41 Celsius Degrees

di BlueAngelxx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un brindisi al nuovo Tutor ***
Capitolo 2: *** Sarà un lungo tirocinio... ***
Capitolo 3: *** Non reggo più l'alcool come una volta ***
Capitolo 4: *** Non mi servono amici. ***
Capitolo 5: *** Hai le idee decise vedo... ***
Capitolo 6: *** Niente di più. ***
Capitolo 7: *** Domani ***



Capitolo 1
*** Un brindisi al nuovo Tutor ***


Ciao a tutte :D
Questa l'ho iniziata qualche giorno dopo una tragica lezione di infermieristica Clinica ù.ù
Che brava studentessa che sono se studio per gli esami le cose e poi ci faccio le fanfic sopra xD
Vabbè ma so che a voi non dispiace :P
Spero che vi piaccia (Io sto cercando di migliorare il mio stile di scrittura, quindi mi raccomando, come al solito ditemi quel che ne pensate)
:D 
Buona lettura a tutte <3



Sono sdraiato sul divano. Guardo il soffitto e non riesco a non pensare al fatto che mancano appena poche ore al mio primo giorno da tutor per il tirocinio delle matricole e sono nervoso come un adolescente al suo primo appuntamento. Questa cosa mi fa incazzare in un modo che non riesco neanche ad immaginare. Ho venticinque anni, per la miseria! Ho studiato, ho dato anche gli esami e sono anche preparato. Sono un medico, grande grosso e vaccinato. Come faccio ad essere nervoso per il primo giorno di tirocinio?

Dalla porta del salotto riesco a sentire tutti i rumori provenire dalla case: mio fratello continua ad andare avanti e indietro per la sua camera, nervoso quasi più di me. Il suo amico Garreth gli ha appena detto che gli è arrivato il voto dell’esame di Procedura penale che ha sostenuto appena qualche settimana fa e da allora mio fratello non fa altro. Sento che continua a ripetere qualcosa riguardo al fatto che il suo professore sia quello che è: un enorme e grandissimo stronzo. Sorrido sotto i baffi, indeciso se essere contento per il fatto che nonostante tutto il suo esame andrà benissimo o per il fatto che il suo professore sia quello che è.
Sto seriamente pensando che mi sta per venire una cristi di nervi. Quasi quasi mi alzo e gli vado a dire di fare piano. Non è mica l’unico in questa casa che è nervoso per qualcosa.  
Faccio in tempo a fare un respiro profondo per cercare di calmarmi e sento mia madre cantare. Menomale che almeno lei è tranquilla. Riconosco qualche nota, ma niente di definito, non riesco proprio a capire che cosa stia cantando.

Faccio appena in tempo a chiudere gli occhi per lasciarmi cullare dalle note solitarie intonate da mia madre che sento arrivare un messaggio sul cellulare. Alzo gli occhi al cielo, chi diavolo può essere? Chuck

Come ti senti? Io continuo a scrivere al computer, non riesco a calmarmi!

Sempre il solito Chuck. Posso dire con sicurezza che se in quel preciso momento c’è qualcuno più nervoso di me quello è lui, anche se sinceramente non ho mai capito il perché. E’ uno dei migliori dottori dell’ospedale. Cardiologo, per giunta. Di cosa doveva preoccuparsi lui?
Mi stiracchio, lanciando un’occhiata alla borsa della palestra che ho lasciato all’ingresso. 


Sento la voce di mia madre chiamare mio fratello. Tipico. Ha deciso di chiamare lui perché lo vede molto più tranquillo e sicuro di me. Certo, lui è un altro genio nella famiglia Winchester. Stringo un pugno, ricordando quello che aveva detto mio padre qualche anno fa. Lo ricordo bene, come se fosse successo ieri.
-Almeno uno dei miei figli diventerà qualcuno un giorno!-

 

Quello stronzo di mio padre. Lui non aveva mai capito niente di me.

-Arrivo!-, è la risposta puntuale di Sam che mi arriva alle orecchie mentre decido di girarmi su un fianco per prendere con una mano il cellulare. -Solo un momento-
Ecco un urlo. Lo sapevo. Deve essere uscito il risultato dell’esame.

-Dean! Dean! Dean!-. Lo sento che mi chiama mentre viene su correndo come un uragano. Nutro dei seri dubbi sul fatto che abbia respirato scendendo le scale dalla sua camera al salotto. -Ce l’ho fatta! CE L’HO FATTA! HO PRESO IL MASSIMO!


Si, va bene, ho capito che sei felice, ma potresti evitare di strillare come una donnicciola? 

-Sono felice Sam…-, gli dico, girando un attimo la testa verso la porta quel tanto che mi serve per guardare la sua espressione. Sembra quella di un bambino che ha appena scartato un regalo di Natale che voleva da tempo. Sono felice davvero, solo che non riesco a dimostrarlo completamente. Dopo avermi lanciato uno sguardo e un sorriso a trentadue denti lo vedo sparire come un fulmine. Non ho idea di dove stia andando, probabilmente a chiamare tutta la famiglia.  

 

Che te lo dico a fare. Mi sento uno schifo. Sono nervoso e inoltre è arrivato il risultato dell’esame di Sam. 

 

Ha preso il massimo vero? Mi dispiace Dean, non so cosa dirti per farti star meglio.

 

Non importa Chuck. Vado a prepararmi psicologicamente per la cena che, conoscendo quella donnicciola di mio fratello, avrà chiamato tutta la famiglia.

 

Saluta tua cugina per me.

 

Non ti offendere Chuck. Ma una come Jo non uscirebbe mai con un come te. xD

 

Non importa. Uno ci prova no? xD

 

Convinto tu. CI vediamo domani all’Ospedale. 

 

Non fare danni.

 

Non ne faccio mai.

 

Credici.

 

-Dean!-, sento Sam chiamarmi di nuovo. Che altro vuole da me? -Vengono gli Zii a cena!-
Detesto avere ragione. Io detesto sempre aver ragione.

Non posso pretendere niente di diverso da mio fratello. Anzi, già è tanto che è tornato da Stanford per stare con mamma e me la settimana prima dell’inizio dei tirocini accademici. Mi alzo e prendo la borsa della palestra, tenendo il braccio destro piegato e portandola dietro la schiena. Entro in quella che era la mia camera, mi tolgo la maglietta e la butto sul letto per poi lanciare uno sguardo alla borsa della palestra appoggiata ai piedi del mio letto. Mi rendo conto che appena torno a casa devo mettere tutto in lavatrice e prendere l’altra borsa con il camice e i miei vestiti puliti. Mentre mi dirigo in bagno, mi ricordo di quella volta che avevo quasi rischiato di portare i guantoni da box e i pantaloncini che solitamente uso per fare gli allenamenti.

 

Che vuoi che sia fare il tutor alle matricole? Ho provato a convincere sia me che Chuck stamattina ma senza riuscirci. Lui è troppo preso dalle sue crisi di panico. Io invece sono perseguitato dal terrore di combinare qualche macello già dal primo giorno di tirocinio. Mi sembra assurdo che già dal primo giorno si debba fare qualcosa di complicato, ma vallo a dire al mio sistema nervoso. Sono ossessionato dal fatto che combinino     qualche macello. Se sono un pessimo tutor come faccio?

-Viene anche Jessica!- 


Ma che bello! Esulto ironicamente. Una serata già tragica sui successi di mio fratello si è trasformata in una serata da depressione. Così, oltre a dover sentire tutti i futuri progetti di mio fratello sulla sua vita accademica, mi toccava anche sorbirmi le domande di mia madre su come andasse la mia vita sentimentale. Non è mica per niente, la mia vita da single va benissimo, le ragazze sono una seccatura, l’ultima che avevo avuto aveva cercato di farmi diventare vegano.
Capisco tutto, figurati. Ma…vegano? IO?

Dopo averla la lasciata mi sono detto che era meglio lasciar perdere con le relazioni fisse. A volte è un pò una scocciatura, specie quando ti prendono quei momenti in cui hai bisogno di qualcuno vicino. Ma personalmente le ragazze sono troppo folli per me.
Mi tornano in mente le mie ex una per una mentre mi tolgo anche i jeans, rimanendo in biancheria. Sono stato con diverse ragazze durante le superiori e nei primi anni di università, ma ne avevo incontrate davvero di tutti i tipi. Prima ho conosciuto una che mi contraddiceva qualunque cosa dicessi e mi impediva di uscire con i miei amici. Qualche anno dopo ne ho avuta un’altra che pretendeva che ogni volta dovesse essere come la prima volta. Sorrido guardandomi allo specchio. Lisa. Me la ricordo bene. Era una bella ragazza, ma troppo impegnativa. 

Lancio uno sguardo ad un profumo che sta nel mio mobiletto in bagno. Ottimo regalo, peccato che la persona che me l’avesse regalato era una pazza psicopatica. Cassie. Di tutte, lei era la peggiore. Aveva passato parecchio tempo a cercare di cambiarmi e poi mi aveva lasciando dicendo semplicemente che non ero il tipo più adatto per lei. Non potevi dirmelo prima?, avevo pensato quando ci eravamo lasciati.

I primi tempi ho cercato comunque di lasciar perdere tutti questi inconvenienti, ma, dopo un po’, mi sono fatto un esame di coscienza e sono arrivato al punto che non valeva la pena legarsi le mani per una donna che dopo un pò di tempo si accorge che si è stufata di te.
A quel punto, ho deciso di vivere la mia vita come al casinò: mi accontentavo di amori di una notte, delle chimere che vedevo sparire alla luce del giorno come un sogno. D’altronde, molti amori erano solo quello, solo che più lunghi.

 

Un giorno mi sono guardato allo specchio e mi sono detto che non aveva alcun senso vivere una vita che ti sta stretta e adesso, a distanza di anni, sono parecchio convinto della mia scelta che ogni volta mi da sempre gusto. Quindi vuol dire che è quella giusta.
-Ma poi che senso avrebbe sistemare me? Sarebbe un ingiustizia per la popolazione femminile-,

ho detto una volta a Chuck mentre studiavamo anatomia. Ha strabuzzato gli occhi ed è scoppiato a ridere. Io sono diventato più certo di quello che avevo appena detto rendendomi conto che riuscivo a fare quello che volevo anche con gli uomini. 

 

Non che io preferisca gli uomini alle donne, quello no, però, se riesco con parecchi uomini, a maggior ragione posso farlo con le donne. Lasciando la mia mente vagare nei pensieri, mi infilo nella doccia e appoggio la testa contro il marmo freddo, lasciando che l’acqua calda mi calmi un attimo. Ruoto le spalle, cercando di togliere tutto il peso che in quel momento mi preme sulle spalle.   

Non c’è niente di meglio di una doccia. No, anzi, solo il sesso è meglio di una doccia calda.


Passo un tempo indefinito sotto la doccia per riflettere e, quando esco con l’asciugamano legato intorno alla vita ed un altro in testa, lancio un’occhiata alla finestra per guardare fuori. Il sole è ancora evidente nonostante siano quasi le sette di sera. Adoro il caldo, il sole, il sale, il mare e specialmente pochi vestiti.

 

Esco dal bagno e mi trovo a schiantarmi contro quella gatta morta della ragazza di mio fratello 

-Ciao Dean!-, mi dice con la sua voce da gallina. Le rispondo cercando di evitare qualsiasi tipo di discussione. L’ultima cosa che mi manca per quella serata è mettermi a discutere con una sedicenne civetta. Lei e Sam stavano insieme da quasi otto mesi e io ogni volta che me la trovavo dentro casa cercavo di capire perché quel secchione di mio fratello si fosse scelto una gallina o viceversa. -Ciao. Adesso scusa ma vado a vestirmi.-

Mi infilo in camera prima che riesca a dire qualcosa e apro l’armadio, scegliendo quella vecchia camicia a quadri rossi che mi piace tanto. Una volta mia madre aveva pensato di buttarla perché era tutta scolorita ma non avevo voluto sentire ragioni. Ci sono quasi cresciuto, dentro quella camicia, e nessuno poteva buttarla.

Mi inifilo le prime cose che trovo nell’armadio e alzo il colletto della camicia. Sento suonare alla porta e riconosco le prime voci. Riesco con precisione a sentire tutti i complimenti dei miei zii. Sospiro. Si preannuncia davvero una serata patetica. 

Dopo qualche secondo sento la voce di mia zia Hellen.

-Dean! Dov’è il mio futuro tutor preferito?

Sorrido per poi aprire la porta e scendere. Hellen, la sorella di mia madre, era senza dubbio la mia zia migliore. Era parecchio burbera, ma voleva bene sia a me che a Sam e non ci aveva mai dimostrato il contrario. Sono sul punto di salutarla quando mi sento arrivare uno scappellotto da dietro la testa.

-Ciao idiota-

Sempre adorabile, mia cugina. 

-Ciao Jo-

-Domani inizi il tuo primo tirocinio! Come ti senti?-, chiese senza alcuna nota di presa in giro prendendo una birra dal tavolo e ricevendo una ramanzina da mia madre. Abbozzo un sorriso. Forse sarebbe andata meglio delle mie previsioni. -Mi sento come se avessi appena ingoiato una palla chiodata.

-Sei sempre il solito pappamolle. Io il primo tirocinio da tutor di medicina l’ho fatto a chirurgia.

-Brava- rispondo acido. -Vuoi un applauso?

-Coglione, intendevo dire che il tuo non può essere peggio del mio. 

-Nutro seri dubbi in proposito.


Lo pensavo veramente. Mia cugina faceva la dottoressa nel reparto di medicina d’urgenza. 

 

-Nah, non sono mica dei cerberi i tuoi specializzandi, Dean. Fai il fisioterapista, per la miseria.

-Non ci scommetterei.

- Ce ne sono alcuni che sono dei tipi interessanti, se è questo quello che vuoi sapere. Ce n’è uno che somiglia ad un angelo.

-Sai qualcosa? 

-Ovviamente. Lavoro pur sempre come dottoressa e non dimenticare che sono una tua collega, come tutor didattico. Però non te lo dico. Così ti lascio la sorpresa domani mattina.

-Sei una stronza. 

-Alla salute Dean-

La guardo mentre si scola la birra che ha in mano. Come aveva fatto lei a diventare dottoressa che io non avevo neanche passato l’esame d’ammissione a medicina ma sono diventato un fisioterapista? Faccio spallucce mentre vedo mia madre che arriva in salotto, felice come una pasqua. Deve essere sicuramente merito di Sam.

 

-Vorrei fare un brindisi-, la sento iniziare, dopo essermi voltato e aver visto Sam abbracciato a quella specie di polipo biondo. -Brindiamo ai miei due figli. A Dean, che domani inizia il suo primo tirocinio da tutor e che mi sembra ieri che mangiava la torta con le fragole solo se gli tagliavo i bordi.

-Mamma…-

-Suvvia, tesoro! Devo pur farmi prendere dai sentimentalismi qualche volta, no?

Se ne è convinta lei.

-Brindiamo anche a Sam, che ha preso il massimo in un altro esame.-

Guarda prima me e poi mio fratello 

-Vostro padre sarebbe fiero di voi

 

Quelle sono le parole peggiori che mi può dire. Mio padre non sarebbe mai stato fiero di me. Fino a qualche anno fa, non ho fatto altro che ammazzarmi di lavoro e di studio solo per sentirmi dire una cosa che mio padre non si era mai degnato di dirmi, al contrario di quello che diceva sempre a Sam. E’ sempre stato fiero di lui, ma mai di me.

Sam qui, Sam là. C’era sempre stato solo Sam nella sua vita. Nella mia, invece,  c’era stato un periodo in cui ero stato veramente convinto che lui fosse meglio di me. Sono due anni che è morto ed io ce ne ho messi altrettanti per rendermi conto che mio padre nient’altro era che uno stronzo.

 

Sento Jessica mormorare qualcosa a mio fratello mentre io stringo il pugno cercando di non tirarlo contro il muro in quel preciso momento. Non sarebbe niente se non fosse per il tono con il quale lo dice, con quella malinconia che lascia capire tutto. C’era stato un periodo, quando Sam era ancora piccolo, in cui avevo sentito mia madre piangere quasi tutte le sere mentre si prendeva cura di mio fratello. Era il periodo in cui mio padre se ne era andato.
Non che ci fosse mai stato per me, ma vedere mia madre in quello stato non aveva fatto che aumentare il mio odio per lui. 

