Attraverso i tuoi occhi

di Alexandra_ph
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentare il caso ***
Capitolo 2: *** Svolgere le indagini preliminari ***
Capitolo 3: *** Assegnare le parti ***
Capitolo 4: *** Interrogare i testimoni e delineare le rispettive strategie ***
Capitolo 5: *** Gestire un eventuale contenzioso diplomatico ***
Capitolo 6: *** Preparare le arringhe finali ***
Capitolo 7: *** Attendere il verdetto della giuria ***
Capitolo 8: *** La corte ha deliberato ***
Capitolo 9: *** Oltre le stelle ***
Capitolo 10: *** Spiegare l'incomprensibile ***



Capitolo 1
*** Presentare il caso ***


Disclaimers   : Il marchio Jag e tutti i suoi personaggi appartengono alla Bellisarius Production.   In questo racconto sono stati usati senza alcuno scopo di lucro.

 

 

Nota dell’autore:

 Tempo fa lessi il romanzo che, in seguito, ha ispirato questo racconto.
Come questa, anche la vicenda narrata nel libro sembrava assurda e irreale. Anzi, a dire il vero, lo era. Lo sono entrambe.

Ma al di là della storia raccontata, in quel libro c’erano diversi messaggi interessanti e altrettanto interessanti spunti di riflessione, che hanno smosso la mia fantasia, ma non solo… ho cominciato a pensare che anche a me sarebbe piaciuto dire la mia e  stimolare alcune riflessioni su certi argomenti: sul concetto di empatia, sull’amore in genere e sul rapporto di coppia in particolare; sui sentimenti e sulla razionalità, sull’uomo e la donna come esseri unici e distinti, ma al tempo stesso simili e complementari… e forse qualcos’altro ancora.

La tentazione di sfidare me stessa e farlo in maniera più o meno simile è stata tanta.
E così ho provato. Ho provato a costruire una storia altrettanto “assurda”, tentando di renderla altrettanto plausibile. Ma, soprattutto, ho cercato di fare il possibile per riuscire a trasmettere le mie riflessioni, così come l’autore del libro, a mio avviso, è riuscito a fare con le proprie tramite il suo romanzo.

Sono consapevole che la pretesa è tanta, ma se non ci si pone davanti ad obiettivi elevati, difficilmente si arriva a conquistare anche i minimi.
Che poi io ci sia riuscita… questo starà a voi giudicarlo.

Mi auguro almeno che il racconto, nonostante “l’irrealtà” della vicenda, vi possa comunque piacere.

Buona lettura!

 
 

Ringrazio Frédéric Lasaygues per l’ispirazione e Audrey Hepburn, nel ruolo di Jo Stockton in “Funny Face“ (Cenerentola a Parigi), per avermi fatto scoprire, quando ancora ero ragazzina, il concetto di empatia e di averlo spiegato così bene, meglio di come avrebbe fatto la mia prof di filosofia diversi anni dopo.

Ringrazio anche il mio carissimo amico Nick per avermi spesso fatto riflettere sull’imperscrutabile universo maschile, e gli uomini della mia vita  - mio marito, mio figlio e mio padre -   che ogni giorno mi fanno sperimentare quell’universo, permettendo alla mia empatia di essere sempre ben allenata.

Infine un grazie ad Harm, forse il più degno rappresentante di quel contraddittorio, a volte imperscrutabile, ma anche affascinante universo.

                           

Alexandra   (3 marzo-2 novembre 2006)


30 dicembre 2013 - Pubblicando finalmente questa mia ff scritta nel lontano 2006, colgo l'occasione di augurare a tutti voi  BUON ANNO!      Alexandra      

 

 

 

-1-

 (presentare il caso)

 

 

Lenzuola lisce, quasi impalpabili.
Un vago sentore di fiori.
Silenzio.
Non sono nel mio letto e neanche in camera mia. Ma nemmeno sulla Seahawk.
Non ci sarebbe silenzio. Né questo profumo vagamente familiare. E neppure queste lenzuola morbide.
C’è una sola spiegazione: sono nel letto di una donna.
Eppure non ricordo d’essere stato con una donna, ieri sera.
Se per questo, non ricordo d’essere stato con una donna da chissà quanto tempo: c’è solo lei, nei miei sogni, ultimamente. I suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo… Sta diventando estenuante desiderarla tanto e dovermi continuamente trattenere dallo sfiorarla.
Apro gli occhi e mi muovo lentamente, cercando di far chiarezza nei pensieri. Mi accorgo subito che c’è qualcosa di strano.
Dove sono?
Mi guardo attorno, sconcertato.
Mac?
Cosa ci faccio nella camera… no, mi correggo… nel letto di Mac?
Non posso credere che…
No.
Impossibile.
Me ne ricorderei.
Se avessi fatto l’amore con lei, non potrei scordarlo la mattina dopo.
Eppure… Eppure questa è la sua stanza, ne sono certo. L’ho vista una sola volta, ma non l’ho mai dimenticata. E io mi trovo nel suo letto.
Perché?
Provo a tornare con la mente agli avvenimenti di ieri, per capire.
Cosa mi sfugge?
Calma… un momento: ricordo perfettamente dov’ero e cosa ho fatto ieri sera.
Mi hanno sbarcato dall’elicottero sulla Seahawk nel tardo pomeriggio; ho sbrigato le solite faccende di routine in previsione della missione di oggi e dopo una cena e quattro chiacchiere con gli altri piloti, sono uscito sul ponte.
Erano settimane che ai notiziari preannunciavano l’eclissi di luna… quale miglior posto per godersela al meglio che non essere sul ponte di una portaerei in mare aperto?
E così ho assistito, dall’inizio alla fine, allo spettacolo della luna che lentamente scompariva e riappariva, attorniato solamente dal mare e dal buio della notte, con un indicibile senso di vuoto, senza averla accanto. Avrei dato qualunque cosa perché fosse lì con me; per vedere quello spettacolo naturale abbracciato a lei, mentre aspiravo la sua fragranza e percepivo il calore del suo corpo premuto contro il mio…
Dopo l’eclissi me ne sono andato a dormire.
Solo.
Che cosa ci faccio, ora, nella camera di Mac? E, soprattutto, nel suo letto?
Che stia ancora sognando, da ieri notte?
Quante volte l’ho fatto, immaginando di risvegliarmi tra le sue braccia, mentre accarezzo le sue curve invitanti?
E lei dov’è?
Se deve tormentare così i miei sogni, che almeno possa godere di quel contatto anche solo immaginato!
Sorrido dell’assurdità della cosa. In fondo molto è dipeso da me: se fosse stato per lei, è dai tempi dell’Australia che avrei potuto averla tra le braccia al mio risveglio. Anche se poi ha cambiato idea.
Mi muovo lento, per stirare i muscoli rilassati dal sonno. Spostandomi su un fianco, all’altezza del petto mi sorprende una strana sensazione… un peso insolito, che non capisco.
Che sia il cuore?
All’improvviso sento un impellente desiderio di una tazza di caffè.
Nero. Forte. Bollente.
Caffè?
Da quando mai?
C’è qualcosa che non va.
Devo essere ancora nel dormiveglia, perché tutto questo sembra così strano. Percepisco un cambiamento in me che non riesco a focalizzare… Perché indosso una maglietta? Di solito dormo solo in boxer.
Che cosa mi sta succedendo?
Sposto le coperte per alzarmi e butto giù dal letto una gamba…
WOW… che gamba!
Lunga, affusolata, la pelle liscia e morbida al tatto… Per un attimo mi fermo ad osservarla, affascinato. La sfioro con la mano: le sue gambe mi sono sempre piaciute da morire. Poi riporto l’attenzione alla realtà dei fatti e fisso allibito la mano che ha toccato la gamba… il braccio, dal polso delicato… risalgo con lo sguardo al corpo in cui mi trovo… Ora sono perfettamente sveglio, lo capisco dal cuore che sta per esplodermi nel petto.
Prima ancora di guardarmi allo specchio, so che si tratta di quel corpo che da tempo non faccio altro che sognare di avere tra le braccia…
Mi guardo di nuovo attorno, sconcertato: i suoi abiti, appoggiati sulla sedia, i suoi accessori, posati sopra il piccolo tavolino accanto alla finestra…
Come diavolo sono finito nel corpo di Mac?

 

 

***

 

 

Mi riporta alla realtà il rumore tipico che si sente su una portaerei. Nella blanda incoscienza che precede il risveglio, un pensiero rapido, fulmineo, transita per pochi millesimi di secondo nella mia mente: perché mi trovo su una portaerei?
Non ricordo di esserci arrivata.
Poi il torpore del sonno mi cattura di nuovo.
E’ strano. Di solito sguscio fuori dal letto non appena riprendo contatto con il mondo. E subito il mio corpo reclama immediatamente un caffè.
Nero. Forte. Bollente.
Invece ora mi giro su un fianco e del caffè nessuna voglia.
C’è qualcosa di diverso.
Provo a stiracchiarmi e nel contempo porto le mani al volto, in un gesto che, tuttavia, non mi è abituale. Il cuore inizia a galopparmi furioso nel petto: quelle che ho portato al viso, non sono le mie mani!
Mi sollevo di scatto e osservo il corpo che ha preso il posto del mio…
Che cosa mi sta succedendo?
Sento il panico stringermi a poco a poco la gola…
Che fine ha fatto il mio corpo?
O meglio: in quale altro corpo è finito l’IO pensante di Sarah Mackenzie? Perché l’unica certezza che ho è che IO sono il tenente colonnello dei Marine Sarah Mackenzie, avvocato della procura militare.
Ma dove sono?
Mi guardo attorno e osservo che mi circondano le pareti di una cabina; l’angusto spazio in cui mi trovo, sebbene sembri essere tutto per me, non fa che confermare quello che ho capito non appena mi sono svegliata… eppure io dovrei trovarmi a Washington… proprio stamani dovrei interrogare un teste…
Di nuovo mi guardo attorno, spaventata.
Che ore sono?
Mi muovo ansiosa… com’è possibile che mi domandi l’ora? Perché non so che ore sono?
Che cosa mi sta succedendo?
Scosto le coperte e faccio per alzarmi… E finalmente osservo con attenzione le mani, le gambe, quello che indosso… Focalizzo il corpo in cui sembro essere rinchiusa: mani grandi, lunghe, dalle unghie squadrate, ma ben curate, come piacciono a me.
Mani maschili.
Sì, decisamente le mani di un uomo.
Mani maschili che ho la vaga impressione di conoscere.
Il corpo che è in questa cuccetta indossa solo un paio di boxer… “Un vero peccato”, mi sorprendo a dirmi: per quello che vedo in questo momento e che sento tra le gambe, sembra essere un gran bel fisico e, oserei dire, anche ben dotato! 
Oddio, ma che vado a pensare?
La situazione richiede un minimo di lucidità.
Ricapitoliamo: dove sono finita?
Uno specchio. Mi serve uno specchio. Almeno per capire meglio “chi” sono diventata…
Mi alzo, barcollando per un attimo… che piedi grandi, accidenti!
E che fastidio! La parte anatomica che prima ho apprezzato, adesso che sono in posizione verticale, si muove in maniera quasi ridicola tra le gambe. Come fanno gli uomini ad andarsene a spasso per tutto il giorno con… ehm… ‘sto coso che pare anche avere vita propria?
Raggiungo lo specchio con solo due passi di queste lunghe gambe che mi ritrovo, fisso il volto che mi osserva riflesso e…
Scoppio a ridere.
Sono consapevole che dopo la risata liberatoria, tornerà ad assalirmi l’ansia, ma in questo momento l’assurdità della situazione rasenta la comicità.
Come accidenti sono finita nel corpo di Harm?

 


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Capitolo 2
*** Svolgere le indagini preliminari ***


-2-

 (svolgere le indagini preliminari)

 

 

 

Dev’essere accaduto durante la notte. Probabile che l’eclissi di luna abbia influito.
Ma perché?
E dove sei, Mac?
Il mio IO ha prevaricato il tuo e ora sei sempre qui, nel tuo corpo, che in questo momento contiene entrambi? (Del resto lo dici sempre che la mia personalità è travolgente e che voglio averla sempre vinta io.)
Oppure anche tu sei finita altrove? E chi ha preso possesso del mio corpo?

