Harry si trovò a constatare che il posto gli piaceva davvero tanto come primo impatto, e che il tremolio agitato che lo aveva accompagnato fino a quel momento era diminuito.
Sulle pareti erano appesi pannelli ricolmi di foto di tatuaggi e Harry si avvicinò per osservarli.
Sembravano davvero ben fatti e questo lo rassicurò ulteriormente.
 
Sentì Zayn che lo chiamava e notò che stava parlando con il ragazzo che aveva visto dietro la scrivania. Si diresse verso di loro e l’amico lo presento al biondo. Da vicino si accorse dei suoi occhi grandi e azzurri, del suo sorriso ironico e solare, degli svariati piercing che aveva sul viso e sulle orecchie e degli innumerevoli tatuaggi sulle braccia. Era davvero un bel ragazzo.
 
«Sei Harry?» chiese con disinvoltura.
«Sì» rispose questo abbassando lo sguardo.
«Sei venuto per farti un tatuaggio, no?»
«Sì».
«Hai già in mente qualcosa?».
«No» cercò di sorridere ma la tensione stava tornando a farsi sentire.
«Beh, allora avviso Louis» disse lanciando un’occhiatina divertita a Zayn. «Sarà lui a farti il tatuaggio, potrà darti qualche consiglio...».
Si voltò di schiena incamminandosi verso la porta dietro di lui; prima di oltrepassarla però si girò a guardare nuovamente Zayn e gli fece un segno con la mano che probabilmente significava “è tutto sotto controllo”.
 
Pochi minuti dopo il ragazzo biondo spuntò dalla porta con un gran sorriso stampato in volto.
«Louis è libero. Lo trovi nella stanza subito oltre questa porta, a destra. La stanza da cui stanno uscendo quelle due ragazze...» ridacchiò all’ultima frase. «Comunque mi chiamo Niall».
Harry osservo le ragazze uscire dallo stanzino con un’espressione scocciata in volto e andarsi a sedere su due delle tante sedie che costeggiavano i muri. Assunse un’espressione stranita.
Poi tornò a guardare il biondo. «Lo so. Me l’ha detto Zayn» sorrise.
«Immaginavo» disse continuando a sorridere. «Beh, vai, Louis ti sta aspettando».
Il ragazzo lanciò un’occhiata agitata a Zayn, e questo gli rispose con un sorriso di incoraggiamento.
«Dai, fatti forza, io ti aspetto qui».
Visto che non sembrava avesse intenzione si seguirlo, Harry si incamminò verso la porta ed entrò a testa bassa nello stanzino che gli aveva indicato Niall.
 
Sentì qualcuno trafficare con degli strumenti probabilmente del mestiere.
Alzò lo sguardo incuriosito, sperando con tutto se stesso di non trovarsi di fronte un omaccione inquietante, perchè fosse stato così probabilmente sarebbe corso via, in preda al panico.
 
Rimase piacevolmente senza fiato. Sorrise ed esultò mentalmente.
Il ragazzo che aveva di fronte era più basso di lui, indossava una t-shirt rossa e dei jeans neri attillati e arrotolati in fondo. Ai piedi portava delle Vans dello stesso colore della maglietta.
Aveva il braccio sinistro completamente tatuato fino al polso, mentre il braccio destro era quasi completamente vuoto.
La cosa che però notò per prima Harry, fu la sua bellezza quasi eterea, divina.
Aveva capelli corti e scuri, mossi e acconciati in un ciuffo laterale che non gli copriva la fronte e gli occhi truccati debolmente di nero. Le labbra erano sottili e chiare; aveva due piercing vicini e argentati nella parte destra del labbro inferiore e uno sempre argentato nella parte sinistra. Un piercing svettava nel punto più esterno del sopracciglio sinistro e due tunnel neri attiravano l’attenzione verso i lobi delle sue orecchie.
Era bellissimo, e avvicinandosi lentamente, quasi in trance notò i suoi occhi azzurri e intelligenti.
Si sentiva piccolo di fronte a lui, perchè ai suoi occhi appariva come un miraggio, un angelo.
 
Gli scivolò il cellulare che teneva stretto in mano e cadde per terra, aprendosi.
Harry fu costretto ad abbassare lo sguardo per rimettere a posto i pezzi del cellulare, e chinandosi sussurrò un flebile “oops” che però risuonò nell’aria ad un volume maggiore di quanto avesse previsto. Arrossì, anche in questo caso più visibilmente di quanto voluto.
Louis nel frattempo si era avvicinato a lui e si era chinato a terra per aiutarlo.
 
«Ciao» aveva una voce più lieve e dolce della sua ed Harry rimase sorpreso nel sentirla.
Alzò la testa e prese in mano la batteria del cellulare, che l’altro gli stava porgendo con un sorriso.
Cercò di non arrossire ulteriormente. «Ciao» rispose, alzandosi dopo aver riassemblato il cellulare e strofinando le mani sui suoi jeans per pulirli. Osservò l’ora sull’orologio che trovo essere appeso su una delle pareti della stanza. Erano passati solo due minuti da quanto era entrato e gli era sembrato che fosse passata un’eternità.
Tornò per pochi istanti a pensare al discorso che avevano fatto per strada lui e Zayn.
Louis non era certo un uomo grosso e spaventoso fortunatamente, ma era pieno di piercing e tatuaggi dappertutto, questo sì.
 
 
Louis’ Point Of View
 
Erano entrate due ragazze da pochi minuti e stava parlando con una di loro per mettersi d’accordo sul tatuaggio da farle. Voleva un banalissimo cuore rosso infilzato da una freccia nera e la scritta in corsivo “love” sotto di esso. Louis non aveva neanche bisogno di fare uno schizzo del tatuaggio, perchè centinaia di persone lo avevano già richiesto, e ormai lo sapeva quasi a memoria.
Stava per porgere il solito disegno alla ragazza, che lo guardava cercando di flirtare con lui, ma fu interrotto dal suono della porta che si apriva. Vide entrare Niall, con un sorrisetto sul volto.
«Scusate, ragazze, ma è arrivato un cliente che aveva preso appuntamento... ehm... prima di voi. Mi dispiace, ma dovreste tornare in sala. Riprenderete dopo il discorso» vide le ragazze alzarsi con un’espressione scocciata sul viso e dirigersi verso l’uscita, senza però oltrepassare la porta.
Niall allora si avvicinò a Louis in modo che sentisse solo lui.
«È arrivato il ragazzo che ho tatuato l’altro giorno e ha portato con sè un amico...» sorrise. «È un ragazzo bellissimo, ti piacerà» ammiccò scherzando e si voltò facendo finta di ignorare ciò che l’amico rispose.
«Smettila Nialler. Smettila di propinarmi tutti i ragazzi carini che vengono in studio, lo sai che sto male. E poi sono tutti così superficiali e stupidi! Tatua tu questo ragazzo e fammi finire il lavoro».
Naturalmente Niall, che stava solamente facendo finta di non ascoltarlo, tornò a girarsi verso di lui e sussurrò «vedremo» e questa volta si avviò verso la porta, precedendo nell’uscire le due ragazze.
Queste guardarono Louis ancora una volta, tentando inutilmente di volgergli uno sguardo sexy, e all’evidente disinteresse di lui uscirono parlottando.
Il bruno sbuffò portandosi una mano nei capelli e si alzò dalla sedia aspettando che questo fantomatico “ragazzo bellissimo” entrasse. Sperava di liquidarlo in fretta perchè non aveva proprio voglia di parlare con un ragazzo superficiale, come quelli della precedente settimana.
Erano stati uno paggio dell’altro.
 
Ammirava gli sforzi di Niall per tirarlo su di morale dopo il fallimento della sua relazione con Donnie. Ma non aveva intenzione di frequentare nessuno per un bel po’ di tempo.
Aveva paura di soffrire. Aveva paura di provare dei sentimenti. Aveva paura che si trasformassero in amore. Non voleva essere deluso un’altra volta. Non voleva essere usato. Non voleva soffrire per qualcuno, quando a quel qualcuno non importava nulla di lui, in fondo.
Aveva chiuso con l’amore per un bel po’ di tempo. Non credeva di averne bisogno.
Ma Niall continuava a dire che si sbagliava a comportarsi a quel modo.
Diceva che lui era un ragazzo fragile, che aveva bisogno di essere sostenuto e di sostenere.
È così. Tu hai bisogno di amare.
Era combattuto. La paura gli aveva riempito il cuore e offuscato la mente.
 
Sentì dei passi leggeri provenire dal corridoio e fissò il suo sguardo sulla porta, dalla quale pochi istanti dopo comparì la figura di un ragazzo apparentemente più alto di lui, che indossava un maglione verdone, dei jeans attillati e degli stivali da donna. Il suo viso era bellissimo.
Aveva capelli ricci, scuri, spettinati e trattenuti disordinatamente in una fascia.
Il ragazzo si avvicinò e Louis notò i suoi occhi grandi e verdi che lo scrutavano con evidente imbarazzo.
Le sue labbra erano rosse e carnose, e le sue guance erano tinte di una tonalità classica delle persone imbarazzate.
Si ritrovò a pensare che fosse il ragazzo più bello che avesse mai visto.
Sì maledì mentalmente per quel pensiero e distolse lo sguardo. Ma continuavano a vorticargli in testa pensieri come “Ommiodio, sembra un angelo” o “Voglio abbracciarlo, sembra così indifeso e dolce”. Era abbastanza stressante non essere d’accordo nemmeno con se stessi.
 
Il suono di un oggetto che cadeva a terra lo distolse dai suoi pensieri contorti e contrastanti.
Al ragazzo di fronte a lui era scivolato il cellulare di mano ed era caduto scomponendosi.
«Oops» aveva sussurrato ad un volume troppo alto per essere realmente considerato un sussurro, ma l’intenzione era quella.
Sorrise vedendo le guance dell’altro assumere, se possibile, un colorito ancora più imbarazzato.
Si avvicinò a lui per aiutarlo a raccogliere i pezzi.
«Ciao» disse per smorzare la tensione.
Gli porse la batteria del cellulare sorridendo mentre lui ricomponeva i pezzi e si alzava strofinandosi i jeans per pulirli.
Notò che le sue scarpe erano davvero da donna e sorrise lievemente.
Forse questa volta Niall aveva ragione. È bellissimo.
Non è vero. È come tutti gli altri, è solo più bello.
Ti sbagli. Guardalo, non è perfetto?
Sì, ma...

Tossì per scacciare via i pensieri che gli stavano vorticando fastidiosamente in testa.
«Piacere, Louis» disse sentendosi uno stupido.
«Harry» la sua voce era calda e grave, dolce e possente, ruvida e piacevole.
Harry.
Aveva un’incontenibile voglia di abbracciarlo.
«Accomodati pure».
Aveva un’incredibile capacità di nascondere le sue emozioni.
 
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Angolo dell'autrice:
Uff, ce l'ho fatta. Era da un po' di tempo che avevo in mente questa LONG.
Finalmente mi sono decisa a buttare giù qualche idea e a raccoglierle in un capitolo. 
Volevo solo aggiungere che con POV (Point Of View) come avrete notato non intendo un racconto scritto in prima persona, ma sempre restando in terza persona, è il narratore che analizza il punto di vista del personaggio.
Questa cosa penso rimarrà invariata nel corso dei capitoli. 
Detto questo spero che questo 'prologo' vi sia piaciuto, che vi abbia intrigato e che non abbiate trovato noiosa o lunga la lettura.
Naturalmente mi farebbe piacere che recensiste per rendermi partecipe di ciò che pensate a riguardo, che siano critiche, consigli o complimenti. 
Ringrazio già in partenza quindi chi recensirà, chi aggiungerà la storia in una delle raccolte, o chi leggerà soltanto (sempre se qualcuno farà anche solo una qualsiasi di queste cose).
Grazie a tutti e spero di riuscire a pubblicare almeno il primo capitolo entro la fine delle vacanze!
Alla prossima. 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Ink and blood ***


 
 
«Piacere, Louis» disse sentendosi uno stupido.
«Harry» la sua voce era calda e grave, dolce e possente, ruvida e piacevole.
Harry.
Aveva un’incontenibile voglia di abbracciarlo.
«Accomodati pure».
Aveva un’incredibile capacità di nascondere le sue emozioni. 

 
***
 
 
Si sedette agitato sulla sedia che Louis aveva scostato da sotto il tavolo. Poggiò le mani sulle cosce e guardò l’altro, che nel frattempo aveva preso posto di fronte a lui con un sorriso.
«Allora, hm... Harry» disse con un colpo di tosse che voleva evidentemente mascherare la sua frustrazione. «Hai già le idee chiare?»
«No, per nulla» solitamente Harry era bravo a simulare un atteggiamento schietto ed estroverso, ma quella volta qualcosa non funzionò. Forse era dovuto al fatto che Louis fosse un bravo osservatore e  che sapesse leggere il linguaggio del corpo meglio di chiunque altro. Forse era dovuto al fatto che, invece, per qualche strano motivo, si sentiva libero di essere se stesso di fronte a lui.
«Pensavo di chiedere consiglio a qualcuno, effettivamente» sorrise.
«Beh, io sono qui anche per questo! Dunque... partiamo dal principio...» si interruppe pensieroso, guardò in alto con un’espressione confusa e tornò a perdersi negli occhi del riccio.
Calmati Louis.
Concentrati.
Cosa vuoi che sia?


Aveva di fronte a sè un angelo bellissimo che entro un’ora sarebbe uscito da quella fottuta porta dello studio e se non avesse fatto subito qualcosa probabilmente non l’avrebbe più visto. Mai più.
Cosa dici?
Pensa a Donnie.
Pensaci, dannazione!


«Sei gay?» disse infine.
Sei stupido?

Non poteva averlo chiesto davvero.
Aspettò qualche secondo per osservare la reazione di Harry.

«No» mentì questo. Era abituato da fin troppo tempo a mentire su quel particolare della sua vita. Da quando per la prima volta si era dichiarato ad un suo amico e questo gli aveva voltato le spalle schifato, lui non ne aveva mai più parlato con nessuno. Si era ripromesso di rimanere solo per sempre, perchè si era convinto di non poter essere accettato per ciò che era. A scuola un sacco di ragazze gli andavano dietro, ma lui con una scusa o con l’altra, senza dare troppo nell’occhio, le evitava tutte.
Questo aveva fatto sì che la sua vita fosse sinonimo di solitudine. C’era Zayn che gli era amico, è vero, a lui diceva tutto. E poi c'era anche Liam, ma era partito e non sapeva quando sarebbe tornato. Tra l’altro gli mancava tantissimo.
La sua vita inoltre da un anno a quella parte aveva preso una brutta piega.
La sua classe si trovava nello stesso padiglione di un altro ragazzo, Eric, un bullo, se si può dire così. Questo l’aveva sorpreso un giorno, fuori da scuola, con una corona di fiori rosa in testa, amava intrecciare quei fiori freschi e bellissimi e poggiarli con cautela sui capelli ricci. In ogni caso da quel momento era iniziata una sorta di maledizione. Ogni santissimo giorno della sua vita Harry doveva nascondersi da Eric e dalla sua banda. Lo perseguitavano, lo picchiavano, lo chiamavano ‘checca’ di fronte a tutti. Lui non era mai stato un ragazzo aggressivo. Probabilmente avrebbe avuto la forza di divincolarsi o di tirar loro dei cazzotti, ma aveva una paura fottuta. Aveva paura di essere picchiato a morte. Erano quattro contro uno. Aveva paura di farsi male e di rimanere solo, affogato nel dolore. Aveva paura e basta. E nessuno si metteva mai dalla sua parte a difenderlo.
Nessuno sfidava Eric.
Il giorno più brutto della sua vita però era stato un altro. Era chiaro come il sole nella sua mente. Era successo qualche mese dopo il giorno da cui era tutto era cominciato. Si stava lavando la faccia nello spogliatoio della palestra, quando si trovò davanti uno degli amici di Eric. Questo gli disse di essere dispiaciuto per quanto era successo in quei mesi, e che grazie a lui aveva scoperto di essere gay, che non voleva dirlo ad Eric, e che si era innamorato di lui. Sì, di lui, Harry. Il riccio era rimasto sorpreso di quelle parole, e si era avvicinato all’altro per confortarlo in un abbraccio. Ma dai bagni erano usciti Eric e gli altri suoi amici, ridendo di lui con disprezzo, continuando a ripetere che era una stupida checca, che meritava di morire. L’avevano preso a pugni e a calci, fino a che Harry non era svenuto. Se l’erano svignata prima che chiunque li scoprisse e lui non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessuno. Ogni volta che ripensava al sangue che gli sgorgava dalle labbra sentiva un fremito percorrergli tutto il corpo e a stento riusciva a contenere le lacrime. Il dolore era ormai indelebile dentro di lui. Tutti i giorni mascherava con un sorriso ogni sua azione. A volte sorrideva anche sinceramente, anzi quasi sempre, ma bastava una mossa sbagliata per farlo crollare. Non meritava di esistere. Ogni tanto, troppo spesso, lo pensava.
 
«Harry? Va tutto bene?» chiese allarmato Louis. Si stava iniziando a preoccupare. L’altro era diventato pallido in volto e le sue mani tremavano violentemente. Aveva gli occhi chiusi e respirava a fatica. Stava chiamando il suo nome da diversi secondi.
Finalmente sentì una flebile risposta provenire dal riccio.
«No, no. Cioè, sì... sto... bene» l’autocontrollo che aveva racchiuso in quelle poche, semplici parole era bastato a fargli esaurire le energie.
Louis gli porse un bicchiere d’acqua, ma subito si rese conto che gli sarebbe scivolato dalle mani dato il tremolio insistente.
«Rilassati Haz.. Harry» inspirò. «Se ho fatto qualcosa di sbagliato mi spiace davvero. Non volevo assolutamente farlo. Ma ti prego, respira e bevi, mi sto preoccupando terribilmente» gli risultava assai strano aver detto simili parole a una sorta di estraneo. Gli aveva addirittura affibbiato un soprannome. Mise da parte i pensieri inutili, avvicinò il bicchiere alle labbra gonfie di Harry e lo inclinò lentamente, cercando di non versargli l’acqua addosso. Dopo parecchi secondi vide l’altro assumere un colorito più vivace. Le sue gote si arrossarono e aprì gli occhi, posandoli su di lui.
 
Imbarazzato si scostò e tornò a sedersi al suo posto.
 
«Grazie... non so cosa mi sia preso. Anzi scusa» accennò ad un sorriso che risultò essere stanco e abbastanza triste.
Louis aveva capito.
L’aveva visto negli occhi verdi di Harry, l’aveva sentito nel suo respiro affannato, l’aveva notato dalle sue mani. Le vedeva contorcersi violentemente l’una nell’altra, storcersi fino a far male.
Harry era gay. E aveva paura di esserlo.
D’altro canto Louis non era più tranquillo riguardo a questo. L’unica persona a sapere come stava era Niall. E Donnie. Ma era finita con lui.
In realtà neanche Niall lo conosceva bene. Lui pensava che fosse gay, perchè l’aveva conosciuto ai tempi della sua cotta per Donnie. Era stato lui ad aiutarlo e a sostenerlo. Non aveva nessun tipo di pregiudizio, aveva una mentalità aperta, ed era bello sfogarsi con lui, perchè ti svuotava completamente. Ti sentivi infinitamente meglio, dopo.
La verità era che Louis non sapeva esattamente da che parte stare. E gli andava bene così. Lui si innamorava delle persone, non del loro sesso. Le prime esperienze le aveva avute con delle ragazze, comunque. E con Donnie non era andato oltre il bacio.
L’altro ci aveva provato, ma lui si era sentito incerto.
Ad ogni modo poteva cercare di capire come ci si sentisse a non essere accettati, perchè era di questo che si trattava no? Era di questo che aveva paura Harry?
Non gliel’avrebbe chiesto. Aveva già fatto dei danni.
 
Sospirò, ricordandosi il motivo per cui il riccio era lì.
Spostò lo sguardo su di lui.
«Non importa» gli disse con sguardo fermo, puntando i suoi occhi dritti in quelli dell’altro.
Sì che importa.
No. Non lo conosci. Non farti trascinare da emozioni che non provi neanche.


«Te la senti ancora di farti il tatuaggio?» chiese con curiosità, mista a un po’ di celata paura che tutto potesse finire con Harry che se ne andava deluso e triste. Non avrebbe potuto sopportare di vederlo triste. Sarebbe stata la cosa peggiore..
Peggiore di cosa Louis?
Dove stai rinchiudendo la tua intelligenza?
Se lo rivedrai o no non ti cambierà nulla.
Non te ne frega nulla di lui, come fai a non capirlo?

Zittì le fasulle voci della sua mente con un gesto della mano, come se scacciasse una mosca, e attese la risposta di Harry.

«Scusa, ma mi sento un po’ confuso. Non so cosa mi sia preso, mi dispiace tanto essermi fatto una figura così patetica, ma non me la sento... scusa» la sua voce roca investì Louis come una ventata di aria calda di camino in una giornata di inverno.
Sognò di poterlo abbracciare. Gli sembrava piccolo e indifeso. Un cucciolo sperduto in un mondo di lupi feroci.
Frena.
 
***

Harry sentì degli occhi azzurri posarsi su di lui, sulla sua faccia stanca, sul suo viso pallido, sui suoi capelli disordinati, sulle sue mani agitate. Si chiese perchè. Perchè si sentiva così a casa? Perchè si sentiva accudito come un cucciolo dalla madre? Forse Louis aveva secondi fini?
Non riusciva affatto a pensarla così, ma una vocina nella mente lo teneva in guardia ugualmente.
Non ti affezionare.
Le persone giocano brutti scherzi, lo sai.
Non ci si può fidare.
Non così in fretta.

Sentiva lo sfrenato desiderio di lanciarsi fra le braccia di Louis per essere scaldato, protetto, amato.
Era stanco, e non aveva più le forze per essere tatuato.
Ma non aveva il coraggio di alzarsi. Non voleva oltrepassare quella porta, con la consapevolezza di essersi lasciato dietro qualcosa di importante.
Sei impazzito?

«Sì» sussurrò piano, senza accorgersene.
Harry in Louis non vedeva Eric, anche se poteva sembrare più spaventoso.
Ci vedeva una mamma che protegge a tutti i costi la vita del cucciolo. E lui si sentiva il cucciolo stesso: spaurito, indifeso, solo. Aveva voglia di stringerlo e di nascondersi dietro di lui. Aveva voglia di scomparire in lui. Voleva essere protetto.
 
«Certo, capisco. Hai bisogno di qualcosa? Vuoi una tazza di cioccolata calda? Ho un fornelletto qua dietro, se vuoi la preparo. Ci vogliono solo pochi minuti» propose Louis con un sorriso incoraggiante.
Voleva stare ancora un po’ con lui.
Non sentendo subito una risposta di Harry aggiunse con una risata «So che è strano accettare cibo e bevande dagli sconosciuti, ma ti assicuro che non ti farei mai del male. Sembri così...» si interruppe.
Bisognoso di affetto. Dolce. Solo. Bello.
Cosa stava dicendo? Non gli avrebbe mai fatto del male? Perchè glielo aveva detto in un modo così confidenziale? E perchè la parola sconosciuti gli suonava tanto male per descrivere lui e Harry?
«Sembri così infreddolito» concluse infine.
 
Il riccio fu attraversato da un brivido. Rivolse uno sguardo strano a Louis. Nemmeno lui sapeva bene cosa stesse a significare, ma si sentiva già meglio, e questa era la cosa più importante.
Continuava a chiedersi perchè l’altro si comportasse così con lui.
Continuava a chiedersi perchè gli avesse chiesto se era gay.
«Mi fido di te» affermò con un sorriso.
Era vero. Neanche la vocina si sentiva di smentirlo.
Per qualche strano motivo Harry Styles aveva riposto la sua fiducia in un bellissimo, perfetto sconosciuto.
 
«Allora vado a prepararti la cioccolata».
Stava per girarsi verso il fornelletto appoggiato su un ripiano.
«Solo se la prendi anche tu» lo interruppe il riccio. «Solo se la prendi anche tu» ripeté con convinzione.
Louis sorrise dandogli le spalle e si diresse verso il frigo prendendo gli ingredienti per per preparare la bevanda. Dopo diversi minuti di silenzio, esclusi i suoni provenienti dal gas e dal liquido che cuoceva, il ragazzo si voltò verso il tavolo a cui era seduto Harry con due tazze fumanti in mano.
«Quanto zucchero vuoi?» chiese senza ottenere risposta.
Poggiò le tazze sul tavolo con poca grazia e notò che il riccio si era addormentato sul suo braccio.
Pensò che fosse la cosa più tenera del mondo e sogghignò, i piercing che gli davano un’aria feroce, decisamente inappropriata.
Corse cercando di non fare rumore verso il ripiano disordinato su cui appoggiava tutto ciò che gli poteva essere utile e afferrò la macchina fotografica con cui di solito faceva le foto ai tatuaggi appena realizzati. Scattò velocemente qualche foto e la spense, con l’ironico terrore di essere colto in fallo da Harry.
 
«Sveglia. La cioccolata si fredda».
Dal buio della sua mente percepiva una voce dolce, materna, che lo chiamava, incitandolo a svegliarsi.
Per un momento pensò che fosse sua mamma. Dio, quanto gli mancava! Era da un bel po’ di tempo che non la andava a trovare, e questa situazione gli ricordò le mattine d’inverno in cui sua madre gli preparava la cioccolata calda e lo svegliava che in casa c’era un odore dolce e caldo. Amava trascorrere il tempo parlando con sua madre davanti a una tazza di the o cioccolata calda.
«Mamma» mugugnò alzando la testa e sorridendo come un bambino di fronte a una vetrina in periodo natalizio, con la dolce consapevolezza che il gioco che tanto vuole gli sarà regalato.
Poi si accorse che la figura di fronte a lui non aveva assolutamente le sembianze di sua madre, anzi sembrava un uomo, un ragazzo... «Louis» urlò senza controllo.
«Mi dispiace averti deluso, ma non sono tua madre...» lo guardò stranito e rise di gusto, trascinando con sè anche la risata di Harry, che gli sembrò bella più che mai.
Un angelo.
 
«Scusa, stavo dormendo» sorrise imbarazzato, mentre le gote gli si arrossavano leggermente.
«Me n’ero accorto» rispose prontamente Louis con un sorriso dolce. Materno. Protettivo. «Su, beviamo questa cioccolata, si fredda davvero se no».
Harry afferrò la sua tazza e se la portò vicino alle mani, cingendola con esse. Sentiva il calore propagarsi dalle sue mani alle sue braccia, continuando ad espandersi fino a donargli una piacevolissima sensazione di tepore. Continuava ad attribuire Louis a una figura materna, e allo stesso tempo a esserne terribilmente ma sinceramente attratto.
Cosa stava provando di così potente da fargli dimenticare tutto il resto?
 
Finirono di bere la cioccolata calda senza parlare, ogni tanto dedicandosi uno sguardo furtivo, ma tornando poi ad abbassarlo.
Entrambi avevano provato emozioni insolite e fortissime. Scariche elettriche vere e proprie.
Nessuno dei due sarebbe stato in grado di identificarle descrivendole a parole.
Sarebbe stato come sminuirle e renderle piccole e tristi, spente, in confronto alla luce e al colore che emanavano.
 
Harry si voltò a guardare l’orologio che aveva osservato appena entrato nella stanza.
Era passata una sola ora da quando aveva visto Louis per la prima volta. Era assurdo pensare che si fosse affezionato così tanto a una persona conosciuta da una sola, misera ora.
«Quanto ci metti di solito a fare un tatuaggio piccolo, tipo una scritta?»
«Un’oretta se è solo ad inchiostro nero».
«Allora, mi sa che devo andare» affermò il riccio titubante, e per qualche istante pensò di aver visto passare sul viso dell’altro un’ombra di tristezza.
«Cosa dici al tuo amico?» chiese allora lui, incuriosito ma triste.
«Nulla. Non gli faccio vedere il tatuaggio che non ho dicendogli che non mi va...?» rispose incerto.
La scusa non reggeva molto in piedi. Non ci avrebbe mai creduto.
«Nah, chi vuoi che ci caschi?» rise intenerito. «Qui ci vuole qualcosa di più credibile...»
Si comportava fingendosi tanto sicuro di sè, ma non aveva nessuna idea.
Si grattò la mascella con la mano piccola e bianca, spremendosi le meningi.
«Ci sono!» esclamò infine convinto. «Dirai al tuo amico che non ho finito di tatuarti perchè ti stavo facendo molto male e che non glielo farai vedere fino a che non sarà terminato...» sorrise, e il argentato scintillò colpito dalla luce del sole che ancora splendeva a quell’ora del giorno.
«Grandioso!» urlò compiaciuto Harry e saltellò diverse volte sul posto, con un sorriso che avrebbe fatto concorrenza a qualsiasi altro sulla faccia della terra. Si sentiva felice. Felice come non lo era mai stato fino ad allora. Felice dentro e fuori. In pace con se stesso e con gli altri.
 
«Vieni un attimo Haz» si stupì nuovamente della confidenza con cui gli parlava, ma si accorse del sorriso sincero e spontaneo che nell’istante in cui aveva parlato si era schiuso sulle labbra rosse, carnose ed estremamente invitanti di Harry. Avrebbero dovuto essere illegali, tra l’altro, delle labbra così sexy. Scacciò il pensiero senza bisogno che intervenisse la vocina irritante e abbassò lo sguardo dietro di lui, afferrando con la mano un paio di guanti, che subito si infilò, e poi lo strumento elettrico con cui faceva i tatuaggi.
«Anche Zayn, il mio amico, mi chiama così» ammise Harry con un altro sorriso.
 
Sentì un rumore metallico e ripetitivo e lo attribuì a qualche fenomeno esterno, magari proveniente da un’altra stanza. Si sentì afferrare per il braccio e si voltò di scatto, agitato. Vide la frangia di Louis, i suoi occhi azzurri, il suo sorriso perfetto, i suoi canini appuntiti, le sue braccia tatuate.
Voleva indiscutibilmente stringerlo a sè e non lasciarlo mai più.
 
«Non muoverti» disse questo, distraendolo dall’aura di perfezione che emanava.
Si chiese il perchè di quell’atteggiamento misterioso, ma sentiva di potersi fidare di lui, così si fermò, immobile, guardingo.
Pochi istanti dopo un bruciore inizialmente devastante gli percorse l’avambraccio destro. Voleva urlare, voleva dimenarsi, ma aveva deciso di fidarsi di Louis e l’avrebbe fatto. Così chiuse gli occhi e strinse i denti, mentre delle lacrime tese e impaurite gli scendevano dagli occhi arricciati per lo sforzo di non scappare via.
L’altro con una sicurezza mai dimostrata prima faceva scorrere l’aggeggio sulla pelle di Harry, e di tanto in tanto passava un fazzoletto sopra le linee sottili e nere che stava tracciando, per pulirle e rischiararle. Dopo pochi minuti in cui aveva sentito il braccio dell’altro contratto, come anche il suo viso, staccò lo stilo dalla sua pelle e lo sentì sospirare di sollievo.
Sperò con tutte le sue forze di non averlo fatto soffrire troppo, perché non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Interruppe il suono metallico e sospirò, incrociando mentalmente le dita e sfilandosi i guanti dopo aver passato per un’ultima volta il fazzolettino sporco di sangue sulla pelle dell’altro.
 
Harry aveva un’espressione strana sul volto, ma non sembrava triste.
Louis si sentiva in colpa, ma pensò che aveva fatto bene.
 
«Guarda» sussurrò al riccio avvicinandosi a lui.
Questo abbassò lentamente lo sguardo sul suo avambraccio e arricciò il naso quando scorse una zona della sua pelle terribilmente arrossata.
Si trattenne dall’urlare disgustato e si obbligò a guardare il frutto di quel forte dolore.
 
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Il suo cuore scoppiò, ma l’esplosione fu piacevole, tremendamente piacevole, quasi idilliaca.
 
«Non posso permettermi che tu stia male di nuovo» gli sussurrò piano, quasi silenziosamente, all’orecchio. «Chiamami. Chiamami se avrai bisogno, chiamami se non avrai bisogno, chiamami  oggi, o domani, chiamami per sempre. Se avrai bisogno di me io ci sarò. Se vorrai essere felice sorriderò. Se sarai solo sarò con te. Se vorrai sfogarti soccomberò. Urla il mio nome. Ti sentirò».
 
Accarezzò la guancia di Harry con una delicatezza e una forza che unite in un mix perfetto lo fecero rabbrividire.
La felicità profumava d’inchiostro e sangue.

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Nicchia dell'autrice sperduta nei feels:
OMG gente! Non vedevo l'ora di scrivere questo capitolo! Ho preso la penna (si fa per dire), va bene, ho inforcato la tastiera e ho preso a scrivere ascoltando la musica. Ho riletto un mucchio di volte e ho scritto di getto, senza premeditare la storia. Penso che farò sempre così, quindi non aspettatevi che sappia come proseguirà la storia muahaahah! Detto questo sono felicissima perchè fino ad ora ho ricevuto 111 visite in tre giorni! Non penso che sia chissà che risultato, ma sono felice! Che bello!
Volevo dedicare uno spazio ai ringraziamenti. Duuunque:
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Ringrazio le 111 persone che hanno visualizzato la storia, innanzitutto.

HarryLover_23 che ha recensito.

Flowers__Insecure_and_lost e Larry_Love4ever che l'hanno aggiunta fra le preferite.
Anklebitersil phard di biancaneveIlly1DKlaine_is_on_BitchesMSHTPthingsicant e __Thesky__ che l'hanno aggiunta fra le seguite.
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Ringrazio chiunque recensirà o aggiungerà alle varie cartelle e chiunque stia leggendo queste righe.
Inoltre se vi piace il genere mi farebbe piacere che leggeste la mia traduzione di Cheshire Chatroom.
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Mi piacerebbe ora aggiungere una piccola parte interattiva alla storia..
Per ogni capitolo che pubblicherò mi piacerebbe leggere dei consigli su qualcosa da inserire nel capitolo successivo. 
Mi farebbe piacere che ognuna di voi scrivesse qualcosa, e ogni volta deciderò la/le risposta/e migliore/i e le aggiungerò nel capitolo!
Potrebbe essere un oggetto, una parola, un pensiero, una citazione, una scena. Naturalmente valuterò anche quelle che si addicono di più al proseguimento della storia!

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Grazie ancora e alla prrossima cc:

P.S. Sì, lo so, nella storia ci sono un bel po' di punti leggermente in-credibili e surreali, forse. Non fustigatemi, vi prego, per questo!


  

Buon 2014!
 
 
 
 

 

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Capitolo 3
*** Dream? No, thanks! ***


 

«Non posso permettermi che tu stia male di nuovo» gli sussurrò piano, quasi silenziosamente, all’orecchio. «Chiamami. Chiamami se avrai bisogno, chiamami se non avrai bisogno, chiamami  oggi, o domani, chiamami per sempre. Se avrai bisogno di me io ci sarò. Se vorrai essere felice sorriderò. Se sarai solo sarò con te. Se vorrai sfogarti soccomberò. Urla il mio nome. Ti sentirò».
 
Accarezzò la guancia di Harry con una delicatezza e una forza che unite in un mix perfetto lo fecero rabbrividire.
La felicità profumava d’inchiostro e sangue.

 
***

Aprì gli occhi e il primo pensiero fu quello di essersi appena svegliato da un sogno fin troppo bello per essere capitato proprio a lui. Ricordava ogni particolare, nei minimi dettagli, di quel pomeriggio, fosse esso realtà o mera fantasia. Sentiva infuso nel suo corpo il profumo di benessere e felicità. In bocca aveva ancora il gusto di quella cioccolata calda che tanto gli ricordava i dialoghi con sua madre. Se prestava attenzione al silenzio poteva ancora scorgere in lontananza una voce dolce, quasi eterea. In fondo al buio della sua mente trovava ancora il riflesso di quegli occhi mostruosamente azzurri. Avrebbe potuto stare ore a fissarli, perchè ogni secondo passato non sarebbe mai stato come quello successivo, o quello precedente. Ma la cosa che più di tutte gli faceva tornare in mente le immagine vivide di quella misera ora passata insieme a Louis era un tenue bruciore al braccio.
Ma è solo suggestione, ci scommetto.
E invece non lo era.
Allora è tutto vero...
Era tutto fottutamente vero.
 
Strinse a sè le coperte diventate improvvisamente troppo fredde. Chiuse nuovamente gli occhi e il buio infinito che si sentiva dentro lo investì con una violenza stranamente meno invadente del solito, ma allo stesso tempo molto più pesante, in ogni suo atomo.
Continuava a sfregarsi gli occhi per non pensare a quanta voglia avesse di correre da Louis e abbracciarlo con una forza struggente ma infinitamente dolce, fregandosene di tutto il resto, del fatto che fosse notte, che non lo conoscesse e che forse lui non l’avrebbe voluto stretto a sè.
Allungò con insofferenza il braccio sinistro verso il comodino, tastando la sua superficie fino a trovare la sagoma del suo iPhone. Lo afferrò e controllò l’ora e il giorno. Come ogni volta che si svegliava nel sonno. Era una specie di routine più che utile per il mantenimento di un relativo ordine nel suo caos mentale. Si passò una mano fra i capelli ricci e confusi almeno quanto i suoi pensieri e sbuffò.
«Cazzo, è lunedì» borbottò infastidito. «Fottuta scuola» e tornò a dormire, abbandonando il cellulare fra le pieghe della coperta.
 
Louis era bellissimo. Quasi etereo, camminava verso di lui e sfiorava ogni centimetro del suo corpo con quei suoi occhi candidi e azzurri , da angelo. Lo vedeva lontano ma vicino, immerso in un’aura di fumo talvolta nero talvolta bianco. In realtà era fumo grigio che conteneva purezza e peccati, un velo cupo e luminoso. Attorno a Louis vorticava un vento paradossale.
 
“Non posso permettermi che tu stia male di nuovo” la sua voce era leggera e morbida, dolce come zucchero filato.
 
“Ciao” cosa significava una parola così semplice, accompagnata da sguardi sensibili e in disperata ricerca di amore?
 
“Oops” era un vetro a spaccarsi, ma mani graziose a curare le ferite.
 
“Urla il mio nome. Ti sentirò.” Davvero lo avrebbe fatto?
 
“Louis!” Un grido, una voce roca e scura, dolcezza infinita. Cielo e foresta che si scontrano immersi l’uno nell’altra senza possibilità di fare un passo indietro e tornare alla monotonia sconfinata della vita prima di quello sguardo. Occhi azzurri e verdi che senza tregua si fondono pur rimanendo immiscibili, in una danza misteriosamente sconosciuta a tutti se non a loro due, in quell’istante solo.
 
“Chiamami. Chiamami se avrai bisogno, chiamami se non avrai bisogno, chiamami oggi, o domani, chiamami per sempre. Se avrai bisogno di me io ci sarò. Se vorrai essere felice sorriderò. Se sarai solo sarò con te. Se vorrai sfogarti soccomberò. Urla il mio nome. Ti sentirò.” di nuovo la sua voce dolce. di nuovo un brivido sconosciuto che si faceva strada lungo la sua spina dorsale.
Di nuovo il sapore di amore in bocca. Di nuovo il sapore della cioccolata calda.
 
Parole impresse nella sua mente come indelebili.
Sussurri diventati urla implacabili.
 
Doveva essere così sentirsi a casa.

 
***

Poche ore dopo, precisamente neanche due, sentì lo scrosciare dell’acqua della doccia mattutina di Zayn e si svegliò, assonnato e di malumore. 
Quello era stato un sogno, ma non tutto il resto.
Louis era vero, e come lui il tatuaggio che aveva sul braccio. Ma le parole? Le parole che quell’angelo gli aveva detto erano vere, o no?
Tutta quella dolcezza era davvero dedicata a lui o stava solo dando i numeri?
Aveva un assoluto bisogno di una doccia gelida, e di Louis. Ma questo sarebbe rimasto in secondo piano, per il momento.
 
«Zayn per favore esci dal bagno» urlò senza rabbia, solo con un velo di trepidante esasperazione.
Erano le 6:30 circa. L’ora in cui ogni dannatissimo giorno di scuola si dovevano alzare per riuscire a far rientrare ogni azione che avrebbero compiuto nel tempo prestabilito. Era troppo presto, forse, o troppo tardi, a volte. Succedeva che Harry non avesse alcuna voglia di dormire. La scuola era ai suoi occhi una fottuta perdita di tempo. Non sempre la pensava così, ma aveva una mentalità del tutto incoerente e capitava che lo facesse.
In quel momento l’unica cosa che importava, comunque, era scaricarsi o immergersi nei pensieri della notte di dosso. Ovvero farsi la doccia.
 
Sentì dei passi pesanti poggiarsi di fronte a lui, al di là del muro, e la porta si aprì lentamente, quasi con stanchezza. «Dormito male?» chiese il ragazzo moro uscendo dal bagno con uno sbadiglio fradicio e lanciando un’occhiata quasi divertita ad Harry. Poi  alzò un attimo lo sguardo al soffitto e tornò a guardarlo. «O dovrei forse chiederti se hai sognato Louis?» e se ne andò senza lasciare al riccio il tempo di pensare ad un’eventuale risposta. Questo allora entrò in bagno richiudendosi con forza la porta alle spalle, accendendo la musica e lasciandosi scivolare sul pavimento.
La sua canzone preferita.
 
Sweet disposition
Never too soon
Oh, reckless abandon
Like no one's watching you
 
Gli tornarono alla mente tutte le immagini del pomeriggio del giorno prima. Era stato tutto veloce e bellissimo. Mai gli era capitato di sentire un sentimento così profondo per qualcuno che praticamente non conosceva. Quel che aveva provato sin da subito con Louis era diverso da tutto ciò che aveva mai provato. Non avrebbe saputo definirlo. Era come sentirsi nel posto giusto al momento giusto, o sentirsi a casa, o protetti da una mamma che ti ama, o stretti fra le braccia del nonno. Era meraviglioso e leggero. Al solo pensarci sentiva il suo stomaco contorcersi in una dolce morsa. Aveva voglia di rivedere Louis dal momento in cui aveva staccato il suo sguardo da quello dell’altro ragazzo. I ricordi continuavano a scorrergli veloci nella mante, come se non volessero arrendersi al tempo. Le parole che aveva detto Louis erano le più belle che gli avesse mai dedicato qualcuno. Si chiedeva perchè le avesse pronunciate con così tanta sicurezza e arrivò alla conclusione che magari stava scherzando, anche se nel suo sguardo ricordava perfettamente di aver notato una sicurezza tipica delle persone cristalline, quelle che dicono la verità.
 
A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, a laugh
A moment, a love
A dream, a laugh
 
Chiuse gli occhi e provò a ricordare anche la conversazione che aveva avuto con Zayn dopo essere uscito dallo studio. Alla fine gli aveva detto che non aveva avuto il coraggio per farsi tatuare, e lui sembrava averci creduto, ma Harry sapeva che il suo amico sapeva fingere davvero bene, e si teneva dentro tutto ciò che pensava, in quei casi. Di sicuro sospettava qualcosa.
In più aveva continuato a chiedergli cosa ne pensasse di Louis e ad ammiccare, e il riccio si era letteralmente stufato di starlo a sentire. Da ciò che diceva sembrava proprio che Zayn si fosse convinto che Louis sarebbe stato l’amore della sua vita (di Harry). Aveva pensato che di certo stesse scherzando, e aveva staccato la spina. Non gli aveva più risposto. Erano arrivati a casa e avevano mangiato davanti alla televisione, in silenzio, esclusi solo i commenti e le risatine di fronte ad alcuni programmi televisivi che sembrava fossero fatti per essere scimmiottati.
Poi erano andati entrambi a dormire. O così si erano detti l’un l’altro.
In verità Zayn era uscito di casa tardi ed era tornato verso le tre di notte. Fortunatamente non era ubriaco e si era cambiato abbastanza silenziosamente, per poi infilarsi nel suo letto. Harry aveva sentito tutto, perchè aveva dormito pochissimo e in quel poco tempo che era riuscito a farlo era stato tormentato da dolci sogni di Louis. Era stata una notte movimentata e diversa da tutte quelle precendenti. Non del tutto spiacevole, a dire il vero.
 
Si alzò da terra e si svestì velocemente, alzando ulteriormente il volume dello stereo. Aprì la doccia e si buttò senza pensarci due volte sotto il getto gelido dell’acqua.
Di solito faceva così: prima si contorceva dal freddo sotto l’acqua fredda per qualche secondo e poi, gradualmente, scaldava l’acqua fino a che non raggiungeva la temperatura giusta. Infine rimaneva a crogiolarsi nel tepore fino quasi a sciogliersi, insaponandosi lentamente tutto il corpo e i capelli ricci. Quando usciva dalla doccia il bagno era sempre un antro nebbioso e gli specchi erano tutti appannati, cosa che lo irritava a dismisura.
 
Nuovamente si perse nei suoi pensieri, e ancora vi trovò Louis. Sorrise. Non riusciva proprio a toglierselo dalla testa. Ruotò la maniglia della doccia inclinandola nel senso in cui sarebbe dovuta uscire l’acqua calda e attese che scendesse canticchiando le parole della canzone che rimbombava nel bagno. L’orologio segnava le sette. Chiuse le palpebre che avevano incominciato a sembrargli pesanti e tornò inevitabilmente ai suoi pensieri, in sottofondo il suono ovattato della musica.
 
Dopo un quarto d’ora abbondante passato ad amare il tepore della doccia Harry si decise ad uscire, avvolgendosi in un asciugamano enorme. I capelli solitamente ricci gli ricadevano sulla testa grondanti di acqua, ma nulla avrebbe potuto privarli del loro naturale disordine, di conseguenza avevano già iniziato ad arricciarsi senza una logica.
 
«Haz, io esco! Ci vediamo a scuola!» sentì urlare Zayn da fuori la porta. Aveva ancora le orecchie tappate dall’acqua e la musica alta aumentava ulteriormente la difficoltà, che già aveva, a sentire qualcosa. Intuì ciò che voleva dire e annuì, senza pensare che l’amico non avrebbe potuto accorgersene. Dopo pochi secondi sentì un tonfo attribuibile ad una porta che sbatteva e tirò un respiro di sollievo.
Era bello essere finalmente solo in casa.
Passò la mano affusolata sullo specchio per potersi vedere e cominciò a canticchiare guardando il suo riflesso che naturalmente gli rispondeva con le stesse identiche espressioni sul volto.
Erano le 7:35.
Non sarebbe andato a scuola.
 
***
Dopo un’ora passata a nullafare di qua e di là per la casa la sua attenzione fu attirata dal braccio destro, e da quella calligrafia infantile che vi svettava con timidezza, mostrando le sottili cifre di un numero di telefono. Non di un numero qualunque. Del suo numero. (In realtà mentre si vestiva subito dopo la doccia aveva cercato in tutti i modi di evitare la vista del braccio, temendo che nonostante tutto quei momenti con Louis fossero solo un sogno)
 
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Forse per chiarirsi meglio le idee e resettare la sua mente incasinata avrebbe dovuto guardare Louis negli occhi ancora una volta. Forse avrebbe dovuto stringerlo in quell’abbraccio che sognava da un tempo così misero da sembrargli infinito. Forse avrebbe dovuto accucciarsi fra le sue braccia e provare nuovamente quella situazione di legittimità e dolcezza.
 
Compose il numero con lentezza e fu colto da un’improvvisa indecisione sul da farsi. Se l’avesse chiamato come avrebbe reagito? Avrebbe risposto o in barba a tutto ciò che aveva detto lo avrebbe ignorato? Gli avrebbe forse dovuto mandare un messaggio? Sarebbe stato meglio?
Si convinse che scrivere un messaggio sarebbe stato fra tutte la soluzione più veloce e meno dolorosa, e così fece; senza risparmiarsi di buttare al vento una decina di minuti solo per decidere cosa scrivergli. Dopotutto non aveva un motivo preciso per cui lo stava facendo.
 
Ehi, ciao... ti andrebbe di fare colazione con me? Giusto per ripagarti della cioccolata di ieri... se non ti va dillo pure, non c’è problema... -Harry 
(Non so se ti ricordi di me, sono il ragazzo riccio di ieri...)
 
Alla fine scrisse così. E se ne pentì subito. Gli sembrava talmente stupido come messaggio!
Si torturò le mani per diversi secondi, minuti, ore, attimi che sembravano interminabili.
 
***
 
A diversi isolati di distanza un cellulare vibrò nella tasca dei jeans di un ragazzo dagli occhi azzurri.
Naturalmente era Louis. Fece fatica a sentirlo, anzi non lo sentì affatto, talmente era perso nei suoi pensieri. Pensava ininterrottamente da quando il ragazzo riccio era uscito da quello studio in cui anche allora si trovava. A che cosa pensasse di preciso, neanche lui lo sapeva. Era un misto di emozioni che andava dalla gioia allo sconforto, e nello stesso tempo ammoniva se stesso proprio perchè ci stava pensando. Cos’erano tutti quei brividi che gli provocava il ricordo di Harry?
Perchè gli aveva tatuato sul braccio il suo numero di telefono? Non aveva mai fatto cosa più stupida. Non gli era nemmeno passato per la mente il pensiero che l’altro avrebbe avuto per sempre il su numero inciso nella pelle chiara. Non aveva pensato a quanto quel gesto che all’apparenza gli era sembrato così innocente e dolce potesse essere un danno così enorme. E poi, perchè gli aveva sussurrato quelle parole? Di sicuro Harry l’aveva preso per un maniaco, e si era pentito di averlo conosciuto, ed era fuggito chissà dove, troppo lontano da lui per ritrovarlo.
La verità è che non sapeva la risposta a nessuna di quelle domande, ma l’unica cosa di cui era certo era quella di voler rivedere il riccio. Dentro di sè sentiva una strana inquietudine dovuta al fatto che non voleva che gli succedesse nulla. Si sentiva iperprotettivo nei suoi confronti, e l’unico modo per assicurarsi che stesse bene era stargli accanto. Ed effettivamente questa strategia coincideva perfettamente con quella necessaria a sentirsi bene, felice, a casa.
 
Ancora una volta la vibrazione del suo cellulare gli provocò un brivido lungo la gamba, ma diversamente dalle volte precedenti se ne accorse e finalmente lo sfilò dalla tasca in cui si trovava.
 
Numero sconosciutoEhi, ciao... ti andrebbe di fare colazione con me? Giusto per ripagarti della cioccolata di ieri... se non ti va dillo pure, non c’è problema... -Harry (Non so se ti ricordi di me, sono il ragazzo riccio di ieri...)
 
Il suo cuore perse decisamente un battito, o due, o tre, o quattro... giusto il tempo di tossire e ricomporsi, mantenendo un sorriso inebetito sulle labbra.
Come poteva non ricordarsi di lui? Come avrebbe potuto dimenticarsi di quegli occhi verdi, e di quell’imbarazzo che tendeva a colorargli le gote di un rosa pesca irresistibilmente tenero? Come avrebbe potuto lasciare che quelle fossette che incorniciavano il suo già di per sè meraviglioso sorriso venissero risucchiate nel vortice dell’oblio? Dio, amava le fossette.
Una fra le altre domande però brillava con fervore nella sua testa: perchè gli aveva scritto?
Evidentemente voleva sdebitarsi con lui per la cioccolata, o almeno così era scritto.
Ma perchè?
Fermò volutamente i suoi pensieri prima che tornassero a vorticargli quasi incoscientemente in testa e sospirò, cercando una degna risposta a quel messaggio. Aveva delle esigenze incredibilmente alte: innanzitutto dalle sue parole non doveva trasparire l’insaziabile voglia di vederlo e di abbracciarlo, non doveva essere troppo fredda, e infine non doveva sembrare troppo incerta.
 
***
Sbloccò l’iPhone con riluttanza.
Beh, per lo meno mi ha risposto...
 
Da 366 94***03 (si era dimenticato di salvarlo in rubrica): No no, figurati! Non c’è nessun problema, anzi, mi farebbe piacere (: Ma dove ci vediamo?
 
Si affrettò a rispondere, in un misto fra paura di farlo aspettare troppo e voglia di vederlo.
Dall’altra parte Louis attendeva con impazienza. Se non gli avesse più risposto? Forse quel che aveva scritto non andava bene. 
Anzi, che stupido che era stato, avrebbe dovuto pensare meglio e...
Lo schermo del suo cellulare si illuminò, seguito dall’espressione sul suo viso.
 
Da HarryPensavo a casa mia... se vuoi posso preparare dei pancake... l’ultima volta che li ho fatti mi erano venuti bene...
 
La prima cosa che il ragazzo dagli occhi azzurri aveva fatto era stata ridacchiare felice.
Harry invece era imbarazzato. Si era dimenticato del fatto che ovviamente Louis non sapeva dove abitasse, e aveva inviato un messaggio insulso. In più appena aveva ricevuto il messaggio dell’altro era rimasto spiazzato dalla faccina sorridente. Era davvero felice, o era solo una convenzione?
 
Da Louis (avrebbe voluto salvarlo con una faccina sorridente al fondo, ma gli sembrava troppo): Adoro i pancake. Non vedo l’ora di assaggiarli. Ma... dove abiti?
 
***

Dopo mezz’oretta sentì il citofono suonare e fece un balzo dal divano, alzandosi in piedi mentre il suo cuore era alla disperata ricerca di pace e tranquillità. Prima di aprire la porta si guardò allo specchio. I suoi capelli ormai erano asciutti, e si erano arruffati in modo confuso, come al solito. 
Fece una prova sorriso e una prova smorfia, poi inaspettatamente corse in camera sua e si incastrò fra i capelli una corona di fiori rosa, la sua preferita.
Nuovamente il citofono suonò e corse affannosamente alla porta, senza evitarsi di guardare il suo riflesso nello specchio un’ultima volta. 
Finalmente appoggiò la mano sulla maniglia e la inclinò in modo che la porta si aprisse.
 
La prima cosa che notò furono ovviamente i suoi occhi. E non solo li notò, ma li perforò, del tutto. Vi si immerse dentro, pensando di non volersi mai più allontanare da quel mare, da quel cielo, da quella pace, da quel rifugio. Sfortunatamente fu ‘costretto’ a distogliere lo sguardo dalla necessità di osservarlo in ogni suo atomo. Gli sembrava risplendesse sotto la luce del sole. Ma non in stile Edward Cullen, in modo quasi etereo. In confronto il vampiro sarebbe sembrato un’accecante sardina appena pescata. Scacciò l’astruso pensiero con un sorriso confuso.
 
«Louis!» esclamò con fin troppo entusiasmo. Abbassò gli occhi.
«Pensavo che la mamma ti avesse insegnato ad aprire la porta di casa solo dopo aver chiesto chi è» rispose questo rivolgendogli un sorriso tenero e accarezzandogli i capelli ricci con una mano. «Potrei  essere il lupo cattivo» concluse con un ghigno.
 
Ma Harry dentro a quegli occhi e dietro a quel sorriso vide solo dolcezza.


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Volevo scusarmi TANTO con voi perchè sto aggiornando solo adesso, ma ho avuto seriamente un po' di casini e problemi e la bozza del capitolo è rimasta inconclusa per settimane, ma oggi ho preso in mano la mia buona volontà e la mia voglia di fluff e l'ho scritta! Yeah!
Inoltre dovrei essere riuscita a mettere un banner alla storia, se non lo vedete vuol dire che sono impedita yeah(x2) E mi farebbe piacere che mi diceste cosa e pensate perchè sono un po' inesperta ha. Che dolci Lou ed Haz comunque :3
Questo capitolo è una specie di capitolo di passaggio, un po' introspettivo e si concentra di più sui pensieri singoli dei personaggio, soprattutto quelli di Harreh C: Spero che vi sia piaciuto e mi scuso con _Swaag_ perchè non sono riuscita a inserire il suo suggerimento. Ma lo inserirò nell'arco dei prossimi capitoli.
Ringrazio come al solito chiunque faccia qualsiasi cosa e mi farebbero molto piacere delle recensioncine (anche ine ine).
Ringrazio tutte le persone che hanno visualizzato i capitoli precedenti e chi visualizzerà (leggerà) questo. Ringrazio millemila volte chi ha inserito la storia fra le preferite, le seguite o le ricordate. 
Grazie C:
Detto questo è da ore che scrivo e tra l'altro mio padre vuole che dorma, quindi sciau belle (?).
Gngngn.. recensite se vi va :')


 

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Capitolo 4
*** Like snow on Christmas ***



«Louis!» esclamò con fin troppo entusiasmo. Abbassò gli occhi.
«Pensavo che la mamma ti avesse insegnato ad aprire la porta di casa solo dopo aver chiesto chi è» rispose questo rivolgendogli un sorriso tenero e accarezzandogli i capelli ricci con una mano. «Potrei essere il lupo cattivo» concluse con un ghigno.
 
Ma Harry dentro a quegli occhi e dietro a quel sorriso vide solo dolcezza.

 
***
 
Louis guardò in fondo agli occhi verdi di Harry. Fosse stato per lui, per la sua parte incosciente, l’avrebbe abbracciato in quello stesso istante. Ma (s)fortunatamente metà di lui era ancora in grado di pensare in modo razionale, e aveva realizzato che abbracciarlo sarebbe stato insensato, totalmente insensato. Non bisogna sempre sempre seguire il cuore, vero?, pensò.
 
«Più che altro pensavo che la mamma ti avesse insegnato a non tagliare! Lo fanno solo i bambini cattivi» riprese il discorso, sorridendo scherzosamente. Che poi non era normale essere completamente immerso negli occhi di un bellissimo ragazzo e rimanere lucido e in grado di portare avanti un discorso allo stesso tempo.
«E chi ti assicura che io non sia un bambino cattivo?» replicò il riccio stando al gioco.
Anche lui stava lottando per non saltargli al collo e abbracciarlo in una morsa quasi letale.
Anche lui evidentemente non era normale, tenendo conto che ci stava riuscendo.
Louis gli sorrise. Ancora una volta.
«Con quelle fossette e quella coroncina di fiori? Nah» abbassò lo sguardo, imbarazzato.
 
E quegli occhi meravigliosi, e quelle labbra rosse, e quel sorriso.
 
Scacciò il pensiero sbuffando a bassa voce.
«La mamma non ti ha insegnato che l’apparenza inganna, Lou?» rispose con energia Harry.
La miglior difesa era l’attacco, no? Tornò ad abbassare lo sguardo dopo essersi conto di aver usato un soprannome nel chiamarlo. Non che fosse qualcosa di spregevole, però non entrava mai in confidenza con le persone, non così in fretta. Per lui ogni istante vissuto con una persona era fondamentale, e non era mai stato una di quelle persone che bruciano le tappe, pensando già a raggiungere i loro obbiettivi. Arrossì troppo vistosamente e attese un'ulteriore risposta da Louis, la quale non tardò ad arrivare.
 
«Hm, ma allora visto che tu sei un bambino cattivo e io un lupo cattivo, il problema è risolto, non credi? Io mangio solo i bambini buoni. E a quanto pare tu non ne fai parte, hn?» ridacchiò Louis entrando dentro casa, e tirandosi la porta alle spalle, facendola sbattere.
«Il tuo discorso non fa una piega» borbottò il riccio esibendosi inconsciamente in un’espressione corrucciata. «Ma quindi hai appena ammesso di essere davvero un lupo cattivo!»
«L’ho fatto perchè hai detto che eri un bambino cattivo!»
«Quindi non sei un lupo cattivo!?»
«Tu sei cattivo?».
«Se ti dicessi di no mi mangeresti, vero?»
«I lupi cattivi non mangiano i ragazzi bellissimi» si lasciò scappare Louis, e volle quasi strapparsi la bocca per l’imbarazzo quando se ne rese conto. Che razza di scemo.
Mentre attendeva un qualsiasi segno di vita da parte di Harry si torturava le mani nervosamente. Magari l’avrebbe preso davvero per un maniaco e l’avrebbe sbattuto fuori di casa. Sapeva in fondo che non sarebbe stato così, ma se aveva un asso nella manica era proprio quello di crearsi film mentali assurdamente patetici e improbabili, che però nella sua mente, mentre li formulava erano credibili e reali come le pozzanghere nei giorni di pioggia.
 
A pochi passi di distanza da lui Harry era rimasto immobile, assolutamente immobile, nell’immenso sforzo di arrestare quell’altrettanto immenso sorriso che sarebbe altrimenti nato spontaneo sulle sue labbra. Come avrebbe reagito una persona normale?
 
Come devo reagire, per l’amor di dio!?
 
Decise che la neutralità e l’ironia sarebbero state la tattica giusta e, prendendo un enorme e silenzioso respiro, rispose.
 
«E tu come faresti a saperlo?» ghignò. Era riuscito a focalizzare l’attenzione su un altro punto del discorso.
 
Louis, osservando l’evidente imbarazzo di Harry si intenerì. Era anche vero che probabilmente anche lui era nella stessa situazione, ma per sua fortuna avevano oltrepassato lo specchio e si sarebbe evitato l’orrenda visione della sua faccia banalmente ridotta ad un peperone.
Perchè, anche se non era solito arrossire, si sentiva le guance in fiamme e guardare il viso di Harry era, in fondo, quasi come vedersi allo specchio. Anzi, forse l’altro era messo peggio di lui.
 
Non si sarebbe perso, comunque, l’occasione di far arrossire ancora una volta il riccio.
Alcuni momenti bisognava viverli fino in fondo.
 
«Altrimenti ti avrei mangiato...» gli si avvicinò e gli arruffò i capelli, prestando attenzione ai movimenti indecisi delle sue labbra. Non poteva sapere però che quelle stesse labbra erano insicure proprio a causa di quei suoi gesti spontanei. Non poteva sapere che quelle stesse labbra avrebbero voluto posarsi sulle sue. Non poteva sapere che tra quella opzione e il cambiare discorso, a malincuore avevano scelto la seconda. O meglio: il fatto che Harry avesse scelto di cambiare discorso lo aveva scoperto molto presto.
 
«Beh, i pancake si freddano!»
 
Quanta poca classe nel cambiare discorso, Harry, dovresti migliorare.
 
Louis aggrottò le sopracciglia, confuso. «Ah, perchè, li hai già preparati?»
Il riccio si portò la mano dietro la testa e sorrise vagando nella confusione più totale «No, ma-»
«Harry, stai bene?» gli appoggiò la mano sulla fronte. «Stai delirando!»
«No... cioè... avevo praticamente messo la pasta per i pancake in frigo e se non ci sbrighiamo si fredda... come dire... troppo...» rise, e pensò di lasciarsi andare.
Perchè poi fosse così teso, questo sarebbe rimasto un mistero, almeno per la parte cosciente di lui.
«Ah, ecco» replicò poco convinto Louis, che si stava divertendo come non faceva da molto tempo. «Allora ci conviene toglierli dal frigo, hai proprio ragione» lo prese in giro, ridendo sommessamente sotto i baffi che naturalmente non aveva.
 
Si sedettero al piccolo tavolo della cucina e Louis si guardò intorno, cercando di cogliere ogni piccola sfumatura di quel luogo. Dal suo modo di apparire novantanove persone su cento avrebbero messo la mano sul fuoco che fosse una persona superficiale. La verità era che novantanove persone su cento si sarebbero sbagliate se l’avessero anche solo pensato. Louis odiava il fatto di venire giudicato per sciocchezze di quel genere, ma era arrivato alla conclusione che se l’era cercata e che probabilmente si sopravvalutava ritenendosi molto riflessivo e talvolta introverso.
L’appartamento era relativamente grande, ma era comprensibile visto che erano almeno in due ad affittarlo. Al muro era appoggiato un pianoforte nero e lucido, lasciato aperto probabilmente tutta la notte. Faceva piuttosto freddo dentro la casa, ma dal bagno usciva un tepore tipico delle docce calde. Era piacevole e rilassante starsene lì, seduto sulla sedia ad osservare Harry preparare i pancake. I suoi occhi seguivano i movimenti dell’altro in ogni più piccolo dettaglio, cercavano di carpirne i segreti più espliciti, provavano a conoscere senza chiedere.
Si ritrovò a pensare a quanto adorasse il suo modo di camminare, il quieto rimbalzare dei suoi capelli ricci, le sue mani grandi e agili, le sue labbra rosse e all’apparenza morbide. Non è che si rendesse davvero conto di ciò che stava pensando, era semplicemente accasciato sulla sedia e tamburellava quasi nervosamente le dita sul tavolo di legno. E ovviamente guardava Harry.
 
Cos’altro dovrei guardare? C’è solo lui.
 
Il riccio nel frattempo aveva finito di preparare i pancake e li aveva appoggiati ancora fumanti davanti a Louis. Continuava a sentirsi in imbarazzo perchè si era accorto che Louis non aveva smesso di guardarlo per un solo istante in quei dieci minuti. Non sapeva cosa pensare. Da una parte era felice dei suoi sguardi, perchè lo facevano sentire speciale, o perlomeno apprezzato, a casa. Dall’altra si sentiva estremamente vulnerabile  e indifeso perchè praticamente non lo conosceva neanche. Eppure per qualche strano motivo era già entrato in confidenza con lui perfino più che con Zayn o Liam, che conosceva da parecchio tempo. La storia era semplice ai suoi occhi: dal primo momento che gli aveva parlato aveva capito che Louis sarebbe stato un pezzo di puzzle importante nella sua vita. Il ruolo che avrebbe avuto non era poi così importante, sarebbe bastato averlo accanto. Era come quando per la prima volta un cucciolo d’anatra vede la madre. Istintivamente la segue. Era stato così per Harry. Gli scienziati chiamavano quel fenomeno ‘imprinting’, ed era sempre stata una questione che in qualche modo aveva affascinato il riccio. Così si ritrovava seduto al tavolino di fronte a Louis a mangiare i pancake – che erano venuti piuttosto buoni – e a pensare se fosse effettivamente possibile avere un imprinting a diciassette anni.
I suoi pensieri furono dolcemente interrotti dalla voce angelica di Louis.
Era una delle poche volte nella sua vita che non aveva sentito il brutale desiderio di distruggere la vita alla persona che aveva spezzato il flusso dei suoi pensieri.
 
Positivo.
 
«Ti fa male il braccio?»
Harry corrugò la fronte. «Perchè dovrebbe?» poi si ricordò del tatuaggio.
L’altro gli sorrise e prese a parlare piuttosto velocemente. «Per il tatuaggio, intendo. Volevo solo scusarmi con te perchè è stata una cosa piuttosto stup-»
 
«Shh. Va bene, sono felice così» disse masticando un pezzo di pancake e sentendosi invaso dal gusto denso e dolce dello sciroppo d’acero. Era vero. Il bruciore al braccio era passato in secondo piano da quando la sua mente era stata assediata dai pensieri su Louis. Ma di questo Harry non si rendeva davvero conto.
 
Louis era arrossito, non potendo propriamente farne a meno e aveva continuato a sorridere, come scaldato da un sole molto, molto più bello del solito.
Il pensiero di aver potuto anche solo fare involontariamente un torto ad Harry, o costringerlo a fare qualcosa lo assillava continuamente, però. E quella sensazione non si era fermata neanche davanti alle parole rassicuranti del riccio. La sua azione era stata causata da un improvviso slancio di pura follia creativa. Ogni tanto gli capitava di agire solo seguendo l’istinto, ma quella non era esattamente una questione su cui scherzare. Anzi, quella sua caratteristica a volte lo spingeva a reagire in modo eccessivo a provocazioni o a fare cose che da sobrio (il suo istinto praticamente lo drogava) non avrebbe mai fatto. La cretinata più colossale che aveva fatto era stata lanciare un coltello verso uno sconosciuto che l’aveva istigato fino all’esasperazione. Fortunatamente la scena era finita nel migliore dei modi. Non era neanche stata chiamata la polizia.
 
«Perchè sei felice?» si affrettò a chiedere, accorgendosi dell’improvviso silenzio che le sue riflessioni avevano causato.
«Se non mi avessi scritto il tuo numero sul braccio non avrei potuto scoprire che i lupi sono piuttosto schizzinosi in quanto a ragazzi» rise semplicemente.
«Hm, solo per questo?» finse di rabbuiarsi Louis, e spostò lo sguardo alle spalle di Harry.
«No» si limitò a sussurrare, scuotendo la testa.
«Cos’altro?» sussurrò l’altro in risposta, godendosi il sincero imbarazzo di Harry.
«Hm... è che... è che sono felice di... che tu... insomma-» chiunque conoscesse il riccio avrebbe saputo dire che quando era imbarazzato era in grado di fare qualsiasi cosa, ma non di articolare un discorso. E in quel momento dire che era imbarazzato era una sorta di eufemismo, perchè non esisteva una parola che fosse del tutto coerente e inerente a come si sentiva. Gli tremava la voce, le ciglia vibravano a ogni suo respiro e non sapeva se ridere, piangere o abbracciare Louis. Il risultato era che si sentiva instabile e gli mancava l’aria, dal momento che non riusciva a sfogarsi in nessun modo.
Ma con Louis pensava che la sincerità sarebbe stata la soluzione migliore.
L’aveva già pensato e avrebbe continuato a ripeterselo in mente: con lui si sentiva a casa, ed essendo la casa un luogo in cui si poteva essere ciò che si era davvero, di conseguenza e per sillogismo, con Louis poteva (e voleva) essere se stesso.

Doveva finire quella stramaledetta frase che aveva lasciato in sospeso, perchè il suo cuore batteva a mille e i meravigliosi occhi di Louis lo guardavano con dolcezza infinita. «Sono felice che tu sia qui... con me. Che siamo...» gli sorrise per farsi coraggio «..insieme».
 
Avrebbe voluto alzarsi dal tavolo e correre tra le braccia di Louis, perchè era talmente vicino a lui da poter notare ogni sua più piccola perfezione ma talmente lontano da non potergli dimostrare quanto già tenesse a lui, quasi non conoscendolo.
Era stata un’emozione come mai nessun’altra. Aveva potuto osservare le labbra sottili di Louis che come un Climax, a ogni sua parola si curvavano sempre di più verso l’alto, mostrando sempre di più i suoi denti, e i suoi canini appuntiti, aveva potuto notare gli occhi di Louis, sempre più azzurri, sempre più belli, e la sua pelle arricciarsi intorno a loro, donandogli un’aria quasi mistica.
Sì, era stata un’emozione come mai nessun’altra avere Louis lì, di fronte a sè.
 
***
 
E finalmente quel gesto tanto atteso, quel gesto tanto inconsciamente voluto da entrambi, quel gesto che non aspettava altro che essere compiuto. Quel gesto così giusto.

Louis si alzò con dolcezza, e mosse qualche passo verso Harry, un Harry con lo sguardo basso, che si torturava le mani e si mordeva il labbro. Il solito bellissimo Harry.
Si avvicinò sempre di più, fino a trovarselo di fronte.
 
Posso davvero volerti così bene?
 
Si abbassò verso di lui e questo alzò la testa, giusto in tempo per accorgersi di quello che stava accadendo. Un paio di occhi immensamente profondi e timidi ne incontrarono uno in cui gli occhi erano allo stesso modo sinceri e spropositatamente azzurri. Quegli occhi si sorridevano e si parlavano come in quel momento non sarebbero riusciti a fare in altro modo.
Louis allargò le braccia e continuando ad abbassarsi le stinse intorno al collo di Harry con una forza estremamente dolce, una forza che sarebbe stata in grado di distruggere ogni cosa, ma che aveva deciso di donarsi all’altro ragazzo, per farlo stare bene. Come fosse stato l’unico modo per stare bene, quello di vedere Harry felice, e al sicuro.
Subito sentì anche le braccia del riccio stringerglisi addosso, e ritrovò in loro lo stesso identico desiderio di amore che lui aveva accuratamente nascosto nelle sue.
Se a qualcuno fosse mai capitato di vedere una scena come quella sarebbe di sicuro scoppiato a piangere. Ma non quel genere di lacrime che ti struggono dentro, anzi, quelle che ti fanno sentire felice e immensamente grato al sole di splendere.
Continuarono a stringersi per secondi, secondi interminabili, minuti, minuti lunghissimi, minuti che non finivano più, perchè erano loro stessi a non volere che finissero, minuti interi semplicemente passati a respirare i rispettivi desideri, i rispettivi sogni, le rispettive emozioni.
Nessuno mai aveva saputo cogliere una sfumatura così felice e luminosa nel mondo come stavano facendo loro in quel momento, l’uno nelle braccia dell’altro, senza secondi fini, senza pensare al futuro, senza pensare al passato, senza rimorsi e senza tristezze.
Erano un riassunto di pura vita, erano un concentrato di pura felicità, erano come la neve a Natale.
E lo erano insieme.
 
