In this jungle you can't run.

di HooliganStory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° capitolo ***
Capitolo 12: *** 12° capitolo ***
Capitolo 13: *** 13° capitolo ***
Capitolo 14: *** 14°capitolo ***
Capitolo 15: *** 15°capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° capitolo ***


Fine Novembre, Honolulu. 

Il freddo, la pioggia che in poco tempo forse si sarebbe tramutata in neve ed una strada immersa nella foschia. Le gocce picchiettavano sulle foglie di un albero posto nel giardino di una delle case sulla destra, probabilmente una delle più grandi e meglio esposte. L'acqua bagnava il terriccio umido posto nel retro dell'abitazione, dove la madre di Destiny Moore, la ragazza che vi abitava, usava piantare fiori di ogni genere. Puntualmente però, la signora Moore, dopo circa pochi giorni dalla piantagione, li ritrovava spezzati o solamente piegati al suolo.
Entrava spesso in casa a rimproverare di conseguenza il cane, che riteneva colpevole della distruzione del suo piccolo angolo fiorito, inconsapevole del fatto che in realtà la vera colpevole fosse la velenosa gatta dagli occhi maligni dei vicini a farsi le unghie scavando oppure mangiando i gambi dei fiori. Così, il povero cane, subito dopo averla guardata con occhi innocenti di chi si ritrova accusato di qualcosa e rimproverato, scappava scivolando sul pavimento lucido e inciampava nelle scale rivestite di moquette che raggiungevano il piano superiore. Lì, non esitava nel rifugiarsi nella camera di Destiny, accucciandosi sopra il letto, tra le coperte calde. La ragazza di solito sedeva sulla scrivania posta di fronte all'enorme finestra che dava direttamente sul quartiere, leggendo uno dei suoi libri preferiti. Si cibava di quelle pagine ancora e ancora, come quando si diventa assuefatti dal proprio piatto preferito. Quei libri la colmavano, la salvavano dalla vita di una diciassettenne moderna. Non si trattava di discoteche, vita notturna o di altri stereotipi di quell'età. No. La sua vera vita era composta da occhi gonfi contornati dalla matita e dal mascara sciolti, dei capelli arruffati, dalle felpe enormi, da internet, dal suo blog, dall'amore non corrisposto. Destiny credeva nell'amore con tutta se stessa, anche se quest'ultimo l'aveva schiaffeggiata non poche volte.
Non era nuova a sconfitte di quel genere.
Quale sarebbe stato il miglior modo per cercare di combattere il dolore, se non immedesimarsi in quello dei personaggi dei suoi libri preferiti? Con una matita nella mano destra, sfogliava le pagine, sottolineando tutte le frasi che più la colpivano.


"Diamine, questa è davvero fantastica... Mio Dio, questa sono io!"

Le capitava spesso di dire mentre calcava le delicate pagine con la punta morbida di una matita appena temperata, per poi portare la fine di essa alla bocca e morderla, come una sorta di antistress.
Così, anche quella sera, il tutto si stava svolgendo normalmente.
Destiny sentì la madre rimproverare il povero cane, le zampe di quest'ultimo picchiettare sulle scale e le unghie tagliate da poco graffiare la porta chiusa. Scese dalla scrivania, ponendo la matita sulla pagina su cui si era fermata, utilizzandola come segnalibro. Si diresse verso la porta e fece scattare la serratura per poi girare il pomello, così fece entrare Bingley, il suo labrador, nella sua stanza. Il piccolo la guardò con occhi pietosi, muovendo la coda velocemente e buttandosi a terra a pancia in su, in richiesta di coccole. Destiny sorrise, chiuse la porta e si chinò verso l'animale, grattandogli lo stomaco e osservandolo scodinzolare.

-"Non badare a cosa dice mamma, io lo so che non sei stato tu.."
Gli sussurò poi complice, osservando la reazione di Bingley, che sembrava aver capito che lei fosse dalla sua parte. Così, tornò sulle quattro zampe e saltò sul suo letto, rotolandosi tra le coperte, cercando una posizione adatta ad osservare la ragazza mentre risaliva sulla scrivania.
Destiny gli diede un colpetto sul dorso, per poi arrampicarsi di nuovo sulla sedia e accomodarsi con le spalle al muro e i piedi penzolanti. Stava per riprendere il libro, quando la suoneria del suo cellulare la fece voltare verso di esso.
Lo afferrò e sbloccò lo schermo con un veloce tocco, per poi selezionare i messaggi in arrivo.
Era Ginny, la sua migliore amica.


"Ho appena visto Shane con una ragazza... E non stavano parlando."

Lesse e rilesse quel messaggio, perplessa. Poi guardò nuovamente Bingley, che nel frattempo si stava reggendo sulle zampe anteriori, guardandola come per dire "Beh? Cosa dice il messaggio?"
Destiny aprì di poco la bocca, per poi serrarla velocemente ed inghiottire una quantità di saliva che sperava avrebbe fermato il pianto in arrivo. Ovviamente, non ci riuscì. Le labbra cominciarono a tremare contro la sua volontà, gli occhi si velarono e una lacrima cadde sul suo pigiama, espandendosi a poco a poco per le fibre del tessuto.  Velocemente, pur vedendo tutto sfocato, compose un messaggio: "Tutto bene con la febbre a casa?"                                         
Destinatario: Shane.
Stava per premere il tasto "invia" quando per l'ennesima volta si fermò, lo lasciò in bozze e posò violentemente il cellulare sulla scrivania, raccogliendo le ginocchia verso di lei e posando la testa tra queste.
A che le sarebbe servito?
Shane non era il suo ragazzo, per lui non aveva importanza. O almeno, non ne aveva più. C'era stato qualcosa tra quei due, che lui aveva comunque sotterrato. Lui sapeva solo dire "Mi manchi", ma non tornava. Sapeva chiederle di rimanerci amica, ma senza leggerle negli occhi quanto lei avrebbe voluto dire "no".
Sapeva ancora illuderla benissimo, ma non sapeva cosa significava amare per quanto lei lo amava. Lo amava ancora. Si chiedeva come facessero le altre ragazze a dimenticare persone che per loro erano state importanti.
Era lei sbagliata? O lo erano le altre?
Si definiva spesso "un difetto di fabbrica", quando scherzava con la sua migliore amica Ginny. Ma lo pensava sul serio, pensava di essere diversa in modo negativo.
Come poteva non pensarlo, se ancora dopo mesi e mesi non faceva altro che amare lui?
Il passato non era per niente tale.
La trapassava, le passava addosso, ma non passava ma
i. 

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Capitolo 2
*** 2° capitolo ***


Si rannicchiò tra le coperte, con accanto Bingley, stringendo a se un cuscino per evitare che le lacrime vincessero del tutto. Non che già non ne avesse versate, ma si ripeteva che piangere fino allo sfinimento non avrebbe cambiato la situazione.

"Perché è tutto così difficile?"

Sussurrava tra i singhiozzi, voltandosi verso il soffitto e sospirando. Portò le mani alle guance, cancellando le righe del mascara colato con una veloce carezza, per poi sfregarle. D'un tratto si tirò su, lanciando un pugno sul materasso, che lo fece rimbalzare delicatamente. Si portò indietro i capelli e guardò il soffitto, chiudendo gli occhi e sospirando.

"Basta piangere. Davvero,basta."  Pensò, alzandosi e appoggiando le mani sul vetro della finestra appannata.

Lasciò il segno dei suoi polpastrelli su essa, calando le mani senza staccarle. Poi si allontanò violentemente, facendo leva sul bordo di legno che la contornava.  Afferrò una maglietta dal suo armadio, un pantalone appartenente ad una tuta e si infilò le vans. Si diede una breve occhiata allo specchio, cancellando i residui di trucco sciolto e poi si catapultò fuori dalla porta, scendendo le scale. Bingley al suo seguito, spaventato nel rivedere la signora Moore e di ricevere un altro rimprovero. Destiny prese il guinzaglio di quest'ultimo dall'attaccapanni.

"Vado a portare fuori Bingley!"

Urlò dalla soglia della porta. Sua madre si affacciò dalla cucina -"A quest'ora?"- disse, osservando il suo orologio da polso sporco di farina, con la quale stava preparando una torta.
-"Sono solo le dieci.."

-"Appunto, sono le dieci e tu domani hai scuola. Al massimo resta qui nei dintorni, ok?" 

Annuì, aprendo la porta e abbassandosi per legare il guinzaglio al collare.
****
Il freddo pizzicava sulla sua pelle coperta solo da una leggera maglietta a maniche lunghe, mentre Bingley, tranquillo, si accingeva a mangiare un pò di erba di un'aiuola vicina.
Lo liberò dal guinzaglio, lasciandolo scorrazzare qui e lì. Si sedette su una panchina, guardandosi in giro e sfregando velocemente una mano con l'altra per riscaldarle. Osservò Bingley mentre strisciava le unghie su di un lembo di terra. Poi, in lontananza, notò un ragazzo illuminato da un lampione. Camminava con le mani in tasca, poco vicino al ciglio della strada. Strizzò ulteriormente gli occhi, le pareva di averlo già visto.
Distinse una capigliatura afro, sarebbe bastatas a capire di chi si trattasse: Peter Hernandez, uno dei fighetti della scuola.
Abbassò lo sguardo, non voleva essere riconosciuta, così infilò la mano in tasca cercando di estrarre il cellulare e fingere di usarlo. Constatò poco dopo di averlo dimenticato sulla scrivania.
Sospirò, lanciando un'occhiata al ragazzo che lentamente si stava avvicinando. Fece un gesto a Bingley, cercò di farlo avvicinare, ma in quel preciso istante il cane corse verso Peter, ponendo le zampe anteriori sulle sue ginocchia e cominciando a scodinzolare.
Destiny storse le labbra, pensando che il ragazzo avrebbe reagito in malo modo.
Si avvicinò in fetta, scusandosi e tirando delicatamente Bingley dal collare per farlo scendere. Peter, per tutta risposta a dispetto di ciò che lei credeva, si abbassò e cominciò ad accarezzarlo, dicendole che non c'era nessun problema ed esordendo anche con
"E' un cane davvero socievole!".  Si alzò poi dalla posizione, sistemandosi la camicia che fuoriusciva dai jeans.

-"Sei della Roosvelt anche tu?"

Chiese, abozzando un sorriso. Gli sembrava di riconoscerla, oppure voleva solo un aiuto a migliorare i suoi voti? Non era la prima volta che qualcuno fingeva simpatia solamente per farsi passare i compiti in classe, Destiny era abituata.

"Si, sono della Roosvelt. Nella tua stessa classe di chimica, tra l'altro..."

Affermò, abbassando gli occhi sull'asfalto. Lui esitò per un momento, poi ebbe come uno scatto di "eureka!", focalizzando finalmente chi lei fosse.

-"Terzo banco sulla sinistra, giusto? Accanto a Ginny Torres?"

Annuì, abbassandosi per legare nuovamente il guinzaglio al collare dell'animale.

-"Si, sono io.. Come conosci Ginny?"

-"Un mio amico non fa altro che parlare di lei ahah.. Quindi tu sei Destiny!"

Si alzò, allargando le braccia ed abozzando un sorrisetto falso -"Così sembra..!".

-"Ti direi come mi chiamo, ma credo che tu già lo sappia ahah."

Esordì Peter. Perfetto, stava cominciando la sua fase d'antipatia e di ego gonfiato quanto un pallone spudoratamente messo in mostra. Destiny inarcò le sopracciglia, cominciando a camminare con lui al suo fianco, che nel frattempo infilò nuovamente le mani in tasca.

-"Perché dovrei saperlo?"

-"Beh, lo sa quasi tutta la scuola ahah"

Si fermò, voltandosi verso di lui e storcendo nuovamente le labbra per poi sfoggiare un ghigno di derisione, incrociando le braccia.

-"Beh"- Cominciò, imitando la maniera in cui il ragazzo precedentemente aveva affermato la citazione -"Io non sono tutta la scuola, potrei anche non sapere della tua esistenza."

Peter colse al volo la sfida di sguardi e sarcasmo che Destiny gli stava lanciando, puntando i piedi al suolo e incrociando le braccia proprio come lei, scimmiottandola.

-"Se tu non sapessi della mia esistenza, non potresti affermare che sono nella tua classe di chimica, o sbaglio?"

La ragazza si zittì, cercando di aprire la bocca tentando di rispondere a tono, ma sul momento niente di abbastanza sarcastico le percorse la mente. Solamente lasciò cadere le sue braccia sui fianchi e si morse le labbra, irritata.

-"Esattamente! Adesso scusami, ma dovrei andare a casa.. E' stato un piacere conoscerti, Destiny."

Sogghignò, allontanandosi con passo deciso.
Poi si fermò, si voltò nuovamente e disse a voce alta
:"Comunque sono Peter Hernandez, nel caso non sapessi della mia esistenza!" 
Portò la sua mano alla fronte e con due dita imitò un saluto militare, per poi voltarsi nuovamente e sparire sotto la luce dei lampioni che illuminavano a mala pena la strada.

"Idiota pieno di se."

Sussurrò Destiny, incamminandosi di nuovo verso casa sua, sentendosi la perdente della sfida del sarcasmo. Ma che le poteva importare in effetti? Purtroppo, il pensiero fisso rimaneva Shane, non poteva perdere tempo con un tipo che aveva definito un pallone gonfiato, un egoista, un idiota.. Ma anche estremamente carino, nonostante non le importasse. Non ancora. 

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Capitolo 3
*** 3° capitolo ***


Il giorno dopo come al solito Ginny la stava aspettando sul suo portico, osservando l'orologio e sbuffando. Destiny perdeva un pò di tempo per prepararsi, ma per lei era sempre troppo. Uscì di fretta, con un biscotto in mano e salutando sua madre.
Cominciarono insieme a percorrere la strada.


-"Come ti senti?"

Chiese Ginny, preoccupandosi per l'umore dell'amica. La guardò velocemente negli occhi, per poi voltare lo sguardo di nuovo sulla strada di fronte a se.

-"Come dovrei sentirmi..? Di certo non sto alla grande.. Non capisco come abbia potuto fare una cosa del genere."

-"Ma cosa, Destiny? Capisco che tu possa essere innamorata di lui, ma non state insieme. Mi dispiace dirtelo, fa male, lo so, ma devi accettare che sia finita.. Dovresti soltanto trovare un altro che ti sappia trattare meglio di lui, lo meriti davvero.."

-"Sai, parlare è facile.. Ma preferisco non pensarci adesso, lo vedrò a scuola, mi basta. Cambiamo discorso, dai.."

-"Ieri ho parlato con Ryan!"  

Ginny spalancò gli occhi, con un enorme sorriso che le illuminava il volto. Cominciò a saltellare per un secondo, con un'espressione estremamente soddisfatta.
Ryan, Ryan Keomaka, certo. Uno dei migliori amici di Peter.
Sperava sul serio che non fosse come lui, un pallone gonfiato dal cervello grande quando un suo dito. E lui aveva delle dita davvero piccole, considerando la sua altezza.
Destiny lo definì addirittura "ridotto in scala", scatenando la risata di Ginny. Così, le raccontò della sera prima e della sua sfida persa miseramente a causa dell'abilità sarcastica di quel nanetto. Ma Ginny la conosceva, sapeva come Destiny reagiva alla visione di un ragazzo che le sarebbe potuto interessare.
Mentre ne parlava male, la osservava e la guardava come per dire"Vuoi prendere in giro me?".  Destiny affermava più volte di non essere interessata, ma che lo trovava carino.


-"Beh, può essere carino quanto vuole, ma se in testa ha un criceto in prognosi riservata non credo che mi possa interessare, tu che dici?"

