Tè alla vaniglia

di icered jellyfish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 – Homenum Revelio ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 – Feraverto ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 – Accio ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 – Incarcerus ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 – Petrificus totalus ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 – Stupeficium ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 – Riddiculus ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 – Homenum Revelio ***


Capitolo 1 - Homenum Revelio







C A P I T O L O   I

Homenum Revelio 







“Cornelius Agrippa (1486 – 1535): celebre mago incarcerato dai babbani a causa dei suoi testi”, la luce della vetrata che aveva alle spalle illuminava i fogli ingialliti sui quali erano riportate tali parole, riempiendo, inoltre, di mille riflessi i fili dorati che formavano la sua chioma straordinariamente – incredibilmente – lunga.
Lo aveva già sentito nominare diverse altre volte, sulle figurine delle cioccorane probabilmente, ma in realtà non stava riversando troppe attenzioni su quella frase letta per caso, la sua mente vagava più che altro verso pensieri conditi di adrenalina e sconfinate fantasticherie – ciò che l'attendeva, lo aveva sempre aspettato con ansia e trepidazione.
La piccola corsia che la circondava era piacevolmente vuota e il vociferare vario e confuso proveniente dalla strada principale di Diagon Alley al di là del vetro sul quale era appoggiata, era un sottofondo distante e ovattato che, in un qualche modo, era addirittura folcloristico e necessario – quasi. Altre due o tre voci si disperdevano tra le altre corsie della libreria, ma di certo non poteva aspettarsi un silenzio tombale – non in una giornata caoticamente attiva come quella, tra l'altro – e, in fondo, nemmeno le dispiaceva se proprio doveva dirla tutta; le piaceva potersi ritagliare dal mondo pur restandoci pienamente in mezzo.
Quello era per lei il luogo ideale dove poter perdere quel paio di minuti che aveva deciso di concedersi tra una compera e l'altra – in vista del suo primo giorno alla Scuola di Magia e Stregoneria più famosa al mondo – e, il solo ripensarci, la faceva sentire notevolmente agitata, non solo per via della paura ma anche a causa – o per merito – delle forti e positive aspettative che nutriva nei confronti della magnifica Hogwarts.
Il vuoto sfocato che divideva il suo distratto sguardo dal libro che teneva tra le mani venne improvvisamente spezzato, per riportare più nitidamente alla sua vista – ora attenta e bruscamente ricondotta alla realtà – nuove pagine imprevedibilmente propostele da qualcuno di cui non aveva ancora visto il volto.
Una mano estranea sorreggeva un tomo ancora più trascurato del suo, aperto su un paragrafo che iniziò a leggere più per istinto che altro.
Bowman Wright (1492 – 1560): creò il primo Boccino d’Oro sostituendo lo Snidget Dorato, combinando i suoi interessi di scienza, magia e sport”. Cercò inizialmente di trovare un senso tra la sua curiosità verso quella breve frase che era stata capace di colpirla e la sua mancanza d'interesse per l'argomento ma, ancor prima di ragionare su quello, il collegamento con la stranezza dell’inaspettata rottura del suo piccolo momento di pace la convinse ad alzare lo sguardo per vedere finalmente il volto di chi avesse invaso – senza permesso e con tanta arroganza – il suo attimo di ricercata solitudine; candidi e nivei capelli contornavano il suo viso dal colorito pallido e, il sorriso che regolava la sua espressione facciale, lasciava che un angolo della bocca fosse tirato più in su rispetto all'altro, ma non fu però questo a colpirla più di tutto, perché la concentrazione le ricadde inevitabilmente sugli occhi che dominavano il suo volto. Le ricordavano incredibilmente le acque artiche, icebergs con tutti i riflessi bluastri dell'oceano incastrati tra le loro incurvature, tra il brillante ghiaccio di cui erano fatti – e di cui parevano fatte quelle iridi così intese, così fredde e al tempo stesso piene di ardente passione.
Sembrava un ragazzo congelato nel tempo, conservato dal mondo come se avesse deciso di non poterne fare a meno e, forse per colpa del repentino e insospettabile risvolto delle cose o forse per colpa dell’essersi ritrovata davanti ad una persona così fisicamente particolare, qualcosa le aveva impedito di riuscire a formulare una qualunque frase sensata da dire, anche se in ogni caso lui ostentava una sicurezza decisamente maggiore della sua, intraprendendo così un dialogo verbale e non più fatto solo di sguardi privi di comunicazioni reali.
«Questo è sicuramente più interessante» le disse allora, scuotendola appena al suo interno. Continuò a non sapere cosa pensare o come esprimersi, forse perché continuava a non riuscire a trovare della sensatezza in quell'incontro non richiesto ma, a quell’affermazione, la più spontanea delle risposte non manco comunque di arrivare e nacque nella sua mente per poi prendere possesso della sua voce.
«Bene, leggilo allora».
Una piccola risata sfuggì dalle labbra del ragazzo che ritirò il libro verso di lui, chiudendolo di scatto ma senza troppa forza, appoggiandosi successivamente alla vetrata esattamente come lei – che, nel frattempo, aveva perplessamente continuato a tenergli gli occhi incollati addosso seguendo ogni suo movimento.
«Sono, sono veramente lunghi» le si rivolse nuovamente, caricando gesticolazioni da padrone del mondo e indicando la cascata di capelli che le si estendeva accuratamente accanto ai piedi – per non darle fastidio e per non dare fastidio.
Non ottenne però risposta e, vedendo a seguito delle sue parole un semplice quanto incerto silenzio, decise di continuare a parlare.
«Allora biondin–».
«Rapunzel!».
Interrotto ancor prima di iniziare, rimase inizialmente con la bocca dischiusa e le parole incollate sulle labbra e sulla punta della lingua. S
cosse poi la testa tirando in su qualche ciuffo sceso a coprirgli la vista, per poi guardare cinicmente la nuova conosciuta in attesa di una spiegazione alla sua ostilità.
Attimi silenziosi riempirono lo scambio dei loro sguardi; il suo altezzosamente beffrardo mentre, quello di lei, diffidente per mascherare quella nota di timidezza che non era riuscita a nascondere completamente – e a lui piaceva come, seppur goffamente, cercasse di sostenere il suo modo di guardarla.
La vide poi raccogliere, senza dire nulla, la sua chioma e trattenerla tra le braccia come un pacco – letteralmente –, allontanandosi da lui con una smorfia forse un po' forzatamente e insensatamente restia.
«Mi chiamo Jack» l'allegra voce del ragazzo risuonò dietro di lei come un amo da pesca gettato per trattenere la sua preda, ma le intenzioni di Rapunzel di ritrattare la sua decisione di ritirarsi erano talmente scarse da essere inesistenti. Si voltò allora per un istante ancora verso di lui, dedicandogli un veloce sguardo non necessariamente significativo, per poi sparire dietro la libreria che divideva la loro corsia da quella accanto. Il suono dei campanelli appesi sopra la porta d’ingresso de Il Ghirigoro echeggiò, seguito dal rumore della stessa aprirsi e chiudersi – e non fu difficile per il ragazzo immaginare chi fosse uscito in quel momento.
Si appoggiò più comodamente al vetro della finestra, incrociando le braccia e sollevando il volto appena più in alto. Un altro piccolo risolo gli scappò assieme ad un respiro trattenuto per troppi secondi; se l'era sentito fin da quando l'aveva vista lì da sola, immersa nei suoi pensieri, che sarebbe stato divertente infastidirla.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Ed eccomi con il primo capitolo della mia preannunciata long–raccolta riguardo i The Big Four nell'Hogwarts!verse. Ci tengo veramente da morire e sono realmente soddisfatta di tutti i capitoli che ho scritto finora, quindi mi auguro vivamente di riuscire a farla piacere anche a voi!
Premetto che non ci saranno coppie ufficiali – o ufficiose –; ho cercato di mantenere un clima, se così vogliamo dire, dove tutti possano essere shippati con tutti, in modo da ‘accontentare’ – passatemi il termine – qualunque gusto personale sulle coppie formabili tra questi quattro personaggi – sebbene io prediliga le Jack x Rapunzel e, di conseguenza, inserirò probabilmente più accenni su loro due. Lo scopo di questa raccolta è semplicemente quello di raccontarvi alcuni missing moment su un loro presumibile primo anno ad Hogwarts, quindi non volevo incentrarmi in particolar modo sulle relazioni sentimentali, quanto più sul loro modo di vivere l'occasione di frequentare la scuola che – sicuramente – TUTTI/E noi avremmo voluto andare. x°
Io adoro questo gruppo, lo amo sul serio, e ci sto mettendo tutto l'impegno possibile e anche di più nel raccontare di loro, cercando di mantenere le loro personalità intatte, variate semplicemente sulla base del cambio di contesto/universo. Per esempio, qui Jack è abbastanza sicuro di sé ed arrogante, perché arrogante lo è di suo – nei film lo si capisce chiaramente – mentre la sua spavalderia è dettata dal suo aver paura di non essere considerato, di non essere visto, notato, quindi ho trovato plausibile usare la sua originaria invisibilità per trasformarla nell'insicurezza di non essere calcolato se non tramite il suo buttarsi sempre in campo – e spero vivamente di essermi spiegata come avrei voluto. x°
Ultima cosa, ogni capitolo avrà come titolo il nome di uno degli incantesimi di Harry Potter, e saranno incantesimi che in un modo o nell'altro avranno a che fare con la trama di quell'aggiornamento. La trovavo un'idea carina e stimolante, vediamo chi riuscirà a cogliere in che modo titolo e capitolo si collegheranno tra di loro. :pp
Ebbene, credo proprio di esser giunta al termine anche questa volta; con ogni probabilità posterò un capitolo a settimana e ne ho di pronti parecchi, quindi la cadenza sarà sempre abbastanza regolare. Grazie, come sempre, a tutti coloro che mi han seguito con le altre fanfiction e a tutti coloro che inizieranno a seguire questa – spero con tutto il cuore che sarete in molti, davvero. ;v;
Ogni commento sarà ben gradito, è sempre piacevole veder attivamente considerati i propri lavori, veder ripagati i propri sforzi, quindi grazie in anticipo a chiunque lo farà. :))
Un saluto, buona Epifania e alla prossima settimana!


