~SAPIENTIAE OCULUS~ La profezia

di Morthien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Roma ***
Capitolo 2: *** Un principio: Firenze ***
Capitolo 3: *** Ricatti e impiastrugli ***



Capitolo 1
*** Prologo: Roma ***



La profezia

1477 - Roma
Sorrise. Il Duca Sforza era stato ucciso, i suoi uomini avevano fatto un buon lavoro. Grazie al loro intervento ora non solo Milano era in subbuglio, ma Firenze era nel panico più totale, e probabilmente anche Lorenzo De Medici stesso. Increspò le labbra pensando a quel fiorentino imprecante che lanciava fogli all’aria, e in un momento sfogò in una fragorosa risata. Tutto era perfetto, troppo.
All’improvviso entrò Nadirah, la sua serva preferita. Gli piaceva il suo corpo, soprattutto senza quelle sudice vesti che era obbligata a portare. Più volte aveva fantasticato su quelle forme perfette, immaginava la pelle bronzea di lei mischiata alla propria, bianca, in una dolce lotta di passione.
- C.. Cosa accade?- riuscì a dire Riario prima che il flusso dei pensieri sorpassasse il limite.
- Signore, il Santo Padre la attende.-
- Il mio panpepato?-
La donna annuì, si avvicinò al Conte chinandosi lentamente di fronte a lui, mentre lo straccio che l'avvolgeva scivolava dal prosperoso seno; la donna alzò lo sguardo verso il padrone. Riario non si fece ripetere due volte quel chiaro messaggio silenzioso. Mise il suo volto di fronte a quello di lei e con decisione lo afferrò accarezzando quella pelle così morbida, con il pollice, creando piccole linee circolari.
Rimasero così, per qualche secondo, forse più di un minuto, a osservare ogni piccola pagliuzza dei loro occhi, i suoi neri come la pece, misteriosi, sprezzanti e poi quelli di lei.. carichi di speranza, luminosi. Ma in un momento Nadirah si ritirò, si inchinò e percorse la stanza al ritroso, portando nuovamente su la veste calata. Si ritrovò solo nel suo studio, deluso e amareggiato. Fece qualche passo avanti e indietro nervosamente, colpì con un pugno la scrivania e si avviò da Sua Eccellenza.
Era sempre costretto in quella prigione che chiamavano chiesa, soggiogato da quel padre che non lo aveva mai riconosciuto e condannato ad essere la sua ombra e, cazzo, nemmeno una serva voleva stare con lui. Si sentì subito peggio dopo averlo pensato, perché sapeva quanto Nadirah fosse pura e sincera ed anche per questo lo affascinava: non avrebbe mai preteso niente da lei. Tuttavia si sentiva agitato, forse perché non aveva idea di cosa gli avrebbe detto Sisto, forse perchè aveva solo un pessimo presentimento.
Arrivato davanti ai portoni fece un cenno alle guardie che, in sincronia, si fecero da parte, mentre davanti a lui si apriva la maestosa navata. Al centro della sala, sul suo sfarzoso trono, sedeva il Papa.
-Mi ha cercato padre?-
-Santo padre- corresse indignato Papa Sisto IV. -Come ben sai- riprese -è andato tutto secondo i piani: l'alleanza tra Firenze e Milano è ormai giunta al termine e ora è tutto nelle tue mani-.
La fronte di Riario si corrugò mostrando un'espressione di perplessità accompagnata dal suo solito sorriso sghembo.
-In che senso.. Santo Padre?- chiese calcando la parola 'santo' in modo quasi derisorio.
-Milano è sola e ha bisogno di un nuovo sostegno e che c'è di meglio se non un matrimonio?-
Il conte sgranò gli occhi.
-Ma..- cominciò, senza concludere, realizzando di non avere alcun potere. -Quindi chi dovrei sposare?-
-Caterina Sforza- rispose con risoluta calma, squadrò per un secondo il nipote e poi ricominciò- al momento ha solo dieci anni, ma scommetto che la sua giovane età renderà tutto più... divertente-
-Come desidera- riuscì a dire Riario, anche se era riluttante all'idea. Fece per andarsene.
-Conte?- chiamò il Papa, facendolo voltare nuovamente. Tese la mano e sillabò:-L'anello-.
Girolamo si avvicinò suo malgrado e, compiuta ogni riverenza, girò i tacchi e percorse la navata mentre il suono dei suoi passi echeggiava, scandendo tutta la sua ira e il suo odio.




L'angolo di Morthien...

Bonjour! Comment ça va?? Io sono Morthien, una giovane donna che soffre di duplice personalità.. Nei giorni dispari sono Luthien in quelli pari Moriayel e a Natale un orco divoratore, effettivamente è tripla .-.
Cooomunque

Questa storia è nata, ovviamente, vedendo quel fantasmagorico telefilm che è Da Vinci's Demons, e la mia mente, già mal messa, si è messa al lavoro. 
Infatti qui racconterò la storia 'sotto gli occhi di Riario',non mancherà la presenza di Leonardo e sarà straripante di booom baaaam e tunf!! e un NUOVO MISTERO BELLO FRESCO DA RISOLVERE!!
quuuiindi godetevela!!!
Au revoir, Morthien.

