Dragonball NG - Il Signore della Terra

di Beatrix82
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una pesante eredità ***
Capitolo 3: *** Accordo vantaggioso ***
Capitolo 4: *** Quarti di finale ***
Capitolo 5: *** Semifinale sofferta ***
Capitolo 6: *** Coraggioso martirio ***
Capitolo 7: *** Carte in tavola ***
Capitolo 8: *** Contrattacco ***
Capitolo 9: *** Rabbia e oro ***
Capitolo 10: *** L'ultima speranza ***
Capitolo 11: *** Dono all'umanità ***
Capitolo 12: *** Uniti per il futuro ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Prologo

 

La piccola capsula spaziale stava viaggiando verso la destinazione preimpostata con i motori al massimo. Era il computer di bordo a guidarla dritta verso la meta, così da permettere al suo passeggero di godersi in pieno relax il lungo viaggio.

Si affacciò pigramente all'oblò. 

Non doveva mancare molto, ormai. Intravedeva già in lontananza, al di là di un leggero ammasso di meteoriti roteanti, un piccolo e azzurro pianetino dalle rotondità perfette e contornato da un fine strato di nubi atmosferiche.

Era quello il pianeta che, da chi aveva viaggiato a lungo nello spazio, veniva descritto come un ridente e piacevole corpo celeste della galassia dell'ovest, dove la vita scorreva tranquilla e dove gli abitanti, i cosiddetti terrestri, convivevano pressoché in pace e prosperità. 

La chiamavano Terra...

E chi non ne aveva sentito parlare...

Così piccola e sperduta... Eppure così interessante...

Aveva sentito dire che la sua popolazione era la più numerosa della galassia. Chissà come facevano, miliardi di individui quali erano, a spartirsi un territorio così piccolo...

Ma sì, si erano organizzati bene, nonostante tutto. Si erano raggruppati in quelle che chiamavano città e metropoli, dove gli abitanti traevano una sorta di vantaggio reciproco dalla propria convivenza, per aiutarsi insieme contro i mali comuni. 

Quali enormi stranezze. 

Nel suo pianeta d'origine non era mai esistita una tale filosofia. Ognuno pensava al proprio tornaconto, al proprio interesse, a crearsi i propri spazi e a difenderli dalla conquista degli altri.

Ma c'era una cosa sulla Terra che proprio la sua razza non avrebbe mai potuto concepire: sottostare ad un governo.

Mai...

Per questo i suoi simili avevano preferito partire per lo spazio e spartirsi l'universo, in modo da non dover essere governati ma poter essere loro stessi il governo.

Non era nient'altro che la legge del più forte sul più debole. Lui era quello forte... i terrestri quelli deboli...

Sorrise beffardamente.

Non avrebbe dovuto nemmeno sporcarsi le mani più di tanto, in effetti. Era venuto a conoscenza della stranissima psiche dei terrestri, così meravigliosamente influenzabile e manipolabile...

Sapeva che spesso erano bastate due stupide parole da parte di una guida o di un personaggio carismatico per abbindolare tutti quei miliardi di individui... Un gregge di pecore pronto a cadere ai piedi di chi vedono come un Dio... e che magari è solo una stupida pecora come le altre...

Stupidi, stupidi terrestri...

Ne avrebbe fatto presto il suo gregge, ne era sicuro, e sarebbe stato più facile del previsto.

Una grande occasione era alle porte, ormai, e non poteva lasciarsela scappare. I terrestri avrebbero avuto un nuovo Dio da idolatrare, senza accorgersi neanche di quanto nel frattempo potrebbero essere sfruttati... 

Schiavi consenzienti... quale dittatore desidererebbe di più? 

Chiuse gli occhi incolori, godendosi un breve sonno prima dell'atterraggio sul suo futuro regno.

 

   Continua...

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Capitolo 2
*** Una pesante eredità ***


capitolo 1

Capitolo 1

 

 

"Benvenuti, signori Briefs" dichiarò solennemente il distinto guardiano, aprendo davanti a loro l'enorme cancello della villa.

Bulma ringraziò l'uomo con un sorriso, rimettendo nella borsetta la busta con l'invito e facendosi strada lungo il vialetto che attraversava il grande parco verde. Si voltò alle sue spalle,sospirando e incrociando le braccia severamente.

"Allora, volete muovervi? Siamo già in ritardo di mezz'ora!" esclamò guardando con ansia l'orologio.

"Se non sbaglio abbiamo fatto tardi a causa della piccola discussione tra te e papà" sorrise Trunks raggiungendo la madre.

"Lo credo! Pensi forse che avrei lasciato che tuo padre venisse ad un ricevimento a casa di Mr Satan con i suoi soliti stracci?" sbuffò accomodandosi nervosamente i capelli.

Trunks rise, divertito, voltandosi poi indietro verso i due ritardatari ancora accanto all'aircar parcheggiata.

"Mi spieghi cosa fanno ancora lì tuo padre e tua sorella?" brontolò Bulma, scuotendo la testa.

"Credo che papà sia un pò allergico a serate di questo tipo..." commentò Trunks, sospirando.

 

Bra annodò con cura la cravatta del padre, scostandosi poi da lui per ammirare soddisfatta il risultato.

"E' ancora troppo stretta!" brontolò Vegeta tirandosi il colletto della camicia. "Mi sembra di soffocare!".

Bra rise di gusto, osservando le smorfie del padre imprigionato in un inusuale abbigliamento.

"Dai papà! Così stai benissimo!" lo rassicurò la ragazza con occhi affascinati.

"Ho detto che non ce la faccio" scandì Vegeta guardando la figlia con serietà.

Cercò goffamente di allentarsi il colletto, fino a tirare un pò troppo e a far staccare uno degli eleganti bottoni dorati della camicia, che cadde miseramente a terra.

"Ehi, cosa state aspettando!" gridò loro Bulma da lontano, ormai insofferente.

"Credo che non sia il caso di far arrabbiare la mamma più di quanto non lo è già" propose Bra raccogliendo il bottone con indifferenza e nascondendolo in tasca.

 

"Mr Satan, sono arrivati i Briefs" dichiarò la domestica al padrone di casa, seduto comodamente nella poltrona della sala principale a fumare il suo sigaro.

"Bene, li faccia entrare" rispose allegramente con un cenno del capo.

"Era ora!" esclamò felicemente Goten ammirando la tavola imbandita. "Cominciavo proprio ad avere fame!".

"Goten!" lo ammonì Chichi con una leggera gomitata sul fianco.

"Buona sera!" sorrise Bulma entrando nel salone, seguita a ruota da Trunks, Bra e Vegeta..

"Benvenuti, carissimi!" li accolse Mr Satan, senza muoversi dalla sua poltrona.

"Scusate il ritardo...abbiamo avuto un piccolo inconveniente...vero tesoro?" chiese a Vegeta, che si limitò a rispondere borbottando qualcosa di incomprensibile.

"Non vi siete persi ancora niente" li rassicurò Chichi. "Mr Satan ha intenzione di farci il suo famoso discorso solo dopo cena...".

"Vuole proprio farci incuriosire, eh?" chiese Bulma al padrone di casa, sorridendo.

"Voglio solo aspettare di essere tutti quanti" concluse Mr Satan dando una boccata al suo sigaro.

"Giusto...dov'è Pan?" osservò Bra guardandosi intorno.

"Non ne abbiamo la più pallida idea..." mormorò Gohan scrollando le spalle.

"E' uscita stamattina e non è ancora tornata..." aggiunse Videl leggermente preoccupata. "Spero si ricordi della cena di stasera".

"Beh, possiamo sempre cominciare senza di lei" scherzò Goten attirando di nuovo lo sguardo di rimprovero di Chichi.

"Forse so dove è andata Pan" dichiarò Trunks con sicurezza.

"Come lo sai?" chiese Bulma, guardando il figlio sorpresa.

"Aspettatemi, vado a prenderla" esclamò uscendo sul grande terrazzo e spiccando il volo verso il cielo.

 

Atterrò, avvicinandosi silenziosamente.

Proprio come si aspettava. Lei era lì, appoggiata al tronco di quell'albero, con lo sguardo verso il cielo...

La sua sagoma era oscurata dalla luce rossastra del tramonto che si rifletteva dietro di lei... quella dorata luminosità crepuscolare che sembrava riscaldare i tratti del suo volto piacevolmente rilassati...

"Pan" la chiamò a distanza di qualche metro, per non disturbare quel suo momento di evasione.

La ragazza si voltò lentamente, rivelando un'espressione di piacevole sorpresa mentre l'elegante figura di Trunks si avvicinava a lei con discrezione.

Lo salutò con un sorriso, e lui l'abbracciò calorosamente, accarezzandole con dolcezza i lisci capelli corvini che le cadevano morbidi sulle spalle. 

"Sapevo che ti avrei trovata qui" le sussurrò. 

Era quello il posto da cui, in quello stesso giorno di qualche anno prima, Goku era partito con il drago Shenrong verso una meta sconosciuta e senza la certezza di tornare. Ed era lì che Pan, tutti gli anni nel giorno dell'anniversario della sua partenza, passava la giornata come se, in questo modo, riuscisse a sentirsi più vicina al nonno scomparso.

Osservò gli occhi scuri della ragazza tornare a fissare il cielo purpureo, con lo stesso sguardo di quella ragazzina che, il giorno della partenza di Goku, aveva fissato il cielo sconsolata chiedendosi se mai suo nonno sarebbe tornato. Adesso però quella ragazzina era quasi irriconoscibile...stava sbocciando come un fiore, un piccolo fiore selvatico che lasciava definitivamente le incertezze e le ribellioni dell'adolescenza per avviarsi verso un futuro di donna...un fiore ormai maturo, dai colori intensi e sfaccettati ma addolcito da una leggera pioggia di rugiada...

"Sai Trunks" mormorò lei. "Spero sempre di vederlo sbucar fuori dalle nuvole sul dorso del drago...".

Trunks le sorrise, appoggiandole affettuosamente una mano sulla spalla.

"Sarebbe bello..." riconobbe. "Magari potrebbe tornare quando meno te lo aspetti".

"Io lo aspetterò sempre" sussurrò la ragazza sospirando malinconicamente.

"Adesso però c'è qualcun altro che ti aspetta" la avvertì Trunks, indicandole l'orologio con un dito. "Sembra che tuo nonno Satan voglia aspettare proprio te per il suo famoso annuncio!".

Pan sorrise, annuendo.

"Ok...credo che sia proprio ora di andare" disse alzandosi in volo insieme a lui, dopo un ultimo sguardo alle sue spalle.

 

I dieci commensali gustarono piacevolmente il dolce, accompagnato da un pregiato champagne per brindare all' amicizia che li univa ormai da molti anni.

Mr Satan, seduto a capo tavola, bevve copiosamente dal suo bicchiere, per poi schiarirsi la voce ed alzarsi dalla sua sedia, richiamando un momento di silenzio.

"Ti sei finalmente deciso a parlarci, papà?" chiese Videl, accompagnata dalla curiosità degli altri nove ospiti.

"Credo di sì...finalmente è arrivato il momento".

Tutti rimasero in silenzio, aspettando l'inizio di un discorso che si preannunciava piuttosto solenne.

"Ecco...innanzi tutto...premetto che non è stato facile per me prendere questa decisione...".

Gli invitati si guardarono tra loro, mentre un'atmosfera di suspence circondava la tavola.

"Per anni la mia ragione di vita è stato solo quello che ho rappresentato per gli altri... Ma voi sapete che non sono ciò che tutti credono".

"Ma ha fatto comunque molto per i terrestri...si merita la loro ammirazione" lo interruppe Bulma.

"Non so cosa meriti in realtà ma...non è giusto continuare ad ingannarli".

"Ma tu non li stai ingannando, papà" intervenne Videl. "Loro ti adorano".

"Lo so tesoro ma...è giusto riconoscere i meriti di qualcuno veramente in gamba...".

"Cosa significa?" chiese Gohan incuriosito.

Mr Satan rimase un attimo in silenzio, sospirando.

"Ho intenzione di cedere il titolo di campione del mondo".

"Tutto qui?" commentò Vegeta rintanato in un angolo del tavolo.

"Cosa?" esclamò Chichi alzandosi stupita dalla sedia. "E' sicuro di ciò che sta dicendo, Mr Satan?".

"Sì, sicurissimo...comincio ad essere vecchio per questo ruolo".

"Ma i terrestri rimarranno sconvolti!" esclamò Bulma.

"Avranno un nuovo campione del mondo".

"E a chi pensa di cedere il titolo?" domandò Goten.

"Ecco...ufficialmente organizzerò un torneo per nominare campione del mondo il vincitore, ma...".

"Ma...?".

"So già chi voglio che sia il mio successore...e che non avrà difficoltà a vincere il torneo per ricevere l'eredità di suo nonno...".

Il suo sguardo si posò sulla giovane nipote, già paralizzata per ciò che aveva appena sentito.

"Pan?!" chiese conferma Gohan, incredulo.

"E chi altri si merita il titolo più di lei!" sorrise Mr Satan lisciandosi l'ispida barba.

"Pan! Tesoro! E' meraviglioso!" commentò Chichi, battendo le mani orgogliosa, seguita a ruota dagli altri.

"Oh...no" mormorò Pan scuotendo la testa terrorizzata. "Io...non voglio...".

"Come? Non sei contenta cara? Sarai amata da tutti i terrestri!" esclamò Bulma estasiata.

"No...non voglio diventare campionessa del mondo...ti prego...".

"Pan...voglio che sia tu a succedermi" insistè Mr Satan. "Ho bisogno di sapere che il titolo è in mani sicure".

"Ma perchè proprio io?".

"Perchè hai la stoffa giusta! Sei giovane e soprattutto sei mia nipote!".

"Nonno...non puoi farmi questo..." mormorò la ragazza sconvolta, lasciando bruscamente la tavola e scappando in un'altra stanza.

 

Si strinse il cuscino sulla testa, con la faccia contro il letto.

"Su, Pan...cerchiamo di ragionare" la esortò Gohan seduto sul bordo del letto.

"Andate via! Lasciatemi stare!" gridò lei arrabbiata.

"Tesoro, dovresti essere contenta di ricevere un titolo così importante!" aggiunse Chichi con entusiasmo.

"Non io! Non voglio!" protestò di nuovo la ragazza.

"Ma Pan, lo sai quanto ci tiene tuo nonno..." la implorò Videl avvicinandosi a lei.

"Pan...prova a parlare con lui con calma...vedrai che troverete un compromesso" provò a consolarla Trunks, affacciato alla porta della stanza.

"Ma vi rendete conto? Sono destinata a fare discorsi in TV per tutta la vita!".

"Beh...ci sono anche gli spot pubblicitari...le inaugurazioni...i ricevimenti ufficiali..." cercò di rassicurarla Bulma, peggiorando però ancora di più l'indignazione della ragazza.

Se fosse diventata campionessa del mondo, niente sarebbe stato più come prima. Era uno spirito libero, lei, allergica a qualunque tipo di imposizione che la obbligava a rinchiudersi in un ruolo...era abituata a seguire la sua testa, il suo istinto, i suoi desideri, mentre adesso quel titolo avrebbe significato dover interpretare un modello per i terrestri, razionale e coerente...e lei non era così, lei era una perenne contraddizione, spesso guidata più dalle emozioni che dalla ragione...

"In effetti..." si introdusse Videl. "Non ce la vedo proprio Pan nel ruolo di mio padre...".

"Ma riceverà una bella eredità!" esclamò Chichi.

"Cosa vuoi che mi importi dei soldi, nonna?" brontolò Pan alzandosi seduta sul letto.

"Credo però che tu non abbia altra scelta, Pan, se non vuoi fare un torto a tuo nonno..." concluse Gohan, sospirando.  

"Potrei farmi battere al torneo, così da far vincere qualcun altro!" propose Pan.

"E credi che Mr Satan ci crederà?" esclamò Trunks alzando dubbioso un sopracciglio. "Sa bene che nessuno dei partecipanti sarà mai al tuo livello".

"Lo sapevo, non ho proprio speranza..." sospirò tristemente la ragazza, rigettandosi sul letto disperata.

 

Bra si accese distrattamente una sigaretta, appoggiata alla ringhiera dell'enorme terrazzo.

Sentì qualcuno raggiungerla da dietro. Si voltò, intravedendo Goten alla debole luce della luna.

"Ciao" le disse lui, avvicinandosi.

"Ciao".

Si appoggiò alla ringhiera, accanto a lei.

"Vuoi?" chiese Bra, offrendogli una sigaretta.

"Grazie..." accettò lui, facendosela accendere.

Rimasero qualche secondo così, affacciati sul parco della tenuta alla fresca brezza della sera.

"Cosa sta succedendo, là dentro?" chiese Bra.

"Sono tutti quanti in una stanza per convincere Pan a partecipare al torneo" rispose lui, sospirando.

"Se devo essere sincera...non vorrei proprio essere nei suoi panni" commentò la ragazza, soffiando fuori una spirale di fumo.

"Nemmeno io" concordò Goten scuotendo la testa. "Fortunatamente queste grane di famiglia spettano sempre a Gohan o a Pan...non so se sentirmi escluso oppure sollevato...".

Ripensò a cinque anni prima, quando sarebbe dovuto partire insieme a Trunks e a suo padre per lo spazio. Non voleva affrontare quel viaggio...si era troppo abituato alla vita tranquilla e spensierata, alle sue giornate passate a Satan City o a West City in compagnia di belle ragazze...non aveva voglia di partire verso l'ignoto e lasciare i suoi sicuri appigli quotidiani...

Per fortuna quella ragazzina che all'epoca tanto criticava e considerava una mocciosa aveva preso il suo posto...lo aveva inconsapevolmente salvato...sarebbe tornato alla sua vita normale, di ragazzo comune...

Bra lo guardò incuriosita, con le iridi azzurre fisse sullo sguardo pensieroso del giovane.

"Non siamo poi così diversi, noi due" sentenziò. "Entrambi viviamo nell'ombra dei nostri fratelli maggiori".

Lei e Goten...i secondogeniti della famiglia...sempre coccolati, viziati, protetti. Specialmente a lei, femmina, era sempre stato risparmiato ciò che a Trunks veniva imposto...niente allenamenti, niente battaglie pericolose, niente missioni speciali...era stata cresciuta come una piccola principessa, abituata ad avere tutto dalla vita senza essere obbligata a dare niente...e suo padre l'adorava così... 

E Goten...su di lui si era riversato tutto l'amore della madre, con Goku perennemente lontano e Gohan che si stava ormai costruendo una vita propria e una carriera luminosa....Fortunatamente a lui Chichi aveva risparmiato lo studio forzato, ma anche un matrimonio precoce, ancora gelosa e diffidente delle ragazze del figlio ormai più che trentenne.

Goten guardò la ragazza, sorpreso. 

"Non eri tu quella che non ha mai voluto sapere di cose del genere?".

Bra sospirò, guardando la volta notturna.

"E' vero ma...è impossibile fuggire per sempre alla nostra natura...prima o poi anche noi dovremo prenderne atto...perchè ci condiziona e ci condizionerà sempre, sia noi che le nostre famiglie...".

"Hai ragione..." riconobbe Goten dando un ultimo tiro alla sua sigaretta. "Però...le grane le lascio volentieri a loro!".

Bra rise, divertita dalla spontaneità del ragazzo. Probabilmente avevano più cose in comune di quanto si aspettasse...

 

Pan rientrò timidamente nel salone, trovando il nonno ancora seduto al suo posto e Vegeta nell'angolo opposto della stanza, silenzioso.

Fece qualche passo avanti, indecisa, aspettando che fosse lui a parlare per primo. Ma non fu così.

"Nonno..." mormorò. "Scusami per prima...mi sono comportata in modo molto infantile...".

Mr Satan la guardò dolcemente, accennando un debole sorriso.

"Sei tu che devi scusarmi, tesoro...ho dato per scontato che ne saresti stata felice".

Pan osservò gli occhi azzurri del nonno abbassarsi tristemente.

Non era abituata a vederlo così. Evidentemente per lui non era facile abbandonare il titolo che aveva mantenuto per così tanti anni e che era divenuto parte stessa della sua identità...soprattutto al pensiero di doverlo cedere ad un estraneo...

Ecco perchè lo aveva offerto al sangue del suo sangue...

"Ho deciso di partecipare al torneo" dichiarò Pan deglutendo pesantemente.

"Cosa hai detto?" chiese Mr Satan, non certo di aver sentito bene.

"Su, nonno, abbracciami e dammi la tua benedizione, prima che cambi idea!" sorrise con le lacrime agli occhi, andandogli incontro.

Chissà cosa l' aspettava...

Non temeva il torneo, ma la vittoria...

Ma non voleva pensarci, adesso. Aveva solo voglia di godersi a pieno quella deliziosa serata in compagnia.

E soprattutto... l'espressione rilassata e orgogliosa di suo nonno, quella che era abituata a vedere da sempre.

 

   Continua...

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Capitolo 3
*** Accordo vantaggioso ***


capitolo 2

Capitolo 2

 

 

Pan si sedette sulla panca di legno dello spogliatoio, allacciandosi distrattamente gli scarponcini. Si guardò brevemente intorno, sospirando.

Concorrenti di ogni tipo...alti, bassi, magri, poderosi...alcuni alquanto bizzarri ed originali...altri che si atteggiavano come se fossero già i prossimi campioni del mondo...

Ma purtroppo...tutti troppo facili per lei...

Si annodò la cintura bianca intorno alla vita.

Trunks aveva ragione...era impossibile fingere di perdere uno scontro con uno di quelli...

Si vedeva già in finale contro un esaltato di turno che avrebbe sconfitto con poche mosse...avrebbe vinto il torneo...e sarebbe diventata campionessa del mondo...quello che suo nonno Satan desiderava con tutto il cuore...ma che lei non avrebbe mai voluto...

Rabbrividì al solo pensiero di ricevere il titolo.

Perchè proprio a lei? Perchè non a qualcuno che lo desiderasse veramente e che al tempo stesso se lo meritasse davvero e fosse in grado di gestirlo nel migliore dei modi?

Alzò di nuovo lo sguardo verso gli altri concorrenti immersi nei preparativi.

Sembrava che nessuno potesse rispecchiare tale descrizione...

Ma...laggiù, in fondo allo spogliatoio...quel ragazzo, lei lo conosceva...era lui, sì, senza dubbio...

Corse verso di lui, facendosi frettolosamente spazio tra gli altri concorrenti.

"Ub! Ub!" gridò avvicinandosi al giovane, richiamando la sua attenzione.

"Pan?!" esclamò il ragazzo con evidente sorpresa, girandosi verso di lei.

 

Bulma si preparò ad uscire, voltandosi un'ultima volta verso Vegeta seduto pigramente sul divano.

"Allora, sei proprio sicuro di non voler venire?".

"Mi sembrava di avertelo ripetuto già diverse volte" brontolò lui senza scomporsi.

"Guarda che sarà divertente...nomineranno il nuovo campione del mondo!".

"Cosa vuoi che mi importi del campione del mondo?" ringhiò di nuovo, scocciato. "Tanto è già scontato che sarà Pan a vincere tra quel branco di buoni a nulla".

Bulma sospirò, arresa. Quando si metteva in testa qualcosa, era difficile farlo cambiare idea...

Ormai c'era abituata...in tutti quegli anni aveva capito com'era...e aveva imparato a conviverci...e lo amava così...

"Come vuoi... A più tardi, tesoro" lo salutò dolcemente la donna con un bacio.

Vegeta rimase immobile, leggermente imbarazzato.

Si era abituato ormai alle tenerezze che si scambiavano i terrestri...all'inizio le trovava così assurde...

Adesso invece si limitavano a lasciarlo spiazzato...perchè ogni volta che succedeva si ricordava di quanto lei fosse ancora così bella, dopo tutti quegli anni...di quanto ancora la desiderasse...e dello straordinario potere che quella donna aveva su di lui...

Si alzò dal divano, avvicinandosi alla finestra.

Bulma stava raggiungendo Trunks e Bra, che avevano già messo in moto l'aircar per andare al torneo.

La sua famiglia...

Era questo il suo vero orgoglio...troppo tardi l'aveva capito...

Aveva passato gran parte della sua vita a rincorrere Kakaroth, a cercare di eguagliarlo, a vendicarsi di lui per aver osato superare il Principe dei Sayan...

Ma mai ci sarebbe riuscito...perchè Kakaroth non era superiore a lui solo per la forza straordinaria...

Era superiore per ciò in cui credeva...per i valori che possedeva fin da bambino, a differenza di lui...e per l'amore verso persone a cui voleva bene...

Kakaroth...chissà perchè se ne era andato un'altra volta, poi...

Voleva forse migliorare ancora? No, non ne aveva bisogno...

Come avrebbe voluto combattere ancora una volta con lui...non per vincere, no...ma solo per confrontarsi con lui...per imparare da lui...

 

"E così parteciperai anche tu al torneo..." mormorò Ub.

La ragazza annuì, scrollando le spalle.

"Immagino allora che la vittoria non sarà poi così facile come credevo..." continuò il ragazzo, leggermente afflitto.

Appena aveva saputo la notizia di questo torneo straordinario, si era precipitato immediatamente ad iscriversi, convinto che fosse arrivata finalmente la sua occasione. Quel titolo era stato da sempre il suo sogno...

Qualche anno prima aveva tentato di vincere, ma la sua voce interiore gli aveva suggerito di rinunciarvi per lasciarlo ancora a Mr Satan. L'aveva fatto senza rimpianti, perchè non era stato solo lo spirito di Bu a spingerlo a farlo, ma anche il suo cuore.

Adesso però sembrava che Mr Satan volesse cederlo definitivamente, e quella sarebbe stata la sua grande occasione. Non solo per lui, per il suo successo personale: con quel titolo avrebbe potuto aiutare la sua famiglia e il suo villaggio, che ultimamente si trovavano in condizioni economiche sempre peggiori...loro contavano su di lui...

"Ub ma tu...vuoi davvero vincere il titolo di campione del mondo?" chiese la ragazza, mentre già un'idea le balenava in testa.

"Certo che lo voglio...perchè tu forse non partecipi per lo stesso motivo?".

"No, Ub, è questo il punto!" esclamò Pan, suscitando la sorpresa del ragazzo.

"Ma allora...perchè mai sei qui?".

"Mio nonno vuole che vinca il torneo per passarmi il titolo di campione del mondo..." gli bisbigliò controllando che nessuno potesse sentirli.

"Sul serio? E tu non vuoi riceverlo?".

"No, infatti! Ma come facevo a dirgli di no...per fortuna ho trovato te!".

Ub la guardò dubbioso.

"Che intenzioni hai?" disse osservando lo sguardo soddisfatto della ragazza.

"Tu desideri vincere il titolo, giusto? Bene, al momento che ci troveremo l'uno contro l'altra tu mi batterai! In questo modo non sembrerà così strano perdere contro di te!".

"Ma sei pazza? Rinunci in questo modo ad una vittoria così importante?".

Pan le posò le mani sulle spalle, con espressione rassicurante.

"Ub...in questo modo tutti e due avremo quello che vogliamo...è perfetto no?".

Il ragazzo annuì, ancora un pò confuso.

"Grazie, Pan..." mormorò con un sorriso riconoscente.

"Grazie a te!" esclamò lei, ormai più rilassata.

 

Goten tornò al suo posto armato di un enorme sacchetto di popcorn, che iniziò a gustare piacevolmente.

"Hai per caso visto arrivare i Briefs?" gli chiese Chichi.

"No, ancora niente".

"In ritardo come al solito...non posso tenerli i posti ancora per molto!" esclamò la donna osservando le gradinate intorno al ring riempirsi a vista d'occhio.

"Dovrebbe mancare poco, ormai" osservò Gohan guardando l'orologio.

"Guardate, stanno arrivando adesso!" fece notare Videl indicando i tre farsi spazio tra gli spettatori per raggiungerli.

"Finalmente!" esclamò Chichi ai nuovi arrivati.

"Grazie mille per i posti!" sorrise Bulma con il fiatone, sedendosi.

"Ciao a tutti!" esclamò Trunks dietro di lei, seguito dalla sorella.

"E vegeta? Non è venuto?" chiese Gohan notando la mancanza del Principe dei Sayan.

"Ho cercato di convincerlo ma...da quando Goku non c'è i tornei di arti marziali lo annoiano a morte..." rispose Bulma, sospirando.

"E poi dà per scontato che sia Pan a vincere" aggiunse Bra.

"Come dargli torto..." osservò Chichi. "La mia nipotina è proprio destinata a vincere...".

Dall'altoparlante dello stadio una voce richiamò il pubblico all'attenzione: "Il signor Son Gohan è desiderato nella postazione di Mr Satan. Ripeto: il signor Son Gohan è desiderato nella postazione di Mr Satan!".

"Cosa vuole mio padre da te?" chiese Videl al marito, stupita.

"Non ne ho la più pallida idea" rispose Gohan confuso, avviandosi verso la tribuna d'onore.

 

"Desidera altro, Mr Satan?" chiese l'inserviente con un inchino.

"Per ora no, grazie" rispose lui sorseggiando piacevolmente il suo aperitivo dalla sua postazione privata nel punto più alto della gradinata, da cui aveva una meravigliosa visuale dello stadio colmo di gente.

Gohan si affacciò indeciso dentro la cabina di vetro che circondava la sua poltrona e lo separava dal resto del pubblico.

"Mi ha chiamato?".

Mr Satan gli fece segno di entrare nel piccolo ma confortevole spazio, invitandolo a sedersi accanto a lui.

Rimase qualche secondo in silenzio, continuando a bere con lo sguardo pensieroso, aumentando ancora di più la curiosità di Gohan.

"Non so proprio da dove cominciare..." mormorò alla fine, imbarazzato. "Visto che...se non avessi ingannato per così tanto tempo la gente...adesso ci saresti tu al mio posto...".

Ritornò con la mente e con le parole a molti, molti anni addietro...i suoi occhi si spalancarono come se potesse vedere di nuovo davanti a se quell'orribile creatura verde...e brillarono anche, come se potesse ancora distinguere il bagliore dorato di quel ragazzino che l'aveva sconfitta per vendicare l'inutile morte del padre...

Era poi scomparso nel nulla, insieme a tutti i suoi compagni...e i terrestri pensarono di dover ringraziare il loro campione del mondo per la salvezza della Terra, solamente perchè questo non aveva mai avuto il coraggio di negare...

Passarono gli anni...e quello stesso ragazzino divenne un uomo, un guerriero, uno studioso e...il marito di sua figlia...il padre della sua unica nipote...com'era buffo il destino...

Non gli aveva mai rinfacciato quella grande bugia al mondo intero, o serbato rancore per essersi appropriato una vittoria non sua...anzi, mai avevano avuto occasione di affrontare l'argomento, in tutti quegli anni...

"Perchè adesso mi parla di questo?" chiese Gohan, colpito dal sincero pentimento di suo suocero.

"Forse perchè ormai sono vecchio...e non volevo morire senza averti detto quanto ti stimo...quanto avresti meritato tu tutto ciò che ho avuto io dai terrestri...".

"Io ho già tutto ciò che desidero. La mia vita non potrebbe essere migliore..." disse Gohan sinceramente.

Mr Satan sorrise commosso.

"Sono contento di averti nella mia famiglia".

I due uomini si strinsero la mano, suggellando ufficialmente il rispetto reciproco già nato ormai da molti anni.

 

Il biondo presentatore fece il suo ingresso al centro del ring, armato dei soliti occhiali scuri.

Si schiarì la voce, provando il funzionamento del microfono.

"Buongiorno a tutti, signori e signore! Benvenuti a questo torneo straordinario di arti marziali che eleggerà il nuovo campione del mondo!".

Gli spettatori applaudirono energicamente.

"E cominciamo subito col presentare i pretendenti al titolo!" esclamò il presentatore indicando la porta da cui, lentamente, iniziarono ad uscire i concorrenti.

Il pubblico esplose, con forti grida di incitamento verso i loro preferiti ed esponendo striscioni di tifo accanito.

I gareggianti si disposero al centro del ring, salutando con la mano i loro vari sostenitori.

Pan lanciò uno sguardo complice ad Ub.

Finalmente aveva trovato la soluzione al guaio in cui si era cacciata...e intanto lui avrebbe potuto realizzare il suo sogno...

Suo nonno avrebbe accettato la vittoria di Ub altrettanto gioiosamente...

 

"Guardate! C'è anche Ub!" esclamò Trunks, sorpreso.

"Già...è proprio lui!" concordò Bulma, inforcando gli occhiali.

"Wow...adesso la sfida si fa interessante" commentò Goten, ancora immerso nella sua scatola di popcorn.

"A prima vista...direi che gli altri concorrenti non sembrano poi  così temibili!" notò Bra, osservando i bizzarri gareggianti sul ring.

"Credo proprio che il titolo se lo contenderanno solo Pan e Ub!" concluse Trunks.

"E conoscendo mia figlia..." aggiunse Videl. "Probabilmente farà in modo di cedergli volentieri la vittoria!".

 

Vegeta sobbalzò all'improvviso, risvegliandosi di colpo dal leggero stato di dormiveglia.

Si alzò dal letto, leggermente agitato.

Non poteva essere stata solo la sua immaginazione...aveva sentito qualcosa...

Solo per un attimo aveva percepito una fortissima aura, scomparsa poi nel nulla...o forse attenuata...

Come se qualcuno tentasse di mascherarla...

Non sentiva un'energia simile da molto tempo...

No, non poteva essere Kakaroth.

Quest'aura aveva in sè qualcosa di molto più ostile...di molto più malvagio...di molto più pericoloso...

Ma cos'era? A chi apparteneva? E da dove proveniva?

Ma soprattutto...perchè qualcuno stava cercando di mascherare il suo potere?

 

   Continua...

 

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Capitolo 4
*** Quarti di finale ***


Capitolo 3

Capitolo 3

 

 

Corse rapidamente attraverso il lungo viale pieno di festoni e bancarelle, mentre i biondi capelli raccolti si scompigliavano al vento.

Dette di sfuggita un'occhiata all'orologio. Il suo primo incarico esterno e già era in netto ritardo.

Da quando aveva cominciato a lavorare all'ospedale di Satan City, aveva dato tutta se stessa per imparare il mestiere e poter dare il suo aiuto a chi aveva bisogno. E c'era riuscita.

