Get up, Stand up

di Vivling
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


- Tu non hai perso niente su quell’aereo! Io sì! IO sì!                                                                                                                                                                                                                                Rimasero per un attimo in silenzio, un interminabile attimo durante il quale Callie, con lo sguardo perso nel vuoto, rivide tutto l’anno appena trascorso. Alzò la testa in modo da poter guardare sua moglie direttamente negli occhi, occhi che era abituata a leggere e che trovò pieni di rabbia. E senza la minima traccia di rimorso. Fu allora che, senza rendersene del tutto conto, le sue labbra si aprirono e sentì la sua voce, come fosse un’estranea a parlare, risuonare nella stanza.                                                                                                                                                                                        
- A quanto pare, su quell’aereo, hai perso un’altra cosa, Arizona… Me.                                                                                                  
Le sue gambe, come la labbra, iniziarono involontariamente a muoversi, la sensazione della maniglia fredda nella mano, il rumore sordo della porta sbattuta…
- Callie, ci sei? So che questo periodo per te non è dei migliori e che avresti volentieri abbandonato la ricerca, ma per una volta, una dannatissima volta, potresti smettere di pensare a lei e concentrarti su quello che ti sto dicendo?!? Sono mesi che aspettiamo che Vivien Blanchar venga a lavorare direttamente qui, perciò smettila di provare a rovinare tutto e concentrati! Sei un medico, questa ricerca dovrebbe interessarti! Anche a prescindere da Arizona!
- Scusa Derek, hai ragione, è solo che a volte…-sospirò, socchiuse gli occhi per qualche secondo, poi riprese – dove eravamo rimasti?-
Derek le accennò un sorriso.  – Per fortuna è in ritardo! – commentò, sarcasticamente.
 
- Mon Dieu! Il primo giorno e sono già in ritardo!
Aveva appena acquistato il suo primo caffè al Grey+Sloan Memorial Hospital quando, controllando l’orologio da polso, si rese conto che avrebbe dovuto iniziare a correre se avesse voluto arrivare con un ritardo accettabile dai suoi nuovi colleghi. Colleghi che non sarebbe stato opportuno iniziassero fin da subito ad avere a che fare con quella la sua…ehm… caratteristica.
Si avvicinò ad un’infermiera per chiederle dove potesse trovare il dottor Sheperd e la dottoressa Torres  e questa le indicò la sala ricerche al secondo piano, nel reparto di neurochirurgia. Avute le indicazioni, si girò di scatto per seguirle ed, involontariamente, si trovò ad urtare una giovane dottoressa bionda, che aveva l’aria di andare molto di fretta, ed a rovesciarle addosso tutto il caffè.
- Ma che diamine! Dannazione vuol stare attenta…
Vivien la interruppe subito per scusarsi investendola con un fiume di parole
- Excusez-moi, io non volevo…dottoressa…?
- Dott.ssa Robbins- rispose quella alquanto indispettita - Dannazione, proprio oggi che…scusi, ma lei chi è?-
- Oh sì, dott.ssa Blachard, sono qui per lavorare con il dottor Derek Sheperd e la dottoressa…-abbassò lo sguardo per leggere il foglietto che aveva in mano, ma la bionda la anticipò subito.
- Callie Torres
- Oui… la conosce?
- Abbastanza…
- Fantastico! Saprebbe dirmi qualcosa di lei? Mi piacerebbe sapere qualcosa in più sulla nuova Dea dell’Ortopedia: il dr Shepherd non mi ha dato molti dettagli e qualche informazione in più sui colleghi con cui dovrò trascorrere il prossimo anno potrebbe essermi utile… Sa, non vorrei partire anche con lei con il piede sbagliato – sorrise, un po’ imbarazzata, cercando di alleggerire la tensione per il disastro che aveva appena combinato. – E per il vestito…mi mandi pure il conto della tintoria…
L’entusiasmo con cui la nuova arrivata stava parlando di Callie non piacque molto ad Arizona ed il fatto che le avesse appena rovesciato addosso tutto quel caffè bollente di certo non era di aiuto.
- Non sarà necessario. Quanto alla dottoressa Torres, cosa dirle? Ah già, è mia moglie! Stavo per raggiungerla anch’io, ma dato che mi ha completamente rovinato il vestito, dovrò rimandare. Prima che rovini qualcos’altro è meglio che vada, arrivederci dottoressa Blanchard – senza aggiungere altro, superò la dottoressa Blanchard, senza degnarla di ulteriori attenzioni
-A presto dottoressa Robbins – mormorò Vivien, quando la donna era già lontana.
“Strana gente, gli americani…” pensò Vivien salendo le scale ormai priva del suo caffè, in esorbitante ritardo e con qualcuno che già la odiava.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


- Dannazione! Ed ora come diavolo faccio a togliere questa maledetta, gigante macchia?!? Il mio vestito…il mio amato vestito rosso…  Il tempismo di quella donna è stato a dir poco perfetto! Proprio oggi che dovevo parlare con Callie della terapia…
Arizona guardò il vestito, irrimediabilmente macchiato di caffè, prima di prendere un respiro profondo e guardarsi allo specchio. Era forse il decimo fazzoletto che buttava nella spazzatura del bagno dell’ospedale senza ottenere alcun risultato: la macchia era sempre lì, identica a prima. Anzi, era decisamente peggiorata, dal momento che, dopo i suoi tentativi, la maggior parte del vestito era pieno di sapone.  L’unica cosa che le rimaneva da fare era cambiarsi.
 
- Bonjours, je suis…oh, scusate, a volte mi risulta alquanto difficile…accantonare il francese. - Tutti i membri dello staff coinvolto nella ricerca le sorrisero.
- Sono la dottoressa Vivien Blanchar, direttamente da Marsiglia per voi.
Derek, allora, le porse la mano.
- È un piacere poterla conoscere di persona! Io sono il dottor Sheperd e lei è la collega di cui le ho parlato, la dottoressa Torres .
Callie le strinse a sua volta la mano.
- Ti prego, chiamami Callie.
 
- Quello che hai detto alla conferenza TED mi ha davvero colpita…sei stata…extraordinaire!
Callie non riuscì a trattenere una risata, divertita in parte dal ricordo della mattina che aveva preceduto la conferenza ed in parte dal modo terribilmente…francese che Vivien aveva di parlare.
- Non è così che si dice? - Vivien non era sempre del tutto sicura della correttezza del suo inglese.
- Non è così che si dice cosa?
- Non stai ridendo perché ho sbagliato?
Allo sguardo interrogativo di Callie, Vivien cercò di spiegarsi. - Con la lingua…le parole intendo! – si corresse.
-Ah…-  Callie rise di nuovo - No, assolutamente. È solo che se mi avessi vista la mattina della conferenza non mi avresti trovata altrettanto extraordinarì
-E-X-T-R-A-O-R-D-I-N-A-I-R-E - la corresse Vivien, scandendo più lentamente la parola. Parola che l’altra donna riuscì, dopo non pochi tentativi, a ripetere in modo corretto…o quasi. Nessuna delle due si trattenne dal ridere.
TOC-TOC
Vivien nel vedere Arizona entrare, con aria colpevole, alzò le mani.
- Niente caffè questa volta!- sorrise alla donna, cercando di offrire una tregua dopo la loro prima presentazione tutt’altro che piacevole.
Callie guardò Vivien con aria interrogativa, ma velocemente la sua attenzione si spostò sull’espressione infastidita di Arizona, che non si degnò neppure di rispondere alla nuova collega.
- Callie, ti dispiace uscire un attimo?
- Sì, mi dispiace!
- Callie, ti prego…  è importante
- Anche quello che sto facendo io è importante.
Vivien cominciava a sentirsi a disagio: la tensione tra le due era più che evidente e l’ultima cosa che desiderava era trovarsi coinvolta in un litigio coniugale il suo primo giorno di lavoro.
- Callie, va pure. Posso proseguire da sola per un po’, non preoccuparti.
Con aria indispettita, Callie si alzò per seguire Arizona tutt’altro che volentieri.
- Vi ho sentito ridere… - la voce di Arizona era più bassa del normale, quasi triste.
- Arizona cosa vuoi?
- Niente, Callie, niente… - la donna prese una pausa, giocando nervosamente con le dita prima di prendere un respiro profondo - Volevo solo dirti che…insomma…ho pensato…
- Arizona vai al punto! Non ho tutto il giorno per te!
- Ci sto provando se tu mi lasciassi parlare! – sbottò, ma di fronte all’espressione impassibile della sua ex compagna si impose di mantenere la calma.  
- Credo che potremmo andare in terapia. Sai, come coppia… per cercare di…
- Io e te non siamo più una coppia!
- Callie, io ci tengo a te, ci tengo a noi…
- Non sono io che sono andata a letto con qualcun’altra!
- Callie…
- Senti Arizona, adesso non ho né voglia né tempo di parlare di queste cose … Devo lavorare
- Con la dottoressa Blanchard?- la sua voce tradì un certo disappunto. O gelosia? Callie rimase interdetta per alcuni istanti, ma si impose di non farsi troppe domande.
- Sì, con lei!
Senza aggiungere altro né darle ulteriori attenzioni, tornò dentro. Vivien le sorrise delicatamente e Callie non poté fare a meno di ricambiare
-Dove eravamo rimaste? – le chiese, tornando a sedersi.
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


- Ho portato il caffè! – la voce di Callie le fece sollevare gli occhi dal tablet su cui stava lavorando.
- Tu es un ange! [“Sei un angelo!”, NdA] - Vivien prese un sorso generoso del caffè che Callie le aveva appena portato ed immediatamente la sua faccia si contrasse in un’espressione di disgusto-
- C’è qualcosa che non va?
- No, ehm – Vivien cercò una scusa accettabile, ma si rese subito conto che non era il caso di negare, dal momento che la sua stessa espressione era stata fin troppo eloquente. - È zuccherato e di solito lo prendo amaro – aggiunse, bevendone ancora, con più moderazione, per non sembrare  troppo scortese.
- Oh! Scusami, non te l’ho neanche chiesto! Che stupida! Vado a prendere un altro…
- Ma no, tranquilla! Va bene così!
- Insisto!
Callie le prese di mano il bicchiere e si diresse verso la porta che aveva lasciato aperta e che le impedì di vedere Arizona avvicinarsi. Per la seconda volta, la bionda si trovò con un intero bicchiere di caffè bollente rovesciato addosso.
- Non ci credo…- borbottò Arizona, frustrata.
- Cavolo! Scusami, davvero… Ti giuro che non l’ho fatto intenzionalmente! Dai, andiamo in bagno così ti aiuto a rimediare…
Arizona annuendo era sul punto di dire qualcosa quando fu interrotta da una voce femminile che riconobbe immediatamente. Come avrebbe potuto dimenticare quell’accento francese così fastidioso?
- Quello era il mio caffè?
Callie tentò di trattenersi, senza successo, dal ridere – Temo proprio di sì… - si rivolse verso Arizona, per accompagnarla, ma questa si scostò bruscamente, palesemente irritata per la piega che quella situazione aveva preso.
- Faccio da sola, non ho bisogno del vostro aiuto. Avete fatto già abbastanza!
Se ne andò senza aggiungere altro.
 
 
- Sai, non mi aspettavo che tu fossi così…
- Pardon?
- Volevo dire che da come Sheperd ha parlato di te mi aspettavo che tu fossi… ecco, diversa.
- Diversa in che modo? Devo sentirmi lusingata o offesa dottoressa Torres? - Vivien rispose alle provocazioni di Callie accennando un sorriso malizioso.
- Decisamente lusingata, dottoressa Blanchar .
- Allora si spieghi meglio, dottoressa Torres
- Beh, la immaginavo con capelli meno rossi…e…meno …lunghi…e…con occhi meno…verdi…insomma…meno “wow” – la donna accompagnò la descrizione gesticolando, come a voler esser sicura di rendere esattamente la dimensione delle sue parole.
- Allora mi sento decisamente lusingata, un po’ in imbarazzo, ma decisamente lusingata!
- Pardonez moi!
Di fronte alla pronuncia non esattamente francese di Callie nessuna delle due riuscì a non ridere.
- Torniamo a lavoro – propose alla fine Vivien, cercando di ricomporsi. Quello era un netto miglioramento rispetto al suo inizio di giornata: forse lavorare lì non sarebbe stato poi così male. Si concesse di osservare Callie un istante più del necessario prima di ritornare effettivamente a lavoro.
 
 
- Scusate se vi ho abbandonate tutto il giorno, ma l’intervento è durato più del previsto.
La voce di Derek le fece voltare verso la porta, sollevando la testa dai fogli che occupavano gran parte della superficie del tavolo ormai da ore.
- Tranquillo, Derek: ce la siamo cavata abbastanza bene anche senza di te. Giusto Vivien?
- Mais oui, ma chèr… Molto bene direi, caffè a parte
Le due donne iniziarono a ridacchiare, scambiandosi alcuni sguardi complici e lasciando Derek alquanto perplesso…. Che si fosse perso qualcosa?
- Lo vedo… Comunque ora devo andare a casa, Meredith mi aspetta. Dovreste staccare anche voi: domani dobbiamo cominciare presto e sarà tutt’altro che semplice.
Entrambe annuirono, salutando Derek. Quando furono nuovamente sole, Callie prese il cellulare dalla tasca accorgendosi solo in quel momento che erano passate le 22. Si stupì di quanto velocemente fosse passato il tempo….
- Dannazione, devo andare a prendere Sofia!
- Ed io devo ancora trovare un hotel…
- Cosa?
- Questa mattina non ho avuto il tempo di farlo, ho ancora tutti i bagagli in auto… Sapresti consigliarmi qualche posto carino e non troppo distante da qui?
- Certo! Casa mia.
- Pardon?
- Credi che ti lasci vagare sola per Seattle a quest’ora? Non se ne parla neanche, per questa notte sei mia ospite!
- Ma no, Callie. Non posso accettare.
- Infatti non te lo sto chiedendo. È già deciso. - Callie le sorrise amichevolmente.
-Ma non credi che dovresti prima chiedere a Sofia se è d’accordo?
- Che sciocchezze…  In ogni caso non le daresti molto fastidio: data l’ora, se tutto va bene dovrebbe addormentarsi nell’arco di dieci  minuti.
Callie, nel frattempo, si alzò per raccogliere le sue cose velocemente. Aveva parzialmente attraversato la soglia della porta quando si girò verso Vivien.
- Ti aspetto tra dieci minuti all’ingresso…ah, mi raccomando, puntuale! - sorridendo andò via imboccando il corridoio laterale.
 
 
Come al solito una seri di vicissitudini fecero sì che Vivien, ancora una volta, arrivasse in ritardo: Callie, infatti, con Sofia mezza addormentata tra le braccia, poté scorgere la collega soltanto una decina di minuti dopo l’orario prestabilito.
- Excusez moi, Callie
- Ritardataria cronica, eh? Comunque, ti presento Sofia- la bimba, che nel frattempo si era del tutto addormenta, non reagì. Callie guardò la figlia con un sorriso, sistemandole i capelli dietro l’orecchio.
- LEI è Sofia?!? -  chiese Vivien a bassa voce, per non disturbare la bambina.
- Sì, certo. Mia figlia. Te ne ho parlato, ricordi?
- Certo, certo, è solo che non mi avevi detto che si chiamasse così e io pensavo che Sofia fosse… - la donna sembrò cercare le parole giuste, forse un po’ a disagio. 
- Che Sofia fosse…?
- Tua moglie
- Mia moglie?- Callie la guardò con aria stupita.
- Sì, credevo che la dottoressa Robbins si chiamasse così…
- Ehi, frena un attimo! Come fai a sapere che Arizo…la dottoressa Robbins è mia moglie?
- Me lo ha detto lei questa mattina quando le ho…ehm…rovesciato per sbaglio il caffè addosso… - Vivien sorrise, ancora imbarazzata per l’incidente. 
Solo allora Callie comprese il perché degli sguardi di fuoco che Arizona aveva mandato qualche ora prima a Vivien e la battuta di quest’ultima sul caffè.
- In tutti i casi, Callie, credo che tu debba chiederglielo… A tua moglie intendo, se per lei non è un problema che questa notte la passi a casa vostra.
- Io, invece, credo che non sia necessario.
Vivien la guardò con aria un po’ stranita, così Callie proseguì
- Dai, andiamo a casa, lì ti spiegherò meglio, la storia è un po’…come dire…complicata
 
 
Arizona aveva appena staccato il turno e si era data appuntamento con April sulla balconata all’ingresso per parlare un po’. Quando ebbe raggiunto il luogo dell’incontro si guardò in giro ma al posto della rossa chioma di April vide quella della nuova arrivata, miss getto il caffè sul tuo vestito più bello (così l’aveva soprannominata dopo le vicissitudini della giornata) che insieme a sua moglie e a sua figlia varcava le porte del Grey+Sloan Memorial Hospital. Sembravano conoscersi da sempre da come ridevano. Sembravano quasi…una famiglia… Non sapeva da dove quel pensiero fosse saltato fuori, così si costrinse a scacciarlo velocemente, etichettandolo come un’assurda sciocchezza dettata dalla gelosia, ma ad un tratto si rese conto di non esser più in grado di contenere le lacrime, sopraffatta da un’ondata di sensazioni che non sapeva definire ed ancor meno controllare. Iniziò a singhiozzare piano, le sue lacrime era colme di delusione, di rabbia, di gelosia…
 -Arizona…aspetta, ma cosa succede? Stai bene? – la voce di April, evidentemente preoccupata, non la fece neppure voltare.
- Sarei dovuta esserci io lì… - le rispose, gli occhi ancora fissi sulle porte dell’ingresso.
- Lì dove?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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NdA: Avrei dovuto pubblicarlo domani, ma la befana oggi è arrivata in anticipo :) Buona lettura :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


- Cena meravigliosa, Vivien. Non so davvero come ringraziarti!
- Era il minimo che potessi fare. Mi hai offerto casa tua senza batter ciglio. Una cena era davvero il minimo per ricambiare.
- Se questi sono i risultati…dovrei farlo decisamente più spesso!
Entrambe scoppiarono a ridere, più che per la battuta di Callie per le due bottiglie di vino che avevano condiviso durante la cena.
- Non dovevi raccontarmi qualcosa tu? – la domanda di Vivien la colse un po’ alla sprovvista, ma dal tono della sua voce, Callie non impiegò molto tempo per capire a cosa si riferisse. Decise, però, di far ugualmente finta di nulla.
- Ah sì?
- Eh già- l’altra donna appoggiò il mento su entrambe le mani, in attesa – Potresti cominciare dal perché tua moglie non solo non sia qui, ma neppure sappia che ci sia io. Sai, non vorrei che domani mattina si spaventi nel trovarmi qui e, magari, mi rovesci un caffè addosso per pareggiare i conti.
Ancora una volta scoppiarono in una fragorosa e lunga risata che alleggerì un po’ la tensione creata dalla piega che quella conversazione stava prendendo.
- Puoi stare tranquilla, non credo che ci saranno attentati al caffè domattina per una semplice ragione:  Arizona non è più mia moglie, quindi non vive più qui.
- Vuoi che dire che la dottoressa Robbins è la tua EX moglie? – L’espressione sul viso di Vivien era decisamente stupita, ma Callie notò, nei suoi occhi verdi, una nota diversa. Divertimento? Felicità, forse? Non ne era propriamente sicura, ma Arizona non era un argomento di cui aveva voglia di parlare e, prima che la conversazione potesse virare su qualcosa di decisamente sgradevole e fin troppo personale, preferì tagliar corto.
- Già – prese una pausa, finendo il suo bicchiere di vino – Ma questa non è la serata giusta per le storie tristi… Perché, invece, non mi racconti qualcosa di te?
- Uhm… non so, cosa vorresti sapere di preciso?
Callie fece spallucce, dandole totalmente campo libero.
- Très bien…Cominciamo dall’inizio allora. Sono nata a Marsiglia, ho studiato a Parigi, prima ingegneria e poi medicina, mi piace suonare il pianoforte…ed ho accettato l’incarico di coordinazione qui a Seattle qualche mese fa, dopo che la mia ultima ragazza, Gwen, ha deciso che avevamo “vedute troppo differenti”.  
- Frena, hai detto ragazzA? – Callie era molto sorpresa. Piacevolmente sorpresa. Sì, molto piacevolmente.
- Exactement…-  L’altra le sorrise, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Buono a sapersi
Comparve, sulle labbra di Vivien, un sorrisetto malizioso. Callie fu sul punto di rispondere, ma il vino e l’ora non erano due fattori che giocavano a suo favore.
- Che dici se andassimo a dormire? Quello – indicò con gli occhi le due bottiglie – sta decisamente mostrando i suoi effetti ed ho la netta impressione che Derek abbia una tabella di lavoro decisamente incompatibile con due colleghe in pieno post sbronza!
- Mais oui, ma chèr
 
Callie si arrangiò sul divano per la notte mentre costrinse, dopo non poche storie, la sua ospite a dormire nella camera da letto.
 
 
 
La mattina seguente Callie fu svegliata da un meraviglioso profumino di…qualcosa. Si mise seduta, guardò verso la cucina e quello che vide non le dispiacque affatto: Vivien era lì, già perfetta, in un fantastico vestito verde, che disegnava perfettamente la sua silhouette e dava ai suoi occhi una sfumatura del tutto particolare. Per alcuni secondi, Callie non riuscì a far altro che rimaner lì, a fissarla.
-Bonjours, Callie
-Bonjours- rispose l’altra con la voce ancora impastata dal sonno ed intenta a mettersi la vestaglia
- Sto preparando delle omelette… Spero ti piacciano!
- Sono sempre più convinta del fatto che l’intero anno tu lo debba passare qui. Sempre sicura di voler cercare un albergo?
Entrambe risero mentre Callie raggiungeva l’isola della cucina, sedendosi di fronte alla sua ospite. La giornata era iniziata, per la prima volta da tanto tempo, davvero bene.
 
 
 
Dopo aver fatto colazione e preparato Sofia, Callie entrò in bagno per prepararsi a sua volta, lasciando le due intente a giocare sul divano. Ad un tratto si sentì bussare alla porta e Vivien, che nel frattempo aveva preso Sofia in braccio, si alzò per andare ad aprire.
- Vediamo chi arriva, Sophie? – chiese alla bambina, girando la maniglia. Sbatté le palpebre per alcuni istanti, prima di riuscire a razionalizzare la situazione. Di fronte a lei Arizona, con un sorriso smagliante, già stampato sul viso, passò da quell’espressione radiosa ad una tutt’altro che cordiale. Se uno sguardo avesse potuto incendiare, sarebbe stata ridotta ad un mucchio di cenere in un istante.
- Lei cosa diamine ci fa qui?
- Bonjours anche a lei dottoressa Robbins…. – tentò Vivien, in parte per smorzare la situazione ed in parte infastidita dal tono aggressivo dell’altra.
- Chi era alla porta? –chiese Callie, entrando nel soggiorno ancora intenta ad annodare la cintura dell’accappatoio. Le due donne si voltarono contemporaneamente verso di lei e Vivien non poté che ringraziarla per il tempismo. Quando Callie vide Arizona si colpì la fronte con la mano
- Accidenti! Avevo completamente dimenticato che saresti passata a prendere Sofia… Dammi un minuto, non le ho preparato lo zaino.
- T…tranquilla, lo faccio io – la interruppe Arizona, entrando in casa. - Continua pure a fare…quello che stavi facendo – si rivolse poi a Vivien - Potrebbe darmi mia figlia?
La donna annuì, porgendole la bambina. Arizona sparì, imbarazzata, nella stanza di Sofia, mentre Callie andò a vestirsi. Vivien non poté fare altro che rimettere in ordine il caos che aveva lasciato sul divano giocando con la bambina.
 
 
“Calma Arizona, non c’è bisogno di saltare a conclusioni affrettate. Il fatto che Callie fosse in accappatoio non significa niente. Così come non significa niente che la francese fosse a casa nostra già alle otto del mattino, con l’aria di quella che lì ci ha passato la notte a fare Dio solo sa cosa… Presto tutto tornerà alla normalità…almeno spero…” scosse la testa, ricacciando indietro immagini che avrebbero solo peggiorato la sua giornata.
Mentre era completamente assorta in questi pensieri, Sofia le si avvicinò con in mano un disegno
- Amore mio, cosa vuoi farmi vedere?
La bambina le passò il foglio
- Ma è bellissimo, l’hai fatto con la mamma?
- No, con Vipien!

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Capitolo 5
*** Capitolo 6 ***


- E lei cosa ha fatto?
- Niente, cosa avrei dovuto fare? Ho acconsentito…
- Cosa prova vedendo la sua ex moglie con un’altra persona? – la voce dell’analista era incredibilmente calma e professionale, mentre la osservava con attenzione attraverso i suoi occhiali spessi. Non avrebbe potuto esser più simile allo stereotipo di un analista. Arizona prese un respiro profondo prima di rispondere, per mettere ordine nei suoi stessi pensieri.
- Rabbia, principalmente. E gelosia. Tanta gelosia, gelosia da impazzire… - si fermò, chiudendo gli occhi e ripercorrendo le immagini della peggior pausa pranzo della sua vita. L’uomo attese in silenzio, dandole il tempo di scegliere il modo di esprimere le sue emozioni.
- Rimorso- aggiunse alla fine. Sì, decisamente una vagonata di rimorso.
- Interessante… Saprebbe dirmi per cosa, di preciso, prova rimorso?
Arizona lo guardò come se avesse tre teste.
- Beh, è ovvio! Per averla tradita! – Non era ovvio?
- Solo per questo? – la sua insistenza cominciava ad incrinare la solida convinzione di Arizona, che cercò di analizzare con più attenzione le sue parole.
- Forse no. Non solo almeno…
 
 
- Vivien, abbiamo girato tutta Seattle… come è possibile che nessuna delle case che abbiamo visto ti sia piaciuta?! Sei proprio…francese! – disse Callie, sorridendo all’amica mentre erano sedute al bancone del bar di Joe.
- Excusez moi, Calliope ma… quegli appartamenti erano tutti così – si morse appena il labbro inferiore cercando la parola giusta - così…americani!
Le due donne risero di gusto ma furono interrotte da Joe.
- Ehi Callie! Finalmente! Sono secoli che non ti fai vedere da queste parti! Chi è la tua nuova amica?
- Una collega – sorrise alla donna seduta accanto a lei, prima di fare le dovute presentazioni – Joe, lei è Vivien, Vivien lui è Joe.
- C’est un plasir – disse Vivien stringendo la mano che il barista le stava amichevolmente porgendo.
- Il piacere è tutto mio! È la prima volta che capita a Seattle?
Vivien fece cenno di sì con la testa.
- Bene, allora per questa sera offre la casa! Cosa prendete?
- Un  burbon, merçi.
- E per la bella mora?
Callie sorrise divertita
- Mi associo a Vivien
- Arrivano subito
 
 
A fine serata Callie e Vivien si ritrovarono un po’ alticce e con la ricerca della casa fallita.
- Calliope, mi dispiace doverti essere ancora di ingombro per questa notte. Domani cercherò un albergo!
- Ma quale ingombro! Sono felice di averti qui! – Callie era seduta sul divano, esausta per la lunga giornata e Vivien era accanto a lei, elegantemente seduta di fianco. La mora sorrise, immediatamente ricambiata. Le due si guardarono per alcuni secondi, in completo silenzio, entrambe magnetizzate dagli occhi dell’altra. Vivien non si era neppure resa conto di quanto si fosse avvicinata all’altra donna… Ancora pochi centimetri ed il suo viso sarebbe stato così vicino…troppo vicino… Era completamente assorbita in questi pensieri quando Callie scattò in piedi, facendola trasalire.
- Ho un’idea! – disse entusiasta.
- Quoi?! – [Cosa ?! NdA] Non aveva proprio idea di cosa stesse parlando.
- C’è ancora una casa che non ti ho fatto vedere! Aspetta un attimo! – Callie sparì per alcuni secondi nella camera da letto, ritornando velocemente con un sorriso vittorioso stampato sul viso. Senza dire nulla, prese la donna per mano e la trascinò di peso sul pianerottolo.
- Voilà! – fece Callie, indicando con la mano la porta di fronte alla sua.
- Calliope, perdonami, ma davvero non ti seguo – fece Vivien stordita in parte dal burbon, in parte dall’entusiasmo di Callie. Questa non le rispose, ma si limitò a tirar fuori dalla tasca un mazzo di chiavi e ad aprire la porta dell’appartamento di Mark. Fece poi cenno a Vivien di seguirla.
- Beh, cosa ne pensi?- le chiese dopo averle fatto vedere sommariamente la casa.
- Penso che non sia male… - Callie la interruppe prima che potesse finire la frase
- Non male?!? Io penso che sia perfetta! Non è esageratamente grande, non è troppo distante dall’ospedale e poi è identica alla mia! Senza i colori da cestino di Pasqua sparsi in giro il che la rende magnifica! E poi saremmo vicine di casa! Allora, appartamento trovato?
- Apprezzo il tuo entusiasmo, Calliope, ma non credi che dovremmo parlarne prima col proprietario?
- L’hai appena fatto!
- Vuoi dire che questa casa è tua?
- Yep! Non so come ho fatto a non pensarci prima! Affare fatto? – chiese Callie tendendole la mano
- Non mi lasci altra scelta – rispose Vivien stringendole la mano – Affare fatto! -  

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


- Posso farti una domanda? – la voce di Vivien colse la mora alla sprovvista, ma cercò di riprendersi velocemente.
- Spara!
- Per cosa sta “Callie”?
- Ahi! Domanda imbarazzante. È un diminutivo di Calliope. A dirla tutta, il mio nome completo è Calliope Ifigenia. E non ridere!
- Ridere? Ma no, è bellissimo!
- Tu credi? – chiese Callie tutt’altro che convinta del fatto che la collega non si stesse prendendo gioco di lei.
- Posso chiamarti Calliope?
- Se ci tieni, fai pure. Ma sappi che saresti l’unica…
- La cosa non mi dispiace
Le due si sorrisero, complici, mentre raggiungevano l’ospedale insieme. In qualche modo, Callie era riuscita a far sì che raggiungessero la sala ricerche in orario, nonostante Vivien avesse, del tutto involontariamente, tentato di sabotarla. Neanche a dirlo, Derek era già lì.
- Buongiorno, signore! Come è andata la prima notte a Seattle, dottoressa Blanchar?
- Magnificamente! – rispose, sorridendo a Callie.
- Perfetto! Spero che la mia collega non le abbia fatto fare le ore piccole, come vi dicevo ieri ci aspetta una lunga giornata…
- Ehi! Per chi mi hai preso?!? Sono una persona seria io! – sbottò Callie, fingendosi profondamente offesa da quell’insinuazione. La comitiva scoppiò a ridere e, quando si furono ricomposti, iniziarono a lavorare.
 
