solo strane coincidenze?

di MiaBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Felicity scende in campo ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4: Okay prova a darmi ancora di paranoica ***
Capitolo 5: *** capitolo 5: a Nanna! ***
Capitolo 6: *** capitolo sei: lacrime ***
Capitolo 7: *** capitolo 7: contrattazioni ***
Capitolo 8: *** capitolo 8: dolce risveglio ***
Capitolo 9: *** capitolo 9: arrivo dal passato ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Addio amico mio ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ladri e bugie ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 l'amore non è bello se non è litigarello ***
Capitolo 13: *** capitolo 13: confessioni ***
Capitolo 14: *** capitolo 14: Il contenuto del pc ***
Capitolo 15: *** capitolo 15: Un nuovo cattivo ***
Capitolo 16: *** capitolo 16: Tu sai… ***
Capitolo 17: *** capitolo 17: sorprese... ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: Allen Barry ***
Capitolo 19: *** capitolo 19: incontro ***
Capitolo 20: *** capitolo 20: un nome ***
Capitolo 21: *** capitolo 21: Bau Bau ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22:La cagna non molla l'uva (xD) ***
Capitolo 23: *** capitolo 23: arrivi e partenze ***
Capitolo 24: *** capitolo 24: Nyssa ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25: a cena fuori ***
Capitolo 26: *** capitolo 26: biscotti della fortuna ***
Capitolo 27: *** capitolo 27: tradimenti ***
Capitolo 28: *** capitolo 28: il piano ***
Capitolo 29: *** capitolo 29: tutto è bene quello che finisce bene ***
Capitolo 30: *** capitolo 30: Epilogo Happy End? ***



Capitolo 1
*** Felicity scende in campo ***


Arrow
 
Era una sera come tante, una di quelle noiose e monotone sere. Felicity stava seduta al computer nei sotterranei del Verdant il night club di Oliver Queen suo capo nonché il vigilante notturno. Quella era una di quelle sere dove di movimento non ce n’era nemmeno per sbaglio, il vigilante aveva fatto la sua comparsa la sera precedente e come da copione aveva minacciato il cattivo di turno e aveva ottenuto un nome, ora era compito suo radunare tutte le informazioni possibili su questo misterioso uomo e passarle poi a Diggle e a Oliver e loro avrebbero deciso come agire. Così mentre lei era chiusa in quella stanza polverosa sotto il terreno, okay, non era poi così polverosa, ma solo perché una volta alla settimana andava a dargli una pulita, nessuno dei due uomini si era accorto che quel posto restava magicamente pulito, comunque, mentre lei era li a lavorare, i due uomini erano fuori con le loro donne, Diggle era con Carly e suo nipote, mentre Oliver era fuori con la ragazza di turno, quel ragazzo cambiava donna come lei cambiava smalto alle sue unghie.
-Ora che ci penso sarebbe il caso di  cambiare smalto. - bisbigliò la bionda analista fissandosi lo smalto rovinato, quella settimana era stata la settimana del colore blu, ora doveva cambiare colore, non metteva mai due settimane di fila lo stesso colore solo per scaramanzia, l’ultima volta che l’aveva fatto Oliver era tornato alla base con una ferita piuttosto grave, così per ogni domenica sera cambiava colore alle unghie.
Mentre il computer lavorava automaticamente Felicity salì al piano superiore per usare il bagno, avrebbero dovuto metterne uno anche nella loro base, non poteva sempre farsi tutte quelle scale per andare in bagno.
Quando uscì dal bagno si imbatté in Thea che la guardava sorpresa, il locale era ancora chiuso, avrebbe aperto solo tra un ora e mezzo.
-Ciao! Tu sei Felicity vero? – chiese la mora avvicinandosi alla ragazza, Thea era sempre stupenda, indossava un vestito all’ultima moda e camminava su quei tacchi vertiginosi come se stesse in ciabatte, invidiava il suo portamento, lei sembrava una papera anche con due centimetri di tacco e abiti come quelli se li sognava la notte, anche se ultimamente non dormiva abbastanza per poter sognare.
-Si, scusi, ora torno a finire di sistemare quello che stavo, sistemando… - balbettò la ragazza.
-Aspetta! Oliver ti ha messo di nuovo a lavoro? –
-Ehm, si! Problemi con la connessione, ma ho quasi finito. -
-Bene! Perché non fai un salto su appena ai finito? Il locale apre tra poco. –
-Veramente io… Non sono il tipo, cioè non mi trovo a mio agio in questo tipo di locali. –
-Che male c’è a provare. –
-Non ho niente di adatto. – provò lei, indossava ancora i vestiti che si era messa quella mattina un paio di pantaloni di un completo, un dolcevita e con un paio di scarpe basse, sembrava veramente una sfigata.
-Beh non c’è problema, dietro tengo sempre due abiti di scorta puoi prenderne uno. – la proposta sembrava sincera, ma un beep del cellulare di Felicity le segnalò che il computer aveva finito e che doveva tornare a lavoro.
-Devo finire, un'altra volta. –
-Ci conto! –
Tornò al piano inferiore  e si mise al lavoro.
Alle sei del mattino, mentre la musica al piano superiore iniziava a scemare, Felicity chiuse il computer, attaccò un post-it su i fogli appena stampati e si apprestò a lasciare lo scantinato. Per fortuna era sabato avrebbe potuto dormire quanto voleva.
 
 
Sabato dormì tutta la mattina, decise di emergere da sotto il piumone solo dopo le una, cinque ore di sonno, un record da quando si era unita al team del vigilante. Si trascinò fuori dal letto solo perché il suo maledetto gatto si era messo a miagolarle in faccia per reclamare le crocchette.
-Ho capito ora mi alzo. – dopo aver sfamato il gatto e bevuto un caffè decise che era ora di cambiare il suo guardaroba, o almeno di provarci.
Camminava per le strade di Starlight city da almeno due ore, ma ancora non aveva comprato nulla e tanto meno era entrata in un negozio, niente le sembrava adatto a lei. Durante la sua ricerca si fermò ad un caffè a prendere qualcosa da bere e un tramezzino, aveva saltato il pranzo e ora lo stomaco reclamava cibo.
-Felicity? – la voce allegra di una ragazza le arrivò alle orecchie, si voltò e riconobbe subito la mora davanti a lei.
-Signorina Queen. – esclamò lei, non sapeva esattamente come chiamarla, non erano state presentate ufficialmente e poi anche lei in un certo senso era il suo capo anche se frequentava ancora la scuola.
-Chiamami Thea. Mamma lei è Felicity un amica di Oliver. – la donna bionda si fece avanti, Felicity cercò di fare un sorriso, ma non le riuscì particolarmente bene.
-Signora Queen… Stelee.. Cioè mi scusi… - si era impappinata di nuovo, già con il signor Stelee si era persa su questo dettaglio e ora eccola di nuovo inciampare nello stesso punto, la donna però non sembrava arrabbiata, più che altro divertita dalla sua gaf.
-E’ un piacere conoscerti signorina? –
-Smoak. Felicity Smoak, lavoro nel reparto informatico della Queen Industries. – spiegò lei stringendo la mano alla donna.
-Occasionalmente si fa sfruttare anche da Oliver per sistemare l’impianto wifi del Club, spero che tu ti faccia pagare gli straordinari, ieri sera hai finito tardissimo! Ti ho vista mentre salivi in auto.–
-Già, alla fine ho avuto un piccolo imprevisto. – balbettò.
-Thea io devo andare, ho una riunione con Walter. –
-Va bene, io faccio un giro e poi vado al locale. –
-Stai attenta. È stato un piacere signorina Smoak. –
-Piacere mio signora… - si fermò indecisa su quale cognome dire, la donna si allontanò sorridendo mentre Thea rimaneva davanti a lei osservandola.
-Prendi un caffè con me? – le chiese la giovane indicando il tavolino dove aveva posato la borsa.
-Io… -
-Ti prego… Sto cercando nuovi amici e tu mi stai simpatica! – sorrise e si accomodò, Thea la sotterrò di domande, dove abitava, quanti anni aveva, se le piaceva il suo lavoro, poi toccò i tasti più dolenti.
-Sei fidanzata? – le chiese.
-Si, col mio lavoro. – rispose lei sorseggiando il caffè, si sentiva veramente una sfigata, una ragazza di ventiquattro anni che passava il venerdì sera a fare ricerche al pc, okay, non erano le solite ricerche da bambini, ma avevano uno scopo ben più onorevole, ma come avrebbe fatto a conoscere qualcuno se non ci provava nemmeno?
-Mio fratello di schiavizza, dovresti mandarlo al diavolo! – Felicity ci pensò un attimo, mandare al diavolo Oliver voleva dire smettere di aiutarlo per le ricerche del giustiziere, ma soprattutto perdere l’occasione di ammirare il bel ragazzo mentre si allenava a dorso nudo, decisamente mandarlo al diavolo non le conveniva.
-Aspetta… Non me lo dire, sei caduta anche tu nella rete di mio fratello! Ma io mi  chiedo cosa abbia di così speciale da attrarre tutte le donne anche quelle intelligenti come te. –
-Direi che gli addominali che si ritrova sono un punto di partenza, per non parlare dei suoi favolosi occhi azzurri… Cioè, non che io glieli abbia visto gli addominali, solo.. –
-Non ti devi giustificare… Stasera ti va di venire al club con me? Ci sarà anche Oliver, magari riusciremo a far cadere i suoi favolosi occhi azzurri su di te. –
-Non credo che accadrà mai… -
-Mai dire mai, vieni con me! – la piccola Queen, la trascinò per i suoi negozi preferiti facendole provare vestiti su vestiti sperando di trovare quello giusto. Alla fine della giornata Thea era riuscita a farle comprare due favolosi vestiti, uno rosso molto scollato e corto e uno nero, un po’ più sobrio ma molto elegante.
-Gli farai girare la testa e se lui non dovesse notarti, sono sicura che farai breccia su qualcun altro. –
Thea l’aveva convinta ad andare con lei direttamente al club, avrebbero mangiato un boccone insieme e si sarebbero preparate in ufficio mentre la piccola Queen supervisionava il lavoro al club, da quando Tommy si era licenziato Thea si era messa a fare il suo lavoro.
Le due ragazze erano in ufficio quando Oliver chiamò la bionda.
-E’ tuo fratello. –
-No, non può farti lavorare anche oggi! –
-Devo rispondere. Pronto? –
“Felicity, ho bisogno che tu venga ad aiutarci…” storse le labbra a quella frase, sapeva, per lei c’era sempre lavoro, lavoro e ancora lavoro.
-Va bene, arrivo. – rispose.
-No! Devi mandarlo al diavolo Fel. –
-Mi dispiace, sarà per un'altra volta. Grazie per la splendida giornata. – prese le buste e la borsa e si avviò verso l’uscita, doveva fingere di andarsene, non poteva certo scendere nel covo come se niente fosse, così usò la seconda entrata.
-Che succede? – chiese lei entrando nel covo sorprendendo i due.
-Hai fatto presto. –
-Ero in zona – rispose lei facendo alzare Oliver dalla sua sedia e prendendo il suo posto.
-Come mai eri in zona? –
-Oliver, vuoi dirmi di cosa hai bisogno? – i due la guardarono sorpresi, la bionda sembrava vagamente infastidita da quella situazione o almeno non incline ad essere accomodante con loro.
-E’ tornato il nostro amico che stupra le ragazze, queste sono le riprese che ha la polizia, guarda cosa puoi fare per tirare fuori un immagine del viso. –
-Bene mi metto subito al lavoro. –
-Noi invece andremo a fare una visitina a BigShow, vediamo se riusciamo a fargli rendere i soldi che si è intascato. –
-Buon lavoro… - commentò lei distratta, i due la guardarono di nuovo, c’era qualcosa di che non andava, quel giorno Felicity era più strana del solito.
 
Erano le due di notte quando Felicity finalmente riuscì a dare un volto allo stupratore, inserì la foto nel database della polizia e cercò un riscontro, mentre il computer lavorava Felicity decise di buttare un occhio sugli schermi del club, aveva indirizzato le immagini delle telecamere ad uno dei suoi schermi così da avere anche lei una visuale del club in caso di problemi. Inconsciamente cercò Thea per vedere cosa stesse facendo, la trovò quasi subito vicino al bancone del bar dove sorseggiava un drink in compagnia di un ragazzo, l’acqua che stava bevendo le andò di traverso, quel ragazzo assomigliava moltissimo all’uomo della foto, si voltò per vedere lo schermo li vicino dove la foto estratta dal video occupava mezzo schermo, se non era lo stesso uomo ci assomigliava molto, la cosa brutta non era che si trovava al club, ma che stava flirtando con Thea, doveva fare qualcosa o Oliver si sarebbe arrabbiato con lei. Prese l’auricolare per contattare i due uomini, ma poi si ricordò che erano già in missione, se non erano ancora tornati sicuramente era perché non avevano finito e lei non poteva disturbarli e non poteva aspettarli. Si fece coraggio e in un attimo si sfilò gli indumenti e si mise il vestito rosso, se doveva fare colpo su uno stupratore quello era decisamente l’abito giusto per attirare la sua attenzione, si ritoccò il trucco e sciolse i capelli, buttò un ultimo sguardo allo schermo, era ancora con Thea.
 
La musica al piano superiore era assordante, per un attimo si trovò investita da tutto quel rumore e da tutta quella gente, cercando di non cadere raggiunse il bar.
-Thea! – la mora sentendosi chiamare si voltò.
-Felicity! Ce l’hai fatta! –
-Per fortuna non era niente di serio, ho sistemato tutto e sono venuta, spero di non disturbare… - sorrise al ragazzo, doveva riuscire a portare l’interesse su di lei.
-Non disturbi per niente, andiamo a ballare. Scusaci, ci vediamo. – le due si allontanarono rapidamente, Thea sembrava sollevata di allontanarsi da quel tipo. Ballarono in mezzo alla pista divertendosi come due ragazze normali, ma Felicity non perdeva mai di vista il bersaglio, doveva evitare che andasse via dal locale con una ragazza.
-Vado a prendere da bere… - la mora annui e le passò un rettangolo di plastica verde con una grande V.
-Offre Oliver! – rise e se ne andò al bancone, sicura di non essere vista da Thea iniziò a barcollare fingendosi ubriaca, il modus operante era sempre lo stesso, avvicinava giovani ragazze ubriache, offriva loro una bevuta con del ghb, le portava via e poi le violentava, la droga cancellava ogni ricordo di quello che era successo.
-Ciao… - la salutò l’uomo afferrandola per la vita.
-Ciaooooo… - rispose lei sorridendo, non aveva esperienze dirette con eccesso di alcol, ma ricordava bene il comportamento della sua compagna di stanza al college, poteva farcela, doveva solo non sembrare terrorizza.
Abbordarlo fu più semplice di quel che aveva pensato, come aveva previsto l’uomo le aveva offerto una bevuta, aveva finto di bere mentre invece versava il contenuto nel lavandino del bar sotto lo sguardo sorpreso del ragazzo al bar. Uscì appoggiandosi all’uomo, nella sua testa Felicity si ripeteva che stava facendo un’ enorme cazzata.
 
