Short stories

di Yomi22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'unico amore che voglio ***
Capitolo 2: *** Happy Ending ***



Capitolo 1
*** L'unico amore che voglio ***





"Non stavamo combattendo per un accendino, lo facevamo per amore"
"Se devo scegliere qualcuno, sceglierò Henry. E' l'unico amore che voglio nella mia vita"
Queste parole riecheggiarono nella sua testa, mentre cercava a tentoni la sua maglia, nella penombra della tenda da campeggio.
"E' l'unico amore che voglio nella mia vita"
"L'unico amore"
Quelle due parole sembravano rimbombare nel vuoto totale che ristagnava nella mente di Emma, ora intenta a guardare la figura distesa sul pagliericcio accanto a lei, ancora assopita.
Guardò quelle spalle leggemente curve, segno di tutto il peso che quella persona aveva dovuto sopportare. Si alzavano e si abbassavano lievemente, seguendo un ritmo regolare. Regnava una strana e inquietante pace attorno a loro due. Emma si sentì come se fossero passati decenni dall'ultima volta che si era trovata in una simile dinamica.
Passò delicatamente una mano sui fianchi della figura, segnandone perfettamente la linea sinuosa. Ritrasse la mano quando la sentì scattare. Dormiva ancora.
Emma Swan si trovò incerta, in quella situazione: normalmente una persona sarebbe stata al settimo cielo, avendo ritrovato la capacità di amare così profondamente qualcuno, dopo tanti anni, eppure... eppure lei non riusciva ad esser del tutto convinta della faccenda.
Quella non era proprio la persona che si sarebbe mai aspettata di amare, dopotutto.
Lo sceriffo di Storybrooke chiuse gli occhi e inspirò a fondo, inebriandosi di quel profumo esotico e dolce che la figura che stava davanti a lei emanava.
Avrebbe voluto assaporarlo ancora, quel profumo. Avrebbe voluto perdersi di nuovo tra le sue labbra, sentire le sue mani vagare sul corpo in cerca di lei. Avrebbe voluto sentire di nuovo quell'inferno bruciarle dentro. Quella rabbia che aveva scatenato tutto.
Sentirsi sopraffatta da quella forza che nonostante tutto, non riusciva a combattere. Non ad armi pari, almeno. Forse, in realtà, non ci aveva neanche mai provato.
Sentiva ancora bruciare i graffi sulla schiena e ciò la fece sentire ancora più viva.
Silenziosamente, assicurandosi di non svegliare la sagoma, il cui respiro si era fatto più affannoso, si vestì e uscì dalla tenda.
Il sole era alto nel cielo, e tre figure erano già sedute attorno ai resti del focolare della sera prima.
 «Buongiorno tesoro» la salutò quella che aveva scoperto esser sua madre, Snow White, con il suo consueto sorriso sgargiante. Suo padre invece la salutò con un cenno, indaffarato com'era a pulire la spada.
Baelfire le sorrise, ma non disse nulla. Emma non seppe dire se si trattava di rabbia, oppure di dispiacere dopo il loro ultimo litigio.
"L'unico amore..."
«Cosa ci facevi in quella tenda, Emma?» chiese l'uomo, accennando alla costruzione da cui lei era appena sbucata.
Lei si voltò, visibilmente imbarazzata. «Dovevamo discutere di alcune cose.»
«Discutere di cosa? Con una persona come quella, è impossibile fare un discorso serio. Lo sai com'è.» ribattè lui, seccato.
Lei si sentì avvampare. Come poteva permettersi proprio lui, di fare certe scenate? Stava per controbattere, ma venne interrotta da una voce alle sue spalle.
«Con chi è che non si può fare un discorso serio, ex ladro da quattro soldi?»
Emma si voltò e il suo cuore quasi si fermò quando vide quella figura ergersi in tutta la sua maestosità. Non indossava gli abiti del giorno prima, che lei quasi aveva strappato nell'impeto. I suoi capelli erano di nuovo in ordine, come se Emma non ci avesse mai messo mano.
A distoglierla da quei ricordi dolceamari fu sua madre, che si interpose tra Baelfire e la sua controparte. «Regina, non litighiamo già di prima mattina. Il sole è alto, non ci sono nuvole e tutti siamo pronti per recuperare Henry.»
 


