Attraverso i tuoi occhi di Alexandra_ph (/viewuser.php?uid=165023)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentare il caso ***
Capitolo 2: *** Svolgere le indagini preliminari ***
Capitolo 3: *** Assegnare le parti ***
Capitolo 4: *** Interrogare i testimoni e delineare le rispettive strategie ***
Capitolo 5: *** Gestire un eventuale contenzioso diplomatico ***
Capitolo 6: *** Preparare le arringhe finali ***
Capitolo 7: *** Attendere il verdetto della giuria ***
Capitolo 8: *** La corte ha deliberato ***
Capitolo 9: *** Oltre le stelle ***
Capitolo 10: *** Spiegare l'incomprensibile ***
Capitolo 1 *** Presentare il caso ***
Disclaimers
: Il marchio Jag
e
tutti i suoi personaggi appartengono alla Bellisarius Production. In questo
racconto sono stati usati senza
alcuno scopo di lucro.
Nota dell’autore:
Tempo
fa lessi
il romanzo che, in seguito, ha ispirato questo racconto.
Come questa,
anche la vicenda narrata nel libro sembrava assurda e irreale. Anzi, a
dire il
vero, lo era. Lo sono entrambe.
Ma
al di là
della storia raccontata, in quel libro c’erano diversi messaggi
interessanti e
altrettanto interessanti spunti di riflessione, che hanno smosso la mia
fantasia, ma non solo… ho cominciato a pensare che anche a me sarebbe
piaciuto
dire la mia e stimolare
alcune
riflessioni su certi argomenti: sul concetto di empatia, sull’amore in
genere e
sul rapporto di coppia in particolare; sui sentimenti e sulla
razionalità,
sull’uomo e la donna come esseri unici e distinti, ma al tempo stesso
simili e
complementari… e forse qualcos’altro ancora.
La
tentazione
di sfidare me stessa e farlo in maniera più o meno simile è stata tanta.
E così ho
provato. Ho provato a costruire una storia altrettanto “assurda”,
tentando di
renderla altrettanto plausibile. Ma, soprattutto, ho cercato di fare il
possibile per riuscire a trasmettere le mie riflessioni, così come
l’autore del
libro, a mio avviso, è riuscito a fare con le proprie tramite il suo
romanzo.
Sono
consapevole che la pretesa è tanta, ma se non ci si pone davanti ad
obiettivi
elevati, difficilmente si arriva a conquistare anche i minimi.
Che poi io ci
sia riuscita… questo starà a voi giudicarlo.
Mi
auguro
almeno che il racconto, nonostante “l’irrealtà” della vicenda, vi possa
comunque piacere.
Buona
lettura!
Ringrazio
Frédéric Lasaygues per l’ispirazione e Audrey
Hepburn, nel ruolo di Jo Stockton in “Funny Face“ (Cenerentola a
Parigi), per
avermi fatto scoprire, quando ancora ero ragazzina, il concetto di
empatia e di
averlo spiegato così bene, meglio di come avrebbe fatto la mia prof di
filosofia diversi anni dopo.
Ringrazio
anche il mio carissimo amico Nick per avermi
spesso fatto riflettere sull’imperscrutabile universo maschile, e gli
uomini
della mia vita - mio marito, mio figlio e mio padre -
che ogni giorno mi
fanno sperimentare quell’universo, permettendo alla mia empatia di
essere
sempre ben allenata.
Infine
un grazie ad Harm, forse il più degno
rappresentante di quel contraddittorio, a volte imperscrutabile, ma
anche affascinante
universo.
Alexandra (3 marzo-2 novembre 2006)
30
dicembre 2013 - Pubblicando finalmente questa mia ff scritta nel
lontano 2006, colgo l'occasione di augurare a tutti voi BUON
ANNO!
Alexandra
-1-
(presentare il
caso)
Lenzuola
lisce, quasi impalpabili.
Un vago sentore di fiori.
Silenzio.
Non sono nel mio letto e neanche
in camera mia. Ma nemmeno sulla Seahawk.
Non ci sarebbe silenzio. Né questo
profumo vagamente familiare. E neppure queste lenzuola morbide.
C’è una sola spiegazione: sono nel
letto di una donna.
Eppure non ricordo d’essere stato
con una donna, ieri sera.
Se per questo, non ricordo
d’essere stato con una donna da chissà quanto tempo: c’è solo lei, nei
miei
sogni, ultimamente. I suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo… Sta
diventando
estenuante desiderarla tanto e dovermi continuamente trattenere dallo
sfiorarla.
Apro gli occhi e mi muovo
lentamente, cercando di far chiarezza nei pensieri. Mi accorgo subito
che c’è
qualcosa di strano.
Dove sono?
Mi guardo attorno, sconcertato.
Mac?
Cosa ci faccio nella camera… no,
mi correggo… nel letto di Mac?
Non posso credere che…
No.
Impossibile.
Me ne ricorderei.
Se avessi fatto l’amore con lei,
non potrei scordarlo la mattina dopo.
Eppure… Eppure questa è la sua
stanza, ne sono certo. L’ho vista una sola volta, ma non l’ho mai
dimenticata. E
io mi trovo nel suo letto.
Perché?
Provo a tornare con la mente agli
avvenimenti di ieri, per capire.
Cosa mi sfugge?
Calma… un momento: ricordo
perfettamente dov’ero e cosa ho fatto ieri sera.
Mi hanno sbarcato dall’elicottero
sulla Seahawk nel tardo pomeriggio; ho sbrigato le solite faccende di
routine
in previsione della missione di oggi e dopo una cena e quattro
chiacchiere con
gli altri piloti, sono uscito sul ponte.
Erano settimane che ai notiziari
preannunciavano l’eclissi di luna… quale miglior posto per godersela al
meglio che
non essere sul ponte di una portaerei in mare aperto?
E così ho assistito, dall’inizio
alla fine, allo spettacolo della luna che lentamente scompariva e
riappariva,
attorniato solamente dal mare e dal buio della notte, con un indicibile
senso
di vuoto, senza averla accanto. Avrei dato qualunque cosa perché fosse
lì con
me; per vedere quello spettacolo naturale abbracciato a lei, mentre
aspiravo la
sua fragranza e percepivo il calore del suo corpo premuto contro il mio…
Dopo l’eclissi me ne sono andato a
dormire.
Solo.
Che cosa ci faccio, ora, nella camera
di Mac? E, soprattutto, nel suo letto?
Che stia ancora sognando, da ieri
notte?
Quante volte l’ho fatto,
immaginando di risvegliarmi tra le sue braccia, mentre accarezzo le sue
curve
invitanti?
E lei dov’è?
Se deve tormentare così i miei
sogni, che almeno possa godere di quel contatto anche solo immaginato!
Sorrido dell’assurdità della cosa.
In fondo molto è dipeso da me: se fosse stato per lei, è dai tempi
dell’Australia che avrei potuto averla tra le braccia al mio risveglio.
Anche
se poi ha cambiato idea.
Mi muovo lento, per stirare i
muscoli rilassati dal sonno. Spostandomi su un fianco, all’altezza del
petto mi
sorprende una strana sensazione… un peso insolito, che non capisco.
Che sia il cuore?
All’improvviso sento un impellente
desiderio di una tazza di caffè.
Nero. Forte. Bollente.
Caffè?
Da quando mai?
C’è qualcosa che non va.
Devo essere ancora nel
dormiveglia, perché tutto questo sembra così strano. Percepisco un
cambiamento
in me che non riesco a focalizzare… Perché indosso una maglietta? Di
solito
dormo solo in boxer.
Che cosa mi sta succedendo?
Sposto le coperte per alzarmi e
butto giù dal letto una gamba…
WOW… che gamba!
Lunga, affusolata, la pelle liscia
e morbida al tatto… Per un attimo mi fermo ad osservarla, affascinato.
La
sfioro con la mano: le sue gambe mi sono sempre piaciute da morire. Poi
riporto
l’attenzione alla realtà dei fatti e fisso allibito la mano che ha
toccato la
gamba… il braccio, dal polso delicato… risalgo con lo sguardo al corpo
in cui
mi trovo… Ora sono perfettamente sveglio, lo capisco dal cuore che sta
per
esplodermi nel petto.
Prima ancora di guardarmi allo
specchio, so che si tratta di quel corpo che da tempo non faccio altro
che
sognare di avere tra le braccia…
Mi guardo di nuovo attorno,
sconcertato: i suoi abiti, appoggiati sulla sedia, i suoi accessori,
posati
sopra il piccolo tavolino accanto alla finestra…
Come diavolo sono finito nel corpo
di Mac?
***
Mi riporta
alla realtà il rumore
tipico che si sente su una portaerei. Nella blanda incoscienza che
precede il
risveglio, un pensiero rapido, fulmineo, transita per pochi millesimi
di
secondo nella mia mente: perché mi trovo su una portaerei?
Non ricordo di esserci arrivata.
Poi il torpore del sonno mi
cattura di nuovo.
E’ strano. Di solito sguscio fuori
dal letto non appena riprendo contatto con il mondo. E subito il mio
corpo
reclama immediatamente un caffè.
Nero. Forte. Bollente.
Invece ora mi giro su un fianco e
del caffè nessuna voglia.
C’è qualcosa di diverso.
Provo a stiracchiarmi e nel
contempo porto le mani al volto, in un gesto che, tuttavia, non mi è
abituale.
Il cuore inizia a galopparmi furioso nel petto: quelle che ho portato
al viso,
non sono le mie mani!
Mi sollevo di scatto e osservo il
corpo che ha preso il posto del mio…
Che cosa mi sta succedendo?
Sento il panico stringermi a poco
a poco la gola…
Che fine ha fatto il mio corpo?
O meglio: in quale altro corpo è
finito l’IO pensante di Sarah Mackenzie? Perché l’unica certezza che ho
è che
IO sono il tenente colonnello dei Marine Sarah Mackenzie, avvocato
della
procura militare.
Ma dove sono?
Mi guardo attorno e osservo che mi
circondano le pareti di una cabina; l’angusto spazio in cui mi trovo,
sebbene
sembri essere tutto per me, non fa che confermare quello che ho capito
non
appena mi sono svegliata… eppure io dovrei trovarmi a Washington…
proprio
stamani dovrei interrogare un teste…
Di nuovo mi guardo attorno,
spaventata.
Che ore sono?
Mi muovo ansiosa… com’è possibile
che mi domandi l’ora? Perché non so che ore sono?
Che cosa mi sta succedendo?
Scosto le coperte e faccio per
alzarmi… E finalmente osservo con attenzione le mani, le gambe, quello
che
indosso… Focalizzo il corpo in cui sembro essere rinchiusa: mani
grandi,
lunghe, dalle unghie squadrate, ma ben curate, come piacciono a me.
Mani maschili.
Sì, decisamente le mani di un
uomo.
Mani maschili che ho la vaga
impressione di conoscere.
Il corpo che è in questa cuccetta
indossa solo un paio di boxer… “Un vero peccato”, mi sorprendo a dirmi:
per
quello che vedo in questo momento e che sento tra le gambe, sembra
essere un
gran bel fisico e, oserei dire, anche ben dotato!
Oddio, ma che vado a pensare?
La situazione richiede un minimo
di lucidità.
Ricapitoliamo: dove sono finita?
Uno specchio. Mi serve uno
specchio. Almeno per capire meglio “chi” sono diventata…
Mi alzo, barcollando per un
attimo… che piedi grandi, accidenti!
E che fastidio! La parte anatomica
che prima ho apprezzato, adesso che sono in posizione verticale, si
muove in
maniera quasi ridicola tra le gambe. Come fanno gli uomini ad andarsene
a
spasso per tutto il giorno con… ehm… ‘sto coso che pare anche avere
vita
propria?
Raggiungo lo specchio con solo due
passi di queste lunghe gambe che mi ritrovo, fisso il volto che mi
osserva
riflesso e…
Scoppio a ridere.
Sono consapevole che dopo la
risata liberatoria, tornerà ad assalirmi l’ansia, ma in questo momento
l’assurdità della situazione rasenta la comicità.
Come accidenti sono finita nel
corpo di Harm?
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Capitolo 2 *** Svolgere le indagini preliminari ***
-2-
(svolgere le
indagini preliminari)
Dev’essere
accaduto durante la
notte. Probabile che l’eclissi di luna abbia influito.
Ma perché?
E dove sei, Mac?
Il mio IO ha prevaricato il tuo e
ora sei sempre qui, nel tuo corpo, che in questo momento contiene
entrambi? (Del
resto lo dici sempre che la mia personalità è travolgente e che voglio
averla
sempre vinta io.)
Oppure anche tu sei finita
altrove? E chi ha preso possesso del mio corpo?
Come vorrei
che una volta tanto ci fossi tu nei miei panni…
All’improvviso
un ricordo mi
assale: la tua frase di ieri.
Ed ecco che tutto, nella sua
assurdità, acquista un senso. Una certa logica.
Non può che essere così: se io
sono nel tuo corpo, Mac, tu devi essere finita nel mio.
Poco alla volta i pezzi di questo
puzzle surreale trovano ognuno il proprio posto e tutto si fa
finalmente più
chiaro e comprensibile…
Forse.
Ieri ci siamo lasciati dopo un
ennesimo battibecco. Non facciamo altro, ormai. Da mesi. Se fossi del
tutto
onesto, aggiungerei che i nostri rapporti sono ulteriormente peggiorati
da
quando stai con Webb.
E io non lo sopporto.
Non sopporto neanche l’idea che tu
faccia l’amore con un uomo che non sia io. Ma ancora di più credo di
non
riuscire a sopportare quello che è diventata la nostra amicizia.
Sempre che esista ancora tra noi
qualcosa che possa definirsi tale.
In questi giorni siamo alle prese
con un caso di molestie sessuali. Il solito caso rognoso, dove i fatti
si
riducono alle versioni diametralmente opposte delle due parti in causa
e le
prove sono pressoché inesistenti.
Tutto si gioca sul sottile
equilibrio delle testimonianze e del nostro istinto.
Lo so, Mac: a volte mi odi quando
uso questo termine. Eppure è sempre l’istinto che per primo mi guida,
anche
nelle situazioni più disparate.
E l’istinto mi dice che Brian
Ferrell è più subdolo di quanto appaia.
Ovviamente tu sostieni che la mia sia
solo gelosia maschile: l’accusato è un uomo piacente, gentile e molto
educato,
mentre a quanto dicono, Melinda Parker, colei che lo ha denunciato, è
una donna
che ama il potere; è aggressiva, disinvolta e disinibita. Difficile
crederla
oggetto di molestie sessuali.