© a u t u m n

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 – Feraverto ***


Capitolo 2 - Feraverto







C A P I T O L O   II

Feraverto







Il binario 9¾ della stazione londinese King's Cross era nuovamente vuoto, mentre l'espresso che prima sostava su di esso sfrecciava ormai in un paesaggio che aveva iniziato a scorrere velocemente, visto da dietro un finestrino, riproponendo montagne e rigogliose distese di verde da un lato, e un immenso specchio d'acqua dall'altro – il riflesso del cielo era trattenuto in esso, così come i colori della natura che lo circondava, costringendo la sua sconfinata estensione in una forma tondeggiante.
Prontamente si portò un fazzoletto di stoffa bianca al naso; quegli ultimi giorni erano dannatamente fastidiosi per via di quel raffreddore che, ci scommetteva, aveva solo lui al mondo in quel periodo dell'anno, ma in quel momento certamente il suo naso intasato e i continui starnuti erano un pensiero secondario davanti alla necessità di trovare un posto a sedere – e non riusciva davvero a spiegarsi come tutte le cabine potessero essere completamente occupate.
Erano ormai diversi minuti che vagava senza ottenere successo e aveva attraversato almeno undici dei quindici vagoni che componevano il treno  – anche se in tutta sincerità aveva addirittura perso il conto, sapeva solo che ben presto sarebbe finito alla carrozza della locomotiva senza risultati apparenti.
Con la stessa mano con cui impugnava, senza un reale motivo, la sua bacchetta nuova di zecca, continuò a trascinarsi dietro la sua immensa valigia di pelle un po' consumata – pesante e grande probabilmente più di lui – finché la sua pazienza non emigrò definitivamente, decidendo così di abbandonarsi senza ritegno lì dov’era nel corridoio, accasciandosi sul suo bagaglio e arrivando alla conclusione che non avrebbe più continuato quella ricerca impossibile. Il viaggio in piedi poteva addirittura essere divertente – o almeno stava cercando di convincersene.
Guardando distrattamente il soffitto si lasciò scappare un sonoro quanto annoiato sbuffo, illudendosi, per un istante, che bastasse quello per liberarsi della fastidiosa e snervante consapevolezza che tutto fosse cominciato nel peggiore dei modi – in fondo sperava che il viaggio verso Hogwarts potesse essere un pretesto per fare qualche amicizia, finalmente, ma il vento non sembrava voler gonfiare le sue vele.
Non si era reso conto del rumore che aveva provocato con quel suo stravaccarsi in modo tanto spudorato e improvviso, ma una folta chioma riccia e indomabile, del fuoco vivo e ribelle, fece capolino da dietro la sua porta poche posizioni più in là, incuriosita sul cosa stesse accadendo appena fuori dalle cabine. Iridi cerulee risaltavano su un viso tondo e leggermente più rosato del dovuto, e la linea delle sue labbra si incurvò in un sorriso caldo almeno quanto lo sembravano i suoi capelli.
Improvvisamente gli fece cenno di avvicinarsi in sua direzione, per poi sparire nuovamente e, lui, seppur un po' perplesso, cercò di tirarsi su e di ricomporre la sua postura, accingendosi dunque verso la sua cabina ed entrandovi. Non poteva crederci, ma era completamente vuota, con solo lei al suo interno – e le sue valige sparpagliate un po' ovunque, disordinatamente.
«Posso, posso sedermi qui? Tutte le cabine sono completamente occupate» le domandò, con la sua solita espressione rassegnata alle infinite sfortune che gli pesavano sulle spalle – o quantomeno che lasciava intendere la sua abitudine ad accettare che le cose non andassero mai come lui voleva.
Nel ritrovarselo lì, il volto della coetanea si illuminò e venne nuovamente predominato da un allegro sorriso. Chiuse di scatto il libro che aveva sulle gambe, allungandolo poi con entrambe le mani verso di lui e rivelandogli il titolo – con sguardo ardente e pieno di soddisfazione, e non capiva perché fosse tanto esaltata.
Inclinando leggermente la schiena all’indietro, sgranò appena di più gli occhi, confuso e impreparato davanti a quell'azione inaspettata e che non sapeva come interpretare.
«I–imparare a conoscere i draghi» lesse ad alta voce, continuando a non capire, ma non voleva di certo smorzare l'entusiasmo di quella che sarebbe stata la sua compagna di viaggio per le prossime otto ore, «wow... Sembra, sembra fantastic
».
«Io trovo che i draghi siano stupendi! Non credi anche tu?» scattò poi sul posto, squillante e piena di entusiasmo – e non lasciandogli nemmeno il tempo di finire la frase.
Incomprensibile ed effervescente; furono queste le prime impressioni che ebbe modo di farsi su di lei. Il suo sguardo color cielo era pieno di luce e fiamme e continuava a guardarlo in trepidante attesa di una risposta a quella domanda che, non riusciva davvero a spiegarsene il motivo, per lei pareva rappresentare tutto.
Draghi. Sorrise interiormente al solo ripetere quella parola nella sua mente; aveva passato una bella fetta della sua infanzia a cercarne qualcuno, convinto che si aggirassero nei boschi attorno casa sua ma, tutto quello che era riuscito ad ottenere, furono solo numerose strigliate da parte di suo padre per via dei casini in cui puntualmente si cacciava, ma lui voleva assolutamente trovarne uno, voleva vederlo, toccarlo, così tanto che aveva addirittura provato a padroneggiare un incantesimo apparentemente semplice, anche se nelle mani di un bambino era risultato tutt'altro – specie se effettuato con una bacchetta non sua, oltretutto.
«Oh sì, i draghi, io li adoro» le rispose allora, angosciato dal riaffiorare nella sua mente le sue esperienze a riguardo. «Una volta ho provato a trasformare una delle nostre pecore in un drago. Ti risparmio i trascendentali risvolti di questa vicenda».
Non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase che la sentì immediatamente scoppiare in una cristallina risata – accompagnata addirittura dal suo trattenersi la pancia tra le braccia. Era davvero così divertente, quel che aveva appena detto?
Più la guardava e più gli sembrava imprevedibile e caratterialmente inafferrabile. Non che gli dispiacesse, in fondo aveva quello strano potere di farlo sentire a suo agio nonostante tutto, ma era assolutamente strana e così tanto diversa che non sapeva come interpretarla o cosa aspettarsi da lei – da quel poco che aveva avuto modo di vedere, nella sua testa poteva esserci davvero di tutto.
«Una volta ho trasformato mia madre in un orso!» gli si rivolse poi, destandolo da quei ragionamenti e ricatturando la sua attenzione. «E' stato... Traaagico» continuò, rimarcando una maggiore enfasi sulla prima vocale della parola e roteando occhi e testa senza però abbandonare mai il sorriso. Era come se si fosse appena ricordata un qualcosa di catastrofico ma che per lei non aveva mai avuto davvero peso, perché facilmente ovviabile. Sebbene non la conoscesse e non avesse basi per poter avere la pretesa di dire che la sapeva comprendere, avrebbe voluto sentirsi anche lui un minimo in grado di prendere con leggerezza ogni cosa.
Rimase per diversi secondi di silenzio con lo sguardo incollato nel suo ma non sembrava attendere nulla; semplicemente, lo stava guardando, lo stava guardando così come avrebbe guardato un quadro, un paesaggio o un oggetto interessante. Interessante, possibile che reputasse lui interessante? Era assurdamente fuori da ogni cognizione umana quell'idea, eppure, non riuscì a fare a meno di provare la confortevole sensazione di conoscerla da sempre.
«Mi chiamo Merida» si presentò poi, aspettando con il suo sguardo fiero che ricambiasse.
«H–Hiccup» tentennò appena, abbozzando però finalmente anche lui un piccolo – anche se incerto – sorriso. Non era abituato a sorridere, erano più i casi che lo facevano essere in disaccordo con la mentalità generale del mondo, che quelli che lo facevano sentire in vena di compiere un gesto d’allegria simile.
Prese successivamente posto a sedere accanto a lei, iniziando a pensare cosa poter dire per iniziare una conversazione.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Ecco qui il secondo capitolo della raccolta! Come anticipato in qualche risposta alle recensioni dello scorso – vi amo tutti, grazie! – i protagonisti questa volta sono stati Hiccup e Merida. Ora che ho finito tutte le presentazioni dei protagonisti potrò FINALMENTE riferirmi a loro per nome – ho preferito introdurli prima con delle descrizioni, lo trovavo più mistico. (?).
Personalmente trovo questi due personaggi deliziosi assieme – e anche singolarmente – ed è stato particolarmente piacevole scrivere di loro, cercando di mantenerli IC quanto più possibile – spero abbiate apprezzato i rifacimenti alle loro basi originali. c:
Hiccup mi viene assai facile da gestire e devo dire che mi trovo assurdamente a mio agio a impersonarlo – il ché non so se sia positivo o negativo dato che è praticamente il più 'sfigato' di tutti hahaha, passatemi il termine, ma io lo amo e continuerò ad amarlo per questo! Adoro il suo umorismo e adoro il suo carattere così svogliatamente in attesa di tutto. Lo voglio sul mio comodino, ecco.
Ah, per quanto riguarda la lunghezza del treno... Non ho assolutamente idea di quanti vagoni possa avere l'espresso per Hogwarts, quindi ho sparato il numero che più mi sembrava ragionevole a contenere tutti gli studenti di tutte le case di tutti gli anni. Mi avvalgo della licenza poetica. (?).
Concludendo, vorrei ringraziare immensamente P h o e, Ucha e kuma_cla per aver commentato la scorsa uscita, e grazie anche a coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite! Questo vuol dire davvero tanto per me e io sono estremamente motivata nella stesura dei capitoli – sono già arrivata al capitolo 8, tipo x° – quindi boh, aspettatevi mazzi di rose rosse sotto casa hahaha.
Come sempre, grazie anche a chi ha solo letto e alla prossima settimana!