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Capitolo 2
*** Un principio: Firenze ***


Un principio: Firenze 

Gli occhi del nobiluomo erano pesanti e stanchi mentre scrutavano la notte attraverso i vetri altissimi della sua stanza. Con la mano che teneva il capo, ogni tanto, si massaggiava le tempie o tirava indietro i capelli corvini scivolati. La sua figura adagiata sul davanzale sembrava soltanto l'ombra del Figlio di Roma, nella sua camicia ampia color muschio scuro, elegante anche in abiti da notte. Il suo sguardo era immobile, perso, fermo su quei due giovani che, probabilmente ubriachi, si stavano prendendo a pugni per una questione d'amore qualsiasi. All'improvviso un alito gelido si insinuò tra le pieghe del tessuto e Riario venne scosso da un brivido.
Basta. Aveva bisogno di dormire. L'indomani all'alba sarebbe dovuto partire alla volta di Firenze sotto ordine di quel bastardo di Sisto per controllare la spia inaffidabile di Roma, Lucrezia. 
- Mi avete chiamata? - una voce timida e dolce ruppe il silenzio.
Il conte si voltò di scatto, non si era accorto del rumore dei passi di Nadirah. Le sue labbra si distesero lievemente. -Sì, non riesco a prendere sonno-
- Volete che vi porti una... -
- Raccontami qualcosa di te - era da molto che si domandava quali fossero le sue origini, ma si rese conto di essere stato brusco, e in qualche modo inquietante, solo quando scorse negli occhi della serva il disagio.
- Voglio dire, qualcosa riguardo - si schiarì la voce- il tuo Paese, l'Egitto, giusto?- l'imbarazzo era palpabile.
Una risata accennata riempì la stanza ma si spense in un lampo.
- Cosa volete che vi racconti, padrone -
- Qualsiasi cosa - rispose con stanchezza mentre si adagiava tra le suntuose coperte del baldacchino, la schiena sulla testiera porpora, attento ad ogni singola parola.
- Allora va bene, c'è una storia che mio padre mi raccontava sempre... -

 
*
 
 
In principio era il caos. Gli uomini, gli animali, gli oggetti, le terre e i mari vivevano mescolati senza tempo né spazio. Così Ra l'onnipotente creò gli dèi guardiani: Shu, i venti che soffiano, Tefnut, la pioggia che cade, Geb, la Terra, Nut, la dea del cielo. Ma il disordine delle anime era ancora presente. Il Dio Sole capì di avere bisogno di qualcuno che decidesse uno scopo per ognuna di esse, una ragione. Ma serviva chiaramente uno spirito che potesse provare emozioni, cosa che agli Dei non era concessa. Così plasmò Shai, protettore del destino di ogni cosa, dal cuore del primo uomo, il più giusto.
Il mondo era in armonia, sulla Terra vigeva la tranquillità e la ricchezza. Con il passare dei millenni però, Shai, coltivò dentro di sé un profondo rancore nei confronti di Ra, che lo aveva incaricato di un compito troppo impegnativo. Si sentiva, inoltre, più potente del creatore stesso, potendo decidere il fato di ogni essere. Fu così che, scioccamente, tentò di uccidere La Divinità suprema, scrivendo per essa un destino di morte e sofferenza eterna.
Ma Ra non poteva esserne scalfito, essendo un'entità superiore a tutto ciò. Fu così che i ruoli si ribaltarono. Il Dio fece diventare carne ciò che componeva Shai e lo diede in pasto ai coccodrilli più feroci di tutto l'Egitto. 
La leggenda narra che solo una piccola, minuscola parte sia rimasta del semi-dio: ciò che gli permetteva di conoscere il fato e che ancora oggi mantiene il sottile equilibrio dell'oscuro avvenire. Si dice che quella scaglia sia stata ulteriormente imprigionata dal Dio d'Egitto nel punto dove tutto è stato sacro e limpido, un luogo che solo Ra stesso conosce.

 
*

 
Conclusa la storia, Riario era tutt'altro che assopito. La leggenda lo aveva talmente colpito che, senza rendersene conto, si era avvicinato al viso di lei, pendendo dalle sue labbra.
- Dov'è adesso - sussurrò, gli occhi fissi in quelli di lei, la voce profonda e tenebrosa.
La serva titubò imbarazzata - Ehm.. Nessuno lo sa. Probabilmente non in Egitto, lo hanno cercato per secoli senza mai ottenere risultati... Ma questa è solo una favola, signore -
Il conte parve non sentirla, stirò un mezzo sorriso. Scaraventò a terra le lenzuola, mise le babbucce, indossò la sua immancabile cintola e in un momento fu fuori dalla stanza. 
Era davvero solo una favola o esisteva un manufatto del genere? Sciocchezze Girolamo, dovresti pensare al fatto che sei costretto ad avere in moglie una che, cazzo, potrebbe essere tua figlia. Oppure che tra poche ore dovrai affrontare un faticoso viaggio verso quella manica di meretrici e ubriaconi infedeli. Ma non gli importava davvero, in quell'istante voleva, doveva, saperne di più. 
Se non si trovava in Egitto, in quale altro posto del mondo poteva trovarsi?? Il "punto dove tutto è stato sacro e limpido". L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il fiume Nilo, ma perchè allora quel "è stato"?? Non è forse ancora ciò che gli Egizi considerano più sacro e limpido? Forse il tempio di Ra, che è andato distrutto? No, non aveva senso. 
- Chi c'è!?! - esclamò una guardia, risvegliata dal passo svelto e deciso di Riario.
Il nobile, preso dal flusso dei suoi pensieri, non si era accorto di essere già arrivato e liquidò la sentinella che già si stava scusando per non averlo riconosciuto subito. Spalancò le porte e di fronte a lui si presentò la vasca, maestosa, splendente. Le mattonelle scarlatte davano la sensazione lugubre che non fosse riempita da acqua limpida ma da lacrimoso sangue. Si diresse verso il drappo che scostò in malo modo e scoprì quel muro semi movente. Ruotò il crocefisso e il blocco di pietra si fece da parte. 
Poi il buio singhiozzò. 
Sussultò, si riprese con un respiro profondo e, con passi lenti e misurati, si diresse verso la voce.
Nell'angolo, la penombra celava una figura esile, in posizione fetale, nuda e tremante. Avvicinandosi capì di avere dinanzi un ragazzo di 13, massimo 15 anni. 
Il nobiluomo si accovacciò alla sua altezza - E tu chi sei? - domandò con tono malizioso, ma senza attendere risposta proseguì - Aaah.. Sei il nuovo trastullo del Papa, non è vero? -.
Il giovane alzò lo sguardo in cerca di aiuto, ma perse ogni speranza quando vide la mano dell'uomo scivolare lentamente al pugnale posto sul fianco e scattare al proprio petto spoglio e malnutrito. I singhiozzi divennero singulti quando la lama era in procinto di trafiggere la violata carne. In quell'attimo Riario esitò, si perse in quegli occhi color del ghiaccio, emise un impercettibile gemito. Poi, strinse più forte l'arma e tagliò con un solo movimento deciso e netto la gola ansante. Il bambino cadde sul pavimento umido, morto.
Tornò sui suoi passi e attraversò il lungo corridoio poco illuminato, fin quando non arrivò agli Archivi Segreti Del Vaticano.


