anche i fiori piangono e ci sono stupidi che pensano sia rugiada

di wick_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la nuova principessa e il ladro di macchinette ***
Capitolo 2: *** eternamente in fuga come l'onda ***
Capitolo 3: *** la guerra dell'amico ***



Capitolo 1
*** la nuova principessa e il ladro di macchinette ***


per il favoloso banner ringrazio di cuore Caleidoscopio, se stai leggendo: SEI UNA GRANDE!
Viviamo mia Lesbia, e amiamo,
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille,
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l’invidioso
per un numero di baci così alto.
Catullo.
 
La principessa ed il ladro delle macchinette
 
 
Lunedì 23-10-11
Siamo costretti a dover lasciare quello che noi studenti amiamo per andare alla ceca su di una nuova settimana.
Sono le 7.05 e già sento il solito ronzio del Lunedì. Annalisa è già in piedi, chissà da quanto, mentre urla a me e a mio fratello, Gabriele, di muoverci prima che si faccia troppo tardi. Mamma gira per casa cercando di svegliarci con più calma. Io sono ancora nel mio letto a sentire quel noiosissimo telegiornale. Sono sveglia da parecchio ormai, devo solo trovare la forza di abbandonare le coperte e dire buongiorno alla mia settimana. Chiudo gli occhi per qualche secondo, respiro e.
-Buongiorno!- mi alzo con il sorriso mentre cambio canale, adoro prepararmi con la musica di MTV, mi rende di buon umore..
Mi presento, sono Elena Mariotti, ho quasi diciassette anni e vengo da un piccolo borgo nell’Italia meridionale. Non sono molto alta, ma riesco a superate 1.63 senza bisogno di aiuti nei miei piedini, che tanto piccolini non sono: un trentanove loro lo prendono. I miei capelli sono di un color castano chiaro, rigorosamente lisci piastrati ed I miei occhi sono bruni, chi riesce a notarlo bene sono luccicanti, quella luce è il mio sogno e spero che un giorno si possa realizzare. Le persone i sogni, i desideri e tutto ciò che hanno di più caro lo tengono negli armadi, sotto il letto o in una cassaforte. Io invece, suppongo di un grande sogno che brilla ogni mattina accompagnato tanti piccoli modi di vedere la vita.
Sotto consiglio di Annalisa decido di indossare dei leggins neri con una fantasia strana in bianco; una maglietta firmata ‘artigli’ e una carinissima giacchetta grigia. Il mio solito ciondolo con un anellino rosa shocking a forma di casetta, l’orologio regalato per il compleanno e il bracciale portafortuna, rigorosamente nel braccio destro. Non oso mai cambiargli posizione sennò poi la giornata va male! Il trucco è il solito, l’unica cosa che so fare senza combinare danni e senza sembrare un clown. È una specie di matita color ottano e il mascara per le ciglia. Ho detto giusto?
Lascio volare le mie gambe fino alla cucina dove mangio una brioscina al volo. Non potevano inventare una così brutta merenda che fa passare l’appetito. Ed io proprio per questo la mangio. Mi rende sazia fino alle due di pomeriggio!
La lancetta gira intorno all’orologio fino a mettere le valige sul nove e siamo ancora in macchina! Non abito neanche vicino scuola, il modo migliore di iniziare la settimana, in ritardo!
Sento sghignazzare mia sorella e quando le chiedo il perché lei indica i miei capelli. Cavolo! Ho dimenticato di farli, prendo il pettine di riserva nella macchina di mamma e inizio a pettinare, decido per una bella coda che mi rende quel pizzico d’interessante e irritabile al punto giusto. Cerco di non impigliare gli occhiali da sole con i capelli e il gioco è fatto.
Arrivo a scuola alle 8.15 e vado verso la mia classe. Mentre cammino per quel lungo corridoio desolato se non per qualche ragazzo ritardatario come me noto che tutte le porte sono chiuse e si sentono i professori fare lezione. Tutte, tranne la 3P, la mitica sezione. La famosa classe in cui tutti sono belli, famosi e ricchi. Tra quelli vedo il mio principe azzurro che, ahimè non potrà mai essere mio, o forse si? Alberto Fraschini, biondo scuro, chiaro di carnagione, occhi verdi, alto 1.78 passati e che dire? I suoi occhi somigliano due perle in un fondale marino, i suoi capelli seta dorata dei miglior sarti francesi, il suo sorriso rubato alla luna e il suo umorismo, beh quello è suo ,basta.. Il sogno impossibile che brilla nei miei occhi oltre alla mia carriera. Decido di passare avanti senza degnare di uno sguardo né lui né tantomeno il suo migliore amico, Francesco Grazzi, noto come il don Giovanni dell’istituto, un ragazzo carino dagli occhi celesti e i capelli castani, dai denti bianchi e dall’aspetto da urlo. Francesco Grazzi e Alberto Fraschini in modo inconsapevole mi mettono molta soggezione: spesso ricevo loro sguardi o sorrisini .Non ho idea del perché, sono sicura di non interessarli seriamente, penso sempre che cerchino qualcuna da prendere in giro come Veronica Sanzi, ed io non voglio finir certo come lei.