Ginny si zittì, annuendo e alzando le spalle.
Arrivarono a scuola e si dovettero dividere, diverse classi, diverse ore, si sarebbero viste nuovamente nella classe di chimica.

****
Quinta ora, chimica.

Destiny cominciò ad incamminarsi verso la sua aula, tenendo un libro sotto braccio e guardandosi intorno mentre girava ogni angolo dei diversi corridoi. Girando uno di questi, notò Shane poco lontano da lei che scosse una mano in aria per salutarla.
Ricambiò, fingendo un sorrisetto, per poi abbassare lo sguardo e velocizzare il passo. Il solo pensiero del giorno prima la distruggeva, se si fosse fermata lui l'avrebbe raggiunta e parlato con lei in totale tranquillità, come al solito. Shane rimase perplesso, rimanendo comunque impassibile di fronte alla diversa reazione di Destiny.
Velocizzò anche lui il passo, raggiungendola e picchiettandole sulla spalla. Lei socchiuse per un secondo gli occhi, fermandosi e sospirando.


-"Destiny! Perché corri?"

Disse, sorridendo tranquillo e prendendola a braccetto contro la sua volontà, continuando a camminare.

-"Err, sono in ritardo per chimica, devo sbrigarmi, sai c-com'è.."

Spiccicò lei a voce bassa, mentre arrossiva leggermente ma si copriva con i capelli, in modo da non farsi vedere.

-"Ah ma ancora manca un quarto d'ora e la classe è girando l'angolo, che ritardo e ritardo! ahah"- le diede un colpetto sulla fronte -"Sei sempre così paranoica!"
-"Già, paranoica.."

Disse con un filo di voce. Shane alzò un sopracciglio e si fermò, voltandosi verso di lei a pochi passi dalla classe. La afferrò per le spalle delicatamente, osservandola dritta negli occhi.

-"C'è qualcosa che non va?"
-"Che vuoi dire?"
-"Sei fredda.."

Destiny serrò le labbra, sentì la sensazione di pianto imminente stringerle lo stomaco in un pugno. Scosse la testa velocemente, sorridendo a malapena. Disse che doveva entrare in classe, quindi si liberò dalla presa di Shane e si allontanò, lasciandolo fermo lì a fissarla, perplesso.
Continuava a non capire ciò che era più evidente e lei non poteva farci nulla. Varcò la soglia dell'aula, notando Ginny già seduta al banco, mentre parlava con Ryan.
Si attorcigliava una ciocca di capelli tra le dita, mentre sorrideva istericamente ad ogni singola battutina del ragazzo. Girò gli occhi, sbuffando un pò per poi avviarsi verso il proprio banco.
Ginny notò la sua presenza e si alzò di scatto, dicendo a Ryan di aspettarla lì e portandola poco più lontana.


-"Ti va se per questo mese ho Ryan come compagno di chimica? Me lo ha chiesto in un modo così carino, ti prego Destiny, ti prego ti prego!"

Disse a voce bassa, con tono supplichevole a mani giunte, improvvisando un broncio tenero.
Destiny sbuffò, accusandola scherzosamente di essere una traditrice e dicendo che andava bene, se solo per quel mese.  Ginny la afferrò e l'abbracciò forte, stampandole un bacio sulla guancia.
Poi la guardò meglio, notando il suo sguardo cupo.
Chiese se Shane fosse il motivo, ricevendo un'ovvia risposta.
Le accarezzò una spalla, consolandola e chiedendole cosa fosse successo.
Poco prima che potesse aprire la bocca per spiegarle, il professore entrò in aula, facendo sedere tutti gli alunni.


-"Dopo mi racconti..!"

Disse Ginny, allontanandosi e facendo un gesto con la mano. Lei annuì, andandosi a sedere al posto di Ryan, che mentre le passava accanto la ringraziò. Posò la borsa sulla sedia libera accanto a se.
Il professore cominciò a guardare il registro, notando l'assenza di Peter Hernandez.
In quel momento Destiny spalancò gli occhi e guardò con sguardo assassino Ginny, intenta a continuare a sorridere come una scema al belloccio. Stava realizzando solo in quel momento chi sarebbe stato il suo compagno di chimica per un mese: il pallone gonfiato con l'ego quanto i suoi afro.
Sprofondò il viso fra le sue mani, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
Avrebbe voluto chiedere a Ginny di tornare ad essere la sua compagna, ma sapeva che dopo un altro po' di suppliche l'avrebbe lasciata andare e che quindi non sarebbe servito a nulla. Fortunatamente ancora il mago del sarcasmo non era in classe, magari aveva deciso di saltare scuola. Destiny fu percorsa da quella speranza, provando a pensare in modo positivo.
Caso fortuito, proprio in quel momento la porta precedentemente chiusa, si aprì lasciando intravedere un ragazzo in ritardo che chiedeva scusa al professore, che nel frattempo lo sgridava come al solito per il ritardo. Il ragazzo si scusò un'ulteriore volta, volgendo il suo sguardo verso il banco occupato da Destiny.
Abbozzò un sorrisetto di derisione, avvicinandosi al banco e posando la sua tracolla a terra e chiedendo spiegazioni.


-"Tu che ci fai qui? ahah"


 

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Capitolo 4
*** 4° capitolo ***


Destiny non rispose, si morse delicatamente la lingua con i denti ed indicò soltanto verso Ryan e Ginny, entrambi troppo occupati a socializzare per accorgersi della scena in corso. Poi prese la sua borsa e la gettò a terra dal suo lato.
Peter scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con la mano.
Adorava le reazioni di quella ragazza, adorava vedere quanto non lo sopportasse, lo divertiva da morire. 


-"Che c'è? Non sei contenta di essere la mia nuova compagna di chimica? Ah e soprattutto, per quanto? ahah"
-"Un mese." - Borbottò, chinata verso terra per prendere l'astuccio da porre sul banco. -"E comunque, no."
-"Andiamo, sono così carino e simpatico, vedrai che ti piacerà." 
Chiuse gli occhi sorridendo in modo beffardo. Destiny storse la bocca, cominciando ad ignorarlo. 
L'ora trascorse lentamente, nonostante desiderasse che si concludesse in pochissimo tempo, solamente per non vedere più quel viso odioso. L'alito di Peter sapeva lontanamente di fumo, probabilmente aveva ritardato proprio per fumare un po' con i suoi amici. Nonostante fosse fastidioso più del ronzio di una mosca dentro l'orecchio, era stranamente affascinata dal suo stile, ma ovviamente non gliel'avrebbe mai fatto sapere. 


-"Hai una gomma?"

Chiese ad un tratto lui, scuotendola dai suoi pensieri. Alzò gli occhi, annuendo ed indicando l'astuccio. Lui lo aprì, notando le gomme ed accanto un bigliettino, che senza farsi notare afferrò istantaneamente, aprendolo e leggendo.
Nulla di importante, solo il nome "Shane" trascritto milioni di volte. 
Trattenne una risata per poi voltarsi verso di lei, darle un colpetto sul braccio e mostrarglielo. 
Ella cercò subito di riprenderselo, facendo rumore con la sedia ed insultandolo a voce bassa.
Lo minacciò di far qualcosa, anche se non sapeva esattamente cosa.
Lui per tutta risposta lo tenne lontano da lei in modo da renderle il tutto più complicato. 


-"Voi due! Parlate da tutta la lezione, state disturbando la classe, adesso basta! Uscite entrambi subito, altrimenti vi spedisco dalla preside!"

Urlò d'un tratto il professore, sbattendo una mano sulla cattedra e facendo ricadere gli occhi dell'intera classe su quei due, rimasti pietrificati esattamente nella posizione iniziale. Lei attaccata ad un suo braccio, poco sollevata dalla sedia, intenta a prendere con l'altra mano il bigliettino, sporgendosi. 

-"E' colpa sua, non mi da ciò che mi appartiene!" 

Replicò Destiny, indirizzando entrambe le mani verso Peter, accusandolo. 

-"Mi ha aggredito lei, mi sta provocando da un sacco!"

Ribatté Peter, nascondendo una risatina sotto i baffi. 
Il docente pronunciò nuovamente le stesse parole, ancora più arrabbiato, obbligandoli ad uscire dall'aula e non rientrare fino alla fine dell'ora.
Destiny si chinò, afferrando la sua borsa, e violentemente si alzò, attraversando il corridoio formato dai banchi fino a raggiungere la porta ed uscire. Peter fece lo stesso, ma con una nonchalance inaudita, facendo anche occhiolini alle ragazze carine della classe mentre usciva. 


"Professore."

Disse con un falso tono di rispetto, ammiccando e uscendo anche lui.
La porta si chiuse dietro di lui, lasciando avvertire dei borbottii da parte del professore.
Destiny, appoggiata al muro accanto all'uscio, guardò Peter con sguardo assassino, avvicinandosi a lui e spingendolo ripetutamente. 


-"Idiota! Stupido! Pallone gonfiato! Che ti importava di tenere quel biglietto?!" 

Urlò, stringendo i denti. Lui le bloccò entrambe le mani, tenendole poco alzate e cominciò a ridere. 

-"Non mi importava, però mi ha fatto ridere come tu avessi scritto così tante volte il nome 'Shane' su un bigliettino. Andiamo, son cose da studentesse delle medie ahahah"
-"Hai problemi a riguardo? Non è recente quel bigliettino.. è vecchio!"

Replicò lei, innervosendosi sempre di più e cercando di liberarsi dalla presa del tipo, risultando come un agnellino bloccato che si dimenava. Peter capì subito che quel bigliettino era tutt'altro che vecchio e fu quello che appunto le disse, chiedendole ripetutamente se era ancora interessata a lui. Destiny fece cadere la borsa, nel tentativo di spingerlo al muro che si rivelò poi contrario.
Così, in mezzo al corridoio vuoto, due tipi si accingevano a litigare spinti ad una parete.


-"Ma mi spieghi che cazzo ti importa?! Non devo dare spiegazioni a te!" 
-"Uuuh, una parolaccia, sei infervorata sul serio eh? Dai, in veste di amico, ti posso aiutare magari!"

Destiny si liberò finalmente, sistemandosi la maglietta sgualcita ed il ciuffo spettinato, allontanandosi dalla parete e raccogliendo la borsa. 

-"Non ho bisogno di aiuto da parte tua, considerando il tuo stupido ego quanto una mongolfiera e la tua capacità di creare solo casini, sei assolutamente inutile."

Peter incrociò le braccia, inarcando le sopracciglia e guardandola dall'alto in basso. Poi alzò le spalle e cominciò ad allontanarsi senza dire una parola.
Per un momento Destiny sentì un brivido attraversarle la schiena e la testa farsi pesante. Avvertì un senso di colpa nell'averlo insultato così tanto. 


-"Peter..!" 

Disse a voce alta, allargando le braccia e sperando che si voltasse. 

-"Ci si vede!" 

Rispose lui senza nemmeno girarsi, tenendo le mani in tasca e girando l'angolo.

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Capitolo 5
*** 5° capitolo ***


Peter e Destiny continuarono a vedersi ogni martedì ed ogni giovedì nella classe di chimica. Per i primi tempi dopo la discussione fuori dalla classe, entrambi rimasero zitti e fermi durante le lezioni, senza nemmeno scambiarsi una parola. Peter continuava la sua vita da donnaiolo con i capelli fighi, Destiny ricominciava a parlare con Shane nonostante sapesse benissimo come si svolgessero i fatti. Ginny e Ryan risultavano ancora come i due tipi che parlavano sotto voce di quanto fossero carini.
Solo due settimane dopo i due ricominciarono a parlare, anche se di poco e niente e solo durante la lezione di chimica. Destiny una mattina, durante la lezione, strappò un pezzettino di carta da un quaderno. Afferrò una penna a caso e scrisse come una bambina "Scusa se sono un'antipatica". Poi lo piegò e glielo passò piano, tenendo la penna accanto a se.
Peter posò lo sguardo su esso, chiedendosi di cosa si trattasse.
Aprì delicatamente il bigliettino in modo da non farsi vedere. Sorrise, poi, lanciandole un'occhiata. Lei teneva lo sguardo verso il professore, ma con la coda dell'occhio osservava la sua reazione. Peter afferrò la sua penna, rispondendole e passandole nuovamente il pezzo di carta non piegato.


"Sei odiosa, ma non quanto me"

Destiny sorrise, guardandolo e posando il bigliettino dentro l'astuccio. Rimasero per un secondo a fissarsi, complici. Poi distolsero gli sguardi e Peter le diede un colpetto con il piede, aspettando la reazione di lei, simultanea.
******
Trascorsero altre due settimane, entrambi cominciarono a diventare amici e a vedersi più spesso oltre le lezioni. Il patto con Ginny saltò dal momento che lei e Ryan cominciarono a frequentarsi. Non si trattò più di un mese ma addirittura di tutto l'anno scolastico. Un giorno, dopo la lezione uscirono tutti dalla classe, con la stessa velocità con cui si corre verso un fast food durante un attacco famelico.
Destiny si sentì toccare una spalla e si voltò, notando Peter al suo fianco, sorridente.

-"Allora, oggi che fai? Resti a casa a fare la muffa oppure vai alla serata organizzata al Neshville Waikiki?"

Disse, stringendo la sua mano intorno alle sue spalle. Lei sorrise, togliendo quest'ultima dalla sua spalla, scherzando.

-" Ovviamente vado, solamente perché sono obbligata da Ginny ahah Io non resto a fare la muffa, pallone gonfiato!"
-"Ma che dici, sei una vecchietta rispetto a tutti gli altri. E poi, sarò anche un pallone gonfiato ma ti sto simpatico!"

Destiny raggiunse il suo armadietto, aprendolo e posando il libro di chimica all'interno di esso-"Forse fingo!" - Disse, guardandolo e facendogli l'occhiolino. Peter si appoggiò con una spalla alla parete vicino ad esso, mordendosi un labbro e giocherellando con la cerniera della tracolla.

-"Mi piace quando fingi allora.."

Lei si voltò verso di lui di scatto, arrossendo e aprendo la bocca per rispondergli, quando in quel preciso istante un'altra voce la distrasse.

-"Destiny, a che ora ti passo a prendere stasera?"

Shane le afferrò i fianchi, facendole chiudere l'armadietto e non badando alla presenza di Peter. Egli, storse la bocca, divenendo serio.

-"S-Shane, err, verso le nove?"

Shane approvò e le chiese di andare con lui in mensa. Lei, visibilmente imbarazzata, gli rispose di si con un filo di voce e gli disse che l'avrebbe raggiunto a breve, giusto il tempo di sistemare i libri e prendere quelli per la prossima ora. Gli consigliò di avviarsi nel frattempo. Lui annuì, lanciando un'occhiata disgustata a Peter e stampando un bacio in guancia a Destiny.
Poi si diresse verso la mensa, dando una leggera spallata al ragazzo ed allontanandosi. Peter scosse la testa, sospirando e passandosi una mano sulle labbra per poi farla scivolare sulla guancia.
Si spinse con la spalla dalla parete, tornando dritto e alzando le spalle, dicendole che sarebbe andato a mangiare in cortile invece che in mensa.
Lei lanciò una breve occhiata fuori dalla finestra, indicando la pioggia che batteva sul davanzale di essa e le gocce che facevano a gara per quella che lo avesse dovuto raggiungere per prima.


-"Raggiungerò la parte coperta, tranquilla, sai che sono quattro gocce d'acqua per Hernandez? Mi aspettano tutti lì."

