Tè alla vaniglia di icered jellyfish (/viewuser.php?uid=588706)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 – Homenum Revelio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 – Feraverto ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 – Accio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 – Incarcerus ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 – Petrificus totalus ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 – Stupeficium ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 – Riddiculus ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 – Homenum Revelio ***
Capitolo 1 - Homenum Revelio
C A P I T O L
O I
“ Homenum Revelio „
“Cornelius Agrippa (1486 – 1535): celebre mago incarcerato dai babbani a causa dei suoi testi”,
la luce della vetrata che aveva alle spalle illuminava i fogli
ingialliti sui quali erano riportate tali parole, riempiendo, inoltre,
di mille riflessi i fili dorati che formavano la sua chioma
straordinariamente – incredibilmente – lunga.
Lo aveva già sentito nominare diverse altre volte, sulle
figurine delle cioccorane probabilmente, ma in realtà non stava
riversando troppe attenzioni su quella frase letta per caso, la sua
mente vagava più che altro verso pensieri conditi di adrenalina
e sconfinate fantasticherie – ciò che l'attendeva, lo aveva sempre aspettato con ansia e trepidazione.
La piccola corsia che la circondava era piacevolmente vuota e il
vociferare vario e confuso proveniente dalla strada principale di
Diagon Alley al di là del vetro sul quale era appoggiata, era un
sottofondo distante e ovattato che, in un qualche modo, era addirittura
folcloristico e necessario – quasi. Altre due o tre voci si
disperdevano tra le altre corsie della libreria, ma di certo non poteva
aspettarsi un silenzio tombale – non in una giornata caoticamente
attiva come quella, tra l'altro – e, in fondo, nemmeno le
dispiaceva se proprio doveva dirla tutta; le piaceva potersi ritagliare dal mondo pur restandoci pienamente in mezzo.
Quello era per lei il luogo ideale dove poter perdere quel paio di
minuti che aveva deciso di concedersi tra una compera e l'altra –
in vista del suo primo giorno alla Scuola di Magia e Stregoneria
più famosa al mondo – e, il solo ripensarci, la faceva
sentire notevolmente agitata, non solo per via della paura ma anche a
causa – o per merito – delle forti e positive aspettative
che nutriva nei confronti della magnifica Hogwarts.
Il vuoto sfocato che divideva il suo distratto sguardo dal libro che
teneva tra le mani venne improvvisamente spezzato, per riportare
più nitidamente alla sua vista – ora attenta e bruscamente
ricondotta alla realtà – nuove pagine imprevedibilmente
propostele da qualcuno di cui non aveva ancora visto il volto.
Una mano estranea sorreggeva un tomo ancora più trascurato del suo,
aperto su un paragrafo che iniziò a leggere più per
istinto che altro.
“Bowman Wright (1492 –
1560): creò il primo Boccino d’Oro sostituendo lo Snidget
Dorato, combinando i suoi interessi di scienza, magia e sport”.
Cercò inizialmente di trovare un senso tra la sua
curiosità verso quella breve frase che era stata capace di
colpirla e la sua mancanza d'interesse per l'argomento ma, ancor prima
di ragionare su quello, il collegamento con la stranezza
dell’inaspettata rottura del suo piccolo momento di pace la
convinse ad alzare lo sguardo per vedere finalmente il volto di chi
avesse invaso – senza permesso e con tanta arroganza – il
suo attimo di ricercata solitudine; candidi e nivei capelli
contornavano il suo viso dal colorito pallido e, il sorriso che
regolava la sua espressione facciale, lasciava che un angolo della
bocca fosse tirato più in su rispetto all'altro, ma non fu
però questo a colpirla più di tutto, perché la
concentrazione le ricadde inevitabilmente sugli occhi che dominavano il
suo volto. Le ricordavano incredibilmente le acque artiche, icebergs
con tutti i riflessi bluastri dell'oceano incastrati tra le loro
incurvature, tra il brillante ghiaccio di cui erano fatti – e di
cui parevano fatte quelle iridi così intese, così fredde
e al tempo stesso piene di ardente passione.
Sembrava un ragazzo congelato nel tempo, conservato dal mondo come se
avesse deciso di non poterne fare a meno e, forse per colpa del
repentino e insospettabile risvolto delle cose o forse per colpa
dell’essersi ritrovata davanti ad una persona così
fisicamente particolare, qualcosa le aveva impedito di riuscire a
formulare una qualunque frase sensata da dire, anche se in ogni caso
lui ostentava una sicurezza decisamente maggiore della sua,
intraprendendo così un dialogo verbale e non più fatto
solo di sguardi privi di comunicazioni reali.
«Questo è sicuramente più interessante» le
disse allora, scuotendola appena al suo interno. Continuò a non
sapere cosa pensare o come esprimersi, forse perché continuava a
non riuscire a trovare della sensatezza in quell'incontro non richiesto
ma, a quell’affermazione, la più spontanea delle risposte
non manco comunque di arrivare e nacque nella sua mente
per poi prendere possesso della sua voce.
«Bene, leggilo allora».
Una piccola risata sfuggì dalle labbra del ragazzo che
ritirò il libro verso di lui, chiudendolo di scatto ma senza
troppa forza, appoggiandosi successivamente alla vetrata esattamente
come lei – che, nel frattempo, aveva perplessamente continuato a
tenergli gli occhi incollati addosso seguendo ogni suo movimento.
«Sono, sono veramente lunghi» le si rivolse nuovamente, caricando gesticolazioni da padrone del mondo e
indicando la cascata di capelli che le si estendeva accuratamente
accanto ai piedi – per non darle fastidio e per non dare fastidio.
Non ottenne però risposta e, vedendo a seguito delle sue parole
un semplice quanto incerto silenzio, decise di continuare a parlare.
«Allora biondin–».
«Rapunzel!».
Interrotto ancor prima di iniziare, rimase inizialmente con la bocca
dischiusa e le parole incollate sulle labbra e sulla punta della lingua. Scosse
poi la testa tirando in su qualche ciuffo
sceso a coprirgli la vista, per poi guardare cinicmente la nuova
conosciuta in attesa di una spiegazione alla sua ostilità.
Attimi silenziosi riempirono lo scambio dei loro sguardi; il suo
altezzosamente beffrardo mentre, quello di lei, diffidente per
mascherare quella nota di timidezza che non era riuscita a nascondere
completamente – e a lui piaceva come, seppur goffamente, cercasse
di sostenere il suo modo di guardarla.
La vide poi raccogliere,
senza dire nulla, la sua chioma e trattenerla tra le
braccia come un pacco – letteralmente –, allontanandosi da
lui con una smorfia forse un po' forzatamente e insensatamente restia.
«Mi chiamo Jack» l'allegra voce del ragazzo risuonò dietro di lei come un amo
da pesca gettato per trattenere la sua preda, ma le intenzioni di
Rapunzel di ritrattare la sua decisione di ritirarsi erano talmente
scarse da essere inesistenti. Si
voltò allora per un istante ancora verso di lui, dedicandogli un
veloce sguardo non necessariamente significativo, per poi sparire
dietro la libreria che divideva la loro corsia da quella accanto. Il
suono dei campanelli appesi sopra la porta d’ingresso de Il
Ghirigoro echeggiò, seguito dal rumore della stessa aprirsi e
chiudersi – e non fu difficile per il ragazzo immaginare chi
fosse uscito in quel momento.
Si appoggiò più comodamente al vetro della finestra,
incrociando le braccia e sollevando il volto appena più in alto.
Un altro piccolo risolo gli scappò assieme ad un respiro
trattenuto per troppi secondi; se l'era sentito fin da quando l'aveva
vista lì da sola, immersa nei suoi pensieri, che sarebbe stato
divertente infastidirla.
C O N T I N U A
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N O T E
A U T R I C E
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Ed eccomi con il primo capitolo della mia preannunciata long–raccolta riguardo i The Big Four
nell'Hogwarts!verse. Ci tengo veramente da morire e sono realmente
soddisfatta di tutti i capitoli che ho scritto finora, quindi mi auguro
vivamente di riuscire a farla piacere anche a voi!
Premetto che non ci saranno coppie ufficiali – o ufficiose –; ho cercato di mantenere un clima,
se così vogliamo dire, dove tutti possano essere shippati con
tutti, in modo da ‘accontentare’ – passatemi il
termine – qualunque gusto personale sulle coppie formabili tra
questi quattro personaggi – sebbene io prediliga le Jack x Rapunzel e,
di conseguenza, inserirò probabilmente più accenni su
loro due. Lo scopo di questa raccolta è semplicemente quello di
raccontarvi alcuni missing moment su un loro presumibile primo anno ad
Hogwarts, quindi non volevo incentrarmi in particolar modo sulle
relazioni sentimentali, quanto più sul loro modo di vivere
l'occasione di frequentare la scuola che – sicuramente –
TUTTI/E noi avremmo voluto andare. x°
Io adoro questo gruppo, lo amo sul serio, e ci sto mettendo tutto
l'impegno possibile e anche di più nel raccontare di loro,
cercando di mantenere le loro personalità intatte, variate
semplicemente sulla base del cambio di contesto/universo. Per esempio,
qui Jack è abbastanza sicuro di sé ed arrogante,
perché arrogante lo è di suo – nei film lo si
capisce chiaramente – mentre la sua spavalderia è dettata
dal suo aver paura di non essere considerato, di non essere visto,
notato, quindi ho trovato plausibile usare la sua originaria
invisibilità per trasformarla nell'insicurezza di non essere
calcolato se non tramite il suo buttarsi sempre in campo – e
spero vivamente di essermi spiegata come avrei voluto. x°
Ultima cosa, ogni capitolo avrà come titolo il nome di uno degli
incantesimi di Harry Potter, e saranno incantesimi che in un modo o
nell'altro avranno a che fare con la trama di quell'aggiornamento. La
trovavo un'idea carina e stimolante, vediamo chi riuscirà a
cogliere in che modo titolo e capitolo si collegheranno tra di loro. :pp
Ebbene, credo proprio di esser giunta al termine anche questa volta;
con ogni probabilità posterò un capitolo a settimana e ne
ho di pronti parecchi, quindi la cadenza sarà sempre abbastanza
regolare. Grazie, come sempre, a tutti coloro che mi han seguito con le
altre fanfiction e a tutti coloro che inizieranno a seguire questa
– spero con tutto il cuore che sarete in molti, davvero. ;v;
Ogni commento sarà ben gradito, è sempre piacevole veder
attivamente considerati i propri lavori, veder ripagati i propri
sforzi, quindi grazie in anticipo a chiunque lo farà. :))
Un saluto, buona Epifania e alla prossima settimana!
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a u t u m n
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 – Feraverto ***
Capitolo 2 - Feraverto
C A P I T O L
O II
“ Feraverto „
Il
binario 9¾ della stazione londinese King's Cross era nuovamente
vuoto, mentre l'espresso che prima sostava su di esso sfrecciava ormai
in un paesaggio che aveva iniziato a scorrere velocemente, visto da
dietro un finestrino, riproponendo montagne e rigogliose distese di
verde da un lato, e un immenso specchio d'acqua dall'altro – il
riflesso del cielo era trattenuto in esso, così come i colori
della natura che lo circondava, costringendo la sua sconfinata estensione in una forma
tondeggiante.
Prontamente si portò un fazzoletto di stoffa bianca al naso;
quegli ultimi giorni erano dannatamente fastidiosi per via di quel
raffreddore che, ci scommetteva, aveva solo lui al mondo in quel
periodo dell'anno, ma in quel momento certamente il suo naso intasato e
i continui starnuti erano un pensiero secondario davanti alla
necessità di trovare un posto a sedere – e non riusciva
davvero a spiegarsi come tutte le cabine potessero essere completamente
occupate.
Erano ormai diversi minuti che vagava senza ottenere successo e aveva
attraversato almeno undici dei quindici vagoni che componevano il
treno – anche se in tutta sincerità aveva addirittura perso il conto,
sapeva solo che ben presto sarebbe finito alla carrozza della
locomotiva senza risultati apparenti.
Con la stessa mano con cui impugnava, senza un reale motivo, la sua
bacchetta nuova di zecca, continuò a trascinarsi dietro la sua
immensa valigia di pelle un po' consumata – pesante e grande
probabilmente più di lui – finché la sua pazienza
non emigrò definitivamente, decidendo così di
abbandonarsi senza ritegno
lì dov’era nel corridoio, accasciandosi sul suo bagaglio e
arrivando alla conclusione che non avrebbe più continuato quella
ricerca impossibile. Il viaggio in piedi poteva addirittura essere
divertente – o almeno stava cercando di convincersene.
