Things I hate about you

di lilyhachi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Your memory ***
Capitolo 2: *** Your eyes ***
Capitolo 3: *** Your voice ***
Capitolo 4: *** Your lips ***
Capitolo 5: *** You and me ***



Capitolo 1
*** Your memory ***


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And if I try to get close he is already gone.
Don't know where he's going. Don't know where he's been.
He is restless at night. He has horrible dreams.
So we lay in the dark cause we've got nothing to say”.
(Daughter - Run)
 
Things I hate about you
 
I

Your memory
 
Leave me out with the waste, this is not what I do.
It's the wrong kind of place to be thinking of you.
It's the wrong time for somebody new.
It's a small crime and I've got no exuse”.
(Damien Rice - 9 crimes)
 
Una serie di singhiozzi strozzati destarono la bambina dal suo sonno profondo.
Si stropicciò gli occhietti azzurri ancora colmi dei sogni che avevano popolato la sua mente fino a poco fa e scese dal letto, tenendo il suo Teddy stretto nella mano destra. La casa era avvolta nel buio, solo una luce appena accennata proveniva dal piano inferiore, precisamente dal soggiorno.
Come ogni notte, stava sognando di librarsi nell'aria insieme a tutti gli eroi di cui la mamma le raccontava ogni sera. Quelle storie meravigliose e straordinarie la spingevano a rannicchiarsi nelle coperte ogni volta, sapendo che non appena i suoi occhi si sarebbero chiusi, lei sarebbe sprofondata in uno dei tanti mondi che la mamma le aveva permesso di immaginare grazie alle sue storie. Eppure, ad un tratto, si era precipitata giù, destandosi e interrompendo uno di quei sogni magnifici. Cominciò a scendere gli scalini e ad ogni passo che la piccola compiva, i singhiozzi si intensificavano rendendo sempre più udibile quella tristezza trattenuta che qualcuno stava tentando di soffocare fra le lacrime. Chi stava piangendo al piano di sotto?
Sembrava si trattasse di un giovane anche se lei non avrebbe potuto dirlo con certezza.
Diede un ultimo sguardo verso le scale, sperando che la mamma e il papà stessero dormendo.
Se l'avessero vista in piedi nel bel mezzo della notte, l'avrebbero fatta tornare a letto di corsa.
Una volta scese di sotto, la bambina notò che sul divano del salotto giaceva un ragazzino stretto nelle sue gambe con la testa poggiata sulle ginocchia, e una chioma biondo scuro tutta scompigliata. Lei inclinò la testa di lato, osservando meglio la scena.
Lo sconosciuto non si era accorto della sua presenza, continuando a singhiozzare lievemente.
“Ragazzo, perchè piangi?” (1), chiese la piccola in un sussurro, che fece balzare il giovane, portandolo ad asciugarsi le lacrime immediatamente, come un criminale appena colto in flagrante. Si ricompose subito, cercando di nascondere in tutti i modi che stava piangendo.
Sembrava lei quando la mamma la coglieva sul fatto a mangiare i biscotti che tanto le piacevano oppure quando restava sveglia a sfogliare i libri solo per guardare le figure, capaci di farla sognare in ogni momento della giornata. Lui aveva pianto e sembrava vergognarsene.
Era soltanto un ragazzino. Tutti i bambini piangevano, anche lei.
Piangeva quando il papà la sgridava. Piangeva quando la zia andava a trovarli.
Piangeva quando aveva gli incubi. Piangeva quando il papà cercava di toglierle Teddy oppure quando la rimproverava perchè passava troppo tempo con i suoi fratellini e con Nana.
Era libero di piangere anche lui: le sue guance erano ancora rigate dalle lacrime che aveva frettolosamente asciugato mentre qualcuna era rimasta intrappolata fra le ciglia, come fossero gocce di rugiada pronte a cadere sui suoi zigomi.
“Non stavo piangendo”, si giustificò lui, distendendo le gambe e osservando meglio la bambina.
Era avvolta in un pigiama rosa pallido decorato da tanti piccoli cagnolini, mentre il viso ovale era incorniciato da lunghi boccoli castano scuro. Gli occhi vispi e azzurri lo scrutavano con attenzione, come se stesse cercando di immaginare cosa lo avesse spinto a piangere in quel modo tremante e quasi impaurito. Pur trattandosi di una bambina, il suo sguardo sembrava quasi scartarlo, come fosse qualcosa da scoprire per mano di quella ragazzina indagatrice.
“Come ti chiami?”, domandò lui, tirando su con il naso.
La piccola fece un lieve inchino. “Maggie Moira Angela Banning”. (2)
Il ragazzino si sforzò di non ridere, suscitando uno sguardo furente di lei.
“Cosa ridi?”, chiese, mettendo il broncio.
“Il tuo nome è strano”, asserì lui con una mano sulla bocca e gli occhi chiari fissi su di lei.
“Lo ha scelto la mia mamma”, berciò la piccola a braccia conserte, dandogli le spalle.
“Maggie! Cosa fai lì?”.
La mamma aveva sceso le scale, avvolta nella vestaglia rossa ed era corsa verso la piccola.
“Dovresti essere a nanna da un pezzo”, la rimproverò la donna, il cui viso non aveva mai nulla di serio o minaccioso con i suoi occhi nocciola e le labbra sempre incurvate in un sorriso dolce, nel quale si nascondeva un bacio, proprio sull'angolo destro.
“Dormivo”, rispose Maggie con decisione. “Solo che lui mi ha svegliata”.
Christine, così si chiamava la sua mamma, guardò il giovane e poi si rivolse a Maggie.
“Fila a letto, lui sarà nostro ospite soltanto per questa notte”.
Prima di andare via, la piccola si sporse verso la mamma, allungando le braccia.
“Aspetta”, esclamò con una mano a mezz'aria.
Maggie corse verso il divano dove era seduto il ragazzino e tolse un ciondolo che aveva al collo, porgendolo a quello strano ospite, ricevendo in risposta uno sguardo piuttosto confuso.
“Cos'è?”, chiese lui, stringendo fra le mani quella che sembrava essere una piccola ghianda.
“E' un bacio”, disse lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “E' una cosa potente, ti fa sentire meglio anche quando sei triste...come lo sei tu adesso”. (2)
Lui aprì la bocca, solo per affermare che non era affatto triste, ma l'espressione della piccola glielo impedì: si era mostrata così dolce e a tratti ingenua che contraddirla sarebbe stato un crimine. Sapeva cosa era un bacio e l'oggetto che Maggie gli aveva donato non vi corrispondeva per niente, ma lei era soltanto una bambina, così mise il ciondolo al collo e le sorrise.
“Grazie”, affermò lui un po' titubante e poco convinto dalle sue parole.
“Come ti chiami?”, chiese Maggie, mentre la mamma la prendeva in braccio per portarla di sopra.
“Io sono Jeremy...Jeremy Barrie”. (3)
 

Maggie odiava a morte quel ricordo, soprattutto per il contrasto che creava con la figura ben diversa che era costretta ad incrociare ogni mattina nei corridoi della scuola.
Jeremy Barrie non aveva nulla del bambino che aveva incontrato quella sera di tanti anni fa e, a dirla tutta, era fermamente convinta che avesse rimosso quel ricordo dalla sua mente, visto che si comportava proprio come se non la conoscesse. Riusciva a rivolgerle la parola soltanto per punzecchiarla e schernirla, come se l'avesse presa di mira. Di quella vulnerabilità che aveva visto, attraverso le sue guance rosse e rigate dalle lacrime, e attraverso gli occhi lucidi non era rimasto niente, soltanto uno spaccone pieno di sé che la guardava di sottecchi e con sorriso canzonatore. Ogni volta che lo incontrava, quel ricordo partiva in automatico, facendosi spazio fra tutti i pensieri che normalmente occupavano la sua mente. Infatti, quando realizzava di avergli anche donato quel ciondolo che aveva fatto lei stessa da piccola, un moto d'ira la scuoteva, facendole venir voglia di dare uno strattone a Jeremy e ordinargli di restituirle ciò che gli aveva regalato. Maggie ne era certa: Jeremy non possedeva più quell'oggetto e se ne era certamente sbarazzato. Quella sensazione era l'unico motivo che la spingeva a non dargli addosso ogni volta che lo vedeva. Odiava Jeremy, e odiava quel ricordo che aveva di lui.
 
