Let me have you

di Sandara_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Innocence ***
Capitolo 2: *** I care 'bout you ***
Capitolo 3: *** Unknown number ***



Capitolo 1
*** Innocence ***


La sua visione era talmente affascinante che solo lei riusciva a vederlo. Il fumo che fuoriusciva dalle sue labbra e un paio di occhiali da sole sul naso. Poi uno sguardo furtivo a lei. Lei. Quella che stava osservando ogni sua minima azione, ogni suo minimo sospiro. Poi di nuovo gli occhi sulla sua sigaretta. Quella sigaretta che lasciò cadere, ormai interamente consumata, sul marciapiede della stazione, appena li richiamarono tutti al binario 9 per prendere il treno che li avrebbe portati fuori da quel paese. Tutti si scelsero un vagone, ed il ragazzo dalla pelle d’orata si sedette proprio in quello adiacente a quello della ragazza dai capelli color miele.

Come sempre, pensò Lei, appena nel sedile di fronte a quello del ragazzo si sedette Alice. Tutti la trovavano attraente, Lei solo banale: sempre le sue labbra erano dipinte di un rosso acceso e fondotinta molto coprente nascondeva i numerosi difetti sul suo volto. Dei capelli scuri come le penne di un corvo cadevano sulla sua fronte e delle unghie finte dello stesso tono spuntavano fuori dai guanti bucati. La cosa che Lei trovava più fastidiosa non rientra comunque in queste. Il problema era Lui, che sempre le stava d’intorno. Certo, erano le persone più ricche di tutto il college, ma la Sua mente aperta non capiva e non riusciva a comprendere perché dovesse sempre cercarla. C’era un altro dettaglio che Lei non sopportava: ogni ragazzo seduto su quel treno, era almeno una volta andato a letto con la ragazza dai capelli mori. Chissà se anche Lui aveva provato tale “ebrezza”? Ma passiamo a Lei, che certo merita più attenzione di gente che pesta la propria dignità sotto i piedi ogni giorno, ma viene comunque accettata più degli altri.

Lei era una ragazza semplice. Non è una parola che si è soliti apprezzare, ma chiunque avrebbe notato la sua innocenza e spontaneità. Lei aveva la pelle bianca come il latte e gli occhi azzurri e chiari come l’acqua del mare dei Caraibi. I suoi capelli, come già detto, erano color miele e talvolta potevano sembrare più chiari al sole. Sarebbero inoltre stati dei ricci perfetti e lunghi, ma Lei usava la piastra tutti i giorni, perchè odiava la sua vera capigliatura, e adesso li teneva raccolti in una coda alta sulla nuca e cadevano fino alle spalle. Portava una sciarpa poco più bianca della sua pelle avvolta al collo e  guanti dello stesso colore.La maglietta color crema attillata al suo corpo arrivava sopra i fianchi, dove a coprire la sua delicata pelle c’erano un paio di jeans molto chiari. I raggi del sole che entravano dai finestrini e la illuminavano la facevano sembrare una perla. Era la ragazza più innocente del mondo e non aveva mai baciato nessuno, nè fumato, nè andata in discoteca una volta, nonostante i suoi diciotto anni. Nemmeno lei infatti riusciva a spiegarsi come potesse provare qualcosa per Lui, che di innocente, non aveva nemmeno l’aria che respirava. Lui?

Lui aveva i capelli castano scuri e li pettinava all’insu con poco gel la mattina. I suoi occhi erano di un marrone cioccolato, molto profondo ed avevano la forma di una mandorla e la sua pelle non era per niente scura, ma semplicemente d’orata.

Mentre Lei guardava fuori dal finestrino con gli auricolari inseriti nelle orecchie, Lui se ne stava sui social network con il suo amato laptop e commentava ogni foto che vedeva con il suo amico seduto accanto a lui. Non faceva particolare attenzione alla ragazza dalle labbra rosse, ma si ostinava comunque a sedersi vicino a lei. Ogni tanto alzava lo sguardo dallo schermo e senza farsi troppo vedere lanciava un’occhiata a Lei, che osservava i prati verdi e leggermente innevati che passavano fuori davanti ai suoi occhi. Lei lo aveva visto, con la coda dell’occhio.

Era notte inoltrata quando i ragazzi arrivarono a destinazione. L’hotel era un perfetto e raffinatissimo edificio dipinto di un rosso molto profondo e con le rifiniture oro alle finestre.

L’entrata era a dir poco spaziosa e due guardie se ne stavano li impalate, a sorvegliare la zona ai lati della grande porta di vetro.