Guardando distrattamente il soffitto si lasciò scappare un
sonoro quanto annoiato sbuffo, illudendosi, per un istante, che
bastasse quello per liberarsi della fastidiosa e snervante
consapevolezza che tutto fosse cominciato nel peggiore dei modi –
in fondo sperava che il viaggio verso Hogwarts potesse essere un
pretesto per fare qualche amicizia, finalmente, ma il vento non sembrava voler gonfiare le sue vele.
Non si era reso conto del rumore che aveva provocato con quel suo
stravaccarsi in modo tanto spudorato e improvviso, ma una folta
chioma riccia e indomabile, del fuoco vivo
e ribelle, fece capolino da dietro la sua porta poche posizioni
più in là, incuriosita sul cosa stesse accadendo appena
fuori dalle cabine. Iridi cerulee risaltavano su un viso tondo e
leggermente più rosato del dovuto, e la linea delle
sue labbra si incurvò in un sorriso caldo almeno quanto lo
sembravano i suoi capelli.
Improvvisamente gli fece cenno di avvicinarsi in sua direzione, per poi
sparire nuovamente e, lui, seppur un po' perplesso, cercò di
tirarsi su e di ricomporre la sua postura, accingendosi dunque verso la
sua cabina ed entrandovi. Non poteva crederci, ma era completamente
vuota, con solo lei al suo interno – e le sue valige sparpagliate
un po' ovunque, disordinatamente.
«Posso, posso sedermi qui? Tutte le cabine sono completamente
occupate» le domandò, con la sua solita espressione
rassegnata alle infinite sfortune che gli pesavano sulle spalle
– o quantomeno che lasciava intendere la sua abitudine ad
accettare che le cose non andassero mai come lui voleva.
Nel ritrovarselo lì, il volto della coetanea si illuminò
e venne nuovamente predominato da un allegro sorriso. Chiuse di scatto
il libro che aveva sulle gambe, allungandolo poi con entrambe le mani
verso di lui e rivelandogli il titolo – con sguardo ardente e
pieno di soddisfazione, e non capiva perché fosse tanto esaltata.
Inclinando leggermente la schiena all’indietro,
sgranò appena di più gli occhi, confuso e impreparato
davanti a quell'azione inaspettata e che non sapeva come interpretare.
«I–imparare a conoscere i draghi»
lesse ad alta voce, continuando a non capire, ma non voleva di certo
smorzare l'entusiasmo di quella che sarebbe stata la sua compagna di
viaggio per le prossime otto ore, «wow... Sembra, sembra
fantastic–».
«Io trovo che i draghi siano stupendi! Non credi anche tu?»
scattò poi sul posto, squillante e piena di entusiasmo – e
non lasciandogli nemmeno il tempo di finire la frase.
Incomprensibile ed effervescente; furono
queste le prime impressioni che ebbe modo di farsi su di lei. Il
suo sguardo color cielo era pieno di luce e fiamme e continuava a
guardarlo in trepidante attesa di una risposta a quella domanda che,
non riusciva davvero a spiegarsene il motivo, per lei pareva
rappresentare tutto.
Draghi. Sorrise interiormente
al solo ripetere quella parola nella sua mente; aveva passato una bella
fetta della sua infanzia a cercarne qualcuno, convinto che si
aggirassero nei boschi attorno casa sua ma, tutto quello che era
riuscito ad ottenere, furono solo numerose strigliate da parte di suo
padre per via dei casini in cui puntualmente si cacciava, ma lui voleva
assolutamente trovarne uno, voleva vederlo, toccarlo, così tanto
che aveva addirittura provato a padroneggiare un incantesimo
apparentemente semplice, anche se nelle mani di un bambino era risultato tutt'altro – specie se effettuato con
una bacchetta non sua, oltretutto.
«Oh sì, i draghi, io li adoro» le rispose allora,
angosciato dal riaffiorare nella sua mente le sue esperienze a
riguardo. «Una volta ho provato a trasformare una delle nostre
pecore in un drago. Ti risparmio i trascendentali
risvolti di questa vicenda».
Non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase che la sentì
immediatamente scoppiare in una cristallina risata – accompagnata
addirittura dal suo trattenersi la pancia tra le braccia. Era
davvero così divertente, quel che aveva appena detto?
Più la guardava e più gli sembrava imprevedibile e
caratterialmente inafferrabile. Non che gli dispiacesse, in fondo aveva
quello strano potere di farlo sentire a suo agio nonostante tutto, ma
era assolutamente strana e così tanto diversa che non sapeva
come interpretarla o cosa aspettarsi da lei – da quel poco che
aveva avuto modo di vedere, nella sua testa poteva esserci davvero di tutto.
«Una volta ho trasformato mia madre in un orso!» gli si
rivolse poi, destandolo da quei ragionamenti e ricatturando la sua
attenzione. «E' stato... Traaagico» continuò,
rimarcando una maggiore enfasi sulla prima vocale della parola e
roteando occhi e testa senza però abbandonare mai il sorriso.
Era come se si fosse appena ricordata un qualcosa di catastrofico ma che per
lei non aveva mai avuto davvero peso, perché facilmente
ovviabile. Sebbene non la conoscesse e non avesse basi per poter avere
la pretesa di dire che la sapeva comprendere, avrebbe voluto sentirsi anche lui un minimo in grado di prendere con leggerezza
ogni cosa.
Rimase per diversi secondi di silenzio con lo sguardo incollato nel suo
ma non sembrava attendere nulla; semplicemente, lo stava guardando, lo
stava guardando così come avrebbe guardato un quadro, un
paesaggio o un oggetto interessante. Interessante, possibile che
reputasse lui interessante?
Era assurdamente fuori da ogni cognizione umana quell'idea, eppure, non
riuscì a fare a meno di provare la confortevole sensazione di
conoscerla da sempre.
«Mi chiamo Merida» si presentò poi, aspettando con il suo sguardo fiero che ricambiasse.
«H–Hiccup»
tentennò appena, abbozzando però finalmente anche lui un
piccolo – anche se incerto – sorriso. Non era abituato a
sorridere, erano più i casi che lo facevano essere in disaccordo
con la mentalità generale del mondo, che quelli che lo facevano
sentire in vena di compiere un gesto d’allegria simile.
Prese successivamente posto a sedere accanto a lei, iniziando a pensare cosa poter dire per iniziare una conversazione.
C O N T
I N U A
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N O T E
A U T R I C E
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Ecco
qui il secondo capitolo della raccolta! Come anticipato in qualche
risposta alle recensioni dello scorso – vi amo tutti, grazie!
– i protagonisti questa volta sono stati Hiccup e Merida.
Ora che ho finito tutte le presentazioni dei protagonisti potrò
FINALMENTE riferirmi a loro per nome – ho preferito introdurli
prima con delle descrizioni, lo trovavo più mistico. (?).
Personalmente trovo questi due personaggi deliziosi assieme – e
anche singolarmente – ed è stato particolarmente piacevole
scrivere di loro, cercando di mantenerli IC quanto più possibile
– spero abbiate apprezzato i rifacimenti alle loro basi
originali. c:
Hiccup mi viene assai facile da gestire e devo dire che mi trovo
assurdamente a mio agio a impersonarlo – il ché non so se
sia positivo o negativo dato che è praticamente il più
'sfigato' di tutti hahaha, passatemi il termine, ma io lo amo e
continuerò ad amarlo per questo! Adoro il suo umorismo e adoro
il suo carattere così svogliatamente in attesa di tutto. Lo
voglio sul mio comodino, ecco.
Ah, per quanto riguarda la lunghezza del treno... Non ho assolutamente
idea di quanti vagoni possa avere l'espresso per Hogwarts, quindi ho
sparato il numero che più mi sembrava ragionevole a contenere
tutti gli studenti di tutte le case di tutti gli anni. Mi avvalgo della
licenza poetica. (?).
Concludendo, vorrei ringraziare immensamente P h o e, Ucha e kuma_cla per aver commentato la scorsa uscita, e grazie anche a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite!
Questo vuol dire davvero tanto per me e io sono estremamente motivata
nella stesura dei capitoli – sono già arrivata al capitolo
8, tipo x° – quindi boh, aspettatevi mazzi di rose rosse
sotto casa hahaha.
Come sempre, grazie anche a chi ha solo letto e alla prossima settimana!
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a u t u m n
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 – Accio ***
Capitolo 3 - Accio
C A P I T O L
O III
“ Accio „
Non
che ci fosse molto da dire in effetti, tutto ciò che in quel
momento lo sovrastava era in fondo un'incontrollata e infinita
immensità di nero brillante, una coperta impreziosita di
innumerevoli diamanti grezzi incapaci di spegnersi anche solo per un
istante.
Pulsavano, come se volessero fargli presente d'esser lì, come se
aspettassero ansiosamente ed insistentemente anche solo un suo sguardo,
sfidando con forza e naturalezza l'oscurità penetrante di quella
notte artificiale.
Combattevano in quel manto scuro e vellutato per conquistare la loro
posizione, come se volessero manifestare contro il mondo e urlare che
loro non sarebbero sparite mai – e questo fu un pensiero bizzarro che
lo fece sorridere di se stesso, considerando facessero parte di un
soffitto incantato che, per quanto sconcertantemente realistico, era
irreale, finto.
Forse gli facevano
più specie le inquantificabili candele fluttuanti a un paio di
metri sopra la sua testa, l'austerità di quell'immensa stanza, o
forse era semplicemente tutto l'ambiente totalmente discostato dalle
sue abitudini.
Non sapeva esattamente come dovesse comportarsi in una situazione di
stallo come quella, dove tutte le nuove matricole se ne stavano riunite
in un unico grande gruppo davanti alle lunghe tavolate delle quattro
casate di Hogwarts – guardandole bramosi e timorosi al tempo
stesso, non sapendo quale sarebbe stata la loro per i prossimi sette
anni – ma,
con la sua consueta e sconfortata espressione, Hiccup guardò
distrattamente i numerosi studenti già consolidati e seduti ai
rispettivi posti, in attesa che la cerimonia di smistamento iniziasse.
Qualcuno ridacchiava guardando qualche soggetto in particolare tra di
loro, altri parlottavano facendo probabilmente considerazioni
personali, altri ancora se ne stavano semplicemente in silenzio invece
– e questi erano quelli che sicuramente preferiva; di essere
giudicato
ne aveva decisamente abbastanza.
Non era in grado di darsi una spiegazione sensata sul come fosse riuscito
a perdere di vista Merida ma, di fatto, era successo. Appena scesi dal
treno la folla di nuovi studenti e non, aveva creato una confusione
tale da alimentare sull'istante la sua già totale
incapacità di gestire il suo gigantesco bagaglio, costringendolo a
dedicare più attenzioni a questo che a quella che non sapeva se
poteva definire una sua nuova amica, ma che di sicuro ci si avvicinava
ad esserlo. Ed ora eccolo lì, di nuovo solo in mezzo a tutti
quei volti sconosciuti, domandandosi chi tra loro sarebbero potuti
diventare i suoi compagni di camera o, al contrario, coloro che lo
avrebbero preso di mira per tutta la durata del suo tempo lì
– perché lo sapeva, non poteva non essere vittima di
derisa o prese in giro, o non sarebbe stato più lui.
Era spaesato più che al suo arrivo alla stazione di Londra e,
tra involontarie spintonate e gomitate, rassegnato manteneva la calma,
nel mentre che continuava a cercare tra tutte le teste che lo
circondavano, la ribelle e fiammante chioma dell'unica persona che
conosceva.
Finalmente l'uomo seduto sul trono posto al centro del tavolo dei professori,
si alzò in piedi. Era piuttosto robusto di costituzione,
incredibilmente alto e con una lunga e folta barba bianca – con tanto
di baffi – che gli pendeva dal mento appoggiandosi morbidamente
sul suo petto. Spinose e spesse sopracciglia nere indurivano la
dolcezza del taglio dei suoi occhi vispi e azzurri come non credeva
potessero nemmeno esistere, ma nel complesso il suo volto era gioioso e
pieno di vita. Gli stava simpatico, ed era felice di questo primo
impatto perché quello altri non poteva essere se non il famoso
preside Nord – il ché gli imprimeva addosso qualche brivido di
esaltazione, poiché non c'era mago di quel secolo che fosse
più potente o importante di lui.
