Once in a blue moon

di Cabry_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Umani. ***
Capitolo 2: *** Prologo ***
Capitolo 3: *** Odori. ***
Capitolo 4: *** Londra. ***
Capitolo 5: *** Scuola. ***
Capitolo 6: *** Non è come sembra. ***
Capitolo 7: *** David. ***
Capitolo 8: *** Nel bosco. ***
Capitolo 9: *** Sola. ***
Capitolo 10: *** Fox. ***
Capitolo 11: *** Lacrime di scoiattolo. ***
Capitolo 12: *** Il mio primo bacio. ***
Capitolo 13: *** La luna blu. ***
Capitolo 14: *** Addio. ***
Capitolo 15: *** Spittel. ***
Capitolo 16: *** #1 ***
Capitolo 17: *** La fioritura. ***
Capitolo 18: *** #2 ***
Capitolo 19: *** Aran. ***



Capitolo 1
*** Umani. ***


-Vieni, cara. Andiamo a parlarne davanti a una tazza di the.
Avevo nove anni. Ero sicura che solo i grandi avessero il diritto di "discutere davanti a una tazza di the". Ero diventata
grande? Così di colpo?
-Siediti.
Mi fece accomodare sul divano. Era buono l'odore di casa mia, lo ricordo ancora: gelsomino, petunia, rosa e oleandro.
Che, tra l'altro, sono i nomi dei componenti della mia famiglia.
-Pensavo che mancassero ancora alcuni anni prima che arrivasse il momento di affrontare questa conversazione. E invece,
eccoci qui. Da dove iniziare? Tanti anni fa...no, iniziamo da qui. E' entrato un umano, a spittel, ieri. Tu non sai cos'è
un umano, perchè non te ne abbiamo mai parlato. Gli umani sono delle persone che vivono al di fuori da Spittel, il nostro
Mondo si trova dentro il loro, a Londra, precisamente, una città dell'Inghilterra. Non sappiamo da dove sia entrato
questo umano, sappiamo che deve uscire. E dobbiamo trovare il modo di non fare più entrare nessuno qui. E' il nostro
Mondo. Loro non possono entrare, non possono distrugere il nostro Mondo, dinuovo.
-Dinuovo?
-Dinuovo.
-Quindi, gli umani sono cattivi?
-Sì, piccola. Li puoi riconoscere: loro non sono splendenti come noi, e non hanno ali.
-Non hanno ali? E come volano?
-Camminano, piccola. Camminano.
-Camminano?? Tutto il tempo?? E quando devono andare in posti lontani? Chissà che stanchezza. Magari è per quello che sono
cattivi, perchè camminano e si stancano.
-No figliola, sono cattivi perchè vogliono la nostra magia, loro non credono in noi, ma quando ci vedono, vogliono esaminarci.
-Esaminarci?
-Sì. Vogliono portarci con loro, nel loro Mondo.
-Com'è? Il loro mondo, intendo...
Papà fece apparire un'immagine.
-Questa è Londra.
-E noi dove siamo, papà?
-Non lo so, è questo il problema.
Palazzi. Non fiori, palazzi. Quelli erano palazzi.
Avevano le finestre.
C'erano delle cose strane per la strada, delle cose con le ruote, facevano rumore. Sembravano simpatiche.
Avrei voluto entrarci, in quella foto. 
I colori, non erano limpidi come quelli del mio Mondo, ma erano belli. Mi incuriosivano.
Londra.
Inghilterra.
Che nomi strani, curiosi.
Volevo andarci.
-Papà, mi ci porti?
-No. No e poi no!!! Dopo tutto quello che ti ho raccontato. Non devi volerci andare, Petunia. Non chiedermelo mai più!
Perchè si era arrabbiato così tanto? Ero una bambina. Non avevo il diritto di voler scoprire?
No, non potevo. Non se la mia voglia di scoprire riguardava Londra, l'Inghilterra e gli umani.
Decisi di andare via, in camera mia. Non parlai a nessuno, per tre giorni.
-Petunia, apri. Dobbiamo parlare. - Mi disse mia madre, la mattina del quarto giorno.
Aprii la porta.
-Dimmi, mamma.
-Non puoi passare la vita chiusa qui.
-Sono già chiusa. Chiusa dentro Londra. Io voglio...voglio vederla, mamma.
-Quando sarai più grande, Petunia.
-Me lo prometti?
-Te lo prometto. Ai tuoi diciotto anni.

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Capitolo 2
*** Prologo ***


Spittel non è un paese, non è una città.
Spittel è un Mondo. Il Mondo delle fate.
Qui a Spittel esistono solo fate. Io pensavo che le fate fossero gli unici esseri viventi ad esistere.
Ma no, dopo la soglia, esiste qualcos'altro.
Quale soglia?
Non lo so dire.


Un giorno, mio fratello Gex (abbreviazione di Gelsomino, qui, a Spittel, tutti abbiamo nomi di fiori), stava andando
a fare un giro con la sua fidanzata verso l'arcobaleno, quando a un certo punto tornarono indietro.
-Mamma, un umano!!!
Un umano. 
Cos'era?
Un nuovo tipo di insetto?
Oh, no. E se fosse un batterio? Non potevo permettere che i fiori si rovinassero. Ero ancora una bambina, ma presto sarei
diventata adulta, e il mio compito sarebbe stato quello di prendermi cura dei fiori. Ma come potevo riuscirci se i batteri
avessero invaso i fiori?
-Cos'è un "umano", mamma? - Le chiesi.
-Petunia, vai a giocare con gli altri bambini, noi adulti abbiamo bisogno di parlare.
-Va bene.
Ma quel giorno, per la prima volta nella mia vita di soli nove anni, disobbedii a mia madre. Mi nascosi dietro una quercia
e origliai.
Erano in cerchio: mia madre, mio padre, Gex e Primula, la sua fidanzata.
-Da dove può essere entrato? - Chiese mio padre.
-Non ne abbiamo idea. Ma siamo sicuri: non era uno di noi, non aveva ali e la sua anima non emanava splendore.
Forse era una sottospecie di Troll. Forse. Ma i Troll, alla fine, sono simpatici.
No, forse non era un Troll. O magari sì.
-Era solo? Qualcuno l'ha seguito?
-Non lo sappiamo, mamma. Sappiamo che, però, non siamo più al sicuro. Dobbiamo trovarlo e catturarlo. Non possiamo permettere
che le piccole fate scoprano.
Scoprano cosa? Cosa ci tenevano nascosto?
-Lo so Gex, ma come facciamo? 
-Bisogna catturarlo.
-E dopo?
-Dopo lo rimandiamo a casa, ma se non ci vorrà dire da dove viene dovremmo...dovremmo ucciderlo
Ucciderlo.
Ucciderlo.
Ucciderlo.

Quella parola continuò a suonarmi in testa. Sì, sapevo il significato. Ma perchè? Nessuno a Spittel era mai stato ucciso,
almeno, così pensavo.
Non riuscii a trattenermi e uscii dal mio nascondiglio.
-Voglio sapere. Vi prego, spiegatemi: cos'è umano? Perchè dovreste ucciderlo? E' carino? Si può mangiare con la panna?
-Petunia! Cosa ci fai qui??? - Strillò mia madre.
Che avevo fatto di sbagliato?
-Petunia, dobbiamo parlare. - Proseguì mio padre con più calma.

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Capitolo 3
*** Odori. ***


Ai miei diciotto anni.
Ne avevo nove. Ne mancavano altri nove.
Da quel momento, però, non sentii più parlare di essere umani. Fino al giorno prima del mio diciottesimo compleanno.
-Buongiorno mamma - Le dissi, scendendo dalle scale.
-Buongiorno Petunia, hai deciso cosa fare per il tuo compleanno?
-Sì, mamma. Ho deciso nove anni fa.
Fece una faccia strana.
Forse non si ricordava, forse mi avevano mentito sul Mondo umano o forse...forse...non lo so. Cosa significava quell'espressione 
sul suo viso?
-Petunia, lo sai che papà non vuole che...
-No. Mamma! E' il mio diciottesimo compleanno e tu, tu l'hai promesso. Nove anni fa, mamma.
-Lo so, Tun. Ma non si può...Papà ha detto...
-Papà. Papà, sempre papà. E io? Sono un'adulta ormai.
In quel momento mio padre entrò, e mi accorsi che aveva sentito tutto.
-Petunia, tu non andrai in quel posto. Non ci andrai. E basta. - Disse mio padre, con un tono freddo. Il più freddo con
cui si fosse mai rivolto a me.
Non dissi nulla. E non scoppiai a piangere. Non volevo farlo, non davanti a loro. Volevo, dovevo, fingere di essere forte.
Corsi via.
Non andai verso l'arcobaleno, dove di solito andavo quando ero triste, andai verso il bosco. 
Era buio e faceva anche un po' freddo, ma non c'era nessuno, laggiù. Forse era il luogo adatto dove poter pensare prima
di prendere qualsiasi decisione.
Camminai per un po', poi vidi un'ombra.
Un ombra.
Praticamente neanche sapevo cosa fosse, un ombra.
Ero abituata a cose luminose, ma quella cosa no, era spenta.
Eppure, eppure mi assomigliava. Ma non brillava.
-C'è qualcuno? - Disse quella cosa.
Poteva parlare, e aveva una voce femminile.
-Sono Petunia. Tu chi sei?
-Mi chiamo Clara. Penso di essermi persa. Ero al parco. Quello stupido di Harry mi ha detto che qui avrei trovato un 
"passaggio" per un Mondo parallelo. Ahahah. Che sciocco. Oh beh, io c'ho creduto. Forse la sciocca, qui, sono io. Accidenti.
-Clara? Che fiore è? Anche tu cerchi il Mondo degli umani? Londra?
-Clara non è un fiore, è il mio nome. E io sono umana, e vengo da Londra. Sicura di stare bene, Petunia? - la ragazza
mi si avvicinò.
-Ma tu. Oh, santo cielo. Queste sono... - Mi afferrò le ali, e iniziò a tirare. -Devi essere un'amica di Harry. Basta.
Togliti queste cose. Lui lo sa, da piccola amavo le fate. Ora basta, ho diciotto anni.
-Wow, anche io. Però, scusa, puoi lasciarmi le ali? Mi fai male.
-Vuoi dirmi che... Che sono vere?
-E tu... Tu stai dicendo che sei un'umana?
Ci guardammo negli occhi per dieci secondi e poi iniziammo a ridere. Non so bene il perchè.
-Non so se credere ai miei occhi. Ma io, io devo tornare a casa. - Mi disse, quasi spaventata.
-Io voglio venire con te.
-A me va bene, ma come torniamo?
-Ti ricordi gli odori del posto da dove vieni?
-Gli odori? Beh... A Londra c'è... Lo smog.
-Lo smog?
-Immagino che tu non sappia cosa sia.
-Prova con qualcos'altro, qualcosa che appartenga alla natura o qualche cibo buono...
-La cioccolata. A Londra, vicino a casa mia, c'è un negozio di cioccolatini. Viene sempre un buon profumo da lì.
-Cioccolata. Perfetto.
Pensai intensamente alla cioccolata, e la sentii.
-Al latte, fondente, bianca, o aromatizzata. - Dissi. -Qual'è la tua preferita?
-Al latte, con la panna.
-La panna, sì. Ce l'hai a casa, la panna?
-Sì, perchè?
-E fa caldo, a casa tua?
-Sì.
-Chiudi gli occhi e pensa all'odore di casa tua.
Chiusi gli occhi anch'io, e contai fino a cinuqe.
Cinque secondi dopo riaprimmo gli occhi.
-Ma è fantastico, quella è casa mia!