Le valige dei ragazzi furono portate nelle rispettive camere dai facchini , elegantemente vestiti in rosso, nero e oro, proprio come la facciata dell’hotel.

Dalla “Hall” si accedeva alle camere, attraverso una grande  scalinata di marmo  coperta al centro da un tappeto, anch’esso rosso e oro. Dopo una trentina di scalini si arrivava a un “bivio” ; altre due scalinate, una a destra e una a sinistra, che portavano rispettivamente alle camere riservate alle ragazze e a quelle riservate ai ragazzi. Su quelle due scalinate i due si scambiarono un’ultima occhiata per quella notte, quasi per augurarsi la buona notte, finché Alice non si interpose in mezzo ai loro sguardi e salutò fastidiosamente il ragazzo dalla pelle d’orata. Lui aspettò per vedere se sarebbe riuscito a scorgere di nuovo lo sguardo di Lei, ma la vide scomparire dietro l’angolo della scalinata. A quel punto, riprese a salire le scale.

Cloe,la ragazza con i capelli di miele, entrò in camera sua,dove si trovavano un letto da una piazza e mezzo e un comodino con un candelabro sopra: un po’ all’antica, ma sempre di classe. Dopo una lunga e calda doccia, la ragazza si infilò la vestaglia di seta rosa, scosse leggermente il cuscino e si mise a dormire, sistemando i suoi lunghi capelli biondi lungo il cuscino bianco. Chiuse gli occhi ed entrò nel mondo dei sogni.

Henry, il ragazzo dagli occhi profondi, se ne stava seduto sul letto con la schiena poggiata sul bordo del letto ed il laptop sulle cosce, aspettando per un update sul social network da parte di Cloe, non sapendo che  già stava dormendo. Una mezzora più tardi Lui e un paio di suoi amici uscirono di nascosto e tornarono un un paio di bottiglie di birra per uno: a Monaco di birrerie ce n’erano a volontà. Quando rientrarono in hotel, essendo già abbastanza ubriachi imboccarono il corridoio sbagliato, finendo in quello riservato alle ragazze.

Cloe, infastidita dalle risate poco opportune alle due e mezza di notte, aprì la porta ed uscì per vedere chi fosse. La vista offuscata di Henry la riconobbe e gli parse di vedere un raggio di luce apparso dal niente. Poi fu trascinato via dai suoi amici.

Il cuore di Lei palpitava nel suo petto. Si posò il palmo della mano sulla pelle nuda del collo, quasi a voler impedire al suo organo di uscire dal suo posto. Poi se ne tornò in camera, dando un’ultima sbirciata in corridoio, nella speranza vana di incrociarlo ancora.

La mattina dopo, alle sette e trenta erano tutti in piedi e i professori li aspettavano con una calda tazza di cappuccino nelle mani nella sala pranzo, dove si sarebbe tenuto il buffet della colazione.

Henry si risvegliò, come previsto, con un’emicrania da incubo e ancora vestito sul letto.

Cloe si svegliò prima del suono della sveglia, per i raggi del sole che passando per la finestra le avevano illuminato il viso.

Lui si alzò con fatica e si diresse verso il bagno, si spogliò e si fece una doccia fredda che lo svegliò sul serio. Poi si rasò la barba e si rivestì con abiti puliti. Lei avrebbe adorato vederlo così, con il viso liscio, anche se lo amava in tutti i modi.

Lei si alzò stiracchiandosi e in bagno si fece una doccia calda con un bagnoschiuma che profumò tutta la stanza e persino il corridoio. E Lui, Lui lo sentì uscendo di camera.

Inspirò profondamente e scese le scale per la sala pranzo. Lei uscì pochi minuti dopo e quando raggiunse i professori lo trovò che parlava con Alice.

Come previsto. Pensò Lei.

Non diede loro molta importanza, almeno in apparenza e si avvicinò al tavolo per prendere un po’ di latte e una calda e profonda voce la salutò

“Buongiorno, dormito bene?” domandò Lui.

“Si, grazie. Tu?” rispose esitando per l’ultima domanda e abbastanza fredda, innervosita da cosa aveva appena visto.

“Bene, grazie.”  rispose con un sorriso.

Poi aggiunse “Qualcosa non va?” notando la sua espressione tra lo scocciato e il triste.

Ma la pallida ragazza non ebbe il tempo di rispondere perché Alice chiamò Henry con una voce abbastanza “stridente” e domandò
“Puoi venire per favore?”

E lui,come un cagnolino al guinzaglio del padrone, la seguì, lasciando Cloe con la sua espressione desolata.

Lo vide scomparire dietro le tende con la ragazza dai capelli mori. Prese una tazza di latte caldo per cercare di calmare il nervosisimo che le stava crescendo dentro.

