Il contatto

di AndreaMesso45
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisioni - I ***
Capitolo 2: *** Partenze - II ***
Capitolo 3: *** Ipotesi - III ***
Capitolo 4: *** Reazioni - IV ***
Capitolo 5: *** Conclusioni - V ***
Capitolo 6: *** Sentimenti - VI ***
Capitolo 7: *** Nuove Informazioni - VII ***
Capitolo 8: *** Toc Toc - VIII ***
Capitolo 9: *** Follia - IX ***



Capitolo 1
*** Decisioni - I ***


IL CONTATTO

PRIMA PARTE

DECISIONI

 

I

 
La fissava negli occhi quando lei non guardava.
Sperava che non se ne accorgesse, che non si rendesse conto del suo sguardo austero e fisso.
Come poteva non fissarla?
Sentì una voce che gli sembrò arrivare da chissà quale pianeta lontano mille anni luce "Ehi, Giova! Non sai l'ultima!" .
Mandò giù un chilo di saliva e un pezzo di pane che aveva in bocca ormai da dieci minuti e si voltò;  cercò di essere presente.
"Non sai l'ultima!" ... no ... non la sapeva.
La sera stava arrivando pian piano, un tramonto struggente ricopriva il cielo a nord-ovest, non c'erano nuvole all'orizzonte ed il cielo sembrava calmo e rilassato quasi non si aspettasse una tempesta imminente.
L'odore ... forse fu l'odore ad arrivare per primo ... quell'odore di brina e nebbia, di foschia ... non saprei nemmeno io come spiegarlo, forse è inspiegabile; non chiedetemi il perché, ne il come, ma quell'odore fu decisivo dal momento che non sembrava puramente naturale, sembrava qualcosa di denso, pareva un miscuglio di polvere acida e vapore acqueo, quasi salutare, privo di anidride carbonica ... forse privo anche di ossigeno ... Qualcosa di galattico.
"Non sai l'ultima!" ...
"Uhm ...? " assorto a guardarla, si girò verso l'amico e cercò di abbozzare una espressione curiosa in faccia "No, scusa. Dimmi"
L'amico non parve aver recepito l'umore del ragazzo, un po' malinconico, un po' solitario e così cominciò la sua storia e diede sfogo alla sua voglia di parlare "Ho incontrato un ragazzo che ho scoperto abitare vicino ad un nostro amico …"
 

I primi non erano ancora arrivati però vi era già il pane in tavola e tutti, chi più e chi meno, ne avevano assaggiato un pezzetto, non per fame ma per ammazzare un po' il tempo.
Il cameriere era appena passato a prendere le ordinazioni e tutti speravano che tornasse presto, quantomeno con le bevande e l'acqua.
"Questo posto sembra una di quelle trattorie degli anni settanta nelle campagne americane" osservò Chiara e Giulia, seduta di fianco a lei, annuì con fervore.
Continuarono a parlare tra di loro. Di ragazzi. A venti anni è quasi un luogo comune. È più logico parlare di giovincelli che di politica o finanze. Di ragazzi ... e anche di ragazze di ragazzi di altre ragazze. Intrigo inspiegabile e ben confezionato da un mondo e da una società che punta sull’apparire e sul vivere sani e, ovviamente, belli. La facile conclusione di una giornata.
Non c'è tempo per pensare a cosa fare domani, c'è tempo per vivere il momento; questi sono i loro sabati sera.
È da un lungo periodo che quel gruppo di amici non si incontrava per uscire a cena, la famosa uscita del sabato sera dove di consueto si andava a mangiare una pizza e poi qualche chiacchiera in compagnia.
D'altronde, dopo il diploma, tutti avevano scelto una strada differente, chi all'università, chi agli studi privati, chi già lavorava e chi invece aveva da fare.
Forse Giovanni aveva da fare in quel momento, come sempre, la sua testa era già impegnata al domani, era già nel futuro .. e non riusciva a godersi il presente.
Intanto Luca continuava a parlargli di quello che gli era capitato la mattina scorsa al lavoro nella vecchia azienda di famiglia.
 

L'odore ... quasi tenebroso.
 

Marco discuteva in maniera decisa con la fidanzata Lucia, la stringeva dentro una conversazione e cercava di estorcerle la ragione, era certamente un buon modo per sembrare sempre nel giusto, molte volte lo era e, come tutti, altre volte no.
"Sempre attorno a quel cellulare Giuseppe! Chissà con chi messaggi!!?" affermò all'improvviso Chiara fissando Giuseppe che era a capotavola mentre messaggiava con il suo nuovo cellulare freneticamente.
Rispose con una linguaccia ... come a dire "sono affari solo miei". ‘Come dargli torto’ pensò Giulia.
"Comunque, i tavoli in questa maniera ballano troppo! Il terreno non è pari!" osservò sbraitando Marco e attirando l'attenzione su di sé.
"Bé, mettere qua i tavolini è una scelta piuttosto coraggiosa, vedremo se pagherà" considerò Giuseppe; questo nuovo ristorante era stato aperto da poco ed era fuori città, i tavolini erano stati collocati sul giardino dietro la cucina che era enorme.
In pratica, quella era una villa trasformata in un ristorante, simile ad una trattoria dove però si mangiava quasi esclusivamente la pizza. Una pizzeria – trattoria. Se ne vedono poche in giro da quelle parti; un posto strano ... un po' come quell'odore.
 

"Hai sentito?" chiese Giovanni con un fil di voce a Luca che rimase un po' perplesso da quel quesito.
"Cosa?"
"No ... niente. Mi è sembrato di sentire ... Niente"
Gli intrecci di conversazione continuavano, si sentivano tutti più o meno bene; la temperatura era giusta, nonostante fosse già quasi inverno, ovviamente Luca riteneva che ci fosse troppo caldo e Giovanni invece puntava di più sul "un po' c'è freddo" ma erano fatti così.
"Ma arrivano queste bibite o no?" asserì Marco ... "calmo Marco!" puntualizzò Lucia riprendendolo.
Ci fu un rumore impressionante … Luca aveva starnutito ed era uno dei suoi soliti colpi di tosse a decibel altissimi e tutti si misero a ridere ma … sul fazzoletto c'era una goccia di sangue.
"Cioè, a me non sembra sangue" disse Marco prendendolo un po’ in giro, "Io mi sento bene" assicurò Luca, "Si, non sembra sangue nemmeno a me" confermò Giuseppe che stava tenendo il gioco alla burla.
"Va Bé, sarà una vena che si è irritata un po' . Vuoi andare in bagno a rinfrescarti la faccia?" propose Giulia smorzando un po’ lo scherzo e Luca sembrò accettare ma poi ci ripensò "No, tutto ok. Se arrivano le pizze mentre sono in bagno, dopo mi fregate le fette"
"Decisione saggia!" affermò Giuseppe provocando una risata da parte di tutti.
 

L'odore si dipingeva di rosso. Era l'odore del rosso, quello era. Non vi erano altre spiegazioni, io non ne trovo altre, mi scuso ... ma proprio non riesco. Ora che mi ritrovo a raccontare i fatti dall'inizio .... pensandoci e ripensandoci, penso sia così ...
Quando il venticello che aveva accompagnato tutta la giornata dall'alba fino a quel momento si fermò improvvisamente ...
... in quell'istante era già tardi.


TO BE CONTINUED...

 

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Capitolo 2
*** Partenze - II ***


IL CONTATTO

CAPITOLO II
 

Come detto, qualcuno si accorse dell'odore … Era quello il momento giusto per capire ... ma ... accidenti, non si poteva capire ... nessuno poteva comprendere quello che stava per accadere.
Alle 19.48 ci fu il contatto.
"Ehi, avete sentito il vento?"
Un silenzio profondo calò quell'istante da parte di tutte le persone presenti ai tavoli; tutti ora si erano accorti poiché quando il vento cessò di volteggiare nell'aria, fu come se lo stomaco si ribaltasse.
Ad alcuni venne inspiegabilmente un coniato leggero di vomito, ad altri si chiusero le orecchie, a molti andò via leggermente la vista che divenne sfocata per pochi secondi e a diversi sembrò girare la testa.
"Oh, raga, non mi sento molto bene" affermò Giuseppe, "Come??" chiese sottovoce Luca che si era improvvisamente agitato.
"Cazzo, Luca, ma stai sudando da matti!" osservò Giovanni; "Già, hai la fronte bagnata" aggiunse Lucia.
"Ma che?"
La cosa che preoccupava era il silenzio che si venne a creare, ognuno poteva sentire la propria voce dentro di sé, il proprio subconscio, il battito del cuore accelerato.
"Cos'è ? C'è stato il terremoto? " chiese Marco, "Si, forse una scossa lieve" osservò Giulia ... "No. Purtroppo non si tratta di questo" asserì con voce ferma Giovanni.
Vide l'amico, vide Luca che iniziava leggermente a tremare, il suo sguardo mutò e tutti gli amici se ne accorsero, il viso divenne pallido in un batter d'occhio "Ma che diavolo? Luca!"; Chiara era in pensiero per l'amico e tentò di alzarsi dalla sedia ma ricadde su se stessa come se non avesse forza sufficiente o come se la forza di gravità fosse di colpo aumentata del triplo.
Tutti stralunati ... tutti sconvolti ... ma per cosa? Per empatia? Perché Luca aveva subito questa rapida trasformazione?
"Ma non lo sentite?" domandò con un fil di voce il ragazzo e Giovanni si voltò verso di lui e gli mise un braccio sulla spalla "Cosa? Dimmi cosa senti".
Tutti fissavano Luca aspettando che aprisse bocca e descrivesse quello che sentiva "Io ... non ... eh ... non ci ca ... capisco ... non ci ... cioè ... è fuori ma è dentro ... cosa ..." farfugliava.
"Dio Mio!! Per l'amore del Cielo!! Mio Dio!!" urlò una signora da un tavolino non molto lontano.
Tutti si voltarono verso la donna che era in piedi che guardava all'orizzonte e lo indicava con l'indice della mano destra ed il braccio esteso tremante.
"La ... la ... Mio Dio!! La vedete anche voi??" …
Era già troppo tardi.
"Ma cosa Diavolo sta dice..." il cameriere era corso fuori sentendo quel disagio e stava riprendendo la signora che urlava e d'un tratto si fermò; la vide anche lui.
Non solo la vide ... ne sentì il profumo, ne sentì la presenza; tutti la sentirono.
"Porco mondo! Che cosa cavolo è quella roba??" urlò un uomo da qualche parte.
"Nebbia" disse a voce bassa e ferma Giovanni ... "è nebbia".
 