Continua
 
Ecco qua il primo capitolo è la prima volta che mi cimento su questa coppia, spero di non rendere Felicity troppo OOC, un bacione a presto.
MiaBlack

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2
 
Oliver e Diggle rientrarono al club solo la mattina dopo. Dentro c’era Thea e alcuni barman che stavano sistemando il locale. Oliver era rimasto a parlare con Thea, non gli piaceva che si occupasse del club, ma doveva ammettere che era brava e con i fornitori ci sapeva fare. Mentre lui sistemava le cose al piano superiore Diggle era sceso al piano inferiore per verificare la situazione. Come mise piede nel seminterrato si accorse subito che c’era qualcosa che non andava, il computer era acceso e continuava a il programma avviato da Felicity la sera prima si era fermato senza dare un risultato, una delle buste era aperta e rovesciata e i vestiti che indossava erano stati buttati sulla sedia, il cellulare era abbandonato accanto al tavolo, doveva essere successo qualcosa. Uscì di corsa e salì al piano superiore raggiungendo Oliver.
-Abbiamo un problema. – esclamò lui avvicinandosi.
-Che succede? –
-Deve essere successo qualcosa a Felicity… - gli descrisse velocemente come aveva trovato il piano inferiore e i due si accigliarono.
-State parlando di Felicity? – chiese Thea posando i bicchieri puliti sul bancone per poterli sistemare.
-Si, l’hai vista? –
-Si ieri sera era qui abbiamo ballato un po’ insieme ma poi è sparita. – i due si guardarono, non era da lei comportarsi in quel modo.
-Parlate di una bella ragazza bionda con un vestitino rosso molto carino? – chiese il Roy avvicinandosi con altri bicchieri da sistemare.
-Si. –
-L’ho vista allontanarsi con un uomo, quello con cui parlava anche lei signorina Queen. Sembrava piuttosto ubriaca, anche se non credo lo fosse. – commentò lui.
-Perché? –
-L’ho vista rovesciare il contenuto del bicchiere nel lavandino e mi ha fatto segno di stare zitto. –
-Descrivilo. – quella situazione era assurda, che diavolo stava succedendo.
-Moro, un occhi scuri, mascella squadrata, non troppo muscoloso… -
-Era molto carino, ma era inquietante, continuava a volermi offrire da bere, quando è arrivata Fel ho colto l’occasione al volo per andarmene da lui. –
-Era lui? – Diggle sfilò una foto dal taschino e la mostrò, i due scrutarono l’immagine pensierosi.
-Se non è lui, gli somiglia molto. – commentò Thea.
-E’ il nostro uomo, lo stupratore. – fece Diggle attento a non farsi sentire.
-Cazzo. – sibilò Oliver guardando negli occhi il compagno, Felicity si era infilata in un bel guaio, per quale assurdo motivo gli si era buttata tra le braccia?
Il rumore del portone che si apriva li fece voltare, spaventata e tremante Felicity avanzava verso di loro, il vestito rosso era strappato in alcuni punti, il volto era sporco di sangue e anche i capelli biondi lasciati sciolti erano scompigliati, camminava scalza, le scarpe dimenticate chissà dove, era uno spettacolo orribile, ma fortunatamente sembrava stesse bene.
-Felicity! – Oliver le andò in contro preoccupato, lei gli sorrise, mentre si lasciava aiutare dal ragazzo, le posò la giacca di pelle sulle spalle per coprirla e l’aiutò a sedersi su uno sgabello al bancone.
-Sto bene, veramente. – disse dando un occhiata rapida al ragazzo che la stava squadrando in cerca di altre ferite oltre a quelle sul viso.
-Bene? – la voce era furiosa, sapeva che si sarebbe arrabbiato, ma in quel momento non voleva sentire una ramanzina.
-Posso avere dell’acqua? – chiese, la voce non tremava, ma era un sussurro leggero, si era presa un bello spavento, ma alla fine non era stato un osso così duro come aveva pensato, certo ad un certo punto aveva pensato al peggio, ma poi la situazione si era risolta bene.
-Felicity, cosa è successo? – le mani le tremarono e il bicchiere che aveva appena preso rischiò di rovesciarsi a terra.
-Oliver, lasciala respirare. – Diggle la guardava preoccupato, ma cercava di non darle addosso, era chiaro che tutto sommato stesse bene.
-Vieni ti accompagno a casa. – scortata dai due uomini la bionda uscì dal club dopo aver salutato Thea con un sorriso, era felice che non fosse successo niente alla ragazza, anche se lei se l’era vista brutta.
In macchina Oliver la tenne vicino a se cercando di calmarla, stava tremando e non sapeva se dipendeva dal freddo, visto come era vestita o dallo spavento che si era presa.
-Oliver io… - iniziò lei esitante.
-Va tutto bene… ci vuoi raccontare? – la rabbia era passata, ora voleva solo sapere cosa fosse successo.
-Avevo fatto partire il programma di riconoscimento, hackerare il database della polizia è stata un idea geniale… -
-Felicity! – non gli interessava sapere che era stata una buona idea entrare in quel database, anche perché grazie a lui Felicity aveva commesso un sacco di reati federali e se scoperta sarebbe finita sicuramente in prigione.
-Scusa. Dicevo, avevo appena fatto partire il programma quando ho visto quell’uomo parlare con Thea, sembrava lui e mi sono spaventata. –
-Così hai pensato bene di fare da esca senza copertura? – la riprese lui severamente, non capiva cosa le fosse passato per la testa, perché non li aveva chiamati? Perché si era buttata in quel modo tra le braccia di uno stupratore.
-Eravate in missione e non volevo disturbarvi, inizialmente volevo solo allontanarlo da Thea, poi ho pensato che avrebbe trovato un'altra ragazza, mi sono finta ubriaca e dopo aver rovesciato il suo drink l’ho seguito in macchina. –
-Perché diavolo sei salita in macchina con lui? Ti ha fatto… -
-No, quando ho visto che stava provando ha… gli ho tirato un calcio, si è arrabbiato e mi ha dato due schiaffi, sembrava confuso che io non fossi remissiva, l’ho sentito bisbigliare del ghb e allora ho capito che era veramente l’uomo che cercavamo. Gli ho assestato due gomitate una sul viso e una nelle costole e anche una pedata nelle parti basse… - ridacchiò ripensando al grugnito di dolore che aveva fatto mentre si piegava su se stesso, colpire i gioielli di famiglia era sicuramente il modo migliore per mettere ko un uomo.
-Non c’è niente da ridere. – la riprese Oliver serio.
-Se sentivi il verso che ha fatto quando l’ho colpito rideresti anche te, oppure accuseresti il colpo per solidarietà tra uomini. –
-Felicity! –
-Scusa. – sospirò appoggiandosi al suo petto, aveva avuto una paura tremenda, ma ora avvolta dal braccio di Oliver le sembrava tutto così distante, come se non fosse successo a lei. Si mosse sul seggiolino dell’auto e fece passare le sue gambe su quelle di Oliver mentre si accucciava meglio al suo petto, il braccio si avvolse più stretto alla sua vita mentre lei prese a sonnecchiare sicura di essere protetta.
Oliver la guardava dormire, il volto sporco di sangue sembrava sereno mentre dormiva appoggiato a lui, quando l’aveva vista entrare in quello stato al club le peggiori paure gli avevano attraversato la mente, si era buttata tra le braccia di quello stupratore praticamente nuda solo per salvare sua sorella. Scese con lo sguardo sul corpo della giovane, la gonna del vestito già corta di per se era salita ancora di più vista la posizione, ora aveva una visione perfetta di quelle stupende gambe.
-Appena si risistema io la uccido. – sibilò facendo sorridere Diggle, gli lanciò uno sguardo divertito dallo specchietto retrovisore.
-Oliver sta bene, non le è successo nulla, non essere troppo severo con lei. –
-Diggle si è messa ad adescare uno stupratore senza copertura e praticamente nuda. – sibilò lui.
-Sei arrabbiato perché si è messa in pericolo da sola o perché è uscita svestita per adescare uomini? –
-E’ la stessa cosa… -
-No, nel secondo caso tu potresti essere geloso. –
-Diggle! –
-Scusa. – ridacchiò l’uomo.
 
-Fel… Fel. Siamo arrivati. –
-Come? – chiese lei stropicciandosi gli occhi, lui sorrise, sembrava una bambina ed era tenerissima, se non fosse stato per il livido e il labbro spaccato.
-Siamo arrivati a casa tua, andiamo. – i tre scesero dalla macchina, Felicity era ancora intontita per il breve pisolino che si era fatta appoggiata a Oliver.
Camminare scalza per le strade non era una cosa molto igienica, ma le scarpe le aveva abbandonate chissà dove mentre scappava, quei tacchi non erano pratici per correre, Oliver la prese in braccio e la portò su.
-Ho sempre sognato che lo facessi… Cioè no! Volevo dire, so camminare Oliver, non occorre… - Diggle rise, mentre Oliver la guardava serio come tutte le volte che diceva qualcosa di quel tipo.
-Goditi questo momento Fel, appena ti sarai rimessa ti ammazzerà lui con le sue stesse mani per esserti messa in pericolo da sola. –
-Ouh. –
L’appartamento di Felicity non era molto grande, cucina, salotto, un bagno, il ripostiglio e una camera da letto, la casa era un po’ in disordine visto il poco tempo che ci passava, non aveva quasi mai un momento per sistemare, in camera su una poltrona c’erano ammucchiati i vestiti che aveva messo durante le due settimane, il giorno prima si era dimenticata di mettere su la lavatrice avrebbe dovuto farlo quel giorno o lunedì non avrebbe avuto nulla di pulito da mettersi.
-Ordinata non c’è che dire. –
-Non ho tempo di mettere in ordine, passo la maggior parte del mio tempo a lavorare… Per te! – aggiunse guardandolo, mentre raccoglieva alcuni vestiti e li buttava nella cesta nel bagno, avrebbe dato qualsiasi cosa perché il suo capo alias playboy miliardario non vedesse il suo completino intimo dimenticato sulla poltrona, ma dal sorriso che fece il moro doveva averlo visto e apprezzato.
-Grazie per il passaggio, ma credo di poter sopravvivere in casa mia. – non voleva essere maleducata, ma era in imbarazzo e li voleva fuori di casa così da potersi fare una doccia, togliersi il sudicio di dosso e riodinare un po’ per poi buttarsi sul letto e svegliarsi solo il mattino dopo, fresca e riposata per andare a lavoro.
-Non così velocemente, medichiamo quelle ferite. –
-Non occorre giocare al dottore Oliver… Cioè non che non sarebbe divertente… No! non occorre perché non fa male e non mi sono fatta niente…-
-Felicity, cassetta del pronto soccorso, ora. O vado a cercarla io. – il pensiero di Oliver che frugava tra la sua roba la mise più in imbarazzo della sua stessa frase, in un attimo scomparve dalla vista dei due uomini e tornò poco dopo con l’occorrente per medicarla. Con attenzione le pulì la ferita e le applicò dei cerotti cicatrizzanti, non aveva ferite profonde, nel giro di pochi giorni sarebbero sparite.
-Non dovrebbero nemmeno rimanere i segni. – le disse Oliver guardandola dritta negli occhi.
-Peccato, volevo farti concorrenza. –
-Lasciamo stare. –
-Felicity, pensi mai a quello che dici? – le chiese Diggle seduto sulla poltrona davanti ai due, si era goduto la scena di Oliver che per una volta era lui a medicare lei invece che lei lui, lo scambio di ruoli era stato molto comico, Felicity aveva una mano delicata e quando li sistemava cercava di farlo più delicatamente possibile, Oliver non aveva la stessa mano delicata, ma si era sforzato di non farle male.
-No, ma dovrei iniziare. Prima che dica qualcosa di veramente stupido, anche se di cose stupide per ora ne ho dette un sacco, anche se più che stupide suonavano ambigue, non che io volessi essere ambigua. –
-Per l’amor di Dio Felicity, basta! Diggle, non istigarla. – Oliver le tappò la bocca con la sua mano attento a non toccarle la ferita.
-Vai a farti una doccia e togliti quel coso che mia sorella insisteva a definire vestito. –
-Perché? E’ carino non ti piace? – chiese guardando l’abito.
-Sei praticamente nuda. Mi chiedo cosa ti sia passato per la testa quando ti sei infilata quel coso per andare ad adescare un presunto stupratore. – il tono di Oliver era irritato.
-Che sarebbe stato facile attirare la sua attenzione. –
-Fel, ti consiglio di andare a farti la doccia prima che Oliver si arrabbi più di quanto già non lo sia. – prese quel consiglio alla lettera e corse verso il bagno dove si chiuse dentro tirando un sospiro di solievo, Oliver era veramente arrabbiato con lei e non capiva il perché, lui si buttava in mezzo alle sparatorie armato di arco mentre i suoi nemici avevano pistole e fucili, cosa aveva fatto di così pericoloso lei? Lo stupratore non era armato e lei sapeva difendersi, almeno un po’ grazie a Diggle, il suo era solo sessismo.
Chiusa in bagno Felicity si tolse la giacca di pelle con attenzione e poi il vestito. Lo specchio davanti a lei le rimandava la sua immagine a parte il taglio al labbro e lo zigomo gonfio non se l’era cavata male, lo sguardo le cadde sulla grande macchia rossa che iniziava a tingersi di blu, quell’enorme macchia sarebbe rimasta li per diversi giorni a ricordarle quanto era stata fortunata. La fortuna l’aveva premiata anche perchè Oliver non l’aveva vista anche con indosso quel ridottissimo vestito che non copriva niente, quando aveva sentito la mano infilarsi sotto il vestito e arrivare dove non doveva arrivare, l’istinto aveva prevalso sulla paura e gli aveva tirato una ginocchiata nelle palle.
 
Oliver e Diggle sedevano sul divano in silenzio ognuno preso dai propri pensieri, Felicity stava bene e questo era quello che realmente importava, aveva dato prova di molto coraggio.
-Ollie, sta bene e se è andata al club non è colpa tua. –
-Mi farà morire quella ragazza. – commentò lui passandosi frustrato le mani tra i capelli.
-Forse è il caso di dormire un po’-
-Vai pure rimango io con lei. – dissero in coro i due, per poi sorridersi, entrambi si erano offerti di rimanere  per assicurarsi che la loro amica stesse bene.
-Va da lei, io rimango in salotto. – il rumore della doccia era finito e la porta del bagno si era aperta lasciando uscire Felicity vestita con una semplice canotta e una tuta.
-Questo è tuo. – rese il giubbotto a Oliver che lo prese e lo posò sul divano.
-A letto. –
-Questo nemmeno nelle mie fantasie più spinte me l’avevi detta… non che io fantastichi su di te. –
-Fel a letto. – l’accompagno in camera con le risate di sotto fondo di Diggle.
 
-Oliver… - lo richiamò, si era infilata sotto le coperte e ora il ragazzo stava per andarsene e lasciarla sola. Si fermò sulla soglia aspettando che lei continuasse la frase.
-Non pensare male…. Ma, ecco.. ti dispiace dormire con me. Non in quel senso. Voglio dire, dormire in modo platonico, come due amici. Niente sesso o cose sconce. Solo… -
-Respira, non vado da nessuna parte. –
Si stese sul letto e lasciò che si accoccolasse al suo petto, doveva essersi presa un bello spavento, ma sperava che questo le servisse da lezione.
 
Continua….
 
Per fortuna non è successo nulla, è stata molto fortunata. Ho cercato di lasciare Felicity esattamente come è, spero di non averla resa troppo OOC, ditemi voi è ancora dentro al personaggio?
Ho notato che non ho dato un collocamento temporale alla storia, sta praticamente campando in aria da sola naviga sospesa tra la prima e la seconda stagione, visto che mentre la scrivo io mi guardo le puntato e dipende da quale puntata scelgo la storia prende una piega di una stagione o l’altra. Quindi visto che Thea l’ho messa alla gestione del Club e la madre è fuori dal carcere Oliver invece non è ancora stato collocato in nessun posto di lavoro  direi di mettere tutti nella seconda stagione dopo l’uscita di prigione di Moera Queen e prima dell’arrivo di Barry. Così da avere almeno un idea generale di dove mandarli a lavorare. Non tanto per voi, ma per me altrimenti prima mando Felicity a fare IT e poi la mando a fare la segretaria all’attico.
Spero vi sia piaciuta, ho notato molte visualizzazioni quindi l’idea comunque ha attirato gente, se volete anche dirmi cosa ne pensate mi fareste veramente felice! Un bacio a presto

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Okay, prima di lasciarvi al nuovo capitolo vi dico che ho finalmente tracciato una benedetta trama, si perchè fino a ieri la storia andava per i fatti suoi, nel senso preso lo stupratore chiusa la storia, ma poi ho visto che avevo buttato altri dettagli che non tornavano così ho dovuto pensare un attimo e ho stravolto la storia! xD
buona lettura di questo terzo capitolo.

Capitolo 3
 
 
Passarono due settimane prima che Oliver perdonasse realmente Felicity e non le rinfacciasse continuamente di essere stata una pazza incosciente, aveva provato a ribattere un paio di volte, ma alla fine Diggle le aveva detto di lasciar perdere, si erano realmente preoccupati per lei quando l’avevano vista entrare in quello stato e anche se non lo dimostrava, Ollie ci teneva molto a lei.
Quel giorno, era stato uno di quelli da dimenticare, il livido che aveva sulla coscia non era ancora sparito anzi se era possibile le era diventato ancora più grande e più blu e a camminare sentiva un dolore pazzesco, forse non si riassorbiva perché continuava a batterci mentre camminava.
Oliver era tornato dopo l’ennesima missione e come sempre si era portato con se una nuova cicatrice che gli avrebbe ricordato per tutta la vita le sue avventure notturne.
-Stai fermo altrimenti non riesco a cucirti. Te l’ho mai detto che odio gli aghi e che il sangue mi fa schifo? – commentò lei mentre infilava l’ago nel lembo di pelle cercando di non vomitare era una cosa disgustosa e tutte le volte si chiedeva come faceva a non vomitare.
-Si, tutte le volte. – rispose lui sospirando.
-Giusto per esserne sicura. Ma non potresti stare un po’ più attento? Giusto un pochetto non tanto. –
-Come quando te ti sei buttata tra le braccia dello stupratore? – chiese lui sarcastico, da quando era successo non perdeva occasione per ricordarle che aveva fatto un enorme cazzata.
-Senti, piantala! Ho fatto quello che te fai ogni dannata sera e ne sono uscita meglio di te! –
-Meglio di me? Sussulti ad ogni rumore! –
-Non è assolutamente vero! – rispose lei lasciando la medicazione a metà, non sussultava ad ogni rumore, sussultava quando lui si avvicinava troppo a lei, ma solo perché aveva paura che potesse accorgersi di quanto si fosse affezionata a lui e che i suoi occhi potessero tradirla, era solo per questo che evitava di guardarlo negli occhi e si scostava leggermente quando lui le si avvicinava.
-Che succede, litigi in paradiso? – Diggle entrò nei sotterranei interrompendo la loro discussione.
-Perfetto, Diggle, finisci te, io ho da fare stasera. – la bionda si sfilò i guanti in lattice sporchi di sangue, si controllò i vestiti sicura di non essersi sporcata, non sarebbe stato facile spiegare come mai c’era del sangue sul suo vestito.
-Da fare? – indagò Oliver fissandola mentre si muoveva per il covo, aveva già radunato la sua roba e stava per mettersi il cappotto.
-Si, ho un appuntamento. – i due la guardarono chi sorpreso chi infastidito.
-E se non ricordo male, tra esattamente cinque minuti sarai in ritardo per il tuo appuntamento Signor Queen.- commentò lei guardando l’ora sul cellulare, per una volta erano riusciti a salvare la città in tempo per la cena.
-Ciao Diggle! – riuscì ad uscire senza guardarsi indietro, senza lanciare un occhiata ai due uomini che la stavano fissando, perché era sicura che la stessero guardando poteva chiaramente sentire gli occhi blu di Oliver puntati sulla sua schiena.
 