 
Erano le 12 passate quando il cercapersone di Callie suonò.
- Uhm… Mi hanno chiesto un consulto dal Pronto Soccorso, è un problema?  
Derek le fece segno che andava bene con la testa.
- Calliope, ti aspetto per il pranzo?
- Dovrei riuscire a liberarmi, in tutti i casi ci sarà il dottor Sheperd che potrà farti da guida nella giungla della mensa
Derek fece nuovamente cenno di sì con la testa  e sorrise per il fatto che Vivien l’avesse chiamata Calliope…solo Arizona aveva il permesso di  farlo senza essere fucilata seduta stante.
- Posso chiamarti anche io Calliope? – disse lui divertito
- No, se non vuoi essere la mia prossima urgenza - gli rispose Callie già oltre la porta.
Vivien e Derek si sorrisero per poi riprendere il loro lavoro ancora divertiti.
 
 
“Quando diamine arriva Callie?!? Sicuramente starà parlando con quella tipa…mi chiedo come faccia a non darle fastidio quel dannatissimo accento francese!” pensò Arizona mentre aspettava la moglie, anzi, l’ex moglie… Quando Callie raggiunse la sala emergenze e la vide, un sorriso, per lei stessa del tutto inaspettato, le increspò le labbra. Non era preparata a quel tipo di reazione e di certo non voleva far capire ad Arizona che era felice di vederla. Si ricompose velocemente, assumendo l’aria più professionale che avesse in repertorio.
- Cosa abbiamo?
- Femmina, 10 anni, caduta dalla bicicletta. Frattura dell’omero.
Callie si avvicinò al letto della piccola paziente
- Ehi, come ti chiami?
- Penny
- Ma che bel nome che hai! – La dottoressa stava cercando di distrarre la bambina dal dolore che avrebbe sentito di lì a poco, ma doveva verificare se la frattura era allineata. A quanto pare le lastre non erano ancora arrivate.
- Ahi! – l’ospedale risuonò di una delle urla più forti che Callie avesse mai sentito non appena provò a toccare il braccio nel punto in cui aveva cominciato a formarsi un vistoso ematoma.
- Scusami, tesoro…  TI va una caramella? – Chiese Callie tirando fuori dalla tasca del camice una di quelle che piacevano tanto a Sofia e delle quali aveva piene le tasche di qualsiasi indumento…non si può mai prevedere quando un bambino deciderà di scoppiare a piangere.
Mentre la bambina mangiava la caramella indecisa se essere felice per il dolce regalo o scoppiare a piangere per il braccio, Callie si avvicinò ad Arizona, che, da parte sua, avrebbe tanto desiderato chiederle spiegazioni su quanto era accaduto quella mattina, ma si trattenne, sapendo perfettamente di non essere nella posizione di poterlo fare.
- Non credo che possa bastare un semplice gesso, sono abbastanza sicura che la frattura sia scomposta. Aspettiamo le lastre, ma credo che probabilmente sarà necessario un intervento per riallineare l’osso. Avremo bisogno del consenso dei genitori… A proposito, dove sono?
- Li ho fatti rimanere in sala d’aspetto, erano piuttosto terrorizzati … del resto è comprensibile, anche noi saremmo così se al posto di quella bambina ci fosse Sofia… - Arizona guardò la donna che aveva difronte dritto negli occhi…l’amava ancora da morire…
- Già, credo di sì… - Le rispose Callie accennando un sorriso.
- A proposito di Sofia, cosa ne pensi se magari la pausa pranzo la passassimo con lei…ne sarebbe felice…poi è già ora di pranzo…
- Cosa? Che ore sono? Avevo promesso a Vivien di pranzare con lei…
L’espressione sul viso di Arizona era diventata un misto tra sconcerto e tristezza, una tristezza più profonda di quanto si sarebbe aspettata. Si impose di non commentare, non aveva intenzione di fare una scenata di gelosia, sebbene il mostro dagli occhi verdi stesse mettendo a dura prova il suo autocontrollo.
- Vado a chiamarla, sarà sicuramente felice di unirsi a noi – disse Callie imboccando la porta e causando all’altra donna un mezzo infarto. Quando era quasi del tutto fuori dalla porta Callie si voltò ancora una volta verso di lei, per dirle qualcosa. Quel gesto fece correre veloce la mente di Arizona, quasi si aspettasse che la donna tornasse indietro per baciarla, come faceva ogni volta che si allontanava prima che la loro relazione si interrompesse.
- Ti dispiace tenere con te Sofia per questa sera? Sai, vorrei far fare  Vivien un giro della città dal momento che non ci è mai stata prima. Non vorrei stancare Sofia, probabilmente faremo tardi.
Arizona non riuscì a far altro che annuire, paralizzata da quella richiesta.
- Grazie mille. Ci vediamo tra una decina minuti all’ingresso.
Rimase lì a guardare la donna che amava andar via, con il cuore che le scoppiava di gelosia…
- Ti amo anche io – sussurrò, più a se stessa, dal momento che Callie era già scomparsa oltre la porta.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


“Cosa l’ha infastidita, nello specifico?”. Le parole dell’analista risuonavano ancora nella testa di Arizona, impedendole di concentrarsi su qualsiasi altra cosa. Non riusciva a definire cosa, di preciso, l’avesse urtata così a fondo. Si era sentita così…spezzata. Non avrebbe saputo definire diversamente quello che aveva sentito. Talmente spezzata da convincerla che andare in analisi non era solo la scelta migliore, ma l’unica che potesse davvero fare qualcosa per permetterle di uscire da quella spirale autodistruttiva in cui si stava immergendo fin troppo velocemente. Ci pensava da tempo, ma non aveva mai avuto una motivazione sufficientemente stabile per cominciare sul serio. Almeno, non prima di vedere con i suoi occhi che Callie era perfettamente in grado di essere felice. Con un’altra. Non lei. E lei voleva disperatamente essere la felicità di Callie. A tutti i costi. Prima di riuscirci, prima di essere in grado di lottare per la donna che amava e di cui aveva disperatamente bisogno, doveva rimettere insieme i pezzi. Non importa quanto difficile e doloroso sarebbe stato. Non aveva alcuna importanza. Doveva farlo: aveva rinunciato a Callie troppo facilmente, non avrebbe commesso lo stesso errore una seconda volta. Ad un tratto le lacrime iniziarono a scorrerle copiose sul viso… ora lo sapeva.
 
 
Aveva davvero dato via l’appartamento di Mark con tanta facilità ad una perfetta sconosciuta? In fin dei conti conosceva Vivien da quanto? Il loro primo incontro risaliva a meno di una settimana prima e, nonostante l’innegabile sintonia che aveva trovato in lei, questo non la rendeva meno “sconosciuta”. Sicuramente il bourbon aveva notevolmente alimentato il suo entusiasmo e la decisione le era sembrata la più ovvia di tutte, ma, a mente fredda, forse non era stata anche la più saggia.
- MAMMA! – la voce di Sofia la strappò prepotentemente dai suoi pensieri. Dal modo in cui l’aveva chiamata, probabilmente aveva avuto un incubo. Callie si precipitò subito dalla sua bambina e, accendendo la luce, la trovò in lacrime. Corse a prenderla in braccio e, mentre la stringeva forte a sé, accarezzandole la schiena, le sussurrava parole dolci all’orecchio per farla calmare. La bambina, tuttavia, sembrava inconsolabile ed i singhiozzi continuavano inalterati.
- Mi manca la mamma!
- Ma amore sono qui! – rispose prontamente Callie, cercando di confortarla stringendola un po’ più forte a sé
- Mi manca la mamma!
 
 
Lo squillo del telefono fece sobbalzare Arizona. “Chi diavolo è a quest’ora?”  Non era di turno, non poteva esser l’ospedale. Con gli occhi semichiusi per il sonno, tastò nel buio la superficie del comodino. Quando vide il nome di Callie sul display del cellulare si ritrovò con il cuore in gola e la chiamata aperta.
- Arizona, scusami per l’ora…
Il sentire la voce di Callie in piena notte, mentre tutto in torno era buio, per un attimo, per un solo, perfetto attimo, fece sentire Arizona a casa…
- Sta tranquilla dimmi pure… - disse la bionda con un tono che tradiva felicità, ma allo stesso tempo tristezza. Il sonno si era dileguato in un attimo.
- Ho un problema con Sofia: si è svegliata e non riesco a farla addormentare… Magari potresti, non so, provare…?
- Oh, ok, passamela
Arizona iniziò a parlare con la bambina: le bastarono pochi minuti e la piccola non solo smise di piangere, ma si addormentò tra le braccia dell’altra madre. Callie prese il telefono prima che scivolasse e, dopo aver rimesso Sofia a letto, uscì dalla stanza senza far rumore.
- Arizona, sei ancora in linea?
- Sì Callie, sono qui… - Arizona si rese immediatamente conto di aver messo un po’ troppo entusiasmo nelle parole, quasi volesse ricordare all’altra donna che, per lei, ci sarebbe sempre stata.
- Scusa ancora se ti ho svegliata, ma Sofia continuava a dire che le mancava la sua mamma e non sapevo davvero cos’altro fare…
- Hai fatto benissimo Callie… Anche a me mancate da morire, Sofia…e te…
- Arizona…
- Callie, tu mi manchi da impazzire e io ti a… - tentò, ma venne interrotta immediatamente.
- Arizona, ti prego! Non complicare le cose più di quanto tu non abbia già fatto! Ho provato a perdonarti, non ci sono riuscita! Ora sto solo cercando di ricominciare...
- Con lei? – non voleva che la domanda mostrasse tutta la rabbia che il solo pensiero le stava causando, ma non riuscì a trattenersi.
- Hai perso il diritto di parlarmi così, Arizona.
Callie chiuse bruscamente la chiamata, prima di dire qualcosa di cui poi avrebbe potuto pentirsi. Anzi, di cui sicuramente si sarebbe pentita. Non voleva ferire Arizona, almeno non così gratuitamente. Prese un respiro profondo, dopo essersi messa a letto, ma non riuscì neppure a chiudere gli occhi. Rimase a fissare il soffitto, al buio, bloccata in un vortice di pensieri che la tenne sveglia pressoché fino all’alba.
 
 
- April, non posso farci niente! Tutto quello che faccio nella migliore delle ipotesi è inutile! Negli altri casi, poi, peggiora terribilmente le cose!
- Arizona, smettila di autocommiserarti! Possibile che tu non riesca a vederlo? Callie ti ama, più di quanto in questo momento sia disposta ad ammettere, ma ti ama. E tu ami lei.
- Ma rimane il “problema” che non è disposta a perdonarmi! Credi che non abbia già provato a parlarci?!? E poi non sono più tanto sicura che mi ami…
- Sciocchezze! Andiamo, lo sanno tutti che Callie perde la testa quando si parla di te! Sei l’unica alla quale è permesso chiamarla Calliope!
- Non più… - non riuscì a trattenere una lacrima, che le rotolò sulla guancia, silenziosa.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Quel giorno Vivien, Derek e Callie lavorarono intensamente e il fatto che McDreamy fosse presente non permise loro di prendersi neanche una pausa. Quando fu ora di pranzo finalmente Derek decise che era abbastanza, anche per i suoi standard da perfezionista.
- Per oggi basta così… Vi do il pomeriggio libero – disse, sorridendo.
Callie e Vivien annuirono, contente ma esauste.
- Bene, signore io vado, la mia di signora mi aspetta! A domani!
- Pare che oggi pranzeremo da sole – disse Callie qualche minuto dopo, rimettendo in ordine il proprio materiale.
- E la cosa ti dispiace? – chiese Vivien.
- Non potrei chiedere di meglio – fu la risposta accompagnata da un sorriso della mora
 
 
In mensa si sedettero ad un tavolo ancora libero.
- Allora, come ti trovi nel nuovo appartamento?
- Très bien! Sai qual è la cosa che preferisco in assoluto di quell’appartamento?
- No, cosa?
- La vicina – Vivien rivolse a Callie un sorriso molto eloquente che questa ricambiò prontamente-
- Ah sì? Devo dire che da qualche giorno ho anche io una vicina che mi piace molto!
Le due donne si guardarono intensamente e Vivien posò la sua mano su quella di Callie: il tocco fu, per entrambe, una scarica elettrica.
- Ehi Callie!
Callie si voltò di scatto e vide Cristina, seguita a ruota da Karev, che si stavano avvicinando e, senza neppure chiederlo, si sedettero allo stesso tavolo. Vivien ritrasse immediatamente la mano, rendendosi conto che non era decisamente il caso di rendere pubblico il suo interesse. Del resto, il momento era ben più che rovinato. E la cosa la infastidiva, notevolmente. Dov’erano finite le buone maniere?
“Questi americani sono così…americani!” pensò Vivien alquanto seccata. Non era facile far sì che Callie abbassasse le difese e, nei momenti in cui riusciva ad avvicinarsi abbastanza, sistematicamente qualcosa riusciva a spezzare l’atmosfera. E la cosa cominciava a diventare frustrante. L’universo stava forse cercando di dirle qualcosa?
Callie, dal canto suo, salutò Cristina e Karev quasi sollevata, come se avesse avuto paura della piega che avrebbero potuto prendere gli eventi. O della facilità con cui Vivien riusciva ad entrare e monopolizzare i suoi pensieri.  I due si aggregarono alla comitiva senza fare troppi complimenti.
Karev, dopo una veloce stretta di mano di presentazione, accompagnata dal suo nome (che a Vivien parve più simile ad un grugnito che a parole effettivamente umane) si tuffò nel cibo. Cristina, dal canto suo, era incuriosita, più che interessata, dalla nuova arrivata di cui parlava tutto il Grey + Sloan (e le descrizioni erano davvero davvero molto…dettagliate).
- Piacere Cristina Yang – le disse tendendole la mano.
- Plasir, Vivien Blanchar. È un piacere conoscere l’unica persona di cui Erika Han parla in termini entusiastici! Considerando i suoi standard, devi essere sicuramente una Dea della Cardiochirurgia! – disse Vivien sorridendo a Callie, che, nel frattempo, era leggermente impallidita nel sentire il nome di Erika. Per sua fortuna, però, riuscì a trattenersi dal rendere troppo evidente la cosa e si limitò ad annuire alla collega.
- Pare che questo ospedale sia pieno di divinità – aggiunse poi Vivien, con disinvoltura, apparentemente senza accorgersi della reazione dell’altra.
Cristina, lusingata dal modo in cui era stata definita, decise che, forse, la nuova arrivata non era poi così male.
- Già, ma io sono una sorta di Zeus! – precisò il cardiochirurgo, soddisfatta.
Callie e Karev non commentarono: Cristina era fatta così ed entrambi erano più che abituati al suo ego…ingombrante. Vivien, invece, dal silenzio divertito degli altri due, capì che forse era meglio non contraddirla, ma sorriderle. Non riuscì, però, a nascondere la sensazione di disagio. Karev, per alleggerire la tensione che si era venuta a creare a causa dell’uscita poco felice di Cristina si sentì in dovere di intervenire-
- Come ti trovi qui a Seattle? – non era la domanda del secolo, ma fare conversazione non era il suo forte.
- Tres bien. Non mi aspettavo di trovarmi così bene e così velocemente. 
- Hai già trovato casa?
- Mais oui, sto nell’appartamento di Calliope – rispose entusiasta.
A quest’affermazione gli occhi stupiti di Cristina e Karev cercarono quelli di Callie. Si erano persi qualcosa?
- Frenate ragazzi! È stata da me un paio di giorni, quanto basta per farmi innamorare delle sue omelette. Per non perderle del tutto le ho offerto l’ex appartamento di Mark!
Sì, decisamente si erano persi qualcosa.
- Se avessi avuta la fortuna di qualcuno che mi cucina le omelette a prima mattina – s’intromise Cristina – avrei fatto di tutto per sabotare i suoi tentativi di andarsene!
La comitiva scoppiò allora a ridere.
 
 
- Karev! Sei in ritardo!
- Lo so, Arizona…è solo che Jo aveva appena staccato il turno e…
- Potresti risparmiarmi i particolari? – disse Arizona sorridendo – Dai, muoviti, a prepararti! Callie si sta già lavando e dobbiamo cominciare.
- A proposito di Callie, vuoi sentire l’ultima?
Arizona avrebbe tanto voluto rispondere di no, qualcosa dentro di lei le stava suggerendo che quello che avrebbe sentito non le avrebbe fatto piacere. Eppure il mostro dagli occhi verdi fece sì che la sua bocca dicesse di sì.
- Hai presente la nuova arrivata, la francese?
Chissà perché il suo istinto per le brutte cose non sbagliava mai.
- Dopo aver passato le prime due notti a casa di Callie e, da come si guardano, non a dormire – Se le avesse praticato un incisione, di sicuro, Arizona avrebbe sentito meno dolore – Adesso ha trovato casa… - Arizona trasse un sospiro di sollievo, il fatto che se ne fosse andata era qualcosa di decisamente positivo e poi magari Karev avrebbe potuto essersi sbagliato sugli sguardi. Del resto era un uomo e la sensibilità non rientrava neppure lontanamente nelle sue qualità, cosa poteva saperne, lui, di sguardi? 
- Indovina un po’ quale? Quella di Sloan! – Karev rimase in silenzio alcuni minuti. – Arizona, ti senti bene?
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


- Arizona, mi hai chiamata? Ehi… - April le si avvicinò immediatamente, abbracciandola – Cos’è successo?
Arizona era seduta a terra, nella stanza del medico di guardia, con lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi arrossati di chi deve aver pianto tanto, davvero tanto. Ed era sul punto di ricominciare. April, dal canto suo, si limitò ad abbracciarla, in silenzio, attendendo che fosse lei a scegliere quando cominciare a parlare.
- Lo sapevo… -  la voce della bionda era bassa e roca, venata di un’incredibile tristezza.
- Sapevi cosa? -  domandò piano April.
- Lo sapevo fin da quando mi ha buttato quel dannato caffè addosso… Non sbaglio mai sui brutti presentimenti… è come se mi avessero dato un pugno in pieno stomaco.
Non aveva idea di cosa Arizona stesse parlando, ma dalla naturalezza con cui quelle parole rotolarono fuori dalla sua bocca, April si accorse che non doveva trattarsi di una consapevolezza raggiunta da poco. Avevano, piuttosto , il sapore di un incubo tenuto a bada dalla razionalità e che, a dispetto di qualsiasi logica, era diventato realtà
- Ti va di farmi capire un po’ meglio? – le chiese, esitante. Non sapeva da quanto tempo la donna fosse lì e non poteva di certo esser sicura che non sarebbe crollata. Era evidente che avesse un disperato bisogno di dar voce al macigno che la opprimeva, ma non volle rischiare di forzarla ed ottenere, invece, un effetto del tutto opposto.
- Le ha dato l’appartamento…
- Cosa?
- Le ha dato l’appartamento di Mark.
 
 
“Cosa diavolo le è preso?” Per quanto cercasse di non pensarci, Callie non riusciva a tenere la sua mente lontana da quello che era successo in sala operatoria. Non era un comportamento da Arizona. Non aveva quasi aperto bocca durante l’intervento, evitando di guardarla negli occhi, scappando via non appena la sua presenza non era stata più necessaria. Era evidente che doveva esser accaduto qualcosa, su questo non aveva dubbi. Nonostante tutto, conosceva Arizona troppo bene per liquidare quel suo comportamento come una sciocchezza. Anche nei suoi periodi peggiori (ed ultimamente non erano stati di certo pochi), Arizona non aveva mai smesso di guardarla negli occhi. Mai una volta.
In tutti i casi non doveva pensarci, non voleva pensarci
“I problemi di Arizona non sono più affar mio!” si disse.
 
 
 
- E poi l’ho tirata a me e l’ho baciata…è stato un bacio lungo, magico! Uno di quei baci che non si dimenticano più per il resto della vita…
- Saprebbe definire la reazione della sua compagna?
- So che Callie ha sentito esattamente quello che sentivo io ed… è stato magnifico! Lei era, finalmente, di nuovo, mia!
- Può dirlo con certezza?
- Continuava a dirmi di amarmi, ma non era necessario: quel bacio parlava da solo. Eravamo stanche di far finta di non amarci, lei sapeva di amare me esattamente come io so di amare lei…
- Poi cosa è successo, dottoressa Robbins? – chiese l’uomo, dopo una lunga pausa di silenzio.
- Poi mi sono svegliata… - Arizona avrebbe preferito che quelle parole non mostrassero tutta quell’amarezza, ma non riuscì in alcun modo a controllarla.
- Cosa ha provato al risveglio?
- Una profonda tristezza…
- Perché? – le domande dell’analista avevano sempre lo stesso tono distaccato e professionale, ma, in qualche modo, scavavano sempre più a fondo. Lentamente, ma senza esitazione.
- Perché oggi, mentre la osservavo, ho capito una cosa…
- Sia più precisa, la prego.
- Che non ce la posso fare?
- Lo sta chiedendo a me?
- Non ce la posso fare – ripeté Arizona, più lentamente. Era un’affermazione, questa volta.
- A riconquistarla… a farla di nuovo mia
- E questo come la fa sentire?
- Ne sono terrorizzata.
 
 
Quando Vivien le aveva telefonato, per chiederle a che ora staccasse, Callie le aveva consigliato di tornare a casa: non sapeva quando il suo intervento sarebbe terminato e saperla troppo vicina a Cristina non la lasciava molto tranquilla. Ci voleva un po’ per abituarsi a lei e, probabilmente, Vivien non era pronta a…beh, a Cristina. Rientrò sola… Anzi, tornò a casa con l’unica donna della sua vita: Sofia.
Callie amava la sua bambina molto più di sé stessa e in questo periodo di caos totale era stata il suo unico punto fisso. Dopo aver cenato si divertirono da matte, fin quando Sofia, esausta, non si addormentò tra le sue braccia, un sorriso dolcissimo sulle labbra. Callie la portò nel suo lettino, rimanendo a guardarla, in silenzio. Quando, finalmente, riuscì ad uscire dalla stanza, dandole un bacio sulla fronte, si chiuse la porta alle spalle rilasciando un sospiro di sollievo. La giornata era, per fortuna, finita, così si avviò verso la camera da letto. Aveva un po’ troppi pensieri per la testa, ma doveva dormire: era esausta. Quando ormai stava per concedersi anche lei un po’ di riposo, sentì bussare alla porta. Sorpresa si alzò , non immaginando cosa si sarebbe trovata di fronte.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Callie quella notte non dormì molto, nonostante i suoi tentativi. Quello che si era trovata di fronte, dopo aver aperto la porta, l’aveva lasciata con un enorme punto interrogativo dentro.
Il suo turno iniziava presto, così pensò di andare da sola in ospedale. Del resto, aveva bisogno di riflettere e un po’ d’aria fresca le avrebbe fatto bene.  
Dopo aver lasciato Sofia all’asilo, si avviò verso la caffetteria dell’ospedale: non aveva ancora preso il caffè e non sarebbe sopravvissuta alla giornata senza la sua dose di caffeina mattutina. Lì vide, di spalle, Meredith e Cristina. Pensò , quindi, di unirsi a loro. Quando fu abbastanza vicina, non poté far a meno di ascoltare la loro conversazione.
- Andiamo Cristina! Parli così solo perché ti ha chiamata la dea della cardiochirurgia!
- Non è vero! – la mora finse un’espressione oltraggiata -  E poi ha detto solo la verità… Anche se il fatto che lo abbia effettivamente detto depone molto a suo favore! Callie sarebbe un’idiota a lasciarsela scappare!
Meredith sbuffò contrariata.
- Ehm, a lasciarmi scappare cosa? – chiese Callie avvicinandosi al gruppo. Meredith avrebbe voluto sprofondare, la sua faccia iniziò a diventare di tutti i colori possibili e immaginabili. Cristina, invece, aveva un’espressione del tutto naturale.
- La francese, ovvio! Calliope…
- Andiamo! E poi piantala di chiamarmi… - gesticolò freneticamente con le mani - …in quel modo! – contrariamente ad ogni logica la più imbarazzata di tutte diventò Callie.
- Però ieri non sembrava che ti desse fastidio quando lo faceva… come si chiama? Ah, già, Vivièn! – Cristina si portò una mano al petto, pronunciando quel nome con un sospiro.
Meredith le tirò una gomitata che, purtroppo, non sortì alcun effetto
- Non dire sciocchezze! Gliel’ho lasciato fare solo perché non volevo… ecco… beh… essere scortese! Sì, non volevo essere scortese! – la situazione si stava facendo davvero imbarazzante.
- Oh… Certo, certo. Dicono tutti così… A me, invece, è sembrato che…
- Piantala Cristina! – si intromise Meredith, cercando di salvare il salvabile.
- Ehi! Zeus qui sono io! E poi se avessi visto come si guardavano, saresti stata d’accordo con me! – Meredith scosse la testa sconsolata, la situazione era ormai degenerata.
- Dai Callie, qual è il problema? Tu le piaci, decisamente, lei ti piace… - insistette Cristina, non cogliendo il perché della reazione così negativa di Callie.
- Non posso, ecco!
- Ah sì? E perché?
- Beh… per Sofia…e per Arizona – quest’ultima parte della frase non se la sarebbe aspettata neanche lei, maledetta bocca che parlava da sola!
- Lo sapevo! – il sorriso di Meredith era trionfante e Callie la guardò con occhi interrogativi
- Oh, ma andiamo! – Cristina era tornata alla carica – Sofia si abituerà, di certo Vivien non ha l’aspetto di una matrigna cattiva! E poi Arizona cosa c’entra? Vi siete lasciate…
- Non è vero! – “Ecco che ci risiamo” pensò Callie, rimproverandosi e maledicendo il brutto rapporto che aveva il suo cervello con la bocca. Meredith iniziò a dare, soddisfatta, delle pacche sulla spalla di Cristina.
- …Cioè sì – Callie doveva urgentemente porre rimedio – Volevo dire che sì, ci siamo lasciate… ma… comunque io… insomma…
*drin-drin*
Meredith e Cristina controllarono il cercapersone, ma a suonare era stato il telefono di Callie
“Spero ti sia piaciuta la rosa! Ci vediamo dopo, Vivien”
Allora era stata lei a mettere quel fiore dietro la sua porta per poi bussare ed andar via…del resto, cosa si aspettava?
Un sorriso comparve sulle labbra della mora, seguitò, però, da un’espressione indecifrabile.
- Questa è decisamente Arizona! – fece Meredith a Cristina.
- Sciocchezze! È lei, vero? – mentre diceva questo, Cristina cercò di leggere sul display ma Callie si spostò prontamente.
- Ehi! Sentite voi due, qualunque cosa abbiate in mente, piantatela! E smettete di scommettere sulla mia vita sentimentale!
- Ma chi noi? – disse Cristina con tono innocente.
- Non lo faremmo mai! – le fece eco Meredith, con lo stesso tono. Tutt’altro che innocente.
Callie le guardò con aria di disapprovazione
- In tutti i casi adesso, grazie a Dio, inizia il mio giro di visite! Ricordatevi che vi tengo d’occhio! – disse Callie andandosene.
Quando non fu più a portata di orecchio Meredith e Cristina si guardarono, sogghignando.
- Ho intravisto una V, come quella di “Voglio i miei soldi”!
- Non li avrai fino a quando quelle due non saranno sposate, Cristina!
 