 
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Angolo dell’autrice
Hello everybody! Come state?
Mi devo scusare per l’ennesima volta, lo so, sono davvero lentissima ad aggiornare, ma cerco in tutti i modi di scrivere sempre dei capitoli belli. Ci provo eh.
Poi se mi riescono questo dovete dirmelo voi, ma ci metto sempre tanto impegno.
Ma ciancio alle bande (?).
Non voglio scrivere il solito poemone.
E come avrete capito questo era una specie di filler. Cioè, wait, no.
Era un capitolo che non aggiungeva davvero qualcosa alla trama, era solo fluff e mi piaceva l’idea di inserirlo così, da solo e autonomo. Penso che nel prossimo capitolo ci sarà ancora una parte in cui Loueh è a cassa del nostro Hazza, ma poi la trama diciamo che prenderà (mi auguro) il lancio C:
E inizierò anche a seguire i consigli che mi avete scritto, anche se sono difficili da inserire! :/
Beh, che dire, vi è piaciuto il capitolo?
Io sono davvero davvero grata a tutti voi perchè un sacco di persone hanno aggiunto questa storia tra le seguite, le preferite e le ricordate e non sapete quanto questa cosa mi renda felice! Aw, siete tutte così gentili! C:
E poi, ehi, Believe in a bullshit, LeMee, writeforlarry e Larry_is_true_love hanno recensito il capitolo precedente e sono davvero strafelice.
Detto questo, ho cambiato il banner perchè mi andava di farlo (v.v) e aaah sento aria di cambiamento. Che ne pensate anche di lui?
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Se vi può interessare ho scritto/tradotto anche altre ff.
Cheshire Chatroom (Long tradotta)

e
Big Parade (One Shot tradotta)

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Vi ringrazio ancora una volta e boh.. recensite se vi va!

 
 

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Capitolo 5
*** Burn it down ***



Continuarono a stringersi per secondi, secondi interminabili, minuti, minuti lunghissimi, minuti che non finivano più, perchè erano loro stessi a non volere che finissero, minuti interi semplicemente passati a respirare i rispettivi desideri, i rispettivi sogni, le rispettive emozioni.
Nessuno mai aveva saputo cogliere una sfumatura così felice e luminosa nel mondo come stavano facendo loro in quel momento, l’uno nelle braccia dell’altro, senza secondi fini, senza pensare al futuro, senza pensare al passato, senza rimorsi e senza tristezze.
Erano un riassunto di pura vita, erano un concentrato di pura felicità, erano come la neve a Natale.
E lo erano insieme.

 
***
 
«Lou...» sussurrò Harry nell’orecchio dell’altro, timoroso di distruggere con quella parola tutta l’intimità che si era creata fra di loro.
 
«Che c’è H?» chiese semplicemente, continuano a tenerlo stretto. Aveva ignorato le scosse che gli avevano provocato le vibrazioni dolci della voce di Harry nel suo orecchio. Le aveva ignorate perchè non se ne capacitava. Da quando aveva visto Harry per la prima volta aveva cercato di ignorare i brividi che lo percorrevano ogni volta che anche solo pensava a lui. Era la prima volta che gli capitava una cosa di quel genere e ne era spaventato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva cosa pensare, così non si aspettava niente e non pensava a niente, così semplicemente viveva e si lasciava vivere da ciò che lo circondava, così si rifugiava esclusivamente nel presente, o ci provava, forse con scarsi risultati.
 
«Non lo so... volevo solo... solo... mi piace il tuo nome» rispose arricciando il naso, e Louis sorrise arrossendo invisibilmente.
 
Harry si allontanò leggermente dal corpo dell’amico, pensando che definirlo amico fosse sbagliato, perchè non erano amici, ma non erano neanche sconosciuti. Sarebbe stato bello coniare un nuovo termine che descrivesse esclusivamente loro due, così avrebbero potuto usarlo sempre, senza bisogno di fraintendimenti o giri di parole.
 
Si allontanò da Louis per vedere il suo viso sottile, le sue labbra snelle da cui quando parlava proveniva una voce quasi angelica, i suoi occhi inconfondibilmente blu e i suoi capelli disordinati e corti. Si allontanò da lui quel poco che gli sarebbe bastato per poter scorgere ogni suo tratto.
Harry amava i particolari. Li amava perchè secondo lui era grazie a quelli che le persone erano speciali. Che fossero particolari del carattere, o dell’aspetto, a lui non importava. Ma il dato di fatto era che ognuno si distinguesse dalla massa degli altri proprio attraverso quei particolari. Ciò rendeva ognuno inimitabile, unico, irripetibile, ed era infatti sbagliato, secondo lui, dire ‘la massa’, in quanto ne facevano parte persone tutte diverse, e mai accomunabili o sintetizzate in un concetto così approssimativo.
Conosceva alla perfezione i tratti delle persone che lo circondavano e soprattutto di quelle che voleva che lo circondassero, perchè almeno una volta cercava di scorgerli da vicino e immagazzinarli nella mente.
 
Louis fremette sentendo il corpo dell’altro iniziare a muoversi. Temeva di essere stato avventato.
Ma il suo cuore, se così si può dire, si paralizzò quando il riccio si fermò a pochi centimetri di distanza dal suo viso. Quali erano le sue intenzioni?
Si sentì un po’ in imbarazzo a formulare quel pensiero perchè la domanda portava a galla altri pensieri e Louis quei pensieri non li voleva fare.
Nel suo inconscio pensò che avrebbe voluto annullare quella distanza fra le loro labbra, che sarebbe stato bellissimo farlo, che l’avrebbe fatto con dolcezza. Ma già la sua mente lo ammoniva. Harry era più piccolo di lui, e non era corretto approfittare dei suoi gesti e forse delle sue debolezze per donarsi un po’ di felicità. Era un pensiero egoista, e se l’avesse assecondato l’altro ragazzo probabilmente si sarebbe chiuso nel suo guscio e non gli avrebbe più rivolto una parola.
Lui le vedeva le sue incertezze. O meglio: riusciva a percepire che esistevano, e questo gli bastava per volerle placare, annullare. Semplicemente voleva che Harry fosse felice e baciarlo non sarebbe stato il modo adatto per far sì che il suo desiderio si avverasse. Forse.
Così attese che qualcosa avvenisse, alzando lo sguardo e immergendosi negli occhi verdi del riccio.
Sarebbe stato comunque un passatempo fantastico.
 
«Sei tremendamente bello, Lou» sussurrò a malapena Harry.
Naturalmente si pentì all’istante di quelle parole insensate e avventate.
Sì, era un ragazzo sincero e gli piaceva questa sua caratteristica in fondo.
Sì, pensava veramente quello che aveva detto.
Sì, era anche molto stupido.
Si accorgeva sempre di aver seguito l’istinto quando non avrebbe dovuto e di non averlo fatto quando avrebbe dovuto. Era un controsenso vivente. Era come quel momento che da tutti viene chiamato sbagliato. Harry Styles si riteneva sempre sbagliato, ma continuava a vivere sperando, un giorno, di poter essere considerato giusto o meraviglioso da qualcuno. «Se scoprissi oggi di saper disegnare, la prima cosa che ritrarrei saresti tu» affermò, nella speranza di attenuare le parole di prima.
 
Louis rabbrividì per qualche motivo ignoto perfino a lui stesso; per qualche motivo che però, al di là delle apparenze, non aveva nulla a che vedere con il freddo.
 
E ora? Cosa gli rispondo?
Che lui invece non solo è bello, ma addirittura meraviglioso?
Che vorrei che fosse mio?
Che vorrei poterlo vedere solo io per paura che qualcun altro possa volerlo, ma che allo stesso tempo vorrei che lo potessero ammirare tutti perchè renderebbe la vita di ognuno più brillante?
Che vorrei baciarlo?

 
«Harry» cominciò Louis con la voce tremante, accarezzandogli una guancia con la mano. «Tu invece sei.. meraviglioso. Mi fai venire voglia di sorridere, perchè... perchè sei come... perchè anche se non ti conosco molto, anche se non mi conosci molto... insomma... mi sento felice... e-»
 
Old yellow bricks,
Love's a risk,
Quite the little Escapoligist
Looked so miffed,
When you wished,
For a thousand places better than this.
 
Fu interrotto da una voce che conosceva molto bene, attribuibile a quella del cantante degli Arctic Monkeys, e non seppe subito riconoscere che si trattava della suoneria del suo cellulare e non di una sorta di musica d’enfasi creata apposta per accompagnare quel momento di tensione imbarazzata.
 
 
Si trattenne dallo sbattere un pugno sul tavolo, limitandosi a stringere con forza le sue mani a pugno e ad alzarsi di scatto, abbandonando lì Harry, che lo guardava in un’espressione indecifrabile, simile ad un mix assurdo tra ironia, rabbia, comprensione e... felicità? Beh, gli brillavano gli occhi.
 
«Che cazzo vuoi?» rispose Louis dopo aver letto sullo schermo il nome di Niall.
«‘Nchia Lou, abbassa i toni» parlò indispettito il biondo, dall’altro capo del telefono.
«Beh?»
«Volevo solo sapere dove fossi. Ci sono dei clienti e non ce la faccio a tatuarli tutti da solo».
 Louis sbuffò, e se fosse stato possibile dalle sue narici sarebbero usciti turbini di fumo nero, come capitava ai draghi nei cartoni che vedeva da bambino, o che guardava quando faceva compagnia alle sue sorelline. «Merda, mi ero scordato, 'fanculo» pestò il piede a terra, dimenticandosi forse per qualche istante della presenza di Harry, che lo osservava esterrefatto, con un enorme sorriso stampato sulle labbra.
 
«Senti, che vuoi che ti dica?» disse con voce calma l’altro. Si fermò per qualche istante a pensare e poi riprese, in tono canzonatorio. «Puoi portare Harry con te, se non vuoi lasciarlo solo... o se ho interrotto qualcosa...» rise.
 
Louis arrossì di colpo, sotto gli occhi indagatori di Harry, che si fecero, se possibile, ancora più luminosi.
Si chiese come diavolo avesse fatto a sapere che era con Harry, ma decise di risparmiare fiato e sbuffò semplicemente. Amava Niall anche per quello. Era una specie di investigatore, quando si trattava di capire come si sentiva e cosa stava facendo. Tutti, compreso lui stesso, lo accusavano di essere uno zuccone, di essere stupido, o di non capire nulla, ma la verità era che aveva un’intelligenza fuori dal comune. Aveva la grandissima capacità di osservare i particolari e di dedurne delle situazioni. Nel suo piccolo era una specie di Sherlock Holmes.
Anche irritante come lui, a volte. Anzi, molto spesso.
Ma rimaneva sempre il solito e vecchio Niall. Louis non avrebbe proprio saputo farne a meno.
E non l’avrebbe rimpiazzato con nessun altro per niente al mondo.
Naturalmente non l’avrebbe mai e poi mai ammesso.
Già faceva fatica ad ammetterlo a se stesso.
 
«Fanculo Horan» mormorò infine, e gli chiuse il telefono in faccia.
 
***
 
«Beh Harry, vuoi venire anche tu?» chiese tornando ad indossare un tono di voce tollerabile, addirittura dolce.
 
Il riccio cominciò a ridere tenendosi la pancia, e Louis lo guardò stranito, cercando di mantenere una facciata seria, senza nessun tipo di successo.
La cosa che più di tutte lo rendeva felice era che Harry sembrasse davvero risplendere, e nella sua vita monotona Louis aveva davvero bisogno di una luce così brillante.
 
«Perchè ridi poi?» disse ironicamente, afferrando il suo giubbotto blu, che aveva posato sul dorso della sedia quando si era seduto per fare colazione.
«E’ che... beh... è che hai cambiato davvero repentinamente il tuo tono di voce... e beh, mi faceva ridere...» rispose abbassando lo sguardo e alzandosi in piedi, indeciso sul da farsi.
Avrebbe dovuto andare con lui o no?
Avrebbe dovuto continuare a combattere contro quel senso di imbarazzo che provava in compagnia di Louis? Perchè se da un certo punto di vista si sentiva esitante e imbarazzato, dall’altro aveva finalmente scoperto che Louis sarebbe stata una delle poche persone con cui poter essere davvero se stesso. Era una situazione piuttosto complicata. E basta sapere che già la mente di Harry era incasinata di suo, per poter comprende a fondo come si sentisse immerso nel caos più totale in quel momento. Harry era una di quelle persone che in certi momenti avrebbe proprio avuto bisogno di una persona che prendesse delle decisioni per lui. Ma, ovviamente, non avrebbe davvero avuto nessun senso.
 
E poi, era ancora stordito per le parole che gli aveva rivolto Louis prima della chiamata di Niall.
Stava scherzando?
Si era sentito scoppiare di felicità e di imbarazzo. Nessuno gli aveva mai detto parole come quelle. Non che fossero chissà che paroloni, anzi, erano semplici i concetti che aveva espresso, ma era proprio quella loro caratteristica che li rendeva speciali. Ciò che gli aveva detto era vero per Louis, Harry l’aveva capito guardandolo in quei suoi occhi maledettamente profondi e azzurri, lui che era sempre stato affascinato dai dettagli, lui che era sempre riuscito a scrutare a fondo le persone, lui che osservava tutti e che fino a quel momento non era mai stato osservato da nessuno, se non da occhi accusatori e sguardi disgustati o compassionevoli, lui che desiderava di poter avere tante persone intorno, ma che non era desiderato da nessuno, a parte due o tre.
Harry aveva davvero visto la sincerità al fondo di quei pozzi blu in cui si sarebbe subito buttato.
 
Pochi istanti prima che Louis gli dicesse che era meraviglioso, aveva pensato che nessuno lo aveva mai fatto, ma che avrebbe tanto voluto che qualcuno lo facesse.
E poi l’altro gli aveva accarezzato la guancia con talmente tanta dolcezza da riuscire quasi a distruggerlo in minuscoli frammenti di vetro. Harry si era sentito estremamente fragile di fronte a quel contatto, perchè sentiva di essersi esposto a un pericolo. Non che vedesse in Louis chissà che pericolo, ma il riccio si trovava in seria difficoltà quando si trattava di affezionarsi alle persone. La verità era che di per sè lui era in grado di affezionarsi a una persona in un batter di ciglia, ma ciò che lo bloccava dal farlo era la consapevolezza che avrebbe potuto ferirsi, che sarebbe potuto rimanere deluso e avrebbe pianto, se l’altra persona lo avesse lasciato in balia del mondo.
Forse Harry si aspettava troppo dalle persone. Desiderava ardentemente che una volta entrate nella sua vita le persone non si allontanassero più da lui. Aveva paura di non essere abbastanza, e aveva paura che fosse proprio quello il motivo per cui la maggior parte della gente gli stava alla larga.
Poteva davvero non essere abbastanza?
La sensazione di non essere importante per nessuno si era effettivamente un po’ attenuata dal momento in cui aveva incontrato Louis, il giorno prima, perchè l’altro gli aveva subito dimostrato interesse, e questo fatto aveva portato Harry a fidarsi quasi ciecamente di lui.
Ma stava facendo la scelta giusta?
C’erano così tante cose che non sapeva di lui!
Anzi, se non si fossero parlati con così tanta intimità Harry l’avrebbe definito uno sconosciuto.
Come aveva fatto Louis ad entrare così bruscamente e allo stesso tempo dolcemente nella sua vita, senza che nemmeno se ne accorgesse?
 
Mi sembra ieri che non aveva nulla per la testa, o forse troppe cose, ma confuse.
Ora ho Louis.
Mi sembra ieri che mi trovavo a piangere da solo nella mia camera.
Ora c’è Louis con me.
Mi sembra ieri che suonavo il piano cantando a squarciagola canzoni tristi.
Ora è Louis a suonare il piano.

 
Solo che c’erano diverse cose che non tornavano nei suoi pensieri stanchi.
La prima era che era davvero ieri che stava facendo tutto quello.
La seconda era che..
 
«Lou...» sussurrò così piano da non sentirlo nemmeno lui. Non si chiese nemmeno come mai avesse cominciato a suonare, dal momento che da quel che era riuscito a capire doveva andare da Niall in studio, e anche velocemente. Spostò semplicemente lo sguardo su Louis, seduto alla panchina nera e lucida di fronte al piano; muoveva le mani piccole e sottili sui tasti del piano, con titubanza, tuttavia permettendo alla musica si risuonare leggera e dolce nell’aria.
La canzone che stava suonando era semplicemente quella scritta sullo spartito di fronte al suo naso, segno che agli occhi di Harry risultò chiaramente voler dire che non solo fosse capace a suonare il piano, ma anche che sapesse leggere uno spartito con una certa destrezza. Si avvicinò a lui, rimanendogli alle spalle, senza che apparentemente se ne accorgesse. Riconobbe all’istante quale delle tante canzoni che aveva scritte sullo spartito stesse suonando. Nientemeno che Burn it down dei Linkin Park, che era anche una delle sue canzoni preferite da suonare con il piano. Ogni volta che la suonava le sue note lo trasportavano in un mondo parallelo e allora lentamente iniziava a cantare, senza potersi più fermare, fino a che la canzone non finiva, e spesso si ritrovava con gli occhi lucidi, a volte addirittura piangeva senza alcun ritegno, semplicemente piangeva, e la maggior parte delle volte cantava quella canzone ancora e ancora, fino a che non gli facevano male le mani, non gli mancava il respiro e non gli bruciavano gli occhi.
 
The cycle repeated
as explosions broke in the sky
all that I needed
was the one thing I couldn't find
 
And you were there at the turn
Waiting to let me know
 
Non aveva potuto fare a meno di cominciare a cantare. Davvero non aveva potuto. E aveva messo da parte la vergogna e la paura di essere giudicato, perchè cantare era una delle poche cose che riuscivano davvero a farlo sentire bene. D’altra parte non si sarebbe nemmeno permesso di lasciare le note di quella canzone trascinarsi via senza venire sentite. Senza che qualcuno provasse davvero a immergersi nel testo da cui erano accompagnate.
Louis stava suonando benissimo e Harry sentiva già i suoi occhi diventare umidi di lacrime.
 
La sua voce irrompeva nella stanza, riempiendola di sentimenti, e Louis era rimasto sinceramente a bocca aperta quando l’aveva sentito cantare. Aveva un timbro meraviglioso, meraviglioso almeno quanto Harry stesso. E poi il modo in cui pronunciava ogni singola parola era capace di procurargli dei brividi lungo la schiena, talmente era perfetto e carico di sentimento.
 
We're building it up
To break it back down
We're building it up
To burn it down
We can't wait
To burn it to the ground
 
La voce di Louis si unì a quella di Harry nel ritornello.
Sapeva cantare anche Louis, non poteva negarlo, ma il motivo per cui aveva iniziato a farlo anche lui non era né mettersi in mostra né dimostrarsi migliore dell’altro. Semplicemente voleva sentire con ogni fibra del suo corpo la sua voce e quella del riccio mescolarsi e abbracciarsi lasciando che il mondo intorno a loro si affievolisse fino a scomparire. Durante la strofa Louis aveva pensato che non avrebbe mai avuto il coraggio di rovinare la voce di Harry con la sua, nel ritornello. Non gli era mai piaciuta la sua voce a dire il vero, perchè era quasi femminile, e alcune persone lo avevano anche preso in giro per quel motivo. Però alla fine aveva ceduto alla tentazione di rendersi partecipe di quell’amore che legava evidentemente Harry alla canzone e aveva cominciato a cantare, assumendo subito più sicurezza nel constatare che le loro due voci si fondevano alla perfezione, creando senza bisogno di parole esagerate una melodia mozzafiato.
 
Erano talmente diverse da incastrarsi alla perfezione. La voce di Louis, chiara e dolce, leggera e acuta era in netto contrasto con quella cupa e roca di Harry, e entrambi non poterono far altro che notare come le loro caratteristiche fossero esattamente l’opposto di come si sarebbe detto giudicandoli dal loro aspetto esteriore. Era magnifico.
 
Harry sentendo anche l’altro prendere parte, cantando, alla resa quasi perfetta di quella canzone cominciò a piangere, perchè non gli era mai capitato di provare un’emozione così forte suonando.
Ciò che stava provando era sentimento nella massima purezza che può implicare il termine.
Cominciò a piangere senza che quel gesto compromettesse in alcun modo il suo canto. La voce ormai proseguiva da sè, come trasportata dal destino. E mentre le loro voci continuavano a stringersi e ad amarsi inconsapevolmente, qualcosa si mosse dentro al petto di Harry, qualcosa di assolutamente privo di ogni senso logico. Qualcosa che lo portò a sedersi di fianco a Louis con una naturalezza incomprensibile. Qualcosa che lo portò ad abbracciarlo con forza, con determinazione, seguendo gli istinti mal funzionanti della sua mente e del suo cuore, che batteva con invisibile ardore, rendendo ogni suono e ogni emozione più intensi.
Fu un abbraccio al quale Louis non fu nemmeno in grado di rispondere, un abbraccio di sola andata, un abbraccio che li avrebbe resi diversi da quel che erano prima, perchè era in quell’abbraccio che Harry aveva messo tutto se stesso, e in quell’abbraccio aveva (in)consapevolmente ammesso di essersi donato a lui.
 
***

Louis smise di suonare, imbarazzato, ma allo stesso tempo immerso in quell’abbraccio capace di fargli girare la testa. Sentì le lacrime di Harry inumidirgli con moderazione la t-shirt e sorrise.
Sorrise come aveva scoperto di saper fare solo in presenza del riccio. Era passato un solo giorno da quando l’aveva visto per la prima volta, ma quel ragazzo era già diventato per lui motivo di felicità.
 
Anche se era titubante a riguardo. Louis era sempre stato quel tipo di ragazzo che non era in grado di fidarsi velocemente delle persone. Non erano propriamente delle paranoie a turbarlo, non all’inizio. Era una persona diretta, che diceva sempre e solo quello che pensava, senza doppi giochi, pugnalate alle spalle o altre cazzate di quel genere, e lo si capiva fin dal primo istante che lo si conosceva. Non aveva peli sulla lingua una volta, ma dopo il fallimento nella relazione con Donnie tutto era diventato più buio, più confuso, ed era stato in quel momento che Louis aveva capito di non essere più la stessa persona che era prima. Era diventato più insicuro, nelle questioni che di solito avrebbe affrontato con una sicurezza addirittura disarmante.
E lo doveva a Donnie, tutto quello. Lo doveva a lui, perchè quando se era stato in grado di cambiarlo voleva dire che era stato davvero importante per lui, e forse sarebbe stato più corretto chiamare quel cambiamento in un altro modo, forse più simile a un modo per riscoprire se stesso.
In ogni caso la sua paura più grande nell’iniziare un rapporto di qualsiasi genere era quella di trovarsi a dover cambiare, questa volta nel vero senso della parola, per poter piacere all’altra persona. Pensava che nessuno sarebbe stato in grado di apprezzarlo per ogni sua sciocchezza, per ogni suo piccolo gesto, per ogni sua piccola imperfezione, per ogni cazzata che faceva, per ogni canna che si faceva nella speranza di rendere la solitudine un po’ meno tremenda, per ogni sua parola, per ogni suo scatto d’ira, per ogni suo sguardo. Avrebbe mai incontrato qualcuno in grado di amarlo senza cercare di renderlo più simile a quel che si aspettava di trovare in lui?
 
La gente era superficiale, e la maggior parte giudicava senza conoscere, o si aspettava da lui un certo comportamento, consono all’aspetto con cui si presentava.
C’era infatti chi si avvicinava a lui per il suo aspetto da bad boy, aspettandosi da lui di essere rude e violento, di non essere realmente interessato a niente al di fuori delle scopate, di essere un buon “cannamico” e di essere grezzo. Dall’altra parte la maggior parte dell persone lo evitava per gli stessi identici motivi. Ma era chiaro come il sole che chi la pensava così fosse ottuso.
Ottuso come i pregiudizi della società. Louis odiava le etichette perchè si era sentito lui stesso etichettato in prima persona, e non era niente per cui andare fieri.
E’ vero, non tutto di quanto si aspettavano da lui le persone era falso, ma non era comunque un motivo per decidere se avvicinarsi a lui o starne alla larga.
Non era propriamente rude, non con tutti e solo il giusto, non era violento, odiava la violenza e soprattutto non viveva per le scopate. Era dell’opinione che un po’ di sesso disinteressato non potesse fare altro che alleggerire le giornate, ma non per questo nelle vita non era in cerca dell’amore. Il fatto che ogni tanto si facesse delle canne, poi, non doveva per forza dire che fosse poco raccomandabile. Certo era che non gli si dovesse affidare la custodia di un oggetto di valore mentre era fatto o ubriaco, ma questo valeva per tutti, no?
 
Comunque l’errore che la gente faceva era pensare che lui non avesse sentimenti e non fosse in grado di amare. C’era stato un periodo nella sua vita in cui era ricaduto lui stesso in queste convinzioni e si era rovinato un po’ rovinato la fama. E si sa che la fama ti precede, di conseguenza sempre più persone avevano cominciato a giudicarlo in modo errato per quello. Ma poi Louis si era reso conto dei suoi errori ed era tornato a essere disintossicato dai pregiudizi.
 
Da quando aveva visto Harry dalla prima volta aveva notato subito quel suo modo di osservare ciò che gli stava intorno e si era stupito, rendendosi conto solo in quell’istante di quanto potessero vedere lontano quei suoi occhi meravigliosamente verdi. Harry non era di certo una persona che si fidava del primo sguardo. Si vedeva da miglia di distanza che preferiva conoscere prima di sputare fuori qualche giudizio. Ecco perchè Louis aveva sentito fin da subito una certa affinità con quel ragazzo. Aveva deciso che gli si sarebbe mostrato per quello che era, senza nessuna maschera.
Harry era un ragazzo davvero speciale e fuori dal comune a suo avviso. Ma sembrava davvero troppo perfetto e puro per poter venire a contatto come un mondo come quello che sotto certi punti di vista circondava Louis senza esserne schifato e senza voler scappare.
Per questo si ritrovava a chiedersi se fosse davvero il caso di dargli la possibilità di entrare in quel suo universo. Non sarebbe stato un errore? Non ne sarebbe rimasto ferito? Harry non sarebbe scappato da lui? Non lo avrebbe lasciato nuovamente solo? Non lo avrebbe giudicato?
 
Si riscosse dai suoi pensieri con la risposta a quelle molteplici domande stampata in mente, come non volesse più allontanarsene.
Si sporse verso il viso di Harry, già a pochi centimetri di distanza dal suo e fece combaciare con dolcezza le sue labbra sottili con la guancia arrossata di Harry, pericolosamente vicino alle sue labbra. Fu un bacio al quale Harry non fu nemmeno in grado di rispondere con un sorriso, un bacio di sola andata, un bacio che li avrebbe resi entrambi diversi da quel che erano prima, perchè era in quel bacio che Louis aveva messo tutto se stesso, e in quel bacio aveva (in)consapevolmente ammesso di essersi donato a lui.

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Angolo dell'autrice:
Ciao Buongiorno a tutti Hola!
Sentite, mi arrendo a non sapere come iniziare un glorioso (?) angolo dell'autrice.
Volevo avvisarvi che come ogni volta non ho voglia di scrivere le note dell'autrice (il che vuol dire che scriverò, puntualmente, più del solito)
Ma comunque volevo dirvi che siete tutti delle belle persone. Davvero meravigliose.
Dalla prima all'ultima, anche tu!
Io vi adoro tutti dal primo all'ultimo perchè se non fosse per voi io non avrei assolutamente nessuna autostima, invece grazie alle visualizzazioni, la storia vista inserire nelle preferite, seguite e ricordate e i favolosi commenti (di Larry_is_true_love e LeMee) di questo capitolo e anche degli altri sono una persona più felice. Grazie mille davvero!

Ora veniamo alle questioni FUTILI.

 
1. Ho creato un fantastico (questo me lo direte voi) trailer su youtube di questa Fan Fiction. 
Spero che lo andrete a vedere e che magari mi direte le vostre opinioni a riguardo. 
Il link è questo. O se non avete voglia di cliccare sul link il titolo è:
I wish I was a punk rocker || Larry Stylinson Fan Fiction Trailer (ITA)

2. Avete visto? Sono riuscita addirittura a inserire una gif nel bannerino!
Sono davvero emozionata perchè per quanto sia una cosa piuttosto stupida mi rende felice 
Ç___Ç
Dunque come vi sembra? Spero con tutto il mio cuore (?) che vi piaccia.

3. Veniamo per un solo istante (mah) alla storia, che alla fine è la cosa più importante. 
Cosa ne pensate? Alla fine non ho potuto resistere e ho lasciato che questo capitolo si scrivesse praticamente da solo.
Non vediamo ancora interazione con altri personaggi, per adesso.
Vi avviso che però ho assolutamente intenzione di far via via comparire personaggi bastardi (o meno) come Eleanor, Nick e Ed (SPOILER NECESSARIO: ovviamente lui non sarà bastardo v.v) e personaggi della quotidianità di Harry e Louis come Liam, Zayn e Niall.
Vi avviso che ultimamente sto amando il personaggio di Zayn nelle fan fiction, quindi.. (:
Dovete solamente waitare un po' e la storia prenderà il decollo in maniera più decente.
Insomma, per ora è stata solo un ammasso di fluff e riflessioni, ma via via, penso già dal prossimo capitolo la storia diventerà più interessante e magari ci sarà un po' di Larry sostanzioso. Prima o poi arriveranno delle scene anche a rating giallo, arancione e boh, ma non ne ho mai scritte quindi mi vergogno un po' ahah.

 
Angolo dei consigli!
Ho bisogno di chiedervi un grossissimo favore. Vorrei avere diversi consigli da voi, e spero vivamente di vedere tante recensioni che rispondano a queste mie domande. Non saranno consigli che vi lasceranno insoddisfatte per quanto riguarda la trama, ma semplicemente cose che vorrei sapere per rendere la storia più interessante, e lo faccio puramente per VOI.

1. Per quanto riguarda Zayn, Niall e Liam:
Preferite vedere Zayn innamorato di Perrie o di quelcun altro?
Riguardo a questo, anche Liam, lo volete vedere singol, innamorato, o chissàche?
E Nialler?
Vorreste veder comparire altre (b)romance?
Ziam, Ziall, Zarry, Narry, Niam, o non so che?
A me non cambia più di tanto. Ho certo alcune norme personali su queste (b)romance, ma non mi cambia inserirle o meno, davvero.
Per voi questo e altro!

 
2. Ci sono situazioni o non so che che vi piacerebbe leggere nei prossimi capitoli?
Sentitevi liberi di dirmelo e io vedrò se l'idea mi ispira e proverò a inserirla! C:
 
Riguardo a questo potete contattarmi anche su Twittah o Tumblr:
  o   


P.S.  L'ho detto che avrei scritto tantissimo!

Non dimenticatevi di dirmi cosa ne pensate riguardo a ciò che vi ho chiesto, al trailer (e agli errori, se ne trovate :/)

❤ Recensite, non mordo e mai lo farò! Anche poche righe sono sufficienti per farmi felice! ❤
Grazie.

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Capitolo 6
*** These feelings ***



Si riscosse dai suoi pensieri con la risposta a quelle molteplici domande stampata in mente, come non volesse più allontanarsene.
Si sporse verso il viso di Harry, già a pochi centimetri di distanza dal suo e fece combaciare con dolcezza le sue labbra sottili con la guancia arrossata di Harry, pericolosamente vicino alle sue labbra. Fu un bacio al quale Harry non fu nemmeno in grado di rispondere con un sorriso, un bacio di sola andata, un bacio che li avrebbe resi entrambi diversi da quel che erano prima, perchè era in quel bacio che Louis aveva messo tutto se stesso, e in quel bacio aveva (in)consapevolmente ammesso di essersi donato a lui.

 
***

«Lou, mi sa che Niall ti aspetta...» disse Harry dopo diversi minuti passati a osservarsi le mani tremanti, mentre il silenzio invadeva la stanza con freschezza.
 
«Che ci aspetta, tu non vieni?» chiese l’altro, sottolineando con la voce il concetto di noi.
 
Il riccio spostò lo sguardo sui tasti del piano, di fronte a lui, temendo che se l’avesse spostato più in alto avrebbe incontrato gli occhi meravigliosamente azzurri di Louis. Si vergognava tremendamente  di farlo perchè il bacio che questo gli aveva posato con dolcezza sulla guancia era stato così dannatamente perfetto da fargli girare la testa, e la sola vista di quegli occhi, capaci già per conto loro di ipnotizzarlo, sommata alla sensazione del bacio l’avrebbero di certo fatto collassare.
 
«Sei sicuro? Non voglio essere... ecco... un peso» sussurrò Harry arrossendo.
«Ehi Haz, alza lo sguardo, su, guardami negli occhi» e dicendo questo gli afferrò con dolcezza il mento, costringendolo ad affrontare i suoi occhi, e costringendosi allo stesso tempo ad affrontare quelli smeraldini del ragazzo seduto goffamente di fianco a lui. «Ti sembra di essere un peso?»
Si vide chiaramente l’espressione sul volto di Harry cambiare. Improvvisamente sorrise, mostrando a Louis quelle fossette che non aveva ancora scoperto gli piacessero infinitamente.
«Va bene, vengo con te!» urlò quasi il riccio, entusiasta, acquistando con quel gesto un’infantilità che piacque subito a Louis. Anche lui avrebbe voluto essere ancora quel ragazzino stupido ma libero che era quando aveva sedici anni. In realtà lo era ancora, ma per qualche strano motivo si costringeva a pensare di non esserlo, o era la gente intorno a lui a pensare che non lo fosse e di conseguenza a convincerlo di non esserlo più. Sbuffò. Sorrise.
«Andiamo» concluse raccogliendo nuovamente la giacca da terra e avviandosi verso la porta, seguito da Harry, che praticamente trotterellava dalla felicità.
 
Louis si voltò per poterlo vedere e il respiro gli si immobilizzò in gola quando posò lo sguardo su di lui. La porta era aperta, e il sole raggiante del mattino illuminava lo spazioso ingresso e Harry. Sì, illuminava Harry, che agli occhi di Louis appariva come una sorta di dio bellissimo. Quei suoi capelli ricci e castani gli ricadevano ai lati del volto, incorniciandolo come il migliore fra i quadri. La coroncina di fiori rosa e gialli gli illuminava il volto a prescindere dalla luce del sole e la posa goffa gli donava un’aria del tutto tenera, alla vista della quale Louis si ritrovò a sorridere.
 
 
«Sali su» disse Louis, e Harry lo guardò stranito.
«Dove? Cosa? Aspetta... non ho capito» aggrottò le sopracciglia guardandosi intorno.
«Harry, la macchina, la vedi? C’è una modesta auto nera di fronte a te, ecco, saresti pregato di salirci, dal momento che è la mia auto e vorrei utilizzarla, sempre che tu me lo permetta, per arrivare da Niall!» alzò il tono di voce fingendo di essere scocciato.
 
Il riccio non disse una parola, rise solo, meravigliosamente, e seguì il consiglio di Louis.
 
Quando si fu seduto una domanda si fece insistente nella mente di Harry.
«Ma oddio, quanti anni hai?»
«Ah già, mi rendo conto solo ora di aver baciato sulla guancia un mezzo sconosciuto, di avergli detto cose tremendamente mielose per i miei standard, di averlo abbracciato e di avere addirittura mangiato del cibo cucinato da lui...» rifletté a a voce bassa, girando la chiave per far partire l’auto. «Beh» interruppe i suoi movimenti e si girò verso Harry porgendogli una mano «io sono Louis Tomlinson, ho ventidue anni e faccio il tatuatore, non vado all’università e per la verità non ho nemmeno terminato il liceo, ho una ragazza che si chiama...» assottigliò gli occhi incatenandoli con quelli di Harry, «Eleanor Calder e Niall e Stan sono i miei migliori amici» concluse con un sorrisetto.
 
Aspettò diversi secondi, ma non udendo nessuna risposta provenire dalle labbra rosse di Harry e non vedendo nemmeno la sua mano venire stretta né sfiorata da quella dell’altro fece partire l’auto e cominciò a guidare svogliatamente.
 
Appena Louis si fu voltato Harry poté liberarsi da quell’espressione neutra che aveva avuto fino a pochi istanti prima e assumerne una più triste. Sì, triste, perchè se fino a qualche minuto prima era al settimo cielo, in quel momento si sentiva a terra. Quale fosse il motivo non riusciva a comprenderlo veramente, ma aveva voglia di piangere. Così spostò lo sguardo fuori dal finestrino appoggiandoci la fronte contro, e si impose di non piangere. Ci riuscì per assurdo troppo bene, ma il malumore continuava imperterrito a invaderlo con una sorta di determinazione infernale.
Iniziò a riconoscere la strada via via che proseguivano, paragonandola a quella che aveva fatto a piedi con Zayn per raggiungere lo studio in cui era cominciato tutto.
Capì che fra massimo cinque minuti sarebbero arrivati.
 
Eleanor Calder.
La ragazza di Louis.
La odio...
Stan e Niall.
I migliori amici di Louis.
Stan... un nome così familiare...
 
La verità era che avrebbe voluto fare mille domande a Louis, perchè ciò che aveva detto gli aveva portato a galla punti interrogativi in ogni dove, ed essendo una persona curiosa voleva saperne di più. Era solo quello. Sì, era solo quello.
 
Eleanor Calder.
 
Il suo nome continuava a volteggiargli in mente.
 
Perchè?
 
«Sai Harry, normalmente se una persona ti si presenta, sarebbe buona educazione presentarsi in risposta...» disse finalmente Louis, dopo troppi minuti passati in silenzio e dopo troppe domande mai poste del riccio. Lanciò un’occhiata intenerita verso Harry e gli sorrise, porgendogli una mano, di nuovo, perchè l’altro in sostanza prima l’aveva ignorata. Il riccio allora si voltò a guardarlo, dopo aver meticolosamente cancellato ogni traccia di tristezza dai suoi occhi. Era bravo in questo. Non voleva far star male le persone nel vederlo triste quando in realtà non ce n’era alcun bisogno.
 
Sorrise, afferrando la mano dell’altro e scuotendola piano, accorgendosi in quel momento di quanto la sua attenzione fosse stata catturata solo dalla parole Eleanor Calder e Stan e non dal fatto che avesse scoperto che l’età di Louis non era esattamente quella che si aspettava. Appena l’aveva visto Harry aveva pensato che potesse avere al massimo un anno in più di lui, ma in realtà ne aveva quasi cinque in più. Si sentì piccolo e stupido. Si sentì inutile, ma allo stesso tempo sicuro al contatto con quella mano e rabbrividì.
 
«Sei grande» disse, «Troppo grande...» aggiunse sussurrando, riuscendo a non essere sentito da Louis, forse. O credette di non esser stato ascoltato. Infatti Louis abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro, con la paura che Harry potesse non volerlo più, che potesse essere spaventato da lui.
 
«Beh, io sono Harry Styles, ho...» si interruppe temendo che rivelandogli la sua vera età l’altro avrebbe potuto scaricarlo dalla macchina, pur sembrandogli un’idea del tutto malsana dopo tutto quello che Louis aveva fatto per lui. Ebbe la tentazione di dirgli un’età fasulla, ma infine decise che la sincerità sarebbe stata semplicemente meglio. «Ho diciassette anni, frequento il quarto anno di liceo, vado bene a scuola ma vengo preso di mira da alcuni ragazzi più grandi, non sono fidanzato e ho pochi amici, Zayn è forse l’unico di cui mi possa davvero fidare, anche se quest’anno stranamente ho conosciuto una ragazza che si chiama Gretchen, è una mia compagna di classe e la trovo molto simpatica, anche se non la conosco più di tanto. Però forse è l’unica persona che oltre a Zayn e pochi altri si interessa davvero a me».
 
Louis rifletté un attimo sulle parole dette da Harry e la sua reazione spontanea, sarebbe stata abbracciarlo arrossendo. Non si aspettava affatto di scoprire che Harry era così piccolo. Aveva cinque anni meno di lui, e Louis si ritrovò a pensare che fosse strano come non si fosse neanche posto il problema, incontrandolo. Di certo gli avrebbe dato esattamente l'età che aveva se avesse dovuto pensarci su, ma la verità era che la questione non lo aveva neanche lontanamente sfiorato.
Certo non era una persona solita giudicare le persone in base alla loro età, anzi, Louis ormai non giudicava più in nessun modo per questioni superficiali come quella, essendo lui stesso oggetto di critiche dovute alla visione superficiale del mondo che aveva la gente. Semplicemente ora che Harry gli aveva rivelato la sua età, aveva sentito un impulso fortissimo di proteggerlo con tutte le sue forze. Si sentiva infastidito, in un certo modo, da quei suoi pensieri, perchè non era solito farsi venire idee così drastiche e sicure dopo neanche due giorni che conosceva una persona, né tanto meno era solito farsele venire dopo anni di conoscenza. Era una persona che non si fidava, non esattamente, e non si esponeva al rischio di poter essere giudicato più di quanto già lo fosse, ma con Harry era diverso, l’aveva sentito fin da subito. Neanche con Donnie era stato così, eppure lui lo amava. Lo aveva amato, e sinceramente era fiero di averlo fatto, perchè nessuno l’aveva mai ferito come aveva fatto Donnie, ma nessuno l’aveva nemmeno amato come aveva fatto lui. Era stata una relazione complicata sin da subito la loro, ad alti e bassi. Ed era finita perchè era chiaro a entrambi che non sarebbero mai riusciti a portarla avanti. Louis aveva effettivamente pianto per mesi, ci teneva davvero. Louis non aveva pianto perchè Donnie l’aveva trattato male, o l’aveva sbattuto fuori dalla sua vita in malo modo o nient’altro, Louis non riusciva a odiare Donnie. Louis aveva pianto perchè si era reso perfettamente conto di come non avrebbe più retto la relazione con lui, si era reso perfettamente conto di quanto avesse avuto ragione Donnie a lasciarlo.
 
***

Mi svegliai con una sensazione di vuoto dentro di me. Come quando hai il presentimento che sia successo qualcosa di orribile e inizi a chiedere a tutti come stanno, per assicurarti che sia solo il tuo subconscio a farti certi stupidi scherzi.
Mi alzai e mi stiracchiai, cercando di scacciare quella sensazione dal mio corpo, dai miei pensieri. Andai in cucina, realizzando che era Martedì mattina, e il martedì mattina a casa non c’era mai nessuno. Lottie, mia sorella, era a scuola, e mia madre, beh mia madre come al solito era già uscita per andare a lavorare. Stavo per aprire il frigo con pigrizia, afferrare qualcosa e stravaccarmi sul divano, ma notai una busta di un bianco sporco poggiata sul tavolo. La osservai con curiosità, ma quando notai che riportava sul dorso il mio nome rabbrividii. La calligrafia era familiare.
 L’aprii e sospirando cominciai a leggerla, senza prestare attenzione all’inchiostro con cui era scritta o al foglio spiegazzato.

 
“Scusa Louis, scusa per tutto. Scusa anche per aver iniziato questa lettera in modo così brusco. Voglio solo dirti che io ti amo. Sì, ti amo e ti ho amato, e non è stata solo un’illusione della tua mente, non è stata nemmeno una mia illusione. Io ti ho amato con ogni fibra del mio corpo, ma non posso. Non posso andare avanti così.  E non credere che ci fosse qualcosa nella nostra relazione, o in te, che non andava, perchè non sarebbe giusto crederlo. Sono io il problema, ecco. Non sono adatto ad essere amato da qualcuno, ciò che tu hai fatto per me è stato fantastico, ogni cosa, ogni momento che abbiamo passato insieme è stato fantastico. Ti starai chiedendo il senso di tutto questo, allora. E me lo chiedo anche io. Ma non posso fare nient’altro che scrivere ciò che ho in mente, perchè sai, io sono sempre stato sincero con te. Lo sono sempre stato, come tu lo sei sempre stato con me, suppongo. Vuoi la verità. Voglio la verità. Vogliamo la verità. Eccola. Non possiamo stare insieme. Io mi sento instabile, traballante, sbagliato. Ti rendi conto che ultimamente non ci siamo praticamente più visti? E’ successo e basta, per più di due settimane non abbiamo parlato e non ci siamo scritti, mi dispiace. Non è colpa tua. Io non potrei mai reggere una relazione, è questo, forse. Io mi sento insicuro, incerto, ho paura. E ripeto, non sei tu il problema. Un giorno mi sveglio e ho una voglia pazzesca di vederti, e abbracciarti, e baciarti. Il giorno dopo voglio stare solo, senza di te, senza i miei amici, senza nessuno. Il giorno dopo ancora ho solo voglia di sdraiarmi sul letto e non svegliarmi più, e mi capita sempre così, non mi sento bene. C’è qualcosa di sbagliato in me. Non è normale amare e odiare, amare e odiare, amare e odiare, mi si fonderà il cervello. Ed è per questo che non possiamo stare insieme. La cosa che voglio meno al mondo è che tu soffra, e sai cosa? Ti farei solo soffrire terribilmente con i miei sbalzi di umore. Non voglio farlo. Detto questo, spero che non mi odierai dopo questa lettera, perchè io non potrei mai farlo. Anche se vivendo i miei sbalzi di umore a volte penso cose che non dovrei pensare, so che la verità dei miei sentimenti è che ti amo. Sì, Louis, ti amo. E non voglio che tu pensi che ti voglio lasciare. Non è quello che voglio, ma quello che penso sia giusto per te. Avrei potuto lasciarti da solo e basta, semplicemente non parlarti più, o allontanarmi da te, ma ti avrei fatto soffrire forse anche di più. E’ così che ho deciso che il mio ultimo desiderio prima di ‘morire’, o vivere tutto da capo, sarebbe stato uscire dalla tua vita lasciandoti dentro qualcosa, come tre parole che non dovresti mai dimenticare. Tre parole che non devi pensare siano pronunciate da me, ma da chiunque tu vuoi che le pronunci.
Ti amo, Louis.
Donnie.”

 
Donnie non era più tornato.
Louis non aveva più dimenticato quelle sue parole.
 
 ***

Erano arrivati allo studio qualche minuto dopo che quel contatto, quella stretta di mano, aveva portato a galla tutti quei ricordi in Louis. Erano arrivati ed erano entrati senza scambiarsi una parola. Quel silenzio che incombeva sulla loro distanza non era però pesante o imbarazzato, non troppo, solo quanto bastava per renderli felici e disordinati. Disordinati come i capelli di Harry mossi dal vento a suo parere fin troppo forte quella mattina.
 
Louis entrò in una delle stanze che Harry aveva notato la prima volta che era entrato in quel luogo, e vi trovò come prevedibile Niall, che faceva un tatuaggio a una ragazza dai lunghi capelli rossi raccolti in una treccia. Nessuno dei tre le diede molta attenzione. Certo, Niall era concentrato su ciò che stava facendo, ma non sembrava particolarmente interessato ad avere una conversazione con la ragazza, che ogni tanto stringeva i denti con determinazione e strizzava gli occhi nell’illusione di poter far risultare il bruciore meno intenso.
 
«Hey Niall, siamo qui» disse Louis, attirando l’attenzione sia del biondino sia della ragazza.
 
«Alla buon’ora Lou!» rispose vitale quello.
 
«Ma dove sono tutti i clienti che non riuscivi a tatuare da solo? Non dirmi che...» cominciò leggermente irritato il ragazzo dagli occhi azzurri, affiancato dalla presenza alle sue spalle di Harry, che sembrava facesse a gara con la polvere per chi si nascondesse meglio.
 
«Che burlaa» sbraitò scoppiando a ridere, pensando che qualcuno in quella strada l’avrebbe trovato divertente. Davvero si sbagliava. E se ne accorse molto presto, tornando ad indossare un’espressione seria e mortificata, soprattutto. Mortificata, ovviamente lo era solo per illusione. «Volevo solo essere sicuro che non stessi combinando qualche guaio con un certo ricciolino che si nasconde alle tue spalle...» disse infine, abbassando il tono della voce e lanciando un’occhiata maliziosa a Louis.
 
Questo non pensò neanche lontanamente di arrossire e si voltò invece verso Harry, che sembrava
per essere banali, un peperone, di quelli come se ne vedono solo nei supermercati, quel rosso che può essere solo il risultato di qualche reazione chimica fin troppo riuscita.
Per l’ennesima volta in quella mattinata si intenerì nel vederlo così eccessivamente timido, ma scacciò via il pensiero che fosse un debole perchè si era accorto fin dal primo momento che non era così. Aveva letto nei suoi occhi quella forza d’animo e quella grinta che lo rendevano un (im)perfetto ossimoro, se paragonati alla timidezza e ai discorsi confusi. Louis si rendeva conto che se avesse imparato a conoscere Harry fino in fondo sarebbe rimasto affascinato dalla vastità di sfumature che poteva mostrare, perchè l’intensità di una persona era uno di quei particolari che Louis aveva imparato a notare. Harry era una delle persone più inspiegabilmente complicate di fronte a cui si fosse trovato. In fondo era quello il motivo che l’aveva spinto ad avvicinarsi a lui, oltre che per la sua espressione e il suo modo di muoversi, per il suo modo impacciato e meraviglioso di sorridere, per le sue fossette, per le sue mani, per i suoi capelli e per quel modo in cui lo guardava, quasi esistesse solo lui.
 
«Sì, hai ragione, stavamo proprio combinando uno di quei danni irreparabili, come fare colazione con dei fantastici pancake» si voltò verso Harry e gli sorrise con tutta la forza che poté, con tutto l’affetto che riuscì a includerci. Si avvicinò a lui indietreggiando di qualche passo e se lo strinse più vicino, passandogli il braccio sinistro dietro al collo, facendo un leggero sforzo, costretto a poggiarsi sulla punta dei piedi. «Suonare il piano accompagnati da una voce meravigliosamente meravigliosa, che guarda a caso apparteneva proprio a Harry, e venire disturbati in tutto questo da una chiamata sbagliata al momento sbagliato, che invece, guarda a caso, apparteneva te» rise, felice di sentire il corpo del riccio fremere dall’imbarazzo e stringersi di più nel suo mezzo abbraccio.
 
Niall sorrise, in uno di quei sorrisi che sembravano davvero venire dal cuore, alzò lo sguardo su di loro, trovandoli segretamente troppo adorabili per essere anche solo lontanamente immaginabili e pensò che fosse piuttosto strano e allo steso tempo tenerissimo il fatto che Louis per poter passare il suo braccio dietro alle spalle di Harry dovesse allungarsi sulla punta dei piedi, dal momento che aveva ben cinque anni più di lui.
 
«Harry, prima è passato di qua Zayn, era piuttosto preoccupato perchè a scuola non c’eri, vedi di dirgli qualcosa, ché se no mi uccide, e sai, non mi va di morire martire per la tua libertà» cambiò discorso, in un improvviso lampo di lucidità straordinaria. Poi tornò con la testa china sul tatuaggio che stava facendo alla ragazza.
 
Il riccio annuì ricordandosi in quell’istante di aver dimenticato il cellulare a casa.
 
«Cazzo, mi ero dimenticato di lui!» urlò.
Niall ebbe lo sfrenato impulso di dire “Si capisce, eri impegnato in altro...” ma si contenne, miracolosamente. Era una giornata grandiosa quella, per lui. Si era ricordato di riferire ad Harry un messaggio importante ed era riuscito persino a tapparsi la bocca prima di dire una delle sue solite stronzate colossali.
«Scusa Louis, è meglio che vada a casa...» disse con una certa spolverata di malinconia nel tono di voce.
«Vuoi che ti accompagni?» lo interruppe il ragazzo.
«No, vado a piedi, grazie» rispose prontamente Harry. «Ci si becca» concluse, facendo loro un cenno con la mano e uscendo dalla porta. Louis ridacchiò, sorpreso ancora una volta dalle azioni del riccio. Se avesse dovuto predire come li avrebbe salutati, l’opzione del ‘ci si becca’ l’avrebbe sicuramente scartata tra le prime.
 
«Chi era quello?» si azzardò a chiedere la ragazza, rimasta indiscutibilmente incuriosita dal comportamento dei tre ragazzi.
Louis le lanciò uno sguardo di ghiaccio, amplificato dal freddo azzurro dei suoi occhi e la zittì con poche, semplici e chiare parole: «Non sono affari che ti riguardano».
Lei abbassò lo sguardo osservando la sua figura uscire dalla stanza.
«Lascialo perdere, fa sempre il duro con tutti, ma in realtà è un fottutissimo zuccherino».
«Scusa, non volevo intromettermi, ero solo curiosa...» sussurrò lei, imbarazzata per il comportamento brusco di Louis.
«Stai tranquilla, fossi stato nella tua situazione l’avrei fatta anche io quella domanda» rise. «E mi sarei beccato da lui lo stesso identico sguardo truce» sospirò e le sorrise comprensivo, il labret che concentrava l’attenzione sulle sue labbra chiare.
 
Riprese a parlare dopo una breve pausa, in cui aveva prestato attenzione a sfregare un panno pulito sul tatuaggio quasi terminato, provando a farle meno male possibile. «Ma a proposito, non pensi anche tu che quei due siano tremendamente perfetti insieme? Insomma, io già di mio ho una tendenza a fangirlare peggio di un’adolescente in piena crisi ormonale, ma loro sono assolutamente troppo per la mia salute mentale. Se solo non fosse una cosa ridicola, io direi che sono la mia OTP, se sai di cosa parlo» le sorrise senza tralasciare nessuna sfumatura di felicità e ironia.
 
Lei rise in risposta, annuendo, in un climax che sembrava non dovesse più raggiungere un apice di grandiosità ed eccitazione. «Sì, sono assolutamente meravigliosi! Ma stanno insieme?» chiese infine, in un momento di apparente e fragile calma.
«No, si sono conosciuti ieri» rispose semplicemente, ridendo sia per l'assurda comicità di quell'affermazione, sia perchè era felice di aver trovato una persona in grado di comprendere i suoi attacchi di fangirlamento intensivo. Anzi, lei non sembrava da meno.
«Woah, ma sembrano conoscersi da una vita! Cioè sono troppo teneri. L’hai visto il tuo amico, lì, Louis, che per passare il braccio dietro al collo dell’altro ha dovuto mettersi in punta di piedi?» chiese, sorridendo come se avesse trovato l’amore, cosa che per altro non era affatto vera, se nessuno se ne fosse accorto.
«Sì, aw, li hai visti? Lo sapevo che sarebbe stata una buona idea farli conoscere! Non vedo l’ora che si mettano insieme, oddio, non vedo l’ora!» urlò con mal celata passione Niall, alzandosi in piedi e invitando la ragazza a fare lo stesso, facendole notare che il tatuaggio era finito.
«Ma sei stato tu ad organizzare tutto? Grande! Dovrei venire qui più spesso, per rimanere aggiornata sulla loro situazione sentimentale» rise, porgendo dei soldi a Niall, che li prese, senza però prestar loro molta attenzione, completamente catturato dai discorsi della ragazza, che stava in quel momento dimostrando che sarebbe stata un’ottima amica per lui. Pazza al punto giusto e fangirl al punto giusto, in grado di sopportarlo nei suoi attacchi di follia.
 
«Già, dovresti venire più spesso!» non esitò a risponderle.
Lei lo guardò negli occhi, con i suoi marroni e lucenti e annuì. «Mi fa un po’ strano incontrare un ragazzo preso da queste cose... piuttosto femminili...» si interruppe abbassando lo sguardo per pensare un istante. «Mi piace!» disse, e sorrise per l’ennesima volta.
«Ti va di andare a mangiare qualcosa insieme dopo? Sai, per parlare un po
... insomma non mi ricordo neanche come ti chiami!»
«Non sarebbe buona educazione chiedere queste cose ad una signorina, NIALL. Mi aspettavo qualcosa di più da te, tipo doti da detective o poteri paranormali, insomma, le classiche doti di una fangirl come si deve. Non ti sei dimostrato all’altezza, HORAN».
 
Lui rimase un po’ perplesso da quella sua risposta. Come diamine faceva a sapere il suo cognome?
Le sorrise, capendo che era comunque una risposta affermativa alla domanda, e si meravigliò del fatto che si trovasse così a suo agio con lei. Era una tipa piuttosto strana da quel che aveva potuto osservare, e la trovava simpatica.
 
«La verità è che non volevo sprecare le mie molteplici e infallibili doti per cose futili come scoprire che ti chiami Agnieszka» disse, sicuro di sè.
«Ehi, ma, questa poi me la spieghi ok?» rise incredula.
 
***

L’aria era inspiegabilmente fredda. Certo, era marzo, e a marzo l’aria non era mai così calda da farci propriamente caso, ma quel freddo che Harry sentiva era una specie di convinzione che esisteva solo nella sua mente. Come quando ti accorgi schifato che un insetto è appena passato affianco a te sul pavimento e inizi a sentirti prudere ovunque e a pensare di essere invaso da miriadi di insetti come quello. Era solo un’illusione. Non faceva davvero freddo. 
 
Si strinse ugualmente nella giacca, con un sorriso stampato sul volto, perchè nonostante appena arrivato a casa si sarebbe sicuramente dovuto sciroppare una ramanzina di Zayn e nonostante ci avrebbe messo un quarto d’ora ad arrivarci, immerso in quell’atmosfera apparentemente gelida, era felice. Era felice perchè quella mattinata aveva trascinato con sè una botta di vita, perchè per una volta un suo desiderio si era avverato, e non solo Louis aveva davvero fatto colazione con lui, ma l’aveva anche abbracciato, fatto sorridere e baciato. Sì, baciato, perchè per quanto quello che aveva ricevuto era stato un semplice e innocente bacio sulla guancia, per Harry aveva preso un significato molto più profondo, intenso, un significato molto più dolce. Non si capacitava ancora del fatto che si fosse fidato così in fretta di un ragazzo sconosciuto, ma non aveva proprio potuto farne a meno. Quei suoi occhi azzurri sembravano urlare il suo nome quando lo guardavano, era tutto solo nella mente di Harry, è vero, ma in un modo o nell’altro Louis l’aveva attratto a sè con una forza inaudita ed Harry non era riuscito a mantenersi saldo con i piedi per terra, e l’aveva seguito, addirittura con la presunzione e l’ingenuità di poter chiudere gli occhi, una volta arrivato fra le sue braccia. Tutti quei pensieri che continuavano a rimbombargli senza tregua nella mente non facevano che aumentare la sua confusione, che in quel momento era già a uno fra i suoi stadi più assillanti.
Ciò che provava per Louis non era materiale di facile comprensione. A momenti gli sembrava addirittura stupido pensare a sentimenti, perchè d’altronde era solo dal giorno prima che lo conosceva, e in effetti anche usare la parola conoscere lo metteva di fronte a un grosso punto interrogativo fatto di sorrisi, battute, abbracci e parole dolci. Qualsiasi cosa pensasse alla fine sfociava in un punto interrogativo, e se quella era già la quotidianità ella sua vita, in quel momento non poteva far altro che peggiorare.
Si era già arreso quella mattina al fatto che non potesse fare a meno di pensare a Louis, ma non avrebbe mai pensato che quel ragazzo sarebbe rimasto nella sua mente anche dopo averlo visto. Era assurdo. Da un lato Harry vedeva il più grande quasi come un fratello, uno di quei fratelli che ti rendono la vita migliore e sono sempre pronti a difenderti e a sussurrarti che ti vogliono bene, ma dall’altra sentiva qualcosa di irregolare e confuso crescere dentro di lui. Era come se contemporaneamente non volesse affatto considerarlo un fratello perchè quel ruolo gli starebbe stato stretto ed Harry, senza rendersene conto, sapeva che avrebbe voluto di più.
 
Erano già trascorsi cinque minuti da quando era uscito dallo studio e per un attimo si ritrovò a pensare che almeno quei pensieri qualcosa di positivo ce l’avevano, come per esempio distrarlo dall’aria gelida che ancora altrimenti gli avrebbe invaso i polmoni.
 
Un’altra delle cose che continuava a tornargli in mente era il nome di quella ragazza, Eleanor Calder, la ragazza di Louis. Sinceramente ci era rimasto male appena aveva sentito il suo nome. Si era sentito come invaso da una sconfinata delusione, che non trovava pace nel suo corpo e nella sua mente da quando in quell’istante si era fatta strada come prima fra le sue preoccupazione. Ma la sensazione di smarrimento che aveva provato era stata subito rimpiazzata da quella più intensa del corpo di Louis accanto al suo, delle sue mani piccole che lo accarezzavano, dalle sue labbra sottili, di solito piegate in un sorrisetto di scherno, poggiate sulla sua guancia con una delicatezza frustrante, dalle sue braccia avvolte intorno al suo corpo, in un abbraccio fuori da ogni regola e ogni convenzione. E’ vero, si era sentito immensamente debole dopo aver sentito le parole Eleanor e Calder, ma si era rassegnato al fatto che non ci poteva fare niente. Si era rassegnato al fatto che Louis non avrebbe mai potuto considerarlo come più di un amico, mai. Ma in fondo neanche Harry si rendeva conto di pensare quelle cose. Tutte quelle domande e quella volontà di essere speciale per Louis erano solo sul fondo dell’oceano che era la sua mente, sul fondo di quell’oceano che era indiscutibilmente del colore dei meravigliosi occhi di quel ragazzo.
Sorrise, mentre i petali dei fiori sulla sua testa ondeggiavano con esitazione seguendo il soffio scostante del vento.
 
«Guardate chi cazzo c’è là» sentì urlare.
Rimase fermo per paura di voltarsi e scoprire che stavano parlando di lui. Incrociò le dita come riflesso spontaneo e accelerò il passo, sperando di non venire notato, di non essere lui l’oggetto di quel chi cazzo c’è là.
 
«Dio, l’avete visto, cerca di scappare! Che frocetto di merda!»
Strinse i pugni. E il suo respiro si fece più affannato.
«Con quella cazzo di coroncina di fiori fra i capelli, è proprio una checca».
Cazzo.
«Fermati Styles, o è solo peggio» urlò infine qualcuno, con voce imponente.
Eric.
 
E Harry si fermò. Sapeva che se avesse iniziato a correre l’avrebbero preso e picchiato con più forza di quanta ne avrebbero usata in condizioni normali. Sì, condizioni normali perchè per lui era all’ordine del giorno venire picchiato, o avere il timore che sarebbe potuto succedere. Ma a scuola durante gli intervalli Zayn aveva cominciato a stare con lui dopo aver scoperto quello che gli avrebbero fatto altrimenti. Effettivamente con Zayn alle spalle non era più stato picchiato. Preso in giro sì, ma non era più tornato a casa con quegli enormi lividi viola e le labbra spaccate.
In ogni caso se non avesse ascoltato i loro amichevoli consigli sarebbe solo finita peggio. Si mise l’anima in pace e realizzò che da lì a cinque minuti avrebbe avuto la faccia piena di lividi; sospirò.
Per un attimo pensò che avrebbe dovuto fargliela vedere a quei maledetti bulli, avrebbe dovuto mostrare loro che portare una coroncina di fiori non era sinonimo di essere una sciacquetta da quattro soldi, ma in fondo aveva paura di scoprire di esserlo davvero, una sciacquetta. Non era la prima volta a dire la verità che pensava di reagire, lo pensava seriamente, ma poi si ricordava che erano in quattro contro uno, e che non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. Si voltò verso di loro con insofferenza e li trovò più vicini di quanto si aspettasse.
 
«Così si fa, bravo Hazza».
Harry abbassò lo sguardo.
 
«Vedo che hai imparato la lezione» rise e Harry avrebbe voluto essere invisibile. «Ma ora passiamo alle cose importanti. E’ un po’ che non vediamo quel tuo bel faccino da checca pieno di lividi, eh? C’è sempre stato il tuo fidanzatino a proteggerti, non è vero? Ma ora a quanto pare sei solo.. oh poverino, cosa ci fa un ragazzino come te in giro da solo per la città quando dovrebbe essere a scuola?» Si avvicinò pericolosamente al suo viso e lo afferrò per il colletto della maglia sollevandolo appena e sbattendolo contro il muro più vicino senza naturalmente prestare attenzione al fatto che gli avrebbe fatto male. In fondo era il suo obiettivo.
Gli altri tre alle sue spalle si avvicinarono seguendo il suo esempio, ma continuarono a stargli alle spalle. D’altronde era Eric il capo.
 
Questo avvicinò il suo viso a quello di Harry, con aria di sfida, e lo guardò negli occhi per assimilare ogni sfumatura dell’espressione spaventata del riccio. Poi lasciò che dalle sue labbra scaturisse un sospiro rabbioso, lo guardò ancora una volta negli occhi, ghignando, e lo baciò con rude oggettività. Harry fremette a quel contatto e chiuse gli occhi, non perchè gli piacesse, ma perchè era spaventato a morte da quel suo comportamento. Sentì le labbra dell’altro separarsi dalle sue e spostò lo sguardo oltre le sue spalle e quelle dei suoi compagni. Non voleva assolutamente vedere le espressioni che avevano dipinte sul volto.
 
«Ti e piaciuto eh? Vaffanculo Styles» e gli sputò in faccia, con ribrezzo. «Come cazzo fai a farti piacere questo schifo?» e gli sputò ancora, con più ribrezzo e repulsione rispetto a prima, se possibile. Harry sollevò il braccio sinistro con l’intento di asciugarsi la faccia, ma il suo gesto fu fermato dalla mano prepotente di Eric, che lo strattonò con forza contro il muro, sputandogli ancora una volta. «Fai proprio schifo, Harry» urlò e lo baciò un’altra volta con rabbia, gli morse il labbro, facendogli sbattere la testa contro il muro, lasciando che si lamentasse dal dolore e che le lacrime cominciassero a coprirgli il volto. «Ti piace eh? TI PIACE!?» gli urlò nell’orecchio. Voleva umiliarlo nel peggiore dei modi. Voleva distruggerlo.
Harry incassò con un gemito il pugno che seguì e quelli che continuarono ad arrivare dopo. Le lacrime continuavano a scendere copiose sul suo viso e lui continuava a mordersi il labbro sperando che tutto quello finisse in fretta, ma i suoi desideri sembravano non voler diventare realtà, perchè per altri cinque minuti buoni continuò a ricevere spintoni e pugni da quelle quattro paia di mani che già lo avevano fatto soffrire altre volte. Ma la cosa che più di tutte lo faceva stare male non erano le botte, non era l’impotenza di fronte al dolore, non era niente di tutto quello. La cosa che più di tutte lo faceva stare male era il fatto che ogni volta che stava per lasciarsi cadere mollemente sulle sue gambe tremanti e deboli, Eric lo afferrava per il colletto della maglietta e lo baciava. Mai qualcuno, con le parole, o con le azioni era riuscito ad umiliarlo e annullarlo così come stava facendo in quel momento lui. Mai nessuno l’aveva fatto stare così male. Mai nessuno lo aveva annullato completamente come se la sua vita fosse così inutile da poterla frantumare senza neanche sbattere ciglio. Si sentiva sempre più debole, si sentiva sempre più invisibile, non provava neanche più dolore fisico, perchè quello psichico aveva invaso ogni atomo del suo corpo sempre più arrossato dai colpi violenti che stava subendo. Ancora una volta Eric lo baciò non permettendogli di crollare a terra, ancora una volta Harry si lasciò andare in un gemito.
 
«Stan, colpiscilo, cazzo, cosa ci fai lì fermo ad osservare?» urlò ad un certo punto quel bastardo.
 
E Harry si risvegliò dalla trance in cui era affondato.
 
Stan.
 
E’ tutto si offuscò ancora una volta quando un altro paio di braccia forti, più grandi, lo colpirono nello stomaco. Quella volta Harry non riuscì più a reggersi in piedi e cadde a terra tenendosi la pancia con le braccia, strizzando gli occhi e singhiozzando in preda al dolore più acuto.
Quella volta Eric lo osservò mentre si contorceva dolorante e rise, rise alla vista di Harry che soffriva per mano sua.
 
Stan.
 
E Harry non seppe per quanto tempo ancora lo spintonarono e lo soffocarono di botte, non se ne rese neanche conto. Harry non capì mai perchè lo avevano fatto, come non riuscì mai più a ripensare a quel momento in cui quei quattro ragazzi l’avevano lasciato lì, dopo averlo massacrato forse più psicologicamente che fisicamente, Eric si era avvicinato a lui, aveva preso il suo volto stanco e sporco fra le mani, l’aveva baciato lasciandogli in bocca il gusto amaro e insistente della sconfitta, come possono esserlo solo le lacrime di un ragazzo annullato completamente, e si era allontanato dal suo corpo dicendo: «Dovresti scomparire. Dovresti scomparire, e sai perchè? Perchè nessuno ti amerà mai».
 
Poi vide i suoi compagni seguirlo, e uno di loro si voltò.
 
Stan.
 
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Angolo dell'autsdaeasd *dorme sulla tastiera*
Beh, ciao a tutte, belle persone. 
So che sono stupida a uscirmene con queste frasi, ma boh, siete davvero delle belle persone.
Soprattutto quelle che 'aspettano' questo capitolo da due settimane e non da una come avevo detto.
Qui sono io la cattiva persona :c
Mi dispiace tantissimo. Scusate *si inginocchia e implora perdono*
Dopo le debite scuse ora tocca alla parte noiosa, presumo per voi.
1. Come vi è sembrato questo capitolo? Diciamo che il suo scopo era mettere un po' in chiaro le cose, ed è servito anche a me da questo punto di vista. 
Ho inserito, o anche solo nominato, diversi personaggi, come Eleanor, Stan e Agnieszka, e mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate.
Sono curiosa anche di sapere cosa vi frulla nella mente riguardo alla questione 'fidanzata di Louis'. Ovviamente a tutto c'è una spegazione, e sarei curiosa vedere chi ha qualche idea. Poi ho descritto un po' più nei dettagli (spero) la relazione che c'era tra Louis e Donnie. Ma ho ancora un sacco di cose da far venire a galla! Semplicemente volevo che il personaggio dell'ex di Louis non fosse il classico ex stronzo, ma qualcosa di più.. profondo? What do you think?
In questo capitolo non c'è ancora nessuna Ziam, anche perchè Liam non c'è ahah
Ma presto arriverà anche quello, perchè ho visto che la maggioranza di voi vuole la Ziam. Quindi ci sarà, ci sarà ;)
Niall invece ha ancora un futuro incerto, sì.
2.Vi piace il banner? Me lo chiedevo perchè sono stra-fissata con la grafica e sinceramente ci impiego più tempo a farmi piacere il banner e a curarlo nei minimi dettagli che a scrivere il capitolo, fra un po' ahah. Quindi sare curiosa di sapere che ne pensate del risultato di questi miei sforzi sovrumani. A me questo banner piace tantissimo, perchè mi trasmette non so, un'emozione strana. Ma probabilmente è il fatto che l'ho creato io che mi fa illudere hn..
3. Se vi interessa sto traducendo una long Larry, e la trovate qui. 
4. Sto cercando di sbrigarmi perchè mio padre vuole assolutamente che vada a dormire, uff. Quindi: ringrazio infinitamente e senza tregua tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate e quelli che hanno recensito (_Swaag_, Gleerectioner, Larry_is_true_love, __Thesky__ e LeMee) Vi voglio un mondo di bene virtuale 


Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e blablabla, spero che recensirete o comunque mi farete sapere cosa ne pensate. 
Se volete potete contattarmi su Twitter: @_egobrain 
Se no qua c'è Tumblr: DASJHDD

Fatemi sapere cosa ne pensate, ma comunque grazie mille!
(Ah, e se ci sono degli errori segnalatemeli che così li correggo, in anticipo comunque mi scuso)

 

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Capitolo 7
*** Of insanity and hugs ***



E Harry non seppe per quanto tempo ancora lo spintonarono e lo soffocarono di botte, non se ne rese neanche conto. Harry non capì mai perchè lo avevano fatto, come non riuscì mai più a ripensare a quel momento in cui quei quattro ragazzi l’avevano lasciato lì, dopo averlo massacrato forse più psicologicamente che fisicamente, Eric si era avvicinato a lui, aveva preso il suo volto stanco e sporco fra le mani, l’aveva baciato lasciandogli in bocca il gusto amaro e insistente della sconfitta, come possono esserlo solo le lacrime di un ragazzo annullato completamente, e si era allontanato dal suo corpo dicendo: «Dovresti scomparire. Dovresti scomparire, e sai perchè? Perchè nessuno ti amerà mai».
 
