Athena's Owl

di Paperink
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***


-Chapter One-


Era una mattina come le altre. Una semplice giornata invernale, gelida e nevosa. Ero lì sul letto a fissare il soffito, quando mio padre cominció a bussare alla porta della mia camera. 
-Maark, svegliati! Sono le 7.00, e fra mezz'ora passa l'autobus che ti viene a prendere!- Questa frase mi svegliò. Quel giorno sarei dovuto andare con la scuola al Metropolitan Museum of Art di New York,  e per questo avrei dovuto prepararmi mentalmente.
Era un evento che assolutamente non potevo perdere, data la mia innata passione per l'architettura Greco-Romana. Ero sempre incuriosito da queste strutture maestose che si innalzavano sulle parti più alte di antiche città greche.
-Arrivo subito Papà!- dissi , mentre uscii dalla stanza dirigendomi in cucina. Abitavamo sulla 5th Avenue, e per quello stipendio che mio padre guadagnava, potevamo permetterci un appartamento del genere.
Nel corridoio si poteva sentire già l'odore dei pancake, forse una delle migliori delizie della colazione americana. Mio padre era con un'altra ragazza quel giorno. Ogni settimana si presentava una giovane 25enne a colazione, che papà portava dopo una serata trascorsa in qualche locale disperso.
-Papà, chi è questa adesso?- gli chiesi in presenza di lei. Era una ragazza facile, con capelli rossi ed occhi verdi. Sensuale, alta e provocante. Forse una delle tante che ha portato a casa che sia decentemente presentabile.
-Maark, sii gentile con Johanna.-mi fulminó con lo sguardo, ma questa affermazione venne seguita da un bacio tra mio padre e la famosa 'Johanna'. Non sapevo come comportarmi, quindi per non rischiare di vomitare decisi di ritornarmene in camera mia.
Mi preparai e decisi di tirarmi "a lucido". Una felpa grigia, jeans blu scuro e le solite scarpe da ginnastica. Mi diressi nel bagno, collegato alla mia camera, dove mi lavai completamente e aggiustai i miei capelli biondi. Mi fissai dentro lo specchio, con gli occhi grigi puntati su me stesso.
-Mamma perché non sei rimasta? Perché hai deciso di lasciarci? Ho capito che Papà é uno spirito libero, ma perché mi hai lasciato qui da solo ad affrontare tutte le mie difficoltà?-
Non avevo mai conosciuto mia madre, l'unica cosa di cui ero al corrente era che mi assomigliava estremamente di viso. 
Guardai dalla finestra, l'autobus stava arrivando. Presi la mia borsa contenente: una macchina fotografica, una mela per pranzo e un taccuino con matita per disegnare qualcosa durante il viaggio.
-Papà, ci vediamo oggi pomeriggio!- chiusi la porta alle mie spalle e mi fiondai al piano terra, tanto velocemente che rischiai di cadere e sbattere la fronte sullo spigolo del passamano.
L'autobus mi stava aspettando davanti al portone, ci salii sopra e partì. Mi sedetti in fondo all'auto insieme ad un altro gruppo di ragazzi con cui non ho mai avuto troppa confidenza.
Presi il mio iPod e le cuffiette, e mentre ascoltavo la musica cominciai a disegnare qualche statua vista su internet.
Ero perso tra i miei pensieri mentre delineavo alla perfezione le linee di Afrodite. Quando improvvisamente una cuffietta mi cadde e per rimetterla al suo posto sentii:
-Bel disegno. L'hai fatto tu?- era Ilary White che mi parlava, considerata "la più carina della classe". La guardai incredulo, e cominciai ad arrossire. -bhè in un certo senso sì. Ma peccato solamente che non ho ideato io una statua del genere, perché sicuramente non sarei qui a parlare con... te!-
Non mi si era mai avvicinata una ragazza tanto carina ma sinceramente non ero come mio padre, non ero un rubacuori. 
-È molto bello, complimenti. Sei Maark, giusto? . Tutti in classe dicono che sei un appassionato d'arte. Ti chiedo gentilmente se oggi puoi farmi da guida nel museo, almeno potrai spiegarmi qualcosa di davvero interessante.- ero rimasto a bocca aperta, e senza dire niente annuii diventando sempre più rosso.
Arrivati al Metropolitan ci dividemmo tutti in diverse direzioni e Ilary decise di dirigersi nel padiglione Greco-Romano. 
Ci soffermammo davanti alla statua di Atena, la quale alla base aveva delle incisioni scritte in greco antico. 
-Chi sarebbe?- chiese lei dolcemente. Io sorridendo dissi: -Questa é Atena, generalmente denominata come dea della Sapienza e Saggezza...- mi interruppe -E cosa c'è scritto lì sotto?-
Guardai l'incisione in greco e stranamente le lettere cominciarono a muoversi e sportarsi. Non riuscivo a leggere, tanto che per non rovinare l'atmosfera dissi. 
-Scusa, ma non sono esperto in Greco antico!-.
Continuammo a girare il museo, quando arrivò l'ora di tornare a casa. 
Ilary mi salutò dandomi un bacio sulla guancia, che mi fece arrossire, e scesi dall'autobus che mi riportò a casa. 
Entrai nell'appartamento e avvertii che qualcosa di strano era successo. I muri e i pavimenti erano ricoperti da ragnatele, la luce era spenta e sentivo solamente il gemito di qualcuno provenire dalla cucina. Cercai di accendere la luce ma invano. C'era qualcuno in casa, qualcuno di molto pericoloso. Mi diressi verso la direzione dalla quale proveniva il gemito e ritrovai mio padre imprigionato in un bozzolo di ragnatela.
-Cos'è successo?- mio padre mi guardò e con voce spaventata disse. -È in casa...-


 

Author's Corner
Ciao a tutti!
Sono tornato con una nuova fanfic, solamente ambientata in un altro libro. Spero che con questa abbia maggior ispirazione che con la precedente. 
Devo dire grazie a Francesca per avermi aiutato e anche per avermi fatto tornare la voglia di scrivere. 
Per qualsiasi errore o incomprensione contattatemi via Messaggio Privato o Twitter (@lifeofpanem). Spero veramente che piaccia a tutti, e che possa appassionare anche quelle persone che non conoscendo la saga, possano essere spinte a leggerla grazie a me.
Accetto gentilmente ogni tipo di Recensione (e spero che presto siano molte) e vi lascio al testo. Buona Lettura e attenti ad ogni tipo di Dio che potrebbe tentare di uccidervi,

Marco (Maaruko).

 

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


-Chapter Two-
 

Lo sguardo di mio padre era pietrificato. Fissava lo stesso punto con aria assente, come se la sua anima venisse risucchiata via da una forza maggiore.
Mi girai intorno, non vedevo nessuno. Per evenienza presi dal set di coltelli uno dei più affilati. Non capivo perché l'avevo fatto, non ero abbastanza esperto, ma soprattutto coraggioso a manovrare un'arma del genere.

BOOM!

