Escape

di gwuncan99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***



---> Capitolo I


Era un giorno come gli altri. Stessa città, stesso rumore di clacson nel traffico, e stesso via vai di persone sempre di fretta.
Era così, New York. Una grande città dove nessuno riposava mai, soprattutto dopo le vacanze invernali. 
C'era chi si era alzato tardi, scordando di portare il proprio bambino a scuola, chi aveva dimenticato l'appuntamento con l'amica o la ragazza, e chi, come me, si era dimenticato che oggi si doveva lavorare. 
Erano le 9:05, e io dovevo stare in banca già dalle 8:30!
"Questa volta mi licenziano, ne sono certa..." continuavo a mormorare, mentre cercavo di correre, scansando e sbattendo contro una marea di gente. Questa gonna mi impediva ogni movimento.
Chi l'avrebbe mai detto che, io, Gwendoline Carter, prima o poi avrei indossato una gonna? Era contro il mio stile.
Corpetti, jeans stracciati, anfibi, robe così...
Ma che ci posso fare? Ormai non sono più un'adolescente ribelle e menefreghista. Avevo ventidue anni. Al lavoro dovevo portare una stupida camicia bianca, una stupida gonna blu e stretta lunga fino a sopra le ginocchia, e degli stupidi tacchi intonati alla gonna. Questi proprio non li sopportavo.
Avvolta nei miei pensieri, inciampai proprio per colpa dei tacchi, facendo disperdere tutti i fogli che avevo in mano e cadendo addosso ad una povera vittima della mia goffaggine.
Alcune persone si radunarono a vedere la scena che si era creata.
"Ma che cazz..." aveva commentato il ragazzo, che si massaggiava la testa.
Dopo essermi scostata un ciuffo di capelli dal viso per vedere meglio, mi persi nei suoi occhi azzurri. Mi rialzai imbarazzata quando mi accorsi che lui stava cercando di scansarmi.
"Scusami tanto! Non l'ho fatto apposta!" gli porsi una mano per aiutarlo, ma lui, sbuffando, non accettò. 
Feci finta di non essere infastidita, e cominciai a raccogliere tutti i vari moduli e documenti che si erano sparpagliati sul marciapiede. Alzai lo sguardo per vederlo, convinta che almeno mi avesse aiutata, ma, al contrario, mormorò un "Sta più attenta, ragazzina." prima di allontanarsi.
"Maledetto..." ringhiai a bassa voce, continuando a raccogliere i fogli.
Mi accorsi di un altro ragazzo accanto a me, che mi porse un mucchio di documenti che aveva preso per me.
"Tieni, e perdonaci per il comportamento del mio amico..." si scusò imbarazzato, grattandosi la nuca. Poi si alzò, porgendomi una mano. "Io sono Geoff." accennò un sorriso.
"Io Gwen..." rimasi imbambolata a guardarlo, seduta ancora sul marciapiede.
"Geoff, muoviti!" aveva urlato il ragazzo di prima, risvegliandomi dal trans. Mi alzai anch'io, recuperando i fogli.
"Beh...Ciao!" Geoff si allontanò, insieme alla folla che sparì nell'ammasso di persone che occupavano la strada.

 
**
 
"Non dobbiamo perdere tempo, capisci?!" aveva detto il ragazzo dalla cresta verde,  rompendo il vetro di un'auto parcheggiata ed entrando, facendo attenzione a non essere visto da nessuno.
"Questo l'ho capito, ma lasciare una ragazza lì per terra senza darle aiuto...." ribatté dispiaciuto Geoff, entrando dopo che il punk gli aveva aperto la portiera.
"Tsk...Che coglioni. Hanno lasciato la chiave in macchina..." ghignò ignorando le parole del suo amico. "Così ci facilitano il gioco!"
Accese il motore e partì a tutta velocità.
"Ma mi ascolti?!" Geoff cominciò ad irritarsi.
"Sì ho capito, ma di quella ragazzina non me ne frega nulla. Mettiti questo appena arriviamo, e controlla se la pistola è carica." gli passò alla svelta il passamontagna.
In risposta, l'altro annuì rassegnato con un cenno della testa, fissando al di fuori del finestrino.
"Non capisco perché dobbiamo farlo..." aveva poi mormorato.
Il punk sospirò pesantemente, prima di rispondere. "Soldi."
"M-ma a noi non-"
"Geoff, svegliati! A noi quei soldi servono. Dobbiamo saldare i debiti che abbiamo con i Bulls. Vuoi arrenderti proprio adesso?" aveva poi finito la frase sfidandolo con lo sguardo.
Lui non rispose. Rimase immobile a pensare a cosa fare.
"Sbaglio o anche a te piaceva comprare la roba da quei tizi? Ora che abbiamo la possibilità di avere dei soldi, ti tiri indietro?" non ottenendo ancora nessuna risposta, aggiunse. "Beh, se vuoi farti uccidere, non sono problemi miei."
"O-ok, hai ragione." finalmente l'amico accettò, mettendosi il passamontagna e prendendo la pistola. Così fece anche Duncan.
Uscirono velocemente dall'auto ed entrarono in banca.

 
**
 
"No, signora. Non ha credito qui dentro!" le informai, spazientita dalle sue lamentele.
"Ma mio nipote mi ha detto che c'erano 240 dollari. Controlli bene, signorina!" ribatté ostinata la vecchietta.
"Non c'è nulla! Suo nipote avrà sbagliato..." presi poi un sorso di caffè che avevo sul tavolo.
"Ma-"
"FERMI TUTTI! QUESTA E' UNA RAPINA!"
"ALZATE LE MANI O SPARIAMO!"
Due ladri?
Feci di scatto come avevano ordinato, versandomi tutto il caffè sulla camicia.
"NO, CHE CAZ-" avevo urlato involontariamente, attirando l'attenzione di uno di loro.
Mi tappai la bocca con tutte e due le mani.
"Ciao, bellezza. Sgancia i soldi dalla cassa o la tua testa farà BOOM." ironizzò il ragazzo, poggiando la pistola sulla mia tempia.
Mentre facevo ciò che aveva detto con velocità, ci guardammo, sgranando tutti e due gli occhi. 
Quegli occhi...
Quel colore azzurro che avrei giurato di riconoscere tra mille. E quel piercing.
Era lui?
Se era lui, mi aveva sicuramente riconosciuta, data la sua reazione.
"Tu..." sibilò il ragazzo, stringendomi il braccio e prendendo un sacco. "Metti tutti i soldi qui, e sbrigati!" mi gridò poi.
Le mani mi tremavano, come il resto del corpo. Sentivo come quel ragazzo mi premeva più forte la pistola sulla testa, voglioso di premere il grilletto se non avessi fatto il mio compito.
Goffamente, feci cadere tutte le banconote, sgranando gli occhi al solo pensiero della reazione del punk.
"Questo non dovevi farlo, ragazzina." caricò la pistola.
Delle sirene provenienti da fuori si avvicinavano sempre di più.
"LA POLIZIA!" urlò l'altro ragazzo, distraendolo.
Provai a scappare, ma lui mi prese al volo un braccio. "TU. VIENI CON NOI."
Mi trascinò fuori dalla banca, tappandomi la bocca e poggiando la pistola sulla nuca.
"HA UN OSTAGGIO!" un poliziotto avvertì tutti gli altri uomini, che abbassarono le armi.
"Non sparate, o questa ragazza morirà!" disse il ragazzo, che insieme al suo complice si muoveva lentamente, verso un'auto.
Alzò un braccio, facendo partire un colpo  in aria, che fece abbassare tutti i poliziotti.
"Cretini.." mormorò divertito, correndo ed entrando nella macchina, insieme all'amico.
Mi buttò ai sedili dietro, legandomi le mani e i piedi con delle corde.
"PARTI!" urlò poi al suo complice, che accelerò a tutta, seguiti dalle pattuglie della polizia.
Era iniziato un inseguimento, uno di quelli che si vedono nei film polizieschi, pieni di azioni e sparatorie che a me piacevano tanto.
Ma questa volta, tutto questo non mi piaceva affatto.
"Spingi di più su quel cazzo di acceleratore!"
"Lo sto facendo! Potevi scegliere un'auto più veloce!"
Erano tutti e due preoccupati e nervosi.
"Chi è che ha chiamato la polizia?!" chiese agitato quello al volante, che aveva qualcosa di familiare nella sua voce...
"Se lo trovo gli conficco un proiettile nel-"
"Geoff..." avevo bloccato il punk, pensando ad alta voce.
Il biondo si girò verso di me. "Gwen..."
Lo avevo riconosciuto. Era Geoff, quello che mi ha aiutato qualche ora fa quando mi sono scontrata col suo amico.
"C-cosa..?" mormorò incredulo l'altro, squadrando prima me e poi lui. "Gli hai detto il tuo nome?!"
"S-sì..."
"Idiota..." ritornò con lo sguardo sulla strada. "GIRA A DESTRA!"
Geoff girò di scatto il volante, facendoci quasi cadere dal posto. Passammo in un vicolo, ingannando la polizia che stava correndo da un' altra direzione.
"Non li abbiamo ancora seminati...Vai veloce, Geoff!" gli intimò poi.
"Lo sto facendo, Duncan."
"Duncan..." sussurrai.
"Idiota, ora sa anche il mio nome! Bravo!" lo rimproverò un'altra volta.
"Certo che sai trattare molto bene i tuoi amici, eh." commentai spazientita.
Non so da dove presi il coraggio per fare la ramanzina ad un ragazzo, armato e pericoloso, ma me ne pentii subito.
"Che?" avevano detto all'unisono i due.
"Ho perso il conto per quante volte lo hai sgridato o chiamato 'idiota'. A me sembra che stia facendo tutto quello che vuoi tu senza ribattere." avevo continuato poi, cercando di essere fredda.
Geoff rimase con lo sguardo fisso sulla strada, sicuramente stava attendendo una buona scusa dall'amico.
Quest'ultimo rimase a bocca aperta, non sapendo cosa dire a sua discolpa.

Dopo un'ora buona di viaggio passata a cercare di non dormire, il biondo accostò l'auto accanto ad un benzinaio abbandonato, scendendo insieme a Duncan, che mi slegò la corda ai piedi e mi obbligò a seguirlo. Si tolsero tutti e due il passamontagna.
Da come avevo capito, ci trovavamo lontano da New York.
"Dove vai?" chiese preoccupato Geoff, notando che Duncan mi portava dentro un bosco che si faceva sempre più fitto.
Dopo una breve camminata, mi fece inginocchiare a terra, e si girò verso il biondo.
"Ricapitoliamo. Questa impicciona, Gwen o come si chiama, ci ha visti in faccia e  sa i nostri nomi. Potrebbe denunciarci!" spiegò il punk, prendendo la sua arma dalla tasca.
Sgranai gli occhi davanti la pistola, cominciando a balbettare. "I-io non aprirò bocca. Lo giuro!"
"Duncan, per favore...ragiona!" Geoff si avvicinò, cercando di salvarmi.
"Come dovrei ragionare, sentiamo." ghignò, maneggiando la sua arma.
"E'...è solo una ragazza! Quanti anni può avere, venti?"
"Ventidue..." precisai amaramente. "Ventidue fottutissimi anni."
"Ventidue anni!" Duncan roteò gli occhi. "Pensa se....Se uccidessero Courtney!"
"Beh, pagherei il tizio che mi ha fatto quel favore." sputò con un accenno di ironia, caricando la pistola.
Chiusi gli occhi, pronta psicologicamente alla mia fine. Beh, non proprio. 
"E se uccidessero Bridgette?" Geoff ritentò un'altra volta.
Il punk abbassò l'arma, girandosi verso l'amico.
"S-se, uno stronzo uccidesse la mia ragazza, come staremmo noi? Pensa se tu uccidessi questa povera ragazza innocente...Pensa alla sua vita che ha avanti a sé, ai suoi amici, alla sua famiglia..."
"Io non ho amici a New York, e nemmeno una famiglia..." ammisi quasi a bassa voce. "Ero in casa famiglia, ma sono scappata."
"Abbiamo una fuggitiva, allora." accennò un sorriso divertito Duncan.
"Duncan...non farlo." concluse Geoff.
In quel lasso di tempo in cui il ragazzo stava prendendo una decisione, io rimasi a scrutarlo.
Aveva una bassa cresta verde, un po' scompigliata a causa del passamontagna, due piercing al sopracciglio e al naso e qualcun'altro sulle orecchie, e poi...Quegli occhi azzurri che ho riconosciuto nonostante avesse coperto il suo viso durante la rapina. In quegli occhi, riuscivo a vedere una parte di lui, quella buona, che, sconfiggendo l'orgoglio, si convinceva a fare la cosa giusta...
Sul suo volto si formò un sorriso, poi mi lanciò uno sguardo quasi di compassione.
"Hai vinto tu, Gwen." disse divertito, riponendo la pistola in tasca, e allontanandosi. "Prendo la nostra roba in auto e ci allontaneremo da qui. A quest'ora avranno rintracciato la targa."
"E Gwen? La lasceremo qui?" chiese confuso lui.
"Oh no." mi sfidò con lo sguardo. "Lei verrà con noi."
"Cosa?!" ribattemmo scioccati noi due.
"Vieni con noi. Non hai una famiglia, né amici, cos'hai da perdere? Un lavoro dove rischi la vita?"
"E dove andremo?" Geoff era ancora perplesso.
"Sai, entro poche ore dovevamo saldare il debito con i Bulls. Visto che non possiamo, ci daranno la caccia." spiegò. "Sarà una fuga, lontano da qui!" si allontanò poi, verso l'auto.
La parcheggiò sul bordo della strada più lontano del benzinaio, prese due borsoni, e attaccò al parabrezza un aggeggio.
"Andiamo via di qui." disse, addentrandosi nel boschetto.
"Cos'hai messo sulla macchina?" chiesi io.
"Una bomba, che esploderà tra qualche minuto. Così la polizia non troverà le nostre impronte quando la rintraccerà."
"E chi passerà di lì si potrebbe ferire!" lo avvertii, preoccupata.
"Qui passa raramente qualcuno, e se arriva proprio quando la bomba esplode, è proprio uno sfigato. "rispose tranquillamente, anzi, divertito solo all'idea.
"Bene..." mormorai tristemente, rallentando il passo e camminando dietro di loro.
"Forza, sarà una bella avventura!" mi motivò Geoff, prendendomi per mano. "Pensa ai titoli sui giornali 'I tre fuggitivi', sarà uno spasso!" finì il tutto con un ululato di gioia, che contagiò anche me.
Dovevo realmente fidarmi di quei criminali? E, dove stavamo andando?

BOOOM.

Il festaiolo cominciò a ridere, rallegrando anche Duncan, che accennò un sorriso.
Sì, sarà una bella avventura.


---->Angolino dell'autrice<----

 
Ed eccomi qui nel fandom di Total Drama con una nuova fanfiction DxG!
Nella mia testa ho un sacco di cose da scrivere, spero solo di rendere il tutto pieno di avventura, azione...e sì, anche un po' di sentimenti.
Il capitolo non è molto lungo, ma era per dare un'idea generale sull'inizio di questa 'Escape', cioè fuga!
Fatemi sapere come vi sembra!
gwuncan99

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***



--->Capitolo II

Da poche ore era calato il Sole, e sul cielo si poteva ammirare un miscuglio di sfumature colorate fra il rosa e il rosso che rendevano fantastico il tramonto. Beh, non era molto visibile da dove ci trovavamo noi tre. Gli alti alberi del bosco coprivano la poca luce che mi permetteva di camminare, infatti inciampai cadendo a terra.
"Ahi!" urlai, invocando poi varie bestemmie per essermi rotta un tacco. "Maledette scarpe!"
"Ora ti tocca camminare scalza." commentò divertito il punk, sfoggiando un ghigno malefico.
"Con tutti questi rami e sassi che potrebbero ferirla? Scordatelo." disse premuroso Geoff, prendendomi in braccio a mo di sposa, facendomi arrossire violentemente.
"Tsk." si limitò a dire il ragazzo, continuando a camminare. Sembrava piuttosto infastidito.
Si rigirò dopo un po', fissandomi. "Proprio una gonna e dei tacchi dovevi metterti stamattina?" 
"E' la mia 'divisa' di lavoro." risposi scocciata, cercando di essere il più gentile possibile. Infondo aveva provato ad uccidermi prima, potrebbe farlo anche adesso. Dovevo per forza assecondarlo, e stare ai suoi ordini.
Prese il cellulare, cominciando a smanettarlo per non so quale motivo. "Allora..Secondo il mio GPS siamo-"
"Il mio telefono!" urlai, facendo sobbalzare il biondo che ancora mi portava fra le sue braccia. "L'ho lasciato nella borsa...E la borsa l'ho lasciata in ufficio..." continuai poi, rassegnata.
"Meglio così. Ti avrebbero rintracciata grazie al cellulare." ribatté Duncan, come se non ce ne fregasse nulla, anzi, non gli interessava proprio. "Comunque, siamo vicini a East Orange. Ci accampiamo qui per la notte, poi ruberemo un'auto e poi dei soldi per mangiare."
"In pratica diventerò una ladra anch'io..."
"Esatto." sorrise Geoff, poggiandomi cautamente a terra.
"E se mi oppongo e scappo via?" chiesi poi.
In risposta il punk mi puntò la pistola, imitando un "Bang." con la bocca. "Capito?" aggiunse poi, quasi minaccioso.
Geoff rimase a osservarlo finché non ebbe fatto sparire la pistola, sicuro che non mi avesse uccisa. Dopo di che poggiò a terra la sua borsa, cacciando fuori due sacchi a pelo.
"Vi siete attrezzati bene, eh?" commentai stupita.
"E' da un po' che dobbiamo arrangiarci così. Sai, i Bulls ci avranno già fatto esplodere la casa." rispose ridendo amaramente, sistemano i due sacchi a terra. "Lì dormirai tu." 
"Chi sono i Bulls?" 
"Non sono affari tuoi." sputò infastidito  Duncan.
Sbuffai, ormai stufa delle continue minacce e cattiverie del punk. "Ok, 'sti cazzi." invocai esasperata, sistemandomi dentro la coperta.
Il festaiolo lanciò uno sguardo all'amico, gesticolando come per dire "E' solo una ragazza." Poi anche lui si sistemò per la notte, lasciando il punk alle prese con i suoi pensieri confusi, prima di coricarsi anche lui.

**

Mi appostai al bordo della strada, alzando il braccio per fare una specie di 'autostop', come mi aveva ordinato il mio 'capetto', ossia Duncan.

"Tieni, ti servirà." mormorò il punk, lanciandomi una pistola, che presi al volo.
"C-cosa?" maneggiai quell'arma con cautela, tremando come una foglia. "Io non userò questa cosa per uccidere!" aggiunsi poi, cercando di sembrare sicura.
"Per adesso tu non devi farlo. Devi solo attirare un'auto, e dopo averla fermata, punti la pistola e minacci l'autista." spiegò, come se fosse una cosa normalissima. " Mettiti anche quella parrucca. Potrebbero denunciare la ragazza dai capelli blu che ruba auto!" disse con tono ironico, ghignando come sempre.
Non obbiettai, sapendo che ormai dovevo fare tutto quello che diceva per restare in vita.


La parrucca dai capelli rossi mi irritava un sacco, ma dovevo stare attenta a non farla cadere.
Finalmente arrivò qualche auto. La maggior parte di loro non mi guardava nemmeno. Altri, come per esempio un ragazzo a cui non mi sarebbe dispiaciuto bucargli la testa, si fermavano un po' più avanti, aspettando che li raggiungessi per poi scappare via, aggiungendo una fragorosa risata sadica. Che scherzetti divertenti.
Una Gip si fermò davanti a me. Era una donna, che poteva avere non più di quarant'anni.
"Serve un passaggio?" chiese sorridente. Quasi mi dispiaceva per lei. "Ti porto io, sali!"
Accennai un sorriso di gratitudine. "Grazie mille, ma..." il sorriso si trasformò in un ghigno, e cacciai la mia pistola dalla tasca. "...Ho altre intenzioni." continuai sarcastica, facendo spaventare non poco la donna, che si paralizzò.
Arrivò il turno dei miei due complici, coperti col passamontagna, che entrarono furtivamente in auto tappandole la bocca e facendola uscire bruscamente.
"La prossima volta, attenta a chi dai un'aiuto. Sai, fidarsi è bene non fidarsi è meglio." sussurrò Duncan all'orecchio della donna. "Ops, ma non ci sarà una prossima volta!" proseguì poi, caricando la pistola e...

"Perché lo hai fatto?!" urlai ancora scioccata quando il ragazzo entrò nella macchina con Geoff e accese il motore. "Non ce ne era bisogno..." mormorai.
"Sì che ce ne era bisogno. Ci avrebbe fatti beccare dando la targa dell'auto, e a noi quest'auto serve." rispose convinto, concentrandosi sulla strada.
Io e Geoff stavamo seduti ai posti posteriori. Io avevo la testa poggiata sulle sue ginocchia. Era sorprendente con quanta velocità avevamo legato. Era un ragazzo che mi ispirava molta simpatia e fiducia.
Mi stringeva forte la mano, notando il mio sguardo perso nel vuoto.
Ero ancora tesa per la scena dell'omicidio di pochi minuti fa, aggiungendo gli schizzi di sangue e uno sguardo orgoglioso da parte di Duncan. Cominciavo a pensare che ci godesse ad uccidere persone innocenti.
Intanto frugavo nella borsa della donna, che avevo trovato nell'auto, prendendo il suo cellulare - che ormai era mio - e qualche banconota.
"Duncan, ecco i soldi..." lo informai quasi sussurrando, facendogli vedere i trecento dollari nella mia mano.
"Perfetto." ribatté d'un fiato soddisfatto. 
Geoff prese dal suo borsone un pacco di sigarette ed un accendino, cacciando accidentalmente delle bustine di...
"Erba?" sgranai gli occhi, scrutando l'interno della sua borsa. "M-ma tutta questa roba?"
"Ehm..." esitò un po' a rispondere, imbarazzato. "Hai presente quei 'Bulls' di cui ti ho parlato?" si fermò, aspettando un mio accenno della testa. "Loro sono abili uomini 'd'affare' molto noti a New York. Comandano un ampio traffico di...droga." spiegò, lasciandomi a bocca aperta.
"Non dirmi che i vostri debiti riguardano-"
"Sì." mi interruppe Duncan, che aveva ascoltato tutta la conversazione.
"Wow..." mi limitai a dire, prendendo in mano quelle bustine, curiosa. "Chissà quanti soldi dovevate a quei bulletti..." ironizzai poi.
"Tanti. Dopo anni di 'Pagherò la prossima volta' abbiamo accumulato molto...Più il costo delle pistole." rispose Geoff, accendendosi poi la sua sigaretta. "Ed eccoci qui." aggiunse cacciando dalla sua bocca una nuvola di fumo.
Dopo alcuni secondi di silenzio, il festaiolo cambiò discorso.
"Tu fumi?" chiese tranquillamente, riportando la sua marlboro davanti le labbra.
"Ai tempi dell'adolescenza...Ora è da qualche anno che ho smesso." risposi, sorridendo al pensiero dei vecchi ricordi di quando ero una sedicenne ribelle.
"Ti va un tiro?"
Accettai con un cenno della testa.
Quando stava per avvicinarmi il filtro alla bocca, Duncan fece una brusca frenata, facendo cadere la sigaretta dalle dita di Geoff. 
"Maledizione..." imprecò lui.
"Siamo arrivati." informò il punk, uscendo insieme a noi dall'auto. "Mi raccomando, non siate sospetti. Non facciamoci beccare in un bar!"
Io e il festaiolo annuimmo, impazienti di entrare per sfamarci, ma Duncan mi guardò divertito. "Vuoi ancora tenerti quella ridicola parrucca?" chiese sarcastico, trattenendo una risata, che contagiò anche me.
Mi sistemai i capelli ed entrammo, raggiungendo il bancone.
Ordinammo due birre, che io non presi perché di prima mattina non sopportavo l'alcool, e qualche brioche. 
"Ecco a voi." il barista ci servì il tutto, prendendo poi qualche bicchiere per pulirlo.
Mentre morsicavo il mio croissant, mi guardai intorno, sgranando poi lo sguardo.
"D-Duncan..." sussurrai al ragazzo, stringendogli la manica della maglia.
"Mh?" rispose, poggiando la birra sul bancone.
"Andiamo via di qui." spiegai, sempre mormorando.
"Perché?" si intromise Geoff.
Indicai ai due ragazzi il muro dietro al barista. Vi era appeso un foglio, con la mia foto, e qualche informazione sul mio sequestro dei due ragazzi.
Il barista si stava per girare, ma lo bloccai immediatamente.
"Scusi!" attirai la sua attenzione. Non sapendo che dire, buttai a caso. "Mi da un bicchiere d'acqua, grazie."
Il signore annuì, abbassandosi per prendere il bicchiere, dandoci il tempo di scappare fuori dal locale.
"Tien-..EHI! DOVETE PAGARMI! A LADRO!!" urlò poi lui, accorgendosi della nostra fuga.
Entrammo subito in auto e ci allontanammo da quella zona.

Eravamo già ricercati.

**

Accostammo dietro un parcheggio isolato. Io mi buttai sul sedile sbuffando, esausta per la corsa di poco fa. Non eravamo al sicuro lì dentro, o almeno, erano loro a non essere al sicuro. Se ci avrebbero beccati, mi avrebbero liberata, arrestando Duncan e Geoff, e sarei tornata alla mia monotona vita. Forse era questo che mi bloccava a non scappare. Non volevo tornare alla mia vecchia vita, e poi, ormai mi ero affezionata a questi due criminali da strapazzo. Sì, anche a Duncan, anche se ancora cercava di comandarmi e fare il prepotente.
"Che spasso..." commentò eccitato Geoff.
"Eh già!" ribattei dopo qualche sospiro.
"Dobbiamo stare attenti..." aggiunse anche Duncan, mettendo da parte la sua aria da arrogante.
Proprio mentre stava per aprire bocca, suonò un cellulare, che dopo varie ricerche scoprimmo che era quello del punk.
"Pronto?" rispose scocciato lui. Dopo aver sentito l'altra persona, la sua faccia si fece seria. "Sì, abbiamo chiuso." continuò irritato. Dal cellulare si sentivano delle parole urlate, che più o meno riuscii a sentire.
-COME HAI POTUTO LASCIARMI TRAMITE MESSAGGIO?!- disse quella che doveva essere la sua ex.
"Veramente io ti ho lasciato già qualche settimana fa. Sei tu che non vuoi mollare!" ribatté ormai sull'orlo della pazienza lui.
-Come ti permetti!? Criminale! So che sei scappato col tuo amichetto! Chiamo i miei avvocati! Ti faccio arrestare!-
Dopo averla mandata a quel paese, buttò il telefono dal finestrino, rimettendo in moto la macchina.
"Maledetta..." sibilò tra sé e sé.
"Courtney?" chiese preoccupato Geoff.
"Wow, come hai fatto a scoprirlo?" ribatté sarcastico il punk. "Ora abbiamo anche i suoi avvocati alle calcagna. Dobbiamo andare via."
"Beh..." il festaiolo esitò. "Forse so dove possiamo stare..." continuò insicuro.
"Spara!"
"Da Bridgette..."
"Bridgette?" domandai io.
"Ma ci vorrà un sacco!" disse Duncan.
"Dove abita?" richiesi.

"A San Francisco."

---->Angolino dell'autrice<----

Sono ritornata!!^^
Oddio...comincio a shippare la GeoffxGwen AHAHAHAHA. Sono carini insieme!:')
Ma non voglio tradire la povera Bridgette :c
Comunque...Vi piace?
Recensite, se vi va!;)
gwuncan99



 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***



--->Capitolo III


"San Francisco."

Il punk girava avanti e dietro per tutta la stanza. Era indeciso su cosa fare, questo era visibile.
Per adesso ci eravamo diretti a Morristown, prendendo una camera di un hotel abbastanza tranquillo. Io indossavo sempre la solita parrucca rossa, ed avevo altri vestiti comprati in giro. Semmai qualcuno sapesse del mio smarrimento, non mi avrebbe riconosciuta. Spero.
Ci stavamo pian piano avvicinando alla nostra meta. Moolto piano.
"San Francisco si trova ad almeno 5000 chilometri da New York. Come facciamo a raggiungerla?!" pensò ad alta voce Duncan, mantenendo sempre il suo nervosismo.
"In aereo?" azzardò Geoff, che fu subito assalito dall'amico.
"Non abbiamo un passaporto! Non possiamo farlo, rischiamo troppo!" ribatté, sedendosi sul letto e poggiando i gomiti sulle ginocchia, tenendosi la testa. Era abbastanza stanco. Infondo era da molto che guidava.
"Duncan, riposati un po', no?" gli avevo proposto gentilmente, cercando di non farlo arrabbiare.
Mi rivolse uno sguardo indecifrabile. Forse dolce. Strano, non è da lui.
Sorrise dopo qualche attimo, facendomi arrossire. Cosa che lui notò, ma non ci fece molto caso.
"Hai ragione..." mormorò.
"Io vado a mangiare qualcosa al bar qui vicino." dissi poi io.
"Vengo con te!"
"No!" lo interruppe il punk, catturando i nostri sguardi confusi che aspettavano una sua motivazione.
"No...devo...parlarti prima di una cosa!" biascicò incerto. "..Poi potrai seguirla..." continuò infine, con un tono scocciato, quasi...triste.
Il festaiolo annuì, mentre io uscii dalla stanza lasciando i due da soli, salutandoli con un cenno della mano.

Geoff si sedette sulla poltrona davanti a Duncan, cercando qualcosa nella sua borsa. "Cos'hai da dirmi?" chiese gentilmente, cacciando la sua solita Marlboro dal pacchetto.
Il punk attese un po' a rispondere, osservando i movimenti abituali dell'amico nell'accendere la sigaretta. Poi sbuffò.
"Non ti sembra di 'tradire' Bridgette?" disse d'un fiato, come per paura che il festaiolo lo sbranasse.
"C-cosa?" ribatté quest'ultimo, stupito dalla domanda del ragazzo. Non si era mai preoccupato della sua vita sentimentale. "Perché pensi che lo stia facendo?" chiese poi, abbassando lo sguardo sulle sue dita, che tenevano la sigaretta.
Il punk boccheggiò un paio di volte, prima di articolare parole comprensibili. "A Bridgette non farebbe piacere sapere della tua stretta amicizia con...Gwen." spiegò, dando all'ultima parola un accenno di delusione.
"Sa che la amo con tutto me stesso." rispose irritato dalle parole dell'amico. "E che può fidarsi di me."
Duncan abbassò la testa. "Scusa, non dovevo farti quella stupida domanda." mormorò sentendo i sensi di colpa.
A quelle parole Geoff cambiò espressione, e accennò un sorriso di comprensione. "Non preoccuparti." si limitò a dire.
Nella stanza calò il silenzio.
Il festaiolo osservava inerme la sigaretta che pian piano si consumava, facendo un ultimo tiro prima di gettarla a terra, mentre Duncan teneva sempre i gomiti sulle ginocchia, a testa bassa e tormentandosi la cresta nervosamente. Di questo Geoff se ne accorse.
"Nervoso?" chiese amichevole.
"No.." rispose l'altro, mantenendo lo sguardo basso.
Il biondo si alzò, raggiungendo la finestra e guardando fuori. Si era appena fatta notte.
"Posso farti anch'io una domanda?" spezzò di nuovo il silenzio, ricevendo lo sguardo confuso del punk.
"Certo."
Geoff sorrise malizioso, continuando a guardare la strada bagnata. "Ti piace, eh?" chiese, quasi fosse convinto della risposta che avrebbe dato il punk. Infondo lui l'aveva notato già da qualche giorno.
Quest'ultimo scattò in piedi agitato, sgranando gli occhi. "C-che?" boccheggiò più volte. "Ma che ti salta in testa?! E' solo un ostaggio." continuò poi, non molto sicuro di ciò che aveva detto.
"Certo..." aveva detto l'amico, osservando il punk che rigirava nella camera.
"A proposito...Dov'è Gwen?" guardò anche lui fuori dalla finestra. "Si è anche fatto buio!"
"Ti preoccupi per un ostaggio?" lo stuzzicò il biondo, facendolo alterare un po'.
"Certo che no! Secondo me sarà andata dalla polizia..." inventò lui come scusa.
"Non lo farebbe mai." ribatté l'altro, che però non fu ascoltato, perché ormai Duncan era fuori dalla camera intento a vedere dove potesse essere. Lo seguì, percorrendo velocemente il lungo corridoio che portava all'ascensore.
"E' bloccato!" imprecò il punk, sbattendo i pugni contro  l'interruttore.
Si rigirò scendendo le scale, mentre si scompigliava la cresta. Fatte due rampe, si bloccò di colpo, sbattendo quasi contro Geoff.
"Perché ti-"
"Sshh." interruppe l'amico, osservando il piano inferiore. Anche il biondo, curioso, si affacciò alla ringhiera, scrutando giù.
L'ascensore si aprì, mostrando due figure che uscivano velocemente.
"Lasciami!" cercò di urlare una ragazza.
"Stai calma zuccherino..." 
Il signore, apparentemente ubriaco, teneva bloccata la ragazza coprendole la bocca con la mano e con l 'altra le mani.
"Se fai la brava bambina non ti farò del male..." le sussurrò poi all'orecchio.
La portò in fondo al corridoio.
"Ma lei è..."
"Gwen?!" disse scioccato Duncan.
I due corsero verso di loro, ma ormai il 'maniaco' aveva chiuso la porta alle sue spalle, insieme a Gwen.
"Merda!" ringhiò il punk, andando contro la porta.
"Come facciamo adesso?" chiese preoccupato Geoff.
Duncan non rispose. Appoggiò l'orecchio sulla superficie della porta, cercando di origliare qualcosa. Fece lo stesso anche l'altro.

"E' il destino che ci ha fatti incontrare, piccola!" disse spavaldo l'uomo, imbavagliandomi mentre mi dimenavo. "E fermati!" sbottò poi.
Mi buttò violentemente sul letto, legandomi i polsi con una corda su una sbarra della testiera. Si mise a cavalcioni su di me, sfilandomi la maglia, ma tenendola sui miei occhi, così da non poter vedere nulla.
Maledizione. 
Provai ad urlare, ma la benda me lo impediva. Riuscivo solo ad emettere qualche "Mmh!", ma sicuramente non mi avrebbe sentito nessuno. Ero spacciata.
"Su brava micetta..." mi abbassò velocemente i jeans.
Il mio fiato si fece più affannoso, mentre cominciavo a sudare.
Sentivo come passava le sue luride mani su tutto il mio corpo, arrivando poi sulle coppe del reggiseno, facendomi sussultare.
"Quanto sei sexy!" disse eccitato, quasi urlando. Questo era ubriaco?!
Infilò le mani sotto il reggiseno, palpandomi.
Io continuavo a strillare e a dimenarmi sotto il suo peso, ma era impossibile da spostare.
Sentii la porta aprirsi di scatto, sbattendo violentemente.
"CHI SIETE?!" urlò l'uomo.