 
Angolo dell'autrice
 
  • (1) frase ripresa dal film “Hook – Capitan Uncino” del primo incontro fra Wendy e Peter;
  • (2) il nome di Wendy è abbastanza simile a quello originale, cambiano solo il primo nome (Maggie) ispirato alla figlia di Peter nel film “Hook – Capitan Uncino” e il cognome (Banning) ripreso dallo stesso film;
  • (3) il nome di Peter è ripreso dall'attore che ha interpretato Peter nell'ultimo film (Jeremy Sumpter) mentre il cognome viene da James M. Barrie;
  • (4) la storia sarà una AU, quindi niente maledizione o altro, soltanto i nostri personaggi alle prese con una vita normale ma che riporteranno alcune caratteristiche delle loro vere identità.
  • (5) il motivo per cui Jeremy si è ritrovato a casa di Maggie da bambino verrà spiegato nei prossimi capitoli.
Bene, con questa nuova storia ho ufficialmente deciso di scavarmi la tomba da sola ma giuro che non è colpa mia...solo che ci sono persone cattivissime che mi tentano in continuazione ç_ç comunque, ci tengo a precisare che non si tratta di una vera e propria storia, bensì di una raccolta: ho deciso di optare per una raccolta di flash/one shot incentrate sui personaggi di questa AU, ambientata a Storybrooke. Pur non trattandosi di una storia, cercherò di mantenere una linea ben precisa ma ogni capitolo sarà una shot o una flash. Il titolo fa riferimento a tutte le cose che i due protagonisti odiano l'uno dell'altra.
Quindi, i capitoli riprenderanno questa linea...ok, non so se mi sono fatta capire ma spero di sì. In caso contrario, vi incito sempre al libero lancio di ortaggi/ciabatte e oggetti vari. Credo di aver detto abbastanza, quindi smetto di tediarvi e vi saluto. Fatemi sapere cosa ve ne pare di questo primo capitolo con un commento, anche piccino piccino. Ringrazio vivamente la ciurma (tentatrice!) del gruppo di OUAT che mi ha praticamente “spinta” a scrivere questa storiella senza capo né coda e la pagina
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Alla prossima, un abbraccio :)
 

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Capitolo 2
*** Your eyes ***


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II

Your eyes

 

“And all my instincts, they return and the grand facade, so soon will burn.
Without a noise, without my pride, I reach out from the inside”.
(Peter Gabriel - In you eyes)
 
Voci e schiamazzi continui.
La sua scuola pullulava di voci troppo alte, persone con il brutto vizio di camminare per i corridoi come se fossero i padroni, urtando studenti a destra e a manca.
Jeremy avrebbe odiato quei particolari, se non fosse per il semplice motivo che lui era proprio fra coloro che si comportavano in quella maniera: perchè lui, Jeremy Barrie, percorreva il corridoio insieme ai suoi compagni, mantenendo lo sguardo alto, come se fosse al di sopra di tutti.
Puntualmente, proprio in un punto che si trovava a metà fra il corridoio e la porta dell'aula di musica, c'era la stessa persona che incrociava i suoi occhi ogni mattina. In realtà, lei doveva essere solo uno dei vari puntini che camminavano indisturbati per quei corridoi troppo luminosi e troppo larghi ma il problema erano i suoi maledetti occhi che finivano irrimediabilmente per scontrarsi con i suoi. Quella mattina, era affiancata dalla sua fidata amica Paige che quasi la travolse per abbracciarla, come fosse un vero e proprio tornado. Era sempre così fra quelle due.
Seguiva insieme a loro la maggior parte dei corsi, e notare il disprezzo immotivato che Maggie nutriva verso di lui non era stato per niente difficile.
Jeremy fissò gli occhi di Maggie e, come da repertorio, le rivolse un'occhiata sprezzante, tornando a guardare dinanzi a sé, ignorando i suoi occhi, gli occhi di quella bambina che lo aveva tirato su.
Riusciva a ricordarli come se fosse passato appena un giorno da quella notte mostruosa, durante la quale aveva desiderato soltanto rannicchiarsi sotto una coperta che gli era stata tolta malamente, permettendo ad una realtà gelida come una sferzata di vento di colpirlo violentemente, rivelandogli di come i suoi genitori fossero morti in un incidente. Quella notte, Jeremy Barrie era diventato un bimbo sperduto: senza casa, senza genitori, senza amore. Non voleva saperne di gesti d'amore o di gentilezza, non voleva nemmeno sentirne parlare, eppure li aveva ricevuti quella stessa notte, attraverso un posto dove dormire, ed era stato merito dei genitori di quella bambina.
Ricordava come la madre di Maggie lo avesse preso gentilmente per mano, per portarlo in un’altra stanza dell’ospedale e visitarlo, mentre nel corridoio nessuno aveva il coraggio di dirgli ciò che era accaduto quella notte o fossero la sua mamma e il suo papà. Aveva visto soltanto i loro volti e poi era stato tutto troppo confuso: un rumore forte, ruote che stridevano sull’asfalto e poi il nulla.
Non era scoppiato a piangere quando aveva appreso la notizia, era semplicemente rimasto immobile a fissare un punto indefinito del muro, senza aprire bocca. Una donna che non conosceva, forse un’assistente sociale, aveva tentato di smuoverlo senza alcun risultato, per poi essere ripresa dalla madre di Maggie, Christine, che gli si avvicinò, posandogli le mani morbide sulle spalle.
Ricordava ancora la consistenza delle sue mani che lo sfioravano e il calore che emanava quella casa, in netto contrasto con il gelo di quella notte. Jeremy sarebbe rimasto alla stazione di polizia se non fosse stato per quella donna così gentile, che gli diede un posto, solo temporaneo, in cui passare la notte. Fu dopo qualche minuto che vide anche suo marito, il padre di Maggie, che aveva un volto familiare, probabilmente conosceva i suoi genitori…d’altronde chi a Storybrooke non conosceva i coniugi Barrie? Eppure, quell’uomo mostrava uno sguardo di sincero dispiacere.
Lui ricordava bene Maggie ma si comportava ugualmente come se non la conoscesse: il fatto era che Jeremy odiava i suoi occhi così luminosi e penetranti che ogni mattina lo facevano sentire di nuovo come se fosse quel bambino triste e con le lacrime agli occhi. Lui non voleva sentirsi in quel modo, non più, e il fatto che ci fosse qualcuno sulla faccia della terra a conoscenza di quel suo lato debole e vulnerabile lo infastidiva non poco. Nemmeno i suoi genitori adottivi avevano mai avuto a che fare con quel suo lato sconosciuto. Non aveva mai detto loro di volergli bene, ma aveva cercato di renderli fieri e sicuramente non avevano nulla di cui lamentarsi, vista la sua media perfetta. Probabilmente, agli occhi di Maggie lui non era altro che il giocatore di football arrogante con una famiglia ricca alle spalle, una media scolastica impeccabile, una borsa di studio per il college e un'orda di ragazze ai suoi piedi. Jeremy riflettè un attimo su quella descrizione: lui era proprio così.
Sorrise soddisfatto, non ce n'era di brillanti come lui. (2)
Jeremy adorava sentirsi in quel modo...appagato e forte.
Non voleva più sentirsi come quella notte fredda e umida, ma ogni volta che incrociava gli occhi di Maggie ogni suo trionfo veniva cancellato e tornava ad essere nuovamente un bimbo sperduto.
 