© a u t u m n

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 – Accio ***


Capitolo 3 - Accio







C A P I T O L O   III

Accio







Non che ci fosse molto da dire in effetti, tutto ciò che in quel momento lo sovrastava era in fondo un'incontrollata e infinita immensità di nero brillante, una coperta impreziosita di innumerevoli diamanti grezzi incapaci di spegnersi anche solo per un istante.
Pulsavano, come se volessero fargli presente d'esser lì, come se aspettassero ansiosamente ed insistentemente anche solo un suo sguardo, sfidando con forza e naturalezza l'oscurità penetrante di quella notte artificiale.
Combattevano in quel manto scuro e vellutato per conquistare la loro posizione, come se volessero manifestare contro il mondo e urlare che loro non sarebbero sparite mai – e questo fu un pensiero bizzarro che lo fece sorridere di se stesso, considerando facessero parte di un soffitto incantato che, per quanto sconcertantemente realistico, era irreale, finto.
Forse gli facevano più specie le inquantificabili candele fluttuanti a un paio di metri sopra la sua testa, l'austerità di quell'immensa stanza, o forse era semplicemente tutto l'ambiente totalmente discostato dalle sue abitudini.
Non sapeva esattamente come dovesse comportarsi in una situazione di stallo come quella, dove tutte le nuove matricole se ne stavano riunite in un unico grande gruppo davanti alle lunghe tavolate delle quattro casate di Hogwarts – guardandole bramosi e timorosi al tempo stesso, non sapendo quale sarebbe stata la loro per i prossimi sette anni
ma, con la sua consueta e sconfortata espressione, Hiccup guardò distrattamente i numerosi studenti già consolidati e seduti ai rispettivi posti, in attesa che la cerimonia di smistamento iniziasse. Qualcuno ridacchiava guardando qualche soggetto in particolare tra di loro, altri parlottavano facendo probabilmente considerazioni personali, altri ancora se ne stavano semplicemente in silenzio invece – e questi erano quelli che sicuramente preferiva; di essere giudicato ne aveva decisamente abbastanza.
Non era in grado di darsi una spiegazione sensata sul come fosse riuscito a perdere di vista Merida ma, di fatto, era successo. Appena scesi dal treno la folla di nuovi studenti e non, aveva creato una confusione tale da alimentare sull'istante la sua già totale incapacità di gestire il suo gigantesco bagaglio, costringendolo a dedicare più attenzioni a questo che a quella che non sapeva se poteva definire una sua nuova amica, ma che di sicuro ci si avvicinava ad esserlo. Ed ora eccolo lì, di nuovo solo in mezzo a tutti quei volti sconosciuti, domandandosi chi tra loro sarebbero potuti diventare i suoi compagni di camera o, al contrario, coloro che lo avrebbero preso di mira per tutta la durata del suo tempo lì – perché lo sapeva, non poteva non essere vittima di derisa o prese in giro, o non sarebbe stato più lui.
Era spaesato più che al suo arrivo alla stazione di Londra e, tra involontarie spintonate e gomitate, rassegnato manteneva la calma, nel mentre che continuava a cercare tra tutte le teste che lo circondavano, la ribelle e fiammante chioma dell'unica persona che conosceva.
Finalmente l'uomo seduto sul trono posto al centro del tavolo dei professori, si alzò in piedi. Era piuttosto robusto di costituzione, incredibilmente alto e con una lunga e folta barba bianca – con tanto di baffi – che gli pendeva dal mento appoggiandosi morbidamente sul suo petto. Spinose e spesse sopracciglia nere indurivano la dolcezza del taglio dei suoi occhi vispi e azzurri come non credeva potessero nemmeno esistere, ma nel complesso il suo volto era gioioso e pieno di vita. Gli stava simpatico, ed era felice di questo primo impatto perché quello altri non poteva essere se non il famoso preside Nord – il ché gli imprimeva addosso qualche brivido di esaltazione, poiché non c'era mago di quel secolo che fosse più potente o importante di lui.
Dopo essersi sistemato il suo bizzarro copricapo – ricoperto della stessa identica stoffa degli abiti che indossava –, iniziò l'abitudinario discorso di inizio anno che era tenuto a fare per i nuovi arrivati alla scuola.
Un caloroso benvenuto, qualche raccomandazione e un paio di divieti assolutamente da rispettare; niente di eccessivamente difficile da ricordare, ma era certo che sarebbe stato capace di infrangere il regolamento già dal giorno successivo, si conosceva bene. Non erano però i dubbi sulla sua futura condotta ciò che lo preoccupava maggiormente in quel momento, perché finite le necessarie premesse venne finalmente annunciato l'inizio del loro – del suo – smistamento, e il foglio di appello venne srotolato. Improvvisamente si rese conto di non essere assolutamente preparato per quell'evento, nonostante ci avesse fantasticato per più o meno per metà della sua vita. Guardò freneticamente a destra e sinistra in cerca di Merida, anche solo uno sguardo di sostegno morale gli avrebbe sicuramente fatto piacere in un momento come quello – senza contare che lo considerava addirittura necessario; le sue gambe avevano iniziato a non riuscir più nemmeno a sorreggerlo.
«Hiccup Horrendous Haddock», la voce della professoressa incaricata di leggere l’elenco dei nomi risuonò nel silenzio generale, rimbombando tra le sconfinate pareti della Sala Grande – e ovviamente lui non poteva che essere il primo della lista, lo sapeva.
Domandandosi se fosse davvero necessario appellarlo con il suo nome per intero, fece un profondo respiro – convincendosi che con quel gesto si sarebbe riempito più di coraggio che di aria – e avanzò di qualche passo verso il centro del piano rialzato, consapevole di essere appena diventato il principale oggetto della curiosità di mille e più persone – e questo favorì un incremento della sua già inestimabile agitazione.
Diede un'ultima occhiata al gruppo da cui si era appena allontanato, speranzoso di scorgere finalmente il volto radioso e carico di positività di Merida ma di lei non c'era ombra – e anzi, quel che riuscì a rilevare furono solo diversi risolini forzatamente soppressi che sentiva essere rivolti a lui, e non lo convincevano per niente.
Non lo aveva previsto ma qualcosa catturò completamente la sua distratta attenzione; c'era una cascata di oro in mezzo a tutti quei ragazzi ed era convinto che una chioma come quella di Merida potesse battere tutte quelle esistenti al mondo eppure, nello stesso giorno, era riuscito ad incontrato qualcun altro che ne possedesse una particolare al punto di essere in grado di eguagliarla – se non batterla, addirittura, nella sua assoluta diversità.
Era un fiume infinito di preziosi fili dorati – brillanti e liscissimi come mai ne aveva visti prima – che si estendeva per una lunghezza che non sapeva nemmeno quantificare per quanto assurda, racchiuso tra le braccia della ragazza che li possedeva con candida gelosia e che se li portava al petto come un mucchio di libri di testo. Sicuramente quei capelli non avevano mai visto forbice in vita loro, e lui non riusciva davvero a capire per quale motivo avesse deciso di caricarsi di tanto ingombro e impegno.
Senza rendersene conto, contornò poi i lineamenti del suo volto innocente – deliziato da un angelico naso costellato di lentiggini esattamente come le sue – e, solo in quell'istante i loro sguardi si incrociarono davvero, provocandogli qualche battito più prepotente nel petto. Quelle iridi avevano la stessa colorazione muschiata delle sue ma vi era una sostanziale differenza, perché i boschi intrappolati in esse non erano bui e secchi come i suoi, ma splendenti e illuminati dal sole. Per secondi che gli erano parsi interminabili e incontrollabili, rimase a guardarla con la mente annebbiata – continuando comunque a camminare verso il punto di arrivo, ma dimenticandosi, quasi, cosa stesse facendo.
Non seppe mai spiegarsene il motivo, ma d'improvviso le labbra della ragazza si incurvarono appena e un confortevole sorriso nacque sul suo volto, accompagnato dal piccolo movimento della sua mano dedicargli un saluto come se lo conoscesse da sempre. Eccolo, lo sguardo di sostegno che stava cercando.
Si sedette sul trepiedi destinato a sopportare il peso di tutti loro ancora una volta, in attesa che il cappello parlante gli venisse messo sulla testa e decidesse quale, fra le quattro case, fosse quella più adatta a lui.
Il cuore era in procinto di schizzargli via dal petto e non era del tutto sicuro che i suoi polmoni funzionassero ancora correttamente, ma cercò di non curarsene
, prendendo consapevolezza che qualunque cosa avesse fatto non avrebbe cambiato una decisione che non spettava a lui e su cui non poteva influire in alcun modo – sebbene lo riguardasse.
Chiuse gli occhi, cercando di mantenere quanta più calma possibile e costringendosi addirittura ad estraniarsi da tutto, facendo ricadere ogni pensiero sul banchetto che di lì a poco avrebbe arricchito i tavoli su cui avrebbe mangiato, sperando con tutto il cuore che tra le portate non ci fosse troppo pesce.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Prima cosa da dire, sì, il titolo della raccolta è cambiato, e l'attuale mi è balenato in mente proprio mentre stavo bevendo un tè alla vaniglia, appunto! Lo trovo più accostabile con il senso di questa fiction, con ciò di cui parlo capitolo per capitolo ed è stata una voglia troppo forte quella sostituirlo con il precedente. x°
L'odore del tè alla vaniglia è il mio odore preferito in assoluto poiché ne ho bevuto veramente tanto – puntualmente, regolarmente, abbondantemente – durante il periodo in cui ho scoperto e guardato Fullmetal alchemist  – la prima versione, anni e anni fa, e che continua a detenere nel tempo il podio come mio anime preferito senza possibilità d'esser surclassato – e, quindi,
ogni volta che lo inspiro mi riporta inevitabilmente a quel periodo in cui mi sono immersa in una visione per me così intensa e significativa; è un aroma che mi ricorda molto i legami e penso che, sulla base di questo, un titolo del genere non possa che essere calzante.
Spiegato l'arcano (?), passo dunque con i miei ringraziamenti più sentiti a tutta quella miriade di persone che ha aggiunto la raccolta alle seguite e preferite *A*
Non so come esprimere la gioia bruciante che sento dentro il mio cuoricino hahaha, quattordici preferite e undici seguite! Siete fantastici, sul serio, e spero possiate presto lasciarmi magari qualche parere, anche piccolo, tramite una recensione che non farebbe altro che motivarmi e stimolarmi nella stesura del tutto! Grazie veramente, e grazie ancor di più a Ucha, P h o e e Shin92 per aver commentato come sempre – Shin, grazie soprattutto per avermi dedicato addirittura una recensione a capitolo; l'ho veramente apprezzato!
Oh, sì, prima che mi dimentichi, ci tenevo a dare le mie spiegazioni sul mio modo di aver trattato Merida nella scorsa uscita; mi è stato detto che è apparsa lievemente OOC, e non rizzo di certo il pelo per questo x°, ma vorrei comunque fornire la mia ottica su di lei, per giustificare il mio sostenerla, invece, IC. Secondo me si tende ad inquadrarla come ostile alle amicizie 
per via del suo negare categoricamente ogni possibilità di matrimonio ai suoi pretendenti, nel film ma, a mio avviso, se solo ne avesse la possibilità Merida in amicizia sarebbe una persona fantastica e non così burbera come invece viene spesso dipinta nelle storie – parlo della maggior parte di quelle che ho letto ovviamente. Non so, mi è sembrata lampante la sua gioia di vivere e il suo volersi godere le piccole grandi cose – ha voluto scalare una montagna solamente per bere da una cascata! Rendiamoci conto – e, idem, mi è sembrata piuttosto ben caratterizzata la sua indole giocherellona e vogliosa di esporsi eccentricamente nelle situazioni e nei discorsi – vedesi il suo scendere in campo con arco e frecce per ottenere la sua stessa mano, o il suo modo di intromettersi nella storia che suo padre stava raccontando ai tre gemelli sul come ha perso la gamba. E' uno spirito libero e con un pizzico di ingenua ed adorabile infantilità, con tanta voglia di prendere le cose con leggerezza e fuggire dalla realtà per rifugiarsi nella fantasia o nelle più incredibili sensazioni che il mondo può offrire. E' una ragazza che ride anche per i più bambineschi episodiucci e che sbuffa davanti alle questioni serie, perché non vede l'ora di lanciarsi in nuove avventure che lei stessa si crea. E' una persona piena di voglia di conoscere e, per tutta questa pappardella di roba da me elencata, trovo abbastanza sensato che nello scorso capitolo si sia spanciata – quasi – dalle risate alla battuta di Hiccup sui draghi – ricordiamoci che ha riso a crepapelle, nel film, quando un falco si è piantato in faccia a suo padre, per una sciocchezza insomma x° – e trovo atrettanto sensato che lo abbia voluto avvicinare vedendolo lì da solo – poiché Hiccup non appare certamente come un don giovanni o un marcantonio pronto a volersi maritare con lei, tutt'altro, e penso che i due possano avere feeling anche solo a prima vista ed per questo che, nella mia storia, Merida lo trova fin da subito, a pelle, 'simpatico'.
Detto questo, basta hahaha, volevo semplicemente argomentare le mie scelte perché credo sia sempre giusto per poter sostenere i propri punti di vista e, ad ogni modo, rispetto quelli che mi sono stati dati quindi è tutto un pour parlé. :))
Ora suppongo di potervi salutare tutti quanti con un ennesimo, enormissimo ringraziamento ancora per ogni cosa! Tutti, dal primo all'ultimo, siete stati incredibili e io spero solamente di essere stata alla vostra altezza – e di poter continuare ad esserlo!
Come sempre, spero inoltre di avervi appena fatto leggere un bel capitolo che possa aver stimolato la vostra curiosità e passione – se così possiamo chiamarla – per questa storia!
Grazie, grazie, grazie, e alla prossima settimana! ♡



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Capitolo 4
*** Capitolo 4 – Incarcerus ***