Il punk entrò nella camera seguito da Geoff, scostando violentemente il maniaco da sopra la ragazza paralizzata e assestandogli un pugno in faccia, lasciandolo a terra dolorante. Lasciò il lavoro di massacrarlo al biondo, mentre lui raggiunse il letto dove Gwen era bloccata. Per un attimo si fermò a guardarla con gli occhi spalancati, notando che indossava solo gli slip e il reggiseno tolto a metà.
Respirava a fatica, visibilmente spaventata.
"Schifoso bastardo..." sibilò, buttandosi sulla dark.
"Non preoccuparti, ci sono io adesso..." sussurrò al suo orecchio, facendola smettere di dimenarsi. Le slegò la corda sui polsi, riabbassandole la maglietta, incontrando i suoi occhi terrorizzati.

"Duncan!" urlai andandogli addosso, abbracciandolo forte. "Ho a-avuto così tanta paura..." balbettai ancora sotto shock.
Il punk ricambiò la mia stretta, accarezzandomi dolcemente i capelli. "E' tutto finito adesso..." mi sussurrò poi.
Mi accorsi di essere su di lui in slip, quindi mi scostai imbarazzata, notando che anche Geoff era in camera. Arrossii, prendendo i jeans a terra e coprendomi le gambe.
"Grazie mille..." mormorai poi a tutti e due, guadagnandomi un sorriso da parte del festaiolo.
"Gwen..ci hai fatto prendere un colpo! Non farlo mai più!" ammise poi lui, scherzando alla fine.
"Ah..." abbassai la testa. "Quindi..ci tenete a me?" chiesi poi, alzando lo sguardo prima su Geoff, e poi mantenendolo su un Duncan agitato.
Il biondo gli lanciò una strana occhiata, prima di rispondermi sorridente. "Certo bambola!" mi venne incontro, abbracciandomi forte. Intanto osservavo Duncan, che spostò gli occhi su qualcos'altro, perso nel vuoto.
"Dai, andiamo via e avvertiamo il gestore dell'hotel." ordinò poi, prendendo il maniaco, svenuto a terra, e poggiandolo sul letto. "E vedi di vestirti..." continuò poi con un pizzico di malizia, guardando le mie gambe. Arrossii nuovamente, facendolo sorridere.
In fretta e furia mi infilai i jeans e mi risistemai la parrucca, prima di raggiungere i due ragazzi che erano usciti dalla stanza.

 
**

Guardavo distrattamente il paesaggio notturno dal finestrino dell'auto. Dopo aver denunciato il mio quasi stupratore, - naturalmente alla polizia diedi un cognome diverso dal mio - eravamo andati via da quella stupida città. Non sapevo dove stavamo andando di preciso. Sapevo solo che la nostra meta finale era San Francisco. Lì Geoff avrebbe vissuto con la sua ragazza, e io mi sarei rifatta una vita.
Duncan mi lanciò una veloce occhiata preoccupata, ritornando poi con lo sguardo sulla strada. 
"Tutto bene, Gwen Nelson?" chiese, facendomi girare verso di lui.
Gwen Nelson, sì. Avevo preso il cognome di Duncan per denunciare quell'uomo, e lui mi sfotteva.
"Sì, Duncan Nelson..." ribattei ironica, ma nonostante ciò avevo un'aria triste.
Mi girai verso Geoff, che dormiva beatamente sui posti posteriori, con una canna in mano, ormai consumata.
"Che spreco..." mormorò infastidito Duncan, notandola anche lui.
"Che dolce quando dorme..." dissi io ammirandolo, mentre accennavo un sorriso da ebete.
Il punk rimase fisso a guardarmi negli occhi, poi si rigirò. "Ti piace?" chiese tranquillamente, o forse no...
"Certo che no! E' come un fratello per me.." risposi, sorridendo al pensiero di un fratello come lui.
"Fratello." ripeté inerme, portando la mano sulla radio, accendendola.
Partì una canzone, che conoscevo benissimo.
"Alza il volume!" chiesi sorridente.
Il ragazzo fece come gli avevo chiesto, sorridendo anche lui.
"Coming Down." mormorò.
"Dei 'Five Finger Death Punch'..." continuai, guardandoci negli occhi.
"Ti piace questo genere?" mi chiese, guardando la strada ormai poco illuminata.
"Sì, a te?"
"Certo!" sorrisi un' altra volta. Infondo avevamo qualcosa in comune.
Mi rigirai ad osservare il finestrino, passando il dito sulla superficie appannata, disegnando linee articolate, mentre mi godevo la canzone.
"Se non saremmo arrivati in tempo..."mormorò poco dopo lui. "...Non voglio nemmeno pensarci." sbatté poi una mano sul volante, mentre con l'altra si massaggiava la fronte.
"Nemmeno io..." sussurrai, ripensando a quel brutto momento passato poche ore fa. Poi arrossii, quando mi ricordai di Duncan che mi aveva vista mezza nuda, legata sul letto. 
"I could never be, what you want me to. You pulled me under, to save yourself. You will never see, what's inside of me. I pull you under, just to save myself." canticchiai la canzone, scacciando via i pensieri perversi nella mia mente.
"Ehi...guarda laggiù!" scrutai il punto che stava indicando.
"Una discoteca?" dissi con tono confuso ma allo stesso tempo eccitato. "Wow."
"Un Rave."
Il ragazzo accostò lì accanto, strattonando la borsa che Geoff usava come cuscino, facendolo svegliare di scatto.
"Oh, ehi, chi è?!" balbettò lui sgranando gli occhi.
Io risi divertita, mentre Duncan estrasse la loro roba.
"Geoff Geoff Geoff..." mormorò il punk, lanciandogli uno sguardo minaccioso, che poi si addolcì. "Vendendo questa roba lì dentro, faremo un bel gruzzoletto, e in più ti farai perdonare per aver sprecato una canna mentre dormivi."
"Ah..wow." ribatté dispiaciuto il biondo, grattandosi la nuca.
Uscimmo tutti e tre dall'auto, incamminandoci verso la discoteca.

---->Angolino dell'autrice<----

Ecco il terzo capitolo :D
Mh...non ho nulla da dire, solo che c'è qualche traccia di DxG, finalmente!<.<
Vi piace? Spero di sì^^" Recensite!!

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***



--->Capitolo IV

Ci intrufolammo con un po' di difficoltà nella massa di adolescenti che riempivano quel locale abbandonato. Era molto piccolo, con il piano terra sommerso di gente che ballava e Dj che producevano musica inascoltabile, ed un piano superiore, dove probabilmente c'erano delle camere. La musica house pompava nelle orecchie, mentre il gioco di luci qua e là mi confondevano molto. Scostando ragazzi ubriachi e ragazze intente a farsi foto in pose scandalose, arrivammo tutti e tre davanti al bancone dei cocktail.
"TRE GIN LEMON!" urlò Duncan alla sexy barista, a causa della musica troppo alta.
"COSA?! MA NON CI FA SBALLARE! QUALCOSA DI PIU' ALCOLICO!" ribatté Geoff. "DACCI GLI ALCOLICI PIU' FORTI CHE AVETE!" si rivolse poi alla ragazza, che, sorridendo divertita, preparò i cocktail che ci avrebbero movimentato la nottata.
"NON CREDO DI REGGERE FACILMENTE L'ALCOOL!" informai preoccupata al punk, che poco dopo ghignò.
"DAI GWEN, DIVERTIAMOCI!"
La barista ci porse i tre bicchieri, che scolammo tutti d'un fiato.
"E adesso, all'opera!" disse Duncan, dandoci la merce da vendere. "SONO TUTTI SBALLATI! FAREMO SUBITO SOLDI!" continuò poi, allontanandosi. Lo stesso facemmo io e Geoff, dopo un'occhiata un po' preoccupata.
Dovevo stare attenta a non perdermi, o a non cadere nelle mani di qualche ragazzo ubriaco con brutte intenzioni.
Mi appostai in un angolino, attirando vari gruppetti che compravano volentieri la mia roba, ricavando anche un buon prezzo.
Poco dopo mi arrivò un messaggio, che sentii solo grazie alla vibrazione nella tasca.

 
"Se hai fatto, incontriamoci davanti all'entrata."
-Geoff.

 
"Davanti all'entrata..." mormorai tra me e me, guardandomi intorno un po' stordita. Quasi mi girava la testa.
Finalmente riuscii a vedere dove fosse il nostro punto di incontro, così mi ributtai nella grande folla, che ballava come non ci fosse un domani.
"EHI BELLEZZA! TI ANDREBBE UN DRINK?" mi chiese un ragazzino, probabilmente non sobrio, con un bicchiere in mano.
Dopo un po' di esitazione, accettai. "CERTO, PERCHE' NO?" risposi, prendendo il bicchiere e bevendolo tutto d'un sorso, mentre i ragazzi accanto a me sghignazzavano.
"GWEN!" una mano mi prese una spalla, costringendomi a girarmi. Era Duncan.
"CHE STAI FACENDO?!" urlò per farsi sentire. La testa mi girava, e sentivo tutti i rumori intorno a me confusi.
"BEVO!" risposi, scoppiando a ridere dopo un po'.
Il punk mi prese per mano, trascinandomi fuori dall'entrata. "Dov'è Geoff?" chiese quando eravamo abbastanza lontani da tutto quel frastuono.
"E che ne so io? Andiamolo a trovare!!" ribattei contenta, ma poco dopo cambiai espressione.
"Gwen! Gwen!" mi strattonò leggermente, cominciandosi a preoccupare.
"Non mi sento molto bene..." mormorai, portandomi la mano alla bocca. Mi allontanai, cominciando a vomitare dietro qualche cespuglio.
Attirai l'attenzione del punk, che mi raccolse i capelli con le mani, portandoli dietro la schiena. "Così non ti sporcherai..." sussurrò premuroso.
Duncan che fa il gentile con me? In questa situazione, oltretutto?! 
Dopo minuti interminabili di inferno, smisi di rimettere, prendendo un fazzoletto dalla tasca e pulendomi.
"Vado a darmi una sciacquata in bagno..." dissi debolmente, incontrando gli occhi comprensivi di Duncan. "Te lo avevo detto che non reggevo molto l'alcol..." continuai poi, accennando un sorriso, che contagiò anche il ragazzo.
Entrammo nel locale. Io andai in bagno, lasciando il punk lì da solo. Poco dopo ritornai, ritrovandolo sempre lì. "Starà qui in giro!!" lo rassicurai poi, notando che guardava di qua e di là abbastanza preoccupato. Starà cercando Geoff.
"DOBBIAMO CONTROLLARLO! QUANDO C'E' DI MEZZO ALCOL E DIVERTIMENTO, ADDIO!!" mi spiegò.
"LO TROVEREMO! PRENDI UN DRINK!" urlai un'altra volta, sfilando dalle mani di due ragazze due bicchieri, porgendone uno al mio amico. "BEVI!" gli ordinai.

Non so che ore erano e quanto fosse passato. Sta di fatto che dopo pochissimo tempo io e Duncan avevamo il cervello fuso per i troppi alcolici. In pratica...eravamo ubriachi. E senza nemmeno aver trovato Geoff!
Girammo per la discoteca, nonostante non ci capissimo nulla. Salimmo delle scale, arrivando davanti ad un corridoio. Lì trovammo il nostro amico, circondato da ragazze vestite stile 'prostituta di strada' e nuvole di fumo provenienti dalle loro sigarette.
La musica si sentiva un po' di meno, quindi non c'era bisogno di urlare.
"Geoff!" il punk lo scansò in tempo da una svitata che stava tentando di baciarlo.
Le nuove amichette di Geoff cominciarono a lamentarsi, prendendo il ragazzo per la maglietta.
"Daiii, vogliamo divertircii!!" cinguettarono, facendomi alterare.
"Andate a divertivi da un'altra parte, puttane!" strillai io, scoppiando a ridere subito dopo. 
Una di loro accennò un ghignò malizioso, lanciando lo sguardo su Duncan, anche lui poco sobrio, che teneva a malapena il suo amico quasi svenuto.
"Se l'hai fatta ubriacare per i tuoi scopi, lasciaci il biondino e vai a fotterla da un'altra parte!" sputò acida, prendendo Geoff per un braccio, facendolo risedere in mezzo a loro. Emisero tutte un gridolino di gioia.
"Geoff!" lo chiamò lui, attirando la sua attenzione.
"Mmh?" si limitò a dire, fumando una canna presa dalla bocca di una delle ragazze.
Intanto anch'io mi aggregai al gruppo, accendendomi una sigaretta e bevendo altri due bicchieri di Vodka.
"Bridgette si fida di te." disse in un sussurro, allontanandosi.
Il festaiolo sgranò gli occhi, guardando in basso deluso.
Mi alzai di scatto. "Duncan! Dove vai??" urlai, con un pizzico di malizia. Lo raggiunsi correndo, ma mi accorsi del pavimento che si stava alzando sotto i miei piedi. O almeno era quello che vedevo io. Quanto avevo bevuto?!
Inciampai, cadendo a terra, attirando l'attenzione del punk. Si girò verso di me spaventato.  "Gwen!" si inginocchiò per aiutarmi. "Come stai??" chiese poi.
"Bene...Non preoccuparti." risposi stanca, accennando un sorriso. "Dai, andiamo a ballare!" mi alzai poi, riprendendolo per il braccio e trascinandolo davanti a Geoff e le ragazze.
Geoff, dopo un nostro sguardo, si alzò e ci venne dietro, sotto le lamentele delle ochette.  Duncan però non se ne accorse, impegnato a fissarmi con un espressione indecifrabile. Mi strinse la mano e mi portò lontano dalla folla.
"Ehi!" mi bloccò al muro, poggiando le mani vicino alla mia testa. Si guardò intorno, notando che avevamo seminato Geoff. Poi ritornò a fissarmi negli occhi. "Dobbiamo ballar-" mi bloccò. Mi bloccò poggiando dolcemente le sue labbra calde sulle mie fredde e carnose. Mi irrigidii di colpo, presa alla sprovvista da quel suo gesto insolito, poi mi addolcii, facendomi trasportare da quel bacio che pian piano si faceva sempre più appassionato.
Intanto mi accarezzava lentamente i fianchi, mentre io gli scompigliavo sensualmente la cresta. Mi sollevò da terra, circondandomi le cosce con le mani, e io gli avvolsi i fianchi con le gambe.
Ciò che ricordo è solo che, mentre ci baciavamo, mi portò in braccio verso le scale, sotto le risatine delle ragazze che ancora si trovavano lì, e dopo...il buio.

**

"Aaah!!" sbadigliai rumorosamente, mentre mi stiracchiavo. Mi  stropicciai gli occhi stanchi, e mi guardai attorno. 
"Ma dove cazzo sto?!" pensai ad alta voce, piuttosto spaesata. Mi alzai, notando di essere COMPLETAMENTE NUDA.
"Ma che cazz...AAAAH!!" cacciai poi un urlo degno di un film horror. Avevo notato qualcuno sotto le coperte dove dormivo, che sentendo le mie grida si svegliò di colpo, cadendo dal letto.
"CHI E'?" disse impaurito lui, lanciando occhiate preoccupate per tutta la stanza, poi posò i suoi occhi su di me. Era Duncan.
Mi trovavo in piedi, con una coperta in mano per coprirmi, con la faccia impaurita e spaesata come quella del mio amico.
Io fissavo lui, arrotolato nelle lenzuola per terra, che dopo qualche secondo cominciò a massaggiarsi le tempie.
"Ma che cazzo è successo?" mormorò. "E che mal di testa assurdo!" 
"Abbiamo bevuto tanto..." spiegai, ricordandomi qualche frammento della notte scorsa.
"Mh?" si limitò a dire, cercando di alzarsi. "Ma quest-" raccolse il mio reggiseno nero da terra, lanciandomelo subito dopo essersi accorto di cos'era. Arrossimmo entrambi come due peperoni.
"Ehm..." sussurrai. "Potresti girarti? Devo vestirmi." continuai poi.
Il punk sgranò gli occhi. "Ehm..Sì sì..."
Si girò, raccogliendo i pantaloni. "Almeno i soldi non li abbiamo persi!" disse quasi soddisfatto.
Appena ebbi finito, lo raggiunsi nell'altra parte della stanza, ormai quasi vestito anche lui. Gli mancava la maglietta, che evidentemente aveva perso.
"Dove cazzo sta? E..Geoff?!" sgranò gli occhi in preda al panico, mentre io mi ero imbambolata sui suoi addominali.
Non ricordo nulla di quello che era successo ieri...
Mi risvegliai dai miei pensieri. "G-Geoff?!" andai velocemente verso la porta, aprendola con difficoltà, come se qualcosa la bloccasse. Solo quando riuscii nel mio intento capii che era proprio il nostro amico quello che la bloccava dormendoci beatamente appoggiato.
"Geoff...Geoff!" lo strattonai ripetutamente, riuscendo a svegliarlo.
"Gwen!" spalancò gli occhi. "C-che mal di testa! Ma che stavate facendo ieri?" farfugliò poi confuso, massaggiandosi il capo.
"C-che?!" balbettai.
"No. Tu! Cos'hai fatto con quelle sgualdrine in corridoio?!" si intromise Duncan, catturando l'attenzione del biondo.
"Pff. Io ricordo tutto. Le ho scansate e credo di avervi seguiti, poi però vi ho persi. Ho quindi bevuto altri alcolici, finché non vi ho visti salire le scale." si bloccò, sorridendo divertito, mentre si alzava. "Devo dirvi davvero cosa stavate facendo?"  il suo tono era molto malizioso.
"Sputa il rospo!" urlammo all'unisono noi due, arrossendo subito dopo.
"Andiamo! Avete visto come vi siete svegliati? Secondo voi vi ha portato Babbo Natale lì dentro?" scoppiò a ridere. "Io mi sono appisolato qui davanti, e ho ancora i soldi che ho guadagnato!!" aggiunse, prendendo un gruzzoletto di banconote e sventolandocelo in faccia soddisfatto del suo lavoro compiuto.
"Se è per questo anche noi. Ora andiamo via prima che arrivino gli sbirri." ordinò irritato Duncan.
Trovammo l'auto parcheggiata, e ce ne andammo a tutta velocità lontano da lì.

Era davvero successo ciò che credevo?

---->Angolino sempre mio!<----

Ciau:3 Ho aggiornato presto questa volta!^-^
Spero che il capitolo sia abbastanza lungo, e che vi sia piaciuto!:D

Recensite!! -gwuncan99.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***



--->Capitolo V

Dopo l’oscura notte in discoteca di cui non ricordavo nulla, o almeno la gran parte, ci siamo messi in viaggio verso Indianapolis, la famosissima capitale dello Stato di Indiana. Per fortuna in una città a me poco nota c’erano dei pullman diretti verso la nostra destinazione, quindi per arrivare prima abbiamo dovuto abbandonare la ‘nostra’ auto.
Erano già passate due ore dalla partenza. Geoff si era seduto tra me e Duncan; quest’ultimo non mi aveva rivolto parola da quando eravamo usciti dal locale della festa. Forse ricordava qualche frammento della sera prima? Sbuffai. 
Al solo pensiero arrossii visibilmente. Cercai di non farmi vedere dai due ragazzi, anche se erano distratti a guardare nel vuoto. Mi girai verso il finestrino, appoggiando la testa su una mano, sbuffando nuovamente.
“Annoiata?” mormorò il festaiolo accennando un sorriso di comprensione.
“Eh già.” ribattei, non staccando gli occhi dal paesaggio davanti a me.
Rimanemmo in silenzio per qualche manciata di secondi, che per i miei gusti stava diventando troppo imbarazzante. Decisi di cambiare discorso.
“Senti…” aspettai di incontrare il suo sguardo curioso. “Tu e questa Bridgette avete una relazione a distanza?” chiesi con un po’ di esitazione. Avevo paura di impicciarmi troppo; magari era un tasto dolente per lui. Infatti abbassò lo sguardo, e subito dopo mi guardò negli occhi. I suoi emanavano qualche sfumatura di tristezza. Sfoggiò un sorriso malinconico, boccheggiando prima di parlare. “In teoria sì…” mormorò, togliendosi il cappello per grattarsi la testa nervosamente. “Ai tempi del liceo abitava a New York, poi si è trasferita lontano da me per colpa della famiglia…”
Abbassai la testa, fissandomi le dita che giravo nervosamente. Poverino…
“Ma il nostro amore sconfiggerà anche la distanza.” aggiunse poi, con tono deciso e romantico.
Non riuscii a trattenere un sorriso. Non avevo mai incontrato un ragazzo così innamorato da stare per tanto tempo lontano dalla sua amata.
Durante il viaggio mi raccontò di quanto fosse bella Bridgette, della sua abilità nel surf e del fatto che fosse vegetariana. Intanto Duncan fissava il vuoto davanti a lui, lanciando ogni tanto qualche occhiata al suo orologio.
Il festaiolo non la smetteva un attimo di parlare, ed io mi sentivo felice e tranquilla ad ascoltarlo, ma la mia testa si trovava altrove. Precisamente, nella camera di un pub abbandonato in cui si stava svolgendo un Rave illegale.

Con un calcio riuscì ad aprire la porta, entrando nella stanza con me avvinghiata sul suo corpo. Ci staccammo da quel lungo bacio passionale, buttandomi sul bordo del letto.
“Stasera sei particolarmente sexy…” mi sussurrò sensualmente all’orecchio, scostandomi una ciocca di capelli.
“Anche tu…” ribattei sorridente, ricongiungendo le mie labbra con le sue, rientrando in quel vortice di emozioni che solo Duncan mi stava facendo provare in ventidue anni di esistenza. Ero ubriaca, non pensavo a nulla, non sapevo cosa stavo facendo. Erano tutti movimenti spinti dalla voglia che avevamo entrambi di assaporarci. Si posizionò a cavalcioni su di me, ghignando maliziosamente.

"Gwen! Gwen!"
“Mh?” aprii gli occhi di scatto, ritornando nella realtà. C’era Geoff accanto a me, che mi strattonava leggermente per svegliarmi dal mio breve trans.
“Che c’è?” chiesi spaesata, massaggiandomi la testa.
“Mentre parlavamo sembrava ti stessi addormentando.” spiegò divertito. Anche il punk ci guardava, visibilmente preoccupato. Poco dopo la sua espressione ritornò indifferente.
“Eccoci a Indianapolis.” disse poi seccato, indicando l’orizzonte costellato di grattacieli moderni, degni della magnifica Indianapolis. Quando ero piccola venni lì con i miei genitori adottivi.

Scendemmo dal pullman. I due ragazzi si misero le borse sulle spalle, mentre io meravigliata osservavo a testa alta gli edifici davanti a noi. Non che New York non ne avesse di queste meraviglie, ma scrutare altre città era sempre una bella esperienza. Se solo avessi la mia macchina fotografica!
Mi girai verso Duncan e Geoff, che prendevano due sigarette dal pacchetto.
“Ma quante ne avete lì dentro?!” domandai divertita, visto che ogni giorno apparivano nuove sigarette da quella borsa.
Il punk accennò un sorriso. “Ho fatto rifornimento ieri al…” si bloccò, abbassando poi lo sguardo. “Al locale..” continuò quasi a bassa voce, attirando l’attenzione del festaiolo che era abbastanza confuso da quel comportamento.
“Dai andiamo!” sorrise festivamente cercando di interrompere quel nuovo silenzio, avvolgendo le nostre spalle con le braccia. “Andiamo a farci una bella mangiata in un bar, e poi troveremo un hotel!” continuò poi, portandoci non so dove. Sorrisi, osservandolo con attenzione mentre parlava, rideva e gesticolava felicemente, eppure dentro di sé nascondeva la sua mancanza per quella ragazza. Era bravo a fingere sorrisi, d’altronde anch’io ero abituata. Ho sempre cammuffato i miei sentimenti espertamente, rimpiazzandoli con acidità e menefreghismo. Dicevo di preferire la solitudine, di non aver bisogno di amici, ma dentro di me sapevo di avere torto. A me serviva qualcuno, qualcuno per cui valeva la pena di vivere questa vita difficile.
Forse era per questo che avevo deciso di intraprendere questa fuga con due perfetti sconosciuti. Volevo vivere qualcosa di nuovo, qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita!
Carpe Diem” diceva sempre un mio saggio compagno di classe. Saggio….un nerd. “Cogli l’attimo” significava. Ok, forse non intendeva dover scappare con due ladri o ubriacarsi e farlo con…
Lanciai un’occhiata di sfuggita al punk affianco a me, che mi fissava irritato da un bel po’. Distogliemmo tutti e due lo sguardo  imbarazzati, o almeno lo ero io.
Duncan era strano, era misterioso. Un’aura grigia e cupa lo avvolgeva. 
‘Aura? Oddio, sto diventando come Dawn, la mia vecchia amica di Toronto…’
Nascondeva i suoi sentimenti, faceva il duro, il capo, il ribelle, ma dentro di sé aveva cinquanta sfumature di grigio. Vorrei capirlo, vorrei capire cosa pensa, cosa prova, ma la sua espressione indifferente non lascia proferire nessuna emozione. Soprattutto oggi. 
La testa mi scoppiava. Ricordi sfumati e confusi diventavano sempre più nitidi nella mia mente.

Era a petto nudo su di me. Mi guardava con occhi pieni di desiderio.
“Abbiamo bevuto troppo!” mormorai scoppiando poi a ridere, mentre gli accarezzavo la guancia.
Lui poggiò la sua mano sulla mia.
“Eh già.” ribatté, portando le sue labbra sul mio collo, mentre con le mani percorreva il mio corpo rigido, sfilandomi la maglia.

"Gwen si é di nuovo persa nel mondo dei sogni…" sentii mormorare da lontano. Quando mi risvegliai, mi accorsi che chi aveva parlato era Geoff accanto a me. Mi ero addormentata in auto -sì, un’auto rubata da un parcheggio di un bar- appoggiata al festaiolo, mentre cercavamo un posto dove stare la notte.
“Siamo arrivati.” mi informò il punk, scendendo dalla macchina.
Feci lo stesso anch’io, ritrovandomi davanti ad un alto grattacielo moderno.
“Questo é il nostro hotel!” disse entusiasto Geoff, sistemandosi il cappello.
“Ma non ci costerà molto?” chiesi io confusa.
“Per adesso possiamo permettercelo…” rispose Duncan, entrando nell’edificio.

 

***

Entrai nella nostra camera, seguito da Geoff e Gwen, ma avevo troppo sonno per cominciare a parlare o a pianificare qualche rapina con loro.
“Ho bisogno di un po’ di riposo..” dissi stendendomi sul letto. “Se volete potete uscire.” continuai poi per mandarli via.
“Ma…” Gwen stava per contestare, ma io la bloccai.
“Niente ma. Ho una pistola.” la minacciai, cercando di essere convincente.
La ragazza uscì sbuffando amaramente dalla stanza, mentre il festaiolo era rimasto immobile ad osservarmi.
“Possiamo parlare un attimo?” mi aveva chiesto dopo vari secondi di silenzio. 
Mi girai verso di lui. Era in piedi davanti alla porta semi aperta, con le braccia incrociate ed un’espressione infastidita.
“Devi controllare Gwen. Ti ricordi l’ultima volta che-“
“Non trovare delle scuse! Gwen mi sta aspettando qui fuori. E poi di lei non te ne frega un cazzo!” ribatté lui alterandosi.
Mi lasciò a bocca aperta. Geoff è arrabbiato con me?
“Chi te lo dice che non me ne frega?” mantenni un tono calmo, visto che non volevo litigare in quel momento.
“Tante cose. La minacci, le rispondi male, ed è da ieri che non le rivolgi la parola e quando lo fai sei sempre brusco.” spiegò gesticolando un po’. “Cos’è successo ieri notte che ti ha fatto cambiare così?”
Rimasi in silenzio, scompigliandomi i capelli nervosamente.
Quella notte…
Ricordo poco o niente. Eravamo ubriachi, non ci stavamo capendo nulla. Però, fra tanti sguardi e gesti sfocati nella mia mente, ricordo una cosa che forse centra col mio momentaneo comportamento…

Si accoccolò accanto a me, come una bambina stanca dopo una giornata passata a giocare. Era dolce, la vedevo piccola, così piccola ma nessuno l’abbracciava mai.
“Che sonno…”sussurrò, chiudendo gli occhi.
Non risposi. La testa mi girava per il troppo alcool.
“Geoff…”
“Cosa?” sgranai gli occhi, sentendo quel nome sbucato fuori all'improvviso.
“Ssh..” si avvicinò al mio orecchio, mentre sul suo volto era dipinto un sorrisetto malizioso. “Non dirlo a Duncan…Potrebbe spararmi!” disse, facendo una risata isterica, divertita.
“Cosa non devo dire?” ero sempre più scioccato.
“Che mi piaci, Geoff…” rispose, sprofondando nel sonno.

Scuotei la testa improvvisamente, facendo spaventare il festaiolo.
“Che hai?” chiese preoccupato.
“N-niente…” mentii con un po’ di incertezza.
Geoff non ci fece caso, quindi continuò con il suo discorso.
“Comunque. Mi rispondi?”
“Non è successo nulla. O almeno, non mi ricordo niente!” risposi. “Ora posso dormire?”
“Certo…” mormorò irritato, uscendo e chiudendo la porta alle sue spalle.

 

***

“Gwen…”
Mi girai. Era Geoff.
Gli sorrisi istintivamente. “Hai parlato con Duncan?” domandai poi.
“Sì. É un po’ stanco.” rispose con un tono strano, come se mentisse. 
Mentre stavo per ribattere, sgranò improvvisamente gli occhi, guardando dietro di me.
“Che c’é?” chiesi confusa.
“Justin…” mormorò quasi impaurito.
“Chi?”
“Nascondiamoci!” ordinò prima di trascinarmi dietro un muro, poggiando la mano sulla mia bocca.
“Ssh…” sussurrò, scrutando verso la direzione che guardava prima. “Se ne è andato!” ora era più sollevato.
“Justin? Chi è?” domandai quando mi scoprì la bocca.
“Uno dei Bulls…Ci sta cercando!” spiegò cercando di mantenere la calma, mentre si stringeva il cappello agitato.
Rimasi a bocca aperta.
“Dobbiamo avvisare Duncan.” continuò poi, facendo avanti e indietro.
"Ok ok, calmiamoci. Lo diciamo a Duncan e andiamo via di qui..." dissi io cominciando ad agitarmi. Sentimmo dei rumori avvicinarsi verso di noi, come dei passi.
"E' lui!!" quasi urlava dalla paura il festaiolo. "Dobbiamo andarcene da qui!"
"Ma è troppo vicino..." ora sussurravamo.
Dopo pochi secondi di riflessione, Geoff mi prese un braccio, costringendomi a girarmi verso di lui.
"Ho un'idea..." disse velocemente, prima di avvicinarmi a sé per baciarmi. Intanto che la mia mente andava in tilt, quel Justin si era avvicinato, guardandoci di sfuggita e allontanandosi subito dopo. Idiota.
Mi staccai dalle labbra del festaiolo, guardandolo negli occhi con una confusione immensa. Nessuno dei due osava parlare.

Intanto Duncan era uscito dalla stanza con lo scopo di farsi perdonare da Geoff e Gwen, ma davanti a lui trovò una scena che non avrebbe mai voluto vedere, e mai si sarebbe aspettato di vedere.
"M-Ma...Che cazzo stanno facendo?"

