Amor Vincit Omnia di Mary Evans (/viewuser.php?uid=86518)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Smistamento nel 1944 ***
Capitolo 3: *** Prime Lezioni ***
Capitolo 4: *** Il Club dei Duellanti ***
Capitolo 5: *** Lezioni Private Inaspettate ***
Capitolo 6: *** Inviti a sorpresa ***
Capitolo 7: *** Primi appuntamenti ***
Capitolo 8: *** Allenamento nella Foresta ***
Capitolo 9: *** I Ricordi di Dorea Black ***
Capitolo 10: *** Coalizioni e Rituali ***
Capitolo 11: *** Oscura Metà ***
Capitolo 12: *** Strani Amori ***
Capitolo 13: *** Le Idee di Evanna Lovegood ***
Capitolo 14: *** Gelosia, Gelosia, Gelosia ***
Capitolo 15: *** Sorprese di Natale e CSDIA ***
Capitolo 16: *** Horcrux ed Elfi Domestici ***
Capitolo 17: *** Tanto Amore e Nuovi Arrivi ***
Capitolo 18: *** Teddy Lupin e Sogni Strani ***
Capitolo 19: *** Preoccupazioni e Piani Segreti ***
Capitolo 20: *** Rivelazioni e Ballo di Natale ***
Capitolo 21: *** La Battaglia di Hogwarts ***
Capitolo 22: *** Veloce verso la felicità ***
Capitolo 23: *** Aria di matrimonio ***
Capitolo 24: *** La quiete dopo la tempesta ***
Capitolo 25: *** 19 anni dopo... ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
20 luglio
1998. Riddle Manor
«Mio
Signore, abbiamo portato la ragazza.»
Lucius
Malfoy si annunciò in questo modo entrando nella stanza
padronale di quell’abitazione adibita a Quartier Generale. Si
fermò sulla porta,
e fissò quasi vittorioso la figura serpentina davanti a lui.
Lord
Voldemort non si mosse di un millimetro dalla sua
posizione di spalle. Non fece neanche segno di aver sentito
l’entrata di uno
dei suoi mangiamorte, e Lucius, d’altra parte, fece di tutto
per non
disturbarlo oltre: era a conoscenza delle terribili punizioni che
infliggeva a
chi lo irritava, e non aveva alcuna intenzione di essere sottoposto
alla
maledizione cruciatus come l’ultima volta.
In
silenzio fece entrare altri due mangiamorte, che
trascinavano di peso il corpo inerme di una ragazza.
La
buttarono malamente al centro della stanza, e dopo essersi
inchinati al loro Signore si richiusero la porta alle spalle
abbandonandola al
suo destino.
Ella
indossava abiti babbani e riportava ferite in più parti
del corpo: era una combattente, ma questo non era servito a salvarla
quando si
erano presentati in dieci per rapirla.
Quando
fu sicuro che i mangiamorte si fossero allontanati a
sufficienza, Lord Voldemort finalmente si mosse avvicinandosi alla
ragazza e
puntando contro di lei la sua bacchetta.
«Innerva»
mormorò, facendola risvegliare all’istante.
Ella
ci mise un po’ per capire dove si trovava e cosa era
successo, ma quando ci riuscì si portò in piedi
allontanandosi dal mago che
l’aveva risvegliata. Cercò la sua bacchetta nella
tasca posteriore dei jeans,
anche se non si aspettava davvero di trovarla, e rimase a fissarlo con
un’espressione fiera in volto nonostante la paura la stesse
ormai consumando.
Lord
Voldemort la fissò come farebbe un predatore con la sua
preda.
«Hermione
Granger.» sussurrò il mago «Sai,
dovresti essere
onorata di essere al mio cospetto. Probabilmente questa è il
più grande onore che
potrebbe avere una sporca mezzosangue come te.»
Hermione
non reagì. Aveva mandato un patronus ad Harry prima
di perdere i sensi. Lui sarebbe riuscito a trovarla. Era solo questione
di
attimi.
Decise
di prendere un po’ di tempo, sperando solo che
Voldemort non decidesse di ucciderla subito.
«Perché
sono qui?» ebbe il coraggio di esordire Hermione, ma
Voldemort
agitò la bacchetta e lei iniziò ad urlare,
nonostante avrebbe preferito fare
altrimenti.
«Qui
le domande le faccio io, ragazzina.»
Hermione
si rimise in piedi annaspando.
«Perché
sono qui?»
Se
proprio doveva morire preferiva farlo dando prova del suo
coraggio Grifondoro.
Voldemort
le inflisse un altro cruciatus, ma quando lei si
rimise in piedi di nuovo la fissò con un po’ di
ammirazione negli occhi.
Probabilmente
non si aspettava che riuscisse ancora a
resistere dopo due maledizioni inferte da lui in persona.
Si
avvicinò lentamente a lei, puntandole la bacchetta sotto il
mento. La vide continuare a fissarlo impassibile, e si
scoprì sorprendentemente
ad ammirare il coraggio di quella diciassettenne.
Alcuni
dei suoi mangiamorte avrebbero ceduto per molto meno.
«Sei
qui perché sei amica di Harry Potter, e il suo affetto
per te mi permetterà di arrivare a lui, consentendomi,
quindi, di ucciderlo. L’amore
rende deboli. Dovresti saperlo, Hermione Granger.»
Hermione
scoppiò a ridere con quel poco fiato che le era rimasto
dopo la tortura.
«Allora
sei più stupido di quanto pensassi. L’amore
fortifica,
ci permette di dare senso alle nostre azioni. Il motivo per cui non sei
riuscito ancora ad avere la meglio su di noi e su Harry è
perché, a differenza
tua, noi abbiamo qualcosa da difendere e qualcuno da proteggere. Sarai
tu a
morire.»
Fu
il tono tranquillo con cui disse quelle parole che
trattenne Voldemort dall’ucciderla all’istante.
Immediatamente
il suo volto venne attraversato da un’ombra di
incertezza.
Si
allontanò di scatto e prese a camminare freneticamente
avanti e indietro per la stanza. Poi si bloccò, e volse
nuovamente il suo volto
serpentino verso la sua prigioniera.
Sembrava
pazzo, più di quanto Hermione stessa avesse mai
immaginato.
«C’era
un tempo in cui uccidere babbani e mezzosangue non mi
interessava.» le confidò inaspettatamente.
«Se
le cose fossero state diverse… forse io non mi sarei
tramutato
in questo essere che disprezzo io stesso e tu non saresti qui.
D’altra parte
però, non sarei diventato nemmeno il mago più
potente del secolo quindi,
dopotutto, non mi è andata male non credi?»
Hermione
aggrottò le sopracciglia di fronte a quella specie di
confessione. A parlare non sembrava nemmeno quel Lord Voldemort che
aveva causato
così tante morti.
Vedendo
che ormai non le prestava più attenzione e che si era
allontanato abbastanza da lei, decise di avvicinarsi
all’unica scrivania
presente nella stanza, abbastanza da poter arrivare a leggere alcuni
dei fogli
sparsi lì sopra.
Parlavano
di incantesimi, incantesimi di cui lei non aveva mai
sentito parlare: ce n’erano per infliggere dolore, altri
addirittura di
guarigione, ma quello che la sorprese di più fu quello che,
secondo gli
appunti, serviva ad estorcere la verità. Probabilmente,
riflettè, l’Oscuro
Signore doveva aver provato quest’ultimo su di sé,
senza sapere che la sua
prigioniera sarebbe arrivata prima del previsto.
Grazie
alla sua memoria fotografica, Hermione riuscì a
memorizzare la maggior parte di quegli appunti prima che Voldemort si
accorgesse del suo ficcanasare.
«Stupida
mezzosangue!»
Alzò
la bacchetta verso di lei, ed Hermione capì che era
finita.
Vide
il fascio di luce verde avvicinarsi, e chiuse gli occhi nello
stesso istante in cui Harry e altri membri dell’Ordine della
Fenice irruppero
nella stanza.
Non
vide la preoccupazione negli occhi del suo amico, né la
sua bacchetta muoversi da sola contro l’Avada Kedavra di Lord
Voldemort,
sprigionando un fascio dorato.
Quando
i due incantesimi si toccarono, Hermione provò la
stessa sensazione che ricordava avere avuto solo con la giratempo al
terzo
anno.
Dopo
qualche secondo fu silenzio, e finalmente trovò il
coraggio di aprire gli occhi.
Si
trovava nello studio che era appartenuto ad Albus Silente,
lo riconobbe subito. Tuttavia era privo di tutti quei gingilli che lo
avevano
sempre caratterizzato.
Vide
che i presidi nei quadri stavano dormendo, per cui decise
di svegliare l’unico con cui aveva avuto rapporti in passato.
«Signor
Nigellus? Phineas?»
Il
vecchio preside borbottò nel sonno e aprì gli
occhi.
«Salve,
potrebbe dirmi cosa sta succedendo? Dove sono tutte le
cose di Silente?» esclamò, anche se la domanda che
avrebbe voluto fargli era
un’altra, tipo come fosse riuscita ad arrivare in quello
studio mentre si
trovava a Riddle Manor, ad esempio, ma decise che forse lui non era la
persona
più indicata.
«Ma
nel suo studio mi sembra ovvio! E si può sapere chi
è lei,
signorina? Chi le ha dato il permesso di entrare nell’ufficio
del preside
Dippet?! E con quegli abiti poi!»
Hermione
iniziò a sudare freddo e trattene il respiro.
«Mi
scusi, potrebbe dirmi in che anno siamo?»
La
sua mente iniziò a lavorare veloce in attesa di una
spiegazione logica. Non era possibile che fosse davvero,,,
«Siamo
nel 1944. Oggi è il primo Settembre per
l’esattezza.»
Hermione
sentì le forze mancarle e dovette sedersi su una
delle sedie davanti la scrivania per non cadere.
Se
i suoi calcoli erano esatti si trovava nel tempo in cui
Voldemort aveva ancora diciassette anni e stava per iniziare il suo
settimo
anno. Era ancora Tom Riddle.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Salve
a tutti! Mi è venuta questa idea un po’ balzana ed
ho
deciso di scrivere per la prima volta una fanfic su Tom Riddle. Penso
proprio
che mi divertirò perché probabilmente
sarà il personaggio più complicato da
strutturare ma spero che il risultato soddisfi sia me che voi quando
inizieranno i capitoli su di lui. Buon 2014! Mary Evans
|
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Capitolo 2 *** Smistamento nel 1944 ***
1
Settembre 1944. Hogwarts
Osservai
con un sorrisetto tutti i primini che mi circondavano
venire smistati dal cappello parlante e fissai la mia divisa nuova.
Dopo aver
parlato con un più giovane Albus Silente della mia
situazione, avevamo
convenuto entrambi che la cosa migliore da fare per me fosse seguire le
lezioni
con gli studenti del settimo anno, per non dare adito a domande
scomode.
Nessuno
all’infuori di noi due doveva sapere che provenivo dal
futuro.
Silente
mi aveva presentata al preside Dippet come la figlia
di alcuni suoi amici uccisi recentemente da maghi oscuri.
Aveva
spiegato che non avevo altri parenti in vita, e che i
miei genitori prima di morire mi avevano affidata a lui anche se ero
già
maggiorenne.
Era
bastato davvero poco per convincerlo ad accettare la mia
iscrizione all’ ultimo anno.
Avevo
parlato molto con Silente: di Harry, della guerra, di
Voldemort…
Ero
rimasta sorpresa nel vederlo quasi impassibile di fronte a
quelle rivelazioni: forse già sospettava che un giorno Tom
Riddle sarebbe stata
la rovina del mondo magico.
Tuttavia,
ero stata avvisata: non era Lord Voldemort che avrei
incontrato, ma Tom Riddle. Non era ancora il mago oscuro che avevo
imparato a
temere, ma solo un diciassettenne.
“Cattivi
non si è ma si diventa.” mi aveva ammonita, e per
quanto le sue parole continuassero a ronzarmi nella testa non avevo
alcuna
aspettativa di trovarmi davanti un Lord Voldemort diverso da come lo
avevo
conosciuto.
Riportai
la mia attenzione al preside Dippet che stava
annunciando alla scuola il mio arrivo.
«…
e quest’anno Hogwarts avrà anche una nuova alunna
che si
unirà direttamente a quelli del settimo anno: Hermione
Evans.»
Sorrisi
nel sentire il mio nuovo cognome: Evans era comune
anche tra i maghi, e inoltre mi ricordava tanto Harry. Avevo deciso di
cambiare
il mio per fare in modo di essere meno rintracciabile possibile nel
caso
qualcuno avesse deciso di fare qualche ricerca su di me.
Granger,
purtroppo, era un cognome unicamente babbano.
Mi
avvicinai allo sgabello e mi sentii di nuovo undicenne
quando posarono il cappello parlante sulla mia testa.
«Molto
bene, vedo che
abbiamo una viaggiatrice nel tempo qui!»
«Ma
come…»
«Sono
uno strumento magico,
signorina Granger, creato da Godric Grifondoro in persona. Il tempo non
esiste
per me.» mi
spiegò il cappello
«Vedo
nella tua mente il
progetto che hai intenzione di mettere in atto. Hai intenzione di
cambiare
questo passato, e il tuo futuro addirittura!»
«Devo
farlo.» gli
dissi
risoluta, «Non posso permettere che
tante
persone vengano uccise da Voldemort. Almeno, non adesso che posso fare
qualcosa
per modificare il corso della storia!»
«Non
riuscirai mai ad
ucciderlo.» ribattè
il cappello «Sei una Grifondoro fin
dentro l’anima.»
«Cambierò
il futuro.» sentenziai.
Ripensai a tutte le morti che c’erano state: Lily e James
Potter, Sirius Black,
Cedric Diggory… sarei riuscita a salvarli tutti. Sentii il
cappello emettere un
sospiro, e capii che stava per emettere la sua sentenza.
«Non
tutto andrà come
credi.» mi
avvertì, ed io incrociai le dita sperando che avrebbe
esaudito il mio desiderio.
«SERPEVERDE!»
urlò a tutta la Sala Grande, e mentre il tavolo
verde-argento
applaudiva, stranamente ghignai.
Una
ragazza dai lunghi capelli rossi mi sorrise facendomi
spazio accanto a lei, ed io mi sedetti ricambiando il suo sguardo
cordiale. Non
sembrava proprio una serpeverde! O, almeno, non si comportava affatto
come
quelli che io avevo conosciuto nel mio tempo.
«Ciao,
io sono Dorea Black. Piacere di conoscerti!» mi disse,
poco prima che apparisse la cena sui tavoli ed iniziasse a servirsi.
«Il
piacere è tutto mio, Dorea.» esclamai sorridendo,
prima di
volgere la mia attenzione altrove.
Iniziai
a dare un’occhiata agli altri occupanti del tavolo
alla ricerca dell’Erede di Serpeverde, ma riuscii solo a
riconoscere quello che
dai capelli platinati aveva tutta l’aria di essere un Malfoy.
Probabilmente
Dorea doveva essersi accorta che lo stavo fissando perché mi
diede una gomitata
nel fianco ed io la fissai con un sopracciglio inarcato.
«Lascialo
perdere Herm!» mi consigliò «Quello
è Abraxas
Malfoy. È solo un pallone gonfiato fissato con le arti
oscure, anche se è
davvero un bel ragazzo, questo devo ammetterlo…»
Iniziai
a boccheggiare. Ci mancava solo che pensassero avessi
una cotta per Malfoy!
«Nono
ti sbagli!» la rassicurai in fretta «A me non piace
assolutamente quel tizio!»
Dorea
mi guardò scettica.
«E
allora perché lo stavi guardando?»
Perché
stavo cercando
colui che tra circa quarant’anni ucciderà i
genitori del mio migliore amico!
Ma
questo non potevo davvero dirglielo.
«Perché
stavo cercando uno dei caposcuola.» mentii sul momento
«Il preside Dippet mi ha detto che è di
serpeverde, e che avrei potuto chiedere
aiuto a lui nel caso mi servisse qualcosa.»
Pensavo
di essere riuscita a cavarmela con quella risposta
improvvisata, infatti Dorea sbuffò.
«Fossi
in te non ci farei tanto affidamento. Tom Riddle non è
il tipo di ragazzo a cui piace essere disturbato per certe cose.
Comunque puoi
contare su di me per qualunque cosa e, a proposito, questo è
mio fratello,
Cignus Black.»
Mi
indicò un ragazzo dai capelli rossi che le si era appena
seduto di fronte, e questi mi fece un cenno che io ricambiai. Si
somigliavano
molto, avevano entrambi i tratti tipici dei Black, ma c’era
una cosa che non mi
quadrava.
«Scusa
Dorea, ma i Black non hanno tutti i capelli neri?»
La
mia curiosità venne ripagata dalla sua risata quando con
gli occhi spalancati le vidi i capelli colorarsi immediatamente di
nero. Mi
voltai stupita verso Cignus e vidi che anche lui adesso esibiva dei
capelli
neri oltre ad un sorrisetto divertito.
«M-ma…
siete Metamorfomagus!» esclamai stupita, mentre vedevo
i loro capelli ritornare al consueto rosso.
Non
pensavo che esistessero Metamorfomagus anche nel ramo dei
Black!
«Esatto
miss Evans, sono colpita dalla sua arguzia! Però il
rosso è il nostro colore naturale, e siamo i primi da secoli
ad averlo
ereditato!» disse orgogliosa, usando però con un
tono da presa in giro, come se
a dire quella frase fosse uno con la puzza sotto il naso.
Scoppiammo
entrambe a ridere ma prima che potessi dire altro
una voce ci interruppe.
«Black,
non starai mica assillando di nuovo qualcuno con
quella patetica imitazione del tuo precettore, vero?»
Mi
impietrii sul posto, e lentamente mi voltai verso il
ragazzo che aveva parlato. Prima ancora di vederlo, sapevo che era lui.
«Non
sono affari tuoi, Riddle!» disse acida Dorea.
Dallo
sguardo che aveva probabilmente il ragazzo non le era
simpatico, anche se appartenevano alla stessa casa.
«Lo
diventano nel momento stesso in cui sono costretto ad
ascoltare le tue stupidaggini.» rispose tagliente Tom, e
Dorea si zittì.
Probabilmente
lui doveva aver vissuto conversazioni del genere
molte volte per riuscire a zittire così facilmente il suo
interlocutore.
Il
suo sguardo si posò su di me, e finalmente potei guardarlo
bene in faccia rimanendo alquanto sorpresa. Era alto, Tom Riddle, e
bello di una
bellezza carismatica che ti impediva di togliergli gli occhi di dosso.
Aveva
gli occhi grigi, e lisci capelli neri con un ciuffo che gli ricadeva
sulla
fronte.
Sembrava
a prima vista un ragazzo attraente perfettamente
normale, tuttavia sprigionava un’aura di pericolo impossibile
da nascondere, e
d’istinto portai una mano alla bacchetta.
Mi
aspettavo che si sarebbe presentato dal momento che ero
nuova, ma non lo fece. Tuttavia, sentii una leggera pressione nella
mente, come
se qualcuno stesse cercando di leggerla.
Chiusi
gli occhi in un attimo, riportando alla memoria tutti
gli insegnamenti che avevo letto su di un libro per imparare
l’Occlumanzia, e
riuscii a bloccare l’intruso e a spingerlo via prima che
potesse vedere
qualcosa di interessante.
Ero
diventata piuttosto brava nell’ultimo anno in
quest’arte,
oltre che nella Legilimanzia ovviamente.
Quando
aprii di nuovo gli occhi, Tom Riddle si era seduto
accanto a Cignus Black con la sua solita aria impassibile, anche se si
poteva leggere
distintamente un’ombra di stupore in quelle iridi argento.
Mi
sentii tirare la manica, e voltandomi capii che era Dorea
che mi chiamava. Sembrava avere l’aria spaventata.
«Herm!
Ti senti bene?»
«Sto
benissimo Dorea, stai tranquilla!» cercai di
tranquillizzarla e la vidi emettere un sospiro di sollievo.
«Pensavo
che Riddle ti avesse fatto qualche incantesimo. Non
la smettevi più di fissarlo! Comunque non è
l’uomo giusto per te, quindi ti
consiglio di rinunciare in partenza.»
Dorea
Black sembrava avere una vera passione nel combinare
accoppiamenti, ma, sinceramente, l’idea di me innamorata di
Riddle mi sembrava
davvero ridicola.
Oh,
Dorea, se sapessi! pensai
divertita, mentre la cena scompariva dal tavolo e tutti ci alzavamo per
andare
nelle Sale Comuni.
Era
la prima volta che mi avventuravo nella Sala Comune dei
Serpeverde, e Dorea mi fece da guida spiegandomi le strade
più veloci per
andare alle lezioni e raccontandomi aneddoti dei suoi anni ad Hogwarts.
Era
molto simpatica, mi ricordava tanto Ginny, e pensai che
saremmo diventate buone amiche nel periodo che avrei trascorso nel
1944.
Qualcuno
gentile con me era proprio quello che mi serviva,
anche se avrei potuto solo mentirle se mi avesse fatto domande scomode.
Arrivammo
davanti ad un muro di pietra e Dorea esclamò:
«Drago
sputaguai.» e la parete di pietra si spostò
lasciando
il posto ad un ingresso.
Guardai
Dorea con un sopracciglio inarcato.
«Drago
sputaguai?»
Ma
che razza di parola d’ordine era?!
Dorea
mi fissò imbarazzata.
«Le
parole d’ordine le scelgono i prefetti e quello di
quest’anno è piuttosto… eccentrico, se
vogliamo chiamarlo così!»
Scrollai
le spalle divertita ed entrai nella Sala Comune di Serpeverde.
Dovevo
ammettere che l’ambiente non era così male,
considerato
che ci trovavamo sotto il Lago Nero.
Certo,
era tutto verde-argento, ma c’erano delle poltroncine
ed un fuoco che erano piuttosto invitanti.
Dorea
mi mostrò dove avrei dormito, e fui felice di vedere che
saremmo state nella stessa camera.
Mentre
lei sistemava le sue cose, io vidi ai piedi del mio
letto un baule, dei libri ed una busta indirizzata a me.
Era
una lettera del professor Silente.
Cara
Hermione,
spero
che non ti
dispiaccia, ma ho provveduto a farti recapitare libri e abiti adeguati
che
credo potranno servirti.
Mi
sono anche permesso di
stilare il tuo orario delle lezioni che, come noterai, sono tutte con
il signor
Riddle.
Ho
pensato che così
sarebbe stato più facile per te conoscerlo.
Oltre
ai libri di scuola,
non ho potuto fare a meno di notare come ti si sia incantata
nell’osservare la
mia libreria personale, per cui ho pensato di prestarti alcuni dei
libri che la
compongono, sperando che tu possa trovarli istruttivi oltre che
piacevoli.
Spero
che tu stia
riuscendo ad integrarti bene tra i tuoi nuovi compagni di casa, e non
dimenticare che la mia porta è sempre aperta se ti servisse
qualcosa.
Albus Silente
Ps.
Questa lettera brucerà
dopo la lettura.
Posai
la lettera per terra mentre iniziava a bruciare per poi
scomparire senza lasciare traccia e, curiosa, aprii il baule.
C’erano
molti abiti casual ed alcuni eleganti.
Li
trovai di mio gusto, anche se erano stile anni ’40.
Dei
libri lessi alcuni titoli, e fui felice di trovare tra
quelli ‘Orgoglio e Pregiudizio’.
Lo
presi in mano accarezzando la copertina, e mi tornarono in
mente tutti i pomeriggi ad Hogwarts e a casa mia passati a leggerlo
immaginando
di essere Elizabeth Bennet.
«Buona
notte, Hermione.» mi disse Dorea, ma prima che potessi
ricambiare il saluto si era già addormentata.
Non
avevo sonno, probabilmente a causa dell’adrenalina provata
nelle ultime ore, e d’impulso presi una decisione che ci si
sarebbe aspettata
più da Harry Potter che da Hermione Granger.
Con
il libro ‘Orgoglio e Pregiudizio’ in mano, dopo
aver
lanciato un sorriso a Dorea, uscii dalla mia camera ed iniziai ad
avviarmi
verso l’uscita. Non c’era nessuno in giro per i
corridoi, e guardando il mio
orologio capii il perché: erano le undici e mezzo ed il
coprifuoco era scattato
da un pezzo, però quella sera avevo voglia di infrangere le
regole oltre che di
uno spuntino di mezzanotte. Sapevo come trovare le cucine e come
entrarci,
quindi non ci sarebbero stati ostacoli. O almeno così
pensavo.
Con
un sorriso stavo per uscire dalla Sala Comune quando mi
ritrovai faccia a faccia niente di meno che con Tom Riddle, che stava
rientrando.
Ci
fissammo per qualche secondo con aria stupita, poi lui
riprese il controllo di sé ed assunse la sua solita facciata
indifferente.
«Evans,
dove credi di andare? C’è il coprifuoco nel caso
tu
non lo sappia.» il suo tono autoritario mi fece andare in
bestia e subito mi
preparai a rispondergli per le rime. Dopotutto, anche lui aveva appena
violato
il coprifuoco!
«E
che mi dici di te, allora? Si dia il caso che mentre io lo
stessi per infrangere tu lo avevi fatto già da qualche ora,
quindi non credo
che ti trovi nella posizione di farmi la predica. Inoltre,»
aggiunse, «anche se
tu sai il mio nome, io non so il tuo e sarebbe educazione che ti
presentassi!»
ribattei piccata, venendo ripagata dalla sua espressione smarrita.
Probabilmente
non si aspettava che riuscissi a tenergli testa,
e ringraziai mentalmente la mia capacità oratoria che mi
aveva salvata in più
di un’occasione.
Quello
che non mi aspettavo io, tuttavia, era che lui invece di
rispondere mi afferrasse per un braccio e mi costringesse a rientrare
in Sala Comune
iniziando a trascinarmi fino alla mia camera con espressione
impassibile.
«Ehi!
Lasciami andare immediatamente!» esclamai, iniziando a
dibattermi, ma quando vidi che non sarebbe servito a niente lasciai
cadere il
libro che avevo ancora in mano e prendendo la bacchetta pronunciai un
incantesimo non verbale contro di lui.
«Elektron!»
Una
scarica elettrica si irradiò in tutto il mio corpo, e Tom
Riddle si trovò costretto ad interrompere la sua corsa e a
lasciarmi andare
all’istante.
Strano.
Adesso dovrebbe
stare per terra a contorcersi dal dolore! Quella scarica era potente, e
nessuno
era mai riuscito a resistervi prima d’ora.
Come
prima, io e Riddle iniziammo a squadrarci in silenzio,
poi lui sorrise cordiale e mi porse la sua mano destra.
«Hai
ragione, sono stato sgarbato. Mi chiamo Tom Riddle e sono
uno dei caposcuola.»
Spalancai
gli occhi di fronte al suo improvviso cambio di
atteggiamento, e fui riluttante nello stringergli la mano.
Lui
però continuò a tenderla verso di me riprendendo
a
parlare.
«Mi
scuso per averti trascinata, ma l’osservanza delle regole
è una delle cose che ha sempre caratterizzato questa casa e
tu, in quanto nuovo
membro, ti ci devi attenere. Per oggi chiuderò un occhio, ma
vedi di non farlo
ripetere.»
Gli
strinsi la mano con un sorriso falso quanto la mia
identità.
«È
davvero un piacere conoscerti, Tom Riddle. Ho recepito il
tuo avvertimento, ma permettimi di farti una domanda: come caposcuola,
non
dovresti attenerti tu stesso alla regola che mi hai appena
esposto?» dissi
melliflua.
«Stavo
facendo il mio turno di ronda.» replicò lui, ma io
non
mi feci abbindolare.
Mi
avvicinai a lui fino a che non fui ad un palmo dal suo
viso.
«Scommettiamo
che non è così?» lo sfidai.
Aspettai
un po’ prima di sorridere vittoriosa e tornare
indietro a prendere il mio libro. Avevo appena fatto due passi, quando
la voce
di Riddle mi richiamò indietro.
«Non
ti conviene sfidarmi, Evans. Potresti uscirne male.»
Mi
voltai quel po’ che mi permetteva di guardarlo in volto.
«Ah
che paura sto tremando!» lo schernii io senza pensarci due
volte. «Facciamo così, io non dico che tu hai
infranto le regole se tu non dici
che lo sto appena facendo anch’io. Ci stai?»
Stavo
giocando con il fuoco e lo sapevo, ma non riuscivo farne
a meno. Avevo davanti a me colui che era responsabile di centinaia di
morti e
dovevo essere educata? Tuttavia mi resi presto conto che questo
atteggiamento
non mi avrebbe fatto ottenere la sua fiducia. Il mio piano si basava
soprattutto su questo. Mi ero appena decisa a chiedergli scusa per la
mia
arroganza quando lo vidi sorridere feroce ed alzare la bacchetta.
Non
feci in tempo a fare altrettanto prima che una forza
invisibile mi spinse indietro verso di lui alzandomi da terra e
trattenendomi
per la gola.
«Io
non cedo ai ricatti, Evans, faresti meglio a ricordarlo.»
mi sibilò sul volto.
Io
annaspai in cerca d’aria, e finalmente lui, dopo qualche
secondo, ruppe il contatto.
Dopo
un’ultima occhiata verso il mio corpo che tossiva ancora
sul pavimento, mi voltò le spalle ed entrò nella
sua stanza.
Io
fissai la porta dove era scomparso ancora per qualche
attimo, prima di alzarmi con il mio libro in mano.
Il vero Tom Riddle si
era appena rivelato a me per quello che veramente era: spietato e
calcolatore.
Lanciai
un ultimo sguardo all’uscita della Sala Comune, e
d’un
tratto quella passeggiata alle cucine non fu poi tanto invitante.
Rientrai
nella mia camera facendo attenzione nel fare meno
rumore possibile, e dopo essermi cambiata mi stesi sul letto
abbandonando la
bacchetta ed il libro sul comodino.
Mi
era passata addirittura la voglia di leggere, ed iniziavo
finalmente a sentire la stanchezza di tutte le ore passate.
Mi
tornarono in mente i miei genitori obliviati, che adesso
non sapevano neanche di avere una figlia, il mio duello con i
mangiamorte, la
mia cattura, le mie torture. Ma soprattutto mi tornò in
mente Voldemort, al cui
viso inaspettatamente si sovrappose quello di Tom Riddle.
Il
mio passato, presente e futuro. Mentre cadevo tra le
braccia di Morfeo, piansi.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Eccomi
tornata con un nuovo capitolo! La nostra Hermione ha
finalmente incontrato Tom Riddle e si può dire che non
è stato proprio un’
incontro cordiale. Ci vediamo al prossimo capitolo per sapere cosa
succederà
durante il primo giorno di scuola! Un abbraccio, Mary Evans.
|
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Capitolo 3 *** Prime Lezioni ***
2
Settembre 1944. Hogwarts
Primo
giorno del mio settimo anno ad Hogwarts.
Pensavo
non sarei mai arrivata a questo traguardo da quando avevo
accettato di partire con Harry alla ricerca degli Horcrux, e invece
eccomi qui.
L’unica
pecca? Stavo per affrontarlo senza i miei amici di
sempre, con una nuova identità e, dettaglio non
trascurabile, nel 1944!
Ero
stata svegliata presto da una Dorea elettrizzata per
l’inizio del nuovo anno, e costretta a scendere in Sala
Grande ad un’ora in cui
nessuno era presente a parte noi. E Tom Riddle.
Assurdo,
quel ragazzo mi
perseguita! Pensai,
irritata dalla sua sola presenza,
sedendomi il più lontano possibile da lui.
Feci
un’abbondante colazione, annuendo di tanto in tanto a
quello che diceva Dorea. Parlava di Quidditch, professori, lezioni ed
altro, ma
io avevo tutt’altro per la testa per prestarle attenzione.
Continuava
a tornarmi in mente la sera appena passata e Tom
Riddle che mi aveva minacciata come se fossi una matricola del primo
anno! Nessuno
mi aveva mai minacciata senza conseguenze.
Certo,
se volevo conquistarmi la sua fiducia dovevo prima
ottenere il suo rispetto, e comportarmi come una ragazzina non mi
avrebbe aiutata,
ma prima dovevo fargli abbassare la cresta a quel ragazzino troppo
cresciuto!
La
Sala Grande era ancora mezza vuota, ed io puntai la
bacchetta verso Riddle, in un gesto stupido e avventato.
«Herm,
che vuoi fare?» sussurrò Dorea al mio fianco,
cercando
di abbassarmi il braccio con la bacchetta.
Io
le feci l’occhiolino e le indicai Tom.
«Sta’
a vedere.»
Mormorai
un incantesimo a mezza voce, ed aspettai i suoi
effetti iniziando ad osservare il bel Riddle.
Di
mattina sembrava meno pericoloso, con gli occhi gonfi dal
sonno, i capelli spettinati e la cravatta allentata, però
non mi feci muovere
dalla pietà dopo quello che mi aveva fatto.
Stava
ancora giocherellando con il suo porridge quando questo
gli scoppiò in faccia sporcandogli tutti i capelli, la
faccia stupita e la
parte superiore della divisa.
Per
qualche secondo nessuno si mosse, nessuno nemmeno fiatava.
Poi
iniziarono le risatine da parte di alcuni dei presenti,
che però Tom Riddle fece smettere con un’ unica
occhiata dopo essersi ripulito
con un Gratta e Netta.
Si
vedeva che era infuriato, e fui soddisfatta di me dal
momento che mi aveva rovinato la nottata.
Ci
mise pochi secondi ad individuare il mio sorrisetto vittorioso,
e capendo che ero io la responsabile mi fulminò con lo
sguardo prima di uscire
dalla Sala Grande sotto gli occhi di tutti.
«Non-puoi-averlo-fatto!»
sillabò Dorea ad alta voce nel più
totale stupore. Poi partì un applauso da uno al tavolo dei
Grifondoro che ben
presto coinvolse anche gli altri presenti.
Arrossii
un poco quando iniziarono ad alzarsi voci come:
«Bravissima Evans, Riddle aveva proprio bisogno di una
lezione!» oppure «Sei
mitica Hermione!» e quando a queste si aggiunsero molte
occhiate ammirate non
riuscii più a sopportare quell’attenzione ed
afferrai Dorea per un braccio
uscendo anch’io dalla Sala Grande.
Si
erano fatte le otto, per cui iniziammo ad avviarci verso
l’aula di Difesa contro le Arti Oscure, ma
d’improvviso Dorea mi bloccò in
mezzo al corridoio mettendomi le mani sulle spalle e fissandomi con
un’espressione ancora totalmente sbalordita.
«Tu
non hai idea del guaio in cui ti sei cacciata! Hai fatto
uno scherzo a Tom Riddle! Tom Riddle! Si può sapere che ti
è preso?»
Decisi
di dirle parte della verità.
«Ieri
sera ci siamo incontrati nella Sala Comune e dopo un…
sottile diverbio… mi ha minacciata dicendo che non mi
conveniva sfidarlo, che
dovevo rispettare le regole e quant’altro… che ne
sarei uscita male insomma! Io
non prendo ordini e non ho paura di nessuno. Ho voluto solo
dimostrarglielo.»
feci spallucce come se quello che avevo fatto fosse cosa da nulla. Come
se non
avessi appena fatto uno scherzo a quello che sarebbe diventato il
più grande mago
oscuro di tutti i tempi.
Fred
e George sarebbero
davvero fieri di me.
«Wow!»
esclamò Dorea ancora ammirata, prendendomi a braccetto
e riprendendo a camminare.
«Comunque
aveva ragione, devi stare attenta a lui. Ma visto
che ti sei così velocemente manifestata al mondo immagino
che adesso tu debba
solo preoccuparti della sua sfida al Club dei Duellanti!»
La
guardai stranita.
«Il
cosa?»
Come
scoprii più tardi, durante la lezione di Difesa, il Club
dei Duellanti era stata una trovata del preside Dippet per gli alunni
dal
quinto anno in su. Venivano divisi a seconda della bravura, e ognuno
poteva
sfidare solo qualcuno del proprio anno. C’era
un’insegnante per ogni gruppo che
insegnava incantesimi di difficoltà variabile in base al
livello di abilità, e
tutto questo avveniva nella Sala Grande una volta ogni settimana alle
quattro.
Il giorno era scelto a sorte e, guarda caso, proprio il 2 Settembre era
uscito
come primo giorno!
Dorea
mi aveva spiegato che per sfidare qualcuno dovevi solo
macchiarlo con il colore della tua casa di appartenenza. Tuttavia, ci
tenne a
precisare, quella era stata un’idea balzana del professore di
trasfigurazione e
non del preside.
Solo
Silente poteva avere
un’idea così strana! Pensai
divertita, mentre venivo presentata a Lyra
Nott e Christian Zabini, che si stavano lamentando di quante volte
erano stati
costretti a far lavare le loro divise a causa dei più
svariati modi che altri
studenti avevano trovato per sfidarli.
Da
quel che capii, in mezzo a queste sfide c’erano anche
scommesse per appuntamenti o favori, quindi bisognava stare attenti.
Scoprii
anche che Tom Riddle non aveva né era stato mai
sfidato, e che a quegli incontri ci andava solo per osservare.
«Fino
ad oggi almeno.» precisò Lyra con un sorrisetto
«Non
credo che gli sia piaciuto molto il tuo scherzetto di
stamattina, Hermione. Anche se sei stata grande e ti sei conquistata la
stima
di tutti con quel gesto: sono molti quelli che hanno dei conti in
sospeso con
lui e non hanno il coraggio di affrontarlo! Non per niente è
l’alunno più
brillante che Hogwarts abbia mai avuto, come ci tengono sempre a
precisare gli
insegnanti.»
«Ti
sei scavata la fossa da sola se vuoi il mio parere.» si
intromise Zabini «Riddle non è uno che puoi fare
arrabbiare senza conseguenze,
se capisci cosa intendo.»
«Beh,
comunque io non ho paura, e vedremo se avrà davvero
intenzione di affrontarmi davanti mezza scuola. Ci sarà da
divertirsi, in ogni
caso!»
Questo
è poco ma sicuro.
Scossero
tutti le spalle, dubbioso, e mi decisi a cambiare
argomento prima che continuassero ad assillarmi ancora su Riddle.
«Scusate,
ma adesso abbiamo Pozioni, vero?»
Vidi
Lyra, Christian e Cignus sbuffare mentre Dorea squittiva
eccitata.
«Già!
Finalmente Pozioni!»
Sembrava
le piacesse proprio quella materia.
«Sinceramente
‘Rea non so davvero cosa ci trovi di esaltante
nel vecchio Luma. Io lo trovo alquanto noioso, se permetti.»
disse Cignus con
tono seccato.
Dorea
lo guardò divertita.
«Questo
solo perché tu non fai parte del Lumaclub, fratellino!
E, Hermione, cerca di impegnarti in pozioni mi raccomando! Se sarai
fortunata,
prenderà pure te.»
«Oggi
prepareremo una pozioncina alquanto utile, anche se
illegale al di fuori del ministero. Il Veritasserum.»
Un
mormorio eccitato si diffuse per la stanza ed io sorrisi.
Avevo imparato a prepararlo alla perfezione in vista del viaggio alla
ricerca
degli Horcrux, e adesso ero felice di averlo fatto.
«Per
chi non lo sapesse,» continuò Lumacorno
«Il Veritasserum
è un siero della verità che costringe chi ne
assume anche poche gocce a
rivelare i suoi segreti più inconfessabili. È
inodore e insapore, quindi
bisogna stare attenti a cosa si beve, anche se basta un semplice
incanto di
Rivelazione per capire se una bevanda è contaminata da
questo siero oppure no.»
Sentii
un ghigno alla mia sinistra, e mi voltai sospettosa
verso il mio compagno di banco. L’unico disponibile.
«Posso
sapere cos’hai da ghignare tanto, Riddle?»
Lui
mise su quello che nel suo repertorio doveva essere un
sorriso gentile, ma che a me fece solo rabbrividire.
«Non
sono affari tuoi, Evans. Te lo avrei detto, ma dopo il
tuo scherzetto di stamattina mi è passata la voglia di
farlo. Hai rifiutato la
mia offerta di pace e adesso tieniti pronta a guardarti le
spalle.»
Sbuffai,
esasperata dalla sua poca originalità.
«Sei
monotono, Riddle. E privo di senso dell’humor. La mia
azione di stamattina è stata piuttosto giustificata dal tuo
comportamento di
ieri sera! Se tu consideri un’offerta di pace minacciare
qualcuno soffocandolo
allora hai davvero una visione distorta delle cose. Ho fatto quello che
ho
fatto solo per dimostrarti che non mi spaventi e che non prendo ordini
da
nessuno, tanto meno da te. E, credimi, se avessi saputo prima del Club
dei
Duellanti, probabilmente ti avrei sfidato per mostrarti il mio punto di
vista
senza ricorrere ad uno scherzo puerile come quello! Adesso che siamo
pari,
dunque, ti andrebbe di accettare la mia offerta
di pace e di ricominciare dall’inizio?»
Ero
piuttosto fiera di me stessa per quel discorso, ma Riddle,
dopo un’occhiata alla mia mano tesa, si girò
davanti iniziando a guardare la
cattedra impassibile, pur trattenendo un ghigno.
Ma
questo ragazzo non sa
sorridere normalmente?!
Pensavo
avesse deciso di accettare la mia proposta a modo suo,
ma quando sentii un colpo di tosse provenire esattamente davanti a me
chiusi
gli occhi in una smorfia, e mi girai per affrontare un professor
Lumacorno che
non sembrava molto felice.
«Signorina
Evans, anche se è nuova, dovrebbe sapere che
durante le lezioni non si parla!»
Mi
feci piccola piccola, mentre incrociavo gli occhi divertiti
di Tom al mio fianco.
«Mi
scusi professore.» mormorai imbarazzata, mentre lui
ritornava alla cattedra annuendo.
«Il
professor Silente mi ha assicurato che lei è perfettamente
preparata, quindi non ho intenzione di fare favoritismi, va bene?
Le
istruzioni per il Veritasserum le trovate a pagina 20 del
vostro libro di testo. Cominciate!»
Mi
scrollai di dosso l’imbarazzo di poco prima, ed iniziai a
prendere gli ingredienti della pozione uno alla volta portandoli vicino
al mio
calderone.
Lumacorno
mi aveva stupita: non pensavo fosse così severo
rispetto ai miei tempi.
Comunque
quella pozione l’avrei potuta preparare anche senza
istruzioni, e così feci.
Arrivata
quasi alla fine, era proprio del colore rosa pallido
che doveva avere, e mi voltai verso Riddle per vedere il suo operato.
La
sua pozione era di un rosa troppo acceso, doveva aver
aggiunto troppe code di topo.
Il
professor Lumacorno si stava avvicinando a noi per supervisionare
il nostro lavoro e, anche se avrei potuto anche non farlo, strattonai
Riddle
per un braccio.
Si
girò verso di me guardandomi male, ma non me ne curai
spingendo verso di lui alcuni dei miei peli di unicorno.
«Aggiusteranno
il colore della pozione.» spiegai veloce, ma
lui sembrava riluttante a credermi.
Beh,
problemi suoi! Pensai
scrollando le spalle.
Almeno
ci avevo provato!
Quando
il vecchio Luma arrivò al nostro tavolo, dopo aver
visto pozioni più o meno decenti (esclusa quella quasi
perfetta di Dorea),
rimase sbalordito.
Fissò
prima la mia pozione, poi quella di Tom (che era di un
tenue rosa pallido) senza poter credere ai suoi occhi.
«Per
la barba di merlino! Sono perfette!» esclamò
sorpreso
«Complimenti
miss Evans, non pensavo avesse così talento nella
mia materia! E anche tu Tom: vedo che hai fatto quelle ripetizioni che
ti avevo
consigliato vero?»
Ripetizioni?
Pensai
divertita guardando l’Erede di Serpeverde, che in questo
momento sembrava
piuttosto irritato.
Il
professor Lumacorno forse avrebbe voluto dire altro, ma la
campanella suonò in quel momento e tutti ci affrettammo a
disperderci.
Ero
appena uscita dall’aula quando venni raggiunta da Dorea,
Lyra e da un altro ragazzo di Grifondoro che non conoscevo ma che aveva
un’aria
piuttosto familiare.
«Sta
arrivando Charlus, sta arrivando Charlus!» mi
sussurrò
veloce all’orecchio costringendomi ad affrettare il passo.
Guardai
stranita la sua faccia diventare quasi verde vomito.
«Chi
è Charlus?!»
«Evans!
Evans aspetta!» urlò un ragazzo alle mie spalle,
ma
prima che potessi voltarmi mi si era già parato davanti
tutto sorridente.
Aveva
il fisico da cercatore, capelli castani e occhi marroni
cerchiati da una montatura rotonda.
Per
un attimo mi mancò il fiato. Quel ragazzo assomigliava in
maniera incredibile ad Harry.
Mi
porse la mano che io afferrai.
«Ciao,
io sono Charlus Potter. Grifondoro. Volevo solo
complimentarmi con te per lo scherzo a Riddle, sei stata davvero
formidabile!»
O
mio Dio, questo è il
nonno di Harry!
Cercai
di mantenermi neutra mentre rispondevo al sorriso.
«Sembra
che ormai tutta la scuola non parli d’altro!»
scherzai,
ma la sua attenzione era già rivolta altrove.
Seguendo
la direzione del suo sguardo, vidi che fissava Dorea
al mio fianco che ormai era diventata bianchissima in volto e che con i
capelli
rossi sembrava quasi un cadavere.
Prima
che potessi allarmarmi, però, Charlus parlò di
nuovo.
«Ti
spiace se ti porto via la Black per qualche minuto?»
Fissai
stranita prima Dorea, che sembrava stesse per svenire
da un momento all’altro, e poi Lyra che mi faceva segno di
dire di sì, ma
Charlus non aspettò una mia risposta, e si portò
via la mia amica prendendola
per mano. Lei, remissiva, lo lasciò fare, ed io rimasi a
guardarli allontanarsi
con la bocca spalancata.
Lyra
accanto a me sospirò.
«Doveva
saperlo che prima o poi ci sarebbe stata la resa dei
conti!»
La
guardai interrogativa e si affrettò a spiegarsi.
«Dorea
l’anno scorso ha baciato Charlus Potter ad una festa,
lui ha da sempre avuto una cotta per lei anche se frequentava altre
ragazze,
sai?, e poi ha fatto in modo di evitarlo per il resto del tempo qui a
scuola.