Non l’ho ancora conosciuta, dovrei
essere sulla Seahawk proprio per questo, oltre che per le consuete
prove di due
giorni per le qualificazioni.
Avrei dovuto osservarla nel suo
ambiente, prima di condurla con me a Washington, per interrogarla. E
avrei
dovuto trovare qualche testimone. Sempre ammesso che ce ne siano.
Eppure… prima ancora di averle
parlato, prima ancora di aver svolto qualunque indagine, l’istinto mi
dice che
Ferrell sta mentendo. Su qualcosa, ma sta mentendo.
Tu, invece, sei rimasta
affascinata da lui.
Ferrell ti lusinga, e tu ti lasci
lusingare.
Quando mi hai detto che soffro di
gelosia maschile, ho ribattuto che è Webb quello che dovrebbe essere
geloso…
Sei diventata una iena: non
sopporti che ti rinfacci le tue debolezze. Eppure è tipico di te
lasciarti abbindolare
da due moine fatte al momento giusto. Soprattutto se a farle è qualcuno
gentile
e che ci sa fare con le donne.
Ma Ferrell è realmente gentile? O
è quello che vuole apparire?
E ci sa davvero fare con le donne?
Oppure le usa soltanto?
Come ultimamente ci accade, siamo
di parere discorde. E a volte non so più capire se lo siamo perché
davvero la
pensiamo diversamente o semplicemente per farci un dispetto a vicenda.
Perché ci sta accadendo tutto questo?
Come siamo giunti a neppure più
sopportarci?
Ricordo con nostalgia i bei tempi
quando lavoravamo assieme, quasi sempre di comune accordo. E anche
quando non
lo eravamo, sfruttavamo le nostre divergenze per conoscerci e, senza
neppure
rendercene conto, risolvevamo comunque il caso. Insieme. Non importava
che uno
vincesse e l’altro no. La sensazione era sempre quella d’essere stati
una
squadra.
Ora, invece…
Comunque, quando ho tirato in
ballo Webb e la sua probabile gelosia, il discorso è degenerato, come
sempre,
su fatti personali. Ultimamente non facciamo che rinfacciarci i nostri
difetti,
peggio di una coppia sposata in piena crisi matrimoniale.
- Sei sempre
la solita, Mac. Basta un sorriso e tu diventi un’altra.
- Una che tu non sopporti, vero?
- Io non sopporto come ti lasci sedurre dagli uomini. La tua
intelligenza va a farsi benedire…
- Parli così solo perché ti ho detto che tra noi non avrebbe mai
funzionato.
- Oh, lascia perdere…
- Ecco, tu sai sempre e solo lasciar perdere, vero? Ma cosa vuoi da
me, Harm?
Ho preferito
non rispondere.
Cosa avrei dovuto dirti? Che
voglio solo te, e niente altro? Che da te non voglio nulla… ma che
desidero te,
semplicemente?
Che ti voglio così come sei, con
tutte quelle stesse contraddizioni che ti critico sempre, perché non
sopporto che
sia un altro a poterle amare?
Te l’ho già fatto capire, eppure
non hai voluto saperne.
- Con gli
uomini ti metti sempre in situazioni difficili…
- Oh, ma che ne sai tu? Lo sai cosa si prova ad essere una donna in
ambiente militare? Ogni sorriso, ogni frase… tutto deve essere sempre
calibrato, perché altrimenti chiunque si sente autorizzato a metterti
le mani
addosso… e se non fanno quello, l’alternativa è essere giudicata una
che se la
fa con tutti… E’ sempre la stessa storia.
- Io non penso questo di te.
- No? Ma se lo hai appena detto.
- Io ho detto solo che se un uomo ti fa gli occhi dolci e due
complimenti, tu ti senti lusingata. Non ho detto che te la fai con
tutti.
- E che male c’è? Solo perché tu non mi rivolgi mai un complimento,
ciò non significa che a me non piacciano. O che non sia obiettiva per
questo.
- Non credevo volessi i miei complimenti…
- Lascia perdere, tu non sei il tipo.
- E se anche lo fossi, hai chiarito per bene che da me non vuoi nulla…
Per un attimo
sei rimasta in
silenzio. Sembrava che non sapessi più cosa dire. Poi te ne sei uscita
con una
frase, che lì per lì non ho capito. E che, a ben pensarci, continuo a
non
capire neppure ora. Ma che forse è stata la chiave di tutto. L’hai
detta e poi te
ne sei andata, senza neppure aspettare la mia risposta.
- Come vorrei che per una
volta
tanto ci fossi tu nei miei panni…
***
Attraverso i
tuoi stessi occhi,
osservo il tuo volto sorridermi e riesco a provare, nonostante tutto,
una
sensazione strana, indefinibile, identica all’emozione che mi travolge
ogni
volta che sfoderi il tuo sorriso. Ed è strano, perché ero convinta che
certe
sensazioni che mi trasmetti fossero legate soprattutto ad una reazione
puramente fisica, e io so perfettamente che la reazione del mio corpo
al tuo
fascino maschio è intensa. Sempre.
Ma in questo momento, io non mi
trovo nel mio corpo… sono addirittura nel tuo. Eppure sento comunque
qualcosa.
Devo pensare, allora, che il tuo
volto, le tue braccia, la tua pelle… tutto di te… siano in grado di
scuotermi
molto più nel profondo di quanto avessi mai immaginato?
Deve essere così. Altrimenti non so
spiegarmi come riesco a percepire fisicamente quel certo sfarfallio
alla bocca
dello stomaco e il cuore accelerare di un battito, nonostante sia il
tuo stesso
corpo a trasmettermi questi fremiti, mentre ti guardo attraverso i tuoi
occhi.
Per un attimo la paura
dell’incomprensibile scompare… Tu sai sempre tranquillizzarmi e questa
sensazione non mi abbandona neppure ora, forse grazie al fatto che è
proprio il
tuo corpo a contenere la mia essenza.
Mi lascio trasportare da queste
sensazioni: quando mai potrò avere un’occasione simile? Per poterti
guardare
con tutta calma, permettendo alle tue mani, che in questo momento mi
appartengono, di sfiorare finalmente le tue labbra, di accarezzare la
tua
pelle… come avrei desiderato fare da sempre.
Io non so cosa stia succedendo.
Non lo so e in questo momento,
forse, non voglio neppure saperlo.
Sono rapita dai tuoi occhi che mi
stanno guardando a lungo, senza distogliere lo sguardo come invece fai
tu di
solito.
Non riesco a smettere di osservarti
riflesso nello specchio… avevo scordato che dormi con soltanto i boxer.
Credevo
lo facessi unicamente quando sei in casa tua. Invece, a quanto sembra,
dormi
così ovunque…
O forse è un caso? (Un fortuito
caso, per me, oserei dire).
Oddio…
Quanto sei bello, Harm!
Lo sguardo passa dalle tue spalle
al torace muscoloso, scivolando rapidamente più giù, alle tue lunghe
gambe, non
osando quasi soffermarsi su quell’unica parte di te celata da un
indumento.
Eppure… non è forse quella parte
che più mi è proibita, a stuzzicare maggiormente la mia curiosità e la
mia
fantasia?
Ma mi sembrerebbe quasi di violare
la tua intimità, spogliandoti.
Che stupida, vero?
Anche perché, se dovessi rimanere
ancora a lungo nella tua pelle, dubito che potrò resistere molto senza
essere
costretta a svelarti, non fosse altro per permettere al tuo organismo
di
sopravvivere soddisfacendo le sue esigenze fisiologiche.
Però… forse…
E perché no?
Magari un pensierino potrei
farcelo anche prima.
***
E’ tardi.
Sono le 6.15 e fra poco
più di un’ora devi essere dall’ammiraglio per aggiornarlo sulla
situazione. Poi
dovresti interrogare Mike Forde, il primo teste a favore di Ferrell.
Devo sbrigarmi… Ma prima un caffè.
Nero, forte e bollente, proprio
come piace a me.
No.
Proprio come piace a te.
E’ un desiderio fisico. Ed è tuo.
Solo tuo.
Eppure, in questo preciso istante,
sembra che sia anche la mia mente a volerlo.
E mentre lascio che gesti
meccanici, che non ricordo d’aver fatto, preparino il caffè come piace
a te, mi
soffermo a pensare quanta parte delle cose che facciamo ogni giorno è
pura e
semplice abitudine, se non addirittura obbligo, e quanto, invece, ciò
che
desideriamo davvero.
Per te il caffè è una necessità
fisica, quasi una droga. Me ne rendo conto perché, mentre il liquido
bollente entra
nel tuo corpo, lentamente sento placarsi quel bisogno che mi aveva
assalito fin
da quando ero nel letto.
E, dopotutto, il caffè non è
neppure male!
Basta indugiare. Sento i minuti
scorrere via, rapidi e insidiosi…
Sono già le 6.33.
Guardo distrattamente l’orologio
della cucina (digitale, come tutti i tuoi orologi: benché tu sappia
perfettamente sempre anche il centesimo di secondo, hai bisogno di
vedere
scritto ora e minuti e le lancette non fanno per te) e osservo che
stamani sono
io che spacco letteralmente il minuto.
E’ una sensazione strana,
soprattutto per uno che ha sempre avuto solo una vaga idea del tempo
che passa
e che odia profondamente tutto ciò che glielo ricorda, anche se devo
ammettere
che se non esistessero gli orologi, probabilmente a quest’ora sarei
ancora in
Accademia!
Comunque è strano essere presente
al tempo, addirittura sentire fisicamente il trascorrere degli attimi.
OK, basta indugiare.
Prepariamoci. (il “Noi” mi sembra
d’obbligo, in questa situazione).
Mi levo al volo la lunga t-shirt
che indossi per dormire, la getto sul letto e mi dirigo rapidamente
verso il
bagno, per una breve doccia. Nonostante me ne fossi dovuto accorgere
prima,
realizzo solo ora che sotto la maglia non porti null’altro…
Interessante.
Ma ancora più interessante è la visione
che mi rimanda lo specchio quando transito davanti al lavandino.
L’immagine fugace del tuo corpo
nudo.
Troppo intrigante per far finta di
nulla.
Torno sui miei passi e
mi soffermo davanti allo specchio e, mentre
osservo, una sensazione strana si propaga dal basso ventre e mi stringe
la
gola…
Il tuo seno è pieno, morbido… è
bellissimo.
E’ la Tentazione per ogni uomo. E,
credo, l’Invidia di ogni donna.
Risalta sul tuo corpo snello
ancora più di quanto avessi mai immaginato (e di fantasia, credimi, ne
ho spesa
molta sull’argomento!).
La dolce curva dei tuoi fianchi e
i glutei ben delineati, scolpiti dalla costante attività fisica, lo
mettono
maggiormente in evidenza, richiamando su di esso tutta l’attenzione.
Sono i tuoi occhi a guardarlo, a
trasmettere alla mia mente l’immagine provocante dei tuoi capezzoli
scuri che spiccano
sullo sfondo della pelle più chiara attorno… Tuttavia è la mia mente a
trasmettere alle tue mani l’irrefrenabile desiderio di sfiorarli.
Sento la tua gola improvvisamente
secca, e mi rendo conto di deglutire, quasi cercassi l’aria per
respirare.
E’ tardi… devo fare la doccia…
Poco male.
Dovrò pur toccare quelle morbide
curve per lavare il tuo corpo, no?
***
Ho superato
lo choc iniziale di
scoprire di non essere più nella mia pelle. Ho superato anche – almeno
in parte
– la sorpresa di trovarmi proprio nel corpo dell’uomo che più mi fa
impazzire
di desiderio e la curiosità di poterti osservare liberamente. Ora,
finalmente,
la mia mente comincia di nuovo a ragionare e tento di dare una
spiegazione a
quanto è accaduto, benché mi renda conto che tutta questa faccenda ha
dell’incredibile.
Ma, forse proprio perché già ci
sono, provo “a mettermi nei tuoi panni” e tento di ragionare come
faresti tu.
Conoscendoti, sono assolutamente
certa che se fossi al mio posto non ti lasceresti sopraffare dalle
emozioni, ma
cercheresti immediatamente una spiegazione logica. A volte non te ne
rendi
neppure conto, ma sai trovare un senso anche a cose che un senso non
l’hanno. A
situazioni assolutamente inverosimili.
A ben pensarci, però, io non sono
poi così diversa da te: chi ha avuto la visione utile a localizzarti
quando eri
sperduto in mezzo all’oceano?
La prima domanda logica da porsi è
la seguente: se io sono nel corpo di Harm, dov’è finito lui?
Un lieve bussare alla porta blocca
all’improvviso il flusso del mio ragionamento.
“Harm…”
Una voce di donna.
Chi potrebbe volerti alle…
Accidenti… CHE ORE SONO?
Mi guardo attorno, in preda al
panico, alla disperata ricerca di un orologio. Non sono abituata a non
sapere
sempre perfettamente l’ora.
Scorgo sul tavolino che funge da
scrivania il tuo orologio da polso… dannazione, le lancette!
Le 6.30, secondo più, secondo
meno…
Chi potrebbe volerti alle 6.30 del
mattino?
E una donna, per di più.
“Harm…”
La voce è bassa, ma insistente.
Benché su una portaerei l’attività
non cessi mai, neppure di notte, le 6.30 a.m. sono comunque presto.
Ancora dei brevi colpetti alla porta…
Niente da fare. Insiste. Mi tocca aprire.
Lo faccio senza neppure rendermi
conto che sono ancora in boxer.
E’ il volto stupito del tenente
Elizabeth Hawkes che fissa con insistenza il mio… no, il tuo… corpo, a
farmi
realizzare che mi sono presentata… no, che ti ho presentato… oh,
insomma!...
che abbiamo (io, tu… NOI) aperto la porta praticamente in mutande.
E lei…
Bè… lei guarda.
Insiste nel guardare e sorride
all’immagine che le si è parata davanti.
Perché accidenti non la smette di
divorarti con gli occhi?
“Ciao!”
Finalmente incontra il mio sguardo
e io riesco a scorgere nel suo un fugace lampo di malizia.
Ma non è sposata? O fidanzata, non
ricordo.
“Tenente Hawkes… che sorpresa…”
Sono un’imbecille.
Non appena le ho pronunciate, mi
accorgo che ho scelto le parole sbagliate.
Come scusa per la mia mancata
prontezza di riflessi ho solo il fatto che mi scopro assai infastidita
da come
ti sta guardando. Eppure, proprio io, dovrei capirla!
“Harm… che cosa ti succede?”
Grande domanda.
A me lo chiede?