“Ehi attento!”.
Jeremy si chinò a raccogliere i libri del malcapitato con cui si era appena scontrato ma non appena alzò lo sguardo per vedere di chi si trattasse, rimase di sasso, deglutendo: di nuovo quegli occhi.
Evitò immediatamente lo sguardo di Maggie e le porse i libri mentre lei lo osservava leggermente accigliata e strappandogli praticamente i libri dalle mani. Lui l'aiutava e quello era il ringraziamento? Aveva diversi motivi per non sopportarla e la sua acidità era fra quelli.
Si alzò da terra e le porse una mano, giusto per essere gentile ma lei la rifiutò e si alzò da sola, portando Jeremy a ridere sonoramente, mentre alzava le mani come un criminale.
“La prossima volta ricordami di continuare a camminare”, berciò lui con un sorriso sardonico.
“Sarebbe più opportuno, se tu guardassi dove andare”, ribattè Maggie senza peli sulla lingua.
I suoi occhi assumevano una sfumatura diversa quando era arrabbiata: diventavano più scuri, come fossero un mare in tempesta e Jeremy poteva sentirsi catapultato contro gli scogli da quelle onde. Perchè non riusciva ad evitare di soffermarsi sui suoi occhi? Da quando qualcosa era così indispensabile per lui? Sembrava una dipendenza e lui non voleva averci nulla a che fare.
Odiava dipendere da qualcosa o da qualcuno, soprattutto se si trattava di qualcuno come lei.
“Terra chiama Barrie”, esclamò la ragazza, cercando di riportarlo alla realtà.
Jeremy scosse subito la testa. “Sei tu che mi sei finita addosso”.
“Cosa?”, domandò Wendy con tono indignato. “Ma sei fuori di testa?”.
“Ehi, Jeremy”, una voce alle spalle di lui lo richiamò. “Fai il cascamorto?”.
Maggie alzò gli occhi al cielo, non appena si accorse di chi fosse: Chris Andersen, il migliore amico di Jeremy, arrogante, saccente e insopportabile quasi quanto lui. (3)
Il ragazzo si voltò, incrociando gli occhi dell’amico biondo e rivolgendogli un sorriso sghembo, per poi tornare a soffermarsi su di lei, che guardava male sia lui che Max.
“Vorrei restare ancora a parlare con te ma devo andare”, dichiarò Jeremy con un finto tono dispiaciuto che non avrebbe ingannato proprio nessuno. “Ciao”.
Provocarla era così facile e divertente che ci aveva fatto l'abitudine fin da subito.
Max gli diede una pacca sulla spalla per poi rivolgersi a Maggie con la sua solita faccia da schiaffi che lo rendeva odioso agli occhi di chiunque. “Ciao, Banning!”.
La ragazza gli rivolse una smorfia infastidita e girò i tacchi, mentre Jeremy percorreva il corridoio insieme a Max che aveva cominciato a parlare dei programmi che aveva fatto per quella sera.
Il ragazzo era così preso dalle sue stesse parole che non si accorse che Jeremy si era voltato appena verso Maggie, incrociando un'ultima volta i suoi occhi per poi girarsi di scatto, facendo finta di niente. Aveva cercato con tutto sé stesso di non cedere, ma aveva fallito.
Negli occhi di lei aveva intravisto una sfumatura nuova: non erano scuri, come se fosse arrabbiata, ma si erano fatti più chiari e più limpidi, come se nascondessero una nota di dispiacere.
Odiava quegli occhi, perchè lo facevano capitolare ogni volta e gli leggevano dentro, come se Maggie lo conoscesse da una vita, anche meglio di sé stesso.
 
 
Angolo dell'autrice
 
  • (1) la madre di Maggie è un'infermiera, per questo motivo ho ipotizzato che dopo l'incidente dei genitori lei stessa abbia offerto un posto dove dormire a Jeremy, vista l'assenza di parenti, per poi portarlo agli assistenti sociali il giorno dopo, il padre di Maggie, invece, è un professore e conosceva i coniugi Barrie e il loro unico figlio;

  • (2) “Non ce n'è di brillanti come me”, frase tratta dal film Peter Pan;

  • (3) Chris Andersen non è altro che l'alter ego di Felix e il suo nome è ispirato allo scrittore e poeta Hans Christian Andersen.

 
Eccomi con la nuova flash di oggi, incentrata su Jeremy e su una specie di “odio” che prova ogni volta che incrocia gli occhi della povera Maggie. Questa volta, ho voluto concentrarmi un po' sui pensieri di Jeremy e spero di aver mantenuto un po' del nostro Peter Pan di Neverland: in fin dei conti, mi sono chiesta “cosa potrebbe esserci di così brutto per Peter di una vita perfetta, con una famiglia ricca alle spalle e una vita praticamente già stabilita?”. Insomma, la vita di Jeremy mi sembra esattamente quello che Peter non vorrebbe, il che significa ovviamente qualcosa che verrà fuori nei prossimi capitoli. Intanto, ho cercato di definire i sentimenti altalenanti che Jeremy prova verso Maggie: la evita, ma allo stesso tempo qualcosa lo lega a lei. Spero di non essere ricaduta nel classico cliché. Allora cosa ve ne pare di questo capitolo? Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino se vi va, oppure siete sempre liberi di lanciarmi ortaggi perchè non so cosa sia uscito da questo secondo capitolo. Ringrazio le persone che hanno messo la storia fra le seguite e tutti coloro che stanno leggendo e lasciando recensioni, siete gentilissimi :3
Alla prossima, un abbraccio :)

 

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Capitolo 3
*** Your voice ***


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III

Your voice

 
“And I've been thinking lots about your mouth a conversation superseded by the way he talks.
I'd be an anchor but I'm scared you'd drown. It's safer on the ground.
Why you talk so loud? Why you talk so?”
(The 1975 - Talk)

 
Un campanello fastidioso.
Un martello pneumatico.
Un ronzio continuo.
Un suono odioso e disarmante che si ripeteva una, due, tre volte di seguito senza mai interrompersi, neanche per farle riprendere fiato. Quello era il modo in cui Maggie percepiva la voce di Jeremy Barrie, come qualcosa che doveva essere assolutamente interrotta perché troppo irritante per l’udito umano e soprattutto per il suo, che sembrava tollerarlo davvero poco.
“Ehi, Banning!”, la chiamò di nuovo lui, ghignando. “Te ne vai sul più bello?”.
Maggie, come se la sua voce l'avesse colpita alla schiena, si voltò, sfoggiando il sorriso più falso del suo repertorio e scese due scalini, osservando il ragazzo a poca distanza da lei.
“Sai, assistere ai tuoi amplessi sportivi non è una mia priorità”, rispose lei, acida.
“Mentre comportarti da bisbetica è tra le tue priorità, immagino”, constatò Jeremy, mentre qualcun altro, che Maggie avrebbe definito come il suo cane da compagnia, li ascoltava.
“Sicuramente, come lo è il tuo essere malauguratamente deficiente”, sentenziò Maggie, incrociando la braccia al petto e senza lasciarsi scalfire in alcun modo.
Il ragazzo arricciò le labbra in un sorriso e, notando il coach che si avvicinava, riprese il suo allenamento, mentre Maggie girava i tacchi e si allontanava, vittoriosa, insieme a Paige.
Jeremy, dopo aver ottenuto la sua dose quotidiana di soddisfazioni, sufficienti a fargli arrivare l'autostima a mille, tornò a concentrarsi sull'allenamento, tentando di ignorare quelle capre belanti che agitavano stupidi pompon nella sua direzione.
Rivolse loro un finto sorrisetto soddisfatto e gettò un ultimo sguardo verso la figura snella della Banning che si allontanava.
“Non so perché ma sembrate una coppia sposata”, dichiarò Paige, rischiando quasi di farla inciampare e portandola ad esibire l’espressione più confusa del mondo.
“Sei impazzita per caso?”, la rimbeccò Maggie, spaventando l’amica che, notando tutta quella rabbia, ebbe modo di avvalorare ancora di più la sua tesi su quei due.
Paige non disse nulla e si limitò a nascondere un ghigno, impedendo all’altra di vederla. Intanto, Maggie udì ancora una volta la voce di Jeremy da lontano che urlava qualcosa ai suoi compagni e un moto di fastidio le percorse tutta la schiena.
Un unico pensiero riuscì a sollevarla: tra un paio d’ore la sua voce sarebbe stata solo un vago ricordo, perché fra le mura di casa sua, Jeremy non poteva perseguitarla…o almeno così pensava.
 
Il martello pneumatico che aveva il volto pallido di Jeremy riprese a trapassarle il cervello durante l’ora di biologia, e per un momento osservò il quaderno, desiderando di lanciarglielo.
Non le importava che Jeremy le stesse dando ragione, era troppo abituata a sentire quella voce che le rivolgeva insulti e quando aveva realizzando che la stava appoggiando, quasi sbiancò.
“Mi perdoni, professor Watson”, cominciò con la sua voce pacata e quasi suadente, troppo educata e gentile per essere vera. “Banning non ha tutti i torti, non le sembra troppo assegnarci una relazione che dovrebbe richiedere almeno due giorni per essere consegnata?".
Il professor Watson, uomo ben poco accondiscendente, e con la tendenza maniacale a perseguitare i suoi studenti, anche quelli più bravi, lo osservò con un’espressione troppo serena che probabilmente nascondeva la peggiore delle condanne a morte.
“Hai ragione, Barrie”, disse con la sua voce pronta ad assestare il colpo di grazia. “Forse in due si lavora meglio, quindi vi dividerete in gruppi da due e consegnerete la relazione per domani”.
Maggie tirò un sospiro di sollievo e si voltò verso Paige che le rivolse un sorriso.
Per un attimo, aveva davvero temuto il peggio che, in realtà, stava per manifestarsi a momenti.
“Ma è San Valentino!”, protestò Chris con voce troppo alta per non essere udita.
“Sono desolato, signor Andersen ma stasera non potrà conquistare il cuore di alcuna donzella” aggiunse l’uomo, dirigendosi verso la cattedra. “Ah e poi…le coppie vanno in ordine alfabetico”.
Il peggio era arrivato, come il suono di un martello pneumatico abbinato ad un fischio continuo che non ne voleva sapere di fermarsi e al suono della campanella all’uscita da scuola, perchè Maggie sapeva con chi avrebbe fatto coppia.
Prese coraggio e si voltò verso Jeremy, rivolgendogli uno sguardo di fuoco, mentre il ragazzo si rigirava la penna fra le mani.
“Sembra che dovrai sopportarmi”, disse, piegando il capo. “Ringrazia il tuo cognome”.
 