 
*


La candela si stava quasi per spegnere: chissà quanto tempo aveva passato tra quei tomi e scartoffie.
Cercava un riferimento, un indizio che potesse in qualche modo riportare alla storia di Nadirah, anche solo un accenno.
Chi potrebbe aver trovato qualcosa di così prezioso e averlo portato via? Dove? In che modo? Sicuramente non un Egiziano, troppo fedeli alla loro religione, sarebbe risultato un tradimento nei confronti di Ra. E nemmeno un saccheggiatore di tombe, perchè avrebbe venduto il manufatto che quindi non sarebbe rimasto nel mistero. Oppure poteva trattarsi di uno straniero ignaro di ciò che aveva tra le mani...
Magari perchè, tra il bottino, non avrebbe suscitato inte... 
- AH-AH! - batté le mani in un gesto automatico.
Un bottino?!?! Un bottino di guerra! Una guerra!
Si diresse verso lo scaffale giusto, fece scorrere l'indice affusolato sugli antichi dorsi rilegati, quando scorse il suo libro: EGITTO - LOTTE E CONFLITTI.
Era eccitatissimo e, involontariamente uscì dalla sua bocca un'esclamazione di gioia. Subito dopo si ricompose, schiarendosi la gola: non si lasciava mai prendere da forti emozioni, neanche quando era solo, era fatto così. Ora che, però, i suoi nervi si erano rilassati, tutta la sua stanchezza si fece sentire e lo travolse. Decise quindi che avrebbe studiato quelle pagine l'indomani, durante il viaggio.
Qualche ora dopo, era già in procinto di partire, impaziente di sfogliare quelle pagine di storia. Salito a cavallo e date le istruzioni ai suoi scagnozzi, si immerse tra la polvere di quegli antichi documenti.
Inizialmente non voleva perdere neanche una parola di ogni singola battaglia, conquista o saccheggiamento. Non molto dopo, però, l'entusiasmo cominciò a scemare insieme con la pazienza, e un'emicrania lancinante accompagnata da nausea contribuì alla sua decisione di interrompere la lettura.
Mentre la notte calava su Firenze, la città era in visibilio, eccitata in occasione del Carnevale; uomini e donne bevevano spensierati, almeno per quelle poche ore. 
"Ubriaconi" pensò Riario.
Il chiasso scemò all'improvviso. Prima che potesse porsi qualsiasi domanda, le urla tornarono più forti e penetranti di prima. Si guardò intorno per cercare di comprendere chi o cosa stesse acclamando la folla quando vide nel cielo una freccia infuocata. Mise prontamente la mano alla spada, quando si accorse che non era affatto una freccia infuocata, bensì uno dei marchingegni infantili che ai fiorentini piacevano tanto: la colombina. Rimase tuttavia attratto da quel volatile di ferro, perchè sembra quasi avesse vita propria, i suoi movimenti erano realistici, perfetti. Pensò immediatamente che l'inventore avesse un grande talento e sicuramente un ottimo spirito di osservazione. I suoi occhi erano talmente concentrati su quel magnifico pezzo di metallo che non si accorse di un uomo che, con una spallata, lo fece cadere a terra. Solo in un secondo momento, notò che questi lo aveva appena salvato da una colombina in picchiata. L'aveva infatti presa al volo e, affannato, cercò di dire: -Ma è matto! Cosa voleva fare con la mia povera colombina?? Voleva forse un bacio? Ho notato come la guardava…- le risate attraversarono tutta la folla.
- Che cosa... Come si permette, lei sa chi... - boccheggiò un Riario visibilmente in imbarazzo.
- Ehi gentile amico, stavo celiando, è una festa e siamo tutti ubriachi, non può pretendere gli onori di casa - sorrise a cinquantadue denti. Quando vide che l'uomo vestito di nero continuava ad essere serio, continuò - Mi spiace, che maleducato a non essermi presentato. Leonardo Da Vinci, artista, ingegnere e inventore. - fece un inchino fin troppo profondo, a dir poco teatrale. - Piacere Uomo del Papa - e detto ciò, tornò tra i suoi amici a festeggiare, senza dare una benché minima spiegazione, lasciando il Conte amareggiato e incuriosito allo stesso tempo. Accennò un sorriso a mezza bocca, e si diresse verso i suoi alloggi.
Quando giunse nella sua stanza, si tolse in fretta gli abiti e sedette sul letto ripensando, finalmente a ciò che Nadirah gli aveva raccontato la notte precedente, sorseggiando una tazza fumante di Sidro di Mele. Essendo più rilassato di quanto non fosse nel pomeriggio, decise di tentare nuovamente con il libro. Allungò la mano libera e raggiunse l'immenso tomo sul comodino, ma, sfortunatamente, non aveva previsto il carico eccessivo. Infatti, il volume cadde rovinosamente a terra, aprendosi. Riario imprecò e si alzò controvoglia, ma venne interrotto da una folata di vento gelido. Si diresse, perciò, a chiudere la finestra e, voltatosi nuovamente, notò un foglio strappato adagiato tra le pagine. Incuriosito lo prese e cominciò a girarlo fra le dita: era di un materiale diverso, era papiro. Iniziò a leggere le sbiadite parole, stupendosi che fossero scritte in Latino Dotto, e non in geroglifici. Per lui, che da sempre era stato istruito con quella lingua, era molto facile tradurla, quindi cominciò immediatamente: finalmente qualcosa di interessante.
 