L’appuntamento misterioso di Felicity non era altro che con Thea, la giovane Queen, la quale aveva preso l’informatica in simpatia e voleva aiutarla. L’appuntamento era a casa Queen per le otto.
-Eccoti, vieni. – Thea le aveva aperto la porta e l’aveva trascinata in camera sua, la casa era completamente vuota a parte le cameriere.
-Non hai detto a mio fratello che uscivi con me vero? – chiese la mora chiudendo la porta di camera.
-No, tranquilla. Come da piano, anche se non ho capito perché, a lui che importa con chi esco? –
-Esatto, a lui non dovrebbe importare, ma se gli importasse vuol dire che non gli sei indifferente. –
-Thea tuo fratello stasera uscirà con Laurel. –
-E tu con Carter Bowen. – rispose candidamente la piccola Queen sventolandole sotto il naso un abito di pizzo nero.
-Thea come ti è venuta questa idea? – non poteva uscire con Carter Bowen, Oliver l’avrebbe ammazzata, lui l’odiava.
-Non ti preoccupare faremo un uscita a quattro ci sarò anche io e Roy. – la incoraggiò mettendole il vestito in mano.
Completamente trasformata grazie all’aiuto della ragazza Felicity si apprestava ad entrare nel ristorante dove i due uomini avevano prenotato.
-Andiamo Fel, siamo in ritardo. –
Thea individuo subito Carter e Roy parlare con una coppia che dava loro le spalle .
-Okay, come da piano! –
-Che piano? –
-Ah già, ormai è tardi… Mi raccomando respira e non agitarti. – quelle parole ebbero il potere di agitare ancora di più la giovane informatica, la quale però comprese il significato di quell’assurda frase solo quando guardo oltre le spalle. Al tavolo con Carter e Roy c’era Oliver e Laurel, le sfuggì una mezza imprecazione che fece ridere l’altra, ora il “piano” come lo aveva definito l’altra lo aveva capito anche lei, avevano prenotato allo stesso ristorante di Oliver nella speranza che il ragazzo si accorgesse di loro e che facesse qualcosa per mostrare il suo interessa, l’unica cosa che Thea non aveva messo in considerazione era la capacità di mentire di Oliver.
-Eccole! – Carter diede un bacio sulla guancia a Thea che poi passò tra le braccia di Roy.
-Sempre in ritardo. – la prese in giro Roy.
-Sono una Regina e le Regine si fanno attendere. – tutti sorrisero, tutti tranne Oliver che continuava a guardare Felcity che guardava ovunque tranne che nella sua direzione.
-Felicity, è un piacere rivederti, sono contento che tu abbia accettato di unirti a noi per la cena! – Carter le porse la mano che lei afferrò e lasciò che le desse un bacio sulla guancia come saluto.
-Non sapevo vi conosceste. – intervenne Laurel guardandoli, non riusciva a capire il suo sguardo sembrava infastidito, ma Laurel aveva sempre lo sguardo infastidito, quindi non era certa che dipendesse dalla sua presenza.
-L’ho conosciuta una volta che era al club.. –
-Oliver la schiavizza! Qualche sera fa l’ho vista andare via alle sei del mattino. – intervenne Thea incrociando la braccia al petto come a sfidare il fratello a dire il contrario.
-Quando? – sembrava sorpreso, il che era possibile, quel giorno lui era fuori per un appuntamento e lei era rimasta per finire quel lavoro e l’aveva visto solo il giorno dopo.
-Qualche sera fa. E non dire che non lo sapevi. –
-E’ probabile che non lo sappia, ho avuto un piccolo problema e mi sono trattenuta più del previsto. – intervenne in aiuto del ragazzo lei, anche se non se lo meritava.
-Beh visto che le nostre ragazze sono arrivate direi di iniziare la serata. Perché non vi unite a noi? – il modo in cui Carter  lo disse sembrava vagamente causale, ma il sorriso soddisfatto di Thea la dissuase da tale ipotesi.
-Volentieri. – con un cenno al cameriere furono aggiunti due coperti al tavolo e lei si trovò incastrata tra Carter e Oliver con davanti Thea che la guardava cercando di non ridere per il suo nervosismo.
Avere Oliver così vicino la metteva in agitazione, cosa alquanto strana visto che quando davano la caccia al cattivo di turbo Oliver le stava col fiato sul collo, in senso molto letterario, visto che sentiva il fiato caldo del giovane contro la sua pelle.
-Ollie non sapevo avessi ripreso ad uscire con Laurel.- commentò Thea con noncuranza da sopra il menù.
-Veramente… - iniziò Oliver scoccando un occhiata alla bionda che sembrava non prestare attenzione alla conversazione tra i due fratelli.
-Ci stiamo riprovando, infondo c’è sempre stato qualcosa tra di noi. – intervenne Laurel.
-Bene. Carter lo sai che Felicity è veramente brava con i computer? Sa fare tantissime cose e mi ha promesso che mi insegnerà qualche trucco interessante. –
-Cosa le insegnerai? – chiese Roy interessato all’argomento, affascinare la nuova generazione era facile, qualche trucchetto al pc e loro pendevano dalle tue labbra.
-Le darò un po’ di basi, una volta che sai quelle puoi fare tutto. –
-Anche violare il database dei federali? –
-Certo. Non che io l’abbia mai fatto. – aggiunse subito guardando Oliver che sorrideva divertito.
-E’ una risorsa preziosa per noi. – ammise Oliver, quel noi era molto vago, poteva intendere benissimo alla compagnia, ma sapeva che si stava riferendo al suo secondo lavoro sotto al club.
-Non faccio niente di speciale. – sminuì lei, non era abituata a ricevere complimenti e questo la metteva in imbarazzo.
-Non essere modesta, sei brava, devi esserne fiera! – intervenne Carter facendo sorridere i due fratelli, lui era bravo in molte cose, come ripeteva spesso loro madre e non lo teneva nascosto, si pavoneggiava come un gallo nel pollaio.
Quando il cameriere arrivò la conversazione si era spostata sul club di Oliver che Thea gestiva e dove Roy lavorava ormai in modo stabile.
-Desiderate anche un vino? – chiese il cameriera dopo aver preso l’ordine.
-Si, ci porti un lafite-rothschild, dell’82 se l’avete. – sentendo nominare quel vino Felicity guardò Oliver come se fosse pazzo, una volta l’aveva imbrogliata con la scusa di una bottiglia di quel vino per farle decriptare una pennina.
-Oliver, ma sei impazzito? –Thea fissava il fratello sgomenta.
-Diciamo che lo devo a una persona. – rispose passando la lista dei vini al cameriere che se ne andò senza battere ciglio, Thea intanto studiava prima Oliver e poi Felicity che sorrideva mordicchiandosi il labbro. Non indagò oltre ma appena fosse rimasta sola con l’amica avrebbe chiesto spiegazioni.
La serata proseguiva tranquillamente, Carter aveva monopolizzato la conversazione su se stesso facendo roteare gli occhi a Thea molte volte, Felicity ascoltava fingendosi interessata solo per educazione, la sua attenzione era rivolta alla gente intorno a lei, si sentiva osservata e questo la infastidiva.
-Tutto a posto? – le chiese Oliver notando il suo nervosismo.
-Si, tutto bene. – non sapeva come spiegare quella sensazione senza sembrare paranoica o pazza ed erano entrambe opzioni che voleva evitare di assumere davanti alla perfetta Laurel.
Erano a metà cena quando Oliver notò qualcosa che non andava Felicity si era portata una mano alla bocca mentre l’altra gli stava artigliando il braccio.
-Ehy? Che ti prende? –
-Noci… - riuscì a bisbigliare, la osservò per un secondo cercando di collegare quello che gli aveva detto, poi ricordò di uno dei suoi racconti sconclusionati, lei era allergica alle noci.
-Calmati. Chiamate un ambulanza è allergica alle noci! – se solo avesse avuto la sua erba con se gliel’avrebbe data e ora sarebbe stata bene, ma quell’erba miracolosa era chiusa nel covo.
L’ambulanza arrivò dopo poco, la portarono in ospedale.
-Signorina Smoak? –
-Si. – il dottore era appena entrato e le sorrideva incoraggiante.
-Come si sente? –
-Meglio grazie, erano anni che non avevo una reazione allergica in questo modo. Credevo che sarei morta asfissiata. -
-Non mi stupisce, nel suo corpo abbiamo trovato una dose molto alta di noci… -
-Mi sembra strano sto sempre molto attenta a quello che mangio. –
-Comunque le posso garantire che per la quantità che aveva nell’organismo lei sta mangiando noci da giorni. Ecco, prenda questa per tutta la settimana e stia più attenta. –
-La ringrazio. –
Uscita con la ricetta in mano trovò tutti ad attenderla, imbarazzata si avvicinò al gruppo.
-Come stai? –
-Bene grazie, scusate, pensavo di essere stata attenta mentre ordinavo. –
-Noci, vero? – chiese Thea.
-Si. –
-Non c’erano noci in quello che hai ordinato, anche una mia amica prende quei piatti ed è allergica alle noci. – continuò, quel discorso stava iniziando a prendere una piega che non le piaceva, avrebbe dovuto parlarne con Oliver, ma sarebbe risultata eccessivamente paranoica.
Lasciarono l’ospedale e il gruppo si divise, Oliver se ne andò con Laurel, Carter si propose di accompagnare le ragazze,ma Thea aveva l’auto e così ognuno se ne andò come era arrivato.
 
La mattina dopo Felicity con il cellulare all’orecchio usciva di casa parlando in modo concitato, aveva passato più di metà nottata sveglia a pensare a quello che le aveva detto il dottore, nel suo organismo c’era una quantità di noci tanto elevata da far pensare che ne avesse mangiate da giorni, ma non era possibile, lei non teneva noci in casa e dopo la brutta esperienza al college stava molto attenta a quello che mangiava fuori. Così incurante dell’ora aveva chiamato il ristorante e aveva chiesto se quello che aveva mangiato, compreso di piatto, posate e bicchiere fosse già stato lavato, la risposta era stata poco carina, quando aveva posto la domanda si era data dell’idiota, era mattina  tutto quello che lei aveva toccato era stato lavato e buttato.  Ma c’era un altro modo per sapere cosa le era successo, hackerare il sistema di sorveglianza e cercare qualche dettaglio. L’unico posto dove poteva farlo tranquillamente senza rischiare di essere scoperta era al covo di prima mattina.
Come aveva previsto non c’era nessuno, il locale era chiuso e gli unici due uomini che scendevano li sotto sicuramente erano nel mondo dei sogni. Accese il computer e si mise subito al lavoro, hackerare il sistema di sorveglianza di un ristorante era una passeggiata, le telecamere erano li solo per scrupolo e per via della clientela che quel posto accoglieva. Erano stati dentro al ristorante tre ore prima che lei si sentisse male, fermò il video quando vide se stessa entrare insieme a Thea, doveva ammettere che quel vestito le stava veramente bene, avrebbe dovuto spendere qualche soldo in più per migliorare realmente il guardaroba.
Presa dalla visione del filmato non sentì la porta aprirsi.
-Che accidenti stai guardando? – sobbalzò terrorizzata, per un attimo pensò di essere stata beccata da Oliver, poi si accorse che era Diggle e tirò un sospiro di sollievo.
-Il video di ieri sera. –
-Perché tu e Oliver siete allo stesso tavolo? – chiese lui osservando il filmato messo in pausa.
-Lascia stare.-
-Felicity? –
-Ero uscita con Thea il suo ragazzo e un loro amico, e abbiamo incontrato Oliver e Laurel così si sono uniti a noi. –
-Okay, perché stai guardando questo filmato? E’ successo qualcosa? –
-Si, non mi prendere per paranoica. Ieri ho avuto una reazione allergica. –
-Okay e questo cosa centra con il video della sorveglianza? –
-Ho scelto quelle pietanze perché ero sicura che non ci fossero noci all’interno… -
-E allora? Si sarà sbagliato il cuoco avrà messo della noce succede. –
-Il medico mi ha detto che la dose che hanno trovato nel mio corpo ne sto mangiando da giorni.-
-Quindi? –
-Cucino da sola, non vado a cena fuori tutti i giorni… - spiegò lei, le sue parole suonavano paranoiche anche alle sue stesse orecchie, ma tutta quella situazione era assurda.
-Pensi che qualcuno ti abbia messo delle noci? –
-E che, per tutta la cena mi sentivo osservata. –
-Okay Felicity quello che dici è assurdo, qualcuno ti ha osservato e ha cercato di ammazzarti con le noci? –
-Detta così sembro pazza. –
-E in che modo la vuoi mettere? –
-Ho avuto una brutta sensazione e poi sono stata male, voglio vedere solo chi c’era nel locale, che male può farmi? –
-Ehy che ci fate tutti qui? – con due colpi sulla tastiera le riprese della sera precedente sparirono dallo schermo, mentre Oliver scendeva le scale e li raggiungeva, nemmeno di domenica mattina c’era verso di stare in pace.
-Niente, raccontavo a Diggle la splendida serata di ieri sera. – commentò lei lanciando un occhiata di ammonimento all’uomo perché non parlasse, non voleva dirlo a Oliver l’avrebbe presa per pazza anche lui.
-Come stai? Pensavo che saresti rimasta a letto oggi. –
-Sto bene, stanotte non ho dormito molto. – rispose lei girando sulla sedia  per poter vedere l’amico ormai a pochi passi da lei.
-Come mai? –
-Pensieri. –
-Paranoica. – sibilò John senza farsi sentire dall’altro.
-Cosa non mi state dicendo? – chiese sospettoso guardando la giovane, doveva trovare qualcosa da dire, possibilmente di non ambiguo ne stupido, il prima possibile, per fortuna il suo cellulare prese a suonare, salvata appena in tempo.
-Pronto! – dall’altra parte c’era Carter, che la invitava a pranzo.
-Certo mi farebbe piacere. – rispose sfoderando un fantastico sorriso, in realtà non aveva la minima voglia di uscire con lui, ma visto che Oliver era tornato a fare coppia con Laurel, a lei non restava che cercare qualcun altro e Carter era un bravo ragazzo.
-Okay tra un ora, ci vediamo li. A tra poco. – si voltò verso il pc chiudendo senza che Oliver lo vedesse, le riprese della sera prima, ormai erano salvate in una cartella avrebbe potuto visionarle più tardi quando non c’era nessuno.
-Dove vai? – chiese Oliver.
-A pranzo fuori. -  era quasi riuscita a dirlo come se la cosa fosse normale e non si sentisse in imbarazzo.
-Con chi? Mia sorella? – indagò divertito Oliver.
-Con Carter veramente. – rispose cristallina sfoderando un sorriso di vittoria, secondo Thea la sera prima Oliver le era sembrato molto preoccupato e geloso, ma Felicity non le credeva molto, aveva preso in antipatia Laurel era chiaro e voleva vedere il fratello con chiunque altra non fosse l’avvocato.
-Ci vediamo, se ci sono emergenze chiamate. – chiuse tutte le finestre del pc così che Oliver non si accorgesse di quello che stava visionando poco prima uscì lasciando la stanza priva del rumore dei suoi tacchi.
-Oliver? – lo chiamò Diggle, notando come il moro si fosse incantato a fissare il muro.
-Non capisco cosa ci trovi in Carter è così preso da se stesso. – commentò lui alzandosi dal tavolo dove si era seduto.
-Per caso sei geloso? –
-No, dovrei? –
-Potresti. Okay, alleniamoci! –
 
Continua….
 
Mi piace Diggle con le sue frecciatine sulla gelosia!
Sembro un esaltata se dico che sto adorando la mia stessa storia? Penso di si, che suoni anche molto male, ma sono arrivata ad un punto decisamente interessante, praticamente ho un sorriso ebete in faccia da giorni. Queste sono anticipazioni che piacciono, ammettetelo. Ma sappiate che sono abbastanza cattiva, la vita non è facile quindi potrebbe succedere qualcosa che rovinerà tutto. Va beh ma non fasciamoci la testa prima di essercela rotta.
Fatemi sapere cosa ne pensate con tante recensioni, più recensioni ci sono più scrivo, perché ammettiamolo se la storia è apprezzata si ha più voglia di postare i nuovi capitoli, quindi se volete il nuovo capitolo presto commentate in tanti.
Comunque sappiate che mi state dando tante gioie e più gioie mi date più i capitoli diventeranno belli.
Un bacione
Mia

Ps qualcuno non ricordo chi mi disse che far succedere qualcosa di concreto tra Oliver e Felicity avrebbe portato ad un OOC, beh allora più avanti sarà decisamente OOC per la gioia di tutti! ^.^ (non è un rimprovero per chi me l'ha detto è solo per avvertire!)

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Capitolo 4
*** capitolo 4: Okay prova a darmi ancora di paranoica ***


Prendetemi per pazza anche voi via, tanto ormai tutta la palestra mi considera già cosi. Perché? Vi racconto questo poi vi lascio al capitolo.
Ero sul tapirulan in palestra e camminavo a passo sostenuto, ipod con le cuffie alle orecchie, musica sparata al massimo e… documento word aperto con questa storia, leggevo cosa avevo scritto per vedere se dovevo fare correzioni e mentre leggevo mi sono accorta grazie allo specchio davanti a me che stavo sorridendo come un ebete!  Che figura di cacca! ç.ç
 
Va beh buona lettura
 
 
Capitolo 4
 
Si allenarono per quasi due ore, nelle quali Diggle riuscì ad atterrare Oliver tre volte, era chiaro che non fosse concentrato e se avesse dovuto scommettere su cosa lo stesse distraendo avrebbe puntato tutto quello che aveva sul fatto che la loro biondina era a pranzo con un uomo che non era lui.
-Andiamo a pranzo, così mi spieghi cosa ti passa per la testa. –
Diggle aveva ricevuto un messaggio da Thea, dove lo pregava di portare suo fratello a pranzo fuori, la piccola di casa aveva una mente perversa, gli aveva mandato via e nome del locale nel quale andare, il sospetto che ci fosse qualcosa sotto era forte, ma chi era lui per distruggere i piani della piccola Queen?
 