Dopo essersi sistemato il suo bizzarro copricapo – ricoperto della
stessa identica stoffa degli abiti che indossava –, iniziò
l'abitudinario discorso di inizio anno che era tenuto a fare per i
nuovi arrivati alla scuola.
Un caloroso benvenuto, qualche raccomandazione e un paio di divieti
assolutamente da rispettare; niente di eccessivamente difficile da
ricordare, ma era certo che sarebbe stato capace di infrangere il
regolamento già dal giorno successivo, si conosceva bene. Non erano
però i dubbi sulla sua futura condotta ciò che lo
preoccupava maggiormente in quel momento, perché finite le
necessarie premesse venne finalmente annunciato l'inizio del loro – del
suo – smistamento, e il
foglio di appello venne srotolato.
Improvvisamente si rese conto di non essere assolutamente preparato per
quell'evento, nonostante ci avesse fantasticato per più o meno
per metà della sua vita. Guardò freneticamente a
destra e sinistra in cerca di Merida, anche solo uno sguardo di
sostegno morale gli avrebbe sicuramente fatto piacere in un momento
come quello – senza contare che lo considerava addirittura
necessario;
le sue gambe avevano iniziato a non riuscir più nemmeno a
sorreggerlo.
«Hiccup Horrendous Haddock», la voce della professoressa
incaricata di leggere l’elenco dei nomi risuonò nel
silenzio generale, rimbombando tra le sconfinate pareti della Sala Grande – e ovviamente lui non poteva che essere il primo della lista, lo sapeva.
Domandandosi se fosse davvero necessario appellarlo con il suo nome per
intero, fece un profondo respiro – convincendosi che con quel
gesto si
sarebbe riempito più di coraggio che di aria – e
avanzò
di qualche passo verso il centro del piano rialzato, consapevole di
essere appena diventato il principale oggetto della curiosità di
mille e più persone – e questo favorì un incremento
della sua già inestimabile agitazione.
Diede un'ultima occhiata al gruppo da cui si era appena allontanato,
speranzoso di scorgere finalmente il volto radioso e carico di
positività di Merida ma di lei non c'era ombra – e anzi,
quel che riuscì a rilevare furono solo diversi risolini
forzatamente soppressi che sentiva essere rivolti a lui, e non lo
convincevano per niente.
Non lo aveva previsto ma qualcosa catturò completamente la sua
distratta attenzione; c'era una cascata di oro in mezzo a tutti quei
ragazzi ed era convinto che una chioma come quella di Merida potesse
battere tutte quelle esistenti al mondo eppure, nello stesso giorno,
era riuscito ad incontrato qualcun altro che ne possedesse una
particolare al punto di essere in grado di eguagliarla – se non
batterla, addirittura, nella sua assoluta diversità.
Era un fiume infinito di preziosi fili dorati – brillanti e liscissimi
come mai ne aveva visti prima – che si estendeva per una
lunghezza che non sapeva nemmeno quantificare per quanto assurda,
racchiuso tra le braccia della ragazza che li possedeva con candida
gelosia e che se li portava al petto come un mucchio di libri di testo.
Sicuramente quei capelli non avevano mai visto forbice in vita loro, e
lui non riusciva davvero a capire per quale motivo avesse deciso di
caricarsi di tanto ingombro e impegno.
Senza rendersene conto, contornò poi i lineamenti del suo volto
innocente – deliziato da un angelico naso costellato di lentiggini
esattamente come le sue – e, solo in quell'istante i loro sguardi si
incrociarono davvero, provocandogli qualche battito più
prepotente nel petto. Quelle iridi avevano la stessa colorazione
muschiata delle sue ma vi era una sostanziale differenza, perché
i boschi intrappolati in esse non erano bui e secchi come i suoi, ma
splendenti e illuminati dal sole. Per secondi che gli erano parsi
interminabili e incontrollabili, rimase a guardarla con la mente
annebbiata – continuando comunque a camminare verso il punto di
arrivo, ma dimenticandosi,
quasi, cosa stesse facendo.
Non seppe mai spiegarsene il motivo, ma d'improvviso le
labbra della ragazza si incurvarono appena e un confortevole sorriso
nacque sul suo volto, accompagnato dal piccolo movimento della sua mano dedicargli un saluto come se lo conoscesse da sempre. Eccolo, lo sguardo di sostegno che stava cercando.
Si sedette sul trepiedi destinato a sopportare il peso di tutti loro ancora una volta, in attesa che il cappello parlante gli venisse messo sulla testa e decidesse quale, fra le quattro case, fosse quella più adatta a lui.
Il cuore era in procinto di schizzargli via dal petto e non era del
tutto sicuro che i suoi polmoni funzionassero ancora correttamente, ma
cercò di non curarsene, prendendo consapevolezza che qualunque
cosa avesse fatto non avrebbe cambiato una decisione che non spettava a
lui e su cui non poteva influire in alcun modo – sebbene lo riguardasse.
Chiuse gli occhi, cercando di mantenere quanta più calma
possibile e costringendosi addirittura ad estraniarsi da tutto, facendo
ricadere ogni pensiero sul banchetto che di lì a poco avrebbe
arricchito i tavoli su cui avrebbe mangiato, sperando con tutto il
cuore che tra le portate non ci fosse troppo pesce.
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Prima cosa da dire, sì, il titolo della raccolta è cambiato, e
l'attuale mi è balenato in mente proprio mentre stavo bevendo un
tè alla vaniglia, appunto! Lo trovo più accostabile con
il senso di questa fiction, con ciò di cui parlo capitolo per
capitolo ed è stata una voglia troppo forte quella sostituirlo
con il precedente. x°
L'odore del tè alla vaniglia è il mio odore preferito in
assoluto poiché ne ho bevuto veramente tanto –
puntualmente, regolarmente, abbondantemente – durante il periodo in cui ho scoperto e guardato Fullmetal alchemist –
la prima versione, anni e anni fa, e che continua a detenere nel tempo
il podio come mio anime preferito senza possibilità d'esser
surclassato – e, quindi, ogni volta che lo inspiro mi
riporta inevitabilmente a quel periodo in cui mi sono immersa in una
visione per me così intensa e significativa; è un aroma
che mi ricorda molto i legami e penso che, sulla base di questo, un
titolo del genere non possa che essere calzante.
Spiegato l'arcano (?), passo dunque con i miei ringraziamenti
più sentiti a tutta quella miriade di persone che ha aggiunto la
raccolta alle seguite e preferite *A*
Non so come esprimere la gioia bruciante che sento dentro il mio cuoricino hahaha, quattordici preferite e undici seguite!
Siete fantastici, sul serio, e spero possiate presto lasciarmi magari
qualche parere, anche piccolo, tramite una recensione che non farebbe
altro che motivarmi e stimolarmi nella stesura del tutto! Grazie
veramente, e grazie ancor di più a Ucha, P h o e e Shin92
per aver commentato come sempre – Shin, grazie soprattutto per
avermi dedicato addirittura una recensione a capitolo; l'ho veramente
apprezzato!
Oh, sì, prima che mi dimentichi, ci tenevo a dare le mie spiegazioni sul mio modo di aver trattato Merida
nella scorsa uscita; mi è stato detto che è apparsa
lievemente OOC, e non rizzo di certo il pelo per questo x°, ma
vorrei comunque fornire la mia ottica su di lei, per giustificare il
mio sostenerla, invece, IC. Secondo me si tende ad inquadrarla come
ostile alle amicizie per via
del suo negare categoricamente ogni possibilità di matrimonio ai suoi pretendenti, nel
film ma, a mio avviso, se solo ne avesse la possibilità Merida in
amicizia sarebbe una persona fantastica e non così burbera come invece
viene spesso dipinta nelle storie – parlo della maggior parte di quelle che ho letto ovviamente.
Non so, mi è sembrata lampante la sua gioia di vivere e il suo
volersi godere le piccole grandi cose – ha voluto scalare una
montagna
solamente per bere da una cascata! Rendiamoci conto – e, idem, mi
è sembrata piuttosto ben caratterizzata la sua indole
giocherellona e
vogliosa di esporsi eccentricamente nelle situazioni e nei discorsi
–
vedesi il suo scendere in campo con arco e frecce per ottenere la sua
stessa mano, o il suo modo di intromettersi nella storia che suo padre
stava raccontando ai tre gemelli sul come ha perso la gamba. E' uno
spirito libero e con un pizzico di ingenua ed adorabile
infantilità, con tanta voglia di prendere le cose con leggerezza
e
fuggire dalla realtà per rifugiarsi nella fantasia o nelle
più
incredibili sensazioni che il mondo può offrire. E' una
ragazza che ride anche per i più bambineschi episodiucci
e che sbuffa davanti alle questioni serie, perché non vede l'ora di
lanciarsi in nuove avventure che lei stessa si crea. E' una persona
piena di voglia di conoscere e, per tutta questa pappardella di roba da
me elencata, trovo abbastanza sensato che nello scorso capitolo si sia
spanciata – quasi – dalle risate alla battuta di Hiccup sui draghi –
ricordiamoci che ha riso a crepapelle, nel film, quando un falco si è
piantato in faccia a suo padre, per una sciocchezza insomma x° – e
trovo atrettanto sensato che lo abbia voluto avvicinare vedendolo lì da
solo – poiché Hiccup non appare certamente come un don giovanni o un
marcantonio pronto a volersi maritare con lei, tutt'altro, e penso che i due possano avere feeling anche
solo a prima vista ed per questo che, nella mia storia, Merida lo trova
fin da subito, a pelle, 'simpatico'.
Detto questo, basta hahaha, volevo
semplicemente argomentare le mie scelte perché credo sia sempre giusto
per poter sostenere i propri punti di vista e, ad ogni modo, rispetto
quelli che mi sono stati dati quindi è tutto un pour parlé. :))
Ora
suppongo di potervi salutare tutti quanti con un ennesimo, enormissimo
ringraziamento ancora per ogni cosa! Tutti, dal primo all'ultimo, siete
stati incredibili e io spero solamente di essere stata alla vostra altezza – e di poter continuare ad esserlo!
Come sempre, spero inoltre di avervi appena fatto leggere un
bel capitolo che possa aver stimolato la vostra curiosità e passione –
se così possiamo chiamarla – per questa storia!
Grazie, grazie, grazie, e alla prossima settimana! ♡
©
a u t u m n
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 – Incarcerus ***
Capitolo 4 - Incarcerus
C A P I T O L
O IV
“ Incarcerus „
Un
conto era gestire un ingombro come quello in un ambiente statico e
comunemente considerato normale, ma lì era tutto un altro paio
di maniche e in quell’occasione aveva avuto modo di rendersene
perfettamente conto. Le mani sul viso a poco servivano in una
situazione del genere ma era stato il più istintivo dei gesti e
difficilmente avrebbe trovato il coraggio di scoprirlo e mostrarlo
nuovamente a tutti gli studenti imbottigliati lì per colpa sua
– e che non mancavano di farglielo notare, tramite lamentele di
ogni tipo, alcune addirittura eccessivamente pesanti.
Con tutta la forza che riuscì a trovare, infine, decise di
riporre le mani lungo i fianchi, continuando però a tenere
abbassate le palpebre, ancora incapace di ritornare a guardare
ciò che la circondava – come se continuando a rendere
invisibile a lei il disagio che aveva creato, sarebbe stato invisibile
anche agli altri.
Con un briciolo di coraggio in più si decise ad aprire una
piccola fessura sul suo occhio destro, giusto quel che sarebbe bastato
per guardare ancora una volta il danno causato.
Per un attimo le ricordarono un po' la lunga pasta casereccia che da
bambina faceva in primavera con sua madre, morbidamente distesa a
riposare, ma in un momento come quello non c'era spazio per concedersi
alla piacevolezza di quel ricordo.
Non sapeva nemmeno come fosse accaduto in realtà, semplicemente
aveva iniziato a sentir tirare la sua testa a destra e a sinistra,
ritrovandosi costretta a girare su se stessa fino a perdere il senso
dell'orientamento, per poi tentare, disperatamente, di impedire invano
che quel che stava accadendo succedesse davvero; i lunghissimi fili
dorati della sua infinita e folta chioma risplendevano incastrati tra
le ringhiere delle scale che conducevano ai vari piani di Hogwarts, ed
era stato contemporaneamente impossibile frenare la voglia di quei
gradini in pietra di cambiare continuamente posizione, così
ché si ritrovarono prigionieri di quell'aurea e lucente
ragnatela che ora li bloccava a metà strada, senza permettergli
di sistemarsi completamente a nessuno dei piani ai quali erano
destinati.