Azio, anno 713 1
La vittoria è a Roma.

Più in basso una scrittura diversa citava:

Ta-sened
Roma ha depredato l'Egitto.

Omnia ricchezza è stata rubata. 
Ho preso auros
et lancia
et falce  
et scettro 
et gemmas 
et...
 
Riario scorse con il dito il lunghissimo elenco, e la sua attenzione venne catturata dall'ultimo elemento di esso.
 
... Et sapientiae oculus.
 
-Occhio della conoscenza...- sussurrò. Era senza dubbio quello che cercava, e l'aveva trovato per puro caso. Voleva sapere di più, così studiò attentamente ogni angolo del foglio, e infatti in fondo alla pagina trovò un piccolo post scriptum. Era quasi illeggibile, perciò dovette concentrarsi al massimo, mentre ancora sorseggiava il Sidro di Mele.
 
P.S. Ho dato io questo nome al misterioso oggetto trovato nel tempio di Shai.
All'inizio pensavo di vederlo come reliquia più antica dell'Egitto e ricavare molto oro.
Ma quel manufatto aveva un potere. Da quando lo toc...

 
- Oh cazzo... Cazzo, cazzo, CAZZO!! NO!! Ti prego no!! - la bevanda era caduta sul foglio, eliminando i già confusi tratti. Imprecò di nuovo, con più veemenza. Prese un lembo della camicia e tamponò, peggiorando ulteriormente il disastro. Girò il foglio, per poter tamponare senza creare danno, tuttavia ciò che vide lo scioccò: tutto asciutto. Com'era possibile?
- Che stregoneria è mai questa?! - esclamò. Fissò attentamente quello stralcio di papiro, lo girò e rigirò osservandone entrambi i lati. Lentamente cominciarono a comparire nuove scritte, così il conte lo portò alla luce soffusa della luna che rivelò qualcosa di straordinario.
- Un doppio foglio... - sussurrò distendendo le labbra in un sorriso. 
Solo dopo aver constatato che il Sidro fosse a debita distanza, con tutta la calma che riuscì a prendere, cominciò a dividere i due lembi. Notò immediatamente che il cambiamento di lingua: era diventato un latino popolare, e quindi più difficile da comprendere per lui.
 
Firenze, 431
L'oculus ha luogo nei meandri dello specchio del Buon Senso di Firenze;
ricorda: anche se l'uomo è da poco scomparso, la pietra resta per l'eternità.

 
 
Si appuntò questa come traduzione definitiva dopo vari tentativi, si cambiò camicia e, vista l'ora tarda, decise di tornare tra le coperte. Sapeva, tuttavia, che addormentarsi sarebbe stata un'ardua impresa.
 

 
*
 
 
Era già mattina inoltrata quando il Figlio di Roma si avviava agli studi di Lorenzo De' Medici, per dare il buongiorno al signore di Firenze e alla sua donna. 
Li incontrò, invece, ai piedi delle scale. 
- Buongiorno Lorenzo... Clarice... - e in quella si chinò per compiere il baciamano alla Madonna.
- Girolamo - sputò Lorenzo, senza celare minimamente il suo astio.
- E gli affari? - domandò poi il conte con malizia.
Esitò - ... Ha mai visto i nostri magnifici giardini? Sono certo che ne rimarrebbe affascinato - rispose De' Medici, mascherando con gentilezza forzata un maleducato invito di levarsi dalle palle, e così si ritirò.
- Ah, Clarice! - chiamò Riario - Suo fratello, cardinal Orsini, le porta i suoi saluti - 
- Gli rimandi i miei, conte -
Girovagando per il sontuoso palazzo imboccò un piccolo corridoio che portava ad una stanza con la porta socchiusa. Si affacciò e vide di fronte a sè una figura più che familiare: Lucrezia Donati. 
- Ma che bella sorpresa, cugina! Ti vedo in forma. Merito... delle attività notturne? - disse con un sorriso sadico.
- Fottiti, Girolamo -
Percorse la distanza che li separava, e con uno strattone, l'afferrò per i lunghi capelli boccolosi.
- Sporca puttana - sibilò con il medesimo sorriso - tu sei solo un piccolo insignificante scarafaggio in un progetto molto più grande di te -
Prima che potesse continuare con il suo sproloquio di insulti, sentì dei passi dietro di sè e in un momento qualcuno gli fu addosso. Riario si liberò dalla presa e riuscì a vedere in faccia l'avversario e a riconoscerlo.
- Voi siete... L'artista! - 
- Cosa volevate da lei? - domandò Leonardo ignorandolo.
Il nobiluomo squadrò i due e sentenziò, con la solita pungente ironia - E voi... Cosa vuoi da lei? -
- Come ha detto prima... Sono un artista! - e accennò saccente con la testa alla tela in fondo alla stanza.
- Bene. Allora vi lascio, in qualunque caso... Sarei di troppo - scoppiò in una soddisfatta risata di scherno e uscì.
Non si era accorto, però, del foglietto scivolato a terra dalla tasca del suo mantello, dettaglio che invece non sfuggì all'occhio attento di Leonardo Da Vinci.
 