Chiedo scusa alla professoressa per il ritardo e mi siedo al mio amato secondo banco accanto alla mia amica. Esco il libro sul banco e inizio a leggere pagina ottantacinque, ’Catullo e il suo modo di pensare’. A un tratto mi arriva tra le mani un fogliettino da parte della mia compagnia. “come mai hai tardato? Mi stavo preoccupando” accompagnato da un cuoricino. Alla fine è una brava ragazza, un po’ invidiosa, ma una brava ragazza. Col tempo è cresciuta ed ha imparato l’importanza della femminilità. Sembra quasi strano ma dopo tutto il tempo che passiamo insieme, le voglio bene. Glielo dico sempre ma solo da poco è pieno di sentimento.
Lentamente passano le tre ore d’italiano che ci spettavano, anche se almeno tre quarti d’ora prima io non c’ero più di testa. Suona la campana della ricreazione segno di fuga per noi comuni studenti.  Corro, per così dire, verso il cortile: un grande buco di terra pieno zeppo di cicche di sigarette e studenti annoiati. Come adolescenti siamo tenuti, da catene invisibili, a rispettare la quotidianità in piccole cose come ad esempio: il nostro posto nel giardino. Il mio è sotto una tettoia, comodo e semplice.  Mi siedo su un banco mezzo rotto lasciato lì da qualche bidello mentre aspetto che Alice e Federica arrivano. Ginevra inizia a parlare di quanto la sua vita con il suo nuovo fidanzato sia fantastica ed io non posso fare altro che assecondarla mentre guardo passare l’unico ragazzo che vorrei avere come fidanzato. “ Se vuoi fidanzarti con lui perché non rischi mai? Perché devi sempre pensare negativamente? Veronica può anche essere un caso fuori dal comune! Fa qualcosa o non lamentarti!” il mio cervello trova sempre ottime repliche alle mie scuse. Grazie mille se non voglio ammettere che ho paura. Capito? P.A.U.R.A.
Finalmente le due ragazze, più grandi di noi di un anno, si fanno vive con un sorriso  enorme e con in mano il loro trionfante ‘Mars’
-Stavo per morirci davanti alla macchinetta, porca troia- e questa signori e signori è Alice: capelli rossi ramati ed occhi verdi, fisico perfetto e bellissima. Ha già provato tutto della vita, ha viaggiato sin dalla tenera età di sette mesi! Il suo primo passo è stato fatto in Svizzera, mentre la sua prima parola in Egitto, il suo primo dente che cade in Germania e la sua prima volta in Giappone con il figlio dei migliori amici dei suoi genitori. Lei si che sa parlare d’amore! Quei due ragazzi sono cresciuti insieme, hanno sperimentato tutto e si amano, solo che hanno paura. Come me, che ho paura di rimanerci scottata! Accanto a lei ancora sghignazzante c’è Federica, la ragazza più intelligente che io conosca e bellissima nella sua semplicità. Noi quattro formiamo una piccola compagnia divertente e solare, comune alle altre sulla carta ma speciale dal vivo.
-Me ne dai un pezzettino?- le chiedo con gli occhi dolci.
-Il mio tesoro, è solo di Alice- inizia teatrale per dirmi con le buone che nessuno avrà mai il suo Mars. Ginevra continua a parlare del suo fidanzato allargando il pubblico. Alice la interrompe sempre chiedendole dei fatti piccanti e questo la fa innervosire creandole una smorfia in faccia che mi fa ridere. Anche se distratta dalla storia non riesco a non placare la fame da Mars che la rossa mi ha creato. Scendo dalla superfice con un salto
-Vado alla ricerca del Mars- annuncio creando una risata generale.
Salgo le scale, giro a destra e faccio la fila. Sono passati già due minuti ma ancora  l’omaccione non si decide se prendere una ‘pepsi’ o una ‘cola’ e quindi rimango bloccata. La campana suona e tutti gli altri pretendenti vanno via, merda. Devo tornare in classe anche io, però ho fame quindi aspetto. La fidanzata gli consiglia di prendere una ‘fanta’ e senza altri indugi la prende dicendo poi ‘sai che volevo questa ma aspettavo che me la consigliavi tu così avrei saputo se eri quella giusta?’ mi prende in giro? Meglio non aprire discorso perché mi uscirebbero solo tanti insulti. Finalmente sono pronta a comprare la merendina, estraggo dalla tasca la monetina e la inserisco dentro il cassettino, mi manca solo cliccare il numerino ed aspettare, vengo spintonata dopo poco senza riuscir a prendere niente.