Capitolo 4 - Incarcerus







C A P I T O L O   IV

Incarcerus







Un conto era gestire un ingombro come quello in un ambiente statico e comunemente considerato normale, ma lì era tutto un altro paio di maniche e in quell’occasione aveva avuto modo di rendersene perfettamente conto. Le mani sul viso a poco servivano in una situazione del genere ma era stato il più istintivo dei gesti e difficilmente avrebbe trovato il coraggio di scoprirlo e mostrarlo nuovamente a tutti gli studenti imbottigliati lì per colpa sua – e che non mancavano di farglielo notare, tramite lamentele di ogni tipo, alcune addirittura eccessivamente pesanti.
Con tutta la forza che riuscì a trovare, infine, decise di riporre le mani lungo i fianchi, continuando però a tenere abbassate le palpebre, ancora incapace di ritornare a guardare ciò che la circondava – come se continuando a rendere invisibile a lei il disagio che aveva creato, sarebbe stato invisibile anche agli altri.
Con un briciolo di coraggio in più si decise ad aprire una piccola fessura sul suo occhio destro, giusto quel che sarebbe bastato per guardare ancora una volta il danno causato.
Per un attimo le ricordarono un po' la lunga pasta casereccia che da bambina faceva in primavera con sua madre, morbidamente distesa a riposare, ma in un momento come quello non c'era spazio per concedersi alla piacevolezza di quel ricordo.
Non sapeva nemmeno come fosse accaduto in realtà, semplicemente aveva iniziato a sentir tirare la sua testa a destra e a sinistra, ritrovandosi costretta a girare su se stessa fino a perdere il senso dell'orientamento, per poi tentare, disperatamente, di impedire invano che quel che stava accadendo succedesse davvero; i lunghissimi fili dorati della sua infinita e folta chioma risplendevano incastrati tra le ringhiere delle scale che conducevano ai vari piani di Hogwarts, ed era stato contemporaneamente impossibile frenare la voglia di quei gradini in pietra di cambiare continuamente posizione, così ché si ritrovarono prigionieri di quell'aurea e lucente ragnatela che ora li bloccava a metà strada, senza permettergli di sistemarsi completamente a nessuno dei piani ai quali erano destinati.
Masse di studenti si videro così costrette a non poter proseguire lungo i percorsi previsti per il cambio d'aula delle varie lezioni e questo li indispose particolarmente visti i punti che rischiavano di far perdere alle loro case – senza considerare gli indesiderati e pressanti rimproveri che avrebbero ricevuto dai professori per i loro ritardi, e Rapunzel questo lo sapeva e si sentiva irrimediabilmente in colpa.
Altre proteste arrivarono alle sue orecchie, confuse e numerose, sovrastate tra di loro e, l'unica cosa che riuscì a fare in un momento d'impotenza come quello, fu trattenere tra i denti il suo labbro inferiore, sperando bastasse a controllare il tremolio che, silenziosamente, aveva iniziato a scuotere il suo intero corpo per via dell'ingestibile agitazione che provava nel non saper risolvere quella problematica di cui era la responsabile.
Non poté vederlo, ma un sorriso comparve su uno dei tanti volti che in quel momento la stavano guardando indispettiti. Jack la osservava dal basso di un paio di piani più sotto, per nulla turbato da quella circostanza spiacevole che non lo toccava minimamente – essendo già al piano da lui interessato – e non riusciva a smettere di pensare a quanta elettricità riuscisse a trasmettergli quella ragazza nella sua totale naturalezza, nel suo semplice essere timidamente e straordinariamente se stessa e basta.
L'aveva già adocchiata alla cerimonia di smistamento un paio di giorni prima – durante la quale aveva assistito al suo convoglio a Corvonero, rimanendo quasi amareggiato nell’essere capitato a Serpeverde e non nella sua stessa casa. L'aveva immediatamente riconosciuta e una piccola, piacevole scossa gli attraversò la mente non appena scorse la sua inconfondibile chioma salire sull’altare fino a raggiungere lo sgabello del cappello parlante.
Non si aspettava di incrociarla nuovamente a distanza di così poco tempo e gli pareva incredibile come concentrasse in lei una percentuale di attrazione così elevata – perché, che fosse o non fosse in un'imbarazzante posizione, a lui non interessava, ai suoi occhi rimaneva comunque una creatura capace di incuriosirlo al punto da non riuscire a staccarle di dosso né lo sguardo né le attenzioni.
Certo che aveva dei capelli incredibilmente lunghi, non riusciva davvero a spiegarsi per quale motivo tredici metri potessero essere per lei la lunghezza ideale di un'acconciatura, specie visti gli scomodi inceppi, come quello, in cui potevano farla cadere ma, in un certo senso, doveva ammettere che non gli sarebbe mai stato possibile riuscire a immaginarla senza e, senza ombra di dubbio, contribuivano ad costruire il suo background al quale si sentiva particolarmente interessato, tanto da riscoprirsi innervosito, addirittura, davanti alla consapevolezza di non conoscerne nemmeno il più minimo dettaglio.
«Ti piace quella ragazza?» una voce sconosciuta gli giunse inaspettatamente vicina, squillando come una sveglia nel suo orecchio destro e costringendolo a voltarsi appena per scoprire a chi appartenesse.
Fiumi in piena sembravano dominare le iridi che si ritrovò davanti – o fresche cascate d'alta montagna, non sapeva definirlo con esattezza – e di certo rimase colpito da quanto bollenti e fresche potessero sembragli le acque che vi scorrevano all'interno – in costante conflitto di prevalenza l'una sull'altra, senza mai arrivare ad una vincitrice assoluta, coesistendo entrambe, mescolandosi assieme di continuo. Rubicondi ricci – incredibilmente definiti e voluminosi – le accarezzavano le guance fino a scenderle lungo il corpo all’altezza della vita. Per un attimo si convinse potessero essere proprio quelle ciocche a spirale a riscaldare il colore freddo del suo sguardo.
Sorrise con uno dei sui tipici e beffardi ghigni, privo di vergogna, accettando la presenza di quella ragazza – che, dalla tunica, non poteva che essere una Grifondoro – per poi voltarsi ancora una volta verso la sua biondina ancora in panico sopra di loro.
«Nient'affatto, guardavo solo il pasticcio in cui si è cacciata» le rispose allora, con l'aria più di un curioso che altro. «Tu sei Merida, giusto?» le domandò dopo una breve pausa, nel tentativo di cambiare totalmente discorso.
Stupita, sbatté gli occhi un paio di volte senza sapere esattamente cosa rispondere, non pensava di essere un nome noto lì dentro – non dopo sole due settimane, per di più – ma, prima ancora che altri dubbi o quesiti le riempissero la testa, Jack proseguì con delucidazioni che anche lui aveva ritenuto necessarie, vista la sua espressione interrogativa.
«In giro non si fa altro che parlare dei tuoi dolcetti» le disse dunque, alludendo all'episodio di qualche giorno prima, quello in cui ad alcuni tra i suoi compagni di casato erano spuntate coda e ali nere e squamose, e avevano iniziato a sentir bruciare le loro gole come se dentro ci fosse del fuoco pronto da ruggire.
Ricordandolo, istantaneamente Merida si mise colpevole una mano sulla bocca – non pensava che un tale incidente avesse già fatto il giro della scuola – ma in fondo quell’accaduto non era nemmeno stato responsabilità sua; quei dolcetti li aveva preparati con l'intenzione di destinarli a qualche animale selvatico, nella speranza che funzionassero e li trasmutassero, per un paio d'ore al massimo, in piccoli ed innocui draghi. Voleva fare un regalo a Hiccup per farsi perdonare della sua improvvisa sparizione il giorno del loro arrivo, e non era di certo colpa sua se in giro bazzicavano troppi curiosi incapaci di tenere le mani al loro posto.
«Non è stata colpa mia, sia chiaro!» si giustificò subito, stringendo i pugni lungo i fianchi ed assumendo un'espressione agguerrita – le sopracciglia corrucciate non lasciavano spazio a repliche di alcun tipo e il suo volto si fece così vicino a quello di Jack che il ragazzo arrossì sull’istante ritirandosi subito indietro con la schiena, davanti al suo scatto improvviso, restando per qualche istante a guardarla con un punto interrogativo a governare i suoi pensieri. Decise poi che la miglior cosa da fare sarebbe stata semplicemente fare un profondo respiro e lasciare che l'argomento si disperdesse nei secondi di silenzio che seguirono, tornando così a guardare nuovamente Rapunzel ancora in assoluta crisi in alto a loro – addirittura aveva iniziato a tirare i suoi capelli nella speranza che servisse a qualcosa, senza però ottenere successo alcuno. In un certo senso avrebbe voluto aiutarla, e già da molto prima, qualcosa lo faceva sentire legato a quella ragazza e non sapeva esattamente descrivere cosa potesse essere, ma quel di cui era certo era che il suo sguardo confuso e disperato non poteva sopportarlo, come se si sentisse in obbligo di proteggerla e tirarla fuori dai guai – e l’idea che non lo stesse facendo lo faceva sentire manchevole in un qualcosa che gli premeva come impegno e volere morale.
«Certo che siete tutti dei caproni però» proferì nuovamente Merida, facendolo istintivamente voltare verso di lei giusto nel momento in cui tirò fuori la sua bacchetta – iniziando ad agitarla.
Non sapeva esattamente dove l’avesse visto, ma era certo che un barlume di rimprovero verso tutti loro avesse riempito, per un breve istante, gli occhi della rossa, come se fosse intensamente disgustata dal loro unanime deridere quella ragazza in difficoltà, dal loro aggredirla verbalmente senza però far nulla per aiutarla in un fastidio che certamente non aveva desiderato creare e su cui tutti sembravano voler solo sindacare senza comprensione o tolleranza, senza umanità.
«Dissolutio et ordinet!» disse poi con sicurezza, puntando la bacchetta in direzione della sua bionda.
In un attimo la cascata di capelli di Rapunzel iniziò a muoversi come se avesse preso vita propria, sciogliendosi dai suoi incastri e nodi fino a disciplinarsi nell'aria e arrotolarsi ordinatamente ai piedi della proprietaria, lasciando incredula lei e tutti gli altri – che, per quanto avessero intuito che qualcuno avesse fatto un incantesimo, nessuno sapeva chi fosse stato e, in ogni caso, non poterono fare a meno di trovare suggestivo uno scenario insolito come quello di un mare di splendidi capelli volteggiare nel vuoto come un lungo serpente dorato.
Rapunzel accarezzò quasi senza accorgersene, d’istinto, la sua chioma ora nuovamente sotto il suo controllo, non riuscendosi a spiegare la dinamica di quel risvolto e iniziando a guardarsi attorno per scorgere il volto della persona che avrebbe dovuto – e voluto – ringraziare ma, mentre le scale ricominciarono finalmente a muoversi, la folla dei ritardatari riprese a salirle di tutta fretta, creando un'ambiente confusionario dove non riuscì, sfortunatamente, a ritrovare nessuno che potesse catalogare come suo eroe.
Nonostante il caos generale di quel momento frenetico, però, Jack non la perse di vista nemmeno per un secondo e una piccola smorfia compiaciuta decorò i lineamenti del suo viso squadrato.
«Niente male» si espresse, cercando di mantenere sulla sufficienza il tono di voce e voltandosi con tutta calma verso Merida ma non ritrovandola più accanto a lui.
Si guardò più volte attorno, ma di lei non c'era più traccia e anche se senza consapevolezza o ammissione, gli era dispiaciuto non aver avuto modo di affrontare qualche chiacchiera in più con quella strana, esuberante ragazza, e nel suo continuare a cercarla non poté accorgersi che quel fuoco vivo era ormai due piani sopra di lui, che passava affianco a Rapunzel che ancora non aveva trovato il suo salvatore.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

No. Se ve lo state chiedendo, la risposta è no, non esiste nessun incantesimo denominato «Dissolutio et ordinet», ma avevo bisogno di una magia che sciogliesse e riordinasse un qualcosa di troppo ingarbugliato, come i capelli di Rapunzel in questo caso, per l'appunto.
Reputo questo capitolo abbastanza strano, senza né capo né coda. E' di collegamento, se vogliamo – essento per altro il primo in cui compaiono per la prima volta più di due personaggi contemporaneamente – e quindi segna un po' l'inizio del tutto, dove le casate sono state già assegnate e le lezioni sono cominciate.
Volevo scrivere da morire su una povera Rapunzel rimasta intrappolata per colpa dei capelli tra le scale di Hogwarts che si muovono, la trovavo una cosa estremamente probabile e carina da immaginare, visionare – fose non per lei maVABEH.
Un piccolissimo appunto; ho accennato ad un Jack che ritiene sua Rapunzel, ma ci tenevo a specificare che è più una cosa platonica che romantica – Rapunzel è pur sempre la prima persona con cui si è rapportato all'inizio di quest'avventura, e lei continua e continuerà a rimanere una presenza costante nella sua vita dentro la scuola, il volto più familiare, ed è per questo che ci si sente legato in un qualche modo, ma non prova necessariamente dei sentimenti di quel tipo nei suoi confronti. Tutto qui.
Non penso di aver molto altro da dire su questo capitolo, forse solo che non mi sono voluta concentrare in maniera eccessiva sull'IC dei personaggi poiché mi premeva più che altro creare un contesto nel quale inserirne più di uno, in modo che iniziassero ad interagire maggiormente – anche se a piccole dosi, dopotutto ancora nemmeno si conoscono. Boh, gli ho dunque regalato reazioni umane – o alemno credo – che tutti potrebbero avere, senza star lì a scervellarmi troppo anche perché non avrebbe avuto senso – non penso infatti ce ne fosse realmente bisogno.
Nel prossimo capitolo vedremo un Hiccup e un Jack Frost finalmente assieme... E io amo quel capitolo. x°
Non vedo l'ora di postarlo e spero con tutto il cuore possa piacervi così come mi auguro vi sia piaciuto questo – ma quello dipppppiù. x°
Grazie infinite per continuare ad aggiungere la storia nelle sezioni di vostro interesse, se i nuovi arrivati volessero lasciarmi qualche parere mi farebbero soltanto piacere – le recensioni stanno scemando di capitolo in capitolo, non so se sia colpa mia o meno, ma la cosa mi demoralizza. Mi piacerebbe tanto avere più riscontri con il 'pubblico' dato che pubblico proprio per avere opinioni. :))
A parte questo, grazie comunque a tutti sul serio, anche a chi mi ha solo dedicato silenziose letture che, ad ogni modo, per me già contano tantissimo!
Un saluto e alla prossima settimana – ma anche prima, dato che sto stilando una nuova Jack x Rapunzel x° – e grazie ancora per tutto!


