Asleep Tomorrow

di KatrinaLennon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (1) ***
Capitolo 2: *** Seventeen Days ***
Capitolo 3: *** I due Mondi ***
Capitolo 4: *** I sogni non sono Irrealtà ***



Capitolo 1
*** (1) ***





Dedicato a @ZessCode

(1)
 
Aveva sonno.
Davvero tanto sonno.
Pioveva.
E l’autobus tardava ad arrivare.
E lei era sotto la banchina, in preda alla stanchezza mentale e fisica che subiva la prepotente gocciolina che quasi a scandire i minuti le cadeva sullo stesso punto del capo, ma Nina era troppo stanca per poter mettere in moto il cervello e spostarsi poco più in là.
Non faceva molto freddo, era comunque un pomeriggio d’estate, la temperatura era piacevole ‘se non fosse scoppiato il temporale mentre io dovevo tornare a casa’ puntualizzò Nina fra se e sé. Non aveva fatto niente di che quel giorno, si era svegliata tardi aveva mangiato poco e niente e aveva deciso di prendere una boccata d’aria poiché ultimamente sentiva un grande peso dentro, senza capire cosa fosse visto che non era successo niente di speciale ultimamente, ma di lì a qualche ora si era sentita davvero molto stanca e aveva deciso di tornare a casa ‘e aveva iniziato a piovere’ ripeté a mente ancora una volta, scocciata da tutta quell’acqua che le provocava ancora più sonnolenza. Si sporse un po’ dal suo posto bagnandosi il resto della testa per vedere se ci fosse traccia del suo bus… ed eccolo che spuntava all’orizzonte. Si alzò in piedi, anche se quello era ancora abbastanza lontano, avendo paura di non essere vista visto che il bus stava filando a una velocità che forse non era proprio legale. Ma mentre quello accorciava di più le distanze ebbe come il brutto presentimento che non sarebbe fermato, e infatti così successe. Fu investita da un’ondata di acqua sporca e fredda della pozzanghera sotto il marciapiede.
‘MA IO TI FACCIO CROLLARE LA CASA CAPITO,  TI VENGO A CERCARE PEZZO D’IDIOTA!’ sbraitò contro il mezzo e poi rivolse l’attenzione al suo stato e nel farlo fu scossa da brividi di rabbia, freddo ed esasperazione.
Sentiva l’acqua anche nelle mutande, e aveva ancora più sonno.

Si sedette di nuovo nello stesso punto, sotto la stessa goccia, desiderando ardentemente di addormentarsi e risvegliarsi nel suo letto asciutto e pulito, ma l’unica cosa che si trovò davanti mentre riapriva gli occhi fu un tipo alto un metro e due watussi, riccio e dagli occhi spaventosamente grandi per essere uno dal taglio a mandorla, che la guardava di tanto in tanto con l’espressione a dir poco divertita.
Nina scartò ad uno ad uno tutti i modi che le balenarono nel cervello per mandarlo a farsi fottere, e dopo anche tutte le combinazioni di bestemmie che il suo cervello voleva lanciare al tipo insieme alla sua borsa a dir poco pesante.  Ma contro ogni aspettativa, visto le occhiate omicida della ragazza, il watusso decise di fare la sua entrata in scena.
‘Giornataccia?’ chiese guardando davanti a sé sorridendo sotto i baffi.
“oh madonna immacolata, ma io ti rendo sterile con un calcio nei paesi bassi ora” fu la risposta più cortese che Nina riuscisse a formulare mentalmente, perciò decise di tacere e fare finta di niente.
‘Sai, c’era scritto ‘FUORI SERVIZIO’ sull’autobus’ continuò con il solito ghigno mentre faceva finta di controllare se non arrivasse qualche altro bus.
In effetti no, non l’aveva visto, la vista era un po’ appannata, ammise tra se e sé, ma poi tornò alle sue occhiate omicida.
‘Ma tu sai chi sono io?’ parlò senza pensare Nina per poi chiedersi fra sé perché avesse detto una cosa del genere, non aveva assolutamente senso.
‘Sei una che è stata appena travolta da più o meno circa mezzo ettolitro d’acqua perché è talmente assonnata che non riesce a fare caso che l’autobus è un fuori servizio e oltretutto gli urla pure dietro come se ovviamente l’autista potesse sentirla o addirittura avesse paura delle sue minacce’ spiegò senza mai guardarla in faccia come se stesse parlando a se stesso, e dando una scrollata di spalle dopo aver parlato come a confermare ciò che aveva detto.
‘Senti, io non ho soldi da darti, non voglio predizioni del futuro, non sono una testimone di Geova -e non intendo diventarci-, non credo nei chiromanti o chi parla coi morti, quindi puoi anche evitare di perdere tempo e non sprecare le tue grandi abilità con me ok?’ si girò verso il ragazzo soltanto dopo aver parlato, e lui nemmeno in quel momento la guardò negli occhi.
‘Nessuna abilità speciale, solo un po’ di testa.’ le sorrise, stavolta guardandola negli occhi e poi alzandosi in piedi. ‘Magari pensavo solo che avessi bisogno di qualcuno che ti aiutasse a prendere l’autobus giusto’. Con un braccio fece segno al veicolo di fermarsi e Nina guardò come se fosse un miraggio il tanto agoniato bus.