-Ehi- ribatto oltraggiata senza sapere chi ho davanti, maleducato al punto di darmi le spalle. Picchietto alla sua schiena dicendogli che è il mio turno. Dopo aver fatto acquisti con i miei soldi si gira e se ne va senza darmi neanche il tempo di dire una parola, non riesco neanche a riconoscerlo bene, riesco a definire la sua statura alta, il berretto e gli occhiali da sole. Delusa e con gli occhi quasi luccicanti mi accascio accanto alla macchinetta con la testa bassa, non è il mio stile! Di solito riesco a farmi valere.
-Ehi- una mano calda si appoggia alla mia spalla, alzo la testa ritrovandomi Alberto Fraschini ad un palmo dalla mia bocca con un espressione dispiaciuta dipinta in volto, per un attimo sono convinta che sia preoccupato per me poi ripensandoci  mi scosto scusandomi per aver intralciato il posto. Mi sorride e compra ciò che ha bisogno. “cos’è che era? Preoccupato per te? Ahaha” mi rinfaccia il mio stesso pensiero, quanto posso essere stupida. Comprendo che la giornata non è nata favorevole ai miei occhi così decido di passeggiare per i corridoi, salterò educazione fisica, cosa m’importa! Ancora attaccata alle macchinette scrivo di corsa un messaggio. “sono in infermeria, puoi dirlo alla prof?” cerco nella rubrica la lettera G ed invio. Non è da me mentire e saltare la lezione soprattutto per un motivo così futile ma è come se quando quel ragazzo si è portato via i miei cinquanta centesimi abbia portato via  metà me. Mi allontano senza neanche salutare il ragazzo di cui sono persa ma al quale non riesco a trovare certezze che spingano a buttarmi tra le sue braccia. Con le mani nelle tasche vado verso i giardinetti. Sento nel silenzio dei corridoi qualcuno urlare ‘ aspetta’ ma mi ripeto che non sarà mai per me che sia anche inutile girarsi. Mi siedo sotto la tettoia con le gambe accartocciare tra il banco e il mio corpo così da creare un ‘poggia braccia’.  Sento qualcuno correre le scale velocemente come se avesse fretta di vivere, noto incuriosita che il ragazzo dal rumore nelle scale e lo stesso delle urla e della macchinetta, si sta avvicinando a me o è solo un miraggio? Ha in mano un pacchetto di M&M’s e si siede porgendomi il pacchetto. Lo guardo incuriosita
-Ho visto la scena, non potevo andar da quel ragazzo e farti ridare i soldi ma potevo offrirti di dividere con me la merenda- accompagna con questa richiesta il pacchetto giallo e un sorriso luminoso. Che devo fare? Se accetto non sembro una scroccona? Ma ho fame! Gli sorrido e prendo un cioccolatino grata del suo buon gesto. Mangiamo tutto il pacchetto, guardandoci negli occhi e sorridendo nel completo silenzio, sembra proprio una scena inquietante di una brutta copia di un film visto su canale 5.
-Ho la lingua colorata?- dice lui dopo aver finito di mangiare. Inizio a ridere inaspettata di una domanda del genere, non si lascia pesare ed esce comunque la sua lingua sottile e lunga  e colorata, poco ma colorata.
- È verde- sbotto ridendo con voce da bambina –La mia?- tiro fuori la mia lingua
-La tua è blu- inizia a gioire anche lui –Hai una bocca bellissima- dice dopo, serio
-Anche tu- e non mento, la sua è veramente perfetta. I denti sono ben curati e bianchissimi
-Come può la bocca di Alberto Fraschini non essere perfetta?- inizia a fare la buffa imitazione di uno che si pavoneggia
-Sei tu Alberto Fraschini? Il famoso Alberto Fraschini?- continuo fingendomi una sua grande fan –Mi devi fare un autografo sennò non ci crederò mai- esulto con l’ultimo respiro prima di perdermi in una grande risata.
-Vuoi autografate le tette o l’iphone?- mi guarda con fare malizioso
-O solo un comune Samsung galaxy S3-  faccio finta di essere triste
-Va bene lo stesso, anche se le tette posso autografarle quando vuoi- dice prendendomi il telefono. Sbircio e noto che sta scrivendo il suo numero e si sta chiamando –Fatto- ribatte dopo qualche secondo ridandomi il telefono.
Cosa sto facendo? Sto civettando con un ragazzo appena conosciuto! Con il ragazzo che pensavi di essere cotta? Eppure sembrava tutto così facile, non lo è mai!
Forse quel ragazzo quando ha portato via i miei soldi e quella parte di me si è portato via anche le mie insicurezze? Ho forse la fame mi è andata al cervello.

