Dragonball NG - Il Signore della Terra di Beatrix82 (/viewuser.php?uid=44673)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una pesante eredità ***
Capitolo 3: *** Accordo vantaggioso ***
Capitolo 4: *** Quarti di finale ***
Capitolo 5: *** Semifinale sofferta ***
Capitolo 6: *** Coraggioso martirio ***
Capitolo 7: *** Carte in tavola ***
Capitolo 8: *** Contrattacco ***
Capitolo 9: *** Rabbia e oro ***
Capitolo 10: *** L'ultima speranza ***
Capitolo 11: *** Dono all'umanità ***
Capitolo 12: *** Uniti per il futuro ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Prologo
La
piccola capsula spaziale stava viaggiando verso la destinazione preimpostata con
i motori al massimo. Era il computer di bordo a guidarla dritta verso la meta,
così da permettere al suo passeggero di godersi in pieno relax il lungo
viaggio.
Si
affacciò pigramente all'oblò.
Non
doveva mancare molto, ormai. Intravedeva già in lontananza, al di là di un
leggero ammasso di meteoriti roteanti, un piccolo e azzurro pianetino dalle
rotondità perfette e contornato da un fine strato di nubi atmosferiche.
Era
quello il pianeta che, da chi aveva viaggiato a lungo nello spazio, veniva
descritto come un ridente e piacevole corpo celeste della galassia dell'ovest,
dove la vita scorreva tranquilla e dove gli abitanti, i cosiddetti terrestri,
convivevano pressoché in pace e prosperità.
La
chiamavano Terra...
E
chi non ne aveva sentito parlare...
Così
piccola e sperduta... Eppure così interessante...
Aveva
sentito dire che la sua popolazione era la più numerosa della galassia. Chissà
come facevano, miliardi di individui quali erano, a spartirsi un territorio
così piccolo...
Ma
sì, si erano organizzati bene, nonostante tutto. Si erano raggruppati in quelle
che chiamavano città e metropoli, dove gli abitanti traevano una sorta di
vantaggio reciproco dalla propria convivenza, per aiutarsi insieme contro i mali
comuni.
Quali
enormi stranezze.
Nel
suo pianeta d'origine non era mai esistita una tale filosofia. Ognuno pensava al
proprio tornaconto, al proprio interesse, a crearsi i propri spazi e a
difenderli dalla conquista degli altri.
Ma
c'era una cosa sulla Terra che proprio la sua razza non avrebbe mai potuto
concepire: sottostare ad un governo.
Mai...
Per
questo i suoi simili avevano preferito partire per lo spazio e spartirsi
l'universo, in modo da non dover essere governati ma poter essere loro stessi il
governo.
Non
era nient'altro che la legge del più forte sul più debole. Lui era quello
forte... i terrestri quelli deboli...
Sorrise
beffardamente.
Non
avrebbe dovuto nemmeno sporcarsi le mani più di tanto, in effetti. Era venuto a
conoscenza della stranissima psiche dei terrestri, così meravigliosamente
influenzabile e manipolabile...
Sapeva
che spesso erano bastate due stupide parole da parte di una guida o di un
personaggio carismatico per abbindolare tutti quei miliardi di individui... Un
gregge di pecore pronto a cadere ai piedi di chi vedono come un Dio... e che
magari è solo una stupida pecora come le altre...
Stupidi,
stupidi terrestri...
Ne
avrebbe fatto presto il suo gregge, ne era sicuro, e sarebbe stato più facile
del previsto.
Una
grande occasione era alle porte, ormai, e non poteva lasciarsela scappare. I
terrestri avrebbero avuto un nuovo Dio da idolatrare, senza accorgersi neanche
di quanto nel frattempo potrebbero essere sfruttati...
Schiavi
consenzienti... quale dittatore desidererebbe di più?
Chiuse
gli occhi incolori, godendosi un breve sonno prima dell'atterraggio sul suo
futuro regno.
Continua...
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Capitolo 2 *** Una pesante eredità ***
capitolo 1
Capitolo
1
"Benvenuti,
signori Briefs" dichiarò solennemente il distinto guardiano, aprendo
davanti a loro l'enorme cancello della villa.
Bulma
ringraziò l'uomo con un sorriso, rimettendo nella borsetta la busta con
l'invito e facendosi strada lungo il vialetto che attraversava il grande parco
verde. Si voltò alle sue spalle,sospirando e incrociando le braccia
severamente.
"Allora,
volete muovervi? Siamo già in ritardo di mezz'ora!" esclamò guardando con
ansia l'orologio.
"Se
non sbaglio abbiamo fatto tardi a causa della piccola discussione tra te e
papà" sorrise Trunks raggiungendo la madre.
"Lo
credo! Pensi forse che avrei lasciato che tuo padre venisse ad un ricevimento a
casa di Mr Satan con i suoi soliti stracci?" sbuffò accomodandosi
nervosamente i capelli.
Trunks
rise, divertito, voltandosi poi indietro verso i due ritardatari ancora accanto
all'aircar parcheggiata.
"Mi
spieghi cosa fanno ancora lì tuo padre e tua sorella?" brontolò Bulma,
scuotendo la testa.
"Credo
che papà sia un pò allergico a serate di questo tipo..." commentò
Trunks, sospirando.
Bra
annodò con cura la cravatta del padre, scostandosi poi da lui per ammirare
soddisfatta il risultato.
"E'
ancora troppo stretta!" brontolò Vegeta tirandosi il colletto della
camicia. "Mi sembra di soffocare!".
Bra
rise di gusto, osservando le smorfie del padre imprigionato in un inusuale
abbigliamento.
"Dai
papà! Così stai benissimo!" lo rassicurò la ragazza con occhi
affascinati.
"Ho
detto che non ce la faccio" scandì Vegeta guardando la figlia con
serietà.
Cercò
goffamente di allentarsi il colletto, fino a tirare un pò troppo e a far
staccare uno degli eleganti bottoni dorati della camicia, che cadde miseramente
a terra.
"Ehi,
cosa state aspettando!" gridò loro Bulma da lontano, ormai insofferente.
"Credo
che non sia il caso di far arrabbiare la mamma più di quanto non lo è già"
propose Bra raccogliendo il bottone con indifferenza e nascondendolo in tasca.
"Mr
Satan, sono arrivati i Briefs" dichiarò la domestica al padrone di casa,
seduto comodamente nella poltrona della sala principale a fumare il suo sigaro.
"Bene,
li faccia entrare" rispose allegramente con un cenno del capo.
"Era
ora!" esclamò felicemente Goten ammirando la tavola imbandita.
"Cominciavo proprio ad avere fame!".
"Goten!"
lo ammonì Chichi con una leggera gomitata sul fianco.
"Buona
sera!" sorrise Bulma entrando nel salone, seguita a ruota da Trunks, Bra e
Vegeta..
"Benvenuti,
carissimi!" li accolse Mr Satan, senza muoversi dalla sua poltrona.
"Scusate
il ritardo...abbiamo avuto un piccolo inconveniente...vero tesoro?" chiese
a Vegeta, che si limitò a rispondere borbottando qualcosa di incomprensibile.
"Non vi
siete persi ancora niente" li rassicurò Chichi. "Mr Satan ha
intenzione di farci il suo famoso discorso solo dopo cena...".
"Vuole
proprio farci incuriosire, eh?" chiese Bulma al padrone di casa,
sorridendo.
"Voglio
solo aspettare di essere tutti quanti" concluse Mr Satan dando una boccata
al suo sigaro.
"Giusto...dov'è
Pan?" osservò Bra guardandosi intorno.
"Non ne
abbiamo la più pallida idea..." mormorò Gohan scrollando le spalle.
"E' uscita
stamattina e non è ancora tornata..." aggiunse Videl leggermente
preoccupata. "Spero si ricordi della cena di stasera".
"Beh,
possiamo sempre cominciare senza di lei" scherzò Goten attirando di nuovo
lo sguardo di rimprovero di Chichi.
"Forse so
dove è andata Pan" dichiarò Trunks con sicurezza.
"Come lo
sai?" chiese Bulma, guardando il figlio sorpresa.
"Aspettatemi,
vado a prenderla" esclamò uscendo sul grande terrazzo e spiccando il volo
verso il cielo.
Atterrò,
avvicinandosi silenziosamente.
Proprio come si
aspettava. Lei era lì, appoggiata al tronco di quell'albero, con lo sguardo
verso il cielo...
La sua sagoma
era oscurata dalla luce rossastra del tramonto che si rifletteva dietro di
lei... quella dorata luminosità crepuscolare che sembrava riscaldare i tratti
del suo volto piacevolmente rilassati...
"Pan"
la chiamò a distanza di qualche metro, per non disturbare quel suo momento di
evasione.
La ragazza si
voltò lentamente, rivelando un'espressione di piacevole sorpresa mentre
l'elegante figura di Trunks si avvicinava a lei con discrezione.
Lo salutò con
un sorriso, e lui l'abbracciò calorosamente, accarezzandole con dolcezza i
lisci capelli corvini che le cadevano morbidi sulle spalle.
"Sapevo
che ti avrei trovata qui" le sussurrò.
Era quello il
posto da cui,
in quello stesso giorno di qualche anno prima, Goku era partito con il drago
Shenrong verso una meta sconosciuta e senza la certezza di tornare. Ed era lì
che Pan, tutti gli anni nel giorno dell'anniversario della sua partenza, passava
la giornata come se, in questo modo, riuscisse a sentirsi più vicina al nonno
scomparso.
Osservò gli
occhi scuri della ragazza tornare a fissare il cielo purpureo, con lo stesso
sguardo di quella ragazzina che, il giorno della partenza di Goku, aveva fissato
il cielo sconsolata chiedendosi se mai suo nonno sarebbe tornato. Adesso però
quella ragazzina era quasi irriconoscibile...stava sbocciando come un fiore, un
piccolo fiore selvatico che lasciava
definitivamente le incertezze e le ribellioni dell'adolescenza per avviarsi
verso un futuro di donna...un fiore ormai maturo, dai colori intensi e
sfaccettati ma addolcito da una leggera pioggia di rugiada...
"Sai
Trunks" mormorò lei. "Spero sempre di vederlo sbucar fuori dalle
nuvole sul dorso del drago...".
Trunks le
sorrise, appoggiandole affettuosamente una mano sulla spalla.
"Sarebbe
bello..." riconobbe. "Magari potrebbe tornare quando meno te lo
aspetti".
"Io lo
aspetterò sempre" sussurrò la ragazza sospirando malinconicamente.
"Adesso
però c'è qualcun altro che ti aspetta" la avvertì Trunks, indicandole
l'orologio con un dito. "Sembra che tuo nonno Satan voglia aspettare
proprio te per il suo famoso annuncio!".
Pan sorrise,
annuendo.
"Ok...credo
che sia proprio ora di andare" disse alzandosi in volo insieme a lui, dopo un ultimo sguardo alle sue
spalle.
I dieci
commensali gustarono piacevolmente il dolce, accompagnato da un pregiato
champagne per brindare all' amicizia che li univa ormai da molti anni.
Mr Satan,
seduto a capo tavola, bevve copiosamente dal suo bicchiere, per poi schiarirsi
la voce ed alzarsi dalla sua sedia, richiamando un momento di silenzio.
"Ti sei
finalmente deciso a parlarci, papà?" chiese Videl, accompagnata dalla
curiosità degli altri nove ospiti.
"Credo di
sì...finalmente è arrivato il momento".
Tutti rimasero
in silenzio, aspettando l'inizio di un discorso che si preannunciava piuttosto
solenne.
"Ecco...innanzi
tutto...premetto che non è stato facile per me prendere questa
decisione...".
Gli invitati si
guardarono tra loro, mentre un'atmosfera di suspence circondava la tavola.
"Per anni
la mia ragione di vita è stato solo quello che ho rappresentato per gli altri...
Ma voi sapete che non sono ciò che tutti
credono".
"Ma ha fatto
comunque molto per i terrestri...si merita la loro
ammirazione" lo interruppe Bulma.
"Non so
cosa meriti in realtà ma...non è giusto continuare ad ingannarli".
"Ma tu non
li stai ingannando, papà" intervenne Videl. "Loro ti adorano".
"Lo so
tesoro ma...è giusto riconoscere i meriti di qualcuno veramente in
gamba...".
"Cosa
significa?" chiese Gohan incuriosito.
Mr Satan rimase
un attimo in silenzio, sospirando.
"Ho
intenzione di cedere il titolo di campione del mondo".
"Tutto
qui?" commentò Vegeta rintanato in un angolo del tavolo.
"Cosa?"
esclamò Chichi alzandosi stupita dalla sedia. "E' sicuro di ciò che sta
dicendo, Mr Satan?".
"Sì,
sicurissimo...comincio ad essere vecchio per questo ruolo".
"Ma i
terrestri rimarranno sconvolti!" esclamò Bulma.
"Avranno
un nuovo campione del mondo".
"E a chi
pensa di cedere il titolo?" domandò Goten.
"Ecco...ufficialmente
organizzerò un torneo per nominare campione del mondo il vincitore,
ma...".
"Ma...?".
"So già
chi voglio che sia il mio successore...e che non avrà difficoltà a vincere il
torneo per ricevere l'eredità di suo nonno...".
Il suo sguardo
si posò sulla giovane nipote, già paralizzata per ciò che aveva appena
sentito.
"Pan?!"
chiese conferma Gohan, incredulo.
"E chi
altri si merita il titolo più di lei!" sorrise Mr Satan lisciandosi l'ispida barba.
"Pan!
Tesoro! E' meraviglioso!" commentò Chichi, battendo le mani orgogliosa,
seguita a ruota dagli altri.
"Oh...no"
mormorò Pan scuotendo la testa terrorizzata. "Io...non voglio...".
"Come? Non
sei contenta cara? Sarai amata da tutti i terrestri!" esclamò Bulma
estasiata.
"No...non
voglio diventare campionessa del mondo...ti prego...".
"Pan...voglio
che sia tu a succedermi" insistè Mr Satan. "Ho bisogno di sapere che
il titolo è in mani sicure".
"Ma
perchè proprio io?".
"Perchè
hai la stoffa giusta! Sei giovane e soprattutto sei mia nipote!".
"Nonno...non
puoi farmi questo..." mormorò la ragazza sconvolta, lasciando bruscamente
la tavola e scappando in un'altra stanza.
Si strinse il
cuscino sulla testa, con la faccia contro il letto.
"Su,
Pan...cerchiamo di ragionare" la esortò Gohan seduto sul bordo del letto.
"Andate
via! Lasciatemi stare!" gridò lei arrabbiata.
"Tesoro,
dovresti essere contenta di ricevere un titolo così importante!" aggiunse
Chichi con entusiasmo.
"Non io!
Non voglio!" protestò di nuovo la ragazza.
"Ma Pan,
lo sai quanto ci tiene tuo nonno..." la implorò Videl avvicinandosi a lei.
"Pan...prova
a parlare con lui con calma...vedrai che troverete un compromesso" provò a
consolarla Trunks, affacciato alla porta della stanza.
"Ma vi
rendete conto? Sono destinata a fare discorsi in TV per tutta la vita!".
"Beh...ci
sono anche gli spot pubblicitari...le inaugurazioni...i ricevimenti
ufficiali..." cercò di rassicurarla Bulma, peggiorando però ancora di
più l'indignazione della ragazza.
Se fosse
diventata campionessa del mondo, niente sarebbe stato più come prima. Era uno
spirito libero, lei, allergica a qualunque tipo di imposizione che la obbligava
a rinchiudersi in un ruolo...era abituata a seguire la sua testa, il suo
istinto, i suoi desideri, mentre adesso quel titolo avrebbe significato dover
interpretare un modello per i terrestri, razionale e coerente...e lei non era
così, lei era una perenne contraddizione, spesso guidata più dalle emozioni
che dalla ragione...
"In
effetti..." si introdusse Videl. "Non ce la vedo proprio Pan nel ruolo
di mio padre...".
"Ma
riceverà una bella eredità!" esclamò Chichi.
"Cosa vuoi
che mi importi dei soldi, nonna?" brontolò Pan alzandosi seduta sul letto.
"Credo
però che tu non abbia altra scelta, Pan, se non vuoi fare un torto a tuo
nonno..." concluse Gohan, sospirando.
"Potrei
farmi battere al torneo, così da far vincere qualcun altro!" propose Pan.
"E credi
che Mr Satan ci crederà?" esclamò Trunks alzando dubbioso un
sopracciglio. "Sa bene che nessuno dei partecipanti sarà mai al tuo
livello".
"Lo
sapevo, non ho proprio speranza..." sospirò tristemente la ragazza,
rigettandosi sul letto disperata.
Bra si accese
distrattamente una sigaretta, appoggiata alla ringhiera
dell'enorme terrazzo.
Sentì qualcuno
raggiungerla da dietro. Si voltò, intravedendo Goten alla debole luce della
luna.
"Ciao"
le disse lui, avvicinandosi.
"Ciao".
Si appoggiò
alla ringhiera, accanto a lei.
"Vuoi?"
chiese Bra, offrendogli una sigaretta.
"Grazie..."
accettò lui, facendosela accendere.
Rimasero
qualche secondo così, affacciati sul parco della tenuta alla fresca brezza
della sera.
"Cosa sta
succedendo, là dentro?" chiese Bra.
"Sono
tutti quanti in una stanza per convincere Pan a partecipare al torneo"
rispose lui, sospirando.
"Se devo essere
sincera...non vorrei proprio essere nei suoi panni" commentò la ragazza,
soffiando fuori una spirale di fumo.
"Nemmeno
io" concordò Goten scuotendo la testa. "Fortunatamente queste grane
di famiglia spettano sempre a Gohan o a Pan...non so se sentirmi escluso oppure
sollevato...".
Ripensò a
cinque anni prima, quando sarebbe dovuto partire insieme a Trunks e a suo padre
per lo spazio. Non voleva affrontare quel viaggio...si era troppo abituato alla
vita tranquilla e spensierata, alle sue giornate passate a Satan City o a West
City in compagnia di belle ragazze...non aveva voglia di partire verso l'ignoto
e lasciare i suoi sicuri appigli quotidiani...
Per fortuna
quella ragazzina che all'epoca tanto criticava e considerava una mocciosa aveva
preso il suo posto...lo aveva inconsapevolmente salvato...sarebbe tornato alla
sua vita normale, di ragazzo comune...
Bra lo guardò
incuriosita, con le iridi azzurre fisse sullo sguardo pensieroso del giovane.
"Non siamo
poi così diversi, noi due" sentenziò. "Entrambi viviamo nell'ombra
dei nostri fratelli maggiori".
Lei e Goten...i
secondogeniti della famiglia...sempre coccolati, viziati, protetti. Specialmente
a lei, femmina, era sempre stato risparmiato ciò che a Trunks veniva
imposto...niente allenamenti, niente battaglie pericolose, niente missioni
speciali...era stata cresciuta come una piccola principessa, abituata ad avere
tutto dalla vita senza essere obbligata a dare niente...e suo padre l'adorava
così...
E Goten...su di
lui si era riversato tutto l'amore della madre, con Goku perennemente lontano e
Gohan che si stava ormai costruendo una vita propria e una carriera
luminosa....Fortunatamente a lui Chichi aveva risparmiato lo studio forzato, ma
anche un matrimonio precoce, ancora gelosa e diffidente delle ragazze del figlio
ormai più che trentenne.
Goten guardò
la ragazza, sorpreso.
"Non eri
tu quella che non ha mai voluto sapere di cose del genere?".
Bra sospirò, guardando la volta notturna.
"E' vero
ma...è impossibile fuggire per sempre alla nostra natura...prima o poi anche noi
dovremo prenderne atto...perchè ci condiziona e ci condizionerà sempre, sia
noi che le nostre famiglie...".
"Hai
ragione..." riconobbe Goten dando un ultimo tiro alla sua sigaretta.
"Però...le grane le lascio volentieri a loro!".
Bra rise,
divertita dalla spontaneità del ragazzo. Probabilmente avevano più cose in
comune di quanto si aspettasse...
Pan rientrò
timidamente nel salone, trovando il nonno ancora seduto al suo posto e Vegeta
nell'angolo opposto della stanza, silenzioso.
Fece qualche
passo avanti, indecisa, aspettando che fosse lui a parlare per primo. Ma non fu
così.
"Nonno..."
mormorò. "Scusami per prima...mi sono comportata in modo molto
infantile...".
Mr Satan la
guardò dolcemente, accennando un debole sorriso.
"Sei tu
che devi scusarmi, tesoro...ho dato per scontato che ne saresti stata
felice".
Pan osservò
gli occhi azzurri del nonno abbassarsi tristemente.
Non era
abituata a vederlo così. Evidentemente per lui non era facile abbandonare il
titolo che aveva mantenuto per così tanti anni e che era divenuto parte stessa
della sua identità...soprattutto al pensiero di doverlo cedere ad un
estraneo...
Ecco perchè lo
aveva offerto al sangue del suo sangue...
"Ho deciso
di partecipare al torneo" dichiarò Pan deglutendo pesantemente.
"Cosa hai
detto?" chiese Mr Satan, non certo di aver sentito bene.
"Su,
nonno, abbracciami e dammi la tua benedizione, prima che cambi idea!"
sorrise con le lacrime agli occhi, andandogli incontro.
Chissà cosa l'
aspettava...
Non temeva il
torneo, ma la vittoria...
Ma non voleva
pensarci, adesso. Aveva solo voglia di godersi a pieno quella deliziosa serata
in compagnia.
E
soprattutto... l'espressione rilassata e orgogliosa di suo nonno, quella che era
abituata a vedere da sempre.
Continua...
|
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Capitolo 3 *** Accordo vantaggioso ***
capitolo 2
Capitolo
2
Pan si
sedette sulla panca di legno dello spogliatoio, allacciandosi distrattamente gli
scarponcini. Si guardò brevemente
intorno, sospirando.
Concorrenti
di ogni tipo...alti, bassi, magri, poderosi...alcuni alquanto bizzarri ed
originali...altri che si atteggiavano come se fossero già i prossimi campioni
del mondo...
Ma
purtroppo...tutti troppo facili per lei...
Si
annodò la cintura bianca intorno alla vita.
Trunks
aveva ragione...era impossibile fingere di perdere uno scontro con uno di
quelli...
Si
vedeva già in finale contro un esaltato di turno che avrebbe sconfitto con
poche mosse...avrebbe vinto il torneo...e sarebbe diventata campionessa del
mondo...quello che suo nonno Satan desiderava con tutto il cuore...ma che lei
non avrebbe mai voluto...
Rabbrividì
al solo pensiero di ricevere il titolo.
Perchè
proprio a lei? Perchè non a qualcuno che lo desiderasse veramente e che al
tempo stesso se lo meritasse davvero e fosse in grado di gestirlo nel migliore
dei modi?
Alzò
di nuovo lo sguardo verso gli altri concorrenti immersi nei preparativi.
Sembrava
che nessuno potesse rispecchiare tale descrizione...
Ma...laggiù,
in fondo allo spogliatoio...quel ragazzo, lei lo conosceva...era lui, sì, senza
dubbio...
Corse
verso di lui, facendosi frettolosamente spazio tra gli altri concorrenti.
"Ub!
Ub!" gridò avvicinandosi al giovane, richiamando la sua attenzione.
"Pan?!"
esclamò il ragazzo con evidente sorpresa, girandosi verso di lei.
Bulma
si preparò ad uscire, voltandosi un'ultima volta verso Vegeta seduto pigramente
sul divano.
"Allora,
sei proprio sicuro di non voler venire?".
"Mi
sembrava di avertelo ripetuto già diverse volte" brontolò lui senza
scomporsi.
"Guarda
che sarà divertente...nomineranno il nuovo campione del mondo!".
"Cosa
vuoi che mi importi del campione del mondo?" ringhiò di nuovo, scocciato.
"Tanto è già scontato che sarà Pan a vincere tra quel branco di buoni a
nulla".
Bulma
sospirò, arresa. Quando si metteva in testa qualcosa, era difficile farlo
cambiare idea...
Ormai
c'era abituata...in tutti quegli anni aveva capito com'era...e aveva imparato a
conviverci...e lo amava così...
"Come
vuoi... A più tardi, tesoro" lo salutò dolcemente la donna con un bacio.
Vegeta
rimase immobile, leggermente imbarazzato.
Si era
abituato ormai alle tenerezze che si scambiavano i terrestri...all'inizio le
trovava così assurde...
Adesso
invece si limitavano a lasciarlo spiazzato...perchè ogni volta che succedeva si
ricordava di quanto lei fosse ancora così bella, dopo tutti quegli anni...di
quanto ancora la desiderasse...e dello straordinario potere che quella donna
aveva su di lui...
Si
alzò dal divano, avvicinandosi alla finestra.
Bulma
stava raggiungendo Trunks e Bra, che avevano già messo in moto l'aircar per
andare al torneo.
La sua
famiglia...
Era
questo il suo vero orgoglio...troppo tardi l'aveva capito...
Aveva
passato gran parte della sua vita a rincorrere Kakaroth, a cercare di
eguagliarlo, a vendicarsi di lui per aver osato superare il Principe dei Sayan...
Ma mai
ci sarebbe riuscito...perchè Kakaroth non era superiore a lui solo per la forza
straordinaria...
Era
superiore per ciò in cui credeva...per i valori che possedeva fin da bambino, a
differenza di lui...e per l'amore verso persone a cui voleva bene...
Kakaroth...chissà
perchè se ne era andato un'altra volta, poi...
Voleva
forse migliorare ancora? No, non ne aveva bisogno...
Come
avrebbe voluto combattere ancora una volta con lui...non per vincere, no...ma
solo per confrontarsi con lui...per imparare da lui...
"E
così parteciperai anche tu al torneo..." mormorò Ub.
La
ragazza annuì, scrollando le spalle.
"Immagino
allora che la vittoria non sarà poi così facile come credevo..."
continuò il ragazzo, leggermente afflitto.
Appena
aveva saputo la notizia di questo torneo straordinario, si era precipitato
immediatamente ad iscriversi, convinto che fosse arrivata finalmente la sua
occasione. Quel titolo era stato da sempre il suo sogno...
Qualche
anno prima aveva tentato di vincere, ma la sua voce interiore gli aveva
suggerito di rinunciarvi per lasciarlo ancora a Mr Satan. L'aveva fatto senza
rimpianti, perchè non era stato solo lo spirito di Bu a spingerlo a farlo, ma
anche il suo cuore.
Adesso
però sembrava che Mr Satan volesse cederlo definitivamente, e quella sarebbe
stata la sua grande occasione. Non solo per lui, per il suo successo personale:
con quel titolo avrebbe potuto aiutare la sua famiglia e il suo villaggio, che
ultimamente si trovavano in condizioni economiche sempre peggiori...loro
contavano su di lui...
"Ub
ma tu...vuoi davvero vincere il titolo di campione del mondo?" chiese la
ragazza, mentre già un'idea le balenava in testa.
"Certo
che lo voglio...perchè tu forse non partecipi per lo stesso motivo?".
"No,
Ub, è questo il punto!" esclamò Pan, suscitando la sorpresa del ragazzo.
"Ma
allora...perchè mai sei qui?".
"Mio
nonno vuole che vinca il torneo per passarmi il titolo di campione del
mondo..." gli bisbigliò controllando che nessuno potesse sentirli.
"Sul
serio? E tu non vuoi riceverlo?".
"No,
infatti! Ma come facevo a dirgli di no...per fortuna ho trovato te!".
Ub la
guardò dubbioso.
"Che
intenzioni hai?" disse osservando lo sguardo soddisfatto della ragazza.
"Tu
desideri vincere il titolo, giusto? Bene, al momento che ci troveremo l'uno
contro l'altra tu mi batterai! In questo modo non sembrerà così strano perdere
contro di te!".
"Ma
sei pazza? Rinunci in questo modo ad una vittoria così importante?".
Pan le
posò le mani sulle spalle, con espressione rassicurante.
"Ub...in
questo modo tutti e due avremo quello che vogliamo...è perfetto no?".
Il
ragazzo annuì, ancora un pò confuso.
"Grazie,
Pan..." mormorò con un sorriso riconoscente.
"Grazie
a te!" esclamò lei, ormai più rilassata.
Goten
tornò al suo posto armato di un enorme sacchetto di popcorn, che iniziò a
gustare piacevolmente.
"Hai
per caso visto arrivare i Briefs?" gli chiese Chichi.
"No,
ancora niente".
"In
ritardo come al solito...non posso tenerli i posti ancora per molto!"
esclamò la donna osservando le gradinate intorno al ring riempirsi a vista
d'occhio.
"Dovrebbe
mancare poco, ormai" osservò Gohan guardando l'orologio.
"Guardate,
stanno arrivando adesso!" fece notare Videl indicando i tre farsi spazio
tra gli spettatori per raggiungerli.
"Finalmente!"
esclamò Chichi ai nuovi arrivati.
"Grazie
mille per i posti!" sorrise Bulma con il fiatone, sedendosi.
"Ciao
a tutti!" esclamò Trunks dietro di lei, seguito dalla sorella.
"E
vegeta? Non è venuto?" chiese Gohan notando la mancanza del Principe dei
Sayan.
"Ho
cercato di convincerlo ma...da quando Goku non c'è i tornei di arti marziali lo
annoiano a morte..." rispose Bulma, sospirando.
"E
poi dà per scontato che sia Pan a vincere" aggiunse Bra.
"Come
dargli torto..." osservò Chichi. "La mia nipotina è proprio
destinata a vincere...".
Dall'altoparlante
dello stadio una voce richiamò il pubblico all'attenzione: "Il signor Son
Gohan è desiderato nella postazione di Mr Satan. Ripeto: il signor Son Gohan è
desiderato nella postazione di Mr Satan!".
"Cosa
vuole mio padre da te?" chiese Videl al marito, stupita.
"Non
ne ho la più pallida idea" rispose Gohan confuso, avviandosi verso la
tribuna d'onore.
"Desidera
altro, Mr Satan?" chiese l'inserviente con un inchino.
"Per
ora no, grazie" rispose lui sorseggiando piacevolmente il suo aperitivo
dalla sua postazione privata nel punto più alto della gradinata, da cui aveva
una meravigliosa visuale dello stadio colmo di gente.
Gohan
si affacciò indeciso dentro la cabina di vetro che circondava la sua poltrona e
lo separava dal resto del pubblico.
"Mi
ha chiamato?".
Mr
Satan gli fece segno di entrare nel piccolo ma confortevole spazio, invitandolo
a sedersi accanto a lui.
Rimase
qualche secondo in silenzio, continuando a bere con lo sguardo pensieroso,
aumentando ancora di più la curiosità di Gohan.
"Non
so proprio da dove cominciare..." mormorò alla fine, imbarazzato.
"Visto che...se non avessi ingannato per così tanto tempo la
gente...adesso ci saresti tu al mio posto...".
Ritornò
con la mente e con le parole a molti, molti anni addietro...i suoi occhi si
spalancarono come se potesse vedere di nuovo davanti a se quell'orribile
creatura verde...e brillarono anche, come se potesse ancora distinguere il
bagliore dorato di quel ragazzino che l'aveva sconfitta per vendicare l'inutile
morte del padre...
Era
poi scomparso nel nulla, insieme a tutti i suoi compagni...e i terrestri
pensarono di dover ringraziare il loro campione del mondo per la salvezza della
Terra, solamente perchè questo non aveva mai avuto il coraggio di negare...
Passarono
gli anni...e quello stesso ragazzino divenne un uomo, un guerriero, uno studioso
e...il marito di sua figlia...il padre della sua unica nipote...com'era buffo il
destino...
Non
gli aveva mai rinfacciato quella grande bugia al mondo intero, o serbato rancore
per essersi appropriato una vittoria non sua...anzi, mai avevano avuto occasione
di affrontare l'argomento, in tutti quegli anni...
"Perchè
adesso mi parla di questo?" chiese Gohan, colpito dal sincero pentimento di
suo suocero.
"Forse
perchè ormai sono vecchio...e non volevo morire senza averti detto quanto ti
stimo...quanto avresti meritato tu tutto ciò che ho avuto io dai
terrestri...".
"Io
ho già tutto ciò che desidero. La mia vita non potrebbe essere
migliore..." disse Gohan sinceramente.
Mr
Satan sorrise commosso.
"Sono
contento di averti nella mia famiglia".
I due
uomini si strinsero la mano, suggellando ufficialmente il rispetto reciproco
già nato ormai da molti anni.
Il
biondo presentatore fece il suo ingresso al centro del ring, armato dei soliti
occhiali scuri.
Si
schiarì la voce, provando il funzionamento del microfono.
"Buongiorno
a tutti, signori e signore! Benvenuti a questo torneo straordinario di arti
marziali che eleggerà il nuovo campione del mondo!".
Gli
spettatori applaudirono energicamente.
"E
cominciamo subito col presentare i pretendenti al titolo!" esclamò il
presentatore indicando la porta da cui, lentamente, iniziarono ad uscire i
concorrenti.
Il
pubblico esplose, con forti grida di incitamento verso i loro preferiti ed
esponendo striscioni di tifo accanito.
I
gareggianti si disposero al centro del ring, salutando con la mano i loro vari
sostenitori.
Pan
lanciò uno sguardo complice ad Ub.
Finalmente
aveva trovato la soluzione al guaio in cui si era cacciata...e intanto lui
avrebbe potuto realizzare il suo sogno...
Suo
nonno avrebbe accettato la vittoria di Ub altrettanto gioiosamente...
"Guardate!
C'è anche Ub!" esclamò Trunks, sorpreso.
"Già...è
proprio lui!" concordò Bulma, inforcando gli occhiali.
"Wow...adesso
la sfida si fa interessante" commentò Goten, ancora immerso nella sua
scatola di popcorn.
"A
prima vista...direi che gli altri concorrenti non sembrano poi così
temibili!" notò Bra, osservando i bizzarri gareggianti sul ring.
"Credo
proprio che il titolo se lo contenderanno solo Pan e Ub!" concluse Trunks.
"E
conoscendo mia figlia..." aggiunse Videl. "Probabilmente farà in modo
di cedergli volentieri la vittoria!".
Vegeta
sobbalzò all'improvviso, risvegliandosi di colpo dal leggero stato di
dormiveglia.
Si
alzò dal letto, leggermente agitato.
Non
poteva essere stata solo la sua immaginazione...aveva sentito qualcosa...
Solo
per un attimo aveva percepito una fortissima aura, scomparsa poi nel nulla...o
forse attenuata...
Come
se qualcuno tentasse di mascherarla...
Non
sentiva un'energia simile da molto tempo...
No,
non poteva essere Kakaroth.
Quest'aura
aveva in sè qualcosa di molto più ostile...di molto più malvagio...di molto
più pericoloso...
Ma
cos'era? A chi apparteneva? E da dove proveniva?
Ma
soprattutto...perchè qualcuno stava cercando di mascherare il suo potere?
Continua...
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Capitolo 4 *** Quarti di finale ***
Capitolo 3
Capitolo
3
Corse
rapidamente attraverso il lungo viale pieno di festoni e bancarelle, mentre i
biondi capelli raccolti si scompigliavano al vento.
Dette
di sfuggita un'occhiata all'orologio. Il suo primo incarico esterno e già era
in netto ritardo.
Da
quando aveva cominciato a lavorare all'ospedale di Satan City, aveva dato tutta
se stessa per imparare il mestiere e poter dare il suo aiuto a chi aveva
bisogno. E c'era riuscita.