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Capitolo 4
*** Londra. ***


Ero in mezzo a una strada piena di...di rumori assordanti, mai sentiti prima. Clara stava indicando un palazzo enorme,
altissimo.
-Quella è casa mia. Vuoi venire?
-Non saprei...ho un po' di...paura.
-Non preoccuparti, potrai comportarti come al solito. Spiegherò a tutti dell'esistenza delle fate. Spero solo che non mi
prendano per matta. Ma tu. Tu ci porterai lì. Non è vero?
-Io...veramente, io...non so come tornare indietro e...questa è Londra? E' grandissima, è bella. Ma io, io sono una fata.
Devo tornare indietro, ma non so come si fa.
-Se vuoi, domani possiamo tornare nel bosco, e vedere se riusciamo a farti tornare a casa. Però per ora non si può. Dai,
entra.
Papà diceva sempre:"in caso scoprissi un umano, scappa. Non fidarti di lui. Gli umani sono cattivi". 
Cattivi.
Fino a quel momento, Clara, era stata tutt'altro che cattiva. Era stata molto gentile con me.
Era bella, Londra. Ma non sapeva di casa mia. C'era un odore strano, molto. Clara, poi, mi spiegò che quegli orribili 
odori erano provocati da smog e inquinamento, che a loro volta erano provocati dalle macchine. Le macchine erano quelle
strane cosine con le ruote, si muovevano da sole, almeno sembrava:in realtà, dentro c'erano delle persone che dovevano
guidarle.
Anche gli umani, a volte, facevano delle magie.
Per esempio, la mattina, la mamma di Clara, mi chiedeva sempre se volessi del caffè. Poi, andava verso il lavabo della 
cucina, davanti a una grossa scatola grigia, e premeva un pulsante. Da quel pulsante usciva un liquido marroncino-nero.
Quello, quello era il caffè.
Era amaro, e io ci mettevo lo zucchero.
Ah! Poi...oh, cosa ho visto. Un'altra scatola! Questa, però, non è grigia. No. E' piena di colori, e altri umani che parlano,
televisione. Ecco, si chiama così.
Era sera, faceva caldo. Era qualche settimana che ero a casa di Clara. I miei genitori ancora non erano mai venuti a
cercarmi. Mai.
-Tun, dobbiamo parlare:c'è un problema. - Mi disse Clara, appena finita la cena.
Ogni tanto mi parlava di qualche ragazzo, ma quella sera c'erano ancora i suoi genitori a tavola, e lei non parlava mai
di ragazzi davanti ai suoi genitori.
-Dimmi - dissi, con aria preoccupata.
-Domani ricomincia la scuola, e io devo andare.
-Cos'è la scuola?
-La scuola è un posto dove si impara 
-Ah, che pizza.
-Sì, lo so. Ma bisogna andare. E' il mio ultimo anno.
-Bene. E, scusa, ma a me, cosa interessa?
-Tu dovrai andare con lei, Tun. Ti abbiamo già iscritta. - Disse il padre di Clara
-Ma...io non so come si fa...e poi, loro vedranno le mie ali.
-Loro sanno già chi sei, tutti, a Londra, lo sanno. Per questo, quest'estate non sono potuta uscire, Tun. Tutti i miei
amici volevano vederti, sarebbe stato un incubo. Ma da domani dovrai imparare a rapportarti con gli umani.
Io neanche sapevo cosa volesse dire "rapportarsi con gli umani".
Ma avrei dovuto farlo.
Passai tutta la notte a provare una conversazione con Clara. Una di quelle conversazioni senza accenni a magia, a colori,
a musica. Lei diceva che gli umani non parlano così, dicono più cose tipo:"ehi, fratello. Yo" e cose stupide.
Erano le due di notte.
-Hai fatto grandi progressi. Ora, però, andiamo a dormire. Domani dobbiamo svegliarci presto, e ricordati cosa ti ho insegnato.
-Va bene, Clara. A Domani, buona notte. E, Grazie.

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Capitolo 5
*** Scuola. ***


Suonò la sveglia. Era arrivato il momento.
-Buongiorno Tun - Disse Clara.
-Buongiorno.
-Nella tua voce si percepisce un filo di preoccupazione. Devi stare tranquilla:ci sono io, con te. Non devi avere paura.
Però, promettimi che mi starai vicina, così saremo sicure che nessuno potrà farti del male. Se qualcuno vuole farsi una
foto con te, tu non farlo. Non vogliono farlo per gentilezza, loro vogliono farlo per farti vedere agli altri, è una
cosa cattiva.
-Cos'è una foto?
-Un'immagine fatta al momento.
-Ah, capito. E perchè è una cosa cattiva?
-Gli umani sono così. Sono cattivi.
-Non è vero. Tu, tua mamma e tuo papà. Voi, voi siete umani. E siete buoni.
-Non sono tutti così, Tun. Te ne accorgerai, prima o poi. Sinceramente, spero poi.
Non detti tanto importanza alle sue parole. Non poteva essere vero. Gli umani erano bravi.
Mi vestii e poi feci un incantesimo per nascondere le ali. Clara mi disse che anche se tutti sapevano della mia vera identità,
cercare di nasconderla il più possibile poteva "attenuare la loro cattiveria".
Ma loro, loro non potevano essere cattivi. Non potevano.
Appena entrati a scuola, tutti mi guardavano.
-Ciao, Clara. Non ti sei fatta viva quest'estate. Dicono che sia perchè ospiti una fata. E' lei? - Disse una ragazza a 
Clara, erano in cinque e mi fissavano.
-Sì. 
-Bene, avremmo modo di conoscerla più avanti, presumo. Ciao Clara. Ciao fata.
-Io mi chiamo Pet...
-Lascia stare, Tun. - Mi interruppe Clara.
-Perchè? Non posso presentarmi alle tue amiche?
-Lei, lei non è una mia amica. Lei è una mia compagna di classe, si chiama Katy. E' una di quelle persone cattive.
-Ma ti sorrideva.
-Lo faceva per cattiveria.
-Non capisco...
-Imparerai. Ora vieni, ti faccio conoscere un'altra brava persona. E' il mio migliore amico e uscirà spesso con noi.
Mi portò verso degli armadietti, dove c'era un ragazzo.
Era bello, bellissimo.
Aveva dei ricci castani fantastici, quasi a cespuglio e sorrideva, un sorriso bellissimo. Per un momento sentii dinuovo
il calore di casa mia.
Clara lo salutò con due baci sulla guancia, e poi ci presentò.
-David, Petunia. Petunia, David.
-Piacere - Mi disse, sorridendo.
-Piacere - Mi accorsi di essere arrossita.
-Sta arrivando Harry. - Disse Clara.
-Se ti parla, lascialo in pace. - Gli suggerii David.
Harry era l'ex ragazzo di Clara. La trattava male, e così si erano lasciati.
-Ciao puttana. - Disse Harry, passando.
-No, mi chiamo Petunia. - Risposi io. E lui, e i suoi amici, si misero a ridere.
-Tun, lui intendeva proprio..."puttana". - Cercò di spiegarmi Clara.
-Cosa significa?
-Lascia stare, te lo spiegherò più avanti. Ma non devi mai essere gentile con qualcuno che si rivolge a te in quel modo,
d'accordo? Devi rispondergli male.
-Io non sono capace.
-Lo so, ma imparerai.
Suonò la campanella e io, Clara e David ci dirigemmo in classe.
Entrammo, mi sedetti in mezzo a Clara e David. 
Sembrava che volessero proteggermi.
Gli altri umani mi guardavano, mi guardavano e ridevano. Chiesi spiegazioni a Clara.
-Perchè ridono? Non ho mai parlato con loro, pensano già che io sia simpatica?
-No, Tun. Non ridono per quello.
-E Per cosa?
-Lascia stare, ti spiegherò più avanti.
Mi rispondeva sempre "lascia stare", "ti spiegherò poi", "non sei ancora pronta", o cose simili. Ma io volevo sapere.
Si girò verso David e lui le sussurrò qualcosa.
-Sarà difficile.
-Lo so, ma le voglio bene e la difenderò. Costi quel che costi.