Ormai erano tre anni che lavorava a fianco dei medici più rinomati della città, e ne andava a dir poco fiera. Ma non perchè adesso nel suo reparto era ritenuta una delle più in gamba, e neanche per lo stipendio modico ma rispettabile. Ne era orgogliosa perchè finalmente era riuscita a uscire dal suo guscio, dalla sua piccola realtà che per troppi anni l'aveva tenuta al riparo dai mali del mondo, e in cui lei stessa si rifugiava nella convinzione di sentirsi troppo debole ed inerme per affrontare le avversità della vita.

Adesso invece era diverso. Uscendo di casa, la mattina, non trovava più il mare calmo e limpido e la spiaggia tranquilla che rappresentavano tutto il mondo della sua infanzia e adolescenza...ora trovava il mare di sangue e di cattiverie di cui è fatto il mondo reale, quello a cui non poteva fuggire per tutta la vita...

Non sarebbe mai potuta essere come i suoi genitori. No, loro erano speciali. Diversi. E non volevano che lei ne soffrisse...

Ma anche lei voleva sentirsi qualcuno...dare un piccolo contributo, a modo suo, per aiutare la gente... 

Si precipitò all'entrata, dirigendosi verso il bancone della portineria, dove un'anziana signora la guardò perplessa.

"Desidera?".

"Buongiorno..." balbettò lei ansimante per il fiatone. "Sono stata inviata dall'ospedale per la cura dei feriti...mi scuso per il ritardo ma...mi hanno assegnato il turno all'ultimo momento e...".

"Sì, sì, ho capito".

"E' iniziato da molto il torneo?".

"Ci sono state le eliminatorie e stanno per cominciare i quarti di finale" rispose la donna dando un'occhiata al monitor sulla sua scrivania. "Ma per ora niente feriti gravi".

"Oh, meglio così...dove posso trovare l'infermeria?".

"In fondo al corridoio a destra. Buon lavoro, signorina...".

"Marron. Infermiera Marron" rispose la ragazza salutando la donna con un sorriso e avviandosi lungo il corridoio.

 

Gli otto finalisti si disposero al centro del ring, scrutandosi l'un l'altro e provando ad immaginare chi sarebbe stato il loro prossimo avversario.

Il presentatore tornò sul ring seguito da due assistenti, di cui uno trasportava un'urna e l'altro teneva per mano un bimbo del pubblico scelto per l'estrazione.

"Siamo pronti per conoscere le quattro coppie che si affronteranno nei quarti di finale!" annunciò il biondo conduttore. "Tra di loro c'è gia il nuovo campione del mondo!".

Il pubblico esplose in un eccitato applauso.

Pan lanciò un'occhiata d'intesa ad Ub, che il ragazzo ricambiò con un mezzo sorriso. Non c'era dubbio che tra quegli otto loro due fossero i più forti. Anche gli altri, negli scontri precedenti, si erano dimostrati indubbiamente in gamba, ma niente di entusiasmante, in fin dei conti. Ub avrebbe vinto il torneo e sarebbe diventato il nuovo campione del mondo. E lei sarebbe tornata tranquillamente alla sua vita normale, libera ed indipendente da ogni titolo...

"E ora procediamo con l'estrazione dei primi due nomi che si affronteranno" dichiarò il presentatore, invitando il bambino a pescare una delle otto palline all'interno dell'urna.

La consegnò ad uno degli assistenti, che aprì delicatamente consegnando il foglio all'interno al presentatore.

Srotolò il foglietto, leggendo il nome a voce alta: "Il primo sfidante è...Ub!".

Ub avanzò di qualche passo, disponendosi a fianco del presentatore. Guardò Pan, ansioso di conoscere il suo diretto sfidante.

Sperò che non fosse lei. Non voleva incontrarla subito...non voleva essere costretto a batterla già ai quarti di finale...

Venne ripetuta l'operazione dell'estrazione, fino alla lettura del nome: "Lo sfidante di Ub è...Spot!".

Un tipo alquanto bizzarro si allontanò dagli altri concorrenti, avvicinandosi a lui. Con i capelli sparati in alto e vestito di un buffo costume azzurro, sembrava appena uscito da un fumetto di supereroi allo sbaraglio.

Guardò Ub con un sorrisetto canzonatorio. Aveva la sicurezza di vincere, a quanto pare. Ma non sarebbe stato difficile fargli abbassare la cresta...

"Per il secondo scontro...Kong contro...Omer!".

Un pingue orso avanzò di qualche passo, digrignando i denti, ma l'altro sfidante, una sorta di fachiro magro ma dallo sguardo furbo e intelligente, non ci fece caso più di tanto, limitandosi a girarsi dall'altra parte.

"Terzo scontro!" annunciò il conduttore. "Il primo nome è...Trigger!".

Il poderoso concorrente si staccò dagli altri, portando con eleganza la sua massa di muscoli dove il pubblico delle sue ammiratrici potesse vederlo meglio, mostrando con superiorità il suo bianchissimo sorriso smagliante. 

"Lo sfidante di Trigger è...Pan!".

La ragazza avanzò verso lo sfidante, che la guardò divertito con una bassa risatina.

"Ma guarda un pò...una giovane donna..." disse con strafottenza. "Prometto che non ti farò troppo male, dolcezza".

"In compenso ne farò io a te, pallone gonfiato" sibilò lei guardandolo di traverso, lasciando l'uomo alquanto sbigottito. 

"Quarto e ultimo scontro...Vicking contro Stoneman!".

Gli ultimi due concorrenti raggiunsero i compagni, costituendo l'ultima coppia dei quarti di finale. Uno, basso e non troppo muscoloso, vestito come un giovane vichingo e dall'aria inespressiva... L'altro altissimo, enorme, muscoloso, pronto a stritolare con le proprie mani l'avversario.

 

Gohan tornò a sedere al suo posto, vicino a Videl.

"Cosa ti ha detto mio padre?" gli chiese subito sua moglie, impaziente per la curiosità.

Gohan le sorrise dolcemente, mettendole affettuosamente un braccio intorno alle spalle.

Ripensò alle parole di Mr Satan. 

...quanto avresti meritato tu tutto ciò che ho avuto io dai terrestri...

No. Non era per la gloria che si era sempre battuto, quella che invece era stata sempre così a cuore a suo suocero.

Ma neanche per mettersi alla prova, come amava fare suo padre...

Nè tantomeno perchè vincere era dovere di un saiyan, come ostentava Vegeta.

Lui, metà saiyan e metà terrestre, che fin da piccolo era sempre stato restio a rivelare i suoi veri poteri, aveva usato quel dono solo per proteggere il suo pianeta ed i suoi abitanti...combattendo e difendendo...solo per il bene, e senza pretendere niente in cambio...

Guardò i grandi occhi chiari di sua moglie che ancora aspettavano una risposta...guardò sua figlia sul ring che si preparava a battersi...e poi sua madre, suo fratello, i loro amici che commentavano allegramente le estrazioni dei quarti di finale...

E capì che in realtà era stato ben ripagato.

 

Ub e Spot rimasero da soli al centro del ring, uno di fronte all'altro.

"Dichiaro ufficialmente aperto il primo scontro dei quarti di finale" esclamò il conduttore ritirandosi ai margini della zona di combattimento.

Fu Spot a scagliarsi per primo contro il suo avversario, correndo verso di lui con il suo mantello svolazzante ed il pugno teso. Ub si scansò appena, schivando il colpo e causando una leggera irritazione dell'altro.

Provò ancora a colpirlo, ma finì per ruzzolare a terra da solo.

Si rialzò, cercando di riacquistare l'aria da giovane spavaldo, ma gettandosi di nuovo contro Ub si ritrovò un pugno nello stomaco da parte del ragazzo.

"Dovresti stare più attento" gli disse mentre l'altro stringeva i denti per la fitta dolorosa. 

Ub aspettò che l'avversario si fosse ripreso, lanciandogli poi un calcio all'altezza delle gambe che però evitò agilmente con un salto. Se lo sentì piombare addosso, cadendo a terra. Spot tentò di colpirlo sul volto, tenendolo fermo sotto di lui, ma Ub ribaltò la situazione, sgusciando via da un lato e bloccando l'altro a terra.

"Su, colpiscimi" esclamò Spot, sotto di lui.

"No..." rispose Ub. "Mi basterà farti volare via!".

Lo afferrò per la maglia del costume, scaraventandolo verso il bordo del ring. Ma mentre stava cadendo riuscì a riprendersi, aggrappandosi al margine.

"Non è ancora finita!" sibilò, rialzandosi goffamente.

Cominciò a scagliare una serie di pugni contro il ragazzo, molti dei quali andarono a vuoto. Alla fine Ub si stancò, sferrandogli un calcio girato che gli fece perdere l'equilibrio, cadendo dal ring.

Il pubblicò lo applaudì animatamente, e il presentatore poté annunciare il primo vincitore.

 

Trunks uscì dalla toilette dello stadio, entrando nel piccolo vano con il lavandino per lavarsi le mani.

"Allora, che ne dici del torneo?".

Si girò verso l'ingresso del bagno, dove vide Pan appoggiata al muro guardarlo con un sorriso.

"E tu che ci fai qui?" chiese Trunks sorpreso. "Non dovresti prepararti per il tuo scontro?".

"Ancora non tocca a me...devo aspettare la fine del secondo turno tra Kong e Omer".

"Presumo che non avrai problemi a battere il tuo avversario...".

"Esatto. E' solo un pallone gonfiato!" rise la ragazza. "So già di arrivare in finale con Ub".

"Allora si prospetta una finale interessante...ma dimmi...sai anche chi di voi due vincerà?".

Pan sorrise maliziosamente, mordendosi il labbro inferiore.

"Certo che lo so...sarei forse così tranquilla?".

Trunks scosse la testa, sorridendo divertito.

"Sei incorreggibile..." disse. "Sei riuscita a toglierti un bel peso!".

"Beh, sai com'è...Ub desiderava il titolo così tanto...farò questo piccolo sacrificio..." scherzò la ragazza.

"Mi immagino quale enorme sacrificio sia per te cederlo a qualcun altro...e scampare così ad un bell'impiccio!" rise l'uomo avvicinandosi a lei.

Pan sorrise, con aria soddisfatta e rilassata.

"Praticamente partecipo a questo torneo a cui so già di perdere solo per compiacere mio nonno...".

"Non è vero...anche io adoro vederti combattere".

Pan lo squadrò incuriosita.

"Ti diverti così tanto?".

"Certo...mi piace la tua grinta e la tua determinazione".

"Davvero?" chiese Pan facendo un altro passo verso di lui, alzando gli occhi scuri verso quelli azzurri e intensi dell'uomo. "E... cos'altro ti piace di me?".

Trunks le sorrise, con imbarazzo e divertimento allo stesso tempo, distratto poi dalla forte voce del presentatore che da fuori annunciava Omer come vincitore del secondo scontro.

"Credo proprio che tocchi a te, adesso..." disse alla ragazza.

"Già, vado a sgonfiare quell'esaltato!" annunciò lei ammiccando all'uomo.

"Brava...fallo secco!" la incitò Trunks, guardandola allontanarsi traboccante di energia.

 

Trigger avanzò con imponenza e vanità verso il centro del ring, dove Pan lo aspettava con indifferenza.

Le sue fan gridavano eccitate il suo nome, sventolando gli striscioni a lui dedicati. L'uomo sogghignò, compiaciuto, voltandosi poi verso la ragazza ormai insofferente.

"Salve...stavi aspettando me?".

"Non vedevo l'ora" sbottò Pan alzando gli occhi al cielo.

"Bene, allora..." continuò Trigger avvicinandosi di più a lei. "Siccome non mi piace picchiare delle belle ragazze, vorrei chiederti se sei disposta a collaborare".

"Collaborare?".

"Certo...ti prenderò in braccio e ti porterò gentilmente fuori dal ring, senza farti alcun graffio".

"Oh, che gentiluomo...".

"E' quello che sono, dolcez...ohi!!" si interruppe bruscamente, sorpreso da un intenso pugno sull'addome.

"Avanti, comincia a muovere tutti quei muscoli e pensa a difenderti!" esclamò Pan decisa a non perdere più tempo.

"Ok...l'hai voluto tu piccola impertinente!" ringhiò l'uomo innervosito, lanciando un pugno verso Pan, a cui però la ragazza scampò agilmente.

La rincorse per tutto il ring, nel tentativo di colpirla, mettendo piano piano da parte le galanterie e accumulando rabbia, anche perchè erano più i colpi che riceveva che quelli che riusciva ad infliggere.

"Ma come fai...!" esclamò Trigger allo stremo delle forze, sconvolto dalla vergogna di essere messo in difficoltà da una donna.

Pan rise, divertita dall'imbarazzo dell'avversario. Gli sferrò un ultimo calcio, che lo scagliò dritto a terra, esausto. L'arbitro cominciò a contare, ma Pan lo sollevò senza troppi sforzi, nonostante fosse il triplo del suo peso e, con grande sorpresa del pubblico, lo scagliò fuori dal ring. 

 

Goten rispose al suo cellulare squillante, sotto gli occhi divertiti di Bra che, seduta al suo fianco, sorrise per l'originale suoneria polifonica.

"Pronto?...sì, sono io...ah, benissimo...i tavoli sono pronti?...perfetto!...e i set di bicchieri e boccali?...Ok, non c'è problema...abbiamo ancora tempo...d'accordo, ci sentiamo!".

"Cos'è, stai arredando casa?" chiese curiosamente Bra, realizzando poi che il rapporto di scarsa confidenza che possedeva con Goten non l'autorizzava certo a interessarsi dei suoi affari. 

"No, niente affatto" rispose il ragazzo, sorridendo. "In realtà sto...aprendo un pub".

Gli occhi della ragazza si spalancarono per l'inaspettata sorpresa.

"Sul serio? E' magnifico!" esclamò con entusiasmo. "Quindi alla fine...sei riuscito a trovare la tua strada anche tu...".

"Già...avevo voglia di crearmi un'attività tutta mia".

Bra ripensò alla loro conversazione di qualche sera prima, alla tenuta di Mr Satan.

Evidentemente Goten stava cercando di combattere quella sensazione di comodo anonimato che gli procurava il suo ruolo di secondogenito della famiglia. Per troppo tempo ne aveva goduto i privilegi, scagionandosi dalla maggior parte delle responsabilità. Proprio come lei...

Lui però adesso si stava ritagliando un'identità. Un ruolo. Un dovere.

Non come saiyan...semplicemente come persona.

E per un saiyan, quella era veramente la battaglia più grande.

 

Pan colpì ripetutamente il distributore automatico di lattine, nella speranza di far uscire la bibita da lei richiesta.

"Accidenti!" imprecò, mentre si preparava a dare il colpo di grazia a quell'aggeggio difettoso.

"Non c'è bisogno di distruggerla" si sentì dire dalla voce calma di Ub, che la raggiunse da dietro invitandola a schiacciare semplicemente un pulsante per confermare la scelta, mentre la lattina di gasosa usciva finalmente dalla macchina.

"Grazie, Ub" sorrise la ragazza.

"Certe volte basta un pò di calma per aggiustare le cose...".

"Quella che io perdo facilmente!" ammise lei aprendo la lattina. "Tu invece ne hai da vendere...è proprio così che dovrebbe essere un vero campione del mondo...forte e temibile in battaglia, ma pacifico e razionale nella vita".

Ub abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzato.

Si sedettero ai margini del ring, insieme agli altri concorrenti che attendevano il passaggio alle semifinali.

Davanti ai loro occhi, Vicking e Stoneman erano ancora impegnati in uno scontro interminabile. Il giovane vichingo sembrava sorprendentemente in netto vantaggio rispetto all'enorme gigante, ma continuava a colpire l'avversario senza decidersi a metterlo definitivamente ko, come se volesse rendere l'incontro ancora più spettacolare.

Stoneman ansimava esausto sotto i suoi colpi intensi e decisi, sputando sangue dall'enorme bocca. Lo sbigottimento per il fatto di essere messo in difficoltà da quello che sembrava un pivello alto meno della metà di lui lo lasciava senza parole, incapace di gridare lo straziante dolore che provava, intuibile solo dagli occhi sgranati in una smorfia terrificata.

"Niente male" commentò Ub osservando l'abilità di Vicking, nuova rivelazione di quel torneo.

"Già..." riconobbe Pan. "Ma dovrà vedersela con te, e allora...".

La ragazza osservò lo sguardo emozionato di Ub fisso verso il ring. I suoi occhi nerissimi sembravano quasi brillare all'idea di un futuro radioso...

"Il tuo sogno si sta avverando" gli disse, intuendo i suoi pensieri.

"Non lo faccio solo per me" precisò il ragazzo. "Lo faccio soprattutto per la mia gente...loro credono in me...così come ci credeva Goku".

Pan annuì, accennando un sorriso. Aveva ragione...suo nonno aveva sempre avuto fiducia in quell'esotico ragazzo, nato per redimere il male apportato da un demone...

Per lui, per farne un guerriero, suo nonno era partito da quello stesso stadio quando era ancora una bambina, per tornare solo dieci anni dopo e ritrovarla ormai adolescente.

Non solo aveva aiutato Ub a scoprire la sua forza e ad utilizzarla per il bene, ma aveva sviluppato per quel giovane un affetto particolare da trattarlo al pari di uno dei suoi figli...

"Mio nonno ne sarebbe orgoglioso" riconobbe infine la ragazza.

"Infatti è a lui che dedicherò il titolo in caso di vittoria" dichiarò Ub, ripensando con malinconia al suo maestro scomparso.

Sul ring, Vicking aveva gettato a terra l'avversario, saltando con forza sull'enorme massa di muscoli e facendo pressione con i piedi sul petto spazioso.

Ub notò Pan distrarsi dall'incontro, per posare il suo sguardo verso la lontana gradinata degli spettatori, nella insistente ricerca di una chioma lavanda.

"A quanto pare..." azzardò Ub. "Il tuo sogno sembra essere un altro...".

Pan si voltò verso l'amico, mentre un leggero rossore compariva sul suo volto imbarazzato.

"Non sono poi così ferrato in queste cose ma...si vede lontano un miglio ciò che desideri di più".

"Beh, ti converrà abituarti a queste cose...visto che quando diventerai campione del mondo le donne impazziranno per te!" esclamò Pan, ridendo poi di gusto mentre il ragazzo sprofondava in un mare d'imbarazzo.

 

Trunks sorrise fra se, guardando dalla gradinata il volto della ragazza rilassarsi in un'espressione divertita. Nonostante si trovasse così lontano da lei, vederla ridere era come sentire veramente la sua risata cristallina...quel suono caldo e piacevole che ascoltava ormai da diciannove anni.

Solo ora si rese conto di quanto il suo lavoro, i suoi impegni, le sue responsabilità che costituivano la sua routine quotidiana da ormai troppi anni, lo distogliessero dagli aspetti più semplici della vita di tutti i giorni, quelle piccole cose che ti fanno assaporare il vero piacere di vivere...

Il sorriso luminoso di una ragazza, per esempio...

Quella ragazza...

Il suo sguardo si spostò sul ring, dove Vicking veniva proclamato vincitore, acclamato dalle grida soddisfatte del pubblico che evidentemente aveva ben gradito lo scontro.

Stoneman giaceva a terra ansimante, con lo sguardo sconvolto fisso verso il cielo.

A giudicare dal terrore nei suoi occhi, sembrava avesse appena visto uno squarcio d'inferno.

 

    Continua...

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Capitolo 5
*** Semifinale sofferta ***


Capitolo 4

Capitolo 4

 

 

Omer si girò con l'elasticità di un gatto, tirando un pugno ad Ub con tutta la sua forza. Il ragazzo schivò il colpo, e reagì a sua volta, raggiungendo Omer all'addome piatto. Poi lo colpì ancora sul collo.

L'uomo barcollò indietro, portandosi le mani alla gola.

Ub avanzò.

Sentiva l'adrenalina alle stelle. Già, quella sensazione indescrivibile che vedeva riflessa negli occhi di Goku quando si allenavano...o quando lo osservava combattere con un avversario...anche lui aveva imparato a provare quell'ebbrezza...

Ma Omer non era stordito come voleva sembrare, e scattò in avanti mentre Ub lo afferrava in una morsa stretta.

Gli occhi scuri di Omer erano sbarrati, le labbra tirate a scoprire i denti radi in una smorfia rabbiosa. Le braccia di Ub erano inchiodate, ma con una rapida mossa il suo avversario, la cui esile corporatura lo obbligava ad agire quasi esclusivamente in velocità, riuscì a spezzarne la presa.

I due barcollarono indietro di alcuni passi, vacillarono e caddero: Omer era sopra Ub. Tirò un pugno a vuoto, poi rotolò via e si allontanò carponi velocemente.

Ma il ragazzo lo afferrò prima che riuscisse a rialzarsi, evitando che i suoi rapidi movimenti e i suoi sporchi trucchetti lo spiazzassero di nuovo. Lo spinse giù dal ring senza troppa fatica.

Il pubblico lo acclamò con un applauso, a cui rispose con un timido sorriso. Come avrebbe voluto avere anche nella vita la sicurezza che aveva in battaglia...

Ma aveva un buon motivo per essere sicuro di se: stava per diventare campione del mondo. Stava per rendere orgogliosa la sua famiglia, la sua amata gente...e per imitare, in qualche modo, il suo maestro Goku...

Sentì un piacevole formicolio allo stomaco. Non vedeva l'ora...

 

I quattro uomini trasportarono faticosamente la pesante barella sul lettino dell'infermeria, che cigolò rumorosamente sotto l'enorme mole.

Stoneman mugolò sofferente.

"Come si è ridotto così?" chiese incredula Marron, fissando l'espressione stravolta ed il corpo martoriato di quello che sarebbe sembrato un gigante invincibile.

"Il suo avversario gli ha dato diverso filo da torcere" rispose uno degli uomini, asciugandosi il sudore sulla fronte per la fatica del sollevamento.

"Già..." osservò Marron, esaminando le lesioni sul paziente.

Aveva assistito all'incontro tramite il piccolo monitor dell'infermeria. Stentava ancora a credere che quel colosso fosse stato sconfitto in quel modo da un concorrente sconosciuto su cui nessuno avrebbe scommesso. Ma, a giudicare dalle sue attuali condizioni, doveva aver subito le pene dell'inferno.

Sobbalzò sentendosi afferrare l'esile braccio da un'enorme mano del gigante.

"Infe...infermiera" balbettò Stoneman, con un filo di voce. "Mi aiuti...la prego...".

Marron sentì un brivido freddo percorrerle la schiena. L'uomo la fissava con occhi orrendamente spalancati...il suo sguardo esprimeva paura, dolore, sofferenza...e allo stesso tempo il vuoto...il vuoto che terrorizzava più di ogni altra cosa...

Stoneman strinse la presa sul polso della ragazza, respirando faticosamente.

"Ok...sono qui" gli assicurò Marron, tremante.

"Non respiro...soffoco..." si lamentò di nuovo il gigante, portando le mani al petto.

Marron superò il momento di panico, portando l'orecchio sul torace contuso dell'uomo.

"Ho paura che abbia una costola rotta...le sta pressando sulla membrana pleurica, e...".

Cielo...

Come aveva fatto Vicking a fratturargli la cassa toracica sotto quell'ammasso di muscoli? Quale forza sovrumana avrebbe dovuto possedere?

"Vi prego, signorina...vi prego...".

La voce di Stoneman era mozzata dal dolore. Cominciò a delirare incomprensibilmente.

Una parola riuscì a capire tra quei lamenti disperati e carichi di terrore: mostro.

Rabbrividì di nuovo.

Ma no...probabilmente Stoneman era più debole di quanto si potesse pensare...forse non si era allenato adeguatamente, ed il suo avversario ne aveva approfittato per dare spettacolo...

No, non poteva essere così forte...era impossibile...

Scosse la testa per scacciare quei pensieri, preparando nervosamente la siringa con l'anestetico.

 

Spostò gli occhi metallici da un capo all'altro della gradinata stracolma di gente. Poi fissò il ring, i concorrenti, il conduttore che proclamava il ragazzo dalla pelle esotica primo finalista del torneo.

Sbatté meccanicamente le palpebre, il volto privo di qualsiasi ruga d'espressione.

Stava aspettando il suo turno senza fretta, mite e silenzioso nel suo angolo, adeguandosi a quelle stupide regole terrestri. D'altronde, aveva tutta l'eternità per essere al centro della scena, e per far adeguare gli altri al suo volere.

Poveri sciocchi...

Credevano di essere al centro del mondo. Credevano di aver avuto tutto dalla vita. Credevano di aver raggiunto la felicità, il benessere, la perfezione, il massimo grado della scala evolutiva.

Che ingenui...

Loro non erano altro che involucri di carbonio e acqua, esattamente come quello che stava indossando in quel momento. Involucri deboli, labili, imperfetti.

E sotto...

Quella che loro chiamavano coscienza era solo un modo per mascherare la pochezza del loro intelletto...

Quella che loro chiamavano morale non era altro che una dimostrazione di vigliaccheria, dell'insicurezza di non riuscire a prevalere...

E quelli che loro chiamavano sentimenti...tzè...la debolezza più palese della loro razza...

Ed era grazie a quelle imperfezioni che lui avrebbe dominato la Terra. Avrebbe puntato sulla loro intelligenza spicciola per ingannarli sulla sua identità...avrebbe usufruito delle loro inutili regole per ottenere una posizione...e avrebbe fatto leva sui loro sentimenti di stima e ammirazione...

Proprio come quel pagliaccio lassù, seduto nel punto più alto della gradinata, a lisciarsi i baffi con fierezza.

Solo che a differenza di quello, lui non sarebbe stato solo il campione del mondo...

Ne sarebbe divenuto il padrone.

 

Chichi applaudì con entusiasmo mentre il conduttore del torneo sollevava solennemente il braccio di Ub in segno di vittoria.

Era felice per quel ragazzo, al pari di quanto poteva esserlo per sua nipote, che aveva incitato inutilmente per accogliere a braccia aperte l'offerta di Mr Satan.

Sapeva quanto quel giovane guerriero fosse sempre stato devoto al suo Goku...lo percepiva ancora nei suoi occhi nerissimi, adesso che suo marito non c'era più...

Goku aveva puntato molto su quel ragazzo...se ne era perfino andato da casa per anni per insegnargli ad essere un guerriero...

E lei, come sempre, ma come sempre gli avrebbe perdonato per l'infinito amore che provava per suo marito, era rimasta sola...sola con i suoi figli...

Quei figli a cui aveva cercato di evitare il destino imposto dal loro sangue...aveva sempre scoraggiato i loro addestramenti, per paura che li portasse via...via da lei, dall'innocenza e dalla tranquillità di una vita normale, per portare un fardello troppo grande, fatto di doveri e responsabilità non proprie, appartenenti solo alla razza da cui fatalmente discendevano.

Si voltò a guardare i loro profili.

Gohan e Goten...così simili fuori, ma così diversi dentro...

Aveva fatto il possibile per donare loro una vita serena, normale, terrestre. Ma neanche tuto l'amore di una madre era impotente contro ciò che il destino aveva deciso per loro...

 

Pan si avvicinò al ring, chiamata a gran voce dal microfono del conduttore per disputare la seconda semifinale.

Ancora uno scontro, e poi in finale con Ub. E dopo, di nuovo libera come l'aria, arincorrere i suoi sogni.

Sentì la mano di Ub posarsi fiduciosamente sulla sua spalla.

"Insegna a quell'invasato che non è bello martoriare gratuitamente gli avversari" le disse.

Pan sorrise.

Nonostante i suoi poteri e l'intenso desiderio di vincere, Ub non avrebbe mai approfittato della sua forza per picchiare a sangue un altro concorrente solo per stupire gli spettatori, come aveva fatto Vicking con Stoneman ai quarti di finale.

No, Ub era l'emblema della correttezza e della lealtà, valori che avrebbe messo davanti ad ogni suo desiderio.

Lui meritava quel titolo.

Salì sul ring, dove Vicking, lo sguardo fisso e freddo su di lei, la aspettava inespressivo.

Nè un ghigno, nè un'occhiataccia, nè un segno di tensione.

Solo due occhi immobili, glaciali.

Rabbrividì.

I caldi raggi del sole di piena estate sulla pelle, eppure un brivido gelato lungo la spina dorsale.

Scacciò via quella sensazione, avanzando verso di lui, decisa.

Vicking non si mosse, la aspettava immobile al suo posto.

Si fermò a meno di due metri da lui, ma questo non sembrava aver alcuna intenzione di attaccare per primo.

Toccava a lei fare la prima mossa?

Il pubblico tratteneva il respiro, e un teso silenzio aleggiava sullo stadio ghermito.

"Vai, Pan, colpiscilo!" sentì gridare da sua sua nonna Chichi dagli spalti, sporgendosi sul corrimano della gradinata, seguita a ruota da Bulma e dal resto del gruppo.

Sorrise tra se, riportando l'attenzione sull'avversario. Non riusciva a capire come fosse stata colta da quell'inspiegabile attimo di esitazione.

Un altro personaggio che giocava a mettere paura...bravo attore, senz'altro...ma era giunto il momento di mettere fine a quella commedia...

Si scagliò contro di lui, il pugno teso, serrato, rapidissimo.

L'aveva colpito...o forse no...

Il suo pugno era chiuso nel palmo di Vicking, che con un riflesso impercettibile aveva fermato l'offensiva della ragazza.

Pan rimase per qualche secondo immobile in quell'interrotto gesto d'attacco, occhi negli occhi con il suo avversario.

Perchè non riusciva a distinguere il colore delle sue iridi?

Vicking si accinse con rapidità in un calcio basso, che spezzò la posizione eretta di Pan facendola cadere miseramente a terra.

Alzò lentamente la testa.

Come era potuto accadere? Come aveva potuto farsi sorprendere così?

Si rialzò in un balzo, saltando sull'avversario con una rapida mossa. Ma non si trovò sopra a Vicking, bensì sul freddo pavimento del ring dove era stata scaraventata prima di quanto avesse potuto accorgersene.

Dalla gradinata si sollevarono le grida di incitamento dei sempre più numerosi sostenitori di Vicking.

Lo vide avvicinarsi, deciso.

Spalancò gli occhi, sentendosi prendere per il collo e sollevare da terra. Scalciò con le gambe, e cercò con le mani di fargli mollare quella presa che le mozzava il respiro. Quella mano stretta sulla sua gola sembrava una tenaglia di ferro.

Farfugliò qualcosa, per poi tossire forzatamente dopo un dolorosissimo pugno nello stomaco.

 

"Ma cosa è saltato in testa a nostra figlia?" chiese Videl al marito.

"Non lo so...non capisco perchè non reagisce..." rispose lentamente Gohan, fissando confuso la scena.

Pan sembrava completamente inerme contro gli attacchi di Vicking.

"Forse vuole lasciarsi sconfiggere per non vincere il torneo" suggerì Goten.

"No, lo escluderei" intervenne Trunks, la voce turbata da una leggera ansia. "Quando le ho parlato, prima...ha detto che sarebbe arrivata in finale con Ub...e avrebbe perso contro di lui".

"Può aver cambiato idea...".

Trunks scosse la testa nervosamente.

"Anche se fosse...non si farebbe umiliare così senza neppure far finta di reagire...".

Gohan e Videl lo guardarono confusi, sconcertati.

Aveva maledettamente ragione. C'era qualcosa che non andava...

 

Vicking lasciò la presa, facendo cadere di nuovo a terra la ragazza. Pan si portò le mani alla gola, dolorante, girandosi verso l'avversario.

Lui era davanti a lei, con le braccia incrociate al petto, a fissarla con disprezzo da quegli occhi di ghiaccio.

Non poteva lasciarsi picchiare così...

Si alzò con rabbia, puntando dritta al suo addome. Sferrò una serie di pugni e calci, che colpirono energicamente il torace di Vicking. Lui sembrava non risentirne più di tanto, ma Pan continuò, imperterrita, decisa, i denti serrati in un'espressione rabbiosa.

Vicking incassava i colpi silente, o li schivava con rapidità.

Non si era mai sentita così impotente...

Sentì un'intensa gomitata sul volto, che la scaraventò ad un paio di metri di distanza sul pavimento del ring.

No, quello non era un gomito...o almeno, non un comune gomito...aveva la forza di un macigno di roccia e la freddezza di un'ascia di metallo.

Sentì un sapore metallico in bocca. Rabbrividì quando, toccandosi le labbra, trovò del sangue sulla punta delle dita.

Non poteva essere così forte...non più di lei, almeno...

Non era possibile che il suo nemico riuscisse a metterla in difficoltà a tal punto...

Nemico.

Perchè adesso definiva nemico un concorrente del torneo?

Eppure...perchè adesso provava paura...impotenza...indecisione? Non si provavano questi sentimenti durante un semplice incontro di arti marziali...

Ma si sentiva così vulnerabile...anche davanti ai mostri dello spazio...a Baby...perfino ai potenti draghi malvagi...si era sempre mostrata sicura e determinata...come anche Trunks la apprezzava... a tratti forse troppo avventata ed incurante del pericolo, conscia dei suoi poteri e della sua forza...

Ma adesso, le sue capacità sembravano completamente inefficaci contro quel giovane concorrente dai lunghi capelli biondi e dal vestiario nordico. Un normale pretendente al titolo, vezzoso e spavaldo come gli altri. Questa almeno era l'impressione che dava.

E invece no...lui non era normale...non poteva essere un comune terrestre...lo percepiva da quello sguardo glaciale...tetro...freddo come il marmo...privo delle comuni sfaccettature e dei riflessi di luce...

No. Quelli non erano occhi umani.

"Chi sei?" chiese d'istinto, con voce grave.

Vicking avanzò lentamente verso di lei.

Per la prima volta vide formarsi un'espressione su quel volto dalla pelle innaturalmente chiara.

Un'espressione carica di odio.

 

   Continua...

 

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Capitolo 6
*** Coraggioso martirio ***


Capitolo 5

Capitolo 5

 

Squadrò la ragazza, ancora a terra sofferente.

C'era qualcosa di diverso in lei, rispetto agli altri concorrenti. Non che i cuoi attacchi lo avessero messo in difficoltà, ma aveva notato una forza non comune, uno spirito particolare nel suo modo di combattere, come se quell'istinto fosse insito nel suo sangue...