 
 
 
 





L'angolo di Morthien...

Holaaaa!! mie care lettrici, intanto vorrei ringraziarvi
per il sostegno e i complimenti che mi fate... Bando le ciance..
FINALMENTE IL PRIMO CAPITOLO!!
Premetto che l'ho scritto tutto oggi, in 14 cazzutissime ore,
e devo ammettere che un pochino la stanchezza si sente, giusto un po'.
Come detto nel prologo NUOVO MISTERI!!
Cosa sarà mai questo Sapientiae oculus??
SCRIVETE NELLE RECENSIONI LE VOSTRE IPOTESI
e chissà qualcuno di voi potrebbe anche indovinare!!

Mi spiace per lo spazietto minuscolo ma Morfeo
mi sta chiamando con voce suadende e io.. non posso rifiutare..
Notte 

p.s. Tutti i cenni storici sono realmente accaduti, ho voluto
seguire la storia perchè mi piace pensare che in quei fatti possano
esser successi gli eventi da me inventati.. adoro questa cosa.
La leggende di Ra e Shai, invece, è parzialmente vera: Ra creò
(secondo la reale leggenda) i diversi Dei e Shai è realmente il Dio
del Fato; ho solo unito le due storie!!

p.p.s. Chiedo venia per il deplorevole italiano utilizzato nell'angolo.Buenass Nochess!!

NOTE:
1: 713 è una data del calendario Giuliano
    (Giulio Cesare) che corrisponde al 31 a.C.

 

 

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Capitolo 3
*** Ricatti e impiastrugli ***


 

Ricatti e impiastrugli

-Maestro! MAESTRO! - Leonardo alzò lo sguardo lentamente, ancora assorto nei suoi pensieri ritrovandosi faccia a faccia con un Nico preoccupato.
-Cosa? Cosa c'è?!- rispose seccato scostando bruscamente il volto grassoccio dell'allievo.
-Il signor De Medici vi vuole parlare...- si lamentò massaggiando la guancia arrossata -e dovreste cominciare ad alzare meno il gomito quando vi trovate alla locanda- borbottò tra sé e sé facendosi da parte.
-Vedo che voi non rinunciate mai a lasciarvi andare ai vizi e ai peccati della carne- cominciò sarcastico Giuliano. Il rinomato e intelligente artista riuscì a rispondere con un solo, distaccato, grugnito. L'altro accennò una smorfia di disgusto, poi continuò -Come darvi torto, dopotutto...- Attese una risposta, si aspettava una battuta tagliente, ma il pittore sembrava essere indifferente a tutto ciò che lo circondava. Giuliano era però convinto che lo sentisse, perciò continuò -Avanti, confessatemi. Chi... Chi è la vostra preferita al momento- era in evidente disagio, e i suoi tentativi di mascherarlo sotto un'aria spavalda rendevano la situazione ridicola. Il ragazzo aveva improvvisamente capito che l'idea geniale balenatagli in mente qualche attimo prima era la cosa più stupida a cui avesse potuto pensare. Avrebbe voluto cancellare tutto ciò che aveva detto e tornare al tavolo da dove si era alzato poco prima, ma non era possibile, così si preparò alla scarica di risate e scherni. Ma nulla. Non lo stava ascoltando per niente, era l'unica spiegazione. Sentì le orecchie in fiamme e sbatté con foga un pugno sul tavolo. Gonfiò il petto e si preparò a sbraitare contro l'ingrato ma fu interrotto dalla risata di una giovane. All'improvviso una cascata di mossi capelli ramati coprì le spalle di Leonardo, cinte dalle mani di Vanessa.
-Leonardo! - schioccò un bacio. -ancora a scribacchiare su quel pezzo di carta? -
-Faccio mai altro? - sorrise, ma Giuliano notò che la mano di lui fece scivolare nella tasca del pantalone il foglietto.
-E tu, Nico? Al suo seguito come sempre? Scommetto che ti ha cacciato in qualche guaio o usato come cavia. - strinse tra le mani le sue rosee gote e le baciò entrambe, lasciandolo paonazzo e imbarazzato. -Ah ci siete anche voi. Buonasera signor De Medici- si guardarono un momento poi lei fece un profondo inchino a cui lui rispose con un leggero cenno del capo. L'ira che stava per scatenare in precedenza era scemata non appena sentita la voce della ragazza. Cominciarono a tremargli le mani, tuttavia, quando notò con quale naturalezza parlava e scherzava con Leonardo Da Vinci. Gli dava profondamente fastidio e, infine, esplose: -Ah, è così artista, avete ritrovato la voce, adesso. Non tollero questa mancanza di rispetto nei miei confronti, me ne vado- si avviò a grandi passi verso la porta, e quando si trovò sulla soglia, udì gridare: -Tranquillo, comunque. È tutta tua- Aveva sentito tutto allora, il bastardo...
Mentre Giuliano si allontanava, nella calda locanda Da Vinci tornò nel suo silenzio.
 
Oculus. 431 da poco scomparso chi? 431 aspetta mi suona familiare forse qualcosa a che fare con un uomo considerato giusto che potesse indicare a Firenze la retta via esattamente un uomo potente un uomo… di Chiesa certo sciocco sciocco me quell’uomo quel… bue castrato non mi ricordo il nome. Oculus. occhio. sole? gemma. perla. macchia. occhio di voluta. supponendo che un conte la cerca non sarà una macchia no signore e nemmeno una gemma di una pianta un occhio no troppo banale e se fosse occhio di chi troppi occhi al mondo impensabile impossibile… improbabile? una pietra preziosa. Una pietra preziosa o forse oculo come cerchio mentis oculis videre vedere con gli occhi della mente ciò che devi fare ora pensa uomo intelligente pensa mentis oculis videre una perla così preziosa da far ringalluzzire un depresso morto di sonno come quel damerino del Papa da quattro soldi e poi lo specchio quale specchio… Ho bisogno di quei libri diamine
 
Si alzò di scatto.
- Nico: vai alla biblioteca e prendimi… - scarabocchiò su un tovagliolo – questi tomi… Ancora qua?! Tu, Zoroastro: pulisci il laboratorio puzza ancora di morto. Io devo pensare… Sì, giusto, pensare… - e senza voltarsi si incamminò nelle strade buie e deserte di Firenze, lasciando i compagni stizziti e rassegnati.
 
