Near to you di Tin91 (/viewuser.php?uid=48306)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
Cap
La Mercedes sfrecciava a tutta velocità sul’asfalto. La
lancetta sfiorava i 200 km orari. Impugnavo il volante con una tale forza che
temevo si sarebbe disintegrato da un momento al’altro. Avrei desiderato
piangere, se solo avessi potuto. Carlisle, seduto al mio fianco, mi strinse
affettuosamente una spalla. Gli rivolsi un sorriso di gratitudine, seppur
forzato. Avevo fatto la scelta giusta, almeno questo è quello che continuavo a
ripetermi. Non potevo rimanere con lei, era sbagliato. Non avrei fatto altro
che metterla in pericolo, ogni giorno della sua vita, ogni giorno della sua
esistenza… e la colpa sarebbe stata solo mia, se le fosse accaduto qualcosa.
Strinsi i denti, straziato dal profondo dolore che provavo, un dolore che,
almeno per il momento, non avevo intenzione di condividere con la mia famiglia,
avevo già causato loro troppe preoccupazioni.
Seduti in quella
macchina, attendevamo di arrivare in Alaska dove saremmo rimasti per un po’,
non so quanto di preciso. Sapevo che l’idea di abbandonare Forks aveva
rattristato tutti, in fondo conducevamo una vita tranquilla lì, in mezzo agli
umani, tanto da poterci mescolare senza difficoltà tra di loro e passare
inosservati. Ma ero anche consapevole che la mia famiglia non mi avrebbe
abbandonato per nessuna ragione al mondo, e se quella era la mia decisione, mi
avrebbero seguito senza esitazioni, qualunque fosse stato il prezzo da pagare.
2 anni dopo….
Aria di festa e divertimento quella sera a La Push. I
licantropi erano tutti radunati attorno al fuoco, che scoppiettava allegro sprizzando
scintille di tanto in tanto. C’ero anch’io, seduta nel mio angolino, separata
dal resto del mondo, immersa come al solito nei miei pensieri…nei miei ricordi.
Ricordi di un amore che sembrava essere stato solo un breve sogno. Mi concessi
di guardare il cielo per qualche istante: un immenso manto blu puntellato di
mille piccoli diamanti avvolgeva la terra nel suo tenero abbraccio.
“Bella, scusa il ritardo!Non è che questi balordi ti hanno dato fastidio,
vero? Altrimenti…” mi disse Jacob, che trafelato, era arrivato in spiaggia
proprio in quel preciso istante. Sorridente come sempre, aveva i lunghi capelli
neri raccolti in un codino lasciando scoperto il volto dalla pelle ambrata.
Tanto per cambiare non indossava la maglietta ma solo un paio di jeans, i
muscoli torniti bene in vista.
Eccolo lì. Il mio
sole. L’unico in grado di dare ancora un senso alle mie giornate, l’unica
maniera per non pensare.
“Non ti preoccupare, so tenerli a bada questi, cosa credi?”
esclamai fintamente altezzosa. Quil ed Embry, che intanto si ingozzavano come
animali, risero sommessamente alla mia battuta. Li fulminai con lo sguardo.
“ Certo, certo, non ho dubbi sulle tue capacità….” Borbottò
Jacob scherzoso cercando di non ridere anche lui.
“Jake, finalmente, dove ti eri cacciato?” chiese Sam mentre
si avvicinava a noi.
“Scusatemi, ma mio padre ha avuto dei problemi con la
macchina e ci ho messo un po’ ad aggiustarla….ma ora sono qui, e perciò….si
mangia!”disse con enfasi rubando sei o sette costolette in una volta dalle mani
di Embry e mettendosele tutte in bocca. E ciò, per quanto ne sapevo io,
significava solo una cosa: guerra. Risi di gusto quando li vidi rotolarsi nella
sabbia come bambini.
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Capitolo 2 *** Capitolo II ***
doc2
"Near to you
I'm healing but
it's taking so long
'Cause though he's gone
and you are wonderful
it' hard to move on
Yet, I'm better I near to you"
“Jake, smettila!” gli urlai contro ridendo come una pazza,
ma lui non accennava a smettere di farmi il solletico. Alla fine, non so come,
riuscii a divincolarmi dalla sua stretta e mi scostai dal suo corpo troppo
caldo. Dopo che entrambi avemmo placato le nostre risate, mi lasciai cadere
sulla sabbia, cullata dal lieve rumore delle onde. Dopo tutti quei
festeggiamenti, c’eravamo allontanati in riva al mare per godere della nostra reciproca compagnia. Mi piaceva
quando non dovevo condividerlo con nessuno. Chiusi gli occhi per qualche
istante, respirando la fresca brezza marina che, silenziosa, mi accarezzava la
pelle. Poi lo sentii scivolare al mio fianco e, con estrema dolcezza, sfiorò il
mio collo con la punta del naso. Un brivido mi percorse la schiena al tocco. Mi
voltai, gli occhi fissi nei suoi, grandi, profondi; la sua pelle scura era
rischiarata appena dalla luce della luna. Si avvicinò ancor di più con estrema
lentezza, le sue labbra calde quasi toccavano le mie.
“Jake…” mi misi a sedere allontanandomi da lui. Nella mia
voce un tono di rimprovero.
Jacob sospirò profondamente mentre si sollevava sui gomiti.
“Perché Bella?” mi domandò all’improvviso, ma sapevo che in
cuor suo conosceva già la risposta.
“Lo sai…”risposi sulla difensiva. “Ho…bisogno di tempo.”
“Sono due anni che te lo sento ripetere.” Sbottò lui
visibilmente irritato. “Adesso basta”. L’ostilità con cui pronunciò quelle
parole mi fece rabbrividire. Non dissi una parola, e allora fu lui a
proseguire.
“Come fai ad amarlo ancora, dopo che ti ha lasciato in quel
modo? Se n’è andato Bella, è andato via per sempre e non tornerà!Non tornerà,
possibile che non te ne renda conto?”disse alzando il tono, arrabbiato…deluso.
Deluso dal fatto che fossi tanto stupida da continuare ancora ad illudermi. Continuava
a fissarmi, la fronte aggrottata nel tentativo di mantenere l’autocontrollo.
“Sei ingiusto, Jake…” mormorai, la voce spezzata. Non
avevamo mai affrontato l’argomento così apertamente, e le sue parole mi
colpirono come un pugno nello stomaco.
“Ci sto provando, cosa credi? Ma…non ci riesco, non ci
riesco…” Avvicinai al petto le ginocchia nascondendo il capo tra di esse.
Serrai gli occhi sforzandomi di non piangere.
E lui era già lì, pronto a cullarmi fra le braccia. Restammo
stretti per un po’ finchè non parlò:
“Il sentimento che provi per il succhias…Edward deve essere
davvero molto forte, posso soltanto immaginarlo… ma lui non ti merita dopo
averti abbandonato in quel modo… ed io odio vederti soffrire per lui. In questo
periodo ho cercato di starti vicino il più possibile perché tu dimenticassi….ma
così non è stato.” Fece una pausa. Mi prese il volto tra le mani, e a quel
punto era impossibile sfuggire al suo sguardo. Le sue labbra si contrassero in
un sorriso dolce, comprensivo.
“ Voglio dirti una cosa però” disse poi “la vita va
avanti….anche la tua Bella. Anche senza di lui. Rifletti su questo.”Sembrava
più una supplica che un consiglio.
Istintivamente lo abbracciai di nuovo stringendolo forte a
me. In quel momento non desideravo altro che rannicchiarmi contro il suo petto
e dar sfogo alla mia sofferenza. Una sofferenza durata troppo a lungo. Jacob
aveva ragione. Era ora che riprendessi in mano la mia vita…anche se dimenticare
sarebbe stato difficile, forse impossibile. Ma cos’altro mi rimaneva da fare
ormai? All’improvviso il volto di un angelo mi balenò davanti agli occhi, come
spesso accadeva. “Il mio angelo personale”, ricordai. Era volato via. E dovevo
farmene una ragione. Con Jacob ce l’avrei fatta, sarei riemersa
dall’inesorabile voragine che m’inghiottiva. E quel giorno ne ero sicura.
Sicura come non lo ero mai stata prima.
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Capitolo 3 *** Capitolo III ***
doc4
“Ma dov’è andata a finire!” sbottai rovistando nell’armadio
alla ricerca della gonna beige, uno dei pochi indumenti eleganti che possedevo.
Non potevo permettermi di perdere anche quella fantastica gonna, altrimenti
sarei dovuta andare a far compere e, sinceramente, non avevo idea di quando
avrei trovato il tempo. Cercai in bagno, rovistai nei cassetti, nel baule degli
oggetti usati e perfino in camera di mio padre. Niente. Incrociai le braccia,
rassegnata.
“Oh, al diavolo!” esclamai. Dovevo ancora finire di
preparare la valigia, rispondere ad un e-mail di mia madre che, immaginai
disperata, si chiedeva se fossi ancora viva, e farmi una doccia. Jacob sarebbe
passato a prendermi tra meno di un’ora. Fantastico. Tornai in fretta nella mia
stanza, piegai alla buona tutti i vestiti che avevo posato sul letto e li
cacciai nella borsa. Dopo una doccia ristoratrice, mi sedetti al computer:
“Mamma, scusami se non ti ho scritto per tutto questo tempo,
sono stata alquanto impegnata. Sto partendo proprio adesso. Ti chiamerò più
tardi. E stai tranquilla. Ti voglio bene. Bella”
Suonarono alla porta proprio in quel preciso istante. Spensi
il pc, presi la valigia al volo e mi precipitai per le scale. Charlie aveva già
aperto la porta, Jacob era arrivato.
“Jake, ragazzo! Su vieni entra” lo invitò mio padre, ma
prima che entrambi potessero dire qualcosa intervenni io
“Papà è tradissimo, l’aereo parte tra mezz’ora…dobbiamo
scappare.” Ero davvero triste al pensiero di dover lasciare Charlie tutto solo,
speravo almeno che sarebbe stato in grado di mantenere in ordine la casa in mia
assenza. Ma poi riflettei sul fatto che era abituato alla solitudine e a
provvedere a se stesso senza una donna affianco. Lo aveva fatto per 17 anni
prima del mio arrivo.
“Ciao papà, ti voglio bene” lo abbracciai. Non ero abituata
a quei gesti così affettuosi nei suoi confronti, ma sarebbe passato del tempo
prima di ritornare a fargli visita a Forks. Lui non disse una parola, ma
ricambiò l’abbraccio con dolcezza e con tanto, tanto affetto, il che mi
commosse.
“Sicuro di non volermi accompagnare?” mormorai
“No, sai che non ti lascerei partire se venissi, perciò… è
meglio così” sussurrò stringendomi ancora un po’.
“Mi raccomando” dissi infine “ abbi cura di te.”
“Ma sentila…” sorrise “ Non si saranno invertiti i ruoli?
Dovrei essere io a dirtelo…” scosse il capo divertito, ma nei suoi occhi si
leggeva chiaramente quanto fosse preoccupato per me.
“Lo farò papà, lo farò” lo rassicurai prima di dargli un bacio
sulla guancia.
“Ciao Bella, mi raccomando” mi
disse scompigliandomi i capelli. “Ci vediamo Jacob.” lo salutò.
“Charlie…” rispose lui prima di
rivolgersi a me “ Andiamo Bella.” A malincuore abbandonai quella casa, e i
ricordi che vi erano legati… no, quelli li avrei sempre custoditi nel mio
cuore. Dopo che ebbi caricato la valigia nel portabagagli della macchina mi
sedetti al mio posto, affianco Jake al volante. Il pick-up partì con il suo
solito rombo assordante. Mi concessi un ultima occhiata a mio padre che spariva
dietro la porta di casa, al giardino, agli alberi, al vialetto. Alla mia
vecchia vita.
“Pronta per Seattle?” mi domandò
lui senza staccare gli occhi dalla strada.
“Verrai a trovarmi, vero?” chiesi
ansiosa. Come avrei continuato la mia vita senza Jake? Era la mia forza, il mio
sostegno, la mia protezione…senza di lui mi sarei sentita indifesa, fragile….e
la memoria avrebbe ripreso a vagare più facilmente.
“Certo, sempre che tu avrai tempo
per me. L’Università non sarà affatto facile, soprattutto per te che hai scelto
una facoltà così difficile come medicina.”
“Lo so, ma ci sarò sempre per te.”
Gli dissi dolcemente osservando il suo profilo mentre guidava. Le sue labbra
s’incresparono in un debole sorriso che svanì subito per lasciare spazio ad una
sommessa espressione malinconica.
“Mi mancherai.”
“Anche tu. Più di quanto creda.”
Non c’era altro che sincerità nelle mie parole.
Mi cinse le spalle con un braccio,
mentre con l’altra mano teneva il volante. Rimanemmo in silenzio fino
all’arrivo in aeroporto. Non c’era bisogno di dire nulla di più.
“E Vedi di non perderti a
Seattle..” scherzò una volta giunti sfiorandomi il naso con la punta
dell’indice. Gli feci la linguaccia e lui assunse una delle sue solite buffe
espressioni. Risi.
“Sta per partire il volo delle
16,30 diretto a Seattle. L’arrivo è previsto per le 17,15.” Annunciò una voce
all’autoparlante.
“E’ il mio. Devo andare.” Dissi in
un soffio. Lui mi abbracciò forte, stritolandomi nella sua stretta d’acciaio.
“Ahi, Jake, soffoco!” mi lamentai
ridendo.
“Ammettilo, ci voleva proprio uno
dei miei abbracci” disse scherzoso.
“Come no, sono l’ideale se hai
intenzione di morire stritolato!” contestai massaggiandomi il collo.
Rise. Poi si avvicinò di nuovo, ma
questa volta non per abbracciarmi. Riconobbi quello sguardo, dolce,
sensuale e
protettivo allo stesso tempo.
Strofinò una ciocca dei miei capelli fra le dita,
avvicinandosela al naso.
“mmm…”mugugnò “ la cosa che mi
mancherà di più sarà proprio il tuo
profumo…”mi
sussurrò all’orecchio . Avvampai di calore, e il cuore
iniziò a tamburellarmi
nel petto mentre sentivo il soffio della sua voce solleticarmi la
pelle. Ad un
tratto avvertii il calore delle sue labbra sulla mia guancia. Non
reagii, non
questa volta, sebbene il cuore minacciasse di scoppiare da un momento
all’altro.
La scia del suo bacio ardente arrivò sino all’angolo della
mia bocca e, poi, su
di essa. Un bacio lieve delicato…. Veloce. Troppo veloce.
“ Mi ritengo soddisfatto” mormorò
scostandosi di poco “ lo considero un grande passo in avanti.” Non sapevo se
stesse ironizzando o dicesse sul serio. Sta di fatto che non potei far altro
che regalargli un tenue sorriso.
“Ciao” dissi prima di andarmene.
“ A presto…”rispose con un no so che di malizia nello sguardo.
Presi la mia borsa e iniziai ad incamminarmi
verso il gate. Mentre procedevo lentamente per non rischiare di inciampare con
tutta la valigia, pensavo. Pensavo che per la prima volta dopo tanto tempo non
mi ero sentita in colpa. Avevo accettato il bacio di Jacob senza esitare il
che, in due parole, significava che stavo guarendo, la profonda ferita che
aveva squarciato il mio cuore si stava pian piano rimarginando. Forse avrei
dimenticato. Forse non avrei più avuto la sensazione di tradirlo.
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Capitolo 4 *** Capitolo IV ***
doc5
Amore mi squassa
La mente, come vento che su un
monte piomba tra le querce.
-Saffo-
Mi affacciai alla finestra. Scostai
di poco la tenda per sbirciare il mondo là fuori: era addormentato, solo
qualche debole luce si scorgeva. La luna risplendeva alta nel cielo. L’ammirai.
La bianca luna, candida, dolce…. Come lei. Scossi la testa. Come potevo
dimenticarla? Eppure tutti i grattacieli della città, così alti così maestosi,
tentavano di arrivare a lei, alla luna, magari per soffiarle un bacio, per essere
illuminati dalla sua luce. Io invece no, avevo smesso da tempo di protendermi
verso di lei. Non l’avrei più cercata. Ma il suo ricordo, quello, non mi
avrebbe mai abbandonato e, come un illuso, nutrivo ancora delle speranze.
Speravo di poterla rivedere un giorno, scorgere il suo sorriso, finalmente
felice, serena, così il mio sacrificio non sarebbe stato vano. Magari aveva già
trovato qualcuno da amare e da cui poter essere amata senza pericoli, senza
condizioni. Rabbrividii al pensiero di lei accanto a qualcun altro che non
fossi io.