---->Angolo di un'autrice in ritardo<----

E dopo una settimana, mi sono rifatta viva con un nuovo capitolo. >.< 
Eheheheh, povero Duncan! Al prossimo capitolo con tante sorprese!
P.S.: Recensite^-^
gwuncan99

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


--->Capitolo VI


"G-Geoff..." sussurrai con un tono quasi impercettibile, piuttosto scioccata dalla sua azione.
Mi accarezzai con delicatezza le labbra con le mie dita tremanti, mentre il ragazzo davanti a me non sapeva cosa dire, per cui abbassò la testa, quasi come fosse dispiaciuto.
"E-era solo per..." provò a giustificarsi, mantendendo la voce bassa, ma qualcosa ci interruppe.
Una voce roca risuonò nel lungo corridoio dell'hotel, una voce che conoscevo benissimo. Ci girammo tutte e due sbigottiti, osservando con occhi preoccupati quella figura davanti a noi. 
"Ma..." riuscì a dire a malapena, deluso da ciò che aveva visto pochi secondi fa.
Mi staccai dalle braccia di Geoff, cercando di avvicinarmi lentamente verso lui. Verso Duncan.
"Non è come sembra..." mormorai sentendomi in colpa per quella faccenda.
"Non è come sembra?" sibilò a dentri stretti, respirando profondamente per mantenere la calma. Socchiuse gli occhi con rabbia, fissandomi con uno sguardo assassino, poi lanciò un'occhiata al suo amico, sperando che si potesse definire ancora così, scuotendo la testa lentamente. "Bridgette si fida di te!" ribatté con voce irritata, come se lo stesse imitando. "E io mi fidavo di te..." concluse poi, abbassando il suo tono di voce deluso. A testa bassa si girò dandoci le spalle, con lo scopo di rinchiudersi in camera e non  vederci mai più. Si fidava di lui su cosa? Non riuscivo a capire...O forse sì?
Mi voltai velocemente verso Geoff, ritrovandomi a fissare un ragazzo distrutto dentro, con i sensi di colpa che lo mangiavano vivo. Si strinse la testa con le mani, tirandosi i capelli. "Che cazzo ho fatto. Che cazzo ho fatto..." si ripeteva con la voce spezzata dalle lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi chiusi, trattenendo qualche singhiozzo. "Sono un coglione. B-Bridgette..."
Non riuscii a mandare indietro le lacrime. Scoppiai in un pianto interminabile, sentendomi colpevole della sua distruzione. Lui..Bridgette...E...Io cosa centravo?! Chi ero io per rovinare una relazione così forte?
Mi asciugai velocemente con il palmo della mano le numerose lacrime che bagnavano le mie pallide guance, per poi prendere coraggio e raggiungere il punk, fermo davanti alla porta, girato di spalle.
"Dunc-"
Una mano, una grande mano mi coprì violentemente la bocca, facendomi sobbalzare. Sgranai gli occhi sentendomi intrappolata, con una pistola puntata sulla mia nuca. Una scena fin troppo ripetuta per i miei gusti.
"GWEN!" urlò Geoff dietro di me, attirando l'attenzione di Duncan, che si girò velocemente. Sgranò gli occhi fissando l'uomo che mi bloccava.
"Justin..." mormorò confuso, portandosi la mano sulla tasca. Probabilmente aveva la sua pistola. 
"Duncan Nelson." sibilò il ragazzo, forse ghignando. La sua voce mi risuonò nelle orecchie. Cercai di scostare la testa lontano da lui, ma quest'ultimo mi bloccò ancora più forte. "Stai calma, dolcezza. Non hai nulla di cui preoccuparti!" disse ironicamente, caricando la pistola. A quel suono Duncan si paralizzò. Anch'io ero piuttosto impaurita. Tremavo come una foglia, mentre trattenevo il respiro per la tensione. Ero stufa, mi stavano capitando troppe cose sconvolgenti in così poco tempo. Mi sentivo debole, non riuscivo a difendermi. La scena di poco fa mi aveva tolto la voglia di fare qualsiasi così, perfino di salvarmi. Infondo, me la sarei meritata quella pallottola nel cranio. Al solo pensiero un brivido di freddo mi percorse la mia schiena rigida.
"Cosa vuoi?!" spezzò il silenzio il punk, ormai sull'orlo della pazienza.
"Credevate di fuggire da noi, eh?" mormorò minaccioso, liberando poi una sonora risata sadica. "Non si scappa dai Bulls, lo sai benissimo."
Mi accorsi che il punk aveva impugnato la pistola.
"Lasciala andare." ordinò poi, stringendo i denti. "Lei non centra niente."
"Ah sì?" mi strinse il viso con la sua mano libera, costringendomi a girarmi verso la sua faccia da cazzo. Sembrava uno di quei modelli troppo convinti. Occhi azzurri quasi trasparenti, capelli scompigliati castani e lunghi fino a sopra le spalle, un sorriso odioso ed un'aria piuttosto intontita. "Ma questa non è la ragazzina che avete rapito in banca?" chiese confuso, ma allo stesso tempo divertito. "Ancora non l'avete uccisa?"
Duncan socchiuse gli occhi ad una fessura, fulminandolo con lo sguardo. "Non toccarla." minacciò con tono autoritario.
"Ah, ho capito." sorrise come se avesse appena avuto un colpo di genio. "Durante la vostra fuga vi serviva qualcosa con cui sfogarvi, no? Che furbi..." quasi sussurrava infine, avvicinandosi di più a me.
"Ho detto di NON TOCCARLA!" ora urlava, puntando l'arma davanti al belloccio.
"Stai giocando con il fuoco, Nelson." si limitò a dire Justin, senza scomporsi. "Noi vogliamo quello che ci spetta, ovvero i soldi che ci dovete da anni. Non ci facciamo truffare da due ragazzini immaturi."
"E tu non li avrai." ghignò il punk, caricando la pistola con un colpo secco, ma proprio nel momento in cui stava per sparare, qualcosa lo anticipò.
Geoff colpì il criminale alla nuca con un vaso trovato chissà dove. "Muori infame!" sputò, riacquistando la sua sicurezza.
Dopo essermi ripresa dal breve shock, mi rivolsi ai due ragazzi. "Dobbiamo andarcene da qui." dissi, prima di cominciare a correre con loro verso l'uscita. Decidemmo di usare le scale, percorrendole con più velocità possibile, rischiando anche di cadere.
Duncan e Geoff impugnavano le loro armi, per cui presi anch'io la mia dalla tasca della felpa, caricandola.
Arrivati all'entrata principale dell'hotel, con nostra grande sorpresa scoprimmo di essere intrappolati. Pattuglie di polizia circondavano l'edificio, mentre due poliziotti armati ci puntavano le loro pistole. "Mani in alto e arrendetevi!" urlò uno di loro.
"Lasciate andare la ragazza!" ordinò l'altro, ma io, d'istinto, alzai le braccia e premetti il grilletto, colpendo dritto al petto uno di loro. 
Incontrai per qualche secondo gli sguardi sbigottiti, ma allo stesso tempo orgogliosi, di Duncan e Geoff, per poi sparare all'altro uomo.
"Siamo bloccati. Come facciamo ad uscire?!" mi feci prendere dal panico, guardandomi intorno. Le persone che si trovavano lì dentro erano a terra in ginocchio, con la testa coperta dalle braccia. Alcuni li sentivo pregare, altri piagnucolare...
"Troveremo una via di fuga..." cercò di calmarmi il biondino. 
Nel preciso istante in cui Duncan stava per dire qualcosa, ecco che dalla porta principale entrò una figura sensuale, slanciata e con curve molto sinuose. Morbidi capelli marroni ricadevano sulle sue spalle, e i suoi grandi occhi da cerbiatto ci guardavano soddisfatta. Indossava una tuta nera aderente, tacchi alti del medesimo colore, ed impugnava una cartella ed un palmare.
"Amore mio!!" trillò rivolgendosi al punk, con tono abbastanza sadico. "Ma cosa ci fai qui?" domandò ironica, baciandolo in modo spinto. Sussultai alla vista di quel suo gesto. Gelosia?
Duncan, dapprima spiazzato, la scostò violentemente, facendola quasi traballare. "Ma che cazzo stai facendo?!" le urlò in faccia, stringendo la sua arma con una rabbia immensa.
"Quanto siamo girati qui." roteò gli occhi, portandosi le mani sui suoi fianchi sexy. Poi puntò il suo sguardo minaccioso su di me. "Gwendoline Carter?" disse quasi a sé stessa incerta, come se avesse visto un fantasma. "Ma i giornali non dicevano che eri morta?" si rivolse poi a Duncan, accennando un sorriso orgoglioso. "Sapevo che non eri più un assass-" si bloccò, notando le guardie a terra prive di vita. "Ok. Mi sono sbagliata. Allora...E' LA TUA SCOPAMICA?!" il suo urlo minacciò i miei timpani di rompersi.
"MA CHE CAZZO STAI DICENDO?!" anche il tono di voce del ragazzo era piuttosto alto.
La ragazza schioccò le dita. "Ragazzi, all'opera!" mormorò sensualmente. "Noi ci rivedremo presto." aggiunse poi, uscendo dall'hotel.
Sei uomini muscolosi e grossi uscirono dal nulla. Qualcosa mi diceva che non erano venuti in pace.
"Ma chi sono?!" ero confusa.
"Tsk..." si limitò a dire il punk, quasi come fosse divertito da questa situazione.
Sulle loro maglie nere vi era scritta una parola in bianco. Lawyer?
"Avvocati?" ora ero molto più confusa.
"I famosi avvocati di Courtney Barlow." anche Geoff era divertito, e qualcosa mi diceva che sapevano già che sarebbero arrivati. "Credono davvero di sconfiggerci così?"
I due si scambiarono uno sguardo di intesa, lanciandosi insieme verso il gruppo di quegli 'avvocati insoliti'. Forse si era risolto tutto? No, non era possibile...
Cominciò una sparatoria che fece fuggire i presenti dalla sala. Duncan schivava con maestria i colpi, difendendosi a sua volta con altri colpi, prendendo perfettamente tre uomini. Geoff era riuscito a farne fuori uno, e intanto che io ero occupata con l'unico uomo di colore tra il gruppo, il festaiolo fu colpito alla spalla, facendolo gemere dolorosamente. 
"Cazzo!" urlò sconvolto, guardando a occhi spalancati il sangue sulla sua mano e sulla sua camicia.
"Geoff!" mi catapultai su di lui dopo aver fatto fuori l'avvocato. "Blocca l'emorragia, Gwen!" mi ordinò il punk, ancora occupato con gli ultimi due rimasti. Sparò più volte contro l'uomo che aveva ferito Geoff, come per vendetta.
Con una manica strappata dalla camicia di Geoff, riuscii a coprire la sua ferita, bloccando il flusso di sangue che fuoriusciva senza sosta.
"Come stai?" gli chiesi impaurita, tremando visibilmente. Anche la vista di quel liquido rosso mi faceva questo effetto.
"Bene, non preoccuparti." cercò di alzarsi con il mio aiuto. "Grazie..." mormorò poi, regalandomi un sorriso forzato.
"Andiamo." mi ordinò il punk, prendendomi per un braccio, facendomi uscire con lui.
Mi puntò la pistola, come suo solito, ed urlò. "Giù le armi o la uccido!!"
Corremmo tutti e tre verso la nostra auto, riuscendo a scappare dagli sbirri che ci seguivano senza arrendersi.
"La nostra roba! I nostri soldi!" disse paralizzato il festaiolo, ricordando di aver scordato tutto nella camera.
"Merda." sibilò Duncan.
E durante quella lunga notte illuminata dalle luci della città, ci allontanammo da Indianapolis.

***

Duncan era rimasto con gli occhi fissi sulla buia strada, concentrato a non causare incidenti per colpa della sua mente che era da tutt'altra parte.
Geoff era seduto in un angoletto ad osservare con occhi spenti e malinconici il finestrino, mentre si stringeva la spalla dolorante. Non osava nemmeno sfiorarmi, e questo era comprensibile...
Io restavo in silenzio a fissare un punto vuoto della macchina, respirando silenziosamente per paura di essere sgridata. Mi sentivo una merda, una tradritrice, una lurida puttana. La notte prima facevo chissà cosa con Duncan, e il giorno dopo baciavp Geoff?!
"Tsk." il punk interruppe il silenzio sbuffando sonoramente, magari stufo di quell'atmosfera così tesa. Non poteva continuare così all'infinito.
"Duncan..." sussurrò con timore il biondo, mantenendo lo sguardo sulla strada.
Dopo un po' di esitazione l'altro emise un "Mh." scocciato.
Incontrai gli occhi azzurri di Geoff, che rispose al suo amico. "Sapevamo già che c'era Justin nell'hotel."
"Perché non mi hai avvisato?" ribatté irritato, stringendo i pugni sul volante.
"Ci stava per vedere." spiegò, ma, non ottenendo alcuna risposta, continuò. "E per non farci beccare l'ho bac-"
"Sì certo." lo bloccò lui, non credendo a ciò che aveva sentito.
"Non crederai mica che io lo facessi davvero!" si giustificò Geoff. I due incrociarono lo sguardo dallo specchietto. "Non ti fidi di me?" mormorò infine arrendendosi.
Il punk abbassò la testa. "Non lo so più."
Volevo intromettermi, volevo prendermi io tutta la colpa. Non sopportavo di vedere un loro litigio. Andiamo, era migliori amici, cazzo! 
"Ci avrebbe uccisi all'istante." ritentò il festaiolo. "Io...io amo Bridgette."
Duncan frenò l'auto accanto ad un vecchio bar isolato dal mondo, girando poi la testa verso l'amico, senza però fiatare.
"E so cosa provi tu per Gwen..."
Sgranai gli occhi, girandomi di scatto verso Geoff, e poi verso Duncan, che ricambiava il mio sguardo indifferente. I suoi occhi non lasciavano proferire nessuna emozione, né sorpresa, né imbarazzo. Come se aspettasse una mia reazione.
Cosa potevo fare in quella situazione? Dire un semplice 'Che bello, ti amo anch'io!'? Sì perché, mi sto rendendo conto di provare qualcosa di più per quel criminale dal cuore dolce, più di una semplice amicizia come tra me e Geoff.
Balbettai parole incomprensibili, facendo sorridere Duncan, che poi si rivoltò verso il biondo.
La sua attenzione cadé sul braccio ferito. "Fa male?" chiese quasi preoccupato, facendo sussultare Geoff.
"Un po'..." mormorò lui, massaggiandosi la fasciatura.
Il punk accennò un sorriso di comprensione. Dai, andiamoci a fare una birretta." propose amichevolmente, dando una pacca sulla spalla all'amico, che si riprese dal suo stato malinconico.
Ridendo, uscirono dall'auto, lasciandomi impietrita ma allo stesso tempo sollevata da quella situazione.
"Gwen!" mi chiamarono all'unisono i due, facendomi quasi sobbalzare, avvolta già dai miei pensieri.
"A-arrivo!" urlai, inspirando profondamente ed aprendo la portiera.
Volevo assolutamente parlare con Duncan.

I raggi del Sole che penetravano dal finestrino si posarono sui miei occhi stanchi, svegliandomi dal mio sonno profondo e pensieroso.
Il giorno prima non ero riuscita a dire una parola. Dopo qualche birra e una sigaretta i due ragazzi avevano avuto la brillante idea di prendersi a cazzotti con dei camionisti che frequentavano quel bar, costringendoci a scappare da lì ed andare chissà dove nel buio più totale della strada.
Duncan ne era uscito con un occhio nero, mentre Geoff qualche livido sul braccio e sul viso, e per fortuna non gli avevano colpito il braccio dolorante. Erano tutti e due distrutti.
Mi stiracchiai sbadigliando rumorosamente, facendo smuovere quello accanto a me. Duncan.
Sobbalzai notandolo troppo vicino a me, ma addolcii lo sguardo ammirandolo mentre ancora dormiva beatamente. 
Sul volante giaceva quel pazzo di Geoff. Sicuramente si erano dati il cambio per guidare mentre io ero addormentata.  Non volevo svegliarli...Erano troppo tranquilli per essere vero! Potevo godermi quel momento di tranquillità, dopo due settimane!
Decisi di uscire dall'auto ed andarmi a sgranchire le gambe in giro per questa via isolata. Rubai una sigaretta dalla tasca del punk, gli lasciai un leggero bacio sulla guancia ed aprii la portiera.

"Carter, in ritardo il primo giorno di lavoro dopo le vacanze?"domandò sarcastico il mio datore di lavoro. Chris McLean.
"Lo so, e mi dispiace." mi scusai con disprezzo, poggiando la mia borsa e i fogli di lavoro sul bancone. "Mi farò perdonare." roteai gli occhi.
"Giusto, Carter. Oggi starai qui una mezz'ora in più. Devi pulirmi l'ufficio." propose McLean, col suo solito sorrisino sadico. "Buon divertimento!" se ne andò poi, scomparendo dietro la luccicante porta di legno del suo ufficio.
Sbuffai, ruotando la sedia girevole verso la coda di clienti che mi attendeva in quella lunga giornata di lavoro.


Mi poggiai sul cofano, accendendomi con semplicità la sigaretta, facendo un lungo tiro prima di espirare lentamente il fumo. Lo osservai dissolversi nell'aria, fino a scomparire completamente.

"E so cosa provi tu per Gwen..."

Provava davvero qualcosa per me? Io? La ragazza che fino a due settimane aveva rapito in una banca? La cosa in un certo senso era divertente. Il ladro e l'ostaggio. Un'amore impossibile.
Amore...che parola strana per me. Io che non ho mai provato l'amore vero. Io che sono sempre stata tradita, illusa. 

"Dove sei andato?"
"I miei compagni del corso di chitarra mi hanno chiamato per uscire insieme." rispose quasi scocciato il mio fidanzato. Trent.
Il ragazzo di cui mi ero invaghita due anni fa, il primo anno di liceo. Era diverso dagli altri. Era un ragazzo tranquillo, semplice, a cui interessava la musica e non faceva lo snob per farsi notare.
"MA SE DAWN TI HA VISTO CON UNA TROIETTA POCO FA?!" sbottai udendo l'ennesima cazzata di quest'ultimo.
Sì, era cambiato col tempo. No, le persone non cambiano. Le persone si rivelano.
E lui mi aveva presa per il culo per tutto questo tempo.
"DEVI FARTI I CAZZI TUOI!"
Uno schiaffo.
Le lacrime.
La fuga.
Fuggire dai miei falsi genitori, dai falsi amici, e da quella vita di merda. Lontano da tutti, lontano da tutto.
Ma il dolore sarebbe scomparso come me?


Potevo sperare nell'amore vero? In un amore fatto di fuga, omicidi e rapine? 
Feci un altro tiro per scacciare i mille problemi che mi invadevano la mente. Non dovevo farmi troppe domande. Non dovevo complicare le cose. 
I miei obbiettivi dovevano essere andare a San Francisco, conoscere Bridgette e chiederle scusa, dimenticare tutto e farmi una vita lì. Semplice.
Ma lo era davvero?
Davvero saremmo riusciti a svignarcela dalla polizia, dai Bulls e da Courtney? 

Tre semplici ragazzi potevano fuggire dal loro destino?

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***



--->Capitolo VII


"Dai su, basta piangere..." mi coccolava tra le sue braccia, mentre mi accarezzava dolcemente i capelli.
"I-io...non so più che fare...Di chi fidarmi..." fui bloccata dai mille singhiozzi. "T-Trent...io n-non lo credevo così..."
Lui mi strinse ancora di più. "Ci penserò io a fargliela pagare." cercò di tranquillizzarmi. "Sappi però che per te ci sarò sempre..." 
Rimasi in silenzio ad assaporare quel momento di protezione che provavo solo con lui, il mio migliore amico.
"Dove hai intenzione di andare adesso?" spezzò poi il silenzio, che si faceva sempre più teso.
"P-pensavo di andare a New York...Lontano da tutti..." risposi insicura, con la paura di una sua brutta reazione.
"Lontano da me?" mormorò quasi offeso.
"Resteremo in contatto..." proposi, facendolo sorridere.
"Quando potrò ti raggiungerò. Non voglio perderti."
Mi voltai verso di lui, scoprendo i miei occhi rossi e gonfi per il pianto e le mie guance sporche di mascara colato. Gli sfuggì un dolce sorriso sul volto, mentre con la sua mano mi asciugava le lacrime.
"Ti amo, Gwen..." si dichiarò, con un po' di esitazione. Si avvicinò pian piano a me, fino a sfiorare il mio naso.
"Anch'io, Scott."


"Gwen..."
Mi girai verso la voce che aveva invocato il mio nome, con una nota di stanchezza e sorpresa. Era Duncan.
"Buongiorno!" lo salutai con un sorrisino malizioso, notando il suo aspetto poco lucido, con i capelli scompigliati, gli occhi che a malapena restavano aperti per la luce del sole e le labbra impastate per colpa della birra del giorno prima.
"Buongiorno mattiniera...Che stai facendo?" chiese curioso, poggiandosi accanto a me sul cofano.
Alzai la mano per fargli vedere la sigaretta, ma con mia grande sorpresa, scoprii che era del tutto consumata.
"Merda..." imprecai a bassa voce, buttando a terra il mozzicone e schiacciandolo con il piede. "Pensavo..." risposi poi sinceramente alla domanda del punk, che era rimasto in silenzio ad osservare ogni mia mossa con interesse.
Senza dire altro prese il suo pacchetto dalla tasca. "Vedo che sei una ladra molto esperta, eh?" mi stuzzicò ironicamente, dopo aver scoperto di avere una sigaretta in meno. Ops.
Scoppiammo a ridere tutti e due, poi me ne porse un'altra. "Tieni." sorrise amichevolmente, contagiando anche me.
Avvicinandoci pericolosamente accendemmo le nostre Marlboro con il suo accendino nero, espirò una nuvola di fumo e si mise le mani in tasca con fare da bulletto del liceo.
"Ti manca la tua vecchia vita?" domandò poi il punk, guardandomi negli occhi come per pretendere una risposta sincera, ma dal suo sguardo notavo che stava comprentendo finalmente la mia situazione.
"Un po'..." risposi abbassando la testa.
Rimase muto ad osservarmi.
"Se vuoi...sei libera di andare."
Sgranai gli occhi, per poi rivoltarmi verso di lui senza parole.
"C-cosa..Davvero?" balbettai, pensando di aver capito male cosa avesse detto.
"Hai capito bene." spiegò semplicemente, facendo un altro tiro di sigaretta.
Abbassai nuovamente la testa. Nella mia mente balenarono mille pensieri su come sarei ritornata a New York, ripresentandomi davanti a tutti come la sopravvissuta di un rapimento. Mi sarei dovuto dimenticare della nostra piccola e breve avventura, delle nostre litigate, di Geoff...e di Duncan.
"No." obbiettai sicura di me, facendo sussultare il punk accanto a me. "Io...voglio venire con voi a San Francisco."
 Mi avvicinai lentamente a Duncan, che mi guardava confuso, e intrecciai le braccia sul suo collo.
Baciai un angolo del suo volto, e dissi, dopo un momento, con un'ombra di tagliente dolcezza:

"Voglio essere tua."

"Cos'è l'amore?" Che domanda... 
E'da anni che l'umanità si pone certe domande.
'Perché siamo nati?'
'Perché esiste la morte?'
'Perché soffriamo?'
Nessuno ha mai dato una risposta ben precisa a tutti questi quesiti che ci tormentano l'esistenza.
Eppure, io una risposta alla mia domanda, sono riuscita a trovarla.
"Cos'è l'amore?" 
"L'amore, è lui."


Mi avvicinai alle labbra del punk, desiderosa e impaziente di riassaporarle dopo quella notte. Anche lui bramava quel desiderio. Mi prese il viso tra le mani,  dischiusi gli occhi, e...
"BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP."
Spalancammo tutti e due gli occhi dalla paura. Io caddi a terra, mentre Duncan si girò in direzione dell'improvviso rumore del clacson.
"GEOFF!!" urlò sbattendo un pugno sul cofano dell'auto. Il ragazzo in questione si svegliò improvvisamente, sbattendo la testa da qualche parte.
"Ahi!!" gridò anche lui, massaggiandosi il punto in cui si era appena fatto male. 
Scoppiai a ridere, capendo che aveva poggiato per sbaglio la testa sul clacson mentre dormiva.
"Geoff! Sei sempre il solito!" commentò Duncan, aiutandomi ad alzarmi.
"Ricordo che ti eri comportato diversamente l'ultima volta!" accennai un sorriso divertito, riferendomi a quella volta in cui mi scontrai per la prima volta con lui.
Dopo che ebbe capito, sfoggiò un sorriso strafottente. "Ehi bambola, dovevo fare una rapina, io!" si scusò ironicamente, provocando un'altra mia risata.
"Maledizione!" imprecò Geoff, scendendo dall'auto goffamente. "Ho bisogno di una bella doccia. Puzzo di birra!" si avvicinò a noi annusandosi la maglietta.
"Anch'io..." ribatté anche il punk.
"Dove andiamo?" chiesi io, incrociando le braccia
"Mmmh..." prese il cellulare dalla tasca, probabilmente controllando il GPS. "Una piccola città....Terre Haute" rispose dopo un po' alla mia domanda, lasciandomi perplessa.
"Terre Haute?" ripetei pensierosa. "Conosco un'amica che si è trasferita lì per stare con sua nonna..." continuai poi.
I due ragazzi mi guardarono perplessi, per cui dovetti spiegargli meglio.
"Potrei farmi ospitare da lei per un po'! Almeno avremo un tetto per un po'!"
"E un bagno!" aggiunse ironicamente il festaiolo, facendo annuire Duncan.
"Mh, potrebbe andare bene." disse incrociando anche lui le braccia. "Lei sa del tuo 'rapimento', e di noi?" domandò poi.
"No, non credo. E' da un bel po' che non le parlo. Posso dire che siete due amici!" 
Alla fine accettarono tutti e due, e ci avviammo verso Terre Haute, non prima di aver fatto un salto in un bar e di aver svaligiato qualcuno...

***

Con un po' di esitazione, premetti il dito contro il campanello.

*Ding Dong*

Erano le 17.00, chissà se era in casa!
"Chi è??" urlò dall'interno della sua casetta rosa la ragazza, aprendo la porta lentamente.
Davanti a sé si ritrovò la sua vecchia amica, in compagnia di due ragazzi sconosciuti che puzzavano di birra, tra cui un punk non molto amichevole.
"Gwen!" invocò la mia voce con sorpresa, quasi confusa.
"Dov'è il bagno?" chiese con indifferenza il festaiolo, scansando la ragazza ed entrando goffamente in casa. Maleducato. Aveva anche una sigaretta in bocca, peggio di così?
"Heather..." abbassai la testa, imbarazzatissima per quello che aveva appena fatto Geoff, e per quello che sicuramente avrebbe fatto il ragazzo accanto a me.
Quest'ultimo mi circondò la vita con un braccio, tirandomi a sé dolcemente.
"Gwen, non mi presenti la tua amica?" mi domandò con falsa gentilezza, accennando un sorriso alla ragazza in questione.
Sbuffai, facendo ciò che aveva detto. "Heather, lui è Duncan. Duncan, lei è Heather." farfugliai con indifferenza. I due si strinsero la mano. Heather era ancora più perplessa.
"Gwen...Qual è il motivo della tua amichevole visita?" chiese lei,  con una nota di irritazione. Sì, eravamo nemiche giurate al liceo.
"Ehm..." riuscii ad emettere solo questo, dovendo ancora inventare tutta la faccenda.
"Dai, entrate."

"Il tuo amichetto è molto simpatico..." commentò sarcastica l'asiatica, osservando il festaiolo che usciva dal bagno con un asciugamano fregandosene di tutti i presenti nel salotto. "E molto...educato?" aggiunse poi, facendo una smorfia.
Intanto Duncan era seduto accanto a me, ed ancora mi teneva la mano, ma era da un bel po' che ammirava rapito la mia vecchia 'amica'.
Beh, ci credo. Una ragazza bellissima, magrissima, curve sensuali, fisico perfetto, capelli perfetti, viso perfetto....Chissà a cosa stava fantasticando il punk? No, non volevo saperlo.
L'asiatica si accorse di essere osservata, per cui domandò:
"State insieme?"
"E'?" Duncan uscì dai suoi pensieri, scuotendo la testa e rivolgendosi a Heather.
Io mi ero irrigidita, non sapendo cosa rispondere. Idiota, certo che non state insieme!
"Sì, stiamo insieme!" rispose il punk, sfoggiando un ghigno malizioso mentre mi stringeva ancora di più. Cosa stava cercando di fare?!
Girai la testa verso di lui molto lentamente, lanciandogli poi uno sguardo assassino.
"Wow! Allora dovresti tenerlo al guinzaglio il tuo fidanzatino." sibilò guardando male quest'ultimo.
Lui, notando i nostri sguardi minacciosi, si alzò di scatto. "Vado...a farmi una doccia!" si giustificò, sgattaiolando fuori dalla stanza. Anche Geoff lo seguì, confuso da ciò che aveva sentito poco fa. Sicuramente voleva una spiegazione, e la volevo anch'io.
"Come sta tua nonna?" cambiai discorso, ma sbagliai di grosso.
L'asiatica abbassò la testa. "Beh...è morta un anno fa." spiegò tristemente.
"Ah..." rimasi a bocca aperta. "M-mi dispiace..." maledetta la mia lingua lunga!
"No, non preoccuparti..." accennò un sorriso per tranquillizzarmi. "Come mai da queste parti?"
Oddio, cosa potevo inventarmi?!
"Beh...io..abitavo con Duncan...il mio ragazzo..." oddio, dirlo ad alta voce mi faceva uno strano effetto. "Però abbiamo perso la casa...E quell'altro mio amico, Geoff, ci ospiterà a casa della sua ragazza, a San Francisco." spiegai, balbettando. "E per adesso eravamo qui nei dintorni, e mi sono ricordata di te!"
"Mi fa piacere!" sorrise lei.
Il silenzio si diffuse nella stanza, un silenzio un po' teso.
"Tu abiti da sola?" chiesi all'improvviso.
"No, cioè...sì. Ma ogni tanto viene a farmi compagnia un ragazzo." arrossì visibilmente, facendomi ghignare.
"Bene!" trattenni una risatina.
"Comunque è molto meglio del tuo!" si vantò ricomponendosi. "E' educato, sexy, bellissimo, con buoni gusti nel vestire, e soprattutto...E' molto bravo!" mi fece l'occhiolino. Wow, la fanatica Heather è ritornata alla riscossa dopo quattro anni! Quasi mi mancava! Quasi.
"Wow." mi limitai a dire.
"E quella specie di punk?" chiese poi spavalda.
"Che?" feci finta di non capire. Non doveva arrivare a quei discorsi! Non stavo con Duncan! Cosa potevo inventarle?!
"Dai Gwen! Lui è bravo in quelle cose?" fece un altro occhiolino, diventando più maliziosa del solito.
Abbassai lo sguardo. Cosa potevo saperne io?! Ero ubriaca marcia quando l'ho...
Arrossii al solo pensiero. Strinsi i pugni e ritornai a guardare gli occhi impazienti della mia amica.
"Diciamo che è molto esperto. Sa soddisfarmi." risposi inventandomi tutto. O forse non tutto.
Infondo,  di quello che mi ricordavo...Non era affatto male! ...STUPIDA!
"E...che fine ha fatto Trent?"
Mi irrigidii di colpo, cominciando a tremare improvvisamente.
"T-Trent..." mormorai, sentendo già gli occhi lucidi. Il ricordo era ancora così vivo dentro di me? Tutto quello che mi aveva fatto passare? Tutto, ricordo tutto, nonostante me ne fossi andata proprio per dimenticare.
Mi portai le mani davanti la faccia, poggiando i gomiti sulle ginocchia.
"Heather...n-non parliamo di lui..T-ti prego..." la supplicai tra i singhiozzi.
Non sapevo che espressione avesse ora lei, visto che non volevo farmi vedere in lacrime, anche se lo aveva capito...
"Gwen..." sussurrò sorpresa da quella reazione.
In quel momento sentii entrare nella stanza i due ragazzi.
"Ehi..che succede?" chiese confuso Geoff.
"Gwen..." Duncan mi si avvicinò, sfiorandomi una spalla. Sentendo quel contatto tanto familiare, mi fiondai tra le sue braccia, affondando il mio viso bagnato dalle lacrime sulla sua felpa, anzi, sicuramente una felpa trovata in giro per la casa.
Il ragazzo in questione mi abbracciò forte a sua volta, accarezzandomi i capelli.
"Che è successo?" domandò serio a Heather davanti a noi, confusa  più di loro da quella scena.
"N-non lo so...le ho chiesto se avesse ancora contatti con un suo ex..." rispose un po' intimorita che la sentissi.
"Meglio se vai a driposare un po', ok?" sussurrò lui poi a me,  avvicinandosi dolcemente al mio orecchio.
"Beh...ho la stanza di mia nonna libera...Lì c'è il letto matrimoniale, dove potete stare voi. Per il biondino..." spiegò quasi irritata parlando di Geoff. "Lui può stare nella stanza degli ospiti. C'è un solo letto!" aggiunse.
Io e Duncan ci girammo nello stesso momento verso di lei. "Dobbiamo dormire nella stessa stanza?!" domandammo sbalorditi, quasi urlando, all'unisono, facendo sobbalzare Heather.
"S-sì...Mi avete detto che state insieme e convivevate!" si scusò perplessa. "Che problema c'è?"
Lanciai un'occhiataccia minacciosa al punk, che però non rese bene l'idea dell'odio che stavo provando per lui in quel momento per colpa dei miei occhi ancora lucidi e arrossati.
"Nessun problema." ribattei, sciogliendomi dalle braccia di Duncan per raggiungere la stanza.
"Non ceni?" mi fermò Heather.
"Non ho fame..." mormorai, uscendo dal salotto.

***

Dopo essermi fatta un meritato bagno rilassante, mi diressi nella mia momentanea stanza. Tempo fa era della nonna di Heather, e questa cosa mi metteva un po' paura...
Heather mi aveva lasciato un suo pigiama sul letto. Era diventata più gentile e amichevole con me adesso...Non eravamo più ragazzine!
Mi tolsi l'accappatoio che mi copriva a malapena, e mi vestii in un lampo. Non vorrei che Duncan entrasse proprio in questo momento!
Poco dopo, parli del diavolo e spuntano le corna, entrò lui, pure senza bussare. 
Io mi ero appena seduta sul bordo del letto e lo fissavo mentre si scompigliava i capelli con una mano e l'altra ce l'aveva in tasca, mentre sbadigliava. Era anche a torso nudo!
Mi lanciò un'occhiata veloce, prima di buttarsi sull'altro lato del letto, emettendo un gemito di sollievo.
"Aaah! Da quand'è che non dormivo su un letto così comodo??" disse contento, girandosi poi verso di me, che lo fissavo quasi divertita.
"Ehm..." si ricompose. "...Se vuoi posso dormire da un'altra parte..." propose, pensando che mi desse fastidio.
Oddio, oddio, oddio. Io e Duncan dovevamo dormire nello stesso letto?
"N-no no...resta pure..." ribattei uscendo dai miei pensieri. Mi sistemai sotto le coperte, dando le spalle al punk.
"Ok...Buonanotte" mormorò, girandosi anche lui dall'altro lato.
Sentivo la sua schiena sfiorare la mia, ed un brivido di piacere mi percorse tutto il corpo.
"Gwen..." mi chiamò dopo interminabili minuti di silenzio.
"Mh?"
"...Cosa c'era tra te e...lui?"
Spalancai gli occhi a quell'improvvisa domanda. Era troppo curioso per i miei gusti.
"...Gelosia?" lo stuzzicai, non sapendo come scappare dal quel discorso.
"Sì. Cioè, no!" si ingarbugliò con le parole, alzandosi e sedendosi sul letto.
Mi girai verso di lui, restando allungata. Accennai un sorriso divertito.
"Cioè..." si grattò la nuca nervosamente. "Ti ho vista in quelle condizioni prima, e...penso che...non sia stata una bella relazione quella..." si spiegò meglio, facendomi scomparire la risata.
"Eh già..." annuii, staccando lo sguardo da lui per guardare il vuoto. "Ho passato tante cose brutte prima di trasferirmi a New York..." aggiunsi, sedendomi anch'io accanto al punk.
Mi portai il ciuffo di capelli che mi ricadeva sul viso dietro l'orecchio, mentre Duncan mi osservava stranamente.
"Sei bellissima..." sussurrò, portandosi poi velocemente le mani davanti la bocca. "...Cioè, no! Volevo dire...Mi dispiace molto per te..." si corresse poi, balbettando come un bambino.
"Anche a me..." mormorai. I miei occhi caddero sui suoi pettorali, restandone abbagliata.
Duncan, che se ne accorse, mi scompigliò giocosamente i capelli, sfoggiando un suo bellissimo sorriso da bambino. Restai rapita anche da quello, prima di tirargli la cresta.
"Ehi! Che fai!" 
"Vendetta!"
Cominciammo a giocherellare come due ragazzini, tirandoci i capelli e rotolando nel letto.
La lotta finì quando Duncan mi bloccò sotto di lui, guardandoci negli occhi.
"Duncan..." sussurrai sensualmente, facendolo avvicinare.
Quando fu abbastanza vicino da sentire quasi il suo respiro sulla mia pelle, sorrisi e...
"MA COME CAVOLO TI E' VENUTO IN MENTE DI DIRE QUELLE COSE A HEATHER?" lo sgridai, facendolo allontanare.
"C-che?" mi guardò confuso. Sì sarà spaventato...Avrò esagerato?
"Ora cercherà di rubarti per farmi ingelosire!" spiegai meglio la mia improvvisa reazione.
Il suo sguardo dapprima perplesso si trasformò in malizioso.
"Allora sei gelosa!" si riavvicinò lentamente a me.
"No!" ribattei secca, girando la testa per non guardarlo negli occhi.
"Ammettilo..." sussurrò al mio orecchio, accarezzandomi con un dito la mia guancia arrossata, facendomi venire i brividi.
"Duncan..." mormorai, per supplicarlo di smetterla.
"Ti da fastidio?" mi stuzzicò malizioso, continuando a passare il dito fino a dietro l'orecchio.
Trattenni un gemito di piacere. Basta, Duncan. 
Mi avvicinò di più a sé, baciandomi sul collo e lasciandomi qualche piccolo morso sullo stesso punto. 
Sorrise sulla mia spalla. "Cosa provi?" continuò a depositarmi una scia di baci sulla mia pelle candida e liscia, facendomi rabbrividire ancora di più.
"Che stai facendo?" cercai di chiedergli in un sussurro, spezzato dai gemiti che trattenevo per quel contatto tanto ravvicinato con Duncan.
"Sono drogato." sghignazzò piano, risalendomi lungo il collo fino al viso. "Mi sono drogato di te." disse, fiondandosi ardentemente sulle mie labbra, congiungendole con le sue.
Scese la mano sul bacino, accarezzandomi poi la coscia, portandosela sul suo fianco, mentre con l'altra mano mi teneva il viso più vicino a sé. Incrociai le  braccia sul suo collo, scompigliandogli lentamente i capelli con lo stesso ritmo di come le nostre lingue danzavano nelle nostre bocche.
Ci staccammo per sfilarmi la maglia del pigiama, ricercando subito le sue labbra per paura che scappasse via da me.
"Duncan..." sospirai, poggiando le mani sul suo petto per scansarlo.
"Mh?" chiese, ristaccandosi di malavoglia da me. 
Cercai i suoi occhi azzurri, perdendomici dentro.