Ormai
erano tre anni che lavorava a fianco dei medici più rinomati della città, e ne
andava a dir poco fiera. Ma non perchè adesso nel suo reparto era ritenuta una
delle più in gamba, e neanche per lo stipendio modico ma rispettabile. Ne era
orgogliosa perchè finalmente era riuscita a uscire dal suo guscio, dalla sua
piccola realtà che per troppi anni l'aveva tenuta al riparo dai mali del mondo,
e in cui lei stessa si rifugiava nella convinzione di sentirsi troppo debole ed
inerme per affrontare le avversità della vita.
Adesso
invece era diverso. Uscendo di casa, la mattina, non trovava più il mare calmo
e limpido e la spiaggia tranquilla che rappresentavano tutto il mondo della sua
infanzia e adolescenza...ora trovava il mare di sangue e di cattiverie di cui è
fatto il mondo reale, quello a cui non poteva fuggire per tutta la vita...
Non
sarebbe mai potuta essere come i suoi genitori. No, loro erano speciali.
Diversi. E non volevano che lei ne soffrisse...
Ma
anche lei voleva sentirsi qualcuno...dare un piccolo contributo, a modo suo, per
aiutare la gente...
Si
precipitò all'entrata, dirigendosi verso il bancone della portineria, dove
un'anziana signora la guardò perplessa.
"Desidera?".
"Buongiorno..."
balbettò lei ansimante per il fiatone. "Sono stata inviata dall'ospedale
per la cura dei feriti...mi scuso per il ritardo ma...mi hanno assegnato il
turno all'ultimo momento e...".
"Sì,
sì, ho capito".
"E'
iniziato da molto il torneo?".
"Ci
sono state le eliminatorie e stanno per cominciare i quarti di finale"
rispose la donna dando un'occhiata al monitor sulla sua scrivania. "Ma per
ora niente feriti gravi".
"Oh,
meglio così...dove posso trovare l'infermeria?".
"In
fondo al corridoio a destra. Buon lavoro, signorina...".
"Marron.
Infermiera Marron" rispose la ragazza salutando la donna con un sorriso e
avviandosi lungo il corridoio.
Gli
otto finalisti si disposero al centro del ring, scrutandosi l'un l'altro e
provando ad immaginare chi sarebbe stato il loro prossimo avversario.
Il
presentatore tornò sul ring seguito da due assistenti, di cui uno trasportava
un'urna e l'altro teneva per mano un bimbo del pubblico scelto per l'estrazione.
"Siamo
pronti per conoscere le quattro coppie che si affronteranno nei quarti di
finale!" annunciò il biondo conduttore. "Tra di loro c'è gia il
nuovo campione del mondo!".
Il
pubblico esplose in un eccitato applauso.
Pan
lanciò un'occhiata d'intesa ad Ub, che il ragazzo ricambiò con un mezzo
sorriso. Non c'era dubbio che tra quegli otto loro due fossero i più forti.
Anche gli altri, negli scontri precedenti, si erano dimostrati indubbiamente in
gamba, ma niente di entusiasmante, in fin dei conti. Ub avrebbe vinto il torneo
e sarebbe diventato il nuovo campione del mondo. E lei sarebbe tornata
tranquillamente alla sua vita normale, libera ed indipendente da ogni titolo...
"E
ora procediamo con l'estrazione dei primi due nomi che si affronteranno"
dichiarò il presentatore, invitando il bambino a pescare una delle otto palline
all'interno dell'urna.
La
consegnò ad uno degli assistenti, che aprì delicatamente consegnando il foglio
all'interno al presentatore.
Srotolò
il foglietto, leggendo il nome a voce alta: "Il primo sfidante è...Ub!".
Ub
avanzò di qualche passo, disponendosi a fianco del presentatore. Guardò Pan,
ansioso di conoscere il suo diretto sfidante.
Sperò
che non fosse lei. Non voleva incontrarla subito...non voleva essere costretto a
batterla già ai quarti di finale...
Venne
ripetuta l'operazione dell'estrazione, fino alla lettura del nome: "Lo
sfidante di Ub è...Spot!".
Un
tipo alquanto bizzarro si allontanò dagli altri concorrenti, avvicinandosi a
lui. Con i capelli sparati in alto e vestito di un buffo costume azzurro,
sembrava appena uscito da un fumetto di supereroi allo sbaraglio.
Guardò
Ub con un sorrisetto canzonatorio. Aveva la sicurezza di vincere, a quanto pare.
Ma non sarebbe stato difficile fargli abbassare la cresta...
"Per
il secondo scontro...Kong contro...Omer!".
Un
pingue orso avanzò di qualche passo, digrignando i denti, ma l'altro sfidante,
una sorta di fachiro magro ma dallo sguardo furbo e intelligente, non ci fece
caso più di tanto, limitandosi a girarsi dall'altra parte.
"Terzo
scontro!" annunciò il conduttore. "Il primo nome è...Trigger!".
Il
poderoso concorrente si staccò dagli altri, portando con eleganza la sua massa
di muscoli dove il pubblico delle sue ammiratrici potesse vederlo meglio,
mostrando con superiorità il suo bianchissimo sorriso smagliante.
"Lo
sfidante di Trigger è...Pan!".
La
ragazza avanzò verso lo sfidante, che la guardò divertito con una bassa risatina.
"Ma
guarda un pò...una giovane donna..." disse con strafottenza.
"Prometto che non ti farò troppo male, dolcezza".
"In
compenso ne farò io a te, pallone gonfiato" sibilò lei guardandolo di
traverso, lasciando l'uomo alquanto sbigottito.
"Quarto
e ultimo scontro...Vicking contro Stoneman!".
Gli
ultimi due concorrenti raggiunsero i compagni, costituendo l'ultima coppia dei
quarti di finale. Uno, basso e non troppo muscoloso, vestito come un giovane
vichingo e dall'aria inespressiva... L'altro altissimo, enorme, muscoloso,
pronto a stritolare con le proprie mani l'avversario.
Gohan tornò a
sedere al suo posto, vicino a Videl.
"Cosa ti
ha detto mio padre?" gli chiese subito sua moglie, impaziente per la
curiosità.
Gohan le
sorrise dolcemente, mettendole affettuosamente un braccio intorno alle spalle.
Ripensò alle
parole di Mr Satan.
...quanto
avresti meritato tu tutto ciò che ho avuto io dai terrestri...
No. Non era per
la gloria che si era sempre battuto, quella che invece era stata sempre così a
cuore a suo suocero.
Ma neanche per
mettersi alla prova, come amava fare suo padre...
Nè tantomeno
perchè vincere era dovere di un saiyan, come ostentava Vegeta.
Lui, metà
saiyan e metà terrestre, che fin da piccolo era sempre stato restio a rivelare
i suoi veri poteri, aveva usato quel dono solo per proteggere il suo pianeta ed
i suoi abitanti...combattendo e difendendo...solo per il bene, e senza
pretendere niente in cambio...
Guardò i
grandi occhi chiari di sua moglie che ancora aspettavano una risposta...guardò
sua figlia sul ring che si preparava a battersi...e poi sua madre, suo fratello,
i loro amici che commentavano allegramente le estrazioni dei quarti di finale...
E capì che in
realtà era stato ben ripagato.
Ub e
Spot rimasero da soli al centro del ring, uno di fronte all'altro.
"Dichiaro
ufficialmente aperto il primo scontro dei quarti di finale" esclamò il
conduttore ritirandosi ai margini della zona di combattimento.
Fu
Spot a scagliarsi per primo contro il suo avversario, correndo verso di lui con
il suo mantello svolazzante ed il pugno teso. Ub si scansò appena, schivando il
colpo e causando una leggera irritazione dell'altro.
Provò
ancora a colpirlo, ma finì per ruzzolare a terra da solo.
Si
rialzò, cercando di riacquistare l'aria da giovane spavaldo, ma gettandosi di
nuovo contro Ub si ritrovò un pugno nello stomaco da parte del ragazzo.
"Dovresti
stare più attento" gli disse mentre l'altro stringeva i denti per la
fitta dolorosa.
Ub
aspettò che l'avversario si fosse ripreso, lanciandogli poi un calcio
all'altezza delle gambe che però evitò agilmente con un salto. Se lo sentì
piombare addosso, cadendo a terra. Spot tentò di colpirlo sul volto, tenendolo
fermo sotto di lui, ma Ub ribaltò la situazione, sgusciando via da un lato e
bloccando l'altro a terra.
"Su,
colpiscimi" esclamò Spot, sotto di lui.
"No..."
rispose Ub. "Mi basterà farti volare via!".
Lo
afferrò per la maglia del costume, scaraventandolo verso il bordo del ring. Ma
mentre stava cadendo riuscì a riprendersi, aggrappandosi al margine.
"Non
è ancora finita!" sibilò, rialzandosi goffamente.
Cominciò
a scagliare una serie di pugni contro il ragazzo, molti dei quali andarono a
vuoto. Alla fine Ub si stancò, sferrandogli un calcio girato che gli fece
perdere l'equilibrio, cadendo dal ring.
Il
pubblicò lo applaudì animatamente, e il presentatore poté annunciare il primo
vincitore.
Trunks
uscì dalla toilette dello stadio, entrando nel piccolo vano con il lavandino
per lavarsi le mani.
"Allora,
che ne dici del torneo?".
Si
girò verso l'ingresso del bagno, dove vide Pan appoggiata al muro guardarlo con
un sorriso.
"E
tu che ci fai qui?" chiese Trunks sorpreso. "Non dovresti prepararti
per il tuo scontro?".
"Ancora
non tocca a me...devo aspettare la fine del secondo turno tra Kong e Omer".
"Presumo
che non avrai problemi a battere il tuo avversario...".
"Esatto.
E' solo un pallone gonfiato!" rise la ragazza. "So già di arrivare in
finale con Ub".
"Allora
si prospetta una finale interessante...ma dimmi...sai anche chi di voi due
vincerà?".
Pan
sorrise maliziosamente, mordendosi il labbro inferiore.
"Certo
che lo so...sarei forse così tranquilla?".
Trunks
scosse la testa, sorridendo divertito.
"Sei
incorreggibile..." disse. "Sei riuscita a toglierti un bel
peso!".
"Beh,
sai com'è...Ub desiderava il titolo così tanto...farò questo piccolo
sacrificio..." scherzò la ragazza.
"Mi
immagino quale enorme sacrificio sia per te cederlo a qualcun altro...e scampare
così ad un bell'impiccio!" rise l'uomo avvicinandosi a lei.
Pan
sorrise, con aria soddisfatta e rilassata.
"Praticamente
partecipo a questo torneo a cui so già di perdere solo per compiacere mio
nonno...".
"Non
è vero...anche io adoro vederti combattere".
Pan lo
squadrò incuriosita.
"Ti
diverti così tanto?".
"Certo...mi
piace la tua grinta e la tua determinazione".
"Davvero?"
chiese Pan facendo un altro passo verso di lui, alzando gli occhi scuri verso
quelli azzurri e intensi dell'uomo. "E... cos'altro ti piace di me?".
Trunks
le sorrise, con imbarazzo e divertimento allo stesso tempo, distratto poi dalla
forte voce del presentatore che da fuori annunciava Omer come vincitore del
secondo scontro.
"Credo
proprio che tocchi a te, adesso..." disse alla ragazza.
"Già,
vado
a sgonfiare quell'esaltato!" annunciò lei ammiccando all'uomo.
"Brava...fallo
secco!" la incitò Trunks, guardandola allontanarsi traboccante di energia.
Trigger
avanzò con imponenza e vanità verso il centro del ring, dove Pan lo aspettava
con indifferenza.
Le sue
fan gridavano eccitate il suo nome, sventolando gli striscioni a lui dedicati.
L'uomo sogghignò, compiaciuto, voltandosi poi verso la ragazza ormai
insofferente.
"Salve...stavi
aspettando me?".
"Non
vedevo l'ora" sbottò Pan alzando gli occhi al cielo.
"Bene,
allora..." continuò Trigger avvicinandosi di più a lei. "Siccome non
mi piace picchiare delle belle ragazze, vorrei chiederti se sei disposta a
collaborare".
"Collaborare?".
"Certo...ti
prenderò in braccio e ti porterò gentilmente fuori dal ring, senza farti alcun
graffio".
"Oh,
che gentiluomo...".
"E'
quello che sono, dolcez...ohi!!" si interruppe bruscamente, sorpreso da un
intenso pugno sull'addome.
"Avanti,
comincia a muovere tutti quei muscoli e pensa a difenderti!" esclamò Pan
decisa a non perdere più tempo.
"Ok...l'hai
voluto tu piccola impertinente!" ringhiò l'uomo innervosito, lanciando un
pugno verso Pan, a cui però la ragazza scampò agilmente.
La
rincorse per tutto il ring, nel tentativo di colpirla, mettendo piano piano da
parte le galanterie e accumulando rabbia, anche perchè erano più i colpi che
riceveva che quelli che riusciva ad infliggere.
"Ma
come fai...!" esclamò Trigger allo stremo delle forze, sconvolto dalla
vergogna di essere messo in difficoltà da una donna.
Pan
rise, divertita dall'imbarazzo dell'avversario. Gli sferrò un ultimo calcio,
che lo scagliò dritto a terra, esausto. L'arbitro cominciò a contare, ma Pan
lo sollevò senza troppi sforzi, nonostante fosse il triplo del suo peso e, con
grande sorpresa del pubblico, lo scagliò fuori dal ring.
Goten
rispose al suo cellulare squillante, sotto gli occhi divertiti di Bra che,
seduta al suo fianco, sorrise per l'originale suoneria polifonica.
"Pronto?...sì,
sono io...ah, benissimo...i tavoli sono pronti?...perfetto!...e i set di
bicchieri e boccali?...Ok, non c'è problema...abbiamo ancora tempo...d'accordo,
ci sentiamo!".
"Cos'è,
stai arredando casa?" chiese curiosamente Bra, realizzando poi che il
rapporto di scarsa confidenza che possedeva con Goten non l'autorizzava certo a
interessarsi dei suoi affari.
"No,
niente affatto" rispose il ragazzo, sorridendo. "In realtà
sto...aprendo un pub".
Gli
occhi della ragazza si spalancarono per l'inaspettata sorpresa.
"Sul
serio? E' magnifico!" esclamò con entusiasmo. "Quindi alla fine...sei
riuscito a trovare la tua strada anche tu...".
"Già...avevo
voglia di crearmi un'attività tutta mia".
Bra
ripensò alla loro conversazione di qualche sera prima, alla tenuta di Mr Satan.
Evidentemente
Goten stava cercando di combattere quella sensazione di comodo anonimato che gli
procurava il suo ruolo di secondogenito della famiglia. Per troppo tempo ne
aveva goduto i privilegi, scagionandosi dalla maggior parte delle
responsabilità. Proprio come lei...
Lui
però adesso si stava ritagliando un'identità. Un ruolo. Un dovere.
Non
come saiyan...semplicemente come persona.
E per
un saiyan, quella era veramente la battaglia più grande.
Pan colpì
ripetutamente il distributore automatico di lattine, nella speranza di far
uscire la bibita da lei richiesta.
"Accidenti!"
imprecò, mentre si preparava a dare il colpo di grazia a quell'aggeggio
difettoso.
"Non c'è
bisogno di distruggerla" si sentì dire dalla voce calma di Ub, che la
raggiunse da dietro invitandola a schiacciare semplicemente un pulsante per
confermare la scelta, mentre la lattina di gasosa usciva finalmente dalla
macchina.
"Grazie,
Ub" sorrise la ragazza.
"Certe
volte basta un pò di calma per aggiustare le cose...".
"Quella
che io perdo facilmente!" ammise lei aprendo la lattina. "Tu invece ne
hai da vendere...è proprio così che dovrebbe essere un vero campione del
mondo...forte e temibile in battaglia, ma pacifico e razionale nella vita".
Ub abbassò lo
sguardo, leggermente imbarazzato.
Si sedettero ai
margini del ring, insieme agli altri concorrenti che attendevano il passaggio
alle semifinali.
Davanti ai loro
occhi, Vicking e Stoneman erano ancora impegnati in uno scontro interminabile.
Il giovane vichingo sembrava sorprendentemente in netto vantaggio rispetto
all'enorme gigante, ma continuava a colpire l'avversario senza decidersi a
metterlo definitivamente ko, come se volesse rendere l'incontro ancora più
spettacolare.
Stoneman
ansimava esausto sotto i suoi colpi intensi e decisi, sputando sangue
dall'enorme bocca. Lo sbigottimento per il fatto di essere messo in difficoltà
da quello che sembrava un pivello alto meno della metà di lui lo lasciava senza
parole, incapace di gridare lo straziante dolore che provava, intuibile solo
dagli occhi sgranati in una smorfia terrificata.
"Niente
male" commentò Ub osservando l'abilità di Vicking, nuova rivelazione di
quel torneo.
"Già..."
riconobbe Pan. "Ma dovrà vedersela con te, e allora...".
La ragazza
osservò lo sguardo emozionato di Ub fisso verso il ring. I suoi occhi nerissimi
sembravano quasi brillare all'idea di un futuro radioso...
"Il tuo
sogno si sta avverando" gli disse, intuendo i suoi pensieri.
"Non lo
faccio solo per me" precisò il ragazzo. "Lo faccio soprattutto per la
mia gente...loro credono in me...così come ci credeva Goku".
Pan annuì,
accennando un sorriso. Aveva ragione...suo nonno aveva sempre avuto fiducia in
quell'esotico ragazzo, nato per redimere il male apportato da un demone...
Per lui, per
farne un guerriero, suo nonno era partito da quello stesso stadio quando era
ancora una bambina, per tornare solo dieci anni dopo e ritrovarla ormai
adolescente.
Non solo aveva
aiutato Ub a scoprire la sua forza e ad utilizzarla per il bene, ma aveva
sviluppato per quel giovane un affetto particolare da trattarlo al pari di uno
dei suoi figli...
"Mio nonno
ne sarebbe orgoglioso" riconobbe infine la ragazza.
"Infatti
è a lui che dedicherò il titolo in caso di vittoria" dichiarò Ub,
ripensando con malinconia al suo maestro scomparso.
Sul ring,
Vicking aveva gettato a terra l'avversario, saltando con forza sull'enorme massa
di muscoli e facendo pressione con i piedi sul petto spazioso.
Ub notò Pan
distrarsi dall'incontro, per posare il suo sguardo verso la lontana gradinata
degli spettatori, nella insistente ricerca di una chioma lavanda.
"A quanto
pare..." azzardò Ub. "Il tuo sogno sembra essere un
altro...".
Pan si voltò
verso l'amico, mentre un leggero rossore compariva sul suo volto imbarazzato.
"Non sono
poi così ferrato in queste cose ma...si vede lontano un miglio ciò che
desideri di più".
"Beh, ti
converrà abituarti a queste cose...visto che quando diventerai campione
del mondo le donne impazziranno per te!" esclamò Pan, ridendo poi di gusto
mentre il ragazzo sprofondava in un mare d'imbarazzo.
Trunks sorrise
fra se, guardando dalla gradinata il volto della ragazza rilassarsi in
un'espressione divertita. Nonostante si trovasse così lontano da lei, vederla
ridere era come sentire veramente la sua risata cristallina...quel suono caldo e
piacevole che ascoltava ormai da diciannove anni.
Solo ora si
rese conto di quanto il suo lavoro, i suoi impegni, le sue responsabilità che
costituivano la sua routine quotidiana da ormai troppi anni, lo distogliessero
dagli aspetti più semplici della vita di tutti i giorni, quelle piccole cose
che ti fanno assaporare il vero piacere di vivere...
Il sorriso
luminoso di una ragazza, per esempio...
Quella
ragazza...
Il suo sguardo
si spostò sul ring, dove Vicking veniva proclamato vincitore, acclamato dalle
grida soddisfatte del pubblico che evidentemente aveva ben gradito lo scontro.
Stoneman
giaceva a terra ansimante, con lo sguardo sconvolto fisso verso il cielo.
A giudicare dal
terrore nei suoi occhi, sembrava avesse appena visto uno squarcio d'inferno.
Continua...
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Capitolo 5 *** Semifinale sofferta ***
Capitolo 4
Capitolo
4
Omer
si girò con l'elasticità di un gatto, tirando un pugno ad Ub con tutta la sua
forza. Il ragazzo schivò il colpo, e reagì a sua volta, raggiungendo Omer
all'addome piatto. Poi lo colpì ancora sul collo.
L'uomo
barcollò indietro, portandosi le mani alla gola.
Ub
avanzò.
Sentiva
l'adrenalina alle stelle. Già, quella sensazione indescrivibile che vedeva
riflessa negli occhi di Goku quando si allenavano...o quando lo osservava
combattere con un avversario...anche lui aveva imparato a provare
quell'ebbrezza...
Ma
Omer non era stordito come voleva sembrare, e scattò in avanti mentre Ub lo
afferrava in una morsa stretta.
Gli
occhi scuri di Omer erano sbarrati, le labbra tirate a scoprire i denti radi in
una smorfia rabbiosa. Le braccia di Ub erano inchiodate, ma con una rapida mossa
il suo avversario, la cui esile corporatura lo obbligava ad agire quasi
esclusivamente in velocità, riuscì a spezzarne la presa.
I
due barcollarono indietro di alcuni passi, vacillarono e caddero: Omer era sopra
Ub. Tirò un pugno a vuoto, poi rotolò via e si allontanò carponi velocemente.
Ma
il ragazzo lo afferrò prima che riuscisse a rialzarsi, evitando che i suoi
rapidi movimenti e i suoi sporchi trucchetti lo spiazzassero di nuovo. Lo spinse
giù dal ring senza troppa fatica.
Il
pubblico lo acclamò con un applauso, a cui rispose con un timido sorriso. Come
avrebbe voluto avere anche nella vita la sicurezza che aveva in battaglia...
Ma
aveva un buon motivo per essere sicuro di se: stava per diventare campione del
mondo. Stava per rendere orgogliosa la sua famiglia, la sua amata gente...e per
imitare, in qualche modo, il suo maestro Goku...
Sentì
un piacevole formicolio allo stomaco. Non vedeva l'ora...
I
quattro uomini trasportarono faticosamente la pesante barella sul lettino
dell'infermeria, che cigolò rumorosamente sotto l'enorme mole.
Stoneman
mugolò sofferente.
"Come
si è ridotto così?" chiese incredula Marron, fissando l'espressione
stravolta ed il corpo martoriato di quello che sarebbe sembrato un gigante
invincibile.
"Il
suo avversario gli ha dato diverso filo da torcere" rispose uno degli
uomini, asciugandosi il sudore sulla fronte per la fatica del sollevamento.
"Già..."
osservò Marron, esaminando le lesioni sul paziente.
Aveva
assistito all'incontro tramite il piccolo monitor dell'infermeria. Stentava
ancora a credere che quel colosso fosse stato sconfitto in quel modo da un
concorrente sconosciuto su cui nessuno avrebbe scommesso. Ma, a giudicare dalle
sue attuali condizioni, doveva aver subito le pene dell'inferno.
Sobbalzò
sentendosi afferrare l'esile braccio da un'enorme mano del gigante.
"Infe...infermiera"
balbettò Stoneman, con un filo di voce. "Mi aiuti...la prego...".
Marron
sentì un brivido freddo percorrerle la schiena. L'uomo la fissava con occhi
orrendamente spalancati...il suo sguardo esprimeva paura, dolore, sofferenza...e
allo stesso tempo il vuoto...il vuoto che terrorizzava più di ogni altra
cosa...
Stoneman
strinse la presa sul polso della ragazza, respirando faticosamente.
"Ok...sono
qui" gli assicurò Marron, tremante.
"Non
respiro...soffoco..." si lamentò di nuovo il gigante, portando le mani al
petto.
Marron
superò il momento di panico, portando l'orecchio sul torace contuso dell'uomo.
"Ho
paura che abbia una costola rotta...le sta pressando sulla membrana pleurica, e...".
Cielo...
Come
aveva fatto Vicking a fratturargli la cassa toracica sotto quell'ammasso di
muscoli? Quale forza sovrumana avrebbe dovuto possedere?
"Vi
prego, signorina...vi prego...".
La
voce di Stoneman era mozzata dal dolore. Cominciò a delirare
incomprensibilmente.
Una
parola riuscì a capire tra quei lamenti disperati e carichi di terrore: mostro.
Rabbrividì
di nuovo.
Ma
no...probabilmente Stoneman era più debole di quanto si potesse pensare...forse
non si era allenato adeguatamente, ed il suo avversario ne aveva approfittato
per dare spettacolo...
No,
non poteva essere così forte...era impossibile...
Scosse
la testa per scacciare quei pensieri, preparando nervosamente la siringa con
l'anestetico.
Spostò
gli occhi metallici da un capo all'altro della gradinata stracolma di gente. Poi
fissò il ring, i concorrenti, il conduttore che proclamava il ragazzo dalla
pelle esotica primo finalista del torneo.
Sbatté
meccanicamente le palpebre, il volto privo di qualsiasi ruga d'espressione.
Stava
aspettando il suo turno senza fretta, mite e silenzioso nel suo angolo,
adeguandosi a quelle stupide regole terrestri. D'altronde, aveva tutta
l'eternità per essere al centro della scena, e per far adeguare gli altri al suo
volere.
Poveri
sciocchi...
Credevano
di essere al centro del mondo. Credevano di aver avuto tutto dalla vita.
Credevano di aver raggiunto la felicità, il benessere, la perfezione, il
massimo grado della scala evolutiva.
Che
ingenui...
Loro
non erano altro che involucri di carbonio e acqua, esattamente come quello che
stava indossando in quel momento. Involucri deboli, labili, imperfetti.
E
sotto...
Quella
che loro chiamavano coscienza era solo un modo per mascherare la pochezza del
loro intelletto...
Quella
che loro chiamavano morale non era altro che una dimostrazione di
vigliaccheria, dell'insicurezza di non riuscire a prevalere...
E
quelli che loro chiamavano sentimenti...tzè...la debolezza più palese della
loro razza...
Ed
era grazie a quelle imperfezioni che lui avrebbe dominato la Terra. Avrebbe
puntato sulla loro intelligenza spicciola per ingannarli sulla sua
identità...avrebbe usufruito delle loro inutili regole per ottenere una
posizione...e avrebbe fatto leva sui loro sentimenti di stima e ammirazione...
Proprio
come quel pagliaccio lassù, seduto nel punto più alto della gradinata, a
lisciarsi i baffi con fierezza.
Solo
che a differenza di quello, lui non sarebbe stato solo il campione del mondo...
Ne
sarebbe divenuto il padrone.
Chichi
applaudì con entusiasmo mentre il conduttore del torneo sollevava solennemente
il braccio di Ub in segno di vittoria.
Era
felice per quel ragazzo, al pari di quanto poteva esserlo per sua nipote, che
aveva incitato inutilmente per accogliere a braccia aperte l'offerta di Mr Satan.
Sapeva
quanto quel giovane guerriero fosse sempre stato devoto al suo Goku...lo
percepiva ancora nei suoi occhi nerissimi, adesso che suo marito non c'era
più...
Goku
aveva puntato molto su quel ragazzo...se ne era perfino andato da casa per anni
per insegnargli ad essere un guerriero...
E
lei, come sempre, ma come sempre gli avrebbe perdonato per l'infinito amore che
provava per suo marito, era rimasta sola...sola con i suoi figli...
Quei
figli a cui aveva cercato di evitare il destino imposto dal loro sangue...aveva
sempre scoraggiato i loro addestramenti, per paura che li portasse via...via da
lei, dall'innocenza e dalla tranquillità di una vita normale, per portare un
fardello troppo grande, fatto di doveri e responsabilità non proprie,
appartenenti solo alla razza da cui fatalmente discendevano.
Si
voltò a guardare i loro profili.
Gohan
e Goten...così simili fuori, ma così diversi dentro...
Aveva
fatto il possibile per donare loro una vita serena, normale, terrestre. Ma
neanche tuto l'amore di una madre era impotente contro ciò che il destino aveva
deciso per loro...
Pan
si avvicinò al ring, chiamata a gran voce dal microfono del conduttore per
disputare la seconda semifinale.
Ancora
uno scontro, e poi in finale con Ub. E dopo, di nuovo libera come l'aria,
arincorrere i suoi sogni.
Sentì
la mano di Ub posarsi fiduciosamente sulla sua spalla.
"Insegna
a quell'invasato che non è bello martoriare gratuitamente gli avversari"
le disse.
Pan
sorrise.
Nonostante
i suoi poteri e l'intenso desiderio di vincere, Ub non avrebbe mai approfittato
della sua forza per picchiare a sangue un altro concorrente solo per stupire gli
spettatori, come aveva fatto Vicking con Stoneman ai quarti di finale.
No,
Ub era l'emblema della correttezza e della lealtà, valori che avrebbe messo
davanti ad ogni suo desiderio.
Lui
meritava quel titolo.
Salì
sul ring, dove Vicking, lo sguardo fisso e freddo su di lei, la aspettava
inespressivo.
Nè
un ghigno, nè un'occhiataccia, nè un segno di tensione.
Solo
due occhi immobili, glaciali.
Rabbrividì.
I
caldi raggi del sole di piena estate sulla pelle, eppure un brivido gelato lungo
la spina dorsale.
Scacciò
via quella sensazione, avanzando verso di lui, decisa.
Vicking
non si mosse, la aspettava immobile al suo posto.
Si
fermò a meno di due metri da lui, ma questo non sembrava aver alcuna intenzione
di attaccare per primo.
Toccava
a lei fare la prima mossa?
Il
pubblico tratteneva il respiro, e un teso silenzio aleggiava sullo stadio
ghermito.
"Vai,
Pan, colpiscilo!" sentì gridare da sua sua nonna Chichi dagli spalti,
sporgendosi sul corrimano della gradinata, seguita a ruota da Bulma e dal resto
del gruppo.
Sorrise
tra se, riportando l'attenzione sull'avversario. Non riusciva a capire come
fosse stata colta da quell'inspiegabile attimo di esitazione.
Un
altro personaggio che giocava a mettere paura...bravo attore, senz'altro...ma
era giunto il momento di mettere fine a quella commedia...
Si
scagliò contro di lui, il pugno teso, serrato, rapidissimo.
L'aveva
colpito...o forse no...
Il
suo pugno era chiuso nel palmo di Vicking, che con un riflesso impercettibile
aveva fermato l'offensiva della ragazza.
Pan
rimase per qualche secondo immobile in quell'interrotto gesto d'attacco, occhi
negli occhi con il suo avversario.
Perchè
non riusciva a distinguere il colore delle sue iridi?
Vicking
si accinse con rapidità in un calcio basso, che spezzò la posizione eretta di
Pan facendola cadere miseramente a terra.
Alzò
lentamente la testa.
Come
era potuto accadere? Come aveva potuto farsi sorprendere così?
Si
rialzò in un balzo, saltando sull'avversario con una rapida mossa. Ma non si
trovò sopra a Vicking, bensì sul freddo pavimento del ring dove era stata
scaraventata prima di quanto avesse potuto accorgersene.
Dalla
gradinata si sollevarono le grida di incitamento dei sempre più numerosi
sostenitori di Vicking.
Lo
vide avvicinarsi, deciso.
Spalancò
gli occhi, sentendosi prendere per il collo e sollevare da terra. Scalciò con
le gambe, e cercò con le mani di fargli mollare quella presa che le mozzava il
respiro. Quella mano stretta sulla sua gola sembrava una tenaglia di ferro.
Farfugliò
qualcosa, per poi tossire forzatamente dopo un dolorosissimo pugno nello
stomaco.
"Ma
cosa è saltato in testa a nostra figlia?" chiese Videl al marito.
"Non
lo so...non capisco perchè non reagisce..." rispose lentamente Gohan,
fissando confuso la scena.
Pan
sembrava completamente inerme contro gli attacchi di Vicking.
"Forse
vuole lasciarsi sconfiggere per non vincere il torneo" suggerì Goten.
"No,
lo escluderei" intervenne Trunks, la voce turbata da una leggera ansia.
"Quando le ho parlato, prima...ha detto che sarebbe arrivata in finale con
Ub...e avrebbe perso contro di lui".
"Può
aver cambiato idea...".
Trunks
scosse la testa nervosamente.
"Anche
se fosse...non si farebbe umiliare così senza neppure far finta di
reagire...".
Gohan
e Videl lo guardarono confusi, sconcertati.
Aveva
maledettamente ragione. C'era qualcosa che non andava...
Vicking
lasciò la presa, facendo cadere di nuovo a terra la ragazza. Pan si portò le
mani alla gola, dolorante, girandosi verso l'avversario.
Lui
era davanti a lei, con le braccia incrociate al petto, a fissarla con disprezzo
da quegli occhi di ghiaccio.
Non
poteva lasciarsi picchiare così...
Si
alzò con rabbia, puntando dritta al suo addome. Sferrò una serie di pugni e
calci, che colpirono energicamente il torace di Vicking. Lui sembrava non
risentirne più di tanto, ma Pan continuò, imperterrita, decisa, i denti
serrati in un'espressione rabbiosa.
Vicking
incassava i colpi silente, o li schivava con rapidità.
Non
si era mai sentita così impotente...
Sentì
un'intensa gomitata sul volto, che la scaraventò ad un paio di metri di
distanza sul pavimento del ring.
No,
quello non era un gomito...o almeno, non un comune gomito...aveva la
forza di un macigno di roccia e la freddezza di un'ascia di metallo.
Sentì
un sapore metallico in bocca. Rabbrividì quando, toccandosi le labbra, trovò
del sangue sulla punta delle dita.
Non
poteva essere così forte...non più di lei, almeno...
Non
era possibile che il suo nemico riuscisse a metterla in difficoltà a tal
punto...
Nemico.
Perchè
adesso definiva nemico un concorrente del torneo?
Eppure...perchè
adesso provava paura...impotenza...indecisione? Non si provavano questi
sentimenti durante un semplice incontro di arti marziali...
Ma
si sentiva così vulnerabile...anche davanti ai mostri dello spazio...a
Baby...perfino ai potenti draghi malvagi...si era sempre mostrata sicura e
determinata...come anche Trunks la apprezzava... a tratti forse troppo avventata
ed incurante del pericolo, conscia dei suoi poteri e della sua forza...
Ma
adesso, le sue capacità sembravano completamente inefficaci contro quel giovane
concorrente dai lunghi capelli biondi e dal vestiario nordico. Un normale
pretendente al titolo, vezzoso e spavaldo come gli altri. Questa almeno era
l'impressione che dava.
E
invece no...lui non era normale...non poteva essere un comune terrestre...lo
percepiva da quello sguardo glaciale...tetro...freddo come il marmo...privo
delle comuni sfaccettature e dei riflessi di luce...
No.
Quelli non erano occhi umani.
"Chi
sei?" chiese d'istinto, con voce grave.
Vicking
avanzò lentamente verso di lei.
Per
la prima volta vide formarsi un'espressione su quel volto dalla pelle
innaturalmente chiara.
Un'espressione
carica di odio.
Continua...
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Capitolo 6 *** Coraggioso martirio ***
Capitolo 5
Capitolo 5
Squadrò
la ragazza, ancora a terra sofferente.
C'era
qualcosa di diverso in lei, rispetto agli altri concorrenti. Non che i cuoi
attacchi lo avessero messo in difficoltà, ma aveva notato una forza non comune,
uno spirito particolare nel suo modo di combattere, come se quell'istinto fosse
insito nel suo sangue...