-Pensavo andassimo da Carly… - fece Oliver notando che quella che stavano percorrendo non era la strada per il loro solito ristorante.
-Me lo hanno consigliato, volevo provarlo. – buttò li Diggle con noncuranza.
Scesero dalla macchina ed entrarono: era un posto tranquillo, molto alla mano dove facevano dei favolosi hamburger. Appena misero piede dentro il locale l’attenzione di Oliver fu catturata da una coda di cavallo bionda, gli occhi erano schermati dal riflesso della luce sugli occhiali da vista, ma poteva notare benissimo il sorriso dipinto sul volto della giovane: Felicity Smoak era seduta al tavolo e mangiava in compagnia d Carter.
-Ops. – fece Diggle seguendo la direzione dello sguardo di Oliver.
-Lo sapevi? – grugnì infastidito Oliver.
-No! Giuro. – si affrettò a dire, in effetti non era una bugia, lui non lo sapeva, ma lo sospettava.
 
Felicity cercava una scusa per liberarsi da quella situazione, Carter era veramente un bravo ragazzo, si interessava del prossimo e di quelli meno fortunati ed era notevole, visto che lo faceva solo perché lo voleva fare e non per espiare le sue colpe, ma per quanto fosse nobile di cuore, bravo e bello, era tremendamente incentrato su se stesso, nella sua vita bastava Oliver con i suoi complessi da supereroe dannato, non c’era bisogno di un'altra persona, aveva accettato quell’invito solo perché Thea le aveva fatto promettere, la sera precedente, di accettare un eventuale prossimo invito, ma non capiva perché, Oliver lo aveva scoperto solo per caso e non le era sembrato nemmeno troppo geloso.
-Scusami un attimo, devo andare in bagno. –
-Certo vai pure. – si alzò diretta alla toilette e vide i suoi due uomini vicino al bancone intenti a fissarla.
-Cosa diavolo fate… Mi state seguendo? – chiese lei sospettosa avvicinandosi.
-No, è stato un caso. –
-Certo, un caso… - rispose lei, il sospetto che Thea avesse coinvolto Diggle era forte visto che l’uomo ridacchiava guardandola.
-Ti stai divertendo? – indagò Oliver cercando di mostrarsi disinteressato all’appuntamento di lei.
-Io, beh… -  farfugliò lei in imbarazzo, non voleva ammettere che stava odiando quel pranzo, non voleva dargliela vinta, ma non poteva ammettere nemmeno che si stava divertendo.
-Giù! – fu un attimo, Felicity nemmeno se ne rese conto, prima era in piedi davanti ai due uomini, un secondo era accucciata tra le braccia di Oliver con frammenti di vetro e proiettili che volavano ovunque attorno a loro.
-Che accidenti… - disse cercando di guardarsi attorno.
-Sta giù! – la presa di Oliver si fece più forte attorno alla vita della bionda così da impedirle di muoversi.
La presa si allentò solo quando i frammenti di vetro smisero di volare e il silenzio era scese nel locale.
La vetrina del  ristorante era distrutta e il bancone era coperto di buchi di proiettile, molti dei clienti erano stati solo feriti lievemente dai frammenti di vetro, altri erano stati colpiti dai proiettili, ma fortunatamente nessuno era morto o era in condizioni gravi.
-Stai bene? – gli occhi blu di Oliver la scrutarono con attenzione per vedere se si fosse fatta male.
-Sto bene. – Fel gli passò una mano sul volto dove una scheggia di vetro gli aveva ferito il viso, pulendolo dal sangue.
-State bene? – Diggle si avvicinò per assicurarsi delle condizioni dei due.
-Si. – rispose Oliver senza lasciare la ragazza, Felicity si appoggiò al ragazzo, in quei giorni sembrava che tutto dovesse succedere a lei, quante probabilità c’erano che ci rimettesse la pelle due volte in meno di ventiquattro ore? La paranoia si accentuò, quella sensazione di essere osservata non l’abbandonava mai, nemmeno la sera prima chiusa in casa, con le tende tirate si era sentita al sicuro.
Quando sentì le braccia di Oliver lasciarla si sentì persa, abbandonata a se stessa.
-Oliver? – lo richiamò muovendosi per tornargli vicino, non voleva essere lasciata sola.
-Torno subito, Diggle, resta con lei. –
-Ehy, stai bene? –
-No, ho ancora quella sensazione. – rispose lei agitata, voleva andare via di li il prima possibile e chiudersi nel covo, solo quando si era chiusa la pesante porta alle sue spalle si era sentita per la prima volta sola da giorni.
-E’ solo una sensazione. Tranquilla. –
Aspettarono la polizia insieme al resto delle persone, lasciata la deposizione i tre se ne andarono a casa. Oliver aveva accampato una scusa idiota a Carter sul fatto che Felicity dovesse andare via con lui, non era intenzionato a lasciarla con il ragazzo. I tre tornarono al Verdant.
-Devo andare da Laurel, Diggle accompagni Felicity a casa? –
-Certo. – rispose subito l’uomo.
-Non occorre posso andare da sola. –
-Fammi contento, per favore… - glielo chiese in un modo così dolce che Felicity si trovò ad annuire come un automa. Oliver prese la sua moto e se ne andò.
-Ti accompagno. –
-Diggle, voglio andare al covo. – ora che Oliver era occupato in altro poteva finire di visionare il video e magari cercare anche il filmato di quello che era accaduto poco prima, aveva visto una banca davanti al locale, sicuramente avrebbe potuto hackerare il loro sistema di controllo e vedere se riusciva a tirare fuori qualcosa.
-Fel, dovresti andare a casa a riposare.- solitamente dopo un evento del genere era consigliato un po’ di riposo.
-Ci andrò appena avrò fatto, ti prego. Se vuoi andare non sei obbligato a restare.-
-Preferisco rimanere con te. –
-Come vuoi. –
Entrati nel covo Felicity si mise subito al computer, non aveva le idee chiare su cosa cercare, ma il computer non l’aveva mai tradita, avrebbe trovato qualcosa che le sarebbe tornata utile.
-Cosa stai cercando? –
-Non lo so, ed è per questo che ho intenzione di usare un programma che ho riadattato io. – commentò lei, fece partire i due video insieme al suo programma.
-E cosa farebbe questo programma? –
-Beh dovrebbe riconoscere le persone.. Appunto. – il computer fece un beep inquadrando di rosso la figura di Felicity in entrambi i video, diede l’okay e il filmato proseguì, per fermarsi poco dopo su Carter e Oliver.
-Interessante programma. –
-Vero? Pensavo ci potesse tornare utile, in caso dovessimo confrontare dei filmanti cercando qualcosa in comune. – ammise Felicity.
-Quanto ci mette? –
-A scansionare tutto il video? Non lo so, penso dipenda dalla lunghezza del filmato, lo scopriremo quando farà beep. –
-Nel frattempo vieni… -
-Dove? –
-Ti alleno un po’, avevamo iniziato poi abbiamo smesso ma credo che dovresti continuare. –
-Diggle, abbiamo smesso perché sono negata! –
-Imparerai. –
Diggle iniziò ad insegnare alla ragazza i passi base per l’autodifesa, non importava che sapesse atterrare un nemico, ma che fosse abbastanza abile dal neutralizzare le prese dell’avversario, in quel caso anche se era tre volte lei ne sarebbe uscita viva, forse non tutta intera, ma comunque viva.
-Devi fare forza sulle gambe. –
-Pesi due tonnellate Diggle come pensi che possa riuscire a ribaltare la situazione? – addestrare Felicity Smoak era impossibile, un caso perso in partenza.
-Usa la testa, se non puoi sollevarmi cosa puoi fare? – le chiese lui, lei sembrò pensarci un attimo e poi sorridendo si lasciò  andare indietro avvolgendo una gamba dietro al ginocchio di Diggle, il quale colto di sorpresa cadde a terra trascinandosi lei con se. I due scoppiarono a ridere come due bambini.
-Vedi questo è già un passo avanti, io sono a terra.-
-E io ho il piede incastrato dietro la tua gamba, andiamo Diggle, non sono portata per il combattimento… - si districarono e Felicity si sedette a terra poco lontano dall’uomo che la guardava sorridendo.
-Felicity, un passo alla volta… -
-Preferisco i miei computer. – ribadì la bionda, come richiamato dalla padrona l’apparecchio emise il beep e si bloccò, i due si guardarono curiosi, si erano dimenticati del programma lanciato, ma soprattutto nessuno dei due si aspettava realmente un risultato.
-Ha trovato qualcosa? – domandò sorpreso Diggle.
-O forse non ha trovato niente… - commentò Felicity  rimandando lo stesso sguardo sorpreso, senza aggiungere altro si alzarono ed andarono a controllare.
-Okay prova a darmi ancora di paranoica. – esclamò la bionda osservando l’immagine ferma, inquadrati di rosso c’era un cameriere e l’uomo che aveva sparato qualche ora prima, il volto del secondo individuo era coperto, ma il programma non basava il riconoscimento solo sui lineamenti del volto.
-Chi sarebbe paranoica? – la porta si era aperta e Oliver era entrato beccando in fragrante i due.
-Cavolo! Direi che è il caso di istallare un sensore o morirò d’infarto. – sibilò Felicity ormai era tardi per nascondere tutto, avrebbe dovuto rivelare a Oliver i suoi sospetti e le sue paura.
-Allora? – insistette arrivando fino al tavolo da lavoro.
-Felicity pensa che qualcuno stia tentando di ucciderla. – spiegò Diggle spostando lo sguardo dal computer al nuovo arrivato, lo sguardo scettico ti Oliver fece alzare le sopracciglia alla bionda.
-Non ho detto che qualcuno sta tentando di uccidermi, ho detto che mi sono sentita osservata… -
-Come fai a dire che sono la stessa persona, l’uomo che ha sparato ha il volto coperto. – intervenne Oliver osservando i due video.
-Ehy stai offendendo la mia creazione. Che poi non è proprio mia, ho rubato il sistema di riconoscimento del FBI e l’ho un po’ migliorato, i tecnici federali fanno schifo, dovrebbero studiare di più. –
-Felicity! –
-Si scusa, dicevo che i parametri che esamina per il riconoscimento sono più ampi dei tratti facciali, altezza, peso, asimmetrie, modo di camminare e postura, questi sono alcuni dei parametri che il file mette a confronto, ovviamente senza il viso il riconoscimento è basso, ma un settantatre percento di compatibilità non è niente male. –
- Accurato come programma. – sorrise a quel complimento.
-Vediamo un po’… - diede il comando al video di ripartire, e si misero ad osservare, il video mostrava un giovane cameriere che prendeva un piatto dalla cucina e si dirigeva verso la sala.
-Non ci vedo niente di strano, il programma si deve essere sbagliato. – commentò Oliver, ma si dovette ricredere subito, il cameriere si era fermato e aveva preso qualcosa dalla tasca dei pantaloni versando il contenuto dentro uno dei piatti per poi entrare in sala e posare il piatto davanti a Felicity senza nemmeno chiedere per chi fosse, proseguirono a vedere il filmato, aveva fatto la stessa cosa anche con il secondo e con la scusa del bicchiere sporco le aveva anche sostituito il calice, tamponando sul bordo del nuovo bicchiere quello che sembrava un batuffolo di cotone imbevuto della stessa sostanza che aveva versato nei suoi piatti.
-Okay, provate a darmi della paranoica! –
-Oliver, mi sa che ha ragione. –
-Chi diavolo è Felicity? –
-Non ne ho la minima idea, non l’ho mai visto. – non era esattamente vero, il volto le era vagamente famigliare, ma era troppo sgranato e non riusciva a capire chi potesse essere, l’immagine era così sfuocata che non poteva nemmeno far partire il riconoscimento con il database dei federali, così ripiegò sull’unica cosa che potesse andare loro in aiuto.
-Che hai fatto? –
-E’ un programma per pulire e ricomporre le immagini, prende i pixel e li ricompone in un ipotetico volto è l’unica cosa che possiamo fare è troppo lontano e la qualità del video è pessimo, non credo che quando hanno istallato le telecamere pensassero che sarebbero servite realmente a qualcosa oppure le hanno istallate agli inizi degli anni 80 visto la qualità. – si bloccò non interessava a nessuno i suoi discorsi sulla qualità del sistema di sorveglianza, non interessavano neppure a lei.
-Bene se non c’è altro io andrei… - aggiunse dopo un attimo di silenzio.
-Dove? –
-A casa! Cioè a letto, non ho chiuso occhio tutta la notte vorrei dormire un po’ sempre che ci riesca. – sbadigliò rendendo ben chiaro dove volesse andare.
-Aspetta, come puoi pensare che ti lasciamo andare a casa da sola dopo quello che abbiamo scoperto? –
-E cosa vorresti fare Oliver? Non sappiamo nemmeno se ce l’ha realmente con me, sono solo un po’ paranoica. –
-Paranoica o no, la cosa non mi piace, tu a casa da sola non vai. –
-Okay, allora accompagnami se proprio ci tieni. – rispose lei sicura che il ragazzo non l’avrebbe mai fatto, era certa che Laurel lo stava aspettando, avrebbe chiesto a Diggle di accompagnarla a casa mentre lui se ne sarebbe andato a vivere la sua vita, doveva essere veramente una pacchia avere tutti i suoi soldi e tutti ai suoi ordini.
-Andiamo. – lo guardo sbattendo le palpebre un paio di volte.
-Andiamo, dove? – chiese lei non comprendendo.
-A casa, fino a due secondi fa avevi sonno, andiamo ti accompagno a casa. –
La precedette fuori dal covo, lasciandola imbambolata sul posto, non si aspettava quella reazione, lo seguì fuori salutando velocemente Diggle anche lui sorpreso per quella decisione.
-Metti il casco. –
-Ollie, non occorre veramente. –
-Fel, il casco. – sospirò e infilò il casco, non c’era verso di fargli cambiare idea, una volta arrivata al suo palazzo sarebbe andato a casa sua o in qualunque altra casa.
Viaggiare in moto con Oliver era esattamente come se l’era aspettato, un esperienza elettrizzante e traumatizzante allo stesso tempo, scheggiava per le strade della city come se avesse il diavolo ad inseguirlo, si era stretta alla sua vita chiudendo gli occhi per non vedere contro quale macchina si sarebbero schiantati, perché era sicura che prima di arrivare a casa sarebbero diventati un tutt’uno con una delle auto che viaggiavano per la strada.
-Andiamo non guido così male! – commentò lui fermando la moto sotto casa di lei, si era accorto della presa/stritolata, in cui Felicity l’aveva bloccato, ma questo non gli aveva impedito di rallentare anzi la sensazione del corpo della bionda premuto contro di lui gli aveva fatto accelerare ancora di più.
-Ho perso ottant’anni di vita! – esclamò lei scendendo dalla moto e passandogli il casco ravvivandosi poi i capelli con la mano, lui la guardava e sorrideva come un bambino a cui avevano appena comprato le caramelle.
-Esagerata, non ti avrei lasciato cadere giù. –
-La mia paura non era quella di cadere giù, ma quella di schiantarci contro qualcosa. – lui rise a quella ammissione.
-Hai così poca fiducia in me? - non aspettò la risposta, scese dal mezzo e si mise davanti alla ragazza.
-Andiamo. –
-Dove? –
-In casa, non penso tu voglia dormire in mezzo alla strada. –
-Non occorre che tu salga. – ribatte lei, la stava veramente sorprendendo, non solo l’aveva accompagnata a casa ma voleva anche salire, mancava solo che si mettesse a dormire in casa sua ed era sicura di essere finita in quei programmi di scherzi che fanno vedere alla tv.
-Fel, qualcuno sta provando ad ucciderti. -
-Andiamo! –
 
 
Continua….
 