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 – Petrificus totalus ***


Capitolo 5 - Petrificus totalus







C A P I T O L O   V

Petrificus totalus







Era sicuramente abituato ad essere circondato dal verde delle piante – Berk era stracolma di alberi e fitte vegetazioni – ma l'idea che una stanza artificiale ne fosse interamente riempita, in ogni dove, su ogni mobile o spazio marginale inutile al fine di muoversi liberamente, lo inquietava lievemente, come se da un momento all'altro queste potessero prender vita e attaccarlo – e, ad Hogworts, non era una supposizione così assurda o impensabile.
Abbassò lo sguardo fino a quel momento dedicato all'enorme cupola in vetro sopra di lui – l'unico punto risparmiato per fornire luce alla serra – per dedicarsi ad osservare con un misto di desolazione e rassegnazione i suoi compagni di lezione – non perché li odiasse, ma perché non aveva legato con nessuno di loro ancora. Erano passate un paio di settimane dal giorno dello smistamento ma, per quanto ci avesse provato, non era riuscito a farsi piacere da nessuno della sua casa o altre, non in modo particolare almeno, finendo così per salutare tutti per i corridoi ma non integrandosi con nessuno.
Quella era la prima lezione di erbologia della sua vita e gruppi di studenti parlottavano tra di loro in attesa che questa iniziasse con l'arrivo della professoressa – unica a mancare all'appello – e così, escluso da tutti, Hiccup abbandonò il suo volto tra le mani, appoggiando i gomiti al tavolo comune e sbuffando lievemente, annoiato non solo per l'attesa ma anche per tutto quel rimuginare sulla classica situazione che non era cambiata ma che, anzi, si ripeteva come ogni volta.
Senza un reale interesse, si mise ad osservare la pianta che aveva davanti – uguale a quella che anche tutti gli altri avevano – ripercorrendo con gli occhi tutte le increspature delle sue foglie e immaginando fossero vie che componevano una piccola città.
«Ma i Tassorosso non dovrebbero essere amici formidabili?».
Una voce sconosciuta lo destò dal suo stato d'animo abbandonato allo scorrere dei secondi, facendolo voltare verso colui che ora stava spavaldamente al suo fianco sfoggiando un sorrisetto stuzzichevole e pieno di impertinenza. Rimase in silenzio, non aveva mai avuto modo di conoscere quel ragazzo così sicuro di sé ma sapeva perfettamente chi fosse – Jack Frost sembrava esser solito fare scherzi a chiunque gli capitasse a tiro, non ci aveva impiegato molto a farsi una nomea all'interno di Hogwarts.
Sebbene il suo sguardo glaciale fosse posato sul suo, Hiccup per un attimo non fu completamente sicuro che si stesse rivolgendo a lui – e ancora stava cercando di ricomporre mentalmente la domanda che gli aveva appena posto, arrivatagli alle orecchie troppo all'improvviso perché l'assimilasse con dovuta attenzione.
«Amicizia e lealtà prima di tutto!» canzonò Jack, senza aspettare che gli rispondesse e continuando con una tagliente osservazione, «eppure, tu sei l'unico ad essere solo, fuori da ogni trio o quartetto».
Hiccup dischiuse le labbra e rimase a guardarlo sorridere più ampiamente e con quella che sembrava essere una velata aria di sfida – sebbene non sembrasse comunque voler attirare l'attenzione di nessuno, poiché sul suo volto e nel suo tono di voce non parevano esserci cattiveria o iniquità. Semplicemente, gli stava parlando, gli stava parlando come forse avrebbe fatto con chiunque altro, ma quella parvenza di autocompiacimento nella reazione di sasso che era riuscito a provocare in lui, non gli permetteva di inquadrare in maniera completamente positiva le sue indecifrabili intenzioni.
Come pietrificato per diversi secondi, iniziò a domandarsi silenziosamente per quale motivo un Serpeverde – casata con la quale avrebbe condiviso quell'ora di insegnamento – avesse deciso di avvicinarsi a lui, proprio a lui, per fornirgli il quadro della sua amara situazione alla quale nessuno pareva essersi mai interessato prima di allora.
Innalzò svogliatamente un sopracciglio, mancavano solamente un disegnino e una pugno nello stomaco per completare il tutto.
«Grazie per questa sintesi illuminante» esordì con sarcasmo.
Nel vederlo reagire in quel modo, Jack si lasciò scappare un risolo che tentò di sopprimere mettendosi l'indice sotto al naso; effettivamente non poteva negare di aver messo il dito nella piaga – sua intenzione sin dall'inizio, a dirla tutta, ma di certo offenderlo o deriderlo non era lo scopo del volersi rapportare con quel ragazzo pieno di lentiggini che aveva attirato la sua attenzione.
Sporgendosi in un inchino recitato con falsa eleganza, non si lasciò però allontanare o intimorire dal suo sguardo restio, decidendo così di continuare il suo punzecchiamento.
«Non c'è di ché» si atteggiò a gentiluomo.
Hiccup continuò a scrutarlo pur restando immobile nella postura e nell'espressione – tanto che si era addirittura dimenticato di sbattere le palpebre, socchiuse perplessamente. Non lo comprendeva, il suo comportamento era strano e senza apparenti punti di arrivo, e questo lo provocava.
«Scusa se te lo chiedo» si espose con un pizzico di avversione contenuta, «ma che cosa vuoi da me?».
Jack lo guardò con gli occhi stretti in una fessura intensa. Aprì la bocca pronto a voler dire qualcosa, ma alla fine sembrò decidere di voler tenere per sé ogni considerazione, sigillando il tutto con un sorriso carico di quella risposta che Hiccup non ebbe mai modo di ricevere.
In quell'istante, il mastodontico portone in ebano invecchiato si spalancò cigolando appena, permettendo così alla professoressa di fare la sua entrata in scena all'interno dell'aula.
Portava con sé una vaso contenente una pianta uguale a tutte quelle che già loro avevano e, una volta giunta davanti al tavolo e cosciente di avere tutti gli sguardi dei suoi alunni rivolti a lei, con un ampio sorriso iniziò a presentarsi e a presentare l'importanza della materia che insegnava – gesticolando confusamente con le mani, indicando in maniera generica l'intera serra e tutto il suo verde contenuto.
Era evidente l’amore che nutriva per la sua disciplina e quanto ne fosse particolarmente devota, tanto che i suoi sproloqui iniziarono a tediare più di una dozzina dei presenti e Hiccup non ne fu pienamente convinto, ma gli parve avesse chiamato le piante dinanzi i loro nasi mandragole.
Iniziò probabilmente a spiegare qualcosa e, seppur in modo ovattato – i suoi pensieri continuavano ad essere infastiditi dalla presenza di quel Serpeverde ancora accanto a lui –, quel che riuscì a percepire erano informazioni riguardo le proprietà curative appartenenti alla radice della suddetta pianta. Per quanto Jack osservasse con sguardo attento la figura dell'insegnante, Hiccup avrebbe scommesso non la stesse ascoltando realmente – il sottile sorriso sul volto di quel ragazzo era tremendamente enigmatico e indecrittabile, e questo lo disturbava.
Lo irritava, guardarlo con la coda dell'occhio e rendersi conto dei notevoli centimetri di differenza che lo separavano negativamente da lui. Era come un ulteriore provocazione, un ennesimo, silenzioso affronto che, per quanto involontario, lo seccava e lo faceva sentire in difetto di fianco alla sua perfetta figura – poiché gli appariva come se fosse capace di eccellere in tutto, e un po' si lasciava forse condizionare da questa sua convinzione basata su nient'altro che l'apparenza.
Uno come lui non poteva di certo avere problemi a trovare amici o una ragazza – o addirittura due o tre – e il suo sentirsi vittima e preda all'interno di quell’inconscia comparazione che aveva iniziato a fare tra loro due, gli fece perdere completamente il filo del discorso della lezione, riuscendo a captare solamente altri tre termini che davvero non comprendeva cosa potessero avere di accomunabile.
Pianto, fatale e protezione acustica; continuò a ripeterseli mentalmente senza trovare un nesso logico ad una frase che potesse comprenderli sensatamente tutte e tre, estraniandosi così da tutto e cadendo in uno stato di alienazione che lui stesso aveva creato e in cui lui stesso si era andato a ficcare.
Senza rendersi conto di cosa stessero facendo e perché, osservò ancora una volta i suoi compagni mentre si mettevano prontamente dei para orecchi sul capo,  anche Jack, addirittura, ma non lui – troppo distratto dai fiumi di pensieri dai quali si era lasciato trasportare, rinchiudendosi completamente e senza rendersene conto in un invisibile involucro dal quale si lasciò cullare dimenticandosi che il dovere di uno studente era quello di stare attento alle lezioni, e per un buon motivo.
Sull'istante, un ultrasuono così forte e così penetrante iniziò ad insidiarsi nei suoi canali uditivi, raggiungendogli i timpani e facendogli quasi credere stessero per esplodere. Ebbe appena il tempo di mettersi invano le mani sulle orecchie e di notare un piccolo essere umanoide – vegetale, piangente e urlante – appena tirato fuori da un vaso e ora tra le mani della professoressa, per poi accasciarsi al suolo e svenire.
In diversi si voltarono verso di lui, stupiti e allarmanti al contempo, ma solo una giovane Tassorosso ebbe il coraggio di aprir bocca per informare l'insegnante dell'accaduto.
«Professoressa, Hiccup è svenuto!» si pronunciò con una nota di choc e incredulità nel tono di voce.
Quella, alla notizia, si alzò appena sulla punta dei piedi per constatare cosa stesse succedendo e, appurato che uno dei suoi studenti giaceva a terra privo di sensi, non si mostrò comunque preoccupata o turbata.
«Non ha messo il paraorecchi» bofonchiò tra sé e sé e accennando più volte col capo segni di rassegnazione, per poi concludere come se nulla fosse. «Sì, beh, lasciamolo lì. Continuiamo» detto fatto, non lasciò che nemmeno un secondo del suo tempo venisse sprecato, continuando il travaso della sua mandragola e spiegando che con la terra queste si sentivano coperte e calde, ed era questo l'unico segreto capace di tenerle quiete e tranquille.
Divertito quanto destabilizzato, Jack rivolse più volte lo sguardo prima verso la spiegazione e poi verso Hiccup a terra, alternando, senza sapere esattamente a chi fosse più giusto dedicare la sua attenzione.
Nemmeno lui pareva essere particolarmente preoccupato per quanto successo, solo non riusciva a spiegarsi come avesse fatto quel ragazzo ad essersi dimenticato di mettere il para orecchi.
Prima di ritornare a seguire la lezione, decise infine di dedicare un ultimo sguardo verso quella buffa personcina che fin dall'inizio gli era sembrata curiosa e diversa dalle altre – lasciandosi scappare ancora una volta un appena percettibile sorriso. Gli era simpatico.