E l'aura che la circondava...così intensa per una giovane donna terrestre...

"Chi sei?" ripeté lei, con voce tremante.

"Perchè me lo chiedi?".

La sua voce era terribilmente innaturale.

"Tu non sei un concorrente normale...lo sento".

"Forse perchè non lo sei nemmeno tu".

Pan si accigliò, confusa più che mai. Come faceva quello sconosciuto a percepire la sua diversità?

"Lo sento dalla tua aura" continuò Vicking. "Anche tu non appartieni del tutto a questo mondo".

Pan sentì il gelo penetrarle nelle membra.

"Da dove vieni...? Cosa vuoi...?" balbettò indecisa, ma sicura più che mai di trovarsi davanti molto di più di un semplice semifinalista.

"Non mi piacciono le domande" si limitò a rispondere, con lo stesso tono. "Alzati e combatti. Devo dar sfoggio del mio potere".

"Io non mi alzo se non mi dici chi sei veramente".

Vicking restò qualche secondo in silenzio, inginocchiandosi davanti alla ragazza e penetrandola con i suoi occhi di ghiaccio.

Non c'era nessuna espressione sul suo volto, nessun minimo movimento delle sue iride incolori o delle sue palpebre dure...il suo sguardo era come un detector che si limita a scannerizzare, calcolare, valutare la situazione mediante una serie di logici algoritmi per poi scegliere la soluzione più appropriata...

"Appena ti dirò la verità, rimpiangerai di averla voluta sapere".

 

Ub fece per avvicinarsi al bordo del ring, nell'intento di riuscire a comprendere qualche parola di quella stranissima conversazione, ma fu ammonito dall'arbitro, che lo invitò a trattenersi al suo posto.

"Ma stanno parlando...è un bel pò che indugiano".

"E' previsto nelle regole. I concorrenti possono trattenersi sul ring a tempo indeterminato, finchè uno dei due non viene sconfitto o gettato giù".

Ub decise di non controbattere, tornando pacificamente al suo posto, nonostante un' ansia opprimente avesse cominciato a tormentarlo.  

C'erano troppe cose che non capiva. Era preparato ad affrontare Pan in finale, un incontro tranquillo ed amichevole che avrebbe rappresentato non solo un omaggio al suo maestro Goku, ma anche la coronazione del suo sogno. Ed ora, invece, stava incomprensibilmente assistendo all'umiliazione dell'amica da parte di colui che lei stessa avrebbe dovuto mettere fuori combattimento con una minima emanazione della sua forza.

Cosa si stavano dicendo?

Rimase pensieroso ad attendere, sperando di vedere, da un momento all'altro, Pan che si ricordava di chi fosse nipote e che metteva fine a quell'assurdo combattimento.

 

"No...no, non puoi farlo" disse la ragazza con un filo di voce, sconvolta dalle rivelazioni di Vicking.

"Sì che posso. Ho viaggiato anni luce per arrivare fino a qui. E per impossessarmi di quest'inutile pianeta".

"Tu vuoi ingannarli...vuoi ingannare tutti...".

"Esatto".

Pan scosse la testa, portandosi una mano alla bocca in un gesto di terrore. Fece per alzarsi, correre, impedire quel destino...ma una forte spinta del nemico la rigettò a terra.

"Non provarci".

Non rabbia, ira, severità. Solo quel tono dal timbro unico, freddo come il metallo.

"Se osi dire ciò che ti ho rivelato, eliminerò nello stesso istante metà di questo pubblico disgustoso".

Pan sentì il cuore balzarle in gola, mentre gli occhi le bruciavano di lacrime, che tuttavia riuscì a trattenere. Si trovava davanti un essere capace di immani distruzioni e dotato di un'astuzia sopraffina...la stava ricattando, e ora si trovava con le spalle al muro, non potendo far altro che continuare a combattere, tacere, nascondere la paura e la consapevolezza...

Cos'altro poteva fare?

Papà... zio Goten... Trunks... 

Invocò mentalmente i nomi dei suoi cari, desiderando con tutta se stessa che accorressero in suo aiuto, che la sostenessero, che la portassero via da quell'incubo...

Ma al momento non poteva far altro che obbedire al nemico...

Si alzò, fiondandosi barcollante su di lui, mentre sentiva un dolore mai provato penetrarle nelle ossa.

 

Gohan deglutì pesantemente. Sentiva il respiro che gli si mozzava in gola.

Le dure immagini sul ring si concretizzavano davanti ai suoi occhi, spalancati in un'espressione di incredulità.

Ciò che vedeva non aveva nessuna spiegazione. Cercò di trovarvi un senso, una ragione, di mantenere la calma e convincersi che tutto ciò era soltanto un'allucinazione, un miraggio terrificante scaturito dallo stress quotidiano. Ma laggiù c'era la sua bambina, impotente e martoriata come non l'aveva mai vista, ed era sicuro che una scena del genere non l'avrebbe mai potuta immaginare.

Pugni. Calci. Colpi al volto, all'addome e alle spalle.

Sentì un fuoco divampare dentro al suo petto, trapassandogli il cuore, bruciargli i polmoni, invadergli i muscoli visibilmente tesi. Conosceva quella sensazione...

Era la stessa che aveva provato tanto tempo prima, vedendo suo padre affrontare i saiyan la prima volta che arrivarono sulla Terra, quando era solo un minuscolo frugoletto che troppo presto si era trovato davanti alla realtà...o assistendo al suo estremo sacrificio per distruggere Cell, un dolore così grande da risvegliare in lui altrettanto potere distruttivo...o da adolescente, guardando Spopovich picchiare a sangue Videl in quel torneo maledetto, dove l'amore per una ragazza si mescolava all'odio per colui che sfregiava il suo corpo ed il suo bel volto...

Quella rabbia interiore, che cresceva nella sua anima come acqua che affluisce al fiume, e poi straripa senza più barriere, rompendo la diga imposta dalla ragione, ogni qual volta i suoi cari subivano un torto o si trovavano in pericolo.

E ora che sua figlia si trovava sola ed indifesa a subire gli attacchi di un terribile avversario, avrebbe voluto dar sfogo a quella rabbia, a quel fiume in piena, gettandosi in volo sul ring e mettere fine a quel folle incontro...ma non poteva.

Doveva capire...capire cosa stava succedendo.

Perchè aveva la netta sensazione che ciò che stava avvenendo non riguardasse solo lui, Pan ed il misterioso concorrente.

Probabilmente riguardava tutti quanti...

 

Vicking fu di nuovo sopra di lei, anticipandola in ogni sua mossa ed in ogni suo attacco. Pan non riusciva nemmeno più a muoversi, rassegnandosi esausta ad incassare quei colpi crudeli, piangendo silenziosamente per la voglia di urlare...

 

Trunks abbassò lo sguardo. Non ce la faceva più a guardare quella scena straziante che gli soffocava il cuore.

Per un attimo sentì di odiare il pubblico, che invasato tifava accanitamente quell'individuo disgustoso, mentre con la freddezza di una macchina continuava a colpire Pan facendo sfoggio del suo repertorio di battaglia. Ma non poteva biasimarli...loro erano solo dei normali spettatori che assistevano - o che credevano di assistere - ad un normale incontro di arti marziali, un'emozionante semifinale in cui il loro nuovo beniamino sconfiggeva la sua avversaria...una donna che, secondo loro, avrebbe così imparato a starsene a casa a lavorare a maglia, piuttosto che cimentarsi in concorsi del genere adatti a uomini veri...

Ma quella era Pan...la giovane saiyan che lui stesso ammirava da sempre per la sorprendente energia e sicurezza, perennemente circondata da un'aura positiva di vitalità e dinamismo...quella che si gettava a capofitto nella mischia, nel pericolo, senza pensare, senza riflettere, guidata solo dall'istinto...l'istinto del suo sangue, prima di tutto, che in lei non si sarebbe mai "arrugginito"...come invece era successo a lui...

E a questi pensieri, al ricordo della Pan che davanti ai suoi occhi aveva affrontato senza timore così tante esperienze per una ragazzina normale, si contrapponeva la tetra visione di una ragazza inerme, ferita, sofferente sul freddo pavimento del ring...scorgeva terrore nel suo sguardo, non più sicurezza...e bisogno di aiuto...

Sentì il suo cuore mancargli un battito. Lei non meritava tutto ciò...non avrebbe dovuto esserci lei ad affrontare da sola quella situazione inspiegabile...

 

L'aveva spinta al bordo del ring, ormai. Se fosse caduta ora, quel mostro avrebbe vinto...

Ma le forze l'avevano abbandonata del tutto...chiuse gli occhi sfinita, mentre un ultimo, deciso colpo la spingeva fuori dall'aria di battaglia.

 

Videl guardò il marito, sconvolta. 

Il volto dell'uomo era oscurato in un'espressione indefinibile, le labbra leggermente socchiuse da cui si intravedevano i denti serrati, gocce di sudore che gli rigavano la fronte segnata da una vena pulsante, gli occhiali leggermente appannati e i pugni chiusi in grembo, quasi per nascondere e trattenere una rabbia esplosiva.

"Gohan..." mormorò la donna, che a ciò che vedeva poteva reagire solo con la semplice disperazione.

L'uomo si alzò in piedi, rigido, voltandosi appena verso la moglie, incapace di dire parola per la paura di lasciar sfuggire un urlo liberatorio. Si limitò a posarle una mano sulla spalla, come per rassicurarla, per poi inspirare profondamente e correre giù per gli spalti, verso il ring, sotto il quale sua figlia giaceva distrutta.

 

Trunks vide Gohan passargli davanti. Non aspettò oltre, alzandosi e seguendo il saiyan, sotto gli sguardi smarriti di sua madre, sua sorella e gli altri...desideroso solo di raggiungere la ragazza, sollevarla e rassicurarla, farle sapere che anche lui era lì con lei, che non era più sola... 

 

Goten osservò i due uomini correre giù dalla gradinata. Uno dal volto terribilmente segnato dalla rabbia repressa di un padre che assiste dolorosamente al massacro di sua figlia...l'altro spinto dall'affetto sincero per una persona che sentiva indissolubilmente legata a lui da molti anni...

Sua nipote...la bambina ormai adulta nei cui confronti ammetteva di aver provato invidia ed un pizzico di gelosia per le perenni attenzioni in famiglia, ma che inevitabilmente possedeva il suo stesso sangue...a cui voleva bene come una sorta di sorellina, nonostante tutti i battibecchi ed i dispetti reciproci...erano proprio stati questi a consolidare il loro rapporto, a stabilire una tale confidenza da trasformarsi, negli anni, in un profondo affetto e in una sincera stima.

Quell'individuo avrebbe pagato per averle fatto del male...

Si alzò di scatto, deciso a seguire Gohan e Trunks, chiedendosi cosa stava ancora aspettando per precipitarsi verso il ring.

"Goten! Dove vai?" gli chiese sconvolta Chichi.

"Devo andare mamma".

"Lascia andare Gohan...ci penserà lui...".

Gli occhi di sua madre traboccavano di paura, la paura di veder di nuovo partire i suoi figli verso l'ignoto, come aveva sempre fatto suo padre...lacrime di supplica le si affollavano negli occhi, nel desiderio di trattenerli ancora lontani dal male...almeno lui, come sempre...

"Mi dispiace, mamma" rispose, sapendo di non dover badare, per questa volta, alla disperazione di sua madre. "Il mio posto è laggiù, con Gohan e Trunks. Io devo andare".

E, voltandosi subito per il timore di veder piangere sua madre, scese velocemente dalla gradinata, suscitando le proteste degli spettatori a cui passava agilmente in mezzo. 

 

Gohan le fu subito accanto, inginocchiandosi di lato e sollevandole la testa per sincerarsi delle sue condizioni.

"Pan...Pan tesoro...".

La ragazza mugolò qualcosa, sbattendo debolmente le palpebre per focalizzare l'immagine davanti ai suoi occhi.

"Pan...come stai...Pan!" intervenne Trunks, che aveva appena raggiunto Gohan presso la giovane saiyan.

"Non ha ancora ripreso del tutto conoscenza" lo informò Gohan, con voce tramante che a stento tratteneva un'ira incombente.

"Oh cielo..." mormorò Goten alle loro spalle, osservando sbigottito lo stato della nipote, riversa a terra inerme, il corpo ammaccato di lividi evidenti ed il volto tagliato da un rivolo di sangue che le partiva dalle labbra socchiuse.

"Papà..." mormorò la ragazza con un filo di voce.

"Sono qui bambina mia...è tutto finito adesso..." la rassicurò suo padre appoggiandole la testa alla sua spalla, coccolandola in un gesto paterno.

"No!" fece per gridare Pan, tossendo poi fortemente per lo sforzo. "Non è tutto finito...".

"Certo che lo è...ci siamo noi ora...non devi più avere paura" le sussurrò Trunks, accarezzandole con il dorso di un dito il volto sfregiato.

"No...è appena cominciato..." si lamentò ancora lei, dando sfogo a lacrime liberatorie.

"Cosa vuoi dire?" chiese agitato Goten, accoccolandosi vicino a lei.

Gohan fece segno al fratello di non farle pressioni, per darle modo di sfogarsi. Poi guardò la figlia, invitandola a parlare.

"Quello è un mostro...non è un uomo..." rivelò Pan tra le lacrime.

"Stai parlando di Vicking?" chiese Gohan.

La ragazza annuì.

"Lui viene...viene dallo spazio e...".

Pan fece una pausa, soffocata di nuovo dalle lacrime al ricordo del suo gelido sguardo e delle sue fredde percosse.

"Non importa, tesoro...ce lo dirai più tardi...".

"Portiamola via da qui!" suggerì Trunks, con l'intenzione di sollevarla in braccio e portandola lontano, al sicuro, lontano da quel ricordo da incubo.

"No!" esclamò lei, aggrappandosi tenacemente alla manica della sua camicia.

Sul ring udiva le congratulazioni del presentatore nei confronti del vincitore, sullo sfondo delle grida di festa del pubblico in delirio, ormai sempre più ansioso di assistere alla finale.

"Dovete sapere..." continuò la ragazza, rassicurata dalle espressioni di conforto di quei tre volti familiari, che le infondevano una ritrovata sicurezza.

Gohan annì, invitandola a continuare.

"Vicking...vuole vincere il torneo...per ottenere la benevolenza della gente...di tutti i terrestri...".

"Perchè?" chiese ansioso Goten, fremente.

"Lui vuole...vuole...farne i suoi schiavi e...".

Esitò, per riportare alla mente le esatte parole del mostro.

"...diventare il...signore della Terra...".

Gohan rimase immobile, sconvolto. La sua sensazione era giusta...

Erano di nuovo di fronte ad una minaccia...una grande minaccia...non solo contro sua figlia, che vederla così debole e distrutta gli faceva ribollire il sangue nelle vene, ma contro tutta l'umanità...ancora una volta...

"No...non può essere..." mormorò Trunks scuotendo la testa incredulo. "Non di nuovo...".

Sul ring, il conduttore chiamava Ub per la presentazione della finale.

"Cosa stiamo aspettando?" chiese Goten alzandosi di scatto. "Facciamo interrompere il torneo ed eliminiamo quell'essere prima che sia troppo tardi!".

"No...no zio...non farlo..." gridò Pan, sollevando faticosamente la testa e le spalle per trattenere il saiyan.

"Pan...non agitarti...devi stare calma..." la rabbonì Trunks, cercando di farla ridistendere.

"Dobbiamo tacere...o lui farà del male alla gente...".

Un silenzio tombale calò sui tre uomini, mentre le loro facce si oscuravano ancor di più per la consapevolezza di poter far ben poco.

"Ma dobbiamo fare qualcosa..." protestò Goten.

"Non possiamo fare niente, adesso" gli rispose Gohan, guardandolo con gli occhi scuri traboccanti di rabbia e rassegnazione allo stesso tempo.

Eppure non poteva biasimare suo fratello...lui stesso ardeva con tutta la sua anima per distruggere quell'individuo alieno...l'ennesimo pericolo per la Terra...il suo pianeta...per vendicare l'affronto di sua figlia innocente...per evitare ai terrestri la prospettiva di un destino infernale...

Suo padre non era più lì a decidere per lui...a risolvere con un sorriso o con un fascio di luce positiva le questioni più complicate che riguardavano il futuro dell'umanità...

E Vegeta...chissà dov'era adesso...sicuramente la fine del libero arbitrio umano non era tra le sue priorità, al momento...

Perciò rimaneva lui, lui solo ad assumersi tale responsabilità, sotto gli sguardi confusi dei due saiyan più giovani che sembravano volerlo implorare di trovare un modo per mettere fine a tutto ciò.

Ma come faceva a seguire l'istinto che sentiva pulsare nel suo corpo, desideroso di uscire e sfogarsi contro l'ennesimo nemico, quando la ragione e l'amore per il prossimo lo supplicava di risparmiare una strage di innocenti?

"Gohan...Ub sta per combattere la finale...lo ridurrà come Pan...".

Gohan si voltò verso il ring, su cui il ragazzo si preparava a salire per lo scontro conclusivo. Sospirò, ricacciando la visione mentale di una seconda carneficina...ancor peggio della prima...

Raggiunse il giovane presso il bordo del ring.

"Gohan..." mormorò lui sorpreso.

"Ub...devo dirti una cosa...".

Il ragazzo lo guardò con espressione smarrita, in aspettativa. Ma Gohan percepì l'ombra di Vicking dietro di lui, che aspettava impazientemente il suo avversario sul ring.

"Ub...stai attento" si limitò a dire, sebbene dallo sguardo cercasse di trasmettergli un avvertimento più esplicito.

Il giovane rimase ammutolito, confuso, ma fu obbligato dal richiamo del conduttore ad affrettarsi verso il suo posto di battaglia.

Gohan si voltò di nuovo verso sua figlia, ancora riversa a terra, mentre Trunks le accarezzava affettuosamente i capelli polverosi e suo fratello la rassicurava con parole di conforto. Sentì una dura fitta allo stomaco...non reale...puramente  immaginaria...scaturita però dalla previsione di dolori ben peggiori nelle ore a venire.

 

   Continua...

 N"

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Capitolo 7
*** Carte in tavola ***


Capitolo 6

Capitolo 6

 

 

L'arbitro dette il via all'attesissima finale.

Il pubblico era eccitatissimo, urlante dalle gradinate da cui si sporgeva traboccante, mentre i sue finalisti si avvicinavano l'uno verso l'altro con passo lento, scrutandosi attentamente.

Uno gelido e freddo come il metallo, con lo sguardo disintegrante rivolto fermamente verso l'avversario...l'altro cauto, indeciso, come colui che si butta a capofitto verso un pozzo di cui non conosce il fondo...

Si fermarono quando ormai li separavano non più di due metri. E, senza dare nemmeno il tempo al giovane di accorgersi dell'iniziativa, Vicking scattò contro Ub.

 

Goten osservò la scena con tensione, a qualche metro dal ring.

"Trunks...secondo te...Ub ce la farà?".

Trunks sospirò, scuotendo la testa con pessimismo.

"Ho paura di no".

Vide il volto dell'amico contrarsi in un'espressione cupa, carica di tensione e di tormento interiore. Nei suoi occhi vide ardere il suo stesso fuoco, il desiderio-bisogno-volere di intervenire, di dare sfogo alla rabbia che si accumulava in lui...troppa era la voglia di piombare contro quella cosa -sì, cosa, quello non ero un uomo, Pan aveva ragione...- e spaccargli quella faccia inespressiva, indecifrabile, così inumana, la giusta lezione per aver torturato una ragazza con tale macabro piacere...per osare ricattarli, prospettando loro un futuro da incubo...

"Dobbiamo fare qualcosa" sentenziò Goten, fremente.

"Hai sentito cosa ha detto Gohan...non possiamo".

"Quello che non posso è starmene qui a guardare mentre quell'essere ci distrugge e ci manipola come burattini".

Adesso nei suoi occhi divampavano vere e proprie fiamme.

"Goten...scatenerà la sua ira contro il pubblico innocente...".

Trunks disse queste parole con poca convinzione. Si rese conto che non cercava solo di convincere l'amico, ma pure se stesso. Si fidava di Gohan, non osava contraddire le sue decisioni e l'esperienza di qualche anno in più, ma...

"Sai cos'è che mi fa più rabbia?" riprese Goten, con la voce ormai tremante per l'agitazione. "Che tutti quanti lassù...che gridano eccitati dagli spalti...stanno firmando senza accorgersene la loro stessa schiavitù".

Trunks annuì silenziosamente, mentre nella sua mente si concretizzava l'immagine agghiacciante di un futuro prossimo, in cui l'umanità si dibatteva intrappolata dalle catene virtuali del volere di un folle e malvagio sovrano...

"Non so cosa succederà se sconvolgiamo il suo piano" continuò il saiyan. "Ma sono sicuro che ogni terrestre preferirebbe morire piuttosto che perdere per sempre la propria libertà".

Per un momento, Trunks temette di vederlo partire verso Vicking...e temette pure che le sue stesse gambe saltassero sul ring contro la sua volontà...sebbene sentisse che questa era ben lontana da voler rimanere ad assistere impassibile alla fine del mondo...del loro mondo...

 

Gohan fece per prendere in braccio la figlia, rinunciando però dopo il suo ennesimo rifiuto.

"Sei sicura che non vuoi andare in infermeria?".

"No, papà...voglio restare qui..." rispose Pan debolmente, ma con decisione, mentre si accomodava con fatica al di sotto degli spalti, in modo da poter vedere bene ciò che avveniva sul ring.

"Cosa faremo, papà?" chiese guardando il padre con l'aria di una bambina confusa. "Cosa faremo, questa volta?".

Gohan avrebbe voluto risponderle, assicurarle che tutto si sarebbe risolto come sempre, che il loro potere, il loro dono avrebbe di nuovo potuto salvare l'umanità, garantire ancora anni di pace...avrebbe voluto scacciare quello smarrimento dagli occhi di sua figlia...ma nemmeno lui conosceva una risposta.

"Pan!".

Sentì la voce di sua moglie, che correva giù dalle gradinate verso di loro. Si inginocchiò accanto alla figlia, accarezzandole delicatamente la testa, sincerandosi ansiosamente delle sue condizioni. Sorrise debolmente sentendola parlare e sentendosi dire da lei stessa che stava bene, che era tutto a posto...ma conosceva sua moglie...già sapeva che non lo era...

"Gohan...dimmi la verità..." chiese Videl, tesa. "Cosa sta succedendo?".

Come poteva mentirle...mentire ai suoi occhi imploranti di chiarezza...

Vide arrivare anche sua madre, seguita da Bulma e Bra, precipitandosi intorno a lui e a sua figlia in cerca di spiegazioni.

Chichi non ebbe però il coraggio di chiedergli niente, sconvolta dalle condizioni di Pan, alla cui vista si posò una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo di pianto...

Bulma frugò velocemente nella borsetta, alla ricerca di un fazzoletto con cui tamponare il sangue che usciva dalle ferite della ragazza, mentre le mani, normalmente così ferme e precise, le tremavano per l'agitazione...

Furono gli occhi di Bra che si ritrovò addosso penetranti, quasi a voler scavare nei suoi pensieri tormentati al di là delle attenuanti che poteva concedere alle tre donne spaventate.

"Siamo di nuovo in pericolo, non è vero?" chiese la ragazza, senza esitazioni.

Gohan sospirò, rispondendo al suo sguardo con espressione grave.

"Credo proprio di sì".

 

Ub sentì di nuovo l'intenso pugno dell'avversario sullo stomaco, che gli tolse il respiro per alcuni secondi, facendolo tossire goffamente.

Tremava...era da quando era bambino che non gli succedeva di fronte ad uno sfidante...da quando Goku lo aveva preso sotto la sua ala e gli aveva insegnato a tirar fuori il coraggio...

Adesso però quelle certezze sembravano svanire sotto i potenti colpi di quel guerriero misterioso, sostituite dai dubbi che le parole di Gohan avevano insinuato nella sua mente...

Cosa voleva dirgli avvisandolo di stare attento? Voleva metterlo in guardia da qualcosa...già, qualcosa di decisamente strano in tutta quella situazione...in colui che adesso si lanciava contro di lui come un proiettile impazzito...

Dolore...

Un dolore atroce...

Un urlo strozzato partì dalla sua bocca prima ancora di rendersi conto di ciò che gli era accaduto.

Il suo addome...un taglio esteso comparve sulla sua pelle, rigettando come una sorgente fiocchi di sangue rubineo. Guardò la ferita sconvolto, la sua bocca tremante in un muto lamento, i suoi occhi increduli di fronte a ciò che vedeva.

Sentì le sue gambe abbandonarlo, incapaci di reggere ancora il suo peso, per poi crollare sulle ginocchia invaso dal dolore, contorcendosi sul pavimento del ring che cominciava ad impregnarsi di rosso.

 

"Oh no..." mormorò Gohan, tornato a fianco degli altri due saiyan che assistevano allibiti alla scena.

"Ma come ha fatto?" chiese incredulo Trunks, gli occhi spalancati verso il ring. "Non può averlo fatto...senza un'arma...".

"Eppure è così" confermò Gohan, immaginandosi un set di lame affilate che, per un impercettibile momento, aveva preso il posto delle dita umane di Vicking, sferrando ad Ub quel colpo micidiale.

Il ragazzo era ancora a terra, stringendo gli occhi e i denti per la sofferenza, tenendosi l'addome con le mani imbrattate di sangue.

Anche le grida del pubblico, adesso, sembravano essersi attenuate, come se finalmente molti di loro si fossero resi conto che ciò a cui stavano assistendo aveva oltrepassato quella sottile linea che distingue ciò che è giusto da ciò che invece non lo è.

Goten si girò verso il fratello, impaziente.

"Gohan...non possiamo aspettare ancora".

 

Lo vide di nuovo avanzare verso di lui...lentamente, questa volta...ormai non poteva più temere che potesse scappare...

Chissà cosa gli avrebbe fatto, adesso...non aveva più energia per alzarsi...non aveva più la forza di reagire...e non aveva più nemmeno la voglia di saperlo...

Il dolore straziante adesso si era trasformato in un intenso calore diffuso...non seppe di preciso cosa stesse succedendo mentre una stretta gelida gli serrava la caviglia e vedeva il pubblico capovolgersi...

La sua vista si stava oscurando, mentre i sensi lo abbandonavano del tutto...forse era giunta la fine...

 

"Basta così!" gridò Gohan dal bordo del ring.

Vicking continuò impassibile la sua tortura, come se non avesse sentito, tenendo il ragazzo per la caviglia con la testa verso il basso, ormai privo di conoscienza, mentre sangue in abbondanza continuava a gocciolare dall'evidente ferita.

"Vicking!" gridò di nuovo, con tutto il fiato che aveva.

Il guerriero si girò lentamente, perlustrando il territorio alle sue spalle fino ad incrociare gli occhi di colui che osava interrompere la sua ascesa al potere.

"Qualcosa non va, signore?" chiese educatamente ma leggermente scocciato l'arbitro.

"Il torneo deve essere interrotto" sentenziò Gohan, con un pizzico di autorità.

Vide gli occhi di Vicking acquistare una delle sue rare espressioni.

"Ma signore...se è per la ferita del ragazzo...il concorrente non aveva nessuna arma...non può essere squalificato".

"Non è per quello" ribattè il saiyan.

Sentì di nuovo lo sguardo del nemico fulminarlo con gli occhi. Ma doveva agire...doveva smascherarlo...

"Non è quella che vediamo la sua vera identità".

L'arbitro lo guardò confuso, incapace di comprendere cosa l'uomo volesse dire.

Vicking lasciò cadere Ub a terra, dirigendosi a passo veloce verso di loro. Dietro al ghiaccio dei suoi occhi, adesso Gohan scorgeva le fiamme della rabbia che il suo affronto aveva scatenato in lui. Stava gettando all'aria i suoi piani...cosa sarebbe successo ora?

 

Vicking si avvicinò rapidamente. Stupida, piccola terrestre...aveva svelato ciò che aveva scoperto a quei tre curiosi che adesso lo guardavano da sotto il ring come se riuscissero a vedere al di là della sua maschera umana.

Percepì in loro la stessa energia spirituale della ragazza...un'aura così intensa che faceva fatica a convincersi potesse appartenere a dei normali terrestri...

E infatti non lo erano...c'era qualcosa di diverso, in loro...celavano una potenza sovrannaturale, primitiva...

Chi erano costoro?

 

"Cosa vuoi da me?" chiese Vicking, in un sibilo di rabbia.

"Voglio che lasci in pace il ragazzo e che torni da dove sei venuto. Noi ti lasceremo andare senza attaccarti, se non opporrai resistenza". 

Pensò che la cosa migliore fosse provare a trattare con lui. Non che credesse veramente che sarebbe servito a qualcosa, ma un barlume di speranza lo spinse a tentare l'accordo diplomatico prima di scatenare ulteriori spargimenti di sangue.

"Ma chi sei tu?" ringhiò l'alieno.

Gohan non rispose, fece solo segno a Trunks di raggiungere Ub, disteso al centro del ring in un lago di sangue, per sincerarsi delle sue condizioni e per affidarlo al più presto alle cure di un medico.

"Rispondimi...chi sei tu?".

"Sono colui che ti impedirà di impossessarti di questo mondo".

"Ma che diavolo sta succedendo?" si intromise l'arbitro, mentre i due interlocutori si scambiavano uno sguardo carico di tensione. 

"Dovete interrompere il torneo" ripetè Gohan.

"Spero abbia una giusta motivazione per scatenare tutto questo putiferio...".

"La fine del mondo gli basta come scusa?" esclamò Goten con stizza, mentre nel volto dell'uomo si formava un'espressione a metà tra lo sconvolto ed il terrorizzato.

 

Trunks prese Ub in braccio, macchiandosi la camicia del sangue del ragazzo che ancora sgorgava dal suo addome. Corse con lui verso il tunnel che portava ai servizi dello stadio, cercando disperatamente una porta con una croce rossa...

La scorse infine in fondo al corridoio, al di là degli spogliatoi, dei bagni, dei magazzini e dei camerini del personale...oltrepassò la fila di porte che fuggivano ai suoi lati con la velocità di un fulmine...ogni secondo era prezioso...e infine ecco l'infermeria...

Spalancò la porta con una mano, mentre con l'altra sorreggeva il peso del ragazzo che aveva accomodato sulla sua spalla.

La ragazza bionda in camice sobbalzò all'improvviso ingresso dell'uomo.

"Trunks..." mormorò riprendendosi dallo spavento, portandosi una mano al petto e traendo un profondo respiro.

"Marron...per fortuna...".

Sistemò Ub sul lettino bianco, mentre la ragazza si precipitò ad ascoltare il battito del giovane.

"E' ancora vivo" affermò sollevata.

"Grazie al cielo..." sospirò Trunks.

"Ma il polso è debole...sta perdendo molto sangue...".

"E' stato quel Vicking a ridurlo così...".

"Già...ho visto" confermò Marron, indicando il piccolo monitor su uno scaffale dell'infermeria che le permetteva di vedere la gara in diretta.

Tagliò con le forbici la canotta di Ub, rivelando la gravità della ferita al di sotto della stoffa insanguinata.

"Ma come ha fatto?" chiese la ragazza, sconvolta.

"Quello non è un normale terrestre, Marron...".

La informò di ciò che sapeva, dell'agghiacciante verità che Pan era venuta a sapere e che lui, Gohan e Goten si preparavano ad affrontare. Lei lo guardò terrorizzata, scuotendo la testa incredula.

 

Gli occhi di Vicking adesso erano due carboni ardenti, traboccanti d'ira.  

"Chiunque tu sia" ringhiò "Non ti permetterò di sconvolgere i miei piani...".

"E io ti impedirò di portarli a termine" replicò Gohan, con fermezza. "E' giusto che la gente sappia chi sei veramente".

"No!!" gridò Vicking in un urlo prolungato, come se la vittoria di quel torneo e la nomina di campione incontrastato del mondo fossero la sua unica ragione di vita. "Nessuno deve saperlo!".

Qualcosa risalì lungo il suo corpo...una specie di scarica elettrica, sotto forma di piccole onde o scintille che percorrevano i suoi arti fino a condensarsi in una sfera traslucida e vibrante tra le sue mani, al di sopra della sue testa. Allontanò poi i palmi, facendo espandere l'onda in un ellisse che si allungava sopra la sua figura, allargandosi per tutto il ring, e poi oltre, alta verso le gradinate dello stadio...

 

"Devi fermare l'emorragia" disse Trunks, mentre la ragazza si accingeva a tamponare la ferita.

"Ma non sono un medico...non posso farlo da sola...".

"Sì che puoi" la incitò. "Devi farlo...o morirà".

"Lo so" riconobbe lei, mentre in preda al panico pensava a cosa poteva fare per evitare il peggio. Non era preparata ad affrontare casi del genere...ed il kit medico che si era portata dall'ospedale era abbastanza scarno...non si aspettava certo di imbattersi in ferite del genere...

Il piccolo monitor emise un rumore ronzante, quasi friggesse su una pentola di olio. Si voltarono entrambi verso di esso, osservando il video oscurarsi improvvisamente.

"Cos'è stato?" chiese Marron.

"Non lo so..." rispose Trunks, provando a riaccenderlo invano. "Dev'essere successo qualcosa, là fuori".

Il suo volto era preoccupato, teso.

"Marron...adesso devo andare...lo affido a te...so che puoi salvarlo".

La ragazza deglutì, annuendo poi con un debole sorriso.

Trunks si precipitò fuori dalla stanza, ripercorrendo il lungo corridoio in senso opposto, verso la luce...la luce che sembrava infinitamente lontana...

Non sentiva più le grida del pubblico...non sentiva più quel rumore soffuso risultante dalle centinaia di spettatori che chiacchieravano l'uno con l'altro, commentando ciò che avveniva sul ring...

Emerse infine dal tunnel, affannato. Ma ciò che vide, avrebbe voluto non vederlo.

Lo stadio, che ricordava gremito e traboccante di gente, adesso era vuoto sotto il sole che ardeva sulle gradinate vuote, dove rimanevano solo carte e lattine usate di un pubblico che si era volatilizzato come una nuvola di fumo.

 

Gohan guardò sconvolto gli spalti, con gli occhi spalancati per la realizzazione di ciò che era accaduto.