“Accogliente”, esclamò, chiudendosi la porta alle spalle e portando Maggie a fulminarlo con lo sguardo, come se quell’affermazione non fosse altro che un’altra delle sue prese in giro in stile Barrie.
“Mi spiace, ma dovrai accontentarti della mia modesta e umile casa”, berciò lei, facendogli segno di seguirla.
Sospirò affranta al pensiero di dover trascorrere il pomeriggio insieme a quella piaga di ragazzo. Forse stava esagerando, Jeremy non era mica il lupo cattivo pronto a sbranarla all’interno della sua stessa casa? Per fortuna, ci sarebbe stato anche suo fratello. Improvvisamente, proprio suo fratello John uscì in fretta a fuori dalla sua stanza, finendole quasi addosso e Maggie pregò che non stesse per uscire.
“John!”, disse con un largo sorriso che lasciò sconcertato suo fratello. “Vai in salotto?”.
“Veramente sto uscendo”, rispose lui, passandosi una mano dietro la nuca.
“E dove vai?”, domandò Maggie, sgranando gli occhi come spaventata.
“Beh…è San Valentino”, sussurrò il ragazzo, aggiustandosi gli occhiali. “Mi vedo con Julia”.
“Oh”, esalò la ragazza, ancora affranta al pensiero di essere chiusa in casa con la persona che odiava di più al mondo proprio il giorno di San Valentino, per di più da sola. Non che avesse programmi, ma di sicuro non avrebbe sperato di passare la serata con Jeremy.
John le rivolse un sorriso confortante e fece un cenno di saluto a Jeremy per poi precipitarsi al piano inferiore e uscire, pronto a trascorrere la sua serata romantica. Il sospiro pesante di Maggie non sfuggì al ragazzo che emise una leggera risatina.
“Avevi altri piani?”, domandò, seguendo la ragazza nella sua stanza e prendendo posto.
“Non sono affari che ti riguardano”, dichiarò con fermezza e aprendo il libro di biologia. “Mi dispiace che tu non possa realizzare i tuoi".
“Chi ti dice che io avessi qualche piano?”, chiese senza staccare gli occhi da lei.
Il fatto che fosse il ragazzo più ambito del liceo, che facesse strage di cuori e che avesse un ego di dimensioni sconfinate che dominava l’intera scuola. Ecco cosa glielo diceva, e per di più a gran voce.
“Me lo dice il tuo nome”, continuò a sfogliare le pagine del libro senza leggere davvero neanche una di tutte le frasi che vi erano scritte e armeggiando con la biro nell’altra mano, fingendo indifferenza.
“Non dovresti giudicare un libro dalla copertina”, Jeremy aveva poggiato i gomiti sulla scrivania e si era leggermente sporto verso di lei, nonostante vi fosse un intero piano a dividerli, sembrava decisamente troppo vicino…così vicino da impaurirla e metterle soggezione.
Non poteva stare zitto, almeno per cinque minuti?
Jeremy parlava. Jeremy parlava troppo e in continuazione.
Jeremy parlava in maniera articolata e come se stesse facendo un dibattito.
Jeremy parlava quasi per dispetto e lei non riusciva a tollerarlo.
Voleva solo che chiudesse la bocca e smettere di tentare in ogni modo di farla cedere, come se quella che stavano portando avanti non fosse una conversazione ma una partita a scacchi. Ogni frase che Jeremy pronunciava sembrava nascondere uno scacco matto.
“Puoi stare un po’ in silenzio?”, Maggie non si era accorta del tono quasi esasperato e stanco con cui aveva posto quella domanda.
Jeremy non rispose e, sorridendo, prese il suo zaino, afferrando i libri al suo interno, mentre Maggie si rilassava leggermente sulla sedia. Forse aveva deciso finalmente di mettersi a studiare.
La ragazza chinò nuovamente la testa sul libro ma qualcosa invase il suo campo visivo. Alzò un sopracciglio, notando un cioccolatino proprio dinanzi a lei e portò lo sguardo su Jeremy che la osservava, cercando di percepire anche il minimo cambiamento nel suo volto.
“Questo cosa sarebbe?”, domandò con una nota di scetticismo nella voce.
“Ho pensato di addolcire la mia presenza in qualche modo”, le sue dita tamburellavano leggermente la scrivania mentre un secondo cioccolatino era accanto al suo quaderno.
“Sei serio?”, Maggie dovette trattenere una risata divertita, nonostante quel gesto avesse smosso qualcosa dentro di lei, provocandole una strana sensazione allo stomaco. Sperò fosse solo fame.
Jeremy scrollò le spalle, incitandola a scartare quel cioccolatino preso per chissà quale motivo.
“Se lo mangio, prometti di stare zitto?”, assottigliò lo sguardo, con aria di sfida.
“Posso provarci”, il tono della sua voce era più basso, quasi un sussurro.
Jeremy incastrò gli occhi nei suoi, sollevando gli angoli delle labbra in un sorriso e Maggie fu costretta a distogliere lo sguardo per non lasciarsi distrarre, scartando il suo cioccolatino. Il ragazzo fece lo stesso e lo mangiò subito, provocando un moto di disgusto in Maggie che lo osservava, scuotendo la testa in segno di dissenso. Jeremy prese fra le mani il bigliettino contenuto nella confezione e lo osservò con espressione curiosa mentre mandava giù il cioccolatino.
“Gli amici non sono né molti né pochi ma in numero sufficiente”, lesse con una smorfia perplessa che rasentava il ridicolo, visto quanto fosse strano vederlo con quella faccia. “Ma che idiozia!”.
Maggie sorrise leggermente, continuando a scuotere la testa.
“Il tuo cosa dice?”, continuò Jeremy, incrociando le braccia al petto.
“Avevamo detto che saresti stato zitto”, lo rimproverò Maggie con uno sguardo agghiacciante.
Il ragazzo alzò le mani in segno di resa e fece segno di chiudersi la bocca, mentre Maggie portava l’attenzione sul suo bigliettino, che lesse nella sua mente per poi sollevare lo sguardo su Jeremy, che la guardava in attesa, ma senza la minima intenzione di leggere ad alta voce.
“Un’idiozia simile alla tua”, dichiarò, accartocciando il biglietto con fare naturale.
Jeremy non disse nulla, beandosi di quel silenzio, e notando il cambiamento nella sua voce e, cosa più evidente, nel suo viso leggermente turbato. Decise di lasciar correre, per quella volta.
Maggie riprese a concentrarsi sul suo dovere, allontanando il più possibile quella frase, e facendo caso allo strano silenzio accondiscendente in cui entrambi avevano deciso di chiudersi.
"Fra i rumori della folla ce ne stiamo noi due felici di essere insieme, parlando poco, forse nemmeno una parola". (1)
 
 
Angolo dell’autrice
 

  • (1) questa è la frase che è capitata a Maggie, scritta da Walt Whitman.

 
Non sono morta, avevo solo perso ispirazione e voglia di scrivere ma oggi, strano ma vero, sono riuscita a buttar giù qualcosa e spero che vi sia piaciuta questa flash un po’ in tema San Valentino. Vi sembra sdolcinata? Non so perché, mi da questa sensazione. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento anche piccino piccino e ringrazio come sempre tutte le persone che seguono questa storia. Se ci sono strafalcioni, vi invito a farmelo presente, poiché è scritta di getto.
Non credo ci sia molto da aggiungere, ci tengo solo a scusarmi per il ritardo con cui ho aggiornato, quindi vi chiedo immensamente perdono e vi auguro buon San Valentino <3
Alla prossima, un abbraccio :)

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Capitolo 4
*** Your lips ***


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IV
 
Your lips

 
“Cause it's you and me and all of the people
With nothing to do, nothing to lose
And it's you and me and all of the people
And I don't know why, I can't keep my eyes off of you”.
(Lifehouse - You and me)
 