 

-Non è vero-, borbotto solamente, non curante del fatto che mi sentano o meno. Pensassero quello che vogliono, tutti quanti. Prendo la mia giacca di pelle dall’appendiabiti e raccolgo le chiavi della mia macchina posate nel piattino all’ingresso.

 

Alzo di nuovo il volume della voce. 

-Vi ringrazio tutti per essere venuti qui. Vi chiedo scusa, ma devo scappare.. Scusa mamma, passo più tardi per spiegarti tutto.-

Non me ne fregava un cazzo di quello che pensavano gli altri, ma per mia madre quella serata era importante e mi sembrava il minimo almeno spiegarle lo stretto indispensabile.
Apro la porta, mi giro e me ne vado per rimanere fermo un attimo sul pianerottolo di casa con la testa e la schiena appoggiata al portone. Spero che qualcuno mi segua, ma mi rendo conto che non ho la minima voglia di spiegare a qualcuno come mi sento.

 

-Tutto a posto?-.
Sento una voce provenire da lì vicino. Sbuffo, indeciso se rispondere o se mandare il proprietario della voce a farsi un giro. 

-Sto una Pasqua, guarda.-

-Donna?-.

Rido, -Peggio. Famiglia.

Apro un occhio per trovarmi uno strano ragazzo che mi fissa perplesso. Cosa vuole da me? Apro anche l’altro e mi giro a guardarlo, scostandomi lentamente per avvicinarmi un po’. -Perchè ti interessa?-, chiedo. Forse risulto un pò troppo acido, ma non ci presto molta attenzione

-No…niente. E’ che mi sembravi un po’…scombussolato tutto qua-

-Solite cose delle cene di famiglia. Niente che un hamburger e un bicchiere di whiskey non possano risolvere.

Lo vedo sorridere. Non ho mai avuto un debole particolare per gli uomini ma devo comunque ammettere che ha un bel sorriso.

-Sono d’accordo.- mi dice, guardandomi in faccia e incrociando le braccia. Mi ricordava qualcuno che avevo già visto all’ospedale, ma non sapevo bene chi. Rimango zitto. Dire la classica frase  “Scusa ma non ci siamo già visti da qualche parte” sarebbe decisamente controproducente. Lo vedo che mi squadra molto attentamente per qualche minuto. Inutile spiegare che sento il mio ego schizzare alle stelle. Ghigno sotto i baffi. Solitamente erano le donne a guardarmi con quell’espressione.

-Emh-, lo richiamo giusto per prenderlo un pò in giro. -Ci sei?-
Accavallo le gambe e incrocio le braccia per girarmi leggermente su un fianco e rimanere appoggiato alla porta con una spalla. 

-Scusa, ero sovrappensiero-.

L’ho notato. 

-Io sono Castiel Novak comunque.- 

Lo vedo tendermi la mano e alzo leggermente lo sguardo giusto per notare che ha fatto qualche passo indietro rispetto a dov’era prima. -Piacere, Dean Winchester.- 

-Ah tu devi essere il figlio di Mary!- 


Perfetto, un altro di quelli che sanno tutto di me ma io non so niente di loro. -Si.-, rispondo laconico.

-Tu, con il nome dell’angelo del giovedì, saresti?-
Preferivo sorvolare su come fossi in possesso di quell’informazione. In ospedale se ne incontra di gente strana. 

-Mi sono trasferito qua qualche giorno fa. Prima abitavo dall’altra parte della città.-

Rimango sorpreso. Ha circa una ventina d’anni. Mi sembra abbastanza presto per andare a vivere da solo, in una zona sperduta come quella poi.

-Come mai? Se posso chiedere.

-Studio. Sono venuto a stare da mio fratello per tutta la durata del semestre.

 

Come immaginavo. Sono sul punto di uscire dal cancello di casa quando sento qualcuno armeggiare con le chiavi del portone. Faccio appena in tempo a scansarmi per dare l’impressione di non essere rimasto in quella posizione per tutto quel tempo.
Prima ancora di capire, vedo Jo, con la sua testa bionda, fare capolino dalla porta per farmi un occhiolino. -Tua madre ha appena tirato fuori la torta. Che vuoi fare?

Una torta? Ma che stava succedendo a casa mia?

-Senti, togliti quell’espressione dalla faccia. E’ pur sempre tua madre, no? Su, vieni dentro. Oh, vedo che hai fatto amicizia.-

Ancora prima che io riesca a dire qualcosa, esce dalla porta e si appoggia in una posizione molto simile a quella che avevo preso alcuni minuti prima.

-Ti lascio dieci minuti e tu rimorchi il primo che passa per strada. Ma che bravo. 

 

Non so dire se divento più rosso io o il famoso Castiel, che adesso era appoggiato al cancello di casa mia. –Jo, per favore.

-Si si- 

Mi rendo conto che mi sta tirando letteralmente dentro casa. Adesso faceva anche la cugina gelosa? Da quando?

Lancio un’ultima occhiata al ragazzo, abbastanza sicuro che non lo troverò quando, e se, Jo deciderà di lasciarmi andare dal mio stillicidio familiare. 

-Beh, Cas, ci si vede in giro!-

-Come?

-Mi madre abita qui. Ci incroceremo qualche volta.

-Lo spero-

Ecco che mi sfoggia di nuovo quel suo sorriso e io alzo un sopracciglio, certo di star facendo una smorfia. Certo che era proprio un libro aperto!

-Si può sapere da quando ti fai rimorchiare dagli uomini per la strada?

-Ci tengo a precisare che sono io che ho rimorchiato lui. 

-…e da quando andresti anche con gli uomini?

-Non ci vado con gli uomini! è che stava la a sbavarmi addosso. Che dovevo fare, scusa?

Mi guarda con la faccia da schiaffi. Che vuole? 

-Potresti evitare di fare il cascamorto con qualsiasi cosa respiri!

Faccio spallucce per poi andare in cucina a prendermi un altro bicchiere di birra per superare il resto della serata incolume. 

 

L’unica cosa che non capisco è che non riesco a togliermi il sorriso dalla faccia al pensiero di rivedere di nuovo quello strano ragazzo. Persino le battutacce acide di mia cugina sembrano non turbarmi più di tanto. 

Quando ormai sembra troppo tardi per tutti li vedo rinfilarsi le giacche e i cappotti e uscire a scaglioni, esattamente come quando erano arrivati. 

Ho bevuto, ma, nonostante tutto, riesco a guidare abbastanza bene e, una volta arrivato a casa, poso il borsone per terra. Dopo aver controllato di avere tutto, mi butto sotto le coperte. Provo a dormire per quelle cinque o sei ore che mi servono per essere nel pieno delle mie facoltà mentali. 

Speriamo bene, è il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi

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Capitolo 2
*** Sarà un lungo tirocinio... ***


Dannazione!
Impreco, ritrovandomi a schivare all’ultimo minuto una pozzanghera. Sono le 7.30 e tra mezz’ora inizio il primo giorno di tirocinio e come se non bastasse sono terribilmente in ritardo per colpa di una stupidissima macchina che si è parcheggiata in doppia fila. Giuro su Dio che se arrivo in ritardo faccio una strage, ci manca solo che la direttrice del corso si incazzi con me, come se non fosse già abbastanza isterica di suo. Sospiro, evitando l’ennesima pozzanghera. Almeno non sta piovendo e io posso muovermi con tranquillamente senza dovermi anche preoccupare di mettere l’ombrello sopra la testa. 

Mi piace il cielo senza nuvole e solitamente la mattina presto c’è sempre un tratto di strade che mi faccio con la testa alzata per guardare quello che il sole preannuncia. L’alba è il momento della giornata che preferisco, ed è sempre stato così, sin da quando ero bambino tanto che, mio fratello era costretto a portarmi sempre a vedere l’alba in riva al mare. Sorrido, ripensando a quei momenti mentre mi rendo conto di aver rallentato il passo a causa del fiato corto. 

Appoggio la borsa con la divisa a terra e mi metto le mani sulle ginocchia per riuscire a riprendere fiato. Faccio ruotare leggermente una spalla appoggiandoci sopra una mano e lancio uno sguardo al bicipite, nascosto sotto la manica.  Da quando avevo smesso gli allenamenti in palestra c’era stata una diminuzione quasi drastica di quei muscoli delle gambe insieme a quelli delle spalle, cosa che mi dispiaceva particolarmente visto che  erano la mia arma principale per attirare qualche ragazzo. Sono sicuro che riusciresti a rimorchiare qualche bionda stando semplicemente in maglietta a maniche corte. Mi aveva detto una volta Balthazar, quando ancora non era a piena conoscenza del fatto che fossi gay.  Ancora adesso, dopo quasi sei mesi di lezioni non ero ancora riuscito a fare coincidere gli orari degli allenamenti con quelli delle lezione e dello studio e, con mio grande dispiacere, ero stato costretto a mollare qualcosa, continuando comunque a maledire il giorno in cui avevo deciso di prendere l’orribile decisione di smettere. 

Faccio appena in tempo a guardare l’ora che sento il rumore di una macchina avvicinarsi e prima che io possa rendermi conto mi ritrovo zuppo peggio di un pulcino bagnato. -Figlio di…..-  impreco di nuovo sgrullando le mani con un colpo secco. Ci mancava solo questo, almeno però ho il trench che per fortuna ha impedito a quel disgraziato di farmi una doccia completa. Oh no! Mi ricordo qualche decimo di secondo dopo della mia divisa bianca nella borsa per terra.
Ti prego. Fa che non si sia sporcata, altrimenti sono morto.

Apro la cerniera con una lentezza quasi disarmante tenendo gli occhi chiusi quando sento provenire, poco lontano da me, una voce che mi sembrava familiare. 

-C’è una bomba lì dentro?

Che spiritoso. Quasi peggio dei commenti mattutini di Balthazar sul fatto che se frusti una gallina troppo forte ti viene fuori direttamente una meringa invece di un uovo. 

-Che spiritoso.- rispondo acido. Non è proprio il momento migliore per mettersi a scherzare su quello. -Oh beh. O la va o la spacca.-
In effetti non ho tempo per mettermi a fare degli strani giochetti, il mio tempo scarseggia e non posso iniziare a perdere tempo. Con una botta secca faccio scorrere la cerniera della borsa e apro gli occhi scoprendo che, per mia fortuna, quel disgraziato di un autista non ha minimamente preso la mia divisa. -Sono salvo!-

Quando decido di girarmi verso la provenienza della voce mi ritrovo davanti quello strano ragazzo che avevo incontrato appena il giorno prima. Deglustisco e giro lentamente la voce, cercando di capire come fosse possibile che quel ragazzo stesse facendo la mia stessa strada. 

-Non guardarmi con quello sguardo torvo. Qui passa la strada provinciale principale.-

Ah, giusto. Sospiro, devo smetterla di pensare che la gente mi segua. 

In quel momento, cercando di non incrociare gli occhi verdi di Dean che, con le braccia incrociate mi guardava con sorriso sornione, mi ricordo di essere in ritardo. -Cosa c’è nella borsa- lo sento chiedermi mentre mi rivolge uno quei sorrisi che mi hanno abbastanza agitato giusto la sera prima. . 

No, mi ripeto. Non posso mettermi a parlare con Dean. Devo ricordarmi che se non mi presento puntuale a lezione quella specie di strega inglese me la fa pagare.
Si. Ho una direttrice del corso che è inglese e non fa altro che tessere le lodi degli infermieri inglesi. Perché non te ne torni in Inghilterra invece di venire a stressare noi?
Le aveva detto una volta Anna, la mia migliore amica, mentre la sentivamo parlare di uno dei noiosissimi argomenti di storia. Avevamo scelto entrambi di fare gli infermieri per essere d’aiuto dopo tutte le brutte esperienze passate durante la scuola superiore però quando mi sono iscritto non pensavo che mi sarei dovuto mettere a studiare tutto lo sviluppo della filosofia e della classificazione della scienza.
Non potevo tuttavia negare il fatto che adorassi parlare di filosofia.

-Cas..?
-Come?
-Non è così che ti chiami?

Veramente mi chiamo Castiel, ma se a te piace puoi chiamarmi anche così. Oh Dio ma che vado a pensare. Rimani concentrato. 

-S…senti io resterei volentieri a parlare con te ma purtroppo devo scappare.

Con la stessa rapidità con il quale avevo sputato fuori le mie parole mi chino per richiudere la borsa mettermela in spalla e dopo aver fatto un bel respiro inizio a camminare.
Peccato che le mie intenzioni vengano fermate quasi sul nascere dalla mano di Dean che mi stringe il polso. Prima che riesca a rendermene conto lo ritraggo con troppa violenza, ritrovandomi a sperare che non sia un gesto troppo equivoco. 

-Ho visto che hai la divisa del Sioux Falls.-

Annuisco, facendogli mentalmente i complimenti. 

Hai davvero una bella vista se sei riuscito a vedere così da lontano la scritta della mia divisa.

-Sto andando anche io lì. Ti serve un passaggio? In macchina non è molto lontano, se ci va male ci mettiamo dieci minuti.
No. No, grazie. Assolutamente no. 
-Si grazie volentieri.
Volentieri?! Ma che stai andando a prendere un thè con la regina? Vabbè.

Lo vedo sorridermi.
Non lo fare Dean, Non in quel modo, so che sei completamente fuori dalla mia portata, non serve che me lo sbatti in faccia. 

Certo della mia pessima idea sospiro, avvicinandomi a Dean che fa per aprire gli sportelli di una vecchia Chevy Impala.
-Chevy. 1967. Complimenti.

-No, i complimenti li faccio io a te. Solitamente i miei passeggeri, a parte mio fratello, non sanno neanche come funziona un motore.

Certo, scommetto che sono prettamente donne. Sedendomi sul sedile davanti e appoggiando il gomito vicino al finestrino e la mano sul gomito, mi rendo conto che la mia temperatura sta salendo. Con la cosa dell’occhio riesco a vedere che mi sta fissando con lo stesso sorriso sornione di prima, con le braccia incrociate e il ginocchio destro leggermente piegato verso lo schienale. Tu vuoi uccidermi vero? 
Non mi sento mai sentito più gay di così. 

Cerco di sdrammatizzare la situazione mentre lo vedo mettere in moto e mettersi nella stessa posizione che io avevo preso solo qualche minuto prima. 

-Cosa studi?- lo sento chiedermi, probabilmente per rompere il silenzio. In effetti, non che fosse mai piaciuto particolarmente neanche a me però in quel preciso momento cercavo di limitarmi alle risposte basilari, più che altro era che il mio cervello faceva veramente molta fatica a pensare a riposte pù elaborate di un monosillabo 

-Infermieristica. Tu?
-Io lavoro, sono fisioterapista.

Gli lancio un’occhiata, forse un pò troppo accurata. Collo, spalle, bicipiti, polsi, mani. Oh, si  decisamente

-Non ti ho mai visto al Sioux Falls.

Lo sento ridere e insieme a quella risata qualcosa nel mio stomaco si contorce. Bene, sono finito dalla padella nella brace. 

-Non lavoro lì, ci sto venendo solo per un progetto a termine.-
Parte la musica e lo sento tamburellare con le dita. La mia curiosità di sapere che tipo di progetto sia è inevitabile. D’altronde, mica si può parlare con uno che ti parla con le frasi a metà. No?

-Piuttosto, è il tuo primo giorno di tirocinio immagino. 

Annuisco. 

-L’hai capito dalla divisa?

-Mica sono Sherlock Holmes. E’ da quando siamo saliti in macchina che continui a tamburellare sullo sportello come un tic. Solitamente, a casa mia, vuol dire che sei nervoso per qualcosa e a meno che tu non abbia un appuntamento erotico, che ti porti appresso la divisa da infermiere penso che tu abbia qualcosa di meglio da fare.

Un…appuntamento…erotico?

Ignaro del fatto che la mia faccia sia diventata o meno accesa e bollente mi giro guardando il finestrino e avvicinarmi il più possibile per prendermi il freddo del vetro. Quanto manca??

Quasi come se avesse sentito la mia domanda lo sento dire

-Eccoci qua!

Aspetto che la macchina parcheggi e scendendo di corsa quasi rischio di arrotolarmi come un salame con la corda. Lo guardo con lo stesso sguardo torvo di un quarto d’ora prima ma lo sguardo che mi lancia attraverso quegli occhi verdi non ha il minimo bisogno di spiegazioni.
Mi serve la Strega. Incredibile ma vero, non avrei mai potuto pensare che avrei chiesto l’aiuto a quella gatta morta e isterica della mia coordinatrice didattica. 