Fece un sorrisetto, ammiccando. Poi cominciò ad allontanarsi senza dire una parola.
Destiny sospirò, chiudendo l'armadietto ed andando verso la mensa.
*****
Dopo aver pranzato con Shane, decise di raggiungere Peter per trascorrere ancora un po' di tempo con lui. Raggiunse il corridoio che precedeva l'uscita per il cortile ed osservò dalla finestra.
Tutto il suo gruppo era lì a far baldoria, ma di lui non c'era traccia. Rimase perplessa, constatando che non poteva essere nemmeno con Ryan, dato che aveva pranzato con lei, Shane e Ginny. Allora dov'era?
Si diresse verso le scale, magari era già nell'aula della sua prossima ora, matematica. Poco prima di arrivare ad essa, sentì una melodia provenire dal teatro dalla scuola.
Si guardò intorno e poi aprì delicatamente la porta di quest'ultimo, sporgendosi un po' per capire chi stesse suonando la chitarra. Sul palco, da solo, illuminato solo da qualche luce, notò Peter a solfeggiare.
Lasciò chiudersi dietro di se la porta, lentamente in modo da non farsi scoprire. Poi, si avviò con passo felpato verso uno dei sedili e si sedette, sprofondando e non facendosi vedere.
Era affascinata dalla sua voce, non ne era a conoscenza.
Sapeva che era bravo a cantare, ma non così.
Non così tanto bravo da farla rabbrividire. Quando cominciò a cantare in falsetto una strofa di una canzone di Michael Jackson, si sciolse del tutto. Chiuse gli occhi e appoggiò le mani ai braccioli per stringerli e tirarsi un po' su. Peter terminò in quel momento di suonare e posò gli occhi su una presenza in lontananza.
Destiny si era tirata troppo su, lasciando intravedere il suo capo.


-"Destiny?!" -Disse, ricomponendosi all'istante e catapultandosi giù dal palco.

Lei si alzò di scatto, sistemandosi i capelli e raccogliendo la borsa da terra
-"Che ci fai qui?"- Continuò, imbarazzato.

-"Ho sentito una voce e siccome mi è piaciuta sono entrata per vedere chi era, scusa, non volevo spiarti.."

Si giustificò lei, stringendo le mani dietro la schiena e poi portandole di fronte al volto come per dire "non sono stata io".

-"Oh.. Beh, non era nulla, non farci caso, ero annoiato e..e i-"
-"Sei fantastico.."

Gli sguardi di entrambi si alzarono reciprocamente. Peter sorrise, seguito istantaneamente da lei.

-"Ti ringrazio.."

Rispose lui con un filo di voce. Destiny era sconvolta, non poteva crederci. Per una volta, Peter Gene Hernandez si stava imbarazzando fino a rimanere senza parole e con poca voce. Le faceva una tenerezza immensa vederlo in quel modo, abbastanza da credere che tutta quella sua fama di belloccio e di fighetto fosse una copertura. Hernandez non era un fighetto, era solo un bel ragazzo voluto da un po' di ragazze che nascondeva altri lati meravigliosi, forse anche a se stesso. Sapeva arrossire e sapeva rimanere senza parole anche lui, non era impassibile, non era insensibile, non era inutile.
Era solo lui e non sapeva apprezzarsi.
Era solo lui e Destiny lo apprezzava davvero. 


 

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Capitolo 6
*** 6° capitolo ***


In quel preciso istante la campanella suonò, inizio di una nuova ora. I due furono scossi dallo scambio di sguardi che stava intercorrendo e furono costretti a correre nelle proprie aule. Raccolte le borse entrambi corsero fuori dal teatro, dividendosi in diversi corridoi e dileguandosi solo con un veloce saluto. Da lontano Peter si voltò -"All'uscita ti accompagno io a casa!"-  urlò, aspettando la risposta di lei.
Non si voltò, ma rispose comunque "Okay" con annesso segno, quasi scivolando sul lucido pavimento.
Peter sorrise, poi continuò a correre.

******

Come promesso, all'uscita Destiny si fece trovare accanto all'insegna della scuola, aspettandolo.
Poco dopo lo vide uscire con Ryan e Ginny, così si avvicinò per salutarli. Ginny la prese da un braccio e la fece allontanare per un secondo, scusandosi. Sembrava che ultimamente avesse questo dannatissimo vizio di prenderla e dirle le cose di nascosto, risultava alquanto buffo.
La guardò con occhi pieni di ipotesi creati dalla sua testolina fantasiosa, chiedendole se tra lei e Peter ci fosse qualcosa.
Destiny scosse la testa con un risolino, dandole della pazza.
Erano soltanto amici, lei stava cominciando ad apprezzare un lato nascosto di lui e soprattutto aveva dei bei capelli, quello non lo avrebbe potuto negare. Scoppiarono a ridere, tornando verso di loro e continuando a parlarne a bassa voce.
I due ragazzi allargarono le braccia come per dire
"Beh, che facciamo?".
Ginny stampò un bacio in guancia all'amica, poi guardò Peter e puntò due dita ai suoi occhi e poi a quelli del ragazzo, come per avvertirlo e dirgli di stare attento a ciò che faceva. Rimase perplesso ma non ci fece caso, entrambe le ragazze erano assurdamente strane.
Destiny però lo era in modo carino a suo avviso; Era una finta goffa, nascondeva un qualcosa che lui sosteneva lo "accendesse", come una sorta di fuoco interiore che aspettava di uscire.
Era più dinamica di quello che voleva lasciare vedere, sapeva essere più pungente di quello che si ostinava a far sentire.
Cominciarono entrambi ad avviarsi dopo aver notato gli altri allontanarsi, così a parlare.
Per tutta la strada non fecero altro che ridere e scherzare come due amici d'infanzia, come due in perfetta sintonia.
Gli saltò sulle spalle ad un certo punto, soltanto per giocherellare con i ricci in superficie e fingere di guidarlo.
Attraversarono in quel modo le strade, incuranti della gente che li osservava.
Si divertivano insieme, che motivo avrebbero dovuto avere di preoccuparsi di ciò che gli altri pensavano di loro? Era assurdo pensare che fino a qualche settimana prima, proprio su quel vialetto dove adesso si trovavano per salutarsi prima che lei entrasse in casa, stavano intraprendendo una sfida di sarcasmo arrivando ad insultarsi silenziosamente. Peter la fece scendere dalle sue spalle, lamentandosi scherzosamente di quanto fosse pesante e tirandosi indietro con la schiena per raddrizzarla.
Destiny scoppiò a ridere, ponendosi di fronte a lui, aspettando che la guardasse e dicesse qualcosa.


-"Allora.. Oggi vai con Shane alla serata?"
-"Beh si, me lo ha chiesto due giorni fa. Non capisco esattamente perché e sinceramente ho paura delle sue intenzioni."
-"Allora perché hai accettato?"
-"E' Shane... Lo sai.."

Scosse la testa in segno di disapprovazione ed incrociò le braccia, spostando la lingua su una guancia e mordendola con i molari. Le raccomandò di stare attenta e di non farsi prendere troppo dalle cazzate di Shane, non avrebbe esitato a prendersi nuovamente gioco di lei, conoscendo ogni suo punto debole. Lui sapeva come prenderla e come lasciarla senza farla scappare, come tenerla in pugno.
Sapeva essere il cacciatore di una preda troppo semplice da prendere. La prese poi dalle spalle, accarezzandole delicatamente e rimanendo in silenzio.
In quel momento, tra quei due, qualcosa divenne improvvisamente forte, incontrollabile.
Si fissarono senza dire una parola, solamente con l'enorme voglia di abbracciarsi e sentire i corpi abbastanza vicini da poter parlare senza emettere suoni.
Destiny, d'un tratto, lo abbracciò forte senza dire una parola.
Peter esitò, confuso, poi allacciò le sue braccia dietro la sua schiena e posò la testa sulla sua spalla, inebriandosi del suo profumo. Si staccarono, sospirando.


-"Grazie Peter.. Sei davvero meraviglioso."

Disse, allontanandosi poi verso la porta di casa.
Lui rimase lì fermo a fissarla, per poi abbassare lo sguardo e andarsene, con un accenno di un sorriso malinconico sul volto.

*******

Il buio calò su Honolulu, il venerdì cominciò a mettere in scena le luci dei diversi locali notturni accessibili a chiunque, le auto si fecero numerose per le strade che conducevano ad essi.
Musica a tutto volume in grado di far tremare tutti i passanti ed i numerosi ospiti delle discoteche.
Il Neshville Waikiki pullulante di ragazzi della Roosvelt, chi già ubriaco e chi ancora all'entrata a cercare di corrompere il buttafuori se non fornito di un pass per entrare prima.
Peter, seduto su uno dei divanetti a lato del locale, si guardava in giro, accecato dalle migliaia di luci colorate ed intermittenti che gli contornavano il viso e disegnavano su esso degli strani giochi di colori.
Ryan accanto a lui cercava di distoglierlo dalla costante ricerca di Destiny e di Shane, riuscendoci solo per pochi minuti, poiché successivamente tornava a ballare con Ginny. D'un tratto, eccoli.
Strizzò gli occhi, poi li spalancò, assicurandosi che fossero davvero loro. I lunghi capelli neri mossi di Destiny le cadevano direttamente sulla schiena lasciata scoperta dal vestito lungo fino a poco prima delle ginocchia.
I suoi fianchi erano avvolti dal braccio destro di Shane, che camminava con lei stringendola come se stesse stringendo un trofeo da mostrare a tutti.
Le sussurrava a tratti qualcosa all'orecchio, che le causavano dei piccoli sorrisetti. Peter si ritirò, lasciandosi cadere in maniera sciatta sul divanetto e poi afferrando la bottiglia di vodka di fronte a se, versandosene un po' nel bicchiere.
Lo buttò giù in pochissimo tempo, guardandola ballare con Shane.
La osservava come si osserva qualcosa che non vedi l'ora di osservare da sempre, che ti rende debole solo a pensarci. Destiny nel frattempo, nonostante fosse accanto a Shane che le stava riservando particolari attenzioni, non perdeva l'occasione per guardarsi in giro e cercare il tipo dai capelli afro. Quando lo notò, probabilmente lui aveva già raggiunto i tre bicchieri pieni. Si staccò dal suo accompagnatore, scusandosi e raggiungendo velocemente i divanetti dove lui era seduto.
Lo salutò urlando e sorridendo.
Lo incoraggiò ad alzarsi, tirandolo verso di se. In quel preciso istante entrambi rimasero nuovamente senza parole. Come la stessa mattina, ma quella sensazione si fece ancora più forte.
Peter posò le sue mani sui suoi fianchi, mentre lei teneva le sue sopra il suo petto a pochi centimetri di distanza.
I corpi di entrambi stavano cominciando ad aumentare di temperatura, sfioravano i cento gradi solamente attraverso un misero tocco ed un misero sguardo confuso in mezzo alle luci.
Destiny lo guardò in maniera decisa, afferrò la bottiglia di vodka e lo condusse con se verso il parcheggio, evitando di farsi vedere da Shane che probabilmente l'avrebbe seguita.
Peter era sempre più preso dal suo dannatissimo fuoco interiore che accendeva anche lui. 

*****

Si nascosero accanto alla macchina di Peter, posando le spalle su essa e cominciando ad imboccare la bottiglia a turno, bevendo e parlando tra di loro. Lui gli chiese come stesse andando con Shane, poco prima di posare le labbra sul collo della bottiglia sporco del rossetto rosso scuro di lei. Rispose che non le importava, che in quel momento avrebbe potuto farsi chiunque e che lei era assolutamente indifferente.
Destiny, però, dopo pochi sorsi era visibilmente alterata, non riusciva più a distinguere ciò che accadeva.
Lo stesso valeva per lui, già assuefatto ai primi due bicchieri pieni.


-"Baciami."

Disse lei dal nulla, guardandolo con sguardo perso e alzandosi di scatto, pur barcollando. Si alzò anche lui, confuso e senza la minima idea di cosa dovesse realmente fare, poiché ancora cosciente per metà.

-"Cosa?"
-"Baciami, vieni qui e baciami, porca puttana! Che c'è, non capisci cosa dico?"

Peter scoppiò a ridere sotto l'effetto dell'alcohol, proprio come lei, ma comunque non rinunciò all'ordine.
La spinse contro l'auto, posando una mano su di essa e bloccandole un'uscita. Lasciò scivolare l'altra sul suo fianco, per poi stringerlo forte e tirare il suo corpo verso di lui. Stampò le sue labbra su di lei, schiudendole poco dopo in un bacio tutt'altro che delicato e romantico.
Lasciò poi camminare la sua mano lungo la gamba poco a poco, scendendo e baciandole il corpo fino allo stomaco per poi risalire.
Lei gli afferrò il viso, facendolo di nuovo salire verso la sua bocca.
Subito dopo aprì la portiera dell'auto, lasciandosi cadere sui sedili posteriori con lui addosso, che chiuse successivamente lo sportello.


-"Che stiamo facendo?"

Disse lui, non staccandosi dal suo corpo e continuando ad abbassare prima una spallina del vestito e poi cominciando ad accarezzare la parte interna di una coscia. 

-"Non staccarti da me e basta."

Disse lei con un filo di voce, respirando faticosamente.
Non potevano fare a meno di volersi, volersi in ogni modo possibile quella sera.
Volere l'uno la carne dell'altra, il sudore, la saliva.
E quella sera, fu quella in cui iniziò davvero tutto.
Fu quella che avrebbe dato vita a qualcosa di sporco, di così dannatamente sporco da non fargli desiderare altro che averne sempre di più, che avrebbe dato vita alla caccia nella giungla. 


 

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Capitolo 7
*** 7° capitolo ***


L'alba.
Un numero di ragazzi si avviava verso le loro auto o mezzi per tornare a casa. Chi barcollante, chi lucido ma ancora esaltato, ragazze a piedi scalzi poiché non sopportavano più di essere comandate dai loro altissimi tacchi, altre perfettamente erette che riuscivano ancora a camminare senza problemi.                                                                            
Un raggio di sole trapassò una nuvola, sbattendo contro il finestrino dell'auto e penetrando in essa, dritta verso gli occhi di Destiny. Il viso di quest'ultima si posava sul petto di Peter, insieme alla sua mano destra posta poco sotto il collo.
Lui giaceva con il capo sul sedile, stringendo a se la ragazza con un braccio e reggendosi dalla portiera con l'altro.
La prima a svegliarsi fu proprio lei, sollecitata dai raggi che le colpivano il viso.
Strizzò gli occhi, guardandosi in giro, confusa.
Poi posò lo sguardo su Peter, sconvolta. Si chiedeva cosa fosse successo la sera prima, se si fossero fermati solamente a qualche bacio o no.
Si rispose quando notò la propria biancheria intima sparsa per i sedili anteriori e una delle spalline abbassate fino ad essere tolta. Un deja-vu pressò nella sua mente, svariate scene spezzettate della notte prima le segnarono un percorso completo.
Spostò la mano di Peter da se delicatamente, portandola al suo petto e cercando di non svegliarlo. Aprì velocemente lo sportello, percorsa da una forte sensazione di nausea risultato della sbronza della sera prima.
Si chinò verso fuori, tenendosi i capelli e vomitando tutto l'alcohol ingerito. Si asciugò poi la bocca con la mano, arrabbiandosi con se stessa per ciò che era successo. Una lacrima causata dal nervosismo le rigò il viso dal trucco sciolto e steso in modo disomogeneo. Si tirò di nuovo su, notando un sacco di persone della sua scuola uscire dalla discoteca e dirigersi lì vicino.
Quindi entrò di nuovo in macchina, chiudendo la portiera ed afferrando silenziosamente e senza farsi notare la propria biancheria dal sedile anteriore.
Peter aprì piano prima un occhio, poi l'altro, sbadigliando e alzando le braccia verso il tettuccio per sgranchirsi, ma accorgendosi poco dopo di essere dentro la sua auto, esattamente quando sbattè le mani contro la capote.
Spalancò gli occhi, stordito dalla quantità di vodka ingerita. Imbarazzato, si sollevò gradatamente e diede un colpetto sulla spalla a Destiny, che non si era accorta del suo risveglio. Ella sobbalzò leggermente, voltandosi verso di lui e tirando un sospiro, mentre infilava di nuovo il reggiseno lasciando visibile solo la schiena.
Lui fece per aprire la portiera quando sentì stringersi un braccio e pregare di non farlo finché non si fossero allontanate le altre auto. Gli fu chiesto, al massimo, di scavalcare e raggiungere il sedile del guidatore, in modo da mettere in moto ed allontanarsi. Così fece, cercando di non farle del male colpendola con un piede, scavalcando in modo impacciato. Girò poi le chiavi già inserite nel quadro, rivoltandosi per fare marcia indietro e poi premendo sull'acceleratore, dirigendosi verso casa di Destiny.
Nel frattempo lei aveva già provveduto a rivestirsi, oltrepassando l'altro sedile e sedendosi sopra di esso.
Poi si guardò nello specchietto, cancellando la matita sbavata con le mani e cercando di dare una forma ai capelli arruffati e spettinati.