La città pareva immensa: dal nostro
appartamento, dove c’eravamo appena trasferiti, la si poteva ammirare in tutta
la sua imponenza. Ne avevo viste di migliori, certo, ma quella sera possedeva
quel non so che di magico, un’atmosfera ovattata la proteggeva, come se fosse
vittima d’ un incantesimo.
“Edward sbrigati, si va a caccia”
Alice era là sulla porta della mia stanza che mi attendeva.
“Eccomi… arrivo” farfugliai, come
se la sua voce mi avesse destato all’improvviso da un sogno.
Lei sospirò, comprensiva. Forse
poteva solo immaginare in che modo il mio amore per lei mi sconvolgesse ancora
il cuore, un cuore che aveva ripreso a battere, e che ora si era fermato. Per
sempre.
Il sole era appena sorto a Seattle.
Lo intuivo dalle strisce di luce che filtravano nella mia stanza dalle
tapparelle abbassate. Non riuscivo a dormire, quella notte l’avevo trascorsa
insonne. E non solo perché colei con cui condividevo la camera, una piccola e
graziosa fanciulla, russava come un trombone, ma anche perché non facevo altro
che ritornare con la mente al giorno prima. Jacob mi aveva baciata. Non potevo
non ripensare alle sue labbra, così calde e morbide, al suo tocco, così
delicato, ma deciso al contempo. Chiusi gli occhi sorridendo tra me e me. Tra
pochi minuti la sveglia avrebbe dato il via al suo rumore assordante e così,
avrei iniziato il mio primo giorno di Università. Notai con disappunto di
essere piuttosto agitata, speravo soltanto di non fare una delle mie solite
figuracce, e soprattutto, di non incespicare nei miei stessi piedi. Sbuffai al
pensiero che fra poco mi sarei dovuta alzare. Avrei preferito rimanere lì, sola
con i miei pensieri, immaginando ancora le labbra di Jacob…. e scacciando dalla
mente il volto di Edward.
Volevo ringraziare chi ha recensito la mia ff:
algin91: grassie:* Cmq per sapere se edxbella o jakexbella... ti consiglio di continuare a leggere, non svelo nulla:P
sky_eyes-vampire:
grazie anche a te:) Già, forse Bella avrebbe scelto Jacob, ma
chissà, tutto può succedere...
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Capitolo 5 *** Capitolo V ***
doc4
Salve
a tutti! Ecco a voi il quinto capitolo (l'ho modificato un pò),
spero vi piaccia, attendo vostri commenti, belli e brutti!
P.s
Nel secondo capitolo ho aggiunto le parole di una canzone (Near to you)
che mi ha dato lo spunto per scrivere questa fan- fic, vi consiglio di
ascoltarla perchè è stupenda, sembra fatta apposta per
New Moon!
“Jacob, lo senti?” una voce nella mia mente. Era Quil.
“Si, è molto forte” semplicemente pensai, ma sapevo che gli
altri avrebbero sentito. Annusai ancora l’aria, carica di quel disgustoso odore
dolciastro. Un vampiro.
Era trascorso un mese da quando Bella aveva lasciato Forks,
e da allora il numero delle persone scomparse non aveva fatto altro che
aumentare: sparivano misteriosamente nella foresta, come se venissero attirate
da qualcosa e poi… puff, svanivano come nuvole di fumo. Non erano state
individuate nè indizi, nè tracce, nè piste da seguire. Nulla. Soltanto quel
giorno Embry aveva avvertito qualcosa: quell’odore, fresco, come se il
ricercato in questione fosse passato di lì da non molto. Stavamo seguendo quella scia da ore ormai, ma
la ricerca non aveva prodotto risultati positivi. Tra l’altro l’odore stava
iniziando a confondersi con quello della pioggia.
“E’ meglio rientrare” pensò Sam.
“Ma Sam..” provai a replicare, riflettendo solo sulla
risposta.
“Jacob per ora non possiamo fare più nulla. E’ da ora che
continuiamo a girare in tondo, stiamo soltanto perdendo tempo. Piuttosto,
vediamo se in città hanno qualche novità.”
“va bene, come vuoi…” pensai rassegnato. Il branco si mosse
in simultanea. Cominciammo a correre alla testa di Sam, le orecchie ancora
tese, pronte a cogliere un qualche rumore, la vista, accresciutasi notevolmente
dopo la trasformazione, ancora attenta, a scorgere il minimo movimento. Ma
nemmeno durante il viaggio di ritorno notammo nulla. Ero seriamente preoccupato,
soprattutto perché da qualche giorno continuavamo a percepire l’odore del succhiasangue
anche in prossimità della casa di Charlie. Per proteggerlo da ogni eventuale
attacco, Billy aveva ritenuto opportuno invitare l’amico a casa nostra per un
pò con la scusa di voler vedere insieme con lui le finali di baseball in
televisione. Cosa voleva quel mostro da Charlie? Vi era una sola risposta che
da tempo continuava a ronzarmi nella mente: Bella. La stavano cercando, e, cosa
ancora più snervante, non riuscivo a capire per quale motivo. Avevo pensato che
potesse trattarsi di uno dei Cullen, ma che bisogno aveva di nascondersi? E poi
loro non sia astenevano dal nutrirsi di esseri umani? No, doveva trattarsi di
qualcuno di ben più…pericoloso.
Comunque fosse, non avevo intenzione di mettere Bella al
corrente della situazione, le avrei solamente destato ulteriori preoccupazioni.
Era già abbastanza stressata, e non volevo turbarla proprio ora che stava
cercando di ritrovare un po’ di serenità mentale. Speravo davvero che saremmo
riusciti a trovare quel maledetto vampiro e toglierlo di mezzo una volta per
tutte.
“Jake rilassati, ci stai facendo impazzire…” nella mia testa
echeggiò la voce di Embry.
“ Vedrai che presto la questione potrà dichiararsi chiusa,
amico. Riusciremo a trovarlo, dobbiamo solo tenere gli occhi aperti. Non potrà sfuggirci
in eterno, prima o poi uscirà allo scoperto.” Cercò d’incoraggiarmi Sam.
Annuii. Cercai di prestare fede alle parole,anzi ai
pensieri, del lupo al mio fianco, ma, in realtà, avevo un brutto presentimento.
Qualcosa mi diceva che sarebbe accaduto qualcosa di terribile….e che Bella era
in pericolo.
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Capitolo 6 *** Capitolo VI ***
doc7
Postato anche il sesto capitolo^^
Aspetto vostri commenti, un kiss:)
Mangiucchiavo nervosa l’estremità della penna mentre
riflettevo sulla risposta. Alzai lo sguardo dal foglio lasciando che gli occhi
vagassero nell’aula dove una trentina di studenti, alcuni più audaci, altri più
esitanti, tentavano di rispondere ai quesiti che ci erano stati posti. Mi tremava la mano a causa della tensione che
cresceva sempre di più ogni volta che le lancette dell’orologio a muro
segnavano lo scorrere dei minuti. Non ero intenzionata a rassegnarmi però.
Avrei finito quel compito, consegnato il mio foglio e superato l’ennesima prova
contro me stessa. Ero convinta di potercela fare, avevo studiato abbastanza da
ritenermi sufficientemente pronta. Non avrei lasciato che l’agitazione
prendesse il sopravvento. Alcuni degli allievi presenti si erano già
rassegnati, altri sbuffavano in preda al nervosismo, altri ancora erano
concentratissimi e scrivevano ad una velocità pari a quella di un…di un
vampiro. Mi sorpresi: come facevo a pensare ad una cosa del genere in un
momento così importante? ogni singolo secondo era prezioso e doveva essere
sfruttato al meglio, non potevo concedermi altre distrazioni. Posai di nuovo
gli occhi sui quesiti dopo aver dato un’ultima occhiata all’orologio.
Recuperata la dovuta attenzione cominciai a scrivere. Riuscii a terminare
proprio sullo scadere del tempo. Tirai un sospiro di sollievo. Il grosso
l’avevo fatto. Ora non restava altro che logorarmi nell’attesa dell’arrivo dei
risultati. Quale sarebbe stato il responso? Ero abbastanza certa dell’aver
risposto correttamente alle domande, ma non avevo intenzione di illudermi. A
quel punto potevo solo sperare. Recuperai la mia borsa ed uscii in fretta dall’aula,
lasciandomi alle spalle il clima di tensione che aleggiava ancora all’interno
come nebbia.
“Bella!” gridò una voce alle mie spalle. Una ragazzetta dai
capelli biondi correva verso di me. Era la mia compagna di stanza, Diana.
Simpatica, anche se troppo esuberante a volte.
“Allora, com’è andata?” mi domando impaziente.
“Spero bene, ero agitatissima, questo è il mio primo
esame…”le dissi.
“Lo so, lo so, ti capisco, vedrai che tutto andrà per il
meglio.” “Vieni a pranzo con me?”mi chiese.
Non avevo molta fame in realtà, ma non avevo nemmeno
intenzione di rimanere da sola. Da quando non vedevo più Jacob, mi ero dedicata
ad una serie di attività oltre allo studio pur di tenere occupata la mente.
“Certo, andiamo” risposi con finto entusiasmo. Per fortuna
Diana era una di quelle che quando iniziava a parlare era impossibile
interromperla, sembrava che non riprendesse nemmeno fiato, il che era un bene
dato che io personalmente non avevo né desiderio nè il bisogno di abbandonarmi
alle chiacchiere. Ero attenta alle sue parole quel tanto che bastava per
rispondere di si o di no oppure per pronunciare un enfatico “maddai!” quando
l’occasione lo richiedeva. Incredibile quanto quella ragazza mi ricordasse
Jessica, non era forse una sua sorella nascosta o una qualche lontana parente? Se
fosse stato così la cosa non mi avrebbe stupito più di tanto. Ci sedemmo ad u
tavolo all’angolo della sala mensa dopo aver riempito i nostri vassoi.
“Capisci Bella? Prima mi chiede di uscire e poi che fa?
Rimanda l’appuntamento a causa di non so quale impegno e il giorno dopo lo vedo
in giro a passeggio con la sua ex! Ma ti rendi conto???”
“Maddai!” esclamai fingendomi allibita. Ad un certo punto il
cellulare cominciò a squillare. Lo trovai qualche secondo dopo, seppellito nel
caos più totale che regnava nella mia borsa. Feci appena in tempo a rispondere.
“Pronto?”
“Ma quanto ci metti? Sei più lenta di una tartaruga col mal
di pancia!”
“ Jacob!” quasi gridai, felicissima di sentire di nuovo la
sua voce. Feci cenno a Diana di aspettarmi mentre mi allontanavo per poter
parlare più tranquillamente con lui, lontano da orecchie indiscrete. “Ma
dov’eri finito? Ho provato a chiamarti, ma il tuo cellulare era sempre staccato
e per più di due volte ho incaricato Billy di dirti che ti avevo cercato,
speravo che mi telefonassi, e invece niente!” lo rimproverai.
“ Oh, deve essersene sicuramente dimenticato, non mi ha
riferito nulla…scusami se ti ho fatta stare in pensiero, ho avuto un po’ da
fare in questi giorni.”
“Non preoccuparti. Piuttosto, come vanno le cose a Forks?
Mio padre mi ha detto che ci sono stati dei problemi, ma non è voluto scendere
nei particolari…E’ accaduto qualcosa di grave?” lo sentii esitare dall’altra
parte della cornetta, poi finalmente rispose. “No, no, stai tranquilla…”. Era
chiaro che stesse cercando di nascondermi qualcosa.
“Jacob non mentirmi, non sei bravo a farlo e lo sai….” Lo
ammonii. Non sopportavo che mi raccontasse fandonie, anche quando lo faceva per
proteggermi.
“Te l’ho detto Bella, non è successo nulla…si, c’è stato
qualche piccolo inconveniente, problemi di… sicurezza, sai….ma ora è tutto
risolto, se n’è occupata la polizia…”
Aprii bocca per ribattere, ma prima che potessi emettere un
qualunque suono parlò lui: “Perché non vieni fuori in cortile? C’è un così bel
sole stamattina….”all’inizio non capii quello che stesse dicendo, poi però
colsi il significato delle sue parole. Ero un po’ lenta di comprendonio in quel
periodo, colpa del troppo studio forse.
“Oh, Jake!” Chiusi immediatamente il cellulare riponendolo
nella tasca dei jeans e con un sorriso a 32 denti mi avviai verso l’uscita. Lui
era lì, di spalle, la testa rivolta in alto ad ammirare il cielo terso, le mani
in tasca. Cominciai a correre facendo attenzione a non inciampare e lo
abbracciai da dietro saltandogli praticamente addosso.
“Jacob!” gli urlai nell’orecchio in preda alla gioia. Mi era
mancato. Eccome se mi era mancato.
“Ma sei impazzita?” mi domandò ridendo. “Cosa ne hai fatto
della mia Bella, quella timida e sempre addormentata?” mi provocò scherzoso.
Gli tirai uno scappellotto dietro la nuca, nonostante fossi consapevole che non
gli avrei nemmeno fatto il solletico.
“Che scemo che sei!” dissi ridendo mentre allentavo la presa
per permettergli di voltarsi verso di me.
Sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi prima di accarezzarmi
tenero la guancia. Posai la mia mano sulla sua stringendola appena e per un
secondo interminabile ci guardammo negli occhi, felici entrambi di esserci
ritrovati, come se fossimo stati lontani per anni, anziché per tre brevi mesi.
Poi mi abbracciò ispirando a fondo il profumo dei miei capelli mentre con un braccio mi stringeva la vita e con l’altro
mano mi solleticava la nuca. Poggiai la testa sul suo torace, caldo nonostante
la maglietta di cotone che lo copriva, cingendoli il collo con le braccia.
Potevo sentire chiaramente il battito del suo cuore. D’istinto alzai lo sguardo
incontrando subito i suoi occhi. Non ci volle molto perché le nostre labbra si
sfiorassero, ma esitammo entrambi prima di unirle, come se l’uno volesse
tentare l’altra. Alla fine però lasciai che la mia bocca aderisse alla sua.
Violente scosse elettriche mi attraversarono il corpo quando sentii la sua
lingua schiudermi le labbra, avida, prepotente. Ero abituata a ben altri baci,
più frettolosi, più delicati, più…timorosi. Quello che mi diede Jacob invece fu
un bacio lento, passionale, così ardente da mozzarmi il fiato e farmi girare la
testa.
“Devo…devo rientrare…” balbettai ancora con il respiro corto
quando mi staccai da lui.
“Va bene…” mi disse giocherellando con una ciocca dei miei
capelli. “Ci vediamo dopo allora, passo a prenderti io…” aggiunse prima di
baciarmi castamente sulle labbra. Poi si allontanò, sciogliendomi dalla sua
presa. Mi strinsi nelle braccia: l’assenza del calore emanato dal suo corpo mi
provocò brividi di freddo.
“Non vedo l’ora” mormorai tra me e me. Sulle mie labbra c’era
ancora il suo sapore.
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Capitolo 7 *** Capitolo VII ***
doc8
Eccovi il
settimo capitolo, anche se un pò in ritardo. L'ho partorito con
sofferenza, spero vi piaccia comunque, anche se potevo fare di meglio.
Prego in anticipo le anti-Jacob di
non uccidermi, dato che il cappy contiene qualcosa che non vi
farà molto piacere, comunque vi consolo dicendovi che nel
prossimo entrerà in scena Eddy, per cui non disperate...buona
lettura!
Finalmente la campanella che segnava la fine delle lezioni
suonò facendomi sobbalzare. Presi la borsa e mi affrettai ad uscire dall’aula.
L’unica cosa che desideravo era rivederlo, stare con lui, respirare il suo
profumo….
“Dove credi di andare signorina?” mi rimproverò
scherzosamente Diana in cui mi imbattei proprio davanti all’uscita.
“Scusami sono un po’ di fretta, devo andare….”
“Bene, ti accompagno…. Scommetto che ad aspettarti c’è…
aspetta com’è che si chiamava… Jacob, giusto?Sono proprio curiosa di
conoscerlo…” disse tutta eccitata.
“Se proprio ci tieni…” sibilai tra i denti. Ci dirigemmo nel
cortile antistante la scuola e, come promesso, lui era lì, occhiali da sole ed
espressione spavalda. Mi fece un sorriso non appena mi vide.
“Ma…è lui?” mi domandò Diana sconvolta strattonandomi per un
braccio.