"Ti amo." dissi.

Sorrise, prima di azzerare la breve distanza tra noi due.



--->Angolino dell'autrice pervertita<----

Ma ciao a tutti i miei cari lettori!
L'aggiornamento, eccolo!^^
Ve lo aspettavate che sarebbe entrata in scena Heather?
E....Scott e Gwen erano molto uniti! E Trent è OOC, lo so...^^"
Credo che tarderò un po' a mandare i nostri fuggitivi da Bridgette,
ho in mente tanti colpi di scena!
Ringrazio tutti quelli che mi hanno recensito fin dal primo capitolo! Ve se ama!*3*
Un bacino a tutti!



 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***



--->Capitolo VIII


"Buongiorno." mormorai stiracchiandomi, entrando in cucina lentamente, manco fossi uno zombie. Avevo un'aspetto a dir poco orribile: la pelle più pallida del solito, il trucco tutto sbavato in faccia, i capelli arruffati peggio di un cespuglio e due occhi che non riuscivano nemmeno ad aprirsi per colpa della luce. Sbadigliai rumorosamente.
"Dormito poco?" chiese divertita Heather, che continuava a squadrarmi da capo a piedi mentre addentava una brioche al cioccolato.
"Eh già." risposi, dando un leggero bacio sulla guancia a Geoff, che sorrise amorevolmente, e sedendomi accanto a loro, prendendo uno dei caldi biscotti che si trovavano dentro un piattino celeste posto al centro della tavola. Il profumo era molto invitante, e rendeva quell'atmosfera adorabile. La finestra socchiusa, decorata con delle tende lilla floreali, faceva entrare dei caldi e deboli raggi di sole -strano che a febbraio la temperatura sia così alta!- che illuminavano quella piccola cucina di legno, molto antica probabilmente. 
"Li hai fatti tu?" domandai spezzando il piacevole silenzio che si era creato, mordendo e assaporando lentamente un pezzetto del biscotto al cioccolato. Buonissimo.
Fece cenno con la testa di sì, con fare molto soddisfatto.
"Mi ha aiutata anche lui." aggiunse poi, indicando il festaiolo che sorrideva entusiasto.
"Wow. Non sapevo che sapessi fare i biscotti." lo schernii ironicamente, sorseggiando poi un po' di caffè che avevo trovato già pronto in una tazzina di ceramica.
"Sono pieno di doti, io!" si vantò lui, sistemandosi un ciuffo biondo di capelli che gli era ricaduto sul viso.
Ammirai dolcemente il suo semplice gesto, accennando un sorriso.
"Devo ricredermi. Il tuo amico è molto simpatico!" mi risvegliò dai miei pensieri l'asiatica, mischiando il suo latte con del caffè.
Il ragazzo in questione sfoggiò un altro sorriso orgoglioso.
Che scena così...familiare? Mi mancavano questi momenti. La colazione, dove tutta la famiglia si raduna e parla del più e del meno prima di andare a lavorare o a scuola...
Anche se ero stata adottata, certe esperienze le avevo provate anch'io. Anch'io avevo due genitori -adottivi- che mi volevano bene. Solo che, non sopportando più né loro né Trent, sono dovuta andar via, restando sola.
Lanciai un altro sguardo al ragazzo accanto a me, che stava teneramente inzuppando un biscotto nel latte. Mangiò poi una brioche e bevve tutto il latte.
Mi girai dopo verso Heather che, dopo aver finito di mangiare, si alzò dal suo posto, prendendo i vari oggetti da mettere nel lavabo.
"Geoff, dove hai messo la forchetta?" chiese poi al ragazzo, avvicinandosi a lui per sparecchiare.
"L'ho POSATA!" ribatté, scoppiando subito dopo a ridere fragorosamente, contagiando anche me.
"Ah ah. Battuta molto divertente." commentò sarcastica, aprendo il palmo della mano davanti la faccia di Geoff. "La forchetta." ordinò fredda.
"Ridi, ogni tanto!" la 'rimproverò' lui deluso, porgendole la posata.
La ragazza, sbuffando sonoramente, pulì in un lampo tutta la cucina, e, prendendo il suo pacchetto di sigarette 'Camel' dal tavolo, raggiunse il balcone, dove si poggiò  con le braccia sul davanzale di pietra. Io e il festaiolo la seguimmo, scrutando il paesaggio di quel piccolo paese. Heather si accese una sigaretta, portando gli occhi su di noi.
"Ne volete una?" chiese gentilmente, facendoci vedere il pacchetto.
"No no, ho le mie." rispose il ragazzo, estraendo dalla tasca le sue 'Marlboro Gold'.
"Io sì." ribattei invece io, prendendone una dalla sua mano.
Dopo qualche tiro e una manciata di secondi passati in un silenzio non troppo teso, mi resi conto che mancava qualcosa, o qualcuno.
Io, Geoff, Heather...Dov'era Duncan? Quando mi ero svegliata non c'era!
In un nanosecondo la mia mente si riempì di ogni dettaglio della sera precedente, facendomi rabbrividire. Una scossa di piacere mi percorse tutto il corpo, e rimasi immobile a fissare il vuoto davanti a me, ricordandomi tutti i particolari...Molto più di quanto ricordavo della notte nel locale...
"Gwen?" mi chiamò Geoff con una nota di preoccupazione, scrutando la sigaretta tra le mie dita che si stava consumando velocemente, ed il mio sguardo piuttosto distratto.
"Ma...Duncan?" domandai esitante, risvegliandomi nuovamente dal mio trans.
"Si è alzato presto per andare a fare delle...'commissioni'." mi rispose Heather, gesticolando con le mani per fare il segno delle virgolette sull'ultima parola.
Buttai il mozzicone giù dal balcone, sospirando. Chissà di che tipo di commissioni stava parlando...
Lasciai da soli i due ragazzi, che avevano cominciato a parlare di Bridgette e di come si siano allontanati, e ritornai nella camera in cui io e Duncan avevamo...dormito. Mi diedi una veloce, e schifata, occhiata allo specchio, e presi dei vestiti per andarmi a lavare: un semplice maglione blu notte, ed un paio di jeans stretti chiari, con delle scarpe da ginnastica.
Prima di chiudere la porta alle mie spalle, intravisi un foglietto di carta piegato sul comodino accanto al letto. Incuriosita, andai a prendere quella specie di lettera, aprendola.

 
Sono uscito a risolvere un piccolo problemino,
tornerò oggi pomeriggio, non preoccuparti.
Duncan.

Sbuffai. Mille dubbi mi assalivano la mente.
E se quel problemino fosse grave? O peggio, se Duncan fosse andato via da me dopo aver ottenuto ciò che voleva? Se volesse ritornare dalla sua ex? Non mi aveva nemmeno accennato nulla sulla notte precedente...
Delusa, feci per chiudere il bigliettino, ma notai un' altra frase.

 
P.S.: Ti amo anch'io.

Non riuscii a trattenere un sorriso a trentadue denti. Chiusi il foglio, me lo misi in tasca, e tutta contenta saltellai verso il bagno.

***

"Hai portato i soldi?" domandò esitante il ragazzo incappucciato davanti a me. Manteneva il suo sguardo basso, le mani in tasca, e si agitava nervosamente. Poco esperto?
"Certo. E tu hai portato la roba?" ribattei io con la stessa freddezza. Diedi le spalle all'entrata dell'oscuro vicolo, coprendo così il ragazzino per non destare sospetti ai passanti.
"Sì." mosse una mano nella sua tasca, facendomi intendere dove si trovava quello di cui stavo parlando.
"Perfetto." mormorai.
Sgancia una banconota da cinquanta dollari, ma il ragazzo indietreggiò di un passo lontano da me.
"Punk da strapazzo, avevo detto che volevo di più." sibilò a denti stretti.
"Pff. Ragazzino, tu non mi freghi. Quello schifo non dovrebbe valere nemmeno la metà di quello che ti sto offrendo!" lo sgridai, tenendo sempre il tono di voce basso.
"Allora te lo scordi." tentò di raggirarmi, invano, sventolandomi davanti agli occhi la merce. 
Bambino.
"Ma lo sai chi sono io?!" lo minacciai irritato, impugnando la pistola che avevo nascosta, ma prima che potessi estrarla, un suono rompi-timpani di sirene rimbombò nel vicolo, e le pareti si illuminarono di luci blu e rosse che si alternavano velocemente.
"Vaffanculo!" urlai in faccia al ragazzino, rubandogli dalla mano ciò che doveva essere mio, e scavalcai con abilità il muretto alla fine del vicolo cieco, lasciando impietrito come un broccolo quel marmocchio dietro di me, che fu subito ammanettato da un poliziotto.
"EHI TU! DOVE CREDI DI SCAPPARE?!"
 Soffocai una risata malefica, cominciando a correre senza meta, cercando di non farmi prendere. Superai qualsiasi ostacolo mi capitasse davanti e scavalcai muretti e pareti, come fossi un'abile gatto. Sfrecciavo come una saetta.
Beh, in realtà ero molto bravo a praticare Parkour.
Quando ero proprio sicuro di averli seminati, mi fermai per prendere aria, ma una grossa auto nera parcheggiò proprio davanti a me, bloccandomi l'unica via di uscita.

***

Era da più di un ora che mi riempivo di biscotti sul divano, comodamente poggiata sulla spalla di Geoff. In tv non trasmettevano nulla di interessante, per cui il ragazzo accanto a me faceva zapping continuamente.
"Che ore sono?" mormorai debolmente, stanca e annoiata da quel pomeriggio, appunto, noioso.
"Le 19:30." rispose Geoff, che aveva dato uno sguardo all'orologio appeso sul muro del salotto.
"Dov'è Duncan?" continuai poi, sempre con un tono di voce quasi impercettibile. Mi strizzai gli occhi, mi stiracchiai e feci un lungo sbadiglio, prima di alzarmi goffamente dal divano rosso in pelle.
"Non lo so..." disse lui come se non gliene importasse nulla.
"Bene."
Spostai una tenda, scrutando fuori dalla finestra appannata per l'umidità.
"Geoff...il Sole è tramontato da un bel pezzo." lo informai, cominciando a preoccuparmi, per cui andai a prendere il cellulare. "Non mi ha nemmeno lasciato un messaggio!"
"Avrà avuto un imprevisto!" azzardò lui, spegnendo finalmente la televisione, ma continuando comunque a mangiare biscotti.
"Appunto! Che imprevisto?!" digitavo rapidamente il suo numero, impaziente di chiamarlo.
Proprio in quel momento, il suono del campanello interruppe la nostra 'allegra' conversazione.
"E' lui?" domandai tra me e me, correndo verso la porta.
"Ehi, querida! Heather è in casa?" 
Davanti ai miei occhi apparve un ragazzo niente male. Carnagione abbronzata, capelli morbidi e castani che gli ricadevano sulle spalle, due occhi verdi e magnetici, un corpo che sembrava un tempio, ed un mazzo di rose rosse tra le mani.
Boccheggiai in cerca di parole da formulare, poiché ero rimasta senza voce.
"Tu chi sei?" chiese subito dopo sospettoso, riducendo i suoi splendidi occhi a due fessure.
"I-io sono...Gwen! Una vecchia amica di Heather." finalmente riuscii a parlare, anzi, a balbettare. Allungai un braccio per stringere la sua mano, ma lui me la prese, avvicinandosela alla bocca per baciare le nocche. Che galantuomo!
"Io sono Alejandro. Piacere di conoscerti!" si presentò lui, facendomi un occhiolino molto provocatorio.
Mmh, allora è lui il ragazzo di cui parlava la mia cara amica!
"Heather è in casa. Entra!" lo invitai, scansandomi per lasciarlo passare.
"Chica!" disse con il suo caliente accento spagnolo alla vista della sensuale ragazza che era appena venuta.
Indossava un vestitino nero senza spalline, molto scollato al petto e corto fino a nemmeno metà coscia. Insomma, lasciava libero spazio ai pensieri perversi della sua preda!
"Alejandro!" squittì lei con provocazione e malizia, avventandosi su di lui. Dopo interminabili secondi di scambi di effusioni, si girò verso di me.
"Ah, darkettona! Ho ritrovato il numero di Scott." mi informò con menefreghismo, porgendomi un foglietto sulla mano.
"Darkettona?" ripetei io confusa. Da quanto non sentivo più quel soprannome?
"Mi mancava chiamarti così!" si scusò divertita, ritornando a limonare aggressivamente con il suo Alejandro, mentre lui la portava via, probabilmente in camera da letto. Il tutto sotto lo sguardo paralizzato di Geoff, che era stato tutto il tempo in silenzio ad ammirare la scena dal divano, mentre sgranocchiava patatine.
Inutile dire che pochi secondi dopo esserci scambiati un'occhiata scoppiammo a ridere fragorosamente.
Quando mi ricomposi, guardai attentamente il numero che mi aveva dato Heather.
Scott.
Scott...
Scott! Ho il numero di Scott!
Già decisa a precipitarmi sul cellulare per chiamarlo, cambiai subito idea. Come mai in tutto quel tempo in cui mi trovavo a New York non mi aveva cercata nemmeno una volta? Infondo, il mio numero ce l'aveva!
Delusa ancora una volta, portai il foglietto dentro la tasca e mi ributtai sul divano accanto a Geoff, che si era appisolato come un bambino. Sbuffai, ripensando a quanto fosse tardi, e che Duncan non fosse rientrato...
Heather era occupata con Alejandro, Geoff dormiva...
E se lo andassi a cercare io?

Dopo alcuni minuti in cui meditavo sul fatto che fosse sbagliato o meno uscire di notte in cerca di un ladro in una città sconosciuta, avevo deciso di andare. Erano già le 20:00. In che guaio si era cacciato quelli idiota?!

Misi un giubbotto nero trovato in giro per la casa e, furtivamente, uscii di casa. Una forte brezza di vento mi colpì la faccia, scompigliandomi i capelli che avevo accuratamente piastrato; maledizione! Scostai i numerosi ciuffi disordinati che mi coprivano gli occhi, molti dei quali si erano attaccati al mascara, e girovagai per il marciapiede accanto alla casa di Heather. Il cielo era già oscuro, quasi come fossero le tre di notte, ed una grande luna piena illuminava le vie della piccola cittadina.
"Ma quella..." dissi tra me e me sorpresa, trovando l'auto di Duncan parcheggiata dove l'avevamo lasciata ieri. "E' andato a piedi?!"
Mi avvicinai, ghignando non appena intravisi le chiavi sul cruscotto. Le aveva anche dimenticate lì, che furbo.
Mi affrettai ad aprire la portiera e ad entrare; girai la chiave e accesi il motore.
"Calma Gwen, calma. Infondo, hai guidato solo due o tre volte, all'esame per la patente sei quasi stata bocciata per eccesso di velocità e hai preso una multa durante le prime prove con l'auto di un'amica...Che sarà mai?" mi auto convincevo a mente mia, stringendo saldamente i pugni sul volante. "Lo sto facendo solo per Duncan." finii poi, spingendo aggressivamente il piede sull'acceleratore, partendo a tutta velocità.
Mi trattenevo dal bestemmiare e mandare maledizioni a chiunque, mentre sfrecciavo come una saetta in quella via buia e desolata. Almeno non avrei investito nessuno!
"Appena lo trovo, giuro che lo apro in due e lo bastono." imprecai un'ultima volta, prima di notare qualcosa di sospetto, o meglio, prima di sentire un suono alquanto familiare in questo ultimo periodo.
Due o tre auto della polizia mi superarono con rapidità, andando chissà dove. Decisi dunque di seguirle.
"E se Duncan si fosse cacciato in un guaio?" pensai poi, imboccando la rotatoria che avevano preso le pattuglie.
Dopo qualche secondo in cui stranamente mantenevo una velocità stabile, riuscii a localizzare le auto di poco fa parcheggiate davanti ad una banca, probabilmente. Mi accostai lì davanti, non molto lontana dalla polizia.
"No, no, no, no." cominciai a mormorare preoccupata, mettendomi le mani tra i capelli. "Fa che non sia Duncan..." pregai infine, vedendo uscire un ragazzo coperto da un passamontagna con un borsone rosso in mano.
Quando mi lanciò uno sguardo veloce, cercò di raggiungermi correndo quanto poteva.
"Ok, è lui." commentai rassegnata, accendendo subito l'auto pronta a partire appena sarebbe salito.
Non appena entrò, mi fece cenno di andare, e spinsi sull'acceleratore.
40...50...80...100...120 km/h! Sudavo freddo. Andavo spedita peggio di un razzo in una piccola stradina seguita da almeno tre auto della polizia, che mi stordivano con le loro continue sirene maledette.
"Come mai eri qui?" chiese col fiatone Duncan, sfilandosi il passamontagna e scoprendo i suoi meravigliosi capelli scompigliati e il suo meraviglioso viso da...IDIOTA!
"Ah, niente. Mi andava di fare una passeggiatina e per caso ti ho salvato il culo." ribattei sarcastica, con un tono quasi irritato. Insomma, era normale che un ragazzo andasse a rubare da solo e oltretutto senza un mezzo con cui scappare?!
"Che caratterino." ghignò divertito e malizioso, guardando poi dietro di noi.
"Stupido, non girarti!" lo rimproverai. "Potrebbero vederti!"
"Pff." sbuffò, obbedendo al mio ordine.
Intanto mantenevo lo sguardo sulla strada oscura, intimorita di poter andare a sbattere contro qualche palo.
"Perché non mi hai avvertito?!" domandai preoccupata ma allo stesso tempo arrabbiata.
"Ho avuto un contrattempo, e...ho anche perso il cellular-"
"E ti pare una scusa?! Sono stata tutta la giornata in pensiero per te!" lo bloccai, urlandogli in faccia.
Rimase a bocca aperta. "Gwen..io-"
"ARRENDETEVI, O APRIREMO IL FUOCO!" fu interrotto nuovamente, ma questa volta da una voce che ci minacciava dal megafono.
"Ma che cazzo..." mormorai, prima di sentire diversi botti dietro di noi, che ci fecero sobbalzare. "Stanno sparando?!"
"Resta alla guida!" mi ordinò lui, rimettendosi il passamontagna e impugnando la sua pistola.
"Duncan...cosa pensi di fare?!" pretesi una risposta all'istante, poiché in quel momento ero molto nervosa.
Il ragazzo, senza parlare, si spinse troppo fuori dal finestrino, cominciando a sparare ai nostri inseguitori. 
"TU SEI PAZZO!" gli gridai contro nuovamente.
Dallo specchietto retrovisore mi accorsi di un'auto che, dopo aver sbandato diverse volte, andò a sbattere contro il muro di un palazzo.
"E uno è andato." mi informò orgoglioso il punk, sistemando nella borsa rossa, piena di soldi, la sua arma.
"Duncan..." riuscii a pronunciare il suo nome con un filo di voce, troppo occupata a guardare a bocca aperta ciò che avevo davanti a me.
Non ottenendo alcuna risposta, stritolai il braccio del ragazzo. "DUNCAN!" urlai, facendolo girare verso la strada, ovvero un ponte rotto dove davanti a sé vi era solo il vuoto.
"FRENA!" comandò lui.
"Non funziona!" ribattei a mia volta agitando il piede sul freno. "E' rotto!"
Ci scambiammo un'occhiataccia per niente tranquilla.
"Al mio tre saltiamo, ok?" sussurrò, tenendomi per mano. Annuii con un cenno della testa poco convinto.
"Uno..." respirai profondamente.
"Due..." il ragazzo prese la sua borsa, e tutti e due portammo le mani sul manico della portiera.
"Tre!"
...

***

"Geoff!" mi richiamò urlando la ragazza da un'altra stanza
"Mmh?" pronunciai solo un suono impercettibile, stiracchiandomi goffamente. Mi ritrovai sul divano dove diverse ore fa stavo guardando la tv. Mi sarò appisolato...
"Geoff! Geoff! Accendi la tv!" mi ordinò impaziente. Dal suo tono arrabbiato, sentii una nota di preoccupazione.
"Che è successo?" chiesi curioso, strizzandomi gli occhi e mettendo bene a fuoco.
"Senti!" mi indicò lo schermo del suo televisore, che mostrava il telegiornale.
"Dopo una recente rapina in banca i due colpevoli hanno cercato di fuggire con la loro auto inseguiti dalle nostre truppe della polizia, ma la loro corsa è giunta al termine con una caduta mortale nel fiume di Terre Haute. Non si sa per certo se siano ancora vivi o no, ma da ciò che si può vedere in queste immagini, è quasi certo che non siano più in vita..." spiegò la giornalista sul bordo di una strada, dove sullo sfondo vi era un ponte rotto e bloccato da vari nastri rossi.
"E...quindi?" chiesi perplesso, non capendo ancora dove volesse arrivare Heather. Mi scompigliai distrattamente i capelli.
"Quella macchina..." mi indicò un punto preciso del video che stavano mostrando in tv. "Quella...Non è l'auto di Duncan?" aggiunse infine, guardandomi spaesata.
Sgranai gli occhi, osservando con attenzione tutto il video, probabilmente filmato da un elicottero. La corsa finiva esattamente nel fiume, dove l'auto si era buttata.
"M-ma...ma..." balbettai scioccato, alzandomi di scatto dal divano. Corsi immediatamente verso l'uscita della casa, controllando per tutto l'isolato se ci fosse traccia della presunta macchina. "Dove cazzo è Gwen?!" urlai in preda al panico.
"Geoff! Mi vuoi spiegare cosa cazzo significa tutto questo?! Cosa stavano facendo quei due?!" mi sgrido a sua volta l'asiatica, molto spaventata anch'essa, ma comunque nascondeva la sua paura dietro la rabbia.
Sbuffai, sedendomi sul marciapiede e poggiando la testa sulle mie mani tremanti.
"Ok, forse è meglio che tu sappia la verità..."

---->Angolino dell'autrice<----

Zan zaaaan Ciao a tutti:3
Quanta suspance!! Cosa ne pensate?
Cosa sarà successo ai nostri piccioncini? eheheheh, questo lo scoprirete presto!^^
Intanto...volevo farvi vedere un bellissimo disegno che ha fatto apposta per la mia storia la nostra bravissima Dalhia-Gwen!:3 Da ora in poi la userò come copertina!
Grazie ancora cara!;DD
Un bacio a tutti, e mi raccomando..recensite!;)
gwuncan99

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***



Ho dovuto rimettere il capitolo 9 per problemi su EFP

--->Capitolo IX


Le mie palpebre erano pesanti; non riuscivo ad aprire gli occhi. Pizzicavano, e la testa mi faceva malissimo, come se avessi dato una botta fortissima. Oh per Dio, quanto faceva male! Sembrava che mille elefanti mi stessero passando sopra. Un branco di elefanti. Lentamente i miei occhi si aprirono; sbattei ripetutamente le palpebre e misi a fuoco lo spazio intorno a me. Buio. Buio totale. Non riuscivo nemmeno a vedere le mie mani a due centimetri dal viso, anzi, sembrava che il mio corpo fosse sparito nel nulla. Respiri affannati ed una sola parola spontanea e strozzata.
"Duncan." Mi mancava la voce. Il suono rimbombava per tutto il tunnel; forse mi trovavo in una stanza, o in prigione! No...Impossibile. Non è così buio in una cella...o almeno credo...spero che non sia così, perché sto cominciando ad avere paura.
Tremavo come una foglia mentre mi rannicchiavo, facendomi piccola piccola. Mi abbracciai le ginocchia con le braccia portandole al mio petto. Oh sì, in questo momento avevo proprio bisogno di stare in un posto magnifico, ovvero..Tra le braccia di Duncan. Chiusi gli occhi, dondolandomi e sussurrando parole di conforto a me stessa, ripetutamente.
"Sono al sicuro...Sono al sicuro..." mi autoconvincevo. Forse invano, ma avevo bisogno di un conforto. E come sempre, mi ritrovavo a dovermi salvare da sola.
"Gwen...Gwen..." una strana e calda voce risuonava. L'eco continuava ad invadere la mia testa. "Gwen..."
"Chi c'è?!" urlai balbettante ingogliando rumorosamente la saliva. Mi guardai attorno agitatissima per paura di ritrovarmi dietro qualsiasi tipo di mostro. Io che ho sempre amato i film horror non posso spaventarmi di una simile idiozia, no?
"Gwen.."
"Chi è?!" ripetei sgranando gli occhi; ormai sudavo freddo. Non osavo alzarmi da quella posizione. Mi sentivo protetta, al sicuro da qualsiasi persona che avrebbe potuto farmi del male, od uccidermi...
Uccidere. Fa così paura sentirsi la prossima vittima di un omicida? Le persone che Duncan ha ucciso avevano così tanta paura? Quante persone ha ucciso Duncan? Quante persone hanno avuto così paura del lato oscuro di Duncan?
Avevo la pelle d'oca. La sentivo ma non riuscivo a vederla. Era troppo buio, ero troppo sola, esposta a qualsiasi pericolo.
"Gwen...sei al sicuro..." la voce, la voce troppo dolce che riempiva quel silenzio troppo inquietante mi invocò nuovamente. Una leggera brezza gelida mi invase il corpo, e subito dopo un lieve tocco sulla mia spalla nuda vi si posò sopra.
"CHI E'?!" gridai ancora più forte saltando sul posto. Le mie mani toccarono il pavimento gelido di quella stanza dell'orrore, ed un'altra spinta più decisa mi costrinse a voltarmi dietro di me. 
Una luce, un'abbagliante luce mi investì improvvisamente, costringendomi a portare il palmo della mano davanti agli occhi poco abituati a quell'illuminazione troppo intensa per i miei gusti. Sembrava l'uscita da quell'infinito e oscuro tunnel. Mi sentivo nella casa della paura nei luna park, dove appena vedi l'uscita tiri un sospiro di sollievo nonostante non ti abbia messo molta paura quel posto squallido. Mi alzai spontaneamente, troppo presa dalla curiosità, portando un piede davanti all'altro lentamente, molto lentamente. Passi piccoli e lenti, sguardo rivolto verso la luce e le mani tremanti. Gli occhi che pizzicavano ed il cuore che batteva a mille.
"Cosa ci faccio qui?" dissi trattenendo il respiro troppo affannato.
"Gwen...piccola mia..." la voce fin troppo familiare, e poi...una figura fuoriuscire dalla luce.
"M-mamma?" balbettante, con le lacrime agli occhi pronte ad uscire ininterrottamente, le labbra tremanti. "S-sei tu?" No. Non riuscivo a crederci.
Lunghi capelli mossi e neri che le ricadevano fino al fondo schiena, grandi occhi color ebano, la sua pelle candida e delicata ed un dolce sorriso illuminato dalle sue sottili labbra rosee.
"N-non ci credo.." mormorai meravigliata; portai una mano sulla guancia della donna che non avevo mai avuto la possibilità di vedere ma che nonostante tutto avevo riconosciuto, desiderosa di accarezzarla e toccarle i suoi morbidi capelli ed abbracciarla forte, ma purtroppo le mie dita attraversarono il corpo rivelandosi solo un velo di aria. Scomparve nel nulla.
"NO!" gridai involontariamente coprendomi poi la bocca con le mani, che si bagnarono subito di lacrime. Lo sapevo, lo sapevo! Era tutta un'illusione. Era tutto un sogno, uno splendido sogno...
"Gwen!" mi richiamò, ma con un tono più strano; forse spaventato, in pericolo!
Mi girai nuovamente. Ormai la stanza buia era scomparsa. Mi trovavo in un fitto bosco; il cielo era a malapena illuminato dall'imminente alba, pioveva a dirotto, le foglie secche scricchiolavano sotto i miei piedi nudi. Ora potevo vedere il mio corpo, coperto da un sottile velo bianco e limpido bagnato dalle gocce d'acqua, per cui si aderiva perfettamente lasciando intravedere la mia pelle nuda. Alzai lo sguardo davanti a me, pentendomene subito.
"Gwen!" gridava ancora. Era a terra, le vesti stracciate che rivelavano la sua pelle chiazzata di lividi violacei e molti di loro ben evidenti, i suoi lunghi capelli sporchi tra le foglie. Le guance macchiate di nero e bagnate di lacrime, un uomo su di lei. Le sue mani su quel collo. Il corpo violato, una vita dentro di lei: io.
"P-pensa alla nostra Gwen!" supplicava con difficoltà, segno della mancanza d'aria per il soffocamento. No, l'uomo non sembrava proferire nessuna emozione. Indifferenza, rabbia, cattiveria. Il diavolo. Gli occhi carichi di odio, le vene pulsanti sul suo collo che sarebbero scoppiate da un momento all'altro. Muscoloso, autoritario, non voleva staccarsi da quel corpo esile, non sembrava volesse risponderle. Il suo unico obbiettivo era ucciderla. Uccidere lei ed uccidere me. Calci sul ventre ormai inesistente, urla e suppliche, singhiozzi strozzati ed ancora urla.
"No...No..NO!" gridavo presa ormai dal panico più totale. Mi inginocchiai a terra, sbattendo rumorosamente le ginocchia sul terreno umido, le mani che cercavano di coprire le orecchie ormai strazziate dalle urla e gli occhi offuscati dalle troppe lacrime; e poi, una cosa quasi più terrificante di tutto ciò che stava succedendo.
La mia veste di un bianco candido, chiazzato di macchie rosse; sangue. Continuava a fuoriuscire, ripetutamente. Non si fermava, sporcava tutto il corpo, tutta la terra, le foglie, le mani rosse e tremanti davanti a me. Rialzai gli occhi convinta di trovarmi una donna morta sul suolo, ma ciò che percepii erano solo numerosi voci e suoni di macchinari. Ora mi trovavo in una camera di ospedale. Rimbombava il pianto strozzato di un neonato, troppo debole, troppo esile, ricoperto di sangue. Ero io. 
Il pianto si bloccò. La bambina non si mosse più.
"Salvate almeno la bambina!" aveva urlato un uomo, probabilmente un dottore, con due guanti bianchi, la mascherina sulla bocca ed un camice verde. Tre uomini uscirono immediatamente dalla sala con la neonata tra le braccia.
Nella stanza operatoria si poteva udire un solo suono: il suono della morte.
"Tiiiiiiiiiiiiiiiiiiii." e continuava, continuava a lungo; mia madre era morta. Presi coraggio e mi avvicinai al lettino, accanto ai dottori agitati ed intenti a salvare una vita.
"LIBERA!"
Il corpo saltò sul posto. Il sangue pistato su tutti i punti dell'epidermide, il suo meraviglioso viso ormai irriconoscibile.

I suoi meravigliosi occhi, ormai spenti per sempre.

Senza nemmeno rendermene conto mi ritrovai di nuovo nella stanza buia, ma questa volta non ero sola.
"Non è ancora la tua ora, Gwen." il suo tono rassicurante, dolce, materno...
Mi portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre mi regalava un sorriso che avrei voluto vedere tutti i giorni della mia vita.
"Mamma..." sussurrai imbarazzata, incurvando spontaneamente anch'io le labbra.
"Ti voglio bene." rispose semplicemente, sbiadendo pian piano.
"M-ma-"
"Vivi la tua vita come meglio credi. Non fidarti di nessuno..." la sua voce sembrava più lontana da me.Questa cosa mi dava una tristezza immensa.
"Dove vai?" domandai tra le lacrime, confusa dalla situazione e dalle scene appena vissute.
"Io sarò sempre vicino a te...Dove sono sempre stata..." la figura sparì in una colorata nuvola di fumo, che svanì nella luce ormai troppo lontana.


"Gwen..." fu l'ultima cosa che sussurrò sconfitto e rassegnato. Gwen era morta.
Aveva tentato inutilmente qualsiasi tipo di cosa pur di salvarla; massaggi cardiaci, respirazione bocca a bocca, ma niente. Lui non era abituato a salvare le persone; era abituato ad ucciderle, più che altro. 
Ed adesso si trovava sulla riva di quel fiume maledetto, bagnato fradicio a fare i conti con sé stesso. Non doveva piangere, non doveva essere debole; doveva essere forte, doveva chiudere gli occhi ed immaginare che tutto questo non fosse mai accaduto. Gwen era viva e lo aspettava al sicuro a casa della sua amica, tra le braccia di Geoff a sorseggiare una cioccolata calda mentre non vedeva l'ora di baciare il suo amato. Si sedette sui ciottoli bagnati del suolo, accanto al corpo della ragazza; si portò le mani sulla faccia. No. Non doveva piangere. E più se lo ripeteva e più doveva trattenere i mille singhiozzi che gli impedivano di respirare. Strofinò i suoi occhi lucidi e decise di alzarsi per raccogliere Gwen e portarla lontano da lì prima dell'alba.
Non avevano una macchina, ormai andata perduta nel fondale del fiume, e non avevano un cellulare; solo quei maledetti soldi.
Si abbassò all'altezza della ragazza  immobile e dagli occhi chiusi; la osservava, erano passati minuti, ed ancora la guardava con due occhi carichi d'amore.

Non era nemmeno riuscito a dirle un "ti amo"...