“Nulla, nulla…” rispondo con tono
distratto. Immediatamente mi rendo conto, mentre mi accorgo che sto
sollevando
una mano come se stessi scacciando un insetto fastidioso dai pensieri,
che ho
il tuo solito tono distratto… credo di averti fatto assumere
pressappoco la
stessa aria svanita che avevi qualche anno fa, quando cadesti dalla
sedia
dell’ammiraglio e sbattesti la testa. Quel giorno, ogni volta che ti
comparivo
davanti, mi guardavi come se avessi appena visto un fantasma… Non hai
mai
voluto dirmi cosa ti passasse per la mente…
“Volevo informarti che ho appena
saputo che sarò io il tuo RIO”.
Elizabeth Hawkes tenta di portare
la conversazione su un piano meno imbarazzante, anche se continua a
lanciare
rapide occhiate dove non dovrebbe.
Il problema è che quello che mi
sta dicendo mi fa rabbrividire: avevo scordato che, tra le altre cose,
sei qui
per volare.
Devo aver fatto una faccia strana,
perché mi domanda preoccupata:
“Non sei d’accordo?”
A dirla tutta, non sarei d’accordo
su parecchie cose, in questo momento. E volare è tra le prime della
lista.
Ma non è il caso che incasini
peggio il Tenente Hawkes, già turbata a sufficienza dalla visione del
Comandante Rabb in mutande.
“No, no, tranquilla. Va
benissimo.”
“Ok, allora. Ci vediamo tra
un’ora”.
Mi fredda con quella frase e poi
si allontana. Non prima d’averti rivolto un’altra occhiata.
Un’ora?
E adesso che cosa faccio?
|
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Capitolo 3 *** Assegnare le parti ***
-3-
(assegnare le
parti)
Perfetto!
Manca il rossetto e poi…
sei perfetta.
Non credevo di riuscirci. Ma scopro
che la faccenda è alquanto strana: a quanto pare mi vengono automatiche
cose
che non avrei mai immaginato di saper fare in vita mia.
Avrei anche potuto evitare il
trucco, ma tu non ti presenti mai in ufficio senza almeno un velo di
rossetto a
sottolineare la curva delle tue labbra; quando ti accade di non essere
perfetta
come al tuo solito, c’è sempre qualcosa che non va. E proprio oggi non
vogliamo
che qualcuno pensi che qualcosa non vada, vero? Sarebbe troppo
imbarazzante
rispondere cosa.
E’ una fortuna che tu non sia in
uno dei tuoi “giorni no”: in bagno, nell’armadietto, mi sono trovato di
fronte
ad una scatoletta… ci ho messo qualche minuto a capire cosa potessero
essere.
Quell’esperienza, ti assicuro,
preferisco evitarla. Poi, magari, mi sarei scoperto capacissimo anche
di mettere
un assorbente interno, ma sono contento di non doverlo provare.
Almeno per il momento.
In effetti… cerco di non pensarci,
ma… tornerò mai nel mio corpo?
Sono alle prese con la spazzola
quando suona il telefono. Calma: ci vuole concentrazione prima di
rispondere.
“Colonnello Mackenzie…”
Dall’altra parte, per un attimo,
un silenzio quasi esitante.
“Chi parla?” domando.
“Mi… mi scusi… devo aver sbagliato
numero…”
All’altro capo sento una voce che
mi sembra essere la mia e, in sottofondo, rumori familiari.
Tento l’inverosimile.
“Mac…? Sei tu?”
Mi accorgo di attendere con ansia
la risposta, a confermare che le mie ipotesi sono corrette.
“Harm?”
Sento sollievo, nella mia voce,
quando trovi il coraggio di domandarmi se a rispondere al tuo
apparecchio, e
con la tua voce, sono proprio io.
Avevo ragione, allora: siamo
ognuno nella pelle dell’altro.
Assurdo, irreale.
Ma sapere che ci sei tu, dentro il
mio corpo, in qualche modo mi rassicura. Spero che sia lo stesso anche
per te.
“Sì, sono Harm.”
Che liberazione, poterlo dire a
qualcuno! Non mi ero reso conto di quanto avessi bisogno di poter
parlare con
qualcuno che potesse capire. Non oso immaginare come ti senti tu,
oltretutto in
mezzo a persone che quasi non conosci…
“Mac, come stai?”
“Bene… più o meno. Senti… Hai
capito che cosa è successo?”
“Non ne sono certo, ma credo che c’entri
l’eclissi di luna e…” esito a dirti tutto quanto: come faccio? Non
vorrei che
pensassi che tutto questo casino fosse colpa tua.
“Harm, credi che la mia frase di
ieri…”
Ci sei arrivata da sola.
“Devi averlo desiderato talmente tanto
intensamente che fossi nei tuoi panni…” cerco di sorridere con la voce,
per
sdrammatizzare un po’, prendendoti bonariamente in giro.
“Credi davvero che volessi tutto
questo? Che pensassi a quello che ho detto?”
“Sì, Mac. Sono convinto che
pensassi davvero a quello che hai detto. Ma non credo affatto che
volessi che
accadesse realmente una cosa simile.”
“Cosa faremo, Harm?”
“Non lo so…”
“Voglio tornare a Washington…”
“Ma non puoi, Mac! Ho le
qualificazioni. E poi la Parker…”
“Harm, rifletti: come faccio a
volare al posto tuo?”
“Puoi farcela, Mac. Io ho fatto il
caffè…”
“Se permetti non è proprio la
stessa cosa”.
“Aspetta, non è questo che
intendevo. Volevo dire che mi sono reso conto che so fare le cose che
solitamente fai tu. Mi sono persino truccato, e devo dire che sono, o
meglio
sei, perfetta come sempre”.
“Ma volare, Harm! Lo sai che non
sopporto di volare neppure quando sei tu a pilotare… figurati se devo
farlo
io…”
“Potresti trovarlo divertente. E poi
c’è Skates… ti può aiutare lei”.
“E cosa dovrei dirle? Che il
Comandante Harmon Rabb, esperto pilota di tomcat, improvvisamente ha
scordato
anni e anni di addestramento al volo? Oppure dovrei dirle la verità? Ma
fammi
il piacere, Harm…”
“E perché no?”
“Che cosa?”
“Dirle la verità”.
“Ma per favore…”
“Non sto scherzando, Mac. Potrebbe
capire. Ti assicuro che Skates potrebbe davvero capire”.
“Tu lo credi? Dovevi vedere la sua
faccia poco fa quando ti ha visto in mutande".
“Aspetta, aspetta… cos’hai detto?”
“Lascia perdere… ha bussato alla
tua cabina per avvertirti che sarebbe stata lei il tuo RIO e io ho
aperto,
senza riflettere…”
“Un momento: hai detto che Skates
sarà il tuo RIO?”
“No. Io ho detto che Skates
sarebbe dovuta essere il TUO RIO…”
“Ma è perfetto! Lei è bravissima,
il miglior secondo con cui abbia mai volato… quello che non saprai fare
tu, te
lo dirà lei”.
“Tu sei pazzo. Vuoi vedermi morta?
O vuoi morire tu? – Accidenti che casino! - Capisco che quello che è
successo,
tecnicamente potrebbe essere definito colpa mia, ma…”
“Tu non c’entri niente con tutto
questo. E non morirai affatto. E neppure farai morire me.”
“Sei sempre così maledettamente
sicuro di te?”
“No, non sempre. Avrei avuto delle
difficoltà con gli assorbenti… E non ho ancora provato i tacchi…”
Sento una risata, quella che
speravo di ottenere con le mie parole, e capisco che stai cedendo.
“Se io provo a pilotare, tu devi
uscire con Webb. Ho appuntamento con lui, questa sera”.
“Scordatelo”.
“Allora niente qualificazioni”.
“Ma così non potrò volare per sei
mesi…”
“Sta a te decidere…”
Non conosco una donna più caparbia
di te. Forse è proprio per questo che ti adoro.
Ma uscire con Webb… C’è un limite
a tutto!
“Coraggio, Harm. Si tratta solo di
un appuntamento…”
“Non pensare neppure per un minuto
che ci vada a letto assieme… Scordatelo!”
“Non saresti tu a farlo, ma io. E
poi Clay…”
“Zitta. Non voglio sapere com’è
Clayton Webb tra le lenzuola”.
“E chi ti dice che stavo per dirti
com’è a letto? Ci sono altri posti…”
“Vuoi o no che vada all’appuntamento?”
“Guarda che sei tu quello che
vuole che io piloti un tomcat…”
Cerco di porre fine a questo
battibecco, ricordandoti che il tempo passa.
“Non devi essere sul ponte fra
poco? E io devo andare dall’ammiraglio”.
“Oddio, che ore sono?”
Eheheh… sentire che proprio tu mi
domandi l’ora è quasi divertente.
“Ma come, Mac? Non lo sai?” ti
prendo in giro.
“Divertiti pure…”
“Non mi sto divertendo. O meglio,
un pochino sì. Ma questo particolare può farti capire che ho ragione e
che puoi
pilotare”.
“E tu, allora, puoi uscire con
Clay”.
Niente da fare, non cedi.
“Ok, d’accordo. Uscirò con Webb”.
E’ terribile anche soltanto dirlo.
“Promesso?”
“Promesso”.
“Ti chiamo più tardi… provo a
tastare il terreno con Skates, ma potrei aver bisogno del tuo
intervento per
convincerla”.
“Chiama al tuo cellulare”.
“Va bene. Harm…”
“Dimmi”.
“Ho paura…”
Capisco subito che non ti stai
riferendo al volo –o meglio, non solo a quello- ma a qualcosa di più
grande di
noi.
“Lo so, Mac. Anch’io”.
“Anche tu?”
“Sì, Mac. Anch’io”.
Resti un attimo in silenzio, come
ad assorbire quello che ti ho detto. Per un momento temo che la mia
confessione
ti agiti maggiormente. Invece sento un lieve sospiro che mi giunge
attraverso
l’apparecchio e ho la sensazione strana, quasi irreale, di esserti
vicinissimo.
La mia voce è calma, tranquilla, quando mi parli di nuovo.
“Ciao, Harm”.
Devo aver detto la cosa giusta per
tranquillizzarti. Sapere che anch’io ho timore di quello che ci è
accaduto deve
averti confortata.
E’ strano… non so se in un'altra situazione
di pericolo avrei ammesso con te una mia debolezza… probabilmente no,
pensando, erroneamente forse, che sapermi padrone della situazione ti
avrebbe
fatto sentire più forte. O più combattiva. Magari mi sono sempre
sbagliato e a
te sarebbe bastato sapermi semplicemente più umano.
“Ciao, Mac. E… grazie”.
“Harm… un’ultima cosa…”
“Dimmi”.
“Davvero ti sei truccato?”
***
Cerco il
tenente Hawkes, Skates
(devo abituarmi a chiamarla Skates), sul ponte. La vedo accanto ad un
Tomcat
(probabilmente il nostro), che sta parlando con un meccanico.
Non credo che ce la farò mai a
salire su quel bestione…
La osservo da lontano per un
attimo, sicura di sé ed estremamente competente. Sta controllando
assieme al
meccanico qualcosa su un fianco dell’aereo e i suoi movimenti indicano
che sa
quello che sta facendo.
Harm ha ragione; me lo ha sempre
detto, fin dalla volta che la difese in tribunale anni fa, che Skates è
il
miglior secondo col quale abbia mai volato. Dovrei essere tranquilla e
invece…
Dannazione a te, Harm! Come puoi
pretendere che piloti al posto tuo?
Si volta dalla mia parte e mi
vede. Le faccio un cenno con la mano e la vedo dirigersi verso di me.
“Hey, come mai non indossi ancora
la tuta? Manca mezz’ora all’incontro
con gli altri”.
“Vieni con me nella mia cabina. Ti
devo parlare”.
Mi guarda sospettosa.
“Harm stai bene?”
“Vieni con me, ti spiego tutto”.
O almeno ci proverò.
Mentre mi segue, inizio a
raccontarle qualcosa: le accenno al nostro discorso di ieri e lei mi
ascolta
attenta, ma mi guarda con aria perplessa.
Come darle torto? Anch’io non
capirei cosa c’entra questo discorso che le sto facendo, a meno di
mezz’ora
dalle prime prove per le qualificazioni.
Tuttavia non mi interrompe e
ascolta.
Quando siamo nella mia cabina,
però, finalmente si decide.
“Harm, perché mi dici queste
cose?”
Prendo fiato e mi butto.
“Io non sono Harm”.
Mi osserva negli occhi, dubbiosa,
ma non dice nulla.
Proseguo, cercando di spiegare
qualcosa che io stessa ancora non capisco.
“Harm è nel mio corpo a
Washington. Io sono Mac”.
Continua a stare zitta. Ma non
smette di guardarmi negli occhi. Non capisco se lo fa perché anche lei
è
incantata dal tuo sguardo, oppure perché, anche lei come accade a me,
cerca nel
tuo sguardo ciò che di solito non confessi.
“Deve essere accaduto nella notte,
dopo l’eclissi di luna… quella frase che gli ho detto ieri, quando ero
arrabbiata…”
“E dovrei crederti?”
“E’ la verità, anche se non so
come dimostrartelo. Possiamo chiamare Harm…”
“Perché mi hai raccontato questa
storia?”
“Harm non vuole che torni senza
aver partecipato alle qualificazioni… sai quanto sia importante per lui
volare…”
“Mi stai dicendo che piloterai tu,
oggi?”
“Lui sostiene di essere riuscito a
fare il caffè… e a truccarsi…”
“Ah, bè, allora… Ma dico: siete
impazziti? C’è una certa differenza”.
“Lui è convinto che nei nostri
corpi siano rimaste memorizzate azioni automatiche, che facciamo ormai
da anni
senza riflettere, e che se lui sa truccarsi, io so pilotare. E con te
al mio
fianco…”
“E tu la pensi allo stesso modo?”
“No. O meglio, non so… Oh,
accidenti, è tutto confuso. Ma tu lo conosci, saprebbe convincere…”
Mi interrompe con una mano.
“Ricordi quello che mi hai detto
ieri sera sul ponte?”
“No, assolutamente. Ti ho detto
che non sono…”
Mi ferma di nuovo.
“Sei innamorata di Harm?”
La domanda mi gela. Perché mai mi
chiede proprio una cosa simile?
“Non vedo cosa c’entri questo
con…”
“Rispondimi”.
“Esco con un altro uomo. Si
chiama…”
“Clayton Webb. Sì, lo so. Ma non
ti ho chiesto questo”.
“Come lo sai? Te ne ha parlato
Harm? Perché?”