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Capitolo 2
*** eternamente in fuga come l'onda ***


             
Per il mio cuore basta il tuo petto,
per la tua libertà bastano le mie ali.
Dalla mia bocca arriverà fino al cielo,
ciò ch’era addormentato sulla tua anima. In te è l’illusione di ogni giorno.
Giungi come la rugiada alle corolle.
Scavi l’orizzonte con la tua assenza.
Eternamente in fuga come l’onda. Ho detto che cantavi nel vento
come i pini e come gli alberi di nave.
Com’essi sei alta e taciturna.
E ti rattristi d’improvviso, come un viaggio. Accogliente come una vecchia strada.
Ti popolano echi e voci nostalgiche.
Mi son svegliato e a volte emigrano e fuggono
uccelli che dormivano nella tua anima.
Pablo Neruda.
 
eternamente in fuga come l'onda
 
Otto. Otto giorni. Sembrano niente e invece per me sono anche troppi. Le prime quarantott’ore sono passate con la speranza di un suo messaggio, il terzo ero tentata di scrivere io, ma poi ripensandoci non posso correre solo io! Il quarto e il quinto sono stati quelli più dolorosi, quando capisci di aver fatto una cavolata e non puoi rimediare. Il sesto è stato logorante, rivedevo nella mia testa tutti i minimi particolari per capire se lo sbaglio ero proprio io, lui o la parola ‘noi’. Il settimo e l’ottavo sono stati quei finti indifferenti, quelli dove ripeti a te stessa e a tutti i tuoi amici che non importa che tutto vola via con il vento.
Il buongiorno si vede dal mattino, giusto? Allora non è una buona giornata.
Dimenticare di attivare la sveglia= ritardo a scuola.
Non sapere cosa indossare= nervosismo
Un’anziana signora che decide di irrompere nella strada con il suo Pandino creando una fila lunga chilometri= ritardo a scuola.
Ritardo a scuola+ nervosismo = brutta giornata.
Corro per le scale bagnate di ferro con il pericolo di scivolare solo per entrare qualche secondo prima, con il fiatone tiro la pesantissima porta antincendio e mi avvicino alla cattedra dei ‘controllori’ cioè i bidelli, o meglio IL custode, un uomo che ha superato gli ‘anta’ da quando è nato, con il suo carattere brusco e saccente riesce a farsi odiare da tutti i ragazzi. È basso e in sovrappeso, gli unici capelli che ha in testa sono ormai bianchi, gli occhi sono piccoli e spenti con i suoi occhiali giganteschi riesce a vedere anche l’ultima porta del corridoio.
-Signorina Mariotti, buongiorno – mi saluta beffeggiandomi, scrive qualcosa d’incomprendibile a un occhio umano e continua –Prego si può accomodare accanto allo spilungone- sorrido lievemente e analizzo con lo sguardo fino alla panchina di legno e al presunto spilungone. Ogni male non vien per nuocere, giusto? È un caso che Alberto Fraschini sia seduto su quella panchina e stia sorridendo verso la mia parte, giusto?
Munita dell’indifferenza dei giorni sei e sette, mi avvicino e mi siedo. Squadro un po’ in giro in imbarazzo. Dov’è finita la spavalderia del giorno tre? Ah si l’ho lasciata a casa!
Mi sento osservata e di conseguenza sono impacciata in ogni mio passo. Ammetto che anche io rubo un’occhiata al suo bel viso, ma lo faccio in modo più discreto. Lo starà facendo apposta per potermi prendere in giro? O vuole vedere fin dove posso arrivare prima di lasciargli una mia mano in faccia?
-Poi non mi hai scritto, non sei una così grande fan- sussurra al mio orecchio sorridendo. Il mio primo impatto è di raddrizzare la schiena, chi mai si sarebbe aspettato di iniziare una discussione bisbigliando?
-Potevi anche scrivermi tu- replico divertita, anche se in quella situazione niente è divertente!
 Sogghigna consapevole di aver perso questa battaglia, ha proprio un bel sorriso. I suoi denti sono bianchissimi e le sue labbra sono rosee e carnose, sembrano fatte per essere morse, ai lati della bocca si creano delle piccole fossette adorabili! In confronto il mio sembra il sorriso di un bambino sdentato goloso di dolciumi del ‘800.
-Shii- il signor Biancarti ci richiama abbassando i suoi occhiali nel naso. Giro la testa per non ridergli in faccia ma, così facendo mi ritrovo il bel volto di Fraschini a meno di un palmo; leggermente goffa allontano la mia testa abbassando lo sguardo con la scusa dell’orologio.
-Senti, ti va di farmi compagnia mentre fumo una sigaretta?- mi chiede mentre apre il suo zaino alla ricerca di qualcosa.
-Uhm… certo – rispondo con molta calma e diffidenza.
Ci alziamo ridacchiando, sorvoliamo la cattedra di MisterBidelloAnnuale e sgattaioliamo verso la porta.
-Signorina Mariotti, non creda di fare la furba. La voglio rivedere salire al suono della campana- mi avverte ed io faccio un cenno con la testa.
Scendiamo e ci avviciniamo a una specie di muretto, dove mi siedo.
-Certo che quell’uomo è proprio puntato con te! Io ero con la sigaretta in bocca e non ha detto niente- pronuncia ridacchiando.
-Ha un amore segreto nei miei confronti – faccio finta di pavoneggiarmi
-E chi non avrebbe un amore segreto per te? – Si avvicina buttando il fumo dal naso. Sorrido e poi mi dedico per qualche secondo alla luce che emanano i suoi occhi verdi, sembra quasi potergli vedere dentro di sé, dentro la sua anima. Come scottato, sposta lo sguardo verso l’orizzonte, inalando da quella cicca.