Come vorrei che una volta tanto ci fossi tu nei miei panni…

All’improvviso un ricordo mi assale: la tua frase di ieri.
Ed ecco che tutto, nella sua assurdità, acquista un senso. Una certa logica.
Non può che essere così: se io sono nel tuo corpo, Mac, tu devi essere finita nel mio.
Poco alla volta i pezzi di questo puzzle surreale trovano ognuno il proprio posto e tutto si fa finalmente più chiaro e comprensibile…
Forse.
Ieri ci siamo lasciati dopo un ennesimo battibecco. Non facciamo altro, ormai. Da mesi. Se fossi del tutto onesto, aggiungerei che i nostri rapporti sono ulteriormente peggiorati da quando stai con Webb.
E io non lo sopporto.
Non sopporto neanche l’idea che tu faccia l’amore con un uomo che non sia io. Ma ancora di più credo di non riuscire a sopportare quello che è diventata la nostra amicizia.
Sempre che esista ancora tra noi qualcosa che possa definirsi tale.
In questi giorni siamo alle prese con un caso di molestie sessuali. Il solito caso rognoso, dove i fatti si riducono alle versioni diametralmente opposte delle due parti in causa e le prove sono pressoché inesistenti.
Tutto si gioca sul sottile equilibrio delle testimonianze e del nostro istinto.
Lo so, Mac: a volte mi odi quando uso questo termine. Eppure è sempre l’istinto che per primo mi guida, anche nelle situazioni più disparate. 
E l’istinto mi dice che Brian Ferrell è più subdolo di quanto appaia.
Ovviamente tu sostieni che la mia sia solo gelosia maschile: l’accusato è un uomo piacente, gentile e molto educato, mentre a quanto dicono, Melinda Parker, colei che lo ha denunciato, è una donna che ama il potere; è aggressiva, disinvolta e disinibita. Difficile crederla oggetto di molestie sessuali.
Non l’ho ancora conosciuta, dovrei essere sulla Seahawk proprio per questo, oltre che per le consuete prove di due giorni per le qualificazioni.
Avrei dovuto osservarla nel suo ambiente, prima di condurla con me a Washington, per interrogarla. E avrei dovuto trovare qualche testimone. Sempre ammesso che ce ne siano.
Eppure… prima ancora di averle parlato, prima ancora di aver svolto qualunque indagine, l’istinto mi dice che Ferrell sta mentendo. Su qualcosa, ma sta mentendo.
Tu, invece, sei rimasta affascinata da lui.
Ferrell ti lusinga, e tu ti lasci lusingare.
Quando mi hai detto che soffro di gelosia maschile, ho ribattuto che è Webb quello che dovrebbe essere geloso…
Sei diventata una iena: non sopporti che ti rinfacci le tue debolezze. Eppure è tipico di te lasciarti abbindolare da due moine fatte al momento giusto. Soprattutto se a farle è qualcuno gentile e che ci sa fare con le donne.
Ma Ferrell è realmente gentile? O è quello che vuole apparire?
E ci sa davvero fare con le donne? Oppure le usa soltanto?
Come ultimamente ci accade, siamo di parere discorde. E a volte non so più capire se lo siamo perché davvero la pensiamo diversamente o semplicemente per farci un dispetto a vicenda.
Perché ci sta accadendo tutto questo?
Come siamo giunti a neppure più sopportarci?
Ricordo con nostalgia i bei tempi quando lavoravamo assieme, quasi sempre di comune accordo. E anche quando non lo eravamo, sfruttavamo le nostre divergenze per conoscerci e, senza neppure rendercene conto, risolvevamo comunque il caso. Insieme. Non importava che uno vincesse e l’altro no. La sensazione era sempre quella d’essere stati una squadra.
Ora, invece…
Comunque, quando ho tirato in ballo Webb e la sua probabile gelosia, il discorso è degenerato, come sempre, su fatti personali. Ultimamente non facciamo che rinfacciarci i nostri difetti, peggio di una coppia sposata in piena crisi matrimoniale.

- Sei sempre la solita, Mac. Basta un sorriso e tu diventi un’altra.
- Una che tu non sopporti, vero?
- Io non sopporto come ti lasci sedurre dagli uomini. La tua intelligenza va a farsi benedire…
- Parli così solo perché ti ho detto che tra noi non avrebbe mai funzionato.
- Oh, lascia perdere…
- Ecco, tu sai sempre e solo lasciar perdere, vero? Ma cosa vuoi da me, Harm?

Ho preferito non rispondere.
Cosa avrei dovuto dirti? Che voglio solo te, e niente altro? Che da te non voglio nulla… ma che desidero te, semplicemente?
Che ti voglio così come sei, con tutte quelle stesse contraddizioni che ti critico sempre, perché non sopporto che sia un altro a poterle amare?
Te l’ho già fatto capire, eppure non hai voluto saperne.

- Con gli uomini ti metti sempre in situazioni difficili…
- Oh, ma che ne sai tu? Lo sai cosa si prova ad essere una donna in ambiente militare? Ogni sorriso, ogni frase… tutto deve essere sempre calibrato, perché altrimenti chiunque si sente autorizzato a metterti le mani addosso… e se non fanno quello, l’alternativa è essere giudicata una che se la fa con tutti… E’ sempre la stessa storia.
- Io non penso questo di te.
- No? Ma se lo hai appena detto.
- Io ho detto solo che se un uomo ti fa gli occhi dolci e due complimenti, tu ti senti lusingata. Non ho detto che te la fai con tutti.
- E che male c’è? Solo perché tu non mi rivolgi mai un complimento, ciò non significa che a me non piacciano. O che non sia obiettiva per questo.
- Non credevo volessi i miei complimenti…
- Lascia perdere, tu non sei il tipo.
- E se anche lo fossi, hai chiarito per bene che da me non vuoi nulla…

Per un attimo sei rimasta in silenzio. Sembrava che non sapessi più cosa dire. Poi te ne sei uscita con una frase, che lì per lì non ho capito. E che, a ben pensarci, continuo a non capire neppure ora. Ma che forse è stata la chiave di tutto. L’hai detta e poi te ne sei andata, senza neppure aspettare la mia risposta.

 - Come vorrei che per una volta tanto ci fossi tu nei miei panni…

 

 

***

 

 

Attraverso i tuoi stessi occhi, osservo il tuo volto sorridermi e riesco a provare, nonostante tutto, una sensazione strana, indefinibile, identica all’emozione che mi travolge ogni volta che sfoderi il tuo sorriso. Ed è strano, perché ero convinta che certe sensazioni che mi trasmetti fossero legate soprattutto ad una reazione puramente fisica, e io so perfettamente che la reazione del mio corpo al tuo fascino maschio è intensa. Sempre.
Ma in questo momento, io non mi trovo nel mio corpo… sono addirittura nel tuo. Eppure sento comunque qualcosa.
Devo pensare, allora, che il tuo volto, le tue braccia, la tua pelle… tutto di te… siano in grado di scuotermi molto più nel profondo di quanto avessi mai immaginato?
Deve essere così. Altrimenti non so spiegarmi come riesco a percepire fisicamente quel certo sfarfallio alla bocca dello stomaco e il cuore accelerare di un battito, nonostante sia il tuo stesso corpo a trasmettermi questi fremiti, mentre ti guardo attraverso i tuoi occhi.
Per un attimo la paura dell’incomprensibile scompare… Tu sai sempre tranquillizzarmi e questa sensazione non mi abbandona neppure ora, forse grazie al fatto che è proprio il tuo corpo a contenere la mia essenza.
Mi lascio trasportare da queste sensazioni: quando mai potrò avere un’occasione simile? Per poterti guardare con tutta calma, permettendo alle tue mani, che in questo momento mi appartengono, di sfiorare finalmente le tue labbra, di accarezzare la tua pelle… come avrei desiderato fare da sempre.
Io non so cosa stia succedendo.
Non lo so e in questo momento, forse, non voglio neppure saperlo.
Sono rapita dai tuoi occhi che mi stanno guardando a lungo, senza distogliere lo sguardo come invece fai tu di solito.
Non riesco a smettere di osservarti riflesso nello specchio… avevo scordato che dormi con soltanto i boxer. Credevo lo facessi unicamente quando sei in casa tua. Invece, a quanto sembra, dormi così ovunque…
O forse è un caso? (Un fortuito caso, per me, oserei dire).
Oddio…
Quanto sei bello, Harm!
Lo sguardo passa dalle tue spalle al torace muscoloso, scivolando rapidamente più giù, alle tue lunghe gambe, non osando quasi soffermarsi su quell’unica parte di te celata da un indumento.
Eppure… non è forse quella parte che più mi è proibita, a stuzzicare maggiormente la mia curiosità e la mia fantasia?
Ma mi sembrerebbe quasi di violare la tua intimità, spogliandoti.
Che stupida, vero?
Anche perché, se dovessi rimanere ancora a lungo nella tua pelle, dubito che potrò resistere molto senza essere costretta a svelarti, non fosse altro per permettere al tuo organismo di sopravvivere soddisfacendo le sue esigenze fisiologiche.
Però… forse…
E perché no?
Magari un pensierino potrei farcelo anche prima.

 

 

***

 

 

E’ tardi. Sono le 6.15 e fra poco più di un’ora devi essere dall’ammiraglio per aggiornarlo sulla situazione. Poi dovresti interrogare Mike Forde, il primo teste a favore di Ferrell.
Devo sbrigarmi… Ma prima un caffè.
Nero, forte e bollente, proprio come piace a me.
No.
Proprio come piace a te.
E’ un desiderio fisico. Ed è tuo. Solo tuo.
Eppure, in questo preciso istante, sembra che sia anche la mia mente a volerlo.
E mentre lascio che gesti meccanici, che non ricordo d’aver fatto, preparino il caffè come piace a te, mi soffermo a pensare quanta parte delle cose che facciamo ogni giorno è pura e semplice abitudine, se non addirittura obbligo, e quanto, invece, ciò che desideriamo davvero.
Per te il caffè è una necessità fisica, quasi una droga. Me ne rendo conto perché, mentre il liquido bollente entra nel tuo corpo, lentamente sento placarsi quel bisogno che mi aveva assalito fin da quando ero nel letto.
E, dopotutto, il caffè non è neppure male!
Basta indugiare. Sento i minuti scorrere via, rapidi e insidiosi…
Sono già le 6.33.
Guardo distrattamente l’orologio della cucina (digitale, come tutti i tuoi orologi: benché tu sappia perfettamente sempre anche il centesimo di secondo, hai bisogno di vedere scritto ora e minuti e le lancette non fanno per te) e osservo che stamani sono io che spacco letteralmente il minuto.
E’ una sensazione strana, soprattutto per uno che ha sempre avuto solo una vaga idea del tempo che passa e che odia profondamente tutto ciò che glielo ricorda, anche se devo ammettere che se non esistessero gli orologi, probabilmente a quest’ora sarei ancora in Accademia!
Comunque è strano essere presente al tempo, addirittura sentire fisicamente il trascorrere degli attimi.
OK, basta indugiare.
Prepariamoci. (il “Noi” mi sembra d’obbligo, in questa situazione).
Mi levo al volo la lunga t-shirt che indossi per dormire, la getto sul letto e mi dirigo rapidamente verso il bagno, per una breve doccia. Nonostante me ne fossi dovuto accorgere prima, realizzo solo ora che sotto la maglia non porti null’altro…
Interessante.
Ma ancora più interessante è la visione che mi rimanda lo specchio quando transito davanti al lavandino.
L’immagine fugace del tuo corpo nudo.
Troppo intrigante per far finta di nulla.
Torno sui miei passi  e mi soffermo davanti allo specchio e, mentre osservo, una sensazione strana si propaga dal basso ventre e mi stringe la gola…
Il tuo seno è pieno, morbido… è bellissimo.
E’ la Tentazione per ogni uomo. E, credo, l’Invidia di ogni donna.
Risalta sul tuo corpo snello ancora più di quanto avessi mai immaginato (e di fantasia, credimi, ne ho spesa molta sull’argomento!).
La dolce curva dei tuoi fianchi e i glutei ben delineati, scolpiti dalla costante attività fisica, lo mettono maggiormente in evidenza, richiamando su di esso tutta l’attenzione.
Sono i tuoi occhi a guardarlo, a trasmettere alla mia mente l’immagine provocante dei tuoi capezzoli scuri che spiccano sullo sfondo della pelle più chiara attorno… Tuttavia è la mia mente a trasmettere alle tue mani l’irrefrenabile desiderio di sfiorarli.
Sento la tua gola improvvisamente secca, e mi rendo conto di deglutire, quasi cercassi l’aria per respirare.
E’ tardi… devo fare la doccia…
Poco male.
Dovrò pur toccare quelle morbide curve per lavare il tuo corpo, no?

 

 

***

 

 

Ho superato lo choc iniziale di scoprire di non essere più nella mia pelle. Ho superato anche – almeno in parte – la sorpresa di trovarmi proprio nel corpo dell’uomo che più mi fa impazzire di desiderio e la curiosità di poterti osservare liberamente. Ora, finalmente, la mia mente comincia di nuovo a ragionare e tento di dare una spiegazione a quanto è accaduto, benché mi renda conto che tutta questa faccenda ha dell’incredibile.
Ma, forse proprio perché già ci sono, provo “a mettermi nei tuoi panni” e tento di ragionare come faresti tu.
Conoscendoti, sono assolutamente certa che se fossi al mio posto non ti lasceresti sopraffare dalle emozioni, ma cercheresti immediatamente una spiegazione logica. A volte non te ne rendi neppure conto, ma sai trovare un senso anche a cose che un senso non l’hanno. A situazioni assolutamente inverosimili.
A ben pensarci, però, io non sono poi così diversa da te: chi ha avuto la visione utile a localizzarti quando eri sperduto in mezzo all’oceano?
La prima domanda logica da porsi è la seguente: se io sono nel corpo di Harm, dov’è finito lui?
Un lieve bussare alla porta blocca all’improvviso il flusso del mio ragionamento.
“Harm…”
Una voce di donna.
Chi potrebbe volerti alle…
Accidenti… CHE ORE SONO?
Mi guardo attorno, in preda al panico, alla disperata ricerca di un orologio. Non sono abituata a non sapere sempre perfettamente l’ora.
Scorgo sul tavolino che funge da scrivania il tuo orologio da polso… dannazione, le lancette!
Le 6.30, secondo più, secondo meno…
Chi potrebbe volerti alle 6.30 del mattino?
E una donna, per di più.
“Harm…”
La voce è bassa, ma insistente.
Benché su una portaerei l’attività non cessi mai, neppure di notte, le 6.30 a.m. sono comunque presto.
Ancora dei brevi colpetti alla porta… Niente da fare. Insiste. Mi tocca aprire.
Lo faccio senza neppure rendermi conto che sono ancora in boxer.
E’ il volto stupito del tenente Elizabeth Hawkes che fissa con insistenza il mio… no, il tuo… corpo, a farmi realizzare che mi sono presentata… no, che ti ho presentato… oh, insomma!... che abbiamo (io, tu… NOI) aperto la porta praticamente in mutande.
E lei…
Bè… lei guarda.
Insiste nel guardare e sorride all’immagine che le si è parata davanti.
Perché accidenti non la smette di divorarti con gli occhi?
“Ciao!”
Finalmente incontra il mio sguardo e io riesco a scorgere nel suo un fugace lampo di malizia.
Ma non è sposata? O fidanzata, non ricordo.
“Tenente Hawkes… che sorpresa…”
Sono un’imbecille.
Non appena le ho pronunciate, mi accorgo che ho scelto le parole sbagliate.
Come scusa per la mia mancata prontezza di riflessi ho solo il fatto che mi scopro assai infastidita da come ti sta guardando. Eppure, proprio io, dovrei capirla!
“Harm… che cosa ti succede?”
Grande domanda.
A me lo chiede?
“Nulla, nulla…” rispondo con tono distratto. Immediatamente mi rendo conto, mentre mi accorgo che sto sollevando una mano come se stessi scacciando un insetto fastidioso dai pensieri, che ho il tuo solito tono distratto… credo di averti fatto assumere pressappoco la stessa aria svanita che avevi qualche anno fa, quando cadesti dalla sedia dell’ammiraglio e sbattesti la testa. Quel giorno, ogni volta che ti comparivo davanti, mi guardavi come se avessi appena visto un fantasma… Non hai mai voluto dirmi cosa ti passasse per la mente…
“Volevo informarti che ho appena saputo che sarò io il tuo RIO”.
Elizabeth Hawkes tenta di portare la conversazione su un piano meno imbarazzante, anche se continua a lanciare rapide occhiate dove non dovrebbe.
Il problema è che quello che mi sta dicendo mi fa rabbrividire: avevo scordato che, tra le altre cose, sei qui per volare.
Devo aver fatto una faccia strana, perché mi domanda preoccupata:
“Non sei d’accordo?”
A dirla tutta, non sarei d’accordo su parecchie cose, in questo momento. E volare è tra le prime della lista.
Ma non è il caso che incasini peggio il Tenente Hawkes, già turbata a sufficienza dalla visione del Comandante Rabb in mutande.
“No, no, tranquilla. Va benissimo.”
“Ok, allora. Ci vediamo tra un’ora”.
Mi fredda con quella frase e poi si allontana. Non prima d’averti rivolto un’altra occhiata.
Un’ora?
E adesso che cosa faccio?