E
l'aura che la circondava...così intensa per una giovane donna terrestre...
"Chi
sei?" ripeté lei, con voce tremante.
"Perchè
me lo chiedi?".
La sua
voce era terribilmente innaturale.
"Tu
non sei un concorrente normale...lo sento".
"Forse
perchè non lo sei nemmeno tu".
Pan si
accigliò, confusa più che mai. Come faceva quello sconosciuto a percepire la
sua diversità?
"Lo
sento dalla tua aura" continuò Vicking. "Anche tu non appartieni del
tutto a questo mondo".
Pan
sentì il gelo penetrarle nelle membra.
"Da
dove vieni...? Cosa vuoi...?" balbettò indecisa, ma sicura più che mai di
trovarsi davanti molto di più di un semplice semifinalista.
"Non
mi piacciono le domande" si limitò a rispondere, con lo stesso tono.
"Alzati e combatti. Devo dar sfoggio del mio potere".
"Io
non mi alzo se non mi dici chi sei veramente".
Vicking
restò qualche secondo in silenzio, inginocchiandosi davanti alla ragazza e
penetrandola con i suoi occhi di ghiaccio.
Non
c'era nessuna espressione sul suo volto, nessun minimo movimento delle sue iride
incolori o delle sue palpebre dure...il suo sguardo era come un detector che si
limita a scannerizzare, calcolare, valutare la situazione mediante una serie di
logici algoritmi per poi scegliere la soluzione più appropriata...
"Appena
ti dirò la verità, rimpiangerai di averla voluta sapere".
Ub
fece per avvicinarsi al bordo del ring, nell'intento di riuscire a comprendere
qualche parola di quella stranissima conversazione, ma fu ammonito dall'arbitro,
che lo invitò a trattenersi al suo posto.
"Ma
stanno parlando...è un bel pò che indugiano".
"E'
previsto nelle regole. I concorrenti possono trattenersi sul ring a tempo
indeterminato, finchè uno dei due non viene sconfitto o gettato giù".
Ub
decise di non controbattere, tornando pacificamente al suo posto, nonostante un'
ansia opprimente avesse cominciato a tormentarlo.
C'erano
troppe cose che non capiva. Era preparato ad affrontare Pan in finale, un
incontro tranquillo ed amichevole che avrebbe rappresentato non solo un omaggio
al suo maestro Goku, ma anche la coronazione del suo sogno. Ed ora, invece,
stava incomprensibilmente assistendo all'umiliazione dell'amica da parte di
colui che lei stessa avrebbe dovuto mettere fuori combattimento con una minima
emanazione della sua forza.
Cosa
si stavano dicendo?
Rimase
pensieroso ad attendere, sperando di vedere, da un momento all'altro, Pan che si
ricordava di chi fosse nipote e che metteva fine a quell'assurdo combattimento.
"No...no,
non puoi farlo" disse la ragazza con un filo di voce, sconvolta dalle
rivelazioni di Vicking.
"Sì
che posso. Ho viaggiato anni luce per arrivare fino a qui. E per impossessarmi
di quest'inutile pianeta".
"Tu
vuoi ingannarli...vuoi ingannare tutti...".
"Esatto".
Pan
scosse la testa, portandosi una mano alla bocca in un gesto di terrore. Fece per
alzarsi, correre, impedire quel destino...ma una forte spinta del nemico la
rigettò a terra.
"Non
provarci".
Non
rabbia, ira, severità. Solo quel tono dal timbro unico, freddo come il metallo.
"Se
osi dire ciò che ti ho rivelato, eliminerò nello stesso istante metà di
questo pubblico disgustoso".
Pan
sentì il cuore balzarle in gola, mentre gli occhi le bruciavano di lacrime, che
tuttavia riuscì a trattenere. Si trovava davanti un essere capace di immani
distruzioni e dotato di un'astuzia sopraffina...la stava ricattando, e ora si
trovava con le spalle al muro, non potendo far altro che continuare a
combattere, tacere, nascondere la paura e la consapevolezza...
Cos'altro
poteva fare?
Papà... zio Goten...
Trunks...
Invocò
mentalmente i nomi dei suoi cari, desiderando con tutta se stessa che
accorressero in suo aiuto, che la sostenessero, che la portassero via da
quell'incubo...
Ma al
momento non poteva far altro che obbedire al nemico...
Si
alzò, fiondandosi barcollante su di lui, mentre sentiva un dolore mai provato
penetrarle nelle ossa.
Gohan
deglutì pesantemente. Sentiva il respiro che gli si mozzava in gola.
Le
dure immagini sul ring si concretizzavano davanti ai suoi occhi, spalancati in
un'espressione di incredulità.
Ciò
che vedeva non aveva nessuna spiegazione. Cercò di trovarvi un senso, una
ragione, di mantenere la calma e convincersi che tutto ciò era soltanto
un'allucinazione, un miraggio terrificante scaturito dallo stress quotidiano. Ma
laggiù c'era la sua bambina, impotente e martoriata come non l'aveva mai vista,
ed era sicuro che una scena del genere non l'avrebbe mai potuta immaginare.
Pugni.
Calci. Colpi al volto, all'addome e alle spalle.
Sentì
un fuoco divampare dentro al suo petto, trapassandogli il cuore, bruciargli i
polmoni, invadergli i muscoli visibilmente tesi. Conosceva quella sensazione...
Era la
stessa che aveva provato tanto tempo prima, vedendo suo padre affrontare i
saiyan la prima volta che arrivarono sulla Terra, quando era solo un minuscolo
frugoletto che troppo presto si era trovato davanti alla realtà...o assistendo
al suo estremo sacrificio per distruggere Cell, un dolore così grande da
risvegliare in lui altrettanto potere distruttivo...o da adolescente, guardando
Spopovich picchiare a sangue Videl in quel torneo maledetto, dove l'amore per
una ragazza si mescolava all'odio per colui che sfregiava il suo corpo ed il suo
bel volto...
Quella
rabbia interiore, che cresceva nella sua anima come acqua che affluisce al
fiume, e poi straripa senza più barriere, rompendo la diga imposta dalla
ragione, ogni qual volta i suoi cari subivano un torto o si trovavano in
pericolo.
E ora
che sua figlia si trovava sola ed indifesa a subire gli attacchi di un terribile
avversario, avrebbe voluto dar sfogo a quella rabbia, a quel fiume in piena,
gettandosi in volo sul ring e mettere fine a quel folle incontro...ma non poteva.
Doveva
capire...capire cosa stava succedendo.
Perchè
aveva la netta sensazione che ciò che stava avvenendo non riguardasse solo lui,
Pan ed il misterioso concorrente.
Probabilmente
riguardava tutti quanti...
Vicking
fu di nuovo sopra di lei, anticipandola in ogni sua mossa ed in ogni suo
attacco. Pan non riusciva nemmeno più a muoversi, rassegnandosi esausta ad
incassare quei colpi crudeli, piangendo silenziosamente per la voglia di urlare...
Trunks
abbassò lo sguardo. Non ce la faceva più a guardare quella scena straziante
che gli soffocava il cuore.
Per un
attimo sentì di odiare il pubblico, che invasato tifava accanitamente
quell'individuo disgustoso, mentre con la freddezza di una macchina continuava a
colpire Pan facendo sfoggio del suo repertorio di battaglia. Ma non poteva
biasimarli...loro erano solo dei normali spettatori che assistevano - o che
credevano di assistere - ad un normale incontro di arti marziali, un'emozionante
semifinale in cui il loro nuovo beniamino sconfiggeva la sua avversaria...una
donna che, secondo loro, avrebbe così imparato a starsene a casa a lavorare a
maglia, piuttosto che cimentarsi in concorsi del genere adatti a uomini veri...
Ma
quella era Pan...la giovane saiyan che lui stesso ammirava da sempre per la
sorprendente energia e sicurezza, perennemente circondata da un'aura positiva di
vitalità e dinamismo...quella che si gettava a capofitto nella mischia, nel
pericolo, senza pensare, senza riflettere, guidata solo dall'istinto...l'istinto
del suo sangue, prima di tutto, che in lei non si sarebbe mai
"arrugginito"...come invece era successo a lui...
E a
questi pensieri, al ricordo della Pan che davanti ai suoi occhi aveva affrontato
senza timore così tante esperienze per una ragazzina normale, si contrapponeva
la tetra visione di una ragazza inerme, ferita, sofferente sul freddo pavimento
del ring...scorgeva terrore nel suo sguardo, non più sicurezza...e bisogno di
aiuto...
Sentì
il suo cuore mancargli un battito. Lei non meritava tutto ciò...non avrebbe
dovuto esserci lei ad affrontare da sola quella situazione inspiegabile...
L'aveva
spinta al bordo del ring, ormai. Se fosse caduta ora, quel mostro avrebbe
vinto...
Ma le
forze l'avevano abbandonata del tutto...chiuse gli occhi sfinita, mentre un
ultimo, deciso colpo la spingeva fuori dall'aria di battaglia.
Videl
guardò il marito, sconvolta.
Il
volto dell'uomo era oscurato in un'espressione indefinibile, le labbra
leggermente socchiuse da cui si intravedevano i denti serrati, gocce di sudore
che gli rigavano la fronte segnata da una vena pulsante, gli occhiali
leggermente appannati e i pugni chiusi in grembo, quasi per nascondere e
trattenere una rabbia esplosiva.
"Gohan..."
mormorò la donna, che a ciò che vedeva poteva reagire solo con la semplice
disperazione.
L'uomo
si alzò in piedi, rigido, voltandosi appena verso la moglie, incapace di dire
parola per la paura di lasciar sfuggire un urlo liberatorio. Si limitò a
posarle una mano sulla spalla, come per rassicurarla, per poi inspirare
profondamente e correre giù per gli spalti, verso il ring, sotto il quale sua
figlia giaceva distrutta.
Trunks
vide Gohan passargli davanti. Non aspettò oltre, alzandosi e seguendo il saiyan,
sotto gli sguardi smarriti di sua madre, sua sorella e gli altri...desideroso
solo di raggiungere la ragazza, sollevarla e rassicurarla, farle sapere che
anche lui era lì con lei, che non era più sola...
Goten
osservò i due uomini correre giù dalla gradinata. Uno dal volto terribilmente
segnato dalla rabbia repressa di un padre che assiste dolorosamente al massacro
di sua figlia...l'altro spinto dall'affetto sincero per una persona che sentiva
indissolubilmente legata a lui da molti anni...
Sua
nipote...la bambina ormai adulta nei cui confronti ammetteva di aver provato
invidia ed un pizzico di gelosia per le perenni attenzioni in famiglia, ma che
inevitabilmente possedeva il suo stesso sangue...a cui voleva bene come una
sorta di sorellina, nonostante tutti i battibecchi ed i dispetti
reciproci...erano proprio stati questi a consolidare il loro rapporto, a
stabilire una tale confidenza da trasformarsi, negli anni, in un profondo
affetto e in una sincera stima.
Quell'individuo
avrebbe pagato per averle fatto del male...
Si
alzò di scatto, deciso a seguire Gohan e Trunks, chiedendosi cosa stava ancora
aspettando per precipitarsi verso il ring.
"Goten!
Dove vai?" gli chiese sconvolta Chichi.
"Devo
andare mamma".
"Lascia
andare Gohan...ci penserà lui...".
Gli
occhi di sua madre traboccavano di paura, la paura di veder di nuovo partire i
suoi figli verso l'ignoto, come aveva sempre fatto suo padre...lacrime di
supplica le si affollavano negli occhi, nel desiderio di trattenerli ancora
lontani dal male...almeno lui, come sempre...
"Mi
dispiace, mamma" rispose, sapendo di non dover badare, per questa volta,
alla disperazione di sua madre. "Il mio posto è laggiù, con Gohan e
Trunks. Io devo andare".
E,
voltandosi subito per il timore di veder piangere sua madre, scese velocemente
dalla gradinata, suscitando le proteste degli spettatori a cui passava agilmente
in mezzo.
Gohan
le fu subito accanto, inginocchiandosi di lato e sollevandole la testa per
sincerarsi delle sue condizioni.
"Pan...Pan
tesoro...".
La
ragazza mugolò qualcosa, sbattendo debolmente le palpebre per focalizzare
l'immagine davanti ai suoi occhi.
"Pan...come
stai...Pan!" intervenne Trunks, che aveva appena raggiunto Gohan presso la
giovane saiyan.
"Non
ha ancora ripreso del tutto conoscenza" lo informò Gohan, con voce
tramante che a stento tratteneva un'ira incombente.
"Oh
cielo..." mormorò Goten alle loro spalle, osservando sbigottito lo stato
della nipote, riversa a terra inerme, il corpo ammaccato di lividi evidenti ed
il volto tagliato da un rivolo di sangue che le partiva dalle labbra socchiuse.
"Papà..."
mormorò la ragazza con un filo di voce.
"Sono
qui bambina mia...è tutto finito adesso..." la rassicurò suo padre
appoggiandole la testa alla sua spalla, coccolandola in un gesto paterno.
"No!"
fece per gridare Pan, tossendo poi fortemente per lo sforzo. "Non è tutto
finito...".
"Certo
che lo è...ci siamo noi ora...non devi più avere paura" le sussurrò
Trunks, accarezzandole con il dorso di un dito il volto sfregiato.
"No...è
appena cominciato..." si lamentò ancora lei, dando sfogo a lacrime
liberatorie.
"Cosa
vuoi dire?" chiese agitato Goten, accoccolandosi vicino a lei.
Gohan
fece segno al fratello di non farle pressioni, per darle modo di sfogarsi. Poi
guardò la figlia, invitandola a parlare.
"Quello
è un mostro...non è un uomo..." rivelò Pan tra le lacrime.
"Stai
parlando di Vicking?" chiese Gohan.
La
ragazza annuì.
"Lui
viene...viene dallo spazio e...".
Pan
fece una pausa, soffocata di nuovo dalle lacrime al ricordo del suo gelido
sguardo e delle sue fredde percosse.
"Non
importa, tesoro...ce lo dirai più tardi...".
"Portiamola
via da qui!" suggerì Trunks, con l'intenzione di sollevarla in braccio e
portandola lontano, al sicuro, lontano da quel ricordo da incubo.
"No!"
esclamò lei, aggrappandosi tenacemente alla manica della sua camicia.
Sul
ring udiva le congratulazioni del presentatore nei confronti del vincitore,
sullo sfondo delle grida di festa del pubblico in delirio, ormai sempre più
ansioso di assistere alla finale.
"Dovete
sapere..." continuò la ragazza, rassicurata dalle espressioni di conforto
di quei tre volti familiari, che le infondevano una ritrovata sicurezza.
Gohan
annì, invitandola a continuare.
"Vicking...vuole
vincere il torneo...per ottenere la benevolenza della gente...di tutti i
terrestri...".
"Perchè?"
chiese ansioso Goten, fremente.
"Lui
vuole...vuole...farne i suoi schiavi e...".
Esitò,
per riportare alla mente le esatte parole del mostro.
"...diventare
il...signore della Terra...".
Gohan
rimase immobile, sconvolto. La sua sensazione era giusta...
Erano
di nuovo di fronte ad una minaccia...una grande minaccia...non solo contro sua
figlia, che vederla così debole e distrutta gli faceva ribollire il sangue
nelle vene, ma contro tutta l'umanità...ancora una volta...
"No...non
può essere..." mormorò Trunks scuotendo la testa incredulo. "Non di
nuovo...".
Sul
ring, il conduttore chiamava Ub per la presentazione della finale.
"Cosa
stiamo aspettando?" chiese Goten alzandosi di scatto. "Facciamo
interrompere il torneo ed eliminiamo quell'essere prima che sia troppo
tardi!".
"No...no
zio...non farlo..." gridò Pan, sollevando faticosamente la testa e le
spalle per trattenere il saiyan.
"Pan...non
agitarti...devi stare calma..." la rabbonì Trunks, cercando di farla
ridistendere.
"Dobbiamo
tacere...o lui farà del male alla gente...".
Un
silenzio tombale calò sui tre uomini, mentre le loro facce si oscuravano ancor
di più per la consapevolezza di poter far ben poco.
"Ma
dobbiamo fare qualcosa..." protestò Goten.
"Non
possiamo fare niente, adesso" gli rispose Gohan, guardandolo con gli occhi
scuri traboccanti di rabbia e rassegnazione allo stesso tempo.
Eppure
non poteva biasimare suo fratello...lui stesso ardeva con tutta la sua anima per
distruggere quell'individuo alieno...l'ennesimo pericolo per la Terra...il suo
pianeta...per vendicare l'affronto di sua figlia innocente...per evitare ai
terrestri la prospettiva di un destino infernale...
Suo
padre non era più lì a decidere per lui...a risolvere con un sorriso o con un
fascio di luce positiva le questioni più complicate che riguardavano il futuro
dell'umanità...
E
Vegeta...chissà dov'era adesso...sicuramente la fine del libero arbitrio umano
non era tra le sue priorità, al momento...
Perciò
rimaneva lui, lui solo ad assumersi tale responsabilità, sotto gli sguardi
confusi dei due saiyan più giovani che sembravano volerlo implorare di trovare
un modo per mettere fine a tutto ciò.
Ma
come faceva a seguire l'istinto che sentiva pulsare nel suo corpo, desideroso di
uscire e sfogarsi contro l'ennesimo nemico, quando la ragione e l'amore per il
prossimo lo supplicava di risparmiare una strage di innocenti?
"Gohan...Ub
sta per combattere la finale...lo ridurrà come Pan...".
Gohan
si voltò verso il ring, su cui il ragazzo si preparava a salire per lo scontro
conclusivo. Sospirò, ricacciando la visione mentale di una seconda
carneficina...ancor peggio della prima...
Raggiunse
il giovane presso il bordo del ring.
"Gohan..."
mormorò lui sorpreso.
"Ub...devo
dirti una cosa...".
Il
ragazzo lo guardò con espressione smarrita, in aspettativa. Ma Gohan percepì
l'ombra di Vicking dietro di lui, che aspettava impazientemente il suo
avversario sul ring.
"Ub...stai
attento" si limitò a dire, sebbene dallo sguardo cercasse di trasmettergli
un avvertimento più esplicito.
Il
giovane rimase ammutolito, confuso, ma fu obbligato dal richiamo del conduttore
ad affrettarsi verso il suo posto di battaglia.
Gohan
si voltò di nuovo verso sua figlia, ancora riversa a terra, mentre Trunks le
accarezzava affettuosamente i capelli polverosi e suo fratello la rassicurava
con parole di conforto. Sentì una dura fitta allo stomaco...non
reale...puramente immaginaria...scaturita però dalla previsione di dolori
ben peggiori nelle ore a venire.
Continua...
N"
|
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Capitolo 7 *** Carte in tavola ***
Capitolo 6
Capitolo
6
L'arbitro
dette il via all'attesissima finale.
Il
pubblico era eccitatissimo, urlante dalle gradinate da cui si sporgeva
traboccante, mentre i sue finalisti si avvicinavano l'uno verso l'altro con
passo lento, scrutandosi attentamente.
Uno
gelido e freddo come il metallo, con lo sguardo disintegrante rivolto fermamente
verso l'avversario...l'altro cauto, indeciso, come colui che si butta a
capofitto verso un pozzo di cui non conosce il fondo...
Si
fermarono quando ormai li separavano non più di due metri. E, senza dare
nemmeno il tempo al giovane di accorgersi dell'iniziativa, Vicking scattò
contro Ub.
Goten
osservò la scena con tensione, a qualche metro dal ring.
"Trunks...secondo
te...Ub ce la farà?".
Trunks
sospirò, scuotendo la testa con pessimismo.
"Ho
paura di no".
Vide
il volto dell'amico contrarsi in un'espressione cupa, carica di tensione e di
tormento interiore. Nei suoi occhi vide ardere il suo stesso fuoco, il
desiderio-bisogno-volere di intervenire, di dare sfogo alla rabbia che si
accumulava in lui...troppa era la voglia di piombare contro quella cosa -sì, cosa,
quello non ero un uomo, Pan aveva ragione...- e spaccargli quella faccia
inespressiva, indecifrabile, così inumana, la giusta lezione per aver torturato
una ragazza con tale macabro piacere...per osare ricattarli, prospettando loro
un futuro da incubo...
"Dobbiamo
fare qualcosa" sentenziò Goten, fremente.
"Hai
sentito cosa ha detto Gohan...non possiamo".
"Quello
che non posso è starmene qui a guardare mentre quell'essere ci distrugge e ci
manipola come burattini".
Adesso
nei suoi occhi divampavano vere e proprie fiamme.
"Goten...scatenerà
la sua ira contro il pubblico innocente...".
Trunks
disse queste parole con poca convinzione. Si rese conto che non cercava solo di
convincere l'amico, ma pure se stesso. Si fidava di Gohan, non osava contraddire
le sue decisioni e l'esperienza di qualche anno in più, ma...
"Sai
cos'è che mi fa più rabbia?" riprese Goten, con la voce ormai tremante
per l'agitazione. "Che tutti quanti lassù...che gridano eccitati dagli
spalti...stanno firmando senza accorgersene la loro stessa schiavitù".
Trunks
annuì silenziosamente, mentre nella sua mente si concretizzava l'immagine
agghiacciante di un futuro prossimo, in cui l'umanità si dibatteva intrappolata
dalle catene virtuali del volere di un folle e malvagio sovrano...
"Non
so cosa succederà se sconvolgiamo il suo piano" continuò il saiyan.
"Ma sono sicuro che ogni terrestre preferirebbe morire piuttosto che
perdere per sempre la propria libertà".
Per un
momento, Trunks temette di vederlo partire verso Vicking...e temette pure che le
sue stesse gambe saltassero sul ring contro la sua volontà...sebbene sentisse
che questa era ben lontana da voler rimanere ad assistere impassibile alla fine
del mondo...del loro mondo...
Gohan
fece per prendere in braccio la figlia, rinunciando però dopo il suo ennesimo
rifiuto.
"Sei
sicura che non vuoi andare in infermeria?".
"No,
papà...voglio restare qui..." rispose Pan debolmente, ma con decisione,
mentre si accomodava con fatica al di sotto degli spalti, in modo da poter
vedere bene ciò che avveniva sul ring.
"Cosa
faremo, papà?" chiese guardando il padre con l'aria di una bambina
confusa. "Cosa faremo, questa volta?".
Gohan
avrebbe voluto risponderle, assicurarle che tutto si sarebbe risolto come
sempre, che il loro potere, il loro dono avrebbe di nuovo potuto salvare
l'umanità, garantire ancora anni di pace...avrebbe voluto scacciare quello
smarrimento dagli occhi di sua figlia...ma nemmeno lui conosceva una risposta.
"Pan!".
Sentì
la voce di sua moglie, che correva giù dalle gradinate verso di loro. Si
inginocchiò accanto alla figlia, accarezzandole delicatamente la testa,
sincerandosi ansiosamente delle sue condizioni. Sorrise debolmente sentendola
parlare e sentendosi dire da lei stessa che stava bene, che era tutto a
posto...ma conosceva sua moglie...già sapeva che non lo era...
"Gohan...dimmi
la verità..." chiese Videl, tesa. "Cosa sta succedendo?".
Come
poteva mentirle...mentire ai suoi occhi imploranti di chiarezza...
Vide
arrivare anche sua madre, seguita da Bulma e Bra, precipitandosi intorno a lui e
a sua figlia in cerca di spiegazioni.
Chichi
non ebbe però il coraggio di chiedergli niente, sconvolta dalle condizioni di
Pan, alla cui vista si posò una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo di
pianto...
Bulma
frugò velocemente nella borsetta, alla ricerca di un fazzoletto con cui
tamponare il sangue che usciva dalle ferite della ragazza, mentre le mani,
normalmente così ferme e precise, le tremavano per l'agitazione...
Furono
gli occhi di Bra che si ritrovò addosso penetranti, quasi a voler scavare nei
suoi pensieri tormentati al di là delle attenuanti che poteva concedere alle tre donne spaventate.
"Siamo
di nuovo in pericolo, non è vero?" chiese la ragazza, senza esitazioni.
Gohan
sospirò, rispondendo al suo sguardo con espressione grave.
"Credo
proprio di sì".
Ub
sentì di nuovo l'intenso pugno dell'avversario sullo stomaco, che gli tolse il
respiro per alcuni secondi, facendolo tossire goffamente.
Tremava...era
da quando era bambino che non gli succedeva di fronte ad uno sfidante...da
quando Goku lo aveva preso sotto la sua ala e gli aveva insegnato a tirar fuori
il coraggio...
Adesso
però quelle certezze sembravano svanire sotto i potenti colpi di quel guerriero
misterioso, sostituite dai dubbi che le parole di Gohan avevano insinuato nella
sua mente...
Cosa
voleva dirgli avvisandolo di stare attento? Voleva metterlo in guardia da
qualcosa...già, qualcosa di decisamente strano in tutta quella situazione...in
colui che adesso si lanciava contro di lui come un proiettile impazzito...
Dolore...
Un
dolore atroce...
Un
urlo strozzato partì dalla sua bocca prima ancora di rendersi conto di ciò che
gli era accaduto.
Il suo
addome...un taglio esteso comparve sulla sua pelle, rigettando come una sorgente
fiocchi di sangue rubineo. Guardò la ferita sconvolto, la sua bocca tremante in
un muto lamento, i suoi occhi increduli di fronte a ciò che vedeva.
Sentì
le sue gambe abbandonarlo, incapaci di reggere ancora il suo peso, per poi
crollare sulle ginocchia invaso dal dolore, contorcendosi sul pavimento del ring
che cominciava ad impregnarsi di rosso.
"Oh
no..." mormorò Gohan, tornato a fianco degli altri due saiyan che
assistevano allibiti alla scena.
"Ma
come ha fatto?" chiese incredulo Trunks, gli occhi spalancati verso il
ring. "Non può averlo fatto...senza un'arma...".
"Eppure
è così" confermò Gohan, immaginandosi un set di lame affilate che, per
un impercettibile momento, aveva preso il posto delle dita umane di Vicking,
sferrando ad Ub quel colpo micidiale.
Il
ragazzo era ancora a terra, stringendo gli occhi e i denti per la sofferenza,
tenendosi l'addome con le mani imbrattate di sangue.
Anche
le grida del pubblico, adesso, sembravano essersi attenuate, come se finalmente
molti di loro si fossero resi conto che ciò a cui stavano assistendo aveva
oltrepassato quella sottile linea che distingue ciò che è giusto da ciò che
invece non lo è.
Goten
si girò verso il fratello, impaziente.
"Gohan...non
possiamo aspettare ancora".
Lo
vide di nuovo avanzare verso di lui...lentamente, questa volta...ormai non
poteva più temere che potesse scappare...
Chissà
cosa gli avrebbe fatto, adesso...non aveva più energia per alzarsi...non aveva
più la forza di reagire...e non aveva più nemmeno la voglia di saperlo...
Il
dolore straziante adesso si era trasformato in un intenso calore diffuso...non
seppe di preciso cosa stesse succedendo mentre una stretta gelida gli serrava la
caviglia e vedeva il pubblico capovolgersi...
La sua
vista si stava oscurando, mentre i sensi lo abbandonavano del tutto...forse era
giunta la fine...
"Basta
così!" gridò Gohan dal bordo del ring.
Vicking
continuò impassibile la sua tortura, come se non avesse sentito, tenendo il
ragazzo per la caviglia con la testa verso il basso, ormai privo di conoscienza,
mentre sangue in abbondanza continuava a gocciolare dall'evidente ferita.
"Vicking!"
gridò di nuovo, con tutto il fiato che aveva.
Il
guerriero si girò lentamente, perlustrando il territorio alle sue spalle fino
ad incrociare gli occhi di colui che osava interrompere la sua ascesa al potere.
"Qualcosa
non va, signore?" chiese educatamente ma leggermente scocciato l'arbitro.
"Il
torneo deve essere interrotto" sentenziò Gohan, con un pizzico di
autorità.
Vide
gli occhi di Vicking acquistare una delle sue rare espressioni.
"Ma
signore...se è per la ferita del ragazzo...il concorrente non aveva nessuna
arma...non può essere squalificato".
"Non
è per quello" ribattè il saiyan.
Sentì
di nuovo lo sguardo del nemico fulminarlo con gli occhi. Ma doveva
agire...doveva smascherarlo...
"Non
è quella che vediamo la sua vera identità".
L'arbitro
lo guardò confuso, incapace di comprendere cosa l'uomo volesse dire.
Vicking
lasciò cadere Ub a terra, dirigendosi a passo veloce verso di loro. Dietro al
ghiaccio dei suoi occhi, adesso Gohan scorgeva le fiamme della rabbia che il suo
affronto aveva scatenato in lui. Stava gettando all'aria i suoi piani...cosa
sarebbe successo ora?
Vicking
si avvicinò rapidamente. Stupida, piccola terrestre...aveva svelato ciò che
aveva scoperto a quei tre curiosi che adesso lo guardavano da sotto il ring come
se riuscissero a vedere al di là della sua maschera umana.
Percepì
in loro la stessa energia spirituale della ragazza...un'aura così intensa che
faceva fatica a convincersi potesse appartenere a dei normali terrestri...
E
infatti non lo erano...c'era qualcosa di diverso, in loro...celavano una potenza
sovrannaturale, primitiva...
Chi
erano costoro?
"Cosa
vuoi da me?" chiese Vicking, in un sibilo di rabbia.
"Voglio
che lasci in pace il ragazzo e che torni da dove sei venuto. Noi ti lasceremo
andare senza attaccarti, se non opporrai resistenza".
Pensò
che la cosa migliore fosse provare a trattare con lui. Non che credesse
veramente che sarebbe servito a qualcosa, ma un barlume di speranza lo spinse a
tentare l'accordo diplomatico prima di scatenare ulteriori spargimenti di
sangue.
"Ma
chi sei tu?" ringhiò l'alieno.
Gohan
non rispose, fece solo segno a Trunks di raggiungere Ub, disteso al centro del
ring in un lago di sangue, per sincerarsi delle sue condizioni e per affidarlo
al più presto alle cure di un medico.
"Rispondimi...chi
sei tu?".
"Sono
colui che ti impedirà di impossessarti di questo mondo".
"Ma
che diavolo sta succedendo?" si intromise l'arbitro, mentre i due
interlocutori si scambiavano uno sguardo carico di tensione.
"Dovete
interrompere il torneo" ripetè Gohan.
"Spero
abbia una giusta motivazione per scatenare tutto questo putiferio...".
"La
fine del mondo gli basta come scusa?" esclamò Goten con stizza, mentre nel
volto dell'uomo si formava un'espressione a metà tra lo sconvolto ed il
terrorizzato.
Trunks
prese Ub in braccio, macchiandosi la camicia del sangue del ragazzo che ancora
sgorgava dal suo addome. Corse con lui verso il tunnel che portava ai servizi
dello stadio, cercando disperatamente una porta con una croce rossa...
La
scorse infine in fondo al corridoio, al di là degli spogliatoi, dei bagni, dei
magazzini e dei camerini del personale...oltrepassò la fila di porte che
fuggivano ai suoi lati con la velocità di un fulmine...ogni secondo era
prezioso...e infine ecco l'infermeria...
Spalancò
la porta con una mano, mentre con l'altra sorreggeva il peso del ragazzo che
aveva accomodato sulla sua spalla.
La
ragazza bionda in camice sobbalzò all'improvviso ingresso dell'uomo.
"Trunks..."
mormorò riprendendosi dallo spavento, portandosi una mano al petto e traendo un
profondo respiro.
"Marron...per
fortuna...".
Sistemò
Ub sul lettino bianco, mentre la ragazza si precipitò ad ascoltare il battito
del giovane.
"E'
ancora vivo" affermò sollevata.
"Grazie
al cielo..." sospirò Trunks.
"Ma
il polso è debole...sta perdendo molto sangue...".
"E'
stato quel Vicking a ridurlo così...".
"Già...ho
visto" confermò Marron, indicando il piccolo monitor su uno scaffale
dell'infermeria che le permetteva di vedere la gara in diretta.
Tagliò
con le forbici la canotta di Ub, rivelando la gravità della ferita al di sotto
della stoffa insanguinata.
"Ma
come ha fatto?" chiese la ragazza, sconvolta.
"Quello
non è un normale terrestre, Marron...".
La
informò di ciò che sapeva, dell'agghiacciante verità che Pan era venuta a
sapere e che lui, Gohan e Goten si preparavano ad affrontare. Lei lo guardò
terrorizzata, scuotendo la testa incredula.
Gli
occhi di Vicking adesso erano due carboni ardenti, traboccanti d'ira.
"Chiunque
tu sia" ringhiò "Non ti permetterò di sconvolgere i miei
piani...".
"E
io ti impedirò di portarli a termine" replicò Gohan, con fermezza. "E'
giusto che la gente sappia chi sei veramente".
"No!!"
gridò Vicking in un urlo prolungato, come se la vittoria di quel torneo e la
nomina di campione incontrastato del mondo fossero la sua unica ragione di vita.
"Nessuno deve saperlo!".
Qualcosa
risalì lungo il suo corpo...una specie di scarica elettrica, sotto forma di
piccole onde o scintille che percorrevano i suoi arti fino a condensarsi in una
sfera traslucida e vibrante tra le sue mani, al di sopra della sue testa.
Allontanò poi i palmi, facendo espandere l'onda in un ellisse che si allungava
sopra la sua figura, allargandosi per tutto il ring, e poi oltre, alta verso le
gradinate dello stadio...
"Devi
fermare l'emorragia" disse Trunks, mentre la ragazza si accingeva a
tamponare la ferita.
"Ma
non sono un medico...non posso farlo da sola...".
"Sì
che puoi" la incitò. "Devi farlo...o morirà".
"Lo
so" riconobbe lei, mentre in preda al panico pensava a cosa poteva fare per
evitare il peggio. Non era preparata ad affrontare casi del genere...ed il kit
medico che si era portata dall'ospedale era abbastanza scarno...non si aspettava
certo di imbattersi in ferite del genere...
Il
piccolo monitor emise un rumore ronzante, quasi friggesse su una pentola di
olio. Si voltarono entrambi verso di esso, osservando il video oscurarsi
improvvisamente.
"Cos'è
stato?" chiese Marron.
"Non
lo so..." rispose Trunks, provando a riaccenderlo invano. "Dev'essere
successo qualcosa, là fuori".
Il suo
volto era preoccupato, teso.
"Marron...adesso
devo andare...lo affido a te...so che puoi salvarlo".
La
ragazza deglutì, annuendo poi con un debole sorriso.
Trunks
si precipitò fuori dalla stanza, ripercorrendo il lungo corridoio in senso
opposto, verso la luce...la luce che sembrava infinitamente lontana...
Non
sentiva più le grida del pubblico...non sentiva più quel rumore soffuso
risultante dalle centinaia di spettatori che chiacchieravano l'uno con l'altro,
commentando ciò che avveniva sul ring...
Emerse
infine dal tunnel, affannato. Ma ciò che vide, avrebbe voluto non vederlo.
Lo
stadio, che ricordava gremito e traboccante di gente, adesso era vuoto sotto il
sole che ardeva sulle gradinate vuote, dove rimanevano solo carte e lattine
usate di un pubblico che si era volatilizzato come una nuvola di fumo.