Sono cattiva ho fermato il capitolo proprio sul più bello! xD perché ora che i due salgono in casa arriva la parte migliore.
Ero partita che volevo scrivere un one-shot e ho già toccato le 50 pagine, mi sa che non sarà tanto shot sta storia, abbiate pazienza!
Va beh dibattiamo di questo capitolo invece di pensare al futuro.
Se vado troppo OOC avvisatemi perché ormai mi sto facendo trascinare dalla trama e quando sono in questo stato  non ho più il controllo degli eventi e i personaggi vengono modificati per adattarsi alla storia, quindi potrei scivolare nel OOC (anche se per sicurezza l’ho messo nell’avvertenze).
Felicity è veramente una calamita per i guai, ora nessuno può dire che “sono solo coincidenze”. Chi sarà a volerla morta?
Oliver è fantastico, ma lo sarà ancora di più nel prossimo capitolo, forse.
Mi scuso se ci sono errori, rileggo più volte per essere sicura di eliminarli tutti, ma non sono al mio pc perché l’ho rotto e qui non mi ritrovo bene con la tastiera. Rivoglio il mio ç.ç
Un bacione MiaBlack
 
Ps
Va beh sono buona vi metto una frase che leggerete tra qualche giorno:
[…]-Felicity se continui vengo a dormire con te. Dai a letto o ti ci porto io di peso. – le guance le si tinsero di un rosso acceso che fece sogghignare Oliver.
-Non lo faresti mai. –
-Mi stai sfidando? – il luccichio negli occhi del ragazzo le fecero capire che l’avrebbe fatto veramente[…]
 

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Capitolo 5
*** capitolo 5: a Nanna! ***


ATTENZIONE: FORTE PRESENZA DI OOC! (ma spero che me lo perdonerete U.U ) ci becchiamo in fondo al capitolo
 
Capitolo 5
 
Aveva dovuto capitolare, Oliver non solo era salito, ma aveva anche preso possesso del divano e non sembrava intenzionato ad andarsene, aveva controllato la casa assicurandosi che nessun pazzo fosse nascosto da qualche parte pronto a saltale addosso, Felicity si era buttata sotto la doccia sperando di uscire e non trovarlo più.
-Fel, ho fame! – lo senti dire oltre la porta.
-Ordina qualcosa. – rispose lei, in cucina c’erano diversi menù dei ristoranti da asporto dei dintorni.
-Non credo sia il caso visto gli ultimi eventi!. –
-Paranoico! Prepara te qualcosa allora. – lo prese in giro, non si aspettava realmente che Oliver si mettesse a trafficare ai fornelli, sicuramente avrebbe ordinato qualcosa, lo sentì allontanarsi e lei finì la sua doccia in pace.
Vestita con una canotta e una semplice tuta Felicity si mise alla ricerca di Oliver. Dalla cucina proveniva un fantastico profumo di pesce così punto in quella direzione. Oliver era ai fornelli e le dava la schiena, era sicura che l’avesse sentita arrivare, ma continuava incurante a dargli le spalle, gli occhi di lei si posarono sul sedere del ragazzo, dopo gli addominali quello era la cosa che preferiva guardargli, okay, anche gli occhi erano belli, ma quelli poteva guardarli sempre senza problemi. Si era tolto il giubbotto in pelle ed era rimasto con la maglia nera che lo fasciava e gli metteva in risalto ogni singolo muscolo.
-Hai fame? – le chiese lui.
-Dove hai trovato il pesce? – chiese lei avvicinandosi, il brontolio della sua pancia lo fece sorridere, decisamente era affamata, con la coda dell’occhio la vide avvicinarsi al frigo e prendere una bottiglia di vino per poi versare il contenuto in due bicchieri.
-Vuoi? – chiese lei porgendo uno dei bicchieri, lo prese guardandola sospettoso. Felicity iniziò ad aprire i coperchi per vedere cosa ci fosse.
-MHHMM che buon profumo! – fece leccandosi le labbra.
-Fai assaggiare. – girò il sugo col mestolo in legno e poi se lo portò alle labbra, Oliver la guardò rapito, le labbra contro il legno e gli occhi azzurri puntati nei suoi, da quando era così sensuale? Uscita dalla doccia sembrava si fosse trasformata, aveva lasciato i capelli sciolti e aveva tolto gli occhiali, l’aveva già vista così, eppure quella sera sembrava una sirena, tutto di lei lo incantava.
-Sai Oliver, sei veramente un uomo da sposare, sai anche cucinare. – esclamò lei mettendo il cucchiaio nel lavandino.
-Sposeresti qualcuno solo perché sa cucinare? – chiese lui divertito.
-Forse tu non lo sai ma, il mio capo è uno schiavista, tornare a casa e non dover pensare a cosa preparare sarebbe un sogno, anche se molte volte torno e vado direttamente a letto. –
-Cosa? –
-Tra il lavoro regolare e quello per il vigilante, alcune volte torno a casa talmente stanca che riesco a pensare solo al letto. –
-Io… -
-Non è colpa tua se lavoro troppo, e poi vediamo il lato positivo, negli ultimi mesi ho perso 4kg senza dover faticare in palestra. – Oliver la squadrò non aveva bisogno di perdere peso era perfetta così non poteva continuare a farle saltare i pasti. Nel frattempo Felicity aveva sistemato la tavola ora dovevano solo scolare la pasta e servirla.
-Buon appetito. - 
Erano seduti a tavola uno davanti all’altra, Felicity sentiva lo sguardo del suo capo su di se da quando aveva messo piede in cucina, mentre assaggiava il sugo avrebbe giurato di aver visto gli occhi blu di lui farsi più scuri per un attimo, ma doveva essere stata la sua immaginazione, seduti al tavolo era sceso un silenzio imbarazzante e Felicity odiava quelle situazioni, erano momenti pericolosi per lei visto la sua incapacità di controllare il nervosismo e di mettersi così a blaterare senza senso.
-Ti prego di qualcosa! - esclamò poco dopo.
-Pensavo, che di te non so molto. –
-Mi stai dicendo che il grande Oliver Queen, incentrato sempre su se stesso non sconosce i suoi aiutanti? Che scoperta. – commentò lei ironica.
-Non sei simpatica. –
-Non volevo esserlo Oliver, noi ti vogliamo bene, ma devi renderti conto che sei tornato a casa devi preoccuparti anche di chi ti sta in torno e non si chiama Laurel Lance. –
-Perché tiri in ballo lei? – chiese. Felicity lo guardava e si domandava se un uomo tanto bello fosse venduto assieme ad un uomo tanto stupido, perché la maggior parte delle volte era così cieco da non vedere le cose sotto il suo naso. Era pronta a rispondere quando il cellulare del giovane suono.
-Scusa è Laurel devo rispondere. –
-CVD. – come volevasi dimostrare, sibilò lei, facendogli segno di rispondere. Le aveva dedicato quasi due ore del suo preziosissimo tempo anche troppo per un'unica sera.
-Ciao. – lo sentì rispondere. Si alzò e inizio a mettere via la roba sporca, stava valutando se lavare a mano o far partire la lavastoviglie, quando Oliver la sorprese ancora una volta quella sera.
-No stasera non posso, ho da fare. – la bionda con ancora il piatto in mano si voltò a guardarlo sorpresa, le mancava solo la bocca aperta per rendere ben chiaro il suo stupore. Oliver le sorrise mentre si alzava e le porgeva il suo piatto, lo prese e lo mise nella lavastoviglie troppo sorpresa per lavarli a mano.
-Non importava che tu disdicessi con Laurel, io ora vado a letto. – disse quando lui aveva chiuso la chiamata.
-Buona notte. – rispose lui senza accennare ad andarsene, la guardava tranquillamente aspettando che lei se ne andasse in camera sua a dormire.
-Oliver, non devi… - provò a insistere, la presenza di Oliver in casa sua mentre lei dormiva, no il problema non era Oliver in casa sua mentre dormiva, il problema sarebbe stato prendere sonno con l’idea di lui in casa sua.
-Felicity. Resterò qui, non mi fido.- serio e risoluto come sempre quando si impuntava su qualcosa.
-Andiamo Oliver, non ho una camera per gli ospiti.- quella era la scusa più stupida del mondo, era già rimasto a dormire da lei quando aveva avuto l’incontro con lo stupratore, che tra l’altro aveva lasciato la città, ma in quel caso lei era stanca morta e spaventata e la sua presenza la rassicurava, in quel caso la sua presenza risvegliava altri istinti, molto più bassi e primordiali.
-Dormirò sul divano. – propose lui, l’immagine di lui steso sul suo divano le salì alla mente troppo sexy per quel pezzo di gommapiuma duro e scomodo.
-Se vuoi alzarti a pezzi e completamente bloccato. – cercava una qualunque scusa per evitare che lui restasse a dormire da lei.
-Felicity se continui vengo a dormire con te. Dai a letto o ti ci porto io di peso. – le guance le si tinsero di un rosso acceso che fece sogghignare Oliver.
-Non lo faresti mai. –
-Mi stai sfidando? – il luccichio negli occhi del ragazzo le fecero capire che l’avrebbe fatto veramente, spostandosi lentamente, mise il tavolo tra di loro e poi corse fuori dalla cucina.
-Mossa sbagliata, sono più veloce. – in un attimo la raggiunse e la prese in braccio.
-OLIVER! – urlò, lui rise mentre la portava fino in camera e la depose sul letto.
-A nanna. –
-Okay, posso prima mettermi il pigiama? –
-Si ma sbrigati, non vorrei che ti addormentassi in piedi. -  prese il pigiama e si chiuse in bagno cinque minuti ed era fuori pronta per andare a dormire. Oliver era in camera e si guardava intorno, c’erano molte foto e in quasi tutte c’era Felicity insieme ad un ragazzo.
-Che fai sbirci? – lo prese in giro lei in imbarazzo per l’interesse che il suo capo mostrava per le sue vecchie foto.
-Sembri così diversa mora. – commentò lui indicando una delle foto.
-Va beh, cerchiamo qualcosa con cui farti dormire i jeans non credo siano molto comodi. – aprì un paio di cassetti e iniziò a cercare, non era sicura di avere qualcosa che potesse stargli, poi in un cassetto trovò un paio di pantaloni della tuta, non ricordava nemmeno più di averli, li prese e li porse al ragazzo insieme alla maglia che era piegata sotto.
-Solitamente dormo senza maglia. –
-Fai come sei abituato, non ho problemi, quando uscirai dal bagno potrei essere già nel mondo dei sogni. –
Quando Oliver tornò in camera Felicity non dormiva, era stesa sul letto a pancia in su e contemplava il soffitto.
-A che pensi? –
-Stavo contando le pecore. – mentì, l’idea di dividere il letto con Oliver la metteva in agitazione e anche se era stanca morta non riusciva ad addormentarsi.
-Mi fai spazio o vado a dormire sul divano? – le chiese lui, Felicity si spostò liberando più di metà letto così da non toccarlo.
-Va beh che sono grosso, ma così si esagera. – allungò il braccio e la tirò vicino a se.
-Non voglio dormirti sopra, ti darò noia. –
-Pesi mezzo grammo, nemmeno ti sento.- imbarazzata si sistemo contro petto mentre la mano di lui le accarezzava i capelli.
Il rumore di alcuni passi felpati misero sull’attenti Oliver, un piccolo gatto nero saltò sul letto puntando il ragazzo con i suoi occhio gialli.
-King! Dove eri finito? – gli chiese la bionda allungando la mano per accarezzarlo, il piccolo micio si sposto verso la padrona avido di coccole senza però smettere di guardare Oliver. Quando lui fece per accarezzarlo il gatto gli soffiò socchiudendo gli occhi.
-Ehy! – Felicity scoppiò a ridere mentre dava un bacio al miglio e lo spostava da sopra Oliver.
-Che gatto cattivo! –
-Non è cattivo, è solo che gli hai rubato il posto. King, dormi qua! – spostò il gatto dietro la sua schiena e lui si accucciò contro di lei. Dopo poco Felicity si addormentò in mezzo a Oliver e al gatto, il quale non si muoveva, ma scrutava il buio attorno a loro come a controlla che tutto fosse tranquillo, anche Oliver si addormentò dopo poco, aveva guardato la bionda dormire, poi la stanchezza aveva vinto e si era addormentato.
 
L’isola era stata un esperienza pesante, aveva cambiato Oliver in molti modi, uno dei quali era il sonno più leggero, un sonno vigile al minimo mutamento attorno a lui. Sentì un mugolio, come un lamento, si svegliò e cercò di capire da dove arrivasse, Felicity si mosse, le mani serrate attorno al lenzuolo e il viso accigliato, si muoveva come se cercasse di liberarsi da qualcosa.
-ODDIO NO! – urlò lei aprendo gli occhi terrorizzata.
-Ehy! Calma, è tutto a posto, è solo un sogno! –
-Scusa Oliver, ti ho svegliato! –
-Non ti preoccupare, non è niente, torna giù. Ti va di dirmi cosa hai sognato? – le chiese lui, stringendo la presa su di lei e facendola avvicinare ancora un po’ a lui.
-No, io.. Scusa, non ne voglio parlare. –
-Okay, quando vorrai sai dove trovarmi.-
-Grazie. –
Felicity si rilassò contro Oliver, il sonno era ormai passato, ogni volta che faceva quel sogno difficilmente riusciva ad addormentarsi nuovamente. Quell’incubo non era solo un sogno, quello che sognava era realmente accaduto, forse non in quel mondo, ma il risultato era comunque lo stesso: la morte.
 Pensierosa Felicity seguiva con la punta del dito il contorno di una cicatrice sul corpo di Oliver.
-Dovresti dormire ancora un po’. – le fece Oliver guardando l’ora sulla radiosveglia, erano solo le quattro del mattino e anche se erano andati a letto presto non aveva riposato a sufficienza, c’era ancora tempo prima che la sveglia suonasse.
-Non riesco ad addormentarmi dopo aver fatto quel sogno. - spiegò lei passando il dito su un'altra cicatrice, aveva cosi tanti segni, alcuni dei quali aveva contribuito lei stessa a medicare, ma i più brutti, di quelli non sapeva niente e poteva solo immaginare io modi terribili in cui se li potesse essere procurati.
-Fai spesso quel sogno? –
-Prima si, ora dormo troppo poco o sono troppo stanca per potermi mettere a sognare. –
-Mi dispiace è colpa mia… -
-Oliver, non c’entri nulla. Volevo aiutarti a trovare Walter e ora voglio aiutarti e basta. Anche se penso che tu abbia una certa passione per la morte. Quello che fai per questa città è ammirevole, sei un eroe e voglio aiutarti come posso. –
-Non sono un eroe. – commentò lui accarezzandole i capelli e fissando il soffitto, mentre si godeva la sensazione delle mani di lei sul suo petto, solitamente non gli piaceva quando qualcuno gli toccava le cicatrici, erano segni che avrebbe dovuto portare con se per sempre e ogni cicatrice era un doloroso ricordo impresso a fuoco nella sua mente che avrebbe voluto dimenticare.
Feliciti smise di seguire le cicatrici e si mosse tra le sue braccia, si alzò per poterlo guardare negli occhi.
- Tu sei un eroe, Oliver. Tu sei il mio eroe e se le persone non se ne rendono conto è solo perchè hanno tradito questa città e hanno paura di te –
-Ho fatto cose orribili. –
-Sei cambiato, stai cercando di cambiare e di migliorare. Oliver nessuno è perfetto tutti dobbiamo migliorare. – Felicity continuava a troneggiare sopra di lui guardandolo fisso negli occhi, lo vide sorridere, un sorriso vero di quelli che faceva raramente, ma che molte volte erano rivolti a lei.
-Tu sei perfetta. – disse lui, arrossì ma non distolse lo sguardo.
-Se fossi perfetta non balbetterei come un idiota ogni volta che ti parlo. –
-Questo fa parte della tua perfezione… adoro sentirti balbettare… - ridacchiò spostando lo sguardo da lui, era così diverso dal solito che gli faceva uno strano effetto, ma se quello era il vero Oliver Queen, capiva perché Laurel non voleva lasciarlo andare, Oliver incarnava tutto quello che le fiabe inculcano alle ragazze fin da piccole, stereotipi di uomini inesistenti o come in quel caso irraggiungibili.
-Fel… - la mano di Oliver risalì lungo la schiena fino ad arrivare alla base del collo, fece una lieve pressione all’altezza della nuca facendole abbassare il volto, un attimo prima Felcity contemplava il soffitto cercando di non credere alle parole del ragazzo, un attimo dopo aveva le sue labbra incollate sulle sue e mentre una mano era appoggiata alla sua nuca, l’altra le avvolgeva i fianchi.
-Non hai idea da quanto sognavo di farlo…Non che io abbia mai fantasticato…  -
-Ad averlo saputo prima, avremmo risparmiato molto tempo… - la interruppe lui prima di ribaltare le posizioni e di tornare a baciarla, adorava sentire le sue sparate, ma in quel momento aveva voglia di fare altro con la sua bocca.
 
 
Continua …
 
Beh che dire, alla fine ce l’hanno fatta, che poi non è nemmeno tanto fine visto che ancora manca molto alla fine.
Ho corso troppo? Può essere, ma in teoria la storia doveva finire tra un capitolo, ma per sostituzione della trama qui la storia continua e ormai questo era scritto quindi, ve lo ciucciate.
Che altro dire. Mmmhhm, niente spero vi sia piaciuto e che commentiate in tanti.
 
APRIAMO UN SONDAGGIO…..
CHI è CHE VUOLE UCCIDERE FELICITY?
Per ora c’è chi ha detto
Carter
lo stupratore
Poi avete altre idee?
 
Prima di chiudere e di darvi la buona giornata vi lascio con una domanda… Come lo vedreste Felicity che manda in bianco Oliver? Si per in bianco intendo che non gliela da! xD
 
Un bacione a domenica.
Mia Black
 
ps
Sono buona SPOILER:
[…]-Mi dispiace Fel… Io, non posso.. Scusami. – se ne andò lasciandola li da sola e sull’orlo delle lacrime, finalmente era arrivata, quella era la frase che aspettava da quella mattina, quello che era successo la sera prima non voleva dire nulla era solo un altro nome sulla sua lista, beh un altro tipo di lista, ma ora era diventata una delle tante[…]
 
Me bastarda? Si lo so! xD A domenica vi voglio bene!

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Capitolo 6
*** capitolo sei: lacrime ***


Buona domenica a tutti!
 