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Capitolo 3
*** Assegnare le parti ***


-3-

 (assegnare le parti)

 

 

 

Perfetto! Manca il rossetto e poi… sei perfetta.
Non credevo di riuscirci. Ma scopro che la faccenda è alquanto strana: a quanto pare mi vengono automatiche cose che non avrei mai immaginato di saper fare in vita mia.
Avrei anche potuto evitare il trucco, ma tu non ti presenti mai in ufficio senza almeno un velo di rossetto a sottolineare la curva delle tue labbra; quando ti accade di non essere perfetta come al tuo solito, c’è sempre qualcosa che non va. E proprio oggi non vogliamo che qualcuno pensi che qualcosa non vada, vero? Sarebbe troppo imbarazzante rispondere cosa.
E’ una fortuna che tu non sia in uno dei tuoi “giorni no”: in bagno, nell’armadietto, mi sono trovato di fronte ad una scatoletta… ci ho messo qualche minuto a capire cosa potessero essere.
Quell’esperienza, ti assicuro, preferisco evitarla. Poi, magari, mi sarei scoperto capacissimo anche di mettere un assorbente interno, ma sono contento di non doverlo provare.
Almeno per il momento.
In effetti… cerco di non pensarci, ma… tornerò mai nel mio corpo?
Sono alle prese con la spazzola quando suona il telefono. Calma: ci vuole concentrazione prima di rispondere.
“Colonnello Mackenzie…”
Dall’altra parte, per un attimo, un silenzio quasi esitante.
“Chi parla?” domando.
“Mi… mi scusi… devo aver sbagliato numero…”
All’altro capo sento una voce che mi sembra essere la mia e, in sottofondo, rumori familiari.
Tento l’inverosimile.
“Mac…? Sei tu?”
Mi accorgo di attendere con ansia la risposta, a confermare che le mie ipotesi sono corrette.
“Harm?”
Sento sollievo, nella mia voce, quando trovi il coraggio di domandarmi se a rispondere al tuo apparecchio, e con la tua voce, sono proprio io.
Avevo ragione, allora: siamo ognuno nella pelle dell’altro.
Assurdo, irreale.
Ma sapere che ci sei tu, dentro il mio corpo, in qualche modo mi rassicura. Spero che sia lo stesso anche per te.
“Sì, sono Harm.”
Che liberazione, poterlo dire a qualcuno! Non mi ero reso conto di quanto avessi bisogno di poter parlare con qualcuno che potesse capire. Non oso immaginare come ti senti tu, oltretutto in mezzo a persone che quasi non conosci…
“Mac, come stai?”
“Bene… più o meno. Senti… Hai capito che cosa è successo?”
“Non ne sono certo, ma credo che c’entri l’eclissi di luna e…” esito a dirti tutto quanto: come faccio? Non vorrei che pensassi che tutto questo casino fosse colpa tua.   
“Harm, credi che la mia frase di ieri…”
Ci sei arrivata da sola.
“Devi averlo desiderato talmente tanto intensamente che fossi nei tuoi panni…” cerco di sorridere con la voce, per sdrammatizzare un po’, prendendoti bonariamente in giro.
“Credi davvero che volessi tutto questo? Che pensassi a quello che ho detto?”
“Sì, Mac. Sono convinto che pensassi davvero a quello che hai detto. Ma non credo affatto che volessi che accadesse realmente una cosa simile.”
“Cosa faremo, Harm?”
“Non lo so…”
“Voglio tornare a Washington…”
“Ma non puoi, Mac! Ho le qualificazioni. E poi la Parker…”
“Harm, rifletti: come faccio a volare al posto tuo?”
“Puoi farcela, Mac. Io ho fatto il caffè…”
“Se permetti non è proprio la stessa cosa”.
“Aspetta, non è questo che intendevo. Volevo dire che mi sono reso conto che so fare le cose che solitamente fai tu. Mi sono persino truccato, e devo dire che sono, o meglio sei, perfetta come sempre”.
“Ma volare, Harm! Lo sai che non sopporto di volare neppure quando sei tu a pilotare… figurati se devo farlo io…”
“Potresti trovarlo divertente. E poi c’è Skates… ti può aiutare lei”.
“E cosa dovrei dirle? Che il Comandante Harmon Rabb, esperto pilota di tomcat, improvvisamente ha scordato anni e anni di addestramento al volo? Oppure dovrei dirle la verità? Ma fammi il piacere, Harm…”
“E perché no?”
“Che cosa?”
“Dirle la verità”.
“Ma per favore…”
“Non sto scherzando, Mac. Potrebbe capire. Ti assicuro che Skates potrebbe davvero capire”.
“Tu lo credi? Dovevi vedere la sua faccia poco fa quando ti ha visto in mutande".
“Aspetta, aspetta… cos’hai detto?”
“Lascia perdere… ha bussato alla tua cabina per avvertirti che sarebbe stata lei il tuo RIO e io ho aperto, senza riflettere…”
“Un momento: hai detto che Skates sarà il tuo RIO?”
“No. Io ho detto che Skates sarebbe dovuta essere il TUO RIO…”
“Ma è perfetto! Lei è bravissima, il miglior secondo con cui abbia mai volato… quello che non saprai fare tu, te lo dirà lei”.
“Tu sei pazzo. Vuoi vedermi morta? O vuoi morire tu? – Accidenti che casino! - Capisco che quello che è successo, tecnicamente potrebbe essere definito colpa mia, ma…”
“Tu non c’entri niente con tutto questo. E non morirai affatto. E neppure farai morire me.”
“Sei sempre così maledettamente sicuro di te?”
“No, non sempre. Avrei avuto delle difficoltà con gli assorbenti… E non ho ancora provato i tacchi…”
Sento una risata, quella che speravo di ottenere con le mie parole, e capisco che stai cedendo.
“Se io provo a pilotare, tu devi uscire con Webb. Ho appuntamento con lui, questa sera”.
“Scordatelo”.
“Allora niente qualificazioni”.
“Ma così non potrò volare per sei mesi…”
“Sta a te decidere…”
Non conosco una donna più caparbia di te. Forse è proprio per questo che ti adoro.
Ma uscire con Webb… C’è un limite a tutto!
“Coraggio, Harm. Si tratta solo di un appuntamento…”
“Non pensare neppure per un minuto che ci vada a letto assieme… Scordatelo!”
“Non saresti tu a farlo, ma io. E poi Clay…”
“Zitta. Non voglio sapere com’è Clayton Webb tra le lenzuola”.
“E chi ti dice che stavo per dirti com’è a letto? Ci sono altri posti…”
“Vuoi o no che vada all’appuntamento?”
“Guarda che sei tu quello che vuole che io piloti un tomcat…”
Cerco di porre fine a questo battibecco, ricordandoti che il tempo passa.
“Non devi essere sul ponte fra poco? E io devo andare dall’ammiraglio”.
“Oddio, che ore sono?”
Eheheh… sentire che proprio tu mi domandi l’ora è quasi divertente.
“Ma come, Mac? Non lo sai?” ti prendo in giro.
“Divertiti pure…”
“Non mi sto divertendo. O meglio, un pochino sì. Ma questo particolare può farti capire che ho ragione e che puoi pilotare”.
“E tu, allora, puoi uscire con Clay”.
Niente da fare, non cedi.
“Ok, d’accordo. Uscirò con Webb”.
E’ terribile anche soltanto dirlo.
“Promesso?”
“Promesso”.
“Ti chiamo più tardi… provo a tastare il terreno con Skates, ma potrei aver bisogno del tuo intervento per convincerla”.
“Chiama al tuo cellulare”.
“Va bene. Harm…”
“Dimmi”.
“Ho paura…”
Capisco subito che non ti stai riferendo al volo –o meglio, non solo a quello- ma a qualcosa di più grande di noi.
“Lo so, Mac. Anch’io”.
“Anche tu?”
“Sì, Mac. Anch’io”.
Resti un attimo in silenzio, come ad assorbire quello che ti ho detto. Per un momento temo che la mia confessione ti agiti maggiormente. Invece sento un lieve sospiro che mi giunge attraverso l’apparecchio e ho la sensazione strana, quasi irreale, di esserti vicinissimo. La mia voce è calma, tranquilla, quando mi parli di nuovo.
“Ciao, Harm”.
Devo aver detto la cosa giusta per tranquillizzarti. Sapere che anch’io ho timore di quello che ci è accaduto deve averti confortata.
E’ strano… non so se in un'altra situazione di pericolo avrei ammesso con te una mia debolezza… probabilmente no, pensando, erroneamente forse, che sapermi padrone della situazione ti avrebbe fatto sentire più forte. O più combattiva. Magari mi sono sempre sbagliato e a te sarebbe bastato sapermi semplicemente più umano.
“Ciao, Mac. E… grazie”.
“Harm… un’ultima cosa…”
“Dimmi”.
“Davvero ti sei truccato?”

 

 

***

 

 

Cerco il tenente Hawkes, Skates (devo abituarmi a chiamarla Skates), sul ponte. La vedo accanto ad un Tomcat (probabilmente il nostro), che sta parlando con un meccanico.
Non credo che ce la farò mai a salire su quel bestione…
La osservo da lontano per un attimo, sicura di sé ed estremamente competente. Sta controllando assieme al meccanico qualcosa su un fianco dell’aereo e i suoi movimenti indicano che sa quello che sta facendo.
Harm ha ragione; me lo ha sempre detto, fin dalla volta che la difese in tribunale anni fa, che Skates è il miglior secondo col quale abbia mai volato. Dovrei essere tranquilla e invece…
Dannazione a te, Harm! Come puoi pretendere che piloti al posto tuo?
Si volta dalla mia parte e mi vede. Le faccio un cenno con la mano e la vedo dirigersi verso di me.
“Hey, come mai non indossi  ancora la tuta? Manca mezz’ora all’incontro con gli altri”.
“Vieni con me nella mia cabina. Ti devo parlare”.
Mi guarda sospettosa.
“Harm stai bene?”
“Vieni con me, ti spiego tutto”.
O almeno ci proverò.
Mentre mi segue, inizio a raccontarle qualcosa: le accenno al nostro discorso di ieri e lei mi ascolta attenta, ma mi guarda con aria perplessa.
Come darle torto? Anch’io non capirei cosa c’entra questo discorso che le sto facendo, a meno di mezz’ora dalle prime prove per le qualificazioni.
Tuttavia non mi interrompe e ascolta.
Quando siamo nella mia cabina, però, finalmente si decide.
“Harm, perché mi dici queste cose?”
Prendo fiato e mi butto.
“Io non sono Harm”.
Mi osserva negli occhi, dubbiosa, ma non dice nulla.
Proseguo, cercando di spiegare qualcosa che io stessa ancora non capisco.
“Harm è nel mio corpo a Washington. Io sono Mac”.
Continua a stare zitta. Ma non smette di guardarmi negli occhi. Non capisco se lo fa perché anche lei è incantata dal tuo sguardo, oppure perché, anche lei come accade a me, cerca nel tuo sguardo ciò che di solito non confessi.
“Deve essere accaduto nella notte, dopo l’eclissi di luna… quella frase che gli ho detto ieri, quando ero arrabbiata…”
“E dovrei crederti?”
“E’ la verità, anche se non so come dimostrartelo. Possiamo chiamare Harm…”
“Perché mi hai raccontato questa storia?”
“Harm non vuole che torni senza aver partecipato alle qualificazioni… sai quanto sia importante per lui volare…”
“Mi stai dicendo che piloterai tu, oggi?”
“Lui sostiene di essere riuscito a fare il caffè… e a truccarsi…”
“Ah, bè, allora… Ma dico: siete impazziti? C’è una certa differenza”.
“Lui è convinto che nei nostri corpi siano rimaste memorizzate azioni automatiche, che facciamo ormai da anni senza riflettere, e che se lui sa truccarsi, io so pilotare. E con te al mio fianco…”
“E tu la pensi allo stesso modo?”
“No. O meglio, non so… Oh, accidenti, è tutto confuso. Ma tu lo conosci, saprebbe convincere…”
Mi interrompe con una mano.
“Ricordi quello che mi hai detto ieri sera sul ponte?”
“No, assolutamente. Ti ho detto che non sono…”
Mi ferma di nuovo.
“Sei innamorata di Harm?”
La domanda mi gela. Perché mai mi chiede proprio una cosa simile?
“Non vedo cosa c’entri questo con…”
“Rispondimi”.
“Esco con un altro uomo. Si chiama…”
“Clayton Webb. Sì, lo so. Ma non ti ho chiesto questo”.
“Come lo sai? Te ne ha parlato Harm? Perché?”
“Sto aspettando la tua risposta…”
“E a cosa ti serve la mia risposta?”
“Per capire… se quello che mi hai raccontato è la verità o se Harmon Rabb è improvvisamente impazzito”.
“E’ inutile, gliel’ho detto che non mi avresti creduta…”
“Non ho detto questo. Ma devo esserne certa. Quello che mi chiedete di fare –volare con te se non sei Harm- se permetti richiede una discreta dose di pazzia… voglio decidere con consapevolezza”.
“Continuo a non capire la domanda”.
“Tu rispondi. So io perché ti ho chiesto proprio quello. Ma voglio la verità”.
“E come sai che sarà la verità?”
“Tra un pilota e il suo secondo occorre la massima fiducia. Se non esiste, non voleremo mai assieme…”
Ha colpito nel segno. Il tenente Hawkes, oltre ad essere un bravo RIO, è anche una donna decisa e di idee molto chiare.
“Sì…”
“Sì, sei innamorata di Harm?”
“Sì”.
“E allora perché esci con Webb e non stai con lui?”
“Lui non è innamorato di me. Mi vuole solo quando ho un piede fuori dalla porta… solo allora si ricorda di me. E poi non sopporta un milione di miei difetti, continua a rinfacciarmeli… e io non sopporto i suoi”.
“Ed è per questo che vuoi pilotare un aereo da un milione di dollari pur avendo il terrore di salirci sopra? Perché non lo sopporti?”
“Gliel’ho promesso. Se lui uscirà con Webb…”
“Harm che esce con Webb? Come vorrei essere lì, a vederlo!”
“Anch’io…” sorrido assieme a lei all’idea. Poi mi rendo conto di quello che ha appena detto.
“Allora mi credi?”
Mi guarda per un momento, indecisa.
“Chiama Harm, voglio parlare un attimo con lui”.
Obbedisco all’istante e compongo il mio numero di cellulare. Quando rispondi, ti spiego brevemente quello che è successo (tralasciando ovviamente la domanda di Skates e, soprattutto, la mia risposta) e te la passo.
La sento salutarti e restare in silenzio, mentre ascolta quello che le stai dicendo; poi sento che ti domanda di dirle quello che le hai detto ieri sera sul ponte.
Non riesco a captare la tua risposta… comincio ad essere curiosa di questa vostra conversazione, che pare essere decisiva perché lei creda a tutta questa assurda vicenda.
La vedo sorridere alla tua risposta; poi si volta a guardarmi e, prima di salutarti, la sento dirti una frase.
“A proposito della nostra scommessa, Harm… ho verificato e l’ho vinta io”.
Non  capisco quello che sta succedendo tra voi… neppure quando ti sento quasi urlare dall’altro capo del telefono.
“Quale delle due?”
Skates sorride, ma non ti risponde. Chiude la telefonata, guarda l’orologio e mi dice, prima di uscire:
“Ti aspetto sul ponte, Mac, tra dieci minuti. Infilati la tuta e prendi il casco… puoi metterlo prima di salire sull’aereo”.