La vegetazione era piuttosto fitta in quel luogo dove lui era riuscito a portarla cercando di non farla annegare nell'acqua; erano caduti nel fiume dopo essersi lanciati dall'auto, e per miracolo lui era in vita. Strano, era lui il primo a meritare la morte. Non lei. Non Gwen.
Le accarezzò la pallida guancia; era fredda, troppo fredda. Le scompigliò delicatamente i capelli, sorridendo al pensiero della notte prima quando si tiravano i capelli per giocare. E lei rideva, correva spensierata, nella sua mente. Una ragazza di solo ventidue anni che viveva tranquillamente la sua vita a New York, mettendosi alle spalle il peso del passato, dei genitori e delle delusioni d'amore. Lei era forte. Lei non meritava quello che aveva passato in questo periodo. Doveva essere al sicuro, ma accanto a lui rischiava solo la vita...ed ecco le conseguenze.
Con la borsa rossa sulle spalle portò un braccio sotto il collo di lei e l'altro sotto le cosce, alzandola con un po' di difficoltà; era deciso ad andare lontano da lì, ma non sapeva dove. Sicuramente la zona era pattugliata dagli sbirri e dai vari giornalisti. Era spaesato, era solo.
Si guardò attorno come non sapesse nulla del mondo, come se fosse un alieno. Si sentiva strano, sentiva la sua vita inutile, non sentiva più il bisogno di fuggire, non aveva più un motivo. Per la prima volta aveva paura.
Tutti i conoscenti di Gwen dovevano sapere della sua morte, e lui...Lui doveva consegnarsi alle autorità. 
Chiuse per qualche secondo gli occhi, il tempo di ristabilizzare il suo respiro affannato ed il suo battito cardiaco accelerato, ed alzò lo sguardo verso l'orizzonte; i suoni delle auto si sentivano nonostante la lontananza, segno della presenza di chi stava cercando. Portò un piede davanti all'altro insicuro, poi sempre con più determinazione, sempre più deciso. Si avvicinava sempre più verso il suo destino, verso gli sbirri, verso la sua ex assatanata e bisognosa di vendetta.

Quando ero proprio sicuro di averli seminati mi fermai per prendere aria, ma una grossa auto nera parcheggiò proprio davanti a me, bloccandomi l'unica via di uscita.
Dalla Mercedes uscì proprio chi non volevo vedere, ma immaginavo che fosse proprio lei: Courtney.
"Ma chi si rivede!" trillò a braccia aperte, la sua solita tuta nera aderente, il suo solito fisico sensuale.
"Courtney." sibilai incrociando le braccia con lo sguardo assassino. "Per i miei gusti stai diventando troppo seccante." continuai poi con un accenno di ironia.
"Oh, davvero? E io che volevo solo divertirmi con il mio ragazzo..." ribatté con femminilità. Si avvicinò a passi felpati verso di me, i tacchi che battevano sonoramente sull'asfalto.
"Devo rispiegartelo nuovamente, principessa?" chiesi, calcando l'ultima parola con disprezzo.
"Principessa..." ripeté lei pensierosa, grattandosi il mento. "Da quanto hai smesso di chiamarmi così?...Ah sì! Da quando hai posto al centro dell'attenzione il tuo migliore amico invece che me!" mi puntò il dito contro infastidita da ciò che aveva appena detto.
"O da quando ho capito che di me non te ne fregava nulla?" la corressi mantenendo il mio tono che non accettava sconfitte.
Sbuffò sonoramente, ravviandosi qualche ciocca di capelli con eleganza e perfezione. Ciò che lei adorava e pretendeva: la perfezione.
"Lasciami fare il mio lavoro." la scostai violentemente, facendola traballare su quei trampoli odiosi.
"M-ma...come osi?!" urlò alle mie spalle., restando immobile su posto a bocca aperta. Di risposta alzai il braccio facendole un cenno per salutarla ironicamente.
"Duncan Nelson! Giuro solennemente che ti farò arrestare!" mi minacciò infine, sbattendo rumorosamente la portiera dell'auto. "Argh!"
Ghignai vittorioso pensando di essermela tolta dai piedi almeno per qualche giorno, ma accostò nuovamente davanti a me abbassando il finestrino.
"Quando la tua cara amichetta morirà per colpa tua non dire che non te lo avevo detto!" aggiunse sorridendo sicura di sé, sfrecciando poi nelle vie buie e desolate di Terre Haute.


Aveva ragione, aveva fottutamente ragione. Doveva darle retta, ma il suo orgoglio poi ne avrebbe risentito. Quando scoprirà della notizia farà i salti di gioia, vantandosi e ripetendogli "Te l'avevo detto!"
Questo Duncan non lo avrebbe mai sopportato, ma era inevitabile.
Lanciò un'amara occhiataccia davanti a sé; mancava poco e la sua avventura sarebbe finita lì. Poi abbassò lo sguardo sulla ragazza inerme. Si avvicinò al suo orecchio non prima di averle scostato con dolcezza i capelli, e sussurrandole un lento e scandito "Ti amo." e poi, un leggero ma desiderato bacio a fior di labbra. Le regalò un nuovo triste sorriso mentre si avviava verso la sua meta.
"No..." un sussurro debole, qualcosa che gli stringeva il braccio.
"Cosa?"

***

"No. No. Non ci credo..." ripeteva tra sé e sé l'asiatica mentre faceva avanti e indietro su quel marciapiede isolato. "Non c'è un nesso logico! Voi siete dei criminali! La Gwen che conosco io non sarebbe mai andata in giro per le città con due perfetti sconosciuti!" replicò poi disorientata.
In risposa sbuffai sonoramente, attirando ancora la sua attenzione.
"I-io potrei denunciarvi!" gesticolò agitata mentre il suo tono pian piano mutava dalla preoccupazione alla rabbia e alla vendetta.
"Mi ricordi vagamente una persona a me familiare..." ribattei con menefreghismo e ironia. "Molto familia-"
"Geoff! Cazzo, ragiona!" mi sgridò nuovamente, postandosi davanti a me a braccia conserte. Il suo vestitino le scopriva molto il corpo sensuale, per cui mi persi nelle scollature come un idiota.
"Geoff!"
"..."
"GEOFF!" mi arrivò uno schiaffo in pieno volto facendomi quasi vacillare dal posto.
"Che c'è?!" urlai a mio volta mentre mi risvegliavo dal breve trans e massaggiandomi la guancia appena colpita.
"E se Gwen e Duncan non fossero sopravvissuti?!" pensò lei facendomi capire la gravità della situazione. Abbassammo tutti e due lo sguardo spaesati e impotenti.
"Dove si trova quel ponte?" le chiesi escogitando una specie di piano. Lei mi guardò con una smorfia sul volto. "Mmh..credo ai confini della città...a ovest."
"Bene..." mi alzai con determinazione e lanciai qualche occhiata al quartiere. "Dov'è l'auto del tuo amichetto?" domandai nuovamente con un pizzico di malizia. Heather incrociò le braccia stufa di tutto quell'interrogatorio improvviso, e sbatté i tacchi sul pavimento più volte. "E' nel garage, perch-"
Non la lasciai finire di parlare che cominciai a correre verso il garage; la porta si aprì ed entrai nell'Audi rossa.
"Cosa pensi di fare senza chiavi?" l'asiatica, che mi aveva raggiunto, stava cominciando ad irritarsi.
"Lascia fare a me, baby!" la tranquillizzai con un ghigno malizioso.
Mi abbassai sotto il volante, e con un abile e veloce mossa con i fili elettrici riuscii ad accendere il motore dell'auto. Ero molto esperto in certe cose! Finito il mio lavoro lanciai un'occhiata vittoriosa alla ragazza, che era rimasta stupita dalla semplicità della mia azione, e dopo avermi sorriso divertita entrò in macchina.
"Molto abile il criminale." mi canzonò ridendo ancora, mentre accavallava le gambe e si sistemava i capelli in una lunga coda alta.
"Dubitavi, per caso?" risposi io vantandomi ed accelerando di più. Dovevamo raggiungere in fretta il posto, a quest'ora quei due saranno in pericolo, se non peggio. Infondo, erano già passate due ore dall'incidente. "Credi che quell'Alejandro rivoglia indietro la sua auto?" Ci guardammo per qualche secondo, il tempo per far immaginare ad Heather una possibile reazione da parte del suo ragazzo sulla nostra sparizione insieme al suo gioiellino. "Naaah!" rispose con menefreghismo facendo una smorfia, per poi accennare uno strano sorriso. "Se lo merita, infondo." spiegò poi, osservando fuori dal finestrino con occhi persi nel vuoto.

Accostammo vicino al luogo dell'incidente, poco più lontano dalle numerose pattuglie di polizia e carabinieri, e dei vari giornalisti che ancora parlavano a vanvera davanti alle telecamere; due o tre elicotteri controllavano la zona dal cielo, mentre dei pastori tedeschi addestrati seguivano probabilmente le tracce dei due ragazzi; il buio non lasciava intravedere oltre, solo luci dei fari e mormorii della folla; il ponte era bloccato da nastri rossi ed era sorvegliato.
"Dobbiamo trovarli prima che li trovino loro." disse la ragazza spezzando il breve silenzio passato a studiare ogni minimo dettaglio.
"E dobbiamo trovare un'altra strada per arrivare al fiume. Duncan e Gwen dovrebbero essere lì vicino." aggiunsi io tormentandomi i capelli.
"Forse so io come potremmo raggiungerli." propose lei sicura di sé, uscendo dall'auto senza dare troppo nell'occhio; decisi di fidarmi di lei, seguendola verso la nostra destinazione. Qualcosa mi diceva che non avremmo trovato nulla di buono in quel posto.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***



--->Capitolo X


Di soppiatto ci addentrammo in un fitto boschetto proprio alla fine della stradina buia e illuminata solo dalla luce flebile di un lampione; se ci avessero beccati avrebbero cominciato a bombardarci di domande e magari ci avrebbero dichiarati complici dei due criminali -cosa che non dovevano scoprire assolutamente. I rami taglienti degli alberi che si facevano sempre più numerosi ci graffiavano e ci bloccavano la strada. Avremmo dovuto percorrere tutto il bosco fino ad arrivare alla riva del fiume e trovare Duncan e Gwen; era una cosa pericolosa e difficile, ma per i miei amici farei questo ed altro. Avevo timore che gli fosse successo qualcosa, prendendo in considerazione il volo che probabilmente avranno fatto con l'automobile. Maledetto Duncan e la sua idea sciocca e immatura di fare una rapina senza mezzi e complici, testarda Gwen che è andata a cercarlo a quest'ora senza avvisarmi di nulla, stupido e idiota io che sono qui a sperare che siano vivi. Avevo il presentimento che almeno ad uno dei due fosse successo qualcosa, il mio sesto senso diceva questo, e pregavo con tutto me stesso che avesse torto. 
"Mi sono tagliata!" imprecò a voce alta Heather a voce straziata, mostrandomi la sua coscia ferita e sporca di una scia di sangue. Feci una strana smorfia tra il disgusto e la preoccupazione, ma infondo era solo un taglio, niente di grave ed esagerato.
"Dai, dobbiamo muoverci." ordinai sforzandomi di essere serio, mentre scostavo davanti a me i rami e i cespugli che sembrava ci stessero risucchiando al loro interno. L'atmosfera cupa e silenziosa era accompagnata dai versi inquietanti dei gufi ed il bosco intorno a noi era completamente buio e invisibile; non si vedeva nulla, ci stavamo orientando solo con la scarsa torcia del cellulare di Heather.
"E' impossibile, non si vede un caz-aah!" nel momento in cui stava per ribattere sulla momentanea situazione in modo volgare ed esasperato inciampò sulla radice innalzata di un albero facendomi quasi sghignazzare, ma non era il momento, non lo era proprio. Le porsi una mano per aiutarla, e quando si fu alzata si impegnò a borbottare parolacce e bestemmie sempre più pesanti, mentre si ripuliva il vestitino che aveva indosso; non poteva mettersi qualcosa di meglio...oltretutto aveva anche i tacchi alti! Ci incamminammo ancora per qualche minuto, stanchi ed esasperati per la lunga camminata, le nuvole avevano coperto lentamente la luna piena ed il cellulare, unica fonte di luce, era quasi scarico. Pochi passi dopo stavamo percorrendo il bosco sempre con più difficoltà, raggiungendo una discesa quasi impercorribile, e tra la vegetazione si intravedeva il fiume davanti a noi scorrere  veloce e senza sosta.
"Come facciamo ad arrivarci?!" urlò la ragazza; il troppo rumore della corrente dell'acqua le impediva di parlare e di farsi sentire normalmente.
"Lanciamoci!" risposi a mia volta io con una naturalezza tale da spaventare di non poco l'asiatica.
"COSA?!"

 
***
 
"C-cosa? Gwen?" mormorai incredulo io, quasi balbettante e privo di parole da dire; avevo sentito la sua voce, ne ero certo! "G-Gwen..." ripetei ancora stupefatto e con un briciolo di speranza  mentre poggiavo con delicatezza ed attenzione la ragazza sulla sabbia fredda e bagnata. Le strinsi una mano e con l'altra le accarezzavo i capelli. "Gwen, per favore..."
"Mmh..." biascicò lei muovendo appena il capo e le labbra; aprì lentamente gli occhi guardandosi intorno, visibilmente spaesata. "NO!" urlò poi sgranandoli completamente dopo aver forse percepito dove fosse, facendomi sobbalzare sul posto per la sua improvvisa reazione alquanto strana. Si alzò alla mia altezza scrutando dietro di sé più volte,  aumentando sempre di più la sua paura e agitazione.
"G-Gwen...Calma, ci sono io!" le sussurrai dolcemente, bloccandola con un abbraccio di cui avevo bisogno anch'io; lei ricambiò, scoppiando poi in un pianto liberatorio. "Shh..." sussurravo al suo orecchio cercando di calmarla, ma lei non la smetteva. Mi stringeva sempre più forte mentre continuava a ripetere stranamente "Non andare...Non lasciarmi!" e così fino a quando non si decise a staccarsi per guardarmi con i suoi occhi rossi e lucidi.
"Mi hai fatto prendere un colpo..." ammisi accarezzandole la guancia; poggiò una mano sulla mia e mi sorrise debolmente. "Non farlo mai più!" continuai poi ironicamente. Non potevo crederci..Ma era morta poco fa, ne ero certo! Troppe situazioni mi stavano investendo nello stesso momento: la paura di averla persa per sempre, la felicità di avere la possibilità di poterla riavere tra le mie braccia, e la troppa confusione a vederla così...in preda al panico e alla disperazione.
Ora rideva fragorosamente, senza smettere; i capelli le coprivano il pallido e perfetto viso, mentre lei si asciugava le lacrime per le improvvise risate.
"Gwen." la chiamai prendendole la faccia tra le mani, ma ancora rideva senza motivo. "Gwen!" ritentai. 
"Ahahahah!"

"Ti amo."

Si fermò. Sgranò gli occhi e arrossì lievemente, un tenero rossore che le colorava le sue tenere guance.
"D-Duncan..." boccheggiò stupita, sussurrando il mio nome con un filo di voce. "Anch'io." mormorò infine con un sorriso, quando io mi stavo avvicinando alle sue labbra...
"GEOFF! MALEDETTO, TIENIMI!" in lontananza avevamo udito delle grida piuttosto familiari.
"Geoff?" Gwen si allontanò di malavoglia dalle mie labbra mentre io cercavo di non farle sfuggire da me, girandosi poi curiosa verso la direzione della voce udita. "E' Heather?" domandò forse a sé stessa  alzandosi dalla sabbia e cercando di capire dove potesse essere.
"AAAH!" e poi un tonfo.
"Tutto apposto?!" aveva urlato con preoccupazione ed un pizzico di divertimento una voce maschile, forse Geoff.
Presi per mano la ragazza insicura ed arrivammo davanti ad un mucchio di cespugli e fogliame secco, da cui sbucarono i due ragazzi: Geoff e Heather!
"Cosa ci fate qui?" chiesi io meravigliato, ottenendo solo uno sguardo assassino da parte della ragazza in questione.
"Non solo noi vi siamo venuti a cercare, chiedi anche perché siamo qui?!" sbottò l'asiatica gesticolando spazientita ed uscendo dalla massa di foglie secche con una smorfia schizzinosa, mentre si ripuliva il vestito ormai macchiato di terra.
"Amico!!" al contrario Geoff esclamò entusiasto, accogliendomi con un caldo e lungo abbraccio. "Ma che vi è saltato in mente? Una rapina?" si staccò poi, lanciando un'occhiata estasiata prima a me, e poi a Gwen diversamente, con un accenno di preoccupazione. 
"Gwen...Ti è successo qualcosa?" domandò avvicinandosi alla ragazza che tremava e si guardava intorno agitata, stringendosi con le sue stesse braccia.
"Sìsì...C-credo di sì.." ribatté balbettante. "Ho solo..un po' di freddo." si giustificò falsamente; sì, aveva i vestiti bagnati, ma non era per il freddo che si trovava in quelle condizioni. L'abbracciai comunque, regalandole almeno un po' di sollievo. Anche il festaiolo sembrava non essersela bevuta, ma ci passò comunque sopra. "Andiamocene prima che ci becchino, siete nei guai voi due."
"C'è qualcuno lì dietro!" voci di persone sospette e rumori di passi sulle foglie secche rimbombavano per tutto il circondario. Spalancammo tutti e quattro gli occhi sorpresi ed  intimoriti dalla situazione.
"Cosa facciamo?!" sussurrai confuso.
"Qui dietro!" ci ordinò l'asiatica, indicandoci grandi cespugli dove potevamo nasconderci al buio. 

Con attenzione e silenzio ci infiltrammo nella zona suggerita da Heather, attendendo che se ne fosse andato chiunque quella persona sia. Un uomo in divisa di carabiniere scrutò la zona con una torcia ed una pistola in mano; aveva un sorriso sadico e sicuro di sé.
"Vi prenderò, statene certi." mormorava tra sé e sé, puntando la torcia prima verso la riva, poi proprio sopra di noi.
"Siete lì?" chiese sarcasticamente avvicinandosi a passi lenti che davano ancora più ansia tra i presenti nel nascondiglio. Nel momento in cui l'uomo si stava avvicinando Duncan aveva estratto da un borsone rosso la sua solita arma, pronto a caricarla e a sparare nel momento più opportuno. Il rumore della pistola caricata del carabiniere ci fece sobbalzare tutti, ma Duncan, più svelto e furbo di lui, uscì di sorpresa dal cespuglio uccidendolo con un solo e ben preciso colpo al petto.
"Andiamo via!" aveva ordinato poi, correndo verso il bosco dietro di noi; il colpo forte e sordo del proiettile avrà sicuramente attirato l'attenzione.
"L'auto è proprio alla fine del bosco!" informò Heather al punk senza smettere di camminare a passi veloci. Un tuono abbastanza vicino spaventò di non poco Geoff, che stava per saltare addosso alla ragazza; lei lo scansò subito con una faccia rivoltante e infastidita. "Ci mancava solo la pioggia!" sbottò poi ricevendo uno sbuffo da parte di Duncan, che diede un'occhiata al cielo notturno e cupo. Prima poche gocce, poi sempre in più numerose e più forti ci bagnavano, rendendo ancora più difficile la fuga.
Sgranai gli occhi; quel pensiero era ritornato nella mia mente.
"Gwen!" mi richiamò Duncan notandomi spaesata e di nuovo agitata.
"No..No..No.." mi girai di scatto dietro di me come se qualcuno mi avesse toccato, poi abbassai lo sguardo impaurito sul mio corpo; sangue, tutto rosso, vedevo solo quello, e i ricordi si facevano sempre più nitidi.
"Gwen..Che hai?" mi scosse leggermente il punk; possibile che non vedeva tutto quel sangue?!
Alzai lo sguardo su di lui, scoprendo i miei occhi lucidi e spalancati. "VAI VIA!" gli avevo urlato con tutta l'aria che avevo nei polmoni, scappando in preda al panico lontano dal gruppo il più velocemente possibile, senza meta.
Quel sogno, mia madre, mio padre, il bosco...Era tutto così chiaro, così dannatamente pauroso. Così dannatamente reale.
"GWEEN!" i ragazzi mi cercavano, urlavano,  mi seguivano, ma non volevo fermarmi; volevo scappare, volevo morire. La mia corsa finì dopo aver inciampato su un sasso, ed ero rimasta lì a terra, sotto la pioggia, senza la forza di rialzarmi; questa volta non mi sarei rialzata dopo un'altra sconfitta.  "Eccola!" i passi si avvicinavano, Geoff mi aveva trovata, e Duncan voleva aiutarmi.
"Gwen...Che ti succede?" aveva chiesto troppo confuso per capire, non poteva capire cosa mi stava succedendo! Nemmeno io lo capivo! Scoppiai a piangere per l'ennesima volta, suscitando ancora più preoccupazione tra i presenti, rimasti spiazzati e a bocca aperta.
"Ehi..Vieni qui..." mormorò Duncan cercando di calmarmi; mi avvolse tra le sue accoglienti braccia e mi alzò da terra. "La porto io, andiamo." spiegò poi agli altri, ricominciando a camminare verso l'uscita di quell'inferno. Io mi stringevo alla sua felpa bagnata fradicia, e provavo a smettere di piangere. "Più tardi dobbiamo parlare, ok?" sussurrò al mio orecchio; feci un debole cenno della testa, dischiudendo poi gli occhi, fino a che non mi addormentai...

***

Fui svegliata da improvvisi rumori, simili a spari. Dopo aver scrutato tutto ciò che si trovava intorno a me - ovvero alberi, asfalto bagnato ed un lampione dalla luce debole - mi alzai dalla strada su cui ero poggiata, ma fui bloccata con una stretta sul braccio.
"Fermati, è troppo pericoloso." era Geoff.
"Cosa? Che sta succedendo?" avevo chiesto io perplessa.
"Ci hanno visti. Duncan e Heather stanno cercando di uccidere tutte le guardie...Resta qui." mi spiegò alzandosi dall'asfalto.
"No! Vengo anch'io." obbiettai tirandogli con testaggine la manica della camicia.
"No, Gwen. Tu non stai ancora bene!" ribatté lui premuroso, liberandosi dalla mia presa provando ad essere paziente.
"Sto meglio, non preoccuparti..."
Mi lanciò uno sguardo perplesso.
"Fidati..."
"E va bene..." mi passò una pistola che presi al volo. "Ma stai attenta!" mi raccomandò infine, sbucando dal nostro nascondiglio. Osservai dapprima tutta la scena dalla mia postazione, studiando una possibile entrata senza farmi uccidere al primo minuto: Duncan aveva appena messo K.O. qualche uomo, Heather si proteggeva dietro un auto e sparava quando poteva, e Geoff copriva le spalle ai ragazzi, sicuro di sé. Uscii dal nascondiglio, attirando l'attenzione del punk, decisamente stupito della mia presenza.
"Gwen! Potrebbero ucciderti!" urlò lui distraendosi dal suo lavoro.
Sparai ad un giornalista, mi pare, che proprio dietro di lui stava alzando un bastone per colpirlo, uccidendolo al primo colpo.
"Quello che deve stare attento sei tu." ribattei ironica, facendogli l'occhiolino e affiancandomi a Heather.
"Io e te dobbiamo parlare!" sibilò minacciosamente la ragazza, non distogliendo lo sguardo dalle sue 'vittime'.
"Adesso non mi sembra proprio il momento!"
"Ah ah." si limitò a dire con sarcasmo lei, schivando con agilità un proiettile che l'avrebbe colpita ad un braccio.
"GIU' LE ARMI! SIETE IN ARRESTO!" aveva urlato da un megafono un uomo appena uscito da un auto nera. Ora eravamo circondati da tutte le pattuglie con le armi puntate su di noi; non avevamo scampo. Cercai lo sguardo arreso e senza speranze di Duncan, ma ciò che vidi era un ghigno determinato ed astuto che non mi sarei aspettata in quella circostanza; cos'aveva in mente? Il ragazzo in questione abbassò le braccia con cui teneva saldamente la sua pistola, non  eliminando però quel sorriso sulle sue labbra troppo incoerente per la situazione in cui ci eravamo cacciati. Girò il capo verso una direzione  non nota a me, come se stesse aspettando qualcosa, o qualcuno; ed eccola, una grossa Mercedes nera metallica sbucare dal nulla con una secca frenata che emise un agghiacciante suono sull'asfalto bagnato. Si fermò proprio davanti al ragazzo e la portiera si aprì, mostrando dapprima i tacchi neri ed alti, e poi le gambe sexy e perfette, ed il resto del corpo come dessert. Era sempre lei, sempre Courtney, l'ex ragazza spietata di Duncan che stava uscendo con audacia e decisione dall'automobile, incamminandosi verso il ragazzo in questione, lanciandogli uno sguardo di sfida ricambiato.
"E' giunta la vostra ora, Duncan." sibilò a braccia conserte, lo sguardo puntato su di lui, la fierezza nei suoi grandi occhi a cerbiatto. Non ottenendo nessuno risposta, continuò a parlare con presunzione. "Che peccato, stavo cominciando a divertirmi; ti sei fatto beccare subito, non è da te!" commentò ironicamente facendo ondeggiare con eleganza la sua lunga chioma castana.
"Ne sei così certa, Courtney?" finalmente Duncan le risponde, con fin troppa sicurezza e tranquillità; puntò nuovamente la pistola sull'auto della perfettina, colpendo perfettamente un punto - non noto a me - da bucarle il motore ed incendiarla completamente.
"MALEDETTO!" imprecò a voce squillante, arrendendosi e scappando tra la grande calca di persone disorganizzata e in preda al panico in cerca di salvezza. Udii il punk sghignazzare vittorioso, prima di portarci verso la nostra macchina, con alla guida Geoff - ecco perché non lo trovavo più! - e scappare alla velocità della luce; dietro di noi la catena di auto esplose in un panorama di fuoco e distruzione, spazzando via tutto ciò che si trovava nei dintorni.

Ed anche questa volta eravamo sfuggiti alla legge, ed a Courtney.

 
---->Angolo dell'autrice<----

Scusate se ho dovuto rimettere i capitoli 9 e 10 (ho anche perso tutte le recensioni :c) ma non so perché non erano più visualizzabili sul sito...aggiornerò presto col capitolo 11!
gwuncan99

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***



--->Capitolo XI

"No. No! NO! La mia auto. La mia bellissima auto!" lo stesso spagnolo che qualche ora fa si era presentato davanti la porta di Heather con fare elegante e malizioso ora piangeva come un bambino capriccioso, ridicolamente inginocchiato davanti la sua... "La mia bellissima auto! L'auto dei Burromuerto...a-andata...distrutta!" accarezzò dolcemente il cofano nero spaccato e sporco di terra della macchina, ammirandola come fosse una persona a pochi minuti dalla sua morte.
"Andiamo fratello! E' solo qualche graffietto!" lo tranquillizzò Geoff, che a stento riusciva a trattenere qualche risatina di presa in giro alal vista delle troppe attenzioni del ragazzo verso un catorcio; si avvicinò a lui dandogli una leggera pacca sulla spalla. "L'aggiusteremo noi! Io sono un mago della meccanica!" propose infine cacciando una chiave inglese dalla tasca e girandosela tra le dita con un sorriso convinto.

E intanto che il biondino si vantava delle sue abilità e che Heather guardava i ragazzi schifata a braccia conserte, io e Duncan eravamo accoccolati dentro l'auto a scrutare l'esilerante scena davanti a noi. Poggiai la testa -che mi girava tantissimo- sulla muscolosa spalla di Duncan, che sussultò leggermente al nostro contatto, ma si ricompose subito.
"Ehi..." mormorò con dolcezza vicino al mio orecchio, scostandomi delle ciocche di capelli che mi coprivano il viso. "Vuoi spiegarmi cosa ti è successo oggi?" domandò poi curioso, cercando di essere il più comprensivo possibile; mi strinse tra le sue braccia facendomi sentire al riparo da ogni male che mi circondava l'anima, e, dopo aver incrociato i miei occhi color pece con i suoi del colore del cielo, premette le sue labbra contro le mie intensificando pian piano quel meraviglioso bacio che solo lui sapeva darmi.

Mi staccai cautamente, incontrando di nuovo il suo sguardo nascosto nel buio della notte. Era un aspetto positivo per me; non si sarebbe accorto delle lacrime che lentamente avrebbero solcato le mie gote man mano che gli avrei raccontato tutto ciò che avevo provato e visto con i miei occhi. Nell'aria ormai dominava il silenzio, interrotto dai nostri respiri affannati e dai miei singhiozzi sommessi che aumentavano e che non riuscivo a fermare. Mi accarezzò delicatamente la guancia con l'indice, avvertendo quelle lacrime di tristezza che avevano bagnato anche le sue nocche fredde.
"Non piangere." sussurrò prendendomi delicatamente il viso con le mani, costringendomi ad alzare gli occhi lucidi, e baciandomi a fior di labbra, mentre le mie lacrime non la smettevano di scorrere. "Ti prego, non posso vederti così..." aggiunse poi con il fiato spezzato, azzerando nuovamente la nostra breve distanza. 

Oh, quelle labbra; quelle labbra che bramavo così tanto ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano, ogni volta che le sue braccia mi stringevano forte, ogni volta che mi toccava.

"Ho visto mia madre." dissi d'un fiato, attirando l'attenzione del punk che mi abbracciava. "La mia vera madre..." specificai con la voce tremante, guardandolo nei suoi occhi che cercavano spiegazione. Giusto, lui non sapeva ancora della mia situazione familiare, o almeno una parte di quello che non gli avevo raccontato.
"Sai, io non l'ho mai vista, né lei né...mio padre." calcai l'ultima parola con disprezzo nella voce, abbassando lo sguardo sulle mie mani incrociate con le sue. "Ma l'ho riconosciuta subito, dai suoi occhi, i suoi lunghi capelli neri, la sua pelle candida...Sono identica a lei." accennai un sorriso amaro che veniva sfiorato da una candida e solitaria lacrima di nostalgia. "E ho scoperto come è morta..."
Duncan corrugò lo sguardo, che fino a quel momento era perso nel vuoto intento ad ascoltare le mie addolorate parole; mi guardò negli occhi, forse intuendo che quello che stavo per dire non sarebbe stato nulla di buono. 
"E' stata uccisa in un bosco, da mio padre." chiusi gli occhi per timore della sua reazione, ma quello che fece fu sgranare lo sguardo e balbettare suoni incomprensibili, segno che era veramente impietrito da quelle informazioni e dispiaciuto per me. "Lei era incinta di me quando accadde, ed io nel mio coma, o qualsiasi cosa fosse stata, ho assistito a tutta la scena..." non avevo più la forza e la volontà di continuare, per cui sprofondai sul petto del ragazzo lasciandomi trasportare da un pianto liberatorio. "I-io nel bosco...ho r-rivisto tutto...e-ero piena di sangue e...n-nessuno sa quanto dolore ho dentro..." singhiozzai scandendo con difficoltà le parole per cercare di far comprendere qualcosa a Duncan, visibilmente spaesato ed irrigidito dalle mie azioni. Restammo così, io tra le sue braccia e lui che mi accarezzava dolcemente la schiena provocandomi quel piacevole brivido, con il viso sui miei capelli scompigliati; ogni tanto mi regalava qualche bacio di conforto sulla fronte, ed io lo stringevo di più, in cerca di calore e affetto.
"AL FUOCO! AL FUOCO!" dal finestrino semiaperto ci arrivarono alle orecchie diverse urla terrorizzate ed indistinguibili che spezzarono quel rilassante silenzio creatosi nell'automobile, facendoci sobbalzare all'improvviso per la paura.
"Cos'è tutto questo fumo?" mormorai guardandomi attorno nel buio di quella nuvola tossica e nera , ma non ebbi nemmeno il tempo di comprendere cosa stesse succedendo che il punk mi prese per la vita aiutandomi ad uscire in fretta dall'auto. Mi sedetti affannata sull'asfalto dopo esserci allontanati abbastanza da quel catorcio, girandomi dietro di noi dove l'auto era appena esplosa rumorosamente.
"Cazzo.." sibilò Duncan mentre mi proteggeva con il suo corpo finché l'esplosione ed i pezzi volanti dell'auto non furono cessati. "GEOFF!" urlò arrabbiato più che mai in cerca del ragazzo, che si trovava a pochi metri da noi con una chiave inglese in mano e lo sguardo innocente.
"I-io...è stato un incidente!" balbettò una scusa per niente reale sentendosi osservato minacciosamente da tutti i presenti, tra cui lo sguardo assassino di Alejandro. "Amico! T-tanto era da buttare. Nemmeno un professionista l'avrebbe saputa aggiustare." si giustificò indietreggiando lentamente, mentre lo spagnolo si avvicinava sempre di più alla sua prossima preda.
"VIENI QUI STUPIDO IDIOTA!" iniziò un inseguimento spietato; Geoff urlava aiuto come una femminuccia, ed Al lo insultava sempre più pesantemente, lanciandogli tutto ciò che trovava nella sua strada.
"Ben gli sta." commentò Heather accendendosi con menefreghismo una sigaretta e cacciando una grande nuvola di fumo dalla bocca, invisibile nel cielo scuro illuminato solo da uno spicchio di luna e da qualche ammasso di flebili stelle.  In seguito, senza un motivo ben preciso, scoppiai a ridere fragorosamente tenendomi anche lo stomaco con le mani che sentivo sarebbe esploso da un momento all'altro per le risate, sotto gli occhi stupidi del punk e dell'asiatica.

***

Erano le sei del mattino, l'alba appena accennata all'orizzonte colorava il firmamento scuro di sfumature meravigliose che variavano sul rosa, giallo e rossiccio. Il venticello gelido ci sfiorava piacevolmente il viso, scompigliandoci i capelli che svolazzavano liberi nell'aria facendo compagnia al fumo delle sigarette, le solite Marlboro Rosse. Nessuno di noi quattro aveva avuto la possibilità di riposarsi, e durante quelle poche ore di tranquillità sul tetto di un palazzo qualcuno un po' pigro -come Geoff- si era schiacciato un pisolino beatamente accostato su Heather.
"Ma questo qui russa così fastidiosamente ogni volta che dorme?" commentò la ragazza squadrando il bell'addormentato; aveva le gambe accavallate su una pila di mattoni, le braccia sotto la testa ed il cappello poggiato sul viso, che si muoveva su e giù ad ogni suo respiro -fastidioso, appunto.
"Sì, ed io l'ho sopportato per anni." rispose ironicamente il punk con un sorriso beffardo sul volto. Mi accoccolai sul suo petto, permettendomi di chiudere gli occhi e lasciarmi andare da quella stanchezza, ma non mi sarei addormentata, lo sapevo, non ci sarei riuscita.

"Gwen..." la donna entrò di soppiatto nella cameretta blu notte. "Gwen, non volevo farti star male così, ma dovevi saperlo..." si sedette sul letto, dove io piangevo senza sosta dopo quello che avevo appena saputo dai miei presunti genitori.
Sono stata adottata.
"Io e tuo padre ti vogliamo bene come se fossi la nostra vera figlia..." continuò trattenendo le lacrime e accarezzandomi piano i capelli. "Ti prego..."
Dopo un lungo silenzio di riflessione, mi poggiai sul gomito sinistro, cercando di alzarmi e trovare lo sguardo della donna. Scoprii il viso rigato dalle lacrime e dal mascara colato facendo dispiacere ancora di più la mia madre adottiva.
Ero solo una tredicenne con ancora mille domande sulla vita, come potevo reagire ad una simile notizia?
"Chi sono i miei veri genitori?" domandai seria facendola rimanere di stucco.
"V-vuoi davvero saperlo?" era veramente spaesata, era rigida e non sapeva se guardarmi negli occhi o rivolgere lo sguardo in basso.
Feci un leggero cenno del capo, segno che sì, volevo sapere chi fossero.
"Beh..." fissò le sue mani che si  muovevano nervosamente sul piumone viola del letto. "Tuo padre era un militare e tua madre una normale ed umile donna canadese..."
"Erano?" la interruppi.
"T-tuo padre è morto i-in guerra. Tua madre dopo il parto non ce l'ha fatta più, pochi mesi dopo la scomparsa di tuo padre..." finì di spiegare esitante, abbracciandomi e lasciando la cameretta, senza proferire nessun altra parola.