Improvvisamente il vaso in corridoio si frantumò producendo un fastidioso rumore. C'era qualcuno e, senza motivo, si stava avvicinando verso di me.
Tenevo il coltello puntato nel vuoto, ma ero troppo preoccupato per avere una presa abbastanza salda da non farlo tremare. Non capivo cosa diamine stesse succedendo, e perché a me.
Qualcosa ticchettava sul pavimento. Erano passi, ma non potevano essere di certo di un essere umano. Avevo questo strano presentimento che avesse intenzione di uccidermi.
Un'ombra. Questa fu la prima cosa che mi fece capire esattamente cos'era. Era animale a grandezza uomo solamente che aveva otto zampe, che picchettavano il pavimento mentre si avvicinavano sempre di più alla cucina. C'era qualcosa di strano nella figura. Due zampe erano più grandi delle altre. Non riuscii bene a capire cosa fossero fino a quando non piombò nella stanza.
Non aveva un corpo di ragno, era Johanna. Aveva il busto nudo appoggiato su queste sei zampe. Le altre due erano le sue braccia. Intrividi i suoi occhi. Erano rossi come il sangue.
-Lurido! Ti sorprende trovarmi così?- tremavo. Il coltello puntato verso di lei pronto ad essere lanciato. C'era solamente un problema, non ne avevo il coraggio. 
-Tu non sei Johanna. Non può essere. Cosa sei? Cosa vuoi da me?-
Johanna scoppiò a ridere. Aveva uno sguardo assassino e una voce spaventosa. Mi fissava continuando a masticare qualcosa nella sua bocca. Non sapevo cosa fosse, ma sembrava che diventasse sempre più grossa.
Lei scattò sul soffitto. Le sei zampe erano abbastanza agili da riuscirla a spostare.. Era così veloce che l'avrei potuta perdere di vista.
-Cosa sono io? Non te l'ha mai spiegato la tua dolce madre...ops! Lei non ha mai potuto farlo, forse perché è troppo orgogliosa di sè per pensare ad un figlio!-
Come faceva a sapere di mia madre? Non riuscivo a comprendere, e tantomeno non capivo il motivo di tanto odio. L'aveva insultata, ma come poteva farlo? Come poteva conoscerla se nemmeno io l'avevo mai vista?
-Cosa ne puoi sapere tu di mia madre? Ti posso dire che sei solamente una delle tante puttanelle che è entrata in questa casa. Non puoi nemmeno avere il diritto di offenderla. E poi stai sbagliando persona. Non so esattamente tu cosa sia, ma hai sbagliato casa. Non vogliamo guai qui...-
Mi guardava con aria affamata. Avevo paura che mi saltasse addosso, da un momento all'altro, e mi uccidesse. 
Si muoveva. Voleva solamente confondermi. Scattava da un lato all'altro della stanza senza nessuno scopo. Solamente all'improvviso successe qualcosa di veramente inaspettato.
Si lanciò verso mio padre, posizionandosi ai suoi piedi. Non sapevo cosa stesse facendo, ma continuavo ad agitare il coltello per spaventarla, ma lei sembrava aspettare il giusto momento per attaccare.
-Ho sempre trovato tuo padre succulento. Per questo non ho inviato uno dei miei figli a cercarvi e sono venuta io di persona. Volevo gustarmi un pranzo con i fiocchi. Non c'è cosa più buona di un essere umano.-
Cominció ad avvicinarsi a mio padre. Dovevo fare qualcosa. Così, istintivamente, le lanciai il cortello per colpirla. Qualcosa di strano accadde. Dalla bocca di Johanna uscì una ragnatela che intrappolò il coltello, che s'incollò al muro.
Ero disarmato, non potevo più fare niente se non che rimanere lì immobile.
-Fai un passo e potrai dire addio al tuo amato Padre. Non sarà una grossa perdita. Questo gran pezzo di uomo mi ha riferito che sei sempre stato il suo peso maggiore. Forse levartelo di torno ti farebbe solo che piacere.-
Rimasi pietrificato. Mio padre gemeva nel bozzolo. Potevo vedere solo i suoi occhi. Lacrimanti e pieni di malinconia. Era vero quello che Johanna disse. Ero sempre stato un intralcio per lui, ed aveva avuto il coraggio di nascondermelo per quindici anni.
-Papà dimmi che non è vero. Non sono mai stato un intralcio per te. Hai sempre detto che eri orgoglioso di avere un figlio come me...-
Cercavo della speranza in tutto ciò, ma sicuramente non ce n'era. Johanna avvicinò la sua testa vicino a quella di mio padre e a morsi stacco il bozzolo che gli ricopriva la faccia.
-Maark non gli credere! Ho sempre cercato di difenderti da creature come lei. Vuole confonderti, ti sta facendo entrare nel suo gioco per ucciderci ad entrambi.-
Johanna gli diede uno schiaffò che gli fece uscire il sangue dalla bocca. Lo guardavo impassibile, non sapevo cosa fare. Ma soprattutto non sapevo cosa pensare
-Stai zitto. Lurido mortale. Se non fosse stato per quella gelosa di tua moglie non sarei qui adesso. Ha sempre provato invidia per me, solo perché ero più abile di lei nella tessitura. L'ho sfidata perché ero sicura di essere superiore, ma non ha saputo accettare la sconfitta e mi ha ridotta in questo modo. E adesso non avrò nessun problema a vendicarmi, ma non direttamente. Mi diverto ad uccidere i suoi dolci figli. Sono così succulenti. Credo che l'intelligenza li addolcisca maggiormente.-
Mia madre l'aveva ridotta così. Tutto, in quel momento, sembrava un terribile incubo. Cominciai a pizzicarmi le orecchie e a darmi dei schiaffi. Volevo risvegliarmi.
-Ahahahaha.- rise maleficamente. -Questo non è uno stupido sogno. È solamente la realtà, e ricordati per sempre di quello che sto per fare. Dì addio al tuo dolce padre.-
Con un colpo secco gli staccò la testa e la inghiottì velocemente. Il corpo restante cadde atterra. Mio padre era morto davanti ai miei occhi. Non potevo permetterglielo.
-Tu, lurido mostro! Tornatene all'inferno!- dissi , mentre cominciai a correre verso l'uscita. 
Cercai di chiudere tutte le porte per rallentarla, e appena fuori al pianerottolo mi fiondai sulle scale.
La sentivo. Saltava da un muro all'altro e l'avevo alle calcagne. Quando arrivai davanti all'uscita, una ragnatela mi intrappolò facendomi rotolare a terra. 
Mi saltò addosso e cercava in tutti i modi di mordermi. La ragnatela era appiccicosa, e lentamente cominciava a espandersi sul mio corpo. Voleva intrappolarmi in un bozzolo. Riuscii ad alzarmi e levarmela di dosso, quando istintivamente le diedi un calcio diretto in faccia che la fece volare di un paio di metri. 
Mi ritrovai sulla Quinta Strada, più trafficata che mai. Non sapevo dove andare, né cosa fare. 
Cominciai a correre, cercando di seminare Johanna. 
La gente mi guardava stranita. Mi girai e la vidi che con le sue zampe cercava di andare il più veloce possibile. Non capivo perché,  ma la gente non si spaventava del mostro che mi stava inseguendo. Nè tantomeno sembrava che la notassero. 
All'improvviso un gruppo di turisti Giapponesi segnò la mia fortuna. Mi riuscii a confondere tra loro e scappai in un vicolo lì vicino.
Rigirai per un altro vicolo, e finalmente mi appoggiai al muro per riprendere fiato.
Avevo troppi pensieri e domande dalla testa che non riuscivo a darmi pace. Non trovavo una spiegazione a tutto ciò. La morte di mio padre, un ragno mezzo donna che mi inseguiva per vendicarsi di mia madre. Caddi a terra, e mi ranicchiai portando la testa alle ginocchia.
Mia madre ha trasformato una donna in ragno solo per gelosia? Per quale motivo l'avrebbe fatto? E soprattutto, chi è mia madre?
Cominciai a ideare che anche mia madre fosse un mostro, ma me ne hanno sempre parlato nel migliore dei modi.