 
La sera prima



 
 
I continui battibecchi da adolescenti di Hook e Baelfire iniziavano a stancarla; Emma non poteva proferir parola che subito i due si attaccavano e cominciavano con le loro buffonate da palloni gonfiati. Chi è più bravo con la spada, chi ha più senso dell'orientamento...
E nel frattempo nessuno dei due si accorgeva di ciò che stava accadendo all'interno dello sceriffo Swan.
La confusione, il sentore di trovarsi sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato. Forse, era lei ad essere sbagliata.
Ancora non aveva perdonato Snow White e Prince Charming per averla abbandonata, in cuor suo sapeva bene che lo avevano fatto per lei e per il regno, ma non riusciva a superare quel rancore che portava dentro.
E tutto era nato per colpa di quella Evil Queen, quella donna che ora si trovava al loro fianco, alla ricerca del figlio che condividevano.
A pensarci bene, Beautiful a loro avrebbe fatto un baffo.
Mentre i due uomini litigavano e i suoi genitori erano immersi in una vivace discussione, Emma si ritrovò a fissare Regina, seduta su un tronco, intenta ad osservare le stelle con un'espressione colma di malinconia. Per un attimo provò tenerezza per quella donna che aveva torturato e assassinato interi villaggi.
Come poteva un mostro del genere essere così bello e fragile?
Quando Regina si voltò a guardarla, tutto parve spegnersi attorno a loro. Emma non riuscì più ad udire un minimo suono, né riuscì a vedere altro che gli occhi di lei, neri come la notte e pieni di oscurità celate. Si fissarono per qualche attimo, che ad Emma parve durare un'infinità.
Fu Regina a muoversi per prima. Abbozzò un sorriso e fece cenno alla bionda di sedersi accanto a lei. Per un solo istante, Emma titubò. Le passarono in mente tutte le malefatte della Evil Queen, tutto il dolore che quella donna aveva causato a lei e agli abitanti di Storybrooke.  I suoi piedi si mossero da soli; Nel breve tragitto che la separava dal ceppo, lo sceriffo si chiese come mai di tanta gentilezza.
Si accomodò al fianco di Regina, lasciando che tra i loro corpi avanzasse una manciata di centimetri. Non sembrò neanche accorgersi di quello che stava accadendo attorno a lei.
Hook, Baelfire, Charming e Snow White... erano tutti svaniti nel nulla più totale. Riusciva a scorgere solo il cielo, le stelle e lei.
Regina non disse nulla e tornò ad osservare il buio, cosparso di una miriade di puntini bianchi.
Emma la imitò e sorrise, attirando l'attenzione della sua "nemica-amica". I loro sguardi si incrociarono di nuovo. La notte e il mattino si mescolarono per un momento, quando Emma scrollò le spalle, facendo scivolare via il peso dello sguardo di Regina.
«A Boston non si vedono così tante stelle.»
Seguirono minuti interminabili di silenzio. Emma si sentì un po' a disagio. Aveva forse detto una cosa sbagliata?
«Forse, semplicemente,» sussurrò innocentemente Regina, senza distogliere lo sguardo dall'oscuro cielo, «non le hai mai osservate con la persona giusta.»
Emma Swan non seppe di preciso cosa accadde in quel momento. Per un attimo avrebbe voluto ridere istericamente, l'attimo dopo un forte desiderio di piangere la pervase.
Sentì qualcosa di caldo bagnarle le guancie, qualcosa di salato.
Regina non disse nulla, la prese tra le braccia in silenzio e aspettò.
Emma riversò sulla donna tutte le sue paure, tutte le sue aspettative e tutto il suo io, in un silente fiume di lacrime. La Evil Queen si limitò a stringerla e a lasciarla sfogare con le sue parole taciute.
Una scena tanto idilliaca che nessuno, nel gruppo, parve accorgersi dell'accaduto. Tutt'attorno c'era la vita, la frenesia e il nervosismo del mondo, ma lì, su quel ceppo, il tempo si era fermato. Si potevano udire i loro respiri, i loro battiti, i loro pensieri. Nulla v'era, oltre a quei due corpi, cinti l'uno all'altro in una morsa che pareva indistruttibile.
Restarono così per chissà quanto, smaniose di quell' affetto che nessuno aveva mai osato dar loro. Due anime solitarie, unite nella loro solitudine.
Non seppero neanche loro come e quando accadde.
Si ritrovarono nella tenda di Regina, ora due fuochi ardenti, carichi di rabbia. Si strapparono i vestiti, si graffiarono e si morsero. Sanguinarono e godettero.
Fu un susseguirsi di gesti violenti e nervosi. Non c'era dolcezza nelle loro carezze. C'erano furore, ira e bisogno. Bisogno di calore, bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi.
Due inferni entrarono in collisione. Bruciarono a lungo, senza complimenti. Volevano prevalere l'una sull'altra, in una battaglia senza fine.
Fu solo quando entrambe si accasciarono sfinite che Emma provò a parlare, ma Regina la zittì con un bacio, un unico bacio delicato, sfuggente. Un bacio d'amore.
Nessuna delle due disse nulla, e quel piccolo gesto di tenerezza, che sigillava segretamente i loro cuori, fu il loro ultimo ricordo prima del mattino.