 
Il giro di visite fu lungo e non poté fare a meno di sentire le infermiere riferire alcuni episodi. Stando ai loro racconti, le stranezze di Arizona erano continuate e la voce si stava spargendo. La cosa iniziava a preoccuparla e, per quanto si imponesse di non pensarci, non riusciva a concentrarsi su altro. Impulsivamente, prese il cellulare, ricordandosi che non aveva ancora ringraziato Vivien per il regalo.
“Molto, ti ringrazio. A cosa la devo?”
La risposta arrivò veloce. “A tutto ma cherie”
“Mh… non è per essere pignola, ma sei in ritardo. Quando arrivi?”
“E ti meravigli? In tutti i casi, sono all’ingresso”
“Aspettami vicino all’ascensore, oggi la stanza era impegnata e ci siamo spostati”
“Ok, ti aspetto… Mi raccomando, non fare tardi ;)”
Callie sorrise guardando quest’ultima risposta e si avviò verso l’ascensore. Quando arrivò le porte si stavano chiudendo ma riuscì ad infilarsi all’ultimo secondo. Dentro vi trovò Arizona. Avrebbe tanto voluto chiederle cosa le passasse per la mente, ma frenò il turbine di emozioni
- Ciao – le disse, con il tono più neutro che riuscì a trovare.
La bionda non rispose, ma iniziò a mordersi il labbro inferiore ripetutamente, come se stesse trattenendo le parole con tutta la forza di volontà di cui era capace. Dopo alcuni minuti di sofferenza, Callie non ce la fece più.
- Arizona, cosa c’è che non va? Il fatto che non stiamo più insieme non significa che non puoi parlarmi! È la protesi?
Arizona socchiuse gli occhi per qualche secondo, tentando di reprimere tutto quello che lentamente dal cervello stava raggiungendo la bocca, ma l’altra sembrava tutt’altro che intenzionata a lasciar cadere la conversazione.  
- Allora? Mi dici qual è il problema? – il tono profondamente preoccupato sorprese la stessa Callie.
Arizona allora abbandonò anche lei il suo autocontrollo.
- Sei tu il problema!

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


“E poi son io quella con la fama di ritardataria cronica…” pensò Vivien, sorridendo, mentre aspettava che le porte dell’ascensore si aprissero. Quella giornata avrebbe dovuto essere speciale, niente l’avrebbe fermata: aveva programmato tutto, fino al più piccolo dettaglio .
 
Quando le porte si aprirono, Callie era lì, immobile, con Arizona, che la guardava negli occhi.
- Questa è la verità Callie! Né tu né io possiamo cambiarla! – poi, nient’altro.
Arizona uscì dall’ascensore e Callie la seguì, pietrificata, con lo sguardo, con uno sguardo che Vivien non seppe definire. Poi vide una lacrima solcarle la guancia, inesorabile. Qualunque cosa fosse successa, qualunque cosa si fossero dette doveva essere stata importante, molto importante. Tutto avvenne in pochi attimi che parvero un’eternità. Poi le porte dell’ascensore si richiusero.
 
 
L’aveva fatto sul serio? Le aveva davvero detto tutto quello che pensava? A mente fredda non ci sarebbe mai riuscita, questo era poco ma sicuro. “Questa sera la seduta sarà lunga…” pensò, rinchiusa nuovamente  nella stanza del medico di guardia, questa volta senza lacrime che le rigassero le guance: ne aveva abbastanza del loro gusto salato e terribilmente amaro. Era arrivato il momento di dare una svolta.
 
 
Ciò che era successo aveva di sicuro rovinato i piani della serata, questo era sicuro. Era come se il cosmo intero non volesse che Vivien e Callie potessero quanto meno provare ad andare oltre quell’amicizia ricca di sguardi che si era venuta a creare. Quel giorno Callie non spiccicò nemmeno una parola, la sua mente era altrove e questo era evidente.
 
 
Derek sentì, nella stanza dove stava lavorando con le due colleghe, non la solita atmosfera di complicità ma un’aria pesante, densa al punto da poter essere tagliata col coltello. Preferì non chiedere spiegazioni e, dopo alcuni iniziali tentativi, smise anche di tentare di fare conversazione.
 
 
Quando Derek si fu congedato, Callie iniziò a raccogliere le sue cose velocemente.
- Calliope… - la mora non rispose facendo sentire Vivien quasi invisibile.
- Ehi, sei ancora tra noi? – non voleva rinunciare a quella serata per colpa di Arizona.
- Cosa? Scusami, mi ero un attimo distratta – il tono di Callie era quello di chi non ha la benché minima voglia di parlare.
- Cosa ti ha detto?
- Chi? – Callie aveva perfettamente capito e in questo modo cercò di far sì che anche la sua collega capisse che non avrebbe dato spiegazioni neanche sotto tortura, almeno quel giorno. Ma Vivien parve non recepire il messaggio.
- Sai benissimo chi!- Quel tono iniziò ad infastidire Callie: non aveva il diritto di farle un interrogatorio.
- Non capisco a cosa tu ti riferisca! – era il suo ultimo lasciapassare, se avesse continuato avrebbe acceso la miccia.
- Calliope, possiamo anche non conoscerci da sempre, però ho capito che qualcosa non va e so che questo qualcosa ha a che vedere con il tuo incontro nell’ascensore di questa mattina.
Doveva respirare e mantenere la calma. Ecco, respirare e mantenere la calma, il tutto raccogliendo le sue cose per poter così andarsene il prima possibile
- Allora me lo dici cosa ti ha detto Arizona?
Adesso era decisamente troppo. Quell’interrogatorio doveva finire.
- Ora basta! Non sono affari tuoi! Ti ho già detto che non ne voglio parlare!
Era la prima volta che le si rivolgeva con quel tono. Vivien non riuscì a far altro che guardarla, in silenzio, andar via sbattendo la porta.
 
 
Subito fuori Callie si poggiò al muro e lentamente si fece scivolare a terra fino a trovarsi seduta. Il caos che aveva dentro la portò a piangere, in silenzio. Non avrebbe voluto rispondere a quel modo, ma del resto, non era colpa sua! Lei ci aveva provato a farle capire che Arizona era un argomento che doveva rimanere privato, specialmente in quel momento. Ma non era certo questa la ragione per il suo pianto disperato.
Quello che era accaduto in quell’ascensore, quello che Arizona le aveva detto… l’avevano mandata completamente fuori di sé. Era incredibile come quella donna riuscisse sempre a colpirla, nel bene e nel male, dritto al cuore. Non poteva rimanere lì. Vivien a breve sarebbe uscita e di certo non aveva intenzione, o meglio, non aveva la forza, di sostenere un altro scontro. Così si alzò e, senza saperne il motivo, iniziò a correre. Le infermiere che la vedevano sfrecciare fra i corridoi la guardarono basite ma, per fortuna, non incontrò nessuno che volesse fermarla. Almeno non subito. Era quasi nell’atrio, sulle scale, si imbatté in Cristina, che aveva appena finito il turno. A questa non ci volle molto per capire qualcosa era decisamente fuori posto. La rincorse velocemente, fino a quando non riuscì a bloccarle la strada.
- Cos’hai ?
- Niente – fece Callie tentando di asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani.
- Oh andiamo!
- No…io…non posso parlare! Devo… andare a prendere Sofia…
- E vuoi che tua figlia ti veda così?
Callie abbassò la testa. No, decisamente non voleva farsi vedere così da nessuno. Sicuramente non da Sofia.
- Allora, non so cosa ti sia successo, ma qualunque cosa sia adesso non sei in grado di fare niente, tanto meno stare con tua figlia. Io ora chiamo Arizona e le chiedo se può prendere lei la bambina, tu invece vieni con me. Per tua fortuna, ho appena staccato.
Callie avrebbe voluto obiettare ma non ne ebbe la forza.
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


- Callie, sei tu il problema! Io ti amo, ti amo da morire, ma tu non mi permetti di starti accanto! È vero, ti ho tradita, ma non c’è mai stato un momento in cui abbia smesso di amarti!
- Ah sì? A me pareva, invece, che tu mi odiassi! Dopo quel dannato incidente tu hai smesso di amarmi!
- Non è vero! Non l’ho mai fatto! Non avrei mai POTUTO farlo! Odiavo me stessa, non te! Odiavo l’aver perso la gamba…
- Arizona, stai mentendo a me ed a te stessa! Tu hai smasso di amarmi e… mi hai tradita…ed ora io… - la voce di Callie si incrinò per un attimo.
- Ora tu mi stai facendo impazzire! Sei tu a mentire a te stessa, Calliope! Sai benissimo quanto io sia innamorata di te, esattamente come sai che non ho mai smesso di esserlo! Mai! Ed ora l’idea di saperti con qualcun’altra mi fa uscire fuori di me…
- Non hai il diritto di parlarmi così, Arizona! Io sto solo cercando di rimettere insieme i pezzi della mia vita che TU hai distrutto!
- Callie, smettila! SMETTILA! Io ne ho il diritto, nessuno potrebbe averlo più di me! E sai perché?
- Illuminami Arizona! – il tono ironico di Callie iniziò a tradire una certa incertezza nella voce, quasi volesse davvero prendere in considerazione quello che stava per ascoltare.
- Con piacere! Io ne ho il diritto perché io ti amo e tu mi ami, da impazzire, ci amiamo da impazzire, il che rende il nostro matrimonio ancora valido e, di conseguenza, te mia moglie! Quindi sì, ho il diritto di parlare così a mia moglie!
Le porte dell’ascensore si aprirono, insieme ai piani erano scese nel profondo della loro situazione.
- La verità è questa! Né tu né io possiamo cambiarla!
 
 
- Mmmmh… - fece Cristina, alquanto ubriaca, dopo aver ascoltato il racconto di Callie, che, dopo il decimo bicchiere (o forse erano di più?) era priva di qualsiasi reticenza a raccontare.
- Facciamo un’ipotesi: se l’ascensore non fosse arrivato a destinazione in quel momento, se le porte non si fossero aperte, se si fosse, che ne so, bloccato e voi foste rimaste lì dentro, cosa le avresti risposto?
- È ovvio! Le avrei detto che non mi importa! Che anche se ci amiamo non possiamo stare insieme! Io la amo da impazzire e anche lei, ok, però no! La amo, ma non posso stare con lei!
- Certo, perché le persone che si amano non dovrebbero MAI stare insieme, eh? Questa idea geniale si può sapere da dove ti è saltata fuori? – l’ironia di Cristina non poteva essere placata neppure dall’alcool.
- Perché lei... – le parole diventavano sempre più biascicate man mano che la questione entrava nel suo fulcro – lei è la persona a cui tengo di più e mi ha fatto la cosa peggiore che potesse farmi! Ho sopportato gli insulti, la rabbia, la depressione, ma il tradimento… non ce la posso fare! Fa troppo male!
- Callie, ma quanto ci hai provato?
- Non ci ho provato, perché sapevo di non potercela fare…
- Ah… ma allora questa è la serata delle idee geniali… - sbuffò Cristina, finendo il suo bicchiere.
- E adesso sto solo cercando di ricominciare, anche se…
- Anche se cosa?
- Anche se lei non è Arizona… e quindi io…non lo so. Mi piace, è simpatica  ma… non è Arizona!
- E allora riprenditela! – la donna la guardò come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Del resto, Arizona le si era metaforicamente gettata tra le braccia. Con rabbia e gelosia, certo, ma le aveva detto piuttosto chiaramente che era lì ed era lì per lei.
- No! Non voglio! Io amo Arizona ma non voglio stare con lei! – insistette Callie, corrucciata, come se stesse analizzando le sue parole per la prima volta in quel momento.
- Fantastico… devo dire che hai le idee molto chiare… che situazione meravigliosa! Cavolo!
- Cavolo cosa?
- Dovrò dare a Meredith i suoi 50 dollari!
 
- Cosa ha fatto dopo? – come sempre, la voce dell’uomo era pacata e tranquilla.
- Sono andata nella stanza del medico di guardia, ma non ho pianto questa volta…
- Saprebbe spiegare questa cosa?
- Beh, credo perché mi sono liberata e perché mi è sembrato, anche se solo per un attimo, che non tutte le speranze fossero perse
- Speranze in cosa?
- Riconquistarla – la parola scivolò fuori dalla sua bocca con una facilità ed una sicurezza che la stupirono.
- Ora le farò una domanda un po’ difficile, è pronta?
- Certo!
- Perché ha tradito sua moglie?
 
 
La mattina dopo Callie si svegliò con un forte mal di testa, dannato alcool… Cristina era andata via con un taxi, almeno era quello che ricordava, ma non senza lasciarle, sul tavolo della cucina un bicchiere d’acqua e due aspirine. Dopo aver fatto una doccia fredda che svegliasse un po’ di più i suoi neuroni ancora storditi, prese il telefono: non poteva rimandare.
 
 
Sbatté le palpebre e rilesse il messaggio, per esser sicura di aver letto bene.
Dobbiamo parlare, chiamami appena puoi. Callie”
Sì, aveva letto bene.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


- Quindi, se non ho capito male, ha tradito sua moglie perché voleva sentirsi donna, giusto? – come sempre, la voce dell’analista era pacata e lineare, senza alcuna inflessione.
- È quello che ho appena detto, no? – era la terza volta che le faceva quella domanda, la cosa cominciava a diventare irritante.
- Sua moglie non era in grado di farlo?
- No, a quanto pare no!
- Perché no? – Doveva essere necessariamente così estenuante?
- Perché voleva a tutti i costi quella che ero, non quella che sono! – “Dannazione” Arizona imprecò mentalmente, arrabbiata con se stessa per quanto quella constatazione riuscisse a farle male.
- Oggi si sente a pieno donna? – le chiese, dopo diversi istanti di silenzio.
- No… -  sospirò esasperata. “Non è servito a nulla…”
- Quindi il suo tradimento non ha portato a nulla
- Questa è una domanda?
- Dottoressa Robbins, se mi permette di parlare liberamente, a questo punto del nostro lavoro sarebbe opportuno che lei fosse più onesta, se vuole che questa terapia porti a qualche risultato.
- Cosa sta insinuando?
- Assolutamente nulla. Le sto solo ricordando che in questo momento deve focalizzare la sua attenzione su quello che davvero l’ha spinta a comportarsi in quel modo, non sulla ragione che ha costruito per giustificare le sue azioni.
- Ragione per giustificare le mie azioni? – Arizona era arrabbiata. No, era furiosa. – Si rende conto che quanto sta dicendo è una sciocchezza di dimensioni macroscopiche? Che altra ragione avrei mai potuto avere per tradire MIA MOGLIE?? – prese un profondo respiro, cercando di calmarsi, anche se con scarsissimi risultati.
- Dottoressa Robbins, di certo non lo ha fatto per mancanza di desiderio da parte della dottoressa Torres. Ma quale sia la ragione, lo sa esclusivamente lei.
- Non mi guardava… No, non mi vedeva… - sussurrò appena, mentre la sua rabbia si sgretolava lentamente.
- Cosa intende dire?
Prese un altro respiro profondo, prima di continuare. Era davvero pronta a fare quel passo? No, decisamente no, ma l’avrebbe fatto lo stesso.
- Callie non riusciva a vedere nulla di me che non fosse la mia gamba… Era sempre perfetta, sempre pronta ad aiutare, ad alzarmi, a preparare la colazione, a dirmi di non preoccuparmi – si asciugò velocemente il viso. Quando aveva cominciato a piangere? – Era lì, qualsiasi cosa dovessi fare…
- E questo la infastidiva?
Arizona lo guardò stupita. Ma cosa aveva di sbagliato quell’uomo?
- Certo! Perché non ero più sua moglie, ero la sua dannata paziente! “Ti fa male la protesi?” “Lascia fare a me, non ti stancare” “Ti faccio male?”… Non ero più la sua donna, ero un’invalida da monitorare 24h al giorno che a mala pena poteva respirare senza una balia! E questo mi infastidiva! No, mi feriva vedere solo preoccupazione, solo paura nei suoi occhi… per quanto le dicessi che andava tutto bene, che non doveva preoccuparsi… non smetteva di guardarmi così e mi feriva… Callie mi ha ferito, mi feriva ogni volta che mi sosteneva… ed io l’ho ferita di conseguenza…
L’uomo annuì, in silenzio. – Ed ora, dottoressa Robbins, cosa desidera?
La domanda la colse alla sprovvista, ma la risposta venne fuori naturale.
- Rimediare a questo casino.
 
 
Quel messaggio le aveva fatto brillare gli occhi, doveva correre. No, doveva precipitarsi! L’ipotesi di chiamare, come Callie le aveva scritto, non la sfiorò neanche per un attimo: doveva vederla. Se non ricordava male, salvo urgenze, quel giorno Callie avrebbe attaccato verso mezzogiorno.
Sì, decisamente doveva andare.
 
 
Quando Callie sentì bussare alla porta, non impiegò molto a capire che il messaggio doveva essere arrivato a destinazione. A quanto pare, però, voleva parlare di persona…del resto, meglio così considerata la portata di quello che doveva dirle.
- Mamma! – l’entusiasmo di Sofia invase subito la stanza.
- Amore mio! – Callie riempì di baci la figlia, dopo averla pressa in braccio. Non si era ancora abituata a saperla fuori durante la notte e forse non ci sarebbe riuscita mai.
Arizona, che fino a quel momento aveva guardato la moglie e la figlia con un sorriso luminoso sul viso, fu riportata alla realtà da Callie .
- Grazie per avermi portato Sofia… Hai tempo? – le chiese, un po’ incerta.
- Certo Callie – Non sapeva spiegarselo ma era felice di quella richiesta.
- Dobbiamo parlare –
- Lo so – Arizona sorrideva, smagliante. Callie si avviò, con la piccola in braccio, verso la sua cameretta.
- Sofia, amore, la mamma ed io dobbiamo parlare, che ne dici di aspettarci qui e di fare un bel disegno? Appena finiamo ti raggiungiamo, ok?
- Ok – fece Sofia già armata di fogli e colori.
Callie prese un bel respiro prima di tornare in soggiorno.
- Calliope…- Arizona era seduta al divano: tutto era così familiare e così… “Nostro”, sarebbe mai riuscita a rinunciare a tutto questo?
- Arizona, aspetta. Lasciami parlare, altrimenti non ci riesco. Io ho pensato a quello che mi hai detto…- Callie fece una pausa che ad Arizona sembrò un’eternità – come ti dicevo io ci ho pensato e ho capito che ti…-
*TOC-TOC*
- Excusez-moi, Calliope, ho visto la porta aperta e… oh, dottoressa Robbins, c’è anche lei…- Vivien era stata presa alla sprovvista dalla presenza della donna e non riuscì a trattenere il disappunto nella sua voce. Si riprese velocemente, mostrando il migliore dei suoi sorrisi di circostanza.
- Vi ho disturbate?

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


- È strano che io sia in casa mia? –  forse Arizona non intendeva usare tutto quel risentimento, ma non poté trattenersi. Non aveva nessun diritto di parlarle così, per di più in casa sua. L’espressione di Vivien si fece immediatamente più dura.
- Sì, è strano, dal momento che questa ERA casa sua – il sorriso di sfida che accompagnava le sue parole non fece che alimentare la rabbia, già prossima ad esplodere, della bionda.
- Ma lei come si permette? Questa È casa mia! Esattamente come Callie È mia moglie! Lei non h nessun diritto di entrare nella nostra vita! – urlò quelle parole con una tale forza che l’altra, istintivamente, fece un passo indietro.   Forse aveva esagerato… In quei giorni aveva capito che, se c’era qualcosa che Callie odiava terribilmente, era che qualcuno si intromettesse nella sua vita, in particolare quando questa si intrecciava con quella di Arizona.
 
 
- Se la ami davvero lascia andare il passato! – prese un altro sorso di vino, direttamente dalla bottiglia, riprendendo a massaggiarle le spalle.
- Ma Mark! Io non ci riesco! So che è tornata e che e che è tornata per me…  Ma non cambia le cose! Io non so se la amo ancora… Lei è andata via! -  il senso di sconfitta, di tradimento nelle sue parole era fin troppo evidente. Callie cercò di non piangere, non di nuovo, ma una lacrima le sfuggì. Si affrettò ad asciugarla, prima che Mark potesse vederla.
- Certo che la ami! Sei ferita, tutto qui… Hai bisogno di tempo, tutto qui. Non saresti così distrutta se non l’amassi davvero – come sempre, il suo modo diretto di affrontare le cose, la sua voce riuscivano sempre a calmarla.
- Mark, io voglio provare a cambiare, voglio provare ad amare ancora, voglio provare a dimenticarla, voglio provare ad essere felice senza di lei…
- Fallo, se è quello di cui hai bisogno adesso… Incontra altra gente, ma non ti stupire quando scoprirai che è lei la donna che ami, la donna  con cui hai scelto di trascorrere il resto della vita…
 
- Callie, etes-vous avec nous? [n.d.a. Sei tra noi?]
- Oh sì, scusatemi – sbatté più volte le palpebre, cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri.
- Credo che sia meglio che io ora vada – le disse Vivien – Ora è evidente che sei impegnata
Callie annuì, ma Vivien, prima di chiudere la porta, lanciò uno sguardo di sfida ad Arizona, che lo sostenne senza problemi.
Quando furono nuovamente sole, Arizona guardò Callie dritto negli occhi, senza riuscire però a cogliere i suoi pensieri.
- Scusami per quello che ho detto, ma l’idea che qualcuno possa avere le tue attenzioni, il tuo amore, il tuo cuore…mi fa perdere il controllo… - cercò di scusarsi, interrompendo il silenzio, fin troppo teso, che era sceso tra le due.
- Arizona… io ti amo…  
La bionda spalancò gli occhi, colta completamente di sorpresa. Aveva davvero sentito bene? Callie aveva davvero detto che l’amava? Non riuscì a parlare per diverso tempo, la gola stretta da un nodo incredibile, mentre lacrime di gioia correvano veloci sulle sue guance. Se quella non era la felicità, non avrebbe saputo dire cos’altro potesse esserlo.
- Anch’io Callie, anche io… Ti amo… - lo sussurrò, quasi come un mantra, a se stessa ed alla donna davanti a sé. Lo sussurrò a mezza voce, sebbene volesse urlarlo al mondo, quasi temesse che quelle parole potessero polverizzarsi se le avesse dette a voce troppo alta.
Callie rimase in silenzio, gli occhi lucidi. Si avvicinò all’altra donna, prendendole il viso tra le mani ed asciugandole le lacrime con i pollici. Le sorrise, timida, prima di annullare la distanza tra loro. Le sue labbra ritrovarono quelle di Arizona e, per un momento, si senti… a casa.
 
Arizona aveva perso la capacità anche di pensare… In quel momento, il mondo aveva smesso di esistere: le mani posate fermamente sui fianchi di Callie, quasi a voler esser sicura che non potesse dissolversi, e le labbra sulle sue erano le sole cose che avessero un senso.  
 
 
Dolcemente, Callie si allontanò dalla sua bocca, ma posò la fronte su quella di Arizona, senza lasciarla davvero. Mantenne gli occhi chiusi, mentre poteva sentire lo sguardo dell’altra bruciarle il viso. Aprì gli occhi, incontrando quelli azzurri di fronte a sé.
- Io ti amo da impazzire Arizona… - le accarezzò ancora le guance - Μa non posso stare con te…

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Era quasi mezzogiorno, i test della mattina erano finiti e Derek stava organizzando il prossimo incontro con un paziente. Vivien e Callie riponevano le apparecchiature utilizzate, in silenzio. Per tutta la mattinata avevano parlato poco e solo di lavoro, evitandosi, per quanto possibile. La bruna era talmente assorta nei propri pensieri che non aveva notato gli sguardi, che, di sottecchi, Vivien le lanciava ogni tanto.
“Ok, Mark, io ci provo!” si disse Callie. Chissà cosa avrebbe detto il suo migliore amico se fosse stato lì in quel momento…
 
 
Vivien era intenta a ricontrollare i dati sul suo pc quando sentì gli occhi di Callie puntati su di lei. Cercò di far finta di nulla. Non che la cosa le desse fastidio, anzi, ma non riusciva a non sentirsi in imbarazzo, soprattutto per quanto era accaduto la sera precedente. Aveva evitato l’argomento ed avrebbe continuato ad evitarlo, soprattutto perché non aveva la più pallida idea di come l’altra avrebbe potuto reagire. Le era parso fin troppo evidente quanto intima fosse la situazione con la dottoressa Robbis…ed aveva un brutto presentimento.
 
 
- Ti va di uscire con me? – Callie registrò le sue stesse parole come se fosse stato qualcun altro a pronunciare. Ok, ormai era fatta: glielo aveva chiesto. Mark di sicuro avrebbe approvato un appuntamento con una bella donna, no? Forse quello non era il modo migliore per fare una richiesta del genere, ma era tardi per rimediare.
- Excusez- moi? – Vivien sembrava sorpresa, sulla sua faccia si era disegnata una buffa espressione, tra la sorpresa e l’incredulità. Eppure Callie era sicura che quello scintillio nei suoi occhi verdi fosse di felicità. Felicità inaspettata e sicuramente inattesa, ma decisamente felicità-
- Pardon, volevo dire sì, Calliope, certo che mi va di uscire con te! – Non le ci era voluto molto per riprendersi, ma di sicuro non si sarebbe fatta sfuggire un’occasione come quella!
Callie sorrise, ma la sua espressione si adombrò, in modo impercettibile, per un attimo. Arizona. Aveva appena chiesto a Vivien di uscire eppure non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero di Arizona. Dannazione.
 