"Sembrerebbe, ma così non l'ho mai vista" seguitò Marco "Forse sono gas, forse è un effetto ottico di quale smog, forse ..." venne interrotto da Giuseppe "E forse non è niente! Per la miseria! Quella non è nebbia!"
"E allora Einstein, dillo tu che cazzo è!" proferì  Marco alzandosi in piedi e bevendo un sorso di acqua frizzante.
"Non lo so, Marco. Come faccio a saperlo io?"; Giuseppe era un ragazzo all’antica, nel modo di vestire, nel modo di pensare e anche nelle sue abitudini, potremmo definirlo come un ragazzo d’altri tempi.
Era molto religioso e questo molte volte lo aiutava a comprendere e ad accettare le situazioni che gli si presentavano davanti, ma stavolta non riuscì a pensare ad altro. Lui era nel gruppo dei suoi amici una persona a cui rivolgersi quando vi erano dei problemi perché aveva sempre molte idee e proponeva diverse soluzioni, in quel momento non riuscì a pensare a niente e si lasciò andare alle emozioni, invece di trovare una ragione.
"Manteniamo la calma, signori" osservò il cameriere "ci deve essere senz'altro una spiegazione logica a tutto questo. L'importante è mantenere la calma. Adesso chiamo i vigili e sentiamo che succede"
Scese una lacrima sul viso di Luca; probabilmente lui fu il primo ad accorgersi che niente sarebbe stato più come prima.
"La vedo appena, a me sembra foschia" osservò una donna di un altro tavolo "potrebbe essere illuminata da qualche faretto circostante?" …
"Signora, mi scusi, ma dissento. Quella non è illuminata, a me sembra più offuscata, sembra che mangi l'ambiente" ; quel signore che parlò fece rabbrividire tutti perché aveva ragione.
Ognuno diceva la sua, alcuni cominciarono a filmarla con il cellulare quando ... il panico ... tutto di un colpo iniziarono ad accadere un susseguirsi di vicende.
Una signora affermò "Il cellulare non prende, a voi?" e tutti tristemente dovettero constatare che non c'era più campo; un secondo dopo "Ma a voi non sembra che proceda verso di noi?" .
"Dannazione! Sta avanzando! E di fretta anche!" si alzarono in dieci facendo cadere bottiglie e sedie per terra;  "Viene verso di noi! Io scappo" ed intanto nessuno riusciva a muovere un passo ed a fuggire.
Tutti paralizzati.
"Calma" disse a bassa voce Giovanni voltandosi verso i suoi amici "Noi dobbiamo mantenere la bonaccia" e vide che Giuseppe era ormai perso a guardare quella nebbia e sentì l’impulso di farlo smettere.
"Giuseppe, smettila! Non guardate la nebbia! Non guardate la nebbia!" urlò fermamente Giovanni e si mise a gesticolare; "Cosa stai dicendo?" domandò Marco verso l'amico "Stai perdendo la testa?" e ottenne come risposta "La perderai tu se continui a fissarla"
"Ma è rossa!" urlò una donna ormai presa alla disperazione; ella cominciò a singhiozzare e poi a piangere "è rossa questa nebbia! Ed è densa come il burro. Ho paura!" e crollò sul tavolo in balia dello sconforto.
La nebbia veniva da lontano e, poiché nel punto di quella zona vi era un parco con delle piante molto alte ed appariscenti, non si poté capire quanto bassa potesse essere e da quanto lontano venisse.
Però ... era rossa. Era una stramaledetta nebbia rossa e densa, sembrava appunto mangiare l'ambiente; pareva stesso fagocitando l'aria e sembrava pulsare ed invitare tutti a stare fermi, a lasciarsi mangiare da lei.
Non aveva occhi ma pareva averli.
"Che Dio ce ne liberi" urlò un uomo bestemmiando.
La goccia che fece traboccare il vaso fu il cameriere che uscendo urlò a tutti "Emergenza, i telefoni non vanno. Forza, signori. Senza disperdervi e con calma andate alle vostre auto e tornate a casa prima che succeda qualcosa" ma a quel punto già diverse persone si erano incamminate verso le macchine; si sentivano in lontananza i rumori di sgommate e clacson.
"Succeda qualcosa?? Succeda qualcosa??? Ma non vi rendete conto, signori presenti?? Siamo fottuti, pensate che le vostre macchine vi possano servire a qualcosa??" urlò Luca impazzendo; nessuno mai lo aveva visto così terrorizzato e impaurito, ebbe un attacco di panico micidiale.
"Ma che dici ragazzo? Stattene zitto, bastardo! Spaventi la gente!" rispose un signore sulla cinquantina che si era inalterato; tutti guardarono Luca che era veramente provato, così Giovanni lo prese per le spalle e provò a rianimarlo un po' scuotendolo "Luca, riprenditi! Adesso ce ne andiamo e vedrai che andrà tutto bene. Sali in macchina con me. E andrà tutto bene" ed il ragazzo sembrò placarsi un attimo.
"Bene, che facciamo?" domandò Marco e nessuno rispose in un primo momento, poi Giulia prese coraggio ed affermò "Ci conviene andarcene subito" ... "ed anche di fretta, amici" aggiunse Giuseppe prendendo il cappotto e mettendoselo.
Si misero tutti la giacca cercando di non fissare la nebbia che continuava a proseguire verso di loro molto a rilento.
 

In qualche modo trovarono la forza di spostarsi dal tavolo e Marco riuscì persino a fare una battuta "Peccato per le pizze eh? Già pregustavo il loro sapore", il ragazzo era famoso per la sua passione, ovvero mangiare; lui era un classico buongustaio e lo si poteva benissimo notare dalla stazza, ma non era una persona obesa, era piuttosto robusta. Inoltre possedeva un’anima veramente comica, era un ragazzo dal cuore d’oro, dal talento indiscutibile per il teatro e per la musica ed un musicista e polistrumentista molto bravo, anche autodidatta. Nel gruppo molte volte assumeva il ruolo di leader perché era provvisto di un grande carisma ed una innata capacità di guidare le situazioni e prendere le decisioni a bruciapelo.
Erano venuti con due macchine, ovvero quelle di Marco e di Giovanni; ormai tutti negli ultimi due anni avevano preso la patente ma loro due erano quelli che la prendevano più spesso.
Arrivarono al parcheggio che era ben partizionato e quindi non vi era una grossa confusione nonostante l'ansia; molti se l’erano già svignata a gambe levate e vi era, quindi, molto spazio per poter andare via.
Avevano parcheggiato uno di fianco all'altro.
Il primo ad entrare in auto fu Marco che affermò "Allora, rimaniamo d'accordo così. Partiamo da qui e ci troviamo davanti a casa mia ok? Che cerchiamo di capirci qualcosa. Statemi dietro se riuscite!" … aveva una guida abbastanza spericolata.
"Va bene" affermò Giovanni e fece salire Luca nel posto dietro, poi si voltò verso Chiara e con la voce sottile e tremante le chiese di stare vicino all'amico e di rassicurarlo in ogni momento per non fargli venire un attacco di panico; erano tutti molto preoccupati per Luca.
Salirono ... "Non parte" urlò Marco dalla sua auto ma Giovanni non ci fece molto caso, era ormai concentrato sulla sua di macchina.
Provò ... niente. Riprovò ... Niente. Alla terza volta nel profondo si arrese, ma continuò; si girò a fissare la macchina di Marco e lo vide che anch’egli lo fissava con una faccia veramente provata; a Giovanni veniva quasi da piangere.
"Andrà tutto bene. Lo so per certo. Andrà tutto bene. Lo so per certo" ripeteva ad alta voce e intanto continua a girare la chiave.
Sentì le urla di Marco e quelle di Giuseppe provenire dalla vettura circostante, loro si erano già arresi all’evidenza.
"Non guardateli! Non guardateli!" urlò Giovanni, "guardate solo me! Guardate solo me! Ascoltatemi! Andrà tutto bene. Lo so per certo. Ce la faremo e ci troveremo davanti a casa di Marco. Andrà tutto bene. Ditelo!"; cercava di mantenere una certa calma, di tener salda come si suol dire "la bussola" ... di conservare la lucidità ma in momenti come questi si fa molta fatica ... è quasi impossibile.
"Ditelo!!" urlò e Chiara allora prese tutta la voce che aveva che in quel momento era veramente poca e confermò come un mantra "Andrà tutto bene. Ce la caveremo. Luca, ce la caveremo. Giulia, ce la caveremo. Per l'amore di Dio, ti prego, parti... parti!"
Luci spente ... batteria a zero. Speranze a zero.
Giovanni bestemmiò come non aveva mai bestemmiato e per la prima volta nella sua vita si sentì morire dentro ma cercò di riprendersi subito.
Doveva reagire, Luca ormai era fuori causa ed aveva il compito lui di mantenere stretto ed unito il suo gruppo.
"Non c'è tempo per commiserarsi. Dobbiamo agire in fretta" osservò. Aprì la portiera e cercò lo sguardo di Marco, anche lui aveva pensato la stessa cosa.
Con quello sguardo si sentirono veramente uniti, ognuno annuì agli occhi dell'altro.
"Forza, scendete tutti dall'auto, presto".



TO BE CONTINUED....
 

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Capitolo 3
*** Ipotesi - III ***


IL CONTATTO


CAPITOLO III

 
I primi ad uscire subito erano riusciti a mettere in moto l'autovettura, purtroppo Giovanni e i suoi amici erano stati tra gli ultimi e con loro altre persone erano rimaste lì bloccate. Ognuno con il proprio tormento.
"Allora. Le macchine non vanno, i telefoni neanche" riassumeva Giovanni appoggiato al cofano della sua Opel vecchio modello e scuoteva la testa come a voler strappare via i pensieri cattivi; intanto Giuseppe trafficava nel motore della vettura di Marco per tentare di capire il perché del malfunzionamento; non ne venne a capo, di motori non ne sapeva quasi niente.
"Giova, se posso ... dire ... cioè ... non so nemmeno che dire ... però ... io penso che non è il caso ... insomma, di andare in giro a piedi nella notte" ... Marco non riusciva a parlare correttamente a causa dell’ansia.
"Si, hai ragione" ... "Proviamo a chiedere ospitalità al ristorante, possiamo intanto chiuderci lì" propose Giovanni; "Ma qui c'è quella cosa! Quella nebbia rossa che ormai si avvicina!" osservò Lucia ... vero. Era vero.
"Si ... però è meglio trovarsi dentro in un luogo chiuso … che affrontarla fuori al buio" aggiunse Chiara sostenendo Luca con un braccio.
"Niente, ragazzi. Io non so che farci" proferì Giuseppe richiudendo il cofano, "Io voto per rimanere qui, dentro il ristorante"... successe così.
 