 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Happy Ending ***



-Swanqueen




Mentre osservava quella nube viola scagliarsi contro i palazzi della cittadina che lei stessa aveva costruito, Regina si chiese cosa sarebbe successo da lì in avanti.
In realtà, sapeva benissimo come sarebbe andata a finire. In fondo, il male non poteva avere un lieto fine. Era una cosa che aveva sempre saputo e in cuor suo, nonostante le speranze, ci aveva anche sempre creduto. Quando tutto era iniziato, sapeva già che alla fine avrebbe perso, eppure aveva continuato la sua disperata ricerca di vendetta, sperando che quella avrebbe potuto alleviare un poco il dolore che le premeva nel petto sin dalla morte di Daniel.
Non aveva mai realmente cercato la felicità, perché era ben consapevole che le sarebbe stata negata. Era scritto sin dall'inizio, quando aveva scelto la via della vendetta e del male.
Il suo era stato un tirare avanti perseguendo quell'unico ideale che la manteneva in vita. Senza il suo odio, non sarebbe rimasto nulla di lei. E pur sapendo che sarebbe comunque terminata nel dolore, la sua mala vita era stata condotta in modo esemplare, senza spreco negli omicidi o nelle torture.
Perché, si chiedeva di tanto in tanto, non andare fino in fondo? Alla fine, lei si era scelta quel percorso e allora perché non seguirlo? Non c'era redenzione per i malvagi, lo sapeva bene, allora perché non terminare la propria esistenza in modo grandiosamente spietato? Era nata umile e sconosciuta, non sarebbe morta nel nulla. Il suo nome sarebbe stato ricordato per sempre, nel bene o nel male.
Nello stesso momento in cui aveva scelto la sua via, il suo traguardo era stato scritto. Perché non godere dei piccoli, effimeri piaceri che il suo abuso di potere portava?
Ora che si trovava proprio davanti alla linea di confine, però, non la pensava più così. In realtà, era parecchio tempo che non proseguiva la sua scia di sangue e dolore. Aveva cercato, nelle sue possibilità, di redimersi. Di compiere almeno una buona azione, per amore di suo figlio.
In quell'ultimo periodo, si era accorta di quanto importanti fossero divenuti i suoi nemici, oramai alleati e compagni d'avventura. 
Ancora non aveva perdonato Snow White, nè tantomeno provava simpatia per quel disgustoso zuccherino che era il suo sposo, ma aveva imparato a convivere con loro. Li aveva addirittura salvati da morte certa.
E ora, doveva farlo di nuovo. Doveva salvare tutti. Doveva trasformarsi in quell'eroina che mai aveva potuto essere.
E per farlo, lo sapeva, doveva sacrificare la parte più importante di sé.
Alla fine, che lei fosse buona o meno, avebbe comunque perso. 
I cattivi, che lo siano ancora o meno, perdono sempre.
Non poteva certo dirsi buona, no. Aveva un passato troppo pesante alle spalle, che sicuramente schiacciava tutto quello che era diventata ora. Per questo non poteva permettersi una Happy Ending.
Osservò uno per uno i personaggi che aveva davanti. Ad ognuno di loro, Regina aveva tolto qualcosa di importante. Ora toccava a lei.
Finalmente poteva comprendere appieno la loro rabbia nei suoi confronti.
Negli anni, il ricordo del dolore per Daniel era stato sostituito da cieca rabbia e con lui era svanita ogni comprensione. 