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Capitolo 4
*** Interrogare i testimoni e delineare le rispettive strategie ***


-4-

 (interrogare i testimoni e delineare le rispettive strategie)

 

 

 

 

Quale delle due, dannazione! Quale scommessa ha vinto?
Mi ha richiuso il telefono in faccia.
Skates la prossima volta me la pagherà… dirmi una cosa simile e lasciarmi col dubbio.
Di certo sarà la prima… non può essere la seconda.
Che stupido! Come potrebbe essere la seconda?
A cena abbiamo scommesso su chi sarebbe stato il meccanico ad occuparsi del nostro aereo: lei puntava su Stone, io su Hunter. Fortunatamente sono in gamba entrambi… avrà saputo che si tratta di Cucky Stone.
Non può che essere così.
Salgo sulla tua auto e metto in moto… Come fai a guidare con i tacchi?
E non solo a guidare: camminare è ancora peggio.
Una tortura.
E così ci sei riuscita a convincere Skates! Chissà come hai fatto? Quando ha parlato con me, mi è sembrato che volesse solo una conferma.
Accidenti a Skates! Tra tutte le cose che poteva domandarmi, per essere certa che fossi io, doveva farmi dire di nuovo proprio quello che le ho detto ieri sera?
Non ho potuto evitarlo.
E se non ti avesse creduto? Addio qualificazioni…
Chissà perché le donne adorano tornare sempre su certi argomenti?
Poteva domandarmi di tutto: da cosa le dissi, anni fa, quando la convinsi a non mollare, in quel periodo in cui ero tornato a pilotare e lei aveva avuto delle crisi di panico… a ciò che ci eravamo detti poco prima di eiettarci, durante quel volo disperato sopra l’Atlantico…
Qualunque cosa.
E invece mi ha fatto ripetere proprio quella frase idiota che le ho detto ieri sera, mentre eravamo sul ponte. Lei l’eclissi di luna non l’ha guardata, se n’è andata in cabina perché, mi ha detto, avrebbe avuto troppa nostalgia del suo uomo…
Ero di umore strano, ieri sera. 
Mi sono lasciato andare alle chiacchiere.
E gliel’ho detto.
So bene che Skates sa rispettare una confidenza... è la miglior amica “senza complicazioni” che abbia mai avuto.
Perché allora ha voluto che le ripetessi proprio quello? Forse perché è la prima cosa che le è venuta in mente. O forse perché era certa che non te l’avrei mai detta, neppure sotto tortura, e così poteva essere sicura che fossi davvero io?
Il traffico è tremendo, stamattina. Nonostante sia presto, rischio di arrivare in ritardo…
Sei proprio tu, è proprio il tuo corpo a percepire e indurmi a pensare a queste cose. Quando mai a me, Harmon Rabb, sarebbe venuto in mente di sentirmi in ansia perché sono in ritardo?
Il tuo corpo mi trasmette in continuazione le coordinate temporali… come fai a resistere senza che ti venga un esaurimento nervoso?

-         Non senti mai la mancanza di una donna, Harm?

Dannazione!
Perché la mia mente, ora, si sta comportando esattamente come la mente femminile? Non riesco a levarmi dalla testa quella conversazione...
Accidenti a te, Skates, e alle tue domande!

-         Ci sei tu, Skates, qui con me, ora. E sei una donna.

-         Sto parlando di una donna speciale, Harm…

-         Avevo capito.

-         Però non rispondi mai. Coraggio, dimmelo.

Sono rimasto in silenzio per un attimo, sentendomi il suo sguardo addosso, sotto la luce della luna. Percepivo la tua mancanza in maniera quasi fisica… e la nostalgia di te era infinita… pochi attimi prima che mi facesse quella domanda, stavo ricordando quando ti ho baciato sul portico dell’ammiraglio… Quanto tempo… Troppo. Eppure risentivo ancora il tuo sapore… o il ricordo di esso… e la morbidezza del tuo corpo premuto contro il mio…

-         In questo momento mi manca da morire, Skates…

Non ho pronunciato alcun nome, ma lei ha colpito subito nel segno.

-         Mac?

L’ho guardata, senza parlare. Poi, d’un tratto, la risposta mi è sfuggita dalle labbra.

-         Sì. Mac.

-         Sei innamorato di lei, vero?

-         Sì.

-         L’ho capito fin dalla prima volta che vi ho visti assieme…

-         Non cambia nulla. Lei sta con Clayton Webb.

-         E come mai?

-       E’ una storia lunga. Prima ero io a non volere complicazioni; poi è stata lei a sostenere che non sarebbe durata. E si è messa con Webb.

-         Scommetto che non è innamorata di lui, ma di te.

-         Perderesti.

-         Ne sei sicuro, Harm?

 

 

***

 

 

“Gancio”.
“Gancio fuori”.
Ancora non so spiegarmi come sia riuscita a portar su questo bestione… e l’idea di riportarlo giù, su quel puntino in mezzo al mare che è il ponte della Seahawk, mi sgomenta.
Ma il tuo cervello deve avere volontà propria, perché riesce a trasmettere alla mia mente pensante impulsi automatici che giungono da ogni parte del tuo corpo.
“L’angolo di discesa è buono. Comincia ad accelerare…”
Obbedisco agli ordini di Skates senza neppure rendermene conto.
Ho una sensazione stranissima: è come se fossi tre entità distinte, tutte riunite dentro di te.
Il Comandante Rabb, pluridecorato pilota della Marina, che sa governare con destrezza e abilità un aereo da un milione di dollari.
Il Colonnello Mackenzie, un Marine amante della terra piuttosto che del cielo, che tuttavia esegue alla lettera gli ordini corporei che, partendo dai tuoi occhi, dal tuo udito e dalle misteriose circonvoluzioni della tua massa cerebrale, arrivano ai gangli nervosi che comandano le tue mani e tutto il tuo corpo.
Non molto tempo fa ho letto di teorie che farebbero risiedere, negli arti preposti ad un preciso compito, memoria dei movimenti automatici ormai acquisiti, atti a svolgere il compito stesso. Allora mi sembrò un’ipotesi alquanto inverosimile… ora, forse, dovrei cominciare a ricredermi.
E infine ci sono io, Mac, che mi trovo dentro di te ma al tempo stesso è come se stessi osservando tutto quanto dall’alto.
Osservo Rabb&Mackenzie che… bè… che lavorano assieme, come una squadra.
Come abbiamo fatto tantissime altre volte, pur in circostanze diverse, anche se ultimamente sembriamo essercene dimenticati.
Percepisco ovviamente tutte le mie emozioni e le mie paure, ma al contempo sono travolta dalle tue sensazioni corporee: sento l’adrenalina che ti scorre rapida e ad ondate, rendendo più acuti i tuoi sensi.
Ogni tuo singolo muscolo è in tensione, anche quelli non direttamente coinvolti nelle le manovre di appontaggio.
Neppure la mia paura riesce a far andare in tilt il tuo sistema di recettori sensoriali. Piuttosto sembra quasi che questa mia emozione, in te ottenga l’effetto contrario e renda i tuoi movimenti più sicuri.
E finalmente mi rendo conto del perché ami tanto volare: tu, il tuo corpo, avete bisogno di questa adrenalina, di queste sensazioni… non è soltanto la tua mente ad amare il volo e gli aerei, ma è tutto il tuo essere, nel suo insieme, a ricercare, a volere queste emozioni.
Assorbo queste tue sensazioni fisiche quasi come se fossero mie, come se fosse il mio stesso organismo a trasmetterle alla mia mente, e lascio che a poco a poco penetrino la mia coscienza razionale, mentre mi abbandono completamente nelle tue mani, come spesso ho fatto in momenti difficili.
E tu, finalmente, ci riporti a terra.

 

 

***

 

 

Da cosa è determinato l’istinto?
E non mi riferisco alla tendenza innata negli esseri viventi che li spinge ad adottare comportamenti mirati alla conservazione dell’individuo o della specie; e neppure all’impulso animalesco connesso al corpo e antitetico alla ragione e allo spirito.
Mi riferisco piuttosto alla propensione, non motivata razionalmente, ad adottare un determinato comportamento, che risulta quindi essere spontaneo; una propensione che, in alcuni casi e per alcune persone, è talmente forte che risulta impossibile fare a meno di seguirla.
Sono solo le sensazioni fisiche, quelle che si suole definire “a pelle”, che agiscono, oppure c’è dell’altro?
Quanto conta in questo meccanismo la sensibilità di ognuno? Quanto il back-ground di esperienze personali? E quanto ancora i condizionamenti psicologici che chiunque si trascina appresso?
Nella mente ho ben chiaro il ricordo delle sensazioni provate durante il primo colloquio con Ferrell, quando ancora mi trovavo nel mio corpo; oggi, tuttavia, quando l’ho interrogato di nuovo, dopo aver parlato con Mike Forde, il teste a suo favore, razionalmente avevo ancora il mio istinto a guidarmi, ma le sensazioni “a pelle”, quelle che provava il tuo corpo, erano totalmente diverse al punto che andavano a ribaltare tutto quanto.   
Ora sono ancora convinto che nasconda qualcosa, ma mi sorge il dubbio che la sua insincerità non celi della malvagità, quanto piuttosto la volontà di proteggere qualcuno.
Ma chi?
Dopo il colloquio, durato oltre mezzo pomeriggio, sono rientrato in ufficio. Ma un po’ a causa di quello che stiamo vivendo (continuo a sbagliare ufficio e a dirigermi nel mio… Harriett ti ha già domandato almeno due volte se ti senti bene…), e un po’ perché sono confuso da ciò che ho provato durante l’interrogatorio, ho deciso di uscirmene e tornare a casa.
Ho voglia di trascorrere qualche ora nel mio appartamento.
Forse ci passerò addirittura la notte.
Ho bisogno di trovarmi nel mio ambiente, per chiarire tutto quanto…
Dannazione, l’appuntamento con Webb!
Poco male, tornerò a casa tua in tempo per prepararmi (o prepararti… tanto ho già deciso che non mi sprecherò più di tanto, un paio di jeans e una camicetta… per Webb è più che sufficiente… non ho neppure idea di dove voglia portarti…); ma sento la necessità di ritrovare un minimo di serenità e riflettere.
Non è una passeggiata vivere nel tuo corpo. Non sono abituato a gestire sensazioni tipicamente femminili… ed è un casino.
Siete dannatamene complicate, sai?
Eppure noi uomini non possiamo fare a meno di sentirci intrigati da voi, dal vostro fascino femminile e, nonostante tutto, anche dal vostro spirito.
Forse perché così tanto diverso dal nostro.
Sono sul pianerottolo e mi sto allungando per recuperare la chiave di scorta dal nascondiglio segreto, quando Mattie, che sta uscendo per andare da una sua amica (così ti dice), mentre ti saluta ti guarda sorpresa, incuriosita da ciò che sto facendo.
“Ciao Mattie, come stai?”
“Ciao… Mac, giusto?”
Non ti ha vista molte volte, anche se le parlo in continuazione di te e ti ritiene la sua eroina preferita, da quando a Natale convincesti suo padre a lasciarla con me.
“Giusto. Harm non ti ha detto che mi ha chiesto di bagnargli le piante mentre è via?”
Ti guarda in maniera strana, ma poi sorride, gira sui tacchi e prende a scendere le scale di corsa, come fa di solito, mentre urla:
“Harm non ha piante! Ma fa’ pure come se fossi a casa tua…”.
Mi sento proprio stupido. Non potevo inventarmi una scusa migliore? Che abbia capito che sono io? No, non può essere…
Più probabile che pensi che sei venuta da me di proposito ed è felice, visto quanto la sto stressando ultimamente, continuando a parlarle di te.
Apro la porta ed entro nel mio appartamento.
Mi richiudo la porta alle spalle e mi ci appoggio contro con la schiena, quasi a cercare rifugio…
Sono esausto.
Sento l’impellente desiderio di bere qualcosa.
Mi dirigo verso il frigo; dovrebbero esserci delle birre… ne prendo una, la apro e verso il liquido biondo nel bicchiere… chissà perché, visto che di solito la sorseggio direttamente dalla bottiglia; devi essere tu a farmi compiere quel gesto.
Porto il bicchiere alle labbra, stringendolo con entrambe le mani, e immediatamente avverto che c’è qualcosa che non va: il desiderio di bere alcol, alcol allo stato puro, di avvertirne il sapore bruciante raspare la gola, prevarica il desiderio di gustarmi il piacere che normalmente provo a bere della birra ghiacciata…
Dannazione!
Tu sei una ex-alcolizzata.
Come ho fatto a scordarlo?
E’ il tuo corpo a desiderare così spasmodicamente di bere… ma non posso permettertelo. Rovinerei, per un solo momento di piacere, tutto il tuo lavoro di anni.
Allontano a fatica il bicchiere.
E, lo sento fisicamente, il tuo corpo impazzisce dal desiderio di averla, di ingurgitare un sorso di birra… Ne sento il sapore in bocca senza neppure avertene fatto assaggiare un goccio.
Risoluto a non cedere, verso il liquido nel lavandino.
E la gola ti si chiude, lasciandomi quasi senza respiro…
Come fai? Come fai a resistere ogni volta?
Non ho mai provato una cosa simile…
Solo ora capisco tutte le lotte che devi combattere con te stessa ogni volta che ti assale il desiderio di alcol.
L’odore di birra aleggia nella stanza… Devo andarmene, altrimenti cedo e ti faccio bere.
Tutto il resto passa in secondo piano… i miei casini mentali aspetteranno, così come il mio bisogno di riprendere il controllo della situazione.
Al momento conta una sola cosa: devo portare il tuo corpo fuori di qui, lontano dalla possibilità di cedere.