Sapevo solo cazzate, solo cazzate per non soffrire, per non farmi soffrire. Mi nascondevano la verità. Io che avevo pieno diritto di saperlo, l'ho scoperto solo ora, dopo tanti anni, e nel modo più orribile possibile.

"Yaaaaaaawn...Buongiorno!" biascicò il biondino dopo un lungo sbadiglio; si stiracchiò goffamente e dopo essersi stropicciato gli occhi si guardò attorno. "Ma che ore sono?" disse spaesato. "E cos'è tutta questa serietà? 
In effetti lo osservavamo tutti con uno sguardo indifferente ed un silenzio tombale.
"Sono le 6:10." risposi io con una voce depressa e annoiata.
"Le 6:11." precisò Heather scrutando il suo orologio nero legato sull'esile polso.
"Ancora?!" urlò scioccato, scompigliandosi i capelli. "Ma che noia!"
"Non preoccuparti, tra un po' dovremmo farci una bella corsetta." lo tranquillizzò Duncan, controllando la strada sotto l'edificio dove sfrecciavano sempre con più frequenza diverse pattuglie. "La polizia ci sta ancora cercando." spiegò infine, facendosi scappare un ghigno maligno e divertito allo stesso tempo.
"Beh, e dove andiamo? Non ci stiamo avvicinando per niente a San Francisco." obbiettò Geoff stufo ma con una nota di delusione nel tono di voce. Quanto gli mancava Bridgette...
"Io forse ho la soluzione." si intromise Heather ambiziosa e sicura di sé, alzandosi dal posto e guardandomi sorridente. "Hai ancora il numero di Scott?" 
Sgranai gli occhi. Scott.
"S-sì..." ritornai in me cacciando dalla tasca il pezzo di carta con le cifre del numero; avevo le mani tremanti e la mente da un'altra parte, esattamente il giorno in cui partii verso New York.

Poggiai a terra i pesanti bagagli, girandomi poi verso il rosso che mi aiutava a trasportare qualche borsa. Feci un respiro profondo ed allacciai le braccia al suo collo.
"Grazie..." sussurrai, abbracciandolo il più forte possibile, quasi stritolandolo.
"Ti prego, ritorna a trovarmi quando puoi." mi supplicò lui, attirandomi di più a sé cingendomi i fianchi.
"Certo..." gli stampai un veloce bacio a stampo, ma prima che mi potessi staccare fui nuovamente ripresa, costringendomi a riassaggiare le sue labbra con più intensità e passione. 
"Ti amo." disse malinconico.
"Anch'io." abbassai la testa e recuperai tutti i bagagli, raggiungendo l'aereo che mi avrebbe portata a New York, che mi avrebbe allontanata da Scott.


"Potrebbe aiutarvi a noleggiare un elicottero, e in più so che sa guidare molto bene qualsiasi tipo di aeromobile." chiarì la sua tesi digitando il numero sul suo moderno cellulare nero touch screen, per poi passarmelo frettolosamente. "Parlaci tu."
"C-cosa? Io? Perché?" chiesi terrorizzata e spiazzata all'idea di dover parlare con Scott di cose di cui non ero nemmeno informata. "Sei tu quella più aggiornata! Diccelo tu!" protestai avvicinandole il telefono, ma lo scostò.
"No. Eri tu la sua migliore amica, se non di più." sottolineò a braccia incrociate e con una smorfia di presunzione.
Lanciai una breve occhiata timorosa a Duncan, che per poco non mi avrebbe bruciata viva con un solo sguardo. Sbuffai, arrendendomi alle pretese della ragazza testarda.
-Pronto?- la voce maschile e ben scandita risuonò all'improvviso nel silenzio dal telefono dopo vari squilli di attesa, facendomi irrigidire parecchio. Mi allontanai dai miei amici, cercando un angolo dove poter parlare con il ragazzo di cui ero stata follemente innamorata anni fa, e che ancora mi mancava da morire.
"S-Scott..."
-Chi è?-
"Sono io...Gwen." la voce non sembrava voler diventare più sicura; balbettavo ed ero agitatissima.
-Gwen?- richiamò il mio nome con uno strano tono, come per convincere se stesso di quello che avevo appena detto. -Gwen Carter?-
Mi aveva ricordata, e solo questo mi faceva sorridere involontariamente.
"Esatto..." mormorai accennando una breve risatina debole. Restò in silenzio per qualche secondo, il tempo di elaborare qualche frase di senso compiuto ed io di dare uno sguardo al resto del gruppo, che bisbigliava chissà cosa.
-Ma...Tu, i giornali, la rapina...N-non eri scomparsa?- domandò spaesato, facendomi sussultare al sentire tutte quelle domande; cosa potevo dirgli?
"Sono fuggita. Mi conosci, no?" inventai all'ultimo secondo cercando di essere la più naturale possibile. Ottenni un ghigno da parte del rosso.
-Dove sei?- chiese; dalla voce sembrava abbastanza contento.
"Per adesso a Terre Haute, in Indiana. Dovrei andare a San Francisco ma non ho né mezzi né soldi...Ora sono da Heather."
-Potrei aiutarti io. Sei libera tra una settimana? Sai, ho molti impegni in questo periodo.-
Sorrisi vittoriosa. "Certo. Dove?"
-Cerca di arrivare a Chicago.-
"Cosa? Ma saranno almeno 200 Km!"
-Un'auto la troverai di sicuro. So che Heather era fidanzata con un certo Alejandro!-
Rimasi muta, non sapendo se ridere al pensiero della brutta fine che aveva fatto quella povera automobile o disperarmi perché non avevo nessun mezzo. "Vedrò cosa posso fare."
-Bravissima.- disse maliziosamente, riattaccando la chiamata.

"Allora? Che ha detto?" si avvicinò a me l'asiatica con curiosità.
"Tra una settimana mi dirà come può aiutarci. Ma dovremmo trovare un modo per arrivare a Chicago."
"Ma è lontanissimo!"
"Voi due vi vedrete?!" si intromise all'improvviso il punk con agitazione, ed avanzando di un passo verso di me, ma ritornando in sé si grattò la nuca e continuò a parlare "C-cioè, sono felice che ci aiuti...così Geoff rivedrà Bridgette..." inventò una scusa al volo accavallando anche le parole, per poi sbuffare e sedersi accanto al biondino.
Rimasi incollata con lo sguardo fisso sul pavimento, impegnata ad elaborare qualche motivo per cui Duncan era così scosso dall'apparizione di Scott; gelosia? Nah, infondo Scott aiuterà tutti e tre a raggiungere la nostra destinazione; il punk non perderebbe tempo con queste sciocchezze.
Cercai nuovamente gli occhi di Duncan che trovai qualche secondo dopo aver atteso che si girasse verso di me, incontrando anche un mezzo sorriso che non rappresentava lontanamente qualcosa come la felicità.
"Andiamo a casa mia prima che qualcuno ci veda." ordinò Heather dopo aver osservato i nostri comportamenti e le nostre occhiate; scese le scale con Geoff dietro le sue spalle, mentre io e Duncan raggiungemmo l'ascensore. Le porte si aprirono lentamente permettendoci di entrare; premetti il pulsante del piano terra e le porte si richiusero. Il silenzio regnava nel piccolo ascensore, mettendo sia me che il ragazzo in una situazione di disagio. Non sapevo cosa dire, per cui mi specchiai allo specchio dietro di me, cercando di non guardare Duncan.
"Sei proprio carina quando ti sistemi i capelli." commentò lui, osservandomi malizioso. Sorrisi timidamente, scrutandolo dal riflesso dello specchio. "Anche tu, sempre." ribattei girandomi verso di lui intuendo che si stava avvicinando divertito.
"Lo so." mi cinse la vita attirandomi al suo corpo.
"Presuntuoso..." mormorai sensualmente, facendolo ghignare; gli circondai il collo con le braccia, avvicinandomi alle sue labbra mentre lui mi bloccava alla parete dell'ascensore....

 
---->Angolino dell'autrice<----

Salve miei cari lettori!!^--^ Sono riuscita finalmente ad aggiornare con il nuovo capitolo. Dopo l'improvvisa sparizione degli ultimi due capitolo ho dovuto riprendere il testo e riscriverli! D: Mini infarto!ç-ç
Tornando al presente, questo è un capitolo di transito, dove entra "in scena" Scott e dove Gwen racconta della sua triste esperienza a Duncan! 
Uuh, dovranno andare a Chicago, come ci riusciranno senza l'aiuto di Al? :') 
Beh..che altro dire? Recensite!^^

gwuncan99


P.S.: Volevo solo dirvi che per i kilometri e le città dove sono stati e dove andranno i nostri personaggi mi sono sempre aggiornata con Google Maps ahahahah...

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***



--->Capitolo XII
 
Mancavano solo poche ore e saremmo giunti alla nostra destinazione, ovvero Chicago; il veicolo di Heather - una semplice Citroen rossa di cui non ero nemmeno a conoscenza fino ad allora - ci trasportava ormai da due giorni, fra soste ai distributori di benzina ed una piccola pausa in un lurido Motel isolato dal mondo. Il finestrino semiaperto permetteva ad una forte brezza gelida di penetrare all'interno dell'automobile, che andava a tutta velocità a causa della strana fretta ed adrenalina dell'asiatica. Nessuno di noi aveva aperto bocca dall'ultima fermata nel Motel; eravamo stanchi ed esasperati per il lungo tempo passato in auto. Duncan osservava il paesaggio esterno con occhi persi nell'orizzonte e pensierosi; forse sarebbe stato meglio non parlargli di Scott, visto la sua reazione al riguardo. Mi poggiai con la testa sulla spalla di Geoff, che si trovava appiccicato a me ai sedili posteriori per colpa dei numerosi bagagli di Heather, carichi di vestiti e trucchi di ogni marca - infondo stavamo parlando di Heather! Il biondo era eccitato e nervoso solo alla semplice idea di avere un piccolo spiraglio di possibilità di riabbracciare la sua Bridgette, e questo mi metteva di buon umore; se era felice lui lo ero anch'io, nonostante quell'ultimo periodo di confusione per me.
"Siamo arrivati?" domandò impaziente ad Heather.
"No." rispose secca con lo sguardo fisso sulla strada.
Il silenzio ripiombò nell'aria, ma durò qualche breve attimo.
"Siamo arrivati?" insistette dondolando sul posto.
"No!"
Silenzio.
"Siamo arrivat-" "NO!" sbottò l'asiatica, incenerendolo con lo sguardo. Offeso, il biondino abbassò la testa scrutando la sigaretta che rigirava fra le sue dita da minuti ormai, portandosela poco dopo alla bocca intento ad accenderla e placare le sue emozioni per un po'.
"Nervoso, eh?" lo rincuorai io sorridendogli amaramente.
"Eh sì." annuì tristemente, espirando fuori una densa nuvola di fumo dalle labbra.

L'asiatica accostò il veicolo in un parcheggio di uno sconosciuto grattacielo gigantesco, permettendoci finalmente di scendere. Ci sgranchimmo le gambe addormentate, inalando una grossa boccata d'aria, e ci guardammo intorno spaesati.

"Dov'è il tuo caro amichetto? chiese con uno strafottente tono sarcastico il punk, incrociando impaziente le braccia poco dopo essersi portato alle spalle la sua solita borsa rossa carica del suo bottino.
"Dovrei andare ad aspettarlo all'Aeroporto Internazionale O'Hare; venite con me?" risposi io infastidita dal comportamento del ragazzo, ma mantenendo pur sempre un tono gentile, se così si poteva dire.
"No. Noi andiamo a trovare un posto dove stare per il momento. Eccoti un cellulare con il numero di Scott, Geoff ed il mio, visto che tu e Duncan lo avete perso; chiamami per farmi sapere cosa dice!" detto questo, con un'espressione degna di una calcolatrice che è Heather - molto nota a me - mi porse l'oggetto in questione e con difficoltà per i numerosi bagagli si congedò con i due ragazzi, lasciandomi sola e smarrita nella più grande Metropoli statunitense. 

Vagai a lungo nelle vie affollate di Chicago, orientandomi solo con una mappa del posto sul telefono. Possibile che Duncan se ne fosse andato senza raccomandarmi nulla? Non avrebbe potuto aiutarmi accompagnandomi almeno lui? Davvero un ragazzo molto altruista!
In quel momento dovevo concentrarmi solo su Scott e cercare di riconoscerlo tra la folla; chissà se il suo aspetto sarà cambiato...Infondo io non avevo più i capelli tinti ed il look di una volta!
Mi sedetti sulla panchina di un piccolo parco, concedendomi una sigaretta per quietare l'ansia e lo stress che mi agitavano e mi attanagliavano i pensieri. Accesi la mia solita Marlboro e dopo un minuto di tranquillità passato in totale silenzio, spezzato solo dalle risate dei bambini nel parco giochi lì accanto, presi il cellulare dalla tasca; aperta la rubrica, scrutai lentamente i nomi scritti al suo interno, soffermandomi su un contatto in particolare. Dovevo chiamarlo; non sapevo dove fosse, dove fossi io, dove fosse il resto del gruppo...Mi sarei solo persa! Ma qualcosa mi fermava; le mie mani tremanti non mi permettevano di premere quel maledetto pulsante di chiamata. Avevo una voglia pazzesca di sentire un'altra volta la sua voce, e allo stesso momento avevo paura, paura di scoprire nuovamente quel sentimento che una volta mi permetteva di continuare a vivere, ma che era stato sostituito recentemente dall'amore che provavo per Duncan. No, dovevo mettere le mie questioni personali da parte e pensare al bene di Duncan e Geoff. Premetti quello stupido pulsante ed attesi una risposta. "Tuuu...Tuuu..." sembravano un'infinità quegli squilli strazianti. Ispirai un'altra boccata di nicotina e mi preparai a parlare - a non balbettare goffamente.
-Chi è?- finalmente rispose, con la sua solita voce che mi metteva sempre una strana allegria.
"Sono io, Gwen." ribattei scompigliandomi nervosamente la chioma corvina e nera. "Mi sono persa." spiegai ironicamente, facendolo ridere all'improvviso strafottente.
-Scusami, dovevo immaginare che sarebbe successo. Ora sono per strada, tu sai dirmi dove ti trovi?- domandò poi placando le sue interminabili risate; sembrava molto paziente e divertito dalla situazione.
"In un parco giochi, credo.." gli informai un po' insicura del luogo, guardandomi intorno in cerca di un punto di riferimento che avrebbe potuto conoscere.
-Vicino a qualcosa? Cioè, ad un centro commerciale, o un grattacielo in particolare...- continuò cercando di capire il punto preciso dove potessi essermi cacciata; poverino!
"Sono accanto a..." scrutai il circondario. "...Un sasso. Bianco!" scoppiò a ridere fragorosamente, cosa che avevo dedotto potesse succedere. Accennai un sorriso ebete, buttando la cicca consumata a terra. "Non mi troverai mai." ipotizzai quasi con tono di sfida.
Restò in silenzio.
-Sei cambiata molto...- mormorò sospettosamente ma con una nota di nostalgia che mi lacerava il cuore.
"M-ma..Come-" "Che fine hanno fatto quelle meravigliose ciocche blu?" continuò dolcemente. Sgranai gli occhi restando a bocca aperta. Il ragazzo riattaccò, lasciandomi immersa in una confusione totale.
"Ma come fa a saperlo?" pensai tra me e me ad alta voce, e ad un tratto tutto divenne buio; due calde mani mi avevano coperto gli occhi agitandomi dalla sorpresa inaspettata. La voce non voleva uscire fuori, per cui la figura misteriosa dietro di me fu obbligata a parlare per prima.

"Indovina chi sono?"

Quella voce, quella voce così maliziosa e riconosciuta perfettamente...
"Scott..." sussurrai stupita, sorridendo appena il ragazzo mi ebbe tolto i palmi dalla faccia con un ghigno. Mi alzai dalla panchina e mi girai verso di lui, ricevendo un improvviso abbraccio necessario a tutti e due da mesi.
"Pensavo fossi morta..." ammise Scott ad un soffio dal mettersi a piangere come un bambino, insolito per lui.
"S-Scott..." io invece, come al solito, mi lasciai andare con le lacrime, stringendolo ancora di più. "Mi sei mancato..."

E che ti importa se un abbraccio ti rompe le costole se ti aggiusta il cuore?

"Anche tu..." affermò a fior di labbra, sciogliendosi dalle mie braccia.
"Devo raccontarti tante cose..."dissi guardandolo negli occhi mentre mi asciugavo con la manica della camicia le gote bagnate di lacrime.
"Me le dirai dopo, c'è tempo." sorrise, accarezzandomi dolcemente la guancia. "Oh Gwen. Quando la smetterai di fumare?" mi rimproverò ironicamente, annusandomi i capelli. Quanto era premuroso e...stupido.
"Avevo smesso ma..."

"Tu fumi?" chiese tranquillamente, riportando la sua Marlboro davanti le labbra.
"Ai tempi dell'adolescenza...Ora è da qualche anno che ho smesso." risposi, sorridendo al pensiero dei vecchi ricordi di quando ero una sedicenne ribelle.
"Ti va un tiro?"
Accettai con un cenno della testa.


Colpa di Geoff!
"...Non sono riuscita a trattenermi..." conclusi la mia scusa con falsa innocenza, cacciando due sigarette dal pacchetto bianco e nero. "Allora...Ho saputo della tua abilità con gli aerei..."

***

"Lo hai trovato?" domandò acida l'asiatica appena ebbi messo piede nella stanza d'Hotel affittata dai ragazzi durante la mia assenza. Per trovarli ci volle circa un'ora, ma grazie a Scott riuscii a non perdermi tra i grattacieli immensi di Chicago.
"Sì." ribattei secca anch'io, facendo spazio al rosso alle mie spalle. I presenti restarono a bocca aperta, un in particolare.
Mi sedetti sul divano rosso in pelle lucido accanto al signorino irritato, ovvero Duncan, mentre Scott si accomodava sulla poltrona proprio davanti a noi. Il punk mi cinse i fianchi sotto gli occhi del rosso, avvicinandomi a sé.
"Dunque, Scott." si fulminarono con lo sguardo. "Quanto costerebbe questo noleggio?" chiese quasi stuzzicandolo, ma Scott non si fece abbindolare.
"Pff, prima devo sapere chi siete tu e quel biondino." ordinò senza pretese riducendo gli occhi a due fessure, estremamente contrariato all'idea di portare a bordo del suo elicottero due sconosciuti.
"E lo saprai. Io sono Duncan, il fidanzato di Gwen." accontentò nervosamente il rosso, dandomi anche un leggero bacio sulle labbra visibilmente non ricambiato - di certo davanti a Scott non avrei permesso nessun tipo di contatto amoroso con Duncan. Il ragazzo corrugò lo sguardo, per poi ritornare serio per continuare ad ascoltare il suo prossimo nemico. "E lui è un nostro amico, Geoff." concluse il punk, indicando il biondino che insieme ad Heather ascoltava attentamente il discorso; sapevo che tutti e due avevano inteso che Duncan stesse esagerando, ma Heather sembrava stesse godendo sadicamente.
"Devo parlare con Gwen." obbiettò Scott lanciandomi uno sguardo abbastanza severo e in cerca di spiegazioni. Mi prese per un braccio ma fu immediatamente bloccato dal punk autoritario.
"No." replicò minaccioso alzandosi davanti a me, mentre stringeva ancora il polso del rosso. "Duncan." lo richiamai infastidita dalla sua reazione, attirando la sua attenzione; mi guardò contrariato, ma ciò che poté fare fu lasciare la presa, permettendo a Scott di portarmi fuori.

Appena la porta fu chiusa alle nostre spalle, il rosso iniziò a spiegarsi aumentando sempre di più i sospetti nei nostri confronti.
"Dove li hai conosciuti?" domandò a braccia conserte acidamente.
"Io...beh, li ho c-conosciuti al...al compleanno di..." "Gwen, dimmi la verità." mi interruppe battendo un piede a terra; abbassai la testa, costringendolo a spiegare la sua tesi accusatoria. "Loro sono dei ladri!" alzò la voce scioccato. Non risposi, continuando a sfuggire allo sguardo del ragazzo.
"Io vado lì dentro e li-" "No!" lo strinsi tentando di bloccare il suo pugno intento a sfondare la porta. "Ti spiego tutto, basta che resti calmo..."
"Ti hanno rapita? TI STANNO MINACCIANDO?!" "No, Scott. Non mi hanno rapita..." Ottenni una sua occhiataccia "Dopo essere fuggiti dalla polizia mi hanno permesso di andarmene ma..." "MA?!" "Mi ero già affezionata a loro e...volevo andare via da New York..." 
Non fiatò. Rimase immobile a riflettere su quella paradossale situazione e sulle mie immature decisioni.
"E' impossibile! La Gwen che conosco io non si fiderebbe mai di due sconosciuti, per di più due ladri..." mormorò cercando di farmi ragionare.
"Ci sono stati diversi episodi che mi hanno permesso di fidarmi." risposi sicura; sbuffò, arrendendosi alle mie ragioni, o forse no. Corrugò lo sguardo, allontanandosi dalla camera d'albergo.
"Tra due ore sul tetto del 311 South Wacker Drive. Heather sa dove si trova, quindi non ti perderai." si congedò, lasciandomi un tenero bacio sulla fronte. Entrai in stanza, con la consapevolezza che non sarebbe stato facile dimenticarmi della nostra storia passata.

 
---->Angolo dell'autrice<----

Ma ciaaao! :D 
Scusate il ritardo, non ho avuto nemmeno un po' di tempo per aggiornare, ma ora eccomi qui!^--^
Volevo ringraziare tutti quelli che mi hanno sempre seguita e recensita, in particolare dedico il capitolo a:
zoey_gwen, _stella_2000, Tiziadarky00, Dalhia_Gwen e Lexy Angels!:3
Un bacio, e recensite!^^

gwuncan99

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***



--->Capitolo XIII
 
"Tra due ore sul tetto del 311 South Wacker Drive. Heather sa dove si trova, quindi non ti perderai." 

Ed eccolo, lì davanti a noi, l'imponente grattacielo dallo stile post-moderno che si stagliava verso il firmamento illuminato dai deboli raggi emessi dal Sole; dovevamo solo superare i 65 piani con l'ascensore ed avremmo raggiunto il tetto su cui si trovava il famoso elicottero di Scott, il ragazzo spuntato dal nulla volenteroso di aiutarci, anzi, di aiutare solo me. Percepivo già la netta tensione tra lui e Duncan, e questo non mi piaceva per nulla. Avrebbe solo intralciato la nostra fuga, e questo non doveva accadere. Geoff non lo meritava.
"Come facevi a sapere dove fosse?" domandai -riferendomi al grattacielo- con bramosa curiosità all'asiatica di fianco a me, che si portò una mano al fianco ghignando orgogliosa di quello che stava per blaterare.
"Oh, niente di che. Meno di un anno fa ebbi l'onore di fare un giro con Scott col suo elicottero, e devo dire che ci sa fare!" spiegò con spiccata superiorità, con quel tono di voce tanto odiato ai tempi del liceo accompagnato oltretutto da una scossa di testa che le fece ondeggiare i lunghi capelli neri e setosi; avrei tanto voluto rasarglieli a zero come quella volta che da ubriaca ad una festa la svergognai davanti a tutti. Una cosa esilerante. Bene, Scott si era preoccupato più di stare in compagnia della mia acerrima nemica piuttosto che cercare me, ed in più le aveva fatto fare un giro in elicottero!
Il punk notò il mio sguardo corrugato e perso nei pensieri più oscuri ed omicidi che desideravano vendetta ma anche delusione, per cui interruppe il mio trans con un leggero colpo di tosse volontario.
"Andiamo. Stiamo già perdendo troppo tempo." mormorò con irritazione, facendosi spazio fra la folla sparsa dinnanzi il famoso grattacielo. Ignorai il suo carattere acido e prepotente, roteando gli occhi e guardandomi intorno prima di procedere al passo con Duncan; Geoff fremeva dalla gioia, Heather godeva dalla cattiveria e la mia bocca desiderava impulsivamente una bella boccata di nicotina - e magari un bacio di Duncan. Scostai due passanti ed inseguii il resto del gruppo, piuttosto carico di adrenalina. Raggiungemmo l'ascensore, aspettando per qualche secondo il suo arrivo; le porte si aprirono, permettendoci di entrare tutti e quattro.
L'aria era tesa; non osavamo guardarci in faccia. Lo sguardo a terra a fissare chissà che cosa - a parte Heather che si sistemava il trucco davanti al grande specchio - e l'ansia di raggiungere finalmente San Francisco. Eppure, non sapevo se fidarmi del tutto di Scott... "Eppure, sta accadendo tutto con così tanta facilità..." pensò ad alta voce il biondino, divenuto improvvisamente serio e preoccupato; si girò verso di me in cerca di una risposta che poteva risollevarlo da quel dubbio. "Non credi anche tu?" disse con un filo di voce. Rimasi in silenzio, in attesa di una chissà quale idea positiva e fiduciosa sul ragazzo dai capelli rossi. "E' un mio amico, è normale che ci aiuti...E' stata solo fortuna, la nostra." balbettai non molto convinta, tormentandomi i capelli con le mani; sorrisi amaramente, rivolgendomi a Duncan. "Giusto?" chiesi conferma a lui, come se ne sapesse qualcosa di tutta quella faccenda e dei pensieri di Scott. Annuì debolmente, quasi disinteressato dall'argomento.
Le porte si riaprirono, scoprendo quattro ragazzi spaventati dalla realtà; immobili sul posto da secondi, avanzammo verso quello che doveva essere il famoso elicottero di Scott.
"Alla buon ora!" borbottò il rosso impegnato a pulire il suo gioiellino bianco e rosso. "Dove avete detto che è la vostra meta?" disse poi avvicinandosi a me con un sorriso beffardo; mi lasciò un dolce bacio sulla guancia e lanciò uno sguardo indecifrabile a Duncan, che sbuffò a braccia conserte. "San Francisco." rispose seccato, avvicinandosi con Geoff al velivolo. "Bel catorcio." "Almeno io ce l'ho."
"Ci sbrighiamo? Io avrei una certa fretta." interruppi la loro discussione, seguita poi da Heather. "Eh sì, sto già perdendo troppo tempo; la manicure non si fa mica da sola!" "Ah, certo! Tu pensi alla manicure in questo momento?! Pazzesco!"
Il rosso ci fissò divertito, scoppiando poi a ridere improvvisamente. "Voi due siete esileranti!" commentò trattenendo le lacrime per le risate. "Mi mancavate troppo." ammise infine con un sorriso pensieroso, facendo innervosire il punk.
"Certo ma, a parte queste cavolate, dobbiamo sbrigarci sul serio. Se non vi ricordate, siamo inseguiti dalla polizia."
"Ah, si?"
"Eh sì." questa volta fu Geoff a parlare, prima di entrare per prima nell'elicottero. "Andiamo."

Entrammo tutti e cinque; Scott, con esperta abilità, fece partire il velivolo, innalzandoci nel cielo. Pochi secondi dopo potemmo già ammirare il panorama di Chicago, un bellissimo spettacolo che si poteva contemplare solo dal vivo; peccato che non me lo fossi potuto godere a causa di Duncan, che da due giorni mi teneva sempre il broncio. Era seduto accanto a me con lo sguardo fisso fuori dal finestrino, come Scott, che sembrava piuttosto pensieroso, fin troppo pensieroso. Non aveva proferito parola da quando Duncan aveva parlato della nostra fuga dalla polizia.
"Duncan..." sussurrai accovacciandomi sulla sua spalla muscolosa. "Che c'è?"
"Niente." ribatté secco, guardandomi negli occhi con disprezzo. "Sono solo annoiato, ci metteremo una vita ad arrivare da Bridgette, tutto qui." spiegò, stringendomi poi la mano.
"Ti amo." mormorai al suo orecchio, facendolo sorridere debolmente. "Anch'io." disse lui, avvicinandosi alle mie labbra; con un po' di esitazione ricambiai il suo bacio, con la mente persa ad immaginare a chissà cosa stesse pensando Scott accanto a noi.
"Quanto ci metteremo?" domandò Geoff con impazienza, riferendosi al rosso alla guida.
"Mh, qualche oretta sicuramente..." si limitò a rispondere lui, ancora distratto da qualcosa di ignoto. "Dimmi un po', avete per caso fatto qualcosa di molto grave da essere perseguitati dalla polizia?"
"Perché questa domanda?" ribatté confuso il biondino.
"Curiosità. Infondo sono amico di Gwen, devo saperlo visto il mio grande aiuto verso due ladri ricercati." 
La risposta bastò a far parlare Geoff. "Abbiamo rapito Gwen, mi sembra visibile." Io e Duncan, prima intenti a limonare dimenticandoci dei presenti nell'elicottero, ci bloccammo ad ascoltare il nuovo discorso aperto stranamente da Scott.
"Perché?" continuò lui.
"Fammi ricordare..." il festaiolo si grattò la nuca, guardando gli altri in cerca del ricordo del mio rapimento. "Ah, sì! Quando abbiamo rapinato la banca dove lavorava Gwen, sfortunatamente e involontariamente lei ci ha riconosciuti, proprio perché qualche minuto prima si era scontrata in strada con Duncan! Non è una cosa pazzesca?" raccontò euforico, sfoggiando un sorrido a trentadue denti a me e il punk.
"Ricordo perfettamente.." commentai ghignando. "Già mi eri antipatico." mi rivolsi a lui squadrandolo scherzosamente.
"Oh, anche a me, RAGAZZINA." schernì ironicamente, baciandomi a fior di labbra.
"E perché l'avete presa? Potevate fuggire da soli." ci interruppe scocciato Scott, non distogliendo l'attenzione dalla guida.
"Non ci avevamo pensato...Ma è stato meglio rapirla! Duncan voleva ucciderla, quindi-" "VOLEVI UCCIDERLA?!" sbottò il rosso, facendo sobbalzare tutto il gruppo e perdendo quasi il controllo dell'elicottero.
"NON PARLARMI CON QUEL TONO, O LE PRENDI SERIAMENTE." lo stuzzicò Duncan, e nuovamente si fulminarono con lo sguardo.
"Comunque..." il rosso si ricompose. "Cosa centra Heather in tutto questo?"
"Si sono riparati a casa mia." si intromise l'asiatica in questione. "Per colpa loro Alejandro non mi parla più." sbuffò infastidita, guardando male tutti noi, soprattutto Geoff - l'artefice della distruzione dell'auto del ragazzo di Heather.
"Vi sta alle calcagna solo la polizia?" chiese con insistenza Scott; troppe domande, quello stava tramando qualcosa.
"No." fu Duncan a parlare. "Anche la mia ex." Geoff scoppiò a ridere.
"E?" lo intimò a continuare il rosso, come se già sapesse che non era solo l'ex ad inseguirci.
"Ti interessa così tanto?" "Evidentemente sì. Posso abbandonarvi quando voglio, o catapultarvi dall'elicottero; ho un pulsante di espulsione, e, francamente, intendo usarlo."
La sua minaccia costrinse il punk a rispondere. "Da una banda di...spacciatori. I Bulls, li conosci? Sono molto famosi a New York."
"I Bulls, eh? Mmmh.." si grattò il mento con fare pensieroso, ma visibilmente finto. "Oh, certo! Li conosco benissimo."
Restammo in silenzio, forse la cosa più giusta da fare in quel momento.


Erano passate circa due ore da quando tutti si erano appisolati, a parte Scott - naturalmente - ed io. Il viaggio proseguiva regolarmente sotto le note di una canzone di Eminem di cui non conoscevo nemmeno il nome ed il russare di Geoff.
"Come sei stata a New York?" domandò d'un tratto il rosso, picchiettando le dita sui comandi dell'elicottero.
"Un po' sola. A parte questo, bene. Infondo ho sempre amato la solitudine." risposi insicura, scostandomi il punk addormentato dalla spalla; con agilità raggiunsi il posto accanto a Scott, occupato in parte da Geoff. Presa una sigaretta dalla sua tasca, riuscii a sistemarmi comodamente per poter fumare e parlare con il rosso. "Come stanno i miei...genitori?" 
Ci guardammo negli occhi, il tempo per lui di capire quanto fossi nervosa ma curiosa di sapere di loro.
"All'inizio non avevano accettato la tua fuga, poi si sono rassegnati." disse rispondendo alla mia domanda. "Ma gli manchi, molto." mi informò infine, con una nota di nostalgia forse anche da parte sua.
Scrutai l'orizzonte, portando alla bocca la sigaretta.
"Tra poche ore il Sole tramonterà; tra tre ore saremmo in un luogo dove ho deciso di portarvi tutti." mormorò il ragazzo, sorridendomi lievemente.
"Dove?" 
"Non preoccuparti, è vicinissimo a San Francisco."
Sospirai, impaziente dell'atterraggio; quell'elicottero mi faceva venire la nausea, soprattutto se dentro con me c'era Scott. Una nuvola di nicotina si espanse nell'aria.

***


Scesi da quel catorcio volante - come lo chiamava Duncan - con l'aiuto di Scott, che si girò subito dopo verso i belli addormentati.
"Svegliaaaa!! Siamo arrivatii!!" urlai io, mentre il rosso batteva i pugni contro lo sportello; Heather e Duncan sussultarono all'improvviso dalla paura, imprecando bestemmie di ogni genere. L'asiatica aveva sbattuto la testa su chissà cosa, e questo mi fece scoppiare a ridere come una stupida.  L'unico che non si era alzato era Geoff, che sonnecchiava tranquillamente biascicando parole del tipo "Bridgette, sono qui..." Era dolce, non volevo interrompere il suo bel sogno ma, come sempre, la rovina-tutto Heather lo trascinò per le gambe energicamente. Il biondino, dapprima rannicchiato sul sedile, si ritrovò sbattuto su una distesa di erba in un luogo sconosciuto. "D-dove diavolo sono?!"
"Giusto...dove siamo?" ripeté il punk guardandosi intorno; un prato di fiori gialli ed erba alta ricopriva l'intera zona, mentre dietro di noi vi era solo un piccolo sentiero che portava da qualche parte.
"Dobbiamo proseguire per quel vialetto e siamo arrivati." spiegò Scott con l'indice rivolto verso il viale in questione.
"Arrivati dove?" chiesi io confusa.
"Vedrai." il rosso stava cercando qualcosa nell'elicottero; lanciò lo zaino al punk  e prese una chitarra mai vista prima che mise su una spalla. Mi lanciò un sguardo sorridente e cominciò a camminare, seguito da tutti noi.