Masse di studenti si videro così costrette a non poter
proseguire lungo i percorsi previsti per il cambio d'aula delle varie
lezioni e questo li indispose particolarmente visti i punti che
rischiavano di far perdere alle loro case – senza considerare gli
indesiderati e pressanti rimproveri che avrebbero ricevuto dai
professori per i loro ritardi, e Rapunzel questo lo sapeva e si sentiva
irrimediabilmente in colpa.
Altre proteste arrivarono alle sue orecchie, confuse e numerose,
sovrastate tra di loro e, l'unica cosa che riuscì a fare in un
momento d'impotenza come quello, fu trattenere tra i denti il suo
labbro inferiore, sperando bastasse a controllare il tremolio che,
silenziosamente, aveva iniziato a scuotere il suo intero corpo per via
dell'ingestibile agitazione che provava nel non saper risolvere quella
problematica di cui era la responsabile.
Non poté vederlo, ma un sorriso comparve su uno dei tanti volti
che in quel momento la stavano guardando indispettiti. Jack la
osservava dal basso di un paio di piani più sotto, per nulla
turbato da quella circostanza spiacevole che non lo
toccava minimamente – essendo già al piano da lui
interessato – e non riusciva a smettere di pensare a quanta
elettricità riuscisse a trasmettergli quella ragazza nella sua
totale
naturalezza, nel suo semplice essere timidamente e straordinariamente
se stessa e basta.
L'aveva già adocchiata alla cerimonia di smistamento un paio di
giorni prima – durante la quale aveva assistito al suo convoglio
a Corvonero, rimanendo quasi amareggiato nell’essere capitato a
Serpeverde e non nella sua stessa casa. L'aveva immediatamente
riconosciuta e una piccola, piacevole scossa gli attraversò la
mente non appena scorse la sua inconfondibile chioma salire
sull’altare fino a raggiungere lo sgabello del cappello parlante.
Non si aspettava di incrociarla nuovamente a distanza di così
poco tempo e gli pareva incredibile come concentrasse in
lei una percentuale di attrazione così elevata –
perché, che fosse o non fosse in un'imbarazzante posizione, a
lui non interessava, ai suoi occhi rimaneva comunque una creatura
capace di incuriosirlo al punto da non riuscire a staccarle di dosso
né lo sguardo né le attenzioni.
Certo che aveva dei capelli incredibilmente lunghi, non riusciva
davvero a spiegarsi per quale motivo tredici metri potessero essere per
lei la lunghezza ideale di un'acconciatura, specie visti gli scomodi
inceppi, come quello, in cui potevano farla cadere ma, in un certo senso, doveva
ammettere che non gli sarebbe mai stato possibile riuscire a
immaginarla senza e, senza ombra di dubbio, contribuivano ad costruire
il suo background al quale si sentiva particolarmente interessato,
tanto da riscoprirsi innervosito, addirittura, davanti alla consapevolezza
di non conoscerne nemmeno il più minimo dettaglio.
«Ti piace quella ragazza?» una voce sconosciuta gli giunse
inaspettatamente vicina, squillando come una sveglia nel suo orecchio
destro e costringendolo a voltarsi appena per scoprire a chi
appartenesse.
Fiumi in piena sembravano dominare le iridi che si ritrovò
davanti – o fresche cascate d'alta montagna, non sapeva definirlo
con esattezza – e di certo rimase colpito da quanto bollenti e
fresche potessero sembragli le acque che vi scorrevano all'interno – in
costante conflitto di prevalenza l'una sull'altra, senza mai arrivare
ad una vincitrice assoluta, coesistendo entrambe, mescolandosi assieme
di continuo. Rubicondi ricci – incredibilmente definiti e
voluminosi – le accarezzavano le guance fino a scenderle lungo il
corpo all’altezza della vita. Per un attimo si convinse potessero
essere proprio quelle ciocche a spirale a riscaldare il colore freddo
del suo sguardo.
Sorrise con uno dei sui tipici e beffardi ghigni, privo di vergogna,
accettando la presenza di quella ragazza – che, dalla tunica, non
poteva che essere una Grifondoro – per poi voltarsi ancora una
volta verso la sua biondina ancora in panico sopra di loro.
«Nient'affatto, guardavo solo il pasticcio in cui si è
cacciata» le rispose allora, con l'aria più di un curioso
che altro. «Tu sei Merida, giusto?» le domandò dopo
una breve pausa, nel tentativo di cambiare totalmente discorso.
Stupita, sbatté gli occhi un paio di volte senza sapere
esattamente cosa rispondere, non pensava di essere un nome noto
lì dentro – non dopo sole due settimane, per di più
– ma, prima ancora che altri dubbi o quesiti le riempissero la
testa, Jack proseguì con delucidazioni che anche lui aveva
ritenuto necessarie, vista la sua espressione interrogativa.
«In giro non si fa altro che parlare dei tuoi dolcetti» le disse
dunque, alludendo all'episodio di qualche giorno prima, quello in cui
ad alcuni tra i suoi compagni di casato erano spuntate coda e ali nere
e squamose, e avevano iniziato a sentir bruciare le loro gole come se
dentro ci fosse del fuoco pronto da ruggire.
Ricordandolo, istantaneamente Merida si mise colpevole una mano sulla
bocca – non pensava che un tale incidente avesse già fatto
il giro della scuola – ma in fondo quell’accaduto non era
nemmeno stato responsabilità sua; quei dolcetti li aveva
preparati con l'intenzione di destinarli a qualche animale selvatico,
nella speranza che funzionassero e li trasmutassero, per un paio d'ore
al massimo, in piccoli ed innocui draghi. Voleva fare un regalo a
Hiccup per farsi perdonare della sua improvvisa sparizione il giorno
del loro arrivo, e non era di certo colpa sua se in giro bazzicavano
troppi curiosi incapaci di tenere le mani al loro posto.
«Non è stata colpa mia, sia chiaro!» si
giustificò subito, stringendo i pugni lungo i fianchi ed
assumendo un'espressione agguerrita – le sopracciglia corrucciate
non lasciavano spazio a repliche di alcun tipo e il suo volto si fece
così vicino a quello di Jack che il ragazzo arrossì
sull’istante ritirandosi subito indietro con la schiena, davanti
al suo scatto improvviso, restando per qualche istante a guardarla con un punto interrogativo a
governare i suoi pensieri. Decise poi che la miglior cosa da fare sarebbe
stata semplicemente fare un profondo respiro e lasciare che l'argomento si
disperdesse nei secondi di silenzio che seguirono, tornando così
a guardare nuovamente Rapunzel ancora in assoluta crisi in alto a loro
– addirittura aveva iniziato a tirare i suoi capelli nella
speranza che servisse a qualcosa, senza però ottenere successo
alcuno. In un certo senso avrebbe voluto aiutarla, e già da molto prima,
qualcosa lo faceva sentire legato a quella ragazza e non sapeva
esattamente descrivere cosa potesse essere, ma quel di cui era certo
era che il suo sguardo confuso e disperato non poteva sopportarlo, come
se si sentisse in obbligo di proteggerla e tirarla fuori dai guai
– e l’idea che non lo stesse facendo lo faceva sentire
manchevole in un qualcosa che gli premeva come impegno e volere morale.
«Certo che siete tutti dei caproni però»
proferì nuovamente Merida, facendolo istintivamente voltare
verso di lei giusto nel momento in cui tirò fuori la sua
bacchetta – iniziando ad agitarla.
Non sapeva esattamente dove l’avesse visto, ma era certo che un
barlume di rimprovero verso tutti loro avesse riempito, per un breve
istante, gli occhi della rossa, come se fosse intensamente disgustata
dal loro unanime deridere quella ragazza in difficoltà, dal loro
aggredirla verbalmente senza però far nulla per aiutarla in un
fastidio che certamente non aveva desiderato creare e su cui tutti
sembravano voler solo sindacare senza comprensione o tolleranza, senza
umanità.
«Dissolutio et ordinet!» disse poi con sicurezza, puntando la bacchetta in direzione della sua bionda.
In un attimo la cascata di capelli di Rapunzel iniziò a muoversi
come se avesse preso vita propria, sciogliendosi dai suoi incastri e
nodi fino a disciplinarsi nell'aria e arrotolarsi ordinatamente
ai piedi della proprietaria, lasciando incredula lei e tutti gli altri
– che, per quanto avessero intuito che qualcuno avesse fatto un
incantesimo, nessuno sapeva chi fosse stato e, in ogni caso, non poterono fare a meno di trovare suggestivo uno
scenario insolito come quello di un mare di splendidi capelli
volteggiare nel vuoto come un lungo serpente dorato.
Rapunzel accarezzò quasi senza accorgersene, d’istinto, la
sua chioma ora nuovamente sotto il suo controllo, non riuscendosi a
spiegare la dinamica di quel risvolto e iniziando a guardarsi attorno
per scorgere il volto della persona che avrebbe dovuto – e voluto
– ringraziare ma, mentre le scale ricominciarono finalmente a muoversi, la
folla dei ritardatari riprese a salirle di tutta fretta, creando
un'ambiente confusionario dove non riuscì, sfortunatamente, a
ritrovare nessuno che potesse catalogare come suo eroe.
Nonostante il caos generale di quel momento frenetico, però,
Jack non la perse di vista nemmeno per un secondo e una piccola smorfia
compiaciuta decorò i lineamenti del suo viso squadrato.
«Niente male» si espresse, cercando di mantenere sulla
sufficienza il tono di voce e voltandosi con tutta calma verso Merida
ma non ritrovandola più accanto a lui.
Si guardò più volte attorno, ma di lei non c'era
più traccia e anche se senza consapevolezza o ammissione, gli
era dispiaciuto non aver avuto modo di affrontare qualche chiacchiera
in più con quella strana, esuberante ragazza, e nel suo
continuare a cercarla non poté accorgersi che quel fuoco vivo era
ormai due piani sopra di lui, che passava affianco a Rapunzel che
ancora non aveva trovato il suo salvatore.
C O N
T
I N U A
»
N O T E
A U T R I C E
;
No. Se ve lo state chiedendo, la risposta è no, non esiste nessun incantesimo denominato «Dissolutio et ordinet»,
ma avevo bisogno di una magia che sciogliesse e riordinasse un qualcosa
di troppo ingarbugliato, come i capelli di Rapunzel in questo caso, per
l'appunto.
Reputo questo capitolo abbastanza strano, senza né capo
né coda. E' di collegamento, se vogliamo – essento per
altro il primo in cui compaiono per la prima volta più di due
personaggi contemporaneamente – e quindi segna un po' l'inizio
del tutto, dove le casate sono state già assegnate e le lezioni
sono cominciate.
Volevo scrivere da morire su una povera Rapunzel rimasta intrappolata
per colpa dei capelli tra le scale di Hogwarts che si muovono, la
trovavo una cosa estremamente probabile e carina da immaginare,
visionare – fose non per lei maVABEH.
Un piccolissimo appunto; ho accennato ad un Jack che ritiene sua
Rapunzel, ma ci tenevo a specificare che è più una cosa
platonica che romantica – Rapunzel è pur sempre la prima
persona con cui si è rapportato all'inizio di
quest'avventura, e lei continua e continuerà a rimanere una presenza
costante nella sua vita dentro la scuola, il volto più familiare,
ed è per questo che ci si sente legato in un qualche modo, ma
non prova necessariamente dei sentimenti di quel tipo nei suoi confronti. Tutto qui.
Non penso di aver molto altro da dire su questo capitolo, forse solo
che non mi sono voluta concentrare in maniera eccessiva sull'IC dei
personaggi poiché mi premeva più che altro creare un
contesto nel quale inserirne più di uno, in modo che iniziassero
ad interagire maggiormente – anche se a piccole dosi, dopotutto
ancora nemmeno si conoscono. Boh, gli ho dunque regalato reazioni umane
– o alemno credo – che tutti potrebbero avere, senza star
lì a scervellarmi troppo anche perché non avrebbe
avuto senso – non penso infatti ce ne fosse realmente bisogno.