Il gestore del ristorante non poté dire di no ad una cinquantina di persone tra cui donne e bambini; ovviamente anche lui avrebbe voluto scappare ma pure la sua macchina non funzionava, così si trovò bloccato a sua volta.
Organizzò una stanza con tutte le persone tra cui la compagnia dei ragazzi, accese tutte le luci e chiuse tutte le porte, anche quelle sul retro; tentò di accendere il megaschermo ma non vi era segnale dalla parabola, la corrente però c’era ancora.
"In caso manchi la corrente, abbiamo un generatore che può sostenerci per quasi tutta la notte" annunciò il ristoratore che augurò a tutti una buona permanenza; era chiaramente un eufemismo.
Metà dei cuochi erano scappati, l'altra metà era dentro nello stanzone con tutti; era una stanza piuttosto ampia, ma non alta, bensì molto larga e offriva un arredamento un po' rustico ma accogliente per certi versi.
Nessuno poteva lasciare lo stanzone tranne per andare ai servizi igienici che erano posizionati lungo un sottile corridoio proprio situato in quell'ambiente.
Il ristoratore, successivamente, portò dei cuscini e qualche coperta ed offrì a tutti la sua ospitalità; ovviamente quel posto non era fatto per dormirci e non c'erano letti, così, i cuochi rimasti portarono nello stanzone principale tutte le tovaglie e tovaglioli che vi erano.
C'era il riscaldamento locale ma sembrava non funzionare appieno, così vennero portate le casse di legna utilizzate per il forno delle pizze nella stanza adiacente a quella principale dove vi era un camino gigante e che sarebbe stato subito acceso per conservare il caldo nell'ambiente.
Il ristoratore, che si presentò come Vincenzo, chiese agli uomini presenti in sala se potevano dare una mano a spostare la legna; Giovanni, Marco e Giuseppe si offrirono volontari tra i tanti.
In poco tempo spostarono tutto; ognuno cercava di rendersi utile soprattutto per tenersi occupato e per non pensare alla dannata situazione che si era venuta a creare; la calma era ancora ben lontana dall’esserci ma vi era un clima leggermente più rilassato.
Però ... tutti ancora avevano molte domande ... e le risposte non sarebbero arrivate così facilmente.
"Lo so che tutti avete degli interrogativi, ma per il momento cerchiamo di rendere confortevole ed abitabile questo locale, almeno per stasera. Poi intavoleremo una conversazione civile su quello che sta accadendo oggi e su come risolvere la situazione"
Quel Vincenzo era decisamente bravo a parole ed era un uomo con il sangue freddo, un uomo di ghiaccio che prendeva le situazioni di petto. A Giovanni piacque subito, un uomo semplice ma senza tanti fronzoli, un uomo che ti dice in faccia la verità come è.
 

Nel frattempo che gli uomini portavano dentro la legna, i cuochi continuarono a trasportare il materiale delle cucine in una stanzetta confinante con lo stanzone dove erano tutti e che sarebbe diventata, almeno per quella sera, una sala ristoro. Portarono tutta roba già cotta, anche delle pizze. Alcuni cercarono di mangiare ma molti avevano lo stomaco ancora in subbuglio.
"Assicuratevi che sia chiuso tutto" raccomandò un tizio a Vincenzo che annuì, anche lui voleva che tutto fosse serrato ... ma non sapeva che non sarebbe stato sufficiente chiudere a chiave.
Tralasciando le porte, i collegamenti con l'esterno erano senza dubbio le finestre che possedevano le inferiate ed erano sparse un po' qua e là per tutta la stanza; se ne potevano contare sei, su tutte le pareti.
Tutti stavano fissi a guardare fuori da quelle finestre; ormai il buio era sceso, il tramonto era passato e sembrava tutto alla normalità, da quel punto nessuno poteva vedere quella nebbia e molti sospiravano e pregavano che non ci fosse più.
Nessuno però si azzardava ad uscire per controllare e su questo punto Vincenzo fu fermo "Che nessuno si azzardi ad uscire. Al momento non sappiamo quello che sta accadendo. Quella ... 'cosa' potrebbe essere dannosa per la salute, dobbiamo rimanere qui. Saremo al sicuro. Ma finché non sappiamo come affrontarla, qualunque cosa sia, rimaniamo qui dentro" ...
Nessuno ebbe da obbiettare ... per il momento.
Giovanni & company si erano ritagliati un bel posticino nei pressi del camino, facevano ad angolo con una finestra che Giulia continua a fissare senza staccarsi un attimo.
"Se la vedi, dimmelo" le aveva chiesto Chiara.
Giovanni si ritrovò ad osservarla, in ogni suo movimento, in ogni suo respiro ... In quel momento sperò di vederla tornare a casa ... pregò di poterla riaccompagnare a casa ... e lo giurò a se stesso.
Nonostante ci fossero molte persone, non vi era un gran brusio, a nessuno in effetti veniva voglia di conversare, erano tutti un po' presi dalla situazione, ognuno metabolizzava a suo modo. Il problema più grosso era che non si poteva comunicare con l'esterno. I cellulari erano ancora morti, la connessione internet idem ... lo stesso valeva per la parabola della televisione.
Vincenzo si avvicinò e chiamò alcuni degli uomini presenti in sala tra cui appunto Giovanni, Marco e Giuseppe e cominciò a bisbigliare "Noi dobbiamo tenere al sicuro queste persone. Purtroppo tra di noi non abbiamo poliziotti, militari o scienziati o chi volete voi... insomma. Cerchiamo di mantenere una certa calma. Quando sarà il momento di metterci a discutere, discuteremo. Ora manteniamo il silenzio, ho bisogno di digerire la faccenda anche io. Con il vostro permesso" e poi se ne andò in un'altra stanza.
Tutti presero bene le sue parole, ognuno fissava l'altro negli occhi, erano tutti uniti.
 

"Come sta Luca?" chiese Giovanni a Chiara che sospirando rispose "Adesso sta cercando di riposare. Io e Lucia lo abbiamo calmato per quel che potevamo ... Quella nebbia deve averlo molto spaventato"
"Io non penso sia stata la nebbia" affermò a bassa voce Giuseppe chinandosi sulla ginocchia e asciugandosi con un fazzoletto il sudore della fronte; "Che cosa vuoi intendere?" chiese sempre sommessamente Lucia all'amico che cercò bene le parole giuste prima di parlare e poi affermò "Dico ... cioè ... penso ... penso che non sia stata la nebbia a spaventarlo ... Lo avete visto tutti, stava male da prima. La nebbia l'abbiamo vista dopo" ...
"Hai ragione, tra l'altro lui era girato di spalle" osservò Giovanni "non poteva vederla prima di noi" concluse Marco.
"Quindi cosa lo ha ridotto così?" domandò Lucia sedendosi a gambe incrociate e facendo segno a Marco di raggiungerla, cosa che egli fece immediatamente; "Non lo sappiamo" asserì Giuseppe.
"Io non so quel che dico ora ... ma ... io penso che l'abbia sentita ... io penso ... Cioè, io l'ho sentita" affermò Giovanni con la voce traballante chiudendo leggermente gli occhi e provando ad evocare l'odore che aveva percepito prima di tutto quel casino.
"Cosa hai sentito scusa?" domandò storcendo il naso Marco "L'odore" finì per dirlo Lucia.
"Lo hai sentito anche tu?" Giovanni si rivolse all'amica che annuì con un po' d'ansia.
"Ora che facciamo?" continuò Marco ... "Aspettiamo” .
 