-Beh ha un modo strano di dimostrare il suo amore, mi ha promesso che farà di tutto per mettermi un rapporto sul registro e ogni volta che sono in ritardo, mi fa sedere su quella scomodissima panca – affermo giocando con le ciocche dei miei capelli.
-Ad ogni cosa c’è un lato positivo- mi guarda dritta negli occhi- Se oggi ti avesse fatto entrare in ritardo non avremmo mai parlato e non ci saremmo mai rivisti- dice serio cercando di creare un contatto con i miei occhi
-Hai il mio numero, puoi chiamarmi quando vuoi- ripeto io facendo la figura della perfetta cogliona, ora penserà che io sono pronta a lasciare tutto per correre tra le sue braccia, il che è vero.  Però lui non lo doveva sapere!
-Anche tu puoi chiamarmi quando vuoi- replica  e mi sento sollevata, ora lui penserà che io penserò che lui lascerà tutto per correre da me. Lo so che non lo farà, i ragazzi non sono come noi, non si creano complessi per ogni cosa. Loro sono senza freni come Alice. Parliamo un po’ dei nostri interessi, di quello che ci piace fare e di quello che odiamo. Mi rivela di non essere bravissimo a scuola ed io mi offro di aiutarlo, così ci guadagno: posso ripetere le cose così da non dimenticarle, lo rivedrò spesso.  Lui accetta con il senno di poi .
La campana suona, butta la sua sigaretta per terra e la pesta con la scarpa. Sono ancora troppo intenta a guardare il suo piede che si muove sui resti della cicca per notare che si sta avvicinando.
Se io non avessi girato il collo quel bacio sarebbe atterrato sulla mia guancia ed invece ha colpito proprio le mie labbra. Una vicinanza durata qualche secondo, sia chiaro. Solo che, quei secondi sono stati i più belli di questa vita. Ne rimango totalmente spiazzata tanto che non riesco a capire quello che ha detto fin quando con il braccio non mi tira giù.
Che figura da scema che avrò fatto, penserà che sia una bambina infantile che sogna sin dalla prima elementare di stare accanto a lui. È così, però non voglio che lo sappia.
Saliamo le scale con molta timidezza. Sembriamo due legni che camminano, non abbiamo neanche il coraggio di far incrociare i nostri sguardi.
Arriva prima lui alla porta, la apre ed aspetta che io entro. Lo ringrazio e faccio la fila per aspettare di registrarmi nell’elenco dei ritardatari. Alberto è accanto a me che guarda verso i corridoi che portano alle classi. Mancano solo cinque alunni e potrò sviare da questa imbarazzante situazione, anche se, io non voglio andare via. Voglio continuare a parlare e ridere, quel tempo sotto pur se breve è stato magnifico e poi il bacio, è stato uno sbaglio, un bellissimo sbaglio!
-Ehi Albe – Francesco Grazzi gli batte una mano nella spalla.
-Ehi Ciccio, com’è andata la prima ora? Ha interrogato?- si informa il biondino. Dovrei aggiungermi nella conversazione, ma, non so come, non ho neanche idea di che materia stiano parlando. Che frustrazione.
-Una tortura ha spiegato tutto il tempo. Perché non sei entrato?- Gli chiede, solo ora si accorge della mia presenza ed inizia a sorridermi. Un sorriso sicuro, il suo, ed io invece gli sorrido debolmente. Molti dicono che attraverso degli sguardi e delle espressioni facciali si può capire cosa pensa la gente: vorrei proprio che l’esperto in questo campo venisse qua, a guardare le loro facce, vorrei proprio sapere se mi stanno prendendo in giro con tutti questi sorrisi, se lo fanno per fare vedere la loro splendida bocca o che forse cercano di essere i più fraterni possibile; anche se ne dubito fortemente.
-Il Signor Biancarti non mi ha fatto entrare, così ho deciso di passare il tempo a parlare con Elena- ora posso svenire, il mio sguardo che prima era verso la porta si gira a una velocità inquietante verso i due amichetti. Sa il mio nome e mi ha aggiunto volontariamente a una discussione, devo tenere a freno le mie emozioni, devo rimanere calma. Se avessi davanti a me uno specchio, noterei la mia postura scomposta, i miei capelli arruffati dal vento, la faccia tinteggiata da macchie rosa o bianche dovute dal freddo e delle strane guance che cercano di trattenere uno di quei sorrisi enormi, che ti mettono allegria; farei proprio paura.
-Chi sarebbe?- Risponde Francesco a bruciapelo. Chi potrebbe essere scemo? Tua nonna? Ovvio che sono io! Penso tra me e me, avvolte, sono proprio stupidi.
-Francesco lei è Elena- m’indica–Elena lui è Francesco- lo indica, ci stringiamo la mano e poi Francesco squadra in un brutto modo l’amico mentre io cerco di riscaldarmi dal freddo.
Il Signor Biancarti mi chiama per firmare, ora sono definitivamente libera. Devo solo salutarli.
-Io vado verso la mia classe, è stato bello conoscervi, ciao- li saluto mettendo lo zaino in spalla.
-Aspetta ti accompagniamo- partono in quarta i due ragazzi. Se prima la situazione era lievemente imbarazzante ora, lo è molto di più.
Durante il tragitto scopro che entrami hanno il motorino e che sarebbero felici di farmici fare un giro. Accetto con piacere, anche se so che quel giorno non potrà mai arrivare per molti motivi:
1) Si dimenticheranno di me nel giro di qualche ora, o giorno.
2) I miei non mi permetteranno mai di salirci sopra, anche se è il mio sogno, se poi lo scoprissero perderei ogni cosa, dalla fiducia dei miei genitori alla possibilità di ogni tipo di libertà aggiuntiva ad esempio: tardare la sera, stare in giro con amici più grandi etc.
 