 

 

***

 

 

“Qual era la scommessa che avresti vinto?”
E’ ora di cena. Sono al tavolo con Skates e ho dovuto trattenermi dall’ordinare un piatto con la carne, l’unico che mi ispirava, per evitare che qualcuno sospettasse qualcosa: quando mai sei stato visto mangiare carne?
E’ strano: pensavo che avrei gradito solo piatti vegetariani, ora che sono nella tua pelle; invece il mio desiderio di carne è tornato all’improvviso. E, ad essere sincera, mi ha un po’ sconcertata. Stavo cominciando ad abituarmi a “sentire” le tue esigenze, anziché le mie, e invece…
Questo fatto mi fa pensare: come mai fino a poco fa sentivo desideri, sensazioni e istinti solo tuoi e ora comincio a ritrovarne alcuni dei miei? Che stia cambiando qualcosa?
“Di quale scommessa parli?” mi domanda Skates, mentre mangia sotto il mio naso quel piatto che io stessa ti avrei fatto ingerire.
“Di quello che hai detto ad H… a Mac.”
Mi correggo immediatamente. Il tipo, un pilota che tu conosci certamente   –lo so perché ti ha salutato con una frase strana, alla quale, non sapendo cosa rispondere, ho risposto con uno dei tuoi mezzi sorrisetti enigmatici che a volte mi mandano in bestia e con i quali sei solito chiudere il discorso; quando ho chiesto delucidazioni a Skates, ha fatto lo stesso sorrisetto odioso… deve essere una prerogativa di voi piloti, devono insegnarvelo mentre vi spiegano come salire su un aereo-   è seduto al tavolo accanto e ogni due per tre ci osserva: che abbia dei sospetti?
“Ah, quella”, risponde. E poi tace.
“Già, quella.”
La osservo in silenzio, invitandola a proseguire.
Niente da fare. Continua a mangiare imperterrita.
“Allora?”, incalzo, fingendo tuttavia indifferenza, mentre anch’io continuo a mangiare un qualcosa che, definirlo cibo, è un’esagerazione. Come fa a piacerti ‘sta roba?
“Mhm… niente di importante. Una cosa tra noi due…”
Peggio di Webb quando nasconde un segreto di stato.
“Capisco. Una faccenda riservata.”
“Già… Niente di importante, comunque” e chiude la conversazione con un sorriso. “Quel” sorriso.
Sarà… ma chissà perché ho la sensazione che questa vostra scommessa, in un modo o nell’altro, mi riguardi. O, comunque,  che sia più importante di quanto Elizabeth Hawkes voglia farmi credere.
Sai che ti dico? Mi dà fastidio che tu e lei abbiate così tanto in comune e che vi sia tanta complicità tra voi. Ho sempre pensato che fossi io la tua migliore amica, e invece ora scopro che non lo sono più. O meglio, che non sono la sola.
Quando il rapporto tra te e Skates è cambiato?
Oppure sono io che non l’ho notato, crogiolandomi nella presunzione che fossi l’unica cui riservavi un trattamento speciale, e invece tra voi è stato subito feeling a prima vista?
So che tra voi non c’è niente. Niente di romantico, intendo. Anche se, dal modo in cui lei ti guardava questa mattina, non credo che le sei così indifferente. Ma, realisticamente, a quale donna potresti essere indifferente?
Tuttavia questa vostra intesa particolare mi irrita un po’.
Capisco di non averne diritto. Le cose, soprattutto ultimamente, tra noi stanno andando male, anche sul piano dell’amicizia. La nostra situazione sentimentale irrisolta sta creando più problemi di quanti mi sarei mai immaginata. Quando in Paraguay ti dissi che non credevo che le cose tra noi avrebbero potuto funzionare a causa di come siamo, speravo di preservare almeno la nostra amicizia.
E invece sta andando tutto male…
Mi manchi, sai?
E’ una cosa assurda, da pensare, considerato il fatto che sono dentro di te, ma è la verità. Da mesi mi manchi come amico. Da sempre mi sei mancato come uomo… Ora mi manchi anche come persona, come entità pensante.
Mi manca tutto di te, benché abbia sotto agli occhi, costantemente da un giorno, le tue mani, il tuo corpo; benché abbia il tuo volto, i tuoi occhi, le tue labbra a portata di mano… è sufficiente che mi guardi ad uno specchio.
Eppure mi manca la tua anima, il tuo pensiero, la tua mente. Ho bisogno di sapere che dentro a questo corpo che mi tenta ogni giorno, esisti tu. Perché altrimenti è un semplice involucro; un bellissimo involucro, ma privo di ciò che lo rende tanto speciale.
Ho bisogno di te.
Non ho mai pensato queste cose di Clay…
Ma che ci trovo di strano? Non sono innamorata di Clayton, anche se lo vorrei con tutta me stessa, per riuscire finalmente a dimenticarti.
Io sono innamorata di te, esattamente come ho detto a Skates.

 

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Capitolo 5
*** Gestire un eventuale contenzioso diplomatico ***


-5-

 (gestire un eventuale contenzioso diplomatico)

 

 

“Ciao, Mac.”
Sei ancora in accappatoio, quando Webb suona alla porta; rientrato in casa tua dal mio appartamento, non sono riuscito a combinare nulla, ancora turbato da ciò che era successo con la birra. Mi sono buttato sotto la doccia solo cinque minuti fa, ed hai ancora i capelli bagnati.
Webb deve apprezzare la tenuta, perché gli occhi gli si sono illuminati nel vederti. Come lo capisco!
Occorre, tuttavia, togliergli al più presto strane idee dalla testa.
“Scusami, Clayton, non sono ancora pronta… sono rientrata tardi… mi vesto immediatamente così…”.
Non mi fa neppure finire la frase. Entra liberamente in casa tua; ti squadra con l’aria di chi sta per fare un banchetto con i fiocchi e ti si avvicina.
“Non importa” il suo fiato ti stuzzica l’orecchio e sento un fremito, appena impercettibile, che attraversa il tuo corpo… non avrà per caso intenzione di baciarti?
“Non c’era in programma nulla di speciale… possiamo restare a casa, se preferisci” prosegue sempre con lo sguardo acceso, mentre si china sulle tue labbra.
Oh no! Non lo preferisco affatto. Voglio uscire.
Accidenti, cominciamo bene! Come farò a tenerlo a bada per tutta la sera? E dannazione a me, non potevo riflettere sulla faccenda da uomo adulto, anziché lasciarmi incasinare da ciò che il tuo corpo ha provato di fronte all’alcol, e bardarti come se fossi una suora?
Ma forse non sarebbe servito granché… un bacio, per salutarti, te lo avrebbe comunque dato…
L’unico idiota a non farlo mai sono io.
Sento le sue labbra sulle tue, la sua lingua che tenta di schiuderti la bocca… e, inaspettato e inconcepibile, percepisco anche un brivido di piacere che attraversa il tuo corpo a quel contatto… le tue braccia, guidate dall’istinto, non certamente dalla mia volontà, si sollevano a circondargli il collo… il bacio si fa più approfondito e, con la mente incapace di governare le sensazioni fisiche che il suo tocco sta provocando in te, realizzo che provi piacere a ciò che ti sta facendo.
Solo quando la sua mano tenta di infilarsi sotto l’accappatoio, solo allora riesco a governare la tua risposta fisica (continuo a sperare che si tratti solo di quello, semplicemente della tua libido infiammata dai tuoi ormoni, e non si tratti, invece, di amore) e lo fermo.
“No, Clay…” gli dico, sciogliendomi dall’abbraccio e allontanandomi dalla porta. Non ha neppure atteso che la chiudessi.
“No?” mi guarda confuso. Non capisce perché. E questo mi fa star male, poiché significa che sei solita ad apprezzare le sue effusioni.
“Perché non usciamo? Ho voglia di uscire, stasera”, cinguetto con voce mielosa, mentre cerco di prendere le distanze.
“Io, invece, ho voglia di te…” ti sussurra di nuovo all’orecchio, tornando alla carica.
La sua mano è stata rapida e ti ha afferrato alla vita.
“Clay… ti prego…”
“Vuoi fare la preziosa, stasera?” Ha gli occhi lucidi; è chiaramente eccitato. Non sopporto l’idea che tu, in altri momenti, lo abbia accolto in questo modo, desiderosa di far l’amore con lui.
E ancora meno tollero l’idea che sarei potuto essere al suo posto, ed essere io a baciarti e toccarti come ora vorrebbe fare lui e come deve aver fatto molte altre volte.
Credevo che la serata sarebbe stata difficile per dover tenere a bada un uomo, mentre mi trovo nel corpo della donna che lui desidera. Invece, a quanto pare, mi sembra più difficile non pensare a voi due assieme.
“No, Clay… ho soltanto voglia di uscire… di andare in un posticino carino…” cerco di dirgli con voce più sincera possibile.
Anche un imbecille capirebbe che sto mentendo.
E, infatti, Clay comprende al volo.
“E’ successo qualcosa, Sarah?”
Odio quando ti chiama Sarah. Ha un modo così viscido di pronunciare il tuo nome.
“Non è successo nulla, ho solo voglia di uscire.”
Mi trascina sul divano.
“Possiamo uscire dopo…” e il suo sguardo si sofferma all’altezza del tuo seno che l’accappatoio, spostandosi, lascia intravedere.
Dopo COSA?
Non se ne parla proprio.
Mi spiace per lui, ma stasera il caro Clayton Webb andrà in bianco. L’alternativa è la violenza fisica, però non credo che arriverebbe a tanto.
Lo spero, almeno.
Accosto i lembi dell’accappatoio. Non gradisco affatto che veda i tuoi seni nudi.
Chiariamo meglio il concetto; è fondamentale a questo punto. Le conseguenze le gestirai tu, semmai. Avevi chiesto che uscissi con lui. Non è colpa mia se lui preferisce starsene in casa e saltarti addosso. Io il patto l’ho mantenuto.
“Non ne ho voglia, Clayton.”
Bene: tono fermo e deciso. Assolutamente convinto.
Si ferma. (Fortunatamente).
Ha capito che non stai scherzando. E neppure io.
Ti guarda con aria indispettita… accipicchia, se è permaloso! Cosa sarà una volta in bianco?
“Sono settimane che non ne hai voglia, Sarah.”
Oh, oh! Ma che interessante notizia!
“Mi spiace…”
“Davvero? Lo hai detto anche l’altra sera, e quella prima ancora…”
Cerco di essere diplomatico e salvarti la situazione, nonostante abbia voglia di urlargli che non lo vuoi più vedere.
“Sono stanca… il lavoro…”
“Altre volte sei stata stanca. Non credo che sia questo il motivo”.
“Davvero, Clay…”
“Dov’è Harm?”
Oh questa poi! E perché mai fa una domanda simile? Che dovrei rispondergli?
Qui. Harm è qui, proprio davanti a te.
Opto per una soluzione più diplomatica.
“Sulla Seahawk. Perché?”
“Capisco.”
“Che cosa?”
Ci terrei molto a capire anch’io.
“Ogni volta che Harm è via; ogni volta che discuti con lui… ogni volta che lui ha qualche problema… tu sei ‘stanca’ ”.
Non riesco a trattenere un sorriso… se le cose stanno davvero così, non devo far altro che discutere con te ogni giorno.
“Noto che la cosa ti diverte”.
Immensamente. Ma non glielo lo posso dire.
Cerco di salvarti la serata, anche se, in questo momento, mi metterei a ballare tanto sono allegro. Non con lui, ovviamente.
“Ti sbagli, Clay. Non mi diverto. Sorrido perché ho la sensazione che tu sia geloso”.
Più miele di così non chiedermelo. Avrei voglia di sbatterlo fuori a calci. E non venirmi a dire che è anche mio amico. Questa sera è solo un nemico, da abbattere col mio F-14.
Lo vedo addolcire lo sguardo, conquistato dai tuoi occhioni e dalle tue parole che devono averlo lusingato, almeno un pochino. Mi auguro non troppo.
“D’accordo, Sarah. Vestiti e usciamo…”
Colpito e affondato.