“Ehm…si” le risposi.
“Accidenti….” Sembrava avesse appena visto la cosa più bella
della sua vita e non posso negare che la cosa mi compiacque molto.
“Ciao…” gli dissi non appena fui davanti a lui. “Ehm…ti
presento Diana, una mia amica….” Proseguii voltandomi verso di lei cercando di
non ridere della sua espressione imbambolata.
“Molto piacere…” fece Jacob con cortesia.
“P-piacere…” balbettò. Lui sorrise.
“Andiamo Bella?” disse poi guardandomi.
“Si… ciao Diana, ci vediamo stasera..”
L’unica cosa che riuscii a fare fu accennare una saluto con
la mano ancora a bocca aperta.
Jacob mi prese per mano e ci allontanammo come una
tranquilla coppia felice. Che strano, pensai tra me e me. Io e Jake. Insieme.
“Allora, dove vuoi che ti porti?” mi chiese lui.
“In nessun posto in particolare, basta che ci sia tu.”
Risposi ad occhi bassi non avendo il coraggio di guardarlo. Perché era sempre
così difficile per me esprimere le mie emozioni? Sentii il sangue colorarmi le
guance.
“Sei così carina quando arrossisci” mi sussurrò all’orecchio
facendomi trasalire.
“Quanto rimarrai?” domandai improvvisamente tanto per
spezzare il clima d’imbarazzo che si era venuto a creare. Almeno per me.
“Mmm… credo che mi avrai fra i piedi per circa…una
settimana” mi disse con tono falsamente vago.
“Una settimana?” chiesi incredula. “Un’intera
settimana?”ripetei cercando di contenere il mio entusiasmo. “E la scuola? E
Billy?”
“Billy se la caverà anche senza di me, e poi c’è tuo padre a
tenergli compagnia. Per la scuola…bè una vacanza posso anche concedermela. Non
c’è nessun motivo di preoccuparsi. Ora m’importa solo trascorrere con te questa
settimana, senza dividerti con nessuno. Sarai mia, e di nessun altro, chiaro?”
disse con scherzosa autorità.
“Certo, padrone” risposi ironica.
“Bene.”
Ci sedemmo su una panchina all’ombra di un grande faggio. Mi
fece accomodare sulle sue ginocchia e mi tenne stretta al suo petto, come fossi
una bambina. Dolcemente mi accarezzava i capelli. Rimanemmo in silenzio per un
po’, mentre con lo sguardo vagavo per il parco dove ci eravamo fermati. Era
tranquillo, silenzioso, di tanto in tanto si sentivano le risate spensierate di
qualche bambino. Le foglie degli alberi maestosi frusciavano lente mosse dal
vento, l’acqua di una fontana poco distante zampillava allegra mentre un gruppo
di piccoli passerotti si dissetava. La pace che regnava incontrastata in quel
luogo mi ricordò per un attimo Forks….e il nostro ultimo saluto.
Sarà come se non fossi mai esistito. Quelle parole
echeggiarono fastidiosamente nella mia mente. Scossi la testa come a scacciare
quell’orribile pensiero. Non avrei lasciato che la ferita che avevo medicato
con tanta cura si riaprisse di nuovo lacerandomi il cuore.
“Qualcosa non va?” mormorò Jacob avvertendo la mia
inquietudine. Chinò di poco la testa per sfiorarmi il collo. Il tocco delicato
delle sue labbra cocenti mi fece perdere la ragione per un istante.
“Baciami.” Gli ordinai volgendo la testa verso di lui e
circondandogli il collo con le braccia.
“Come siamo audaci stamattina…” scherzò. Mi strinse ancor di
più a se e obbedì senza esitare.
Tale brama d’amore
che nel mio cuore si è insinuata
versò sui miei occhi densa nebbia
rubando dal petto l’anima fragile.
-Archiloco-
Sei giorni trascorsero in un soffio. L’indomani sera io e
Jacob saremmo ritornati a Forks per le feste di Natale. Era il 23 Dicembre.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Il mio… ragazzo ( non riuscivo ancora a riferirmi a Jake
chiamandolo in quel modo), mi aveva detto di aver preparato qualcosa di
speciale, una sorpresa, nonostante sapesse quanto io le odiassi, le sorprese.
Comunque, dopo avermi bendata, mi prese per mano e mi condusse fuori dalla mia
stanza. Mi sentivo davvero una stupida a farmi guidare da Jacob per la strada,
potevo avvertire gli occhi curiosi della gente puntati su di me. Ridevo.
Nonostante tutto ero felice. Compresi che eravamo giunti alla stazione della
metropolitana dal rumore assordante delle ruote che sfrecciavano sulle rotaie e
dal suono stridulo degli sportelloni che si aprivano per permettere alla folla
sempre numerosa di persone di entrare oppure di fare scalo alla fermata. Jacob
mi passò un braccio attorno alla vita per sostenermi mentre salivamo sul treno.
“Ma dove mi stai portando?” chiesi impaziente di sentire la
sua risposta.
“Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa…”
Lo sapevo. Sbuffai incrociando le braccia al petto. La
tentazione di togliermi quella fastidiosa benda scura dagli occhi era forte,ma
non lo feci. Non volevo rovinare tutto.
“Su, ancora un po’ di pazienza..” mi disse lui divertito
dalla mia reazione.
Dopo una buona mezz’ora
giungemmo a quella che pareva essere la nostra meta.
“Resta qui” mi comandò mentre si allontanava. Cosa diavolo
aveva in mente? Intorno a me udivo solo il chiacchiericcio della gente e il
rumore tipico delle posate e quello dei bicchieri che si toccavano tra loro per
il brindisi, come se fossimo all’interno di un ristorante o qualcosa del
genere. In men che non si dica Jacob era di nuovo al mio fianco.
“Jake, ma dove…”
“Sssh” m’interruppe lui.
Dedussi che ci stavamo allontanando da quel luogo dato che la confusione
che avevo avvertito prima tendeva ad attenuarsi pian piano. Salimmo su quello
che mi parse una ascensore e poi udii una chiave girare nella toppa. Il
silenzio di quel luogo mi fece quasi paura.
“Pronta?” mi domandò Jacob con entusiasmo e, prima che
potessi rispondere, mi liberò della benda. Quello che vidi fu una graziosa
camera d’albergo quasi interamente immersa nel buio se non fosse stato per due
candele posizionate al centro di un tavolino apparecchiato sontuosamente che
con la loro luce le conferivano un’atmosfera romantica. Dalla finestra si
poteva ammirare lo spettacolo della città illuminata. Mi voltai sorridente
verso di lui.
“Hai fatto tutto questo per me?”
“Mmm, no, in realtà sto aspettando Angelina Jolie, ma se
desideri farmi compagnia fino al suo arrivo….”
“Stupido.”mi avvicinai lentamente sfiorandogli le labbra.
“Grazie.” Mormorai.
Quella sera mi cibai più dei suoi baci che delle invitanti
portate che lui aveva ordinato per noi.
Poi accadde.
Mi adagiò delicatamente sul letto mentre mi baciava senza
darmi il tempo di riprendere fiato. Le sue mani mi accarezzavano i fianchi
sollevandomi la maglietta e la sua bocca fu sulla mia pancia, sui miei seni,
sul mio collo, e di nuovo sulle mie labbra. Mi percorse tutto il corpo
lasciandomi una scia infuocata che mi bruciava la pelle. Ero inerme, totalmente
in balia di lui quando gli accarezzavo le spalle nude inarcando la schiena, scossa
dal desiderio che avevo del suo corpo. Cercai, maldestra, di slacciargli i
pantaloni. Lo sentii sorridere impegnato a baciarmi il collo mentre armeggiavo
con la sua cintura. Le sue dita si muovevano avide sulla mia schiena
soffermandosi sull’allacciatura del reggiseno che, in un attimo, riuscì a
togliermi. Quasi totalmente nuda davanti a lui provai imbarazzo, ma cercai di
non farci caso e di concentrarmi sui battiti del mio cuore che si stavano
facendo sempre più frenetici. Jacob mi bloccò i polsi rendendomi impossibile
ogni movimento mentre esplorava ancora una volta il mio corpo con le labbra
sino ad arrivare all’elastico delle mutandine in pizzo, l’unico indumento che
avevo ancora addosso. Con maestria riuscii a sfilarmele con i denti e fu allora
che mi lasciai sfuggire un gemito. Il mio respiro diventava sempre più
irregolare mentre mi baciava con foga muovendosi su di me con attenzione, per
non rischiare di opprimermi con il suo peso. La mia mente era completamente
svuotata, non riuscivo più a pensare a nulla se non al piacere che attraversava
ogni centimetro del mio corpo, stesa sotto il suo, bollente…finchè non fu
dentro di me. Mi aggrappai a lui, tesa come una corda di violino a causa del
dolore momentaneo che provai.
“Ti amo.” Mi sussurrò all’orecchio mentre ci portava
entrambi al culmine. Chiusi gli occhi e sorrisi. Lo avevo sempre saputo, ma non
me lo aveva mai confessato.
“Anch’io.” Dal canto mio, invece, me ne resi conto solo in
quel momento, sebbene fossi consapevole che l’amore che provavo per lui non
avrebbe mai eguagliato quello che mi aveva tenuta legata al mio Edward.
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Capitolo 8 *** Capitolo VIII ***
doc9
Saaalve!Eccomi
con l'ottavo cappy, questa volta il protagonista sarà Edward,
come promesso...Commentate e ditemi cosa ne pensate, un bacio a tutti!
“Edward ben tornato!” esclamò Carlisle non appena varcai la
soglia di casa. Alice ed Emmett lo seguirono a ruota: entrambi avevano stampata
sul volto l’espressione tipica di chi la sapeva lunga. Per di più era evidente
che stavano tentando di rendermi impossibile leggere nella loro mente.
“Si, si, ben tornato Ed!” cinguettò Alice tutta eccitata.
“Volete spiegarmi cosa succede? Perchè quelle facce?”
domandai senza tanti preamboli.
“Su Carlisle, cosa aspetti?” lo incitò Emmett, come se
avesse da dirmi qualcosa di importante.
“Vieni con me, Edward.”disse infine mio padre circondandomi
le spalle con il braccio. Sul suo viso un espressione compiaciuta.
“Carlisle….dove stiamo andando?”
“In garage.” dichiarò come se la risposta fosse ovvia. A
quel punto iniziai a capire.
“ Vuoi dirmi che…”
“ Aspetta e vedrai” fece lui prima che potessi proseguire.
Ciò che vidi una volta arrivati fu quella che pareva una
macchina nascosta sotto un telo bianco.
“A te l’onore” mi disse sorridendo incrociando le braccia al
petto.
Con calcolata lentezza sfiorai con la punta delle dita la
coperta e, dopo aver lanciato un’occhiata d’intesa a Carlisle, la lasciai
cadere con fare teatrale. Ciò che mi apparve davanti agli occhi fu una
meravigliosa auto sportiva. Ne accarezzai con gli occhi le curve sinuose
ammirando i riflessi lucidi sulla vernice rossa.
“Una Corvette C6” m’informò Carlisle.
“Lo vedo….non dovevi….” Lo ammonii lanciandogli uno sguardo
di rimprovero.
“Perché no? La desideravi così tanto… E’ forse sbagliato che
un padre tenti di rendere felice il proprio figlio?” La domanda era retorica
ovviamente, nonostante si avvertisse nella sua voce la consapevolezza che non
mi avrebbe più visto sorridere come prima. La mia luce si era affievolita di
nuovo due anni fa.
“ Grazie papà, davvero….” Lo abbracciai, pieno di
gratitudine.
“I motori aspettano solo di essere scaldati…” disse poi
porgendomi le chiavi.
“Non dovrei fare tardi, giusto un giro di prova...”
Carlisle annuì mentre mi vedeva impugnare saldamente il
volante. Partii a tutta velocità, melodia il feroce rombo del motore alle mie
orecchie. Una volta raggiunte le strade trafficate della città dovetti
rallentare mio malgrado immettendomi nel traffico. Odiavo non poter sfruttare
al massimo la potenza dalla mia nuova auto. Abbassai il finestrino rimpiazzando
lo spazio vuoto dello sportello poggiandoci il braccio. Il vento mi spettinava
i capelli. Mi soffermai a guardare le
luci, le decorazioni, i festoni con cui Seattle era stata abbellita in
occasione dell’imminente giorno di Natale. Vischi, abeti, palline colorate,
fiocchi rossi… tutto sembrava perfetto, persino la persone che camminavano sul marciapiede,
che attendevano alla fermata dell’autobus, che si gustavano un gelato o un
caffè al bar, erano allegre, sorridenti… spensierate. Non una nota di
malinconia in quell’idillico quadretto
di vita. Finalmente la luce verde del semaforo lampeggiò ed io spinsi appena l’accelleratore
per non rischiare che l’auto schizzasse via sull’asfalto procedendo sempre
troppo lentamente per i miei gusti. Imbottigliato
nel traffico, non mi restava altro che attendere che la fila di macchine
fluisse. Mi trovavo in prossimità dell’Università di medicina quando lo
riconobbi fra mille: mi aveva tentato come nessun altro i primi tempi, mi aveva
costretto a combattere contro la mia stessa natura, mi aveva inebriato, ne ero completamente
assuefatto: il suo profumo. Non era possibile, non poteva essere. No. D’istinto
passai in rassegna qualsiasi volto mi capitasse davanti, ne esaminavo con cura
ogni dettaglio, con ansia, con desiderio, con speranza, una speranza che, in
fondo, non si era mai estinta, la cui presenza aveva continuato a persistere
tacita in me. Poi la vidi: la schiena poggiata contro il tronco di un albero
nel cortile della scuola, le ginocchia piegate al petto, le cuffie nelle
orecchie. Accostai parcheggiando la Corvette a pochi metri da lei. Avrei tanto
voluto abbracciarla, sentire il calore del suo corpo, l’odore dei suoi capelli,
della sua pelle, vederla di nuovo arrossire in viso…solo per me. Avrei tanto
voluto che fosse ancora mia. Cosa avevo fatto? Perché mi ero allontanato dalla
mia unica ragione di vita, l’unico motivo per cui la mia esistenza non mi era
parsa più così insulsa? Lei non si accorse della mia presenza, era come se
fosse assente, se col pensiero si trovasse altrove. Inorridii quando constatai
che non riuscivo più ad interpretare i suoi gesti, i suoi sguardi, i suoi occhi…
come se niente di lei mi appartenesse più. La scrutai in volto: sembrava…felice.
Mi sentii come se la terra venisse a mancarmi sotto i piedi, come se fossi un
naufrago sballottato qua e là dal mare in tempesta, pronto ad inghiottirmi in
un’immensa voragine: Perché? Perché non sta soffrendo come me? Perché mi pare che
la sua mente sia così lontana dal mio ricordo, dal ricordo di noi? Ha forse dimenticato? Sono diventato solo un
fantasma del passato per lei, un incidente di percorso che è stato meglio
cancellare dalla memoria? Scossi violentemente la testa. Solo dopo qualche
minuto mi accorsi di quanto potessi essere sciocco: ero stato io ad
abbandonarla. Ero stato io a dirle di continuare la sua vita come se non fossi
mai esistito. Ero stato io il primo a farle promettere che mi avrebbe
dimenticato. Illuso. Egoista. Come potevo pensare quelle cose? Mi stavo
chiedendo il perché non vedessi più in lei alcun segno di dolore…. non era la
sua felicità che avevo sempre voluto? D’altronde come potevo pretendere tanto
da me stesso? Ero solo un mostro, un demone penetrato nella sua vita per succhiargliela
via nel peggiore dei modi. Una vita che, forse, lei aveva ricostruito pezzo per
pezzo, dopo che io, con la mia stupidità, avevo fatto crollare il suo castello
di certezze. Che confusione. Mi nascosi il viso tra le mani distogliendo i miei
occhi dalla vista di lei. Il mio amore. Lo avevo fatto per proteggerla. Lo
sapevo. Sapevo che l’unica soluzione per allontanarla dal pericolo di me stesso,
della mia natura, del mio mondo, era quello di farle del male andandomene,
scomparendo per sempre dalla sua vita. Tornai ad ammirarla come se volessi
imprimermi per un ultima volta nella mente ogni singolo dettaglio del suo
corpo: i suoi occhi,così innocenti, disarmanti per la loro profondità, il suo
sorriso, limpido e sincero, le sue labbra, ricordai, calde, morbide, così
bramose d’un mio bacio. Si stava preparando ad andarsene. Ripose l’MP3 nella
borsa e sia alzò da terra. Alzai il
finestrino per impedirle di scorgermi, ma lei, dopo aver mosso alcuni passi,
come se avesse avvertito la mia presenza, si voltò per un istante. Poi riprese
a camminare verso il portone d’ingresso della scuola, lo zaino in spalla,
alcuni libri stretti al petto, il passo incerto. Lottai contro il desiderio di
aprire lo sportello e correrle incontro, cingerle la vita con un braccio come
facevo di solito e vederla sorridere, perdermi nell’intensità del suoi occhi. Eppure
qualcosa era cambiato in lei, questo l’avevo avvertito. Nel mio inconscio,
probabilmente, avevo già intuito che il suo cuore non batteva più per me, e non
sarebbe tornato mai a farlo. Mi concessi di accompagnarla con lo sguardo un’ultima
volta prima di ingranare la marcia e ripartire. Era giusto così. Ma cos’ero più
io senza di lei?