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Capitolo 6
*** Non è come sembra. ***


Fu una giornata difficile, ma ne valse la pena. Ero andata a scuola e avevo visto da un'altra prospettiva il mondo degli
umani.
A casa, i genitori di Clara, mi spiegarono il significato del termine "puttana". Rimasi stupita. Nel mio mondo quelle cose
non si usavano.
La madre di Clara mi spiegò che gli umani lo fanno di proposito per far soffrire le altre persone.
Che senso ha?
Quindi è vero:gli umani sono cattivi.
Forse avevo fatto troppo presto a decidere che quel mondo sarebbe stato la mia nuova dimora, ma ora era troppo tardi.
Non sapevo più come tornare a casa, non conoscevo la strada e i miei genitori non mi cercavano mai.
Sapevo di non essere sola, ma mi sentivo così. Era come se Clara, i suoi genitori e David non esistessero. 
Non mi piaceva sentirmi così...abbandonata.
-Qualcuno verrà a cercarmi? - Chiesi a Clara, mentre eravamo a letto, prima di addormentarci.
-Non lo so, Tun. Non ti piace più stare qui?
-Mi piaceva, ma ora non lo so più. E' diverso da quello che immaginavo. Voi...voi siete strani. No, tu no. Ma gli altri...
gli altri vogliono far male alle persone...come si fa a voler far male a qualcuno? Sai, anche mio padre voleva farlo.
-Ti picchiava, tuo padre? 
-No, lui era gentile con me. Fino al giorno della mia scomparsa, quel giorno fu cattivo con me. Ma no, non mi ha mai fatto
del male. Era buono. Lo è ancora, presumo.
-E allora a chi ha fatto del male?
-Non ne sono sicura, ma penso che l'abbia fatto ad un umano. 
-Racconta. Se vuoi.
-Allora. Nove anni fa, quando scoprii dell'esistenza degli umani, mio padre disse che se non se ne fosse voluto andare
avrebbero dovuto ucciderlo.
-Nove anni fa, dici?
-Sì, nove anni. Ne sono sicurissima.
-E com'era fatto? Questo umano, intendo.
-Non lo so, io non l'ho mai visto. 
-Ti ricordi che giorno era?
-Noi non abbiamo dei giorni precisi. Ma mi ricordo che i fiori si stavano aprendo.
-Nove anni fa è sparito un ragazzo, non è mai più stato trovato. Il giorno prima aveva detto che sarebbe andato a cercare
le fate. Tutti l'hanno preso per pazzo, e la mattina successiva è sparito.
-E nessuno lo ha cercato?
-Sì, tutti. Per due anni. Poi hanno perso le speranze...
-Pensi che possa essere stato lui?
-E' probabile, no?
-Sì. Magari...lui potrebbe essere ancora vivo...forse. Forse si è nascosto nel mio mondo. Se riuscissi a ricordarmi come...
Come si fa. Noi potremmo andare a cercarlo.
-Andiamo, allora!
-Ma non so come tornare a casa.
-Fai una magia, non puoi?
-Se fosse così facile l'avrei già fatto.
-Hai ragione...Allora ti aiuteremo.
-Chi?
-Io e David.
-David...lui, ti piace?
-No, è un amico. A te piace?
-E' grazioso.
-Grazioso? Che buffo.
-Perchè?
-Noi usiamo altre cose. Tipo "figo"
-Ah. Lui è figo.
Si mise a ridere e poi chiamò David.
Decidemmo che il giorno dopo saremmo andati nel bosco a cercare un portale, o qualcosa del genere.

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Capitolo 7
*** David. ***


La mattina dopo ci vestimmo in fretta, erano le 6.30. Di solito per andare a scuola ci svegliavamo alle 7, ma quella mattina
dovevamo svegliarci prima. 
Uscimmo dalla porta e David era già lì, ad aspettarci.
Per un attimo...per un attimo mi sentii come quando...non so spiegarlo. Ah, sì. Come quando vedi il tramonto.
C'è la luce, e senti qualcosa dentro, qualcosa che non sai spiegarti. Qualcosa che ti porta felicità.
David era il mio tramonto.
Era solo la seconda volta che i miei occhi incrociavano i suoi, ma sentivo che lui era diverso, era magico. Ma non magico
come lo sono io, no. Era magico in modo diverso, era magico perchè i suoi occhi brillavano e il suo sorriso faceva sorridere
anche me.
Si avvicinò, e mi diede due baci sulla guancia.
C'era anche Clara, vicino a me. Ma in quel momento era come se fossimo soli, io e lui.
Lo schiocco delle sue labbra sulla mia guancia fu un suono talmente melodioso che, ancora ora, a ricordarlo tremo.
Era lì, con il suo zaino sulle spalle, era vestito in modo strano, diceva che era "adatto per un bosco". 
In quel momento, giuro che lì, su due piedi e senza ali, in quel momento sperai che quel portale, dovunque esso si trovasse,
si fosse chiuso. Volevo rimanere con David. Forse, avrei voluto sposarlo. Ma gli umani hanno dei valori diversi, a loro
importa "scopare". Oh, scopare. Forse non potrei neanche dirle, queste parole. Ma Clara mi ha spiegato che alla mia età
si fa. E' come fare l'amore, ma loro lo fanno per divertimento, non per fare dei bambini.
Ma anche David era così?
Era come Harry?
Clara diceva sempre:"Harry stava con me solo per scopare"
E David?
David sarebbe stato con me solo per quello? Io non sapevo cosa volesse dire, fino a qualche giorno fa. Figuriamoci a farlo.
Ma forse, dico forse, per lui l'avrei fatto. Lui era bello.
Il tempo mi sembrava essersi fermato, non sentivo più niente e vedevo sfocato. E sentivo le "farfalle nello stomaco", le
chiamava così, Clara. Diceva che si possono sentire solo una volta ogni luna blu. (E' un modo di dire, lo usano gli umani).
Alzai gli occhi al cielo, ma la luna non era blu, era bianca. Il cielo era blu, però.
Forse, in realtà era al contrario:la luna era blu e il cielo era bianco. Sì, doveva essere per forza così. Perchè io le
sentivo, le farfalle nello stomaco.
Erano lì, e sbattevano in tutte le pareti del mio stomaco.
Era piacevole, da un certo punto di vista, questa sensazione. Ma anche David le sentiva? Stavo immaginando tutto? Forse
a lui non importava di me, delle mie farfalle e della luna blu. Ma io...forse io, per la prima volta in vita mia, forse
mi ero innamorata. 
Molte cose degli umani mi erano sconosciute, ma l'amore no. L'amore era come quello delle fate.
Ti innamori e poi, poi vuoi stare per sempre con la stessa persona. Vuoi avere una famiglia con lei, ed essere felice.
Io volevo questo, con David. Forse era presto, ma io sentivo di volerlo.
Clara uscii dalla porta con due zaini in mano.
-Ecco, ora siamo ufficialmente pronte, scusa per l'attesa, David. - Disse.
Mi accorsi che era passata più o meno mezz'ora, e noi eravamo rimasti in silenzio, seduti uno di fronte all'altra a guardarci
sorridendo.
Forse era la risposta che cercavo. Forse era amore. 
-Possiamo andare. - Disse David, sempre sorridente.
Prendemmo gli zaini e ci incamminammo.

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Capitolo 8
*** Nel bosco. ***


Eravamo nel bosco, finalmente.
Era pieno di rami, di foglie, di buche.
Rischiavo sempre di cadere e, sempre, prontamente, David mi prendeva. Ci avevo quasi preso gusto. Anche a dire "fa freddo",
ci avevo preso gusto, perchè lui...lui mi abbracciava.
Era un giorno intero, quasi, che camminavamo, e ancora niente.
-Ora cosa facciamo? - Chiesi.
-Ora montiamo le tende. Letteralmente, intendo. Prendiamo della legna, e accendiamo un falò. Dormiremo qui questa notte.
Mi sono messa in testa che troveremo il portale e lo troveremo. - Rispose Clara.
-Eh sì, quando si mette in testa qualcosa, poi non se lo toglie più. - Disse David.
Si guardarono e si misero a ridere. Provai un senso di...qualcosa di negativo...era gelosia. Ero gelosa di come David
guardava Clara, e pensai che forse tra loro c'era qualcosa di più che semplice amicizia, forse Clara mi aveva mentito.
David andò a prendere il legno per il falò e io e Clara eravamo da sole a montare le tende.
-Ti piace, vero?
-Te l'ho già detto, è solo un amico. 
-Non vi guardate come semplici amici...
-C'è stato amore, tra di noi. Ma è finito.
-Finito? L'amore non finisce.
-Allora forse non era amore. Ci piacevamo, comunque. Siamo stati insieme due anni, ma poi è finita.
-Come mai? 
-A me piaceva Harry, ma siamo rimasti amici.
-Harry è meglio di David?
-No, assolutamente.
-Quindi, te ne sei pentita. E se David ti amasse ancora, torneresti con lui?
-Non penso che lui mi ami ancora.
-Io dico di sì, si vede da come ti guarda.
-Fidati, non c'è più niente tra di noi. Ma a te piace da morire, vero?
-Ne abbiamo già parlato:è..."figo".
Tornò, e ci zittimmo. Capii che tra l'oro c'era stato qualcosa, e forse c'era ancora. David si sedette vicino a me, ma io
mi alzai e andai dentro la mia tenda.
Parlarono un po', penso. Riuscii a sentire le voci, ma non le parole. 
Dopo dieci minuti Clara entrò nella tenda.
-Non vieni a cenare?
-No, state tranquilli.
-Gli ho detto che lo reputi figo.
Arrossii.
-Come!? Non dovevi!!!
-Ahahah, sto scherzando. E' stato lui a parlarmi di te.
Arrossii nuovamente.
-Ah...E...Cosa...Cosa ha detto...?
-Che sei simpatica. E carina, molto.
Penso che raggiunsi un colore simile al viola.
Uscii, lui mi sorrise.
Mi sedetti vicino a lui e mi accorsi che Clara era rimasta nella tenda. 
Lui si avvicinò...Stava per...Lui stava per baciarmi.
Le sue labbra stavano per sfiorare le mie.
Un fulmine. Un fulmine cadde a terra, in mezzo a noi, spazzandoci via.
-cos'è successo??? - Clara uscii di corsa preoccupata.
-Era un fulmine. Tun, stai bene? - David venne a soccorrermi.
Ad un tratto il cielo diventò verde petrolio e la luna...la luna era blu.
La luna era blu, e io ero innamorata. Quindi, a seconda di quello che diceva Clara, era tutto normale.
-Dobbiamo andare via da qui! - Esclamò David.
-Ma come facciamo? - Chiese Clara.
-Non lo so, ma dobbiamo andare...Tun. Tun cosa fai???
Mi avvicinai ad un albero, e da sotto i miei piedi la terra iniziò a cadere. Corsi via, dietro l'albero. La terra si stava
dividendo e Clara e David erano dall'altra parte.