Capitolo 6
 
Qualche ora dopo Felicity si era svegliata nuovamente, Oliver dormiva beatamente sotto di lei, le sua braccia la tenevano per la vita, in una presa possessiva, non voleva credere a quello che era successo solo poche ore prima, Oliver l’aveva baciata e poi… No non poteva pensarci, non voleva dire niente, nell’ultimo periodo si era fatto un numero infinito di ragazze partendo da Helena, Laurel, Isabel e poi tante altre di cui lei preferiva ignorare i loro nomi, lei ora era diventata una delle tante, certo lavorare gomito a gomito sarebbe stato un po’ più difficile, non saltargli addosso mentre si allenava sarebbe diventato estremamente difficile, ma lei era Felicity Smoak e poteva farcela. Presa dai suoi pensieri non si accorse che Oliver si era svegliato e la guardava curioso, visto che non si accorgeva di lui decise di fare qualcosa, la baciò, portandola sotto di se così da non darle l’occasione di scappare, lasciò la sua bocca e scivolò giù lungo la gola tracciando una scia di baci umidi, le mani che si erano fermate sui fianchi scivolarono sotto al sedere per cambiare la sua posizione per poi continuare il loro tragitto lungo le cosce della giovane, sapeva che doveva avere due gambe fantastiche peccato che portasse gonne troppo lunghe per i suoi gusti. Sentì la schiena inarcarsi per andargli in contro e lui strinse la presa sulle sue gambe.
-MMHH! – non era esattamente un gemito di piacere, sembrava più di dolore, smise di baciarla e la guardò, sul volto c’era una piccola smorfia, si accigliò e guardò le gambe, esattamente dove lui aveva la mano un livido anche se vecchio spiccava sulla pelle chiara della bionda, quella notte non si era accorto della sua presenza, ma era troppo scuro per esserne lui la causa.
-Oliver alzati, devo andare a farmi la doccia tra poco devo andare a lavorare. – commentò lei, non avrebbe voluto che lui si accorgesse del livido, ma ormai era troppo tardi, con un colpo di fortuna Felicity riuscì a scivolare fuori dalla presa di Oliver e si chiuse in bagno afferrando il primo vestito che aveva trovato.
Mentre si faceva la doccia Felicity si malediva, avrebbe dovuto fare più attenzione a non farglielo notare, ora non si sarebbe più tolta Oliver di torno avrebbe insistito fino a che lei non avesse confessato e l’ultima cosa che gli voleva dire era come se l’era procurato. Uscì dal bagno pronta per andare in ufficio, aveva afferrato una gonna nera lunga e una camicetta bianca, nel complesso era stata decisamente fortunata con i vestiti. Oliver era seduto sul letto vestito e l’aspettava.
-Direi di andare o il mio capo si arrabbia. – cercò di buttarla sullo scherzo la bionda.
-Il tuo capo è già arrabbiato… - sibilò lui, fortunatamente il cellulare di lui iniziò a suonare e dovette interrompersi per rispondere.
-Si, arriviamo… - chiuse il telefono e lo mise in tasca, quel giorno alla Queen consolidated c’era un importante riunione e lui doveva passare da casa a prendere il cambio, sospirò e si alzò dal letto.
-Il discorso non finisce qui. Andiamo. – uscirono di casa e Oliver le fece cenno di salire sulla moto.
-Ho la mia macchina. –
-Felicity, sono già di pessimo umore. Sali, non farmi usare la forza. – sospirò e salì dietro al ragazzo, viaggiare con la gonna era scomodo come sembrava, anzi forse era più scomodo di quanto sembrava.
 
-Tu aspetta qui! Controlla che non se ne vada arrivo subito! -
Oliver aveva guidato come un pazzo fino a casa sua, sulla porta avevano incrociato Diggle a cui aveva affidato il compito di fare da guardia a Felicity mentre lei gli lanciava sguardi di disapprovazione.
-Che succede? – indagò l’uomo lanciando sguardi a lei e a lui che stava sparendo su per le scale, la sera prima se ne erano andati insieme era stato maligno ma pensava che una volta accompagnata a casa l’avrebbe lasciata sola, invece era rimasto con lei, ma qualcosa non doveva essere andato bene visto che sembrava furioso.
-Niente, quel ragazzo è ansioso. – rispose lei senza guardarlo. Diggle sorrise, era successo qualcosa tra quei due era lampante.
-Si sapeva già. Per cosa si è arrabbiato? –
-Un livido, okay? Si è arrabbiato perché ho un livido. – non voleva dirglielo, anche perché ora avrebbe dovuto rispondere anche alle sue domande e già erano di troppo quelle di Oliver.
-Felicity, cosa mi nascondi? –
-Niente! – veloce, troppo veloce, forse però, non per i suoi standard, ma il fatto che era arrossita come una mela matura avvalorava l’ipotesi dell’uomo: doveva essere successo qualcosa tra quei due.
-Certo e io sono il proprietario di questa casa. – buttò li Diggle.
-Non sei simpatico… Stai zitto sta tornando! –
-Felicity, sputa il rospo… si è dichiarato alla fine?! – quella doveva essere una battuta, ma vista la reazione di lei, il viso rosso, gli occhi sbarrati, capì che non c’era poi andato così lontano.
-Oh mio Dio! Finalmente è successo! –
-Diggle! – i passi rapidi di Oliver li fecero zittire.
-Andiamo o faremo tardi. – Oliver prese per mano Felicity e uscì di casa portandosela dietro, lei guardò sorpresa prima la mano e poi Diggle il quale ridacchiava per la piega che aveva preso la situazione. In macchina nessuno parlava, Diggle guardava i due, Oliver fissava fuori dal finestrino pensieroso, Felicity invece guardava nella direzione di Diggle mordendosi il labbro, stava cercando disperatamente una via d’uscita.
-Tieni. – Felicity in un attimo di coraggio allungò un inserto a Oliver, all’interno c’erano tutti i dati e le informazioni che doveva sapere per la riunione, il ragazzo prese l’inserto trattenendole però la mano tra le sue.
-Mi vuoi rispondere? – chiese non sembrava particolarmente insistente, ma il suo sguardo era serio.
-Non mi sembra il caso, stiamo andando a lavorare, tu hai una riunione importante e io devo rispondere al telefono… - fece lei rifilandogli una frecciatina per il suo nuovo impiego, odiava quel lavoro, si certo ora lavorava a due passi da lui e poteva sbirciarlo attraverso il vetro, ma lei adorava il suo vecchio lavoro.
-Felicity ne abbiamo già parlato, non posso scendere di diciotto piani per parlare con te e non posso continuamente farti chiamare in ufficio. – Felicity decise di non rispondere per evitare di peggiorare la situazione, Oliver era già arrabbiato con lei per via del livido non occorreva mettere altri motivi per farlo arrabbiare.
-Siamo arrivati. – il palazzo della Queen consolidated si ergeva davanti a loro, Diggle scese rapidamente nei parcheggi sotto il palazzo e tutti e tre salirono nelle stesso ascensore, arrivati all’attico Felicity prese posto alla sua scrivania mentre Oliver si chiudeva in ufficio a studiare i fogli che lei gli aveva dato poco prima in macchina.
Diggle era rimasto fuori dall’ufficio occupava una scrivania in un angolo nascosto dal quale però aveva un ottima visuale di tutto quello che accadeva all’interno dell’ufficio e dell’ascensore. Quel giorno trovava particolarmente divertente fissare Oliver e Felicity, non che fosse mai noioso fissare i due, ma quel giorno c’era qualcosa di strano tra i due, solitamente era Felicity che trovava intenta a fissare Oliver, invece ora, era Oliver a fissare Felicity con la speranza di incrociare lo sguardo di lei, ma la bionda neosegretaria era indaffarata al pc e faceva di tutto pur di ignorare il giovane che continuava a guardarla.
-Felicity, mi serve che sistemi queste cose. – Oliver era uscito dall’ufficio e le aveva allungato una serie di fogli, facendola sobbalzare.
-Okay. –
-Mi vuoi dire come te lo sei fatto? – provò Oliver trattenendo i fogli costringendo così la giovane ad alzare lo sguardo.
-Oliver… Siamo a lavoro e la tua adorata Isabel Rochev ci sta guardando. – spostò lo sguardo verso le sue spalle la sua socia li stava guardando.
-Non è la ma adorata… Non significa niente te l’ho detto… -
-Si, vai, la tua riunione aspetta solo te. Muoviti. – prese i fogli e si mise a guardarli, mentre Oliver ruotava gli occhi e se ne andava, le cose si erano decisamente complicate, lui era arrabbiato, lei sembrava infastidita e ferita anche se cercava di non darlo a vedere.
Felicity stava sistemando i fogli che Oliver le aveva chiesto di sistemare, mentre era al telefono ad organizzare una festa per trovare nuovi investitori come le era stato chiesto da Isabel Rochev, stava per mettersi a litigare con la ragazza dell’organizzazione che sembrava non volerla ascoltare, quando un movimento sbagliato fece volare i foglia a terra facendola sibilare frustrata.
-No. No.NO! Non va bene così! La signorina Rochev ha detto chiaramente, no. – sibilò al telefono. Stava per diventare matta, quella mattina la giornata era iniziata bene, stava per diventare perfetta, quando ovviamente tutto era andato in frantumi. Chiuse la chiamata e qualcuno appoggiò una tazza di caffè sul suo tavolo insieme ai fogli che le erano voltati.
-Grazie. –
-Stai bene? Sembri a pezzi. – Diggle era comparso con il suo solito tempismo e le stava regalando un ancora di salvataggio.
-Odio questo lavoro! – sibilò lei sorseggiando il caffè appena portatogli dell’amico.
-Felicity? –
-Niente, veramente, sono solo stanca. –
-Okay. Ma sappi che Oliver non ti stacca gli occhi di dosso, qualunque cosa sia accaduta tra voi è chiaramente concentrato su di te.-
-Grazie, questo mi aiuterà molto a calmarmi. Diggle! Abbiamo un problema. – un suono acuto uscì dal computer e lo schermo si oscurò richiedendo una password, Felicity digitò il lunghissimo codice di accesso e il programma si aprì.
-Che succede? –
-Il localizzatore che ho messo sul telefono dello stupratore si è avviato.- commentò lei, ormai aveva perso le speranze di riuscire a fermarlo. Era uscito dal raggio d’azione del localizzatore, se fosse stato furbo sarebbe stato lontano da quella città per il resto della sua vita, ma a quanto pareva la loro città gli piaceva particolarmente.
-Qualcuno sarà veramente dispiaciuto da questa notizia... – commentò divertito Diggle, dopo quello che era successo a Felicity quell’uomo era stato il pallino di Oliver, voleva toglierlo dalla circolazione, ma purtroppo avevano perso le tracce con sua grande frustrazione.
-Sarcasmo, non è il giorno giusto oggi. – lo riprese Felicity, sapeva benissimo anche lei che Oliver si era particolarmente accanito contro quell’uomo, ma lei avrebbe preferito che restasse fuori dal campo d’azione di Arrow così che Olvier non si trovasse faccia a faccia con la fonte della sua rabbia.
-Felicity…-
-Quando il capo esce dirglielo te, io intanto lo seguo con il localizzatore... –
-Perché non glielo dici te? –
-Dire cosa a chi? – Oliver era comparso davanti a loro e si era fermato guardandoli accigliato, li aveva visti ridacchiare insieme e si era sentito escluso, avrebbe voluto ridere anche lui con loro, poi aveva visto i due accigliarsi e avvicinarsi allo schermo, chiaro segno che qualcosa non andava, così con una scusa idiota si era alzato ed era andato a controllare.
-E’ tornato l’amico di Felicity. – commentò Diggle credendo di essere simpatico, ma ottenendo solo un calcio dalla giovane.
-Chi? – non aveva tempo, ma soprattutto non aveva voglia di stare dietro ai giochini di Diggle.
-Lo stupratore, il localizzatore che gli ho messe nel telefono è tornato funzionante e lo colloca in città, più precisamente nei pressi del club. – precisò lei finendo di triangolare l’esatta posizione.
-Non perdere le sue tracce, stasera passerò a fargli visita. – annunciò soddisfatto, erano giorni che sperava che tornasse in città così da metterlo fuori gioco, aveva messo le mani addosso a Felicity e questo era una cosa che non poteva lasciar correre.
-Oliver perché Isabel ti sta guardando furiosa? Ha sempre quella faccia, ma sembra ci voglia uccidere, o almeno voglia uccidere Felicity. –
-Devo tornare in riunione. Tu controllala. – aggiunse indicando la bionda a Diggle per poi tornare in sala riunioni.
-Okay, è veramente protettivo con te oggi. –
-Diggle, dacci un taglio. Si alzò dalla sedia e punto verso l’ascensore.
-Dove vai? – le chiese lui.
-Devo incontrare una persona. – gli occhi di Oliver seguirono Felicity poi passarono su Diggle e gli fece segno di andare con lei. Diggle raggiunse Felicity ed entrò con lei nell’ascensore.
-A quanto pare ora sono la tua guardia del corpo, devo iniziare a chiamarti signora Queen? –
-Diggle. –
 
Il resto della giornata i due non si incrociarono più, Oliver finita la riunione tornò nel suo ufficio a firmare scartoffie e a cercare di non far fallire definitivamente la sua azienda. Felicity invece rimase tutto il giorno bloccata con l’organizzatrice di eventi e Isabel a pianificare l’evento per cercare nuovi investitori, sotto stretto controllo di Diggle che non la perdeva di vista.
 
A tarda sera i tre si ritrovarono in ascensore pronti per andare al covo dove avrebbero pianificato come fermare lo stupratore.
-Diggle, fermiamoci a comprare qualcosa da mangiare prima di andare alla vecchia fabbrica. –
Diggle si offrì di scendere lui a prendere da mangiare per tutti, così da lasciare soli i due, magari si sarebbero chiariti, qualunque cosa avessero da chiarire.
-Sei stanca? -  chiese Oliver passandole una mano sulla guancia, tutta quella dolcezza non era da lui, lo sapeva benissimo da solo, ma ogni volta che guardava Felicity si sentiva in dovere di proteggerla, non era una ragazza come le altre, era dolce e molte volte un po’ ingenua e lui l’aveva coinvolta in quella cosa mettendola in pericolo, lei era l’unica cosa pura che era rimasta a Starling city e avrebbe fatto di tutto per mantenerla in quel modo.
-Un po’. Isabel si è messa ad urlare come una scimmia. Ti ho mai detto che odio il mio nuovo lavoro? – lui sorrise non aveva mai visto la sua socia perdere le staffe, ma Felicity sembrava essere la causa principale delle sue sfuriate, forse dipendeva dai pettegolezzi che giravano su di loro alla Queen consolidated.
-Si, me l’hai già detto… Felicity, il fatto che mi basti alzare gli occhi per essere sicuro che tu stia bene, mi permette di convivere tranquillamente con il tuo odio nei miei confronti per averti cambiato lavoro. – lei lo guardò, quella non era la prima cosa carina che le diceva, le aveva dimostrato in molti modi di tenere alla sua incolumità, ma faceva sempre piacere sentirselo dire.
-Non ti odio per avermi cambiato lavoro, ma sappi che vorrei ucciderti almeno per otto ore al giorno perché lo hai fatto! – i due si sorrisero, poi tornarono in silenzio.
-Fel, farò in modo che non possa far del mane a nessuno. –
-Non ho dubbi, solo, non perdere te stesso per causa mia. Non di nuovo. – l’unica paura di Felicity era che Oliver si arrabbiasse con lo stupratore per aver provato a farle male e lo uccidesse per questo, lui non doveva più farlo,non ne valeva la pena.
Diggle tornò e i due interruppero la loro conversazione.
-Posso dire che oggi siete più strani del solito? – i due lo guardarono in silenzio.
-Capito, andiamo al covo. –
 