Faceva freddo, l’atmosfera era tetra, quasi spettrale e alla fioca luce della luna si poteva scorgere una sola figura. Anch’essa tuttavia non faceva parte di quel mondo, era infatti assorta in una incessante valanga di pensieri, risuonavano solo i suoi passi sostenuti, il suo respiro caldo e profondo. Senza che se ne accorgesse cominciò a fare quel suo strano gesto con le dita, quasi come suonassero una musica frenetica su un pianoforte invisibile. Chiunque conoscesse un minimo Leonardo Da Vinci sapeva che significava una cosa sola: stava architettando. Teneva gli occhi chiusi ma le sue palpebre vibravano al movimento isterico dei sui bulbi.
- Oh! Ma… - seguì un rumore di lama estratta dal fodero.
– Chi siete! Non dovreste essere qui, è passata l’ora del coprifuoco – esordì una seconda voce.
Leonardo non si curò minimamente di loro e proseguì sgusciando con nonchalance tra le sagome non identificate.
- Ehi, dico a voi, pezzente – a quel punto una mano gli afferrò la spalla riportandolo su quella strada. Una mano possente, ferma, callosa, da cui era sicuramente passata più di una spada. Prima ancora che si fosse girato intuì che si dovesse trattare di un soldato, più probabilmente di una delle guardie notturne.
- Dragonetti, lasciatelo a me. Ci penso io a lui… - Leonardo associò immediatamente quella voce ad un volto.
- Buonasera Uomo del Papa, qual buon vento la porta in questo buio e sudicio angolo di Firenze? – esordì con un sorriso malizioso.
- Artista! Ero sicuro che foste voi. Chi altro potrebbe gironzolare ubriaco a quest’or… Ops, temo che la risposta esatta qui a Firenze sia: tutti – Riario sogghignò e cercò appoggio in Dragonetti che subito cominciò a ridere sguaiatamente. Poi il Conte lo liquidò con un’espressione seria e la guardia si fece da parte con un inchino accennato; pochi passi dopo il buio lo aveva inghiottito.
- Per inciso, non che l’appellativo artista mi dispiaccia, ma il mio nome è Leonardo Di Ser Piero Da Vinci, come le ho già detto… Lei invece non mi ha ancora onorat… -
- Il mio nome è Girolamo Riario da Roma, nipote di Papa Sisto IV, Signore di Imola e di Forlì e Capitano Generale della Santa Chiesa di… -
- È tutto molto molto interessante… ma sarebbe bastato solo il nome, grazie per l’impegno comunque –
Le dita affusolate del Conte avvolsero l’elsa della spada rendendo le nocche più chiare di quanto fossero in realtà.
- Vi avverto, potreste pentirvene…-
- E per cosa, di grazia? – lo sfrontato cominciò a descrivere una circonferenza attorno alla sua preda, il Conte.
 
Nemmeno lui sapeva cosa lo trattenesse dallo sgozzare quel sempliciotto su due piedi, la sua giornata era già stata un disastro: aveva perso la traduzione dell’indovinello e senza di essa la sua permanenza a Firenze sarebbe risultata inutile.
- Avete tutta l’aria di chi ha perso qualcosa, ser Riario –
Girolamo fu in un attimo sull’attenti, socchiuse gli occhi e serrò la mascella.
- Qualcosa come un foglietto – continuò a girare, restringendo sempre di più il cerchio.
- Ma come… -
- Non so forse intuito, o forse… - frugò nella tasca e tirò fuori il biglietto, tenendolo stretto tra pollice e indice. Si avvicinò all’uomo in nero e glielo sventolò sotto il naso.
Riario fece scattare la mano in avanti, ma senza risultati, dal momento che l’omuncolo distese il braccio portandolo fuori dalla sua portata. A quel punto il Conte non ci vide più, prese per il colletto Da Vinci, lo sbatté al muro e piazzò la lama del suo pugnale pericolosamente vicina alla giugulare dell’altro.
Leonardo strabuzzò gli occhi, ma sul suo volto tornò immediatamente un sorriso così… irritante. La mano dell’artista scivolò tra le vesti di Girolamo, si insinuò nella sua giacca e rimise il biglietto al suo posto. Il Conte guardò intensamente quegli occhi resi lucidi dall’alcool, riluttante. Per un istante pensò di scozzargli sul volto, ma decise che in quel modo sarebbe sceso al suo livello, perciò lasciò la presa e si limitò ad intimargli: - Non vi immischiate in faccende che non vi riguardano… Artista
Da Vinci, allontanandosi, esibì nuovamente il suo inchino teatrale e, ancor prima di voltarsi, era già in quell’universo tutto suo.
 