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Capitolo 9
*** Sola. ***


Si creò un fossato, in mezzo a noi. Un grosso baratro ci divideva.
Andai nel panico.
-Stai tranquilla, Tun. Troveremo il modo per raggiungerti. - Disse David.
-Tun, puoi fare qualche magia? - Mi chiese Clara.
-Ci sto già provando. Ma è come...è come se ci fosse un qualcosa che me lo impedisce. E' colpa di voi umani!
-Non puoi dare a noi la colpa se la tua magia non funziona!
-La magia non può non funzionare. Sarà l'interferenza con i vostri aggeggi:i vostri cellulari, i vostri computer. A cosa
vi servono? State distruggendo la magia, in questo modo.
-Lo dici solo perchè sei abituata a fiori e niente di più. Non è colpa nostra se la vostra magia ha perso efficacia.
Clara se ne andò nel buio del bosco e David, guardandomi con aria di rimprovero, la seguì.
Ero sola. Abbandonata da quelli che pensavo essere i miei amici.
Era proprio vero:gli umani erano cattivi.
Tirai fuori dallo zaino un foglio di carta e una penna. E iniziai a scrivere:
"Ciao mamma, non so se questo messaggio ti arriverà.
Sono sola, da quando sono andata via da Spittel. Non volevo abbandonarvi, e ora non so come tornare indietro. Aiutatemi, 
se potete.
Londra, Inghilterra.
Da quando ne ho sentito parlare, ho iniziato a sognare.
Ma non è come mi aspettavo, è tutto diverso. Non mi piace.
Voglio tornare, mamma.
Venite a prendermi, cercatemi. Fate qualcosa.
Non posso stare ancora qui. 
Ho conosciuto delle persone, ma non sono così gentili come sembrano.
E' così diverso da Spittel.
Mi sento persa qui, a Londra. Mi sento vuota.
Hai presente, mamma, il vuoto che senti quando scopri che la marmellata è finita?
Ma è un vuoto diverso. Perchè in fondo, quando vedi il barattolo della marmellata completamente ripulito, sai che quella 
marmellata l'hai mangiata tu, e quindi, prima del dispiacere, c'è stata la soddisfazione del gustarsi quella squisita 
marmellata. Qui no.
Qui, è come se...come se la marmellata se la fosse mangiata qualcun'altro.
E qui, oh mamma, vedessi i prati di qui.
Solo pratoline, solo.
A me non piacciono, hanno pochi colori.
Non c'è quasi mai l'arcobaleno.
Voglio tornare a casa, mamma.
Se questo messaggio ti arriva, vieni a prendermi.
Petunia."

Poi, fischiando, chiamai un uccellino e, con il braccialetto che mi aveva regalato Clara, gli legai il foglietto alla
gola.
-Speriamo che riesca a trovare la strada per casa mia. - Sussurrai.
Mi appoggiai all'albero, chiusi gli occhi, e mi addormentai.
Feci un sogno strano:c'ero io. E c'erano anche Clara e David. Io, però, ero sola. Ero in pericolo. Loro potevano vedermi,
erano davanti a me. Si tenevano per mano e, a un certo punto, si diedero un bacio e io sprofondai nel terreno.
Mi svegliai col fiatone, accaldata.
Non sapevo cosa fossero gli incubi, ma ero sicura che qualsiasi cosa fossero, quello lo era.
Clara si era dimostrata una buona amica, ma in realtà, a quanto pareva, non lo era.
E David...pensavo che potesse esserci dell'amore, tra di noi. Ma anche lui, come Clara, mi aveva solo illusa.
E chissà, in quel momento, cosa stavano facendo insieme.
Magari...magari loro si stavano...baciando.
Mi stavano tradendo, entrambi.
Volevo tornare a casa.
Ma non ci sarei riuscita, non da sola.
Decisi che, però, non mi rimaneva altra scelta:dovevo mettermi in cammino e cercare quel portale da sola. Tanto, probabilmente,
David e Clara non erano neanche più nel bosco. Probabilmente erano usciti ed erano ognuno a casa propria, felici di amarsi
e felici di non avermi più me in mezzo alle ali. O ai piedi, gli umani dicono così.

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Capitolo 10
*** Fox. ***


Erano passate due ore e io giravo spersa nel bosco senza una meta, senza un punto di riferimento. Sapevo di essere già
passata dal punto di partenza solo perchè c'era il fossato, e ci passai tre o quattro volte.
Ogni tanto spuntavano degli animali strani, nel bosco. Alcuni mi facevano paura e facevano dei versi strani, come se 
volessero mandarmi via.
Io cercavo di parlare con loro, di spiegargli la mia situazione. Magari mi avrebbero aiutata a tornare a casa, o potevano
dirmi se avevano visto Clara e David. O, non so, potevano tenermi anche solo compagnia.
Ma niente. Nessun animale rispondeva alle mie richieste.
Pure gli animali, a Londra, erano cattivi.
Mi sedetti vicino a una buca.
-Petunia? - Mi sentii chiamare.
-Sì, sono io. Chi è?
-Sono io:Fox.
Fox era una volpe. Fu bandita dal mondo delle fate due anni fa, quando disse di voler provare a vivere nel mondo degli
umani. Da allora non la fecero più tornare a vivere con noi.
-Oh, Fox! Che piacere incontranti! Cosa ci fai qui, tutta sola?
-La stessa cosa che fai tu, cara.
-Cerchi un portale?
-Esatto. Dal giorno dopo che sono arrivata. Ho subito capito che Londra non era il posto adatto a una creatura magica.
Avresti dovuto capirlo subito anche tu, piccola Tun.
-Fox. Sapessi come vorrei poter tornare indietro, come vorrei poter decidere di non scappare.
-Lo so, tesoro. Ti capisco. Ma da qui, ormai, non si può più andare via.
-Forse sì, se solo ritrovassi i miei amici.
-I tuoi amici? Hai fatto amicizia con degli umani? Loro sono cattivi, Tun.
-Ma Clara e David, loro no. Abbiamo litigato, ma ci tengo a loro, e loro tengono a me. Dobbiamo trovarli.
-Hai qualcosa che appartiene o apparteneva a loro? Posso riconoscere l'odore.
-Mmmh. Sì, ho questo zaino. E' di Clara.
Fox annusò a lungo lo zaino, poi alzò il muso verso il cielo.
-Seguimi, di qua.
La seguii.
Ogni tanto si fermava e dava indicazioni.
-Sai dove sono? - Le chiesi.
-No, non ne ho idea. Ma di una cosa sono certa:sono ancora nel bosco e ti stanno cercando.
-Allora potremmo stare ferme e aspettare che loro arrivino.
-No, sarebbe solo uno spreco di tempo.
Fox era diversa da come la conoscevo. Non so, non ero convinta di potermi fidare al cento per cento di lei. Aveva qualcosa
di magico, qualcosa in più, intendo. Gli animali possono parlare, ma non possono fare delle magie. Ma a me sembrava che
lei potesse, spostava i rami da terra senza scostarli con la zampa. Era inquietante, come cosa.
Lo so, detto da una fata non è molto credibile.
Era strana, dopo altre cinque ore che giravamo in torno al bosco io ero stanchissima, mentre lei sembrava quasi rigenerarsi
ogni volta che veniva a darmi una pacca sulla spalla.
Eravamo nuovamente al fosso, per la millesima volta.
-Basta, non ce la faccio più. Riposiamoci un attimo, ti prego. - Dissi.
-Va bene.
Ci sedemmo sotto a un albero.
Da dietro di noi si sentivano dei rumori strani, come se qualcuno stesse correndo nel bosco. Ma non poteva essere un umano,
erano passi più pesanti.
Ci girammo, quasi spaventate e un lupo spuntò dall'oscurita e assalì Fox.
-Lasciala! Brutto lupo! Lasciala!!! - Urlai, andando verso il lupo con un ramo.
Ma era troppo tardi. Fox, la mia unica amica in quel momento, era morta.
Iniziai a piangere.
Il lupo si avvicinò a me.
-Tun, mi riconosci? Sono io. Questa volpe mi ha ridotto così, è stata lei a dividere il bosco. Ed è stata lei a bloccare
la magia. Ti voleva usare, voleva rubare la tua magia per aprire un portale e andare a distruggere il mondo delle fate 
per vendicarsi. - Era David. Fox l'aveva trasformato in un lupo.
-E Clara? Come sta? Dov'è?? 
-Fox l'ha trasformata in un unicorno. E' alle tende, vieni, sali su di me.
Mi misi sul suo dorso e lui, con un salto, ci portò al di là del fosso.
-Tun, finalmente! Come stai? Scusa se mi sono arrabbiata! - Disse Clara, venendomi incontro.
-Per tutti gli gnomi, Clara. Tu sei...tu sei un unicorno!!!-
Mi mancavano gli unicorni. Nel mondo umano non esistevano. Io li ho sempre trovati adorabili.
-Sì, Tun. Sono un unicorno. E questo non va bene. Devi aiutarci:devi farci tornare in forma umana.
-Ma io...io non so come fare.
-Ci dev'essere un modo! - Disse David.
Rimanemmo in silenzio per cinque minuti, con le teste basse.
-Ho trovato! - Urlai.