Il rumore dello scoppiettio della legna nel camino era uno struggente e caldo sottofondo per la serata tutt'altro che serena; ognuno era in pensiero per i parenti, gli amici a casa, per i genitori, anche per gli animali domestici ed erano tutti in ansia anche per loro stessi.
Ormai erano quasi le nove di sera, era passata circa un'ora dal contatto e Giulia non aveva ancora staccato gli occhi da quella finestra. Fuori c'era solo buio nero.
Giovanni notò l'atteggiamento dell'amica e sospettò l'inizio di un esaurimento nervoso, così pensò di andare a parlarle ma convinse Chiara a farlo al posto suo, lei era la sua migliore amica, erano più intime e lei era la più attrezzata ed indicata.
Luca si era finalmente calmato e stava dormendo, Giuseppe continuava a mandare lo stesso sms ai suoi genitori sperando che da un momento all'altro partisse ed arrivasse a destinazione mentre Marco e Lucia erano distesi ed abbracciati su delle tovagliette che facevano da sorta di divano.
Cercavano la loro tranquillità, non ne avevano mai avuta tanta, ne sembrava che ne avessero molta ma in questa particolare occasione era di fondamentale importanza mantenere la quiete e riposare un po'.
Erano fidanzati ormai da diversi anni ed avevano un rapporto particolare, tutto loro; molte volte si insultavano bonariamente, si prendevano in giro a vicenda, si punzecchiavano costantemente ma si volevano un mare di bene.
"Pensavo ..."
Giovanni si avvicinò a Giuseppe e cominciò a parlargli attirando la sua attenzione "Pensavo. Come possiamo comunicare con l'esterno. Ormai abbiamo la notte davanti, è fuori discussione uscire. Tu che dici?"
L’amico fece un grande respiro e si prese qualche secondo prima di parlare; "Io penso che ho paura che qualcuno ci venga a cercare".
Il pensiero di Giuseppe non era molto chiaro a Giovanni che inarcò le sopracciglia e richiese "Puoi spiegarti meglio?"; Giuseppe allora alzò lo sguardo e lo fissò bene negli occhi, non lo aveva mai visto con quella espressione così seria, poi cominciò: "Okay, ipotizziamo che questo 'fenomeno', se così lo vogliamo chiamare, si stia manifestando solo qui" e poi aspettò la risposta dell'amico che annuì e fece segno di proseguire "bene, ora, i nostri genitori ed i nostri amici, il mondo ... per tutti siamo ancora a cena tranquillamente, per tutti non è successo niente di strano... fino ad un certo orario sarà tutto tranquillo per loro ... Ma se dovremo passare la notte qui, come penso capiterà ... qualcuno si insospettirà non vedendo arrivare il figlio, o il marito … o anche il vicino di casa … Qualcuno verrà a cercarci ... "
Si capiva dove voleva andare a finire il suo discorso "Ho paura … se qualcuno ci verrà a cercare ... ecco ... rimarrà imbrigliato in quella roba là fuori. Potrebbero essere i nostri genitori quelle persone"
Giovanni annuì di nuovo e si mise a pensare, aveva ragione l'amico, anche lui temeva inconsciamente questo; "Ma sono solo miei pensieri, sai. Perché quelli che sono scappati subito e ce l'hanno fatta ... si, insomma ... non credo che non abbiamo parlato di questo a qualcuno ..." ed il suo sguardo cadde per terra triste.
"Beppe ... siamo qui da un'ora e non è passato nessuno. Non è un buon segno. Vuol dire che quelli che sono scappati non sono arrivati da nessuna parte" aggiunse Giovanni.
"Si, chiaro. L’ho pensato anche io. Ma questa era solo la mia prima ipotesi, la migliore"; non voleva chiederlo, ma ormai erano dentro l'argomento: "Beppe, amico, quale sarebbe la peggiore?"
"La peggiore? " e sospirò ... deglutì e si stropicciò gli occhi con la mano sinistra appoggiando per terra il cellulare "La mia seconda ipotesi è che questo fenomeno stia succedendo ovunque. In tal caso, non ci servirà scappare da qui" e si stese su un fianco per terra, appoggiando gli occhiali al petto.
"Si, hai ragione. Ma fa bene parlarne. Però non hai considerato bene la terza ipotesi" e Giuseppe fece segno di continuare a parlare "Già, caro Beppe, la terza ipotesi è che là fuori non ci sia proprio niente. Noi domani mattina torneremo alle nostre vite tranquillamente. D'altronde, da queste finestre non si vede niente, non c'è niente di anomalo" ma ...
"Oh Dio, ragazzi ..."
Era la voce tremante e roca di Giulia che era ancora attaccata alla finestra, tutti alzarono lo sguardo tremolanti, da quasi un’ora la ragazza non parlava; "ra...ragazzi?" ...
"No..." proferì a voce bassa Giovanni, aveva già capito cosa aveva visto



TO BE CONTINUED...

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Capitolo 4
*** Reazioni - IV ***


IL CONTATTO


CAPITOLO IV

 
"Che mi venga un colpo!" urlò un donna anziana vedendola arrivare; di certo la prima ad accorgersi che quella strana nebbia rossa non era affatto andata via fu certamente Giulia.
Dopo averla avvistata da quella piccola finestra si era come ipnotizzata dal terrore e la sua amica del cuore Chiara iniziò subito a 'risvegliarla' da quel torpore terribile.
"Giulia, andrà tutto bene!" ... mi è impossibile contare quante volte fu ripetuta quella frase in quella sera e nei momenti a seguire e ogni volta sembrò una balla.
"Finché siamo qui dentro, non potrà succederci niente! Infondo, è soltanto nebbia!" attestò un uomo e fece ampi gesti con le mani per indurre alla tranquillità ma ottenne solo altra ansia e dubbi "E tu che ne sai? Soltanto nebbia? E se fosse acido?"
"Ragionate gente! Acido? Avrebbe distrutto tutte le piante ed avete visto invece che le attraversava!" osservò un altro ragazzo che però venne subito interrotto da Giuseppe "Si, però io non ho visto aldilà di quella nebbia! Potrebbe esserci di tutto come non esserci niente!"
La discussione non poteva certo ottenere ne una conclusione logica ne un vincitore, quando fu interrotta bruscamente dal ristoratore Vincenzo che si precipitò subito "Calmi! Rimaniamo uniti! Nessuno tenti di uscire! Questa cosa non dobbiamo farla entrare qui dentro!"
"Questo è l'unico piano a cui ho pensato! Cerchiamo di farla rimanere fuori!" concluse.
Molti nemmeno lo sentirono ma a nessuno venne voglia di uscire dal ristorante, anzi, molti si allontanarono da porte e finestre e ci venne una confusione enorme al centro della stanza.
"Cosa vedi Giulia?" domandò Giovanni con una curiosità macabra addosso, Chiara diede la forza per  rispondere all'amica,  "Vedo quella roba, quella nebbia. E' rossa e si avvicina pulsando ... come se sapesse che noi siamo qui dentro"; a Marco venne una paura folle e deglutì rumorosamente strofinandosi gli occhi.
Pian piano quella nebbia raggiunse il ristorante e lo circondò ... fu qualcosa di terribile ...
Appena toccò le pareti di quell'edificio pubblico tutte le luci elettriche cambiarono di colore, ci fu uno sbalzo di energia e di gravità, per un momento fu possibile volteggiare nell'aria, il fuoco innalzò il suo potere e le fiamme dipinsero tutta la canna fumaria e vennero risucchiate come in un vortice per poi essere risputate; un signore anziano cominciò a rotolarsi per terra tenendosi il cuore, sembrò colpito da un infarto ... in realtà era il suo by-pass al cuore che si era completamente resettato ed era impazzito uccidendolo.
La moglie piangeva tenendolo tra le sue braccia e pregando per la sua anima mentre tutto l'ambiente cambiava ...
Ognuno sentì pulsare nella pelle un vento caldo e .... rosso ... la stanza iniziò a girare su stessa e sembrò ribaltarsi per qualche secondo, Giovanni giurò di essersi ritrovato per pochi istanti incollato al soffitto; giusto il tempo di essere mangiati dalla nebbia e poi, quando essa ebbe finito, tutto il trambusto cessò.
Da ogni finestra ormai non si vedeva che fumo rosso, così anche dalle porte vetro; le luci cominciarono ad affievolirsi pian piano fino quasi a spegnersi, vi era ormai pochissima corrente, c'era bisogno del generatore di emergenza.
Il pavimento sembrava tremare come se fosse attraversato da una forte frequenza, l'aria sembrò più leggera, alcuni sentirono dei suoni simili ai tuoni di un temporale ma più sommessi provenire dall'esterno.
Lo sbalzo ambientale fu così grande che molti rimasero attoniti e sconvolti; intorno alla stanza si creò un silenzio pauroso e tenebroso.
Vincenzo profanò quell’assenza di rumori urlando "Sembra che sia passato! E' importante rimanere vivi e salvi ... e per quanto possiamo anche lucidi! Rimaniamo svegli! Non facciamoci prendere dal panico!" ma ormai lo stava solo dicendo a se stesso.
Giovanni era steso sul pavimento con la testa che gli girava, la vista che andava e veniva ... vedeva tutto sfocato ... di un colore rosso ... profondo; cercò di rialzarsi e barcollò un po' cercando di mettere a fuoco, i rumori erano soffocati come se fosse stato appena colpito da una granata, era stordito.
Si guardò intorno per ricordare e realizzare dov'era, appena gli fu possibile pensò subito alla sicurezza di Chiara e dei suoi amici.
"Cavolo, questa nebbia deve essere potente!" constatò tra sé e sé "Non possiamo permettere che entri qui dentro" e poi continuò ad alta voce "Sembra che non riesca ad oltrepassare i muri e le porte" ... ma non era del tutto esatto.
Dato il gran trambusto che tutti avevano appena passato, quando Maria iniziò ad urlare in preda al panico nessuno se ne accorse subito.
Maria era una ragazza adolescente di sedici anni, molto carina per la sua età che frequentava le superiori della città; era venuta al ristorante con i suoi genitori per festeggiare una buona pagella ed ora si trovava vicino alla porta vetro che dava sull'esterno.
La madre vide sua figlia che vi urlava davanti e non capì subito il perché, in quel fumo rosso non si vedeva assolutamente niente ... ma la ragazzina non urlava per qualcosa che succedeva fuori ma per qualcosa che stava entrando dentro.
Dai filtri della porta e dalle fessure in basso stava entrando, come aria in una pentola a pressione, della nebbia rossa e faceva un rumore sottile quanto terrificante ... come un coltello che trita della carta per stampante.
Maria era molto vicina a quella dannata porta e come prima reazione cercò di allontanarsi ... ma, a causa della enorme paura che stava provando, cadde rovinosamente per terra, però senza mai distogliere lo sguardo da quella nebbia intrusa. Tutti cominciarono a fissarla, nessuno riusciva a muoversi compreso il padre che era in balìa del terrore e quella povera ragazza rimase del tutto indifesa.
La nebbia cominciò a cavalcare il pavimento dipingendolo di rosso come una vernice a spray con una lentezza spaventosa, sembrava un mare in tempesta pieno di onde in avvicinamento ... un mare da bandiera rossa ... parve prendere proprio di mira la ragazzina quasi ne sentisse la paura, il battito del cuore ed il pulsare del sangue nelle vene e la puntò.
Ella provò ad alzarsi ma ricadde su se stessa lasciando un braccio per terra in direzione della porta vetro, la nebbia sentì la vulnerabilità di quella giovane donna e avvinghiò quel suo sottile braccio straziandolo.
Lei iniziò ad urlare, ma non credo per il dolore, piuttosto per la terribile cosa che le stava accadendo, la pelle del suo braccio bruciò velocemente diventando tutta rossa, i muscoli diventarono da subito visibili ... il sangue cominciò a sgorgare come un fiume in piena e le dita della mano sparirono completamente nel fumo.
Tutti erano fermi a guardare quell'orrore mentre i genitori imploravano la salvezza della figlia; un uomo, allora, si fece sentire gridando "Qualcuno venga a darmi una mano accidenti!" e si precipitò verso Maria.
La prese per l'altro braccio e cominciò a tirarla cercando di divincolarla dalla presa macabra della nebbia mentre continuava ad urlare ed a pretendere un aiuto.
Arrivarono in suo soccorso altri uomini tra cui Giovanni e Marco che presero la ragazza per le gambe e cominciarono a tenderla verso di loro mentre la poverina continuava a spazientirsi dal terrore finché non svenne.
La nebbia proseguì a fagocitare lentamente il braccio di Maria mentre gli altri la tiravano dentro la stanza "Tirate! Tirate!" urlava uno e Marco "Quella stronza non la vuole lasciare! Forza!!"
Tutti mantennero uno sguardo feroce e temerario ed a forza di tirare riuscirono a liberare la ragazza che giaceva immobile sul pavimento tutto insanguinato.
La nebbia si ritirò velocemente dalla stanza come a prendere una rincorsa, allora Giovanni immediatamente urlò "Dobbiamo coprire la porta! Non deve rientrare!"
Giuseppe venne in loro soccorso buttando delle tovaglie e coperte in modo da isolare quell'entrata; Vincenzo, che aveva assistito a tutta la scena, rimase in un primo momento immobile dalla paura e poi si riprese consigliando ad alta voce "Fate così per tutte le altre porte e finestre! Non deve entrare!! Non deve entrare perdio!".
Ognuno cominciò ad isolare tutte le uscite finché Giovanni non notò che vi era anche la cappa del camino, tutti si voltarono verso quel caminetto e sentirono un vento feroce e potente provenire proprio da essa.
Vincenzo si buttò praticamente da quelle parti e la chiuse ermeticamente con il dispositivo creato appositamente e sentì un urlo provenire da fuori da far rabbrividire.
Non erano urla di una persona ma del vento ... era stata la nebbia ad aver emesso quel suono ... fu orribile.
La povera Maria, almeno in questa occasione, non ebbe il dispiacere di sentirlo. Era svenuta ed il cuore cominciava a battere sempre di meno.
Il sangue da quello che una volta era il suo braccio ormai si era fermato, il padre cercò di bloccare l'emorragia premendo con forza sull'arto utilizzando la sua giacca ma ormai era tardi ...
Era morta.
La madre si buttò su di lei baciandola e abbracciandola cercando di svegliarla mentre il padre cadde per terra a causa del dolore immenso che stava provando quando, ad un certo punto, la ragazza sembrò riprendere vita, la madre si allontanò da lei strabuzzando gli occhi e vide la figlia alzare leggermente il busto ed il petto in preda a leggere convulsioni.
Poi la pelle di tutto il suo corpo iniziò a sudare rosso ed a fumare leggermente come se fosse percossa da dell'acido ed oltrepassata da minuscole cellule infette.
In un batter d'occhio si sciolse pian piano lasciando un miscuglio di gelatina rossa per terra nelle strazianti urla da parte dei presenti.
Nessuno sapeva che dire, Giovanni allora riprese a sistemare porte e finestre e strillò "Continuate a sbarrare porte e finestre!"
"Ma cazzo... hai visto?" disse Marco all'amico che lo prese per le spalle e lo scosse "Vuoi finire anche tu così?? Dammi una mano!! Non basta isolarle, non basta!".
Così Vincenzo propose subito "Prendiamo i mobili e sbarriamo tutto!!" e tutti gli uomini lo seguirono.
Giuseppe fece una corsa frenetica verso un armadio e lo divincolò dalla parete tagliandosi col legno per portarlo vicino alla porta vetro.
Venne posizionato molto bene e contro di esso vennero messe anche delle sedie; ci fu un altro urlo da parte di quella terribile nebbia che evidentemente voleva entrare per mangiarsi tutto, cosa che fece accapponare la pelle a tutti.
"Adesso continuiamo con le finestre!!"