L'avevo seminata. Johanna era scomparsa dalla circolazione. E sinceramente io adesso non sapevo dove andare. Non avevo più una casa, nè una famiglia. Ero un ragazzo senza destinazione che aspettava l'aiuto di qualcuno.
Quando improvvisamente incontrai un ragazzo. Aveva forse due anni in più a me se non di meno. Mi venne vicino e stranamente mi chiese.
-Sbaglio o qualche secondo fa Aracne ti stava seguendo?-
Aracne? Forse intende Johanna, e quello sarà il suo vero nome. 
Io spaventato risposi.
-Se intendi quella specie di mostro mezzo ragno e mezzo donna allora sì! Ma perché me lo chiedi?-
-Non abbiamo tempo. Dobbiamo andare subito a Long Island.-
disse lui con aria preoccupata. Lo guardai e incuriosito chiesi.
-Perché mai Long Island? Cosa c'è di così rassicurante lì? Perchè dovrei fidarmi?-
-Adesso non abbiamo tempo per discutere di fiducia. Ne parleremo più tardi, adesso devo portarti da Chirone il prima possibile!-

 

Prendemmo un taxi e in meno di mezz'ora arrivammo a Long Island. Non capivo perché mi trovavo lì, ma quel misterioso ragazzo sembrava che conoscesse il posto.
Ci trovammo davanti ad una serie di colline, ma noi eravamo diretti verso la più alta. Lì fronteggiava un maestoso pino.
Arrivammo davanti ad un antico arco greco. Erano incise delle lettere sul frontone: Campo Mezzosangue. Riuscii a leggere la scrittura.
Sentii un ramo rompersi dietro di me, ma non ci feci caso. Pensavo che fosse il ragazzo che mi accompagnò fino a lì. Ma poi notai che lui era vicino a me, così mi voltai. Era troppo tardi, perché un simile di Johanna mi fiondò addosso mordendomi la spalla sinistra. 
Sentii i suoi denti spaccare diversi strati della mia pelle. Il sangue caldo aveva un odore pungente e colava dalla mia ferita. Ma un altro liquido freddo stava entrando dentro di me. Il ragazzo con un pugnale trafisse il cuore del ragno, che misteriosamente scomparì in una nuvola di fumo. Stavo perdendo i sensi. Mi ricordavo solamente di aver visto un cavallo con le braccia e la testa da uomo. Sorridevo mentre perdevo i sensi. E sussurrai le mie ultime parole. 
-Questo è solo un brutto incubo!-


Author's Corner
Rieccoci con questo secondo capitolo.
Scusatemi se molte parti assomigliano al libro originale, ma veramente me ne sono accorto solamente adesso. Sicuramente ci saranno molte persone che criticheranno questa fan fiction per questo motivo ma non importa. Le critiche negative fortificano sempre, però badate: MAI GIUDICARE UN LIBRO DALLA COPERTINA.
Nel primo capitolo ho visto molte visualizzazioni però nessuna recensione (D:), immagino che con questo capitolo ne spunterà qualcuno. In questa parte ho deciso di metterci un po' più di combattimento, anche se non lo è del tutto. Ho già pensato all'intera storia, ma per adesso parliamo solo di questa parte. Maark comincia ad incontrare le sue prime insidie, e stranamente con un netto ritardo. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, e cercherò di aggiornare il prima possibile.
Buona Lettura e attenti ad ogni tipo di Dio che potrebbe tentare di uccidervi,

Marco (Maaruko).

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


-Chapter Three-
 

"Era tutto buio intorno a me. Sembrava di essere rinchiuso in una canna fumaria. Non riuscivo a vedere niente, tantomeno me stesso. Provai più volte a scorgere il palmo di mano davanti ai miei occhi ma invano. Sembrava che questo fumo fosse troppo fitto per intravedere qualcosa o qualcuno.
Decisi di non camminare perché sarebbe stato solamente una mossa sbagliata per perdere l'orientamento. Meglio rimanere in una posizione ferma che tentare di fare una brutta fine.

Devo essere morto. Questo deve essere il passaggio dallo stato di vivo a quello di morto. Anche se sembra alquanto strano come cambiamento di mondo. Forse il mondo parallelo, dove solo gli spiriti vivono, è cupo e senza felicità.
Ero certo si essere morto. Il veleno che venne iniettato dal ragno doveva essere più potente di quanto potessi immaginare. Aspettavo una mutazione di spazio, ma non successe niente per molto tempo.
Quando mi accorsi che avevo perso la capacità della voce, potevo comunicare tramite il pensiero.
Mi girai intorno ma non vidi nessuno, così decisi di ritornare alla posizione iniziale e qualcosa era cambiato. Vidi un ombra argentea, ferma, distante da me di qualche metro. Cercai di raggiungerla, ma ero piantato al pavimento. Avevo perso anche l'utilizzo delle gambe.

Maark, non sei morto. Stai solo sognando. Ma posso assicurarti che adesso sei al sicuro.
Non capivo chi fosse, ma la voce era profonda e apparteneva sicuramente ad una donna.
Chi sei? Queste devono essere allucinazioni del veleno del figlio di Aracne...
Non finii di parlare, che l'ombra disse.
Mi dispiace per quello che è successo a tuo padre. Non se lo meritava, doveva rimanere a proteggerti. È sempre stato un uomo forte, ma soprattutto, ti ha sempre voluto bene e te ne vorrà per sempre.
Non riuscivo a spiegarmi come facesse a sapere tutto su di me. Non capivo come tutti facessero a conoscere la mia storia. Mi sembrava di essere circondato da spie.
Perché Aracne cercava me? Cosa voleva?
Ero impaziente di sapere cosa mi stava accadendo. La figura sembrava calma, e mi tranquillizzava.
Adesso non è il momento di sapere cosa Aracne voleva. So solamente dirti che la sua furia in questi anni si è accumulata e adesso ha deciso di agire. Sono stata rapita mentre ero tornata nel mondo mortale. I suoi figli, e lei stessa, hanno cominciato a radunarsi per attaccarvi. Ma hanno rapito anche me. Sembra strano, ma sono rinchiusa in un posto sconosciuto. 
Non sapevo perché mi stesse raccontando tutte quelle cose. Avevo solamente una domanda da fare. Ansioso le chiesi.
Voglio solamente una risposta. Chi sei tu?
L'aria cominció a cambiare. Sentii un vento trascinarmi via dall'ombra. La luce argentea scompariva lentamente nell'oscurita. E prima che potessi perderla di vista sentii.
Maark, io sono...
Il suono della voce profonda rimbombò nell'aria ma senza risposta. Tutto scomparì, e una corrente mi trascinò via, verso la luce. Verso la via d'uscita."