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Capitolo 11
*** Lacrime di scoiattolo. ***


-Cosa?? - Chiese David.
-Quando noi fate abbiamo l'influenza, i nostri poteri si indeboliscono. Mi ricordo che un giorno, quando avevo l'influenza,
mia madre mi preparò una medicina fatta in casa:lacrime di scoiattolo.
-Lacrime di scoiattolo? E dove le troviamo? - Chiese Clara.
-Basta trovare uno scoiattolo e poi basta farlo piangere.
-Ovvio. Cosa c'è di difficile? - Disse David, con un filo di ironia.
-Iniziamo a trovare uno scoiattolo, poi vedremo come farlo piangere. - Disse Clara.
-Non si può fare piangere uno scoiattolo facendogli del male, però. Altrimenti soffre e le lacrime non funzionano come
dovrebbero e rischiamo di peggiorare le cose. - Spiegai.
-Come si fa a fare piangere uno scoiattolo senza fargli male? - Chiese David.
-Lo si fa piangere di felicità.
-Di felicità?
-Sì. Non sei mai stato così felice da arrivare a piangere?
-Sì, quando mia sorella si è sposata.
-Ecco, noi dobbiamo trovare una ghianda d'oro. E lui piangerà di gioia.
-Ma non esiste una ghianda d'oro! - Disse Clara.
-Come No?
-No, qui no. - Disse David.
-In questo caso si imbroglia. - Disse Clara.
-Si imbroglia? - Chiesi io.
-Come mai la ghianda d'oro è speciale? 
-Per il semplice fatto che è d'oro, non ha niente di speciale. Ma il colore li attira.
-Allora basterà colorare la ghianda di oro. E, per fortuna, nel mio portapenne ho un pennarello dorato.
-Ma il colore potrebbe fargli del male.
-Rivuoi la tua magia?
-Beh, sì...
-Allora questo è l'unico modo.
-Hai ragione. Allora dobbiamo solo cercare una ghianda.
Ne trovammo molte a pochi centimetri dai nostri piedi, prendemmo la più grande e iniziai a colorarla. Ero l'unica dotata
di pollice opponibile in quel momento.
-Finito. Ora dobbiamo trovare uno scoiattolo. - Dissi.
-Come facciamo? - Chiese David.
-Forse basta mettere le ghiande lì, e guardare se arriva. - Suggerì Clara.
-Ottima idea! - Dissi.
-Ma poi come prendiamo le lacrime? - Chiese David.
-Semplice:quando lo scoiattolo vedrà la ghianda, rimarrà stupito. Allora tu, David, ti metterai davanti a lui e tu, Clara,
andrai dietro di lui, in modo da impedirgli di scappare. Raccoglierò le sue lacrime con il dito e in pochi minuti riuscirò
a riavere la mia magia.
-Perfetto! - Disse Clara.
Misi le ghiande vicino a un albero, ci nascondemmo dietro le tende e aspettammo.
A un tratto, eccolo:uno scoiattolo.
Fu tutto come previsto e io riuscii a prendergli due lacrime.
-Perfetto, così può bastare, lasciatelo libero. - Dissi.
Appena la mia pelle assorbì le lacrime di scoiattolo mi sentii meglio, come rigenerata. Sentivo la magia scorrermi nelle
vene. Ero pronta.
Alzai l'indice davanti al viso...ehm...al muso di Clara e David e si trasformarono in esseri umani.
-Grazie, Tun. Grazie mille! - Mi disse Clara, abbracciandomi.
-Grazie...Tun... - Disse David. Aveva un tono strano, sembrava quasi che fosse arrabbiato con me.
Finalmente, per la prima volta, non ero sola.
Andammo a dormire, ognuno nella propria tenda. 
Avevo un po' di paura, ma non potevo fare la bambina.
Sentii un rumore, e poi mi sentii toccare. Cacciai un urlo.
-Shh. Sono io. Non me la sentivo di lasciarti sola. - Era David, era venuto a tenermi compagnia. Era con me, nella tenda.
Lo feci sdraiare sul materasso e sotto le coperte.
Sentivo il calore del suo corpo.
Si girò verso di me e mi sorrise.
Chiusi gli occhi.
Sentii le sue labbra posarsi sulle mie.
Ci stavamo baciando.

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Capitolo 12
*** Il mio primo bacio. ***


Il mio primo bacio.
Che poi, mica me lo aspettavo così un bacio.
No, non sono rimasta delusa, anzi.
Sapevo che sarebbe stato emozionante, ma non mi sarei mai immaginata che sarebbe stato così tanto travolgente. Era come
un gioco, quasi.
Avevo gli occhi chiusi. E in quel momento, non so bene quanto durò il bacio, ma giuro che in qauel momento sentii dinuovo
gli odori di casa mia. Mi sentivo a casa.
Non poteva essere quella, la mia nuova casa?
Quelle braccia calde.
Nel mondo degli umani, per vedere l'arcobaleno bisognava aspettare che piovesse e che dopo la pioggia spuntasse il sole.
In quel momento avevo addirittura gli occhi chiusi. Eppure...eppure l'arcobaleno era davanti ai miei occhi, con tutti i 
suoi splendidi colori, con tutto il suo fascino.
Da piccola sognavo il principe azzurro. Pensavo che sarebbe stato biondo, con gli occhi azzurri, carnagione chiara. Lo
immaginavo arrivare con la sua divisa blu, su un cavallo bianco.
Lui invece aveva i capelli e gli occhi scuri, e la pelle olivastra. Aveva un paio di jeans, una maglietta blu e bianca
e un gilet. Era a piedi.
Ma era lui, il mio principe azzurro.
In quel momento capì che forse il mondo umano è più realistico, anche se a volte è crudele.
Ricominciai a pensare di non volermene andare.
Ma non potevo.
Dopo l'incontro con Fox capii che il mio mondo era in pericolo.
Non so per quanto tempo le nostre labbra si unirono, ma fu abbastanza per farmi pensare tutto ciò.
Quando ci staccammo, lui mi sorrise.
Che bel sorriso che aveva.
-Sei rossa. - Mi disse.
-Oh...scusa...- Balbettavo, ero emozionatissima. Mi sentivo anche un po' ridicola.
-Non ti preoccupare, sei tenera. - Sorrise dinuovo.
-Era...Era il mio primo bacio...
-Anche il mio.
Rimasi un po' stupita.
-Davvero?
-Sì. Sono stato con molte ragazze, ma loro correvano troppo. Diciamo che sono "all'antica":ho preferito dare il mio primo
bacio a una persona veramente importante.
Mi aveva baciata.
Era il suo primo bacio.
Aveva dato a me il suo primo bacio.
Voleva dare il suo primo bacio a una persona importante.
Aveva dato il suo primo bacio a me.
Quindi.
Io ero una persona importante.
-Io...io sono importante? - Gli chiesi. Avevo paura della risposta.
-No.
-Ah. - Mi girai, tirando le coperte per "proteggermi" dalla mia delusione.
-Ormai sei di più:sei fondamentale.
Scostò un po' la coperta, e mi strinse i fianchi.
Le sue mani.
Le fece scorrere fino a metà coscia, poi le riportò su fino alle costole.
Poi mi diede un bacio sul collo, all'attaccatura della spalla e poi percorse tutto il collo fino all'orecchio.
-Ti amo. - Mi sussurrò.
Mi sentivo esplodere.
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa dire.
-Scusa. - Disse lui.
-Per cosa?
-Forse. Forse non dovevo. Tu...tu sicuramente avrai tante persone che ti stanno dietro, migliori di me. Sicuramente. Io...
io non sono nessuno.
-No. Hai frainteso. Io...io non sapevo cosa risponderti...Io...Io... 
Avevo gli occhi pieni di lacrime.
-Tu?
-Io. Anch'io ti amo.
Mi baciò nuovamente.
E ancora.
Ogni volta che staccavo le labbra, solo per riprendere il respiro, mi dava tempo due secondi. E poi mi baciava dinuovo.
Ma non me ne lamento.

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Capitolo 13
*** La luna blu. ***


Iniziò ad accarezzarmi. Erano carezze strane, come se volesse arrivare a toccarmi l'anima con le mani, come se volesse
entrare dentro di me.
-Ti amo. - Mi disse, dinuovo.
Non mi lasciò neanche il tempo di rispondere, continuò a baciarmi e a dirmi di essere innamorato di me.
Mi sentivo importante. Tanto. Troppo.
Mi mise la mano sotto la maglia.
Sentii dei brividi caldi, e bellissimi.
-Scusa. - Mi disse, togliendo la mano.
-Non ti preoccupare. Puoi...puoi farlo ancora. Se ti va.- Gli dissi, e misi la mia mano sotto la sua maglia.
Mi accarezzava in un modo tenerissimo. Più o meno come quando, da piccola, avevo la febbre e mia madre mi accarezzava e
mi coccolava per farmi passare il male. Lui faceva così, più o meno. Mi coccolava e mi faceva sentire bene, mi faceva
passare il male, il vuoto che sentivo da quando non ero più a casa. 
Mi accarezzò sempre più appassionatamente.
-Scusa, io non so...non so cosa mi sia preso. - Disse.
-Questo è...è  fare l'amore?
-Sì.
-Clara me l'ha spiegato in modo diverso.
-Ci sono molti modi di fare l'amore.
-Ah, sì? E quali?
-Hai presente quando Clara ci ha lasciati dieci minuti soli, quando è andata a prendere gli zaini e noi siamo rimasti in
silenzio dieci minuti a guardarci negi occhi?
-Ho presente.
-Ecco. Anche quello è fare l'amore.
-Perchè?
-A cosa pensavi in quel momento?
-A poter creare una famiglia con te. Io e te. Noi. Insieme.
-Anche io.
-Davvero?
-Sì. Forse è troppo presto, ma voglio stare con te per sempre.
Mi misi a piangere per la felicità.
-Ehi, no. Non piangere. Sorridi. Sei più bella quando sorridi. - Disse. Era terribilmente dolce.
-Ma sono lacrime di felicità.
-Sì. Ma preferisco vederti sorridere.
Sorrisi.
-Ecco, così.
Ci baciammo dinuovo, a lungo.
Ci spogliammo, a vicenda. Piano e con delicatezza.
Non sapevo cosa fare, in realtà. Era come se i miei movimenti fossero spontanei.
-Sei sicura? - Mi chiese.
-Sì. 
Ero innamorata di lui, e lui lo era di me. Lo sapevo. Lo sentivo.
Sentii un po' di male, all'inizio. Ma era un male bello, un male che si era trasformato in piacere. 
Lo guardavo dritto negli occhi, si vedeva la felicità. 
Mi piaceva, quell'espressione nel suo volto.
Si fermò e si sdraiò accanto a me.
-Giurami che mi sposerai, un giorno. - Mi disse.
-Sì.
-Non posso più stare senza di te.
-E tu, mi giuri che non mi abbandonerai mai?
-Di che colore è la luna?
-Bianca.
-Allora facciamo una cosa:quando la luna sarà blu, io ti abbandonerò.
-Ma la luna non sarà mai blu.
-E io non ti abbandonerò mai.
Ci baciammo ancora e poi ci rivestimmo.
Appoggiai la testa al suo petto, e mi addormentai così.
Fu la notte più bella della mia vita, quella.
Una di quelle notti che si vivono una volta ogni luna blu.
Ero felice, felicissima.
Mi sentivo amata, accolta e protetta come non mi ero mai sentita prima.
Volevo sposarlo e avere una famiglia con lui.
Quella notte sognai di fare l'amore con lui, tutta la notte. Mi ricordavo ogni minimo particolare. Ero felice che fosse
stato lui, il mio primo amore. E speravo che potesse essere anche l'ultimo. Volevo davvero passare fino al mio ultimo
giorno insieme a lui. Decisi che, la mattina dopo, sarei andata a svegliare Clara e le avrei detto che non c'era più
bisogno di cercare un portale:sarei rimasta a Londra per tutta la vita.
Durante la notte mi rigirai parecchie volte, ma in qualsiasi posizione mi trovassi, le sue braccia erano sempre intorno
al mio corpo. E mi stringeva. Non troppo da soffocarmi, ma abbastanza da farmi dormire serenamente.