C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Prima cosa fra tutte: qualcuno mi regali Errol. So che non c'entra nulla con la storia ma infondonemmenocosìpoco, quindi per favore fatemi arrivare sotto casa una gabbietta con quel gufo spastico perché lo amo hahaha.
Passando alle cose inerenti, tadaaan~, ecco il famoso capitolo con Jack e Hiccup! Io non so come possa essere apparso ai vostri occhi, ma personalmente lo amo – ma forse perché ho iniziato davvero ad amare visceralmente questi due e devo assolutamente condividere con il mondo il video più bello in assoluto che li riguardi, nonché questoclickate per aprire.
Li friendshippo da morire, mi piace da morire l'headcanon creato sul loro rapporto e io voglio cercare di attenermici il più possibile – sperando di riuscirsci.
So che le mandragole sono un'argomento che viene trattato dal secondo anno in avanti, ma l'idea di scrivere su loro due durante una lezione di erbologia che riguardasse queste piante, mi piaceva da morire anche se sono solo al primo anno – mi avvalgo, dunque, ancora una volta della licenza poetica. (?).
Hiccup che sviene – come un Neville Paciock del secondo film/libro – è per me è tremendamente amabile ed IC, è impossibile non rimanere infatuati delle sue sciagure costantemente attaccate, abbracciate a lui. x°
Lo amo, basta, io amo Hiccup – sebbene in realtà abbia una cotta per Jack Frost MAVABEH. I miei discutibili complessi sentimentali non devono essere di dominio pubblico hahaha.
Oh, le case di Hogwarts; mi avete sempre dimostrato una certa ed esaltante curiosità sul come avrei smistato i The Big Four, e mi spiace di essere risultata alla fine così banale da aver lasciato che appartenessero a quelle preimpostate dall'headcanon più diffuso. x°
A mio discapito e giustifica devo però dire che tale decisione, se può interessare, è venuta comunque a seguito di una profonda riflessione che vede i miei gusti personali perfettamente concordi con l'headcanon, ma scusatemi lo stesso per la poca fantasia. :c
Baboom, non ho più voglia di scrivere le note autrice quindi arrivo subito ai consueti ringraziamenti a tutti – l'incremento delle aggiunte alle seguite e alle preferite è notevole e non penso esista il giusto accostamento di parole per esprimere appieno ciò che provo ogni volta che vedo aumentare i numeri di queste sezioni hahaha. Grazie!
Grazie ovviamente alle solite e adorabili P h o e, Shin92, kuma_cla e Ucha per regalarmi commenti così splendidi e ricchi che non riesco a credere di meritarmi! Sappiate che siete principalmente voi a tenere viva la mia voglia di scrivere e pubblicare!
Un saluto a tutti e alla prossima settimana – dove vedremo le due bellissime Rapunzel e Merida finalmente interagire tra di loro!


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 – Stupeficium ***


Capitolo 6 - Stupeficium







C A P I T O L O   VI

Stupeficium







Non era nemmeno a metà della piccolissima, microscopica trecciolina che aveva iniziato a fare con una ciocca dei suoi infiniti capelli dorati – senza nemmeno rendersene conto.
Non sapeva assolutamente come era finita quella frazione di tempo carica della più assoluta e totale noia, ma le lezioni erano appena terminate e alcuni suoi compagni le avevano proposto di aggregarsi alla loro iniziativa di giocare fuori con quel meraviglioso e consistente manto di neve candida che ricopriva l'intero giardino, e per un po' era stata pienamente attiva in quel passatempo spensierato e divertente, finché non cadde vittima di una delle sue solite crisi auto giudicative – nella quale iniziò a chiedersi se fosse giusto giocare piuttosto che occuparsi subito della relazione assegnata loro per l'indomani, passando poi alla fase di totale mancanza di preoccupazione a riguardo e ritornando infine a crucciarsene nuovamente, decidendo di rientrare immediatamente all'interno della scuola ad autocommiserarsi come studentessa.
Nonostante il caos del corridoio nel quale si trovava, riuscì a tranquillizzarsi dopo non molto. Voltò dunque lo sguardo verso la finestra semiaperta che aveva alle spalle, riempiendo il riflesso nei suoi occhi con lo spasso di quello svago che aveva abbandonato poco prima ma che, anche senza di lei, continuava a persistere lì all'esterno. Si lasciò scappare un sorriso nel vedere ridere e gioire quelli che poteva considerare i suoi nuovi amici 
ed altra gente accodatasi , e un po' aveva iniziato a pentirsi di essersi ritirata in preda ai suoi instabili cambi d'umore – tanto che un piccolo e nuovo ripensamento iniziò a farsi spazio nella sua mente.
Improvvisamente qualcos'altro catturò però il suo interesse, costringendola ad abbassare gli occhi sulla piccola cioccorana che stazionava anch'essa sulla stessa rientranza del muro dove anche lei era seduta – usate e scambiate ormai come autentiche panchine negli affollati corridoi della scuola, seppur non lo fossero intenzionalmente.
Senza nemmeno avere il tempo necessario per domandarsi da dove questa arrivasse e come fosse giunta lì, un uragano dai folti capelli rossi ci si fiondò sopra, spaventandola e facendola scappare fuori dall'apertura della finestra – con un salto talmente disperato da non risultare neppure degno d'essere chiamato tale.
Rapunzel rimase a fissarla con la bocca dischiusa e il vuoto d'aria ancora nel petto – non poteva negare che il suo arrivo improvviso avesse spaventato considerevolmente anche lei, pietrificandola sull'istante – ma quell'eccentrica ragazza sembrava al momento non volersi rendere conto della sua presenza, preferendo piuttosto continuare ad osservare con rabbiosa sconfitta fuori dalla finestra la sua preda ormai fuggita.
Sbatté un pugno sul muretto, accompagnando il gesto con un «dannazione!» piuttosto sentito pronunciato a denti stretti – come se le fosse stato impossibile trattenerlo dentro.
Ancora col cuore stracolmo di forti ed inarrestabili battiti, Rapunzel se ne restò con la trecciolina tra le mani immobili, fossilizzate esattamente come il suo sguardo serrato.
Continuò ad osservare l'irruenta disturbatrice della sua quiete noia, senza sapere esattamente nemmeno perché lo stesse facendo 
ma probabilmente un'entrata in scena come quella non poteva che ottenere su di sé ogni attenzione, richiesta e non – e, senza che lo desiderassse davvero, quella infine la guardò a sua volta con gli occhi cerulei ancora carichi di amara alterazione per aver perso quella che era sicuramente la cioccorana che aveva scartato non molto prima e che le era però scappata – definitivamente, ora.
Sapeva che quell'occhiata furente non era indubbiamente rivolta a lei ma – forse per colpa dello spavento che l'aveva colta impreparata o forse per via delle fiamme che sembravano dominare le sue iridi del colore opposto – non poté fare a meno di avvertire un brivido insidiarsi lungo la sua spina dorsale.
«Non la volevo certamente mangiare si giustificò tirandosi distrattamente all'indietro i capelli, ma Rapunzel in realtà non sapeva perché avesse sentito l'impellenza di farlo. Mangiare cioccorane era una cosa che le faceva senso fin da bambina e non capiva cosa di piacevole ci trovassero gli altri nell'addentare un anfibio di cioccolato che tentava di liberarsi dalla presa del suo divoratore – lo reputava addirittura crudele a ben pensarci –, ma quella sua sensibile considerazione non le era minimamente sfuggita di bocca in quel momento e non sapeva per quale motivo quella ragazza le avesse rivolto quella rassicurazione. Era davvero così facile leggerla?
Nel mentre che la sua testa veniva riempita da questa corrente di pensieri e quesiti, non si era resa conto d'essere rimasta completamente in silenzio – non che ci fosse molto da dire, in fondo
– e, davanti alla sua assenza di parole, l'altra si sedette al lato opposto della rientranza, appoggiando la sua schiena al muro con una postura che Rapunzel aveva visto assumere solo a dei ragazzi, fino ad allora.
Distolse subito lo sguardo, sentendosi inopportuna nel continuare ad scrutarla con tanta perplessità e apparente stranezza, ma quella ragazza continuava ad incuriosirla e a richiamare senza volerlo la sua attenzione.
Sapeva chi fosse, condivideva con Grifondoro diverse lezioni e una come lei era difficile da non notare – sia per la capigliatura, sia per l'effervescenza che trasudava. Se non ricordava male, il suo nome doveva essere Merida e le erano giunti diversi pettegolezzi su di lei. Avere così dannatamente vicina, ora, la protagonista delle più svariate voci che giravano per i corridoi, non sapeva esattamente come definire che sensazione le facesse provare; un po' si sentiva come se fosse in presenza di un qualcuno di famoso, e un po' non riusciva a comprendere per quale motivo provasse quella percezione così assurda.
Nelle chicche che sentiva volare di qua e di là veniva descritta come un fulmine matto e di difficile comprensione, di cui qualcuno, segretamente, addirittura rideva o se ne burlava – per invidia o troppa ammirazione, difficile da dire – ma, in tutta sincerità, nonostante i pregiudizi che già le avevano cucito addosso, nessuno di questi era stato in grado di ifluenzare Rapunzel e la cosa che più la incuriosiva di lei erano i suoi riccioli assurdamente, maledettamente definiti e infuocati – un vulcano in eruzione del quale era impossibile non rimanere suggestionati.
Di sottecchi, tentò di riconquistare con gli occhi una visuale che poteva comprenderla senza che se ne accorgesse, ed iniziò a domandarsi come facesse ogni mattina a gestire la sua chioma ribelle e frizzante, come potesse riuscire a mantenere in ordine tutta quell'esplosione di scintille rosse e indomabili.
Certo, sapeva perfettamente che non era nella posizione migliore per poter elaborare un simile giudizio, solo non riusciva a fare a meno di sentirsi attratta da tutto quel delizioso movimento che sembrava animarli. Le piacevano da morire.
Come se si sentisse osservata, Merida rivolse a quel punto lo sguardo ancora una volta su Rapunzel, cogliendola in flagrante nel suo ossessivo osservarle i capelli.
Si ricordava di lei, e non solo per le ore d'insegnamento che condividevano assieme. Un paio di mesi addietro l'aveva salvata da una spiacevole situazione nella quale si era cacciata ed era impossibile scordarsene ma, a quanto pareva, la sua identità di salvatrice non sembrava essere stata ancora scoperta poiché nel suo sguardo riuscì ad intravedere soltanto confusione e un pizzico d'imbarazzo.
Istintivamente anche lei rivolse le attenzioni sulla sua capigliatura bionda, non riuscendo nemmeno a capire fino a che punto questa potesse essere lunga se estesa per intero e non arrotolata accanto ai suoi piedi come invece l'aveva messa.
Erano talmente lucidi da sembrare uno specchio e risultava addirittura folle 
innaturale quasi la sfumatura dorata che sfoggiavano con il riflesso della luce.
Una decisione come quella di farli crescere fino a raggiungere lunghezze chilometriche, doveva essere parecchio coraggiosa a suo avviso, perché non riusciva davvero a spiegarsi come si potesse convivere con quell'impegno, quel fastidio costante che ogni mattina si ripresentava a ricordarle di mettere tutto a posto, curato a dovere
– eppure erano così assurdamente lisci e impeccabile da poter fare invidia alle corde di un arpa.
Rialzò lo sguardo per posarlo ancora una volta sul viso ora lievemente arrossato di Rapunzel e le sorrise. Le piacevano da morire.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Non ho ancora postato nulla che fosse visto dal punto di vista di Merida, e me ne sono accorta solo ora. Il prossimo capitolo fortunatamente rimedierà a questa mia lacuna perché mi sembra quasi di averle dato meno spazio rispetto agli altri – mentre l'adoro in egual modo, assolutamente. x°
A proposito di Merida, questa notte ho fatto un sogno molto creepy e strano sui The Big Four e lei ha avuto un ruolo fondamentale. Dico questo per informare tutti che, molto probabilmente – se riuscirò a stendere tutta la trama esattamente con lo spessore che vorrei darle – presto pubblicherò un'altra mini–raccolta assolutamente AU e What if che racconterà la vicenda che la mia fase rem ha voluto farmi vivere – e vi assicuro che era una figata totale. x°
Tornando al capitolo; mi piace, mi piace da morire la scena trattata, ma questa volta c'è quel un non so ché che non mi fa apprezzare pienamente il modo in cui l'ho riproposta – credo di aver sbagliato qualcosa nello stile di narrazione, non so, ditemi voi. :I
Ad ogni modo io amo Rapunzel e Merida, l'headcanon sulla loro amicizia mi elettrizza, lo adoro, mi fa letteralmente impazzire! Sono davvero troppo carine assieme e spero di aver reso giustizia a questo loro primo vero incontro.
Il prossimo capitolo vedrà come protagonisti Merida e Jack e credo proprio che questo sia l'ultimo capitolo con questo stile, poiché per forza di cosa dal prossimo dovrò necessariamente cambiare un paio di linee conduttrici – spero possiate apprezzare comunque, ma ne riparleremo a tempo debito!
Oh, mi apro un piccolo angolo pubblicità per informare, chi fosse interessato, che ho recentemente scritto due one–shot, se voleste darci un'occhiata:


   ●  Nessuno vede le leggende – una Jack x Elsa non molto Jack x Elsa – diciamo una mia personale visione della cosa;

   ●  Hiccup adorava volare con la pioggia – una Hiccup!centric. Perché sì, perché
Hiccup merita tutte le attenzioni del mondo.