Poi vide i suoi compagni seguirlo, e uno di loro si voltò.
Stan.

 
***

Harry a scuola non c’era.
All’inizio aveva pensato che sarebbe semplicemente arrivato in ritardo, perchè non l’aveva visto davanti ai cancelli, dove di solito si incontravano prima di entrare, e visto che era successo già altre volte non si era preoccupato più di tanto. Però quando era suonata la campanella dopo le prime due ore ed era uscito nei corridoi per cercarlo e non l’aveva trovato da nessuna parte, lì sì che aveva iniziato a preoccuparsi. La scuola era piuttosto grande, ma lui e Harry erano sempre stati soliti trovarsi nell’atrio di fronte alla macchinetta per trascorrere l’intervallo insieme. Harry non se ne sarebbe mai e poi mai dimenticato, perchè Zayn era praticamente la sua guardia del corpo e il riccio se non fosse stato vicino a lui non solo avrebbe trascorso l’intervallo in solitudine, ma l’avrebbero pure picchiato, come ogni volta in cui Zayn non era con lui, e di certo questo non era esattamente ciò a cui più di tutto ambiva Harry.
Di conseguenza Zayn si era convinto del fatto che avesse tagliato, per qualche strano motivo.
 
 
Non si presentò alla lezione successiva. Non quella volta. Si sentiva una specie di fratello maggiore per Harry e sapeva che l’altro aveva bisogno di lui. I suoi pensieri erano però confusi a riguardo, perchè se da un certo punto di vista si rendeva conto che il riccio era ormai grande, si meritava di avere un po’ di privacy ed era giusto lasciargli i suoi spazi, dall’altro Zayn non riusciva proprio a fare a meno di controllare ogni sua mossa per essere sicuro che stesse sempre bene. Forse poteva risultare un po’ appiccicoso e morboso come modo di fare, ma Harry non era da meno; infatti era lui il primo a volerlo sempre seguire e stare con lui.
Ormai ogni volta che non c’era gli mancava incredibilmente, e si stava accorgendo passo dopo passo, lentamente, di quanto tenesse con sincerità a lui, di quanto gli volesse bene, di quanto fosse indispensabile per il suo sorriso. Harry per lui era come una di quelle persone a cui cedi un pezzo di anima, per poter essere sempre collegato in qualche modo con loro. La loro amicizia era cresciuta sempre di più, aveva continuato a diventare sempre più forte, resistente e sincera. Non si tacevano nulla, ma allo stesso tempo sapevano quando l’altro non aveva voglia di confidarsi ed erano in grado di aspettare. La loro non era quel tipo di amicizia costruita per lo più sulla curiosità, ma al contrario, erano trasparenti e il loro affetto era sincero e puro come l’acqua limpida di un ruscello di montagna. A pensarci bene, però, il suo approccio con Harry era completamente diverso da quello che aveva con Liam, pur essendo molto legato anche a quest’ultimo. Con lui era tutto diverso. Si conoscevano da molto più tempo ed erano praticamente sempre stati amici. Liam era quel tipo di amico affidabile, su cui si può sempre contare, e con cui si può essere davvero chi si è. Detto così potrebbe sembrare che la sua amicizia con Liam fosse molto simile a quella con Harry, ma la realtà era diversa. Il riccio non era esattamente una persona costante e aveva spesso attacchi di panico, si sentiva spesso in difficoltà a socializzare con gli altri, pur essendo una splendida persona, ed era timido, era profondo, era confuso e confusionario. Era una persona difficile e scostante. E poi più che dare appoggio a Zayn, si limitava ad appoggiarsi a lui, troppo fragile per stare in piedi sulle sue gambe. Era un ottimo amico, ma era pur sempre Harry e quello complicava le cose.
Liam invece era un ragazzo solare e aperto, aveva molti amici ed era raro trovare un ragazzo così popolare che non avesse perso la testa, che fosse al contempo preciso, ordinato, affidabile, gentile e disponibile. Era incredibile come Liam fosse in grado di tranquillizzarlo e renderlo felice, senza comunque trascurare il divertimento e le ragazzate. Perchè la cosa che più di tutte affascinava Zayn, del suo modo di essere, era quella che fosse capace di mantenere in equilibrio perfetto il suo lato da bravo ragazzo e quello da ragazzotto di diciott’anni che aveva solo voglia di godersi la vita e di provare nuove esperienze. Caratteristiche diametralmente opposte, a pensarci bene, ma che in Liam confluivano in un’unica strada. In ogni caso gli voleva un mondo di bene, e pensava a lui troppo spesso in realtà. Da quando quel ragazzo aveva lasciato l’appartamento condiviso lui e Harry per trascorrere un semestre all’estero la vita di Zayn era stata più monotona, e non aveva fatto altro che concentrarsi di più sul riccio, scoprendo un mondo pieno di paranoie e confusione, di felicità e sorrisi. Ma nonostante tutto ancora gli mancava la tranquillità che era in grado di infondergli. Nonostante tutto sentiva ancora il bisogno di essere consolato e consigliato da quelle braccia forti e inspiegabilmente adatte ad abbracciarlo.
 
***

Era steso lì appoggiato a quel muro freddo da ormai una decina di minuti. O almeno, lui pensava che fosse più o meno quello il tempo trascorso da quando Eric e Stan se n’erano andati. Aveva calcolato due importanti fattori per arrivare a quella conclusione. Il primo era che gli sembrava fossero passate ore, il secondo è che allo stesso tempo il dolore che provava era ancora talmente reale da insospettirlo sul fatto che si fossero allontanati da così tanto tempo. In sostanza non gli rimaneva che pensare che fossero più o meno passati una decina di minuti.
E i minuti non erano i soli a essere passati. Diverse persone lo avevano superato senza degnarlo di uno sguardo, forse intimorite da quel suo aspetto dolorante, per qualche strano motivo. Altre invece si erano soffermate su di lui con quei loro occhietti curiosi, ma l’unica cosa che erano stati in grado di offrirgli era stata pietà, ma di quella che ti distrugge dentro, ti rende miserabile, di quella che non porta chi la prova ad avvicinarsi, perchè non è nemmeno vera pietà, ma piuttosto falso moralismo. Come per dire “Poverino, è stato picchiato, bisognerebbe aiutarlo” senza mai farlo davvero. E le persone che evidentemente la pensavano così sarebbero anche state le prime che, arrivate a casa, avrebbero raccontato di aver appena visto un povero ragazzino pieno di lividi appoggiato al muro dolorante, e magari si sarebbero anche mostrate belle agli occhi degli altri, confessando loro di aver provato a fare qualsiasi cosa pur di aiutarlo, ma che quello non voleva farsi toccare.
Harry si era rattristato nel comprendere che nessuno gli si sarebbe avvicinato.
In realtà non gli riusciva molto di pensare, al contrario si sentiva un pulsante dolore non solo alla testa ma anche alle labbra, alle gambe e allo stomaco. Era praticamente sicuro di avere solo il labbro spaccato, ma si sentiva ugualmente intorpidito e dolorante. Abbassò lo sguardo sul marciapiede e decise che avrebbe provato ad alzarsi nonostante tutto. Non voleva assolutamente rimanere lì in preda al destino fino a che un’anima buona l’avrebbe raccolto e riportato a casa. Visto che le persone non sembravano volersi avvicinare di loro spontanea volontà, beh, sarebbe stato lui stesso ad avvicinarsi a loro. Anche se aveva le gambe che cedevano e le labbra che lo supplicavano di non parlare. Già, le labbra. Ancora si sentiva profanato per quello che avevano dovuto subire le sue labbra. Ancora si sentiva annullato, per ciò che gli aveva fatto Eric. Era stata una delle umiliazioni peggiori che avesse mai provato. L’aveva insultato per quello che era, lo aveva spogliato di ogni convinzione, di ogni sorriso, di ogni risata, di ogni momento felice, l’aveva spogliato della sua stessa vita e perfino degli occhi di Louis, quelli che aveva continuato a vedere chiudendo gli occhi, da quella mattina. Non li vedeva più. E non se ne rendeva nemmeno conto. Semplicemente non c’erano più a sostenerlo, perchè le parole di Eric erano prevalse su ogni cosa che l’avesse mai reso felice, sereno, contento, più sicuro di sè. Ciò che gli aveva fatto Eric l’aveva azzerato, non ripristinato, perchè forse quell’ultima possibilità sarebbe stato migliore. Azzerato voleva dire che gli aveva tolto ogni frammento di vita che aveva ancora dentro di sè, ma non il ricordo di ciò che era fino a poche ore prima. Semplicemente, aveva ancora più paura del solito di essere felice, perchè se la felicità era così breve e ti faceva stare così male quando finiva, allora non valeva proprio la pena provarla.
 
Si alzò a fatica, ma si alzò, raccogliendo la coroncina di fiori da terra – si accorse solo allora che era caduta – sistemandosela sui capelli e dirigendosi verso il primo negozio aperto che trovò alla sua destra, lungo il marciapiede. Ci vollero circa cinque minuti per raggiungerlo, e quando vi mise piede era già sfinito. Zoppicava leggermente, cercando di non darlo troppo a vedere. Era semplicemente indolenzito e violaceo su tutto il volto, il sangue aveva iniziato a scorrergli lungo il mento, quasi straripando fuori dal labbro inferiore, gonfio e più rosso del solito. Fortunatamente, essendo quello un orario scolastico e lavorativo, il bar in cui entrò era vuoto. Si avvicinò al bancone e emise un lungo sospiro di sollievo al pensiero di potersi appoggiare e ricaricare per qualche istante piuttosto che imprimere tutte le sue forze nello stare goffamente in piedi. Gli si avvicinò una signora sulla cinquantina, bionda tinta, un chiaro rossetto passato sulle labbra e un sorriso storto e incomprensibile dipinto in volto. Lo guardò aggrottando le sopracciglia.
 
«Cosa ti è successo, giovanotto?» chiese, cominciando poi a preoccuparsi quando notò l’evidente difficoltà del riccio di esprimersi.
«S-Sono caduto... p-potrebbe.. potr-rei usare il s-suo telef-fono per chia... chiamare?» si sforzò di dire Harry, mentendo sul fatto dell’essere stato picchiato, perchè non voleva che la signora cominciasse a fargli domande su domande.
Naturalmente lei capì che non si trattava di una semplice caduta, ma si rese conto che il ragazzo non voleva che gli venissero fatte delle domande, e annuì mentalmente. Non si sarebbe interessata. Se chiamare qualcuno era la sua richiesta, beh, si sarebbe limitata ad aiutarlo come poteva.
 
«Certo, che numero devo chiamare?» gli domandò semplicemente.
«Mh...» ci pensò su. «Cazzo» sussurrò troppo piano perchè quella potesse sentirlo.
Tutto quel dolore in testa e tutti quei pensieri, sommati alla totale assenza di una benché minima memoria in quanto a cose futili, come i numeri di cellulare, sembravano volergli permettere a malapena di aprire il cassettino nella sua testa adibito al ricordo delle funzioni vitali.
È già qualcosa, si ritrovò ad ammettere.
 
Cercò di radunare tutte le sue forze psichiche per ricordare il numero di Zayn, o quello di sua madre, per quanto sarebbe stato molto improbabile che se lo ricordasse, dal momento che non la chiamava spesso. In ogni caso non gli venne in mente nulla, il vuoto lo riempiva con costanza e determinazione a lasciarlo sprofondare in solitudine. Poi, nell’istante in cui si era quasi deciso a lasciar perdere tutta quella storia della chiamata e tornare a casa a piedi cercando di ignorare quanto dolore avrebbe provato, ricordò.
 
«Chiamami. Chiamami se avrai bisogno, chiamami se non avrai bisogno, chiamami  oggi, o domani, chiamami per sempre. Se avrai bisogno di me io ci sarò. Se vorrai essere felice sorriderò. Se sarai solo sarò con te. Se vorrai sfogarti soccomberò. Urla il mio nome. Ti sentirò».
 
E quell’improvviso calore che lo avvolse quasi con amore fu la conferma che aveva bisogno di lui.
Che aveva bisogno di Louis. Era certo che in fondo sarebbe stata l’ultima persona che avrebbe chiamato se avesse avuto la possibilità di scegliere, per via della storia di Stan, ma scoprì con un sorriso che parlare con lui ancora una volta in quella giornata non gli sarebbe affatto dispiaciuto. Si rese davvero conto della profonda gratitudine che provò alla consapevolezza di avere il suo numero tatuato sul braccio.
 
***

Suonò il campanello dello studio. A quell’ora di sicuro ci sarebbero stati o Niall o Louis ad aprirgli.
Perchè sono venuto qui?
Per chiedere se sanno dove sia Harry.
Perchè poi dovrebbero saperlo?
Tentar non nuoce, Zayn.

 
Sentì la porta aprirsi e scorse una chioma bionda attribuibile solo a Niall.
«Alla buon’ora amico, ormai pensavo che non saresti più venuto!» disse, gli occhi semichiusi per l’improvvisa luce che gli aveva invaso gli occhi azzurrissimi.
«Niall» lo interruppe Zayn, sorridendo per la scena che gli si era presentata davanti agli occhi. Niall era sempre stato un ragazzo piuttosto buffo.
«Cos!? Che ci fai qui Zay?!» la sua voce era piuttosto incredula, e il fatto che lo fosse era comprensibile. Aggrottò le sopracciglia e sorrise, i piercing che brillavano illuminati dalla luce del sole. Niall aveva la pelle talmente chiara da riflettere praticamente tutto ciò che gli stava intorno. Bisognava immaginarselo quando era la stessa luce a cercare di riflettersi su di lui. Brillava letteralmente.
«Volevo sapere se per caso hai visto Harry» rispose semplicemente.
In fondo sperava che la risposta fosse sì.
«No, non l’ho visto, ma sarà insieme a Louis a questo punto! Anche lui sembra sparito!» rise di gusto, tenendosi la pancia e invitando il moro ad entrare. Quello lo seguì dentro, senza però ridere. Accennò solo a un minuscolo sorriso, dovuto al semplice fatto che la risata di Niall fosse contagiosa. Chiuse la porta dietro di se, con sufficienza. «Perchè?» chiese.
«Beh, Louis non c’è oggi al lavoro, e non è il suo giorno libero. Non mi ha detto nulla a riguardo, no. E’ strano. Insomma, non che sia una persona molto propensa a raccontarti i fatti suoi, ma quando non viene di solito avvisa» si interruppe un attimo alzando gli occhi al cielo e continuando a sorridere. «E invece, se posso permettermi, perchè mi chiedi di Harry?» aggiunse, curioso.
«A scuola non c’era» a quella risposta fredda fu evidente, agli occhi del biondo, il suo malumore.
«Non so. Di qui non è passato» affermò sicuro Niall. «Vuoi qualcosa da mangiare? Sai che sono sempre disponibile per questo!» gli fece l’occhiolino in attesa di una risposta.
«Nah, non mi va proprio. E a dir la verità sono piuttosto preoccupato per Harry, perchè neanche lui mi ha detto niente. Cazzo, e se gli fosse successo qualcosa? E se ora stesse male?» Continuava a fare un passo avanti ad ogni domanda e a tornare di un poco indietro all’evidente consapevolezza di non poter essere certo di nulla.
«Chiamalo, no?»
«Tò guarda, è arrivato mister-idee geniali, avevo proprio bisogno dei tuoi consigli!» sbottò nervoso Zayn. L’ironia era tutta una maschera. «Magari se sono venuto qui è perchè ho provato a chiamarlo e non ha risposto!» aggiunse dando per scontato il fatto stesso che avesse chiamato Harry per sapere dove fosse.
«E dimmi, come potevo a saperlo!? Neanche Sherlock Holmes sarebbe stato certo del fatto che l’avessi già chiamato. Sai, dalle menti sbadate come la tua non ci si può aspettare nulla!» sorrise, ironico. Il campanello suonò e Niall corse alla porta per aprirla. (Normalmente in uno studio come quello le porte non dovrebbero venire aperte dai proprietari, al contrario la gente dovrebbe avere la possibilità di entrare per conto suo, però avevano affittato un appartamento che dava sul marciapiede, al piano terra, e la porta era quello che era.) La aprì e scorse una ragazza piuttosto alta e magra, con dei lunghi capelli rossi legati in una treccia che si appoggiava morbida sulla sua spalla. Aveva degli occhi grandi e scuri, color nocciola. E delle efelidi che leggere davano una spruzzata di vivacità al suo viso. Sorrise.
«Hai ragione» ammise sussurrando Zayn, ancora concentrato sul discorso di prima. «E in ogni caso ora vado, magari è ancora a casa. E poi vedo che ora hai da lavorare» riprese appena Niall si voltò verso di lui con un sorriso, facendo entrare la ragazza.
«Va bene amico! Tienimi informato, eh!» e gli fece un cenno, cominciando poi a chiedere alla ragazza informazioni sul tatuaggio che avrebbe voluto farsi fare.
«Ciao».
Uscì, l’aria fresca che se avesse avuto i capelli lunghi glieli avrebbe fatti volteggiare, il sole che picchiava con dolcezza sulla sua pelle facendola brillare di un tenue arancio tendente al giallo trasparente. Amava camminare a quell’ora del giorno (circa le 11,45), perchè ogni cosa sembrava più bella e più serena. L’atmosfera era suggestiva e avrebbe voluto avere un pennello a portata di mano, o anche una semplice matita, un pennarello, un gessetto, per poter ritrarre quello splendore sulla carta. Sapeva che non ci sarebbe mai riuscito, e questo non perchè non credesse abbastanza in se stesso, ma perchè non era mai stato un asso nei paesaggi e in generale nel realismo. Ma gli sarebbe piaciuto esserlo, questo sì.
 
***

Dettò alla signora quel numero, esitante.
E se non avesse risposto?
E se non fosse venuto?
E se fosse scocciato dalla mia chiamata?
 
La donna gli passò il telefono in mano, e rimase lì in piedi, dietro il bancone, ad osservarlo, mentre quello fremeva di agitazione e tremava, dolorante.
 
«Pronto?» rispose probabilmente Louis dall’altro capo del telefono. La sua voce aveva un’aria comprensibilmente interrogativa.
«L-Louis?» chiese Harry, cercando di mascherare la sua voce strozzata e di renderla il più rilassata possibile.
«Sì, sono i-» venne interrotto.
«Sono Har-ry...»
«Harry?» la sua voce si increspò, risultando piuttosto preoccupata. «È successo qualcosa?»
Il riccio ebbe l’impulso di ridacchiare imbarazzato, ma si contenne. Era felice che a Louis importasse davvero qualcosa di lui. Era felice davvero, e per tutta la chiamata quasi il dolore venne alleviato da quella sensazione che provava nel petto, quella sensazione di calore e familiarità.
Quell’inconsapevole sensazione di amore.
 
«Hm... più o meno...» si limitò a rispondere.
Stan.
«Cazzo, Harry, cosa vuol dire “più o meno”? Dove sei? Come stai?» era agitato almeno quanto una madre che smarrisce i suoi figli in giro per un supermercato e ha il terrore di non trovarli più, che qualche maniaco li abbia rapiti, che si siano fatti male, che quei loro occhi grandi non si possano mai più specchiare nei suoi, che quelle loro braccia non si possano più stringere intorno al suo petto.
 
«Stai... stai tranquil-lo Lou... sto... abbastanza bene.»
«Dove sei, ti ho chiesto dove sei!» sbottò. Harry, che non lo conosceva ancora abbastanza bene da aver appreso quali fossero le sue abitudini e i suoi difetti, fu un po’ spaventato da quella sua reazione arrabbiata. In realtà chi lo conosceva si sarebbe solo tranquillizzato, quasi ironicamente, nel sentirla. Era il classico tono che veniva fuori dalle labbra di Louis quando era veramente agitato e teso. Era il classico tono che usava quando qualcosa a cui teneva veramente era a rischio, che poi il rischio fosse enorme o una sciocchezza non era importante. La sua era semplice smania di poter affermare con certezza che andasse tutto bene, e in quel caso che Harry stesse bene, di poterlo vedere, di poterlo abbracciare, accertandosi che non ci fossero lacrime a solcare il suo viso ancora quasi da bambino, constatando che quel suo sorriso fosse ancora luminoso come quella mattina.
 
«S-sono in un bar... si chiama...» si interruppe per farsi dare indicazioni dalla donna dietro al bancone. «Si chiama “Morgan’s old parrot”» concluse.
«Grazie a dio, so dov’è. Non è molto lontano dallo studio, vero?» si sentirono i suoi passi veloci sgattaiolare fuori dalla porta, facendola sbattere in un tonfo non troppo sordo. «Ah, ma che cazzo, Harry non mi hai detto cosa ti è successo! Stai bene? Arrivo in pochi minuti, eh. Stai calmo, non ti agitare, stai bene?» lì l’unico agitato era lui, a pensarci bene. Harry si sentiva già più leggero al solo poter parlare con lui. Anche perchè fu in quel momento che si accorse di quanto Louis tenesse a lui, pur conoscendolo solo da una misera giornata e mezza. Si rese conto che sarebbe stata la sua àncora  di salvezza ancora una volta in così poco tempo. Che sarebbe stato lì per lui davvero, e che non erano solo parole al vento, le sue. Quando gli aveva sussurrato quelle frasi che ad orecchio critico sarebbero risultate sdolcinate, non mentiva affatto. Louis ci sarebbe stato sempre per lui, sempre...
 
«B-beh.. s-sono solo inciampato... mi si è spac-cato il labbro... e s-sanguina. N-non voglio d-disturbarti...» rispose abbassando lo sguardo a terra. Non avrebbe voluto mentirgli, ma-
Stan.
Era davvero uno dei suoi migliori amici ad averlo picchiato o era solo una fottutissima coincidenza?
 
«Taci. Se mi stessi disturbando ti avrei fottutamente chiuso il telefono in faccia» sentì il suono di una messa in moto. Ridacchiò mentalmente.
«Lou non si parla al tele-fono gui- guidando...» lo rimproverò.
«Come vuoi Haz. Arrivo as soon as possible» e interruppe la chiamata.
 
I minuti che seguirono furono un continuo ringraziare la signora del bar per le attenzioni che gli stava dando, anche se avrebbe preferito non riceverle. Era tremendamente imbarazzato e semplicemente non vedeva l’ora che arrivasse Louis. Però Harry era allo stesso tempo anche tremendamente agitato. Non sapeva se avrebbe dovuto raccontare a Louis la verità riguardo ai bulli, ai lividi, ai baci... e a Stan. Doveva o non doveva? Doveva o non doveva? Doveva o non doveva? Desiderava ardentemente di avere una margherita in mano per lasciare al caso l’opportunità di scegliere per lui.
 
***

Le campane che indicavano mezzogiorno suonarono nello stesso istante in cui Zayn girò la chiave nella toppa con un sorriso. La porta non era chiusa, ed era un buon segno, a dir suo.
Harry è in casa!
Sbuffò, soddisfatto di averlo trovato sano e salvo ancora prima di aprire la porta ed entrare.
Solo dopo diversi secondi si decise a farlo, con un sorriso che nuovamente fece capolino sulle sue labbra.
«Harry adesso scendi e mi spieghi perchè cazzo hai tagliato!» urlò, neanche troppo ironico. Mentre aspettava una risposta, o quantomeno qualche suono, si guardò intorno e aggrottò la fronte.
C’è qualcosa che non quadra, si trovò a pensare.
Ed era vero: a terra c’erano delle borse che avrebbe giurato di non aver visto quella mattina, e dubitava che Harry fosse andato a fare shopping. Si guardò intorno, spaesato, fin quando notò un cappotto insolito appeso al muro, dove di solito appendevano i loro. Era del tutto incomprensibile quello scenario, per lui. Harry non avrebbe mai indossato un cappotto del genere, non poteva appartenere a lui.
Forse ha invitato qualcuno...?
«Harry!» chiamò dopo diversi minuti. Sentì un tonfo provenire dal soffitto e un borbottio agitato gli solleticò le orecchie. Si avvicinò alle scale leggermente irritato dal silenzio di Harry.
«Dio santissimo, Harry, mi vuoi rispondere?» sbraitò ancora una volta, i suoi toni sempre più spazientiti e... preoccupati? Iniziò a salire le scale, accarezzando il corrimano senza rendersene davvero conto.
Sentì dei passi e fece una smorfia. «Eddai, Harry!» disse ancora una volta prima di aprire la porta alla sua destra per sbirciare dentro la stanza. Vide la sagoma di un ragazzo, in controluce, davanti alla finestra, le spalle larghe e la luce che faceva risplendere i suoi lineamenti leggermente squadrati, ma dolci, estremamente familiari.
«Liam...» sussurrò appena Zayn, con un espressione confusa sul volto, le labbra piegate in una smorfia di incomprensione, le sopracciglia inclinate vertiginosamente in direzioni opposte, le ciglia lunghe e scure che sbattevano con leggerezza, le mani grandi che si torturavano con disappunto e tensione. «LIAM!» urlò, riprendendosi dalla trance in cui era caduto per quei pochi istanti, subito dopo aver scorto la sua figura in quella stanza che, effettivamente, prima che partisse apparteneva a lui. Il ragazzo si girò, sorridendo con sicuro imbarazzo, gli occhi profondi e marroni che riflettevano felicità e i capelli ordinatamente sconvolti sulla testa. Era una classica espressione alla Liam Payne, quella. Tutti i suoi gesti erano ed erano sempre stati in disaccordo nel loro stesso significato. Come poteva, infatti, un sorriso essere imbarazzato e nello stesso istante apparire sicuro e quasi spavaldo? Non era affatto normale, e questo non fece altro che aumentare la voglia che Zayn aveva di lanciarsi addosso a quel ragazzo e abbracciarlo dopo così tanti mesi di assenza. Non si pose nessuna domanda. Lasciò tutti i quesiti per dopo e si godette quel momento tanto assurdo da poter essere considerato quasi surreale.
Liam è tornato.
Fu quello l’ultimo pensiero razionale che riuscì a formulare, poi cominciò a piangere, lui che cercava sempre di controllarsi per non mostrare agli altri le sue infinite debolezze, lui che a scuola portava una maschera da bello e misterioso per coprire tutte quelle sfaccettature che lo avrebbero reso vulnerabile. Sì, pianse alla vista di Liam Payne, pianse perchè finalmente era tornato e avrebbe potuto nuovamente appoggiarsi a lui, pianse perchè avrebbe potuto nuovamente abbracciarlo, perchè avrebbe potuto nuovamente confidarsi con lui e sorridere nel sentire il suo accento particolare, quel modo di parlare che lo contraddistingueva e che aveva sempre amato. Pianse perchè semplicemente avrebbe potuto stare di nuovo con lui, insieme a lui.
 
Gli si lanciò addosso, finalmente, in un abbraccio che non si sarebbe mai aspettato di poter dare a qualcuno, un abbraccio che sapeva tanto di speranza, di felicità, di sorpresa, di pianto e di casa. Liam lo strinse a sè con tutta la forza e l’affetto che riuscì a concentrare in un solo gesto, strizzando la giacca dell’altro, incredulo di poterlo avere di nuovo fra le braccia dopo sei mesi di astinenza da lui, dopo sei mesi in cui non aveva fatto altro che pensare alla solitudine che in fondo lo torturava dentro, dopo sei mesi in cui poter stringere quel corpo poteva solo essere un sogno bellissimo e lontano. I loro volti erano immersi nel profumo dell’altro, potevano finalmente respirare aria di casa, finalmente potevano respirare aria di felicità, finalmente potevano sentire di nuovo la sensazione di quell’odore caratteristico che li aveva fatti soffrire così tanto, forse senza che se ne rendessero veramente conto, come droga. E fu allora che anche Liam, quel Liam sempre in ordine, quel Liam perfezionista ma capace di sconvolgere, si lasciò andare alla sensazione di lacrime leggere ad accarezzargli la pelle liscia e scendere giù lungo il mento, fino a incontrare la stoffa della sua camicia a quadrettoni. E altre lacrime, una dopo l’altra, ad accendergli le labbra in un sorriso completamente privo di ogni senso, proprio come era privo di ogni senso quell’abbraccio, lunghissimo, profondo, perfetto. Perfetto proprio come era perfetto quel momento. Perfetto come la luce che riflette l’arcobaleno quando incontra un prisma. Perchè in fondo quel ritrovamento inaspettato, tutta quella felicità così familiare da essere racchiusa nel palmo di una mano e così grande da occupare tutto il cielo, era proprio così. L’incontro fra un raggio di luce e un prisma, uno spettacolo mozzafiato senza volerlo essere, una meraviglia di un istante o di un’eternità, un’immagine indelebile incisa nel legno della quercia più alta del giardino della felicità.
Liam Payne e Zayn Malik erano di nuovo insieme.
E come sappiamo, la perfezione non ha senso.
 
***

Louis era arrivato al bar circa dieci minuti dopo la chiamata, oltrepassando la porta in vetro con affanno, tensione ma dolcezza, come per dire “Ehi Harry, sono arrivato, sono qui per te.”
Appena il riccio lo vide saltò in piedi dalla sedia su cui era seduto con un sorriso sulle labbra, sorriso che però arrivò presto al suo capolinea quando si rese conto del dolore che naturalmente, invadeva ancora ogni atomo del suo corpo.
Louis sbiancò nel vederlo ridotto così male, e ebbe paura ad avvicinarsi ancora a lui. Non voleva scoprire che era messo molto peggio di quello che pensava, anche se già la situazione in cui si trovava in quel momento era pessima, e oltre ogni sua immaginazione. Comunque avanzò, deglutendo rumorosamente e spostando il suo sguardo lungo tutta la figura del ragazzo allampanato, con vigore, nel desiderio di potersi rendere conto che fosse tutto un fottutissimo scherzo.
 
«Harry... perchè cazzo non mi hai detto che stavi così male?» chiese in un misto di rabbia ed esasperazione, in cui la nota dolce presente nei suoi pensieri quasi non si notava.
Harry abbassò lo sguardo. «Non sto così male, Louis...» rispose.
«Ah no? E come me li spieghi allora tutti questi lividi che hai sulla faccia e l’evidente labbro spaccato?» si fermo per un istante per squadrare Harry.
«So-» la risposta del riccio fu interrotta nuovamente dalla preoccupazione di Louis, quella proccupazione mascherata con un velo di rabbia. «E non ti azzardare a dirmi “Sono caduto dalle scale,” o “Mi sono inciampato e ho sbattuto,” perchè non ci crederei neanche se lo vedessi. E ora HARRY, dimmi un po’, chi cazzo è che si è permesso di picchiarti!? Gli spacco la faccia, gli spacco la faccia dannazione!» grugnì con determinazione. Poi Harry vide la rabbia dell’altro sgretolarsi sotto i suoi occhi istante dopo istante, trasformandosi lentamente in qualcosa di più simile al senso di colpa. «Scusa Harry, scusami!» si portò le mani sul volto, per coprirsi, «Avrei dovuto... cazzo, avrei dovuto accompagnarti...» poi alzò lo sguardo, rendendosi conto che i suoi sensi di colpa non erano la cosa più importante in quel momento.
«Dimmi la verità H, lo so che non stai bene...» gli si avvicino, accarezzandogli una guancia con delicatezza. «Cos’è successo?»
 
I successivi cinque minuti passarono con talmente tanta lentezza che entrambi avrebbero potuto in futuro ricordarsi di ogni minimo battito di ciglia dell’altro, di ogni tremolio dei vetri dovuto al vento, di ogni respiro leggero e di ogni pensiero frustrato. Allo stesso tempo però quei minuti erano volati, proprio come quelle ore indimenticabili che si passano in coda fuori dai cancelli di uno stadio in cui si assisterà al concerto della propria band preferita. Ore interminabili e sofferte, tra il pensiero prioritario di voler entrare per primi e il desiderio di godersi l’atmosfera. Ore che quando si è ormai dentro l’arena sembrano passate con fragile velocità, esattamente come lo sembreranno quelle del concerto. Lunghe e piene fino alla fine, ma brevi e leggere nei ricordi.
Quei cinque minuti passarono così. Louis che guardava Harry con un inconscio amore negli occhi, come quello di una madre che squadra il viso del suo bambino dopo che è caduto, con un insana paura addosso, la paura di non esser stata abbastanza; come quello di un fratello maggiore che sorride alla vista del profilo del fratellino, ma allo stesso tempo come quello di un ragazzo di ventidue anni che non si rende ancora conto di amare già alla follia ogni particolare del ragazzo di diciassette anni in piedi di fronte a lui.
Harry che guardava Louis, o meglio, che guardava le sue scarpe, senza reale interesse, nella mente solo la paura di incontrare quegli occhi di ghiaccio che aveva notato sin da subito, ma con il contrastante e unico desiderio di tuffarvici dentro, dove sapeva che avrebbe trovato la felicità.
La signora bionda, quella che aveva permesso ad Harry di chiamare Louis, lei li guardava, come avrebbe potuto guardarli chiunque, e come chiunque non poteva fare a meno di notare quanto tenessero l’uno all’altro. Si vedeva dal luccichio nei loro occhi, pur non essendo intrecciati insieme, si vedeva dalla piega che avevano le loro labbra, pur non essendo ancora poggiate le une sulle altre, si vedeva dal tremolio delle loro mani, pur non essendo ancora le une sui fianchi dell’altro. Chiunque avrebbe pensato che fossero due persone speciali, due persone innamorate, anche chi avrebbe probabilmente rinnegato di farlo. Era impossibile non rendersene conto.
 
 
Harry si decise ad alzare lo sguardo e ad avvicinarsi a Louis con l’abilità che giustamente ci si poteva aspettare da un ragazzo completamente indolenzito. L’altro se ne accorse e gli andò incontro, sostenendolo con i braccio, ma cercando di non premere troppo forte le sue dita sulla pelle sensibile e livida dell’altro. «Possiamo uscire?» sussurrò il riccio. L’altro annuì. Salutarono e ringraziarono la signora bionda e si avviarono verso l’auto di Louis, a pochi metri dalla porta del bar. Salirono entrambi e Louis si prese cura di Harry come meglio poté, dando importanza a ogni minimo particolare, sorridendogli senza tregua, assicurandosi che la cintura lo proteggesse ma che non fosse troppo stretta, accarezzandolo quando vedeva i suoi occhi guizzare a terra, rimanendo in silenzio nella taciuta attesa di una spiegazione da parte del riccio, ma senza fargli alcuna pressione. Louis voleva che Harry si sentisse a suo agio, e per quanto fosse estremamente preoccupato e arrabbiato per quello che gli era successo, non poteva fare a meno di mettere in primo piano i desideri del riccio. Ed evidentemente fra i suoi desideri non spiccava quello di raccontargli com’erano andate le cose.
 
«Senti Louis... io... non devi sentirti in colpa... non c’entri nulla. Nessuno ha colpa» disse ad un certo punto Harry, mentre Louis guidava verso l’appartamento suo (di Harry) e di Zayn.
Deglutì.
«Non so come dirtelo... so che lo vuoi sapere... so che sei preoccupato, ma ho paura. Ho paura di dirti quello che è successo» ammise.
«Non dovresti. Non ti giudicherò, lo sai. Per quanto tu praticamente non mi conosca, vorrei che tu ti fidassi di me. Vorrei che ti sentissi libero di dire quello che davvero pensi, senza maschere. Non ti obbligherò se non vuoi farlo, ma ti assicuro che ti farà bene parlarne con qualcuno. Io voglio solo aiutarti, Harry. E non perchè mi fai pena, sei più piccolo o chissà che. È solo, Harry, che mi sento bene con te, e vorrei che per te fosse lo stesso» disse Louis senza scollare gli occhi dalla strada di fronte a sé. E fu lì, fu a quelle parole che il riccio si decise a parlare, seppur rimanendo esitante e imbarazzato.
 
«Sono stato picchiato» sussurrò. «Sono stato umiliato» la sua voce si ruppe come ali di una libellula colpite da un raggio di sole. «Non solo fisicamente» gli scese una lacrima. La asciugò con la manica del giubbotto. «Ma proprio... proprio come persona» cominciò a singhiozzare, e ogni gemito era per Louis una pugnalata. «Non valgo più nulla. Non sono più nulla. Sono un debole!» se non fosse stato seduto in macchina probabilmente si sarebbe alzato. Strinse i pugni cercando di ignorare con tutta la sua forza d’animo il dolore alle mani, alle braccia, il dolore che pulsava inferocito e imbizzarrito dentro al suo petto. Poi qualcosa cambiò nei suoi occhi. Non era il colore, era qualcosa di più nascosto, invisibile, profondo. Era una scintilla di fuoco in quella foresta smeraldina  che erano i suoi occhi. Era un fuoco devastante e travolgente, totalmente fuori luogo in quel bosco silenzioso e calmo. Era una vena di follia, ma non quella follia che rende ognuno diverso dagli altri, non quella follia che accompagna un’artista sulla strada del successo, no. Quella follia che annienta quello stesso artista prima che lo diventi, quella follia che porta un artista a essere solo, quella follia che solo dopo centinaia di anni diventa a dir di tutti la sua arte. E’ la follia che nasce dalla gente che ti osserva con occhio inquisitore e che ti giudica, e che ti odia.
 
Alzò la voce. «E lo sai perchè, Louis? Tu continui a dirmi cose carine, continui a farmi sentire speciale, continui a sorridermi, a farmi ridere, ad abbracciarmi, ad accarezzarmi, fai tutto questo, ma perchè? Perchè lo fai? Dannazione, non capisco, TU non capisci! Se tu sapessi veramente chi sono, non lo faresti! Se tu sapessi veramente chi sono mi tratteresti esattamente come mi trattano tutti. Se tu solo sapessi! Mi hanno picchiato, Louis, lo vedi questo labbro fottutamente spaccato? Beh, presto sarà spaccato a causa tua! Li vedi questi lividi ovunque? Li vedi questi dannati lividi che mi sovrastano? Li vedi? Presto sarai tu a farmeli!» continuava a urlare verso Louis tutte le sue paure, le sue false convinzioni, la sua rabbia, la sua solitudine. E Louis ascoltava. «Ma lo so cosa stai pensando tu ora. Pensi “Oh, Harry, non dovresti dire queste cose, io non ti picchierei mai, io ci tengo a te, anche se praticamente non ci conosciamo” e avresti ragione solo su un punto, sai quale? Non ci conosciamo! Non ci conosciamo ed è per questo che tu dici di tenere a me! Se tu solo sapessi chi sono, beh, mi odieresti, come mi odiano tutti gli altri». Prese fiato, ma nella sua disperazione non c’era spazio per cose come quella. «Suppongo che ora tu lo voglia sapere perchè cazzo mi odiano tutti, eh? Sì, è la curiosità che ci fotte. Non dire di no, perchè lo sai anche tu che è così. Lo sai anche tu!» Si interruppe ancora una volta prima di dire ciò che non avrebbe mai detto se fosse stato lucido, ma che in quel momento era la sua priorità. La priorità della follia.
 
«Te lo dico ora, ti dimostrerò come cazzo cambia la faccia della gente in base a ciò che vedono degli altri. Io sono gay, ok? Sono un fottutissimo frocio di merda che non si dovrebbe permettere di camminare per le strade di questa città con una cazzo di coroncina di fiori rosa in testa perchè fa schifo. Faccio schifo, capisci? Lo pensi anche tu ora eh? Sono una nullità! Una fottutissima checca che dovrebbe morire. Altro che “urla il mio nome, ti sentirò,” ora cosa pensi di me, eh? Ora non ti senti più tanto sicuro di te, vero? Anzi, che dico, ora ti senti più forte di prima, se non altro, stai portando un frocio a casa, hai la splendida possibilità di spaccargli la faccia anche tu, dai su. Che aspetti? Fallo, non aspetto altro che i tuoi fottuti pugni nello stomaco e le tue labbra sulle mie ad annullarmi completamente, sì, ad annullarmi! A baciarmi per distruggermi! È così che è andata, lo sai? Quei tuoi amici mi hanno picchiato, mi hanno insultato, e non è una novità, ci sono abituato, cazzo, sono frocio, è il minimo, no? Ma no, non bastava picchiarmi, no, uno di loro continuava a baciarmi ogni volta che volevo cadere a terra e non potevo, non mi lasciava scivolare a terra dal dolore, capisci!? Mi voleva distruggere con le sue mani, con le sue parole, con le sue labbra. Quello stronzo voleva che non mi rimanesse più nulla, voleva che non fossi più nulla! Mi avrà baciato una trentina di fottute volte, pur di non farmi crollare a terra, pur di umiliarmi completamente!» e quella scintilla si spense. Quella scintilla che l’aveva alimentato per tutto quel tempo si spense, e le lacrime tornarono a scorrergli sulle gote livide, e la rabbia tornò ad essere un fragile pianto. E si sentì vuoto, vuoto davvero. La gola che gli pulsava, gli occhi che bruciavano, le mani nervose. «E ce l’hanno fatta, sì, ce l’hanno fatta ad annullarmi. Io non sono più nulla ora, vedi? Non sono più nulla. Tu te ne andrai come tutti. Sono comunque felice perchè tu almeno ci hai provato ad avvicinarti a me, ci hai provato, e mi hai reso felice. Io davvero ero convinto all’inizio che tu mi avresti capito, io ne ero convinto, perchè mi sembrava che tu avessi la pace negli occhi. Dal primo momento che ti ho visto sembrava che portassi con te una valigia di cose belle. Io ci sono cascato. Ma è normale, chi è che vorrebbe stare dove sto, io, chi è che vorrebbe starmi vicino? Nemmeno Zayn. Lui dice che ci tiene a me, ma non è vero. Come fa? Dovrei scappare e stare solo. È questo che mi merito, vero? Sono solo uno stupido frocio di merda, che cosa pensavo? So-» le sue parole vennero interrotte da un dito di Louis, che si posò con disarmante delicatezza sulla sua bocca.
 
«Ferma queste tue bellissime labbra impazzite e abbracciami».
 
Calore, dolore, incomprensione, odio, paura, insicurezza, rabbia, solitudine, amore.
Un flusso di emozioni senza un filo logico, eppure unite da un nesso ignoto.
L’inconscia consapevolezza di amare, senza la quale non si può vivere.
L’assoluta convinzione di non essere abbastanza, con la quale non si può fare a meno di sprofondare. 



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Angolo dell'awajwkajdw (ormai ci ho preso gusto):
❤ Ciao bella gentaglia  a caso, come va? 
Come al solito non ho molta voglia di scrivere un poema come note dell'autrice ma allo stesso tempo voglio “parlare” con voi, so...
In questo capitolo ho finalmente inserito la prima scena Ziam. Com'è stata? 
Perchè davvero sono totalmente inestperta su di loro perchè non li shippo. Cioè non riesco a farmi nessuna idea su di loro, quindi se ci sono cose shippabili li shippo, se non taccio. Ha.
Dunque dunquino, come vi è sembrata? Ahdhjklads spero bene :)

❤ Poooi, in origine questo doveva essere un capitolo un po' più corto e soprattutto in cui avrei anche dovuto inserire la frappy e tutto il suo mondo e blablabla, ma alla fine la scena Ziam e quella di Harry e Lou mi hanno preso la mano e boh, è successo quel che è successo. Spero solo che non sia un disastro... :/
Innanzitutto ho cercato di immedesimarmi nel personaggio di Harry, dopo che ha subito tutte quelle cose orribili, che per un momento cade nell'indecisione e nell'incertezza e crede che Louis possa fargli del male, proprio come la maggior parte delle altre persone gli aveva fatto. Secondo me non è stata una reazione troppo esagerata, la sua. La trovo comprensibile. Poi non so voi. Spero che vi abbia convinti :')


❤ Poi boh, ditemi tutto tutto quello che pensate perchè ho seriamente bisogno di opinioni per sapere se la storia sta prendendo una piega orribile o banale, o no.

Ah, dimenticavissimo: come spero si sia capito, erano alternate le parti di Zayn e quelle di Lou ed Harry, ma quelle di Zayn erano precedenti, non contemporanee a ciò che stava ccadendo a Harry e Louis. 
Sono le parti mancanti del capitolo precendente, quindi nel caso di Niall: lui era nello studio, poi quando è arrivato Zayn ha parlato con lui, è arrivata Agnieszka, Zayn è uscito e lui ha chiamato Harry e Lou che nel frattempo erano ancora a casa (scena prima di quella del pianoforte). Loro dopo un po' sono usciti di casa e nel frattempo Liam è arrivato a casa ed è entrato nella sua stanza. Solo dopo Zayn è entrato cercando Harry e ha trovato Liam. L'ordine cronologico è quindi più o meno questo. Mentre Zayn è a casa con Liam e Niall è nello studio con Agnieszka, Harry viene picchiato, va nel bar, chiama Louis etc...


❤ Voglio ringraziare di STRAcuore tutte voi che avete commentato, messo tra le seguite, preferite, ricordate, o solo letto, perchè scusate se vi “virtualAMO” ma non posso proprio farne a meno. 
Un GRAZIE speciale va a Gleerectioner, _Swaag_, Nihal Malfoy, liamsconverse, Larry_is_true_love, __Thesky__ e la meravigliosa LeMee.


❤ Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e blablabla, spero che recensirete o comunque mi farete sapere cosa ne pensate. 
Se volete potete contattarmi su Twitter: @_egobrain 
Se no qua c'è Tumblr: ASDEAJRE


❤ Dedico questo capitolo a Sara, che pur non essendo affatto una Larry Shipper sta seguendo questa storia e mi fa STRAfelice.
(E mi riprometto di riuscire a convertirla entro la fine di questa Fanfiction, signori!)


❤ Grazie mille per tutto, e commentate se vi aggrada (?), perchè aggraderebbe anche me :)




 

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Capitolo 8
*** They fell in love, didn't they? ***



«Ferma queste tue bellissime labbra impazzite e abbracciami».
 
Calore, dolore, incomprensione, odio, paura, insicurezza, rabbia, solitudine, amore.
Un flusso di emozioni senza un filo logico, eppure unite da un nesso ignoto.
L’inconscia consapevolezza di amare, senza la quale non si può vivere.
L’assoluta convinzione di non essere abbastanza, con la quale non si può fare a meno di sprofondare.
 
***
 
Erano ormai a casa, e la mano di Harry non fu lenta a rendersi conto che oltre al cellulare aveva dimenticato anche le chiavi, quando era uscito con Louis. Avrebbe dovuto citofonare.
 
Stava ansimando già da diversi minuti, e tutto quel suo improvviso affanno non era tanto dovuto alla corsa fatta appena uscito dall’auto, quanto alla presenza di Louis alle sue spalle. Non c’era stato modo di convincerlo a tornare a casa sua. L’aveva seguito e continuava a farlo, dietro di lui, come un angelo protettore di cui Harry non sapeva di avere bisogno. In parte il fatto che lo avesse abbracciato, in macchina, lo faceva sentire al settimo cielo, perché Louis sembrava aver accettato ciò che era, sembrava non avere alcun interesse nel picchiarlo o deriderlo. Dall’altra parte però lo faceva sentire indifeso, perché non sarebbe stata la prima volta che qualcuno fingeva di accettarlo per poi schernirlo senza nessun rimorso. Louis non gli sembrava affatto quel tipo di persona, ma stentava ancora a lasciarsi andare, anche se in ogni caso fino a quel momento era finito col fidarsi di lui lo stesso. Il ragazzo dagli occhi azzurri sorrideva, guardando Harry come era solito guardare le cose a cui teneva davvero. Harry era senza dubbio prezioso per lui, più di quanto lo fossero decine e decine di persone che aveva conosciuto per molto più di ciò che si definisce qualche anno.
 
Il riccio aspettò qualche istante dopo aver premuto il campanello, in completo silenzio, tremando leggermente a causa di un insieme di cose di cui facevano parte anche il freddo, la tensione, il dolore, la felicità, l’incertezza e… l’amore?
 
L’amore non fa tremare le mani.
 
Poi pensò a tutte le volte in cui guardando (Louis) le mani avevano preso a tremargli. Scacciò il pensiero arrossendo, con una smorfia troppo simile a un sorrisetto trasognato.
 
Comunque non quando si suona il campanello di casa propria.
 
 
«Chi è?» sentì dall’altra parte della porta. Aggrottò la fronte. Zayn doveva avere il raffreddore, perché la sua voce era del tutto differente da quella che aveva di solito.
Fece per rispondere ma la porta improvvisamente si aprì e venne sommerso da due paia di braccia. Due.
 
Due!?
 
«Zayn non sapevo che avessi seguito un corso per diventare un polipo. Sappi che ti sostengo in questa impresa, benché ti manchino ancora quattro braccia per raggiungere il tuo obiettivo, trascurando ovviamente il fatto che i polipi non hanno le braccia» sentì una risatina molto MOLTO effeminata alle sue spalle e rise, staccandosi dall’abbraccio.
 
Si ritrovò davanti la figura di un ragazzo estremamente familiare e inaspettatamente-
 
«Liam?!» lo guardò, incredulo, senza riuscire tuttavia a muovere un passo avanti e abbracciarlo di nuovo. Ovviamente Zayn NON AVEVA seguito un corso per diventare polipo e avere otto braccia. «Liam!» si sporse verso di lui e lo tastò come per provare che fosse davvero lui, lì, in persona, e che non si trattasse solo di un ologramma o qualcos’altro di ancora più  incorporeo, come un sogno, o una visione.
 
Liam rise, e per ‘rise’ si intende una grossa risata, sconcertata perché si aspettava una reazione un po’ meno apatica da parte del riccio, e felice perché sapeva, in fondo, che Harry non sarebbe mai stato in grado di ricadere nella banalità di ciò che facevano tutti. Harry Styles non era affatto uno come tutti. Harry Styles non abbracciava un amico dopo un’assenza di sei mesi. Harry Styles non faceva discorsi sensati e razionali. Harry Styles era… assurdo.
 
Gli passò una mano fra i ricci, arruffandoli affettuosamente, guadagnandosi di conseguenza uno sguardo truce da un certo ragazzo basso con gli occhi azzurri appoggiato allo stipite della porta dietro ad Harry. Gli sorrise.
 
«E tu saresti?» gli chiese, interrogativo. Non che gli importasse più di tanto sapere chi fosse di per sé, ma la fame di gossip gli aveva appannato la mente ed era felice che in sua assenza fossero successe cose interessanti da ascoltare.
 
«Lui è Louis» si intromise Zayn, con un’espressione indecifrabile dipinta sul viso. Spostò i suoi occhi sul ragazzo in questione. «E ci avrei scommesso che c’entravi qualcosa con tutta questa faccenda. Chi altro poteva aver convinto Harry a tagliare se non tu? Sei un tipo affascinante, devo ammetterlo» si interruppe per sorridergli. «Ma non pensavo fino a questo punto…» ghignò, spostando il suo sguardo su Harry. Fu allora che sbiancò.
«Che cazzo hai fatto Tomlinson?!» il suo sguardo era posato sulla pelle livida di Harry.
 
«È il tuo ragazzo, Harry? Siete carini insieme!» si intromise Liam, ancora incuriosito da ciò che aveva detto Zayn. Poi, seguendo i movimenti di Zayn spostò anche lui il suo sguardo sul viso del riccio, di fronte a lui. «Perché hai dei lividi in faccia?»
 
Harry arrossì invisibilmente solo a dir degli alieni su Marte. Tutti gli altri avrebbero potuto affermare che era arrossito perché lo aveva fatto in maniera così evidente che sarebbe stato impossibile non notarlo.
 
Non sapeva a quale domanda rispondere prima, così, dopo essersi girato a guardare Louis nell’unico momento in cui casualmente lo stava guardando anche lui ed essere arrossito ancora di più, parlò.
 
«Ehm… non stiamo insieme, Liam, hai proprio preso… un granchio, Louis è… felicemente fidanzato con… una certa Eleanor» sputò fuori abbassando lo sguardo. Louis spalancò gli occhi.
 
Come diavolo fa a ricordarsi come si chiama?
Fra un po’ non me lo ricordo neanche io…

 
Fece per ribattere ma Zayn puntò i suoi occhi scuri nei suoi azzurri. Non c’era bisogno di parole per descrivere quel gesto. Zayn esigeva spiegazioni, e non solo per la storia dei lividi, ma anche per quella di Eleanor.
 
In che casino mi sono infilato.
 
«Comunque, per quanto riguarda i lividi… mi devi delle spiegazioni, Tomlinson» tornò a guardare Harry deglutendo, cercando di disconnettere la testa da quello che il riccio aveva appena detto. Louis non poteva essere fidanzato. Niall, il re delle fangirl, come si definiva lui, non poteva aver sbagliato. Gli aveva assicurato che Louis fosse single, e che avesse davvero bisogno di qualcuno di speciale che lo facesse stare meglio, che lo facesse sentire più felice. Zayn aveva subito pensato ad Harry perché, beh, Harry era la persona più speciale che conosceva ed era sicuro che a Louis sarebbe piaciuto, per ciò che poteva conoscere di quest’ultimo, ovvero dai racconti del biondino. Niall non aveva menzionato nessuna ragazza di Louis, anzi, era certo di aver capito che Louis fosse gay. E si era forse legittimamente preoccupato nel constatare che evidentemente le cose stavano diversamente da ciò che pensava. Forse aveva fatto un errore a lasciare Harry nelle mani di Louis. Forse aveva fatto un errore a fidarsi delle parole di Niall e di ciò che diceva di Louis. Forse avrebbe dovuto tenersi Harry, quel ragazzo così speciale e fantastico, tutto per sé. Si stava ingelosendo? Aveva paura più che altro che Harry ci fosse rimasto male nel scoprire che Louis era fidanzato, e lo sentiva dalla tristezza che, a orecchio esperto, si poteva dire riempisse la voce del riccio. Non voleva assolutamente che Harry stesse più male di quanto già non lo stesse a causa dei bulli, a scuola.
Forse stava dando per scontate troppe cose, ma la paura che Harry potesse piangere ed essere triste lo assillava. Aveva notato come quei suoi occhi verdi si allargavano e brillavano quando, in quei due giorni, gli aveva parlato di Louis, o lo aveva anche solo nominato. Inspiegabilmente, ma prevedibilmente, Harry si era già affezionato a Louis, e Zayn lo sapeva.
 
«Lui non c’entra niente, anzi, se non fosse stato per lui io ora sarei chissà dove con… con chissà chi» rispose Harry.
 
Louis lo guardò e sorrise, con un bagliore enorme che gli illuminava gli occhi. Harry lo stava proteggendo dai toni accusatori di Zayn. Anche se ciò che stava dicendo non era del tutto la verità. Lui non aveva fatto in tempo a salvarlo. Lui l’aveva in qualche modo abbandonato. Non c’era stato quando avrebbe dovuto.
 
«E allora cosa cazzo è successo?» sbottò Zayn, preoccupato per tutti quegli ultimi avvenimenti.
 
«Niente…» il riccio si voltò verso Louis, in attesa di qualche sostegno da parte sua nell’inventare una scusa all’ultimo momento.
 
***
 
«Allora, ti va di andare a mangiare da qualche parte? Sai, qui non c’è nulla da mangiare, ho praticamente finito tutto» propose Niall, guardando la ragazza seduta accanto a lui su una delle sedie della sala d’attesa. Sorrise. Gli sembrava davvero una ragazza adatta ad essere sua amica. Una ragazza che avrebbe potuto sopportarlo nelle sue stranezze e addirittura apprezzarlo quando gli prendevano i cinquemila minuti in cui si sentiva una vera e propria fangirl. Insomma, tutto quello perché lei non sembrava da meno. Aveva subito notato il modo in cui aveva guardando Harry e Louis quando quest'ultimo aveva stretto un braccio intorno alle spalle del riccio, in punta di piedi. Aveva gli occhi pieni di “frenesia della perfetta shipper”.  Era perfetta per sopportarlo e divertirsi con lui, e Niall l’aveva capito subito. O meglio, appena questo suo lato era venuto fuori. Prima l’aveva praticamente ignorata, perché la mattina non era mai stata una persona in grado di dialogare, quindi preferiva ignorare i clienti, parlare c on loro solo quando era strettamente necessario. Lo faceva solo la mattina ovviamente. Da mezzogiorno in poi, invece parlava addirittura troppo.
 
«Sì, va bene. Ma vengo solo se paghi tu».
«Tanto pago con i soldi che mi darai adesso. Quindi alla fine è lo stesso».
«Hai ragione».
«Sempre e comunque, inizia a impararlo» rise.
«Sì, e io sono una trota» rispose con tono ironico.
«Oh, davvero? Non me n’ero mica accorto» le sorrise. «Ma ora che me lo dici, effettivamente mi chiedo come abbia fatto a non pensarci prima».
Lei scoppiò a ridere, subito dopo avergli lanciato un’occhiataccia ammonitrice, tuttavia ironica, stranita tuttavia gioiosa. Si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mettendo il broncio.
 
«Beh, andiamo?» si ricompose Niall, passandole affianco.
«Certo. Dove?» chiese Agnieszka.
«Ovunque la trota desideri».
«Aw, che dolce» rise. «Che ne dici comunque, di andare banalmente al Burger King che ho visto qua sotto? Sai, ho visto che le crocchette di pollo sono scontate e io le adoro…»
«Crocchette di pollo scontate? Cazzo, perché non me ne sono reso conto prima? Dio, le adoro. Direi che sarebbe perfetto!» urlò, in preda alla “frenesia del perfetto foodlover”.
 
 
Dopo dieci minuti di coda in cui nessuno dei due aveva parlato, perché la scelta del menù era stata troppo ardua per entrambi, si sedettero a un tavolo che fortunatamente avevano trovato vuoto.
 
«Quindi, che mi dici?» cominciò lei, tirando su la Coca Cola che aveva preso con la cannuccia. Si spostò la treccia sulla spalla sinistra.
«Queste crocchette sono buonissime» mugugnò quello in risposta, tutto preso dal pezzo di pollo che stava masticando, trasognato.
«Hai ragione. Sono dannatamente gustose» rispose lei, guardandolo e sorridendo. Quel ragazzo le trasmetteva una gioia infinita, anche solo quando stava in silenzio e guardava il suo panino con profondo interesse. Anche solo quando la guardava con quell’aria stramba che aveva, mordicchiandosi di tanto in tanto il piercing che aveva al labbro inferiore.
 
«Non ti dà fastidio quello, mentre mangi?» chiese, indicando con il dito il labret.
«Non patticoammente, peò all’inicio mi dava fattidio» rispose con l’hamburger in bocca. Effettivamente quel boccone era stato piuttosto impegnativo da deglutire, soprattutto parlando. Era un campione di grandi bocconi, ma quello lì era stato davvero arduo da mandare giù senza esprimersi con facce strane o poco… cortesi.
Non si parla a bocca piena, Niall.
Non a tavola con una ragazza.

 
Si ricompose, notando che lei, invece di essere schifata si stava sconquassando dalle risate, aveva quasi le lacrime agli occhi. Rise anche lui, sbottando in una di quelle risate cristalline, che avevano l’incredibile capacità di rendere tutti più felici.
Si sentiva proprio nel posto giusto lì, con lei, a fare lo stupido e a mangiare cibo tutt’altro che salutare. Era fantastico.
 
Improvvisamente però fu investito dalla sensazione di aver lasciato la porta dello studio aperta e di non aver neanche preso le chiavi. Ricercò il suo cellulare nella tasca dei pantaloni e compose il numero di Louis. «Scusami solo un attimo, Agnieszka».
 
Uno, due, tre squilli.
Quattro squilli.
«Pronto?»
 
***
 
Louis stava pensando a una qualsiasi scusa decente da propinare a Zayn, visto che Harry sembrava averne bisogno, quando il suo cellulare squillò. La solita canzone degli Arctic Monkeys. Non guardò neanche il nome di chi lo stava chiamando, sullo schermo.
 
«Pronto?» rispose, facendo spallucce all’occhiata supplicante di Harry.
«Louis? Dove sei? Perché sono uscito con Agnieszka e penso di aver lasciato la porta dello studio aperta» annunciò la voce dall’altro capo del telefono, che risultò poi corrispondere a Niall.
«Chi è Agnieszka?»
«Non è questo il punto, Lou. Forse ho lasciato la porta aperta, passi a controllare?» implorò in tono supplicante.
«Ma sono…» fu interrotto.
«Sei con Harry?» chiese il biondino, ammiccante.
«No, no. Vengo subito» rispose in modo acido.
Chiuse la chiamata.
 
«Scusa Harry, devo andare. Non si può lasciare solo Niall che combina qualche casino. Che palle» sbuffò. Guardò Harry dritto negli occhi, volendo per un’ultima volta esplorare quel bosco vivace ma misterioso che racchiudevano. Sentì un brivido percorrergli la schiena appena lo fece. Un sorriso gli si dipinse sul viso. Era uno di quei sorrisi che ti rubano ogni speranza di non rimanerne affascinati, di quelli che ti migliorano la giornata solo a pensarli, di quelli che sono talmente esili e gentili da risplendere d’amore. Era un sorriso esclusivamente rivolto a Harry e il riccio arrossì, ricambiando con un’altra tipologia di sorriso. Di quelli che spaccano ogni barriera e ti arrivano dritto al cuore, di quelli che vorresti poter fotografare perché sarebbero in grado di risvegliare la tua felicità solo a sfogliarne il ricordo. Di quelli che si appropriano della tua anima e ti legano al loro proprietario senza più possibilità di sottrarsi alla sensazione di amore che ti portano. Era un sorriso tutto di Louis, e il ragazzo dagli occhi azzurri sentì un improvviso desiderio di accarezzare quelle labbra che lo avevano scolpito con le sue, più sottili e chiare.
Fu un desiderio che riuscì a respingere solo in parte, quando si avvicinò al volto dell’altro e posò un leggero bacio sull’angolo della sua bocca, con una dolcezza infinita, la solita dolcezza che si rese conto di essere capace a donare solo a Harry.
 
«Ci vediamo, cupcake» lo salutò con un cenno e uscì, senza neanche preoccuparsi degli sguardi indagatori degli altri due ragazzi, e senza neanche considerarli. Non sapeva neanche da dove gli fosse uscito cupcake.
 
Harry deglutì, al settimo cielo, e le sue guance si fecero più rosse e bollenti.
 
«Hazza, ora che siamo soli, che ne dici di sederci sul divano e raccontarci ogni cosa per filo e per segno? Perché ci sono diverse cose che stento a capire persino io» propose Liam, accomodandosi all’angolo del sofà.
 
«Ovvio che non le capisci, sei via da sei mesi!» protestò Harry, sbuffando. «E poi non c’è niente da capire! Semplicemente sono stato picchiato da Eric, Stan e gli altri. Mi hanno incontrato per strada e hanno pensato bene di conciarmi per le feste perché sono uno schifoso frocio» neanche due minuti che Louis se n’era andato e già sentiva l’irrequietezza aumentare senza sosta. Di nuovo quella scintilla di follia inconscia negli occhi, di nuovo quel dolore represso. Di nuovo quel desiderio profondo di essere accettato, mai realizzato del tutto.
 
«Ma io gli spacco la faccia a quelli! Come cazzo si permettono!» pur essendosi appena seduto, Zayn si alzò in piedi, fremendo e urlando con impazienza vendicativa. Teneva troppo a Harry per lasciare che una cosa come quella cadesse nel nulla. Avrebbe dovuto trovare un modo di fargliela pagare, a quell’Eric. Fargliela pagare per ogni singola volta che lo aveva deriso o picchiato.
 
La fiamma si spense. Zayn ci teneva davvero a lui. «Calmati, Zayn, è tutto passato. Stai tranquillo, ho parlato con Louis, e sto già un po’ meglio. Non c’è bisogno di vendette o chissà che. Non voglio che ti metta in mezzo» sussurrò infine.
 
«Ma si meritano una fottuta lezione quei bastardi!» disse in  tono autoritario.
«Dai, mi racconti un po’ di Louis?» cambiò discorso Liam, picchiettando due volte sul fianco di Zayn e facendogli segno di sedersi accanto a lui. Appena l’altro lo fece gli portò un braccio attorno alle spalle, stringendo la mano su una delle sue spalle larghe e forti. Poi si avvicinò al suo orecchio e sussurrò, fin troppo rocamente, a dir di Zayn, «Rilassati Zay, fallo per me».
 
«Non c’è niente da raccontare…» era ancora in piedi. Stentava a sedersi perché sapeva che se si fosse seduto lo avrebbero interrogato su cinquemilanovecento problemi, tra Louis, Eric, l’amore, i lividi e altre cose a cui non voleva neanche pensare. «È solo un mio amico a cui tengo molto, anche se lo conosco da poco più di un giorno. Questo è tutto». Diede loro le spalle e fece per andare in camera sua, ciondolando senza neanche rendersene conto.
 
«Dove credi di andare? Sono curioso! Dai ti preeego! Ti piace, dì la verità. Non ti voglio giudicare, sono solo curioso! Non ci vediamo da sei mesi e mi dai le spalle con così tanta facilità e velocità? Che amico ingrato» rise, senza neanche sapere se fosse davvero arrabbiato o no.
 
«Scusa Liam, ma sono stanco. Ora vado a dormire. Se volete mangiare, fate pure, non ho fame» rispose il riccio, fingendosi mogio. Non era totalmente una bugia il fatto che fosse stanco, ma non era neanche totalmente la verità. Non voleva dormire, voleva solo rimanere un attimo da solo e pensare a tutto quello che era successo in quella mattinata tanto breve da sembrare eterna.
 
 
Liam si voltò verso Zayn. «Davvero quei due non stanno insieme? Non ci credo neanche se vedo quel Louis e la sua fantomatica ragazza baciarsi. Dai, ci scommetto un miliardo che è gay fino al midollo. L’hai visto che ha fatto quando ho scompigliato i capelli ad Harry come faccio sempre? Mi ha lanciato un’occhiata truce che nemmeno puoi immaginare» concluse con una risata.
 
«Ma sì, me lo chiedo anche io. Ma poi Niall, quello che mi ha fatto gli ultimi tatuaggi, che è qualcosa tipo il suo migliore amico, mi ha detto che lui è gay. Me l’ha detto lui, e ti assicuro che è super aggiornato sui fattacci altrui. E poi è una specie di assennata fangirl, quindi se ne intende di queste cose» sbuffò, poggiando la testa sulla spalla di Liam.
 
«Una fangirl? E tu ti fidi di una fangirl? Mai farlo. A volte si inventano tutto» inspirò, prima di continuare. «Però in questo caso dubito davvero che si sbagliasse. Insomma, non ne so niente di tutta questa storia, ma a Louis piace Harry, ci metterei la mano sul fuoco. Dai, ha fatto la classica espressione da reginetta delle sassy appena ho sfiorato Harry. Non mi sembra una cosa normale» scoppiò a ridere, mentre l’immagine di Louis che lo guardava male continuava a scorrergli ripetutamente in testa. Zayn lo seguì nella risata, pensando che il cinismo di Liam gli fosse davvero mancato, e che era felicissimo che fosse ritornato così, inaspettatamente e con la stessa fermezza di prima, la stessa espressione intelligente e pacata, quella stessa espressione che si poteva trasformare in una risata sciocca in meno di uno starnuto, ma che continuava a mantenere un’aura di professionalità in ogni occasione.
 
«Infatti. Comunque ti dicevo che questo Niall mi aveva detto che Louis era appena uscito da una relazione e che era abbattuto e annoiato da qualsiasi tipo di romanticismo in quel momento. Mi ha detto che avrebbe avuto bisogno di una persona speciale, che sapesse tirargli su il morale. E io inizialmente non sapevo proprio cosa suggerirgli. E poi, in fondo non me poteva fregar di meno» si strinse di più contro il fianco di Liam, sentendo un improvviso bisogno di calore. «Poi, un giorno, Harry se n’è uscito con ‘sta storia di volersi fare un tatuaggio, ed è lì che mi è venuto in mente che forse Harry avrebbe potuto essere quella persona speciale. Mi fidavo delle parole di Niall. Da come lo descriveva lui Louis era il ragazzo perfetto per Harry. Dolce, affettuoso, profondo e sincero. Si vedeva che Niall gli voleva bene. Così abbiamo deciso di far fare il tatuaggio di Harry a Louis, e dopo un giorno e mezzo già sembrano tenere più di ogni altra cosa l’uno all’altro» sospirò. La gola gli pizzicava già. Non era abituato a fare lunghi monologhi, ma per Liam, che sembrava essere molto interessato, poteva fare un’eccezione. «Tra l’altro Harry non mi ha neanche voluto far vedere il tatuaggio che gli ha fatto Louis. Dice che è incompleto e che me lo farà vedere una volta terminato. Bah, vallo a capire quello… in ogni caso vorrei davvero sapere che hanno fatto lui e Louis per legare così tanto in meno di una giornata. Ieri quando siamo tornati dallo studio Harry non faceva altro che arrossire ogni volta che dicevo “Louis”, e io ovviamente continuavo a incentrare la conversazione su di lui per divertimento, per scherzare un po’». Stava per continuare, ma fu interrotto dalla risata sonora e forte di Liam.
 
«Che bastardo!» urlò e continuò a ridere. Zayn sentiva la cassa toracica dell’altro vibrare con insistenza e chiuse gli occhi, quasi fosse il più dolce dei massaggi. Non riusciva ancora a credere che Liam fosse lì, quando solo un giorno prima non sperava neanche che sarebbe tornato. «L’avrei fatto anche io».
 
«Poi ‘sta mattina non è venuto a scuola. È ovvio che fosse con Louis, ma mi sono comunque sorpreso, e in effetti non ci ho neanche pensato subito. Harry non è uno che si fida facilmente, e il fatto che si sia lasciato andare così in fretta questa volta, continua a sembrarmi strano. Dev’essere proprio speciale quel Louis, allora. Chissà cos’ha lui che io non ho. Non che voglia fidanzarmi con Harry…» scoppiò a ridere, imbarazzato. Non si ricordava neanche perché fossero arrivati a parlare di cose come quella. «Insomma, è solo che io e lui ci conosciamo già da due anni, anche tu e lui, ma con noi non si è mai comportato così. Un po’ sono preoccupato. Non vorrei che lui si fidasse troppo di lui senza conoscerlo abbastanza. Potrebbe finire male, tutto» espirò, teso.
 
«Stai tranquillo, Zay. Ci penso io, ok? Se questa faccenda dovesse prendere una piega che potrebbe far star male Harry ci penso io a sistemare tutto. Come ai vecchi tempi. Fidati che un modo lo troviamo. Ma ora rilassati, che mi sembra presto per fare questi discorsi. Lasciamo che si conoscano. Aspettiamo» strinse il braccio ancora più forte intorno alle spalle di Zayn. Gli sembrava indifeso come non mai. Era davvero felice di poterlo di nuovo abbracciare, perché all’estero aveva incontrato un sacco di persone meravigliose, ma nessuna di loro era stata in grado di eguagliare il suo Zay. Nessuno era come lui. «Ora vado a farmi una doccia, che mi serve proprio. Tu però, fra un po’, cerca di capire cos’è successo a Harry e perché ha il viso pieno di lividi. Quella sì che è una cosa di cui preoccuparsi» gli sorrise e si alzò, avviandosi verso il bagno e lasciando un’improvvisa sensazione di vuoto al ragazzo che pochi secondi prima era avvinghiato a lui quasi fosse un piumino in pieno inverno.
 
***
 
La porta è chiusa, vaffanculo.
 
Era stata esattamente quella la sua reazione, forse solo un po’ più… incazzata, ecco. Ma era normale essere incazzati vista la situazione. Era arrivato lì di corsa, infrangendo semafori e limiti di velocità, con il timore che qualcuno potesse entrare nello studio e rubare tutto e poi, giunto sul luogo aveva trovato la porta chiusa e ogni cosa come doveva essere. Aveva fatto pure un giro per controllare che tutto fosse a posto e poi se n’era andato. Il lunedì aprivano solo la mattina, ed era già tanto che lo facessero, perché la maggior parte dei negozi chiudeva, il lunedì.
 