La luce mi accecò, tanto che fui costretto ad aprire gli occhi. Ero ancora vivo, disteso su un letto. Ripensai al sogno fatto e rabbrividii, come se avessi paura di quella strana sagoma grigia.
Chiunque fosse quella donna, mi conosceva e stava cercando di tranquillizzarmi. Ma adesso questo non conta. Vorrei solamente sapere dove mi trovo?
Mi guardai intorno. Non sapevo dove mi trovavo, ma a guardarsi intorno sembrava un'infermeria. Era una struttura principalmente costruita in legno e senza finestre. Al posto di queste c'erano grandi aperture nel muro coperte da teli, che coprivano anche il tetto.
All'improvviso sentii una voce femminile, dolce e tranquilla, che annunciò. 
-Ashton, si è ripreso!-
Si stava riferendo a me, ma non capivo chi potesse preoccuparsi di me. Quando all'improvviso vidi entrare una persona conosciuta. Era il ragazzo che mi aveva accompagnato a Long Island e che aveva fatto "evaporare" il figlio di Aracne.
Tutti e due si avvicinarono guardandomi e la ragazza mi disse.
-Ti sei ripreso subito, perfortuna! Bevi questo, ti rigenererà del tutto!-
Mi porse un bicchiere che conteneva un liquido color miele. Lo scrutai, e annusandolo mi accorsi che aveva un buon odore. Così mi scolai il bicchiere in meno di un secondo. 
-Ehi ehi! Piano amico, non essere così eccitato. Goditi questo momento, non la potrai gustare sempre!- mi disse sorridendo il ragazzo.
Passai lo sguardo da uno all'altro e prima di aprire bocca vidi la ragazza cominciare a ridere.
-Ma voi due siete gemelli?- I due scoppiarono in una risata sonora. Non capivo il motivo di tanto divertimento. Quando lei mi guardò con aria felice e disse.
-Sai è una domanda che ci fanno praticamente Tutti! Comunque per rassicurarti... sì,  siamo gemelli!-
Li guardai. Entrambi con gli occhi blu e i capelli biondi. Lei mi rimase impressa. Quei capelli ondulati sembravano infiniti, e cadevano perfettamente sulla sua schiena. 
Mi persi tra i pensieri, quando risentii la forza alle gambe. Provai ad alzarmi. Ci riuscii e mi ritrovai vicino al ragazzo. Era della mia stessa statura, abbastanza muscoloso e con quel capello ribelle che sembrava un cespuglio d'oro. Mentre lei, era minuta, perfetta nelle sue linee ed alta come il fratello. Erano due gocce d'acqua in tutto e per tutto.
Lui mi porse la mano e stringedola mi disse. -Piacere, io sono Ashton. Ashton Myrton. E lei, è mia sorella Alya!-
La guardai, e lei senza muoversi mi salutò con i suoi occhi. Erano uno specchio d'acqua, ti ci potevi perdere dentro.
-Io sono Maark Helson, piacere di conoscervi!- risposi. Ma ingenuamente chiesi. -So che sarà una domanda stupida per voi. Ma...ehm... dove mi trovo?-
La mia espressione perplessa spiegava ancora di più il senso di disorientamento. Quando Alya mi guardò, e con un sorriso rassicurante rispose.
-Maark, non ti preoccupare. È una domanda che si fanno tutte le persone che si ritrovano qui all'improvviso. Bhè... Benvenuto nel Campo Mezzosangue!-
La guardai. Il campo mezzosangue? Non sapevo cosa fosse. Quando Ashton mi diede una pacca sulla spalla e disse.
-Capirai più tardi. Ora ti porterò prima da Chirone, e poi ti farò visitare il campo, in tutto e per tutto!-

Passammo per diverse strutture.  Era un continuo movimento. Persone che combattevano a vicenda, altre che forgiavano spade dalle lame affilate. Sembrava di essere tornati al tempo dell'antica Grecia. Arrivammo davanti ad una struttura elevata su due piani, che si diversificava rispetto alle altre costruzioni. Era una semplice casa di campagna. Ashton si diresse sotto un portico dove vidi una strana creatura e un'uomo con una camicia a tema hawaiiano e con gli occhiali da sole, che continuava a sorseggiare una bevanda che sembrava Diet Coke.
Ci avvicinammo, e il sole scomparì dietro l'imponente struttura.
-Ebbene, eccolo qui! Uno dei pochi sopravvissuti di Aracne!- disse la strana creatura, metà cavallo e metà uomo.
Lo  scrutai meglio, quando arrivai alla conclusione di cosa fosse. -Ma tu sei...- non feci in tempo a parlare, che lui subito controbattè -un Centauro. Ebbene sì,  ragazzo mio! Io sono Chirone, direttore delle attività nel Campo Mezzosangue! E questo è il Sig. D, il direttore del campo!-
Il Sig. D. Un uomo di mezza età con questi capelli ricci di colore castano,  e la sua carnagione scura. Mi guardò e sorrise. -Benvenuto, ragazzo! Sono felice di conoscerti e spero che questa sarà la prima e l'ultima volta che sarò gentile con te. Sai non perdo tempo con rammolliti come te!- le sue parole mi congelarono. Non capivo il motivo di quella doppia personalità. All'inizio gentile e premuroso, per poi , mostrarsi avido e bastardo.
Non risposi, per non peggiorare la situazione. Ma sicuramente, se avessi avuto la possibilità, l'avrei affogato in una bacinella piena di Diet Coke per fargli chiudere quella bocca.
Chirone si rivolse verso di me e disse. -Bene Maark, ora Ashton ti porterà in giro per il campo, così che potrai cominciarti ad ambientare. Per qualsiasi domanda chiedi a lui, è stato la tua ancora di salvataggio e ti darà spiegazione per ogni tuo dubbio o perplessità!-
Ashton sorrise, imbarazzato dai continui complimenti. -Grazie mille Chirone! Sempre gentile! Adesso Maark, ci aspetta una luuuunga chiacchierata! Andiamo!-
Divertito lo seguii. Non so perché ma questo campo mi riportava quella sicurezza che il giorno prima avevo perso.

Partimmo dalla Casa Grande, per orientarci verso Ovest. Dopo pochi metri erano visibili i campi di Fragole.  Per cominciare a fare un vasto giro in senso orario.
Ci soffermammo in diverse zone interessanti come la stalla dei pegasi, ossia cavalli dotati di ali.
Guardammo l'arena e la struttura che ricordava in qualche modo il Colosseo di Roma.
Finimmo la visita vicino alle cabine. Erano disposte ordinatamente, e formavano una U al contrario. 
-Queste sono le cabine dove noi Mezzosangue ci riuniamo. Siamo divisi in base all'appartenenza. Ognuno di noi è figlio o figlia di un Dio o Dea dell'Olimpo...-
Lo guardai con aria strana. Sembrava che mi stesse prendendo in giro. Come potevano esistere gli Dei dell'Olimpo. Erano solo frutto dell'immaginazione di qualche poeta antico.
-Gli Dei dell'Olimpo? Mi stai prendendo per il culo o cosa?- Ashton, che all'impatto si era mostrato estroverso e disponibile, si stava prendendo gioco di me.
-Certo Maark. Gli Dei dell'Olimpo esistono. E posso anche dirti che anche tu sei un Mezzosangue!-
Ashton assunse un'aria seria, e alquanto preoccupante. Come poteva un argomento così astratto , essere discusso in una maniera così seria?
-Stai dicendo che mia madre è una Dea dell'Olimpo? E chi sarebbe?-
Il ragazzo sorrise. Vide che cominciavo a capire il concetto e che la cosa era più seria di quanto si potesse pensare. Mi guardò con aria rassicurante e disse.
-Sinceramente... non ne ho idea! Però già che sia una dea è un passo avanti! Comunque per avvisarti, tu sei ancora un indeterminato. Ciò vuol dire che tua madre non ti ha ancora riconosciuto come suo figlio. Infatti per questo verrai posizionato,  temporaneamente o almeno si spera, nella cabina XI! Figli di Ermes!-
Rimasi a bocca aperta per tutto quello che mi disse. Sentivo un calore nascere dentro di me. Era la curiosità che si stava mangiando le mie corde vocali. Dopo questa rivelazione volevo solamente riempire Ashton di domande, ma mi calmai. Questo ragazzo aveva già fatto tanto per me, non lo potevo annoiare con le mie stupide domande ovvie. Decisi di porgli una sola domanda ma non feci in tempo a parlare che Ashton disse.
-Maark, scusami! Ma in questo momento avrei un allenamento nell'arena. Ci vediamo stasera a cena.-
Sorrise, e velocemente scappò verso la sua destinazione. Ero felice di aver conosciuto una persona come lui. Nessuno si era mai preoccupato di me tanto quanto i gemelli Myrton.
Mi voltai verso il Sole e mi accorsi che era tardo pomeriggio. Fra qualche ora, sicuramente, sarebbe stato il tramonto. Decisi di condurmi verso la mia cabina. Cercai il numero undici, quando finalmente lo trovai. Era una struttura antica, rovinata e stava quasi per cadere a pezzi. Sulla porta d'ingresso fatta di legno vi era inciso un Caduceo. Quello era il simbolo che rappresentava Ermes.
Entrai, e trovai il silenzio assoluto. Tutti stavano svolgendo delle attività.  Non sapevo dove appoggiarmi, quando finalmente trovai un sacco a pelo che sicuramente era destinato a me. Solo quando lo aprii mi accorsi di quanto ero stanco. Mi ci appoggiai sopra, e appena appoggiai la testa sul cuscino caddi in un sonno profondo.