Gohan
guardò sconvolto gli spalti, con gli occhi spalancati per la realizzazione di
ciò che era accaduto.
"Cosa...cosa
li hai fatto?" balbettò.
Vicking
sorrise beffardamente, quasi godesse dell'espressione atterrita dell'uomo.
"Non
li ho uccisi, non preoccuparti...loro mi servono...voglio solo uccidere
voi".
"Cosa
li hai fatto?" ripetè Gohan, incurante della minaccia insita nelle sue
ultime parole.
"Li
ho lanciato contro un'onda elettromagnetica, spedendoli in una bolla spazio
temporale...".
"Perchè?".
"Devo
sbarazzarmi di voi prima che vengano a sapere la mia identità...li farò
riapparire quando vi avrò fatto fuori, giusto in tempo per nominarmi campione
del mondo...per loro sarà come se non fosse successo niente".
Gohan
tremò. Non per quello che poteva fare a loro...ma per ciò che i suoi progetti
significavano per la Terra...
"Te
lo chiedo per l'ultima volta" riprese. "Vattene via. Torna sul tuo
pianeta...".
"E'
questo il mio pianeta!".
"No...non
è tuo...appartiene ai terrestri. Non hai il diritto di impossessartene".
"E
chi sei tu per dirmi quello che devo o non devo fare?".
Gohan
tacque, accigliato.
"Allora,
chi sei tu? Dimmelo o..." ringhiò Vicking piombando contro all'uomo,
esasperato.
"E'
un saiyan. Siamo saiyan".
Gohan
si voltò incredulo verso il fratello, che aveva pronunciato quelle parole
d'istinto, come mai l'aveva sentito fare prima. "Che cosa?" chiese
Vicking, voltandosi verso l'altro.
"Saiyan".
L'aveva
detto con orgoglio e soddisfazione, come se quello stato adesso non gli
sembrasse una maledizione ma un dono di cui andava inconsapevolmente fiero.
Saiyan...quella
parola rimbombò nella mente dell'alieno, richiamando il ricordo di leggende
perdute che si narravano ai confini dell'universo...
Ne
aveva sentito parlare da alcuni suoi simili che, durante i loro viaggi alla
ricerca di mete da conquistare, avevano sfiorato con la traiettoria un pianeta
abitato da tali esseri...un popolo di potenti guerrieri, che come loro
razziavano la galassia per espandere la propria egemonia...
Si
diceva che fossero una stirpe temibile, su cui aleggiava un'antica leggenda: uno
di loro sarebbe stato il prescelto, avrebbe raggiunto uno stadio eletto
ricoprendosi d'oro e acquistando un mitico potere contro cui pochi potevano
competere nell'universo conosciuto...
Ma poi
venne a sapere della fine di quel popolo...della tragica esplosione del loro
pianeta...dell'estinzione della loro razza...una buona notizia per la
concorrenza...
"Non
è possibile" disse l'alieno, scuotendo la testa. "I saiyan non
esistono più...sono finiti insieme al loro pianeta...".
Goten
azzardò un sorrisetto di sfida.
"Devi
esserti perso una parte della storia...".
Vicking
lo guardò, confuso.
"Qualcuno
sopravvisse a quell'esplosione..." continuò il giovane. "Due saiyan...noi
siamo i loro figli...".
Gohan
tacque, rimanendo immobile al fianco del fratello, temendo che l'alieno, da un
momento all'altro, si scagliasse contro di lui che continuava rischiosamente a
sfidarlo con tali rivelazioni.
Ma
Vicking si limitò a scrutare i due meccanicamente, come se la sua intelligenza
extraterrestre fosse programmata a risolvere impassibilmente gli incidenti di
percorso che incombevano sul suo piano perfetto.
"Ho
capito" disse infine. "Pensate di avere la precedenza su questo
pianeta solo perchè siete arrivati prima...".
Goten
lo guardò stordito.
"Ma
cosa stai dicendo?".
"Avevate
avuto la mia stessa idea...questo bel pianetino...la partecipazione al torneo
con la ragazza...la facile vittoria...".
"Guarda
che sei fuori strada".
"Ma
per vostra sfortuna avete incontrato me...anche io combatto per impossessarmi
della Terra".
"Noi
non combattiamo per questo" intervenne Gohan, deciso.
"Ah
no? E per cosa dovrebbe combattere una stirpe assetata di sangue come la
vostra?".
"Quella
stipe è finita".
La
voce maschile che aveva pronunciato quelle parole attirò l'attenzione di
Vicking, che si girò prontamente in direzione del tunnel che conduceva ai
servizi dello stadio. Trunks lo fissava fermamente, avvicinandosi con passo
lento ma deciso verso il ring.
"Quel
popolo non esiste più, almeno come lo conoscevi tu".
L'alieno
fece una smorfia indecifrabile.
"E'
finita l'epoca delle conquiste e degli spargimenti di sangue..." continuò.
"I saiyan non vogliono la Terra per se....ne hanno fatto la propria casa da
molti anni...".
Sentiva
di parlare anche per suo padre. Non era con loro, in quel momento, ma sapeva che
anche lui avrebbe detto le stesse cose...era sicuro di farne le veci, di
rappresentare il leader di quella razza perduta di cui egli andava tanto
orgoglioso ma di cui giustamente aveva ripudiato l'istinto omicida...e ciò gli
permetteva di parlare con tale soddisfazione da non rendersi conto del pericolo
a cui andava incontro...
"Siamo
come i terrestri adesso...noi siamo anche terrestri...".
"Mezzisangue..."
grugnì Vicking, disgustato nel realizzare che una tale elogiata razza potesse
essersi incrociata con umili, vili, insignificanti terrestri.
Ma
ciò che lo impressionava di più, era trovarsi per la prima volta contro dei
saiyan non per pura concorrenza, ma per il loro abbassamento a proteggere una
civiltà inferiore...un popolo che valeva solo come bottino di guerra...
"Non
mi importa chi siete e cosa volete" annunciò infine. "Io voglio
la Terra per me...e se vi ostinate a impedirmelo...la prenderò con la
forza!".
"No!"
gridò Goten con tutto il fiato che aveva. "Dovrai passare prima sul mio
corpo!".
Si
lanciò come una saetta verso il nemico, incurante dei richiami di Gohan che
provarono invano a trattenerlo, passando davanti a Trunks che terrorizzato lo
guardò calarsi in quella pazzia, diretto solo verso quell'essere...
Poi
però fu costretto a fermarsi, a poco più di un metro da lui.
Spalancò
gli occhi, incredulo, tremante.
Il
corpo di Vicking...la sua pelle...aveva cominciato a gonfiarsi...a torcersi
disgustosamente...
Grosse
protuberanze comparivano in vari punti, come se qualcosa dentro di lui tentasse
disperatamente di uscire...
Continua...
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Capitolo 8 *** Contrattacco ***
Capitolo 7
Capitolo 7
Le
mani di Marron tremavano vistosamente mentre fissava l'ultimo punto sull'addome
di Ub. Era stata costretta ad usare dei banali aghi e fili da cucito, ma era
tutto ciò che aveva a disposizione per saldare in qualche modo la profonda
ferita e sperare che l'emorragia si arrestasse.
Non si
aspettava di dover affrontare casi del genere...lei non era un medico...ma la
vita di quel povero ragazzo era nelle sue mani...
Fermò
il filo con un piccolo nodo, per poi disinfettare di nuovo nel timore che
possibili infezioni potessero complicare ulteriormente le cose.
Al
contatto del cotone imbevuto di etanolo, i muscoli del giovane si ritrassero di
riflesso, mentre dalle sue labbra spaccate uscì un lieve gemito di fastidio.
Marron sorrise, avvicinandosi al volto del ragazzo. Probabilmente stava
riprendendo conoscenza...il che era senza dubbio positivo, considerata la
quantità di sangue che aveva perduto...
Applicò
una striscia di garza sterile sulla ferita. Adesso non poteva far altro che
aspettare. Aspettare e sperare.
Lei
non era un medico...
Si
mise a tamponare con delicatezza le altre ferite più lievi sul corpo di Ub,
idratando infine con un pò di acqua le labbra secche. Il ragazzo mormorò
ancora qualcosa, mentre le sue palpebre si sollevavano debolmente dagli occhi
infossati per la stanchezza.
"Dove...sono?"
balbettò, con un filo di voce.
I suoi
occhi fissarono le pareti bianche dell'infermeria per alcuni secondi, come a
voler mettere a fuoco l'ambiente, per poi ruotare lentamente di lato verso la
ragazza.
Marron
gli fece dolcemente segno di tacere, di non affaticarsi, di pensare solo a
riposarsi, facendogli capire che avrebbe pensato a tutto lei. Ma
il ragazzo sembrò non capire.
"Sono
morto...è questo il paradiso?" chiese guardandola con smarrimento.
Marron
sorrise, scotendo la testa.
"No,
Ub. Non sei morto. Sei ancora vivo, e vedrai, andrà tutto bene".
Ub
sbattè gli occhi confuso, continuando a fissare l'infermiera che le tamponava
la fronte con un panno imbevuto d'acqua fresca.
"Non
credevo che gli angeli esistessero anche sulla Terra..." mormorò appena,
ripiombando poi in un sonno esausto.
Marron
lo lasciò riposare, sollevata, nonostante sembrasse che il ragazzo non avesse
ripreso ancora completamente contatto con la realtà.
Ma un
tuffo al cuore la riportò di colpo alla prospettiva di ciò che poteva
succedere fuori, sul ring. Provò a riaccendere il monitor, invasa dall'ansia.
Questa volta lo schermo si illuminò, e riprese a proiettare le immagini
esterne.
La
ragazza fece un balzo indietro, mentre portava velocemente una mano alla bocca
per trattenere un grido di terrore.
Gli
arti di ciò che fino a qualche secondo prima era stato Vicking si agitavano
freneticamente in una danza senza senso, mentre tutto il corpo si contorceva e
si gonfiava come se volesse esplodere da un momento all'altro.
Goten,
di fronte a lui, era pietrificato da quel disgustoso spettacolo.
Cosa
stava succedendo all'alieno? Stava forse assumendo la sua vera forma?
Il
terrore invase il sayan, ma non riuscì a muoversi. I suoi piedi erano come
bloccati nel cemento, incapaci di affrontare quella cosa pulsante quanto di
scappare lontano. Udiva sua madre invocare il suo nome, e le grida di Gohan e
Trunks che lo pregavano di tornare indietro, ma quelle voci gli giungevano solo
come suoni lontani, impossibili da focalizzare, tanto era preso da ciò che
aveva davanti agli occhi.
Improvvisamente
le membra di Vicking ebbero pace, fermandosi a mezz'aria con braccia, gambe e
collo afflosciati verso il basso, come se appartenessero ormai esclusivamente ad
un fantoccio inerme.
Ma
qualcosa cominciò a luccicare negli occhi...un liquido grigio, brillante, come
lacrime cominciò a scendergli lungo il volto, radunandosi a terra in una densa
pozza. Il flusso divenne a poco a poco più intenso, accrescendo la massa di
metallo fuso che invadeva il pavimento del ring.
Le
labbra di Goten si spalancarono in un urlo muto quando anche le iridi grigie
vennero risucchiate da quel flusso argenteo, lasciando in quel corpo, ormai
svuotato di ogni cosa e privo di sostegno osseo, due terrificanti orbite vuote.
"Goten!
Allontanati da lì!" gridò ancora Gohan dal bordo del ring.
Ma il
sayan continuò a fissare la pozza metallica a pochi passi da lui, a cui si
avvicinò cautamente.
"Goten!
Torna indietro!".
La
massa di liquido aveva iniziato a ribollire, con grosse bolle d'aria che
scoppiavano e si riformavano incessantemente sulla superficie. Ad un tratto
eruttò verso l'alto, innalzando una stilizzata figura che, invece di ricadere
verso il pavimento, cominciò a prendere forma come ferro fuso che si raffredda
nello stampo.
Goten
fece un balzo indietro.
Un
volto si disegnò nella parte alta della colonna metallica, sormontato da due
lunghe e affilate protuberanze cornee e incattivito da due
occhi grigi, le stesse iridi inespressive che rappresentavano l'unica parte
aliena non celata dal suo travestimento
umano che "indossava" solo fino a qualche minuto prima.
Era
quella la sua vera forma...
Goten
rabbrividì, mentre nella sua mente quelle immagini richiamavano in parte il
ricordo dell'aspetto freddo e metallico di Baby, in parte l'imponenza e il
portamento minaccioso e superiore di Majin Bu. Ma in cuor suo intuì che quelle
due creature riaffacciatesi nelle sue memorie non potevano reggere il confronto
con la potenza che in quel momento di rigenerazione scaturiva da quel mostro
alieno.
Come
avrebbe potuto affrontarlo da solo?
"Goten!"
continuò a chiamarlo Gohan, con la voce grottescamente mutata dalla rabbia e
dal terrore.
La
trasformazione era ormai completata, e la creatura stanziava a pochi passi da
lui, con un malefico sogghigno di sfida sul volto inumano.
"Il
mio nome è Blitz. Questo sono io. Adesso fammi vedere chi sei tu, sayan".
Goten
strinse i pugni e i denti, mentre gocce calde di sudore gli imperlavano la
fronte tesa.
Aveva
paura. Si, si sentiva invadere dal terrore all'idea di scagliarsi verso
quell'essere.
Ma non
osò voltarsi indietro. Non osò guardare verso Gohan e Trunks, non solo per la
vergogna di lasciar trasparire il terrore che invadeva il suo volto, ma anche
per il timore di decidere di fuggire, di arrendersi.
No,
non avrebbe potuto sopportare l'imbarazzo di strisciare codardamente tra le
gambe di suo fratello, implorando aiuto e protezione dopo essere stato il primo
a farsi avanti nell'affrontare il nemico. Sarebbe stato un gesto da
vigliacchi...e lui non lo era...
No,
non era e non sarebbe mai stato forte come suo padre...o coerente e razionale
come Gohan...ma sapeva una cosa...che non era un codardo...
Avanzò
con passo deciso, mentre un grido selvaggio si liberava dalle sue labbra e un
alone di energia esplodeva dal suo corpo.
Si
sentiva finalmente libero e a proprio agio ora che si era sbarazzato di quel
rivestimento umano. Era al pieno delle forze e pronto ad eliminare quella
scomoda razza risorta per intralciare i suoi piani. Quello scontro non era
previsto nel suo progetto minuziosamente calcolato, ma non importava. Presto
avrebbe avuto di nuovo la strada spianata, era solo questione di minuti.
Il
ragazzo avanzò, urlò, serrò i pugni mentre un turbine di luce si liberava
intorno a lui, e poi...eccolo...
L'oro
della leggenda.
Non
ebbe il tempo di rendersene conto che era già su di lui, spinto dal turbine di
adrenalina che aveva invaso il suo corpo ancor prima della trasformazione in
supersayan.
Mise
tutta la rabbia accumulata in quel colpo, scagliato con una potenza e una
rapidità tale da lasciare per qualche secondo spiazzato l'alieno, che venne
spazzato all'indietro violentemente.
Rimase
per un pò a terra, a faccia in giù. Goten attese. Sapeva che si sarebbe
rialzato.
E
così fu. L'alieno sollevò lentamente la testa ricambiando con i suoi occhi
gelidi lo sguardo caldo e verde del supersayan.
Ghiaccio
contro fuoco.
"Non
male per un mezzosangue" sibilò Blitz, rialzandosi da terra.
Goten
strinse i denti, preparandosi ad un nuovo attacco. Corse verso l'alieno, ma
questo lo anticipò con un colpo all'addome che fece sputare al giovane un
fiotto di sangue.
Goten
cadde in ginocchio, tossendo intensamente.
Chichi
portò le mani agli occhi, rifiutandosi di assistere ulteriormente alla
scena.
"No,
Goten....no" mormorò singhiozzando, mentre Videl le cingeva le spalle in
segno di supporto, come aveva sempre fatto dal giorno in cui si erano trovate
insieme a pregare per la salvezza dei propri cari. Aveva imparato ormai come era
complicato essere moglie e madre di sayan...
Bulma
osservò le due donne impotente. Anche il suo Trunks presto avrebbe affrontato
quel mostro, e sua figlia, inginocchiata al suo fianco sembrava sul punto di
alzarsi da un momento all'altro e raggiungere gli altri sayan al centro dello
stadio.
Vegeta,
perchè non sei qui con noi...
Chiuse
gli occhi, tremando al pensiero di come sarebbe potuta finire quella storia.
Si
rialzò barcollante, pulendosi il sangue che gli usciva dalla bocca con la
manica della maglietta.
"Goten!
Torna qui!!" lo chiamò di nuovo Gohan, ma il giovane, senza neanche
voltarsi, si rigettò su Blitz, con il quale iniziò un intenso scontro aereo.
Ma i
suoi colpi sembravano non scalfirlo attraverso quella semi-rigida armatura di
metallo quale era il suo corpo.
Era
ora di portare l'incontro ad un livello superiore.
Si
distanziò un paio di metri da lui, avvicinando i palmi delle mani e
raccogliendo lentamente una sfera di energia.
Muori,
mostro....muori....
Ma in
un attimo impercettibile se lo ritrovò dietro mentre si sentiva afferrare uno
dei bracci e interrompere il suo accumulo energetico.
Il
sayan gridò di dolore quando l'alieno aumentò la stretta e gli contorse l'arto
come fosse un panno da strizzare. Serrò i denti,
nel timore di ritrovarsi a implorare aiuto come un moccioso. Si tenne pronto a
sentire il rumore delle ossa del suo polso che si frantumavano, quando
l’alieno fu distratto da qualcosa alle sue spalle. Lo vide voltarsi con
rapidità, gli occhi metallici scintillanti in uno sguardo furioso.
Trunks…
Lo
aveva attaccato da dietro con l’intento di distrarlo da lui…
In
un attimo Blitz gli sferrò un potente pugno sul volto, che Trunks incassò con
una smorfia di dolore, tenendosi con la mano la guancia colpita.
“Sparisci!”
esclamò l’alieno gettandolo a qualche metro da lui con un potente calcio.
“Lascialo
stare!” gridò Goten con furia, scagliandosi verso di lui con rabbia
rinnovata.
Quella
era una questione tra lui e quel mostro, ormai. Trunks, Gohan, Pan, tutti gli
altri…dovevano rimanerne fuori. Lasciarlo affrontare da solo quella cosa. Era
una sfida. Una sfida contro se stesso. Contro
quella parte di se che da sempre lo rendeva agli occhi degli altri l’immagine
di suo padre, contro quel volto troppo simile a chi da anni non c’era più…a
chi per troppo tempo non c’era stato…
In
quel velocissimo attimo in cui correva verso Blitz, per lui il tempo sembrò
trascorrere come al rallentatore, brevi secondi trasformati in un momento
eterno. Si rese improvvisamente conto che non solo non avrebbe mai potuto
essere, oltre l’aspetto fisico, come tutti ricordavano Goku…
Lui
non voleva esserlo.
Lui
non voleva essere considerato un eroe…voleva solo essere Goten…
Il
Goten che amava la vita libera e spensierata…il Goten a cui piaceva la
compagnia di belle ragazze…il Goten che stava mettendo su un’attività
propria…il Goten che ora vedeva minacciato tutto il suo mondo da un essere da
distruggere…
Solo
questo voleva. Non aveva bisogno di dimostrare di essere il figlio di qualcuno.
Voleva dimostrare di esserlo, qualcuno.
Si
lanciò su Blitz con la gamba destra allungata, pronto ad atterrarlo con un
colpo di piede. Il suo corpo risplendeva di una luce dorata, mentre il suo volto
si contraeva in un grido di rabbia.
Ma
in un attimo, il mostro gli afferrò la gamba…lo fece girare intorno a se
stringendo fermamente la presa…e infine lo lanciò a qualche metro di
distanza, dove il ragazzo rotolò giù dal ring. L’alone dorato si spense, e
la sua chioma in pochi secondi tornò nera come l’ebano.
“Goten!”
gridò Trunks lanciandosi rapidamente verso di lui.
Scosse
il ragazzo con decisione, sperando, con il cuore in gola, di sentirlo rispondere
ai suoi richiami.
“Trunks…”
mugolò infine, aprendo debolmente gli occhi.
“Goten…tu
sei pazzo…sei completamente pazzo!” balbettò Trunks al suo fianco,
sollevato dalla reazione dell’amico, ma ancora scosso per aver temuto il
peggio.
Si
voltò velocemente verso il centro del ring, sperando di non vedere l’alieno
raggiungerli di sorpresa. Ma quell’essere era ancora là, distratto da Gohan
che sembrava volersi lentamente avvicinare a lui.
“Trunks…ho
fallito…ho fallito di nuovo…” si lamentò Goten, scuotendo la testa
arrendevolmente.
“Ma
che dici…”.
“Non
sono riuscito a distruggerlo…”.
“Ehi!”
lo richiamò Trunks. “Sei stato grande, Goten…né io né Gohan avremmo avuto
il coraggio di affrontarlo così a bruciapelo…”.
“Davvero..?”
mugolò il ragazzo ferito.
“Altroché,
amico…”.
Goten
accennò un lieve sorriso. Nella sua espressione, Trunks ritrovò qualcosa di
fanciullesco, qualcosa appartenente a quel bambino che era capace di
entusiasmarsi per le cose più semplici…quel bambino che lo ascoltava a bocca
aperta, qualsiasi cosa dicesse, fosse anche una stupidaggine…chissà se si era
mai reso conto che era il più grande che spesso invidiava il più piccolo…
Durante
l’infanzia…nell’adolescenza…anche dopo aver raggiunto la maturità…aveva
sempre ammirato l’istintività di Goten, la sua disarmante semplicità…
“Goten…teniamo
duro…ok? Ci sbarazzeremo di lui…”.
“Ok…”
rispose Goten con una nota di ottimismo nella voce indebolita dal dolore, a cui
Trunks rispose con un lieve sorriso.
Non
ne era altrettanto sicuro.
Gohan
fece un altro passo verso il mostro metallico. Lui lo scrutava impenetrabile.
Fortunatamente i suoi misteriosi ragionamenti lo avevano indotto ad aspettare,
rimandando l’attacco.
“Allora…dov’è
finita tutta la rabbia saiyan?” sibilò Blitz, fissando Gohan con aspettativa.
Gohan
girò lo sguardo verso il fratello, disteso a terra con Trunks al suo fianco.
Sperò che l’alieno perdesse di vista i due ragazzi. Quell’essere era oltre
la loro portata. Oltre la sua. Forse solo all’altezza di suo padre…
“E
dov’è finita l’intelligenza che sostieni renda il tuo popolo tanto
superiore?” chiese a sua volta il saiyan, tentando un’ultima possibilità di
farlo ragionare.
Blitz
non rispose.
“Non
credi che sarebbe un minor spreco di tempo e di energia rimanervene sul vostro
pianeta e vivere pacificamente usando le vostra facoltà per scopi migliori?”.
“Taci!”
esclamò Blitz, sorprendentemente irritato. “Chi sei tu, misero mezzosangue
saiyan, per dirmi cosa fare?”.
Si
avvicinò a Gohan con passo deciso. L’uomo si preparò ad un attacco sicuro,
quando l’alieno si fermò di scatto, come distratto da qualcosa di invisibile
nell’aria. Girò meccanicamente le iridi da una parte e dall’altra, come a
voler localizzare la fonte del suo interesse.
“Chi
sopravvisse al massacro dei saiyan?” chiese alla fine.
Gohan
si accigliò, sorpreso dall’inaspettata domanda del mostro, del tutto fuori
tema.
“Perché
ti interessa?”.
“Il
vostro sangue è identico…” rispose il mostro, continuando a scrutare
l’ambiente. “Ma io riesco a percepire gli impulsi sinaptici delle vostre
menti…c’è una coscienza regale in alcuni di voi…almeno un paio
all’interno di questo stadio…”.
Si
dimenticò di Gohan, dirigendosi invece verso gli altri due saiyan al bordo del
ring.
“Aspetta!”
cercò di distrarlo il saiyan. Ma era inutile. Adesso era qualcun altro che gli
interessava.
Trunks,
ancora chino su Goten, si voltò lentamente, percependo l’ombra dell’alieno
alle sue spalle.
“Devo
prima eliminare la progenie reale del vostro popolo di scimmioni!” rispose
seccamente Blitz, guardando il ragazzo dall’alto del ring, imponendo la sua
sagoma argentea su di lui.
Trunks
ricambiò lo sguardo sconcertato. Come faceva a percepire la sua identità?
Poteva forse leggergli nel pensiero?
No…probabilmente
le sue facoltà intellettuali gli permettevano di cogliere qualcosa che andava
oltre ciò che stava pensando in quel momento…forse captava la consapevolezza
delle sue origini, localizzata a livello inconscio…questo possiede frequenze
cerebrali molto basse…ma che lui presumibilmente era in grado di decifrare…
“Avanti
principe…abbassati di fronte al futuro Signore della Terra…lasciati
eliminare con dignità”.
Trunks
sussultò nel sentire quell’appellativo rivolto a lui…era figlio di chi una
volta era stato principe dei saiyan, è vero, ma non si era mai curato di quel
titolo appartenente ad un’epoca perduta…
Lui
il vertice l’aveva raggiunto negli affari, accrescendo fino alle stelle un
impero economico ereditato da sua madre…lui era il presidente della Capsule
Corporation, era questo l’unico titolo che sapeva appartenergli…
Ma
allora perché si sentiva incompleto, perché era spinto a cercare spesso una
via di fuga a tutto ciò, come se oltre a quell’identità terrestre sentisse
implorare spazio ad una coscienza che veniva dall’altra metà del suo sangue?
“Non
sono io il principe dei saiyan. Lo era mio padre, un tempo. Ma il suo popolo è
morto insieme al loro istinto di conquista” ribadì, cercando di ricordargli
la differenza che adesso separava lui da loro.
“Ah
sì? E allora dov’è questo principe che descrivete così convertito al bene,
ora che il suo pianeta adottivo ha bisogno di lui?”.
Trunks
abbassò lo sguardo, incapace di rispondere.
“Rispondi!”
esclamò Blitz, colpendolo con un ginocchio e scaraventandolo a terra,
dolorante.
Sentì
il fianco bruciargli intensamente, tanto da non riuscire ad alzarsi
immediatamente e a reagire con prontezza. Come si aspettava, un altro calcio lo
raggiunse nello stomaco, simile ad un’arma di piombo che si infila nella
carne. Non riuscì a trattenere un grido.
“No,
no…” mugolò Pan mentre le lacrime si mescolavano al sangue ormai secco che
aveva sul volto. “Ci ucciderà tutti, ci massacrerà uno ad uno…”.
La
speranza la stava progressivamente abbandonando. Solo suo nonno avrebbe potuto
porre rimedio a situazioni come questa. L’aveva sempre fatto. Ma adesso lui
non c’era, e dopo aver ridotto lei e suo zio ad uno straccio, quel mostro
avrebbe massacrato anche Trunks, e dopo di lui suo padre…
E
cosa ne sarebbe stato di tutto il pianeta?
“Tuo
padre farà qualcosa, vedrai…” cercò di rassicurarla Videl, inginocchiata
vicino a lei.
“No,
mamma…non sai quanto è potente quella cosa…soprattutto ora che ha raggiunto
la sua forma reale…”.
Videl
tacque, non avendo modo di contraddirla. Lei non aveva combattuto direttamente
con Blitz, ma sapeva valutare l’intensità dell’aura. E un’aura così
intensa la ricordava appartenente solo ad una persona.
Colui
che, qualche anno prima, era partito con il drago verso mete sconosciute.
Bra
osservò la madre in aspettativa. Finalmente la sentì rivolgersi a qualcuno
all’altro capo del cellulare.
“Sì,
sono io, Bulma. Potete passarmi urgentemente Vegeta?”.
Ma
la sua espressione speranzosa presto si tramutò in una smorfia di delusione.
“Non
avete idea di dove sia andato? Non ha lasciato detto niente?”.
Bra
intuì che la risposta doveva sicuramente essere negativa.
“Papà
non è in casa, vero?” indovinò la ragazza, mentre Bulma richiudeva con
nervosismo lo sportellino del cellulare.
“Già…la
portineria l’ha visto uscire, ma non sa dove possa essere andato”.
“Bulma,
sai che non possiamo fare affidamento su di lui…” intervenne Chichi,
arrendevole.
“Se
solo riuscissi a rintracciarlo e dirgli cosa sta succedendo…” spiegò Bulma,
cercando di mantenere la calma e di nascondere il tremore delle sue mani.
“Papà
verrà” esclamò Bra con fermezza. “Io lo so…lo sento. Papà non ci
abbandonerà a questo inferno…”.
Bulma
la guardò con un lieve sorriso, commossa dalla fiducia di sua figlia.
Vegeta…abbiamo
bisogno di te…
Trunks
si alzò. Aveva i muscoli arrossati e doloranti per i colpi incassati, ma si alzò.
Dimenticò
gli ultimi anni di tranquilla vita sedentaria, di ozio fisico all’insegna di
una massima concentrazione intellettuale…
Cercò
dentro di se lo spirito che un tempo lo faceva divampare di energia, che
ricordava così intensa ed emozionante solo ai tempi dell’infanzia, quel
periodo a cui lo aveva ricondotto l’espressione ottimista e innocente di Goten,
pochi attimi prima…quel periodo in cui essere figlio del principe dei saiyan
era motivo di vanto per lui…e in cui, attraverso lo sfoggio di questa
ereditarietà, si era guadagnato gli sguardi di implicito ma evidente orgoglio
di suo padre…
Suo
padre…
Si
rialzò in piedi, stringendo i denti. Era stanco di essere attaccato
passivamente. Se era la stirpe reale con cui Blitz voleva battersi, da quel
momento ne avrebbe avuto il piacere…
Gridò
ancora. Ma questa volta non per il dolore, ma per esplodere di energia e
risplendere d’oro.
Gohan
prese rapidamente in braccio il fratello, trasportandolo via dall’occhio del
ciclone che stava per esplodere sul ring.
“Goten!
Goten!” gridò Chichi andandogli incontro, riprendendo a piangere nel
vedere le ferite del figlio inerme.
“Ha
perso conoscenza, mamma…devo portarlo in infermeria!” spiegò Gohan.
“No!”
protestò la donna, obbligando il saiyan a farlo distendere di fronte a lei.
“Lascialo qui…nessuno mi separerà di nuovo dai miei figli, nessuno!”.
Gohan
fissò la madre, preoccupato, per poi sentire la delicata mano di Videl sulla
sua spalla.
“E’
la paura, tesoro…è la paura di perdere ancora qualcuno che la porta a
delirare…” lo rassicurò sua moglie.
Gohan
l’abbracciò, accarezzandole i lisci capelli neri sciolti lungo le spalle,
cercando in quel contatto un barlume di speranza.
“Non
possiamo continuare così…” mormorò Videl.
“Lo
so”.
“Vi
distruggerà uno ad uno, Gohan…”.
“Temo
di sì”.
“Oh,
cielo…no!” singhiozzò la donna.
Gohan
si discostò da lei qualche centimetro, abbastanza da guardarla negli occhi.
“Ascolta,
devo chiederti una cosa” le disse, stringendole il viso tra le mani.
“Cosa?”
chiese lei in un sussurro.
“Dobbiamo
rimetterci in forze, Videl, se vogliamo evitare che quest’alieno ci elimini
definitivamente e prenda possesso del pianeta…”.
Videl
lo ascoltò in silenzio, in aspettativa, gli occhi azzurri lucidi di lacrime
fissi in quelli d’ebano di lui.
“Vola
all’obelisco di Balzar…fatti dare i Senzu, i fagioli magici. Pan, Goten,
Trunks…ne hanno bisogno…e presto anch’io”.
Quest’ultimo
pensiero fece singhiozzare Videl, che scosse la testa con decisione.
“Come
faccio a lasciarti qui, Gohan…ad andarmene mentre tu…”.
“Tesoro…puoi
farcela”.
“Ma…”.
“Pensa
ai vecchi tempi, Videl…quando facevamo tutto in due…eravamo una squadra, ti
ricordi?”.
Videl
annuì, accennando un debole sorriso tra le lacrime.
“Io
per te e te per me, ricordi?”.
“Io
per te e te per me…” ripetè lei, annuendo.
“Ok…vai,
ora…io ti aspetto qui”.
Videl
lo baciò, sfiorando con le labbra tremanti quelle del suo uomo.
Si
separò da lui, riluttante, osservandolo poi tornare verso il ring, mentre si
asciugava le lacrime preparandosi a partire.
“Aspetta,
Gohan!”.
Fu
il richiamo di Bra che lo indusse a girarsi di nuovo indietro. Il saiyan guardò
la ragazza, con aria interrogativa.
“Posso
combattere” annunciò lei con voce tremante.
“Bra…”
mormorò Bulma. “Che stai dicendo…”.
“Posso
contribuire anch’io a tenere occupato quel mostro, in attesa che arrivi mio
padre!” continuò.
Gohan
fece qualche passo verso di lei, con aria grave.
“Chi
ti dice che tuo padre verrà qui?”.
“Lo
so…ne sono sicura”.
“Anche
se fosse, Bra, non sei in grado di reggere il confronto con quella cosa”.
“Posso
tentare…qualcosa posso pur fare anch’io, no?” protestò ostinata.
Gohan,
la cui tranquillità cominciava ad esser messa duramente alla prova da tutta
quella situazione, afferrò da dietro le spalle della ragazza e la condusse con
decisione a fianco di Goten, spingendola ad osservare la gravità del suo stato.
“Guarda!”
esclamò concitato. “Lo vedi come ha ridotto mio fratello? Lo vedi? Era anche
super saiyan, lui!”.
Bra
rabbrividì, fissando impotente il volto ed il corpo di Goten straziato dagli
attacchi senza pietà dell’alieno. Percepì il suo stomaco avvolgersi in un
nodo.
“Non
puoi fare niente qui, Bra…adesso Blitz se la sta prendendo con tuo fratello, e
ha giurato che non continuerà con me prima di eliminare la stirpe reale”.
Bra
spalancò gli occhi terrorizzata, mentre Bulma si faceva sfuggire
un’esclamazione di disperazione.
“Và
con Videl…devi andare via da qui, o presto quel mostro individuerà anche
te!”.
Bra
tremava, incapace di rispondere. Si limitò ad annuire, deglutendo pesantemente.
Lanciò un ultimo sguardo a Goten, ancora incosciente, per poi decidersi a
raggiungere definitivamente Videl e a spiccare con lei il volo verso il cielo.
Continua…
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Capitolo 9 *** Rabbia e oro ***
Capitolo 8
Capitolo
8
Videl
e Bra volavano a velocità sostenuta, solcando il sereno cielo azzurro che a
tutto faceva pensare meno che alla giornata in cui, per il genere umano, avrebbe
potuto iniziare un’epoca di soprusi e schiavitù.
Per
un po’ rimasero entrambe in silenzio, ognuna delle due immersa nei propri
pensieri.