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Capitolo 9 *** Capitolo IX ***
doc10
Questo cap contiene un piccolo insignificante colpo di scena, spero sia di vostro gradimento...Leggete numerosi!
Ringrazio poi Clodina85, Princesseelisil e Sky_Eyes_Vampire che non
mancano mai di commentare i miei capitoli, un bacione a tutte e tre!
Approposito... vedete lì sotto quella adorabile scritta blu
"Vuoi inserire una recensione?" Perchè non sprecate un pò
delle vostre energie per cliccarci su? Ve ne sarei davvero grata!:D
Esigo commenti, belli e brutti! :P
Accesi la radio e mi sintonizzai sulla mia frequenza
preferita. Mentre ascoltavo la musica mi accinsi a preparare la valigia. Avrei
fatto ritorno a Forks quella sera stessa per Natale. Non vedevo l’ora di
riabbracciare Charlie. Jacob mi aveva detto che avremmo festeggiato assieme ai
Quileute e che a noi si sarebbero uniti anche la mamma e Phil. Ero felice, come
non lo ero mai stata in quegli ultimi due anni. Jake mi sarebbe passato a
prendere di lì a poco, era ritornato in albergo per prendere le ultime cose.
“Allora Buon Natale Bella.” Mi disse Diana abbracciandomi.
“Anche a te.” Le sorrisi mentre varcava la soglia
trascinando la sua valigia. Mi fece la linguaccia prima di sparire
definitivamente dietro l’angolo. Scossi la testa. Era sempre la solita. Chiusi
la porta e ripresi a piegare i pochi vestiti che avevo intenzione di portarmi
dietro. Gli impilai ordinatamente sulla sedia prima di andare in bagno e
immergermi nella vasca. L’acqua era calda, un piacevole rimedio per sconfiggere
il freddo e la pesantezza dell’inverno. Mi lavai con cura respirando il dolce
profumo del mio insostituibile shampoo alla fragola e trastullandomi fra la
schiuma che mia accarezzava la pelle ricoprendomi interamente. Misi le mani a
coppa per soffiare via una bolla di sapone. La vidi volteggiare nell’aria,
libera, leggera, e poi scomparire in una cascata di tante piccole goccioline.
Mi ero dissolta come quella bolla quando… lui se n’era andato. Non ero più nulla,
la mia anima era stata frantumata, disintegrata…. cancellata, come se non fosse
mai esistita. Ma poi ho avuto il coraggio di ricomporne i pezzi, per quanto
potessero essere minuscoli, li avevo legati insieme alla buona, annodati con un
filo sottile, quasi invisibile, tessuto con pazienza. E Jacob mia aveva
aiutata. Non avrei mai smesso di essergli grata. L’amore che provavo nei suoi
confronti era semplice gratitudine? Era solo questo? Lo stavo illudendo? Me ne
stavo servendo per dimenticare, per allontanare da me il passato di una vita
che non mi apparteneva più? I dubbi continuavano ad assalirmi giorno per giorno,
divorando gli attimi in cui ridevo con lui, in cui ci baciavamo, in cui mi
ripeteva che non mi avrebbe abbandonata mai. Solitamente evitavo di pensare, e
mi limitavo semplicemente a ripetermi che era lui la cosa che più desideravo al
mondo, non me la sarei lasciata scappare per inseguire un sogno vano, una
speranza che, nonostante tutto, avrei sempre tenuto accesa nel mio cuore. Non
avrei consumato quel poco d’amore che mi restava da donare. Eppure,
inconsciamente, attendevo ancora. Attendevo un momento che sapevo non sarebbe
arrivato. Nemmeno nei miei sogni. Quelli ormai li avevo spinti via, sostituiti
da un irrefrenabile bisogno di certezze, dal desiderio di vivere una realtà
concreta, sicura… e sapevo che avrei potuto farlo solo accanto al mio Jacob. Lui
mi avrebbe fatto riassaporare il gusto della felicità, senza farmi mai mancare
nulla, di questo ne ero certa. Allora perché di tanto in tanto non potevo fare
a meno di pensare a come sarebbe potuta essere la mia vita se solo lui avesse
capito che l’unico pericolo che correvo era quello di proseguire il mio cammino
senza il suo sostegno, senza la forza del suo amore? Ero caduta più e più
volte. Non c’era stato lui a sostenermi, ma Jacob. Non era stato lui ad
asciugare le mie lacrime e a cullarmi tra le sue braccia, era Jacob ad essermi
stato vicino. Avrei dovuto odiarlo, quel maledetto vampiro. Però non era odio
quello che coltivavo dentro di me, e non sarei riuscita a provarlo nemmeno se
me lo fossi imposta con tutte le mie forze. Mi ero arresa già da tempo. Avrei dovuto imparare
a convivere con il ricordo del nostro amore. Era radicato in me e non potevo
farci nulla. Niente lo avrebbe abbattuto. Nemmeno Jacob, nonostante fossi
innamorata di lui. Decisi di uscire dalla vasca e interrompere le mie sciocche
riflessioni. Mi asciugai e mi vestii in fretta, si era fatto tardi. Nel mentre
tentavo di dare un senso ai miei capelli qualcuno bussò alla porta. Ecco, lo
sapevo, Jacob era arrivato e lo avrei fatto aspettare, come sempre. Aveva
trascorso una vita ad aspettarmi, povero amore mio. Corsi ad aprire.
“Jake, scusami, mi servirà ancora qualche min….” le parole
mi morirono in bocca. Per quanto continuassi a respirare, l’aria che mi
penetrava nei polmoni era opprimente, insopportabile, come se mille lame di
fuoco mi stessero lacerando il corpo. Il
mio cuore riprese a sanguinare, il sottile filo con cui era stato ricucito si
era spezzato in meno di un secondo. Ardevo di dolore. Cominciai ad ansimare, l’ossigeno
era stato prosciugato del tutto. Tremavo, le gambe stavano per cedermi. La gola
era secca, arida. Stavo di nuovo precipitando. Tentavo di riemergere
riacquistando quel briciolo di determinazione che mi era rimasto, ma la
voragine che si era riaperta in me m’inghiottiva inesorabile. Le lacrime
cominciarono a sgorgare silenziose bruciando sulla pelle. Non riuscivo nemmeno
ad emettere un singhiozzo.
“Bella…” mormorò. Sentii la sua voce implorante. Quel suono,
così dolce e vellutato. Dio, quanto mi era mancato! Percorsi i tratti del suo
volto, sino a specchiarmi di nuovo nei suoi occhi d’ambra lucida.
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Capitolo 10 *** Capitolo X ***
doc11
Questo
capitolo l'avevo già scritto tempo fa, stavo aspettando il
momento giusto per inserirlo....nuovi pericoli si aggiungono a
complicare le cose... buona lettura!
Grazie ancora a Pincesseelisil e zefiri per aver commentato e a tutti
coloro che hanno aggiunto la mia fic tra i preferiti. Me commossa...
Il giorno prima….
Pesanti nuvole grigie addensavano il cielo di Forks a creare
una cortina impenetrabile. Un lampo illuminò per un breve secondo il profilo
delle nubi che continuavano a procedere lentamente. Tutt’intorno regnava un
greve silenzio, rotto solo dal lieve scroscio della pioggia. Un auto nera era
appostata davanti al negozio di articoli sportivi situato poco lontano dalla
cittadina. All’improvviso uno degli sportelli anteriori si aprì: fu una donna
dai capelli rossi e dalla bellezza sconvolgente ad uscire dalla macchina e
dirigersi, non priva di grazia e d’ innata velocità, verso il piccolo edificio
innanzi a lei . Senza esitare spinse la porta con delicatezza ed entrò. I suoi
occhi, neri come la pece, spaziavano curiosi ne luogo. Un sorriso maligno le
incurvò le labbra perfette dalla linea sinuosa.
“Posso esserle utile signorina?” domandò una voce alle sue
spalle.
La donna si voltò fulminea, lasciando fluire la bella chioma
rossa. Lo sguardo indagatore scrutava il volto del suo interlocutore: un
ragazzino biondo dall’espressione sveglia. Era lui. Ormai non aveva più dubbi.
Dopo settimane di ricerche era riuscita finalmente a trovare qualcuno che
potesse condurla a lei per chiudere definitivamente il conto in sospeso. Quelli
erano stati i due anni più tragici della sua lunga esistenza. Dopo la morte di
James non era stata capace di risollevarsi. Solo grazie ad un fortuito incontro
con Laurent, ritrovato dopo tanto tempo, aveva recuperato la forza per attuare
i piani di vendetta meditati nel corso del suo doloroso periodo di decadenza.
Ora non desiderava altro che porre fine all’insulsa vita di quella stupida
ragazzina e ripagare con la stessa moneta quel bastardo che aveva ucciso
l’amore della sua vita. James. L’avrebbe vendicato. Victoria si fece più vicina
a Mike misurando i movimenti. L’incedere era sensuale, gli occhi ammaliatori.
“In realtà…si” gli sussurrò in un soffio all’orecchio
facendolo quasi svenire.
“Dimmi una cosa…” la sua voce era tranquilla e melodiosa,
attraente come il canto d’una sirena “Sei tu Mike Newton?” con estrema lentezza
accarezzò con la punta delle dita gelide il volto del povero malcapitato. Un
brivido gli percorse la schiena facendolo trasalire.
“S-si..” rispose a fatica. Non aveva più nemmeno la
coscienza necessaria per formulare un pensiero che avesse senso.
“Bene…molto bene..” sibilò lei. “Conosci Isabella Swan?”gli
chiese in tono seducente.
Mike annuì. Sul viso perfetto di Victoria apparve un ghigno
non appena colse la risposta. “Sai dove si trova ora?” incalzò sempre con
estrema calma.
Lì per lì il ragazzo non ebbe la forza di rispondere. Teneva
gli occhi fissi su di lei, come incantato. La vampira lo stava manipolando con
grande abilità, in quel momento sarebbe riuscita anche a convincerlo a gettarsi
da un ponte. Poi lui parlò, esitante: Seattle… Frequenta l’U-università di
Admin-n-ton…” riuscì a dire.
Victoria non potè non trattenere una risata trionfante che
echeggiò come il dolce suono di un liuto nella stanza.
“Perfetto.” Aggiunse poi. “Sai, mi è venuta fame..” annunciò
accostandosi ancora a Mike. Ne percorse i tratti del viso con la lingua
facendolo impazzire, pregustando il delizioso bocconcino di cui si sarebbe
cibata fra poco. Inspirò a fondo l’odore del suo collo portandolo ad inclinare
appena il capo.
“Addio…” sussurrò con un ghigno. I canini della vampira
affondarono rapidi nella giugulare. Il sangue cominciò a fluire, caldo,
delizioso mentre il povero Mike si dimenava come una preda stretta nelle spire
di un serpente. Si contorceva tentando di liberarsi dalla morsa. Tutto inutile.
Non riusciva nemmeno ad emettere un gemito. La vista era annebbiata, i sensi
assopiti. Victoria lo lasciò cadere a terra terminato il suo pasto. Di lì a
poco sarebbe morto. Si stava pulendo soddisfatta la bocca ancora sporca di
sangue quando ad un tratto avvertì qualcosa nell’aria, uno strano odore. Le
orecchie della vampira captarono il rumore di movimenti lontani. Licantropi.
“Grrr…Maledizione!” sbottò infuriata. Uscì di corsa dal
negozio raggiungendo il più in fretta possibile l’auto nera parcheggiata poco
distante.
“Al diavolo quei cani! hanno fatto male i conti! Presto
sistemerò anche loro, lo giuro!” gridò con rabbia mentre metteva in moto l’auto
che si allontanò a tutta velocità. Doveva rintracciare Laurent e poi sarebbero
partiti. Glielo aveva promesso, avrebbero risolto la faccenda insieme.
Sam, Quil, Embry, Jared e Paul raggiunsero il negozio più in
fretta che poterono. Si trovavano nei pressi quando quell’odore dolciastro
venne percepito forte ed intenso dal loro acutissimo olfatto. Sfondarono il
vetro della porta d’ingresso ringhiando ferocemente. Non si trovava più lì. Era
fuggito. Ancora una volta. Sam individuò Mike agonizzante dietro il bancone.
Dopo essersi trasformato in forma umana prese a scuoterlo per le spalle.
“Mike, Mike!” urlò. Sapeva che non c’era più nulla da fare.
“B-Bella…” pronunciò il suo nome prima di esalare il suo
ultimo respiro. Sam lanciò un’occhiata disperata ai suoi compagni. Allora era
vero. Era lei che quel mostro stava cercando. Il licantropo lo stese a
interamente a terra chiudendogli gli occhi ancora sbarrati. Rimase un minuto in
silenzio, la testa abbassata, una preghiera mormorata a fior di labbra. Poi si
alzò.
“ Bisogna avvertire Jacob, subito... datemi un cellulare.” ordinò
Sam. Nessuno però osò muoversi, erano tutti ancora troppo sconvolti.
“Cosa state aspettando??” la sua voce era intrisa di rabbia
ed echeggiò forte in tutto l’edificio. Scagliò violentemente un pugno contro il
muro facendolo tremare.
“Merda!” gridò in preda alla collera.
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Capitolo 11 *** Capitolo XI ***
doc12
E
siamo all'undicesimo capitolo. E' il momento che Bella affronti
Edward... spero di aver reso bene il tormento dei pg e di non essere
stata troppo banale, fatemi sapere, un kiss a tutti!:)
Nella stanza si espansero veloci le note di un’altra canzone
riempiendo il silenzio che si era venuto a creare. Avevo dimenticato di
spegnere la radio. Ma il rumore era lontano anni luce, quasi non riuscii
nemmeno a rendermi conto del ticchettio della pioggia che aveva cominciato a
cadere proprio in quell’istante. Ci guardammo in un tempo che a me parve
infinito, scandito solo dal mio respiro che si faceva sempre più affannoso.
Dov’era finito l’ossigeno? Perché tutto stava cominciando a vorticare ai miei
occhi? Stavo per cedere, le forze stavano per abbandonarmi, quando lo sentii
chiamarmi ancora una volta. Era un miraggio? Un’ennesima allucinazione? Le
lacrime scendevano traditrici sul mio volto senza che io me ne accorgessi.
“E-edward…” Balbettai. Da quanto tempo non pronunciavo il
suo nome. Proprio in quel momento il dolore che dilaniava il mio cuore si fece
ancora più acuto. Nei suoi occhi dorati potevo leggere mille emozioni insieme:
frustrazione, paura, tristezza, gioia…. amore. Quanto adoravo quello sguardo,
in cui potevo leggere senza difficoltà, come se fossi l’unica a conoscerne il
codice d’accesso che mi permettesse di entrare nel profondo della sua anima. Dopo
aver chiuso la porta alle sue spalle mi abbracciò poggiandomi la testa sul suo
petto freddo. No, non era un sogno. Non questa volta. Ogni cellula del mio
corpo mi suggeriva di non muovermi, di restare ferma, lì, nella dolce prigione
delle sue braccia, a godere del contatto con la sua pelle gelida, della
freschezza del suo profumo che inspirai a fondo ponendo le mani sul suo torace.
Lui prese ad accarezzarmi i capelli. Il tocco delicato delle sue mani era così
piacevole, così familiare…. Piangevo in silenzio. Non sapevo nemmeno io cosa
pensare. Perché era tornato? Voleva farmi soffrire ancora? Non gli era bastato
farmi sentire come un fantasma su questa maledetta terra? Ma le domande me le
tenevo per me. Quell’attimo non sarebbe durato in eterno, e volevo viverlo
appieno prima che finisse.