Entrambi erano lucidi, quindi si ricordano quello che è
successo, ma lei si
rifiuta categoricamente di parlarne.»
«Ma
è stato solo un bacio!» esclamai «E poi
è impossibile
riuscire ad evitare qualcuno per così tanto tempo!»
Specie
se questo qualcuno
è un Potter!
«Credimi,
ci riesci se sei un Metamorfomagus! Non ha fatto
altro che trasformarsi in un nostro compagno di casa non appena vedeva
Charlus da
lontano. E comunque,» aggiunse divertita «Hanno
anche fatto sesso.»
Si
allontanò da me per andare alla lezione successiva che non
avevamo in comune, ridendo della mia espressione.
Sapeva
che le avrei chiesto altri dettagli dopo, ma capii che
avrei dovuto chiederlo alla diretta interessata se davvero volevo
sapere.
Ero
in ritardo per la lezione di Artimanzia, ed iniziai a
correre per i corridoi al fine di raggiungere quell’aula che
si trovava vicino
la torre di Astronomia.
Salendo
le scale, tuttavia, mi ricordai troppo tardi che a
loro piaceva cambiare.
Mi
girai per cambiare strada, trovando Tom Riddle dietro di me,
ma non feci in tempo ad afferrare lo scorrimano che persi
l’equilibrio e gli
caddi addosso.
Vidi
appena la sua espressione stupita prima di volare quasi
letteralmente già dalle scale.
Mi
sentii abbracciare, e serrai gli occhi dalla paura anche
dopo che atterrammo entrambi sul pavimento, con Riddle sotto di me.
Per
qualche secondo nessuno dei due fiatò, poi mi decisi ad
aprire gli occhi alzando la testa e lo vidi fissarmi impassibile.
Mi
teneva ancora stretta a lui e, nella caduta, io gli avevo
afferrato il maglione affondandoci la testa.
Con
mio grande stupore, sentii sotto le mani dei muscoli ben
sviluppati che non gli avrei mai attribuito vista la sua magrezza.
Arrossii
per la vicinanza che si era venuta a creare (se mi
fossi alzata un altro po’ sarei arrivata addirittura a
sfiorargli le labbra),
ma mi pentii di questo attimo di debolezza quando lo
vidi indirizzarmi un sorrisetto divertito.
«Hai
intenzione di continuare a starmi stesa sopra, Evans? Non
pensavo che tu pensassi a questo, quando parlavi di offerta di
pace!»
«Mi
alzerei molto volentieri se tu la smettessi di
abbracciarmi, Riddle!» ribattei tagliente.
Immediatamente
fui libera dalla sua presa e mi alzai,
iniziando ad aggiustarmi con le mani la divisa che si era stropicciata.
Gettai
un’occhiata a Tom, e vidi che stava ancora per terra
massaggiandosi la spalla sinistra.
Iniziai
a sentirmi in colpa.
Era
a causa mia se si era fatto male cadendo dalla scala,
perché mi aveva salvata da una brutta botta facendomi da
cuscinetto.
Il
mio sguardo si addolcì, e mi inginocchiai verso di lui.
«Dove
ti fa male?»
«Vattene,
Evans! So cavarmela da solo anche senza la tua
pietà.» mi rispose acido. Alzai un sopracciglio, e
lo vidi tentare di alzarsi
con qualche smorfia di dolore, ma io lo spinsi di nuovo a terra,
costringendolo
a fissarmi.
«Punto
primo: io non provo pietà per te, semplicemente mi
sento in colpa perché ti sei fatto male per aiutarmi, e mi
sembrava carino
aiutarti a questo punto.»
«Non
che avessi molta scelta, mi sei caduta addosso!»
«Punto
secondo.» continuai, facendo finta di non averlo
sentito «Non mi sembra proprio che adesso tu riesca a
cavartela da solo, quindi
basta repliche e dimmi dove ti fa male!» dissi in tono
autoritario.
Ci
sfidammo con lo sguardo per qualche istante prima che lui
cedesse.
«Spalla
sinistra e schiena.» mormorò infine, ed io puntai
la
bacchetta sui punti da lui indicati mormorando incantesimi a mezza voce.
«Spero
davvero che tu sappia cosa stai facendo.» mi disse
minaccioso, ed io roteai gli occhi.
«Fidati.»
Con
due amici che si fanno male un giorno sì e l’altro
pure era
d’obbligo imparare come curarli.
«Io
non mi fido di nessuno, Evans.»
Ma
va’! Questo proprio non
me lo aspettavo!
Pensai sarcastica, mentre
completavo gli incantesimi di
guarigione.
Mi
alzai, e lo aiutai a farlo a sua volta tendendogli una mano
che lui afferrò, pur esitando.
Gli
sorrisi, ma lui continuò a fissarmi impassibile muovendo
la spalla per vedere se gli dava ancora problemi.
«Ti
fa male ancora da qualche parte?»
«No.»
mi rispose secco voltandomi le spalle. Mi irritai di
nuovo.
Mi
aspettavo almeno un grazie dopo averlo curato!
«Sei
uno stupido, Tom Riddle!» esclamai facendolo bloccare.
Non
aspettai un’altra sua reazione ed iniziai a camminare
verso l’aula di Artimanzia a passo veloce, anche se ormai ero
davvero in
ritardo.
Avevo
fatto appena qualche metro, quando mi sentii afferrare
per una mano.
Era
Tom.
Aveva
un po’ il fiatone e, contrariamente a come lo avevo
visto a lezione con la divisa impeccabile, adesso aveva i capelli
leggermente
scarmigliati e la camicia fuori dai pantaloni con la cravatta
allentata.
Vedendolo
così, sembrava davvero solo un ragazzo.
«Dopo
questo, accetterò la tua offerta di pace.» disse
solo, e
si diresse nella direzione opposta alla mia.
Stavo
per richiamarlo indietro, dopotutto anche lui aveva
lezione di Artimanzia, ma il mio sguardo venne immediatamente catturato
dalla
mano che mi aveva afferrato prima per fermarmi.
Una
macchia verde smeraldo faceva bella mostra di sé.
Ero
stata sfidata.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Allooooora…
che ne pensate? Questo capitolo non mi convince
tanto, per farla breve non credo che Hermione Granger si sarebbe mai
comportata
così nel suo tempo, ma mi ha sempre fatto fantasticare
credere che lei avesse
una vena umoristica e leggermente vendicativa. Certo, è
sempre la ragazza
intelligente che conosciamo noi e credo che dopo il duello non
farà più scherzi
del genere (non è come i malandrini o i gemelli Weasley, per
intenderci),
cercherà di cambiarsi diventando più seria e di
tenere bene in mente il suo
obbiettivo, anche se si sta lasciando trascinare fin troppo dalla
routine del
1944, nonostante sia passato solo un giorno dal suo arrivo. Lei vuole
uccidere
Voldemort, ma sta imparando anche a conoscere Tom Riddle e,
chissà come mai,
sta iniziando a vederlo più come ragazzo che come mago
oscuro. Ma poi,
parlandoci chiaro, Tom Riddle sarà davvero così
cattivo?
Fatemi
sapere, se avete voglia e tempo, che ne pensate di
questa storia! Al prossimo capitolo!
|
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Capitolo 4 *** Il Club dei Duellanti ***
2
Settembre 1944. Sala Grande
Confortata
da pacche sulle spalle provenienti da Christian e Cignus, mi preparai
ad
entrare nella Sala Grande.
Per
l’occasione era stata abbellita quasi come al mio secondo
anno, quando venne
proclamato l’omonimo club al fine di istruire gli alunni alla
difesa.
Quel
pensiero mi portò alla mente Harry e Ron, insieme a tutto
quello che avevamo
passato quell’anno, dalla polisucco alla scoperta del saper
parlare serpentese
di Harry, e mi intristii nel pensare che forse non li avrei mai
più rivisti, e
con loro Ginny, la McGranitt e tanti altri.
«Herm,
tutto ok?» mi domandò Dorea apprensiva
«Ti sei estraniata per un attimo.
Ricorda che non potrai permettertene di questi errori, quando
combatterai con
Riddle.»
Come
se non lo sapessi… pensai
leggermente irritata.
Da
quando Dorea era tornata dall’incontro con Charlus, con una
faccia che lasciava
presagire un funerale tra l’altro, non faceva che scaricare
sugli altri la sua
agitazione.
«Piuttosto
che per me dovresti preoccuparti per te stessa.» replicai
«Non devi affrontare
a duello Potter? Mi sembra ci sia un appuntamento in palio.»
Dorea
fece una smorfia, e mi scappò da ridere.
Non
conoscevo Charlus ma, da quello che sapevo, i Potter avevano una
predilezione
per le rosse, e quando si fissavano su qualcosa era davvero la fine.
Mi
tornò alla mente di quando Harry mi aveva raccontato la
storia dei suoi
genitori: di come Lily Evans all’inizio odiasse James Potter,
che la assillava
per un appuntamento, e di come alla fine aveva ceduto al suo fascino;
per non
parlare poi di Harry, che aveva baciato Ginny davanti
all’intera sala comune di
Grifondoro, e a suo fratello stesso, fregandosene delle conseguenze!
Solo
in quel momento mi balenò in testa che forse, e dico forse,
Dorea Black sarebbe
stata la futura signora Potter.
«Dài,
Charlus non sembra così male!» buttai
lì di proposito, ma la Black mi lanciò
un’ occhiataccia, allontanandosi poi per salutare alcune
amiche Corvonero.
Scossi
la testa sorridendo, prima che la mia attenzione venisse richiamata dal
professor Silente che era salito su una delle quattro pedane utilizzate
per gli
scontri.
Mi
voltai verso di lui, e quasi non lo riconobbi senza
l’abituale barba bianca.
Ovviamente, essendo più giovane, i suoi capelli erano ancora
rossi.
Vidi
Lyra mettersi alla mia sinistra e farmi l’occhiolino mentre
mi indicava Tom
Riddle sull’altro lato della pedana, riservata agli studenti
del settimo anno.
Stava
conversando con Christian Zabini, e per un attimo li guardai con le
sopracciglia aggrottate.
«Che
diamine sta facendo Christian?» le bisbigliai a mezza voce,
senza interrompere
il contatto. Vidi Riddle fare quella che era una pessima imitazione di
un
sorriso, e di tanto in tanto annuire a quello che diceva Chris che,
come al
solito, gesticolava e rideva quasi senza sosta.
Vicini,
quei due facevano quasi impressione tanto erano opposti.
«Per
quanto ancora in molti fatichino a crederci, Christian e Tom sono
amici. Ad
essere sincera, credo che Chris sia l’unico che riesca a
sopportarlo in tutta
la scuola, e che sia riuscito nell’ardua impresa di ottenere
la sua fiducia.
Probabilmente
gli starà dicendo di andarci piano con te, durante il
duello.»
Come
se io avessi bisogno di qualcosa del genere!
«Studenti,
benvenuti al primo incontro del Club dei Duellanti di
quest’anno. Per quelli
del quinto anno che vi prendono parte per la prima volta, vorrei
spiegare
nuovamente le regole di questo club, affinchè nessuno si
faccia male: è vietato
l’utilizzo delle maledizioni senza perdono, senza eccezioni;
se l’avversario
cade a terra, è vietato infierire con gli incantesimi o in
alcun modo che possa
recargli danno; se uno studente si arrende, l’incontro
è finito; ognuno dovrà
gareggiare unicamente sulla pedana riservata al proprio anno, e se
è
interessato ad avere lezioni sui differenti incantesimi, può
recarsi senza
problemi vicino la pedana situata al posto del tavolo degli insegnanti
per
chiedere chiarimenti. Immagino che le regole per sfidare qualcuno le
conosciate,
quindi, se è tutto chiaro: che inizino gli
scontri!»
Un
applauso entusiasta partì da tutti, e anch’io,
ridendo, presi a battere forte
le mani. A quanto sembrava il primo incontro del club era atteso da
molti.
Mi
voltai verso la pedana riservata a quelli del settimo, curiosa di
vedere chi vi
sarebbe salito per primo.
Vidi,
con mio sommo stupore, che a farlo fu una diciassettenne con i capelli
legati
in una stretta crocchia e lo stemma Grifondoro sul petto.
«Salve
a tutti, sono Minerva Mcgranitt una dei Caposcuola. Poiché
l’altro» e qui
scoccò un’occhiata infastidita a Riddle
«non ha voluto prendersi questa
responsabilità, quest’anno toccherà a
me coordinare i duelli. Chi è il primo?»
La
non ancora professoressa si guardò intorno, mentre io
iniziai a captare diversi
sussurri.
«Scommettete
che adesso Riddle la sfida? Scommetto dieci galeoni che Evans
finirà in Infermeria,
ve lo dico io!»
«Ma
no, non avrà mai il coraggio di sfidarla! Il periodo in
cui Tom Riddle
regnava sovrano in questa scuola è finito, credi a
me!»
Ed
altre frasi così.
Vidi
da lontano Charlus Potter che, facendosi largo tra gli altri studenti,
stava
per annunciare la sua candidatura, quando si sentì risuonare
una sola parola
che ebbe il potere di gelare sul posto in molti. E non proveniva da
Charlus.
«Io.»
Sotto
lo sguardo sbalordito di tutti, un Tom Riddle
dall’espressione impassibile salì
sulla pedana, andando a sostituire una Minerva Mcgranitt ancora sotto
shock.
Lo
guardai con la bocca semi aperta per qualche secondo mentre lo videvo
indirizzarmi
un ghigno divertito.
«Ti
consiglio di salire con le tue gambe, Evans, altrimenti ti vengo a
prendere
io.» mi canzonò, ed io arrossii quando partirono
dei fischi da Christian
Zabini.
Lyra
mi diede una gomitata, sussurrandomi un ‘buona
fortuna’, e anticipata
dall’applauso fragoroso degli altri, finalmente salii su
quella maledettissima
pedana.
Estrassi
la bacchetta lentamente, e mi avvicinai a Tom Riddle.
I
suoi occhi brillarono divertiti.
Si
vedeva che era pronto a qualunque
cosa pur di battermi.
Ne
valeva del suo onore, e lo sapeva.
Da
parte mia, invece, recuperai in fretta il mio coraggio Grifondoro e mi
preparai
al duello.
Non
potevo permettermi di perdere miseramente contro di lui, anche se
probabilmente
in abilità era superiore a me.
Il
mio orgoglio non me lo permetteva.
«Bacchette
in posizione!» esclamò la Mcgranitt, ed io e Tom
eseguimmo l’ordine in un
attimo.
«Paura
Evans?» mi schernì, vedendomi agitata.
Gli
restituii uno sguardo privo di qualsiasi timore.
«Ti
piacerebbe.» sussurrai di rimando.
Ci
girammo e facemmo quattro passi prima di voltarci di nuovo
l’uno verso l’altra,
in posizione d’attacco.
Intorno
a noi era sceso un silenzio di tomba, tutti in attesa di assistere al
duello
del secolo, ma io a malapena me ne accorsi. Probabilmente, anche
Silente si era
attardato ad osservarci, ma davanti a me io vedevo solo Tom Riddle.
«Iniziate!»
Prima
di poter pensare anche solo ad un incantesimo, Riddle
scagliò su di me uno Stupeficium
che evitai con un balzo laterale. Feci appena in tempo a spostarmi,
prima di
essere bombardata da incantesimi di cui non conoscevo nemmeno
l’esistenza, e
per i quali fui costretta ad evocare un protego di potenza media.
Era
bravo, dovevo ammetterlo, ma anche io non ero da meno.
Non
per niente ero la studentessa più brillante del mio anno.
Iniziai
con un Rictusempra, poi con un Sectumsempra, e alla fine iniziammo a
combattere
con degli animali creati dall’incanto degli elementi: il mio
era una grifona di
fuoco, il suo un serpente di terra.
Era
magia davvero avanzata per due studenti del settimo anno.
Tutti
ci guardavano con gli occhi fuori dalle orbite.
Non
avevano mai visto Riddle duellare, quindi non sapevano realmente quanto
fosse
potente. Quanto a me, invece, erano sorpresi e basta.
Per
come si erano messe le cose, chiunque dei due avesse perso avrebbe
comunque
conservato la sua dignità.
Non
passò molto tempo prima che Riddle iniziasse i suoi
tentativi per entrare nella
mia mente. Ero preparata a questo, tuttavia non alla forza
dell’attacco.
Pensa
a qualcosa. Qualsiasi cosa!
Lo
sentii scavare nelle mie memorie, e cercai di pensare a cose che non mi
avrebbero compromessa. In particolar modo, sapevo che non avrei dovuto
mostrargli
in nessun caso immagini della Hogwarts del mio tempo, per continuare a
nascondere la mia identità.
Mi
ricordai appena in tempo di un incantesimo che avevo letto nella
sezione
proibita al quinto anno, quando Voldemort stava iniziando ad entrare
nella mente
di Harry.
Serviva
per creare memorie fasulle, e sperai vivamente che avesse effetto anche
con Tom
che mi scavava nella testa.
Creo
recordationem
Iniziai
ad immaginare un passato in cui ero stata allevata da due genitori
maghi.
Un
passato in cui vivevo reclusa nella mia casa e mi veniva insegnata la
magia,
anche quella proibita.
Mi
ispirai poi a quella che era stata la vita di Harry, con i miei
genitori che
venivano uccisi davanti ai miei occhi.
Mi
figurai tredicenne, e con una voglia di riscatto verso il mondo.
L’ultima
immagine che gli permisi di vedere della mia vita, e involontariamente
anche,
fu quella di poco prima che venissi trasportata in questo mondo.
Quando
i mangiamorte e poi Voldemort stesso si erano divertiti a torturarmi.
Vidi
me stessa ridotta in condizioni pietose, e dopo un po’ non
riuscii più a
sopportare quella vista.
«Basta!»
urlai, e gli lanciai un’ Everte Statim che lo
sbalzò dall’altra parte della
pedana.
Ripresi
il controllo, ed aspettai che lui si alzasse prima di ripuntare la
bacchetta
verso di lui.
Si
vedeva che era irritato per essere stato messo al tappeto, ma anche
scosso da quello
che aveva visto nei miei ricordi.
«Expelliarmus!»
dicemmo insieme, e quando i due incantesimi si scontrarono
iniziò una guerra di
volontà, che costrinse il nostro pubblico ad allontanarsi
dalla pedana per
ripararsi dalle scintille che i nostri incanti di uguale potenza
stavano
causando.
«Arrenditi
Evans!» mi urlò Riddle, e mi scappò una
risata amara.
«Mai.»
Quello
che successe dopo dovettero raccontarmelo, perché non
riuscii a vederlo.
I
due incantesimi esplosero, e sbalzarono me e Riddle ai due estremi
della Sala
Grande facendoci perdere i sensi a causa della botta contro il
pavimento.
Quando
mi svegliai, mi avevano già portata in infermeria.
«Ouch.»
mi alzai di scatto dal letto con una smorfia di dolore.
Mi
guardai intorno, e riconobbi l’infermeria.
Non
sentivo alcun rumore, e dal buio supposi fosse notte.
«Ma
quante ore ho dormito? E cosa è successo?»
sussurrai a me stessa, mettendomi le
mani davanti agli occhi.
La
testa mi girava, e non riuscivo affatto a ricordare come ci fossi
arrivata su
quel letto.
Gli
eventi delle ultime ore erano un buco nero per me, probabilmente a
causa della
botta che dovevo aver preso, per non parlare poi del fatto che la mano
con cui
impugnavo la bacchetta mi bruciava alla grande.
Fantastico.
Mi
alzai per dare un’occhiata in giro e, con mio grande
imbarazzo, notai che
mentre ero svenuta mi avevano fatto indossare un camice molto corto di
un
bianco quasi trasparente, che faceva vedere senza problemi la mia
biancheria
rosso Grifondoro.
Si
può sapere chi diamine ha avuto l’idea di mettermi
addosso questo coso? Beh,
per fortuna sono sola.
Mi
infilai delle ciabatte che avevano lasciato lì vicino al mio
letto, e presi a
camminare nell’Infermeria, notando dopo un po’ che
due posti dopo il mio vi era
steso un altro studente.
Lo
avevano messo in fondo a tutto, e ci misi un po’ ad
inquadrare la sua figura
sotto le coperte. Con il buio, poi, era ancora più
difficile, ma troppo curiosa
di scoprire chi fosse, ciabattai fino al suo letto.
Chissà
chi può essere…
pensai tra me.
Mi
abbassai di più, e mi sporsi per riuscire a riconoscere quel
volto nascosto
parzialmente dalle lenzuola.
Probabilmente
Ron aveva ragione, quando diceva che lui ed Harry avevano avuto una
cattiva
influenza su di me.
Con
il trascorrere degli anni, avevo sviluppato una vena ribelle che non
avrebbero
mai attribuito alla prefetta-perfetta quale ero.
Adesso
riuscivo a vedere la faccia di chi dormiva in quel letto, era
sicuramente un
ragazzo, ma c’era ancora quel dannatissimo ciuffo che non mi
permetteva di
capire chi fosse.
Feci
una smorfia indispettita e, pur sapendo che me ne sarei pentita, alzai
una mano
per scostarglielo dalla fronte.
Tanto
a questo punto cosa ho da perdere?!
Lo
scoprii pochi secondi dopo aver formulato questa frase, quando il
bell’addormentato si rivelò essere niente di meno
che Tom Riddle.
Spalancò
gli occhi di scatto al mio tocco, mentre con una mossa fulminea
afferrava con
una mano la bacchetta e con l’altra il mio braccio.
Come
fece non lo so, ma comunque mi ritrovai, prima di rendermene conto, e
senza
avere nemmeno il tempo di urlare, stesa sul suo letto con la vestaglia
che si
era alzata quasi fino alla gola (come se non fosse abbastanza
trasparente e la
situazione abbastanza imbarazzante), le braccia bloccate sopra la testa
dalla
mano sinistra di Riddle e lui stesso a cavalcioni su di me che mi
puntava la
bacchetta contro la gola con la mano destra.
Oh
Santissimo Merlino! E meno male che ti sei data tante arie prima,
Hermione!
Sono una ribelle, la migliore del mio corso, Riddle non ha idea di con
chi ha a
che fare, cambierò il futuro del mondo magico…
Non sei affatto al livello di
Riddle, e ti stai facendo più comandare
dall’istinto e dagli ormoni piuttosto
che dalla razionalità! Siano Santi Morgana e Circe,
è Voldemort quello che ti
sta davanti! Non devi dimenticarlo! Anche se ha diciassette anni,
è un figo da
paura e non ti sembra poi così cattivo! Hermione Granger,
controllati!
Più
facile a dirsi che a farsi, naturalmente, poichè la
grifoncina, ora serpeverde,
non era affatto pratica su tutto ciò che riguardava
l’amore e derivati dal
momento che non aveva mai vissuto una vera storia romantica (se si
esclude il
bacio a Viktor Krum al suo quarto anno). E, anche se aveva letto molti
libri
sull’argomento, e credeva di essere innamorata di Ron
Weasley, aveva sempre
pensato che cose così potessero sì capitare, ma
magari, se non la prima notte
di nozze, almeno con il suo fidanzato e dopo parecchi mesi da che
uscivano
insieme! Per cui, come si può ben capire, non era affatto
preparata ad una
situazione del genere e, più che preoccuparsi di essere
sotto mano di bacchetta
del futuro Lord Voldemort, era più impegnata ad arrossire di
brutto e a non
poter fare a meno di pensare che si trovava mezza nuda alla merce di un
ragazzo
davvero stupendo, anche se con le manie di grandezza.
Tom
Riddle, d’altro canto, non faceva nulla per risparmiarle un
imbarazzo tale,
anche perché anche lui non era pratico di queste faccende
(quando si è
impegnati a vendicarsi della propria famiglia e a modellare su di
sé l’immagine
di studente perfetto non si ha proprio tempo di pensare ad altro!), e
il
trovarsi all’improvviso una ragazza, mezza nuda oltretutto,
sotto di lui lo
aveva leggermente sconvolto.
Lui
era un uomo tutto d’un pezzo, diamine, e nessuna mai aveva
avuto il coraggio di
farsi avanti con lui, troppo impaurita dall’aura di potere
che emanava
costantemente.
Così,
ritornando al presente, i due ragazzi rimasero per buoni un paio di
minuti
senza saper bene cosa fare.
Hermione
nel frattempo aveva addirittura chiuso gli occhi, pronta a qualunque
gesto da
parte del bel Riddle e senza avere nemmeno più il coraggio
per reagire.
Tuttavia,
all’improvviso, iniziò a sentire qualcosa
sulla sua pancia e ritenne
opportuno aprire gli occhi.
Mossa
sbagliata, naturalmente, perché quando capì bene cosa
si stava
strusciando sulla sua pancia, e dopo aver visto l’espressione
di Riddle, che
ormai aveva la bocca semiaperta nel guardarla e continuava a muoversi
su e giù
inconsciamente facendole sentire la sua prepotente erezione, pur di
uscirsene
da quella situazione decise di buttarsi letteralmente a terra, facendo
non solo
cadere lui (che assolutamente non si aspettava una cosa del genere) ma
anche
gonfiare la vestaglia leggera che, come se non fosse già
abbastanza, andò a
sgonfiarsi proprio sulla testa di Riddle che, ancora mezzo intontito,
si
ritrovò ad avere un contatto molto più
ravvicinato con la serpeverde, ancora di
più di quello che c’era stato prima.
Maledicendo
tutto e tutti, Hermione finalmente riacquistò la grinta e
l’orgoglio.
«Adesso
basta!» sibilò inviperita, e prese a rotolarsi e a
dibattersi per terra nel
tentativo di levarsi quel depravato da dosso.
«Esci
dalla mia vestaglia!» esclamò, in un tono che nel
silenzio dell’infermeria
risuonò quasi come un urlo.
Tom
Riddle, che per fortuna riuscì a recuperare un po’
della sua rinomata facciata
di ghiaccio, per riuscire a venire a capo di quella stramba situazione
posò le
mani sui fianchi della ragazza e la bloccò per terra facendo
appello a tutto il
suo autocontrollo e chiedendosi tra l’ altro che fine aveva
fatto la sua
bacchetta.
«Evans!
Per l’amor del cielo, se non vuoi che ti scopi qui e adesso
sta’ ferma!» le ordinò
trattenendo un gemito. Infatti la ragazza, se pur involontariamente, lo
stava
eccitando ancora di più e i suoi pantaloni erano diventati
davvero troppo
stretti. Se le cose fossero peggiorate, avrebbe fatto sesso con quella
ragazza
pur di provare sollievo fanculo la morale.
Hermione
a quella minaccia si immobilizzò, conscia che per mettere
fine a tutta quella
storia, per una volta, avrebbe dovuto fare quello che le diceva lui.
Riddle,
dopo essersi assicurato di non ricevere una ginocchiata dalla ragazza
immobilizzandole
le gambe, iniziò ad uscire dalla sua vestaglia e, conscio di
essere rosso in
volto come mai in vita sua, fece scorrere le mani sul corpo di lei nel
processo,
bloccandola fermamente a terra.
Quando
riuscì ad alzarsi in piedi, distolse lo sguardo per
permetterle di riacquisire
quel po’ di dignità che aveva perso (concessione
che non aveva mai avuto per
nessuno, ma solo perché anche lui doveva lavorare su un certo problemino ai paesi bassi)
Hermione
si affrettò a rassettarsi la camicia da notte, e ad alzarsi
a sua volta,
tuttavia nessuno dei due ragazzi a quel punto sapeva bene cosa dire o
fare.
Fu
Riddle a spezzare il silenzio che si era venuto a creare, dandole
sempre le
spalle.
«Che
ci facevi vicino al mio letto?» chiese con voce incerta,
nemmeno più tanto
sicuro lui stesso di voler aprire l’argomento, e cercando di
nascondere alla
ragazza la reazione che il suo corpo aveva avuto solo al ricordare la
scena.
Hermione
si schiarì la gola.
«Con
la botta in testa mi ero dimenticata perché fossi qui, e
stavo dando solo
un’occhiata in giro. Non avevo idea che potessi essere tu lo
studente nel
letto.»
Altrimenti
sarei rimasta dov’ero.
Riddle
annuì piano.
…Silenzio
di dieci secondi…
«Riguardo
a quello che è successo prima…» e qui
arrossirono entrambi.
«Non
una parola.» disse subito Hermione, e Riddle annuì.
«Assolutamente.»
Si
voltò per tornarsene a letto, pur essendo sicuro che senza
una bella doccia
fredda prendere sonno quella notte sarebbe stato impossibile e, in
silenzio,
attese i fruscii che avrebbero indicato lo spostamento di Hermione
verso il suo
letto.
Quando
questo non avvenne, Tom Riddle aggrottò le sopracciglia.
Stava quasi per
voltarsi e controllare che la ragazza non fosse morta, quando
sentì una frase
che gli tolse ogni dubbio.
«Voglio
morire!» urlò Hermione, con la faccia premuta
contro il cuscino per attutire
l’urlo.
L’imbarazzo,
alla fine, aveva avuto il sopravvento, e la ragazza non era riuscita a
trattenersi dal fare una cosa che da molti sarebbe stata considerata
sintomo di
pazzia.
Da
molti, ma non da Tom Riddle che, avvolto dalle tenebre, sorrise.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Che
dite è un po’…..troppo? Delle volte mi
diverto ad
immaginare scene imbarazzanti con me o mie amiche come protagoniste.
Scene che
il più delle volte hanno risvolti amorosi per intenderci!
Forse questa volta ho
un tantino esagerato ma, andiamo! non è mica impossibile che
succeda una cosa
del genere! La nostra Herm non sa ancora bene come comportarsi (prima
serpeverde, poi ribelle grifondoro, poi santarellina, ecc...) e il
nostro Tom
me lo sono sempre immaginato come un fighetto di ghiaccio. E come ogni
fighetto
che si rispetti ha dalla sua anche un po’ di malizia, che
però non esce quasi
mai fuori quando davvero servirebbe!
Poi
c’è quel pezzo preso da Harry Potter 2 che
personalmente
adoro! La parte tra Harry e Draco: Paura Potter? Ti piacerebbe! Davvero
grandiosa e non vedevo l’ora di usarla!
Per
chi non lo avesse già capito è mia intenzione
fare una
Tom/Hermione (sempre che non cambio idea scrivendo). Sarà un
po’ un casino ma
vedremo cosa ne esce fuori… dopotutto Lumacorno non disse ad
Harry che
Voldemort da giovane non era poi tanto diverso da lui? Io ho sempre
immaginato
che fosse dopo Hogwarts che aveva iniziato a covare tutto
quell’odio verso il
mondo. Ma adesso basta con le chiacchiere! Non so quando
potrò postare ancora
perché con la scuola sto avendo un po’ di
difficoltà a tenere il passo con le
pagine da studiare però vedrò di riuscirci il
prima possibile. Alla prossima,
Mary Evans.
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Capitolo 5 *** Lezioni Private Inaspettate ***
21
luglio
1998. Tana
«Professoressa
Mcgranitt, secondo lei cosa è successo ad
Hermione?»
chiese un Harry Potter piuttosto agitato. Ron Weasley, al suo fianco,
alzò la
testa, anche lui ansioso di ascoltare la risposta.
Minerva
Mcgranitt scosse la testa, impotente, e si rivolse al
quadro di Albus Silente che aveva portato con sè.
Il
vecchio preside aveva detto, dopo essere venuto a
conoscenza della causa che aveva portato alla scomparsa di Hermione
Granger,
che doveva comunicare a tutti i membri dell’Ordine una cosa
importantissima, e
che doveva farlo lui stesso.
«Harry,
ragazzo mio, è successa una cosa eccezionale. Devi
sapere, che noi quadri magici portiamo con noi tutta la conoscenza che
avevamo
quando eravamo in vita, e che quando essa cambia, per qualche ragione,
noi
possiamo avvertire questi cambiamenti. Miss Granger in questo momento
si trova
nel settembre del 1944: sta frequentando il suo settimo anno, con Tom
Riddle
come compagno di scuola.»
Harry
Potter fissò prima il suo vecchio preside e poi il suo
migliore
amico con occhi spalancati, prima di prendere la bacchetta dalla tasca
posteriore dei jeans.
Se
la rigirò tra le mani e pensò intensamente alla
sua
migliore amica, sperando che il messaggio le arrivasse.
Solo
una cosa Hermione:
Vigilanza Costante.
3
Settembre 1944. Aula di Incantesimi
«Tom
Riddle ti sta guardando.» sussurrò Dorea Black, ma
Hermione Evans la ignorò, continuando testardamente a
prendere appunti.
5
Settembre 1944. Aula di Trasfigurazione
«Tom
Riddle ti sta guardando.» esclamò Lyra Nott,
fregandosene
che il diretto interessato potesse sentirla. Hermione Evans corse da
Cignus
Black ed iniziò ad aiutarlo nell’incanto che
stavano studiando, ignorando di
essere stata interpellata dall’amica.
6
Settembre 1944. Aula di Artimanzia
«Tom
Riddle ti sta guardando.» le disse Cignus Black, ma
Hermione Evans aveva già intrapreso una fitta conversazione
con la
professoressa Vector, che si protrasse per tutta l’ora.
10
Settembre 1944. Aula di Pozioni
«Tom
Riddle ti sta guardando.» ghignò Christian al mio
indirizzo, ma prima che potessi fare qualcosa la campanella
suonò e venni
fermata dal professor Lumacorno.
Ignorai
l’occhiata divertita che mi lanciò Tom Riddle, che
avevo così abilmente evitato dopo quella
cosa in Infermeria, e mi avvicinai alla cattedra del
professore mentre
l’aula si svuotava velocemente.
«Signorina
Evans, vorrei porgerle una richiesta, se non le è
di troppo disturbo. Non ho potuto fare a meno di notare che quanto lei
sia particolarmente
versatile nella mia materia, quindi mi chiedevo se le andrebbe di dare
ripetizioni a chi, invece, se la cava con meno facilità.
Ovviamente,» aggiunse
subito «tale attività extra verrà presa
in considerazione nel giudizio finale dei
M.A.G.O., e si dia il caso che io abbia già uno studente che
necessita del suo
aiuto. Che ne pensa della mia offerta?»
Rimasi
a rifletterci per qualche secondo, anche se alla fine
avevo già preso la mia decisione: era bastato
l’accenno ai crediti extra per
convincermi.
«Per
me va benissimo, professore.» risposi con un sorriso,
mentre Lumacorno andava in brodo di giuggiole.
Mi
aveva già invitata ad una delle sue cene private,
includendomi nel Lumaclub, ed una richiesta del genere me
l’aspettavo.
«Potrei
sapere chi è lo studente?»
Lumacorno
iniziò a ridere, lisciandosi il panciotto, ed io lo
guardai con un sopracciglio inarcato.
«Non
ci crederà mai! È stato lui stesso a venire da
me, e devo
ammettere che io stesso sono rimasto allibito dalla sua richiesta,
considerato
che è tra i migliori della scuola.»
La
mia mente iniziò a lavorare veloce.
Ti
prego fa che non sia
lui, fa che non sia lui, fai che non sia lui… pensai
disperatamente, ma ormai avrei dovuto saperlo che raramente quello che
si spera
si ottiene.
«Il
signor Riddle mi ha davvero stupito.»
Iniziai
a boccheggiare, incapace di metabolizzare le parole
del professore.
«M-ma
è stato lui a chiederle di me?» balbettai
sconclusionatamente,
iniziando ad agitare le braccia come facevo sempre quando ero nervosa.
«Certamente!
Dopotutto, considerato che con Dorea Black non
scorre buon sangue, lei era la scelta più ovvia.»
Ormai
non sapevo più cosa dire, e il professore mi
congedò.
Mormorando appena un arrivederci, mi diressi spedita verso
l’uscita dell’aula
promettendo vendetta contro Riddle: insomma, non solo mi aveva fatto
vivere una
delle esperienze più imbarazzanti della mia vita, ma adesso
si metteva anche a
perseguitarmi?
Avevo
appena formulato questo pensiero, quando d’improvviso mi
venne tappata la bocca da una mano e fui trascinata in un ripostiglio
vuoto
vicino l’aula di pozioni.
Non
pensai nemmeno a difendermi con la magia, tanto la
sorpresa era grande, ma iniziai a scalciare e a dibattermi come avrebbe
fatto
una qualunque babbana nella stessa condizione.
Sentii
una risata trattenuta, e prima che la porta del
ripostiglio si richiudesse e venisse accesa la luce avevo
già capito chi fosse
il mio aggressore.
«Tom
Orvoloson Riddle! Si può sapere cosa diamine credi di
fare!» gli sbraitai contro, dopo averlo visto applicare
incantesimi di chiusura
e di silenzio allo spazio in cui eravamo.
Mi
rivolse un ghignetto compiaciuto, e questo non fece che
irritarmi ancora di più.
«Finalmente
ti sei decisa a parlarmi. Ormai non ci speravo
quasi più…»
Lo
guardai interdetta, mentre lo vedevo avvicinarsi a me con
uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Fu
con un po’ di ritardi che mi resi conto di una cosa: io e
il futuro Lord Voldemort eravamo chiusi in uno stanzino imperturbato.
Oh,
merda!
In
preda al panico mi misi a cercare la mia bacchetta, ma
prima che potessi fare alcun che lo vidi inginocchiarsi davanti a me.
Nemmeno a
dirlo, lo guardai con occhi spalancati.
«Io
non posso vivere senza di te.» mormorò serio,
prendendomi
una mano e fissandomi con i suoi incredibili occhi grigi.
Doppia
merda!
Ero
troppo scioccata per dire qualcosa, o anche solo per
muovermi di un millimetro.
Probabilmente
sulla mia faccia iniziarono a susseguirsi una
serie di colori che andavano dal giallo al rosso al fucsia fino al blu.
Proprio
quando stavo iniziando a credere che avrei avuto un
infarto prima del tempo, l’inginocchiato davanti a me
iniziò a ridere di gusto.
«Ahhahahaah...
mio dio Evans!... aahahahahah… non credevo
sarebbe stato così facile prenderti in giro…
ahahahahah… ma davvero credevi…
ahahaha!»
Avrei
dovuto arrabbiarmi, o quanto meno picchiarlo a morte, ma
non potei evitare di rimanere ammaliata da quella risata.
Prima
che fosse troppo tardi, obbligai me stessa ad
imbronciarmi e mettere in volto un’espressione di disappunto
che ben si
adattava alla situazione mentre, con le braccia incrociate al petto, mi
sedetti
su una mensola aspettando che Tom Riddle smettesse di ridere.
Lo
vidi riacquisire un po’ di controllo, almeno prima che la
mensola sulla quale ero seduta crollasse sotto il mio peso ed io mi
ritrovassi
con il sedere per terra.
Con
le guance rosse d’imbarazzo, lo sentii ridere più
forte di
prima.
Dopo
aver aspettato un tempo sufficiente, ed aver concluso una
volta per tutte che Tom Riddle al momento era solo un semplice
diciassettenne
attratto dalla magia oscura, sbottai: «Piantala di ridere e
aiutami, idiota!»
Lo
vidi alzare un sopracciglio per aver utilizzato un tono
autoritario che mai nessuno si permetteva di usare con lui ma,
contrariamente
alle mie aspettative, mi porse una mano che io afferrai prontamente.
«Adesso
ti decidi a dirmi cosa vuoi da me?» borbottai,
distogliendo lo sguardo dal suo e rassettandomi la divisa.
Quando
rialzai gli occhi, lo vidi appoggiato alla porta chiusa
che mi stava fissando.
«Beh?
Si può sapere cosa hai da fissare?»
Sembrava
quasi che stessi parlando ad un muro.
Quando
decisi di averne abbastanza, sfilai la bacchetta dalla
divisa e gliela puntai al collo.
«Spostati
e fammi uscire. Adesso.» gli sibilai ad un palmo dal
naso, dimenticando l’imbarazzo che quel contatto ravvicinato
mi avrebbe procurato.
Ma lui sorrise, con mio grande stupore, ed annuì come in
risposta ad una sua
domanda mai pronunciata.
«Sì,
credo proprio che farò così.»
esclamò all’improvviso.
Quel cambio di umore mi fece distrarre un secondo di troppo, e lui ne
approfittò per disarmarmi e per bloccarmi le braccia dietro
la schiena
tenendomi ferma.
«Voglio
farti una proposta, e voglio che tu ci rifletta attentamente
prima di rispondermi, ok?»
«Va
bene, ma gradirei che mi lasciassi libere le braccia!»
Lo
sentii sorridere, e qualche secondo dopo avvertii la sua
erezione sulla mia schiena e il suo respiro sul collo.
Non
riuscii a reprimere un brivido.
«Credevo
ti piacesse questa posizione, Evans.» sussurrò
malizioso, ed io immediatamente mi liberai dalla sua presa mollandogli
un
ceffone.
«Sei
un pervertito!» gli urlai contro, allontanandomi il
più
possibile.
Lo
vidi massaggiarsi la guancia offesa, infastidito, mentre mi
fulminava con lo sguardo.
«Se
fossi in te, Evans, eviterei di farlo una seconda volta.»
sibilò
al mio indirizzo.
«Se
fossi in te, Riddle, terrei quell’erezione lontana dalla
sottoscritta se non vuoi ritrovarti evirato!» esclamai
irritata, portando le
braccia ai fianchi, e non riuscendo ancora a credere di essere riuscita
a dire
una frase del genere senza arrossire.
Lo
vidi alzare gli occhi al cielo sospirando pesantemente,
decidere probabilmente di ignorare la mia ultima affermazione e
ritornare al
discorso principale.
«Qui
ad Hogwarts c’è un gruppo di studenti che si fanno
chiamare mangiamorte, e che si allenano al fine di fare la differenza
nel mondo
magico: per sconfiggere coloro che uccidono i deboli per il gusto di
farlo,
mezzosangue, babbani, e per combattere la corruzione al ministero.
Io
sono a capo di questo gruppo.
Il
nostro scopo principale, al momento, è sconfiggere
Grindelwald e ripristinare l’equilibrio ma, per riuscirci,
oltre alla magia
ordinaria abbiamo bisogno anche di magie extracurriculari, e sono
queste magie
che io insegno: insegno ad essere ben altro, rispetto a semplici
studenti, e ad
avere il potere che, dopotutto, è l’unica cosa che
conta davvero in questo
mondo.
Quello
che voglio chiederti adesso è: vuoi essere una di
noi?»
Sapevo
che adesso toccava a me dire qualcosa, ma la mia bocca
a momenti toccava terra per lo stupore.
Era
tutto diverso, come se fossi capitata in un mondo
parallelo. O forse, semplicemente, le cose erano andate in
tutt’altro modo
rispetto a come avevo sempre creduto.
«Perché
vuoi me nel tuo gruppo?» mi ritrovai a chiedere, e lo
vidi distogliere infastidito lo sguardo prima di rispondere.
Sapeva
che doveva farlo per convincermi del tutto, e che
doveva essere sincero.
«Perché
hai talento e sei forte, ma non abbastanza.
Perché
anche tu potresti fare la differenza, ed avere
finalmente vendetta nei confronti di chi ti ha ucciso i genitori.
È
abbastanza?»
Prima
che potessi rendermene conto, risposi.
«Accetto.»
esclamai «Voglio essere una mangiamorte.»
Riddle
sorrise.
«Benissimo.
Ci vediamo questa notte alla mezza per la prima
lezione privata.»
Stava
per uscire dallo sgabuzzino, ma io lo trattenni per un
braccio guadagnandomi un’occhiataccia.
«Lezione
privata?»
Prese
a guardarmi come se mi sfuggisse qualcosa.
«Certo!
È questo il motivo per cui ho chiesto al vecchio Luma
di avere ripetizioni da te, così gli altri non si
insospettiranno se ci
vedranno insieme. Ma mentre loro crederanno che studiamo pozioni, noi
ci
alleneremo per farti diventare più forte: al momento non
riusciresti a tenere
testa nemmeno al più debole dei miei mangiamorte!»
Gli
rivolsi un’occhiata irritata.
«Intanto,
però, ho quasi battuto te!» replicai stizzita.
«Solo
perché non ho potuto usare nemmeno la metà degli
incantesimi di cui sono a conoscenza, altrimenti il duello non sarebbe
stato
nemmeno così lungo.» mi disse con sufficienza.
«Ci
vediamo alla mezza all’ingresso della nostra Sala Comune.
Puntuale. E indossa una tuta comoda, perchè suderai
parecchio. Ci si vede,
Evans.»
E
così se ne andò, dandomi finalmente il tempo di
rendermi
conto in che diamine di guaio mi fossi appena cacciata.
Merda!
«…
e poi Lyra ti ha accompagnata in Infermeria, ti ha messo
addosso una delle sue camice da notte, ed è tornata giusto
in tempo per vedermi
battuta da Mister quanto-sono-figo-Potter!
Adesso
alla prossima uscita per Hogsmeade dovrò andarci con
lui! E questo solo perché in un momento di follia ci ho
fatto sesso: ridicolo
vero?»
Dorea
Black stava parlando ininterrottamente da più di due ore,
senza accorgersi che la sua compagna di stanza non la stava minimamente
ascoltando.
Dopo
aver giurato vendetta contro Lyra Nott, colpevole
indiretta della situazione imbarazzante con la camicia da notte,
Hermione Evans
era indecisa se far presente o meno all’amica che
sì, dopo aver fatto sesso con
un ragazzo è più che lecito che lui voglia
spiegazioni e che, nel caso fosse
già innamorato, è impensabile anche solo pensare
che lui possa arrendersi all’essere
ignorato.
Alla
fine, aveva optato per il silenzio, iniziando a
prepararsi per la lezione privata con Tom Riddle.
Aveva
trasfigurato un completo che le aveva mandato Silente in
una comoda tuta, si era legata i capelli, e preparata una borsa con
bottigline
d’acqua ed asciugamani per il sudore.
Ormai
era tutto pronto, e stava aspettando con ansia che la
sua amica andasse a dormire per indossare il suo completo da
allenamento ed
evitare spiegazioni.
Era
mezzanotte e venti quando Dorea prese sonno, ed era
mezzanotte e trentacinque quando Hermione Evans si incontrò
con Tom Riddle
all’ingresso della loro Sala Comune.
Lui
era irritato, si vedeva, e non mancò di farglielo notare
appena lei si avvicinò abbastanza.
«Sei
in ritardo.» la accusò, ma Hermione si strinse
nelle spalle.
«Dorea.» disse semplicemente, e lo vide alzare gli
occhi al cielo.
«Andiamo.»