Guardò prima il watusso e poi l’autobus, poi si accorse che se non si muoveva ad alzare il culo lo avrebbe perso, perciò con grande sforzò si sollevo sulle gambe e salì sulla vettura. Anche il watusso era entrato così gli si avvicinò. ‘Bhè allora… sì gr-‘ ‘Prego’ annuì lui, per poi tornare a guardare fuori dal finestrino.  Decise che dirgli che se l’avesse interrotta di nuovo l’avrebbe privato dell’uso dei polmoni con un calcio nel petto non era esattamente la cosa giusta per sembrare riconoscente. ‘Hai un nome o devo continuare a formulare i miei pensieri chiamandoti watusso?’  chiese mentre prepotentemente occupava il posto che si era appena liberato accanto al ragazzo. Lui sorrise, non seppe mai se per la frase o per il modo in cui stancamente e rozzamente si abbandonò sul sedile, fatto sta che guardando quella bocca aprirsi in un’espressione divertita per un attimo le sembrò di stare accanto alla persona che conosceva da secoli, qualcosa di estremamente caldo e familiare, qualcosa di sicuro e che solo lei comprendeva o conosceva davvero.
‘No, puoi chiamarmi Park Chanyeol’






 

Buon salve! 
Innanzitutto se veramente hai letto questo capitolo meriti un bacino.
So bene che pubblicare un'het su EFP oltretutto nel settore EXO è tipo inutile perché tanto nessuno la guarderà mai ma fatemi spiegare
In realtà questa cosa doveva essere una storia ispirata ad Anterograde Tomorrow e farne una parodia dove la protagonista era narcolettica e Chanyeol moriva di disfunzione erettile. Ok ok si, questo è il frutto delle conversazioni idiote tra amiche (nina ti vi bi)
Ma poi mentre scrivevo bho, mi è uscita questa storia che non c'entra nulla col piano originale. In realtà potrebbe anche essere considerata storia originale perché di Chanyeol c'è solo il nome, si sarebbe potuto chiamare pure Ottavio non cambiava nulla.
In breve la pubblico su EFP per gioia mia /?/
Basta la smetto di parlare
Vi amo tutti
- Kat 

 

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Capitolo 2
*** Seventeen Days ***





Dedicato a Nina

(2)
Seventeen Days
 
 

Si era addormentata durante la corsa evidentemente, perché fu il watusso, cioè Chanyeol, a svegliarla.
«E’ la tua fermata» le disse mentre trafficava col telefono senza guardarla. Si rizzò in piedi e corse verso le porte senza verificare se il ragazzo avesse detto la verità. Ci pensò su. “Come sa qual è la mia fermata?” si domandò mentre era già pronta a tornare a sedere e prenderlo a schiaffi. E invece alzò lo sguardo e le porte si aprirono davanti alla fermata a cui scendeva di solito. Fece per scendere ma poi tornò un passo indietro.
«Come facevi a saperlo?» gli chiese quasi senza dare intonazione alla frase tanto il turbamento.
Lui sorrise e alzò gli occhi dal cellulare, causandole maggior inquietudine. Quel sorriso, l’aveva visto migliaia di volte prima. O almeno questa era la sensazione che provava guardandolo.
«Tranquilla, questa non sarà l’ultima volta che ci incontreremo.» sorrise ancora e poi tornò ai suoi affari, come se quella fosse una risposta più che sufficiente. Nina lo guardò ma non fece in tempo a parlare ancora che l’autista la distrasse: «Signorina, che fa? Scende?» sbottò spazientito guardandola dallo specchietto retrovisore. Senza rispondere scese dall’autobus restando poi immobile anche dopo che questo aveva richiuso le porte ed era partito nuovamente. Aveva uno strano presentimento, ma era troppo stanca per pensarci, perciò si avviò verso casa e una volta arrivata buttò le chiavi da una parte senza guardare dove e si buttò a letto, stanca come se avesse avuto un normale giorno di università.