TO BE CONTINUED ...

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Capitolo 5
*** Conclusioni - V ***


IL CONTATTO


CAPITOLO V


Tutte le porte e le finestre erano state sbarrate con tutto quello che vi era a disposizione.
Per un momento sembrò a tutti di essere al sicuro ma poi tornò la paura a causa di quello che era successo a Maria, di quella orribile e atroce morte.
Luca, intanto, si era svegliato e per sua fortuna non aveva assistito all'accaduto; quando a Giovanni toccò il compito di ragguagliarlo sugli ultimi avvenimenti si mise a piangere singhiozzando e raccontò tutta la scena cercando di non svenire per il terrore.
Luca rimase ovviamente sconvolto e in un primo momento non volle crederci ... ma in cuor suo lo sapeva; per fortuna l'attacco di panico iniziale gli era passato ed ora poteva tornare operativo e in forza per aiutare i suoi amici e non solo.
Il pavimento continuava a sobbalzare leggermente ed ogni tanto si sentivano degli urli provenire da fuori ... quella nebbia del Diavolo ...
Qualcuno andò in bagno a prendere delle salviette per pulire il sangue di Maria sul pavimento e per raccogliere i pochi resti della ragazza; ormai avevano capito tutti che quella notte non sarebbe stata corta ... e che la situazione era indiscutibilmente seria.
Vincenzo, appena vide un po' di calma nell'ambiente, volle chiamare a sé gli uomini che lo avevano aiutato prima per parlare degli avvenimenti appena accaduti.
Tutti andarono in una stanzetta adiacente, anche a Luca sarebbe piaciuto venire ma gli venne affidato il compito di sorvegliare lo stanzone per evitare altre entrate di gas.
"Allora ... non so nemmeno da dove cominciare" affermò Vincenzo e prese subito la parola Marco: "Possiamo cominciare da quello che è successo alla tipa. Direi che siamo di fronte a qualcosa di estremamente pericoloso" osservò "di cui però non ne sappiamo ancora niente" finì per lui un ragazzo biondo.
"Esatto. Per prima cosa dobbiamo evitare qualsiasi contatto con quella cosa là fuori, avete visto tutti come aggredisce, non possiamo difenderci" puntualizzò Giuseppe.
"Non si può colpire del fumo con una mazza o sparargli" precisò un signore brizzolato "non è un corpo solido, è aria"
"Chiaro. Come possiamo uccidere quella cosa? Non siamo attrezzati a cose del genere. L'importanza di non farla entrare è la cosa primaria. Dobbiamo evitarlo categoricamente" finì Vincenzo.
Così, evidenziò un altro punto fondamentale: "Al momento siamo all'oscuro di tutto. Non sappiamo niente di questo fenomeno, cosa sia, da dove venga, che cosa vuole da noi e nemmeno di cosa si tratti veramente" e poi intervenne Giovanni "Non possiamo informarci, non abbiamo collegamenti con il mondo. Siamo bloccati qui dentro".
"Se fosse per questo, da quello che sappiamo potrebbe non esistere nemmeno più il mondo" evidenziò Giuseppe e continuò "Ci conviene pensare e sperare che questo evento sia circoscritto nella nostra zona".
"Ma voi avete osservato bene finché potevate quella nebbia, aldilà io non ci ho visto niente, signori miei" specificò un uomo che di professione faceva l’avvocato.
"Potrebbe non esserci niente ... potrebbe aver mangiato tutto" finì.
Sentire quelle frasi fece rabbrividire tutti; "Non saltiamo a conclusioni affrettate, per ora sono solo tutte ipotesi più o meno verificabili" osservò Vincenzo e poi proseguì "concentriamoci su qualcosa di veramente concreto che possiamo e dobbiamo fare subito" e così ottenne la piena attenzione di tutte quelle persone;
"Dobbiamo assolutamente attivare il generatore, la corrente andrà via presto e per quel momento dobbiamo averlo già perfettamente funzionante".
Tutti erano d'accordo, nessuno ebbe da obbiettare.
"Il problema più grande è come far uscire il gas di scarico, non possiamo liberarlo all'esterno, potrebbe entrare quella cosa" osservò il ristoratore e fece segno ai presenti di proporre qualcosa, però di proposte non ce n'erano molte; tutti iniziarono a pensare a qualche stratagemma per far funzionare quel motore.
"Dobbiamo trovare un modo per far uscire il gas di scarico ... in caso contrario non avrebbe senso accenderlo, avremmo la corrente elettrica ma inquineremmo l'aria che abbiamo qui dentro" analizzò Giuseppe , "se noi riuscissimo a costruire ed imbastire un tubo che dallo scarico del generatore esca fuori di qui senza che venga dentro niente sarebbe buono. Ma come possiamo fare?" continuò.
Marco era stranamente muto e pensieroso quando spalancò gli occhi ed intervenne come se fosse stato appena folgorato da una idea geniale "Vincenzo, avete qui in questo ristorante qualche tubo di qualsiasi provenienza che non usate?" ed il ristoratore fece una espressione incuriosita; "Spiegati meglio" ed intanto gli altri cominciarono a capire dove voleva andare a parare.
"Sì, insomma, un tubo interrato nella pareti che è vuoto, che non usate e che ci scarica fuori" ed improvvisamente un cuoco alzò un braccio in aria ed affermò con gran veemenza: "Si! Abbiamo un tubo in cucina per trasportare il gas ma che conduce all'esterno poiché l'impianto deve essere ancora costruito".
"Grandioso!" asserì Marco, "questa conduttura non ha impedimenti? È perfettamente libera?" ed ottenne come risposta un radiante sì.
Il problema pareva sembrare risolto, bisognava costruire una specie di tubo per collegare il generatore a quella uscita; un ragazzo propose di usare un pezzo di gomma abbastanza lungo da congiungere ambo le parti.
"Risolveremmo in parte anche il problema del riscaldamento. Non possiamo usare il camino perché la cappa è chiusa ma potremmo collegare il generatore all'impianto elettrico d'emergenza. Non scalda molto ma è pur sempre qualcosa" finì Vincenzo.
"Okay, forza allora. Troviamo un tubo di gomma" propose Giovanni uscendo dalla stanza.
 