In
silenzio, attraversarono molti corridoi fino ad arrivare al
settimo piano, per poi fermarsi di fronte ad una parete che la ragazza
conosceva bene.
Tom
Riddle iniziò a camminare
avanti e indietro per tre volte, fermandosi poi solo per
aspettare la
comparsa dell’ingresso della Stanza delle
Necessità.
«Prima
le signore.» scherzò lui, tenendole la porta
aperta.
Questa
volta, fu Hermione ad alzare gli occhi al cielo, ma
ogni divertimento sparì quando vide l’enorme
palestra con tanto di percorso ad
ostacoli che la stanza aveva preparato per loro.
Si
voltò di scatto verso il suo compagno, e vide che era
proprio dietro di lei.
La
porta della stanza era scomparsa, ed Hermione, deglutendo,
capì di non avere alcuna via d’uscita quando
Riddle le rivolse un sogghigno.
«Si
comincia.»
Quando
avevo accettato di diventare una mangiamorte, non avrei
mai creduto che sarei stata sottoposta ad un allenamento intensivo alla
babbana!
Ero
stata costretta a trenta giri di corsa sul percorso ad
ostacoli (cosa che mi aveva già distrutta al quindicesimo
giro), e questo poco
prima di tre serie da venti di addominali e piegamenti!
Poi
c’era stato il sollevamento pesi con due chili a braccio,
e dopo le tre serie da quindici adesso era venuto il momento delle
flessioni.
In teoria, doveva riuscire a farne almeno cinquanta.
«Basta!
Non ce la farò mai!» ansimai sfinita.
Ero
arrivata appena alla venticinquesima flessione e mi
stavano cedendo i nervi, e non solo per lo sforzo fisico: avere un
ragazzo che
ti fissa il culo o nella scollatura nel mentre degli allenamenti era
piuttosto
irritante, e se quel ragazzo si chiamava Tom Riddle,
l’irritazione raddoppiava
senza dubbio.
Diamine,
mi ha già vista
mezza nuda! Deve proprio fissarmi il culo mentre mi alleno per lui?
Sentii
una risata mal trattenuta, e mi bloccai a metà
flessione.
«Ah,
e così ti alleni per me, eh?» il tono derisorio di
Riddle
mi fece incazzare di brutto e, anche se non mi sentivo più
un muscolo, mi alzai
per fronteggiarlo.
Vederlo
senza neanche una macchia di sudore, in quel pantalone
nero e in quella T-shirt grigia, con i capelli scombinati ad arte, ed
ogni
muscolo del suo volto che sprigionava malizia e divertimento, mi fece
venire
una voglia impellente di prenderlo a pugni.
«Non
leggermi nella mente!» gli urlai contro, e prima di
rendermene conto ero già lì nel cercare di
colpirlo con azioni che lui evitava
abilmente, con un sorrisetto irritante in volto.
All’improvviso, però, la
stanchezza iniziò a farsi sentire, e prima che me ne
rendessi conto stavo
perdendo i sensi.
Sarei
caduta sicuramente sul pavimento, se Tom non mi avesse
afferrata in tempo.
«Ehi!
Ehi Evans, non fare scherzi!» mi disse ansioso, ma io
non ero così debole da svenire per degli esercizi. Ero solo
stanca.
Gli
rivolsi un sorriso tirato, per quanto mi permettevano le
mie forze.
«Preoccupato,
Riddle?» buttai lì, ma invece di replicare
qualcosa, Tom si limitò solo a distendere la sua espressione
e ad abbassarsi
per prendermi in braccio.
Doveva
aver concluso che se avevo abbastanza forza per
replicare, allora dovevo star bene.
Puzzavo,
ed ero bagnatissima di sudore, ma lui sembrò non
accorgersene mentre mi stringeva a sé.
Immediatamente
arrossii.
Diamine,
Hermione! È mai
possibile che non puoi fare a meno di restare ammaliata da lui? Anche
se è un
bel ragazzo, datti un po’ di contegno e ricorda chi sei!
Alzando
lo sguardo, vidi che Riddle stava sorridendo
leggermente.
Con
molta probabilità aveva di nuovo letto i miei pensieri, ma
apprezzai che non commentasse in alcun modo.
Mi
depositò su un letto matrimoniale che aveva fatto apparire
nella stanza, e prima che me ne rendessi conto ero tra le braccia di
Morfeo.
Ero
stato costretto a spogliarla, pulirla con un gratta e
netta, e a cambiarla di abito dal momento che si era addormentata quasi
subito.
Avevo
cercato di darle quanta più privacy possibile cercando
di non guardarla o toccarla troppo, ma la tentazione di rivedere quello
che
avevo già visto era davvero forte.
Adesso
capivo Christian quando mi diceva che “la carne è
debole”.
Mi
ero sempre ritenuto superiore ai miei compagni, ma alla
fine non ero poi tanto diverso da loro.
Mi
fermai un attimo ad osservarla mentre, ancora addormentata,
muoveva leggermente le gambe e sorrideva.
Chissà
a cosa sta
pensando, non
potei fare a meno di chiedermi, poco prima di sbadigliare,
assonnato.
Eravamo
rimasti svegli quasi tutta la notte, e stavo iniziando
anch’io ad avvertire i primi cedimenti.
Dopo
avere esitato qualche istante sul dove dormire, alla fine
feci comparire nella stanza un altro lettino, proprio di fianco a
quello in cui
dormiva Hermione.
No,
mi
corressi, Evans non Hermione.
Mi
addormentai così, osservando il suo volto, e quando alla
fine mi svegliai alle sette e mezzo per prepararmi per le lezioni, fu
la sua
faccia quella che vidi per prima.
Nonostante
i capelli arruffati, con quell’espressione angelica
che aveva nel sonno non potei fare altro che reputarla bella.
È
davvero un peccato che
non ce l’abbia anche da sveglia,
mi ritrovai a pensare.
Per
la prima volta nella sua vita, Tom Riddle decise di
seguire l’istinto. Invece di andare a lezione, come ci si
sarebbe aspettato da
uno studente modello come lui, dopo essersi vestito, evocò
una poltroncina
comoda al posto del suo letto e si sistemò lì,
nella posizione perfetta dalla
quale osservare la sua nuova allieva.
Gli
venne da ridere nel considerarla tale, ma si zittì subito
quando la vide mugugnare nel sonno.
Iniziò
ad organizzare un programma di allenamento che le
avrebbe consentito in breve tempo di diventare forte almeno quanto lui,
e già
pregustò quel momento.
Rimase
ad osservarla per ore, ponendosi delle domande su di
lei, su di lui, ma quando Hermione Evans finalmente si
svegliò, la stanza era
vuota.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Salve
gente! Spero che questo capitolo non vi abbia deluso e
devo purtroppo informarvi che nelle prossime due settimane non so se
potrò
aggiornare causa scuola: ho la simulazione dell’esame di
stato non che due
compiti in classe e più di quaranta pagine di arretrati in
storia (ancora…).
Beh,
che ne pensate dell’idea iniziale di Riddle sul progetto
dei mangiamorte? Quanto meno è originale no? Non sapevo se
metterli o meno ma
per adattarli al mio Riddle qual cosina ho dovuto cambiarla. Man mano
sto
iniziando a figurarmi Riddle non so perché con alcuni degli
atteggiamenti dei
Potter. Ma in lui c’è anche la facciata del
cattivo a sangue freddo comunque,
una facciata che abbandonerà solo con Hermione ma che
sarà persistente a scuola
e, soprattutto, nelle riunioni di magia oscura con i mangiucchia morte.
Al
prossimo capitolo! Mary Evans
|
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Capitolo 6 *** Inviti a sorpresa ***
1
Ottobre
1944, Sala Grande
Arrancai
quasi senza forze al tavolo dei Serpeverde,
buttandomi sulla panca quasi di peso tanto ero stremata.
Questa
storia ormai si ripeteva da settimane, e tutti si erano
abituati nel vedermi in quelle condizioni, così pure alle
bugie che propinavo
per giustificarle.
Come
tutte le volte, poco dopo di me fece il suo ingresso Tom
Riddle, impeccabile e bellissimo come sempre, che con
un’eleganza che non sarei
mai riuscita ad emulare si sedette di fianco all’inseparabile
Christian Zabini.
Mi
rivolse il solito ghignetto divertito prima di iniziare la
sua colazione, composta da così poche cose da farmi dubitare
che potesse
resistere fino a metà giornata, ma io feci del mio meglio
per ignorare la sua
presenza.
Sentii
qualcuno sedersi alla mia destra, con la stessa grazia
di elefante di cui io avevo dato prova prima, e senza nemmeno voltarmi
capii
che si trattava di Dorea.
Mi
ero affezionata molto a lei negli ultimi mesi, era
diventata la mia ancora di salvezza in quel tempo, e più la
conoscevo, più non
potevo fare a meno di rivedere in lei la figura di Ginny.
Alzai
gli occhi giusto per vedere se la scelta sul colore dei
suoi capelli fosse cambiata, ma il grigio topo e la faccia da funerale
che
esibiva ormai da giorni fecero crollare per l’ennesima volta
le mie speranze.
Domani
ci sarebbe stata la prima uscita per Hogsmeade, e lei
doveva andarci con Charlus Potter: la giusta punizione, come continuava
a
ripetere, per aver perso un duello per la prima volta nella sua vita.
Da
parte mia, invece, oltre ad essere sinceramente contenta di
poter assistere alla nascita della storia d’amore dei nonni
di Harry, ero
sollevata di avere almeno un giorno di tregua dalla costante presenza
di Tom
Riddle e dai suoi impossibili allenamenti.
Grugnii
infastidita, addentando un muffin al cioccolato.
A
me sembrava esagerato tutto l’allenamento al quale mi stava
sottoponendo il serpeverde, ma appena avevo accennato a qualche
protesta lui mi
aveva zittita dicendo che le avrebbe accettate solo quando sarei
riuscita a
sconfiggerlo in duello.
Conseguenza?
Mi stavo impegnando il doppio per mettere fine
alle prese di posizione di quel despota, il che comportava doppio
sforzo, e
visite occasionali nelle cucine per spuntini extra.
Ormai
perdevo peso a vista d’occhio, non avevo più
nemmeno la
forza per trascinarmi a lezione, e i fine settimana per me erano
diventati
momenti che sfruttavo per dormire piuttosto che per divertirmi.
Infatti
avevo rifiutato la proposta di Lyra riguardo una
visita guidata del villaggio, ritrovandomi tuttavia a promettere,
davanti alla
sua faccia delusa, che l’avrei accompagnata la volta
successiva.
Era
quasi impossibile dire di no a quella ragazza, quindi me
l’ero cavata davvero con poco.
L’ultima
lezione del pomeriggio, Trasfigurazione, la passai
quasi in stato di trance, in attesa quasi morbosa del giorno di
assoluto riposo
che mi attendeva.
Appena
la campanella suonò sospirai di sollievo, e quasi di
corsa raccattai le mie cose dirigendomi verso l’uscita
dell’aula.
Ero
quasi fuori, quando fui costretta a voltarmi.
«Ehi
‘Mione, aspetta!»
Christian,
di fianco ad un Tom Riddle piuttosto irritato, dopo
aver dato una pacca sulla spalla all’amico si diresse tutto
sorridente verso di
me.
«Ciao,
Christian, vuoi qualcosa?» gli chiesi impaziente.
Ero
troppo stanca persino per poter anche solo tentare di
essere educata.
Lui,
invece di rispondere, mi circondò le spalle con un braccio
costringendomi a camminare con lui avanti e indietro per tutta
l’aula.
Ormai
ero abituata a queste sue eccessive prese di confidenza,
quindi aspettai solo che iniziasse a parlare.
«Sai,
Lyra mi ha detto che forse ad Hogsmeade ci va con un
tizio di Corvonero e quindi, adesso che sono libero
dall’impegno che avevo
preso con lei, volevo solo chiederti se ti andrebbe di venirci con me,
al
villaggio.»
Mi
bloccai di scatto, e spalancai gli occhi oltre
l’inverosimile.
Pensai
di aver capito male, ma il suo sorriso era
inequivocabile.
Cosa?
…
Cosa?!
Per
qualche secondo la mia faccia dovette somigliare a quella
dell’urlo di Munk.
Christian
stava aspettando impaziente una mia risposta ma, a
dirla tutta, io non sapevo proprio cosa dirgli!
Stavo
quasi iniziando a farmi prendere dal panico, quando un’ancora
di salvezza arrivò alle mie spalle con le sembianze di un
bellissimo angelo
nero.
«Spiacente
Zabini,
ma Evans è già impegnata per domani. Con
me.»
Mi
impietrii nel sentire quelle parole mentre, con la coda
dell’occhio, vedevo Christian ghignare soddisfatto.
«Ah,
davvero Tom?»
Lui
rimase impassibile, mentre io continuavo a far saettare lo
sguardo dall’uno all’altro, completamente
sbalordita dalla piega incredibile
che stava prendendo quella conversazione. E completamente assorta dalla
mano di
Riddle posata sulla mia spalla.
«Allora
non vi dispiacerà unirvi a me, Lyra ed Hamish ai Tre
Manici di Scopa, vero? Credo che, dopotutto, potrei anche chiedere a
Cignus di
venire con me ed unirmi ai due piccioncini. Ci si vede,
ragazzi!»
Christian
se ne andò così, fischiettando, e con le mani
nelle
tasche della divisa.
Guardandolo
uscire dall’aula di Trasfigurazione, inevitabilmente
i miei occhi si spostarono su Tom, notando che anche lui mi stava
fissando.
Nelle
nostre menti un unico pensiero: Merda!
2
Ottobre
1944, Dormitori femminili della Sala Comune di Serpeverde
«Sai,
non riesco ancora
a credere che tu uscirai niente di meno che con Tom Riddle.»
commentò Dorea per
l’ennesima volta.
Alzai
gli occhi al cielo.
«Christian
ci ha incastrati.» borbottai infastidita.
«Lui
non è mai uscito con nessuna. Forse gli piaci
davvero.» continuò
senza darmi retta.
«Guarda
che siamo stati costretti entrambi!» replicai ancora.
«Diventerete
la coppia d’oro di Hogwarts, questo è sicuro. Non
vedo l’ora di vedervi al ballo di Natale!»
Dorea
ormai era partita in quarta con la fantasia, ed io
decisi di contrattaccare prima che si spingesse, sbagliando, troppo
oltre. La
guardai con un sorrisetto malizioso.
«Piuttosto,
sono io a non vedere l’ora di vederti con Charlus.
Non sei emozionata per il vostro primo appuntamento?»
Bastò
quella semplice frase per ammutolirla. Finalmente.
In
silenzio finimmo di prepararci, con abiti poco consoni ad
un appuntamento tra l’altro, e allo scoccare delle dieci
uscimmo insieme dalla Sala
Comune, notando stupita che i nostri due cavalieri ci stavano
aspettando
entrambi davanti all’ingresso, litigando, come ci si
aspettava da un serpeverde
e un grifondoro tipici.
Dovetti
ammetterlo, comunque: conoscendoli, già il fatto che
non si fossero uccisi a vicenda e si limitassero solo a scontri verbali
era un
traguardo.
Non
si erano ancora accorti di noi, quindi io e Dorea ci
scambiammo un’occhiata prima di deciderci al silenzio e
ascoltare il battibecco
che stavano avendo.
«Sei
ridicolo, Potter.» stava commentando Tom, appoggiato a
braccia conserte al muro. «Tutto questo per una ragazza? Ma
non hai un po’
d’orgoglio?»
«Sta’
zitto, Riddle!» lo rimbrottò Charlus
«Non sono certo io
che ho distrutto al mio passaggio tutte le armature del quarto piano
per
scaricare l’agitazione, quindi non puoi proprio
parlare!»
Riddle
si zittì a questo, voltando la testa di lato ed alzando
gli occhi al cielo, ed io lo fissai curiosa, stupita da quella
rivelazione.
Anche
lui si era limitato ad indossare dei semplici jeans e una
maglietta ma, a differenza mia, sembrava uscito da uno spot
pubblicitario.
Guardandolo,
mi irritai tantissimo, e decisi finalmente di
dichiarare la mia presenza schiarendomi la voce.
A
quel punto si ebbero due reazioni differenti: Tom mi fissò
impassibile alzando semplicemente un sopracciglio, mentre Charlus, dopo
avermi
rivolto una breve occhiata, spalancò la bocca alla vista di
Dorea e non si
mosse più.
Dopo
qualche secondo mi voltai anche io verso la mia amica,
giusto per capire che strano incantesimo gli avesse fatto, ma quando
incontrai
gli occhi di Dorea e capii il motivo dello shock dello spavaldo
Grifondoro mi
accasciai miseramente a terra in preda ad una serie di risa convulse.
Da
quel momento, non vidi e non sentii più nulla oltre quello.
Non
mi accorsi nemmeno che Riddle mi aveva caricata sulle
spalle a mò di uomo delle caverne e mi aveva trascinata
fuori dal castello,
sotto gli occhi allibiti di tutti gli studenti e con un ghignetto
divertito in
volto.
Fu
solo quando sentii qualcosa
schiaffeggiarmi il sedere che presi contatto con la
realtà.
«Tom
Orvoloson Riddle, che cavolo stai facendo!» sbraitai
inviperita, cominciando a dimenarmi come una biscia.
I
miei sforzi sembrarono vani però, e Tom Riddle
continuò a trascinarmi
senza allentare mai la sua presa su di me.
Quando
decisi che il livello del mio imbarazzo era diventato
eccessivo, in seguito alle occhiate maliziose e alle risatine di alcune
quattordicenni tassorosso, Tom Riddle poteva ormai considerarsi un uomo
morto.
Prima
che potessi fare qualcosa, tuttavia, fu lui a mettermi
giù su una sedia.
Allibita,
mi guardai intorno, mentre lui si svestiva della sua
giacca e si sedeva a sua volta.
Una
ragazza molto bella di circa diciannove anni si avvicinò
al nostro tavolo, chiedendoci cosa volessimo ordinare.
Aveva
un’aria familiare, così come il posto in cui
Riddle mi
aveva portata.
«Una
burrobirra con lo zenzero e una bottiglia di firewhisky,
perfavore.» esclamò Tom con un sorriso
affascinante, che ebbe il potere di incantare
sia lei che le streghe sedute al tavolo di fianco al nostro.
Allungò
alla cameriera anche dei soldi, che lei si affrettò a
prendere prima di allontanarsi veloce verso il bancone.
Intorno
a noi c’era una confusione assurda, talmente tanta che
non riuscivo a sentire nemmeno i miei pensieri, però la voce
di Tom Riddle la
sentii forte e chiara quando, dopo avermi rivolto un sorriso talmente
bello da
poter essere considerato illegale, in un misto di malizia, arroganza,
seccatura
e divertimento, mi disse: «Benvenuta ai Tre Manici di
Scopa.»
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Sono
tornata! Mi scuso per il capitolo a metà così
come per il
lungo tempo trascorso dall’ultimo aggiornamento ma, dopo
tanti sforzi, sono
riuscita a concludere tutte le interrogazioni per il pagellino solo
ieri per
cui mi sono subito affrettata a scrivere il capitolo. Non
l’ho ancora finito di
scrivere ma non vedevo l’ora di postare! Come
finirà l’uscita tra Tom e Mione??
Un
bacio a tutti! Mary Evans
|
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Capitolo 7 *** Primi appuntamenti ***
2
Ottobre
1944. Hogsmeade.
«…
e così le ho detto: prof, non sia ingiusta, dopotutto
stavamo solo cercando di favorire l’interazione tra le
case!» esclamò Christian
Zabini, e tutti quelli intorno al suo tavolo iniziarono a ridere
rumorosamente.
Era
sempre così, aveva carisma quel ragazzo.
Certo,
mai come Tom Riddle, ma il carisma è sempre carisma.
Riusciva
ad affascinare e intrattenere le persone anche con le cose
più banali.
Naturalmente, però, c’erano sempre le eccezioni, e
queste eccezioni si
chiamavano Tom Riddle ed Hermione Evans.
La
gente intorno a loro si divertiva, eppure dalle loro
espressioni non traspariva alcuna emozione se non puro e semplice tedio.
La
cosa, d’altra parte, era anche ben motivata.
Erano
stati costretti ad uscire insieme, quando entrambi
avrebbero preferito di gran lunga fare altro, ma fin lì la
cosa poteva anche
essere sopportata… il vero guaio era il dover sopportare il
resto del gruppo! Doveva
essere una specie di appuntamento a sei in principio, ma da quando
quelle
ochette del fan club di Christian lo avevano avvistato, si erano
autoinvitate
al loro tavolo e non c’era più stata pace!
C’era
anche qualche membro del fanclub di Tom Riddle ai Tre Manici
di Scopa, ma appena quelle avevano accennato ad avvicinarsi lui le
aveva gelate
con uno sguardo talmente minaccioso da risultare quasi comico nel
contesto.
Hermione
aveva aggrottato le sopracciglia alla vista delle fan
di Riddle: erano strane, inquietanti al punto da far rabbrividire
chiunque al
loro passaggio.
Si
chiamavano Kara, Kelly e Kyra Kramp, sorelle gemelle
smistate nella casa Tassorosso. Potenzialmente innocue dunque, eppure
il loro
aspetto tendeva a scoraggiare chiunque le guardasse da lontano, persino
i loro
compagni di casa.
Il
primo colore che saltava all’occhio nell’osservarle
era il
nero: abiti neri, scarpe nere, capelli neri, smalto nero e trucco nero.
Ad
Hermione fecero tornare in mente un mito che aveva letto da bambina,
quello
delle tre Parche, fanciulle oscure che stabilivano il destino degli
uomini… eppure
subito dopo pensò di essere davvero fuori di testa.
Dopotutto, quelle tre
avevano solo quindici anni, quanto potevano essere pericolose?
Fu
Cignus a rispondere alla sua domanda mostrandole, sotto lo
sguardo indispettito di Tom, un ricordo di quando per caso era entrato
nell’aula che il preside aveva riservato al loro
“fanclub”, trovandole seminude
nel bel mezzo di un orgia, con una gigantografia di Tom Riddle al
centro della
stanza circondata dalle fiamme, unica luce
nell’oscurità di quella stanza.
Hermione
era scoppiata a ridere senza ritegno, soprattutto dopo
che Cignus le aveva confidato che, per evitare che quella scena gli si
ripresentasse continuamente in sognp, aveva dovuto ricorrere ad una
pozione
rubata dalla dispensa dell’Infermeria…
Poi
nella discussione era subentrato Christian, al quale non
piaceva affatto di essere ignorato, Lyra ed Hamish se l’erano
filata chissà
dove a pomiciare, Cignus aveva avviato una fitta conversazione con una
di
Corvonero, e Tom ed Hermione si erano ritrovati incastrati ai Tre
Manici di Scopa
senza via d’uscita, con Christian che li bloccava ogni volta
che accennavano
anche solo ad alzarsi.
Hermione
lanciò uno sguardo distratto al suo compagno di sventure,
seduto immobile di fianco a lei: e pensare che stavano anche avendo una
conversazione interessante, prima che arrivassero Christian, Cignus,
Lyra ed
Hamish!
Interpretando
il suo desiderio di uscire al più presto da
quella situazione, il suo sguardo venne catturato inevitabilmente dalla
porta
d’ingresso dei Tre Manici di Scopa attraverso il cui vetro
vide passare Charlus
e Dorea.
Un
ghignetto malefico le deformò le labbra, e prima che la sua
mente decidesse altro si era già alzata afferrando la
giacca, costringendo uno
stupito Riddle a fare altrettanto.
«Dove
state andando?» la voce di Christian Zabini non
tardò ad
arrivare, ma questa volta Hermione era pronta.
Prese
Tom sottobraccio, e si stampò in volto un sorrisetto
tanto civettuolo quanto falso.
«Tom
mi ha invitata a fare una passeggiata. Non ci sono
problemi, vero?»
Il
silenzio che seguì questa affermazione, insieme al
sorrisetto
di Christian, fecero supporre ad Hermione che finalmente era riuscita a
crearsi
una via d’uscita, quindi con un ultimo sorriso si mise a
correre trascinandosi
Tom, prima che si creassero altri impedimenti.
L’aria
fredda li investì entrambi, dandogli quel po’ di
quel sollievo
che il pub, e i suoi occupanti, avevano tolto loro.
Prima
che potessero rilassarsi troppo però, Hermione si mise a
cercare tra la folla Charlus e Dorea, individuandoli poco lontano,
seduti su
una panchina.
Nella
posizione che riuscì a conquistare trascinandosi dietro
Riddle, poteva vederli e sentirli perfettamente senza che loro si
accorgessero
della loro presenza.
«…
quindi mia madre iniziò ad urlare contro mio padre, e lui
riuscì appena in tempo a lanciare un incantesimo per evitare
di farmi cadere
per terra! Lei ha sempre detto che è stato per tutti i suoi
giochi pericolosi
che sono diventato così incurante delle regole.»
stava raccontando Charlus, e
Dorea iniziò a ridere di gusto. Il loro appuntamento stava
andando a gonfie
vele, a quanto sembrava, ed Hermione non era stata mai così
emozionata in vita
sua.
Stava
davvero andando in brodo di giuggiole nel vedere quella
scena tanto romantica: Charlus imbarazzato, Dorea divertita, entrambi
innamorati… e non sapevano nemmeno che in futuro, grazie
alla loro unione,
sarebbe nato prima un figlio e poi un nipote che avrebbero segnato la
storia
del mondo magico!
A
mano a mano le risate si spensero e scese il silenzio.
Charlus
iniziò ad avvicinarsi a Dorea, lei iniziò a
chiudere
gli occhi e…
«Tom
Orvoloson Riddle, ma che cavolo fai!» mi ritrovai a
sibilare al suo indirizzo.
Eh
già, Tom Riddle aveva dato prova di un tatto che alla
nostra serpeverde era mancato in quel frangente. Le aveva posto una
mano sugli
occhi e, dopo essersela caricata nuovamente in spalla, si era diretto
verso i
boschi lontano da Hogsmeade.
Quando
rimise giù Hermione, però, non ebbe i riflessi
pronti
ed uno schiaffo lo centrò in pieno volto.
«Adesso
basta! Si può sapere chi ti credi di essere, Tom
Orvoloson Riddle? Non puoi prendermi e trascinarmi dove ti pare! Sei il
più
stupido, arrogante, presuntuoso imbecille che io
abbia…» Hermione si bloccò a
metà frase.
Tom,
durante le sue urla, si era avvicinato maggiormente a
lei. Adesso erano talmente vicini che lui riusciva persino a contarle
le poche
lentiggini sul volto.
Hermione
boccheggiò, senza sapere bene cosa fare o dire,
imbarazzata dall’improvvisa vicinanza, e le labbra di lui si
curvarono
leggermente.
«Si?»
Ma
lei non parlava più, così fu Tom a prendere in
mano la
situazione.
«Sai,
Hermione,
potrei anche offendermi. Considerare Charlus Potter e Dorea Black
più
interessanti di me… è quasi un
affronto.»
Hermione
in quell’istante si sentì in trappola, smettendo
persino di respirare. Si sentì solo una ragazza,
vulnerabile, quando i suoi
occhi incontrarono quelli di lui. Occhi di tempesta.
Tremò
leggermente quando le labbra di Riddle sfiorarono le
sue, ed inconsciamente i suoi occhi si chiusero.
Quel
gesto fu preso quasi come un invito, e lui iniziò a
baciarla sempre più voracemente.
Come
se da questo dipendesse la sua vita, la sua intera
esistenza.
La
spinse contro il tronco di un albero facendo aderire
perfettamente i loro corpi, senza lasciare nemmeno un centimetro a
dividerli.
Voleva
sentirla vicina, molto più di quanto lo fosse mai
stata.
Aveva
sempre desiderato, da quando l’aveva conosciuta, di
mettere le mani nei suoi capelli, per verificare se erano davvero tanto
morbidi
come sembravano dall’esterno, annusarli, e questa volta lo
fece.
Aveva
sempre desiderato toccare il suo corpo, fin dal primo
giorno di allenamento, soprattutto dopo l’episodio in
Infermeria, e questa
volta nulla glielo impedì.
Continuando
a baciarla, fece scivolare le sue mani sotto la
maglia di lei, gemendo quando la sentì allacciarsi alla sua
vita con le gambe.
La
sentì afferrarlo per la nuca per far aderire maggiormente i
loro volti.
Alzando
la maglia, accarezzandole il ventre, lui risalì con la
mano fino al reggiseno di pizzo nero, quando il rumore di un ramo
spezzato li
fece bloccare entrambi e spalancare gli occhi.
Non
era niente, era solo una volpe, ma ormai l’atmosfera era
cambiata.
Hermione
scostò Riddle da sé, e si rassettò
velocemente i
vestiti con occhi spalancati, come se non riuscisse ancora a
capacitarsi di
quanto successo.
«Io…
scusami!» esclamò arretrando, prima di scappare
veloce in
direzione del castello.
Tom
rimase ad osservarla allontanarsi senza fare niente, poi
alzò lo sguardo al cielo scurito. Stava facendosi sera.
Era
sempre stato convinto che di notte potessero capitare solo
avvenimenti in grado di cambiarti la vita.
Era
notte quando sua madre lo mise alla luce prima di spirare.
Era notte quando fece la sua prima magia.
Era
notte quando incontrò Hermione Evans.
Era
notte quando litigarono per la prima volta.
Eppure,
quella sera, mentre tornava verso la sua Sala Comune
da solo, Tom Riddle non era per niente soddisfatto di quanto quel
cambiamento
avesse portato.
E
quando questo succedeva, Hogwarts doveva essere pronta.
Perché
quando Tom Riddle voleva qualcosa la otteneva, qualunque
fossero le conseguenze.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Lo
so che vorreste linciarmi ma il quinto anno è una vera
piaga… sto già iniziando a prepararmi per gli
esami con la tesina e tutto il
resto e non ho il tempo quasi di fare nulla con le altre
interrogazioni! Coooomunque…
fine dell’appuntamento tra Herm e Tom: secondo voi cosa
succederà?
|
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Capitolo 8 *** Allenamento nella Foresta ***
3
Ottobre
1944. Hogwarts.
Tom
Riddle camminava pensieroso per i corridoi di Hogwarts.
La
sua ronda era iniziata da poco e già si era annoiato,
tuttavia doveva mantenere la facciata di alunno modello per non dare adito a sospetti
scomodi, quindi non
poteva marinare gli obblighi che la carica di caposcuola aveva portato.
Già
bastava Silente con i suoi sguardi inquisitori a dargli
fastidio senza che si aggiungesse qualcun altro.
Tom
aveva avanzato l’ipotesi che Silente fosse onnisciente,
una volta, durante il suo primo anno; prima di capire che quel vecchio
volpone
altro non faceva che leggere la mente e l’aura magica delle
persone,
ovviamente.
Con
il tempo aveva imparato a farlo anche lui, e quest’arte si
era rivelata molto utile per capire se vi fosse qualcun altro in un
certo
luogo… durante le ronde, comunque, era utilissima:
risparmiava un’infinità di
tempo.
Aveva
anche imparato a distinguere le aure magiche delle
persone, e adesso riusciva a capire senza problemi chi fosse chi
semplicemente
da quelle. Fu grazie a questo trucchetto che percepì
l’aura di Abraxas Malfoy
avvicinarsi pericolosamente al luogo dove si erano appartati Christian
e la
Mcgranitt.
Nel
suo ruolo di prefetto avrebbe potuto benissimo scoprirli e
metterli entrambi nei guai, e questo non poteva permetterlo.
Maledì
il fato per avergli appioppato un migliore amico tanto
irresponsabile, e fece una corsa per arrivare davanti l’aula
incriminata prima
di Malfoy, riuscendoci
per fortuna con
un anticipo di cinque secondi.
Tom
si ricompose velocemente, e quando Abraxas arrivò lo vide
fargli un cenno del capo.
«Ho
già controllato io questo corridoio, Malfoy, puoi tornare
nella tua Sala Comune.» lo informò Riddle, dopo
aver ricambiato il cenno del
capo.
Abraxas
sembrò esitare per un momento.
«Non
era compito tuo, Tom. Come mai ti sei disturbato così
tanto?» domandò sospettoso, avvicinandosi
pericolosamente alla porta dell’aula.
Tom
lo gelò sul posto.
«Quel
che faccio o meno non è affar tuo, Abraxas. Ti ho
già
detto di ritornare nella tua Sala Comune. In quanto prefetto hai
l’obbligo di
ubbidire agli ordini dei caposcuola, sbaglio?» disse
canzonandolo e
avvicinandosi pericolosamente a lui.
«O
forse hai bisogno di ricordare chi comanda, qui?»
Tom
disse sibilando quelle parole, e anche se per qualche
secondo Abraxas sembrò voler metter mano alla bacchetta,
alla fine desistette e
si allontanò con una smorfia infastidita, diretto verso la
Sala Comune dei Serpeverde.
Tom
sospirò. Questa volta se l’era cavato senza dover
stregare
nessuno, era stato fortunato.
Gettò
un ultimo sguardo irritato a quell’aula che costudiva un
segreto decisamente più grande di lei, prima di dirigersi a
sua volta verso i
sotterranei.
Per
quanto volesse bene al suo migliore amico, non ci teneva
affatto a diventare il guardiano della sua alcova… per
quella sera aveva fatto
abbastanza. Meglio concentrarsi sul prossimo incontro privato con una
certa Serpeverde...
era decisamente un pensiero più piacevole!
12
Ottobre 1944. Foresta Proibita.
Circondata
dagli alberi della foresta proibita, mi resi conto
che in quel momento erano molte le cose che avrebbero potuto
spaventarmi,
tuttavia non vi feci affatto caso.
Camminavo
sicura al fianco di Tom Riddle quasi fossi la sua
ombra.
Mi
abbassai ancora di più il cappuccio del mantello nero che
avevo indosso, senza avere il coraggio di rivolgere anche solo uno
sguardo al
mio accompagnatore.
Ancora
non riuscivo a credere che stavo per prendere parte
alla mia prima riunione di mangiamorte… Io, la Grifondoro
per eccellenza!
Mi
scappò un ghigno che non aveva niente a che fare con il
modo in cui avevo raggiunto quel traguardo, o alle reazioni che avrei
potuto
scatenare nel mio tempo, perchè vedere Tom Riddle sconfitto
da un mio
schiantesimo era stato dannatamente appagante, inutile negarlo.
Incespicai
varie volte ma non osai mai lamentarmi, sapendo che
non sarebbe servito a nulla in ogni caso.
Camminammo
fino ad una radura, e lì non potei credere ai miei
occhi. L’oscurità che mi aveva avvolta fino a quel
momento era completamente
scomparsa, sostituita da uno spiazzo finemente illuminato da una
ventina di
fiaccole che emanavano una luce molto intensa, probabilmente dovuta ad
un
incantesimo.
Ma
ancor maggiore fu la sorpresa nel vedere molte più persone
di quelle che mi ero immaginata. Erano una ventina, calcolai, e tutti
con
indosso mantelli che ne oscuravano l’identità.
Iniziai
a trattenere il fiato, d’improvviso molto meno sicura
di me stessa.
“Stai
zitta, lascia parlare me. E calmati Porco Merlino! Non
puoi mostrarti debole altrimenti gli altri ti sbraneranno come cani!
Coraggio,
Evans. Occlumanzia.”
Mi
scappò un ringhio.
Già.
Tom Riddle mi aveva appena parlato mentalmente (cosa che
stava diventando quasi un’abitudine) varcando per
l’ennesima volta le mie
barriere da occlumante.
Era
davvero un bizzarro scherzo del destino che l’unica
persona che probabilmente non sarebbe mai dovuta venire a conoscenza di
quello
che sapevo, fosse anche l’unica ad essere in grado di
scoprirlo senza grossi
problemi.
Alla
vista di Riddle, il chiacchiericcio che c’era stato fino
a quel momento si interruppe di colpo e tutti si disposero
ordinatamente
davanti a lui. Io avanzai in silenzio al suo fianco, cosciente di
essere squadrata
dalla gran parte di loro, anche se non potevano vedere ancora il mio
volto.
Mi
fermai quando Tom mi disse di farlo, e lo vidi fare qualche
passo prima di rivolgersi agli altri. Non era su un piedistallo, eppure
non
avrebbe potuto ottenere tanta attenzione nemmeno se avesse avuto un
microfono
in mano.
«Benvenuti,
mangiamorte.» esordì «Come potete
vedere, stasera
ho qui con me un nuovo membro che entrerà a far parte della
nostra cerchia:
Hermione Evans.»
Appena
disse il mio nome feci scivolare il cappuccio che mi
copriva il volto e fissai tutti con espressione impassibile, o quanto
meno non
spaventata.
La
mia vista non aveva scatenato, come invece mi ero
aspettata, un brusio di sottofondo, ma Riddle rimase soddisfatto da
tale
reazione. Probabilmente gli studenti di Hogwarts dovevano essersi
abituati alla
mia presenza al suo fianco abbastanza da non sorprendersene
più.
«Quindi
adesso scoprite i vostri volti e datele il benvenuto:
la riunione è aper...»
«Sei
sicuro che è all’altezza per entrare nei
mangiamorte?» lo
interruppe una voce in mezzo del gruppo. Anche se non vedevo il volto
di chi le
apparteneva, l’avrei riconosciuta fra mille la voce di
Abraxas Malfoy.
Lanciai
uno sguardo verso Riddle e vidi che si era leggermente
irritato. Trattenni un sorrisetto. Abraxas era stato davvero un idiota
ad
interromperlo… chiunque lo conoscesse un minimo sapeva
quanto detestasse essere
interrotto, ma d’altronde lui era un Malfoy,
l’idiozia era ereditaria.
Anche
gli altri mangiamorte si erano irrigiditi, ma Abraxas
sembrò non farci caso avanzando con passo baldanzoso per poi
fermarsi proprio
davanti a Tom, che già emanava una pericolosa aura oscura.
«Stai
forse mettendo in dubbio il mio giudizio, Malfoy?»
sibilò Riddle, e Abraxas questa volta tentennò.
«No,
ma…»
«L’hai
vista duellare, dovrebbe essere sufficiente per
toglierti ogni dubbio riguardo la sua competenza.»
«E
invece no.» replicò seccamente Malfoy
«Gli incantesimi che
ha usato li abbiamo imparati noi due anni fa. Il suo livello
è troppo basso,
lei è troppo debole! Il duello fra voi due si è
concluso in parità solo perché
ti sei lasciato distrarre dal suo bel faccino!»
Inconsciamente
trattenni il respiro, notando poi che non fui
l’unica ad avere avuto tale reazione.
Malfoy
sarebbe andato incontro ad una morte lenta e dolorosa
se non si fosse zittito all’istante.
«Che
cosa stai insinuando?»
Ok.
Se volevo evitare un duello, o peggio, sarei dovuta
intervenire subito.
«Cambieresti
idea se combattessi contro di te e vincessi?»
esclamai ad alta voce. Gli sguardi di tutti, che prima era puntati sul
duo
senza sapere bene da che parte schierarsi, vennero indirizzati sulla
mia
figura. Anche Riddle e Malfoy mi fissarono, il primo con sguardo
contrariato
perché avevo disubbidito al suo ordine di silenzio e il
secondo con un ghigno
divertito.
«Ma
certo, mademoiselle. Se riuscirai a sconfiggermi in
un duello, avrai la mia approvazione per il tuo ingresso fra i
mangiamorte.»
«Non
me ne faccio niente solo della tua approvazione.» lo
interruppi sprezzante, rivolgendomi poi anche agli altri presenti.
«Voglio
l’approvazione di tutti. In futuro non vorrei sentire
altre rimostranze quindi si risolve tutto ora. Sono pronta anche a
battermi in
duello con ognuno di voi, quindi parlate adesso se avete ancora da
ridire
qualcosa.»
Aspettai
il tempo che ritenni sufficiente, ma nessuno si fece
avanti. A quel punto ghignai da vera Serpeverde rivolgendomi nuovamente
a
Malfoy.
«E
così, caro Abraxas, a quanto sembra ce la vedremo solo io e
te...»
«Non
mi fai paura, ragazzina. Ecco le regole: se vinco io, ti
lascerai obliviare e perderai per sempre il diritto di entrare fra i
mangiamorte. Se vinci tu, verrai accettata nel gruppo senza
ripercussioni. Nel
duello, invece, non ci sono regole. Ci stai?» Lo vidi
allungare la mano verso
di me e, pur sapendo che sarebbe stato rischioso, capii di non avere
scelta.
«Ci
sto.»
La
mia dichiarazione scatenò un boato tra i mangiamorte, ma io
non vi feci caso. La mia attenzione era tutta per Tom Riddle. Forse
avevo osato
troppo, avevo paura della sua reazione, ma lui esibiva uno sguardo
soddisfatto
come se mi fossi comportata esattamente come si aspettava. Sapeva che
ero in
grado di battere Malfoy (dopotutto mi aveva allenata lui stesso), ma la
verità
era che io non avevo tutta la sua sicurezza: io non conoscevo il modo
di
combattere del mio avversario e lui non conosceva il mio. Era un duello
alla
pari, almeno finchè non si fossero svelate le carte in
tavola.
Comunque,
adesso era troppo tardi per avere ripensamenti, e
prima di rendermene conto i mangiamorte si erano disposti ai lati della
radura
lasciando un ampio spazio libero al centro. Solo Tom Riddle si era
posizionato
più vicino, precisamente alle mie spalle.
Sapevo
che non avrei dovuto nemmeno pensarlo, ma mi sentii più
tranquilla nel saperlo dietro di me, nonostante sapessi benissimo che
quello
sarebbe stato il mio battesimo del fuoco, e che quindi lui non sarebbe
potuto
intervenire in nessun caso.
Avrei
dovuto cavarmela da sola.
«Bacchette
in posizione.» esclamò Riddle, ed io e Malfoy
eseguimmo l’ordine.
«Al
mio 3. 1, 2…»
«Everte
Statim!»
Evitai
per un pelo la maledizione. Guardai furiosa il mio
avversario tra le risatine degli altri e il suo sorrisetto ironico.
Riddle era
impassibile. Che bastardo! Pensai
furiosa, e non sapevo se
riferimi a Malfoy o a Riddle stesso che, volente o nolente, era stato
la causa
di tutto. Poi però mi ricordai che in quel duello non
c’erano regole, ed
iniziai mio malgrado a ragionare come una mangiamorte.
Da
quel momento in poi, lo scontro si fece maledettamente
eccitante, ed avere un pubblico non fece altro che accrescere la mia
euforia.
Quando Malfoy perse la bacchetta poi, anche io riposi la mia nella
tasca del
mantello, e il duello si tramutò in uno scontro di lotta
bruta tra gli
schiamazzi di tutti e il sorriso divertito di Tom.
Il
finale a quel punto risultò quasi un clichè
perché, come il
suo pronipote prima (o dopo?) di lui, Abraxas Malfoy venne steso da un
pugno di
Hermione Grang-, pardon, Evans decretando così la fine dello
scontro, sotto gli
occhi orgogliosi di Voldemort e le odi da parte degli altri mangiamorte.
Allenarsi
con Nathaniel Rosier non si stava rivelando tanto
male.
Era
un ragazzo carino, Nath, come mi aveva chiesto di
chiamarlo.
Aveva
profondi occhi azzurri e capelli tendenti al biondo
miele… nel complesso era molto affascinante, e anche
simpatico, come avevo
potuto appurare nelle due ore in cui Riddle ci aveva divisi in coppie
per
esercitarci su incantesimi nuovi.
Era
divertente stare in sua compagnia, e quando avevamo
improvvisato un duello e lo avevo battuto aveva incassato la sconfitta
con
sorprende tranquillità.
In
realtà ci avevamo pure riso sopra, dopo!
Quando
Riddle ci congedò, mi trattenni più a lungo del
necessario con Nath, sia perché mi faceva piacere conversare
con lui, sia
perché volevo dare fastidio a Tom.
Il
mio piano funzionò, come potei notare dal suo contrarre le
labbra in modo quasi comico, e ci presi gusto al punto di acconsentire
alla
richiesta di Nath di accompagnarmi in dormitorio. Lui era di Corvonero,
per cui
apprezzai veramente quel gesto galante.
Giunti
quasi vicino la parete di marmo bianco decisi che era
venuto il momento di salutarlo, però stranamente quando
cercai di baciarlo su
entrambe le guance lui si ritrasse.
Lo
guardai stranita, lui non mi sembrava un tipo così poco
espansivo, eppure in quel momento aveva l’aria a dir poco
terrorizzata.
«Bè…
allora ci vediamo domani Herm… ci incontriamo in
biblioteca come d’accordo… buona
notte…»
Se
ne scappò via senza che io avessi nemmeno il tempo di
augurargliela a mia volta.
Bah,
i maschi!
Avanzai
a passo felpato fino alla Sala Comune (dopotutto erano
le due di notte), e mi immisi nel corridoio che mi avrebbe condotta
alla mia
stanza. Prima che potessi entrarvici, però, venni bloccata
al muro da qualcuno
con una forza tale che nemmeno tutti gli allenamenti con Riddle mi
aiutarono a
respingerlo.
Prima
che avessi il tempo di urlare, l’aggressore parlò.
«Cosa
diavolo credevi di fare?» le sibilò la voce di Tom
Riddle ad un palmo dalla mia faccia.
Nonostante
sapessi che lo avrebbe fatto irritare, misi su un
sorrisetto arrogante.
«A
cosa ti riferisci di preciso? Al fatto che abbia appena
sconfitto a duello uno dei tuoi mangiamorte o che mi sia dimostrata
all’altezza
delle tue aspettative?»
La
presa sulle mie braccia si strinse e a stento trattenni un
gemito di dolore.
«Non
osare mai più avvicinarti a Nathaniel Rosier.»
Lo
guardai con occhi spalancati senza credere davvero che
avesse detto una cosa del genere. Ma chi si credeva di essere, il mio
padrone?
«Stammi
bene a sentire, Tom Orvoloson Riddle, perché non mi
ripeterò: tu non hai alcun diritto su di me. Io sono la mia
propria padrona, e
faresti bene a ricordartelo. Anche se ho acconsentito a continuare gli
allenamenti, e nonostante sia entrata a far parte dei mangiamorte, dopo
quella
cosa, non vuol dire assolutamente niente! Quindi evita di
comportarti come
un fidanzatino geloso, perché non sei il mio fidanzato e non
lo sarai mai.