- Mi ha detto che mi amava! Ed io le ho detto che anche per me era così ed era tutto così era meraviglioso… Oh sì, lei era davvero meravigliosa… Poi lei si interrompe, mi guarda e mi dice che non possiamo stare insieme…  
- Arizona stai un po’ ferma! Mi stai facendo venire il mal di mare!
La bionda continuava a muoversi, in cerchio, nella stanza del medico di guardia. Ignorò la richiesta di April, che rinunciò a curarsi delle condizioni del suo stomaco. Arizona era talmente presa nel suo discorso che sicuramente non l’aveva neppure sentita.
- Ed allora io l’ho baciata. Non poteva esser vero quello che stava dicendo: ha detto che MI AMA! Non le importa niente di quella tipa, lei ama ME! E di nuovo ci stavamo baciando, di nuovo tutto era perfetto, lei sembrava aver abbattuto tutte le barriere. Arriva Sofia, con un meraviglioso disegno, ci siamo io, lei Callie, e tutto è rosa, il cielo è azzurro e nell’angolo in alto a sinistra c’è un grandissimo sole. Callie prende in braccio Sofia, la baciamo, la riempiamo di baci, la coccoliamo ed era come se non ci fossimo mai lasciate… Callie dice a Sofia di andare nell’altra stanza a continuare il disegno, le mamme devono ancora parlare, ed eccoci di nuovo sole, di nuovo io e lei, e ripete quella frase: NON POSSIAMO STARE INSIEME. E lo dice con una tale convinzione che non riesco a dirle altro, a mala pena riesco a RESPIRARE! Come un automa, vado da Sofia, la saluto e lei non vuole che io vada via… Callie è ancora lì, sul divano, mi guarda, io vado verso la porta… posso sentire il freddo della maniglia quando mi giro per guardarla. Stava piangendo. In silenzio, ma potevo vedere distintamente le lacrime sul suo viso. Avrei voluto correre ad asciugarle, ma non potevo… “Non smetterò mai di lottare per te”. Sono riuscita a dirle solo questo prima di uscire di casa…
A quel punto Arizona, esausta si sedette accanto all’amica, poggiò la testa sulla sua spalla e quelle lacrime che aveva visto sul volto di Callie ora erano sul suo.
April l’abbracciò delicatamente, ma con sicurezza. Le spezzava il cuore vederla in quello stato.
- Tranquilla, tutto si sistemerà – le disse, con il tono più rassicurante possibile.
Era una frase di rito o la realtà?
 
 
Finalmente la giornata era finita, Meredith e Cristina erano appena entrate nella sala medici per cambiarsi dopo un turno decisamente troppo lungo.
- Wow! – la reazione di Cristina fu molto eloquente, quando, attraversata la porta, vide quel magnifico vestito da cocktail verde appeso ad uno degli armadietti.
- Secondo te di chi è? – le chiese Meredith, ancora più scioccata di Cristina.
- Ah non ne ho idea! Ma di chiunque sia, questo qualcuno ha davvero buon gusto! – si era appena avvicinata al vestito per analizzarlo più da vicino quando sentirono la porta aprirsi nuovamente.
- Salve ragazze – fece Vivien, più radiosa del solito, entrando e dirigendosi verso l’armadietto con il vestito appeso – Scusate se l’ho lasciato così, ma non volevo che si sgualcisse nell’armadietto! Sono volata a prenderlo in pausa pranzo perché sapevo che sarei stata in ritardo adesso…Ho un appuntamento praticamente… adesso con Calliope! Devo decisamente volare… - non aveva neppure preso fiato che già era uscita dalla stanza, armata del suo vestito.
Meredith e Cristina erano scioccate ed erano riuscite appena ad accennare un saluto con la mano.
- Guai in vista…
- Già, per te! C’è il mio nome sui tuoi biglietti da 50! – Cristina non voleva darla vinta a Meredith, ma era perfettamente consapevole che se ci fossero stati guai in vista per qualcuno, di sicuro quel qualcuno sarebbe stato Callie.
 
 
Callie stava aspettando Vivien davanti alle scale, ormai era il “loro posto” per incontrarsi. Ed era in ritardo, ma ci aveva fatto l’abitudine.
- Calliope! – la voce di Vivien la fece voltare e… “Wow” fu l’unica cosa che riuscì a pensare quando la vide.
- Tutto bene, Calliope? – le chiese, notando i suoi occhi letteralmente spalancati.
- Ehm…no! Cioè, sì! Sì, tutto benissimo. È solo che … sei stupenda!
- Merci –Vivien arrossì leggermente e Callie non poté fare a meno di trovarla ancora più bella – Anche tu lo sei, come sempre –
- Ma dai, dovrei anche cambiarmi! Guardati, sei elegantissima…
- Calliope, tu sei splendida ed io non ti permetterò di trovare una scusa per far tardi! Adesso sei mia e non mi scappi – le fece l’occhiolino, prendendola sottobraccio e tirandola verso l’uscita.  
- Mais oui, madame –
- Mademoiselle – la corresse Vivien.
Non c’era niente da fare, il francese non faceva per Callie.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


 
Callie e Vivien erano così vicine, le loro labbra erano così vicine… Poteva sentire il respiro dell’altra accarezzarle appena le labbra, portandole un leggero fremito di anticipazione. L’atmosfera non avrebbe potuto esser più perfetta. Ma Callie sapeva perfettamente di dover esser completamente sincera con Vivien prima di intraprendere quella strada. E fino ad allora aveva fatto di tutto per evitare il “capitolo Arizona”. Ma non poteva più rimandare. Con estrema delicatezza allontanò Vivien da sé, abbastanza da poterla guardare negli occhi, ma non al punto da far sembrare quel gesto un rifiuto.
- Vivien, dobbiamo parlare…
- Dobbiamo? – l’altra le sorrise, cercando di riavvicinarsi e di recuperare la vicinanza persa.
- Sì – il tono serio della voce di Callie la convinse ad allontanarsi (anche se non più dello stretto indispensabile), per ascoltare quanto avesse da dire. Attese pazientemente, accarezzandole dolcemente le mani in attesa che trovasse il coraggio di dire quello che, evidentemente, ancora la tratteneva.
- Vivien, io… -  la guardò negli occhi, frustrata dalla propria incapacità di trovare le parole giuste. – Non so se potrò darti quello che meriti… Le cose sono complicate per me, in questo momento, e non so se e quando potranno non esserlo. O esserlo di meno. Per quanto voglia andare avanti, Arizona è una parte della mia vita a cui non sono riuscita a mettere la parola fine. Non ancora. – le strinse le mani, cercando di trasmetterle con quel contatto quanto le sue parole sembravano incapaci di esprimere.
- Vivien, ho bisogno che tu capisca che…
 
 
Vivien non era rimasta sorpresa da quanto Callie le stava dicendo. In fondo lo sapeva, lo aveva sempre saputo. Da subito. In quel momento, però, sapeva con altrettanta sicurezza che non le importava. Forse le sarebbe importato in futuro, ma non voleva pensarci. Se quella era la sua occasione, non aveva la minima intenzione di lasciarsela scappare. Avrebbe giocato secondo le sue regole. Almeno per il momento.
 
 
Callie sentì le mani di Vivien sciogliersi dalla stretta con le sue e raggiungerle il viso, accarezzandole entrambe le guance. Era strano sentire delle mani diverse da quelle di Arizona. Vedere degli occhi diversi da quelli di Arizona. Vivien non disse nulla, un leggero sorriso le curvava l’angolo delle labbra verso l’alto. Non interruppe mai il contatto con i suoi occhi, rassicurandola, con la sua espressione serena, che era tutto ok. Che sapeva perfettamente a cosa andava incontro, ma che non si sarebbe tirata indietro. Inesorabilmente la distanza tra di loro prese ad assottigliarsi, fino ad annullarsi del tutto. E Callie sentì le labbra di Vivien sulle sue. Leggere, dolci. Quasi impercettibili.
Da quando Arizona era entrata nella sua vita, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi in una situazione del genere con qualcuno che non fosse lei. Non ci aveva mai pensato né l’avrebbe mai ritenuto possibile. Non avrebbe mai creduto di essere in grado di guardare qualcun altro, di baciare qualcun altro, di desiderare qualcun altro…
 
 
Vivien aveva rischiato, ci aveva provato ed aveva vinto. Non riuscì ad impedire a se stessa di sorridere quando Callie rispose al bacio. Non conosceva Callie da molto ma sentiva un’incredibile attrazione nei suoi confronti. Qualcosa che aveva provato raramente nella sua vita. Avrebbe potuto amarla, decisamente. Era così bella, così intelligente, così sexy, così….così “Wow”. L’aveva colpita, da subito. Era stato il suo sguardo, le sue labbra, i suoi capelli, i suoi occhi? Non ne aveva la più pallida idea, ma l’aveva colpita. Colpita ed affondata.
 
Non sapeva definire cosa, di Vivien, riuscisse ad ipnotizzarla in quel modo… Forse era il suo entusiasmo, la sua bellezza, il suo accento…  C’era qualcosa in lei che riusciva a farle dimenticare i suoi problemi, almeno per un po’.  Arizona aveva ancora il suo cuore: l’amava così tanto da esserne esausta, così intensamente da provare fisicamente dolore …  Ma doveva voltare di voltare pagina, se non voleva distruggere se stessa. Prima di Vivien non riusciva a far altro che esser l’ombra di se stessa: il pensiero di quello che Arizona le aveva fatto la tormentava. Poi il suo sorriso francese era entrato nella sua vita ed inspiegabilmente aveva attenuato il dolore delle sue ferite. Certo, non si erano rimarginate, però facevano meno male.
Arizona era l’unica a poterle guarire del tutto. Ma era anche l’unica che le avesse create così profonde. Probabilmente, se le avesse dato un’altra chance, sarebbe tornato tutto come prima, ma Callie non poteva vivere la sua vita con il dubbio che la donna accanto a sé potesse ferirla ancora. Come avrebbe reagito se fosse accaduto di nuovo? Non poteva correre ancora quel rischio: le aveva spezzato il cuore troppe volte e troppo facilmente. Se le avesse permesso di rientrare nella sua vita, avrebbe messo in conto un rischio troppo grande… l’aveva già fatto quando era tornata dall’Africa e lei l’aveva distrutta, ancora una volta.
No, non poteva sentirsi di nuovo così. Preferiva essere mediamente felice che esserlo oltremodo con la sua vita che dipendeva da un’altra persona.
 
 
Vivien si staccò, dopo molto tempo, da quelle labbra che l’avevano paralizzata. Fece cenno al cameriere che passava lì accanto, con gli occhi ancora fissi in quelli di Callie.
- Cameriere, il conto.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


- Ferma lì! – Cristina placcò letteralmente Callie non appena la vide superare le porte dell’ospedale.
- Buongiorno anche a te, Cristina -  la guardò un po’ sospettosa per l’inaspettato “benvenuto”.
- Quanto ti sei messa nei casini?
- Cosa? – Callie intuì dove volesse arrivare e la sua espressione, tra lo stupito e l’imbarazzato, ne era la prova più che evidente.
- Oh andiamo! Cosa è successo dopo la cena?
- E tu cosa ne sai della cena?
- Me l’ha detto la tua “amica”! Poi mezzo ospedale parla del vestito appeso in sala medici dall’ora di pranzo.
“Calma, Callie… Non significa nulla, nessuno sa cosa è successo, hanno solo visto un bel vestito…” cercò di controllare la propria espressione, fingendo indifferenza, ma Cristina non sembrava intenzionata a lasciar andare la sua preda.
- Me lo dici cosa è successo o… - lo squillo del cercapersone del cardiochirurgo interruppe la conversazione nel momento meno opportuno
- Dannazione! – Cristina era contrariata, notevolmente
- Magari un’altra volta – fece Callie sorridendo sarcastica e divertita – a quanto pare qualcuno ha un’urgenza – aveva vinto una battaglia ma non la guerra
- Salvata dalla campanella! Ma sappi che non finisce qui! – le urlò Cristina correndo verso il reparto di cardiochirurgia ormai più che convinta che la sua amica si fosse messa in un mare di casini
 
 
 
- Allora ci vediamo domani per l’ultimo controllo?
- Certo dottoressa Torres!
- A domani!
Quello era l’ultimo paziente, il giro era stato lungo, ma tutto sommato tranquillo. Callie era appena arrivata in laboratorio. Derek ancora non era ancora arrivato, così decise di portarsi avanti con il lavoro iniziando a sistemare le apparecchiature.
- Ora tu mi racconti tutto!
- Cristina mi hai fatto prendere un colpo! -  come aveva fatto a non sentirla arrivare?!?
- Forza, rispondi – fece Cristina chiudendo la porta
- Cosa ti fa pensare che ci sai qualcosa da raccontare?
- Il fatto che questa mattina sei entrata sorridendo prima di aver preso il caffè.
Ok, era inutile cercare di salvarsi, a Cristina non si sfugge.
- Va bene, ho capito, ci rinuncio… - Callie scosse la testa sconsolata – ci siamo baciate.
- E… -  l’altra le fece cenno con la mano di andare avanti.
- E niente, siamo tornate a casa – Cristina guardò Callie in modo sospettoso – Ciascuna a casa sua, stai tranquilla.
- Mmmmm… non so se ti credo! – Cristina cercava negli occhi di Callie una conferma alla versione che le aveva appena raccontato della serata. Sembrava sincera. Più o meno. La studiò ancora qualche istante, gli occhi socchiusi, assolutamente concentrata mentre Callie cominciava a sentirsi decisamente a disagio.
- Cristina, sei entrata anche tu nel nostro team di ricerca? – fece Derek ironicamente.
- Tranquillo McDreamy, non è nei mie progetti – non allontanò gli occhi da Callie neppure un momento, continuando a guardarla leggermente minacciosa.
- Non hai idea di quanto ci dispiaccia – Derek e Cristina adoravano punzecchiarsi almeno quanto il resto del mondo adorava vederglielo fare. Solo allora il cardiochirurgo decise di interrompere la sua dissezione dell’amica.
- Dovresti sul serio essere dispiaciuto! Non hai idea del contributo che il mio genio avrebbe potuto dare a… - accennò distrattamente con le mani alle loro apparecchiature - Qualsiasi cosa stiate facendo!
- È proprio perché lo so che sono così afflitto – Derek sfoderò la miglior espressione di sofferenza che possedeva e Callie non trattenne una risata.
- Comunque Meredith ti aspetta
- Stai cercando di liberarti di me? – fece Cristina, avviandosi verso l’uscita mentre Callie faceva finta di essere totalmente assorbita dai fogli che si trovava davanti, sperando che in questo modo l’amica si dimenticasse del loro discorso lasciato in sospeso.
- Sì, Yang, non ti voglio tra i piedi – le sorrise divertito, prima di rivolgersi a Callie - Vivien non è ancora arrivata?
Callie non rispose subito, continuando a cercare qualcosa tra i fogli che aveva davanti mentre Derek accendeva il suo pc. Cristina, ancora sulla, porta, non si trattenne.
- Diciamo che la puntualità di per sé non è il suo forte, poi dopo la lunga serata con Calliope vorrà riposarsi! – in quel momento Cristina si voltò per uscire, ma si trovò davanti Arizona, immobile, con la mano ancora alzata come se stesse per bussare.
- Oh cavolo… - disse Cristina. Arizona scosse la testa, cercando di riportare i propri pensieri in un binario coerente. Attese alcuni secondi prima di rivolgersi a Callie, non del tutto sicura della tenuta della sua voce.
- Scusa, io… ero venuta solo per… dirti che ho lasciato Sofia all’asilo, passo a prenderla domani nel pomeriggio… scusate.
L’ultima frase di Cristina l’aveva  svuotata. Le sue gambe iniziarono a correre senza che potesse fare nulla per impedirlo. Lungo il corridoio, dietro di lei sentiva i passi di qualcuno che la inseguiva ed il suo nome ripetuto, quasi urlato, con uno strano senso di urgenza. Si stava avvicinando sempre di più: continuò a correre ma la persona dietro di lei fu più veloce.. Ad un tratto sentì una presa stringersi sul suo braccio. Poi la presa sull’altro la fece voltare. Era lei – Chi altri avrebbe potuto essere? - Callie era davanti a lei.
- Arizona…
    

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


- Bonjour Derek!
- Bonjour à toi, Vivien!
- Ehi, ma… Calliope? – chiese Vivien guardandosi intorno – non è ancora arrivata?
- Sì… Cioè no. Diciamo che è una lunga storia – Vivien lo guardò perplessa ed onestamente un po’ preoccupata. Quanto era accaduto la sera precedente era fin troppo nitido nella sua mente ed era stato decisamente intenso… Non riuscì a trattenersi dal pensare che, in qualche modo, ciò mettesse Callie a disagio.  
- Derek, cos’è successo? Perché è una lunga storia?
- Niente, ehm… - Doveva decisamente trovare un modo per uscirne con delicatezza –Callie è arrivata, poi… - Derek cercava inutilmente una scusa che fosse credibile. Non era abituato a mentire e non gli piaceva affatto, ma era perfettamente consapevole che, in quel momento, l’unica cosa che Vivien non avrebbe dovuto fare era cercare Callie
– Si è sentita male, ecco! – “Pessima mossa, Derek. Davvero davvero pessima!” rimproverò se stesso, ma non riuscì comunque a trovare nulla di meglio. E, in ogni caso, ormai il danno era fatto.
- Oddio! E ora dov’è?
- In pronto soccorso, ma non ti preoccupare: è stato solo un giramento di testa – la preoccupazione sul viso di Vivien era piuttosto evidente, nonostante cercasse di tranquillizzarla.
- Vado comunque a vedere come sta – fece Vivien avviandosi verso la porta.
- NO! – il tono allarmato di Derek iniziò, seriamente, a far preoccupare Vivien.
- Derek, cosa è successo?
 
 
Callie aveva letteralmente trascinato Arizona in sala medici, di certo non potevano parlare in mezzo al corridoio di questioni così delicate. Arizona si era lasciata guidare, non aveva la forza di impedirlo, anche se dentro di lei stava crescendo una rabbia enorme.
- Arizona, ascoltami io… - il tono stranamente dolce di Callie la fece tremare. Aveva paura che potesse dirle che era riuscita ad andare avanti, che era riuscita a dimenticarla e che non le importava più di lei. Qualunque cosa fosse successa lei non le avrebbe permesso di dire quelle parole.
- Cosa c’è, Calliope, stai cercando la mia benedizione? Non l’avrai! Non sono felice che tu riesca ad uscire con qualcun’altra, che tu stia cercando di voltare pagina! Non sono felice e non lo sarò mai! Se vuoi voltare pagina su tutto quello che hai passato, fallo con me!
Il tono di Arizona aveva irrigidito Callie: di sicuro  non si aspettava una reazione così…così! Dannazione, non aveva nessun diritto di parlarle in quel modo! Non era lei quella che si era buttata tra le braccia della prima donna che le aveva fatto gli occhi dolci!
- Non posso voltare pagina con te, perché troveresti un modo per ferirmi di nuovo e io questo non lo posso permettere! – non era esattamente quello che avrebbe voluto dire, ma a quanto pare Arizona aveva deciso di risolvere in quel momento tutti i loro problemi. Voleva litigare ancora? Bene, non si sarebbe tirata indietro. Ne aveva abbastanza del suo atteggiamento.
- Ma cosa ti fa credere che lo rifarei? Calliope, io ti amo! L’ultima cosa che vorrei fare è ferirti!
- Certo, pensavi ad un modo per NON ferirmi mentre mi tradivi con la Boswell, eh Arizona? – Callie si pentì subito di aver pronunciato quelle parole: erano dure e facevano male, lo sapeva, ma, dalla facilità con cui erano scivolate fuori dalla sua bocca, si rese conto di quanto a lungo le avesse portate dentro di sé.
- Vuoi davvero sapere perché ti ho tradita? Bene, l’ho fatto perché da quel maledetto incidente ho smesso di essere tua moglie! Tu hai smesso di considerarmi tua moglie! Ero diventata soltanto la tua paziente, magari la tua paziente preferita, ma comunque la tua paziente! Io avevo bisogno di mia moglie, non di un altro medico che cercasse un modo per farmi “abituare alla nuova condizione”! Io non ero più abbastanza per te, ero diventata qualcuno da accudire, un peso da portarsi dietro! Quella donna, invece, mi ha fatto sentire abbastanza, a lei piacevo anche senza una gamba! Anche come ero diventata!
Callie aveva iniziato a piangere, lacrime silenziose ma piene di dolore. Avrebbe giurato di aver sentito il suo cuore spezzarsi a metà, di nuovo… Era quella la verità? Lei non era in grado di far stare bene sua moglie?
- Visto che non sono in grado di farti star bene, non vedo perché siamo ancora qui a parlare di riprovarci… - Le lacrime impedivano a Callie anche di parlare e la sua voce venne fuori roca e bassa.
- No, Calliope, non è questo che ho detto! Non mi sentivo abbastanza per te, ma so benissimo che sei l’unica in grado di farmi stare davvero bene…
Callie aveva già la mano sulla maniglia. Non poteva succedere di nuovo:  era già andata via una volta in quel modo, lasciandola senza parole e pietrificata. Questa volta non sarebbe successo. Lei aveva la mano sulla porta così Arizona la bloccò con la sua.
- Calliope, ora lo so che avevi solo paura, ma ne ho avuta tanta anche io! Ho avuto paura di averti persa, mi sentivo inutile ed ho sbagliato, ma tu sei sempre stata l’unica che io abbia mai desiderato e amato! Non ti sto chiedendo di capirmi, ma di darmi un’altra possibilità! Posso meritare il tuo perdono…
Callie si svincolò dalla presa e guardò la moglie. Ex moglie.
- IO non sono abbastanza per te – aprì la porta: voleva andare via, non riusciva più a respirare lì dentro. quando fu fuori sentì la voce di Arizona
- Tu sei tutto per me!
 
 
 
Callie aveva bisogno di ragionare, di pensare, di ritornare a respirare, così andò nell’unico posto che le permetteva di farlo: la sua panchina. Quando fu fuori, si rese conto che pioveva  a dirotto, ma non le importava.  Si sedette, ad occhi chiusi, il viso inclinato all’indietro, quasi rivolto al cielo, come se la pioggia potesse portar via tutto il disastro che aveva nella mente. Il tempo perse la propria consistenza: il rumore della gocce era l’unico che riuscisse a percepire mentre le sue lacrime si confondevano con la pioggia che le scorreva sul viso. Smise di piovere all’improvviso. Troppo all’improvviso. Non sentiva più le gocce sul viso, ma il rumore c’era ancora, quasi avesse smesso di piovere solo su di lei. Si voltò e vide Vivien che manteneva un ombrello sulla sua testa, con un sorriso che le illuminava il viso.  
Callie non disse niente, ritornò a guardarsi davanti. Vivien le si sedette vicino, sistemò l’ombrello tra di loro e l’abbraccio, bagnandosi anche lei.
Vivien era forse questo? Un riparo nella tempesta?
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Quella mattina Arizona si alzò distrutta, la schiena le faceva male come non mai ed un dolore sordo continuava a martellarle le tempie senza sosta. Non aveva fatto che ripensare alle parole di Callie per tutto il tempo e questo l’aveva estenuata più di un turno da diciotto ore. Si decise ad alzarsi. Doveva andare in ospedale: aveva un importante intervento che non poteva saltare e non poteva lasciarsi sommergere di nuovo da quel vortice di depressione. Andò in bagno e cercò di darsi un’aria almeno decente. Prima di uscire si ricordò di prendere la borsa portadocumenti, così da poter ricontrollare la procedura se avesse avuto del tempo durante la mattinata.
 
 
Callie continuava a rigirarsi nel letto sezionando, letteralmente, le parole di Arizona e chiedendosi cosa stesse facendo, a cosa stesse pensando…  Era sul punto di alzarsi quando sentì bussare alla porta. Mise la vestaglia ed andò ad aprire, trovandosi davanti una bellissima Vivien che appena la vide la baciò delicatamente a fior di labbra, prendendola totalmente in contropiede.
- Bonjour – le disse dolcemente, dopo quel leggero contatto.
- Buongiorno – fece Callie fra lo stordito, il meravigliato e, soprattutto, l’assonnato.
- Calliope, non fraintendermi, ma non hai esattamente una bella cera stamattina – le sorrise ancora, di quel suo sorriso dolce e caldo.
Callie non poté che ricambiare quel sorriso e le fece cenno con la mano di entrare, dirigendosi verso il divano dove si lasciò cadere senza troppe cerimonie, seguita a ruota da Vivien.
- Fammi indovinare: questa notte non hai chiuso occhio pensando a lei – dietro quelle parole Callie riuscì a percepire una nota di dolore, molto ben celata, ma non per questo totalmente mascherata.  Annuì, senza nemmeno voltarsi per guardarla. In quel momento non era in grado di affrontare i suoi occhi verdi.
- Calliope, non va bene così, lo sai. Devi riuscire a buttarti tutto alle spalle, non puoi continuare a pensare a lei… Non se questo ti porta in queste condizioni. Non lo meriti… - c’era sincera preoccupazione nella sua voce, di questo Callie era sicura. Non erano le parole di una nuova fiamma che cercava di liberarsi di un’ex ingombrante: erano le parole di qualcuno che teneva davvero a lei e ciò le bastò perché il suo cuore ricevesse un piccolo sollievo.
- Lo so, Vivien. Lo so.. – non le avrebbe mentito, per nulla al mondo. - È solo che è tutto così diff…
Vivien non le diede neppure il tempo di finire la frase: sentì le sue labbra morbide premute sulle proprie, dolci ma decise, e si lasciò coinvolgere in un bacio decisamente meno casto del precedente.
- Va un po’ meglio ora? – il sorriso un po’ goffo di Vivien la fece effettivamente sentire un po’ meglio.
- Un po’ – le accarezzò con delicatezza la linea della guancia, senza rompere il contatto visivo.
 
 
 
Mancavano ancora venti minuti all’intervento, così Arizona decise di ricontrollare per l’ennesima volta l’iter procedurale: era la prima volta che faceva quel tipo di intervento e, nonostante tutto, la cosa la elettrizzava. Prese la sua borsa ed iniziò a cercare i fogli, ma, ovviamente, non riuscì trovarli: quella maledetta borsa era un maledetto buco nero con una spiccata predilezione per far sparire quello che le serviva di più. Callie le diceva sempre di metterla in ordine quando la vedeva tuffata dentro alla ricerca disperata di qualcosa. Il ricordo le portò sulle labbra un sorriso dolceamaro: sua moglie le mancava da impazzire e l’idea che in quel momento lei potesse star dicendo a qualcun altro di mettere a posto la borsa portadocumenti la fece sentire vuota. Decise di svuotare la borsa, del resto era l’unico modo per aver accesso a tutto il suo contenuto senza rischiare di affogare nel disastro di fogli. Quando finalmente riuscì a trovare quello che stava cercando il suo cercapersone le ricordò che era troppo tardi, perciò dovette mettere rimettere tutto dentro alla men peggio prima di uscire. Non si accorse che alcuni fogli erano scivolati a terra.
 