“Sto aspettando la tua risposta…”
“E a cosa ti serve la mia
risposta?”
“Per capire… se quello che mi hai
raccontato è la verità o se Harmon Rabb è improvvisamente impazzito”.
“E’ inutile, gliel’ho detto che
non mi avresti creduta…”
“Non ho detto questo. Ma devo
esserne certa. Quello che mi chiedete di fare –volare con te se non sei
Harm- se
permetti richiede una discreta dose di pazzia… voglio decidere con
consapevolezza”.
“Continuo a non capire la
domanda”.
“Tu rispondi. So io perché ti ho
chiesto proprio quello. Ma voglio la verità”.
“E come sai che sarà la verità?”
“Tra un pilota e il suo secondo
occorre la massima fiducia. Se non esiste, non voleremo mai assieme…”
Ha colpito nel segno. Il tenente
Hawkes, oltre ad essere un bravo RIO, è anche una donna decisa e di
idee molto
chiare.
“Sì…”
“Sì, sei innamorata di Harm?”
“Sì”.
“E allora perché esci con Webb e
non stai con lui?”
“Lui non è innamorato di me. Mi
vuole solo quando ho un piede fuori dalla porta… solo allora si ricorda
di me.
E poi non sopporta un milione di miei difetti, continua a
rinfacciarmeli… e io
non sopporto i suoi”.
“Ed è per questo che vuoi pilotare
un aereo da un milione di dollari pur avendo il terrore di salirci
sopra?
Perché non lo sopporti?”
“Gliel’ho promesso. Se lui uscirà
con Webb…”
“Harm che esce con Webb? Come
vorrei essere lì, a vederlo!”
“Anch’io…” sorrido assieme a lei
all’idea. Poi mi rendo conto di quello che ha appena detto.
“Allora mi credi?”
Mi guarda per un momento, indecisa.
“Chiama Harm, voglio parlare un
attimo con lui”.
Obbedisco all’istante e compongo
il mio numero di cellulare. Quando rispondi, ti spiego brevemente
quello che è
successo (tralasciando ovviamente la domanda di Skates e, soprattutto,
la mia
risposta) e te la passo.
La sento salutarti e restare in
silenzio, mentre ascolta quello che le stai dicendo; poi sento che ti
domanda
di dirle quello che le hai detto ieri sera sul ponte.
Non riesco a captare la tua
risposta… comincio ad essere curiosa di questa vostra conversazione,
che pare
essere decisiva perché lei creda a tutta questa assurda vicenda.
La vedo sorridere alla tua
risposta; poi si volta a guardarmi e, prima di salutarti, la sento
dirti una
frase.
“A proposito della nostra
scommessa, Harm… ho verificato e l’ho vinta io”.
Non capisco quello
che sta succedendo tra voi…
neppure quando ti sento quasi urlare dall’altro capo del telefono.
“Quale delle due?”
Skates sorride, ma non ti
risponde. Chiude la telefonata, guarda l’orologio e mi dice, prima di
uscire:
“Ti aspetto sul ponte, Mac, tra
dieci minuti. Infilati la tuta e prendi il casco… puoi metterlo prima
di salire
sull’aereo”.
|
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Capitolo 4 *** Interrogare i testimoni e delineare le rispettive strategie ***
-4-
(interrogare i
testimoni e delineare le rispettive strategie)
Quale delle
due, dannazione! Quale
scommessa ha vinto?
Mi ha richiuso il telefono in
faccia.
Skates la prossima volta me la
pagherà… dirmi una cosa simile e lasciarmi col dubbio.
Di certo sarà la prima… non può
essere la seconda.
Che stupido! Come potrebbe essere
la seconda?
A cena abbiamo scommesso su chi
sarebbe stato il meccanico ad occuparsi del nostro aereo: lei puntava
su Stone,
io su Hunter. Fortunatamente sono in gamba entrambi… avrà saputo che si
tratta
di Cucky Stone.
Non può che essere così.
Salgo sulla tua auto e metto in
moto… Come fai a guidare con i tacchi?
E non solo a guidare: camminare è
ancora peggio.
Una tortura.
E così ci sei riuscita a
convincere Skates! Chissà come hai fatto? Quando ha parlato con me, mi
è
sembrato che volesse solo una conferma.
Accidenti a Skates! Tra tutte le
cose che poteva domandarmi, per essere certa che fossi io, doveva farmi
dire di
nuovo proprio quello che le ho detto ieri sera?
Non ho potuto evitarlo.
E se non ti avesse creduto? Addio
qualificazioni…
Chissà perché le donne adorano
tornare sempre su certi argomenti?
Poteva domandarmi di tutto: da cosa
le dissi, anni fa, quando la convinsi a non mollare, in quel periodo in
cui ero
tornato a pilotare e lei aveva avuto delle crisi di panico… a ciò che
ci
eravamo detti poco prima di eiettarci, durante quel volo disperato
sopra
l’Atlantico…
Qualunque cosa.
E invece mi ha fatto ripetere
proprio quella frase idiota che le ho detto ieri sera, mentre eravamo
sul
ponte. Lei l’eclissi di luna non l’ha guardata, se n’è andata in cabina
perché,
mi ha detto, avrebbe avuto troppa nostalgia del suo uomo…
Ero di umore strano, ieri sera.
Mi sono lasciato andare alle
chiacchiere.
E gliel’ho detto.
So bene che Skates sa rispettare
una confidenza... è la miglior amica “senza complicazioni” che abbia
mai avuto.
Perché allora ha voluto che le
ripetessi proprio quello? Forse perché è la prima cosa che le è venuta
in
mente. O forse perché era certa che non te l’avrei mai detta, neppure
sotto
tortura, e così poteva essere sicura che fossi davvero io?
Il traffico è tremendo,
stamattina. Nonostante sia presto, rischio di arrivare in ritardo…
Sei proprio tu, è proprio il tuo
corpo a percepire e indurmi a pensare a queste cose. Quando mai a me,
Harmon
Rabb, sarebbe venuto in mente di sentirmi in ansia perché sono in
ritardo?
Il tuo corpo mi trasmette in
continuazione le coordinate temporali… come fai a resistere senza che
ti venga
un esaurimento nervoso?
-
Non senti mai
la mancanza di una
donna, Harm?
Dannazione!
Perché la mia mente, ora, si sta
comportando esattamente come la mente femminile? Non riesco a levarmi
dalla
testa quella conversazione...
Accidenti a te, Skates, e alle tue
domande!
-
Ci sei tu,
Skates, qui con me,
ora. E sei una donna.
-
Sto parlando
di una donna
speciale, Harm…
-
Avevo capito.
-
Però non
rispondi mai. Coraggio,
dimmelo.
Sono rimasto
in silenzio per un
attimo, sentendomi il suo sguardo addosso, sotto la luce della luna.
Percepivo
la tua mancanza in maniera quasi fisica… e la nostalgia di te era
infinita…
pochi attimi prima che mi facesse quella domanda, stavo ricordando
quando ti ho
baciato sul portico dell’ammiraglio… Quanto tempo… Troppo. Eppure
risentivo
ancora il tuo sapore… o il ricordo di esso… e la morbidezza del tuo
corpo
premuto contro il mio…
-
In questo
momento mi manca da
morire, Skates…
Non ho
pronunciato alcun nome, ma
lei ha colpito subito nel segno.
-
Mac?
L’ho
guardata, senza parlare. Poi,
d’un tratto, la risposta mi è sfuggita dalle labbra.
-
Sì. Mac.
-
Sei
innamorato di lei, vero?
-
Sì.
-
L’ho capito
fin dalla prima volta
che vi ho visti assieme…
-
Non cambia
nulla. Lei sta con Clayton
Webb.
-
E come mai?
- E’ una storia
lunga. Prima ero io
a non volere complicazioni; poi è stata lei a sostenere che non sarebbe
durata.
E si è messa con Webb.
-
Scommetto che
non è innamorata di
lui, ma di te.
-
Perderesti.
-
Ne sei
sicuro, Harm?
***
“Gancio”.
“Gancio fuori”.
Ancora non so spiegarmi come sia
riuscita a portar su questo bestione… e l’idea di riportarlo giù, su
quel
puntino in mezzo al mare che è il ponte della Seahawk, mi sgomenta.
Ma il tuo cervello deve avere
volontà propria, perché riesce a trasmettere alla mia mente pensante
impulsi
automatici che giungono da ogni parte del tuo corpo.
“L’angolo di discesa è buono.
Comincia ad accelerare…”
Obbedisco agli ordini di Skates
senza neppure rendermene conto.
Ho una sensazione stranissima: è
come se fossi tre entità distinte, tutte riunite dentro di te.
Il Comandante Rabb, pluridecorato pilota
della Marina, che sa governare con destrezza e abilità un aereo da un
milione
di dollari.
Il Colonnello Mackenzie, un Marine
amante della terra piuttosto che del cielo, che tuttavia esegue alla
lettera
gli ordini corporei che, partendo dai tuoi occhi, dal tuo udito e dalle
misteriose circonvoluzioni della tua massa cerebrale, arrivano ai
gangli
nervosi che comandano le tue mani e tutto il tuo corpo.
Non molto tempo fa ho letto di
teorie che farebbero risiedere, negli arti preposti ad un preciso
compito,
memoria dei movimenti automatici ormai acquisiti, atti a svolgere il
compito
stesso. Allora mi sembrò un’ipotesi alquanto inverosimile… ora, forse,
dovrei
cominciare a ricredermi.
E infine ci sono io, Mac, che mi
trovo dentro di te ma al tempo stesso è come se stessi osservando tutto
quanto
dall’alto.
Osservo Rabb&Mackenzie che…
bè… che lavorano assieme, come una squadra.
Come abbiamo fatto tantissime altre
volte, pur in circostanze diverse, anche se ultimamente sembriamo
essercene
dimenticati.
Percepisco ovviamente tutte le mie
emozioni e le mie paure, ma al contempo sono travolta dalle tue
sensazioni
corporee: sento l’adrenalina che ti scorre rapida e ad ondate, rendendo
più
acuti i tuoi sensi.
Ogni tuo singolo muscolo è in
tensione, anche quelli non direttamente coinvolti nelle le manovre di
appontaggio.
Neppure la mia paura riesce a far
andare in tilt il tuo sistema di recettori sensoriali. Piuttosto sembra
quasi
che questa mia emozione, in te ottenga l’effetto contrario e renda i
tuoi
movimenti più sicuri.
E finalmente mi rendo conto del
perché ami tanto volare: tu, il tuo corpo, avete bisogno di questa
adrenalina,
di queste sensazioni… non è soltanto la tua mente ad amare il volo e
gli aerei,
ma è tutto il tuo essere, nel suo insieme, a ricercare, a volere queste
emozioni.
Assorbo queste tue sensazioni fisiche
quasi come se fossero mie, come se fosse il mio stesso organismo a
trasmetterle
alla mia mente, e lascio che a poco a poco penetrino la mia coscienza
razionale,
mentre mi abbandono completamente nelle tue mani, come spesso ho fatto
in
momenti difficili.
E tu, finalmente, ci riporti a
terra.
***
Da cosa è
determinato l’istinto?
E non mi riferisco alla tendenza
innata negli esseri viventi che li spinge ad adottare comportamenti
mirati alla
conservazione dell’individuo o della specie; e neppure all’impulso
animalesco
connesso al corpo e antitetico alla ragione e allo spirito.
Mi riferisco piuttosto alla
propensione, non motivata razionalmente, ad adottare un determinato
comportamento, che risulta quindi essere spontaneo; una propensione
che, in
alcuni casi e per alcune persone, è talmente forte che risulta
impossibile fare
a meno di seguirla.
Sono solo le sensazioni fisiche,
quelle che si suole definire “a pelle”, che agiscono, oppure c’è
dell’altro?
Quanto conta in questo meccanismo
la sensibilità di ognuno? Quanto il back-ground di esperienze
personali? E
quanto ancora i condizionamenti psicologici che chiunque si trascina
appresso?
Nella mente ho ben chiaro il
ricordo delle sensazioni provate durante il primo colloquio con
Ferrell, quando
ancora mi trovavo nel mio corpo; oggi, tuttavia, quando l’ho
interrogato di
nuovo, dopo aver parlato con Mike Forde, il teste a suo favore,
razionalmente
avevo ancora il mio istinto a guidarmi, ma le sensazioni “a pelle”,
quelle che
provava il tuo corpo, erano totalmente diverse al punto che andavano a
ribaltare tutto quanto.
Ora sono ancora convinto che
nasconda qualcosa, ma mi sorge il dubbio che la sua insincerità non
celi della
malvagità, quanto piuttosto la volontà di proteggere qualcuno.
Ma chi?
Dopo il colloquio, durato oltre
mezzo pomeriggio, sono rientrato in ufficio. Ma un po’ a causa di
quello che
stiamo vivendo (continuo a sbagliare ufficio e a dirigermi nel mio…
Harriett ti
ha già domandato almeno due volte se ti senti bene…), e un po’ perché
sono
confuso da ciò che ho provato durante l’interrogatorio, ho deciso di
uscirmene
e tornare a casa.
Ho voglia di trascorrere qualche
ora nel mio appartamento.
Forse ci passerò addirittura la
notte.
Ho bisogno di trovarmi nel mio
ambiente, per chiarire tutto quanto…
Dannazione, l’appuntamento con
Webb!
Poco male, tornerò a casa tua in
tempo per prepararmi (o prepararti… tanto ho già deciso che non mi
sprecherò
più di tanto, un paio di jeans e una camicetta… per Webb è più che
sufficiente…
non ho neppure idea di dove voglia portarti…); ma sento la necessità di
ritrovare un minimo di serenità e riflettere.
Non è una passeggiata vivere nel
tuo corpo. Non sono abituato a gestire sensazioni tipicamente
femminili… ed è
un casino.
Siete dannatamene complicate, sai?
Eppure noi uomini non possiamo
fare a meno di sentirci intrigati da voi, dal vostro fascino femminile
e,
nonostante tutto, anche dal vostro spirito.
Forse perché così tanto diverso
dal nostro.
Sono sul pianerottolo e mi sto
allungando per recuperare la chiave di scorta dal nascondiglio segreto,
quando Mattie,
che sta uscendo per andare da una sua amica (così ti dice), mentre ti
saluta ti
guarda sorpresa, incuriosita da ciò che sto facendo.
“Ciao Mattie, come stai?”
“Ciao… Mac, giusto?”
Non ti ha vista molte volte, anche
se le parlo in continuazione di te e ti ritiene la sua eroina
preferita, da
quando a Natale convincesti suo padre a lasciarla con me.