-"E' successo quello che penso?"

Disse poi, ancora turbata, girandosi verso Peter intento a guidare e osservare la strada. Lui non spostò lo sguardo e con tono scontato e sarcastico rispose -"Cosa ti sembra che sia successo? Abbiamo giocato a dama, sciocchina!"- poi abbozzò un sorrisetto, seguito da lei che però si ostinava a voler sembrare arrabbiata. Gli diede un colpo alla spalla, definendolo un idiota per l'ennesima volta.
Peter alzò le spalle, incurante. Poi, entrambi si fecero seri.

-"Eravamo ubriachi.. E'successo per questo.." - Iniziò lei, abbassando lo sguardo sulle sue mani e mordendo ogni tanto un'unghia, segno di visibile nervosismo.
Poi voltò lo sguardo verso il finestrino, guardando fuori.


-"E' successo perché doveva succedere. L'ubriacatura ha velocizzato il tutto, ma sarebbe successo anche in futuro, solo che ci avremmo messo più tempo."

Rispose lui con tono deciso, lanciandole un'occhiatina di chi di solito vuol dire "Fidati di me". Lei lo guardò, annuendo e dandogli silenziosamente ragione. Poi afferrò il cellulare lasciato precendentemente sul sedile posteriore e controllò le ultime chiamate.
Shane
Shane
Shane
Shane
Altrettanti messaggi da parte sua che le chiedevano dove si fosse cacciata e se stava bene.
Bloccò nuovamente il telefono, appoggiando la testa al sedile e chiudendo gli occhi, sospirando.


-"Quanti te ne ha scritti?"
-"Cosa?"
-"Shane, quanti messaggi ti ha scritto?"
-"Come fai a sapere che stavo controllando i messaggi di Shane..?"
-"Non sembri esattamente la felicità fatta persona, pensavo che ti fossi mortificata per non avergli risposto, tutto qui.."

Destiny si chiedeva come lui riuscisse a capire così bene ogni sua espressione, ogni suo pensiero senza che lei ne parlasse.
Lo osservava mentre guidava senza dire una parola, solamente pensando a ciò che era successo la sera prima.
Non era pentita, non lo era per niente.
Anche se non aveva risposto a Shane, non se ne faceva un enorme problema, gli avrebbe detto che si era addormentata subito dopo essere arrivata a casa, poiché aveva evitato di ubriacarsi eccessivamente ed aveva trovato un passaggio da una sua amica.
Non avrebbe potuto nominare Peter, nè con lui nè con nessuno. Non c'era niente di concreto, solamente un gioco costruito dalla sbronza e dalla confusione.
Sarebbe stato un caso isolato, loro non avrebbero perso la loro amicizia e avrebbero pensato solamente a cercare altre persone in modo da dimenticare quello spiacevole evento.
Anche se spiacevole si fa per dire. Non le sarebbe piaciuto perdere un ragazzo che la capiva così bene solamente per un'attrazione carnale, anche se molto intensa.
Non riusciva a decifrare in quel caso il pensiero di Peter.
La pensava come lei? Voleva continuare? Voleva qualcosa di più?
Un milione di domande le intasarono ogni singola fibra cerebrale, spingendola a pensare e ripensare alle risposte più ovvie o magari a quelle meno scontate che sarebbero state proprio quelle corrette.
Una cosa era certa: In quel momento Shane era assolutamente in secondo posto. In una normale situazione, notando i messaggi avrebbe sorriso come una scema, cominciando ad urlare come una bambina alla vista di un negozio di caramelle aperto solo per lei.
Peter accostò l'auto poco prima di casa di lei, in modo da non farsi vedere dai suoi genitori nel caso fossero stati affacciati alla finestra. Raccolti gli effetti personali, Destiny aprì lo sportello ponendo una gamba fuori da esso.
Lui tenne le mani ferme sul volante, guardandola. Poi lei si voltò, senza dire una parola.
Sospirò e girò nuovamente lo sguardo verso il vialetto poco lontano da entrambi.


-"Cosa vuoi fare?"

Disse lui, rimanendo serio e continuando a guardarla fissa negli occhi.

-"Tu cosa vorresti fare?" - Ribattè lei, in cerca di una risposta ovvia nei suoi occhi, una che non avrebbe fatto problemi a capire.
Come al solito, lui appariva abbastanza misterioso ed illegibile, era impossibile decifrare ciò che gli passava per la testa.


-"Credo che tu abbia ragione, dovrebbe rimanere un caso isolato. Torniamo quelli di prima?"

Un sorriso incoraggiante misto ad uno sguardo che sembrava voler dire tutt'altro.
Signore e signori, la semplicità molto definita di Peter Gene Hernandez.


-"S-si... è la cosa giusta da fare.. Penso proprio di si. Adesso devo occuparmi di capire come farla bere a Shane..ahah.."

Risero entrambi, ma più che una vera risata, sembrava forzata, malinconica, ostentata per non rimanere in silenzio.
Destiny scese dall'auto, chiudendo la portiera dietro di se e cominciando a camminare, scuotendo la mano in segno di saluto.


-"Destiny!"

Peter la fece voltare, scendendo in fretta e furia dall'auto e avvicinandosi a lei, fermandosi di fronte. Estrasse un foglio piegato dalla tasca e glielo porse, sorridendo.
Poi, silenzioso tornò in auto e girò le chiavi nel quadro, partendo e lasciandola lì, perplessa e curiosa.
La ragazza abbassò lo sguardo sulla scritta posta dietro al foglio, poco vicino al bordo.


"You got me burning up, turning up, feels like I'm on fire."

*******
Peter tornò a casa velocemente, riuscendo anche a non vomitare.
Fortunatamente reggeva abbastanza l'alcohol da potersi permettere di riprendersi grazie ad una dormita. Infatti, ciò che fece al ritorno, fu proprio catapultarsi sul suo letto a dormire senza dare alcun genere di spiegazione a genitori e sorelle. La vita facile dei ragazzi era proprio questa.
Rientrare ad ogni ora senza dover dare spiegazioni, poter anche ammettere di aver fatto sesso con qualcuna senza beccarsi casini lunghi una settimana con tanto di punizioni, ma anzi, ricevendo complimenti da padre e fratello, rimanere comunque il "bimbo" di mamma se solo l'avesse coccolata.
Così per sei buone ore, dopo essere rimasto solamente in mutande ed essersi liberato dagli scomodi vestiti della sera prima, l'unica cosa che si sentì nella sua stanza fu solo il rumore del suo respiro mentre dormiva, contornato dal lontano infrangersi delle onde sulla spiaggia.
Bussarono alla porta diverse volte sia sua madre che suo padre, dando anche un'occhiata, ma non ci riuscirono a parlare dato che era immerso nel sonno più profondo.
Solo Eric, dotato di un'enorme delicatezza nei confronti del fratello più piccolo, si permise di entrare in stanza e lanciargli dell'acqua ghiacciata contenuta in un bicchiere direttamente in faccia.
Peter si alzò di scatto, dandogli un colpo ed insultandolo per averlo svegliato in quel modo brusco. Poi gli chiese cosa volesse e cosa ci fosse di così importante da dire o sapere da scuotere in quel modo il suo sogno.


-"Che siamo nervosi..!"- Esordì Eric, nella più totale tranquillità e anche divertito nell'osservare infervorarsi suo fratello-"Niente, volevo solo chiederti cosa hai fatto ieri sera!"
-"Nulla, che avrei dovuto fare? Mi hai svegliato per questo? Seriamente?!"-  La voce di Peter tremò per un secondo nel negare di aver fatto qualcosa, ma poi si stabilizzò e divenne nuovamente nervosa nel pensare a come era stato risvegliato.

-"Mi è sparito un preservativo,  testa d'albero. L'hai preso tu, vero?"
-"Anche se fosse?"
-"Ok, chi è? Come si chiama? E' carina? Da quanto ti piace?"
-"Possibile che tu sia più pettegolo di tutte e quattro le nostre sorelle messe insieme? Non ti dico come si chiama, non mi piace, sparisci e fammi dormire."

Eric pressò ancora un pò per farlo parlare, ma con scarsi risultati. Il fratello serrò le labbra e sprofondò la testa nel cuscino, rispondendogli solo attraverso qualche lamento e muovendo il braccio verso la porta, ordinandogli di andarsene. Alla fine Eric cedette e se ne andò con l'amaro in bocca e la curiosità di scoprire chi fosse la ragazza di cui il suo fratellino stava cominciando ad avere una cotta.

-"Non ti piace ma te la porti a letto... Certo! Prendi qualcun in giro, fratellino!"
-"Ho...detto...di... uscire."

Scandì le prime tre parole dal cuscino, stringendo i denti. Poi pronunciò l'ultima quasi con un urlo da camionista, indicando nuovamente l'uscio e facendo ricadere la testa sul letto, sospirando nervosamente. La porta si chiuse e lui emise un respiro di sollievo, spiccicando con poca voce un "Finalmente, cazzo".
Si addormentò nuovamente per altre ore. 


 

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Capitolo 8
*** 8° capitolo ***


Si svegliò verso le sei del pomeriggio.
Barcollò un po' per la stanza, raggiungendo il suo bagno e sciaquandosi la faccia, per poi posare una mano sui suoi afro e sistemarli.
Si infilò una maglietta ed un pantalone di tuta, decidendo di rilassarsi magari scrivendo qualche canzone o cercando di comporne la melodia.
Afferrò quindi la sua chitarra, aprendo la porta che conduceva direttamente alla veranda.
Si sedette su un dondolo e armato di penna e fogli, creò nuove strofe ripensando alla sera prima.
Ripensò al viso di Destiny, ai suoi tratti meravigliosamente definiti e ad i suoi capelli morbidi e che precedentemente lo solleticarono in ogni lembo di pelle scoperto dentro la sua auto.


"Is there alright?
Is there okay?
Girl, don't need to be nervous.
'Cause I got you all night, don't you worry about a thing.
Just go with it, go with it, go with it and I will go real
Slow with it, slow with it, it's our first time."

Mordeva la penna mentre con la chitarra ideava un'arrangiamento per quella canzone concepita solamente attraverso ciò che la mente ed i ricordi informi gli dettavano di scrivere.
Quello che più lo accendeva era racchiuso in quella ragazza, quello che più lo faceva sentire in una giungla, lo faceva sentire un cacciatore.
Ecco, lui era il cacciatore e lei la preda.
Si rimproverava di non averci pensato prima e averlo inserito nel foglio che la mattina stessa le aveva consegnato, contenente un'altra canzone.
Destiny aveva già consultato quel foglio, leggendo e rileggendo le parti che più le piacevano.


"E' come se andassi a fuoco, a fuoco, il mio corpo è a cento gradi ogni volta che sei accanto a me. E' come se andassi a fuoco, a fuoco, ragazza mi rendi così bollente, non voglio che questo finisca. Ragazza mi hai fatto andare a fuoco, andare a fuoco, andare a fuoco, quindi accendilo, accendilo. E' come se andassi a fuoco, a fuoco, la mia temperatura è più alta, sto sudando con desiderio, è come se andassi a fuoco."

Si morse il labbro inferiore, guardando verso la parete e sorridendo sentendosi una scema.
Abbassò poi lo sguardo, accennando una risatina di soddisfazione ed alzandosi, camminando in cerchio e cominciando a canticchiarla in diverse maniere, in modo da capire quale sarebbe stata migliore.
Sua madre in quel momento entrò nella stanza, avvertendola che essendo sabato sera lei e suo padre sarebbero usciti. Le chiese se le andasse di andare con loro a mangiare qualcosa e poi in giro per Waikiki, ma la sua risposta fu negativa.


-"Beh allora sappi che c'è un pezzo di polpettone nel frigo... E sistema questa stanza, non sono la tua cameriera!!"

Destiny sbuffò, annuendo e ripetendole di si, aspettando che si dileguasse e si andasse a preparare.
Si sedette di conseguenza alla scrivania di fronte al suo computer, aprendo una finestra di chat e componendo velocemente un messaggio, picchiettando rumorosamente sulla tastiera.  

Destinatario: Afro

Destiny:
"Ti va di vederci?"

Peter fu distratto dalla creazione della melodia quando il trillo di ricezione del messaggio rimbombò per la stanza silenziosa.
Posò per terra la chitarra, entrando e chinandosi sulla scrivania per vedere chi avesse scritto.
Sorrise nel notare il nome di lei, quindi si sedette all'istante e lesse il testo.

Afro:
"Certo, quando?"
Destiny: "Stasera, verso le nove"
Afro: "Dove?"
Destiny: "Se vuoi passare da me per vedere qualcosa e strafogarci di patatine va bene, ho casa libera. Altrimenti usciamo e a andiamo dove ti pare."
Afro: "Ok, che ci vediamo?"
Destiny: "Ahahah non lo so! Ti aspetto allora, a dopo afro:) "

Peter fece per alzarsi, quando attraverso la coda dell'occhio notò un nuovo stato personale di Destiny, pubblicato giusto un minuto prima.
 
" E' come se andassi a fuoco, a fuoco, il mio corpo è a cento gradi ogni volta che sei accanto a me."  

******

Bingley ricominciò a grattare sulla porta chiusa.
Destiny corse canticchiando verso di essa, aprendola e poi chiudendola simultaneamente, giusto il tempo di lasciarlo entrare.
Poi si diresse verso l'armadio, svuotandolo direttamente sul proprio letto e cominciando a volteggiare di fronte allo specchio indossando un differente numero di capi.
Perché faceva così? Perché conosceva Peter, nonostante avessero contrattato per stare a casa, alla fine sarebbero certamente usciti.
Lui faceva sempre il contrario di ciò che diceva, quindi se l'idea era "restiamo in casa", all'arrivo avrebbe detto
"Ma se invece andiamo da qualche parte? E' una serata meravigliosa!".
Lei immaginava già un probabile cambio d'idea, quindi aveva intenzione di precederlo.
Ovviamente non avrebbe dovuto farsi vedere da sua madre, quindi quando notò l'orario e sentì i passi di ella sulle scale si infilò velocemente una vestaglia da scalza e si catapultò sul letto a giocare con il cane.
La madre bussò due volte, facendo capolino solo quando sentì rispondersi di entrare.


-"Io e papà allora usciamo, piccola."
Disse, guardandola ed accennando un sorriso di totale fiducia riposta in lei.
Destiny annuì, alzandosi e andando a salutarla con un bacio, per poi urlare direttamente dalla soglia un saluto al padre, ricevendo una risposta contornata da un "tesoro!".
La porta le si chiuse di fronte, così posò un orecchio su di essa, ascoltandoli andarsene.
Lentamente cominciò a sciogliere il nodo della vestaglia, sfilandola prima da una spalla, poi dall'altra.
Sentì finalmente l'uscio di casa chiudersi, così gettò la vestaglia direttamente sul letto, colpendo Bingley, che starnutì poco dopo e la guardò come per dire
"ti ringrazio per la grande considerazione!" , liberandosi il muso dal peso del tessuto.