Videl
non riusciva a darsi pace per aver lasciato suo marito e sua figlia in balia di
quel mostro. Non che lei potesse fare niente di concreto per aiutarli…sapeva
che una semplice terrestre non poteva fare praticamente niente contro qualcuno
persino fuori della portata di un saiyan…ma era l’idea di esser lì con loro
che l’avrebbe rassicurata, la sua semplice presenza sarebbe bastata per
convincerla che la sua famiglia non era sola, che lei era lì, a ricordare loro
che li amava…
Cielo,
quanto li amava…
Rabbrividì
al pensiero che il suo Gohan poteva scendere in campo da un momento all’altro,
mentre lei era lontana, senza un’ultima parola, senza un ultimo sguardo in cui
lui avrebbe detto: “Tornerò, tesoro”…
Gohan…
Lo
amava come mai avrebbe creduto esserne capace. Non avrebbe mai immaginato di
innamorarsi di un tipo come lui…Gohan era un uomo semplice, serio, di una
generosità infinita…così modesto nonostante la sua intelligenza e il suo
potere fuori dal comune…un marito ideale e un padre meraviglioso…capace di
amarti in modo dolce e sincero…
Certe
volte si chiedeva se meritasse davvero un uomo come lui…non trovava difetti,
al suo Gohan…la sua unica colpa era avere metà sangue saiyan nelle vene e
sentirsi responsabile del destino della Terra.
Ma
come avrebbe potuto fare a meno di lui…
“Avresti
veramente combattuto con l’alieno?” chiese a Bra, cercando di spezzare il
silenzio che le aveva avvolte dalla loro partenza per l’obelisco di Balzar.
Bra
si voltò distrattamente verso di lei, tentando di riprendere contatto con la
realtà.
“Io…non
lo so” ammise. “Sarebbe stato il mio primo incontro con un nemico vero…con
mio padre e mio fratello erano solo simulazioni…e mi facevano vincere
sempre”.
Questo
ricordo la fece leggermente sorridere, e Videl ricambiò altrettanto.
“Mi
hanno cresciuta come nella seta…mi hanno sempre risparmiato tutto…”.
“Ti
vogliono bene…”.
“Lo
so, anche a mio fratello ne vogliono, ma lui ha sempre combattuto”.
“Ricordati
che sei anche femmina…”.
“Già,
ma anche tua figlia lo è, eppure lei è sempre presente nel campo di
battaglia!”.
Videl
sospirò, pensando che Pan si era sempre ribellata alla loro volontà di
lasciarla in disparte, al sicuro, e che aveva sempre fatto di tutto per
combattere a fianco degli altri saiyan, per sentirsi parte di loro, sebbene
spesso le fosse impedito.
“E
tu, Bra, vorresti aver avuto le stesse opportunità in battaglia?” chiese
infine.
La
ragazza rimase in silenzio per qualche secondo. Pensò e ripensò ad una
possibile alternativa del suo modo di essere, se solo le fosse stata data più
libertà…ma non ci riuscì.
Capì
allora che se era stata cresciuta come una piccola principessa era perché lei
aveva voluto così. Era sempre stata orgogliosa di essere la figlia del principe
dei saiyan, e i suoi la trattavano come tale, senza dover fare niente per
meritarsi quel titolo appartenente esclusivamente a suo padre…non le piaceva
allenarsi seriamente, e mai le erano state fatte pressioni…
“No”
rispose. “Sono stata io la prima a volere così…non mi sono mai curata di
imitare gli altri saiyan”.
“Non
è detto che un saiyan debba sentirsi tale solo in battaglia” la contraddisse
Videl. “Io non ho il vostro sangue, ma ormai vi conosco abbastanza per capire
che sono tanti i modi per esternare ciò che avete ereditato…”.
“Ossia?”.
“Lo
spirito, per esempio. E’ lo spirito che contraddistingue un saiyan…la forza
è solo una sua conseguenza”.
Bra
riflettè su quell’affermazione, pensando che in effetti l’alieno aveva
individuato la natura del suo sangue solo grazie ad impulsi spirituali.
“Ma
adesso…cosa posso fare, in questa situazione, oltre che a fuggire?” chiese.
“Seguirmi
all’obelisco per i Senzu, per esempio…” sorrise Videl. “Neanche io
volevo andarmene da lì, ma questo è l’unico modo in cui posso davvero
aiutare Gohan e gli altri e dare il mio contributo per la salvezza del pianeta.
Certe volte vorremmo poter fare di più…ma in realtà possiamo solo cercare di
fare nel miglior modo possibile ciò di cui siamo in grado…”.
Bra
annuì, sorridendo, trovando le parole di Videl di una verità assoluta, sebbene
non riuscisse ancora ad accettare il fatto di poter fare ben poco. Percepì
nello sguardo della donna, mentre volava controvento, al suo fianco, una punta
di ansia, che cercava di reprimere nel tentativo di rassicurare lei, turbata da
inutili interrogativi sulla natura saiyan mentre i loro cari si battevano per il
bene dell’umanità.
“Vedrai,
mio padre verrà” affermò, nel tentativo di consolarla a sua volta.
Videl
si voltò verso di lei, dubbiosa.
“Vorrei
che fosse così”.
“Lo
sarà…come ho detto, non sono brava in battaglia, ma queste cose le sento…e
papà verrà, distruggerà quella cosa e salverà noi ed il mondo intero”.
Trunks
strinse i pugni, assaporando ad occhi chiusi il potere che stava fluendo
attraverso il suo corpo, mentre la trasformazione si rendeva evidente dal
bagliore che lo avvolgeva.
Notò
che l’espressione dell’alieno non era cambiata, lui lo guardava ancora senza
esternare un’emozione, un dubbio, una punta di ansia. Si limitava ad attendere
la sua mossa e a calcolare il contrattacco.
Si
scagliò contro di lui, fingendo di attaccarlo frontalmente per poi
sorprenderlo, tramite un movimento invisibile ad occhio nudo, alle spalle. Blitz
barcollò in avanti, preso alla sprovvista, ma si girò subito con gli artigli
argentei puntati verso il suo petto, nel tentativo di squarciare i suoi muscoli
come aveva fatto con Ub. Trunks intuì il movimento, sollevandosi appena in
aria, schivando l’attacco che vibrò inutile sotto i suoi piedi, fendendo
soltando l’etere. Il saiyan rimase sospeso, levitando al di sopra della testa
del mostro. Questo attese, guardandolo volare oltre la sua capacità di
raggiungerlo.
Bene.
Non era capace di volare. Un elemento a suo vantaggio, finalmente.
Se
Blitz poteva difendersi impeccabilmente attraverso la sua armatura corporea di
metallo, impenetrabile anche agli attacchi più intensi, lui adesso poteva
sfruttare quella interessante scoperta non solo per difendersi, ma anche per
attaccare…
Marron
osservò con ansia il monitor della piccola tv. La situazione sembrava piuttosto
grave, e Pan, Goten, e adesso Trunks ne avevano già fatte le spese.
“Acqua…”
sentì mormorare alle sue spalle.
Ub
si era svegliato. Grazie al cielo, era di nuovo cosciente.
“Ecco,
Ub, bevi” lo esortò appoggiandogli il bicchiere alle labbra. “Così,
piano…”.
Il
ragazzo bevve assetato per la disidratazione, dovuta all’imponente perdita di
sangue che aveva subito. Per fortuna l’emorragia si era definitivamente
fermata.
“Grazie”
mormorò, con voce ancora debole.
Marron
rispose con un sorriso rassicurante.
“Non
devi. Sono un’infermiera, è mio dovere occuparmi dei pazienti…nel tuo caso,
poi…come si fa a non aiutare un amico”.
Il
ragazzo la guardò, perplesso.
“Scusa…ci
conosciamo, forse?”.
“Probabilmente
non ti ricordi…è troppo tempo che non ci vediamo” spiegò la ragazza.
“Sono Marron, figlia di Crili…la mia famiglia era molto vicina ai Son e ai
Brief, che tu conosci così bene”.
“Figlia
di Crilin, hai detto?” chiese Ub, ritrovando un’immagine nella memoria.
“Ho capito…la ragazza bionda con i codini al torneo di arti marziali in cui
incontrai Goku per la prima volta…”.
“Esatto”
confermò lei annuendo.
Il
ragazzo sorrise lievemente, quanto glielo permetteva il dolore ancora intenso
delle ferite sull’addome. Improvvisamente, si ricordò di come e di chi lo
aveva ridotto in quel modo.
“Vicking…che
è successo? Oh no, che è accaduto dopo che…?”.
Marron
fece segno al ragazzo di tranquillizzarsi, raccontandogli con calma quello che
le aveva rivelato Trunks, la vera identità dell’essere, i suoi scopi malvagi,
la sua forza impressionante che aveva già sconfitto alcuni dei saiyan.
Ub
osservò atterrito le immagini sullo schermo, raffiguranti Trunks sospeso a
mezz’aria con Blitz in attesa sotto di lui.
“E’
impressionante…l’aura che percepisco anche da qui è veramente
impressionante…”.
“Su,
adesso calmati…devi ancora riposare!” lo rimproverò la ragazza, preoccupata
per la sua agitazione.
Ub
obbedì, riluttante, distendendosi di nuovo sul lettino. Marron, al suo fianco,
mentre gli controllava delicatamente lo stato delle ferite, sembrava risplendere
di luce propria, come se il suo tocco bastasse a sanare da solo tutte le ferite
e il suo sorriso a eliminare ogni ombra del male che stava gravando sul mondo.
Almeno lì, tra le mura di quell’infermeria.
Ecco
l’origine di quella visione angelica che aveva percepito prima, sospeso tra la
vita e la morte…lei, il suo viso, il suo sorriso…era questo che lo aveva
esortato a scegliere la prima strada…
Trunks
avvicinò i palmi delle mani, iniziando a raccogliervi una calda sfera di
energia. L’alieno era ancora lì, in aspettativa. Strano. Ancora nessun
terrore nei suoi occhi. Ma non se ne curò, dal momento che quella cosa sembrava
possedere un’unica, piatta espressione.
Allontanò
lentamente le mani, via via che la sfera gialla si ingrandiva di fronte a lui.
Gustò
la sensazione di averlo in pugno, di poter finalmente vendicare il fatto di
essere stato deriso, insieme a suo padre, da una creatura malvagia che meritava
solo di morire. Per dimostrargli che i saiyan non uccidono senza un motivo. Non
più ormai.
Era
il momento. Lanciò la sfera d’energia aiutandosi con entrambe le mani,
cercando di scagliarla con la massima velocità e precisione.
Dal
basso si sollevò una nuvola di polvere, illuminata dal bagliore che l’impatto
dell’onda aveva causato. Blitz giaceva immobile, a faccia in giù, sul
pavimento annerito del ring. Piccole scariche elettriche blu correvano lungo
tutto il suo corpo, ricreandosi e scomparendo come serpentelli impazziti sulla
superficie metallica.
“Trunks!”
fu la voce di Gohan a chiamarlo, mentre correva verso di lui. “Tutto bene?”.
“Sì…”
rispose affannato. Il suo sguardo continuava a fissare il corpo inerme
dell’alieno, gli occhi velati da una crescente ansia. Stava trattenendo il
respiro.
“Cosa
sono queste scariche, Gohan?” chiese con agitazione.
Gohan
osservò con ansia e concentrazione lo strano fenomeno notato da Trunks.
L’attività elettrica intorno al corpo sembrava crescere di secondo in
secondo.
“Trunks!”
gridò Bulma, avviandosi verso il ring, nell’intento di raggiungere il figlio.
“Fermati,
Bulma!” la ammonì Gohan, facendole un rapido segno di restare dov’era, più
lontano possibile da lì.
Non
ebbe il tempo di voltarsi di nuovo verso Trunks e intuire ciò che stava
accadendo, che Blitz, improvvisamente rialzatosi, si era scagliato sul ragazzo,
sovrastandolo a terra. Il saiyan fece un grido strozzato, mentre le forti mani
metalliche dell’alieno stringevano fermamente il suo collo.
Gohan
si gettò su di lui, colpendogli ripetutamente la schiena, nel tentativo di
liberare Trunks dalla sua stretta mortale.
Non
ci riuscì. Blitz incassava i colpi senza spostarsi di un millimetro. A quanto
pare gli attacchi fisici erano quasi inutili, ma un attacco energetico avrebbe
potuto colpire anche Trunks. Non poteva rischiare…
Finalmente
ebbe l’occasione di attaccare nel momento in cui Trunks, aiutandosi con i
ginocchi, riuscì a colpire l’addome dell’alieno in modo da farlo discostare
leggermente da lui per reazione istintiva. Fu allora che Gohan scagliò una
nuova sfera, che colpì in pieno il mostro da distanza ravvicinata.
Blitz
rotolò di qualche metro, cadendo dal bordo del ring. Dalla loro posizione
riuscivano ad intravedere i riflessi delle piccole e rapide scariche elettriche
che continuavano ancora a diramarsi sul corpo.
“Come
va, sei ferito?” chiese Gohan, vedendo Trunks tenersi il collo dolorante e
tossire insistentemente.
“No…”
rispose il ragazzo con difficoltà. “Non preoccuparti…”.
Si
girarono entrambi istintivamente, per vedere Blitz che, come insensibile a quel
potente attacco, si rialzava da terra e saliva di nuovo sul ring. Le sue
braccia, le sue gambe, il suo collo risplendevano del blu elettrico delle
piccole scariche.
“Non
è possibile…” mormorò Trunks fissando la scena terrorizzato.
No…non
poteva essersi rialzato di nuovo…e questa volta, anche più rapidamente della
prima…
Ciò
era privo di alcuna logica…Gohan sapeva che le onde d’energia infierivano un
danno tale che, se non riuscivano a neutralizzare i nemici più forti, almeno li
lasciavano privi di forza e di coscienza per un bel po’…
“Ok,
adesso lancerò il colpo di grazia!” annunciò Trunks sollevandosi qualche
metro da terra ed iniziando di nuovo a raccogliere energia. “Allontanati,
Gohan!”.
Gohan
scese dal ring, tormentato dalla serie di dubbi che gli affollavano la mente.
Come
poteva spiegare un tale fenomeno?
Trunks
levitava in alto, alimentando con rapidità una pulsante sfera energetica,
probabilmente più potente delle precedenti, nella speranza di mettere
definitivamente a tacere quell’essere malvagio.
Ma
c’era qualcosa che non quadrava…
Gli
attacchi fisici non danneggiavano tanto l’alieno, ma quelli energetici, di
gran lunga più potenti, sembravano non scalfirlo affatto…anzi…parevano
farlo reagire con ulteriore forza e motivazione…
La
sfera, tra i palmi di Trunks, era di dimensioni largamente sufficienti per un
attacco definitivo…portò le braccia all’indietro, per dare maggiore forza
al lancio, pronto per scaraventarla sull’alieno…
Blitz
era sotto di lui, non fuggiva, non tentava di scampare all’attacco, se ne
stava lì, in attesa…come se…come se…
“Trunks,
fermo!” gridò Gohan con tutta la forza che aveva.
Ma
ormai la sfera era stata lanciata, e andava ad investire il mostro con una
potenza micidiale.
Il
pavimento del ring cedette definitivamente, mentre Blitz rimase in piedi ad
assimilare l’onda, ad occhi chiusi, come traesse assoluto piacere dal
formicolio di scariche elettriche che ricopriva il suo corpo.
Gohan
l’aveva capito troppo tardi…
Blitz
non veniva danneggiato dagli attacchi energetici, bensì erano per lui come una
linfa vitale…nuova energia che, grazie alla natura del metallo di cui era
fatto il suo corpo, particolarmente adatto per la conduzione, accumulava per
curare i danni subiti e per poter riutilizzare a suo vantaggio…
Quest’ultima
intuizione sorprese Gohan come una pugnalata allo stomaco, che, presa coscienza
degli effetti di quella facoltà, cominciò a gridare: “Trunks, va via da lì,
presto!”.
Trunks,
ancora confuso per non aver arrecato alcun danno all’alieno, si abbassò di
nuovo.
“Cosa
c’è Gohan, io non capisc…”.
Ma
in un attimo Blitz lo afferrò per le braccia, serrando la stretta come se le
sue mani fossero una pinza mortale.
“Trunks,
no!”.
Le
scariche blu stavano risalendo dalle sue gambe e dal suo collo, per accumularsi
in prossimità delle braccia, refluire alle mani e trasferirsi sui muscoli di
Trunks, che cominciarono a vibrare come sottoposti ad un elevato voltaggio.
Gli
occhi del saiyan erano spalancati in una visione di terrore, ma era paralizzato
dall’energia distruttiva che invadeva il suo corpo, come una scossa elettrica
che colpisce e non risparmia.
“Trunks!”
gridava Bulma a squarciagola, mentre incurante degli ammonimenti di Chichi si
metteva a correre verso il ring. Cosa avrebbe potuto fare lei, semplice
terrestre, contro una creatura di tale livello? Ma una madre che assiste alla
distruzione di un figlio…nessuno può immaginarne la determinazione…
“Fermati,
Bulma!” la rimproverò Gohan, riuscito ad afferrarla mentre si dirigeva verso
una fine certa.
“Lasciami
Gohan, devo aiutare mio figlio!” continuò lei decisa, dimenandosi per
liberarsi dalla stretta del saiyan.
Gohan
la lasciò agitarsi, divincolarsi, urlare e protestare. Se fosse salita sul
ring, per lei non ci sarebbe stata speranza.
Trunks
lasciò cadere il collo all’indietro, gli occhi ancora spalancati per la
scossa che ancora agitava il suo corpo con degli scatti di attività elettrica.
Pan
osservò la scena senza riuscire ad urlare, a piangere, a muoversi. Sentiva le
grida di disperazione di Bulma, gli ammonimenti di suo padre sussurrati cercando
di nascondere la paura che lo attanagliava, i pianti sommessi di sua nonna a
fianco di suo zio non ancora cosciente…
Questi
suoni le giungevano come una musica lontana, una macabra colonna sonora a fare
da sfondo ad immagini tanto dolorose da sembrare irreali, come un sogno che si
svolgeva davanti ai suoi occhi, dove lei era incapace di reagire, bloccata dal
terrore, dalla disperazione, dalla rabbia più nera…
Sobbalzò
quando, inaspettatamente, l’alieno scaraventò violentemente il ragazzo giù
dal ring, che rotolò ad un metro da lei.
Percepì
il grido di Bulma in lontananza, mentre brividi nervosi la invadevano
rapidamente ed un terrore trattenuto le faceva tremare le labbra. Raggiunse
carponi il corpo inerme di Trunks.
Lui
era disteso a terra, con gli occhi spalancati in uno sguardo vuoto verso il
nulla, le braccia, il petto, l’addome ancora vibranti di rapide scariche blu.
“No…”
mormorò in un sussurro, scuotendo la testa debolmente.
Non poteva
essere…
Toccò
indecisa la sua pelle, incurante delle piccole scosse che le trasmetteva il
contatto con le scariche elettriche in via di estinzione. Cielo, i suoi muscoli
erano rigidi come legno…
No, Trunks,
no…
Lo
scosse con delicatezza, poi con più decisione, quindi violentemente.
“Trunks!
Trunks!” lo chiamò con voce concitata.
Ma
lui non rispondeva, non reagiva…
Era morto…Trunks
era morto…
“No!!”
gridò con voce ancora fioca per le recenti ferite ricevute, continuando a
scuoterlo, scuoterlo, scuoterlo ancora, come se solo la sua semplice volontà
potesse riportarlo di nuovo in vita…
Finalmente
Gohan aveva lasciato andare Bulma, che si gettò sul figlio, incredula,
riversando lacrime inutili sopra il suo viso contorto da quell’espressione di
morte, mentre Gohan afferrava le spalle di sua figlia tirandola indietro da
quell’immagine straziante, mentre la ragazza urlava con tutta la forza che
aveva in petto, stringeva i pugni e si abbandonava al pianto più disperato.
“Pan…calmati
tesoro…”.
“No!!!
No!!!” gridava la ragazza, quasi impazzita, che si dimenava contro la sua
stretta protettiva nonostante il suo stato ferito ed indebolito dal recente
scontro.
Tra
le lacrime, al di là del corpo privo di vita di Trunks, se ne stava il mostro,
beffardamente immobile e fiero che assisteva con estrema soddisfazione al loro
dolore, alla perdita irrimediabile del loro Trunks…
“Non
dovevi!!” gridò la ragazza con voce piena di odio, il volto grottescamente
mutato per l’agitazione.
Sembrava
che mille frecce infuocate le trafiggessero l’addome…sentiva crescere il
fuoco dentro di lei, il fuoco amaro ed omicida della vendetta…l’intenso
calore della rabbia, che si sostituiva di getto al terrificante gelo della
paura, la portò ad urlare d’istinto, a serrare maggiormente i pugni fino a
far penetrare le unghie nei palmi delle mani che si tingevano del suo sangue…
Strinse
gli occhi, alzò il volto al cielo…
…e
il fuoco finalmente esplose.
“Oh
santo cielo…” mormorò Gohan, che non era riuscito a trattenere la figlia ed
era stato scaraventato a terra dalla sua esplosione di energia.
Non
credeva ai suoi occhi…
Pan,
che si era gettata verso l’alieno ancora urlante, aveva i capelli del colore
dell’oro e gli occhi risplendenti dell’azzurra luce dei super saiyan…
Aveva
raggiunto il livello…la rabbia l’aveva portata a tanto…
La
vide investirlo di pugni, di calci, di attacchi senza ogni logica e schema,
suggeriti solo dall’istinto di vendetta, unica valvola di sfogo all’estremo
dolore che inghiottiva il suo cuore.
Bulma
sollevò amorevolmente la testa di suo figlio, appoggiandola delicatamente sul
seno, cullandolo in un sonno che sarebbe stato per sempre, mentre si abbandonava
ad un fiume di lacrime senza fine…
Poi
qualcosa le solleticò il braccio…le dita di una mano di Trunks si mossero
debolmente, unico segno della vita che ancora risiedeva in suo figlio, tutto il
resto del corpo ancora immobile e irrigidito per la scossa subita.
La
donna sorrise tra le lacrime, singhiozzò, ripetè il suo nome sollevata,
ringraziando il destino per avere ancora il suo Trunks…
Non
riusciva ancora a rilassare i suoi muscoli, rimasti contratti in seguito
all’attacco energetico. Sentiva il dolce tocco delle carezze di sua madre, che
piangeva e sorrideva allo stesso tempo, stringendolo maternamente al suo
petto…quei gesti che aveva cominciato a rifuggire alle soglie
dell’adolescenza, considerati ormai troppo infantili, adesso gli davano una
sicurezza infinita, un calore familiare che piano piano scioglieva come miele il
suo stato di paralisi…
Sentì
i suoi occhi reidratarsi di nuovo, e finalmente riuscì a sbattere le palpebre,
a mettere meglio a fuoco l’ambiente.
Ma
probabilmente non era ancora pienamente cosciente…con la coda dell’occhio,
quasi fosse ancora proiettato in un angolo di sogno, vedeva una guerriera con i
capelli d’oro affrontare un mostro da sola…lo stesso che minacciava di
impossessarsi del mondo…
Pan
picchiava, picchiava…non sapeva esattamente cosa stava facendo, se stesse
mettendo davvero in difficoltà l’alieno o se i suoi attacchi fossero
completamente inutili, lei si limitava a picchiare, scalciare, urlare, sfogare
quell’energia che era esplosa da dentro di lei a causa di troppe emozioni
accumulate…paura, rabbia, dolore, disperazione…
Era
stato come accendere la miccia di una bomba…presto o tardi, l’ordigno
sarebbe esploso…
Ma
dopo lo schianto, gli ultimi bagliori di energia la stavano abbandonando,
sentiva i suoi muscoli tornare deboli, e ciuffi di capelli ormai neri le
ricoprivano di nuovo il volto ferito…
Quasi
non si accorse del colpo infertole dal mostro, che la scagliò come uno straccio
giù dal ring, priva ormai di qualsiasi bagliore d’oro…
Rimase
a terra, volta in giù, stringendo gli occhi e lasciando di nuovo spazio alle
lacrime.
Era
riuscita a diventare super saiyan, anche se solo per pochi secondi…
Era
stato il suo sogno fin da quando era bambina, vedendo gli altri ricoprirsi
d’oro e godere di una forza molto superiore, cosa che lei poteva solo
immaginare…le era sempre stato detto che le femmine saiyan probabilmente non
ci sarebbero mai riuscite…
E
ora era successo, ma non le importava niente, niente, Trunks era morto e neanche
il raggiungimento del livello lo avrebbe riportato tra loro, voleva solo
piangere, urlare e gridare se solo avesse avuto ancora voce…
Poi
sentì la voce di Bulma, a pochi metri da lei: “Pan…”.
Si
girò riluttante, non voleva vedere ancora lo sguardo senza vita di Trunks nei
suoi occhi orribilmente spalancati…ma lui era disteso sulle ginocchia della
madre, girato leggermente verso di lei…gli occhi ora erano socchiusi, lucidi,
e il suo volto era nuovamente illuminato da un debole sorriso…e poi…il suo
braccio si allungò nella sua direzione, quasi a farle segno di raggiungerlo…
Osservò
la scena di nuovo come se fosse un sogno, ma questa volta non era un incubo, era
un sogno vero e proprio, un bellissimo, sollevante sogno…
Neanche
lei seppe come, ma trovò la forza di raggiungerlo tra le braccia di Bulma,
ritrovandosi a stringergli il braccio, aggrappandosi a lui tenacemente, come a
volerlo trattenere, a non lasciarlo andar via di nuovo dove non poteva
raggiungerlo, e intanto versava lacrime di gioia, perché anche se Trunks non
era ancora in grado di parlarle sapeva che stava bene, che era di nuovo tra
loro, che la luce nei suoi occhi era ancora viva e brillante come sempre…
Trunks…
Gohan
era di nuovo sul ring, faccia a faccia con l’alieno. Il suo sguardo non era più
disponibile e in vena di trattative come prima…ora era accigliato ed
arrabbiato…
“Ora
basta” scandì il saiyan.
Il
tempo della diplomazia era terminato…adesso veniva quello delle maniere
forti…
“Basta…che
cosa?” chiese Blitz con finta ignoranza.
“Basta
a te, alle tue idee, a tutti i danni che hai causato fino ad ora!”.
“Ti
riferisci ai tuoi simili che hanno osato intralciare i miei piani ed hanno avuto
la giusta ricompensa?”.
“Quelli
non sono miei simili…sono miei parenti o miei amici…e tutta quella
gente che hai fatto sparire…la maggior parte non li conosco nemmeno, ma tengo
a loro, hai capito? E sai perchè?”.
Gohan
fece un passo avanti.
“Perché
condividiamo lo stesso pianeta…le stesse gioie, gli stessi dolori! Siamo tutti
soggetti agli stessi mali, agli stessi pericoli, e solo sentendosi tutti
fratelli, tutti parte della stessa, grande famiglia potremo aiutarci gli uni gli
altri per il bene comune!”.
L’alieno
osservò il saiyan con distacco, quasi che quelle parole, pronunciate con il
cuore e con il fervore della rabbia non suscitassero in lui alcuna reazione, di
nessun tipo.
“Tu
non hai sangue reale…eppure sembri quello che comanda, qui tra voi” osservò.
“Io
non comando affatto…questi sono termini che solo tu puoi concepire…ho
solamente più esperienza…molte volte ho visto la Terra minacciata da tipi
come te”.
L’alieno
sembrò far trasparire una punta di stupore.
“Ma
sai come è finita?” continuò Gohan con veemenza. “Sono sempre stati
sconfitti…non importava quanto potenti fossero, noi abbiamo sempre
trionfato…perché in ballo non c’eravamo solo noi, c’era il destino di
tutta la gente, di tutto il nostro pianeta…basta solo questo a darti la forza
e lo spirito giusto”.
“Hai
finito?” protestò Blitz. “Così vediamo se l’amore per il tuo popolo
basterà a salvarti la pelle!”.
Bra
volava spedita sulla via del ritorno, stringendo tra le mani il sacchetto con i
Senzu. Fortunatamente i fagioli magici erano appena maturati, Balzar aveva
insistito perché non fossero ancora pronti per la raccolta, che ci sarebbe
voluto ancora qualche giorno, ma lei e Videl gli avevano spiegato che si
trattava di un caso di estrema urgenza, che ancora una volta c’era in ballo la
salvezza del pianeta, e quindi il gattone bianco non aveva avuto scelta.
Videl
si abbassava progressivamente di quota, piccole gocce di sudore le imperlavano
la fronte. Dopo un po’ planò definitivamente a terra, sedendosi esausta
sull’erba verde.
“C’è
qualcosa che non va?” le chiese la ragazza raggiungendola in basso.
Videl
si asciugò la fronte con la manica della camicetta, respirando affannosamente.
“Mi
dispiace Bra…non ce la faccio a continuare…non ho la resistenza di voi
saiyan, e per me reggere il viaggio di andata è stato fin troppo”.
“Ok,
ci fermeremo per un po’ a riposare…”.
“No!”
la contraddisse Videl. “Faremo tardi”.
“Ma
nel frattempo, mio padre…”.
“Non
possiamo affidarci a quest’ipotesi, Bra…lui non sa nemmeno cosa sta
succedendo…continua tu, devi consegnare i Senzu prima possibile!”.
“Ma
tu?”.
“Non
preoccuparti per me…devi pensare agli altri che stanno combattendo, adesso”.
Bra
guardò la donna non troppo convinta. Nei suoi occhi leggeva la paura, il
desiderio di tornare accanto alla sua famiglia, di essere lì di persona per
sostenerli ed occuparsi di loro…riusciva quasi a percepire l’angoscia che
poteva provare al solo pensiero di rimanere a miglia lontana da loro, senza
sapere cosa sarebbe accaduto…Non poteva lasciarla lì, da sola in balia delle
proprie paure…
“Ok…ti
porterò io!”.
“Cosa?”.
“Basterà
che ti tieni a me…ci penserò io a volare”.
“Stai
scherzando? La tua velocità si ridurrebbe drasticamente!”.
“Non
più di tanto…e poi, io non ti lascio qui…Gohan ha bisogno anche di te,
oltre che dei Senzu”.
Videl
sorrise debolmente. La fiducia che le trasmetteva quella ragazza era
incredibile, di un’intensità travolgente…
Lo spirito saiyan…
Continua...
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Capitolo 10 *** L'ultima speranza ***
Capitolo 9
Capitolo
9
Correva
ridendo su per la collina, il viso riscaldato piacevolmente dal caldo sole del
primo pomeriggio. L’erba alta gli solleticava piacevolmente le gambe, nude dal
ginocchio in giù, fin dove arrivavano i calzoncini estivi notevolmente più
comodi degli usuali abitini tradizionali, che solo per quel giorno sua madre
aveva finito per concedergli. Ogni tanto si voltava indietro, scorgendo il
sempre sorridente volto della familiare figura paterna, che fingeva
affettuosamente di non riuscire a raggiungerlo, ansimando faticosamente e
facendo finta, di tanto in tanto, di perderlo di vista tra gli sconfinati pendii
dei Paoz.
Alla
fine l’avrebbe in qualche modo acchiappato, tra le risa cristalline del
ragazzino che si lasciava cadere giocosamente sull’erba morbida, popolata di
farfalle, api e piccole coccinelle. Si sarebbe gettato goffamente al suo fianco,
arruffandogli con le grandi mani i capelli in un gesto d’affetto, mentre
nell’aria si diffondeva il buon odore delle ricette della mamma, suggerendo
l’avvicinarsi dell’ora di merenda…
Gohan
provò una tale malinconia nel perdersi in questi ricordi che ebbe la sensazione
che il suo cuore, e tutto il suo contenuto, si stesse svuotando per sempre.
Alla
sua mente erano ritornate le dolci immagini della sua infanzia, dei semplici
episodi quotidiani che lo facevano sentire come un qualsiasi altro bambino del
mondo.
Perché
in realtà, lui non era mai stato come gli altri bambini. Lo aveva sempre
saputo. Almeno da quando, molti anni prima, nonostante la sua giovane età non
gli permettesse di capire pienamente la vera identità di suo padre, aveva
sperimentato la sua diversità in occasione dell’arrivo di Radish.
E
da allora, la sua vita non sarebbe più stata quella di un comune bambino. Lui
era figlio di un saiyan.
Non
l’aveva voluto lui. Era il destino che aveva deciso così. Gohan avrebbe
voluto rotolarsi nell’erba e scherzare con il suo papà per sempre, o almeno
per tutta l’infanzia come avrebbero fatto tutti i suoi coetanei…ma la sorte
aveva scelto di fargli un dono, un dono che lui non aveva richiesto, ma di cui
avrebbe presto dovuto assumersene le piene responsabilità…
Era
cresciuto prima del tempo. Aveva dovuto farlo…per i suoi cari e per tutta
l’umanità.
“Allora?”
brontolò Blitz riportandolo con un brivido alla realtà.
Gli
occhi di Gohan, inumiditi appena da lievi accenni di lacrime, tornarono seri e
il suo sguardo si posò di nuovo grave ed intenso sulla figura del suo
avversario, pronto per procedere allo scontro.
Non
l’ aveva voluto lui…
Solo
un brivido, accompagnato da un sommesso sospiro. Videl strinse gli occhi, non
solo per difenderli dall’aria che le scalfiva il volto a gran velocità, ma
soprattutto per reprimere l’imminente voglia di piangere.
“Tutto
bene?” le chiese Bra, che continuava a sostenerla in volo, notando
l’agitazione della donna.
“Gohan…”
rispose Videl con un sussurro. “Ho sentito la sua aura ingrandirsi
improvvisamente…”.
Un
modo per dire, a malincuore, che era arrivato il turno di suo marito.
“Anch’io
me ne sona accorta” confermò la ragazza. “Gohan sta combattendo, in questo
momento”.
Videl
trattenne a fatica un singhiozzo, ripetendosi che il suo Gohan non avrebbe mai
voluto vederla così, ma forte e coraggiosa come se l’era sempre ricordata.
Chissà se aveva mai capito che il suo atteggiamento era in molti casi una
maschera, che tentava di nascondere la vera fragilità del suo cuore.
Bra
le rivolse un lieve sorriso, sperando di rassicurarla, seppur una punta di
terrore cominciasse ad invaderle i pensieri, rendendosi conto che, dal momento
che Gohan aveva iniziato a battersi, suo fratello doveva essere già stato
sconfitto. Fu sorpresa da brevi secondi di panico quando cercò di localizzare
l’aura di Trunks, trovandola solo dopo un po’ e notevolmente indebolita.
Ma
c’era…
Trunks
era vivo, e anche tutti gli altri, adesso sarebbero arrivate loro a distribuire
i Senzu e suo padre a mettere fine a quella brutta storia.
Perché
lei non solo ci sperava…ci credeva.
Fasci
di luce dorata si mischiavano a scariche blu elettrico, inondando il ring di
un’insolita luminosità per le ore del tardo pomeriggio.
Gohan
sapeva che non poteva usare attacchi energetici contro il suo avversario, dal
momento che questo li avrebbe riciclati a suo vantaggio. Si limitava ad
attaccarlo fisicamente, mantenendosi ad una debita distanza, per evitare che
Blitz potesse trasmettergli una scarica mortale come aveva fatto con Trunks,
vivo per miracolo.
Capì
però che presto avrebbe dovuto cambiare strategia, quando l’alieno lanciò
contro di lui, che in quel momento levitava a pochi metri da terra, una sfera di
energia. Riuscì a spostarsi appena in tempo, ma l’onda lo sfiorò ugualmente
al braccio, procurandoli un intenso bruciore. Si tenne l’arto con l’altra
mano, stringendo gli occhi ed i denti, mentre la manica della sua camicia bianca
cominciò a tingersi di rosso, una macchia di sangue che si faceva strada nella
stoffa come un predatore affamato.