Arrivato a casa, all’incirca a dieci minuti di distanza dallo studio, in macchina, si era buttato sul divano a pancia in giù, la testa mollemente adagiata sul cuscino fin troppo accogliente e morbido e il braccio sinistro a penzoloni, in quella posizione che molto presto lo avrebbe reso prima formicolante e poi atrofizzato.
Aveva la testa tra le nuvole, e non riusciva a pensare a nient’altro che non fosse la leggera distanza che aveva reso quel bacio che aveva dato a Harry prima di uscire un semplice e noiosissimo bacio sulla guancia. Avrebbe voluto davvero baciare Harry su quelle labbra che sembravano implorare che lo facesse. Ma non poteva farlo. Aveva troppa paura di rovinare il meraviglioso legame che sentiva di avere con Harry. E poi Louis aveva ventidue anni. Harry inece solo diciassette. Non voleva spaventarlo, e non sapeva neanche come avrebbe reagito lui. Magari lo guardava come si guarda una mamma, o un fratello, senza nessun interesse dal punto di vista sentimentale. Magari sarebbe rimasto pietrificato e inorridito nel sentire le sue labbra sottili a contatto con le sue carnose e gonfie, proprio come fossero stati fratelli. D’altra parte neanche Louis sapeva bene cosa pensare a riguardo. In un certo senso sentiva che baciarlo sarebbe stato sbagliato non solo per l’età, ma anche perché in fondo anche lui sentiva di essere legato al riccio come lo è un ragazzo con il suo fratellino, ma dall’altra parte la sua mente lo istigava continuamente a provarci, perché sentiva anche un brivido percorrergli la spina dorsale ogni volta che posava il suo sguardo su di lui, e quello era un chiaro segno di qualcosa di più di un semplice rapporto fraterno. Anche per quello aveva paura che approfondendo la conoscenza limitandola ad un rapporto di amicizia si sarebbe pentito delle sue azioni solo in seguito, quando Harry sarebbe venuto da lui a raccontargli di essersi innamorato di un altro. Magari invece se avesse chiarito le cose subito, se avesse provato a dirgli quanto ci teneva a lui già dopo così poco tempo, e quanto volesse baciarlo lentamente e dolcemente per trasmettergli sicurezza e amore, magari così le cose sarebbero andate meglio. Magari Harry non sarebbe inorridito, e magari avrebbero provato a stare insieme anche solo per conoscersi di più. Senza segreti da nascondere. Senza sentimenti taciuti.
 
I suoi pensieri vennero interrotti, perché il telefono che aveva in tasca suonò. Si appuntò mentalmente di cambiare suoneria perché fino ad allora aveva portato solo guai, o tempeste. Ebbe anche lo sfrenato desiderio di non rispondere e fregarsene di tutto e di tutti, ma poi realizzò che fra le tante persone che avrebbero potuto chiamarlo c’era anche Harry e alla sua chiamata avrebbe risposto con un sorriso, e con un fremito.
Sfilò il cellulare dalla tasca e scoprì con delusione che era di nuovo Niall.
 
***
 
«Niall? Sono Zayn, disturbo?»
«No, tranquillo, che c’è?»
«Volevo chiederti perché non mi hai detto che Louis è fidanzato. Sai com’è, io pensavo che fosse gay e che tra lui e Harry potesse nascere qualcosa che avrebbe fatto bene ad entrambi. Mi sono fidato di te, mi avevi detto che Louis aveva bisogno di una persona speciale, e Harry lo è, davvero. Ma non voglio che soffra a causa sua. È l’ultima cosa che vorrei. Già ha un sacco di altre cose a cui pensare, e non è giusto che stia male anche per questo motivo. Ho come l’impressione che Louis lo stia illudendo, e Harry è già cotto di lui, si vede da come lo guarda e da come sorride anche solo a pensarlo. Questa storia non deve andare avanti. Dì a lui di smetterla di giocare e di essere responsabile. Non si può prendere gioco di Harry così spudoratamente». Era così. Per una volta nella sua vita Zayn non si era affidato totalmente a quello che gli aveva detto Liam. La felicità di Harry significava troppo per lui e non voleva assolutamente che qualcosa potesse rovinarla ulteriormente. Ulteriormente, sì, perché già i bulli che lo prendevano in giro a scuola erano abbastanza per ferire l’animo fragile di Harry. Che poi Harry non era sempre fragile. Per assurdo anzi, non lo era quasi mai, e involontariamente lo era solo nelle situazioni in cui avrebbe dovuto esserlo di meno. Quel ragazzo avrebbe facilmente potuto avere un miliardo di amici a girargli intorno. Era talmente speciale e solare, quando voleva, da far risplendere il mondo, e nessuno avrebbe potuto trovare un pretesto per odiarlo, per quanti difetti potesse trovare in lui. Louis non aveva nessun diritto di prendersi gioco di lui. Zayn non era sicuro che lo stesse facendo, in effetti, ma qualcosa che sapeva di presa in giro c’era per forza in tutta quella faccenda. Da qualche parte c’era stato un, voluto o meno, malinteso. E se quel malinteso avesse fatto stare male Harry, allora era il caso di chiudere tutto.
 
«Ma che cazzo stai dicendo, Zayn? Ti è andato di volta il cervello? Louis non è fidanzato. Chi te l’ha detto?» sentì ridere dell’altro capo del telefono e la cosa lo irritò alquanto.
«Me l’ha detto Harry. Mi ha detto che Louis è fidanzato con una certa… uhm… – dio, com’è che si chiamava? – Eleonora, Elena, Elisa… no, era un nome più storpio, tipo Eluanora, boh non mi ricordo, qualcosa del genere. Conosci qualcuna che si chiama così?»
«Non conosco nessuna Eluanora, no… però la migliore amica della sorella di Louis si chiama Eleanor, può essere lei?» Zayn sentì chiaramente un sussulto nella voce dell’altro, e nella sua voce si sentiva una lieve venatura di orrore.
«Cazzo, sì, mi pare proprio che fosse Eleanor. Sei sicuro che non siano fidanzati? Perché in caso contrario vuol dire che Louis ha mentito a Harry comunque e la situazione migliora di poco, ma non abbastanza» aveva ancora un tono irritato.
«Ma sì, sono sicuro. La mia indole da fangirl non mi porterebbe a commettere errori come questo. E poi sono il migliore amico di Louis, me lo avrebbe detto. Dev’essersi inventato tutto per vedere come avrebbe reagito Harry, conoscendolo. E avrà combinato il solito casino. A proposito, come sta Harry? Perché Louis è uscito di corsa dallo studio, prima, dicendo che doveva andare in fretta da lui…».
«La stai prendendo troppo alla leggera, biondino. Non mi pare proprio il caso di scherzare. Se non scopri in fretta cosa cazzo ha combinato Louis ve la vedete brutta, tu, e lui. Siamo intesi? E non so cosa sia successo ad Harry di preciso, so solo che è tornato con la faccia coperta di lividi. Ha detto che è stato picchiato dai soliti bulli, quelli che un giorno pesterò a morte» era meglio mettere in chiaro le cose, a costo di esagerare un po’.
«Oh cazzo, la faccenda è più complicata di quanto pensassi. Allora faccio che chiamare direttamente Louis è chiedergli chiarimenti. Poi ti richiamo» Zayn stava per mettere giù, quando Niall riprese a parlare. «E non ti preoccupare troppo per Louis, so che è irresponsabile e tutto quello che vuoi, ma ho visto come guardava Harry. È davvero legato a lui. Hanno già un legame speciale. Inspiegabilmente, forse, è vero, ma fidati quando ti dico che quei due hanno bisogno l’uno dell’altro. Andrà tutto bene. Lasciali fare» poi chiuse.
 
«Cazzo».
 
***
 
«Che palle» se ne uscì, prima di rispondere e mettere il vivavoce. Era troppo pigro per sprecare energia e tenere il braccio alzato a sostenere il cellulare per più di un minuto. Poggiò il cellulare sul divano accanto a lui e tornò a poggiare la testa sul cuscino.
 
«Che vuoi?»
«Louis sei uno stupido».
«Ti voglio bene anche io, Niall. E ripeto, che vuoi?» fare il cazzone era suo tipico.
«Chiarimenti, Tomlinson. Chiarimenti»
«Vedo che sei in vena di scherzare Horan. Beh io no, quindi muoviti» sentì la porta, poco lontana dal divano, aprirsi, e un vociare raggiungerlo. Sua sorella, e qualche sua amica gallina, di sicuro.
 
«Ciaaaao» urlò Lottie e fu seguita dalla voce, neanche troppo timida, come ci si aspetterebbe da un’ospite, di Eleanor. Louis la riconosceva perché era insopportabilmente da peppia.
Non rispose. Tanto lo sapevano che era sdraiato sul divano. Eleanor di sicuro gli stava guardando il culo. Era cotta di lui, da due anni ormai.
 
«Ohi, ci sei?» chiese il biondino dall’altro capo del telefono.
«Sì. Dicevi?»
 
Niall aveva aspettato quel momento da quando Zayn lo aveva chiamato. Voleva davvero vedere quale sarebbe stata la reazione di Louis se gli avesse posto quella domanda in modo così diretto e disinvolto, con insopportabile vivacità, quasi fosse felice di porgliela.
Si sarebbe scassato dalle risate. «Beh quindi ti sei messo con quella Eleanor, l’amica di tua sorella, eh? Mica me l’avevi detto!» urlò, per aggiungere maggiore enfasi a quella che la sua voce già impartiva normalmente a ciò che diceva.
 
E Louis letteralmente sbiancò. Immediatamente sentì due paia di occhi indesiderati puntarsi sul suo cellulare poggiato sul divano, quello da cui quello scherzo inappropriatamente realistico era scaturito con irritante puntualità.
Louis strinse i pugni, raddrizzandosi a sedere e imprecando.
«Cazzo» sussurrò tra i denti. E chiuse la chiamata.
 
***
 
Dieci chiamate perse non erano pochi per un ragazzo che praticamente non aveva amici. Non lo erano affatto. Erano al contrario tantissime, anzi troppe, e Harry si precipitò a vedere da chi provenissero.
Sei erano di Zayn. C’era da aspettarselo. E le altre? Non potevano essere di Louis, perché praticamente aveva passato la mattinata con lui.
 
Gretchen” lesse. Era quella sua compagna di classe con cui aveva maggiormente legato quell’anno. Effettivamente si era stupito di esser riuscito a fare amicizia con qualcuno. Anche se non erano soliti messaggiare o uscire, era una buona amica all’interno della scuola. Più che altro era l’unica, a parte Zayn. Passava tutte le ore di scuola a chiacchierare con lei, a parte gli intervalli, nei quali si trovava, appunto con Zayn. Avevano legato parecchio, anche se non abbastanza da rivelarle il suo orientamento sessuale. Aveva comunque sondato il territorio chiedendole per esempio se fosse favorevole ai matrimoni gay e, seppur lei avesse risposto di sì, lui aveva avuto troppa paura per uscire allo scoperto.
 
Trovò anche un messaggio da parte sua. Sorrise. Aveva sempre sognato che qualcuno della scuola gli mandasse un messaggio e che quel qualcuno non fosse  banalmente Zayn.
 
[Da: Gretchen]
Harry come stai? Tutto bene? Non ti ho visto a scuola e pensavo fosse carino da parte mia farti sapere che mi sei mancato. Sai com’è, qui sono tutti così noiosi! E la Cherubini mi ha pure interrogato. Uffa. Si è sentita proprio la tua mancanza xx
–Gret

 
Il suo sorriso si accentuò a maggior ragione dopo averlo letto. Era stata davvero tenera. E l’aveva fatto sentire importante.
 
[A: Gretchen]
Grazie mille per il messaggio, e sì, è stata davvero una cosa carina dirmelo. Mi ha fatto davvero sorridere e mi sono sentito addirittura importante (: Sei arrivata alla sufficienza con l’interrogazione, vero?
 
Dopo diversi minuti il suo cellulare vibrò e Harry fu felice nel constatare di non essere stato ignorato come aveva pensato sarebbe successo.
 
[Da: Gretchen]
Ho preso cinque al sei… però sono già migliorata! Ma lo sai che io e lo studio non andiamo d’accordo.
 
[A: Gretchen]
Non vorrai mica essere di nuovo bocciata? ):
 
[Da: Gretchen]
Nope. È che l’anno scorso mi sono fatta bocciare solo per finire in classe con te, lo ammetto LOL
 
[A: Gretchen]
Aw, che tenera. L’avrei fatto anche io per te ahah
 
[Da: Gretchen]
Che avevi oggi, che non sei venuto?
 
[A: Gretchen]
Ho fatto colazione con un mio amico e mi sono scordato che era lunedì.
 
[Da: Gretchen]
È proprio da te ahah. Chi è questo amico che è riuscito a farti dimenticare della scuola? ;) Non che ci voglia molto a farti dimenticare di qualcosa, ma hai sempre detenuto il record di non aver mai fatto nessuna assenza, mi sembra strano che te ne sia scordato così. Doveva essere un amico importante ;)
 
Si interruppe un attimo per pensare a come rispondere. Chi era Louis? Come poteva definirlo?
 
[A: Gretchen]
Sherlock Holmes non avrebbe saputo fare di meglio, Gret! Beh, non lo conosci, ma si chiama Louis e ci siamo conosciuti solo ieri. Visto che mi aveva offerto una cioccolata e che ho legato molto con lui ho voluto ricambiargli il favore… tutto qui.
 
[Da: Gretchen]
Aw, che carini.
 
Harry aggrottò le sopracciglia dopo aver letto la sua risposta e il cuore cominciò a battergli più forte nel petto, che fosse a conoscenza del suo essere gay? Non poteva essere. Anche se non sembrava affatto eventualmente turbata da quel pensiero, quell’affermazione lo stranì. Pensò diversi minuti a cosa risponderle.
 
[A: Gretchen]
Perché?
 
[Da: Gretchen]
Niente, dicevo... Comunque questi Louis devono essere proprio persone speciali. C’è mia sorella che praticamente mi rompe dalla mattina alla sera, da ormai due anni, con ‘sta storia di  un certo Louis che le piace. Cioè, capisco che le piaccia, ma è sempre esagerata.
P.S. Se le cose stanno così anche io vorrei trovare il mio Louis, ahah

 
[A: Gretchen]
Hai una sorella? Non me l’avevi mai detto.
 
[Da: Gretchen]
Uhm.. pensavo di averlo fatto. Comunque sì, ho due sorelle, gemelle per la precisione. Tina ed Eleanor. Solo che Tina non la vedo quasi mai perché i nostri genitori sono separati e lei abita con mio padre, in un’altra città.  ):
 
Appena ricevuto il messaggio Harry sbiancò. Ma per sbiancò non s’intende solo fisicamente, ma anche mentalmente. Le sue sinapsi smisero di funzionare correttamente, perché continuavano a fargli girare in mente l’immagine delle labbra di Louis che dicevano che era fidanzato con Eleanor. Eleanor. Eleanor.
Poteva davvero trattarsi della stessa persona? Poteva davvero essere lei, Eleanor, la stessa ragazza fidanzata con il suo Louis? Arrossì al pensiero di un Louis suo, e lo scacciò. Si rannicchiò più di quanto lo fosse già sul letto e lasciò cadere il cellulare a terra, scena che a chiunque sarebbe potuta sembrare esagerata e teatrale, ma sta di fatto che il cellulare gli cadde a terra involontariamente, e quel fatto accentuò solo di più la drammaticità del momento. Delle lacrime fredde e inumanamente asettiche gli scivolarono giù dalle guance, inumidendo il copriletto.
 
Eppure era stato così bello bere la cioccolata seduto di fronte a lui e sentirsi accudito come una creatura speciale.
Eppure era stato così emozionante quella mattina ritrovarsi il suo numero tatuato sul braccio. Quasi ad abbracciarlo senza sosta.
Eppure era stato così meraviglioso preparare i pancake sapendo che li avrebbe mangiati con lui.
Eppure era stato così dolce quell’abbraccio che l’aveva fatto sorridere sulla sedia della cucina.
Eppure era stato così intensa quella canzone cantata condividendo l’anima.
Eppure era stato così leggero quel bacio sull’angolo della sua bocca, quasi a illuderlo che prima o poi ce ne sarebbe stato uno vero.
Eppure era stato semplicemente perfetto ogni attimo passato con lui, ogni istante, ogni briciola di tempo, ogni battito di ciglia, come ogni parola, come ogni volta che i loro occhi si erano incrociati per coincidenza o per desiderio.
Lui era stato perfetto. Lui era stato meraviglioso. Lui l’aveva consolato, senza provarne pena.
 
Lui semplicemente era stato Louis e l’aveva amato.
Harry semplicemente era stato felice e se n’era innamorato.
 

They fell in love, didn’t they?
 
Harry che sprofondava negli occhi di Louis senza possibilità di risveglio. Era come essere la bella addormentata in un mare surreale, essere risvegliati dal principe che lo possiede e affondare nel mare d’amore che quei suoi occhi ti sapevano donare.
 
Louis che osservava Harry di profilo, e la luce che ne impreziosiva i lineamenti. Era come osservare uno spettacolo della natura, uno di quelli che ti migliora l'intera vita e non solo una giornata, come il semplice vento primaverile che accarezza i fiori di un pesco e sostiene una farfalla nel suo primo volo, come essere quella stessa farfalla e posarsi con dolcezza sul naso di un bambino.
 
Yes, they did.

 
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Angolo dell'adkjdlsjar (eeh sì):
Voglio cominciare oggi con le scuse ufficiali. Tecnicamente avrei dovuto aggiornare ben cinque giorno fa, ma la scuola mi ha rotto l'anima e persino io che di solito tendo a fare il minimo con il massimo risultato ho dovuto arrendermi allo studio. (E i risultati si sono visti, infatti ho preso cinque e mezzo di storia LOL) In any case, so che non ve ne può fregar di meno, ma ci tenevo a scusarmi con voi e dirvi che sempre SEMPRE cerco di aggiornare il prima possibile, perciò se non aggiorno entro una settimana e mezza vuol proprio dire che ero piena. 
❤ Veniamo alla storia. Inizia qui, diciamo, il vivo di tutto. Presto ci saranno anche momenti larry più intensi, ma ci tenevo ad aggiungere ancora questi due personaggi fondamentali, ovvero Eleanor e Gretchen. Che ne pensate di loro? So che molte di voi non volevano che la frappy comparisse ma dobbiamo metterci un po' di drama in questa storia, e quest'idea qua mi piaceva :)
❤ Sassy!Louis me piasa (?) quindi boh, penso che sarà molto sassy :')
❤ Mi piacerebbe che mi diceste cosa ne pensate dei singoli personaggi, senza troppe parole sprecate, se dovesse essere questo a frenarvi, ma solo per sapere se secondo voi il carattere di ognuno è reso bene o se preferireste dei cambiamenti o delle descrizioni più/meno accurate. 
❤ Scusate se è venuto un mappazzone questo capitolo, non era mia intenzione, e a volte mi perdo troppo nelle descrizioni psicologiche o nei "monologhi" pensati. 


❤ Voglio ringraziare chiunque si arrivato qui, compreso te, che stai leggendo, perchè qualsiasi cosa tu stia facendo, pensando o che, sono felice davvero che tu sia passato a leggere o anche solo a dare un'occhiata a questa fan fiction. Ripeto, vi “virtualAMO” tutti.

Un GRAZIE speciale va a yaoiblGleerectioner_Swaag_Lucy27liamsconverseLarry_is_true_love__Thesky__ (che ha una bellissima icona di Shingeki No Kyojin) e la meravigliosa LeMee.


❤ Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e blablabla, spero che recensirete o comunque mi farete sapere cosa ne pensate. 
Se volete potete contattarmi su Twitter: @_egobrain 
Se no qua c'è Tumblr: DDEJRFH

 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Of shriveled leaves and love ***



They fell in love, didn’t they?
 
Harry che sprofondava negli occhi di Louis senza possibilità di risveglio. Era come essere la bella addormentata in un mare surreale, essere risvegliati dal principe che lo possiede e affondare nel mare d’amore che quei suoi occhi ti sapevano donare.
 
Louis che osservava Harry di profilo, e la luce che ne impreziosiva i lineamenti. Era come osservare uno spettacolo della natura, uno di quelli che ti migliora l'intera vita e non solo una giornata, come il semplice vento primaverile che accarezza i fiori di un pesco e sostiene una farfalla nel suo primo volo, come essere quella stessa farfalla e posarsi con dolcezza sul naso di un bambino.

 
Yes, they did.

 
***

Possibile che dopo un’intera mattinata passata con Louis, Harry sentisse già il bisogno di averlo vicino? Doveva staccare la testa. Non poteva continuare così. Non era sano. Eppure il solo pensare a Louis era già una sorta di prova per lui, una prova atta a farlo crescere. Il pensare a lui comportava tutta una serie di altri pensieri che lo rendevano al tempo stesso vulnerabile ed estremamente forte. Si chiedeva se potesse essere possibile amarlo senza neanche poter dire di conoscerlo veramente quando nel mondo c’erano così tante persone che prima di ammettere di essersi innamorate o rendersene conto ci mettevano una vita. Si sentiva un po’ in colpa per questo, si sentiva un po’ stupido pensando di poter essere innamorato, aveva paura che se lo avesse detto a qualcuno quel qualcuno lo avrebbe guardato male, pensando che fosse ancora un ragazzino in crisi ormonale, che non sa distinguere una cotta passeggera dall’amore e che per sentirsi grande usa paroloni del cui significato non riesce nemmeno a rendersi conto.
 
Ma pur avendo diciassette anni Harry pensava di sapere cosa fosse l’amore. Perché si era reso conto che l’amore non era una cosa dedicata a una sola persona, ad una sola cosa, a senso unico, ma un sentimento ricorrente ed eterno, che circondava chiunque dal momento stesso in cui si nasceva. Ogni cosa era amore e lui per niente al mondo avrebbe sminuito il significato di quella parola.
L’amore per lui era camminare per strada quando il sole stava per tramontare, in primavera, con le foglie che gli solleticavano il viso e si incastravano fra i suoi ricci.
L’amore era quel sentimento che sapeva di provare per sua madre, pur non vedendola quasi mai, quel sentimento che lo invitava continuamente a sperare che stesse bene e che fosse felice. L’amore per sua sorella, con cui non parlava da chissà quanto tempo per via dell’università che lei frequentava. Lui sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro, a prescindere dalle sue difficoltà, superando o cercando di superare ogni ostacolo pur di vederle felici.
L’amore era sedersi di fronte al piano e suonare lasciandosi trasportare dal vuoto o dal caos che regnavano dentro di lui, cantare immaginando di essere steso su un prato verde e di poter affrontare la potenza del sole ad occhi aperti.
L’amore era fidarsi di una persona perché lo faceva sentire bene, e basta.
L’amore era respirare, l’amore era ogni singolo attimo della sua vita; non perché la sua vita fosse stupenda in ogni sua più minuscola sfumatura, ma perché ci sarebbe sempre stato qualcosa di meraviglioso a cui pensare, ci sarebbe sempre stato qualcosa di più importante delle lacrime, in grado di rendere anche i momenti peggiori solo un ponte, un passaggio, per poter tornare a sfiorare i tronchi degli alberi o a immergere i piedi nudi in un laghetto poco profondo, per poter tornare a sorridere alle battute tutt’altro che divertenti di un amico o a osservare la luce del sole che si posava sulle ciglia lunghe di Louis, rendendolo quasi una creatura mistica e bellissima; per poter tornare ad abbracciare Zayn quando lo proteggeva con tutte le sue forze o a uscire sotto la pioggia e prendersi un raffreddore.
Tutto era amore, e Harry lo sapeva.
Quindi se da una parte pensava di sbagliarsi ad affermare di amare Louis, dall’altra era certo di farlo.
 
***
 
Cazzo.
«Louis? Cos’è questa storia?» chiese Eleanor con un’espressione per lo più indecifrabile. In realtà era semplice il meccanismo con cui aveva costruito meticolosamente ogni centimetro di quella maschera di shock che portava. Dietro a quella bocca spalancata si nascondeva in realtà un ghigno di vittoria e di eccitazione. Dietro a quegli occhi corrucciati e interrogativi si nascondevano in realtà due occhi attenti ed emozionati, ma allo stesso tempo esuberanti. Semplicemente voleva sembrare sorpresa e confusa, mentre era solo sorpresa… ed estremamente felice. Era carica di quel tipo di felicità che però non porta nulla di buono. Quel tipo di felicità che credi di avere in pugno fino a che non scopri che è sempre stata instabile e preziosa e che l’hai ormai persa.
 
«Ehm… non… posso spiegare…» cominciò Louis, con lo sguardo di uno che ha fatto un errore madornale e non può essere perdonato. Si sentiva in colpa.
Harry.
 
«Stai tranquillo, non sono arrabbiata. Posso sedermi un attimo sul divano di fianco a te?» chiese con una voce decisamente troppo dolce. Al cenno lento di Louis si accomodò, guardandolo.
«Vedi… il fatto è che…» prese fiato. Cosa doveva fare? Raccontarle tutta la verità o stare al gioco e fingere di stare con lei per poi alla prima occasione scaricarla? La verità, doveva dire la verità. Non avrebbe retto una finta relazione con lei o con chiunque altro nemmeno per un secondo, non era un tipo da bugie. Odiava le bugie, a dire il vero. Non poteva permettersi proprio lui di mentire.
 
Stava per riprendere a parlare ma Eleanor lo interruppe di nuovo.
Alzò gli occhi al cielo, infastidito.
«Non vedo dove sia il problema. Stai tranquillo. Ti capisco» disse e Louis tirò un respiro di sollievo, ingenuamente pensando che lei potesse in qualche modo leggergli la mente e tirare le somme di ciò che era successo, del perché Niall avesse urlato al telefono che lui era fidanzato con lei. Ma ovviamente Eleanor non aveva nessun potere di questo genere e le sue parole, per quanto confuse, rievocavano nella sua mente pensieri diversi da quelli che nella mente di Louis.
«Grazie a dio» si ritrovò addirittura a sussurrare quest’ultimo.
Sarebbe stato un bel problema.
 
«Avresti solo potuto dirmelo prima! Sai non è il migliore dei modi per scoprirlo».
«Hai ragione, scusa. Ma mi è scappato ed evidentemente la notizia ha preso il volo e ora lo sanno tutti» se solo non se la fosse inventata, quella dannata cosa di essere fidanzato con lei, in quel momento starebbe dormendo senza tormenti. Gli era già andata bene che Eleanor avesse capito. Non pensava che l’avrebbe fatto così facilmente se proprio avesse dovuto venire a conoscenza di esser stata “usata” per testare le emozioni di Harry. Sì, perché era per quello che aveva sputato fuori il suo nome durante il tragitto in macchina con Harry. Voleva solo vedere come avrebbe reagito. Aveva scommesso mentalmente che ci sarebbe rimasto male, o più che altro ci aveva sperato. Naturalmente ci aveva sperato non perché voleva vederlo soffrire, ma perché si sarebbe reso conto di essere importante per Harry almeno quanto il riccio lo era per lui. Il piano aveva egregiamente funzionato, dando anche esiti positivi, visto che da quando aveva detto Eleanor il sorriso meraviglioso sulle labbra del più piccolo si era spento e Louis non aveva più rivisto le sue fossette, che tanto amava. Ma in ogni caso non avrebbe mai voluto che la notizia si propagasse così in fretta di persona in persona, fino a giungere alle orecchie della stessa Eleanor. Doveva essere stato Zayn a raccontarlo a Niall, e per quanto Louis si fosse accorto che il biondino scherzava quando aveva urlato quella frase determinante al telefono, era un po’ arrabbiato con lui. Se Eleanor non fosse stata una ragazza inaspettatamente comprensiva, si sarebbe sicuramente già ficcato in qualche guaio più grande di lui.

«Beh sì, sono cose che capitano!» gli rivolse un sorriso enorme e Louis si sorprese ad aggrottare le sopracciglia, confuso. Perché mai avrebbe addirittura dovuto essere felice? Insomma, va bene essere positivi e sorridenti, ma non ne aveva proprio alcun motivo. In fondo era stata in qualche modo scaricata dal ragazzo che le piaceva! Se le piacesse? Sì, eccome se le piaceva. Era da molto tempo che gli andava dietro, aveva anche provato diverse volte a chiedergli di uscire con lei passando attraverso la sua petulante sorella Lottie, che si era dimostrata disponibilissima nel cercare di convincere il fratello a provare almeno una volta a farsela piacere. Alla fine due o tre volte era uscito davvero con lei (la maggior parte delle quali come punizione per aver perso una scommessa con Lottie) e si era trovato fregato in tutti i sensi. Certo non era stato proprio un inferno, ma avrebbe comunque preferito farne a meno.
Comunque era risaputa la cotta che Eleanor aveva per lui e il fatto che non avesse cercato di approfittare di quell’occasione servita praticamente su un piatto d’argento per guadagnarsi per lo meno un appuntamento era alquanto sospetto.
«Infatti. Mi spiace aver causato problemi. Ora però voglio dormire, sono stanco» concluse con un soffio accompagnato da uno sbadiglio poco fine. Lottie rise, tirandogli uno schiaffetto sulla nuca.
«Ma come Louis? Questa non me l’aspettavo da te! Non dai nemmeno un bacio del ‘buon riposino’ alla tua fidanzata?» esordì Lottie con un piccolo broncio di disapprovazione, scuotendo leggermente la testa. Ed Eleanor rise sonoramente, facendo ghiacciare il sangue nelle vene a Louis.
Cosa?
 
***
 
«Ho sentito che in questi giorni in città ci sarà il Luna Park, ci andiamo?» chiese Agnieszka, con il joypad scassato in mano, nel tentativo di aggiustarlo, seduta di fianco a Niall, che guardava lo schermo con determinazione.
«Hm…» borbottò lui tenendo la lingua tra i denti per la concentrazione.
«Scusa, è stata una richiesta stupida. Hai ragione, sono praticamente una sconosciuta e non ha senso venire con me al Luna Park, sai, a dire la verità non mi sembra più una buona idea neanche andarci da sola. Voglio dire, ci sarà un sacco di gente e diciamo la verità, chi è che ha voglia di andare a sbattere ogni tre per due, che tra parentesi fa sei, contro una persona? Mah, io no. Che razza di idee mi faccio venire in mente» scoppiò a ridere, accarezzando con titubanza e lieve imbarazzo la sua treccia rossa, dopo aver posato sul il joypad, rinunciando ad aggiustarlo.
«Ma stai calma vah» scoppiò a ridere anche Niall, interrompendo il gioco per poterle prestare completa attenzione «Hai fatto tutto da sola! Chi ti ha detto che avrei rifiutato l’invito?» chiese scostandosi dei capelli ribelli dalla fronte.
«Eh? No, nessuno, ma boh, mi era preso uno schizzo di atroce dubbio, tipo spasmo, solo che mentale» continuò a ridere, grattandosi la fronte e arrossendo impercettibilmente. «Ma quindi ci verresti?» riprese il discorso.
«Secondo te?» chiese, tirandole una cuscinata.
«Ehi! Non ti azzardare eh! Una volta ho seguito un corso per organizzare dei perfetti pigiama party e in una delle lezioni ci hanno insegnato a fare a cuscinate con tecnica e classe. Quindi non osare sfidarmi, o troverai la tua morte su questo campo di battaglia!» lo minacciò puntandogli un dito sotto il mento, mimando una faccia truce.
«Un corso per organizzare dei perfetti pigiama party, eh?» aggrottò le sopracciglia.
Lei finse un broncio, incrociando le braccia al petto e simulando una faccia indignata. «Beh, sì. La cosa ti crea dei problemi?»
Doveva davvero aver spaventato a morte Niall, allora, visto le era arrivata una cuscinata dritta in faccia dopo pochi secondi di silenzio teatrale.
 
«Ahi!» gemette.
«Certo che ci vengo al Luna Park. E poi è da tipo un sacco che non prendo lo zucchero filato. Non mi ricordo neanche più che consistenza abbia! Me misero, me tapino!» si portò una mano alla fronte, inclinando la testa all’indietro.
Agnieszka sorrise, e il suo sorriso illuminò la stanza. Non si era mai trovata così a suo agio con una persona come lo era con Niall. Si sentiva libera di poter esprimere se stessa al meglio, senza fingere di essere più femminile, senza fingere di essere meno strana, semplicemente senza fingere di essere qualcuno che non era.
Poi Niall era come il sole, abbagliante, luminoso, sembrava un dio sceso in terra ed era gentile, tenero, simpatico, aveva anche i suoi stessi gusti praticamente in ogni ambito. Era perfetto e lei era assolutamente al settimo cielo. Continuava a ringraziare la vita per avergli permesso di incontrare una persona come lui, perché non ci sperava più, e in ogni caso le sue aspettative non erano neanche mai arrivate al livello di Niall. Quel biondino era molto di più. Si vedeva dalla sua purezza, i suoi tratti infantili ma allo stesso tempo adulti, dalla sua ironia.
E con il termine purezza non voleva dire ingenuità, ma trasparenza, sincerità, simpatia.
Niall pensava lo stesso di lei. Gli piaceva il fatto che non fosse una persona come tutte le altre: che avesse le sue idee, che si vestisse a modo suo e soprattutto che avesse una personalità combattiva e non debole, senza però essere esagerata in nessun senso. Anche lui era estremamente grato a quella giornata per avergli permesso di conoscerla. Sorrise.
 
«Aha! Lo sapevo che alla fine il desiderio di cibo avrebbe vinto la tua pigrizia!»
«Beh, che ti aspettavi da me?»
Ci fu silenzio per un istante.
La cosa migliore è che non fu affatto un silenzio imbarazzante.
 
«Senti, potresti dire anche ai due piccioncini di venire! Il Luna Park sarebbe un posto magnifico per il loro primo bacio! Sempre che non si siano già baciati! Ma te li immagini? Aw» disse Agnieszka simulando l’espressione dell’urlo di Munch, solo adattandola alla situazione di fangirlamento acuto.
«Uuh, non ci avevo pensato! Batti cinque sistah!» le porse la mano aperta, schioccandola contro la sua, prima di chiuderla a pugno per completare la mossa. Poi riprese la parola. «Cazzo, ma secondo te si sono già baciati?»
«Non saprei… in effetti c’era qualcosa di strano fra quei due, come se avessero già condiviso qualcosa, ma no, non penso. Quell’Harry non mi sembrava affatto il tipo da dare via il suo primo bacio con tanta ingenuità!» rispose, con fierezza.
«Secondo te non ha mai baciato nessuno Harry?» chiesi, sorpreso. Era un bel ragazzo, doveva aver già baciato qualcuno. 
«Ci scommetto due pasti completi del Burger King che non ha mai baciato nessuno, a parte Louis, si intende,  nel caso in cui si siano già baciati. E scommetto anche che se li invitiamo ‘sta sera succederà qualcosa di magico» rise, e porse la sua mano a Niall per concludere il patto.
«Quindi se vinci te li devo offrire io due pasti completi dal Burger King?»
«No, se fossi un vero gentiluomo me li offriresti in ogni caso i pasti, quindi ci vuole qualcosa di diverso… un po’ più calzante…» chiuse un attimo gli occhi per pensare. «Ci sono! Se io vinco tu salti due pasti del Burger King quando mangiamo tutti assieme, o comunque quando ci sono io a poterti controllare. Sarà divertente!» Niall per un istante ritrasse la mano, ma poi la strinse e disse: «Affare fatto».
 
***
 
Liam entrò silenzioso nella stanza di Zayn, Aveva un’estrema voglia di recuperare tutto il tempo che aveva “perso” durante il semestre all’estero. Gli era mancato così tanto Zayn! Gli era mancata ogni sua espressione e ogni sua scemenza. Gli erano mancati i suoi lunghi e oggettivamente noiosi discorsi filosofici, quelli che diventavano interessanti e speciali per il solo fatto che li facesse lui, quelli di cui Liam non si perdeva una sola parola perché sapeva quanto Zayn ci tenesse, e allo stesso tempo sapeva quanto lui stesso tenesse all’altro. Non si sarebbe mai permesso di farlo stare male. E ogni sua parola aveva sempre assunto un significato più profondo di quello che avrebbe percepito parlando con tutti gli altri. Nessuno, NESSUNO, era come Zayn.
Gli erano mancati i suoi schizzi artistici in cui si rintanava nella sua camera e cominciava a dipingere e sporcare tutto il pavimento, e i muri, e le tele. Adorava entrare nella sua stanza mentre lui si sfogava in quel modo. Adorava vedere matite, pennarelli, bombolette, tempere e ogni altra sorta di colore sparsi disordinatamente su tutta la superficie della stanza, quasi fossero un prolungamento della sua anima. E woohoo, Liam non era affatto una persona poetica, né tanto meno disordinata, odiava la confusione, ma osservare Zayn dipingere e sperimentare gli infiniti modi di esprimersi attraverso l’arte gli faceva quell’effetto. Gli erano mancati i momenti in cui erano soli, in cui si raccontavano di ogni più piccolo dettaglio della loro vita, senza pensarci troppo, senza scrupoli, senza freni. A volte non è neanche appropriato dire che parlassero, perché le loro conversazioni prendevano spesso una piega leggera e stupida. Parlavano sempre di tutto e di niente, seduti su una panchina al parco, mentre Zayn scarabocchiava sul suo artbook e si sporcava le mani con il carboncino. Liam era sempre rimasto affascinato da questa sua atroce incapacità nel parlare senza scarabocchiare. E non lo infastidiva in nessun modo il fatto che non lo guardasse quasi mai negli occhi, perché le uniche volte in cui lo faceva, quando era davvero necessario, quelli che riceveva erano gli sguardi più meravigliosi che qualcuno potesse rivolgergli. Valevano ogni singolo secondo di vita. Gli occhi di Zayn erano semplicemente eccezionali. Scuri e intensi come petali di rosa, grandi e profondi come gli stessi discorsi che faceva, emozionanti come un tramonto sulla spiaggia, semplicemente fantastici in ogni loro sfumatura. Non erano i classici occhi marroni che si perdono tra i ricordi di tutti gli altri, non erano occhi nella norma.
 
Entrò nella stanza di Zayn senza nemmeno rendersi conto di sperare che stesse dipingendo, proprio come nei suoi ricordi.
I suoi occhi si riempirono di inaspettatamente immensa gioia quando si posarono sulla sua figura rannicchiata a terra, il labbro inferiore stretto in una lieve morsa dai denti superiori, in segno di concentrazione, mentre l’indice della mano destra era premuto con fermezza sulla bomboletta, indirizzata verso un foglio a terra.
 
«Zay… posso?» alzò lo sguardo dal foglio per un solo istante, prima di sorridergli dolcemente e riportare la sua attenzione a ciò che stava facendo. In realtà il suo disinteresse era solo una maschera spontanea, perché era attentissimo a ogni singolo spostamento o sospiro del ragazzo ormai seduto di fronte a lui.
 
«Non sei più il Liam di una volta» borbottò e ridacchiò mentalmente sentendo uno sbuffo frustrato da parte del ragazzo. «Una volta saresti entrato senza neanche chiederlo e ti saresti seduto qui davanti, iniziando a chiedermi che cosa stessi facendo o da quanto tempo fossi impegnato sul disegno… forse sono io che non sono più interessante come prima?» mise un piccolo broncio scherzoso, sempre guardando il foglio, non potendo di conseguenza sapere se la sua espressione fosse stata catturata dagli occhi di Liam.
 
«No, pensavo che ti avrei annoiato» prese fiato subito dopo essersi reso conto che l’aveva trattenuto per tutto quel tempo. «Insomma, volevo aspettare che passasse almeno un giorno dal mio arrivo prima di ricominciare a stressarti. Sai, così, per farti un piacere. Mi sto sforzando parecchio però» sorrise. «Hai proprio una faccia — bellissima — che parla da sola. Sembra che mi chiami e mi dica “infastidiscimi, infastidiscimi, infastidiscimi” tipo un mantra che mi gira in mente e ti giuro che è difficile disubbidire ad impulsi come questo. Mi sa che ti conviene ringraziarmi» rise.
 
«Vorrei farti notare che mentre mi dici che ti stai trattenendo sei riuscito a “infastidirmi”, come dici tu, peggio di quando facessi prima di partire. È una sorta di enorme contraddizione da oscar».
«Cazzo Zay, ma allora tu mi ascolti quando parlo! Speravo che i miei discorsi inutili fossero passati inosservati, a dire il vero».
«Guarda che sei strano, tu. Prima vieni qui, mi rompi l’anima fingendo di non farlo o proclamando la tua grandiosità nel riuscire a non farlo e poi dici che speravi che non ti avessi sentito. Primo: secondo me sei assurdo; secondo: pensi che sia così tanto stupido da non rendermi conto che la pace che c’era prima si è trasformata in un bordello degno di nota?» concluse con un sospiro, posando la bomboletta verde a terra e alzando lo sguardo verso Liam, con le guance sporche di blu e il naso sporco di giallo.
 
Per i seguenti cinque minuti non ci fu altro che silenzio.
Liam che cercava di smettere di pensare a quanto avrebbe voluto abbracciare Zayn in quel momento e Zayn sforzandosi di pensare a come poterlo abbracciare senza sporcarlo con l’anima dei suoi colori, quell’anima che in parte era anche sua.
Ridacchiò sommessamente a ciò che aveva appena pensato. Non riusciva nemmeno a trovare una spiegazione ai suoi pensieri.
 
«Grazie».
«Cazzo, volevo essere il primo a dirlo. Ti odio» Zayn incrociò le braccia e lo guardò di sottecchi. «Vieni qui piccolo stronzetto!» saltò letteralmente su schiantandosi addosso a lui fino a che non si trovarono uno con la schiena a terra e l’altro sopra di lui, nel disperato intento di abbracciarlo senza poterlo più lasciare.
 
***
 
«Lottie, non è affatto divertente!» sussurrò Louis, con uno sguardo che avrebbe spaccato le pietre, peggio del sole d’estate, quando proprio non riesci a reggerti in piedi. Nella sua mente era scattata una molla, al solo sentire “la tua fidanzata”. Aveva capito di aver frainteso ogni singola parola di ciò che aveva detto Eleanor, aveva capito di essersi ficcato in guaio dal quale sarebbe stato difficile scappare. La migliore amica di sua sorella, la sua fidanzata, non era una ragazza che si arrendeva facilmente e Louis era certo ormai, che sapesse benissimo quanto lui non volesse stare con lei. Louis era certo che quella stronza avesse colto l’occasione al volo e facendo buon viso a cattivo gioco si stesse approfittando di lui. Se solo sua sorella avesse riconosciuto che negli occhi della sua amica non c’era innocenza e purezza sarebbe stato tutto più semplice. Ci teneva a lui e non avrebbe permesso che El lo ingannasse. O almeno questo era quello che sperava.
In realtà non sapeva più cosa pensare di lei.
 
Prima che Lottie potesse spiccicare una sola parola il telefono di Louis suonò, ancora. Ancora Old Yellow Bricks. Ancora tutti i ricordi della mattinata con Harry.
Sorrise, scaraventando nel giardino dell’oblio la già scarsa attenzione che aveva avuto nei confronti di Eleanor e Lottie.
«Cazzo vuoi Niall?» si alzò dal divano salendo in camera sua per non permettere a sua sorella e ad El di ascoltare la loro conversazione. «Per oggi hai portato abbastanza casini, non credi? Ora Eleanor pensa pure che sia fidanzato con lei. Ed è tutta fottutamente colpa tua, cazzo. Ti odio!» cercava di mantenere un tono tutto sommato scherzoso e ironico, ma la rabbia per ciò che era successo prima ancora gli rimbombava nel petto. La sua vita stava prendendo una piega meravigliosa da quella stessa mattina: i suoi sguardi con Harry, la canzone che avevano cantato insieme e la meravigliosa armonia che le loro voci avevano saputo tessere (Per quanto le armonie non si tessano, la canzone era per loro diventata come una trama, un filo, e le loro voci l’ago, quell’ago in grado di abbattere le barriere del tessuto e allo stesso tempo di crearne uno nuovo intrecciando l’anima dei loro desideri più profondi, quelli anche più semplici), la gelosia di Harry (Anche se Louis non era sicuro che fosse davvero gelosia o fosse invece un colpo di malumore improvviso. D’altronde capitava anche a lui, a volte, di avere sbalzi di umore troppo repentini e imprevedibili), la discussione che avevano avuto in macchina, le lacrime di Harry, le sue parole, i loro abbracci, i sorrisi che si rivolgevano, che trasportavano una sorta di polline magico in grado di far starnutire via tutte le preoccupazioni, un polline di cui entrambi amavano il profumo ma a cui entrambi erano in qualche modo allergici. La sua vita stava prendendo una piega meravigliosa da quando aveva conosciuto Harry, in poche parole, e il fatto che, dopo neanche mezza giornata, si fosse insinuata nella sua felicità una scocciatura come Eleanor, quasi atta ad assorbire tutta quella improvvisa serenità inumana, lo faceva tremendamente arrabbiare.
 
«Ehi ne parliamo dopo di questo, ora ho una news fresca fresca da annunciarti! Non sei emozionato?»
«Sì, non sai quanto» rispose, rude, sbuffando e buttandosi sul letto. In fondo era stanco, non era neanche riuscito a farsi il suo benamato “riposino”.
«’Sta sera si va al Luna Park!» urlò, esaltato, e Agnieszka rise al suo fianco.
«Con te e la rossa? Beh, amico, per ‘sta volta passo» commentò Louis, annoiato, con un’espressione di sufficienza dipinta a colori ordinariamente neutri e chiari sul suo viso stanco.
«Beh, Agnieszka ci viene, ma viene anche un certo ricciolino con gli occhi verdi e una coroncina di fiori costantemente in testa. Ah, e in proposito: dovrai dirgli di togliersela sulle montagne russe perché sai, vola via che è un piacere».
L’attenzione di Louis resuscitò in meno di un istante e cercò di non darlo a sentire a Niall, ma quello, in genere molto attento alle reazioni delle persone, aveva notato all’istante che era stati il silenzio sulla linea a rispondere al posto della voce di Louis, ed era un chiaro segno che quella frase avesse scosso, positivamente o meno, l’animo dell’amico.
«Mh…» non poteva cambiare idea subito dopo aver sentito parlare di Harry. Niall avrebbe iniziato a rompergli le palle e a “fangirlare”, come diceva lui, e a Louis proprio non andava. Si sarebbe tenuto la cotta per Harry solo per sé, non l’avrebbe raccontato a nessuno che si sentiva già perdutamente innamorato di quel ragazzo senza per altro conoscerlo del tutto. Anzi, senza conoscerlo e basta. Non l’avrebbe detto neanche a Harry, forse. Perché aveva una tremenda paura che ogni sguardo che si erano scambiati e che lui aveva associato a un sentimento molto più esteso e profondo di semplice stima, affetto o amore fraterno, fosse in realtà uno scherzo della sua immaginazione, quell’immaginazione che voleva ingannarlo e farlo cadere in trappola, quell’immaginazione che gli voleva far perdere una delle poche persone che sapeva sarebbero state in grado di farlo essere felice.
O forse gliel’avrebbe detto ad Harry, per lo stesso motivo, per paura di cadere in un pozzo di parole non dette o  amore ipotetico, in cui sbattere la testa e ferirsi è molto più comune e facile. Forse se gliel’avesse confessato subito sarebbe stato una specie di ingresso nel binario 9 3/4,  la paura dell’impatto sarebbe stata forte, ma la sorpresa e la soddisfazione di esser riuscito a superare quell’ostacolo così enorme sarebbe stata altrettanto immensa e avrebbe cancellato ogni timore dalla sua mente. Nel caso peggiore si sarebbe fatto una figura pessima, pur essendo piuttosto sicuro che in compagnia di Harry in realtà la reazione peggiore sarebbe stata un po’ di sincero imbarazzo. L’avrebbero superata quella fase di impacciatezza e rossore, sarebbero andati avanti, e Harry si sarebbe dimenticato della sua confessione, e si sarebbe trovato un ragazzo adatto, e sarebbe stato felice. Persino Louis sarebbe andato avanti, e avrebbe ignorato i suoi sentimenti per Harry, anche se non sarebbero mai svaniti del tutto, dal momento che sentiva che le sue emozioni fossero molto più di una semplice cotta. Ciò che provava era un amore sconfinato, un amore sconfinato senza nessun senso, senza una logica. Ciò che provava era pura follia, e sapeva che non sarebbe mai sparita, che avrebbe sempre amato Harry in qualche modo, se lo sentiva dentro. Sarebbe andato avanti per forza di cose, l’avrebbe fatto se fosse stato necessario, un giorno avrebbe trovato una persona un po’ meno giusta di Harry con cui stare, e l’avrebbe amata, perché l’amore non è come un’autostrada ad una sola uscita, ma in fondo al suo cuore, forse in una nicchia nascosta ma onnipresente, eccolo lì, ci sarebbe sempre stato Harry con la sua coroncina di fiori, il casino che aveva portato nel suo cuore e quelle fossette.

In realtà in quel momento nel suo cuore c’era solo lui, e in realtà il pensiero che lo riempiva maggiormente con impertinenza era che da tenere in conto c’era anche la possibilità che ogni cosa che i suoi occhi gli avevano riferito fosse vera. C’era anche la possibilità che un giorno avrebbe potuto poggiare le sue labbra fini su quelle carnose dell’altro, e senza ottenere resistenza, gli avrebbe potuto dimostrare quanto, indipendentemente da tutto, indipendentemente dal tempo e dall’età, il suo amore fosse immenso e puro.
 
«Ci sono anche quei suoi amici?» chiese.
«Vuoi dire Zayn? Sì, l’idea era quella di invitare anche lui. So che avresti preferito un po’ di intimità, ma… Zayn è un caro amico di Harry…» sospirò, ridacchiando. «Bando alla gelosia, eh! Ho visto ogni tanto che si scambiavano qualche bacio, ma nulla di che, solo qualche effusione veloce, solo qualche tocco leggero, ma-» Louis si irrigidì involontariamente.
«Cosa?» e la sua voce pur non volendo esserlo sembrava un grido disperato.
«Ma che sarà mai» proseguì Niall, battendo silenziosamente il cinque ad Agnieszka. Il piano stava funzionando, a quanto pareva.
Louis aveva così tanta voglia di trattenersi dallo sputtanarsi che finì per borbottare troppo ad alta voce esattamente tutto (o quasi) quello che la sua mente contorta e confusa stava pensando.
 
«Cazzo, Harry non mi ha detto un cazzo! Perché non me l’ha detto? E io che… e io che pensavo… CAZZO, tu la fai facile eh? Tu la fai facile, ma per me… cazzo, e ora? Mi ero appena deciso e poi… vedi che sei sempre pronto a darmi cattive notizie… cazzo, sto dicendo troppe volte cazzo, ma cazzo, non so proprio… che faccio? Glielo dico? Avevo appena pensato di… stanno insieme? Non me l’ha detto. Beh, poteva essere una bugia… come la mia, d’altronde, ma no… non mi sembra un tipo da… però che altro si può dire? Era… perché?!» sbuffò esasperato, mordicchiandosi le unghie, il telefono nuovamente buttato sul letto, con il vivavoce attivato.
«Senti, ci vieni o no al Luna Park?»
«Ci sarò» tentò di concludere, prima di essere interrotto del biondino di cui in realtà non poteva vedere i capelli e di aver ricevuto le direttive per arrivare al Luna Park.
 
Sarebbe stata una serata deprimente, dopo l’ultima notizia che aveva ricevuto.
Le sue aspettative erano calate, ma la voglia di vedere Harry ancora una volta in quella giornata e di non sentire la noia attanagliarlo come gli accadeva con la maggior parte delle persone, era più alta del cielo e più profonda dell’oceano.
 
***
 
Niall aveva passato i successivi entusiasmanti venti minuti della sua vita a telefonare a Harry, che era in assoluto la sua priorità (Di cui aveva ricevuto il numero da Louis solo dopo aver giurato che non avrebbe fatto battute libere e continue sulla sua situazione sentimentale come aveva invece continuato a fare con lui), Zayn, e sua madre, che a quanto pareva aveva una disperata voglia di parlare con lui e di fargli salutare ogni singolo parente che era andato a trovarla, non potendo aspettare che il figlio tornasse a casa. La linea cadeva in continuazione, come era un classico che succedesse mentre parlava con sua madre, ma Niall aveva la netta sensazione che si trattasse delle orecchie inesperte dei suoi parenti a compromettere ogni santissima chiamata, sfiorando i tasti di quel cellulare che Niall aveva sempre supposto essere troppo evoluto per le capacità di sua madre e in generale della sua famiglia totalmente inadatta alla tecnologia.
 
Ne era venuto fuori che Harry era implicitamente, per persone ottuse, ma esplicitamente, per uno attento come Niall, cotto di Louis tanto quanto quest’ultimo lo era di lui, e che Zayn si sarebbe portato dietro un amico.
Semplicemente ogni cosa si stava svolgendo secondo i piani.
Bisognava solo aspettare che calasse la sera.
Bisognava solo aspettare che quelle maledettissime sei ore che li separavano da quella serata passassero in fretta e senza danni.
 
***
 
«Zay cosa mi met-» vide quel ragazzo sdraiato, con la testa poggiata sulle cosce di Liam, gli occhi grandi puntati in quelli più tranquilli ma ugualmente lucidi dell’altro, e si irrigidì leggermente. Neanche troppo visibilmente. Fu solo una sorta di sussulto. «N-Non sapevo che voi due… insomma…» si voltò per uscire, sorridendo leggermente appena si era voltato di spalle. Venne afferrato per il braccio dalla mano spigolosa ma morbida e liscia di Zayn.
«Che noi cosa? Che noi ogni tanto parlassimo? Beh, sai com’è, dopo sei mesi di lontananza qui c’è qualcuno che ci tiene a sapere cosa ha fatto Liam» puntualizzò lanciando una frecciatina al riccio, ovviamente riferita alla scarsa reazione di Harry alla vista di Liam, un’oretta e mezza prima.
«Scusa. In effetti non ti ho salutato abbastanza calorosamente… ma ero così preso dalla sorpresa di vederti a casa che mi sono dimenticato le buone maniere» rispose allora Harry, guardando Liam e chinandosi ad abbracciarlo, con lentezza.
«So che non siamo mai stati grandissimi amici e che probabilmente non lo saremo mai, ma mi ero abituato alla tua presenza e ai tuoi modi di fare, quindi devo dirtelo Harry, che mi sei mancato anche tu» aggiunse Liam con un sospiro e un sorriso sincero. Il riccio sorrise a sua volta, felice di sentire quelle parole da parte sua. Era vero, non erano mai stati grandi amici, perché non avevano neanche mai avuto l’occasione di parlare in tranquillità l’uno con l’altro, ma erano amici nella norma, di quelli che se l’altro ha bisogno si aiutano, ma che non si confidano eccessivamente fra loro. Liam si era affezionato a Harry più ascoltando i racconti di Zayn, che sembrava invece aver sviluppato a dismisura la sua amicizia con il riccio, fino a diventare migliori amici, di quelli che farebbero di tutto pur di vedere l’altro felice, di quelli che non possono fare a meno l’uno dell’altro. Da un certo punto di vista, se da una parte Liam poteva dire di voler bene a Harry perché era lo stesso Zayn a volergliene, dall’altra lui sentiva di odiare e invidiare Harry, perché era stato in grado di entrare nel cuore del suo Zay, sgretolando il rapporto unico e speciale che prima del viaggio Liam sentiva di avere con lui. Harry aveva portato via parte del cuore di Zayn, parte che in quel modo non sarebbe più stata dedicata all’esclusivo rapporto che li aveva sempre legati. Non che da migliori amici passassero tutto il tempo insieme, ma ogni momento in cui erano l’uno affianco all’altro era trecento volte migliore di qualsiasi altro momento delle loro vite, e questo semplicemente faceva sorridere Liam. Harry non era abbastanza per Zayn e lui in qualche modo aveva paura che in sua assenza i legame fra i due fosse aumentato così tanto da rimpiazzare i suo vecchio rapporto con lo stesso Zayn.
Era per quel motivo che invidiava e “odiava” un po’ il riccio. Non che gli avesse fatto niente.
 
«Grazie. Mi fa piacere sentirlo, anche tu ci sei mancato» rispose con un sorriso, sperando che Liam avrebbe creduto al fatto che fosse mancato anche a lui. Non era stato così, e Harry si sentiva un po’ in colpa per quel motivo. Ogni tanto, certo, Zayn saltava fuori con la storia che gli mancasse davvero tanto Liam, ma lui non se n’era mai preoccupato un granché. Non che fosse stato felice della sua assenza, ma semplicemente non aveva sentito alcun tipo di vuoto dentro, anzi aveva avuto la meravigliosa possibilità di conoscere meglio Zayn ed era stata una delle cose migliori che gli fossero mai capitate.
 
Dopo diversi minuti di silenzio piuttosto imbarazzante, Harry si decise a parlare, tirando fuori il motivo per cui in origine era entrato in quella stanza.
«Zayn cosa mi metto ‘sta sera?»
«Sei agitato, eh?»
«No, cosa te lo fa pensare?»
«Sono solo le due e mezza, perché dovresti pensare a come vestirti ‘sta sera alle otto, altrimenti?» chiese con un sorriso furbo e dolce.
«Beh, ok, sono un pochino agitato, ma cosa mi devo mettere?»
« Oh no! Sei già in ritardo, cazzo! Guarda l’ora! Mancano soltanto più cinque ore e mezza di tempo, devi sbrigarti! Meglio che venga un attimo ad aiutarti, così poi puoi iniziare a prepararti come si deve» lo stuzzicò Zayn afferrandolo dolcemente per la spalla.  «Lì, torno subito» aggiunse, e Harry avrebbe potuto metterci una mano sul fuoco che Zayn gli aveva fatto l’occhiolino. Aggrottò le sopracciglia.
 
***
 
«Ti consiglio di metterti un paio di jeans comodi… per esempio questi qua neri, e la maglietta… beh, calcolando che non siamo ancora in primavera potresti comunque già metterti una t-shirt a maniche corte con sopra una felpa che tiene caldo, però dipende da te, so che sei freddoloso».
«Vada per questa allora… secondo te mi sta bene?» esordì provandosi una maglietta semplicemente nera, basica, semplice.
«Ti sta d’incanto. Dovresti essere un po’ più sicuro di te, a Louis piacerà» si lasciò scappare, prima di tentare disperatamente di cancellare l’imminente passato o prevenire lo scontato futuro poggiandosi una mano aperta sulla bocca incriminata.
Harry si irrigidì leggermente, riuscendo poi a scaricare la tensione in un brivido di disappunto, come se un ricordo passato fosse tornato a fargli visita senza un reale motivo e senza un evidente interesse. Un ricordo spiacevole.
Si vide rabbrividire nello specchio, e la sua prima reazione fu quella di scoppiare in una sommessa risata interiore, trovando una estrema somiglianza tra ciò che gli era appena accaduto e il “Cringe Attack” di cui parlava Danisnotonfire. Distolse il pensiero. Spostò lo sguardo su Zayn, ancora con la mano sulle labbra e un’espressione stranita sul volto.
 
«Louis?»
«Scusa».
«Non sono arrabbiato».
«È che… non volevo tirare fuori l’argomento-»
«Sono solo triste».
«Vuoi parlarmene?»
Annuì senza davvero sapere cosa raccontare. Sentiva semplicemente il bisogno di togliersi un peso dallo stomaco e gli sembrava il modo adatto per farlo.
«Sono qui. Ti ascolto» e lì rimase. Non un fremito, non un brivido, non un’emozione fuori posto trapelata, solo orecchie attente, gli occhi chiusi e tanto amore.
«Beh, non saprei da dove cominciare. È che, è che è tutto assurdo. Louis, no? Lo conosco da ieri, eppure, eppure sento di essere così legato a lui che se gli dovesse mai succedere qualcosa penso che mi suiciderei. Non lo farei, perché mi piace troppo la sensazione del vento fra i capelli, ma si fa per dire, no?» Zayn sorrise. «Cioè, è come se lui mi fosse mentalmente e fisicamente necessario per sopravvivere. Gli voglio un bene dell’anima e ciò che provo non ha esattamente né capo né coda. In effetti non so proprio cosa ti dovrei dire, ma ho bisogno di parlarne con qualcuno, e vorrei che questo qualcuno fossi tu».
«Sono felice che ti fidi di me» si avvicinò per abbracciarlo.
Appena poggiò la testa sulla spalla di Zayn ricominciò a parlare.
 
«Per prima cosa mi spaventa un po’ il fatto che dopo solo una mattinata che ci conosciamo io provi per lui un sentimento come questo, un sentimento che non so nemmeno come descrivere» delle lacrime cominciarono a scendere silenziose e dolci sul suo viso, solleticandogli la pelle. «Non voglio farla lunga, e so che potresti pensare che io sia stupido, ma è come se lo conoscessi da anni, e credo di amarlo. È una parolona? Sì, è una parolona, ma allo stesso tempo non lo è, perché ti giuro, ti giuro che è quello che provo. Questo amore mi porta a volerlo avere sempre affianco a me, e non vorrei essere così appiccicoso, dannazione, ma mi manca già. Però ho paura. Ho paura e sono triste perché lui è fidanzato. Lui non mi amerà mai come faccio io, lui non arriverà nemmeno a volermi metà del bene che gli voglio io, capisci? E poi è grande, troppo grande. Io ho diciassette anni e lui ventidue, non potrebbe mai funzionare» ormai le sue parole si erano trasformate in singhiozzi. «Zayn aiutami, cosa dovrei fare? E poi, so che è imbarazzante, ma davvero vorrei baciarlo…» si interruppe, pensando di aver fatto il passo più lungo della gamba. L’amico gli asciugò le lacrime con la mano e lo strinse a sé per rassicurarlo. Fu lì che Harry sentì di nuovo la forza per proseguire. «Ma sai perché vorrei baciarlo? Perché un bacio è molto più di un semplice contatto tra labbra… un bacio è come un sottile filo che unisce due case, e l’amore è quel coraggioso acrobata che rischia la sua vita ogni giorno pur di sentire quel brivido di aria fresca ad accarezzargli la pelle mentre cammina a braccia aperte su quel filo. Ecco, io potrei fargli capire quanto lo amo. Lui da quel momento potrà rifiutarmi, anche se mi farà male, ma non potrà mai dimenticare il fatto che lo amo. Non potrà farlo... la cosa brutta è che di questi tempi l’amore è sottovalutato. Se gli dicessi che lo amo lui penserebbe che io sia una specie di ragazzina che non sa dosare le sue parole e che usa quelle d’effetto per sentirsi grande, ma non è così. Avrò anche diciassette anni, ma non sono una ragazzina stupida. Io lo… amo veramente» smise di parlare e Zayn seppe che non avrebbe più aggiunto nient’altro quando scoppiò definitivamente in pianto. Gli accarezzò la testa.
 
«Harry sei meraviglioso. Ti voglio bene, lo sai? Vorrei sempre che fossi felice e vederti in questo stato mi fa stare male, ma allo stesso tempo capisco ciò che intendi. E sono felice che tu stia provando emozioni come queste, perché sono sicuro ce ti faranno stare bene un giorno. Io lo sapevo ciò che provavi per Louis, si vede da come lo guardi e da come gli sorridi, che lo ami. E non pensare che sia una cosa stupida dire di amare qualcuno, perché è una delle cose più belle che si possano dire ad una persona. E pensaci un attimo: se anche tu dovessi essere una ragazzina stupida che dice di provare qualcosa senza davvero sapere cosa sia, sarebbe bello lo stesso perché per arrivare a dire “amore” vuol dire che qualsiasi cosa tu stia provando in realtà, è comunque estremamente forte, non credi?» sentì Harry annuire sul suo petto. «Per questo non ti devi vergognare a pensarlo, e anche se senti che non sia ancora il momento per dirlo a lui, beh, devi andarne fiero, perché quelle che mi hai detto sono parole bellissime, e sono sicuro che Louis non potrebbe non abbracciarti forte dopo averle sentite, e forse baciarti, perché se è come dici tu, l’amore, stai certo che ti ama anche lui».
«Non ne sarei molto sicuro».
«Ti fidi di me?»
«Sì».
«Allora fidati anche adesso» lo strinse ancora a sé, trasmettendogli calore. «La questione dell'età è relativamente importante. Se gli vuoi veramente così bene cinque anni non sono niente, sono un battito di ciglia, e non ostacoleranno niente, se non lasci che lo facciano. Non sono molto bravo a dare consigli, perché sono io la prima persona ad averne bisogno, ma ti devo dire questa cosa. Non lasciare che le insicurezze ti distruggano prima che gli altri vedano quel giardino meraviglioso che c’è in te. Non  lasciare che le paure coprano agli altri la visuale della tua serenità. Perché Harry, sei davvero una persona speciale, e il mio consiglio è di non farti sfuggire, per paura che sia tutto un sogno, la meravigliosa occasione che hai di stringere Louis e di dirgli quanto lo ami. Perché io lo so, lui ti bacerà».
 
***
 
Erano davvero le sette e mezza e, strano a dirsi, le ore erano passate senza neanche troppa noia, senza troppi pensieri confusi e portando con loro pura e semplice tranquillità.
 
Louis era riuscito ad addormentarsi, alla fine, e aveva dormito o poltrito per tutto il pomeriggio, la testa che si rifiutava di pensare ad altro che non fosse Harry e un sorriso di conseguenza sempre stampato all’interno della sua anima, perché all’esterno si scorgeva solo stanchezza. Alla fine si era svegliato alle sei e mezza, e si era fatto una doccia, per rinfrescarsi la mente e per sentirsi addosso quel profumo di pulito che tanto amava sentire. L’intervallo doccia era durato quaranta minuti tra una cosa e l’altra e quando era sceso in cucina per controllare se qualcuno fosse in casa, si era accorto con un sospiro di sollievo, che anche Eleanor e Lottie erano uscite. Aveva lottato contro i suoi vestiti perché sembrava che nessuno gli stesse bene e alla fine aveva optato per una t-shirt smanicata degli Iron Maiden, una giacca di pelle, dei jeans neri attillati e il suo paio preferito di Vans.
Non era molto freddoloso ed era sicuro che avrebbe addirittura avuto caldo quella sera.
In realtà temeva che quel look sarebbe sembrato un po’ troppo aggressivo agli occhi di Harry, soprattutto per quanto riguardava i tunnel (dilatatori) e gli altri piercing che aveva, ma pensò che per cominciare al meglio quella loro nuova amicizia ci sarebbe voluta in primo luogo la sincerità, e Louis amava quell’ “outfit” e i suoi piercing. Per quanto ogni volta che si guardava allo specchio non fosse mai entusiasta, decise di uscire dopo aver preso i soldi e il cellulare, e s’incamminò verso il luogo del Luna Park, che doveva essere all’incirca a un quarto d’ora da lì.
Ovviamente era in ritardo.
 
[Da: Haz xx]
Dove sei? :C
 
Si addolcì a leggere quel messaggio perché non si sarebbe mai aspettato che il riccio potesse essere così tenero. Aveva sempre adorato quella faccina fatta con i due punti e la “C” perché era una delle poche faccine che era davvero, davvero “aww”, come avrebbe detto Niall.
 
[A: Haz xx]
Sto arrivando! Sono uscito tardi di casa e sono a piedi xx
 
[Da: Haz xx]
Allora fai in fretta, perché qui tra Agnieszka e Niall che si sono imboscati nel chiosco dei gelati e Zayn e Liam che parlano come se ci fossero solo loro sulla faccia della terra, io mi sento solo!
 
[A: Haz xx]
Urgh, capisco! Affronterò draghi e streghe pur giungere in suo aiuto, mia meravigliosa principessa. Non permetterei mai che un principe all’infuori di me la rapisca e mi privi della sua sempre piacevole compagnia (?)
 
[Da: Haz xx]
E io quindi sarei una principessa? :C
 
[A: Haz xx]
Sì, la mia principessa! xx
P.S. Sto per arrivare.

 
[Da: Haz xx]
Yay c:
 
Louis rise, correndo contro vento.
 
***
 
Harry stava cominciando ad essere agitato. Stava cominciando a pensare che forse sarebbe stato meglio non andarci, al Luna Park, che per quanto avesse voglia di vedere Louis, quello che gli aveva detto Zayn non sarebbe mai successo, perché il ragazzo dagli occhi azzurri e profondi come il suo amore per lui era fidanzato e non l’avrebbe mai amato, non l’avrebbe mai baciato (ogni volta che pensava alla parola baciare e a Louis arrossiva oltremisura). Sapeva di dover essere più realista e meno sognatore. Sapeva che se non lo fosse stato avrebbe sofferto.
Sapeva che—per una volta avrebbe dovuto mandare tutto a ‘fanculo.
 
Ogni consapevolezza che aveva si sgretolò in pochi istanti.
Ogni certezza che aveva avuto diventò leggera e insignificante quanto un pensiero confuso e come petali di rosa tutte le sue fantasie dondolarono al vento come sospinte da una forza superiore a quella del mare ma con una dolcezza più immensa di quella che quegli stessi petali potevano esprimere al soffio della felicità.
 
Mani che si sfiorano e si intrecciano perfettamente, in una stretta che perfino le radici di alberi millenari e la terra avrebbero invidiato. Amore che scorre sicuro nelle vene rimpiazzando il banalissimo e noioso sangue, che di certo non aveva niente di più da offrire alle loro anime brillanti, esposte alle luci festose della notte in quel Luna Park. Luci senza le quali l’atmosfera avrebbe perso della sua magia quasi spettrale. Luci che li immergevano in un universo quasi parallelo, tanto era diversa la percezione della realtà in quel momento, che trasudava eterna felicità e profumava di novità e stranezze, che sembrava esistere solo per rendere quel momento più emozionante di quanto lo sarebbe stato senza quell’atmosfera calda di eccitazione e fresca di novità. Harry non sentiva più freddo perché tutte le sue sensazioni si erano canalizzate in un’unica direzione e in un solo pixel di quell’immagine che valeva la sua intera esistenza. La sua mano che si stringeva a quella più ossuta e piccola di Louis con orgoglio e pura gioia, di quella che rende unico ogni sorriso perché non puoi permetterti di ripeterti istante dopo istante con le stesse emozioni di prima, perché la felicità nella tua anima non fa che crescere e mentre i tuoi occhi brillano di luci arancioni e gialle e probabilmente tutti gli sguardi della gente sono puntati su di te, ti senti al posto giusto e ti scendono delle lacrime colme sia fragilità e stupore sia di caos e potenza, la stessa potenza con cui il cuore ti batte forte nel petto, la stessa potenza con cui desideri che quell’istante non si interrompa mai più, la stessa potenza con cui Harry si voltò, e, sempre tenendo la sua mano agganciata a quella di Louis, lo abbracciò con lacrime che riflettevano luci colorate negli occhi, e ancora quell’amore sconfinato nelle vene. Ogni cosa in lui sembrava urlare “ti amo Louis”, e ogni cosa nei respiri affannati dell’altro sembrava rispondere “ti amo anche io”, ma tutto ciò che importava in quel momento era potersi amare silenziosamente sapendo benissimo di farlo e allo stesso tempo non rendendosene affatto conto. Era come giocare a mosca cieca con un fazzoletto trasparente, era come giocare al gioco della bottiglia e soffiare silenziosamente sul tappo per fare in modo che indicasse esattamente la persona che si voleva baciare, era come, più semplicemente, essere Harry Styles e Louis Tomlinson e amarsi senza volerselo dire.
 
Ma tanto l’amore parla con così tanta intensità da far invidia al vento.
E le foglie, le foglie volano accartocciandosi con eleganza.
E la magia, la magia di una serata al Luna Park non fa che propagare la scossa del terremoto interiore che smuove i loro animi.
E una melodia, una melodia accarezza leggera la sera.
E il buio, il buio non fa che rendere più luminosi i loro sorrisi.  
 