Giovanni, Giuseppe e Marco, insieme alle altre persone, andarono in cerca del materiale che gli serviva e trovarono l'occorrente nei bagni.
Infatti vi era una aggiunta di gomma ad un lavandino che serviva per pulire i pavimenti dei bagni turchi.
Portarono quel pezzo di gomma al generatore che, intanto, era stato spostato nelle cucine; venne collegato alla marmitta ed inserito dall'altra parte nel tubo del gas, tutto poi si sigillò con il nastro adesivo per non far uscire niente.
Il piano poteva anche funzionare.
Ora non rimaneva altro da fare che provare ... molti incrociarono le dita.
Quel vecchio generatore era abbastanza grosso ma aveva il pregio di essere portatile; possedeva un potente motore a scoppio e aveva diverse prese.
Il ristorante era costruito in modo che in ogni stanza potesse esservi collegato un generatore di corrente, in modo da poterlo utilizzare ovunque, era un fattore che in questo caso si rivelava un ottimo vantaggio.
Il macchinario venne collegato alle prese di corrente della cucina e per l'impianto di riscaldamento ausiliario.
Nessuno aveva il coraggio di accenderlo poiché tutti avevano timore che non si accedesse; così si prese questa grossa responsabilità Marco che mise un piede sopra al motore e prese in mano la corda per avviarlo.
"Forza Marco! Fai finta che sia una motosega" disse scherzando Giovanni all'amico ... "Speriamo che questo accidente non faccia i capricci come una motosega" allora rispose Marco con un sorriso aspro e tentando di sdrammatizzare un po’ la situazione.
La tensione poteva tagliarsi con il coltello ... intanto le luci continuavano a sfarfallare e ad avere sbalzi di corrente, ormai il generatore era d'obbligo.
Marco estese il braccio e tirò con tutta la sua forza.
 

In un primo momento non ci fu nessuna risposta da parte di quel motore, cosa che gettò molti nello sconforto ma non Marco che tirò una seconda volta sempre con molta intensità.
Questa volta si sentì il motore alzarsi leggermente di giri e poi fermarsi ancora, tossendo.
"Maledetto catorcio! Parti maledizione!" e tirò una terza volta con più violenza, quasi strappandosi il muscolo dell'avambraccio; maledì di nuovo il motore che questa volta iniziò a girare pian piano e ad assumere una certa regolarità di giri finché raggiunse la potenza piena e stabile.
Era partito, a stenti ... ma era partito. Ora bisogna aspettare e vedere ...
"Se il tubo funziona, allora rimarrà acceso ... se no presto si spegnerà" osservò Marco; "Per ora constatiamo che funziona" aggiunse Vincenzo incrociando le braccia.
Le luci smisero di sfarfallare e presero una loro costanza, seppur senza una notevole carica; "Dobbiamo risparmiare il carburante, imposto al minimo le luci ed il riscaldamento in modo che possa durare per buona parte della notte, se non per tutta ..." concluse il cuoco.
Tutti tornarono nello stanzone principale con a capo Vincenzo che affermò: "Signori, lo so che non può definirsi una vera e propria bella notizia ma il generatore sembra andare" ... non ci furono molti applausi ma certo nessuno se gli aspettava "E dobbiamo ringraziare Giuseppe e Giovanni per le loro idee e soprattutto Marco per aver messo in moto quel benedetto motore".
Marco andò dalla sua ragazza Lucia che lo guardò con ammirazione e lo baciò sussurrandogli "Grazie, bravissimo!" e lui rispose con un sorriso ed una lacrima "è stato facile come accendere una motosega".


TO BE CONTINUED...
 

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Capitolo 6
*** Sentimenti - VI ***


IL CONTATTO


CAPITOLO VI

 
Mentre gli uomini parlavano per il problema del generatore, Chiara e Giulia si erano distese una di fianco all'altra sulle poche coperte rimaste per terra.
Si tenevano per mano per darsi forza e conforto, Giulia ad un certo punto lasciò quel clima di silenzio e domandò con un fil di voce "Chiara, ne usciremo?" e lei sorridendo senza sapere cosa dire e forse senza nemmeno crederci davvero rispose con un sofferto "Si, vedrai. Usciremo da qui e sarà tutto come prima".
"Io ti voglio bene" proferì Giulia trattenendo le lacrime e appoggiò la testa sulla spalla dell'amica per tentare di non piangere.
"Anche io, Giulia. Tranquilla, dai"
Luca era molto pensieroso. Girava un po' frenetico per tutta la stanza. Cercava di ricordarsi quello che aveva sentito quando tutto era iniziato ma non riusciva proprio a rammentare.
Prese qualche pezzo di pizza, seppur fredda, e cercò di mangiare un po'. Aveva una fame incredibile, sentiva che se non avesse messo qualcosa nella pancia sarebbe svenuto di nuovo.
Voleva tanto sapere cosa stava succedendo ma capiva benissimo che era impossibile saperlo, invece sentiva il bisogno di parlare con il suo amico Giovanni, di sentire la sua voce ... e così anche Giovanni.
Quando il problema del generatore rientrò e tornarono tutti all'ovile, Luca si diresse subito dall'amico e cominciarono a parlare un po' del più e del meno.
Non si azzardavano ad accennare minimamente alla situazione in corso, avevano tutti e due il bisogno di scaricare la tensione e di parlare un po'.
"Lo sai cosa potremmo fare il venticinque?" annunciò Giovanni "No, Giova, dimmi. Cosa è? Un sabato?" .
"Si, è un sabato sera. Potremmo andare alla festa di un nostro amico musicista. Fanno anche gnocco e tigelle. Possiamo andare a cena là" ... "Si ... ottima idea, Giova"
I due amici si riunirono al loro gruppo; erano tutti insieme ora, tranne Marco e Lucia che erano leggermente isolati per rimanere un po' più intimi; tutti cercavano lo sguardo dell'amico e di avere conforto. Giuseppe tornò a trafficare con il cellulare nuovo che mostrò per la prima volta a Luca facendogli vedere tutte le applicazioni che possedeva.
Giovanni invece cominciò a mangiarsi le unghie freneticamente, aveva ancora della tensione in corpo notevole, avrebbe dato tutto ora per trovarsi a casa sua e distendersi sul letto.
 

"Sei un po' teso, Giovanni" notò Chiara che lo guardò con uno sguardo fiacco ed ottenne come risposta "Si, avrei bisogno di scaricare un po' in effetti" e questa frase provocò una piccola risata da parte dell'amica che ammiccò un occhio e disse "Ah si? E come fai per scaricarti tu?"
Tra di loro vigeva sempre un po' di tensione causata da molte cose, al momento irrilevanti e che ormai li perseguivano da un anno.
"Certo. Proprio quello che hai pensato. Mi dai una mano?" e fece una linguaccia.
"Bè, non vorrei essere di troppo tra te e la tua amica destra lì!" rispose lei ammiccando sempre di più; Giovanni arrossì tutto e distolse lo sguardo da lei.
Chiara era una ragazza veramente molto vivace, decisamente bella e con uno spirito sano e genuino, libertino e accogliente, aveva un' anima libera e avvolgente che prendeva tutto quello che incontrava e lo colorava di colori sgargianti e festosi.
Aveva i suoi punti di forza ed erano sicuramente la vivacità e la voglia sempre di migliorare e di non arrendersi, il suo ottimismo e la sua testardaggine ... questa caratteristica molte volte si trasformava in un'arma a doppio taglio tanto che nella sua vita pareva non esserci posto per altre persone.
Lei era una ragazza che sapeva benissimo badare a se stessa e non aveva bisogno di palle al piede come Giovanni o come altri ragazzi e mascherava tutto questo con una velata insicurezza che la portava a volte ad essere ostinata e diretta ... oltre che anarchica.
Giovanni, invece, era prettamente l'opposto. La sua era un'anima coinvolta, forse anche troppo e molto fragile. Solo il cambio del vento lo portava a ripensare a tutto quello che aveva fatto fin'ora, alla scelte sbagliate ed a quelle non fatte per paura.
Lui soffriva di queste situazioni, in tutto quello che faceva aveva sempre il timore di sbagliare e molte volte rinunciava senza nemmeno lottare.
Dall'esterno poteva sembrare una persona cupa e pessimista, una persona triste ma in realtà era solo un'anima fragile come una piuma nel vento, in preda ai continui cambi di corrente. In tutto quello che faceva, in verità, ci credeva molto e lottava contro se stesso molte volte per potersi fidare di sé e degli altri ... ed era stato tradito.
Da Chiara? Forse. Ma da se stesso sicuramente. La sua anima gli aveva tirato un brutto tiro mancino da cui si doveva ancora riprendere e proprio in quel momento era decisamente insicuro su tutto.
Forse tutta questa situazione fu fatale per lui, lo costrinse a fare i conti con la realtà ed a tornare a respirare a pieni polmoni ed a credere di più nella vita ed in sé stesso. Poteva servire. Lui ne sentiva il bisogno.
Con Chiara aveva sempre avuto un rapporto buono, di reciproca intensa finché nell'ultimo anno cambiarono molte cose e niente fu più come prima.
Loro due erano anime completamente diverse, ognuno con bisogni diversi ed ognuno era incapace di comprendere le ragioni altrui ... ma ora era tutto diverso ... ora non poteva esistere bianco e nero, il momento era di un grigio ... anzi, di un rosso profondo.
 
TO BE CONTINUED...

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Capitolo 7
*** Nuove Informazioni - VII ***


IL CONTATTO


CAPITOLO VII

 