“Mi dispiace… mi dispiace…”Continuava a sussurrarmi
all’orecchio la sua cantilena di scuse. Ma cosa me ne facevo io, delle sue
scuse? Cosa mi sarebbe rimasto quando avrebbe varcato di nuovo quella soglia
portandosi via il mio cuore? E Jacob? Cosa avrebbe pensato lui di me? Cosa
avrebbe fatto sentendosi illuso, tradito, messo da parte? Non potevo fargli
questo. Non lo meritava. Gli avevo promesso che non avrei più provato dolore a
causa sua. D’istinto lo allontanai divincolandomi dal suo abbraccio. Edward mi
guardò stupito. Forse si stava chiedendo il perché di quel mio gesto. Forse
credeva che sarei di nuovo caduta ai suoi piedi. Si sbagliava. Si sbagliava
eccome.
“ Perché sei qui?” gli domandai. Fredda, distaccata,
m’imponevo di mantenere le distanze il più possibile da lui nonostante dentro
di me ardesse il desiderio di rifugiarmi di nuovo tra le sue braccia.
Ciò che vidi innanzi ai miei occhi fu straziante: Edward
cadde in ginocchio, la testa tra le mani, singhiozzava senza versare una
lacrima. Il suo volto perfetto che persino un angelo avrebbe invidiato, quel
volto che s’illuminava ancor di più quando le sue labbra sinuose s’increspavano
in un incantevole sorriso, era deturpato dal dolore. Mi sentii persa. Non lo
avevo mai visto così. Fu un duro colpo, come se qualcuno mi avesse percosso con
un bastone sino allo sfinimento. Non ebbi il coraggio di guardarlo un attimo di
più. Mi voltai, i pugni stretti, gli occhi serrati ad impedire alle lacrime di
scorrere ancora, al grido seppellito nel mio animo di essere liberato.
“Bella…” iniziò a dire. La sua voce, che era stata sempre
ferma, rassicurante nella sua indescrivibile dolcezza, tremolava. No, angelo
mio. No.
“sono qui perché, da sciocco quale
sono, spero di avere ancora una possibilità…”s’interruppe per un secondo che mi
parve interminabile. Le sue parole riecheggiarono nella mia mente. Una
possibilità. Cercai
di coglierne il significato. Poi
proseguì con incertezza “ Qualche giorno fa ti ho rivista per caso. Ho capito
di aver sbagliato tutto con te, tutto. Io non posso continuare a vivere se non
ci sei tu al mio fianco.”
“Non la pensavi così quando mi hai
lasciata…” gli rinfacciai. Quanto mi faceva male sputargli addosso tutto il
dolore che avevo accumulato in quegli anni.
“L’ho fatto solo perché….volevo
proteggerti.” Sentii chiaramente che si era alzato da terra. Lo guardai. Aveva
le mani nei capelli, l’espressione ancora tormentata, gli occhi rivolti in
basso. La sua voce era ancora spezzata.
“Hai avuto sempre un concetto tutto
tuo di cosa fosse il pericolo, Edward”. Sorrisi amaramente. “Non ti sei mai
chiesto cosa ne pensassi io? Hai sempre voluto fare di testa tua, senza curarti
di cosa fosse importante per me. Non ti è passato nemmeno per la mente che,
magari, io avessi bisogno di te? Di sentirti vicino per riuscire a proseguire?
Non mi sono mai importate le conseguenze, questo l’avevo messo in chiaro sin
dall’inizio. Ero, sono convinta, che tu non mi avresti mai, mai fatto del male.
Forse quello che ancora non lo sa sei tu.” Dove avevo trovato il coraggio di
parlargli in quel modo? Quelle parole erano state pronunciate da me senza che
ne avessi una consapevolezza precisa. Le avevo seppellite nel profondo per
molto, troppo tempo. Portai una mano davanti alla bocca per impedirmi di
scoppiare di nuovo a piangere. Attendevo una sua risposta. Mosse alcuni passi
verso di me, lentamente.
Mi sorprese quando sentii che aveva
riacquistato il suo solito tono “ Si Bella, hai ragione. Lo stupido sono stato
sempre e solo io. La mia scelta, che all’inizio credevo fosse la più giusta, in
realtà ha distrutto entrambi. Perché facendo del male a te, l’ho fatto anche a
me stesso. Ora l’ho capito, amore mio. Ho capito che tu sei il mio respiro, il
sangue che scorre nelle mie vene, il battito del mio cuore. Non posso vivere
senza i tuoi occhi, le tue mani, le tue labbra, il tuo profumo. Voglio che il
tuo corpo mi parli ancora, che frema al mio tocco, che si incateni nel mio
abbraccio, che si abbandoni ad un mio bacio. Voglio viverti, minuto per minuto,
attimo per attimo, perché ormai sei parte di me, lo sei sempre stata. Sono
morto una seconda volta abbandonandoti. Ti prego, ti imploro, perdonami se
puoi. So che non basterà un’eternità intera a dimenticare la sofferenza che io,
con le mie stesse mani, ti ho provocato, ma ho intenzione di rimediare. Non sai quanto
abbia odiato me stesso in tutto questo tempo e continuerò a farlo se tu non mi
vorrai più, perché è quello che merito, Bella. Tu sei la mia vita, come farò a
perdonarmi il fatto di averti persa per sempre?” Il suo viso era a pochi
centimetri dal mio, avvertivo il suo respiro fresco sulla mia bocca, soggiogata
dalla potenza del suo sguardo. Sincerità. Una dolorosa, frustrante sincerità.
Ecco cosa avevo percepito nelle sue suppliche. Sarebbe bastato davvero poco
perché potessi tornare a gustare il sapore delle sue labbra, un sapore che non
avevo mai dimenticato. Ma qualcosa me lo impediva.
“Io…io…non posso..” farfugliai
discostandomi. Lui mi guardò, cercando di trovare una risposta nei miei occhi.
Poi la consapevolezza si fece largo nella sua mente.
“Sei… innamorata di un altro.”Non
era una domanda,né un’accusa, ma una semplice constatazione. Non risposi.
Ancora una volta ero confusa. Non volevo deludere Jacob, se avessi potuto lo
avrei protetto da tutti i mali di questo mondo. Lo amavo, certo. Ma, in quel
momento, capii che non era abbastanza. Perché diavolo doveva essere tutto così
complicato?
“Capisco.” Disse lui sorridendomi comprensivo.
Eppure non mi era sfuggita la nota di tristezza nella sua voce.
“E’ giusto, Bella. E’ troppo tardi.
Devo pagare le conseguenze delle mie azioni…” capii che aveva frainteso il mio
silenzio. Stava per andarsene. Non potevo permetterlo. Non una seconda volta.
“No!” gridai con tutto il fiato che
avevo trattenendolo per un braccio. Mi aggrappai a lui cercando desiderosa le
sue labbra. Si voltò e, dopo aver intuito che anch’io lo desideravo più d’ogni
altra cosa, non esitò a baciarmi. Non fu affatto un bacio frettoloso, uno di
quelli che ci scambiavamo nei primi tempi. La sua bocca torturava dolcemente la
mia, divorandola con trasporto. Il poco autocontrollo che mi era rimasto andò a
farsi benedire. Chiusi gli occhi e mi abbandonai completamente premendo una
mano sulla sua nuca per avvicinarlo ancora di più, per schiacciare il suo corpo
gelido contro il mio. Il suo profumo
m’inebriava, il tocco della sua lingua mi mandava in estasi. Avvinghiati, senza
che l’uno avesse il coraggio di staccarsi dall’altra, mi spostò contro il muro
imprigionandomi nelle sue braccia. Solo quando il respiro venne a mancarmi, si
allontanò di poco da me. Sorrise. Il mio sorriso preferito.
“Ti amo.” Mormorai fra le lacrime
ponendo la testa nell’incavo del suo collo stringendo nella mano un lembo della
sua camicia.
“Amore mio. Mia vita. Non ti
perderò più. Te lo giuro.” mi sussurrò lui baciandomi i capelli.
Col pensiero non potei fare a meno di
immaginare quanto dolore avrei procurato al mio Jacob. So che non mi avrebbe
mai perdonata. Non potevo biasimarlo. Ma ora, più che mai, ero certa che
accanto a lui non sarei stata completamente felice. Anche non volendo lo avrei
costretto ogni singolo giorno a leggere nel mio sguardo il rammarico per la
mancanza di qualcosa che non avrebbe potuto donarmi. Lo avrei illuso e basta.
Proprio in quel momento sentii Edward irrigidirsi. Non me ne ero accorta, ma
qualcuno era entrato nella stanza. Sulla soglia c’era l’ultima persona che
sarebbe dovuta essere lì. Jacob mi guardava, ci guardava. Mi divincolai dalla
stretta di Edward andando verso di lui. La delusione, il dolore, la sconforto
che avevo infuso in lui erano chiaramente leggibili sul suo volto. Era
smarrito. Tradito.
“Come hai potuto” sembrava volesse
dirmi con lo sguardo.
Mi sentii un verme.
“Jacob…” la mia voce si
spezzò. Provai ad allungare una mano per
accarezzargli il viso, ma lui si scansò, brusco.
Un ringhio cupo gli scosse il
petto.
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Capitolo 12 *** Capitolo XII ***
doc13
Scusate
il ritardo, ma non ho avuto il tempo materiale di scrivere in questo
giorni. Questo cap è una ripresa di quello precedente, tutto dal
punto di vista di Jacob.
Come al solito, buona lettura e, vi prego, vi supplico, recensite!!!!
Jacob POV
Entrai nella camera dove
alloggiavo. Dovevo fare in fretta, quella sera saremmo partiti per Forks. Ero
piuttosto in ansia. Dovevo fare di tutto affinchè Bella non venisse a
conoscenza di nessuno dei fatti che erano capitati in città. D’altronde il
vampiro a cui davamo la caccia sembrava scomparso. Chissà. Forse si era
allontanato definitivamente. Forse le mie supposizioni erano sbagliate, non era
lei che stava cercando. Riposi le poche cose che mi ero portato dietro nella
valigia e mi preparai ad uscire dalla stanza, quando mi ricordai del cellulare
che avevo lasciato sul comodino. Erano giorni che non lo accendevo, così lo
feci prima di infilarlo nella tasca dei jeans. Non mi accorsi che c’erano
alcune chiamate perse.
“Arrivederci signore, buona
giornata.” Mi salutò l’uomo dietro il bancone sfoderando uno dei suoi migliori
sorrisi.
“Altrettanto.” risposi
riconsegnandogli le chiavi della camera.
Fermai in tempo un taxi e mi ci
fiondai dentro. Ero piuttosto in ritardo e non era da me.
“Dove vuole che la porti?” mi
domandò il tassista.
“Università di Adminton.”
Eravamo rimasti nello stesso punto
da circa un quarto d’ora. La cosa che odiavo di più delle grandi città era il
traffico e il caos generale che esso comportava. Lo strombazzare dei clacson
cominciava ad innervosirmi. Sbuffai impaziente, non facevo altro che guardare
l’orologio ogni due secondi.
“Quanto ci vorrà?” chiesi
all’autista.
“Dipende, amico. Qui a Seattle è
sempre così.” Si limitò a rispondermi mentre girava la manopola della radio
alla ricerca di una stazione di musica.
Ad un tratto il mio cellulare prese
a squillare.
“Si?”
“Jacob, sono Sam. E’ da ieri che
proviamo a rintracciarti, mi vuoi spiegare perché non hai risposto?” dalla voce
sembrava piuttosto agitato. Intuii immediatamente il perché.
“Sam, è successo qualcosa?” gli
domandai preoccupato.
“Jake, Mike Newton è morto. E’
stato quel maledetto succhiasangue. Siamo arrivati troppo tardi.” Sospirò prima
di continuare. “ C’è dell’altro. Prima di morire il ragazzo ha pronunciato il
suo nome. Avevi ragione: sta cercando Bella, e credo che l’abbia trovata.”
“Cosa???” Il panico s’impossessò di
me. “Ma… come….. cosa diavolo vuole da lei?”
“Non lo so Jacob. L’unica cosa che
posso dirti è quella di portarla al sicuro. Cerca di proteggerla. Ti
raggiungeremo appena possibile.” Dopo di che riattaccò.
Senza pensarci due volte uscì dalla
macchina. Il traffico non accennava a fluire, avrei fatto prima a piedi. Non
potevo lasciarla sola un minuto di più.
“Ehi, ma dove va?” l’autista si
affacciò al finestrino e gli allungai velocemente i dollari che gli dovevo.
“Mi dispiace, non posso aspettare.”
Gli urlai mentre correvo. Dovevo
assolutamente raggiungerla, non potevo permettermi di fermarmi. Corsi, corsi il
più veloce che potevo. Sarei arrivato prima se mi fossi trasformato, ma c’era
troppa gente. Non credevo che un lupo dalle proporzioni gigantesche sarebbe
passato inosservato.
E…se non fossi arrivato in tempo?
Se quel dannato mostro l’avesse già….scossi la testa. Aumentai la velocità,
sebbene avessi già il fiato corto. Finalmente giunsi nei pressi
dell’Università. A quel punto un odore fin troppo familiare mi penetrò nelle
narici. Era lì ed io ero troppo sconvolto perché riuscissi a percepire la
sottile differenza nell’odore. Salii rapidamente le scale. La scia si faceva
sempre più forte man mano che mi avvicinavo alla stanza di Bella. Non avevo più
dubbi. Senza esitare spalancai la porta. Rimasi di stucco. Mi ero preparato a
tutto, ma non a quello. No. La scena cui dovetti mio malgrado assistere fu più
penosa di quanto mi aspettassi: Bella era nelle sue braccia. Bella gli stava
sussurrando che lo amava. Bella mi aveva tradito, illuso, mentito… USATO. La sentii sussultare. Entrambi si voltarono
verso di me. La guardai negli occhi, e potei chiaramente notare quanto fosse
smarrita. Sperai di averla ferita con lo sguardo, perché in quel momento non
provavo altro che rabbia nei suoi confronti.
“Jake…” mi sussurrò avvicinandosi.
Lanciai un’occhiata carica d’odio al vampiro. Lui contraccambiò lo sguardo.
Cos’è, voleva sfidarmi? Un altro secondo in quella stanza e l’avrei ammazzato.
Strinsi forte i pugni. Le unghie mi penetrarono nella carne, ma non mi accorsi
nemmeno del dolore. Bella tentò di accarezzarmi, ma io mi scansai volontariamente.
L’ultima cosa che desideravo era quella di essere sfiorato da quelle mani
insozzate del suo odore. La ragione stava per abbandonarmi del tutto. Ringhiai.
Si, mi stavo difendendo. Cercavo di proteggermi dal contatto con la sua pelle,
testimone diretta di una dolorosa verità.
Avrei potuto mai guardarla di nuovo
negli occhi?
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Capitolo 13 *** Capitolo XIII ***
doc14
Ecco
postato un altro capitolo, sempre dal punto di vista di Jacob....fatemi
sapere cosa ne pensate, ne sarei davvero tanto, tanto felice....
Aspetto impaziente e speranzosa i vostri commenti, un bacio a tutti :*
Tutte le certezze che avevo si
dissolsero come un’incisione sulla sabbia cancellata dalle onde. Vuoto. Ecco
come mi sentivo. Lei, che fino ad un minuto fa credevo fosse stata mia per
sempre, mi aveva privato della mia anima. Non provavo più nulla, se non un
inestinguibile desiderio di distruggere tutto ciò che avevo intorno. Bruciava
come fuoco ardente. All’improvviso mi resi conto che l’istinto del lupo che
albergava costantemente in me stava prevalendo sulla ragione dell’uomo che ero.
Sarei riuscito a controllarlo? Me lo imposi, perché in quell’istante mi ritornò
alla mente il motivo per cui ero lì.
“Allora eri tu, succhiasangue??? Perché
sei tornato a Forks? Perchè nasconderti??Perchè uccidere persone innocenti,
lurido verme??” Non avevo ancora
riacquistato totalmente la lucidità, e mi venne spontaneo associare al crudele
vampiro cui stavamo dando la caccia da mesi a Edward. Anche se, in fondo,
sapevo che lui non sarebbe mai stato capace di uccidere qualcuno.
“Ma…Edward…cosa…” balbettò Bella
voltandosi verso colui che odiavo sopra ogni cosa.
“Jacob, non so di cosa tu stia
parlando.” Mi rispose con calma, troppa calma. Il suo apparente autocontrollo
mi dava sui nervi.
Risi, beffardo. “Stai negando l’evidenza?