Jeremy Barrie continuava a ripensare insistentemente alla lettera che aveva aperto quella mattina stessa, mentre occupava il solito banco dell’aula di chimica, accanto al suo fidato Chris. Mai come allora, ogni cosa gli apparve completamente priva di significato, come quell’idea che da un po’ di tempo aveva iniziato a saltellare per la sua testa, in attesa di essere notata.
Senza neanche accorgersene, iniziò a scarabocchiare qualcosa sul suo quaderno degli appunti, rivivendo al rallentatore la scena di quella mattina, così tante volte da perdervi la testa. Era stato ammesso ad Harvard, proprio come i suoi genitori avevano programmato e con il supporto di una borsa di studio, dovuta al suo ruolo di capitano nella squadra di football. Doveva essere entusiasta, proprio come lo era stato suo padre, che gli aveva riservato una pacca sulla spalla, e osservandolo con un sorriso soddisfatto sul volto percorso da qualche ruga.
Avrebbe continuato la tradizione di famiglia, secondo le parole dei suoi genitori…ma Jeremy non riusciva ad essere d’accordo, perché quella non era una tradizione di famiglia, o almeno non la sua. Quindi, quello che suo padre sperava che lui continuasse era una tradizione acquisita, proprio come il suo ruolo in quella famiglia perfetta e benestante che aveva deciso molti anni fa di prendersi cura di lui.
Fermò la sua mano e gettò uno sguardo a ciò che aveva riprodotto su quel quaderno: delle labbra, che subito vennero cancellate dalla gomma, recuperata frettolosamente dal suo astuccio con la speranza che Chris non avesse visto un bel niente. Ormai era ufficiale: stava impazzendo. Jeremy Barrie era reduce da un week-end devastante, durante il quale aveva partecipato, sotto costrizione di Chris, alla festa di compleanno di Jenny Martin, in tema “bianco e nero”. (1)
Annoiato da tutta quella marmaglia indistinta che non era altro che una massa di bianco e nero, si era rifugiato in quello che doveva essere lo studio di casa Martin, dove aveva trovato tanti di quei libri che avrebbe potuto perderci ore intere. Rifugiarsi in una stanza durante una festa non era proprio da lui, e se Chris lo avesse scoperto, sicuramente non gli avrebbe dato tregua per giorni, ma Jeremy proprio non ne poteva di starsene lì a fare la bella statuina. Tuttavia, per qualche strana coincidenza, la porta di quella stanza, nascosta in un angolo non molto visibile del corridoio, era stata varcata dall’ultima persona che si aspettava di vedere: Maggie Banning, avvolta anche lei in un vestito rigorosamente nero ma ricamato, che le metteva in evidenza il fisico sottile e longilineo.
Eppure, ciò da cui Jeremy non riuscì proprio a staccare gli occhi erano le sue labbra sottili, ornate da un rossetto color ciliegia che le rendevano ancora più belle da guardare. Per Jeremy, era stato difficile accantonare il breve momento che avevano condiviso in quello studio, quando si erano parlati come due ragazzi normali, senza insulti ma con sguardi complici e frasi argute. Non sapeva per quale strano motivo l’avesse invitata a ballare, quando nell’altra sala gli invitati avevano iniziato un lento sulle note di “Fix you”, ma semplicemente gli era sembrata la cosa più giusta da fare in quel preciso istante, altrimenti se ne sarebbe certamente pentito a vita. Se Paige non avesse richiamato la sua amica dal corridoio, probabilmente lui e Maggie si sarebbero baciati. In realtà, non aveva idea di come sarebbe finita davvero ma era stato così vicino a lei che allontanarsi sarebbe stato praticamente immorale e così si era limitato a fissare insistentemente quelle labbra, chiedendosi cosa dovesse fare. Jeremy, solitamente, non era un tipo molto riflessivo: non sprecava il suo tempo a chiedersi quale fosse la cosa più giusta da fare.
Ogni volta che voleva agire, lo faceva e basta, senza troppi preamboli, e prendendosi ciò che bramava. Tuttavia, con Maggie, le cose si erano completamente ribaltate, in un modo che non avrebbe mai creduto possibile.
Possibile che quella ragazza avesse un tale effetto su di lui?
Tutti quei pensieri ammassati cominciarono a dargli fastidio, e così Jeremy chiese al professore il permesso di uscire.
Sentiva il bisogno di incamerare quanta più aria possibile, mentre alcuni stralci di un suo possibile futuro cominciavano a rincorrersi: vide sé stesso che camminava per Harvard, con i libri di medicina fra le mani, vide sé stesso in versione adulta con indosso un camice bianco e un’espressione tutt’altro che felice…sarebbe stato uno dei tanti adulti frustrati che vedeva ogni santo giorno. Avrebbe fatto di tutto pur di bloccarsi e restare un ragazzo, per sempre.
Sentì un lieve capogiro, maledicendosi per aver ben pensato di allenarsi il giorno prima sotto la pioggia. Poggiò una mano al muro, ringraziando il cielo che i corridoi fossero vuoti e fece dei respiri profondi, chiudendo gli occhi ma la cosa non sembrava aiutarlo di molto.
“T-ti senti bene?”, la voce di Maggie Banning lo colpì come uno strattone.
“Sì”, rispose lui, senza alzare lo sguardo dal pavimento, pur di non guardarla negli occhi.
Sentì la ragazza sospirare e tirarlo per un braccio con poca grazia.
Jeremy cercò di districare la presa ma non ci riuscì, si sentiva come un burattino nelle mani di Maggie che lo stava trascinando chissà dove e quando vide una porta bianca, capì. Maggie Banning lo aveva portato dritto in infermeria…da dove aveva preso tutta quella voglia di premurarsi per lui e per il suo stato di salute?
“Ti ho chiesto aiuto, per caso?”, domandò lui, stizzito, guardandosi intorno.
“Ti ho chiesto se mi importa della tua opinione?”, ribattè Maggie, notando l’assenza dell’infermiera Walker. “Sei bianco come un cadavere”.
“Sarà carenza di zuccheri”, esclamò lui con insistenza, beccandosi uno sguardo truce.
“Sì, come no”, lo interruppe Maggie, alzando gli occhi al cielo. “Sei pallido, facevi fatica a respirare e il tuo battito era così forte che ho pensato che il cuore ti sarebbe uscito dal petto. Potresti anche mettere da parte quello stupido orgoglio da ragazzino e farti aiutare, una volta tanto”.
Le parole di Maggie per lui erano solo un borbottio indistinto che aveva smesso di udire nel momento in cui gli occhi stanchi si erano posati sulle sue labbra che si muovevano velocemente.
Jeremy non riusciva a smettere di fissarle, riportando la sua mente a quella festa e riesumando il fastidio che aveva provato nel momento in cui Paige aveva richiamato Maggie. Doveva davvero stare male sul serio per avere quei pensieri del tutto privi di senso, ma ormai la sua mente si era svuotata completamente, per fare spazio solo a Maggie.
Odiava quelle labbra che si muovevano a sproposito solo per sputare veleno su di lui o sparare sentenze di cui non aveva alcuna idea. Voleva solo che smettessero di parlare. Avrebbe potuto dirle di fare silenzio, o che non voleva ascoltarla, invece Jeremy semplicemente poggiò le labbra sulle sue e riuscì nel suo intento.
Maggie sgranò gli occhi, senza rinnegare quel lieve sfioramento di labbra.
Era solo un timido bacio sulle labbra, e il pensiero di approfondirlo si fece immediatamente largo nella mente di Jeremy che, dopo aver notato che Maggie non lo aveva ancora respinto, decise di tentare la sorte, ed esercitò una maggiore pressione sulle labbra morbide di lei.
Jeremy non sapeva perché la stesse baciando: semplicemente odiava quelle labbra così morbide e invitanti da farlo andare fuori di testa, e doveva far sì che smettessero di muoversi. Si sentiva andare praticamente a fuoco, il suo corpo urlava, felice di essere così vicino a quello di Maggie.
La ragazza rispose al suo bacio, seppur titubante, considerando il soggetto, ma non sembrava importare a nessuno dei due. Quanto poteva essere stupida a cadere nel solito cliché secondo il quale la ragazza finiva per lasciarsi baciare dal ragazzo che aveva odiato da sempre?
Doveva essere caduta decisamente in basso, ma il bacio di Jeremy era così dolce e delicato che Maggie non poté fare a meno di chiedersi se fosse davvero lui. Spesso lo aveva visto insieme alla sua ex Shana e i loro baci non avevano nulla di dolce: si baciavano in maniera irruenta, e Maggie rimproverò sé stessa, perché non poteva pensare a questo, mentre Jeremy la baciava.
La pelle di Jeremy era bollente, ed era abbastanza certa che il suo stato di salute fosse abbastanza precario, eppure poggiò ugualmente le mani attorno al suo viso, per portarlo più vicino. Non fece nemmeno in tempo a scacciare di poco i suoi pensieri, che il ragazzo si allontanò di scatto, fissandola come spaesato, e poi la signorina Walker entrò in infermeria.
“Ehi, ragazzi”, esclamò la donna con un sorriso gentile e un caffè tra le mani, posando poi lo sguardo su Maggie. “Tesoro, stai bene?”.
“Io sì”, rispose Maggie immediatamente, seppur a fatica. “Lui non tanto”.
Jeremy aveva perso la facoltà di parlare e osservò Maggie che si allontanò leggermente per fare spazio all’infermiera: aveva le guance leggermente arrossate e le labbra dischiuse, che lui avrebbe baciato ancora e ancora fino a renderle più rosse di quanto non fossero già.
“Credo che tu abbia la febbre, Barrie”, sentenziò la donna, dopo aver posato una mano sulla sua fronte bollente. “Resta qui, così la misuro".
Jeremy sospirò e alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere Maggie dargli la schiena e uscire dall’infermeria, senza dire una parola.
Il ragazzo deglutì, portandosi una mano alle labbra e riportandola immediatamente sul lettino, come se si fosse appena scottato.
Odiava Maggie e odiava quelle labbra, che ci avevano messo poco tempo per renderlo schiavo, costringendolo a rivolgere il pensiero solo ed esclusivamente a loro. Eppure, avrebbe fatto di tutto per avere ancora quelle labbra sulle sue.
 