Nel prossimo capitolo vedremo un Hiccup e un Jack Frost finalmente assieme... E io amo quel capitolo. x°
Non vedo l'ora di postarlo e spero con tutto il cuore possa piacervi
così come mi auguro vi sia piaciuto questo – ma quello
dipppppiù. x°
Grazie infinite per continuare ad aggiungere la storia nelle sezioni di
vostro interesse, se i nuovi arrivati volessero lasciarmi qualche
parere mi farebbero soltanto piacere – le recensioni stanno
scemando di capitolo in capitolo, non so se sia colpa mia o meno, ma la
cosa mi demoralizza. Mi piacerebbe tanto avere più
riscontri con il 'pubblico' dato che pubblico proprio per avere
opinioni. :))
A parte questo, grazie comunque a tutti sul serio, anche a chi mi ha
solo dedicato silenziose letture che, ad ogni modo, per me già
contano tantissimo!
Un saluto e alla prossima settimana – ma anche prima, dato che sto stilando una nuova Jack x Rapunzel x° – e grazie ancora per tutto!
©
a u t u m n
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 – Petrificus totalus ***
Capitolo 5 - Petrificus totalus
C A P I T O L
O V
“ Petrificus totalus „
Era
sicuramente abituato ad essere circondato dal verde delle piante
– Berk era stracolma di alberi e fitte vegetazioni
– ma l'idea che una stanza artificiale ne fosse interamente
riempita, in ogni dove, su ogni mobile o spazio marginale inutile al
fine di muoversi liberamente, lo inquietava lievemente, come se da un
momento all'altro queste potessero prender vita e attaccarlo
– e, ad Hogworts, non era una supposizione così
assurda o impensabile.
Abbassò lo sguardo fino a quel momento dedicato all'enorme
cupola in vetro sopra di lui – l'unico punto risparmiato per
fornire luce alla serra – per dedicarsi ad osservare con un
misto di desolazione e rassegnazione i suoi compagni di lezione
– non perché li odiasse, ma perché non
aveva legato con nessuno di loro ancora. Erano passate un paio di
settimane dal giorno dello smistamento ma, per quanto ci avesse
provato, non era riuscito a farsi piacere da nessuno della sua casa o
altre, non in modo particolare almeno, finendo così per
salutare tutti per i corridoi ma non integrandosi con nessuno.
Quella era la prima lezione di erbologia della sua vita e gruppi di
studenti parlottavano tra di loro in attesa che questa iniziasse con
l'arrivo della professoressa – unica a mancare all'appello
– e così, escluso da tutti, Hiccup
abbandonò il suo volto tra le mani, appoggiando i gomiti al
tavolo comune e sbuffando lievemente, annoiato non solo per l'attesa ma
anche per tutto quel rimuginare sulla classica situazione che non era
cambiata ma che, anzi, si ripeteva come ogni volta.
Senza un reale interesse, si mise ad osservare la pianta che aveva
davanti – uguale a quella che anche tutti gli altri avevano
– ripercorrendo con gli occhi tutte le increspature delle sue
foglie e immaginando fossero vie che componevano una piccola
città.
«Ma i Tassorosso non dovrebbero essere amici
formidabili?».
Una voce sconosciuta lo destò dal suo stato d'animo
abbandonato allo scorrere dei secondi, facendolo voltare verso colui
che ora stava spavaldamente al suo fianco sfoggiando un sorrisetto
stuzzichevole e pieno di impertinenza. Rimase in silenzio, non aveva
mai avuto modo di conoscere quel ragazzo così sicuro di
sé ma sapeva perfettamente chi fosse – Jack Frost
sembrava esser solito fare scherzi a chiunque gli capitasse a tiro, non
ci aveva impiegato molto a farsi una nomea all'interno di Hogwarts.
Sebbene il suo sguardo glaciale fosse posato sul suo, Hiccup per un
attimo non fu completamente sicuro che si stesse rivolgendo a lui
– e ancora stava cercando di ricomporre mentalmente la
domanda che gli aveva appena posto, arrivatagli alle orecchie troppo
all'improvviso perché l'assimilasse con dovuta attenzione.
«Amicizia e lealtà prima di tutto!»
canzonò Jack, senza aspettare che gli rispondesse e
continuando con una tagliente osservazione, «eppure, tu sei
l'unico ad essere solo, fuori da ogni trio o quartetto».
Hiccup dischiuse le labbra e rimase a guardarlo sorridere
più ampiamente e con quella che sembrava essere una velata
aria di sfida – sebbene non sembrasse comunque voler attirare
l'attenzione di nessuno, poiché sul suo volto e nel suo tono
di voce non parevano esserci cattiveria o iniquità.
Semplicemente, gli stava parlando, gli stava parlando come forse
avrebbe fatto con chiunque altro, ma quella parvenza di
autocompiacimento nella reazione di sasso che era riuscito a provocare
in lui, non gli permetteva di inquadrare in maniera completamente
positiva le sue indecifrabili intenzioni.
Come pietrificato per diversi secondi, iniziò a domandarsi
silenziosamente per quale motivo un Serpeverde – casata con
la quale avrebbe condiviso quell'ora di insegnamento – avesse
deciso di avvicinarsi a lui, proprio a lui, per fornirgli il quadro
della sua amara situazione alla quale nessuno pareva essersi mai
interessato prima di allora.
Innalzò svogliatamente un sopracciglio, mancavano solamente
un disegnino e una pugno nello stomaco per completare il tutto.
«Grazie per questa sintesi illuminante»
esordì con sarcasmo.
Nel vederlo reagire in quel modo, Jack si lasciò scappare un
risolo che tentò di sopprimere mettendosi l'indice sotto al
naso; effettivamente non poteva negare di aver messo il dito nella
piaga – sua intenzione sin dall'inizio, a dirla tutta, ma di
certo offenderlo o deriderlo non era lo scopo del volersi rapportare
con quel ragazzo pieno di lentiggini che aveva attirato la sua
attenzione.
Sporgendosi in un inchino recitato con falsa eleganza, non si
lasciò però allontanare o intimorire dal suo
sguardo restio, decidendo così di continuare il suo
punzecchiamento.
«Non c'è di ché» si
atteggiò a gentiluomo.
Hiccup continuò a scrutarlo pur restando immobile nella
postura e nell'espressione – tanto che si era addirittura
dimenticato di sbattere le palpebre, socchiuse perplessamente. Non lo
comprendeva, il suo comportamento era strano e senza apparenti punti di
arrivo, e questo lo provocava.
«Scusa se te lo chiedo» si espose con un pizzico di
avversione contenuta, «ma che cosa vuoi da me?».
Jack lo guardò con gli occhi stretti in una fessura intensa.
Aprì la bocca pronto a voler dire qualcosa, ma alla fine
sembrò decidere di voler tenere per sé ogni
considerazione, sigillando il tutto con un sorriso carico di quella
risposta che Hiccup non ebbe mai modo di ricevere.
In quell'istante, il mastodontico portone in ebano invecchiato si
spalancò cigolando appena, permettendo così alla
professoressa di fare la sua entrata in scena all'interno dell'aula.
Portava con sé una vaso contenente una pianta uguale a tutte
quelle che già loro avevano e, una volta giunta davanti al
tavolo e cosciente di avere tutti gli sguardi dei suoi alunni rivolti a
lei, con un ampio sorriso iniziò a presentarsi e a
presentare l'importanza della materia che insegnava –
gesticolando confusamente con le mani, indicando in maniera generica
l'intera serra e tutto il suo verde contenuto.
Era evidente l’amore che nutriva per la sua disciplina e
quanto ne fosse particolarmente devota, tanto che i suoi sproloqui
iniziarono a tediare più di una dozzina dei presenti e
Hiccup non ne fu pienamente convinto, ma gli parve avesse chiamato le
piante dinanzi i loro nasi mandragole.
Iniziò probabilmente a spiegare qualcosa e, seppur in modo
ovattato – i suoi pensieri continuavano ad essere infastiditi
dalla presenza di quel Serpeverde ancora accanto a lui –,
quel che riuscì a percepire erano informazioni riguardo le
proprietà curative appartenenti alla radice della suddetta
pianta. Per quanto Jack osservasse con sguardo attento la figura
dell'insegnante, Hiccup avrebbe scommesso non la stesse ascoltando
realmente – il sottile sorriso sul volto di quel ragazzo era
tremendamente enigmatico e indecrittabile, e questo lo disturbava.
Lo irritava, guardarlo con la coda dell'occhio e rendersi conto dei
notevoli centimetri di differenza che lo separavano negativamente da
lui. Era come un ulteriore provocazione, un ennesimo, silenzioso
affronto che, per quanto involontario, lo seccava e lo faceva sentire
in difetto di fianco alla sua perfetta figura –
poiché gli appariva come se fosse capace di eccellere in
tutto, e un po' si lasciava forse condizionare da questa sua
convinzione basata su nient'altro che l'apparenza.
Uno come lui non poteva di certo avere problemi a trovare amici o una
ragazza – o addirittura due o tre – e il suo
sentirsi vittima e preda all'interno di quell’inconscia
comparazione che aveva iniziato a fare tra loro due, gli fece perdere
completamente il filo del discorso della lezione, riuscendo a captare
solamente altri tre termini che davvero non comprendeva cosa
potessero avere di accomunabile.
Pianto, fatale e
protezione acustica; continuò a ripeterseli
mentalmente senza trovare un nesso logico ad una frase che potesse
comprenderli sensatamente tutte e tre, estraniandosi così da
tutto e cadendo in uno stato di alienazione che lui stesso aveva creato
e in cui lui stesso si era andato a ficcare.
Senza rendersi conto di cosa stessero facendo e perché,
osservò ancora una volta i suoi compagni mentre si mettevano
prontamente dei para orecchi sul capo, anche Jack,
addirittura, ma non lui – troppo distratto dai fiumi di
pensieri dai quali si era lasciato trasportare, rinchiudendosi
completamente e senza rendersene conto in un invisibile involucro dal
quale si lasciò cullare dimenticandosi che il dovere di uno
studente era quello di stare attento alle lezioni, e per un
buon motivo.
Sull'istante, un ultrasuono così forte e così
penetrante iniziò ad insidiarsi nei suoi canali uditivi,
raggiungendogli i timpani e facendogli quasi credere stessero per
esplodere. Ebbe appena il tempo di mettersi invano le mani sulle
orecchie e di notare un piccolo essere umanoide – vegetale, piangente e
urlante – appena tirato fuori da un vaso e ora tra le mani della
professoressa, per poi accasciarsi al suolo e svenire.
In diversi si voltarono verso di lui, stupiti e allarmanti al contempo,
ma solo una giovane Tassorosso ebbe il coraggio di aprir bocca per
informare l'insegnante dell'accaduto.
«Professoressa, Hiccup è svenuto!» si
pronunciò con una nota di choc e incredulità nel
tono di voce.
Quella, alla notizia, si alzò appena sulla punta dei piedi
per constatare cosa stesse succedendo e, appurato che uno dei suoi
studenti giaceva a terra privo di sensi, non si mostrò
comunque preoccupata o turbata.
«Non ha messo il paraorecchi» bofonchiò
tra sé e sé e accennando più volte col
capo segni di rassegnazione, per poi concludere come se nulla fosse.
«Sì, beh, lasciamolo lì.
Continuiamo» detto fatto, non lasciò che nemmeno
un secondo del suo tempo venisse sprecato, continuando il travaso della
sua mandragola e spiegando che con la terra queste si sentivano coperte
e calde, ed era questo l'unico segreto capace di tenerle quiete e
tranquille.
Divertito quanto destabilizzato, Jack rivolse più volte lo
sguardo prima verso la spiegazione e poi verso Hiccup a terra,
alternando, senza sapere esattamente a chi fosse più giusto
dedicare la sua attenzione.
Nemmeno lui pareva essere particolarmente preoccupato per quanto
successo, solo non riusciva a spiegarsi come avesse fatto quel ragazzo
ad essersi dimenticato di mettere il para orecchi.
Prima di ritornare a seguire la lezione, decise infine di dedicare un
ultimo sguardo verso quella buffa personcina che fin dall'inizio gli
era sembrata curiosa e diversa dalle altre – lasciandosi
scappare ancora
una volta un appena percettibile sorriso. Gli era simpatico.
C O N
T
I N U A
»
N O T E
A U T R I C E
;
Prima cosa fra tutte:
qualcuno mi regali Errol.
So che non c'entra nulla con la storia ma
infondonemmenocosìpoco,
quindi per favore fatemi arrivare sotto
casa una gabbietta con quel gufo spastico perché lo amo
hahaha.
Passando alle cose inerenti, tadaaan~, ecco il famoso capitolo con Jack e Hiccup!