"Cosa...cosa li hai fatto?" balbettò.

Vicking sorrise beffardamente, quasi godesse dell'espressione atterrita dell'uomo.

"Non li ho uccisi, non preoccuparti...loro mi servono...voglio solo uccidere voi".

"Cosa li hai fatto?" ripetè Gohan, incurante della minaccia insita nelle sue ultime parole.

"Li ho lanciato contro un'onda elettromagnetica, spedendoli in una bolla spazio temporale...".

"Perchè?".

"Devo sbarazzarmi di voi prima che vengano a sapere la mia identità...li farò riapparire quando vi avrò fatto fuori, giusto in tempo per nominarmi campione del mondo...per loro sarà come se non fosse successo niente".

Gohan tremò. Non per quello che poteva fare a loro...ma per ciò che i suoi progetti significavano per la Terra... 

"Te lo chiedo per l'ultima volta" riprese. "Vattene via. Torna sul tuo pianeta...".

"E' questo il mio pianeta!".

"No...non è tuo...appartiene ai terrestri. Non hai il diritto di impossessartene".

"E chi sei tu per dirmi quello che devo o non devo fare?".

Gohan tacque, accigliato.

"Allora, chi sei tu? Dimmelo o..." ringhiò Vicking piombando contro all'uomo, esasperato.

"E' un saiyan. Siamo saiyan".

Gohan si voltò incredulo verso il fratello, che aveva pronunciato quelle parole d'istinto, come mai l'aveva sentito fare prima. "Che cosa?" chiese Vicking, voltandosi verso l'altro.

"Saiyan". 

L'aveva detto con orgoglio e soddisfazione, come se quello stato adesso non gli sembrasse una maledizione ma un dono di cui andava inconsapevolmente fiero.

 

Saiyan...quella parola rimbombò nella mente dell'alieno, richiamando il ricordo di leggende perdute che si narravano ai confini dell'universo... 

Ne aveva sentito parlare da alcuni suoi simili che, durante i loro viaggi alla ricerca di mete da conquistare, avevano sfiorato con la traiettoria un pianeta abitato da tali esseri...un popolo di potenti guerrieri, che come loro razziavano la galassia per espandere la propria egemonia...

Si diceva che fossero una stirpe temibile, su cui aleggiava un'antica leggenda: uno di loro sarebbe stato il prescelto, avrebbe raggiunto uno stadio eletto ricoprendosi d'oro e acquistando un mitico potere contro cui pochi potevano competere nell'universo conosciuto...

Ma poi venne a sapere della fine di quel popolo...della tragica esplosione del loro pianeta...dell'estinzione della loro razza...una buona notizia per la concorrenza...

 

"Non è possibile" disse l'alieno, scuotendo la testa. "I saiyan non esistono più...sono finiti insieme al loro pianeta...".

Goten azzardò un sorrisetto di sfida.

"Devi esserti perso una parte della storia...".

Vicking lo guardò, confuso.

"Qualcuno sopravvisse a quell'esplosione..." continuò il giovane. "Due saiyan...noi siamo i loro figli...".

Gohan tacque, rimanendo immobile al fianco del fratello, temendo che l'alieno, da un momento all'altro, si scagliasse contro di lui che continuava rischiosamente a sfidarlo con tali rivelazioni.

Ma Vicking si limitò a scrutare i due meccanicamente, come se la sua intelligenza extraterrestre fosse programmata a risolvere impassibilmente gli incidenti di percorso che incombevano sul suo piano perfetto.

"Ho capito" disse infine. "Pensate di avere la precedenza su questo pianeta solo perchè siete arrivati prima...".

Goten lo guardò stordito.

"Ma cosa stai dicendo?".

"Avevate avuto la mia stessa idea...questo bel pianetino...la partecipazione al torneo con la ragazza...la facile vittoria...".

"Guarda che sei fuori strada".

"Ma per vostra sfortuna avete incontrato me...anche io combatto per impossessarmi della Terra".

"Noi non combattiamo per questo" intervenne Gohan, deciso.

"Ah no? E per cosa dovrebbe combattere una stirpe assetata di sangue come la vostra?".

"Quella stipe è finita".

La voce maschile che aveva pronunciato quelle parole attirò l'attenzione di Vicking, che si girò prontamente in direzione del tunnel che conduceva ai servizi dello stadio. Trunks lo fissava fermamente, avvicinandosi con passo lento ma deciso verso il ring.

"Quel popolo non esiste più, almeno come lo conoscevi tu".

L'alieno fece una smorfia indecifrabile.

"E' finita l'epoca delle conquiste e degli spargimenti di sangue..." continuò. "I saiyan non vogliono la Terra per se....ne hanno fatto la propria casa da molti anni...".

Sentiva di parlare anche per suo padre. Non era con loro, in quel momento, ma sapeva che anche lui avrebbe detto le stesse cose...era sicuro di farne le veci, di rappresentare il leader di quella razza perduta di cui egli andava tanto orgoglioso ma di cui giustamente aveva ripudiato l'istinto omicida...e ciò gli permetteva di parlare con tale soddisfazione da non rendersi conto del pericolo a cui andava incontro...

"Siamo come i terrestri adesso...noi siamo anche terrestri...".

"Mezzisangue..." grugnì Vicking, disgustato nel realizzare che una tale elogiata razza potesse essersi incrociata con umili, vili, insignificanti terrestri.

Ma ciò che lo impressionava di più, era trovarsi per la prima volta contro dei saiyan non per pura concorrenza, ma per il loro abbassamento a proteggere una civiltà inferiore...un popolo che valeva solo come bottino di guerra...

"Non mi importa chi siete e cosa volete" annunciò infine. "Io voglio la Terra per me...e se vi ostinate a impedirmelo...la prenderò con la forza!".

"No!" gridò Goten con tutto il fiato che aveva. "Dovrai passare prima sul mio corpo!".

Si lanciò come una saetta verso il nemico, incurante dei richiami di Gohan che provarono invano a trattenerlo, passando davanti a Trunks che terrorizzato lo guardò calarsi in quella pazzia, diretto solo verso quell'essere...

Poi però fu costretto a fermarsi, a poco più di un metro da lui.

Spalancò gli occhi, incredulo, tremante.

Il corpo di Vicking...la sua pelle...aveva cominciato a gonfiarsi...a torcersi disgustosamente...

Grosse protuberanze comparivano in vari punti, come se qualcosa dentro di lui tentasse disperatamente di uscire...

 

   Continua... 

 

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Capitolo 8
*** Contrattacco ***


Capitolo 7

Capitolo 7

 

Le mani di Marron tremavano vistosamente mentre fissava l'ultimo punto sull'addome di Ub. Era stata costretta ad usare dei banali aghi e fili da cucito, ma era tutto ciò che aveva a disposizione per saldare in qualche modo la profonda ferita e sperare che l'emorragia si arrestasse.

Non si aspettava di dover affrontare casi del genere...lei non era un medico...ma la vita di quel povero ragazzo era nelle sue mani...

Fermò il filo con un piccolo nodo, per poi disinfettare di nuovo nel timore che possibili infezioni potessero complicare ulteriormente le cose.

Al contatto del cotone imbevuto di etanolo, i muscoli del giovane si ritrassero di riflesso, mentre dalle sue labbra spaccate uscì un lieve gemito di fastidio. Marron sorrise, avvicinandosi al volto del ragazzo. Probabilmente stava riprendendo conoscenza...il che era senza dubbio positivo, considerata la quantità di sangue che aveva perduto...

Applicò una striscia di garza sterile sulla ferita. Adesso non poteva far altro che aspettare. Aspettare e sperare. 

Lei non era un medico...

Si mise a tamponare con delicatezza le altre ferite più lievi sul corpo di Ub, idratando infine con un pò di acqua le labbra secche. Il ragazzo mormorò ancora qualcosa, mentre le sue palpebre si sollevavano debolmente dagli occhi infossati per la stanchezza. 

"Dove...sono?" balbettò, con un filo di voce.

I suoi occhi fissarono le pareti bianche dell'infermeria per alcuni secondi, come a voler mettere a fuoco l'ambiente, per poi ruotare lentamente di lato verso la ragazza.

Marron gli fece dolcemente segno di tacere, di non affaticarsi, di pensare solo a riposarsi, facendogli capire che avrebbe pensato a tutto lei. Ma il ragazzo sembrò non capire.

"Sono morto...è questo il paradiso?" chiese guardandola con smarrimento.

Marron sorrise, scotendo la testa.

"No, Ub. Non sei morto. Sei ancora vivo, e vedrai, andrà tutto bene".

Ub sbattè gli occhi confuso, continuando a fissare l'infermiera che le tamponava la fronte con un panno imbevuto d'acqua fresca.

"Non credevo che gli angeli esistessero anche sulla Terra..." mormorò appena, ripiombando poi in un sonno esausto.

Marron lo lasciò riposare, sollevata, nonostante sembrasse che il ragazzo non avesse ripreso ancora completamente contatto con la realtà.

Ma un tuffo al cuore la riportò di colpo alla prospettiva di ciò che poteva succedere fuori, sul ring. Provò a riaccendere il monitor, invasa dall'ansia. Questa volta lo schermo si illuminò, e riprese a proiettare le immagini esterne.

La ragazza fece un balzo indietro, mentre portava velocemente una mano alla bocca per trattenere un grido di terrore.

 

Gli arti di ciò che fino a qualche secondo prima era stato Vicking si agitavano freneticamente in una danza senza senso, mentre tutto il corpo si contorceva e si gonfiava come se volesse esplodere da un momento all'altro.

Goten, di fronte a lui, era pietrificato da quel disgustoso spettacolo.

Cosa stava succedendo all'alieno? Stava forse assumendo la sua vera forma?

Il terrore invase il sayan, ma non riuscì a muoversi. I suoi piedi erano come bloccati nel cemento, incapaci di affrontare quella cosa pulsante quanto di scappare lontano. Udiva sua madre invocare il suo nome, e le grida di Gohan e Trunks che lo pregavano di tornare indietro, ma quelle voci gli giungevano solo come suoni lontani, impossibili da focalizzare, tanto era preso da ciò che aveva davanti agli occhi.

Improvvisamente le membra di Vicking ebbero pace, fermandosi a mezz'aria con braccia, gambe e collo afflosciati verso il basso, come se appartenessero ormai esclusivamente ad un fantoccio inerme.

Ma qualcosa cominciò a luccicare negli occhi...un liquido grigio, brillante, come lacrime cominciò a scendergli lungo il volto, radunandosi a terra in una densa pozza. Il flusso divenne a poco a poco più intenso, accrescendo la massa di metallo fuso che invadeva il pavimento del ring. 

Le labbra di Goten si spalancarono in un urlo muto quando anche le iridi grigie vennero risucchiate da quel flusso argenteo, lasciando in quel corpo, ormai svuotato di ogni cosa e privo di sostegno osseo, due terrificanti orbite vuote.

"Goten! Allontanati da lì!" gridò ancora Gohan dal bordo del ring.

Ma il sayan continuò a fissare la pozza metallica a pochi passi da lui, a cui si avvicinò cautamente.

"Goten! Torna indietro!".

La massa di liquido aveva iniziato a ribollire, con grosse bolle d'aria che scoppiavano e si riformavano incessantemente sulla superficie. Ad un tratto eruttò verso l'alto, innalzando una stilizzata figura che, invece di ricadere verso il pavimento, cominciò a prendere forma come ferro fuso che si raffredda nello stampo.

Goten fece un balzo indietro.

Un volto si disegnò nella parte alta della colonna metallica, sormontato da due lunghe e affilate protuberanze cornee e incattivito da due occhi grigi, le stesse iridi inespressive che rappresentavano l'unica parte aliena non celata dal suo travestimento umano che "indossava" solo fino a qualche minuto prima.

Era quella la sua vera forma...

Goten rabbrividì, mentre nella sua mente quelle immagini richiamavano in parte il ricordo dell'aspetto freddo e metallico di Baby, in parte l'imponenza e il portamento minaccioso e superiore di Majin Bu. Ma in cuor suo intuì che quelle due creature riaffacciatesi nelle sue memorie non potevano reggere il confronto con la potenza che in quel momento di rigenerazione scaturiva da quel mostro alieno.

Come avrebbe potuto affrontarlo da solo?

"Goten!" continuò a chiamarlo Gohan, con la voce grottescamente mutata dalla rabbia e dal terrore.

La trasformazione era ormai completata, e la creatura stanziava a pochi passi da lui, con un malefico sogghigno di sfida sul volto inumano.

"Il mio nome è Blitz. Questo sono io. Adesso fammi vedere chi sei tu, sayan".

Goten strinse i pugni e i denti, mentre gocce calde di sudore gli imperlavano la fronte tesa.

Aveva paura. Si, si sentiva invadere dal terrore all'idea di scagliarsi verso quell'essere.

Ma non osò voltarsi indietro. Non osò guardare verso Gohan e Trunks, non solo per la vergogna di lasciar trasparire il terrore che invadeva il suo volto, ma anche per il timore di decidere di fuggire, di arrendersi.

No, non avrebbe potuto sopportare l'imbarazzo di strisciare codardamente tra le gambe di suo fratello, implorando aiuto e protezione dopo essere stato il primo a farsi avanti nell'affrontare il nemico. Sarebbe stato un gesto da vigliacchi...e lui non lo era...

No, non era e non sarebbe mai stato forte come suo padre...o coerente e razionale come Gohan...ma sapeva una cosa...che non era un codardo...

Avanzò con passo deciso, mentre un grido selvaggio si liberava dalle sue labbra e un alone di energia esplodeva dal suo corpo.

 

Si sentiva finalmente libero e a proprio agio ora che si era sbarazzato di quel rivestimento umano. Era al pieno delle forze e pronto ad eliminare quella scomoda razza risorta per intralciare i suoi piani. Quello scontro non era previsto nel suo progetto minuziosamente calcolato, ma non importava. Presto avrebbe avuto di nuovo la strada spianata, era solo questione di minuti.

Il ragazzo avanzò, urlò, serrò i pugni mentre un turbine di luce si liberava intorno a lui, e poi...eccolo...

L'oro della leggenda.

 

Non ebbe il tempo di rendersene conto che era già su di lui, spinto dal turbine di adrenalina che aveva invaso il suo corpo ancor prima della trasformazione in supersayan. 

Mise tutta la rabbia accumulata in quel colpo, scagliato con una potenza e una rapidità tale da lasciare per qualche secondo spiazzato l'alieno, che venne spazzato all'indietro violentemente.

Rimase per un pò a terra, a faccia in giù. Goten attese. Sapeva che si sarebbe rialzato.

E così fu. L'alieno sollevò lentamente la testa ricambiando con i suoi occhi gelidi lo sguardo caldo e verde del supersayan.

Ghiaccio contro fuoco.

"Non male per un mezzosangue" sibilò Blitz, rialzandosi da terra.

Goten strinse i denti, preparandosi ad un nuovo attacco. Corse verso l'alieno, ma questo lo anticipò con un colpo all'addome che fece sputare al giovane un fiotto di sangue. 

Goten cadde in ginocchio, tossendo intensamente.

 

Chichi portò le mani agli occhi, rifiutandosi di assistere ulteriormente alla scena. 

"No, Goten....no" mormorò singhiozzando, mentre Videl le cingeva le spalle in segno di supporto, come aveva sempre fatto dal giorno in cui si erano trovate insieme a pregare per la salvezza dei propri cari. Aveva imparato ormai come era complicato essere moglie e madre di sayan...

Bulma osservò le due donne impotente. Anche il suo Trunks presto avrebbe affrontato quel mostro, e sua figlia, inginocchiata al suo fianco sembrava sul punto di alzarsi da un momento all'altro e raggiungere gli altri sayan al centro dello stadio.

Vegeta, perchè non sei qui con noi...

Chiuse gli occhi, tremando al pensiero di come sarebbe potuta finire quella storia.

 

Si rialzò barcollante, pulendosi il sangue che gli usciva dalla bocca con la manica della maglietta.

"Goten! Torna qui!!" lo chiamò di nuovo Gohan, ma il giovane, senza neanche voltarsi, si rigettò su Blitz, con il quale iniziò un intenso scontro aereo.

Ma i suoi colpi sembravano non scalfirlo attraverso quella semi-rigida armatura di metallo quale era il suo corpo.

Era ora di portare l'incontro ad un livello superiore.

Si distanziò un paio di metri da lui, avvicinando i palmi delle mani e raccogliendo lentamente una sfera di energia.

Muori, mostro....muori....

Ma in un attimo impercettibile se lo ritrovò dietro mentre si sentiva afferrare uno dei bracci e interrompere il suo accumulo energetico.

Il sayan gridò di dolore quando l'alieno aumentò la stretta e gli contorse l'arto come fosse un panno da strizzare. Serrò i denti, nel timore di ritrovarsi a implorare aiuto come un moccioso. Si tenne pronto a sentire il rumore delle ossa del suo polso che si frantumavano, quando l’alieno fu distratto da qualcosa alle sue spalle. Lo vide voltarsi con rapidità, gli occhi metallici scintillanti in uno sguardo furioso.

Trunks…

Lo aveva attaccato da dietro con l’intento di distrarlo da lui…

In un attimo Blitz gli sferrò un potente pugno sul volto, che Trunks incassò con una smorfia di dolore, tenendosi con la mano la guancia colpita.

“Sparisci!” esclamò l’alieno gettandolo a qualche metro da lui con un potente calcio.

“Lascialo stare!” gridò Goten con furia, scagliandosi verso di lui con rabbia rinnovata.

Quella era una questione tra lui e quel mostro, ormai. Trunks, Gohan, Pan, tutti gli altri…dovevano rimanerne fuori. Lasciarlo affrontare da solo quella cosa. Era una sfida. Una sfida contro se stesso.  Contro quella parte di se che da sempre lo rendeva agli occhi degli altri l’immagine di suo padre, contro quel volto troppo simile a chi da anni non c’era più…a chi per troppo tempo non c’era stato…

In quel velocissimo attimo in cui correva verso Blitz, per lui il tempo sembrò trascorrere come al rallentatore, brevi secondi trasformati in un momento eterno. Si rese improvvisamente conto che non solo non avrebbe mai potuto essere, oltre l’aspetto fisico, come tutti ricordavano Goku…

Lui non voleva esserlo. 

Lui non voleva essere considerato un eroe…voleva solo essere Goten…

Il Goten che amava la vita libera e spensierata…il Goten a cui piaceva la compagnia di belle ragazze…il Goten che stava mettendo su un’attività propria…il Goten che ora vedeva minacciato tutto il suo mondo da un essere da distruggere…

Solo questo voleva. Non aveva bisogno di dimostrare di essere il figlio di qualcuno. Voleva dimostrare di esserlo, qualcuno.

Si lanciò su Blitz con la gamba destra allungata, pronto ad atterrarlo con un colpo di piede. Il suo corpo risplendeva di una luce dorata, mentre il suo volto si contraeva in un grido di rabbia.

Ma in un attimo, il mostro gli afferrò la gamba…lo fece girare intorno a se stringendo fermamente la presa…e infine lo lanciò a qualche metro di distanza, dove il ragazzo rotolò giù dal ring. L’alone dorato si spense, e la sua chioma in pochi secondi tornò nera come l’ebano.

“Goten!” gridò Trunks lanciandosi rapidamente verso di lui.

Scosse il ragazzo con decisione, sperando, con il cuore in gola, di sentirlo rispondere ai suoi richiami.

“Trunks…” mugolò infine, aprendo debolmente gli occhi.

“Goten…tu sei pazzo…sei completamente pazzo!” balbettò Trunks al suo fianco, sollevato dalla reazione dell’amico, ma ancora scosso per aver temuto il peggio.

Si voltò velocemente verso il centro del ring, sperando di non vedere l’alieno raggiungerli di sorpresa. Ma quell’essere era ancora là, distratto da Gohan che sembrava volersi lentamente avvicinare a lui.

“Trunks…ho fallito…ho fallito di nuovo…” si lamentò Goten, scuotendo la testa arrendevolmente.

“Ma che dici…”.

“Non sono riuscito a distruggerlo…”.

“Ehi!” lo richiamò Trunks. “Sei stato grande, Goten…né io né Gohan avremmo avuto il coraggio di affrontarlo così a bruciapelo…”.

“Davvero..?” mugolò il ragazzo ferito.

“Altroché, amico…”.

Goten accennò un lieve sorriso. Nella sua espressione, Trunks ritrovò qualcosa di fanciullesco, qualcosa appartenente a quel bambino che era capace di entusiasmarsi per le cose più semplici…quel bambino che lo ascoltava a bocca aperta, qualsiasi cosa dicesse, fosse anche una stupidaggine…chissà se si era mai reso conto che era il più grande che spesso invidiava il più piccolo…

Durante l’infanzia…nell’adolescenza…anche dopo aver raggiunto la maturità…aveva sempre ammirato l’istintività di Goten, la sua disarmante semplicità…

“Goten…teniamo duro…ok? Ci sbarazzeremo di lui…”.

“Ok…” rispose Goten con una nota di ottimismo nella voce indebolita dal dolore, a cui Trunks rispose con un lieve sorriso.

Non ne era altrettanto sicuro.

 

Gohan fece un altro passo verso il mostro metallico. Lui lo scrutava impenetrabile. Fortunatamente i suoi misteriosi ragionamenti lo avevano indotto ad aspettare, rimandando l’attacco.

“Allora…dov’è finita tutta la rabbia saiyan?” sibilò Blitz, fissando Gohan con aspettativa.

Gohan girò lo sguardo verso il fratello, disteso a terra con Trunks al suo fianco. Sperò che l’alieno perdesse di vista i due ragazzi. Quell’essere era oltre la loro portata. Oltre la sua. Forse solo all’altezza di suo padre…

“E dov’è finita l’intelligenza che sostieni renda il tuo popolo tanto superiore?” chiese a sua volta il saiyan, tentando un’ultima possibilità di farlo ragionare.

Blitz non rispose.

“Non credi che sarebbe un minor spreco di tempo e di energia rimanervene sul vostro pianeta e vivere pacificamente usando le vostra facoltà per scopi migliori?”.

“Taci!” esclamò Blitz, sorprendentemente irritato. “Chi sei tu, misero mezzosangue saiyan, per dirmi cosa fare?”.

Si avvicinò a Gohan con passo deciso. L’uomo si preparò ad un attacco sicuro, quando l’alieno si fermò di scatto, come distratto da qualcosa di invisibile nell’aria. Girò meccanicamente le iridi da una parte e dall’altra, come a voler localizzare la fonte del suo interesse.

“Chi sopravvisse al massacro dei saiyan?” chiese alla fine.

Gohan si accigliò, sorpreso dall’inaspettata domanda del mostro, del tutto fuori tema.

“Perché ti interessa?”.

 “Il vostro sangue è identico…” rispose il mostro, continuando a scrutare l’ambiente. “Ma io riesco a percepire gli impulsi sinaptici delle vostre menti…c’è una coscienza regale in alcuni di voi…almeno un paio all’interno di questo stadio…”.

Si dimenticò di Gohan, dirigendosi invece verso gli altri due saiyan al bordo del ring.

“Aspetta!” cercò di distrarlo il saiyan. Ma era inutile. Adesso era qualcun altro che gli interessava.

Trunks, ancora chino su Goten, si voltò lentamente, percependo l’ombra dell’alieno alle sue spalle.

“Devo prima eliminare la progenie reale del vostro popolo di scimmioni!” rispose seccamente Blitz, guardando il ragazzo dall’alto del ring, imponendo la sua sagoma argentea su di lui.

Trunks ricambiò lo sguardo sconcertato. Come faceva a percepire la sua identità? Poteva forse leggergli nel pensiero?

No…probabilmente le sue facoltà intellettuali gli permettevano di cogliere qualcosa che andava oltre ciò che stava pensando in quel momento…forse captava la consapevolezza delle sue origini, localizzata a livello inconscio…questo possiede frequenze cerebrali molto basse…ma che lui presumibilmente era in grado di decifrare…

“Avanti principe…abbassati di fronte al futuro Signore della Terra…lasciati eliminare con dignità”.

Trunks sussultò nel sentire quell’appellativo rivolto a lui…era figlio di chi una volta era stato principe dei saiyan, è vero, ma non si era mai curato di quel titolo appartenente ad un’epoca perduta…

Lui il vertice l’aveva raggiunto negli affari, accrescendo fino alle stelle un impero economico ereditato da sua madre…lui era il presidente della Capsule Corporation, era questo l’unico titolo che sapeva appartenergli…

Ma allora perché si sentiva incompleto, perché era spinto a cercare spesso una via di fuga a tutto ciò, come se oltre a quell’identità terrestre sentisse implorare spazio ad una coscienza che veniva dall’altra metà del suo sangue?

“Non sono io il principe dei saiyan. Lo era mio padre, un tempo. Ma il suo popolo è morto insieme al loro istinto di conquista” ribadì, cercando di ricordargli la differenza che adesso separava lui da loro.

“Ah sì? E allora dov’è questo principe che descrivete così convertito al bene, ora che il suo pianeta adottivo ha bisogno di lui?”.

Trunks abbassò lo sguardo, incapace di rispondere.

“Rispondi!” esclamò Blitz, colpendolo con un ginocchio e scaraventandolo a terra, dolorante.

Sentì il fianco bruciargli intensamente, tanto da non riuscire ad alzarsi immediatamente e a reagire con prontezza. Come si aspettava, un altro calcio lo raggiunse nello stomaco, simile ad un’arma di piombo che si infila nella carne. Non riuscì a trattenere un grido.

 

“No, no…” mugolò Pan mentre le lacrime si mescolavano al sangue ormai secco che aveva sul volto. “Ci ucciderà tutti, ci massacrerà uno ad uno…”.

La speranza la stava progressivamente abbandonando. Solo suo nonno avrebbe potuto porre rimedio a situazioni come questa. L’aveva sempre fatto. Ma adesso lui non c’era, e dopo aver ridotto lei e suo zio ad uno straccio, quel mostro avrebbe massacrato anche Trunks, e dopo di lui suo padre…

E cosa ne sarebbe stato di tutto il pianeta?

“Tuo padre farà qualcosa, vedrai…” cercò di rassicurarla Videl, inginocchiata vicino a lei.

“No, mamma…non sai quanto è potente quella cosa…soprattutto ora che ha raggiunto la sua forma reale…”.

Videl tacque, non avendo modo di contraddirla. Lei non aveva combattuto direttamente con Blitz, ma sapeva valutare l’intensità dell’aura. E un’aura così intensa la ricordava appartenente solo ad una persona.

Colui che, qualche anno prima, era partito con il drago verso mete sconosciute.

 

Bra osservò la madre in aspettativa. Finalmente la sentì rivolgersi a qualcuno all’altro capo del cellulare.

“Sì, sono io, Bulma. Potete passarmi urgentemente Vegeta?”.

Ma la sua espressione speranzosa presto si tramutò in una smorfia di delusione.

“Non avete idea di dove sia andato? Non ha lasciato detto niente?”.

Bra intuì che la risposta doveva sicuramente essere negativa.

“Papà non è in casa, vero?” indovinò la ragazza, mentre Bulma richiudeva con nervosismo lo sportellino del cellulare.

“Già…la portineria l’ha visto uscire, ma non sa dove possa essere andato”.

“Bulma, sai che non possiamo fare affidamento su di lui…” intervenne Chichi, arrendevole.

“Se solo riuscissi a rintracciarlo e dirgli cosa sta succedendo…” spiegò Bulma, cercando di mantenere la calma e di nascondere il tremore delle sue mani.

“Papà verrà” esclamò Bra con fermezza. “Io lo so…lo sento. Papà non ci abbandonerà a questo inferno…”.

Bulma la guardò con un lieve sorriso, commossa dalla fiducia di sua figlia.

Vegeta…abbiamo bisogno di te…

 

Trunks si alzò. Aveva i muscoli arrossati e doloranti per i colpi incassati, ma si alzò.

Dimenticò gli ultimi anni di tranquilla vita sedentaria, di ozio fisico all’insegna di una massima concentrazione intellettuale…

Cercò dentro di se lo spirito che un tempo lo faceva divampare di energia, che ricordava così intensa ed emozionante solo ai tempi dell’infanzia, quel periodo a cui lo aveva ricondotto l’espressione ottimista e innocente di Goten, pochi attimi prima…quel periodo in cui essere figlio del principe dei saiyan era motivo di vanto per lui…e in cui, attraverso lo sfoggio di questa ereditarietà, si era guadagnato gli sguardi di implicito ma evidente orgoglio di suo padre…

Suo padre…

Si rialzò in piedi, stringendo i denti. Era stanco di essere attaccato passivamente. Se era la stirpe reale con cui Blitz voleva battersi, da quel momento ne avrebbe avuto il piacere…

Gridò ancora. Ma questa volta non per il dolore, ma per esplodere di energia e risplendere d’oro.

 

Gohan prese rapidamente in braccio il fratello, trasportandolo via dall’occhio del ciclone che stava per esplodere sul ring.

“Goten! Goten!” gridò Chichi andandogli incontro, riprendendo a piangere nel vedere le ferite del figlio inerme.

“Ha perso conoscenza, mamma…devo portarlo in infermeria!” spiegò Gohan.

“No!” protestò la donna, obbligando il saiyan a farlo distendere di fronte a lei. “Lascialo qui…nessuno mi separerà di nuovo dai miei figli, nessuno!”.

Gohan fissò la madre, preoccupato, per poi sentire la delicata mano di Videl sulla sua spalla.

“E’ la paura, tesoro…è la paura di perdere ancora qualcuno che la porta a delirare…” lo rassicurò sua moglie.

Gohan l’abbracciò, accarezzandole i lisci capelli neri sciolti lungo le spalle, cercando in quel contatto un barlume di speranza.

“Non possiamo continuare così…” mormorò Videl.

“Lo so”.

“Vi distruggerà uno ad uno, Gohan…”.

“Temo di sì”.

“Oh, cielo…no!” singhiozzò la donna.

Gohan si discostò da lei qualche centimetro, abbastanza da guardarla negli occhi.

“Ascolta, devo chiederti una cosa” le disse, stringendole il viso tra le mani.

“Cosa?” chiese lei in un sussurro.

“Dobbiamo rimetterci in forze, Videl, se vogliamo evitare che quest’alieno ci elimini definitivamente e prenda possesso del pianeta…”.

Videl lo ascoltò in silenzio, in aspettativa, gli occhi azzurri lucidi di lacrime fissi in quelli d’ebano di lui.

“Vola all’obelisco di Balzar…fatti dare i Senzu, i fagioli magici. Pan, Goten, Trunks…ne hanno bisogno…e presto anch’io”.

Quest’ultimo pensiero fece singhiozzare Videl, che scosse la testa con decisione.

“Come faccio a lasciarti qui, Gohan…ad andarmene mentre tu…”.

“Tesoro…puoi farcela”.

“Ma…”.

“Pensa ai vecchi tempi, Videl…quando facevamo tutto in due…eravamo una squadra, ti ricordi?”.

Videl annuì, accennando un debole sorriso tra le lacrime.

“Io per te e te per me, ricordi?”.

“Io per te e te per me…” ripetè lei, annuendo.

“Ok…vai, ora…io ti aspetto qui”.

Videl lo baciò, sfiorando con le labbra tremanti quelle del suo uomo.

Si separò da lui, riluttante, osservandolo poi tornare verso il ring, mentre si asciugava le lacrime preparandosi a partire.

“Aspetta, Gohan!”.

Fu il richiamo di Bra che lo indusse a girarsi di nuovo indietro. Il saiyan guardò la ragazza, con aria interrogativa.

“Posso combattere” annunciò lei con voce tremante.

“Bra…” mormorò Bulma. “Che stai dicendo…”.

“Posso contribuire anch’io a tenere occupato quel mostro, in attesa che arrivi mio padre!” continuò.

Gohan fece qualche passo verso di lei, con aria grave.

“Chi ti dice che tuo padre verrà qui?”.

“Lo so…ne sono sicura”.

“Anche se fosse, Bra, non sei in grado di reggere il confronto con quella cosa”.

“Posso tentare…qualcosa posso pur fare anch’io, no?” protestò ostinata.

Gohan, la cui tranquillità cominciava ad esser messa duramente alla prova da tutta quella situazione, afferrò da dietro le spalle della ragazza e la condusse con decisione a fianco di Goten, spingendola ad osservare la gravità del suo stato.

“Guarda!” esclamò concitato. “Lo vedi come ha ridotto mio fratello? Lo vedi? Era anche super saiyan, lui!”.

Bra rabbrividì, fissando impotente il volto ed il corpo di Goten straziato dagli attacchi senza pietà dell’alieno. Percepì il suo stomaco avvolgersi in un nodo.

“Non puoi fare niente qui, Bra…adesso Blitz se la sta prendendo con tuo fratello, e ha giurato che non continuerà con me prima di eliminare la stirpe reale”.

Bra spalancò gli occhi terrorizzata, mentre Bulma si faceva sfuggire un’esclamazione di disperazione.

“Và con Videl…devi andare via da qui, o presto quel mostro individuerà anche te!”.

Bra tremava, incapace di rispondere. Si limitò ad annuire, deglutendo pesantemente. Lanciò un ultimo sguardo a Goten, ancora incosciente, per poi decidersi a raggiungere definitivamente Videl e a spiccare con lei il volo verso il cielo.

 

Continua…

 

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Capitolo 9
*** Rabbia e oro ***


Capitolo 8

Capitolo 8

 

 

Videl e Bra volavano a velocità sostenuta, solcando il sereno cielo azzurro che a tutto faceva pensare meno che alla giornata in cui, per il genere umano, avrebbe potuto iniziare un’epoca di soprusi e schiavitù.

Per un po’ rimasero entrambe in silenzio, ognuna delle due immersa nei propri pensieri.