 
“Every wave in the sea has a different light, just like the beauty of those we love”
 
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Angolo dell'occavolosonodinuovoinritardo :C
❤ Volevo davvero davvero scusarmi per il ritardo, di nuovo, e per questo spero tantissimo che il capitolo vi sia piaciuto, perchè io ci metto sempre l'anime quando scrivo, e mi dispiacerebbe che il risultato non fosse quello sperato. E poi i capitoli quando li rileggo non mi convincono mai appieno (?). Ho una stima piuttosto bassa della mia vita :C AHAH ADDIRITTURA DELLA VITA (Ebbene sì people!)
❤ Scusate se non c'è ancora una vera vera scena Larry, ma vi giuro che ci stiamo arrivando, con lentezza, ma ci stiamo arrivando! Ricordatevi che si sono conosciuti da un solo giorno! xx Però intanto in realtà dei momenti fluff tra Harry e Louis ci sono già stati e ahajkfef amo scriverli. 
❤ Amo la parte Zarry, perchè sono troppo tenery come bromance! Infatti sono la mia OTB (Only True Bromance) ahah, scherzo, però li adoro too much.
❤ Ieri sono andata al Torino Comics e mi è venuta in mente questa domanda per voi: fate parte di altri fandom oltre a quello degli One Direction? Tipo Anime/Manga, Telefilm, film, cantanti, Youtuber (ahah) eccetera... Sono davvero curiosa di saperlo perchè, boh, sono solo curiosa!
Cosa ne pensate di ogni personaggio? È sempre la solita domanda, ma vorrei sapere di volta in volta cosa ne pensate, se ci sono incongruenze nei loro gesti o nelle loro parole eccetera, perchè sono già molti e visto che mi piace trattare l'aspetto psicologico di ognuno, non vorrei che alla fine si omologassero troppo tutti C:

❤ Spero che non sia un capitolo-mappazzone D:

❤ Un grazie speciale a ognuna di voi perchè come continuo a ripetere vi "virtualAMO" tantissimo, cioè, davvero tanto, ognuna di voi che sta leggendo, e anche tutti gli altri che non sanno di essere vistualAMATI perchè, furbamente, hanno saltato questa noiosissima parte finale. 

❤ Cosa ne pensate del banner? Cio ho messo tipo 12365721 ore a farlo ahah

Grazie mille. 

❤ Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e blablabla, spero che recensirete o comunque mi farete sapere cosa ne pensate. 
Se volete potete contattarmi su Twitter: @_egobrain 
Se no qua c'è Tumblr: DDEJRFH

 

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Capitolo 10
*** Luna Park ***



Ma tanto l’amore parla con così tanta intensità da far invidia al vento.
E le foglie, le foglie volano accartocciandosi con eleganza.
E la magia, la magia di una serata al Luna Park non fa che propagare la scossa del terremoto interiore che smuove i loro animi.
E una melodia, una melodia accarezza leggera la sera.
E il buio, il buio non fa che rendere più luminosi i loro sorrisi.  

 
***
 
«Quindi come pensi di fare?» chiese il biondo con un ghigno eccitato. Quella serata sarebbe stata magnifica, in un modo o nell’altro, già lo sapeva. Si voltò verso Agnieszka in attesa di una risposta e si lasciò scappare una risata, vedendola tutta concentrata sui gusti di gelato, evidentemente indecisa su quale scegliere e terribilmente sotto pressione per l’imminente arrivo del loro turno.
 
«Aspetta un attimo... cioccolato, cocco e... no, il cioccolato è troppo banale... torta al limone allora... no, ma col cocco non ci sta... e se andassi con la solita stracciatella? sì, mi pare una buona cosa... però il cocco non mi va più, cosa-» venne interrotta dalla ragazza dietro al bancone, che la guardava con un’espressione stufata e infastidita da “ormai” un paio di minuti, che evidentemente secondo lei erano già troppi.
 
«Ce la facciamo a scegliere?» tese un sorriso, ma era più che ovvio che se avesse potuto l’avrebbe ignorata e avrebbe proseguito servendo il cliente successivo, nella speranza che fosse più deciso di lei. Niall aveva sempre pensato che una qualità fondamentale che una persona doveva avere per essere assunta in qualsiasi posto in cui si vendesse cibo o in cui si facesse da mangiare dovesse essere amarlo, il cibo, in primo luogo. Perchè sarebbe stato tutto più semplice. Una persona che ama il cibo non si infastidisce nel vederti titubante sulla scelta di un gelato, perchè è sicura che farebbe lo stesso fosse nella tua situazione. Anzi, probabilmente ti darebbe dei suggerimenti. Ma no. Era inconcepibile che una ragazza così scazzata e intollerante venisse assunta in un chiosco del gelato, al Luna Park, per altro.
 
Agnieszka la guardò dall’alto in basso, quasi sprezzante, ripagandola con la sua stessa moneta. Poi disse «Una crepe alla Nutella». Niall ridacchiò silenziosamente e vide “signorina gentilezza” guardarlo e arrossire. In realtà la vide guardarlo, ma non si accorse che arrossì.
 
«Aga, ci sono anche le crepes? Urca, anche io la voglio!» urlò il biondo come un bambino, gli occhi che se si prestava attenzione si illuminavano. Aveva sempre adorato le crepes, d’altronde, non poteva farci niente.
 
«C’è scritto lì» rispose lei, e gli indicò il cartello su cui l’aveva letto. Poi si volto leggermente per guardarlo e si avvicinò al suo orecchio, sussurrando «Ma farai bene a chiedergliela con gentilezza, perchè se no finisci male. Si può percepire la sua aura di acidità da chilometri di distanza. Che razza di-»
 
«Ma che, state insieme voi due?» li interruppe la ragazza, con aria stupita, mantenendo ovviamente la sua aria scontrosa e alzando il sopracciglio destro. «Biondino, sono sicura che tu sia davvero sprecato per lei. Credimi. C’è decisamente di meglio» e la lanciò un’occhiataccia. Agnieszka la ricambiò l’occhiata, con piacere, non aspettando altro, aggiungendoci anche una smorfia beffarda alla fine. Che poi cos’aveva fatto? Ci aveva solo messo un po’ più tempo di forse tutti gli altri clienti messi insieme a cercare di decidersi su che gusti di gelato prendere e poi aveva ordinato una crepe. Neanche avesse deciso di farsi il bagno nella vasca del pistacchio.
 
«E beh? Che problemi hai? Se anche fosse?» partì in quarta, e si sentirono davvero gli ingranaggi nella sua testa cominciare a girare, quasi fosse un treno d’epoca, tanto erano rumorosi. Non si sentiva né offesa né in imbarazzo, voleva solo mettere le cose in chiaro e dare una bella strigliata a quella ragazza invadente e . E poi si era sempre divertita a mettere in soggezione la gente che la insultava o la guardava male. Era decisamente una cosa che amava fare e che faceva effettivamente con grande maestria e senza sbattere ciglio, particolare ancora più importante. «Ah, ma lo so io, è che ti piacerebbe essere al posto mio eh?» e fu lì che Niall si dovette davvero trattenere del scoppiare a ridere. Sapeva esattamente ciò che stava per fare Agnieszka, ed era davvero molto semplice, più semplice della mente di un bambino. Metterla in imbarazzo, farsi dare le crepes e voltarsi con aria di indignazione. Sarebbe stato indubbiamente un bello spettacolo e Niall sentì di adorare quella ragazza dai capelli rossi ancora più di prima, se possibile. «Ti piacerebbe poterlo baciare e accarezzare e ti piacerebbe che ti dicesse “ti amo” come dice a me, eh? Lo so che ti piacerebbe, lo leggo nei tuoi occhi di scontrosa sciacquetta dai gusti indimenticabilmente penosi. Se avessi fatto bene il tuo lavoro mi avresti consigliato di provare il cono a cinque gusti in omaggio a soli € 2,50 e magari mi avresti anche detto “vedendo la tua legittima indecisione di inviterei a provare Stracciatella, Marron Glacé, Yogurt, Cocco e Torrone” e oh, come avrei accettato. Sarebbe stato davvero un buon consiglio, tra l’altro. E invece tu sei qui a lanciare occhiatine sgradite al mio e ripeto MIO ragazzo senza che nessuno te l’abbia chiesto, trattandomi come se fossi una bambinetta da quattro soldi. E siamo in un Luna Park, gente, dove siamo finiti? Si certo, in un Luna Park, dirai tu, perchè in effetti l’ho appena detto e diresti anche che è un posto proprio adatto alle bambinette come me, ma intendevo dire: dove siamo finiti se quelli che ti servono il gelato non sono neanche più in grado di consigliarti i gusti migliori? E in ogni caso il servizio è piuttosto lento. Ho chiesto una crepe, non ho chiesto una pasta al forno a cento strati!» prese fiato, ma non diede tregua alla ragazza, che la guardava con  un’aria allibita e il viso completamente rosso a causa della figuraccia che le stava facendo fare di fronte agli altri clienti. Non c’era più traccia dell’acidità di prima, in ogni caso, ed era una cosa totalmente positiva. Aveva già vinto, ed era stato fin troppo semplice, a dire la verità. «E già che ci siamo, aggiungi anche un’altra crepe e quello stramaledetto gelato a cinque gusti, Stracciatella, Marron Glacé, Yogurt, Cocco e Torrone. Grazie, sei gentilissima» concluse con un ghigno mascherato da un ghigno ancor più grosso. Insomma, il ghigno interiore era più una grossa risata sbeffeggiante, mentre quello esteriore era evidentemente falso e modellato in modo da sembrare quasi dolce.
 
Dopo qualche minuto di attesa la “scontrosa sciacquetta” porse a Niall le due crepes in un piattino di plastica e ad Agnieszka il gelato, senza però risparmiarsi di tornare in sè per qualche secondo e lanciarle un’altra occhiataccia. La rossa le rise in faccia, spudoratamente, e Niall appena si furono allontanati e seduti in una panchina poco distante dal luogo in cui si erano trovati prima con Harry, Zayn e Liam, scoppiò a ridere senza sosta per quelli che in seguito Agnieszka avrebbe definito anni luce.
 
«Sei un fottuto genio, è stata una scena impagabile, cazzo! Se stata più sassy di Louis, ed è tutto dire!» alzò gli occhi al cielo. «Beh, no aspetta, non più di lui, perchè è imbattibile, ma hai sfiorato le sue vette, ti meriti un premio» continuò a ridere, trattenendosi di tanto in tanto la pancia che iniziava a fargli male per la troppa ilarità della situazione.
 
«Un bacio» lui si fermò e arrossì, ma nessuno se ne accorse perchè era già rosso dalle risate. Poi ricevette una gomitata scherzosa da Agnieszka. «D’altronde sono la tua meravigliosa ragazza, no?» gli ricordò, curiosa di vedere quale sarebbe stata la sua reazione.
 
«Ovviamente, anzi siamo marito e moglie, Agnieszka Horan...» ci pensò un attimo su, poi la guardò dritta negli occhi. «Oddio è orribile, cioè, voglio dire, non è poi così brutto, ma ci riesci te a immaginarti sposata? Io no. No, aspetta, non intendo te te, intendo me. Oddio, me, sposato. Cazzo mi sta venendo l’ansia» e scoppiò nuovamente a ridere, seguito da quella ragazza che in qualche modo avrebbe potuto, senza saperlo, vantarsi di averlo conquistato. Perchè era così, semplicemente Niall non aveva bisogno di pensare a come avrebbe potuto dirglielo, e non si preoccupava di un suo possibile rifiuto, perchè stavano così bene insieme, che lui non aveva neanche bisogno di pensare a cosa sarebbe successo, perchè in un modo o nell’altro si sarebbe divertito con lei, sapeva anche che sarebbe successa e basta, qualsiasi cosa il destino aveva riservato loro, il tutto in un processo naturale e incalzante, ma allo stesso tempo stuzzicante e fuori da ogni regola. Per quel motivo non si soffermava molto sui sentimenti che sapeva di aver iniziato a provare, perchè l’unica cosa che gli importava era potersi sentire felice. E con lei era felice. Indubbiamente felice.
 
«Oddio sì, che strano, voglio dire, io non sarò mai sposata, è una cosa orribile!» gli sorrise. «Oppure mi sposerò solo perchè ho già esattamente in testa come sarà il pranzo di nozze».
«Buona idea. Basta che poi mi inviti al tuo matrimonio!»
«Ma come? Non eravamo noi due a doverci sposare?» sghignazzò.
«Cavolo è vero! Beh, meglio così, ma il mio consiglio è di invitare meno gente possibile, in ogni caso, così mangiamo tutto quello che vogliamo in santa pace senza troppi stomachi indiscreti».
«Ma Harry e Louis non li vuoi invitare?»
«Beh, quello era scontato, loro faranno i testimoni innamorati. Te li immagini? Anzi no, cazzo, facciamo un matrimonio doppio. Oddio. Però ti dovrai ricordare di non baciarmi appena tutti urleranno “bacio, bacio!” perchè voglio assistere al loro di bacio, prima. Cazzo, sto iperventilando, immaginati che belli. “Vi dichiaro marito e marito” aw, che cosa tenera!»          
«Santo cielo, mi sa che per te oggi non ci sarà zucchero filato. Sei già abbastanza sdolcinato!»
«Ehi, vacci piano, tu mangi per te, e io mangio per me. Ormai lo zucchero filato è in programma, e non c’è modo di cambiare i programmi di Niall Horan quando si tratta di cibo e poi-» venne interrotto dal braccio di Agnieszka che indicava un punto alla sua sinistra, verso quello che presumibilmente era l’unico ingresso del Luna Park. Diede un morso alla sua crepe e si voltò seguendo con lo sguardo la linea immaginaria tracciata da quel braccio che gli si era piazzato di fronte.
 
«Guarda, quelli non sono Louis ed Harry? Santo cielo, se sono loro sclero. Cazzo dimmi che non è un fotomontaggio!» gli urlò lei praticamente nell’orecchio e lui si ritrovò a strizzare gli occhi nella speranza di poter scoprire di avere uno zoom integrato nei suoi occhi azzurri. Non fu così, ma era quasi sicuro che fossero loro.
 
«Ma come fa ad essere un fotomontaggio? Cioè, sono fottutamente reali! E sono meravigliosi! Oddio guarda: si tengono per mano! Dannazione quanto vorrei aver portato un cannocchiale».
«Un cannocchiale addirittura? E come penseresti di tramare piani romantici alle loro spalle in incognito in un Luna Park, passeggiando con un cannocchiale sotto l’ascella?»
«Lo affiderei a te».
«E allora come farei io, a passare inosservata?»
«Non passeresti inosservata» rispose con semplicità, continuando a sforzarsi di mettere a fuoco con più precisione la scena. «No, che carini, ora si abbracciano! Santo cielo, non ce la posso fare, ho bisogno di una cioccolata, di una coperta calda, di quel dannato zucchero filato e di un maledetto cannocchiale» sorrideva.
«La cioccolata e lo zucchero filato ce li possiamo sempre procurare, la coperta mi sembra un po’ più difficile, ma per il cannocchiale... beh, ho una piccola sorpresa!» non riuscì a trattenersi e gli occhi cominciarono a luccicarle più di quanto già lo potessero fare essendo, naturalmente, in un luogo completamente illuminato a festa dal luci di ogni sorta di colore.
«Hai un cannocchiale?» se la loro vita fosse stata ambientata in un manga probabilmente la sua sua mascella sarebbe crollata in men che non si dica.
«No... ma-» si voltò leggermente per potersi sfilare lo zaino che portava dalle spalle e se lo poggiò sulle ginocchia, frugandoci dentro con decisione. Improvvisamente poi ne estrasse due binocoli e ne porse uno a Niall.
 
«Cazzo, sei un genio, oddio, ti adoro» concluse avvicinandosi un po’ di più a lei per abbracciarla. «Ma dove li hai presi?»
«Oh, li ho solo presi in prestito da mio fratello, sai, lui è un appassionato di natura e ne ha tre o quattro in camera sua, perchè qualche volta esce di casa con un binocolo in mano, tutto preso bene, e si fa delle passeggiate chissà dove. Comunque in questi giorni non è in casa, quindi...» sorrise, ancora abbracciando il biondino.
 
«Non sapevo neanche che avessi un fratello!»
«Due».
«Cosa?»
«Due fratelli».
«Uh».
«Josh ed Ed».
«Me li devi far conoscere allora!»
«Cosa? Guarda che così divento gelosa!»
«Ma no, dai, è solo che mi piace conoscere persone nuove!»
«Va bene».
«Comunque-» sospirò, voltandosi per tornare a dare un’occhiata a Louis e Harry. «Dove sono andati?» sbuffò. «Li abbiamo persi».
 
***
 
«Louis...» borbottò Harry ancora accoccolato tra le braccia dell’altro, con gli occhi chiusi e le mani tremanti. Il ragazzo con gli occhi azzurri si rese conto dell’agitazione di Harry proprio da quel particolare. La vibrazione leggera e involontaria che le sue mani lasciavano andare gli percorreva le ossa e lo riempiva di una sensazione di calore, così tanto calore da far venire, paradossalmente, la pelle d’oca.
 
«Sì?» chiese, e aveva la testa dolcemente posata sulla spalla dell’altro, per quanto non lo fosse interamente, data la sua lieve inferiorità di altezza.
 
«Mi mancavi» sospirò.
Louis corrugò la fronte, ma sorrise. «Ti mancavo?»
«Sì, prima di conoscerti» Harry non era quel tipo di persona da lasciarsi scappare facilmente i sentimenti o i pensieri di bocca. In realtà dopo le prime delusioni non l’aveva proprio più fatto, e ci era sempre stato male, perchè si era lasciato scappare molte occasioni che probabilmente, anzi, sicuramente, non sarebbero più tornate, e Harry aveva sempre avuto paura di non vivere appieno la sua vita. Ma in quel momento, stretto nella dolce morsa di Louis, sentiva come se ogni pezzo del puzzle che si era lasciato sfuggire di mano si fosse ricomposto. Era come se la sola presenza di quel ragazzo fosse in grado di curare le ferite che lo avevano portato a chiudersi agli altri, era come se quel ragazzo fosse in grado di far rifiorire quel giardino interiore che Zayn diceva che si portasse dentro. Ed era effettivamente così, o qualcosa del genere. Lentamente, ma fin troppo velocemente in realtà, si stava lasciando andare alla consapevolezza che Louis fosse diventato una persona indispensabile nella sua vita. Certo, continuava anche a ripetersi che forse era troppo presto per poterlo dire, che forse era troppo presto per poterlo amare, ma la risposta del suo cuore e del suo istinto era sempre la stessa, chiara e tonda; che no, non era così. Non esisteva un “troppo presto” per l’amore. E non esisteva un “troppo presto” per far entrare Louis nella sua vita. Ma questa fase ormai l’aveva superata. Louis era già uno dei pilastri più importanti della sua vita.
Harry quando si sentiva sicuro (o meno insicuro del solito) di qualcosa, seguiva sempre il cuore.
E in quel preciso istante Harry sentiva la necessità di dirglielo, che nella sua vita, prima di conoscerlo, era sempre mancato qualcosa.
 
«Harry...» rispose, allontanandosi leggermente da lui e accarezzandogli una guancia con la mano rimasta libera. «La vuoi sapere una cosa?»
Il ricciò annuì, e Louis avrebbe voluto fotografare quel momento per poterlo tenere sempre con sè.
Le luci dei lampioni e delle varie insegne delle attrazioni e dei giochi risplendevano di maestosità, felicità e Louis voleva piangere. L’atmosfera era suggestiva e le lacrime sarebbero state davvero qualcosa di cui non preoccuparsi, troppo preso dall’ammirare quella meraviglia. Harry, lì di fronte, era lui la vera meraviglia. Indossava un beanie verde e i suoi capelli ricci lo accarezzavano e ne venivano fuori con leggerezza e frizzantezza, la stessa che Louis poteva scorgere nei suoi occhi verdi e brillanti come uno smeraldo illuminato dall’aurora, brillanti e intensi come il profumo di un bagnoschiuma appena comprato, intensi e verdi come un prato immenso e paradisiaco. E quelle labbra, quella labbra rosa e gonfie forse per l’agitazione, forse per la felicità, erano irresistibilmente perfette. Continuava a guardale per pochi istanti, per poi distogliere lo sguardo con la paura di venire scoperto. Aveva il timore, in fondo al cuore, o forse troppo in superficie, che se lui avesse provato ad amarlo come avrebbe voluto, l’altro si sarebbe sbriciolato in mille frammenti e non sarebbe più stato in grado di tornare quello di prima. Voleva lasciare che le cose succedessero, sì, non voleva fermarle, ma neanche metter fretta all’intera situazione. A quanto pareva però ogni cosa intorno a lui gli urlava di mettere la sua vita nelle mani di Harry e semplicemente amarlo come meritava di essere amato e come lui stesso lo voleva amare. Ogni cosa intorno a lui gli trasmetteva  amore, infatti. E non era una persona che di solito faceva troppo caso al mondo che lo circondava e alle magia che aleggiava nell’aria. A dire il vero, aveva sempre vissuto e basta, affrontando le situazioni man mano che gli si presentavano, senza volersi mai assumere troppe responsabilità e perennemente attento a non portarsi addosso pesi e inutili fardelli. Naturalmente era sempre stata tutta una maschera, o una difesa naturale da un fenomeno che neanche lui conosceva. Aveva paura di poter apparire come un ragazzo disinteressato e strafottente, ma in fondo era così tanto fragile, anche lui, che finiva per comportarsi da tale. Il mondo lo affascinava, ma non aveva mai avuto il coraggio, o la spinta, per chiudere gli occhi ed ammirarlo. Harry sembrava invece essere esattamente ciò che lui non era, sembrava che lui e il mondo si tenessero per mano, e il riccio era parte del mondo, per quanto non ne fosse esattamente consapevole, proprio perchè aveva quel fuoco dentro che lo stuzzicava fino a farlo cedere e sorridere, e osservare, semplicemente osservare, e sorridere. Era come un meraviglioso albero appena nato, con la potenzialità di diventare una maestosa quercia, ma con la paura di non poterlo fare. E Louis voleva entrare a far parte di quel mondo che Harry amava con ogni fibra del suo corpo. Proprio come voleva che quel momento durasse per sempre, perchè le loro mani prima di intrecciarsi sembravano reclamare con disperazione un posto nel mondo, ma dopo essersi sfiorate e strette avevano semplicemente trovato quello che cercavano, quello che sembrava avessero disperatamente cercato per troppo tempo.
 
«Vorrei regalarti una stella».
 
***
 
«Smettila di stuzzicarmi!»
«Non smetterò mai di farlo».
«Dovresti».
«Ti prego, andiamo sulle montagne russe?»
«Se vuoi che ti vomito in faccia sì».
«Basta che vomiti dall’altra parte!»
«Ma che divertimento ci sarebbe?»
«Andiamo sulle montagne russe?»
«Piantala!»
«Ma è tutto il pomeriggio che mi rompi. Ora tocca a me».
«Solo io ho il diritto si stuzzicarti».
«E questo chi lo dice?»
«Io».
«Andiamo, chi ti credi di essere?».
«Forse non mi sono presentato, mi chiamo Liam Payne e lei è pregato di smetterla di importunarmi con i suoi stupidi giuochi infantili».
«Ma è lei che ha accettato di venire con me al Luna Park».
«Non certo per venire sulle montagne russe con lei».
«Cos’altro vorrebbe fare al Luna Park?»
«Il Brucomela».
«Sei serio?»
«Ho sempre amato il Brucomela».
«Ma hai vent’anni!»
«Allora adottiamo un bambino e poi avrò una scusa per poterci andare».
«Adotteresti un bambino pur di salire sul bruco mela?»
«Lo farei».
«Allora sei proprio un caso grave!»
«Almeno lui mi capirebbe».
«Adotteresti l’unico bambino a cui non piace il Brucomela».
«Avevo proprio bisogno delle tue leggi di Murphy del cazzo».
«Dai, stai dicendo cose insensate anche tu».
«E tu stai distruggendo i miei sogni».
«Anche io ho un sogno».
«E non citare Martin Luther King per cose così futili».
«Ma non sto citando Martin Luther King!»
«L’hai fatto».
«Non certo per citare Martin Luther King! La frase “io ho un sogno” esisteva già prima di lui».
«Bravo».
«Che antipatico che sei».
«Ti voglio bene anche io».
«È vero».
«Cosa?»
«Che mi vuoi bene».
«Come fai a esserne così sicuro?»
«Mi hai seguito fino alle montagne russe».
«Non me ne sono accorto».
«È troppo tardi per tornare indietro».
«Ti vomito in faccia».
«Due biglietti, grazie».
 
***
 
Harry arrossì e pensò che quella fosse la cosa più bella che gli avessero mai detto. Avrebbe voluto evitarsi di chiedergli perchè, ma non ci riuscì in quel momento, come non era e mai sarebbe riuscito a farlo. Era sempre stato uno di quei bambini curiosi, che vogliono sapere sempre di più, quelli che vogliono scoprire il mondo e non riescono ad evitare di fare domande. Era sempre stato quel tipo di bambino che appena sente una parola nuova vuole impararla, che vuole sperimentare, che si guarda intorno e non si fa fermare da ciò che gli occhi vedono. Era ancora rimasto quel tipo di persona, in tutto e per tutto, solo che non era più un bambino. Era un ragazzo, e quello in fin dei conti comportava il voler scoprire e osservare ancora più cose. Di conseguenza, semplicemente, non poteva evitarsi di chiedere perchè.
 
«Perchè?»
Louis sorrise, continuando ad accarezzargli il viso. Poi si fermò, si guardò intorno e, sempre tenendo per mano il riccio, s’incamminò in una delle strade del Luna Park circondate da attrazioni di ogni genere. Louis era andato ad un Luna Park un’unica volta, ed era stato con Stan e gli altri suoi amici. Erano stati cacciati fuori perchè avevano semplicemente creato troppo scompiglio, divertendosi a rubare lo zucchero filato ai bambini e a importunare le ragazze che trovavano in giro. Louis non aveva fatto nulla di tutto quello in realtà, aveva guardato Stan rubare i dolci ai bambini, lo aveva seguito e aveva scherzato con lui, ma appena quello era scomparso dopo aver visto chissà quale ragazza meravigliosa in cerca di un “principe”, era corso in uno dei chioschi più vicini e aveva riportato ad ogni bambino quello che gli era stato tolto. Sfortunatamente Stan era riuscito a tirarlo in mezzo in tutte le “bighellonate” ed erano stati cacciati fuori. Louis scacciò il pensiero e si concentrò su Harry, che in realtà era la migliore delle attrazioni, in quel Luna Park, a dir di Louis.
 
«Perchè sarebbe meraviglioso».
«Sì».
«Come te» aggiunse sottovoce.
Harry lo sentì e sorrise. Si ricordava quando Louis l’aveva chiamato meraviglioso per la prima volta, a casa sua, subito dopo aver pensato che gli sarebbe piaciuto che qualcuno lo facesse.
 
«Ma perchè proprio una stella?» e la luce accarezzava i lineamenti di Louis rendendoli quasi eterei, e Harry non poteva credere di avere Louis, di poter stare con lui, di essere importante, per lui.
Il ragazzo dagli occhi azzurri si fermò, si spostò a lato della strada, in una zona un po’ meno affollata del Luna Park. Poi alzò un braccio e indicò un punto del cielo.
 
«La vedi quella stella?»
«Quale?»
«La più bella di tutte».
«Non lo so».
«Guarda meglio».
«Ce ne sono così tante, Lou».
«Ma non sono tutte uguali».
«Lo so, lo so, ma sono tutte belle».
Louis sorrise. Si aspettava una risposta del genere da parte di Harry.
«Beh per me ce n’è una, la più bella di tutte, che potrei chiudere gli occhi e riaprirli e la ritroverei, potrei correre per giorni in un prato, cercando di non pensare a lei, cercando di dimenticarla per un momento, pur non riuscendoci, ma provando, anche solo per sfida a farlo».
«E?»
«Eppure tornerei qui, o a casa mia, o in qualsiasi altro posto, alzerei gli occhi al cielo e la vedrei. Perchè è la più bella di tutte».
Harry chiuse gli occhi e ascoltò Louis, ascoltò la sua voce leggera e dolce, sentì il suo cuore che batteva forte nel petto, le musiche non troppo lontane che rimbombavano nell’aria e gli arrivavano attutite alle orecchie. Rabbrividì sentendo le dita di Louis ancora allacciate alle sue e sbatté leggermente le lunghe ciglia, permettendo alle lievi lacrime intrappolate nei suoi occhi di accarezzargli le guance arrossate dal freddo e dalla felicità. Poi provò a concentrarsi su quello che aveva detto Louis, su ogni sua parola, su ogni suo respiro. Voleva anche lui vedere la sua stella preferita, la più bella di tutte, voleva anche lui poterla trovare sempre, poterle parlare e sapere che c’era, e che ci sarebbe sempre stata, ma riusciva a vedere solo Louis.
 
«Tu sei il riflesso di quella stella».
Harry fece uno di quei sorrisi che nessuno avrebbe facilmente dimenticato, vedendolo.
Louis non lo vide, lo sentì. E non sarebbe comunque più riuscito a dimenticarlo. La consapevolezza si essere stato lui a farlo sorridere in quel modo fu il motivo per cui lui stesso liberò il migliore dei suoi sorrisi e lo donò ad Harry.
 
Passarono minuti interi lì, semplicemente lì, a parlare silenziosamente, ed ancora una volta, silenziosamente, a dichiararsi il loro amore. Minuti interi che pesavano di eternità ma profumavano di attimi, minuti in cui si resero davvero conto del significato dei loro stessi discorsi, e assaporarono il gusto della consapevolezza, seppur taciuta, di amarsi già, e niente sarebbe stato troppo affrettato, niente sarebbe stato prematuro, primo fra tutti il loro amore, perchè erano l’uno la stella più bella dell’altro, e guardando nel cielo, o guardandosi intorno, o chiudendo gli occhi, tutto ciò che riempiva le loro menti ora attente ed echeggianti di melodie distorte dal vento, era l’essenza dell’altro, e la certezza che ci sarebbe stato sempre.
 
Harry pensò che le certezze erano fragili.
Louis pensò che quella volta non lo sarebbero state.
 
***
 
«Mi sa che il piano è fallito».
«Se non li vediamo in giro vuol solo dire che si sono imboscati».
«Uffa ma io volevo vederli».
«Lo so, ma a volte la vita è ingiusta».
«Capitano sempre tutte a me».
«Pensiamo ad altro, poi vedi che li ri-incontriamo per strada».
«Hai ragione».
«Sempre e comunque».
«Va bene, che facciamo?»
«Secondo me comunque non si sono ancora baciati».
«Ma avevi detto di cambiare discorso!»
«Lo so, ma-»
«Per me va bene anche parlare di quest-»
«Andiamo su quello!» urlò puntando il dito contro una giostra che evidentemente la incuriosiva più delle altre.
«Perchè proprio quella?»
«Ma sentilo, il signor “vorrei essermi portato un cannocchiale”! Non pensavo che fosse il tipo da domande esistenziali».
«Ma non è una domanda esistenziale!»
«Oh, se lo è!»
«Tu sei strana!»
«Proprio come quella giostra! Ed è per questo che ci voglio andare!»
«L’erba voglio non esiste nemmeno ne-»
«Andiamo e basta!»
«Quindi se fossi una giostra ti sceglieresti?»
«E tu, se fossi una giostra mi sceglieresti?»
«No».
«Neanche io se fossi una giostra ti sceglierei, cioè, troppo banale, troppo biondo, troppo-»
«Però se fossi una persona sì» sorrise.
«Cosa stai insinuando? Che non sono una persona?»
«N-No! Era... uffa che palle, non ne azzecco una, voleva essere un complimento!» rise.
«Ed è per questo che sei single!»
«Ma non stavamo per sposarci, una mezz’oretta fa?»
«Hai detto bene, STAVAMO».
«Certo che oggi sei proprio sassy».
«In realtà è stato Louis ad ingaggiarmi per non farti sentire la mancanza del “Sassmaster di Doncaster”».
«Come se sentissi la sua mancanza».
«È stato lui il mio maestro».
«Dannazione. Non volevi andare in quella stupida giostra?»
«Oh certo. Ma non con te» ghignò.
«Ugh, ci risiamo».
 
***
 
«Prendiamo lo zucchero filato?»
«Lo zucchero filato?»
«Sì!»
«Vai con lo zucchero filato, allora».
«Grazie Lou!»
«Di niente... H» rispose, e gli passò una mano fra i capelli.
«H?»
«Sì, H».
«Perchè?» Harry era decisamente troppo tenero quando si comportava da bambino felice e curioso.
«Perchè Haz lo usano già tutti...»
«Solo Zay...»
«Zayn» sottolineò, infastidito dal fatto che il riccio lo avesse chiamato con un soprannome ed un’evidente affetto. «E poi voglio trovarti un soprannome tutto mio!» era sempre stato una persona possessiva e la vista del sorriso di Harry non faceva che aumentare questa sua caratteristica.
Harry nascose il suo sorriso, o almeno, cercò di farlo, anche se per Louis perdersi anche il più piccolo dei suoi sorrisi sarebbe stato decisamente impossibile.
 
«Sai geloso?» ghignò teneramente.
A Louis piaceva che Harry non fosse una persona monotona, ingenua e prevedibile. Insomma, poteva sembrarlo, forse agli occhi di qualcuno che non fosse Louis, ma non lo era affatto. Era divertente e nascondeva chissà quante sorprese dentro di sè. Ogni istante se ne usciva con qualcosa di imprevedibilmente diverso e Louis amava il fatto di poterne essere continuamente sorpreso, perchè non gli sarebbe mai potuto venire a noia.
 
«Geloso per te? Nah» si fermò. «Non vorrei che ti montassi troppo la testa, ragazzino».
Vide Harry abbassare lo sguardo e pensò di averlo offeso, ma poi quello si voltò, guardandolo dritto negli occhi. Forse in fondo era comunque un po’ offeso, perchè aveva paura che anche solo una di quelle parole potesse essere vera. Il suo sguardo fu penetrante. Più del solito.
 
«Come fai a passare da essere letteralmente troppo dolce per essere sopportato all’essere, al contrario, un rude ragazzo menefreghista? È assurda la tua capacità di trovare comunque e in ogni situazione un modo per essere noioso. Estremamente noioso» rispose, e sulla parola “noioso” strinse più di quanto lo fosse già la sua mano a quella di Louis.
 
«Noioso?» mise il broncio e Harry avrebbe voluto baciarlo.
«Noiosissimo».
«Quanto da uno a dieci?»
«Sicuro di volerlo sapere?»
«Sicuro sicuro» chiuse gli occhi, attendendo la risposta.
Inaspettatamente non arrivò, ma si sentì trascinar e tornò ad aprire gli occhi, ritrovandosi nello stesso luogo di prima, quello in cui aveva avuto la conferma di essere perdutamente innamorato del riccio, lo stesso luogo in cui silenziosamente glielo aveva rivelato.
Harry gli si avvicinò e alzò un braccio al cielo, proprio come fatto lui, puntando alle stelle. Louis aggrottò le sopracciglia.
 
«Le vedi quelle stelle?» non capiva cosa centrasse con la domanda che gli aveva fatto. «Sei noioso quanto tutte quelle stelle messe insieme» rise.
«Ma io ne vedo solo una».
L’espressione di Harry era un perfetto “facepalm” in quel momento.
«Touchè».
Louis rise.
 
«Ma ora voglio sapere davvero quanto sono noioso da uno a dieci» riprese, e si incamminò verso il chiosco dello zucchero filato, tirandosi dietro Harry.
«Dannazione».
«Tipregotipregotiprego».
«E va bene!»
«Quindi?»
«Uhm... vediamo... il tuo essere noioso è direttamente proporzionale a quanto ti voglio bene» arrossì, ridacchiando leggermente.
Louis si lasciò scappare un risolino che persino prodotto da una ragazza sarebbe sembrato effeminato, e tossicchiò, imbarazzato, rendendosene conto.
 
«Devi proprio odiarmi allora».
Harry alzò gli occhi al cielo. «E tu devi proprio essere pieno di te».
«Non sono pieno di me!».
«No, infatti» rispose, ironico.
«Ehi!»
«Ma cosa ti aspetti da me? Ho appena ammesso più che esplicitamente di volerti davvero troppo bene e tu pensi solo al fatto che di conseguenza il tuo tasso di noiosità deve proprio essere troppo alto. Cioè-»
«Ma mangia va» lo interruppe, porgendogli lo zucchero filato. Harry non si era nemmeno accorto che Louis lo avesse comprato. A dire il vero Harry non si era proprio accorto di essere arrivato al chiosco dello zucchero filato. Si sentì sciogliere alla vista del (suo) Louis che sorrideva con così tante luci negli occhi e un sorriso più meraviglioso del solito dipinto sulle labbra sottili. Arrossì.
 
«Tu non lo prendi?» chiese.
«Preferisco guardarti mentre lo mangi... o mangiarlo con te» o mangiare te, aggiunse mentalmente, ma poi schiaffeggiò quel pensiero e lo stipò in un angolo profondo della sua mente.
Harry arrossì.
«Uh... ma così mi sento in soggezione» sbuffò.
«Ma sei tipo una cosa stratenera in questo momento e sembri così tanto un bambino tenerissimo e boh, vorrei davvero...» si interruppe. Era stato Niall ad infettarlo con il suo vocabolario. “Stratenera” era una parola che non avrebbe mai pensato di poter dire, ed era tutto merito del biondino.
«Vovvesti coscia?» chiese Harry, con un po’ di zucchero filato in bocca.
Louis rise perchè, beh, coscia faceva ridere.
 
«Vorrei... uhm...» baciarti. Si guardò intorno, insicuro su cosa dire. «Regalarti uno di quei peluches che si possono vincere al tiro al bersaglio!» e si allontanò, seguito dal riccio, che nascondeva il suo sorriso dietro allo zucchero filato.
 
Era già passata una decina di minuti da quando Louis aveva tentato per la prima volta di colpire tutte le lattine con i colpi che aveva, ma non ci era ancora riuscito, e Harry nel frattempo aveva finito lo zucchero filato, divertendosi a guardare quel ragazzo dagli occhi azzurri concentrato con tutto se stesso nel riuscire a vincere. Harry pensava che ci sarà stato un motivo se c’erano ancora così tanti peluches, e probabilmente questo motivo era che fosse effettivamente difficile vincere, ma la tenacia di Louis lo faceva sorridere, soprattutto perchè si stava impegnando così tanto solo per comprargli uno stupidissimo peluches. Harry quella sera era decisamente la persona più felice del mondo. Si sentiva leggero, amato e... innamorato, e c’era qualcosa nelle azioni di Louis che gli faceva capire che per l’altro era lo stesso, in fondo. Come il fatto che lo avesse tenuto per mano tutto quel tempo. “Cioè, mano nella mano! Louis, con la sua mani piccole e sottili ha stretto le mie!” continuava a ripetersi, e non ci poteva credere, perchè aveva sempre trovato il tenersi per mano un gesto estremamente intimo, per quanto semplice, e davvero, non riusciva a pensare di poter essere così importante per Louis. Quel ragazzo, così dolce, premuroso, simpatico e luminoso, si meritava decisamente di meglio secondo Harry. E comunque il riccio non era poi così convinto di poter in qualche modo essere ricambiato da Louis. Aveva paura che l’altro stesse prendendo quei gesti così significativi, per uno come Harry, troppo alla leggera, e che non se ne rendesse conto. Quello che non sapeva era che Louis stava attribuendo loro lo stesso identico significato che attribuiva loro Harry.
Louis era buffo con la lingua tra i denti, le guance arrossate, gli occhi stretti e la fronte sudata per la concentrazione e l’agitazione. Harry non riusciva proprio a togliergli gli occhi di dosso. A lui e alle sue meravigliose e invitanti fottutissime labbra.
 
La tensione vera, per la prima volta in quella decina di partite, si fece sentire quando a Louis mancava ormai solo più l’ultima lattina da abbattere. Il ragazzo continuava a ripetersi che se fosse riuscito a beccarla un giorno sarebbe riuscito anche a diventare il ragazzo di Harry, e sembrava che il pensiero lo stesse motivando abbastanza, perchè sperava davvero davvero di poter essere ricambiato da quel ragazzo così stupendo e fantasticamente affascinante, ma aveva bisogno di qualcosa di più. Aveva troppa paura di deludere Harry e di non potergli regalare il peluche. Non voleva vederlo triste, mai nella vita. E voleva davvero regalargli quel dannato peluche!
 
«Ti prego Harry fai qualcosa!»
«Qualcosa cosa?»
«Non so, dimmi qualcosa che mi motivi così tanto a vincere da riuscire a beccare la lattina».
«Uhm...» ci pensò su. «Ti faccio un regalo! Un premio» arrossì. Un premio.
«Sii più specifico» ridacchiò Louis.
«Come dice Willy Wonka, “The best kind of prize is a *sur*prize!”»
Louis rise.
«Ma come faccio a sapere che mi piacerà?»
«Come dico io, “Fidati LouLou, ti piacerà!”» arrossì ancora.
«Mi fido, ma poi mi deve piacere piacere eh!»
Harry rifletté, titubante. «Cioè... io penso che ti piacerà» continuava ad arrossire e non riusciva davvero a smettere di farlo. E non aveva neanche più lo zucchero filato dietro cui nascondersi.
 
«NO JIMMIE PROTESTED!» urlò Louis, e scoppiò in una fragorosa risata.
«Ma sei matto?» gli scappò un risolino e alzò un sopracciglio, confuso.
«Stavo dicendo che devi essere sicurissimissimo che mi piaccia. Ok?»
«O-Ok».
«Senza balbuzie, grazie»
«Va bene...» abbassò lo sguardo.
«Senza puntini di sospensione!» si interruppe. Incominciò a parlare con la voce da anziano che ha già vissuto abbastanza e decide di rinfacciare le sue imprese miracolose a chiunque sia leggermente indeciso e timido. «Devi affrontare la vita, giovanotto! Ai miei tempi eravamo tutti più coraggiosi, altro che i giovani rammolliti di adesso! Io ho combattuto in-»
Fu lui ad arrossire leggermente poi, quando le labbra dell’altro gli posarono un dolce bacio sul collo subito dopo avergli sussurrato nell’orecchio «Ti... ti piacerà». Una scossa lo attraversò completamente e il punto in cui aveva poggiato le labbra continuava a bruciare così tanto da ustionarlo. Decise che si sarebbe fidato di lui, perchè ad andare avanti in quella conversazione sarebbe impazzito.
 
Così si voltò, strinse il fucile, chiuse un occhio per prendere meglio la mira e incrociando mentalmente le dita premette il grilletto.
 
***
 
«Che faccia!» rise Zayn tirando la testa all’indietro e indicandolo.
«NON. RIDERE» mugugnò a denti stretti. L’essere permaloso faceva parte del suo personaggio, del suo essere Liam, quindi continuava in imperterrito a farlo, ed era solo un ulteriore motivo per essere preso in giro da Zayn. Di conseguenza era un motivo in più per farsi notare da lui, e per ricevere tutta la sua attenzione. Gli piaceva essere fissato da quei bellissimi occhi profondi.
Se fosse stata una di quelle persone che hanno paura di pensare cose sconvenienti avrebbe scacciato il pensiero, ma non lo era, quindi chissenefrega.
 
«Ma hai una faccia che ispira caricature!»
«Sarai tu una caricatura» sbuffò.
«Uuh come siamo permalosi!» Zayn si sentiva proprio a casa quando parlava con Liam.
«Sarai tu permaloso».
«Non iniziare, adesso».
«Ma non iniziare tu!»
«Uffa, sei proprio fastidioso!»
«Ma sa-» venne interrotto.
«“Ma sarai tu fastidioso!”» gli fece il verso Zayn.
«Parliamo di qualcosa di serio».
«Ecco vah».
«Ecco».
«Beh, cos’è questo silenzio imbarazzan-»
«Ci hai pensato che siamo soli, solini, soletti, in un affollato Luna Park e i nostri amici ci hanno abbandonato?»
«Uh, come la facciamo difficile!» rise, e la sua risata illuminò l’umore di Liam, che per la sola vicinanza a Zayn, dopo tutta quella distanza, era già felice. «Niall e la tipa rossa se la staranno spassando, Louis ed Harry si saranno imboscati per fare i piccioncini e a dirsi frasi dolci e noi siamo semplicemente-»
«Siamo anche noi una coppietta felice!» urlò, e prese l’altro sottobraccio,
«Se non fossi del tutto certo del contrario direi che sei ubriaco».
«Ubriaco di te» gli fece l’occhiolino, soffiandogli un bacio, ed entrambi scoppiarono a ridere.
Quella serata si stava rivelando decisamente più divertente del previsto.
 
***
 
«HO VINTO! HO VINTO HO VINTO HO VINTO HO VINTO!» cominciò a urlare, in preda alla felicità e all’estasi più totale, dopo aver aperto gli occhi e dopo essersi accorto di aver colpito l’ultima lattina. Fece una specie di danza della vittoria e Harry ringraziò il cielo che non ci fosse nessun altro, a parte loro e il signore sulla sessantina, a quel gioco. In più, fortunatamente, la musica era piuttosto alta e aveva coperto gran parte del fracasso che aveva fatto.
 
«Quale premio vuoi?» sorrise l’uomo, lanciando un’occhiatina divertita ad un Harry evidentemente imbarazzato. Anche Louis lanciò un’occhiata al riccio e gli sorrise.
 
«Harry scegli tu. È un regalo».
«No, scegli tu per me. Io mi giro, ok?» ridacchiò, emozionato. Poteva sembrare una cosa del tutto stupida e banale, ma era davvero emozionato, perchè sarebbe stato il primo regalo di Louis, e adorava i peluches, e quello che Louis gli avrebbe regalato avrebbe per sempre trascinato con sè ricordi di quella sera. Di quella sera che era stata meravigliosa, e avrebbe continuato a esserlo. C’era ancora un sacco di tempo per renderla migliore.
 
Sentì la voce angelica di Louis sussurrare qualcosa all’uomo e quello gli porse un peluche, quello che aveva scelto.
«Al tuo ragazzo piacerà, ne sono sicuro» disse e poi salutò Louis, che fece un sorrisetto, arrossendo leggermente e voltandosi proprio verso il suo fantomatico “ragazzo”.
 
«Ecco» e si allontanarono, rimanendo al centro della strada per non intralciare la gente in coda ai vari giochi. Il riccio osservò il peluche e saltellò, felice
«Louis... ti voglio bene» ammise poi, dopo aver stretto per diversi minuti l’orso di peluche e dopo aver pensato a cosa avrebbe potuto dire a Louis per ringraziarlo. Avrebbe voluto dirgli che lo amava, ma non poteva. «Sei sempre così carino con me... e insomma, io... grazie. Grazie mille per esistere» aveva lo sguardo puntato a terra e gli occhi troppo fragili per non piangere. Si odiava per non saper trattenere le lacrime, perchè era una cosa che lo faceva sembrare un bambino agli occhi di tutti, e anche i bulli lo prendevano in giro perchè piangeva ogni santissima volta che se la prendevano con lui. Era un piagnone, una checca inutile e incapace. Continuavano a dirglielo. Inaspettatamente però sorrise, perchè con Louis non si era sentito una sola volta inutile o brutto, come invece si sentiva ogni volta che entrava a scuola. Perchè molte ragazze gli andavano dietro, è vero, ma nessuna lo aveva mai aiutato quando ne aveva avuto bisogno. Lui non piaceva loro per quello che era, ma per come appariva, e il loro obiettivo era solo quello di trovarsi un oggetto dei desideri; non volevano conoscerlo veramente. Non volevano avere davvero a che fare con lui. Louis invece gli si era avvicinato per primo e gli aveva dato per primo la possibilità di aprirsi e di dimostrare chi era veramente.
 
Louis quando era emozionato non piangeva quasi mai. Lui iniziava a sorridere, così tanto da farsi venir male alla mascella, così tanto da non ricordarsi più cosa fosse la tristezza, così tanto da capire cosa significasse davvero essere felici. Sorrise, ed era uno di quei sorrisi, quello che fece.
 
«Allora credo che dovresti ringraziarti. Se sono così come dici, è solo merito tuo. Ed è da quando ‘sta mattina in macchina ti sei sfogato con me, ti sei lasciato andare, mi hai detto ciò che davvero pensavi, che voglio dirti una cosa. Questa cosa è che non dovresti mai sentirti inferiore a nessuno, non dovresti mai credere a quello che ti dicono quegli stronzi che ti… picchiano. Loro sono i veri perdenti, perché sai una cosa? Loro non hanno niente per cui vivere, non hanno carattere, sono vuoti dentro. Ed è difficile credere che qualcuno sia vuoto, perché sembra davvero impossibile, ma le persone come loro, quelle che criticano gli altri senza validi motivi per farlo, ecco, quelle persone sì che sono vuote. O si sono svuotate lentamente, lasciando dietro i sentimenti, lasciandosi alle spalle i sogni, i desideri e l’amore. Sono pieni d’odio e chi giudica seguendo la voce dell’odio, sbaglia. È come legarsi ad un enorme masso e spingerlo giù da un precipizio. Non devi ascoltarli perché loro non sono nulla. Invece tu, tu sei perfetto, e la perfezione è fatta di dettagli, di piccoli gesti, di sorrisi sinceri, di occhi verdi, di ricci disordinati e di te. Sei perfetto e guarda che effetto mi fai! Louis Tomlinson che fa un discorso così lungo e ricco di sentimento non si è mai sentito, e non ti conosco da più di un giorno e mezzo! Non so come, ma mi hai cambiato. Non voglio tirarla per le lunghe, ma voglio dirti che è grazie a te se ora sto sorridendo, che è grazie a te se ora mi sento bene, che è grazie a te per ogni singola cosa bella di questo mondo, perché non so come facevo a vivere prima. Sono una persona che vive alla giornata, che ama conoscere sempre nuove persone, che non si affeziona facilmente, che forse a volte è un po’ rude, ma che ha trovato la sua stella polare, e adesso so di essere pieno d’amore, so di voler donare questo amore a qualcuno, so che questo qualcuno dovrebbe essere davvero speciale per aprire quella cassa che lo contiene, perché è pesante ed è nascosta; so di non essere perfetto, so di starmi dilungando troppo, so di essere noioso, so di non essere all’altezza e so di non valere tanto quanto vorrei valere, ma so anche una cosa, la più chiara di tutte. So che qualsiasi cosa accada vorrei averti affianco a me, anche se un giorno ti stuferai e cercherai qualcuno di migliore, e lo troverai, ne sono sicuro. Ma ti prego, almeno quando lo farai, quando mi lascerai solo, prima di andartene baciami».
 
Harry stava stringendo nella sua morsa carica d’amore quell’orso di peluche che Louis, il suo Louis gli aveva regalato, e piangeva, ad occhi chiusi, seguendo incerto la presenza di quel ragazzo che era stato in grado di stregarlo e attirarlo a sé in così poco tempo. Pensava a quell’ultima frase, “Prima di andartene baciami”. Appena l’aveva sentita aveva pensato che fosse stato un modo per dirgli che gli piaceva, che fosse stato un modo per dichiararglisi. Ma poi no, la realtà lo aveva urtato come un Frecciarossa nel pieno del viaggio e lontano da una qualsiasi stazione; Louis era fidanzato. E lui, Harry Styles, diciassette anni, gay e con la testa fra le nuvole, ebbene sì, lui, aveva tenuto per mano tutta la sera il fidanzato di Eleanor. Lui aveva creduto di poter essere ricambiato, aveva creduto di poter essere amato, lui si era solamente illuso. Ma nonostante tutte le paranoie era felice, e non poteva far altro che piangere; non solo perché quelle erano comunque state le cose più belle che qualcuno gli avesse mai detto, ma anche perché era stato Louis, proprio Louis a dirgliele, e non poteva farcela. Lo amava, come poteva non farlo? Non diceva di amarlo solo perché quel ragazzo l’aveva in qualche modo salvato e lo aveva fatto sorridere, o perchè sembrava essere il primo ad essersi affezionato seriamente a lui. Lo diceva, invece, perché ogni cosa in lui gridava amore, lo diceva perché Louis era lì e perché lo amava e basta.
L’amore non è razionale” pensava da un parte, e dall’altra “Lo amerei anche se lo fosse” perché essendo razionali, in effetti, avrebbe solo trovato dei motivi in più per amarlo. “Ma l’irrazionalità è più divertente.
 
 
«H?» Louis si fermò a metà della strada, voltandosi verso il riccio e squadrandolo dalla testa ai piedi. Non poté trattenersi dal sorridere perché la scena di un Harry abbracciato ad un grande orso di peluche nel bel mezzo di un Luna Park era qualcosa di irrimediabilmente meraviglioso; e sapeva di usare troppo spesso la parola meraviglioso per descriverlo, ma evidentemente quella parola esisteva per descrivere qualcosa o qualcuno, e quel qualcuno doveva proprio essere Harry.
Si soffermò sulle sue lacrime, che scendevano brillanti lungo i suoi lineamenti, lasciando delle linee sottili sulle guance, messe in risalto dalle luci forti dei lampioni e delle insegne colorate. «Harry? Scusa, non volevo che piangessi. Non… mi dispiace, scusa, perdonami».
 
«No, Louis, non capisci. Io in questo momento sono probabilmente il ragazzo più felice sulla faccia della terra, ed è… grazie. Sarà noioso a ripeterlo di continuo, ma non sai quanto ti sono grato per essere qui, accanto a me, adesso e spero… per sempre. Non ti lascerei mai solo, a meno che non fossi tu a chiedermelo in ginocchio. Perché se me lo chiedessi e basta, coi tuoi occhi azzurri immersi nei miei e con un qualsiasi sintomo di insicurezza nello sguardo… beh, io rimarrei lo stesso per te. Rimarrei, o forse mi nasconderei in un angolino, a guardarti vivere felice senza di me, a guardarti baciare Eleanor, e a immaginarmi di essere io al posto suo… no, non… non fraintendermi, so che ami Eleanor e, dico, non è che vorrei sostituirmi a lei, ma voglio dire, uhm… preferirei baciarti piuttosto che starti lontano… ti bacerei anche per tutta la vita, se dovessi. Proprio se dovessi dovessi. Ma, scusa, ora la smetto. Non lo dire a Eleanor. Scusa. Dovevi venire con lei ‘sta sera, non con me!» abbassò lo sguardo.
 
Louis ebbe un impulso sfrenato di dirgli che Eleanor era una fottuta stupida e che non gliene fregava un cazzo di lei, che si era inventato tutta quella storia di merda solo per vedere la sua reazione a quella rivelazione, ma ebbe la sensazione che il giusto momento per farlo sarebbe ancora dovuto arrivare. Ebbe anche la sensazione che salire sulla ruota panoramica del Luna Park avrebbe risolto un sacco di cose.
 
«Stai zitto, stai zitto, ferma quelle tue fottutissime labbra, apri gli occhi!» a Harry quella scena ricordò ciò che era successo quella mattina in macchina. «Se ‘sta sera sono qui con te, e se ti ho tenuto per mano, se ti ho abbracciato, se ti ho detto ciò che ti ho detto, se ti ho guardato come ti ho guardato… insomma, se sono qui con te e non con lei… è perché voglio stare con te!» rise, imbarazzato. «E ora è tempo di alleggerire la tensione. Dammi la mano e cambiamo argomento» strinse fermamente le dita di Harry fra le sue e  continuò a camminare. «Ah, e ricordati che ti voglio bene» finse di concludere. «Tanto tanto bene». Continuava a stupirsi per l’effetto che quel ragazzo dai capelli ricci gli faceva. L’aveva contagiato con la sua confusione e i suoi discorsi profondi. Louis non aveva mai parlato così a nessuno. Neanche a Donnie, che era il caos all’ennesima potenza.
 
 
«Tanto quanto?» chiese il riccio, abbracciando l’orso di peluche.
«Vediamo…» sorrise, quando gli venne in mente una risposta adeguata. «Immaginati una linea formata da tutte le persone del mondo. Tutte tutte. Ecco. La distanza fra la punta delle dita della prima persona della linea e le dita dell’ultima persona della linea è quanto ti voglio bene».
Harry rimase a bocca aperta e sorrise. Louis gli sembrava davvero un bambino in certi suoi atteggiamenti. Un bambino adorabile.
«Ma da dove ti vengono certe idee?»
«Ho una mente brillante».
Lasciò passare qualche secondo. Rabbrividì. Cominciava a fare freddo, o forse era lui che cominciava a sentire tutto il freddo che prima era passato in qualche modo inosservato. In ogni caso si strinse di più nel peluche e nella mano di Louis. Era calda.
 
«Come lo posso chiamare?»
«Chi?»
«L’orso».
«Arcibaldo».
«Che schifo!»
«Patrizio».
«Peggio».
«Preferisci Arcibaldo a Patrizio?»
Harry rise. «Mi fanno venire un’ernia tutti e due, ma “Orso Patrizio” è orrendamente tremendo!»
«E perchè, “Orso Arcibaldo” non lo è?»
«Ma almeno “Arcibaldo” mi sa di marrone».
«EH?» aggrottò la fronte.
«Voglio dire, almeno “Orso Arcibaldo” ti sta simpatico a pelle, come nome».
«Ma proprio no».
«Comunque me l’hai suggerito tu».
«Uhm...» borbottò dopo alcuni secondi. Poi tirò fuori il cellulare dalla tasca e si mise a cercare dei nomi su internet, sorridendo.
 
«Mannuccio».
«Oddio, cos’è?» ridacchiò.
«Il nome del tuo nuovo orso!»
«“Orso Mannuccio”» scoppiò a ridere. «Ma che schifo!».
«Marfisa» disse. «Questo sì che è un nome da Drag Queen!»
«Dio santo».
«Sarapulcinia».
«Da suicidio» trattenne a stento una risata.
«Non hai sempre sognato di avere “Orso Sarapulcinia” tra i tuoi peluches?»
«SEMPRE!»
«Lo so» finse di tirar su col naso e di asciugarsi una lacrima. «Sei fortunato ad averlo».
«Mapperfavore!» gli tirò una gomitata.
«Anche “Orso Mapperfavore” non è male».
«Scemo».
 
 
«Guidantonio».
«No io».
«Cosa?»
«Guido io».
(*Facepalm*) «Harry, ti prego dimmi che è uno scherzo» si lasciò scappare un risolino carico di finto nervosismo.
 
«È uno scherzo».
«Sarà meglio».
«Perchè io non ho la patente».
 
***
 
«Tra un po’ andiamo sulla ruota panoramica?»
«C’è una ruota panoramica?»
«Se te l’ho chiesto EVIDENTEMENTE c’è».
«Non è detto. A tutti a volte vengono idee strane».
«Io non sono come tutti».
«Soprattutto a te».
«Eddai, non ci sono mai salito!»
«Ah no?»
«No, sarebbe la mia prima volta».
«Mi sorprende questo tuo lato da verginello
«LIAM!» gli tirò uno schiaffo, fingendo indignazione.
«Beh, sono felice che verrai con me».
Zayn arrossì.
«Ma che hai ‘sta sera?» mise il broncio, senza evitarsi di sbuffare.
«Sei tu che mi fai quest’effe-»
«Sei SEMPRE stato così».
«E tu sei sempre stato permaloso».
«Ci andiamo su ‘sta maledetta ruota o no?»
«Andiamo».
 
***
 
«BooBear!»
«BooBear...» ripeté a bassa voce. «È fantastico!» decretò.
Louis non gli disse che era il soprannome con cui lo chiamavano sua madre e suo padre da piccolo, non glielo disse perchè adorava l’idea di potersi in qualche modo sentire tra le braccia di Harry senza che lui se ne accorgesse. Il modo in cui il riccio stava stringendo BooBear era del tutto invidiabile e per Louis era come se quell’orso racchiudesse un pezzo di sè, e si sentiva indubbiamente più felice.
 
L’attimo di silenzio che seguì venne interrotto dalla suoneria del cellulare di Harry. Quello lo sfilò dalla tasca dei jeans e mollò la mano di Louis.
 
«Pronto?» rispose, dopo aver letto “Gretchen” sullo schermo. Per un momento ebbe un fremito di paura perchè ormai sapeva che era la sorella gemella di Eleanor, e si sentiva come colto nelle mani nel sacco (colto con le mani nelle mani di Louis). Abbassò istintivamente lo sguardo a terra.
 
«Ehi Harry, va tutto bene?»
Inizialmente il ricciò aggrottò le sopracciglia, non capendo il perchè di quella domanda. Poi si ricordò di aver lasciato in sospeso la loro chiacchierata, non rispondendole più appena aveva scoperto che era la gemella di Eleanor, nonché la sorella della fidanzata di Louis.
 
«Va tutto alla grande».
«Perchè prima non mi hai più risposto e... ho pensato di aver detto qualcosa di sbagliato».
«No, stai tranquilla, era solo che non me l’aspettavo che... insomma... che fossi la gemella di E- delle tue sorelle!» non poteva dire Eleanor di fronte a Louis.
«Sei proprio strano» rise. Poi cambiò argomento. «Sei fuori, per caso?»
«Sì, sono al Luna Park!»
«Uuh io adoro i Luna Park, sono così romantici! Beh, sì, se hai qualcuno di speciale con cui andare...» sospirò. «Il che non è il mio caso!»
«EH» non sapeva più cosa dire, perchè lui era lì con una persona speciale, forse la più speciale di tutte, e in effetti sì, era romantico, per quanto lo potesse essere una serata tra due ragazzi di cui uno era fidanzato e non con lui, sfortunatamente.
«Chi c’è lì con te? Quel famoso Louis?» chiese con tono dolce. E se fosse stata vicino a lui gli avrebbe tirato una gomitata allusiva.
«Sì».
«Aww me lo devi assolutamente presentare un giorno!»
Harry si chiese perchè Gretchen continuasse ad “awaw-are” ogni volta che nominava Louis. Non che trovasse la cosa spiacevole, ma era curiosa.
 
«Se non me lo rubi!» si lasciò scappare, e Louis lo guardò strano. Gretchen rise. Harry si pentì subito di averlo detto. Era ancora troppo insicuro per farsi certe uscite.
«Ah-aaah, allora vedi che c’è qualcosa sotto! Lo sapevo, lo sapevo!»
Il riccio fu sollevato dal fatto che la sua reazione all’aver quasi o del tutto scoperto che era gay fosse così tranquilla, anzi, quasi euforica.
«No non c’è niente!» si guardò intorno, per paura che Louis potesse aver ascoltato tutta la conversazione. «Purtroppo» aggiunse.
«Come fai a dirlo? Scusa ma non mi hai detto che vi siete conosciuti ieri?»
«E quindi?»
«Le persone normali di solito non escono con una persona conosciuta un giorno prima...» si concentrò. «Voglio dire, se non si piacciono».
Harry arrossì.
«Vorrei che fosse così, ma le cose stanno un po’ diversamente».
«E perchè?»
«Vedi, hai ragione, mi piace...» evitò la parola “lui” per non rendere il messaggio troppo esplicitò alle orecchie di Louis. «Ma è...» pensò a come poter dire ciò che voleva dire senza farlo capire a quel ragazzo dagli occhi azzurri. «Insieme ad un’altra persona» concluse. Poteva voler dire qualsiasi cosa.
«Vuoi dire fidanzato?»
«Sì».
«Ah, è lì affianco a te! Ora capisco perchè parlavi strano!»
«Sì».
«Con chi sarebbe fidanzato?»
Glielo doveva dire?
 
«Lascia perdere, Harry, ne parliamo dopo».
«No, aspetta. Te lo dico».
«Se non vuoi, non devi farlo per forza. Cioè, ero solo curiosa».
«Con tua sorella».
«Tina?»
«No».
«Eleanor?»
«Sì».
«Oh» ripensò a quello che le aveva detto Eleanor appena era arrivata a casa. Aveva cominciato a saltellare urlando “Louis mi ama, Louis mi ama!” e lei le aveva chiesto perchè lo stesse dicendo. Sua sorella le aveva raccontato per filo e per segno ogni singola cosa di quello che era successo a casa di Louis e lei l’aveva liquidata con un “mi sa che hai frainteso un po’ di cose”. Non le sembrava possibile, dalle sue parole, che Louis la amasse veramente o che si fosse fidanzato con lei sul serio. Insomma, se una situazione del genere fosse capitata a lei avrebbe dedotto che si trattasse tutto di un malinteso. «Ma non stanno insieme».
 
Harry deglutì rumorosamente, cercando di assopire le sue danze interne.
«Ma me l’ha det-»
«Te l’ha detto Louis?»
«Sì».
«Beh, non ci credere».
«E perchè non dovrei?»
«Senti, non sono mai stata fidanzata, però so capire piuttosto bene le situazioni, le so districare, e ti assicuro che se stiamo parlando proprio dello stesso Louis, lui non ama mia sorella, e penso ci sia stato una grossa incomprensione generale. So che potresti pensare che la mia sia solo una supposizione, e forse lo è, ma sono sicura al 99,9% che tu piaccia a questo fantomatico Louis» ridacchiò, rassicurante.
«Perchè me lo dicono tutti?»
«Perchè è vero».
«Ma perchè avrebbe dovuto?»
«Cosa? Dirti che era fidanzato?»
«Sì».
«Questo non lo so, ma potrebbero esserci stati tantissimi motivi».
«Ok».
«Ho bisogno solo di una conferma».
«Quale?»
«Dimmi se assoceresti queste tre parole a Louis: Piercing, tatuaggi, punk».
«Sì, anche se sono concetti superficiali...»
«Gli piaci».
«Mah».
«Gli piaci».
«Cosa devo fare?»
«Boh, siete al Luna Park, vero?»
«Sì».
«Perfetto» sospirò, felice. «C’è la ruota panoramica, vero?»
Harry si guardò intorno. Vide la ruota panoramica. Incontrò gli occhi azzurri di Louis. Arrossì. Abbassò lo sguardo.
 
«Sì».
«Collega questi concetti ora: “Io piaccio a Louis”, “Louis piace a me”, “Sono al Luna Park con Louis”, “Siamo soli”, “C’è una ruota panoramica”. Cosa ti viene in mente?».
«Ehm...»
«Hai ragione, non lo puoi dire, sarebbe sospetto, ma dimmi una parola che inizia con le stesse tre lettere».
«Abbonamento».
«Sforzati di più!» sorrise. «So che non stavi pensando a quello!»
«Baccalà...» si interruppe, arrossendo all’occhiata stranita di Louis. «Ma sulla guarnigione» rise.
«Non sulla guarnigione, mio caro!» ridacchiò. Harry le faceva tenerezza in quel momento. Sembrava un bambino. «Devi sapere che quando due persone si piacciono piacciono, i baccalà si danno sulla...» lasciò in sospeso per far continuare a lui.
«Sulla... sulla bocciatura?» si guadagnò una risata di Louis, che continuava a guardarlo male, ironicamente male.
«Esatto! Sulla bocciatura! Quindi cosa farai oggi? Bacerai Louis!».
«Non ce la faccio».
«Si che ce la fai».
«Ma non so bacchettare».
«Quello è l’ultimo dei tuoi problemi».
«Sei sicura?»
«Non vorrei mai che stessi male, quindi se ti ho detto questa cosa è perchè sono sicura».
«Grazie Gret».
«Di nulla. E credo in te!»
«Ti adoro» disse sovrappensiero. Non era una cosa che diceva spesso. Ma la pensava in quel momento, quindi valeva la pena dirglielo. Aveva già pensato che avrebbe potuto provare a baciarlo dopo quello che gli aveva detto Zayn, e dopo che Louis gli aveva chiesto un premio per essere stimolato a colpire l’ultima lattina. Ma Gretchen gli aveva fatto forza, aveva creduto in lui, stava continuando a farlo e gli voleva bene.
 
«Anche io! Ma adesso non ti lasciare troppo andare con i complimenti che il tuo Louis si ingelosisce!» sorrise, e Harry poté sentirlo pur non vedendolo.
«Grazie ancora».
«Prego ancora! E ricordati ti raccontarmi com’è andata domani eh!»
«Va bene, ciao!» Harry era decisamente più felice e rilassato dopo aver parlato con Gretchen. Gli aveva infuso sicurezza.
«Ciao!» chiuse.
 
Era stata una chiamata piuttosto lunga, ma ne era valsa la pena. Assolutamente.
 
«Chi era?»
«Una mia compagna di classe».
«Cosa voleva?» era geloso.
«Non avevo più risposto ad un suo messaggio e si era preoccupata».
«Ti piace?»
«No!»
«Niente niente?»
«C-Come amica!»
«Bene».
«Bene».
 
Dopo pochi secondi si ricordò del suo “piano” e sporse il braccio verso la ruota panoramica, indicandola.
 
«Andiamo?»
«Sulla ruota panoramica?» sogghignò. Le sue previsioni si stavano avverando. Sapeva che sarebbero stati su quella fottuta ruota panoramica.
«Sì!»
«Stavo per chiedertelo io».
«Grandioso!»
«Su, muoviamoci, prima che troppe persone abbiano la nostra stessa idea».
 
***
 
Alla fine, senza rendersene conto, si ritrovarono tutti alla biglietteria della ruota panoramica. Harry e Louis, mano nella mano, Niall e Agnieszka, ancora sballati per quella giostra che la rossa aveva tanto voluto provare, e Liam e Zayn pensando di comportarsi da buoni amici ma avvicinandosi di più a qualcosa che non era più considerata amicizia dagli occhi della gente. In ogni caso le varie coppie si notarono a vicenda, ma nessuna si avvicinò alle altre. Harry e Louis attendevano entrambi con ansia che la serata spiccasse definitivamente il volo, non vedevano l’ora di entrare in una di quelle cabine e ammirare la meraviglia del mondo, e dell’altro, in una solitudine fatta di strette abbracci e desideri che ancora non si rendevano conto di avere in comune. Niall e Agnieszka erano lì perchè semplicemente si erano ritrovati a esserci, o forse perchè avevano visto avvicinarsi i Larry (avevano deciso di chiamare Harry e Louis così sin dal primo momento) alla ruota panoramica, e, muniti di binocoli, speravano di poter fangirlare sulle loro azioni. Zayn e Liam infine si erano messi in coda dopo finte discussioni e improvvisate arrabbiature, solo per poter stare insieme dopo tanto tempo, solo perchè avevano sentito entrambi la mancanza dell’altro e volevano rimediare.
 
I primi ad entrare furono proprio loro, non era costato tanto, e il giro completo sarebbe durato venti minuti. Zayn era euforico, perchè i paesaggi suggestivi lo avevano sempre ispirato, anche se lui non era così bravo a dipingere e non faceva quel tipo di arte. Semplicemente apprezzava le cose belle, quelle fatte bene, quelle che trasmettevano qualcosa, e la città di sera, illuminata da luci tenue e forti, al chiaro di una luna che non era neanche piena, vista da una ruota panoramica che non era certo quella di Londra, era semplicemente una cosa magnifica.
 
Poi entrarono Harry e Louis, sempre tenendosi mano nella mano, perchè per loro era ormai troppo difficile vivere senza quel contatto così semplice eppure così intimo. Perchè Harry amava sentire quelle dita esili e piccole fra le sue e perchè Louis amava sentirsi abbracciato da quelle grandi dell’altro, quasi rassicurato, pur essendo forse quello più sicuro e deciso fra i due. Anche se in realtà sapeva che il riccio non era solo ciò che poteva apparire, e sperava davvero che sarebbe stato capace di sorprenderlo.
 
Per ultimi entrarono Niall e Agnieszka, con i binocoli appesi al collo, sentendosi finalmente liberi di poterli mostrare in pubblico. In fondo chi non si sarebbe portato un binocolo per osservare la città dall’alto con più nitidezza? Almeno era una scusa credibile.
 
Le loro tre cabine si trovavano dunque una di seguito all’altra, e i più felici di quella vicinanza erano indubbiamente il biondino e la rossa, che a dire il vero attendevano quel momento da tutta la serata (ovviamente senza dimenticare il cibo, di cui non avevano fatto altro che imbottirsi da quando erano entrati).
 
E il giro cominciò, lento e intenso, e le cabine si alzavano con calma, una dopo l’altra, dando tempo a ognuno di prendere fiato e di guardarsi intorno, di realizzare i propri obbiettivi, le proprie passioni e tutto l’amore che il mondo donava loro. Mentre quelle stesse stelle che le dita di Harry e Louis avevano indicato si facevano meno luminose e davano spazio alla luce delle emozioni e dei desideri, la luna e le luci colorate del luna park conferivano all’aria e agli occhi emozionati di ogni persona un’aura di profondità  e felicità che nel tempo non si sarebbe mai più ricreata. Era un momento unico, e tra le carezze degli amanti e quelle del vento, l’amore non faceva che aumentare, ed invadere di profumo vitale l’esistenza di chiunque volesse sentirsi felice.
 