Dove sei Cas?

Anna. Che, come al solito, arrivata in anticipo e in preda ad una crisi di noia si ricorda del fatto che sto quasi per fare ritardo.
Ho provato a farle capire che non era il caso di comportarsi in questo modo, ma è fatta così, non posso mica svitarle il cervello con un cacciavite. Non le rispondo. 

-Ci vediamo Dean! Inizio tra cinque minuti e mi devo ancora cambiare.

Non faccio in tempo a sentire la sua risposta che corro in reparto e mi infilo la casacca e butto i jean nella valigia e le scarpe accanto.

Quando esco e inizio a dirigermi verso il punto d’incontro vedo una chioma rossa che mi viene praticamente addosso. Ma si può sapere che diavolo hanno tutti stamattina!

La saluto e mi stiracchio entrambe le braccia mentre l’ascolto cercando capire quello che cerca di farfugliare tra una parola e un gesto quasi isterico delle mani.
La prossima volta mi faccio un’amica gay. Almeno sono più normali di quelle etero. 

Tra un farfuglio e l’altro riesco solo a distinguere un - Tutor, sogno e meraviglia.-
Con lo guardo in alto mi perdo nei miei pensieri senza accorgermi che Anna, esasperata, ha iniziato a tirarmi per una mano verso l’aula.
-Muoviti! Sei peggio di un sacco di patate!!-

Entrando nell’aula quello che mi si presenta davanti è una delle cose peggiori che potevano capitarmi. 

-Cas! Cas! L’hai visto?
Eh, eccome se l’ho visto. Pure troppo bene. Sono sicuro che sarei in grado di riconoscere quelle spalle tra milioni e ovviamente puntuale come la morte sento la sua voce.

-Io sono Dean Winch…-
-Oh no.
-Che c’è? 
-Quello di cui ti parlavo ieri sera.
-Chi?

Eccola là, la perfida inglese che si alza per venire a sgridare me e Anna, e dire che ero anche in orario. 

-Novak, Milton. Sapete che chi arriva in ritardo non…-

-Suvvia, non è un problema, non abbiamo ancora iniziato. Poi con gli autobus e le metropolitane può succedere qualche minuto di ritardo non è un problema.

No, non è un problema. E’ un disastro!

Ovviamente, secondo la legge di Murphy, quando non vuoi far notare qualcosa a qualcuno è proprio il momento in cui tutti si accorgono che qualcosa non va. 

Fantastico. Adesso avevo due bei problemi: il primo era che era impossibile non notare lo sguardo adorante delle mie compagne, secondo era che ovviamente, come io avevo riconosciuto lui, lui aveva riconosciuto me.

Anna ma mi ascolti mai quando parlo?  Che domanda, probabilmente no. 

-Bellissimo. Ieri ho cercato di rimorchiare il mio tutor e la cosa peggiore è che lui, come io ho riconosciuto lui, lui ha riconosciuto me.
-Beh Cas, dopo Jason almeno hai avuto un salto di qualità. Cominciavo a pensare che i tuoi gusti in fatto di uomini fossero finiti direttamente sotto terra.
-Così non mi aiuti lo sai?
-Lo immaginavo… è che non so come fare per aiutarti.

Faccio spallucce, non è importante
Lancio uno sguardo ad entrambi per poi sospirare sollevato quando lei si scosta per andare a farmi sedere agli scomodissimi banchetti della mia aula. 

Sarà un tirocinio particolarmente lungo.

 

♜♜♜♜

 

Sono due ore che sono seduto accanto ad Anna che, puntualmente, continua a parlarmi del più e del meno. Ogni tanto in risposta mi limito a mugugnare qualcosa, visto che considerato che quello di cui stanno parlando sono cose che ho studiato da tempo.
-Ma quando mai studi a lezione tu
-Anche tu hai ragione, ma se sto attenta almeno nella teorica del tirocinio è meglio no?
-Ci hai messo cinque mesi per capirlo?
-Mamma mia come sei acido….hai litigato con Jason?
-No.

Non serve che mi dica altro, riesco benissimo a riconoscere quello che vuole dirmi.

-In effetti, secondo lui, non abbiamo litigato. Prima mi dice che va tutto bene e poi sparisce. 
-Dovresti darti una calmata. Quanto è che non si fa sentire?
-Una settimana.
-Ah.
-Eh.

Voglio bene ad Anna, ma a volte l’ammazzerei.

Uno dei miei tutor, che sta parlando, è la ragazza che avevo visto appena la sera prima a casa di Dean. In effetti era anche normale che avesse una ragazza, anzi, mi sarei stupito del contrario.
Dopo un tempo abbastanza indefinito decido di alzare la testa e iniziare a sfogliare il mio libro : Innanzitutto per misurare la temperatura dovete accendere il termometro

Certo che chi aveva scritto il mio libro di infermieristica era proprio un genio. Seriamente, mica chiamo così deficienti.
Qualche mese proprio grazie a quest’affermazione avevo riscontrato qualche simpatia tra i miei compagni di studio. Lancio un occhiata ad Anna che mi sta guardando maliziosa e sbuffo, non è normale che si comporti così ogni volta che ci troviamo un bel collega/tutor/professore. 
-Smettila- le mimo con le labbra per ottenere una linguaccia da parte sua, nascosta da un altro sbuffo.

Le cose non fanno che peggiorare quando la ragazza, una certa Joe Harvelle, finisce di spiegare per poi cedere la parola e il proiettore a Dean.

-Come diceva prima la mia collega io sono un fisioterapista e quindi, come tale, mi occuperò di quello che riguarda il movimento e l’assistenza ad un paziente bloccato parzialmente o integralmente.

-Ce l’ha le mani da fisioterapista.

Sento la voce di una ragazza poco lontana da me. Come volevasi dimostrare.
Troppo perso nei miei pensieri e abbastanza occupato a guardare, con la testa appoggiata sulla mano destra, Dean gesticolare, non mi accorgo del tempo che passa e della pioggia che ha iniziato a cade incessantemente.

Mi ritrovo a fare i conti con la cosa non appena mi accorgo del foglio delle presenze che mi passa sotto il naso. -Abbiamo già finito?

-Cas sono le cinque e mezza di pomeriggio. Sono quattro ore che siamo qui dentro.
la vedo abbozzare un sorriso. -Ho capito che hai dei buoni motivi per rimanere però non pensi che sia ora di andare a casa?

Incredibile ma vero mi trovo d’accordo con Anna. Sospiro, prendendo in mano la borsa 

-Cas! Cas.! Non serve che fai di corsa, torno a casa con Gabriel. 

Alzo un sopracciglio, non era un pò troppo che stavano uscendo per una come lei? Non che avesse niente di male solo che…non era proprio il tipo da relazione stabile ecco. 

Dopo averla saluta inizio ad andare verso il bagno cercando di riflettere su come fossi potuto finire nella condizione di mettermi a sbavare a lezione davanti al mio tutor.

 

♜♜♜♜

 

Ti pareva. Diluvia. 

Il mio problema non è il fatto che detesti la pioggia, oh no! Ma in particolare il modo che io odi, in ogni modo possibile ed immaginabile il fatto di bagnarmi sotto l’acqua.
-Lo sapevo che dovevo portarmi l’ombrello.

Commento mettendo la faccia leggermente fuori dalle porte principali dell’Ospedale, che davano direttamente sul parcheggio. Erano circa dieci minuti che aspettavo che la pioggia accennasse quantomeno a diminuire, ma niente, non sembrava intenzionata a smettere. Proprio nel momento in cui decido di farmi forza e vado ad aprire una delle due ante di vetro trasparente sento la solita voce provenire da dietro di me.

-Ti serve un passaggio?

 

Certo poi è anche impossibile evitare di sbavare su Dean Winchester quando te lo trovi davanti con la maglietta nera, la giacca verde militare e i Jeans. 

Annuisco, troppo nervoso per poter dire una qualsiasi cosa, specie dopo la figuraccia che avevo evitato per un pelo con la direttrice. 

-Non mi avevi mica detto che facevi dal tutor agli infermieri. 

Gli chiedo una volta in macchina, dopo aver passato mezzo viaggio in completo silenzio, rotto solamente dalla musica soffusa che partiva dallo stereo della Chevy. 

-Non me l’hai chiesto…e poi dimmi, perché avrei dovuto dirtelo?

Ok. Dean 1- Cas 0 
La domanda sarebbe sorta spontanea a chiunque. 

-Dove ti accompagno?
-E’ uguale. Dove devi andare tu.
-Io vado a casa mia, ma da quello che ho capito è particolarmente lontana dalla tua. Che ne dici se ti lascio direttamente da te, così io dopo vado da mia madre, che ieri sera ho lasciato la borsa della palestra. 

Lo guardo sorpreso per il ragionamento che si è fatto da solo 

-Si, faccio boxe.


Ok è ufficiale. Qualcuno lassù mi vuole morto.
Rimango in silenzio fino a quando non arriviamo sotto casa mia dove scendo e gli faccio un cenno del capo per salutarlo.
-Ci vediamo domani Dean
-Puoi contarci Cas.

Si, ok. 

Entro dentro Cas giusto in tempo per vedere mio fratello appoggiato alla finestra con la sua classica espressione del “Hai una relazione con qualcuno che non sia Jason e non mi dici niente?
Faccio spallucce e lo ignoro, abituato abbastanza a non dargli peso quando succedono episodi simili. -Vado a farmi una doccia e no. Non sto uscendo con quel tizio, visto che si da il caso che sia il mio tutor.-

-Non ho detto niente.
-Lo hai pensato. Lo so.

Lo sento ridere di soppiato mentre mi dirigo in bagno e chiudo la porta.

Mi infilo sotto la doccia aprendo il getto dell’acqua calda e appoggiandomi con la fronte contro il muro gelato di casa, malgrado il fatto che l’unica cosa a cui riesco a pensare sia il colore degli occhi di Dean e l’espressione che hanno quando sorride. Sto seriamente iniziando a pensare che in qualche vita passata sono stato o particolarmente buono o tragicamente perfido, specie per meritarmi una punizione del genere.

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Capitolo 3
*** Non reggo più l'alcool come una volta ***


NOTE:

Ciao ragazze! Sono ancora qui, non sono morta tranquille xD Anche se la sessione d’esame ci ha seriamente provato ad uccidermi. ç.ç Ho dato il primo esame il 20 di gennaio e ho finito giusto ieri .-. Tra i laboratori pratici, gli esami e i primi compiti in itinere per i tirocini ho avuto due mesi orribili. Ma tranquille :D Dean e Cas sono sempre qui ù.ù
Non sono tipo che lascia le fanfiction incomplete =)
Quindi spero che vi piaccia il nuovo capitolo, cercherò di aggiornare prima la prossima volta ^^”
Ho finito di scrivere tardi quindi vi regalo questo capitolo xD
Buona lettura <3
 

 

 

Sono appoggiato al muro vicino alla porta di casa di mia madre mentre aspetto che mi apra, indeciso su come spiegare la mia presenza a quell’ora a casa sua. Certo era che a volte avevo davvero delle idee che raggiungevano livelli di idiozia davvero biblici. Da quando mi facevo infinocchiare da due occhioni blu? Mi viene da sbuffare e incrociare le braccia per poi lanciare uno sguardo alla mia bimba parcheggiata poco lontana dall’ingresso.
Non riesco ad farmi venire in mente niente, almeno non prima che mia madre apra la porta. 

 

-Dean! Non ti aspettavo, è successo qualcosa?
-No, no tranquilla… sono venuto qui perchè…

Perché?

-Perchè… perché volevo venire a salutarti!
La risposta non regge, me ne rendo conto nello stesso istante in cui inizio ad aprire la bocca. A volte sono proprio deficiente, non dico la verità pur rendendomi conto che a volte sarebbe la cosa più semplice e la meno complicata. A volte, no anzi sempre, basterebbe quella per evitarmi una marea di impicci nel quale invece vado a cacciarmi senza il minimo ritegno. La vedo lanciarmi uno sguardo sospetto per poi, qualche secondo dopo, scansarsi per farmi passare dentro casa. 

-Sei sicuro che vada tutto bene? Ti vedo strano.
Scuoto la testa, sto bene anche se ho strano senso d’ansia girarmi per la testa. Non ci vuole un genio per rendermi conto che non sono meno nervoso del giorno prima, eppure non riesco davvero a capire perché.  Che fosse colpa di quegli occhioni blu? 

-Stavo giusto per chiamarti comunque, hai lasciato la borsa della palestra qui.

 

Ah, ecco perché avevo deciso di accompagnare Cas a casa.

 

Mi dirigo verso il piano di sopra per prendere la borsa che avevo lasciato in quella che, prima che andassi a vivere da solo, era la mia camera. Mi viene da sbuffare per l’ennesima volta quando mi torna in mente la faccia di Cas quando gli ho detto che faccio boxe. Non mi aveva mai fatto strano parlarne con qualcuno e per questo scuoto la testa e mi butto sul letto, sono solo le tre di pomeriggio, posso anche permettermi di riposarmi un pò. 

-Tu lo sai che puoi parlarmi di tutto vero?
Certo mamma, se solo sapessi cosa c’è che non va.

 

Mi viene il dubbio che lei sappia perfettamente cosa non va e questa cosa mi fa incazzare in una maniera allucinante. -Sam dov’è?

-Dean sono le tre, Sam è partito stamattina per Stanford, ti ricordi che te l’avevo detto?

-Ah. Si. E’ vero.

Faccio in tempo a lanciarle uno sguardo che la vedo appoggiata al muro, nella stessa identica posizione che avevo preso io appena una decina di minuti prima. Sorrido. In quei momento mi rendo conto che una delle poche cose di cui sono contento della mia vita è proprio lei. 

-Ok. Solitamente non dimentichi mai queste cose, c’è decisamente qualcosa che non va.

Mugugno qualcosa di incomprensibile, molto più per me che per lei.

Si avvicina a me e mi appoggia le mani sulle guance, non mi dice niente. Mi conosce e sa che quel gesto basta per dire tutto quello che è necessario, niente di più, niente di meno. Mi sorride per poi scendere le scale e ritmare con il polso la canzone che era solita cantarmi sempre da bambino.

Non faccio in tempo ad alzarmi che sento il telefono squillare dal piano di sotto. Ma si può vivere in pace dentro questa casa? Per un periodo avevo seriamente avuto l’idea di lanciare il telefono di sotto e scappare in giro per l’America con la mia macchina.
Peccato che poi, dopo un po’, mi sarei dovuto sorbire tutte le critiche di mio padre, pronto  a dirmi che non ero altro che un fannullone, uno scansafatiche.
Ricordo ancora, nonostante siano passati quattro anni, dal primo giorno che ho portato i soldi del mio lavoro a casa e in cui non mi era stato rivolto da mio padre neanche un sorriso, per me è un dovere, non un orgoglio. All’inizio avevo iniziato con quell’idea, per poi arrivare a capire che mi piaceva il mio lavoro, che conoscere tutta quella gente, imparare tante cose sulle persone e che, dopotutto la tua vita non sembra così male quando hai qualcuno da cui tornare. 


Sorrido passando una mano sul vecchio armadio di casa.
-Perchè non ti sei mai trasformato nell’armadio di Narnia? Sono molto offeso.
Borbotto, in una via di mezzo tra il divertito e l’offeso.

-Ricordo quando tu e Sam eravate piccoli, passavate le ore a giocare con quell’armadio.

Me lo ricordo, quando mio fratello ci si nascondeva sempre e poi si lamentava che riuscivo a trovarlo senza  la minima difficoltà. 

 

Continuando a strusciare la mano arrivo a prendere il mio telefono sul mobile dell’ingresso.

Usciamo a festeggiare il primo giorno con i tirocinanti? 

 

Chi poteva essere se non Chuck? Quella spugna.

Rispondo, anche se io non sono proprio la persona adatta per giudicare il suo rapporto con l’alcool.


Ci sto!

 

-Mamma, devo scappare…

-Vai a bere con Chuck stasera? 