 

 

***

 

 

Trovo un attimo di rifugio, in perfetta solitudine, fuori, all’aperto, sul ponte. Dopo cena, abbiamo eseguito l’appontaggio notturno: se durante il giorno avevo paura, di notte ero terrorizzata. In più temevo che ciò che mi era successo a tavola, ossia il desiderare la carne, stesse ad indicare che comincio a perdere memoria dei tuoi gesti automatici. E se controllare un istinto famelico mi indispone, ma tutto finisce lì, il problema sarebbe ben diverso se accadesse in volo. E’ una fortuna che abbiamo terminato e che domani rientro a Washington.
Ad ogni modo comincio davvero a capire perché ti piaccia tanto volare: certe sensazioni si possono provare solo lassù; inoltre essere in volo di notte è davvero speciale. Nel tuo caso forse, dopo il tuo incidente, non ti piace più come prima; tuttavia, se di giorno lo spettacolo è bello, però l’ansia mi assale sempre e fatico ad assaporare il momento, di notte, completamente avvolta dal buio, lo spettacolo è meraviglioso, quasi mistico, e l’emozione trascende la paura.
Skates mi ha lasciato sola; deve aver capito che ne avevo bisogno per riflettere.
Troppe cose sono accadute oggi. Troppe emozioni nuove e troppe contrastanti.
Ho bisogno di solitudine, per assorbire tutto quanto.
Eppure, proprio qui, non mi sento sola. In questo preciso istante è come se tu fossi con me. Forse perché diverse volte abbiamo chiacchierato all’aperto, in mezzo al mare, sotto le stelle. O forse perché so che tu adori stare qui, ad osservare gli aerei che decollano o che appontano ed essere qui anch’io, nel tuo corpo, mi fa quasi sentire d’essere tutt’uno con te.
Cosa stai facendo, Harm, in questo momento?
Sei ancora con Clay? Oppure sei di nuovo solo?
Mi domando perché ho insistito tanto affinché uscissi con Clayton; sono settimane che per lui provo sentimenti contrastanti e che non desidero più come prima le sue attenzioni. E credo che anche lui abbia capito qualcosa. Neppure questa volta è l’uomo giusto.
Perché mi ostino a cercarne uno a tutti i costi, per provare a dimenticarti?
Non ho ancora capito che mi è impossibile?
Sapessi quante volte mi sono domandata se sei tu, l’uomo giusto…
Non so darmi una risposta.
L’unica cosa che so è che il mio cuore, il mio corpo e la mia mente vogliono te.
Ma, come dicesti tu ormai quasi tre anni fa, ci sarebbero troppe complicazioni.
E poi continuo a non capire cosa provi per me.
Un movimento, alle mie spalle, mi sorprende.
Mi volto e vedo che si tratta proprio del capitano Melinda Parker, la donna che ha accusato Brian Ferrell di molestie sessuali.
“Hai da accendere?” chiede diretta, sorvolando sulla gerarchia militare. E’ un pilota anche lei e so che Ferrell è stato fino a pochi giorni fa il suo RIO.
“Fumavo… ora non più” le rispondo con lo stesso tono amichevole.
Mi guarda intensamente e posso osservare nei suoi occhi un lampo malizioso… tira fuori l’accendino e me lo porge.
“Mi faresti accendere?”
Credo che ci stia provando.
La fama che l’ha preceduta ha motivo di esistere. Questa donna non ti ha mai visto prima di oggi pomeriggio e si è già lanciata su di te come un avvoltoio. Del resto posso capirla; conosco perfettamente le sensazioni che riesci a suscitare in una donna.
Chissà se sa che sei uno degli avvocati che seguiranno il suo caso? Ancora non sappiamo se accusa o difesa.
Dovrei dirglielo, per etica professionale. Ma sono curiosa di scoprire fin dove si spingerà. E inoltre può essermi utile per farmi un quadro della situazione. Tanto avrei dovuto parlarle domattina, prima di partire. Stiamo anticipando l’incontro solo di alcune ore. Anche se dubito che la sua idea d’incontro coincida con quella che avevo in mente io per domani.
Si sporge verso di te, per accendere la sigaretta dalle tue mani, non solo col volto ma con tutto il corpo. Mi è praticamente addosso.
E questa donna avrebbe denunciato uno per molestie sessuali?
Aspira voluttuosa il fumo.
“Vuoi fare un tiro?” La voce è roca, seducente. Come suoi occhi mentre ti guarda.
E’ una bella donna, niente da dire. Ti piacerebbe.
O meglio, mi correggo: ti piace.
Me lo sta dicendo il tuo corpo.
“Fumavo il sigaro…”, rispondo, rifiutando gentilmente con un sorriso.
Grosso errore. Ho scordato che effetto fa il tuo sorriso al cuore, e non solo, di una donna.
Come una gatta, si avvicina di più… se l’accarezzassi, farebbe le fusa.
“Come ti chiami?”
O non sa davvero chi sei, oppure è una scusa per continuare a flirtare.
“Harm…” Forse non dovrei risponderle. Forse non dovrei darle corda. Ma i motivi li ho già esposti. E poi… e poi, accidenti a te, Harmon Rabb, questa donna ti risveglia i sensi.
Perché il tuo corpo non obbedisce alla mia volontà, restandosene tranquillo tranquillo?
“Mhm… bel nome. Bello come te…”, sussurra, sfiorandoti dolcemente una guancia con le dita.
Ti vuole.
E la tua reazione fisica al suo tocco è… interessante. Non trovo un altro termine per definirla, senza scadere nel volgare.
Maledizione a te!
Non mi piace quello che sento in questo momento: né le sensazioni fisiche che mi stai facendo provare tu, e neppure questo groviglio di sentimenti.
Sono gelosa.
Quello che ho provato stamani, ad osservare Skates mangiarti quasi con gli occhi, è nulla a paragone. Perché stamani tu, il tuo corpo, non aveva reagito a Skates.
Mentre ora… reagisce. Eccome se reagisce.
E’ il suo profumo ad attrarti tanto? O il suo corpo?
E’ bella, non posso negarlo.
Oppure si tratta della sfacciataggine con cui ti sta praticamente invitando nel suo letto?
“Non vuoi sapere il mio nome?” domanda con sguardo languido.
“No…”
“No?”
“No”, ribadisco, convinta. So già il suo nome.
“Preferisci baciarmi senza sapere come mi chiamo?”
Oh oh! Devo riconoscere che la ragazza non perde tempo. Ed è piuttosto sicura di sé. Ancora non capisco questa storia delle molestie… Forse avevi visto giusto, quando sostenevi che qualcosa non ti quadrava di tutta la faccenda. Tu, forse, ti riferivi a Ferrell, ma qualcosa non quadra davvero.
“Sei davvero sicura che ti bacerò?”, non riesco a trattenermi dal dirle. Peccato che la tua voce, più che beffarda, risuoni roca, sensuale… Dannatamente invitante.
“Non ho dubbi…” e procede immediatamente col dimostrarmi che ha ragione.
Prende il tuo volto tra le mani e posa le sue labbra sulle tue… il suo profumo mi penetra intenso, solleticando le tue terminazioni nervose. Sento le tue labbra che si schiudono, senza esitazione, benché io non voglia baciarla.
Ma tu, a quanto pare, sì.
Lei geme, soddisfatta, quando la tua lingua invade la sua bocca e la stringi maggiormente… e io mi sento proiettata fuori del tuo corpo, come se esso non volesse più la mia coscienza, per gestire la situazione esclusivamente a livello fisico. Dall’esterno ti vedo baciarla… vedo le tue mani che scorrono sulla sua schiena, a toccare il suo corpo…
E ti odio, in questo momento.
Perché ricordo ancora il tuo sapore e la sensazione meravigliosa di essere imprigionata nel tuo abbraccio. Perché posso risentire su di me le tue mani, quell’unica volta in cui mi hai baciato stringendomi a te. Perché ricordo ancora tutto di quel bacio disperato, della tua bocca sulla mia; di come mi schiudesti le labbra e di come il tuo corpo mi voleva…
Ricordo tutto quanto. E odio l’idea che ora tu stia facendo tutto questo ad un’altra donna.
Non mi soffermo neppure a riflettere che ci sono io dentro a questo tuo corpo, e non tu. E che forse, se ci fossi stato tu, magari –dico magari- saresti anche stato capace di controllare i tuoi istinti e l’avresti gentilmente respinta.
O l’avresti baciata comunque?
Non lo saprò mai.
E’ la tua reazione fisica a spaventarmi: è sempre così, per voi uomini?
In fondo si tratta solo di un bacio. Eppure… ora che sono dentro di te e sento la tua eccitazione, mi domando se con me provavi la medesima eccitazione, o meno? Oppure di più?
Devo aver ripreso il controllo della situazione, perché improvvisamente mi accorgo che hai lasciato le sue labbra e ti stai staccando da lei. E a poco a poco, dentro di te, tutto ritorna normale.
Forse non è eccitante come pensavo. O forse sono stata io a farti riprendere il controllo della situazione… Non oso pensare a quello che ti accade quando il controllo lo perdi completamente (quanto darei per provarlo!).
Sapevo che gli uomini si accendono rapidamente e che, a differenza delle donne,  amano più con i sensi che con la testa o con il cuore.
Ma sperimentarlo dall’interno è tutt’altra cosa.
“Mi è piaciuto il tuo bacio…” sussurra lei, sempre invitante.
Come la capisco.
Vorrebbe continuare…
Ma ora è davvero il caso di chiarire la faccenda.
“Capitano Parker… Melinda… ci vediamo domattina.”
Mi guarda sorpresa.
“Come sai il mio nome?”
La osservo e poi, deliberatamente, decido di prendermi una piccola soddisfazione femminile. Simulare di colpire un nemico, oggi in volo, deve aver risvegliato il mio lato combattivo.
“So chi sei. Sarò uno degli avvocati del caso Ferrell”.
S’irrigidisce e immediatamente indietreggia di qualche passo, come se scottassi.
Perfetto. Quello che volevo.
Colpita e affondata.

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Capitolo 6
*** Preparare le arringhe finali ***


-6-

(preparare le arringhe finali)

 

 

 

Fra meno di due ore sarai a Washington.
Ti ho mandato un sms col quale ti avvertivo di raggiungermi nel mio appartamento. Preparerò qualcosa per cena e sono più a mio agio farlo nella mia cucina. Poi proveremo a trovare una soluzione per ciò che ci è accaduto.
Abbiamo tutto il week-end per affrontare questo casino.
Stamattina ho come avuto la sensazione che stava cambiando qualcosa: il tuo corpo non mi trasmetteva più le tue sensazioni, non mi forniva più indicazioni tue, non mi dava più i tuoi comandi da eseguire… pareva guidato da me.
Forse la lotta estenuante tra la mia volontà e il tuo istinto corporale, combattuta ieri sera per resistere a Webb, deve aver avuto il sopravvento anche poi…
E se da un lato è come riappropriarmi finalmente dei comandi di un F14, dall’altro mi sembra di pilotare un aereo che non conosco.
Ed è strano.
Mi stavo abituando a percepire le tue emozioni e le tue sensazioni fisiche; inoltre m’incuriosiva scoprirne di nuove.
Sentire come il tuo corpo è sempre guidato dalla tua incredibile capacità interiore di sapere l’ora esatta in ogni momento; ascoltare come reagisce al desiderio e al piacere, ad una carezza, un bacio, un abbraccio… peccato solo che fossero l’abbraccio e il bacio di un altro uomo.
Questo essere nella tua pelle, come fossimo un’unica entità, mi ha concesso un’intimità con te e il tuo corpo che probabilmente non avrei avuto modo di sperimentare neppure se tu fossi la mia donna.
E lo stesso, quasi certamente, è accaduto a te.
E’ una fortuna che stamattina, quando mi sono accorto che sta cambiando qualcosa, non dovevamo passare in ufficio, ma eravamo impegnati per tutto il giorno con Ferrell.
Che buffo: continuo ad usare il “noi”, per definire il tuo corpo e la mia coscienza, quasi fossimo due persone in una. Ma mi piace pensare a questa strana entità che formiamo come qualcosa di “nostro”, un insieme che ci accomuna.
Da troppo tempo mi mancava lavorare assieme a te, così, in sintonia.
Ciò che ci sta accadendo sarà anche irreale, completamente al di là di ogni comprensione umana; tuttavia, così come sono convinto che ogni cosa che ci accade nella vita abbia uno scopo, un fine ben preciso, allo stesso modo penso che anche tutta questa situazione abbia un senso, un suo fine: innanzi tutto oramai sono certo che, malgrado tutto, l’uomo non si riduca ad essere solamente un involucro di carne, e neppure un solo ammasso di cellule, come razionalmente viene da pensare. Esiste certamente qualcosa d’altro. Una forza misteriosa, completamente dissociata dal corpo. Un qualcosa che si può definire anima… o “io pensante”. Un’energia che, com’è successo nel nostro caso quando ha lasciato i nostri rispettivi corpi per penetrare quello dell’altro, potrebbe lasciare il corpo di ognuno dopo la morte.
In quel caso, quale via prenderebbe?
E poi ho provato cosa significa essere al tuo posto, a vivere, su una pelle non mia ma che in questi giorni mi appartiene, emozioni e sensazioni come le vivi tu ogni giorno. E ora posso capire di te molte cose che prima mi erano incomprensibili.
Questa consapevolezza non avrei potuto acquisirla in nessun altro modo.
Benché non sappia dove tutto questo ci porterà, non posso negare d’esser contento di aver avuto l’opportunità di conoscerti meglio.
Ancora più nel profondo di quanto già sentivo di conoscerti.
E non posso neppure negare quanto questa situazione mi abbia fatto riflettere su tanti aspetti della mia vita, nonché della tua, sui quali non mi ero mai soffermato molto. Per non parlare di certi misteri… chissà se tutto questo è accaduto anche a te?
Un’esperienza, la nostra, indubbiamente fuori da ogni logica, ma che mi ha fatto comprendere, più d’ogni altra cosa, quanto ti amo e quanto voglio che tu sia mia.
Questa sera, tra le altre cose, parleremo anche di questo.
Non voglio più essere uno spettatore della tua vita. Non dopo averla persino vissuta nella tua pelle.
Se non cambierà qualcosa tra noi, credo che richiederò il trasferimento: Europa, Asia, Africa, Australia… uno dei due Poli… non importa dove e a fare cosa.
Oramai so con certezza di non poter assistere alla tua vita mentre la vivi con un altro, chiunque egli sia.
Preferisco, piuttosto, non doverti vedere mai più.