D'un tratto sentì dei piccoli rumori alla finestra, come dei sassolini. Scoppiò a ridere nell'immaginare come quel ragazzo fosse stato così assurdo da interpretare un classico clichè da film.
In compenso, sperava di non essere colpita direttamente al cranio mentre provava a sporgersi. Così, prima di aprire, mosse in aria le mani per fargli segno di smettere. Peter rise, alzando le braccia e assumendo un'espressione divertita.


-"Che ci fai lì sotto?!"- Disse lei, guardandosi in giro, con un tono misto tra un urlo ed un sussurro.
-"C'erano i tuoi e mi sono nascosto accanto a quell'albero, ti immagini se mi avessero beccato?!"
-"Ma sono andati via, entra!"
-"No, scendi tu! Ti devo portare in un posto!"

Destiny sorrise, consapevole di averci azzeccato per l'ennesima volta con le idee di Peter.
Chiuse la finestra, correndo a mettersi le scarpe e dando un veloce bacio sul capo a Bingley, scappando giù per le scale e raggiungendo la porta di entrata fingendo la più totale tranquillità e pacatezza.
Lui nel frattempo inserì le mani nelle tasche, dondolando sui propri piedi e fischiettando una canzoncina appena elaborata nell'attesa.
Poi si avviò verso il vialetto, passando dal retro della casa ad essere di fronte al portico della ragazza, che ancora non aveva spento la luce dell'entrata per uscire.
Lei infatti, era ancora occupata a sistemare una ciocca di capelli che non voleva sistemarsi e a controllare che fosse tutto apposto in casa.
Finalmente spense l'illuminazione, uscendo di casa e chiudendo a chiave.
Peter rimase ad aspettarla sulla strada, accanto all'auto, facendo girare il portachiavi intorno all'indice.
Lei si voltò, raggiungendolo con una sorta di corsetta e saltandogli addosso, riempendoli di baci su tutta la guancia sinistra.
Lui la strinse più forte e le diede un bacio sul collo, muovendosi a destra e poi a sinistra come se stessero ballando. Poi si staccarono e salirono in auto, partendo, convinti che nessuno li avesse visti.

Sbagliavano.


 

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Capitolo 9
*** 9° capitolo ***


Poco lontano da loro, nascosto dietro ad un cespuglio, Shane aveva osservato tutta la scena.
Era arrabbiato, infastidito, furioso, geloso.
Era assurdamente geloso.
La ragazza che fin'ora aveva avuto occhi solo per lui adesso stava cominciando a non vederlo nemmeno più, a non rispondere ai suoi messaggi che una volta erano dannatamente attesi ventiquattro ore su ventiquattro, a non pensarlo.
Perché lui lo aveva capito; l'aveva capito che nella sua testa adesso non c'era più posto per lui.
Non era una gelosia fornita da un sentimento vero e proprio, ma Shane era stizzito nel constatare di essere stato sostituito.
Così dopo aver visto la macchina partire, afferrò il cellulare dalla tasca e compose un numero.
Portò l'apparecchio all'orecchio, aspettando una risposta.


-"Bro, devo chiederti un favore.. Si tratta di Hernandez."

******

Destiny osservava Peter e gli chiedeva ripetutamente dove la stesse portando, guardando fuori dal finestrino e poi saltellando sul sedile stesso.
Lui rideva ogni volta che la vedeva far così, gli ricordava una bambina che chiedeva ogni cinque secondi al padre se fossero arrivati al lunapark.
Non diceva altro che non fosse
"Tra poco vedrai", non voleva esporsi troppo.
Così dopo diverse domande seguite dalla stessa frase, finalmente accostò di fronte ad una spiagetta dove nessuno usava andare.
Scesero dall'auto, guardandosi.
Lei spalancò gli occhi e rimase a bocca aperta.
La luna particolarmente visibile quella sera si specchiava sul mantello d'acqua non mosso, un'aria fresca le accarezzava la pelle, pizzicandola a tratti. Da lì, l'orizzonte era meravigliosamente visibile da una sporgenza di uno scoglio poco vicino alla riva.
Peter le si avvicinò, prendendola per una mano e conducendola con se, raccomandandole di togliersi le scarpe in modo da poter camminare più facilmente.
Poi finalmente immersero i piedi nella distesa di sabbia fredda, cominciando a camminare fino a quello scoglio.
Destiny gli saltò sulle spalle, facendosi condurre da lui.
Poggiò il mento sulla sua testa, guardando il mare e aspettando di arrivare alla meta. Peter le diede un colpetto sulla gamba, indicandole di scendere direttamente sullo scoglio.
Lei appoggiò un piede su una sporgenza e così lo scalò, graffiandosi a mala pena la caviglia. Poi lui salì su di esso, sedendosi accanto a lei, già posizionata a gambe incrociate verso l'orizzonte a fissarlo.
Respirò l'aria che le arrivava addosso, socchiudendo gli occhi e poi riaprendoli.
Lui la guardò, sorridendo nel vedere come fosse tranquilla in quel piccolo lembo di roccia, quindi si sdraiò utilizzando una mano come cuscino da porre sulla nuca, in modo da non appoggiarsi alla pietra, e distese una gamba tenendo l'altra alta.
Fu seguito subito da Destiny, la quale si sdraiò sul suo petto, appoggiando la gamba su quella distesa di lui.
Poi lei cominciò a sussurrare pian piano una delle frasi della canzone.


"Feels like I'm on fire, fire, my body's a hundred degrees-"

Peter la bloccò, riprendendo la frase -"Everytime you're standing next to me."- Poi si sedette, facendo alzare anche lei.

-"Sta succedendo."

Cominciò Destiny, accarezzandogli una guancia e posando l'altra mano sulla sua gamba.

-"Cosa?"  

Lui posò lentamente le sue mani sulle sue spalle, scendendo occasionalmente alle braccia per accarezzarle.
Poi scese le mani sui suoi fianchi, sollevandola delicatamente e sdraiandosi, posandola sopra di se. Lei si chinò leggermente su di lui, sfiorandogli le labbra. Si fermò ad un millimetro da esse, fissandolo dritto negli occhi e riprendendo ciò che precedentemente aveva detto.


-"Stiamo andando a fuoco."

Così, in una spiaggia isolata non frequentata ormai da tempo, al chiaro di una luna di dicembre stranamente nitida ed una brezza natalizia, si consumò un altro rapporto dovuto all'irresistibile bisogno di entrambi dei reciproci corpi.
Così continuò per mesi.
Divennero assuefatti da loro stessi, non riuscirono a fare a meno di vedersi almeno una volta al giorno, ogni luogo era quello adatto.
Non ne parlarono con nessuno, nemmeno con i loro migliori amici, che però capirono facilmente che qualcosa stava andando avanti da un bel po'.

********
Ogni giorno inevitabilmente i due venivano visti andare nello stesso luogo a distanza di poco tempo, scomparire per altrettanti minuti e poi uscire nuovamente con aria soddisfatta a dovuta distanza l'uno dall'altra.
Si guardavano poi, sorridendo e cambiando strada.
All'uscita non poteva mancare l'attesa di uno nei confronti dell'altra, per tornare a casa insieme.
Peter negli ultimi tempi usava molto di più la sua auto, sia per dirigersi a scuola, sia per uscire il pomeriggio.
Destiny passava sempre meno tempo a casa e con Ginny, che ripetutamente le chiedeva cosa stesse succedendo ma riceveva come risposta un semplice
"Niente, non capisco di cosa tu stia parlando" che ormai aveva imparato a pronunciare senza tremare e senza sentirsi in colpa.
Risultava assolutamente pacata e convincente nel spiegarle che fosse tutta una sua impressione e che stesse soltanto passando più tempo con Peter poiché studiavano insieme chimica.
Poi le ricordava che lei stessa le aveva chiesto di divenire la nuova compagna di chimica del ragazzo, in modo da poter diventare quella di Ryan, ed a quel punto Ginny si zittiva, decidendo di credere e di fidarsi su ciò che l'amica le stava assicurando, nonostante in realtà covasse anche lei numerosi dubbi.

Shane nel frattempo era venuto a sapere di tutto ciò e nonostante precedentemente avesse deciso di evitare che potesse succedere qualcosa a Peter poiché convinto delle sue abilità di casanova, alla fin fu costretto a reagire.
Provò ripetutamente a baciare Destiny, ottenendo da quest'ultima solo dei due di picche.
Riprovò addirittura a tornare giurando di aver sempre continuato a pensare a lei, ma nonostante ciò tutto quello che ottenne fu uno striminzito
"Io ti vedo soltanto come un amico" che lo rese del tutto vulnerabile alla vista della ragazza.
Era diventata lei la cacciatrice e lui la preda, non il contrario.
Lo aveva in pugno, ci giocava come voleva, se fosse voluta tornare avrebbe potuto ed avrebbe ricevuto una risposta positiva senza un minimo di esitazione dovuta all'orgoglio maschile.
No, adesso era lei il premio da conquistare, non più il contrario.

Era diventata sfuggente, fredda, ma non perché fosse ferita, solamente perché non le importava più nulla sul serio.
E lui non lo accettava, non avrebbe mai potuto accettarlo.


-"E' per Hernandez, vero?" - Rispose a quell'affermazione lui, suscitando una reazione di scherno nei suoi confronti da parte della ragazza, che assunse un'espressione da angioletto, facendolo quasi sentire stupido.
Poi gli si avvicinò e gli posò una mano sulla guancia, come se in quel momento stesse provando pena.


-"Si tratta di me, non sono più arrabbiata per quello che mi hai fatto o per come mi hai trattata. E' passato tutto.. Solo che sei passato anche tu. Peter è un buon amico, non renderlo colpevole di qualcosa che non ha fatto solo per risanare il tuo orgoglio maschile, Shane."

Poi la tolse, emettendo una risatina velocissima ed allontanandosi con passo deciso.
Non era più quella di prima, era cambiata.
Non subiva, non si vergognava a mentire, non si vergognava a divenire selvaggia se doveva.

Perché era così che la rendeva Peter, selvaggia.

La faceva camminare a testa alta, le aveva insegnato a far soffrire chi la faceva o chi l'aveva fatta soffrire, le insegnava una sorta di vendetta morale, le insegnava ad essere se stessa e lasciare uscire quello che prima si nascondeva in lei. Il fuoco.

Lei era fuoco e nessuno osava versarle addosso acqua, anche perché non si sarebbe spenta.

Peter era combustibile e la rendeva infiammabile fino alla cenere.

Quei due insieme erano un incendio in piena regola. 


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Capitolo 10
*** 10° capitolo ***


Peter non faceva altro che comporre canzoni, utilizzava Destiny come sua ispirazione e ne uscivano i più disparati testi.
Non sentiva il bisogno di cercare altre ragazze, nessuna sarebbe riuscita ad eguagliarla.
Non perché Peter fosse attratto da lei fisicamente, ma proprio perché lei era l'unica a poterlo attirare sotto ogni punto di vista, proprio come all'inizio.

Quando si conobbero, la sfida del sarcasmo diede inizio a tutto.

Non tendeva ad essere troppo sarcastico nei confronti di qualcuno, soprattutto se si trattava di ragazze,ma gli piaceva da morire l'idea di qualcuna che gli avrebbe saputo tenere testa senza lasciarsi condizionare dal fatto che fosse uno dei ragazzi con cui la maggior parte delle studentesse volessero uscire.

E poi adorava come lei si lasciasse andare in sua presenza, come divenisse tutt'altra persona rispetto a quella che tutti conoscevano. Adorava ogni singola parte di lei, anche se si ripeteva numerose volte di non andare oltre i rapporti fisici occasionali, che poi così occasionali non erano. Sapeva di aver oscurato Shane sotto ogni punto di vista, l'idea lo rendeva entusiasta, nonostante pensasse che alla fine anche se lei avesse ancora pensato a lui non avrebbe potuto far nulla. Lui era il tipo di mezzo, il divertimento, niente di più.

Fu costretto ad annullare il suo ruolo un sabato sera, di ritorno a casa dopo esser stato appunto con Destiny ed averla riaccompagnata.
A piedi, camminando poco lontano da casa sua, notò dietro di se un gruppo di ragazzi avvicinarsi con l'aria di chi ha voglia di litigare. Non ci fece caso per un momento, continuando a camminare. Si voltò nuovo, vedendo come i ragazzi stessero aumentando il passo, così si velocizzò anche lui. Nell'arco di pochi minuti quella camminata divenne una corsa per salvarsi la pelle, se non fosse che uno di loro era estremamente più veloce e riuscì a bloccarlo. Un altro lo raggiunse simultaneamente ed entrambi gli bloccarono le braccia, tenendolo a testa alta di fronte ad un terzo. Un ragazzo alto, con una bandana in testa ed una sigaretta in bocca appena accesa, che gli dava dei colpetti sulle guance, prendendolo in giro. -"Hernandez, come ti butta?"- Peter sbuffò, non cercando nemmeno di liberarsi ed assumendo un'espressione da pensatore, tanto per stare al gioco. Sapeva già che sarebbe finita male, perché rinunciare ad una dose di sarcasmo? Classico pensiero di ragazzo completamente fuori di testa, quale lui era. -"Uhm beh, non c'è male, certo, se i tuoi mi liberassero riacquisterei anche un po' di circolazione sanguigna alle braccia, ma per il resto non mi lamento!".
I tre lo guardarono, infastiditi. Cominciarono ad alterarsi nel notare come fossero stati zittiti a tono dal ragazzo. Il ragazzo di mezzo alzò così un braccio, chiudendo il pugno ed indirizzandolo allo stomaco di Peter. Quest'ultimo si piegò dal dolore, rimanendo comunque a testa alta e chiedendo cosa volessero. Tutti e tre diedero il via al pestaggio, riducendolo senza forze per terra a coprirsi un occhio colpito da un forte calcio. -"Lascia perdere Moore."- Poi scapparono, lasciandolo lì per terra. Riuscì ad alzarsi solo trenta minuti dopo, grazie ad un passante che si chinò per chiedergli cosa fosse successo e come si sentisse. Faticosamente rispose che era in grado di tornare a casa, ringraziando e zoppicando fino a raggiungerla. Fortunatamente erano usciti tutti, così fu in grado di aprire lo sportello del pronto soccorso e porre del ghiaccio sul suo occhio. Poi la suoneria di un messaggio appena ricevuto.
Destiny.

"Peter, domani ho il rientro pomeridiano, mi vieni a prendere tu o torno sola?"
Non rispose, bloccò il cellulare e lo lanciò sul divano, continuando a massaggiare le ferite.

"Scusa, piccola."

******
Il giorno dopo Destiny cercò per tutta la scuola il ragazzo, chiedendo in giro. Non si faceva sentire dalla sera prima, non visualizzava i messaggi e non rispondeva a quelli sul cellulare.
Ryan non sapeva dove fosse finito ed aveva intenzione di cercarlo, ma sapeva che se non si era fatto vivo era perché voleva essere lasciato in pace. Invece lei continuò le sue ricerche, vedendolo poi finalmente verso la terza ora accanto al suo armadietto, con il viso coperto dallo sportello di esso.
Si fermò accanto, dandogli un colpo sul fianco e sorridendo, chiedendogli perché non le avesse risposto.
Lui rimase in silenzio, sistemando un ultimo libro e chiudendo lo sportello, guardandola.
Il suo occhio dentro contornato da un alone nero e gonfissimo, mezzo chiuso a causa del dolore.