Io non so come possa essere apparso ai vostri occhi, ma personalmente
lo amo – ma forse perché ho iniziato davvero ad
amare
visceralmente questi due e devo assolutamente condividere con il mondo
il video più bello in assoluto che li riguardi,
nonché questo ← clickate per aprire. ♡
Li friendshippo da morire, mi piace da morire l'headcanon creato sul
loro rapporto e io voglio cercare di attenermici il più
possibile – sperando di riuscirsci.
So che le mandragole sono un'argomento che viene trattato dal secondo
anno in avanti, ma l'idea di scrivere su loro due durante una lezione
di erbologia che riguardasse queste piante, mi piaceva da morire anche
se sono solo al primo anno – mi avvalgo, dunque, ancora una
volta
della licenza poetica. (?).
Hiccup che sviene – come un Neville Paciock del secondo
film/libro – è per me è tremendamente amabile ed
IC,
è
impossibile non rimanere infatuati delle sue sciagure costantemente
attaccate, abbracciate a lui. x°
Lo amo, basta, io amo
Hiccup
– sebbene in realtà abbia una cotta per
Jack Frost
MAVABEH. I miei discutibili complessi sentimentali non devono essere di
dominio pubblico hahaha.
Oh, le case di Hogwarts; mi avete sempre dimostrato una certa ed
esaltante curiosità sul come avrei smistato i The Big Four,
e mi spiace di essere risultata alla fine così banale da
aver
lasciato che appartenessero a quelle preimpostate dall'headcanon
più diffuso. x°
A mio discapito e giustifica devo però dire che tale
decisione,
se può interessare, è venuta comunque a seguito
di una
profonda riflessione che vede i miei gusti personali perfettamente
concordi con l'headcanon, ma scusatemi lo stesso per la poca
fantasia. :c
Baboom, non ho più voglia di scrivere le note autrice quindi
arrivo subito ai consueti ringraziamenti a tutti –
l'incremento
delle aggiunte alle seguite e alle preferite è notevole e non penso esista il giusto accostamento di
parole
per esprimere appieno ciò che provo ogni volta che vedo
aumentare i numeri di queste sezioni hahaha. Grazie!
Grazie ovviamente alle solite e adorabili P h o e, Shin92, kuma_cla e Ucha
per regalarmi commenti così splendidi e ricchi che non riesco
a
credere di meritarmi! Sappiate che siete principalmente voi a tenere
viva la mia voglia di scrivere e pubblicare!
Un saluto a tutti e alla prossima settimana – dove vedremo le
due bellissime Rapunzel
e Merida
finalmente interagire tra di loro!
©
a u t u m n
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 – Stupeficium ***
Capitolo 6 - Stupeficium
C A P I T O L
O VI
“ Stupeficium „
Non
era nemmeno a metà della piccolissima, microscopica
trecciolina che aveva iniziato a fare con una ciocca dei suoi
infiniti capelli dorati – senza nemmeno rendersene conto.
Non sapeva assolutamente come era finita quella frazione di tempo
carica
della più assoluta e totale noia, ma le lezioni erano appena
terminate e alcuni suoi compagni le avevano proposto di aggregarsi alla
loro
iniziativa di giocare fuori con quel meraviglioso e
consistente manto di neve candida che ricopriva l'intero giardino, e
per un po' era stata pienamente attiva in quel passatempo spensierato e
divertente, finché non cadde vittima di una delle sue solite
crisi auto giudicative – nella quale iniziò a
chiedersi se
fosse giusto giocare piuttosto che occuparsi subito della relazione
assegnata loro per l'indomani, passando
poi
alla fase di totale mancanza di preoccupazione a riguardo e ritornando
infine a crucciarsene nuovamente, decidendo di rientrare immediatamente
all'interno della scuola ad autocommiserarsi come studentessa.
Nonostante il caos del corridoio nel quale si trovava,
riuscì a
tranquillizzarsi dopo non molto. Voltò dunque lo sguardo
verso
la
finestra semiaperta che aveva alle spalle, riempiendo il riflesso nei
suoi occhi con lo spasso di quello svago che aveva abbandonato poco
prima ma che, anche senza di lei, continuava a persistere lì
all'esterno. Si lasciò scappare un sorriso nel vedere ridere
e
gioire quelli che poteva considerare i suoi nuovi amici – ed altra gente
accodatasi –, e un po' aveva
iniziato a pentirsi di essersi ritirata in preda ai suoi instabili
cambi d'umore – tanto che un piccolo e nuovo ripensamento
iniziò a farsi spazio nella sua mente.
Improvvisamente qualcos'altro catturò però il suo
interesse, costringendola ad abbassare gli occhi sulla piccola cioccorana
che stazionava anch'essa sulla stessa rientranza del muro dove anche
lei era seduta – usate e scambiate ormai come autentiche
panchine
negli affollati corridoi della scuola, seppur non lo fossero
intenzionalmente.
Senza nemmeno avere il tempo necessario per domandarsi da dove questa
arrivasse e come fosse giunta lì, un uragano dai folti
capelli
rossi ci si fiondò sopra, spaventandola e facendola scappare
fuori dall'apertura della finestra – con un salto talmente
disperato da non risultare neppure degno d'essere chiamato tale.
Rapunzel rimase a fissarla con la bocca dischiusa e il vuoto
d'aria ancora nel petto – non poteva negare che il suo arrivo
improvviso avesse spaventato considerevolmente anche lei,
pietrificandola sull'istante – ma quell'eccentrica ragazza
sembrava al momento non volersi rendere conto della sua presenza,
preferendo piuttosto continuare ad osservare con rabbiosa sconfitta
fuori dalla finestra la sua preda ormai fuggita.
Sbatté un pugno sul muretto, accompagnando il gesto con un
«dannazione!»
piuttosto sentito pronunciato a denti stretti – come se le
fosse stato impossibile trattenerlo dentro.
Ancora col cuore stracolmo di forti ed inarrestabili battiti, Rapunzel
se ne restò con la trecciolina tra le mani immobili,
fossilizzate esattamente come il suo sguardo serrato.
Continuò
ad osservare l'irruenta disturbatrice della sua quiete noia, senza
sapere esattamente nemmeno perché lo stesse facendo – ma probabilmente un'entrata
in scena come quella non poteva che ottenere su di sé ogni
attenzione, richiesta e non – e,
senza che lo desiderassse davvero, quella infine la guardò a
sua
volta con gli occhi cerulei ancora carichi di amara alterazione per
aver perso quella che era sicuramente la cioccorana che aveva scartato
non molto prima e che le era però scappata –
definitivamente, ora.
Sapeva che quell'occhiata furente non era indubbiamente rivolta a lei
ma – forse per colpa dello spavento che l'aveva
colta
impreparata o forse per via delle fiamme che sembravano dominare le sue
iridi del colore opposto – non poté fare a meno di
avvertire un brivido insidiarsi lungo la sua spina dorsale.
«Non la volevo
certamente mangiare!»
si giustificò tirandosi distrattamente all'indietro i
capelli,
ma Rapunzel in realtà non sapeva
perché avesse
sentito l'impellenza di farlo. Mangiare cioccorane era una cosa che le
faceva senso fin da bambina e non capiva cosa di piacevole ci
trovassero gli altri nell'addentare un anfibio di cioccolato che
tentava di liberarsi dalla presa del suo divoratore – lo
reputava
addirittura crudele a ben pensarci –, ma quella sua sensibile
considerazione non le era minimamente sfuggita di bocca in quel momento
e non sapeva per quale motivo quella ragazza le avesse rivolto quella
rassicurazione. Era davvero così facile leggerla?
Nel mentre che la sua testa veniva riempita da questa corrente di
pensieri e quesiti, non si era resa conto d'essere rimasta
completamente in silenzio – non che ci fosse molto da dire,
in
fondo – e, davanti alla sua assenza di
parole, l'altra si sedette al lato opposto
della rientranza, appoggiando la sua schiena al muro con una postura
che Rapunzel aveva visto assumere solo a dei ragazzi, fino ad allora.
Distolse subito lo sguardo, sentendosi inopportuna nel continuare ad
scrutarla con tanta perplessità e apparente stranezza, ma
quella
ragazza continuava ad incuriosirla e a richiamare senza volerlo la sua
attenzione.
Sapeva chi fosse, condivideva con Grifondoro diverse lezioni e una come
lei era difficile da non notare – sia per la capigliatura, sia per
l'effervescenza che trasudava. Se non ricordava male, il suo nome
doveva essere Merida e le erano giunti diversi pettegolezzi su di lei.
Avere così dannatamente vicina, ora, la protagonista delle
più svariate voci che giravano per i corridoi, non
sapeva
esattamente come definire che sensazione le facesse provare; un po' si
sentiva come se fosse in presenza di un qualcuno di famoso, e
un po' non riusciva a comprendere per quale motivo provasse quella
percezione così assurda.
Nelle chicche che sentiva volare di qua e di là veniva
descritta
come un fulmine matto e di difficile comprensione, di cui qualcuno,
segretamente, addirittura rideva o se ne burlava – per
invidia o troppa
ammirazione, difficile da dire – ma, in tutta
sincerità,
nonostante i pregiudizi che già le avevano cucito
addosso,
nessuno di questi era stato in grado di ifluenzare Rapunzel e la cosa
che
più la incuriosiva di lei erano i suoi riccioli
assurdamente,
maledettamente definiti e infuocati – un vulcano in
eruzione
del quale era impossibile non rimanere suggestionati.
Di sottecchi, tentò di riconquistare con gli occhi una
visuale
che poteva comprenderla senza che se ne accorgesse, ed
iniziò a
domandarsi come facesse ogni mattina a gestire la sua chioma ribelle e
frizzante, come potesse riuscire a mantenere in ordine tutta
quell'esplosione di scintille rosse e indomabili.
Certo, sapeva perfettamente che non era nella posizione migliore per
poter elaborare un simile giudizio, solo non riusciva a fare a meno di
sentirsi attratta da tutto quel delizioso movimento che sembrava
animarli. Le piacevano da morire.
Come se si sentisse osservata, Merida rivolse a quel punto lo sguardo
ancora una volta su Rapunzel, cogliendola in flagrante nel suo
ossessivo osservarle i capelli.
Si
ricordava di lei, e non solo per le ore d'insegnamento che
condividevano assieme. Un paio di mesi addietro l'aveva salvata da una
spiacevole situazione nella quale si era cacciata ed era impossibile
scordarsene ma, a quanto pareva,
la sua identità di salvatrice non sembrava essere stata
ancora scoperta – poiché nel suo
sguardo riuscì ad intravedere soltanto confusione e un
pizzico d'imbarazzo.
Istintivamente
anche lei rivolse le attenzioni sulla sua capigliatura bionda, non
riuscendo nemmeno a capire fino a che punto questa potesse essere
lunga se estesa per intero e non arrotolata accanto ai suoi piedi come
invece l'aveva messa.
Erano talmente lucidi da sembrare uno specchio e risultava addirittura
folle – innaturale quasi – la sfumatura dorata che
sfoggiavano con il riflesso della luce.
Una decisione come quella di farli crescere fino a raggiungere
lunghezze chilometriche, doveva essere parecchio coraggiosa a suo
avviso, perché non riusciva davvero a spiegarsi come si
potesse
convivere con quell'impegno, quel fastidio costante che ogni mattina si
ripresentava a ricordarle di mettere tutto a posto, curato a dovere – eppure erano così assurdamente
lisci e impeccabile da poter fare invidia alle corde di un arpa.
Rialzò lo sguardo per posarlo ancora una volta sul viso ora
lievemente arrossato di Rapunzel e le sorrise. Le piacevano da morire.
C O N
T
I N U A
»
N O T E
A U T R I C E
;
Non ho ancora postato nulla
che fosse visto dal punto di vista di Merida, e me ne sono accorta solo
ora. Il prossimo capitolo fortunatamente rimedierà a questa
mia lacuna perché mi sembra quasi di averle dato meno spazio
rispetto agli altri – mentre l'adoro in egual modo, assolutamente.
x°
A proposito di Merida, questa notte ho fatto un sogno molto creepy e
strano sui The
Big Four e lei ha avuto
un ruolo fondamentale. Dico
questo per informare tutti che, molto probabilmente – se
riuscirò a stendere tutta la trama esattamente con lo
spessore che vorrei darle – presto pubblicherò un'altra
mini–raccolta assolutamente AU
e What if
che racconterà la
vicenda che la mia fase rem ha voluto farmi vivere – e vi assicuro che
era una figata totale. x°
Tornando al capitolo; mi piace, mi piace da morire la scena trattata,
ma questa volta c'è quel un non so ché che non mi
fa apprezzare pienamente il modo in cui l'ho riproposta – credo di aver
sbagliato qualcosa nello stile di narrazione, non so, ditemi voi. :I
Ad ogni modo io amo Rapunzel e Merida, l'headcanon sulla loro amicizia
mi elettrizza, lo adoro, mi fa letteralmente impazzire! Sono davvero
troppo carine assieme e spero di aver reso giustizia a questo loro
primo vero incontro.