 

 

***

 

 

Sono davanti alla porta di casa tua, ma esito a suonare.
Mi sembra d’essere un groviglio di emozioni.
Che reazione avrò, quando aprirai, nel vedere il mio corpo e sapendo che al suo interno ci sei tu?
Solamente durante il viaggio di ritorno in elicottero ho realizzato che, per due giorni, esattamente come io ho potuto fare con te, anche tu mi avrai vista nuda; e che, se lo hai voluto, hai potuto toccare il mio corpo, svelarne quei segreti che fino all’altro giorno ti erano sconosciuti…
Il mio tatuaggio, ad esempio.
Questo pensiero, arrivato all’improvviso, mi ha imbarazzata. Forse perché sono arrivata persino a pensare che uno di noi, o addirittura entrambi, se solo lo avessimo voluto, avremmo potuto addirittura dare piacere al corpo in cui siamo rinchiusi, pur di soddisfare la curiosità di conoscere, caso più unico che raro, le sensazioni fisiche che può provare una persona del sesso opposto in un certo frangente.
Avrai avuto anche tu pensieri simili?
Forse è meglio che non me lo chieda… non riuscirei più a parlarti, altrimenti.
Già in questo momento sono confusa… in questi due giorni, a stretto contatto con te, ho definitivamente ammesso con me stessa di amarti e di non riuscire a dimenticarti con nessun altro uomo.
Ora non so che fare. Mesi fa ti ho detto cose che ti hanno ferito. Me ne sono resa conto dalla tua reazione successiva; sei rimasto arrabbiato con me per settimane, anche se continui a negarlo. L’incarico per la CIA non ti impediva di telefonarmi, ogni tanto, o semplicemente di rispondere ai miei messaggi, eppure non lo hai fatto. E anche dopo che sei tornato al Jag, la situazione non è granché migliorata. Lo dimostra la discussione che abbiamo avuto prima che partissi, solo due giorni fa. Una delle tante, ormai.
Credo, tuttavia, che questa strana situazione che stiamo vivendo abbia cambiato molte cose. Almeno per me.
Ma cosa accadrà, quando aprirai questa porta?

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Capitolo 7
*** Attendere il verdetto della giuria ***


-7-

(attendere il verdetto della giuria)

 

 

 

“Ciao.”
“Ciao… Harm.”
Credevo d’essere preparato ad incontrarti. Invece sento la tua gola che si chiude per l’emozione nel saperti lì, dentro di me… oppure è il tuo corpo che reagisce così, in questo modo, al mio?
Me lo domando, poiché sento anche un languore al basso ventre, un’indefinibile sensazione di eccitazione che parte dal centro del tuo essere e si propaga ovunque…
Più o meno quello che ricordo accadere a me quando ti sono vicino… e ultimamente queste sensazioni erano aumentate a dismisura… non riuscivo più neppure a guardarti da lontano, né pensare a te, senza sentire un languido desiderio invadermi completamente. Avevo imparato a convivere con certe sensazioni, che mi regalavano ogni giorno un sottile e struggente rimpianto per quello che sarebbe potuto essere.
Scoprire dentro di te sensazioni simili alle mie mi lascia confuso.
Oh, se solo fosse vero! Se fossi davvero tu a desiderarmi allo stesso modo in cui io desidero te.
Come faccio a capirlo?
E’ il mio io a trasmettere al tuo corpo queste sensazioni, oppure viceversa?
“Come stai? Come hai viaggiato?” La tua voce è emozionata, bassa, roca, mentre ti domando come ti senti.
E’ strano vedere me stesso e sapere che dentro ci sei tu.
Credo che lo stesso valga per te.
I miei occhi scrutano la tua immagine e poi li osservo inumidirsi di lacrime…  anche per te l’emozione deve essere intensa.
Realizzo d’aver istintivamente sollevato la tua mano verso il mio volto e, col pollice, asciugato una lacrima che scivolava sul mio stesso viso… se una telecamera riprendesse questa scena e la proiettasse in contemporanea a diverse altre, idealmente girate nel corso degli anni, quando ho compiuto lo stesso gesto istintivo non appena vedevo i tuoi occhi riempirsi di lacrime, si vedrebbe una scena con gli stessi personaggi, con le stesse emozioni, ma svolgersi all’esatto contrario.
Eppure noi due sappiamo perfettamente che non è così.
“Sto bene, Harm.”
Cerchi di rassicurarmi, ma è stranissimo sentire la mia voce incerta, emozionata.
Provo a portare il discorso su qualcosa di più neutro.
“Com’è andata con la Parker?”
“Voleva venire a letto con te.”
Dev’esserti sfuggito, perché immediatamente fai un mezzo sorriso e poi distogli lo sguardo, allo stesso modo in cui lo faccio sempre io. O almeno credo.
“Non mi dire… e da cosa lo hai capito?” Cerco di buttarla sullo scherzo.
“Ti ha baciato.”
“E…?”
“E, a quanto pareva, tu gradivi.”
Ho davvero quest’aria ridicola quando sono geloso?
“Cosa te lo ha fatto pensare?” ti domando con un sorriso. Mi piace saperti gelosa.
“Ricordi ancora cosa succede al tuo corpo quando baci una donna?”
“Dipende dalla donna…”
“Melinda Parker è molto bella”.
“Mai quanto te”.
Ti guardo negli occhi, intensamente, mentre te lo dico. Sto guardando me stesso, ma è solo l’involucro esterno. Io, in questo momento, sto parlando a te, alla tua anima e la raggiungo guardando attraverso i tuoi occhi fin dentro ai miei.
Per alcuni istanti restiamo in silenzio, gli sguardi incatenati. Poi spezzo l’incantesimo, perché mi accorgo che sei troppo turbata. Voglio procedere con calma.
“Anche tu, comunque, gradisci parecchio i baci di Webb…” butto lì, per saggiare la tua reazione.
“Ti ha baciato?”
“No… come hai detto tu stessa, lui baciava te. E a te piaceva”.
“Da cosa lo hai capito?”
“Ricordi ancora cosa succede al tuo corpo quando baci un uomo?” ti provoco con la tua stessa domanda.
“Dipende dall’uomo…”
A quanto pare vuoi stare al gioco.
“Non ti dirò mai che Webb è bello, se è questo che vuoi sentirmi dire! Anzi, continuo a non capire cosa trovi in lui. Ma il tuo corpo rispondeva entusiasta”.
“Mai come quando mi baciasti tu…”
Mi stai provocando, vero?
I miei occhi guardano attraverso i tuoi e giungono a me, fino a toccare la mia anima…
Cosa vuoi, Mac? Cosa desideri?
“Davvero?”
Non riesco ad evitare di chiedertelo.
La tua risposta mi tenta molto…

 

 

***

 

 

La mia mente interagisce ancora con il tuo corpo e, a quanto sembra, lo influenza ancora parecchio: sento il tuo cuore esplodere nel petto, quando mi dici che la Parker, senza che tu l’abbia vista, non potrebbe essere più bella di me.
Il mio sguardo, che trapassa il tuo, arriva fin dentro, a raggiungere la mia coscienza e in esso riesco a vedere te, il tuo animo.
In questo breve scambio di sguardi, sono le nostre menti a comunicare, attraverso i nostri occhi. Come sempre. Anche se in questo momento in maniera diametralmente opposta.
Poi mi parli di Webb…
E io non resisto.
Non resisto all’idea di poterti dire, in un modo o nell’altro, ciò che provo per te.
Sto sperando l’inverosimile.
E tu lo domandi: “Davvero?”.
Ho solo un attimo d’esitazione. Con questa risposta mi sto giocando, di nuovo, il tutto e per tutto.
Ma ciò che ci sta accadendo deve avere un motivo. Un senso. Non può restare tutto così assurdo. Dovrà pure portare a qualcosa.
E se per caso non tornassimo più ognuno nel proprio corpo? Non potrei vivere senza di te…
Io ti amo. Ovunque tu sia.
Provo a comunicare alla tua mente queste emozioni e, per farlo, passo attraverso i tuoi occhi, penetrando i miei, per cercare la tua anima.
E la trovo.
“Davvero”.
Non dici più nulla. Allora gioco d’azzardo. Ancora una volta.
“Non mi credi?”
Te ne darò la prova.
Mi avvicino, lentamente.
Osservo il mio volto che sta guardando il tuo, come ipnotizzato. Come accade a me ogni volta che mi guardi negli occhi.
Ora ti sono vicinissima…
Le tue mani sembrano muoversi da sole… non attendono neppure il mio input.
Sollevano leggermente il mio volto e poi tutto accade in un attimo… sento che il tuo viso si piega verso il mio e le tue labbra toccano le mie…
E’ un attimo… poi tutto avviene in maniera rapida, quasi convulsa. E non so più dire cosa ho deciso io, cosa tu e cosa ancora i nostri corpi, indipendentemente dalle nostre rispettive volontà.
So soltanto che ci stiamo baciando…

 


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Capitolo 8
*** La corte ha deliberato ***


-8-

(la corte ha deliberato)

 

 

 

Il tuo corpo vibra…
Esattamente com’è sempre accaduto al mio quando ti ho avuta tra le braccia.
E poi, dentro di te, esplode tutto quanto: la passione, il desiderio… e sento che stai per perdere il controllo.
Non c’è paragone con quello che ti faceva provare Webb…

 

 

 

***

 

 

Ti sento vibrare…
Esattamente come accade a me quando sono nelle tue braccia.
E poi, nel tuo corpo, esplode tutto quanto: la passione, il desiderio… e sento che stai per perdere il controllo…
Non esiste paragone con quello che ti succedeva mentre baciavi Melinda Parker…

 

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Capitolo 9
*** Oltre le stelle ***


-9-

Oltre le stelle

 

 

 

Le nostre labbra si sfiorano, si toccano appena, poi, irresistibilmente attratte, si cercano, per tornare a scoprirsi.
Si aprono, accolgono, si protendono per invadere… in un gioco dolce e sensuale, con un intreccio di sensazioni sconvolgenti, tramite un’intimità misteriosa che scatena l’universo intero.
E’ solo un bacio.
Ma i nostri respiri si scambiano, le nostre braccia trattengono, i nostri corpi si avvicinano, si uniscono, mentre i nostri cuori battono all’unisono, le mani ricercano la pelle e accarezzano, sfiorano, modellano…
E’ soltanto un bacio.
Eppure è una forza misteriosa che accende un desiderio che già stava per esplodere.
Un bacio… unicamente un bacio.
Perché, allora, le nostre mani non si accontentano del volto o delle spalle o di immergersi nei capelli?
Perché scivolano sotto gli abiti, alla ricerca di un contatto ancora più intimo? Perché sfiorano un seno, lo avvolgono, desiderano percepirne la morbidezza? Perché scorrono sui muscoli del torace, saggiandone la consistenza?
Si tratta semplicemente di un bacio… ma fa desiderare di più.
Lo capiamo senza neppure parlare, semplicemente guardandoci nei nostri stessi occhi, attraverso gli occhi dell’altro.
Lo comprendiamo immediatamente, non appena riprendiamo fiato per un attimo: i respiri affannati, gli occhi lucidi, le mani che ancora toccano, senza riuscire ad allontanarsi dal calore dei nostri corpi, la maglia sollevata, la camicia slacciata... (ma quando è successo?)
Nessuno dei due desidera parlare. E’ un altro il desiderio che vogliamo soddisfare. Nel quale ci vogliamo perdere.
Il letto non dista poi molto. Ci accoglie dolcemente, nell’intimità del suo abbraccio.
Lentamente gli ultimi indumenti spariscono di scena, i nostri corpi scivolano languidi sopra le lenzuola, s’intrecciano, si cercano, si toccano…
Si trovano. Si scoprono. Si fondono in un unico corpo…
Si amano.
E mentre il piacere scorre tra noi come una corrente elettrica, che ci fa gemere e desiderare ancora di più, anche le nostre menti si amano, si sollevano, si uniscono…
Oltre le stelle, là dove tutto è iniziato.