“Giusto. Harm non ti ha detto che
mi ha chiesto di bagnargli le piante mentre è via?”
Ti guarda in maniera strana, ma
poi sorride, gira sui tacchi e prende a scendere le scale di corsa,
come fa di
solito, mentre urla:
“Harm non ha piante! Ma fa’ pure come
se fossi a casa tua…”.
Mi sento proprio stupido. Non
potevo inventarmi una scusa migliore? Che abbia capito che sono io? No,
non può
essere…
Più probabile che pensi che sei
venuta da me di proposito ed è felice, visto quanto la sto stressando
ultimamente,
continuando a parlarle di te.
Apro la porta ed entro nel mio
appartamento.
Mi richiudo la porta alle spalle e
mi ci appoggio contro con la schiena, quasi a cercare rifugio…
Sono esausto.
Sento l’impellente desiderio di
bere qualcosa.
Mi dirigo verso il frigo;
dovrebbero esserci delle birre… ne prendo una, la apro e verso il
liquido
biondo nel bicchiere… chissà perché, visto che di solito la sorseggio
direttamente dalla bottiglia; devi essere tu a farmi compiere quel
gesto.
Porto il bicchiere alle labbra,
stringendolo con entrambe le mani, e immediatamente avverto che c’è
qualcosa
che non va: il desiderio di bere alcol, alcol allo stato puro, di
avvertirne il
sapore bruciante raspare la gola, prevarica il desiderio di gustarmi il
piacere
che normalmente provo a bere della birra ghiacciata…
Dannazione!
Tu sei una ex-alcolizzata.
Come ho fatto a scordarlo?
E’ il tuo corpo a desiderare così
spasmodicamente di bere… ma non posso permettertelo. Rovinerei, per un
solo
momento di piacere, tutto il tuo lavoro di anni.
Allontano a fatica il bicchiere.
E, lo sento fisicamente, il tuo
corpo impazzisce dal desiderio di averla, di ingurgitare un sorso di
birra… Ne
sento il sapore in bocca senza neppure avertene fatto assaggiare un
goccio.
Risoluto a non cedere, verso il
liquido nel lavandino.
E la gola ti si chiude,
lasciandomi quasi senza respiro…
Come fai? Come fai a resistere
ogni volta?
Non ho mai provato una cosa
simile…
Solo ora capisco tutte le lotte
che devi combattere con te stessa ogni volta che ti assale il desiderio
di
alcol.
L’odore di birra aleggia nella
stanza… Devo andarmene, altrimenti cedo e ti faccio bere.
Tutto il resto passa in secondo
piano… i miei casini mentali aspetteranno, così come il mio bisogno di
riprendere il controllo della situazione.
Al momento conta una sola cosa:
devo portare il tuo corpo fuori di qui, lontano dalla possibilità di
cedere.
***
“Qual era la
scommessa che avresti
vinto?”
E’ ora di cena. Sono al tavolo con
Skates e ho dovuto trattenermi dall’ordinare un piatto con la carne,
l’unico
che mi ispirava, per evitare che qualcuno sospettasse qualcosa: quando
mai sei
stato visto mangiare carne?
E’ strano: pensavo che avrei
gradito solo piatti vegetariani, ora che sono nella tua pelle; invece
il mio
desiderio di carne è tornato all’improvviso. E, ad essere sincera, mi
ha un po’
sconcertata. Stavo cominciando ad abituarmi a “sentire” le tue
esigenze,
anziché le mie, e invece…
Questo fatto mi fa pensare: come
mai fino a poco fa sentivo desideri, sensazioni e istinti solo tuoi e
ora
comincio a ritrovarne alcuni dei miei? Che stia cambiando qualcosa?
“Di quale scommessa parli?” mi
domanda Skates, mentre mangia sotto il mio naso quel piatto che io
stessa ti
avrei fatto ingerire.
“Di quello che hai detto ad H… a
Mac.”
Mi correggo immediatamente. Il
tipo, un pilota che tu conosci certamente –lo so perché ti
ha salutato con una
frase strana, alla quale, non sapendo cosa rispondere, ho risposto con
uno dei
tuoi mezzi sorrisetti enigmatici che a volte mi mandano in bestia e con
i quali
sei solito chiudere il discorso; quando ho chiesto delucidazioni a
Skates, ha
fatto lo stesso sorrisetto odioso… deve essere una prerogativa di voi
piloti,
devono insegnarvelo mentre vi spiegano come salire su un aereo-
è seduto al
tavolo accanto e ogni due per tre ci osserva: che abbia dei sospetti?
“Ah, quella”, risponde. E poi
tace.
“Già, quella.”
La osservo in silenzio,
invitandola a proseguire.
Niente da fare. Continua a
mangiare imperterrita.
“Allora?”, incalzo, fingendo
tuttavia indifferenza, mentre anch’io continuo a mangiare un qualcosa
che,
definirlo cibo, è un’esagerazione. Come fa a piacerti ‘sta roba?
“Mhm… niente di importante. Una
cosa tra noi due…”
Peggio di Webb quando nasconde un
segreto di stato.
“Capisco. Una faccenda riservata.”
“Già… Niente di importante,
comunque” e chiude la conversazione con un sorriso. “Quel” sorriso.
Sarà… ma chissà perché ho la
sensazione che questa vostra scommessa, in un modo o nell’altro, mi
riguardi.
O, comunque, che
sia più importante di
quanto Elizabeth Hawkes voglia farmi credere.
Sai che ti dico? Mi dà fastidio
che tu e lei abbiate così tanto in comune e che vi sia tanta complicità
tra
voi. Ho sempre pensato che fossi io la tua migliore amica, e invece ora
scopro
che non lo sono più. O meglio, che non sono la sola.
Quando il rapporto tra te e Skates
è cambiato?
Oppure sono io che non l’ho
notato, crogiolandomi nella presunzione che fossi l’unica cui riservavi
un
trattamento speciale, e invece tra voi è stato subito feeling a prima
vista?
So che tra voi non c’è niente.
Niente di romantico, intendo. Anche se, dal modo in cui lei ti guardava
questa
mattina, non credo che le sei così indifferente. Ma, realisticamente, a
quale
donna potresti essere indifferente?
Tuttavia questa vostra intesa
particolare mi irrita un po’.
Capisco di non averne diritto. Le
cose, soprattutto ultimamente, tra noi stanno andando male, anche sul
piano
dell’amicizia. La nostra situazione sentimentale irrisolta sta creando
più
problemi di quanti mi sarei mai immaginata. Quando in Paraguay ti dissi
che non
credevo che le cose tra noi avrebbero potuto funzionare a causa di come
siamo,
speravo di preservare almeno la nostra amicizia.
E invece sta andando tutto male…
Mi manchi, sai?
E’ una cosa assurda, da pensare,
considerato il fatto che sono dentro di te, ma è la verità. Da mesi mi
manchi
come amico. Da sempre mi sei mancato come uomo… Ora mi manchi anche
come
persona, come entità pensante.
Mi manca tutto di te, benché abbia
sotto agli occhi, costantemente da un giorno, le tue mani, il tuo
corpo; benché
abbia il tuo volto, i tuoi occhi, le tue labbra a portata di mano… è
sufficiente che mi guardi ad uno specchio.
Eppure mi manca la tua anima, il
tuo pensiero, la tua mente. Ho bisogno di sapere che dentro a questo
corpo che
mi tenta ogni giorno, esisti tu. Perché altrimenti è un semplice
involucro; un
bellissimo involucro, ma privo di ciò che lo rende tanto speciale.
Ho bisogno di te.
Non ho mai pensato queste cose di
Clay…
Ma che ci trovo di strano? Non
sono innamorata di Clayton, anche se lo vorrei con tutta me stessa, per
riuscire
finalmente a dimenticarti.
Io sono innamorata di te,
esattamente come ho detto a Skates.
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Capitolo 5 *** Gestire un eventuale contenzioso diplomatico ***
-5-
(gestire un
eventuale contenzioso diplomatico)
“Ciao, Mac.”
Sei ancora in accappatoio, quando
Webb suona alla porta; rientrato in casa tua dal mio appartamento, non
sono
riuscito a combinare nulla, ancora turbato da ciò che era successo con
la birra.
Mi sono buttato sotto la doccia solo cinque minuti fa, ed hai ancora i
capelli
bagnati.
Webb deve apprezzare la tenuta,
perché gli occhi gli si sono illuminati nel vederti. Come lo capisco!
Occorre, tuttavia, togliergli al
più presto strane idee dalla testa.
“Scusami, Clayton, non sono ancora
pronta… sono rientrata tardi… mi vesto immediatamente così…”.
Non mi fa neppure finire la frase.
Entra liberamente in casa tua; ti squadra con l’aria di chi sta per
fare un
banchetto con i fiocchi e ti si avvicina.
“Non importa” il suo fiato ti
stuzzica l’orecchio e sento un fremito, appena impercettibile, che
attraversa
il tuo corpo… non avrà per caso intenzione di baciarti?
“Non c’era in programma nulla di
speciale… possiamo restare a casa, se preferisci” prosegue sempre con
lo
sguardo acceso, mentre si china sulle tue labbra.
Oh no! Non lo preferisco affatto.
Voglio uscire.
Accidenti, cominciamo bene! Come
farò a tenerlo a bada per tutta la sera? E dannazione a me, non potevo
riflettere sulla faccenda da uomo adulto, anziché lasciarmi incasinare
da ciò
che il tuo corpo ha provato di fronte all’alcol, e bardarti come se
fossi una
suora?
Ma forse non sarebbe servito
granché… un bacio, per salutarti, te lo avrebbe comunque dato…
L’unico idiota a non farlo mai
sono io.
Sento le sue labbra sulle tue, la
sua lingua che tenta di schiuderti la bocca… e, inaspettato e
inconcepibile, percepisco
anche un brivido di piacere che attraversa il tuo corpo a quel
contatto… le tue
braccia, guidate dall’istinto, non certamente dalla mia volontà, si
sollevano a
circondargli il collo… il bacio si fa più approfondito e, con la mente
incapace
di governare le sensazioni fisiche che il suo tocco sta provocando in
te,
realizzo che provi piacere a ciò che ti sta facendo.
Solo quando la sua mano tenta di
infilarsi sotto l’accappatoio, solo allora riesco a governare la tua
risposta
fisica (continuo a sperare che si tratti solo di quello, semplicemente
della
tua libido infiammata dai tuoi ormoni, e non si tratti, invece, di
amore) e lo
fermo.
“No, Clay…” gli dico,
sciogliendomi dall’abbraccio e allontanandomi dalla porta. Non ha
neppure
atteso che la chiudessi.
“No?” mi guarda confuso. Non
capisce perché. E questo mi fa star male, poiché significa che sei
solita ad
apprezzare le sue effusioni.
“Perché non usciamo? Ho voglia di
uscire, stasera”, cinguetto con voce mielosa, mentre cerco di prendere
le
distanze.
“Io, invece, ho voglia di te…” ti
sussurra di nuovo all’orecchio, tornando alla carica.
La sua mano è stata rapida e ti ha
afferrato alla vita.
“Clay… ti prego…”
“Vuoi fare la preziosa, stasera?”
Ha gli occhi lucidi; è chiaramente eccitato. Non sopporto l’idea che
tu, in
altri momenti, lo abbia accolto in questo modo, desiderosa di far
l’amore con
lui.
E ancora meno tollero l’idea che
sarei potuto essere al suo posto, ed essere io a baciarti e toccarti
come ora
vorrebbe fare lui e come deve aver fatto molte altre volte.
Credevo che la serata sarebbe
stata difficile per dover tenere a bada un uomo, mentre mi trovo nel
corpo
della donna che lui desidera. Invece, a quanto pare, mi sembra più
difficile
non pensare a voi due assieme.
“No, Clay… ho soltanto voglia di
uscire… di andare in un posticino carino…” cerco di dirgli con voce più
sincera
possibile.
Anche un imbecille capirebbe che
sto mentendo.
E, infatti, Clay comprende al
volo.
“E’ successo qualcosa, Sarah?”
Odio quando ti chiama Sarah. Ha un
modo così viscido di pronunciare il tuo nome.
“Non è successo nulla, ho solo
voglia di uscire.”
Mi trascina sul divano.
“Possiamo uscire dopo…” e il suo
sguardo si sofferma all’altezza del tuo seno che l’accappatoio,
spostandosi,
lascia intravedere.
Dopo COSA?
Non se ne parla proprio.
Mi spiace per lui, ma stasera il
caro Clayton Webb andrà in bianco. L’alternativa è la violenza fisica,
però non
credo che arriverebbe a tanto.
Lo spero, almeno.
Accosto i lembi dell’accappatoio.
Non gradisco affatto che veda i tuoi seni nudi.
Chiariamo meglio il concetto; è
fondamentale a questo punto. Le conseguenze le gestirai tu, semmai.
Avevi
chiesto che uscissi con lui. Non è colpa mia se lui preferisce starsene
in casa
e saltarti addosso. Io il patto l’ho mantenuto.
“Non ne ho voglia, Clayton.”
Bene: tono fermo e deciso.
Assolutamente convinto.
Si ferma. (Fortunatamente).
Ha capito che non stai scherzando.
E neppure io.
Ti guarda con aria indispettita…
accipicchia, se è permaloso! Cosa sarà una volta in bianco?
“Sono settimane che non ne hai
voglia, Sarah.”
Oh, oh! Ma che interessante
notizia!
“Mi spiace…”
“Davvero? Lo hai detto anche
l’altra sera, e quella prima ancora…”
Cerco di essere diplomatico e
salvarti la situazione, nonostante abbia voglia di urlargli che non lo
vuoi più
vedere.
“Sono stanca… il lavoro…”
“Altre volte sei stata stanca. Non
credo che sia questo il motivo”.
“Davvero, Clay…”
“Dov’è Harm?”
Oh questa poi! E perché mai fa una
domanda simile? Che dovrei rispondergli?
Qui. Harm è qui, proprio davanti a
te.
Opto per una soluzione più diplomatica.
“Sulla Seahawk. Perché?”
“Capisco.”
“Che cosa?”
Ci terrei molto a capire anch’io.
“Ogni volta che Harm è via; ogni
volta che discuti con lui… ogni volta che lui ha qualche problema… tu
sei ‘stanca’
”.
Non riesco a trattenere un
sorriso… se le cose stanno davvero così, non devo far altro che
discutere con
te ogni giorno.
“Noto che la cosa ti diverte”.
Immensamente. Ma non glielo lo
posso dire.
Cerco di salvarti la serata, anche
se, in questo momento, mi metterei a ballare tanto sono allegro. Non
con lui,
ovviamente.