Il prossimo capitolo vedrà come protagonisti Merida e Jack e credo proprio che questo sia l'ultimo capitolo con questo stile, poiché per forza di cosa dal prossimo dovrò necessariamente cambiare un paio di linee conduttrici – spero possiate apprezzare
comunque, ma ne riparleremo a tempo debito!
Oh, mi apro un piccolo angolo
pubblicità per informare,
chi fosse interessato, che ho recentemente scritto due one–shot, se
voleste darci un'occhiata:
● Nessuno vede le leggende – una
Jack x Elsa
non molto Jack x Elsa – diciamo una mia personale visione
della cosa;
● Hiccup adorava volare con la pioggia –
una Hiccup!centric.
Perché sì, perché Hiccup merita tutte le
attenzioni del mondo.
Beh, boh. Non so che altro dire hahaha. Ringrazio come sempre tutti
coloro che hanno dedicato attenzione a questa storia anche solo
leggendola, e ringrazio le notevoli
aggiunte alle seguite
e preferite
di questa settimana – undici per la prima e otto per la
seconda! Sul
serio, grazie! *–*
Grazie poi – e soprattutto –, a chi nello scorso capitolo ha voluto
regalarmi un sorriso in più facendomi sapere cose ne
pensasse tramite una rencensione, ossia Shin92 e P
h o e. Al solito, vi amo. ♡
Ah, boh, così, ho deciso che per questa settimana
lascerò inserito in questo capitolo il mio account facebook
,
se qualcuno volesse aggiungermi per fare due chiacchiere può
dunque tranquillamente farlo! Chiamiamolo tipo un bonus per ringraziare tutti di tutto haha!
Affrettatevi e riceverete a casa anche una batteria di pentole in
omaggio! (?)
Al prossimo capitolo, spero possiate continuare tutti a seguirmi, e grazie ancora!
©
a u t u m n
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 – Riddiculus ***
Capitolo 7 - Riddiculus
C A P I T O L
O VII
“ Riddiculus „
Il
grosso armadio si agitò come se contenesse al suo interno una
belva che di lì a poco ne avrebbe spaccato le ante a specchio per
saltar addosso a tutti loro, divorandoli senza lasciargli
possibilità alcuna di impedire la tragedia, ma il solo prendere
consapevolezza di quella sua previsione tanto inappropriata la fece
scoppiare in una piccola risata che riuscì a contenere –
se non per via di qualche sputacchio – con la mano.
Incurante di quanto poco aggraziata potesse risultare la scena, si
pulì il palmo sulla tunica della divisa, incrociando poi le
braccia e continuando ad osservare l'oggetto inanimato – che
continuava però a muoversi come se invece lo fosse.
Aspettava quella lezione da così tanto tempo che non riusciva a
credere di essere finalmente arrivata a doverla affrontare –
diversi tra gli studenti più grandi con cui aveva parlato le
avevano detto che i mollicci
erano uno spasso da affrontare. Il professore di difesa contro le arti
oscure possedeva, inoltre, una dialettica talmente cancelleresca e
umoristica che era certa quella non si sarebbe rivelata un'ora
tediosamente sprecata.
Con l'ausilio dei libri della biblioteca, si era informata per mesi
facendo le più svariate ricerche, ed era rimasta istantaneamente
affascinata dal fatto che nessuno al mondo sapesse che aspetto avessero
originariamente queste creature – poiché dei muta forma in
grado di assumere le sembianze della più grande paura di chi se
li ritrovava davanti, ed era estremamente divertente sapere che per
affrontarli e vincerli, bastavano semplicemente le risate, pronunciare
l'incantesimo riddiculus e immaginare qualcosa di sinceramente esilarante.
Aveva pensato a lungo su quale potesse essere la sua paura più grande,
ma in realtà si era resa conto di non saperlo affatto; Dunbroch
era così ricca di possibilità in grado di far nascere le
più pericolose ed emozionanti avventure, che era convinta di
aver ormai affrontato tutte le ombre che avevano tentato di occultare
invano la sua tenacia e il suo coraggio – eppure voleva trovarlo
comunque quel qualcosa che sarebbe stato in grado di farle provare
ancora dei brividi, sperando con tutta se stessa che da quell'armadio
non fosse però uscita sua madre, perché non avrebbe
sopportato di sentirsi rimproverare sul suo comportamento anche
lì ad Hogwarts e, di sicuro, non aveva ancora trovato il giusto
modo per vincere contro di lei.
«Pensi di voler restare nel tuo mondo privato ancora a lungo, Archer?».
Una voce fin troppo familiare le arrivò alle orecchie da dietro
le spalle, destandola da ogni pensiero e costringendola a voltarsi per
veder giungere verso di lei un sorriso smagliante stampato su un volto
che conosceva ormai alla perfezione.
«Che c'è Frost, ti da fastidio se ti ignoro?»
replicò con dell'innocente sarcasmo nell'intonazione –
decorando il tutto con un mezzo sorriso di rimando.
Appena Jack le fu vicino, si lasciò scappare una breve ed
impercettibile risatina, come se avesse appena ascoltato una
barzelletta che tutto pareva fuorché divertente –
ridicola, piuttosto.
«Oh, Merida... Credi davvero non possa fare a meno del tuo
saluto?» si difese altrettanto sarcasticamente, non intento ad
apparire come se stesse ricercando attenzioni – perché lui
le attenzioni le otteneva senza fatica, non c'era bisogno di
intraprendere nessuna iniziativa, e di questo ne era convinto.
Merida tuttavia non sembrava voler lasciare a lui l'ultima parola,
tanto più se quel che aveva appena detto suonava come una
provocazione alla quale non poteva non ribattere.
Non ricordava come e
quando fosse nata quella loro guerra non dichiarata, ma sapeva che era
in atto da prima che terminassero le vacanze natalizie dalle quali erano
appena ritornati e non poteva permettere che, anche quella volta,
vincesse lui con la sua prontezza di risposta e la sua parlantina
diplomatica – quella che lei proprio non riusciva ad adottare,
tanto meno con quel pizzico d'ironia che invece a lui sembrava riuscire
talmente naturale da farle saltare i nervi. Eppure non le era sembrato
così sfacciato e presuntuoso al loro primo incontro, quello
avvenuto sulle scale durante il pasticcio che aveva combinato Rapunzel
con i suoi capelli.
Fece un respiro così profondo da far gonfiare le sue guance, per
poi esordire con quanto di più stuzzicante le venne in mente
– forse la materia in questione sarebbe stata un buon asso nella
manica da giocare, per farlo stare finalmente zitto.
«Magari il molliccio muterà le sue sembianze per prendere
le mie che ti ignoro, sarebbe davvero divertente scoprire che la tua
più grande paura è il non essere considerato da
me!».
Jack a quelle parole avvampò appena, stringendo le labbra con
una pressione tale da farle schiarire dal loro abituale e scuro
colorito, ma certamente non poteva lasciarsi sopraffare da un colpo
tanto basso e, infatti, lasciò che la sua espressione tornasse
immediatamente rilassata e serena – passando così a Merida
quel senso di fastidio di cui lui sembrava essersi liberato.
Scosse la testa con rassegnazione, come se colei che le stava davanti fosse un
caso perso in partenza – e questo contribuì solo a far
innervosire ancora di più la ragazza, che strinse
saldamente le mani a pugno sperando con tutta se stessa di trovare la
forza necessaria per non sganciargliene uno in piena faccia. Iniziava
davvero ad odiarle, le lezioni condivise con Serpeverde.
«Oh Merida» biascicò nuovamente lui, ricoprendo un
ruolo da protagonista bello e dannato all'interno del discorso,
«sei davvero simpatica quando te ne esci con queste
stupidate».
Merida non poté credere alle sue orecchie, se solo avesse avuto
a portata di mano il suo amato arco e le sue frecce, era certa non si
sarebbe tirata indietro nello scoccargliene una dritta sulla caviglia
ma, prima ancora che la sua rabbia fuoriuscisse dalla sua bocca con
qualche disarticolata frase di rimando, Jack continuò quella che
sembrava essere la conclusione al suo discorso.
«Io non ho paura di niente». Si pronunciò
con una sicurezza tale che sarebbe risultato credibile anche alla
più diffidente delle persone. Per un attimo rimase così spiazzata da quell'affermazione da non
ricordarsi nemmeno quale fosse il sentimento che l'aveva pervasa fino
all'istante prima – rimanendo così a guardarlo senza dir
nulla, senza sapere cosa pensare davvero. Appariva talmente serio da
farle risultare addirittura impossibile replicare poiché, in
quelle sei semplici parole che predominavano con il loro significato
nello sguardo del ragazzo, sembrava esserci esclusivamente verità
– ma lei non poteva e non voleva assolutamente lasciarsi
soggiogare da quell'incertezza senza fondamenta alcuna.
Con gli occhi fissi nei suoi – facendo così scontrare
profondi e glaciali oceani contro cieli tempestosi – alzò
appena l'angolo destro delle sue labbra, accennando una letizia
provocatoria proprio nell'esatto momento in cui il professore
terminò di spiegare quel che sarebbe successo in quell'ora
sperimentale e pratica – chiedendo così a tutti gli
studenti di predisporsi uno dietro l'altro in fila indiana per poter
iniziare la loro piccola ma intensa avventura contro il molliccio.
Sebbene avessero recepito perfettamente la richiesta dell'insegnante, i
due continuarono comunque a fissarsi con ardente competizione per
diversi altri secondi, finché Merida non decise di interrompere
quella partita per il momento sostenuta solo con sguardi e parole
– ma che necessitava, a quel punto, di qualche risvolto pratico.
«Lo vedremo allora, Jack, se non hai paura di niente»,
allontanandosi definitivamente da lui, lo lasciò immobile nella
sua postura e nella sua espressione rimasta di stucco – tanto che
riuscì a voltarsi solamente per guardarla prender posto nella
lunga fila. Non si aspettava di venir liquidato in quella maniera e non
poteva certamente negare lo avesse notevolmente infastidito quel
congedo così altezzoso e spontaneo ma, a quanto pareva, ora
toccava ai fatti parlare e non più alle parole, e lui non
avrebbe perso contro quella chioma di riccioli infuocati –
né ora né mai.
«Lo vedremo» sussurrò, abbozzando un ennesimo ghigno e accingendosi a prender posto in coda con gli altri.
Nonostante alcuni tentennamenti e insicurezze iniziali da parte del
primo in turno al tutto, la lezione si rivelò più spassosa
e piacevole di quanto ci si potesse aspettare e Merida trovò
ognuna delle esperienze precedenti alla sua assolutamente comica e
spiritosa – ed era straordinariamente interessante osservare i
cambiamenti del molliccio in base al soggetto che gli si parava davanti.
Poté assistere al manifestarsi delle più svariate paure,
a partire da giganteschi ragni fino ad arrivare alla tetra semplicità
dei clown, e lei si ritrovò ad essere ogni volta sempre
più entusiasta e incuriosita davanti a tutti quegli strani terrori
prender vita – c'era chi addirittura aveva paura dei capelli di Rapunzel.
Arrivò poi finalmente il suo turno, e sulla sua pelle
riuscì a percepire perfettamente un brivido rovente accarezzarla
di continuo. Sfoggiò un enorme sorriso impaziente –
agitandosi forse più del dovuto anche – e rimase in attesa che
quella strana creatura che tanto l'aveva conquistata, cambiasse il suo
aspetto – raffigurante il raccapricciante professore Pitch in
vesti di donna – per assumere le sembianze di ciò che lei
più temeva al mondo – e quel che stava per accadere
sarebbe stata una sorpresa non solo per gli altri, ma soprattutto per
lei, che ancora non era riuscita a scovare dentro di sé cosa
potesse temere più di ogni altra cosa.