Poichè la mia classe è l’ultima in un angolo cieco ,e come essere esclusi da tutto il corridoio. Dei miei compagni comunque non c’è ombra. Entrambi mi baciano una guancia incitandomi a incontrarci durante la ricreazione.
Ancora scossa giro l’angolo, ad aspettarmi c’è Ginevra con un sorriso lungo 365 denti, non mi ci vuole molto a capire che ha assistito alla scena.
-Ti perdono solo perché sei tu! – mi abbraccia fortissimo.
 
Un’ora e quarantacinque minuti dopo suona la campana della ricreazione, Ginevra mi tira da un braccio costringendomi a scendere nei giardinetti per andare a trovare i miei nuovi amici.
Passando mando un bacio volante ad Alice e Federica intente a ripetere qualche materia . Arriviamo al muretto  posto dedicato fin da sempre ai studenti toghi della situazione. Era l’unione di più ragazzi di diverse classi ed età. Due quinto, uno di quarto, tre ragazze dalla puzza sotto il naso e poi Alberto e Francesco.
Gli ultimi due sono immersi in una nuvola di fumo mentre ridacchiano.
-Senti, che ne dici se andiamo da Anna? – menomale Ginevra la pensa come me!
-Per me va benissimo – rispondo con un peso in meno. Sento che lì immersa tra quella gente avrei solo fatto una brutta figura, meglio evitare.
Salutiamo Alice e Federica con un caloroso abbraccio e poi bacio le guance a Davide e Claudio. Davide è il fratello di  Federica mentre Claudio un loro compagno.
-Elena?- mi chiama Davide – Ti dispiacerebbe abbracciare un attimo Claudio? – continua sghignazzando
-Perché?- chiedo assecondando la pazza idea  
-Elena, non ti allarmare- recupera Alice – Alberto Fraschini e Francesco Grazzi ti stanno guardando in modo strano e penso che vogliano uccidere Claudio- tutti scoppiano a ridere per poi zittirsi dopo neanche cinque minuti
-Divertente vero? – ribatto facendo la finta offesa
-Esilarante- oddio. Sono senza fiato, ho sentito male, vero? Non ho mica Alberto Fraschini alle spalle. Mi giro lentamente verso la voce e beh mi sbagliavo Alberto è in compagnia di Francesco. Che bello, vero?
-Ciao- sorrido baciandogli le guance a entrambi facendo finta di niente. Che gran maleducata che sono!
-Ti aspettavamo prima- ripete Alberto. Oh cavolo intorno a me c’è un silenzio tombale tutti troppo interessati alla nostra discussione.
-Ele, vai a prendermi l’acqua- Ginevra mi da cinquanta centesimi incitando il ragazzo a venire con me.
-Senti scusa, stavo venendo solo che….- verità o menzogna? – Eravate tutti là a parlare e fumare che un po’ mi dispiaceva doverti interrompere- ovviamente scelgo sempre la via di mezzo. Mi fermo in mezzo al parchetto per guardarlo negli occhi.
-Vabbè dai, per questa volta ti perdono, però la prossima volta voglio passare la ricreazione con te!- toglie la mano dalla sua tasca per metterla nella mia guancia e poi tra i miei capelli. Oh cavolo! E adesso che sta facendo questo? Mi vuole seriamente baciare davanti a tutto l’istituto? Ma che è scemo?
-Ehm. Ehm…- ci giriamo verso Francesco che aveva imitato un colpo di tosse, menomale che questo ragazzo ha la stessa utilità del prezzemolo!
-Si?- Alberto alza un sopracciglio come per chiedergli perché lo stava disturbando, certo perché per lui è normale baciare una ragazza che conosci da qualche giorno in mezzo ai giardini della scuola.
-Veronica ti sta bruciando vivo- inizia a ridere- E poi se proprio dovete baciarvi andate da qualche altra parte!- continua. Alberto sposta lo sguardo verso il muretto e fa l’occhiolino, sicuramente a Veronica. Amareggiata, capisco tutta la situazione, sono la scema che deve prendere in giro, la stupida che deve far ingelosire Veronica o direttamente la cretina patentata che sta seriamente buttando all’aria tutti i valori davanti a due bei ragazzi. Oppure Alberto fa lo stronzo facendo rimanere male sia me che Veronica. In tutti i casi non è un buon segno.
Cerco di essere meno brusca nei miei movimenti per non far vedere che sono incazzata nera, ma quando capisci di essere stata presa in giro è proprio difficile! Tolgo la sua mano dai miei capelli e lì saluto con un sorriso tirato per poi evaporare su per le scale.
Nei corridoi non c’è anima viva, manca ancora qualche minuto e la ricreazione sarà finita; corro, una cosa eccezionale per me, verso i bagni. Scelgo l’ultimo mi ci chiudo dentro e inizio a respirare profondamento.
Lo sapevo sono stata una cretina. Una stupida cretina. Una cretina stupita cretina!
Lo sapevo che da gente come loro non avrei potuto ottenere niente. Ricordate i punti per i quali non sarei mai salita su un loro motorino? Ecco quelli, avevo ragione! Che amara tristezza!
Non ho neanche il coraggio di piangere sono là che mi ripeto cretina mentre batto la mano sulla fronte, mentre mi ricordo le mie parole quel maledetto giorno: ‘’ cosa può succedere? Non mi prenderanno in giro!”.
Qualcuno bussa alla porta, quindi tiro lo sciacquone ed esco. Apro la porta e rimango senza fiato
-Cosa ci fai qui?- chiedo con una punta di acidità unita al mio essere imbarazzata ed eccitata al tempo stesso.
-Sei scappata ed io volevo quel bacio- si avvicina a me, ma io indietreggio fino a toccare il muro
-Non puoi farti baciare da Veronica?- la nota acida prevale su di me anche in un momento così romantico, se si può definire. Alberto nel bagno delle ragazze quasi spalmato su di me che mi chiede un bacio, sto sognando!
Lui ridacchia e questo mi rende ancora più alterata. Si sta prendendo gioco di me? Decido di non dire niente, so come vanno queste cose. Io gli chiedo perché ride, lui mi chiede se sono gelosa e bum torno a essere la scema cretina!
-Veronica è come una sorella per me non potrei mai baciarla!- si avvicina a me stuzzicandomi la guancia con dei suoi piccoli baci- E poi sei tu che mi piaci – continua scendendo verso il collo. Chiudo gli occhi perché questa sensazione è bellissima e riesco a riprendermi da questo stato di meditazione solo dopo il suono della campana. Ridacchio spostandolo
-Bene, ma con me non funziona così, non puoi baciarmi . Ci conosciamo da veramente poco. Non puoi bruciare delle tappe solo perchè ti piaccio.- mi avvicino ai lavandini per sistemarmi i capelli. Che grande menzogna, non potevo certo dirgli che io ero cotta persa di lui e mi avrebbe potuto baciare dove voleva!
Lo guardo dallo specchio e noto che è rimasto stupito, non si aspettava che andava a finire così
-Ah si? Okay non brucerò tappe. Siamo amici quindi?- mi chiede scoccando la lingua con i denti con le sopracciglia inarcate verso l'alto
-Si, penso di si – esco dai bagni scappando verso la mia classe, non avrei mai potuto continuare questa discussione in un bagno della scuola.






un ringraziamento di cuore a Caleidoscopio per il bellissimo banner           

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Capitolo 3
*** la guerra dell'amico ***


                                                                         
Non nascondere
il segreto del tuo cuore,
amico mio!
Dillo a me, solo a me,
in confidenza.
Tu che sorridi così gentilmente,
dimmelo piano,
il mio cuore lo ascolterà,
non le mie orecchie.
La notte è profonda,
la casa silenziosa,
i nidi degli uccelli
tacciono nel sonno.
Rivelami tra le lacrime esitanti,
tra sorrisi tremanti,
tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.
Rabrindranath Tagore
 
 
 
 
 
La guerra dell’amico.
 