 
Angolo dell’autrice
 
 
Sono tornata alla vita. Sono un mostro, lo so, e non riuscirò mai a farmi perdonare abbastanza per il modo vergognosamente lento in cui sto portando avanti questa storia/raccolta, ma spero sarete felici di sapere che dovrebbero mancare giusto un paio di capitoli alla fine :)
Questa flash è il frutto della noia domenicale e ovviamente, poco mi convince.
Comunque, come ho scritto all’inizio, in questa flash c’è un richiamo ai prompt della raccolta Darling Pan, in cui Maggie e Jeremy sono apparsi per la prima, così si spiega il leggero avvicinamento che c’è stato fra i due. Vi ho lasciato il link così si capisce meglio il modo in cui hanno iniziato a trattarsi in maniera un po’ più civile, visto che i capitoli di questa storia non sono sempre collegati dal punto di vista temporale: entrambi sono combattuti su quello che provano e spero di non aver descritto il solito cliché visto e rivisto. Spero tanto che questa flash vi sia piaciuta e chiedo ancora perdono per il ritardo, cercherò di pubblicare la prossima flash in un tempo almeno accettabile e non a distanza di secoli. Merito i pomodori sia per il ritardo che per il poco senso di questa flash, quindi siete completamente autorizzati, chiedo venia!
Alla prossima e grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia, un abbraccio :)

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Capitolo 5
*** You and me ***


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V
 
You and me

 
“And I had the week that came from hell. And yes I know that you can tell.
But you’re like the net under the ledge. But I go flying off the edge
You go flying off as well. And if you only die once I wanna die with.
You got something I need”.
(One Republic – Something I need)
 
 
“Ti serve un passaggio per tornare a casa?”.
Quella domanda, pronunciata con una leggera incertezza e  con un sorriso che sapeva un po’ di imbarazzo un po’ di arroganza, aveva completamente stravolto la serata di Maggie Banning. Si era ritrovata alla festa di compleanno di Julia Adams (1), amica fedele di Jeremy e ragazza di suo fratello John, avvolta in un vestito verde che arrivava fino al ginocchio: semplice ma senza dare troppo nell’occhio se non per il colore acceso, e i capelli biondi si poggiavano alle sue spalle in boccoli perfetti, mentre si muoveva con naturalezza fra gli invitati con un sorriso sbarazzino. Inoltre, aveva trascorso almeno metà della festa a sorbirsi la visione di Jeremy appiccicato alla sua ex-ragazza, Shana Samuel (2), perfetta nelle sue curve morbide, nei suoi capelli neri che ondeggiavano lungo la schiena e nella sua pelle d’alabastro. Maggie aveva tenuto il bicchiere di Coca fra le mani per tutto il tempo, fingendo di non aver analizzato le loro figure nei minimi particolari e studiato il loro labiale per ipotizzare cosa stessero dicendo. Eppure, non c’era bisogno di molta immaginazione per intuirlo: il sorriso complice e la mano di lei poggiata delicatamente sul suo braccio diceva praticamente ogni cosa. Si era distratta solo per concentrarsi su Paige mentre le si avvicinava con un sorriso radioso, accanto ad Henry, impegnato a prenderle qualcosa da bere. Vedere la sua migliore amica fra le braccia del ragazzo per cui aveva avuto una cotta fin da bambina era qualcosa di meraviglioso: la dimostrazione che chiunque poteva aspirare alla felicità e raggiungerla. Sembrava che ci fosse speranza per tutti, tranne per quelle persone come lei che preferivano ignorare un flebile accenno di sentimento, lasciandolo crescere, alimentandolo solo per poi ritrovarsi senza nulla fra le mani.
Non voleva disturbare Paige, guastando una serata che aveva aspettato tanto, né tantomeno suo fratello che teneva la festeggiata per la vita con un sorriso dolce in viso. Era già pronta a comporre il numero di suo fratello Michael ma Jeremy aveva fatto sì che le sue dita lunghe si fermassero, indugiando sulla tastiera.
Si era offerto di accompagnarla a casa e ci era voluto un silenzio imbarazzante lungo il tragitto verso casa per far sì che fra i due ci fosse un bacio improvviso e non calcolato. Non era stato un bacio a fior di labbra, un gesto timido fatto per sondare il terreno: era un vero e proprio bacio, spinto da qualche sguardo lanciato nella speranza che l’altro non se ne accorgesse. Dopo aver fermato la macchina fuori casa di Maggie, Jeremy si era semplicemente sporto verso di lei, senza dire una parola, senza nemmeno darle modo di prepararsi a ciò che stava per fare ma dopo un tentennamento iniziale, la ragazza si era ritrovata a ricambiarlo, affondando le dita nei suoi capelli e stringendolo a sé, senza sapere come, quando o per quale motivo.
Si erano baciati per un tempo quasi indefinito, senza aggiungere parole superflue, solo sospiri, ma come era iniziato, allo stesso modo il bacio era terminato e Jeremy l’aveva guardata con la bocca dischiusa e l’espressione stranita, come se avesse appena visto un fantasma.
Sembrava pentito. A quella sensazione, Maggie aveva fatto respiri profondi in modo da far arrivare quanto più ossigeno al suo cervello che, in un moto di ribellione, aveva riattaccato la spina, portando la ragazza ad allontanarsi immediatamente da lui e scendere dalla macchina, mettendo fine a tutto.
Inutile dire che non aveva preso sonno, troppo intenta a rigirarsi nel letto...e come lei, anche Jeremy, che era portato le dita alle labbra, in ricordo del bacio.
Il mattino dopo, Maggie non aveva avuto idea di come comportarsi o gestire la cosa.
A dirla tutta, erano molte le cose che Maggie non sapeva, come dove fosse finito il leggero odio che aveva sempre provato verso il ragazzo, ma forse era svanito nel momento esatto in cui l’aveva visto nel corridoio con gli occhi lucidi e il viso pallido, o forse semplicemente non c’era mai stato.
Quando Jeremy la incrociò nel corridoio, Maggie sgusciò via, come un topolino in trappola che cerca disperatamente una via di fuga, senza guardare gli occhi azzurri e luminosi del ragazzo. Sorrise amaramente, più a sé stessa che a qualcun altro, ripetendosi che non doveva cadere in quella rete, che doveva lasciarsi quei baci alle spalle, perché dietro la copertina del ragazzo viziato e pieno di sé, forse non c’era nulla che potesse essere in qualche modo diverso.
 