Confessa, Edward!!! Per una volta nella tua vita non essere il solito
vigliacco!!” Ed ecco che la rabbia tornava ad ardere in me. Mi avvicinai ancora
di più a lui.
“Jacob fermati, cosa stai dicendo?”
mi domandava implorante una Bella confusa. Si era frapposta tra me e Edward. La
scansai bruscamente, come se fosse un ostacolo che m’impediva di raggiungere il
mio obbiettivo. Volevo spaccargli quel dolce viso d’angioletto… volevo vederlo
strisciare ai miei piedi implorando il mio perdono. Volevo…. volevo che
lasciasse in pace Bella una volta per tutte. Lei era solo un capriccio, un
inutile, futile capriccio per lui. Questo era quello che continuavo a pensare
in quel momento. L’istinto stava prevalendo. Lui continuava a scrutarmi, come
se mi stesse studiando senza muoversi di un centimetro, una statua
perfettamente immobile. Presto gli avrei tolto dalla faccia quello sguardo
indagatore. Mi sarei sicuramente trasformato se lui non avesse parlato.
“Una delle mie capacità è leggere
le menti altrui. Ho visto i tuoi pensieri, Jacob. Il vampiro che state cercando
non sono io.”
“Basta, vi prego, basta!” Bella
intervenne nuovamente impedendomi di compiere i pochi passi che rimanevano per
poter essere faccia a faccia con il succhiasangue. Ascoltavo a malapena le sue
parole.
“Edward, Edward, spiegami
immediatamente di cosa state parlando!!” urlò disperata voltandosi verso di
lui, le lacrime agli occhi. Edward la guardò, attento.
“Bella….Victoria ti sta cercando. Non c'è tempo di spiegare.
Dobbiamo fuggire. Ora.” Riportò lo sguardo su di me. Victoria? Come conoscevano
il suo nome?
“E’ una lunga storia, cane, e non
mi sembra il momento più opportuno per parlarne.” Quel bastardo aveva di nuovo
letto i miei pensieri. Mi concessi di guardare Bella. Era sconvolta. Confusa
più che mai. Scuoteva appena la testa. Le ginocchia non e avrebbero retto a
lungo. Lui approfittò del mio momento di smarrimento per cullarla tra le
braccia, rassicurandola. Come avevo fatto io in quegli ultimi due anni.
“Jacob, ragiona, per favore. E’ il
momento di mettere da parte tutto quanto, la sua vita è più importante. Devo
portarla al sicuro.” La teneva ancora stretta a se. Distolsi i miei occhi dai
suoi. Aveva ragione. Detestavo ammetterlo ma era così. Allentai la tensione del
corpo tentando di riacquisire la calma necessaria.
“Come fai a sapere che si tratta di
questa Victoria?” domandai, sospetto. Non c’era traccia di cordialità nel mio
tono di voce.
“E’ qui vicino, e non è sola. Ne
avverto l’odore.” Annusai l’aria. Ero troppo accecato dall’ira per potermene
rendere conto. Ancora una volta, il mio peggior nemico non si sbagliava.
“Tenterò di distrarli. Cercherò di
darti il tempo necessario per salire in macchina e condurre Bella il più
lontano possibile.”
“No Edward, non…. pensarci nemmeno.
Non lascerò che tu…. te ne vada una seconda volta.” Singhiozzò lei stringendolo
più stretto.
“Non devi temere, Bella, non sarò
solo. A quest’ora Alice avrà già preveduto le mie intenzioni, mi aiuterà la mia
famiglia. Ci rivedremo presto. E’ una promessa.” Le accarezzò i capelli
scostandola dolcemente da lui. Dopo un po’ lei annuì, incapace di parlare.
Che orribile sensazione. Mi sentivo
come uno spettatore che, in disparte, assistiva ad una scena che gli avrebbe
fatto piangere il cuore, se non si fosse trovato direttamente coinvolto. Essere
uno dei vertici di un triangolo amoroso e sapere dal principio di non avere alcuna
speranza di spuntarla è….irritante, sconvolgente… doloroso. Terribilmente
doloroso. Basta. Non dovevo lasciarmi andare, per nessuna ragione. Nonostante
quello che mi aveva fatto, non potevo assolutamente permettere che Bella rischiasse
la vita. A dispetto di tutto, l’amavo troppo.
“Te l’affido. Stai attento.”
Pronunciò le ultime parole con estrema lentezza, osservandomi con attenzione.
Il suo sguardo, la sua voce, tutto di lui mi mandava in bestia.
“Cos’è, ti preoccupi per me ora?”
gli chiesi con sarcasmo.
“Non per te, ma per lei. Vedi che
non le accada nulla.”
“So quello che faccio.”sibilai
assottigliando lo sguardo mentre afferravo le chiavi della macchina che mi
aveva lanciato.
“Vai con lui. A presto.” E la
baciò. Non potevo sopportare un minuto di più. Senza preavviso la presi in
braccio. Lei non osò opporsi. Non disse nulla, ma il modo come lo guardò mi
fece capire che l’amore che lei provava per me, semmai lo provasse, era nullo,
in confronto al sentimento che la legava ad Edward. Uscì dalla stanza, correndo. Forse quella
sarebbe stata l’ultima volta che avrei potuto stringerla fra le braccia.
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Capitolo 14 *** Capitolo XIV ***
cap15
E siamo giunti al quattordicesimo capitolo....
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno commentato il
mio precedente cap e vi dico: continuate a commentare, commentare,
commentare!
Un big kiss, ciau!
Edward Pov
Ero rimasto solo in quella stanza.
Avevo ancora addosso il suo profumo. Impresso nella mente il tocco delle sue
mani. Non l’avrei lasciata andare via un’altra volta. Mai più. Gliel’avevo
promesso.
Lei era vicina. Victoria. Dovevo
fare qualcosa. Subito. Mi precipitai fuori ad una velocità impossibile da
raggiungere per un umano, in tempo per vedere Jacob allontanarsi con la
Corvette assieme a Bella.
“Stai attenta” sussurrai tra me e
me mentre la vedevo allontanarsi. Soltanto pochi istanti dopo mi accorsi che i
miei occhi non erano gli unici che
stavano accompagnando la vettura nella sua corsa sfrenata.
Lei era lì, le iridi nere come
pece, le narici dilatate ad inspirare l’odore tanto agognato. Aveva sicuramente
riconosciuto il suo profumo. Si voltò verso di me. Le sue labbra si contrassero
in un ghigno malefico. Diedi una rapida occhiata al vampiro accanto a lei. Lo
riconobbi. Era Laurent. Anche lui mi fissava, contento di aver finalmente
concluso la ricerca.
“Bene bene…” mormorò lei a bassa
voce, tanto che persino io riuscii ad udirla a stento.“Mi dispiace per te, ma,
a quanto pare ti sei mosso troppo tardi. Il tuo piano non è riuscito…” stava
muovendo alcuni passi indietro mentre parlava. Capii al volo le sue intenzioni.
“No!” ringhiai. L’avrei sicuramente
fermata se Laurent non mi avesse sbarrato la strada. Sentii solo la risata di
Victoria che si disperdeva nel vento. Si era gettata nell’inseguimento. Presto
li avrebbe trovati, lo sapevo.
Edward, ci siamo appena ritrovati,
e tu vuoi abbandonarmi così? Non sei felice di rivedere un vecchio amico?” mi
domandò Laurent con sarcasmo. Si stava prendendo gioco di me.
“Maledetto bastardo!” gridai pronto
ad attaccarlo.
“ha-ha Edward” mi richiamò lui scuotendo
la testa, come un padre che rimprovera il figlio birichino “ credo proprio che
alla gente qui intorno non sfuggirà la tua…la nostra incredibile forza nello
scontrarci… mmm” si accarezzò il mento fintamente pensieroso “come credi che la
prenderanno i Volturi?”
Nonostante tutto, aveva ragione.
Sconfitto abbassai il braccio riportandolo lungo il fianco. Diedi un ultimo
sguardo alla strada.
“Vediamo di risolvere in fretta la
faccenda…seguimi.”dissi, duro.
“Volentieri….Sarà un vero piacere
spezzarti tutte le ossa…” ironizzò il mio nemico.
Sorrisi, sicuro di me. “Vedremo…”
mi limitai a rispondere.
Per mia fortuna non ero solo.
Carlisle e gli altri erano arrivati. Avrei solo dovuto attirarlo verso di loro.
Poi sarei corso da Bella. Quella strega non l’avrebbe sfiorata nemmeno con un
dito.
°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*
Bella Pov
Quanto poteva essere pesante il
silenzio a volte. Me ne stavo seduta lì, accanto a Jacob, senza dire una
parola. Vigliacca. Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi.
Egoista. Avevo pensato solo a me stessa. Bastarda. Lo avevo tradito. E che cosa
stava facendo lui? Cercava di salvarmi la vita. No, Jake. Meritavo solo il tuo
disprezzo. Avrei preferito che tu fossi arrivato ad odiarmi, non a rischiare
per me. In quel momento non riuscivo a pensare a Victoria e al pericolo che lei
potesse rappresentare per me. Non me ne importava nulla. Erano ore che
viaggiavamo. Edward aveva consigliato a Jacob di dirigersi il più lontano
possibile sulle montagne di modo che sarebbe stato più difficile per i due
cacciatori scovarci. Inoltre il mio odore si sarebbe mescolato a quello del
licantropo rendendolo meno riconoscibile. Forse sarebbe stato meglio che mi
avessero trovato, subito, almeno non avrei più fatto del male a nessuno.
Codarda, prepotente, illusa, codarda prepotente, illusa. Avrei mai perdonato me
stessa?
Poi il mio pensiero volò a Edward.
Cosa stava facendo in quel momento? E se non ce l’avesse fatta? Se fosse già….
No, non poteva accadere, non DOVEVA accadere. Se l’avessi perso, questa volta
non sarei riuscita a superarlo. Sarei morta, ne ero certa.
Cosa stavo facendo… Li stavo
mettendo in pericolo entrambi. Non meritavo il loro amore. Si stavano esponendo
troppo, troppo per una come me, incapace di prendere una decisione, incapace di
essere forte, incapace di affrontare le mie paure. Stupida, stupida, stupida.
Un vampiro e un licantropo. Si
consideravano dei mostri, non facevano altro che ripetermelo. Non si erano
accorti che in realtà il mostro ero IO.
“Siamo arrivati. Dobbiamo
proseguire a piedi.” Jacob spense il motore. Non lo avevo mai sentito così
lontano, e la cosa mi feriva. Quanto avrebbe potuto sopportare ancora il mio
cuore dilaniato? Scesi dalla macchina con estrema lentezza, come se volessi
ritardare l’attimo in cui sarei stata costretta a guardarlo. Non riuscivo
nemmeno ad alzare gli occhi. Camminammo fianco a fianco per una buona mezz’ora
nel fitto bosco, eppure è come se tra di noi fosse sorta una barriera
impenetrabile che nemmeno con tutte le mie forze sarei riuscita ad abbattere.
Intanto tutta quella vegetazione mi fece tornare in mente Forks, e i bei
momenti che avevo trascorso lì con lui, con Jake. Cos’era ora per me? Un amico,
o qualcosa di più? La risposta era semplice: l’amavo, ma non sarei riuscita a
trascorrere la mia vita accanto a lui perché non potevo fare a meno di Edward.
Jacob era il mio sole. Edward la mia scelta, una scelta che non avrei mai
potuto cambiare.
La situazione si stava facendo
insostenibile. Continuava a camminare al mio fianco, ma per lui era come se
fossi invisibile. Era chiuso nel suo silenzioso dolore. Gli concessi un’occhiata:
il volto contratto per la rabbia, non lo
avevo mai visto così. Dovevo parlargli. Dovevo sapere. Avrei preferito che mi
avesse urlato addosso tutto il disprezzo che provava nei miei confronti
piuttosto che continuare a far finta di nulla . Era stato sin troppo
comprensivo con me.
“Jacob…” esitai. Lui non mi
guardava ancora, ma sembrava fosse pronto ad ascoltare.
“Jacob, perdonami. “ Era tutto
quello che potessi dire.
Lui si fermò, i pugni chiusi, la
mascella serrata. Stava lottando contro se stesso.
“Perché Bella? L’illuso sono stato
io. Credevo che potessi dimenticare, ma evidentemente non è così. Avrei dovuto
immaginarlo anni fa, dal momento in cui lui ti ha lasciato, che non saresti
stata più felice con nessun altro. Mi sono sbagliato. Pensavo mi amassi. Che
stupido.” Sorrise beffardo. Un sorriso amaro, che nascondeva delusione,
dispiacere, tristezza. Un’infinita tristezza, il rammarico di chi ha appena
perso una battaglia. Si mise a sedere poggiando la schiena contro il tronco di
un abete. Non mi aveva degnato di uno sguardo nemmeno una volta. M’inginocchiai
accanto a lui in lacrime. Era inevitabile per me piangere.
“No, Jake, no. Io ti amo, sarei
disposta a morire per te. Tu saresti stata la scelta più giusta….ma non la mia.
Lo capisci questo? Non ti avrei mai potuto rendere felice così come tu avresti
cercato di fare con me. E tu questo non lo meriti.”
Chiuse gli occhi. Si lasciò
scivolare ancora di più con la schiena. Stava per esplodere di rabbia, lo
sentivo.
“Tutte scemenze, Bella. Sai qual è
la verità? E’ che io sono stato solo un divertente passatempo in attesa del
ritorno di quel bastardo. Un ripiego, una ruota di scorta, un pupazzetto da
manovrare a tuo piacimento. Mi hai ferito Bella, mi hai distrutto… e dici di
amarmi? Tu mi ami? Hai anche avuto il coraggio di fare l’amore con me… Non
posso crederci… basta così poco perché
tu ricada nel tuo stesso errore?? Come fai a fidarti ancora di lui? Come?? ”
ringhiò. Il suo corpo venne percosso da violenti scosse. Non avrebbe resistito
a lungo. Digrignò i denti cercando di calmarsi.
“Jake, Jake ti prego…non dire così,
sai anche tu che sono sempre stata sincera con te, sempre…” Singhiozzai
abbracciandolo. Mi strinsi forte a lui. Il suo corpo era rigido, immobile. Sapevo
che mi avrebbe respinta, ma non m’importava.
“Allontanati Bella, vattene….” Ora
anche lui piangeva. Lui. La mia luce. Lui. Sempre pronto a dispensare sorrisi.
Lui. Che mi amava più di se stesso. Con mia grande sorpresa mi cinse la vita
con le braccia avvicinandomi ancora di più. Adoravo l’innaturale calore del suo
corpo, in qualche modo mi sentii sollevata.
“Oh, Jake….dovresti odiarmi, è
quello che merito…” farfugliai tra i singhiozzi disperati che mi scuotevano il
corpo.
“Non posso…” mi sussurrò lui.
E in quel momento capii che niente
sarebbe stato più come prima.
Restammo così, l’uno nelle braccia
dell’altra. Soffrivamo insieme, riversandoci addosso tutto il nostro dolore.
Poi un rumore. Avvertimmo dei
movimenti tra le foglie.
“Jacob, cosa..”cercai di
domandargli a bassa voce, ma lui mi tappò la bocca con la mano. I suoi occhi si
muovevano tutt’intorno, frenetici. All’improvviso ringhiò fissando un punto
imprecisato.
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Capitolo 15 *** Capitolo XV ***
doc16
Una risata cristallina che poco si
addiceva alla figura diabolica che ci comparve davanti riecheggiò tra la
vegetazione. Victoria spuntò fuori da un groviglio di rami e foglie, facendosi
largo senza perdere la sinuosità dei movimenti che era propria della sua razza.
“Mi dispiace interrompere questa
deliziosa scenetta, ma ho una questione molto importante da risolvere, e vorrei
farlo subito…” A quelle parole i suoi occhi screziati di rosso si posarono su
di me. Si leccò le labbra incurvate in un ghigno malvagio. Tremai.
“Dovrai prima passare sul mio
cadavere!” ruggì Jacob spingendomi via. Vidi il suo corpo scosso da violenti
tremiti, i muscoli tesi in attesa della trasformazione. Una luce abbagliante lo
inondò completamente e, un attimo dopo, al posto del mio migliore amico c’era
un gigantesco lupo dal pelo rossiccio. Si voltò a guardarmi, e nei suoi occhi
riconobbi la stessa sicurezza che Jacob era in grado di infondermi in qualsiasi
momento mi sentissi persa, abbandonata. Mi avrebbe protetta a suo rischio e pericolo,
senza alcuna esitazione.