Videl non riusciva a darsi pace per aver lasciato suo marito e sua figlia in balia di quel mostro. Non che lei potesse fare niente di concreto per aiutarli…sapeva che una semplice terrestre non poteva fare praticamente niente contro qualcuno persino fuori della portata di un saiyan…ma era l’idea di esser lì con loro che l’avrebbe rassicurata, la sua semplice presenza sarebbe bastata per convincerla che la sua famiglia non era sola, che lei era lì, a ricordare loro che li amava…

Cielo, quanto li amava…

Rabbrividì al pensiero che il suo Gohan poteva scendere in campo da un momento all’altro, mentre lei era lontana, senza un’ultima parola, senza un ultimo sguardo in cui lui avrebbe detto: “Tornerò, tesoro”…

Gohan…

Lo amava come mai avrebbe creduto esserne capace. Non avrebbe mai immaginato di innamorarsi di un tipo come lui…Gohan era un uomo semplice, serio, di una generosità infinita…così modesto nonostante la sua intelligenza e il suo potere fuori dal comune…un marito ideale e un padre meraviglioso…capace di amarti in modo dolce e sincero…

Certe volte si chiedeva se meritasse davvero un uomo come lui…non trovava difetti, al suo Gohan…la sua unica colpa era avere metà sangue saiyan nelle vene e sentirsi responsabile del destino della Terra.

Ma come avrebbe potuto fare a meno di lui…

“Avresti veramente combattuto con l’alieno?” chiese a Bra, cercando di spezzare il silenzio che le aveva avvolte dalla loro partenza per l’obelisco di Balzar.

Bra si voltò distrattamente verso di lei, tentando di riprendere contatto con la realtà.

“Io…non lo so” ammise. “Sarebbe stato il mio primo incontro con un nemico vero…con mio padre e mio fratello erano solo simulazioni…e mi facevano vincere sempre”.

Questo ricordo la fece leggermente sorridere, e Videl ricambiò altrettanto.

“Mi hanno cresciuta come nella seta…mi hanno sempre risparmiato tutto…”.

“Ti vogliono bene…”.

“Lo so, anche a mio fratello ne vogliono, ma lui ha sempre combattuto”.

“Ricordati che sei anche femmina…”.

“Già, ma anche tua figlia lo è, eppure lei è sempre presente nel campo di battaglia!”.

Videl sospirò, pensando che Pan si era sempre ribellata alla loro volontà di lasciarla in disparte, al sicuro, e che aveva sempre fatto di tutto per combattere a fianco degli altri saiyan, per sentirsi parte di loro, sebbene spesso le fosse impedito.

“E tu, Bra, vorresti aver avuto le stesse opportunità in battaglia?” chiese infine.

La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo. Pensò e ripensò ad una possibile alternativa del suo modo di essere, se solo le fosse stata data più libertà…ma non ci riuscì.

Capì allora che se era stata cresciuta come una piccola principessa era perché lei aveva voluto così. Era sempre stata orgogliosa di essere la figlia del principe dei saiyan, e i suoi la trattavano come tale, senza dover fare niente per meritarsi quel titolo appartenente esclusivamente a suo padre…non le piaceva allenarsi seriamente, e mai le erano state fatte pressioni…

“No” rispose. “Sono stata io la prima a volere così…non mi sono mai curata di imitare gli altri saiyan”.

“Non è detto che un saiyan debba sentirsi tale solo in battaglia” la contraddisse Videl. “Io non ho il vostro sangue, ma ormai vi conosco abbastanza per capire che sono tanti i modi per esternare ciò che avete ereditato…”.

“Ossia?”.

“Lo spirito, per esempio. E’ lo spirito che contraddistingue un saiyan…la forza è solo una sua conseguenza”.

Bra riflettè su quell’affermazione, pensando che in effetti l’alieno aveva individuato la natura del suo sangue solo grazie ad impulsi spirituali.

“Ma adesso…cosa posso fare, in questa situazione, oltre che a fuggire?” chiese.

“Seguirmi all’obelisco per i Senzu, per esempio…” sorrise Videl. “Neanche io volevo andarmene da lì, ma questo è l’unico modo in cui posso davvero aiutare Gohan e gli altri e dare il mio contributo per la salvezza del pianeta. Certe volte vorremmo poter fare di più…ma in realtà possiamo solo cercare di fare nel miglior modo possibile ciò di cui siamo in grado…”.

Bra annuì, sorridendo, trovando le parole di Videl di una verità assoluta, sebbene non riuscisse ancora ad accettare il fatto di poter fare ben poco. Percepì nello sguardo della donna, mentre volava controvento, al suo fianco, una punta di ansia, che cercava di reprimere nel tentativo di rassicurare lei, turbata da inutili interrogativi sulla natura saiyan mentre i loro cari si battevano per il bene dell’umanità.

“Vedrai, mio padre verrà” affermò, nel tentativo di consolarla a sua volta.

Videl si voltò verso di lei, dubbiosa.

“Vorrei che fosse così”.

“Lo sarà…come ho detto, non sono brava in battaglia, ma queste cose le sento…e papà verrà, distruggerà quella cosa e salverà noi ed il mondo intero”.

 

Trunks strinse i pugni, assaporando ad occhi chiusi il potere che stava fluendo attraverso il suo corpo, mentre la trasformazione si rendeva evidente dal bagliore che lo avvolgeva.

Notò che l’espressione dell’alieno non era cambiata, lui lo guardava ancora senza esternare un’emozione, un dubbio, una punta di ansia. Si limitava ad attendere la sua mossa e a calcolare il contrattacco.

Si scagliò contro di lui, fingendo di attaccarlo frontalmente per poi sorprenderlo, tramite un movimento invisibile ad occhio nudo, alle spalle. Blitz barcollò in avanti, preso alla sprovvista, ma si girò subito con gli artigli argentei puntati verso il suo petto, nel tentativo di squarciare i suoi muscoli come aveva fatto con Ub. Trunks intuì il movimento, sollevandosi appena in aria, schivando l’attacco che vibrò inutile sotto i suoi piedi, fendendo soltando l’etere. Il saiyan rimase sospeso, levitando al di sopra della testa del mostro. Questo attese, guardandolo volare oltre la sua capacità di raggiungerlo.

Bene. Non era capace di volare. Un elemento a suo vantaggio, finalmente.

Se Blitz poteva difendersi impeccabilmente attraverso la sua armatura corporea di metallo, impenetrabile anche agli attacchi più intensi, lui adesso poteva sfruttare quella interessante scoperta non solo per difendersi, ma anche per attaccare…

 

Marron osservò con ansia il monitor della piccola tv. La situazione sembrava piuttosto grave, e Pan, Goten, e adesso Trunks ne avevano già fatte le spese.

“Acqua…” sentì mormorare alle sue spalle.

Ub si era svegliato. Grazie al cielo, era di nuovo cosciente.

“Ecco, Ub, bevi” lo esortò appoggiandogli il bicchiere alle labbra. “Così, piano…”.

Il ragazzo bevve assetato per la disidratazione, dovuta all’imponente perdita di sangue che aveva subito. Per fortuna l’emorragia si era definitivamente fermata.

“Grazie” mormorò, con voce ancora debole.

Marron rispose con un sorriso rassicurante.

“Non devi. Sono un’infermiera, è mio dovere occuparmi dei pazienti…nel tuo caso, poi…come si fa a non aiutare un amico”.

Il ragazzo la guardò, perplesso.

“Scusa…ci conosciamo, forse?”.

“Probabilmente non ti ricordi…è troppo tempo che non ci vediamo” spiegò la ragazza. “Sono Marron, figlia di Crili…la mia famiglia era molto vicina ai Son e ai Brief, che tu conosci così bene”.

“Figlia di Crilin, hai detto?” chiese Ub, ritrovando un’immagine nella memoria. “Ho capito…la ragazza bionda con i codini al torneo di arti marziali in cui incontrai Goku per la prima volta…”.

“Esatto” confermò lei annuendo.

Il ragazzo sorrise lievemente, quanto glielo permetteva il dolore ancora intenso delle ferite sull’addome. Improvvisamente, si ricordò di come e di chi lo aveva ridotto in quel modo.

“Vicking…che è successo? Oh no, che è accaduto dopo che…?”.

Marron fece segno al ragazzo di tranquillizzarsi, raccontandogli con calma quello che le aveva rivelato Trunks, la vera identità dell’essere, i suoi scopi malvagi, la sua forza impressionante che aveva già sconfitto alcuni dei saiyan.

Ub osservò atterrito le immagini sullo schermo, raffiguranti Trunks sospeso a mezz’aria con Blitz in attesa sotto di lui.

“E’ impressionante…l’aura che percepisco anche da qui è veramente impressionante…”.

“Su, adesso calmati…devi ancora riposare!” lo rimproverò la ragazza, preoccupata per la sua agitazione.

Ub obbedì, riluttante, distendendosi di nuovo sul lettino. Marron, al suo fianco, mentre gli controllava delicatamente lo stato delle ferite, sembrava risplendere di luce propria, come se il suo tocco bastasse a sanare da solo tutte le ferite e il suo sorriso a eliminare ogni ombra del male che stava gravando sul mondo. Almeno lì, tra le mura di quell’infermeria.

Ecco l’origine di quella visione angelica che aveva percepito prima, sospeso tra la vita e la morte…lei, il suo viso, il suo sorriso…era questo che lo aveva esortato a scegliere la prima strada…

 

Trunks avvicinò i palmi delle mani, iniziando a raccogliervi una calda sfera di energia. L’alieno era ancora lì, in aspettativa. Strano. Ancora nessun terrore nei suoi occhi. Ma non se ne curò, dal momento che quella cosa sembrava possedere un’unica, piatta espressione.

Allontanò lentamente le mani, via via che la sfera gialla si ingrandiva di fronte a lui.

Gustò la sensazione di averlo in pugno, di poter finalmente vendicare il fatto di essere stato deriso, insieme a suo padre, da una creatura malvagia che meritava solo di morire. Per dimostrargli che i saiyan non uccidono senza un motivo. Non più ormai.

Era il momento. Lanciò la sfera d’energia aiutandosi con entrambe le mani, cercando di scagliarla con la massima velocità e precisione.

Dal basso si sollevò una nuvola di polvere, illuminata dal bagliore che l’impatto dell’onda aveva causato. Blitz giaceva immobile, a faccia in giù, sul pavimento annerito del ring. Piccole scariche elettriche blu correvano lungo tutto il suo corpo, ricreandosi e scomparendo come serpentelli impazziti sulla superficie metallica.

“Trunks!” fu la voce di Gohan a chiamarlo, mentre correva verso di lui. “Tutto bene?”.

“Sì…” rispose affannato. Il suo sguardo continuava a fissare il corpo inerme dell’alieno, gli occhi velati da una crescente ansia. Stava trattenendo il respiro.

“Cosa sono queste scariche, Gohan?” chiese con agitazione.

Gohan osservò con ansia e concentrazione lo strano fenomeno notato da Trunks. L’attività elettrica intorno al corpo sembrava crescere di secondo in secondo.

“Trunks!” gridò Bulma, avviandosi verso il ring, nell’intento di raggiungere il figlio.

“Fermati, Bulma!” la ammonì Gohan, facendole un rapido segno di restare dov’era, più lontano possibile da lì.

Non ebbe il tempo di voltarsi di nuovo verso Trunks e intuire ciò che stava accadendo, che Blitz, improvvisamente rialzatosi, si era scagliato sul ragazzo, sovrastandolo a terra. Il saiyan fece un grido strozzato, mentre le forti mani metalliche dell’alieno stringevano fermamente il suo collo.

Gohan si gettò su di lui, colpendogli ripetutamente la schiena, nel tentativo di liberare Trunks dalla sua stretta mortale.

Non ci riuscì. Blitz incassava i colpi senza spostarsi di un millimetro. A quanto pare gli attacchi fisici erano quasi inutili, ma un attacco energetico avrebbe potuto colpire anche Trunks. Non poteva rischiare…

Finalmente ebbe l’occasione di attaccare nel momento in cui Trunks, aiutandosi con i ginocchi, riuscì a colpire l’addome dell’alieno in modo da farlo discostare leggermente da lui per reazione istintiva. Fu allora che Gohan scagliò una nuova sfera, che colpì in pieno il mostro da distanza ravvicinata.

Blitz rotolò di qualche metro, cadendo dal bordo del ring. Dalla loro posizione riuscivano ad intravedere i riflessi delle piccole e rapide scariche elettriche che continuavano ancora a diramarsi sul corpo.

“Come va, sei ferito?” chiese Gohan, vedendo Trunks tenersi il collo dolorante e tossire insistentemente.

“No…” rispose il ragazzo con difficoltà. “Non preoccuparti…”.

Si girarono entrambi istintivamente, per vedere Blitz che, come insensibile a quel potente attacco, si rialzava da terra e saliva di nuovo sul ring. Le sue braccia, le sue gambe, il suo collo risplendevano del blu elettrico delle piccole scariche.

“Non è possibile…” mormorò Trunks fissando la scena terrorizzato.

No…non poteva essersi rialzato di nuovo…e questa volta, anche più rapidamente della prima…

Ciò era privo di alcuna logica…Gohan sapeva che le onde d’energia infierivano un danno tale che, se non riuscivano a neutralizzare i nemici più forti, almeno li lasciavano privi di forza e di coscienza per un bel po’…

“Ok, adesso lancerò il colpo di grazia!” annunciò Trunks sollevandosi qualche metro da terra ed iniziando di nuovo a raccogliere energia. “Allontanati, Gohan!”.

Gohan scese dal ring, tormentato dalla serie di dubbi che gli affollavano la mente.

Come poteva spiegare un tale fenomeno?

Trunks levitava in alto, alimentando con rapidità una pulsante sfera energetica, probabilmente più potente delle precedenti, nella speranza di mettere definitivamente a tacere quell’essere malvagio.

Ma c’era qualcosa che non quadrava…

Gli attacchi fisici non danneggiavano tanto l’alieno, ma quelli energetici, di gran lunga più potenti, sembravano non scalfirlo affatto…anzi…parevano farlo reagire con ulteriore forza e motivazione…

La sfera, tra i palmi di Trunks, era di dimensioni largamente sufficienti per un attacco definitivo…portò le braccia all’indietro, per dare maggiore forza al lancio, pronto per scaraventarla sull’alieno…

Blitz era sotto di lui, non fuggiva, non tentava di scampare all’attacco, se ne stava lì, in attesa…come se…come se…

“Trunks, fermo!” gridò Gohan con tutta la forza che aveva.

Ma ormai la sfera era stata lanciata, e andava ad investire il mostro con una potenza micidiale.

Il pavimento del ring cedette definitivamente, mentre Blitz rimase in piedi ad assimilare l’onda, ad occhi chiusi, come traesse assoluto piacere dal formicolio di scariche elettriche che ricopriva il suo corpo.

Gohan l’aveva capito troppo tardi…

Blitz non veniva danneggiato dagli attacchi energetici, bensì erano per lui come una linfa vitale…nuova energia che, grazie alla natura del metallo di cui era fatto il suo corpo, particolarmente adatto per la conduzione, accumulava per curare i danni subiti e per poter riutilizzare a suo vantaggio…

Quest’ultima intuizione sorprese Gohan come una pugnalata allo stomaco, che, presa coscienza degli effetti di quella facoltà, cominciò a gridare: “Trunks, va via da lì, presto!”.

Trunks, ancora confuso per non aver arrecato alcun danno all’alieno, si abbassò di nuovo.

“Cosa c’è Gohan, io non capisc…”.

Ma in un attimo Blitz lo afferrò per le braccia, serrando la stretta come se le sue mani fossero una pinza mortale.

“Trunks, no!”.

Le scariche blu stavano risalendo dalle sue gambe e dal suo collo, per accumularsi in prossimità delle braccia, refluire alle mani e trasferirsi sui muscoli di Trunks, che cominciarono a vibrare come sottoposti ad un elevato voltaggio.

Gli occhi del saiyan erano spalancati in una visione di terrore, ma era paralizzato dall’energia distruttiva che invadeva il suo corpo, come una scossa elettrica che colpisce e non risparmia.

 

“Trunks!” gridava Bulma a squarciagola, mentre incurante degli ammonimenti di Chichi si metteva a correre verso il ring. Cosa avrebbe potuto fare lei, semplice terrestre, contro una creatura di tale livello? Ma una madre che assiste alla distruzione di un figlio…nessuno può immaginarne la determinazione…

“Fermati, Bulma!” la rimproverò Gohan, riuscito ad afferrarla mentre si dirigeva verso una fine certa.

“Lasciami Gohan, devo aiutare mio figlio!” continuò lei decisa, dimenandosi per liberarsi dalla stretta del saiyan.

Gohan la lasciò agitarsi, divincolarsi, urlare e protestare. Se fosse salita sul ring, per lei non ci sarebbe stata speranza.

 

Trunks lasciò cadere il collo all’indietro, gli occhi ancora spalancati per la scossa che ancora agitava il suo corpo con degli scatti di attività elettrica.

Pan osservò la scena senza riuscire ad urlare, a piangere, a muoversi. Sentiva le grida di disperazione di Bulma, gli ammonimenti di suo padre sussurrati cercando di nascondere la paura che lo attanagliava, i pianti sommessi di sua nonna a fianco di suo zio non ancora cosciente…

Questi suoni le giungevano come una musica lontana, una macabra colonna sonora a fare da sfondo ad immagini tanto dolorose da sembrare irreali, come un sogno che si svolgeva davanti ai suoi occhi, dove lei era incapace di reagire, bloccata dal terrore, dalla disperazione, dalla rabbia più nera…

Sobbalzò quando, inaspettatamente, l’alieno scaraventò violentemente il ragazzo giù dal ring, che rotolò ad un metro da lei.

Percepì il grido di Bulma in lontananza, mentre brividi nervosi la invadevano rapidamente ed un terrore trattenuto le faceva tremare le labbra. Raggiunse carponi il corpo inerme di Trunks.

Lui era disteso a terra, con gli occhi spalancati in uno sguardo vuoto verso il nulla, le braccia, il petto, l’addome ancora vibranti di rapide scariche blu.

“No…” mormorò in un sussurro, scuotendo la testa debolmente.

Non poteva essere…

Toccò indecisa la sua pelle, incurante delle piccole scosse che le trasmetteva il contatto con le scariche elettriche in via di estinzione. Cielo, i suoi muscoli erano rigidi come legno…

No, Trunks, no…

Lo scosse con delicatezza, poi con più decisione, quindi violentemente.

“Trunks! Trunks!” lo chiamò con voce concitata.

Ma lui non rispondeva, non reagiva…

Era morto…Trunks era morto…

“No!!” gridò con voce ancora fioca per le recenti ferite ricevute, continuando a scuoterlo, scuoterlo, scuoterlo ancora, come se solo la sua semplice volontà potesse riportarlo di nuovo in vita…

Finalmente Gohan aveva lasciato andare Bulma, che si gettò sul figlio, incredula, riversando lacrime inutili sopra il suo viso contorto da quell’espressione di morte, mentre Gohan afferrava le spalle di sua figlia tirandola indietro da quell’immagine straziante, mentre la ragazza urlava con tutta la forza che aveva in petto, stringeva i pugni e si abbandonava al pianto più disperato.

“Pan…calmati tesoro…”.

“No!!! No!!!” gridava la ragazza, quasi impazzita, che si dimenava contro la sua stretta protettiva nonostante il suo stato ferito ed indebolito dal recente scontro.

Tra le lacrime, al di là del corpo privo di vita di Trunks, se ne stava il mostro, beffardamente immobile e fiero che assisteva con estrema soddisfazione al loro dolore, alla perdita irrimediabile del loro Trunks…

“Non dovevi!!” gridò la ragazza con voce piena di odio, il volto grottescamente mutato per l’agitazione.

Sembrava che mille frecce infuocate le trafiggessero l’addome…sentiva crescere il fuoco dentro di lei, il fuoco amaro ed omicida della vendetta…l’intenso calore della rabbia, che si sostituiva di getto al terrificante gelo della paura, la portò ad urlare d’istinto, a serrare maggiormente i pugni fino a far penetrare le unghie nei palmi delle mani che si tingevano del suo sangue…

Strinse gli occhi, alzò il volto al cielo…

…e il fuoco finalmente esplose.

 

“Oh santo cielo…” mormorò Gohan, che non era riuscito a trattenere la figlia ed era stato scaraventato a terra dalla sua esplosione di energia.

Non credeva ai suoi occhi…

Pan, che si era gettata verso l’alieno ancora urlante, aveva i capelli del colore dell’oro e gli occhi risplendenti dell’azzurra luce dei super saiyan…

Aveva raggiunto il livello…la rabbia l’aveva portata a tanto…

La vide investirlo di pugni, di calci, di attacchi senza ogni logica e schema, suggeriti solo dall’istinto di vendetta, unica valvola di sfogo all’estremo dolore che inghiottiva il suo cuore.

 

Bulma sollevò amorevolmente la testa di suo figlio, appoggiandola delicatamente sul seno, cullandolo in un sonno che sarebbe stato per sempre, mentre si abbandonava ad un fiume di lacrime senza fine…

Poi qualcosa le solleticò il braccio…le dita di una mano di Trunks si mossero debolmente, unico segno della vita che ancora risiedeva in suo figlio, tutto il resto del corpo ancora immobile e irrigidito per la scossa subita.

La donna sorrise tra le lacrime, singhiozzò, ripetè il suo nome sollevata, ringraziando il destino per avere ancora il suo Trunks…

 

Non riusciva ancora a rilassare i suoi muscoli, rimasti contratti in seguito all’attacco energetico. Sentiva il dolce tocco delle carezze di sua madre, che piangeva e sorrideva allo stesso tempo, stringendolo maternamente al suo petto…quei gesti che aveva cominciato a rifuggire alle soglie dell’adolescenza, considerati ormai troppo infantili, adesso gli davano una sicurezza infinita, un calore familiare che piano piano scioglieva come miele il suo stato di paralisi…

Sentì i suoi occhi reidratarsi di nuovo, e finalmente riuscì a sbattere le palpebre, a mettere meglio a fuoco l’ambiente.

Ma probabilmente non era ancora pienamente cosciente…con la coda dell’occhio, quasi fosse ancora proiettato in un angolo di sogno, vedeva una guerriera con i capelli d’oro affrontare un mostro da sola…lo stesso che minacciava di impossessarsi del mondo…

 

Pan picchiava, picchiava…non sapeva esattamente cosa stava facendo, se stesse mettendo davvero in difficoltà l’alieno o se i suoi attacchi fossero completamente inutili, lei si limitava a picchiare, scalciare, urlare, sfogare quell’energia che era esplosa da dentro di lei a causa di troppe emozioni accumulate…paura, rabbia, dolore, disperazione…

Era stato come accendere la miccia di una bomba…presto o tardi, l’ordigno sarebbe esploso…

Ma dopo lo schianto, gli ultimi bagliori di energia la stavano abbandonando, sentiva i suoi muscoli tornare deboli, e ciuffi di capelli ormai neri le ricoprivano di nuovo il volto ferito…

Quasi non si accorse del colpo infertole dal mostro, che la scagliò come uno straccio giù dal ring, priva ormai di qualsiasi bagliore d’oro…

Rimase a terra, volta in giù, stringendo gli occhi e lasciando di nuovo spazio alle lacrime.

Era riuscita a diventare super saiyan, anche se solo per pochi secondi…

Era stato il suo sogno fin da quando era bambina, vedendo gli altri ricoprirsi d’oro e godere di una forza molto superiore, cosa che lei poteva solo immaginare…le era sempre stato detto che le femmine saiyan probabilmente non ci sarebbero mai riuscite…

E ora era successo, ma non le importava niente, niente, Trunks era morto e neanche il raggiungimento del livello lo avrebbe riportato tra loro, voleva solo piangere, urlare e gridare se solo avesse avuto ancora voce…

Poi sentì la voce di Bulma, a pochi metri da lei: “Pan…”.

Si girò riluttante, non voleva vedere ancora lo sguardo senza vita di Trunks nei suoi occhi orribilmente spalancati…ma lui era disteso sulle ginocchia della madre, girato leggermente verso di lei…gli occhi ora erano socchiusi, lucidi, e il suo volto era nuovamente illuminato da un debole sorriso…e poi…il suo braccio si allungò nella sua direzione, quasi a farle segno di raggiungerlo…

Osservò la scena di nuovo come se fosse un sogno, ma questa volta non era un incubo, era un sogno vero e proprio, un bellissimo, sollevante sogno…

Neanche lei seppe come, ma trovò la forza di raggiungerlo tra le braccia di Bulma, ritrovandosi a stringergli il braccio, aggrappandosi a lui tenacemente, come a volerlo trattenere, a non lasciarlo andar via di nuovo dove non poteva raggiungerlo, e intanto versava lacrime di gioia, perché anche se Trunks non era ancora in grado di parlarle sapeva che stava bene, che era di nuovo tra loro, che la luce nei suoi occhi era ancora viva e brillante come sempre…

Trunks…

 

Gohan era di nuovo sul ring, faccia a faccia con l’alieno. Il suo sguardo non era più disponibile e in vena di trattative come prima…ora era accigliato ed arrabbiato…

“Ora basta” scandì il saiyan.

Il tempo della diplomazia era terminato…adesso veniva quello delle maniere forti…

“Basta…che cosa?” chiese Blitz con finta ignoranza.

“Basta a te, alle tue idee, a tutti i danni che hai causato fino ad ora!”.

“Ti riferisci ai tuoi simili che hanno osato intralciare i miei piani ed hanno avuto la giusta ricompensa?”.

“Quelli non sono miei simili…sono miei parenti o miei amici…e tutta quella gente che hai fatto sparire…la maggior parte non li conosco nemmeno, ma tengo a loro, hai capito? E sai perchè?”.

Gohan fece un passo avanti.

“Perché condividiamo lo stesso pianeta…le stesse gioie, gli stessi dolori! Siamo tutti soggetti agli stessi mali, agli stessi pericoli, e solo sentendosi tutti fratelli, tutti parte della stessa, grande famiglia potremo aiutarci gli uni gli altri per il bene comune!”.

L’alieno osservò il saiyan con distacco, quasi che quelle parole, pronunciate con il cuore e con il fervore della rabbia non suscitassero in lui alcuna reazione, di nessun tipo.

“Tu non hai sangue reale…eppure sembri quello che comanda, qui tra voi” osservò.

“Io non comando affatto…questi sono termini che solo tu puoi concepire…ho solamente più esperienza…molte volte ho visto la Terra minacciata da tipi come te”.

L’alieno sembrò far trasparire una punta di stupore.

“Ma sai come è finita?” continuò Gohan con veemenza. “Sono sempre stati sconfitti…non importava quanto potenti fossero, noi abbiamo sempre trionfato…perché in ballo non c’eravamo solo noi, c’era il destino di tutta la gente, di tutto il nostro pianeta…basta solo questo a darti la forza e lo spirito giusto”.

“Hai finito?” protestò Blitz. “Così vediamo se l’amore per il tuo popolo basterà a salvarti la pelle!”.

 

Bra volava spedita sulla via del ritorno, stringendo tra le mani il sacchetto con i Senzu. Fortunatamente i fagioli magici erano appena maturati, Balzar aveva insistito perché non fossero ancora pronti per la raccolta, che ci sarebbe voluto ancora qualche giorno, ma lei e Videl gli avevano spiegato che si trattava di un caso di estrema urgenza, che ancora una volta c’era in ballo la salvezza del pianeta, e quindi il gattone bianco non aveva avuto scelta.

Videl si abbassava progressivamente di quota, piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte. Dopo un po’ planò definitivamente a terra, sedendosi esausta sull’erba verde.

“C’è qualcosa che non va?” le chiese la ragazza raggiungendola in basso.

Videl si asciugò la fronte con la manica della camicetta, respirando affannosamente.

“Mi dispiace Bra…non ce la faccio a continuare…non ho la resistenza di voi saiyan, e per me reggere il viaggio di andata è stato fin troppo”.

“Ok, ci fermeremo per un po’ a riposare…”.

“No!” la contraddisse Videl. “Faremo tardi”.

“Ma nel frattempo, mio padre…”.

“Non possiamo affidarci a quest’ipotesi, Bra…lui non sa nemmeno cosa sta succedendo…continua tu, devi consegnare i Senzu prima possibile!”.

“Ma tu?”.

“Non preoccuparti per me…devi pensare agli altri che stanno combattendo, adesso”.

Bra guardò la donna non troppo convinta. Nei suoi occhi leggeva la paura, il desiderio di tornare accanto alla sua famiglia, di essere lì di persona per sostenerli ed occuparsi di loro…riusciva quasi a percepire l’angoscia che poteva provare al solo pensiero di rimanere a miglia lontana da loro, senza sapere cosa sarebbe accaduto…Non poteva lasciarla lì, da sola in balia delle proprie paure…

“Ok…ti porterò io!”.

“Cosa?”.

“Basterà che ti tieni a me…ci penserò io a volare”.

“Stai scherzando? La tua velocità si ridurrebbe drasticamente!”.

“Non più di tanto…e poi, io non ti lascio qui…Gohan ha bisogno anche di te, oltre che dei Senzu”.

Videl sorrise debolmente. La fiducia che le trasmetteva quella ragazza era incredibile, di un’intensità travolgente…

Lo spirito saiyan…

 

    Continua...

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Capitolo 10
*** L'ultima speranza ***


Capitolo 9

Capitolo 9

 

 

Correva ridendo su per la collina, il viso riscaldato piacevolmente dal caldo sole del primo pomeriggio. L’erba alta gli solleticava piacevolmente le gambe, nude dal ginocchio in giù, fin dove arrivavano i calzoncini estivi notevolmente più comodi degli usuali abitini tradizionali, che solo per quel giorno sua madre aveva finito per concedergli. Ogni tanto si voltava indietro, scorgendo il sempre sorridente volto della familiare figura paterna, che fingeva affettuosamente di non riuscire a raggiungerlo, ansimando faticosamente e facendo finta, di tanto in tanto, di perderlo di vista tra gli sconfinati pendii dei Paoz.

Alla fine l’avrebbe in qualche modo acchiappato, tra le risa cristalline del ragazzino che si lasciava cadere giocosamente sull’erba morbida, popolata di farfalle, api e piccole coccinelle. Si sarebbe gettato goffamente al suo fianco, arruffandogli con le grandi mani i capelli in un gesto d’affetto, mentre nell’aria si diffondeva il buon odore delle ricette della mamma, suggerendo l’avvicinarsi dell’ora di merenda…

Gohan provò una tale malinconia nel perdersi in questi ricordi che ebbe la sensazione che il suo cuore, e tutto il suo contenuto, si stesse svuotando per sempre.

Alla sua mente erano ritornate le dolci immagini della sua infanzia, dei semplici episodi quotidiani che lo facevano sentire come un qualsiasi altro bambino del mondo.

Perché in realtà, lui non era mai stato come gli altri bambini. Lo aveva sempre saputo. Almeno da quando, molti anni prima, nonostante la sua giovane età non gli permettesse di capire pienamente la vera identità di suo padre, aveva sperimentato la sua diversità in occasione dell’arrivo di Radish.

E da allora, la sua vita non sarebbe più stata quella di un comune bambino. Lui era figlio di un saiyan.

Non l’aveva voluto lui. Era il destino che aveva deciso così. Gohan avrebbe voluto rotolarsi nell’erba e scherzare con il suo papà per sempre, o almeno per tutta l’infanzia come avrebbero fatto tutti i suoi coetanei…ma la sorte aveva scelto di fargli un dono, un dono che lui non aveva richiesto, ma di cui avrebbe presto dovuto assumersene le piene responsabilità…

Era cresciuto prima del tempo. Aveva dovuto farlo…per i suoi cari e per tutta l’umanità.

“Allora?” brontolò Blitz riportandolo con un brivido alla realtà.

Gli occhi di Gohan, inumiditi appena da lievi accenni di lacrime, tornarono seri e il suo sguardo si posò di nuovo grave ed intenso sulla figura del suo avversario, pronto per procedere allo scontro.

Non l’ aveva voluto lui…

 

Solo un brivido, accompagnato da un sommesso sospiro. Videl strinse gli occhi, non solo per difenderli dall’aria che le scalfiva il volto a gran velocità, ma soprattutto per reprimere l’imminente voglia di piangere.

“Tutto bene?” le chiese Bra, che continuava a sostenerla in volo, notando l’agitazione della donna.

“Gohan…” rispose Videl con un sussurro. “Ho sentito la sua aura ingrandirsi improvvisamente…”.

Un modo per dire, a malincuore, che era arrivato il turno di suo marito.

“Anch’io me ne sona accorta” confermò la ragazza. “Gohan sta combattendo, in questo momento”.

Videl trattenne a fatica un singhiozzo, ripetendosi che il suo Gohan non avrebbe mai voluto vederla così, ma forte e coraggiosa come se l’era sempre ricordata. Chissà se aveva mai capito che il suo atteggiamento era in molti casi una maschera, che tentava di nascondere la vera fragilità del suo cuore.

Bra le rivolse un lieve sorriso, sperando di rassicurarla, seppur una punta di terrore cominciasse ad invaderle i pensieri, rendendosi conto che, dal momento che Gohan aveva iniziato a battersi, suo fratello doveva essere già stato sconfitto. Fu sorpresa da brevi secondi di panico quando cercò di localizzare l’aura di Trunks, trovandola solo dopo un po’ e notevolmente indebolita.

Ma c’era…

Trunks era vivo, e anche tutti gli altri, adesso sarebbero arrivate loro a distribuire i Senzu e suo padre a mettere fine a quella brutta storia.

Perché lei non solo ci sperava…ci credeva.

 

Fasci di luce dorata si mischiavano a scariche blu elettrico, inondando il ring di un’insolita luminosità per le ore del tardo pomeriggio.

Gohan sapeva che non poteva usare attacchi energetici contro il suo avversario, dal momento che questo li avrebbe riciclati a suo vantaggio. Si limitava ad attaccarlo fisicamente, mantenendosi ad una debita distanza, per evitare che Blitz potesse trasmettergli una scarica mortale come aveva fatto con Trunks, vivo per miracolo.

Capì però che presto avrebbe dovuto cambiare strategia, quando l’alieno lanciò contro di lui, che in quel momento levitava a pochi metri da terra, una sfera di energia. Riuscì a spostarsi appena in tempo, ma l’onda lo sfiorò ugualmente al braccio, procurandoli un intenso bruciore. Si tenne l’arto con l’altra mano, stringendo gli occhi ed i denti, mentre la manica della sua camicia bianca cominciò a tingersi di rosso, una macchia di sangue che si faceva strada nella stoffa come un predatore affamato.