“Ti sbagli, Clay. Non mi diverto.
Sorrido perché ho la sensazione che tu sia geloso”.
Più miele di così non chiedermelo.
Avrei voglia di sbatterlo fuori a calci. E non venirmi a dire che è
anche mio
amico. Questa sera è solo un nemico, da abbattere col mio F-14.
Lo vedo addolcire lo sguardo,
conquistato dai tuoi occhioni e dalle tue parole che devono averlo
lusingato, almeno
un pochino. Mi auguro non troppo.
“D’accordo, Sarah. Vestiti e
usciamo…”
Colpito e affondato.
***
Trovo un
attimo di rifugio, in
perfetta solitudine, fuori, all’aperto, sul ponte. Dopo cena, abbiamo
eseguito
l’appontaggio notturno: se durante il giorno avevo paura, di notte ero
terrorizzata. In più temevo che ciò che mi era successo a tavola, ossia
il
desiderare la carne, stesse ad indicare che comincio a perdere memoria
dei tuoi
gesti automatici. E se controllare un istinto famelico mi indispone, ma
tutto
finisce lì, il problema sarebbe ben diverso se accadesse in volo. E’
una
fortuna che abbiamo terminato e che domani rientro a Washington.
Ad ogni modo comincio davvero a
capire perché ti piaccia tanto volare: certe sensazioni si possono
provare solo
lassù; inoltre essere in volo di notte è davvero speciale. Nel tuo caso
forse,
dopo il tuo incidente, non ti piace più come prima; tuttavia, se di
giorno lo
spettacolo è bello, però l’ansia mi assale sempre e fatico ad
assaporare il
momento, di notte, completamente avvolta dal buio, lo spettacolo è
meraviglioso, quasi mistico, e l’emozione trascende la paura.
Skates mi ha lasciato sola; deve
aver capito che ne avevo bisogno per riflettere.
Troppe cose sono accadute oggi.
Troppe emozioni nuove e troppe contrastanti.
Ho bisogno di solitudine, per
assorbire tutto quanto.
Eppure, proprio qui, non mi sento
sola. In questo preciso istante è come se tu fossi con me. Forse perché
diverse
volte abbiamo chiacchierato all’aperto, in mezzo al mare, sotto le
stelle. O
forse perché so che tu adori stare qui, ad osservare gli aerei che
decollano o
che appontano ed essere qui anch’io, nel tuo corpo, mi fa quasi sentire
d’essere tutt’uno con te.
Cosa stai facendo, Harm, in questo
momento?
Sei ancora con Clay? Oppure sei di
nuovo solo?
Mi domando perché ho insistito tanto
affinché uscissi con Clayton; sono settimane che per lui provo
sentimenti
contrastanti e che non desidero più come prima le sue attenzioni. E
credo che
anche lui abbia capito qualcosa. Neppure questa volta è l’uomo giusto.
Perché mi ostino a cercarne uno a
tutti i costi, per provare a dimenticarti?
Non ho ancora capito che mi è
impossibile?
Sapessi quante volte mi sono
domandata se sei tu, l’uomo giusto…
Non so darmi una risposta.
L’unica cosa che so è che il mio
cuore, il mio corpo e la mia mente vogliono te.
Ma, come dicesti tu ormai quasi
tre anni fa, ci sarebbero troppe complicazioni.
E poi continuo a non capire cosa
provi per me.
Un movimento, alle mie spalle, mi
sorprende.
Mi volto e vedo che si tratta
proprio del capitano Melinda Parker, la donna che ha accusato Brian
Ferrell di
molestie sessuali.
“Hai da accendere?” chiede
diretta, sorvolando sulla gerarchia militare. E’ un pilota anche lei e
so che
Ferrell è stato fino a pochi giorni fa il suo RIO.
“Fumavo… ora non più” le rispondo
con lo stesso tono amichevole.
Mi guarda intensamente e posso
osservare nei suoi occhi un lampo malizioso… tira fuori l’accendino e
me lo
porge.
“Mi faresti accendere?”
Credo che ci stia provando.
La fama che l’ha preceduta ha
motivo di esistere. Questa donna non ti ha mai visto prima di oggi
pomeriggio e
si è già lanciata su di te come un avvoltoio. Del resto posso capirla;
conosco
perfettamente le sensazioni che riesci a suscitare in una donna.
Chissà se sa che sei uno degli
avvocati che seguiranno il suo caso? Ancora non sappiamo se accusa o
difesa.
Dovrei dirglielo, per etica
professionale. Ma sono curiosa di scoprire fin dove si spingerà. E
inoltre può
essermi utile per farmi un quadro della situazione. Tanto avrei dovuto
parlarle
domattina, prima di partire. Stiamo anticipando l’incontro solo di
alcune ore.
Anche se dubito che la sua idea d’incontro coincida con quella che
avevo in
mente io per domani.
Si sporge verso di te, per
accendere la sigaretta dalle tue mani, non solo col volto ma con tutto
il
corpo. Mi è praticamente addosso.
E questa donna avrebbe denunciato
uno per molestie sessuali?
Aspira voluttuosa il fumo.
“Vuoi fare un tiro?” La voce è
roca, seducente. Come suoi occhi mentre ti guarda.
E’ una bella donna, niente da
dire. Ti piacerebbe.
O meglio, mi correggo: ti piace.
Me lo sta dicendo il tuo corpo.
“Fumavo il sigaro…”, rispondo,
rifiutando gentilmente con un sorriso.
Grosso errore. Ho scordato che
effetto fa il tuo sorriso al cuore, e non solo, di una donna.
Come una gatta, si avvicina di
più… se l’accarezzassi, farebbe le fusa.
“Come ti chiami?”
O non sa davvero chi sei, oppure è
una scusa per continuare a flirtare.
“Harm…” Forse non dovrei
risponderle. Forse non dovrei darle corda. Ma i motivi li ho già
esposti. E
poi… e poi, accidenti a te, Harmon Rabb, questa donna ti risveglia i
sensi.
Perché il tuo corpo non obbedisce
alla mia volontà, restandosene tranquillo tranquillo?
“Mhm… bel nome. Bello come te…”,
sussurra, sfiorandoti dolcemente una guancia con le dita.
Ti vuole.
E la tua reazione fisica al suo
tocco è… interessante. Non trovo un altro termine per definirla, senza
scadere
nel volgare.
Maledizione a te!
Non mi piace quello che sento in
questo momento: né le sensazioni fisiche che mi stai facendo provare
tu, e
neppure questo groviglio di sentimenti.
Sono gelosa.
Quello che ho provato stamani, ad
osservare Skates mangiarti quasi con gli occhi, è nulla a paragone.
Perché
stamani tu, il tuo corpo, non aveva reagito a Skates.
Mentre ora… reagisce. Eccome se
reagisce.
E’ il suo profumo ad attrarti
tanto? O il suo corpo?
E’ bella, non posso negarlo.
Oppure si tratta della
sfacciataggine con cui ti sta praticamente invitando nel suo letto?
“Non vuoi sapere il mio nome?”
domanda con sguardo languido.
“No…”
“No?”
“No”, ribadisco, convinta. So già
il suo nome.
“Preferisci baciarmi senza sapere
come mi chiamo?”
Oh oh! Devo riconoscere che la
ragazza non perde tempo. Ed è piuttosto sicura di sé. Ancora non
capisco questa
storia delle molestie… Forse avevi visto giusto, quando sostenevi che
qualcosa
non ti quadrava di tutta la faccenda. Tu, forse, ti riferivi a Ferrell,
ma
qualcosa non quadra davvero.
“Sei davvero sicura che ti
bacerò?”, non riesco a trattenermi dal dirle. Peccato che la tua voce,
più che
beffarda, risuoni roca, sensuale… Dannatamente invitante.
“Non ho dubbi…” e procede
immediatamente col dimostrarmi che ha ragione.
Prende il tuo volto tra le mani e
posa le sue labbra sulle tue… il suo profumo mi penetra intenso,
solleticando le
tue terminazioni nervose. Sento le tue labbra che si schiudono, senza
esitazione, benché io non voglia baciarla.
Ma tu, a quanto pare, sì.
Lei geme, soddisfatta, quando la
tua lingua invade la sua bocca e la stringi maggiormente… e io mi sento
proiettata fuori del tuo corpo, come se esso non volesse più la mia
coscienza,
per gestire la situazione esclusivamente a livello fisico. Dall’esterno
ti vedo
baciarla… vedo le tue mani che scorrono sulla sua schiena, a toccare il
suo
corpo…
E ti odio, in questo momento.
Perché ricordo ancora il tuo
sapore e la sensazione meravigliosa di essere imprigionata nel tuo
abbraccio.
Perché posso risentire su di me le tue mani, quell’unica volta in cui
mi hai
baciato stringendomi a te. Perché ricordo ancora tutto di quel bacio
disperato,
della tua bocca sulla mia; di come mi schiudesti le labbra e di come il
tuo
corpo mi voleva…
Ricordo tutto quanto. E odio
l’idea che ora tu stia facendo tutto questo ad un’altra donna.
Non mi soffermo neppure a
riflettere che ci sono io dentro a questo tuo corpo, e non tu. E che
forse, se
ci fossi stato tu, magari –dico magari- saresti anche stato capace di
controllare i tuoi istinti e l’avresti gentilmente respinta.
O l’avresti baciata comunque?
Non lo saprò mai.
E’ la tua reazione fisica a spaventarmi:
è sempre così, per voi uomini?
In fondo si tratta solo di un
bacio. Eppure… ora che sono dentro di te e sento la tua eccitazione, mi
domando
se con me provavi la medesima eccitazione, o meno? Oppure di più?
Devo aver ripreso il controllo
della situazione, perché improvvisamente mi accorgo che hai lasciato le
sue
labbra e ti stai staccando da lei. E a poco a poco, dentro di te, tutto
ritorna
normale.
Forse non è eccitante come
pensavo. O forse sono stata io a farti riprendere il controllo della
situazione… Non oso pensare a quello che ti accade quando il controllo
lo perdi
completamente (quanto darei per provarlo!).
Sapevo che gli uomini si accendono
rapidamente e che, a differenza delle donne,
amano più con i sensi che con la testa o con il cuore.
Ma sperimentarlo dall’interno è
tutt’altra cosa.
“Mi è piaciuto il tuo bacio…”
sussurra lei, sempre invitante.
Come la capisco.
Vorrebbe continuare…
Ma ora è davvero il caso di
chiarire la faccenda.
“Capitano Parker… Melinda… ci
vediamo domattina.”
Mi guarda sorpresa.
“Come sai il mio nome?”
La osservo e poi, deliberatamente,
decido di prendermi una piccola soddisfazione femminile. Simulare di
colpire un
nemico, oggi in volo, deve aver risvegliato il mio lato combattivo.
“So chi sei. Sarò uno degli avvocati
del caso Ferrell”.
S’irrigidisce e immediatamente indietreggia
di qualche passo, come se scottassi.
Perfetto. Quello che volevo.
Colpita e affondata.
|
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Capitolo 6 *** Preparare le arringhe finali ***
-6-
(preparare
le arringhe finali)
Fra meno di
due ore sarai a
Washington.
Ti ho mandato un sms col quale ti
avvertivo di raggiungermi nel mio appartamento. Preparerò qualcosa per
cena e
sono più a mio agio farlo nella mia cucina. Poi proveremo a trovare una
soluzione per ciò che ci è accaduto.
Abbiamo tutto il week-end per
affrontare questo casino.
Stamattina ho come avuto la
sensazione che stava cambiando qualcosa: il tuo corpo non mi
trasmetteva più le
tue sensazioni, non mi forniva più indicazioni tue, non mi dava più i
tuoi
comandi da eseguire… pareva guidato da me.
Forse la lotta estenuante tra la
mia volontà e il tuo istinto corporale, combattuta ieri sera per
resistere a
Webb, deve aver avuto il sopravvento anche poi…
E se da un lato è come
riappropriarmi finalmente dei comandi di un F14, dall’altro mi sembra
di
pilotare un aereo che non conosco.
Ed è strano.
Mi stavo abituando a percepire le
tue emozioni e le tue sensazioni fisiche; inoltre m’incuriosiva
scoprirne di
nuove.
Sentire come il tuo corpo è sempre
guidato dalla tua incredibile capacità interiore di sapere l’ora esatta
in ogni
momento; ascoltare come reagisce al desiderio e al piacere, ad una
carezza, un
bacio, un abbraccio… peccato solo che fossero l’abbraccio e il bacio di
un
altro uomo.
Questo essere nella tua pelle,
come fossimo un’unica entità, mi ha concesso un’intimità con te e il
tuo corpo
che probabilmente non avrei avuto modo di sperimentare neppure se tu
fossi la
mia donna.
E lo stesso, quasi certamente, è
accaduto a te.
E’ una fortuna che stamattina,
quando mi sono accorto che sta cambiando qualcosa, non dovevamo passare
in
ufficio, ma eravamo impegnati per tutto il giorno con Ferrell.
Che buffo: continuo ad usare il
“noi”, per definire il tuo corpo e la mia coscienza, quasi fossimo due
persone
in una. Ma mi piace pensare a questa strana entità che formiamo come
qualcosa
di “nostro”, un insieme che ci accomuna.
Da troppo tempo mi mancava
lavorare assieme a te, così, in sintonia.
Ciò che ci sta accadendo sarà
anche irreale, completamente al di là di ogni comprensione umana;
tuttavia,
così come sono convinto che ogni cosa che ci accade nella vita abbia
uno scopo,
un fine ben preciso, allo stesso modo penso che anche tutta questa
situazione
abbia un senso, un suo fine: innanzi tutto oramai sono certo che,
malgrado
tutto, l’uomo non si riduca ad essere solamente un involucro di carne,
e
neppure un solo ammasso di cellule, come razionalmente viene da
pensare. Esiste
certamente qualcosa d’altro. Una forza misteriosa, completamente
dissociata dal
corpo. Un qualcosa che si può definire anima… o “io pensante”.
Un’energia che,
com’è successo nel nostro caso quando ha lasciato i nostri rispettivi
corpi per
penetrare quello dell’altro, potrebbe lasciare il corpo di ognuno dopo
la morte.
In quel caso, quale via
prenderebbe?
E poi ho provato cosa significa
essere al tuo posto, a vivere, su una pelle non mia ma che in questi
giorni mi
appartiene, emozioni e sensazioni come le vivi tu ogni giorno. E ora
posso
capire di te molte cose che prima mi erano incomprensibili.
Questa consapevolezza non avrei
potuto acquisirla in nessun altro modo.