Con la musica che continuava a girare in sottofondo sul vecchio
grammofono dell'aula, fissò con trepidanza il pastrocchio
generato dallo stesso molliccio e nel quale si era lasciato mescolare
per cambiare la sua forma, finché non si ripresentò
finalmente sotto le spoglie della fobia della sua nuova vittima; un
grosso orso, pieno di cicatrici e con un'aria tutt'altro che pacifica,
si manifestò quindi davanti a tutti, lasciando Merida senza
parole – anche se, dopo nemmeno troppi secondi, la
spensieratezza emotiva che aveva sfoggiato fino all'attimo prima
sembrò riprendere completamente possesso del suo corpo.
Probabilmente non c'era davvero nulla che la spaventasse sul serio
poiché non mancò infatti di pronunciare
prontamente repentinamente l'incantesimo riddiculus, tramutando così l'orso in,
semplicemente, un altro orso – e per quanto questo apparisse
sicuramente più docile innocuo, disorientato quasi, a
nessuno risultò chiaro il motivo per il quale la giovane
concluse il tutto allontanandosi da questo con la pancia tra le mani
per contenere le troppe e sincere risate.
Incurante degli sguardi straniti che si era conquistata, si
posizionò a lato della sala assieme a tutti coloro che, come
lei, avevano già sperimentato l'incontro col molliccio –
e, con ancora qualche lacrima agli angoli degli occhi, tentò di
ricomporsi per continuare ad assistere da quella posizione anche le
esperienze dei restanti compagni.
Furono anche quelle tutte molto intrattenenti e buffe, ma ciò
che stava realmente aspettando era il turno di Jack che,
fortunatamente, non tardò ad arrivare.
Prima della sua scesa in piazza, si scambiarono uno sguardo d'intesa,
nel quale entrambi racchiusero la più ostentata sicurezza e altezzosità
– battaglie perse, le loro, poiché nessuno dei due avrebbe
chinato il capo davanti all'altro – finché Jack non
alzò un pollice in segno di maggior convinzione – e Merida
non vedeva davvero l'ora di scoprire in cosa il molliccio si sarebbe
trasformato, questa volta, tanto che poco mancava perché si sfregasse
le mani.
Sembravano essere tra l’altro un po' tutti particolarmente interessati nello
scoprire quale fosse la paura più grande dello spavaldo Jack
Frost e, in realtà – così come Merida durante la
sua occasione – anche lui ne era piuttosto curioso ma,
inaspettatamente, dopo il miscuglio nel quale il molliccio era solito
lasciarsi travolgere, questo improvvisamente sparì.
Un vociferare vario riempì la stanza e il professore
sembrò trasalire davanti ad uno scenario tanto inaspettato e mai
accaduto prima di allora – se il molliccio era sparito, sarebbe
stato davvero difficile recuperarlo. Poteva essere ovunque, a quel
punto.
Svariati sorrisi comparvero sui volti sia dei Grifondoro che dei
Serpeverde, che si lasciarono scappare ripetute e indistinte
frasi recitanti per lo più il medesimo contenuto
– se il molliccio era diventato invisibile, stava sicuramente a
significare che Jack Frost non aveva paura di niente.
L'espressione sul suo volto non lasciava però intendere che
anche lui la pensasse allo stesso modo, poiché i suoi occhi
erano sbarrati nel vuoto e le sue labbra dischiuse per filtrare
quell’aria che non riusciva più a respirare – lui
sapeva cosa voleva significare tutto quello, e solo in quel momento si
rese conto di quanto avesse fallito nel costante tentativo di reprimere
il suo lacerante timore per la solitudine.
La percepiva, l'avvertiva in ogni parte del suo corpo, la sentiva
entrare prepotentemente attraverso ogni poro della sua pelle,
insidiandosi in lui così tanto da non lasciargli altra reazione
se non il rimanere immobile, impassibile davanti a quella terribile
sensazione che lo stava riempiendo come se fosse un brocca vuota da colmare.
In fondo però lo sapeva, lo sapeva da sempre che essere
invisibile agli occhi degli altri era il suo timore più
recondito, e aveva lottato tutta la vita affinché la gente si
accorgesse sempre di lui – così tanto che nemmeno se ne
rendeva più conto di quanto era diventato sfacciato,
convincendosi piuttosto che erano semplicemente gli altri a sentirsi in
soggezione con lui, a sentirsi infastiditi dalla sua personalità
inequiparabile.
Non riusciva nemmeno ad sentire i suoni e le voci attorno a lui,
iniziando addirittura a considerarsi intrappolato in un'incorporea,
spirituale bolla di cristallo dalla
quale non sapeva come uscire e che sembrava diventare sempre più
piccola e soffocante – senza che nessuno se ne accorgesse – ma,
inaspettatamente, la figura del professore gli si parò
d’un tratto davanti – cancellando quasi sull'istante una
buona parte di quella terribile sensazione che nessuno aveva avuto modo
di accorgersi lo avesse avvolto – e il molliccio, davanti ad un
nuovo individuo, assunse finalmente un altro aspetto ancora,
palesandosi agli occhi di tutti sotto forma di calderone bollente
– che, dopo il consueto contro–incantesimo, divenne una
semplice teiera fumante e fischiante.
Dopo aver sbattuto la creatura infine dentro l'armadio, l'insegnante si voltò verso Jack abbozzando un piccolo sorriso.
«Non mi è mai piaciuta la lezione di pozioni» gli sussurrò, alludendo al significato della sua paura.
Jack ricambiò il sorriso senza rendersene conto e, colto dalla più totale sorpresa, venne
subito preso d'assalto dai suoi compagni che iniziarono ad elogiarlo
per il suo coraggio e per la sua assenza di qualsiasi timore.
«Beh, mi sembra chiaro che il giovane Frost non abbia nessuna
paura che non sia in grado si sostenere. Perfino il molliccio non ha
saputo leggere dentro di lui per trovare qualcosa da estrapolare»
si pronunciò questa volta a voce alta il professore, lanciando a
Jack una velata e complice occhiata
– e lui capì sull'istante avesse afferrato perfettamente
tutto quel che era accaduto, ringraziandolo silenziosamente per aver
deciso di non
distruggere quella gloria che tutti gli altri studenti gli avevano
appena
cucito addosso.
Ora più convinto di prima, si lasciò così elogiare con
più entusiasmo – pavoneggiandosi un poco, addirittura – e, tra un complimento e l'altro, adocchiò poi Merida avvicinarsi a
lui con l'aria di chi non voleva comunque scomporsi per accettare la
sconfitta alla loro scommessa.
Gli si parò davanti, guardandolo con un misto di congratulazioni
e altezzosità – difficile definire quale delle due
prevalesse –, per poi esordire con un sottile sorriso e il
più basilare dei complimenti.
«Beh, bravo Frost. A quanto pare non hai davvero paura di
nulla» si costrinse con quanta più naturalezza
riuscì ad incarnare.
Basito per un'ammissione come quella – che mai si sarebbe
aspettato da parte sua –, non disse nulla, limitandosi solamente
a scambiarle uno di quelli sguardi che, lo sapeva, solo lei era in grado di
cogliere – perché per quanto innumerevoli fossero
i battibecchi che avevano e avrebbero continuato a riempire i loro dialoghi, Merida era
Merida, e lui non riusciva più a immaginare di poter stare in
piedi senza che lei speziasse la sua vita.
Senza opporre resistenza, lasciò che quella che ormai era
diventata una folla indistinta tra tuniche dalle rilegature verdi e
rosse, lo trascinasse freneticamente un po' a destra e un po' a sinistra – per rifererirgli
ripetutamente quanta immensa fosse l'ammirazione che tutti loro provavano per
quella che ritenevano essere una qualità degna del
più incontrastabile ragazzo della scuola.
Nessuno di loro si era accorto di quanto terrore avesse invece
immobilizzato
poco prima il suo corpo e la sua mente, solo il professore, ma se lui
aveva tacitamente acconsentito che la versione sulla sua presunta
assenza di paure venisse spacciata per vera, tutto sommato Jack trovava
grandiosa e intrigante l'idea che all'interno della scuola
potesse girare quel tipo di voce sul suo conto.
C O N
T
I N U A
»
N O T E
A U T R I C E
;
Dopo
una pubblicazione notevolmente più ritardataria delle
precedenti, eccomi infine con il decantato capitolo riguardo Jack e
Merida!
Sono infitamente addolorata e ferita nel vedere che nella sezione crossover
de Le 5 leggende – settore che, come ho già detto
in
precedenza, è quello in cui bazzico di più
– ci sia
solo la mia storia, in prima pagina, ad essere sui The Big Four –
tragicamente surclassati dalle ormai seccanti Jack x Elsa.
Sigh, è veramente una tristezza questa constatazione ed io
lo
so, lo so che ci siete ancora, voi che amate questo meraviglioso
quartetto! Scrivete su di loro, vi imploro! :'c
Tralasciando la desolazione di tutto ciò... Mi ripeto,
wallààà! Ecco il capitolo! Anche qui
devo –
purtroppo o per fortuna – avvalermi della licenza poetica,
poiché i mollicci son un argomento scolastico decisamente
fuori
dalla portata dei primini – ma io non ce l'ho proprio fatta a
trattenermi, perdonatemi e prendete tutto per buono per favore hahaha
– quindi in un qualche modo chiedo scusa per aver stravolto
così tanto l'ordine cronologico delle lezioni di Hogwarts
ma, al
tempo stesso, mi auguro questo possa essere un
personalizzazione
facilmente trascurabile – nella speranza per l'appunto che il
capitolo possa essere stato talmente piacevole e simpatico come mi ero
prefissata di farlo apparire, da sopportare l'incongruenza temporale
degli insegnamenti.
Note note note,
ora passo alle note!
- Archer è, per ovvi motivi, il
cognome che ho
voluto assegnare a Merida nella mia storia – e anche nelle
altre
che scriverò probabilmente.
- Come
avevo accennato nello scorso capitolo, da questo in avanti le cose
saranno un po' diverse poiché dopo diverse lezioni
condivise, ho
ritenuto impossibile che i quattro prima o poi non iniziassero a
conoscersi davvero – così, per quanto mi
dispiaccia
abbandonare l'atmosfera magica dei primi incontri, ora mi
divertirò a scrivere di chicche riguardo i loro approcci!
Spero
di aver fatto un buon lavoro con questo primo esperimento. x°
- Riguardo
l'esperienza di
Merida col molliccio, ho voluto rifarmi a quanto ho accennato nel
secondo capitolo – ovvero che una volta ha trasformato sua
madre
in orso – e, naturalmente, anche al film da cui lei
stessa
proviene; l'orso pieno di cicatrici è infatti quello contro
cui
si ritrova a doversi scontrare, mentre quello disorientato e docile,
sarebbe l'orso in cui sua madre si è tramutata.
- Per quanto riguarda Jack
invece, ho voluto attenermi alla sua invisibilità presentata
in Rise of the Guardians
– e al suo non sopportarla. Penso sia plausibile e carina
l'idea
che possa essere la sua paura all'interno di questa storia –
e,
come ho detto anche nel primo capitolo, ho voluto presentare Jack un
po' più eccentrico e convinto di se stesso proprio
per tale
motivo, per paura di non essere notato agli occhi degli altri.
Zzzzzzzzam, direi di tagliare
qui di netto questo sproloquio va! Grazie alle altre innumerevoli
aggiunte alle seguite/preferite/ricordate,
i numeri di questi reparti stanno diventando incredibilmente alti
– e questo in realtà mi demoralizza e rende felice
al
tempo stesso, poiché vedere così tanta gente che
mi segue
e così pochi commenti ogni volta, mi abbatte un po', dato
che
non riesco davvero a comprendere questo continuo ed infinito silenzio.
Non posso e non voglio però obbligare nessuno a recensire di
controvoglia, semplicemente, vi chiedo di farvi vivi di tanto in tanto
se vi va, perché giuro che significherebbe davvero molto per
me.
Intanto, grazie comunque per aver riservato alla mia storia un posto
speciale nel vostro account. ♡
Grazie inoltre a tutti coloro che mi stanno continuando ad aggiungere
agli autori preferiti – siete davvero tantissimi anche qui!
– mi fa immensamente piacere essermi conquistata
così
tante considerazioni! Ma il grazie più speciale di tutti va
ovviamente a Shin92 e P h o e – ma anche a Spirit734, Orsacchiotta Potta
Potta e
marty_otto – che seguono e commentano
questa storia sin dall'inizio e con una puntualità e
fedeltà che mi commuove. Vi adoro. ♡
Un saluto a tutti a questo punto, alla prossima settimana con Hiccup, Rapunzel e Jack!
©
a u t u m n
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