Era l'ora di cena, e fui svegliato dal rumore dei ragazzi che rientravano dalle attività. Tutti mi videro ma nessuno chiese di me. Nessuno si avvicinò a presentarsi, e pensai.
Magari con i nuovi si comportano così,  chissà!
Mi diressi verso la mensa, che si trovava a nord delle cabine.
Il padiglione era quasi pieno quando arrivai. La struttura era formata solamente da colonne di marmo bianco disposte in maniera circolare. All'interno di quello spazio vi erano tavoli e panche di pietra e al centro un gran braciere di bronzo, nel quale ardeva il fuoco.
Vidi che Ashton ed Alya erano seduti al tavolo da soli. Guardai Alya negli occhi. Non sapevo spiegarmi ma ogni volta che la fissavo, rimanevo ipnotizzato dai suoi occhi. Non sapevo descrivere quanta bellezza era racchiusa in quelli. Avevo la sensazione di essere infatuato.
Maark non essere stupido. La conosci da un paio d'ore e già ti ha catturato il cuore? Sarà sicuramente il calore del fuoco a farti esaltare così tanto...
Ashton si alzò, e con un gesto di mano mi disse di unirmi a loro.
Mi avvicinai al loro tavolo, quando improvvisamente tutti mi stavano fissando.
Mi sedetti vicino ad Ashton, così per avere Alya di fronte. 
-Ehi ragazzi! Come vi è andata la giornata? Io ho fatto una dormita strepitosa!-
Alya mi sorrise. Irradiava allegria da tutti i pori, proprio come il fratello.
-Mi fa piacere. Noi ci siamo allenati all'arena e poi siamo subito andati nella nostra cabina!-
Le ricambiai il sorriso. Improvvisamente tutti rimasero in silenzio,  e non capivo per quale motivo. Cosa ancora non sapevo di questo campo? Quando vidi il Sig. D in piedi con una brocca in mano. Era vestito come poche ore fa, solamente che questa volta gli occhiali erano dentro la tasca della camicia. Notai che i suoi occhi erano castani, ma soprattutto che aveva un sorriso falso. Proprio da alzarsi in quel momento e dirgli di smetterla con quella sceneggiata perché si rendeva solo ridicolo.
Sig. D! Ma quanto ti prenderei a calci nel culo se potessi. Pensai mentre continuavo a fissarlo con aria indifferente.
-Buonasera giovani eroi. Anche oggi, grazie agli Dei, siamo riusciti ad arrivare a fine giornata.- guardai Alya nel frattempo. Era tutta presa ad ascoltare il discorso. I capelli erano dorati alla luce della fuoco. Sembravano una grande distesa di sabbia. Quando ricevetti una gomitata al braccio, che mi fece risvegliare. Ashton mi guardava maliziosamente. E avvicinandosi e sussurrando disse. -Maark è storia persa. Non cadrà mai tra le sue braccia, la conosco bene mia sorella!- Diventai rosso. Mi sentivo in imbarazzo, forse perché si notava la mia curiosità verso la ragazza. 
-Ti stai sbagliando. Alya non è il mio tipo.
Ma non ci pensai troppo e ci ridemmo sopra. Mentre il Sig. D continuava a parlare, io mi rivolsi ad Ashton. -Ma questo ogni sera vi ripete la stessa cantilena? Pensa che strazio. Per un anno intero sopportarlo!- abbassò lo sguardo quando il Sig. D cominció a fissarci. Tutti mi guardarono, e io imbarazzato abbassai il capo. Il discorso continuò quando arrivò a presentarmi. -Ah... e volevo dare un grande benvenuto al nuovo mentecatto della generazione. Maark Helson oggi si è aggiunto al campo, e starà alla cabina 11, visto che forse uno dei due genitori si vergogna di accettarlo come figlio!- Tutti risero. Strinsi i pugni per contenere la mia ira, ma sembrava impossibile. Volevo alzarmi in quel momento e bruciarlo vivo nel fuoco, ma avrei ricevuto un'espulsione diretta senza nemmeno pensarci.
-E adesso facciamo questo brindisi a coloro dall'alto che ci sorvegliano. Agli Dei!- finì alzando il calice in alto e cominciando a bere qualcosa. E in coro noi rispondemmo -Agli Dei!-
La cena era stata buona. Ma la parte migliore fu quando bisognava fare una donazione al proprio padre o madre. Ossia un pasto, e la maggior parte donava una bistecca di carne. Questo rituale consisteva nel passare il piatto compreso di cibo nella fiamma,  che a quanto pare non bruciava, e pensare nella propria mente a chi donarla. Quando fu il mio turno ebbi paura di scottarmi, ma decisi di non rischiare e far scivolare la carne nel fuoco. Questo lo dono a te, e chiunque tu sia mia madre, spero mi possa proteggere da lì sopra. 
La carne non produceva nessun odore fastidioso. Anzi appena gettata, sentii un dolce profumo di cioccolato.  Ma decisi di non pensarci, che poteva essere una delle mie incomprensioni.
Quando, finalmente, arrivo l'ora di ritornare nelle cabine. Mentre mi dividevo dai gemelli, Ashton mi salutò sussurrando. -Le parlerò bene di te, non ti preoccupare!- ma nel frattempo Alya ci guardò con aria insospettita e guardando il gemello gli chiese. -Cosa stai tramando alle mie spalle?- Ashton rimase in silenzio, così per salvarlo risposi al suo posto. -Alya, mi stava spiegando la donazione del cibo ai propri genitori!
La sua faccia sembrò rassicurarsi, ma nascondeva qualcosa sotto quegli occhi. Li salutai e mi diressi verso la mia cabina. Quando entrai, tutti si erano già rimboccati sotto le coperte, così feci lo stesso. Mi spogliai e mi infilai nel mio sacco a pelo. 
Mi girai e rigirai, ma non riuscivo a prendere sonno. Così decisi di rilassarmi guardando la Luna, dalla finestra vicino a me.
Pensa quante cose mi sono successe in meno di 24 ore. Ho scoperto di essere un Mezzosangue, e quindi forse un giorno potrei diventare un eroe e svolgere imprese come Eracle o Ulisse. Ma questo non è la cosa più importante. Mi sono già fatto due amici, di cui una è bellissima. Sai quando vedi una musa che ti ispira in qualcosa. Alya è così per me, una musa ispiratrice. Ma mi sembra strano di essermi infatuato in nemmeno un giorno che la conosco. Forse poi ha un caratteraccio e ci odieremo a vicenda, o magari la sua immagine bella e perfetta rimarrà così come appare. Ma pensare che mia madre non mi abbia ancora riconosciuto mi preoccupa! E se rimanessi a vita indeterminato e non venissi considerato da nessuno? Chissà cosa il fato mi farà attendere ancora per molto...
Mi addormentai esausto dai troppi pensieri. Era stata una giornata particolare, come se la mia vita ripartisse da zero e cominciasse da quell'istante.