Avrebbe voluto che avesse fatto colazione con lei.

Decise di uscire a prendere un po’ d’aria.

Indossò la sua giacca color avorio con il cappuccio revestito di una pelliccia bianca. Si infilò i guanti ed il berretto color crema sui capelli sciolti e andò a sedersi nel cortile.

L’aria era fresca e le sfiorava il naso, arrossandolo leggermente.

Il sole, ormai già splendente nel cielo, rendeva la brezza mattutina piacevole con il suo calore.

Dal cortile di quel raffinatissimo hotel si potevano osservare le montagne innevate che si trovavano proprio di fronte alla facciata, in lontananza.

Cloe rimase stupita nel guardarle, incantata, e come aveva previsto, le sollevò quel peso dal petto.

Dalla terrazza del piano di sopra, Henry stava osservando il risultato della sua stupidità e si malediva per non averle ancora detto niente.

Lui non poteva assolutamente allontanarsi da Alice, o il suo lungo lavoro sarebbe stato tutto tempo sprecato. Doveva raggiungere il suo obiettivo. La paura che la sua “missione” venisse allo scoperto lo aveva fino ad ora trattenuto da raccontare tutto a Cloe. Un giorno, molto presto, avrebbe dovuto farlo: non sopportava di far sentire così quella povera ragazza.

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Capitolo 2
*** I care 'bout you ***


Alle 10.00 in punto tutti i ragazzi si trovavano in centro a Monaco, per la visita turistica. Quando furono lasciati liberi, un paio di ore dopo, Cloe si sedette da sola su un muretto, lasciando che il sole la riscaldasse in quella fredda giornata. Aveva per la testa mille pensieri ed i suoi occhi erano puntati a terra.

Dopo alcuni minuti sentì i passi di qualcuno avvicinarsi e una mano posarsi sulla sua spalla. Al che si spaventò leggermente, ma una volta voltata vide che era Henry e si tranquillizzò.

Il ragazzo teneva un vassoio di plastica in mano con alcuni piatti caldi che ancora fumavano e che aveva comprato alcuni secondi prima.

Henry si sedette accanto alla ragazza senza pensarci troppo e posò il vassoio in mezzo tra lui e lei.

 

“Ti ho comprato qualcosa da mangiare..” cominciò il ragazzo

“senti mi dispiace per stamattina è che..”

“Cosa?” lo interruppe Cloe “posso dirti una cosa? Sembri un cane attaccato al suo guinsaglio, una specie di schiavetto che si porta dietro come le pare e piace!”

Lei stessa si stupì del tono che aveva utilzzato: non era assolutamente da Lei.

“Io.. dovrei spiegarti molte cose Cloe, che adesso non posso dirti.. ci sono troppe persone in giro e non voglio assolutamente che sappiano qualcosa..ti va se stasera ti raggiungo nella tua stanza e ti racconto tutto?”

La ragazza non rispose.

“Cloe, ti prego.. non fare finta di non sentirmi” disse con voce tremante, sull’orlo di piangere.

“Fa come vuoi..” rispose senza arrabbiarsi troppo.

“Grazie.. adesso mangia di prego, non hai mangiato molto a colazione!”

“Ti importa?”

“Cloe per favore..” disse quasi rassegnato e porgendogli il piatto con dentro una specialità del posto “è più buona se mangiata calda”

Cloe afferrò il piatto e si mise a mangiare; stava morendo di fame.

Ringraziò Henry per il gesto, nonostante fosse ancora arrabbiata con lui e non poco e, per rallegrarla, il moro riuscì anche a farla sorridere con qualche battuta.

Il giorno passò tra lunghe e noiose passeggiate e visite a monumenti che interessavano più o meno l’1% dei presenti.

La sera i ragazzi cenarono tutti insieme ad un tavolo e Henry inviò diversi sguardi complici a Cloe.

Quando tutti ebbero finito, i due furono i primi ad alzarsi da tavola e Cloe si diresse nella sua stanza veloce come una cometa.

Il ragazzo arrivò alcuni minuti prima dell’orario prestabilito, le 11.00 in punto.

Bussò alla porta più volte per paura di non essere sentito, ma Cloe si trovava dietro la porta già da molto tempo.

Il ragazzo entrò ed entrambi chiusero la porta il più velocemente possibile, dopodichè, Henry poggiò la schiena contro la parete legnosa della porta.

Aveva il respiro pesante e Cloe ne dedusse che aveva fatto una corsa per non essere scoperto.