Destiny si fece seria, posando una mano su di esso  e chiedendogli cosa fosse successo.
Lui abbozzò un sorrisetto sarcastico, spostando la mano dal suo occhio ed afferrando la tracolla da terra, indossandola nuovamente.


-"Credo che tu debba chiedere spiegazioni a Shane.. Scusa, sono in ritardo, ci vediamo."

Poi si voltò e cominciò a camminare, quando fu bloccato da un braccio.

-"Peter, che significa tutto questo? ... N-non vuoi più vedermi..?"

Il lato fragile della ragazza stava di nuovo riprendendo il sopravvento.

Altro che cacciatrice, altro che fuoco. In quel momento era stata colpita in pieno durante una battuta di caccia e non riusciva ad infiammarsi nemmeno con una tanica di benzina addosso.
Il suo animo si stava spegnendo, insieme alle sue speranze di rinascere solamente grazie al meraviglioso ragazzo che aveva di fronte.

Le labbra cominciarono a tremarle, mentre continuava a stringere il suo polso, sperando che le dicesse il contrario, che le desse della sciocca ad aver creduto una cosa del genere.
Tutto quello che invece ricevette per risposta fu il silenzio, uno sguardo pieno di malinconia come il suo e delle labbra che si aprirono per un solo secondo, senza lasciare uscire un suono.
Peter scosse la testa lentamente, abbassando lo sguardo e strattonando delicatamente il polso dalla presa della ragazza.
Poi si allontanò, tenendo gli occhi sul pavimento e stringendo il manico della tracolla con entrambe le mani mentre camminava.
La testa pesante, l'occhio dolorante ed il cuore impotente di fronte a ciò che stava accadendo.
Lei rimase lì ferma ad osservarlo allontanarsi, con gli occhi velati dal pianto e il respiro affaticato dal cercare di respingere quell'orribile sensazione alla bocca dello stomaco ed alla gola. Si voltò, scappando da tutt'altro lato del corridoio, coprendosi la bocca con una mano.
Si sedette in cortile, nella zona meno frequentata da tutti i ragazzi, sola. Si asciugò le lacrime che le rigarono leggermente il viso con il palmo della mano ed alzò gli occhi al cielo, sospirando.

Come poteva lasciar andare l'unico ragazzo che la stava facendo sentire bene? Non si trattava di andare a letto insieme, si trattava di combattere contro tutti i meravigliosi momenti che avevano trascorso insieme fino a quell'attimo, che non includessero alcun tipo di attrazione carnale.

Si trattava di combattere contro risate, duetti improvvisati con la chitarra, corse per chi dovesse colpire l'altro dopo una battuta squallida, compiti fatti insieme in cui nessuno dei due alla fine capiva nulla e finivano per chiudere i libri e tirarsi addosso cuscini a casa di lei.
In quel preciso istante, un ragazzo le si sedette accanto.
Shane.


-"Hey, piccola cosa c'è che non va?"

Provò ad allacciarle un braccio intorno alle spalle, convinto che sarebbe riuscito a consolarla e fare così la parte del salvatore arrivato in aiuto della ragazza ferita.
Non sapeva che però lei era già a conoscenza di tutto ciò che era successo e che non avrebbe esitato a sputargli dritto in faccia per quanto lo disgustava.
Gli afferrò il braccio, fermandolo a mezz'aria e riportandolo dal suo lato con violenza, alzandosi.


-"Non osare toccarmi."


 

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Capitolo 11
*** 11° capitolo ***


-"Che succede?"
-"Che succede? Hai il coraggio di chiedere cosa succede? Tu, tu sei la mia rovina, porca puttana. Sei la mia fottutissima rovina!- Lo spinse, non fermando il pianto che le stava di nuovo salendo in gola e si stava manifestando attraverso le lacrime salate che stava ingerendo nell'urlargli contro -"Dal primo momento che mi sono fidata di te, tutto quello che hai saputo fare è stato distruggermi. Mi hai distrutta, stronzo, mi hai distrutto la vita. Adesso che c'è? Non accetti che un ragazzo possa prendere il tuo posto? Hai bisogno di farlo picchiare da qualcuno? Non l'hai picchiato tu, non ne hai le palle! E' questa la verità, Shane, tu non hai le palle di fare un bel niente!- Una folla di ragazzi accerchiò i due, ascoltando la ragazza dare in escandescenza, facendo cadere la propria borsa e continuando a spingerlo e prenderlo a colpi sul petto -"Tutto quello che sai fare tu è cercare troiette, sparare un po' di cazzate e portartele a letto, fottendotene delle persone che ti amano sul serio, che ti aspettano, che ti vogliono. Poi appena però quelle persone se ne vanno, tu le cerchi, le pretendi. Adesso che vuoi? Beh, che vuoi? Mi hai avuta, mi hai avuta per così tanto tempo e non te n'è mai importato, ma adesso che c'è Peter tu mi vuoi? Sei fuori strada, Cristo, sei completamente fuori strada. Sappi che anche se lui dovesse scomparire, con te non ci tornerei mai. Mi fai schifo, sei solo un coglione che non accetta di andarsene perché ha bisogno di un cagnolino che gli vada dietro. Cresci Shane, cresci, non mi avrai mai. Non mi avrai mai più perché mi fai schifo."

Shane serrò le labbra, afferrandola da un polso e bloccandola, a denti stretti e con la rabbia negli occhi.

-"Sei solo una puttanella che si scopa uno sfigato."

Disse, sorridendo in modo beffardo e continuando a stringere. Lei lo fissò senza spiccicare una parola e restando ferma.
Poi d'un tratto alzò di scatto un ginocchio, puntandolo in mezzo alle sue gambe e facendolo cadere a terra per il dolore.
Gli sputò successivamente addosso, quando fu presa dal suo professore e scortata direttamente dalla preside.

Insieme alle numerose punizioni ricevute dai genitori, si meritò anche due settimane di sospensione.


*****
Dovette raccontare a Ginny ciò che ormai stava succedendo da troppo tempo, lasciandola senza parole, nonostante lei già avesse immaginato tutto.
Così trascorse la prima settimana dentro la sua stanza, non uscendo nemmeno per i passi, che le venivano portati dalla madre in camera.
La seconda settimana, però, dopo che i suoi genitori furono usciti, sentì suonare alla porta e pensò che fossero loro che si fossero dimenticati qualcosa. Così scese le scale annoiata ed andò ad aprire cominciando a pronunciare l'inizio della frase
"Cosa vi siete dimenticati?" fermandosi alle prime tre parole. Di fronte a se comparve Peter a testa bassa e con le mani in tasca come al solito, chiedendo se potesse entrare.

Lei annuì in silenzio, chiudendo la porta dietro di se. Lui si guardò in giro, complimentando con un filo di voce la casa ed indicando soprattutto il lampadario, non si sa esattamente per quale motivo.


-"V-vuoi qualcosa?"- Chiese lei cercando di essere ospitale ed elencando poi una serie di bevande che gli avrebbe potuto offrire. Lui rispose di no, facendo segno con la mano e rimanendo in piedi.
Lei gli disse di sedersi e così fece, sprofondando in maniera composta sul divano ed aspettando che lei lo raggiungesse.
Si sedette vicino a lui, posando i piedi sul tavolino posto di fronte ad esso e chiedendo cosa ci facesse lì.

Lui prese un profondo respiro, guardandola ed unendo le mani in un pugno, come se stesse pregando.


-"Mi manchi.." - Pronunciò con un sorrisino accennato agli angoli, che lasciava intravedere le sue fossette.
Lei sorrise, dandogli uno schiaffetto alla nuca e rimproverandolo scherzosamente per non essere tornato prima.
Lo abbracciò, stringendolo forte a se. Poi si staccarono, rimanendo a fissarsi per un po' a pochi millimetri di distanza l'uno dall'altra.
Erano felici, non aspettavano altro che rivedersi ed abbracciarsi di nuovo.

Entrambi fremevano al pensiero di un nuovo bacio, di una nuova carezza.

-"Peter..?"
-"Dimmi.."
-"Credo di essermi innamorata di te."
-"No, non può essere." 

Peter spalancò gli occhi, scuotendo la testa e serrando leggermente le labbra.
Guardò Destiny la quale era perplessa e credeva di aver detto qualcosa di sbagliato.
Lei assunse negli occhi la forma di punto interrogativo, nel chiedersi cosa ci fosse di così sbagliato.


"Destiny, io tra due settimane vado via."

*****
Lei si bloccò, osservandolo a bocca aperta e allontanandosi lentamente da lui, lasciando la stretta delle sue mani.
Poi posò i gomiti sulle proprie ginocchia, sprofondando il viso tra le mani e scuotendo il capo, senza parole.
Peter rimase in silenzio, scavando nella sua mente e cercando qualcosa da dirle per rassicurarla, per renderla felice, per evitare che stesse male per lui.
Si era innamorata del rivale di sarcasmo, si era innamorata del compagno di divertimento.
Lei si era innamorata solamente di Peter Hernandez, il tizio dai capelli afro.
Ma era amore? Dopo così poco tempo poteva essere definito tale?
Lei non ne aveva idea, disse ciò che in quel momento le percorse la mente, ciò che si sentiva di poter dire.
Non sapeva se poteva definirlo amore, ma sapeva che quello che Peter era riuscito a farle provare in poche settimane, Shane lo aveva distrutto.

E si sa, quando si perde un amore, serve il doppio di quello perso per colmare il vuoto.

Ed è così che lui era riuscito a riempirla, con l'amore inteso anche come affetto da parte di una persona che aveva paura di perderla.
Quindi, era amore?
Era affetto?
Era una cotta?

Cosa importava, se lui tra due settimane sarebbe andato via.
Le si avvicinò, stringendola mentre una lacrima le rigava il viso.
La cullò accarezzandole i capelli con una mano, mentre cercava di non farla singhiozzare.
Poi lei alzò gli occhi, asciugandoseli e guardandolo, con le labbra tremanti e allacciando le sue dita a quelle del ragazzo.


-"Dove vai..?"

Chiese con un filo di voce, abbassando lo sguardo ed evitando che altre lacrime potessero evadere.

-"Los Angeles... Destiny, ho scritto così tante canzoni, solo tu sai quanto sia importante per me provare ad entrare nel mondo musicale... ed io, insomma..-"
-"Hai ragione. Devi, devi assolutamente.. Hai un gran talento, non puoi sprecarlo solamente per rimanere qui con una ragazzina.."

Poi si alzò, dirigendosi verso la cucina con lui al suo seguito ed aprendo il frigo, prendendo una bottiglia d'acqua ed un bicchiere da uno degli sportelli. Lo posò sul marmetto di uno dei banconi, svitando il tappo e versandone un po'. 
Peter inarcò le sopracciglia ed allargò le braccia, posando poi una mano sulla superficie marmorea e prendendola da un braccio delicatamente poco dopo che ebbe finito di bere.


-"Mi spieghi cosa stai dicendo? Non sei una ragazzina ed io non ho assolutamente sprecato tempo fin'ora. Non potrei mai aver perduto tempo, se l'ho trascorso con te..."

Lei si voltò, alzando le spalle e continuando a sorseggiare l'acqua fino all'ultima goccia, per poi posare il bicchiere dentro il lavello.
Cercava di dimostrarsi fredda, si era esposta troppo con le lacrime.
Sapeva che se avesse fatto capire quanto dolore stava provando, lui si sarebbe trattenuto, avrebbe evitato di partire e sarebbe rimasto con lei.
Non poteva impedire alla persona più importante della sua vita di essere felice, solamente per esserlo lei.
Non voleva vederlo rinunciare al suo sogno per realizzare il proprio ed avere finalmente qualcuno di davvero interessato a lei accanto.

Forse era davvero amore, pensava.
Forse era davvero amore perché, alla fine, stava ponendo la sua felicità prima dei propri bisogni, perché nulla valeva quanto il suo reale sorriso ed i suoi occhi pieni di speranza.

Ma Peter lo sapeva che stava fingendo, capiva che lei in realtà aveva una gran voglia di supplicarlo di restare, di provare a costruire qualcosa, di aspettare che fosse grande abbastanza da partire con lui ed aiutarlo a realizzare il suo sogno.
Gli bastava guardarla negli occhi per capire che il suo cuore in quel momento andava molto più veloce di quello che lei si ostentava a voler dimostrare. 


 

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Capitolo 12
*** 12° capitolo ***


Lei si appoggiò con entrambe le mani al bancone, voltata verso di lui che le stava di fronte.
Le posò una mano sulla guancia, accarezzandola. Lei l'afferrò, facendo su e giù tra il braccio e quest'ultima con i polpastrelli, dandogli a tratti dei baci.
Il silenzio era spezzato a tratti dal battito dei cuori di entrambi, troppo forte, troppo rumoroso, come se avessero voluto uscire dalla cassa toracica per toccarsi.

-"Sento il tuo cuore battere veloce.."- Sussurrò lui, prendendole poi la mano e portandola al suo petto, continuando -"Senti il mio?"
Lei annuì, con gli occhi velati da un altro imminente pianto e la forza di poter soltanto riuscire a pronunciare -"Peter, che provi tu?"
-"Beh, facciamo un gioco che si chiama 'per lo stesso motivo' . Chi lo dice per primo in un contesto adatto, vince."- Iniziò, guardandola dritto negli occhi e poi abbassando lo sguardo per terra mentre premeva la sua mano sul lato sinistro del suo petto, andando avanti -"Pronta? Cosa senti?"
-"Il cuore.."
-"Come batte?"
-"Velocemente e forte.."
-"Come il tuo dici? O di più?"
-"Come il mio credo.."
-"Il tuo perché batte così forte?"
-"Perché averti di fronte mi causa la tachicardia e credo di amarti. Il tuo?"
-"Per lo stesso motivo." 

 Entrambi sorrisero, avvicinandosi lentamente.
Poi un bacio, due, tre, mille.
Non erano mai abbastanza, perché sapevano che per quelle ultime due settimane, avrebbero dovuto vivere come non avevano fatto fin'ora, avrebbero dovuto provare ad andare avanti facendosi abbastanza forza da accettare di potersi dividere.
Sapevano che non sarebbe stato più lo stesso, quindi perché non vivere, ma vivere davvero?

***** 

Così arrivò il giorno della partenza.
Peter si recò all'aereoporto insieme alla sua famiglia, trasportando con se valigie e solo pochi soldi, gli sarebbero bastati per abbastanza tempo finché non avesse trovato qualcuno che lo ingaggiasse.
Credeva in se e nelle sue potenzialità, nonostante tremasse all'idea di separarsi da tutto ciò che fin'ora gli era sembrato così semplice e ovvio da avere davanti.
Tra le lacrime d'orgoglio dei suoi genitori e gli auguri delle sorelle ed il fratello, i suoi occhi studiavano ogni singolo angolo del luogo, alla ricerca di lei.
Di Destiny, della ragazza che più voleva vedere prima di andare e tornare chissà quando. I suoi occhi si riempivano di malinconia mentre constatava che lei non ci fosse, che non fosse andata a salutarlo.
Perché?
Aveva paura di soffrire?
Non era in grado di reggere ad un addio?
Non le importava? 

Perché lei non c'era? 