 


Author's Corner
Terzo Capitolo!
Finalmente dopo gli innumerevoli impegni sono riuscito a postare questo capitolo. Vi devo dire che mi sta a cuore particolarmente questa parte perchè Maark comincia a scoprire lentamente questi particolari del suo nuovo mondo.
Vorrei ringraziare 
Francesca e Giorgia, per avermi dato consigli su come aggiustare il testo. E a Ilaria per avermi aiutato con l'idea di questa storia.
Spero veramente che vi possa piacere più di quanto sta piacendo a me.
Buona Lettura e attenti ad ogni tipo di Dio che potrebbe tentare di uccidervi,

Marco (Maaruko).

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Capitolo 4
*** Chapter Four ***


-Chapter Four-

 

"Ancora una volta. Mi ritrovai nello stesso sogno fatto il giorno prima. Solamente che qualcosa era più visibile. Era un tunnel sotterraneo, con muri fatti di terra solida. La luce era prodotta da delle fiaccole che si trovavano lungo tutta la strada. 
Non conoscevo il posto, ma in qualsiasi modo sentivo un aria familiare lì. Che fosse l'Oltretomba?  Mi guardai intorno, e riuscivo a camminare ma la comunicazione sembrava essere sempre tramite pensiero.
Continuavo a girare su me stesso senza scopo. Nè porte, nè uscite. Un tunnel senza fine, come la gola di una giraffa. 
Quando cominciarono a comparire diverse stanze chiuse da delle porte blindate arrugginite. Il luogo cominciava a prendere forma lentamente. Sembrava essere un antico carcere, ma sottoterra non immaginavo che ci fossero delle celle.
Le porte erano numerate da lettere greche. Forse non era un semplice carcere per mortali, forse c'entrava qualcosa con la mia nuova vita.
Cominciai a controllare cosa ci fosse nelle stanze, guardando attraverso lo spioncino posizionato sulle porte. Le stanze erano tutte vuote, quando arrivai davanti ad una che sembrava diversa rispetto alle altre.
Diedi uno sguardo e rividi la figura del sogno precedente. Colei che non era riuscita a dirmi chi fosse, perché una sorta di collegamento si stava spezzando.

Salve...ehm... ci rincontriamo nello stesso sogno.
La sagoma era la stessa. Non aveva molti particolari che potessero caratterizzarla. Era alta, magra e slanciata. Ma i capelli, gli occhi e la pelle non si definivano tramite quella strana aura argentea. 
Maark, sono stata io a riportarti in questo posto.
La voce era la stessa, forse con una sorta di nota dolente. Stava soffrendo ma non riuscivo a capire in quale modo. 
Era seduta su una sedia di pietra, che solo a guardarla dava la sensazione di scomodità. Guardai la maniglia della porta, e lentamente ci avvicinai la mano. Avevo paura che succedesse qualcosa, e appena la mia pelle toccò il metallo rovinato, una vampata gelata mi colpì. 

Non sarei qui adesso se fosse stato così semplice. Non riesco a capire come quella sorta di mostro sia riuscito ad intrappolarmi qui dentro.
Guardai l'ombra negli occhi.
Tu mi stai spiegando tutto questo, ma io non capisco perché cerchi me. Cosa potrei fare io per salvarti? Sono un semplice ragazzino che soffre di iperattività,  che sembra normale per la mia specie, e una strana dislessia.
L'ombra fece un sospiro che mi fece rabbrividire. Sembrava che si stesse indebolendo ogni secondo che passava. Cercava di alzarsi in piedi, anche se le risultava difficile.
Maark io sono tua Madre! Sono Atena, dea della Saggezza. Sto chiamando tutti i miei figli per cercare di liberarmi da questa cella infernale. Ma sono morti tutti appena arrivati nella grotta. Sembra che ci siano centinaia di ragni in guardia all'ingresso. Nessuno è riuscito ad avere un collegamento così stretto con me, nessuno tranne te. Sei uno dei miei figli che ne sa di meno, ma a cui importa di più.  C'è qualcosa di diverso in te rispetto ai tuoi fratelli. Qualcosa che veramente potrebbe stupire anche una dea o un dio.
Questa rivelazione mi sconvolse. Allora era tutto vero, una dea era mia madre ed era Atena. Non potevo crederci, rimasi pietrificato a fissarla. Dopo quindici anni d'attesa ero finalmente riuscito a conocere mia madre, anche se non nel migliore dei modi. Era una sensazione difficile, ero felice ed emozionato ma allo stesso punto confuso. Mia madre, una dea, era stata intrappolata da un mostro.
Cominciai a scrutare la porta, e mi accorsi che il freddo era una sensazione psicologica. Era stata progettata apposta per allontanare qualsiasi persona indesiderata. Nessuno avrebbe mai provato a toccarla dopo la prima esperienza. 

Non riesco a credere che tu sia mia madre, ma non posso che rassegnarmi. Non so se l'avevi capito ma questa porta è costruita apposta per allontanare qualsiasi persona. Il freddo è una sensazione iniziale, ma se cominci a pensare ad altro il gelo non lo sentirai più. Ingegnosa come cosa, forse qualche tocco di magia ci sarà dietro. Ma almeno sai dove ci troviamo?
La figura abbassò il capo, e cominciò a fissare il pavimento. Volevo buttar giù quella porta e sollevare mia madre. Era almeno a due passi da me, ma non potevo fare niente. Impotente di reagire o cercare di aggiustare la situazione. 
Maark non ce la faccio per molto a tenere questo collegamento. Non conosco in nessun modo la posizione di questa grotta. Ma posso dirti solamente che ci troviamo molti metri sotto la terra. Quando mi sono risvegliata ero qui, rinchiusa in questa cella dove sembra che i miei poteri non abbiano effetto. Non riesco né a pensare né a ragionare come una volta. Devo lasciarti. Ma tornerò non preoccuparti, e saremo sempre più vicini!
La parola "vicini" rimbombò nella stanza.  Improvvisamente una voragine si aprì a terra. Una luce mi accecò e tutto scompari con una sorta di urlo. Era un urlo di sofferenza. Era l'urlo di mia madre!"

Aracne...aracne!
Il sacco a pelo si faceva sempre più pesante. Ero cosciente ma non in grado di aprire gli occhi e di alzarmi. Quando qualcuno cominció a smuovermi le spalle, come se volesse tentare di svegliarmi. Ma tanto invano, non ero in grado di farlo.
-Maark, diamine vuoi svegliarti!-
Ero sicuro. La voce la conoscevo,  ma non riuscivo a distinguerla. Avevo ancora l'immagine di mia madre rinchiusa in quella cella, priva dei suoi poteri per liberarsi. 
Chi, a quell'ora della notte, poteva cercare di svegliarmi? 
-Questo non si vuole svegliare.-
La parte superiore del sacco a pelo, che fungeva da coperta, venne spostata. Il freddo mi racchiuse in una morsa straziante. Così che per reazione spalancai gli occhi, e in preda al panico urlai.
-ARACNE LIBERALA!-
Cominciai a sudare freddo, e il cuore batteva a mille. Così tanto che l'arteria sul collo si era gonfiata vistosamente. Davanti mi ritrovai Ashton in pigiama. Non aveva la sua faccia gioiosa, anzi sembrava che anche lui stesse impazzendo.
Mi fissò con i suoi occhi e mi disse.
-Alya... è sparita. Da quando mi sono svegliato non l'ho trovata nel letto. Di solito sono sempre io a svegliarla. Ma adesso non c'era. La mia sorellina è scomparsa, e non si riesce a trovare. Io non so cosa fare, l'unica cosa a cui tenevo di più è andata persa.-
Spaventato lo guardai. Aveva un aria preoccupata. La sua faccia era bianca come un lenzuolo, e non smetteva più di parlare. Cominció a tremare come una foglia colpita da un vento gelido. Ormai era entrato nella sua crisi di panico.
Mi alzai dal mio "letto" e mi ritrovai faccia a faccia con lui. Gli sgrullai violentemente le spalle e gli dissi, con aria seria. 
-Ashton! Ashton... basta! Calmati adesso. Stai impazzendo. Fai dei respiri profondi e ritorna in te. Non ti preoccupare per tua sorella, sarà da qualche parte nell'area protetta del campo. Ma ad ogni modo ti aiuto a trovarla. Adesso calmati... ti prego!-
Quella faccia faceva quasi tenerezza. Ma adesso non potevo mettermi a pensare a cosa sembrasse triste e cosa no. Dovevo aiutare qualcuno che stava in difficoltà. Non potevo lasciare il mio amico da solo, a cercare in lungo e in largo la sua gemella.
-Maark... qualsiasi cosa succeda io le ho sempre voluto bene. Non l'ho mai persa di vista. E adesso mi è scappata sotto gli occhi come nulla fosse. Comunque grazie per la disponibilità,  ma adesso mi sembra il caso di andare.-
Ashton si mise a piangere. Non potevo lasciarlo lì a farlo soffrire da solo. Così lo abbracciai. Sentii il suo respiro affannoso sulla mia spalla. Gli continuani a dare pacche sulla schiena per farlo calmare. Quando ci dividemmo.
-Questo ed altro per i gemelli Myrton.-