Benché non sappia dove tutto
questo ci porterà, non posso negare d’esser contento di aver avuto
l’opportunità di conoscerti meglio.
Ancora più nel profondo di quanto
già sentivo di conoscerti.
E non posso neppure negare quanto
questa situazione mi abbia fatto riflettere su tanti aspetti della mia
vita,
nonché della tua, sui quali non mi ero mai soffermato molto. Per non
parlare di
certi misteri… chissà se tutto questo è accaduto anche a te?
Un’esperienza, la nostra,
indubbiamente fuori da ogni logica, ma che mi ha fatto comprendere, più
d’ogni
altra cosa, quanto ti amo e quanto voglio che tu sia mia.
Questa sera, tra le altre cose,
parleremo anche di questo.
Non voglio più essere uno
spettatore della tua vita. Non dopo averla persino vissuta nella tua
pelle.
Se non cambierà qualcosa tra noi,
credo che richiederò il trasferimento: Europa, Asia, Africa, Australia…
uno dei
due Poli… non importa dove e a fare cosa.
Oramai so con certezza di non
poter assistere alla tua vita mentre la vivi con un altro, chiunque
egli sia.
Preferisco, piuttosto, non doverti
vedere mai più.
***
Sono davanti
alla porta di casa
tua, ma esito a suonare.
Mi sembra d’essere un groviglio di
emozioni.
Che reazione avrò, quando aprirai,
nel vedere il mio corpo e sapendo che al suo interno ci sei tu?
Solamente durante il viaggio di
ritorno in elicottero ho realizzato che, per due giorni, esattamente
come io ho
potuto fare con te, anche tu mi avrai vista nuda; e che, se lo hai
voluto, hai
potuto toccare il mio corpo, svelarne quei segreti che fino all’altro
giorno ti
erano sconosciuti…
Il mio tatuaggio, ad esempio.
Questo pensiero, arrivato
all’improvviso, mi ha imbarazzata. Forse perché sono arrivata persino a
pensare
che uno di noi, o addirittura entrambi, se solo lo avessimo voluto,
avremmo
potuto addirittura dare piacere al corpo in cui siamo rinchiusi, pur di
soddisfare la curiosità di conoscere, caso più unico che raro, le
sensazioni
fisiche che può provare una persona del sesso opposto in un certo
frangente.
Avrai avuto anche tu pensieri
simili?
Forse è meglio che non me lo
chieda… non riuscirei più a parlarti, altrimenti.
Già in questo momento sono
confusa… in questi due giorni, a stretto contatto con te, ho
definitivamente
ammesso con me stessa di amarti e di non riuscire a dimenticarti con
nessun
altro uomo.
Ora non so che fare. Mesi fa ti ho
detto cose che ti hanno ferito. Me ne sono resa conto dalla tua
reazione
successiva; sei rimasto arrabbiato con me per settimane, anche se
continui a
negarlo. L’incarico per la CIA non ti impediva di telefonarmi, ogni
tanto, o
semplicemente di rispondere ai miei messaggi, eppure non lo hai fatto.
E anche
dopo che sei tornato al Jag, la situazione non è granché migliorata. Lo
dimostra la discussione che abbiamo avuto prima che partissi, solo due
giorni
fa. Una delle tante, ormai.
Credo, tuttavia, che questa strana
situazione che stiamo vivendo abbia cambiato molte cose. Almeno per me.
Ma cosa accadrà, quando aprirai
questa porta?
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Capitolo 7 *** Attendere il verdetto della giuria ***
-7-
(attendere
il verdetto della giuria)
“Ciao.”
“Ciao… Harm.”
Credevo d’essere preparato ad
incontrarti. Invece sento la tua gola che si chiude per l’emozione nel
saperti
lì, dentro di me… oppure è il tuo corpo che reagisce così, in questo
modo, al
mio?
Me lo domando, poiché sento anche
un languore al basso ventre, un’indefinibile sensazione di eccitazione
che
parte dal centro del tuo essere e si propaga ovunque…
Più o meno quello che ricordo
accadere a me quando ti sono vicino… e ultimamente queste sensazioni
erano
aumentate a dismisura… non riuscivo più neppure a guardarti da lontano,
né
pensare a te, senza sentire un languido desiderio invadermi
completamente.
Avevo imparato a convivere con certe sensazioni, che mi regalavano ogni
giorno
un sottile e struggente rimpianto per quello che sarebbe potuto essere.
Scoprire dentro di te sensazioni
simili alle mie mi lascia confuso.
Oh, se solo fosse vero! Se fossi
davvero tu a desiderarmi allo stesso modo in cui io desidero te.
Come faccio a capirlo?
E’ il mio io a trasmettere al tuo
corpo queste sensazioni, oppure viceversa?
“Come stai? Come hai viaggiato?”
La tua voce è emozionata, bassa, roca, mentre ti domando come ti senti.
E’ strano vedere me stesso e
sapere che dentro ci sei tu.
Credo che lo stesso valga per te.
I miei occhi scrutano la tua
immagine e poi li osservo inumidirsi di lacrime…
anche per te l’emozione deve essere intensa.
Realizzo d’aver istintivamente
sollevato la tua mano verso il mio volto e, col pollice, asciugato una
lacrima
che scivolava sul mio stesso viso… se una telecamera riprendesse questa
scena e
la proiettasse in contemporanea a diverse altre, idealmente girate nel
corso degli anni,
quando ho compiuto lo stesso gesto istintivo non appena vedevo i tuoi
occhi
riempirsi di lacrime, si vedrebbe una scena con gli stessi personaggi,
con le
stesse emozioni, ma svolgersi all’esatto contrario.
Eppure noi due sappiamo perfettamente
che non è così.
“Sto bene, Harm.”
Cerchi di rassicurarmi, ma è
stranissimo sentire la mia voce incerta, emozionata.
Provo a portare il discorso su
qualcosa di più neutro.
“Com’è andata con la Parker?”
“Voleva venire a letto con te.”
Dev’esserti sfuggito, perché immediatamente
fai un mezzo sorriso e poi distogli lo sguardo, allo stesso modo in cui
lo
faccio sempre io. O almeno credo.
“Non mi dire… e da cosa lo hai
capito?” Cerco di buttarla sullo scherzo.
“Ti ha baciato.”
“E…?”
“E, a quanto pareva, tu gradivi.”
Ho davvero quest’aria ridicola quando
sono geloso?
“Cosa te lo ha fatto pensare?” ti
domando con un sorriso. Mi piace saperti gelosa.
“Ricordi ancora cosa succede al tuo
corpo quando baci una donna?”
“Dipende dalla donna…”
“Melinda Parker è molto bella”.
“Mai quanto te”.
Ti guardo negli occhi,
intensamente, mentre te lo dico. Sto guardando me stesso, ma è solo
l’involucro
esterno. Io, in questo momento, sto parlando a te, alla tua anima e la
raggiungo guardando attraverso i tuoi occhi fin dentro ai miei.
Per alcuni istanti restiamo in
silenzio, gli sguardi incatenati. Poi spezzo l’incantesimo, perché mi
accorgo
che sei troppo turbata. Voglio procedere con calma.
“Anche tu, comunque, gradisci
parecchio i baci di Webb…” butto lì, per saggiare la tua reazione.
“Ti ha baciato?”
“No… come hai detto tu stessa, lui
baciava te. E a te piaceva”.
“Da cosa lo hai capito?”
“Ricordi ancora cosa succede al
tuo corpo quando baci un uomo?” ti provoco con la tua stessa domanda.
“Dipende dall’uomo…”
A quanto pare vuoi stare al gioco.
“Non ti dirò mai che Webb è bello,
se è questo che vuoi sentirmi dire! Anzi, continuo a non capire cosa
trovi in
lui. Ma il tuo corpo rispondeva entusiasta”.
“Mai come quando mi baciasti tu…”
Mi stai provocando, vero?
I miei occhi guardano attraverso i
tuoi e giungono a me, fino a toccare la mia anima…
Cosa vuoi, Mac? Cosa desideri?
“Davvero?”
Non riesco ad evitare di
chiedertelo.
La tua risposta mi tenta molto…
***
La mia mente
interagisce ancora
con il tuo corpo e, a quanto sembra, lo influenza ancora parecchio:
sento il
tuo cuore esplodere nel petto, quando mi dici che la Parker, senza che
tu
l’abbia vista, non potrebbe essere più bella di me.
Il mio sguardo, che trapassa il
tuo, arriva fin dentro, a raggiungere la mia coscienza e in esso riesco
a
vedere te, il tuo animo.
In questo breve scambio di
sguardi, sono le nostre menti a comunicare, attraverso i nostri occhi.
Come
sempre. Anche se in questo momento in maniera diametralmente opposta.
Poi mi parli di Webb…
E io non resisto.
Non resisto all’idea di poterti
dire, in un modo o nell’altro, ciò che provo per te.
Sto sperando l’inverosimile.
E tu lo domandi: “Davvero?”.
Ho solo un attimo d’esitazione.
Con questa risposta mi sto giocando, di nuovo, il tutto e per tutto.
Ma ciò che ci sta accadendo deve
avere un motivo. Un senso. Non può restare tutto così assurdo. Dovrà
pure portare
a qualcosa.
E se per caso non tornassimo più
ognuno nel proprio corpo? Non potrei vivere senza di te…
Io ti amo. Ovunque tu sia.
Provo a comunicare alla tua mente
queste emozioni e, per farlo, passo attraverso i tuoi occhi, penetrando
i miei,
per cercare la tua anima.
E la trovo.
“Davvero”.
Non dici più nulla. Allora gioco
d’azzardo. Ancora una volta.
“Non mi credi?”
Te ne darò la prova.
Mi avvicino, lentamente.
Osservo il mio volto che sta
guardando il tuo, come ipnotizzato. Come accade a me ogni volta che mi
guardi
negli occhi.
Ora ti sono vicinissima…
Le tue mani sembrano muoversi da
sole… non attendono neppure il mio input.
Sollevano leggermente il mio volto
e poi tutto accade in un attimo… sento che il tuo viso si piega verso
il mio e
le tue labbra toccano le mie…
E’ un attimo… poi tutto avviene in
maniera rapida, quasi convulsa. E non so più dire cosa ho deciso io,
cosa tu e
cosa ancora i nostri corpi, indipendentemente dalle nostre rispettive
volontà.
So soltanto che ci stiamo
baciando…
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Capitolo 8 *** La corte ha deliberato ***
-8-
(la
corte ha deliberato)
Il tuo corpo
vibra…
Esattamente com’è sempre accaduto
al mio quando ti ho avuta tra le braccia.
E poi, dentro di te, esplode tutto
quanto: la passione, il desiderio… e sento che stai per perdere il
controllo.
Non c’è paragone con quello che ti
faceva provare Webb…
***
Ti sento
vibrare…
Esattamente come accade a me
quando sono nelle tue braccia.
E poi, nel tuo corpo, esplode
tutto quanto: la passione, il desiderio… e sento che stai per perdere
il
controllo…
Non esiste paragone con quello che
ti succedeva mentre baciavi Melinda Parker…
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Capitolo 9 *** Oltre le stelle ***
-9-
Oltre
le stelle
Le nostre
labbra si sfiorano, si
toccano appena, poi, irresistibilmente attratte, si cercano, per
tornare a
scoprirsi.
Si aprono, accolgono, si
protendono per invadere… in un gioco dolce e sensuale, con un intreccio
di
sensazioni sconvolgenti, tramite un’intimità misteriosa che scatena
l’universo
intero.
E’ solo un bacio.
Ma i nostri respiri si scambiano, le
nostre braccia trattengono, i nostri corpi si avvicinano, si uniscono,
mentre i
nostri cuori battono all’unisono, le mani ricercano la pelle e
accarezzano,
sfiorano, modellano…
E’ soltanto un bacio.
Eppure è una forza misteriosa che
accende un desiderio che già stava per esplodere.
Un bacio… unicamente un bacio.
Perché, allora, le nostre mani non
si accontentano del volto o delle spalle o di immergersi nei capelli?
Perché scivolano sotto gli abiti,
alla ricerca di un contatto ancora più intimo? Perché sfiorano un seno,
lo
avvolgono, desiderano percepirne la morbidezza? Perché scorrono sui
muscoli del
torace, saggiandone la consistenza?
Si tratta semplicemente di un
bacio… ma fa desiderare di più.
Lo capiamo senza neppure parlare,
semplicemente guardandoci nei nostri stessi occhi, attraverso gli occhi
dell’altro.
Lo comprendiamo immediatamente,
non appena riprendiamo fiato per un attimo: i respiri affannati, gli
occhi
lucidi, le mani che ancora toccano, senza riuscire ad allontanarsi dal
calore
dei nostri corpi, la maglia sollevata, la camicia slacciata... (ma
quando è
successo?)
Nessuno dei due desidera parlare.
E’ un altro il desiderio che vogliamo soddisfare. Nel quale ci vogliamo
perdere.
Il letto non dista poi molto. Ci
accoglie dolcemente, nell’intimità del suo abbraccio.
Lentamente gli ultimi indumenti
spariscono di scena, i nostri corpi scivolano languidi sopra le
lenzuola, s’intrecciano,
si cercano, si toccano…
Si trovano. Si scoprono. Si
fondono in un unico corpo…
Si amano.
E mentre il piacere scorre tra noi
come una corrente elettrica, che ci fa gemere e desiderare ancora di
più, anche
le nostre menti si amano, si sollevano, si uniscono…
Oltre le stelle, là dove tutto è
iniziato.
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Capitolo 10 *** Spiegare l'incomprensibile ***
-10-
Spiegare
l’incomprensibile
Lenzuola
morbide, che mi avvolgono
come una carezza.
Un vago sentore nell’aria.
Piccoli rumori, quasi
impercettibili.
Non sono nel mio letto. Ma neppure
sulla Seahawk.
Non ci sarebbe questo profumo
vagamente familiare. Neanche questo silenzio, solo leggermente
interrotto. E non
mi sentirei neppure tanto bene.
Gli occhi ancora chiusi, mi muovo
lentamente, per stirare i muscoli rilassati dal sonno.
Subito mi accorgo che c’è qualcosa
di diverso…
Sento un impellente desiderio di
una tazza di caffè.
Nero. Forte. Bollente.
E, immediatamente dopo, ne
percepisco l’aroma. Ma non solo. Sulle labbra ne sento anche il sapore…
Delizioso.
Così come il tocco delle dita che
mi hanno appena sfiorato.
Socchiudo leggermente la bocca,
per assaporare la goccia di caffè che mi è stata posata sulle labbra,
ma al
tempo stesso per leccare i polpastrelli che me l’hanno donata.