***
 
Harry era letteralmente ammaliato da ogni singolo momento di quella serata. Guardando il cielo e la città su cui incombeva la dolcezza della notte, la sua mente vagava, soffermandosi su ogni battito di ciglia di Louis, su ogni suo respiro, su ogni sua parola, su ogni suo tocco, e capiva, capiva sempre di più di aver bisogno (un bisogno immenso) di lui, come persona, come desiderio, come sole su cui fare affidamento, come mare in cui tuffarsi per sentirsi a casa e far scivolare via i dolori e le delusioni quotidiane, come foglie, quelle stesse foglie che gli accarezzavano il viso quando camminava per strada, come viaggio, per potersi scoprire e poterlo amare e permettersi di farlo, e chiudere gli occhi e essere felici, come amico, come occhi in cui perdersi, come sorriso in cui ritrovarsi, come labbra da sfiorare, baciare, mordere, amare. Dire che aveva bisogno di Louis, e che lo amava sarebbe un eufemismo. Osservava il cielo per paura di non poter affrontare i suoi occhi, e di non poter resistere dal rivelargli i suoi sentimenti. Aveva paura dei sentimenti, ma quello non era il momento per averne paura. Quello era il momento di lasciarsi andare e essere, nel senso più filosofico del termine. Essere.
 
Louis invece di guardare il cielo guardava Harry, che era comunque una sorta di cielo per lui, anche se non aveva una mente così poetica per pensarlo, per quanto la sola vicinanza di un essere così fragile (come una ragnatela strappata dal cieco vento), ma allo stesso tempo così forte (come quella stessa ragnatela, tessuta con amore e dedizione, brillante e meravigliosa), come Harry lo avesse influenzato in maniera così esponenziale da fargli vedere il mondo con più chiarezza. Stare accanto a Harry, e stringerlo per mano, e abbracciarlo, e sentire la sua voce, e amarlo, lo faceva sentire come la prima volta che all’età di diciassette anni aveva dovuto mettere gli occhiali e si era accorto che il mondo era molto più nitido di quanto lo vedesse prima. Stare accanto ad Harry era come scoprire una nuova canzone e innamorarsene perdutamente, con l’unica differenza che diversamente da quasi ogni canzone, lui non pensava avrebbe mai potuto stancarsi di Harry. Ormai faceva davvero fatica a pensare ad una vita senza di lui. E la cosa più strana di tutte era che quell’ormai corrispondesse a non più di diciannove ore.
 
Poi Harry, dopo dieci minuti di silenzio carico di magia, passati a tenersi per mano, in piedi, circondati da una città all’apparenza troppo piccola, si voltò verso Louis, verso quei suoi occhi azzurri, verso quelle sue labbra troppo desiderate, verso quel suo viso dai lineamenti quasi femminili, ma appesantiti senza risultare pesanti da piercing che non facevano altro che renderlo più attraente. Gli sorrise, e avrebbe avuto il cuore in mano se la sua mano non fosse stata avvinghiata a quella dell’altro.
 
«Senti, ci sono parecchie considerazioni da fare» quello sarebbe stato uno delle classiche prove che uno fa quando è agitato, guardandosi allo specchio. Sì, sarebbe stata la prima ad essere scartata.
 
Louis rise, e Harry lo seguì, non potendone fare a meno.
«Considerazioni?»
«Scusa, non volevo iniziare così» abbassò lo sguardo.
«Dimmi quello che pensi».
«Tutto?»
«Tutto».
«Non ce la faccio».
«Tu puoi fare tutto H, basta desiderarlo».
«Grazie Lou».
«Ora chiudi gli occhi un attimo, riaprili e poi lasciati andare».
Fece così, e per quell’istante in cui i suoi occhi rimasero chiusi si sentì come un bambino in assenza della madre in un supermercato. Avrebbe voluto piangere. Li riaprì subito. Si sentiva vuoto.
 
«Non riesco a chiuderli».
«Perchè?» la sua voce continuava ad accarezzare Harry e Harry continuava a sorridere, temendo di sbattere troppo stesso le ciglia, temendo che si sarebbe sentito perso senza la mano di Louis, temendo di poter scoprire di essere solo.
«Perchè quando chiudo gli occhi non ti vedo».
Louis si avvicinò all’altro leggermente.
 
«E allora guardami senza mai smettere di farlo, perchè anche io sento la mancanza dei tuoi meravigliosi occhi verdi quando li chiudi per qualche istante».
«Tu sei così perfetto».
«Cos’è la perfezione Harry?»
«Questo momento per esempio. È perfetto, perchè io mi sento a casa, guardo fuori e c’è un paesaggio mozzafiato, guardo te e vedo tutto ciò di cui ho bisogno, sento la stretta della tua mano e sono felice. Questa è la perfezione. Quando le cose belle prendono il posto di tutto ciò che altrimenti vedremmo con occhi diversi. Fa freddo Louis, ma non lo sento, ho paura Louis, che tutto questo un giorno finisca, ma non posso pensare ad altro che non siano le tue... labbra e le tue parole di prima, e il tuo sguardo in questo momento. Oggi sono stato picchiato Louis, ma non sento dolore, solo amore, ed è perchè sono con te. Non so neanche chi sei, pensaci bene, non lo so, eppure sono qui, e voglio esserlo e lo sono e non vorrei mai smettere di esserlo. Non so neanche più chi ero prima di ieri. Chi ero io, senza i tuoi occhi? Non so... ecco cos’è che non so. Non so perchè sei qui con me se hai... se hai Eleanor che ti può... baciare... lei... può farlo.... lei è a casa sua in questo momento... a guardare una tua foto... a ricordare i vostri momenti... insieme... e tu... sei qui... con me. ME. Tra tante persone. Io... tu... cosa ho... no... Gret ha detto che tu... che io... che noi...» i suoi occhi non avevano retto la tensione, e le sue labbra avevano iniziato a tremare, e la sua sicurezza si era sbriciolata. Perchè niente aveva senso, e stava dando di matto, sottoposto alla vista continua di quella bocca sottile e spesso piegata in un’espressione ironica. In quel momento in realtà, ironia e dolcezza a parte, quella bocca era semplicemente perfetta.
 
«Allora Harry facciamo un patto va bene? Tu smettila di dire stronzate con quelle dannatissime labbra meravigliose guardandomi con quegli occhi che danno la dipendenza, con quella voce che mi  fa stare bene, e quelle mani grandi che mi stringono con forza e amore e... o forse no, non è amore, forse sono io che vorrei che lo fosse, eh? Forse questo è tutto un sogno che vuole farmi impazzire, o sei tu che mi vuoi fare impazzire? O sono io che impazzisco e basta? Dannazione — Dicevo che devi smetterla di essere così fottutamente perfetto perchè... perchè... perchè non puoi... no... ti prego, rimani così, non cambiare niente di te... mi fai impazzire, mi fai impazzire! Rimani così... sai cosa provo quando mi guardi negli occhi, o quando mi abbracci, o quando mi ringrazi, o quando mi parli, o quando mi sorridi, o quando ti passi la mano fra i capelli, o quando ti mordi quelle cazzo di labbra a cui non riesco proprio a resistere, o quando hai quella dannatissima luce negli occhi e mi sento bene solo a... solo a pensare a te? Lo sai cosa provo quando mi sento esplodere il petto soltanto a sfiorarmi la guancia e ricordare che l’hai sfiorata con il tuo respiro e con le tue labbra, e che non è un fottuto sogno, ma è la realtà? Lo sai cosa provo? CAZZO. Io non sto con Eleanor, ok? Non sto con lei! Non ce la faccio più a sentirti parlare di lei e me come se stessimo davvero insieme, perchè la odio, la odio, non è niente, e scusa se forse sto parlando troppo o sono troppo aggressivo, perchè non ti voglio spaventare, non ti farei mai del male... H, io ho cinque anni più di te e non voglio che... non vorrei averli perchè... tu forse... tu forse non mi vuoi come ti voglio io, dopo un giorno e mezzo poi!, tu forse non provi per me quello che provo io, tu forse non sai che io ti... TI AMO, ok? No, ti prego, non scappare adesso.... non scappare... ti prego...  io non l’ho mai detto a nessuno prima... a nessuno e... non te ne andare, io... voglio che tu sappia che ti amo... e voglio che tu lo sappia adesso perchè non voglio ritrovarmi a fare cazzate e a rischiare di non dirtelo più... tu sappilo, sappilo e basta  e io... almeno posso... posso...» chiuse gli occhi e posò le sue mani piccole sulle guance arrossate e bagnate dalle lacrime di Harry, e si avvicinò a lui così tanto da lasciare che i loro nasi si sfiorassero, e i loro respiri si aggrovigliassero, e la loro felicità aumentasse, insieme al loro amore. «Posso...?» e schiantò con dolcezza le sue labbra su quelle di Harry, che non aspettavano altro, che non facevano che pizzicargli dal desiderio. Il ricciò non fu lento a rispondere, e sentì la morbidezza dei sentimenti dell’altro sgorgare attraverso quel contatto inizialmente dolce come quello zucchero filato che aveva mangiato qualche ora prima.
 
Louis si allontanò leggermente, asciugandogli le lacrime. «Non te ne andare...» e riallacciò il contatto, con un po’ più intensità, con ancora più amore, perchè incredibilmente ne aveva sempre di più, e ancora, e ancora, e ancora, senza tregua. Morse con dolcezza il labbro inferiore del riccio, perchè quando baciava una persona, o più propriamente baciando Harry, voleva offrirgli il mondo intero.
 
«Rimani qui...» di nuovo, un altro bacio, più profondo anche del secondo, ancora più carico d’amore, ancora migliore, e i loro corpi erano ancora più vicini e BooBear era caduto a terra da un bel pezzo, e le mani di Harry erano poggiate, avvinghiate ai fianchi di Louis, e aveva le spalle schiacciate dal peso dell’amore di quel ragazzo dagli occhi azzurri contro il vetro della cabina, e il fiato mancava a entrambi, non perchè i baci fossero così lunghi o così selvaggi, ma perchè era la loro passione, le loro emozioni, i loro sentimenti, a risucchiare l’ultimo spasmo di razionalità che era rimasto loro, perchè era la luna a illuminare i loro baci e non più le luci del Luna Park, e perchè le loro labbra continuavano a muoversi in sincrono le une contro le altre e perchè i loro bacini si accarezzavano e le loro mani vagavano lungo i lineamenti dell’altro senza mai trovarne imperfezioni, già sapendo di non poterle trovare, già sapendo di essere oscurate dalla potenza dell’amore.
 
Harry posò un bacio sulla guancia di Louis «Rimango» uno sulla sua mascella «qui» uno nell’incavo del suo collo «con te» uno sotto l’orecchio «oggi» uno sulla palpebra dell’occhio destro «domani» uno su quella dell’occhio sinistro «sempre» e finalmente, dopo aver fatto sfregare la punta arrossata dei loro due nasi, tornò a baciare quelle labbra che mai si sarebbe aspettato che potessero amarlo tanto quanto avevano fatto in quegli ultimi minuti. E ogni volta che il contatto si intensificava Harry sentiva una scossa attraversargli la schiena, e ogni volta che Louis lo schiacciava maggiormente contro la parete Harry sorrideva di più, nel bacio, nella mente, nei gesti. Perchè quei sospiri, quella melodia che ancora risuonava rimbombando nelle loro menti, quelle mani in cerca di passione, quelle ginocchia che non avrebbero retto altre emozioni, quei corpi che non ne avevano mai abbastanza di volersi stringere, quella ruota panoramica che continuava a girare e quei loro cuori che continuavano a battere, erano vita. Vita vera. Come chiudere gli occhi e rendersi conto di aver fissato per così tanto tempo una persona da non sentirne nemmeno una mancanza, tanto è fresco il ricordo, tanto arde la mente.
 
«La vedi quelle stelle lassù?» chiese, indicando il cielo, mentre il ragazzo dagli occhi color mare posava dei piccoli baci sul suo collo, regalandogli ogni singola volta un brivido di immensa felicità e un bouquet di fiori d’amore.
 
«No, vedo solo te».



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Angolo dell'asdfghjkl:
Hola! Dunque eccomi qui, anche se probabilmente ti starai chiedendo "perchè “di nuovo“?" beh, ieri avevo pubblicato di fretta e praticamente non avevo messo il banner e non avevo neanche fatto un angolo dell'asdfghjkl come si deve. Invece eccomi here. Avevo urgenza ASSOLUTA di pubblicare il banner, che ovviamente spero vi piaccia. Essendo una gif non ha un'alta qualità, ma se vi fidate di me vi dico che su Photoshop era praticamente HD ahah. Chissenefrega, anywhore.
 
Uff questo capitolo è stato impossibilmente complicato da scrivere, e in effetti è venuto piuttosto lungo, ma spero che vi piaccia.
Spero appunto che la lunghezza non vi abbia frenato dal leggerlo tutto, perchè andava scritto tutto in una botta unica, non potevo rimandare alla prossima volta il tanto atteso (?) bacio Larry che dhasjkhr quanti FEELS (WTF)
Noi fangirl veniamo prese in giro dalla mattina alla sera per questa cosa dei FEELS ma io ne vado fiera AHAH
-
Anygay vado a punti, come al solito, se no forgetto (g di gatto) qualcosa, uoks?

❤ Parliamo ordunque degli Ziam. Io mi sono divertita tantissimo a scrivere i loro minidialoghi, perchè CIOÈ, io li adoro, ok? OK. Ho fatto questa scelta dei dialoghi "botta e risposta" perchè volevo rappresentare il loro rapporto, che come avrete capito è molto intimo ma allo stesso tempo, insomma, inconscio. Loro sanno solo di voler DAVVERO bene all'altro, ma non ci danno tanto peso quano voi vorreste. Sono molto ironici. Adoro Zayn. TANTO LOVE. 
❤ I Larry. ODDIOSCLEROASDFGHJKL. Non ho altro da dire. Il resto dovreste dirmelo voi perchè sinceramente non aspetto altro che consigli, impressioni o insulti (?) da parte vostra. THANKS. E io comunque i larry li amo, se non si fosse capito! Stavo davvero impazzendo a scrivere i dialoghi e le descrizioni, e il bacio e boh, spero che vi siano piaciuti AW
❤ Gretchen. Io la amo. Ho finito. Davvero, ricordatevi che la amo. 
❤ Niall e Agnieszka sono, tipo fantastici perchè bboh, sono dahsklav e sono i sovrani del fangirlamento. Cioè, i binocoli, guys, i binocoli! OMFG
E tra l'altro visto che io disegno e non so che fare durante le lezioni vi ho fatto un piccolo e insulso schizzo di Aga e Nello.


❤ Che ne pensate? Uff penso che da adesso in poi vi allegherò degli schizzi fatti in classe ai capitoli, perchè mi diverto a disegnare i personaggi.
❤ Mi sono ricordata adesso che alcuni di voi mi avevano chiesto se avrei messo la Nosh. Ebbene cavi devo dirvi de cosine ine ine. La prima è che secondo me Niall è etero. Cioè, non sono molto sicura degli Ziam, perchè li shippate in così tante e non so più, per quanto non li shippi. I Larry sono la mia OTP quindi lasciamo perdere LOL. Comunque Niall in questa fan fiction sarà ETERO. PEr quanto non mi piaccia classificare le persone in base al sesso, perchè non è quello l'importante. Però volevo solo che lo sapeste. In ogni caso Josh ci sarà, e come avrete capito è uno dei due fratelli di Aga. Il futuro ci riserva diverse sorprese!
❤ Vi ringrazio troppo, ok? Vi virtualAMO ∞ (e mi sento figa perchè ho imparato come si fanno i simboli strani con la testiera ha)
❤ Ho pubblicato un video Larry su YouTube. QUI. Passate se vi va. 

❤ Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e blablabla, spero che recensirete o comunque mi farete sapere cosa ne pensate. 
Se volete potete contattarmi su Twitter: @_egobrain 
Se no qua c'è Tumblr: DDEJRFH
 
❤ Domanda di TODAY: 
1. Consigliatemi (imperativo tsk) una canzone, perchè ho voglia di scoprire cose nuove! (se vi va, s'intende)
2. Se vi dico "Libri" cosa vi viene in mente? (WTTFx2)
 
Ditemi cosa ne pensate! 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Madness ***



Harry posò un bacio sulla guancia di Louis «Rimango» uno sulla sua mascella «qui» uno nell’incavo del suo collo «con te» uno sotto l’orecchio «oggi» uno sulla palpebra dell’occhio destro «domani» uno su quella dell’occhio sinistro «sempre» e finalmente, dopo aver fatto sfregare la punta arrossata dei loro due nasi, tornò a baciare quelle labbra che mai si sarebbe aspettato che potessero amarlo tanto quanto avevano fatto in quegli ultimi minuti. E ogni volta che il contatto si intensificava Harry sentiva una scossa attraversargli la schiena, e ogni volta che Louis lo schiacciava maggiormente contro la parete Harry sorrideva di più, nel bacio, nella mente, nei gesti. Perchè quei sospiri, quella melodia che ancora risuonava rimbombando nelle loro menti, quelle mani in cerca di passione, quelle ginocchia che non avrebbero retto altre emozioni, quei corpi che non ne avevano mai abbastanza di volersi stringere, quella ruota panoramica che continuava a girare e quei loro cuori che continuavano a battere, erano vita. Vita vera. Come chiudere gli occhi e rendersi conto di aver fissato per così tanto tempo una persona da non sentirne nemmeno una mancanza, tanto è fresco il ricordo, tanto arde la mente.
 
«La vedi quelle stelle lassù?» chiese, indicando il cielo, mentre il ragazzo dagli occhi color mare posava dei piccoli baci sul suo collo, regalandogli ogni singola volta un brivido di immensa felicità e un bouquet di fiori d’amore.
 
«No, vedo solo te».

 
***

«Com’è andata con Louis?»
«Uh... bene».
«Perchè io e Liam vi abbiamo perso di vista».
«Già».
«Perchè continui a guardarti alle spalle? Hai dimenticato qualcosa?»
«No».
«Perchè continui ad arrossire, allora?»
«Non è niente».
«Perchè non hai salutato Louis?»
«Non lo so!».
«Perchè?»
«Ho paura» e fu da quel momento che Harry calò nel mutismo più assoluto.
 
Erano usciti dal Luna Park da circa cinque minuti e Zayn aveva immediatamente notato l’insolito comportamento di Harry. Non sapeva che motivi potesse avere per fare così. Ripercorse nella sua mente tutti i momenti di quella serata che avrebbero potuto interessarlo.
 
Harry e Louis che si tengono per mano. Harry che sorride. Louis che sorride. Harry ha un orsetto di peluche in mano.
 
Harry e Louis sulla ruota panoramica che si tengono per mano.
 
Liam.
 
Liam che lo abbraccia.
 
Liam.
 
Harry e Louis che si tengono per mano anche uscendo dalla cabina della ruota panoramica. Louis che sorride. Harry che ha lo sguardo basso e quel suo peluche sottobraccio.
 
Niall e la ragazza dai capelli rossi. Liam.
 
«È tardi... cioè, sono stanco, vorrei... io andrei...».
 
Harry che non guarda nessuno negli occhi.
 
Harry che lo guarda. Harry che esce dal Luna Park. 

 
Doveva essere successo qualcosa durante il giro sulla ruota panoramica, ma Zayn non era tipo da impicciarsi degli affari degli altri se la sua intrusione evidentemente non era gradita, quindi aveva evitato di fare ulteriori domande, per quanto quelle continuassero a vorticargli affannosamente nella testa. Perchè Harry è corso via? Cos’è successo con Louis? Perchè evitava lo sguardo di tutti? Perchè non ha salutato nessuno? Perchè non voleva parlare?
 
***
 
Appena arrivati a casa Harry corse nella sua camera e si chiuse dentro, senza neanche degnarlo di uno sguardo, senza “buonanotte”, senza neanche un accenno di sorriso sulle labbra. Zayn decise di mandare un messaggio a Liam. Era sinceramente preoccupato per il comportamento di Harry. Se da una parte c’era una vocina dentro di lui che gli diceva di lasciarlo perdere, che se avesse avuto bisogno di lui, gli si sarebbe rivolto senza dover essere forzato dalle sue parole, dall’altra c’era il suo cuore che batteva senza sosta, che gli suggeriva che qualcosa non andava, che avrebbe dovuto andare da Harry, abbracciarlo e farlo sfogare. Sapeva quanto il riccio fosse fragile e l’idea che si potesse spezzare da un momento all’altro lo faceva morire dentro. Zayn era davvero legato a lui, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di vederlo sorridere.
 
[A: LeeYum!]
Siamo arrivati.
 
[Da: LeeYum!]
Poi mi spieghi.
 
[A: LeeYum!]
Non c’è niente da spiegare.
 
[Da: LeeYum!]
Oh, non direi, caro il mio Zay.
 
[A: LeeYum!]
Cosa?
 
[Da: LeeYum!]
1) Perchè Harry è partito in quarta senza salutare nessuno?
2) 
Perchè l’hai seguito implorandomi di non venire? (Grazie, eh.)
3) Perchè Louis –si chiama Louis, vero?– se n’è andato con lo sguardo basso e il passo svelto, seguendo l’esempio del suo fidanzatino, ovvero senza salutare nessuno?
 
[A: LeeYum!]
1) Ho provato a chiederglielo, ma si è chiuso in camera sua.
2) Perchè pensavo che con me avrebbe parlato. Non essere arrabbiato, Lee.
3) Come posso saperlo?
 
[Da: LeeYum!]
Allora è una cosa seria. Non sono arrabbiato, Zay...
 
[Da: LeeYum!]
... solo geloso.
 
***
 
Louis non riusciva a capire, non riusciva a camminare dritto, non riusciva ad alzare lo sguardo da terra, non riusciva a piangere, non riusciva a urlare, non riusciva a sentirsi vivo; Louis non riusciva a respirare. Sentiva invece una morsa dentro di lui, a stringergli il fegato, a spremergli il cuore, ad appesantirgli l’esistenza. Cosa aveva fatto? Cosa aveva fatto di sbagliato? Perchè Harry era corso via da lui ad occhi bassi, senza sfiorarlo neanche con lo sguardo, mollandogli la mano e voltandogli le spalle? Voleva morire. No, non voleva farlo davvero, non se sarebbe stato sinonimo di non vedere mai più il suo sole. Non se avesse voluto dire non assaggiare mai più quelle labbra. Come aveva potuto, la serata migliore della sua intera esistenza, tramutarsi in un incubo tanto repentinamente? Qual era stato il punto di rottura? Era stata colpa sua?
 
Non riusciva neanche a pensare tanto aveva la mente annebbiata. Il suo paradiso si era trasformato in un inferno. Quel bacio durato così tanto tempo da fargli mancare il fiato si era tramutato in assenza di labbra, vuoto insensato e lacrime che non volevano farsi strada sulla sua pelle tremante. Il fiato in ogni caso gli mancava lo stesso. Aveva provato a ripercorrere nella mente ogni istante di quella notte e non ne aveva trovato neanche uno che non fosse stato perfetto; non c’era nulla. Non un sorriso fuori posto, non una bugia, non uno sguardo severo, neanche una manciata di stranezze. Ci vedeva solo amore, solo amore senza limiti, ed è vero, probabilmente erano i suoi occhi azzurri che non riuscivano a soffermarsi su tutto il resto, ma sta di fatto che quando si erano baciati ogni tassello del suo puzzle aveva trovato un posto nel disordine della sua mente. Ma poi ogni certezza era crollata quando aveva sentito la mano di Harry scivolare via dalla sua e non aveva potuto fare a meno di osservare, senza muovere un passo, la sua figura alta e slanciata allontanarsi dal Luna Park, seguita poi da quella di Zayn, con passo affrettato e visibilmente agitato. Niall e la ragazza dai capelli rossi—di cui non aveva ancora scoperto il nome—avevano degli sguardi incuriositi e affranti e Louis non si era posto altre domande che non fossero: Cosa ho sbagliato? Harry mi odia? Perchè se n’è andato? Forse non avrei dovuto baciarlo?
 
Arrivò nei pressi del muretto dietro casa sua e si accasciò a terra, stanco, triste e debole.
 
[A: D]
Hai detto che ci saresti sempre stato... ho bisogno di te.
 
Scrisse quel messaggio senza pensarci troppo, fingendo di non dargli troppo peso ma sentendolo inevitabilmente sul cuore. Da quanto tempo era che non gli aveva scritto? Forse non avrebbe neanche dovuto, in fondo, ma Louis era sempre stato un ragazzo trasparente, limpido come l’acqua di un laghetto in montagna, diretto come un bambino che sente il mondo pulsare per la prima volta dentro di lui. Non era sicuro che gli avrebbe risposto. Non era sicuro di niente ormai, dopo aver visto quasi in slow motion, il suo Harry correre via dal Luna Park spinto da chissà quale pensiero contrastante con tutto ciò che avevano vissuto nel corso di quella serata. Decise che non aveva senso cercare di trovare una motivazione in ogni azione, perchè alcune cose succedevano e basta, proprio come era successo e basta che, preso dalle emozioni, dalla paura, dall’amore, avesse scritto quel messaggio. In fondo al cuore non sapeva neanche se sperare che gli rispondesse o no. Sarebbe stata una pugnalata in ogni caso.
 
Il sentimento che provò ricevendo una risposta dopo poco tempo da quando aveva mandato il messaggio fu però inaspettatamente dolce. Un sentimento strano, a dire il vero, un sentimento totalmente assurdo. Niente dolore, niente rimorsi, solo affetto sconfinato.
 
[Da: D]
Ci sono.
 
Sorrise.
 
[A: D]
Ho bisogno delle tue parole.
 
[Da: D]
Le porto sempre con me.
 
[A: D]
Ho bisogno della tua voce.
 
[Da: D]
Forse non è più la stessa.
 
[A: D]
Non importa.
 
[Da: D]
Non pensavo che ti avrei più parlato.
 
[A: D]
Io in fondo lo speravo.
 
[Da: D]
Lo sai che non puoi affidarti a me come se fossi una colonna portante. Non sono stabile come dovrei.
 
[A: D]
Non so la differenza fra stabile e instabile. Tanto vale parlare con te.
 
[Da: D]
Perchè?
 
[A: D]
Ti prego chiama. I messaggi sono strazianti.
 
E fu pochi istanti dopo che il suo cellulare cominciò a suonare la solita “Old Yellow Bricks” che quel giorno gli aveva portato solo sventure, per una volta impossibilmente desiderata, e lasciò che la voce di Alex Turner, limpida e forte, risuonasse nell’aria vuota della notte.
 
Old yellow bricks,
Love's a risk,
Quite the little Escapoligist
Looked so miffed,
When you wished,
For a thousand places better than this,
 
You are the fugitive,
But you don’t know what you're runnin from,
You can’t kid us,
And you couldn’t trick anyone,
Houdini, love you dont know what you're runnin away from.
 
 
«Donnie!» sbottò con gioia. Il suo Donnie dopo tutto non l’aveva abbandonato.
 
***
 
«Zayn Malik!» gli afferrò il mento. «Puoi smetterla di parlare di Harry per un dannato istante?» chiese Liam, la sua esasperazione tutt’altro che mascherata.
 
«Ma L-»
 
«Niente ma!» sospirò. «Ora tu ascolti il caro vecchio Liam Payne e ti rilassi un po’».
 
«E quale sarebbe il tuo strabiliante metodo affinchè ciò avvenga?»
 
«Ma perchè ogni volta che sei stressato inizi a parlare come uno spocchioso aristocratico?»
 
«Ma cosa?!»
 
«È da un po’ che ho iniziato a notarlo».
 
«Contento tu».
 
«Eddai! Lasciati andare!» urlò sollevandogli le braccia come per renderlo più vivace. Ovviamente non fu molto d’aiuto.
 
Zayn si sporse in avanti per cercare di dare un’occhiata all’orologio appeso alla prete, ma il buio glielo impedì.
 
«Ma saranno le due, che diamine vuoi che faccia?»
 
«Ti bevi una birra».
 
«Che, sei diventato il diavolo della mia coscienza?»
 
«Lo sono sempre stato, Malik».
 
«Va’ a vedere che c’è in frigo».
 
«Vedo che sei sempre il solito».
 
«Anche tu» accennò ad un sorriso.
 
Liam si allontanò dal divano per qualche istante, seguito dallo sguardo leggermente più tranquillo di Zayn, seguito da quegli occhi grandi e brillanti, seguito dai suoi pensieri contrastanti. Aprì il frigo e afferrò a colpo sicuro due birre, che aveva provveduto a comprare prima di entrare in casa quella mattina. Tornò a sedersi sul divano accanto al ragazzo dalla pelle olivastra, circondandogli le spalle con un braccio. «Beh, che mi racconti Zay?» chiuse gli occhi per qualche istante, godendosi il silenzio notturno della casa. «E non iniziare di nuovo con Harry, mi raccomando» ridacchiò. Aprì la birra e ne bevve un sorso. Zayn fece lo stesso.
 
«Ma che c’hai contro Harry?»
 
«Niente. Voglio dire: perchè dovrei avere qualcosa contro di lui, poi?»
 
«È da quando sei tornato che non fai che rimproverarmi perchè penso troppo ad Harry».
 
«Più che legittimo».
 
«Ma perchè?»
 
«Proprio perchè sono appena tornato e invece tu mi tratti come se fossi stato con te ogni giorno. Mi aspettavo un’attenzione maggiore da parte tua!» Liam era sempre stato famoso per riuscire a far credere agli altri di fingere di essere offeso, pur essendolo davvero.
 
«Ma cosa ti aspettavi da me?»
 
«Boh, come minimo di lasciarmi posare come modello di un tuo dipinto».
 
«Dai, spogliati, allora».
 
«Eh?»
 
«Io faccio solo ritratti di nudo».
 
«Dannazione, dovevo aspettarmelo».
 
«Oh, guarda che sei tu ad essertela andata a cercare» si portò la birra alle labbra, ma si accorse di averla già finita, così si ritrovò ad afferrare altre due birre nel frigo.
 
«Dillo che aspettavi l’opportunità di ordinarmi di spogliarmi per te da ormai sei mesi!»
 
«Se mai sei tu che non vedevi l’ora di spogliarti per me».
 
«Cambiamo argomento, eh, signorino?» gli tirò una gomitata.
 
«Anche tu lo stai facendo».
 
«Se fossi una persona qualunque direi “Touchè”».
 
«E invece sei Liam Payne» sospirò, ridacchiando e alzando gli occhi al cielo.
 
«La persona meno qualunque di tutta la terra».
 
«Non esageriamo ora».
 
«Dimmi una persona meno qualunque di me».
 
«Harry».
 
«Ma allora lo fai proprio apposta!» sbuffò teatralmente.
 
«Sai che ti dico?» lo guardò con aria di sfida. «Harry è dieci volte migliore di te» sogghignò.
 
E ora bisogna aspettare che la belva dentro di lui si risvegli.
 
***
 
Niall aveva provato a chiamare Louis per un’ora intera, ma non aveva mai ottenuto nessun risultato.  Il telefono era perennemente occupato.
 
Forse sta parlando con Harry.
 
Lui e Agnieszka si erano fermati per una buona ventina di minuti a parlare di quello che era successo appena usciti dalla ruota panoramica. Avrebbero potuto giurare di averli visti baciarsi nella cabina, perchè i binocoli avevano permesso loro una visuale piuttosto completa della scena, ma per quanto i loro animi incendiati dalla sacra passione delle fangirl li avesse spinti a rimanere a fissarli per l’intero tempo previsto per il giro, la loro coscienza li aveva fermati dal farlo davvero. Dopo essersi accertati con euforia del loro effettivo bacio si erano seduti a terra sclerando e urlando, immaginandosi scene e discorsi romantici fra i due e raccontandoseli con eccitazione. Inutile dire che i minuti erano passati in fretta e che erano giunti a una conclusione. Harry e Louis erano la cosa più tenera del mondo (cosa che però era stata sottintesa sin dall’inizio). Avevano anche fatto dei grandi progetti. Avevano in mente di scrivere un libro ispirato ai due e di far disegnare a Zayn le illustrazioni. A libro ultimato l’avrebbero regalato a Harry e Louis e tutti sarebbero vissuti felici e contenti (superata ovviamente l’ovvia, scazzata reazione di Louis in cui li avrebbe mandati a ‘fanculo dicendo che avrebbero potuto farsi un mazzo di cazzi loro). Sembrava ad entrambi una grande idea e non stavano più nella pelle dalla voglia di iniziare. Ma poi, appena finito il giro la situazione era precipitata e in due minuti si erano ritrovati a salutare quasi senza rendersene conto un Harry strano e con lo sguardo basso, a cercare di avvicinarsi ad un Louis affranto e spezzato (senza riuscirsi), a fermare Liam dal seguire impulsivamente Zayn e a sedersi infine su una panchina ancora illuminata dai lampioni serali dopo non esser riusciti a salutare quel ragazzo dagli occhi azzurri che, tremendamente in contrasto con la sua personalità ironica e raggiante, si era allontanato dal Luna Park senza dire una parola e con passo stanco.
 
Niall era tornato a casa, preoccupato e stanco, promettendo ad Agnieszka di aggiornarla nell’eventualità in cui avesse scoperto qualcosa.
 
***
 
Singhiozzi sommessi e drammatica indecisione. Urla trattenute e imminente disperazione. Amore rifiutato senza porsi domande, amore ustionante e pulsante. Occhi azzurri e tristi. Baci lenti e caldi. Corsa verso il buio; perdersi nel buio. Sorrisi meravigliosi, tatuaggi e angeli protettori. Reazioni insensate e dolci dichiarazioni. Louis, perdonami. Ti prego.
 
Dopo minuti interminabili di lacrime sprecate ad inumidire il cuscino del suo letto, Harry prese in mano una penna e un foglio di carta, trascinandosi con lentezza verso la sua piccola e disordinata scrivania; accese la luce e un bagliore arancione e caldo si propagò su tutta la sua superficie. Ebbe il coraggio di sorridere, dimenticando tutto per un istante, illudendosi di non essere lui stesso insensato.
 
Louis, sono Harry. Sono quel ragazzo inutile che dopo averti detto che non ti avrebbe mai lasciato solo, lo ha fatto. Mi odi, vero? Quando hai detto di amarmi io me lo sentivo dentro che sarebbe stato troppo bello per essere vero, sapevo che sarei riuscito anche questa volta a rovinare tutto. Ma perchè la mia stupidità non ha limiti. Che giorno è oggi? Voglio dire, il giorno in cui stai leggendo questa lettera? Sono proprio curioso di sapere quanto tempo è passato do quando l’ho scritta, sono proprio curioso di sapere quanto sono codardo. Oggi è lunedì 27 gennaio 2014. Ho scritto anche l’anno perchè non si sa mai. Magari sono passati due anni ora che la stai leggendo. Sai che oggi Zayn mi ha detto che avrei potuto mettermi una maglietta maniche corte perchè non era ancora primavera ma faceva già caldo? Sul momento non ci ho pensato, ma ora capisco perchè avevo freddo. È gennaio. Certo, fa abbastanza caldo per essere gennaio, lo devo ammettere, però Zayn non ha senso. Neanche io. Riesco a divagare anche scrivendo. Grandioso. Stavo dicendo: non so cosa mi sia preso (forse non stavo dicendo questo in realtà, ma va bè) quando sono corso via dal luna park senza salutarti. Perchè a dire il vero non me ne frega niente di non aver salutato gli altri, se ho pianto è perchè non ho salutato te, e perchè sei la cosa più importante del mondo, e probabilmente ti ho perso. Scusa. Scusa. Scusa. Non è colpa tua, ricordalo. Sono io quello idiota ad essermi comportato così. Il modo in cui... mi hai baciato mi ha fatto capire quanto veramente tenessi a me e tuttora non riesco a credere che un ragazzo come te, così dolce e così perfetto, possa essersi innamorato di me. E non c’è bisogno di aggiungere aggettivi a “me” perchè li contiene già tutti da solo. Non credevo che fosse possibile innamorarsi di una persona in un giorno (in uno sguardo) prima di incontrare te. Se da un certo punto di vista ho paura che non mi perdonerai e credo di meritarmi, nel caso, la tua rabbia, dall’altro lato spero tanto che potremmo baciarci ancora, perchè sei la persona più magnifica che esiste (so che non si dice “più magnifica” ma penso che se chi ha inventato la grammatica ti avesse conosciuto avrebbe scritto sui libri “Louis Tomlinson è l’unica eccezione alla regola”). Spero tanto anche che potremmo ancora tenerci per mano perchè... non so descrivere quello che ho provato, ed è tardi, e devo ancora piangere un po’ stringendo BooBear e pensando a te prima di andare a dormire, però sono stato felice. Che giorno è il tuo oggi? Te lo chiedo ancora perchè spero che non sia troppo tardi per perdonarmi. Scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa. Mi fa male la mano, ma devo resistere, lo faccio per te, Lou. C’è ancora una cosa che volevo scrivere. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Scusa se sto andando storto ma mi sto addormentando, e la mano ora mi fa davvero male, e sto piangendo perchè vorrei dirtelo a voce (non che la mano mi fa male, che ti amo!). Vorrei tornare indietro nel tempo e dirtelo a voce. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Ci credi? Credici.
-Harry xx

 
 
Fu in quel momento che il ragazzo dai disordinati capelli ricci si addormentò, dimenticandosi di tutti tranne che di Louis, lasciando che la sua mano dolorante finalmente si riposasse, piangendo senza versare una lacrima e sorridendo senza arricciare le labbra. Respirava soltanto, piano, così piano che i suoi sospiri sarebbero risultati una meravigliosa orchestra solo per le orecchie di un sordo.
 
***
 
«Louis!» se fosse stato vicino a lui lo avrebbe abbracciato. Louis se ne accorse e sorrise. «Pensavo che non avrei mai più sentito la tua voce!»
 
«Anche io» aveva un tono triste rispetto al solito, ma comunque più allegro di quello che si sarebbe aspettato di poter usare. Era davvero felice di poter parlare con Donnie dopo quattro interi mesi di inevitabile silenzio, ma l’immagine di Harry che gli mollava la mano e scappava era ancora vivida nella sua mente. Gelida e affilata.
 
«Troppo tempo».
 
«Non riesco neanche ad essere arrabbiato con te. Sono solo felice di poterti sentire di nuovo. Felice. Davvero felice».
 
«Scusa».
 
«Ti ho già perdonato» il pavimento era gelato almeno quanto le sue mani in assenza di quelle di Harry. Louis non aveva intenzione di entrare in casa.
 
«Perchè hai bisogno di me?»
 
«Mi sono innamorato».
 
«Sono contento, Louis. E sai che quando dico le cose è perchè le penso veramente».
 
«Sai che anche lui è strano?» sorrise amaramente, in qualche modo. Ma allo stesso tempo era orgoglioso della suo modo di essere, per quanto non ne fosse ancora totalmente consapevole. 
 
«L’ho sempre saputo che le persone normali non facevano per te».
 
«È meraviglioso».
 
«Ci potrei mettere la mano sul fuoco».
 
«Aspetta».
 
«Sono qui».
 
«Io ti amavo».
 
«Lo so».
 
«Sei meraviglioso anche tu».
 
Silenzio. Solo la certezza che la chiamata non fosse terminata ad incoraggiare Louis a sorridere.
 
«Io provo ancora qualcosa per te, voglio essere sincero». Prese un profondo respiro, chiudendo gli occhi e poggiando la testa contro il muretto dietro di lui. Si sarebbe volentieri fumato una sigaretta. «Sentire la tua voce mi fa uno strano effetto».
 
«Louis...»
 
«No, quello che voglio dire è che non è amore quello che provo, non sentimentalmente parlando». Sentì una lacrima scendergli lungo i lineamenti accarezzati sporadicamente dal vento della notte. «Però, ti prego, vediamoci ancora, almeno un’ultima volta. Io ti amo, non come un fratello, non come un fidanzato, come niente di tutto questo. Ma neanche come un amico, o una persona qualsiasi. Sono stato di merda senza di te».
 
«Louis, non voglio che tu stia male, non di nuovo. Sai benissimo cosa comporta volermi bene. Solo stress inutile. Non sono né affidabile né presente e poi ti amo e ti amerò sempre, Louis, perchè quello che io provo per te non è niente di definibile. Non so dirti cosa vuol dire amare, e dico di amarti solo perchè il modo in cui tutti descrivete l’amore è qualcosa di molto simile a quel che provo per te. Ma non del tutto. Ho la sensazione che sia immensamente più grande, così tanto che non sento neanche più il desiderio di baciarti, per quanto tu sia magnifico, perchè so di non essere io la persona che più di tutte ti merita, neanche quella che più di tutte ti amerà. Non ci soffro, ed è assurdo, ma l’unica cosa che voglio è la tua felicità. Il mio amore è in qualche modo quasi trascendente, insom-»
 
Louis si fece scappare un singhiozzo, due, tre; pianse, pianse per minuti interi, e Donnie aspettò. Aspettò che quei “ti amo” che il ragazzo dagli occhi azzurri continuava a sussurrare diventassero sempre più fievoli, aspettò che le sue lacrime evaporassero, aspettò che la notte gli asciugasse le guance probabilmente arrossate dal freddo, aspettò che parlasse. Sapeva che avrebbe detto qualcosa.  «Sai qual è il fottuto problema?» tirò un pugno al marciapiede, umido. «Che io ti amo e amo Harry e quando dico che ti amo non provo la stessa cosa che provo per lui, e quanti amori ci sono? Io ti trovo incredibilmente fantastico, eppure non ti bacerei più come avrei fatto un tempo, però ti amo, e comunque non vuol dire che non amo Harry. Io farei qualsiasi cosa per lui. Tutto. A parte allontanarmi da lui se me lo chiedesse. Morirei piuttosto. Ma se lui non capisse? Se mi abbandonasse? E se mi ha già abbandonato? Se quello fosse stato il nostro primo e ultimo bacio? E cosa cazzo farei se non riuscissi più a guardarlo negli occhi? Come cazzo farei a vivere senza i suoi discorsi incasinati e senza potergli più dire di fermare le sue fottute labbra e baciarmi? Un giorno, dannazione. Mi ci sono volute meno di quarantotto ore per innamorarmi di lui! È una follia! È la follia migliore che abbia mai fatto! È la cosa migliore di sempre e cos’ho sbagliato questa volta?»
 
«Mi prometti una cosa, Louis?»
 
«Cosa?» chiese, istintivamente indossando un tono rude.
 
«Qualsiasi cosa tu abbia fatto, qualsiasi cosa tu pensi di aver fatto, qualsiasi cosa lui abbia fatto, insomma, qualsiasi dannata cosa sia successa, non lasciare che influenzi il vostro rapporto. Non lasciare che influenzi il tuo amore. Non farti troppe domande, Louis, se lo ami dimostraglielo semplicemente. Se lo vuoi baciare bacialo, se vuoi stargli accanto, fallo. Parlane con lui, non con me. Non fraintendermi, sono felice che tu mi voglia ben-»
 
«Ami. Che io ti ami» lo interruppe.
 
«Che tu mi... ami» sospirò. «Ma non è questo il punto. Lo sento dalle tue parole e dal tuo respiro che è lui la cosa più importante del mondo per te, in questo momento. Quindi, ti prego, promettimi che smetterai di piangere per quello che è successo e andrai da lui. Domani, dopo domani, tra tre giorni. Prenditi il tempo che ti serve, te lo concedo, ma fallo. Vai da lui. Tre giorni comunque sono troppi. Me lo prometti?»
 
«Sì» scoppiò a ridere, drammaticamente. «Lo amo fottutamente tanto, non voglio perderlo. Sto male, non piango. Ho voglia di abbracciarlo e dirgli che è importante. Lo faccio domani. Ho voglia di baciarlo ancora, di accarezzare i suoi ricci disordinati, di tenerlo per mano e urlare al vento che è mio. Ho voglia di sentire la sua voce e di perdermi nei suoi occhi color smeraldo. Domani, domani» sussurrava. «Una sola notte. Posso aspettare. Otto ore» cercava pazientemente di tranquillizzarsi, sfiorandosi le labbra con la mano. Si era quasi dimenticato della presenza di Donnie. Era assurdo come ogni volta che pensava ad Harry tutto il resto svanisse. Era incredibilmente meraviglioso, Harry, ogni cosa di lui. Improvvisamente però sentì una sirena in lontananza e, risvegliato dalla sottospecie di trance in cui era caduto,  il suo respiro di fece nuovamente affannoso. «Ci dev’essere un motivo, però devo aver fatto qualcosa io. Gli brillavano gli occhi quando parlava con me, ho creduto che provasse lo stesso. Ci ho creduto perchè le sue labbra tremavano di inesperta volontà.  Come parlo adesso? Inesperta volontà? Dannazione. Lui voleva baciarmi, ho pensato. Ma evidentemente... no? Mi sbagliavo? Mi ha detto che non mi avrebbe mai lasciato solo e poi... perchè lo ha fatto? COS’HO SBAGLIATO?» urlò battendo il pugno chiuso a terra e sussultando.
 
«È qui che ti sbagli. È proprio questo ciò che sbagli. Sei troppo razionale. Quando si tratta di persone la razionalità è spazzatura. Le persone, Louis, le persone racchiudono dentro di loro il sensazionale germoglio della follia. Ciò che le rende imprevedibili.  Ciò che le rende uniche. Non ti ha lasciato solo perchè hai sbagliato qualcosa. Smettila di pensare che sia colpa tua. Scommetto che in questo stesso istante lui non si riesce ancora a capacitare del perchè abbia reagito così. Ci possono essere mille ragioni, e nessuna di queste è comprensibile. Ci possono essere miliardi di minuscoli particolari che possono aver influenzato la sua mente. Ci possono essere infinite motivazioni, infinite ti dico, e nessuna di queste sei tu».
 



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Angolo dell'asdfghjkl:
Hola! Come va? So che sono una stronza perchè non ho aggiornato per 20 fottuti giorni, ma giuro, taglio con le scuse, semplicemente non ci sono riuscita e mi odio per questo. Non ci sono riuscita e ci ho pensato per tutto il tempo. Ma ora tan taaaaaan eccomi qui, e la scuola è praticamente finita quindi ho molto più tempo libero è YYEEEEEE progetti!

Hm.. come vi è sembrato questo capitolo? PLOT TWIST!

1. Harry cosa diavolo ci combini?? Ora mi spieghi PERCHÈ te ne sei fottutamente andato dal Luna Park lasciando Louis lì. (Perchè sapete, mica so quello che pensano i personaggi eh! Io racconto solo le loro storie, però in realtà io non lo so!)

2. I Naga (Niall + Aga. Tutti i diritti sul soprannome vanno a Give_Me_Only_Kiss) in collaborazione con Zayn (se accetterà) vogliono scrivere un libro e regalarlo ai Larry! E non vi dico ancora niente a riguardo, ma ci sarà un sorpresone ASSURDO riguardo a questo punto. PROVATE AD INDOVINARE!

3. Donnie. Niente, vi chiedo solo uan ting (?) ok? Cosa ne pensate di lui? Io non vi dico ciò che ne penso per non influenzarvi, però mi farebbe davvero piacere leggere cosa ne pensate su di lui... E come ve lo immaginare fisicamente? (Ve lo immaginate?) Non vi prendo in giro, sono solo curiosa!

4. IMPORTANTE! Vorrei chiedervi di dirmi quali cose NON vorreste assolutamente vedere nella fan fiction. Non intendo le scene (per esempio "Non voglio che Liam baci Sempronio") ma i luoghi troppo comuni (per esempio "Louis che chiama Harry carotina mia", "Liam che ha paura dei cucchiai" eccetera). Anche quelle cose che da lettrici di fan fiction vi aspettate che prima o poi succedano. (Tipo "Harry vede Eleanor mentre cerca di baciare Louis e corre via in lacrime il giorno del loro appuntamente più importante di sempre" eccetera). Insomma, quelle cose che proprio non sopportate neanche nei film o in qualsiasi altra cosa. Cercherò di ascoltarli tutti perchè ho seriamente intenzione di scrivere una fan fiction originale, di prendere questo impegno anche come sfida. Tra l'altro spero per ora di esserci riuscita anche solo lontanamente. 

Vi ringrazio tutte infinitamente. Vi virtaulAMO perchè mi fate sempre sorridere ed è una cosa magnifica. Tra l'altro WOHOOO siamo arrivati al decimo capitolo! Ed è anche, e soprattutto, merito vostro! Grazie Grazie. 

P.S. Harry è un super ahjsfgsfdsj, tenero **

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Capitolo 12
*** Embrace ***


TRAILER

 

 

«Non ti vorrà più».

Piangeva.

«Hai rovinato tutto».

Le lacrime non avevano intenzione di fermarsi.

L'aria gli sbatteva in faccia con tanta intensità da farlo cadere a terra.

Milioni di scalini, nessuna destinazione, neanche una porta. Una salita infinita o una discesa insensata? Cadde in ginocchio.

«Le cose si possono ancora sistemare!»

«La vita non è una favola a lieto fine, Harry».

 

«Ma sono io a decidere il mio destino!»

«Tu pensi di poterlo fare».

«So di poterlo fare».

«Non sai niente. Non sei niente».

«Louis non la pensa così...».

«La gente mente».

«Louis non è come tutti».

«Non sembra esserlo».

«E tu chi saresti?»

«Zayn».

«Zayn mi vuole bene».

«Harry, forza».

«Smettila!»

«HARRY!»

«Louis mi ama ancora!»

 

***

 

«Buongiorno, Lou» sussurrò con dolcezza una voce femminile, una voce amichevole, una voce che Louis sentiva troppo raramente, una voce materna.

Il ragazzo dagli occhi azzurri non era certo felice di esser stato svegliato alle—come constatò più tardi—6:30 del mattino, e inizialmente ebbe l'impulso di grugnire esasperato, ma il sorriso sul suo volto non si affievolì nemmeno per un istante dal momento in cui si rese conto della persona a cui apparteneva quella voce. «Mamma!» urlò aprendo gli occhi e immergendosi fra le braccia di sua madre, sorridente come non mai. 

 

Bisogna sapere che Johannah lavorava in un famoso ristorante di un albergo cinque stelle nel centro della città. Era una cuoca, tra le più importanti, e in quanto tale ogni giorno era costretta a svegliarsi molto presto per giungere sul posto di lavoro in orario, predisporre gli strumenti per i pasti e cominciare a cucinare. Inoltre la sera tornava spesso molto tardi, stanca e spossata. Aveva sempre fatto quel mestiere, e lo faceva non solo perché le permetteva di guadagnare abbastanza soldi per mantenere la famiglia, ma anche perché adorava cucinare ed era piuttosto conosciuta nel settore. A dire il vero le dispiaceva molto non vedere quasi mai i propri figli o vederli sempre molto di corsa, senza mai avere il tempo per dimostrare loro quanto ci tenesse e quanto fossero importanti per lei. Non era sempre stato così, comunque. Prima del divorzio con Mark, il patrigno di Louis, erano stati una famiglia più unita sotto tutti gli aspetti. Ma era andata così. La separazione era comunque stata piuttosto tranquilla. Un giorno come molti altri (destinato però a non rimanere definito così per molto tempo ancora) tornando tardi dal lavoro aveva ritrovato Mark ad aspettarla dentro casa. Era sempre stato un uomo sincero, trasparente; non le aveva mai mentito. Neanche quella volta. Ma si sa che a volte la verità fa più male di quanto ci si aspetta. Lui le aveva rivelato di essersi innamorato di un'altra donna, di provare qualcosa di più forte di ciò che provava per lei in presenza di quella donna, per quanto il suo fosse un sentimento già in partenza di un'intensità enorme. L'aveva abbracciata e avevano parlato per tutta la notte. Erano fatti così. Dal primo momento in cui erano usciti insieme si erano detti che ci sarebbero stati l'uno per l'altra a prescindere da ciò che sarebbe successo. Johannah l'aveva presa indubbiamente male, perché non se lo sarebbe mai aspettata, e temeva per la reazione dei suoi figli, ma aveva accettato la decisione di Mark e l'aveva appoggiato anche economicamente quando aveva dovuto comprarsi una casa.  I loro figli non avevano potuto far altro che accettarlo ed abituarcisi, ma l'avevano fatto con molta serenità visto che Mark aveva sempre dimostrato loro di amarli alla follia. Lui e Johannah avevano continuato a parlare, a sentirsi, a volersi bene, ma ciò per cui più di tutto Johannah aveva sofferto era che lei lo amava ancora, oltre al fatto che da lui erano andate a vivere le sue tre figlie Felicitè, Daisy e Phoebe. Avevano deciso così, per quanto entrambi ne fossero addolorati, perché la donna di cui Mark era innamorato si era scoperta essere sterile, e Johannah sapeva che Mark non ce l'avrebbe fatta a vivere senza bambini. L’uomo aveva sempre amato con tutta la sua anima anche Louis e Lottie, ma loro erano già abbastanza grandi per poter vivere praticamente da soli in casa (preso in considerazione il lavoro della madre). Detto ciò Johannah con l'avanzare del tempo era sempre stata più assente, sovraccaricata dal lavoro, e il riuscire a vederla anche solo per pochi minuti era per Louis una delle cose più belle che gli potessero succedere (insieme allo stare vicino ad Harry, da ormai un giorno a quella parte). Il ventiduenne non voleva ammetterlo, ma era decisamente affezionato a sua madre. Riusciva spesso a dimostrarglielo, in ogni caso. 

 

«Mamma! Non posso crederci, mi sembra passata un'eternità dell'ultima volta che ci siamo salutati come si deve!» sorrise triste, abbracciando la madre. 

 

«Lo so tesoro, e sai quanto mi dispiace» gli posò un bacio sulla guancia. «Ma 'sta mattina ti ho svegliato presto proprio per questo! Ti ho preparato la colazione!» esclamò entusiasta. 

 

«Non puoi proprio fare a meno di cucinare, eh?» ridacchiò. 

 

«No, a quanto pare no. Oggi ho un'ora libera e esco tra mezz'ora. Ho pensato che sarebbe stato carino passare questi minuti con te e tua sorella» si allontanò un po' da lui. «Vorrei anche sapere cosa mangiate voi due, visto che il frigo era completamente vuoto, tolto qualche barattolo di Nutella—che tra l'altro non va messa in frigo—e del cibo preconfezionato» aggrottò le sopracciglia. «Scaduto».

 

«Io di solito mangio con Niall» ammise, grattandosi dietro la nuca.

«Ah già, allora va bene. Sono sicura che a mangiare con lui il cibo non te lo fai mancare» rispose, ironica. Per quanto stesse poco con Louis, ogni volta che si vedevano lui le raccontava tutto per tenerla informata, perché sapeva quanto ci tenesse. (Beh, non le raccontava proprio tutto tutto. Solo il necessario. Del periodo in cui, caduto un po' in crisi, aveva cominciato a frequentare centinaia di club e a scoparsi ogni notte una persona diversa lei non sapeva niente. Doveroso).

 

«Sulla lista delle tante cose che mi mancano il cibo non è segnato» commentò abbassando lo sguardo, con aria triste. Poi si rese conto che quella era la classica frase che non si dovrebbe dire di fronte ad un genitore se si vogliono evitare gli interrogatori, e cercò di mascherare quell'aria mogia con un ghigno ironico. Non funzionò. Il dado era tratto. 

 

«Cosa c'è che sulla lista delle cose che ti mancano, Louis?» chiese, per l'appunto, lei.

 

Gli occhi di Harry, le sue labbra, il sorriso di Harry, le sue mani, le divagazioni di Harry, la sua confusione, le parole di Harry, i suoi piccoli gesti, le debolezze di Harry, la sua forza, i ricci di Harry, la sua coroncina di fiori, la voce di Harry, Harry. Harry. Harry. Gli mancava Harry. 

Dio, se gli mancava.

 

«Una persona che vale più di tutto il resto».

 

Johannah sorrise. Decise di non chiedergli chi fosse. Sapeva quanto Louis fosse riluttante nell'aprirsi su questioni così personali. 

 

«Perché ti manca?» chiese invece.

«Perché non l'ho seguita, perché non l'ho fermata, perché me la sono lasciata scappare».

«Le persone non si perdono se non le si vuole perdere».

«Ma non so cosa fare».

«Quello che ti senti di fare, quello che vuoi fare».

«Non so cosa voglio».

«E invece sì».

«Cosa?»

«Vuoi ritrovare questa persona».

«Sì».

Sospirò, soddisfatta.

«Vuoi stare con lui» azzardò.

«Più di ogni altra cosa». 

 

***

 

Zayn Malik quel martedì mattina non sarebbe andato a scuola. E Liam Payne neanche, s’è per questo. Aveva affermato con decisione che non avrebbe sprecato del tempo inutile in quella scuola dopo sei mesi di studi all'estero e soprattutto senza Zay

 

Le loro motivazioni non erano evidentemente le stesse, o meglio, non del tutto. Il ragazzo dalla pelle olivastra e dagli occhi luminosi e scuri aveva deciso che non sarebbe andato a scuola perché se tutto fosse andato secondo i suoi piani Louis si sarebbe presentato al loro appartamento nell'arco della mattinata, chiedendo di Harry, di come stesse, di dove fosse; chiedendo di poterlo aspettare al suo ritorno da scuola. E Zayn non voleva perdersi quella scena, né voleva privarsi della possibilità di conoscere il fantomatico Louis Tomlinson, che a quanto pareva (da ciò che aveva colto dalle parole di Niall e Harry) era una persona meravigliosa. Ridacchiò, seduto mollemente sul divano, indeciso sul da farsi. Aveva svegliato Harry quella mattina ed era indubbio che quello stesse facendo una sorta di incubo sulla sua relazione con Louis. Era rimasto intenerito, se così si può dire, dall'attaccamento che l’altro aveva sviluppato nel corso di così poche ore, nel confronto del ragazzo dagli occhi azzurri. Ne era contemporaneamente spaventato. Era perfettamente consapevole del fatto che Harry si affezionasse incredibilmente in fretta alle persone, per quanto non volesse ammetterlo. Harry Styles era così. Ammirava e osservava le persone in silenzio, senza battere ciglio, da una dovuta distanza, sorridendo sommessamente nella paura di essere notato, con gli occhi che brillavano per la felicità; perché Harry Styles amava le persone in generale, ma poi non aveva quasi mai il coraggio di fare quel passo avanti e mostrarsi per ciò che voleva essere. Quella volta l’aveva fatto. Quella volta si era esposto e dopo ore di felicità immensa già ne era rimasto ferito, ma non era colpa di Louis, e questo era ciò che spaventava molto Zayn; proprio questa cosa inaspettata. Soffriva da solo. Era come un suicidio, una lenta morte causata dalle proprie azioni; era difficile. Non riusciva a capire quale meccanismo si fosse messo in moto nella testa del riccio, che si era ritrovato ad amare nell’arco di così poche ore un ragazzo, e dopo aver passato un’intera giornata con lui era scappato. L’aveva fatto, senza motivo, senza apparente ragione, senza lui stesso capire. Poi aveva pianto per tutta la notte, aveva scritto, si era sfogato, era stato male e si era incolpato di tutto. Si era piantato un pugnale nel petto, metaforicamente parlando e Louis in una situazione del genere non poteva aver fatto altro che rimanere ferito a sua volta. Zayn non voleva quello per Harry, non lo voleva per Louis. Il riccio era un ragazzo che aveva tantissimo da dare, ma non riusciva a farlo per paura di essere giudicato forse, per paura di non essere all'altezza, per paura che le persone che tanto ammirava potessero odiarlo o disprezzarlo. In realtà Zayn non era ancora riuscito a inquadrare bene l'attitudine di quel ragazzo. Era troppo complesso, terribilmente affascinante, drammaticamente chiuso, mostruosamente limpido. Ecco quale si dimostrava essere la maggiore stranezza di Harry Styles. Il suo essere bianco e nero. Contemporaneamente. Se guardandolo dall'esterno lo si sarebbe potuto definire insicuro, timido, chiuso e sulle sue, se ti porgeva la chiave per accedere al suo cuore e alla sua essenza e tu eri in grado di afferrarla, scoprivi un mondo nuovo. Era incredibilmente forte, determinato, preciso, solare, ironico, estroverso. Sì, la sua era un'estroversione interiore. Non ha senso. Ma Harry neanche ce l'aveva, senso. Era la cosa più folle e meravigliosa che gli fosse capitata, e Zayn ringraziava la vita per avergli dato la possibilità di ricevere, proprio lui, quella chiave così rara che avrebbe permesso a chiunque di vedere anche quel lato del ragazzo dagli occhi verdi. Che poi lui, riusciva a rimanere insicuro, incasinato e confuso sempre, anche quando si dimostrava forte, meticoloso e concentrato. Era un ossimoro. 

 

Tornando ai motivi per cui quella mattina non sarebbe andato a scuola, quello non era l’unico. In realtà sapeva che se avesse deciso di rimanere a casa sarebbe rimasto con lui anche Liam, e Zayn in qualche modo bramava il tempo passato insieme a lui, il tempo che avrebbe passato insieme a lui. Quella mattina però era confuso, e Zayn confuso non era una cosa da tutti i giorni. Era sempre stata una persona decisa, che sa quello che vuole, che sa sempre cosa dire, per quanto non parlasse molto nella maggior parte delle situazioni. Però quando parlava aveva la capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Ed era strano che le uniche cose che lo confondevano fossero le uniche due persone con cui poteva sentirsi davvero se stesso. Harry e Liam. Liam era davvero un punto interrogativo. Lo conosceva come le setole dei suoi pennelli, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva. Doveva esserci qualcosa. Qualcosa nel modo in cui pensava a lui era bizzarro e stravagante, qualcosa nel modo in cui il suo corpo si agitava o si tendeva impercettibilmente quando gli stava intorno. Ma cosa? Cosa? Doveva essere qualcosa di nuovo, di diverso, perchè non gli era mai capitato prima del semestre che aveva passato lontano da lui. Era da quando lo aveva abbracciato con così tanta intensità, quel giorno che l’aveva ritrovato nella sua camera, che si sentiva diverso. Strano. Cercava di non darci troppo peso, in ogni caso.

 

«Harry è migliore di me, dici?» si alza dal divano, la bottiglia di birra ancora in mano. Si avvicina prepotentemente al suo viso e poggia la sua fronte su quella dell’altro. «Vedremo».

 

«Che facciamo?» chiese improvvisamente Liam, uscendo dal bagno. 

 

Harry era andato a scuola da ormai una buona mezz’oretta. Zayn l’aveva convinto ad incamminarsi da solo dicendogli che la sua insegnante di storia non ci sarebbe stata per le prime due ore e che non aveva voglia di partecipare alle misere lezioni che sarebbero rimaste in quella giornata. Harry si era limitato ad uscire, guardandolo strano, leggermente accigliato, la coroncina di fiori in testa che lo faceva sembrare un essere etereo, gli occhi che lo facevano sembrare un dio triste e le mani che fremevano di agitazione. Agitazione.

 

«Aspettiamo Louis».

«Hm».

«Che c’è?»

Liam si buttò sul divano accanto a lui, distendendo le braccia sullo schienale, a gambe aperte.

 

E poi? Il vuoto. No. «È dieci volte meglio di te» ghigna osservando l’altro negli occhi.

 

«Odio il fatto che nonostante tutto tu continui a pensare ad Harry».

«Nonostante cosa?»

 

«Ripetilo».

«Harry è dieci volte meglio di te».

 

«Cos’ha Harry che io non ho?»

«È diverso» Zayn non sapeva davvero cosa dire, e non capiva perchè Liam fosse così ostinato a portare puntualmente tutte le loro discussioni sulla questione “Harry”. Davvero non capiva.

«Allora come fa a essere migliore?»

 

«Perchè? Dimmi il perchè!» i loro nasi quasi si sfiorano, ma nel loro universo brillo la vicinanza non è una cosa che spaventa. «Cos’ha che io non ho?»

 

«Scherzavo, Lee, scherzavo santo cielo».

«Dici di scherzare ma poi lo pensi davvero» strinse i pugni, si voltò di lato e si avvicinò al volto di Zayn, che lo guardò con stupore e un po’ d’incertezza. I loro nasi quasi si sfiorarono, e in quell’universo indubbiamente più sobrio l’effetto era decisamente più spaventoso.

 

«Cosa vuoi sentirti dire?» chiede Zayn facendo vibrare inconsciamente le ciglia. La bocca di Liam è a pochi centimetri dalla sua e in quel momento la curiosità di assaggiarla, mista alla consapevolezza che nell’eventualità avrebbe la scusa di essere ubriaco per giustificare quel gesto, lo spinge a protrarsi con lentezza in avanti. 

 

«Ieri abbiamo bevuto troppo, vero?» chiese tutto d’un tratto.

«Evidentemente non abbastanza».

 

E dopo? Cosa? 

È tutto nero e sembra impossibile che la sua mente non riesca a rintracciare dei miseri ricordi. 

È tremendo.

 

«Ero ubriaco».

«Tu sì».

«Tu?»

«Io pure».

 

Non l’ha fatto. Non l’ha baciato. 

 

«Voglio dire, io ero ubriaco».

«Lo so».

«No, solo per ricordartelo» spostò lo sguardo a terra. 

 

Non l’ha fatto. Non l’ha baciato. Vero?

 

***

 

Ad Harry venivano sempre in mente un sacco di cose. Sempre nel momento più sbagliato, sempre nel momento più opportuno, sempre nel momento più inutile, sempre nel momento più ingiustificato, sempre nel momento più esatto. Ad Harry venivano sempre un sacco di pensieri. Sempre mentre camminava, sempre mentre si fermava e chiudeva gli occhi. Sempre quando il fruscio delle foglie gli risuonava nelle orecchie, solo quando la pace lo turbava. C’erano cose nella sua mente che non funzionavano come avrebbero dovuto. Le sue sinapsi impazzivano di minuto in minuto, sempre di più, in un climax mortale per lui stesso e per gli altri. Principalmente per lui stesso, però. Dai suoi gesti lasciati al caso (molto più del solito) un acuto osservatore avrebbe potuto dedurre la sua fretta di arrivare, ma la sua titubanza nel farsi vedere. Avrebbe anche potuto notare che le sue mani vagavano senza sosta nelle tasche della sua giacca, in cerca di qualcosa che le tenesse occupate. I suoi grandi occhi verdi si guardavano intorno con frustrata incertezza, furtivamente, ma allo stesso tempo pieni di speranza e di grande desiderio di libertà. 

 

 

Il riccio, abbassata la guardia per qualche minuto, rivolse la testa al cielo e chiuse gli occhi, incurante dei passanti che l’avrebbero fissato facendosi troppe domande, incurante per una sola, singola volta, del pensiero della gente. Pensò a Louis, scontato. Pensò che se il cielo fosse stato del colore dei suoi occhi probabilmente l’avrebbe guardato più spesso. Pensò che se il sole fosse stato brillante come il suo sorriso, si sarebbe più spesso permesso di rivolgergli delle spericolate occhiate. Pensò che se il suono del vento fosse stato dolce come la sua voce, avrebbe passato ore intere ad ascoltarlo. Pensò di essere pazzo. Fece l’errore di abbassare lo sguardo sul marciapiede.

 

Keep your face to the sunshine and you cannot see a shadow.

 

Un’ombra. C’era sempre un ombra ad incombere su di lui. Bastava che guardasse a terra, bastava che si concentrasse su qualcosa che non fosse Louis. Ora capiva anche perchè la sua vita fosse stata così buia prima. Si sfiorò la mascella, fremendo leggermente ai ricordi che fece scaturire quel gesto.

 

Eric. 

 

Come aveva fatto a dimenticarsi di lui? Come si era ritrovato a camminare da solo per strada, un’altra volta? Non avrebbe mai dovuto, aveva troppi timori. Perchè non aveva supplicato Zayn di accompagnarlo? Perchè non l’aveva fatto? Nessuno era lì con lui, per sostenerlo. Non Louis, non Zayn, non Gretchen, solo le parole di quel ragazzo che l’aveva picchiato senza ritegno che, però, non erano lì per sostenerlo, bensì per distruggerlo.

 

Gli occhi gli pizzicavano a causa della crescente agitazione e sentì il profondo bisogno di sorridere pensando ad altro, per alleggerire quella infinita camminata snervante. Si ritrovò a pensare a quel Luna Park in cui ogni cosa, per una notte, gli era sembrata possibile, dal camminare mano nella mano con un ragazzo meraviglioso al regalargli una stella, dal poterlo guardare con gli occhi lucidi e i fari colorati ad infastidirgli il viso al sussurrargli sulle labbra quanto lo amasse. 

 

Poi quel bacio. 

 

Quale bacio Harry?

 

Finalmente, dopo aver fatto sfregare la punta arrossata dei loro due nasi, tornò a baciare quelle labbra che mai si sarebbe aspettato che potessero amarlo tanto quanto avevano fatto in quegli ultimi minuti. E ogni volta che il contatto si intensificava Harry sentiva una scossa attraversargli la schiena, e ogni volta che Louis lo schiacciava maggiormente contro la parete Harry sorrideva di più, nel bacio, nella mente, nei gesti. Perchè quei sospiri, quella melodia che ancora risuonava rimbombando nelle loro menti, quelle mani in cerca di passione, quelle ginocchia che non avrebbero retto altre emozioni, quei corpi che non ne avevano mai abbastanza di volersi stringere, quella ruota panoramica che continuava a girare e quei loro cuori che continuavano a battere, erano vita. Vita vera. Come chiudere gli occhi e rendersi conto di aver fissato per così tanto tempo una persona da non sentirne nemmeno una mancanza, tanto è fresco il ricordo, tanto arde la mente.

 

«Questo bacio».

 

Quale bacio, Harry?

 

La cosa che più di tutte lo faceva stare male non erano le botte, non era l’impotenza di fronte al dolore, non era niente di tutto quello. La cosa che più di tutte lo faceva stare male era il fatto che ogni volta che stava per lasciarsi cadere mollemente sulle sue gambe tremanti e deboli, Eric lo afferrava per il colletto della maglietta e lo baciava. Mai qualcuno, con le parole, o con le azioni era riuscito ad umiliarlo e annullarlo così come stava facendo in quel momento lui. Mai nessuno l’aveva fatto stare così male. Mai nessuno lo aveva annullato completamente come se la sua vita fosse così inutile da poterla frantumare senza neanche sbattere ciglio. Si sentiva sempre più debole, si sentiva sempre più invisibile, non provava neanche più dolore fisico, perchè quello psichico aveva invaso ogni atomo del suo corpo sempre più arrossato dai colpi violenti che stava subendo.

 

La scuola era lì, di fronte a lui, imponente come non mai, spaventosa come uno tzunami, feroce come una belva e le sue mani tramavano, e i fiori sulla sua testa vibravano, e le sue gambe cedevano, ed era ancora notte. 

 

***

 

«Zayn, finalmente hai risposto!» esclamò Niall, mettendo il vivavoce. 

«Eh».

«Io e Aga abbiamo una super proposta da farti!» si girò verso di lei e le sorrise.

«Aga?»

«Agnieszka».

«Ah, la rossa».

«Proprio lei!» urlò la ragazza intromettendosi nella conversazione.

Zayn alzò gli occhi al cielo. 

 

«La cosa promette bene» commentò, ironico.

«Aspetta di sentirla!»

«Vai».

«Stiamo scrivendo un libro!»

«Ma bravi» ridacchiò, per sfotterli.

«Seriamente». 

«Ma bravi» non rise nemmeno.

«Uffa, se non la smetti io ti-»

«Non capisco cosa centri io con tutto questo».

«Un bel po’».

«Ok, ma spicciati, mi sto rompendo i coglioni di aspettare».

«Uhh, che-»

«Muoviti, biondino».

«Tu farai le illustrazioni!».

«Ma questa non è una proposta, questo è un ordine, mi pare».

«Esatto».

«Zayn non prende ordini da nessuno. Grazie, arriveder-».