Annuisco, e non posso fare a meno di notare un’espressione malinconica sul suo viso. Mi aveva dimostrato molte volte che era fiera di me qualsiasi cosa facessi, ma non riusciva a nascondermi il fatto che preferisse che rimanessi a casa a mangiare qualcosa con una persona sola piuttosto che andare in giro facendo la vita che ormai ero abituato a fare, specie dopo Lisa. 

-Ci ho provato mamma.

Ed era vero. 

-Lo so, ma una madre non perde mai le speranze no?

Le sorrido e la Ringrazio, dandole poi un bacio su una guancia prima di uscire

-Ti voglio bene.

-Anche io tesoro.


Esco da casa e dopo aver lasciato la borsa della palestra in macchina mi dirigo verso casa mia. Cercando di capire perché gli occhi di Cas mi ronzino in testa come due mosche e l’idea di uscire con Chuck mi angoscia più del solito.
Dannazione, mi ripeto. Non ho così ansia dal giorno in cui ho dovuto dare il primo esame all’università appena quattro anni fa.
Arrivo a casa una mezz’oretta dopo e faccio appena in tempo a buttare tutto nella cesta della lavatrice e farla partire prima di buttarmi sul letto per farmi qualche ora di sonno.
Almeno se dormo non penso ed evito di farmi venire un esaurimento nervoso.
Sono finito quasi dall’altra parte della città solo per accompagnare a casa un ragazzo che ho appena conosciuto, ma cosa mi prende?
Mentre mi perdo nei miei pensieri sento il sonno venire a prendermi e mi addormento. 

 

♜♜♜♜

Mi sveglio qualche ora dopo, a giudicare dalla luce sembrano le sei, o le sette. Possibile che ho dormito così tanto e non me ne sono neanche accorto?
Decido di alzarmi per farmi quella che io chiamo una “bella doccia mattutina”, anche se poi tutto è tranne che quello.
Mi occupo di sistemare tutto quello che manca: lavatrici e cose simili. Per poi infilarmi il mio miglior paio di jeans, scarponcini e una maglietta nera. 

Il resto lo sistemo quando torno. Mi dico quando prendo la mia giacca verdastra, le chiavi della macchina e lo zaino che mi porto sempre dietro. 

Salgo in macchina, buttando un’occhiata involontaria e decisamente troppo lunga al sedile del passeggero prima di riprendermi e tornare lucido. Oh insomma! Mica posso farmi incasinare il cervello da uno che ho appena conosciuto, non è neanche lontanamente accettabile.

Accendo la macchina e raggiungo Chuck in un pub poco lontano. 

 

La mia serata inizia in modo normale, come al nostro solito, qualche birra e qualche chiacchierata senza impegno. Alla fine però, dopo una quantità abbastanza sconveniente di birra, whiskey, gin, rum e vodka, che poi non so neanche perché la bevo dato che non mi piace, mi ritrovo a parlare di argomenti che né io né Chuck avremmo mai voluto sentire. Non mi preoccupo, il mio turno con le matricole è quello pomeridiano e quindi posso stare calmo e non devo preoccuparmi di non poter smaltire la sbronza in tempo per il mio turno. 

-Come ti sembrano le matricole?- mi chiede Chuck con un sorriso sulle labbra, io alzo lo sguardo dal bicchiere, continuando a tenere il bordo inferiore tra i denti. Non avevo mai capito come fosse possibile che la sua espressione fosse malinconica anche quando sorrideva.  

-Non lo so- rispondo, la mia risposta è sincera dato che non so davvero cosa aspettarmi da quel gruppo di circa centosessanta persone. Era capitato duranti gli anni di perderne molti da un anno all’altro e quindi non mi capitava mai di riconoscerli tutti, anche se poi li incrociavo nel reparto. Avevo preso delle tecniche per imparare a conoscere e specialmente riconoscere quelli che erano sotto la mia responsabilità quando venivano nel mio campo di interesse.

Certo, a volte avevo ancora dei problemi a relazionarmi con gli infermieri non conoscendo, a distanza di pochi anni tutti i loro compiti e i loro programmi di studi. 

-Ho sentito che alcune ragazze già parlano di te.-

Rido e alzo il bicchiere per fare in modo che tocchi la sua bottiglia di birra posata, sul tavolo, poco lontano dalla mia mano -Avevi dei dubbi? Non per niente sono il fisioterapista più apprezzato dalle infermiere e dalle dottoresse dell’ospedale.-

Sbuffa divertito. -Sarebbe un motivo abbastanza valido per cambiare ospedale.-

-Si certo e poi come ti divertiresti senza di me?-

Tutto quello che ottengo in sua risposta sono solo spallucce. -Ma come Chuck? Sei la persona più loquace che io conosca, no forse quella è Charlie, e ti zittisci così?-

-Non mi metto a discutere su questi argomenti Dean, lo sai bene-

Beve un sorso anche lui dal suo bicchiere trattenendo a stento una risata.

 

Non reggo più l’alcool come una volta

Mentre i bicchieri salgono e l’alcool scende lo fanno anche gli argomenti, che vanno a scavare sempre più giù nel mio passato. Vengo riscosso da una voce femminile, la cameriera probabilmente - Cos’altro ti porto, splendore? 

-Mi ruoto leggermente, appoggiando il gomito sul retro del divanetto sul quale sono seduto. 

-Volentieri tesoro, lascio a te la decisione. 

-Cassandra

-Va bene Cas,

Non so spiegarmi perché in quel momento chiamare con quel piccolo nomignolo quella ragazza mi fa più effetto di quanto avrei immaginato e la faccia di quel ragazzo con gli occhi azzurri mi ronza di nuovo in testa. Gli occhi dorati della ragazza e il rossetto rosso in quel momento almeno mi distraggono per quel che basta. 

Si guarda intorno in fretta per poi avvicinarsi a me. -Qui non c’è molto di più di quello che hai già bevuto, però quando stacco qualcos’altro forse lo troviamo. Butto un’occhiata alle unghie lunghe smaltate di rosso. Interessante.

-Interessante.

Ripeto.

La guardo sorridere maliziosa con un sorrisetto. Il rossetto crea un netto contrasto tra gli occhi dorati e i denti bianchi. -Stacco tra venti minuti.

-Ci si vede tra venti minuti. Nel frattempo mi porti un’altra birra per favore?

 

In quell’arco di venti minuti non riesco a quantificare il numero di litri di alcool che passano direttamente nel mio esofago per passare nel mio stomaco. Ho fatto trenta tanto vale fare trentuno no? 

Le ultime cose che ricordo sono quelle di quella ragazza, Cassandra, che sospira.
-Sarebbe meglio che tu lo portassi a casa, non credo che si potrebbe reggere in piedi.

-Già.

-Non capisco il perché del fatto che vi comportiate in questo modo.

-Storia lunga.

 

Strizzo gli occhi per poi andare fuori accompagnato con il braccio intorno alle spalle di Chuck.

-Ti chiamo un Taxi.
-No! Scordatelo! Baby mica posso lasciarla qui!

-Ah, giusto…l’Impala. 

-Dean?

 

Riconosco a stento la voce che proviene poco lontano da me. Castiel? Mi riprometto di chiedergli il giorno dopo come è possibile che sia sempre nel posto giusto al momento sbagliato. -Signor Shurley, buonasera.-

-Scusa, non mi ricordo di te…

Sento un sospiro -Castiel, Novak. Sei il mio tutor all’università-
Nonostante questo però non riesco a capire quale sia la risposta di Chuck e io sono troppo poco lucido per provare anche solo ad immaginare una qualsiasi cosa. Non faccio in tempo a realizzare quello che sta succedendo che, dopo essere stato sballottato come un sacco di patate, mi ritrovo sul sedile del passeggero della mia macchina con la cintura di sicurezza legata addosso.

Provo a protestare quando sento Chuck dare le chiavi della mia macchina e di casa mia a Cas. 

-Ti ringrazio. Lo accompagnerei io solo che poi la mia macchina rimarrebbe qui..

-Non fa niente, io sono venuto con gli autobus quindi comunque un passaggio mi farebbe comodo. Lo accompagno a casa di sua madre che sta vicino a casa mia così io poi vado direttamente da me. Non sarebbe saggio lasciarlo a casa da solo considerando quando ha bevuto.

 

Provo a protestare con un mormorio. -Hey! Vi ricordo che: uno sto benissimo, due sono ancora qui!Non è molto carino da parte vostra ragazzi parlare come se non vi ascoltassi.

In effetti avevo ragione  anche se anche loro non avevano tutti i torti. 

-Si Dean, come no.


Sento il motore della macchina accendersi e poi mi appoggio allo schienale del sedile, troppo rintronato per aggiungere una qualsiasi cosa e per protestare al commento di Cas sulla mia sobrietà. Devo ammettere che sono stranamente tranquillo, nonostante il fatto che un semi-sconosciuto stesse guidando la mia macchina. Non so se è colpa dell’alcool o di qualcos’altro ma sicuro è che in quelle condizioni non ho la minima voglia di scoprirlo.

-Dove stiamo andando?
Chiedo, mentre mi stiracchio le braccia e porto indietro le spalle come per cercare di riattivare la circolazione.

-Ti accompagno a casa da tua madre.
-Come? Ho venticinque anni mica ne ho quindici! Non sono alla mia prima cotta!

Quella frase mi esce acida, quasi troppo, peggio di un ragazzino che è stato ripreso da un genitore. 

-Ah no? A giudicare da come ti sei ridotto direi proprio di si! Non riesci neanche a reggerti in piedi. Sono sorpreso dal fatto che tu ancora non abbia vomitato.

 

Ma chi si crede di essere questo? Neanche mia madre mi ha mai fatto un discorso del genere! Sono grande, grosso e vaccinato, vivo da solo. Avrò pure il diritto di fare quello che diavolo mi pareva dopo una giornata di lavoro no?
Il mio problema, nonostante l’età è quello che non ho mai imparato a tenere la bocca chiusa.

-Scusa ma chi ti credi di essere! Ti conosco da due giorni, non sai niente di me!

Mi pento quasi subito di quello che ho detto, lui non sapeva niente di me, ma neanche io sapevo niente di lui. Avrei dovuto portare un minimo di rispetto. 

Lo sento respirare pesantemente, quasi a cercare di mantenere il controllo per non girarsi e darmi un pugno. Visto e considerato che, oltre ad avere le chiavi della mia macchina, di casa mia e del resto, io anche ubriaco come il legno di una botte di vino potevo anche cercare di rimanere almeno educato fino ad un posto che conoscevo.

-No Winchester. Ma si da il caso che se tu combini qualche macello con questa macchina io perdo uno dei miei tutor e visto che sono l’ultimo che ti ha visto vivo se tu ti ammazzi io passo un guaio e non mi interessa. Ne ho già abbastanza di mio.


Certo che era proprio strano quel ragazzo, perché si metteva a discutere con un ubriaco?
-Va bene. Visto che non vuoi andare a casa di tua madre dove andiamo? 

-Voglio andare a casa mia.

-Certo ora sono anche un taxi. 

 

Nonostante tutte le proteste lo vedo comunque mettere la freccia per fare inversione e seguire le mie istruzioni. -A volte mi chiedo perché ho sempre queste idee folli e nonostante io sappia perfettamente che lo sono io mi ostini a farle lo stesso.- Lo sento borbottare mentre lo vedo attraverso le palpebre che mi stanno cadendo e diventano sempre più pesanti. 

 

♜♜♜♜

-Dean? Hey! Ci sei?

Sento la sua voce riscuotermi dai miei pensieri, mentre io continuo a vagare con la mente senza tuttavia avere un filo conduttore. L’unica cosa che Cas ottiene in cambio è un mugolio contrariato, non ho proprio voglia di alzarmi ma so bene che, con il mio metro e ottanta di altezza, non sono proprio un peso piuma. Mi rendo conto di dovermi alzarmi quando riconosco il bianco e l'arancione chiaro della facciata del mio palazzo. Quando cerco di uscire dalla macchina e mi accorgo di non riuscire neanche a tenermi in piedi realizzo che forse la situazione è più grave di quando avevo mai potuto immaginare appena qualche minuto prima. Forse sono davvero peggio di un quindicenne alla prima sbronza. Nonostante tutto però non mi serve che io chieda niente che mi trovo il braccio sinistro di Cas avvolto alla vita e il mio braccio destro appoggiato al suo collo. 

-Perchè lo stai facendo? Mi conosci appena.
Gli chiedo quando mi accompagna verso l’ingresso.

-Te l’ho detto. Sei il mio tutor, l’ultima cosa che mi serva è che ti ammazzi per un incidente d’auto perché sei sbronzo.

 

Quando arriviamo sento il mondo cedermi sotto i piedi e perdere l’equilibrio. 

Con la stessa forza di uno schiaffone mi sento travolgere da una serie di ricordi che,come un fiume in piena mi raggiungono. Io non riesco a fare niente, come se io fossi in piedi nell’acqua e le onde del mare fossero troppo forti. Non riesco più a tenermi in piedi, cerco qualche appiglio e quando lo trovo non so se è la maniglia della porta o se è il trench di Cas che è ancora accanto a me.
Quando ancora ne parlavo con mia madre lei aveva iniziato a chiamarlo “il mio lato oscuro” ma dopo qualche anno, quando avevo iniziato a capire che a volte quelle cose non passano avevo smesso di parlarne. Solitamente quando smettevo e accendevo la musica tutto poi passava lentamente e si riaddormentava da qualche parte dentro di me, ma in quel momento era troppo forte e non sapevo come comportarmi e come reagire.

Sei una delusione. 

Con tante cose proprio il fisioterapista?
E’ proprio da te. Non fare niente dalla mattina alla sera e provarci con le ragazze.

Non potevo aspettarmi nient’altro da te.

Tu non sei come Sam. Lui si che farà qualcosa.

Ho fatto bene a non puntare un centesimo su di te.


Le ultime frasi che avevo sentito pronunciare dalla bocca di mio padre prima che morisse, le ultime frasi con la sua voce che ho sentito prima che quella versione più giovane di me lo vedesse uscire dalla porta per non vederlo rientrare mai più. Un gemito mi esce dalle labbra quando l’ennesima fitta alla testa mi costringe a piegarmi e appoggiare la mano su una superficie fredda. Non so più dove sono. Sento Cas mormorare qualcosa ma non capisco neanche una sillaba di quello che mi dice. Ti prego resta. Non andare via anche tu.

Non riesco a capire se ho pronunciato quelle parole e nel dubbio ripeto. -Resta. Per favore.-

L’ultima cosa che riesco a distinguere è Cas che butta il trench su una poltrona e si toglie la cravatta.
Non so se colpa dell’alcool o di qualcos’altro ma non posso negare di non aver trovato il movimento attraverso il quale si slaccia la cravatte e i polsini della camicia per tirarseli su particolarmente affascinante. Ecco, mi ci mancava solo quello. Ma si può sapere che diavolo mi sta succedendo?

-So già che me ne pentirò. 

Sento solo quello, per poi chiudere gli occhi e non ricordare più neinte.

 



Note finali:

Insomma, ho deciso di aggiungere un piccolo cammeo per la mia amica Demonwithashotgun da cui sono stata qualche giorno a febbraio. Spero che la lettura vi sia piaciuta, lei non è per il Destiel però ascolta sempre i miei deliri notturni quando sono in crisi da fluff xD Ti voglio bene <3

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Capitolo 4
*** Non mi servono amici. ***


Apro gli occhi pigramente, devono essere circa le 7 o le 8 a giudicare dalla posizione del sole nel cielo. Mi stiracchio, non avendo considerato un piccolo dettaglio della sera prima che avevo dimenticato. Il mio braccio sbatte contro qualcosa di duro,
Non mi ricordavo di avere un letto così piccolo. Oh. 