Blitz,
in basso, occhi freddi e grigi puntati su di lui, attendeva…
Sua
madre…Goten…sua figlia…Bulma e Trunks…distanti metri da lui, alcuni
troppo indeboliti dalla battaglia, altri troppo deboli di natura per poter fare
qualcosa, lo fissavano in aspettativa. Sguardi disperati e speranzosi leggeva
nei loro occhi stanchi…
Improvvisamente,
sentì un tale peso sulle spalle che ebbe la sensazione di avere addosso il
mondo intero. E, in un certo senso, ce lo aveva davvero.
Calmati...ragiona...ci
deve essere una soluzione...
Senza
poter fare attacchi energetici, ma dovendoli solo subire, non poteva reggere per
molto…Blitz era in grado di assorbirli grazie alla natura del suo corpo, che
funzionava come un’enorme impianto elettrico, conduttore di corrente…
Tutti
i sistemi che conducono corrente, però, possono tollerarla solo fino ad una
certa intensità, altrimenti…
Sentì
che forse c’era ancora una speranza. Forse c’era almeno una possibilità di
salvare l’umanità dagli artigli di un essere senza patria né valori…
Era
il momento di concentrarsi, di assumere una posizione che gli permettesse di
sostenere il carico energetico e di riversare in esso tutta la rabbia che aveva
nell’anima.
Chichi,
con le mani giunte e gli occhi chiusi come se stesse pregando, tremava come una
foglia sbattuta dal vento, sussurrando il nome di suo figlio. Pan, debole e
distrutta come un fuscello, coperta di ferite e di polvere, trovava ancora la
forza di sollevare una piccola borraccia per far bere Trunks e Goten, che le
donne avevano fatto appoggiare al primo gradone delle tribune, nonostante non
fossero ancora pienamente coscienti.
Adesso
Bulma, con il fiato in gola ma conservando una certa lucidità, seguiva
attentamente l’incontro, sperando da un momento all’altro di vedere
quell’essere disgustoso disfarsi in un ammasso di polvere, la fine di tutti i
nemici che, fino a quel giorno, avevano avuto la sfortuna di avere a che fare
con un saiyan.
Rimase
da primo sorpresa quando Gohan preparò un attacco energetico, viste le
conseguenze che ciò comportava. Ma Gohan non era un tipo avventato,
evidentemente sapeva cosa stava facendo…
“Ho
capito…” esclamò infine, facendo alzare verso di lei gli occhi speranzosi
di Chichi. “Vuole provocare un cortocircuito…”.
La
sfera di luce si ingrandiva tra le sue mani, diventando sempre più calda e più
compatta, finchè dovette allargare le braccia per riuscire a contenerla tutta.
Più grande, sempre più grande…la resistenza del circuito dell’alieno non
avrebbe retto una tale quantità di energia…
Ancora
qualche minuto…
Ub
si sporse dal lettino, ammirando con trasporto ciò che vedeva attraverso il
piccolo schermo, ancora sintonizzato su quello che restava dello stadio, mentre
Marron, al suo fianco, aveva già da un po’ rinunciato ad ogni tentativo di
tenerlo calmo.
“Non
potrà sopravvivere a questo attacco…non questa volta” affermò il ragazzo.
“Lo
spero di cuore…” mormorò l’infermiera, mentre l’ansia e la suspence
crescevano nel suo petto.
Ub
si voltò lievemente verso di lei, accennando un debole sorriso.
“Ma
guarda…chi è ora quella agitata?” chiese, prendendola bonariamente in giro.
La
ragazza arrossì, schivando il suo sguardo.
“Adesso
la minaccia dell’alieno…prima tu che mi stavi per morire davanti agli
occhi…” balbettò. “Come potrei essere tranquilla…”.
Ub
le posò affettuosamente una mano sulla spalla, un piccolo ma significativo
segno di ringraziamento sincero.
“Tu
adesso non devi preoccuparti di niente. Hai fatto già molto per me…mi hai
ridato la vita…e tra non molto, quest’incubo finirà…qualcuno vi metterà
fine”.
Marron,
consumata dalla tensione e dalla paura, ma sollevata dalle parole confortanti
del giovane, unica sua ancora in quel momento di terrore, cercò istintivamente
conforto tra le sue braccia, abbracciandolo incurante delle ferite ancora
fresche sul suo corpo seminudo, incurante della compostezza professionale,
incurante del rossore che le bruciava le guance…l’unica cosa a cui pensava,
ora, era che, se fosse rimasta da sola in quella piccola, claustrofobia
infermeria, mentre tutto il viavai che aveva popolato fino poco prima quei
corridoi era misteriosamente scomparso e fuori era in atto una battaglia…se
con lei non ci fosse stato Ub, qualcuno con cui condividere tutto ciò…di
sicuro non ce l’avrebbe fatta…
La
sfera aveva ormai raggiunto alcuni metri di diametro, e splendeva di una luce
dorata sopra la testa di Gohan, che la sorreggeva appena con i palmi delle mani.
Adesso…era
il momento…
“Allontanatevi!!”
gridò, al di sopra del brusio provocato dalla sfera di energia, rivolto a Bulma
e Chichi, troppo vicine al ring da rischiare di essere travolte dall’impatto.
Quando
le due donne si furono allontanate, il saiyan guardò in basso, verso Blitz, nei
cui occhi intravide, di sfuggita, come una punta di esitazione, forse di
paura…
Fece
quasi per spostarsi da lì sotto, rendendosi conto di essere un facile
bersaglio, ma Gohan, dandosi la giusta spinta e calcolando la corretta
traiettoria, lanciò il piccolo sole verso il basso.
Sebbene
avesse messo in quel lancio tutta la forza possibile, la sfera avanzò lenta,
inquietante, troppo grande e compatta per avere la velocità e la fluidità
delle piccole onde energetiche. Invece di travolgere l’alieno e disperdersi su
esso, lo schiacciò a terra, ellissandosi come se cercasse in qualche modo di
esplodere. Ma non lo fece.
Coperto
dall’enorme sfera energetica, Gohan non riusciva a vedere Blitz, ma senza
dubbio doveva essere schiacciato al suolo, in evidente difficoltà a reggere il
peso di quell’attacco, considerando anche che, tutt’intorno al punto di
impatto, volavano via mattonelle del ring, lasciando al di sotto una vuota buca
come se vi fosse appena caduto un meteorite.
L’uomo
rimase sospeso nell’aria, sperando con tutto se stesso che l’intensità
della sfera fosse stata sufficiente a mandare in tilt il sistema di conduzione
elettrica di quell’essere. In caso contrario…non osò pensarci…
Quasi
non se ne rese conto quando, in modo del tutto improvviso e violento, la sfera
riacquistò la sua forma rotonda e fu catapultata verso di lui.
Lo
travolse in pieno.
Ciò
che vide Chichi le rimase impresso nella memoria, finchè visse, come una delle
cose peggiori a cui dovette assistere come madre. L’immagine di suo figlio
maggiore che veniva spazzato via come un manichino inerme e snodato, colpito dal
suo stesso attacco riflesso, fu come un pugnale che le trafiggeva il suo cuore
già malandato da parte a parte. Lo vide cadere oltre le gradinate più alte,
probabilmente fuori dallo stadio…il suo cuore sembrò spezzarsi
definitivamente, cedendo ad un pianto disperato, accompagnato dalle grida delle
nipote, che tentava senza successo di rimettersi in piedi.
Bulma
cinse le spalle alla donna, tentando di farle forza, ma tremando lei stessa.
Anche
Gohan era stato sconfitto. Nessun altro di loro avrebbe potuto fare niente.
Anche se si fosse lanciata come un proiettile contro l’alieno, il suo sarebbe
stato solo un breve e del tutto inutile attacco suicida. Era una scienziata, e
doveva guardare in faccia la realtà.
Si
strinse ancora di più all’amica quando quell’essere, rialzatosi e
soddisfatto della dipartita di un altro saiyan, si voltò verso di loro,
fulminandole con il suo sguardo tagliente.
Adesso
le avrebbe uccise…e con loro Pan, Trunks e Goten, troppo deboli per reagire…
Avanzò
con passi lenti, misurati, come trovasse un estremo gusto nel vedere le loro
facce traboccanti di terrore.
Per
loro sarebbe stata la fine…per il genere umano l’inizio di una nuova epoca,
segnata dal male e dalla schiavitù…
Era
vicino…sempre più vicino…quasi sentiva il suo fiato metallico sopra di
loro, mentre chiudeva gli occhi e si stringeva a Chichi, preparandosi di attimo
in attimo a dire addio alla vita, quella vita che le aveva riservato tante
sorprese e tanta felicità…
Ma
all’improvviso un voce dal cielo, forte e decisa abbastanza da farle riaprire
gli occhi, e concedere nuovo aria al cuore:
“Non
ci provare”.
Videl,
recuperate in parte le forze, aveva ripreso a volare da sola, spinta per prima
cosa dall’ansia e dal terrore, che come carburante, in quel momento, erano più
che sufficienti.
Avevano
percepito un grosso impatto di natura energetica, e subito dopo un altro della
stessa intensità, dopo di che l’aura di Gohan si era ridotta al tiepido
calore di una candela che ha terminato il cerino. Lacrime le solcavano il viso,
spinte via dal vento, ormai non riusciva più a trattenerle, mentre avvistavano
l’isola in cui si teneva il torneo e si abbassavano di quota.
Erano
giunte ormai nei pressi dello stadio, quando la donna intravide qualcuno a
terra, a schiena in giù, la camicia imbrattata di sangue. Seppe subito che era
il suo Gohan.
Atterrò
inciampando, per la fretta di raggiungere il marito, gettandosi con un balzo a
fianco dell’uomo, mentre Bra l’aiutava a girarlo dall’altra parte, in modo
da poterlo vedere in faccia.
“Gohan…Gohan!”
gridò, con la voce contorta in un singhiozzo.
“Vi…del…”
uscì appena dalle labbra dell’uomo, spaccate da numerosi tagli, mentre
cercava inutilmente di aprire gli occhi, sebbene uno fosse segnato da un
profondo livido.
“Sono
qui, tesoro, sono qui!” lo rassicurò la moglie, stringendolo al petto,
accarezzandogli i capelli grigi per la polvere, e lasciandosi finalmente andare
in uno sfogo misto di dolore e gioia.
“Tieni…dagli
questo” le suggerì Bra, porgendole un Senzu estratto dal fagotto che avevano
portato con loro.
Mentre
si avviava verso l’interno dello stadio, per poter curare con i fagioli magici
anche tutti gli altri, la ragazza sentì qualcosa che accolse come un soffio
caldo al cuore, come una ventata di speranza…
Mentre
accelerava il passo, mentre quasi senza accorgersene si metteva a correre come
una bambina, sul suo volto si disegnava un sorriso di gioia, il suo cuore si
metteva a martellare come un tamburo e nei suoi occhi traspariva tutta
l’eccitazione e l’entusiasmo che riuscivano a trattenere.
Percorse
rapidamente l’ingresso…salì a due a due gli scalini che portavano allo
stadio…ed eccolo lì, la sua sagoma inconfondibile stagliata contro il cielo
crepuscolare…eccolo lì, l’eroe che questa volta avrebbe salvato il mondo…
Continua…
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Capitolo 11 *** Dono all'umanità ***
Capitolo 10
Capitolo
10
Occhi
d’ebano profondi e minacciosi come le più sperdute profondità oceaniche,
corpo tonico e scultoreo come se appartenesse ad un giovane di vent’anni,
postura eretta e fiera come se chi avesse davanti fosse solo polvere dinanzi ai
suoi piedi.
Lassù,
all’altezza delle più alte gradinate dello stadio, la sua figura levitante
emanava un’aura così vasta ed intensa da non poter appartenere ad altri che
al famoso principe dei saiyan.
Blitz,
la testa sollevata in alto, strinse i denti con rabbia.
“Tu…”.
Vegeta,
dall’alto, incurvò leggermente un lato della bocca, accennando un sorrisetto
canzonatorio.
“Dì
la verità…speravi di non dovermi incontrare” lo sfidò.
L’alieno
strinse i pugni lungo i fianchi.
“Ormai
avete interrotto i miei piani…tanto vale che vi faccia fuori tutti…saiyan”.
L’aver
pronunciato l’ultima parola con tale evidente odio, scatenò nel principe
un’ironica risata, che risuonò tra i vuoti spalti dello stadio ormai segnato
da lunghe ombre.
“Povero
stupido!” rispose tra le risa. “Credi davvero che un disgustoso ammasso di
ferro come te possa eliminare una dinastia come la nostra e giocare indisturbato
a fare l’imperatore??”.
Blitz
si accorse che stava tremando…non per la paura…era la rabbia che gli
cresceva dentro…
Ma
come osava quel pallone gonfiato alto la metà di lui offenderlo in quel modo?
Nei suoi progetti di dominio assoluto, non avrebbe permesso che simili individui
popolassero il suo mondo di servi…fortunatamente, quando avesse distrutto
anche colui che si definiva principe di quei rompiscatole, nessun altro avrebbe
potuto ribellarsi al suo potere…nessun altro…
“Sei
solo un buffone!” continuò a provocarlo Vegeta. “Ti atteggi da essere
superiore, che razionalizza tutto, che ha ogni cosa sotto controllo…dimmi, ti
sei anche accorto che te la stai facendo sotto?”.
Basta…era
troppo ciò che sentiva…troppo perfino per la sua capacità di non farsi
coinvolgere dalle emozioni e dall’istinto…
Lanciò
le braccia verso il cielo, ma da esse non partì niente, solo deboli scariche
blu che morirono sui palmi metallici, incapaci di raggiungere l’avversario.
“Maledizione…”
imprecò, perdendo definitivamente il controllo della situazione.
“Oh-oh…non
dirmi che hai finito l’energia…” sorrise cinico Vegeta.
Ancora
vicina a Chichi, ma non stretta a lei come qualche secondo prima, quando aveva
temuto la loro fine, Bulma volgeva lo sguardo verso il cielo solcato dalle mille
sfaccettature dei caldi colori del tramonto, gli occhi chiari ora colmi di nuova
forza non perdevano mai di vista il marito, che con intelligenza e furbizia
stava mettendo a dura prova la pazienza dell’alieno…
Era
orgogliosa di lui…era orgogliosa perché era giunto in loro aiuto, orgogliosa
perché adesso si preparava a sfidare il nemico con coraggio, orgogliosa perché…semplicemente
perché era suo marito, e lei lo amava più di ogni altra cosa.
Blitz
ringhiava, scalpitava, fremeva, ansimava…mai in vita sua aveva avuto una tale
crisi…
“Io
ti uccido…giuro che ti ammazzo, saiyan…”.
“Calmati,
uomo di latta…pensa se ti vedessero così i tuoi futuri schiavi
terrestri…”.
“Giuro
che quando mi rivedranno tu sarai già nell’altro mondo…”.
“E
io giuro che se ti rivedranno sarà solo come una pozza inerme sul pavimento”.
“E
allora vieni giù e combatti saiyan…sono ansioso di assaggiare il tuo
sangue!”.
“Ti
accontento subito!” rispose Vegeta, scagliandosi a tutta velocità verso il
basso, con la gamba tesa.
Blitz
venne scagliato a terra, cadendo fragorosamente. Tentò di rialzarsi, ma un
altro colpo lo sorprese proprio sotto il mento, facendogli assaggiare la forza e
la durezza di un ginocchio saiyan.
Trunks,
ripresa piena lucidità grazie al Senzu, fissava rapito l’incontro, che
avrebbe finalmente potuto mettere la parola fine a quell’incubo che, sebbene
fosse cominciato solo qualche ora prima, già sembrava perseguitarli da
un’eternità. Anche Pan, ancora attaccata a ciò che rimaneva della sua
camicia, sembrava quasi non volesse staccarsi da quell’ultimo barlume di
speranza, per loro, per tutti, per il mondo intero.
Quasi
si pentì di aver dubitato, anche se solo per un secondo, che suo padre non
arrivasse…come avrebbe potuto, il principe dei saiyan, lasciare la sua stirpe
in balia del destino?
Si
sentì sollevato, rilassato…fare le veci del principe non era facile…nessuno
mai poteva imitarlo…
Finalmente
riuscì ad alzarsi, barcollante, ma ancora in forze…il dolore era mascherato
dalla rabbia, e la rabbia che gli trasmetteva quel dannato saiyan era tale che
ora si sentiva più energico che mai.
Un
altro pugno, questa volta all’altezza del petto, gli fece mancare il respiro
per alcuni attimi, costringendolo ancora all’impotenza. Seguì la sua risata,
tagliente e cinica…
Blitz
si lanciò furioso su di lui, cercando di colpirlo con i suoi artigli affilati,
ma lui si scostava, si allontanava, spariva incomprensibilmente e poi tornava
per attaccarlo senza preavviso…
Finalmente
il suo pugno d’acciaio gli centrò la guancia abbronzata, spingendolo indietro
mentre un rivolo di sangue gli solcava il mento. Il saiyan vi passò sopra il
dorso della mano, quasi che quel colpo fosse stato per lui poca cosa, per poi
lanciarsi di nuovo verso il nemico.
Le
iridi azzurre di Bra traboccavano di pura gioia…
Mentre
si assicurava che il Senzu facesse effetto su Goten, a cui sorreggeva
delicatamente la testa per permettergli di bere, aveva il sorriso sulle
labbra…
Peccato
che i terrestri non potessero vedere ciò che suo padre stava facendo per tutti
loro…si stava comportando da vero eroe, perché lui era un eroe, lei lo
aveva sempre saputo, erano gli altri che non lo sapevano, e spesso anche i
presenti, che ben lo conoscevano, dimenticavano chi fosse veramente, e che cuore
avesse, sotto tutto quello schermo di astio e riservatezza, il suo adorato papà…
Un
eroe…finalmente era sotto gli occhi di tutti…
Di
nuovo la sua figura scomparve davanti ai suoi occhi, per ritrovarselo dietro,
dove gli piazzò un nuovo pugno proprio in mezzo alla schiena, gettandolo a
terra.
Prima
di rialzarsi, Blitz alzò gli occhi verso il suo nemico, che lo fissava
dall’alto, lo sguardo ancora sicuro e spavaldo ma venato di una sottile
tristezza, come conservasse una conoscenza ignota a chiunque altro.
Per
alcuni secondi i due sfidanti rimasero fermi, faccia a faccia, scrutandosi prima
del verdetto finale che avrebbe segnato il futuro del genere umano.
Quando
ripresero, Blitz aveva gli arti metallici talmente intorpiditi da non potergli
più garantire degli attacchi efficienti…il saiyan, invece, continuava ad
indebolirlo con nuovi pugni, scagliati a bruciapelo, da distanza ravvicinata,
che non accennavano a dargli respiro…
Riuscì
solo a sfiorargli il braccio con le unghie affilate, ma il gesto fu così
preciso e veloce da procurargli un bel taglio, all’altezza del bicipite, da
cui timide goccioline rosse si affacciarono indecise.
Vegeta,
dopo un breve attimo di esitazione, fu di nuovo su di lui, pronto a torturarlo
con una serie di calci sull’addome. L’alieno cadde a terra, incapace di
mantenere l’equilibrio, e subito si vide addosso il saiyan. Un’altra
sferzata di artigli, e su entrambe le gambe dell’uomo risultò un evidente
squarcio, visibile attraverso i pantaloni tagliati e macchiati del sangue
schizzato da dentro.
Cadde
momentaneamente sulle ginocchia, stringendo i denti e un solo occhio per il
dolore, mentre con l’altro non perdeva di vista i movimenti dell’alieno,
che, sfruttando l’occasione, si era goffamente rialzato.
Blitz
era debole e spossato, incapace ormai né di attacchi fisici né tantomeno di
quelli energetici, non avendo a disposizione l’energia necessaria. Vegeta
aveva un braccio e gli arti inferiori doloranti, ma era di nuovo in piedi. Lanciò
un pugno a vuoto, poi uno che andò a segno…
Si
preparò a sorprenderlo con il solito trucchetto, scomparendo e ricomparendo
alle sue spalle…
Blitz
lo intuì…
Quando
riapparve, le corna appuntite dell’alieno lo avevano già perforato da parte a
parte, all’altezza dei polmoni.
Nessun
grido. Solo due occhi d’ebano orrendamente spalancati, che da soli bastavano
ad urlar fuori tutto il dolore.
Bulma
fissò la scena paralizzata. Si rese conto di avere le gambe, le braccia,
persino i muscoli facciali bloccati. Anche le iridi dei suoi occhi non
accennavano a muoversi, costringendola a fissare ciò che in un primo momento le
sembrò lo scorrere della pellicola di un film, a cui era stata spinta ad
assistere controvoglia.
Poi
sentì che le sue gambe, inizialmente così rigide, stavano cedendo sotto il suo
peso, facendola cadere sulle ginocchia…e allora capì che non era un film…
Dalle
lacrime che le bagnavano gli occhi, capì che quella era la dura, amara realtà…
“No!!!”.
Fu
la voce di Bra che salì alta nello stadio, rimbombando sulle vuote tribune. La
ragazza si gettò come un fulmine verso il ring, ignara di ciò che veramente
stava facendo, sicura solo di ciò che rivoleva indietro…
“Papà!!”.
La
sua corsa verso la morte fu bloccata da una forte mano, che le serrò il braccio
prima di ritrovarsi solo a qualche centimetro di distanza da un inaspettato muro
di fuoco…no…di energia elettromagnetica…un’alta muraglia tutt’intorno
al ring…
“Lasciami
andare!” gridò la ragazza voltandosi verso il giovane saiyan che l’aveva
bloccata, impedendole di attraversare quell’ostacolo di natura sconosciuta
creato nel giro di un secondo, e di cui neppure lei si era accorta.
“Non
puoi raggiungerlo, Bra…” la ammonì Goten, tenendola stretta, guardandola
con un’inusuale tristezza negli occhi.
La
ragazza si dibattè con tutte le forze, ma il dolore e la realizzazione finirono
per farla cedere, abbandonando la lotta e accasciandosi impotente tra le braccia
di Goten.
Un
muro elettromagnetico…alto fino a dove il cielo color porpora ne poteva
mascherare l’origine…
Niente
poteva attraversarlo rimanendo intero…e volare al di sopra di esso era
inutile, dal momento che non aveva cima.
Trunks,
mentre fissava il bastione di energia nell’inutile tentativo di trovare
un’entrata, si accorse che stava tremando…
Più
passava il tempo, e più si rendeva conto che la vita poteva già aver
abbandonato suo padre, e che loro, bloccati metri lontano da lui, non avevano
potuto fare niente per aiutarlo.
“Non
c’è modo di superarlo”.
Le
dure parole di Gohan, che nel frattempo era tornato all’interno dello stadio,
giunsero da dietro di lui come un verdetto. Il giovane si girò, abbassando poi
lo sguardo impotente.
“Ma
ha bisogno di noi…è gravemente ferito…basterebbe un Senzu…”.
“Mi
dispiace, Trunks…” mormorò l’uomo, posandogli affettuosamente una mano
sulla spalla, cercando di fargli forza.
Volgendo
di nuovo lo sguardo verso il ring, attraverso il trasparente muro
elettromagnetico Trunks vide il corpo di suo padre staccarsi dalla testa
dell’alieno, e cadere al suolo come una carcassa.
Il
suo petto era coperto di sangue, con due ampi fori proprio in mezzo.
Trunks
strinse i pugni, trattenendo la forza di urlare e reprimendo la rabbia nel
tentativo di rimanere lucido, per non cedere alla disperazione in un momento così
critico.
Mai
si era sentito così inutile…
All’improvviso
Blitz, allontanandosi di scatto da suo padre, andò in cerca di qualcosa lì
attorno…
Si
fermò in un punto, quasi dal lato opposto del ring, volgendo lo sguardo a
terra, dove giaceva, piatto come un abito, il rivestimento umano che aveva usato
all’inizio del torneo. A quel punto, l’alieno cominciò a contorcersi, a
piegarsi in modo incomprensibile…
“Cosa
sta facendo..?” chiese Trunks, con la voce sempre più tremante, come se un
grosso nodo gli stesse bloccando dolorosamente la gola.
“Vuole
indossare di nuovo le sue vesti umane” provò ad indovinare Gohan, sempre più
serio. “Ecco perché ci ha bloccati dietro a questo muro…vuole avere il
tempo di ricomporsi, far riapparire il pubblico…ed essere proclamato
vincitore…”.
Trunks
deglutì con forza, nel frattempo anche Pan era giunta vicino a lui,
prendendogli la mano con affetto nell’intento di dargli coraggio, ma il saiyan
sentiva crescere dentro di se solo rabbia, rabbia perché le cose erano finite
così male, rabbia perché suo padre era da solo in balia di quel mostro, rabbia
perché quella era la fine di tutto…
Poi
vide un’ombra che risaliva dalla fossa creatasi in mezzo al ring, durante il
precedente attacco di Gohan. Una figura snella, oscurata dalle ombre gettate
dalle alte tribune che ormai coprivano il sole morente, che si affacciava cauta
ma decisa su quella scena da incubo…
Ub
esitò qualche secondo prima di uscire allo scoperto. Si guardò intorno con
attenzione, poi salì definitivamente sul ring.
L’enorme
onda energetica di Gohan, respinta poi tragicamente dall’alieno nella sua
direzione, aveva distrutto parte del pavimento del ring, provocando la
formazione di una cavità profonda almeno un paio di metri. Al si sotto del ring
si trovava un enorme parcheggio sotterraneo, collegato tramite una rampa di
scale alla zona adibita ai servizi in cui si trovava l’infermeria.
Era
così che Ub, non perfettamente in forma ma in grado di reggersi in piedi, aveva
deciso di tentare l’attacco a sorpresa.
Marron
lo aveva pregato di ragionare, di pensare che nelle sue condizioni qualsiasi
tentativo avrebbe avuto l’esito di un suicidio, ma lui sapeva che, anche se
inutile, avrebbe potuto rappresentare un’ultima possibilità…
Non
poteva abbandonare i suoi amici, gli amici del suo maestro Goku…
L’alieno,
a qualche metro da lui, non lo aveva notato, impegnato in una strana danza in
cui si contorceva voracemente, appiattendosi sempre di più, come se si stesse
sciogliendo.
L’avrebbe
potuto raggiungere silenziosamente…e una volta su di lui, lo avrebbe…
Non
aveva la più pallida idea di cosa fare, era cosciente di non essere in grado di
distruggere una tale creatura quando anche i saiyan erano stati sconfitti, ma
sapeva di doversi muovere, di avere poco tempo a disposizione, di non poter più
esitare…
Fece
per avvicinarsi al nemico, trascinando le gambe zoppicanti, quando un richiamo
simile ad un gemito sommesso attirò la sua attenzione: “Ub…”.
Si
voltò di scatto, non rendendosi subito conto a chi appartenesse la voce…poi
vide Vegeta a terra, in una pozza di sangue, con il petto orrendamente forato
che si sollevava faticosamente, come se attingere aria fosse diventato per lui
un’operazione troppo complicata e dolorosa.
Il
giovane si avvicinò delicatamente, strappandosi un lembo dei pantaloni da usare
come panno per tamponargli le gravissime ferite.
Trasalì
quando una grande mano del saiyan gli afferrò il polso, bloccandolo.
“Ub…devi…ascoltarmi…”
mormorò con uno sforzo notevole delle corde vocali.
“Sì,
Vegeta…non si preoccupi, attaccherò il mostro e…”.
“No!!”
lo interruppe l’uomo, con un grido soffocato. “Tu…non puoi fare
niente…contro…di lui…da solo…”.
Ub
annuì, ben sapendo che le sue possibilità erano praticamente inesistenti, ma
che valeva comunque la pena tentare.
“Devi
farmi un piacere, ragazzo…”.
“Cosa,
signore?”.
“Aiutarmi…a…ucciderlo…”.
“Aiutare
lei?” chiese il ragazzo, sorpreso, che non capiva come nelle sue condizioni
potesse riuscire a riprendere l’incontro.
Il
saiyan tossì intensamente. Dall’altra parte del ring, Blitz si era ormai
completamente liquefatto e si accingeva a penetrare nella sua maschera da umano.
“Ora
che si sta rivestendo di pelle umana…posso distruggerlo con una grande…sfera
d’energia” spiegò Vegeta, con la voce ormai ridotta ad uno squittio. “Io
posso crearla…però non ce la faccio…a lanciarla su di lui…mi mancano le
forze”.
Ub
scosse la testa, immaginando già il significato di quelle parole.
“Vuole
trasferire la sfera a me per scagliarla sull’alieno?”.
Il
principe annuì.
“Ma
così…” protestò Ub. “Le sue ultime energie…svaniranno completamente…rischierebbe di…”.
Vegeta
strinse di nuovo il polso del ragazzo, guardandolo dritto negli occhi.
“E
l’unica possibilità…” affermò amaramente, mentre un altro attacco di
tosse lo sorprendeva più violento, facendogli sputare un fiotto di sangue vivo.
“Ma
io…non posso permettere che…”.
“E’…l’unica…possibilità”
scandì di nuovo Vegeta, con un’occhiata ferma e decisa, quasi da far paura,
se il suo viso non fosse stato quello debole e coperto di sangue di un uomo
ormai ridotto all’impotenza.
Ub
fu scosso da intensi brividi…si trovava in una situazione assurda, in cui non
riusciva a decidere quale sentiero imboccare, con il cuore che gli indicava una
strada e la ragione che ne sceglieva un’altra…
Come
avrebbe potuto permettere che le persone a cui ormai si era affezionato e con le
quali si sentiva in famiglia perdessero un padre, un marito, un fratello di
sangue che aveva appurato essere, con sua grande iniziale sorpresa, così amato
e ammirato?
“Ascolta,
ragazzo…non avrebbe fatto così…il tuo tanto ammirato Kakaroth?”.
A
quelle parole sentì i suoi occhi farsi improvvisamente umidi. Capì che il
tempo stava passando inesorabile, e che tutta la responsabilità adesso cadeva
su di lui. Non più l’esito di un banale incontro di arti marziali, ma il
destino della Terra intera, milioni e milioni di persone.
Si
alzò in piedi, tamponandosi gli occhi.
“Sono
pronto” annunciò.
Il
principe accennò un debole, lievissimo sorriso, e sul suo volto così
sofferente riuscì a materializzarsi, per un momento, una sensazione di
sollievo.
“Vedrai
che non te ne pentirai…finchè vivi…” mormorò, sollevando debolmente le
mani, ed iniziando a donare energia ad esse.
Bulma,
Trunks e Bra, tutti e tre stretti l’uno contro l’altro, con i Son dietro di
loro a cingerli le spalle per ricordare loro che non erano soli…
Il
loro Vegeta aveva deciso di mettere a repentaglio la sua stessa vita per il bene
dell’umanità. Loro non potevano fare niente per impedirlo. Solo guardare il
suo gesto da lontano, piangere, sperare che questa volta il suo sacrificio fosse
premiato e che, quando tutto quest’ incubo fosse finito, lui sarebbe stato
ancora lì, debole e ferito, ma pronto a tornare a casa con loro, a ricominciare
la vita serena e tranquilla a cui anche lui, leggendario principe dei saiyan,
aveva finito per abituarsi.
Era
a quest’idea, seppur labile come una foglia, che sua moglie e i suoi figli si
aggrappavano per non crollare definitivamente di fronte alla realtà…
Un
prato…gli amici di Kakaroth e il suo piccolo moccioso a discutere su come
organizzarsi…
Una
ragazza, dalle bizzarre chiome azzurre incorniciate da un buffo cerchietto, il
corpo di una donna ma il sorriso di una bambina ricca di sogni e di aspettative,
come se ancora attendesse di iniziare a vivere per una seconda volta…
“E
tu bel fusto…che intenzioni hai?”.
L’attenzione
della donna lo aveva preso alla sprovvista, il suo sguardo azzurro ed intenso lo
intimidiva come neanche i più pericolosi nemici dell’universo avevano fatto,
la sua espressione di aspettativa contribuiva a metterlo maggiormente in
imbarazzo.
Sebbene
si fosse reso conto di non avere altri posti dove andare, lì, in quel pianeta
tanto odiato quanto sconosciuto, non aveva ancora capito che da allora la sua
vita sarebbe completamente cambiata…
La
sfera cresceva tra le sue mani, sempre più grande, sempre più grande, mentre
lui si sentiva sempre più vuoto…
L’esplosione
era stata tale da distruggere ogni cosa intorno a lui…la Gravity room ridotta
ad un ammasso di macerie per sua stessa mano, in mezzo a cui giaceva gravemente
ferito e incapace di muoversi.
E
poi eccola, il bel viso segnato da un’espressione preoccupata, gettarsi al suo
fianco, sollevargli la testa con delicatezza e pronunciare piano il suo nome…
Vegeta…Vegeta…
Quanto
adorava la sua voce…le sue parole sussurrate all’altezza dell'orecchio,
il suo respiro così fresco e caldo che non si allontanava mai durante la sua
convalescenza…
Di
lì a poco avrebbe assaporato anche il profumo e la morbidezza del suo corpo, la
piacevole umidità delle sue labbra, l’intensa sensazione della loro unione…
Bulma…
La
sfera cresceva ancora, a velocità più attenuata…le energie rimastigli ormai
erano minime, ma doveva riuscire a tirarle fuori per assicurare un colpo
efficiente e definitivo…
Un
buffo marmocchio, dalla chioma lavanda come il nonno e gli occhi color del cielo
come la mamma, da cui aveva ereditato anche la delicatezza e la perfezione dei
lineamenti.
Quasi
stentava a credere che fosse suo figlio, il suo erede, l’erede del principe
dei saiyan…
Glielo
confermarono poi i successi durante gli allenamenti, la precocità con cui si
era ricoperto d’oro, la classe in battaglia…
Ma
anche il modo in cui lo guardava, misto di ammirazione e timidezza, i suoi
tentativi di avvicinamento, l’orgoglio nei suoi occhi quando parlava di lui
con gli altri…era questo che lo faceva sentire per la prima volta padre, un
padre che riesce a dimostrare apertamente l’amore per la sua famiglia solo
quando teme non ci sarà più…ma che spera sinceramente che loro lo abbiano
sempre saputo.
Ub,
davanti a lui, tendeva le mani per prepararsi ad accogliere il carico
energetico, ormai delle dimensioni di un elefante…
Ma
rimaneva ancora qualcosa da dare…un altro po’ di energia, giusto un soffio,
mentre il nemico si stava ricomponendo nel suo corpo umano…
Era
saltata come una cavalletta sulle sue ginocchia, nell’ennesimo tentativo di
ricevere coccole dal suo scontroso papà. Quella bimba, la sua secondogenita,
era la fotocopia di sua madre. Ma il suo spirito, la sua anima, ricordavano in
tutto e per tutto l’altra metà del suo sangue, quella proveniente da un
pianeta lontano, che neanche conosceva, ma a cui si sentiva appartenente come la
principessa di un popolo perduto e redento.
La
sua piccola principessa…avrebbe portato una ventata di vita al mondo tanto
quanto i suoi antenati saiyan avevano portato ondate di morte…
L’ultima
scintilla…l’ultimo soffio di calore che abbandonava il suo cuore…
Fu
con l’immagine dei suoi cari nella mente che donò il suo ultimo contributo,
che prosciugò definitivamente il suo corpo ma che alimentò come fuoco la palla
di energia, ormai interamente in mano al giovane Ub.