Quindi farai meglio ad abituarti nel vedermi con altri ragazzi
d’ora in poi,
perché non ho alcuna intenzione di assistere ad altre scene
come quelle di
oggi. Sei avvisato. Dammi ancora fastidio in tal senso, e ti stacco le
palle.
Ci vediamo domani.»
Riddle
non mi fermò questa volta, ed io entrai furibonda nella
mia stanza buttandomi sul letto.
Come
osava azzardare atteggiamenti del genere dopo
quello che mi aveva detto? Con chi cazzo credeva di
avere a che fare
quell’idiota?
Flashback
«Dobbiamo
parlare di quello che è successo ad Hogsmeade,
Evans.» mi disse Tom dopo un allenamento.
Io
non avevo alcuna intenzione di affrontare il discorso.
«Non
credo ci sia nulla di cui parlare.» replicai seccamente.
«Ah,
davvero?» il suo tono ironico era perfettamente
percepibile anche se non lo guardavo in faccia. «Io non sono
d’accordo, quindi
adesso starai zitta e buona e mi farai parlare.»
Mio
malgrado incrociai le braccia al petto e mi fermai ad
ascoltarlo. Lui si avvicinò maggiormente a me ed io lo
lasciai fare.
«Fra
noi due c’è un’incredibile attrazione
sessuale, inutile
negarlo…» iniziò col dire Riddle, ma io
spalancai gli occhi e mi allontanai di
scatto da lui.
Attrazione
sessuale? Di che cavolo stava parlando?
«Non
sarò la tua ragazza, Riddle, meglio metterlo in chiaro
questo.» dissi subito, sconvolta dalla piega che stava
prendendo quella
conversazione.
«Non
era mia intenzione chiedertelo.» replicò Tom
«Ma la mia
concentrazione ne sta risentendo a causa di questa cosa e non mi piace
affatto.
Secondo Christian, la situazione dovrebbe migliorare se, ehm, diamo
sfogo a
questa passione, quindi è questo che ti sto
proponendo.»
Battei
più volte le palpebre, ancora non sicura se quello che
stavo vivendo fosse la realtà o un sogno. O addirittura un
incubo, se proprio
si voleva essere precisi.
Tom
Orvoloson Riddle mi aveva davvero chiesto di fare sesso
con lui senza coinvolgimenti emotivi?
Mi
obbligai a restare calma, e decisi di chiarire a voce i
miei pensieri prima di schiantarlo. Perché lo avrei fatto
davvero, se continuava
a parlare in quel modo.
«Quindi
quello che tu mi stai chiedendo è di fare sesso con te
per poi salutarci come se nulla fosse successo, vero? Nella speranza
che i tuoi
pensieri, in seguito, ritornino tuoi, e tuoi soltanto?»
scandii le parole
lentamente, cercando di trattenere la rabbia che fuoriusciva da ogni
sillaba.
Tom
Riddle, incurante del pericolo cui stava andando incontro,
annuì impassibile, avendo persino il coraggio di sorridermi
compiaciuto per la
mia comprensione.
Io
sorrisi a mia volta.
«Ma
con chi cazzo credi di avere a che fare, ragazzino? Con la
tua puttana personale? Non avvicinarti mai più a me o quanto
è vero che mi
chiamo Hermione Evans ti farò spuntare tre teste in
più così forse lo imparerei
ad usare, il cervello, invece di sparare solo stronzate!»
Feci
per andarmene ma lui mi bloccò per un braccio.
«Hermio…»
«Sono
solo Evans per te, Riddle! Stupeficium!»
Vedere
il suo corpo privo di sensi sbattuto contro la parete
opposta mi trasmise una soddisfazione incredibile.
Non
provai il benchè minimo rimorso nel lasciarlo lì
per
terra, eppure, senza riuscire a spiegarmene il motivo, mi catapultai
nella mia
stanza del dormitorio e scoppiai a piangere.
Il
giorno dopo, tuttavia, mi ero perfettamente ripresa. Non
fui sorpresa nemmeno dalla lettera che trovai quella sera stessa sul
mio letto.
Mi hai sconfitto. Il 12 ottobre avverrà la tua prima
riunione come mangiamorte.
Ti aspetto fuori la nostra Sala Comune alle 11. Sii
puntuale.
T.
Ps.
Scusami.
Quelle
scuse mi avevano sorpresa, ovviamente, ma questo non
avrebbe cambiato lo stato delle cose. Tom Riddle era, e sarebbe sempre
stato,
un fottutissimo stronzo, e questo sarebbe bastato per tenermi lontana
da lui.
Fine
Flashback
E ora si permetteva anche di darmi degli ordini, volendo decidere chi
dovevo
frequentare e chi no! Tom Riddle non aveva proprio idea di chi aveva
davanti,
ma presto l’avrebbe scoperto. E nel modo peggiore. Parola di
Hermione Evans.
4 Settembre 1998. Hogwarts.
«Credi
che funzionerà, Albus?» sussurrò
Minerva McGranitt al
ritratto del vecchio preside. Albus Silente sospirò.
«Possiamo
solo sperare, Minerva. Miss Granger è intelligente e
astuta, ma credo che un po’ d’aiuto non possa farle
male da chi conosce tutta
la storia. Fanny è un animale per cui il tempo non esiste,
è a conoscenza del
passato e del futuro di tutti noi. È una fenice saggia,
riuscirà a proteggere
Hermione, ne sono sicuro, ma credo che adesso tu debba andare: Severus
sta
arrivando.»
Silente
vide la McGranitt borbottare e sorrise. Non le andava
proprio a genio che Piton fosse diventato preside, né che i
Carrow, fratello e
sorella, avessero preso il controllo di Hogwarts.
La
sua scuola era cambiata, e Silente sperò solo che i suoi
studenti non ne risentissero troppo. Il tempo della rivolta era
arrivato, il
regime di Voldemort stava per cadere, e adesso non dovevano fare altro
che
aspettare che le profezie si avverassero entrambe. Sì,
perché le profezie di
Sibilla Cooman aveva pronunciato erano due, e se la prima riguardava
certamente
Harry, la seconda solo in quel momento Albus capì che era
riferita ad
Hermionie.
Quando
Minerva uscì dall’ufficio del preside, Albus
Silente
sorrise nuovamente.
Solo
l’amore avrebbe potuto cambiare le sorti del mondo
magico.
Lo
aveva sempre saputo.
4 settembre 1998. Grimmuld Place numero 12.
Harry
Potter e Ron Weasley erano partiti alla ricerca degli
Horcrux perché andava fatto, ma senza Hermione, il cervello
del trio. Già,
perché la grifoncina era stata catapultata da qualche parte
nel passato e loro
non sapevano come aiutarla.
Avrebbe
dovuto cavarsela da sola, così come loro.
Aiutati
dall’elfo Kreacher, che si era affezionato
incredibilmente ad Harry dopo che lui gli aveva regalato il falso
medaglione di
Regulus Black, e da Dobby, loro amico da anni, erano riusciti a carpire
da
Mundungus Fletcher le informazioni riguardo l’ubicazione del
vero medaglione di
Serpeverde. Sfortuna volle che fosse nelle mani di una certa Dolores
Umbridge,
una loro vecchia conoscenza, ma il duo aveva a disposizione, in
mancanza del
brillante cervello di Hermione, quello di quei due elfi domestici
particolarmente intelligenti, che riservarono loro notevoli sorprese.
Fu
così che vennero a conoscenza di alcuni fra i cimeli
più
importanti dei Black, quelli inventati da Alphard Black in persona. Li
avevano
trovati in una stanza segreta nella camera di Sirius ed era stato
Kreacher a
mostrarglieli.
Sirius
era sempre stato il nipote preferito, e per questo le
invenzioni dello zio erano state lasciate a lui che le aveva nascoste
in modo
da non farle distruggere da quella pazzoide della madre, dopo essere
scappato
di casa.
Tra
quei cimeli vi era un aggeggio simile al deluminatore di
Silente che permetteva di ottenere una disillusione completa del corpo.
Poi
c’erano anche molte scorte di pozione polisucco, e furono
questi elementi a
dare ad Harry un’idea: si sarebbero infiltrati nel Ministero
della Magia
assumendo con la polisucco l’aspetto di due impiegati,
avrebbero preso il
medaglione e se ne sarebbero andati via.
La
disillusione sarebbe stato il piano d’emergenza nel caso
qualcosa fosse andato storto, perché non erano abbastanza
abili nell’incanto di
disillusione e quindi quell’aggeggio era essenziale.
Gli
Horcrux andavano trovati, con o senza Hermione, perché il
destino del mondo magico dipendeva da loro, anche se ne avrebbero
volentieri
fatto a meno.
12 Ottobre 1944. Notte fonda nel Dormitorio femminile di Serpeverde.
Il
sonno di Hermione Evans venne interrotto da una melodia
armoniosa, come il canto di una fenice. In sogno le apparve Fanny, in
un luogo
circondato da fiamme, che grazie alle illustrazioni presenti nei libri
che
aveva letto potè riconoscere come la terra delle fenici.
La
vide davanti a lei, bella e maestosa come era sempre stata.
«Ciao,
Hermione.» le disse Fanny, con voce quasi arcana.
Hermione
non riusciva ancora a credere di vedere finalmente
qualcuno di familiare.
«F-fanny?»
sussurrò piano. L’ultima volta che
l’aveva vista
era stato al funerale di Silente…
«Sì,
sono proprio io. Il ritratto di Albus mi ha chiesto di
raggiungerti, visto che, in quanto animale senza tempo, sono
l’unica a poterlo
fare.»
«Non
credo di essere in pericolo, Fanny, almeno non nell’immediato
futuro, quindi non riesco ancora a capire il motivo della tua presenza,
anche
se il poter parlare liberamente con qualcuno mi tranquillizza non
poco…
immagino saprai del mio piano, quello di infiltrarmi nelle schiere di
Voldemort
per sconfiggerlo dall’interno, ma la verità
è che le cose mi stanno sfuggendo
di mano. Tom Riddle non è propriamente come me
l’ero immaginato, non è ancora
Lord Voldemort, ed io mi sto lasciando coinvolgere dagli eventi,
più di quanto
mi sarei mai aspettata…»
La
fenice trillò, simulando una risata.
«Le
cose non vanno mai come ce lo aspettiamo, Hermione,
dovresti saperlo… comunque io credo che fino ad adesso tu
abbia fatto un ottimo
lavoro. Non tutti sarebbero stati in grado di cavarsela egregiamente
come stai
facendo tu.»
Hermione
non ne era tanto sicura, ma preferì non ribattere.
«Fanny,
posso farti una domanda?» domandò incerta.
«Certo,
anche se non ne assicuro la risposta.»
Enigmatica
come il suo padrone, ecco com’era Fanny.
«Ho
letto su un libro che le fenici conoscono il passato e il
futuro di tutti gli uomini… questo mio viaggio nel tempo era
già stato
programmato, vero?»
«Certamente.»
«Quindi
tu sai anche cosa mi succederà, vero?»
«È
ovvio, ma non posso dirti nulla mi spiace. La conoscenza
del futuro ha fatto impazzire anche i maghi più saggi,
perché conoscerlo non ci
dà anche le capacità per modificarlo.
È
meglio restare nell’ignoranza finchè gli eventi
non si
manifesteranno, perché non conoscerli ci permette di vivere
appieno ogni attimo
delle nostre vite. Adesso però devo andare…
purtroppo il mio tempo sta per
finire, tu stai per svegliarti, ma ricorda che se mai ti dovesse
servire il mio
aiuto non dovrai fare altro che chiamarmi ad alta voce ed io
comparirò. Al
prossimo incontro, Hermione.»
«Heeeeerm!
Alzati che dobbiamo scendere in Sala Grande per la
colazione!» urlò Dorea Black svegliando
l’amica dal suo sonno profondo.
Hermione la sentì blaterare qualcosa riguardo un certo tema
di Artimanzia che
non aveva ancora ultimato, e sorrise al pensiero che
nell’ultimo mese questi
bruschi risvegli erano diventati quasi una routine.
Poi
le ritornò in mente Riddle ed il suo sorriso si
incrinò,
senza però spegnersi del tutto.
Adesso
che aveva qualcuno a cui non dover mentire in
continuazione, aveva un buon motivo per sorridere.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ciao
a tutti, gente! Lo so che vi ho fatti penare con questi
mesi di attesa, ma l’esame di stato è pur sempre
l’esame di stato… sono
orgogliosa di dirvi, tuttavia, che tutto quel tempo sprecato appresso
ai libri
non è stato del tutto sprecato visto che, a mio parere
soprattutto grazie alla
mia tesina su Sherlock Holmes, ho preso un voto di 80 su 100! Adesso
che ho
finito tutto e sono finalmente diplomata non potevo non aggiornare,
quindi
basta parlare di me e torniamo alla storia…
Che
birichino il nostro Tom, vero? Però un po’ si
sapeva che
odiando la maggior parte delle cose in relazione a quelli che
comunemente si
chiamano sentimenti, e non avendo alcuna esperienza con le ragazze, se
ne
sarebbe uscito con una stupidaggine da linciaggio, ma con Christian
Zabini come
consigliere, il gigolò per eccellenza, cos’altro
potevate aspettarvi?
E
la nostra ‘Mione di sentimenti ne ha fin troppi, e ci sta
prendendo gusto a stare nel passato… nei prossimi capitoli
le darò un po’ di
tregua a vantaggio della coppia Charlus-Dorea, ma mi
concentrerò anche su
Zabini e sul motivo per cui non è un mangiamorte,
quindi tranquilli non ci
saranno capitoli eccessivamente mielosi, perchè francamente
non riuscirei io
stessa a sopportare di scriverne di questo genere...
Beh,
l’ingresso di Fanny deve avervi stupiti, immagino, ma
Hermione ultimamente è troppo trasportata dagli ormoni e sta
perdendo di vista
il suo reale obbiettivo… ma, alla fine, qual è il
vero obbiettivo di Hermione?
È cambiato dall’inizio della storia,
così come è cambiata lei, quindi ci voleva
qualcuno che la riportasse sulla retta via, sempre
che lei capisca quale
sia e dove porti.
La
trovata delle invenzioni di Alphard Black mi è venuta quasi
per caso, ma d’altro canto Harry e Ron dovevano pur
continuare con i loro
progetti per liberare il mondo dalla minaccia di Voldemort, con o senza
Hermione, e quindi quella dei due elfi a sostituirla mi è
sembrata un’idea
carina.
Va
bene, ora la smetto di blaterare, e spero di non avervi
delusi dopo tanta attesa con questo capitolo!
Ci
vediamo al prossimo aggiornamento (che sarà a più
breve
scadenza rispetto a quest’ultimo), un abbraccio, Mary Evans.
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Capitolo 9 *** I Ricordi di Dorea Black ***
3
Ottobre 1944. Aula di Artimanzia.
Dorea
Black non aveva scampo, e questo lo sapeva.
Lyra
ed Hermione avrebbero voluto sapere ogni singolo dettaglio, e sapeva
anche
questo.
Ma
saperlo, ovviamente, non comportava l’essere pronta a
raccontare ad
entrambe cosa fosse successo con Charlus durante quell’uscita
ad Hogsmeade.
Sorrise,
pensando a lui. Non riusciva ancora a credere quel ragazzo per cui
aveva avuto
una cotta per più di due anni (anche se non lo avrebbe
ammesso neppure a se
stessa) fosse finalmente diventato il suo ragazzo.
Avevano
passato uno splendido primo appuntamento, ma non sapeva se era ancora
pronta a
rivelarlo agli altri.
Era
per questo che aveva chiesto anche a Charlus di mantenere il segreto.
Tuttavia
sapeva di non avere scampo, e almeno a Lyra ed Hermione doveva dire la
verità.
Artimanzia
era una delle poche lezioni che le tre condividevano e,
poiché era anche la
prima in comune, la Black si era già preparata
all’assalto da parte delle due
Serpeverdi.
Iniziò
appena le due entrarono in aula. Il tempo di un incanto che Hermione
diceva
avrebbe impedito agli altri di origliare, e Dorea venne messa alle
strette.
«Vogliamo
sapere ogni singolo dettaglio!» esclamarono in coro Lyra e
Mione che,
avvicinandosi alla rossa, si sorrisero complici.
Rassegnatasi,
appena la professoressa Vector iniziò la sua lezione sulle
sequenze
logaritmiche, Dorea cominciò a parlare.
O,
almeno, tentò.
«Allora?
Com’è stato?» chiese impaziente Lyra.
«Lo avete fatto di nuovo?»
«Lo
hai spaventato ancora con quello scherzo dei tentacoli dagli
occhi?» la
rimbrottò invece Hermione.
Le
due ragazze assillarono la Black al punto che lei fu costretta a
raccontare del
suo appuntamento a monosillabi per rispondere alle loro domande, e il
risultato
fu un discorso piuttosto confuso.
«No!
È ovvio che non lo abbiamo fatto… Potter
è un idiota… e poi no, non ho ricorso
ancora a quello scherzetto da metamorfomagus… anche se
Charlus era così dolce
con quell’espressione… è stato davvero
carino… e sì, adesso stiamo insieme,
anche se di nascosto, quindi non ditelo a nessuno mi
raccomando!»
Le
due serpeverde non riuscivano a fare a meno di sorridere, tanto che
alla fine
persino Dorea venne trascinata dal loro entusiasmo.
Era
bello, sentirsi felici. E la felicità che provava in quel
momento Dorea Black
era immensa, quasi uguale a quella di quando aveva fatto
l’amore con Charlus
l’anno precedente.
La
sua prima volta.
Le
venne da sorridere ripensandoci. Dopo tutti i capelli bianchi che le
aveva
fatto spuntare (letteralmente) Charlus Potter era riuscito a vincere il
torneo
Tremaghi, e oltre la coppa aveva vinto anche il suo cuore.
Flashback
Charlus
Potter era stato appena dichiarato campione del torneo Tremaghi e la
coppa gli
era stata consegnata dal ministro in persona, ma lui si sentiva a
disagio nel
completo da sera che era stato costretto ad indossare, così
come in quella
cravatta nera così diversa da quella rosso-oro che indossava
tutti i giorni, ma
l’occasione richiedeva un certo abbigliamento e lui aveva
dovuto acconsentire
alle richieste del preside Dippet.
Al
suo braccio vi era attaccata una bionda di Beauxbatons di cui non
ricordava
nemmeno il nome, e tutti lo osannavano, ma ostinato lui continuava a
scrutare
tra la folla sperando di vedere tra quella massa di studenti anche la
sua
inconfondibile testa rossa.
Avevano
scommesso, come tante volte capitava loro di fare, e lui aveva vinto.
Era raro
che capitasse, ma era successo.
E
adesso lui voleva assolutamente riscuotere il suo premio.
La
vide seduta lontano parlare con Lyra Nott, e con un ghigno le raggiunse
velocemente prima che lei potesse scappare.
Alla
vista del cercatore, Lyra si dileguò all'istante (subito
incenerita da
un’occhiata da vera Black), mentre Dorea si
irrigidì evitando il suo sguardo.
Era
stata impulsiva nel fare quella scommessa, e adesso doveva pagarne le
conseguenze.
Si
pentì quando incontrò gli occhi nocciola del suo
campione, perché
guardandoli si perse in essi non riuscendo nemmeno ad iniziare il
discorso che
si era preparata sul fatto che quel bacio fra di loro non avrebbe
cambiato
assolutamente nulla.
Charlus
sorrise leggermente davanti alla sua espressione, e in quel momento fu
come se
nella stanza gremita esistessero solo loro due.
La
prese per mano, e lei si lasciò condurre inerme fino al
settimo piano dove si
fermarono davanti ad una parete sulla quale poco dopo
comparì una porta con
ricami in oro.
Sapevano
entrambi cos’era quindi vi entrarono senza dirsi una parola,
tuttavia la stanza
che si presentò a loro ebbe il potere di fare arrossire
anche il grande
Casanova grifondoro.
Era
una stanza rossa e argento, un tributo alle loro case, illuminata solo
da luci
soffuse e nella quale era presente solo un letto a baldacchino con
lenzuola
bianche.
L’atmosfera
era molto romantica e sensuale, al punto che la rossa serpeverde
trovò il
coraggio di guardare inviperita il suo accompagnatore.
«Cosa
diamine credi di fare?» gli domandò alterata, ma
la rabbia scemò quando il
grifondoro le si avvicinò con il tipico sorriso del gatto
che sa di avere il
topo in trappola costringendola ad abbassare lo sguardo.
«Voglio
solo riscuotere il mio premio, Dorea.» sussurrò
ad un palmo
dal suo volto calcando volutamente il nome della ragazza, prima di
baciarla.
Fu
un bacio lieve, all’inizio, quasi a chiederle il permesso, ma
ben presto fu
chiaro che quel bacio non sarebbe bastato ad entrambi.
Fu
lei ad approfondirlo, in balia di emozioni che credeva non avrebbe mai
provato.
La
bocca di Charlus, e le sue mani, sembravano ovunque. E ben presto i
vestiti
divennero un fastidio.
Prima
di perdere totalmente il controllo, tuttavia, e anche se la sua mano
era già
sul punto di sfilarle gli slip, lui la guardò incerto.
«Sei
sicura?» le chiese, e Dorea sorrise, perchè quel
ragazzo si preoccupava per lei
più di quanto lo facesse lei stessa.
Si
scostò da lui solo per finire di spogliarsi da sola,
arrossendo davanti al suo
sguardo inebetito. Per l'occasione aveva indossato un completino di
pizzo nero
completo di autoreggenti, e lui la fissava come se non avesse visto
niente di
più bello in vita sua.
«Di
te sono sicura al cento per cento, Charlus.»
sussurrò la giovane, che gli si
avvicinò nuovamente afferrandolo per la cravatta e alzandosi
sulle punte per
arrivare al suo orecchio.
«Prenditi
il tuo premio, Potter.»
Fine
Flashback
Dorea arrossì. Anche se il giorno dopo era scappata e in
seguito aveva finto
non fosse successo nulla, quella era stata senza dubbio la serata
migliore
della sua vita.
Era
felice che lui non si fosse arreso di fronte ai suoi continui rifiuti,
perché
era solo grazie alla famosa testardaggine dei Potter se adesso stavano
insieme,
anche se in segreto.
Finita
la lezione, se lo vide passare davanti con il fiatone e rivolgerle
un’occhiata
intensa che valeva più di mille parole.
E
Dorea nascose un sorriso, perché sapeva che lui aveva
lezione dall’altra parte
del castello e che aveva corso fin lì solo per vederla.
Lo
sorpassò fingendosi indifferente, perché gli
occhi degli altri non dovevano
notare nulla più di questo.
Erano
fidanzati in segreto, e anche se avrebbe dovuto essere arrabbiata per
il
comportamento di Charlus, svoltato l’angolo Dorea sorrise.
Si
affacciò nuovamente sul corridoio che aveva appena
attraversato, vedendo
compiaciuta che il suo ragazzo era ancora lì a fissare
l’angolo dietro il quale
era sparita.
Quando
i loro occhi si incontrarono, non poterono fare a meno di sorridere
entrambi, e
continuarono a farlo per il resto della giornata.
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Capitolo 10 *** Coalizioni e Rituali ***
30
Ottobre 1944. Corridoi di Hogwarts.
Christian
Zabini aveva visto molte cose durante la sua permanenza ad Hogwarts,
così come
fuori, e ormai credeva non ci fosse più nulla in grado di
stupirlo.
Tuttavia,
sapeva che nei giorni che precedevano Halloween succedeva di tutto, e
la sua
abituale sicurezza veniva soppiantata da una diffidenza quasi maniacale
nei
confronti di ogni essere vivente.
Era
stata l’esperienza a metterlo in allerta.
Al
primo anno era stato calpestato da una mandria di zucche malefiche
(esperimento
di un Tassorosso del secondo anno), al secondo anno si era ritrovato in
punizione nella foresta proibita ed era stato inseguito da una mandria
di centauri
furiosi per solo loro sapevano cosa, al terzo anno durante la festa in
maschera
si era trovato a baciare una donzella vestita da Maria Antonietta che
poi si
era scoperto essere un lui con la passione per i travestimenti
femminili…
Insomma,
Christian Zabini era giunto alla consapevolezza che durante il mese di
ottobre
non poteva succedere assolutamente niente di buono, ed era per questo
che aveva
maledetto in cento lingue diverse il suo cosiddetto migliore amico Tom
Riddle,
colpevole di averlo costretto a seguire la sua non fidanzata Hermione
Evans
nell’arco di tempo nel quale lei non si sarebbe trovata sotto
i suoi occhi.
Christian
sapeva che poteva succedergli qualunque cosa camminando per i corridoi,
eppure,
in nome dell’amicizia, si era ritrovato a dover compiere
quello sforzo abnorme.
Sì,
perché la Serpeverde non l’aveva affatto presa
bene quando aveva scoperto il
piano di Riddle di farla seguire ovunque dall’amico e,
poiché non poteva fare
nulla per fargli cambiare idea, aveva scelto di rendere la vita del
povero
Christian impossibile scappando da lui ogni qual volta se ne presentava
l’occasione.
Era
scappata nuovamente poco dopo la fine delle lezioni, e Christian non
sapeva più
che pesci prendere avendo girato ormai mezzo castello.
Imprecò
sottovoce quando si rese conto di non riconoscere il corridoio che
stava
percorrendo e che non c’era nessuno nei paraggi, nemmeno un
fantasma.
Dovrebbero
fare una mappa del castello… si
ritrovò a pensare, consapevole che
in quel momento una mappa gli sarebbe tornata davvero utile.
Le
fiaccole iniziarono ad accendersi al suo passaggio, e lui
potè guardarsi meglio
intorno.
Adesso
che era illuminato, gli sembrava finalmente di riconoscere quel
corridoio, e
quella consapevolezza gli giunse quasi con un brivido a causa dei
racconti di
Cignus Black.
Per
sicurezza, cacciò la bacchetta dalla divisa e la
puntò davanti a sé prima di
continuare a camminare.
L’unica
cosa che voleva fare in quel momento era andarsene via di
lì, ma sapeva che Tom
lo avrebbe ucciso se non avesse trovato Hermione.
Gli
scappò un sorriso divertito, nonostante la situazione in cui
si trovava.
Prima
quel ragazzo avrebbe ammesso a se stesso di provare qualcosa per quella
ragazza, prima entrambi si sarebbero dedicati ad attività
ben più piacevoli del
rincorrersi a vicenda.
Perché
Tom poteva dire quello che voleva, ma lui amava la caccia, ed Hermione
Evans,
per quanto lei stessa non se ne rendesse conto, amava essere cacciata.
E,
dopotutto, non è poi tanto difficile trovare una persona che
in realtà non vedeva
l’ora di essere trovata!
Però
lui non era Tom, quindi la ricerca della ragazza si stava rivelando
più
complicata del previsto.
Quando
l’amico gli aveva affidato quel compito Christian gli era
miseramente scoppiato
a ridere in faccia, credendolo uno scherzo, ma davanti alla sua
serietà alla
fine aveva dovuto cedere.
Come
ad ogni altra richiesta di Tom Riddle d’altro canto.
E,
per quanto assurdo potesse sembrare, Christian lo capiva pure
l’amico, perché
anche lui avrebbe reagito allo stesso modo quattro anni prima!
La
differenza tra lui e Riddle era che quest’ultimo gli ormoni
in subbuglio li
aveva avuti in ritardo, e se a questo si aggiungeva il suo carattere
particolarmente irritabile ben si capiva il perché della sua
decisione.
Vedere
la ragazza per cui si prova una forte attrazione flirtare con un altro
non era
piacevole per nessuno, ma se quel qualcuno era Tom Riddle
l’unica cosa che ci
si poteva aspettare erano ripercussioni estreme.
Quel
Corvonero era stato fortunato a cavarsela solo con due notti in
infermeria per
le ferite riportate: anche se era un mangiamorte, Riddle non avrebbe
avuto pietà
per chiunque si fosse messo tra lui e la Evans.
Il
vecchio Abraxas ci aveva visto giusto alla riunione, ma dopo quel pugno
in
faccia non avrebbe avuto più da replicare per parecchio
tempo.
Christian
non faceva parte dei mangiamorte, ma partecipava di nascosto alle
riunioni
disobbedendo al volere dell’amico.
Riddle
non lo aveva voluto nel suo gruppo perché diceva che era
troppo pericoloso per
un “figlio di papà”, ma Christian sapeva
che tale decisione era stata presa per
non metterlo in pericolo piuttosto che per una mediocre valutazione
sulle sue
abilità da combattente. Aveva accettato la scelta
dell’amico perché aveva
capito che proteggerlo dai guai in cui si stava invischiando era il suo
modo di
dimostrargli affetto, ma anche Christian voleva proteggerlo, ed era per
questo
che apprendeva di nascosto gli incanti che lui insegnava alle riunioni
dei
mangiamorte.
Non
avrebbe mai potuto rifiutargli un favore, in special modo dopo che Tom
lo aveva
scoperto e gli aveva permesso di continuare ad apprendere dalle sue
lezioni, se
pur sempre lontano dagli occhi degli altri mangiamorte.
Quindi
adesso doveva trovare assolutamente quella ragazza, e non solo
perché ormai la
considerava sua amica.
Tom
Riddle l’aveva scelta, e Christian Zabini non poteva fare
altro che proteggere
lei allo stesso modo in cui aveva deciso di proteggere lui tempo prima.
Ma
si sa che le cose non vanno mai come uno si aspetta, e tutti questi
buoni propositi
da macho andarono a farsi friggere quando una mano gli si
posò sulla sua spalla
e lui, lasciando cadere la bacchetta, iniziò a strillare
come una donnicciola
prima di rendersi conto che la mano non apparteneva ad altri che a
Dorea Black.
«Ma
che vuoi farmi avere un infarto?» le sbraitò
contro, mettendosi una mano sul
petto come a controllare che il cuore non gli fosse uscito del tutto.
Ma
Dorea non rise a quella frase, e Christan Zabini capì che
c’era in ballo
qualcosa di serio.
In
silenzio recuperò la sue bacchetta e seguì
l’amica che intanto l’aveva
preceduto.
«Che
cosa ci fai qui?» sussurrò il ragazzo, e Dorea gli
rispose continuando a dargli
le spalle.
«Cerco
Hermione, come credo stia facendo anche tu secondo le direttive di
Riddle. Ho
saputo che le tre K avevano qualcosa in mente che la riguardava,
qualcosa di
pericoloso, e da quel che ho sentito dobbiamo sbrigarci se non vogliamo
trovarla
morta. O peggio. Ho parlato con alcuni studenti, e le tracce di
Hermione mi
hanno portata qui.»
Christan
si irrigidì al nome delle tre K, così come nel
sapere che la sua amica era nei
guai a causa loro, ma quell’indicazione bastò per
fargli capire quale direzione
prendere e condusse Dorea esattamente fuori il loro antro.
Perché in nessun
altro modo poteva ormai definirsi quell’aula dopo tutte le
cose che quelle tre
avevano fatto lì dentro.
Sentirono
delle voci che parlavano in una cantilena latina piuttosto macabra,
nella quale
però riuscirono a distinguere chiaramente il nome di
Hermione.
Dopo
essersi scambiati uno sguardo d’intesa, irruppero nella
stanza con le bacchette
alzate bloccandosi però quasi subito all’ingresso
a causa della scena che si
presentò loro davanti.
Nessuno
si mosse. Nessuno disse nulla. Ma fu Christian a rompere il silenzio
dopo
qualche minuto, emettendo un verso schifato.
«Per
le mutande stracciate di Merlino, un’altra volta?! Ma non ce
li avete dei
vestiti voi?»
In
seguito le quindicenni non riuscirono a sfuggire agli schiantesimi di
Dorea
Black, e ben presto si ritrovarono incatenate al muro con tre coperte
addosso.
Christian
e Dorea raggiunsero l’amica al rogo sul quale era stata
posizionata, e
sciolsero in fretta le corde che la tenevano legata adagiandola poi sul
pavimento.
Hermione
Evans era priva di conoscenza, e nemmeno i continui innerva dei suoi
salvatori
riuscirono a svegliarla.
Christan,
sapendo era la loro unica possibilità, ordinò a
Dorea di andare immediatamente
a cercare Tom.
«È
l’unico che può riuscire a fare
qualcosa.» replicò seccamente alle sue
repliche. «Io nel frattempo la porto in infermeria da Madama
Blythe,
raggiungeteci lì.»
Christian
la vide annuire e correre fuori come se avesse il diavolo ad
inseguirla.
Non
metteva in dubbio che sarebbe riuscita a trovare Riddle molto
più in fretta di
quando ci sarebbe mai riuscito lui.
Prese
Hermione in braccio cercando di essere il più delicato
possibile e, per quanto
il suo peso glielo consentisse, iniziò a correre a sua volta
dirigendosi verso
l’infermeria.
Avrebbe
potuto usare un incanto di levitazione, ma non sapeva quali sarebbero
state le
ripercussioni su quel corpo già debole, quindi
preferì non rischiare e
utilizzare i vecchi metodi.
Molti
gli lanciarono occhiate curiose ma lui non se ne curò
spalancando la porta
dell’infermeria con un calcio.
«Madama
Blythe! Madama Blythe!» urlò guardandosi intorno.
L’infermiera
accorse subito e alla vista della studentessa ricoperta di sangue e
ferite
lanciò un piccolo grido prima di riprendere il controllo di
sè. Ordinò al
ragazzo di metterla su uno dei lettini e lo cacciò
immediatamente fuori
dall’infermeria dopo aver appreso ciò che lui
sapeva riguardo le cause delle
condizioni della giovane.
Christian
Zabini si accasciò sul pavimento fuori la porta e si prese
la testa fra le mani
iniziando a dondolarsi avanti e indietro, senza capacitarsi davvero di
quanto
era successo.
Come
avevano potuto quelle tre mocciose ridurre in quelle condizioni la sua
amica,
il braccio destro di Lord Voldemort? Come potevano essersi dimostrate
migliore
di una che aveva tenuto testa a Tom Orvoloson Riddle, il più
grande mago di
tutti i tempi?
Christian
Zabini non riusciva a capacitarsi di tutto ciò, ma quando
sentì dei passi e
vide Dorea arrivare insieme a Lyra, Charlus, Cignus e Tom Riddle in
testa, si
rassicurò, certo che con il loro arrivo tutto si sarebbe
sistemato.
Però
capì di essersi sbagliato nel momento stesso in cui Tom gli
rivolse un occhiata
disperata e si sedette sulla sedia di fronte a lui.
Christian
credette di avergli visto gli occhi lucidi, ma poi si disse era pazzo.
Sì, era
stata sicuramente una sua impressione.
Tom
Riddle non poteva piangere.
30 Ottobre 1944. Biblioteca.
Cercavo
di concentrarmi sul libro che avevo davanti senza riuscirvi.
Dovevo
cercare di memorizzare quegli incantesimi per la prossima lezione,
eppure nella
mia testa non c’era posto per altro se non Hermione Evans.
Quella ragazza era
diventata la mia droga ormai, e il solo pensiero che qualcuno potesse
sfiorarla
mi aveva irritato al punto da costringere Christian a seguirla.
Tuttavia,
quella fastidiosa sensazione che ci fosse del pericolo in agguato non
accennava
ad andarsene, e il pensiero che tale cosa potesse essere legata ad
Hermione mi
spaventava più di quanto io stesso avrei mai ammesso.
Il
mio cervello mi inviava segnali che non riuscivo a collegare, ma che
ebbero
spiegazione quando sentii la voce di Dorea Black che entrava in
biblioteca
chiamando il mio nome a gran voce, seguita da Lyra Nott, Charlus Potter
e
Cignus Black.
Alzai
un sopracciglio alla vista di quel quartetto male assortito,
però capii che
doveva essere successo qualcosa di serio se erano così in
preda al panico.
Cercai
di leggere i pensieri di Dorea ma erano così confusi che non
riuscii a
distinguere nulla, quindi mi mostrai al gruppo e mi irrigidii quando la
rossa
mi afferrò per il maglione della divisa iniziando a
trascinarmi fuori di lì.
«Hermione…
Infermeria… le tre K…»
annaspò nel tentativo di farmi capire qualcosa, ed io
gelai, perché il mio istinto aveva avuto ragione ancora una
volta e mai
come prima avrei voluto non fosse così.
Corsi,
distanziandoli di qualche metro, con in mente solo il nome e il volto
della
ragazza che ormai occupava costantemente i miei pensieri.
Arrivato
vicino l’infermeria, vidi Christian in preda ad una
crisi di panico e
venni inondato anch’io da tali emozioni negative,
perché se Christian le
provava, allora, le condizioni di Hermione erano davvero gravi.
Non
riuscii più a reggermi in piedi e mi trascinai appena in
tempo su una sedia di
fronte al mio amico.
I
miei occhi si inumidirono senza che potessi fare nulla per impedirlo, e
maledii
mentalmente la mia allergia alla polvere.
Perché
Tom Riddle non piangeva mai, e quello era il momento meno opportuno per
iniziare a farlo.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ehilà
bella gente! Ho concluso di aggiornare almeno una volta alla settimana
quindi
non aspettatevi più aggiornamenti in ritardo fino a
settembre.
Beh,
non credo ci sia molto da dire sul capitolo, anzi sui capitoli, se non
che
spero vi siano piaciuti.
Riguardo
il torneo Tremaghi mi piace immaginare che vi abbiano partecipato tutte
le
generazioni di Potter e che l’abbiano vinto, quindi non
potevo assolutamente
non metterlo.
Alla
prossima settimana, allora, con la speranza di riuscire a proporvi
ancora una
volta due capitoli anziché uno. Mary Evans.
|
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Capitolo 11 *** Oscura Metà ***
31
ottobre 1944. Infermeria.
La
notizia che Hermione Evans era stata attaccata dalle tre K
aveva presto fatto il giro del castello.
Nessuno
riusciva ancora a capire come una
studentessa brillante come lei fosse stata messa al tappeto da tre
quindicenni.
Le
dichiarazioni di Dorea Black e Christian Zabini erano state
sufficienti per sospendere le tre colpevoli, che solo dopo la minaccia
dell’espulsione
avevano ammesso di aver drogato la studentessa nuova aggiungendo del
veleno nel
suo succo di zucca mattutino, per riuscire a trascinarla nella sede del
loro
club ed eseguire un antico rituale su di lei per ottenere
l’attenzione che Tom
Riddle le riservava.
Tutta
la scuola, insegnanti inclusi, concordò sulla pazzia di
quelle tre ragazzine, restavano solo i dubbi sul coinvolgere le
autorità.
Sì,
perché quella che le tre avevano usato era magia oscura,
ma la loro giovane età generava sensi di colpa tali da
evitare azioni
giudiziarie.
Erano
state rispedite a casa poche ore dopo l’aggressione ad
Hermione
ma, secondo il pensiero molti, la loro espulsione sarebbe stata
preferibile. E
non per l’atto in sé.
Tom
Riddle era una furia dall’aggressione della Evans, e
questo aveva causato non poche vittime.
L’unica
ragione per la quale quelle tre erano ancora vive, era
perché lui non le aveva ancora incrociate sulla sua strada.
L’attenzione
che il giovane Riddle riservava alla nuova
allieva avevano sorpreso non pochi, dal momento che non aveva mai
mostrato interesse
particolare per nessuna nel corso degli anni.
La
preferenza che mostrava per lei sarebbe dovuta bastare come
monito per evitarle scocciature, e tutti erano stati molto accorti
nell’eludere
quella linea di confine che la circondava, avendo troppo a cuore la
propria
vita per metterla a rischio in quel modo.
Le
tre K avevano giocato col fuoco, e adesso dovevano pagarne
le conseguenze.
Tom
non si era mosso dal fianco di Hermione da quando era
riuscito ad entrare nell’infermeria.
A
nulla erano valse le proteste di Madama Blythe.
Gli
amici non avevano nemmeno provato a cercare di fargli
cambiare idea, si erano limitati ad osservare la ragazza in un silenzio
carico
di preoccupazione.
Al
mattino erano stati tutti costretti a recarsi a lezione, ma
Tom non aveva proprio voluto saperne.
Non
riusciva a fare a meno di pensare che era tutta colpa sua,
se adesso lei era in quelle condizioni.
Se
lui non fosse stato tanto stupido, forse avrebbe potuto
controllarla da vicino.
Se
lui non avesse avuto quel carattere, forse non avrebbe
avuto un fan club e quelle tre non le avrebbero fatto del male.
A
nulla erano valsi i tentativi di consolazione di Christian.
Tom
Riddle stava provando per la prima volta in vita sua molti
di quei sentimenti che non si erano manifestati nemmeno durante
l’assassinio
dei suoi parenti.
Quella
ragazza era completamente diversa da chiunque altro lui
avesse mai incontrato.
Il
mondo magico, i mangiamorte e il suo desiderio di rivalsa
andavano in secondo piano quando c’era lei.
Sì,
forse ormai avrebbe potuto ammetterlo almeno a se stesso
che Hermione Evans era diventata importante per lui.
Quel
giorno era il 31 ottobre, e Tom Riddle aveva sempre amato
Halloween.
L’atmosfera
in sé e tutto il resto gli trasmettevano emozioni
che non riusciva a provare in altre notti.
Eppure,
quell’Halloween, Tom non era a festeggiare con gli
altri.
Non
aveva niente da festeggiare quell’anno.
Mentre
sentiva l’orologio della torre scoccare le undici e le
urla dei suoi compagni nella sala grande, non gli importò
che quello fosse
l’ultimo Halloween che avrebbe passato in quel castello.
Sentiva di essere al
posto giusto nel momento giusto, anche se non era riuscito a concludere
niente
nemmeno con la sua magia.
L’infermeria
era silenziosa, ma Tom continuò imperterrito a
tendere l’orecchio in attesa di un segnale che presagisse il
risveglio della Serpeverde.
Sentiva
solo il suo respiro leggero, e almeno quello era un
buon segno. I lineamenti sul suo viso erano rilassati, i capelli sparsi
sul
cuscino, il corpo immobile…
Riddle
cercò di imprimersi ogni dettaglio di quella visione
per lui così angelica.
Tu
non hai il diritto di
essere felice.
Immediatamente
il volto del ragazzo si contrasse a quelle
parole.
Tu
non la meriti.
Tom
si alzò di scatto dalla sedia e si prese la testa fra le
mani.
Quelle
parole, in quella lingua che capiva solo lui,
ripetevano sempre le stesse cose, come una litania.
Sì,
lo sapeva anche lui che Hermione era troppo pura per lui,
sapeva di non meritarla, eppure la voleva.
È
solo un giocattolo che
ti distrae. Uccidila e falla finita.
No.
Non
avrebbe mai più rivisto quegli occhi, se l’avesse
uccisa.
Non
l’avrebbe mai più vista arrossire davanti a lui,
se avesse
pronunciato l’incanto.
Non
voleva farlo.
Non
opporti al tuo
destino, Lord Voldemort.
«Io
mi chiamo Tom Riddle!» urlò d’improvviso
Tom, e le sue
parole rimbombarono nel vuoto.
Ti
ostini ancora a portare
quello sporco nome da babbano di tuo padre, vero? Lord Voldemort
è il nome che
tutti avranno il timore di pronunciare, una volta divenuto il
più grande mago
di tutti i tempi e portato a termine la nobile opera di Salazar
Serpeverde.
Usalo!
«No!
È già morta una ragazza, non voglio accada di
nuovo!»
E
da quando il grande Tom
Riddle si fa degli scrupoli?
Lo sguardo di Tom
saettò inevitabilmente su Hermione.
Ah,
e così tieni tanto a
questa mocciosa, abbastanza da rinunciare a tutto per lei…
mi hai deluso
profondamente, però possiamo sempre rimediare ed eliminare
quella cosa abbietta
che sono i sentimenti una volta per tutte.
La
mano del Serpeverde si mosse contro la sua volontà fino a
prendere la bacchetta ed alzarla contro la ragazza.
Dillo.
Sono solo due
parole.
La
voce continuava a sussurrargli cose, e Tom era davvero
stanco. Continuava ripetergli che aveva già ucciso, che non
ci sarebbero stati
problemi. Che lo avrebbero mascherato come un’incidente, che
nessuno ci avrebbe
più pensato.
Avada
Kedavra. Avada
Kedavra. Avada Kedavra.
Sempre
le stesse parole.
Nel
frattempo il ragazzo si era avvicinato al corpo di
Hermione continuando a tenere la bacchetta ben salda fra le mani.
La
vide lì, come la bella addormentata, e gli venne una voglia
irrefrenabile di baciarla.
Magari
si sarebbe svegliata, magari il suo tormento sarebbe
svanito.
La
voce continuava a sussurrargli di ucciderla, ma lui aveva
già abbassato la bacchetta.
Quando
le sue labbra incontrarono quelle di lei chiuse gli
occhi, godendo di quel contatto.
Improvvisamente
fu come essere catapultato in un’altra
dimensione, in un luogo dove quella maledettissima voce non era
riuscito a
raggiungerlo. C’erano solo lui ed Hermione.
Quando
si staccò da lei ed aprì gli occhi, la ragazza
fece
altrettanto.
31
ottobre. ??.
Hermione
era al buio. Non c’era niente nel posto dove si era
svegliata. Sentiva solo delle voci lontane che parlavano fra di loro, e
le
sembrava persino di riconoscerle.
Iniziò
a correre da un lato, e sentì distintamente prima la
voce di Harry e poi la voce di Ron.
Sorrise
di riflesso. Le mancavano i suoi amici, e sentirli in
quel momento, anche se loro non potevano fare altrettanto, le aveva
fatto
piacere.
Parlavano
di rapinare la Gringott, ma Hermione si disse subito
che forse stavano scherzando. Sarebbe stato da pazzi cercare di violare
quella
banca, e dubitava che i suoi amici lo fossero abbastanza per
quell’impresa
suicidio. Poi si ricordò delle loro avventure passate, e
preferì allontanarsi
da quelle voci prima di impazzire anche lei dalla preoccupazione.
Andando
verso destra iniziò a sentire la voce di Dorea e
Charlus.
Erano
preoccupati per lei, e la sua amica piangeva cercando
conforto nel ragazzo.
Poco
lontano sentì Ginny, quell’uragano rosso della sua
amica,
e rimase sconvolta nel sentire che piangeva anche lei, sussurrando di
continuo
i nomi di Harry ed Hermione.
Con
un groppo in gola, la ragazza andò avanti, sentendo
sorpresa le voci di Christian Zabini e Minerva McGranitt nello stesso
posto.
Lui gemeva, dicendo che aveva bisogno di lei, e poi ci furono solo
ansiti che
fecero scappare di corsa Hermione, se pur con un sorriso.