“Quindi pensavo di chiederle di uscire”, terminò Chris, addentando una patatina fritta, seduto accanto a Jeremy che fissava distrattamente il suo vassoio.
“Uhm“, mormorò l’altro, perso nei suoi pensieri.
Chris si voltò verso di lui, scompigliandosi i capelli biondi con fare turbato e osservando Jeremy: il suo sguardo era così severo che il chiarore dei suoi occhi era mutato. Se solo Jeremy si fosse voltato a guardarlo, sarebbe rimasto colpito, ma ovviamente non lo fece.
“Sai, ieri sono uscito con tua madre”, dichiarò con naturalezza, aspettando la reazione dell’amico. “Devo dire che è una donna molto interessante, mi piace".
“Fantastico”, rispose il ragazzo, suscitando una maggiore stizza nel suo amico che, stufo, lo colpì con uno scappellotto sulla nuca, richiamando la sua attenzione.
“Amico, non hai ascoltato neanche una parola”, lo rimproverò il ragazzo, adirato ma allo stesso tempo preoccupato, poiché vedere Jeremy in quello stato non era cosa da tutti i giorni. “Si può sapere cosa ti prende? Hai la testa fra le nuvole”.
Jeremy sbuffò, spingendo con le dita il vassoio e allontanandolo del tutto, mentre Chris lo guardava sempre con maggiore perplessità.
Jeremy Barrie non si era mai ridotto in quello stato, nemmeno per una ragazza: non mangiava, non parlava, non ascoltava. Quando stava insieme a Shana, la sua ex-fidanzata storica, non lo aveva certo visto struggersi, anzi, eppure in quel momento sembrava afflitto da qualcosa che Chris non riusciva ad identificare.
“Mi dispiace”, si scusò l’altro, grattandosi il capo e cercando di non pensare a quella ragazza che gli occupava la mente da diversi giorni o forse non l’aveva mai abbandonata. “Sono solo molto stanco tra lo studio e gli allenamenti”.
“Amico, mi credi un imbecille?”, domandò Chris, corrugando le sopracciglia, e accigliandosi ancora di più quando Jeremy lo fissò come se volesse rispondere. “Non dirlo, sta zitto! Dimmi cosa ti sta passando per l’anticamera del cervello prima che ti faccia parlare con le cattive”.
Jeremy sospirò, sconfitto, perché se c’è era una cosa su cui Chris non poteva essere fermato era proprio la voglia di farlo parlare. Quando si metteva qualcosa in testa, nessuno riusciva a farlo desistere, nemmeno lui. Riordinò un attimo le idee, non sapendo da dove iniziare.
Si sentiva stordito ogni volta che Maggie gli girava intorno. Qualche sera fa l’aveva baciata, spinto da qualcosa che non comprendeva e poi si era spaventato al pensiero di ciò che avrebbe potuto comportare quel gesto azzardato. Da allora, non aveva avuto alcun modo di avvicinarsi a Maggie, un po' per paura, un po' perchè lei aveva cercato di impedirglielo in ogni modo possibili. La verità era che Jeremy quasi odiava l’idea di loro due insieme, che camminavano per i corridoi tenendosi per mano e scambiandosi sguardi complici. Odiava quell’immagine che si proponeva nella sua mente, perché troppo distante da lui, come se non la meritasse. Odiava immaginare sé stesso in uno scenario felice, allegro e spontaneo...come la ragazza che gli sarebbe stata accanto.
“Una ragazza”, disse semplicemente, senza fare alcun nome.
“Non ti avevo mai visto così per una ragazza”, gli fece notare Chris mentre l’amico scrollava le spalle. “Ho la sensazione che non mi dirai di chi si tratta”.
“Non mi ero mai sentito così”, sussurrò Jeremy, trovando strana e imbarazzante tutta quella situazione che stava vivendo.
Lui non era tipo da parole e descrizioni sui sentimenti. Non aveva mai fatto simili discorsi con Chris, ma neanche con qualcun altro.
Di solito bastava una pacca sulla spalla e una frase di incoraggiamento ma nell’ultimo periodo le cose stavano cambiando. Jeremy poteva percepirlo sulla propria pelle che c’era qualcosa di diverso nell’aria: ogni cosa stava mutando e lui non poteva fare nulla per impedirlo, se non aspettare.
“Sembra importante”, esclamò Chris con tono pacato, come per dare al suo amico il tempo di abituarsi a quella affermazione che aveva fatto, perché forse non doveva essere semplice.
Jeremy si voltò verso di lui, facendo un cenno con il capo e ricordando tutti quei trascorsi che aveva avuto con Maggie, fin da bambino.
Ricordava ancora l’ambiente calmo e sereno della sua casa, così come ricordava quella bambina che gli si era avvicinata, donandogli una ghianda che lui teneva ancora gelosamente custodita, come il più prezioso dei tesori, da cui non si era mai separato.
“O vuoi stare con qualcuno oppure no”, sentenziò Chris, incrociando le braccia, mentre Jeremy lo scrutava con attenzione. “Non è tanto difficile, se ci pensi è molto più semplice di quanto sembri. Se questa ragazza conta tanto, non credo ci sia molto da dire”.
Quando aveva sentito Chris parlare a quel modo? In realtà, mai. Chris Andersen non si era mai cimentato in consigli detti con il cuore o frasi di quel tipo, eppure era davanti a lui e gli stava parlando come mai prima di allora, e doveva pur significare qualcosa.
 