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Capitolo 14
*** Addio. ***


La mattina dopo, al mio risveglio, lui era seduto in un angolo della tenda, lontano da me.
Perchè?
-Buongiorno. - Mi disse, con tono freddo.
-Buongiorno. Come mai sei così distante? - Non rispose.
-Dov'è Clara? - Chiesi.
-Sta ancora dormendo, penso.
-Ok.
-Devo parlarti.
-Dimmi.
-Quello che è successo ieri non significa niente.
-In che senso?
-Volevo divertirmi. Tutto qui.
-Non...non capisco. - Gli occhi mi si riempirono di lacrime.
-Sì, hai capito. E' stato così, giusto per divertirmi. Non provo niente per te.
-Ma ieri hai detto che...
-Temevo che se non te l'avessi detto non l'avresti fatto.
Iniziai a piangere. 
Lui mi guardò. Aveva uno sguardo strano, come se fosse triste. Eppure dovevo essere io, quella triste. Era stato lui a
mentirmi, ad illudermi.
Sembravo una fontana. Le lacrime continuavano a bagnarmi gli zigomi e la mia vista era appannata. Mi sentivo triste, e 
nello stesso tempo arrabbiata. Non volevo che finisse tutto. Ma a lui sembrava non importare niente. Era freddo, distaccato.
Non incrociò più il mio sguardo, neanche per un secondo.
-Buongiorno, ragazzi. - Disse Clara, spuntando dall'apertura della tenda.
-Ciao. - Disse David.
-Cosa sta succedendo qui? Tun, perchè piangi?
Non risposi.
-David, cos'hai fatto?
-Niente. Semplicemente l'ho sfruttata.
-"Semplicemente". Davvero? Cosa le hai fatto?
-A me lei non interessa.
-David, non è vero.
-A me lei non interessa.
-David.
-Ho detto che a me lei non interessa. - Alzò la voce. Aveva gli occhi pieni di lacrime, ma non ne capivo il motivo.
-David ti conosco...
-Stai zitta.
-David! Non mi parlare così.
-Smettila, ho detto.
Che cosa gli era capitato? David non era così. David era diverso. Perchè trattava male sia me che Clara? 
-Clara, io amo te.
-Finiscila, David. E spiegami cosa sta succedendo. Tun, dimmi qualcosa.
Continuai a rimanere in silenzio.
-Tun. Rispondimi. - Insistette.
-Lui...non mi ama. - Non ero sicura che Clara avesse capito le mie parole. Avevo la voce bassa e ogni lettera era strozzata
da un singhiozzo.
-David. Puoi spiegarmi? Per piacere. - Disse, avvicinandosi a lui.
-E' così. Non la amo, amo te. - Le prese il viso e la baciò.
Rimasi a bocca aperta, sbalordita. Non riuscivo neanche più a piangere o a singhiozzare.
-David! Cosa fai? - Clara sembrava molto arrabbiata.
-Te l'ho detto:amo te. Seguo il mio istinto, il mio cuore.
-Tun, non so cosa stia succedendo ma ti giuro che tra noi, tra me e David, non c'è niente. Te lo giuro. Sono tua amica,
non potrei mai... - Disse, cercando di tranquillizzarmi.
-Non importa, Clara. Va bene così.
Rimanemmo tutti e tre zitti, per qualche secondo.
-Voglio tornare a casa. - Pensai.
Improvvisamente si aprii un portarle. 
Sembrava una finestra, un'enorme finestra da cui potevo vedere Spittel. Casa mia.
-Casa mia! - Urlai.
-Vai. - Disse David.
-Davvero vuoi che vada? Non mi fermerai?
-Perchè dovrei? Non provo niente per te.
-Non andare. - Disse Clara.
-Non possiamo obbligarla a rimanere qui. Lei vuole andare, lasciamola libera. - Rispose David.
-Ma... - Clara continuava ad insistere.
-Tanto non provo niente per lei. - Disse David, sempre con quel tono freddo.
Il portale si stava per richiudere.
-Vai, o rischi di non averne più l'occasione. - David mi prese per il braccio, ma non in gesto di affetto, solo per incitarmi
ad entrare nel portale.
-Addio. - Dissi, mettendo un piede nel portale.
-Addio. - Disse Clara.
David si girò, senza neanche guardarmi. Senza dirmi addio. Senza dirmi che mi amava.

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Capitolo 15
*** Spittel. ***


Mi infilai nel portale. La caduta durò un secondo. 
Caddi a terra.
La terra del mio mondo.
L'erba era morbida, come mi ricordavo io.
C'era profumo di fiori, come mi ricordavo io.
Tutto era come lo ricordavo. 
Avevo solo un problema:non sapevo dove andare. Era quasi un anno che ero via, e i miei genitori non erano mai venuti a
cercarmi, questo significava che non mi volevano più bene e che, quindi, non mi avrebbero più riaccolta a casa.
-Tun! Per tutti i folletti! Tun!!!! - Mi sentii chiamare, era Primula.
-Oh. Prim. Ciao. 
-Come "Oh. Prim. Ciao"?? Dove sei stata?? Sei sparita otto mesi fa, Tun! Ti abbiamo cercata per tutta Spittel. Temevamo
che fossi andata nel mondo degli umani. Stavamo cercando un portale, ma non riuscivamo a trovarlo! Oh, meno male! Vieni,
ti porto a casa. Gex e i tuoi genitori sono in super-pensiero!!! - Allora la mia famiglia ci teneva ancora a me.
Che sciocca ero stata, a pensare che non fosse più così.
Arrivai a casa mia, finalmente.
-Tun!!! - Urlò mia madre, e vennero tutti ad abbracciarmi.
-Dove sei stata, piccola? Scusa per come mi sono comportato. Mi dispiace davvero... - Disse mio padre.
-No papà, scusami tu. Scusatemi tutti. Credevo...pensavo che gli umani fossero migliori. Invece no. Sono cattivi, come
dicevate voi. Ti ho mandato una lettera, ti è arrivata, mamma?
-No, tesoro...
-Ora vi racconto. Appena arrivata, ho incontrato una ragazza:Clara. Lei mi ha accompagnata a casa sua, mi ha fatto conoscere
i suoi genitori. Erano gentili, tanto. Poi sono andata a scuola, un posto dove si impara. Non potete immaginarvi che noia!
Poi Clara mi ha fatto conoscere un suo amico:David. Io...io mi sono innamorata di lui. Noi ci siamo baciati e... - Pensai
che dirgli cos'avevamo fatto quella notte non era la scelta migliore da prendere - E poi, il giorno dopo, ha baciato
Clara. Mi ha detto che non era me che amava, ma lei. Mi ha imbrogliata.
Non ero triste, mentre raccontavo ai miei genitori l'accaduto. Non potevo esserlo. Ero dinuovo a casa, finalmente. Insieme
alla mia famiglia, quella vera. Ero sicura che lì, nel mio mondo, a Spittel, avrei anche trovato l'amore, quello vero.
Non mi interessava più nulla di Londra, dell'Inghilterra, di Clara, di David, degli umani. Non mi importava più di quello
che successe laggiù. Mi importava solo della mia famiglia, mi importava essere dinuovo a casa mia.
-Ah, e poi! Sapeste! Ho incontrato Fox!!!!
-Fox?!?! - Dissero in coro.
-Sì. Mi ha imbrogliata. E ha trasformato Clara in un unicorno e David in un loupo. Voleva distuggere entrambi i mondi.
-Immaginavo. E' sempre stata così. Ha sempre cercato di distruggere ogni nuovo mondo scoperto. - Disse mia madre.
-Ogni nuovo mondo scoperto? Che significa? Ci sono altri mondi?
-Oh, beh. Sì. 
-Figo! Quali??
-Figo? Cosa significa?
-Oh...è un modo di dire degli umani. Come:"una volta ogni luna blu".
-Che strano, la luna è bianca. Non è mai blu.
-Sì, infatti.
Mi sentivo strana, come se quel posto non mi appartenesse più. Magari era solo un'impressione, magari avevo bisogno di 
riposare. Ero stravolta. 
Mi sentii svenire, per un attimo. Gex mi afferrò.
-Tun, forse è meglio se vai a draiarti un attimo. - Disse mio padre.
-Sì, in effetti. Forse è meglio se vado. Ma non me la sento di rimanere sola.
-Verrà Prim con te. Ti va, Prim?
-Oh, certo. Prima, però, ti preparo un bel the caldo. Ci metto la cannella dentro, so che ti piace.
-Grazie Prim. Grazie a tutti.
Andai a sdraiarmi.
Ero tornata a casa, finalmente.
Ero dove volevo essere.
Eppure, non riuscivo a non pensare a David. Al nostro bacio. A quella notte. Alla mattina successiva. Perchè aveva fatto
tutto quello? Perchè mi aveva tradita? Così, in quel modo.
Per fortuna però, dopo pochi minuti arrivò Primula a interrompere le mie paranoie.
Ero felice che ci fosse lei, accanto a me. Prima di fuggire da Spittel, Primula era la mia unica amica, mi trovavo bene
con lei.
Per fortuna avevo ancora la mia famiglia, il mio tutto.
Non dovevo più pensare a David. Mai più.

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Capitolo 16
*** #1 ***


Quello che successe a David e Clara mi fu raccontato successivamente.