Blitz, in basso, occhi freddi e grigi puntati su di lui, attendeva…

Sua madre…Goten…sua figlia…Bulma e Trunks…distanti metri da lui, alcuni troppo indeboliti dalla battaglia, altri troppo deboli di natura per poter fare qualcosa, lo fissavano in aspettativa. Sguardi disperati e speranzosi leggeva nei loro occhi stanchi…

Improvvisamente, sentì un tale peso sulle spalle che ebbe la sensazione di avere addosso il mondo intero. E, in un certo senso, ce lo aveva davvero.

Calmati...ragiona...ci deve essere una soluzione...

Senza poter fare attacchi energetici, ma dovendoli solo subire, non poteva reggere per molto…Blitz era in grado di assorbirli grazie alla natura del suo corpo, che funzionava come un’enorme impianto elettrico, conduttore di corrente…

Tutti i sistemi che conducono corrente, però, possono tollerarla solo fino ad una certa intensità, altrimenti…

Sentì che forse c’era ancora una speranza. Forse c’era almeno una possibilità di salvare l’umanità dagli artigli di un essere senza patria né valori…

Era il momento di concentrarsi, di assumere una posizione che gli permettesse di sostenere il carico energetico e di riversare in esso tutta la rabbia che aveva nell’anima.

 

Chichi, con le mani giunte e gli occhi chiusi come se stesse pregando, tremava come una foglia sbattuta dal vento, sussurrando il nome di suo figlio. Pan, debole e distrutta come un fuscello, coperta di ferite e di polvere, trovava ancora la forza di sollevare una piccola borraccia per far bere Trunks e Goten, che le donne avevano fatto appoggiare al primo gradone delle tribune, nonostante non fossero ancora pienamente coscienti.

Adesso Bulma, con il fiato in gola ma conservando una certa lucidità, seguiva attentamente l’incontro, sperando da un momento all’altro di vedere quell’essere disgustoso disfarsi in un ammasso di polvere, la fine di tutti i nemici che, fino a quel giorno, avevano avuto la sfortuna di avere a che fare con un saiyan.

Rimase da primo sorpresa quando Gohan preparò un attacco energetico, viste le conseguenze che ciò comportava. Ma Gohan non era un tipo avventato, evidentemente sapeva cosa stava facendo…

“Ho capito…” esclamò infine, facendo alzare verso di lei gli occhi speranzosi di Chichi. “Vuole provocare un cortocircuito…”.

 

La sfera di luce si ingrandiva tra le sue mani, diventando sempre più calda e più compatta, finchè dovette allargare le braccia per riuscire a contenerla tutta. Più grande, sempre più grande…la resistenza del circuito dell’alieno non avrebbe retto una tale quantità di energia…

Ancora qualche  minuto…

 

Ub si sporse dal lettino, ammirando con trasporto ciò che vedeva attraverso il piccolo schermo, ancora sintonizzato su quello che restava dello stadio, mentre Marron, al suo fianco, aveva già da un po’ rinunciato ad ogni tentativo di tenerlo calmo.

“Non potrà sopravvivere a questo attacco…non questa volta” affermò il ragazzo.

“Lo spero di cuore…” mormorò l’infermiera, mentre l’ansia e la suspence crescevano nel suo petto.

Ub si voltò lievemente verso di lei, accennando un debole sorriso.

“Ma guarda…chi è ora quella agitata?” chiese, prendendola bonariamente in giro.

La ragazza arrossì, schivando il suo sguardo.

“Adesso la minaccia dell’alieno…prima tu che mi stavi per morire davanti agli occhi…” balbettò. “Come potrei essere tranquilla…”.

Ub le posò affettuosamente una mano sulla spalla, un piccolo ma significativo segno di ringraziamento sincero.

“Tu adesso non devi preoccuparti di niente. Hai fatto già molto per me…mi hai ridato la vita…e tra non molto, quest’incubo finirà…qualcuno vi metterà fine”.

Marron, consumata dalla tensione e dalla paura, ma sollevata dalle parole confortanti del giovane, unica sua ancora in quel momento di terrore, cercò istintivamente conforto tra le sue braccia, abbracciandolo incurante delle ferite ancora fresche sul suo corpo seminudo, incurante della compostezza professionale, incurante del rossore che le bruciava le guance…l’unica cosa a cui pensava, ora, era che, se fosse rimasta da sola in quella piccola, claustrofobia infermeria, mentre tutto il viavai che aveva popolato fino poco prima quei corridoi era misteriosamente scomparso e fuori era in atto una battaglia…se con lei non ci fosse stato Ub, qualcuno con cui condividere tutto ciò…di sicuro non ce l’avrebbe fatta…

 

La sfera aveva ormai raggiunto alcuni metri di diametro, e splendeva di una luce dorata sopra la testa di Gohan, che la sorreggeva appena con i palmi delle mani.

Adesso…era il momento…

“Allontanatevi!!” gridò, al di sopra del brusio provocato dalla sfera di energia, rivolto a Bulma e Chichi, troppo vicine al ring da rischiare di essere travolte dall’impatto.

Quando le due donne si furono allontanate, il saiyan guardò in basso, verso Blitz, nei cui occhi intravide, di sfuggita, come una punta di esitazione, forse di paura…

Fece quasi per spostarsi da lì sotto, rendendosi conto di essere un facile bersaglio, ma Gohan, dandosi la giusta spinta e calcolando la corretta traiettoria, lanciò il piccolo sole verso il basso.

Sebbene avesse messo in quel lancio tutta la forza possibile, la sfera avanzò lenta, inquietante, troppo grande e compatta per avere la velocità e la fluidità delle piccole onde energetiche. Invece di travolgere l’alieno e disperdersi su esso, lo schiacciò a terra, ellissandosi come se cercasse in qualche modo di esplodere. Ma non lo fece.

Coperto dall’enorme sfera energetica, Gohan non riusciva a vedere Blitz, ma senza dubbio doveva essere schiacciato al suolo, in evidente difficoltà a reggere il peso di quell’attacco, considerando anche che, tutt’intorno al punto di impatto, volavano via mattonelle del ring, lasciando al di sotto una vuota buca come se vi fosse appena caduto un meteorite.

L’uomo rimase sospeso nell’aria, sperando con tutto se stesso che l’intensità della sfera fosse stata sufficiente a mandare in tilt il sistema di conduzione elettrica di quell’essere. In caso contrario…non osò pensarci…

Quasi non se ne rese conto quando, in modo del tutto improvviso e violento, la sfera riacquistò la sua forma rotonda e fu catapultata verso di lui.

Lo travolse in pieno.

 

Ciò che vide Chichi le rimase impresso nella memoria, finchè visse, come una delle cose peggiori a cui dovette assistere come madre. L’immagine di suo figlio maggiore che veniva spazzato via come un manichino inerme e snodato, colpito dal suo stesso attacco riflesso, fu come un pugnale che le trafiggeva il suo cuore già malandato da parte a parte. Lo vide cadere oltre le gradinate più alte, probabilmente fuori dallo stadio…il suo cuore sembrò spezzarsi definitivamente, cedendo ad un pianto disperato, accompagnato dalle grida delle nipote, che tentava senza successo di rimettersi in piedi.

Bulma cinse le spalle alla donna, tentando di farle forza, ma tremando lei stessa.

Anche Gohan era stato sconfitto. Nessun altro di loro avrebbe potuto fare niente. Anche se si fosse lanciata come un proiettile contro l’alieno, il suo sarebbe stato solo un breve e del tutto inutile attacco suicida. Era una scienziata, e doveva guardare in faccia la realtà.

Si strinse ancora di più all’amica quando quell’essere, rialzatosi e soddisfatto della dipartita di un altro saiyan, si voltò verso di loro, fulminandole con il suo sguardo tagliente.

Adesso le avrebbe uccise…e con loro Pan, Trunks e Goten, troppo deboli per reagire…

Avanzò con passi lenti, misurati, come trovasse un estremo gusto nel vedere le loro facce traboccanti di terrore.

Per loro sarebbe stata la fine…per il genere umano l’inizio di una nuova epoca, segnata dal male e dalla schiavitù…

Era vicino…sempre più vicino…quasi sentiva il suo fiato metallico sopra di loro, mentre chiudeva gli occhi e si stringeva a Chichi, preparandosi di attimo in attimo a dire addio alla vita, quella vita che le aveva riservato tante sorprese e tanta felicità…

Ma all’improvviso un voce dal cielo, forte e decisa abbastanza da farle riaprire gli occhi, e concedere nuovo aria al cuore:

“Non ci provare”.

 

Videl, recuperate in parte le forze, aveva ripreso a volare da sola, spinta per prima cosa dall’ansia e dal terrore, che come carburante, in quel momento, erano più che sufficienti.

Avevano percepito un grosso impatto di natura energetica, e subito dopo un altro della stessa intensità, dopo di che l’aura di Gohan si era ridotta al tiepido calore di una candela che ha terminato il cerino. Lacrime le solcavano il viso, spinte via dal vento, ormai non riusciva più a trattenerle, mentre avvistavano l’isola in cui si teneva il torneo e si abbassavano di quota.

Erano giunte ormai nei pressi dello stadio, quando la donna intravide qualcuno a terra, a schiena in giù, la camicia imbrattata di sangue. Seppe subito che era il suo Gohan.

Atterrò inciampando, per la fretta di raggiungere il marito, gettandosi con un balzo a fianco dell’uomo, mentre Bra l’aiutava a girarlo dall’altra parte, in modo da poterlo vedere in faccia.

“Gohan…Gohan!” gridò, con la voce contorta in un singhiozzo.

“Vi…del…” uscì appena dalle labbra dell’uomo, spaccate da numerosi tagli, mentre cercava inutilmente di aprire gli occhi, sebbene uno fosse segnato da un profondo livido.

“Sono qui, tesoro, sono qui!” lo rassicurò la moglie, stringendolo al petto, accarezzandogli i capelli grigi per la polvere, e lasciandosi finalmente andare in uno sfogo misto di dolore e gioia.

“Tieni…dagli questo” le suggerì Bra, porgendole un Senzu estratto dal fagotto che avevano portato con loro.

Mentre si avviava verso l’interno dello stadio, per poter curare con i fagioli magici anche tutti gli altri, la ragazza sentì qualcosa che accolse come un soffio caldo al cuore, come una ventata di speranza…

Mentre accelerava il passo, mentre quasi senza accorgersene si metteva a correre come una bambina, sul suo volto si disegnava un sorriso di gioia, il suo cuore si metteva a martellare come un tamburo e nei suoi occhi traspariva tutta l’eccitazione e l’entusiasmo che riuscivano a trattenere.

Percorse rapidamente l’ingresso…salì a due a due gli scalini che portavano allo stadio…ed eccolo lì, la sua sagoma inconfondibile stagliata contro il cielo crepuscolare…eccolo lì, l’eroe che questa volta avrebbe salvato il mondo…

 

            Continua…

 

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Capitolo 11
*** Dono all'umanità ***


Capitolo 10

Capitolo 10

 

 

Occhi d’ebano profondi e minacciosi come le più sperdute profondità oceaniche, corpo tonico e scultoreo come se appartenesse ad un giovane di vent’anni, postura eretta e fiera come se chi avesse davanti fosse solo polvere dinanzi ai suoi piedi.

Lassù, all’altezza delle più alte gradinate dello stadio, la sua figura levitante emanava un’aura così vasta ed intensa da non poter appartenere ad altri che al famoso principe dei saiyan.

Blitz, la testa sollevata in alto, strinse i denti con rabbia.

“Tu…”.

Vegeta, dall’alto, incurvò leggermente un lato della bocca, accennando un sorrisetto canzonatorio.

“Dì la verità…speravi di non dovermi incontrare” lo sfidò.

L’alieno strinse i pugni lungo i fianchi.

“Ormai avete interrotto i miei piani…tanto vale che vi faccia fuori tutti…saiyan”.

L’aver pronunciato l’ultima parola con tale evidente odio, scatenò nel principe un’ironica risata, che risuonò tra i vuoti spalti dello stadio ormai segnato da lunghe ombre.

“Povero stupido!” rispose tra le risa. “Credi davvero che un disgustoso ammasso di ferro come te possa eliminare una dinastia come la nostra e giocare indisturbato a fare l’imperatore??”.

Blitz si accorse che stava tremando…non per la paura…era la rabbia che gli cresceva dentro…

Ma come osava quel pallone gonfiato alto la metà di lui offenderlo in quel modo? Nei suoi progetti di dominio assoluto, non avrebbe permesso che simili individui popolassero il suo mondo di servi…fortunatamente, quando avesse distrutto anche colui che si definiva principe di quei rompiscatole, nessun altro avrebbe potuto ribellarsi al suo potere…nessun altro…

“Sei solo un buffone!” continuò a provocarlo Vegeta. “Ti atteggi da essere superiore, che razionalizza tutto, che ha ogni cosa sotto controllo…dimmi, ti sei anche accorto che te la stai facendo sotto?”.

Basta…era troppo ciò che sentiva…troppo perfino per la sua capacità di non farsi coinvolgere dalle emozioni e dall’istinto…

Lanciò le braccia verso il cielo, ma da esse non partì niente, solo deboli scariche blu che morirono sui palmi metallici, incapaci di raggiungere l’avversario.

“Maledizione…” imprecò, perdendo definitivamente il controllo della situazione.

“Oh-oh…non dirmi che hai finito l’energia…” sorrise cinico Vegeta.

 

Ancora vicina a Chichi, ma non stretta a lei come qualche secondo prima, quando aveva temuto la loro fine, Bulma volgeva lo sguardo verso il cielo solcato dalle mille sfaccettature dei caldi colori del tramonto, gli occhi chiari ora colmi di nuova forza non perdevano mai di vista il marito, che con intelligenza e furbizia stava mettendo a dura prova la pazienza dell’alieno…

Era orgogliosa di lui…era orgogliosa perché era giunto in loro aiuto, orgogliosa perché adesso si preparava a sfidare il nemico con coraggio, orgogliosa perché…semplicemente perché era suo marito, e lei lo amava più di ogni altra cosa.

 

Blitz ringhiava, scalpitava, fremeva, ansimava…mai in vita sua aveva avuto una tale crisi…

“Io ti uccido…giuro che ti ammazzo, saiyan…”.

“Calmati, uomo di latta…pensa se ti vedessero così i tuoi futuri schiavi terrestri…”.

“Giuro che quando mi rivedranno tu sarai già nell’altro mondo…”.

“E io giuro che se ti rivedranno sarà solo come una pozza inerme sul pavimento”.

“E allora vieni giù e combatti saiyan…sono ansioso di assaggiare il tuo sangue!”.

“Ti accontento subito!” rispose Vegeta, scagliandosi a tutta velocità verso il basso, con la gamba tesa.

Blitz venne scagliato a terra, cadendo fragorosamente. Tentò di rialzarsi, ma un altro colpo lo sorprese proprio sotto il mento, facendogli assaggiare la forza e la durezza di un ginocchio saiyan.

 

Trunks, ripresa piena lucidità grazie al Senzu, fissava rapito l’incontro, che avrebbe finalmente potuto mettere la parola fine a quell’incubo che, sebbene fosse cominciato solo qualche ora prima, già sembrava perseguitarli da un’eternità. Anche Pan, ancora attaccata a ciò che rimaneva della sua camicia, sembrava quasi non volesse staccarsi da quell’ultimo barlume di speranza, per loro, per tutti, per il mondo intero.

Quasi si pentì di aver dubitato, anche se solo per un secondo, che suo padre non arrivasse…come avrebbe potuto, il principe dei saiyan, lasciare la sua stirpe in balia del destino?

Si sentì sollevato, rilassato…fare le veci del principe non era facile…nessuno mai poteva imitarlo…

 

Finalmente riuscì ad alzarsi, barcollante, ma ancora in forze…il dolore era mascherato dalla rabbia, e la rabbia che gli trasmetteva quel dannato saiyan era tale che ora si sentiva più energico che mai.

Un altro pugno, questa volta all’altezza del petto, gli fece mancare il respiro per alcuni attimi, costringendolo ancora all’impotenza. Seguì la sua risata, tagliente e cinica…

Blitz si lanciò furioso su di lui, cercando di colpirlo con i suoi artigli affilati, ma lui si scostava, si allontanava, spariva incomprensibilmente e poi tornava per attaccarlo senza preavviso…

Finalmente il suo pugno d’acciaio gli centrò la guancia abbronzata, spingendolo indietro mentre un rivolo di sangue gli solcava il mento. Il saiyan vi passò sopra il dorso della mano, quasi che quel colpo fosse stato per lui poca cosa, per poi lanciarsi di nuovo verso il nemico.

 

Le iridi azzurre di Bra traboccavano di pura gioia…

Mentre si assicurava che il Senzu facesse effetto su Goten, a cui sorreggeva delicatamente la testa per permettergli di bere, aveva il sorriso sulle labbra…

Peccato che i terrestri non potessero vedere ciò che suo padre stava facendo per tutti loro…si stava comportando da vero eroe, perché lui era un eroe, lei lo aveva sempre saputo, erano gli altri che non lo sapevano, e spesso anche i presenti, che ben lo conoscevano, dimenticavano chi fosse veramente, e che cuore avesse, sotto tutto quello schermo di astio e riservatezza, il suo adorato papà…

Un eroe…finalmente era sotto gli occhi di tutti…

 

Di nuovo la sua figura scomparve davanti ai suoi occhi, per ritrovarselo dietro, dove gli piazzò un nuovo pugno proprio in mezzo alla schiena, gettandolo a terra.

Prima di rialzarsi, Blitz alzò gli occhi verso il suo nemico, che lo fissava dall’alto, lo sguardo ancora sicuro e spavaldo ma venato di una sottile tristezza, come conservasse una conoscenza ignota a chiunque altro.

Per alcuni secondi i due sfidanti rimasero fermi, faccia a faccia, scrutandosi prima del verdetto finale che avrebbe segnato il futuro del genere umano.

Quando ripresero, Blitz aveva gli arti metallici talmente intorpiditi da non potergli più garantire degli attacchi efficienti…il saiyan, invece, continuava ad indebolirlo con nuovi pugni, scagliati a bruciapelo, da distanza ravvicinata, che non accennavano a dargli respiro…

Riuscì solo a sfiorargli il braccio con le unghie affilate, ma il gesto fu così preciso e veloce da procurargli un bel taglio, all’altezza del bicipite, da cui timide goccioline rosse si affacciarono indecise.

Vegeta, dopo un breve attimo di esitazione, fu di nuovo su di lui, pronto a torturarlo con una serie di calci sull’addome. L’alieno cadde a terra, incapace di mantenere l’equilibrio, e subito si vide addosso il saiyan. Un’altra sferzata di artigli, e su entrambe le gambe dell’uomo risultò un evidente squarcio, visibile attraverso i pantaloni tagliati e macchiati del sangue schizzato da dentro.

Cadde momentaneamente sulle ginocchia, stringendo i denti e un solo occhio per il dolore, mentre con l’altro non perdeva di vista i movimenti dell’alieno, che, sfruttando l’occasione, si era goffamente rialzato.

Blitz era debole e spossato, incapace ormai né di attacchi fisici né tantomeno di quelli energetici, non avendo a disposizione l’energia necessaria. Vegeta aveva un braccio e gli arti inferiori doloranti, ma era di nuovo in piedi. Lanciò un pugno a vuoto, poi uno che andò a segno…

Si preparò a sorprenderlo con il solito trucchetto, scomparendo e ricomparendo alle sue spalle…

Blitz lo intuì…

Quando riapparve, le corna appuntite dell’alieno lo avevano già perforato da parte a parte, all’altezza dei polmoni.

Nessun grido. Solo due occhi d’ebano orrendamente spalancati, che da soli bastavano ad urlar fuori tutto il dolore.

 

Bulma fissò la scena paralizzata. Si rese conto di avere le gambe, le braccia, persino i muscoli facciali bloccati. Anche le iridi dei suoi occhi non accennavano a muoversi, costringendola a fissare ciò che in un primo momento le sembrò lo scorrere della pellicola di un film, a cui era stata spinta ad assistere controvoglia.

Poi sentì che le sue gambe, inizialmente così rigide, stavano cedendo sotto il suo peso, facendola cadere sulle ginocchia…e allora capì che non era un film…

Dalle lacrime che le bagnavano gli occhi, capì che quella era la dura, amara realtà…

 

“No!!!”.

Fu la voce di Bra che salì alta nello stadio, rimbombando sulle vuote tribune. La ragazza si gettò come un fulmine verso il ring, ignara di ciò che veramente stava facendo, sicura solo di ciò che rivoleva indietro…

“Papà!!”.

La sua corsa verso la morte fu bloccata da una forte mano, che le serrò il braccio prima di ritrovarsi solo a qualche centimetro di distanza da un inaspettato muro di fuoco…no…di energia elettromagnetica…un’alta muraglia tutt’intorno al ring…

“Lasciami andare!” gridò la ragazza voltandosi verso il giovane saiyan che l’aveva bloccata, impedendole di attraversare quell’ostacolo di natura sconosciuta creato nel giro di un secondo, e di cui neppure lei si era accorta.

“Non puoi raggiungerlo, Bra…” la ammonì Goten, tenendola stretta, guardandola con un’inusuale tristezza negli occhi.

La ragazza si dibattè con tutte le forze, ma il dolore e la realizzazione finirono per farla cedere, abbandonando la lotta e accasciandosi impotente tra le braccia di Goten.

 

Un muro elettromagnetico…alto fino a dove il cielo color porpora ne poteva mascherare l’origine…

Niente poteva attraversarlo rimanendo intero…e volare al di sopra di esso era inutile, dal momento che non aveva cima.

Trunks, mentre fissava il bastione di energia nell’inutile tentativo di trovare un’entrata, si accorse che stava tremando…

Più passava il tempo, e più si rendeva conto che la vita poteva già aver abbandonato suo padre, e che loro, bloccati metri lontano da lui, non avevano potuto fare niente per aiutarlo.

“Non c’è modo di superarlo”.

Le dure parole di Gohan, che nel frattempo era tornato all’interno dello stadio, giunsero da dietro di lui come un verdetto. Il giovane si girò, abbassando poi lo sguardo impotente.

“Ma ha bisogno di noi…è gravemente ferito…basterebbe un Senzu…”.

“Mi dispiace, Trunks…” mormorò l’uomo, posandogli affettuosamente una mano sulla spalla, cercando di fargli forza.

Volgendo di nuovo lo sguardo verso il ring, attraverso il trasparente muro elettromagnetico Trunks vide il corpo di suo padre staccarsi dalla testa dell’alieno, e cadere al suolo come una carcassa.

Il suo petto era coperto di sangue, con due ampi fori proprio in mezzo.

Trunks strinse i pugni, trattenendo la forza di urlare e reprimendo la rabbia nel tentativo di rimanere lucido, per non cedere alla disperazione in un momento così critico.

Mai si era sentito così inutile…

All’improvviso Blitz, allontanandosi di scatto da suo padre, andò in cerca di qualcosa lì attorno…

Si fermò in un punto, quasi dal lato opposto del ring, volgendo lo sguardo a terra, dove giaceva, piatto come un abito, il rivestimento umano che aveva usato all’inizio del torneo. A quel punto, l’alieno cominciò a contorcersi, a piegarsi in modo incomprensibile…

“Cosa sta facendo..?” chiese Trunks, con la voce sempre più tremante, come se un grosso nodo gli stesse bloccando dolorosamente la gola.

“Vuole indossare di nuovo le sue vesti umane” provò ad indovinare Gohan, sempre più serio. “Ecco perché ci ha bloccati dietro a questo muro…vuole avere il tempo di ricomporsi, far riapparire il pubblico…ed essere proclamato vincitore…”.

Trunks deglutì con forza, nel frattempo anche Pan era giunta vicino a lui, prendendogli la mano con affetto nell’intento di dargli coraggio, ma il saiyan sentiva crescere dentro di se solo rabbia, rabbia perché le cose erano finite così male, rabbia perché suo padre era da solo in balia di quel mostro, rabbia perché quella era la fine di tutto…

Poi vide un’ombra che risaliva dalla fossa creatasi in mezzo al ring, durante il precedente attacco di Gohan. Una figura snella, oscurata dalle ombre gettate dalle alte tribune che ormai coprivano il sole morente, che si affacciava cauta ma decisa su quella scena da incubo…

 

Ub esitò qualche secondo prima di uscire allo scoperto. Si guardò intorno con attenzione, poi salì definitivamente sul ring.

L’enorme onda energetica di Gohan, respinta poi tragicamente dall’alieno nella sua direzione, aveva distrutto parte del pavimento del ring, provocando la formazione di una cavità profonda almeno un paio di metri. Al si sotto del ring si trovava un enorme parcheggio sotterraneo, collegato tramite una rampa di scale alla zona adibita ai servizi in cui si trovava l’infermeria.

Era così che Ub, non perfettamente in forma ma in grado di reggersi in piedi, aveva deciso di tentare l’attacco a sorpresa.

Marron lo aveva pregato di ragionare, di pensare che nelle sue condizioni qualsiasi tentativo avrebbe avuto l’esito di un suicidio, ma lui sapeva che, anche se inutile, avrebbe potuto rappresentare un’ultima possibilità…

Non poteva abbandonare i suoi amici, gli amici del suo maestro Goku…

L’alieno, a qualche metro da lui, non lo aveva notato, impegnato in una strana danza in cui si contorceva voracemente, appiattendosi sempre di più, come se si stesse sciogliendo.

L’avrebbe potuto raggiungere silenziosamente…e una volta su di lui, lo avrebbe…

Non aveva la più pallida idea di cosa fare, era cosciente di non essere in grado di distruggere una tale creatura quando anche i saiyan erano stati sconfitti, ma sapeva di doversi muovere, di avere poco tempo a disposizione, di non poter più esitare…

Fece per avvicinarsi al nemico, trascinando le gambe zoppicanti, quando un richiamo simile ad un gemito sommesso attirò la sua attenzione: “Ub…”.

Si voltò di scatto, non rendendosi subito conto a chi appartenesse la voce…poi vide Vegeta a terra, in una pozza di sangue, con il petto orrendamente forato che si sollevava faticosamente, come se attingere aria fosse diventato per lui un’operazione troppo complicata e dolorosa.

Il giovane si avvicinò delicatamente, strappandosi un lembo dei pantaloni da usare come panno per tamponargli le gravissime ferite.

Trasalì quando una grande mano del saiyan gli afferrò il polso, bloccandolo.

“Ub…devi…ascoltarmi…” mormorò con uno sforzo notevole delle corde vocali.

“Sì, Vegeta…non si preoccupi, attaccherò il mostro e…”.

“No!!” lo interruppe l’uomo, con un grido soffocato. “Tu…non puoi fare niente…contro…di lui…da solo…”.

Ub annuì, ben sapendo che le sue possibilità erano praticamente inesistenti, ma che valeva comunque la pena tentare.

“Devi farmi un piacere, ragazzo…”.

“Cosa, signore?”.

“Aiutarmi…a…ucciderlo…”.

“Aiutare lei?” chiese il ragazzo, sorpreso, che non capiva come nelle sue condizioni potesse riuscire a riprendere l’incontro.

Il saiyan tossì intensamente. Dall’altra parte del ring, Blitz si era ormai completamente liquefatto e si accingeva a penetrare nella sua maschera da umano.

“Ora che si sta rivestendo di pelle umana…posso distruggerlo con una grande…sfera d’energia” spiegò Vegeta, con la voce ormai ridotta ad uno squittio. “Io posso crearla…però non ce la faccio…a lanciarla su di lui…mi mancano le forze”.

Ub scosse la testa, immaginando già il significato di quelle parole.

“Vuole trasferire la sfera a me per scagliarla sull’alieno?”.

Il principe annuì.

“Ma così…” protestò Ub. “Le sue ultime energie…svaniranno completamente…rischierebbe di…”.

Vegeta strinse di nuovo il polso del ragazzo, guardandolo dritto negli occhi.

“E l’unica possibilità…” affermò amaramente, mentre un altro attacco di tosse lo sorprendeva più violento, facendogli sputare un fiotto di sangue vivo.

“Ma io…non posso permettere che…”.

“E’…l’unica…possibilità” scandì di nuovo Vegeta, con un’occhiata ferma e decisa, quasi da far paura, se il suo viso non fosse stato quello debole e coperto di sangue di un uomo ormai ridotto all’impotenza.

Ub fu scosso da intensi brividi…si trovava in una situazione assurda, in cui non riusciva a decidere quale sentiero imboccare, con il cuore che gli indicava una strada e la ragione che ne sceglieva un’altra…

Come avrebbe potuto permettere che le persone a cui ormai si era affezionato e con le quali si sentiva in famiglia perdessero un padre, un marito, un fratello di sangue che aveva appurato essere, con sua grande iniziale sorpresa, così amato e ammirato?

“Ascolta, ragazzo…non avrebbe fatto così…il tuo tanto ammirato Kakaroth?”.

A quelle parole sentì i suoi occhi farsi improvvisamente umidi. Capì che il tempo stava passando inesorabile, e che tutta la responsabilità adesso cadeva su di lui. Non più l’esito di un banale incontro di arti marziali, ma il destino della Terra intera, milioni e milioni di persone.

Si alzò in piedi, tamponandosi gli occhi.

“Sono pronto” annunciò.

Il principe accennò un debole, lievissimo sorriso, e sul suo volto così sofferente riuscì a materializzarsi, per un momento, una sensazione di sollievo.

“Vedrai che non te ne pentirai…finchè vivi…” mormorò, sollevando debolmente le mani, ed iniziando a donare energia ad esse.

 

Bulma, Trunks e Bra, tutti e tre stretti l’uno contro l’altro, con i Son dietro di loro a cingerli le spalle per ricordare loro che non erano soli…

Il loro Vegeta aveva deciso di mettere a repentaglio la sua stessa vita per il bene dell’umanità. Loro non potevano fare niente per impedirlo. Solo guardare il suo gesto da lontano, piangere, sperare che questa volta il suo sacrificio fosse premiato e che, quando tutto quest’ incubo fosse finito, lui sarebbe stato ancora lì, debole e ferito, ma pronto a tornare a casa con loro, a ricominciare la vita serena e tranquilla a cui anche lui, leggendario principe dei saiyan, aveva finito per abituarsi.

Era a quest’idea, seppur labile come una foglia, che sua moglie e i suoi figli si aggrappavano per non crollare definitivamente di fronte alla realtà…

 

Un prato…gli amici di Kakaroth e il suo piccolo moccioso a discutere su come organizzarsi…

Una ragazza, dalle bizzarre chiome azzurre incorniciate da un buffo cerchietto, il corpo di una donna ma il sorriso di una bambina ricca di sogni e di aspettative, come se ancora attendesse di iniziare a vivere per una seconda volta…

“E tu bel fusto…che intenzioni hai?”.

L’attenzione della donna lo aveva preso alla sprovvista, il suo sguardo azzurro ed intenso lo intimidiva come neanche i più pericolosi nemici dell’universo avevano fatto, la sua espressione di aspettativa contribuiva a metterlo maggiormente in imbarazzo.

Sebbene si fosse reso conto di non avere altri posti dove andare, lì, in quel pianeta tanto odiato quanto sconosciuto, non aveva ancora capito che da allora la sua vita sarebbe completamente cambiata…

 

La sfera cresceva tra le sue mani, sempre più grande, sempre più grande, mentre lui si sentiva sempre più vuoto…

 

L’esplosione era stata tale da distruggere ogni cosa intorno a lui…la Gravity room ridotta ad un ammasso di macerie per sua stessa mano, in mezzo a cui giaceva gravemente ferito e incapace di muoversi.

E poi eccola, il bel viso segnato da un’espressione preoccupata, gettarsi al suo fianco, sollevargli la testa con delicatezza e pronunciare piano il suo nome…

Vegeta…Vegeta…

Quanto adorava la sua voce…le sue parole sussurrate all’altezza dell'orecchio, il suo respiro così fresco e caldo che non si allontanava mai durante la sua convalescenza…

Di lì a poco avrebbe assaporato anche il profumo e la morbidezza del suo corpo, la piacevole umidità delle sue labbra, l’intensa sensazione della loro unione…

Bulma…

 

La sfera cresceva ancora, a velocità più attenuata…le energie rimastigli ormai erano minime, ma doveva riuscire a tirarle fuori per assicurare un colpo efficiente e definitivo…

 

Un buffo marmocchio, dalla chioma lavanda come il nonno e gli occhi color del cielo come la mamma, da cui aveva ereditato anche la delicatezza e la perfezione dei lineamenti.

Quasi stentava a credere che fosse suo figlio, il suo erede, l’erede del principe dei saiyan…

Glielo confermarono poi i successi durante gli allenamenti, la precocità con cui si era ricoperto d’oro, la classe in battaglia…

Ma anche il modo in cui lo guardava, misto di ammirazione e timidezza, i suoi tentativi di avvicinamento, l’orgoglio nei suoi occhi quando parlava di lui con gli altri…era questo che lo faceva sentire per la prima volta padre, un padre che riesce a dimostrare apertamente l’amore per la sua famiglia solo quando teme non ci sarà più…ma che spera sinceramente che loro lo abbiano sempre saputo.

 

Ub, davanti a lui, tendeva le mani per prepararsi ad accogliere il carico energetico, ormai delle dimensioni di un elefante…

Ma rimaneva ancora qualcosa da dare…un altro po’ di energia, giusto un soffio, mentre il nemico si stava ricomponendo nel suo corpo umano…

 

Era saltata come una cavalletta sulle sue ginocchia, nell’ennesimo tentativo di ricevere coccole dal suo scontroso papà. Quella bimba, la sua secondogenita, era la fotocopia di sua madre. Ma il suo spirito, la sua anima, ricordavano in tutto e per tutto l’altra metà del suo sangue, quella proveniente da un pianeta lontano, che neanche conosceva, ma a cui si sentiva appartenente come la principessa di un popolo perduto e redento.

La sua piccola principessa…avrebbe portato una ventata di vita al mondo tanto quanto i suoi antenati saiyan avevano portato ondate di morte…

 

L’ultima scintilla…l’ultimo soffio di calore che abbandonava il suo cuore…

Fu con l’immagine dei suoi cari nella mente che donò il suo ultimo contributo, che prosciugò definitivamente il suo corpo ma che alimentò come fuoco la palla di energia, ormai interamente in mano al giovane Ub.