I due si guardarono a lungo negli occhi e qualcosa di molto forte avrebbe spinto le loro labbra ad avvicinarsi, ma per un attimo prevalse la ragione e i due si sedettero sul letto.

“Ti devo delle grandi, immense spiegazioni..” cominciò Henry

“Si, me le devi” aggiunse Cloe fissandolo negli occhi.

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Capitolo 3
*** Unknown number ***


Henry si schiarì la gola e prese un bel respiro, poi continuò
“Mio padre ha un’azienda in Cina..”

Cloe lo guardò, totalmente sicura che la stesse prendendo in giro con una storia inventata sul momento

“Cloe non guardarmi in quel modo, devi credermi!”

disse quasi alla disperazione

“Continua..”

“Il padre di Alice viveva in Cina almeno fino a qualche tempo fa.. era venuto in cerca di lavoro presso l’azienda di mio padre, che però non aveva potuto assumere perchè già al completo” raccontò mentre la rabbia gli cresceva dentro “un giorno mio padre si accorse che sul conto corrente dell’azienda non c’era più un centesimo, così da un momento all’altro, erano spariti nel nulla.. dopo aver avvertito la polizia furono necessari pochi giorni per arrivare a capire che il padre di Alice aveva compiuto il furto. Questo è il motivo della loro ricchezza. Io mi sono trasferito solo per riprendermi i soldi ed è per questo che stavo sempre vicino ad Alice, per cercare in qualche modo di arrivare a suo padre e infine ai soldi. Sai,da una lato non posso che essere grato a quel bastardo.. se non fosse stato per lui non  avrei mai incontrato la ragazza che amo alla follia e.. che spero voglia perdonarmi dopo tutto quello che le ho fatto passare..” disse prendendo la mano della ragazza “Non mi interessano più i soldi, voglio solo che tu sia felice, insieme a me.. sempre che lo voglia anche tu insomma! Cloe..”  confessò con respiro affannato per le forti emozioni che stava provando “Wo ai ni..”

Poi si avvicinò  alla ragazza e la baciò prima delicatamente, per capire se lo avrebbe respinto, e poi sempre con più passione , facendosi prendere dai suoi sentimenti .

Cominciò ad abbracciarla e ad accarezzarle il viso e le lacrime riempirono gli occhi di entrambi. Cloe non potè fare altro che “aggrapparsi” alla sua schiena, come poteva anche solo per un attimo Henry aver pensato che lo avrebbe rifiutato? Aspettava lui e soltanto lui da anni.

Henry distese la ragazza sul letto, con i cuscini che rimasero alla sinistra del moro e alla destra di Cloe.

I due si coccolarono per ore e tra baci, carezze e abbracci, riuscirono ad addormentarsi solo in tarda notte: era impossibile stancarsi del tocco delle morbide labbra del ragazzo e Henry non riusciva a smettere di accarezzare i lunghi capelli color miele e morbidi di Lei.

Il sapore di Henry sulle labbra era indescrivibile, dolce, dolce come il miele, appunto.

La pelle della ragazza era così morbida e liscia al tatto, che Henry avrebbe voluto baciare ogni centimetro di Lei.

Il ragazzo cercò di rimanere sveglio il più possibile per poter osservare quell’angelo dormire tra le sue braccia. Ascoltava il suo respiro nel silenzio della notte e osservava il suo petto alzarsi e abbassarsi con tranquillità.
La luce della luna piena illuminava entrambi, passando attraverso le tende
La abbracciò più forte,quasi fino a svegliarla. Poi guardò il soffitto e sorrise.


Sorrise come un bambino, con quell’innocenza che aveva appena ritrovato,che aveva nascosta nel profondo del suo cuore e che non sapeva fino a quando sarebbe riuscito a tenerla in vista.

Quando ormai l’orologio segnava le 5.30 il cellulare del ragazzo suonò ed egli, credendo che fosse la sveglia, toccò ogni parte dello schermo senza nemmeno aprire gli occhi, finchè non smise di suonare: non voleva svegliare Cloe dal suo tranquillo e più bel sonno della sua vita.

Poco dopo, comunque, il cellulare riprese a squillare e Henry decise di mettersi seduto sul letto per vedere lo schermo del cellulare.

Qualcuno lo stava chiamando.

 

Unknown number.  Pensò leggendo quello che c’era scritto sul display.

 

Decise di rispondere.

 

Dall’altra parte una voce profonda, roca, quasi spaventosa.


“Abbiamo bisogno di te, raggiungici appena puoi”

 

Il ragazzo diede una rapida occhiata all’espressione innocente sul volto di Cloe, che non si era accorta di nulla, poi rispose con voce ferma

“Ci sarò”.

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