Si risvegliò dopo quelli che le sembrarono cinque minuti dopo, ma non era a casa sua. Era sotto un melo che la copriva dai raggi del sole. Era un albero bellissimo che ricopriva metà dello spazio che riusciva a vedere; profumava di casa. Era tutto così familiare, anche se non riusciva a capire perché mai lo fosse. Si accorse di essere seduta, perciò si alzò e cominciò a scrutare ciò che la circondava, trovandosi completamente a suo agio, nel subconscio. A un certo punto al limite dell’ombra dell’albero si accorse di una figura che prima non aveva notato. Inutile dire che le sembrasse anch’essa familiare, come se quella dovesse stare lì, perché lì era sempre stata, chissà da quanto tempo a quella parte. Forse da anni, forse da sempre. Era una figura esile, alta e dai capelli castani chiaro e un po’ ricci. Non c’era bisogno di chiedersi chi fosse, perché lo sapeva benissimo, era la persona (poteva considerarla tale?) che più conosceva in tutta la sua vita, e poteva dire che fosse anche la persona che la conosceva più a fondo.
Lui si girò e la guardò sorridendo. Gli sorrise di rimando, come se fosse una cosa abituale.
«Te l’avevo detto» disse lui.
A quelle parole sentì come un vuoto allo stomaco e poi una vertigine, come se fosse precipitata dall’ultimo piano di un grattacielo.
«Mi avevi detto cosa?» chiese lei, all’improvviso turbata da tutto quello. Come se si fosse risvegliata da uno stato di trance cominciò ad avere paura.
Cos’era quel posto? Piuttosto dov’era? Perché non era nella sua stanza? Dov’era il suo letto?
L’ultima cosa che vide furono gli occhi del ragazzo che passavano da sorridenti a spaventati.
«Di nuovo!» imprecò lui.
Poi tutto cominciò a sgretolarsi e a diventare buio mentre nei suoi pensieri risuonò un pianto amaro, il suo.