 

Il ragazzo si voltò, tenendo alta la sfera sopra la testa. Blitz, ancora ignaro di tutto, si preparava a riaccogliere il suo futuro popolo di schiavi, ma poi lo vide, vide la sfera, e nei suoi occhi ora umani si disegnò come mai prima d’allora un’espressione di puro terrore.

La sfera gli arrivò addosso con estrema velocità e potenza. L’alieno si abbandonò al suo meritato destino, disfacendosi in mille brandelli poi carbonizzati dal calore dell’energia, scomparendo per sempre da questo mondo.

Ub cadde in ginocchio, ansimando, la sua vista era annebbiata per l’enorme sforzo fisico nel lanciare quell’attacco letale…era illuminato dalla luce ancora viva dell’esplosione energetica, come se i proiettori di uno studio televisivo indirizzassero la loro luce sul protagonista del giorno…

Non si accorse immediatamente delle grida che si innalzavano lungo il perimetro dello stadio…non si accorse subito del suo nome pronunciato ripetutamente da voci sconosciute…non si accorse degli applausi eccitati che si avvicinavano sempre di più…finchè non si ritrovò in alto, sollevato da alcune braccia, sotto di lui una folla agitata, soddisfatta, sorridente, che intonava inni di gloria di cui ancora non capiva perfettamente il significato…

Finchè qualcuno lo chiamò “Il nuovo campione”…

 

Facendosi frettolosamente spazio in mezzo alla folla impazzita, Bulma salì sul ring, raggiungendo suo marito in un angolo solitario.

Come tanti anni prima, si inginocchiò al suo fianco, sollevandogli la testa, e lui aprì debolmente le palpebre, mostrando lo sguardo improvvisamente invecchiato di vent’anni.

“Bul…ma…” riuscì a pronunciare, con quello che fu più un movimento di labbra che un effettivo suono della voce.

“Vegeta…sono qui, amore mio, andrà tutto bene…” gli promise, accarezzandogli delicatamente il viso rigato dal sangue, baciandogli la fronte, trasmettendogli il suo calore.

Li raggiunsero i suoi figli, che si abbassarono dall’altro lato rispetto alla madre, Bra che non tratteneva le lacrime, soffocate in singhiozzi silenziosi, Trunks che la stringeva a se come per trasmettergli quel coraggio che anche lui si sentiva mancare.

L’uomo tossì, sputando di nuovo sangue, poi gli occhi arrossati si aprirono di nuovo.

“Dammi…la mano…”.

Bulma obbedì istintivamente, stringendogliela con affetto, portandosela al volto e accarezzandola con tiepidi baci, ma finendo per bagnarla con le lacrime salate che scendevano sulle sue guance, mentre Trunks e Bra gli avevano preso l’altra, a cui si erano aggrappati tenacemente, come se fosse il padre a dare conforto a loro e non viceversa.

“Vi…amo”.

Le sue ultime parole, a cui donò i suoi ultimi sforzi per riuscire a pronunciarle, e per concedere un breve debolissimo sorriso all’indirizzo dei suoi figli.

Il suo ultimo sguardo fu per Bulma, quasi volesse imprimere per sempre la sua immagine nelle iridi morenti, un ultimo sguardo carico di amore mai dichiarato a parole, finchè dai suoi occhi scomparve ogni scintilla di vita, divenendo opachi e immobili, fissanti qualcosa che non è più in questo mondo, e allora Bulma capì che era davvero finita.

 

E così moriva tra le braccia dei suoi cari colui che aveva dato la vita per il suo pianeta adottivo, salvando vite che nemmeno conosceva, vite che adesso, convinte di aver trascorso una tranquilla giornata ad un torneo di arti marziali, non immaginavano neanche lontanamente il pericolo che avevano rischiato…

Non avrebbero mai saputo che quell’uomo, riverso a terra dove nessuno l’aveva ancora notato, era morto per loro…

 

            Continua…

 

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Capitolo 12
*** Uniti per il futuro ***


Capitolo 11

Capitolo 11

 

 

Quand’è che un uomo può essere considerato tale?

Quand’è che si solleva dall’infinità di creature volute dalla natura per occuparne la posizione più alta, il fine ultimo del suo complesso disegno?

Molti esseri viventi di questo mondo muoiono per i loro simili. E’ l’istinto di sopravvivenza. La prosecuzione della specie viene di gran lunga prima della vita del singolo. Questa è la legge della natura, che sempre muoverà l’universo, a partire dal più piccolo e semplice microrganismo fino alla specie più complessa ed evoluta.

E’ semplicemente istinto, niente di più.

Ed è qui che l’uomo si innalza.

Anche l’uomo ha per natura l’istinto di sopravvivenza, ma non si cura del bene della collettività, solo e soltanto del suo. Dalla nascita fino alla morte, l’uomo è sostanzialmente egoista: potrebbe rimanere l’unico esemplare sulla faccia della Terra…e trovare ugualmente uno scopo per vivere. Non è sua la colpa. E’ la natura che ha voluto così.

Ma è nella scelta, la differenza. Nella possibilità di scegliere.

L’uomo nasce egoista, ma con un dono particolare: l’intelligenza. Questa facoltà lo rende in grado di pensare, di valutare, di scegliere.

L’intelligenza da sola non ha valore, se non accompagnata dalla coscienza. E’ questa che gli permette di stabilire degli ideali, dei valori, dei parametri con cui valutare l’importanza delle cose. E’ la coscienza che lo rapporta con gli altri, che gli permette di crearsi degli affetti, di disegnare un’immaginaria scala di valori che influenza qualunque sua scelta.

Perché è così, l’uomo è in grado di rifiutare la sua natura egoista e scegliersi un destino diverso. E’ questo che lo rende uomo. Non il suo corredo genetico, non il suo quoziente intellettivo, non il suo potere fisico o mentale, ma semplicemente la possibilità di scegliere, in base alla sua scala di valori, per cosa vivere o morire.

Solo allora, e solo colui che ne sarà in grado, potrà davvero troneggiare all’apice della scala evolutiva. Solo allora, sarà davvero principe del creato.

 

La coltre di nubi avanzava attraverso il cielo lenta e silenziosa, addensandosi e mescolandosi fino a formare uno spesso strato di tonalità grigie che andavano via via oscurandosi verso ovest, da dove la perturbazione minacciava tetra il suo arrivo. In lontananza, brevi lampi illuminavano l’orizzonte, seguiti dal fragore dei tuoni a qualche secondo di distanza, mentre nell’aria si diffondeva il pungente odore d’ozono.

Bra fissava un punto indistinto nel terreno odorante d’umidità, un punto non lontano dai suoi piedi. Si rifiutava di guardare la scena che avveniva solo ad un paio di metri da lei, temeva che rimanere ad osservarla per più di un minuto la facesse definitivamente cedere alla disperazione.

La bara, dove ormai era stato sigillato il corpo senza vita di suo padre, era stata appesa a dei cardini fissati ai lati di una profonda fossa, nella quale sarebbe stata calata con una lentezza e con una solennità straziante, andando ad occupare l’ennesima lapide bianca in mezzo alla spaziosa collinetta cimiteriale.

Qualcosa dentro di lei scalpitava, al pari del brontolare dei tuoni. Combatteva sfrenatamente per cercare di reprimere la rabbia che aveva dentro, per rigettare indietro il dolore, l’amarezza, la sconfitta, che accennavano a venire fuori insieme alle lacrime che le affollavano gli occhi.

Ma non le avrebbe lasciate andare…avrebbe sopportato il bruciore delle iridi e represso la voglia di urlare…

Nessuno avrebbe mai saputo il motivo per cui suo padre era morto. Nessuno lo aveva nemmeno notato morire, così divertiti e soddisfatti per l’esito del torneo, senza sapere neanche minimamente cosa li avrebbe attesi, dopo la loro vacanza inconsapevole nell’altra dimensione, se suo padre non si fosse sacrificato per loro…

Si era sacrificato per loro…e loro neanche lo sapevano…

Era un eroe…ma nessuno lo avrebbe chiamato tale…

Un altro sguardo ai due uomini che si occupavano della sepoltura…

Strinse forte i pugni e i denti, voltandosi rapida dall’altra parte con un unico singhiozzo soffocato.

In realtà non le importava più che suo padre fosse un eroe, che avesse compiuto un gesto così nobile in segno della sua bontà d’animo…per lei, suo padre non aveva bisogno di dimostrare niente…non se questo avrebbe significato la sua perdita…e tutto quello che avrebbe voluto, adesso, sarebbe stato semplicemente riaverlo indietro, riavere indietro il suo adorato papà, con i suoi difetti, i suoi sbagli, le sue manie.

Ancora una volta i suoi occhi si fecero umidi e incontrollabili, incapaci di trattenere una lacrima che le percorse la guancia con una scia bagnata.

Si asciugò in fretta, cercando di non farsi notare dai presenti.

Lei era la figlia del principe dei saiyan…non era una bambina piagnucolona…il senso di orgoglio che suo padre le aveva trasmesso la spingeva a rifiutare di comportarsi come una mocciosa debole e indifesa…doveva resistere…soffocare la rabbia e tutte le emozioni…

Doveva farlo per il suo papà…

 

La prima goccia gli sfiorò il naso, annunciando l’inizio del temporale.

Con tutto ciò a cui aveva dovuto pensare, Trunks si era dimenticato gli ombrelli, nonostante il colore del cielo facesse intuire l’evolversi metereologica di quella giornata.

Non poteva pensare a tutto…c’era così tanto in quel momento di cui doveva occuparsi…

I giornalisti, che li avevano attesi scalpitanti all’entrata del cimitero, attirati dalle voci della morte del marito di Bulma Brief, si erano precipitati verso di lui come cani da corsa, facendo a gara a chi avrebbe strappato la prima rivelazione. Ma non era quello il momento, prima o poi avrebbe dovuto pensare ad una scusa per spiegare la sua morte, non poteva certo rivelare la verità, ma non in quel momento, durante le esequie. Così, mentre sua sorella aveva fulminato quella gente con uno sguardo carico di odio, lui li aveva gentilmente pregati di lasciarli soli, che quella era una cerimonia privata e che per ora non sarebbero state fatte dichiarazioni.

Proprio per evitare continue interferenze da parte loro, Trunks aveva fatto in modo di accelerare i tempi del funerale, contattando immediatamente le onoranze funebri e fissando la cerimonia immediatamente il pomeriggio seguente alla sua morte. Aveva inoltre dovuto pregare gli uomini che si sarebbero occupati di lui di tacere sulle condizioni del cadavere…nessuno, vedendolo, avrebbe creduto ad una morte da…infarto.

E poi, c’erano sua madre e sua sorella. Loro avevano estremo bisogno di lui…stavano annegando in un mare di rabbia e disperazione, e spettava a lui il dovere di salvarle, di occuparsi di loro e di tutto il resto…

Occuparsi di loro e di tutto il resto…

Il cielo si squarciò definitivamente, rilasciando di getto il contenuto d’acqua accumulato nelle nubi nerissime.

 

La pioggia cadeva sull’erba con lo scrosciare rapido e continuo caratteristico di un temporale estivo, intervallato solo dai boati dei tuoni e dal cigolio dei cardini che strideva nelle orecchie di Bulma come una musica infernale.

Stretta nel suo abito nero, i capelli bagnati e scompigliati per la pioggia ed il viso segnato da profonde pieghe di dolore, sembrava fosse invecchiata improvvisamente di dieci anni, come se il fiore che per tanto tempo aveva mantenuto intatto il suo fascino e la sua gioia di vivere si fosse seccato per sempre, spazzato via dalle lacrime e dalla disperazione.

Stavano calando suo marito nel luogo dove avrebbe riposato per sempre…lontano da lei…senza che lei lo potesse sfiorare, accarezzare, tenere stretto finchè ne avesse avuto la forza…

Il suo Vegeta…non avrebbe mai più visto il suo viso…né i suoi occhi in cui amava perdersi…

Ad ogni centimetro che la bara scendeva, sentiva il suo cuore sprofondare sempre di più, come se laggiù, in quella fossa scavata nella terra, venisse sepolto per sempre anche esso, e di conseguenza la sua capacità di amare, di vivere, di trovare un senso al futuro.

Più giù…sempre più giù…

I cardini cigolavano…gli uomini calavano…la bara scendeva…

Quasi senza accorgersene, con la vista offuscata dalle lacrime e il cuore che aveva perso ogni legame con la ragione, si ritrovò proprio sopra la fossa, a fissare tristemente la bara posatasi sul fondo di quella buia e solitaria dimora.

“Signora Brief…stia indietro…”.

Quel luogo era così buio…così triste…il suo Vegeta vi avrebbe riposato da solo per l’eternità…

In preda alla follia della disperazione, fece per fare un altro passo, quando le salde mani di suo figlio l’afferrarono da dietro, per poi portarla lontano da lì, e abbracciarla con affetto.

“Mamma…va tutto bene…ci sono io…”.

La donna affondò il viso nella sua spalla, dando sfogo ad un pianto disperato, fatto di lacrime, di singhiozzi, di invocazioni che mai avrebbero avuto una risposta in questo mondo.

 

Bra si avvicinò alla madre e al fratello, permettendo infine a Trunks di allungare un braccio verso di lei e comprenderla in quel triplice abbraccio. Fu allora che non riuscì più a trattenere le lacrime, che le scesero copiose lungo le guance già bagnate di pioggia, mischiandosi al mascara che, colando dagli occhi truccati frettolosamente e nel solo scopo di nascondere la stanchezza dello sguardo, le disegnava righe nere sul volto, come ruscelli in cui, al posto dell’acqua, scorreva rabbia e disperazione.

Goten fissò la ragazza con amarezza, provando una stretta al cuore che, dalla distanza che lui ed i suoi familiari avevano deciso di mantenere per concedere ai Brief un momento di intimità, faceva ancora più male, consapevole che per loro non poteva fare niente, se non stargli vicino, umile ma unico tentativo di attenuare la loro solitudine.

“Zio Goten”.

La voce di sua nipote lo riportò alla realtà, facendolo girare di lato, dove la ragazza lo aveva raggiunto.

“Penso che dovremo accompagnarli a casa” propose, guardando tristemente la struggente scena a pochi metri da lei.

Goten seguì il suo sguardo, ritornando a posare gli occhi sulle tre figure strette le une alle altre, immerse nella fitta pioggia, nel fragore dei tuoni e nell’oceano di dolore da cui stentavano ad emergere.

“Lo penso anch’io” confermò.

 

* * *

 

Dieci persone erano raggruppate davanti all’ingresso principale. Discutevano animatamente con i dipendenti della portineria, che tentavano senza successo di farli sgombrare da lì.

Al di sotto degli ombrelli gocciolanti e dei lunghi impermeabili, si intravedevano macchine fotografiche e microfoni, suggerenti la loro identità di giornalisti.

“Venite…passiamo dall’ingresso di sicurezza” propose Trunks, tenendo un braccio intorno alle spalle di sua madre, che con gli occhi doloranti ed arrossati e la mente non ancora lucida stentava a distinguere dove andava.

Raggirarono le mura rotonde dell’edificio, in direzione del lato opposto, da cui sarebbero potuti entrare indisturbati. Ma un’avvicinarsi di voci e di passi li raggiunse mentre stavano varcando la soglia.

“Condoglianze, signora Brief, abbiamo saputo…” iniziò uno degli uomini, avvicinandosi alla donna che, coperta dal figlio, non lo degnò di uno sguardo, persa in un mondo tutto suo da dove aveva, per il momento, staccato i contatti con la realtà.

“Presidente, ci può dire come è successo?” chiese una giovane giornalista all’indirizzo di Trunks, che però coprì con una mano l’obbiettivo del suo cameraman.

“Vi prego…spengete le telecamere” ordinò, con una voce la cui gentilezza cedeva impercettibilmente il posto all’insofferenza. “E andate via, adesso…”.

“Ci può dire almeno se si è trattato di morte naturale?” continuò imperterrita la donna, avvicinandosi ai Brief e ai due Son mentre questi si avviavano dentro casa, seguita dai colleghi con i microfoni puntati come torce di fuoco.

“Basta, ora!”.

Fu la voce di Bra che risuonò alta dal gruppo, colma di rabbia e di prepotenza.

I giornalisti arretrarono di un passo, mentre le loro voci si mettevano a tacere contemporaneamente ed i loro occhi si posavano sorpresi sulla ragazza.

“E’ morto, volete capire che è morto?!! Non vi può bastare questo??” continuò con veemenza. “Cosa può interessare a voi, non lo conoscevate neanche, non sapevate com’era! Non sapevate quanto gli volevamo bene e quanto lui ne voleva a noi!”.

I giornalisti si guardarono tra se, atterriti e imbarazzati, alcuni che riportavano lo sguardo su di lei, altri che lo facevano fuggire a terra.

Si sentì improvvisamente come una pazza scatenata, incapace di riconoscere in se stessa la ragazza fine, educata e composta che appariva agli occhi di tutti. Quel furore proveniva da un’altra parte di lei, una parte che solo un dolore e una rabbia così intensi potevano risvegliare.

“Andate via adesso…lasciateci in pace”.

Le ultime parole le pronunciò con meno forza, con la voce tremante e gli occhi socchiusi, come se la frase fosse più una preghiera, un appello al loro senso del rispetto e della pietà, che un’offesa nei loro confronti. 

I giornalisti si voltarono lentamente, allontanandosi con discrezione da loro, come figure silenziose in mezzo alla pioggia scrosciante, tristi non tanto per uno scoop perduto ma per aver violato l’intimità di una famiglia che, sebbene fosse la famiglia Brief, detentrice della Capsule Corporation, era una famiglia come le altre, in preda al proprio dolore per la perdita di una persona cara.

 

La sala era immersa nell’oscurità e nel silenzio. Tante volte, rientrando, Bulma l’aveva trovata così, ma mai aveva rappresentato ai suoi occhi un luogo tanto grande e freddo. Per la prima volta, si sentì spersa, vulnerabile, non più al sicuro.

Trunks la stringeva ancora a se, guidandola attraverso la stanza con passi brevi e misurati, come se, da quel momento, quella non fosse più casa sua, ma un luogo sconosciuto, da affrontare piano piano, con cautela.

Ma Bulma sapeva fin troppo bene che quella era proprio la sua casa, la casa dove aveva vissuto per tutti quegli anni, e la sua diversità non era dovuta tanto a qualcosa di diverso…quanto alla mancanza di qualcuno…

Qualcuno che, seppur nella sua riservatezza, dava in qualche modo calore alla casa…qualcuno di cui potevi sentire la presenza anche dalla parte opposta dell’edificio…qualcuno la cui voce profonda risuonava sui muri della stanza come un’inusuale colonna sonora, e il cui odore muschiato e sorprendentemente naturale portava una ventata di vita nei corridoi…

Cielo…riusciva ancora a sentirlo…riusciva ancora a sentire la sua fragranza…

Un singhiozzo di pianto la sorprese violento, riparandosi il viso con le mani. I presenti le furono subito vicino, nel tentativo di confortarla, ma la donna fece segno di lasciarla stare.

“Scusate” mormorò asciugandosi le lacrime. “Vado di sopra, adesso”.

“Vuoi che ti accompagni?” chiese Trunks abbassandosi verso il viso di sua madre, posandole delicatamente le mani sulle spalle ricurve.

“No…voglio stare sola”.

La sua voce aveva perso tutta la sua caratteristica musicalità, e adesso era ridotta ad un suono debole e fiacco, privo di ogni tonalità.

Goten, con uno sguardo, fece cenno all’amico di non insistere, di lasciarla andare.

“Spero che si riprenda…” sospirò Trunks, stropicciandosi gli occhi.

 

Bra si era seduta pesantemente su una sedia della cucina, facendo scivolare in avanti il bacino e appoggiando la schiena alla spalliera, le braccia distese sulla liscia superficie del tavolo e lo sguardo basso, fisso sul legno e privo di espressività.

Pan si sedette al suo fianco, incerta su cosa dover dire o fare per sbloccare il muro di gelo che si era creato intorno alla ragazza. I suoi occhi, persi nel vuoto, erano come barricati in uno strato di ghiaccio, spesso come un iceberg, incapaci di trasmettere ciò che vi era al di là.

“Hai fame?” provò a chiederle, nel tentativo di portare la conversazione su qualcosa di meno triste.

Nessuna risposta, solo un segno del capo che suggeriva un rifiuto.

“Posso cucinare io qualcosa per cena…non credo che tua madre ne avrà voglia” propose, alzandosi e avviandosi verso l’angolo cottura, dove cominciò ad aprire sportelli e cassetti. L’aver passato tanti anni in quella casa come ospite le aveva ormai insegnato la posizione di pentole, piatti e altre stoviglie.

“Io non ho fame” ribadì Bra, senza ancora guardarla negli occhi.

“Devi mangiare…”.

“No”.

Pan si sedette, questa volta sporgendosi attraverso il tavolo in direzione della ragazza, sperando di riuscire a catturare il suo sguardo.

“Non puoi rinchiuderti in questo modo…non ti fa bene” le disse con delicatezza, ma anche con sincerità.

Invece di guardarla negli occhi, Bra si girò dall’altra parte, quasi con espressione scocciata, come se non volesse sentire le parole dell’amica.

“Bra…” continuò Pan. “Te la prendi con il mondo solo perché non vuoi ammettere neanche a te stessa che ciò che è successo non è colpa di nessuno… lo so che è l’orgoglio che ti fa reagire così…”.

“Ma cosa ne vuoi sapere tu?!” sbottò improvvisamente Bra, fulminandola ora con lo sguardo. “Tuo padre è ancora vivo, per quanto mi risulta!!”.

Dietro lo schermo di ghiaccio, adesso, nelle sue iridi ardevano fiamme.

Pan abbassò lo sguardo, sospirando.

“Scusa…” mormorò alla fine Bra, imbarazzata. “Io non volevo…”.

“Non importa” la rassicurò l’altra.

“E’ solo che…non puoi capire cosa si prova a vedere tuo padre che ti muore tra le braccia…non sai quanta rabbia ti nasce dentro, se pensi che nessuno ha potuto fare niente…che anche i fagioli magici erano ormai inutili a quel punto…”.

Mentre parlava, la sua voce tremava impercettibilmente, facendosi ora più decisa, ora più lenta, in un avvicendarsi di emozioni che non riuscivano a trovare completamente sfogo.

“Quanta rabbia…se penso che mio padre non c’è più…che il destino me lo ha portato via per sempre!”.

“E allora sfogala, questa rabbia!” la incitò Pan. “Sfogala in qualche modo…piangi, urla, spacca qualcosa se ne hai bisogno! Ma non soffocarla dentro…tutte le emozioni hanno bisogno di uno sbocco…”.

Bra si morse il labbro inferiore, fissando la ragazza mentre il suo sguardo si appannava…

“Non potrai riportare in vita tuo padre…ma almeno poi ti sentirai meglio”.

Bra si abbandonò alle lacrime…poi arrivarono i singhiozzi…ma non singhiozzi soffocati, come aveva trattenuto fino ad allora, ma singhiozzi forti e dolorosi, che le provocavano spasmi in tutto il corpo, finchè affondò il viso sulle proprie braccia appoggiate sul tavolo.

Pan rimase lì acconto a lei, senza dire altro, solo lasciandola sfogare, senza più vergogna, senza più orgoglio. Solo così il dolore, un giorno, forse vicino o forse lontano, avrebbe ceduto il posto ad una dolce, e allo stesso tempo amara malinconia…

 

Trunks passeggiò nervosamente su e giù per la sala, lo sguardo basso e pensieroso, le mani dietro la schiena. Non aveva ancora trovato le parole giuste con cui avrebbe dovuto spiegare la morte di suo padre nella conferenza stampa che avrebbe avuto luogo entro un paio di giorni. Temeva che nelle sue parole percepissero la menzogna, il turbamento…se questo fosse successo, i giornalisti non lo avrebbero più lasciato in pace, avrebbero indagato sull’accaduto fino all’ultimo dettaglio, con il rischio che potessero scoprire qualcosa di più sulla loro vera natura…

Per non parlare poi della Capsule Corporation…la crisi della loro immagine sarebbe stata la crisi anche della stessa azienda…era lui che doveva riprendere le redini della società, smentire le eventuali voci di un calo in borsa e confermare che era tutto a posto, che la famiglia sarebbe subito tornata al lavoro…doveva prendersi da solo queste responsabilità, sua madre era troppo debole e sconfitta per dargli i soliti consigli da ex presidente…

Sua madre…

Voltò lo sguardo verso l’alto, come se potesse vedere oltre il soffitto. Chissà come stava…forse avrebbe dovuto salire e controllare…

“Trunks” lo chiamò Goten, seduto in poltrona, che lo stava già da un po’ fissando vagare senza meta in mezzo alla sala. “Fermati un attimo…e siediti”.

Trunks lo guardò come se avesse parlato in una lingua incomprensibile, scuotendo poi la testa con decisione.

“Devo…andare di là, a sentire se mia sorella ha bisogno di qualcosa”.

“C’è Pan con lei. Non preoccuparti”.

“Eppure…ero sicuro di dover fare ancora qualcosa…forse delle telefonate…”.

“Truuunks!”.

Questa volta il richiamo suonò come un rimprovero, e forse Trunks intuì perché.

“Ascoltami…devi fermarti un secondo…e prenderti un momento per te” gli consigliò Goten, preoccupato. “Non puoi occuparti degli altri se prima non pensi a te stesso!”.

Un momento per me…

Non poteva prendersi un momento per se…prendersi un momento per se significava soffermarsi a pensare a ciò che era accaduto…e ciò avrebbe confermato i fatti come veri, come reali…non lo erano finchè era occupato in altre cose, finchè doveva prendersi cura dei suoi familiari, finchè tutto scorreva piatto come un sogno, senza rendersi conto di ciò che tutto quello significava per lui, per se stesso…

Un momento per me…

Il suo sguardo cadde su una foto di suo padre, incorniciata sul ripiano di un mobile. Il suo volto privo di sorriso, ma con lo sguardo fortemente espressivo, nonostante non fosse rivolto all’obbiettivo, fece crescere in lui un profondo senso di perdita, di mancanza.

Suo padre era morto…e ancora non ci credeva…o forse, non aveva voluto crederci…si era nascosto in una maschera di doveri e di responsabilità, solo per non affrontare la vera realtà, troppo dura perfino per un saiyan.

Lui voleva bene a suo padre…ma l’aveva perso per sempre, senza poterglielo dire un’ultima volta…

Il suo bel volto si contorse in un’espressione angosciata, le palpebre sbatterono rapide sugli occhi infossati per la stanchezza, mentre portava le mani al volto e iniziava a piangere come un bambino, come solo durante l’infanzia ricordava aver fatto.

Sentì il calore di Goten farsi più vicino, porgergli con affetto una spalla su cui piangere, a cui Trunks si aggrappò tenacemente.

Questo era il momento che aveva deciso di concedersi…

 

La stanza era avvolta nella semioscurità. Le tende tirate ai lati della finestra rivelavano il lampeggiare dei tuoni che squarciavano il cielo ormai scuro, mentre la pioggia batteva ancora ostinata sui vetri.

Bulma si sedette sul letto rivestito di seta. Accarezzò distrattamente il tessuto con i palmi delle mani, quel morbido, liscio tessuto che aveva scelto come lenzuolo del lussuoso letto matrimoniale.

Ora quel letto le pareva improvvisamente enorme, smisurato, sentendosi inspiegabilmente piccola e insignificante in confronto allo spazioso materasso, all’ondeggiante spalliera stile impero, a tutta quella stanza che, fino ad allora, aveva rappresentato il suo piccolo nido d’amore, il suo piccolo regno da dividere con il suo Vegeta, principe dei saiyan ma soprattutto principe del suo cuore.

Adesso quel regno era troppo grande per lei, solo per lei…

Gettò uno sguardo al lato del letto in cui dormiva suo marito. Vi posò delicatamente la guancia, come se le lenzuola di seta avessero trattenuto parte del suo calore, che ora lei si preparava a ricevere come fosse un ultimo, tiepido bacio.

Lo rivide mentalmente disteso al suo fianco, rigirandosi e rigirandosi nelle coperte durante le notti insonni, nel pensiero di dover superare Goku, oppure stanco e ronfante come un agnellino, unico momento in cui i forti lineamenti si rilassavano in un’espressione tranquilla, oppure ancora quando al calar della notte il suo sguardo di brace incontrava il suo, attirandola tra le sue braccia e facendola sua, senza una parola, solo con i suoi occhi, che ormai le parlavano da soli…

Rimase per un po’ così, sdraiata su un lato, in silenzio, ad ascoltare lo scrosciare della pioggia all’esterno.

Vide poi il cesto della biancheria sporca, in un angolo della camera. Si alzò lentamente, gli occhi brulicanti di lacrime, per poi inginocchiarsi a terra, davanti ad esso.

La sua mano tremante tirò fuori un indumento bianco. Una maglia di Vegeta.

Mentre le lacrime le scorrevano giù senza freni, si portò la stoffa raggrinzita al volto, assaporando tutto il suo odore, tutto il profumo di colui a cui era appartenuta, ricoprendola di piccoli baci, come se all’interno del cotone ci fosse ancora l’essenza, l’anima di suo marito che mai l’avrebbe lasciata.

Tra le lacrime, notò un’estesa macchia giallognola nel mezzo alla maglietta bianchissima. Questo piccolo dettaglio le dette una stretta ancora maggiore al cuore, ricordandole quanto il suo Vegeta le sarebbe mancato nella vita di tutti i giorni, che mai più sarebbe stata la stessa.

“Colpa dei macchinari della gravity room”.

La voce fece sobbalzare Bulma all’improvviso, che si girò attorno con gli occhi sbarrati, offuscati ancora dalle lacrime.

“Perdono olio. Dovresti ripararli, Bulma”.

Non poteva essere…non poteva…

Se ne stava seduto sulla poltrona di vimini della camera, fissandola con uno sguardo intenso ma tranquillo, il suo corpo non era più sanguinante e mutilato come l’ultima volta che l’aveva visto, ma in splendida forma, manifestando tutto il suo splendore e tutta la sua forza.

“Ve…Vegeta?”.

Dalla sua figura risplendeva una calda luce dorata, un bagliore soffuso.

Le lacrime di Bulma si erano fermate, un po’ per la sorpresa, un po’ per la gioia, un po’ per la paura dell’ignoto. Ma le sue labbra non furono in grado di parlare, da esse uscì solo aria, nonostante fossero tante, ma così tante, le cose che avrebbe voluto dire.

“So già tutto” le assicurò lui, anticipandola. “Ora posso leggerti dentro”.

Fu allora che le rivolse il sorriso più bello e più espressivo che Bulma avesse mai visto sul volto di suo marito, lasciandola così sorpresa e meravigliata da farle mancare il fiato.

Dette di nuovo via libera alle lacrime, avvicinandosi istintivamente alla figura riversa in poltrona, accecata poi dalla luce che veniva emanata da essa. Si rese presto conto che l’uomo non era veramente lì, che quello era solo un suo ologramma, una sua immagine bidimensionale proiettata da un mondo che non si trovava in quella stessa dimensione. Per quanto si fosse sporta verso di lui, per quanto lo avesse voluto toccare e accarezzare, avrebbe solo sfiorato l’aria, nient’altro. In quel mondo, non avrebbe mai più potuto assaporare la consistenza della sua pelle, né il calore dei suoi baci. Ma poteva un’ultima volta guardarlo negli occhi, sorridergli a sua volta tra le lacrime, dirgli che l’amava…

“A presto” la salutò lui, mentre la sua immagine si faceva più trasparente.

“A presto” rispose lei, inginocchiata davanti alla poltrona dove spariva ogni traccia di luce, consolandosi nel pensiero che un giorno, non lontano, si sarebbe finalmente riunita all’unico uomo che aveva mai amato davvero.

 

Quando apparve, nessuno ne rimase sorpreso. Nessun grido di paura, nessun sobbalzo di sorpresa, nessuna espressione di incredulità. Il principe dei saiyan era un uomo ricco di sorprese e di risvolti in vita, tanto quanto ne sarebbe stato nella morte. Tuttavia, fino al preciso momento in cui si materializzò davanti ai loro occhi, non avrebbero mai immaginato di vederlo un' ultima volta.

Bra e Trunks, l'una stretta all'altro, percorsero con passi lenti la metà della sala che li divideva da lui, come fossero pellegrini che si avviano rispettosi verso l'altare del loro Dio. E, in effetti, quella figura traslucida e luminescente, immersa in un bagliore d'oro, aveva qualcosa di divino, di superiore, di regale, quasi che finalmente il principe dei saiyan avesse ricevuto la corona che da sempre gli era spettata.

Goten e Pan, rimasti discretamente a distanza, osservavano rapiti la bellezza di quell'immagine, colti quasi dall'istinto di inchinarsi, di rendere omaggio al loro principe.

Un sorriso sincero investì di calore il cuore dei due fratelli, fino ad allora sepolto nel ghiaccio. Bra avrebbe voluto corrergli incontro, gridargli quanto lo amava, ma era bloccata dai suoi stessi muscoli, abbagliata da quella luminescenza.

Ti hanno concesso il paradiso, papà?

Ma le parole non uscirono dalle sue labbra. Sapeva che era così. Lo confermava quella luce dorata che gli nasceva dal corpo, e la sua stessa apparizione lì, davanti a loro, con il sorriso sulle labbra. Come poteva non trovarsi in quel luogo...lui aveva salvato il mondo...

Trunks strinse di più la sorella. Il suo cuore urlava di gioia per quell'evento straordinario, ma sapeva che non sarebbe durato a lungo, sapeva che presto la sua immagine sarebbe svanita così come era apparsa, e che forse quella breve illusione, dopo, avrebbe fatto ancora più male.

"Non abbiate rimpianti" esordì Vegeta. "Così come non ne ho io".

La sua voce non proveniva dal suo corpo, ma da tutt'intorno a loro, da ogni angolo della casa, confermando che quella era solo un'immagine proiettata da un mondo diverso, da cui non si fa ritorno se non come spiriti bisognosi di fare un'ultima visita ai propri cari.

Trunks avrebbe voluto dire qualcosa, ma ebbe l'impressione che ogni parola fosse banale in quella circostanza, decidendo di rimanere in silenzio, ad attendere che fosse lui a parlare. Sia lui che Bra sapevano, nel profondo del cuore, che la sua visita non sarebbe stata vana, ma che avrebbe avuto un profondo, importante significato.