«Ma il bello deve ancora arrivare».

 

«Zayyy metti il vivavoce, sono curioso, dai» si lamentò Liam, in sottofondo. 

«E va bene. Che rompicazzo che siete però, ‘sta mattina» sbuffò. 

 

«Il libro non è un libro qualsiasi».

«Ma perchè devi perdere tempo inutile a raccontarmi cose di cui non me ne può fregar di meno?» Niall si segnò mentalmente che in nel caso avesse di nuovo dovuto chiamare Zayn non l’avrebbe fatto a quell’ora del mattino. Era incredibilmente scontroso. 

«Anche tu stai perdendo tempo» intervenne Liam. 

 

«Zitto, Lee».

«Ciao Liam!»

«Ma cosa lo saluti se non lo conosci neanche?»

«Per educazione. E poi ieri sera quando tu l’hai abbandonato per seguire Harry» fece l’occhiolino ad Agnieszka «Lui è rimasto qualche minuto con noi». Sospirò. «Siamo stati la sua casa!» aggiunse infine in tono teatrale. 

 

«Tsk».

«Ciao Niall» si risvegliò Liam.

«Che, si era addormentato?»

«No, ero troppo impegnato ad osservare il profilo imbronciato e sdegnoso di Zayn» gli tirò una gomitata. Il ragazzo dalla pelle olivastra sorrise sotto i baffi. 

«Passiamo oltre, che è meglio».

«Uffi».

 

«Il libro».

«Sì».

«Eh, dimmi qualcosa di più».

«È una specie di fan fiction... però-»

«E mi staresti chiedendo di fare delle illustrazioni per una fan fiction? Addi-»

«Aspetta-»

«Credi davvero che riuscirai a convincermi?»

«È una fan fiction su Harry e Louis».

«Cosa?» scoppiò a ridere. «Ma che cazzo c’avete in quella testa?»

«Zayn, non sfottere».

«Non stavate scherzando, quindi?»

«No».

«Valli a capire» sbuffò.

«Alcune idee vengono e basta» assunse l’aria da grande poeta «Alcune crescono negli antri della tua mente senza che tu ne sia consapevole, e sono spesso le idee migliori» ridacchiò.

«C’è sempre un’eccezione alla regola, si sa» borbottò Zayn. 

 

«Ma no, è un’idea fantastica!» se ne uscì Liam, sorprendendo tutti.

«Batti virtual-cinque bro!» rispose Niall, sorridendo. 

«Grande!» urlò Aga.

 

«Liam, perchè?» 

«Dai, dillo che non ti sembra così malaccio come idea!» 

«Ok, l’idea non è poi così tremenda...» sorrise. Zayn Malik in fondo era un romanticone. O meglio, non quando si trattava della sua vita. Solo in tutti gli altri i casi. Beh, non in tutti. Solo in alcuni. Zayn Malik non era affatto un romanticone a dire il vero.

«Quindi è un sì?»

«Per cosa?»

«Le illustrazioni».

«Lo sai che non sono affidabile quando si tratta di commissioni».

«Fallo per Harry».

«Lo sto già facendo per lui».

«Eccolo, appunto» mugugnò Liam, a denti stretti.

 

«Ma avete intenzione di regalarglielo, il libro, vero?»

«L’idea era quella...»

«Quando?»

«Quando l’avremo finito».

«Idiota».

«Per il compleanno».

«Ma è il primo febbraio».

«Quanti ne abbiamo?»

«Ventotto. Di gennaio».

«Dannazione».

 

«A puntate!» esclamò Liam, dopo averci pensato su per qualche minuto.

«Che?!»

«Regalateglielo a puntate, dico!»

«A puntate?»

«Il giorno del suo compleanno gli regalate il prologo (o quel che volete), e via via che riuscite a scrivere i capitoli glieli consegnate. Magari infilandoglieli sotto la federa, o nelle tasche dei pantaloni».

«Mh..

«Che ne pensi, Aga?»

«È una figata! Pensa la faccia di Harry mentre legge il capitolo!» iniziò a saltellare producendo suoni strani come “asdfghjkl” e “awawawaw”. Niall rise. 

 

«Allora, Zayn, tu che pensi?»

«Ebbravo il mio Liam».

«Tuo?» chiese quello, felice.

«Mio».

«Meow».

 

***

 

«Harry, Harry! Grazie al cielo sei sveglio, non sai che colpo mi hai fatto prendere».

 

È tutto nero, solo un bagliore sottile, in fondo alla strada buia, solo uno spicchio di luce a indicarmi la via. Non riesco a raggiungerlo. Cammino da ore. 

 

«H, che ti è successo?»

 

Gret? Gret, aiuto. Dove sei? Sei là fuori? Chi c’è? Chi parla? Sei tu? 

 

«Harry?»

«G-Gret...». 

 

Ancora qualche passo, forza; la vado l’uscita, è sempre più vicina, è sempre più viva, è sempre più luminosa. È qui.

 

«Gretchen!» aprì gli occhi di colpo e la ragazza dovette ammettere che l’impatto con i suoi occhi verdi e brillanti la fece fremere. Che cos’erano quegli occhi? Cos’avevano di così potente da riuscire ad incastrarti nella loro magnificenza?

 

«Harry!» lo abbracciò. Lui si guardò intorno. 

«Dove siamo?» si guardò intorno, poi abbassò lo sguardo sul suo orologio e i suoi occhi si allargarono a dismisura. «Oddio sono le otto e mezza passate! Sbrighiamoci!» Fece per alzarsi ma la ragazza lo fermò.

«Sei così iperattivo pure appena sveglio? Voglio dire, sei appena svenuto e fai finta di nulla!» ridacchiò. «Ormai la prima ora è praticamente andata» continuò, sorridendogli. «Facciamo che entrare direttamente alla seconda».

Il riccio sembrò pensarci su un instante, per poi annuire «Va bene». Era in modalità risposte confuse evidentemente.

«Senti, ora mi spieghi cos’è successo?»

«Quando?» fremette.

«Oggi. Anche se devi ancora raccontarmi che avete fatto tu e Louis ieri sera» rise e tirò una gomitata al ragazzo, che arrossì, per poi abbassare lo sguardo, che si fece scuro. 

«Non lo so» mentì. Non voleva raccontarle di esser stato picchiato il giorno prima, per strada. Era più o meno quello il motivo per cui era svenuto, a quanto pare. Eric. Quei baci. Essersi sentito una nullità. Non essersi sentito. Non voleva raccontarglielo perchè si sarebbe sentito debole. Era una cosa sua. Sua e di nessun altro. Lui non era debole. Non era una nullità. Lui era una persona, come le altre. Una persona, dannazione. Non era debole.

 

«Ok» Gretchen sapeva che Harry le stava tenendo nascosto qualcosa, ma da amica, sapeva anche che se l’avesse forzato a confessarle ogni cosa il loro legame avrebbe cominciato a cedere, mattoncino dopo mattoncino, granello dopo granello. Lei stessa aveva dei segreti dei quali non parlava con nessuno—non una mosca. Era perfettamente consapevole di cosa volesse dire privacy e cosa significasse rispettare gli spazi degli altri, non invaderli prepotentemente. Se le avesse voluto raccontare qualcosa l’avrebbe fatto, e basta. 

 

«Allora, com’è andata con Louis?» la prima reazione di Harry fu quella di sorridere, sollevato perchè Gret aveva cambiato discorso, e al settimo cielo dall’eccitazione al solo ripensare a quel bacio che si erano scambiati lui e Louis sulla ruota panoramica. Era talmente imbarazzato al solo pensiero di raccontarle ogni cosa che la lingua sembrava non voler reagire agli impulsi che le mandava il cervello. Alla fine con un po’ di forza di volontà, e spinto da quel desiderio che c’è in ogni uomo di raccontare le proprie esperienze eccitanti agli altri per il gusto di farlo e per essere un po’ al centro dell’attenzione, giusto il tempo per far capire che ciò che era successo era vero e vissuto sulla propria pelle, parlò.

 

«Ci siamo baciati» sorrise, abbassando lo sguardo. Aveva appena scoperto che non gli piaceva essere al centro dell’attenzione. Nemmeno trattandosi dell’attenzione di due meri occhi marroni, che neanche lontanamente aspiravano ad assomigliare a quelli di Louis. L’aveva sempre saputo in realtà. «Baciati baciati» ridacchiò. «È stato meraviglioso». 

 

Gretchen non sapeva cosa dire. Era immensamente felice. Il riccio sembrava talmente gioioso ed eccitato che lei non poteva che seguire il suo esempio. Se quel ragazzo era in grado di farla sorridere già in qualsiasi situazione, in quel momento quel suo potere era centuplicato. 

 

Da come Harry aveva descritto Louis e da ciò che gli aveva trasmesso, tramite le sue parole, del loro amore “inconscio”, sapeva benissimo che quella sera si sarebbero baciati, e che sarebbe stato un bacio perfetto. Si sporse per abbracciare Harry, felice come non mai, ma quello si ritrasse dopo qualche istante, evidentemente sofferente a causa dei lividi del giorno prima, per quanto Gretchen non potesse affatto saperlo. Lo guardò di sottecchi, stranita, per poi far finta di niente e continuare, sorridendo. «Te l’ho detto che vi sareste baciati» prese fiato. «È fantastico».

 

«E lo sai cosa mi ha detto?» i suoi occhi si fecero umidi, un enorme sorriso gli si dipinse sulle labbra rosse (non quanto lo erano la sera prima, come Louis aveva potuto notare con soddisfazione), e le sue meravigliose fossette si fecero strada sulle sue guance impreziosite dall’imbarazzo. Sentì una lacrima tracciare una linea imprecisa sulla sua pelle, fermandosi sul mento. Harry decise che quella volta lo sguardo l’avrebbe alzato, che sarebbe stato forte, che non gli interessava l’eventualità di poter essere giudicato per ciò che provava. Decise che avrebbe guardato dritto negli occhi la ragazza che si supponeva essere la sua migliore e le avrebbe parlato con il cuore in mano. La trafisse con lo sguardo. Lei inizialmente abbassò il suo, ma constatò che se il riccio per una volta era stato così diretto, lei non doveva essere da meno. Lo affrontò. «Cosa?»

 

Le lacrime continuavano ad accarezzare la pelle pallida del riccio, e il sole continuava a baciare quei fiori bianchi sulla sua testa. Era tutto così perfetto. «Ha detto che mi ama» fece un profondo respiro, coprendosi il volto con le mani, poi sussurrò, quasi incredulo: «Mi ama».

 

***

 

«Liam, vai ad aprire, è Louis».

«Ma come...?»

«Fidati che è lui».

 

«Chi è?»

«Ehm... sono Lou-»

«Entri pure, la stavamo aspettando». rispose Liam fingendo di trovarsi in qualche film Horror di cui Louis era lo sventurato protagonista. Ghignò. Louis lo guardò accennando ad un sorriso, ma poi il suo sguardo tornò serio. Abbassò gli occhi. 

«Cazzo, è vero, Harry è a scuola» si guardò alle spalle. «È stato bello, arriv-»

«Puoi aspettarlo qui. se vuoi» gli sorrise Zayn, che si era alzato per avvicinarsi al ragazzo dagli occhi impossibilmente azzurri. «Sarebbe una bella sorpresa per lui, ne sono certo».

Louis sembrò essere titubante, fremendo sulla soglia della porta, come se quella decisione fosse stata una questione di vita o di morte. Infine sospirò. «Va bene». 

 

A dire il vero il ragazzo era piuttosto imbarazzato a causa di Zayn. Non che fosse solito farsi così tanti problemi, ma sentiva un’aura strana attorno all’amico di Harry, quasi fosse stata una figura materna per il riccio. Si sentiva a disagio come se quello fosse stato il primo incontro con la famiglia, sentiva di dover essere approvato in qualche modo da quel ragazzo dagli occhi così luminosi e scuri. Era Niall che gli aveva fatto tutti i tatuaggi, quindi non aveva mai avuto molte occasioni per parlare con lui. Se non si fosse trovato in quella situazione però, si sarebbe probabilmente avvicinato a lui per altre vie. Sembrava un tipo interessante. Quel tipo di persona che gli si addiceva, in qualche modo. Quel pensiero lo fece rilassare almeno un poco. 

 

Zayn d’altra parte non sapeva bene cosa fare. Ci aveva pensato su tutta la mattina; ci aveva provato. Ma non era mai stato così, lui. Non gli piaceva avere la giornata programmata. Era piuttosto spontaneo e versatile—aveva imparato a esserlo col tempo. Sapeva modellare gli atteggiamenti e le parole a suo piacimento, con il risultato di poter avere la certezza di dare l’immagine di sè che voleva gli altri vedessero. Comunque quel particolare era piuttosto irrilevante, in quanto lui non se ne rendeva propriamente conto. Alcune cose succedevano e basta. 

 

Decise di invitarlo a sedersi sul divano. Louis lo fece, sospirando poi, frustrato. 

 

«A che ora torna?»

«Oggi penso che torni alle-»

«Ehi, ma non dovresti essere a scuola anche tu?»

«Sai quando uno non c’ha sbatta? Ecco».

«Lo so fin troppo bene, credimi» ridacchiò. 

«Immagino. Non sembri il classico tipo che segue le lezioni, tutto secchione e ben preparato».

«Più che classico direi l’inesistente».

Zayn ridacchiò. «Non ti posso dar torto».

«Ma perchè mi aspettavate?»

 

«Ma stavo scherzando! Si chiama umorismo, pagina duemilaottocentotrenta del vocabolario, terza colonna, riga quarantasette» urlò Liam, che se n’era andato nella sua camera, senza nessuna voglia di sprecare troppo fiato a parlare di Harry e senza nessun desiderio di sentire le sue orecchie riempirsi di inutili discorsetti romantici sull’amore a prima vista. Essendo però l’appartamento piuttosto piccolo, riusciva comunque, suo malgrado, a sentire ogni parola. 

 

Louis corrugò la fronte, poi sussurrò a Zayn, «Che, si è studiato il vocabolario a memoria?»

Zayn sogghignò. «Macché, fa sempre la stessa battuta da quarantacinque anni ormai».

 

Louis rise. Zayn riprese il discorso. «Pft, comunque ti stavo aspettando davvero. Io, quanto meno».

«Perchè?» chiese nuovamente.

«Watson, usa quella testa bacata che ti ritrovi!»

«Sai quando uno non c’ha sbatta? Ecco».

«Dai, era ovvio che saresti venuto».

«Sono così scontato?» 

«Sono i tuoi sguardi a esserlo. E il modo in cui Harry mi parlava di te, già ieri. E i ragionamenti infantili di Niall e della sua pollastrella» aggiunse ironicamente. 

Louis lo guardò, quasi con affetto. Gli piacevano la sua schiettezza e quel suo modo di fare il cazzone, pur riuscendo a rimanere sensibile e dolce, in qualche modo. Fu quel suo atteggiamento a spingerlo a sciogliersi, a sua volta. 

 

«Sai, ieri sera ho capito una cosa». Si sarebbe aspettato una presa in giro o una puntualizzazione sulla mielosità del nascente discorso, ma fu preso alla sprovvista dallo sguardo diretto dell’altro,  che lo invitava silenziosamente a proseguire. Sorrise. «Ero disperato quando l’ho visto allontanarsi, mi si sono appannati gli occhi e mi sentivo morire. Ho pianto. Non piango mai» teneva lo sguardo basso, sentendosi comunque parecchio vulnerabile e imbarazzato. «Penso che quella serata al Luna Park sia stata una delle cose migliori che mi siano capitate. Dopo aver incontrato Harry...» rise. «Mi scuso nel caso ti dovesse venire un infarto da diabete pesante, che non esiste nemmeno tra l’altro». 

 

«Vai avanti» gli concesse Zayn, con un sorriso stampato sul volto. Non c’era bisogno di tutte quelle parole per fargli capire che Louis ci teneva veramente, ma lui voleva il meglio per Harry e non restava che accertarsi che Louis potesse in qualche modo rientrare nella categoria di persone che non avrebbero fatto soffrire il riccio. 

 

«So solo che, vaffanculo, mi dispiace così fottutamente tanto che sia finita così!». Louis aveva quella caratteristica: in situazioni in cui era agitato o nervoso iniziava a sboccare, inserendo imprecazioni su imprecazioni nelle frasi. Non gli dispiaceva neanche essere così. Si addiceva al suo essere (la parte di lui che si sentiva più vicina al bad boy che al ragazzo dal cuore d’oro, che in realtà rimaneva e sarebbe sempre rimasto) e fungeva da condotto di sfogo. «Voglio dire, mi sento in dannatamente in colpa. Avrei potuto rincorrerlo e dirgli che...» pensò che dire di amare il migliore amico di una persona di fronte a lei* fosse decisamente più imbarazzante che dirlo alla persona stessa. E se Zayn avesse reputato le sue parole prive di senso, di significato e dettate da pura mancanza di senno? E se avesse pensato che erano esagerate? Non conosceva abbastanza quel ragazzo per poterlo giudicare. E si stava facendo decisamente troppe pippe mentali. «Avrei potuto prenderlo per mano e dirgli che lo amavo—che lo amo. Forse si sarebbe fermato e mi avrebbe baciato ancora una volta, con quelle labbra così—ehm sì, perchè devi sapere che potremmo anche esserci baciati ieri... cioè, forse».

 

«Come minimo». 

Ci fu un minuto eterno di silenzio in cui Zayn pensò che Harry e Louis fossero apparentemente davvero fatti l’uno per l’altro, come se Dio o chi per lui avesse creato due diverse entità partendo da una sola. Due persone che in origine erano parte dello stesso tutto. Ironico. 

 

«Ho bisogno di fumare, cazzo» borbottò Louis fra sè e sè, poggiandosi con i gomiti sulle ginocchia e portandosi la testa fra le mani. 

«Siamo in due» rispose prontamente Zayn, che l’aveva sentito. Era felice di aver trovato un appetibile compagno di fumata. Non gli piaceva fumare solo. Aveva voglia di parlare di quelle quattro cazzate che lo facevano sentire più libero, di borbottare quei discorsi insensati, giusto per il gusto di poter mordicchiare la sigaretta rigorosamente rollata da lui e espirare, abbassando la testa a terra e sentendosi un dio. Zayn aveva cominciato a fumare per puro gusto artistico.

 

Louis alzò la testa, puntando i suoi occhi dritti in quelli dell’altro. «Pensavo che mi avresti sbattuto fuori di casa perchè il ragazzo giusto per Harry non dovrebbe fumare» scoppiò a ridere, decisamente più rilassato. 

«Ti sembro il tipo da dire una cosa del genere?»

«Nah» lo squadrò. «Non direi, no».

 

«Andiamo fuori però» cambiò argomento, alzandosi dal divano.  

«Sì, fumare in casa è da sfigati».

«Soprattutto se si ha una terrazzo della madonna al piano superiore».

«Piano superiore? Pensavo che fosse un appartamento ad un piano».

«Il secondo piano è il terrazzo».

«Una sorta di tetto?»

«Una sorta».

 

***

 

«Te la rolli tu?»

«Privare un fumatore del gusto di rollarsi la sua sigaretta è come privare Rocco Siffredi del suo cazzo».

Zayn aggrottò le sopracciglia per poi scoppiare a ridere, poggiandosi alla ringhiera che delimitava  i lati del tetto. Poi si sfilò una busta dalla tasca posteriore dei jeans e ne estrasse le cartine. 

«Se sei così di tuo non voglio sapere come sei dopo esserti fatto una canna».

«Ti divertiresti».

«Oh, questo lo davo per scontato». Finì di arrotolare la cartina attorno al tabacco e si portò la sigaretta alla bocca, prima di passarci lentamente contro la lingua. Poi lanciò il pacchetto a Louis,  che lo afferrò al volo e ci mise meno di un minuto a fare lo stesso, con meticolosità, muovendo velocemente le sue dita piccole e sottili, le unghie mangiucchiate e corte, la vene sul dorso leggermente il rilievo. Si portò anche lui la sigaretta alla bocca, leccandone un lato ad occhi chiusi, per poi allungare il braccio verso Zayn, che la accese. Se la portarono entrambi alla bocca, ma avevano chiaramente due stili di fumata diversi.

 

Louis teneva la sigaretta tra l’indice e il medio. La presa non era ferrea; anzi, era piuttosto leggera, tanto che la sigaretta tremava leggermente al contatto con l’aria. Quando se la portò alle labbra lasciò che quelle si schiudessero leggermente, concedendogli giusto lo spazio per aspirare poco e poi allontanarla e soffiare fuori una nuvola di fumo grigiastro. Poggiò l’avambraccio sulla ringhiera, lasciando la sua piccola mano si rilassasse, allentando maggiormente la presa sulla sigaretta, che sembrava riuscire a non cadere per puro miracolo. 

 

Zayn invece teneva la sigaretta fra pollice e indice. Lo faceva perchè trovava il gesto più raffinato, più artistico, più ricercato, ma allo stesso tempo estremamente mondano e... sensuale? Se la portava alle labbra e la allontanava, facendo scivolare il braccio lungo il fianco, per poi appoggiarsi alla ringhiera e buttare fuori il fumo, osservandolo librarsi pesantemente nell’aria. Avrebbe voluto dipingerlo.

 

«Sai, quando mi fumo una sigaretta mi piace pensare che sia una canna, quindi sembro fatto allo stesso modo. È tutto nella mente» commentò Louis, la voce leggermente più roca del solito.

Zayn rise, poi guardò l’altro negli occhi. 

 

«Pensi di farglielo vedere questo tuo lato ad Harry?»

«Immagino di sì» sospirò. «Ma suppongo che se lo aspetti».

«Immagino di sì».

 

Fumare quella sigaretta era, per Louis e Zayn, uno dei modi migliori per cominciare un’amicizia, per stringere un legame, per lasciare da parte la tensione e lasciarsi andare. Ed entrambi sapevano quanto, fumando, i silenzi a volte valevano più di discorsi inutili e troppe parole. Ma entrambi sapevano anche quanto le parole a volte fossero necessarie, come l’acqua, come l’aria, come il fumo.

 

«Sai, ieri Harry non mi ha più parlato dopo quel che è successo». 

Il tacere di Louis portò Zayn a continuare.

«Ci tiene davvero a te, Louis».

Lo sguardo del ragazzo si illuminò, perchè per quanto ne fosse in fondo consapevole, sentirselo dire dal suo migliore amico era tutta un’altra storia, e significava anche che non era del tutto colpa sua se Harry era scappato.

 

«Sai, sono stato io a convincerlo a farsi un tatuaggio» si zittì un attimo, fece un tiro e poi borbottò: «Tra l’altro non me l’ha voluto far vedere il tatuaggio». Louis arrossì. Zayn si ricompose. «In ogni caso ti avevo adocchiato e sapevo che Harry sarebbe rimasto colpito da te, fin da subito».

«Oddio» sussurrò Louis, ridacchiando.

«Ma non pensavo così in fretta».

Louis scoppiò a ridere. «Cazzo, praticamente avevi organizzato tutto!»

«Tipo».

«Credevo fosse stato Niall a dire il vero. Sai lui è una fottuta fangirl e tutto il resto».

«Diciamo che ci siamo alleati».

«Oh, ora capisco».

«Ma penso che Aga mi abbia rubato il posto» rise. «Siete nelle loro mani, praticamente. Buona fortuna» mimò un bacio.

Ci fu silenzio per un istante.

 

«Ricapitolando: mia madre mi ha preparato la colazione—è una cuoca, sai—tra un po’ arriva Harry e lo posso stritolare di baci—oh non vedo l’ora—mi sto fumando una sigaretta col suo migliore amico—dovremo farlo più spesso—Niall e Aga shippano me e H come dei forsennati e la vita è bella» il suo volto si accese in un meraviglioso sorriso. «AAAH HAPPY DAYS».

 

Zayn lo guardò con affetto, quasi. Gli piaceva proprio il suo modo di fare. Era così diverso da Harry, così perfetto per lui. «E non è tutto».

«Che?»

«Sai, stamattina sono andato a svegliare il tuo caro Harry».

«Hm».

«E l’ho trovato addormentato, sulla scrivania».

«Io l’avrei abbracciato» commentò Louis facendo un tiro di quella sigaretta ormai quasi terminata.

«Ti do il compito di farlo appena torna».

«Sì signor capitano».

«Non ho sentito bene!» ridacchiò.

«SI SIGNOR CAPITANO!»

«OOOH» mimò una voce da marinaio. Tossì; cercò di ricomporsi.

«Comunque, quando è andato a scuola sono rientrato nella sua camera. E ho trovato questo» disse, e   sfilò un un foglio di carta dalla tasca interna della giacca di jeans che stava indossando. Lo porse a Louis. «L’ha scritto lui. Ieri sera. Mi sono permesso di leggerlo, e di dartelo, solo perchè sono sicuro che se non lo facessi adesso non lo riceveresti mai più». Louis lo afferrò, lo aprì (era piegato in quattro) e squadrò quelle parole per qualche minuto, senza mai leggerle, limitandosi a guardarle. 

 

Poi iniziò a leggere, tutto d’un fiato, lasciandosi scivolare di schiena contro la ringhiera, agitato, emozionato, innamorato

 

Louis, sono Harry. Sono quel ragazzo inutile che dopo averti detto che non ti avrebbe mai lasciato solo, lo ha fatto. 

 

Non ti preoccupare Harry. Non farlo.

 

Mi odi, vero? 

 

Non ho mai smesso di amarti.

 

Quando hai detto di amarmi io me lo sentivo dentro che sarebbe stato troppo bello per essere vero, sapevo che sarei riuscito anche questa volta a rovinare tutto. Ma perchè la mia stupidità non ha limiti. Che giorno è oggi? Voglio dire, il giorno in cui stai leggendo questa lettera? Sono proprio curioso di sapere quanto tempo è passato do quando l’ho scritta, sono proprio curioso di sapere quanto sono codardo. Oggi è lunedì 27 gennaio 2014. Ho scritto anche l’anno perchè non si sa mai. Magari sono passati due anni ora che la stai leggendo. 

 

Oggi è martedì 28 gennaio 2014. Penso dovresti ringraziare Zayn per questo. Ti amo.

 

Sai che oggi Zayn mi ha detto che avrei potuto mettermi una maglietta maniche corte perchè non era ancora primavera ma faceva già caldo? Sul momento non ci ho pensato, ma ora capisco perchè avevo freddo. È gennaio. Certo, fa abbastanza caldo per essere gennaio, lo devo ammettere, però Zayn non ha senso. Neanche io. Riesco a divagare anche scrivendo. Grandioso. 

 

Amo il tuo modo di essere fottutamente confuso.

 

Stavo dicendo: non so cosa mi sia preso (forse non stavo dicendo questo in realtà, ma va bè) quando sono corso via dal luna park senza salutarti. Perchè a dire il vero non me ne frega niente di non aver salutato gli altri, se ho pianto è perchè non ho salutato te, e perchè sei la cosa più importante del mondo, e probabilmente ti ho perso. Scusa. Scusa. Scusa. Non è colpa tua, ricordalo. 

 

Harry... ti amo.

 

Sono io quello idiota ad essermi comportato così. Il modo in cui... mi hai baciato mi ha fatto capire quanto veramente tenessi a me e tuttora non riesco a credere che un ragazzo come te, così dolce e così perfetto, possa essersi innamorato di me. E non c’è bisogno di aggiungere aggettivi a “me” perchè li contiene già tutti da solo. 

 

Ti amo.

 

Non credevo che fosse possibile innamorarsi di una persona in un giorno (in uno sguardo) prima di incontrare te. Se da un certo punto di vista ho paura che non mi perdonerai e credo di meritarmi, nel caso, la tua rabbia, dall’altro lato spero tanto che potremmo baciarci ancora, perchè sei la persona più magnifica che esiste (so che non si dice “più magnifica” ma penso che se chi ha inventato la grammatica ti avesse conosciuto avrebbe scritto sui libri “Louis Tomlinson è l’unica eccezione alla regola”)

 

Cazzo, cazzo, cazzo! Harry torna da scuola in fretta, ti prego. Ho bisogno di te e delle tue labbra. Ti amo.

 

Lesse l’ultima parte della lettera in assoluto silenzio, smettendo persino di respirare a causa del battito del suo cuore e dal pulsare insistente della sua testa. 

 

Spero tanto anche che potremmo ancora tenerci per mano perchè... non so descrivere quello che ho provato, ed è tardi, e devo ancora piangere un po’ stringendo BooBear e pensando a te prima di andare a dormire, però sono stato felice. Che giorno è il tuo oggi? Te lo chiedo ancora perchè spero che non sia troppo tardi per perdonarmi. Scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa scusa. Mi fa male la mano, ma devo resistere, lo faccio per te, Lou. C’è ancora una cosa che volevo scrivere. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Scusa se sto andando storto ma mi sto addormentando, e la mano ora mi fa davvero male, e sto piangendo perchè vorrei dirtelo a voce (non che la mano mi fa male, che ti amo!). Vorrei tornare indietro nel tempo e dirtelo a voce. Ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo ti amo. Ci credi? Credici. 

-Harry xx

 

Louis era rimasto lì, la sigaretta fra le labbra tremolanti, gli occhi azzurri fissi su quel foglio di carta  che non avrebbe mai potuto dimenticare, il suo cuore in qualche modo incatenato a quel ragazzo riccio che nascondeva dentro di se l’unico mondo in cui Louis aveva deciso di voler vivere, la sua mente completamente bianca, apparentemente vuota, irrimediabilmente scossa, dannatamente felice.

 

E poi il citofono, e con il suo suono metallico la consapevolezza che quegli occhi verdi che tanto si erano impegnati la sera prima a rimanere aperti sarebbero stati puntati di nuovo su di lui, che quelle mani che avevano retto la stanchezza e il dolore pur di lasciare un segno del suo amore sulla carta sarebbero state aggrappate alla sua vita, che quel sorriso che si era spento in un attimo di inconsapevolezza ma che Louis era sicuro si fosse risvegliato prima di chiudere gli occhi sarebbe stato meraviglioso come sempre, ma molto di più. Un brivido percorse la schiena del ragazzo quando si rese conto che sì, le loro labbra si sarebbero ancora amate. 

 

«Corri, idiota; sbrigati» gli urlò dietro Zayn non appena le sue gambe scattarono alla velocità della luce verso la porta della casa. I capelli gli si erano arruffati sul viso, ma seriamente, non gliene fregava un cazzo. Tutto ciò che importava era aprire quella dannatissima porta e...

 

«Harry cazzo, ora vieni qui e ti fai baciare, ok?!» gli saltò addosso, letteralmente, sulla soglia dell’appartamento, incurante di chi avrebbe potuto vederli, senza rendersi conto della ragazza che stava in piedi dietro Harry, senza neanche posare lo sguardo su di lei, senza lasciare che la sua mente fosse distratta dalla mostruosa somiglianza tra quella ragazza ed Eleanor, senza smettere di pensare ad Harry, ai suoi capelli, al suo sorriso, al suo odore, ai suoi occhi, alle sue grandi mani e alla sua stupida coroncina di fiori. 

 

Lo strinse in un abbraccio e nascose il viso nell’incavo del suo collo.

 

Il ragazzo fu preso alla sprovvista da quell’assalto improvviso, fremette a causa dei lividi, strinse i denti, ma riuscì mantenersi in piedi, saldo sulle converse nere che portava, per quanto normalmente fosse piuttosto goffo e impacciato, tendente alla caduta in ogni situazione. Sarà stata la forza di volontà delle labbra di Louis a mantenerlo vivo e scattante, saranno state le sue mani piccole e veloci, o le sue gambe corte e sottili che si erano avvolte intorno ai suoi fianchi in una morsa tremendamente piacevole, incredibilmente stretta; saranno state le sue braccia tatuate, o il suo petto che batteva veloce, o i suoi respiri innamorati. 

 

Harry lo strinse con così tanto affetto e sentimento che le loro anime fecero l’amore e i loro visi, immersi l’uno in quello dell’altro, dichiararono esplicitamente di appartenersi, senza rimorsi, senza rimpianti, senza fremiti. Le labbra del ragazzo dagli occhi azzurri continuavano a poggiarsi su quelle dell’altro; prima con dolcezza, poi con foga, poi lentamente, poi insaziabilmente. La luce del sole non avrebbe potuto sembrare più livida e apatica, se confrontata a quel momento in cui niente esisteva se non loro due, e le loro bocche, e le loro mani, e i loro abbracci, e le loro parole insignificanti, e i loro respiri affannosi. 

 

«Lou—» 

«Zitto, ti amo».

 

Harry si appoggiò di schiena contro il muro, scostandosi dal volto dell’altro giusto il tempo di respirare, di sorridere e di tornare a baciarlo. Le sinapsi no, non volevano funzionare. E la razionalità, che già era sopravvalutata in Harry, era andata letteralmente a farsi fottere. Le mani del maggiore erano dappertutto, ad accarezzargli le guance, a scostargli i ricci iperattivi dalla fronte, a stringergli i fianchi e a esplorare i suoi lineamenti, come a volerli memorizzare. Nonostante tutta quella passione, tutta quella foga, tutta quella grinta, quel bacio era frutto solo dell’amore, niente malizia, nessun secondo fine, ed era per quel motivo che le labbra sottili di Louis, che sapevano, come constatò il riccio, di fumo e cheesecake, non abbandonavano mai quelle di Harry, rosse, gonfie e forse un po’ inesperte. Perfette. 

 

«Dopo mi spieghi perchè sai di aceto e sale» biascicò Louis sulle labbra dell’altro. Harry fece per rispondere, allontanandosi appena e aprendo la bocca, ma il maggiore gli poggiò un dito sulle labbra. «Taci. Dopo» ridacchiò, raggiungendo una tonalità piuttosto femminile, che fece arrossire Harry. «Hai già parlato abbastanza» aggiunse. 

 

Poggiò la fronte contro quella dell’altro, i loro capelli, intrecciati in un disastro spettinato e le loro anime in subbuglio. Lasciò che i loro nasi sfregassero leggermente, arrossandosi un poco. «Harreeh» lo richiamò in tono scherzoso, mordicchiandogli poi il labbro inferiore. Il riccio teneva le mani poggiate sul suo sedere—per forza di cose, s’intende—e Louis sorrideva, come non aveva smesso di fare da quando Harry aveva citofonato—ignaro dell’attacco che avrebbe subito

 

Si morse il labbro. Louis spostò lo sguardo ai suoi occhi, cercando di non farsi tentare troppo dall’innocenza—forse solo apparente—dell’altro. Rimase incantato qualche istante, poi: «Sai, no? Lo sai vero?» cercò le sue mani con le proprie e quando le trovò arricciò il naso. Quel momento era terribilmente perfetto, come l’incastro tra le sue mani piccole e scattanti e quelle grandi e morbide di Harry. Il riccio gli posò un bacio leggero sul naso, scuotendo la testa. 

 

«Sei la mia persona preferita, H».

 

 

 

Capitolo dedicato a Francesca xx

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Angolo dell'sdhadfkasf

Scusate sono un'irrimediabile ritardataria. Davvero. 

Non lo dico neanche più ma, scusate. SCUSATE.

 

Ora passiamo senza rancori (spero) alla storia.

1. Zouis! Io li adoro, e dovevo metterli. Quindi siccome adoro sia Zarry che Zouis anche il rapporto tra questi ultimi due si svilupperà!

 

2. I Naga sono all'incirca riusciti a convincere Zayno (grazie all'aiuto di Leeyum) a fare le illustrazioni del libro e vi ho dato un grande indizio sulla sorpresa di cui vi accennavo nello scorso capitolo. Sono seria. La sorpresa è praticamente sotto i vostri occhi! Facciamo così: la prima persona che indovina la sorpresa diventerà una sorta di comparsa nel prossimo capitolo. Voglio dire, avrà l'onore (?) di immergersi nella storia dall'interno. E probabilmente anche di conoscere i Larry di questa storia (con la speranza di riuscire ad incontrare anche quelli veri un giorno!) Per chi si sentisse troppo timido o non so che per tentare di indovinare: beh, ricordatevi che al massimo mi darete spunti per eventuali prossime sorprese! Se non ci fosse nessuno ad indovinare, beh, pace, ma io credo in vuoi! Love ya all 

 

3. Ho assoluto bisogno di un nome per lo ship DonniexLouis (bromance o romance che sia). Solo che boh, non sono molto sicura. Lonnie (Lounnie) o Douis? Perchè fanno un po' schifo tutti e due ahah 

 

4. Larryy: spero che vi piacciano perchè ho sempre paura che il modo in cui li descrivo non vi soddisfi  

 

5. Svelato uno spicchio di passato di Louis. Keep calm. Questa non sarà una di quelle storie in cui ai protagonisti è morta mezza famiglia. Yayy

 

6. And now: mi piacerebbe lasciarvi la possibilità di farvi un po' di pubblicità senza essere segnalate per spam se vi va. (Dafuq?!)

La mia domanda è: avete scritto anche voi fan fiction (anche su Wattpad)? Avete intenzione di pubblicarne? Fate fan art o fan video? Siete famose registi e io non lo so? Suvvia, parlate. Ve lo chiedo perchè spesso non ho molto tempo per andare a frugare nei vostri profili. Cioè, quando vi mando il messaggio di aggiornamento li faccio, ma è una cosa di passaggio. Ho visto che alcune di voi hanno scritto delle fan fiction, ma se siete voi a dirmelo ci tengo anche ad andarle andarle a leggere. Sono un po' sbadata, ecco. 

 

7. Scusate ma la gif del banner dovevo metterla. È troppo bella! Awwww

 

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Vi virtualAmo tutti!

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Smoke ***


 

«Louis?!»

«Eleanor?»

«Ma cosa?»

«Louis?»

«Cosa succede?»

«Cosa?»

«Eleanor?»

«Cosa?»

«Lei».

«Chi?!»

«Eleanor!»

«Cosa c’entra ora?»

«Come “cosa c’entra?”, dovresti dirmelo tu!»

«Io? Eleanor cosa?»

«Perché è qui?»

«Ma di che parli?»

«È qui!»

 

«Louis stai bene? Il bacio deve averti dato alla testa. Su, scendi da Harry, ricomponetevi e entrate in casa» concluse Zayn, un’espressione tra il confuso è l'estremamente allarmato per l’ilarità della situazione. Il tutto mascherato da un velo d’affetto; insomma, in fondo aveva o non aveva assistito a una scena emotivamente struggente? Non sarà stato il tipo che si mette a piangere guardando film romantici, ma quando situazioni simili a quelle si ripresentavano nella realtà, perché no? E poi, non è che stesse piangendo. Stava sorridendo. Solo che tanto. «E Gretchen, entra anche tu, dai» aggiunse, con un sorrisetto, facendole segno di entrare. Lei annuì quasi impercettibilmente, disorientata ma intenzionata a orientarsi.

 

Dopo essersi confusamente guardato intorno, Harry aveva superato la soglia della porta e si era avviato verso il divano, continuando a tenere Louis stretto a sé non solo perché lui non sembrava volersi scollare (“neanche morto” gli aveva sussurrato all’orecchio quando lui aveva cercato di farlo scendere), ma anche perché sarebbe scontato dire che non gli dispiaceva affatto. Il ragazzo dagli occhi sorprendentemente azzurri era esile e piccolo e il suo corpo era avvinghiato attorno al suo con così tanta naturalezza che Harry si era quasi dimenticato di averlo addosso. In più il suo profumo di sigaretta gli riempiva i polmoni, e—lui di solito non lo apprezzava, sia chiaro. Solitamente ne era anzi infastidito e chiedeva spesso a Zayn di fumare lontano da lui o in sua assenza, se proprio ci teneva. Ma in quel momento era un po’ come se l’essenza di Louis purificasse il fumo trasformandolo in una sinfonia dei sensi, un leggero brivido di benessere. Prima o poi lo avrebbe supplicato di smettere giustificando la richiesta come un egoismo provvidenziale

 

Si lasciò cadere sul divano—che si scoprì essere una sorta di catapecchia non appena emise un tonfo tutt’altro che sordo. Louis sobbalzò, stringendosi con le braccia attorno al collo di Harry.

 

«Haz, se hai spaccato il divano ti giuro che non vedrai più la luce del sole».

«Se anche avessi spaccato il divano—cosa che escludo nel più assoluto dei modi—è solo colpa tua che ti sei accollato. E poi è casa mia, che t’importa?».

«Ah, ora è anche colpa mia eh?»

«Ovviamente».

«No, no, figurati, non colpa tua che ci baciamo e fuggi via come Cenerentola quando scocca la mezzanotte lasciando il tuo eccelso e splendido principe a chiedersi cos’ha sbagliato (non trovando alcuna risposta poiché effettivamente refrattario agli errori in genere) e scrivi una lettera che farebbe piangere il sole—ma non me, chiaramente—e entri in casa come niente fosse e sei troppo meraviglioso? Non colpa tua? No infatti, perché io mi sono accollato. Capisco, principessina. Allora tolgo il disturbo» fece per alzarsi bruscamente, fingendo con forza d’animo di volerlo davvero fare. 

 

«Ho capito a che gioco stai giocando, sai?» ridacchiò. «A fare la sassy queen permalosa» gli fermò il braccio. «E tutto questo per cosa? Per un divano che non è neanche tuo?»

«Odio la gente che spacca i divani» si lasciò scappare un sorrisetto «E “queen” lo dici a tua sorella».

«Quindi “sassy” è ok?»

«Ormai ci sono abituato, è il modo in cui voi persone inferiori definite la mia magnificenza».

«Se faccio parte delle “persone inferiori” allora perchè continui a baciarmi?»

«Perché le persone inferiori sono le uniche disponibili» si chinò per baciarlo, premendo dolcemente le labbra contro quelle di Harry. «E perché sei importante».

 

«Su, basta vuoi due con ‘ste smancerie da coppietta felice. Prima realizzate che non durerete meglio è» esordì Liam con tono serio, guadagnandosi uno sguardo di arrabbiata disperazione da parte di Zayn, che si avvicinò a lui, fino a sussurrargli nell’orecchio «Che cazzo di problemi hai, eh, Lee?»

 

«Però basta davvero voi due—vi shippo eh, ma continuate dopo. Io non ho capito nulla di tutto questo e vorrei una spiegazione perché la scenetta di prima in cui ci ha inondato uno tzunami di confusione generale è stata divertente, ma piuttosto incomprensibile. E io amo le trame intricate» rise «quando le capisco».

«Pure tu, adesso?» chiese esasperato Louis. 

«Cosa?»

«Lo sapevo che tu e Niall non avreste dovuto diventare così amici! Lo sapevo! Shippare, termine ignoto alla popolazione mondiale nonché unico termine nel vocabolario di Niall».

 

«Così amici? COSI’ AMICI? Questa me la spieghi, Zay» intervenne Liam, a cui non fregava niente di ciò che aveva detto Louis in sé ma che non reggeva proprio la gelosia che continuava a provare da quando era tornato a casa. Sapeva che il suo comportamento poteva sembrare infantile e fastidioso, ma non poteva proprio evitarselo. Liam Payne non era una persona insicura. Non poteva esserlo. Non doveva esserlo. Sapeva di esserlo, in realtà, ma realizzato di essere fin troppo sensibile, puntava tutto sul non farlo capire agli altri. Cercando di paragonare il mattino del giorno precedente con la sera stessa, il suo comportamento si era completamente alterato. Era passato dal non vedere l’ora di abbracciare Zayn e Harry all’assillare Zayn perché aveva legato troppo con Harry e aveva paura che questo potesse in qualche modo penalizzare il suo, di rapporto con Zayn. Il rapporto che avevano prima che partisse. Quel rapporto che aveva un significato immenso per Liam. Era confuso. Ma Liam Payne non era mai confuso. Liam Payne aveva le idee chiare. Oh, come le aveva chiare. Così splendenti da accecarlo e privarlo della vista. Era così che si sentiva in quel momento: non sicuro, non composto, non sereno; cieco. Non riusciva a ritrovare la sua strada. Prima di partire era quello sempre disposto a offrire una mano per aiutare, perché la soddisfazione di essere utile era estremamente gratificante per lui, era quello a cui chiedere consigli se ci si trovava nella confusione più totale. Era quello che faceva le stronzate con classe, quello che gli altri invidiavano perché faceva bene ogni cosa, perché sapeva spianarsi le strade ed era amico di tutti. In quel momento però si sentiva una persona completamente diversa, alienato, disperso, fragile. E per cosa? Perché Harry e Zayn avevano legato? Perché Zayn sembrava aver rimpiazzato la sua presenza con molteplici nuove amicizie? Perché ora lui e quel Niall erano così amici? Per cosa? Tutta questa gelosia solo perché voleva avere Zayn tutto per sé? E allora perché non lasciava che Louis e Harry si sbaciucchiassero? Perché?

 

«Ci risiamo Lee, ci risiamo» sbuffò Zayn «Non ti ricordavo così insistente».

«Zayn, io—»

«Ho un serio bisogno di fumare, zitto».

«Non in casa, Zay» sussurrò Harry. Il moro lo sentì. Sorrise, ironico.

«Ma siamo sicuri che sia questa la mia vita? Mi sto spazientendo. Sono bastati due giorni è la mia esistenza si è ribaltata; nuovi nomi e nuove identità spuntan fuori come funghi, assurdo! Gretchen che si scopre aver una gemella che si chiama Eleanor, convintissima di essere fidanzata con Louis, che però è follemente innamorato di Harry, Perrie che mi chiede di uscire, Liam che non sembra più lui, che è convinto che mi piaccia Harry e che si ingelosisce ad minchiam, Niall che mi chiede di fare le illustrazioni per la storia che stanno scrivendo lui e Aga, Harry che continua con ‘sta storia del non fumare in casa e insiste pur rendendosi conto che sto dando di matto, e bla bla bla, questa vita è un purgatorio» si buttò sul divano, che come volevasi dimostrare, emise nuovamente un tonfo che sapeva di rotto

 

«Odio la gente che spacca i divani» commentò Louis, per il gusto di parlare a sproposito. 

«Ti ci metti pure tu ora?»

«Doveroso».

 

La scena, per quanto estremamente drammatica, era a dir poco comica. Harry, le guance rosse e la coroncina di fiori malmessa, era accasciato sul divano con un braccio attorno alle spalle di un Louis tutto soddisfatto, con le gambe di questo poggiate sulle cosce. Zayn era seduto rigidamente all’altra estremità del divano, una mano fra i capelli e l’altra impegnata a giocherellare con la sigaretta che nonostante le richiesta di Harry aveva tirato fuori. Liam era in piedi con un’espressione da cavallo addormentato, a riflettere sulla sua stupidità e su ciò che aveva detto Zayn. Gretchen era l’unica realmente divertita (Non ridere delle disgrazie altrui, dicono), e, ancora a qualche metro dalla porta, aveva osservato tutta la scena da una prospettiva ottimale per godersela al 100%. Non che fosse così certa di ciò che era appena successo, ma fatto sta che il risultato era stato glorioso. 

 

Old yellow bricks, love's a risk

Quite the little escapoligist

Looked so miffed, when you wish

For a thousand places better than this

 

«Guai in vista, ragazzi» rise Louis, sentendo il suo cellulare esordire in una suoneria fin troppo nota, per poi leggere il nome sullo schermo. «Niall e Old yellow bricks non vanno affatto d’accordo» si portò il telefono all’orecchio. 

 

«Arriviamo noi, adesso».

«Chi? Dove?» fu colto alla sprovvista. 

«Io e Aga, al vostro servizio».

«Guarda che non sono al lavoro, fesso».

«Oh, lo so, piccioncino».

«E allora di che parli?»

«Dico che ci pensiamo io e Aga a districare i vostri dubbi».

«Cos’è, uno scherzo alla Horan? Di quelli farciti di idee malsane?»

«Sveglia, Watson. Pensavo avessi una mente più brillante».

«L’unica cosa a brillare saranno le stelline che gireranno attorno a quella testa di legno che ti ritrovi, se non ti spieghi meglio» rise. D’altronde lui e Niall erano così. Dei completi coglioni. E tutti gli insulti che si dedicavano, e tutte le minacce di morte, non erano altro che un rituale di consolidamento della loro amicizia.

 

«Tu inizia a dire a Zayn che quando si risponde a una chiamata sarebbe anche opportuno parlare con chi ti chiama, invece di fargli sentire tutti i tuoi monologhi frustrati» ridacchiò. «O più propriamente, digli di non rispondere con parti strane del corpo senza rendersene conto, perché Niall Horan è una creatura curiosa, e non chiude la chiamata se ha la possibilità di assorbire dati di estremo valore».

«Merda».

«Oh, penso che “figo” sarebbe stato più appagante, ma felice di sapere che la prospettiva di vedermi ti rende gioioso».

«Che relazione ha questo con quell’arriviamo di prima?»

«Che stiamo effettivamente venendo».

«A casa di Harry?»

«Grazie per aver confermato la mia tesi. Decisamente sì».

«‘Fanculo, tu e i tuoi espedienti. Chi siete, tu e Agnieszka?»

«Beh, a dire il vero siamo passati da Chris e le abbiamo detto che se ci avesse fatto un vassoio di dolci gratis l’avremmo fatta venire con noi e lei ha accettato!»

«Christina? Jeff?»

«Esatto! Le ho detto che ci saresti stato tu e visto che non vi parlate da secoli ho pensato che sarebbe stato carino che venisse».

«Santo sciacallo blu» si portò una mano alla fronte, generando lo scompiglio generale tra le persone attorno a lui (più per le parole usate che per il concetto in sé), ancora ignare del loro destino, ma intenzionate a carpire quante più informazioni possibile dalle sua parole. «Non che mi dispiaccia, ma siamo un bordello di gente! E a fare che, poi?»

«Ehi, questa è una sorpresa fratello».

«La mia vita è finita».

«Ebbene sì» scoppiò in una risata solare, di quelle che solo Niall riusciva a fare. «Ebbene sì».

 

***

 

«E quindi è così che Harry Styles e Louis Tomlinson, la cui unione dà origine allo ship Larry Stylinson, nonché la coppia più meravigliosa mai esistita sulla faccia dell’intero universo, si sono conosciuti!» esclamò Niall, per poi dare un altro morso al krapfen al quale non era riuscito a resistere. 

«Riesci a usare terminologia forbita solo fangirlando, incredibile! Scommetto che se avessi mai deciso di laurearti, a meno che non avessi fatto una tesi sui Larry sarebbe andata parecchio male» ridacchiò Agnieszka, seguita da Christina. 

«Ma mi sembra anche normale!»

«Che matto».

«Se non mi sono laureato è solo perché non c’erano materie interessanti».

«E quali materie avresti seguito?» chiese Christina. 

«Questa sì che è una bella domanda! Ecco, Aga, vedi di seguire il suo esempio invece di punzecchiarmi di continuo!» si girò verso di lei, puntando gli occhi nei suoi, e dandole un colpetto sulla spalla. Sorrise. «Comunque direi: “L’arte del registrare sextape in HQ” (mi servirà presto per i Larry), “Sbattere in faccia al tuo migliore amico che lo shippi tantissimo con il tizio che gli piace senza venire uccisi perché questo è casualmente di malumore”, “Far diventare reali i personaggi delle serie TV”, “Come disegnare e scrivere smut soddisfacente”, “Riuscire a non mastur-”».

«Vabenebastacosì» scoppiò a ridere Aga, lanciando un’occhiataccia al biondino dalle mani imbrattate di zucchero a velo. 

«Oh, è lei che me l’ha chiesto!»

«Bisognerebbe che ci fosse un filtro per i tuoi pensieri...»

«Se avessi un filtro probabilmente non sarei quel Nialler che ami tanto». 

Aga alzò gli occhi al cielo, continuando a sorridere. Insomma, conoscere Niall era sinonimo di sentirsi bene. E lei non aveva mai conosciuto qualcuno come lui, in grado di scacciare qualsiasi nuvola dai suoi pensieri, in grado di farla ridere in quel modo: con così tanta spensieratezza, con così tanta serenità. 

«Penso che un giorno mi farò tatuare “Nialler” sulla chiappa».

«Woaaah! Grande idea! Questa è l’Agnieszka dei miei sogni! È forse il caso che io mi tatui “Aga” sulla fronte?»

«Come minimo!»

«Però mi prometti che sarò sempre sempre io a farti i tatuaggi, vero?» chiese, ammiccando.

«Perchè fai una domanda del gen—NIALL!»

«Dai, sono un ragazzo, non dovresti stupirti!»

«Ma hai distrutto tutta l’atmosfera del momento! Stavo per dichiararti il mio amore!»

«Puoi farlo lo stesso, mia principessa».

«Chiamami principessa e ti meno».

«Ma guarda che il mondo è strano. Tommo chiama Harry ‘principessa’ e Harry finge di essere triste ma in realtà sorride come uno svitato, e tu, che avresti tutto il diritto di essere chiamata così, dici che mi uccidi?»

«Cosa cosa cosa? Louis chiama Harry ‘principessa’? Dove? Quando? Morirò».

«Ho dato una sbirciatina ai messaggi di LouLou. Testuali parole: “Urgh, capisco! Affronterò draghi e streghe pur giungere in suo aiuto, mia meravigliosa principessa”».

«Ho bisogno di acqua».

«Ho bisogno di the».

«Te?»

«The»

«Me?»

«THE».

«Ah, the!»

«Ti acca e, the».

«Così sembri un cheerleader».

«Sono una cheerleader dentro».

 

«Ma state insieme?»

«Chi, io e lei?»

«Sì, te e lei».

«The e lei?»

«No, non me e lei».

«E chi, allora?»

«Voi due!» La situazione era così ridicola che Christina non aveva fatto che ridere dall’inizio. Sentendo quella conversazione potreste pensare che fosse una ragazza seria e silenziosa, ma la verità è che i suoni non si possono raccontare più di tanto. Ma vi assicuro che se foste stati lì con loro avreste  di certo notato un costante sottofondo di grasse risate interrotte ogni tanto da intervalli di rifornimento aria vitale. Ebbene, ecco. Christina non è che fosse propriamente silenziosa. 

«State insieme?» ripeté.

 

Niall e Agnieszka si guardarono per diversi minuti, prima perplessi, poi sempre più straniti, fino a che la loro espressione si tramutò, in uno spasmo di follia. 

 

«Sì».

E fu così che diventarono una coppia.

 

***

 

Gretchen si era seduta al centro del divano. Osservava e origliava pubblicamente le conversazioni delle persone intorno a lei. Era un po’ stupita del fatto che Harry non le avesse più rivolto la parola da quando aveva visto Louis, e che Zayn l’avesse abbandonata a sé stessa, ma era tutto comprensibile, d’altronde; avrebbe solo voluto capirci di più. Alla vista di questo fantomatico Louis di cui Harry parlava tanto, le si era accesa come una lampadina. L’aveva già visto a qualche altra parte. L’aveva già visto, ma non lo conosceva. L’aveva già visto e non lo riconosceva. Dapprima non ci aveva fatto tanto caso—le capitava spesso, d’altronde—ma alla fine le era venuto in mente che quel Louis, era lo stesso di cui le parlava tanto Eleanor, lo stesso Louis di cui Eleanor sosteneva di essere fidanzata. Gretchen non era mai stata una profonda conoscitrice della vita privata di sua sorella, né le interessava poi così tanto. Era felice che si fosse trovata un ragazzo, ma era finita lì. Però c’era qualcosa che non andava. O Louis stava vivendo due vite separate—e in  quel caso sarebbe morto presto—o le era sfuggito qualcosa. 

 

«Un ultima cosa, Zayn, ti prego» chiese Liam, poggiando la mano sulla coscia del ragazzo che stava fumando una sigaretta, stringendo appena la presa.

«Se poi la pianti di parlare di Harry e di assillarmi, va bene».

«Scusa. Sai che non è mia intenzione... è che è più forte di me... non so... mi sembra tutto così cambiato rispetto a quando sono partito».

«Sei tu che vedi le cose in modo diverso».

«Prima non eri così affiatato con Harry, non eri affezionato a lui a questo modo; prima non eri così amico di Niall, prima non ti fumavi una sigaretta con Louis parlando come foste intimi, prima dedicavi più tempo a me».

Zayn si portò la sigaretta alla bocca, portando la testa indietro, a guardare il soffitto. «Lee, come faccio a dirtelo? Sei tornato da appena un giorno, è normale che in sei mesi le cose siano un po’ cambiate, è normale che abbia conosciuto nuove persone, è normale che per riprendere da dove eravamo rimasti ci metteremo un po’, ma questo non vuol dire che non voglio più passare il tempo con te. È che questa tua improvvisa gelosia mi mette in imbarazzo e mi fa innervosire. È completamente fuori luogo, mi infastidisce».

«Io–»

«E non puoi paragonarti a Harry, non puoi paragonarti a Louis, a Niall o a chicchessia. Siete persone diverse, avete ruoli diversi e caratteristiche diverse. Non ci sono termini di paragone» per un attimo aveva anche pensato di dirgli che non poteva paragonarsi a loro perchè lui era diverso, lui era tutt’un’altra storia, lui era Liam, e non era né rimpiazzabile nè comune. Aveva scartato l’idea perchè in realtà non gli sembrava affatto opportuna e non era sicuro della reazione che l’altro avrebbe eventualmente potuto avere.

«Zay–»

«Vedi di farmi finire, eh, Leeyum, così possiamo ripartire da zero».

«Va bene».

«Quando ieri ho scoperto che eri tornato, che ti ho visto nella tua stanza, avrei voluto picchiarti, perchè mi hai fatto prendere un infarto, non ero pronto al tuo ritorno, e tuttora non ho ancora veramente realizzato che tu sia qui. Con me. Però è stata una cosa fantastica. Poterti riabbracciare dopo mesi e mesi di lontananza mi ha reso felice, e averti qui, di nuovo, è meraviglioso».

«Posso parlare, ora?»

«Dai, parla» prese a guardarlo negli occhi, interrogativo, ma allo stesso tempo un po’ seccato dalla sua freddezza. Come se quelle parole non le avesse nemmeno pronunciate. Zayn non era solito esprimere i suoi sentimenti di fronte ai diretti interessati, e si aspettava una reazione diversa da quello stesso Liam che non faceva altro che assillarlo da  un giorno ormai, a quel punto volendo sentire solo apparentemente parole come quelle. 

«È che devo dirti una cosa che mi è venuta in mente».

«Ti ho detto che puoi parlare, sputa il rospo».

«Mi sento in colpa».

«Dai, parla, l’ho capito che la cosa ti turba».

«Sai che ieri sera ci siamo praticamente ubriacati, no?»

«Già, brutte cose... ‘sta mattina mi sono svegliato col mal di testa».

«Vabeh, non è questo il punto. Ti ricordi di cosa abbiamo parlato?»

«Tenendo conto della monotematicità delle nostre conversazioni ultimamente, direi di sì».

«No, voglio dire: ti ricordi?».

«No».

«Zapevo io» ridacchiò, teso, portandosi una mano sulla fronte, mantenendo pur sempre un fare ironico.

«Ehi, non mi rubare le battute, sono io che lo dico!» si finse offeso. 

«Ma se una cosa ci sta, ci sta!»

«Eh, ma tu non sai dirlo con quell’aria da extracomunitario immigrato fuori dal mondo».

«Già, non sei proprio il migliore dei maestri».

«Comunque».

«Ecco».

«Infatti».

«Allora...»

«PARLA».

«Io ti ho baciato».

 

***

 

«Louu, io ho paura di Niall, e chi è questa Jeff, poi?» sussurrò Harry sulle labbra di Louis, che era seduto a cavalcioni su di lui, con le ginocchia piantate nel dorso del divano e le mani ad accarezzare i ricci disordinati di Harry. 

«Una mia compagna di classe del liceo».

«E che viene a farci a casa nostra?»

«Non lo so».

«Non hai paura anche tu di Niall?»

«Non è tanto Niall che mi fa paura... sono le sue idee».

«Quindi hai paura di lui».

«Non sono tanto io che ho paura, quanto la mia reputazione».

Ridacchiò. «Ah, è vero, scusa, Louis non ha mai paura di niente» si avvicinò piano alla sua bocca e morse lentamente il labbro inferiore del ragazzo seduto sopra di lui. 

«Harry...»

«Lou-eh!»

«Non puoi fare così».

«E perchè, poi?»

«Perchè io ho ventidue anni e tu diciassette e io ho già avuto delle esperienze sessuali e...»

Harry abbassò lo sguardo, cominciando ad arrossire. Non avendo mai avuto un ragazzo, gli era sempre venuto facile ridere di battute a sfondo sessuale o farle in prima persona, anche se non ne andava pazzo (di solito il suo forte erano i doppi sensi e i giochi di parole), ma stando lì, con Louis, e sperando che la loro relazione potesse svilupparsi in tutti i suoi sensi, la sola parola ‘sesso’ lo faceva rabbrividire. Era un po’ inquietante per lui. Imbarazzante e inquietante. Carino, però. Era carino e forse un po’... eccitante. Ma solo poco. Pochino. Pochissimo. Neanche un po’  (aveva difficoltà ad ammettere di sentirsi caldo e terribilmente su di giri). «Insomma, se tu mi mordi il labbro io... voglio dire: è una cosa che mi eccita...» sospirò, guardando Harry negli occhi, o meglio, fissandogli le palpebre abbassate cercando di comunicargli il suo desiderio di guardarlo negli occhi. 

 

«Scusa» fu l’unica cosa che riuscì a dire Harry, mantenendo nonostante tutto lo sguardo basso. 

«No, non scusarti» gli lasciò un bacio sulla punta del naso. «So che è una cosa imbarazzante da dire, ma hai un certo impatto anche fisico sul mio corpo...» portò una mano sotto al mento di Harry e gli alzò il viso. «Adoro baciarti, adoro passare le mano fra i tuoi capelli e sedermi su di te, accarezzarti, guardarti, parlarti, ascoltarti, abbracciarti, sentire il tuo respiro sulle mie labbra. Adoro tutto di te, e continuo a non spiegarmi come sia stato possibile innamorarmi così perdutamente in così poco tempo, ma sai cos’ho imparato? A fregarmene della razionalità. Se provo questo amore o qualsiasi cosa sia per te, non ha senso farmi troppe domande o chiedermi se non sia troppo presto per parlare di amore o per baciarti. Ti amo e basta, e queste sono solo parole; il sentimento è tutt’un’altra storia; è molto più di questo, è libero, è genuino, è sincero. Ma non voglio farti fretta. È questo il punto. Io in passato ho fatto degli errori, ho fatto sesso parecchie volte per sfogo, e ho molta più esperienza di te. Non voglio farti pressione, e se ti ho chiesto di non farlo, prima, è solo perchè ho paura di reagire in modo inopportuno a certe provocazioni. Tu sei bellissimo, Harry. Sei meraviglioso» sussurrava quelle parole accarezzando lentamente col pollice la zone intorno allo zigomo del riccio. «E baciami quanto vuoi, mordimi, stringimi, parlami, accarezzami, ma non fare mai niente che non sei convinto di volere». 

Harry, leggermente spiazzato dalle parole di Louis ma ricoperto di felicità dalla testa ai piedi, sorrise e morse nuovamente il labbro inferiore a Louis, guardandolo di sottecchi, per poi aumentare la potenza del morso, sperando con tutto se stesso di non fargli male. Insomma, non aveva mai morso le labbra a qualcuno, un po’ di comprensione

 

«Ma allora mi vuoi proprio stuzzicare, tu eh? Non hai paura che il principe si trasformi in un mostro?» rise, chiudendo gli occhi perchè quello che aveva detto prima era vero. Se non si fosse trattato di Harry e se non fosse stato innamorato di lui (insomma, era impossibile che succedesse) lo avrebbe svestito lì, sul colpo, e si sarebbe lasciato travolgere dal desiderio. Si era appena reso conto dell’effetto che l’altro aveva su di lui. Era spaventosamente disumano. 

Harry gli morse ancora il labbro. 

«È che da quando mi hai detto di non morderti il labbro non riesco a smettere di desiderare di farlo».

«E allora—»

 

Il citofono. 

«Gret, puoi andare tu ad aprire?»

«Ah, quindi ora ti ricordi della mia esistenza eh?»

Harry ridacchiò, leggermente imbarazzato. «Ero preso da—»

«Sì, sì, capisco eh, discorsi e morsi e baci eccetera, non c’è bisogno di dirlo».

Il riccio arrossì, facendo segno a Louis, a malincuore, di spostarsi e tornare seduto affianco a lui. Louis lo ascoltò. «Mi dispiace... “Gret”, non lo vedevo da—»

«Ieri sera. Mi ha raccontato, tranquillo».

«Ah, ok».

«Vado ad aprire, allora».

 

***

 

«Obbligo o verità?»

«Seriamente ho accettato di giocare a questo gioco?»

«È quello che mi chiedo anch’io».

«Ma in realtà è quello che ci chiediamo tutti...»

«Bastava che non accettaste».

«Ci avresti assillato Niall, ammettilo».

«Certo che l’avrei fatto. Scusate, vi offro la possibilità di chiarire tutti i vostri dubbi—dai più insulsi ai più fastidiosi e importanti—sottoponendo le persone a cui siete interessati a tutte le domande che volete senza che loro si possano rifiutare di rispondere e vi lamentate anche? Insomma, chi sarebbe così stupido da declinare l’invito?» affermò il biondo con malcelata eccitazione.

«Ma io mi vergogno!» sbottò Harry.

«Perchè, Harrieeet?» chiese Louis, poggiando la schiena contro il divano. 

 

Per giocare si erano seduti tutti in cerchio in mezzo alla sala, spostando il divano un po’ più indietro del solito in modo da avere più spazio. I posti migliori se li erano guadagnati Harry e Louis, che in effetti erano già seduti sul divano e non avevano fatto altro che sedersi a terra—pretendendo di svaccarsi occupando anche i posti che sarebbero spettati a Liam e Zayn—e poggiare la schiena sul morbido. A tutti gli altri sarebbe presto venuta una scoliosi. 

 

«Giocando a “obbligo o verità” le domande o gli obblighi sono sempre imbarazzanti...» commentò, abbassando lo sguardo e arricciolandosi dei ciuffi di capelli più lunghi accanto al collo. Aveva sempre trovato imbarazzante giocare a “obbligo o verità”, ma allo stesso tempo non voleva ammettere di sentirsi piuttosto eccitato dall’idea di ricevere delle domande più intime e personali. Era una di quelle sensazioni che a raccontarla a qualcuno non avrebbe avuto affatto senso, ma per lui ce l’aveva. Da un certo punto di vista, il sentirsi obbligato a dover ammettere qualcosa di privato, andava oltre il mero sentirsi in imbarazzo: era così fastidioso da diventare quasi appagante.

«È questo il bello».

«Lou-eh».

«Non vedo l’ora che capiti il mio turno».

«Ho paura».

Ma era felice che la gente—e in particolare Louis—si interessasse a lui.

 

«Quindi come giochiamo?»

«In che senso?»

«Voglio dire, col la bottiglia a decidere per noi o no?»

«No, a ‘sto punto, già che ci siamo facciamo senza» disse Zayn, accendendosi un’altra sigaretta.

«Ma dannazione, Zay!» ridacchiò Harry «Non riesci proprio a farne a meno!»

«A quanto pare no».

«Almeno cambia marca di sigarette» sbuffò. «Queste fanno proprio schifo».

«Su questo devi dargli ragione Zayn, e poi il tabacco è buono quando è forte».

«A parte che daresti ragione a Harry qualsiasi cosa dicesse, ma ok».

«Nah, non sono il tipo da farsi mettere i piedi in testa dall’amore».

«E comunque se vuoi delle sigarette che ti sballano, tanto vale che ti fai una canna».

«E infatti spesso opto per quello».

«Ah si? Me lo dici e la prossima che la facciamo insieme».

«Affare fatto, bro, affare fatto».

«E comunque io fumo solo per stress».

«Ah, non perchè fa figo? Ammettilo che sei quel tipo di persona».

«Aspetta, non perchè fa figo».

«Perché allora?»

«Per stress».

«A parte quello, cazzone». 

«Perchè è figo».

«Ah, le strade sono diverse, ma il risultato è lo stesso».

«E sarebbe?»

«Sei un cazzone».

«Anche tu».

«La differenza sta nello stile. Io sono molto più -»

 

Vennero interrotti da del tutto casuali colpi di tosse. 

Harry rideva, con affetto, guardando Louis che parlava.

«Che dite, iniziamo?»

«E sia».

«Chi comincia?»

«Christina» suggerì Harry, riscuotendosi dalle sue fantasie. «Anche se non la conosco».

Lei gli sorrise, felice. Pur non conoscendo praticamente nessuno in quella stanza, già si sentiva a suo agio. Le sembravano tutte persone sincere e di cui potersi fidare; entrambe cose che riteneva estremamente importanti se si voleva averla in simpatia. Perchè se c’erano delle cose che lei si rendeva seriamente conto di odiare, tra queste figuravano sicuramente la falsità e il tradimento. In ogni caso era felice di aver colto l’occasione e di trovarsi lì, in quel momento. 

 

«Vado io?»

Gli altri annuirono, un po’ tesi. Lei sorrise, incrociando le gambe e portandosi la mano destra alla bocca, come per pensare. «Vediamo...» ridacchiò. «Harry. Così ti ricambio il favore... obbligo o verità?».

«Grazie mille!» rispose lui, ironicamente, sistemandosi nervosamente la coroncina di fiori. Tutti gli occhi erano puntati su di lui, e sapeva già che prima o poi sarebbe successo, ma si sentiva ugualmente a disagio. «Verità. Io scelgo sempre verità».

«Tanto dopo due volte che la scegli devi dire per forza “obbligo”» gli sussurrò Louis, facendogli l’occhiolino. Harry arrossì, pensando a quanto gli piacesse quel Louis un po’ più intraprendente e malizioso del solito, a quanto lo facesse tremare dalla testa ai piedi, a quanto forte il suo cuore battesse a sentire le sue allusioni e i suoi giochetti, a quanto avesse voglia di baciarlo ancora, un’altra volta, per sempre. Prima di conoscere Louis—prima di baciarlo—pensava a quanto una relazione stabile dovesse portare monotonia nella vita delle persone. Certo, aveva sempre desiderato averne una, ma per contro, cercava di rasserenarsi al pensiero che l’aver sempre e solo una persona nella testa doveva essere monotono come passare le ore a contemplare un soffitto d’ospedale. Si era reso conto che nella testa delle persone innamorate doveva avvenire qualche strano intruglio alchemico, e il risultato era un’infatuazione perenne, un’eccitazione formidabilmente perpetua, come se il passare intere giornate insieme a baciarsi non fosse mai troppo, e ovviamente, non fosse neanche mai abbastanza. Harry conosceva Louis solo da due giorni, ma gli sembrava di conoscerlo da una vita intera, e di averlo amato anche per tutte le vite precedenti a quella. 

 

«E scommetto che casualmente capiterà al tuo turno».

«È facile che sia così» gli sorrise. Harry si voltò verso Christina, per non svenire. Si sentiva scosso fin nel profondo. 

«Beh, da quanto tempo vi conoscete tu e Lou? E cos’hai provato la prima volta che l’hai visto?»

«Sono due domande».

«Rispondi e basta» ridacchiò lei, alzando gli occhi al cielo. 

«C-Ci conosciamo da... beh, non ieri mattina, ma circa. Insomma, dall’altro ieri pomeriggio. Voglio dire, dal pomeriggio dell’altro ieri... non so più parlare».

«Aspetta, cosa?»

«Cosa cosa?»

«Vi conoscete da meno di due giorni?»

«A meno che non sia così confuso da non ricordarmi più nulla sì... circa».

«Dai, ma smettila» lo guardò con un’espressione tra il divertito e il confuso, come per sottolineare di aver capito che la stava prendendo in giro

«È vero».

«Ah ah ah, che simpaticone» scherzò, ironica, e il suo sorriso man mano si trasformò in una smorfia perplessa, per poi tornare a essere una semplice arricciatura di labbra come per sottolineare di aver fatto solo finta di essere convinta di aver capito che la stava prendendo in giro. «Ma com’è possibile?»

«Me lo chiedo anch’io...»

«State insieme?»

«Il gioco non si chiama “obbligo o intervista”» scherzò Harry, imbarazzato, abbassando lo sguardo, mentre le guance gli si facevano sempre più rosse.