Si risvegliò di colpo, stavolta nel suo letto. Ricordava tutto perfettamente e se c’era una cosa di cui era sicura era che tutto quello non era stato solo un sogno. Era stato tutto troppo palpabile, e ci avrebbe messo la mano sul fuoco: quel ragazzo era Park Chanyeol. A quel punto sentì che doveva trovarlo, così, senza sapere dove stesse andando,  riprese le chiavi e uscì camminando guidata da una voce interiore. Dopo nemmeno un chilometro si sentì terribilmente stanca, le gambe le dolevano talmente tanto che sentì il bisogno impellente di sedersi. Si lasciò scivolare sulle ginocchia poggiando la schiena al muro all’ombra dell’angolo della strada, e in preda alla confusione si prese la testa fra le mani. In fondo era solo un sogno, perché stava reagendo in quel modo?
«Ce l’hai fatta ad arrivare» parlò qualcuno vicino a lei. Sobbalzò con il cuore in gola e fu talmente tanto lo spavento che si ritrovò con il sedere per terra. Guardò atterrita in alto e trovo il watusso che si torturava nervosamente le mani.
Quel ragazzo aveva l’insana abilità di farle salire tutta la violenza che aveva in corpo.
«Perché la prossima volta non ti presenti con un passamontagna così mi spavento meglio?»
Si pulì le mani sbattendole l’una contro l’altra, poi si alzò e fece lo stesso anche con il suo sedere.
«Sai, apparire così dal nulla non è abbastanza per farmi prendere un infarto.» continuò, mentre a braccia conserte lo fissava.
Come se non avesse detto niente Chanyeol le chiese «Cosa volevi dirmi?»
Nina si lasciò andare involontariamente in un’espressione stupita: “Ma cos-“
«Chi sei?» chiese allora di getto.
«Lo sai benissimo»
«No, non lo so, altrimenti non ero qui a chiedertelo»
La guardò senza rispondere.
«Va bene, allora. Cosa ci facevi nel mio sogno?» cambiò domanda.
«E’ buffo come io potrei chiederti la stessa cosa.» ridacchiò prendendola in giro.
«So che sai.»
«E io so che anche tu sai.» ribatté lui avvicinando il proprio viso al suo per far incontrare perfettamente i loro sguardi.
Diventò all’improvviso tutta rossa e abbassò lo sguardo.
«Chanyeol! Te lo ripeto per l’ultima volta. Chi sei? Giuro che ti denuncio» borbottò, esasperata dai suoi giochetti niente affatto simpatici.
Rialzò lo sguardo, ma il viso di Chanyeol era ancora troppo vicino al suo per poterlo sostenere, quindi lo riabbassò mentre una nuova ondata di rossore le invadeva le guancie.
Il ragazzo sbuffò e allontanò il proprio viso, calciando una pietra, visibilmente frustrato.
«Il fatto che tu ti senta sempre così stanca non è normale» proferì lui.
Nina stava per rispondergli ma non la lasciò parlare.
«E’ partito tutto da quando hai cominciato a dormire e a sentirti stanca spesso.
 Hai cominciato a violare un mondo che normalmente non avresti nemmeno immaginato che esistesse. La prima volta che l’hai violato non te lo ricordi, ma noi sì. E»
«Noi chi?» lo interruppe.
«Io e… un’altra te, se così vogliamo chiamarla.» sorrise forzatamente, imbarazzato. Si grattò la nuca e poi continuò «Dicevo. E quando ti sei svegliata hai pensato che fosse solo un sogno, ma ne sei rimasta colpita evidentemente, perché hai ricordato qualcosa e hai fatto partire la regola dei ‘Seventeen Days’.»  una smorfia di sofferenza apparve sul suo volto.
A quelle parole Nina ebbe un tuffo al cuore. E per un attimo tutto le sembrò chiaro, ma l’illuminazione andò via come era arrivata, lasciando solo qualche sprazzo di luce, che però bastò a mettere a posto qualche pezzo del puzzle.
Ora ricordava perché Chanyeol le era sembrato così familiare, una volta nei suoi sogni l’aveva visto attraverso degli occhi che erano i suoi sì, ma erano diversi, come se non le appartenessero davvero. Quando si era svegliata non riusciva a ricordare niente, solo quella sensazione di familiarità era rimasta:  era troppo forte e imponente per farsi dimenticare.
«E… quindi?» riuscì a balbettare.
«Non sono cose che capiresti qui. Chiudi gli occhi.»
Non capì il senso delle sue parole ma si fidò comunque e chiuse gli occhi.
Subito sentì la stanchezza prendere il sopravvento, e cadde tra le braccia di Chanyeol profondamente addormentata.
Aprì gli occhi.
Era sotto il melo.


 

Aish.
Ogni volta mi sembra sempre che manchi qualcosa a quello che scrivo. Si accettano suggerimenti.
Anyway.
Rispetto al capitolo originale pubblicato su Twitlonger questo ha qualche cosa di diverso, ho cambiato alcune frasi e corretto la grammatica (se ci sono errori sarebbe bello che qualcuno me lo facesse notare……….. (//^//) ), anche perché avendolo pubblicato per cazzeggiare e basta la grammatica per me poteva pure impiccarsi ciuè.
Mancano altri due capitoli e basssssta, eh *gira pollici*
Se qualcuno avesse due minuti per recensire mi farebbe davvero tanto tanto piacere ;///;
Intanto ringrazio Nina (stronzetta lo sapevi che non dovevi recensire *fixfix) e Min_Jee Sun, mi ha fatto davvero piacere ^^
Sayonara ^^

-Kat

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Capitolo 3
*** I due Mondi ***





Dedicato a Nina


(3)