Non
avrebbe mai creduto che la sua prof fosse stata una così
cattiva ragazza che se la faceva con i Serpeverde, ai suoi
tempi…
Hermione
cercò di chiamare il nome di Fanny, ma le parole
sembravano non voler uscire dalla sua bocca.
Poi
eccola, la luce.
Si
presentava con le sembianze di un ragazzo, che lei
riconobbe come Tom Riddle.
Lui
le porse una mano, che lei afferrò prontamente, e come per
incanto tutto divenne più chiaro.
Le
voci erano lontane, c’erano solo lui e lei, e quando
Hermione finalmente riuscì ad aprire gli occhi, la prima
cosa che vide furono
gli occhi di lui. Quel grigio tempesta che ebbe il potere di
trasmetterle una
sensazione di pace, come di essere finalmente a casa.
In
quel momento non importava più nulla, se doveva essere
arrabbiata, offesa o altro.
Hermione
sorrise nel vederlo, ancor di più quando lo sentì
sussurrare il suo nome.
«Hermione.»
disse solo, eppure a lei sembrò il più bel suono
del mondo, perché l’unico che non contenesse tutte
le bugie di cui si era
circondata.
Poi
non ci fu più spazio per le parole, perché
entrambi
avevano la necessità di sentirsi vivi, di sentire la
presenza dell’altro.
L’orologio
della torre suonò mezzanotte, e mentre nella Sala
Grande gli alunni della scuola festeggiavano Halloween, Tom Riddle
baciò
Hermione Evans con la consapevolezza che tutto sarebbe stato diverso,
ma con la
sicurezza che niente sarebbe cambiato.
Era
il 31 ottobre, e Tom Riddle aveva sempre amato Halloween.
Quell’anno,
tuttavia, pensò di non averlo mai trascorso in
modo migliore.
Sulle
labbra di Hermione Evans, sorrise.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Scusate
il ritardo… lo so che avrei dovuto aggiornare ieri ma
si sono presentati a casa mio fratello con mia nuora e ci siamo messi a
vedere
il filmino del matrimonio ( mi ha fatto piacere vedere che la parte in
cui gli
lancio il contenitore di foglie anzichè il riso sia stata
ripresa XD), poi oggi
dovevo vedere la mia migliore amica che domani parte per le vacanze ma
non si è
fatto più niente e quindi per consolarmi di questo, e del
fatto che nel filmino
sembra che abbia il doppio mento e che la mia voce faccia spavento
nelle
interviste L,
mi sono dedicata ad un
trattamento fatto di maschera all’argilla, yogurt e limone, e
mi sono preparata
un’insalatona con mais e pezzi di tacchino impanati nel
semolino. Proposito per
settembre? Perdere peso, anche se a detta di molti non ne avrei
bisogno. Bah,
comunque è tutta una cosa soggettiva il fatto del
peso…
Cooomunque,
finalmente sono riuscita a finire anche questo
capitolo e ringrazio tutti quelli che mi fanno presente gli errori
grammaticali
e quant’altro. Prometto che rivedrò tutti i
capitoli, ma è una cosa davvero
tediosa quindi dovrò esserne in vena per farlo.
Si
accettano commenti, suggerimenti e critiche.
Alla
prossima :D
|
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Capitolo 12 *** Strani Amori ***
22
novembre 1944. Hogwarts.
Amare
è non dire mai “mi devi”, questo avevano
insegnato ad
Hermione. Era uno di quei precetti che l’avevano seguita fin
da bambina,
insieme a quell’assurdo concetto per il quale se un uomo ti
tratta male, in
realtà sta solo mascherando la sua attrazione per te. Erano
tutte stronzate, ovviamente,
ma questo non aveva certo impedito ad una piccola Mione di pensare di
essere
attraente per molti, almeno fino al suo ingresso ad Hogwarts.
Lì aveva dovuto
cambiare il suo punto di vista sul fatto che “chi disprezza
vuol comprare”, ma
il suo modo di vedere l’amore non cambiò di una
virgola, anzi, le sue ipotesi
non fecero altro che avvalorarsi con l’esperienza.
Amare
è non dire mai “mi devi”, e di questo ne
era sempre più
convinta.
Non
era amore quello fra Pansy Parkinson e Draco Malfoy,
perché lei voleva sempre qualcosa da lui.
Non
era amore quello fra Harry e Cho Chang, perché lei
pretendeva sempre la sua totale attenzione, stesso dicasi per quello
fra Ron e
Lavanda Brown.
Aveva
creduto fosse amore quello con Viktor Krum, e lo aveva
creduto davvero, almeno fino a quando non arrivò a
comprendere che lei,
da un uomo, pretendeva almeno che sapesse usare un minimo di
cervello, e
non solo per cavalcare una scopa.
In
sostanza, Hermione Granger aveva sempre visto in quel modo
l’amore. Sempre. Almeno finchè non aveva
conosciuto Tom Riddle a diciassette
anni. Da quel momento era iniziato un circolo vizioso di
“devi” e “voglio” che,
tuttavia, invece di scoraggiare la ragazza l’aveva solo fatta
riflettere.
Lei
non amava Tom, ma lui le piaceva.
Tom
non amava Hermione, però la voleva.
Ma
qualunque cosa si dicessero i due, comunque, agli occhi di
tutta Hogwarts erano innamorati e, non facendo niente per contraddire
le voci
se non esibire smorfie irritate quando si affrontava
l’argomento, per tutti loro
erano fidanzati. Punto.
A
niente erano valse le proteste di Hermione, perché per lei
loro due si potevano definire in tutti i modi, ma non fidanzati.
La
mattina lui l’aspettava in sala grande ad un orario in cui
non c’era nessuno, e lì si davano il buongiorno
baciandosi finchè non
iniziavano ad entrare i primi studenti.
A
quel punto lui diventava più freddo e distaccato del primo
giorno in cui si erano conosciuti, iniziando ad ignorarla per tutto il
corso
delle lezioni. Solo a pozioni si azzardava a sfiorarle la mano e a
guardarla di
tanto in tanto con sorrisetti maliziosi, ma questo solo
perché erano compagni
di banco e avevano preso l’abitudine di posizionarsi tra gli
ultimi posti, dove
non correvano il rischio di essere visti da qualcuno.
La
sera, dopo cena, se ne andavano dalla sala grande senza
rivolgersi nemmeno la parola. Insieme si ritrovavano nella stanza delle
necessità, e lì ricominciavano quegli allenamenti
che Hermione aveva trascurato
per qualche tempo.
Qualche
mezz’ora di corsa, qualche interruzione maliziosa che
si protraeva anche per un’ora o più caratterizzata
da baci molto focosi e
palpatine osè, e poi si salutavano per ritirarsi ognuno
nelle proprie stanze.
Dorea,
ormai felicemente fidanzata con Charlus da quasi un
mese, diceva che quella era una relazione da pazzi, e anche se non si
sarebbe
aspettata niente di meno da Tom Riddle, era molto preoccupata per
Hermione.
La
vedeva confusa, disorientata, e non riusciva a capire se
era per il comportamento di Riddle o per la mancanza di sesso.
Una
volta gliel’aveva persino chiesto, ma tutto quello che
aveva avuto in risposta era stato uno sguardo arrossito e un balbettio
che
diceva: «Tom non è affatto per queste
cose…»
Dorea
era del parere inverso, ovviamente.
Conosceva
molti più uomini di quanto le facesse piacere
ammettere, e tutti, in un modo o nell’altro, chi
più chi meno, avevano la mente
predisposta al sesso appena una settimana dopo essere usciti con una
ragazza.
Tom
Riddle era un tipo strano, ma era pur sempre un ragazzo,
quindi Dorea dubitava che la cosa per lui fosse differente.
Voleva
solo capire perché, da settembre, non avesse ancora
cercato di portarsi a letto la sua amica.
Il
pensiero iniziò a tormentarla al punto da diventare quasi
un ossessione, tuttavia non poteva certo andare da Riddle e dirgli:
«Ciao
Riddle! Senti, in confidenza, perché non mi dici
perché non ti sei ancora
scopato Hermione?»
Non
avevano tutta quella familiarità lei e il ragazzo,
chiedere a Charlus di fargli la domanda al posto suo neanche a
pensarci, quindi
l’unica alternativa altri non era che Christian Zabini, il
migliore, nonché
unico, amico di Tom Riddle.
Glielo
chiese come favore personale, e lui accettò ghignando
come un pazzo.
Dorea
sapeva che se ne sarebbe pentita prima o poi, ma quando
la curiosità Black premeva c’era poco da fare se
non soddisfarla.
Fu
così che la notte del 22 novembre, Christian Zabini
aspettò
il ritorno del suo amico in camera steso sul suo letto, in modo da
costringerlo
a svegliarlo nel caso si fosse addormentato.
Perché
sì, poteva avere tutti i buoni propositi di questo
mondo, ma Christian Zabini era Christian Zabini, e di restare alzato
fino a
tardi senza che ci fosse una festa di mezzo non era proprio capace.
Fu
così che Tom Riddle si ritrovò a scuotere
malamente la
spalla dell’amico, irritato oltre l’inverosimile
che fossero stati invasi in
quel modo i suoi spazi. Di nuovo.
«…Ehi…Tom…
che ci fai qui?» chiese Christian sbadigliando
rumorosamente.
«Stavo
per chiedertelo io, cerebroleso, dal momento che questo
è il mio letto.» disse secco Tom incrociando le
braccia e guardando l’amico in
modo eloquente alzando un sopracciglio quando lo vide in un secondo
alzarsi di
scatto, scendere dal letto e agguantarlo per costringerlo a sedersi
insieme a
lui.
Improvvisamente,
tutto il sonno era sparito.
«Allooora
Tom, noi siamo amici, giusto?»
Tom
alzò anche l’altro sopracciglio.
«E
mi diresti una cosa se te la chiedessi, giusto?»
Tom
sorrise divertito, non capendo ancora dove avrebbe portato
tutta quella sceneggiata. Prima che potesse rispondere, tuttavia, il
suo amico
lo interruppe ancora.
«Sei
andato a letto con Hermione?» chiese Christian a
bruciapelo, facendo quasi cadere dal letto l’amico per
l’imbarazzo, come in una
scena dei cartoni animati.
Quando
si rialzò, Christian rimase sorpreso di vedere del
rossore sul volto niveo di quel serpeverde normalmente impassibile.
«Cosa??»
esclamò Riddle un po’ troppo ad alta voce.
L’altro
gli fece segno di fare silenzio per non disturbare gli altri che
dormivano,
quindi Riddle ripetè più sottovoce:
«Cosa??»
«Sei
andato a letto con Hermione?» ripetè a sua volta
Christian sorridendo leggermente. Vedere Tom Riddle manifestare le sue
emozioni
dopo sette anni lo divertiva immensamente, ma lo faceva anche felice,
perché
per la prima volta da quando l’aveva conosciuto per la prima
volta lo sentiva
più vicino a lui. Più umano.
«Perché
me lo chiedi?» disse Tom con voce strozzata.
Chris
fece finta di pensarci su.
«In
realtà non lo so, dal momento che ho la certezza che la
risposta sia negativa. La domanda che volevo farti davvero era: Perché non sei andato ancora a letto con Hermione?
Semplicemente mi sembrava scortese centrare subito il punto. Allora?
Posso
sapere perché non lo avete ancora fatto?»
domandò curioso, e Tom emise un
sospiro che per metà era un gemito.
«Hermione
non è affatto per certe cose…»
Al
che Christian scoppiò a ridere.
«Siete
proprio identici voi due!» sentenziò ancora
sorridente
«Oddio, non proprio, Mione è molto più
simpatica di te, senza offesa, eh?
Giusto per sapere, comunque, come fai a sapere che lei non è
il tipo per “certe
cose”, come le hai tanto eloquentemente definite? Te lo ha
detto lei?»
«No,
ma un uomo certe cose le capisce…»
Christian
si trattenne nuovamente dallo scoppiargli a ridere
davanti alla sua espressione afflitta.
«E
da cosa lo avresti capito, sentiamo!»
«Lei
è così… e poi… lei fa
sempre… insomma Chris: non è cosa.
Credimi.»
Christian
lo guardò con un sopracciglio inarcato.
«Davvero
illuminante la tua spiegazione, Tom. Ti meriteresti
una E anche solo per non aver balbettato!»
Riddle
lo fulminò con un’occhiata prima di rabbuiarsi
nuovamente.
«E
poi lo sai, c’è quella parte di me che potrebbe
farle del
male. Ha già cercato di sopraffarmi in Infermeria. Io non
voglio causarle altro
dolore. Non voglio essere la causa primaria della sua
dipartita.»
Christian
si fece subito serio.
«Pensavo
avessi imparato a controllarla. Dopo la morte dei
tuoi parenti, credevo che ormai fosse tutto risolto.»
«Lo
credevo anche io, Chris, ma poi è arrivata lei e tutto il
mio autocontrollo è andato a farsi benedire. Non
l’ho fatto di proposito, ma
ormai ogni volta che Hermione si trova a pochi passi da me non riesco
più a far
finta di niente. La mia maschera si è sbriciolata a poco a
poco e adesso non so
più che fare. Quella cosa
mi sta
facendo impazzire, e delle volte ho davvero il timore che possa
prendere
totalmente il controllo di me.»
«Quindi
la ami davvero?» sussurrò Christian con una strana
luce negli occhi. L’amico non rispose e distolse lo sguardo,
ma al Zabini
bastò. Non
sapeva ancora come affrontare
l’altro problema dell’amico, ma con Hermione poteva
aiutarlo.
Si
alzò lentamente dal letto dandogli una pacca sulla spalla.
«Credimi,
tutti i problemi che ti stai facendo su di lei sono
inutili. Desidera stare con te tanto quanto tu desideri stare con lei.
Non
preoccuparti molto, e comportati come senti di fare. Hai pensato che,
forse,
anche lei desidera avere un contatto maggiore con te? Se poi ti sbagli,
pazienza! Però almeno potrai dire di aver messo le cose in
chiaro e crogiolarti
nel bagno tutto il tempo che vorrai.»
Tom
sorrise a quell’ultima frase. Chris sapeva sempre come
consigliarlo.
Prima
che si allontanasse, tuttavia, lo trattenne per un
braccio.
«Stai
attento con la Mac. L’ultima volta Abraxas stava per
scoprirvi e mi ci è voluto non poco per allontanarlo da dove
eravate.»
Chris
annuì sorridendo leggermente.
«Lo
sai che sarebbe più facile se vi frequentaste alla luce
del sole, vero?» continuò Tom, e l’amico
fece una smorfia impercettibile.
«La
metterei in pericolo, lo sai. Per quanto Minerva sia la
donna più importante per me, la amo abbastanza da non
costringerla in una
relazione che potrebbe costarle la vita.
Almeno
così potremmo sempre negare tutto.
Il
vero problema è che la amo troppo e che non posso stare
senza di lei nemmeno un secondo. L’egoismo serpeverde mi
costringe a voler
prendere quello che voglio senza preoccuparmi troppo delle conseguenze,
ma il
mio amore grifondoro è troppo profondo per non rendersi
conto che stando con
lei la condannerei, per via di mio padre.»
Ci
fu qualche attimo di silenzio, poi un sussurro.
«Sei
come tua madre, Christian.» disse solo Tom, e lo
seguì
con lo sguardo mentre andava verso il suo letto tirando poi le tende.
Fece
un sospiro, prima di fare lo stesso.
Quella
notte aveva portato fin troppe cose a cui pensare.
23
novembre 1944. Aula di Trasfugurazione.
«Professor
Silente, desiderava vedermi?»
Erano
passati mesi dall’ultima volta che ero stata ricevuta
nel suo studio, e la cosa un po’ mi intimoriva visto che non
ne conoscevo il
motivo.
«Certamente
signorina Evans. Si accomodi prego.»
Mi
sedetti davanti a lui ed attesi che iniziasse a dire
qualcosa.
«Allora,
come sta andando il suo ultimo anno? Progressi con il
signor Riddle?» chiese gioviale il professor Silente
intrecciando le mani sulla
scrivania.
Esitai
qualche istante prima di rispondere.
«Beh,
sul mio rendimento a scuola credo ne sappia più lei di
me.» commentai con un sorriso «Comunque tutto ok.
Con Tom invece…»
Sinceramente
non sapevo come continuare, ma per fortuna ci
pensò Silente a togliermi dall’impiccio.
«Ho
saputo che vi siete fidanzati.» buttò
lì il professore, ed
io arrossii senza poterne fare a meno abbassando lo sguardo.
«Immagino
che ormai lo sappia tutta Hogwarts, quindi non mi
sorprende che anche lei ne sia venuto a
conoscenza…»
«Ad
Hogwarts ci sono pochi segreti, signorina Evans, e nessuno
di cui io non sia a conoscenza.»
Aspettai
qualche minuto ma vidi che il professore non aveva
alcuna intenzione di continuare il suo discorso.
Esitante,
alzai lo sguardo.
«Non
mi critica? Non dice niente? Non mi costringe a
lasciarlo?» esclamai all’improvviso, ma Silente
assunse solo un’espressione
sorpresa.
«E
perché dovrei?»
Sembrava
così stupito che mi ritrovai a spalancare la bocca
senza nemmeno accorgermene.
Mi
alzai di scatto dalla sedia sbattendo le mani sulla
scrivania.
«Perché
è una storia impossibile, e lo sappiamo entrambi!
Perché prima o poi dovrò ucciderlo, ma al solo
pensiero mi sento di morire
dentro. Perché questa non è l’epoca in
cui sono nata, eppure sento di
appartenervi. Perché l’amore che provo per lui
è un amore sbagliato che va
contro i miei amici e la mia famiglia, eppure per la prima volta in
vita mia
questa è l’ultima cosa che mi interessa.
Perchè so che appena lui saprà chi sono
realmente, mi distruggerà, distruggendo così
anche se stesso, e tutti gli
sforzi che ho fatto finora saranno stati inutili, e la storia si
ripeterà di
nuovo.»
Le
lacrime premevano di uscire, ma quando sentii due mani
poggiarsi sulle mie spalle e incontrai i limpidi occhi di Silente mi
calmai un
poco.
«Non
essere così dura con te stessa, Hermione. L’amore
cambia
le persone. Non hai pensato che, forse, già con il tuo
arrivo la storia sia
cambiata? Io non ho mai visto Tom Riddle comportarsi come si comporta
con te in
sette anni che lo conosco, e sospetto che sia stato il tuo arrivo a
scatenare
in lui questo cambiamento. Non preoccuparti troppo di quali erano state
le tue
intenzioni iniziali: anche senza diventare un’assassina, sei
riuscita lo stesso
a cambiare il futuro. O almeno ci riuscirai presto le cose
continueranno ad
andare secondo questa linea temporale.»
«Professore,
ma se anche cambiassi questo passato, il mio
futuro rimarrà lo stesso giusto? Quindi quando
tornerò nel mio tempo Voldemort
non sarà cambiato di una virgola, suppongo.» Il
pensiero di un mio possibile,
ma inevitabile, ritorno ebbe il potere di stringermi lo stomaco in una
morsa.
Avevo
studiato abbastanza per sapere che quello che avevo
detto corrispondeva a verità, però Silente invece
di rispondere alla mia
domanda mi guardò con il suo tipico scintillio negli occhi.
«La
vera domanda è: lei vuole davvero tornarsene nel suo
tempo?»
Uscii
da quello studio leggermente intontita dalle parole del
professore, nonché dal loro significato.
Il
mio pensiero corse subito ad Harry, Ron, la famiglia
Weasley e ai miei genitori, poi però scossi la testa.
Quella
notte aveva portato fin troppe cose a cui pensare, era
meglio se andavo a dormire.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Eccoci
qui al mio solito aggiornamento! Mi sto annoiando a
fare tutto ultimamente, quindi finire il capitolo è stata
davvero un’impresa!
Non sono andata da nessuna parte in vacanza quest’anno, e ho
dovuto accantonare
persino il pensiero che mio padre mi portasse a Londra. Le mie amiche
sono
tutte partite, e quelle rimaste passano tutto il loro tempo nei locali.
Neanche
a dirlo, mi annoierei più a stare con loro che stare a casa,
quindi passo i
miei pomeriggi a scrivere, leggere, guardare la tv, cercare di imparare
la
stenografia e mangiare frutta a volontà.
Non
è proprio il massimo come estate, ma uno si deve
accontentare di quello che ha.
Tornando
al capitolo: ecco a voi i due piccioncini! Che volete
farci, gli ormoni si fanno sentire, e per due diciassettenni innamorati
è quasi
naturale non riuscire a tenere a freno le mani.
La
storia sulla parte oscura di Tom mi è uscita di getto. A
dirvela tutta, non avrei saputo come continuare altrimenti.
Beh,
al prossimo martedì allora, o comunque alla prossima
settimana. Devo fare l’iscrizione
all’università ed è un po’ un
casino il bando
per la borsa di studio e quant’altro. Forse dovrò
persino recarmi a Narni per
vedere le cose da vicino… sarà una vacanza come
un’altra almeno!
Un
abbraccio forte, come al solito, Mary Evans.
|
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Capitolo 13 *** Le Idee di Evanna Lovegood ***
10
dicembre 1944. Sala Grande.
«Studenti!
Ecco a voi l’annuncio che aspettavate tanto: Il
Ballo di Natale! »
Un
applauso partì spontaneo da tutti e quattro i tavoli, ed
Hermione guardò di sottecchi Tom Riddle seduto di fronte a
lei, senza prestare
attenzione al discorso del preside.
Aveva
un’espressione impassibile in volto e ciò la fece
rattristare.
Aveva
sperato di andare con lui al ballo di Natale nel momento
stesso in cui Dorea aveva iniziato a tesserne le lodi. Lei ci sarebbe
andata
con Charlus, e già era andata in iperventilazione
perché non aveva un vestito
adatto da mettersi. L’aveva consolata dicendo che alla
prossima uscita
avrebbero girato tutti i negozi finchè non avesse trovato
quello giusto, ma mai
proposta fu più sbagliata dal momento che Dorea aveva
preteso di trovare un
abito pure per l’amica. Tra le altre cose.
«Riddle
ti inviterà, non preoccuparti.» aveva detto, ma
Hermione a quel punto non ne era più tanto sicura, e a
quelle insicurezze si
aggiungeva anche la nostalgia di tutte le cose e le persone che non
erano con
lei: Harry, Ron, Ginny, i suoi genitori, i signori Weasley... Hermione
aveva
sempre amato il Natale e l’aria che portava con
sé, eppure in quel momento la
prospettiva di festeggiarlo non le parve tanto allettante.
Si
alzò dalla panca e uscì dalla Sala Grande sotto
gli occhi
inquisitori di Dorea e Tom.
Corse,
corse veloce, fino a trovarsi davanti ad una parete del
settimo piano.
Voglio
stare sola. Voglio
stare sola. Voglio stare sola.
Immediatamente
comparve una porta e si intrufolò veloce
all’interno.
La
stanza era piena di foto dei suoi amici. Erano di Hogwarts
e non. C’erano anche i suoi genitori in foto non magiche che
le sorridevano.
Vide il suo corpo cambiare da bimba a donna, fino all’ultima
foto scattata il
giorno prima della morte di Silente.
Si
buttò sul letto rosso grifondoro che era comparso per
l’occasione e urlò.
«Bastaaaaaa!
Sto impazzendooooo!»
«Lo
sei davvero, pazza, se urli in questo modo e da sola, per
giunta.»
La
ragazza maledisse tutti i fondatori di Hogwarts per
l’abilità di Tom Riddle di riuscire ad entrare in
tutti i luoghi eludendo anche
le regole della stanza delle necessità.
«Cos’è
successo?» chiese ancora il serpeverde avvicinandosi
cautamente al letto, quasi come ci si avvicina ad un leone selvatico,
senza
prestare attenzione alle foto che lo circondavano.
«Vattene.»
mugugnò Hermione tra i cuscini.
«Cosa?»
«Vattene!»
urlò a quel punto la serpeverde.
Tom
rimase impassibile.
«Hai
il ciclo?» domandò seccato, e mezz’ora
dopo, quando si
risvegliò in infermeria a causa di una scarpa lanciata con
potenza inaudita
contro la sua faccia, capì che quella era una delle poche
domande da non fare
mai ad una ragazza.
Christian
Zabini aveva sempre saputo che il suo migliore amico
era un idiota. Certo, era un genio, ma allo stesso non c’era
aggettivo migliore
per descriverlo che idiota.
Quando
la voce che era stato ricoverato in infermeria lo aveva
raggiunto si era precipitato subito da lui, ma quando lo aveva visto
seduto a
gambe incrociate sul lettino e di un umore tetro aveva subito domandato
cosa
diamine aveva combinato ad Hermione, alzando teatralmente gli occhi.
Tom
gli aveva spiegato più o meno quello che era successo e
Christian, da bravo migliore amico, cosa poteva fare se non mandarlo a
quel
paese tornandosene in dormitorio?
Iniziò
a borbottare fra sé una parole che sembravano a chi si
attardava in corridoio per ascoltarlo “tensione sessuale.
Tensione sessuale”, e
tali parole furono ascoltate persino da Dorea, che in quel momento
passava di
lì per caso a braccetto con Charlus.
Capendo
subito a chi si riferiva, mentre Christian si
allontanava, mollò lei stessa il fidanzato in mezzo al
corridoio menzionando
qualcosa a proposito di solidarietà femminile.
Iniziò
a correre come una dannata prendendo per il braccio
quelle che sembravano persone a caso ma, quando chiuse tutti in
un’aula vuota,
loro si rivelarono essere Lyra Nott, Cignus Black e Christian Zabini
stesso.
Abituati
al comportamento strano della Black, i tre si
limitarono a mettersi comodi in attesa che parlasse.
«Qui
ci vuole un piano.» esordì Dorea, con un cipiglio
scuro
in volto.
Non
ci fu alcun bisogno di mettere i soggetti nella frase dal
momento che, nell’ultimo periodo, non si parlava altro che di
Tom ed Hermione.
«Hai
qualche idea?» disse Lyra seccata. «Quei due sono
degli
idioti patentati! Non sanno nemmeno come ci si comporta in una coppia,
e secondo
me non si saranno scambiati niente di più di quanto non si
possa trovare in un
comune film romantico babbano.»
Si
sentì in sottofondo la domanda di Cignus su che
cos’era un
film, ma tutti la ignorarono.
«Io
l’ho detto e lo ripeto: tensione sessuale, raga.»
Alzarono
tutti gli occhi al cielo, pur senza contraddirlo.
Avevano quasi diciotto anni per uno, Tom ed Hermione, ed avevano
entrambi gli
ormoni a palla con scarsa esperienza sul campo.
Per
quanto quel discorso li facesse assomigliare ad una setta
satanica che stava per immolare una giovane vergine, si rendevano conto
che,
considerati i soggetti, probabilmente il sesso era l’unica
alternativa per una
convivenza pacifica.
Però
serviva un piano, e chi altri se non Minerva McGranitt
poteva aiutarli?
Quella
notte, ignari dei folli piani che albergavano nelle
menti ancora più folli dei loro amici, Hermione Evans e Tom
Riddle si
dirigevano a passi felpati verso la foresta proibita, nei loro mantelli
da
mangiamorte.
Non
parlavano, entrambi offesi per i recenti avvenimenti, ma
erano mangiamorte e non potevano lasciarsi sopraffare da qualcosa di
così
futile come i sentimenti.
Le
riunioni erano state interrotte in seguito all’incidente di
Hermione con le tre K, ma adesso che si era ripresa al meglio non vi
era
ragione per non riprendere con la solita routine.
Dopo
i soliti convenevoli, Hermione si ritrovò a combattere
con una ragazza bionda che le ricordava molto la sua amica Luna per i
lunghi
capelli biondi e gli occhi azzurri. Era brava, ma non abbastanza,
così dopo che
l’ebbe sconfitta qualcosa tipo cinque volte interruppe il
duello iniziando a
consigliarle incantesimi offensivi e difensivi.
«Mi
chiamo Evanna, a proposito.» disse la bionda ad Hermione,
porgendole la mano con un sorriso. Dopo l’incontro avevano
deciso di tornarsene
insieme al castello, nonostante lo sguardo irritato di Tom.
«Evanna
Lovegood. Prefetto Serpeverde.»
Hermione
si stupì di non averla mai incontrata prima, si
sarebbe sicuramente ricordata dalla nonna di Luna alle riunioni, e
quando
glielo fece presente la ragazza scoppiò a ridere.
«Passo
il mio tempo più negli altri dormitori che nel
mio,»
confessò arrossendo «e alle riunioni non vengo
mai, ci pensa l’altro mio
collega a ragguagliarmi sulle novità. Non apprezzo molto la
vita laggiù nei
sotterranei.»
Quella
ragazza era sempre più strana ma, dopotutto,
cos’altro
ci si poteva aspettare da un’antenata di Luna? Tuttavia la
curiosità dopo un
po’ ebbe la meglio, e dopo aver convinto Evanna a prendere
con lei una tazza di
cioccolata nelle cucine prima di rientrare in dormitorio (o in
qualunque altro
luogo lei amasse dormire), riuscì a farsi spiattellare il
perché e il per come
lei fosse entrata in serpeverde, in particolare fra i mangiamorte, se
mal
sopportava persino la vita nei sotterranei.
Aveva
la parlantina facile, quindi non fu molto difficile.
Scoprì
che era stata costretta ad entrare in Serpeverde a
causa della sorella maggiore Xena, nonché dalla sua
famiglia, appertenente a
quella casata da intere generazioni. Era sempre stata troppo debole per
opporsi
al volere altrui, e quando la sorella morì a causa di alcuni
babbani davanti ai
suoi occhi tale debolezza fu palese anche a lei.
Aveva
deciso di entrare nel club esclusivo di Riddle per
imparare a non esserlo più, ma la vita serpeverde non faceva
proprio per lei, e
quindi passava le notti alternandosi fra la torre di astronomia e i
dormitori
delle ragazze con cui aveva fatto amicizia, nettamente più
gentili rispetto a
molte serpeverdi.
Hermione
era stupita da quella ragazza soprattutto perché,
nonostante le suo spiegazioni, proprio non riusciva a ricordarsela
nemmeno nei
corridoi della scuola o a lezione!
Poiché
sembrava troppo maleducato dirlo, preferì cambiare
argomento. Fu Evanna a farlo, con una domanda che la fece arrossire
come non le
capitava da tempo.
«Congratulazioni
per la grande conquista, a proposito! Non ti
ho fatto ancora i miei complimenti per esserti accaparrata lo scapolo
ghiaccio
di Hogwarts. Sono anni che alcune tra le più belle ragazze
di ogni età ci
provano con lui, eppure lui non le ha mai degnate di uno sguardo. Se
posso
chiederlo, com’è essere la sua ragazza?»
Hermione
poteva optare per bugia o verità. Optò per la
verità,
visto tutte le cose personali che Evanna le aveva raccontato.
«È
IMPOSSIBILE!» potè sbottare finalmente, alzandosi
dalla
sedia sulla quale era seduta e facendo sobbalzare qualche elfo
lì intorno
ancora sveglio.
Iniziò
ad elencare tutte quelle cose che si era tenuta dentro
in quei giorni, cose che non aveva detto nemmeno a Dorea, insieme ai
suoi dubbi
sul fatto che forse lui non la trovasse minimamente attraente.
«Cioè,
stiamo insieme, ma non stiamo insieme.» cercò di
spiegarsi Hermione muovendo freneticamente le mani.
«Lui
vuole che sia sua, ma non sono sua, e si comporta come se
lo fossi ma non lo sono, capisci! E adesso che c’è
il ballo di Natale lui non
mi inviterà nemmeno perché non è il
tipo per certe cose, e non vorrà nemmeno
che ci vada con altri perché per lui sono sua, ma io non
sono sua anche se
tutti lo credono e voglio andare a quello stramaledetto
ballo!»
Ed
Evanna, davanti alla sua espressione stravolta, fece quello
che avrebbe fatto Ginny Weasley in quella circostanza. Fissò
impassibile l’amica
e domandò: «hai il ciclo?» ed Hermione,
invece di lanciarle una scarpa appresso
come aveva fatto quella mattina con Tom urlò con tutto il
fiato che aveva in
gola:
«Sììììììììì!»
Scoppiarono
a ridere quasi in contemporanea, e quando
riuscirono a calmarsi abbastanza da poter parlare senza singhiozzare,
Evanna
fece una proposta che Hermione non potè rifiutare, dal
momento che voleva delle
risposte.
E
quando Hermione Granger voleva delle risposte le otteneva,
qualunque fosse il suo cognome.
Mentre
le due ragazze si organizzarono di chiedere asilo per
quella notte a Minerva McGranitt, davanti l’ingresso della
Sala Comune di
Serpeverde Tom Riddle si mosse irrequieto, ancora sveglio nonostante
l’orologio
segnasse ormai le quattro del mattino. Stava aspettando Hermione, e
continuò a
farlo fino a quando il sonno non ebbe la meglio su di lui facendolo
addormentare sul divano.
Fece
sogni strani su un uomo amorfo e su una luce che si
allontanava. Quando si svegliò, era così
distrutto che sperò la giornata
finisse in fretta, ma quando si diresse in Sala Grande non aveva la
più pallida
idea di quello che la giornata gli avrebbe riservato.
Se
l’avesse avuta, sicuramente se ne sarebbe ritornato a
letto.
24
dicembre 1997. Godric’s Hollow.
Davanti
alla tomba dei suoi genitori, Harry Potter,
l’indesiderabile numero 1,
si
inginocchiò facendo comparire con un colpo di bacchetta una
ghirlanda di fiori.
La posizionò in modo da toccare le foto dei due giovani
ritratti sulle lapidi.
Era
così bella la sua mamma, pensò Harry trattenendo
a stento
le lacrime. Chissà come sarebbe stata la sua vita se i suoi
genitori non
fossero morti. Con Sirius che gli dava consigli su come comportarsi con
Ginny,
suo padre che cercava di metterlo in imbarazzo costringendolo a
portarla a casa,
e sua madre e Remus che li ammonivano di smetterla sorridendo.
Come
gli sarebbe piaciuto avere una sorella. Magari come
Hermione, ma identica a Lily. E magari anche un fratellino pestifero
identico a
James che gli rubava la scopa da corsa.
Sirius
avrebbe potuto sposarsi, avere dei figli, e rifarsi la
vita che aveva perso ad Azkaban per un reato che non aveva mai
commesso…
Ron
Weasley, il suo migliore amico, gli posò una mano sulla
spalla.
«Harry,
dobbiamo andare.»
Già,
avevano altri horcrux da trovare.
Dopo
un’ultima occhiata alle due lapidi i due si
smaterializzarono, senza accorgersi di essere stati osservati per tutto
quel
tempo da tre figure nascoste dietro un albero.
Si
avvicinarono anche loro alle lapidi, come aveva fatto prima
Harry, e la figura più minuta si abbassò a
sfiorare la ghirlanda di fiori di
giglio, i suoi preferiti.
Sorrise,
prima di rivolgere un sorriso dolce agli altri due
incappucciati.
Era
ora di fare visita ad un certo lupacchiotto…
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Sono
viva e scusatemi, davvero. È passato quasi un anno
dall’ultima volta che ho aggiornato e la spiegazione
è semplice: ho iniziato a
frequentare l’università in un’altra
regione!
Beh,
non vi annoierò con i dettagli della mia noiosa vita in
Umbria, quindi torniamo al capitolo.
Alloooooora,
mi è venuto in mente di chiamare l’antenata di
Luna come l’attrice che la interpreta perché,
francamente, mi sembrava carino.
Spero davvero che non siate rimasti delusi. Tom ed Hermione sono due
imbranati
cronici incapaci a relazionarsi con l’altro sesso e combinano
solo guai ma,
credetemi, l’arrivo della Lovegood era necessario per
triplicarli nel prossimo
capitolo, nel quale, fra l’altro, si ritornerà
anche a parlare dell’anima nera
di Tom.
Quanto
al resto… sovrapposizione temporale! Spero davvero di
non aver esagerato, ma cose terribili accadono ai maghi che giocano con
il
tempo. Non devono essere visti!
Vabè
non c’è bisogno di spolierare altro, nel prossimo
capitolo, tuttavia, ci sarà da ridere ve lo assicuro!
Baci
e abbracci, Mary Evans.
|
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Capitolo 14 *** Gelosia, Gelosia, Gelosia ***
11
dicembre 1944. Sala Grande.
Quando
Tom Riddle vide Hermione Evans entrare in Sala Grande
quella mattina, era già pronto a farle una lavata di capo.
Dire
che era arrabbiato era un eufemismo. L’aveva aspettata
fino a tarda ora, contravvenendo alle sue abitudini, e lei aveva avuto
anche il
coraggio di non presentarsi!
Non
vi erano molti studenti seduti ai tavoli, ma una scenata
sarebbe stata decisamente fuori luogo. Soprattutto per lui.
Quando
Hermione Evans vide Tom Riddle quella mattina, capì
subito che era incazzato nero! Si irrigidì pur sostenendo il
suo sguardo,
iniziando però a guardarsi intorno in cerca di una via di
fuga. Sapeva che
allontanandosi non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose, ma allo
stesso
tempo sperava che il piano di Evanna fosse già entrato in
atto. Erano stati
esclusi dall’incanto, ovviamente, i ragazzini dei primi
cinque anni e i suoi
amici.
Appena
vide Louis Garret, un Grifondoro del sesto anno,
avvicinarsi a lei quasi esitante, tenne le dita incrociate.
Era
carino Louis, quindi si ritenne fortunata ed esibì il suo
migliore sorriso a trentadue denti.
«Ciao
Hermione, come va?» le chiese Louis. Lo sguardo quasi
adorante.
«Tutto
bene Louis. Alla fine sei riuscito a passare il compito
di pozioni?» La ragazza ricordò infatti di averlo
aiutato negli ultimi ripassi
prima della prova decisiva di fine semestre.
Mai
domanda fu meno azzeccata, dal momento che Louis, esaltato
dalla sua benevolenza, le posò una mano sul braccio.
«Tutto
bene… AHI!»
Il
ragazzo ritirò di scatto la mano dal braccio, colpito
d’improvviso da una forte scossa.
Hermione
lanciò un’occhiataccia a Riddle che si era
adombrato
in volto, e poi riprese a prestare attenzione al povero Louis.
«Scusami,
ti sei fatto male?»
«Ma
no, ma no, non è nulla!» la rassicurò
Louis, nascondendo
però le vesciche che si stavano già formando
sulla mano.
«Volevo
solo chiederti se…» ma non riuscì mai a
completare la
frase perché iniziò improvvisamente a
boccheggiare, ed il suo posto venne preso
da uno studente del settimo anno Tassorosso.
«Ciao
Hermione, mi chiamo Hernest Millerman, Caposcuola
Tassorosso, volevo chiederti se…» ma ancora una
volta la ragazza non riuscì a sentire
il seguito della frase.
La
Sala Grande nel frattempo si era popolata, e tutti i nuovi
arrivati iniziarono a mandare occhiate alterne colme di sorpresa da Tom
Riddle
ad Hermione Evans con i suoi pretendenti. Nessuno aveva mai messo in
dubbio la
bellezza della Serpeverde, ma il marchio che Tom Riddle le aveva
impresso aveva
scoraggiato tutti, troppo impauriti dal Serpeverde per tentare una
missione
suicida solo per una ragazza.
Invece
adesso sembrava che quella paura fosse scomparsa dalla
mente di tutti, e persino le amiche di Hermione erano sorprese da
questo fatto.
E, come tutti, avevano anche una paura fottuta della reazione di
Riddle, la cui
mano sinistra impugnava saldamente la bacchetta pur avendo un rossore
che
iniziava dal collo espandendosi fino a metà guancia.
Sarebbero
anche scoppiati a ridere se non fosse stato per il
timore di un omicidio… e conoscendo Riddle, tutto era
possibile!
Solo
Christian Zabini trovava la cosa estremamente divertente,
ma lui era un caso a parte.
Ormai
intorno ad Hermione si erano radunati circa una decina
di ragazzi, fra il mormorio diffuso degli altri studenti.
Aspettavano
tutti la bomba, che si presentò con il nome di
Albert Meclaggen.
Si
alzò tutto baldanzoso dal tavolo dei Grifondoro e, dopo
essere riuscito ad arrivare fino ad Hermione, semplicemente, le
afferrò il
volto e la baciò.
Hermione
aveva gli occhi spalancati, ma come nei migliori film
romantici l’intera sala si esibì in un
‘Oooohhhhhh’ pieno di sorpresa.
D’improvviso
ci fu un’esplosione che sbalzò lontano tutti gli
studenti intorno ad Hermione, tranne Meclaggen, che tuttavia venne
voltato da
Tom Riddle in persona, e prima che potesse dire alcun che fu colpito da
un
pugno intriso di magia talmente forte da sbalzarlo oltre
l’ingresso.
Ci
furono solo tre secondi di silenzio dopo quest’azione da
parte del Serpeverde, durante i quali egli non fece altro che fissare la sua
ragazza con sguardo furioso.
Poi,
come ogni uomo che si rispetti, con un balzo fu
nuovamente su Meclaggen iniziando a colpirlo con calci e pugni
dimenticando
completamente la bacchetta.
E,
in seguito all’urlo battagliero di Christian Zabini,
l’intero corpo studentesco maschile si ritrovò
coinvolto in quella che sarebbe
passata alla storia come la migliore rissa del secolo.
Solo
per una ragazza.
Halleluja!
Le
lezioni di quella mattina furono annullate, per la gioia di
tutti.
Quelli
che avevano bisogno di cure mediche furono spediti in
infermeria, ma dopo che Madama Blythe ebbe curato quel che
c’era da curare, Tom
Riddle, Hermione Evans, Albert Meclaggen e Christian Zabini vennero
convocati
nell’ufficio del preside Dippet.
Christian
Zabini non la smetteva di sghignazzare a quella
scena, Tom Riddle che viene convocato dal preside per una punizione non
era
cosa da tutti i giorni!, ed il fatto che stesse continuando a
bisticciare con
quell’idiota di Albert che stava provandoci ancora con
Hermione non faceva che
dare un po’ di brio alla loro situazione…
nonché all’evento che si era appena
verificato: Tom Riddle, l’uomo di ghiaccio, si era appena
sciolto, dichiarando
il suo amore alla nuova allieva, Hermione Evans, attraverso un raptus
di
gelosia!
Probabilmente
nessuno avrebbe mai creduto a quella scena se
non l’avesse vista con i propri occhi: chi se lo sarebbe mai
aspettato che il
glaciale Riddle avesse un destro tanto formidabile?
Hermione
era imbarazzatissima per l’accaduto. Lei, che non si
era mai messa in mezzo a questi scandali di coppia, si era lasciata
fregare da
un incantesimo solo per ottenere delle risposte.
E
adesso Riddle gliele avrebbe fatte scontare una ad una, poco
ma sicuro.
Armando
Dippet li aspettava con un cipiglio scuro in volto.
Quando
li fece accomodare, iniziò il suo discorso.
«Sono
molto deluso. Davvero, davvero deluso. Voi siete due
Caposcuola e un prefetto! Dovreste essere un modello di comportamento,
non
eccedere in simili nefandezze!»
Zabini
tossicchiò.
«Signor
preside, tecnicamente, io non sono né un prefetto
né
un caposcuola quindi andrei…»
«Fermò
lì, Zabini!» tuonò Dippet.
«C’ero anch’io quando hai
urlato alla rissa in Sala Grande non trattarmi da stupido. 50 punti
verranno
sottratti a Serpeverde per la tua grave mancanza di giudizio, e pulirai
i bagni
del secondo, terzo e quarto piano senza magia!»
Christian
fece per ribattere ma un’occhiata del preside lo
fece desistere, fu quindi con aria afflitta che uscì dallo
studio, maledicendo
tutti i maghi e streghe del mondo magico per la sua sfortuna.
«Quanto
a voi tre, non sono a conoscenza dei motivi che vi
hanno spinto ad agire in quel modo, anche se posso
immaginarlo.» e qui lanciò
un’occhiata adorante e divertita ad Hermione, che
arrossì ancor di più
«All’amor non si comanda, quindi non riceverete
punizioni, anche se verranno
tolti 60 punti a testa ai vostri dormitori. Potete andare
adesso.»
Albert,
Tom ed Hermione si alzarono in contemporanea e si
affrettarono ad uscire prima che il preside cambiasse idea riguardo una
loro
punizione. Tutto sommato, se l’erano cavata bene.
Appena
fuori l’ufficio, però Albert tornò
all’attacco.
«Senti
Hermione, allora per il mio invito qual è la
risposta?»
Hermione
pensò che quell’incantesimo annullava del tutto lo
spirito di sopravvivenza, perché nessuno avrebbe mai osato
fare una domanda del
genere con Tom davanti, in particolar modo dopo la scenata in Sala
Grande.
Vide
di sottecchi che il bel Riddle aveva già in mano la
bacchetta, ed abbozzò una risposta costringendo Albert ad
andarsene prima che
fosse troppo tardi.
«Ehm…
sì, beh… poi ne parliamo,
eh…» riuscì a balbettare,
Spalancò
gli occhi quando lui la salutò con un bacio sulla
guancia, fissando spaventata la tempia pulsante di Tom, e quando
finalmente Albert
si fu allontanato Hermione sospirò di sollievo. Tuttavia, un
attimo dopo si
ritrovò schiacciata contro il muro con le labbra di Tom che
premevano
prepotenti sulle sue, come a dirle che la questione non era affatto
conclusa.
Il
ragazzo era arrabbiato, ma Hermione egoisticamente pensò
che se per essere baciata in quel modo avrebbe dovuto rischiare la vita
provocandolo, allora sarebbe morta pur di vivere di nuovo
quell’oblio.
«Tu
non parlerai mai più a quella feccia, sono stato
chiaro?»
sibilò Tom Riddle al suo orecchio. Non le diede nemmeno il
tempo di rispondere
che la trascinò in un’aula vuota lì
vicino, che insonorizzò e sigillò con un
incantesimo.
Hermione
non aveva mai visto qualcuno tanto arrabbiato, e per
la prima volta ebbe davvero paura di Tom Riddle.
Gli
occhi che la fissavano erano diventati rossi, e un alone
nero stava iniziando ad espandersi intorno a lui.
Adesso
sembrava davvero Lord Voldemort.
Uccidila!