Sazi e pronti all’azione ognuno prese il proprio posto, Felicity al computer, Oliver vestito e con l’arco in mano, pronto ad andare a sistemare il loro “amico”, Diggle invece era appoggiato alla scrivania e guardava Oliver, ancora non era stato deciso se lui dovesse coprirgli le spalle o restare a fare la guardia a Felicity.
-Bene ci vediamo tra poco, non ci vorrà molto. –
-Non dirlo porta sfiga! – commentò Felicity girando la sedia dove era seduta davanti al pc per poterlo guardare in faccia.
-Diggle tu rimani qua. –
-Bene, stai attento. -
-A dopo… - aveva appena passato la porta che Felicity si alzò dalla sedia e gli corse dietro fermandolo.
-Oliver! – lui si voltò e torno su i suoi passi sorpreso e curioso di sapere cosa fosse successo.
-Promettimi che non farai nulla di stupido. – lo implorò lei.
-Felicity… -
-Promettimelo! – lui le sorrise cercando di rassicurarla, ma non poteva darle ciò che gli stava chiedendo.
-Mi dispiace Fel… Io, non posso.. Scusami. – se ne andò lasciandola li da sola e sull’orlo delle lacrime, finalmente era arrivata, quella era la frase che aspettava da quella mattina, quello che era successo la sera prima non voleva dire nulla era solo un altro nome sulla sua lista, beh un altro tipo di lista, ma ora era diventata una delle tante, tornò al computer, inutile fingere, aveva provato a fermare le lacrime, ma quelle stupide scendevano infischiandosene del fatto che lei le avesse appena asciugate.
-Felicity che è successo? – Diggle la guardò preoccupato.
-Niente… - iniziò a seguire i due punti sullo schermo, uno rosso e uno verde, quello rosso era il nemico di turno, quello verde era ovviamente Oliver, quando il rosso iniziò a muoversi Felicity passò l’auricolare a Diggle indicandogli il computer, non poteva parlare con Oliver in quello stato, era in missione e non poteva avere una ragazza in lacrime a dargli le indicazioni, ma soprattutto non voleva che lui sapesse che stava piangendo, era stata lei la stupida ad innamorarsi, lui glielo aveva detto non si sarebbe mai fatto coinvolgere da qualcuna a cui poteva affezionarsi veramente.
-Oliver si sta spostando! – fece Diggle, aspettando che Oliver rispondesse.
“Okay, dove?”
-Sta andando vero il centro, aspetta. Felicity guarda… Brava ragazza. – Felcity aveva già presentato un percorso alternativo che avrebbe fatto si che Oliver tagliasse la strada allo stupratore.
“Perché non è Felicity a darmi le indicazioni? Passami Felicity.” chiese il ragazzo ad un certo punto, non che non si fidasse dell’amico, ma sentire la voce della ragazza lo tranquillizzava quando faceva gli inseguimenti. Diggle la guardò, lei scosse la testa, stava ancora piangendo anche se silenziosamente, se avesse aperto bocca la voce non sarebbe uscita normalmente e  Oliver doveva rimanere concentrato.
-Non ci pensare ora. Sta svoltando a destre stai attento.-  Diggle non sapeva come fare a cambiare discorso, Oliver era preoccupato per la ragazza, non era stupido aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
“Visto. Diggle, cosa sta succedendo?” quella situazione iniziava ad agitarlo, Felicity che non parlava era un problema.
-Non ti deconcentrare Oliver, un problema alla volta, ora il tuo bersaglio.-
“Dannazione! Felicity di qualcosa!” sembrava veramente frustrato dal silenzio della giovane. Ma quella scosse ancora la testa ed uscì rapidamente dal covo, aveva bisogno di una boccata d’aria fresca.
-E’ uscita Oliver. – sospirò pesantemente, pregando che non facesse niente di stupido.
“Che accidenti le è preso?”
-Non lo so, senti finisci li e non farti uccidere. Io vado da lei.-
“Fai che non si cacci nei guai per favore.”
-Ci penso io. Buona fortuna.-
Felicity era seduta sui gradini dell’uscita di emergenza del Verdan, si stava asciugando gli occhi mente contemplava il cassonetto della spazzatura.
-Mi vuoi dire che succede?- Diggle le si era seduto accanto, non aveva più voglia di scherzare, qualunque cosa fosse successa se la faceva piangere doveva essere seria.
-No… -
-Felicity, ti puoi fidare, non andrò a dirlo a nessuno.-
-Mi prenderai per un idiota se te lo dico.- si lamentò lei.
-No non lo farò. Dimmi. –
-Sono andata a letto con Oliver. – l’uomo la fissò stupido, non era possibile, finalmente quei due ci erano riusciti, presto avrebbe nevicato ad agosto, la fine del mondo doveva essere vicina, Oliver Queen e Felicity Smoak, ecco anche il motivo per cui Oliver quel giorno era così strano e apprensivo nei suoi confronti ed ecco perché lei era così nervosa, ma questo non spiegava le sue lacrime.
-E piangi per questo?-
-Quando eravamo in Russia, passai da Oliver perché dovevamo venire a prendere te, trovai Isabel che usciva dalla sua stanza, provò a giustificarsi, ma non mi interessava, non era una novità, Oliver cambia ragazza facilmente, solo mi chiedevo perché Isabel Rochev. Quando siamo tornati mi disse che non significava niente, che visto la vita che conduce non voleva stare con qualcuna a cui poteva veramente affezionarsi. – si morse le labbra e distolse lo sguardo mentre Diggle la tirava a se per abbracciarla.
-Okay, ma il comportamento di lui oggi non credi che smentisca queste parole? Che io ricordi non ho mai scortato Isabel da nessuna parte. – Felicity ridacchiò immaginando la scena di Diggle che scortava Isabel, la cosa era assurda.
-Voglio andare a casa… - ammise Felicity, era stata una lunga giornata e la notte precedente non aveva dormito molto.
-Ti accompagno. – si propose subito Diggle, se l’avesse mandata a casa sola, prima di tutto non se lo sarebbe mai perdonato lui, ma poi Oliver l’avrebbe ucciso trafiggendolo con una serie di frecce assicurandosi che soffrisse.
-Non ce né bisogno. –
-Felicity, sei a piedi io non ti lascio andare da sola. Forza, prendi la roba e chiudi giù.-
-Va bene… - rientrò nei sotterranei mentre lui contattava Oliver, se si muovevano era meglio avvertirlo o si sarebbe arrabbiato.
“Che succede?”
-Niente di grave, la porto a casa, hai bisogno di una mano?- si informò.
“No ho fatto, è stato messo fuori gioco, la polizia sta arrivando. Passo a cambiarmi e vengo a casa di Felicity. Rimani con lei finchè non arrivo.”
-Bene.- chiuse la telefonata giusto in tempo per il ritorno di Felicity.
-Eccomi. Parlavi con Oliver? –
-Si ha fatto, vuoi aspettarlo? –
-No, voglio andare a casa. –
-Allora andiamo. –
-Sta bene?-
-Si, tranquilla.-
 
 
Arrivati a casa Felicity si buttò sul letto sperando di prendere sonno, aveva provato a mandare via Diggle, ma quello non ci era mosso di mezzo millimetro, così aveva rinunciato e si era chiusa in camera, una volta addormentata se ne sarebbe andato.
 
 
Continua….
 
Ecco il nuovo capitolo, un po’ mi dispiace lasciarvi così. Ma si tanto mercoledì arriva presto. Oliver è tenerissimo ammettiamolo, però quell’uscita se la poteva risparmiare. Che ne pensate? Vi è piaciuto? Commentate dite cosa ne pensate che sono veramente curiosa.
Ho diviso quello che ho scritto per ora e con un rapido calcolo la storia dovrebbe avere circa 15 capitoli, è un calcolo approssimativo intendiamoci, tanto per farvi capire che è un ONE SHOT -.- (visto che ero partita con quella intenzione) che altro? mmmhh ah si sono negata per finire le storie quindi quando arriveremo alla fine non ammazzatemi grazie!

Il sondaggio su chi vuole uccidere Fel vede in gara
Slade
Stupratore (povera bestia è stato arrestato)
Carter (anche se povero è sparito ultimamente forse è il caso che compaia di nuovo)
Il ragazzo della foto (il più gettonato per ora)
 
La volete la frase Spoiler? Noooo vero, vi viene l’angoscia ogni volta che ve la metto. Quindi questa volta evito.
 
Okay metto solo una frase:
-Bene allora fuori da casa mia. –
 
Un bacio Mia Black

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Capitolo 7
*** capitolo 7: contrattazioni ***


Eccomi con un aggiornamento lampo FLASH! xD *me rotola* (sarà un caso o no che ho messo sto nome? U.U *rotola ancora di più*)
Dicevo, aggiornamento veloce, sto per andare a lavoro ma prima non poteva mancare il nuovo capitolo.
Buona lettura ci vediamo in fondo al capitolo
 
Capitolo 7
 
Oliver viaggiava sulla sua moto diretto verso il covo. Quando era andato via sapeva che Felicity si sarebbe preoccupata, ma non poteva prometterle che non avrebbe fatto qualcosa di stupido, quando aveva visto lo stupratore l’istinto di ucciderlo a pugni aveva quasi prevalso su di lui, quello schifoso aveva messo le mani addosso alla sua Felicity non poteva perdonarglielo, ma ora la cosa che lo preoccupava di più era scoprire il motivo per cui la bionda non gli voleva parlare, non sentirla balbettare al suo orecchio mentre era in missione lo aveva agitato, la sua voce aveva il potere di calmarlo e di farlo stare lucido, il fatto che fosse Diggle a dargli le indicazioni l’aveva veramente preoccupato, ora voleva solo andare da Felicity e assicurarsi che tutto andasse bene.
-Diggle siete a casa?-
“Si.”
-Sono arrivato aprimi! – salì di corsa fino ad arrivare al pianerottolo, sulla soglia trovò Diggle pronto ad affrontare un possibile pericolo, sapeva che poteva contare su di lui.
-Come sta? – si informò subito lui.
-Sta bene, dovete parlare e tu devi essere sincero. – gli disse serio l’uomo.
-Che accidenti stai dicendo? –
-Oliver, ti piace Felicity, diglielo, non fare il cretino, la difenderemo da chiunque proverà a farle del male e questo vale anche per te, se le fai del male te ne farò pentire. – era serio non stava scherzando, anche lui si era affezionato alla bionda informatica e non voleva vederla soffrire.
-Ti ha detto…-
-E’ in camera sua. Vai da lei. Vi passo a prendere domani mattina. – Diggle se ne andò, sicuramente da Layla, da quando l’avevano salvata in Russia i due facevano di nuovo coppia fissa, ma non aveva tempo per pensare a lui, chiuse la porta e andò verso la camera di Felicity, la porta era chiusa quindi bussò aspettando che lo invitasse ad entrare.
-Vai via Diggle, sto bene non tenterò il suicidio. – la sentì borbottare attraverso la porta, si accigliò per quale motivo doveva tentare il suicidio, aprì la porta ed entrò, la individuo subito sul letto, stesa a pancia in giù con la testa seppellita nel cuscino, si sedette accanto a lei e le accarezzò la schiena.
-Andiamo Diggle, non ti sei stancato di vedermi piangere. – esclamò lei voltandosi, il viso di Oliver si fece ancora più serio e preoccupato, due lacrime scivolavano lungo le guance di lei mentre i loro occhi si incrociavano.
-Perché stai piangendo? – aveva un nodo alla gola, il panico lo invase, non capiva perché stesse piangendo, la vide asciugasi le lacrime con la mano rapidamente.
-Che ci fai qua? – domandò dandosi mentalmente della stupida per non aver pensato a quella rara eventualità che lui potesse andare da lei, ma nella sua testa quell’ipotesi non si era nemmeno formata, era sicura che sarebbe andato da Laurel.
-Felicity rispondimi, perché piangi? – chiese di nuovo, i suoi occhi blu la fissavano intensamente e con una sfumatura di tristezza e senso di colpa.
-Niente, mi era entrata della polvere in un occhio. – si affrettò a dire lei.
-E’ per questo che non mi parlavi prima? Stavi piangendo? Piangi per colpa mia?- questa volta non avrebbe mollato, sarebbe riuscito a farsi dire quello che stava succedendo, non poteva sopportare di vederla piangere.
-Perché sei qua? –
-Dove dovrei essere? Felicity. Ti prego, dimmi perché piangi…-
-Sono una delle tante.- le lacrime erano tornate a rigarle il volto, non lo stava guardando, ma almeno aveva detto qualcosa, anche se non capiva cosa volesse dire.
-Che stai dicendo? Di chi? –
-Per te, sono solo un altro nome da aggiungere a quelle che sono venute a letto con te, ma che non hanno nessun valore. – eccolo finalmente il motivo, lei credeva di essere una delle tante.
-Felicity, secondo te ho fatto scortare chiunque da Diggle? – lei rise ripensando alle parole che lo stesso Diggle le aveva detto poco prima.
-So a cosa stai pensando: a quello che ti ho detto tornati dalla Russia, ma se non ti dicevo così tu non ti saresti allontanata e io non avrei resistito a lungo, anche se alla fine non ho resistito lo stesso. Fel sei perennemente nei miei pensieri, sei troppo importante perchè possa succederti qualcosa, se qualcuno ti facesse male io non credo che riuscirei a sopportarlo. –
-Allora perché prima… - chiese lei.
-Prima non potevo prometterti che non avrei fatto sciocchezze, quel viscido ti aveva messo le mani addosso. Io ero arrabbiato e non so cosa avrei potuto fare, ti ho chiesto scusa...-
-Pensavo ti scusassi, per avermi fatto illudere. – i due si guardarono e Oliver rise, era stato tutto un grandissimo malinteso, la tirò a se e la baciò, non ci sarebbero state parole abbastanza convincenti per farle capire quanto lui la volesse nella sua vita, non solo come segretaria o come braccio destro nelle sue missioni, lui la voleva sempre e in qualunque momento.
-Oliver… - sospirò mentre lui le torturava il collo.
-Non pensare nemmeno per un momento che tu sia una delle tante. – la fece stendere sul letto e lui le si stese sopra cercando di non gravare col suo peso su di lei.
-Aspetta! – lo fermò lei cercando di alzarsi, lui la guardò sorpreso, nessuna ragazza l’aveva mai fermato mentre la stava baciando.
-E non fare quella faccia, prometti! – fece lei cercando di essere minacciosa.
-Cosa? Che non sei una delle tante? – domandò lui sorridendo divertito, lei sbuffò roteando gli occhi, uomini non capivano mai nulla al volo.
-No! Che non farai stupidate per colpa mia! –
-Non ci penso nemmeno. – rispose accigliandosi.
-Bene allora fuori da casa mia. – cercò di spingerlo via, ma anche se spingeva con tutta la sua forza il ragazzo non si muoveva di mezzo centimetro, ridacchio e si lasciò andare schiacciandola completamente contro il materasso e riprendendo a baciarle il collo.
-Oliver, devi promettermelo… - mugolò cercando di non lasciarsi andare alle sensazione che quelle labbra sul suo collo le davano.
-Okay, lo prometto, solo se anche te mi prometti che non farai cose stupide. – i due si fissavano negli occhi era un ricatto bello e buono.
-Io non faccio cose stupide. – ribattè lei sicura, passava la sua giornata davanti al pc non c’era modo che facesse cose stupide.
-Non fai cose stupide? Devo per caso ricordarti del tuo tentativo di abbordaggio dello stupratore mezza nuda?- rispose lui irritato da quel ricordo, ripensare a lei che entrava al Verdan in quello stato lo faceva impazzire, gli ci erano voluti giorni per smaltire la rabbia.
-Quel vestito ti ha veramente colpito vedo. –
-Si vedeva tutto!-
-Non tutto, il livido non l’hai visto. –
-Te l’ha fatto lui?-
-Non credo l’abbia fatto di proposito, quando gli ho tirato il calcio ho sentito male anche io è successo per caso. Non ti arrabbiare Oliver. Comunque l’unica cosa stupida che ho fatto io è andare a letto col mio capo, mentre tutto l’edificio pensa che io e lui abbiamo una tresca. –
-Lo sai anche te? –
-Molte mie ex college con poco tatto sono venute a chiedermi se era vero e poi, la tua adorata Isabel mi ha detto cosa pensa di me e delle mie gonne. – aggiunse lei.
-Le tue gonne non sono poi così corte gliel’ho già detto. –
-Quando? –
 -In Russia, appena atterrati, mi ha accusato di usare il jet aziendale per fare bisboccia con te, il che sarebbe un idea... Comunque andare a letto col tuo capo è la cosa più intelligente che tu potessi fare. Andare a letto con freccia verde invece è una cosa molto stupida. –
- Facciamo così, io prometto di non fare più da esca senza che tu mi copra le spalle… -
-No tu non farai più da esca e basta. – la corresse lui.
-Dicevo: senza che tu mi copra le spalle e tu prometti: prima di tutto di non andare a letto con nessun altra. – rise a quell’uscita, ora che aveva lei con chi avrebbe dovuto andare a letto?
-Felicity… -
-Zitto non ho finito, ma soprattutto prometti che non farai cose stupide! –
-Tipo? –
-Uccidere se non in casi estremi e per estremi intendo tu bloccato senza via di uscita con un arma puntata addosso, non voglio che tu ti perda di nuovo, e poi… -
-Ci sono troppe cose da promettere… - commentò divertito tornando a baciarle il collo e iniziando a scendere verso i seni.
-No aspetta non ho finito… mmmhh Oliver non vale! – sospirò lasciandosi andare, al diavolo le condizioni le avrebbe dettate domani mattina ora voleva le labbra di Oliver ovunque sul suo corpo, inarcò  il bacino cercando di avvicinarsi ancora di più a Oliver, cosa impossibile visto che il ragazzo era steso contro di lei. Rapidamente la privò della felpa e della canottiera, ora l’unico ostacolo che c’era per arrivare al suo seno era il reggiseno in pizzo nero e rosa, lentamente fece scivolare una spallina lungo il braccio, mordicchiò, leccò e baciò ogni centimetro della sua pelle, la sera prima erano andati troppo velocemente per i suoi gusti, ora se la sarebbe gustata con calma.
Nel frattempo anche Felicity si era data da fare senza sapere come era riuscita a togliergli il golf e la maglia in un unico colpo e a ribaltare la posizione, ora era lei a troneggiare su di lui, seduta a cavalcioni selle sue gambe si godeva l’espressione sorpresa di Oliver.
-Come diavolo ci sei riuscita? –
-Ho i miei trucchi caro Arrow! – bisbigliò lei andando a conquistare le labbra di lui, poi scese a baciargli il petto, si fermava su ogni cicatrice e lasciava un soffice bacio, lo sentì irrigidirsi quando baciò la prima, poi i muscoli si rilassarono e lei proseguì.
-Ti da noia? – gli chiese, non voleva fare qualcosa che lo turbasse.
-Niente di quello che fai mi da noia, vieni qui. – tornarono a baciarsi, avidi di quelle sensazioni, Felicity sganciò i jeans di Oliver.
Quella notte fecero l’amore più volte scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo sull’altro, alla fine stremati si addormentarono abbracciati.
 
Continua
 
OH che bello fare pace in questo modo! Alla fine però non lo manda via di casa, o meglio non si fa buttare fuori che peccato. Che dolce Oliver che si preoccupa così tanto per Felicity, peccato che poi sia un cretino <.< (ops spoiler… xD )
 
Volevo già dirvelo, nella storia ci sono accenni, più o meno velati a frasi che dicono nel telefilm, qualcuno nello scorso capito infatti ha notato il commento che ho fatto dire ad Oliver sulle gambe di Felicity e sulle sue gonne xD  ammetto, non sono casuali, sono tutti voluti e alcuni anche cercati tornando a vedere le puntate per assicurarmi di non stravolgere le frasi o di dire le giuste parole, me malata lo so, nessuno sano di mente va a ricercare le parole esatte e le rigira a suo piacere, alla fine mi piacerebbe rimanere fedele al telefilm il più possibile.
 
Come avrete notato a questo giro non ho mandato il messaggio dicendo che ho aggiornato e da ora in poi non lo farò più, ma spero che continuerete a recensire, tanto lo sapete che sono brava e che aggiorno a cadenze regolari, anche se sto prendendo in considerazione di tornare a una sola pubblicazione a settimana, ma questo è ancora da decidere, non vi preoccupate. Quindi mi raccomando il mercoledì e la domenica (per ora) si pubblica! Quindi si recensisce! xD
Sto prendendo in considerazione anche di togliere lo spoiler, vi fa venire veramente l’ansia ragazze/ragazzi. Ditemi voi, lo volete sempre? Per oggi lo metto prossima settimana si starà a vedere. Ditemi voi le volete le frasi spoiler?
 