Percorremmo il sentiero in silenzio, troppo lungo e faticoso per noi, ma ne valse la pena; giunti alla fine, illuminato da sfumature di luce tra il rosa e il giallo del tramonto, si stagliava un lungomare mozzafiato. Il suono delle deboli onde che sbandavano sugli scogli, i versi dei gabbiani e l'aria fresca e profumata di...sabbia, acqua salata: una splendida sensazione di pace e tranquillità. Geoff ed io, senza pensarci due volte, con un semplice sguardo di complicità ci catapultammo verso la spiaggia, spogliandoci durante la corsa e lanciandoci in mare, iniziando una lunga gara di schizzi e spinte tra le nostre infinite risate. Heather, cacciando i suoi immancabili occhiali da sole, si allungò sulla sabbia fresca della spiaggia. 
"Devo sfruttare questi ultimi raggi di Sole, anche se ci vorrebbe una crema abbronzante." cinguettò lei dischiudendo gli occhi. "Potevi dirmelo prima che mi portavi al mare!" sgridò poi il rosso, prima di rilassarsi in silenzio.
Gli unici rimasti impalati davanti a quello spettacolo erano Scott e Duncan, che non sapendo che dire cercavano in tutti i modi di non guardarsi in faccia né di avere alcun tipo di contatto; da lontano sembravano due fuochi in contrasto che da un momento all'altro di sarebbero scontrati facendo esplodere l'inferno. Il punk si sedette a pochi metri di distanza dal rosso, procurandosi l'occorrente dallo zaino per prepararsi una canna; con abili mosse finì in pochi minuti e poté godere di quella medicina rilassante. Scott gli si avvicinò con lo sguardo corrugato.
"Quella roba devi ancora pagarla?" domandò dal nulla quasi infastidito. Il punk, dopo un lungo tiro, alzò la testa, sputando fuori la nuvola di fumo. "Ho troppi debiti, e comunque, non sono affari che ti riguardano." rispose seccato, distogliendo lo sguardo verso di noi, che giocavamo nell'acqua nonostante i vestiti - biancheria intima - bagnati. Mentre ci scrutava pensieroso, il rosso continuò la loro chiacchierata.
"Io centro in queste cose più di quanto tu creda, Duncan Nelson

Nelson? Come faceva a conoscere il suo cognome?

Il punk, sgranando per un istante gli occhi, si ritrovò a fissare un ragazzo strafottente e sicuro di sé, con un ghigno così odioso che lo avrebbe portato perfino a prenderlo a pugni. Ma questo pensiero fu distolto da me e Geoff,che li raggiungemmo tutti tremanti ed infreddoliti; Geoff in pantaloncini ed io solo in reggiseno e collant corti fino alle ginocchia.
"Piccola..." mormorò il ragazzo alla mia vista, che mi avvolse fra le sue calde braccia noncurante del mio abbigliamento.
"E-ehi...amico...D-dove dovremmo dormire n-noi?" disse balbettante per il freddo il  biondino, che si strofinava le mani in cerca di un minimo di calore.
Scott, sorridendo divertito, indicò un falò spento poco lontano da noi. "Lì. Sai, questo è un posto segreto, che conosco solo io, quindi ho preparato già tutto per serate del genere." ci informò mentre lo seguivamo verso il falò, dove attorno si trovavano coperte, sacchi a pelo, uno stereo attrezzato di casse ed un grande frigo bar; più lontano vi era una baita di legno, sicuramente inabitata, ed un'altra distesa di erba alta e fiori gialli. Sullo sfondo si trovava un bosco, che non avrei mai raggiunto per esperienze passate.
"Bello." commentò l'asiatica, che raggiungendoci aveva alzato gli occhiali da sole ammirando il falò.
"Chi sa suonare la chitarra?" domandò ad alta voce il rosso, innalzando il suo strumento musicale davanti a tutti.
"Io! Io! Sono bravissimo!!" urlò il festaiolo agitando un braccio.
"Dov'è la tua camicia?" mormorò il punk rivolto a me, sentendo quanto stessi tremando.
"L-l'ho buttata in mare..." risposi, abbassando lo sguardo. Il punk mi rialzò il mento con il pollice e l'indice, costringendomi a guardarlo negli occhi. "Dai, vieni, così ti scaldi un po'." Cacciò da una tasca il suo accendino, lo lanciò al rosso e lasciò che lui accese il falò, mentre io e lui ci accoccolammo sulla sabbia, cullati dal calore dei nostri corpi. 

Il Sole era completamente sparito, lasciando posto alla Luna piena ed alle infinite stelle che ricoprivano il cielo buio. Uno spettacolo che da una città come New York era quasi impossibile vedere. Una birretta ed una sigaretta erano quello che ci voleva in quella serata che si stava presentando perfetta; mancava solo la canzone che avrebbe scelto Geoff da suonare.
"The A Team di Ed Sheeran?" propose indeciso il festaiolo. 
"Si può fare." affermò il rosso, accendendo lo stereo. "No no, la suono e la canto io! Fa più effetto sulla spiaggia!" lo bloccò Geoff, accordando la chitarra con uno sguardo attento ma allo stesso tempo rilassato.
Iniziò a cantare.

White lips, pale face 
Breathing in snowflakes 
Burnt lungs, sour taste 
Light's gone, day's end 
Struggling to pay rent 
Long nights, strange men
 

Una voce melodiosa, delicata, rilassante. Dischiusi gli occhi, poggiandomi al petto del mio ragazzo.

And they say 
She's in the Class A Team 
Stuck in her daydream 
Been this way since 18 
But lately her face seems 
Slowly sinking, wasting 
Crumbling like pastries 


Tutti erano concentrati ad ascoltare il talento di Geoff di cui non ne sapevo nulla fino a quel momento. Bevvi qualche sorso di birra e mi strinsi di più nelle coperte, ricevendo un dolce bacio sulla fronte da Duncan.

And they scream 
The worst things in life come free to us 
Cos we're just under the upperhand 
And go mad for a couple of grams 
And she don't want to go outside tonight 
And in a pipe she flies to the Motherland 
Or sells love to another man 
It's too cold outside 
For angels to fly 
Angels to fly 


"Una volta dedicò questa canzone a Bridgette..." mi sussurrò lui, non distogliendo lo sguardo dal suo amico, mentre sorrideva quasi orgoglioso di lui e della sua forza. "E' innamorato di Bridgette, lo è davvero..."
Geoff si accorse delle parole e delle occhiate di Duncan, ed i suoi occhi divennero lucidi.

Ripped gloves, raincoat 
Tried to swim and stay afloat 
Dry house, wet clothes 
Loose change, bank notes 
Weary-eyed, dry throat 
Call girl, no phone 


Tra una lacrima e l'altra, finì anche il ritornello, e la canzone.

For angels to fly 
Angels to fly 


Dopo l'ultimo accordo della chitarra, il silenzio calò tra i presenti, mentre le lacrime di Geoff erano accompagnate dalle mie che bagnavano il mio viso più pallido del solito. Il festaiolo stappò una bottiglia di birra e la bevve tutta d'un sorso, scioccandoci tutti.
"...Wow." mormorò l'asiatica accanto a lui.
"Bravo, eh?" affermò Duncan, sorridendo a malapena.
"Eh, sì." ribattei io tirando su col naso ed asciugandomi le lacrime. "Ma non bere troppo." soffocai poi una risatina, accorgendomi che si stava scolando un'altra bottiglia.
"Questo si ubriaca subito." commentò divertita Heather con aria di sfida; mai sfidare un tipo come lui.
"Noooo!" la interruppe Geoff. "E' difficile farmi ubriacare! Io so reggere tutto l'alcool che volete!!"

"FESTAAAAAAAAAAAA!!! DIVERTIAMOCIIIIIII! YEEEEEEEEEEAAAH!" ci ritrovammo, dopo altri lunghi sorsi, tiri di canne e bottiglie finite, un festaiolo su di giri; correva sul lungomare, urlava e cantava a squarciagola canzoni senza senso, ed in più la musica emessa dallo stereo di Scott  - ovvero What does the fox say - lo pompava ancora di più.
"BIRRAAA!" svuotò due bottiglie; una schizzandola in aria, l'altra facendo una felice doccia alla povera Heather.
"GGGRR, GEOFF! APPENA TI PRENDO!!" lo minacciò lei, rincorrendolo con una rabbia che avrebbe ucciso chiunque si trovasse di fronte a lei; poco dopo si stufò, andandosi a togliere quella puzza di birra in acqua.
"BECAUSE I'M HAAAPPY!!!" cantava a più non posso "GWEEEEEN! VIEEEEENI A BALLAAARE CON MEE!" biascicò lui prendendomi per un braccio con innocente violenza e stringendomi a lui. Cercai in tutti i modi di non farmi cadere la coperta che mi copriva il petto. La mia camicia era sparita nel nulla, mentre i miei collant - sostituiti da una gonna che arrivava più sopra delle ginocchia - erano troppo bagnati per essere indossati.
"Geoff, n-non respiro!" dissi io sghignazzando, stritolata dal suo corpo. 
"BEEEENE, ALLORA GIOCHIAMO!" urlò, portando un braccio sotto le mie gambe e portandomi in braccio a mo' di sposa, mentre correva come uno stupido. "GEOFF! MI FAI CADERE!" urlavo io coprendomi gli occhi dalla paura, mentre il punk e il rosso cercavano di rincorrerci per soccorrermi. "FERMATI, IDIOTA!!"
"AMICO! VAI A GIOCARE  CON QUALCOS'ALTRO!!" urlò invece Scott, raggiungendoci e tirando Geoff per la maglietta; per colpa sua inciampammo e rotolammo tutti e due a terra, non riuscendo più a rialzarci quando le forze di Geoff furono cessate.
"V-voglio....Bridgette." sussurrò, prima di cadere in un sonno profondo.
Duncan mi raccolse da terra, mentre io mi scrollavo di dosso la sabbia e mi coprivo per bene. 
"Non lo farò mai più." ammisi io. "Stavo morendo dalla paura!" aggiunsi ridendo con lui. Trascinammo Geoff vicino al falò, lo coprimmo e ci sistemammo anche noi sulla sabbia. Scott mi lanciò uno sguardo indecifrabile prima di darmi una semplice "Buonanotte." Si girò di spalle sotto la coperta e si addormentò subito. Heather ci raggiunse poco dopo con i capelli abbastanza bagnati ed una faccia a dir poco scocciata. "Buonanotte, ragazzi." disse dopo uno sbuffo sonoro, ficcandosi nel sacco a pelo.

Tutti dormivano, tranne me; mi trovavo fra le braccia di Duncan, che ammiravo come si ammira un bambino che dorme dolcemente. Mi avvicinai alle sue labbra, ma riuscii a svegliarlo stupidamente. Aprì lentamente gli occhi, ghignando malizioso alla nostra vicinanza.
"Cosa stavi cercando di fare?" sussurrò cercando di non far svegliare anche tutti gli altri. "Volevo darti la buonanotte." ammisi io arrossendo visibilmente. Il punk mi guardò qualche attimo negli occhi, per poi alzarsi all'improvviso.
"Andiamo a fare un giro. Non vorremmo sprecare questa favolosa notte su una spiaggia?" propose lui, afferrandomi per la mano e allontanandoci dal resto del gruppo.
"E dove vorresti andare?" chiesi io curiosa, mentre mi stringevo nella coperta; il punk mi fissò a lungo, indagando il mio abbigliamento strambo.. "Perché non lasci la coperta qui?" domandò aprendo dal nulla un altro discorso.
Socchiusi gli occhi a due fessure che emanavano sospetto, ma mi addolcii. "A parte il reggiseno, ho solo questo addosso." gli ricordai, ridendo maliziosa.
"Tanto ci sono solo io sveglio." insistette lui, sorridendomi mentre si avvicinava sempre di più al mio viso rosso dall'imbarazzo. Sbuffai divertita, sfilandomi la coperta e buttandola atterra. "Contento?"
Non ricevetti risposta, poiché Duncan si era imbambolato a fissarmi mezza nuda, cosa che odiavo da morire.
"Finiscila." lo sgridai a bassa voce, dandogli uno schiaffo dietro la nuca; mi riprese la mano e, sghignazzando mentre si massaggiava la parte colpita, percorremmo di nuovo il sentiero. Intravedemmo l'elicottero di Scott in mezzo all'erba, e a quella vista il punk si rincupì.
"Che c'è?" chiesi confusa, stringendolo a me e guardandolo negli occhi.
"Niente." 
"Dai, so che hai qualcosa." insistetti.
"No, non preoccuparti." rispose, cercando di essere il meno acido possibile. 
"Sicuro?"
"Sì." Abbassò lo sguardo non fiatando più; passò qualche secondo riflettendo su quello che stava per dirmi "Solo che...ho paura di perderti."
Rimasi in silenzio. Il cuore batteva a mille; ecco cosa provava lui quando vedeva me e Scott insieme. Paura di perdermi, che qualcuno possa portarmi via da lui. Che Scott, la mia ex fiamma, potesse rubarmi da lui.
"No." ribattei, stringendolo più forte di prima. "Non mi perderai, non succederà. Te lo prometto." gli occhi divennero nuovamente lucidi. Alzai lo sguardo e gli presi il viso fra le mani, baciandolo con passione. "Ti amo, ti amo, ti amo." sussurrai con il poco fiato che avevo ai polmoni per il bacio. "Fidati, nessuno mi porterà via da te..." ripresi a baciarlo.
Duncan, dapprima rigido, si lasciò andare in quella nuova voragine di passione che si era creata. Mi strinse a sé, mentre le sue mani ricadevano veloci e vogliose lungo i fianchi, arrivando al fondo schiena. Io gli sfilai la maglietta nera, perdendo goffamente l'equilibrio e trascinandolo con me tra l'erba alta che ci copriva del tutto da chiunque fosse arrivato a cercarci; riprendemmo la nostra danza di lingue. Il punk, a cavalcioni su di me e a petto nudo, arrivò a baciarmi il collo, lasciandomi morsi e succhiotti ovunque; scese più in basso, raggiungendo il reggiseno nero che slacciò in un lampo preso dall'adrenalina; prese a baciarmi i seni, giocherellando con i capezzoli mentre io già ansimavo dal piacere. Portai la testa all'indietro inarcando la schiena, mentre lui mi lasciava una scia di baci dall'ombelico fino all'inizio della gonna di Heather (poverina).
"E' troppo eccitante questa gonna..." mormorò con difficoltà per il piacere; mi sfilò solo gli slip, permettendo alla sua bocca di arrivare alla mia intimità mentre con le mani mi stringeva i seni; non riuscivo a bloccare i gemiti. Si riavvicinò al mio viso accaldato. Mi leccò le labbra, avvicinandosi poi con foga intensificando nuovamente il bacio, mentre con una mano si slacciava i pantaloni ed entrava dentro di me... Era passata un'altra notte meravigliosa.

 
***

Aprii lentamente gli occhi, sbadigliando sonoramente e guardandomi intorno spaesata; il cielo era poco illuminato, l'alba era appena accennata. Forse era le 5 di mattina, o le 6...
Avevo i capelli arruffati, sentivo il mascara sbafato dappertutto ed il corpo indolenzito. Il mio sguardo cadde in basso: mi trovavo nuda accoccolata a Duncan, nudo anche lui; arrossii violentemente, vestendomi e cercando di non guardarlo, ma lo feci svegliare nuovamente. Non ero molto silenziosa e furtiva in quei momenti!
"Buongiorno piccola, mi abbandonavi qui?" mormorò ironico, osservandomi mentre mi coprivo con i pochi indumenti che avevo.
"No, amore." sghignazzai io, chinandomi per baciarlo a fior di labbra. "Che ore saranno?" domandai poi osservando il cielo azzurro spento. Tirava un bel venticello fresco; sicuramente si stava da Dio a quell'ora sulla spiaggia.
"Saranno le 6. Andiamo?" rispose lui, infilandosi i boxer e i pantaloncini e tenendosi la maglia tra le mani.
"Sì.." "Quali sono i nuovi ordini, capo??" Delle voci estranee bloccarono la nostra chiacchierata; passi di scarponi che calpestavano l'erba si intensificavano nel circondario. 
"Ma chi sono?" Il punk mi tappò la bocca con la mano, spiando l'intera zona tra i fogliami ed i fiori che ci nascondevano.
Erano tre uomini vestiti di nero, incappucciati ed armati; stavano discutendo di qualcosa accanto all'elicottero di Scott.
"Sicuro che sono quelli che cerchiamo?" rispose il secondo uomo, il più alto e muscoloso dei tre, forse il più cretino ed impaurito dato il timbro di voce spaventato.
"Certo, idiota! Io, il vostro capo, ho mai deluso questa organizzazione? Eh?!" questa volta fu l'altro a parlare, il presunto capo di quegli uomini; rude e malvagio di carattere ma spinto anche da una forte sicurezza e fiducia verso se stesso ed i suoi comandi, sussurrò altri ordini ai due complici, prima di spingerli verso il sentiero percorso il giorno prima da noi.
"Il capo è troppo coperto da essere riconosciuto...Ma chi sono, e cosa vogliono??" bisbigliai io impaurita al punk, che dopo vari attimi di silenzio si girò verso di me. "Sono i Bulls, e vogliono ucciderci tutti." rispose secco e senza proferire emozioni, prima di prendermi per un braccio e trasportarmi in una folle corsa verso il falò, prima che fosse troppo tardi.

Salve a tutti!! Scusate lo stratorferico ritardo ma ho avuto pochissimo tempo per aggiornare...e ci ho messo un sacco a finire questo schifo di capitolo per
mancanza di idee..ehehhehe ^^"
La scena di Duncan e Gwen è stata solo una mia curiosità per vedere come fossi capace di descrivere scene del genere..se ci sono problemi segnalatemi nelle recensioni! ^^" Infondo non ho scritto né dettagli né cose troppo sconce da mettere un raiting rosso!
Aspetto vostre recensioni! Negative e positive! :D
gwuncan99

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***



--->Capitolo XIV

"Il capo è troppo coperto da essere riconosciuto...Ma chi sono, e cosa vogliono??" bisbigliai io impaurita al punk, che dovo vari attimi di silenzio, si girò verso di me. "Sono i Bulls, e vogliono ucciderci tutti." rispose secco e senza proferire emozioni, prima di prendermi per un braccio e trasportarmi in una folle corsa verso il falò, prima che fosse troppo tardi.


Duncan correva spedito verso la nostra meta; mi stringeva la mano ed io cercavo di stare al passo con lui, anche se con difficoltà. L'erba alta e fitta ci ostacolava il cammino, ma quella era l'unica strada per arrivare prima dei Bulls. Il vento soffiava forte tra i capelli, scompigliandoli, e gli occhi mi bruciavano.
"SCOOOTT!! GEOFF!!!" gridò rapido Duncan pur avendo il fiatone; arrivati alla spiaggia si portò le mani sulle ginocchia, recuperando qualche boccata d'aria.
"HEATHER!!" urlai a squarciagola io, raggiungendo il falò dove tutti dormivano tranquillamente. "Geoff!!" scostai ripetutamente il festaiolo mentre gli davo qualche schiaffo sul volto, tremando dalla paura di essere raggiunti da quegli uomini prima di essere riuscita a svegliare tutti. "Dannazione, Geoff! Svegliati!" gridai vicino al suo orecchio, e dopo altri due o tre schiaffi spalancò gli occhi.
"MA CHE CAZZ.." sobbalzò sul posto, mentre mi scrutava spaesato. "Che cazzo succede?!" mi sgridò in preda al panico. "Sei impazzita?!..Ah...Ho un mal di testa allucinante!"
"Non c'è tempo, Geoff! I Bulls sono qui."
"I BULLS?!" ripeterono all'unisono lui e Heather, che si era appena svegliata grazie al punk e che aveva sentito tutto. "C-come ci hanno trovati?!" continuò stupito il festaiolo.
"Non lo so...Ma non c'è tempo. Andiamo via di qui." lo congedai io insieme a Duncan; i due ragazzi ci seguirono velocemente, ma uno di loro fece un'osservazione di cui non avevo nemmeno fatto caso, fino ad allora.
"Ma...Scott dov'è?"
"Scott?!" questa volta fu Duncan a mormorare quel nome, e in un secondo manifestò uno sguardo sospettoso e per niente piacevole. "Non importa, sbrighiamoci..."
"FERMI DOVE SIETE!!!"
"FINE DEL GIOCO."

Quelle voci; erano loro. 
Ci girammo tutti e quattro lentamente; le armi puntate su di noi, comuni ragazzi in fuga ed in più disarmati. Una condanna a morte! Lanciai uno sguardo al punk accanto a me, che abbassò gli occhi sulla sua borsa; forse anche lui aveva una pistola, ma sarebbe stato impossibile prenderla sotto gli occhi di quei criminali.
"Ancora voi!?" Geoff fu il primo a prendere coraggio e a parlare; cercava di nascondere la sua preoccupazione, ma invano.
"Vogliamo quello che ci spetta. Ora." rispose autoritario uno di loro; occhiali da sole, completamente vestito di nero, irriconoscibile; era più basso di quello affianco a lui. Uomo di colore, muscoloso, vestito identico spiccicato al suo complice ma...sembrava meno esperto e più timoroso.
"Mai." obbiettò Duncan, sfoderando la sua solita pistola calibro 22 dalla borsa con velocità, facendo immobilizzare i due criminali. "Dimenticatevi i nostri nomi, perché da noi non avrete nemmeno un dollaro." continuò minaccioso il punk, nonostante le armi ancora puntate su di lui.
Il suono della carica della pistola echeggiò nell'aria. "Povero ragazzo." commentò il più basso, ma prima di poter sparare fu colpito dietro la schiena da un agile calcio di Heather; come aveva fatto a sgattagliolare lì dietro?
Il colpo mandò a terra il nemico, ma la pistola cadde ed un proiettile partì con massima velocità verso...
"GWEN!" urlarono tutti, incluso il punk che, lasciando cadere la sua arma, mi spinse con l'intento di non farmi ferire; il proiettile mi colpì di striscio la coscia destra, ma non fu niente di grave.
"Dannazione." imprecò Duncan, accorgendosi del sangue fuoriuscire copiosamente dalla ferita; si tolse la maglietta e me la legò con forza sulla gamba, il tutto mentre il festaiolo e Heather avevano recuperato le pistole che in quel momento puntavano sui due uomini.
"Come hai fatto ad arrivare dietro di lui?!" domandò sconcertato Geoff all'asiatica, mantenendo il tono di voce basso.
"Eheheheh, sono abile a scappare senza farmi notare." rispose sghignazzando lei, osservando vittoriosa il criminale a terra che aveva colpito poco prima; ora era incosciente, mentre l'altro tremava dalla paura con le mani alzate. "S-soccorsi...soccorsi!" balbettò a un microfono, e in un attimo eravamo tutti circondati.

Erano tutti attorno a noi; non c'era via di fuga. Io premevo la maglietta di Duncan sulla mia coscia, nonostante l'emorragia non volesse decidersi a smettere. Se avessi perso altro sangue avrei rischiato tantissimo, e questo anche il punk lo aveva pensato nervosamente; lo sentivo da come spingeva sulla ferita impulsivamente, forse con un po' di paura negli occhi.
"Un ferito e tre ragazzi contro dieci avversari? Molto scorretti." li stuzzicò Geoff manovrando la pistola appena rubata.
"Qualcuno ti ha mai detto che noi siamo leali?" ribatté con un ghigno malefico uno di loro, Justin - ancora lui?! Colpiti e affondati. Era la fine.
"Vediamo come se la cavano corpo a corpo." propose provocante l'asiatica, ammiccando il festaiolo per poi lanciarsi verso i Bulls.
"NO!" urlai io perdendo un battito, ma Duncan mi guardò con un espressione rassicurante e caricò la sua pistola, sparando dritto al petto di uno di loro; non voleva proprio mollarmi da lì a terra, sarei stata solo una preda facile.
Heather aveva steso i due nemici, prendendoli per la testa e facendoli scontrare tra di loro; era scattante e forte, davvero spettacolare. Erano svenuti per cui, recuperate tutte le armi, potè concentrarsi sugli altri uomini che l'avevano accerchiata. Era pronta a sfoderare un calcio nei cosiddetti ad un di loro, ma prontamente il più forzuto del gruppo la prese per un braccio scaraventandola a terra bruscamente; in un attimo le furono attorno, intenti a spogliarla e toccarla.
"HEATHER!!" urlai io cercando invano di alzarmi; una fitta all'altezza della mia ferita mi bloccò del tutto, costringendomi a cadere sulla sabbia. Geoff si lanciò sull'uomo che più di tutti stava cercando di abusare di lei, e con un colpo ben assestato sulla nuca, lo fece cadere a peso morto sull'asiatica, paralizzata e scioccata più che mai dall'esperienza appena vissuta. Gli altri - meno scattanti e con pochi riflessi - non furono difficili da eliminare; due colpi rapidi di pistola e caddero a terra privi di vita, cosicché il festaiolo poté occuparsi della ragazza distesa sulla sabbia e con addosso il cadavere del suo nemico.
"Heather..." mormorò lui scostando il corpo e prendendo lei delicatamente, facendola alzare. "Stai bene?" le chiese poi con preoccupazione, mentre lei accennava appena un sorriso di affermazione. Non l'avevo mai vista così...vulnerabile. "Ma...Dov'è Justin?" domandai io confusa mentre mi guardavo attorno. "ATTENTA!" urlarono i due ragazzi alzati, facendo girare di scatto me e Duncan. Justin puntava la pistola sulle nostre teste, e mostrava un maligno sorriso a trentadue denti molto più malvagio di quello di Courtney. 
"GAME OVER, Nelson." 
E accadde tutto in un lampo: Duncan, fino ad allora in ginocchio accanto a me, mi proteggé il più che poteva con il suo corpo; una pistola carica, un colpo. BAM.

Il sangue scorreva dalla mia testa, sporcando tutti i vestiti e la sabbia, ma a chi apparteneva quel sangue?
Aprii a malapena gli occhi, e scoprii, col cuore in gola, la vittima dello sparo.
Abbracciai ricominciando a respirare il punk, più forte che potevo, fino a stritolarlo.
Quanta paura avevo di perderlo, ma era ancora lì, accanto a me a proteggermi dai pericoli.
Alzai lo sguardo, notando il festaiolo che soffiava soddisfatto la canna della sua pistola, Heather abbracciato a lui e Justin a terra in una pozza di sangue.
"Grazie..." dissi con un filo di voce rivolgendomi al biondino, per poi rituffarmi fra le braccia di Duncan; quest'ultimo sghignazzò leggermente, per poi prendermi in braccio - a causa della ferita non potevo camminare- ed allontanandosi con Geoff e Heather dai numerosi cadaveri lasciati sulla spiaggia.

***

"Ehiiii! Ehiiii!" fummo attirati da dei richiami in lontananza; la voce mi era molto familiare... "Aspettatemi!!" continuò ancora, più vicina e udibile.
Ci girammo all'unisono tutti e quattro, ritrovandoci Scott col fiatone, mentre si reggeva con le mani sulle ginocchia; riprese fiato, per poi alzare lo sguardo su di noi "Non vi trovavo più!" sfoggiò un sorriso innocente mentre si scompigliava i disordinati capelli rossi.
"Dov'eri?" ribatté freddo Duncan,  squadrandolo sospettoso; il rosso sgranò gli occhi agitandosi ancora di più dalla tensione creatasi. "Ehm..I-io...Ero..." balbettò cercando di non guardare negli occhi il punk. "Ehi ma...perché hai Gwen in braccio?!" cambiò stranamente discorso, indicando la mia coscia fasciata ed innervosendosi ancora di più, ma dalla rabbia.
"Si è ferita durante una sparatoria." rispose con la stessa freddezza di prima il punk. "E sicuramente sarai curioso di sapere da chi ci stavamo difendendo, vero?" continuò con una nota di sarcasmo nella voce.
Scott, fattosi più serio, lo fulminò con lo sguardo, per poi rispondere "No, non mi interessano i vostri problemi, non voglio starci dentro. Ma Gwen è mia amica ed ho tutti i diritti di sapere cosa le è successo." infine, sputò a terra e ci diede le spalle "Andiamo. San Francisco ci aspetta." e si congedò, lontano da tutti.



"Non useremo di certo il tuo elicottero, vero?" domandò esasperata l'asiatica, osservando con noi il velivolo ed aspettando una risposta di Scott, che arrivò quasi subito. "No. San Francisco è vicinissimo; faremo tutta la strada a piedi." ci informò con acidità.
"Se solo avessimo una macchina non mi sforzerei di camminare..." mormorai io poggiata su una spalla di Duncan; mi guardai attorno come se lì ci fosse davvero qualcosa con cui raggiungere la nostra meta, ma ,purtroppo, quel posto era desolato. Mi sfiorai il mento con l'indice e il pollice, come in procinto di pensare a qualcosa di quasi stravagante. "Ma come saranno venuti quei delinquenti?" pensai ad alta voce.
"I delinquenti?" ripeté incerto su cosa avesse capito il rosso. "Intendi i Bulls?" continuò poi, ricevendo un cenno di affermazione da parte del biondino. "Ti hanno sparato loro?!"
"Veramente il colpo era destinato a Duncan." precisò Heather, e nuovamente Scott e Duncan si rifulminarono con lo sguardo; il rosso evitò di fare altre domande, e dedicò cinque secondi ad accendersi una sigaretta assieme ad Heather. Io mi sedetti a terra con un po' di difficoltà, continuando sempre a scrutare il paesaggio; sentivo che c'era qualcosa di strano lì in mezzo, da qualche parte. Forse qualcosa che avevo già visto di sfuggita ieri notte.
"La baita!" urlai senza rendermene conto; il punk si spaventò, facendomi emettere una leggera risatina. "La baita accanto al bosco, andiamo lì." mi spiegai meglio quando ebbi attirato l'attenzione di tutti. "E perché?" mi chiese confuso Duncan. "Non lo so, ma sono curiosa di andare lì." risposi senza troppe precisazioni, ottenendo un'occhiataccia da parte del rosso. "Secondo me dovremmo andare subito verso la città. Stiamo morendo di fame!" ribatté lui, ma nessuno lo ascoltò, poiché erano tutti curiosi dalla mia idea stramba.
"Sarà divertente dai." lo incoraggiò il biondino dandogli un'amichevole pacca sulla spalla, mentre si dirigeva verso di me per aiutare Duncan ad alzarmi; la coscia mi faceva ancora un male cane.

Ripercorremmo la stessa stradina di sempre, tra gli sbuffi di Scott e le lamentele di Heather sulle zanzare che la stavano mangiando viva; ma che mese era?
"Laggiù!" gridò il festaiolo indicando la casetta di legno in lontananza. Ci trovammo nuovamente sulla spiaggia, proprio dove giacevano ancora i corpi dei Bulls. Scott rimase spiazzato a quella vista, e con uno sguardo indecifrabile si immobilizzò a fissare i cadaveri coperti da un po' di sabbia.
Mentre il rosso era rimasto lì, Duncan e Geoff si lanciarono occhiatine per niente rassicuranti; Duncan ghignò divertito, e in un attimo mi ritrovai sulla sua spalla mentre correva come un idiota inseguito dal biondino.
"Dai!! Che scherzi del cavolo! Mettimi giù!" cercai di sgridarlo, ma era troppo difficile; sembravano due bambini, e la cosa mi faceva ridere come che.
"Vediamo se arrivi prima di me!!" urlò il biondino non smettendo di correre.
"Ah, mi stai sfidando?!" ribatté a sua volta Duncan, velocizzando il passo con me in braccio.
"FINITELA!!" la gara era divertente per loro, ma per me no!
"Cosa scommettiamo???" domandò il punk col fiatone ma senza arrendersi.
"Se vinci tu...Anf.." si stoppò per respirare "Decidi tu la punizione che mi merito...ma...Anf..." si avvicinò leggermente a noi, correndo come un pazzo. "...ma se vinco io...Gwen dovrà baciare Scott!!!"
"CHE COSA?!" il punk si bloccò di colpo, lo stesso Geoff confuso, che si girò verso di noi. "RIPETI CHE COSA HAI APPENA DETTO." urlò minaccioso Duncan buttandomi letteralmente a terra mentre si avvicinava velocemente al suo amico.
"DUNCAN, ANDIAMO!!" cercai di bloccarlo io coi richiami, visto che non potevo muovermi a causa della caduta rovinosa e della mia gamba, ma purtroppo il punk era già faccia a faccia con Geoff,  e per niente tranquillo.
"CHE CAZZO CENTRA SCOTT CON GWEN?!" continuò prendendo l'amico per il colletto della camicia, mentre un pugno lo alzava verso il suo viso. "EHI EHI EHI...STAVO SCHERZANDO, AMICO!!" cercò di calmarlo il biondino, visibilmente impressionato dall'improvvisa reazione del suo socio di una vita. "SCHERZAVI UN CAZZO!" Mi alzai con tutte le forze che avevo e, seppur zoppicando un pochettino, presi il braccio del punk costringendolo a girarsi. "FINISCILA!!" gli urlai in faccia, ma ciò che ricevetti fu una spinta ancora più forte che mi fece ricadere sulla sabbia. "AHI!!" mi abbracciai la gamba, che mi doleva ancora di più; mi accorsi del sangue che nuovamente riusciva dalla ferita.
"GWEN!" Geoff, intento a venirmi in soccorso, fu bloccato da Duncan, forse non accorgendosi della mia condizione. "TU NON TI MUOVI DI QUI!" detto questo, gli piazzò un pugno in faccia che lo stese a terra. "GEOFF!!" urlai in preda al panico.
"CHE CAZZO STAI FACENDO. DUNCAN!" altre urla riempirono la quiete atmosfera che ci circondava; era Scott che vedendomi a terra con una gamba sanguinante si scaraventò sul punk.
"IDIOTA CHE NON SEI ALTRO! COME TI SEI PERMESSO A TOCCARE GWEN?!" gli diede un pugno più forte di quello dato a Geoff ma, invece di cadere, riuscì a tenersi in equilibrio; si pulì col dorso della mano il rivolo di sangue uscito dalla bocca e ricambiò il favore al rosso, cominciando una lite sanguinosa. "PERCHE', TI INTERESSA COSI' TANTO?!" "DUNCAN!!! FINITELA!! CAZZO!!" gridammo all'unisono io e Heather; quest'ultima si intromise senza alcuna paura. "SCOTT! BASTA!!" si mise in mezzo ai due ragazzi, dando le spalle a Duncan per allontanare Scott. "Lascialo perdere, ok? Non ne vale la pena." gli mormorò guardandolo dritto negli occhi, mentre gli stringeva le spalle con le mani; i due si guardarono a lungo sotto gli occhi minacciosi di Duncan, e poco dopo il rosso abbassò lo sguardo, incontrando il mio terrorizzato.
"Gwen...Stai sanguinando.." si avvicinò a me stringendomi più forte la maglia intorno alla ferita.
Duncan, dopo avermi fissato stranamente, sputò a terra del sangue e fuggì via, non prima di aver sussurrato "Merda." Né un aiuto al suo amico, né a me, né uno scusa; nessuna spiegazione, una rabbia sfogata tutta in quel momento.
"G-Geoff..." cogli occhi lucidi vidi il biondino alzarsi e raggiungere me e Scott; si teneva il naso con una mano, probabilmente sporca di sangue. Mi fissò anche lui, forse con compassione, perché poco dopo disse un "Mi dispiace, è stata colpa mia." Si allontanò, inginocchiandosi sulla riva del mare intento a pulirsi del sangue che gli colava dal naso. Era triste, non capiva come un suo amico, Duncan, avesse avuto il coraggio di picchiarlo per una cavolata simile.
"Appena lo prendo..." imprecava Scott mentre premeva le mani sulla mia ferita.
"No. Lascialo perdere..." riuscii solo a dire io, senza riuscire a trovarmi una spiegazione a tutto quello.
"Lasciarlo perdere?! Gwen, ti ha spinta, ti ha fatta cadere con prepotenza! Guarda la tua ferita! Quante volte lo ha fatto Trent prima di arrivare alle mani, eh?!" Sgranai gli occhi, mentre il cuore mi batteva a mille. Sapevo che lo diceva per difendermi, ma no, Duncan no. Non era così. Non era Trent. No. NO.
"No Scott, è diverso..." scostai la testa verso destra e sinistra più volte con le lacrime che mi solcavano il viso; ripetevo "No...no..no." come per auto convincere me stessa "E'...è stato solo un litigio, non l'ha fatto apposta..." sussurrai, buttandomi subito dopo tra le braccia del rosso, mentre scoppiavo a piangere davanti ai presenti stupiti, Heather inclusa. Anche lei sapeva tutto, e sentivo che in quel momento mi stesse capendo...