Effettivamente, quello non è il mio letto bensì il divano di Dean. Fantastico. Non mi ero ricordato di essere rimasto a dormire a casa sua perché era ubriaco con una zucchina ma, come se non bastasse, quella non è l’unica cosa che si preoccupa di mettermi sull’allerta. Infatti, il profumo di bucato caldo, di sonno e uomo, e che uomo, mi stuzzica il naso. Come ho fatto a ritrovarmi abbracciato a lui? Non dovevo essere io quello sobrio?
Ok. Sono davvero in un bel guaio. Non sono solo abbracciato a quella specie di angel biondo del mio tutor, ma lui ne è anche bellamente inconsapevole. Controvoglia cerco di allontanarmi dal suo corpo caldo, non riuscendo a fare altro che un altro danno. Infatti, “preoccupato” dal fatto che riuscissi ad uscire da quella posizione e potessi dare finta che non ci fossimo mai ritrovati in quel modo, non fa altro che stringere la presa e avvicinare il mio corpo al suo.
Inutile dire che, dopo aver deglutito, forse troppo rumorosamente, avevo cercato di non fare apprezzamenti mentali sul ragazzo che continuava a stringere con insistenza poco sotto alla mia vita.
In quel preciso momento mi pongo la domanda centrale della situazione: Voglio che si svegli o no? Effettivamente posso anche rimanere nel dubbio e pensare che magari era stato voluto. In fondo poteva anche averlo fatto volontariamente e non sotto i fumi dell’alcool.
Beh, però poteva essere stata anche presa come iniziativa non voluta… In quel caso allora io ero morto. No beh, proprio morto no, però poco ci mancava. Sbuffo. Per qualche strano motivo avevo sempre combinato guai, anche a scuola. 

-Mh-
Oh no. Si sta svegliando, cerco di muovermi un altro po' per evitare di stargli troppo vicino, ottenendo solo un risultato analogo a quello di qualche minuto prima. Ma si può sapere cosa sei? Una specie di sabbie mobili?
Rimango zitto, sperando di non farlo svegliare. 

-Che ore sono?
La sua voce mi sfiora l’orecchio e la mia reazione sarebbe uno dei motivi per cui dovrebbe allontanarsi da me. Non avevo fatto caso al fatto che avesse un timbro di voce così basso. Che fosse solo per via del fatto che avesse appena aperto gli occhi?

-Non…non lo so.-

In effetti lo sapevo, ma per qualche strano, non poi così tanto, motivo non riuscivo a connettere e a mettere le parole una di fila all’altra per dargli un vero e proprio senso compiuto.

Lo sento mugugnare un’altra volta per poi provare a girarsi e il fatto che riesca ad ignorare la mia presenza mi consola particolarmente, almeno potevo ancora sperare che non scoppiasse la terza guerra mondiale. Riesco, non so bene come, ad allontanarmi dal suo viso per riuscire a scorgere gli occhi chiusi, circondati dalle ciglia bionde e dal naso un po' a patata. Avevo sempre pensato che quel tipo di naso non fosse niente di speciale…eppure sapevo che su un viso come quello sarebbe potuto stare bene qualsiasi cosa. Mi rendo conto di avere le braccia attaccare al petto di lui, come mai non me ne ero reso conto prima? 

Le tiro leggermente più su, ritrovandomi a sfiorare i pettorali e a vederlo sorridere leggermente sotto i baffi. -Buongiorno anche a te

Mormora piano e io mugugno qualcosa senza senso, lasciandomi un po' andare, meno preoccupato di quando avevo aperto gli occhi anche io

 

Faccio appena in tempo a chiudere gli occhi, inspirando il profumo di quella situazione che sento la sua voce alzarsi. -CAS!

Sobbalzo, quasi rischiando da cadere dal divano interessato. Non dico niente, ritrovandomi in bilico. -Che ci fai qui?


Ecco. Come volevasi dimostrare. -Io…tu…cioè..-

-Cosa è successo?-

Non riesco comunque ad evitare di sentirmi come se mi fosse appena stato tirato un pugno
-Niente- mi esce dalla bocca di riflesso.
Sospira di sollievo, lui, non rendendosi conto di averlo appena tolto a me. Mi rendo conto di essere finito con il sedere per terra quando, alzando lo sguardo lo vedo seduto sul divano, troppo lontano da me. 
-Ieri… ieri eri troppo sbronzo per reggerti anche in piedi. Ti ho incontrato al bar insieme al signor Shurley, ti ho riaccompagnato a casa e mi hai chiesto. No anzi, veramente mi hai pregato di rimanere qui con te. Allora sono rimasto. Mi sono addormentato sulla poltrona e poi, per qualche strano motivo mi sono ritrovato abbracciato a te una mezz’ora fa.-

Forse mi esce tutto un po' troppo cattivo, ma che dovevo fare? Solo qualche minuto mi sentivo in pace con il mondo e ora ero tornato come al solito. 

-Meno male.-
-Cosa?-

-Sei uno studente e io sono il tuo tutor, non sarebbe il caso di complicare le cose. Questo l’ha complicate già abbastanza.-

 

Mi alzo, pulendomi un po' di polvere dalle gambe e dalla maglietta, anche se effettivamente speravo di mandare via il suo odore che ormai mi ronzava nel cervello con l’intensità fastidiosa di una zanzara.
-Che fai?

-Visto e considerato che sembri star bene e che io oggi pomeriggio avrei da fare un tirocinio all’università ti saluto.
Ma chi voglio prendere in giro? Non ti voglio vedere più di quanto non sia necessario. 

-Ma dai… ci devo andare anche io, ti ci accompagno. 


Mi guarda con una faccia che non so spiegare, una via di mezzo tra il dispiaciuto, lo sfrontato e lo speranzoso. Per l’amore di Dio Dean, non guardarmi in quel modo. Già non so come mi sono trattenuto dal non farti stare zitto quando avevi iniziato a parlare e strapparti tutto di dosso e ora ti ci metti pure così? 

-No. Grazie. Vado a casa mia. Prendo l’auto. Ah, non serve che ti alzi.
Lo aggiungo qualche minuto dopo quando lo vedo alzarsi per accompagnarmi. 

 

-Ci vediamo a lezione.-
Dico semplicemente mentre mi sbatto la porta dietro di me, non voglio neanche aspettare un’altra parola da parte sua.  Non riesco ad evitare di farmi tornare in mente la frase di Jason che mi aveva liquidato appena una settimana prima. Ti chiamo io. Mi aveva detto, per poi sparire magicamente. Nei giorni passato avevo cercato di chiamarlo qualche volta ma, rendendomi conto che aveva preso l’abitudine di rifiutare le mie chiamate, avevo lasciato perdere e tirare avanti.
Non mi importa. Sono riuscito a superare tutto, Jason non è che un minimo problema. Dean Winchester non è neanche quello.

Lo penso davvero, mentre infilando le mani in tasca mi dirigo a prendere l’autobus per andare alla fermata dell’autobus.

 

 

♜♜♜♜

Entro dentro casa circa 40 minuti dopo, facendo attenzione a non svegliare mio fratello che sta, probabilmente, dormendo dopo una nottata in bianco.
Forse avrei dovuto fare come lui, che si era sempre goduto la vita e non si era mai incasinato la vita con relazioni assurde e quasi improbabili. Lui, al contrario mio, non era mai stato tipo da relazione stabile, cambiava donna con regolarità e, a volte, anche più di una per volta. Sbuffo, lanciando la giacca sulla poltrona nell’ingresso. Ero sempre in tempo per cominciare. Ma chi volevo prendere in giro, non ero mai stato tipo da una botta e via. Qualche volta ci avevo anche pensato e ci avevo provato a vedere come andava ad abbordare ragazzi senza farmi coinvolgere ma proprio non riuscivo. Sono sempre stato un tipo abbastanza tradizionalista da questo punto di vista.
Mi stiracchio giusto in tempo per sentire i passi provenire da qualche stanza dall’altra parte della casa. 

-Bentornato eh. Ti sembra questa l’ora di tornare a casa?
Ridacchia, come anche me. Sappiamo bene sia io che Balthazar che non serio mentre dice queste cose. Quando andavamo entrambi a scuola era il primo che mi incoraggiava ad uscire di casa quando invece ero troppo occupato a fare quello che mio padre voleva: farmi studiare. Lui era stata la figura più vicina ad un amico che avevo avuto quando la mia vita sociale non era nient di che.

-Ciao Mamma.
Gli rispondo con lo stesso tono, pur non ottenendo risposta, ma solo un’occhiata particolarmente loquace. -No- inizio stroncando  i suoi pensieri ancora prima che si trasformino in una frase. -Non è successo niente.

-Veramente volevo chiederti con chi eri stato in giro..

-Sempre lui.

-Jason? 

Il tono in cui lo dice tradisce un astio ben chiaro, beh d’altronde…come avrei potuto evitarlo? Jason era uno stronzo e io lo avevo capito già da parecchio, chissà per quale motivo mi ero ostinato a portare avanti una situazione come quella che avevamo avuto io e lui per quasi 3 anni e mezzo. 

-No. Winchester.
-Ma chi? Quella specie di angioletto con due spalle da urlo
-Sai Balth, a volte mi chiedo se non sia tu il gay tra noi due.
Faccio spallucce, mentre inizio a dirigermi in bagno. Una doccia è quello che mi serve, chissà perché spero di togliermi il profumo di quello che al momento stava diventando il mio problema più imminente. 

-Mi preoccupa il fatto che tu abbia dei dubbi sulla tua identità sessuale fratellino.


Come al solito, sempre pronto a girarsi le mie parole, non fa niente, penso tra me e me mentre mi tolgo la maglietta e gliela lancio. -Vado a farmi la doccia.-

-A che ora hai tirocinio?

-Alle due. Ma teoricamente rimango in aula, prima di andare in reparto dobbiamo finire gli argomenti teorici. 

Lo sento mugugnare qualcosa di incomprensibile mentre mi infilo sotto l’acqua gelata. 

 

Non appena aperto l’acqua mi infilo sotto il getto, con la schiena contro il muro e l’acqua che mi cala dai ciuffi di capelli e mi scorre lungo le guance e gli occhi, troppo bollenti per i mei gusti. Do un leggero colpo contro il muro della doccia, ce l’avevo sempre avuta come abitudine quando cercavo di concentrarmi su qualcosa che non fosse quello a cui stavo pensando e, in quel momento per qualche strana ragione il mio cervello continua a proiettarmi immagini di Dean appena un’ora prima. Gli zigomi leggermente coperti di barba, gli occhi verdi, il naso e le labbra.
-Per l’amor di Dio!!- protesto con me stesso, infilandomi le mani tra i capelli neri, adesso spiaccicati contro la pelle, il marmo gelato contro la schiena.
E’ solo colpa del fatto che mi manca Jason, sto cercando di tenere il cervello occupato per non buttarmi giù

In effetti, quella mi sembra l’unica soluzione possibile, non mi erano mai prese le fisse per gente con cui avevo a malapena parlato, ero meno più maturo di come mi stavo comportando in quella situazione. Non posso tuttavia negare di aver sempre avuto una malsana passione per le spalle di un ragazzo. 

 

Che ore sono?

Ah ecco. Come se il tutto, non fosse abbastanza ci si mette anche la voce. Mentre sposto la mano sul rubinetto dell’acqua calda mi viene da pensare che mi aveva fatto lo stesso effetto. Quella voce aveva l’effetto che ti fa l’acqua calda quando sei troppo freddo.

Per l’amor di Dio! Ma che sono una ragazzina?

Tuttavia non riesco a non chiedermi se avesse quel timbro di voce anche dopo il sesso. 

 

-Hai finito sotto la doccia? Sono tre quarti d’ora che stai sotto l’acqua! Ti dai una mossa.


Adorabile come sempre. Sbuffo mentre mi tiro indietro i capelli con le mani, in effetti però la sua non era stata una cattiva idea. Possibile che ero stato tutto quel tempo a fantasticare come una ragazzina?

-Quando hai finito di fare come le ragazzine magari me lo dici.
Passa dandomi una leggera botta con la spalla mentre sto uscendo dal bagno, beccandosi una mia occhiataccia, sia per la sua affermazione per la botta.

-Sei uno stronzo.
-Ti voglio bene anche io Cassie. 

 

Alzo lo guardo mentre lo vedo sparire in bagno e chiudersi la porta dietro di sé.
-Giuro che se ci metti più di me, allo scadere del tempo ti sfondo la porta. 

 

Dopo essermi asciugato i capelli e aver evitato di sembrare un porcospino decido di mettere a posto il borsone, contento del fatto che quel giorno la divisa non mi servisse. In autobus avevo anche pensato di dormire un po' ma tanto sapevo che sarebbe stato inutile e, infatti, non riesco neanche a stare fermo. 

Passo tutto quello che rimane della mia mattina, fino a quando non esco di casa a cercare di studiare, seduto sul letto con il libro aperto davanti alla faccia, sicuro che avrei un altro mezzo milioni di modi per studiare anatomia.

 

♜♜♜♜

Come è stata la lezione?

Ridacchio, mentre mi metto la tracolla al collo. Anna non era mai stata, nemmeno a scuola un’amante delle lezione ma, per qualche strano motivo non capivo come non avesse deciso di venire neanche per ammirare “lo splendore” come lo chiamava lei. Dean Winchester.

Gli lancio un’occhiata di sottecchi mentre decido di alzarmi e iniziare ad avviarmi verso l’uscita. Avevo seguito più o meno con attenzione e potevo almeno essere grato del fatto che non avevo mai perso la capacità di concentrarmi almeno in classe. 


Noiosa. Non ti sei persa niente.

Commento, digitando il messaggio con una mano sola mentre mi infilo la giacca e infilo l’altra mano in tasca. In effetti era vero, togliendo comunque il fatto che Dean era appena diventato il mio tutor di riferimento. All’inizio della lezione mi ero chiesto cosa volesse dire e, come se i miei problemi di pseudo cotte universitarie non fossero abbastanza ero anche stato costretto a lasciare e a farmi lasciare il suo numero di cellulare.


Ah si, io e te siamo nello stesso reparto. Abbiamo Dean come tutor di gruppo, se abbiamo problemi dobbiamo fare riferimento a lui.
Non aspetto la risposta. So benissimo che può essere solo o una risata o un emotion. Tipico di Anna.
Faccio spallucce quando noto, con la coda dell’occhio Jo parlare con il ragazzo. Non riesco tuttavia ad evitare che mi venga uno strano pensiero…chissà come avrebbe reagito la ragazza a sapere che avevo passato la notte con lui. Era solo il secondo giorno che li incontravamo eppure giravano già voci che stessero insieme dai tempi della scuola.
Faccio spallucce, non che fossero affari miei. Beh…forse un po'.

 

Scuoto la testa un’altra volta per poi dirigermi verso l’uscita, decidendo di ignorare una voce troppo familiare che chiamava il mio nome, non voglio ascoltare quello che ha da dirmi. 

Quando sono alla fermata dell’autobus mi rendo conto di avere già il fiato corto, quando ho iniziato a correre? Perché correvo?
Faccio appena in tempo a sedermi su quella specie di panchina che sento il mio telefono squillare. Riconosco il numero sullo schermo. Anna. Con uno sbuffo accetto la chiamata.


-Sto bene. Ti sei persa una noiosissima lezione sui parametri principali, battito cardiaco, respirazione e questi qui. Non sto a dirti che noia, scommetto che almeno tre quarti della classe stesse dormendo.

La sento ridacchiare dall’altra parte della cornetta. -Doveva essere tremenda se neanche Dean è riuscito a tenere sveglio un gruppo di centoventi ragazze o giù di lì.
-Era Jo a parlare ecco perché.
Non riesco a trattenere una risata mentre pronuncio quella frase. Era una bella ragazza obiettivamente, non lo avrei neanche messo in dubbio, però non era affatto una buona insegnante. 

-Questo spiega molte cose…Ma…spiegami un po' di questa cosa del tutor di riferimento


Incrocio le gambe da seduto, mentre inizio a spiegare quello che la direttrice aveva detto a noi qualche minuto dopo. In effetti l’idea del tutor di riferimento non era una cattiva idea, però sembrava che la sorte avesse deciso di mettersi a giocare con me.
-Non sei felice di questo Cassie?

-In effetti non lo so. Tutto quello che vuoi però…

-Lui ti piace!!

Ma per favore! -No.
Sono laconica e lei non mi risponde, sento tuttavia il suo respiro dall’altra parte della cornetta che sembra quasi una risata. Non risponde nessuno dei due e tra di noi cade il silenzio. 

-Hey. Ti serve un passaggio?

 

-Chi c’è? E’ la voce che penso che sia.

-Probabile.
-Allora ti saluto…Ci sentiamo dopo Cassie.

 

Riconosco la voce senza neanche aprire gli occhi, so benissimo chi è il proprietario di quella voce che mi ha perseguitato quasi per tutto il giorno. Apro pigramente un occhio.
-Mh?-
In effetti sto facendo il vago. 

-Mi hai sentito, ti serve un passaggio?