 
- Che ne dici se non andassimo a lavoro oggi? – fece Vivien sorridendo maliziosa a Callie.
- Dico che Derek ci ucciderebbe!
- Ma a Sofia piacerebbe passare una giornata intera con la sua mamma, non credi? – Ok, era un colpo basso, ma lo faceva solo per sollevarle il morale, no?
- Ne sono convinta. Anche alla sua mamma piacerebbe passare una giornata intera con Sofia, ma dovrà accontentarsi di andare all’asilo, perché la sua mamma lavora e non vuole rischiare le conseguenze del neurochirurgo più pignolo di questo emisfero
- Ok ci rinuncio! – Vivien alzò le mani, accettando la sconfitta. Per ora.
Callie, invece, sorridendo andò prima a farsi una doccia, poi a preparare Sofia.  Ci mise un po’, considerato che la bambina ancora dormiva. Quando finì trovo Vivien intenta a leggere, con un paio di occhiali in stile vintage, le ultime pagine della relazione sulle ultime settimane di test. Quando Callie la vide non poté contenere una risatina divertita che fece voltare Vivien.
- Ho finito le lenti a contatto! – protestò, leggermente imbarazzata, sfilandosi velocemente gli occhiali.
- Meglio così, sono adorabili – Callie le fece l’occhiolino.  
- Se lo dici a qualcuno ti uccido – le rispose Vivien con un’aria angelica.
Callie le fece la linguaccia, poi aiutò Sofia a mettersi lo zainetto sulle spalle e la prese in braccio: adorava stringere tra le braccia la sua bambina.
- Mamma, ti posso chiedere una cosa?
- Dimmi amore mio – nel frattempo anche Vivien si era alzata ed era pronta per uscire.
- Ma la mamma perché non sta più sempre con noi? A me manca… mi piace giocare con Vivien ma la mamma è la mamma…
Vivien e Callie si guardarono per un attimo, entrambe visibilmente a disagio, poi la mora decise di prendere in mano la situazione.
- Amore, sai cosa facciamo? Questa sera diciamo alla mamma di venire a cenare da noi, che dici?
- Che sono super- arci - extra contenta! Vivien vieni anche tu?
- Poi vediamo, cucciola – le rispose Vivine sorridendo, anche se un po’ forzatamente. Una cena con Arizona? No, l’idea decisamente non la entusiasmava.
Quando furono fuori Vivien prese la mano libera di Callie e questa glielo lasciò fare, assorta com’era nei suoi pensieri.
 
 
 
- Calliope, che dici se prima di iniziare andassimo a prendere un caffè?
- Non credi che siamo già abbastanza in ritardo?
- Sì, ma dato che hai passato la notte in bianco, saresti più d’aiuto con un po’ di caffeina in circolo
- Uhm… Solo perché al caffè non posso dire di no! Vai pure avanti, ti raggiungo dopo aver lasciato il plico in sala medici. Non vorrei che qualcuno ci rovesciasse di nuovo il caffé – l’affermazione fu accompagnata da un sorrisino di scherno.
- Non fare tardi, mi raccomando! – Vivien sorrise nel vedere Callie scuotere la testa alle sue parole e, con un sorriso ben stampato in viso, si diresse alla caffetteria.
 
 
In sala medici Callie urtò contro una sedia facendo cadere tutti i fogli che aveva in mano. Fantastico! Vivien l’avrebbe uccisa: aveva passato tutta la nottata per ordinarli in modo meticoloso. Si chinò a raccoglierli e cercò di rimetterli, più o meno , in ordine. Il suo sguardo cadde su un foglio seminascosto dal tavolo. Dall’intestazione non doveva far parte del suo materiale, ma, per esserne sicura, lo raccolse, iniziando a scorrere velocemente il testo. Quando ebbe capito di cosa si trattasse e vide il nome di Arizona, il suo cuore perse un battito.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Callie dovette reggersi al tavolo per non perdere l’equilibrio. Si sedette, non del tutto sicura che le gambe fossero in grado di reggerla ancora a lungo. Cercò di riordinare i propri pensieri, ma senza il benché minimo risultato. Il mondo era a dir poco sottosopra e non aveva idea di cosa fare per cercare di capirci qualcosa. Perché Arizona non le aveva detto nulla? Avrebbe dovuto. Sì, decisamente avrebbe dovuto dirle qualcosa: aveva il diritto di saperlo. Una data, appuntata a mano da Arizona, continuava ad ossessionarla. Una domanda face capolino nel caos di pensieri : cosa ci faceva quel foglio lì? Dannazione, avrebbe potuto leggerlo chiunque! Che Arizona lo avesse lasciato lì di proposito? No, non lo avrebbe mai fatto. Certo, a breve la cosa sarebbe diventata di dominio pubblico, inevitabilmente, ma di sicuro Arizona non l’avrebbe mai lasciato lì di proposito.
- Calliope, che fine hai fatto? – la voce era quella di Vivien, non senza una nota di preoccupazione. Quanto temo era passato da quando l’aveva lasciata alla caffetteria? Non ne aveva la minima idea: aveva completamente perso la cognizione del tempo da…beh, da un po’.
- Tutto bene? – quando Callie sentì il tocco di Vivien sulla sua spalla si affrettò a piegare il foglio e ad infilarlo in tasca, cercando di non far notare la sua confusione.
- Sì, assolutamente. Mi è scivolato il plico ed ho impiegato un sacco di tempo per ricostruire l’ordine maniacale di qualcuno – Callie aveva un sorriso stampato in faccia che a Vivien parve strano, un po’ tirato e non del tutto limpido, come suo solito. Senza contare che era decisamente più pallida di quando si erano separate.
- Calliope, sei sicura di stare bene?
- Sì, perché?
- Sembra che tu abbia visto un fantasma… Ti va ancora il caffè?
- Sì, perché?
Vivien inarcò un sopracciglio. – Calliope, anch’io adoro Olaf, ma ti sarei grata se mi rispondessi come una persona il cui cervello è effettivamente funzionante e non fatto di neve!
Callie si lasciò andare ad una risata divertita, cui Vivien rispose facendole l’occhiolino.
 
 
 
 
- Devo dedurre che il fatto che la sua ex moglie esca con qualcun altro le dia fastidio?
- Sta scherzando?! È ovvio che mi dà fastidio! Non credo che sia propriamente fastidio quello che provo…
- E cosa prova di preciso?
- Non dovrebbe dirmelo lei?
- Dottoressa Robbins, il senso di questo percorso terapeutico è proprio renderla capace di riconoscere i propri sentimenti ed imparare ad affrontarli correttamente. Non posso certo essere io a dirl...
- Ok ok – tagliò corto Arizona. Non era decisamente dell’umore giusto per quel tipo di discorso.
- Eravamo rimasti a cosa prova riguardo al fatto che sua moglie veda altre persone…
- Già.
- È tutto quello che ha da dire? Non vuole aggiungere altro?
- Rabbia, e gelosia, tantissima rabbia e gelosia… - quelle parole facevano male, fisicamente, anche solo pronunciandole.
- Perché rabbia?
- Perché lei non ha il diritto di fare quello che sta facendo – davvero?
- Cosa vuol dire con “non ha il diritto di fare quello che sta facendo”?
- Voglio dire che non ha il diritto di ricominciare senza di me!
- Perché?
- Perché noi stiamo insieme! -  quella sessione cominciava a diventare esasperante.
- Temo che questa affermazione non sia del tutto corretta – fece l’analista quasi a voler sfidare la reazione di Arizona
- No, lo è perfettamente! Noi stiamo insieme, perché io la amo e lei mi ama! Quello che stiamo attraversando è solo un periodo di allontanamento, non una rottura!
Se c’era una cosa di cui l’analista era convinto era che quella donna amava sua moglie. Sul serio, a prescindere da tutto quello che era stato, ma qualcosa ancora non gli tornava.
- Mi permetta di farle una domanda, dottoressa Robbins. Ha detto di amare profondamente sua moglie e di essere altrettanto profondamente ricambiata – attese che Arizona annuisse, per confermare le sue parole, prima di ricominciare - Perché lei è arrivata a tradirla giustificandosi dicendo che sua moglie non era stata in grado di farla sentire abbastanza?
- Beh perché avevamo paura, entrambe… - la voce di Arizona si era fatta tutta d’un tratto triste, melanconica.
- Lei di cosa aveva paura, dottoressa Robbins?
- Di averla persa, di non riuscire a ritornare più la donna che l’aveva fatta innamorare. Di non riuscire a tornare più me stessa….
- E sua moglie, invece, di cosa crede avesse paura?
- Di ferirmi, credo. Di forzarmi… avevamo paura di non essere abbastanza l’una per l’altra e abbiamo finito per non esserlo. Lei è tutto per me ed io… credo di essere tutto per lei.
 Ad un tratto si sentì bussare. L’uomo diede il permesso di entrare e, non appena Arizona vide Callie sulla porta, il sorriso sul suo viso illuminò a giorno l’intera stanza. L’analista osservò come la donna fosse del tutto inconsapevole di questa sua reazione. 
- Ehm – iniziò Callie, evidentemente imbarazzata, evitando il più possibile il contatto visivo con entrambi
– Scusate l’interruzione, ma devo entrare in sala operatoria e non so quando potrò uscire... Dovevo chiederti una cosa… - guardò Arizona negli occhi, per chiarire con chi avesse bisogno di parlare.
- Dimmi pure
- Questa sera ho promesso a Sofia che saresti venuta a cena… quindi, ehm, vorresti venire a cena da me? Da NOI, volevo dire da noi…
- Certo Calliope, certo -  Arizona le sorrise ancora, divertita dalla sua leggera indecisione.
- Bene, io, ehm… Allora, io vado… Α questa sera – si chiuse velocemente la porta alle spalle, ma la bionda non smise di sorridere.
- A questa sera – mormorò sottovoce.
Dopo alcuni istanti Arizona si accorse che lo psicoanalista la stava osservando, sorridendo, e non poté che sorridergli, di rimando.
 
 
 
Per tutto il tempo che era stata lì dentro, Callie aveva osservato Arizona, quasi a cercare una traccia di quello che aveva appena scoperto. Non ne trovò nessuna. Però qualcosa la vide: Arizona era bellissima. Sorrise a se stessa, scuotendo leggermente la testa mentre si dirigeva in sala operatoria.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Era ormai passata la mezzanotte, Vivien continuava a lavorare. Aveva provato a dormire, ma con scarsi risultati. Dopo l’incontro in sala medici, Callie l’aveva evitata per tutto il giorno ed era letteralmente sparita, borbottando qualcosa sulla cena con Arizona. Non che si aspettasse che rinnovasse l’invito che le aveva fatto Sofia quella mattina. Molto probabilmente lo aveva fatto per evitarle l’imbarazzo di rifiutare, eppure qualcosa la teneva sveglia. Il pensiero costante di cosa potesse star succedendo dall’altro lato del pianerottolo. Vivien sapeva che se Callie avesse trovato il modo di perdonare Arizona, per lei non ci sarebbero state speranze. Sobbalzò sulla sedia quando sentì bussare pesantemente.  Chiunque fosse, doveva avere molta fretta. Vivien si trovò di fronte una Callie sconvolta con Sofia avvolta in una coperta.
- Vivien, ti prego, potresti badare a Sofia per un po’? Arizona non è venuta ed io ho paura che possa esserle successo qualcosa. Non risponde né al cellulare né al cercapersone. Sofia dorme e non voglio che prenda freddo, e io…
- Calliope, respira! – fece Vivien cercando di tranquillizzarla – Sai che probabilmente non sarà successo niente, vero? -  le sorrise, accarezzandole dolcemente l’avambraccio.
- Vivien, io devo andare a vedere come sta!! – Callie, in un modo o nell’altro, sarebbe andata a cercare Arizona, glielo si poteva leggere negli occhi. Vivien le fece cenno di passarle la bambina, che, ancora addormentata, si limitò a mettersi comoda.
- Grazie Vivien, davvero! – Callie diede un bacio alla bambina e si fiondò verso l’ascensore.
- Non dimenticarti di respirare! – le fece Vivien prima che le porte si chiudessero.
 
 
Neppure mezz’ora dopo, Callie si trovava a balzare fuori dalla macchina in direzione dell’albergo in cui Arizona soggiornava. Nella hall, un receptionist decisamente addormentato la guardò pigramente, quasi infastidito dalla sua intrusione nel suo quasi-sonno.
- Salve, saprebbe dirmi se la dottoressa Robbins è rientrata? – fece Callie con il respiro accelerato, tamburellando nervosamente le dita sul bancone.
- Mi dia un attimo – l’uomo iniziò a digitare alcune cose sul pc per un tempo che a Callie sembrò infinito.
- La prego, è piuttosto urgente! – gli disse Callie, cercando di accorciare i tempi di quella interminabile ricerca. L’uomo, tuttavia, sembrò non aver neppure sentito la richiesta della donna. Furono necessari altri 7 interminabili minuti, durante i quali Callie non fece che imprecare sottovoce, prima che arrivasse il verdetto finale.
- No.
E quell’uomo le aveva fatto perdere così tanto tempo? Senza aggiungere altro, Callie si ritrovò in macchina, di nuovo, lanciata verso l’ospedale. Non poteva fare a meno di controllare ogni due secondi, letteralmente, lo schermo del cellulare, gettato sul sedile, sperando di trovarvi un messaggio di Arizona. Niente.
In ospedale, corse fino al reparto di pediatria, salendo le scale tre per volta. Le infermiere le dissero che effettivamente la dottoressa Robbins, quel giorno, non stava particolarmente bene e che non aveva nessun intervento in programma per la serata, confermandole che il suo turno finiva per le diciotto. Il cuore di Callie batteva all’impazzata, la sua mente continuava a correre frenetica in tutte le direzioni possibili ed immaginabili, ipotizzando gli scenari peggiori e più catastrofici di cui era capace.
- Calliope!
Callie si voltò di scatto, riconoscendo immediatamente la sua voce. Aveva ancora il camice sporco di sangue, probabilmente era appena uscita dalla sala operatoria, ma non le importò. Aveva avuto così tanta paura che potesse esserle successo qualcosa che, vedendola lì, di fronte a lei, senza neppure un graffio, non poté fare altro che lanciarsi verso di lei, abbracciandola. Arizona impiegò alcuni istanti per decifrare quella situazione, presa totalmente alla sprovvista da quel gesto. Sorrise, ricambiando la stretta con lo stesso entusiasmo. Sentirla così vicina, tra le sue braccia, le diede un senso di calore, di pace, che non provava da mesi e che le era mancato terribilmente. Eccome se le era mancato.
Quando si sciolsero dall’abbraccio, Arizona fu la prima a prendere la parola.
- Calliope, scusami se non sono riuscita a raggiungervi per cena…C’è stata una complicazione durante l’intervento ed ho dimenticato di chiedere a qualcuno di avvisarti…
- Non lo fare mai più! – la voce di Callie era strana, come se stesse cercando di non piangere.
- Cosa? – Arizona la guardò interrogativa, non cogliendo il motivo di tanta apprensione. Non era certo la prima volta che un intervento durava più del previsto.
- Avresti dovuto avvisarmi! Mi sono spaventata! Sono andata in albergo e non c’eri… Comunque, per inciso, cambia albergo!
- Perché? – fece Arizona divertita.
- Quel portiere è insostenibile! – La serietà nel tono di Callie fece scoppiare a ridere Arizona.
- Va bene, Calliope, va bene. – le prese la mano, cercando di rassicurarla - Che dici però se ce ne andassimo? Sono così stanca e…
- Hai ragione, che stupida che sono! Dai andiamo a casa!
- A casa? – Arizona non poteva credere a quelle parole.
- Sì, a casa
Sulle labbra di Callie comparve un sorriso meraviglioso, rassicurante. Stavano davvero per tornare a casa?
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Durante tutto il viaggio, Arizona non aprì bocca. Non ci pensò neppure. Non aveva intenzione di correre il rischio di spezzare quel sogno meraviglioso in cui Callie le aveva detto di tornare a casa. Con lei. Ogni tanto sollevava lo sguardo, verso la donna alla guida. Sorrideva ed Arizona, quasi timidamente, faceva lo stesso. Di tanto in tanto, anche Callie si voltava verso di lei, senza smettere di sorridere: i loro sguardi si incrociavano e tutte le parole che avevano paura di pronunciare fluivano tra di loro, mute.
Arizona non aveva idea di cosa mai potesse aver provocato quel cambiamento in Callie, ma fece in modo di nascondere quella domanda in un angolo remoto della sua mente.
 
Callie aprì la porta, facendole cenno di entrare.
- Vado da Vivien, torno subito…
Arizona annuì, non riponendo troppa fiducia nella capacità della sua voce di rimanere salda in quel momento. L’aveva davvero portata a casa per poi correre da lei? A che gioco stava giocando? Si diede della stupida per essersi lasciata cullare da quell’illusione. Fin troppo bella per esser vera. Si fece forza, trattenendo le lacrime che cominciavano ad affacciarsi all’angolo dei suoi occhi, ed entrò in casa.
 
 
Callie bussò alla porta di Vivien, questa volta con meno forza di prima.
- Ehi – la salutò, quando l’altra aprì la porta, sbattendo le palpebre come a voler scacciar via il sonno – Scusa l’ora, ma ci ho messo più del previsto…Sofia dorme?
Vivien non poté far a meno di notare, dal tono di sollievo nella voce della bruna, che le sue paure dovevano esser state del tutto infondate.
- Sì, Sofia dorme.  Dovresti farlo anche tu, lo sai? – fece Vivien, dolce come sempre, sfiorandole appena la mano con la punta delle dita.
- Hai ragione…  Metto a letto Sofia e vado a dormire – cercò di evitare il contatto diretto con i suoi occhi verdi, ma era più difficile di quanto pensasse. 
- Puoi restare a dormire qui, se vuoi… Così non dovresti spostare Sofia
- Non credo sia una buona idea. Dobbiamo parlare, ma non adesso. Non è il momento giusto, non ce la faccio…
Game over. Qualcosa nella testa di Vivien le disse che era finito. Del resto, cosa si aspettava? Callie le aveva detto fin da subito di essere ancora innamorata di Arizona. Eppure faceva male. Troppo. Vivien annuì e sparì per alcuni secondi, prima di tornare con Sofia in braccio. La passò a Callie e le sorrise debolmente.
- Grazie – fu l’unica parola che Callie riuscì a pronunciare, prima di andar via.
Quando fu sola, Vivien chiuse la porta e si lasciò scivolare sedendosi a terra. Era successo di nuovo?
 
 
 
Callie era via da pochi minuti, ma ad Arizona parvero delle ore. Era rimasta lì, nell’ingresso, senza neppure togliere il cappotto. Avrebbe voluto aprire la porta, provare ad ascoltare, ma si rese conto che non sarebbe stata affatto una buona idea.
- Ehi, che ci fai ancora così? – la voce di Callie fu un sussurro alla sue spalle, ma la fece voltare di scatto. Sorrise nel vederla con Sofia in braccio, intenta a chiudere la porta
- Ma allora tu sei andata…
- A prendere Sofia. L’avevo lasciata a Vivien quando sono venuta a cercarti
- Mamma – Sofia si era svegliata.
- Ehi amore, guarda chi ti ho portato – nel frattempo Arizona aveva raggiunto Callie e stava sorridendo alla sua bambina.
- Mamma? Che bello! Sei tornata da noi! Vero che adesso  non andrai più via? – Arizona guardò Callie, con speranza. E paura. Decisamente molta paura.
- No, amore. La mamma non andrà più via… Però adesso andiamo a letto, perché la mamma è tanto stanca…
Le parole di Callie le avevano aperto il cuore. Arizona si chinò dare un bacio alla figlia, poi lasciò che Callie la portasse nella sua stanza.
Quando furono entrambe a letto, Arizona guardò Callie.
- Allora buonanotte… - accennò, timida.
- Buonanotte.
Quando la luce fu spenta, Callie si avvicinò ad Arizona e l’abbracciò. Passarono la notte in quella posizione.
 
 
 
Il mattino dopo Callie si svegliò molto presto, scendendo dal letto il più silenziosamente possibile. L’aspettava una giornata molto… pesante, ma non voleva svegliare Arizona prima del necessario.
 
 
Quando Arizona aprì gli occhi, per un attimo, sentendo il letto vuoto accanto a lei, sentì quella ormai familiare sensazione di tristezza e solitudine che l’aveva accompagnata  dalla rottura con Callie. Sbatté le palpebre, ma quando i suoi occhi si furono abituati alla luce, riconobbe quel letto, quelle mura, sentì il rumore dell’acqua provenire dalla doccia e sentì il profumo di Callie sul cuscino di fianco a lei. E quella sensazione scomparve. Tornò a dormire, serena.
 
 
Quando fu pronta, Callie sorrise nel vedere che Arizona dormiva ancora e andò a preparare la colazione. Prima di uscire le scrisse un post-it velocemente.
 
Buongiorno! Avrei voluto darti il buongiorno di persona, ma eri troppo bella e non ce l’ho fatta a svegliarti :) Evita di programmare interventi notturni, abbiamo una cena da recuperare.
Callie”
 
 
 
- Mi stai dicendo che è finita? Mi stai sul serio lasciando così? – i meravigliosi occhi verdi di Vivien erano velati di lacrime. Callie non avrebbe mai voluto farla soffrire, anche se con lei era stata chiara fin da principio. Cercò di ripetere a se stessa che quella era la cosa giusta, la sola cosa da fare in quel momento.
- Mi dispiace, Vivien… Avrei voluto anche io che andasse a finire in modo diverso…
- Lo stai facendo per lei, vero?
- Sì – Callie non voleva mentirle, ma non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Terribilmente in colpa. Vivien annuì, rimanendo in silenzio per diverso tempo.
- C’è una ragione per cui preferisci tornare a braccia aperte dalla donna che ti ha tradito senza dare a me… a noi neppure una possibilità? -  il suo tono era controllato, calmo. Ma i suoi occhi raccontavano una storia completamente diversa.
- Vivien, io non posso dirtelo. Almeno non adesso…
- Calliope… -  attese un attimo, per controllare il tremito nella propria voce. – Credo di meritare una spiegazione. Lo sai perfettamente.
- Fino a ieri anche io avrei preferito dimenticare il mio amore per lei, ma adesso ho scoperto qualcosa che mi impedisce di farlo. Mi impedisce di pensare solo a me stessa. Adesso non posso lasciarla da sola…
Vivien posò una mano sulla guancia di Callie, che la coprì con la sua.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Callie chiuse gli occhi. Poteva sentire sulla sua guancia il calore della mano di Vivien, il suo tocco delicato, la dolcezza con la quale, lentamente, le sue dita le accarezzavano la pelle. Non ebbe bisogno di aprire gli occhi per sentire il calore del suo viso avvicinarsi, le labbra ad un passo dalle sue. Prese un profondo respiro appena un attimo prima, facendo un passo indietro. Aprì gli occhi, guardandola con un’espressione triste, quasi colpevole. Sembrava che le stesse urlando perdonami.
- Calliope…. – la voce di Vivien era poco più di un sussurro, un suono così distante da sembrarle di un’altra galassia - Io non ti avrei mai tradita…
Callie cercò i suoi occhi verdi, con un sorriso leggero sulle labbra. Non disse nulla. Non ne aveva la forza. La tristezza negli occhi di Vivien metteva a dura prova il suo autocontrollo: le faceva male vederla così. Non lo meritava. Chiuse la porta, senza smettere di guardarla: Vivien le piaceva, ma di Arizona era innamorata.
 
 
 
Svegliandosi, Arizona impiegò alcuni secondi per razionalizzare quanto era accaduto. Era tutto così meraviglioso da esser surreale. Si alzò velocemente, sorridendo nel leggere il post-it sul comodino. Decise di fare una doccia veloce, poi di passare in albergo per cambiarsi. Sapeva perfettamente che avrebbe dovuto fermarsi un momento per cercare di capire cosa fosse successo per portare quel cambiamento, ma in quel momento non ne aveva la minima intenzione.
 