Il
ragazzo si voltò, tenendo alta la sfera sopra la testa. Blitz, ancora ignaro di
tutto, si preparava a riaccogliere il suo futuro popolo di schiavi, ma poi lo
vide, vide la sfera, e nei suoi occhi ora umani si disegnò come mai prima
d’allora un’espressione di puro terrore.
La
sfera gli arrivò addosso con estrema velocità e potenza. L’alieno si
abbandonò al suo meritato destino, disfacendosi in mille brandelli poi
carbonizzati dal calore dell’energia, scomparendo per sempre da questo mondo.
Ub
cadde in ginocchio, ansimando, la sua vista era annebbiata per l’enorme sforzo
fisico nel lanciare quell’attacco letale…era illuminato dalla luce ancora
viva dell’esplosione energetica, come se i proiettori di uno studio televisivo
indirizzassero la loro luce sul protagonista del giorno…
Non
si accorse immediatamente delle grida che si innalzavano lungo il perimetro
dello stadio…non si accorse subito del suo nome pronunciato ripetutamente da
voci sconosciute…non si accorse degli applausi eccitati che si avvicinavano
sempre di più…finchè non si ritrovò in alto, sollevato da alcune braccia,
sotto di lui una folla agitata, soddisfatta, sorridente, che intonava inni di
gloria di cui ancora non capiva perfettamente il significato…
Finchè
qualcuno lo chiamò “Il nuovo campione”…
Facendosi
frettolosamente spazio in mezzo alla folla impazzita, Bulma salì sul ring,
raggiungendo suo marito in un angolo solitario.
Come
tanti anni prima, si inginocchiò al suo fianco, sollevandogli la testa, e lui
aprì debolmente le palpebre, mostrando lo sguardo improvvisamente invecchiato
di vent’anni.
“Bul…ma…”
riuscì a pronunciare, con quello che fu più un movimento di labbra che un
effettivo suono della voce.
“Vegeta…sono
qui, amore mio, andrà tutto bene…” gli promise, accarezzandogli
delicatamente il viso rigato dal sangue, baciandogli la fronte, trasmettendogli
il suo calore.
Li
raggiunsero i suoi figli, che si abbassarono dall’altro lato rispetto alla
madre, Bra che non tratteneva le lacrime, soffocate in singhiozzi silenziosi,
Trunks che la stringeva a se come per trasmettergli quel coraggio che anche lui
si sentiva mancare.
L’uomo
tossì, sputando di nuovo sangue, poi gli occhi arrossati si aprirono di nuovo.
“Dammi…la
mano…”.
Bulma
obbedì istintivamente, stringendogliela con affetto, portandosela al volto e
accarezzandola con tiepidi baci, ma finendo per bagnarla con le lacrime salate
che scendevano sulle sue guance, mentre Trunks e Bra gli avevano preso
l’altra, a cui si erano aggrappati tenacemente, come se fosse il padre a dare
conforto a loro e non viceversa.
“Vi…amo”.
Le
sue ultime parole, a cui donò i suoi ultimi sforzi per riuscire a pronunciarle,
e per concedere un breve debolissimo sorriso all’indirizzo dei suoi figli.
Il
suo ultimo sguardo fu per Bulma, quasi volesse imprimere per sempre la sua
immagine nelle iridi morenti, un ultimo sguardo carico di amore mai dichiarato a
parole, finchè dai suoi occhi scomparve ogni scintilla di vita, divenendo
opachi e immobili, fissanti qualcosa che non è più in questo mondo, e allora
Bulma capì che era davvero finita.
E
così moriva tra le braccia dei suoi cari colui che aveva dato la vita per il
suo pianeta adottivo, salvando vite che nemmeno conosceva, vite che adesso,
convinte di aver trascorso una tranquilla giornata ad un torneo di arti
marziali, non immaginavano neanche lontanamente il pericolo che avevano
rischiato…
Non
avrebbero mai saputo che quell’uomo, riverso a terra dove nessuno l’aveva
ancora notato, era morto per loro…
Continua…
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Capitolo 12 *** Uniti per il futuro ***
Capitolo 11
Capitolo
11
Quand’è
che un uomo può essere considerato tale?
Quand’è
che si solleva dall’infinità di creature volute dalla natura per occuparne la
posizione più alta, il fine ultimo del suo complesso disegno?
Molti
esseri viventi di questo mondo muoiono per i loro simili. E’ l’istinto di
sopravvivenza. La prosecuzione della specie viene di gran lunga prima della vita
del singolo. Questa è la legge della natura, che sempre muoverà l’universo,
a partire dal più piccolo e semplice microrganismo fino alla specie più
complessa ed evoluta.
E’
semplicemente istinto, niente di più.
Ed
è qui che l’uomo si innalza.
Anche
l’uomo ha per natura l’istinto di sopravvivenza, ma non si cura del bene
della collettività, solo e soltanto del suo. Dalla nascita fino alla morte,
l’uomo è sostanzialmente egoista: potrebbe rimanere l’unico esemplare sulla
faccia della Terra…e trovare ugualmente uno scopo per vivere. Non è sua la
colpa. E’ la natura che ha voluto così.
Ma
è nella scelta, la differenza. Nella possibilità di scegliere.
L’uomo
nasce egoista, ma con un dono particolare: l’intelligenza. Questa facoltà lo
rende in grado di pensare, di valutare, di scegliere.
L’intelligenza
da sola non ha valore, se non accompagnata dalla coscienza. E’ questa che gli
permette di stabilire degli ideali, dei valori, dei parametri con cui valutare
l’importanza delle cose. E’ la coscienza che lo rapporta con gli altri, che
gli permette di crearsi degli affetti, di disegnare un’immaginaria scala di
valori che influenza qualunque sua scelta.
Perché
è così, l’uomo è in grado di rifiutare la sua natura egoista e scegliersi
un destino diverso. E’ questo che lo rende uomo. Non il suo corredo
genetico, non il suo quoziente intellettivo, non il suo potere fisico o mentale,
ma semplicemente la possibilità di scegliere, in base alla sua scala di valori,
per cosa vivere o morire.
Solo
allora, e solo colui che ne sarà in grado, potrà davvero troneggiare
all’apice della scala evolutiva. Solo allora, sarà davvero principe
del creato.
La
coltre di nubi avanzava attraverso il cielo lenta e silenziosa, addensandosi e
mescolandosi fino a formare uno spesso strato di tonalità grigie che andavano
via via oscurandosi verso ovest, da dove la perturbazione minacciava tetra il
suo arrivo. In lontananza, brevi lampi illuminavano l’orizzonte, seguiti dal
fragore dei tuoni a qualche secondo di distanza, mentre nell’aria si
diffondeva il pungente odore d’ozono.
Bra
fissava un punto indistinto nel terreno odorante d’umidità, un punto non
lontano dai suoi piedi. Si rifiutava di guardare la scena che avveniva solo ad
un paio di metri da lei, temeva che rimanere ad osservarla per più di un minuto
la facesse definitivamente cedere alla disperazione.
La
bara, dove ormai era stato sigillato il corpo senza vita di suo padre, era stata
appesa a dei cardini fissati ai lati di una profonda fossa, nella quale sarebbe
stata calata con una lentezza e con una solennità straziante, andando ad
occupare l’ennesima lapide bianca in mezzo alla spaziosa collinetta
cimiteriale.
Qualcosa
dentro di lei scalpitava, al pari del brontolare dei tuoni. Combatteva
sfrenatamente per cercare di reprimere la rabbia che aveva dentro, per rigettare
indietro il dolore, l’amarezza, la sconfitta, che accennavano a venire fuori
insieme alle lacrime che le affollavano gli occhi.
Ma
non le avrebbe lasciate andare…avrebbe sopportato il bruciore delle iridi e
represso la voglia di urlare…
Nessuno
avrebbe mai saputo il motivo per cui suo padre era morto. Nessuno lo aveva
nemmeno notato morire, così divertiti e soddisfatti per l’esito del torneo,
senza sapere neanche minimamente cosa li avrebbe attesi, dopo la loro vacanza
inconsapevole nell’altra dimensione, se suo padre non si fosse sacrificato per
loro…
Si
era sacrificato per loro…e loro neanche lo sapevano…
Era
un eroe…ma nessuno lo avrebbe chiamato tale…
Un
altro sguardo ai due uomini che si occupavano della sepoltura…
Strinse
forte i pugni e i denti, voltandosi rapida dall’altra parte con un unico
singhiozzo soffocato.
In
realtà non le importava più che suo padre fosse un eroe, che avesse compiuto
un gesto così nobile in segno della sua bontà d’animo…per lei, suo padre
non aveva bisogno di dimostrare niente…non se questo avrebbe significato la
sua perdita…e tutto quello che avrebbe voluto, adesso, sarebbe stato
semplicemente riaverlo indietro, riavere indietro il suo adorato papà, con i
suoi difetti, i suoi sbagli, le sue manie.
Ancora
una volta i suoi occhi si fecero umidi e incontrollabili, incapaci di trattenere
una lacrima che le percorse la guancia con una scia bagnata.
Si
asciugò in fretta, cercando di non farsi notare dai presenti.
Lei
era la figlia del principe dei saiyan…non era una bambina piagnucolona…il
senso di orgoglio che suo padre le aveva trasmesso la spingeva a rifiutare di
comportarsi come una mocciosa debole e indifesa…doveva resistere…soffocare
la rabbia e tutte le emozioni…
Doveva
farlo per il suo papà…
La
prima goccia gli sfiorò il naso, annunciando l’inizio del temporale.
Con
tutto ciò a cui aveva dovuto pensare, Trunks si era dimenticato gli ombrelli,
nonostante il colore del cielo facesse intuire l’evolversi metereologica di
quella giornata.
Non
poteva pensare a tutto…c’era così tanto in quel momento di cui doveva
occuparsi…
I
giornalisti, che li avevano attesi scalpitanti all’entrata del cimitero,
attirati dalle voci della morte del marito di Bulma Brief, si erano precipitati
verso di lui come cani da corsa, facendo a gara a chi avrebbe strappato la prima
rivelazione. Ma non era quello il momento, prima o poi avrebbe dovuto pensare ad
una scusa per spiegare la sua morte, non poteva certo rivelare la verità, ma
non in quel momento, durante le esequie. Così, mentre sua sorella aveva
fulminato quella gente con uno sguardo carico di odio, lui li aveva gentilmente
pregati di lasciarli soli, che quella era una cerimonia privata e che per ora
non sarebbero state fatte dichiarazioni.
Proprio
per evitare continue interferenze da parte loro, Trunks aveva fatto in modo di
accelerare i tempi del funerale, contattando immediatamente le onoranze funebri
e fissando la cerimonia immediatamente il pomeriggio seguente alla sua morte.
Aveva inoltre dovuto pregare gli uomini che si sarebbero occupati di lui di
tacere sulle condizioni del cadavere…nessuno, vedendolo, avrebbe creduto ad
una morte da…infarto.
E
poi, c’erano sua madre e sua sorella. Loro avevano estremo bisogno di
lui…stavano annegando in un mare di rabbia e disperazione, e spettava a lui il
dovere di salvarle, di occuparsi di loro e di tutto il resto…
Occuparsi
di loro e di tutto il resto…
Il
cielo si squarciò definitivamente, rilasciando di getto il contenuto d’acqua
accumulato nelle nubi nerissime.
La
pioggia cadeva sull’erba con lo scrosciare rapido e continuo caratteristico di
un temporale estivo, intervallato solo dai boati dei tuoni e dal cigolio dei
cardini che strideva nelle orecchie di Bulma come una musica infernale.
Stretta
nel suo abito nero, i capelli bagnati e scompigliati per la pioggia ed il viso
segnato da profonde pieghe di dolore, sembrava fosse invecchiata improvvisamente
di dieci anni, come se il fiore che per tanto tempo aveva mantenuto intatto il
suo fascino e la sua gioia di vivere si fosse seccato per sempre, spazzato via
dalle lacrime e dalla disperazione.
Stavano
calando suo marito nel luogo dove avrebbe riposato per sempre…lontano da
lei…senza che lei lo potesse sfiorare, accarezzare, tenere stretto finchè ne
avesse avuto la forza…
Il
suo Vegeta…non avrebbe mai più visto il suo viso…né i suoi occhi in cui
amava perdersi…
Ad
ogni centimetro che la bara scendeva, sentiva il suo cuore sprofondare sempre di
più, come se laggiù, in quella fossa scavata nella terra, venisse sepolto per
sempre anche esso, e di conseguenza la sua capacità di amare, di vivere, di
trovare un senso al futuro.
Più
giù…sempre più giù…
I
cardini cigolavano…gli uomini calavano…la bara scendeva…
Quasi
senza accorgersene, con la vista offuscata dalle lacrime e il cuore che aveva
perso ogni legame con la ragione, si ritrovò proprio sopra la fossa, a fissare
tristemente la bara posatasi sul fondo di quella buia e solitaria dimora.
“Signora
Brief…stia indietro…”.
Quel
luogo era così buio…così triste…il suo Vegeta vi avrebbe riposato da solo
per l’eternità…
In
preda alla follia della disperazione, fece per fare un altro passo, quando le
salde mani di suo figlio l’afferrarono da dietro, per poi portarla lontano da
lì, e abbracciarla con affetto.
“Mamma…va
tutto bene…ci sono io…”.
La
donna affondò il viso nella sua spalla, dando sfogo ad un pianto disperato,
fatto di lacrime, di singhiozzi, di invocazioni che mai avrebbero avuto una
risposta in questo mondo.
Bra
si avvicinò alla madre e al fratello, permettendo infine a Trunks di allungare
un braccio verso di lei e comprenderla in quel triplice abbraccio. Fu allora che
non riuscì più a trattenere le lacrime, che le scesero copiose lungo le guance
già bagnate di pioggia, mischiandosi al mascara che, colando dagli occhi
truccati frettolosamente e nel solo scopo di nascondere la stanchezza dello
sguardo, le disegnava righe nere sul volto, come ruscelli in cui, al posto
dell’acqua, scorreva rabbia e disperazione.
Goten
fissò la ragazza con amarezza, provando una stretta al cuore che, dalla
distanza che lui ed i suoi familiari avevano deciso di mantenere per concedere
ai Brief un momento di intimità, faceva ancora più male, consapevole che per
loro non poteva fare niente, se non stargli vicino, umile ma unico tentativo di
attenuare la loro solitudine.
“Zio
Goten”.
La
voce di sua nipote lo riportò alla realtà, facendolo girare di lato, dove la
ragazza lo aveva raggiunto.
“Penso
che dovremo accompagnarli a casa” propose, guardando tristemente la struggente
scena a pochi metri da lei.
Goten
seguì il suo sguardo, ritornando a posare gli occhi sulle tre figure strette le
une alle altre, immerse nella fitta pioggia, nel fragore dei tuoni e
nell’oceano di dolore da cui stentavano ad emergere.
“Lo
penso anch’io” confermò.
*
* *
Dieci
persone erano raggruppate davanti all’ingresso principale. Discutevano
animatamente con i dipendenti della portineria, che tentavano senza successo di
farli sgombrare da lì.
Al
di sotto degli ombrelli gocciolanti e dei lunghi impermeabili, si intravedevano
macchine fotografiche e microfoni, suggerenti la loro identità di giornalisti.
“Venite…passiamo
dall’ingresso di sicurezza” propose Trunks, tenendo un braccio intorno alle
spalle di sua madre, che con gli occhi doloranti ed arrossati e la mente non
ancora lucida stentava a distinguere dove andava.
Raggirarono
le mura rotonde dell’edificio, in direzione del lato opposto, da cui sarebbero
potuti entrare indisturbati. Ma un’avvicinarsi di voci e di passi li raggiunse
mentre stavano varcando la soglia.
“Condoglianze,
signora Brief, abbiamo saputo…” iniziò uno degli uomini, avvicinandosi alla
donna che, coperta dal figlio, non lo degnò di uno sguardo, persa in un mondo
tutto suo da dove aveva, per il momento, staccato i contatti con la realtà.
“Presidente,
ci può dire come è successo?” chiese una giovane giornalista all’indirizzo
di Trunks, che però coprì con una mano l’obbiettivo del suo cameraman.
“Vi
prego…spengete le telecamere” ordinò, con una voce la cui gentilezza cedeva
impercettibilmente il posto all’insofferenza. “E andate via, adesso…”.
“Ci
può dire almeno se si è trattato di morte naturale?” continuò imperterrita
la donna, avvicinandosi ai Brief e ai due Son mentre questi si avviavano dentro
casa, seguita dai colleghi con i microfoni puntati come torce di fuoco.
“Basta,
ora!”.
Fu
la voce di Bra che risuonò alta dal gruppo, colma di rabbia e di prepotenza.
I
giornalisti arretrarono di un passo, mentre le loro voci si mettevano a tacere
contemporaneamente ed i loro occhi si posavano sorpresi sulla ragazza.
“E’
morto, volete capire che è morto?!! Non vi può bastare questo??” continuò
con veemenza. “Cosa può interessare a voi, non lo conoscevate neanche, non
sapevate com’era! Non sapevate quanto gli volevamo bene e quanto lui ne voleva
a noi!”.
I
giornalisti si guardarono tra se, atterriti e imbarazzati, alcuni che
riportavano lo sguardo su di lei, altri che lo facevano fuggire a terra.
Si
sentì improvvisamente come una pazza scatenata, incapace di riconoscere in se
stessa la ragazza fine, educata e composta che appariva agli occhi di tutti.
Quel furore proveniva da un’altra parte di lei, una parte che solo un dolore e
una rabbia così intensi potevano risvegliare.
“Andate
via adesso…lasciateci in pace”.
Le
ultime parole le pronunciò con meno forza, con la voce tremante e gli occhi
socchiusi, come se la frase fosse più una preghiera, un appello al loro senso
del rispetto e della pietà, che un’offesa nei loro confronti.
I
giornalisti si voltarono lentamente, allontanandosi con discrezione da loro,
come figure silenziose in mezzo alla pioggia scrosciante, tristi non tanto per
uno scoop perduto ma per aver violato l’intimità di una famiglia che, sebbene
fosse la famiglia Brief, detentrice della Capsule Corporation, era una famiglia
come le altre, in preda al proprio dolore per la perdita di una persona cara.
La
sala era immersa nell’oscurità e nel silenzio. Tante volte, rientrando, Bulma
l’aveva trovata così, ma mai aveva rappresentato ai suoi occhi un luogo tanto
grande e freddo. Per la prima volta, si sentì spersa, vulnerabile, non più al
sicuro.
Trunks
la stringeva ancora a se, guidandola attraverso la stanza con passi brevi e
misurati, come se, da quel momento, quella non fosse più casa sua, ma un luogo
sconosciuto, da affrontare piano piano, con cautela.
Ma
Bulma sapeva fin troppo bene che quella era proprio la sua casa, la casa dove
aveva vissuto per tutti quegli anni, e la sua diversità non era dovuta tanto a
qualcosa di diverso…quanto alla mancanza di qualcuno…
Qualcuno
che, seppur nella sua riservatezza, dava in qualche modo calore alla
casa…qualcuno di cui potevi sentire la presenza anche dalla parte opposta
dell’edificio…qualcuno la cui voce profonda risuonava sui muri della stanza
come un’inusuale colonna sonora, e il cui odore muschiato e sorprendentemente
naturale portava una ventata di vita nei corridoi…
Cielo…riusciva
ancora a sentirlo…riusciva ancora a sentire la sua fragranza…
Un
singhiozzo di pianto la sorprese violento, riparandosi il viso con le mani. I
presenti le furono subito vicino, nel tentativo di confortarla, ma la donna fece
segno di lasciarla stare.
“Scusate”
mormorò asciugandosi le lacrime. “Vado di sopra, adesso”.
“Vuoi
che ti accompagni?” chiese Trunks abbassandosi verso il viso di sua madre,
posandole delicatamente le mani sulle spalle ricurve.
“No…voglio
stare sola”.
La
sua voce aveva perso tutta la sua caratteristica musicalità, e adesso era
ridotta ad un suono debole e fiacco, privo di ogni tonalità.
Goten,
con uno sguardo, fece cenno all’amico di non insistere, di lasciarla andare.
“Spero
che si riprenda…” sospirò Trunks, stropicciandosi gli occhi.
Bra
si era seduta pesantemente su una sedia della cucina, facendo scivolare in
avanti il bacino e appoggiando la schiena alla spalliera, le braccia distese
sulla liscia superficie del tavolo e lo sguardo basso, fisso sul legno e privo
di espressività.
Pan
si sedette al suo fianco, incerta su cosa dover dire o fare per sbloccare il
muro di gelo che si era creato intorno alla ragazza. I suoi occhi, persi nel
vuoto, erano come barricati in uno strato di ghiaccio, spesso come un iceberg,
incapaci di trasmettere ciò che vi era al di là.
“Hai
fame?” provò a chiederle, nel tentativo di portare la conversazione su
qualcosa di meno triste.
Nessuna
risposta, solo un segno del capo che suggeriva un rifiuto.
“Posso
cucinare io qualcosa per cena…non credo che tua madre ne avrà voglia”
propose, alzandosi e avviandosi verso l’angolo cottura, dove cominciò ad
aprire sportelli e cassetti. L’aver passato tanti anni in quella casa come
ospite le aveva ormai insegnato la posizione di pentole, piatti e altre
stoviglie.
“Io
non ho fame” ribadì Bra, senza ancora guardarla negli occhi.
“Devi
mangiare…”.
“No”.
Pan
si sedette, questa volta sporgendosi attraverso il tavolo in direzione della
ragazza, sperando di riuscire a catturare il suo sguardo.
“Non
puoi rinchiuderti in questo modo…non ti fa bene” le disse con delicatezza,
ma anche con sincerità.
Invece
di guardarla negli occhi, Bra si girò dall’altra parte, quasi con espressione
scocciata, come se non volesse sentire le parole dell’amica.
“Bra…”
continuò Pan. “Te la prendi con il mondo solo perché non vuoi ammettere
neanche a te stessa che ciò che è successo non è colpa di nessuno… lo so
che è l’orgoglio che ti fa reagire così…”.
“Ma
cosa ne vuoi sapere tu?!” sbottò improvvisamente Bra, fulminandola ora con lo
sguardo. “Tuo padre è ancora vivo, per quanto mi risulta!!”.
Dietro
lo schermo di ghiaccio, adesso, nelle sue iridi ardevano fiamme.
Pan
abbassò lo sguardo, sospirando.
“Scusa…”
mormorò alla fine Bra, imbarazzata. “Io non volevo…”.
“Non
importa” la rassicurò l’altra.
“E’
solo che…non puoi capire cosa si prova a vedere tuo padre che ti muore tra le
braccia…non sai quanta rabbia ti nasce dentro, se pensi che nessuno ha potuto
fare niente…che anche i fagioli magici erano ormai inutili a quel punto…”.
Mentre
parlava, la sua voce tremava impercettibilmente, facendosi ora più decisa, ora
più lenta, in un avvicendarsi di emozioni che non riuscivano a trovare
completamente sfogo.
“Quanta
rabbia…se penso che mio padre non c’è più…che il destino me lo ha
portato via per sempre!”.
“E
allora sfogala, questa rabbia!” la incitò Pan. “Sfogala in qualche
modo…piangi, urla, spacca qualcosa se ne hai bisogno! Ma non soffocarla
dentro…tutte le emozioni hanno bisogno di uno sbocco…”.
Bra
si morse il labbro inferiore, fissando la ragazza mentre il suo sguardo si
appannava…
“Non
potrai riportare in vita tuo padre…ma almeno poi ti sentirai meglio”.
Bra
si abbandonò alle lacrime…poi arrivarono i singhiozzi…ma non singhiozzi
soffocati, come aveva trattenuto fino ad allora, ma singhiozzi forti e dolorosi,
che le provocavano spasmi in tutto il corpo, finchè affondò il viso sulle
proprie braccia appoggiate sul tavolo.
Pan
rimase lì acconto a lei, senza dire altro, solo lasciandola sfogare, senza più
vergogna, senza più orgoglio. Solo così il dolore, un giorno, forse vicino o
forse lontano, avrebbe ceduto il posto ad una dolce, e allo stesso tempo amara
malinconia…
Trunks
passeggiò nervosamente su e giù per la sala, lo sguardo basso e pensieroso, le
mani dietro la schiena. Non aveva ancora trovato le parole giuste con cui
avrebbe dovuto spiegare la morte di suo padre nella conferenza stampa che
avrebbe avuto luogo entro un paio di giorni. Temeva che nelle sue parole
percepissero la menzogna, il turbamento…se questo fosse successo, i
giornalisti non lo avrebbero più lasciato in pace, avrebbero indagato
sull’accaduto fino all’ultimo dettaglio, con il rischio che potessero
scoprire qualcosa di più sulla loro vera natura…
Per
non parlare poi della Capsule Corporation…la crisi della loro immagine sarebbe
stata la crisi anche della stessa azienda…era lui che doveva riprendere le
redini della società, smentire le eventuali voci di un calo in borsa e
confermare che era tutto a posto, che la famiglia sarebbe subito tornata al
lavoro…doveva prendersi da solo queste responsabilità, sua madre era troppo
debole e sconfitta per dargli i soliti consigli da ex presidente…
Sua
madre…
Voltò
lo sguardo verso l’alto, come se potesse vedere oltre il soffitto. Chissà
come stava…forse avrebbe dovuto salire e controllare…
“Trunks”
lo chiamò Goten, seduto in poltrona, che lo stava già da un po’ fissando
vagare senza meta in mezzo alla sala. “Fermati un attimo…e siediti”.
Trunks
lo guardò come se avesse parlato in una lingua incomprensibile, scuotendo poi
la testa con decisione.
“Devo…andare
di là, a sentire se mia sorella ha bisogno di qualcosa”.
“C’è
Pan con lei. Non preoccuparti”.
“Eppure…ero
sicuro di dover fare ancora qualcosa…forse delle telefonate…”.
“Truuunks!”.
Questa
volta il richiamo suonò come un rimprovero, e forse Trunks intuì perché.
“Ascoltami…devi
fermarti un secondo…e prenderti un momento per te” gli consigliò Goten,
preoccupato. “Non puoi occuparti degli altri se prima non pensi a te
stesso!”.
Un
momento per me…
Non
poteva prendersi un momento per se…prendersi un momento per se significava
soffermarsi a pensare a ciò che era accaduto…e ciò avrebbe confermato i
fatti come veri, come reali…non lo erano finchè era occupato in altre cose,
finchè doveva prendersi cura dei suoi familiari, finchè tutto scorreva piatto
come un sogno, senza rendersi conto di ciò che tutto quello significava per
lui, per se stesso…
Un
momento per me…
Il
suo sguardo cadde su una foto di suo padre, incorniciata sul ripiano di un
mobile. Il suo volto privo di sorriso, ma con lo sguardo fortemente espressivo,
nonostante non fosse rivolto all’obbiettivo, fece crescere in lui un profondo
senso di perdita, di mancanza.
Suo
padre era morto…e ancora non ci credeva…o forse, non aveva voluto
crederci…si era nascosto in una maschera di doveri e di responsabilità, solo
per non affrontare la vera realtà, troppo dura perfino per un saiyan.
Lui
voleva bene a suo padre…ma l’aveva perso per sempre, senza poterglielo dire
un’ultima volta…
Il
suo bel volto si contorse in un’espressione angosciata, le palpebre sbatterono
rapide sugli occhi infossati per la stanchezza, mentre portava le mani al volto
e iniziava a piangere come un bambino, come solo durante l’infanzia ricordava
aver fatto.
Sentì
il calore di Goten farsi più vicino, porgergli con affetto una spalla su cui
piangere, a cui Trunks si aggrappò tenacemente.
Questo
era il momento che aveva deciso di concedersi…
La
stanza era avvolta nella semioscurità. Le tende tirate ai lati della finestra
rivelavano il lampeggiare dei tuoni che squarciavano il cielo ormai scuro,
mentre la pioggia batteva ancora ostinata sui vetri.
Bulma
si sedette sul letto rivestito di seta. Accarezzò distrattamente il tessuto con
i palmi delle mani, quel morbido, liscio tessuto che aveva scelto come lenzuolo
del lussuoso letto matrimoniale.
Ora
quel letto le pareva improvvisamente enorme, smisurato, sentendosi
inspiegabilmente piccola e insignificante in confronto allo spazioso materasso,
all’ondeggiante spalliera stile impero, a tutta quella stanza che, fino ad
allora, aveva rappresentato il suo piccolo nido d’amore, il suo piccolo regno
da dividere con il suo Vegeta, principe dei saiyan ma soprattutto principe del
suo cuore.
Adesso
quel regno era troppo grande per lei, solo per lei…
Gettò
uno sguardo al lato del letto in cui dormiva suo marito. Vi posò delicatamente
la guancia, come se le lenzuola di seta avessero trattenuto parte del suo
calore, che ora lei si preparava a ricevere come fosse un ultimo, tiepido bacio.
Lo
rivide mentalmente disteso al suo fianco, rigirandosi e rigirandosi nelle
coperte durante le notti insonni, nel pensiero di dover superare Goku, oppure
stanco e ronfante come un agnellino, unico momento in cui i forti lineamenti si
rilassavano in un’espressione tranquilla, oppure ancora quando al calar della
notte il suo sguardo di brace incontrava il suo, attirandola tra le sue braccia
e facendola sua, senza una parola, solo con i suoi occhi, che ormai le parlavano
da soli…
Rimase
per un po’ così, sdraiata su un lato, in silenzio, ad ascoltare lo scrosciare
della pioggia all’esterno.
Vide
poi il cesto della biancheria sporca, in un angolo della camera. Si alzò
lentamente, gli occhi brulicanti di lacrime, per poi inginocchiarsi a terra,
davanti ad esso.
La
sua mano tremante tirò fuori un indumento bianco. Una maglia di Vegeta.
Mentre
le lacrime le scorrevano giù senza freni, si portò la stoffa raggrinzita al
volto, assaporando tutto il suo odore, tutto il profumo di colui a cui era
appartenuta, ricoprendola di piccoli baci, come se all’interno del cotone ci
fosse ancora l’essenza, l’anima di suo marito che mai l’avrebbe lasciata.
Tra
le lacrime, notò un’estesa macchia giallognola nel mezzo alla maglietta
bianchissima. Questo piccolo dettaglio le dette una stretta ancora maggiore al
cuore, ricordandole quanto il suo Vegeta le sarebbe mancato nella vita di tutti
i giorni, che mai più sarebbe stata la stessa.
“Colpa
dei macchinari della gravity room”.
La
voce fece sobbalzare Bulma all’improvviso, che si girò attorno con gli occhi
sbarrati, offuscati ancora dalle lacrime.
“Perdono
olio. Dovresti ripararli, Bulma”.
Non
poteva essere…non poteva…
Se
ne stava seduto sulla poltrona di vimini della camera, fissandola con uno
sguardo intenso ma tranquillo, il suo corpo non era più sanguinante e mutilato
come l’ultima volta che l’aveva visto, ma in splendida forma, manifestando
tutto il suo splendore e tutta la sua forza.
“Ve…Vegeta?”.
Dalla
sua figura risplendeva una calda luce dorata, un bagliore soffuso.
Le
lacrime di Bulma si erano fermate, un po’ per la sorpresa, un po’ per la
gioia, un po’ per la paura dell’ignoto. Ma le sue labbra non furono in grado
di parlare, da esse uscì solo aria, nonostante fossero tante, ma così tante,
le cose che avrebbe voluto dire.
“So
già tutto” le assicurò lui, anticipandola. “Ora posso leggerti dentro”.
Fu
allora che le rivolse il sorriso più bello e più espressivo che Bulma avesse
mai visto sul volto di suo marito, lasciandola così sorpresa e meravigliata da
farle mancare il fiato.
Dette
di nuovo via libera alle lacrime, avvicinandosi istintivamente alla figura
riversa in poltrona, accecata poi dalla luce che veniva emanata da essa. Si rese
presto conto che l’uomo non era veramente lì, che quello era solo un suo
ologramma, una sua immagine bidimensionale proiettata da un mondo che non si
trovava in quella stessa dimensione. Per quanto si fosse sporta verso di lui,
per quanto lo avesse voluto toccare e accarezzare, avrebbe solo sfiorato
l’aria, nient’altro. In quel mondo, non avrebbe mai più potuto assaporare
la consistenza della sua pelle, né il calore dei suoi baci. Ma poteva
un’ultima volta guardarlo negli occhi, sorridergli a sua volta tra le lacrime,
dirgli che l’amava…
“A
presto” la salutò lui, mentre la sua immagine si faceva più trasparente.
“A
presto” rispose lei, inginocchiata davanti alla poltrona dove spariva ogni
traccia di luce, consolandosi nel pensiero che un giorno, non lontano, si
sarebbe finalmente riunita all’unico uomo che aveva mai amato davvero.
Quando
apparve, nessuno ne rimase sorpreso. Nessun grido di paura, nessun sobbalzo di
sorpresa, nessuna espressione di incredulità. Il principe dei saiyan era un
uomo ricco di sorprese e di risvolti in vita, tanto quanto ne sarebbe stato
nella morte. Tuttavia, fino al preciso momento in cui si materializzò davanti
ai loro occhi, non avrebbero mai immaginato di vederlo un' ultima volta.
Bra
e Trunks, l'una stretta all'altro, percorsero con passi lenti la metà della
sala che li divideva da lui, come fossero pellegrini che si avviano rispettosi
verso l'altare del loro Dio. E, in effetti, quella figura traslucida e
luminescente, immersa in un bagliore d'oro, aveva qualcosa di divino, di
superiore, di regale, quasi che finalmente il principe dei saiyan avesse
ricevuto la corona che da sempre gli era spettata.
Goten
e Pan, rimasti discretamente a distanza, osservavano rapiti la bellezza di
quell'immagine, colti quasi dall'istinto di inchinarsi, di rendere omaggio al
loro principe.
Un
sorriso sincero investì di calore il cuore dei due fratelli, fino ad allora
sepolto nel ghiaccio. Bra avrebbe voluto corrergli incontro, gridargli quanto lo
amava, ma era bloccata dai suoi stessi muscoli, abbagliata da quella
luminescenza.
Ti
hanno concesso il paradiso, papà?
Ma
le parole non uscirono dalle sue labbra. Sapeva che era così. Lo confermava
quella luce dorata che gli nasceva dal corpo, e la sua stessa apparizione lì,
davanti a loro, con il sorriso sulle labbra. Come poteva non trovarsi in quel
luogo...lui aveva salvato il mondo...
Trunks
strinse di più la sorella. Il suo cuore urlava di gioia per quell'evento
straordinario, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo, sapeva che presto la
sua immagine sarebbe svanita così come era apparsa, e che forse quella breve
illusione, dopo, avrebbe fatto ancora più male.
"Non
abbiate rimpianti" esordì Vegeta. "Così come non ne ho io".
La
sua voce non proveniva dal suo corpo, ma da tutt'intorno a loro, da ogni angolo
della casa, confermando che quella era solo un'immagine proiettata da un mondo
diverso, da cui non si fa ritorno se non come spiriti bisognosi di fare
un'ultima visita ai propri cari.
Trunks
avrebbe voluto dire qualcosa, ma ebbe l'impressione che ogni parola fosse banale
in quella circostanza, decidendo di rimanere in silenzio, ad attendere che fosse
lui a parlare. Sia lui che Bra sapevano, nel profondo del cuore, che la sua
visita non sarebbe stata vana, ma che avrebbe avuto un profondo, importante
significato.