“Oh-oh, sarò davvero contenta di
porre fine alla tua inutile esistenza, cane! Una volta sbarazzatami di te non
ci saranno più ostacoli, e lei sarà MIA.” Victoria mostrò i canini appuntiti e,
con un ringhio demoniaco, si lanciò su di lui. Mai avevo avuto così paura di
lei. Sul suo volto potevo leggere puro odio. Non si sarebbe fermata per nessuna
ragione. Spietata, voleva raggiungere a tutti i costi il suo unico obbiettivo: me.
Lo scatto fu tanto rapido che quasi
non riuscii a vederlo. Balzò con la stessa furia di un leone che agguanta la
sua preda, perfida come una serpe pronta
ad attaccare. I suoi occhi di fuoco brillavano di una luce perversa, la chioma
leonina le celava in parte il volto eburneo, rendendola ancora più spaventosa.
Con tutta la forza di cui era capace atterrò Jacob, simile ad un falco che,
volando in picchiata, artiglia il suo bottino di caccia. Il lupo non riusciva a
muoversi, tanto era forte la presa della vampira. Si dimenava nel vano
tentativo di morderla, gridi strozzati fuoriuscivano dal suo petto. Avrei
voluto aiutarlo, ma ero impotente, incapace di intendere e di volere.
Totalmente paralizzata dal terrore. Victoria si stava lentamente chinando su di
lui, ritardando volontariamente il momento in cui avrebbe perforato la
giugulare del licantropo con i suoi denti affilati solo per il puro piacere di
leggere la disperazione, la paura, negli occhi del suo avversario. Ma Jake non
gliel’avrebbe data vinta. Era un valido combattente, il più forte tra i suoi,
almeno così mi avevano sempre detto. Cercavo di convincermi che ce l’avrebbe
fatta. E infatti fu così. Approfittando del momento, riuscì ad azzannarla al
braccio prima che lei potesse accorgersi di ciò che stava accadendo. Nonostante
fossi alquanto distante dal luogo del combattimento, stretta al tronco d’un
albero, udii chiaro il rumore delle ossa che si spezzano, della carne che si
dilania, e un forte grido di dolore. Victoria era caduta a terra, si dimenava
come se fosse in preda alle convulsioni urlando. Poco distante c’era il braccio
che le era stato strappato a morsi. Le dita della mano che non le apparteneva
più si muovevano ancora frenetiche, il braccio ondeggiava ancora apparentemente
vitale. Lo spettacolo fu raccapricciante, mi voltai presa all’improvviso da
conati di vomito. Cercai di soffocare le urla serrando le palpebre e premendomi
una mano contro la bocca.
Poi il silenzio. Un improvviso
silenzio. Ma sapevo che era solo apparenza. Il peggio sarebbe ancora dovuto
arrivare. Mi costrinsi a guardare di nuovo: Victoria si stava risollevando da
terra, stringendo con l’unica mano la spalla priva dell’arto. Non una sola
goccia di sangue. Se non avessi saputo chi lei fosse in realtà, la cosa mi
avrebbe scioccato. Spostai lo sguardo su Jacob: era a pochi metri dal nemico,
la schiena ricurva, le zampe tese, pronte a scattare se la vampira si fosse
mossa. Mostrava le zanne, e ci avrei giurato che quello fosse un sorriso di
trionfo. Non staccava gli occhi da Victoria. Era concentrato, attento, sapeva
di non poter abbassare la guardia nemmeno per un secondo. La studiava, la
esaminava, come se stesse cercando un suo punto debole da poter sfruttare a
proprio vantaggio. Da parte sua, la vampira non accennava a muovere un passo. D’improvviso
i suoi occhi si infiammarono di nuovo e, mio rammarico, riconobbi quello
sguardo. Era arrabbiata. Decisamente arrabbiata, inferocita. Nessuno l’avrebbe
fermata.
“ME LA PAGHERAI!!!!” gridò con
tutto il fiato che aveva in corpo mentre si preparava nuovamente allo scontro.
Fu lei la prima ad attaccare e, quella volta, Jacob non fu sufficientemente
veloce. Victoria lo colpì violentemente con il braccio buono facendolo sbattere
contro la parete di una roccia. Il licantropo emise un guaito mentre s’accasciava
a terra lasciando sulla superficie contro cui aveva urtato una scia rossa.
Sangue. Jacob era ferito.
“Noooooo!!!!” gridai. Senza nemmeno
rendermene conto stavo correndo verso di lui. Dovevo proteggerlo, dovevo fare
qualcosa, non poteva finire tutto così. Ero conscia di non avere speranze contro
quel mostro, ma non sopportavo di rimanere lì a guardare. Lei me lo avrebbe
portato via senza che io avessi alzato nemmeno un dito per…. Accadde tutto
troppo rapidamente per i miei occhi. Jacob stava tentando di rialzarsi,
nonostante barcollasse ancora sulle zampe. Si sarebbe ripreso in fretta se
Victoria non l’avesse atterrato di nuovo e non avesse affondato i canini nel
suo collo. Sentii l’urlo di dolore emesso dal licantropo. Dal mio amico. Jake.
No. Per qualche minuto ebbe ancora la forza di dimenarsi, tentando di sottrarsi
da quella presa d’acciaio. Guaiti strozzati. Poi più nulla. Gli arti del
licantropo si rilassarono, così come anche il capo. Gli occhi erano ancora
aperti. Rivolti verso di me. Io, che avevo arrestato la mia corsa, caddi in
ginocchio. Tentavo di sorreggermi con le
mani, ma il peso del mio corpo era all’improvviso diventato troppo perché io
riuscissi a sostenerlo. Guardai ancora il suo corpo, inerme, che veniva
abbandonato dalla vincitrice della battaglia. Lei che, trionfante, si voltò ad
osservarmi. Ma io non vi badai in quel momento. Davanti agli occhi avevo solo l’immagine
del mio amico, il mio unico vero amico, colui che avevo amato….morto. Non c’era
più, non esisteva più.
No.
No.
No.
La mia vista venne offuscata dalle
lacrime. Ma ormai non avevo più la forza di piangere. Se c’era un momento
giusto per morire, era quello. Victoria avrebbe soltanto dovuto compiere qualche
passo e fare quello che aveva desiderato per anni: vendicarsi. Bene, che si avvicinasse.
Io ero lì, l’aspettavo. Raccolsi le ultime energie che mi rimanevano per
alzarmi in piedi. L’avrei aspettata a testa alta. Da una parte sapevo che avrei
accettato la morte meglio di quanto avessi mai sperato. Una delle mie ragioni
di vita se n’era andata per sempre e non aveva senso continuare a vivere. Dall’altra
avrei tanto voluto riabbracciare per l’ultima volta Edward, perdermi di nuovo
nei suoi occhi ambrati, vedere il suo sorriso. Speravo che un giorno avrebbe
accettato la mia scomparsa e avrebbe ripreso la sua vita. In cuor mio gli
augurai tutta la felicità di questo mondo. L’ultima lacrima che versai fu per
lui.
“Hai fretta di morire, Bella? Vuoi
raggiungere il tuo amico?” Quelle che pronunciò Victoria per me non erano altro
che parole disconnesse. Nulla aveva più senso, tranne che la mia imminente
morte. Ero sicura che esistesse un’altra vita, migliore forse, di quella
terrena. Ed ero ancor più sicura che avrei potuto ricongiungermi a Jacob.
Sorrisi a quel pensiero.
“ L’idea di morire ti fa ridere?Bene,
sono felice che tu attenda la tua morte così volentieri….non vedo l’ora di
assaggiarti, Bella…sai, il tuo amichetto non era un granchè, mi ha lasciato un po’
d’amaro in bocc…” su due piedi non capii perché non avesse terminato di parlare.
Poi vidi una figura che le si lanciava contro. E, nella confusione dello
scontro, riconobbi i suoi occhi.
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Capitolo 16 *** Capitolo XVI ***
doc17
Edward era balzato rapidamente su
Victoria. Le aveva avvolto un braccio attorno alla gola avvicinandosi da dietro,
cogliendola, quindi, di sorpresa.
“Aaargh!” ruggì ferocemente la
vampira, la quale non impiegò molto tempo per liberarsi inarcando la schiena
per farlo cadere davanti a lei. Edward era a terra, lo stivale della vampira
che premeva contro il suo collo, immobilizzandolo.
“Lascialo stare, maledetta!! E’ me,
ME che vuoi non lui!!” mentre le urlavo queste parole mi avvicinavo sempre di
più a lei. Non avrei permesso che facesse del male al mio Edward. Non avrei
permesso che anche lui morisse per difendermi.
“Bella, vattene, scappa!!” mi
gridava lui mentre si dimenava.
“No. “ Gli dissi, decisa,
guardandolo negli occhi. Poi mi rivolsi a Victoria, che ancora non lo lasciava
andare “ Prendimi, sono qui. Ma lascia andare lui. Ti prego. Non opporrò
resistenza, hai la mia parola.” Ero sicura più che mai di quello che stavo
dicendo. Non vi era traccia di esitazione nella mia voce.
“Bella, smettila, devi fuggire,
ORA!!!” mi urlò di nuovo Edward. Era
come se non lo sentissi.
“Ma guarda, giochi a fare
l’eroina…” mi canzonò la vampira. “E tu pensi che io sia tanto stupida da
lasciarmi convincere? Credi che io non sappia che non appena io mi avvicinerò a
te, lui tenterà di fermarmi???” alzò la voce nel pronunciare le ultime parole,
mentre aumentava di proposito la pressione del tacco sul collo di Edward.
“Non lo farà.” Risposi
semplicemente. Lei si limitò ad osservarmi incredula. “Non lo farà perché è ciò
che voglio. La mia vita in cambio della sua.” Lo guardavo, implorante. Speravo
che mi capisse. Speravo che, per una volta, avrebbe accettato la mia scelta.
Speravo che avrebbe lasciato che io lo salvassi. Almeno lui…
“Edward…” mormorai.”Nessuno deve
più morire a causa mia, nessuno….” Scossi piano la testa.
“Non puoi chiedermi questo, lo sai.
Non sono niente senza di te….” Lacrime invisibili solcavano il suo bel volto.
Le sue mani, che prima stringevano la caviglia di Victoria nel tentativo di
liberarsi, allentarono la presa all’improvviso.
“Chi mi garantisce che non
attaccherà??” mi chiese all’improvviso Victoria guardandomi in tralice.
“Io.” Dissi con le lacrime agli
occhi. “Edward, riporta a casa Jacob…. ha diritto ad una degna sepoltura….. non
opporre resistenza, ti prego….non sopporterei il peso di un’altra vita, della
tua vita, sulla coscienza…è l’ultimo desiderio che ti chiedo……ti…..ti
amerò…..ti amerò per sempre….” Singhiozzavo a pochi metri da loro. Stentavo a
reggermi in piedi.
“No…no…no…” Edward era inerme, in
balia delle mie parole, della mia decisione. Era indifeso. Un giorno avrebbe
capito.
“Bene, e sia!” esclamò vittoriosa
Victoria la quale, velocemente, lasciò andare Edward e venne verso di me
incatenandomi un braccio con la sua mano indistruttibile. Non mi rendevo conto
di ciò che stava accadendo. L’unica cosa che vedevo era il mio amore che
tentava di rialzarsi in piedi, disperato. Mi faceva male. Non l’avrei più
rivisto. Ma almeno avrebbe vissuto
ancora, avrebbe avuto la possibilità di ricostruirsi una vita…. Possibilità che
era stata negata a Jacob. Per sempre.
“Fermati, fermati….” Era una debole
richiesta quella che giunse alle mie orecchie. Edward provò ad avvicinarsi.
“Resta lì Edward. Non un passo, ti
supplico. Ricordati di me con un sorriso. Continua a vivere al posto mio, io
sarò sempre con te. Ti amo.” Lacrime salate solcavano le mie guance. Dolorose,
pungenti. Inarrestabili. Nonostante tutto, però, sorridevo. Per la prima volta
in vita mia, sentii di star facendo la cosa giusta. Ero fiera di me stessa.
“Che dichiarazione toccante! Ora
basta parlare!” intervenne la vampira che, famelica, si chinò su di me. Io,
tuttavia, era come se non me ne curassi. Ero impegnata a specchiarmi in quegli
occhi d’oro liquido che conoscevo alla perfezione. Sofferenti. Imploranti. Non
sarei tornata indietro, lui lo sapeva. E poi, ormai, era troppo tardi. Victoria
inspirò il profumo del mio collo, pregustando il tanto agognato pasto di cui si
sarebbe cibata, ponendo fine alla mia esistenza. Mostrò i canini. Nemmeno un
secondo e sarei morta. Speravo non fosse troppo doloroso. Le ombre si stavano
impossessando dello spazio circostante, sul bosco il buio calava inesorabile,
spazzando via anche gli ultimi spiragli di luce. Il sole tramontava. E con lui,
me ne andavo anch’io.
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Allora, che ne pensate di questo cappy fresco fresco di giornata? Aspetto commentini:P
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Capitolo 17 *** Capitolo XVII ***
doc18
Improvvisamente, mi accorsi che
Victoria si spinse in avanti, come se avesse appena incassato un colpo. Perché
non mi aveva ancora morsa? La risposta la lessi nei suoi occhi, non più
famelici, ma sorpresi e… spaventati. Entrambe volgemmo lo sguardo all’altezza
del suo stomaco: era stato trapassato da parte a parte da un braccio possente e
muscoloso. Emmett.
“Cosa credevi di fare, tesoro??
Sai, il tuo compagno ci ha dato un po’ di grane, ma alla fine lo abbiamo
sistemato per benino….e ora tocca a
te…..dico bene, Jasper?” Dietro di lui il ragazzo biondo, al fianco di Alice,
la mia cara Alice, lo guardava complice. “ Mi hai tolto le parole di bocca,
fratello…”rispose ironico. A poco a poco Victoria mi liberò il braccio mentre
Emmett sfilava via il suo dal corpo perforato della vampira. Non poteva nulla
contro altri sei della sua razza. Colta da un improvviso giramento di testa, mi
abbandonai fra le braccia di Carlisle, comparso dietro di me, che mi sollevò
cauto da terra. C’erano anche Esme e Rosalie poco distanti, che subito corsero
verso di me preoccupate.
“Bella, Bella, stai bene??Bella
rispondi!” Mi domandava un’apprensiva Esme senza smettere di accarezzarmi il
viso. Annuii con la testa, ma tutto era confuso, i contorni mi apparivano
sfocati…. Carlisle mi adagiò fra le braccia che riconobbi appartenevano ad
Edward. Mi rannicchiai contro il suo petto, desiderosa di annusare il suo dolce
profumo. E mi sentii di nuovo protetta. Non smetteva di baciarmi i capelli
mentre mi stringeva più forte a se, conducendomi lontano dal luogo della battaglia
dove, presto, il mio peggiore incubo sarebbe stato per sempre cancellato.
“E’ tutto finito amore mio, sei al
sicuro ora….” Furono le ultime parole che udii prima di cadere in un sonno
profondo.
Era notte fonda quando mi svegliai.
Non avevo idea di quanto tempo fosse trascorso. Aprii a fatica gli occhi ancora
appesantiti dal sonno. Dopo aver sbattuto più vote la palpebre, mi resi conto
che ci trovavamo ancora nel bosco che, ad un tratto, venne illuminato da una
fioca luce. Mi accorsi che, non molto lontano, qualcuno aveva acceso il fuoco.
Evidentemente i Cullen stavano bruciando i resti della vampira. Non sarebbe più
tornata. Mi ero persa ad osservare la danza delle fiamme che divoravano senza
pietà i resti di quel corpo fatto a pezzi, quando Edward mi rivolse la parola.
Non mi ero resa conto che si trovava seduto accanto a me.
“Finalmente ti sei svegliata…come
ti senti?” si avvicinò coprendomi meglio con la sua giacca. Si chinò per
baciarmi affettuosamente la fronte.
“Ho un po’ freddo…”cercai di dire,
nonostante avessi ancora la bocca impastata.
“Allora sarà meglio che non mi
avvicini troppo…” fece per allontanarsi, ma io gli presi la mano.
“No, rimani qui vicino a me.”