*
 
 Nico entrò nel laboratorio affannato e sormontato da una pila di libri dall’aria pesante ed antica, che si ritrovarono scaraventati sul tavolo da lavoro, alzando un polverone.
- Ehi! Ho appena pulito! Mica sono andato in piazza a fare pazze compere, come te: mi sono spaccato la schiena io.
- Non pensare che io mi sia divertito, solo uno di quei cosi – e indicò svogliatamente i tomi sparpagliati – pesa più di me e di te messi insieme! –
- Mi sembra un po’ difficile caro Nico, vista la tua ciccia… 1- Zoroastro lanciò uno straccio addosso al ragazzo intimandogli silenziosamente di dargli una mano.
- Ah sì?! Ora ti faccio vedere io! – Niccolò gli ritirò il panno e cominciò a rincorrere goffamente l’impertinente compagno. Proprio in quel momento il Maestro fece il suo ingresso nel laboratorio.
- Zoroastro è così che pulisci il mio laboratorio, rincorrendo il nostro Machiavelli? E tu portami quelle scartoffie ho del lavoro da svolgere… ho bisogno di sapere… l’Oculus… la pietra… uscite uscite, su! –
- Bel ringraziamento… lasciamo stare è già partito – infatti Leonardo aveva la testa china su quei pesanti libri che ora teneva tutti aperti in modo apparentemente disordinato, ma in cui lui si sentiva al sicuro, a casa. Così i due lo lasciarono ai sui pensieri e uscirono dalla stanza battibeccando.  
Nella mente di Da Vinci era vivida l’immagine dello stralcio di carta, lo ricordava alla perfezione. Mentre pensava e ripensava cercando di venire a capo di quell’indovinello, senza rendersene conto, aveva inciso quelle parole sul banco di legno con una moneta. Stava sfogliando il volume che trattava la successione vescovile di Firenze e cercò subito tra le prime pagine: l’editto di Costantino era stato emanato quasi un secolo prima, perciò il vescovo in questione non si sarebbe dovuto trovare in fondo alla lista, quindi appena lesse “San Zanobi” e subito vicino la data della sua morte “429” capì di aver trovato il suo uomo. Così salì sul tavolo e cominciò a danzare allegro battendo le mani.
Un piccolo tassello era stato posto su quell’ingarbugliata ragnatela, ma non aveva ancora nulla di concreto tra le mani, e quando lo realizzò smise di ballare e tornò ad afflosciarsi sulla sedia. Cominciò a focalizzare, allora, l’attenzione sul resto della filastrocca: anche se l’uomo è da poco scomparso, la pietra resta per l’eternità.
 La pietra, quale pietra rimane per sempre? Un diamante? Troppo scontato. Diamine, ogni pietra è “immortale” a modo suo, però l’uomo. Quand’è che un uomo può essere accostato ad una pietra? Un uomo scomparso da poco, morto da poco. E tutto fu chiaro.
- Una lapide ! A volte riesci proprio ad essere ingenuo, e poi ti definisci “inventore, ingegnere e bla bla bla”, ma fatti un giro – si guardò intorno circospetto e poi fece un giro su se stesso. Capì di aver passato il limite, si ricompose ridendo di sé e, ancora prima di aver toccato il suo giaciglio, si addormentò.
 
*
 
Giuliano era infastidito da tutto e da tutti quella sera: in quel momento persino Vanessa non sarebbe riuscita a farlo tornare in sé. Sembrava che qualsiasi persona sulla faccia della terra si impegnasse a rendergli la vita un inferno e non sopportava di essere considerato lo zimbello di Firenze, sebbene fosse un De Medici. Suo fratello era tra i primi a punzecchiarlo, a scaricargli addosso mansioni inutili e noiose, ma da poco si era aggiunto anche quello sfrontato di un artista. Percorrendo la città immerso nei suoi sproloqui contro il mondo, Giuliano quasi non si accorse di essere tornato a palazzo, rispose ai saluti delle guardie con un suono gutturale e si precipitò all'interno, puntando dritto ai suoi alloggi, convinto di non voler parlare con nessuno.
- Fratello, Giuliano! - Merda.
- Lorenzo. - il ragazzo si voltò cercando di mostrare il sorriso più falso che potesse trovare nel suo repertorio, sperando di liberarsi presto dell'uomo.
- Passata un piacevole nottata? –
- Ne ho avute di miglio... –
- Certo certo... Ascolta ho un compito molto importante per te. Come ben sai quest'oggi è arrivato a Firenze il Conte Girolamo Riario, e tu non hai fatto ancora la sua conoscenza, non è forse vero? Bene - continuò il Signore di Firenze senza lasciare tempo a Giuliano di replicare - Voglio che tu vada ad incontrarlo fratello e devi tenerlo d'occhio, non credo sia venuto solo per una visita di cortesia. Io starò via da Firenze fino, non voglio tornare ed avere brutte sorprese –
- Lorenzo, caro fratello, non sarebbe meglio assegnare questo compito ad uno dei nostri sottoposti? Voglio dire non desterei forse sospetti a rincorrere per le strade il Conte di Roma?- Giuliano teneva i pugni serrati, e sentiva una vena sul collo pulsare talmente che temette sarebbe esplosa, tuttavia il sorriso stirato era ostinato a non abbandonare il suo volto.
- Ti spiace? Oh scusami non pensavo... - ora anche Lorenzo sorrideva, ma era un'espressione sadica. - Devi forse andare in giro a rovinare il buon nome dei Medici sverginando fanciulle trovate per strada? - Basta. Non ne poteva davvero più: esplose.
- Io non rovino proprio niente e tu va al diavolo, stronzo approfittatore, andate tutti al diavolo - il sorriso era scomparso; si trattenne dal mollargli un pugno nello stomaco solamente perché c'erano sei o sette guardie ad osservarli, così si limitò a scostarlo con veemenza. Anche senza guardarlo capì che era caduto col culo per terra e godette al pensiero. - Tu sei pazzo, Giuliano! ... Pazzo! - c'era una nota di stupore nella voce di Lorenzo, che probabilmente non si aspettava una reazione tanto esagerata. - E domani passerai dei guai seri se non fai ciò che ti ho detto –
Se solo il De Medici avesse saputo cosa sarebbe accaduto di lì a poco, Giuliano avrebbe passato guai anche peggiori.
 