Una
voce serpentesca si sentì d’improvviso nella
stanza, e Tom
si accasciò urlando. Quando Hermione tentò di
avvicinarsi, tuttavia, lui la
respinse con la magia.
«Lui
vuole ucciderti! Stai indietro!» le urlò contro,
con un
tono così disperato che ad Hermione si strinse il cuore nel
vederlo combattere
contro qualcosa più forte di lui.
È
un’insulsa ragazzina!
Uccidila, Lord Voldemort! È un ordine!
La
Serpeverde era preoccupata. Tom non ce la faceva più a
resistere, e in gioco c’era ormai la vita di entrambi.
Fu
allora che si ricordò di un incanto che aveva letto fra le
carte del Lord nel suo tempo.
Era
rischioso, ma a quel punto non aveva molta scelta .
Prese
la bacchetta in mano e si avvicinò al ragazzo,
afferrandogli il volto e puntando la bacchetta contro il suo cuore.
«Tom,
pensa a me.» sussurrò piano, e in quel momento nel
rosso
dei suoi occhi riuscì a scorgere quel grigio che
l’aveva fatta tanto
innamorare.
«Amor
Mortis!» urlò, e a quelle parole si
sentì un urlo
agghiacciato, seguito da quello di Riddle e dal suo stesso.
Dopo
qualche secondo, l’alone che aveva avvolto Tom fino a
quel momento era scomparso, e lui giaceva svenuto sul pavimento.
Prima
di perdere i sensi, Hermione si guardò il petto, nel
punto in cui doveva esservi il cuore.
Il
simbolo che raffigurava morte e amore, uniti in una
spirale, fece bella mostra di sé per qualche secondo prima
di sparire,
assorbito dalla pelle.
Hermione
sospirò.
Amor
Mortis. Amore fino alla morte.
Alzando
lo sguardo su Tom, sorrise.
Amore
fino alla morte.
|
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Capitolo 15 *** Sorprese di Natale e CSDIA ***
25
dicembre 1997. Casa di Remus Lupin.
Quel
25 dicembre 1997, Remus Lupin era solo. Aveva perso tutta
quell’allegria che
aveva acquisito negli anni da quando aveva rincontrato Harry.
Harry.
Bevve
un sorso di quello che doveva essere vodka e fece una smorfia
disgustata.
Ricordava
ancora la sua espressione, mentre gli diceva che i genitori non
dovevano
abbandonare i propri figli, a meno che non ne siano costretti.
Era
stato come rivedere James, quando al terzo anno dopo aver scoperto che
era un
lupo mannaro gli urlò contro che gli amici non si
abbandonano mai nel momento
nel bisogno, e che se si fosse nuovamente autocommiserato per una cosa
del
genere nei rapporti con le altre persone lo avrebbe preso a pugni.
Harry
assomigliava a lui più di quanto pensasse…
Il
rumore del campanello lo riscosse, e cauto si avvicinò alla
porta. Sperò solo
che non fosse di nuovo Tonks, anche se il pensiero che fosse lei lo
fece
affrettare.
Come
si permetteva di correre da lui nelle sue condizioni?
Dallo
spioncino vide tre figure incappucciate e alzò la bacchetta.
«Chi
siete?» esclamò. Nessuno che non fosse
dell’Ordine avrebbe potuto superare le
protezioni che aveva messo, ma non si poteva mai sapere.
Quando
le figure abbassarono i cappucci rischiò di svenire
all’istante.
«Andiamo,
Rem, aprici!» disse quello che doveva essere James Potter, e
gli altri due
sorrisero.
«È
tutto vero, Rem.» sussurrò Lily Potter, mentre
Sirius Black annuiva
energicamente.
«Come
definivano James Potter e Sirius Black la mia licantropia?
Quando
ha scoperto Lily Evans che ero un lupo mannaro?» disse con
voce isterica al di
là della porta, e quando i tre risposero correttamente,
cautamente la aprì
rimanendo però senza parole.
Non
poteva essere vero. Era sicuramente uno scherzetto dei mangiamorte.
Eppure le
loro risposte solo Lily Evans, James Potter e Sirius Black avrebbero
potuto
darle.
Sì.
Perchè, Lily Evans Potter, James Potter e Sirius Black erano
lì di fronte a
lui, esattamente come se li ricordava in vita.
D’improvviso,
però, vide tutto nero. E davanti alle espressioni
preoccupate dei tre,
semplicemente, Remus John Lupin svenne per la prima e ultima volta
nella sua
vita.
Lily
Evans in Potter sospirò mentre posava una pezza umida sulla
fronte del suo
migliore amico, steso sul divano ancora svenuto.
Dietro
di lei, suo marito e il padrino di suo figlio stavano ancora ridendo.
«Diamine,
James! Siamo tornati in vita noi e stavamo per far morire
lui!» disse Sirius
Black con la sua tipica risata canina.
James
Potter annuì.
«Non
era mai svenuto prima, credo. Nemmeno quando al sesto anno ti
trasformasti con
la polisucco in Emmeline Vance e ti spogliasti davanti a
lui… gli venne una
ciocca grigia quel giorno… ah, eccola, è ancora
qui!» disse entusiasta
illuminando i capelli del compare e scovando la famosa ciocca grigia.
«Siete
due idioti.» sbottò a quel punto Lily Potter
alzandosi per fronteggiarli.
«Potevamo procurargli un infarto!»
«Sarebbe
stata la prima volta…»
Una
voce roca fece voltare verso il divano tre paia di occhi, e Lily si
affrettò
subito ad aiutare l’amico nel tentativo di alzarsi.
«Cosa…
come… voi… »
«Forse
è meglio che lasci parlare noi.» propose la
ragazza in seguito ai balbettii
dell’amico, che annuì.
«Si
è aperto un varco spazio-temporale qualche mese fa. Non
sappiamo come sia
avvenuto, però. Sirius, da oltre il velo, è
riuscito ad uscirne, e noi,
dall’aldilà, siamo riusciti a tornare in
vita.»
«Ma
come…»
«Non
siamo mai andati via.» spiegò questa volta James.
«Non
potevamo lasciare Harry da solo, né te,
né Sirius. Ci è stato proposto di
andare avanti ma non abbiamo voluto. Vi abbiamo osservati per tutto
questo
tempo da una specie di limbo, e quando il varco si è aperto,
semplicemente, lo
abbiamo attraversato. Ci siamo trovati nel cimitero di
Gordric’s Hollow davanti
alle nostre tombe, e poco dopo abbiamo visto Sirius, riapparso davanti
alla
tomba vuota allestita per il suo funerale da Harry. Ed ecco
tutto.»
Remus
sembrava sul punto di svenire di nuovo, ma quando comprese che
ciò che stava
vivendo era reale calde lacrime iniziarono a scorrergli sul volto. Si
alzò di
scatto e abbracciò Lily, poi James e Sirius, mentre
continuava a mormorare
senza senso frasi come “mi dispiace”
“è colpa mia” “siete qui,
siete vivi”.
Dopo
che si fu calmato (grazie soprattutto ad una camomilla preparata in
fretta e
furia da Lily), si sedettero tutti e tre intorno ad un tavolo per
decidere il
da farsi.
«Dio
mio, non posso credere che siate davvero qui.»
esalò nuovamente il lupo
mannaro.
Sirius,
nel frattempo, aveva iniziato a guardarsi intorno.
«Remus,
scusa se te lo chiedo, ma la mia adorabile cuginetta Ninfadora,
nonché tua
moglie, dov’è?»
Lupin
sembrò imbarazzato dalla domanda, ma decise di sganciare
subito la bomba.
«Dora
è incinta e ci siamo lasciati.»
Le
facce die tre passarono dalla felicità assoluta alla rabbia
repressa in meno di
un secondo.
Sirius
sembrava voler prendere a pugni Remus e si stesse a malapena
trattenendo. James
lo fece.
Con
calma flemmatica si alzò dalla sedia e menò un
gancio destro così forte da far
cadere il mannaro per terra.
«Sei
un idiota, Remus Lupin!» gli urlò in faccia.
«So benissimo cosa ti passa in
quella testa bacata e hai fatto una stronzata lasciando Tonks e tuo
figlio non
ancora nato al loro destino! I genitori non dovrebbero mai abbandonare
i propri
figli, a meno che non ne siano costretti!»
«Nessuno
potrebbe mai vergognarsi di te, Remus.» mormorò
Lily più calma affiancandosi al
marito.
Remus
sospirò. Poi, inaspettatamente, sorrise.
«Harry
mi ha detto la stessa cosa.» confidò, ed un
sorriso andò ad aprirsi sul volto
di tutti al nome del prescelto.
«Certamente!»
disse Sirius con orgoglio «Perché il mio
figlioccio ha preso il buon senso del
padrino!»
Scoppiarono
tutti a ridere, e a Remus sembrò di essere ritornato felice
come un tempo, con
i suoi malandrini riuniti.
Aveva
ragione James e aveva ragione Harry.
Doveva
tornare da Dora e da quel bambino non ancora nato che avrebbe amato con
tutto
se stesso. E se avesse avuto la sua maledizione, lo avrebbe amato
ancora di
più, perché era il frutto del suo amore e di
quello di Ninfadora.
«Buon
Natale, ragazzi.» sussurrò sottovoce senza farsi
sentire.
Fuori,
un orologio battè la mezzanotte.
Era
stato il Natale migliore di sempre.
12
dicembre 1944. Stanza delle Necessità.
Tom
Riddle dormiva da 12 ore. 12 ore e 14 minuti. 12 ore, 14 minuti e 35,
36, 37
secondi.
Era
solo questo che stava tormentando la testa di Hermione Evans in quel
momento.
Alternava lo sguardo dal Serpeverde all’orologio a muro sopra
di lui quasi come
se facendo in quel modo il risveglio si potesse affrettare.
Sospirò
ancora quando i minuti divennero 15.
Aveva
mandato un patronus ai suoi amici per rassicurarli, e chiedergli di
inventare una
qualche scusa con gli insegnanti per la loro assenza alle lezioni.
Aveva
promesso che avrebbe spiegato tutto più tardi, ma dubitava
che avrebbe rivelato
a qualcuno dell’incanto Amor Mortis.
Lei
e Riddle sarebbero stati legati, d’ora in avanti.
“La
vita di uno è la vita dell’altro, e la morte
uccide entrambi, ma l’amore li
salverà dall’Inferno,” recitava la
spiegazione dell’incanto.
Silente
aveva ragione quando diceva che l’amore è la forza
più grande di tutte.
Secondo
l’incanto, se l’amore dei soggetti sui quali viene
effettuato l’incantesimo è
forte, può sconfiggere tutti i tipi di magia; se invece i
due erano animati
dall’odio, allora avrebbero finito per uccidersi a vicenda,
perché nessuno dei
due poteva vivere se l’altro sopravviveva.
Beh,
almeno con quello aveva ottenuto le risposte che voleva, si disse con
un
sorriso, e nello stesso istante un gemito la fece precipitare al
capezzale del
bel Riddle.
Stava
già cercando di alzarsi, com’era prevedibile,
quindi lo spinse giù dolcemente.
«Devi
riposare.» sussurrò dolcemente, ma Tom la
fulminò con lo sguardo sforzandosi di
nuovo di mettersi a sedere.
«Io
non devo proprio niente, Hermione Evans, se non
chiederti di venire a
quel maledetto ballo di Natale con me.»
Sembrava
si stesse davvero sforzando per dire quelle parole senza mandarla a
quel paese
dopo la scenata del giorno prima, eppure sembrò arrossire
leggermente quando,
dopo qualche secondo, la ragazza spalancò la bocca per lo
stupore in una
perfetta O.
«Beh
potresti anche rispondere a questo punto!» sbottò
irritato Riddle, alzandosi di
scatto per doversi poi appoggiare alla ragazza per non cadere.
Hermione
lo afferrò in tempo e gli riservò un’
occhiata seccata.
«Avrei
preferito una richiesta più romantica ma sì, la
mia risposta è sì.»
Tom
fece un mezzo sorriso prima di tornare cupo come prima.
«Immagino
tu voglia delle risposte per quella cosa che stava per
attaccarci…»
«Era
magia oscura.» disse sicura Hermione «E no, non
voglio delle risposte se non
sei pronto a darmele.»
«Non
so nemmeno io cos’è, a dire il vero.»
cercò di spiegarle il ragazzo «So solo
che è sempre stata lì, fin da quando ho memoria.
Mi costringe a fare cose
cattive a chi si comporta male con me. Mi costringe a farli soffrire.
Con il
tempo sono riuscito controllarlo, ma da quando sei venuta tu sembra
essersi
risvegliato. E vuole che ti uccida.»
Aspettò
che la ragazza scappasse via a gambe levate, ma quando questo non
avvenne alzò
un sopracciglio.
«Hai
un istinto di sopravvivenza quasi inesistente, Evans, te
l’hanno mai detto?»
commentò poco dopo, e ad entrambi scappò un
sorriso prima che lui facesse la
domanda successiva.
«Che
incantesimo hai usato per fermarlo?»
Hermione
esitò per un momento, indecisa sul cosa dirgli, poi
però optò per la verità.
Tanto prima o poi lo avrebbe scoperto comunque.
«L’incanto
si chiama Amor Mortis. L’ho letto su dei fogli tempo fa.
Serve ad arginare
qualunque maleficio, ma funziona solo se» e qui
arrossì «le due persone si
amano. Questo significa che d’ora in avanti noi due siamo
collegati: se muoio
io, muori tu, e viceversa, ma insieme saremo imbattibili.»
Hermione
temette di aver troppo romanzato la frase quando vide il volto
impassibile di
Riddle, che si coricò nuovamente nel letto.
«Dormi
un po’.» le disse dopo qualche secondo.
«Dovremo essere in forze quando saremo
assediati dagli altri con le domande.»
Hermione
annuì, e fece comparire un letto poco distante da quello di
Riddle per poterlo
tenere sotto controllo, cercando di nascondere la delusione che la
mancata
reazione a quelle parole aveva provocato.
«Hermione,»
la richiamò Riddle dopo un po’.
«Uhm…»
mugugnò la ragazza con gli occhi chiusi, facendogli
intendere di stare
ascoltando.
«Prova
ancora a farmi ingelosire con un incantesimo della Lovegood e giuro che
ti
ammazzo, ma, beh, grazie per il resto.»
Hermione
arrossì per la figura di merda che sapeva di aver fatto, ma
preferì godersi
quel ‘grazie’ che raramente sentiva pronunciare dal
bel caposcuola.
Grazie
per avermi salvato da me stesso, ipotizzò significasse, ma
non sapeva che il
significato attribuitogli da Riddle era un altro: grazie di esserci.
Poco
lontano dalla Stanza delle Necessità, due ragazze e due
ragazzi dopo mezz’ora
di suppliche erano finalmente riusciti a convincere una riluttante
Minerva
Mcgranitt ad aiutarli nel piano “Come Sverginare Due Idioti
che si Amano”, o
più semplicemente CSDIA.
Lontano
dagli occhi degli altri, Christian Zabini chiese a Minerva di essere la
sua
accompagnatrice per il ballo.
Lei
accettò.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Scusate
per il capitolo breve ma non vedevo l’ora di aggiornare!
Ringrazio tantissimo
Chimera_Jackson, Haileen e TomMalfoyandEmmaGranger per le recensioni
del
capitolo precedente e tutti quelli che hanno recensito gli altri
capitoli o
hanno messo la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate! Mi
ha dato
davvero una gran gioia vedere che la storia vi sta appassionando! Spero
solo
che la venuta di James, Lily e Sirius non vi faccia cambiare idea! Non
ho mai
tollerato la morte dei malandrini (escluso Minus), e anche se la vita
molte
volte è ingiusta e sono le persone migliori a rimetterci, ho
pensato che dare
loro una possibilità di rivalsa sul fato in questa fic non
poteva esser tanto
male… cioè, ce l’ha avuta Voldemort la
seconda possibilità e loro no?
A
proposito ho scoperto che la Mcgranitt è di un anno
più grande di Riddle, però
mi perdonerete le svista se li ho messi entrambi al settimo anno. E poi
non
ricordavo quando di preciso Remus torna da Dora dopo la strigliata di
Harry
quindi ho pensato di far coincidere il periodo con quello di Natale. Se
qualcuno vede altre sviste di questo genere gli sarei grata se me le
facesse
presente, grazie, perchè dovrò fare una bella
revisione appena sarò in vena ma
potrebbe sfuggirmi qualcosa, in particolare mi riferisco alle sviste
temporali.
Beh,
al prossimo capitolo e grazie ancora a tutti! Mary Evans.
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Capitolo 16 *** Horcrux ed Elfi Domestici ***
15
dicembre 1944. Dormitori di Serpeverde.
Quel
15 dicembre 1944 mandò in estasi parte della popolazione
femminile di Hogwarts e in pieno sconforto quella maschile. Il motivo?
Il
professor Lumacone, come era soprannominato dagli studenti, aveva avuto
un’idea, brillante a suo parere: in seguito agli avvenimenti
che avevano creato
tanto scompiglio tra gli studenti, e che avevano coinvolto in
particolar modo
due suoi pupilli, Hermione e Tom, aveva deciso di indire una cena del
Lumaclub esattamente
cinque giorni prima del ballo di Natale, con la speranza di risollevare
gli
animi.
Era
da quando si era sparsa per la scuola la voce che Tom
Riddle era stato portato in Infermeria in seguito ad uno svenimento
durante
l’ora di Trasfigurazione che ci pensava, e in seguito alla
concessione del
preside l’annuncio venne dato, scatenando il caos fra gli
appartenenti al Luma
Club.
Come
previsto, Dorea quella mattina aveva costretto Hermione a
svegliarsi presto per andare in cerca dei vestiti perfetti.
Solo
loro due erano state invitate alla cena di Lumacorno, ma
poiché dovevano trovare anche gli abiti per il ballo avevano
deciso di invitare
anche Lyra e Minerva, con la quale ormai avevano fatto amicizia.
Senza
contare che pareri in più su scarpe e accessori erano
sempre graditi.
Quello
che preoccupava Hermione, però, era il budget di cui
disponeva (non aveva un proprio conto alla Gringott di
quell’epoca), che
per due vestiti sicuramente non sarebbe
bastato. Ricordandosi tuttavia vestiti che le aveva procurato Silente a
inizio
anno, trovò quello che faceva al caso suo, che per una cena
del Lumaclub andava
benissimo in quanto molto simile a quello che aveva indossato durante
un’altra
cena del professore durante il suo sesto anno, solo di colore rosso e
molto più
lungo, quasi con lo strascico.
Ma
per il ballo di Natale doveva per forza andare a fare
shopping, e per di più anche per il primo vestito le
servivano le scarpe e gli
accessori. La cosa iniziò a preoccuparla davvero, ma mattina
del 15 tutti i
suoi problemi con i soldi svanirono quando trovò un
sacchetto pieno di galeoni
sul suo letto.
Ringraziando
mentalmente Albus Silente per il suo essere così
previdente, si preparò per una giornata interamente dedicata
al divertimento
ignara che nel dormitorio maschile, nel quale Tom Riddle aveva fatto
ritorno da
appena un giorno, si stesse svolgendo una scena pressappoco identica al
caos
del dormitorio femminile.
«Non
ho alcuna intenzione di vestirmi da pinguino.»
sbottò per
l’ennesima volta il sopra citato ragazzo, incrociando le
braccia davanti ai
suoi compagni di dormitorio che, in quel momento, sembravano avere
un’aria
quasi più esasperata della sua.
«Hai
invitato Hermione al ballo… e lei sarà
bellissima… vuoi
forse sfigurare o farla vergognare?» cercò di
farlo ragionare il paziente
Christian.
«No,
ma…»
«E
alla cena di Lumacorno vuoi che ci vada con qualcun altro?»
incalzò a sua volta Cignus, conscio della gelosia del
Serpeverde, anche se
avrebbe pagato per il ripetersi della scazzottata in Sala Grande che,
purtroppo, non era arrivato a filmare.
«Assolutamente
no, ma…» tentò di nuovo Riddle, per
essere poi interrotto
nuovamente da Christian.
«E
allora muovi quel culo e vestiti che sennò tra dieci minuti
ti ci portiamo con la magia ad Hogsmeade… anche in pigiama,
se necessario!
Charlus ci sta aspettando fuori.»
Tom
Riddle avrebbe voluto inventare qualche scusa, davvero.
Che
era troppo povero, che quelle cose non facevano per lui…
ma poi il volto di Hermione gli comparve davanti e pur di farla felice
avrebbe
sopportato anche una cena con quel noioso professore e tutti i suoi
leccapiedi;
e per di più il preside Dippett si era anche premurato di
fargli avere un
sacchetto pieno di galeoni, come piccolo contributo alla sua borsa di
studio
per merito, quindi non aveva nemmeno la scusa della mancanza di denaro.
Con
un sospiro, iniziò a vestirsi per poi recarsi dai suoi
amici (sì, perché ormai anche quel rompipluffe di
Charlus Potter e Cignus Black
potevano considerarsi tali), con il sacchetto di galeoni ben nascosto
in tasca,
senza sapere che quel giorno, né Armando Dippett
né Albus Silente avevano
mandato alcun che ai loro ragazzi.
La
giornata si svolse tranquilla ad Hogsmeade, crisi isteriche
a parte.
Tutti
le ragazze erano riuscite nel compito di rimediare in
tempo il necessario per fare bella figura, e adesso aspettavano con
ansia il
giorno in cui avrebbero potuto sfoggiare il tutto davanti ai loro
accompagnatori,
per potersi vantare con le altre delle scelte migliori (soprattutto di
ragazzi).
Quello
che i due gruppi di nostra conoscenza ignoravano,
tuttavia, erano le due figure che li pedinavano fin da quando avevano
lasciato
Hogwarts.
Erano
ragazzi della loro età, che si fermavano alle vetrine e
si strattonavano di tanto in tanto. Perfettamente normali, dunque.
Nessuno li
notò, nemmeno il paranoico Tom Riddle.
Eppure
una particolarità quei due ce l’avevano: erano
mangiamorte.
20
dicembre
1944. Sala Comune di Serpeverde.
Quando
Hermione finì di vestirsi per la cena del Lumaclub,
quella sera, sorrise triste al suo riflesso allo specchio.
Lo
scorso anno andare a quelle cene era stato fantastico,
c’erano Ginny e Harry a farle compagnia, e inoltre lo
svilupparsi della
relazione tra i due rendeva le cene decisamente più
interessanti…
E
poi c’era Ron… credeva di essere innamorata di lui
a quel
tempo, e le pene d’amore che aveva sofferto nel vederlo con
Lavanda Brown le
avevano fatto vedere l’amico con occhi diversi, ma adesso
aveva capito: Ronald
Weasley era solo un fratellino minore un po’ imbranato su cui
fare affidamento,
non avrebbe mai potuto essere il suo compagno nella vita.
Le
mancava Harry, certo, ma lui era il suo migliore amico, suo
fratello, la comprendeva in tutto, quindi era ovvio che le mancasse.
Eppure,
nonostante questo, aveva abbandonato le ricerche per
tornare nel suo tempo.
Sapeva
di sbagliare, in quanto non era quello il posto a cui
apparteneva, ma sapeva che avrebbe potuto rinunciare persino alla sua
anima se
questo le avrebbe permesso di rimanere al fianco di Tom Riddle.
Cosa
che con l’incanto Amor Mortis ormai aveva già
fatto.
Quanto
a lui, era molto cambiato ultimamente. Dedicava più
attenzione a lei che ai suoi mangiamorte e questo non poteva farle
più piacere,
ma aveva notato che ciò aveva scatenato un po’ di
disappunto nei suoi compagni Serpeverde
e questo la preoccupava non poco.
Inoltre,
lei non veniva trattata più da Tom come una
mangiamorte ma come una ragazza, e questo l’aveva irritata
non poco in quanto delle
volte si rifiutava persino di allenarla nella Stanza delle
Necessità.
Sfruttava
quei momenti per saltarle quasi letteralmente
addosso, pur non arrivando mai al dunque.
Non
era riuscita ancora a parlargliene, in quanto in quei momenti
anche a lei passava la voglia dell’allenamento (Tom Riddle ci
sapeva davvero
fare con la lingua…), ma sapendo di doversi ancora
migliorare aveva iniziato a
farsi dare lezioni di scherma da Cignus Black.
Ogni
purosangue, secondo la tradizione, veniva addestrato fin
da piccolo nelle arti più disparate, dalla scherma al piano
allo studio
dell’intera genealogia del mondo magico.
Ovviamente,
quando Tom l’aveva scoperto si era infuriato e
aveva preteso di assistere alle lezioni, limitandosi ad osservare tutto
e tutti
con sguardo critico, assottigliando gli occhi di tanto in tanto quando
secondo
lui Cignus si avvicinava o sfiorava anche per sbaglio Hermione.
Come
se Cignus avesse mai voluto provarci poi!
Lyra
le aveva raccontato, in via confidenziale dopo l’accenno
alle lezioni, che lei e il bel Black erano promessi sposi.
Non
si amavano ma erano migliori amici, e questo sarebbe
bastato per un buon matrimonio.
Non
ci si poteva opporre ai matrimoni combinati purosangue.
Il
bussare alla porta fece ridestare Hermione dai suoi pensieri,
e la testolina rossa di Dorea spuntò d’improvviso
nella stanza.
«Herm,
spero davvero che tu sia pronta, perché Riddle, qui
fuori, sta andando in iperventilazione.» disse divertita,
scoppiando poi a
ridere insieme all’amica.
«Dammi
ancora un minuto, digli che sto arrivando.»
«Va
bene, io inizio ad avviarmi con Charlus. Non tardate!»
Quindi
chiuse la porta dietro di sé, lasciando una Hermione
stupita.
Davvero
Tom era messo così male?
Per
non sfidare ulteriormente la sua pazienza decise di
sbrigarsi, e afferrando borsetta e scialle uscì dalla stanza.
Quando
giunse all’ingresso della sua Sala Comune vi erano
molti studenti vestiti eleganti che, appena la videro, fischiarono
ammirati.
Riddle,
ovviamente, fece pentir loro questo gesto con un
riuscito ‘languelingua’, ma i suoi occhi erano solo
per Hermione.
La
prese sotto braccio senza una parola, conducendola poi
fuori dal ritratto.
Hermione
pensò che anche senza che lui si fosse messo a
lanciare incantesimi in giro, lo avrebbe riconosciuto anche in mezzo ad
una
folla: Tom Riddle era bello, e la sua aura di carismatica disinvoltura
avrebbe
fatto voltare chiunque.
Ancora
non riusciva a credere che adesso fosse suo.
Aveva
indossato un’elegante veste da mago nera come la pece,
che con la camicia grigia satinata lo facevano sembrare ancora
più figo di
quanto già fosse, eppure non aveva ancora detto una parola
da quando erano
usciti dalla Sala Comune Serpeverde.
Hermione
stava iniziando a dubitare seriamente della scelta
del vestito (forse con quello non era abbastanza bella per stare al suo
fianco?),
ma avrebbe dovuto sapere che Tom Riddle preferiva le azioni alle
parole,
infatti non appena svoltarono un corridoio lui non ci pensò
due volte ad
inchiodarla contro il muro e baciarla.
Da
quando aveva attivato l’incanto Amor Mortis i loro baci
erano diventati molto più intensi di prima…
sembrava quasi che l’incanto stesso
non vedesse l’ora di vederli uniti, e questo non aveva fatto
altro che
peggiorare una situazione che già prima era diventata
insostenibile.
Il
bacio durò qualche secondo, e dopo un «sei
bellissima» da
parte di Tom, come niente fosse si rassettarono i vestiti e il trucco
nel caso
di Hermione, e si fermarono davanti all’ingresso dello studio
di Lumacorno.
«Sei
pronta?» le chiese Tom guardandola di sbieco.
«Solo
se lo sei anche tu.»
Hermione
Evans aveva i piedi distrutti.
Aveva
indossato delle scarpe col tacco pentendosene dopo poco,
in quanto il professor Lumacorno aveva voluto presentare lei e Tom a
tutti i
presenti e li aveva scorrazzati avanti e indietro per tutto il tempo.
Inoltre
come se non bastasse, aveva voluto raccontare della
loro relazione persino ad alcuni giornalisti lì presenti, ed
Hermione non
dubitava che se quelle interviste fossero uscite sulla Gazzetta del
Profeta il
giornalista in questione si sarebbe trovato in un brutto guaio.
Ormai
la serata era quasi
finita, e uno dopo l'altro i ragazzi
uscirono, compreso Tom, mentre lei si era attardata per
andare in bagno. Lumacorno si alzò
dalla poltrona e mise il
bicchiere vuoto sulla scrivania. Un movimento alle sue spalle lo fece
voltare: Abraxas
Malfoy era ancora lì.
«Attento,
Malfoy» lo ammonì. «Non
vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore
proibite...»
Hermione
si nascose dietro
ad una tenda per ascoltare meglio la conversazione. Aveva cercato di
evitare
Abraxas tutta la serata, ma le era sempre sembrato di sentire il suo
sguardo
viscido addosso. Era entrato nel Lumaclub grazie alla sua famiglia di
grandi
pozionisti, fama che aveva attratto il vecchio Luma, ma prima di quel
giorno
non si era mai presentato alle cene del Lumaclub in quanto, come aveva
sentito
una giorno, le trovava prive di finalità pratiche.
Secondo
lei, per aver
contravvenuto in modo così plateale alla sua regola
presentandosi per di più non
accompagnato, doveva avere qualcosa in mente. E quindi, anche se sapeva
che era
sbagliato origliare, si nascose meglio per osservare i due.
«Signore,
volevo chiederle una cosa».
«Chiedi,
ragazzo mio, chiedi...»
Anche
se Malfoy non era
Tom, Lumacorno non era tanto stupido da rifiutare un piacere al
discendente di
una famiglia tanto influente come i Malfoy.
«Signore,
mi chiedevo che cosa sa degli... degli Horcrux».
Lumacorno
lo fissò, mentre le grosse dita accarezzavano distrattamente
lo stelo del bicchiere.
«È
una ricerca per Difesa contro le Arti Oscure?»
Ma Hermione capì che Lumacorno sapeva benissimo che
non
si trattava di un compito.
«Non
proprio, signore» rispose Malfoy. «Mi sono imbattuto in questa parola
leggendo e non l'ho capita bene».
«No...
insomma... è molto difficile trovare a Hogwarts un
libro che parli degli Horcrux, Abraxas. È
roba molto Oscura, molto Oscura davvero» ribatté
Lumacorno.
«Ma
ovviamente lei sa tutto di loro, signore. Voglio dire, un
mago come lei... Mi scusi, insomma, se non me lo può dire,
è chiaro... ma vede,
se c'è qualcuno che può, questo è
lei... così ho pensato di chiederle...»
Hermione
non poteva
davvero credere a quello che stava sentendo. Si era preoccupata di non
far
cadere Riddle nel lato oscuro, ma non aveva affatto tenuto il conto
degli altri
mangiamorte!
Era
stata davvero una
stupida.
Avrebbe
potuto
interromperli, avrebbe dovuto, ma sapeva che Abraxas ci avrebbe
riprovato
quindi le venne un’idea migliore in mente.
«Be'»
continuò Lumacorno, giocherellando con il nastro della
scatola
di ananas che
Tom aveva fatto comparire all’ultimo come omaggio al
professore, senza guardare Malfoy, «be', non può esserci niente
di male a
darti un'idea. Solo perché tu capisca il termine. Si
definisce Horcrux un
oggetto nel quale una persona ha nascosto parte della sua
anima».
«Però,
signore, non riesco a comprendere come funzioni»
insistette Malfoy.
La
sua voce era attentamente controllata, ma Hermione ne avvertì l'emozione.
«Be',
si spacca l'anima, capisci» rispose Lumacorno, «e
se ne
nasconde una parte in un oggetto al di fuori del corpo. Quindi, anche
se il
corpo viene colpito o distrutto, non si può morire,
perché parte dell'anima
resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente l'esistenza in una
simile
forma...»
Il
volto di Lumacorno si accartocciò e Hermione
si ricordò le
parole che aveva udito da Harry quasi due
anni prima: 'Fui strappato via dal mio
corpo, diventai meno che spirito, meno del più miserabile
fantasma... eppure
ero vivo'.
«Pochi
la vorrebbero, Abraxas, davvero
pochi. La morte sarebbe preferibile».
Ma la
bramosia di Malfoy ormai
era evidente; aveva un'espressione avida, incapace di nascondere il suo
desiderio.
«Come
si fa a spaccare l'anima?»
«Ecco»
fece Lumacorno, a disagio, «tieni a mente che l'anima
deve restare integra e indivisa. Spaccarla è un atto di
violenza, è contro
natura».
«Ma
come si fa?»
«Con
un'azione malvagia... L'azione malvagia suprema. Commettendo
un omicidio. Uccidere lacera l'anima. Il mago che intende creare un
Horcrux usa
il danno a suo vantaggio: rinchiude la parte strappata...»
«Rinchiude?
Ma come?»
«Esiste
una formula, non chiedermela, non la so!» sbottò
Lumacorno, scuotendo la testa come un vecchio elefante irritato dalle
zanzare. «Ti
sembra che l'abbia provata... Ti sembro un assassino?»
«No,
signore, certo che no...» replicò subito Malfoy. «Mi dispiace... non volevo
offenderla...»
«Ma
no, ma no, non mi sono offeso» borbottò Lumacorno.
«È
naturale provare un po' di curiosità per queste cose... I
maghi di un certo
calibro sono sempre stati attratti da questo aspetto della
magia...»
«Sì,
signore» convenne Malfoy.
«Quello che non capisco, però... è solo
una curiosità... voglio dire, un solo
Horcrux sarebbe utile? Si può strappare l'anima solo una
volta? Non sarebbe
meglio, per rendersi più forti, dividere l'anima in
più parti? Per esempio,
sette non è il numero magico più potente, e sette
non...?»
«Per
la barba di Merlino, Abraxas!»
guaì Lumacorno. «Sette! Non è
già abbastanza orribile pensare di uccidere una
persona? E in ogni caso... dividere l'anima è orribile... ma
strapparla in
sette pezzi...»
Lumacorno
era profondamente turbato: fissava Malfoy come se non l'avesse mai davvero visto e Hermione
capì che rimpiangeva di essersi
avventurato
in quella conversazione.
«Comunque»
borbottò, «sono tutte ipotesi, no? Tutta
accademia...»
«Sì,
signore, certo» si affrettò a rispondere
Malfoy.
«E
in ogni caso, Abraxas...
tieni per te quello che ti ho detto... cioè, quello che
abbiamo discusso. Alla
gente non piacerebbe sapere che parliamo di Horcrux. È un
argomento bandito a
Hogwarts... Silente è severissimo a questo
proposito...»
«Non
dirò una parola,
signore» assicurò Malfoy.
Quando
si voltò, tuttavia, Hermione potè coglierne
l’espressione: la stessa gioia
selvaggia
di quando aveva scoperto di essere un strega,
una gioia che non donava ai suoi bei lineamenti, ma in qualche modo
li rendeva meno umani...
Fu
a quel punto che decise di agire. Puntò la bacchetta contro
Abraxas e il professor Lumacorno pronunciando l’incanto
‘Aresto Momentum’.
Si
avvicinò velocemente ad Abraxas e gli modificò i
ricordi,
facendogli credere di aver parlato con il professore ma di non aver
ottenuto le
informazioni che desiderava; modificò poi anche la memoria
di Lumacorno,
facendogli credere di non aver mai avuto quella conversazione con il
Serpeverde.
Poi
andò nuovamente a nascondersi e annullò
l’incanto che
arrestava il tempo.
L’espressione
di Malfoy divenne stizzita, lui se ne andò a
passo di marcia dallo studio, menando una spallata a Tom che gli
lanciò un’occhiataccia
prima di entrare dalla porta.
Sicura
che cercasse lei, Hermione uscì allo scoperto.
Riddle
alzò un sopracciglio alla vista del suo nascondiglio,
ma non commentò sul momento.
Salutarono
rispettosamente il professor Lumacorno e si
diressero verso il loro Dormitorio.
«Perché
hai modificato la memoria di Abraxas Malfoy?»
domandò
piano Riddle scrutandola con sguardo indagatore.
Hermione
si irritò, rendendosi conto che non era riuscita ad
evitare neanche questa volta che lui le leggesse la mente, ma non
poteva assolutamente
rivelargli le motivazioni che l’avevano spinta a farlo,
perché altrimenti
Riddle avrebbe voluto sapere il motivo per il quale quelle informazioni
la
preoccupavano tanto, e lei non era ancora pronta a dirgli la
verità.
Così
fece quello che le veniva meglio, lo distrasse: perché se
per chiunque altro quella sarebbe stata un’impresa, questo
non includeva lei.
«Smettila
di leggermi i pensieri…» sussurrò,
prima di iniziare
a baciarlo con una furia e una passione mai sperimentate prima.
E
Tom
Riddle non parlò più.
Poco
lontano da loro due, nascosti nell’ombra, Dorea e Charlus
sorrisero. Forse a quei due non serviva così tanto il loro
aiuto…
30
dicembre 1997. Casa di Remus Lupin.
«Allora
cosa dobbiamo fare adesso?» chiese James agli altri.
Fu
Ninfadora a rispondere, tenendosi una mano sulla pancia.
«Beh,
non potete di certo camminare per strada come se nulla
fosse, visto che siete morti. A maggior ragione con il nuovo regime
introdotto
da Tu-sai-chi: vi ritrovereste morti ancor prima di rendervene conto, o
farete
concorrenza ai manifesti di Harry come l’Indesiderabile
numero 1 da latitanti.»
«Ma
qualcosa dobbiamo fare!» sbottò Sirius alzandosi
in piedi.
«Non
ho alcuna intenzione di starmene con le mani in mano
mentre il mio figlioccio rischia la vita. Mi è bastato il
periodo a Grimmuld
Place!»
«Ragazzi,
spiacente di fare la guastafeste, ma secondo me
Tonks ha ragione.» mormorò Lily
«Harry
sta svolgendo una missione per conto di Silente e non
sappiamo dove sia, quindi non abbiamo indizi per raggiungerlo; per di
più non
possiamo andarcene in giro come se niente fosse in quanto Voldemort ha
conquistato il Ministero e l’Ordine si è
dimezzato. Per quanto non mi piaccia
ammetterlo, l’unica cosa che possiamo fare è
credere in Harry e aspettare di
intervenire nella battaglia finale che sicuramente ci
sarà.»
Un
silenzio sconfortato scese su tutti, quando a Sirius venne
un lampo di genio.
«Ma
certo! Lo specchietto! Remus, sai se Harry se l’ è
portato
appresso?»
Remus,
preso in contropiede, ci mise un po’ a rispondere.
«Alla
Tana non era rimasto più nulla di suo, quindi suppongo
di sì. Credo.»
«Gli
hai dato il mio specchietto?» chiese invece James con
voce emozionata.
«Kreacher!»
Urlò tuttavia Sirius, e un elfo con vesti tutte
rattoppate e un grosso medaglione al collo apparì al suo
cospetto con un crack.
Quando
vide Sirius iniziò a piangere, scioccando i presenti.
«Il
padron Sirius è vivo, Kreacher è felice per il
padroncino
Harry, ma Kreacher vuole rimanere al servizio del padroncino Harry e
non di padron
Sirius! Kreacher vuole sapere come ha fatto il padron Sirius a
ritornare perché
lui era morto, Kreacher lo sa, ha visto piangere tanto il padroncino
Harry. E
anche se Kreacher non vuole tornare con padron Sirius, Kreacher
è felice per il
padroncino Harry.»
Il
monologo di Kreacher fece rimanere tutti senza parole,
soprattutto Sirius: come aveva fatto il suo figlioccio ad ottenere la
fedeltà
dell’elfo domestico che aveva odiato fin da bambino?
Comunque
si riscosse in fretta, e cercando di essere il più gentile
possibile, più perché in
quell’occasione gli serviva l’aiuto
dell’elfo e non
voleva che facesse la spia a Bellatrix che per altro, gli chiese:
«Kreacher,
voglio che mi porti il mio specchietto, quello che usavo per comunicare
con
James a Grimmuld Place quando ero ancora ad Hogwarts… mi
serve per trovare
Harry.»
Kreacher
a quel punto si guardò intorno e riconobbe chi lo
circondava. Manco a dirlo, scoppiò di nuovo in lacrime
imbarazzando persino
Sirius, che non sapeva come comportarsi.
«Ma
anche i genitori del padroncino Harry sono tornati in
vita! Kreacher era preoccupato per il padroncino che si mette sempre
nei guai,
ma adesso Kreacher trova lo specchietto di padron Sirius per aiutare il
padroncino
Harry.»
E
sparì con un pop.
«Sai,
James…» disse un Sirius ancora sconvolto
«credo che
regalerò di nuovo Kreacher ad Harry invece di
tenermelo…»
Prima
che James Potter potesse rispondere, tuttavia, ecco che
Kreacher riapparve. Ma questa volta non era solo: c’erano
Aberforth Silente e
l’elfo Dobby con lui.
In
tre, si litigavano un quadro con dei frammenti di specchio
al suo interno.
Quando
Aberforth vide chi altro c’era in quella stanza, rimase
per un attimo senza parole prima di sbottare.
«Potter
e Black! Allora è vero che siete come la gramigna!»
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Alooooooooora
chiedo scusa per il ritardo come al solito ma
ormai credo ci dovete essere abituati.
Che
ne pensate? Uno schifo? L’idea di Abraxas mi è
venuta
perché in qualche modo un cattivo ci doveva essere e mi
sarebbe dispiaciuto che
fosse Tom a questo punto, ma soprattutto per Hermione.
Perdonate
la foto, ma non ne ho trovate di migliori con
Abraxas e non sono un asso nel modificare le immagini aggiungendo Tom e
Hermione.
Mi
è piaciuto molto l’intervento di Kreacher e Dobby,
perché
ve lo dico, le morti che ho sempre detestato sono quelle di Dobby,
Fred, Tonks
e Lupin quindi assolutamente non vi aspettate di vederli morire.
E
ringrazio davvero tutti quelli che supportano la mia storia!
Al
prossimo capitolo! Mary Evans.
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Capitolo 17 *** Tanto Amore e Nuovi Arrivi ***
22
Dicembre
1944. Aula in disuso nel corridoio del terzo piano.
«Ragazzi,
secondo me non dovremmo più forzare troppo le cose
tra Tom e Hermione… noi possiamo anche pensare che per stare
meglio dovrebbero
fare sesso, ma la scelta sta a loro. Non dovremmo intrometterci
più di tanto
nel loro rapporto secondo me.» esclamò Dorea
Black, seduta comodamente su un
banco spostato contro la parete.
Suo
fratello Cignus scoppiò a ridere.
«Facile
dirlo adesso, ‘Rea, dopo averli visti praticamente
saltarsi addosso! Ormai lo sappiamo tutti che è solo
questione di tempo prima
che quei due facciano sesso… sembra quasi che da quando Tom
è stato male non
aspettino altro…»
Ci
fu qualche minuto di silenzio, poi Christian battè forte le
mani facendo saltare tutti.
«Beh,
ragazzuoli, a questo punto direi che la riunione per il
piano CSDIA può considerarsi sciolta. Ringrazio ancora tutti
per il contributo
all’acquisto dei vestiti per quei due testoni, e vi saluto,
adesso, perché
oltre alla vita sessuale di Tom devo preoccuparmi pure della
mia!»
Quindi
afferrò Minerva per mano, nonostante i suoi rimproveri,
e la trascinò fuori dall’aula esclamando un
‘au revoir’ a voce fin troppo alta
per uno che si è incontrato con altri ragazzi nel cuore
della notte in un’aula
in disuso rischiando una punizione.
Lyra,
Cignus, Charlus e Dorea sorrisero rassegnati,
se pur felici per il loro amico.
Loro
lo avevano già capito da un po’ che fra quei due
c’era
del tenero.
Lyra
e Cignus si guardarono di sottecchi, cercando di non
farsi vedere, ma le loro occhiate non sfuggirono certo a Charlus e
Dorea, che sorrisero.
«Ah,
l’amore sembra essere proprio nell’aria
quest’anno!»
esclamò la ragazza scendendo dal banco.
Prese
per mano Charlus e insieme uscirono dalla stanza dopo
aver salutato gli altri due, ma non prima di averli visti prendersi per
mano e
distogliere lo sguardo, imbarazzati.
Sorrisero
di nuovo prima di baciarsi.
Sì,
l’amore era decisamente nell’aria.
25
dicembre 1944. Sala Grande.
Hermione
stava ballando
tra le braccia del suo Tom.
Non
lo avrebbe mai detto,
ma era un bravo ballerino.
Le
mancava il fiato mentre
la faceva volteggiare nello spazio che di era venuto a creare al centro
della
Sala Grande. Solo per loro due.
I
loro occhi erano
incatenati al punto che non sentivano niente che non fosse la presenza
dell’altro.
La
mano di Riddle si
strinse possessiva sui suoi fianchi, e lei trattenne il fiato quando lo
vide
abbassarsi per baciarla.
Sarebbe
stata la prima
volta davanti a tutta la scuola.
Tuttavia
Tom cambiò
direzione avvicinandosi al suo orecchio, sussurrandole qualcosa che
somigliava
a “Torre di Astronomia” con uno sguardo talmente
serio e profondo da farla
arrossire.
Aveva
capito benissimo ciò
che intendeva, ma nell’istante in cui si stava alzando sulle
punte per baciarlo
l’espressione di lui cambiò di colpo e le porte
della Sala Grande vennero
distrutte da un potente incantesimo.
Una
ventina di uomini con
le maschere fecero il loro ingresso e ad Hermione sembrò di
essere tornata ai
tempi della Coppa del Mondo di Quidditch al suo quarto anno.
Iniziarono
tutti ad urlare
e in un momento ci fu il caos.
Hermione
riuscì a riunirsi
con Dorea, Charlus, Christian, Cignus, Lyra e tutti gli altri suoi
amici,
trascinandosi dietro Tom che le copriva le spalle lanciando incantesimi
a
destra e a manca, mentre sia lei che gli insegnanti iniziavano a fare
lo
stesso.
Si
ritrovarono tutti
spalla contro spalla, mentre i mangiamorte li circondavano.
Uno
si fece avanti.
«Ormai
sei diventato
troppo debole per guidarci, Tom.» disse Abraxas Malfoy. La
sua voce sia
Hermione che Tom l’avrebbero riconosciuta fra mille.
«Tu
invece no, giusto
Malfoy?» rispose Tom con un ghigno sarcastico dal quale
tuttavia traspariva tutta
la tensione di quel momento.