 
Callie non riusciva a smettere di leggere quel foglio. Lo aveva tirato fuori dalla tasca del camice almeno dieci volte durante la mattinata. Non aveva idea di cosa sperava di trovarvi che già non sapesse, ma non riusciva a smettere di farlo. Sospirò, ripiegandolo accuratamente. Forse quella sera Arizona le avrebbe detto qualcosa…
- Ho visto la tua amica leggermente sconvolta, cosa le hai fatto? – Callie venne bruscamente riportata alla realtà dalla voce di Cristina alle sue spalle.
- Mi hai spaventata a morte!
- Non cambiare argomento, Torres! La francese stava uscendo dal bagno con l’aria di chi lì dentro ci è stato a piangere. Che le hai fatto?
- Io? Niente! – ovviamente non aveva intenzione di raccontare nulla a Cristina, ma non poté fare a meno di aggrottare la fronte, preoccupata. Vivien aveva pianto? Represse l’istinto di andare a cercarla…
- Callie! Anzi,  Calliope!!
- Smettila di chiamarmi in quel modo…
- Questa non è una risposta, Calliope. Tu racconta ed io la smetto.
Callie la guardò, studiando la sua espressione, poi sorrise appena, porgendole la mano.
- Direi che è un compromesso accettabile
Callie sospirò, cercando di raccogliere i pensieri prima di parlare. Non che ci fosse molto da dire.
- L’ho lasciata. Più o meno…  Non siamo effettivamente mai state insieme, quindi non l’ho propriamente lasciata. Ho rotto con lei…
- Cosa ha fatto Arizona per farti cambiare idea? – perché Cristina doveva esser sempre così dannatamente diretta?
- Cosa c’entra adesso Arizona? Magari l’ho lasciata perché non mi piace! – il suo tono era più sulla difensiva di quanto avrebbe voluto, ma sperò che il cardiochirurgo non vi desse troppo peso.
- No, perché se non ci fosse stata Arizona lei sarebbe stata perfetta per te – la sua affermazione non era un’ipotesi, quanto una constatazione di fatto. Ed anche piuttosto ovvia - Quindi siete tornate insieme?
Callie si rassegnò, alzando le mani in segno di sconfitta.
- Non propriamente – le rispose dopo un po’, cercando effettivamente di trovare una risposta adeguata - Dobbiamo ancora parlare e chiarire molte cose…
- Giuro che se fossi stata Arizona ti avrei strozzata!
Callie e Cristina risero
 
 
Arizona aveva impiegato ore a prepararsi meticolosamente. Il vestito, il trucco, i capelli… Voleva, anzi doveva essere perfetta. Cenarono tre insieme, divertendosi con Sofia, sorridendosi. Quando la bambina si addormentò nel suo lettino, Callie le si sedette accanto sul divano. L’espressione sul suo viso era inspiegabilmente assorta, ma la bionda decise di aspettare e di darle tempo prima di parlare.
- Arizona – si girò verso di lei, guardandola dritto negli occhi - Dobbiamo parlare  
Arizona sospirò: quando una conversazione iniziava così, non aveva molte speranze che potesse concludersi positivamente.
– Io – Callie prese una pausa ed un profondo respiro - Credo di essere riuscita a perdonarti.
Non era decisamente quello che Arizona si aspettava. Sbatté le palpebre alcuni istanti, del tutto presa alla sprovvista, poi iniziò a piangere, senza poter far nulla per fermare quel fiume di lacrime, quel fiume di gioia che la stava attraversando. Callie le sorrise, prendendole il viso tra le mani ed asciugandole le gote, dolcemente. Continuò a sorriderle quando, delicatamente, posò le labbra sulle sue.
- Arizona ma come ti senti? – le chiese, a pochi millimetri dal suo viso.
- Bene…. – Arizona la guardò leggermente perplessa. Forse bene non era la parola giusta. Era letteralmente al settimo cielo, ma era piuttosto sicura che non fosse quello ciò a cui si riferiva Callie.
- Ieri, mentre ti cercavo, in ospedale le infermiere mi hanno detto di non averti vista molto in forma…
- Ah, sì… - Arizona sorrise - Solo un po’ di stanchezza, probabilmente anche un po’ d’influenza…
- Arizona, ho bisogno che tu sia sincera con me
- Calliope, io… - Callie sollevò la mano, facendole cenno di aspettare. Si alzò, andò a prendere il foglio che da giorni le occupava i pensieri. Glielo passò.
- Voglio sapere la verità su questo
Arizona alzò gli occhi dal foglio e Callie vide distintamente che erano velati di lacrime.
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


- Dove l’hai trovato?
- Era in sala medici, a terra, ma non è questo il punto! Perché non me lo hai detto? Perché non mi hai mai detto che volevi riprovarci?
Arizona non riusciva a guardarla negli occhi. Si morse le labbra, cercando le parole giuste per uscire da quella situazione. Cercò di ignorare il nodo che le stringeva la gola, ma non ottenne grandi risultati.
- Perché avevo paura, dannazione! Avevo paura che potesse finire come la prima volta! Non volevo far soffrire anche te per il mio ennesimo fallimento! Per una volta…- si asciugò le lacrime con il dorso della mano, cercando di mantenere il controllo sulla propria voce – per una volta volevo essere abbastanza… Abbastanza per darti un figlio, Callie… Ma è evidente come sia stato stupido da parte mia anche solo pensarci…
- Arizona, ma…
- No Callie, non sono incinta – la interruppe, con rabbia.
- Ma quella data …
- Non ci sono mai andata! Non ho avuto il coraggio di farlo senza di te! Avevo preso l’appuntamento prima che tutto andasse a rotoli…. Calliope, io non volevo semplicemente avere un figlio, ho già Sofia… Io volevo avere un altro figlio con TE!
Rimasero in silenzio. Si guardarono negli occhi, senza aggiungere una parola. Nessuna delle due aveva il coraggio di farlo.
- Calliope – Arizona prese un profondo respiro - Ora sono io ad aver bisogno di sapere una cosa – cercò i suoi occhi con l’intenzione di non rompere il contatto visivo – Volevi tornare con me solo perché credevi che aspettassi un bambino?
Callie rimase in silenzio, incapace di allontanare lo sguardo ma altrettanto incapace di parlare.
- Callie, io ti amo. Tornare con te è la sola cosa che mi renderebbe felice, ma non posso farlo così. Questo non è…reale, Callie! Ed io non voglio averti accanto a me perché senti il dovere di farlo…  
Arizona si avvicinò a Callie, con un sorriso triste sulle labbra. Le accarezzò il viso, dolcemente, e  la baciò. Non disse altro, non ne aveva la forza. Si alzò e prese la borsa. Non voleva rimanere un secondo di più.
Callie avrebbe voluto fermarla, dirle che l’amava, che la storia del bambino l’aveva solo spinta più velocemente lungo un percorso che avrebbe intrapreso da sé…
- Non c’entra niente il bambino – la voce di Callie era tremante, incerta. Poco più che un sussurro a se stessa.
- Calliope, questo non è un addio – Arizona era ormai sulla porta – Voglio che tu sia sicura. Non posso vivere con te sapendo che non è quello che desideri realmente.
Arizona le sorrise un’ultima volta prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
 
- Le ho detto che doveva pensarci e che non potevamo stare insieme se lei non ne era davvero convinta – Arizona non aveva neppure la forza di piangere. Sapeva di aver fatto la cosa giusta, ma questo non rendeva le cose più semplici. Per un momento, le cose erano tornate come avrebbero dovuto essere. Niente Lauren, niente Vivien… Lei e Callie, nient’altro.
- Sa che quello che ha fatto è la cosa più giusta che potesse fare?
- Sì, ma questo non mi fa stare meglio – Arizona aveva incrociato le braccia al petto, come a volersi trattenere dal cadere definitivamente a pezzi.
- Eppure l’ha fatto senza che glielo facessi notare io. Questo è un progresso enorme, dottoressa Robbins. Se ne rende conto?
- Continua a non farmi stare meglio! –dietro quell’atteggiamento infantile, però, sapeva perfettamente che l’uomo aveva ragione. Lo psicanalista sorrise, il suo lavoro era quasi finito
 
 
 
Callie riusciva a credere che fosse successo davvero. Quando aveva trovato quel foglio, la gioia l’aveva invasa come non le capitava da tanto tempo. Troppo. L’idea di avere un bambino con Arizona la rendeva così felice... Aveva deciso di lasciare Vivien, di buttarsi alle spalle tutto e di ricominciare con l’unica persona che avesse mai amato così profondamente in vita sua.
A Vivien le aveva detto che anche lei avrebbe voluto che la loro storia finisse in un modo diverso, ma era vero? Avrebbe davvero detto addio ad Arizona, per ricominciare tutto da capo con Vivien? Aveva davvero permesso ad Arizona di tornare, perché era incinta? In quel momento,  non lo sapeva.
Non ci aveva pensato: da quando aveva scoperto che Arizona poteva essere incinta, aveva deciso di tornare con lei senza battere ciglio. Adesso, dopo che aveva insinuato nella sua mente il dubbio che potesse averlo fatto solo per un senso di responsabilità, ecco che di nuovo con ci capiva più niente della sua vita, dei suoi sentimenti, dei suoi stessi pensieri. Dannazione!
Sapeva di amare Arizona e sapeva che non era stato solo per il bambino. Doveva credere che fosse così. Ma lo era davvero?
Arizona ha ragione, si disse. Doveva esserne sicura.
Era sommersa in quei pensieri quando sentì bussare alla porta: perché ogni volta che era impegnata a cercare una soluzione ai suoi drammi interiori, qualcuno arrivava a bussare alla porta, perché? Si alzò, malvolentieri, ed andò ad aprire
- Scusami

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Callie non sapeva cosa rispondere. Non aveva la minima idea di cosa significasse né del perché, dopo tutto quelle che le aveva detto, Vivien fosse lì, davanti a lei.
- Cosa?  - fu l’unica parola che riuscì ad articolare, del tutto paralizzata da quella situazione.
- Scusami per quello che ho detto, non avrei dovuto. In fondo, mi hai detto fin da subito di essere ancora innamorata di Arizona…
- Vivien… Non avrei voluto ferirti, davvero – Vivien sollevò una mano, fermandola.
- Calliope, non devi scusarti con me. Sono felice che tu abbia trovato il modo di perdonare tua moglie, perché so perfettamente che lei è l’unica che possa renderti davvero felice. Avevo solo bisogno di scusarmi… - era già sul punto di andar via, quando Callie la trattenne, afferrandole il polso.
- Sono ancora in tempo per offrirti qualcosa da bere?
 
 
- Tu. Hai. Fatto. Cosa? – April non riusciva a credere a quello che Arizona le aveva appena detto.
- So perfettamente che sembra folle, ma io voglio che lei sia felice! Felice per davvero! Voglio che desideri stare con me, non perché sente di doverlo fare!
- Arizona, non essere stupida! Sai benissimo quanto ti ama e di certo non per dovere!
- Come mi spieghi che abbia cambiato idea solo quando pensava che fossi incinta? – non voleva che quelle parole venissero fuori così amare ma non riuscì a farne a meno.
- Andiamo, Arizona! È stata solo la miccia che ha fatto scoppiare tutto!
- Tu puoi esserne certa?
- Ovviamente!
- Ah sì? -  Non doveva sperare, si disse. Eppure le parole di April erano troppo invitanti per non cedervi, anche solo per un attimo.
- Sarebbe stata così male quando l’hai tradita, se non ti avesse amata? Non prendere le mie parole nel modo sbagliato, Arizona, ma sai benissimo che la cosa l’ha distrutta e, probabilmente, la fa soffrire ancora… Se avesse smesso di amarti, di volerti nella sua vita, sarebbe andata avanti da molto tempo.
Arizona rigirò quelle parole nella sua mente diverse volte, prima di rispondere.
- Forse hai ragione… Ma che mi dici di Vivien? -  il solo pensiero di quella donna riusciva a farla tremare di paura e di gelosia.  
- L’ha allontanata piuttosto velocemente ed ha scelto te, tesoro. Non si rinuncia ad una nuova fiamma, una così bella fiamma per qualcuno che non si ama – April sorrise nel vedere Arizona arricciare il naso nel momento in cui aveva definito Vivien “bella”.
- Non fare quella faccia, la dottoressa Blanchard è tutt’altro che sgradevole!
- O invece lo è tantissimo…
- Cosa?
- Sgradevole! – April scosse la testa, divertita dalla sua reazione.
- Sai benissimo che non è questo il punto! Avrebbe rinunciato a lei se non ti avesse amata? Poteva essere la sua seconda chance dopotutto.
Arizona rimase in silenzio, così persa nei suoi pensieri da non rendersi conto che April parlava ancora.
- Ah, comunque non è vero! -  le disse l’amica, a voce più alta, per attirare la sua attenzione.
- Cosa?
- Che è sgradevole! – Arizona la fulminò con lo sguardo.
 
 
- Ehi Mer, che programmi hai per la serata?
- Cartoni animati
- Yay! – fece Cristina fingendo entusiasmo
- Guarda che sono belli!
- Non ne ho dubbi
- Sul serio, Zola non vedeva l’ora di passare una serata con Sofia a vedere i cartoni. Mi ci è voluto un po’ per convincere Callie, ma alla fine ci sono riuscita, è incredibile come sia iperprotettiva
- Da Callie ci saremmo potute aspettare qualcosa di diverso?
- Effettivamente no – le due scoppiarono a ridere
- Comunque credo che tu abbia perso…- fece Meredith
- Non è vero, io non perdo mai! Comunque in cosa?
- Derek ha detto che sono un po’ di giorni che Vivien e Callie sono alquanto… distanti o almeno non come prima
- Odio Callie!
- Cosa? Perché?
- Perché mi ha fatto perdere la mia prima scommessa!
 
 
- Dai vestiti, ti porto in un posto speciale!- fece Vivien a Callie con gli occhi che le brillavano.

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


- Un maneggio…mi hai portata in un maneggio… -  Callie si guardò intorno, cercando di controllare le sue reazioni.
- Oui, ma chère! Non lo trovi meraviglioso? – gli occhi di Vivien brillavano dalla felicità e la donna non poté fare a meno di sorridere di fronte a tanto entusiasmo.
- Eh, da impazzire.... – non voleva che le sue parole venissero fuori così sarcastiche, ma non riuscì davvero ad evitarlo.
- Prima di partire da Marsiglia, la prima cosa che ho controllato è che a Seattle ci fosse un maneggio e ne sono entusiasta! Questo è decisamente il posto perfetto per pensare!
- Non ne sono molto convinta... Onestamente ho un’idea un po’ diversa di “posto perfetto per pensare”... Sai, preferisco qualcosa di meno vivo e che non nitrisca.. Il letto, ad esempio. O il divano. Comodo e stabile– sulle labbra di Vivien comparve un sorrisino di sfida.
- Aspetta, aspetta: la dottoressa Torres non avrà forse paura dei cavalli?
- Chi? Io paura? Ma no... – Callie incrociò le braccia al petto come una bambina offesa. Sì, decisamente aveva paura.
- Se non hai paura, non vedo quale sia il problema... Non credo che sul letto o sul divano tu abbia concluso un granché – Vivien fece una piccola pausa nella quale Callie incassò il colpo – A meno che la dottoressa Torres non abbia paura, in tal caso…
- Ti ho detto che non ho paura! Non ho nessun problema con i cavalli io!
- Bene, allora andiamo?
- Certo! – mentre pronunciava quest’ultima parola Callie maledisse il suo orgoglio.
 
 
 
- Ricapitolando, si aspettava che la sua ex moglie la richiamasse, ma, a quanto pare, non l’ha fatto e la cosa le sta dando molto fastidio.
- No.
- La prego, mi corregga.
- Ciò che mi dà fastidio è lei che continui a ripetermi che non mi ha ancora chiamata. Lo farà, ok? Lo farà! Non è una questione di “se”, è una questione di “quando”. Non sarò certo io a metterle fretta, perché so che lo farà!
- Mi dica, dottoressa Robbins: chi sta cercando di convincere in questo momento? Me o se stessa? – l’uomo la fissò dritto negli occhi, impassibile come sempre.
- Lei! Io lo so già – Arizona rispose immediatamente, non aveva bisogno di pensare. Quella domanda voleva essere una provocazione e, certamente, l’analista non si sarebbe aspettato tutta quella sicurezza. Sorrise compiaciuto, annuendo
- Dottoressa Robbins, credo sia arrivato il momento di salutarci – le disse, chiudendo la cartelletta che aveva con sé.
- Ok, meglio così – Arizona non voleva essere così brusca, ma quell’uomo a volta la infastidiva come nessuno. Ok, c’era qualcuno che la infastidiva di più, qualcuno di decisamente troppo francese. Ma non era quello il punto.  
- A domani allora
- Non credo proprio – sul volta dell’analista era comparso un sorriso soddisfatto.
- Come?! Se le ha dato fastidio qualcosa che ho detto, le chiedo scusa, io non…
L’analista scosse la testa senza mai perdere quel sorriso.
- Stia tranquilla, dottoressa Robbins. Non ha fatto assolutamente nulla per infastidirmi e non ha bisogno di scusarsi.
- E allora perché mi sta cacciando? – Arizona non riusciva a capire.
- Non la sto cacciando, dottoressa Robbins. Le sto solo comunicando che non ha più bisogno di me
 
 
“Maledizione!” Callie prese un profondo respiro, cercando di controllarsi. Perché andare a cavallo doveva essere così dannatamente difficile?
In vita sua non aveva mai neppure pensato di avvicinarsi ad un cavallo. A dirla tutta, da bambina li adorava. Fino a quando un giorno, dopo aver convinto suo padre a portarla ad un circo, non era rovinosamente caduta dalla sella e, sebbene se la fosse cavata con un ginocchio sbucciato, quella caduta l’aveva terrorizzata così tanto da non farla avvicinare mai più ad un cavallo. Neanche ad un pony, a voler esser onesti. Ed ora era in sella ad un dannato cavallo pur di non ammettere di esserne terrorizzata. Avrebbe preferito stare in qualsiasi altro posto dell’universo che non fosse quella dannatissima sella. Salirci era già stata un’impresa titanica, ma era davvero nulla in confronto al riuscire a mantenere la calma.
- Calliope, tutto ok? – la scioltezza di Vivien lasciava Callie di stucco. Ed anche un po’ invidiosa. Il suo portamento faceva sembrare tutto così facile.
- C-certo, perché me lo chiedi?
- Niente, è solo che mi sembri un po’... tesa!
- No no, sto b-benissimo – strinse le redini, cercando di mostrarsi più disinvolta. Senza troppi risultati.
- Allora perché non mi raggiungi? Non è difficile! Basta dare un piccolo colpetto…
- Lo so! È solo che preferirei stare qui...
- Oh andiamo! Il bello di andare a cavallo è soprattutto nel poter sentire il vento tra i capelli!
Ecco, adesso ci mancava soltanto quello! Callie inspirò a fondo e provò a rischiare. Per una volta voleva rischiare. Un po’ per orgoglio, un po’ perché era stanca di avere paura. Non solo dei cavalli.
 
 
- Derek, scusa se ti disturbo ma avrei bisogno di un consulto in pediatria
- Non c’è problema, non sono particolarmente impegnato, dal momento che non devo lavorare sulla ricerca.
- Davvero?
- Sia Vivien che Callie si sono prese un giorno di ferie e mi hanno abbandonato – Arizona arricciò il naso a quella notizia, cosa che fece pentire Derek, che tentò di spostare l’attenzione della bionda su altro
 – Andiamo?
- Certo
Mentre camminavano verso il reparto di pediatria, squillò il cercapersone di Derek. Un’ambulanza in arrivo aveva bisogno di un consulto neurologico. Non ebbe il tempo di metter via il cercapersone che il suo cellulare squillò. Quando Derek ebbe letto l’sms, guardò Arizona allarmato, come a volere ulteriori spiegazioni. La calma negli occhi della donna gli fece capire che non era a conoscenza di nulla. Non poté fare a meno di chiedersi tra quanto la notizia si sarebbe abbattuta su Arizona, prima di iniziare a correre.
 
 
Callie aprì gli occhi. Sbatté le palpebre più volte, cercando di capire cosa la circondasse. Non riusciva a riconoscere quel posto, per quanto si sforzasse. Sentì, alle sue spalle, una voce familiare. Una voce che avrebbe riconosciuto tra mille. Tra milioni.
- Hey, Torres!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


- Oh cavolo…
- Ma chi ti ha insegnato le buone maniere, Torres? – l’offesa di Mark non avrebbe potuto esser meno credibile di così, con il sorriso smagliante di sempre e la sua finta indignazione – forse volevi dire “Mark! Quanto sono felice di vederti!”. Vuoi riprovare?
- Mark, sei sempre il solito – fece Callie, non trattenendo una risata – Sono felice di vederti, il problema è che questo significa che sono…morta?
 
 
Durante tutto il percorso in ambulanza, Vivien non smise mai, neppure per un attimo, di tenerle la mano. Callie era ancora incosciente, nonostante il trauma non sembrasse particolarmente esteso. Cominciò a maledire la dannata idea di portarla in un maneggio. Non avrebbe mai dovuto insistere per farla salire a cavallo! Non avrebbe mai dovuto insistere per farle spronare il cavallo, non avrebbe mai dovuto insistere... In situazioni normali si sarebbe comportata come il medico che era, eppure, in quel momento, non riusciva a fare altro che tenerle la mano. Non sapeva ancora dare un nome a quello che provava per quella donna, ma era terribilmente forte. Amore? Forse no, ma era terribilmente simile. Aveva già provato cosa significasse avere il cuore spezzato, la sua ex aveva fatto in modo che quell’esperienza fosse particolarmente dolorosa per entrambe, eppure ora le sembrava quasi una sciocchezza. Una sciocchezza paragonata al senso di vuoto che non era riuscita a fermare quando aveva capito che il cuore di Callie apparteneva ad Ariziona ed a lei soltanto.
La corsa dell’ambulanza si arrestò inaspettatamente: i portelloni dell’ambulanza che si aprivano riportarono Vivien alla realtà, circondata dai volti familiari dei medici del Grey+Sloan. Percepiva le voci che raccontavano l’accaduto, ma era come se provenissero da un pianeta diverso dal suo. Come se guardasse tutto attraverso una lente troppo sfocata per riconoscere un’immagine. Vide arrivare la dottoressa Robbins, trafelata. Sapeva perfettamente che, a quel punto, l’unica cosa che le restava da fare era allontanarsi, fare un passo indietro, lasciare che Arizona prendesse il posto che lei aveva temporaneamente occupato. Ma l’unica cosa che riuscì a fare, invece, fu stringere più forte la mano di Callie.
 
 
- Morta? Come ti salta in mente un’idea del genere?
- TU sei morto!
- Il tatto non è mai stata una delle tue doti migliori, Torres!
- Mark, sono appena morta! E non ho salutato Sofia, non ho finito la ricerca che stavo facendo con Derek e non ho operato il paziente della 312 e non… non ho risposto ad Arizona, non le ho detto che… - Mark le afferrò le braccia, costringendola a guardarlo dritto negli occhi.
- Ehi! Fermati, prima di cominciare a dare di matto in spagnolo! Non ho la benchè minima intenzione di sentire l’elenco dei tuoi rimpianti per una semplice ragione: non sei morta!
- E allora spiegami perché sei qui!
- Alle volte sei davvero impossibile... Hai bisogno di me e la tua testa mi ha...ecco, tirato fuori!
 
 
- Calliope! Spostatevi, dannazione! – Arizona continuava a spingere via chiunque le si parasse davanti con l’intento di rallentare la sua corsa. Quando fu arrivata a destinazione si fermò, come pietrificata: Vivien era accanto a Callie, alla sua Calliope, e sembrava guardarla come a volerle dire che di lì non si sarebbe mossa. Fino a qualche settimana prima, davanti a quella scena si sarebbe tirata indietro, sarebbe andata via. Ma non era più intenzionata a comportarsi in quel modo. Non si sarebbe tirata indietro.
 - Va via – il tono di Arizona era sicuro, deciso, determinato.
 
 
- In che senso? Sei una proiezione della mia mente? – Callie volveva saperne di più, ancora non riusciva a capire come riuscisse a vedere il suo miglior amico morto senza esserlo a sua volta.
- Eddai, Torres! lo sai benissimo anche tu! Quando sei caduta (per inciso, come diavolo ti è venuto di andare a cavallo?) il tuo cervello è stato traumatizzato e poi, l’hai detto anche tu, il cervello è l’organo più misterioso del corpo umano. Quando è traumatizzato, beh, lo diventa ancora di più...
 
 
- Va via! – Arizona avrebbe voluto mantenere il suo tono calmo e pacato, ma non era così facile come credeva. Rabbia e gelosia le ribollivano sotto la pelle, impedendole di pensare lucidamente. Derek, che era corso lì con Arizona, sembrava sicuro che Callie non fosse in pericolo, che non ci fosse nulla di grave e che di lì a poco si sarebbe svegliata. L’avevano spostata  in una stanza nel reparto di neurochirurgia, in attesa che aprisse gli occhi. Arizona era saldamente al fianco sinistro di Callie e Vivien non sembrava voler abbandonare la presa sulla mano destra della bruna.
- Calliope, sta tranquilla... Abbiamo sopportato di molto peggio io e te, insieme – se in quel momento ci fosse stato il suo psicanalista, ne era certa, quello le avrebbe chiesto a chi fosse rivollta quella domanda. Si avvicinò al viso di Callie, sfiorandole la fronte con un bacio leggero, mentre una lacrime le scorreva lungo la guancia, baciando il viso della donna che amava prima che potesse asciugarla via. Prese un respiro profondo, prima di girarsi verso Vivien.
- Mi sembrava di averti chiesto di andare via!
 
 
- Torres, ma è possibile che se ti lascio sola un attimo mi combini tutti questi guai?
- Di che stai parlando? – Callie incrociò le braccia al petto, sulla difensiva, come una bambina.
- Di quello che stai combinando con la Robbins! – le rispose, quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Ehi! Ora sarebbe anche colpa mia! Non so se sei informato lì dove sei ora,  ma lei mi ha tradita! Non io!
- Sono un frutto del tuo cervello, è ovvio che so qualsiasi cosa sia successa e qualsiasi cosa ti passi per la testa!
- Questa cosa è davvero inquietante – fece Callie guardandolo un po’ preoccupata.
- Inquietati dopo, Torres! Ora stammi a sentire: a dispetto di quello che si dice, noi morti non abbiamo a disposizione l’eternità!
- Hai un umorismo un po’ macabro lo sai?
- Lo prenderò per un complimento... Sai che è il tuo umorismo, vero?
 
 
- Dottoressa Robbins , non andrò via da qui, che le piaccia o no....
- Sta scherzando? Sono stata fin troppo educata fin’ora! VADA VIA!
- Ah sì? E chi è lei per dirmelo?
- Sono sua moglie!
- No, non lo è! Almeno non dal punto di vista legale – Vivien la guardò negli occhi, con aria di sfida - E, date le ultime circostanze,neppure da quello sentimentale. – prese una pausa, osservando il viso di Arizona impallidire di rabbia.  
- Callie l’ha lasciata, perché non vuole farsene una ragione? Lei l’ha distrutta più e più volte, cosa vuole ancora?– Ok, forse questo era troppo: non avrebbe dovuto dire quello che aveva detto, o almeno non in quel modo. Vivien, però, se ne rese conto quando ormai non poteva rimangiarsi nulla.
- Si può sapere chi diavolo crede di essere? Chi le dà il diritto di parlarmi in questo modo? Noi siamo una famiglia, nel caso non lo sappia, e per quanto provi, ogni volta, a sfruttare le debolezze di Callie in questo periodo, le faccio presente che non ci riuscirà! Ora le chiedo, per l’ultima volta, di uscire da questa stanza! Credo che lei abbia fatto fin troppo per Calliope oggi!
Vivien lasciò la stanza senza aggiungere altro. Ma non aveva intenzione di abbandonare Callie.
 
 
- Torres, devi piantarla! Smettila di farla impazzire mentre cerca ogni modo possibile ed immaginabile per farsi perdonare! Ha sbagliato, ma ti ha dimostrato di essersene pentita! Cosa pretendi di più?
- Ma Mark! E se lei lo facesse di nuovo, eh? Come la mettiamo? Come credi che possa sopportare di nuovo una inferno del genere?
- In quel caso ti rialzerai e continuerai a camminare a testa alta! Te l’ho già detto!
- E se lei non mi ama? – Mark la guardò, inarcando un sopracciglio.
- Stupidaggini! Vi amate al punto da essere terribilmente zuccherose ed avete una figlia da crescere insieme! Per la cronaca, l’idea di provare a stare con un’altra per “andare avanti” è una grandissima idiozia!
- Ehi, tu hai detto che avrei potuto provare a vedere altra gente…
- Frena, non darmi colpe che non ho! Non è colpa mia se ti sei persa il pezzo della frase in cui dicevo che comunque sarebbe stato inutile!
- Ma Vivien è...insomma, lei... ecco...
- Non è la Robbins, semplicemente. E questo la rende comunque la persona sbagliata! Torres, quello che fa queste cavolate sono io. Non perdere tempo, adesso! Per una volta lascia da parte il tuo orgoglio!
- Mark…
- Dimmi
- Ti vedo un po’ pallido... -  Callie si avvicinò, aggrottando le sopracciglia.
- Il colorito dei morti non è mai stato famoso per essere dei migliori! In tutti i casi io sono fantastico anche così – le rispose Mark sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori da playboy
- No, Mark, sei pallido nel senso che stai scomparendo! – la voce di Callie era allarmata
- Ti avevo detto che non avevo l’eternità a disposizione, no? Vai  da lei, Torres – le sorrise, sincero. - E dai un bacio a Sofia da parte del suo papà.
- Mark, non andare via di nuovo... ho bisogno di averti accanto...
- Tu non hai bisogno di nessuno, Torres...
L’immagine di Mark era diventata quasi un alone lontano.
- Mark!
- Che c’è adesso?! Stai rovinando la mia uscita in dissolvenza con sorriso benevolo da brav’uomo!
- Ti voglio bene.
- Anche io Torres. Anche io.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Callie non si era ancora svegliata. Derek aveva più volte rassicurato Arizona: non c’era nessun danno, era solo questione di tempo ed avrebbe aperto gli occhi. Ma la cosa non l’aveva tranquillizzata. Affatto. Dopo una notte intera passata sulla sedia accanto al letto di Callie, tutt’altro che comoda, decise che era meglio darsi una rinfrescata. Ne avrebbe poi approfittato per controllare che Sofia stesse bene.
 