BUM! Geoff riuscì dopo due calci ad aprire la porta ammaccata della baita; la porta di legno ormai rotta e bucata cadde a terra in un tonfo sordo, aprendoci alla vista di un modernissimo studio tecnologico, con tanto di monitor collegato a diverse telecamere ed una macchina per il caffè!
"M-ma...mi aspettavo un ammasso di polvere e ragnatele..." fu l'unica cosa che riuscii a dire stupefatta; avanzai di qualche passo verso lo schermo gigante sorretta da Scott, scrutando con attenzione tutti i macchinari.
"E invece...E' sicuramente un centro di osservazione..." pensò ad alta voce il festaiolo, sedendosi poi su una poltrona girevole.
"Bello.." mormorò ironica Heather mentre si abbassava gli occhiali dagli occhi per guardare meglio.
Scott era l'unico rimasto ancora senza parole; la bocca socchiusa e lo sguardo perso in chissà cosa.
"Di chi sarà mai questo nascondiglio??"
"Dei Bulls." risposi con troppa sicurezza alla domanda di Geoff.
"Cosa?!"
"Guarda il monitor! Vi spiano da tempo!" indicai il monitor facendo alzare il festaiolo; si avvicinò a noi assieme all'asiatica curiosa e osservò tutti i punti da me indicati. "Stazioni, aeroporti..." continuai riconoscendo certi luoghi spiati da quel centro di controllo.
"Anche l'Hotel dove siamo stati la prima volta!" esclamò Geoff. "E i posti dove andavamo io e Duncan di solito..."
"Guarda..." mi abbassai lasciando la presa del rosso accanto a me; mi accasciai a terra, trovando degli scatoloni di cartone pieni di cassette etichettate. "Cosa saranno?" domandai quasi a me stessa prendendo qualche cassetta.
"Non lo so...Vediamoli..." Geoff me ne sfilò una dalla mano, trovando un video registratore e mettendola lì dentro. Il monitor divenne scuro, accendendosi poi all'improvviso. Ci ritrovammo tutti in quel giorno: il giorno della rapina in banca.
"Vi spiano da tanto?" mormorò Heather. In quel momento due ragazzi armati e coperti dai passamontagna entrarono in banca.
"Da quando li abbiamo allontanati per trovare dei soldi da dargli." rispose Geoff distratto dal video.
"E poi siete arrivati da Gwen." si intromise Scott dietro di noi; si poggiò a braccia conserte su un muro, e guardando in basso con un ghigno furbo continuò le sue intuizioni. "Quella rapina poteva salvarli. Nulla doveva andare storto, era tutto calcolato; la furbizia e la scaltrezza di Duncan, la velocità di Geoff. Una bella squadra. Un bel bottino, non c'era dubbio. Ma qualcosa fallì. Non era nei piani...Gwen, non era nei loro piani."
"Il nostro incontro. Non era nei piani." una voce esterna bloccò il discorso di Scott. Duncan, poggiato allo stipite dell'ingresso; le braccia incrociate, lo sguardo serio verso il video sul monitor. Il ladro si era avvicinato all'impiegata inzuppata di caffè e con le mani davanti la sua bocca; la pistola poggiata sulla sua tempia e i due che si fissavano a lungo. "Quegli sguardi non erano nei piani. I suoi occhi neri e profondi, la sua paura..Insomma; quella stupida ragazzina che non sapeva nemmeno tenere due fogli in mano non doveva esserci."
"Ma ora è qui. Un vostro ostaggio da mesi." il rosso si bloccò, sorridendo a malapena dando un'occhiata al video. I fari della macchina si accesero. Duncan mi buttò dietro i sedili ed entrò accanto a Geoff, che sfrecciò come una saetta inseguito dalle pattuglie della polizia. "La ritenete ancora tale? Un vostro ostaggio?"
Il punk non rispose; si limitò solo a fulminarlo con lo sguardo.
"Potevate ucciderlo. Era solo un peso per voi. Potevate fuggire con i soldi."
"No." ribatté Geoff con i pugni chiusi. "Non siamo così."
"TU.  Tu, non sei così. Ma Duncan? Duncan lo avrebbe fatto se tu non lo avessi fermato? Avrebbe sparato a sangue freddo una ragazza davanti a lui, nel bel mezzo di un bosco?"
"E tu come fai a sapere che eravamo in un bosco?" ribattei io già in preda all'ansia per tutto quel discorso complicato.
"Semplici intuizioni, Gwen. Infondo, la polizia ha trovato un'auto in fiamme proprio accanto ad un bosco. E l'auto era identica a quella del video nella rapina." disse con ovvietà. "Ma, ritornando al discorso, Duncan...Sai darmi una semplice risposta?"
Tutti i presenti portarono la loro attenzione su Duncan, rimasto muto per qualche secondo. "Mi piacerebbe molto giocare insieme a te con i tuoi tranelli, ma abbiamo ben altro a cui pensare." cercò di essere calmo finché poteva.
"Dillo che l'avresti uccisa. Forza, DILLO!" Scott, gesticolando, alzò molto di più la voce. "IDIOTA, CERTO CHE L'AVREI UCCISA! SAPEVO A MALAPENA IL SUO NOME! Ma non osare dire che non tengo a lei, perché da allora è cambiato tutto!" 
Il silenzio calato subito dopo fu letale; i due ragazzi che si squadravano con cattiveria, Geoff e Heather rimasti a bocca aperta ed io immersa nei miei pensieri. Nessuno fiatava, finché Duncan abbassò lo sguardo ed uscì dalla baita; mi massaggiai nervosamente le tempie, prima di alzarmi in piedi e camminare con difficoltà verso il punk.
"Gwen! Ti aiuto?" mi propose con dolcezza il biondino, tenendomi un braccio.
"No no, ce la faccio da sola. Infondo è solo una ferita." ribattei io scostandomi dalla sua presa mentre gli sorridevo debolmente.
"Dove credi di andare??" mi sgridò, pur essendo il più amichevole possibile con me, Scott.
"Da Duncan." non mi girai nemmeno per parlargli in faccia che fui subito arrivata fuori dalla baita.
Mi guardai attorno spaesata, in cerca di Duncan; ma dov'era finito??

Un suono simile ad un clacson mi distolse dai miei pensieri.
"Ma cosa..." e infatti, era proprio un clacson di un'auto.
"Hai visto che gioiellino, eh?" disse ironicamente il punk aprendomi la portiera di quel pick-up abbastanza vecchio uscito dal nulla. Entrai dentro anch'io.
"Ma dove lo hai trovato??"
"Dietro questa baracca abbandonata..beh, più o meno, visto ciò che abbiamo trovato lì dentro."
"Eh già..." abbassai la testa con imbarazzo.
"Come va la gamba?" domandò poi dopo qualche secondo, osservando la mia ferita fasciata.
"Molto meglio...non preoccuparti." mormorai.
Restammo zitti fino a quando il resto del gruppo uscì dalla baita, stupendosi del veicolo davanti a loro.
"Amico! Noi ti perdiamo di vista e tu ci trovi un' automobile??" esclamò scherzosamente Geoff, ma ricevendo un'occhiataccia da Duncan, si limitò a cambiare espressione e a tacere.
"Ma..è a due posti!! Dove mi metterò io??" chiese scioccata Heather.
"Dietro. Insieme a Scott e Geoff!" rispose con semplicità il punk, accendendo il motore del pick-up. "Forza..Tutti dentro." I ragazzi saltarono dietro, chi con più difficoltà di altri.
"Ti serve una mano?" Scott aiutò l'asiatica a salire, per poi lanciarsi delle occhiatine amorose, 
Corrugai lo sguardo a quella vista: Heather e Scott? Che novità...
Ma niente gelosia. Assolutamente...
"Destinazione...San Francisco!!"
"Uuuuuh-uuuuuuh!!"



 
-Angolino dell'autrice-

Mmmh...Più di un mese di ritardo??? Mi inginocchio per il vostro perdono!! T.T
Non è nemmeno un granché.
Avevo promesso a Dalhia_Gwen (a cui dedico il capitolo <3) che avrei aggiornato sabato ma...non ce l'ho fatta! Scusami:c
La seconda a cui dedico il capitolo è Gwen del duo gwen_zoey....Mi manchi tanto! :(
Beh...Spero che a tutti voi lettori (sempre se ce ne sia rimasto qualcuno :P) sia piaciuto questo aggiornamento.
Aspetto qualche recensione!^^
A presto!


gwuncan99

Buone vacanze a tutti!

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***



--->Capitolo XV


"Destinazione San Francisco!"


E a bordo del nostro nuovo pickup, appena rubato ai Bulls, potemmo dirigerci verso San Francisco. Cinquanta minuti sarebbero bastati a portarci a destinazione in macchina... a piedi chissà quanto c'avremmo messo, soprattutto se a complicare la camminata ci si metteva anche la mia ferita! Era stata una fortuna trovare il pickup. Mount Tamalpais State Park, era lì dove ci aveva portati Scott il giorno prima; forse era illegale parcheggiare un elicottero in una riserva naturale ma...chissenefrega! Infondo avevamo già compiuto molteplici azioni illegali e crimini vari; una in più o una in meno non cambiava nulla. 
E mentre dal finestrino scrutavo assente la fitta vegetazione - ai lati della nostra strada quasi deserta - e i numerosi boschi di alberi altissimi che coprivano tutto il cielo soleggiato sopra le nostre teste, mi domandavo come una banda di criminali nota come i Bulls, famosi soprattutto a New York, potesse aver piazzato un centro di controllo in un luogo lontano come Mount Tamalpais. E soprattutto: era stata solo una coincidenza che Scott ci avesse portati proprio lì per una breve scampagnata? Tutto ciò era maledettamente strano.

Portai il mio sguardo dietro di me, dove i tre ragazzi giacevano sul cassone da carico del pickup - modello Ford F-250 mi disse Duncan poco dopo essere partiti durante una breve chiacchierata, molto esperto nel campo dei motori; notai Geoff concentrarsi nel mantenere sempre gli occhi aperti, ma era abbastanza inutile poiché le varie buche sull'asfalto facevano tremare il veicolo e svegliare di colpo il biondino dal suo sonno. Nonostante tutto si addormentò comunque, dopo un lungo sbadiglio rumoroso. Scott e Heather erano quelli che parlavano di più nel nostro tacere: ridevano e scherzavano come due piccioncini, e il più delle volte si scambiavano frecciatine amorose. Rivoltante!
"Ahhahaha divertente, davvero!" sghignazzò l'asiatica portandosi una mano davanti la bocca.
"Non quanto te! Mi fai sempre sbellicare dal ridere!" le prese la mano scoprendole le labbra incurvate all'insù e la strinse forte. "E la tua bellezza mi fa impazzire..." le sussurrò poi a un orecchiò. Le accarezzò una guancia e l'avvicinò verso di lui, accompagnandola in un bacio a dir poco....VOMITEVOLE!
"Tsk." senza farmi sentire mi rigirai sbuffando, osservando persa nei pensieri la strada dritta davanti a noi. Alberi, alberi, alberi. Solo alberi attorno a noi, e un orizzonte ancora lontano direi. A braccia conserte mi abbandonai sul sedile in modo scomposto; volevo assolutamente fumarmi una sigaretta e scacciare via la visione di poco fa, ma purtroppo le sigarette le aveva Geoff in tasca, e di certo non lo avrei svegliato per un mio stupido vizio. Ne approfittai per osservare meglio il ragazzo accanto a me, la causa dei miei mali e dei miei beni: Duncan.
Scrutai i suoi perfetti lineamenti del viso un po' spigolosi e la sua mascella forte e decisa, il pizzetto nero sul mento, le labbra imbronciate ed i denti stretti, i piercing luccicanti sul naso all'insù e sul sopracciglio tirato verso il basso in un'espressione corrugata e ostile e quel suo sguardo glaciale puntato con attenzione davanti a lui; la cresta disordinata, da cui sbucavano ciocche di capelli qua e là nere e verdi, molto scolorite ma pur sempre trasgressive. Seguivo affascinata ogni suo gesto: il modo in cui portò la sua mano sulla cresta, scompigliandola più di quando non lo era già, per poi riportala sul volante ben stretta e energica. Diedi poi un'ultima occhiata ai suoi occhi azzurri e penetranti, ma a gran sorpresa scoprii di essere osservata anch'io.
"Perché mi fissi?" mi domandò con un tono di voce abbastanza freddo, ritornando poi a guardare strada.
"P-pensavo..." mi limitai a rispondere tremante, girandomi i pollici imbarazzata.
"Non pensare."
"Cosa?"
"Se pensi troppo ti rovini solo la vita."
"Ma se sei tu che me la stai rovinando!" ribattei quasi urlando - forse neanche rendendomi conto di ciò che avevo detto - ma non troppo per non farmi sentire dagli altri. Lasciai il punk con lo sguardo spento verso di me.
"Cosa?" disse a bassa voce guardandomi negli occhi. "Ti sto rovinando la vita." ripeté.
"Sì."
"Non saresti andata in capo al mondo con me? Non eri tu quella che aveva scelto di venire con me nonostante io ti abbia ridato la libertà? Non eri tu quella che mi amava, e che mi ripeteva sempre che con me era felice?"
"Non lo so più, Duncan."
Per placare i miei nervi - dopo aver occhiato un pacchetto di Marlboro sul cruscotto - mi accesi una sigaretta e mi abbandonai completamente al sapore della nicotina. Non dovevo pensare.
"Allora è così." 
Intanto ci stavamo avvicinando sempre di più a San Francisco.
Duncan ticchettava le dita sul volante, portando tensione nell'atmosfera.

Avevamo appena imboccato il famosissimo Golden Gate Bridge, quando Duncan ricominciò a parlare; la sua freddezza calava sempre più.
"C'era da aspettarselo. Uno come me cosa avrebbe potuto portare nella tua vita? Guai, sofferenze. Ecco cosa. Ma sai che c'è, Gwen?" si voltò verso di me inebriandomi della sua delusione. "Io avevo creduto in un noi."

Crack.

Il suono del mio cuore andato in frantumi. Cosa avevo fatto?

"Sei stato tu e i tuoi scatti di rabbia a rovinare ancora di più le cose! Hai persino picchiato Geoff! E per cosa? Per Scott?! Gli stai dando troppa importanza!!" sbottai gesticolando nervosamente; chiusi i finestrini sperando di non essere sentita da Scott e Heather.
"Io?! Sei tu e la tua gelosia che gli danno importanza! Guarda!" rianimata la rabbia di Duncan, ci girammo tutti e due verso i due ragazzi dietro lo sportello che ci divideva: Scott e Heather stavano ancora limonando e strusciandosi tra di loro. "A cosa stai pensando, eh? Cosa provi vedendoli, eh Gwen?!" continuò il punk insistendo su una risposta. Riportò lo sguardo sulla strada.
"Niente! Basta! Non ti ci mettere ancora!" risposi ispirando poi dalla sigaretta.
"Tsk."
"E' normale che mi dia fastidio ma..."
"Ecco. Ti da fastidio!"
Secondi di silenzio...
"Almeno lui mi ha aiutata con la ferita quando mi hai spinta per terra." obbiettai incrociando le braccia e guardando fuori dal finestrino. Non ottenni risposta, solo un "Siamo arrivatiiiii" eccitato di Geoff.
Vero, eravamo arrivati. Finalmente, ecco San Francisco.



 
***



Ecco l'aria della città. Il rumore dei clacson delle automobili bloccate nel traffico, persone che camminavano di fretta nella folla e ragazzi che passeggiavano mano nella mano nei parchi. E mi venne in mente New York, affollata, iperattiva, una città che non dormiva mai; il mio piccolo appartamento in affitto, la mia camera disordinata, i muri sporchi di vernice delle mie tele, l'unico passatempo che riuscii a trovare dopo il lavoro. L'arte, l'arte della pittura, la mia grande passione da quando ero piccola...
"Abita in 498 Sea Cliff Ave. Non puoi sbagliare, è davanti al mare. E' una bellissima villetta..proprio come lei..." disse Geoff eccitatissimo e ansioso sbucando dal finestrino di Duncan, per poi sospirare pensieroso.
"Paragonare la tua ragazza ad una villetta non è una cosa tanto romantica..." ragionai io perplessa, ma non ottenni attenzione da parte del biondino, troppo impegnato a discutere con Duncan.
"Geoff. Ritorna al tuo posto. So perfettamente dov'è Bridgette. Ho anche un navigatore, non mi servi tu." ribatté ostile, e mise a moto la macchina, seguendo le indicazioni del GPS.
Il biondino si risedette silenziosamente, passando sopra, anche questa volta, all'acidità di Duncan.

"Eccola! Eccola! Eccola!!" urlò Geoff saltando dal cassone da carico del pickup senza neanche aver dato tempo a Duncan di frenare l'auto. Sea Cliff Ave; era una strada da cui sorgevano molte bellissime ville, tra cui la 498, quella di Bridgette.
"Ehi! Dove stai cercando di scappare?!" urlò il punk, agitando le braccia alzate al cielo, al festaiolo che correva.
"Da Bridgette!" fu la risposta ovvia di quest'ultimo.
Scesi dall'auto, ritrovandomi davanti al mare di San Francisco, l'Oceano Pacifico; e pensare che New York si affacciava all'Oceano Atlantico. Ero lontanissima da casa.
Mi raggiunsero anche Scott e Heather; il loro affiatamento non mi stupiva affatto, neanche i loro ebeti sorrisetti stampati in faccia. 
Seguimmo tutti e quattro Geoff senza scambiarci una parola, finché non presi coraggio a parlare con Scott.
"Grazie mille, Scott." mormorai guardandolo negli occhi.
"Di cosa?" domandò perplesso.
"Di averci portati qui. Senza te a quest'ora staremmo ancora a casa di Heather a nasconderci dagli sbirri." ridacchiai io sorridendogli un attimo dopo.
Ottenni un'occhiataccia da parte di Duncan.
"Beh...questo è il minimo." ghignò infine. 
Arrivammo davanti alla porta della famosa ragazza.
Era una villetta a due piani all'apparenza molto grande, color sabbia con un muro del medesimo colore che la circondava, in cui era situato anche il garage e qualche adorabile fiore. Geoff aprì il cancelletto nero e salì con lentezza i gradini che lo portavano alla porta di vetro della casa. Non c'era più la fretta che aveva poco fa mentre correva come un pazzo, ora era bloccato da una strana sensazione dentro la sua anima. Ad ogni passo il cuore sembrava arrivare sempre più sul punto di scoppiare. Alzò la mano tremante portando l'indice verso il campanello...
Bridgette Fairlie, il nome scritto sul citofono. Era proprio lei, e lui lo sapeva. Lui conosceva la città, l'indirizzo, la casa, tutto ciò che la circondava, tutto di lei. Sarebbe servito per poter andare da lei un giorno, e quel giorno era arrivato.
Bastò un tocco sul pulsante ed il campanello suonò.

I presenti erano in defribrillazione all'idea di poter conoscere Bridgette, in particolare io e Duncan fremevamo dalla voglia di vedere la loro faccia quando si sarebbero incontrati: lui si muoveva sul posto nervosamente, scompigliandosi la cresta, fissando pensieroso il suo amico. 

"Arrivo!!" quella voce delicata e gentile oscurò i nostri pensieri, e mozzò per un secondo il fiato di Geoff.
Vide arrivare una piccola figura sbiadita dall'altra parte della porta di vetro semi trasparente; la mano di lei sulla maniglia e lui che tremava dalla gioia. La porta si aprì.

Dapprima con un sorriso smagliante, la ragazza cambiò subito espressione ad una sorta di sorpresa dovuta a ciò che aveva avanti, o meglio, a chi aveva davanti.
"...Geoff?" sussurrò lentamente; rimasero a guardarsi negli occhi quei pochi secondi che sembravano ore interminabili.
Lei, alta poco più di me e molto magra; aveva un viso acqua e sapone semplicemente bellissimo, gli occhi verdognoli e dei lunghi capelli biondi spettinati e raccolti in una coda; indossava una maglietta celeste, un paio di pantaloncini da mare in stile floreale e dei sandali marroncini.
Si portò tutte e due le mani affusolate davanti la bocca, mentre una lacrima solcava la sua guancia.
"Piccola..." mormorò Geoff con gli occhi lucidi traboccanti di lacrime che tra non molto sarebbero uscite fuori non smettendo più.
"S-sei tu? Sei tu?!...N-non ci credo...no-non ci credo!" balbettò insistentemente la ragazza, mentre i singhiozzi si facevano sempre più frequenti.
"Sono io..Sono G-Geoff!" singhiozzò anch'esso.
Bridgette stava per perdere i sensi, ma Geoff la prese al volo, stringendo forte fra le sue braccia, cosicché i due poterono abbandonarsi fra i pianti isterici di gioia.
"M-mi sei mancato..t-tantissimo!" urlò la ragazza bagnando tutta la maglietta del festaiolo, che non esitò a risponderle sempre con più emozione."Ti amo..ti amo..ti amo..." le mormorò all'orecchio; le sue lacrime scendevano veloci, senza fermarsi.

Inutile dire che mi commossi anch'io, ritrovandomi con la vista appannata per colpa degli occhi lucidi; sbattei ripetutamente le palpebre, raccogliendo le lacrime sul volto con l'indice e cercando Duncan con lo sguardo.
Era lì, dietro di noi, seduto sul bordo della strada con il volto coperto da una mano.
Mi avvicinai cercando di non rovinare il commovente momento di Geoff e Bridgette.

Intanto il festaiolo aveva messo in braccio la sua ragazza mentre lei gli accerchiava la vita con le gambe, iniziando a baciarsi come non ci fosse un domani, ancora piangenti ma felici.

"Duncan." lo richiamai a bassa voce, ma non si girava. "Duncan!" esitai, spintonandolo leggermente con la mano.
Si girò verso di me dopo aver tirato su col naso; alzando il viso mostrò tutte le lacrime che aveva cacciato in silenzio lontano da tutti.
"D-Duncan.." mormorai stupita, ma non riuscendo a togliermi il sorriso sulle labbra.
"Perché quel sorriso?" mi chiese con un tono di voce stanco, tenendosi la testa con una mano.
"Non mi aspettavo che ti commuovessi di fronte ad una scena del genere."
"Beh..." fissò i due ragazzi intenti a limonare. "Sono solo felice per Geoff...tutto qui."
"E...?" lo incitai poi a continuare.
"E....Sono felice di essere riuscito ad arrivare qui a San Francisco, nonostante il mio pessimismo."
"Mh..."
"Che significa quel mh?" mi domandò irritato storcendo il naso.
"Lascia perdere." dissi fredda, congedandolo per seguire i ragazzi che stavano per entrare in casa.
Geoff mise con cautela la sua ragazza a terra, allontanandosi lentamente dalle sue labbra di malavoglia; le strinse la mano e insieme attraversarono la porta della villetta, e dopo ancora da Scott, Heather, me ed infine Duncan, che si era ripreso dal suo momento di debolezza e si era alzato dal marciapiede.
"Devo dirti tante cose, Bridgette." disse il festaiolo mentre ci dirigevamo in salotto.
La parete, interamente bianca, era adornata di diversi dipinti colorati ed astratti, poster di surfisti e tavole da surf, e qualche cornice raffigurante la biondina sorridente con allo sfondo il lungomare. C'erano due divani di pelle bianchi con dei grandi cuscini celesti e blu, ed un tavolino di vetro al centro riempito di statuine di fate e gufi, cornici con sue varie foto da piccola ed un vaso di rose blu; davanti al divano c'era una grande tivù a schermo piatto, a sinistra una libreria di legno chiaro immensa e piena di libri che ricopriva tutta la parete e a destra una finestra con le sue tende celesti. Il colore predominante era il blu.
Ci sedemmo attorno al tavolino, non smettendo di osservare i comportamenti impacciati di Geoff e Bridgette che non si vedevano da chissà quanto. Si tenevano mano nella mano, sembravano attaccati con la colla.
"Volete qualcosa da mangiare, da bere, un caffè?" ci propose la surfista gentilmente, alzandosi dal divano.
"Un caffè, se non ti dispiace."
"Sì, anche a me." ripeterono all'unisono Scott e Duncan, guardandosi male subito dopo.
"Io no, solo un bicchiere d'acqua e zucchero...Mi gira la testa..." mormorai io portandomi la mano sulla fronte. 
"Subito!" rispose la ragazza, preoccupata, sorridendo a tutti. "Tu, tesoro?" parlò poi al festaiolo, guardandolo amorevolmente.
"Una birra." ribatté con una linguaccia, facendo sghignazzare la ragazza. 
"Ho di meglio!"

Arrivò subito dopo con una teglia di muffin al cioccolato, tre caffè, il mio bicchiere d'acqua ed una bottiglia di vino - all'apparenza molto pregiato. Posò il tutto sul tavolino, lasciandoci liberi di servirci da soli.
"Questo è un vino francese...L'ho tenuto da parte per questo giorno.." maneggiò con cura la bottiglia, porgendola a Geoff con un sorriso.
Il ragazzo controllò l'etichetta. "Champagne Dom Ruinart 2002...Ma...Quanto l'hai pagato?" rimase sconvolto.
"Intorno ai 200 dollari..." rimase ancora più scioccato! "Ma volevo che questo giorno fosse speciale, e come se non con un bel bicchiere di Champagne da bere insieme?" spiegò Bridgette guardandolo negli occhi contenta.
"Sei tu a renderlo speciale..." obbiettò dolcemente Geoff, baciandola a fior di labbra.
"Che carini." commentò Scott sorseggiando il suo caffè. Qualcosa mi diceva che stava mentendo.
Intanto girai il mio bicchiere d'acqua con un cucchiaino e lo bevvi tutto d'un sorso. Duncan mi fissava.
"Bene, pronti a stappare questo vino in nostro onore?? Uuuuh uuuh!" ululò Geoff alzandosi in piedi e preparandosi a togliere il tappo di sughero dalla bottiglia.
Uno..due...tre. POP! Il tappo saltò, facendo fuoriuscire la schiuma dello Champagne.
"Uuuuh Uuuh" urlò entusiasta Geoff, riempiendo due bicchieri di vetro per lui e la sua ragazza. "Gradite anche voi?" lo offrì poi a noi.
"No no..dopo il caffè non mi piace molto." risposero tutti, tranne io che sembravo assente per colpa del mio mal di testa.
I due piccioncini brindarono e bevvero il loro vino. "Al nostro amore!!" Ma...qualcosa li interruppe.
Uno strano suono risuonò nelle nostre orecchie, il rumore del vetro che si rompeva. Schegge di vetro volarono sul pavimento. La bottiglia esplose in un milione di frammenti. Vino che sporcava la moquette e i loro vestiti.
Stettero tutti in silenzio, ammutoliti dall'accaduto; Geoff e Bridgette erano rimasti di sasso.
"Ops...Colpa mia...Scusatemi tanto..." ci girammo tutti verso l'interlocutore: ritrovammo Scott alzato, che si grattava la nuca per la vergogna. "Ho messo male il gomito..."
"TU...PEZZO DI MERDA. FIGLIO DI UNA TR-" "Fermo!" la surfista bloccò Duncan dalla sua furia omicida che si stava scaraventando sul rosso. "Non preoccuparti, Duncan...E' stato un incidente!" difese Scott cercando di essere la più tranquilla possibile.
"Scusami tanto...Ti aiuto a ripulire io." disse Scott amichevolmente, mettendosi in ginocchio per terra e raccogliendo i pezzi di vetro.
"Grazie mille."
"Tsk. 200 dollari buttati nel cesso. E per colpa di chi?" mormorò arrabbiato il punk, congedandosi da tutti.
"C'è la stanza degli ospiti al secondo piano! Seconda stanza a destra!" gridò Bridgette al ragazzo, ormai salito dalle scale.
Mi alzai anch'io dal divano, stufa ormai della banale situazione creatasi. "Vado a fumarmi una sigaretta." e detto questo uscii di casa. Heather mi seguì, mentre nella stanza erano rimasti solo Geoff, Bridgette e Scott che puliva il disordine commesso.
"Comunque...Io sono Scott, piacere." il rosso allungò la mano verso quella della surfista, stringendogliela calorosamente. "Voi potete anche andare in camera, finisco io di pulire il mio macello. Sicuramente Geoff dovrà raccontarti un sacco di avventure, e magari vorrà farti conoscere Gwen! Sai...lei è un loro ost-" "Okok, basta così! Parlerò io con Bridgette, se non ti dispiace." lo interruppe il festaiolo alterandosi. Portò la sua ragazza in un'altra stanza della casa, lasciando a Scott la libertà di ghignare sospettosamente.

***

[...]
"Sta esagerando troppo a parer mio." commentò Heather con la sua sigaretta tra le dita ed un tramonto sul mare davanti ai nostri occhi.
"E' normale...E' pur sempre il mio ex..."
"Ma..Gwen! Come fai ancora a difenderlo! La regola base di un rapporto è la fiducia! E lui non te ne sta dando neanche un po'!" obbiettò. Sapevo benissimo che stava cercando in tutti i modi di farmi lasciare con Duncan, ma di certo non ci sarebbe riuscita lei a farmi cambiare idea su di lui. 
"Non sai proprio nulla di Duncan."
"E invece molte cose le so, osservo tutti io."
"E Scott l'hai mai osservato?" la stuzzicai io. Era strano che io andassi contro Scott, ma non potevo sopportare tutto ciò. "E' scontroso con Duncan da quando sa che è un ladro, quando siamo stati attaccati dai Bulls sulla spiaggia lui non c'era nemmeno, inventando poi una scusa all'ultimo momento, poi la bottiglia di vino che Bridgette aveva tenuto da parte per Geoff spaccata per terra...Non so se fidarmi ancora di Scott, io. Poi tu non so."
"Dici così solo perché sei gelosa della nostra nuova affinità!" lo difese lei incrociando le braccia.
"...Io sto del parere che più Scott è qui con noi, più la mia relazione con Duncan fallisce, quindi la colpa è di Scott." non dovevo dargliela vinta.
"E io sono del parere che il tuo caro ragazzo ti stia soltanto facendo finire nei guai, e soprattutto...Stia pretendendo troppo da te!"
"Vai al diavolo!" imprecai, buttando la cicca sulla sabbia ed incamminandomi verso casa di Bridgette.
"Ehi! Non vorrai mica lasciarmi da sola!" si alzò anche lei seguendomi irritata.
"Era quello il mio obbiettivo!" ribattei scontrosa, accelerando il passo.
Ora ci trovavamo davanti alla villetta; mi girai verso di lei.
"Duncan  non si fida di te." mi schernì.
"No. Duncan ha paura di perdermi." 
"O meglio, ha paura di perdere..contro Scott."

E tutto si fa così oscuro.
Mi portai istintivamente la mano sulla testa dolente.
"M-mi gira la testa...ho la nausea..." mormorai dondolando sul posto. Tutto intorno a me girava. "Ugh!" mi coprii la bocca con le mani, ma non servì a fermare la sensazione di vomito. Corsi dietro dei cespugli, rigettando tutto ciò che avevo ingerito quel giorno, ovvero poco o niente. Finii la tortura, sotto gli occhi stupiti di Heather.
"Ma che ti prende!" mi strinse le spalle, guardandomi stupefatta. "Sei pallidissima! Forza, entriamo dentro! Devi mangiare qualcosa e riposarti!" mi trascinò per qualche metro, ma la scansai violentemente, cominciando ad agitarmi come non mai.
E persi i sensi, cadendo fra le braccia di Heather terrorizzata.

"AIUTO! GEOFF! DUNCAN!!" urlò a più non posso la ragazza, non muovendosi poiché non era in grado di portarmi in braccio.
La porta dell'ingresso si spalancò. Bridgette e Geoff corsero sulla strada, verso il punto in cui ci trovavamo noi.
"GWEN E' SVENUTA! E' SVENUTA!" continuò a urlare, provocando la pessima reazione di Bridgette, che emise un grido di paura.
"DUNCAN! DUNCAN!" strillò più che poteva la surfista, attirando l'attenzione di tutto il vicinato.
Geoff mi prese in braccio a mo' di sposa, mantenendo la calma - a differenza delle ragazze - e portandomi dentro casa. Intanto Duncan stava scendendo rapidamente le scale, trovando la porta aperta, ed io senza sensi fra le braccia di Geoff.




 
---->Angolino dell'autrice<----
Bene bene bene...Mi sento soddisfatta! Ho finito il capitolo!
Alle cinque di notte e dopo un mese ma...ormai c'ho fatto l'abitudine.
Sta diventando difficile continuare la storia e quindi credo di eliminarla.......


Ci avete creduto, eh??? ;P
Come faccio a terminarla proprio ora che arrivano le mie parti preferite, quelle che aspettavo da tanto..eppoi...Ecco Bridgette!!*-*
Ditemi che almeno una lacrimuccia di gioia vi è scappata, dai!:P
Scott cos'ha in mente?
Duncan e Gwen faranno pace?
Geoff avrà detto tutta la verità a Bridgette?
Questo e molti altri colpi di scena nel prossimo capitolo,
che spero di aggiornare prima di Natale!^^
Bye bye, e spero in qualche recensione!

gwuncan99

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