Sono stata proprio scema, la parola ‘amici’ è da evitare più che mai. In una lista nera viene dopo la parola ‘matrimonio’ e ‘figli’; potevo anche dirgli ‘non m’interessi’ sarebbe stata la stessa cosa. Amico è quello che tu hai quando litighi con il fidanzato, quello che usi come rimpiazzo. Ma ovviamente le idee migliori vengono sempre dopo, specialmente quando sono seduta dietro quel mostruoso banco verde.
Il tempo sembra non passare ed io mi sento sempre più stupida, alla fine cosa cerco da uno come lui? Non riesce a darmi la parola ‘sicurezza’ ma esattamente a sedici anni che sicurezza voglio? Mi sento così inadatta, ogni volta che si avvicina mi sento un inetta, sempre più goffa, sempre più brutta. Caro cuore l’hai fatta la stronzata non pensi?
 
La mattinata passa come buona parte del pomeriggio, sdraiata nel lettone di Alice trovando divertimento a far balzare in aria un cuscino a forma di cuore mentre la proprietaria di casa si lamenta non sapendo cosa indossare e l’altra, quella speciale senza bisogno di trucco, passa il suo tempo su facebook. Ah sì, l’altra condanna a morte, con Ask, twitter, whatsapp e istragram... quei social che ti fanno morire dentro, che ti fanno diventare stalker, che ti fanno conoscere più cose dei loro genitori pur non avendo la possibilità di viverle al momento con loro. Ma non divaghiamo, la questione più importante è proprio ‘facebook’, chi invia la richiesta d’amicizia?  Diventa peggiore di una guerra ad armi, chi la invia perde punti perché così lui o lei saprà che gli hai sbirciato il profilo, sembri quasi disperato. Mentre chi la riceve è quello figo, quello che non ha ceduto, che magari ha guardato il profilo tante volte conoscendo ormai a memoria tutte le informazioni. Ma lasciamo perdere, facebook è proprio una condanna; meglio non averlo!
 
-Ci sono- esclama la rossa uscendo dalla sua cabina armadio con un semplice vestito nero stile anni ’50, una giacchetta di jeans e delle all stars – Non troppo elegante e neanche esagerata, alla moda?- riparte insicura di se. Che poi la fregatura è questa, dopo che perdi la testa per uno diventi dipendente da ogni cosa, perdi la spina dorsale.
-Sei bellissima- ripetiamo Federica ed io, oneste e sorridenti.
Federica indossa dei pantaloni neri a sigaretta con un top verde e una semplice casacca. Io invece porto quei jeans da ‘straccioni’ come li definisce la nonna, quelli con gli strappi e una maglia bianca con il colletto ricoperto da una finta collana di perle, una giacchettina  un tempo elegante divenuta poi giovanile con gli strappi abbinata alle scarpe e alla borsa.
Finalmente mettiamo piede fuori da casa. Entrate con la luce uscite con il buio, che poi non è mica così tardi: sono le 20.05. Munite della nostra bellezza ridicola da finte donne entriamo nella macchinetta della rossa e senza nessun intoppo se non il parcheggio arriviamo davanti alla pizzeria più di tendenza dei nostri giorni, ’Wolfs’ perché noi siamo lupe! Il salone brulica di gente, molti ancora in piedi per un posto, altri seduti a ridere di quelli in piedi. Ed è lì che tra quei pochi seduti nei tavoli che hanno una panca girevole, incontro lo sguardo caldo e pieno di curiosità di Alberto. E ora? Non so proprio come comportarmi, devo andare lì di sicuro, perlomeno da buona amica che sono. E se cado? E se c’è un’amica più importante? Che si fotta tutto, io vado!
Strattono per un braccio Federica indicandole la mia direzione e parto lentamente con un profilo basso, cercando di deviare camerieri, piedi, cose per terra e principalmente sguardi di altri. A metà del tragitto recupero la mia spavalderia e cammino a testa alta, sempre piano. L’imbarazzo è sempre lì quando cammini incroci qualcuno, però non siete ancora alla giusta vicinanza per parlare e che si fa? Si gira la testa per spiare l’ambiente, si prende il telefono per un finto messaggio o sennò si guarda dritto negli occhi, però è sconsigliabile!
-Ciao- dice lui da galantuomo alzandomi posando successivamente le sue labbra calde contro le mie guance – Che ci fai qui?- continua mettendo le mani dentro i jeans.
-In giro con amiche, tu invece?- dico con la mia stupidissima voce acuta.
-Uhm... siamo solo Francesco ed io stasera, forse dopo si aggiunge qualcuno, ma per ora siamo soli come cani- ride e che risata, contagiosa. –Che ne dici di unirvi a noi? Dopotutto siamo amici, no?- propone inarcando le sopracciglia all’insù facendo una strana espressione con le labbra, ammetto di esserne veramente tentata.
. -Chiedo a loro, sai non vorrei sembrare scortese- mi giustifico prendendo tempo. Faccio retrofronte e slam, le trovo lì a litigare con il caposala cercando qualche posto. Come punte si girano deluse verso di me e attraverso un sorriso allargato capiscono che ci siamo un po’ ingranditi. Francesco si presenta in modo dolce e premuroso, sembra davvero un altro! Per lui io sono ‘quella del secondo ‘ e non penso sia così amorevole come soprannome, sembra proprio sulle sue come se avesse paura di perdere l’amico.
Prendiamo le ordinazioni e sediamo nel grande sedile nero in pelle. Io, naturalmente, finisco per opera del destino davanti ad Alberto solo perché non bastava mica la figura delle M&M’s aggiungiamo quella della pizza!
Intorno al nostro tavolo ci sono solo persone grandi o noiose che non spiccano nemmeno un respiro di più, noi invece urliamo e ridiamo ad alta voce facendoci quasi riconoscere. Francesco soprannominato il Don’ ride a ogni battuta mentre Federica e Alice parlano dei segreti più loschi della scuola, quelle chicche che solo una ragazza può conoscere. Alberto ed io parliamo del più e del meno unendoci anche noi nel nostro piccolo allo schiamazzo. Lui ne sembra stranito come se nel suo mondo perfetto fatto di discoteche e divertimento non avesse mai provato il ‘dialogo riconoscente’ quello che ti fa riconoscere da tutti. Tuttavia fuori qualche particolare si trova bene in mezzo alla mischia.
Una ragazza vestita di nero con la cravatta arancione si avvicina a noi e come spaventanti facciamo silenzio.
-Ragazzi dovete andare- ci ordina sbarazzando tutto il tavolo –Seriamente, dovete uscire. Siete già in troppi in questo tavolo e state facendo troppo baccano. Il capo vi vuole fuori, almeno può entrare qualcuno che pagherà più di voi- continua dura.
Paonazzi ci alziamo e prendiamo le nostre cose sgattaiolando con la coda tra le gambe fuori dal ristornate.
-Ed ora? Che si fa? Io ho fame e non voglio tornare a casa!- rompe il silenzio di punizione la voce squillante di Alice.
-Ehi, che ne dite di andare sul lungo mare? Non ci sarà gente, sarà divertente!- propone il ‘Don’ elettrizzato all’idea.
-Solo io sento freddo? E poi dove compriamo da mangiare?- fa notare Federica.
-Prendiamo delle pizze da asporto e una coca-cola, il freddo passa. Dai, dai- giustifica le motivazioni con dei ‘dai’ troppo infantili
-E va bene, io ci sto! – alza la mano l’altro- E ci starà anche Elena e Alice, ce l’hanno scritto in faccia!- continua sghignando
 