I Due Mondi



 
Era seduta sotto l’albero, e solo ora faceva caso a come era vestita. Portava un vestito lungo fino ai piedi di tulle, bianco con una piccola scia di roselline rosa confetto che le cadevano sul davanti della gonna. Il vestito era molto bello, stretto fino a sopra l’ombelico e poi morbido sul resto del corpo… ma era un genere che non avrebbe mai messo…
Almeno non la lei della vita reale.
Lui era lì, come sempre, al limite dell’ombra. Ancora una volta si chiese come mai le sembrasse così scontato. Le si avvicinò silenziosamente sedendole accanto, con la schiena appoggiata al tronco del melo.
Rimasero in silenzio per un po’ e in quel lasso di tempo Nina continuò ad esplorare quel posto meraviglioso. Non c’era una temperatura climatica, avvertiva soltanto un piacevole calore sulla pelle, ma non era dovuto al sole come avrebbe pensato poiché in realtà era sotto l’ombra. Poi si accorse di quanto insensato fosse il suo ultimo pensiero. Parlare di ombra, luce e calore lì era al limite dell’assurdità. Non esisteva niente di tutto quello. Era soltanto un mondo di pensieri, un qualcosa di immaginabile nella vita reale.
«Questo posto di sembra irreale?» le chiese Chanyeol interrompendo il filo dei suoi pensieri.
«In realtà… no.»
Chanyeol sorrise emettendo un piccolo sbuffo «Perché infatti è reale quanto il mondo in cui vivi solitamente»
«Hai detto che non avrei capito prima. Qui invece posso capire?»
«Oh, qui puoi capire anche senza che io te lo spieghi. Ma sarò buono e ti farò da guida» disse stuzzicandola.
Stavolta Nina non sentiva alcun desiderio di picchiarlo in quel mondo (era un mondo?) Chanyeol era qualcosa di simile a un fratello lì… no a qualcosa di più.
Si sdraiò sulle sue gambe lasciando che lui accarezzasse i suoi capelli. Nel profondo sapeva che era una cosa che avevano già fatto altre volte, migliaia di volte anzi.
«Esiste un mondo di cui gli umani non devono venire a conoscenza perché potrebbe stordirli a tal punto da perdere il senso della ragione. Ma per te è stato diverso.
Con la tua malattia hai cominciato a confondere la realtà con il subconscio, senza all’inizio rendertene conto, ma poi è arrivato il momento in cui ha ricordato qualcosa uscendo da qui -poiché quando sei entrata non eri realmente addormentata,- e da quel momento hai dato inizio a un processo che qui non era mai stato avviato. Hai messo delle regole al nostro mondo, anzi, hai violato le regole del nostro mondo.» Chanyeol lasciò che le sue parole facessero effetto su Nina aspettando che lei comprendesse.
Stranamente aveva capito tutto fino a quel momento. Le era tutto più che chiaro, sembrava che una voce dentro di lei le stesse passo passo spiegando le parole di Chanyeol.
Della sua malattia non ne sapeva niente del mondo reale (reale?), ma lì ne era completamente al corrente. Era affetta da stanchezza cronica, non riusciva a stare sveglia troppo tempo perciò spesso si addormentava ma man mano le cose erano peggiorate e aveva cominciato ad entrare nel mondo del subconscio anche quando era più che sveglia, interrompendo così il corso parallelo senza interruzioni che avrebbe dovuto seguire nei due mondi in cui lei e l’altra se stessa vivevano. Tutti gli esseri umani da quando nascono fino a quando muoiono vivono in due mondi separati, ma pur sempre collegati parallelamente tra loro in modo che non si incontrino mai, senza saperlo.  Far incontrare i due mondi significa mettere fine a uno dei due.
«E se tra diciassette giorni tutto questo finirà che ne sarà di me? Cioè della Nina del Mondo Reale»
«Non lo so, non è mai successo. Se hai paura di morire, stai tranquilla, non succederà, la te stessa fatta della materia del Mondo Terreno non può essere cancellata da un momento all’altro.»