Fu
un attimo. Un guizzo
sulla guancia di Malfoy e un fascio di luce verde. L’urlo di
Hermione che si
mise davanti a colui al quale era stato indirizzato. L’urlo
di Tom. Poi
l’oblio.
Hermione
Evans si svegliò di soprassalto urlando. Quando
riuscì a calmarsi, capì che era ancora nel suo
dormitorio Serpeverde, e il suo
vestito per il ballo di Natale era ancora posato sulla sedia,
esattamente dove
lo aveva messo la sera prima.
Le
ragazze dormivano tranquille e non se la sentì di
svegliarle per un sogno, tuttavia l’inquietudine non
accennava ad andarsene.
Decise
quindi di rivolgersi all’unica persona che in tutto il
castello, probabilmente, l’avrebbe ascolta senza crederla
pazza: Albus Silente.
1
gennaio
1998. Casa di Remus Lupin.
Remus
Lupin, con la mano intrecciata a quella di sua moglie,
Ninfadora Tonks, guardava con un sorriso i suoi migliori amici. Vivi.
Era
appena scoccata la mezzanotte, ed era la prima volta che
lui non passava l’ultimo dell’anno al cimitero di
Godric’s Hollow. Persino
quando Sirius era ancora vivo era stata una tradizione.
Rimediavano
quante più bottiglie di whisky incendiario
possibile e si ubriacavano fino a perdere conoscenza davanti alle tombe
dei
loro amici… anche se, a dirla tutta, l’unico a
cadere per terra svenuto era
solo Sirius.
Ma
adesso non erano soli. C’era James e c’era Lily.
Mancava
solo Harry a completare il quadretto, ed era per
questo che l’atmosfera era tesa.
In
realtà non sarebbe sembrato nemmeno capodanno se non fosse
stato per il sorriso di Sirius.
Un
sorriso che Remus Lupin non gli aveva visto in volto
dall’ultima volta che avevano visto James vivo, prima di quel
maledetto 31
ottobre.
Continuava
a fissare James come se ancora non si capacitasse
di averlo lì, alternando di tanto in tanto lo sguardo anche
su Lily.
I
Potter da parte loro non fissavano nessuno, persi nei loro
pensieri. Pensieri che, nemmeno a dirlo, riguardavano il loro unico
figlio.
James
si rigirava tra le mani lo specchietto che Kreacher
aveva portato loro senza sapere bene cosa farci.
Anche
se il desiderio di vedere e sentire suo figlio era
forte, sapeva che le loro idee di mettersi in contatto con Harry si
sarebbero
rivelate infruttuose.
Se
lo avessero chiamato dicendo chi erano, probabilmente lui
avrebbe commesso una sciocchezza se gli avesse creduto, o avrebbe
pensato
semplicemente ad un trucco di Voldemort per farlo uscire allo scoperto.
D’altro
canto, anche lui avrebbe pensato in quel modo: se
d’improvviso avesse ricevuto una chiamata dai suoi defunti
genitori Charlus e Dorea,
avrebbe prima pensato ad uno scherzo di cattivo gusto e poi avrebbe
creduto di
essere pazzo.
E
non necessariamente in quell’ordine.
Harry
era in una situazione complicata, e pericolosa anche,
senza che si aggiungesse il ritorno dei suoi genitori e del suo padrino
dall’oltretomba.
L’unica
soluzione, erano arrivati a concludere, era aspettare
la battaglia finale.
Remus
aveva detto loro che Silente aveva affidato una missione
ad Harry prima di morire; una missione che avrebbe permesso la
sconfitta
definitiva di Lord Voldemort.
Era
stata dura accettare la morte del vecchio preside per mano
di Piton, Lily aveva pianto per mezz’ora, e anche se la
voglia di uccidere
Mocciosus era tanta, erano altre le priorità, anche se non
potevano far nulla
di concreto.
Lily,
alzando lo sguardo verso Remus, sorrise intenerita.
Aveva
una mano intrecciata a quella di sua moglie, che con
l’altra si accarezzava teneramente il pancione.
Era
felice che il suo migliore amico avesse avuto il coraggio
di crearsi una famiglia sua alla fine, nonostante i suoi pensieri di
dover
rimanere da solo, vista la sua maledizione.
Non
riusciva ancora a credere che erano di nuovo lì, tutti
insieme, come in passato.
Anche
se molte cose erano cambiate.
Peter
li aveva traditi.
Sirius
era andato ad Azkaban.
Remus
era rimasto solo.
Ed
Harry era cresciuto con i babbani.
E…
D’improvviso
si accigliò.
«Remus,
ma che fine hanno gli altri?»
Quando
Remus alzò gli occhi capì perfettamente il senso
della
sua domanda. Esitò un attimo prima di rispondere.
«Vuoi
saperlo davvero?»
Lily
annuì incerta, attirando l’attenzione anche degli
altri
presenti.
«Alice
e Frank sono ancora al San Mungo, nelle stesse
condizioni in cui li avete visti l’ultima volta; Emmeline
è diventata medimaga,
ma attualmente è in latitanza per aver rifiutato di entrare
tra i mangiamorte;
Mary è in America da quando...»
«Non
è vero.» lo interruppe Sirius a testa bassa.
Sentendosi
osservato alzò lo sguardo, vedendo la domanda
implicita negli occhi di tutti.
Prese
un bel respiro.
«Poco
dopo essere entrato in latitanza in seguito alla mia
fuga da Hogwarts grazie all’aiuto di Harry ed Hermione,
l’ho contattata. Ho
seguito il suo odore. Forse sapeva che prima o poi sarei riuscito ad
evadere
per proteggere Harry, forse non ha mai veramente dubitato di me, non lo
so. Sta
di fatto che aveva lasciato tracce di sé prima di scappare
dall’Inghilterra,
quindi ho solo dovuto seguire gli indizi. Indizi che sicuramente non mi
hanno
portato in America.
L’ho
trovata in un villaggio babbano, poco lontano da Godric’s
Hollow. Viveva in una casetta modesta, e si manteneva con un negozio di
Erboristeria. Mi sembra si chiami così. Ha sfruttato le sue
conoscenze in
pozioni per vivere nel mondo babbano, e quando l’ho trovata
mi ha abbracciato
come se non fosse passato che un giorno dall’ultima volta che
ci eravamo visti.
Nonostante io puzzassi ancora di Azkaban e lei fosse invecchiata.
Mi
sono trattenuto da lei per un mese, stando sempre attento a
non uscire mai se non sotto forma di cane per non dare
nell’occhio, e dopo
avermi rimesso a nuovo mi ha raccontato cosa aveva fatto negli ultimi
anni.
Era
stata in America per un mese, poi in Scozia. Aveva girato
l’Europa, ma poi aveva capito che L’Inghilterra,
nonostante tutto, era la sua
casa, ed era tornata qui. Non ce la faceva più ad usare la
magia, quindi aveva
riposto la bacchetta e si era rifugiata nel mondo babbano.
Aveva
sempre creduto alla mia innocenza, nonostante molte
volte ammise di avermi incolpato della morte di James e Lily. Le ho
raccontato
dello scambio e lei mi ha creduto.
In
quei giorni che eravamo insieme sembrò ringiovanire quasi
quanto me grazie alle sue cure finchè poi non dovetti
andarmene.»
«E
poi?» insistette James con un sorrisetto in volto, malgrado
tutto. «Se non erro avevi in programma di farle la proposta
quel maledetto 31
ottobre. Hai detto che ti ha sempre creduto innocente, quindi non puoi
averla
lasciata così e basta.»
«Volevi
sposarla?» urlarono insieme Lily, Remus e Tonks
facendo arrossire Sirius. James scoppiò a ridere.
«Andiamo
ragazzi, le va dietro da quando eravamo ad Hogwarts
cosa vi aspettavate? Comunque non divaghiamo. Continua.»
Sirius
si alzò di scatto iniziando a camminare e a gesticolare
nervosamente, per il divertimento di tutti.
«Beh,
e poi niente! L’ho baciata, abbiamo continuato a tenerci
in contatto, l’ho sposata ed era incinta prima che io
morissi. Fine.»
L’urlo
di Munk era nulla al paragone con le facce dei due
Malandrini e delle loro consorti.
Sirius
fece un sorriso sbilenco, prima di estrarre la
bacchetta ed evocare un patronus. Gli mormorò qualcosa, e il
grosso cane nero
scomparve oltre la porta dopo aver annuito al suo padrone.
Prima
che qualcuno potesse aprir bocca, il crac di una
materializzazione fece voltare tutti verso lo strano trio che era
appena
apparso nel salotto di casa Lupin.
Una
donna, una neonata e un elfo domestico, che sembrava
essere proprio Kreacher, con un pannolino sporco che pendeva da una
delle
orecchie.
Poi
con un altro crac apparve anche Emmeline Vance. E dopo di
lei Aberforth Silente, Molly, Arthur, Bill, Fleur, Charlie, Fred e
George
Weasley, Andromeda Black in Tonks, Elphias Doge, Dedalus Lus, Rubeus
Hagrid,
Olympe Maxime, Minerva McGranitt, e
Kingsley Shacklebolt.
Era
il nuovo Ordine della Fenice, al completo.
Iniziarono
tutti a guardare coloro che dovevano essere defunti
con sguardo allucinato, tanto che James si trattenne a malapena dallo
scoppiare
a ridere di fronte alle loro facce.
Sirius,
invece, aveva occhi solo per una persona.
Quando
Mary MacDonald in Black gli si avvicinò con la loro
bimba di pochi mesi in braccio, e lui venne investito dal suo profumo
alle
mandorle quando lo abbracciò, per la prima volta da quando
era rinato Sirius
Black si sentì davvero vivo.
«Bentornato
a casa, Felpato.» sussurrò Mary Black al suo
orecchio.
Accarezzando
i capelli radi della figlia, Sirius Black
sorrise.
Bentornato
a casa.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Scusate
l’assenza. Ci sono stati diversi lutti in famiglia e
la voglie di scrivere non c’era proprio. Comunque. Ho
un’idea in mente per
Hermione e Tom che sto ancora sviluppando quindi non anticipo niente.
Finalmente l’Ordine ha scoperto della rinascita dei Potter. E
Sirius ha una
figlia di dieci mesi nata il 14 febbraio. Perché anche lui
ha bisogno del suo
lieto fine, diciamocelo.
Beh
ecco, tutto. Se ci sono errori o volete farmi correggere
qualcosa sono apprezzate le critiche grazie :)
Alla
prossima, Mary Evans.
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Capitolo 18 *** Teddy Lupin e Sogni Strani ***
25
dicembre 1944. Ufficio del Professor Silente, ore 04:50
Quando
Hermione bussò alla porta dello studio di Albus
Silente, in vestaglia e quasi alle cinque del mattino,
l’ultima cosa che si
sarebbe mai aspettata era di essere fatta accomodare
all’interno da
nientepopodimeno che da Tom Orvoloson Riddle, anche lui in vestaglia da
notte.
L’espressione
sbigottita della ragazza era evidente, ma Tom
sembrava così stremato che finì per accomodarsi
sulla sedia che Albus Silente
le indicava da dietro la sua scrivania invece di iniziare subito con le
domande. Il luccichio negli occhi del futuro preside più
vivo che mai.
«Immagino
che anche lei sia stata disturbata dagli incubi,
miss Evans» esordì Silente.
Hermione
annuì piano guardando Riddle.
«Non
sarà sorpresa di scoprire che anche il nostro signor
Riddle è qui per la stessa ragione. Oltre che per parlarmi
del recente vincolo
che vi unisce che ha portato rimedio ad un problema del quale, temo,
non
essermi mai accorto. Una grave mancanza che avrebbe potuto portare a
conseguenze deplorevoli, per fortuna arginate appena in tempo. Ora,
Hermione,
saresti così gentile da raccontare ciò che ti ha
spinta a cercarmi a quest’ora
del mattino, per favore?»
«Certamente,
professore.» disse Hermione e, dopo un’ultima
occhiata verso Riddle, cercò di spiegare il più
chiaramente possibile il suo
sogno, che aveva il timore potesse rivelarsi premonitore di quella sera.
«Allora,
professore?» chiese ansiosa, «Cosa ne
pensa?»
Il
professor Silente si alzò dalla sua sedia e diede le spalle
ai due studenti borbottando qualcosa fra sé.
Tom,
nel frattempo, si era seduto sulla sedia vicino quella di
Hermione ed aveva posato una mano sulla sua gamba.
L’espressione
turbata della serpe si spostò immediatamente sul
suo fidanzato -le faceva ancora
strano pensare a Tom in quei termini- e come di riflesso mise una mano
sulla
sua facendo intrecciare le loro dita.
Non
potevano permettersi altro davanti a Silente (o davanti a
chiunque altro, a dirla tutta), ed Hermione sapeva che per Tom quello
era anche
tanto, considerato che detestava simili manifestazioni di affetto,
quindi fu
sorpresa che lui non si fosse sottratto a quel contatto.
Quello
a cui non era decisamente preparata era alla reazione
del suo corpo, che al primo contatto con il bel Riddle si era
decisamente
surriscaldato.
Lo
guardò meglio, e ancora una volta si ritrovò ad
ammirarlo
per come riuscisse a sembrare un fotomodello anche in vestaglia e
babbucce.
Il
ragazzo fece un sorrisetto che in realtà era più
un ghigno
ed Hermione sospettò che avesse letto i suoi pensieri,
quindi, infastidita,
pensò ad un’immagine che ebbe il potere di far
arrossire leggermente il
Serpeverde e costringerlo a portarsi entrambe le mani in grembo.
Nascondendo
a fatica un ghignetto divertito, Hermione riportò
la sua attenzione sul professor Silente che, notò, era
rimasto a fissarli
interrompendo il suo monologo.
Immediatamente
delle maschere impassibili calarono sui volti
dei due ragazzi, e Albus Silente iniziò a parlare, senza
riuscire a nascondere
del tutto il suo divertimento.
«Immagino
non sarà sorpresa di sentire, miss Evans, che il
signor Riddle qui presente è venuto a narrarmi un
pressocchè analogo racconto
riguardo il suo sogno, e le mie conclusioni in merito sono che, in
seguito
all’incanto Amor Mortis, oltre alle vostre vite avete
vincolato anche i vostri
pensieri, più o meno. Da quel che so, entrambi tenete sempre
attiva una
barriera mentale molto forte, tuttavia durante il sonno tale barriera
tende a
diminuire di intensità e voi due potete arrivare a
condividere ciò che sognate.
Non accade spesso, né può accadere
volontariamente, ma ieri sera è successo.
Quella
premonizione, perché di una premonizione si trattava,
immagino sia stata scaturita dall’incanto Amor Mortis stesso,
che oltre ad
unirvi vi ha fornito una protezione contro ciò che potrebbe
dividervi,
mostrandovelo prima che inevitabilmente questo accada.»
«Qundi
non c’è alcuna speranza?»
domandò Hermione con voce
roca. Tom le prese di nuovo la mano stringendogliela forte.
«Io
non permetterò che accada.» disse con la voce di
uno che
avrebbe fatto di tutto per evitare l’inevitabile, ed Hermione
sapeva che
sarebbe stato capace anche di dannarsi l’anima pur di
salvarla. Ironia della
sorte, proprio quello che lei voleva evitare.
«Il
futuro non è scritto, signorina Evans. Lei, più
di tutti,
dovrebbe saperlo.»
29
Maggio
1998. Casa di Remus Lupin.
Remus
Lupin camminava avanti e indietro fuori dalla porta
della stanza nella quale sua moglie stava partorendo.
Andare
al San Mungo sarebbe stato troppo pericoloso, così
quando Ninfadora aveva avvertito la rottura delle acque tutte le donne
presenti
in quel momento – ovvero Andromeda, Lily e Mary –
l’avevano portata in una
stanza da letto e con tanta pazienza si stavano dando da fare per far
partorire
la ragazza secondo le usanze babbane, ovvero con pezze e acqua calda.
Così,
mentre dall’interno della stanza si sentivano urla degne
della trasformazione in lupo mannaro di Remus, all’esterno vi
erano James,
Sirius con la piccola Cassiopea, e un povero Remus in piena crisi
isterica per
non poter fare nulla per alleviare il dolore della consorte.
«Rem,
siediti che così scavi un fosso.» gli disse James
con un
sorriso teso cercando di far rilassare l’amico.
Remus
lo guardò male.
«Devo
forse ricordarti che dopo la nascita di Harry hai dovuto
farti un incantesimo per far ricrescere i capelli che ti eri
strappato?»
Sirius
scoppiò nella sua grassa risata latrato.
«È
vero James, quella volta sei stato proprio...»
Non
si riuscì a capire come Sirius avrebbe definito James
quando era nato Harry, perché in quel momento tutti e tre si
zittirono, per
udire meglio quel vagito che proveniva da oltre la porta.
James
fece appena in tempo a sorreggere Remus e a metterlo su
una sedia prima che il lupacchiotto svenisse, tra le risate dei suoi
amici. Al
suo risveglio, la prima cosa che vide fu la sua Ninfadora con il
piccolo Teddy
in braccio, i cui capelli cambiavano già colore ogni cinque
secondi, e mai
visione gli sembrò più bella.
Nella
stanza c’erano tutti i loro amici, e Mary scattò
una
foto quando Remus si sporse per prendere suo figlio dalle braccia della
moglie.
Era
tutto perfetto, come sarebbe dovuto sempre essere.
I
coniugi Lupin chiesero a Lily Evans Potter di essere la
madrina del loro primogenito, e lei fece appena in tempo ad accettare
con le
lacrime agli occhi prima che un partronus li interrompesse.
«Sono
Bill Weasley. Harry e Ron sono a villa
conchiglia con me e mia moglie.»
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Scusate
per il capitolo corto, a mia difesa posso solo dire
che, adesso che ci stiamo avvicinando alla fine, è sempre
più difficile
scrivere capitoli lunghi senza arrampicarmi sugli specchi, considerato
che, se
notate nelle cronologie di Harry Potter, praticamente da dicembre ad
aprile
paradossalmente non succede granchè che non riguardi Harry.
Cioè,
lui sta a caccia degli Horcrux e tutto ma, non parlando
di lui, mi sembrava monotono scrivere dei mesi in cui i malandrini
praticamente
si sono rigirati i polli non potendo fare niente di attivo per aiutare
Harry e
senza fargli avere uno shock emotivo.
La
nascita di Teddy mi sembrava molto significativa invece.
Cioè,
i malandrini hanno assistito alla nascita di Harry, ed
era doveroso che ci fossero anche per quella di Teddy.
Ho
deciso di mettere come madrina Lily Potter perché ho
pensato che Remus avesse scelto Harry in quanto unico legame con i suoi
vecchi
amici, mentre con la rinascita di tutti è sempre stata Lily
la sua migliore
amica, senza nulla togliere a James e Sirius. Nel senso che secondo me,
poiché
James e Sirius erano come fratelli, Sirius era il padrino di Harry e
James sarebbe
diventato il padrino di Cassiopea (ops… piccolo spoiler ;)),
Lily sembrava la
scelta più appropriata, ecco…
Inoltre,
e ci tengo a specificarlo, anche se nel film non si
capisce affatto se Peter Minus è morto o no, in questa
fanfic lo è, e inoltre,
poiché i due ragazzi non hanno dovuto salvare Hermione da
Bellatrix, anche
Dobby e vivo.
Piccola
postilla: la scena con Hermione e Tom è stata breve
perché avevo in mente di mettere la loro prima volta
esattamente dopo il
colloquio di Silente ma, poiché in quel caso avrei dovuto
DECISAMENTE cambiare
il rating ho deciso che scriverò una one shot a parte ROSSA
che parte da quando
loro due escono dallo studio del vecchio.
In
questa fic, invece, si ripartirà quasi direttamente dalla
scena col ballo.
A
presto, si spera, Mary Evans
|
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Capitolo 19 *** Preoccupazioni e Piani Segreti ***
29
Aprile
1988. Casa di Remus Lupin.
Il
patronus di Bill Weasley fece immobilizzare tutti sul
posto.
Harry
Potter era a villa Conchiglia.
Harry,
il loro Harry, era sano e salvo.
Ed
esattamente ad una smaterializzazione da loro.
Immediatamente
gli sguardi di Remus, Tonks, Andromeda e Mary
si fissarono su coloro che avrebbero dovuto essere morti.
Avevano
delle espressioni indecifrabili in volto, in
particolare Lily.
Sirius
fu il primo a riprendersi, e afferrò Remus per un
braccio con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
«Coraggio
Lunastorta, portaci da Harry.» disse emozionato
all’idea di rivedere il suo figlioccio.
Allungò
l’altra mano verso James, e voltandosi il suo sorriso
svanì nel vedere il suo migliore amico immobile.
«Forza,
James! Andiamo ad incontrare tuo figlio!»
Ma
James ancora non si mosse, anzi, abbassò lo sguardo.
Ci
pensò Remus a parlare per lui.
«Sirius,»
disse calmo «Non credo sia il caso che voi vi
facciate vedere da Harry. Sarebbe troppo pericoloso.»
«È
come per lo specchietto.» mormorò James,
avvicinandosi ad
una poltrona per sedersi.
«Se
ci facessimo vedere adesso, e poi morissimo di nuovo nella
battaglia finale, Harry probabilmente impazzirebbe.»
«Ma
voi non morirete! Non permetterò a quel bastardo di
uccidervi di nuovo!» urlò Sirius.
Speranzoso,
si voltò verso Lily, che però aveva lo stesso
sguardo basso del marito.
«Volete
dire che non volete vedere vostro figlio un’ultima
volta?» La sua espressione da incredula divenne rabbiosa.
«E avete mai
pensato
all’eventualità che Harry possa morire contro
Voldemort?» Tutti sussultarono. «Ha
solo diciassette anni Porco Merlino! Come pensate vi sentireste se lui
morisse
e voi foste vivi? Senza aver avuto mai
l’opportunità di incontrarlo da grande e
senza averlo mai stretto in un abbraccio! Lui ha passato una vita da
solo,
prima di andare ad Hogwarts. Lì ha iniziato a farsi degli
amici, ha iniziato a
conoscervi attraverso i nostri racconti, ma se morisse, sarebbe di
nuovo solo perché
nemmeno nella morte avrebbe i suoi genitori a confortarlo! Come vi
sentireste
in quel caso? Con la certezza di averlo abbandonato ancora una
volta!»
Lo
schiaffo di Lily interruppe il suo monologo, e Sirius si
ritrovò a fissare con occhi spalancati la sua espressione
furiosa.
«Stiamo
parlando di mio figlio credi che non mi renda conto di
tutto questo!»
I
suoi occhi verdi mandavano lampi, e Sirius si ritrovò ad
indietreggiare, pur trovando ancora la forza di ribattere.
«E
allora dovresti fare di tutto per ritornare da lui!»
«Non
lo faccio proprio per questo! Tu non capisci, Sirius, non
puoi comprendere nemmeno lontanamente il desiderio che io ho di
rivedere mio
figlio, ma devo pensare alla sua sicurezza. Già il fatto che
l’Ordine sia a
conoscenza di noi è un pericolo, ma se lo sapesse Harry
sarebbe un guaio! Lo
deconcentrerebbe! Se James fosse al posto di Harry e si ritrovasse
davanti
Charlus e Dorea non riuscirebbe a pensare a nient’altro.
Silente ha dato una
missione a nostro figlio, sconfiggere Voldemort una volta per tutte. E
io non
voglio in alcun modo che Harry si faccia uccidere perché
troppo preoccupato di
difendere noi!»
Si
interruppe un attimo, mentre calde lacrime iniziarono a
rigarle il volto. James nel frattempo si era avvicinato a lei e le
aveva
circondato le spalle in un abbraccio.
Nessuno
parlò per tutto il tempo in cui Lily pianse sul
maglione di James, e fu solo in seguito, quando Andromeda
servì della camomilla
per tranquillizzare tutti, che ripresero l’argomento.
«Cosa
avete intenzione di fare allora?»
James
esitò un attimo, poi rivolse un ultimo sguardo alla
moglie.
«Combattiamo.»
25
dicembre 1944. Stanza delle Necessità.
«Vi
abbiamo qui riuniti per far fronte ad un’emergenza che
avrà luogo questa sera al ballo.»
esordì Hermione.
Avevano
riunito quelli che sicuramente non facevano parte del
complotto, ovvero Charlus, Dorea, Cignus, Lyra, Christian e la
McGranitt. Anche
Tom si era convinto di quella scelta. Dopotutto, da soli avrebbero
potuto fare
ben poco contro un esercito.
«Abbiamo
le prove che Abraxas Malfoy stia complottando per
uccidere me e Tom, prendere il controllo dei mangiamorte e sterminare i
nati
babbani e i mezzosangue.»
Bastò
quella frase per sconcertare tutti.
Minerva
scoppiò a ridere ma fu la sola. Vedendo ciò si
alzò in
piedi gettando un’occhiata al resto del gruppo.
«State
scherzando, vero?»
«Sarebbe
davvero bello se tutto ciò fosse uno scherzo,
McGranitt, ma sfortunatamente le nostre fonti sono piuttosto
attendibili.»
disse Tom impassibile.
Vedendo
che anche le espressioni degli altri erano diventate
serie si sedette nuovamente.
«Tom
non scherzerebbe mai su una cosa del genere, e nemmeno
Hermione, Minnie.» le sussurrò Christian
prendendole una mano.
Poi
sospirò, ben conoscendo l’amico.
«Cosa
dobbiamo fare?»
|
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Capitolo 20 *** Rivelazioni e Ballo di Natale ***
29
Aprile
1988. Casa di Remus Lupin.
«E
tu me lo dici adesso ?!» strepitò la dolce Lily
Potter
iniziando a prendere a cuscinate il marito, sotto lo sguardo divertito
di
Sirius, Mary e Remus (che erano abituati a quelle sue sfuriate), e
quello
sconcertato di Andromeda e Tonks, che nel frattempo stava allattando il
piccolo
Ted.
«Mi
era passato di mente!» esclamò James, cercando
invano di
proteggersi dalle cuscinate della moglie tra le risate dei suoi amici.
«Ah,
certo, uno crea incantesimi difensivi che potevano
salvarci la pelle e quando è il momento di usarli se li
scorda!»
«Non
è così facile, diamine…»
borbottò James incrociando le
braccia al petto e imbronciandosi.
«Hanno
a che fare con il sangue, e sono anche il motivo per
cui Harry è sopravvissuto quel maledetto 31 ottobre.
Silente
aveva ragione quando aveva detto che il sangue di Lily
lo proteggeva, ma la verità era che la protezione era data
dal sangue di
entrambi. L’incanto si chiama Protectione Sanguinis
Coniuctio. In pratica crea
una protezione che respinge qualsiasi maledizione mortale, utilizzando
i
vincoli di sangue come mezzo per il passaggio di energia magica. In
realtà,» si
corresse James grattandosi la testa «non avevo la
più pallida idea che questo
incantesimo sarebbe riuscito a fermare persino un Avada Kedavra. In
realtà non
sapevo nemmeno che avrebbe funzionato. Mi sono limitato a modificare
leggermente una formula che avevo trovato in un tomo di trasfigurazione
nella
biblioteca del maniero dei Potter, ma poiché la prima volta
che l’ho provata è
stata su Harry, sarebbe potuta benissimo essere un fiasco. Quindi
perché dare
false speranze?»
Vedendolo
fare spallucce Lily si irritò ancora di più.
«E,
di grazie, potrei sapere come ti è venuta in mente questa
brillante idea di provare su mio figlio una formula potenzialmente
instabile?»
«Andiamo,
Lily, sai benissimo che non lo avrei mai fatto se
non fossi stato sicuro che la formula non avrebbe avuto effetti
negativi! Ma
era inutile dare false speranze se poi si rivelava un fiasco e non
aveva
nemmeno effetti positivi! Eravamo disperati! L’ho fatto solo
per dare ad Harry
una chance in più di sopravvivere!»
esclamò James, infastidito dalla mancanza
di fiducia di sua moglie.
Aveva
fatto bene e questo lo sapevano entrambi.
Soprattutto
perché, considerato il genio di James in trasfigurazione, le
possibilità di ripercussioni negative su Harry causate
dall’incanto erano pari
a zero.
«Quindi
siete decisi a mostrarvi a Harry?» domandò
esitante
Remus.
«Non
ancora.» disse James.
«Nessuno al di fuori dell’Ordine deve
sapere che noi siamo ancora vivi.
E i membri dell’Ordine sono vincolati da un Incanto Fidelius,
quindi
impossibilitati a divulgare la notizia se anche lo volessero. Harry
deve ancora
completare la sua missione non può davvero permettersi di
pensare ad altro…
Qui
non si parla solo di noi ma dell’intero mondo magico,
ragazzi, non dobbiamo sbagliare.»
25
dicembre 1944. Sala Grande.
La
Sala Grande era stata allestita magnificamente in occasione
del Ballo di Natale.
Gli
studenti si stavano divertendo molto,
nonostante i brani suonati fossero la maggior
parte delle volte dei lenti.
Anche
Hermione, nonostante l’ovvia agitazione, si
stava divertendo tra le braccia del suo
Tom.
Non
lo avrebbe mai detto,
ma era un bravo ballerino.
Le
mancava il fiato mentre
la faceva volteggiare nello spazio che di era venuto a creare al centro
della
Sala Grande.
Solo
per loro due.
I
loro occhi erano
incatenati al punto che non sentivano niente che non fosse la presenza
dell’altro.
La
mano di Riddle si
strinse possessiva sui suoi fianchi, e lei trattenne il fiato quando lo
vide
abbassarsi per baciarla.
Sarebbe
stata la prima volta
davanti a tutta la scuola.
Tuttavia
Tom cambiò
direzione avvicinandosi al suo orecchio, sussurrandole qualcosa che
somigliava
a “Torre di Astronomia” con uno sguardo talmente
serio e profondo da farla
arrossire.
Aveva
capito benissimo ciò
che intendeva, ma nell’istante in cui si stava alzando sulle
punte per baciarlo
l’espressione di lui cambiò di colpo e le porte
della Sala Grande vennero distrutte
da un potente incantesimo.
Una
ventina di uomini con
le maschere fecero il loro ingresso e ad Hermione sembrò di
essere tornata ai
tempi della Coppa del Mondo di Quidditch al suo quarto anno.
Ma
questa volta loro erano
pronti.
Riuscì
a riunirsi velocemente
con Dorea, Charlus, Christian, Cignus, Lyra e tutti gli altri suoi
amici,
trascinandosi dietro Tom che le copriva le spalle lanciando incantesimi
a
destra e a manca, mentre sia lei che gli insegnanti iniziavano a fare
lo
stesso.
Si
ritrovarono tutti
spalla contro spalla, mentre i mangiamorte li circondavano.
Uno
si fece avanti.
«Ormai
sei diventato
troppo debole per guidarci, Tom.» disse Abraxas Malfoy. La
sua voce sia
Hermione che Tom l’avrebbero riconosciuta fra mille.
«Tu
invece no, giusto Malfoy?»
rispose Tom con un ghigno sarcastico dal quale tuttavia traspariva
tutta la
tensione di quel momento.
Fu
un attimo. Un guizzo
sulla guancia di Malfoy e un fascio di luce verde. L’urlo di
Hermione che si
mise davanti a colui al quale era stato indirizzato. L’urlo
di Tom. Poi
l’oblio.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ciao
ragazzi sono vivaaaa!!!! Premettendo che non ho riletto
il capitolo per le correzioni ma non vedevo l’ora di
aggiornare cosa ne
pensate? Spero davvero che ci sia ancora qualcuno a seguirmi ma
purtroppo la
morte di mia madre è stata tosta da affrontare e quindi
è stato un periodo un
po’ così… cooomunque davvero cosa ne
pensate? L’incanto in latino tradotto
significa la protezione dell’unione di sangue. L’ho
inventata io, ovviamente,
ma non posso garantire per la traduzione in latino fatta con google
traduttore
perché sono sempre stata una chiavica in latino!
Un bacione in attesa dei capitoli finali, Mary Evans
|
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Capitolo 21 *** La Battaglia di Hogwarts ***
2
Maggio 1988. Battaglia di Hogwarts.
«Che
si fa, Harry?» gridò George. «Cosa
succede?»
«Stanno
facendo evacuare i ragazzi più piccoli, l'appuntamento
è
in Sala Grande per organizzarsi» rispose Harry.
«Si
combatte».
Tre
uomini con i capelli rossi erano a terra, vicini, nel punto in cui la
parete
era esplosa.
Harry
avanzò barcollando sopra cumuli di legno e pietra.
«No...
no... no!» urlò qualcuno. «No! Fred!
No!»
Percy
scuoteva il fratello, Ron era inginocchiato accanto a loro, ma Fred non
era
morto, era soltanto svenuto.
Una
donna
dai lunghi capelli neri aveva evocato uno scudo su di loro, che era
riuscito ad
attenuare l’impatto della parete.
Un
centinaio di Dissennatori planavano verso di loro, attirati dalla
disperazione
di Harry, che era come la promessa di un banchetto...
Vide
il terrier argenteo di Ron comparire nell'aria, baluginare e spegnersi.
La
bacchetta gli tremava in mano, e accolse quasi con gioia l'oblio
imminente, la
promessa del nulla, dell'assenza di sensazioni...
Una
lepre d'argento, un cinghiale e una volpe passarono a mezz'aria e li
superarono: davanti alle tre creature i Dissennatori indietreggiarono.
Tre
persone sbucarono dall'oscurità, con le bacchette tese,
tenendo saldi i propri
Patroni: Luna, Ernie e Seamus.
«Forza»
lo incoraggiò Luna, come se fosse ancora nella Stanza delle
Necessità e quello
fosse solo un allenamento dell'Esercito di Silente. «Forza,
Harry... pensa a
qualcosa di allegro...»
«Qualcosa
di allegro?» ripeté lui, la voce spezzata.
«Siamo
ancora qui» sussurrò lei, «stiamo ancora
combattendo. Su, dai...»
Una
scintilla d'argento, una luce guizzante e poi, con lo sforzo
più grande che gli
fosse mai costato, il cervo sbucò dalla punta della sua
bacchetta. E,
sorprendentemente, un altro cervo identico al suo lo
affiancò, subito seguito
da un enorme cane nero e da una cerva.
Harry
cercò di ricordare a chi appartenessero quei patroni, ma i
Dissennatori si
dispersero rapidi e il frastuono della battaglia riprese a echeggiare
nelle sue
orecchie.
D’un
tratto si levò un grido terribile che distrasse Voldemort,
ed Harry,
voltandosi, vide che Ron aveva ucciso il serpente, infilzandolo con le
zanne
che aveva preso dalla Camera dei Segreti.
Zanne
che, essendo intrise del veleno del basilisco, erano riuscite ad
oltrepassare
gli incantesimi di protezione di Voldemort.
A
quel punto Harry agì d’istinto. Colpì
Ron con un incantesimo Pietrificus e
lanciò su di lui il mantello
dell’invisibilità, poi afferrò il
serpente con un
incantesimo di appello ed uscì allo scoperto distruggendo la
cassa davanti a
lui.
Harry
non disse niente. Non ebbe nemmeno la forza di alzare la bacchetta.
Almeno
Ron doveva salvarsi. Gli dispiaceva solo di non essere riuscito a
salvare anche
Hermione…
«Harry
Potter» mormorò Voldemort. La sua voce era
così bassa che avrebbe potuto essere
lo scoppiettio del fuoco.
«Il
Ragazzo Che È Sopravvissuto».
Mentre
lasciava cadere il serpente a terra, Harry pensò
inspiegabilmente a Ginny, al
suo sguardo luminoso, alle loro labbra che si toccavano...
Voldemort
alzò la Bacchetta. Aveva ancora la testa piegata da un lato,
come un bambino
curioso che si chiede che cosa succederà. Harry
guardò dentro quegli occhi
rossi e sperò che accadesse subito, in fretta, quando ancora
riusciva a stare
in piedi, prima di perdere il controllo, prima di tradire la paura...
Vide
la bocca muoversi e un lampo di luce verde, e tutto svanì.
«Rivedrò
ancora Hermione?» domandò Harry con uno sguardo
basso.
«Temo,
Harry, di non poter rispondere a questa domanda. La signorina Granger
si trova
in questo momento in una situazione critica che la porterà a
fare una scelta
che cambierà sicuramente il passato, ma non questo presente,
nonostante lei
creda il contrario. Quindi quello che puoi fare è solo
sperare, e volerle bene
ovunque lei sia, perché è stato grazie al suo
improvviso salto temporale che i
tuoi genitori e il tuo padrino sono tornati in vita.»
Harry
strabuzzò per un attimo gli occhi, prima che la sua
espressione divenisse
rabbiosa.
«Non
si prenda gioco di me! Nessuna magia può resuscitare i
morti…» disse con
amarezza.
«Ma
dimentichi le mie parole, Harry: tu e
Lord Voldemort avete viaggiato insieme in regni della magia finora
ignoti e mai
sperimentati. In questo momento la moglie di Sirius sta
portando il tuo
amico Ronald al castello insieme, temo, alla notizia della tua morte. I
tuoi
genitori, Sirius, Remus, Ninfadora e i Weasley sono ancora in vita, e
stanno
combattendo fino allo stremo. Ma devi sbrigarti a tornare,
perché nell’istante
in cui Mary Black parlerà, prima che lo faccia Voldemort, le
morti
aumenteranno.»
A
quel punto Harry si alzò, con il volto pieno di speranza e
determinazione, e
Silente fece lo stesso.
«Mi
dica un'ultima cosa» chiese Harry. «È
vero? O sta succedendo dentro la mia
testa?»
Silente
gli sorrise e la sua voce risuonò alta e forte nelle
orecchie di Harry anche se
la nebbiolina luminosa stava calando di nuovo e nascondeva la sua
sagoma.
«Certo
che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Ma perché
diavolo dovrebbe voler
dire che non è vero?»
«Harry
Potter è morto. È stato ucciso. Stava fuggendo,
per mettersi in salvo mentre
voi davate la vita per lui. Vi portiamo il suo corpo a dimostrazione
che il
vostro eroe è caduto.
«Abbiamo
vinto la battaglia. Avete perso metà dei vostri combattenti.
I miei Mangiamorte
vi superano in numero e il Ragazzo Che È Sopravvissuto
è morto. La guerra deve
finire. Chiunque continui a resistere, uomo, donna o bambino,
verrà ucciso
insieme a tutti i membri della sua famiglia. Uscite dal castello, ora,
inginocchiatevi davanti a me e verrete risparmiati. I vostri genitori e
i
vostri figli, i vostri fratelli e sorelle vivranno e saranno perdonati,
e vi
unirete a me nel nuovo mondo che costruiremo insieme».
Silenzio
nel parco e dal castello. Voldemort era così vicino che
Harry non osava aprire
gli occhi. Sperò solo di aver fatto in tempo, prima che la
moglie di Sirius (della
quale ignorava l’esistenza) avesse dato l’annuncio
della sua morte ai suoi
genitori…
Attese.
Da un momento all'altro le persone per le quali aveva cercato di morire
l'avrebbero
visto apparentemente morto.
«No!»
L'urlo
fu ancora più terribile, perché non aveva mai
immaginato che la professoressa
McGranitt potesse emettere un simile suono.
Udì
un'altra donna ridere vicino a lui e capì che Bellatrix si
crogiolava nella
disperazione della McGranitt.
Sbirciò
di nuovo per un solo istante e vide la soglia affollarsi: i
sopravvissuti alla
battaglia uscivano sui gradini a fronteggiare i vincitori e a vedere
con i loro
occhi che era vero, che Harry era morto.
«No!»
«Harry!
HARRY!»
Le
voci di Ron e Ginny erano peggiori di quelle della
McGranitt, Harry non voleva altro che potergli rispondere, ma si
costrinse a
restare fermo ed in silenzio.
Le
loro grida di dolore innescarono una reazione nella massa
di sopravvissuti, che incominciò ad urlare ed inveire contro
i Mangiamorte,
finché...
«SILENZIO!»
urlò Voldemort, ed il silenzio venne ristabilito
con la forza.
Harry
si sentì volteggiare per qualche metro prima di essere
appoggiato delicatamente sull'erba.
Suppose
di essere stato messo al centro, tra i due
schieramenti.
«Vedete?»
disse Voldemort, ed Harry lo sentì camminare avanti
e indietro a grandi passi proprio lì accanto.
«Harry Potter è morto! Ve ne
rendete conto adesso, illusi? Lui non era niente, non è mai
stato niente, solo
un ragazzo che faceva conto che gli altri si sacrificassero per lui!
È stato
ucciso, mentre tentava di sgattaiolare via dal castello di
nascosto», disse
Voldemort, e si poteva percepire una nota di piacere nella sua voce
mentre
mentiva. «Ucciso mentre cercava di salvarsi...»
Ma
s'interruppe: Harry udì un rumore di passi e un urlo di
donna che gli fu stranamente familiare. Lo aveva sentito anni prima,
grazie ai
dissennatori, eppure in quel momento la disperazione che
trasudava da quella voce era nettamente
superiore.
Poi
un colpo, un lampo di luce e un grugnito di dolore; aprì
gli occhi di una frazione infinitesima.
Qualcuno
si era allontanato dalla folla e si era scagliato su
Voldemort: Harry vide la sagoma afflosciarsi a terra poco lontano da
lui, e quando
questa si alzò, ebbe un
colpo al cuore.
Così
come, suppose, anche Voldemort.
Sì,
perché Voldemort aveva paura dei morti, e quello davanti a
lui era un morto vivente: il padre di Harry, James Potter.
Lo
sguardo fiero, la mascella indurita dalla rabbia e la
bacchetta sfoderata davanti a lui. Ad Harry sembrò di vedere
il suo ritratto invecchiato
di qualche anno.
Nessuno
ebbe la forza di dire alcun che, soprattutto perché
alla figura dell’uomo si affiancò quello di una
donna dai lunghi capelli rossi
e dai luminosi occhi verdi, che in quel momento mandavano scintille.
E
Voldemort in qualche modo lo seppe, che quegli occhi
sarebbero stati la sua condanna.
Sul
suo volto serpentino si manifestò per la prima volta la
paura, che accrebbe quando all’uomo si affiancò
Sirius Black.
Il
suo sorriso sbilenco non aveva niente del divertimento che
lo aveva sempre caratterizzato, e Voldemort si ricordò delle
parole di Orion
Black, prima che lo uccidesse per averlo attaccato con un incantesimo
offensivo
dopo aver appreso della morte di Regulus.
La
mia famiglia sarà la
tua rovina.
Quando
Bellatrix scoppiò a ridere, senza riuscire davvero a credere
che quello che stava accadendo fosse vero, Harry seppe in anticipo che
cosa
stava per succedere.
Era
la stessa risata esaltata di suo cugino Sirius, prima di
cadere oltre il velo.
La
maledizione del cugino la colpì in pieno petto, al cuore, e
il sorriso maligno di Bellatrix si congelò, i suoi occhi si
dilatarono: in una
frazione di secondo capì che cos'era successo, poi cadde.
Fu
a quel punto che Voldemort urlò.
Mentre
la furia per la morte della sua migliore luogotenente
esplodeva con la forza di una bomba, alzò la bacchetta e la
puntò contro Sirius
Black.
«Protego!»
ruggì Harry, e il Sortilegio Scudo si
allargò a difesa anche degli altri due.
Voldemort
si guardò intorno cercandone l'origine, e fu allora
che Harry decise di alzarsi.
L'urlo
di sorpresa, le acclamazioni, le grida di «Harry!»,
«È
vivo!» furono subito soffocati. La folla ebbe paura e il
silenzio cadde
improvviso e totale, quando Voldemort e Harry si guardarono e
cominciarono a
muoversi in cerchio uno di fronte all'altro.
«Non
voglio aiuto» disse Harry, e nel silenzio assoluto la sua
voce risuonò come uno squillo di tromba.
Sirius
fermò James, che stava per avvicinarsi al figlio, e
Lily si forzò per restare immobile, ad osservare il suo
bambino che ormai era
diventato un uomo.
«Deve
andare così. Devo essere io».
Voldemort
sibilò, gli occhi rossi spalancati.
«Potter
non voleva dire questo. Non è così che si
comporta, vero?
Chi userai come scudo oggi, Potter?»
«Nessuno»
rispose Harry semplicemente. «Non ci sono altri
Horcrux. Siamo solo tu e io. Nessuno dei due può vivere se
l'altro sopravvive,
e uno di noi sta per andarsene per sempre...» «Uno
di noi?» lo schernì
Voldemort. Ogni suo muscolo era teso e i suoi occhi rossi erano
immobili: un serpente
pronto a colpire. «Pensi che sarai tu, vero, il Ragazzo Che
È Sopravvissuto per
caso, solo perché Silente tirava i fili?»
«È
stato un caso quando mia madre morì per salvarmi?»
chiese
Harry. Continuavano a spostarsi di lato, tutti e due, disegnando un
cerchio
perfetto, mantenendo la stessa distanza l'uno dall'altro.
Per
Harry esisteva solo il volto di Voldemort.
«Un
caso che io abbia deciso di combattere in quel cimitero?
Un caso che io non mi sia difeso questa notte, eppure sia
sopravvissuto, e tornato
per combattere di nuovo?»
«Casi!»
urlò Voldemort, ma ancora non colpì, e la folla
era
come pietrificata, delle centinaia di persone presenti sembrava che
solo loro
due respirassero. «Casi e fortuna, e il fatto che ti sei
rannicchiato a frignare
dietro le gonne di uomini e donne più grandi di te, e hai
lasciato che io li
uccidessi al posto tuo!»
«Non
ucciderai nessun altro questa notte» ribatté
Harry.
Ancora si muovevano in cerchio e si fissavano, occhi verdi dentro occhi
rossi.
«Non
potrai uccidere nessuno di loro, mai più. Non capisci?
Ero pronto a morire per impedirti di fare del male a queste
persone...»
«Ma
non l'hai fatto!»
«...
era mia intenzione, ed è questo che importa. Ho fatto
quello che ha fatto mia madre. Sono protetti da te. Non hai notato che
nessuno
dei tuoi incantesimi funziona su di loro? Non puoi torturarli. Non puoi
toccarli. Non impari dai tuoi errori, Riddle, vero?»
«Tu
osi...»
«Sì,
io oso» continuò Harry.
«Io
so cose che tu non sai, Tom Riddle. Io so molte cose
importanti che tu non sai. Vuoi sentirne qualcuna, prima di commettere
un altro
grosso errore?»