Solamente in quel momento, guardando la piccola pergamena che reggeva tra le mani, provò empatia per quelle persone che la accerchiavano. 
E provò rabbia verso se stessa.
Lei voleva distruggere ogni lieto fine di ogni abitante dell'Enchanted Forest, no?
Come poteva esser stata tanto stupida da non considerarsi una di loro? Dov'è che lei risiedeva?
Era ovvio che la distruzione del suo, di lieto fine, sarebbe stata causata da se stessa.
«Alla fine, i cattivi non possono avere un lieto fine» sibilò per l'ennesima volta, stringendo tra le mani quel misero pezzo di carta causa di tutto quel casino che aveva combinato.
Com'era stata stupida a lasciarsi fregare così dall'odio. Era sempre stata una debole, benché tentasse in continuazione di autoconvincersi del contrario. Il suo abuso di potere, la sua smania per il controllo sul prossimo, tutto era dettato dalla sua stupida debolezza.
Alla fine, si era trasformata in sua madre. E quella era sempe stata la sua più grande paura.
Osservò ancora un attimo la nube viola, che si avvicinava inesorabilmente. Aveva ancora una manciata di minuti. 
Tutto attorno a lei parve svanire. Non riusciva più a sentire le urla degli abitanti di Storybrooke, che la incitavano a distruggere il manoscritto, nè riusciva a sentire la pressione che quella situazione avrebbe dovuto metterle addosso.
Per quegli interminabili decimi di secondo, tutto ciò che riuscì a vedere fu la persona che avrebbe dovuto sacrificare. Si chiese se ne sarebbe mai stata capace.
All'improvviso, totalmente immersa nei suoi pensieri, sussultò. A risvegliarla fu Emma Swan, che le aveva poggiato una mano su una spalla, con quella grazia da troll che la identificava.
«Regina, puoi annullare la maledizione o no?»
Confusa, la Evil Queen puntò dritti in quelli di Emma due grandi occhi spaesati. Per qualche secondo la bruna parve un cucciolo indifeso cui è stato chiesto di compiere gesta troppo grandi per lui e lo sceriffo si sorprese. Il suo cuore, addirittura, sussultò.
«Regina» ripetè, stringendo leggermente le dita attorno all'arto del sindaco.
La donna si riprese e scosse leggermente il capo, come per cacciare dalla sua testa tutti quei pensieri che le erano passati davanti agli occhi.
«Certo che posso, Miss Swan» disse, scrollandosi di dosso la mano dello sceriffo di Storybrooke. «Solo...» Guardò Henry e si avvicinò a lui, piegandosi leggermente sulle ginocchia per avere il volto sullo stesso piano di quello di lui.
Il bambino fu inizialmente sorpreso di notare le lacrime che avevano iniziato a sgorgare dai grandi pozzi neri che erano gli occhi di sua madre, ma non disse nulla. Si limitò ad abbracciarla.
«Henry, tesoro..» sussurrò Regina, stringendo a sé suo figlio più forte che potè, quasi avesse paura che se si fosse sciolta da quell'abbraccio, sarebbe sprofondata in un abisso dal quale non sarebbe mai più riemersa. In quel momento, il bambino sembrava essere l'unica realtà concreta in un mondo di illusioni.