« E stando alla regola ‘Seventeen Days’ tra diciassette giorni uno dei due mondi sparirà?» chiese Nina, anche se conosceva già la riposta.
Chanyeol si limitò ad annuire.
«E chi decide?»
«Nessuno, è il mondo più forte a sopravvivere»
«Quindi…»
«Sì, il Mondo della Realtà. Sarà il Mondo del Subconscio a sparire»
«E tu sparirai con lui?»
«Io faccio parte di questo mondo» sospirò affranto.
«E allora perché ci sei anche fuori?» disse con un tono di voce che fece suonare la frase quasi come un’esclamazione piuttosto che una domanda.
«Perché sono stato catapultato fuori insieme ai tuoi ricordi su di me, e insieme alla te del Subconscio capisci? Ricordando quel che hai visto qui ci hai portato fuori, a tutti e due.», puntò il dito prima su di lui e poi su di lei, in modo da renderle più chiaro il concetto.
Nina si mise dritta e portò le ginocchia più vicine al petto poggiandoci il mento sopra per poi abbracciarsi le gambe.
«Però perché ci siamo incontrati» borbottò a bassa voce.
«Perché forse l’amore è talmente forte che va oltre le regole dei Mondi.» le rispose piano, poggiando la testa all’albero.
Di nuovo il silenzio. Questa volta non lo sfruttò per esplorare quello che c’era fuori. Ma per quello che c’era dentro, tra i suoi pensieri, anzi i pensieri e i ricordi dell’altra lei.
Sentì come se la Nina del Mondo del Subconscio le stesse facendo un po’ di spazio accanto a sé, nella sua mente, e le mostrasse come su un grande schermo quello che era sempre accaduto (e che in teoria sarebbe dovuto continuare ad accadere) da quell’altra parte.
Si ritrovò davanti sorrisi, coccole, baci, frasi affettuose, calore.
Capì che i sogni che faceva da un po’ di tempo a quella parte non erano parte della sua immaginazione. Erano una realtà. Un brivido le percosse la schiena.
« Gli umani sognano soltanto grazie a noi, il Popolo del Subconscio. Ci date spesso il nome di Ricordi o Pensieri che poi vengono elaborati nel Vostro Subconscio, ma non è esattamente così. In realtà non abbiamo un nome preciso. Esistiamo grazie a voi, e non ne sono sicuro al cento per cento, ma anche voi vivete grazie a noi. Durante il sonno molti di voi si rifugiano qui per osservare le loro copie vivere una vita felice, al riparo dalle sofferenze e i problemi del Mondo Reale; abbiamo l’abilità d’inviarvi le risposte che a volte cercate e che trovate senza accorgervene, perché noi ‘Pensieri’ vi osserviamo durante il giorno attraverso le informazioni che inviate qui» disse picchiettando con un dito la propria tempia «e viviamo nel vostro sonno costruendo a nostra volta quella che potremmo definire ‘nostra vita’. Nasciamo con voi, moriamo con voi. Perciò i sogni non sono irrealtà. Perché guardami, io esisto. »
Lo guardò di sottecchi, e non poté impedire al suo cuore di accelerare. In quel mondo, in fondo, si amavano e non era nessuno lì per fare in modo che ciò non accadesse.
«E tutti gli umani hanno il proprio se stesso nel Mondo del Subconscio?»
«Certo»
«E il tuo umano dov’è?»
«Oh… Bhè, io non sono umano. Te l’ho detto, io faccio parte di questo Mondo, diciamo che sono frutto della tua immaginazione…»
«… anche se non è proprio così» finì la frase al suo posto.
«Già»
Nina annuì e lasciò che il tempo scivolasse.
 Chiuse gli occhi e quando li riaprì si ritrovò accovacciata sulla sua poltrona, con Chanyeol seduto a un lato di essa che aspettava guardando nel vuoto.  Ormai era inutile chiedergli come aveva fatto a riportarla a casa o quant’altro.
  «Quindi che si fa?» disse lei sbadigliando e stiracchiandosi.
«Niente, aspettiamo»
Si alzò dalla poltrona e si inginocchio davanti a lui, in modo da guardarlo in viso. «Vuoi davvero aspettare senza provare a salvarti?»
Il solito sorriso gli affiorò sulle labbra. Le scompiglio delicatamente i capelli. «Ormai è stato scritto. Dovrà succedere, il fato non si cambia.»
Stavolta non fu infastidita dal suo comportamento.