Maggie passò il telefono all’orecchio sinistro mentre con la mano destra tentava di mettere in ordine la propria camera, ascoltando Paige in preda al panico per il suo appuntamento con Henry. Scosse la testa, sorridendo, mentre la sua amica blaterava su come la sua scelta di vestiti fosse così pessima da far scappare il ragazzo, ma Maggie poteva solo divertirsi a quelle parole dettate dall’ansia. Paige avrebbe trascorso una bellissima serata, ne era più che certa.
“Devi solo stare calma”, la rincuorò Maggie, ricevendo un mugolio afflitto in risposta.
“Come faccio?”, le chiese la ragazza, sempre più sconsolata.
“Respira”, consigliò Maggie, ascoltando il respiro regolare dell’altra. “Adesso, smetti di ciarlare, attacca il telefono e vai a darti un ultimo sguardo per uscire con il tuo Henry Mills. Chiaro?”.
Dall’altro capo del telefono, Paige sospirò. “Cristallino”.
Maggie sorrise, salutandola e chiudendo la telefonata: la sua migliore amica sarebbe sempre stata incorreggibile, ma come darle torto? Era pur sempre una ragazza innamorata. Infilò i pantaloni della tuta e scese in cucina, beandosi del silenzio della sua casa, libera dai suoi rumorosi fratelli, entrambi usciti, e dai suoi genitori, impegnati in una cena di beneficienza.
Maggie si stiracchiò, pronta a godersi una serata in completa solitudine
Aveva un programma da rispettare che non prevedeva alcun pensiero diretto ai baci o al ragazzo che glieli aveva donati, ovvero Jeremy Barrie. Ogni volta che pensava a lui, c’era sempre un aggettivo che gli si accostava quasi automaticamente: “tossico”.
Paige ripeteva che fra loro c’era una connessione forte, ma silenziosa, poiché nessuno dei due sembrava intenzionata a mostrarla, ma c’era anche da dire che Paige era un’inguaribile romantica, sempre piena di speranze e aspettative, cose con cui Maggie aveva perso familiarità. Negli ultimi due giorni, si era volutamente impegnata ad ignorarlo, fare in modo che stessero a debita distanza per non vederlo, per non sentirlo, per non ricordare i due baci che si erano scambiati. La ragazza scosse la testa, riponendo il bucato nella lavatrice e azionandola, per poi recarsi in soggiorno e scegliere il film che avrebbe visto: la scelta cadde su “Thor”.
Forse quella non era una serata tipo a cui poteva aspirare una ragazza della sua età ma ogni tanto Maggie sentiva il bisogno di concedersi un po’ di relax che poteva comprendere una passeggiata, come una serata con le amiche o, come in quel caso, un po’ di tranquillità e un film.
Stava andando tutto secondo il suo programma, o almeno così credeva, poiché quando tornò nella lavanderia, notò come la sua convinzione fosse andata in frantumi. La sua lavatrice aveva deciso di tirarle un colpo basso, cacciando acqua e schiuma, e rischiando di far prendere un colpo alla ragazza che si precipitò subito verso il display, premendo ripetutamente il tasto “off”, senza ottenere alcun risultato.
“Oh mio dio!”, esclamò Maggie, in preda all’agitazione.
Tentò di staccare il tubo dell’acqua ma quello che ottenne fu soltanto una doccia non prevista e per nulla piacevole.
Come se quella serata non avesse già preso una pessima svolta, il suono del campanello rischiò soltanto di farla imprecare. Maggie corse all’ingresso con i capelli completamente bagnati e i vestiti zuppi. Era così distratta e in preda al panico che aprì la porta senza neanche chiedere chi fosse: se si fosse trattato di un ladro, sarebbe stata la sua serata fortunata. Tuttavia, forse un ladro sarebbe stato meglio di Jeremy Barrie, almeno per Maggie.
La ragazza lo fissò, schiudendo le labbra, mentre Jeremy osservava la sua figura esile e completamente bagnata, chiedendosi cosa le fosse capitato.
Non fece in tempo a parlare che Maggie si volatilizzò nella lavanderia, rifilandogli un semplice “non è il momento adatto” ma Jeremy la seguì, chiudendosi la porta alle spalle. Quando il ragazzo la raggiunse, si trovò di fronte ad una scena che non avrebbe pensato di vedere nemmeno nei prossimi dieci anni: quella stanza sembrava più una piscina che una lavanderia, poiché l’acqua aveva invaso almeno tutto il pavimento e così anche la schiuma.
“Cosa diamine combini?”, domandò, facendosi spazio.
“Uno schiuma party!”, rispose Maggie, stizzita. “A te cosa sembra?”.
Il ragazzo si avvicinò maggiormente, cercando di non scivolare e affiancandosi a Maggie che non sembrava andare molto d’accordo con la lavatrice.
Jeremy si sporse verso il tubo dell’acqua dietro la lavatrice e riuscì a chiuderlo, premendo poi il tasto che la spense, come fosse la cosa più normale del mondo, sotto lo sguardo basito della ragazza. Maggie si portò i capelli madidi di acqua e schiuma dietro le spalle, allargando poi le braccia.
“Come hai fatto?”, chiese con tono sorpreso.
“Ho premuto il tasto per spegnerla”, rispose lui, scrollando le spalle e togliendosi la schiuma di dosso, sentendosi davvero come se avesse preso parte ad uno di quegli schiuma party che si organizzavano in piscina. (3)
“Non ci posso credere”, dichiarò Maggie, poggiando la schiena contro il muro, per poi ridestarsi, come se fosse appena resa conto di avere Jeremy in casa. “Ma tu cosa fai qui?”.
Jeremy boccheggiò, portando le mani sui fianchi e cercando di ricordare il vero motivo per cui si fosse presentato a casa sua, ma era troppo distratto da Maggie.
Cercò di concentrarsi ma quando si accorse dello sbuffo di schiuma sul suo naso, Jeremy fu costretto a dire addio a quel poco di concentrazione che aveva conservato per l’occasione. Si sforzò di non scoppiare a ridere, facendo segno a Maggie che sembrava non capire, così Jeremy si avvicinò a lei per toglierle la schiuma dal viso, mentre lei sorrideva imbarazzata.
I loro sguardi si incontrarono per un attimo, carichi delle parole che non riuscivano a pronunciare, e Jeremy, spinto da chissà cosa, decise di gettarle addosso della schiuma, assecondando un lato giocoso che non credeva di possedere. Il fatto era con Maggie venivano fuori davvero molti lati che il ragazzo non credeva di conoscere, sorprendendosi. Maggie rispose a quello strano gioco, ridendo giocosamente e cercando di difendersi dagli assalti di schiuma che il ragazzo aveva deciso di progettare contro di lei. Per qualche motivo, Maggie ignorò la sua mente, prendendosi la libertà di ridere senza riserve e senza il timore di pentirsene.
Intanto, Jeremy continuava, lasciandosi trasportare dalle risa di lei, e azzerando la distanza fra i loro corpi, senza neanche rendersene conto.
Quando il ragazzo si trovò ad un palmo dal suo viso, le risate cominciarono a scemare, permettendo ad entrambi di accorgersi dell’estrema vicinanza che avevano entrambi creato, scrutando i rispettivi occhi. Jeremy le tolse un po’ di schiuma che si era depositata sulla sua fronte, senza staccare gli occhi azzurri dai suoi, mentre il battito di Maggie accelerava.
Maggie odiava ciò che la sua mente stava elaborando. Odiava l’idea di loro due insieme, che si baciavano, che si tenevano per mano come una coppia normale. Rigettava quell’idea come fosse un corpo estraneo che doveva assolutamente essere eliminato, come la spina di una rosa che rimaneva incastrata nella sua pelle facendole male e che cercava di espellere ma restava lì, intatta.
Jeremy era esattamente come quella spina e lei odiava l’effetto che le procurava.
“Cosa fai qui?”, domandò lei, abbassando lo sguardo sulla schiuma che li circondava.
Sentì Jeremy armeggiare con qualcosa nella sua tasca e si concentrò su un leggero fruscio, fino a trovarsi con la mano del ragazzo davanti agli occhi che stringeva qualcosa. Maggie focalizzò con più attenzione, riconoscendo una piccola ghianda stretta tra le dita lunghe e ossute del ragazzo, il cui respiro sembrava essersi fermato, come fosse in apnea. (4) La ragazza allungò la mano tremolante verso quell’oggetto familiare, percorrendolo con le dita ma lasciando che fosse ancora Jeremy a tenerlo stretto, senza dire una parola.
“Tu-“, cominciò lei, interrompendosi quasi subito e realizzando a pieno cosa significasse quel gesto.
“L’ho conservato”, continuò Jeremy con voce roca. “Allora sapevo che non fosse un bacio”.
Maggie portò lo sguardo su di lei, sentendosi una stupida mentre rammentava la sua stupida idea che vedeva quella ghianda come un vero e proprio bacio, arrossendo impercettibilmente.
“Jeremy, io non-“, lei tentò di parlare, di sorreggere un altro muro, di fare in modo che tutti quei mattoni che se ne stavano intatti attorno a lei smettessero di sgretolarsi uno ad uno, ma Jeremy non glielo permise, sovrastando la sua voce debole e completamente incerta.
“Io non so molto di legami”, la interruppe lui. “Non capisco  nulla sull’amore o su un qualsiasi sentimento che vi si possa avvicinare ma quando mi guardi, io-".
Un altro mattone cadeva, e un altro ancora…non facevano che precipitare mentre il respiro di Maggie si regolarizzava come se tutto il cemento smettesse di opprimere il suo petto. Un flebile sorriso le illuminò il viso, mentre assorbiva le parole nuove di lui, immaginando come dovesse essere difficile per qualcuno come Jeremy aprirsi a quel modo. In quel momento, Maggie capì che non le importava di tutti i limiti che si era posta, perché Jeremy era nella sua lavanderia completamente zuppo con un ricordo della loro infanzia tra le dita e lei sarebbe stata solo una sciocca completamente cieca ad ignorare il tutto.
Portò una mano al suo viso, con estremo stupore da parte di Jeremy che non riusciva a trovare le parole adatte per continuare.
“Potremmo capirlo”, sussurrò semplicemente lei, inclinando il capo e regalandogli un sorriso.
Jeremy non rispose, lasciando che le loro labbra si sfiorarono ancora una volta in modo dolce e lievemente incerto, e percependo il sorriso di lei in quel bacio.
“Prima rimediamo a questo casino”, esclamò lei, allontanandosi leggermente da lui.
Jeremy alzò gli occhi al cielo e trattenne uno sbuffo, guardandosi attorno con aria seccata ma felice, anche se probabilmente non lo avrebbe mai confessato a voce alta. Maggie gli prese delicatamente la mano con naturalezza, lasciando che le loro dita si intrecciassero e cominciando a camminare, mentre Jeremy portava il suo sguardo sulle loro mani unite, come se non avesse mai visto nulla del genere.
Dopo tutto, poteva capirlo.
Sì, lo avrebbe capito.
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) Julia Adams: l’alter ego di Trilly a Storybrooke;
  • (2) Shana Samuel: l’alter ego di Giglio Tigrato;
  • (3) la scena si rifà lievemente a quella del film “Baciati dalla sfortuna”, mi è venuto in mente quello spezzone nella lavanderia e ho pensato di trarvi un po’ di ispirazione;
  • (4) richiamo alla scena del primo capitolo.
 
Siete pienamente liberi di lanciarmi di tutto: pomodori, ortaggi, pantofole, macchine, corpi contundenti, mattoni, forchette, coltelli, tutto! Li merito, sono pessima e aggiorno con un ritardo davvero improponibile che proprio non è da me. Non mi capita mai di far passare tutto questo tempo tra un aggiornamento e l’altro, quindi davvero mi prostro ai vostri piedi, chiedendo perdono. Tra lo studio, gli impegni, il finale di Once upon a time che ha stroncato non poco questa ship e l’ispirazione finita in qualche luogo angusto…eccomi qui con l’ultimo capitolo. Onestamente, non me la sentivo di continuarla ancora perché non sarebbe giusto far passare altri mesi per il prossimo aggiornamento, quindi ho preferito chiuderla qui. Forse il finale è parecchio banale e ovviamente vi chiedo scusa per questo, ma ho preferito mettere fine a tutti i problemi sentimentali, e dar loro una scossa per farli finalmente stare insieme. Forse potevo anche fare di meglio, poichè non è che vada molto fiera di questo finale ma, come ho detto, non me la sentivo proprio di impegare altri mesi per postare un capitolo successivo.
Ci tengo a ringraziare immensamente tutti quanti per aver letto, recensito, messo tra le seguite/preferite/ricordate, ma soprattutto per la pazienza che avete avuto nel seguire questa storiella senza senso :)
Alla prossima, e grazie <3

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