"Io non sono più di questo mondo. Ci siete voi ora, unici rappresentanti della nostra gente".

Trunks e Bra annuirono, in attesa.

"Trunks, Bra, Gohan, Goten, Pan. Cinque saiyan. Cinque speranze per il futuro".

I due Son, sentiti chiamati in causa, si avvicinarono lentamente ai due fratelli, affiancandoli di lato, quasi per dire noi ci siamo, siamo qui con loro, ci saremo sempre.

Istintivamente, si presero tutti e quattro per mano, dimenticando per alcuni secondi il lutto, il dolore, la disperazione, assaporando solo la forza di quell'unione, che una creatura regale venuta dal mondo dell'aldilà sanciva come intarsiata sul fuoco, viva per sempre.

"Ho fiducia in voi. Credo nel vostro sangue. Credo nella vostra unione. Credo in chi verrà dopo di voi".

Sebbene solo a distanza di tempo quelle parole avrebbero assunto per loro un significato compiuto, in quel momento pronunciarono la loro promessa, il loro impegno nel proteggere quel piccolo, sperduto sassolino che era diventata la patria dei saiyan, nel bene e nel male, finchè avrebbero avuto vita.

La figura dorata si affievolì davanti a loro, salutandoli con un nuovo sorriso così apertamente colmo di amore, come mai ricordavano di aver scorto su quelle labbra dure.

Il caldo bagliore se ne andò, lasciando i quattro saiyan nella penombra della sala, dove nuove lacrime ripresero a scendere, e un nuovo senso di perdita si fece di nuovo spazio tra loro. Piansero il loro padre, il loro principe, ma lo fecero insieme, come sarebbe sempre stato.

 

   Continua...

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


Epilogo

Epilogo

 

 

Ub sedeva nervosamente ad una spaziosa scrivania di mogano, la testa chinata sul foglio che stringeva tra le mani, rileggendo l’ultima frase uscita dalla sua penna stilografica. Sul suo viso si delineò una smorfia di dubbio, scosse la testa arrendevolmente per poi accartocciare il pezzo di carta che andò ad aggiungersi, pateticamente, al resto di fogli buttati che riempivano il cestino.

Non ci riusciva. Non riusciva a formulare una frase sensata, tanto meno poteva sperare di mettere insieme un discorso da recitare davanti a milioni di terrestri, il primo discorso come neocampione del mondo.

La porta del lussuoso studio si aprì silenziosamente, per poi rivelare il viso barbuto di Mr Satan che si affacciava discretamente nella stanza.

“Tutto bene?” chiese al ragazzo, intuendo le sue difficoltà.

Ub si volse verso la porta, sospirando tristemente e abbandonando le forti braccia in basso.

“E’ inutile” mormorò. “Non ho idea di cosa dire…”.

L’ex campione del mondo entrò completamente nella stanza, avvicinandosi alla scrivania e cingendo la spalliera della sedia con un braccio, gli occhi rivolti verso l’ennesimo foglio di carta vuoto.

Ub si sentì un perfetto idiota. Era lì da più di un’ora senza essere riuscito a tirar fuori niente, presto le telecamere e i giornalisti lo avrebbero raggiunto proprio lì, nella residenza di Mr Satan, dove avrebbe rilasciato il suo discorso ufficiale, ma cosa avrebbe detto? Come avrebbe potuto rispondere alle domande che gli venivano poste?

“So cosa stai pensando, ragazzo” iniziò l’uomo, posandogli paternamente le grandi mani sulle spalle. “Hai paura di diventare come me, di dover recitare una commedia per tutta la vita, di assumerti il merito di qualcosa che non hai fatto”.

Ub non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo, incapace di alzare gli occhi e incontrare quelli azzurri e incorniciati da rughe dell’uomo al suo fianco, nei quali avrebbe potuto specchiarsi e vedere se stesso come sarebbe stato tra alcuni anni, quando ormai si sarebbe abituato a vivere nella menzogna, nel rimorso, nel rimpianto…

“Io so come sono andate le cose” continuò. “Pan mi ha raccontato tutto. E’ stato Vegeta a distruggere quel mostro, non poteva essere altrimenti dato la sua potenza, ma non ce l’avrebbe mai fatta senza di te…sai che il tuo aiuto è stato fondamentale…ti meriti questo titolo più di quanto l’ho mai meritato io”.

“Ma come posso raccontare al mondo intero un mucchio di bugie…che tutto ciò non è mai successo…che hanno assistito ad un regolarissimo torneo di arti marziali in cui io sono riuscito a battere il fortissimo finalista proclamandomi campione…come faccio, senza dire che in realtà questo era un pericoloso alieno e che un uomo si è sacrificato per salvarli tutti??”.

“Lo so, figliolo, lo so. Per molti anni io ho goduto dei meriti che mi venivano attribuiti nonostante fossi consapevole che spettavano ad altri…troppo tardi ho capito che tutto ciò non era giusto”.

Si sedette nella sedia al fianco del ragazzo, guardandolo negli occhi.

“Ma il tuo cuore è puro. So che tu non approfitteresti mai della carica che ti è stata attribuita. E che dentro di te sai perfettamente come sono andate le cose, chi ha reso possibile la salvezza della Terra attraverso il suo dono più grande”.

“Ma perché allora…non possiamo far partecipi tutti e proclamare eroe chi se lo merita più di ogni altro?” insistette Ub.

“Non è così semplice…ne va del bene dei saiyan. Spostare i riflettori su di loro equivarrebbe a mettere a rischio la loro identità, il loro segreto. E per la salvezza della Terra, è troppo importante che la gente sia all’oscuro della loro esistenza, che creda semplicemente alla presenza di persone come me e come te, che non possono fare molto in confronto ai saiyan, ma che possono almeno mantenerli nell’anonimato, nasconderli dalle luci della ribalta…”.

“A proposito di luci della ribalta!” esclamò Ub agitato. “Tra poco vado in onda e non so ancora cosa dire…”.

Mr Satan sorrise, cercando di tranquillizzarlo.

“Ricorda…niente riferimenti a ciò che è successo davvero”.

“Ok…” acconsentì Ub, sospirando.

“Parla di te…”.

“Di me? Cosa c’è da dire di me?”.

“Dì quello che pensi. Quello che provi. Ciò in cui credi…”.

“Non sono sicuro di potercela fare” rivelò Ub sentendosi già tremare le gambe.

“Oh, sì che ce la farai!”.

“Sarò un buon campione del mondo?”.

“Non ho dubbi, figliolo!”.

“E i saiyan…saranno orgogliosi di me? Approveranno la mia nomina?”.

“Ma certo! Soprattutto mia nipote, a cui hai risparmiato un bell’impiccio, vero??”.

Il ragazzo sorrise, più rilassato. Si alzò dalla sedia, inspirando profondamente, pronto a parlare a milioni di persone.

 

Il locale si stava lentamente svuotando, della marea di persone che lo avevano affollato quella sera, riempiendolo delle loro voci e delle loro risa, rimanevano ormai solo bicchieri vuoti sui tavolini circolari, sigarette spente nei portacenere e gusci vuoti di noccioline nei piattini da aperitivo.

Mentre Goten si accingeva a riordinare tutto ciò, l’ultima coppia di clienti se ne andò soddisfatta, quando ormai i primi bagliori dell’alba annunciavano il suo arrivo e nel locale erano rimasti solo loro, la sua famiglia e i Brief.

Goten sorrise istintivamente, togliendo i bicchieri da un tavolo ormai vuoto. L’inaugurazione del “SATAN PUB” era stato un vero successo, l’affluenza di clienti era stata oltre le aspettative e al ricavato di denaro si erano aggiunte anche cospicue mance per la gentilezza, l’ospitalità e la calda semplicità di quel posto.

Mentre si avvicinava al tavolo doppio in cui sedeva la sua famiglia, suo fratello si voltò sorridente verso di lui, guardandolo con piacere recuperare le stoviglie, lavarle e riordinarle al loro posto sotto il bancone.

“Sono davvero orgoglioso di te, Goten” gli disse con sincero affetto, trasparente dagli occhi scuri celati dalle brillanti lenti.

Goten sorrise, annuendo. Ancora una volta suo fratello gli si rivolgeva con l’affetto di un padre, così come era sempre stato per compensare l’assenza di quello vero. Ancora una volta si rendeva conto che era da Gohan che aveva imparato tutto, era lui che gli aveva insegnato il coraggio, l’impegno, il dovere…e sapeva, in cuor suo, che suo fratello era orgoglioso di lui non solo per aver messo su un pub da solo, per essersi seriamente impegnato in questo progetto che l’avrebbe reso finalmente indipendente e maturo, ma anche per come si era comportato con l’alieno quindici giorni prima…

Lui aveva avuto il coraggio di affrontarlo, di sfidarlo, senza più il timore di essere la copia di qualcuno, ma credendo esclusivamente nelle proprie capacità, nel proprio istinto…eh sì, era stato un po’ avventato…ma a lungo andare ne era stato felice. E anche suo fratello.

Ed ora, con quella nuova ritrovata sicurezza, avrebbe affrontato anche la vita con altrettanto spirito, costruendosi un futuro suo…solo suo…

 

Bulma giocherellò distrattamente con il portacenere che teneva tra le mani. Quella era la prima volta che usciva dopo ciò che era accaduto, dopo che la sua vita era completamente cambiata. Aveva preferito giungere al pub più tardi, quando la folla di persone si era in gran parte già smaltita. Non aveva voglia di vedere estranei. Non aveva voglia di ricevere altre condoglianze da perfetti sconosciuti, che la conoscevano solo per la sua fama e che non avevano idea di ciò che fosse accaduto davvero, il vero motivo per cui suo marito l’aveva lasciata per sempre.

Aveva solo voglia di passare un po’ di tempo con le persone che amava, le persone con le quali si sentiva in famiglia, perché condividevano i suoi stessi segreti, le sue stesse esperienze, le sue stesse paure. Aveva solo voglia di ritrovare un po’ di calore.

“Che bravo il mio Goten” esclamò Chichi, entusiasta. “Ha messo su proprio un bel posto”.

“Il tuo bambino è cresciuto, mamma” la prese bonariamente in giro Gohan.

“Eh sì…forse è ora che me ne renda conto!”.

Bulma sorrise. Probabilmente ne aveva disperatamente bisogno.

“Grazie a tutti…non so come farei senza di voi, amici” mormorò la donna, riabbassato per un momento lo sguardo, per poi rincontrare quello di Chichi, che nonostante gli anni e le difficoltà della vita era ancora forte e vivo come la prima volta che l’aveva vista.

“Non devi ringraziarci, cara…noi siamo un’unica famiglia…lo siamo sempre stati” le disse affettuosamente.

“Siamo mogli e madri di saiyan” continuò Videl abbracciando il marito. “Siamo sempre preparate a perdere i nostri cari…ma quando succede davvero è di gran lunga peggiore…io e Chichi sappiamo perfettamente cosa significa”.

“E’ per questo che con voi mi sento a mio agio…non devo fingere” ammise Bulma.

“Purtroppo con il resto del mondo dobbiamo apparire in un certo modo…recitare una parte, anche se a fin di bene…ma tra noi, Bulma, potrai sempre aprire il tuo cuore” affermò Gohan, con parole rincuoranti.

Bulma sentì gli occhi farsi più umidi, ma ricacciò indietro le lacrime, nonostante fossero lacrime di commozione e non di dolore, perché adesso voleva solo sorridere…era decisa non solo a sopravvivere, ma a vivere, ad utilizzare il tempo che le rimaneva davanti nel migliore dei modi, ad apprezzare la vita come poteva, sostenuta dai suoi amici, parenti, compagni d’avventura…in attesa di quel giorno…

 

Goten alzò lo sguardo dal lavabo, distraendosi per un secondo dal bicchiere che si accingeva a sciacquare. Al di là del bancone, seduta da sola ad un piccolo tavolo, se ne stava Bra Brief, con lo sguardo azzurro apparentemente distratto dalla realtà, concentrato probabilmente solo sui suoi pensieri interiori, sui suoi segretissimi tormenti.

Non si era ancora ripresa dalla morte del padre. O almeno, non era ancora completamente uscita da quel guscio protettivo che si era creata intorno per difendersi dal dolore che provava.

Decise di preparale qualcosa da bere per sollevarle il morale. Non appena impugnò il bicchiere pulito, però, si rese conto che non aveva la più pallida idea su quali fossero i gusti della ragazza. La conosceva ben poco, purtroppo, eppure sentiva il bisogno di far qualcosa per lei.

Optò infine per un cocktail alla frutta tropicale, una bibita fresca e vivace e dalla piacevole, misurata dolcezza. Aggiunse del ghiaccio, posò il bicchiere su un vassoio e si diresse al tavolo della ragazza.

 

Bra benedisse il silenzio che si era ricreato nel locale. Era stata davvero una bella festa di inaugurazione, quella, era riuscita persino a distrarsi, in certi momenti, ma tutto ciò che voleva ora era un po’ di pace, di tranquillità.

Suo padre era morto solo da due settimane. Eppure le sembrava che mancasse da un’eternità…ogni giorno che passava, la sua assenza si faceva sentire sempre di più, e di pari passo la consapevolezza che la sua famiglia avrebbe dovuto riprendere a vivere senza di lui.

Sentì qualcosa nella tasca destra del soprabito. Un piccolo oggetto liscio, rotondo.

Lo estrasse. Era il bottone che si era staccato dalla camicia di suo padre il giorno del ricevimento da Mr Satan. A questo ricordo accennò un lievissimo sorriso. Tuttavia, non fece altro che acuire maggiormente la mancanza di suo padre.

Chissà se un giorno, come aveva detto Pan, sarebbe riuscita finalmente a pensare a lui solo come un bel ricordo, solo provando un senso di malinconia e non un disperato bisogno di lui…

“Ciao…”.

Davanti a lei apparve l’alta figura di Goten, sorridente nel suo inusuale grembiule bianco, con il braccio destro che sollevava già con una certa professionalità il vassoio recante una bibita arancione.

“Ciao” rispose la ragazza, accennando un sorriso.

“Pensavo che avessi sete…spero ti piaccia” disse lui, posando sul suo tavolo il bicchiere colmo della bevanda, ornato da un buffo ombrellino colorato e da uno spicchio di limone. “Offre la casa, naturalmente!”.

Bra assaggiò il cocktail, sorseggiandolo lentamente dalla cannuccia, mentre Goten si accomodava stancamente al suo stesso tavolo, di fronte a lei.

“Oh, che serata” esclamò asciugandosi la fronte. “Non mi aspettavo certo tanta gente!”.

“Dovresti essere soddisfatto, come primo giorno” soggiunse la ragazza.

“Puoi dirlo forte…non ce la facevo a servire due birre che subito dall’altro lato del pub mi chiedevano quattro frullati alla fragola!” esclamò Goten. “Peccato che i saiyan non abbiano anche il potere di sdoppiarsi in certe situazioni!”.

Bra si fece sfuggire un sincera risatina.

“Forse è il caso che mi decida ad assumere del personale!” continuò il ragazzo, scuotendo la testa.

Bra si aspettò che da un momento all’altro spostasse il discorso su suo padre, sui suoi sentimenti dopo la sua morte, su un patetico tentativo di consolarla.

Ma non avvenne. Continuarono a parlare di preferenze in fatto di bibite, di locali e luoghi che amavano frequentare, della loro musica preferita. Nessun riferimento a ciò che era successo.

Bra ringraziò il cielo. Almeno per qualche attimo stava ritrovando il buonumore.

Alla fine seguì un momento di silenzio, e fu lei a sentire il bisogno di parlare.

“Mi manca terribilmente”.

Il ragazzo annuì, forse si immaginava che sarebbe stata lei la prima ad affrontare l’argomento, anche se lui non le avrebbe fatto pressioni.

“Lo so” le disse. “Ma per esperienza personale…ti garantisco che si impara a sopravvivere”.

Bra lo guardò incapace di dire niente. Non aveva pensato che quel ragazzo non solo aveva trascorso la maggior parte della propria vita senza un padre, ma era nato senza averlo accanto, e che Goku non lo aveva lasciato per una nobile causa, ma era scomparso nel nulla senza motivo, senza lasciare spiegazioni. E ciò doveva essere altrettanto doloroso, e di gran lunga più frustrante.

Si meravigliava, però, come Goten riuscisse ogni volta a ritrovare il sorriso, a mantenere la sua espressione giocosa, il suo sguardo sorprendentemente disarmante, il suo straordinario ottimismo e la costante voglia di vivere. Si ritrovò ad invidiarlo.

“Spero sinceramente di ritrovare anch’io la pace, prima o poi” mormorò la ragazza sospirando.

Goten sorrise.

“Ma certo. Sei una ragazza forte, tu. E determinata. Tuo fratello è un tuo grande adulatore, lo sapevi?”.

Bra rise divertita.

“Lo so” ammise. “Forse a volte esagera!”.

I due giovani rimasero qualche secondo in silenzio, Bra con lo sguardo immerso in ciò che rimaneva della sua bibita tropicale, Goten a giocherellare distrattamente con i lacci del grembiule stropicciato che si era tolto.

“Sai una cosa” ricominciò Bra. “Ho deciso di riprendere l’università”.

Nel volto del saiyan si delineò un sincero sorriso.

“Bene” esclamò. “Sembra una bella notizia”.

“Non so se lo è…ma ho capito che la mia strada è quella. Finalmente l’ho trovata, esattamente come tu hai capito che il tuo futuro era questo locale”.

Bevve l’ultimo sorso del cocktail tropicale, giocherellando poi con la cannuccia colorata.

“Spero solo…che ce la faccia ad affrontare tutto ciò da sola…voglio dire, il futuro, la vita, il lavoro…”.

Goten avvicinò la mano a quella della ragazza. Per un momento esitò, temendo che il suo tocco potesse mandare in frantumi quelle dita candide e affusolate, come se fossero quelle di una bambola debole e inerme. Poi posò la mano sulla sua, accarezzandola delicatamente.

“Tu non sei sola, Bra” le disse con uno sguardo carico di sincerità. “Ma dico…ti sei guardata intorno? Hai idea di quante persone accorrerebbero in tuo aiuto per ogni tuo problema, dubbio o incertezza?”.

La ragazza rise ancora, ormai più leggera.

“Per ogni persona che perdiamo…” continuò il saiyan. “Ce ne sono molte di più pronte a starti vicino. A riempire il vuoto. E’ così che io ho potuto continuare a vivere normalmente. Grazie al calore e all’affetto delle persone che mi volevano bene. E non solo ti rendi conto di quanto sei amato, ma trovi anche qualcun altro che non ti saresti aspettato”.

Bra osservò il giovane rapita dal potere del suo sguardo, dalla semplicità e dal significato delle sue parole, dalla radiosità del suo sorriso, che scacciava via ogni traccia di rabbia, di dolore, di gelo.

Si sentiva…a casa.

Per un momento, il suo cuore le disse che quel giovane dalla strana pettinatura e dagli occhi più scuri dell’ebano avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella sua vita, che sarebbe stato il primo passo verso la via che l’avrebbe ricondotta, un giorno, alla felicità.

Sorrise, abbassando lo sguardo verso il bicchiere vuoto che faceva roteare distrattamente sul tavolo.

“Grazie” mormorò.

“Oh, di niente…in realtà non sapevo neanche il tuo gusto preferito, sono andato ad intuito!”.

Bra scosse la testa, incapace di trattenere un’altra sincera risata.

“Non solo per il cocktail, Goten! Grazie…per tutto il resto”.

Il ragazzo aveva già capito. Le strinse di più la curatissima mano, facendo scivolare le dita in mezzo alle sue.

 

Trunks scostò leggermente le tendine della finestra, che lasciarono libera la visuale di un cielo blu sfumato di tinte sempre più chiare man mano che il suo sguardo procedeva verso est, annuncianti l’imminente arrivo di un nuovo giorno.

Percepì il rumore di piccoli passi alle sue spalle. Sapeva che era lei. Forse aveva sperato che lo raggiungesse.

“Come mai tutto solo in questo angolo del pub?” gli chiese la ragazza nel tentativo di attirare la sua attenzione, distratta dalle profondità del cielo.

Trunks si girò lentamente, trovandosi davanti il familiare viso di Pan, che lo fissava con la sua classica espressione di aspettativa.

“Beh…avevo voglia di starmene un po’ da solo…che succede di là?”.

“Hanno intenzione di farsi una spaghettata…ero venuta appunto ad avvertirti!”.

“Una spaghettata alle cinque di mattina??” rise Trunks.

“Sai, la nonna ormai ha imparato che cinque saiyan non si sfamano di certo solo con birre e drink!”.

Trunks scosse la testa, divertito. Poi si appoggiò stancamente con la schiena contro le solide pareti di legno, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo basso, pensieroso.

Pan inclinò leggermente la testa di lato, fissando il saiyan con aria apertamente divertita.

“Cosa c’è?” chiese Trunks riportando lo sguardo sulla ragazza, sollevando un sopracciglio con aria inquisitrice.

Pan rise tra se, scuotendo la testa.

“Eh che…” iniziò, con una punta di malinconia. “Sembri…”.

“Mio padre, vero?” la anticipò il ragazzo.

Pan annuì, sospirando, pentendosi di aver ricordato all’amico il lutto ancora fresco del padre perduto.

“E’ vero” sorrise Trunks, sospirando poi con lo sguardo rivolto al soffitto. “Mio padre era solito estraniarsi da tutti, rimanere nel suo angolino senza partecipare ai festeggiamenti o alle conversazioni di gruppo”.

“Era il suo carattere” ammise Pan, scrollando le spalle.

“Appunto” confermò lui. “Lo faceva solo perché era nella sua indole”.

“Ma non è lo stesso per te” indovinò la ragazza.

“Esatto…io lo faccio solo perché continuo a rimuginare…a pensare alla sua morte…a pensare che a quest’ora sarebbe potuto essere ancora qui…non ce la faccio ancora a fare finta di niente, Pan”.

“Ma sai cosa penserebbe tuo padre se ti vedesse così, a farti del male da solo?” gli chiese la Son.

“Che sono un moccioso frignante” indovinò Trunks. “Che non sono degno dell’eredità di sangue che mi ha lasciato”.

“Non solo” aggiunse Pan. “Ti prenderebbe a sculacciate finchè non ti fossi rimesso in riga, come un vero principe!”.

I due saiyan scoppiarono in una sincera risata. Trunks assaporò tutto il calore liberato da quel piccolo gesto, tutta la musicalità della voce della ragazza che gli penetrava dentro come un caldo, rilassante soffio. Ne aveva disperatamente bisogno.

“E tu” ricominciò il giovane. “Mi hanno detto che ce l’hai fatta, alla fine”.

“Già” ammise Pan, portando lo sguardo verso le mattonelle del pavimento, contro le quali strusciava distrattamente la punta di un piede, nel tentativo di nascondere il rossore.

Parlare di quell’evento, del suo essere riuscita a diventare super saiyan per la prima volta, la imbarazzava non poco, perché ciò significava liberare apertamente i propri sentimenti nei confronti dell’uomo, che erano stati il vero motore grazie al quale era riuscita nell’intento.

“Allora non stavo sognando…la ragazza coperta d’oro che combatteva come una vera guerriera eri davvero tu” le sorrise Trunks.

Lui l’aveva vista…l’aveva vista illuminarsi di rabbia e dolore per ciò che avevano fatto a lui…l’aveva vista combattere, per lui…

“Beh, non mi resta che farti i miei complimenti, piccola” le disse stringendole la mano. “Benvenuta nel mondo dei super saiyan”.

Pan sorrise. Nonostante tutto, Trunks non accennava minimamente al vero motivo per cui aveva raggiunto il livello. Nessun riferimento all’origine di tutta quella scarica di sentimenti. Eppure doveva saperlo. Era sicura che lo sapeva.

“A questo punto, Pan” continuò. “Sei riuscita a diventare super saiyan…sei scampata dalla carica di campione del mondo…puoi volere altro dalla vita?” le chiese, guardandola con quei suoi grandi occhi chiari e limpidi come l’oceano, le labbra piegate in un caloroso sorriso.

Vorrei che mi dessi una possibilità…vorrei riuscire a farti capire che io tengo a te, ma non solo che tengo a te nel senso che ti voglio bene, quello lo sai, te ne ho sempre voluto, ma che tengo a te nel modo in cui una donna può tenere ad un uomo, perché è quello che sono ora, Trunks, una donna…

Avrebbe tanto voluto dire tutto ciò, ma si limitò ad avvicinarsi a lui, prendergli le mani e guardarlo negli occhi con il solito, sincero affetto di sempre.

“Voglio che tu sappia…che io ci sono sempre…per ogni cosa, capito?”.

Trunks le rivolse uno dei suoi più bei sorrisi, così intenso, così pregno di significato, così espressamente caldo…

“Certo che lo so, Pan” le confermò, abbracciandola dolcemente.

Fu un contatto lungo, delicato, la testa di Pan appoggiata piacevolmente sul forte petto del saiyan, le mani circondanti dolcemente la sua vita, mentre lui, con il mento appoggiato sulla fronte della ragazza, le accarezzava delicatamente i capelli, la nuca, il collo. Soffici, dolci carezze piene di affetto. E forse, qualcosa di più.

So che hai paura, Trunks. Hai paura ad aprire gli occhi perché temi di trovarti davanti una luce troppo intensa ed accecante, a cui non sei ancora abituato…ma un giorno lo so, troverai il coraggio di farlo, e io sarò lì ad aspettarti, a prenderti per mano per affrontare insieme quel nuovo mondo di luce.

Io ci sarò sempre.

Dall’altra parte del pub giunse il richiamo di sua nonna, che invitava frettolosamente tutti i presenti nei pressi nel televisore del pub.

“Venite, presto! In TV c’è il discorso di Ub ai terrestri!”.

 

Il turno di notte era stato più lungo e noioso del solito, e Marron premette dal distributore automatico il tasto d’erogazione dell’ennesimo caffè.

Guardò l’orologio, sollevata. Presto sarebbe tornata a casa, a farsi una bella dormita nel suo accogliente bilocale di Satan City, in attesa di ricominciare un’altra, normalissima giornata.

Sembravano passati mesi da quel giorno in cui la Terra era stata gravemente in pericolo. Ma nessuno, eccetto chi era presente alle minacce di egemonia di quel mostro, era a conoscenza dell’accaduto. La vita scorreva tranquilla come sempre, a Satan City come dalla parte opposta del globo.

Fece per sorseggiare il suo caffè bollente, quando un infermiere passò dal corridoio frettolosamente, rischiando quasi di farle versare il liquido marrone sul camicie chiaro.

“Che sta succedendo, Phil?” chiese sorpresa al giovane collega. “Un’altra emergenza?”.

“Beh, se vogliamo chiamarla così…” rispose il ragazzo fermandosi momentaneamente di fronte a lei. “Il nuovo campione del mondo sta facendo il suo saluto ufficiale ai terrestri!”.

Marron seguì il collega nella stanza di ristoro del personale del reparto, dove il piccolo televisore era stato sintonizzato sul satellite.

Sul soppalco di una sala adibita all’evento, si ergeva un leggio egregiamente e lussuosamente decorato, dietro al quale, con qualche difficoltà, un ragazzo dalla pelle bruna si accingeva a sistemare la posizione del microfono. Indossava la divisa da combattimento che aveva spesso visto a Mr Satan, fermata a livello della vita da una cintura di stoffa annodata.

La ragazza sorrise. Quasi non riusciva a credere che Ub fosse il nuovo campione del mondo. Aveva pensato molto a quel giorno, al loro comune nascondiglio nell’infermeria, al coraggio con cui il giovane era infine uscito alla scoperto e aiutato Vegeta a distruggere l’alieno. Ma mai aveva pensato seriamente a lui in quelle vesti, a ciò che da quel giorno sarebbe diventato. Lei lo vedeva ancora come Ub, un ragazzo semplice e riservato ma dotato di un grande cuore. Non come campione del mondo.

Il personale riunito nella stanza cessò di chiacchierare, nell’intento di sentire cosa avesse da dire il loro nuovo campione.

“Salve a tutti” iniziò il ragazzo.

Marron lo ascoltò con piacere parlare delle sue origini, del luogo dove era nato, della costante devozione con cui aveva sempre protetto e mantenuto la sua numerosa famiglia, di come il suo interesse per le arti marziali fosse stato prima di tutto un modo per difendere le persone che amava.

Lo vide esitare nel momento in cui, forse, avrebbe voluto dire di più, ma si ricompose egregiamente spostando il discorso da un’altra ottica.

“Se adesso sono giunto fin qui, sono diventato campione del mondo, devo ringraziare prima di tutto due persone, che adesso non sono più tra noi ma di cui preferisco non fare i nomi. La prima mi ha fatto da maestro, mi ha insegnato cosa significa avere una dote e usarla solo al fine di difendersi, e non di attaccare. La seconda mi ha fatto capire l’importanza delle scelte, l’importanza delle cose in cui crediamo, quanto ciò che ci circonda sia prezioso e valga la pena di difendere, fino in fondo, senza esitazioni. E’ su tutto questo che voglio fondare la mia carica come campione del mondo”.

Gli spettatori nella stanza si guardarono soddisfatti. Marron sapeva che Ub li aveva già conquistati, e probabilmente anche tutti gli altri terrestri.

“E infine” concluse. “Devo ringraziare un’altra persona. Una persona che mi è stata accanto e mi ha dato la forza per non mollare. Il mio angelo”.

Marron trasalì. Non se l’aspettava. Cielo, non se l’aspettava proprio…

“Grazie mille, mio angelo custode” disse il ragazzo guardando il centro della telecamera, incapace di celare un punta di imbarazzo. “Dovunque tu sia…spero di rivederti presto”.

Nella stanza medici e infermieri si lasciarono scappare fischi di stupore, di piacevole sorpresa per aver scoperto che il nuovo campione era anche un inguaribile romantico, chiedendosi chi fosse mai la fortunata.

Marron, le guance che si erano infiammate per l’imbarazzo, sgusciò indifferentemente fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi ad essa con la schiena.

Tirò fuori un lungo sospiro, ancora confusa, fissando distrattamente la corsia vuota di fronte a lei, mentre dall’ampia vetrata laterale giungevano indecisi i primi bagliori del mattino.

L’unico rumore che udiva era il martellare del suo cuore che batteva all’impazzata. Quello non sarebbe stato un giorno come gli altri. Lo sapeva. Lo sentiva. Sarebbe stato il giorno in cui, rivedendolo di persona, avrebbe capito molte cose. C’era tanto di cui parlare, tanto da raccontarsi…

 

Goten spense la TV, una volta terminato il discorso ufficiale trasmesso in diretta in tutto il mondo.

“Wow” commentò. “Niente male…se l’è cavata a meraviglia il nostro amico Ub”.

“E’ stato un discorso eccellente” affermò Gohan, soddisfatto.

“Senza contare la dichiarazione in diretta ad una ragazza bionda di nostra conoscenza…” esclamò Videl, con aria sognante.

“Speriamo che Marron l’abbia sentita!” aggiunse Bra, guardando dubbiosa l’ora.

“Oh, lo spero davvero…altrimenti non sono sicura che Ub troverebbe il coraggio di ripetergliela una seconda volta!” concluse Pan, generando una risata generale.

“Beh, se non altro il nostro ragazzo è coraggioso in battaglia!” soggiunse Chichi.

“Già” confermò Bulma. “Sono contenta abbia fatto quei riferimenti a Goku e al mio Vegeta. Nonostante fossero incomprensibili al resto del pianeta, quelle parole per noi hanno avuto un profondo significato, e gli sono grata per averli ricordati.

Chichi annuì, della stessa opinione dell’amica.

“Abbiamo davvero un buon campione del mondo” riconobbe Trunks, cingendo le spalle della madre. “Se lo merita davvero, quel ragazzo”.

“Già…lo dicevo io che spettava a lui, il titolo!” esclamò Pan, godendo del sapore della libertà, esonerata da qualsiasi impegno, da qualsiasi incarico ufficiale, da qualsiasi ruolo.

Nel locale, rallegrato dal buonumore generale che si era creato e rischiarato dalle luce mattutina che piano piano soppiantava quella artificiale, risuonò il trillo del cellulare della ragazza, che tirò fuori faticosamente dalla tasca del soprabito, abbandonato su una sedia.

“Nonno, sei tu?”.

Dall’altro lato della linea risuonò forte e soddisfatta la voce di Mr Satan.

“Ciao, tesoro”.

“Hai visto che bravo Ub? E’ il tuo perfetto sostituto, nonnino!”.

“Oh, senza dubbio!” confermò l’uomo. “Ma non credere, Pan, che per te sia finita qui, piccola birichina!”.

Il sorriso sul volto di Pan sfumò in un’espressione timorosa. I presenti si avvicinarono di più a lei, incuriositi e divertiti da quel cambio d’umore. La videro poi sospirare, allentando la tensione, salutare il nonno e interrompere la telefonata.

“Allora?” le chiese suo padre, parlando a nome di tutti gli altri.

Pan scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita.

“Beh, in un certo senso sono stata incastrata di nuovo…” spiegò. “Il nonno mi lascia la sua palestra di Satan City. Vuole che me ne occupi io, d’ora in poi!”.

Goten tirò fuori da sotto il bancone una bottiglia di champagne nuova di zecca, conservata per le occasioni speciali, la stappò e ne versò un po’ nei lunghi bicchieri distribuiti da sua madre ad ognuno dei presenti.

I bicchieri si innalzarono tutti insieme, creando quel piacevole tintinnio generato dal cristallo che si incontra, mentre otto voci si riunivano in una sola frase:

“A Vegeta” esclamarono tutti insieme, brindando.

 

   Fine

 

Nota dell'autrice:

"Il signore della Terra" è solo il primo "volume" della saga Dragonball NG, scritta alternativamente da me e da Likol. Il secondo volume si chiama "Moonlight", è scritto da Likol ed è ambientato temporalmente qualche mese dopo alla conclusione di "Il signore della Terra". L'autrice comincerà presto a postare "Moonlight" tra le sue opere su EFP, vi invito quindi a seguirla per continuare il viaggio attraverso Dragonball NG!

Buon proseguimento di lettura...

Beatrix

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