L'aria fredda penetrava della mattina nelle mie ossa. Ancora non era l'alba, e il campo giaceva su questa valle silenziosamente. Ormai dopo essersi abituati al frastuono delle persone che corrono avanti e indietro per combattere o allenarsi, il silenzio era insolito. Cominciammo a perlustrare per tutte le cabine. Ognuno simboleggiata da una caratteristica del proprio Dio o Dea. Ma dentro non c'erano altro che ragazzi ancora in braccio a Morfeo. Come volevo tanto stare al loro posto. Senza nessun problema, da solo a gustarmi il mio sonno. 
Maark devi aiutare un amico,  non puoi pensare di andare a dormire adesso. 
Dalle cabine ci dirigemmo verso la Casa Grande, che per nostra sfortuna era chiusa.
Non era né nei Campi di Fragole, né nel Campo dei Pegasi e tanto meno sulla spiaggia. La foresta sembrava l'unico posto dove poteva essere scappata.
-Ashton io direi di andare a cercarla nella foresta.  Mi sembra l'unico posto dove potrebbe nascondersi al meglio...-
Guardai le cime degli alberi. Maestose puntavano tutte verso il cielo, ma qualcosa ancora non avevo capito.
Perché Alya sarebbe dovuta scappare dal Campo Mezzosangue? Proprio ieri mi sembrava una delle persone più entusiaste. Così concentrata ad ascoltare Mr. D, emozionata per i nuovi arrivati, e decisa con il suo allenamento. Forse è uno scherzo che sta facendo al fratello, per vederlo piangere.
Ashton si allontanò dalla foresta e spaventanto mi disse.
-Alya non proverebbe mai ad inoltrarsi dentro la foresta. Siamo tutti consapevoli che potremmo allontanarci e incontrare qualche mostro pronto ad incontrarci. Forse è meglio se.... cerchiamo da qualche altra parte!-
Ashton scappò in preda al panico. Ma io rimasi a guardare in direzione della foresta. Era così fitta, che non si riusciva a vedere niente dopo qualche metro. Era avvolta nella nebbia, e avevo quell'aspetto che si poteva vedere solo nei film horror americani. Cercai di inoltrarmi, ma sembrava che ci fosse qualcosa ad impormi di farlo. Mi avvicinai verso l'albero posizionato più esternamente. Mi appoggiai al tronco, e guardai la nebbia che si muoveva lentamente nell'aria. Cominciai a pensare a quello che avrei potuto incontrare lì fuori.
I figli di Aracne ci stanno cercando per ucciderci. Vogliono tutti i figli di Atena morti. Per questo Chirone mi disse che ero stato uno dei pochi sopravvissuti di Aracne. Ha ucciso le mie sorelle e i miei fratelli. Cerca di levarsi di torno il problema più grande per poi attaccare. Ma cosa vorrà mai da mia madre? Perché proprio adesso si sarebbe dovuta ribellare quando è stata maledetta migliaia di anni fa?
I pensieri mi stavano facendo perdere la concentrazione. Quando un brivido lungo la schiena mi colpì facendomi sobbalzare, mi accorsi che Ashton non c'era più. Mi guardai intorno per capire se fosse nelle vicinanze, ma invano. 
Sarebbe potuto essere in qualsiasi posto del campo. Così cominciai a correre, senza destinazione. Con la sola convinzione che l'avrei incontrato lungo la strada.

Passai per il muro d'arrampicata e l'anfiteatro. Ma niente. Ashton era scomparso proprio come Alya. Non dovevo cercare una persona, ma ben due. 
Ero senza fiato, e quest'aria fredda cominció a congelarmi lentamente. La gola era secca ormai, e avevo bisogno d'acqua. Così mi ritrovai davanti al Lago, dove ci si poteva allenare per il canottaggio. 
Era l'unica fonte vitale che mi rimaneva. Mi diressi verso la riva e cominciai a raccogliere con le mani l'acqua, e a sorseggiarla lentamente. Era fredda, ma almeno sarebbe stata d'aiuto per la mia idratazione. 
Mentre bevevo l'ultimo sorso, mi accorsi che le canoe cominciarono a sbattere tra di loro. Non c'era nessuna spiegazione per questo fenomeno, visto che l'acqua era una tavola cristallina e il vento non soffiava da nessuna parte. Così mi diressi sulla banchina dove erano attraccate le imbarcazioni con diverse corde. Appena le guardai smisero di muoversi, tornando alla posizione di prima. Forse le barche erano magiche. 
Subito dopo sentii un urlo. Era una voce femminile, e capii che doveva essere Alya.
Ma non la riuscivo a vedere, così cominciai ad urlare.
-ALYA! ALYA DOVE SEI?-
Non feci in tempo a muovermi che sentii uno strano ticchettio vicino a me. Come se stesse per scoppiare qualcosa. Mi guardai i piedi, e mi accorsi che non avevo indossato le scarpe. Ma non solo quello, indossavo solamente un paio di slip. Ero stato preso troppo dal panico che mi ero dimenticato di vestirmi. Ma fu troppo tardi per rimediare, perché il suolo sotto ai miei piedi si mosse, e mi lanciò in aria. E in men di un secondo sprofondai nell'acqua.
Sembrava di stare al Polo Nord. Ovunque mi muovessi, l'acqua era sempre più gelata. Cercai di aprire gli occhi, ma non riuscivo a vedere nitidamente. Così che tentai di tornare in superfice. Quando finalmente uscii con la testa fuori dall'acqua sentii delle grosse risate.
Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte tutto il campo a guardarmi.
Ma non erano tutti a dormire fino a qualche minuto fa?
Cominciai a nuotare verso la riva, e lì mi aspettavano Alya ed Ashton che erano piegati dalle risate. Finalmente uscii dall'acqua e mi ritrovai davanti a loro. Ero bagnato, e sgocciolavo da qualsiasi punto del corpo. Puntai un dito ai gemelli e dissi. 
-Ma voi due non eravate scomparsi?-
Alya continuava a ridere. Si riprese dopo qualche istante e gioiosamente mi disse.
-Bhè veramente non ero scomparsa. Era solo un piccolo scherzetto di benvenuto.-
Li guardai e non riuscii a trattenermi, così cominciai a ridere insieme a loro.
-Sono uscito in mutande per venirti a cercare. E poi tu!- dissi ad Ashton -Sei venuto da me a piangere. Era troppo realistico. Io ero arrivato solamente a pensare che fosse uno scherzo che Alya volesse farti, mentre si è rigirato tutto verso di me. Complimenti!-
Alya guardò il fratello stupita.
-Ti sei messo a piangere? Fratello mi hai stupito! Stiamo facendo progressi.-
Quando mi accorsi che tutti erano ancora lì a fissarmi. Ero in imbarazzo, ma non per lo scherzo. Indossavo solo le mutande. Così mi passarono un asciugamano per coprirmi.
Alya mi guardò dritto negli occhi e sorridendo mi disse
-Bene lo spettacolo è finito. Adesso bisogna cominciare una nuova giornata. Maark noi ci vediamo all'arena. Appena ti sei preparato ti aspetto lì!-
Tutti scapparono in diverse direzioni. Tutti pronti per ricominciare l'attività e passare questa meravigliosa giornata!