-Ora spiegami perchè l'hai fatto! - Disse Clara.
-Non capisci. Non stava bene qui. Doveva tornare a casa. - Rispose David.
-E per questo ti sei spacciato per stronzo? David. Le hai spezzato il cuore.
-Non ha più importanza, ora. Ora Tun è a casa sua, dove voleva essere. Io voglio che sia felice. E se è felice a Spittel,
va bene così.
-Davvero?
Non rispose.
-David. Rispondimi. Davvero?
David scoppiò a piangere.
Clara lo abbracciò.
-Non serve piangere, David.
-Lo so. Ma mi sono accorto solo ora di cos'ho fatto. Non la vedrò mai più. Mai più.
-Non è detto.
-In che senso?
-Potremmo andarla a cercare!
-E come?
-Lei ha desiderato intensamente di tornare a casa e si è aperto un portale. Forse basta questo:pensare intensamente.
-Ma io non saprei a cosa pensare. Non so neanche com'è fatto, il suo mondo.
-Prova a immaginare. E' un mondo magico, ci sarà della magia. No?
-Giusto...
-Cosa ci può essere, secondo te, in un mondo magico?
-Alberi.
-Perchè?
-Non lo so, secondo me ci sono degli alberi.
-Alberi, ok.
Chiusero gli occhi e iniziarono a pensare ad un posto pieno di alberi.
-E poi?
-E poi animali.
-Animali. Tipo?
-Lupi.
-Va bene.
-Secondo te?
-Secondo me. Sole. Secondo me è sempre estate. Sempre.
Continuando a tenere gli occhi chiusi, entrambi pensarono intensamente ad un posto che assomigliasse alla loro descrizione.
Dopo qualche minuto sentirono la terra tremare, ma non dissero niente e non aprirono gli occhi. Rimasero immoblili e
continuarono a pensare. Sentirono un vento freddo, così, Clara aprì gli occhi.
-David. David, guarda!!! - Urlò.
David rimase a bocca aperta.
Un portale si era aperto davanti ai loro occhi. 
-Presto! Prima che si chiuda! - Gridò David, e con un salto entrarono nel portale.
Caddero a terra.
Era proprio come si immaginavano:un bosco.
-Mi sembra di essere ancora nel nostro bosco, quello di Londra. - Disse Clara.
-No, sento che è diverso.
Sentirono dei rumori.
-Hai ragione:questo è più inquietante.
-Tun!!! Tun, dove sei?? - Urlò David, e Clara lo seguì.
Camminarono per ore nel bosco, ma ancora non mi avevano trovata e il bosco sembrava infinito.
Ad un certo punto sentirono un rumore avvicinarsi, sempre più forte. Sembrava il rumore di qualcuno, o qualcosa, che correva.
-Cos'è? - Chise Clara.
-Non ne ho idea.
Clara cadde a terra, urlando.
David si girò.
-Stai ferma, Clara. Ferma.
Era un lupo.
Il lupo era fermo su Clara, ma non le fece niente. Si girò verso David.
-Come fai ad avere sembianze umane? - Chiese il lupo.
David rimase sbalordito per un momento, ma poi si ricordò che negli ultimi mesi si era innamorato di una fata e che poco
tempo prima era stato trasformato in un lupo, quindi, in fine, non gli sembrò così assurdo un lupo parlante.
-Sono un umano, io. Mi hanno fatto un incantesimo e per un giorno sono stato un lupo, ma sono umano. - Spiegò David.
-Sembrate umani bravi, voi. - Disse il lupo, staccando la presa da Clara e lasciandola libera. Lei era spaventata e si
rifugiò dietro a David.
-Lo siamo.
-Cosa ci fate qui?
-Stiamo cercando una nostra amica.
-Qui? Nel mondo dei lupi?
-Veramente, lei è una fata. Pensavamo di essere nel mondo delle fate.
-No, siete nel mondo dei lupi.
-Perfetto. Come possiamo andarcene da qui e trovare il mondo delle fate?
-Non ne ho idea. Se volete, però, conosco qualcuno che può aiutarvi.
-Ne avremmo molto bisogno.
-Bene, seguitemi. Vi porterò dal lupo più saggio del bosco. Cercherò di stare al vostro passo.
Attraversarono tutto il bosco e poi il lupo li fece entrare nella grotta.
-Da questo momento, procedete da soli. Lui sa già del vostro arrivo.
Il lupo scomparse.
-Che cosa inquietante. - Disse Clara.
-Lo è? Davvero? - Disse una voce.
Clara e David si guardarono in torno.
-Sono Mhelo, il lupo saggio del bosco. Vi siete persi, giusto?
-Sì. Dobbiamo andare nel mondo delle fate. Ma non sappiamo come. - Disse David.
-Bene, avvicinatevi.

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Capitolo 17
*** La fioritura. ***


Il mattino dopo, quando mi svegliai, era come se nulla fosse accaduto. Come se io non avessi mai lasciato Spittel e non
avessi mai conosciuto David e Clara.
In senso che mi sentivo bene, a casa.
Ero felice, ridevo.
Mia madre mi fece notare che non avevo più le mie ali. Per un attimo mi feci prendere dall'ansia, non avevo idea di come
farle tornare, ma fortunatamente mio padre aveva studiato questo tipo di magie e mi aiutò a farle riapparire.
Era il giorno della fioritura, ovvero il primo giorno di primavera, quando i fiori sbocciano.
A Spitter era un giorno importantissimo, il più importante.
Tutti gli anziani della città si riunivano attorno a un fiore, ogni anno il fiore era diverso, si sceglieva il più vecchio,
quello che nel giro di un anno sarebbe morto.
Poi avrebbero aspettato che sbocciasse e tutti gli abitanti di Spittel avrebbero iniziato a festeggiare con
una grande cerimonia e, alla sera, ci sarebbe stato un ballo in cui sarebbero stati eletti un re e una regina della fioritura.
-Tun, come ti vestirai? - Mi chiese Primula.
-Non lo so. Sono disperata, infatti.
-Io avrei un'idea, se ti va.
-Dimmi!
-Vieni con me.
Mi portò nella sua stanza e mi mostrò un vestito. Bello, bellissimo. Era smanicato, a cuore. Aveva tutte le sfumature del
blu e aveva un nastro in vita che si trasformava in un fiocco sulla schiena, con al centro una petunia viola.
-Prim...Prim, è...è stupendo. Meraviglioso. Fantastico. Perfetto!
-Ieri sera, quando ti sei addormentata, mi sono ricordata di averlo visto un giorno, mentre ti cercavamo, e tutti avevamo
pensato tutti a te, per via della Petunia al centro del fiocco. Abbiamo subito pensato che ti sarebbe stato d'incanto
e allora sono corsa a prenderlo.
-Sei un tesoro, Prim. - L'abbracciai.
-E' il minimo che possa fare. Sai, per quello che hai passato...
-Passato. Giusto, è passato. E va bene così, Prim. Non voglio più pensarci, non mi interessa ora. Mi interessa essere
tornata a casa, dalla mia famiglia. Sto bene così, ora.
-Va bene, Tun. Scusa, non ne parlerò più.
-Grazie.
Rimanemmo in silenzio, l'aria rimase tesa.
-Non l'hai dimenticato, vero?
-Per favore, Prim...
-Parlarne può farti bene.
-No, non penso. Voglio solo dimenticarlo, dimenticarmi di Londra. Voglio solo riempire la testa di bei ricordi, e voglio
crearlo proprio questa sera, al ballo della fioritura.
-E sarà così, piccola. Promesso.
Sorisi.
-Cosa ci fai ancora qui? Vai a indossare il tuo vestito. Dopo ti pettino e ti trucco. Su, corri che mancano due ore e poi
mi devo preparare anch'io!
Andai a cambiarmi.
-Sei bellissima, Tun. E ora vieni qui. Prima capelli o trucco?
-Mmmm...
-Ok, scelgo io. Capelli.
Mi misi a ridere.
-Tieni la testa ferma, altrimenti non riesco.
-Va bene, capo!
-E non prendermi in giro. Sarai bellissima, vedrai. Ancora più bella del solito.
Mi prese i capelli, li divise a metà e iniziò a intrecciarmi i capelli, poi prese le due treccie e le intrecciò a loro
volta, fermandole con una forcina brillantinata sulla testa.
-E ora il trucco!
Mi stese sugli occhi della polvere blu, sfumandola con un po' di azzurro e un po' di viola chiaro.
-Bellissima. Sei stupenda!
Disse, e mi fece specchiare.
-Grazie, Prim. 
-Figurati. Inizia a scendere, io arrivo tra mezz'ora.
Dopo mezz'ora scese. Era bellissima. Aveva un vestito rosa simile a quello delle principesse e in testa aveva una corona
di primule rosa.
Quando anche i miei genitori e Gex furono pronti ci avviammo verso il Vecchio Fiore.
La cerimonia iniziò. 
Fu abbastanza noiosa, finchè il Vecchio Fiore non si aprì e tutto divento più divertente. Dal centro uscirono migliaia
di colori, di tutte le sfumature possibili ed immaginabili.
Ci fu un rinfresco, dopo. 
Tutti gli abitanti di Spittel erano intorno a quel fiore e la maggior parte venne da me per sapere come stavo. O almeno,
i più discreti si limitarono a chiedermi le solite formalità, mentre i più impiccioni si allargarono a far domande sul
mondo degli umani, ma per fortuna mio padre li allontanò.
Era sera, finalmente.
La musica iniziò a risuonare nell'aria e le lucciole illuminavano il prato che, pian piano, si stava trasformando in una
pista da ballo.
A un certo punto una voce disse:
-Come ogni anno, tra pochi minuti verranno incoronati il re e la regina del ballo, che verranno assegnati alla ragazza
e al ragazzo votati per la maggior bellezza.
-Secondo me, quest'anno vinci tu. - Disse Primula.
-E secondo me, vinci tu. 
Iniziammo a ridere e, dinuovo, una voce ci interruppe.
-Signori e signore, abbiamo due vincitori.
Mi ero sempre divertita a quel ballo, senza mai pensare ad essere incoronata, ma quella sera mi iniziò a battere forte
il cuore.
-La regina è...PETUNIA.
Alcune lucciole si spostarono verso di me, facendomi risaltare in mezzo a tutti gli altri.
Iniziai a piangere dalla gioia, Primula mi strinse la spalla e la gente iniziò a farmi spazio per passare. Vedevo dei sorrisi
sui loro volti, strano. 
Pensavo di trovare sguardi di invidia, gelosia e odio. Invece erano tutti felici per me.
Già. Dimenticavo:le fate non provano odio.
Salì sul palco, intanto avevano annunciato anche il vincitore maschile.
Era bello, alto e muscoloso.
Mi prese la mano e andammo in mezzo alla pista da ballo per il ballo reale.