Si sentirono delle risate sommesse provenire da tutto il cerchio. Louis grugnì. Gli sarebbe piaciuto sapere qual era la risposta di Harry a quella domanda. 

Il riccio era felice.

«Comunque la prima volta che l’ho visto... beh, ho pensato che non fosse per niente come me l’ero immaginato... cioè, io pensavo che essendo un tatuatore avrebbe avuto quaranta milioni di tatuaggi su tutto il corpo—cosa più o meno vera—e che sarebbe stato... un palestrato tipo, non so... vichingo... solo che poi l’ho visto e ho pensato che fosse piccolo per essere un vichingo, però grande, cioè, io mi sentivo minuscolo di fronte a lui e ho pensato che fosse... insomma, bello? Cioè, non bello e basta. Bello bello. Tipo, mooolto bello. Quasi, non lo so... etereo?»

«Di sicuro non etero!» urlò Niall.

Harry rise, per poi continuare. «Non mi prendete in giro, cioè, è che io sono rimasto... senza fiato. Era così... meraviglioso... non lo so. È imbarazzante» concluse, abbassando lo sguardo sul pavimento, dopo aver fissato Zayn negli occhi per tutto quel tempo. 

Louis lo stava osservando con gli occhi che brillavano. Amava tutto di Harry: dal modo in cui le sue mani si contorcevano dall’agitazione mentre parlava al colore dei suoi occhi che sembrava cambiare leggermente a seconda del suo stato d’animo, dai suoi capelli insensatamente irriverenti alle sue labbra che tremavano leggermente non appena smetteva di parlare, dalle parole semplici ma disordinatamente organizzate che utilizzava alle sue guance sopraffatte dal rossore, dalla sua timidezza alla sua forza d’animo—che forse non era subito sotto gli occhi di tutti, ma che Louis riusciva a scorgere con chiarezza frugando tra le insicurezze di facciata di Harry—dai sorrisi che cercava di nascondere a quelli che si sforzava di fare. Louis amava Harry—e basta

 

«Perchè si vede da come lo guardi» ammise Christina. «E ora è il tuo turno comunque. È finita la tortura» rise. «Per il momento». Harry alzo lo sguardo e accennò a un sorriso prima di chiudere gli occhi per pensare. 

«Zayn. Obbligo o verità?»

«Obbligo».

«Lo sapevo. E ora sono fregato perchè non so più che dire».

«Ti conosco troppo bene, bello».

«E basta però. Mo’ pure bello» farfugliò tra sé e sé Liam. Peccato che lo sentirono tutti. 

«Avevi detto che l’avresti piantata!» obiettò Zayn, sbuffando. 

«Scusa».

 

«Obbligalo a baciare qualcuno» suggerì Louis, beccandosi un’occhiataccia davvero inquietante da parte di Zayn. «Ou, guarda che si gioca così a “obbligo o verità”. Trovi i punti deboli degli altri e costruisci tutta la tua strategia su quello che hai scoperto».

«Ma i suggerimenti influenzano la mente di Harry!»

«Come se fossi un neonato che non è in grado di pensare per sé».

«Suvvia, non stavo dicendo questo, Harruccio».

«In ogni caso ormai il danno è fatto» concluse Harry, con un sorrisetto sul viso e i fiori sulla testa che gli davano un’aria ancora più da fuori di testa. 

«Louis io ti ammazzo».

«Harry ti amo con tutta la mia vita, mi vuoi sposare?» urlò Louis, abbracciandolo di slancio. 

«Ouch! Louis! I lividi!»

«Sorreh Harreh».

 

«Ti obbligo a baciare... uhm... Christina no, Gretchen no, Aga no, sarebbe troppo scontato, quindi o Louis o Liam o Niall... o me» rise, beccandosi un’occhiataccia sia da Louis che da Liam. «Beh, Louis no» lo guardò negli occhi. Poi sussurrò «Louis lo bacio io». Louis ridacchiò.

«Daje Haz».

«Liam o Niall?»

«Me o Niall?» commentò Liam, sarcastico.

«Scegli tu» concluse Harry, guardando Zayn. 

Il ragazzo ci pensò su per qualche istante poi «Niall» disse, aggiungendo mentalmente “tanto a quanto pare Liam l’ho già baciato ieri”. 

«Yas! Ho sempre desiderato baciare un ragazzo!» esultò il biondo. Si trovò sette paia di occhi puntati contro. Alcuni sguardi erano stupiti, altri divertiti.

«Ma sei gay?»

«Valà! Baciare un ragazzo sembra figo però!» scoppiò a ridere. «Mi piace provare cose nuove! Dai su, vieni qui Zayyyy» finse un tono effeminato. 

«Cristo santo, ma perchè cazzo ho scelto Niall?»

«Perchè mi ami».

Zayn rise, sarcastico, ma divertito. «Te piacerebbe, sì».

«In effetti sì». 

«Beh, sbrighiamoci così la facciamo finita».

«Ma tu sei gay Zayn?»

«A volte» rispose, quasi serio.

«Ah, lo sapevo! È che il mio naso è allenato a riconoscere odore di gay».

«Anche il mio!» si intromise Aga. «Però lui è chiaramente bi».

«C’hai preso, amiga».

 

«Baciatevi, idioti!» urlò Louis dall’altra parte del cerchio, con un sorriso stampato sul volto. 

 

Erano ormai vicinissimi l’uno all’altro e Zayn non riusciva ad avvicinarsi maggiormente alle labbra di Niall perchè sentiva lo sguardo di Liam puntato su di sè, e si sentiva giudicato, e a disagio. Forse infastidito, forse—più in fondo—lusingato. Dopo qualche secondo di indecisione però, portò le sue labbra a contatto con quelle del biondo, che sorrise, ricambiando il gesto. Rimasero lì per secondi che sembrarono eterni. Zayn si rese conto di quanto sarebbe stato facile per lui innamorarsi di ognuno dei presenti in quella stanza, di quanto sarebbe stato facile provare interesse per ciascuno di loro, di quanto sarebbe stato assurdo e intrigante provare a baciarli tutti. Alla fine, che cos’era un bacio? Perchè gli si attribuiva così tanto valore? Perchè non si poteva baciare chiunque si volesse senza necessariamente provare dei sentimenti per quella persona? Zayn non era mai stato un amante delle regole, e delle convenzioni, e delle definizioni. Erano tutte costrizioni, erano tutte chiusure mentali, erano tutte cose superflue, ottuse, superficiali. Si rese conto, ancora, che ogni persona aveva le potenzialità di diventare davvero importante nella sua vita, che sarebbero stati tutti in grado di stupirlo, che le persone erano concretamente complicate proprio per quello. Zayn amava le persone. Come concetto, come idea. Quel bacio gli era piaciuto e gli aveva spalancato le imposte della mente. Che senso avrebbe avuto mentire e dire che qualcosa non gli era piaciuto quando era stato tutto il contrario?  Che senso avrebbe avuto? Gli era piaciuto e basta. E chissenefrega di tutto il resto.

 

«Io ci shippo» esordì Niall. 

«Ma porco gay» urlò Zayn, tornando a sedersi.

«Ehi!» urlarono all’unisono Harry e Louis. 

«Chi shippa Ziall?» urlò, alzando la mano con estremo entusiasmo.

«Ziall?» chiese Harry,

«Me e Niall» rispose sbuffando Zayn, divertito.

«Senza offesa, ma io no». 

«Ma Harry!»

«Ho detto senza offesa!».

«Ma io e Zayn siamo bellissimi insieme» scherzò il biondino. «Anche se io e Aga siamo decisamente meglio».

«E come vi chiamate? Agall?» si intromise Louis.

«Certo, Agall e Agallin» ribattè il riccio, scoppiando a ridere. «La prima Agallin che canta ha fatto l’Auov».

«Sei veramente così squallido?» sbiancò Louis, portandosì le mani al viso, preso dalla disperazione di una battuta pessima.

«Mi scuso, signor io sono divertente e tu no».

«Naga, siamo i Naga». 

«Ou belli, per quanto mi piacerebbe continuare questa conversazione, ora tocca a me» li interruppe Zayn. «Liam. Obbligo o verità?»

«Che smania» commentò Niall.

«Verità». Liam aveva lo sguardo basso. Era indubbiamente infastidito dalla scena appena accaduta e lo dava fin troppo a vedere. Tra tutti, la persona che più di tutte era in silenzio, ma che stava osservando le scene con oggettività e stava cercando di apprendere i meccanismi di ognuna delle persone presenti, era Gretchen. Faceva sempre così. Il risultato era che se qualcuno gli avesse chiesto di analizzare la situazione e di trarne una sorta di un’analisi psicologica di gruppo, lei sarebbe sicuramente stata in grado di farlo.

«Perchè mi hai baciato?» tanto ormai Zayn era partito sulla linea del ‘dico quello che penso e vaffanculo’. Non gli importava che tutti li stessero guardando seriamente straniti e incuriositi, non gliene fregava un cazzo che Liam potesse essere in imbarazzo, non gliene fregava nulla che la situazione fosse più complicata del previsto. 

«Zayn—»

 

«Ma Ziall un par di palindromi! Ziam forever!» sbottò Niall, le mani al cielo, entusiasta, guardando prima Zayn e Liam e poi Aga, cercando supporto.

«Quindi ora le tue OTP sono?»

«La mia OTP migliore del mondo sempre è per sempre è Larry» la sua bocca si aprì in uno di quei sorrisi che solo il fangirlare—e forse Aga (e il fangirlare con Aga)—gli facevano spuntare. «Però anche Ziam non è male. E... uhm... Zouis as a bromance è troppo perfino per me. Una badass bromance. Oddio ti immagini se la canzone di Lady Gaga si intitolasse Badass Bromance? Sarebbe tipo troppo una canzone Zouis!»

«Ma cazzo Niall, come ti vengono certe idee?» sputò Louis. 

«Offuck. Me n’è venuta un’altra. Chi ci scrive una fan fiction? Oddio, troppo woah».

«Io sono già impegnata a scriverne una L-» Niall tirò un gomito in pancia ad Aga.

«Could you pwease keep it a secret?» le lanciò un’occhiataccia affettuosa.

«Of couwse, Nialler».

«Ohoh, ascoltiamo la risposta di Liam però!» le fece segno di star zitta, poi si convertì direttamente a metterle una mano sulla bocca.

 

«Zay io ti odio».

«Oh no, dov’è andata a finire la romance?» commentò ironico Niall.

«Rispondi. Sei stato tu a scegliere verità, e sono sicuro che sapevi che te l’avrei chiesto».

«Non lo so».

«Cosa?».

«Perchè ti ho baciato».

«Regà, ma vale come risposta?» chiese lui, spazientito, gli occhi socchiusi e la sigaretta in mano. «Pare proprio di sì» concluse notando che nessuno aveva intenzione di rispondergli. «Per questa volta l’hai scampata Lee-Yum, ma vedremo. Vedremo».

 

Liam tirò un sospiro di sollievo, felice di non aver dovuto rispondere, e che Zayn se la fosse bevuta, la storia del non lo so. Per quanto potesse essere ubriaco quando lo aveva baciato—alcune cose semplicemente non si fanno per caso. E poi Liam non era uno da fare delle cose solo perchè gli andava di farle. Certo, ciò che aveva provato non era esattamente stato previsto dalla sua mente, o pianificato, ma nel momento in cui l’aveva baciato era stato consapevole al 100% delle sue azioni. E l’aveva fatto semplicemente perchè voleva farlo. E dire che lo aveva fatto e basta non sarebbe stata la stessa cosa. C’è una colossale differenza tra voler fare qualcosa e farla e basta. Era andata così: Liam aveva provato un desiderio fortissimo di baciarlo, e se non fosse stato per l'alcol, non avrebbe seguito il suo istinto. Ma alla fine aveva ceduto, poggiando le sue labbra su quelle del ragazzo dagli occhi profondi e scuri. Suo malgrado, nonostante si ricordasse con chiarezza di averlo baciato, la memoria delle sensazioni che aveva provato era svanita senza lasciare una minima traccia, apparentemente. Come se la sbronza, tra tutto ciò che si erano detti, avesse deciso di privarlo della cosa a cui teneva di più. L’unico ricordo che gli era rimasto di quel bacio era la tensione e i brividi che lo avevano scosso così tanto da riuscire a sovrastare la mezza inconsapevolezza di ciò che stava facendo. 

Stava finalmente cominciando a pagarne le conseguenze. Avrebbe anche potuto non dirglielo in effetti, che lo aveva baciato, ma dopo tutto Liam era un ragazzo onesto—a parte quando si trovava a dover nascondere i suoi sentimenti dietro ad un mero non lo so. E il solo pensiero di tenere una cosa come quella all’oscuro dal suo Zayn lo faceva stare estremamente male. Si sentiva strano, e tutt’altro che vivo. Si trovava ancora totalmente immerso in quella fase d’evoluzione delle situazioni in cui la realtà non ti ha ancora travolto, e non ti sei ancora reso conto di ciò che è avvenuto in primo luogo. Per questo si può dire che fosse anni luce dal realizzare addirittura quali sarebbero state le conseguenze di quel gesto. E la cosa peggiore era che Zayn non aveva neanche ancora realmente compreso ciò che Liam gli aveva rivelato. Era ancora cieco, era ancora sordo, era ancora immobile; era fermo a un giorno prima, e la sua testa non voleva aggiornarsi, forse bloccata—come in una camicia di forza—dalla paura che la realtà l’avrebbe sconvolto più di quanto potesse immaginare. 

 

«Niall... obbligo o verità?» chiese con un tono estraniato, quasi non si trovasse nemmeno in quel salone a giocare a quello stupidissimo gioco, però dall’altra parte come se stesse pensando al modo migliore in cui agire, alla mossa perfetta da fare. Liam era bravo a giocare a scacchi. Pensava di poter adattare le sue strategie di gioco anche alla vita reale. Piuttosto, sperava che funzionassero, esattamente come funzionavano quando doveva fare uno scacco matto, o quando doveva convincere l’avversario a fidarsi—inconsapevolmente—di lui.

«Obbligo!»

«Baciami» ordinò con una forza d’animo che era più falsa che fondamentalmente ricercata.

«La prossima volta perchè non giochiamo a bacia Niall o penitenza? Ho capito che sono magnifico, ma non c’è bisogno di obbligarmi a baciarvi se proprio lo volete. Io sono qui, non accalcatevi!» scoppiò a ridere, seguito da Harry, a cui il biondo trasmetteva un’allegria immensa. Banale dire che quello fosse proprio l’effetto che Niall aveva su ogni persona. Era così: poche domande, pochi problemi, tanta allegria e voglia di vivere. Anche Louis lo apprezzava un sacco. Anzi, lo stimava. Niall poteva sembrare un bambino molto spesso, ma la cosa non era affatto importante se paragonata alla sua vitalità e alla gioia che trasmetteva. Il biondino era come un caricabatterie quando si trovava intorno agli altri. Bastava un suo sorriso, e i problemi scivolavano via. Agnieszka lo abbracciò, sorridendo. «Però non me lo portate troppo via, comincio a essere gelosa!» non lo era. O meglio, pensava che se lo fosse stata sarebbe stato di certo più romantico da dire, ma sapeva benissimo che dietro alla richiesta di Liam e all’obbligo di Zayn c’erano motivazioni del tutto innocue nei confronti di Niall. Ognuno voleva ottenere qualcosa con quelle determinate azioni, e Niall finiva per essere solo il mezzo attraverso il quale ognuno compiva la sua mossa. Sapeva riconoscere la differenza tra gelosia e inutile fastidio. Era tranquilla. 

 

«Ehi ciccio, guarda che quello magnifico qui sono io, mica tu. Cioè, come scusa? Il biondino dagli occhi felici ha seriamente anche solo provato a essere superiore a me, il perfetto ed eccelso Louis Tomlinson? Per quanto stenti a credere che le mie regali orecchie abbiano sentito male, dev’essere stato così... è per una buona causa» commento Louis, che ormai si sapeva, quella mattina si era svegliato col sasseggiamento facile. Harry sorrise; in effetti non faceva che sorridere da quanto Louis gli era saltato addosso appena rientrato a casa. Lo amava. È difficile non sorridere fissando la persona che si ama. 

«SASSY PASSY».

«Ehi, aspetta, aspetta, COSA?»

«Team Harry!Tops, adieu».

«Tu pensi che io stia sotto?» chiese, visibilmente irritato—o era un bravo attore.

«Al 100%» sorrise sfacciatamente, per poi ammiccare ad Harry, che stava iniziando a volersi sotterrare vivo nel pavimento del loro appartamento e passare il resto della sua esistenza a venire calpestato da un susseguirsi di persone insignificanti. Era rosso. Rosso fuoco. Stava praticamente prendendo fuoco. Aveva bisogno di un estintore. O di una doccia fredda. Sì, di una doccia fredda. Una doccia rinfrescante, una doccia che placasse i suoi ormoni. Perchè le guance non eran l’unica cosa che stava prendendo fuoco in quel momento. Era pur sempre un ragazzo di quasi diciotto anni. Non era un agnellino sperduto nel bosco. O meglio, era forse un po’ perduto in una sorta di metaforico bosco, ma non era un agnellino. Gli agnelli non portavano le coroncine di fiori, comunque. 

L’utopia della doccia fredda cominciò a distruggersi, frammento per frammento, e dopo pochi istanti Harry si rese conto che la voce di Louis gli rimbombava nella testa. 

«Sai che ti dico? Hai proprio ragione». 

E così a Louis Tomlinson, udite udite, piaceva stare sotto.

 

***

 

Non è che il fatto che Liam avesse chiesto a Niall di baciarlo lo infastidisse più di tanto. No. Giammai. A dire il vero, non lo infastidiva affatto. No, non era fastidio quello che provava. Non era gelosia. Non era irritazione. Era rabbia. E Zayn non si arrabbiava spesso, lui era più una persona da ti odio/ti ignoro. Zayn preferiva tacere e fare silenziosamente male, piuttosto che esprimere esplicitamente la sua rabbia. Aveva sempre fatto così. Se per altri versi poteva essere definito un ragazzo schietto, diretto e senza maschere, da quel punto di vista sarebbe stato più corretto riferirsi a lui come stratega, riflessivo, vendicativo. Non sempre. Qualche volta. In quel caso la sua mente era combattuta da due possibili reazioni che avrebbe potuto avere. Tirare un cazzotto a Liam e fargli male, tirargli un cazzotto e fargliela vedere, smettere di parlargli e farla finita, o, in un angolo remoto della mente, quasi al limite tra possibilità e fantasia, spingere via Niall e baciarlo lui, quel cretino di un Payne.

La cosa bella era che non aveva la minima idea del perchè provasse quella rabbia oscena. 

Non riusciva tuttavia a concentrarsi così tanto sui suoi pensieri da poterlo scoprire. Le uniche cose che sapeva erano prima di tutto che Liam gli aveva lanciato una sfida non appena aveva cominciato a fissarlo durante il bacio con Niall, e poi che forse, quel bacio a Liam era inaspettatamente piaciuto, perchè ad un tratto, mentre Zayn era sicuro che quello avesse obbligato il biondino a baciarlo per vendetta, aveva abbassato lo sguardo, chiuso gli occhi e accarezzato la guancia di Niall, come se significasse davvero qualcosa. Forse era in quel momento che si era davvero arrabbiato.  

 

***

 

«Perchè sei uguale ad Eleanor?»

«Perchè sei uguale al ragazzo di Eleanor?»

«Sei tu che devi dire la verità».

«Mentire non è comunque una cosa nobile da fare».

«Ok, ma perchè ti chiami Gretchen e sei uguale ad Eleanor?» ribadì Louis, con un sorrisetto divertito sul volto. 

«Hai mai sentito parlare di gemelli?» assunse un tono acido per caso. Le veniva bene.

Finse di essere assorto nelle più complesse riflessioni. «No, non credo».

«Allora qualcuno veda di illuminarlo, poverino».

«“Gemello: aggettivo singolare maschile ad alto uso. Uno. Che, chi è nato con uno o più fratelli da uno stesso parto: fratello gemello, sorella gemella, partorire tre gemelli. Due. Genitivo, estensivo, di ciascuno di due elementi che presentano le medesime caratteristiche o sono destinati al medesimo uso: letti gemelli. Tre-”»

«Ve bene GRAZIE, Liam alias: vocabolario».

«Dizionario».

«Ma sentilo... “Dizionario”» lo scimmiottò facendo una voce stupida. 

«Che sa—»

«Basta stai zitto, io voglio ancora capire che cazzo è successo».

Gretchen rise, poi riprese a parlare, rivolgendosi a Louis come se fosse un bambino con dei problemi di comprensione. «Allora, vediamo se riesci a capire» sospirò. «I miei genitori si sono sposati e hanno fatto sesso. Hai bisogno che ti spieghi anche in cosa consiste il sesso o ci puoi arrivare? Beh, presumo che tu ci possa arrivare. Ecco, mia madre è rimasta incinta e ha scoperto che stava aspettando tre gemelle».

«Chi?»

«Me, Eleanor e Christina».

Niall si voltò stupefatto verso Chris, indicando con furore prima Gretchen e poi lei, spalancando la bocca in un’espressione incredula. «Voi... siete sorelle? Ommioddio ma siete delle attrici troppo brave! Giuro che non l’avrei mai sospettato! Siete davvero troppo avanti! E io che pensavo non vi conosceste! Che ingenuo che sono stato... non è vero Agatona? Oh tra parentesi ti piace questo soprannome? Perchè io avevo una gatta che si chiamava Agatona! Era obesa. Ma non ti offendere, non è per quello, mi è solo venuto in mente così a caso, ma comunque stavo dicendo che ora che ci penso vi assomigliate anche! E io che pensavo di non aver bisogno di occhiali. Salutate il vecchio Niall per l’ultima volta amici, ormai la vecchiaia lo sta raggiungendo e avrà bisogno del sostegno di tutti voi per sopravvivere ai grandi impedimenti del futuro! Oltre al fatto che fangirlare col bastone e la barba non sarà più la stessa cosa. Anche se il bastone si potrebbe rivelare di enorme successo per spingere con violenza le coppie a baciarsi e anche la vecchiaia in sé in effetti. Chi negherebbe a un povero vecchio morente di esaudire il suo ultimo desiderio? Diventerò un mostro a inventare ultimi desideri che possano avvicinare le vittime della mia fangirlazione! Dio, che bello essere vecchi, Agatona, non piacerebbe anche a te essere vecchia?» 

Il silenzio che riuscì a far nascere nella stanza dopo quel discorso poteva essere paragonato al freddo tacere che si concretizza solo in chiesa nel momento della preghiera personale, a meno che a qualche sciagurato vecchiardo non spunti un’improvvisa bronchite contagiosanel qual caso l’unica cosa che si propaga è un delirio di tosse e germi.

Le gaffe di Niall erano così madornali che ridere sarebbe stato un eufemismo. Nonostante ciò, nel limite dell’umano, dopo qualche secondo di imbarazzante e tombale quiete, iniziarono a sentirsi sommessi risolini che, in un climax epidemico, diventarono grasse risate da parte di tutti. E potrei sentirmi in dovere di soffermarmi sul modo in cui ognuno dei presenti esprimeva l’ilarità della situazione, perchè penso rispecchiasse anche e soprattutto la loro filosofia di vita, in piccola parte, o il loro modo di vivere le situazioni prive di logica; non ci vorrebbero tante parole. Solo quelle giuste e strettamente necessarie; ma a volte le parole sono semplicemente troppo. E descrivere una risata sarebbe come appropriarsi dell’eccentrica peculiarità di una persona che non vive per essere studiata e raccontata, ma solo per il vivere in sé. Sarebbe come infangare la naturalezza di un’espressione. Come disprezzare un pensiero genuino formatosi nelle nostre menti in risposta allo stimolo che una parola senza aspirazioni ci ha dato.

 

«Nialler» tossicchiò Christina. «Non siamo gemelle».

 

***

 

«Louis. Obbligo o verità?» chiese Gretchen. 

«Non vale! Te l’ho appena chiesto io!»

«Ci sono forse regole che lo vietano?» si guardò intorno, contando nella risposta negativa del gruppo.

Louis sbuffò. «Verità».

«Ora mi spieghi perchè Eleanor e Harry sono entrambi fidanzati con te?»

Harry sbiancò. A metterla così suonava proprio male. E si fidava di Louis. Sapeva che se gli aveva detto di non essere davvero fidanzato con Eleanor, allora doveva essere così. Sapeva che se gli aveva detto di amarlo, era perchè lo amava davvero. Tuttavia le parole a volte ti si insinuano negli angoli più esposti della mente, e per quanto la tua fiducia possa essere grande, il timore che le persone ti distruggano è persistente. 

«Allora, mia cara, innanzitutto that’s utter bullshit. Non puoi mettere Eleanor e Harry nella stessa frase, per tanto pure nominando Harry per secondo. E capisco che Eleanor sia tua sorella, ma capiamoci bene, ha rotto un po’ i coglioni».

«Oh ma lo so benissimo questo».

«Sapevo che Harry non poteva che avere un’amica ragionevole! Comunque non siamo mai stati insieme, non mi è mai piaciuta, non le ho mai detto che stavamo insieme e a quanto pare lei ha frainteso ogni singola cosa. Caso chiuso».

«Ti va dietro che è una meraviglia però».

«Direi piuttosto un insopportabile fardello».

«Dai, non è poi così male. In fondo è come se tu andassi dietro a Harry e lui per una cosa o per l’altra ti facesse pensare che state insieme ma in realtà lui sta con Nick».

«Chi è Nick? Gli spacco la faccia» si voltò verso Harry, con un’espressione interrogativa, ma turbolenta. Il fatto che a Gretchen fosse venuto con così tanta naturalezza un nome qualsiasi da attribuirsi a una persona qualsiasi gli stonava un po’. Nick doveva essere qualcuno. Qualcuno dalla morte imminente “se tanto gli dava tanto”.

Harry gli sorrise, non sapendo minimamente di chi stessero parlando, senza chiederselo neanche, tanto concentrato sulla reazione ingelosita di Louis. Gli accarezzò una ciocca di capelli sulla fronte, mordendosi il labbro, non dando alcun segno di reattività. Gli occhi gli brillavano ed era immerso nei suoi pensieri al settimo cielo, ma anche estremamente agitati. Da come questa storia viene raccontata sembra che il tempo non passasse mai, ma che allo stesso tempo si fossero innamorati troppo in fretta. Non sarebbe fondamentalmente errato appoggiare o criticare entrambe le affermazioni. Si limiterebbe ad essere superficiale. Perchè ciò che gli occhi vedono non è sempre ciò che il corpo prova, ciò che l’oggettività percepisce non è sempre ciò che la mente percepisce. 

E il tempo è solo un numero. 

Harry Styles non era mai stato fidanzato. In diciassette anni di vita mai una volta aveva baciato qualcuno, mai una volta aveva sentito il suo corpo fremere alla sola vista di un sorriso, mai una volta era rimasto minuti interi a fissare il mondo di fronte ai suoi occhi. Poi era arrivato Louis. E nessun’altra parola—se non “Louis”—sarebbe stata in grado di descrivere il vulcano di pensieri che  si era risvegliato dentro di lui. Pensava che da un momento all’altro avrebbe aperto gli occhi, constatando che “la realtà fa schifo”, pensava che se non fosse successo, tutto avrebbe comunque trovato un modo di finire al più presto. D’altronde, in due giorni era cominciato, e in due giorni poteva finire. 

Però Harry non ci credeva. 

Harry amava Louis.

E l’amore, s’è vero che può nascere in due giorni, di certo non si spegne in due.

 

«Uh, già, oggi quando sei svenuto non sono stata io a ritrovarti, ma un certo Nick, della quinta G, dovresti ringraziarlo poi. Mi ha detto che quando ti ha visto a terra, non volendo che qualcuno come Eric e la sua gang ti trovasse, ti ha preso in braccio e ti ha portato dove ci troviamo di solito».

«Nick?»

«Non lo conosci?»

«No».

 

«Quindi non stavate insieme? Non ti è mai piaciuto? Non vi siete mai baciati? Non avete fatto se—»

«NO!» urlò Harry, coprendosi il viso con le mani. 

«Neanche un-»

«No, Lou. Non so neanche che faccia abbia».

«Meno male».

«Però dovresti ringraziarlo» si intromise Gretchen. 

«Cosa vuoi che sia! Ha solo fatto il suo dovere. Se l’avessi visto io a terra non solo non l’avrei riportato da te, ma l’avrei preso in braccio e portato in un angolo nascosto della scuola, l’avrei svegliato con dei baci sulle labbra e l’avrei stretto a me fino a che non si sarebbe calmato e gli avrei regalato una coroncina di fiori e l’avrei baciato fino a che non gli sarebbe scappato un sorriso».

«Ma io mi sarei svegliato sorridendo» mugugnò Harry, con lo sguardo basso e il cuore in subbuglio. Perchè doveva essere così? Perchè Louis passava dal dire cose stupide e acide e maliziose a—senza preavviso—uscirsene con delle trovate di romanticismo tenace? Harry non avrebbe retto un giorno in più. Non avrebbe potuto farne a meno.

«Allora ti avrei morso il labbro e ti avrei abbracciato e ti avrei baciato lo stesso fino a che non ti saresti messo a ridere e io avrei baciato anche le tue fossette».

«E io sarei morto».

«Dannazione».

 

«Puoi farmi solo un favore, Louis?» li “interruppe” Gretchen. 

«Solo perchè mi stai simpatica».

«Puoi dirglielo tu esplicitamente a El, che non state insieme?»

«Bello scherzo».

«Seriamente».

«Ma se mi avvicino a lei quella mi salta addosso».

«Manco fosse un leone a digiuno da mesi».

«È pur sempre convinta di essere la mia ragazza e tu hai visto cos’è successo a Harry appena ha messo piede in casa».

«A me sembra che sia stato tu a saltargli addosso».

«Dettagli».

«Ti prego. Se glielo dico io non mi crede e ti assilla ancora di più».

«Solo perchè mi stai simpatica, Gretchen, solo perchè mi stai simpatica».

 

***

 

«Harry. Obbligo o verità?»

«Verità».

«‘Sta sera vieni con me in un posto?»

Louis guardò Harry, che guardò Zayn, che guardò Niall, che guardò Louis, che sorrise. 

Niall face un cenno a Zayn, che fece un segno ad Harry, che arrossì, e poi «Sì».

E il bacio che avevano posticipato per tutta la durata del gioco finalmente trovò la sua strada. 

 

***

 

«Facciamo il punto della situazione».

«Vai Agatona».

«Ti distruggo la vita se non la pianti con questo soprannome». 

«Ma Agatona! Ti dona!»

«Ma non credo... Alfredo!» ridacchiò.

«Alfredo?»

«Faceva rima».

«No, veramente brava. Clap clap» fece un’espressione ammirata. 

«Facciamo il punto della situazione, vah».

«Vai Agatona».

«Mo’ ricominciamo tutto da capo?»

«Sei te che hai ricominciato».

«Va bene».

 

«Facciamo ‘sto punto della situazione sì o no?»

«È da dieci minuti che mi fai questa domanda e ti rispondo va bene. Penso sia giunto il momento di proseguire!»

«Dobbiamo chiarirci un po’ le idee sulle coppie da shippare».

«Ne stanno spuntando fuori troppe».

«E anche altamente shippabili».

«Abbiamo bisogno di fondare un fan club».

«Dobbiamo troppo farlo».

«Ci sono già dei membri che potrebbero farne parte. Indovina».

«Gretchen e Christina!»

«Oddio, hai fatto di nuovo rima! E comunque pensi che Christina e sua sorella Gretchen sarebbero adatte?» ridacchiò.

«Oh, ancora con ‘sta storia? In ogni caso sì».

«Sono simpatico, lasciami vivere!» sbuffò.

«Come vuoi Nialler; ma come lo chiamiamo il fan club?»

Niall afferrò il dizionario. 

«Ho un’idea, chiamiamolo tipo: G.A.Y.O. Gigantesco Adamante Yuppy Orémus» rispose leggendo la prima parola che trovava aprendo il dizionario sulla pagina di una determinata lettera.

«Oppure “Sgretolio di Ossequiose Ecletticità: S.O.E”».

«Itinerario Verso la Nottolata: I.V.N».

«Giuria Concentrata sulle Ovaie: G.C.O.»

«Questo è epico, ma non fa al caso nostro».

«Allora “Ponzare Mammut Resistenti: P.M.R.”»

«O “Flettere Dispense sulla Cocuzza: F.D.C”»

«No Al Flipper: N.A.F.»

«Cesso Melanconico Psichiatrico: C.M.P.»

«Reincarnarsi in un Lucano Triste: R.L.T.»

«Solita Fottuta Migrazione: S.F. M.»

«Persona Trentenne Piuttosto Quattordicenne: P.T.P.Q.»

«Non penso che questo metodo stia funzionando molto» scoppiò a ridere Aga. 

«Come no! È stupendo!»

Agnieszka aveva un’espressione corrucciata e pensierosa. Ma ad un tratto il suo viso cambiò totalmente cera. Si illuminò. 

«ODDIO MI È VENUTA IN MENTE LA SIGLA DELLA VITA».

«TI AMO AGATONA!»

«SESSO!»

«Sesso? Che c’entra ora? Mi hai guardato negli occhi e hai scoperto che è questo che vuoi?» aggrottò le sopracciglia, sorridendo, sghembo. 

«SESSO! SESSO SESSO SESSO!» si alzò in piedi e strinse le spalle di Niall fra le mani.

«Ossantocielo devo chiamare un’ambulanza, devo fare qualcosa, non stai molto bene; se qualcuno stesse mai scrivendo una fan fiction su di noi—cosa che dubito altamente—temo che dovrà tagliare questa parte per “contenuti inadatti ai minori di diciotto” e per colpa tua se la pubblicasse su Wattpad probabilmente alzerebbe il rating a R, il che non mi sembra il caso».

«Ma che dici! Stalkerare E Shippare Solo Omosessuali!»

«È il mio CREDO, ok, ma ora che c’entra?»

«SESSO! Non capisci?»

«Oddio, calmati. Non che non capisco. Passi dall’essere maniaca all’essere la voce della verità! Wait a minute. Slow down babe».

«Come non capisci?! È la sigla della vita! S.E.S.S.O. “Stalkerare E Shippare Solo Omosessuali”».

Niall abbassò lo sguardo, pensieroso, poi guardò Aga negli occhi, sorridendo senza un minimo di contegno.

«Ommioddio, SESSO! Aga sposami o sarò costretto a sposarti io!»

 

***

 

Pochi attimi di euforia, pochi attimi di eccitazione, un pomeriggio intero di agitazione infernale. Ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva il buio. Ogni volta che li apriva c’era solo Louis. E non è che Louis fosse stato lì davanti a lui per tutto il pomeriggio. Louis c’era. Nella sua testa. E i suoi occhi avevano marchiato la memoria, e la sua risata si era sostituita al vano tentativo di godersi il silenzio. Dei brividi gli percorrevano tutta la superficie delle braccia, fino a fargli contorcere lievemente le labbra ancora calde, fino a fargli chiudere gli occhi e incontrare quel precipizio—l’assenza, il bisogno—fino a tingere le sue guance di una sfumatura così calda da risultare viola, fino a immobilizzarlo nella sua tensione, fino a costeggiare i lineamenti del suo collo, delle sue spalle, del suo petto, delle sue mani, tracciando repentine cicatrici, riducendo il suo respiro ad un affannoso ripetersi di agitazione e tranquillità, sconforto e passione, amore e timore. 

Ormai anche chiudendo gli occhi vedeva Louis, ma non solo. C’era anche la nebbia. La nebbia e degli anfibi nel fango. Era il suo palazzo mentale, quello. C’era disordine anche lì. Il caos non gli dava pace. 

 

Era pieno pomeriggio, e Harry Styles aveva paura. Aveva passato due irrazionali giornate e mezza a convivere con i suoi sogni—e qualche incubo, eclissato anch’esso dalla surreale consapevolezza che era tutto vero—e ora, ancora una volta solo, tutti quei baci gli avevano lasciato una sensazione di dispersione e lacrime. Aveva sempre avuto la tendenza a piangere nelle giornate più felici. E, diversamente dalle aspettative, le sue non erano affatto lacrime di gioia. Erano lacrime e basta. E non era felice. Era perso. E non era elettrizzato, era spaventato; e non era sbagliato, era innamorato.

 

La sua forza consisteva nel lasciare che le sue gote si bagnassero di lacrime. 

La sua debolezza era piangere per troppo poco. 

 

Aveva freddo, come al solito, e la pelle d’oca aveva ricoperto l’intera superficie del suo corpo. Strinse le braccia attorno alle ginocchia, poggiando la schiena contro il muro della sua stanza. Doveva trovare un modo. Non poteva lasciare che la sua vita si frantumasse sotto ai suoi occhi per delle sue scelte consapevoli. Perchè qualsiasi cosa mentre la fai è consapevole. Il suo istinto lo avrebbe portato a scappare ancora una volta e non sapeva che c’avesse di rotto il suo istinto, a quel punto. Continuava a pensare a Louis, a quanto avrebbe voluto correre da lui, a quanto avrebbe voluto vederlo, stringerlo, guardarlo, anche solo sentire la sua voce, a quanto fosse sbagliato che si sentisse apatico senza di lui—ma che allo stesso tempo fosse così cieco e sconvolto—ai suoi sorrisi, alle sue labbra, alle sue braccia strette attorno al collo—le gambe a cingergli i fianchi—alle sue parole, ai sui capelli, a quei tatuaggi, all’azzurro. E poi piangeva.

 

[A: Lou-eh]

Ti voglio bene.

 

[Da: Lou-eh]

Anch’io, principessa xx

 

[A: Lou-eh]

Ti voglio un mondo di bene.

 

[Da: Lou-eh]

Io un universo.

 

[A: Lou-eh]

L’universo mi spaventa.

 

[Da: Lou-eh]

Di cos’altro hai paura, H?

 

[A: Lou-eh]

Del fatto che ti voglio troppo bene.

 

[Da: Lou-eh]

Haz?

 

[A: Lou-eh]

Si?

 

[Da: Lou-eh]

Ti fidi di me?

 

[A: Lou-eh]

Anche questo mi fa paura, ma sì.

 

[Da: Lou-eh]

E allora non avere paura. 

 

[Da: Lou-eh]

Ti voglio bene anch’io, Harry. 

Un mondo di bene.

Un universo di bene, anche se l’universo ti spaventa.

E spaventa anche me.

E so che non dovrei dirtelo, ma è così.

Ciò che importa è che ti voglio bene anch’io, Harry.

 

[Da: Lou-eh]

E ti amo.

 

Piangeva ancora.

Sorrideva. 

 

***

«Secondo te che vuole fare Louis, ‘sta sera?»

«Se c’è una cosa in lui che mi porta a fidarmi, è quella sua luce negli occhi, quel bagliore che ti dice chiaramente che tiene a Harry. E non so cosa voglia fare, ma mi fido».

«Zay, ma se Harry non se la sentisse? Se Louis non fosse quello che sembra?»

«So che potrebbe sembrare difficile da credere, ma Harry riesce spesso a superarli i suoi disordini interiori, ma non ho ancora trovato un modo per farglieli lasciare definitivamente alle spalle. E Louis è a posto».

«È che prima è andato in camera sua e si è chiuso, e pensavo che forse dovremmo andare da lui».

«Tu sei strano».

«Non si stava parlando di me, comunque».

«Fino a pochi istanti fa non fai che lamentarti del mio rapporto con Harry, e ora sei addirittura preoccupato per lui! Mi sembra di sognare».

«Sono solo... è solo che... non ce l’ho con lui in generale».

«Ce l’hai con me per averlo fatto sentire meglio e aver stretto un legame con lui?»

«No».

«Ce l’hai con me perchè durante “obbligo o verità” ho baciato Niall».

«No, quello è il motivo per cui tu ce l’hai con me. Perchè anch’io ho baciato Niall».

Zayn sospirò. 

«Lee?»

«Sì, Zay?»

«Sono felice che tu sia tornato».

E si gettò fra le sue braccia, sul divano su cui fino a qualche ora fa erano appoggiati da Harry e Louis. Respirò aria di casa, aria di ritorno, aria di felicità, aria di legittimità, profumo di Liam. Ritrovò in quelle braccia strette intorno alla sua vita, un motivo per voler ricominciare da capo con lui. Gli cinse il collo e nascose il viso nell’incavo della sua spalla, sorridendo. E Liam fu scosso fa un brivido. Scoppiò in una risata calda, felice, stringendo ancora di più il corpo dell’altro ragazzo fra le braccia. 

 

«Possiamo ripartire da zero?»

«Da zero?»

«Da quando sei tornato».

«Da quando sono tornato?»

«Da quell’abbraccio».

«Va bene» sorrise. «Tutto da capo».

 

***

 

«Ommioddio, credo di star morendo».

«Tranquillo, se stai per morire ti avviso io. Ma non è questo il caso».

«E se invece lo fosse? Io mi sento morire».

«Respira».

«Ogni volta che respiro è come se mi sottraessi aria vitale. È come se respirassi lo stesso ossigeno che mi servirebbe respirare, senza riuscirci. Senza respirare. Aiuto».

«Ora espira».

«Ho freddo».

«Mettiti qualcosa di più pesante».

«Ho caldo».

«Oddio, Zayn vieni qui!» Liam si avvicinò ad Harry e lo abbracciò, per scaldarlo. Per confortarlo, per sostenerlo, per aiutarlo, qualsiasi fosse il suo problema. 

 

«Eccomi».

«Non so che fare. Harry è strano» sussurrò Liam.

«Non sono strano, sto morendo» cominciò ad ansimare, per poi sedersi sul letto e fissare lo sguardo a terra, cercando di non dar retta ai brividi che lo scuotevano regolarmente. 

«Harry?» Zayn si sedette accanto a lui. 

«Zayn, aiutami».

«Sono qui per questo».

«Ok, grazie».

«Ma dimmi cos’hai».

«Sono agitato». 

«Per l’appuntamento?»

«Non è un appuntamento».

«Lo è».

«Ecco perchè sono agitato; grazie per avermelo ricordato».

«Oh».

«E grazie per l’aiuto».

«Non dovresti essere agitat—».

«E invece...»

«Fammi finire Haz, non complicare le cose».

«Va bene, sto zitto. Morirò in silenzio. Senza ultime parole. Sarà una morte noiosa».

«Harry, calmati, davvero. Non c’è niente di cui essere preoccupati».

«Allora le mie sono preoccupazioni insulse giusto?» sussurrò.

«Non—»

«Ah ok, certo. Non è che visto che mi stanno uccidendo, per quanto possano sembrarti insulse, abbiano un valore, per me. No, figurati. Mica è importante la pistola che ha ucciso un uomo, mica è importante il suo assassino. È tutto insulso».

«Harry».

Il riccio si allungò verso il lato opposto del letto per afferrare BooBear. Lo strinse e ci immerse la faccia dentro. 

«Scusa, non volevo dire questo».

«Ti scuso».

«Ciò che volevo dire è che hai passato un’intera giornata con Louis, e non mi sei sembrato affatto teso. Vorrei solo sapere perchè ora sei così in panico».

«Non lo so».

«Sono passi avanti» ridacchiò Zayn, accendendosi un’altra sigaretta. Non è che ne fosse dipendente, eh. Lui fumava solo quando era agitato. E quel giorno era molto agitato.  

«Zayn, perchè?»

«Haz, sai, anch’io ho i miei problemi, le mie esigenze e le mie debolezze. E per quanto stia cercando di aiutarti in ogni modo possibile, a volte non ti capisco».

«Ma perchè fumare? Capisco una volta o due, ma io ho paura per te Zay. E poi, io non voglio che tu mi capisca, vorrei solo non sentirmi così!».

«Hai paura che Louis ti lasci?»

«Sì, ma non penso che lo farebbe, se a fidarmi di lui non faccio una cazzata».

«Hai paura che le cose stiano succedendo troppo in fretta?»

«No. Ma lo stanno facendo».

«Ok. Hai paura che lui possa non volerti più da un momento all’altro?»

«Sì».

«L’idea dell’appuntamento di oggi ti fa paura?»

«No. Mi uccide».

«Sei felice?»

«Sì».

«A che ora devi uscire?»

«Mi passa a prendere alle otto e mezza».

«Che ore sono?»

Harry spostò lo sguardo sull’orologio poggiato sul suo comodino. «Le otto».

«Realizza ciò che hai detto. Senza morire sul colpo».

Harry spalancò gli occhi. «Oddio, le otto! La mia vita è finita. Grazie Zayn. Addio vita» si accasciò sul letto, con le mani fra i capelli spettinati.

«Sono le otto. Il che vuol dire che Louis arriverà tra venti minuti-»

«Trenta».

«Credimi, non vede l’ora di vederti; venti».

«Oh criminal minds».

«Stavo dicendo che col tempo che ti rimane tra le tante cose che puoi fare “star sdraiato sul letto” non è un’opzione. Ora, alza quel culo che ti ritrovi dal materasso e vestiti».

«Oh, che bello avere un amico fine».

«Bello vero?»

«Bello» si alzò dal letto. «Ah, grazie Liam».

Il ragazzo sorrise, in risposta, portandosi il braccio dietro la nuca. «Di niente».

«Mi eri mancato un po’, devo ammetterlo».

 

***

 

Seduto su un muretto, in un parco leggermente illuminato da lampioni decisamente troppo distanti, con al suo fianco un Louis che non la smetteva di parlare, Harry sorrideva. E forse aveva freddo, ma  non lo sentiva. E forse si sentiva felice. Di sicuro lo era. 

 

Seduto su un muretto, con le gambe a penzoloni e la luna sulla testa, Harry si sentiva un bambino. E Louis, beh, lui per Harry era come fosse il primo fidanzatino della scuola materna, quello che, quando ti chiedono se hai mai avuto un ragazzo e tu in cuor tuo sai che la risposta sarebbe no, usi come scusa per rispondere di , sperando che non ti facciano altre domande. Louis era come il primo amore delle elementari, quello che si spendono intere giornate a fissare, quello a cui si scrivono lunghe e infantili lettere d’amore, quello con cui si scambiano i primi innocenti baci, sentendola come una cosa proibita. Louis era come il primo amore delle medie, quello che ti sembra finalmente una storia seria, quello da cui non riesci a staccare gli occhi di dosso, quello che se riuscite a mettervi insieme ti giura amore eterno, quello che ti bacia e ti senti già grande. Louis era come il primo amore del liceo, quello che ti rendi veramente conto che è importante, quello per cui provi un sentimento che hai paura a chiamare amore, quello che per tre anni non fai che osservare, e quando finalmente lui ti nota, siete inseparabili, quello che ti bacia e ti lascia senza fiato, quello con cui passi le prime serate in un locale, quello che ti fa dimenticare di aver avuto una vita prima di lui, quello con cui puoi parlare di tutto. Louis era come ogni primo amore; come ogni singola prima volta. Ma allo stesso tempo come qualcosa di continuo, di eterno, di presente. Era come vivere un sogno e non svegliarsi mai, ed è un bel sogno, e non ti svegli e poi scopri che non è un sogno, e che sei felice, e la felicità rimane lì, perchè è reale, e la possibilità che sia un sogno è solo un incubo ormai innocuo e lontano.

 

«Louis?» si voltò verso di lui, le gambe ancora a penzoloni, il viso concentrato sul petto dell’altro, trattenendo il respiro, non sapendo esattamente cosa dire, eppur sapendolo benissimo. 

«Sì, H?» rispose sorridendo, e avvicinandosi leggermente alla figura assorta del riccio.

È che Louis era felice. Era estremamente felice. Non avrebbe saputo descrivere ciò che provava per Harry perchè non era mai stato abile con le parole, non come lo era lui, le parole che usava non erano mai adatte, le frasi che pronunciava erano sempre troppo dirette, o audaci, o forti. Avrebbe tanto voluto essere più poetico, ma non faceva parte di lui probabilmente, o faceva parte di lui—ma veniva fuori in qualche altro modo. Tutto ciò che Louis aveva di poetico lo doveva a Donnie. Era stato Donnie a farlo riflettere per la prima volta. Per la vera prima volta. Era stato Donnie a insegnargli ad amare, era stato Donnie a fargli capire che non si doveva sentire in colpa per provare ancora qualcosa per lui, perchè “amore” è solo una parola, e le emozioni e i sentimenti sono molto più di mere parole, di semplici suoni, e che il fatto che Donnie fosse importante non escludeva il fatto che anche Harry fosse importante. Chiuse gli occhi e in una frazione di secondo, mentre i pensieri scorrevano veloci e disordinati nella sua mente, si sentiva nel posto giusto al momento giusto, con la persona giusta, e lo spirito giusto. Non aveva mai attribuito alla parola “giusto” un vero significato. Non aveva mai creduto che ci fossero cose giuste e sbagliate da fare; pensava puttosto che fossero tutte scelte e basta e che la giustizia per una persona esistesse soltanto in caso di libertà limitata. Ma si stava ricredendo in quel momento. Se ci fossero davvero stati un ordine di cose giuste e uno di cose sbagliate, quel momento, come tutti quelli passati con Harry, avrebbero sicuramente fatto parte del gruppo dei giusti. O dei perfetti. Probabilmente le cose erano suddivise in giuste, sbagliate e perfette

 

«Perchè mi hai portato qui?»

«Perchè è ancora troppo presto per il gran finale».

«Ma se il gran finale è ciò a cui punti, per tutto il resto del tempo cosa pensi di fare?»

«Parti da un presupposto sbagliato».

«Cioè?»

«Che ciò a cui punto è passare una serata con te, il gran finale è solo il gran finale».

«Sai che oggi sono andato in panico?»

«Per colpa mia?»

«No, per colpa mia che pensavo a te».

«Quindi per colpa mia!»

«Beh, più o meno».

«Mi sarebbe piaciuto esserci».

«Per cosa? Per vedermi impanicare?»

«No, perchè se soltanto pensando a me andavi su di giri avrei voluto vedere cosa avresti fatto se fossi stato lì» ridacchiò. Come al solito la sua risata fece arrossire Harry, che pensava fosse la cosa più aggraziata e meravigliosa del mondo.

Harry incrociò lo sguardo di Louis. Lo osservò, stranito, con una punta di ironia. «Non ho mica detto che sono andato su di giri».

«Oh, meno male che non l’hai detto, se no sarei andato su di giri anche io!» 

«Ma—»

«E poi l’importante è che tu l’abbia pensato. Tra l’altro, come potresti non averlo fatto?»

«Magari perchè oggi hai fatto la sassy tutto il tempo e la cosa mi ha infastidito?» giocò.

«No no, principessa» gli scosse l’indice di fronte al viso. «So che ti piace quando faccio la sassy. E so anche che ti piace quando faccio qualsiasi altra cosa, perchè sono divino» si mascherò di un’espressione seria. 

«Oh, no. NON ancora. Pensavo fosse un tuo riflesso alla troppa gente! E ora siamo soli, quindi no gente no sassy. O c’è qualcuno di cui senti la presenza ad osservarci?»

«Non è un mio riflesso alla gente, è solo un modo per dimostrare la mia superiorità».

«Oh, capisco, signorino “sono superiore”».

«Chiamami Tommo» gli fece l’occhiolino e gli soffiò un bacio. 

«Oddio» ridacchiò.

«Al tuo servizio» e si lanciò su di lui stampandogli un bacio sulla guancia. 

 

***

 

«Harry?»

«Hmmm?» mugugnò il riccio sulle labbra dell’altro.

«È quasi l’ora del gran finale».

 

Avevano passato tutto il tempo da quando erano arrivati al parco a quando erano scoccate le dieci a camminare mano nella mano per le strade, quell’atmosfera buia e suggestiva a incorniciare i loro volti di bellezza, a rendere i loro sorrisi più luminosi, a rendere i loro baci più suggestivi. E ogni cosa ricordava loro la sera del giorno prima, passata quasi allo stesso modo, al Luna Park, l’uno con la mano intrecciata in quella dell'altro, a parlare di cose insulse e dirsi parole importanti, a prendersi in giro e a dirsi ti amo. Si erano fermati qui e là, talvolta su un muretto, talvolta ai piedi di una fontana maestosa, su una panchina, come sulle scale di un monumento. Avevano riso, si erano baciati, si erano innamorati ancora una volta l’uno dell’altro e avevano lasciato che il tempo scorresse, senza un apparente senso, senza un’apparente destinazione. 

Ma Louis aveva tutto nella testa. Alle dieci e mezza, nel locale

Ed erano le dieci. 

Ed erano lì di fronte. 

E Harry neanche se ne accorgeva.

E Louis era agitato, emozionato, impaziente. 

 

Harry e Louis erano così. Forse un disastro, forse un miracolo. Ma funzionavano. Stavano funzionando. Non parlavano di nulla, eppure ogni parola era importante, non sapevano con certezza cosa stessero facendo, ma avevano una meta; erano un casino, ma erano in orario—per cosa?—erano felici, ma erano molto più che semplicemente felici. Stavano vivendo. E quando si riesce a vivere essere felici non ha più nessuna importanza perchè stai provando la vita, perchè la stai assaporando, perchè sai di esserci anche tu. Loro c’erano. C’erano insieme, ma c’erano anche come Louis e Harry. Come un amore, ma come due identità. Chissenefotte della felicità se si può avere questo.

 

«Tu Harry ce le hai delle abitudini?»

«S-Sì?»

«Quei riti che devi compiere perchè ti tranquillizzano, o ti caricano, o ti fanno stare meglio».

«Come addormentarmi abbracciando BooBear?» abbassò lo sguardo, arrossendo.

BooBear. Un giorno gliel’avrebbe detto che era il suo soprannome.

Sorrise.

«Non so se si possa già classificare come un’abitudine visto che hai passato solo una notte con lui, ma sì, come addormentarsi abbracciando il tuo BooBear».

«Allora sì, direi che ho delle abitudini. Perchè me lo chiedi adesso?»

«Perchè vedi, prima di suonare io di solito mi fumo una sigaretta» si appoggiò al muro dietro di lui, infilando la mano destra nella tasca interna del suo giubbotto di pelle consunta. 

Si trovavano nel retro di un locale. Harry non lo sapeva neanche. Louis lo sapeva fin troppo bene.

 

«Prima di suonare?»

Louis alzò gli occhi al cielo. «Beh, in genere. Fumo una sigaretta prima di fare ogni cosa».

«E...?» sussurrò il riccio, trattenendo il fiato. 

«Sto per fare una cosa ora. Quindi devo fumarmi una sigaretta» ridacchiò, tirando fuori dalla sottile busta che aveva in mano una sigaretta già rollata. La strinse fra indice e medio—nella mano destra—e la accese. Si avvicinò le dita alla bocca, per poi fermarsi e fare un passo verso Harry, che qualche secondo prima si trovava giusto accanto a lui, le spalle al muro, il braccio sinistro a sfiorare il lato destro di Louis, ma che presto si ritrovò—sempre spalle al muro—fronteggiato dall’altro, sentendosi estremamente piccolo pur essendo più alto di qualche centimetro. Ora i loro corpi quasi si sfioravano, eppure sembravano ancora così distanti. «Ma ho bisogno di te» mugugnò Louis, avvicinandosi pericolosamente alle labbra dell’altro, per poi privarlo del piacere di poggiarle sulle sue, allontanandosi altrettanto pericolosamente, per gli ormoni di entrambi, ovvio.

 

«Per cosa?»

«Devi stare zitto solo un attimo» sogghignò, nascondendo il viso nell’incavatura del collo di Harry, per poi lasciarci un bacio leggero e fin troppo veloce. Si riconcentrò sulla mano che stringeva la sigaretta e questa volta, deciso, se le portò alle labbra, schiuse leggermente, e, prima di fare un tiro si soffermò a osservare i lineamenti di Harry. Tra i capelli aveva ancora una volta una coroncina di fiori, ma invece di essere bianchi come quelli di quella mattina, erano rosa “perchè si intonano meglio con la notte” aveva detto il riccio. Era un po’ storta e confusa fra i ricci scompigliati dal vento e dalle mani del maggiore. Gli occhi verdi avevano un bagliore ambiguo, e Louis non era in grado di interpretarlo perchè non era mai stato capace di leggere le persone. Però gli sembrava che quella luce potesse avere a che vedere con con quell’insicurezza che sapeva essere uno dei problemi più difficili da affrontare per lui. Erano occhi bellissimi. La bocca era inconsciamente spalancata, in quel modo in cui sembra rimanere aperta per dimenticanza, come quando uscendo di casa si lascia aperta la porta del balcone. Sorrise e assaporò il gusto di quella dipendenza mortale che teneva intrappolata fra le dita pur essendo lei, per ironia, a tenere lui in trappola. Si avvicinò nuovamente al viso del riccio, e i suoi occhi vagabondavano a destra e sinistra, confusi, eccitati, persi. Innamorati. Quando venne il momento di soffiar fuori tutto quel fumo che gli riempiva la testa e i polmoni, schiuse nuovamente le labbra e, sempre più vicino alla bocca aperta e carnosa dell’altro, soffiò; piano, con lentezza, con gli occhi fissati su quel gesto. Tremando, col petto che esplodeva. E il fumo, disordinatamente, accarezzò il viso e le labbra dell’altro, facendolo rabbrividire di piacere ed eccitazione non appena entrò nella sua bocca e la riempì del residuo di un sapore che non gli era familiare e che aveva evitato in tutti i modi che lo diventasse. Eppure in quel momento sembrava così legittimo. Così meraviglioso. 

 

«Vuoi provare tu?» sussurrò Louis, facendo per passargli la sigaretta e contro ogni aspettativa Harry la afferrò, tra pollice e indice—come faceva Zayn—le dita tremanti ed agitate. 

«Non ho mai fumato» commentò, sempre con la voce che era un mormorio sommesso e forse un po’ agitato. Ma il riccio stava sorridendo, non riuscendo a contenersi. Forse era solo un po’ in imbarazzo—e l’auto-ironia era la sua arma difensiva, in genere. 

«C’è sempre una prima volta». Lo sapeva Harry che Louis era il ragazzo delle prime volte. Quello che gli avrebbe fatto scoprire mondi nuovi ogni istante.

 

Socchiuse gli occhi, portandosi le dita alla bocca proprio come aveva fatto il maggiore qualche breve secondo prima, gli occhi lucidi e il freddo che sembrava volerlo investire fermandosi però di fronte al suo calore corporeo in quel momento—quello di un’irrefrenabile fornace. 

«Solo, se non vuoi farlo davvero, non farlo».

 

Inspirò il gusto forte e un po’ amaro di quella sigaretta, riuscendo ad individuare l’unico sapore che tra tutti quelli gli faceva dimenticare di essere contro il fumo, gli faceva dimenticare il suo ego, il suo nome. L’unico sapore che si dimostrò in grado di far riemergere il suo desideroso . Il sapore delle labbra di Louis; vago e leggero, ma persistente e buonissimo. Si avvicinò al viso di quest’ultimo e, seguendo il suo esempio anche in questo caso, schiuse poco le labbra in corrispondenza della bocca dell’altro e soffiò. Louis riemerse dal paradiso di quella scena poggiando le labbra su quelle del riccio e vi ci affondò di nuovo, in paradiso. Non aveva mai provato così tanta eccitazione in una sola notte, fumando una sola sigaretta, in compagnia di un solo ragazzo. Perchè ogni volta che il fumo, partendo dalle labbra di uno dei due andava ad accarezzare e insinuarsi nella bocca dell’altro, ciò che provavano era quel tipo di scossa elettrica di cui ti parlano come fosse mortale ma che, preso dalle tue convinzioni, hai sempre sottovalutato. Ogni volta era come rivivere quella sensazione fragile di quando ascolti una canzone che sfiora le note giuste, quelle note che ti fan venire la pelle d’oca, e volente o nolente le lacrime scrosciano sulle tue guance; calde, pesanti, piene. Come osservare il volo degli uccelli dalla cima di una montagna, mentre l’aria limpida ti avvolge, e la corona di neve che è tutta intorno a te è bianca, e senti la vita, e il cielo è azzurro. Come quando mentre sei a scuola rintoccano le undici e il sole filtra dalle grandi finestre attraverso il vetro, e senti quel formicolare sulle braccia, sul collo, sulla schiena, e sei combattuto tra l’assecondare i tuoi compagni e abbassare la tapparella, o lottare per quel momento di pace. 

 

Era come ritornare al presente, dopo essersi persi fra mille paragoni e accorgersi che nonostante tutto, la realtà aveva i piedi per terra e ti assicurava di esistere davvero. E nel buio della notte, con gli occhi lucidi, le labbra schiuse, i gesti esitanti e ricoperti da un’aura di estraniamento da tutto tranne che dal loro amore, la sigaretta che, brivido dopo brivido, si consumava e il fiato sospeso, quei due rimasero ipnotizzati l’uno dall’impossibilità dell’altro, l’uno dai gesti e la bocca dell’altro, l’uno dalla confusione dell’altro. Rimasero stregati dalla consapevolezza di essere perfetti.

 

***

 

Il locale era vuoto e Harry era solo, o sembrava esserlo. Seduto a un tavolino poco distante da una sorta di palchetto rialzato tenuto chiuso da pesanti tende rosse (anch’esso vuoto), con le mani che si contorcevano dall’agitazione, aspettava che Louis tornasse. Quello gli aveva detto di aspettarlo lì perchè conosceva il proprietario del locale e voleva salutarlo e chiedergli un favore. Ovviamente Harry non gli aveva fatto altre domande; non perchè non fosse curioso, ma piuttosto perché l’altro era stato chiaro e coinciso sul fatto di non volere che gli venissero fatte. Le uniche cose che gli aveva raccontato era che quello era un posto cui era particolarmente affezionato perchè aveva passato tutti gli anni del liceo a frequentarlo. Ultimamente però non ci era più entrato, e gli aveva anche riferito che provava una sorta di strana malinconia a metterci di nuovo piede dentro ed era felice di farlo accompagnato da lui. 

Dire che il riccio era agitato, sconvolto e curioso sarebbe un eufemismo.

Dire che non vedeva l’ora di vedere Louis tornare da lui sarebbe scontato.

 

Le cose non andarono esattamente come si aspettava però. Dopo dieci minuti di attesa, in cui inizialmente non si era accorto del tempo che passava—ancora preso da quella scena di prima che continuava a vorticargli in testa e da ogni piccolo e intenso bacio che si erano dati—ogni istante si fece un macigno e Harry sapeva che non c’era da preoccuparsi, ma non poteva farne a meno. Era una sensazione che gli era capitato di provare al supermercato, ai tempi delle elementari, quando sua madre gli diceva di aspettarla lì con il carrello perchè doveva andare a recuperare un alimento in chissà quale corsia ignota al mondo e non voleva farlo correre a destra e a manca. Di solito cominciava tutto bene, si sentiva tranquillo e rilassato, ma dopo già solo due minuti—che gli sembravano ore—iniziava a voltarsi in ogni direzione per cercare di assicurarsi che sua madre stesse bene e che non l’avessero rapita e che non fosse morta. Era più o meno quello che stava provando in quel momento. La noia sembrava volergli piombare addosso, e pensava a Louis, a che stesse facendo, a che stesse pensando, con chi stesse parlando. Per un attimo si sentì pure geloso, oltre che spaesato.

 

Poi ad un tratto, inaspettatamente, senza realmente rendersene conto, iniziò a percepire delle vibrazioni, basse, gravi, intense. Si voltò verso il palco. Assunse un’espressione confusa finché, lentamente, dolorosamente, con meticolosità, le tende cominciarono ad aprirsi, e ogni istante che passava rivelava un particolare in più, e il respiro di Harry si faceva sempre più irregolare, e il petto gli doleva, e le orecchie cercavano disperatamente di udire meglio, e gli occhi vagabondavano e divoravano il più velocemente possibile ogni atomo di ciò che avevano davanti, ogni atomo del corpo di Louis, al centro del palco, con un microfono in mano e lo sguardo puntato su di lui. Le sue mani esili e nodose torturavano il filo del microfono, e i suoi occhi azzurri rilucevano di una sfumatura dorata. Raccontare di com’era vestito sarebbe un’ingiustizia, perchè Harry oh, Harry non notò affatto com’era vestito. I suoi occhi vispi trotterellavano da un particolare all’altro, ma erano confusi, estasiati, eccitati. Avrebbe potuto riferire qualsiasi cosa sulla sua bocca, i suoi capelli, il suo naso, la luce che lo illuminava flebilmente, l’espressione sul suo viso, la sua postura, i suoi piccoli gesti. Avrebbe potuto riferire tutto. 

 

Si riscosse dai suoi pensieri non appena un ritmo confusamente regolare, frenetico e carico di adrenalina prese a saturare l’aria, e non si era neanche accorto che nel frattempo Louis aveva preso una chitarra, che le sue dita scorrevano velocemente da un tasto all’altro dello strumento e che il microfono era posato sull’asta, di fronte a lui. Non si era accorto delle quattro persone alle spalle di Louis, non si era accorto che Louis non era l’unico volto familiare, non si era accorto di null’altro al di fuori del ragazzo dagli occhi blu. Non se n’era accorto e non aveva importanza. 

 

[CANZONE]

 

One look sends it coursing through the veins oh how the feeling races

Back up to their brains to form expressions on their stupid faces

 

Harry ascoltava la voce di Louis estasiato, ancora una volta, incredulo, felice, elettrizzato. E ancora una la pelle d’oca si fece strada sulle sue braccia perchè non aveva importanza quanto tutto quello potesse sembrare banale, scontato, stonato o chissà che. Harry sorrideva e Louis cantando lo guardava negli occhi, e il fatto che ci fossero altre persone a guardarli, a guardarlo, e che avesse gli occhi di quel viso già conosciuto addosso, non era assolutamente importante in quel momento. Anzi, non faceva che rendere ogni istante che passava un ricordo in più di vita vissuta. 

 

They don't want to say hello

Like I want to say hello

Well, my heart beats at its peak,

When you're coming up to speak

 

C’era un’altra voce che risuonava nell’aria, che accompagnava quella di Louis, e quelle voci sembravano fatte l’una per l’altra, quasi come le loro due la mattina precedente, di fronte al piano forte. Ma per quanto Harry volesse staccare gli occhi di dosso a Louis, per quanto fosse veramente tutto ciò che in quel momento desiderava—doveva respirare—non ci riusciva, e ogni tentativo era vano. Non importa quanto la sua forza di volontà bramasse quella disconnessione. 

Ma non la bramava abbastanza.

 

And oh I'm so tense, never tenser

Could all go a bit Frank Spencer?

And I'm talking gibberish,

Tip of the tongue but I can't deliver it

 

...Properly, oh it's all getting on top of me

And if it weren't this dark you'd see how red my face has gone, yeah

 

Aveva la voce decisa, dolce, determinata e un po’ rauca, un mix che perfino a sognarlo sarebbe sembrato irreale, un mix di perfezione fosse in parte promossa dalle orecchie di parte di Harry, ma ancora una volta, non aveva importanza, finchè il risultato di tutto quello era una tale meraviglia. Louis si agitava sul palco, il sudore che dopo tre sole strofe, già si intravedeva, e Harry non sapeva più cosa guardare perchè si sentiva in un eden delle percezioni. Louis aveva grinta, saltellava con foga e si sporgeva leggermente verso il microfono, accarezzandolo con le labbra ogni volta che doveva cantare, e Harry moriva. Era passato un solo minuto dall’inizio della canzone ma a Harry fremevano le gambe e avrebbe voluto alzarsi e muoversi, e correre a baciarlo, o fare qualsiasi altra cosa, ma l’emozione lo paralizzava con un sorriso indimenticabile sul volto acceso, le gambe tremanti ma spinte a tenere freneticamente il tempo dall’inevitabile ritmo completamente incalzante della canzone.

 

Everybody's trying to crack the jokes and that to make you smile

Those that claim that they're not showing off are drowning in denial

But they're not half as bad as me say anything and I'll agree

'Cause when it comes to acting up, I'm sure I could write the book

 

E la cosa che lo faceva eccitare più di tutte era che Louis non aveva staccato per un solo istante gli occhi dai suoi, e gli stava dedicando ogni parola, ogni emozione, ogni sorriso. 

Harry non era mai stato un ragazzo prevedibile; più prevedibile nella sua imprevedibilità che nella vita di tutti i giorni, e ovviamente, la su reazione non fu quella di mettersi a saltellare, o alzarsi in piedi e avvicinarsi a Louis.

 

And now that you're more than a part in the play

It's slightly easier to think what to say

You had us all standing on our heads

Doing our best tricks, yeah

 

Non cominciò a muoversi a ritmo di musica come avrebbe voluto fare.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

Never again, never again, oh, will there be another one quite as desirable as you

 

Non chiuse gli occhi neanche un istante, e non si mosse di un centimetro.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

One look sends it coursing through the veins oh how the feeling races

Back up to their brains to form expressions on their stupid faces.

 

La musica si interruppe di colpo. 

E l’adrenalina accumulata era troppa, e l’amore raccolto non era fisicamente stipabile nel suo relativamente piccolo corpicino, e gli occhi di Louis non la smettevano di catturarlo, e i fiori nei suoi capelli sembravano voler sbocciare un’altra volta, e quel momento era come la primavera, e nella sua testa ricominciava tutto da capo, e le luci modeste e fiabesche accompagnavano il suo dare di testa. E ancora una volta, quel martedì 28 gennaio, Harry pianse.

Ma neanche per scherzo mise di sorridere.

 

 

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Angolo del "se mi uccidete non posso protestare"

 

Sono una persona schifosa, ok? OK.

Ora vi spiego un attimo la situazione. Come sapete pensavo che durante le vacanze avrei avuto più tempo per scrivere perchè rlax, sole e mare e blablabla, ma la ferità è che per tre mesi non ho toccato un computer. E sono terribile e penserete che sia una scusa, ma continuo a ribadire che ci tengo davvero infinitamente tanto a questa storia, e che non ho smesso di pensare a che scrivere e a come farla evolvere neanche per un giorno. Per questo ora, oltre a scusarmi, vi ho "regalato" questo capitolo, che è ben dieci pagine più lungo dell'ultimo pubblicato, e forse è stato pesante da leggere, ma come minimo, dopo tutto questo tempo dovevo dimostrarvi che non me ne sono dimenticata, non l'ho messo da parte e che soprattutto, tango a VOI. 

Non posso fare a meno di sperare che questo capitolo vi sia piaciuto, e, seppur non potendo promettervi la data esatta di pubblicazione del prossimo, posso dirvi che sto già iniziando a scriverlo. 

Come al solito mi farebbe piacere che recensiste per dirmi che ne pensate, se vi è piaciuto, se mi odiate, se nonostante il ribrezzo che provate nei miei confronti la storia vale la pena e robe varie.

Detto questo, come avrete notato Christina è un nuovo personaggio, e questo non è l'unico capitolo in cui comparirà, perchè mi piace andare in profondità per quanto riguarda i vari personaggi, e questo era solo il suo ingresso. Christina è Larry_is_true_love, una delle due persone che hanno indovinato la sorpresa di cui parlavo. L'altra, _Fux_ nel capitolo ho fatto "silenziosamente" il suo ingresso, e nel prossimo capitolo verrà fuori dall'ombra... uuh. Sfida per lei: scropri dove sei!

 

Detto ciuò la sorpresa è questa. 

Avete presente il libro che stanno scrivendo i Naga e che hanno intenzione di spedire a Harry a puntate a partire dal suo compleanno? Beh, sarà pubblicato per intero qui su EFP, su una storia a parte, che ovviamente verrà pubblicata ogni qual volta Niall e Agnieszka lascieranno un capitolo a Harry. Vi avviso già che è possibile che ciò non avvenga in corrispondenza con la pubblicazione dei capitoli di questa ff, perchè, primo, quella ff è più semplice da scrivere e più breve, di conseguenza richiede meno tempo, secondo: nonappena la situazione avrà preso il volo, è possibile che non se ne faccia sempre voce nel capitolo di questa. 

 

Vi dico già che la storia sarà molto incentrata sulla natura, e che si aggirerà intorno al tema di questi  tre disegni:

  

Disegni fatti in collaborazione da me e altre due artiste su Tumblr, e che potete trovare QUI.

 

Per il resto, su Twitter sono sempre @_egobrain

Un abbraccio, vi virtualAMO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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