Voldemort
non parlò ma continuò a muoversi in cerchio, e
Harry
seppe di averlo ipnotizzato, per il momento pendeva dalle sue labbra,
trattenuto dalla vaghissima possibilità che Harry conoscesse
davvero un ultimo
segreto.
«È
di nuovo l'amore?» ringhiò Voldemort, il volto da
serpente
contorto in una smorfia di scherno. «La soluzione preferita
di Silente, l'amore,
che a sentir lui vince la morte. Ma l'amore non gli ha impedito di
cadere dalla
Torre e andare in pezzi come una vecchia statuina di cera, e pare che
nessuno
ti ami abbastanza da farsi avanti, questa volta, a prendersi la mia
maledizione. Quindi che cosa ti impedirà di morire adesso,
quando colpirò?»
«Una
cosa sola» rispose Harry, e ancora si fronteggiavano,
assorti l'uno nell'altro, separati soltanto dall'ultimo segreto.
«Se non è
l'amore che ti salverà, questa volta»
insisté Voldemort, «devi credere di avere
una magia che io non ho, o un'arma più potente della
mia».
«Credo
entrambe le cose» ribatté Harry, e vide la
sorpresa
balenare sul volto di serpe e dissiparsi all'istante; Voldemort
scoppiò a
ridere e il suono fu più spaventoso delle sue urla; folle e
privo di gioia.
«Tu
credi di conoscere più magie di me?» chiese.
«Di me, di
Lord Voldemort, che ha compiuto magie che Silente stesso non si era
nemmeno
sognato?»
«Oh,
se l'era sognato eccome» rispose Harry, «ma lui ne
sapeva
più di te, abbastanza da non fare quello che hai fatto
tu».
«Vuoi
dire che era un debole!» urlò Voldemort.
«Troppo debole
per osare, troppo debole per prendere ciò che avrebbe potuto
essere suo e
invece sarà mio!»
«No,
era più intelligente di te. Era un mago migliore, un uomo
migliore ».
«Io
ho provocato la morte di Albus Silente!»
«È
quello che credi. Ma ti sbagli».
Per
la prima volta, la folla che li attorniava si mosse e centinaia
di persone respirarono come una sola.
«Silente
è morto!» Voldemort sputò
queste parole contro
Harry come se gli potessero provocare un dolore insopportabile.
«Il
suo corpo marcisce nella tomba di marmo vicino a questo
castello, io l'ho visto, Potter, e non tornerà!»
«Certo,
Silente è morto» rispose Harry tranquillo,
«ma non
l'hai fatto uccidere tu. Ha scelto lui come morire, con mesi di
anticipo, ha
programmato tutto con l'uomo che credevi fosse il tuo servo».
«Che
sogno infantile è questo?» chiese Voldemort, ma
ancora
non colpì, e i suoi occhi rossi non si staccavano da Harry.
«Severus Piton non
era tuo» spiegò Harry. «Piton era di
Silente, di Silente dal momento in cui hai
cominciato a dare la caccia a mia madre. E non te ne sei mai accorto,
per via
della cosa che non puoi capire. Non hai mai visto Piton evocare un
Patronus,
vero, Riddle?» Voldemort non rispose. Continuavano a girare
come lupi pronti a
sbranarsi.
«Il
Patronus di Piton era una cerva» continuò Harry,
«come
quello di mia madre, perché lui l'ha amata per tutta la
vita, da quando erano
bambini. Avresti dovuto capirlo» aggiunse, vedendo le narici
di Voldemort vibrare.
«È stato la spia di Silente dal momento in cui la
minacciasti e da allora ha
lavorato contro di te! Silente stava già morendo quando
Piton l'ha finito!»
«Non
ha importanza!» strillò Voldemort. Aveva seguito
ogni
parola con attenzione rapita, ma ora scoppiò in una risata
stridula e folle.
«Non
ha importanza se Piton fosse mio o di Silente, o quali
insignificanti ostacoli abbiano cercato di mettere sul mio cammino! Io
li ho
schiacciati entrambi, e tutto torna, Potter, ma in modi che tu non
comprendi!
«Silente
stava cercando di tenere lontana da me la Bacchetta
di Sambuco! Voleva che fosse Piton il vero padrone della Bacchetta! Ma
io sono
arrivato prima di te, ragazzino... l'ho trovata prima di te, ho capito
la
verità prima di te. Ho ucciso Severus Piton un’ora
fa, e la Bacchetta di Sambuco,
la Stecca della Morte, la Bacchetta del Destino è davvero
mia! L'ultimo piano
di Silente è andato storto, Harry Potter!»
«Sì,
è vero» concesse Harry. «Hai ragione. Ma
prima che tu
provi a uccidermi, ti consiglio di pensare a quello che hai fatto...
pensaci, e
cerca in te un po' di rimorso, Riddle...»
«Che
cosa?»
Di
tutte le cose che Harry gli aveva detto, più di ogni
rivelazione o insulto, niente sorprese Voldemort come questa. Harry
vide le sue
pupille ridursi a fessure sottili, la pelle attorno agli occhi
sbiancare.
«È
la tua ultima possibilità» continuò
Harry, «tutto ciò che
ti resta... ho visto quello che sarai altrimenti... sii un uomo...
cerca...
cerca un po' di rimorso...»
«Tu
osi...?» ripeté Voldemort.
«Sì,
oso» rispose Harry, «perché l'ultimo
piano di Silente non
si è ritorto contro di me. Si è ritorto contro di
te, Riddle».
La
mano di Voldemort tremò sulla Bacchetta di Sambuco e Harry
strinse forte la sua. Capì che era questione di secondi.
«Quella
bacchetta non funziona ancora bene perché hai assassinato
la persona sbagliata. Severus Piton non è mai stato il vero
padrone della Bacchetta
di Sambuco. Non ha mai sconfitto Silente».
«L'ha
ucciso...»
«Non
mi ascolti? Piton non ha mai sconfitto Silente! Hanno
deciso insieme la sua morte! Silente voleva morire imbattuto, essere
l'ultimo
vero padrone della Bacchetta! Se tutto fosse andato come previsto, il
potere
della Bacchetta sarebbe morto con luì, perché non
gli sarebbe mai stata vinta!»
«Ma
allora, Potter, è come se Silente l'avesse consegnata a
me!» La voce di Voldemort era intrisa di piacere malvagio.
«Io
ho rubato la Bacchetta dalla tomba del suo ultimo padrone!
Io l'ho portata via contro il desiderio del suo ultimo padrone! Il suo
potere è
mio!»
«Ancora
non capisci, Riddle? Possedere la Bacchetta non basta!
Tenerla, usarla non la rende davvero tua. Non hai sentito Olivander? È
la
bacchetta che sceglie il mago... la Bacchetta di Sambuco ha
riconosciuto un
nuovo padrone prima della morte di Silente, qualcuno che non l'ha mai
nemmeno
sfiorata. Il nuovo padrone ha tolto la Bacchetta a Silente contro la
sua volontà,
senza mai capire cosa aveva fatto, o che la bacchetta più
pericolosa del mondo
gli aveva offerto la sua obbedienza...»
Il
petto di Voldemort si alzò e si abbassò in
fretta, e Harry
avvertì la maledizione in arrivo, la sentì
crescere dentro la bacchetta puntata
contro il suo viso.
«Il
vero padrone della Bacchetta di Sambuco era Draco Malfoy».
Una
vacua sorpresa comparve per un attimo sul viso di
Voldemort, poi sparì.
«Ma
che importanza ha?» mormorò il Signore Oscuro.
«Anche se
tu avessi ragione, Potter, non farebbe alcuna differenza per te e per
me. Non
ho più la bacchetta di fenice: il nostro sarà un
duello di pura abilità... e
dopo che avrò ucciso te, potrò occuparmi di Draco
Malfoy...»
«È
troppo tardi» osservò Harry. «Hai perso
l'occasione. Sono
arrivato prima io. Ho battuto Draco poche ore fa. Gli ho portato via
questa».
Harry agitò la bacchetta di biancospino estraendola dalle
sue tasche e sentì
gli sguardi di tutti i presenti su di essa. «Quindi
è tutto qui, capisci?»
sussurrò. «La bacchetta che hai in mano sa che il
suo ultimo proprietario è
stato Disarmato? Perché se lo sa... sono io il vero padrone
della Bacchetta di
Sambuco». Un bagliore d'oro rosso divampò
all'improvviso nel soffitto incantato
sopra di loro, e uno spicchio di sole accecante apparve sul davanzale
della
finestra più vicina.
La
luce colpì i due volti nello stesso momento e quello di
Voldemort divenne una macchia infuocata.
Harry
udì la voce acuta strillare, e urlò anche lui la
sua
speranza estrema verso il cielo, puntando la sua bacchetta di fenice.
«Avada
Kedavra!»
«Expelliarmus!»
Lo
scoppio fu come un colpo di cannone e le fiamme dorate che
eruppero tra loro, al centro esatto del cerchio che avevano disegnato,
segnarono il punto in cui gli incantesimi si scontrarono.
Harry
vide il lampo verde di Voldemort urtare il proprio
incantesimo, vide la Bacchetta di Sambuco volare in alto, scura contro
l'alba,
roteare verso il padrone che non avrebbe ucciso, che finalmente ne
entrava in
pieno possesso. E Harry, con l'infallibile abilità del
Cercatore, la prese al
volo con la mano libera mentre Voldemort cadeva all'indietro, le
braccia
spalancate, le pupille a fessura degli occhi scarlatti che si giravano
verso
l'alto.
Tom
Riddle crollò sul pavimento con banale solennità,
il corpo
fiacco e rattrappito, le mani bianche vuote, il volto da serpente
inespressivo
e ignaro. Voldemort era morto, ucciso dal rimbalzo della sua stessa
maledizione, e Harry fissava, con due bacchette in mano, il guscio
vuoto del
suo nemico. Un vibrante secondo di silenzio, lo stupore sospeso, poi il
tumulto
esplose attorno a Harry, le urla, l'esultanza e i ruggiti dei presenti
lacerarono l'aria. L'ardente sole nuovo incendiò le finestre
mentre tutti
avanzavano verso di lui, e i primi a raggiungerlo furono i suoi
genitori, le
loro braccia ad avvolgerlo, le loro urla incomprensibili ad assordarlo.
Poi
Sirius, Ron, Ginny, Neville e Luna, e poi gli altri Weasley e Hagrid, e
Kingsley e la McGranitt e Vitious e la Sprite; Harry non riusciva a
capire una parola
di quello che stavano urlando, né quali mani lo afferravano,
lo tiravano,
cercavano di abbracciarlo: erano in centinaia a premere contro di lui,
tutti
decisi a toccare il Ragazzo Che È Sopravvissuto, la ragione
per cui era davvero
finita...
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Ragazzuoliiiiiii
nei prossimi capitoli avremo l’incontro tra
Harry e i suoi genitori e finalmente scopriremo che fine a fatto
Hermione!
Grazie
mille per stare seguendo la mia storia sopportando i
miei continui ritardi! Un bacione! Mary Evans.
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Capitolo 22 *** Veloce verso la felicità ***
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Hermione
aprì gli occhi di scatto, urlando.
Era
l’ultima cosa che aveva fatto prima di essere colpita dal
fascio di luce, quindi fu normale come reazione.
La
prima cosa che fece, fu guardarsi intorno e cercare di
analizzare la situazione: sembrava di stare tra le nuvole, in quel
posto, e
quasi si spaventò nel constatare di riuscire a restare in
piedi senza
precipitare nel vuoto.
Ricordava
perfettamente di essere stata colpita in pieno da un
incantesimo rivolto contro Tom… sperava davvero che non
avesse fatto
sciocchezze uccidendo Malfoy! Non aveva certo perso la vita per vederlo
portare
ad Azkaban!
«A
questo proposito, credo possiamo affermare con certezza,
signorina Granger, che lei non è morta.» disse una
voce alle sue spalle
rispondendo ai suoi pensieri.
Immediatamente
si voltò, riconoscendo davanti a lei la figura
di un Albus Silente più vecchio di quello al quale era stata
abituata in quei
mesi. Il suo vecchio preside.
«Professor
Silente, signore.» sussurrò la ragazza,
«Ma lei non
è…»
«Morto?»
la anticipò lui, «Sì, lo sono, ma
questo non vuol dire
che lo sia anche lei!»
«Ma
come…»
«Questo
è un limbo, signorina Granger. Un posto al di fuori
del tempo e dello spazio… ho incontrato il suo amico Harry
allo stesso modo,
poco fa.»
Alla
ragazza vennero le lacrime agli occhi al ricordo del suo
migliore amico. Che fosse…
«No,
non è morto.» la rassicurò Silente.
«Sono lieto di dirle
che il signor Potter ha sconfitto definitivamente Lord Voldemort, e che
adesso
sta festeggiando il ritorno alla vita dei suoi genitori e di Sirius
Black.»
Davanti
alla faccia sbalordita di Hermione, il vecchio preside
si spiegò meglio.
«Vede,
nel momento in cui gli incantesimi di Harry e Voldemort
si sono scontrati, grazie ai nuclei gemelli delle due bacchette, si
è attivato
un Prior Incantatio che non ha eguali nella storia… ma
d’altro canto anche i
proprietari delle due bacchette sono fuori dal comune, quindi non
dovrei poi
sorprendermi così tanto…
Comunque,
l’incanto ha richiamato le anime delle persone alle
quali loro stavano pensando in quel momento: presumibilmente, Harry
stava
pensando alla morte dei suoi genitori e del suo padrino, sperando di
riuscire a
salvare lei, miss Granger, prima che fosse troppo tardi; Lord
Voldemort,
d’altro canto, pur non indulgendo quanto Harry in quel
sentimento chiamato
amore, in quel momento stava pensando all’unico posto in cui
si sia sentito
davvero a casa, Hogwarts, senza pensare tuttavia al castello in
sé, ma
all’ultimo anno in cui si è sentito felice
abitandolo.
L’incantesimo
ha quindi richiamato dal passato le anime e i
corpi di Lily Evans Potter, James Potter e Sirius Black, facendo
tornare loro
in vita, e trascinando invece lei indietro nel tempo.»
Silente
si interruppe, per lasciare alla sua ex studentessa il
tempo di metabolizzare quanto detto.
«Ok.»
disse Hermione deglutendo sonoramente. «Quindi mi sta
dicendo, in pratica, che se anche io trovassi il modo di tornare nel
mio tempo,
qualora lo facessi, il Prior Incantatio si romperebbe e quindi i
genitori di
Harry moriranno di nuovo, giusto?»
Non
ne sapeva molto sul Prior Incantatio, ma a quanto sembrava
ci aveva visto giusto vista l’occhiata che Silente le
inviò da sopra gli
occhiali a mezzaluna.
«Lei
è e sarà sempre la strega più
brillante della sua età,
miss Granger. Nessun incantesimo può riportare indietro i
morti, come lei ben
sa, ma i trasferimenti di anime e corpi sono possibili. Si verificano
in rare
condizioni, ma sono possibili.» disse il vecchio preside.
Le
porse il braccio, e insieme iniziarono a camminare fra le
nuvole in silenzio, finchè non fu proprio Hermione a
romperlo qualche minuto
dopo, con parole tanto tremanti quanto risolute.
«Non
sono così egoista da voler infrangere la felicità
del mio
migliore amico adesso che finalmente è finito tutto, e dopo
tutto quello che ha
passato. Ho cancellato la memoria ai miei genitori, e adesso loro non
sanno
nemmeno di avere una figlia, ma, se possibile, vorrei che il ricordo
della mia
nascita scomparisse dalla mente di tutti quelli che mi hanno
conosciuta,
affinchè non soffrano la mia mancanza e non cerchino di
riportarmi nel mio
tempo.»
Le
venne da piangere al pensiero di essere dimenticata da
tutti i suoi amici, ma era inevitabile per non far soffrire
più del dovuto lei
e loro.
Non
avrebbe tollerato di farli star male causa sua.
«Come
da suo desiderio, sarà fatto.» le disse Silente.
La
riccia si prese ancora qualche minuto per riflettere.
«Quindi,
assodato che rimarrò nel 1944, cosa devo fare adesso?
L’incantesimo di Malfoy mi ha colpita, nonostante tutte le
precauzioni che
avevo preso con gli altri, e non ho la più pallida idea di
quale incantesimo si
tratti. Così come non so il motivo per il quale mi trovo
qui… e nemmeno il
motivo che avrebbe spinto Harry a venire in un posto come
questo…»
Silente
le sorrise, e in breve le spiegò tutto quello che era
successo nel suo tempo, di Harry e degli Horcrux, ritornando presto
alla questione
principale, il suo futuro.
«Credo,
miss Granger, che lei sia in una posizione più scomoda
di quanto pensasse… Abraxas Malfoy voleva colpire Tom con un
incanto oscuro che
gli avrebbe tolto tutta l’umanità. Tom Riddle
sarebbe diventato Lord Voldemort
contro il suo volere, perché in lui era presente un male
tale che era stato
possibile arginare soltanto grazie all’incanto Amor Mortis.
In Tom erano
presenti due anime, e quindi solo
con
lui l’incantesimo avrebbe fatto effetto come avrebbe dovuto.
Ma
lei si è fatta colpire al suo posto per amore, e
l’incanto
di protezione Amor Mortis ha reagito, salvaguardando le anime positive
sulle
quali aveva influenza. La sua e quella di Tom.
Ma
poiché le anime in Tom erano due, l’altra
è stata
risucchiata definitivamente dall’incantesimo di Malfoy, che
in questo caso ha
avuto un effetto contrario a quello che tutti si
immaginavano.»
In
Hermione a quel punto iniziò a zampillare la speranza.
«Quindi
adesso l’anima di Tom è sua, interamente
sua?» chiese esitante, e al cenno affermativo del
preside un sorriso le nacque spontaneo.
«Può
dirmi cosa è successo, dopo che l’incantesimo mi
ha
colpita?»
«Tom
Riddle, come lei, ha perso conoscenza. La battaglia si è
conclusa velocemente grazie agli insegnanti, e voi due siete stati
portati in
Infermeria. Abraxas Malfoy e gli altri mangiamorte sono stati espulsi
da
Hogwarts, nonostante i soldi delle loro famiglie, e in questo momento
tutti
stanno solo aspettando che voi due vi riprendiate. I vostri amici sono
molto in
ansia, poichè» aggiunse «è
quasi un mese che non vi risvegliate, e nessuno è
riuscito a capirne la causa.»
Hermione
strabuzzò gli occhi. Un mese?! Come era possibile? A
lei sembravano passate poche ore, altro che settimane!
E
Tom? Era in quel posto anche lui?
«Temo,
miss Granger, che in questo momento Tom Riddle si trovi
in un limbo inaccessibile a noi, e dal quale potrà uscire
soltanto quando anche
lei si risveglierà.»
«Allora
devo sbrigarmi.» concluse Hermione, ponendosi davanti
al suo vecchio preside e pronta a fare una scelta che, inevitabilmente,
avrebbe
condizionato la sua vita e quella di tanti altri.
Inaspettatamente,
tuttavia, quella scelta non le trasmise
tutto il dispiacere che credeva avrebbe provato.
«Arrivederci,
miss Granger, e buona fortuna.» le disse Albus
Silente, indicandole una strada appena creatasi davanti a lei.
Dopo
un ultimo omaggio al suo vecchio preside, Hermione gli
voltò le spalle e, per la prima volta in vita sua cedendo
all’istinto, iniziò a
correre veloce verso la sua felicità.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Allora
ragazzuoli eccomi tornata! Navigando in rete ho trovato
tante immagini stupende di Tom e Hermione, quindi ecco motivata la
sorpresa di
inizio pagina! Ho intenzione di aggiungere immagini anche agli altri
capitoli
considerato che dovrò rivederli e correggerli quindi
aspettatevi una bella
sorpresa ;)
Che
ne dite del capitolo? Spero vi sia piaciuto anche se
breve. Ecco spiegato tutto l’enigma del viaggio nel tempo e
della resurrezione
dei genitori di Harry e di Sirius! Spero davvero di non avervi delusi
ma è
stato l’unico modo che ho trovato per motivare un
po’ tutto.
Quindi
ricapitolando: Harry ha sconfitto Voldemort, Piton è
morto, i genitori di Harry e Sirius sono vivi e anche Fred e Dobby.
Sirius ha
una moglie e una figlia, Remus si è sposato con Ninfadora e
ha Teddy, Minus è
morto. L’anima malvagia di Tom è distrutta e ora
lui è un ragazzo normale, per
quanto lo sia uno stronzo sexy da far paura, ovviamente. Hermione si
è fatta
molti amici nel 1944, si è innamorata di Tom (credo ormai
sia ovvio), ed ha
deciso di vivere il resto della sua vita in questo tempo, anche se la
scusa
ufficiale era quella di non voler far soffrire Harry.
Che
dire, siamo quasi alla fine, quindi aspettatevi di tutto
per il finale mi raccomando! Un bacione e un abbraccio forte come
sempre per il
vostro appoggio, Mary Evans.
|
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Capitolo 23 *** Aria di matrimonio ***
Quando
mi risvegliai, spalancai gli occhi di scatto.
Vidi
tutto bianco davanti a me, cercai di muovermi, di dibattermi, ma il mio
corpo
sembrava bloccato.
Entrai
nel panico e cercai di urlare, quando vidi delle ombre scure
avvicinarsi a me.
Le
vidi calare inesorabilmente, e mentre cercavo di far sentire ancora la
mia voce
per chiedere aiuto, sprofondai di nuovo in un sonno profondo.
Il
secondo risveglio fu migliore.
Dopo
un attimo di smarrimento, riuscii a mettere a fuoco una delle stanze
del San
Mungo.
Provai
ad alzarmi ma mi sentii tirare per un braccio, e voltandomi verso
sinistra vidi
che al mio fianco c’era Tom.
Avevano
unito due lettini per permetterci di stare insieme, e quando tentai
invano di
staccarmi da lui ne capii la motivazione.
Tom
mi stringeva la mano come se ne andasse della sua stessa vita.
Intrecciai
le nostre dita, e lo vidi sorridere inconsciamente.
Sorrisi
a mia volta nel vederlo così sereno, e non potei fare a meno
di pensare alle
parole di Silente: finalmente Tom era un ragazzo normale…
Guardandolo,
mi venne una voglia matta di spostargli quel ciuffo ribelle che gli
cadeva
sulla fronte – cosa che lui non mi aveva mai permesso di fare
-, e stavo giusto
per farlo, quando Tom aprì gli occhi
all’improvviso, cogliendomi in flagrante.
Rimasi
con la mano in aria ad un palmo dal suo volto, incapace di fare alcun
che.
Lo
vidi spaesato per qualche secondo prima di riuscire a mettere a fuoco
il mio
viso, e allora afferrò in un attimo la mia mano ancora a
mezz’aria
trascinandomi su di lui.
Non
potei trattenere un urlo divertito e imbarazzato al tempo stesso quando
lo
sentii abbracciarmi con tutta la forza di cui era capace, e annusarmi per accertarsi
che fossi davvero
io.
Stemmo
così fermi per qualche secondo, poi lo sentii mormorare una
frase che dubitai
sarei riuscita a risentire tanto presto.
«Non
lasciarmi solo, ti prego. Senza di te non riuscirei a vivere.»
E
abbracciandolo più forte che potei, segnai il mio destino
con cinque parole.
«Non
vado da nessuna parte.»
1
Febbraio 1944. Sala
Grande.
Molte
cose erano cambiate nei mesi successivi all’attacco dei
mangiamorte, capeggiati
da Abraxas Malfoy.
Gli
studenti responsabili dell’attacco erano stati espulsi, ed
Abraxas, dopo il
processo, era stato ritenuto instabile mentalmente e rinchiuso nel
reparto
malattie mentali del San Mungo.
Albus
Silente ci spiegò tutto molto dettagliatamente quando venne
a farci visita,
aggiungendo che i nostri amici stavano tutti bene, e che sarebbero
venuti di
persona a festeggiare il loro risveglio se non fosse stato proibito
loro dal
preside, il quale dopo gli ultimi avvenimenti aveva deciso di cedere la
sua
carica a Silente stesso.
Il
pomeriggio del 1 febbraio finalmente fummo dimessi, e con la
metropolvere
arrivammo ad Hogwarts giusto in tempo per la cena.
Con
le mani intrecciate attraversammo i corridoi vuoti fino
all’entrata della Sala
Grande, dove sentimmo delle urla che ci spinsero a sfoderare le
bacchette con
espressione risoluta, spalancando la porta d’ingresso.
La
scena che si presentò davanti a noi, tuttavia, fu molto
più strana di qualunque
battaglia… o almeno lo fu abbastanza da far mostrare stupore
anche al viso
impassibile di Tom Riddle.
Non
ci stupimmo affatto che il nostro ingresso fosse passato inosservato, e
abbassammo le bacchette per goderci meglio lo spettacolo.
Un
Charlus dall’espressione disperata, era inginocchiato davanti
ad una Dorea
totalmente stupefatta, porgendole un anello trasfigurato sicuramente al
momento; intorno a loro c’erano quelli che sicuramente
dovevano essere i loro
familiari: i padri si urlavano contro, le madri intervenivano di tanto
in tanto
nella discussione, cercando nel frattempo di far ragionare i figli
allontanando
l’uno dall’altra, mentre Cignus ed un altro ragazzo
più grande che assomigliava
molto a Charlus guardavano i rispettivi fratelli con le mani nei
capelli e
l’espressione più stupita dei loro repertori.
Gli
studenti si erano accalcati sotto le pareti senza perdersi la minima
parola del
gruppo, e gli insegnanti, probabilmente per disperazione, si erano
rassegnati
agli avvenimenti sperando solo che non si arrivasse alle bacchette.
Ovviamente,
nel caos creatosi ci dovevano essere per forza delle eccezioni, e tali
eccezioni facevano il nome di Albus Silente, che guardava la scena con
un
luccichio divertito negli occhi, e Christian Zabini, che aveva
incantato quella
che sembrava a tutti gli effetti una videocamera per riprendere la
scena e
faceva foto magiche un po’ a tutti per ricordo.
Io
e Tom ci guardammo per qualche secondo con la bocca spalancata prima di
avvicinarci al gruppo e cercare di capire cosa stesse succedendo, ma
eravamo
appena arrivati ad una distanza accettabile quando quello che
presumemmo essere
il fratello di Charlus lanciò un Silencio su tutti i
presenti, lanciando un
urlo degno di Albus Silente nei suoi momenti migliori.
Sciolse
dall’incanto solo Charlus, Cignus, Dorea e le rispettiva
madri, che sembravano
quelli più inclini alla ragione.
«Riassumendo,»
esordì con un sorrisetto, « I signori Black hanno
stipulato un accordo
prematrimoniale che unirà Dorea al maggiore dei Nott, ma il
mio fratellino e la
Black in questione si sono innamorati e non hanno intenzione di
accettare la
cosa. Inotre, anche i miei genitori hanno stipulato un accordo
prematrimoniale,
che in teoria dovrebbe unire il mio fratellino con la minore delle
Grengrass.
Detto questo,» aggiunse, «il problema è
facilmente risolvibile, e mi sorprende
tutta la confusione che si è venuta a creare.»
La
madre di Cignus e Dorea lo guardò stranita per un secondo.
«Puoi
spiegarti meglio, ragazzo?» chiese in tono cortese ma fermo.
Prima
che il fratello di Charlus potesse rispondere, tuttavia, fu Cignus a
prendere
parola.
«Intende
un cambio di nomi, mamma.» spiegò Cignus
arrossendo.
«I
contratti prematrimoniali magici prevedono l’unione di due
famiglie purosangue,
ma i nomi dei prescelti vengono scritti solamente il giorno del
matrimonio. Il
che significa che, anche se i contratti non si possono distruggere,
è sempre
possibile modificarli a seconda delle esigenze.»
«Giusto!»
esclamò allegro il fratello di Charlus, battendo le
mani e facendo sobbalzare un po’ tutti. «Come ha
già detto Cignus, i contratti prematrimoniali
magici si possono modificare all’occorrenza, e si dia il caso
che io abbia tutte
le intenzioni di chiedere in sposa la maggiore delle Grengrass,
Euphemia...»
«…e
che io abbia tutte le intenzioni di sposare Lyra, in
futuro.» concluse Cignus con espressione risoluta.
Lyra,
che nel frattempo si era avvicinata a lui dopo l’incanto
di Silenzio per ascoltare meglio, spalancò gli occhi, senza
riuscire a credere
a quello che aveva appena sentito.
«Il
contratto prematrimoniale che lega due famiglie purosangue
è unico. Per legge, deve esserci minimo un matrimonio per
adempiere al
contratto, non ne sono necessari due. Dorea è innamorata di
Charlus, che è un
Potter, quindi l’unico cambiamento che ci sarà
avverrà in meglio, in quanto la
nostra famiglia sarà legata non ad una, ma a ben due
famiglie purosangue.
Perché
io non ho alcuna intenzione di venire meno al
contratto, e non per obbligo.» e detto questo, sotto lo
sguardo sorpreso di
tutti, si voltò verso Lyra e la baciò come se
fosse la prima volta.
Quando
si staccarono, erano entrambi rossi in viso, rossore
che aumentò nel vedere come gli sguardi di tutti, compresi
quelli dei loro
padri, fossero puntati su di loro.
Fu
a quel punto che il fratello di Charlus tolse l’incanto di
Silenzio e, con uno schiarirsi di voci, i due capi famiglia si diedero
la mano.
«Sarà
un piacere averti come consuocero, Marius.» disse Henry
Potter con un sorriso stentato, ricevendo in risposta un cenno del capo.
Quella
fu la massima espressione di approvazione che Dorea
avesse potuto sperare di ricevere, e l’ultima che vide
d’altro canto, perché
poco dopo Marius Black, dopo aver afferrato sua moglie che stava
salutando la
moglie di Henry, attraversò la Sala Grande,
oltrepassò Tom e Hermione senza
degnarli di uno sguardo, e si avviò verso l’uscita
del castello per
smaterializzarsi.
L’ultima
cosa che sentirono da lui fu un «Sono figli tuoi!»
rivolto alla moglie, prima che il rumore della chiusura del portone
d’ingresso
segnalasse la definitiva uscita di scena dei signori Black.
Nemmeno
un secondo dopo il tonfo del portone, si sentì distintamente
il rumore di uno schiaffo.
«Fleamont
Potter! È così che si informano i genitori del
proprio matrimonio? Dovresti vergognarti!» esclamò
sua madre, tirandogli un
orecchio e trascinandolo fuori dalla Sala Grande tra i suoi gemiti di
dolore.
Henry
li seguì ridendo poco dopo, ma non prima di aver dato il
benvenuto in famiglia ad una Dorea rossa come i suoi capelli e con un
anello
all’anulare sinistro.
Con
l’uscita di scena delle due famiglie, al centro della Sala
Grande erano rimasti solo Cignus, Lyra, Charlus e Dorea che si
guardavano
amorevolmente, ma nessuno aveva il coraggio di rompere
l’atmosfera che si era
venuta a creare con qualcosa di inappropriato.
Nessuno,
ovviamente, tranne Albus Silente, che alzatosi in
piedi, raggiunse i due ragazzi poggiando le mani sulle loro spalle.
«Ah,
l’amore!» esclamò sorridendo
«Che cosa meravigliosa!»
Inevitabilmente
scoppiarono tutti a ridere, e ben presto si
ritornò alla cena continuando però a commentare
quello che era appena successo.
Probabilmente,
quella serata sarebbe passata ai posteri.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Buon
ritorno dalle vacanze!! Sì, non sono morta, e sì,
ho
davvero postato un capitolo… in realtà ero
indecisa se continuare a rivedere i
capitoli o postarne uno nuovo ma ho avuto l’ispirazione al
momento giusto e,
poiché questo non è l’ultimo capitolo e
ve ne saranno altri, anche se non so
ancora quanti, ecco a voi il ritorno di Hermione e Tom ad Hogwarts dopo
la
battaglia! Spero di non avervi delusi con questo capitolo, anche
perché ho
dovuto smanettare un bel po’ con internet per i nomi delle
famiglie purosangue…
Allora, devo ammettere che all’inizio avevo pensato di
mettere Charlus e Dorea
come genitori del padre di Harry, ma poi ho scoperto che i genitori di
James si
chiamavano Fleamont e Euphemia. Ora, poiché il secondo nome
di James è Charlus,
e poiché Charlus sull’albero genealogico dei Black
fa Potter di cognome, ho
supposto che fossero fratelli lui e Fleamont. E poiché il
padre di Fleamont si
chiama Henry e la moglie non si sa non ho messo il suo nome. Poi con la
famiglia di Dorea ho fatto un po’ di casino che perdonerete
come licenza
creativa. Infatti Dorea era tipo la quarta figlia femmina di Cignus II
( o
qualcosa di simile) e non so chi, però non mi piaceva far
chiamare padre e
figlio allo stesso modo così l’ho chiamato Marius
e alla moglie non ho messo
nome perché non sapevo che pesci pigliare.
Ci
sono molti buchi al momento, come la storia fra Lyra e
Cignus, che spero se ce la farò a finire questa fic di
apparare con una one-
shot. Mi manca ancora quella della prima volta fra Tom e Hermione a
proposito…
Comunque
spero che il capitolo non vi abbia delusi e che
l’attesa sia stata ripagata. La revisione va un po’
a rilento però non ho
intenzione di concludere la storia finchè non
l’avrò rivisitata tutta! Beh, ora
vado a nanna perché domani mi tocca una mattinata in
biblioteca in vista di
uno/due esami.
Un
bacio e un abbraccio, come sempre, Mary Evans.
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Capitolo 24 *** La quiete dopo la tempesta ***
3
Maggio 1988. Hogwarts.
Il
sole sorgeva su Hogwarts, e la Sala Grande ardeva di vita e
di luce.
Harry
era una parte indispensabile in quelle manifestazioni di
giubilo e lutto, dolore ed esultanza mescolati. Volevano che fosse
lì con loro,
il loro capo e simbolo, il loro salvatore e la loro guida, e che non
avesse dormito,
che bramasse la compagnia di pochi intimi non passò per la
mente a nessuno.
Doveva
parlare con i famigliari delle vittime, stringere loro
le mani, guardare le loro lacrime, ricevere i loro ringraziamenti,
ascoltare le
notizie che rimbalzavano da ogni dove col procedere del mattino: in
tutto il
paese quelli che erano stati colpiti da una Maledizione Imperius erano
tornati
in sé, i Mangiamorte fuggivano o venivano catturati, gli
innocenti di Azkaban
liberati, e Kinsgley Shacklebolt era stato nominato Ministro della
Magia ad
interim...
Ma
niente di questo era importante per Harry, in quel momento,
quanto lo stare seduto su delle poltrone trasfigurate da suo padre
nella sala
comune di Grifondoro semidistrutta, insieme a lui, sua madre, Sirius,
Remus, Tonks,
e quella che aveva capito essere la moglie di Sirius, Mary.
Non
riusciva ancora a credere che fossero davvero vivi, ma
l’abbraccio soffocante di sua madre non lasciava adito a
dubbi.
Lily
non riusciva ancora a credere che il suo bambino avesse
appena sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi:
se lo ricordava
ancora piccolo quando tirava la coda al gatto, e adesso era un
uomo…
James,
invece, non poteva essere più orgoglioso di suo figlio.
Lui
lo aveva sempre saputo che avrebbe fatto grandi cose…
«Allora…
siamo vivi!»
La
battuta di Sirius servì a smorzare la tensione e a
strappare una risata a tutti.
«Sembra
proprio di sì, Felpato, vecchio mio.» gli rispose
James con un sorriso, avvolgendo le spalle di Harry con un braccio.
Dopo
qualche secondo, fu proprio Harry a prendere parola.
«Adesso
cosa succederà?» chiese sottovoce con sguardo
basso.
Lily
sorrise materna, e abbracciò anche lei il figlio
lasciandogli un bacio sui capelli.
«Te
lo dico io cosa succederà, tesoro: andremo a vivere tutti
e tre nella casa dove è cresciuto tuo padre, per sua grande
gioia, il Maniero
dei Potter; conoscerai tutti i tuoi parenti, i tuoi nonni, il tuo
prozio
Charlus, la tua prozia Dorea, e cugini di cui non sospettavi nemmeno
l’esistenza… come Teddy, il figlio di Remus e
Tonks, e Cassiopea, la figlia di
Sirius e Mary; poi l’anno prossimo concluderai i M.A.G.O.,
diventerai un Auror
e…»
Il
monologo di Lily venne interrotto bruscamente dall’entrata
di un Ron estremamente euforico nella Sala Comune.
«Harry!
Kingsley ci ha offerto di diventare Auror senza
concludere gli studi!»
E
vedendo gli occhi del figlio brillare Lily sospirò:
«Mi
sa che ai M.A.G.O. ci devo rinunciare…»
Fu
così che, tra le risate di tutti, si concluse finalmente la
Seconda Guerra Magica.
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
Non
pensavo di arrivare al penultimo capitolo, davvero, in
ogni caso dovrò modificare ancora qualcosa, aggiungere foto,
ecc… però ci
tenevo a concludere questa storia.
Pubblicherò
tra qualche giorno l’ultimo capitolo.
Un
bacione e buona notte, Mary Evans.
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Capitolo 25 *** 19 anni dopo... ***
19
anni
dopo…
Cara
Hermione,
se
stai leggendo questa
lettera, allora vuol dire che l’incantesimo dei miei genitori
ha funzionato.
Sono
proprio io, Harry James
Potter, il tuo migliore amico.
So
che lo riterrai assurdo,
dal momento che avevi chiesto a Silente di cancellare la memoria a
tutti quelli
che ti conoscevano, ma il vecchio preside ha avuto il buon senso di
informare
me e Ron di questa tua trovata, così siamo riusciti a fare
in modo di evitare
di dimenticarci di te, insieme a Ginny.
Insieme
a questa lettera
ne troverai molte altre da parte di tutte le persone che ti vogliono
bene,
insieme a dei ricordi che sarà piacevole vedere, almeno
spero.
Volevamo
renderti
partecipe dei momenti più importanti delle nostre vite, che
si sono potute
realizzare solo grazie al tuo sacrificio di rimanere in
un’altra dimensione,
rinunciando a tutti noi.
Ti
mando questa lettera diciannove anni dopo
la sconfitta di Voldemort, avvenuta il 2 maggio 1988, in quella che
verrà poi
chiamata “La Battaglia di Hogwarts”.
Dovevi
esserci, ‘Mione, hanno partecipato
studenti, professori, membri dell’ES, membri
dell’Ordine della Fenice… e tutti
insieme lo abbiamo sconfitto.
Quel
giorno ho potuto riabbracciare anche i
miei genitori e Sirius che, a sorpresa di tutti, ha rivelato di essere
sposato
e di avere una figlia, Cassiopea.
Anche
Remus e Tonks hanno avuto un figlio,
Teddy, che ha rivelato le stesse doti mutaforme della madre e non la
licantropia del padre. Remus era molto preoccupato di questo, ma poi
con
l’arrivo inaspettato dei gemelli Andromeda e Lyall , anche
loro metamorfomagus,
è sembrato essersi calmato.
Pochi
anni dopo la sconfitta di Voldemort
Mary McDonald Black, la moglie di Sirius, e mia madre hanno partorito
nuovamente.
Mary
Black ha partorito un bel maschietto James
Sirius Black, mentre mia madre ha avuto due gemelli, un maschio e una
femmina: Sirius
Fleamont Potter e Morgana Lily Potter.
Mio
padre ha insistito nel dare come secondo
nome a suo figlio il nome di suo padre, perché ha adottato
Sirius come fosse
figlio suo, anche se tutti hanno concordato che fosse un nome davvero
strano.
Ma
il nonno grazie a questo è diventato molto
abile nei duelli, quindi tutti sperano porti bene!
Io
e Ginny, sei anni dopo la sconfitta di
Voldemort, ci siamo sposati, e
un anno
dopo è nato il nostro primo figlio William Harry. Due anni
dopo, è stato il
turno delle gemelle Hermione Ginevra ed Evelyn Susan di venire alla
luce.
Non
potevamo non mettere il tuo nome ad una
delle nostre figlie, su questo siamo stati d’accordo.
In
realtà lo avrebbe fatto Ron, ma noi lo
abbiamo anticipato.
Già,
anche Ron si è sposato, e con sorpresa
di tutti con la nostra amica Luna. Hanno avuto due maschietti prima di
avere la
femminuccia: Lysander Ronald ha la stessa età di William,
Lorcan Harry ha la
stessa età di Hermione ed Evelyn, e la piccola Pandora Luna
ha due anni meno
delle mie principesse.
Qui
manchi a tutti, Hermione, ed è stato
difficile riprendere le nostre vite senza di te.
Abbiamo
sofferto nel vedere come gli altri ti
abbiano dimenticata, dopo tutto quello che hai fatto per loro.
Quasi
dimenticavo, la sai l’ultima? Quando
mia madre ha rincontrato zia Petunia le due si sono riappacificate.
Lei
ha lasciato zio Vernon, che non approvava
la riappacificazione, ed è venuta ad abitare insieme ad un
Dudley totalmente
cambiato al Maniero dei Potter, incinta di cinque mesi.
Da
principio doveva essere una cosa
temporanea, ma quando si è scoperto che la bambina di zia
Petunia, mia cugina
Lily Petunia, era anche lei una strega, si sono trasferiti stabilmente
visto che,
come ha detto mio padre, il Manor era abbastanza grande per tutti.
È
stato proprio mio padre a proporre la cosa,
perché mia zia, come mio cugino, è molto cambiata
e si è scusata con me in
tutti i modi possibili per il suo comportamento durante la mia
infanzia, e alla
fine sono riuscito a perdonarla.
Siamo
diventati una grande famiglia,
Hermione, quella famiglia che io avevo sempre desiderato, e che mi
sarebbe
piaciuto potessi vedere e farne parte come sorella e a amica.
Alcuni
ricordi che vedrai sono precedenti
alla perdita di memoria di tutti, e sono saluti e ringraziamenti per il
tuo
sacrificio.
Poi
ci sono il mio matrimonio con Ginny, il
matrimonio di Ron con Luna, la nascita dei miei fratelli, dei nostri
figli…
Kingsley
Shakebolt è diventato il nuovo ministro
della magia, e io e Ron siamo diventati Auror senza prendere i M.A.G.O.
…
Non
essere arrabbiata, ti prego, lo sai che
io e Ron non siamo mai stati tanto dediti allo studio quanto te!
Ginny
è diventata, invece, cacciatrice per le
Holyday Harpies, prima di abbandonare la carriera sportiva per
dedicarsi ai
figli, intraprendendo il lavoro di giornalista sportiva presso la
Gazzetta del
Profeta.
Luna,
invece, dirige il Cavillo con suo
padre.
Sai,
è strano avere come capo di lavoro mio
padre e il mio padrino in seconda, almeno mia madre lavora come
pozionista e
non la vedo tanto spesso al Ministero.
I
genitori di Neville, grazie ad una delle
sue pozioni sperimentali, sono riusciti a guarire dalla pazzia causata
dalle
cruciatus di Bellatrix, e adesso anche Neville ha una sorellina
più piccola a
cui badare, Aurora Alice, e non l’ho mai visto più
felice… forse solo al suo
matrimonio con Susan Bones!
Non
so cosa tu stia facendo nel 1944, ma so
per certo che sarai riuscita ad avere la vita meravigliosa che ti
meriti,
perché sei una donna fantastica, e se sei riuscita a
salvarmi la vita quando
eravamo solo dei mocciosetti di undici anni, allora sarai riuscita
anche a
domare Tom Riddle.
Sì,
il ritratto di Silente mi ha accennato
qualcosa, ma non ti biasimo affatto, non preoccuparti. Dopotutto,
l’amore è
l’arma più forte che abbiamo, come ben sai.
Ma
non ho detto niente a Ron per evitargli un
trauma, in ogni caso.
Anche
se non riusciremo mai ad avere tue
notizie, volevamo renderti partecipe delle vite meravigliose che hai
contribuito a creare.
Ti
voglio bene, Hermione
Sorella
mia, Amica mia.
Con
affetto,
Harry
James Potter
Una
lacrima sfuggì ad Hermione andando a bagnare il foglio.
Guardò
incredula le fiale di ricordi e il plico enorme di lettere davanti a
lei, senza
rendersi conto davvero di quello che era accaduto.
Accarezzò
la firma di Harry con mano malferma, sorridendo.
Il
suo
migliore amico, a distanza di anni, aveva ancora il potere di
sorprenderla.
«Hermione,
tutto bene?» le chiese Tom, entrando in quel momento nella
stanza.
Hermione
non rispose.
Si
alzò
lentamente dal letto riponendo le fiale di ricordi e le lettere nel suo
armadio, chiudendolo poi con un incantesimo.
«Coraggio
Tom, andiamo a prendere Harry e Ginevra alla stazione. Se non ci
sbrighiamo
quei due, insieme a James e Sirius, distruggeranno il
binario.»
Tom
la
guardò socchiudendo gli occhi per un attimo, prima di
annuire.
Aveva
imparato
a sue spese a non contrariare sua moglie quando era incinta. Erano
sposati
ormai da diciotto anni, quella lezione l’aveva imparata bene.
Avrebbe
dovuto aspettare la nascita del piccolino prima di iniziare una
questione su
quelle fiale di ricordi provenienti dalla dimensione in cui era nata.
«Speriamo
solo che il piccolo Ronald non ci dia tutti questi grattacapi in
futuro…»
FINE
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
E
dopo quasi tre anni, in onore dell'inizio della maratona di Harry Potter, è finitaaaaaaaa!!!!!!!!!!!
…
Oddio
non proprio perché dovrò
rivedere tutti i capitoli e aggiungere le foto… forse
aggiungere qualche altro
capitolo che ho in mente, ma in sostanza la storia è
conclusa e spero che il
finale non vi abbia delusi.
Ringrazio
davvero tutti quelli
che mi hanno seguita e supportata fino ad ora, chi ha messo la storia
tra le
seguite, tra le ricordate, tra le preferite e chi ha recensito. Senza
il vostro
supporto la storia non sarebbe andata davvero avanti, quindi grazie.
Non
metterò ancora la storia come
completa solo per le revisioni e le aggiunte che devo fare, quindi
aggiungerò
un capitolo di avviso quando avrò finito tutto.
Grazie
ancora e un bacio a tutti.
Come
sempre, fatemi sapere cosa
ne pensate.
Un abbraccio,
Mary
Evans
|
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