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Capitolo 18
*** #2 ***


Mhelo era un lupo bellissimo:era di dimensioni enormi, il suo pelo era nero e bianco e aveva gli occhi azzurro ghiaccio.
Sembrava quasi un Re:fermo, immobile, sulle sue quattro zampe, che guardava i due umani dall'alto verso il basso.
-So come aiutarvi, ma prima:devo conoscervi, devo sapere chi siete, da dove venite, e perchè volete andare nel Mondo
delle Fate.- Disse.
-Io mi chiamo David, e lei è Clara. Veniamo da Londra, la capitale dell'Inghilterra:uno stato nel Mondo degli Umani,
vogliamo andare nel Mondo delle Fate perchè, più o meno un anno fa, una fata è arrivata nel nostro Mondo, noi l'abbiamo
conosciuta e ci siamo affezionati a lei...io...io mi sono innamorato, ma ero sicuro che lei volesse tornare a casa e
allora ho fatto finta di averla solo usata e di essere innamorato di Clara, così lei è scappata nel suo Mondo. Pochi
secondi dopo mi sono accorto di aver commesso un orribile e irrimediabile errore.
-Mmmh. E tu pensi di esserti comportato bene, con lei?
-No. Ma spero che lei possa perdonarmi.
-Le fate non perdonano. Quando si innamorano, le fate, rimangono con l'innamorato per sempre. Probabilmente, lei non
aveva mai ricevuto una delusione d'amore e, quindi, è come se non vi foste mai amati:dal momento che è tornata del suo
Mondo, la tua amata si sarà sicuramente innamorata di qualcun altro e sarà lui a sposarla e a renderla felice per 
l'eternità.
-No. Non ci credo. Non voglio, non posso crederci.
-Dovevi pensarci prima, ragazzo.
-Ascoliti, Signor...lupo. Abbiamo attraversato tutto il bosco, per venire fin qui, e ora lei mi dice che non potrò mai
più recuperare l'amore di Petunia?
Il lupo sgranò gli occhi.
-Petunia, hai detto?
-Sì, perchè?
-Petunia. La fata più famosa in tutti i Mondi.
-Perchè lo è?
-Beh, ovvio:è la fata più potente.
-La più potente? Lei non mi ha mai detto niente.
-Lei ancora non lo sa, lo saprà il prossimo anno:al suo ventesimo compleanno.
-E perchè è la fata più potente?
-Beh, è una storia lunga.
-Di sicuro non scappiamo.- Disse con tono ironico Clara.
-D'accordo. Accomodatevi, allora. Quando è nato il fratello Gelsomino, il fratello di Petunia, sua madre fu colpita
da una rara malattia delle fate:la Saxopaticoxiacomotomia. Questa malattia impedisce alle fate di avere altri figli.
Ma la madre e il padre di Petunia erano così tanto innamorati che, grazie al loro amore, sono riusciti ad avere una
seconda figlia: Petunia. Petunia è l'incarnazione dell'amore, il chè rende i suoi poteri più forti, ma essendo così
piena d'amore, Petunia è anche molto sensibile e, in un certo senso, ingenua. I suoi genitori hanno sempre cercato
di proteggerla dagli umani perchè, essendo questi cattivi, se scoprissero i suoi poteri, potrebbero usarla per i loro
scopi ignobili. 
-Non siamo tutti cattivi.- Disse David.
-Voi due mi sembrate bravi, ma non si sa mai. L'avete ferita.
-Io...non volevo.
-Se l'hai fatto è perchè hai voluto farlo.
-Non penso che tu possa capire, noi umani...
-Voi umani pensate con la testa.
-Beh...con cosa dovrei pensare?
-Con il cuore, mio caro. E soprattutto: dovresti pensare a cosa può ferire i sentimenti degli altri.
David tacque e abbassò la testa.
-Tutto sommato,- Continuò Mhelo,-mi sembri veramente innamorato e determinato, quindi vi aiuterò.
-Grazie. Grazie mille!
-Nessun problema. Ora vi spiegherò cosa fare:per prima cosa, ho bisogno di un qualcosa tramite il quale io possa riconoscere
l'odore di Petunia.
Clara gli porse il mio zaino.
-Questo lo aveva lei.- Disse.
Il lupo lo annusò.
-Perfetto. Ora inizia la ricerca. Seguitemi.
Si diressero nel bosco.
Mhelo correva a destra e a sinistra e Clara e David riuscivano a mala pena a stargli dietro.
Arrivò la sera, e ancora non avevano trovato nessun portale che portasse nel Mondo delle fate.
David continuava a ripensare a ciò che gli aveva detto Mhelo, cioè che, probabilmente, potessi essere innamorata di 
qualcun altro. 
Decisero di tornare nella grotta per la notte, così da poter dormire tranquillamente e almeno un po' al caldo.
David non riusciva a dormire, quel pensiero lo tormentava. Aveva paura di aver commesso qualcosa di irrimediabile,
qualcosa di cui si sarebbe pentito per tutta la vità. Era innamorato, e non voleva che uno stupido sbaglio
potesse far finire la nostra storia.
Anche se non mi conosceva da molto, anche se eravamo stati insieme per pochi giorni, lui sentiva di amarmi, ne era sicuro.
Voleva passare tutta la vita con me, e il pensiero che, forse, quello sarebbe rimasto solo un bellissimo ma lontanissimo
desiderio, lo faceva morire dentro.

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Capitolo 19
*** Aran. ***


Piacere, Amaranto. Ma tu puoi chiamarmi Aran.- Mi disse il bel ragazzo.
-Piacere...-Non mi lasciò neanchè finire la frase.
-Petunia. Sì, lo so.
-Tu, se vuoi, puoio chiamarmi Tun.
-Perfetto, Tun. Sei molto bella, questa sera. Anche di solito lo sei, ma oggi sei proprio bellissima.
-Di solito? Ci siamo già visti?
-Tu forse non ti ricordi di me. Anzi, ne sono praticamente sicuro. Ovvio, tu non guardi ogni persona che incontri, ma
ogni persona che ti incontra, ti guarda. Sei bella, hai un sorriso meraviglioso e, per di più, sei la famosa Petunia.
-Famosa? Io? Ne sei sicuro?
-Certo. Ma non sono tenuto a spiegarti ciò che non sai, saprai tutto al tuo ventesimo compleanno.
-Ma mancano nove mesi.
-Non preoccuparti, l'attesa finirà. Ora preoccupiamoci solo di ballare.
Gli sorrisi, lui ricambiò. Appoggiai la testa sulla sua spalla e iniziammo a ballare.
Aveva un buon profumo, sapeva di...cioccolato. Io amo il cioccolato. 
Mi piaceva rimanere lì, appoggiata sulla sua spalla ad assaporare quel buonissimo odore che il suo collo emanava. 
Mi mise una mano su un fianco e sentii un leggero brivido, probabilmente se ne accorse.
-Va tutto bene, Tun?- Mi chiese.
-Sì, tutto bene. Grazie.
-Ti manca?
-Chi?
-L'umano.
-Oh...No...Beh...Diciamo che è una storia lunga e che ora non mi va di parlarne. Ora sono a casa con la mia famiglia
e mi va bene così. Gli umani sono...cattivi.
-Lo dici solo perchè lui ha baciato un'altra?
-Come fai a saperlo?
-L'ho sentito in giro.
-Dev'essere scappato a Prim.
-Allora? Solo per quello?
-Lo dico perchè sento che gli umani sono cattivi. Mi hanno illusa di essere buoni, e poi mi hanno tradita. Scusa, ma
non mi sento molto bene. Torno a casa.
Mi staccai da Aran, ma lui mi afferrò il braccio.
-Scusa. Non volevo farti rattristare, se rimani ti prometto che 'sta notte ti dimenticherai di quell'umano e di ciò
che ti ha fatto. Ti dimenticherai di essere innamorata di lui e, forse, ti dimenticherai addirittura di averlo incontrato.
-Non penso sia possibile.- Dissi, riavvicinandomi a lui.
Nel giro di mezzo secondo le sue labbra erano così vicino alle mie che potevo quasi sentirne il gusto. Quando le aprì,
sentii un forte tremore. Era strano, ma piacevole.
-Non pensare.
Mi afferrò dinuovo i fianchi e mi tirò verso di sè. 
I nostri bacini si scontravano e lui continuava a passarmi le dita delicatamente sulla mia guancia. Non riuscivo a
spiegarmi il perchè, ma continuavo a fissargli le labbra e speravo con tutta me stessa che si posassero sulle mie.
Era come se i suoi movimenti si fossero rallentati, mi sentivo terribilmente strana.
Avevo caldo, caldissimo.
E ogni volta che si avvicinava di più a me, il caldo aumentava.
-Ehi, ascolta. Ti va di andare a casa mia? Per stare un po' tranquilli.
-Oh...sì, va bene. Però per le tre di domani mattina devo tornare qui.
-Certamente, non preoccuparti.
Ci avviammo verso casa sua.
-Ecco, è questa.- Mi disse, indicando una casa piccola, ma non troppo. Giusta per tre persone, era molto graziosa.
-Prima di entrare, voglio mostrarti una cosa.- Mi prese la mano e iniziò a correre in mezzo al giardino davanti alla
porta di entrata.
Eravamo in piedi, al centro del giardino.
-Alza gli occhi.- Mi disse.
Le stelle.
Tante, bellissime.
-Non...non ho parole.- Dissi.
-Non servono.
Mi prese il mento.
Mi baciò.
Fu un bacio lungo, lento e passionale. Mi piaceva, ma non troppo.
Non mi concentrai più di tanto sul bacio, mi persi tra i miei pensieri.
Era veramente Aran, che volevo sposare?
Era lui che volevo per tutta la vita?
Cercavo di convincermi che la risposta giusta fosse sì, ma sapevo benissimo che non lo era. 
David.
Riuscivo a pensare solo a quello, anche durante il bacio con Aran. Non riuscivo a distrarmi da quel pensiero:il nostro
primo incontro, uno sguardo infinito, e poi il nostro bacio e...quella sera, la sera in cui eravamo diventati una cosa
sola.
Ma poi pensavo anche a come mi aveva tradita:aveva baciato Clara
Nel frattempo mi ero quasi dimenticata di essere nel bel mezzo di un bacio.
Aran iniziò ad accarezarmi la schiena, ma io mi staccai.
-No, non posso.- Gli dissi.
-Non devi fare così, devi dimenticarti di lui.
-No...no. Io...lo amo.
-Ma lui ti ha ferita.
-Sì ma...
Ci fu un rumore, come un tuono. E poi un lampo.
Non era un temporale.
Vidi un portale aprirsi.

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