Vivien quella notte non aveva chiuso occhio. Aveva disperatamente bisogno di sapere come stesse Callie, se si fosse svegliata e semplicemente starle accanto, ma qualcosa le diceva che se avesse messo nuovamente piede in quella stanza e Arizona l’avesse vista non ne sarebbe uscita viva. Sapeva perfettamente di non aver alcun diritto di essere lì. Né di parlare ad Arizona in quel modo, eppure non aveva potuto far nulla per trattenersi.
Non riusciva a spiegarsi perché Callie avesse continuato a scegliere lei, nonostante tutto. O forse lo sapeva perfettamente, ma ammetterlo a se stessa lo avrebbe reso reale. Dolorosamente reale.
Alle prime luci dell’alba, decise di alzarsi: rimanere a letto era inutile. Avrebbe provato a vedere Callie evitando Arizona, con un po’ di fortuna.
Quando trovò la camera di Callie effettivamente vuota, fu sorpresa dalla piega inaspettatamente favorevole che aveva preso la mattina. Si sedette accanto a lei, prendendole la mano.
- Calliope, mi dispiace… Mi dispiace così tanto per quello che è successo. Volevo soltanto aiutarti, aiutarti a pensare a quello che stai facendo. Qualcosa dentro di me sapeva che non l’avresti mai fatto, che non avresti mai potuto lasciarla andare così… - Vivien si asciugò gli occhi con il dorso della mano, poi fece un qualcosa che sapeva perfettamente non avrebbe dovuto fare. Ma era la sua sola occasione. Si sporse in avanti e, dolcemente, accarezzò le labbra di Callie con le sue.
Arizona rimase pietrificata, oltre la finestra. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Come si permetteva? Come. Si. Permetteva! A passò di marcia, entrò nella stanza.
- Ti amo, Calliope
Nel sentire quelle parole, la gelosia la travolse come un fiume in piena, annebbiandole completamente la vista.
- Va via! – senza riflettere, afferrò Vivien per un braccio, con l’intento di sbatterla fuori dalla stanza. Ma in qualche modo quella riuscì a svincolarsi dalla sua presa.
- Di cosa ha paura? Del fatto che Callie svegliandosi possa scegliere me? – non aveva idea di cosa le prendesse, ma Vivien non riuscì a trattenersi dal provocarla.
- Paura? Di te? Affatto! Callie ama me! ME!
- Forse amaVA! Tempo passato!
- Ti posso garantire che è decisamente più che presente! Sei soltanto il terzo incomodo!
- E tu soltanto una traditrice!
 
 
Non senza un certo disagio, Callie era riuscita ad aprire gli occhi. Sentiva delle voci fin troppo alte nella stanza e, con un brutto presentimento, cercò di mettere a fuoco quello che la circondava. Sì, adesso era tutto più chiaro. Vivien ed Arizona. Che urlavano. Tanto.
Per alcuni attimi non riuscì a parlare, la testa che le scoppiava per il dolore. Quando non ne poté più di sentire quelle urla rimbalzarle nelle pareti della scatola cranica, prese un profondo respiro, urlando lei questa volta con tutto il respiro che aveva.
- Basta! – Vivien ed Arizona sobbalzarono, letteralmente, voltandosi nella sua direzione. Simmetricamente, si precipitarono accanto a lei.
- Oh mio Dio, Calliope! Io ti amo e non ce la faccio più…
- Calliope, je suis tellemente désolé [Nda mi dispiace tanto], io non…
Callie, nel giro di pochi secondi, si era ritrovata con Arizona e Vivien che le stringevano la mano e la situazione stava diventando un po’ troppo imbarazzante. Interruppe entrambe, liberando le mani dalle loro strette.
- Sapete cosa penso di questa situazione? – alla voce di Callie entrambe, finalmente, si zittirono. – Che sia semplicemente… SBAGLIATA! Ho la testa che mi scoppia e non PER IL COLPO!
Vivien e Arizona si guardarono con aria colpevole, ma allo stesso tempo con profondo disprezzo.
- Calliope, a questo punto credo sia meglio che io vada…. – Arizona fulminò con lo sguardo Vivien che nel frattempo si stava avviando verso la porta
- Credo anche io – aggiunse Callie, più morbida e con un accenno di sorriso.
- Io invece ne sono convinta – fece eco Arizona con voce sprezzante.
 
 
-  Si può sapere come ti è saltato in mente di trattarla in quel modo? Non ne hai il diritto!
- Certo che ne ho il diritto! Ho pienamente il diritto di cacciare dalla stanza di mia moglie qualcuno che trovo a baciarla!
- Cosa? – Callie era decisamente sorpresa. Ed il fatto che sembrasse piacevolmente sorpresa ad Arizona non piacque affatto.
- Ah, ti interessa? Visto che siamo in vena di racconti toccanti, ha anche detto che ti ama, che non è giusto che tu dia a me una seconda opportunità negandola a lei, che lei ti renderebbe felice, che io sono soltanto una traditrice e…
- Fino ad ora non riesco a trovare nessuna obiezione logica alle sue affermazioni.
 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


- Bonjour, Derek
- Ehi...non pensavo saresti venuta oggi... – cercò di mantenere un tono neutrale, ma con non molti risultati.
- A dirla tutta anche io avrei preferito essere da un’altra parte – sorrise appena, forse in modo un po’ più triste di quanto avesse preventivato.
- Perché non vai da lei? – il sorriso benevolo di Derek le dava tranquillità. Probabilmente era l’unico nell’ospedale che non la giudicasse per aver cercato di iniziare una relazione con Callie.
- Perché c’è la dottoressa Robbins. E se potesse mi sparerebbe a vista.
- Di solito non è così brusca – fece Derek, sorridendo all’idea di Arizona, di guardia alla stanza di Callie.
- Ma davvero? Ha tutta l’aria di esser tutt’altro che...amichevole
- Vivien, ti sei avvicinata a quanto ama di più. Non giustifico la sua aggressività, ma posso capirne le ragioni... Ti ha vista come una minaccia per il futuro del suo matrimonio.
- Se avesse amato così tanto Callie, non avrebbe dovuto tradirla. Io non tradisco le persone che amo..
- Non è così semplice, Vivien. Lo sai benissimo tu stessa. Arizona ha passato un terribile momento di crisi e…
- Al suo posto sarei andata da uno psicanalista subito, invece di saltare nel letto della prima venuta... – forse questo era un po’ esagerato, ma, onestamente, in quel momento Vivien non voleva, in nessun modo e per nessuna ragione, cercare di capire Arizona.
- Ognuno ha il suo modo di reagire... Non puoi giudicare quello che è successo senza averlo provato
- Io no sto giudicando nessuno! Sto solo esponendo una mia ipotesi, ovvero che la dottoressa Robbins non ami realmente Callie e che lei meriti di meglio!
- Vivien, mi sei sempre stata simpatica e ti stimo molto, ma ora stai davvero esagerando: non hai idea di quello che Callie ed Arizona siano riuscite ad affrontare insieme ! E ci sono riuscite solo perché si amano, si amano davvero e, onestamente, credo che tu non abbia il diritto di interferire. Se davvero dovessero decidere di porre fine alla loro relazione deve essere una loro scelta, non tua...
Vivien abbassò lo sguardo, chiudendosi in un ostinato silenzio. Sapeva benissimo che Derek aveva ragione. Eppure, una parte di lei continuava a dire che tutto ciò non era giusto.
 
 
 
 - Voglio le mie mamme! – Sofia non smetteva di piangere da quasi due ore e Meredith non sapeva più cosa fare per calmarla.
- Dai tesoro... -  cercò di cullarla, tenendola ferma sulla sua spalla. - Più tardi ti porto da loro, sei contenta?
- No! Io le voglio subito qui con me! Insieme! -  a quanto pare non era affatto contenta.
- Amore, ascoltami: ora le mamme devono stare in ospedale. Però, dopo andiamo tutti insieme da loro. Te lo prometto – fece Meredith portandosi una mano sul cuore proprio come faceva Zola. Sofia sembrò più serena, anche se non del tutto convinta.
- Ora perché non vai a giocare un po’ con Zola e Bailey? – mentre Sofia riprendeva la sua postazione di gioco con gli altri bambini, Meredith sprofondò sul divano, esausta. Quando sentì suonare il campanello imprecò mentalmente: non aveva la benché minima voglia di alzarsi dal divano dopo una giornata passata con i bambini, ma, purtroppo, non aveva scelta.
- Ehi, Cristina, che ci fai qui? – Mer fu sorpresa nel trovarsi Cristina dietro la porta di casa a quell’ora
- Non hai idea di cosa ti sia persa – la donna entrò facendosi strada fino al salotto seguita a ruota da Mer
- Di cosa stai parlando?
- Dovevi vederla, è stata spettacolare!
- Ehi, frena!mi fai capire chi? – chiese Mer, lasciandosi andare di nuovo sul divano vicino ai bambini.
- Arizo…
- Shhh –Mer la bloccò immediatamente, indicando Sofia – Se sente il nome di sua madre ricomincerà con la storia che le vuole tutte e due adesso qua e, onestamente, ho finito le scuse!
- Oh, hai ragione… - Cristina si mise comoda, poggiando il gomito sulla spalliera del divano così da poter guardare direttamente Mer -  Avresti dovuto vedere come-tu-sai-chi – proseguì, controllando con la coda dell’occhio la reazione di Sofia – ha cacciato dalla stanza la francese: è stata spettacolare! Nessuno avrebbe potuto fare di meglio… beh, forse io, ma solo perché io sono io!
- Cristina, credo che sia arrivato il momento di saldare il tuo debito di gioco! Voglio i miei 50 dollari – fece Meredith canzonatoria.
- Qualche giorno fa ho ammesso di aver perso, non ti basta? – Meredith scosse la testa: voleva i suoi cinquanta dollari.
- Ah, quasi mi dimenticavo – continuò Cristina, colpendosi la fronte con la mano – la sai la novità?
- Un’altra? – le rispose Meredith, esausta per la giornata “intensa”.
- Yep!
- Dai spara!
- C’è qualcuno in arrivo – la faccia di Cristina non prometteva niente di buono.
 
 
- Mi stai dicendo che hai scelto lei? – la voce di Arizona aveva iniziato a tremare. Prese un profondo respiro, cercando di ingoiare il nodo che le stringeva la gola.
- Ti sto dicendo che non ci sono obiezioni logiche – le rispose Callie, mettendosi a sedere con la testa che le girava ancora da morire. Avrebbe volentieri rimandato quella conversazione, ma sapeva di non poterlo più fare.
 Arizona, dal canto suo, si era lasciata cadere, sconfitta, sulla sedia vicina al letto sulla quale aveva passato tutta la notte. Aveva lo sguardo perso nel vuoto ma la sua attenzione fu richiamata dalla voce di Callie che riprese a parlare.
- Peccato che nell’amore non ci sia niente di logico – sulle labbra di Callie era comparso un enorme sorriso – quando mi hai chiesto se avessi voluto stare con te soltanto per il bambino, conoscevo già la risposta, ma avevo ancora paura. Ero terrorizzata da quanto intensi siano i sentimenti che provo per te, nonostante tutto quello che è succeso – si chinò verso di lei, cercandole la mano. 
- Mark mi ha aiutata a rendermi conto del fatto che vivere senza di te significa non vivere affatto...Io ti amo Arizona Robbins e non posso stare sen…  
Non diede a Callie neppure il tempo di finire la frase. Le si lanciò addosso, al diavolo tutte le precauzioni post incidente. Sentire le labbre sulle sue fu come esplodere e la baciò con tutto lo slancio che quell’onda d’urto emotiva era riuscita a darle. Non la lasciò andare fin quando non ebbe bisogno di respirare. Posò la fronte sulla sua, senza aprire gli occhi, continuando ad accarezzarle il viso con entrambe le mani.
- Calliope, devo chiederti una cosa…
 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


- Spero tu stia scherzando... – Meredith non riusciva ad elaborare nulla di coerente in quel momento  - Stai scherzando, vero?
Cristina, dal canto suo, sembrava abbastanza tranquilla, quasi si trattasse di una cosa da nulla.
- Sono seria come un infarto! – rise della propria “battuta da cardiochirurgo”, ma si trattenne immediatamente, letteralmente fulminata da un’occhiataccia di Meredith. Si ricompose un attimo prima di continuare.
- Secondo le mie fonti dovrebbe arrivare entro la fine della settimana... Devo ammettere che l’idea non mi dispiace
- Cristina, ma ti senti bene?!? È unaa delle persone più sgradevoli che esistano!
- Dicono lo stesso di me...
- Cristina...
- Va bene, d’accordo. È vero, non è esattamente la persona più dolce del mondo... Adesso non siamo più delle specializzande... Ti dirò di più, siamo i padroni dell’ospedale! Ci pensi alla faccia che farà? – l’espressione sul viso di Cristina era entusiasta a dir poco.
- Continuo a pensare che non sia una buona idea… ma Tu-Sai-Chi lo sa? – a quelle parole l’espressione sul viso di Cristina si fece seria…per un paio di secondi.
- No... E questo lo rende ancora più divertente!
 
 
- Dimmi pure... – Callie era pronta a rispondere a qualunque domanda Arizona volesse farle.  Era pronta a ricominciare con lei, ma soprattutto non voleva che tra loro ci fossero segreti o incomprensioni che potessero trasformarsi in ostacoli.
- Posso sapere cosa c’entri Mark con la tua decisione? – Arizona cercò di mantenere la sua espressione professionale, seria ed impassibile, ma i suoi occhi la tradivano. Non facevano che luccicare di gioia, quasi tutta la felicità di quel momento volesse illuminare a giorno la stanza. Callie sorrise: non vedeva quella luce da tanto, troppo tempo.
- Mark c’entra sempre – si limitò a rispondere Callie, facendole l’occhiolino, con un grosso sorriso stampato sulla faccia. Arizona era leggermente perplessa, ma pensò che fosse meglio non fare ulteriori domande.
- Perché sorridi? – le chiese dopo alcuni minuti, non riuscendo più a trattenersi dal chiedere a sua moglie il perché di quel sorriso.
- Perché ti amo e mi rendo conto di quanto sia stata stupida ad allontanarti per tutto questo tempo...-
Arizona la tirò a sé, felice come non mai, prendendole il viso tra le mani.
- Ahi! Aspetta! La testa!
- Oh, scusa amore – Arizona si era allontanata, preoccupata di averle fatto male. Fece per prendere la lucetta, così da controllare la reattività delle pupille, ma Callie le fermò la mano con la sua, facendole cenno di no con la testa.
- Ehi! Ora ho ancora più bisogno di un bacio… Sai, per il dolore
- Per il dolore, eh? – fece Arizona avvicinandosi.
 
 
Non si erano ancora allontanate quando Derek si schiarì la gola, facendo notare la sua presenza.
- Arizona, mi raccomando, avvisami non appena si sveglia... Niente emozioni troppo forti, non la affaticare... Istruzioni seguite alla lettera, vero? – tutti e tre scoppiarono a ridere.
Derek la visitò velocemente, annuendo, mentre Arizona continuava a stringerle la mano.
- Bene, io direi che posso andare. Callie, credo sia il caso che tu resti qui stanotte, per sicurezza. Arizona, mi raccomando... – fece Derek sorridendole complice.
- Grazie di tutto, Derek – gli disse Callie e Derek le sorrise uscendo.
 
 
- Quindi non ti devi stancare, eh?
- Eh già...
- Mi dispiace, sai?
- Mmmh, anche a me. Però c’è qualcosa che devo fare lo sai? – la faccia di Arizona, che nel frattempo si era seduta anche lei sul letto, accanto a Callie, si fece seria.
- Immagino di sapere a cosa tu ti stia riferendo e devo ammettere che non mi piace. Soprattutto, non mi è piaciuta la tua faccia quando ti ho detto quella cosa....- Arizona aveva messo su un broncio da bambina, il solito che metteva su ogni volta che il mostro dagli occhi verdi si faceva sentire. E Callie dovette ammettere a se stessa che le era mancato anche quello. Le era mancato tutto di Arizona...
- Ero solo sorpresa e tu lo sai...
- Sembrava che la cosa ti facesse piacere...
- Mi faceva piacere la tua espressione – Arizona la guardò perplessa, così Callie continuò – Mi piaceva il fatto che fossi così arrabbiata con lei solo perché ha provato a baciarmi...
- Sta scherzando?!? Ha SOLO provato a baciare la mia donna?! Ti sembra qualcosa da po… - questa volta fu Callie a non permettere ad Arizona di finire la frase, chiudendole le labbra con un bacio. Quando si staccò da lei, la guardò intensamente per alcuni secondi, senza dire una parola.
- Sai cosa ti dico? Quella piccola cosa che devo fare può aspettare...– Arizona sorrise ancora una volta alla sua donna e si sdraiò accanto a lei. Avevano bisogno di sentirsi, di percepirsi, di sapere che c’erano, che c’erano sempre state, che sempre ci sarebbero state l’una per l’altra.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


- Ti vuole parlare – il tono con cui Arizona aveva pronunciato quella frase la fece apparire più come una minaccia che però non poté che non far comparire un grande sorriso sulle labbra di Vivien, cosa che infastidì ancora di più, se possibile, la bionda interlocutrice e ciò che aggiunse non potè che peggiorare la situazione
- Vado subito – Arizona avrebbe preferito fermarla e correre lei verso la stanza di Callie, quel sorriso soddisfatto la preoccupava e non poco, tuttavia, la richiesta di sua moglie di mantenere la calma le riecheggiava ancora nelle orecchie, così prese un profondo respiro, strinse i pugni e si decise ad iniziare il suo giro di viste, Vivien probabilmente era già da lei.
 
 
- Cristina ma sei sicura che arrivi entro la fine della settimana? – chiese Meredith avvicinandosi all’amica che al banco dell’accettazione stava sistemando delle cartelle
- Per chi mi hai presa?!? Certo che ne sono sicura, io sono sempre sicura! – le rispose senza neppure alzare gli occhi dai fogli che aveva davanti
- Chi è che arriva? – la voce, che entrambe avevano riconosciuto, fece incrociare gli sguardi preoccupati delle due amiche e, per la prima volta in vita sua, Cristina non seppe cosa rispondere.
 
 
Callie, mentre aspettava che Vivien arrivasse, continuava a torturarsi le mani maledicendosi  per aver deciso di affrontare proprio in QUEL momento QUELLA conversazione. In quel preciso istante avrebbe potuto essere con sua moglie e sua figlia, cosa che non vedeva l’ora di fare da tanto, troppo tempo. Pensava di aver chiarito con Vivien, di aver detto tutto quello che era necessario, eppure, a quanto pareva, niente era veramente stato chiarito, si era solo illusa che lo fosse. Vivien era testarda, lo sapeva, forse era proprio questa una delle cose che le piaceva di lei. Lei era una donna meravigliosa, per un attimo era riuscita anche ad immaginare di poter riuscire a rinchiudere Arizona in un piccolo dimenticatoio della sua mente, di poter ricominciare una nuova vita con lei, lontana dalle sofferenze e dalle gioie di quella precedente, del resto, anche a Sofia piaceva. Ci sarebbe riuscita, tuttavia, c’era una cosa che glielo impediva: Arizona. Callie era innamorata di lei, nonostante tutto, nonostante tutti, lei l’amava, l’aveva sempre amata e niente, a quanto pareva, sarebbe riuscito a cambiare la cosa. Arizona era la donna della sua vita. Quel pensiero le fece illuminare il volto con un enorme sorriso
- Calliope – la voce di Vivien la richiamò alla realtà, ricordandole la sua incombenza, e quella meravigliosa curva che le sue labbra avevano preso scomparve, ora non poteva più scappare
- Vivien, entra – le rispose facendo cenno di sedersi alla donna che era rimasta sulla porta
- Mi ha detto che mi volevi parlare
- Già, io credo che sia necessario
- Immagino che ti abbia raccontato la causa della nostra lite – Callie fece cenno di sì con la testa, così Vivien proseguì – Calliope, la verità è che io penso di essermi innamorata di te e credo che non sia giusto che tu neghi a noi una possibilità per darla a lei, alla donna che ti ha fatta soffrire più di chiunque altro. Io non lo farei! Quindi NO! Non è giusto che tu dia a lei un’altra possibilità! – ecco, l’aveva detto, aveva tirato fuori tutto quello che per tanto tempo si era tenuta dentro e Callie era stata lì ad ascoltarla, senza interromperla, con l’espressione di chi quel discorso se lo aspettava e lasciò che il silenzio cadesse tra di loro e quando decise di interromperlo fece si che i suoi occhi incontrassero quelli verdi di Vivien
- A me dispiace, dispiace che siamo giunte a questo punto, io avrei dovuto chiarire subito la situazione…
- Lo hai fatto, Callie, lo hai fatto, il punto è… che io penso che…tu…che tu ora creda di amare tua moglie, perché, convinta del fatto che sia la cosa giusta, per abitudine, per tua figlia…
- Vivien smettila, smettila di prenderti in giro, non lo meriti… Sai, una cosa vera l’hai detta, Arizona è la persona che mi ha fatta soffrire di più e sai perché? Perché è anche la persona che amo di più! Vivien io non voglio provare a vivere con lei, non voglio provare a stare con lei, non voglio provare ad essere nuovamente sua moglie: io voglio vivere con lei, io voglio stare con lei, io voglio essere sua moglie e non per abitudine, come dici tu, ma perché non posso stare senza di lei, lo capisci? Ingiusto è non stare con la persona che si ama realmente per orgoglio. Io la amo, anche più di prima, a dispetto di tutto quello che abbiamo affrontato, e so che anche per lei è così, o almeno lo spero, altrimenti la mia vita sarebbe… vuota. È questa la verità, io non avrei mai voluto illuderti, pensavo sul serio di potermi buttare tutto alle spalle ma non è così, non voglio, non posso. Vivien, perdonami… - la francese vide gli occhi della latina velarsi di lacrime, sapeva perfettamente quanto pronunciare quelle parole fosse stato difficile per lei, quanto si sentisse in colpa per averla fatta soffrire, allo stesso tempo, però, vi era una luce, una luce diversa, una luce che Vivien non aveva mai visto e, sapeva, la sua presenza non avrebbe mai potuto generare. Da quando si era riappacificata con Arizona era come se fosse tornata a vivere ed i suoi occhi, quei meravigliosi e profondi occhi nocciola, quegli occhi che sembravano capaci di guardarti dentro, fino nell’anima, ne erano la prova tangibile. Il suo cuore era indissolubilmente legato a quello di sua moglie, ora lo aveva capito, quella luce, più delle parole fino ad ora pronunciate glielo avevano sbattuto in faccia colpendola come uno schiaffo in pieno viso.
- Callie, basta così, non c’è speranza per me, per noi… - Vivien fece per avvicinarsi, allungò una mano quasi volesse sfiorare quel viso che era convinta di amare per un ultima volta, poi però la ritrasse e si voltò imboccando subito la porta per poi chiuderla, senza voltarsi, dietro di sé. Per la seconda volta da quando aveva conosciuto Callie la sua vita le sembrò un videogioco e la grande scritta GAME OVER tornò ad imprimersi nella sua mente.
 
 
- Arizona sei pronta? – Callie si era avvicinata alla moglie che stava nervosamente mettendo a posto nell’armadietto le ultime cose. La bionda si voltò di scatto e la baciò, quasi avesse paura che qualcuno gliela portasse via
- Lo sai che ti amo? – fece Callie quando si furono separate
- Lo sai che adoro quando lo dici – ormai era evidente, qualcosa preoccupava Arizona
- Tutto ok? – fece Callie sospettosa
- Certo, perché me lo chiedi, non potrebbe andare meglio, io e te di nuovo insieme – la velocità con cui sua moglie aveva dato quella giustificazione fece impensierire ancora di più la latina che, tuttavia, non volle insistere, qualunque cosa fosse l’avrebbe scoperta prima o poi
- Che dici se andassimo a prendere Sofia che sicuramente avrà tanta voglia di dormire dopo un’intera giornata all’asilo? – il sorriso di Callie diceva tante cose
- Direi che è un ottimo programma, specialmente quello di far dormire serena la nostra bellissima bimba e poi sai, i miei superpoteri l’aiuteranno
- Sai che amo anche i tuoi superpoteri?
 
 
Callie ed Arizona stavano per uscire mano nella mano, dopo tanto tempo,  con Sofia, quando le porte del Grey+Sloan si aprirono facendo entrare una donna alla cui vista l’espressione felice sul viso di Callie mutò velocemente e peggiorò ancora di più quando un’altra donna entrò nel suo campo visivo, spostò quindi lo sguardo su Arizona che, nel frattempo, aveva assunto la sua stessa espressione e, con un gesto automatico, l’una strinse più forte la mano dell’altra.