E quele illusioni, erano soltanto opera sua. Lei aveva creato una realtà in cui sperava di poter condurre una vita pacifica e tranquilla, nonostante sapesse che questa le sarebbe stata negata, priam o poi. Ma ci aveva comunque creduto; ora, al solo pensiero di lasciare la presa di suo figlio, le sembrava che il mondo che tanto duramente aveva creato, si reggesse su una manciata di piedistalli di cristallo, pronti a frantumarsi da un momento all'altro.
Quelle paure, in fondo, erano anche abbastanza sensate.
«Lo sai che ti voglio bene, vero?»
Henry scosse la testa, in un cenno d'assenso, ma a Regina parve non bastare come risposta e prese il volto di lui tra le mani, accarezzandolo delicatamente. «Henry, ascoltami. Devi giurarmi di esser consapevole di questa cosa. Io ti voglio davvero bene.»
«Mamma..» rispose lui, con voce spezzata, allontanandosi dalla donna per poterla osservare meglio, «cosa sta succedendo? Perché mi dici queste cose?»
Regina sospirò e si erse in tutta la sua altezza. Si lisciò leggermente il cappotto grigio che portava indosso quasi a scacciare ogni sua esitazione, e si schiarì la voce.
«Signori, tra qualche minuto la maledizione potrebbe spazzare via Storybrooke e con lui tutti noi...»
Il sindaco venne interrotto da un vociare sommesso, la cui fine fu posta da Emma, che si sistemò al fianco di Regina e urlò al pubblico di fare silenzio.
«Grazie, Miss Swan.» la ringraziò la bruna, accennando leggermente allo sceriffo. «Io sono in grado di spezzare questa magia, essendo colei che l'ha attivata. Come ben saprete però ogni magia ha il suo caro prezzo, e questa richiede un sacrificio molto grande.»
Una voce nel gruppo urlò alla donna di tagliare corto, ma fu ignorato. 
«Questo prezzo è il Vero Amore. La persona che dovrà esser sacrificata sarà il vero amore di colui che ha attivato la pergamena.»
Tutti si voltarono ad osservare Henry, che fu subito messo al riparo dalle braccia di Emma, corsa subito dal figlio. «Non vorrai uccidere tuo figlio, Regina!»
La Evil Queen scosse la testa. «No, Emma. Qui si parla di un altro tipo di amore.»
Seguì un attimo di silenzio, finché Snow White non si fece avanti. «Ma, Regina, il tuo vero amore è...»
La popolazione dell'intera città si mise ad urlare, e alcuni addirittura pensarono di passare il confine.
Regina, piuttosto calma nel caos più totale che la circondava, scosse la testa e alzò le mani, gesto che fu in grado di fermare chiunque nel suo raggio d'azione. 
La donna si sentì abbastanza soddisfatta nel constatare che dopotutto manteneva un discreto controllo sulla vita di quei contadini.
«Non è così.» Sentenziò, sbuffando, quasi irritata dalla cosa.
«Ma allora...»
Il sindaco puntò lo sguardo su una figura. L'unica che non avrebbe voluto vedere in quel momento. La sua faccia preoccupata ma sempre, costantemente strafottente la mandò su tutte le furie. 
Era quello l'effetto che Emma Swan le faceva. La sua sola presenza la irritava.
Corrugò le sopracciglia e con un gesto svogliato si rivolse a lei. Lo sceriffo sbarrò gli occhi, sospettosa. Non era difficile intuire i pensieri della bionda, in fondo, lei e Regina si erano sempre date addosso. Cosa stava quindi cercando di dire, il sindaco di Storybrooke?
«Cosa vuoi?» le sbottò contro Emma, preoccupata ma risoluta.