Beh, boh. Non so che altro dire hahaha. Ringrazio come sempre tutti coloro che hanno dedicato attenzione a questa storia anche solo leggendola, e ringrazio le notevoli aggiunte alle seguite e preferite di questa settimana – undici per la prima e otto per la seconda! Sul serio, grazie! *–*
Grazie poi – e soprattutto –, a chi nello scorso capitolo ha voluto regalarmi un sorriso in più facendomi sapere cose ne pensasse tramite una rencensione, ossia Shin92 e P h o e. Al solito, vi amo.
Ah, boh, così, ho deciso che per questa settimana lascerò inserito in questo capitolo il mio account facebook , se qualcuno volesse aggiungermi per fare due chiacchiere può dunque tranquillamente farlo! Chiamiamolo tipo un bonus per ringraziare tutti di tutto haha! Affrettatevi e riceverete a casa anche una batteria di pentole in omaggio! (?)
Al prossimo capitolo, spero possiate continuare tutti a seguirmi, e grazie ancora!



© a u t u m n

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 – Riddiculus ***


Capitolo 7 - Riddiculus







C A P I T O L O   VII

Riddiculus







Il grosso armadio si agitò come se contenesse al suo interno una belva che di lì a poco ne avrebbe spaccato le ante a specchio per saltar addosso a tutti loro, divorandoli senza lasciargli possibilità alcuna di impedire la tragedia, ma il solo prendere consapevolezza di quella sua previsione tanto inappropriata la fece scoppiare in una piccola risata che riuscì a contenere – se non per via di qualche sputacchio – con la mano.
Incurante di quanto poco aggraziata potesse risultare la scena, si pulì il palmo sulla tunica della divisa, incrociando poi le braccia e continuando ad osservare l'oggetto inanimato – che continuava però a muoversi come se invece lo fosse.
Aspettava quella lezione da così tanto tempo che non riusciva a credere di essere finalmente arrivata a doverla affrontare – diversi tra gli studenti più grandi con cui aveva parlato le avevano detto che i mollicci erano uno spasso da affrontare. Il professore di difesa contro le arti oscure possedeva, inoltre, una dialettica talmente cancelleresca e umoristica che era certa quella non si sarebbe rivelata un'ora tediosamente sprecata.
Con l'ausilio dei libri della biblioteca, si era informata per mesi facendo le più svariate ricerche, ed era rimasta istantaneamente affascinata dal fatto che nessuno al mondo sapesse che aspetto avessero originariamente queste creature – poiché dei muta forma in grado di assumere le sembianze della più grande paura di chi se li ritrovava davanti, ed era estremamente divertente sapere che per affrontarli e vincerli, bastavano semplicemente le risate, pronunciare l'incantesimo riddiculus e immaginare qualcosa di sinceramente esilarante.
Aveva pensato a lungo su quale potesse essere la sua paura più grande, ma in realtà si era resa conto di non saperlo affatto; Dunbroch era così ricca di possibilità in grado di far nascere le più pericolose ed emozionanti avventure, che era convinta di aver ormai affrontato tutte le ombre che avevano tentato di occultare invano la sua tenacia e il suo coraggio – eppure voleva trovarlo comunque quel qualcosa che sarebbe stato in grado di farle provare ancora dei brividi, sperando con tutta se stessa che da quell'armadio non fosse però uscita sua madre, perché non avrebbe sopportato di sentirsi rimproverare sul suo comportamento anche lì ad Hogwarts e, di sicuro, non aveva ancora trovato il giusto modo per vincere contro di lei.
«Pensi di voler restare nel tuo mondo privato ancora a lungo, Archer?».
Una voce fin troppo familiare le arrivò alle orecchie da dietro le spalle, destandola da ogni pensiero e costringendola a voltarsi per veder giungere verso di lei un sorriso smagliante stampato su un volto che conosceva ormai alla perfezione.
«Che c'è Frost, ti da fastidio se ti ignoro?» replicò con dell'innocente sarcasmo nell'intonazione – decorando il tutto con un mezzo sorriso di rimando.
Appena Jack le fu vicino, si lasciò scappare una breve ed impercettibile risatina, come se avesse appena ascoltato una barzelletta che tutto pareva fuorché divertente – ridicola, piuttosto.
«Oh, Merida... Credi davvero non possa fare a meno del tuo saluto?» si difese altrettanto sarcasticamente, non intento ad apparire come se stesse ricercando attenzioni – perché lui le attenzioni le otteneva senza fatica, non c'era bisogno di intraprendere nessuna iniziativa, e di questo ne era convinto.
Merida tuttavia non sembrava voler lasciare a lui l'ultima parola, tanto più se quel che aveva appena detto suonava come una provocazione alla quale non poteva non ribattere.
Non ricordava come e quando fosse nata quella loro guerra non dichiarata, ma sapeva che era in atto da prima che terminassero le vacanze natalizie dalle quali erano appena ritornati e non poteva permettere che, anche quella volta, vincesse lui con la sua prontezza di risposta e la sua parlantina diplomatica – quella che lei proprio non riusciva ad adottare, tanto meno con quel pizzico d'ironia che invece a lui sembrava riuscire talmente naturale da farle saltare i nervi. Eppure non le era sembrato così sfacciato e presuntuoso al loro primo incontro, quello avvenuto sulle scale durante il pasticcio che aveva combinato Rapunzel con i suoi capelli.
Fece un respiro così profondo da far gonfiare le sue guance, per poi esordire con quanto di più stuzzicante le venne in mente – forse la materia in questione sarebbe stata un buon asso nella manica da giocare, per farlo stare finalmente zitto.
«Magari il molliccio muterà le sue sembianze per prendere le mie che ti ignoro, sarebbe davvero divertente scoprire che la tua più grande paura è il non essere considerato da me!».
Jack a quelle parole avvampò appena, stringendo le labbra con una pressione tale da farle schiarire dal loro abituale e scuro colorito, ma certamente non poteva lasciarsi sopraffare da un colpo tanto basso e, infatti, lasciò che la sua espressione tornasse immediatamente rilassata e serena – passando così a Merida quel senso di fastidio di cui lui sembrava essersi liberato.
Scosse la testa con rassegnazione, come se colei che le stava davanti fosse un caso perso in partenza
e questo contribuì solo a far innervosire ancora di più la ragazza, che strinse saldamente le mani a pugno sperando con tutta se stessa di trovare la forza necessaria per non sganciargliene uno in piena faccia. Iniziava davvero ad odiarle, le lezioni condivise con Serpeverde.
«Oh Merida» biascicò nuovamente lui, ricoprendo un ruolo da protagonista bello e dannato all'interno del discorso, «sei davvero simpatica quando te ne esci con queste stupidate».
Merida non poté credere alle sue orecchie, se solo avesse avuto a portata di mano il suo amato arco e le sue frecce, era certa non si sarebbe tirata indietro nello scoccargliene una dritta sulla caviglia ma, prima ancora che la sua rabbia fuoriuscisse dalla sua bocca con qualche disarticolata frase di rimando, Jack continuò quella che sembrava essere la conclusione al suo discorso.
«Io non ho paura di niente». Si pronunciò con una sicurezza tale che sarebbe risultato credibile anche alla più diffidente delle persone. Per un attimo rimase così spiazzata da quell'affermazione da non ricordarsi nemmeno quale fosse il sentimento che l'aveva pervasa fino all'istante prima – rimanendo così a guardarlo senza dir nulla, senza sapere cosa pensare davvero. Appariva talmente serio da farle risultare addirittura impossibile replicare poiché, in quelle sei semplici parole che predominavano con il loro significato nello sguardo del ragazzo, sembrava esserci esclusivamente verità – ma lei non poteva e non voleva assolutamente lasciarsi soggiogare da quell'incertezza senza fondamenta alcuna.
Con gli occhi fissi nei suoi – facendo così scontrare profondi e glaciali oceani contro cieli tempestosi – alzò appena l'angolo destro delle sue labbra, accennando una letizia provocatoria proprio nell'esatto momento in cui il professore terminò di spiegare quel che sarebbe successo in quell'ora sperimentale e pratica – chiedendo così a tutti gli studenti di predisporsi uno dietro l'altro in fila indiana per poter iniziare la loro piccola ma intensa avventura contro il molliccio.
Sebbene avessero recepito perfettamente la richiesta dell'insegnante, i due continuarono comunque a fissarsi con
ardente competizione per diversi altri secondi, finché Merida non decise di interrompere quella partita per il momento sostenuta solo con sguardi e parole – ma che necessitava, a quel punto, di qualche risvolto pratico.
«Lo vedremo allora, Jack, se non hai paura di niente», allontanandosi definitivamente da lui, lo lasciò immobile nella sua postura e nella sua espressione rimasta di stucco – tanto che riuscì a voltarsi solamente per guardarla prender posto nella lunga fila. Non si aspettava di venir liquidato in quella maniera e non poteva certamente negare lo avesse notevolmente infastidito quel congedo così altezzoso e spontaneo ma, a quanto pareva, ora toccava ai fatti parlare e non più alle parole, e lui non avrebbe perso contro quella chioma di riccioli infuocati – né ora né mai.
«Lo vedremo» sussurrò, abbozzando un ennesimo ghigno e accingendosi a prender posto in coda con gli altri.
Nonostante alcuni tentennamenti e insicurezze iniziali da parte del primo in turno al tutto, la lezione si rivelò più spassosa e piacevole di quanto ci si potesse aspettare e Merida trovò ognuna delle esperienze precedenti alla sua assolutamente comica e spiritosa – ed era straordinariamente interessante osservare i cambiamenti del molliccio in base al soggetto che gli si parava davanti.
Poté assistere al manifestarsi delle più svariate paure, a partire da giganteschi ragni fino ad arrivare alla tetra semplicità dei clown, e lei si ritrovò ad essere ogni volta sempre più entusiasta e incuriosita davanti a tutti quegli strani terrori prender vita – c'era chi addirittura aveva paura dei capelli di Rapunzel.
Arrivò poi finalmente il suo turno, e sulla sua pelle riuscì a percepire perfettamente un brivido rovente accarezzarla di continuo. Sfoggiò un enorme sorriso impaziente – agitandosi forse più del dovuto anche – e rimase in attesa che quella strana creatura che tanto l'aveva conquistata, cambiasse il suo aspetto – raffigurante il raccapricciante professore Pitch in vesti di donna – per assumere le sembianze di ciò che lei più temeva al mondo – e quel che stava per accadere sarebbe stata una sorpresa non solo per gli altri, ma soprattutto per lei, che ancora non era riuscita a scovare dentro di sé cosa potesse temere più di ogni altra cosa.
Con la musica che continuava a girare in sottofondo sul vecchio grammofono dell'aula, fissò con trepidanza il pastrocchio generato dallo stesso molliccio e nel quale si era lasciato mescolare per cambiare la sua forma, finché non si ripresentò finalmente sotto le spoglie della fobia della sua nuova vittima; un grosso orso, pieno di cicatrici e con un'aria tutt'altro che pacifica, si manifestò quindi davanti a tutti, lasciando Merida senza parole – anche se, dopo nemmeno troppi secondi, la spensieratezza emotiva che aveva sfoggiato fino all'attimo prima sembrò riprendere completamente possesso del suo corpo.
Probabilmente non c'era davvero nulla che la spaventasse sul serio poiché non mancò infatti di pronunciare prontamente repentinamente l'incantesimo riddiculus, tramutando così l'orso in, semplicemente, un altro orso – e per quanto questo apparisse sicuramente più docile innocuo, disorientato quasi, a nessuno risultò chiaro il motivo per il quale la giovane concluse il tutto allontanandosi da questo con la pancia tra le mani per contenere le troppe e sincere risate.
Incurante degli sguardi straniti che si era conquistata, si posizionò a lato della sala assieme a tutti coloro che, come lei, avevano già sperimentato l'incontro col molliccio – e, con ancora qualche lacrima agli angoli degli occhi, tentò di ricomporsi per continuare ad assistere da quella posizione anche le esperienze dei restanti compagni.
Furono anche quelle tutte molto intrattenenti e buffe, ma ciò che stava realmente aspettando era il turno di Jack che, fortunatamente, non tardò ad arrivare.
Prima della sua scesa in piazza, si scambiarono uno sguardo d'intesa, nel quale entrambi racchiusero la più ostentata sicurezza e altezzosità – battaglie perse, le loro, poiché nessuno dei due avrebbe chinato il capo davanti all'altro – finché Jack non alzò un pollice in segno di maggior convinzione – e Merida non vedeva davvero l'ora di scoprire in cosa il molliccio si sarebbe trasformato, questa volta, tanto che poco mancava perché si sfregasse le mani.
Sembravano essere tra l’altro un po' tutti particolarmente interessati nello scoprire quale fosse la paura più grande dello spavaldo Jack Frost e, in realtà – così come Merida durante la sua occasione – anche lui ne era piuttosto curioso ma, inaspettatamente, dopo il miscuglio nel quale il molliccio era solito lasciarsi travolgere, questo improvvisamente sparì.
Un vociferare vario riempì la stanza e il professore sembrò trasalire davanti ad uno scenario tanto inaspettato e mai accaduto prima di allora – se il molliccio era sparito, sarebbe stato davvero difficile recuperarlo. Poteva essere ovunque, a quel punto.
Svariati sorrisi comparvero sui volti sia dei Grifondoro che dei Serpeverde,
che si lasciarono scappare ripetute e indistinte frasi recitanti per lo più il medesimo contenuto – se il molliccio era diventato invisibile, stava sicuramente a significare che Jack Frost non aveva paura di niente.
L'espressione sul suo volto non lasciava però intendere che anche lui la pensasse allo stesso modo, poiché i suoi occhi erano sbarrati nel vuoto e le sue labbra dischiuse per filtrare quell’aria che non riusciva più a respirare – lui sapeva cosa voleva significare tutto quello, e solo in quel momento si rese conto di quanto avesse fallito nel costante tentativo di reprimere il suo lacerante timore per la solitudine.
La percepiva, l'avvertiva in ogni parte del suo corpo, la sentiva entrare prepotentemente attraverso ogni poro della sua pelle, insidiandosi in lui così tanto da non lasciargli altra reazione se non il rimanere immobile, impassibile davanti a quella terribile sensazione che lo stava riempiendo come se fosse un brocca vuota da colmare.
In fondo però lo sapeva, lo sapeva da sempre che essere invisibile agli occhi degli altri era il suo timore più recondito, e aveva lottato tutta la vita affinché la gente si accorgesse sempre di lui – così tanto che nemmeno se ne rendeva più conto di quanto era diventato sfacciato, convincendosi piuttosto che erano semplicemente gli altri a sentirsi in soggezione con lui, a sentirsi infastiditi dalla sua personalità inequiparabile.
Non riusciva nemmeno ad sentire i suoni e le voci attorno a lui, iniziando addirittura a considerarsi intrappolato in un'incorporea, spirituale bolla di cristallo dalla quale non sapeva come uscire e che sembrava diventare sempre più piccola e soffocante
senza che nessuno se ne accorgesse ma, inaspettatamente, la figura del professore gli si parò d’un tratto davanti – cancellando quasi sull'istante una buona parte di quella terribile sensazione che nessuno aveva avuto modo di accorgersi lo avesse avvolto – e il molliccio, davanti ad un nuovo individuo, assunse finalmente un altro aspetto ancora, palesandosi agli occhi di tutti sotto forma di calderone bollente – che, dopo il consueto contro–incantesimo, divenne una semplice teiera fumante e fischiante.
Dopo aver sbattuto la creatura infine dentro l'armadio, l'insegnante si voltò verso Jack abbozzando un piccolo sorriso.
«Non mi è mai piaciuta la lezione di pozioni» gli sussurrò, alludendo al significato della sua paura.
Jack ricambiò il sorriso senza rendersene conto e, colto dalla più totale sorpresa, venne subito preso d'assalto dai suoi compagni che iniziarono ad elogiarlo per il suo coraggio e per la sua assenza di qualsiasi timore.
«Beh, mi sembra chiaro che il giovane Frost non abbia nessuna paura che non sia in grado si sostenere. Perfino il molliccio non ha saputo leggere dentro di lui per trovare qualcosa da estrapolare» si pronunciò questa volta a voce alta il professore, lanciando a Jack una velata e complice occhiata – e lui capì sull'istante avesse afferrato perfettamente tutto quel che era accaduto, ringraziandolo silenziosamente per aver deciso di non distruggere quella gloria che tutti gli altri studenti gli avevano appena cucito addosso.
Ora più convinto di prima, si lasciò così elogiare con più entusiasmo – pavoneggiandosi un poco, addirittura
e, tra un complimento e l'altro, adocchiò poi Merida avvicinarsi a lui con l'aria di chi non voleva comunque scomporsi per accettare la sconfitta alla loro scommessa.
Gli si parò davanti, guardandolo con un misto di congratulazioni e altezzosità – difficile definire quale delle due prevalesse –, per poi esordire con un sottile sorriso e il più basilare dei complimenti.
«Beh, bravo Frost. A quanto pare non hai davvero paura di nulla» si costrinse con quanta più naturalezza riuscì ad incarnare.
Basito per un'ammissione come quella – che mai si sarebbe aspettato da parte sua –, non disse nulla, limitandosi solamente a scambiarle uno di quelli sguardi che, lo sapeva, solo lei era in grado di cogliere – perché per quanto innumerevoli fossero i battibecchi che avevano e avrebbero continuato a riempire i loro dialoghi, Merida era Merida, e lui non riusciva più a immaginare di poter stare in piedi senza che lei speziasse la sua vita.
Senza opporre resistenza, lasciò che quella che ormai era diventata una folla indistinta tra tuniche dalle rilegature verdi e rosse, lo trascinasse freneticamente un po' a destra e un po' a sinistra – per rifererirgli ripetutamente quanta immensa fosse l'ammirazione che tutti loro provavano per quella che ritenevano essere una qualità degna del più incontrastabile ragazzo della scuola.
Nessuno di loro si era accorto di quanto terrore avesse invece immobilizzato poco prima il suo corpo e la sua mente, solo il professore, ma se lui aveva tacitamente acconsentito che la versione sulla sua presunta assenza di paure venisse spacciata per vera, tutto sommato Jack trovava grandiosa e intrigante l'idea che all'interno della scuola potesse girare quel tipo di voce sul suo conto.