"Io
non sono più di questo mondo. Ci siete voi ora, unici rappresentanti della
nostra gente".
Trunks
e Bra annuirono, in attesa.
"Trunks,
Bra, Gohan, Goten, Pan. Cinque saiyan. Cinque speranze per il futuro".
I
due Son, sentiti chiamati in causa, si avvicinarono lentamente ai due fratelli,
affiancandoli di lato, quasi per dire noi ci siamo, siamo qui con loro, ci
saremo sempre.
Istintivamente,
si presero tutti e quattro per mano, dimenticando per alcuni secondi il lutto,
il dolore, la disperazione, assaporando solo la forza di quell'unione, che una
creatura regale venuta dal mondo dell'aldilà sanciva come intarsiata sul fuoco,
viva per sempre.
"Ho
fiducia in voi. Credo nel vostro sangue. Credo nella vostra unione. Credo in chi
verrà dopo di voi".
Sebbene
solo a distanza di tempo quelle parole avrebbero assunto per loro un significato
compiuto, in quel momento pronunciarono la loro promessa, il loro impegno nel
proteggere quel piccolo, sperduto sassolino che era diventata la patria dei
saiyan, nel bene e nel male, finchè avrebbero avuto vita.
La
figura dorata si affievolì davanti a loro, salutandoli con un nuovo sorriso
così apertamente colmo di amore, come mai ricordavano di aver scorto su quelle
labbra dure.
Il
caldo bagliore se ne andò, lasciando i quattro saiyan nella penombra della
sala, dove nuove lacrime ripresero a scendere, e un nuovo senso di perdita si
fece di nuovo spazio tra loro. Piansero il loro padre, il loro principe, ma lo
fecero insieme, come sarebbe sempre stato.
Continua...
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Capitolo 13 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Ub
sedeva nervosamente ad una spaziosa scrivania di mogano, la testa chinata sul
foglio che stringeva tra le mani, rileggendo l’ultima frase uscita dalla sua
penna stilografica. Sul suo viso si delineò una smorfia di dubbio, scosse la
testa arrendevolmente per poi accartocciare il pezzo di carta che andò ad
aggiungersi, pateticamente, al resto di fogli buttati che riempivano il cestino.
Non
ci riusciva. Non riusciva a formulare una frase sensata, tanto meno poteva
sperare di mettere insieme un discorso da recitare davanti a milioni di
terrestri, il primo discorso come neocampione del mondo.
La
porta del lussuoso studio si aprì silenziosamente, per poi rivelare il viso
barbuto di Mr Satan che si affacciava discretamente nella stanza.
“Tutto
bene?” chiese al ragazzo, intuendo le sue difficoltà.
Ub
si volse verso la porta, sospirando tristemente e abbandonando le forti braccia
in basso.
“E’
inutile” mormorò. “Non ho idea di cosa dire…”.
L’ex
campione del mondo entrò completamente nella stanza, avvicinandosi alla
scrivania e cingendo la spalliera della sedia con un braccio, gli occhi rivolti
verso l’ennesimo foglio di carta vuoto.
Ub
si sentì un perfetto idiota. Era lì da più di un’ora senza essere riuscito
a tirar fuori niente, presto le telecamere e i giornalisti lo avrebbero
raggiunto proprio lì, nella residenza di Mr Satan, dove avrebbe rilasciato il
suo discorso ufficiale, ma cosa avrebbe detto? Come avrebbe potuto rispondere
alle domande che gli venivano poste?
“So
cosa stai pensando, ragazzo” iniziò l’uomo, posandogli paternamente le
grandi mani sulle spalle. “Hai paura di diventare come me, di dover recitare
una commedia per tutta la vita, di assumerti il merito di qualcosa che non hai
fatto”.
Ub
non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo, incapace di alzare gli occhi e
incontrare quelli azzurri e incorniciati da rughe dell’uomo al suo fianco, nei
quali avrebbe potuto specchiarsi e vedere se stesso come sarebbe stato tra
alcuni anni, quando ormai si sarebbe abituato a vivere nella menzogna, nel
rimorso, nel rimpianto…
“Io
so come sono andate le cose” continuò. “Pan mi ha raccontato tutto. E’
stato Vegeta a distruggere quel mostro, non poteva essere altrimenti dato la sua
potenza, ma non ce l’avrebbe mai fatta senza di te…sai che il tuo aiuto è
stato fondamentale…ti meriti questo titolo più di quanto l’ho mai meritato
io”.
“Ma
come posso raccontare al mondo intero un mucchio di bugie…che tutto ciò non
è mai successo…che hanno assistito ad un regolarissimo torneo di arti
marziali in cui io sono riuscito a battere il fortissimo finalista proclamandomi
campione…come faccio, senza dire che in realtà questo era un pericoloso
alieno e che un uomo si è sacrificato per salvarli tutti??”.
“Lo
so, figliolo, lo so. Per molti anni io ho goduto dei meriti che mi venivano
attribuiti nonostante fossi consapevole che spettavano ad altri…troppo tardi
ho capito che tutto ciò non era giusto”.
Si
sedette nella sedia al fianco del ragazzo, guardandolo negli occhi.
“Ma
il tuo cuore è puro. So che tu non approfitteresti mai della carica che ti è
stata attribuita. E che dentro di te sai perfettamente come sono andate le cose,
chi ha reso possibile la salvezza della Terra attraverso il suo dono più
grande”.
“Ma
perché allora…non possiamo far partecipi tutti e proclamare eroe chi se lo
merita più di ogni altro?” insistette Ub.
“Non
è così semplice…ne va del bene dei saiyan. Spostare i riflettori su di loro
equivarrebbe a mettere a rischio la loro identità, il loro segreto. E per la
salvezza della Terra, è troppo importante che la gente sia all’oscuro della
loro esistenza, che creda semplicemente alla presenza di persone come me e come
te, che non possono fare molto in confronto ai saiyan, ma che possono almeno
mantenerli nell’anonimato, nasconderli dalle luci della ribalta…”.
“A
proposito di luci della ribalta!” esclamò Ub agitato. “Tra poco vado in
onda e non so ancora cosa dire…”.
Mr
Satan sorrise, cercando di tranquillizzarlo.
“Ricorda…niente
riferimenti a ciò che è successo davvero”.
“Ok…”
acconsentì Ub, sospirando.
“Parla
di te…”.
“Di
me? Cosa c’è da dire di me?”.
“Dì
quello che pensi. Quello che provi. Ciò in cui credi…”.
“Non
sono sicuro di potercela fare” rivelò Ub sentendosi già tremare le gambe.
“Oh,
sì che ce la farai!”.
“Sarò
un buon campione del mondo?”.
“Non
ho dubbi, figliolo!”.
“E
i saiyan…saranno orgogliosi di me? Approveranno la mia nomina?”.
“Ma
certo! Soprattutto mia nipote, a cui hai risparmiato un bell’impiccio,
vero??”.
Il
ragazzo sorrise, più rilassato. Si alzò dalla sedia, inspirando profondamente,
pronto a parlare a milioni di persone.
Il
locale si stava lentamente svuotando, della marea di persone che lo avevano
affollato quella sera, riempiendolo delle loro voci e delle loro risa,
rimanevano ormai solo bicchieri vuoti sui tavolini circolari, sigarette spente
nei portacenere e gusci vuoti di noccioline nei piattini da aperitivo.
Mentre
Goten si accingeva a riordinare tutto ciò, l’ultima coppia di clienti se ne
andò soddisfatta, quando ormai i primi bagliori dell’alba annunciavano il suo
arrivo e nel locale erano rimasti solo loro, la sua famiglia e i Brief.
Goten
sorrise istintivamente, togliendo i bicchieri da un tavolo ormai vuoto.
L’inaugurazione del “SATAN PUB” era stato un vero successo, l’affluenza
di clienti era stata oltre le aspettative e al ricavato di denaro si erano
aggiunte anche cospicue mance per la gentilezza, l’ospitalità e la calda
semplicità di quel posto.
Mentre
si avvicinava al tavolo doppio in cui sedeva la sua famiglia, suo fratello si
voltò sorridente verso di lui, guardandolo con piacere recuperare le stoviglie,
lavarle e riordinarle al loro posto sotto il bancone.
“Sono
davvero orgoglioso di te, Goten” gli disse con sincero affetto, trasparente
dagli occhi scuri celati dalle brillanti lenti.
Goten
sorrise, annuendo. Ancora una volta suo fratello gli si rivolgeva con
l’affetto di un padre, così come era sempre stato per compensare l’assenza
di quello vero. Ancora una volta si rendeva conto che era da Gohan che aveva
imparato tutto, era lui che gli aveva insegnato il coraggio, l’impegno, il
dovere…e sapeva, in cuor suo, che suo fratello era orgoglioso di lui non solo
per aver messo su un pub da solo, per essersi seriamente impegnato in questo
progetto che l’avrebbe reso finalmente indipendente e maturo, ma anche per
come si era comportato con l’alieno quindici giorni prima…
Lui
aveva avuto il coraggio di affrontarlo, di sfidarlo, senza più il timore di
essere la copia di qualcuno, ma credendo esclusivamente nelle proprie capacità,
nel proprio istinto…eh sì, era stato un po’ avventato…ma a lungo andare
ne era stato felice. E anche suo fratello.
Ed
ora, con quella nuova ritrovata sicurezza, avrebbe affrontato anche la vita con
altrettanto spirito, costruendosi un futuro suo…solo suo…
Bulma
giocherellò distrattamente con il portacenere che teneva tra le mani. Quella
era la prima volta che usciva dopo ciò che era accaduto, dopo che la sua vita
era completamente cambiata. Aveva preferito giungere al pub più tardi, quando
la folla di persone si era in gran parte già smaltita. Non aveva voglia di
vedere estranei. Non aveva voglia di ricevere altre condoglianze da perfetti
sconosciuti, che la conoscevano solo per la sua fama e che non avevano idea di
ciò che fosse accaduto davvero, il vero motivo per cui suo marito l’aveva
lasciata per sempre.
Aveva
solo voglia di passare un po’ di tempo con le persone che amava, le persone
con le quali si sentiva in famiglia, perché condividevano i suoi stessi
segreti, le sue stesse esperienze, le sue stesse paure. Aveva solo voglia di
ritrovare un po’ di calore.
“Che
bravo il mio Goten” esclamò Chichi, entusiasta. “Ha messo su proprio un bel
posto”.
“Il
tuo bambino è cresciuto, mamma” la prese bonariamente in giro Gohan.
“Eh
sì…forse è ora che me ne renda conto!”.
Bulma
sorrise. Probabilmente ne aveva disperatamente bisogno.
“Grazie
a tutti…non so come farei senza di voi, amici” mormorò la donna,
riabbassato per un momento lo sguardo, per poi rincontrare quello di Chichi, che
nonostante gli anni e le difficoltà della vita era ancora forte e vivo come la
prima volta che l’aveva vista.
“Non
devi ringraziarci, cara…noi siamo un’unica famiglia…lo siamo sempre
stati” le disse affettuosamente.
“Siamo
mogli e madri di saiyan” continuò Videl abbracciando il marito. “Siamo
sempre preparate a perdere i nostri cari…ma quando succede davvero è di gran
lunga peggiore…io e Chichi sappiamo perfettamente cosa significa”.
“E’
per questo che con voi mi sento a mio agio…non devo fingere” ammise Bulma.
“Purtroppo
con il resto del mondo dobbiamo apparire in un certo modo…recitare una parte,
anche se a fin di bene…ma tra noi, Bulma, potrai sempre aprire il tuo cuore”
affermò Gohan, con parole rincuoranti.
Bulma
sentì gli occhi farsi più umidi, ma ricacciò indietro le lacrime, nonostante
fossero lacrime di commozione e non di dolore, perché adesso voleva solo
sorridere…era decisa non solo a sopravvivere, ma a vivere, ad
utilizzare il tempo che le rimaneva davanti nel migliore dei modi, ad apprezzare
la vita come poteva, sostenuta dai suoi amici, parenti, compagni
d’avventura…in attesa di quel giorno…
Goten
alzò lo sguardo dal lavabo, distraendosi per un secondo dal bicchiere che si accingeva
a sciacquare. Al di là del bancone, seduta da sola ad un piccolo tavolo, se ne
stava Bra Brief, con lo sguardo azzurro apparentemente distratto dalla realtà,
concentrato probabilmente solo sui suoi pensieri interiori, sui suoi
segretissimi tormenti.
Non
si era ancora ripresa dalla morte del padre. O almeno, non era ancora
completamente uscita da quel guscio protettivo che si era creata intorno per
difendersi dal dolore che provava.
Decise
di preparale qualcosa da bere per sollevarle il morale. Non appena impugnò il
bicchiere pulito, però, si rese conto che non aveva la più pallida idea su
quali fossero i gusti della ragazza. La conosceva ben poco, purtroppo, eppure
sentiva il bisogno di far qualcosa per lei.
Optò
infine per un cocktail alla frutta tropicale, una bibita fresca e vivace e dalla
piacevole, misurata dolcezza. Aggiunse del ghiaccio, posò il bicchiere su un
vassoio e si diresse al tavolo della ragazza.
Bra
benedisse il silenzio che si era ricreato nel locale. Era stata davvero una
bella festa di inaugurazione, quella, era riuscita persino a distrarsi, in certi
momenti, ma tutto ciò che voleva ora era un po’ di pace, di tranquillità.
Suo
padre era morto solo da due settimane. Eppure le sembrava che mancasse da
un’eternità…ogni giorno che passava, la sua assenza si faceva sentire
sempre di più, e di pari passo la consapevolezza che la sua famiglia avrebbe
dovuto riprendere a vivere senza di lui.
Sentì
qualcosa nella tasca destra del soprabito. Un piccolo oggetto liscio, rotondo.
Lo
estrasse. Era il bottone che si era staccato dalla camicia di suo padre il
giorno del ricevimento da Mr Satan. A questo ricordo accennò un lievissimo
sorriso. Tuttavia, non fece altro che acuire maggiormente la mancanza di suo
padre.
Chissà
se un giorno, come aveva detto Pan, sarebbe riuscita finalmente a pensare a lui
solo come un bel ricordo, solo provando un senso di malinconia e non un
disperato bisogno di lui…
“Ciao…”.
Davanti
a lei apparve l’alta figura di Goten, sorridente nel suo inusuale grembiule
bianco, con il braccio destro che sollevava già con una certa professionalità
il vassoio recante una bibita arancione.
“Ciao”
rispose la ragazza, accennando un sorriso.
“Pensavo
che avessi sete…spero ti piaccia” disse lui, posando sul suo tavolo il
bicchiere colmo della bevanda, ornato da un buffo ombrellino colorato e da uno
spicchio di limone. “Offre la casa, naturalmente!”.
Bra
assaggiò il cocktail, sorseggiandolo lentamente dalla cannuccia, mentre Goten
si accomodava stancamente al suo stesso tavolo, di fronte a lei.
“Oh,
che serata” esclamò asciugandosi la fronte. “Non mi aspettavo certo tanta
gente!”.
“Dovresti
essere soddisfatto, come primo giorno” soggiunse la ragazza.
“Puoi
dirlo forte…non ce la facevo a servire due birre che subito dall’altro lato
del pub mi chiedevano quattro frullati alla fragola!” esclamò Goten.
“Peccato che i saiyan non abbiano anche il potere di sdoppiarsi in certe
situazioni!”.
Bra
si fece sfuggire un sincera risatina.
“Forse
è il caso che mi decida ad assumere del personale!” continuò il ragazzo,
scuotendo la testa.
Bra
si aspettò che da un momento all’altro spostasse il discorso su suo padre,
sui suoi sentimenti dopo la sua morte, su un patetico tentativo di consolarla.
Ma
non avvenne. Continuarono a parlare di preferenze in fatto di bibite, di locali
e luoghi che amavano frequentare, della loro musica preferita. Nessun
riferimento a ciò che era successo.
Bra
ringraziò il cielo. Almeno per qualche attimo stava ritrovando il buonumore.
Alla
fine seguì un momento di silenzio, e fu lei a sentire il bisogno di parlare.
“Mi
manca terribilmente”.
Il
ragazzo annuì, forse si immaginava che sarebbe stata lei la prima ad affrontare
l’argomento, anche se lui non le avrebbe fatto pressioni.
“Lo
so” le disse. “Ma per esperienza personale…ti garantisco che si impara a
sopravvivere”.
Bra
lo guardò incapace di dire niente. Non aveva pensato che quel ragazzo non solo
aveva trascorso la maggior parte della propria vita senza un padre, ma era nato
senza averlo accanto, e che Goku non lo aveva lasciato per una nobile causa, ma
era scomparso nel nulla senza motivo, senza lasciare spiegazioni. E ciò doveva
essere altrettanto doloroso, e di gran lunga più frustrante.
Si
meravigliava, però, come Goten riuscisse ogni volta a ritrovare il sorriso, a
mantenere la sua espressione giocosa, il suo sguardo sorprendentemente
disarmante, il suo straordinario ottimismo e la costante voglia di vivere. Si
ritrovò ad invidiarlo.
“Spero
sinceramente di ritrovare anch’io la pace, prima o poi” mormorò la ragazza
sospirando.
Goten
sorrise.
“Ma
certo. Sei una ragazza forte, tu. E determinata. Tuo fratello è un tuo grande
adulatore, lo sapevi?”.
Bra
rise divertita.
“Lo
so” ammise. “Forse a volte esagera!”.
I
due giovani rimasero qualche secondo in silenzio, Bra con lo sguardo immerso in
ciò che rimaneva della sua bibita tropicale, Goten a giocherellare
distrattamente con i lacci del grembiule stropicciato che si era tolto.
“Sai
una cosa” ricominciò Bra. “Ho deciso di riprendere l’università”.
Nel
volto del saiyan si delineò un sincero sorriso.
“Bene”
esclamò. “Sembra una bella notizia”.
“Non
so se lo è…ma ho capito che la mia strada è quella. Finalmente l’ho
trovata, esattamente come tu hai capito che il tuo futuro era questo locale”.
Bevve
l’ultimo sorso del cocktail tropicale, giocherellando poi con la cannuccia
colorata.
“Spero
solo…che ce la faccia ad affrontare tutto ciò da sola…voglio dire, il
futuro, la vita, il lavoro…”.
Goten
avvicinò la mano a quella della ragazza. Per un momento esitò, temendo che il
suo tocco potesse mandare in frantumi quelle dita candide e affusolate, come se
fossero quelle di una bambola debole e inerme. Poi posò la mano sulla sua,
accarezzandola delicatamente.
“Tu
non sei sola, Bra” le disse con uno sguardo carico di sincerità. “Ma
dico…ti sei guardata intorno? Hai idea di quante persone accorrerebbero in tuo
aiuto per ogni tuo problema, dubbio o incertezza?”.
La
ragazza rise ancora, ormai più leggera.
“Per
ogni persona che perdiamo…” continuò il saiyan. “Ce ne sono molte di più
pronte a starti vicino. A riempire il vuoto. E’ così che io ho potuto
continuare a vivere normalmente. Grazie al calore e all’affetto delle persone
che mi volevano bene. E non solo ti rendi conto di quanto sei amato, ma trovi
anche qualcun altro che non ti saresti aspettato”.
Bra
osservò il giovane rapita dal potere del suo sguardo, dalla semplicità e dal
significato delle sue parole, dalla radiosità del suo sorriso, che scacciava
via ogni traccia di rabbia, di dolore, di gelo.
Si
sentiva…a casa.
Per
un momento, il suo cuore le disse che quel giovane dalla strana pettinatura e
dagli occhi più scuri dell’ebano avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella
sua vita, che sarebbe stato il primo passo verso la via che l’avrebbe
ricondotta, un giorno, alla felicità.
Sorrise,
abbassando lo sguardo verso il bicchiere vuoto che faceva roteare distrattamente
sul tavolo.
“Grazie”
mormorò.
“Oh,
di niente…in realtà non sapevo neanche il tuo gusto preferito, sono andato ad
intuito!”.
Bra
scosse la testa, incapace di trattenere un’altra sincera risata.
“Non
solo per il cocktail, Goten! Grazie…per tutto il resto”.
Il
ragazzo aveva già capito. Le strinse di più la curatissima mano, facendo
scivolare le dita in mezzo alle sue.
Trunks
scostò leggermente le tendine della finestra, che lasciarono libera la visuale
di un cielo blu sfumato di tinte sempre più chiare man mano che il suo sguardo
procedeva verso est, annuncianti l’imminente arrivo di un nuovo giorno.
Percepì
il rumore di piccoli passi alle sue spalle. Sapeva che era lei. Forse aveva
sperato che lo raggiungesse.
“Come
mai tutto solo in questo angolo del pub?” gli chiese la ragazza nel tentativo
di attirare la sua attenzione, distratta dalle profondità del cielo.
Trunks
si girò lentamente, trovandosi davanti il familiare viso di Pan, che lo fissava
con la sua classica espressione di aspettativa.
“Beh…avevo
voglia di starmene un po’ da solo…che succede di là?”.
“Hanno
intenzione di farsi una spaghettata…ero venuta appunto ad avvertirti!”.
“Una
spaghettata alle cinque di mattina??” rise Trunks.
“Sai,
la nonna ormai ha imparato che cinque saiyan non si sfamano di certo solo con
birre e drink!”.
Trunks
scosse la testa, divertito. Poi si appoggiò stancamente con la schiena contro
le solide pareti di legno, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo basso,
pensieroso.
Pan
inclinò leggermente la testa di lato, fissando il saiyan con aria apertamente
divertita.
“Cosa
c’è?” chiese Trunks riportando lo sguardo sulla ragazza, sollevando un
sopracciglio con aria inquisitrice.
Pan
rise tra se, scuotendo la testa.
“Eh
che…” iniziò, con una punta di malinconia. “Sembri…”.
“Mio
padre, vero?” la anticipò il ragazzo.
Pan
annuì, sospirando, pentendosi di aver ricordato all’amico il lutto ancora
fresco del padre perduto.
“E’
vero” sorrise Trunks, sospirando poi con lo sguardo rivolto al soffitto.
“Mio padre era solito estraniarsi da tutti, rimanere nel suo angolino senza
partecipare ai festeggiamenti o alle conversazioni di gruppo”.
“Era
il suo carattere” ammise Pan, scrollando le spalle.
“Appunto”
confermò lui. “Lo faceva solo perché era nella sua indole”.
“Ma
non è lo stesso per te” indovinò la ragazza.
“Esatto…io
lo faccio solo perché continuo a rimuginare…a pensare alla sua morte…a
pensare che a quest’ora sarebbe potuto essere ancora qui…non ce la faccio
ancora a fare finta di niente, Pan”.
“Ma
sai cosa penserebbe tuo padre se ti vedesse così, a farti del male da solo?”
gli chiese la Son.
“Che
sono un moccioso frignante” indovinò Trunks. “Che non sono degno
dell’eredità di sangue che mi ha lasciato”.
“Non
solo” aggiunse Pan. “Ti prenderebbe a sculacciate finchè non ti fossi
rimesso in riga, come un vero principe!”.
I
due saiyan scoppiarono in una sincera risata. Trunks assaporò tutto il calore
liberato da quel piccolo gesto, tutta la musicalità della voce della ragazza
che gli penetrava dentro come un caldo, rilassante soffio. Ne aveva
disperatamente bisogno.
“E
tu” ricominciò il giovane. “Mi hanno detto che ce l’hai fatta, alla
fine”.
“Già”
ammise Pan, portando lo sguardo verso le mattonelle del pavimento, contro le
quali strusciava distrattamente la punta di un piede, nel tentativo di
nascondere il rossore.
Parlare
di quell’evento, del suo essere riuscita a diventare super saiyan per la prima
volta, la imbarazzava non poco, perché ciò significava liberare apertamente i
propri sentimenti nei confronti dell’uomo, che erano stati il vero motore
grazie al quale era riuscita nell’intento.
“Allora
non stavo sognando…la ragazza coperta d’oro che combatteva come una vera
guerriera eri davvero tu” le sorrise Trunks.
Lui
l’aveva vista…l’aveva vista illuminarsi di rabbia e dolore per ciò che
avevano fatto a lui…l’aveva vista combattere, per lui…
“Beh,
non mi resta che farti i miei complimenti, piccola” le disse stringendole la
mano. “Benvenuta nel mondo dei super saiyan”.
Pan
sorrise. Nonostante tutto, Trunks non accennava minimamente al vero motivo per
cui aveva raggiunto il livello. Nessun riferimento all’origine di tutta quella
scarica di sentimenti. Eppure doveva saperlo. Era sicura che lo sapeva.
“A
questo punto, Pan” continuò. “Sei riuscita a diventare super saiyan…sei
scampata dalla carica di campione del mondo…puoi volere altro dalla vita?”
le chiese, guardandola con quei suoi grandi occhi chiari e limpidi come
l’oceano, le labbra piegate in un caloroso sorriso.
Vorrei
che mi dessi una possibilità…vorrei riuscire a farti capire che io tengo a
te, ma non solo che tengo a te nel senso che ti voglio bene, quello lo sai, te
ne ho sempre voluto, ma che tengo a te nel modo in cui una donna può tenere ad
un uomo, perché è quello che sono ora, Trunks, una donna…
Avrebbe
tanto voluto dire tutto ciò, ma si limitò ad avvicinarsi a lui, prendergli le
mani e guardarlo negli occhi con il solito, sincero affetto di sempre.
“Voglio
che tu sappia…che io ci sono sempre…per ogni cosa, capito?”.
Trunks
le rivolse uno dei suoi più bei sorrisi, così intenso, così pregno di
significato, così espressamente caldo…
“Certo
che lo so, Pan” le confermò, abbracciandola dolcemente.
Fu
un contatto lungo, delicato, la testa di Pan appoggiata piacevolmente sul forte
petto del saiyan, le mani circondanti dolcemente la sua vita, mentre lui, con il
mento appoggiato sulla fronte della ragazza, le accarezzava delicatamente i
capelli, la nuca, il collo. Soffici, dolci carezze piene di affetto. E forse,
qualcosa di più.
So
che hai paura, Trunks. Hai paura ad aprire gli occhi perché temi di trovarti
davanti una luce troppo intensa ed accecante, a cui non sei ancora abituato…ma
un giorno lo so, troverai il coraggio di farlo, e io sarò lì ad aspettarti, a
prenderti per mano per affrontare insieme quel nuovo mondo di luce.
Io
ci sarò sempre.
Dall’altra
parte del pub giunse il richiamo di sua nonna, che invitava frettolosamente
tutti i presenti nei pressi nel televisore del pub.
“Venite,
presto! In TV c’è il discorso di Ub ai terrestri!”.
Il
turno di notte era stato più lungo e noioso del solito, e Marron premette dal
distributore automatico il tasto d’erogazione dell’ennesimo caffè.
Guardò
l’orologio, sollevata. Presto sarebbe tornata a casa, a farsi una bella
dormita nel suo accogliente bilocale di Satan City, in attesa di ricominciare
un’altra, normalissima giornata.
Sembravano
passati mesi da quel giorno in cui la Terra era stata gravemente in pericolo. Ma
nessuno, eccetto chi era presente alle minacce di egemonia di quel mostro, era a
conoscenza dell’accaduto. La vita scorreva tranquilla come sempre, a Satan
City come dalla parte opposta del globo.
Fece
per sorseggiare il suo caffè bollente, quando un infermiere passò dal
corridoio frettolosamente, rischiando quasi di farle versare il liquido marrone
sul camicie chiaro.
“Che
sta succedendo, Phil?” chiese sorpresa al giovane collega. “Un’altra
emergenza?”.
“Beh,
se vogliamo chiamarla così…” rispose il ragazzo fermandosi momentaneamente
di fronte a lei. “Il nuovo campione del mondo sta facendo il suo saluto
ufficiale ai terrestri!”.
Marron
seguì il collega nella stanza di ristoro del personale del reparto, dove il
piccolo televisore era stato sintonizzato sul satellite.
Sul
soppalco di una sala adibita all’evento, si ergeva un leggio egregiamente e
lussuosamente decorato, dietro al quale, con qualche difficoltà, un ragazzo
dalla pelle bruna si accingeva a sistemare la posizione del microfono. Indossava
la divisa da combattimento che aveva spesso visto a Mr Satan, fermata a livello
della vita da una cintura di stoffa annodata.
La
ragazza sorrise. Quasi non riusciva a credere che Ub fosse il nuovo campione del
mondo. Aveva pensato molto a quel giorno, al loro comune nascondiglio
nell’infermeria, al coraggio con cui il giovane era infine uscito alla
scoperto e aiutato Vegeta a distruggere l’alieno. Ma mai aveva pensato
seriamente a lui in quelle vesti, a ciò che da quel giorno sarebbe diventato.
Lei lo vedeva ancora come Ub, un ragazzo semplice e riservato ma dotato di un
grande cuore. Non come campione del mondo.
Il
personale riunito nella stanza cessò di chiacchierare, nell’intento di
sentire cosa avesse da dire il loro nuovo campione.
“Salve
a tutti” iniziò il ragazzo.
Marron
lo ascoltò con piacere parlare delle sue origini, del luogo dove era nato,
della costante devozione con cui aveva sempre protetto e mantenuto la sua
numerosa famiglia, di come il suo interesse per le arti marziali fosse stato
prima di tutto un modo per difendere le persone che amava.
Lo
vide esitare nel momento in cui, forse, avrebbe voluto dire di più, ma si
ricompose egregiamente spostando il discorso da un’altra ottica.
“Se
adesso sono giunto fin qui, sono diventato campione del mondo, devo ringraziare
prima di tutto due persone, che adesso non sono più tra noi ma di cui
preferisco non fare i nomi. La prima mi ha fatto da maestro, mi ha insegnato
cosa significa avere una dote e usarla solo al fine di difendersi, e non di
attaccare. La seconda mi ha fatto capire l’importanza delle scelte,
l’importanza delle cose in cui crediamo, quanto ciò che ci circonda sia
prezioso e valga la pena di difendere, fino in fondo, senza esitazioni. E’ su
tutto questo che voglio fondare la mia carica come campione del mondo”.
Gli
spettatori nella stanza si guardarono soddisfatti. Marron sapeva che Ub li aveva
già conquistati, e probabilmente anche tutti gli altri terrestri.
“E
infine” concluse. “Devo ringraziare un’altra persona. Una persona che mi
è stata accanto e mi ha dato la forza per non mollare. Il mio angelo”.
Marron
trasalì. Non se l’aspettava. Cielo, non se l’aspettava proprio…
“Grazie
mille, mio angelo custode” disse il ragazzo guardando il centro della
telecamera, incapace di celare un punta di imbarazzo. “Dovunque tu sia…spero
di rivederti presto”.
Nella
stanza medici e infermieri si lasciarono scappare fischi di stupore, di
piacevole sorpresa per aver scoperto che il nuovo campione era anche un
inguaribile romantico, chiedendosi chi fosse mai la fortunata.
Marron,
le guance che si erano infiammate per l’imbarazzo, sgusciò indifferentemente
fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa con
la schiena.
Tirò
fuori un lungo sospiro, ancora confusa, fissando distrattamente la corsia vuota
di fronte a lei, mentre dall’ampia vetrata laterale giungevano indecisi i
primi bagliori del mattino.
L’unico
rumore che udiva era il martellare del suo cuore che batteva all’impazzata.
Quello non sarebbe stato un giorno come gli altri. Lo sapeva. Lo sentiva.
Sarebbe stato il giorno in cui, rivedendolo di persona, avrebbe capito molte
cose. C’era tanto di cui parlare, tanto da raccontarsi…
Goten
spense la TV, una volta terminato il discorso ufficiale trasmesso in diretta in
tutto il mondo.
“Wow”
commentò. “Niente male…se l’è cavata a meraviglia il nostro amico Ub”.
“E’
stato un discorso eccellente” affermò Gohan, soddisfatto.
“Senza
contare la dichiarazione in diretta ad una ragazza bionda di nostra
conoscenza…” esclamò Videl, con aria sognante.
“Speriamo
che Marron l’abbia sentita!” aggiunse Bra, guardando dubbiosa l’ora.
“Oh,
lo spero davvero…altrimenti non sono sicura che Ub troverebbe il coraggio di
ripetergliela una seconda volta!” concluse Pan, generando una risata generale.
“Beh,
se non altro il nostro ragazzo è coraggioso in battaglia!” soggiunse Chichi.
“Già”
confermò Bulma. “Sono contenta abbia fatto quei riferimenti a Goku e al mio
Vegeta. Nonostante fossero incomprensibili al resto del pianeta, quelle parole
per noi hanno avuto un profondo significato, e gli sono grata per averli
ricordati.
Chichi
annuì, della stessa opinione dell’amica.
“Abbiamo
davvero un buon campione del mondo” riconobbe Trunks, cingendo le spalle della
madre. “Se lo merita davvero, quel ragazzo”.
“Già…lo
dicevo io che spettava a lui, il titolo!” esclamò Pan, godendo del sapore
della libertà, esonerata da qualsiasi impegno, da qualsiasi incarico ufficiale,
da qualsiasi ruolo.
Nel
locale, rallegrato dal buonumore generale che si era creato e rischiarato dalle
luce mattutina che piano piano soppiantava quella artificiale, risuonò il
trillo del cellulare della ragazza, che tirò fuori faticosamente dalla tasca
del soprabito, abbandonato su una sedia.
“Nonno,
sei tu?”.
Dall’altro
lato della linea risuonò forte e soddisfatta la voce di Mr Satan.
“Ciao,
tesoro”.
“Hai
visto che bravo Ub? E’ il tuo perfetto sostituto, nonnino!”.
“Oh,
senza dubbio!” confermò l’uomo. “Ma non credere, Pan, che per te sia
finita qui, piccola birichina!”.
Il
sorriso sul volto di Pan sfumò in un’espressione timorosa. I presenti si
avvicinarono di più a lei, incuriositi e divertiti da quel cambio d’umore. La
videro poi sospirare, allentando la tensione, salutare il nonno e interrompere
la telefonata.
“Allora?”
le chiese suo padre, parlando a nome di tutti gli altri.
Pan
scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita.
“Beh,
in un certo senso sono stata incastrata di nuovo…” spiegò. “Il nonno mi
lascia la sua palestra di Satan City. Vuole che me ne occupi io, d’ora in
poi!”.
Goten
tirò fuori da sotto il bancone una bottiglia di champagne nuova di zecca,
conservata per le occasioni speciali, la stappò e ne versò un po’ nei lunghi
bicchieri distribuiti da sua madre ad ognuno dei presenti.
I
bicchieri si innalzarono tutti insieme, creando quel piacevole tintinnio
generato dal cristallo che si incontra, mentre otto voci si riunivano in una
sola frase:
“A
Vegeta” esclamarono tutti insieme, brindando.
Fine
Nota dell'autrice:
"Il signore della Terra" è
solo il primo "volume" della saga Dragonball NG, scritta
alternativamente da me e da Likol. Il secondo volume si chiama "Moonlight",
è scritto da Likol ed è ambientato temporalmente qualche mese dopo alla
conclusione di "Il signore della Terra". L'autrice comincerà presto a
postare "Moonlight" tra le sue opere su EFP, vi invito quindi a
seguirla per continuare il viaggio attraverso Dragonball NG!
Buon proseguimento di lettura...
Beatrix
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