 


La mia stanchezza è tale che non penso di riuscire a mettere insieme due parole per questo spazio.
Vorrei ringraziare anche coloro che visualizzano, è già tanto per me che la storia venga solo aperta e letta.
Un buon salve a tutti
-Kat 

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Capitolo 4
*** I sogni non sono Irrealtà ***




Ringrazio tantissimo chi ha visualizzato, recensito e chi lo farà in futuro. Spero che questa storia non sia stata proprio un completo disastro e che vi lasci qualcosa dentro.  Grazie a tutti e ovviamente alla mia dolcissima Nina al quale è dedicato.
Durante la lettura consiglio l’ascolto di http://www.youtube.com/watch?v=anicaKGED00


-Kat




(4)

'I sogni non sono Irrealtà'



 

Passarono il resto dei giorni tra il Subconscio e la Realtà. Ormai erano la stessa cosa in tutti e due i mondi, presto Nina scoprì che non poteva fare a meno di provare del sentimento per il ragazzo perché faceva parte di lei. Era qualcuno che lei stessa aveva creato, qualcuno che la completava. Dentro sé contava i giorni che la separavano dal diciassettesimo giorno.


Da quel giorno piovoso in cui aveva incontrato Chanyeol, a accezione del giorno in cui lo aveva cercato, aveva continuato a piovere e ad essere sempre buio e freddo, anche quando un sole lontano e debole cercava di fare capolino tra le nuvole. Un tempo piuttosto insolito per essere ancora in estate. Le sembrava più irreale il Mondo della Realtà piuttosto che l’altro.
Passarono quindi molto più tempo sotto il melo, e Nina era ignara che lì anche la concezione del tempo era diversa. Lo scoprì in quello che pensava fosse il decimo giorno. Si svegliò nel suo letto aspettandosi di trovare come al solito Chanyeol seduto a terra che l’aspettava. E invece lui non c’era.
Si alzò ripassando a mente tutto ciò che si erano detti sotto il Melo ma non trovò nulla che potesse aver detto che avesse anche solo minimamente urtato la sensibilità del ragazzo.
Un capogiro le fece perdere per un attimo l’equilibrio e un brontolio allo stomaco l’avvisò che era ora di mangiare. Aveva davvero così tanto bisogno di nutrirsi? Aveva mangiato solo pochi minuti prima che si addormentasse. In preda agli sbadigli si trascinò verso la cucina e mangiò gli avanzi del pasto scorso. Mentre consumava il cibo si accorse inorridita che quella roba era andata a male. Tra le nausee si alzò e buttò tutto ciò che restava nel secchio. ‘Maledetto frigo’ pensò tra sé mentre cercava di togliersi dalla bocca il saporaccio del cibo. Era troppo stanca per mettersi a cucinare qualcos’altro, perciò si accovacciò sulla poltrona, chiudendo gli occhi stancamente.
Si avvicinò alla figura al limite dell’ombra un po’ titubante, restando qualche centimetro indietro. «E’ successo qualcosa?» disse piano.
Chanyeol si girò e la strinse fra le braccia senza dire nulla. Durò forse un minuto ma sembrò un’eternità.
Si allontanò mettendole le mani sulle spalle e guardandola forte negli occhi. Lei continuava a non capire.
«Chanyeol…»
«Vedrai che andrà tutto bene» disse lui automaticamente.
«Ma cosa? Che stai dicendo?» lo scrutò un po’ in ansia.
«E’ la mattina del diciassettesimo giorno»
«Ma cosa dici, siamo appena al decimo» disse lei ricontando i giorni mentalmente, poi notando che l’espressione stanca di Chanyeol non cambiava aggiunse «non scherzare»
Non le rispose e la strinse di nuovo a sé.
«Qui il tempo scorre in modo diverso. Quelli che ti sembrano minuti qui in realtà possono essere ore, giorni del Mondo della Realtà … Non lo… sapevi?» chiese un po’ preoccupato vedendola sbiancare
«N-no» balbettò . Deglutì a fatica e poi cercò di parlare. «Quindi tra qualche… tra un po’ finirà tutto?» disse senza riuscire a realizzare davvero.
«Mh» annuì lui di rimando. Le prese il viso tra le mani. «Non scordarmi, va bene?»
Nina affondò lo sguardo nel suo, chiedendosi come avrebbe mai potuto dimenticarlo. Non era umanamente possibile, anche se avesse voluto non sarebbe successo.
«Mai»
Chanyeol sorrise ancora, e accostò la sua fronte a quella della ragazza.
Poi si staccò come punto da qualcosa «Ah! Quasi dimenticavo!» si frugò fra le tasche ed estrasse una penna che Nina identificò come la sua penna preferita.
«Quando l’hai presa!?» esclamò lei guardandola incredula
Lui rise e le prese la mano sinistra, cominciando a scrivere. «Oh, passano sempre una buona manciata di minuti da quando esci di qui a quando ti risvegli nel Mondo della Realtà» spinse un po’ di più la penna e annuì soddisfatto del suo lavoro. La fece di nuovo sparire tra le sue tasche e le lasciò andare la mano per poi prendere quella destra, portandola sotto l’albero.
Si sedettero e come sempre Nina si sdraiò sulle gambe di Chanyeol lasciando che lui le accarezzasse i capelli.
«A me sembra tutto normale» dichiarò lei guardando quella specie di luce solare passare attraverso i rami dell’albero.
«Già… » sospirò lui.
Nina  portò la mano sinistra vicino al proprio volto, cercando di decifrare ciò che Chanyeol ci aveva scritto sopra.
«Mh… I… sogni non… sono… irrealtà… I sogni non sono irrealtà?»
«Mh-mh» annuì lui guardandole la mano e ciò che aveva scritto
«Oh, lo so che i sogni non sono irrealtà» sorrise lei guardandolo dal basso.
«Lo so, che lo sai» sorrise anche lui, posandole un  bacio sulle labbra.