Provai ad alzarmi con il busto, ma la testa girava ancora un po’. Prima che
potessi sollevarmi del tutto, Edward mi spinse delicatamente giù. “No, rimani
sdraiata. Devi riposare. Io rimarrò qui accanto a te. Non ti lascio.” E in un
attimo si adagiò al mio fianco. Mi strinse la mano avvolgendomi con l’altro
braccio sopra la giacca, di modo che non venissi a contatto con la sua pelle
gelata. Ci guardammo negli occhi in silenzio. E fui felice al pensiero che
avrei potuto continuare a perdermi nel suo sguardo tutte le volte che lo
desideravo. Quell’attimo di felicità, però, fu subito interrotto dal
sopraggiungere di un ricordo che tentavo di seppellire nel mio cuore: Jacob.
Senza volerlo iniziai a singhiozzare cercando conforto in Edward. Lui mi
incatenò nel suo abbraccio, comprendendo all’istante perché stessi piangendo.
Mi lasciò sfogare senza dire una parola.
“Dov’è ora?” domandai
impercettibilmente, sicura che lui avesse capito a chi mi riferivo.
“E’…. ancora lì…. Ha….ha ripreso le
sue vere sembianze…. “
“Voglio vederlo” dissi
all’improvviso senza lasciare che finisse di parlare.
“Bella,non credo sia il caso, sei
già troppo scossa….” Tentò di convincermi lui accarezzandomi delicatamente la
schiena.
“Voglio vederlo Edward….” Ripetei
fra le lacrime. “Ti prego.”
Sospirò soffiandomi sui capelli.
“Come vuoi” Esitando, mi prese in braccio e, contro il suo volere, mi condusse
da lui. Vidi che il suo corpo ormai privo di vita era stato interamente coperto
da un cappotto, forse quello di Carlisle.
Il fuoco scoppiettante illuminava debolmente il suo volto ambrato.
Qualcuno gli aveva chiuso gli occhi. Pareva che dormisse. Edward mi lasciò
scendere a terra, nonostante le mie gambe fossero ancora malferme.
“Edward, perché l’hai portata qui?”
lo rimproverò Esme voltandosi verso di lui.
“Andate via tutti….” Dissi mentre
mi avvicinavo al mio amico.
“Bella….” Alice mi posò una mano
sulla spalla, ma io la scansai.
“Alice, voglio restare sola con
lui. Andate via.” Lei stava per ribattere, ma Carlisle la precedette “
Lasciamole un po’ di tempo, Alice. Emmett, Jasper…” li chiamò il loro padre.
“Andiamo. Anche tu Edward. Ha il diritto di passare sola qualche minuto. “
Avvolse un braccio attorno alle spalle di Esme conducendola lontano da me assieme agli altri.
“Alice, forza…” la richiamò Carlisle
incitandola a muoversi. Dopo un momento di esitazione, anche lei se ne andò.
Edward mi si avvicinò, avvolgendomi la vita con le braccia. Mi baciò la nuca.
“Verrò a prenderti fra poco.
Dobbiamo tornare a Forks….” Fui solo in grado d’annuire. Edward rimase per qualche attimo abbracciato a
me e poi anche lui si dileguò
lasciandomi.… sola. Sola con il mio adorato Jacob.
Che silenzio. Che pace. L’unico
rumore udibile era lo scoppiettare del fuoco che, lentamente, si stava
spegnendo. Allungai un mano per accarezzargli il viso. Era freddo. La morte
aveva portato via anche il suo calore. Con un dito disegnai il contorno del suo
volto, il profilo del naso, le labbra piene, come se volessi imprimere il
ricordo di lui nella mente affinchè non lo dimenticassi mai. Gli scansai alcuni
ciuffi di capelli corvini, lisci e lucidi, per osservare ancor meglio un viso
che già conoscevo a memoria.
Il mio Jacob non sorrideva più e
non lo avrebbe più fatto. Non mi avrebbe più donato conforto. Non mi avrebbe
più consolato. Non avrebbe più parlato. Non avrebbe più scherzato con me. Il
mio sole se n’era andato, lasciando posto ad una notte eterna, senza fine. E il
buio s’impossessò del mio cuore.
Dov’era finito il suo sguardo
dolce, rassicurante? E i suoi profondi occhi neri, che raccontavano tutto di
lui? Erano chiusi. E sarebbero rimasti così per sempre. Come la pellicola di un
film, vidi scorrermi davanti tutti i momenti trascorsi assieme a lui. Ricordai le
sue allegre risate, il suo modo di prendermi in giro, il calore della sua pelle
quando mi accarezzava, mi abbracciava, il sapore delle sue labbra…..
“J-Ja…Jacob….perchè….perchè….” Era
come se stessi vivendo un incubo terribile. E mi chiedevo, gemendo dal dolore,
quando sarebbe terminato. Mi chiedevo cosa avrei detto a Billy, cosa avrei
spiegato a Charlie, mi chiedevo se Sam, Quil, Embry e gli altri avrebbero
smesso, un giorno, di provare rancore nei miei confronti….mi chiedevo se sarei
mai riuscita a perdonarmi. Perché ero stata io ad ucciderlo. Avrei dovuto
capire da subito che non sarei potuta vivere accanto a qualcun altro che non
fosse Edward….. avrei dovuto affrontare i sentimenti di Jacob e spiegargli come
stavano le cose, allontanarlo da me, se fosse stato necessario…. Se l’avessi
fatto, tutto ciò non sarebbe accaduto. Ma la sua compagnia mi piaceva troppo
perché io me ne privassi. Ero, sono solo un’egoista. Un’assassina.
Mi accasciai sul suo corpo singhiozzando,
come se volessi proteggerlo dallo scorrere del tempo che prima o poi l’avrebbe
consumato, trasformandolo in un mucchio di polvere. E poi più nulla. Piansi sul
suo petto in cui, mi accorsi con dolore, non batteva più un cuore. E fu così
che mi ritrovò Edward quando venne a riprendermi. Nemmeno lui poteva fare
qualcosa: ormai un frammento della mia anima se n’era andato per sempre con
lui. Jacob. Il mio sole era tramontato.
“Addio, mio amore…” sussurrai prima
di baciargli un’ultima volta le labbra. Una mia lacrima, la più dolorosa di
tutte, cadde su di esse. L’avrebbe portata con se.
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Capitolo 18 *** Capitolo XVIII ***
doc19
Salve a tutti!Vi avviso che in questo capitolo ci sarà un bel colpo di scena....spero vi piaccia;)
A malincuore, vi dico che questo è il penultimo cappy....la
storia sta per volgere al termine, con mio grande dispiacere:(
Che altro dire?Aah, si: commenti?:P
Un altro mese. E poi un altro
ancora. Eppure non riuscivo a dimenticare quello che era accaduto. Mi ero già
da tempo rassegnata al fatto che avrei dovuto imparare a convivere con i miei
dolorosi ricordi. Ero affacciata alla finestra della mia camera, a Forks. Fuori
pioveva, tanto per cambiare. Il cielo era plumbeo, coperto da soffici nuvoloni.
Lì il grigio era il colore del cielo, non ne ricordavo più il tipico azzurro
terso. Da molto non godevo dei tiepidi raggi del sole. La pioggia scendeva
incessante, e il cielo piangeva. Piangeva per me, piangeva per Jacob. Perché io
da allora non avevo più versato una sola lacrima. Non ne ero capace. Così come
mi dimenticai come si facesse a sorridere. Dal giorno in cui furono celebrati i
funerali di Jacob, non avevo osato metter piede a La Push. Non avevo avuto più
notizie di Billy, né di Sam, né degli altri licantropi. Era come se si fossero
chiusi in se stessi, come se facessero parte di un mondo tutto loro. Un mondo
di dolore. L’ultima volta che li vidi, mi avevano ignorata, fingevano che io
non esistessi. Troppo sconvolti per giudicarmi, e decidere se addossarmi o meno
la colpa della scomparsa di Jake. Speravo nel loro perdono, sebbene sapessi che
non lo meritavo affatto. Loro erano gli unici che mettemmo al corrente di come
erano andate davvero le cose. Per la gente comune, Jacob era morto in un
terribile incidente mentre tornavamo a Forks la sera di Natale, progettato alla
perfezione dai membri della famiglia Cullen. Nessuno sarebbe mai venuto a
conoscenza della verità dei fatti. E Charlie non avrebbe mai compreso perché io
mi sentissi così tremendamente colpevole.
Quel giorno però, quello stesso
giorno in cui io ero comodamente appoggiata al davanzale della mia finestra ad
osservare l’impeto violento della pioggia, qualcosa era cambiato.
“Posso?” mi domandò Alice, comparsa
sulla soglia della porta. Mi voltai accennandole col capo il permesso di
entrare. Lei si sedette sul letto, battendo con la mano il posto accanto a lei,
invitandomi dunque ad accomodarmi a mia volta. Io obbedii. Alice mi prese una
mano nelle sue, fredde. Poi mi sorrise teneramente. Lessi nei suoi occhi, i
quali, notai come se fosse la prima volta, erano così simili a quelli di
Edward, che conosceva già il mio segreto. Con la sua, accompagnò la mia mano
sul mio ventre ancora piatto.
“Quando lo dirai ad Edward?” mi
chiese.
“Alice, io…. ho paura che non
capirà…. Non voglio perderlo di nuovo…” il mio sguardo s’incupì all’istante a
quel pensiero.
“Bella, ma cosa dici? Certo che
capirà, lo sai meglio di me. E poi non puoi tenerlo nascosto in eterno…”
“Si, questo lo so…” dissi,
esitante.
“ Se vorrai, ci sarò io al tuo
fianco….” Mi propose lei.
“No, Alice. Devo dirglielo da sola.”
“ Come vuoi tesoro.” Mi abbracciò
stringendomi contro il suo esile corpicino. E’ ancora difficile pensare quanta
forza nasconda una ragazzetta così minuta.
“Alice, per caso…. Hai…hai visto
qualcosa? Del futuro, intendo.” Chiesi tentennante.
Lei mi sorrise raggiante
sciogliendomi dal suo abbraccio, le mie mani nelle sue.
“Dunque….sarà un bel maschietto,
robusto e forte….”
“Proprio come suo padre….”
Sussurrai appena quelle parole, ma sapevo che Alice mi aveva sentito. Per la
prima volta dopo tanto, sorrisi. Guardavo altrove, persa in concezioni tutte
mie, ero di nuovo immersa nel piccolo mondo della mia mente.
“ E, cosa più importante,
sarà….umano. Lo so perché riesco a vedere il suo futuro.” Alice mi destò dai
miei pensieri. Non appena pronunciò quelle parole, mi ricordai della sua
incapacità di vedere i licantropi.
“Bene, questo renderà indubbiamente
le cose più facili..”
“Già.” Si limitò a dire. Poi
assunse la tipica posizione dall’erta tendendo le orecchie. La guardai
interrogativa.
“Sta arrivando. E’ meglio che vada.
Buona fortuna, Bella…” mi disse baciandomi sulla guancia “Anche se so che andrà
tutto per il meglio” e mi fece l’occhiolino. Infine scomparì dietro la porta
prima che io potessi salutarla.
La casa era deserta, Charlie era la lavoro. Saremmo rimasti soli, io e
lui. In quei brevi istanti, cercai di trovare le parole giuste da dirgli, ma fu
tutto inutile. Avrei improvvisato, Avrei lasciato che fosse stato il cuore a
guidarmi. Mi lasciai cullare dallo scroscio della pioggia e dall’ululato del
vento che, con la sua forza, faceva urtare i rami dell’albero contro la mia
finestra. Fin quando lui non bussò. Scesi al piano di sotto per aprirgli la
porta e, quando me lo ritrovai davanti, trattenni il respiro come ero solita
fare, non essendomi ancora abituata alla sua inumana bellezza. Edward mi
sorrise come solo lui sapeva fare e si chinò per baciarmi castamente sulle
labbra.
“Ciao” lo salutai. La mia voce
suonò spenta, e lui se ne accorse.
“Cos’hai? Non ti senti bene, forse?”
mi domandò, apprensivo.
“Edward, devo parlarti. E’ importante.”
Lui mi guardò, curioso, cercando
negli occhi una risposta, un chiarimento. Poco dopo incrociò la braccia al
petto, del tutto ignaro di quello che stavo per dirgli.
“Sono qui Bella, ti ascolto.”
Bene. Era arrivato il momento. Mi
mordevo nervosamente il labbro inferiore mentre decidevo che avrei affrontato l’argomento
senza tanti preamboli. Non sarei andata per le lunghe. Presi un respiro
profondo.
“Edward….sono incinta.”Dopo aver
pronunciato quelle tre, semplici parole, esaminai il suo volto per capirne la
reazione: era impassibile. Non si mosse dalla sua posizione per una buona
manciata di secondi. Credevo di averlo fatto secco. Morto sul colpo. Poi però
riflettei sul fatto che i vampiri non possono essere vittime di infarti o cose
simili.
“E-Edward?” lo chiamai, incerta.
Non mi rispondeva. Mi schiarii la voce, pronta a proseguire nel mio discorso.
“Il…il bambino è…di Jacob, ma
questo penso che tu possa averlo immaginato. E sappi che io ho tutte le
intenzioni di tenerlo. La scelta sta a te: o lo crescerai insieme a me, oppure
sarò costretta a farlo da sola….”
Con mia grande sorpresa, Edward
scoppiò a ridere. Si, si stava proprio divertendo, anche se non capii il perché.
Cosa c’era di tanto divertente? Lo osservai, incredula.
“Mia pazza, sciocca, umana…” disse
ancora con il sorriso sulle labbra. Mosse alcuni passi verso di me, fino a che
non mi ritrovai incatenata al suo sguardo. Poggiò la fronte contro la mia.
“ Bella, Bella…” scosse la testa. “
Ormai dovresti sapere che la mia vita sei tu…tu e questo bambino.” Pose la mano
sulla mia pancia, accarezzandola. “Pensi davvero che io ti avrei costretta a
rinunciarci? So quanto Jacob sia stato importante per te, ed io, da parte mia,
gli sarò grato in eterno, per aver colmato i vuoti che io ho lasciato in te
dopo essermene andato e per aver rischiato la sua vita per salvarti. E’ grazie
a lui, grazie al suo sacrificio che ora sei qui con me. Ed io sarò fiero di
crescere il vostro bambino come se fosse il mio. Non ti lascerò mai, mia Bella.”Con
quelle poche parole pronunciate a fior di labbra fu in grado di sciogliermi il
cuore. Cominciai a piangere come una stupida.
“Che fai ora, piangi?” mi asciugò
le lacrime una ad una baciandomi teneramente le guance. Io lo abbracciai aggrappandomi
alle sue spalle, facendo scorrere le dita fra i suoi capelli.
“Grazie, grazie, grazie…” gli mormoravo
all’orecchio.
Lui rise. “Non ti avrei mai privato la gioia
di diventare madre…. Era una delle cose che desideravo di più per te….”
Mi asciugai gli ultimi residui di
lacrime col dorso della mano sciogliendomi dal suo abbraccio. Poi mi ricordai
della trasformazione. Edward me lo aveva promesso, anche se era piuttosto
restio a “dannarmi per l’eternità”, come diceva lui.
“Credo che dovremmo aspettare un po’
prima di…trasformarti…. Questo bambino è proprio una benedizione: potrai trascorrere
un altro intero anno da umana….” Disse all’improvviso come se mi avesse letto
ne pensiero.
“guarda che la gravidanza in media
dura nove mesi…mi stupisce che tu non sappia una cosa così elementare, laureato
per ben due volte in medicina poi!”mi battei una mano sulla fronte schernendolo.
“Certo che lo so….ma dimentichi i
nostri accordi, mia cara: il matrimonio….dovremmo aspettare la nascita del
bambino…”
“E perché mai? Possiamo sposarci
anche subito…”
“Da quando sei così favorevole al
matrimonio? E poi è meglio di no, non vorrei strapazzarti troppo, nelle tue
condizioni….” Mi rispose semplicemente.
“Io invece credo che tu voglia solo
prendere tempo….ormai ti conosco troppo bene….” Mi avvicinai di nuovo a lui
cingendogli la vita con le braccia.
Lui sbuffò. “ E’ l’ultima richiesta
che ti faccio…. Prima avrai il bambino, poi ci sposeremo e, più in là
ti..trasformerò..” fece una smorfia nel pronunciare l’ultima parola.
“E va bene…” acconsentii alla fine,
esasperata. Lui sorrise raggiante e poi mi abbracciò di nuovo. Dopo tanto, ero
di nuovo felice. Sapevo che non avrei mai dimenticato il mio Jacob, il suo
ricordo sarebbe rimasto per sempre in me…però non l’avevo perso del tutto: lo
avrei ritrovato negli occhi del mio bambino. Ed è con questo pensiero che
riuscii a farmi forza.
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