Erano quasi le quattro di notte quando il generatore cominciò ad arrancare.
Le luci sobbalzarono e intrapreso un valzer di intermittenze.
"La benzina è finita?" domandò Marco davanti a quel vecchio motore tutto scolorito e arrugginito.
Si erano tutti riuniti lì per capirne il malfunzionamento, molti stavano dormendo e vennero svegliati per essere informati del nuovo avvenimento.
"No ... la benzina non è finita, ne abbiamo ancora diversi litri"
"Signori, è stato bello finché è durato. Il tubo è intasato" ... il generatore annaspò ed intraprese una lunga serie di sbalzi di potenza e poi si spense definitivamente sbuffando dalla testa.
Spento ... luci spente.
Cominciarono a girare le prime candele. La corrente non c'era. Il fuoco non si poteva accendere. Il freddo sarebbe arrivato presto.
Giulia e Chiara erano rannicchiate sotto una coperta e vicino a loro vi era Luca, Giovanni invece era in un angolo da solo a meditare ed a cercare di dormire. Non era riuscito a chiudere occhio. Aveva un mal di testa enorme.
Quando Vincenzo tornò nello stanzone principale ed avvertì tutti che il generatore si era fermato ci fu un piccolo smarrimento nelle persone.
Era ancora lunga per l'alba e, in ogni caso, non si poteva uscire finché quella nebbia rimaneva là fuori.
Erano sempre bloccati lì, senza viveri ed acqua sufficienti per sfamare tutti per diversi giorni.
Vincenzo si era ripromesso di parlare di questo problema appena fosse uscita l'alba ma in quel preciso istante pensò di anticipare i tempi. Poi accantonò l'idea.
Tutto d'un tratto a Giuseppe venne un pensiero, nessuno aveva provato a sintonizzarsi sulle radio. Forse quelle funzionavano. Chiamò a se Luca e Giovanni, visto che Marco era tornato a dormire vicino a Lucia, e propose di provare.
"Qualcuno ne ha una?" domandò e Luca rispose "Prima mi hai fatto vedere che sul tuo cellulare nuovo c'è la radio".
"Si, però per farla funzionare servono le cuffie ed io le ho lasciate in macchina" rispose Giuseppe.
"Cavolo, possiamo chiedere in giro se qualcuno le ha" propose Giovanni e poi guardò Luca e così fece l'altro ragazzo.
"Va bene" disse fermamente Luca con aria depressa sbuffando "ci penso io a chiedere"; fece un rapido giro e tornò con delle cuffiette usate di colore bianco che gli aveva prestato un ragazzino di undici anni e che le stava usando per giocare alla sua playstation portatile.
"Forza, prova a sentire" ... Giuseppe inserì le cuffie e tentò a sintonizzarsi. Provò tutte le frequenze, una alla volta ma nessuna dava segnale, si sentiva solo gracchiare.
Scrollò la testa sconsolato, tolse le cuffie quando Giovanni lo fermò e gli chiese "Hai provato con la AM?".
"No, ho usato solo i canali FM, il mio cellulare può sintonizzarsi solo su quelli"
"Accidenti, ci serve una radio più vecchia allora".
Passava di lì Vincenzo ed origliò per caso ed allora si avvicinò ed affermò con generosità "Se posso permettermi, io ce l'ho una vecchia radio ma mancano le batterie"
"La porti subito qui per favore, le batterie gliele posso dare io. Ho il mio lettore mp3 nella giacca che funziona con le stilo. Usiamo queste. Sono abbastanza cariche" osservò Giovanni.
Era una di quelle vecchie radio ed aveva un dito di polvere addosso ma, come rivelò Vincenzo, aveva un valore affettivo perché era un regalo di suo nonno molti anni addietro.
Cercarono di farla funzionare inserendo le stilo e, dopo alcuni tentativi a vuoto, riuscirono a farla partire.
Provarono di nuovo con la FM ma di nuovo niente; "Luca, tieni basso il volume per favore, non voglio che altri sentano" osservò Giuseppe ottenendo il favore anche di Giovanni “meglio non creare confusione”.
"Prova con la AM" ... si sintonizzò e sentì ... sentì qualcosa ... un rumore ... una voce umana ...
La maggior parte dei suoni era sottomessa, gracchiante, stridente ma qualche parola si sentiva; a Giovanni sembrò di tornare indietro negli anni e di essere catapultato in uno di quei film horror americani sugli alieni.
"Questa...è.....registrazione.....d'emergenza" ... la voce sembrava registrata.
"Avvenimenti .... che.....succedono....mondo" ... c'erano troppe interferenze, Giuseppe tentò di sintonizzarsi meglio ma era molto complicato, meglio di così non si poteva fare. Tentarono di sentire il più possibile.
"Raccomando a tutti di chiudersi ....ermeticamente....casa...Non....uscite....per.....nessun...motivo....ripeto" ... il messaggio, seppur disturbato, era abbastanza chiaro. Consigliava a tutti di rimanere chiusi in casa e di chiudere bene tutte le porte ed isolarle.
"A saperlo prima quella povera ragazzina sarebbe ancora viva" osservò Giuseppe pensando a quella morte terribile ed inspiegabile.
"Rimanete...chiusi....passo...e...chiudo" ed il messaggio registrato terminava e poi ripartiva.
"Ora sappiamo che non succede solo qui ma sta accadendo anche da altre parti, altrimenti non avrebbero mandato un messaggio così d'emergenza. Non ricordo fosse mai successa una cosa simile, forse in guerra" considerò Luca.
"Già. Però io volevo sapere qualcosa di più. Volevo avere informazioni ulteriori, volevo capire a che cosa siamo di fronte, che fenomeno sia. Qui non dicono niente" intervenne Giovanni e si sentì al punto di partenza un'altra volta. Odiava sentirsi così.
"Forse ancora nessuno lo sa" ipotizzò Luca e venne subito ripreso da Giuseppe "Vedrai che qualche scienziato americano di quelli pazzi sa bene cosa succede. Ora chiamatemi complottista, ma non credo molto alle coincidenze"
"Cosa resta da fare, Beppe?" domandò Giovanni... "Pregare, amico mio. So che non sei molto avvezzo a questo, ma c'è sempre una prima volta"... "Allora, preghiamo"
 

Si sentì una nuova voce alla radio, quella di un uomo, questa volta non sembrava registrata ... anzi, erano due voci o più... sembravano discutere.
Non c'è dato sapersi quando iniziò a trasmettere poiché la radio fu spenta per qualche minuto e poi venne riaccesa.
"Ehi, nuove notizie" ... Giovanni chiamò i suoi amici a sentire.
"...quindi....come ....possiamo....risolvere...." il suono era molto disturbato "non sappiamo a cosa siamo di fronte, stiamo ricevendo nuove informazioni....preghiamo...iddio..."
Niente di nuovo, insomma.
Però ... ricevono informazioni ... da chi? E da dove? Era il quesito che si poneva Giovanni che cominciava a ipotizzare ad un attacco proveniente da forze diverse.
In effetti, quando la nebbia mangiò il ristorante a tutti sembrò di attraversare una dimensione discorde, la gravità cambiò ed era pronto a giurare che in quel breve lasso di tempo anche le teorie della fisica e le leggi della natura potessero essere diverse e mutabili.
Nonostante tutto, non era ancora pronto per parlarne con gli amici, nemmeno con Luca, voleva meditare ancora un po' sul da farsi ... ma in lui già pensava a come uscire da quel posto.
 

TO BE CONTINUED...

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Capitolo 8
*** Toc Toc - VIII ***


IL CONTATTO

CAPITOLO VIII


Era passata un'altra ora, dovevano essere quasi le cinque di mattina. Tutti gli orologi si erano fermati alle venti meno un quarto della sera prima, appena avvenuto il contatto.
Sembrava tutto ancora stabile e privo di nuovi avvenimenti, alla radio ormai non si sentiva più niente e le batterie iniziavano a scaricarsi.
Alcune persone avevano creato dei gruppi in cui discutevano segretamente le decisioni da prendere, sembravano delle associazioni segrete, erano tutti in circolo a bisbigliare.
Le candele erano sempre meno corte e la cera colava un po' ovunque, da diverso tempo non si sentivano voci o urli all'esterno.
Quando ... una donna si alzò improvvisamente e affermò di sentire dei rumori provenire da fuori ... dei passi.
"Sento dei passi! Può essere una persona?" ...
"Se è una persona, vuol dire che si può uscire" affermò un altro uomo.
Vincenzo fu costretto ad indire una nuova assemblea ed a mantenere la calma "Non prendiamo iniziative, non sappiamo nient'altro. Non possiamo sapere cosa ci aspetta là fuori"
Si cominciavano a sentire i primi mugugni dei presenti "Io sono stufo di rimanere qua dentro! Voglio tornare dalla mia famiglia. Me ne frego di quello che c'è la fuori, non voglio morire come un cane in questo  ristorante".
Quel signore che parlò iniziò una piccola rivolta di chi voleva rimanere dentro e chi invece era pronto a sfidare la sorte e ad uscire.
"Voi non capite! Se uscite rischiate di far entrare dentro quella roba! Per me potete anche uscire ma non rischio la mia vita e quella dei miei figli per voi!" urlò il padre del figlio undicenne che aveva prestato prima le sue cuffiette.
Vincenzo tentò di mantenere di nuovo, per l'ennesima volta, la tranquillità: "D'accordo, signori. Ognuno ha le sue ragioni, io ho la mia idea. Vi chiedo solo una cortesia, chi vuole uscire aspetti ancora un po'. Prima controlliamo se possiamo farvi uscire senza far entrare niente qui dentro, in piena sicurezza. Ci state?".
Riuscì a calmare un po' l'ambiente e molte persone si rimisero a sedere ... ma la situazione era destinata solo a peggiorare.
Intanto quei passi continuavano a sentirsi; visto l'estremo silenzio che vi era dall'esterno, essi si potevano distinguere bene. Sembravano stivali. Pareva proprio essere una persona che camminava.
Un passo dopo l'altro, ben distanziati. Giovanni arricciò da subito il naso. Lui pensava che uscire fosse un terribile errore ed era pronto a difendere con i denti i suoi amici e la sua vita.
Tutti seguirono con l'udito quei passi strani, così lenti ... mettevano un po' paura. Circondavano tutta la casa finché si fermarono davanti alla porta vetro, ormai tutta blindata e da cui non si poteva vedere fuori.
Molti si avvicinarono a quel punto e aspettarono di sentire; in pole position davanti a tutti vi era Vincenzo che pensava di chiedere chi c'era là fuori. Aprì bocca ma si fermò subito quando sentì un altro rumore molto strano provenire da quella porta. Era un rumore viscido, qualcosa che veniva trascinato, un rumore vibrante e umido. "Cosa diavolo è?" chiese uno tizio sussurrando ...
"Quando scrivi sul vetro con il dito" affermò Marco ... "Si, hai ragione, il rumore è quello".
Qualcuno al di fuori di quella porta stava scrivendo qualcosa sul vetro, era veramente terrificante; Giovanni pensò subito: "quale persona lucida e sana di mente farebbe una cosa del genere in questo momento?".
Aveva paura a rispondere; di una cosa era certo, quella porta non andava assolutamente aperta.
"E' una persona. Togliete questi armadi da qui e vediamo chi è" osservò uno.
Vincenzo non era molto d'accordo ma aveva promesso di discuterne e quindi chiese altri pareri e Giovanni non riuscì a trattenersi: "Scusate, non so bene cosa stia succedendo ma di una cosa sono sicurissimo. Non dobbiamo aprire quella porta e ci converrebbe non vedere nemmeno al di là" ... Neanche a dirlo, scatenò subito polemiche il suo intervento.
Il signore che aveva proposto di aprire la porta subito saltò su "Ma tu sei solo un ragazzino, cosa ne vuoi sapere? Lascia fare ai grandi e torna alle tue cavolate da giovane quale sei" ... l'ansia, la paura, il terrore e la stanchezza aveva certamente inasprito certi uomini ed erano al limite della sopportazione e della lucidità.
Giovanni non si difese ma al suo posto ci pensò Marco che non mandò le cose a dire a quel tipo insultandolo.
Nemmeno quello era il modo giusto ma ... forse ... un modo giusto non esisteva nemmeno più.
"Dobbiamo uscire! Lasciateci uscire! Non avete il diritto di tenerci prigionieri qui dentro!" sentenziò una donna, "e voi non avete il diritto di metterci in pericolo solo perché volete uscire, idioti!" sputò fuori Marco.
La situazione sembrava degenerane fino ad arrivare ad una rissa, quando quella strana cosa là fuori, che poteva essere una persona, bussò sul vetro.
"Oh ... però" affermò Vincenzo e poi proseguì "Okay, se state zitti io provo a parlarci"  e subito venne fermato da Giovanni che cercò di convincerlo a non farlo.
"Giovanotto, lascialo fare o ti riempio di botte" continuò quel signore di prima; "La prego, se proprio ci deve parlare, almeno non sposti gli armadi" finì Giovanni.
"Okay, ragazzo" rispose Vincenzo e nel silenzio totale della stanza si avvicinò alla porta, sempre coperta da armadi e sedie e prese coraggio.
Poi disse a voce ferma, precisa e forte "Chi è là fuori?"