Il cuore batteva lentamente mentre il suo animo crollava poco a poco, soprattutto dopo che anche la sua famiglia lasciò il posto, tornando a casa dopo ogni saluto ed ogni sorta di "buona fortuna" sentito con tutto il bene del mondo.
Poi ecco, una ragazza entrare dalle porte scorrevoli e specchiarsi sul pavimento lucido, guardandosi in giro con la borsa sulla spalla, alzandosi ogni tanto sulle punte per intravederlo oltre l'enorme folla di persone intenta a partire, a ricominciare, a tornare, ad abbracciare chi non vedeva da tempo e salutare con le lacrime agli occhi chi invece non avrebbe più rivisto per altrettanto tempo.
Peter scosse un braccio in aria, sorridendo e facendole diversi segni per farsi notare. 
Finalmente, se n'era accorta, stava correndo verso di lui, facendo cadere la borsa poco lontano dai suoi piedi mentre gli saltava addosso con le lacrime agli occhi e lo stringeva più forte che poteva, mentre lo riempiva di baci e tornava ad appoggiare la testa sulla sua spalla.
Lui, tremante quasi quanto lei, le afferrò il viso con entrambe le mani, indirizzandolo verso il suo e commuovendosi per la prima volta, vedendola singhiozzare e sorridere allo stesso tempo, anche se era un sorriso assolutamente forzato e dovuto alla sua promessa con se stessa di renderlo felice. 


-"I-io, mi mancherai così tanto, Destiny, forse dovrei rimanere, non posso lasciare che vada c-"
Gli stampò un lungo bacio sulle labbra, zittendolo e schiudendo poi la bocca in un sorrisino di orgoglio nei suoi confronti. 

-"Non provare nemmeno a dirlo, devi. Non è un addio, Peter.. Senti come batte veloce il cuore? Preoccupati solo di stringermi prima di andartene e fai in modo che anche a distanza continui così.. Io ti aspetterò."

La guardò come si guarda la spiaggia d'estate poco prima di tuffarsi in mare per un bagno rinfrescante, come quando si guarda il tramonto da una cima e riesci a vedere il sole specchiarsi sulla distesa d'acqua, come le decorazioni di ogni festa, come quando si guarda qualcosa che non puoi fare a meno di definire "meraviglioso" e che ti lascia senza parole.

E si, lo provava sul serio, l'amava.

Ma soffriva, soffriva da morire perché l'avrebbe lasciata.

Fu combattuto dalla scelta di una strada, dal dover decidere fra lei e la sua carriera.

Sapeva che scegliendo la prima, non avrebbe avuto altre occasioni per realizzare il suo sogno; sapeva che scegliendo la seconda, avrebbe perso lei, tutto quello che aveva sempre desiderato.

Come si fa quando i sogni diventano due e si contrastano tra loro? 


-"Beh, quale sarà il tuo nome d'arte?" - Riprese lei, con una risatina mista alle lacrime salate che ancora continuavano a scioglierle il trucco. Lui le afferrò le mani, stringendole ed abbozzando un sorrisetto.

-"Bruno Mars, come mi chiamavano da piccolo ahahah"
-"Potrebbe funzionare, dai! Io credo in te, lo sai."


In quel preciso momento la voce registrata dell'aereoporto chiamò il volo di Peter, era il momento di lasciarsi e di dirgersi al check-in. Si guardarono, le lacrime si fecero sempre di più, le mani tremavano in maniera assurda insieme alle gambe, i cuori urlavano pietà, si sarebbero fermati se avessero continuato a battere così velocemente. Peter la baciò, poi afferrò la sua valigia, non togliendole gli occhi di dosso. 

-"Arrivederci Destiny..."
-"Ci rivedremo, sarà presto, te lo prometto."


Lui non disse una parola e prima che potesse cominciare a piangere, si avviò verso il check-in, lasciando scorrere la sua mano sul braccio di lei prima di lasciarlo definitivamente. Destiny incrociò le braccia, rimanendo ferma a fissarlo mentre si allontanava. 

-"Ci rivedremo, sarà presto, te lo prometto. Bruno Mars." 

Così, con la morte del cuore, raccolse la sua borsa, stringendo forse il manico e ponendo un piede di fronte all'altro lentamente, sparì tra la folla. 


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Capitolo 13
*** 13° capitolo ***


 I primi tempi dopo la partenza di Peter furono problematici per entrambi. Destiny si richiuse in se stessa, non parlò più nemmeno con Ginny, infatti si persero dopo poco tempo. Lei ormai faceva parte del gruppo di Ryan, aveva nuove amiche ed una nuova vita da vivere al meglio, nonostante spesso le mancasse quell'amica che per lei ci era sempre stata.

Lei, intanto, ogni giorno cercava di parlare con Peter, che si trattasse di una telefonata di pochi minuti o di un'intera seduta in webcam a guardarsi e parlare del più e del meno, non poteva fare a meno di sentire la sua voce almeno una volta a settimana.
Shane era sparito dalla scena dopo aver trovato un altro agnellino da poter cacciare, non parlavano nemmeno più e fingevano di non conoscersi anche quando passavano dallo stesso corridoio.

I genitori di Destiny erano preoccupati per lei, ma non eccessivamente: era sempre stata una ragazza chiusa, che preferiva rimanere a casa piuttosto che andare a divertirsi e che amava leggere nella sua stanza in totale tranquillità.

Ma Destiny non era più quella di prima.
Non del tutto.

Amava fare le stesse cose, ma l'unica sua svolta vitale che la stava rendendo migliore non c'era più.

Aveva fiumi di parole dentro che premevano per uscire, ma non trovava nessuno da farci affogare e riemergere con altrettanti fiumi di risposte.

Desiderava con tutto il cuore di poter essere in grado di correre verso l'aereoporto e prendere il primo aereo per Los Angeles, lasciandosi tutto e tutti alle spalle in modo da poter rivedere la sua felicità.
E così, ogni notte piangeva abbracciata al suo cuscino, immaginando il proprio soffitto come la parete puntata da un proiettore con tutte le loro immagini ed un ipotetico ritorno di lui.
Lo vedeva avvicinarsi a lei come la prima volta, come quando lei seduta sulla panchina lo vide con le mani in tasca sotto le luci dei lampioni. Ma adesso lo vedeva sorridente, pronto ad accoglierla fra le braccia e sentirsi dire da lei
"Visto? Te l'avevo detto che non era un addio!".

Così con gli occhi appannati dalle lacrime continuava a vedere riflessa sull'intonaco quella scena della durata di un battito di ciglia. Infatti proprio dopo uno di essi, tutto si dissolveva come in un sogno e tutto ciò che le rimaneva di fronte agli occhi era un soffitto troppo scialbo, troppo banale, che le impediva di osservare il cielo che probabilmente anche lui in quel momento stava osservando, magari dicendo alla luna quanto lei gli mancasse.

Perché, infatti, lui era ossessionato dalla sua mancanza. Peter, dopo le prime settimane già pensava di tornare a casa.
Lei gli mancava troppo, la vedeva negli occhi di ogni passante, nel viso di ogni ragazza, la vedeva insieme a lui mano nella mano nelle coppie felici che gli passavano davanti mentre camminava.

E nonostante ciò lo ispirasse a comporre canzoni, poiché l'unico modo che aveva per sfogarsi era impugnare la chitarra e cominciare a cantare, non riusciva a sopportare una mancanza del genere. Desiderava vederla arrivare proprio di fronte alla porta della stanza del suo Bed & Breakfast, circondata dalle sue valigie e vederla mentre con il suo solito sorriso da bambina spalancava le braccia facendogli una sorpresa.
Poi tornava in se e diveniva malinconico al pensiero che non l'avrebbe rivista per un bel po'.
Ad aggravare la sua situazione fu la perdita di denaro che subì mentre cercava di tirare avanti durante l'alloggio, gli rimanevano solo duecento dollari e non sapeva come avrebbe fatto a pagare un'altra notte in quell'edificio.

La fine.

Finché un giorno non avvenne una svolta, la sua vita cominciò a prendere la giusta strada.


"Hey amico, sono Peter Hernandez."
"Hey bro, piacere di conoscerti, Philip Lawrence."
 


7 anni dopo..


Persero i contatti, Peter riuscì a realizzare il suo sogno grazie ad un duetto con un ragazzo, Travie McCoy, ma doveva ancora sfondare del tutto e per questo stava scrivendo il suo primo singolo "Just The Way You Are" ed ormai era conosciuto come Bruno.
Destiny si diplomò con quasi il massimo dei voti, rimase ad Honolulu fino ai ventidue anni per poi incontrare Markus, un meraviglioso ragazzo dai capelli castani e dagli occhi dolci e perdutamente innamorati del viso della ragazza. Si conobbero durante un periodo di tirocinio di lei come psicologa, quando si presentò in uno degli ospedali di Honolulu per occuparsi di una bambina che usava litigare troppo spesso con i genitori.
Lui era uno degli infermieri che si occupavano di accompagnare il primario del reparto di psichiatria ovunque, così durante le pause pranzo cominciarono a parlare e a stringere amicizia.
Lui era particolarmente affascinato dalla cascata di capelli neri di lei, lisci all'inizio per poi snordarsi in milioni di boccoli morbidi come seta e soprattutto dal suo carattere così sereno nonostante i suoi occhi raccontassero tutt'altra storia. Lei non fu di certo meno colpita dal modo del ragazzo di saperla far ridere, ma nella sua testa ancora un pensiero riusciva a prendere a gomitate gli altri. Peter, Bruno o come preferiva farsi chiamare lui. Il primo amore, la prima persona di cui riuscì a fidarsi e che non la deluse.
Le capitava ancora di pensarci e non è che stesse male. Le prendeva un nodo alla gola, gli occhi le si riempivano di pianto, la mente si affollava di troppi ricordi da poter far convivere nello stesso momento ed aveva bisogno di uscire dalla stanza in cui si trovava con qualche scusa. Pensandoci bene, non è che stesse male, si sentiva proprio morire.
Nonostante ciò, si trasferì insieme a lui a LA successivamente alla pubblicazione del suo libro.

La sua voglia di chiamare Bruno e dirgli di essere lì e di volerlo vedere la stava divorando, ma lui, a causa del successo, fu costretto a cambiare nome, a tagliare i rapporti con la maggior parte delle persone del passato. Non fu in grado di dargli il suo indirizzo prima di cambiare tutto ciò, non fu in grado di salutarla definitivamente.

E per questo ogni giorno si dannava, anche se anche lui aveva provveduto a crearsi nuovamente una vita.

Chanel Malvar, ballerina, una bellissima ragazza con cui ormai intraprendeva una relazione da circa due anni.
Comunque la prima persona che gli passava per la mente sentendo la parola "amore" era lei, era inevitabile che lo fosse.
Ed ancora oggi si chiedeva come stesse, dove fosse, con chi fosse.
Ed ancora oggi una piccola fitta allo stomaco lo assaliva se la pensava insieme a qualcun altro.

Ma era la vita, l'avevano scelta entrambi ed ora dovevano scegliere se rimpiangere o vivere al meglio il destino che si erano creati con le loro stesse mani.
Ma si sa, per quanto avessero potuto scegliere, forse, il destino avrebbe comunque fatto come voleva lui.


*****

-"Markus per favore non stressarmi! Si sto andando allo studio... No stasera per cena non torno, ordina al takeaway!"

Destiny con delle cartelle sotto braccio si dirigeva verso l'edificio dove si situava il suo studio, tenendo il cellulare tra la spalla e l'orecchio e cercando di non inciampare sui tacchi a spillo che quel giorno aveva deciso di indossare.
Chiuse la comunicazione con il ragazzo, posando il cellulare nella borsetta che fece fatica ad aprire, a causa delle cartelle.
Cercando di schivare le persone, diverse volte si ritrovò a doversi chinare per raccogliere i fogli che le cadevano e quindi a far inciampare un povero malcapitato.

Arrivò di fronte ad un edificio da poco costruito, abbastanza anonimo, fornito di mattoni rossi come quelli dei fumetti, di poche finestre e di un'aria stranamente fredda e cupa da ciò che si poteva osservare dalle finestre.
Nessun rumore per quanto riguardasse uffici ed ogni sorta di altro impiego statale, probabilmente le stanze erano insonorizzate. Beh, sicuramente si trattava di uno studio di registrazione, considerando che Los Angeles era un covo di personaggi famosi nel mondo della musica. D'un tratto, vicino al portone di quest'ultimo, si fermò un'auto nera dai vetri oscurati.
Lei non ci fece caso, se non per sporgersi un po' e guardare chi ci fosse dentro, così, tanto per gossip. Sgranò gli occhi notando scendere Ryan da quell'auto. Non era cambiato, era solo diventato più alto e muscoloso di quanto lo fosse prima, i capelli più lunghi ed i soliti occhiali da sole sul naso.


-"Ryan!"

Urlò, sorridendo. Lui si voltò, guardandola ed alzando gli occhi, abbozzando un enorme sorriso ed avvicinandosi a lei a braccia aperte.

-"Moore! Ma che ci fai qui?!"- Disse, caloroso, stampandole un bacio in guancia ed aiutandola con le cartelle.
-"Eeeh, il lavoro, il ragazzo, nuova vita ahah Tu?"
-"Capisco ahah come, non lo sai? Sono il manager di Bruno..ehm, cioè, Peter!"

Destiny divenne seria, accennando solo ad un sorrisetto senza nemmeno mostrare i denti e dimostrandosi poco interessata.
Ryan piegò il capo, sorridendo in maniera sarcastica e dandole un colpetto sulla spalla, chiedendole cosa ci fosse che non andasse. Lei rispose che andava tutto bene e che stava soltanto per un minuto pensando al lavoro che avrebbe dovuto svolgere, cercando di dileguarsi e correre in studio.


Ryan però la fermò da un braccio, dicendole di seguirlo e salutare Bruno, che ormai non vedeva più da tempo. In un primo momento lei si rifiutò, poi giustificò il rifiuto dicendo che si sarebbe sentita in colpa per averlo interrotto durante il suo lavoro e alla fine fu costretta dalla eccessiva gentilezza del ragazzo a dire di si.
Lo seguì continuando a parlare del più e del meno.
Lui confessò di aver chiuso con Ginny anni prima e di aver completamente perso i contatti con lei, anche se gli sarebbe piaciuto rivederla e magari riprovare a stringere amicizia.

Di conseguenza invece la ragazza esordì dicendo che proprio da quando cambiò gruppo di amici lei passò in secondo posto, se non in terzo o quarto e quindi fu completamente oscurata, mandando a puttane l'amicizia.
Fu così presa dalla discussione da non accorgersi di essere arrivata insieme a lui di fronte ad una porta con su scritto "Mars".  Prese un forte respiro, mentre Ryan si accingeva a girare il pomello di essa.
Si aprì, lasciando intravedere due ragazzi di profilo, uno seduto ed uno in piedi.

Uno indossava un cappello che copriva i suoi ricci, una canottiera nera ed era di fronte ad una tastiera.

L'altro, steso sul divano, indossava un cappellino rosso, degli enormi occhiali dalla montatura nera e si accingeva a picchiettare i tasti del computer.
Destiny riconobbe subito il suo vecchio amico.


I due si voltarono, assumendo un'espressione perplessa.

-"Bro, guarda chi ho trovato qui sotto!"

Disse Ryan, incrociando le braccia e sorridendo.
Peter per un secondo di sforzò di capire, poi spalancò gli occhi, sorridendo come mai aveva fatto dall'ultima volta che l'aveva vista. L'altro, invece, continuava ad apparire abbastanza perplesso, considerando che non avesse idea di chi lei fosse.
Bruno le si avvicinò, continuando a sorridere e rimanendo in silenzio, notando Ryan che si allontanava da loro e si andava a sedere accanto al ragazzo sul divano, che sottovoce chiedeva chi lei fosse.
Riconosceva negli occhi dell'amico un qualcosa che fin'ora solo poche volte aveva visto, simile a quando guardava Chanel, ma molto più accentuato.
Si abbracciarono, lasciando le labbra di lei a pochi centimetri dall'orecchio di lui.


"Te lo avevo detto che non era un addio."