Lo vedo chinarsi alla mia altezza, facendo in modo di avere lo sguardo alla stessa altezza del mio.

-Che fine ha fatto la storia del “non complichiamoci di più le cose?”

-Come?

-Lo hai detto stamattina.

Lo vedo corrucciarsi, mentre incrocia le braccia e si siede vicino a me. Sono tentato di dargli una gomitata oppure andarmene. 

-Cass…

-Senti Dean. Ho capito, tu sei il mio tutor e io sono uno studente, rimaniamo su questo piano. Non diventiamo amici.

Nè altro

-Io…

Faccio spallucce mentre lo vedo alzarsi.

-Non ho mai avuto l’abitudine di essere amico dei miei superiori, non ho intenzione di iniziare adesso.

 

Sono sincero, in effetti non ho neanche mai voluto avere neanche le mail dei miei professori del liceo mentre tutti gli altri erano sempre i primi che approvavano l’iniziativa. Credo che fosse per questo che non andavo molto d’accordo con i miei professori. Avevo sempre pensato che avere rispetto fosse anche rimanere ognuno sulle sue. 

Mi rendo conto dopo poco che Dean è rimasto in silenzio dopo le mie ultime parole. 

-E’ arrivato l’autobus. Ci vediamo domani Winchester.

Marco particolarmente l’ultima parola, proprio per fargli capire che comunque non è il caso che ci avviciniamo particolarmente.

 

-Ah. Allora ciao..-
Lo sento mormorare mentre mi alzo per allungare la mano e fermare l’autobus. Prima di salire gli faccio un cenno e infilo le mani in tasca. 

Quello che purtroppo Dean non sa è che non posso permettermi di prendermi di prendermi una cotta per il mio tutor. L’università è troppo importante.

Lo osservo con la coda dell’occhio mentre mi accorgo che l’autista stava per ripartire. 

Mi dispiace Dean, ma non posso permettermi distrazioni.
Do una botta leggera allo schienale davanti a me, fortunatamente vuoto. Ma chi voglio prendere in giro. E’ ovvio che Dean Winchester non mi sta completamente indifferente. 

 

 

 

 

Note:
Ragazzeeee lo so, lo so, ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo =(
Vi chiedo scusa, sapete? Ho iniziato il tirocinio, mi sono fatta 4 settimane in reparto :P
Questo mi ha dato taaaaaaaante idee per questa fanfic =(
Vi ho fatto un capitolo lungo, speriamo che vi piaccia

Nel prossimo capitolo arrivano buone novità =D riuscirà il nostro Cas a tenere lontano Dean? Cosa sta tramando il nostro Dean? Ve lo dirò presto (sto già scrivendo il capitolo nuovo) =D

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Capitolo 5
*** Hai le idee decise vedo... ***


Mi alzo per l’ennesima volta quella mattina, dando l’ennesimo calcio alla coperta che sembrava pesante più di un macigno. Lancio un’occhiata al calendario giusto in tempo per realizzare di che giorno stiamo parlando. A causa dei miei ultimi impegni, tra la preparazione dei reparti degli studenti, la coordinazione dei programmi, la fine delle lezioni prima di mandarli nelle rispettive zone operative non avevo più avuto molto tempo per dormire.

Ma chi volevo prendere in giro, per qualche strano motivo il fatto che avessi incrociato quello strano ragazzo dagli occhi blu e mi avesse guardato con espressione vuota mi faceva incazzare come una belva. Ero sempre riuscito ad ottenere quello che volevo, specie se si parlava di sesso ma, non riuscivo a capire perché, quella situazione mi faceva stare peggio di quando avrei voluto. Una volta lo avevo sentito borbottare qualcosa su un certo Jason e, a giudicare dalla sua voce, non doveva essere una cosa molto piacevole.

I primi giorni avevo cercato di non pensarci, in effetti non erano affari che mi riguardavano, visto e considerato che quel ragazzo lo conoscevo a malapena da dieci giorni eppure, per qualche strano motivo morivo dalla curiosità di sapere cosa c’era.

 

Al diavolo. Borbotto, mentre decido di lanciare la maglietta che mi sono appena tolto sul letto, riflettendo sul fatto o meno di farmi una doccia, nonostante l’avessi già fatta la sera prima, dopo essere tornato stremato dalla presentazione delle cartelle di ogni singolo studente del corso che avrebbe iniziato il tirocinio in reparto la settimana seguente. Faccio scorrere il dito sul calendario. Martedì. Sbuffo di nuovo, se sono fortunato non devo neanche uscire di casa.
Decido di rimanere in tuta per casa, facendo quello che mi manca e godendomi un pò del riposo che non ho più avuto quando mi sono offerto di andare a lavorare per l’ospedale universitario.

 

Non ho voglia di parlare con nessuno, non tanto quanto per il fatto che non mi vada di farlo, quando per il fatto che non saprei di cosa parlare. Chuck sembra aver trovato le attenzioni di una ragazza tra le matricole, così come anche Charlie che, per qualche strano motivo ha messo gli occhi su una delle infermiere anestesiste della sala operatoria. Possibile che io sia l’unico che si gode la vita da single? Butto l’occhio su un cartellino verde, con un nome e un numero di telefono, se non ricordo male dovrebbe essere il numero della barista di qualche giorno prima. Alzo un sopracciglio, è probabile che mi prenda un sonoro calcio nel culo dopo non averla richiamata, specie dopo una settimana e specie dopo aver insistito tanto per avere quel bigliettino.
Sospiro di nuovo, andando in bagno per fare lavatrice e il resto, per poi affacciarmi a prendere la posta.

 

Decido di buttarmi sul divano poco dopo, con una birra gelata e il cofanetto di qualche serie Tv di Sam, che a volte si dimentica di riportare all’università e io, da bravo fratello, decido di prenderlo e valutare personalmente i suoi gusti in fatto di telefilm. Di preciso non so cosa sto guardando, non sono mai stato un esperto in serie tv come lui, eppure dovevo ammettere che era uno degli pochi che avevo iniziato a vedere con voglia. L’avevo preso da casa di mamma quando, qualche settimana prima era venuto a casa per Natale e, dopo una serie di varie discussioni e dispettucci da ragazzina, da parte sua ovviamente, aveva deciso di lasciarelo per farmelo vedere. Con l’unica condizione, però, di lasciarglielo nuovo come lo aveva lasciato lui a casa di mamma. Alzo gli occhi al cielo ripensando a quello che aveva detto in quell’occasione, va bene che avevo sempre adorato fagli i dispetti, come lui aveva voluto farli a me, ma non è che mi sarei mai messo a distruggergli le cose. Allungo le gambe sul tavolino, mandango giù l’ennesima sorsata di birra e lanciando un’occhiata al televisore, vedendo quello che mi sembrava una cabina inglese blu degli anni ’60. Beh. Che Sam fosse un nerd non avevo mai avuto dubbi in proposito, ma così era decisamente oltre le mie aspettative.

Ma che cazz…? E’ il mio ultimo commento, prima di finire seduto, a gambe incrociate sul divano con una cassa di birra fredda appena tolta dal frigo e il cofanetto completo delle stagioni di quel Doctor Who.

 

♜♜♜♜

 

La mia situazione personale, qualche ora dopo non è delle migliori. Ho finito tutta la prima serie e sono abbastanza rincoglionito. Rimetto a posto casa mia, che ormai sembra essere stata invasa da una mandria di elefanti, più per una questione di abitudine che per altro. Quando andavo a scuola non avevo mai avuto una passione particolare per l’ordine ma, andando all’università e poi andando a vivere da solo, avevo comunque cambiato leggermente la mia impostazione mentale.
Venendo il sole ancora nel cielo, nonostante fosse appena le sei di sera, forse le sei e mezza al massimo, decido di uscire per andare a farmi un giro con la macchina, niente di che, per parcheggiarmi in quello che era un parco non molto lontano da casa mia, ma che ero comunque costretto a raggiungere con la macchina.
Mi siedo sulla panchina, per poi mettermi a guardare la gente che passa, le coppiere che ridono e scherzano tra di loro e per qualche strano motivo mi viene quello che potrebbe tranquillamente sembrare un nodo allo stomaco. Cerco di fare finta di niente anche se comunque non riesco a fare finta comunque che che non mi dia fasitidio…a distogliermi dai miei pensieri sono proprio un paio di occhi che, per quanto mi scoccia ammettere, non sono molto facili da confondere.
Lo vedo chiacchierare con una ragazza poco lontano da lui e, indeciso se alzarmi o meno rimango seduto, sapendo che comunque stanno venendo nella mia direzione.

-Emh…Cas?
Non credo di ricordare la ragazza che è in sua compagnia, ma mi appoggio allo schienale della panchina, aspettando più che altro una sua reazione. -Mh?- Insieme a quel suono lo vedo alzare lo sguardo per poi sbuffare e fare un passo indietro per poi cambiare direzione e io, sorpreso quasi quanto lui, lo afferro per un braccio per poi tirarlo leggermente. Inutile dire che la sua espressione di rimando mi spiazza, sicuro che anche la mia non è molto sicura di quello che io abbia appena fatto. -Lasciami. Subito.-
Lo sguardo che mi lancia dagli occhi blu è di ghiaccio. 

-Cas….aspetta un momento.

-Io…mi sa che è meglio che vado.

-Anna!
Vedo la ragazza lanciare una risatina per poi  andare via, facendo prima qualche passo alll’indietro preoccupata e poi girarsi e correre via, in un mistro tra il sorpreso e il divertito.

 

-Cosa vuoi Dean?
Non gli rispondo, non sapendo bene neanche io cosa replicare alla sua ultima affermazione. In effetti non sono neanche io il motivo di quello che ho appena fatto.
-Io… veramente.

-Sbaglio o ti cito testuale questo sarebbe “complicare le cose”?

Stringo di più la presa sul suo polso, mentre il suo sguardo di ghiaccio continua a fissarmi. Ha ragione. Ha dannatamente ragione.
Vattene Dean. Lasciagli il polso e vattene.

In effetti quello potrebbe essere il miglior consiglio che la mia coscienza abbia mai deciso di darmi ma, purtroppo per me non sono mai stato il tipo da seguire i consigli. 

 

-Si. Questo è complicare decisamente le cose.
Lo borbotto tra me e me, o almeno così credo. Anche se non mi rendo conto di averlo detto, anche a voce piuttosto alta. 

-Allora lasciami il polso e vattene.


Le prove sono schiaccianti, non me ne voglio andare, non senza chiarire le cose comunque. Abbasso lo sguardo, giusto in tempo per avere la sua altra mano sulla mascella per costringermi a guardarlo. -Sei o no un uomo? Dimmi che diavolo stai facendo! Prima mi sbatti fuori di casa tua dicendomi che non devo pensare male perché complicherebbe le cose e poi mi fermi in un parco quando IO non ho fatto niente?
-Non voglio che rimangano le cose in sospeso. E’ anche peggio.

-Guarda che non ci sono cose in sospeso. Eri stato chiarissimo in quello che mi hai detto martedì scorso. 

-Veramente no.

Alza un sopracciglio, probabilmente curioso di sapere che cosa voglio dirgli. In effetti le parole non è che mi escano molto facilmente. Specie mentre continuo a stringere il suo polso, forse con più violenza di quella che vorrei. Tira via il polso cercando di sciogliersi dalla mia stretta, senza tuttavia riuscire. 

-Sono abbastanza in forma per riuscire a stringere il polso di un uomo.

-Mi auguro tu non lo faccia anche con le donne.

-Scusa ma cosa c’entra? 

-Lascia perdere.

 

Stringo di più la presa, proprio per evitare che riesca ad allentare la presa e ad indietreggiare. 

-Perchè non molli ? 

Non gli rispondo, prima cercando di tirarlo, poi andandogli dietro, facendo il suo stesso numero di passi. -Perchè prima mi devi ascoltare.
Lo sento ridere di scherno, per poi alzare lo sguardo per l’ennesima volta.
-Se tu parlassi, io potrei ascoltarti.
Continua a parlare ma, per qualche strano motivo continua ad indietreggiare, assecondato da me. Sto facendo una cosa stupida, molto stupida. Ma sinceramente muoio dalla curiosità di sapere perché un ragazzo che ho appena conosciuto mi ronza nel cervello da quasi una settimana senza lasciarmi alcuna possibilità di capire il perché. Non mi piacciono i ragazzi, non mi sono mai piaciuti…Cioè una volta sono stato con un ragazzo ma più che altro era solo per provare e ogni tanto avevo flirtato con qualcuno, ma solo per giocare. Adesso non ero più sicuro di quello che stavo facendo o di quello che avevo sempre fatto. 

 

In un lasso di tempo, che mi sembra durare quasi all’infinito sento qualcosa di bagnato e morbido addosso e, ci metto quasi la metà di un secondo a rendermi conto che sono finito addosso a Cas, in una fontana. 

♜♜♜♜

-Per l’amor di Dio Dean ma si può sapere che diavolo ti ha detto il cervello? Sei impazzito?

Può darsi? In effetti non mi sono mai sentito così strano in tutta la mia vita, forse solo quella volta in cui mi ero ubriacato di rum o qualcosa del genere per poi svegliarmi la mattina dopo in mutande e con un cappello da Cowboy addosso.
Alzo lo sguardo. Giusto in tempo per vederlo sbucare dalla porta del bagno  con un asciugamano dello stesso colore dei suoi occhi in testa per asciugare i capelli bagnati.
Che colore era? Blu? In effetti non che avessi mai saputo i nomi delle varie gradazioni di quel colore. Non dico niente alla sua affermazione, mentre mi appoggio allo schienale del mio divano, dato che avevo deciso di accompagnarlo a casa mia, mentre lo ascolto protestare.

-Sinceramente non riesco ad immaginare quello che volevi ottenere! Volevi buttarmi in una fontana per farmela pagare del fatto che ero rimasto a dormire da te? Volevi rendermi ridicolo facendo credere chissà che cosa in un parco VICINO casa mia? Beh complimenti genio ci sei riuscito!
-Cas non vorrei dirti niente ma stai esagerando
-Ah si? Ma davvero? Sto esagerando? Allora dirmi come stanno le cose.

Prima ti togli quelle cose bagnate di dosso però…Mi ritrovo a pensare tra me e me, accavallando una gamba sul divano e facendo finta di niente. In effetti la maglietta gli tirava anche troppo addosso.
-Però credo che ti convenga andarti a mettere qualcosa di asciutto. I miei vestiti ti staranno un pò grandi. Ma almeno sono asciutti.
-Stai scherzando spero. Piuttosto mi faccio venire una broncopolmonite cronica.
-Sono contento di vedere che hai già dato l’esame di patologia questo semestre ma, mi dispiace per te. Tu adesso vai in camera mia e ti metti qualcosa di asciutto. 

Alla sua ennesima protesta mi alzo e ruoto le spalle, rimanendo perplesso, lo vedo deglutire nervosamente. Mi sento il suo sguardo puntato addosso e non riesco a non sbuffare nervosamente. Senza sentire ragioni mi alzo per poi spingerlo fino in camera mia. -D…Dean?
-Stai calmo! Non ho intenzione di fare niente di male.
Sono sincero. Anche perché con quella maglietta attaccata addosso non ci può stare. 

Indico una tuta che si trova nel terzo ripiano più in alto del mio armadio. -La tuta è quella., io la mettevo qualche anno fa. Se vuoi mettitela, potrebbe entrarti.
In effetti la mia suona molto più di un invito e, dopo aver incrociato lo vedo alzare gli occhi al cielo come per arrendersi all’evidenza e cercare di prendere l’oggetto interessato. Non so perchè, ma notare il fatto che sia costretto a mettersi sulle punte mi provoca una risata che, purtroppo però, non fa altro che peggiorare la situazione e non fa altro che farlo incazzare ancora di più. Faccio spallucce, mentre lo sento calmarsi alla stessa velocità con il quale lo avevo sentito arrabbiarsi. 

-Scansati ce la faccio da solo.
Faccio spallucce, per poi alzare le mani e fare un passo indietro e vederlo, giusto in tempo mettersi di nuovo sulle punte per prendere al volo un lembo di stoffa.
L’unica cosa che non avevo calcolato però è che, mia madre, qualche anno prima aveva insistito a lasciare un tappeto vicino all’armadio dei vestiti.
Tappeto piuttosto scivoloso.
L’unica cosa di cui riesco a rendermi conto è di qualcosa che mi tira la cintura. 