Apro gli occhi e sorrido.
Le tue dita proseguono, seguendo
un percorso che tu hai ben chiaro in mente.
Scivolano sul mio collo, sfiorano
le spalle e poi scendono a delineare il contorno del mio seno, lo
accarezzano,
lo provocano… scostano il lenzuolo che mi avvolge dalla notte… un
groviglio
informe che non ho mai ritrovato al mio risveglio.
Ma non ho mai trovato neppure te,
al mio risveglio.
Preferisco decisamente le lenzuola
aggrovigliate ed essere salutata da una goccia di caffè sulle labbra…
Soprattutto se a mettercela sei
tu.
Osservo il tuo viso abbassarsi su
di me, lentamente.
La tua bocca scende ad
appropriarsi di un seno, poi dell’altro… le tue mani scivolano sui miei
fianchi, sollevandoli leggermente.
“Voglio il mio caffè, prima…”
La mia voce trema ed è roca,
perché le tue labbra stanno scendendo oltre e mi fanno impazzire.
“Voglio te, prima".
La tua voce, invece, è ferma.
Decisa.
Ok, il caffè lo rifarò dopo…
Ho mai avuto qualche possibilità
di discutere?
***
“Allora, Mac?
Che mi dici della
Parker?”
Ti sorrido.
Sei seduta di fronte a me e,
finalmente, sorseggi il tuo caffè, nero, forte, bollente, con aria
soddisfatta.
Stavo ancora pensando se lasciarti
alzare oppure trattenerti ancora a letto per amarti di nuovo, quando
tu,
rapida, sei sgusciata fuori dalle lenzuola, hai rovistato brevemente
nel mio
armadio, per qualche attimo sei rimasta indecisa tra una mia maglietta
e una
camicia di jeans, dopodiché hai accettato il mio consiglio.
Maliziosamente hai chiuso solo i due
bottoni centrali e hai arrotolato le maniche appena sotto il gomito: in
questo
modo la mia camicia ti rende ancora più sexy, scoprendoti più che
coprirti.
Hai colto alla perfezione il mio
suggerimento.
Rassegnato, mi sono alzato
anch’io, infilandomi solo un paio di boxer… ho forti dubbi che
resteremo per
molto fuori dal letto.
Non mi rispondi.
Ti sei limitata a sollevare lo
sguardo e ora mi scruti, al di sopra della tazza di caffè che tieni con
entrambe le mani, i gomiti appoggiati al bancone della mia cucina, in
una posa
che ormai mi è molto familiare.
Mi osservi per qualche istante e
credo di sapere cosa ti stia passando per la mente.
Quello che ci è accaduto in questi
ultimi giorni, per non parlare di ciò che è avvenuto nelle ultime ore,
ha
dell’incredibile.
Presumo che, com’è successo a me,
ti abbia lasciato senza fiato e che, come me, tu debba ancora
assimilare per
bene tutto quanto.
“Credo che la Parker stia
mentendo".
Finalmente ti sei decisa a
rispondere. La tua voce è poco più di un soffio.
“Cosa te lo fa pensare?”
“E’ una donna troppo sicura di sé.
Non è il tipo di donna che un uomo molesterebbe…”
“Forse proprio per vendicarsi di
lei?”
“Mhm… e poi ho visto come ti dava
la caccia. E’ più probabile accusare lei di molestie! Ti voleva e
avrebbe fatto
di tutto per averti nel suo letto. Ed è rimasta parecchio contrariata
quando ha
capito di non avere chance… quando
si
è accorta di essere stata respinta”.
“Forse non avresti dovuto
respingerla, Mac!”
“Ah. Ah.
Spiritoso! E tu? Perché hai respinto Clay?"
Quanto mi mancava la tua
espressione infastidita e un po’ corrucciata, che assumi sempre quando
ti
faccio arrabbiare!
“Ok, ok… passiamo oltre… Cosa ne
pensi, allora?”
“Penso che la Parker potrebbe aver
accusato Ferrell solo perché lui l’ha respinta”.
“E’ possibile. Ma allora perché
Ferrell non si difende? Perché non ci fornisce la sua versione?”
“Continua ad eludere il discorso?”
“Gia…”
“Mhm… interessante. Non sei
riuscito a farlo parlare neppure tu?”
Eccola, la tua piccola rivincita!
La tua piccola soddisfazione.
Concediamotela.
“No. Neppure io”.
“Non mi dire! Neanche il grande
Harmon Rabb, insensibile al fascino e ai complimenti maschili, capace
di
intuire immediatamente quando qualcuno mente…. Neanche lui è riuscito a
far
parlare l’imputato?”
“Ti diverti, vero?” domando con un
sorriso.
“Mhm… un pochino…”
Mi allungo verso di te e ti
catturo una mano tra le mie. Ho bisogno di toccarti.
“Ok, Mac. Ho imparato la lezione.
Comunque continuo ad essere certo che Ferrell stia mentendo. Solo che
ora credo
che lo faccia per proteggere qualcuno”.
“Chi?”
“Melinda Parker”.
“Ma se lei lo ha accusato di…”
“Lo so, Mac. Ma prova ad
immaginare… Supponi che lei volesse andare a letto con lui. E che lui,
per
qualche motivo, l’abbia respinta. C’è una discussione tra i due…
qualcuno li
sente. O li vede. Lei sta cercando di andarsene… lui l’afferra per un
braccio… lei
per vendicarsi del rifiuto, lo accusa di averla molestata”.
“Sì, ma perché? Perché lui non ci
fornisce, allora, questa versione?”
“La sta proteggendo”.
“Ma perché?”
“Forse perché è innamorato di lei”.
“Allora perché rifiutarla?”
“Per non rovinarle la carriera, o
quella di entrambi, se fossero stati scoperti. Non dimenticare che è
lei
l’ufficiale più alto di grado… sarebbe stata quella che avrebbe perso
di più da
un’accusa di fraternizzazione”.
“Ma in questo modo è lui ad avere
la carriera rovinata…”
“Certo. Ma c’è chi è disposto a
tutto, anche a sacrificare la propria carriera, per salvare la donna
che ama…”
Abbassi lo sguardo per un attimo,
senza dire nulla. La tua mano è ancora tra le mie. Poi lo rialzi e ti
limiti a
guardarmi negli occhi.
Io faccio altrettanto.
E come ieri sera, quando ancora
eravamo ognuno nel corpo dell’altro, anche in questo momento sono le
nostre anime,
le nostre menti, a comunicare.
Attraverso uno sguardo.
“Tu lo hai fatto…”
“Sì, l’ho fatto. E lo rifarei
ancora”.
“Ti amo anch’io, Harm.”
Volevo sentirtelo dire. Sono mesi
e mesi che speravo in queste parole.
Non so quante volte ho immaginato
di dirtele e di sentirmele dire… mi ero immaginato la scena in ogni
particolare, addirittura scene diverse…
Ciò che non avevo immaginato è
l’emozione che avrei provato. Per un attimo mi manca l’aria.
“Vieni qui…” ti attiro dolcemente
verso di me, prendendoti anche l’altra mano tra le mie. Tu scendi dallo
sgabello e ti avvicini al mio… lascio una delle tue mani per stringerti
alla
vita e ti catturo, immobilizzandoti tra il bancone e le mie gambe.
Ti scosto delicatamente i capelli dal
viso, lascio scivolare la mano dietro la tua nuca e ti bacio le labbra.
L’altra
mano sfiora la tua gamba e s’insinua, risalendo lenta, sotto la camicia…
“Cosa ci è successo, Harm?”
“Ho voglia di te…”
“Intendevo… in questi giorni…”
Ho capito che ti riferivi a
quello. Solo che, non sapendo darti una risposta, cercavo di sviarti
dal
problema. O, semplicemente, di assecondare il mio desiderio.
“So cosa intendevi, Mac… il fatto
è che non so spiegarti cos’è successo. Non razionalmente, almeno”.
“Spiegamelo, allora, alla tua
maniera irrazionale”.
Mi piace questa tua richiesta.
“D’accordo, Mac. Io credo che
abbia prevalso il desiderio… il desiderio che esiste tra noi. Quello
che
abbiamo represso per anni…”
“Anche tu?”
“Anch’io. Soprattutto ultimamente.
Odiavo come si stavano mettendo le cose tra noi. E non solo per Webb:
non mi
piaceva esserti così distante, anche sul lavoro. Anzi, sai cosa credo?
Che quando
eravamo in sintonia come amici e colleghi, il desiderio che provavamo
riuscivamo a tenerlo, per così dire, sotto controllo. Perché ci
appagava, e
molto, già il rapporto che ci univa. Ma incrinato quello…”
“Tutto è cambiato dal Paraguay…”
“Lo so. Cosa volevi da me, Mac?”
“Forse che mi dicessi, e non solo
mi facessi capire, che mi amavi”.
“Io, invece, volevo che tu lo
capissi, che ci credessi davvero, prima di dirtelo. E comunque sai che
non sono
mai stato bravo a dire certe cose. Ma ora posso capire quanto avevi
bisogno di
sentirtelo dire… Il fatto è che io avevo un disperato bisogno che tu lo
capissi, senza che te lo dicessi. Gli altri uomini te lo dicevano… per
me
volevo che fosse diverso…”
“Lo so, Harm. Ora lo so. Ho sempre
pensato che fossi freddo, controllato. Che le emozioni, quelle vere, ti
sfiorassero soltanto. Invece ho scoperto che dentro di te esplode una
tempesta
di sensazioni e di emozioni, per ogni cosa: da quando voli, a quando
ami…
semplicemente sei molto abile a tenere tutto sotto controllo, meglio di
quanto
sappia fare io…”
“Tu lotti ogni giorno con il
desiderio di alcol… come puoi dire che non sei in grado di
controllarti?”
Mi osservi per un istante,
pensierosa. Ti starai domandando come faccio a saperlo.
“Forse hai ragione… Tornando a ciò
che ci è accaduto… ritieni allora che sia stato il nostro desiderio
inconscio a
farci catapultare l’uno nel corpo dell’altro?”
“Credo di sì. Questo ci ha
permesso di capire molte cose… di scoprire come siamo davvero… di
comprendere
cosa vogliamo realmente”.
“Molte volte mi sono ritrovata a
domandarmi cosa avresti fatto tu in un certo frangente… cosa avresti
pensato…”
“E’ successo anche a me. Forse è
qualcosa che tutte le coppie, tutte le persone che si amano dovrebbero
imparare
a fare e non dimenticarlo mai, soprattutto nei momenti di crisi”.
“Cos’è successo, poi?”
“Abbiamo fatto l’amore…”
“Questo lo so…”
“Intendevo dire che, facendo
l’amore, ci siamo ritrovati”.
“Ossia il nostro desiderio è stato
soddisfatto… quindi non serviva più che fossimo l’uno nell’altro?”
“Il mio desiderio non è stato
affatto soddisfatto. E spero neppure il tuo…”
“Oh… suvvia, Harm! Hai capito cosa
intendo!”
Sorrido, divertito. Certo che ho
capito cosa intendi. Ma è un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela
sfuggire.
Ho preferito approfittarne e chiarire per bene la mia posizione.
“Intendevo qualcosa di più…
romantico. Ossia che, facendo l’amore, le nostre anime si sono unite,
come i
nostri corpi, e sono diventate una cosa sola…”
“Lo hai sentito anche tu?”
“Quando non si capiva più dove
finiva il tuo corpo e iniziava il mio?”
“Anche. Ma anche quando la mia
anima era dentro di te e poi è tornata nel mio corpo… c’è stato un
momento in
cui mi è sembrato che fossimo entrambi fuori, che le nostre anime
fossero lassù,
quasi oltre le stelle, e osservassero… insieme, abbracciate,
esattamente come
lo erano i nostri corpi intrecciati… osservassero tutto dall’alto… per
poi
ritornare sulla terra. E’ stato allora?”
“Che siamo tornati ognuno nella
propria pelle? Sì, credo di sì.”
“E’ tutto molto strano… quello che
ci è successo nei giorni scorsi ha dell’inverosimile”.
“No. Forse non più di tanto”.
“Che intendi dire?”
“Che forse è quello che provano
tutte le persone che si amano. Ogni volta che decidono di rinunciare ad
una
parte di se stessi per la persona amata è come se entrassero
nell’altro…”
“Sei diventato saggio”.
“L’ho solo capito per la prima
volta”.
“Credi che se non avessimo fatto
l’amore, saremmo mai ritornati ognuno nel proprio corpo?”
“Non lo so, Mac. Forse è meglio
non domandarselo”.
“Mi piace pensare che non sarebbe
mai più successo…”
“Sarei stato condannato ad una
vita di tacchi, caffè e trucco?”
“E io? Donne che ti saltano addosso,
immangiabili cibi vegetariani e orologi con le lancette!”
“Preferisci uomini che ti saltano
addosso? Uomo, vorrai dire…”
“Chi? Tu?”
“Vedi qualcun altro?”
“Mhm… potrei sempre telefonare a…”
“Zitta. Non dirlo. Non dire quel
nome, per favore!”
“E’ stata così dura?”
Mi sfiori una guancia,
chiedendomelo.
“Durissima… quell’uomo non si
arrende facilmente!”
“Avrei dato non so cosa per essere
stata presente… Anche a Skates l’idea divertiva da morire… a proposito
di
Skates…”
Oh, no… temevo questa domanda.
“Che cosa le avresti detto di così
importante quella sera che sembrava fosse l’unica cosa che le avrebbe
permesso
di credere a tutta la faccenda?”
Esplicita e diretta. Non posso
neppure fingere di non capire ed eludere la domanda.
“Le ho detto una cosa che era
assolutamente certa che non ti avrei mai rivelato… pertanto non potevo
essere che
io”.
“E quale?”
Ti guardo negli occhi, mentre ti
stringo più forte tra le braccia.
“Le ho detto che sono innamorato
di te. Ti amo, Mac.”
Non dici nulla, ma i tuoi occhi
brillano di lacrime.
Ti bacio, sfiorandoti le labbra
dolcemente. Improvvisa mi assale di nuovo la voglia di te.
“Che ne dici di un esperimento?”
ti sussurro roco, all’orecchio.
“Che genere di esperimento?”
domandi divertita, mentre cerchi di tenere a bada le mie mani che,
indisciplinate,
stanno sfuggendo al mio controllo.
Hai la pelle così morbida…
“Facciamole tornare di nuovo lassù,
oltre le stelle”.
“E se ci ritrovassimo di nuovo
nella pelle dell’altro?”
“Correremo il rischio…”
Fine
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