*
 
-Giuliano - una voce, preceduta da passi leggeri, quasi impercettibili, ruppe il silenzio, facendo sobbalzare un Giuliano ancora seccato dalla discussione, sdraiato sul letto comodo da decisamente troppo tempo. Si alzò e, dopo essersi ricomposto alla bell'e meglio, si avvicinò all'elegante donna, le prese la mano e sfiorò, con estrema delicatezza, la punta delle sue nocche.
- Madonna, cosa la porta da me? - chiese l'uomo, curioso di quell'insolita visita. Ella si sedette su quel letto, appena smosso e, accarezzando le morbide lenzuola, parlò.
- Si dice in giro che passiate le notti tra le lenzuola di una suora che... beh di suora ha solo l'appellativo - Giuliano, preso da un attacco d'ira, ringhiò e in poche falcate sovrastò l'esile corpo della donna, bloccandolo tra le sue possenti braccia e avvicinando, pericolosamente, il viso al suo.
- Cosa state insinuando Madonna? La mia vita privata non è affar vostro, soprattutto... in certe ore –
- Fate che lo diventi, allora - dita affusolate lasciavano le soffici coperte per sfiorare le guance del giovane De' Medici, sbigottito da cotanta audacia. -Fate che entri nella vostra vita privata, soprattutto in quelle ore - intanto delle labbra rosee varcavano prepotentemente un limite invisibile, spaventando, ora, Giuliano che con uno scatto repentino si era già allontanato.
- Non possiamo! Mio fratello potrebbe scoprirlo e voi sapete bene quanto sia irascibile... - fece un lungo respiro per riprendere il controllo, notando solo dopo che la donna, adesso di fronte a lui, si era avvicinata al suo lobo, leccandolo e sussurrando - Siamo solo voi... - lo prese tra i denti - ... e io in questa stanza... - con la punta della lingua tracciò una sottile linea fino all'incavo del collo - ... chi altro potrebbe vederci? ... Solo io e voi... - ora era cosparso di piccole scie di baci che, seppur delicati, bruciavano sulla pelle di Giuliano. - ...Inoltre Lorenzo... - un piccolo bacio scoccato sulla pronunciata mascella, un piccolo bottone saltato dall'asola - ... tornerà solo domani sera... - un altro bacio, un altro bottone saltato via - ... So che lo volete… - E lo voleva.
Pervaso da un impeto di passione afferrò le cosce vellutate e lei, in una danza improvvisata, lo assecondò, avvinghiandole al suo bacino. I movimenti dell’uomo erano talmente violenti da lasciarle la carne arrossata, e questo suscitò in lei maggiore eccitazione. Giuliano, allora, tentò di scansare la pomposa gonna gialla e di privarla della sua veste, decisamente di troppo in quella situazione. Quando capì che non vi era speranza di venire a capo del complicato corsetto, la scaraventò sul letto e i suoi seni chiari sobbalzarono. Lei sorrise languida, un momento di pausa e Giuliano gli fu sopra cavalcioni. Le mani di lei cercarono avidamente il bottone delle sue braghe e con un solo gesto repentino liberò il membro tumescente. Il De Medici sgranò gli occhi per un attimo, e mentre un sorriso gongolante dilagava sul suo volto, si piegò e prese a baciare le labbra della donna con più veemenza, per poi tornare eretto, portare la testa all’indietro e godere.
 
D’un tratto qualcuno bussò alla porta e la voce di Nazzareno Dragonetti, il Capo della Guardia, proruppe: -Signor De Medici! Urge il suo intervento in piazza: sembra che il Demonio sia arrivato a Firenze! –
Era un bell’impiastruglio.
- Sapevo che sarebbe stato un errore, Clarice- La donna tacque e si stirò con le mani la gonna, cercando di rallentare il respiro affannato. Giuliano, invece, raccolse i pantaloni da terra, imprecando tra se e sé rivolse ad ella un ultimo sguardo, accigliato, ma preoccupato per entrambi. Si avviò lesto alla porta e la aprì violentemente, adirato per aver ceduto alle tentazioni della moglie di suo fratello, chiudendola subito dietro di sé. Notò che il comandate incespicò, sbalordito dall’improvvisa comparsa.
- Stavate forse origliando, Ser Dragonetti? - domandò Giuliano cercando di sembrare disinvolto, mentre in realtà era seriamente preoccupato che avesse sentito qualcosa.
- No… Voglio dire, non mi permetterei mai… - balbettò e si schiarì la voce – Come vi dicevo, la piazza è in subbuglio, dovete venire immediatamente! –



L'angolo di Morthien
Sì... Sono in perfetto ritardo :3
Ma sapete tra impegni, scuola, etc... non ce l'ho 
fatta... You know...
MA OOOORA, eccoci qua, un nuovo capitolo
e nuovi svolgimenti: voi avete qualche idea su
cosa possa essere l'oculus?? A chi ci va più vicino
UNA CARAMELLA '^' tanto non indovinerete MAI *mwahahahahah*
Per chi patteggiate: Leo o Riario? 
Chi arriverà prima alla soluzione?
Ma soprattutto...
Riuscirà mai Giuliano a fornicare con Vanessa in santa pace?????
Lo scoprirete...? forse sì, forse no... Vedremo....... :)
SEE YOU SOON BANANAS    spero

p.s. "Impiastruglio" è una citazione a Stephen King (amore) 
         del libro "The Dome": se l'hai notato... Ti amo <3

NOTE:
1: ho deciso di seguire l'aspetto del Nico del telefilm,
     anche se è completamente diverso dal Machiavelli
     originale


 
 

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