Qualche secondo dopo, con le mani puntate sul pavimento gelato e le gambe larghe a carponi, mi rendo conto di essere sopra a Cas. Le mie mani sono ad un palmo di distanza dalle sue orecchie e, per quanto mi sembri strano, le mie labbra sono a quasi cinquanta centimetri di distanza dalle sue.  Le mie ginocchia che sfiorano le sue gambe e il calore che sento irradiarsi quando il suo petto sfiora il mio quando respira nel punto in cui lo sfioro. Non so né il perché né il per come di quello che sta succedendo ma, per qualche motivo, mi sembra la situazione più normale del mondo.

-D….Dean?
-Non mi guardare proprio. Questa è stata un’idea tua.
Lo sento respirare abbastanza pesantemente, prima di accorgermi che sta cercando di sembrare meno nervoso, o anche eccitato di quanto effettivamente non sia. Ridacchio, in tempo per accorgermi dell’ennesima prova di quello che effettivamente sapevo già. 

-Che si fa?
-Non lo so Cas. Dimmelo tu.
-Dean?
-Mh?
-Ti potresti alzare?
-Si, potrei. Ma vuoi davvero che lo faccia?

Le mie parole non fanno altro che dargli la spinta che forse cercava già. In effetti non ci voleva un genio per capire come stessa la situazione, chiaramente evidente dall’erezione ben chiara nei pantaloni. Risponde con un movimento veloce delle mani, che mi ritrovo stringere, con troppa violenza sulle spalle mentre, contemporaneamente sento i suoi denti stringere sulle labbra con avidità, con rabbia.
Non ho il tempo né la voglia di cercare di capire quello che sta pensando, riesco a malapena a pensare a quello che sto provando io. In quel momento mi sembra di essere, per la prima volta, nel momento giusto al posto giusto e, specialmente con la persona giusta. Non importa niente, né che sia io il suo tutor, né che debba essere per forza un uomo.  In un attimo mi allontana, giusto in tempo per scorgere nei suoi occhi una tonalità più blu di quella che avevo visto nei giorni passati. Non riesco ad ignorare il suo mugolio deluso e a trattenere il mio.
Ma questi rumori?

-Dean! ma che??
-Cosa? Hai cominciato tu!
-Si ma tu continui?
-Volevi che ti ignorassi? Sono un uomo!
-Eh io cosa sono scusa?

Gli appoggio una mano sulla clavicola, l’altra sotto il mento, giusto quel poco necessario per alzarglielo e far passare la lingua prima al di sotto del pomo d’Adamo per poi salire piano per mordicchiare la mascella e il labbro. 

In un attimo lo sento spingermi le spalle per allontanarmi. Si può sapere che cosa stai facendo Cas? Prima ci provi, poi lasci perdere?

-Le cose…
-Sarebbero complicate comunque.
-Vedo che sei un tipo deciso Dean
-Oh sta zitto!
L’ultima cosa che che riesco a fare è allontanare le mani dal mio corpo, per poi chinarmi e passare prima il naso sul collo e poi mordere le sue labbra.

 

 

 

Note:
Il capitolo non è dei migliori. Spero che vi piaccia però…. Questo Dean mi sta dando un pò di problemi. Invece Cas si scrive da solo xD  Spero di arrivare a sistemare questa cosa perché sennò siamo nei guai .-.
In ogni modo, ditemi cosa ne pensate :P Al prossimo capitolo <3 Spero di scrivere di più in questo mese ç.ç Speriamo la sessione d’esame non mi uccida! Ditemi buona fortuna <3
Scusatemi davvero tanto ç.ç

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Capitolo 6
*** Niente di più. ***


Sono seduto a gambe incrociate sul letto di Dean in silenzio, d’altronde che ci sarebbe da dire in una situazione del genere? Appena una mezz’ora fa me lo sono ritrovato addosso e dicendola tutta non mi era neanche dispiaciuto. Non potevo neanche negare, visto che sarebbe stato particolarmente inutile e specialmente ipocrita.
Potevo dire di aver avuto tanti difetti, di cui molti neanche conoscevo l’esistenza, ma quello proprio non era nella lista. Lancio un’occhiata a Dean, sdraiato sul suo letto come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Vorrei sinceramente sapere come fai a stare seduto lì come se nulla fosse. 

-E’ il mio letto Cas.
Lo dice ridacchiando, evitando di proposito una risposta collegata a quello è successo.
Sarebbe carino da parte tua rispondermi comunque…

MI ritrovo a pensare tra me e me, anche se non capisco quando è successo che io sia diventato così acido. Insomma, prima non ero così.

-Io….non volevo dire questo…
Quasi convinto dai miei stessi pensieri mi costringo a farmi uscire una frase che non possa sembrare particolarmente stronza. Insomma, se poi mi mandava a quel paese con certe rispostacce aveva anche ragione.


Non so per quanto decido di rimanere in silenzio, aspettando una risposta che non si accenna ad arrivare. Di solito sono un tipo che cerca di non cacciarsi in questi guai ma, per qualche strano motivo, sono sempre loro che trovano me. Gli lancio un’occhiata con la coda dell’occhio, per poi distoglierlo altrettanto velocemente non appena mi accorgo che si è accorto che lo sto fissando. D’altronde, come potevo fare altrimenti?
Lo sento ridacchiare. Si può sapere cosa ci trova da ridere?

-Mh?
-Non ti facevo un tipo così divertente

 

Beh, me ne avevano dette di peggiori in effetti, anche se non riuscivo a capire il perché di quell’affermazione. 

-Che intendi dire? 

Lo sento ridere di nuovo, riuscendo a vedere facilmente il movimento delle gambe che ruotano nella mia direzione. Non è difficile capire che si è girato nella mia direzione rotolando. Deglutisco di riflesso, quando sento la sua coscia urtare la mia.
-Tu cosa vorresti fare? 

-Cosa?
-Mi hai fatto la domanda no?

E’ sincero, non mi sta prendendo in giro e, per quanto mi sembri strano non riesco a rispondere. Nella mia mente continua a tornare l’immagine di Jason che, in una posizione simile, ridacchia per un argomento simile se non addirittura più stupido. Scuoto la testa, sicuro che lui riesca a vedere il movimento. 

-Non lo so?
Mi viene fuori in una via di mezzo tra una domanda e una risposta, non so davvero come comportarmi, sono sempre stat o il tipo che cercava di non andarsi ad immischiare con persone con cui deve aver a che fare regolarmente. D’altronde, come avrei potuto fare altrimenti? Il mio pessimismo non mi ha mai permesso di comportarmi diversamente. 

 

-Guarda che non ho intenzione di rovinarti la vita eh!


Sento quella frase bombardi addosso quasi fosse un macigno. Ne sono sicuro, insomma, non avrebbe neanche un vero e proprio motivo per comportarsi da pazzo psicopatico nei miei confronti.  Il problema di tutta la situazione è che c’è quella strana immagine nel mio cervello di Jason che, durante la nostra ultima, stupida, discussione per via di un lavoro che aveva deciso di accettare e io avevo fatto l’avvocato del diavolo, rimanendo sui miei punti, senza neanche aver provato ad ascoltare quello che aveva da dirmi. 

Lo sento richiamarmi dai miei penseri attraverso una leggera botta sulla mia gamba attraverso la sua e anche se non dice niente la sua espressione è quella del “Hey tutto bene?”

Si, mi verrebbe da rispondegli, sono solo seduto sul letto di quello che dovrebbe farmi il prossimo esame di sbarramento, niente di che, visto che poi dobbiamo anche considerare il fatto che questa persona a caso dovrebbe anche essere etero e invece, per qualche strano motivo si è presa la fissa di starmi addosso come una sanguisuga.

Cosa vuoi Dean?

-Perchè lo fai Dean?
-Cosa?

-Oh andiamo! Questo!

 

In effetti sono sinceramente curioso di sapere il perché di tutta quella storia, insomma, ero pressoché insignificante nella sua vita no? Neanche mi conosceva, non che avesse particolari motivi per rivolgermi tutte quelle attenzioni. Non che dovessi neanche negare che continuasse a bruciare il fatto che Jason fosse sparito da ormai due settimane e io non riuscissi ad avere banche una piccola informazione sul suo conto. 

 

Mi lascio cadere sul letto, giusto in tempo per sentire, qualche secondo dopo, il respiro bollente di Dean lungo un orecchio. 

-D…Dean?
-Mh?
-C…c…cosa stai facendo?
-Mi sembra ovvio!

 

Ok, anche premettendo che non sono mai stato un tipo particolarmente impulsivo e molto razionale non so quanto io possa resistere in quella condizione. 

Rotolo leggermente di lato, allontanandomi di poco, giusto per evitare di sentire il suo fiato bollente e il suo profumo nel naso. Ma che poi, era legale avere quel profumo? Cioè, non che ne avessi avuti così tanti di uomini, però anche tra i miei amici non che ne avessi mai incontrato uno che avesse un profumo così, ci avevo fatto caso la prima volta però continuavo a pensarci come i dannati.

-Tu sei già impegnato!

-Eh?
Lo vedo tirarsi su, appoggiando la mano sull’orecchio, lo sguardo perplesso.
Oh su! Non fare finta di niente

 

-Tu e Jo? No eh?

Sbarra gli occhi, quasi avessi detto chissà quale assurdità. Mentre si avvicina ancora, proprio nel momento in cui mi rendo conto che il letto è effettivamente finito.
Oh oh.


-Cosa? Ma chi te lo ha detto?

-Voci di corridoio…
-Ecco, l’ennesima dimostrazione che queste voci sono stupidaggini. E’ mia cugina.


Ah. L’istinto di darmi uno schiaffo sulla faccia è troppo forte che non riesco a far finta di niente e mi viene spontaneo, nello stesso momento in cui lo sento ridere di gusto, con quella risata che riesce ad incasinarmi le interiora quasi fosse una lavatrice. 

 

-Seriamente!
Lo richiamo all’attenzione, anche se non sono ben sicuro di quello che sto per dire, lo vedo lanciarmi un’occhiata eloquente, mentre lo sento lamentarsi mentre mi scosto cercando di non cadere dal letto.
Ancora prima che riesco a fare un altro movimento me lo trovo sopra a gattoni, con le ginocchia all’altezza dei miei fianchi mentre con le mani è impegnato a bloccarmi i polsi. Tutto questo con un sorriso sornione a cui anche il gatto di Alice sarebbe rimasto perplesso. Sbatto alcune volte le palpebre giusto in tempo per trovarmelo lì, più vicino del solito. 

Abbasso leggermente lo sguardo per evitare di avere il contatto diretto. 

-Che fai? Scappi?

-Dean io….

Le mie proteste non è che funzionino poi a tanto, considerato il fatto che non è proprio semplice ignorare le cosce di Dean che strusciano sui miei fianchi mentre si avvicina con il naso sul mio.

-Se avessi saputo che baciavi così bene non avrei aspettato così tanto. 

-Eh?

 

Ma cosa vai farfugliando pure te!!

L’ennesimo contatto delle sue labbra con mie, non mi ero particolarmente ripreso da quello che avevo avuto appena un’ora prima ma per qualche strano motivo sentirle di nuovo ha lo stesso effetto che hai nello stomaco e nella testa quando mandi giù troppo alcool troppo forte. 

 Ecco si, quello era stata finora la spiegazione più precisa di quello che succede n quel momento. Avevo baciato ma mai avrei potuto immaginare che un uomo riuscisse ad avere, sia per capacità che per possibilità, delle labbra così. Indeciso sul cosa fare chiudo gli occhi, giuro in tempo per sentire piano le sue labbra strusciare sulle mie, con un equilibrio quasi irreale di dolcezza e passione.
Ah poi sarei io quello che bacia bene eh? Per fortuna che non hai deciso di usare la lingua… 

 

 Mi ritrovo a pensare quasi un attimo dopo, costretto poi ad aprire un occhio impercettibilmente per godermi lo spettacolo. 

Va bene. Se è un sogno non svegliatemi. 

Le ciglia bionde, forse troppo lunghe per essere quelle di un uomo, vibrano leggermente e quando sento la lingua sfiorare appena percettibilmente la mia mi sporgo, facendo una fatica quasi indecente per noi appoggiare i palmi mani sugli zigomi leggermente coperti di barba.

 

Mi trovo a tossire qualche minuto dopo, quando sento giù per la gola e in bocca una zaffata del suo respiro. Era possibile che succedesse una cosa del genere? A me personalmente non era mai capitata. Lo sento allontanarsi leggermente, giusto il minimo necessario per appoggiare il naso nell’incavo del mio. Riesco chiaramente a sentire ogni respiro affannato che fa e in quel preciso momento darei  qualsiasi cosa per riuscire a vedere le sue labbra, che scommetto essere leggermente arrossate a causa della barba che porto quel minimo per pungere.

-Se mi avessero detto che un uomo baciava così bene l’avrei fatto prima.
-Come? 

Mi tiro su di scatto ritrovandomi seduto, con la schiena appoggiata allo schienale del letto. Quando mi ero tirato così tanto in alto in quel dannatissimo letto? Non ero mai stato un genio in geometria e come volevasi dimostrare non faccio che fare peggio, visto e considerato che mi trovo quello splendore biondo inginocchiato sul letto con il peso sul mio ventre.

Ecco. Questo non lo dovevi fare.

Deglutisco sonoramente, perfettamente sicuro di non poter nascondere l’erezione nei pantaloni. Le cose mi stanno decisamente scappando di mano senza considerare la cosa peggiore: l’unico che conduce il gioco è proprio lui.

-Dean…io…non è come sembra!

Riesco a farfugliare, rendendomi troppo tardi che quella frase non fa che farmi sembrare ancora più ridicolo. Ovviamente la risata che ricevo in cambio non migliora le cose e io, stupidamente, cerco di tirarmi indietro. Facendo ovviamente strusciare il mio corpo contro il suo.

 

Cazzo.

 

Lo sento parlare facendo il vago. -Sai, per essere un angioletto te la cavi bene a provocare.
No io non volevo! 

 

Decido di rimanere calmo quando sento piano le sue mani appoggiarsi sulla mia pancia e il naso chinarsi, quando decido di dire la cosa peggiore.
-Che vuol dire che se lo avessi saputo lo avresti fatto prima?

-Su, ti sembro tipo?

-Con questo che vorresti dire?

 

Lo spingo senza delicatezza per poi allontanarlo e guardarlo corrucciato. Perché ho detto una cosa così? Non potevo semplicemente stare zitto? In fondo non che me ne fregasse tanto, lo sapevo che ero un esperimento. Si, lo sapevo eppure non riesco a togliermi dalla testa quella frase che mi brucia quasi fosse sale su una ferita.

E’ evidente che riesce a sentire qualcosa nella mia voce.
-Io…Cas…hai capito male! Non volevo dire quello

-No Dean. Tu volevi dire proprio quello che hai detto. Sai, una cosa Dean? Ho scoperto di essere durante i primi anni delle scuole medie e sai un’altra cosa? Non ho mai incontrato nessuno che sia mai riuscito a farmi vergognare di questo come hai fatto tu adesso. Con solo tre parole. Complimenti.

 

Riesco ad alzarmi di corsa, evitando di far accelerare il respiro. L’ultima cosa che voglio è proprio quella che io perda la calma davanti ad uno come lui. Avevo imparato presto a non curarmi del parere delle persone, che bene o male non riescono mai a capire completamente eppure, per qualche strana ragione della sua mi sta importando eccome. 


Scendo le scale che portano all’ingresso ad una velocità che non avrei mai creduto umanamente possibile, raccolgo le mie cose, appoggiate sul mobiletto vicino all’ingresso anche se non riesco proprio a ricordarmi quando lo avevo fatto.


Tuttavia quello che non riesco a prevedere è un colpo sulla schiena contro una superficie fredda e liscia.
-Non te ne vai se prima non mi fai finire di parlare!

 

Oh, ma allora ce l’hai un pò di attributi. Inutile dire che rimango piacevolmente sorpreso. Tutti gli uomini, e anche molte donne, che avevo conosciuto avevano una sostanziale quanto cronica mancanza.
Sentiamo. 

-Sentiamo.


Quando è certo del fatto che io non esca dalla porta senza prima averlo ascoltato si allontana da me e io non riesco ad impedirmi di essere dispiaciuto per l’ennesima volta. 