Trentacinque minuti più in là siamo davanti ad una spiaggia, illuminati dai bordi di un lido e da una lampada trovata in macchina di Alice. Come prima cosa tolgo le scarpe per stare più comoda e lego i capelli. Seguito dal mio stesso input anche gli altri tolgono le scarpe.  Appoggiamo tutto su uno scoglio mentre sediamo sulla spiaggia, la sabbia ormai è parte di me.
-Non ci posso credere, non mi hanno mai sbattuto fuori da un ristorante- ridacchia il biondino contagiando a tutti noi.
Finita la pizza sorvoliamo lo sguardo sul cielo,  un fascio nero illuminato da una grossa palla gialla e tante piccole puntine colorate.  Un fantastico spettacolo che in città non si può vedere!
-Io faccio il bagno- si alza Don liberandosi della camicia e dei jeans.
-Anch’io- si alza Alice slacciando il vestitino e correndo dietro l’altro.
-Beh non li lascio mica soli- ridacchia Federica seguendoli nello stesso gesto.
-Siamo rimasti solo noi- Alberto sposta lo sguardo dalle stelle al mio
-Eh già, se vuoi puoi farti il bagno- cerco di convincerlo
-Uhm… io vorrei farlo con te- dice serio mangiandomi con quelle pupille piene
-C’è freddo e... - mi blocco con la bocca aperta ricordando un mio vecchio detto “IL TEMPO DA OCCASIONI “, può essere il destino a voler che io mi butti in acqua o solo la pazzia, ma sapete cosa? Non ci voglio pensare, mi butto.
Mi alzo ridacchiando sbottonando i jeans e togliendo la giacca. Come in un linguaggio segreto anche lui capisce e si toglie quella polo e la lancia sullo scoglio con fretta. Ora siamo seminudi uno di fronte all’altra, devo dire che il suo corpo era proprio come lo immaginavo, ben definito ma non eccessivo, con l’assenza costretta di nessun pelo.  Dall’espressione in volto capisco che lui non mi aspettava proprio in quel modo ne sembra sorpreso, infatti, mi squadra soffermandosi sulla biancheria intima di merletto bianco con tutti gli schizzi dei colori dell’arcobaleno e poi tornando galantuomo mi porge la mano che io stringo con forza, perché se mi butto, non voglio essere sola! Corriamo fino al bagnasciuga alzando tutta la sabbia e poi un urlo e giù sottacqua.
Il mare è proprio bello di notte, è proprio bello il 31 Ottobre, quando tutti mostrano le loro maschere noi ci mostriamo nudi per come siamo, senza segreti.
Nel fondale riesco a vedere solo dei pesciolini che scappano e gli occhi di Alberto stretti che si aprano, sorride buttando via aria e poi ritorniamo a galla , ancora mano nella mano vicini per riscaldarci. Le nostre fronti sono attaccate e i nostri respiri sono pieni di noi.
-Posso svelarti un segreto?- sussurra, annuisco per non rovinare il momento –Tu mi piaci e non voglio esserti amico, se vuoi prendimi ora che è Halloween con tutti i miei orrori sennò lasciami. L’amico è squallido- nel suo modo ironico capisco che c’è sentimento che mentre sta parlando tiene il suo cuore sotto una ghigliottina, anche se ‘cuore’ in se dopo neanche un mese che ci conosciamo è troppo, forse tiene il suo ‘interesse’ la sua ‘attrazione’, ma non il cuore.
Come risposta riceve un mio bacio umidoso, penso che non ci siano parole più belle. Un bacio in mare al chiaro di luna il giorno degli orrori.
Uno schizzo d’acqua rovina il momento.
-CICCIO- urla Alberto scaricandogli tutta l’acqua/schiuma che le sue braccia possono spingere e iniziamo a ridere. Conto le teste e me ne manca una, manca Federica che è fuori  con il telefono all’orecchio  mentre ancora umidiccia si riveste. Riattacca e si avvicina a noi
-Siamo nella merda, sono le 2.00, la mamma di Alice ci sta coprendo, però vuole che torniamo a casa- 

 

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