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Capitolo 10
*** Spiegare l'incomprensibile ***


-10-

 Spiegare l’incomprensibile

 

 

Lenzuola morbide, che mi avvolgono come una carezza.
Un vago sentore nell’aria.
Piccoli rumori, quasi impercettibili.
Non sono nel mio letto. Ma neppure sulla Seahawk.
Non ci sarebbe questo profumo vagamente familiare. Neanche questo silenzio, solo leggermente interrotto. E non mi sentirei neppure tanto bene.
Gli occhi ancora chiusi, mi muovo lentamente, per stirare i muscoli rilassati dal sonno.
Subito mi accorgo che c’è qualcosa di diverso…
Sento un impellente desiderio di una tazza di caffè.
Nero. Forte. Bollente.
E, immediatamente dopo, ne percepisco l’aroma. Ma non solo. Sulle labbra ne sento anche il sapore…
Delizioso.
Così come il tocco delle dita che mi hanno appena sfiorato.
Socchiudo leggermente la bocca, per assaporare la goccia di caffè che mi è stata posata sulle labbra, ma al tempo stesso per leccare i polpastrelli che me l’hanno donata.
Apro gli occhi e sorrido.
Le tue dita proseguono, seguendo un percorso che tu hai ben chiaro in mente.
Scivolano sul mio collo, sfiorano le spalle e poi scendono a delineare il contorno del mio seno, lo accarezzano, lo provocano… scostano il lenzuolo che mi avvolge dalla notte… un groviglio informe che non ho mai ritrovato al mio risveglio.
Ma non ho mai trovato neppure te, al mio risveglio.
Preferisco decisamente le lenzuola aggrovigliate ed essere salutata da una goccia di caffè sulle labbra…
Soprattutto se a mettercela sei tu.
Osservo il tuo viso abbassarsi su di me, lentamente.
La tua bocca scende ad appropriarsi di un seno, poi dell’altro… le tue mani scivolano sui miei fianchi, sollevandoli leggermente.
“Voglio il mio caffè, prima…”
La mia voce trema ed è roca, perché le tue labbra stanno scendendo oltre e mi fanno impazzire.
“Voglio te, prima".
La tua voce, invece, è ferma. Decisa.
Ok, il caffè lo rifarò dopo…
Ho mai avuto qualche possibilità di discutere?

 

 

***

 

 

“Allora, Mac? Che mi dici della Parker?”
Ti sorrido.
Sei seduta di fronte a me e, finalmente, sorseggi il tuo caffè, nero, forte, bollente, con aria soddisfatta.
Stavo ancora pensando se lasciarti alzare oppure trattenerti ancora a letto per amarti di nuovo, quando tu, rapida, sei sgusciata fuori dalle lenzuola, hai rovistato brevemente nel mio armadio, per qualche attimo sei rimasta indecisa tra una mia maglietta e una camicia di jeans, dopodiché hai accettato il mio consiglio.
Maliziosamente hai chiuso solo i due bottoni centrali e hai arrotolato le maniche appena sotto il gomito: in questo modo la mia camicia ti rende ancora più sexy, scoprendoti più che coprirti.
Hai colto alla perfezione il mio suggerimento.
Rassegnato, mi sono alzato anch’io, infilandomi solo un paio di boxer… ho forti dubbi che resteremo per molto fuori dal letto.
Non mi rispondi.
Ti sei limitata a sollevare lo sguardo e ora mi scruti, al di sopra della tazza di caffè che tieni con entrambe le mani, i gomiti appoggiati al bancone della mia cucina, in una posa che ormai mi è molto familiare.
Mi osservi per qualche istante e credo di sapere cosa ti stia passando per la mente.
Quello che ci è accaduto in questi ultimi giorni, per non parlare di ciò che è avvenuto nelle ultime ore, ha dell’incredibile.
Presumo che, com’è successo a me, ti abbia lasciato senza fiato e che, come me, tu debba ancora assimilare per bene tutto quanto.
“Credo che la Parker stia mentendo".
Finalmente ti sei decisa a rispondere. La tua voce è poco più di un soffio.
“Cosa te lo fa pensare?”
“E’ una donna troppo sicura di sé. Non è il tipo di donna che un uomo molesterebbe…”
“Forse proprio per vendicarsi di lei?”
“Mhm… e poi ho visto come ti dava la caccia. E’ più probabile accusare lei di molestie! Ti voleva e avrebbe fatto di tutto per averti nel suo letto. Ed è rimasta parecchio contrariata quando ha capito di non avere chance… quando si è accorta di essere stata respinta”.
“Forse non avresti dovuto respingerla, Mac!”
“Ah. Ah. Spiritoso! E tu? Perché hai respinto Clay?"
Quanto mi mancava la tua espressione infastidita e un po’ corrucciata, che assumi sempre quando ti faccio arrabbiare!
“Ok, ok… passiamo oltre… Cosa ne pensi, allora?”
“Penso che la Parker potrebbe aver accusato Ferrell solo perché lui l’ha respinta”.
“E’ possibile. Ma allora perché Ferrell non si difende? Perché non ci fornisce la sua versione?”
“Continua ad eludere il discorso?”
“Gia…”
“Mhm… interessante. Non sei riuscito a farlo parlare neppure tu?”
Eccola, la tua piccola rivincita! La tua piccola soddisfazione.
Concediamotela.
“No. Neppure io”.
“Non mi dire! Neanche il grande Harmon Rabb, insensibile al fascino e ai complimenti maschili, capace di intuire immediatamente quando qualcuno mente…. Neanche lui è riuscito a far parlare l’imputato?”
“Ti diverti, vero?” domando con un sorriso.
“Mhm… un pochino…”
Mi allungo verso di te e ti catturo una mano tra le mie. Ho bisogno di toccarti.
“Ok, Mac. Ho imparato la lezione. Comunque continuo ad essere certo che Ferrell stia mentendo. Solo che ora credo che lo faccia per proteggere qualcuno”.
“Chi?”
“Melinda Parker”.
“Ma se lei lo ha accusato di…”
“Lo so, Mac. Ma prova ad immaginare… Supponi che lei volesse andare a letto con lui. E che lui, per qualche motivo, l’abbia respinta. C’è una discussione tra i due… qualcuno li sente. O li vede. Lei sta cercando di andarsene… lui l’afferra per un braccio… lei per vendicarsi del rifiuto, lo accusa di averla molestata”.
“Sì, ma perché? Perché lui non ci fornisce, allora, questa versione?”
“La sta proteggendo”.
“Ma perché?”
“Forse perché è innamorato di lei”.
“Allora perché rifiutarla?”
“Per non rovinarle la carriera, o quella di entrambi, se fossero stati scoperti. Non dimenticare che è lei l’ufficiale più alto di grado… sarebbe stata quella che avrebbe perso di più da un’accusa di fraternizzazione”.
“Ma in questo modo è lui ad avere la carriera rovinata…”
“Certo. Ma c’è chi è disposto a tutto, anche a sacrificare la propria carriera, per salvare la donna che ama…”
Abbassi lo sguardo per un attimo, senza dire nulla. La tua mano è ancora tra le mie. Poi lo rialzi e ti limiti a guardarmi negli occhi.
Io faccio altrettanto.
E come ieri sera, quando ancora eravamo ognuno nel corpo dell’altro, anche in questo momento sono le nostre anime, le nostre menti, a comunicare.
Attraverso uno sguardo.
“Tu lo hai fatto…”
“Sì, l’ho fatto. E lo rifarei ancora”.
“Ti amo anch’io, Harm.”
Volevo sentirtelo dire. Sono mesi e mesi che speravo in queste parole.
Non so quante volte ho immaginato di dirtele e di sentirmele dire… mi ero immaginato la scena in ogni particolare, addirittura scene diverse…
Ciò che non avevo immaginato è l’emozione che avrei provato. Per un attimo mi manca l’aria.
“Vieni qui…” ti attiro dolcemente verso di me, prendendoti anche l’altra mano tra le mie. Tu scendi dallo sgabello e ti avvicini al mio… lascio una delle tue mani per stringerti alla vita e ti catturo, immobilizzandoti tra il bancone e le mie gambe.
Ti scosto delicatamente i capelli dal viso, lascio scivolare la mano dietro la tua nuca e ti bacio le labbra. L’altra mano sfiora la tua gamba e s’insinua, risalendo lenta, sotto la camicia…
“Cosa ci è successo, Harm?”
“Ho voglia di te…”
“Intendevo… in questi giorni…”
Ho capito che ti riferivi a quello. Solo che, non sapendo darti una risposta, cercavo di sviarti dal problema. O, semplicemente, di assecondare il mio desiderio.
“So cosa intendevi, Mac… il fatto è che non so spiegarti cos’è successo. Non razionalmente, almeno”.
“Spiegamelo, allora, alla tua maniera irrazionale”.
Mi piace questa tua richiesta.
“D’accordo, Mac. Io credo che abbia prevalso il desiderio… il desiderio che esiste tra noi. Quello che abbiamo represso per anni…”
“Anche tu?”
“Anch’io. Soprattutto ultimamente. Odiavo come si stavano mettendo le cose tra noi. E non solo per Webb: non mi piaceva esserti così distante, anche sul lavoro. Anzi, sai cosa credo? Che quando eravamo in sintonia come amici e colleghi, il desiderio che provavamo riuscivamo a tenerlo, per così dire, sotto controllo. Perché ci appagava, e molto, già il rapporto che ci univa. Ma incrinato quello…”
“Tutto è cambiato dal Paraguay…”
“Lo so. Cosa volevi da me, Mac?”
“Forse che mi dicessi, e non solo mi facessi capire, che mi amavi”.
“Io, invece, volevo che tu lo capissi, che ci credessi davvero, prima di dirtelo. E comunque sai che non sono mai stato bravo a dire certe cose. Ma ora posso capire quanto avevi bisogno di sentirtelo dire… Il fatto è che io avevo un disperato bisogno che tu lo capissi, senza che te lo dicessi. Gli altri uomini te lo dicevano… per me volevo che fosse diverso…”
“Lo so, Harm. Ora lo so. Ho sempre pensato che fossi freddo, controllato. Che le emozioni, quelle vere, ti sfiorassero soltanto. Invece ho scoperto che dentro di te esplode una tempesta di sensazioni e di emozioni, per ogni cosa: da quando voli, a quando ami… semplicemente sei molto abile a tenere tutto sotto controllo, meglio di quanto sappia fare io…”
“Tu lotti ogni giorno con il desiderio di alcol… come puoi dire che non sei in grado di controllarti?”
Mi osservi per un istante, pensierosa. Ti starai domandando come faccio a saperlo.
“Forse hai ragione… Tornando a ciò che ci è accaduto… ritieni allora che sia stato il nostro desiderio inconscio a farci catapultare l’uno nel corpo dell’altro?”
“Credo di sì. Questo ci ha permesso di capire molte cose… di scoprire come siamo davvero… di comprendere cosa vogliamo realmente”.
“Molte volte mi sono ritrovata a domandarmi cosa avresti fatto tu in un certo frangente… cosa avresti pensato…”
“E’ successo anche a me. Forse è qualcosa che tutte le coppie, tutte le persone che si amano dovrebbero imparare a fare e non dimenticarlo mai, soprattutto nei momenti di crisi”.
“Cos’è successo, poi?”
“Abbiamo fatto l’amore…”
“Questo lo so…”
“Intendevo dire che, facendo l’amore, ci siamo ritrovati”.
“Ossia il nostro desiderio è stato soddisfatto… quindi non serviva più che fossimo l’uno nell’altro?”
“Il mio desiderio non è stato affatto soddisfatto. E spero neppure il tuo…”
“Oh… suvvia, Harm! Hai capito cosa intendo!”
Sorrido, divertito. Certo che ho capito cosa intendi. Ma è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Ho preferito approfittarne e chiarire per bene la mia posizione.
“Intendevo qualcosa di più… romantico. Ossia che, facendo l’amore, le nostre anime si sono unite, come i nostri corpi, e sono diventate una cosa sola…”
“Lo hai sentito anche tu?”
“Quando non si capiva più dove finiva il tuo corpo e iniziava il mio?”
“Anche. Ma anche quando la mia anima era dentro di te e poi è tornata nel mio corpo… c’è stato un momento in cui mi è sembrato che fossimo entrambi fuori, che le nostre anime fossero lassù, quasi oltre le stelle, e osservassero… insieme, abbracciate, esattamente come lo erano i nostri corpi intrecciati… osservassero tutto dall’alto… per poi ritornare sulla terra. E’ stato allora?”
“Che siamo tornati ognuno nella propria pelle? Sì, credo di sì.”
“E’ tutto molto strano… quello che ci è successo nei giorni scorsi ha dell’inverosimile”.
“No. Forse non più di tanto”.
“Che intendi dire?”
“Che forse è quello che provano tutte le persone che si amano. Ogni volta che decidono di rinunciare ad una parte di se stessi per la persona amata è come se entrassero nell’altro…”
“Sei diventato saggio”.
“L’ho solo capito per la prima volta”.
“Credi che se non avessimo fatto l’amore, saremmo mai ritornati ognuno nel proprio corpo?”
“Non lo so, Mac. Forse è meglio non domandarselo”.
“Mi piace pensare che non sarebbe mai più successo…”
“Sarei stato condannato ad una vita di tacchi, caffè e trucco?”
“E io? Donne che ti saltano addosso, immangiabili cibi vegetariani e orologi con le lancette!”
“Preferisci uomini che ti saltano addosso? Uomo, vorrai dire…”
“Chi? Tu?”
“Vedi qualcun altro?”
“Mhm… potrei sempre telefonare a…”
“Zitta. Non dirlo. Non dire quel nome, per favore!”
“E’ stata così dura?”
Mi sfiori una guancia, chiedendomelo.
“Durissima… quell’uomo non si arrende facilmente!”
“Avrei dato non so cosa per essere stata presente… Anche a Skates l’idea divertiva da morire… a proposito di Skates…”
Oh, no… temevo questa domanda.
“Che cosa le avresti detto di così importante quella sera che sembrava fosse l’unica cosa che le avrebbe permesso di credere a tutta la faccenda?”
Esplicita e diretta. Non posso neppure fingere di non capire ed eludere la domanda.
“Le ho detto una cosa che era assolutamente certa che non ti avrei mai rivelato… pertanto non potevo essere che io”.
“E quale?”
Ti guardo negli occhi, mentre ti stringo più forte tra le braccia.
“Le ho detto che sono innamorato di te. Ti amo, Mac.”
Non dici nulla, ma i tuoi occhi brillano di lacrime.
Ti bacio, sfiorandoti le labbra dolcemente. Improvvisa mi assale di nuovo la voglia di te.
“Che ne dici di un esperimento?” ti sussurro roco, all’orecchio.
“Che genere di esperimento?” domandi divertita, mentre cerchi di tenere a bada le mie mani che, indisciplinate, stanno sfuggendo al mio controllo.
Hai la pelle così morbida…
“Facciamole tornare di nuovo lassù, oltre le stelle”.
“E se ci ritrovassimo di nuovo nella pelle dell’altro?”
“Correremo il rischio…”

 

 

Fine

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