«Miss Swan, quello che voglio da lei è solo una cosa. Ammetta ciò che nessuna delle due ha mai voluto ammettere e finiamola qui.»
Emma fece istintivamente un passo indietro, mollando la presa su Henry. Dove stava cercando di arrivare Regina?
«Avanti, Swan. Se non lo fa io non potrò salvare Storybrooke e nostro figlio.»
Lo sceriffo rise di una risata frutto del panico che stava attraversando ogni parte di sé. 
Sentì lo sguardo degli abitanti dell'intera città posati su di lei. Deglutendo, la bionda si avvicinò alla donna che teneva saldamente la maledizione, stretta tra le mani. 
«Regina, non credi che sia il momento meno opportuno? Voglio dire, questa cosa non farebbe che distruggerci. Vivendo nell'ignoranza, staremmo entrambe meglio.»
«Swan, forse non hai capito la gravità della situazione. O lo fai, o non potrai più vedere i tuoi...» si fermò un attimo, guardando Snow White e Charming, con un'espressione disgustata, «genitori.»
«E te.»
Regina ingoiò una boccata d'aria e sentì il suo corpo tremare leggermente nell'udire quelle parole.
Se solo si fosse data una mossa prima, avrebbe almeno potuto vivere meglio quello che invece si era negata fin da subito.
«Emma,» la chiamò in un sussurro, «dillo.»
Lo sceriffo si avvicinò ulteriormente a Regina, sfiorandole i fianchi con le dita. Poggiò la fronte su quella della donna e sospirò. 
«Ti amo, Regina. Avrei dovuto ammetterlo prima. Anche tu avresti dovuto farlo.»
Una dolce scossa attraversò Regina, ora intenta a scacciare le lacrime che avevano deciso di scendere copiose. Sorridendo, prese il volto di Emma tra le mani, annullando la distanza presente tra le labbra delle due. 
Il mondo si fermò, nell'istante in cui le loro bocche si incontrarono e Regina strappò la pergamena.
Un fascio di luce ricoprì le due figure, per poi espandersi su tutta la città, dissolvendo quell'incombente nube violacea che ormai stava raggiungendo il piccolo gruppo di persone.
«Anche io ti amo, Emma.» 
Lo sceriffo sorrise, un'espressione colma di un dolore che nessuno, forse, avrebbe mai potuto sanare.
Si voltò a cercare lo sguardo di suo figlio e quando lo trovò, gettò un'ultima occhiata in quel punto ormai vuoto dove poco prima la donna che amava aveva compiuto il gesto più  generoso e coraggioso che potesse mai fare.
Il cuore le si spezzò, nel notare un unico, flebile luccichìo per terra. 
Trattenendo il respiro, Emma abbassò a raccogliere il piccolo anellino appartenuto a Regina, e lo rigirò tra le dita, stampandosi in faccia un sorriso amaro.
«Siamo state due stupide.. Ma alla fine, penso che tu sia riuscita a trovare quell'amore che tanto cercavi. E lo riavrai. Lo riavremo e potremo finalmente viverci. Ti troverò, Regina. Dovesse finire il mondo.»








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Può sembrare senza capo né coda, questo testo. In effetti è così, ma ho voluto lasciarlo un po' in sospeso. 
In realtà stavo pensando di congiungerlo con il primo capitolo, e fare una long fic. O semplicemente, partendo da questa, provare a scriverne una.
Cosa ne pensate? Fatemi sapere se quest'idea vi aggrada! O se preferite, potrei ricavarne una solo dal primo capitolo! :)
Be', la parola a voi! 

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