-Io non volevo dire che non sono tipo da provarci con un uomo.

-Balle. Volevi dire quello.

-Va bene si volevo dire quello ma non volevo ferirti.

-Sono gay Dean. Secondo quale ragionamento hai pensato di riuscire a non ferirmi con una frase del genere?

-Non lo so….forse lo stavi facendo per…provare?

Sono seriamente perplesso, che vuol dire provare? Gli uomini non iniziano a piacerti e le donne non smettono di piacerti, non è una cosa che puoi cambiare come se fosse un gusto di gelato.
-Provare?
Lo vedo annuire seriamente spiazzato e, quando lo guardo negli occhi non riesce a sostenere il mio sguardo per poco più di qualche secondo.
-Ok Dean. Ho afferrato. Sono solo una cosa di prova per te no?

 

Effettivamente non è che mi dispiaccia poi tanto, con tutta la storia di Jason un po' di sano sesso senza impegni teoricamente è quello che mi serve, niente complicazioni, niente storie pesanti e niente drammi se decido di uscire con gli amici senza il suo permesso. Ah si, niente gente che si permette di sparire senza neanche avvertite o farmi avere sue notizie.
In effetti per quello che mi riguarda Jason poteva tranquillamente essere morto e io non l’avrei mai saputo .

Stronzo.

Annuisco 

 

-Va bene Dean. Si da il caso che questo sia quello che serve anche a me. Niente legami. Niente storia seria. Sesso e basta. Guarda, possiamo diventare amici giusto per non vergognarci all’università ma niente di più.


Lo vedo annuire di rimando e, una volta che le cose sembrano essersi calmate raccolgo le mie cose definitivamente per poi uscire da quella cas e iniziare a camminare.
Lancio un occhiata al cellulare, quando mi rendo conto di aver fatto tardi a lezione, non era niente di importante ma mi sarebbe quantomeno piaciuto andare in università per ascoltare i reparti degli altri e farmi almeno dire il mio.
Non faccio in tempo a dire niente che sento il telefono vibrarmi nella tasca, due volte. 

 

Infilo la mano per tirarlo fuori e quasi rischia di cadermi dalle mani quando leggo il testo del messaggio e la firma.

 

Mi dispiace Cas, non avrei voluto che andasse così. Ho bisogno di un pò di tempo per me.

Jason

 

♜♜♜♜

 

La mia condizione cinque ore dopo non è delle migliori, sto girando per la città con una bottiglia di assenzio di pessima qualità mentre vedo le macchine passarmi davanti. Avrei potuto giurare di aver incrociato quale ragazza del mio corso e potevo anche scommette che mi avesse fischiato, forse a causa del troppo alcool in corpo di quel venerdì sera. In effetti poteva sembrare la cosa più normale del mondo, un ragazzo di circa vent’anni, ubriaco fradicio a girare per le strade di venerdì sera con un trench color panna, anche se effettivamente non è che io abbia molto chiaro che giorno sia.
Non ho idea di che ore siano ma, a giudicare dal caos della città devono essere le due, forse le tre di mattina presto. 


Scuoto violentemente la testa quando mi appoggio ad un muro e vedo passarmi vicino una ragazza con i capelli neri. Nessun problema, anche se avrei potuto giurare che avesse tutto l’occhio, compreso l’iride, completamente nero.
Dannazione. Sono troppo ubriaco.

Mando giù l’ennesimo sorso di alcool e quasi involontariamente, insieme alla testa che si appoggia al muro, la mia mano sfiora il fianco sinistro, dove era stata appoggiata, anche se per poco la coscia sinistra di Dean.
Fanculo Jason.
Sono le ultime parole che mi ronzano nel cervello.

Qualche tempo dopo, non saprei dire se mezz’ora, un’ora o due, mi ritrovo sotto il palazzo di Dean, appoggiato con un’altra bottiglia di assenzio e a guardarla con un occhio leggermente chiuso e l’altro aperto mi viene da chiedermi quanto sia riuscito a bere quella sera.

Riesco a farmi aprire da un ragazzo che, poco lontano, è impegnato con la sua ragazza e sta entrando anche lui. Mi fa un cenno con la testa e io ringrazio e qualche minuto dopo sono davanti alla porta di Casa di Dean, che batto il pugno sul portone.

 

-Dean!
-Cas?! Ma che…

Lo sento dall’altra parte leggermente spiazzato e, quando me lo trovo davanti, con i capelli arruffati, i boxer e la maglietta bianca non riesco più a connettere un pensiero. Da quel momento tutto quello che cercavo era solo pelle e calore umano.


Note: 
Scusatemi!!! Lo so, lo so è passato un mese buono dall'ultimo capitolo e voi avete ragione ad essere arrabiate con me ç.ç
Però se avete la pazienza di aspettare, il prossimo capitolo vi saprò ricompensare :P 
In ogni modo ho dato un altro esame passato con la media del 23 e uno passato con il 27 =D Adesso ne avrò prossimamente un altro e poi si chiude la sessione estiva =D Speriamo in bene, così riesco anche a scrivere un pò di più ^^
Come al solito, ringrazio chi altro si è aggiunto (Sisi ho notato che i fan sono saliti un pò, davvero, faccio fatichissima a scrivere così in doppia POV e spero che vi piaccia <3 Mi raccomando, i commenti come al solito e le critiche son sempre ben accette)

PS: questo Cas lo so è strano, non capisco neanche io come mi si avenuto fuori così ^^"

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Capitolo 7
*** Domani ***


1 Settembre 

 

 

Sono passati circa 6 mesi da quella mattina in cui, svegliandomi, ho trovato quello strano ragazzo dagli occhi blu che avevo conosciuto appena una settimana prima, addormentato nel mio letto.
Non ho mai saputo di preciso cosa era successo o cosa lo aveva portato quella sera a passare davanti alla casa di mia madre o cosa mi abbia convinto a provarci con un ragazzo,  visto e considerato che ero sempre stato un Dongiovanni abbastanza incallito.
Beh, forse il fatto che con le ragazze dovevo sempre sforzarmi ad essere quello pià forte, che riusciva a gestire sempre le situazioni. Certo, non sto dicendo che io non sappia essere forte quando la situazione lo richiede ma, alcune volte, appoggiarsi sulla spalla di Cas e lasciare che lui si appoggi sulla mia. posso dire che sia una delle cose migliori.

Quella mattina, dopo una notte di sesso che farebbe invidia a parecchi, mi sono svegliato con la testa che poteva essere paragonata a quella di un frullatore e, a giudicare dall’espressione di Cas quando ha aperto gli occhi, la situazione era la stessa per entrambi. L’unica cosa che siamo riusciti a dirci senza creare una situazione di panico generale è  stata:
« Vediamo come va »

 

Beh, cosa dire?
All’inizio non era stata delle migliori, avevamo deciso di comune accordo di far evolvere la nottata in niente di più che una sana scopata. D’altronde era più semplice per entrambi, niente coinvolgimento emotivo, solo il calore, il sesso e poi un Addio. Niente coinvolgimenti e niente paura di rompere niente, proprio per il fatto che il niente era l’unica cosa che c’era o almeno, era quello che pensavamo. 

 

Ci siamo ritrovati, sotto l’idea della direttrice del corso, che affermava che ci fosse troppo poco controllo dei ragazzi del primo anno, nello stesso reparto e non credo che serva spiegare che abbiamo passato più tempo chiusi negli sgabuzzini del reparto e nelle salette dei medici per evitare occhi indiscreti. Io e Cas ne abbiamo spesso riso, nei momenti che adesso ritagliamo per noi due e spesso mi dice che è stato proprio lui a controllare me e non il contrario. 

Non sono stato proprio un ottimo esempio in effetti…
Fortuna che Cas è leggermente più coscienzioso di me.

La prima settimana in reparto insieme non è stata delle migliori proprio a causa dell’imbarazzo generale che regnava tra di noi. Anzi no, l’imbarazzo era quasi tutto il suo mentre da parte mia c’era il mio solito atteggiamento da bullo, che avevo imparato ad assumere quando cercavo di difendermi. 

 

Siamo riusciti a tenere le cose nascoste ai rispettivi parenti e agli amici per un mese abbondante ma, lo svantaggio di avere ottimi amici è che riescono sempre a capire quello che stai pensando… Voglio bene alla mia amica Charlie, è un tipo allegro e molto socievole però, se c’è una cosa che non le si può nasconde, è proprio una cotta per qualcuno.
Credo che sia stata proprio lei a rendersi conto del fatto che io e Cas non eravamo solo scopamici, o almeno come avevamo deciso di definire il nostro rapporto anche se… da parte mia non posso dire di essere stato molto discreto: una sera in un bar mi sono ritrovato a flirtare con una barista bionda senza tuttavia concludere nulla. Credo che sia stato proprio questo il segnale che ci fosse qualcosa che non andava.

Siamo stati un mese nello stesso reparto insieme, più o meno verso fino alla fine di Aprile e ogni momento in cui Cas non era in reparto lo divideva tra me e Anna, la sua migliore amica. Solo qualche giorno fa mi ha confidato alcune delle conversazioni spinte che hanno fatto. Devo ammettere che hanno avuto davvero delle belle idee, magari un giorno di questi ne posso mettere in pratica qualcuno. 


I rapporti con mio fratello sono migliorati, adesso lo vedo più spesso e lui sembra più rilassato e più tranquillo, giusto qualche giorno fa mi ha anche chiesto di come andasse la mia storia con Cas.  D’altronde, hanno la stessa età. Era molto probabile che riuscissero a diventare amici. I suoi voti a Stanford sono sempre alti come al solito e io, per la prima volta, non mi sento inferiore a lui. 

La mamma sta bene, è sempre felice di vederci e il clima a casa non era così allegro da prima che morisse papà e io personalmente non so per quanto potrà durare, però me lo godo finché c’è. Mamma sorride sempre a casa e guarda sempre con quello sguardo amorevole che ha sempre rivolto a me, una volta mi ha anche guardato e mi ha fatto un occhiolino.
« Gli angeli vegliano su di te »
Me lo diceva sempre bambino, quando facevo fatica ad addormentarmi e adesso, quando guardo le ciglia brune di Cas mentre dorme, non riesco a fare a meno di chiedermi del perché avessero sempre disegnato gli angeli tutti biondi. 


Ma la mamma però non guarda così solo Cas ma anche la nuova ragazza di Sam: Ruby. 

Anche lei ha la sua stessa età e, al contrario di Jessica, è una ragazza con la testa sulle spalle. Non la conoscono benissimo, ma ho avuto modo di parlarci spesso in reparto, essendo una delle ragazze che la direttrice mi aveva affidato. 

Mi sorprende che tu abbia trovato il tempo per prestare attenzione a qualcuno che non fosse il tuo ragazzo » mi ha detto Sam una volta, mentre ne parlavamo.
Il solito simpaticone mio fratello. 

 

A riavvicinarci è stato anche il fatto che io e mamma abbiamo scoperto, circa quattro mesi fa, che Sam aveva iniziato a fare uso di droghe.
In quel periodo non so bene chi sia stato peggio se io o lui. 

 

Sono davvero molto sollevato del fatto che Sam e Cas si siano subito presi come caratteri, non avrei mai potuto immaginare come sarebbe andata a finire se non fossero andati d’accordo…
No beh, in effetti lo so… e lo sa bene anche Cas, dato che una sera, troppo preso dal panico, mi sono messo a raccontargli tutta la storia della mia famiglia, di quanto fosse importante e di quanto avrei voluto che accettassero la persona con cui stavo.
Avevo sempre saputo che mia madre non lo avrebbe mai preso come un problema, mentre ero sempre stato certo del contrario per quel che riguardava mio padre. Non so come mi son fatto convincere, il giorno del compleanno della mamma credo che andrò sulla tomba di papà e mi porterò anche Cas. So bene che per mio padre non sono mai stato all’altezza, ma credo che sia il caso che capisca che è questo è quello che sono.
Qualche settimana fa, quando abbiamo affrontato questo discorso per l’ennesima volta ricordo le parole di Cas « Sei sicuro che tu lo stia facendo per convincere lui? Non è che lo stai facendo per te? »
Adesso come adesso non lo so, però accettare quello che sono è un passo considerevole. 

 

 

Nonostante questo però io e Cas ci abbiamo messo parecchio tempo a renderci conto del fatto che c’era di più di quello che ci ostinavamo a portare avanti e a fine maggio, ancora ci ostinavamo a dire che era solo sesso. Beh, a farmi cambiare idea è stata la ricomparsa di Jason: l’ex ragazzo di Cas. Era un giorno di sole, io e Cas stavamo giusto progettando di andare al mare, dopo aver accuratamente scartato il lago perché « Dean… so che sembrerà ridicolo ma…ho paura dell’acqua del lago »
All’inizio non avevo capito bene, a me rilassava tanto, avevo anche l’abitudine di andare spesso a pescare sul molo. Quella settimana però i nostri piani furono proprio scombussolati da questo.
Io stavo preparando la colazione, mentre lui ancora dormiva, quando ho sentito il telefono squillare. Avevamo preso l’abitudine, per quanto non la condividessi, di darci un’occhiata ai rispettivi telefoni nel caso in un cui uno dei due non fosse al momento reperibile.

  • Dobbiamo parlare Cassie. Jason. »

Non ho fiatato quella mattina e, per quanto cercassi di far finta di niente, già dal modo in cui dissi buongiorno, lui già aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Inutile stare a raccontare la discussione, in cui lui cercava di farmi ragionare e io invece non ne volevo sapere. Sbatterlo fuori di casa è stata la prima cosa che mi è venuta in mente.
Bravo Idiota. 

Ancora adesso Cas non fa che prendermi in giro per la famosa frase che mi è uscita dalla bocca 

«Non tornare da Jason..Io ho bisogno di te »
In effetti ha anche ragione, l’ho aspettato quasi un pomeriggio davanti al portone di casa sua per poi vederlo ricomparire qualche ora dopo con l’espressione soddisfatta sulla faccia, che creava un evidente contrasto con la mia.  Come se non bastasse la mia situazione già comica la frase di Cas era anche peggiore.
« Sono solo andato a dire a Jason che non mi interessa tornare con lui. Io ho già incontrato la persona giusta »
Quella sera stessa ci sono stati comunicati i successivi reparti per il tirocinio di maggio e io e lui, passando insieme la serata a casa mia, dopo essere stati cacciati da casa da Balthazar, ci siamo fatti una maratona di telefilm, da Game of Thrones a Dc Sexy M.D. con i nuovi turni alle porte ci siamo presi la libertà di passare la serata abbracciati sul divano. Inoltre, mi sono preso la libertà di farmi coccolare da lui, evidentemente preoccupato per i futuri infermieri e pazienti. «Su Cas, se dovessero esserci problemi puoi sempre chiamare il tuo tutor, d’altronde sai dove trovarlo no?»


Beh, credo di aver detto tutto, il sesso è una cosa fantastica e anche se lui si ostina a dire che il maniaco sono sempre io, cosa che di solito è vera.. come quella volte, sfruttando i peggiori dei cliché medici abbiamo finto di giocare al dottore e all’infermiere o anche quella volta che Cas non è riuscito a studiare anatomia, o almeno, non nel modo in cui immaginava… Beh, però l’esame lo ha passato con il voto più alto del corso e io mi ritengo Personalmente, Emotivamente e Fisicamente Soddisfatto.

 

Per il resto?

Le storie sono tante e sono varie, può darsi che un giorno uno di noi le racconti tutte, per il momento però io e Cas ci godiamo quello che c’è.
A presto.


Note:

Questo capitolo mi rendo conto che non è il massimo, anche se a me è piaciuto molto scriverlo. Voi che ne pensate? Tranquille non è la fine =) Ho solo dedico di chiudere la fanfic long per concentrarmi sulle one-shot di questa serie. =D Non preoccupatevi, vi racconterò con precisione le litigate tra Dean e Cas, l’incontro tra Sam e Ruby, la scena di loro che giocano al dottore e che ripassano anatomia. Spero di tornare presto anche se sto cercando di ritagliarmi i miei spazi per scrivere con più regolarità.
Ah si. Se vi è piaciuta questa qui sto giusto lavorando alla mia nuova AU Destiel nell’universo di Dragon Trainer. Chi di voi lo ha visto? Io l’ho visto l’11 Alle anteprime nazionali *w*

 

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