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Il viaggio verso casa fu molto silenzioso, Callie continuava a guardare fuori dal finestrino mentre Arizona a fissare la strada davanti a lei. L’atteggiamento di sua moglie la preoccupava, sapeva che in quel momento era terribilmente distante, immersa in chissà quali ricordi di cui lei, ne era sicura, non faceva parte. Quel viaggio se l’era immaginato diverso, pensava che ormai il peggio fosse passato ma la scoperta di quella mattina le fece temere che, in realtà, dovesse ancora venire.
Fu solo quando la macchina si fermò che Callie sembrò, per un attimo, ritornare alla realtà, tuttavia, ciò non la fece uscire da quel silenzio nel quale si era trincerata e che sembrava non voler abbandonare per nessun motivo al mondo.
Dopo una cena durante la quale la preoccupazione fece da padrona, insieme portarono a letto la loro bambina, abitudine che ad entrambe era mancata e che, seppur per pochi secondi, le fece sentire tranquille, rilassate, come se avessero lasciato in ospedale tutto lo scompiglio che quei nuovi arrivi avevano portato.
Quando furono sole in camera da letto Arizona decise che quella situazione era diventata insopportabile così decise di porvi rimedio
-Callie…io credo dovremmo parlare… - la latina non rispose, continuò, in silenzio, a mettersi il pigiama, la bionda decise di imitarla senza abbandonare, tuttavia, il proposito di affrontare quella discussione, non ci dovevano essere segreti, sentimenti celati o parole non dette tra di loro, non c’erano mai state e mai avrebbero dovuto esserci, loro erano più forti di così.
Quando entrambe furono sotto le lenzuola Arizona ripartì alla carica
-Calliope, ti prego parlami, non ce la faccio così…- i suoi occhi facevano trapelare tutta la paura e la determinazione che in quel momento stavano regnando nel suo cuore: aveva paura di perdere nuovamente sua moglie ma allo stesso tempo sapeva che avrebbe lottato fino all’ultimo respiro affinché ciò non accadesse. Callie socchiuse per alcuni secondi le palpebre, poi si mise a sedere e guardò sua moglie
- Tu lo sapevi… – la sua voce era un misto di stanchezza e preoccupazione
- Cosa? – Arizona si sarebbe aspettata che Callie iniziasse ad urlarle contro ma quell’affermazione, quel tono rassegnato e quella sofferenza…no, decisamente non se li aspettava
- Arizona non far finta di niente…sapevo che eri preoccupata, l’aveva capito… da quanto?
- Questa mattina…o almeno, in parte…non sapevo che sarebbero arrivate entrambe…
- Arizona… - la voce di Callie stava iniziando ad incrinarsi, i suoi occhi a velarsi di lacrime, così cercò con la mano quella di sua moglie e la strinse forte, poi l’abbandonò, spense la luce e si girò di spalle. Passarono attimi interminabili durante i quali Arizona non osò chiederle di continuare quella frase che aveva lasciato in sospeso, fino a quando Callie, come se avesse percepito il desiderio della donna sdraiata accanto a lei, senza cambiare posizione si decise a continuare quella frase
-…ho paura – la bionda, dal canto suo l’abbracciò da dietro si avvicinò alla sua guancia e le lasciò un delicato bacio, prima di risponderle
- Io invece ti amo, Calliope – una lacrime solitaria le scese lungo il viso
 
 
Il mattino seguente regnava il tumulto nel Grey+Sloan Memorial Hospital. Un maxi tamponamento a catena aveva interrotto la quiete di Seattle ed il pronto soccorso brulicava di feriti di ogni tipo, l’intero ospedale stava impazzendo, la gente occupava tutti i corridoi dell’ospedale e c’era bisogno di qualunque medico fosse a disposizione in quel momento.
Il reparto di ortopedia era, se possibile, quello più in tilt, anche tutti gli specializzandi erano finiti chissà dove ad occuparsi di chissà quale ferito, così Callie stessa stava correndo verso lo stanzino che avevano adibito a deposito per recuperare del materiale ma quando aprì la porta si maledisse per averlo fatto. La donna che, in quel momento stava prendendo delle garze, si girò al rumore della porta che veniva aperta e poi richiusa alle sue spalle
-Calliope…bentrovata – la donna sorrise, un sorriso che però la latina non riuscì a decifrare
- Erika…
 
 
-Buongiorno, Arizona – quando la bionda sentì quella voce familiare non si voltò neppure continuando imperterrita a compilare la cartella di un piccolo paziente in uscita decisa a farlo nel più breve tempo possibile per potersi poi dedicare all’altro centinaio di bambini che occupavano in quel momento il suo reparto. Tuttavia, l’altra donna, dal canto suo, non sembrava volersi arrendere
- Cosa c’è? Adesso non si saluta più neanche una vecchia conoscenza?
Arizona strinse forte i pugni, terminò di compilare la cartella e dopo averla consegnata ad un’infermiera con un sorriso tirato decise di allontanarsi da lì con la scusa di dover prendere delle coperte termiche, non poteva sopportare neppure per un altro secondo la presenza di quella donna, aveva sfruttato le sue debolezze, le sue paure, la sua fragilità di un momento. Aveva quasi distrutto la cosa che più amava al mondo facendole rischiare di perderla: sua moglie, la sua Calliope, l’amore della sua vita…no, decisamente non avrebbe sopportato ancora a lungo la presenza di quella donna. Iniziò allora ad allontanarsi a passo svelto, tuttavia, sentiva che la stava seguendo…perché diavolo non la lasciava in pace? Dopo un tempo che le parve infinito vide finalmente la porta di uno stanzino e le parve la cosa migliore che avesse mai visto. Non sapeva neppure in quale reparto si trovasse ma in quel momento decisamente non le importava, voleva soltanto chiudersi lì dentro, da sola, e aspettare che l’uragano che stava nuovamente travolgendo la sua vita passasse senza causare nuove ferite e nuovi danni.
Quando aprì la porta, però, rimase pietrificata: Callie, la sua Callie. Abbracciata. Erika. Quando la latina si voltò, vide sua moglie, completamente trafelata e poi una mano poggiarsi sulla sua spalla ed un volto comparire, un volto che avrebbe sperato di non rivedere mai più, specialmente in compagnia di Arizona e, specialmente, nelle vicinanze di uno stanzino.
 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


*10 MINUTI PRIMA*
- Erika… - Callie pronunciò per la seconda volta quel nome, del resto era l’unica cosa che riuscisse a fare. La donna, invece, che nel frattempo la stava osservando, sorrise nuovamente
- Sai Callie, ti ricordavo più loquace – ora la latina riusciva a leggere in quegli occhi come se la bionda avesse deciso di permetterglielo, di permetterle di vedere come dentro di lei non ci fossero né rabbia, né risentimento
- Cosa ci fai qui? – qualunque cosa fosse successa, Callie sentiva di volerci capire di più, di voler capire il perché di quella visita, ma lo stato di stordimento nel quale si trovava non le permetteva di elaborare qualcosa di più appropriato da dire
- Mi rivedi dopo tutti questi anni e la prima cosa che hai da chiedermi è “che ci fai qui”? In tutti i casi risponderò alla tua domanda, un consulto. Sono qui per un consulto
- Io non sono arrabbiata con te…- non sapeva neppure il perché di quelle parole, come avessero fatto ad uscirle in modo così incontrollato, eppure, ormai, il sasso era stato lanciato
- Neanche io, Callie. Anzi, ti sono grata, con te mi sono scoperta… Se tu non ci fossi stata forse non avrei incontrato mia moglie ed ora non sarei felice con lei ed i nostri due figli. Callie, tu sei stata importante per me… - le parole di Erika erano sincere, lo sapeva…del resto erano le stesse cose che provava lei, però, qualcosa le impedì di rispondere, così stette in silenzio e le sorrise, di rimando lo fece anche la sua interlocutrice che poi continuò
- E tu Callie? Se non vuoi raccontarmi niente non ti preoccupare… - a quel punto la latina la interruppe prendendo la parola, sapeva cosa rispondere, anzi, il pensiero di quello che stava per dire la rese inspiegabilmente felice e la scosse dallo stato di trance nel quale si trovava. Arizona era questo per lei: era il salvagente lanciato un secondo prima di affogare, era l’ossigeno nei polmoni dopo interminabili attimi di apnea, era la linfa vitale che le permetteva, ogni volta, di rinascere come una fenice dalle sue ceneri e tornare a vivere, più felice di prima, più forte di prima, amandola più di prima. Arizona era questo: il suo tutto.
- Io ho incontrato una donna meravigliosa, la donna della mia vita, l’amore della mia vita, quella persona che ogni volta che la vedi è come la prima, ci siamo sposate ed abbiamo una bambina meravigliosa, anche   io credo di doverti ringraziare…
- Cosa ne diresti di sugellare questa riappacificazione con un abbraccio?
 
 
-Calliope… - la voce di Arizona tremava, aveva paura, paura di sapere, paura di riconoscere, paura di accettare, le mani iniziarono a sudarle e quando sentì una presa sulla sua spalla si scostò subito e stava per dire qualcos’altro quando Erika decise che la situazione iniziava a farsi troppo imbarazzante
- Io credo sia meglio che vada – fece avvicinandosi alla porta
Callie nel frattempo era rimasta a sua volta pietrificata, odiava Lauren con tutta se stessa e l’averla vista lì le aveva risvegliato sensazioni che da tempo non sentiva… la rabbia stava prendendo il pieno possesso del suo corpo insieme al dolore, tuttavia, l’azione di entrambi, combinati, l’avevano lasciata così, immobile, incapace sia di urlare che di cadere a terra, spezzata e in lacrime.
Quando Erika fu ormai fuori, Lauren realizzò che decisamente non era il caso di rimanere lì, a meno che non volesse rischiare la vita, nel frattempo Arizona, rimasta ormai sola sulla soglia, prese la situazione in mano ed entrò chiudendosi la porta alle spalle
-Calliope…
- Che ci faceva con te? – il tono con cui Callie pronunciò quelle parole fece irrigidire ulteriormente la bionda nella quale assieme alla gelosia si fece posto l’indisposizione
- Potrei chiederti lo stesso… - le rispose cercando di mantenere il controllo
- Non stavo facendo niente, IO. Tu piuttosto cosa volevi farci in uno sgabuzzino con la Boswell? Anzi, no, ti prego non me lo dire – Rabbia. Dolore. A Callie sembrò, per un secondo, di essere tornata indietro nel tempo, di essere ritornata a quel maledettissimo giorno, di essere tornata nel cuore della tempesta
- Callie ma cosa stai dicendo? Non sono io quella che è stata trovata abbracciata alla sua ex FIDANZATA e se proprio lo vuoi sapere stavo cercando di nascondermi da lei – non poteva sopportarlo, tante volte aveva sbagliato ma questa, decisamente, non era colpa sua, non era lei questa volta a dover trovare una giustificazione
- Hai detto bene, Arizona, EX. Io ed Erika siamo state insieme prima che tu arrivassi, non ti ho tradita, IO! – quelle parole erano uscite senza che la latina potesse fermarle, erano colate fuori come la lava da un vulcano distruggendo tutto al loro passaggio
- Ancora Callie? Pensavo avessimo superato questa fase, dannazione! È possibile che tu non riesca ancora a perdonarmi? – l’avevano ferita, quelle parole l’avevano ferita ma no, questa volta la tempesta sarebbe andata via esattamente come era arrivata e loro ne sarebbero uscite ancora più forti…ciò che non uccide fortifica, Arizona sentiva quel detto come cucito addosso a lei
- Mi pare un po’ difficile se ti vedo alla ricerca di uno sgabuzzino insieme alla donna con cui mi hai tradita!
- Non stavo cercando uno sgabuzzino per chiudermici dentro con lei! Lo stavo cercando per provare a   LIBERARMI di lei prima che potessi colpirla con la prima cosa che fossi riuscita a trovare! Perché sì, Callie, è di colpirla che mi viene voglia quando la vedo e sai perché? Perché a causa sua ho quasi perso te, la cosa che più amo al mondo, ciò senza cui non potrei vivere, ciò senza cui la mia vita sarebbe inutile. Calliope io ti amo, anche se ho sbagliato, se ti ho tradita, se ti ho ferita, io non ho mai smesso di amarti, quindi ti prego, non farlo neppure tu, non mi abbandonare…- ormai la bionda non riusciva più a contenere le lacrime, sembrava un fiume in piena, le parole erano a stento distinguibili fra i singhiozzi e vedere la moglie in quello stato fece abbassare a Callie ogni difesa, non ne era capace, non era capace di vederla piangere, soffrire, peggio ancora con la consapevolezza di esserne la causa, così le si avvicinò annullando la distanza che le divideva, le asciugò le lacrime con il dorso della mano e fece in modo che i suoi occhi nocciola incontrassero quelli blu oceano di Arizona
- Sai perché stavo abbracciando Erika? – Arizona scosse la testa in senso di diniego, aveva smesso di piangere ma qualcosa non le permetteva di smettere di tremare– la stavo ringraziando, perché, grazie a lei ho conosciuto te, la donna che amo, la MIA donna, la mia aria, il mio tutto, anche io ti amo Arizona…rinunciando a te rinuncerei a vivere – detto questo prese a baciarla, il bacio più bello della sua vita, un bacio che sapeva di nostalgia, di paura, di desiderio, di ansia, di attesa…di amore. Callie si staccò quando sentì le lacrime di Arizona bagnarle le labbra
- Perché piangi?
- Perché sono felice e non potrei esserlo di più, perché ti amo – Callie le sorrise ma prima che si riavvicinasse Arizona vide come un lampo nei suoi occhi, durò poco, alcuni secondi, eppure c’era stato…decise comunque di non curarsene, almeno non in quel momento, l’unica cosa che desiderava era affidarsi completamente a sua moglie e lasciarsi cullare dal senso di serenità che le parole appena proferite dalla latina le avevano lasciato dentro.

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


Quella sera fu proprio una di quelle sere che a Callie come ad Arizona erano mancate tanto, una di quelle sere riempite da loro, da Sofia e dal loro sconfinato amore, quello stesso amore che, poche ore prima, aveva dimostrato di resistere ad ogni tempesta, illeso e tanto più forte quanto più bello di prima. La notte, la prima vera notte che trascorsero insieme realmente serene, fu, invece, una di quelle notti che nessuna delle due avrebbe dimenticato così facilmente, una di quelle che ti rimane dentro, una di quelle il cui ricordo è un faro nel buio della notte più scura, un’ancora nella tempesta più dirompente.
Quando al mattino gli occhi blu di Arizona si aprirono inondandosi della luce che veniva dalla finestra già aperta assumendo così una sfumatura che trasmetteva, a chiunque li avesse guardati, uno stato di pace nonché la voglia di tuffarcisi dentro, la bionda trovò la parte del letto accanto a sé vuota. Il profumo di Callie era ancora forte nella stanza, Arizona lo sentiva fra le lenzuola, sulla sua pelle, fra i suoi capelli, tutto lì tratteneva ancora l’odore inebriante della latina e del loro amore. La bionda decise di alzarsi alla ricerca della moglie e della figlia ma l’unica cosa che trovò fu un post-it scritto velocemente nel quale Callie le diceva di essere già andata a lavoro e di aver portato Sofia all’asilo. Arizona rimase per un attimo interdetta e quasi delusa…era come se a coronare quella notte si aspettasse un bacio del buongiorno, una colazione in famiglia e, chissà, magari anche un’intera giornata lontano da tutto lo stress del lavoro ma a quanto pareva non era lo stesso anche per Callie. Non restandole altro da fare, fece colazione da sola in quella casa silenziosa, si vestì e decise di andare in albergo per iniziare ad organizzare le valigie. Quando stava, tuttavia, per uscire, mentre prendeva le chiavi dal tavolino dell’ingresso dove Callie le buttava letteralmente dopo essere tornata da un turno estenuante in ospedale, notò che qualcosa le mancava, qualcosa da cui non si era mai separata e la cui assenza le provocò una crisi di panico: la sua fede. Iniziò a perlustrare angolo per angolo tutta la casa, ma come aveva fatto a perderla? Non le era mai successo e inspiegabilmente non c’era verso di trovarla, eppure doveva pur essere finito da qualche parte… E ora come si sarebbe giustificata con Callie? Dannazione, avrebbe dovuto dirle la verità e sperare che strane idee non le balzassero in mente facendole trarre conclusioni affrettate… Tuttavia, l’unica cosa che poteva fare era quello che si era promessa prima di rendersi conto della grave perdita: le valige. Passò quasi tutta la mattinata intenta in quel lavoro, così quando arrivò in ospedale era mezzogiorno passato: di lì a poco ci sarebbe stata la pausa pranzo e la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata trovare Callie per reclamare quel mancato bacio la cui assenza le aveva spento la mattinata tenendo, possibilmente, le mani nel camice, lontane, almeno per il momento, dalla vista di Callie.
 
 
Quando fu arrivata nel reparto di ortopedia intravide Vivien passare per i corridoi e decise di raggiugerla sperando (o forse no?) di trovare con lei sua moglie. Una volta affiancata la rossa questa le rivolese un sorriso tirato, imbarazzato, ed iniziò ad agitarsi impensierendo Arizona
-Buongiorno dottoressa Robbins – le disse con una voce stridula che mal celava l’ansia dalla quale era, in quel momento, invasa
- Buongiorno, dottoressa Blanchard – il modo in cui Arizona lo pronunciò, invece, conferì al saluto quasi un tono di domanda. Vedendo che Vivien continuava a guardarla e sorriderle in modo imbarazzato quasi sperasse che lei non notasse qualcosa, la bionda decise di continuare
- Dottoressa mi scusi, io vorrei raggiungere mia moglie, saprebbe dirmi dov’è? – la formalità della bionda fece capire a Vivien che uscire indenne da quella situazione sarebbe stato molto difficile
- Ehm… in realtà non lo so, credo di non averla proprio vista oggi al lavoro… - le rispose nel modo più convincente possibile… Callie, perché doveva essere tutto così difficile con lei?
Arizona, dal canto, suo iniziò a preoccuparsi ancora di più, una delle due le aveva mentito, nella migliore delle ipotesi Vivien, ma perché? Decise allora di andare un po’ più a fondo
 
-Davvero dottoressa Blanchard? Eppure questa mattina mia moglie – rimarcando quella parola le sembrò di rimarcare la linea di confine che sperava Callie avesse definito –mi aveva detto di essere venuta proprio qui in ospedale…
- Ah…beh io…io non l’ho vista ma può anche darsi che sia stata occupata in pronto soccorso o in qualche consulto in un altro reparto, ora però mi scusi io dovrei andare, sa, le relazioni mi aspettano e…quindi…io vado… - Vivien, ormai completamente rossa per l’imbarazzo si allontanò a passo svelto raggiungendo la sala lastre dove qualcuno la stava aspettando. Arizona, dal canto suo, la vide andar via convinta del fatto che le stesse nascondendo qualcosa.
 
Quando la francese ebbe raggiunto la sua meta, chiuse velocemente a chiave la porta dietro di sé dando prima un rapido sguardo nel corridoio per accertarsi di non essere seguita da nessuno, poi si voltò verso l’altra persona che occupava la stanza insieme a lei
-Certo che potevi inventarti una scusa migliore! Arizona ti sta cercando, hai idea di quanto sia stato difficile raggiungerti senza che mi seguisse?

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


C’era qualcosa che non andava e questa ne era la prova… Callie le stava nascondendo qualcosa…erano appena tornate insieme e già c’erano segreti tra di loro? L’idea che poi c’entrasse Vivien la rendeva ancora più agitata. Lo sapeva, il suo psicanalista glielo aveva ripetuto milioni di volte: non doveva saltare a conclusioni affrettate…Però questa non era una conclusione affrettata, le stava davvero nascondendo qualcosa! Niente, quei pensieri non la lasciavano neppure per un secondo, quella doveva essere la sua pausa pranzo, avrebbe dovuto rilassarsi per poi tornare, più carica, ad occuparsi dei suoi piccoli umani, invece, qualcuno aveva deciso che una notte di felicità per lei era anche troppo, doveva pur preoccuparsi di qualcosa…
-Lo so, lo so, ma questa mattina ero, ehm, leggermente stanca… - il sorriso di Callie la diceva lunga
- Non dirmi altro, ti prego, potrei esserne gelosa… - fece Vivien avvicinandosi e provocando un sopracciglio alzato della latina
 
-Tu devi essere Arizona – fece Erika avvicinandosi al tavolo dove la bionda stava soltanto provando a mangiare immersa com’era nei suoi pensieri. Quella voce, tuttavia, la richiamò alla realtà facendole alzare la testa, incuriosita dalla donna che le era davanti
- Piacere, Arizona Robbins, pediatria, se non sbaglio tu sei la dottoressa Hahn- rispose allungando la mano quasi sospettosa, l’altra donna, invece, dopo aver risposto alla stretta si sedette al tavolo decisa, evidentemente, a fare conversazione
- Quindi tu sei la donna che è riuscita a conquistare il cuore di Callie? – il sorriso benevolo di Erika fece ammorbidire la sua interlocutrice facendole abbassare quelle difese che aveva, istintivamente, innalzato al suo arrivo
- Lo spero – le rispose sincera e…preoccupata dai recenti avvenimenti
- Se fossi in te starei tranquilla, non ho mai sentito parlare nessuno parlare in modo così sognante della sua dolce metà come Callie di te – disse quasi percependo la paura della donna che aveva davanti e che le sorrise di rimando – a proposito – continuò –dov’è?
- Piacerebbe saperlo anche a me – le rispose sbuffando Arizona
 
-Tranquilla Callie, era solo una battuta – fece Vivien rassicurando la latina –in tutti i casi tieni, non so come ho fatto a convincerli però ci sono riuscita, – le allungò uno scatolino di velluto il cui contenuto provocò uno sguardo soddisfatto della bruna
- Vivien lo sai che sei fantastica? – le disse guardandola col sorriso più beffardo di sempre
- Non ci provare Callie, la prossima volta non rischierò ancora di venire incenerita da tua moglie! – il tono convinto della donna fece scoppiare a ridere entrambe. Callie, però, un attimo dopo si fece seria, il sorriso era sparito e un’espressione spaventata era comparsa sul suo volto
- E se mi dicesse di no?
- Ci sarei sempre io – rispose Vivien sfoderando lei, questa volta, la stessa espressione che poco prima aveva la latina ma vedendo lo sguardo di disapprovazione decise di continuare – mai sentito parlare di ironia? Calliope, è impossibile che ti dica di no, del resto la prima volta non l’ha fatto
 
 
-Erika, posso farti una domanda? – non sapeva, perché, ma qualche strana ragione sembrava aver portato quella donna fuori dal passato di Callie direttamente davanti a lei per risolvere dubbi e paure che da sempre l’avevano tormentata. Al cenno di Erika di continuare, Arizona proseguì con la sua domanda
- Ma dopo averla lasciata, quella sera intendo, hai mai pensato di ritornare da lei? – chissà da quanto tempo avrebbe voluto farle quella domanda, quella era forse una delle sue più grandi paure, sì, aveva paura che un giorno potesse spuntare qualcuno a rubarle la sua Calliope, che provenisse dal passato o dal futuro non aveva importanza
- Non hai neppure idea di quante volte. Io ero innamorata di lei- quelle non erano esattamente le parole che la bionda avrebbe voluto sentirsi dire – non guardarmi così, me lo hai chiesto tu…- disse la donna quasi leggendo i pensieri di Arizona la cui espressione, del resto, era un libro aperto sulla sua anima – però – continuò non dandole neppure il tempo di escogitare una disperata quanto inutile difesa– qualcosa dentro di me sapeva che non ero io che l’avrei resa felice e non mi sbagliavo…- le due donne si stavano guardando come a cercare di capire l’una qualcosa in più dell’altra quando il suono di un cerca persone fece interrompere il contatto visivo. Quando Arizona realizzò che era il suo si alzò per congedarsi dalla donna
- Scusami, ho un consulto…  - disse seriamente dispiaciuta di dover chiudere lì quella conversazione
- Tranquilla va pure, sarà sicuramente qualcosa di importante – rispose la donna e ad Arizona, per alcuni secondi, sembrò che questa sapesse qualcosa di cui lei era all’oscuro
 
 
Quando la bionda ebbe raggiunto la sala lastre dove era stata chiamata, vi trovò una Callie con un sorriso smagliante
-Dove diamine eri finita? È tutto il giorno che ti cerco, questa mattina sei praticamente fuggita…- Callie non le permise di finire la frase che la baciò, come se non lo facesse da secoli per poi allontanarsi e prendere la parola
- Arizona, io devo chiederti una cosa, una cosa importante, però prima devi sapere che io ti amo come non ho mai amato nessun’altra, che mi hai stravolto la vita, che da quando ci sei tu ogni giorno è diventato un turbine di emozioni- Arizona fece per dire qualcosa ma la latina non glielo permise – ti prego, aspetta, altrimenti non riesco a finire, perché, se tu sei con me io non riesco a capire più niente, il mio cervello decide di prendersi una pausa mentre il mio cuore di martellare all’impazzata esattamente come la prima volta che ti ho vista nel bar di Joe…da quel giorno tu sei diventata la mia luce in fondo al tunnel, il mio arcobaleno dopo la tempesta, il posto in cui ogni giorno voglio ritornare, la mia casa, la mia famiglia, la mia felicità, il mio amore…Serena la nostra storia non lo è mai stata ma neppure per un attimo ho smesso di pensare che ne valesse la pena. Da quando ci sei tu non cambierei la mia vita con niente al mondo. Tre anni fa, quando ci siamo sposate, il nostro Paese diceva che quello che stavamo facendo non era legale, ora lo è e non so se tu sarai così folle da volerlo fare ancora…con me, però, io sento che se non te lo chiedessi sarei un’idiota e sarei davvero felice se tu lo volessi fare di nuovo, legalmente questa volta, con me, in modo che anche il governo degli Stati Uniti sappia che tu sei mia, quindi…- Callie si mise in ginocchio, tirò fuori dalla tasca il telecomando per azionare le luci delle lastre sulle quali campeggiò la domanda “vuoi sposarmi” e nel frattempo, dal basso, guardava sua moglie che piangendo di gioia stava osservando la scritta appena comparsa, così le prese le mani e fece in modo che i loro occhi si incontrassero
- Dimmi di sì, ti prego – Arizona cercò per alcuni secondi di recuperare la facoltà di parola prima di risponderle
- Certo Calliope, certo che ti risposo, lo rifarei altri miliardi di volta, con te – la tirò su ed iniziò a baciarla ma Callie le prese la mano e la condusse fuori
- Non sono ancora finite le sorprese, devo incastrarti subito approfittando del momento di follia – le disse guidandola attraverso i corridoi mentre la bionda non era in grado di fare altro se non sorridere, sorridere fino a sentir dolore e…seguirla, ovunque lei volesse andare.
Callie la condusse alla cappella dell’ospedale e davanti alla porta si fermò un attimo, la baciò, si guardarono alcuni istanti e poi entrarono dentro, dove tutto era pronto, compresi i loro amici seduti fra i banchi e la loro bambina, in prima fila vicino alla Bailey che, questa volta in veste ufficiale, era pronta a rendere legale quel matrimonio che tre anni prima aveva officiato. Arizona non riusciva a credere ai suoi occhi o a contenere l’emozione quando quest’ultima formulò loro le domande di rito e al momento dello scambio degli anelli il panico invase la mente della bionda ricordando di aver perso proprio quella mattina il suo ma alla vista di Sofia, sua figlia, la loro figlia, che procedeva, bellissima, portandoli entrambi si rasserenò, Callie l’amava, niente poteva andare storto.
-Ora, per il potere conferitomi, vi dichiaro, di nuovo, moglie e moglie – e rivolgendosi verso Callie aggiunse – prima di baciare la sposa sappi che non celebrerò un terzo matrimonio, io la salvo la gente, non la sposo – e guardandole sorridendo aggiunse –ora potete baciarvi.
Tutta l’assemblea proruppe in una fragorosa risata mentre le due donne obbedirono al comando del chirurgo come se da quello dipendesse la loro vita. Sofia, dal canto suo, continuava a battere entusiasta le manine ma lo fu ancora di più quando le due mamme la presero in braccio per uscire, insieme. La tempesta poteva definirsi decisamente finita e loro ne erano uscite…legalizzate.
 
 
Quando si trovarono da sole nel letto Arizona decise di sciogliere l’enigma della ricomparsa del suo anello
-Calliope come hai fatto, se è dato saperlo, a far riapparire l’anello che avevo perso?
- Diciamo che questa mattina ho dovuto fare un furto benedicendo l’averti fatta stancare ieri…volevo che ci fosse incisa la data di questo giorno, il nostro nuovo inizio, così ho fatto impazzire Vivien per trovare qualcuno che lo facesse in meno di un paio d’ore, sempre nella speranza che tu accettassi
- Bene, quindi ieri mi hai sedotta per derubarmi – la latina annuì completamente succube della sua ri-moglie che le si stava stendendo sopra pronta a dar vita ad una notte che, se possibile, sarebbe stata ancora più indimenticabile della precedente
- Sai che non avrei mai potuto dirti di no?
 
 
*QUALCHE SETTIMANA DOPO*
- Credo sia arrivato il momento di dirci addio – fece Vivien rivolgendosi alle due donne che l’avevano accompagnata in aeroporto, Arizona stringeva tra le mani il caffè che per la fretta non era riuscita a prendere a casa mentre Callie teneva in braccio Sofia che triste protestava affinché la zia Vivien non la lasciasse sola
- Callie, è stato un vero piacere conoscerti e… - la donna però la interruppe
- Ti prego Vivien, non iniziare con gli addii, li odio, mi mancherà il tuo accento, lo sai? Chiamami appena arrivi e torna appena puoi
- Si zia Vivien, torna – fece Sofia muovendo le sue braccine per abbracciarla, così dopo di lei lo fece anche Callie che nel frattempo aveva passato la bambina ad Arizona intenta nel cercare di consolarla con rassicurazioni sull’imminente ritorno della rossa. Quando fu il momento di Arizona, non si seppe se per colpa di Sofia, del caso o di nessuno di questi due, il caffè che la bionda aveva ancora in mano finì tutto sul completo che la francese indossava. Dopo attimi di confusione generale l’altoparlante annunciò il volo, così Vivien fu costretta ad imbarcarsi completamente sporca della bevanda che le era appena stata rovesciata addosso insieme ad un miliardo di scuse da parte della due donne ma forse, in fin dei conti, se lo meritava.
Una volta in macchina e dopo che Sofia si fu addormentata sul sedile posteriore, Callie decise di capirci qualcosa in più su “quell’incidente”
-Amore ma il caffè ci è finito accidentalmente addosso a Vivien, vero?
L’altra donna le rispose con uno di quei sorrisi super magici che non permettevano a nessuno di dubitare della sua innocenza provocando una risata trattenuta dalla mora per paura che Sofia potesse svegliarsi. Sorte o volere, chiunque dei due fosse stato, sembrava aver deciso di chiudere un cerchio.
- Bene – fece la bionda subito dopo – dove ti porto bella donna?
- Ovunque tu voglia – le rispose la latina
FINE
 
 
N.d.A. Ebbene, eccoci giunti al termine di questo lungo quanto meraviglioso viaggio. Mi piace pensare che questa storia vi abbia tenuto compagnia e, perché no, vi sia piaciuta. Prima di congedarmi vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto, recensito e magari anche amato questa mia prima fanfiction: il vostro supporto, la vostra compagnia e il tempo che avete voluto dedicarmi hanno significato molto per me.
Per chi dovesse, follemente, sentire la mia mancanza, è in cantiere una nuova ff sulle nostre Calzona.
Ad ognuno di voi, lettore silenzioso o recensore che sia, va il mio GRAZIE di cuore.
Al prossimo viaggio :)   

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