C O N T I N U A




    » N O T E    A U T R I C E ;

Dopo una pubblicazione notevolmente più ritardataria delle precedenti, eccomi infine con il decantato capitolo riguardo Jack e Merida!
Sono infitamente addolorata e ferita nel vedere che nella sezione crossover de Le 5 leggende – settore che, come ho già detto in precedenza, è quello in cui bazzico di più – ci sia solo la mia storia, in prima pagina, ad essere sui The Big Four – tragicamente surclassati dalle ormai seccanti Jack x Elsa.
Sigh, è veramente una tristezza questa constatazione ed io lo so, lo so che ci siete ancora, voi che amate questo meraviglioso quartetto! Scrivete su di loro, vi imploro! :'c
Tralasciando la desolazione di tutto ciò... Mi ripeto, wallààà! Ecco il capitolo! Anche qui devo – purtroppo o per fortuna – avvalermi della licenza poetica, poiché i mollicci son un argomento scolastico decisamente fuori dalla portata dei primini – ma io non ce l'ho proprio fatta a trattenermi, perdonatemi e prendete tutto per buono per favore hahaha – quindi in un qualche modo chiedo scusa per aver stravolto così tanto l'ordine cronologico delle lezioni di Hogwarts ma, al tempo stesso, mi auguro questo possa essere un personalizzazione facilmente trascurabile – nella speranza per l'appunto che il capitolo possa essere stato talmente piacevole e simpatico come mi ero prefissata di farlo apparire, da sopportare l'incongruenza temporale degli insegnamenti.
Note note note, ora passo alle note!

  • Archer è, per ovvi motivi, il cognome che ho voluto assegnare a Merida nella mia storia – e anche nelle altre che scriverò probabilmente.
  • Come avevo accennato nello scorso capitolo, da questo in avanti le cose saranno un po' diverse poiché dopo diverse lezioni condivise, ho ritenuto impossibile che i quattro prima o poi non iniziassero a conoscersi davvero – così, per quanto mi dispiaccia abbandonare l'atmosfera magica dei primi incontri, ora mi divertirò a scrivere di chicche riguardo i loro approcci! Spero di aver fatto un buon lavoro con questo primo esperimento. x°
  • Riguardo l'esperienza di Merida col molliccio, ho voluto rifarmi a quanto ho accennato nel secondo capitolo – ovvero che una volta ha trasformato sua madre in orso – e, naturalmente, anche al film da cui lei stessa proviene; l'orso pieno di cicatrici è infatti quello contro cui si ritrova a doversi scontrare, mentre quello disorientato e docile, sarebbe l'orso in cui sua madre si è tramutata.
  • Per quanto riguarda Jack invece, ho voluto attenermi alla sua invisibilità presentata in Rise of the Guardians – e al suo non sopportarla. Penso sia plausibile e carina l'idea che possa essere la sua paura all'interno di questa storia – e, come ho detto anche nel primo capitolo, ho voluto presentare Jack un po' più eccentrico e convinto di se stesso proprio per tale motivo, per paura di non essere notato agli occhi degli altri.
Zzzzzzzzam, direi di tagliare qui di netto questo sproloquio va! Grazie alle altre innumerevoli aggiunte alle seguite/preferite/ricordate, i numeri di questi reparti stanno diventando incredibilmente alti – e questo in realtà mi demoralizza e rende felice al tempo stesso, poiché vedere così tanta gente che mi segue e così pochi commenti ogni volta, mi abbatte un po', dato che non riesco davvero a comprendere questo continuo ed infinito silenzio. Non posso e non voglio però obbligare nessuno a recensire di controvoglia, semplicemente, vi chiedo di farvi vivi di tanto in tanto se vi va, perché giuro che significherebbe davvero molto per me. Intanto, grazie comunque per aver riservato alla mia storia un posto speciale nel vostro account. ♡
Grazie inoltre a tutti coloro che mi stanno continuando ad aggiungere agli autori preferiti – siete davvero tantissimi anche qui! – mi fa immensamente piacere essermi conquistata così tante considerazioni! Ma il grazie più speciale di tutti va ovviamente a Shin92 e
P h o e  ma anche a Spirit734, Orsacchiotta Potta Potta e marty_otto che seguono e commentano questa storia sin dall'inizio e con una puntualità e fedeltà che mi commuove. Vi adoro.
Un saluto a tutti a questo punto, alla prossima settimana con Hiccup, Rapunzel e Jack!



© a u t u m n

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