TO BE CONTINUED ...
 

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Capitolo 9
*** Follia - IX ***


IL CONTATTO

CAPITOLO IX

 
Non sentì nessuna risposta, così riprovò a voce più forte "Chi c'è la fuori?" e ottenne la sua risposta ... ma per molti non fu una vera risposta, ma un idillio di terrore.
Era una voce calma e piatta, priva di qualunque emozione … "Fatemi entrare".
"Ho capito bene?" domandò Vincenzo girandosi verso tutti, poi ritentò "Come? Ripeti!"
"Fatemi entrare" rispose la voce con la stessa cadenza di prima.
A Giovanni si accapponò la pelle sentendo quelle parole, si girò verso Luca e lo osservò bene, anche lui aveva avuto la stessa sensazione e a sottovoce gli disse: "Quella non è una voce umana" ... l'amico annuì.
Vincenzo allora continuò "Chi sei? Come ti chiami?" ma ricevette la stessa identica risposta "Fatemi entrare. Entrare. Voglio entrare."
"Da dove vieni?" chiese ancora, "Io voglio entrare." disse aumentando il volume della voce ... "Oh cazzo" affermò il ristoratore ma non smise di parlare: "Perché vuoi entrare?".
"Io devo entrare. Io devo entrare!" affermò con un volume sempre più alto ... "Oh cazzo!" disse ancora Vincenzo e poi girandosi indietro "Siete ancora convinti di voler uscire voi altri?" ... quella cosa là fuori lo sentì e si mise ad urlare facendo tremare il pavimento ed i lampadari "Fatemi entrare!!!"
"Cazzo d'un cazzo del cazzo!!" urlò Vincenzo cadendo per terra.
"Che lo faccia entrare!" urlò un uomo che di professione faceva il commesso nel supermercato della città, "Che lo faccia entrare che gli spacco quella faccia da culo che si ritrova!" e continuò "Mi hai sentito, invertebrato! Entra pure così ti rompo quella testa che ti ritrovi! Entra!!" e ci fu una scossa di terremoto enorme che fece cadere tutti per terra.
Quelli che riuscirono ad alzarsi subito corsero tutti verso la porta vetro a mantenere quell'entrata ben chiusa e blindata dai mobili.
"Siete contenti che l'avete fatto incazzare?" domandò Marco in modo sarcastico;  "Vi farò cose" disse quella  voce fuori "se non mi fate entrare".
"Lasciaci in pace! Lasciaci in pace!" urlò una donna.
"Fatemi uscire che lo prendo a calci" gridò un uomo e venne placcato da due ragazzi per non farlo avvicinare alla porta; a quel punto la situazione era completamente degenerata.
Un altro signore partì alla volta della porta e venne bloccato da Marco che lo prese per la cintura e ricevette come 'regalo' un bel cazzotto sul naso che lo fece arrabbiare moltissimo.
Iniziò una rissa, alcuni cercavano di avvicinarsi alla porta ed altri tentavano di fermarli.
"Se è un essere umano, può essere fermato!" sentenziava uno e Giovanni rispondeva "quella cosa non è umana, non sapete quello che fate! Ci farete uccidere tutti".
Vincenzo tentava anche lui di schierarsi ma venne messo in mezzo e quindi decise di defilarsi; Chiara, che fin'ora era rimasta in disparte con l'amica Giulia, entrò nel merito bloccando un ragazzo che voleva uscire e ricevette uno spintone così forte da farla cadere; Giovanni vedendo la scena gli esplose il sangue nelle vene e prese a pugni quel ragazzo gridandogli in faccia: "Come ti sei permesso, stupido idiota!" ma non era molto forte e fisicamente era abbastanza mingherlino e quindi le prese anche lui.
Cadde per terra perdendo sangue dal naso, gli si avvicino Chiara cercando di alzarlo; Luca, intanto, si era posizionato davanti a quella porta tanto ambita con il compito di non far passare nessuno ma subì dei pugni e dei calci anche lui.
Ormai, sembrava che la maggioranza fosse per gli uomini che erano intenzionati ad uscire, come il padre di Maria che, avendo perso la figlia, non gli interessava di morire ma solo di fare un po' a cazzotti con quella cosa che gliela aveva portata via, era accecato dall'odio.
"Non sapete quello che fate!" urlò Giovanni e si beccò altri insulti.
Non c'era niente da fare, si rialzò da terra e tornò a dare aiuto ai suoi amici che combattevano per non uscire. Venne rapidamente risteso con un sinistro che non capì nemmeno tanto bene da dove gli era arrivato, rotolò rovinosamente per terra con il naso sempre più insanguinato e con le lacrime agli occhi.
Anche Giuseppe era malridotto, aveva subito una marea di botte al viso ed alla pancia ed era accasciato per terra.
"Smettetela! Vi prego!" urlava Lucia piangendo e cercando di non far passare la gente, ma ricevette pugni e spintoni anche lei.
Ben presto fu messo fuori gioco anche Marco e Luca che dovettero arrendersi al commesso che possedeva un coltello e lo agitava velocemente senza alcuna difesa o logica "Vi ammazzo tutti! Vi ammazzo tutti!".
Era completamente partito, Giovanni si accorse immediatamente quando l’amico Marco tentò con un ultimo gesto di disarmarlo e avrebbe voluto urlargli di non farlo ma non ci riuscì.
L'amico si buttò su quell'uomo che nel parapiglia riuscì ad accoltellarlo alla pancia; Marco ricadde su se stesso e cominciò a perdere sangue dall'addome e dalla bocca.
Lucia si buttò su di lui premendo sulla ferita e tentando di non cadere nella più completa disperazione, era una ragazza molto decisa e forte, in quel momento Marco la amò all'infinito.
"No!!" urlò Giuseppe "Ne volete ancora??" sbraitò il commesso con gli occhi tutti spalancati, era ormai preda delle sue emozioni, bisognava stargli lontano.
Giovanni osservando la scena si sentì tradito e schifato da quelle persone che avevano completamente perso il lume della ragione, nessuno aveva detto niente riguardo quello che aveva fatto quel tipo, aveva appena accoltellato a sangue freddo un altro ragazzo senza fare una piega e gli altri lo difendevano.
"Mi fate schifo! Forza! Uscite! Uccideteci tutti!" gridò Giovanni con le lacrime agli occhi asciugandosi il sangue dal naso.
"Bene. Vedo che hai compreso, ragazzino. Le cose lasciale fare a chi ne capisce" affermò un altro uomo.
Cominciarono a spostare dapprima le sedie e poi gli armadi.
La scena che si presentò a tutti davanti alla porta vetro fu terrificante; dietro a quella soglia non c'era nessuno se non una nebbia rossa e fitta ma sul vetro vi erano delle scritte terrificanti.
Quel rumore che avevano sentito era proprio un dito che stava scrivendo sulla lastra di vetro e la frase che vi lessero era mostruosa: "Toc. Toc. Vieni fuori a giocare con me" ed aveva una grafia orribile di colore rosso ... alcuni giurarono fosse proprio sangue.
"Ah si? Ci vengo io a giocare con te!" latrò il commesso furioso ed ormai folle ed impugnò bene il suo coltello sporco di sangue prima di attraversare quella soglia.
La nebbia non tentò di entrare, sapeva benissimo che sarebbero stati loro, gli uomini, ad uscire da lei e gli aspettò a braccia aperte.
Si innalzò una tormenta di vento epocale che cominciò a risucchiare tutto l’interno del ristorante verso l’esterno.
Il padre di Maria la vide tra la nebbia, forse fu una allucinazione, o forse era veramente lei ... ma chi può saperlo, sta di fatto che corse fuori ad abbracciarla e sparì nel fumo rosso.
 

Quello che successe dopo fu qualcosa di frenetico e veloce; in preda alla confusione qualcuno tirò con se Luca che venne sbalzato fuori tra la nebbia e sparì anche lui, così Giuseppe si buttò per cercare di riprenderlo e con lui Vincenzo che urlò di stare attenti ... sparirono tutti e tre nella nebbia.
Lucia teneva tra le braccia Marco che le sorrideva, si baciarono e chiusero gli occhi aspettando l'arrivo di una nuova tempesta ...
Giovanni, in mezzo a tutto quel trambusto e tormento, prese in mano la sua vita e le sue decisioni, decise che non era il tempo di morire, che non era il tempo di lasciarsi andare, era il tempo di fare le scelte che in un modo o nell'altro gli appartenevano.
Si girò verso Chiara, il vento soffiava velocissimo, i capelli mori le volteggiavano per tutto il viso, le diede la mano ... lei la prese e lo guardò negli occhi ...
"Che ne dici, Chiara? Tentiamo l'impossibile?" chiese Giovanni e lei non seppe far altro che annuire decisa con un sorriso.
Lui si alzò e la prese in braccio con tutta la forza che gli rimaneva in quel momento, poi disse "Promettimi solo una cosa" ... e lei "Cosa?" ... "che terrai gli occhi chiusi" e si buttò nella nebbia.

FINE...

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