Lo spogliatoio era completamente costruito con assi di legno, ed era alquanto freddo visto che si trovava sotto l'arena. Mi posizionai sopra una panca dove trovai tutta l'attrezzatura che avrei dovuto indossare. Un'armatura per il busto fatta di bronzo, che pesava più di quanto avrei mai potuto immaginare, degli stivali di pelle per muoversi nel migliore dei modi ed infine una spada. Una spada affilata, lunga quasi quanto il mio braccio. Era manegevole e non rosultava scomoda a muoverla.
Deciso mi diressi verso le scalinate che portavano all'arena, pronto a sconfiggere l'avversario.
La luce inizialmente mi accecò,  e quando cominciai ad abituarmi mi ritrovai su questa enorme piattaforma ricoperta da terra bianca. Aveva una forma ovale ed era circondata da questi spalti di marmo che favorivano una buona veduta a qualsiasi spettatore.
Qualche metro più avanti c'era Alya. Equipaggiata come me, con una spada più particolare della mia. 
Camminammo uno verso l'altro quando ci ritrovammo faccia a faccia. Lei mi sorrise. 
-Allora Maark da oggi comimceremo il nostro allenamento con la spada. Per questa settimana proverai ogni giorno un'attività diversa per vedere in quale eccelli di più! Ma adesso basta con le parole. Vediamo cosa sei in grado di fare!-
Stavo tremando di paura. Non sapevo come manovrare un'arma del genere. Prima che potessimo cominciare indietreggiai di qualche passo.
-Non so come fare. Io non ho mai usato una...- Non riuscii a finire la frase che Alya con una forza bruta corre verso di me e comincia ad attaccare.
Nella sua prima mossa stava per colpirmi al braccio destro, dove reggevo la spada. Mi spostai immediatamente e cercai di colpirla dietro la testa ma lei agilmente riescì a girarsi e a bloccare l'attacco con la sua spada. Uno stridio provocato dal contatto delle lame rimbombò nelle mie orecchie, quando Alya mi diede un calcio alla gamba che mi fece cadere a terra. Finì con il puntarmi la spada sul collo.
-Non pensavo fossi così bravo!-
Sentivo la punta della spada appoggiata sulla pelle, così decisi di darle un calcio al suo busto che la fece spostare indietro, e riuscii a malapena ad alzarmi quando cercò di tagliarmi la testa. Mi abbassai e le diedi una gomitata sull'armatura, poi le presi il braccio con cui manovrava la spada e glielo portai dietro la schiena. 
-Pure io non lo immaginavo!- Lei con un urlo di ira si liberò dalla mia stretta e cercò di colpirmi il polso, ma riuscii a schivare l'attacco e bloccai la sua spada con la mia. Le strinsi la mano, tanto che fu quasi costretta a lasciare la spada, ma decise di dare un calcio alle nostre mani che fece volare le armi in aria. Saltammo insieme, e quando riuscii a prendere la mia in meno di un secondo scostai l'altra prima che Alya potesse recuperla. Appena ritornammo sul terrenno, riuscii a prendere anche la seconda spada. La mia era puntata verso il suo collo, mentre l'altra la tenevo in mano, solo in caso d'evenienza, se avesse esitato ad attaccarmi. Ero pronta per colpirla.
-Maark diamine, ma come hai fatto?- Avevamo entrambi il fiatone, e io gentilmente le restituii la sua spada. Poi appena mi ripresi dissi.
-Sinceramente? Non lo so nemmeno io. Comunque bel allenamento. Solo che per oggi basta così ti prego!-
Alya mi diede una spacca sulla spalla e cominciò a ridere.
-Maark non so se c'hai fatto caso,  ma è appena l'ora di Pranzo. Resteremo qui fino al tramonto. Voglio vedere se c'è qualcos'altro di straordinario che riesci a fare.-

***

Finalmente la giornata era finita. La cena fu ottima e donai un pasto ad Atena, anche se non dissi a nessuno di ciò che avevo scoperto. Dal Padiglione ci dirigemmo verso le proprie cabine. Ma questa volta non ero da solo. Alya mi avrebbe accompagnato.
Mentre camminavamo, cercai di aprire una conversazione. 
-Allora... Ma voi da quanto tempo siete qui nel Campo?- Non volevo scherzare. Avevo ancora molte domande da fare. Non conoscevo niente di nessuno, a malapena di me stesso. Per fortuna avevo saputo molto presto da mia Madre di chi fossi figlio, nonostante ancora non mi avesse riconosciuto.
Mentre passeggiavamo, lei mi guardò seria.
-Sai Maark questa domanda è insolita. Comunque appena nati! Io ed Ashton siamo stati allevati dai satiri e dalle ninfe, qui nel campo!-
Il viso della ragazza diventò serio, e assunse un aria pensierosa. Decisi di andare con molta calma su questo fragile argomento.
-Quindi vorresti dire che non sei mai uscita da questo posto?-
Cominciammo a rallentare, senza fermarci. La strada era ancora lunga e avevamo tempo per parlarne.
-Esatto! A differenza di mio fratello, sono sempre rimasta qui per volere di mio padre. Mentre Ashton ha compiuto la sua prima impresa grazie a te, e fortunatamente non ha incontrato nessun mostro.-
Sembrava alquanto infastidita da questa cosa, ma sicuramente avrebbe capito che sarebbe stato un'enorme sbaglio farla uscire da sola in un mondo pieno di creature pronte ad ucciderla. La continuavo a guardare mentre camminavamo. Volevo spiegazioni, ma non capivo per quale motivo m'interessasse così tanto di lei.
-Scusa se ti sto facendo il quarto grado. Ma ho un'ultima domanda, chi è tuo Padre?-
Alya sorrise, e mi fissò. I nostri occhi si incrociarono, e si formò una sorte di legame fra di noi.
-Mio Padre è... Zeus, il Sovrano degli Dei!-

 

 


Author's Corner
Eccomi con questo quarto capitolo.
Scusatemi se ho postato così tardi questa parte ma ho avuti diversi problemi. Tutta la settimana impegnato ed oltretutto si è messa anche la perdita di ispirazione, quindi se ci saranno errori di battitura o anche stranezze nello scrivere per me è normale. Sono stato un paio di giorni a tentar di scrivere ma a malapena mi sono uscite due righe, ed infine c'ho provato e l'ispirazione(anche se non troppa) è tornata.
Ringrazio a 
Giorgia per avermi dato suggerimenti per tornare a scrivere come per esempio: Diventa Famoso o Bevi il Caffè. Ma Vabbè: LOL!
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento.
Buona Lettura e attenti ad ogni tipo di Dio che potrebbe tentare di uccidervi,

Marco (Maaruko).

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