 Chanyeol sapeva. Sapeva esattamente cosa sarebbe successo, quando sarebbe successo e forse anche perché era successo. Ma lo lasciò custodito nel suo cuore. Sinceramente, si disse poi, non avrebbe immaginato un modo migliore per sparire. Mentre quel bacio si consumava caldo tra loro, tutto il resto intorno si rompeva in tanti piccoli petali freddi di morte.  Se qualcuno avesse visto quella scena dall’esterno l’avrebbe trovata sicuramente uno spettacolo mozzafiato.
Ma lui non la pensava allo stesso modo: piano piano sentì le forze che lo abbandonavano, aprì gli occhi solo per vederla un’ultima volta, poi li richiuse lasciandosi andare al nulla.

Nina si risvegliò di colpo, aveva sentito fin dentro le vene l’energia del Mondo del Subconscio sparire, ma si era rifiutata di aprire gli occhi, voleva ricordare quel Mondo nella perfezione della serenità.
Non ebbe il tempo di fare nulla, nemmeno di versare una lacrima, che la stanchezza la riportò nel sonno, stavolta senza alcun sogno.
 


*


Quanto tempo era passato?
Ore? Giorni? O forse addirittura settimane?
Un raggio di sole le pizzicò il viso, infastidendo il suo sonno.
Aprì gli occhi cercando di capire dove si trovasse, sperando nel profondo che fosse ai piedi di un melo.
Al tatto invece trovò il suo lenzuolo. Non capì perché ne restò delusa.
Sentì il viso un po’ appiccicoso, si sfiorò quindi le guancie trovandoci piccoli sentieri di acqua salata ormai secchi.
Aveva pianto nel sonno?
Cercò di ricordare cosa avesse sognato ma nulla. Non riusciva a ricordare niente.
Si mise seduta sul bordo del letto stropicciandosi gli occhi. Era del tutto riposata, chissà da quanto non dormiva così bene. (chissà perché era da tanto che non dormiva così bene.)
Si alzò e si fece la colazione, non notando che erano le tre del pomeriggio.
Mentre lavava le stoviglie che aveva usato si chiese come mai si stesse sorprendendo del fatto di non essere già stanca.
Girando per la casa si accorse che sembravano settimane che nessuno puliva, perciò si tirò su le maniche e si mise all’opera. Per ultima si lasciò la sua stanza, così, una volta finito di rifarsi il letto, si sedette alla propria scrivania, cercando di mettere a posto anche i propri pensieri. Si sentiva strana, ma non riusciva a ricordare perché. Le mancava qualcosa. Tirò fuori il telefono per scrivere a qualcuno, magari scrivendo avrebbe ricordato cosa dire e a chi dirla, ma nulla. Il vuoto più totale. Mentre pensava prese un fogliaccio lì accanto e cercò nel portapenne la sua penna preferita, non trovandola ne prese una caso cominciando a scarabocchiare. Lasciò andare la mano sovrappensiero, quando poi guardò cosa fosse venuto fuori si ritrovò davanti un paio d’occhi. Le fece uno strano effetto guardarli, ci scrisse sotto di getto
‘Non dimenticare’.
Sorrise scuotendo la testa, chiedendosi che pazzia fosse mai quella. Accartocciò il foglio, ma mentre si preparava a buttarlo nel secchio notò una macchia nera sulla propria mano. Posò il foglio sulla scrivania pronta a cancellare con le dita quell’eventuale macchia d’inchiostro, poi si fermò vedendo che era una scritta semicancellata. Quella non era sicuramente la sua scrittura.
«I… sogni…» lesse ad alta voce allungando la pelle della mano per cercare di capire meglio, «non… sono irrealtà. I sogni non sono irrealtà». Si ripeté quella frase a mente, ma proprio non riusciva a ricordare dove l’avesse già sentita o ancora peggio chi l’avesse scritta. Riaprì il foglio accanto a lei, e guardò gli occhi che aveva disegnato. Poi di nuovo la scritta.
Ma non riusciva a ricordare.
«Ho dimenticato» le uscì fievolmente dalle labbra.
Una parte di lei ebbe un tuffo al cuore, ma ritornando in se stessa si chiese cosa mai avesse dovuto ricordare, o cosa mai avesse scordato.
Guardò l’orologio, segnava le tre di notte. Spostò lo sguardo fuori dalla finestra e si accorse che era buio.
Mise a posto la sedia e accartocciò di nuovo il foglio, buttandolo nel secchio.
Si andò a fare una doccia, lasciando che l’acqua le cancellasse il poco inchiostro rimasto sulla mano. Poi si buttò sul letto, prima di addormentarsi inconsciamente sperò di riaprire gli occhi e trovarsi sotto la luce filtrata dai rami di un melo.
Ma dormì solo una tranquilla notte senza sogni.


 

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