 

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Capitolo 14
*** 14°capitolo ***


Peter annuì, sfoggiando un sorriso proveniente direttamente dal proprio cuore.
Si vedeva, gli brillavano gli occhi, non poteva credere di avere davanti la ragazza a cui aveva tenuto di più nei suoi anni di adolescenza.
Le afferrò le mani con fare da buon amico di vecchia data, chiedendole come stesse e cosa facesse nella vita, con chi fosse, come concluse il liceo.
Non le diede il tempo di rispondere, poiché successivamente lui stesso posò gli occhi sul ragazzo sul divano, notandolo ancora perplesso e scoppiando a ridere. Sporse un braccio verso di lui, indicandolo e facendo avvicinare Destiny.


-"Lui è Phil, il mio collabotore in musica!"

Phil si alzò, stringendole la mano e poi puntando un dito su Bruno, guardandolo inizialmente con sguardo arrabbiato per poi mutarlo ad occhi da cucciolo accompagnati da un broncio-"Hey bro, sono anche il tuo migliore amico!"- Disse, tornando successivamente serio e sorridendo a Destiny, dicendole che era un piacere conoscerla.
I due si presentarono del tutto, così Destiny potè cominciare a raccontare cosa ci facesse a Los Angeles ed a rispondere a tutte le domande poste dal suo amico. Era lì poiché era riuscita a diventare una psicologa, aveva incontrato Ryan nella strada per raggiungere il suo studio ed era fidanzata da un anno con Markus, un infermiere nell'ospedale locale.
Peter divenne serio all'udire la parola "fidanzato", ma non lo lasciò trasparire, continunando a sorridere ed annuire in assoluta nonchalance.
D'un tratto si sentì bussare alla porta, tutti si voltarono ed una ragazza dai capelli corti e gli occhiali da sole sul naso fece capolino, sorridendo con in mano una scatola di ciambelle. Entrò poi dopo essere stata salutata da tutti, togliendo gli occhiali e guardando Destiny chiedendosi chi lei fosse.


-"Chanel! Hai portato le ciambelle, che brava ragazza..!"

Disse Phil, afferrando la confezione e cominciando a fare la conta per scegliere quale mordere per prima.
Ryan posò il palmo della sua mano sulla fronte, scuotendola in segno di finta disperazione nell'osservare quella scena.
Peter le posò un braccio sul fianco, presentandola a Destiny.


-"Lei è Chanel, la mia ragazza.."- Disse, indicandola  e guardando ancora l'altra ragazza. Poi guardò la partner facendo lo stesso segno -"Lei è Destiny, una mia amica d'adolescenza..! Non la vedevo ormai da circa.. Quanto? Sette anni?"

La ragazza annuì, facendo un sorrisetto forzato e stringendole la mano, notando come invece Chanel fosse del tutto protettiva nei confronti di Bruno e diffidente nei confronti di lei.
Le strinse la mano, pronunciando un "piacere" molto scialbo, molto finto, un tutt'altro che "piacere".

Più che un "piacere di conoscerti", sembrava un "sarebbe un piacere se te ne andassi".

Destiny improvvisamente si sentì di troppo così, riprendendo le cartelle posate sul tavolino e stringendole attraverso entrambe le braccia, si giustificò dicendo che doveva andare poiché i suoi pazienti l'avrebbero aspettata per gli appuntamenti, scusandosi, nonostante fosse consapevole del fatto che fossero le undici e di non avere nessun appuntamento programmato prima di mezzogiorno.
Ryan si alzò dal divano, salutandola con un bacio sulla guancia e lasciandole il suo numero in modo da farsi sentire sempre in caso di bisogno o anche solo per parlare.

Phil si voltò, poiché di spalle, con una ciambella cosparsa di zucchero e glassa rosa in mano e molto molto zucchero sulle labbra. Destiny fece una risatina, facendoglielo notare, quindi lui si pulì e le diede due baci sulla guancia per salutarla, sorridendo.
Chanel le fece un cenno con il capo, accennando di nuovo quel sorrisetto acido, probabilmente sollevata dal fatto che se ne stesse andando.
Peter disse a tutti di aspettare e propose a Destiny di accompagnarla fino alla porta di entrata dell'edificio, considerando che dal proprio studio a lì sotto ci sarebbero stati diversi corridoi e lei avrebbe rischiato di arrivare in tutt'altri luoghi. In un primo momento la ragazza disse di non scomodarsi, ringraziandolo, ma notando come Chanel le stesse dando ragione solo per una pura gelosia che la stava divorando, decise di accettare l'offerta.

Tanto si sarebbe trattato solamente di qualche piano da scendere al fianco del ragazzo, non certo di un matrimonio tra i due.

La ragazza la osservò con occhi di fuoco, serrando le labbra ma dimostrandosi comunque estremamente serena e rilassata agli occhi del suo fidanzato, in modo da non farsi ripetere di essere gelosa e sentirsi sconfitta in orgoglio. Ma Phil e Ryan, nonostante uno fosse occupato a divorare ciambelle e l'altro a specchiarsi nelle lenti dei propri occhiali da sole, notarono il tono di sfida nella voce della ragazza, profondamente infastidita dalla presenza di Destiny.

Eppure un motivo c'era, oltre le sue manie repressive e la sua gelosia: Bruno guardava quella ragazza in una maniera completamente diversa da come di solito guardava lei.

Non che non si sentisse guardata con amore, ma qualcosa luccicava nei suoi occhi quando di fronte a se si presentava la nuova tipa amica d'infanzia. Insomma, si imbambolava come uno scemo e fissava ogni singola parola che ella pronunciasse con un'attenzione particolare, cercando di non perdere nemmeno un accento.
Era spaventata, a dirla tutta.

Peter accompagnò nel frattempo al piano inferiore Destiny, dandogli il suo nuovo numero di telefono e chiedendole di vedersi più spesso, salvando di ricambio sul suo blackberry anche il numero di lei, che successivamente si allontanò intenta ad andare verso il suo studio, continuando ad essere osservata da Peter.

****

I due ricominciarono a vedersi in veste di amici, a parlare al telefono, ad organizzare delle giornate a casa di uno o dell'altra con amici e i rispettivi partners.  Anche Markus cominciava ad insospettirsi nel constatare come la sua ragazza ricominciare a prendere i rapporti con lui, ma rimase sconvolto quando scoprì soprattutto di chi si trattasse.
Bruno Mars?
Un cantante che stava esattamente per sfondare nel mondo musicale era stato il migliore amico della sua ragazza?
Si, il migliore amico perché così lei lo aveva definito, spaventata di raccontare sul serio cosa ci fosse stato.

Avrebbe probabilmente pensato che adesso stava ricominciando qualcosa tra i due ed avrebbe cominciato a seguirla, a divenire geloso fino a non farli più vedere. Si insospettiva quando notava che i modi di fare di Destiny divenivano completamente diversi in presenza dell'altro ragazzo.

Sorrideva più spesso, a volte accennando a delle risatine isteriche, faceva continuamente battute, cantava, scherzava, ballava, beveva, fumava.
Era tutt'altra persona, rispetto a quella che si dimostrava quando era con lui, sobria e tranquilla, che solo poche volte si ritrovava a raccontare qualche aneddoto.

Le rinfacciava soprattutto una volta in cui tutti si recarono in campagna, tanto per fare qualcosa per tutta la giornata invece di rimanere chiusi in casa a causa del caldo che avrebbe potuto distruggere le pietre.
Destiny e Peter si offrirono di cucinare, ignorando per tutto il giorno sia lui che Chanel, soprattutto quando a causa di un gioco, Bruno si ritrovò ad inseguirla fino a dentro il bosco per catturarla, lasciandoli li fermi insieme agli altri ad osservare la scena, stizziti e muti, cercando di dimostrarsi anche compiaciuti dalla scena buffa.
Ogni volta che lei si sentiva rinfacciare questa storia finivano per litigare, nonostante lei stessa sapesse di essere in assoluto torto.

Perché?

Perché se davvero Markus e Chanel avessero scoperto cosa realmente successe dentro il bosco, probabilmente un litigio sarebbe stato la minima conseguenza. 




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Capitolo 15
*** 15°capitolo ***


I due cominciarono a correre, incuranti del fatto di aver lasciato indietro tutti gli altri, tanto non si erano di certo allontanati di nascosto o per motivi loschi, stavano solamente giocando.
Bruno afferrò un rametto proprio come fece Destiny nel bel mezzo di uno spiazzo, poco vicino da un laghetto. Cominciarono a simulare una battaglia, immaginando quei pezzi di legno come spade con cui combattere e vincere qualcosa, anche se non sapevano nemmeno cosa. Forse una fetta di carne in più o forse soltanto la soddisfazione nell'aver battuto l'altro, nonostante avessero ventiquattro e venticinque anni. Quando erano insieme si sentivano come ai tempi del liceo, due ragazzini che non volevano fare altro oltre che divertirsi insieme, anche se i canoni di "divertimento" di quell'istante non erano quelli di un intero anno scolastico di quando avevano diciassette anni.
Quando la spada di Destiny cadde, ella fu costretta ad alzare le mani in segno di bandiera bianca e cercare di chiedere perdono a lui che l'aveva battuta in modo giusto.
Scoppiarono a ridere entrambi, gettando i pezzi di legno e rimanendo per un po' di fronte al laghetto per fissarlo, tanto erano trascorsi solo pochi minuti ed avrebbero usato come scusa i diversi ostacoli naturali che si presentavano nel ritorno.
Si sedettero di fronte ad esso, senza dire una parola ma soltanto con le ginocchia ad altezza mento a fissare la distesa d'acqua e l'immensa tranquillità che essa, contornata dagli alberi che facevano il giro della sua circonferenza, scaturiva.


-"Sai, mi sei mancata davvero tanto.."-  Bruno interruppe il silenzio, facendo per un secondo incontrare il suo sguardo con quello della ragazza per poi rivolgerlo nuovamente al lago.
Lei scosse la testa, come se si fosse aspettata già quella frase.

-"Non sei credibile, Mars!"
-"Che vuoi dire?"

Si alzò, scotolandosi il pantalone dai residui di terriccio umido ed incrociando le braccia, rimanendo di fronte a lui ancora seduto ad osservarla dal basso verso l'alto.

-"Intendo dire che se ti fossi davvero mancata, avresti trovato un modo per cercarmi, non credi?"

Lui si zittì, alzandosi ed afferandola delicatamente per i gomiti, accarezzandole le braccia.

-"Non ce la facevo più, Destiny...Parlare ore ed ore solo al telefono, non poterti abbracciare,non poterti toccare. Stavo andando fuori di testa ed ho deciso di chiudere i rapporti radicalmente.."
-"Perché non me ne hai parlato? Hai preferito dire addio?"
-"No.. soltanto, sapevo che non sarebbe mai stato un vero addio. Infatti, guardaci, siamo di nuovo qui."

Sorrisero entrambi, guardandosi e sentendosi finalmente bene. Entrambi emanavano un calore all'altro che li faceva sentire a casa,che li rilassava e li faceva sospirare con soddisfazione.
Come quando con il freddo di dicembre ti accomodi di fronte al camino acceso e cominci a sfregare le mani, sentendoti completamente al caldo dopo pochi minuti e quindi chiudendo gli occhi per goderti quell'atmosfera di quiete.
Tra i due quel giorno stesso scattò un bacio, che durò per pochi minuti e che decisero di raccontare solamente al lago, di far affogare insieme alle foglie che dagli alberi cadevano esattamente all'interno di esso e sprofondavano.
Tornarono al punto di partenza da tutti gli altri, sorridenti, nonostante si trattasse di un sorriso colpevole, confuso, colmo di sensi di colpa che entrambi lottavano per cacciare almeno per non farsi sovrastare da essi ed assumere espressioni perplesse nel pieno di momenti divertenti in gruppo, fermandosi ad osservare un punto fisso nel vuoto a bocca aperta.
Non si parlarono per il resto della giornata, se non per dire qualcosa di estremamente breve e non importante, tanto per dare una parvenza di ostentata tranquillità a chiunque li osservasse. Ma non potevano fare a meno di lanciarsi ogni tanto degli sguardi di troppo, anche se subito smorzati ed indirizzati verso un altra zona all'unisono, il che non faceva altro alla fine che dare ancora più nell'occhio, poiché in precedenza usavano sorridere durante un incontro casuale degli sguardi.
Chanel e Markus sembravano non accorgersene, ma i due "clandestini" della situazione in realtà si chiedevano se stessero pensando qualcosa e, come loro, stessero fingendo indifferenza per non creare scompiglio.
Tra gli amici, nessuno ci fece caso, tranne Phil che ormai riconosceva perfettamente i comportamenti di Bruno e sapeva cosa gli stesse passando per la testa, collegando soprattutto i suoi comportamenti ai pensieri che gli balzarono alla mente la prima volta che vide Destiny relazionarsi con l'amico.
Phil rimaneva zitto, ma osservava ciò che accadeva.

Così, prese Peter in disparte, fingendo di dovergli chiedere diverse cose riguardo ad i loro progetti musicali, facendo però l'occhiolino ad Urbana, la sua ragazza, la quale capì subito di cosa si trattasse ed acconsentì a farli allontanare.

Gli pose un braccio sulla spalla, facendolo precedere da una pacca alla schiena, e cominciò a gesticolare
-"Allora, che sta succedendo?"- chiese, nonostante fosse a conoscenza di tutto ciò che stava accadendo, almeno nella sua testa. 

-"Di che parli?"- Ribatté Bruno, fingendo di non capire di cosa stesse parlando, senza però guardarlo negli occhi attraverso le sue enormi lenti da vista, poiché sapeva che non sarebbe riuscito a ostentare facilmente ingenuità. Phil indicò il bosco, cominciando a porre domande.
-"Vuoi davvero prendermi in giro? Che è successo tra te e Des? Avete litigato lì dentro?"
Peter sospirò, alzando le spalle -"Tutt'altro bro, tutt'altro.."- disse con un filo di voce, sentendosi in colpa ed abbassando lo sguardo al suolo mentre camminava lentamente al passo dell'amico. Quest'ultimo inarcò le sopracciglia, rimanendo per un secondo perplesso per poi fare mente locale a capire ciò di cui Bruno stesse parlando.
-"Non dirmelo."
-"Troppo tardi, tu che dici?"
-"Ma sei uscito fuori di testa? E Chanel? E Markus?!"
Phil aumentò il tono di voce, costringendo Peter a tappargli la bocca e sussurrargli a denti stretti di abbassare il tono, sfoggiando un sorrisetto divertito verso tutti gli altri, come se ci stesse giocando. L'amico alzò il pollice verso di loro, giocando allo stesso gioco di Bruno, nonostante fosse sconvolto. Poi si voltarono nuovamente entrambi, continuando a parlarne sotto voce.
-"Lo so, è stata una cazzata, ma non accadrà più, è stato un momento in cui chiunque sarebbe stato tentato.."
Destiny nel frattempo li osservava, avrebbe voluto provare a decifrare ciò che i loro labiali stavano dicendo muovendosi, ma ovviamente essendo che i due erano di spalle non ci riuscì.

Così, in un momento di assoluta confusione, perse lo sguardo solo su di loro, utilizzandoli come punto fisso. Markus le diede uno scossone dal braccio, facendola tornare tra loro e chiedendo cosa ci fosse che non andava. Rispose che era tutto okay e che era stanca poiché aveva dormito, che non ci fosse niente di preoccupante oltre ad un po' di sano sonno.
Nel frattempo Peter e Phil fecero marcia indietro, tornando tra di loro e sedendosi sull'erba fresca, continuando a parlare come se niente fosse, anche se quei due di segreti ne stavano raccontando.
Se solo qualcuno avesse saputo leggere nei loro occhi, ne sarebbero uscite storie assurde e sentimenti soffocati che non riuscivano a non nascondere per paura di non essere capiti, di non essere accettati. 

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