Frase spoiler:
[…]-Ti odio.- bisbigliò lui […]
[…] -Anche io! […]
 
Mia Black
 
Per ora in sto buttando giù il 20° capitolo, vi interessa come informazione? (Ma sto per finire per la vostra gioia!)
Un bacio a domenica

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Capitolo 8
*** capitolo 8: dolce risveglio ***


Eccomi scusatemi, ma ieri sera ho fatto tardi e stamani il letto non voleva lasciarmi andare.
 
Capitolo 8
 
Il mattino dopo Felicity si svegliò infastidita da qualcosa, aprì un occhio e vide king che la guardava a pochi centimetri dal suo viso, il suo bel gattone era geloso delle attenzioni che riservava al nuovo ospite, cercò di stiracchiarsi, ma Oliver la stringeva da dietro e la teneva appiccicata a lui, si limitò ad allungare una mano e ad accarezzare il micio che poco dopo si stese accanto a lei facendogli le fusa. Si girò rimanendo all’interno della presa/abbraccio di Oliver e si mise ad osservare il ragazzo che dormiva, non le sembrava vero quello che era successo, non avevano ancora definito cosa erano, amanti, fidanzati, semplici amici che andavano a letto insieme, ma era riuscita a fargli ammettere che lei era importante e questo voleva già dire molto.
-Dormi è presto. – lo sentì borbottare mentre cambiava posizione e si voltava verso di lei tirandola ancora più vicina a se.
-Veramente è tardi, tra poco suonerà la sveglia e io mi devo alzare o il mio capo mi licenzierà. –
-Non ti preoccupare per il tuo capo, sono convinto che sarà interessato alle tue argomentazioni. – rispose sogghignando passando la mano sulla sua gamba.
-Ci sono già abbastanza pettegolezzi alla Queen consolidated. –
-Se sapessero come abbiamo passato la notte i pettegolezzi diventerebbero molti di più. –
-Forza in piedi, io vado a farmi la doccia.-
-Aspettami vengo con te. –
-Non ci pensare, invece di fare in cinque minuti ci staremmo tutta la mattina. Te la fai dopo! – scivolò fuori dal letto e si chiuse in bagno ridacchiando per la faccia di lui.
 
Felicity preparò la colazione mentre aspettava che Oliver uscisse dalla doccia. Entrò in cucina con un completo scuso, i jeans e la maglia che aveva il giorno prima erano stati sostituiti con una camicia bianca e la giacca, da dove saltavano fuori quei vestiti?
-Non abbiamo tempo per passare da me. – le disse lui, lei sorrise e si avvicinò con in mano una tazza di caffè , lui fece per prenderla ma lei tirò in dietro la mano, lo prese per la cravatta e lo tirò verso di lei per baciarlo, lui sorrise a quel gesto ma la lasciò fare, avvolgendole i fianchi con un braccio tirandola a se per approfondire il bacio.
Il caffè che era nella tazza si rovesciò a terra e i due dovettero staccarsi.
-Ti sei bruciata? –
-No. – il liquido caldo fortunatamente non era caduto sulla sua mano, ma aveva fatto un bel laghetto ai loro piedi, doveva ricordarsi di non baciarlo quando aveva in mano liquidi caldi.
-Fai colazione io vado a prendere qualcosa per pulire. –
Tornò con uno straccio per asciugare, Oliver era appoggiato alla cucina con in mano due tazze fumanti, ne prese una sorridendogli.
-Sembriamo una vecchia coppia sposata.- lo prese in giro lei.
-Se quello che abbiamo fatto stanotte lo faremo anche quando avremmo ottantenni sarò il vecchio più felice della terra. -
-Idiota! – si baciarono ancora, entrambi sembrava non potessero farne a meno, più si baciavano più baci volevano.
-Pronta? E’ arrivato Diggle a prenderci. -
 
-Buongiorno! – li salutò Diggle guardandoli avvicinarsi all’auto, Oliver aprì la portiera a Felicity e la fece salire per prima, la situazione era decisamente migliorata.
-Ciao Diggle. – lo salutò lei sorridendogli radiosa.
Partì in silenzio Oliver aveva appoggiato la mano sul ginocchio di lei, mentre lei controllava il suo ipad e scorreva rapidamente gli impegni che Oliver aveva quel giorno.
-Hai un appuntamento con Blood. – lo avvertì lei, quell’uomo le stava antipatico, ma si guardava bene dal dirlo, quasi tutti i politici o chi comunque intraprendeva quella strada era un viscido e lui per lei non faceva differenza.
-Felicity, non mi interessa ora… - le disse lui sfilandole il computerino dalle mani e conquistandosi le sue labbra in un momento di distrazione.
-Finalmente! – sogghignò Diggle dal posto di guida godendosi la scena dallo specchietto retrovisore.
-Diggle! –
-Sarà divertente a lavoro, chissà quanti altri pettegolezzi si formeranno. –
-Non sei simpatico! Oliver, Diggle ha ragione, non possiamo continuare ad andare a lavorare insieme e soprattutto non voglio che Isabel pensi di aver avuto ragione…. E poi… -
-SSHHH… - la zittì lui baciandola, non gli importava dei pettegolezzi e per quanto riguardava Isabel poteva anche andarsene al diavolo.
-Oliver basta! Abbiamo ancora un discorso in sospeso io e te, non me ne sono dimenticata. Se tu non prometti io non prometto. – lo minacciò lei, la guardò accigliato e arrabbiato.
-Promettere cosa? – chiese Diggle curioso parcheggiando l’auto sotto la Queen consolidated.
-Pensaci e quando sarai pronto a trattare sai dove trovarmi. Ah per la cronaca, non provare a fare nulla di stupido in ufficio o ti uccido! – Felicity scese dall’auto e salì sull’ascensore diretta verso l’attico.
Accese la sua postazione e iniziò a sistemare le scartoffie che erano già state appoggiate sulla sua scrivania, Oliver ancora non era salito sicuramente aveva trovato qualcuno con cui parlare, al contrario Isabel era arrivata e puntava dritta verso di lei con la sua solita espressione furiosa, la squadrò da capo a piedi con disappunto e lei non potè fare a meno di sorriderle raggiante, aveva tirato fuori un vestitino rosso che le arrivava a metà coscia, il bello del vestito era che non aveva uno scollo esagerato, anzi poteva essere molto casto, se non fosse che all’altezza del seno aveva un taglio di forma triangolare che lasciava ben vedere il suo seno.
-Signorina Smoak. –
-Signorina Rochev, posso aiutarla? – chiese mentre si sedeva alla scrivania e iniziava ad aprire la posta.
-Dov’è Oliver? –
-Io dovrei saperlo, perché? – chiese lei cercando di non sembrare colpevole.
-Perché sono le nove e lui non è ancora arrivato. – sibilò la donna guardandola negli occhi.
-Non mi ha avvertito di nessun ritardo, sicuramente starà arrivando. – rispose lei, in quel preciso istante le porte dell’ascensore si aprirono e Oliver fece la sua comparsa, Diggle prese posto alla sua scrivania fissando le due donne fronteggiarsi.
-C’è qualche problema? – chiese Oliver fermandosi su un lato così da essere in mezzo alle due.
-Sei in ritardo. – commentò Isabel senza spostare lo sguardo dalla bionda, la quale la guardava con le braccia incrociate come a volerla sfidare.
-Sono stato trattenuto giù. Avevi bisogno di qualcosa? –
-Si, ricordarti di essere puntuale questa sera… E che le segretarie non sono ammesse alla festa. – con quell’ultima frecciatina la mora se ne andò nel suo ufficio. Oliver entrò nel suo sospirando seguito a ruota da Felicity e il suo ipad.
-Okay, alle nove e mezzo arriva Blood, continuo a non capire perché lo incontri qui. Comunque dopo hai un appuntamento con Walter. E poi una colazione di lavoro insieme a Isabel e due possibili investitori. –
-Basta? – chiese lui senza staccarle gli occhi di dosso.
-Ti piacerebbe vero? Tra Walter e la colazione dovrai leggere e firmare questi. – commentò indicandogli due pile di fogli sulla sua scrivania.
-Ti odio.- bisbigliò lui fissando i fogli.
-Anche io! Buon lavoro. – fece per allontanarsi, ma Oliver la richiamò.
-Aspetta, torna qua.-
-Ho da fare, devo rispondere al telefono. –
-Smettila di fare la stupida. Cosa voleva Isabel? – chiese lui lanciando uno sguardo oltre le spalle della bionda e incrociando lo sguardo indagatore e sospettoso della socia che li scrutava dall’altro ufficio.
-Chiedermi dove fossi. – rispose rapida.
-Okay. –
-Posso andare? –
-No. – rispose lui senza aggiungere nulla.
-Dimmi. –
-Volevo guardarti! – lei sorrise arrossendo poi si voltò e se ne andò soddisfatta. Decisamente Oliver Queen incarnava perfettamente gli stereotipi dei principi Disney. Tornò al suo odiato lavoro sentendo regolarmente lo sguardo del capo su di se. Quando finalmente arrivò Blood, Felicity si concesse di allontanarsi dalla scrivania per potersi prendere un caffè.
-Che fai? Pensavo avessi detto che non glielo avresti mai portato. – Diggle era comparso alle sue spalle e l’aveva fatta sobbalzare.
-Non era per lui, ma per te. A te non l’ho mai detto! –
-Che tesoro di ragazza. – allungò la mano e prese la tazza. Isabel era in riunione con Oliver e Blood e a parte la sua segretaria che era alla scrivania non c’era nessuno.
-E’ andata bene ieri sera? –
-Si. –
-Quindi non fai parte della sua lista. –
-Stai infierendo? – chiese lei, ricordava bene cose gli aveva detto, era stata così patetica e insicura che si sentiva in imbarazzo se ci ripensava.
-Un po’, fammi gongolare. Okay, come siete rimasti? –
-Non siamo rimasti, stavamo parlando di non fare cose stupide, ma lui non ha voluto accettare le mie condizioni e alla fine abbiamo fatto… altro. – concluse imbarazzata.
-Altro.. mmmhmm. Interessante e quante volte ieri sera avete fatto, altro? –
-Diggle, sai che non sei divertente? –
-Invece, voi siete uno spasso, lui non ti stacca gli occhi di dosso e anche Isabel, anche se penso per motivi diversi. –
-Se io baciassi te dici che Isabel smetterebbe di volermi vedere morta? –
-Probabile, ma poi quello a rischiare la morte sarei io. – lei rise di cuore e gli diede un bacio sulla guancia era un buon amico e gli si era affezionata. Tornò alla sua scrivania ignorando il fatto che Oliver la stesse fissando.
 
-Signorina Smoak. – sentendosi chiamare Felicity alzò lo sguardo e incrociò gli occhi scuri del suo ex capo, Walter Stelee era davanti a lei e le sorrideva.
-Signor Stelee. – lo salutò calorosamente lei alzandosi dalla scrivania e regalandogli un favoloso sorriso.
-Vedo che ha cambiato lavoro. –
-Già. – il sorriso scomparve, ma lo sguardo rimase comunque vivace.
-Oliver è ancora in riunione con Blood, dovrà accomodarsi e aspettare un attimo, staranno sicuramente per finire, le posso portare una tazza di caffè? – gli chiese lei cordiale.
-Lo accetto volentieri. - Blood uscì dall’ufficio e se ne andò scortato da Felicity, mentre Walter entrava nell’ufficio di Oliver, la strega invece se ne tornò nel suo ufficio.
-Scusate, Signor Stelee il suo caffè. – fece posando la tazza sul tavolo, Oliver la guardò divertito, stava per dire qualcosa, ma lo sguardo assassino che lei gli lanciò lo trattenne.
-Non ci pensare neanche. – gli mimò con le labbra, lui sorrise mentre lei usciva e riprendeva il suo posto alla scrivania.
-Non sembra molto soddisfatta del suo nuovo incarico. – gli fece notare Walter seguendo lo sguardo del giovane.
-No, ma è brava e mi fido di lei. – rispose, al suo fianco voleva qualcuno di fidato, c’era troppa gente pronta a pugnalarlo alle spalle, con Felicity come segretaria esecutiva si sentiva protetto.
-E’ una persona di cui ci si può fidare. –
 
Continua
 
Capitolo tranquillo, non accade niente a parte qualche frecciatina di Diggle. Ma in fondo c’è tempo per far succedere disastri, facciamo godere a quei due un po’ di pace, prima di far scoppiare i guai.
Che dire, ho adorato scrivere la scena in cui Felicity lo tira per la cravatta, l’ho trovata dolce e determinata ad avere quello che è SUO!
 
Tanti commenti un bacione
Mia Black
 
Avvertenze:
nel prossimo capitolo ( mi sembra) arriverà un nuovo personaggio che porterà il nome di uno della serie, ho scelto il suo nome più per le reazioni che suscita in Oliver che per la sua storia, come sempre cercherò di renderlo simile all’originale, ma mi sto rendendo conto che a parte il nome e la descrizione di simile non c’è molto, sarà più grande di quello che è nel telefilm e avrà altri dettagli che non combaceranno (ma tanto lo leggerete). in teoria non doveva essere lui, sono tornata indietro a cambiare il nome per mettere lui. U.U
 
Spoiler:
[…]-Signorina, c’è stato un incidente suo fratello è… morto. – le parole le penetrarono nel cervello come un pugnale, sentì qualcosa che si rompeva dentro e la sua anima venirgli strappata via dal petto. […] <- morite d'infarto prego! xDDD

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Capitolo 9
*** capitolo 9: arrivo dal passato ***


HO DECISO CHI VUOLE UCCIDERE FELICITY!
Voi state  per leggere il nono, io sto scrivendo il 22°, capite che forse era l’ora di deciderlo. U.U
Ve lo dico perché sicuramente mi sono presa una bella libertà di copione ^.^ ma a noi non ce ne importa più di tanto vero?
In fondo al capitolo c’è un giochetto che vorrei partecipaste tutti, anche con un messaggio privato se proprio non volete lasciare una recensione, tra l’altro, perché non recensite più? Siete dimezzati...
 
Capitolo 9
 
Anche quella giornata di lavoro era finita Oliver quella sera aveva la festa e lei poteva stare a casa sua a fare le sue cose, niente vigilante, niente capo/amante in casa, una serata dedicata a se stessa.
-Andiamo ti accompagniamo a casa. – Oliver era uscito dal suo ufficio e si era fermato davanti alla sua scrivania.
-Farai tardi. –
-Oliver Queen è sempre in ritardo. –
-Pessima abitudine. – le porse la mano e lei la ignorò puntando dritta verso l’ascensore. Entrò anticipando Diggle che si era fermato li accanto e le sorrideva divertito e felice per la piega che aveva preso la relazione tra i due, Oliver era veramente cambiato ed ad aver il merito di ciò era Felicity.
-Donne. – sbuffò Oliver avviandosi verso l’ascensore.
In ascensore sicuro di non poter essere visto Oliver l’afferrò e le diede un bacio.
-Idiota! – sibilò Felicity staccandosi da lui, mentre i due ragazzi ridevano divertiti.
 
Riaccompagnata a casa Felicity fu lasciata davanti al portone, Diggle non ripartì fino a che non fu dentro al portone.
-E poi danno a me di paranoica! – sibilò mentre estraeva il cellulare dalla borsa e leggeva il nome di Oliver sul display.
-Sei paranoico! – sibilò al telefono facendolo ridere.
“Fammi contento, voglio solo che tu entri in casa e che ti ci chiuda fino a che non arrivo io.” le disse lui, prima di rispondere prese un profondo respiro per calmarsi, avevano passato due ore a discutere di quello, non poteva fare sempre come voleva lui.
-No, ne abbiamo già parlato, tu dormi a casa tua stasera e io domani vengo a lavoro per conto mio. Se arriviamo insieme ci saranno pettegolezzi. – gli ricordò lei.
“Non mi piace, per nulla. Quel pazzo…”
-L’hai messo ko! Sono… - la bionda si fermò sull’ultimo gradino delle scale, davanti alla sua porta appoggiato contro il muro c’era qualcuno che sentendola arrivare aveva alzato il viso e ora le sorrideva.
“Felicity?” la richiamò Oliver al telefono, la bionda si era interrotta e il suo sesto senso gli diceva che stava accadendo qualcosa.
-Sono arrivata ed è tutto apposto, ci vediamo domani!- chiuse rapidamente la chiamata e corse verso la persona davanti a lei, erano anni che non lo vedeva, da quando era venuto a darle l’incombenza di tenere qualcosa al sicuro.
-EHY! – il ragazzo l’abbracciò felice di vederla.
-Che ci fai qua? – chiese scrutando attentamente il viso del ragazzo davanti a lei era rimasto lo stesso ragazzo, non era cambiato, forse solo un po’ invecchiato, ma anche sul suo viso gli anni passati si vedevano.
-Ho bisogno che tu mi renda quello che ti ho dato tempo fa. – ammise il ragazzo, un po’ dispiaciuto di essersi presentato dopo tutto quel tempo solo per riprendere un portatile.
-Vieni entra. – sapeva che sarebbe arrivato quel giorno, ma  comunque non le piaceva l’idea di restituire l’oggetto.
Entrati in casa Felicity fece accomodare il ragazzo, e andò e recuperare ciò che serviva.
-Ehy quanto ci metti? – il giovane fece capolino in camera di Felicity e sorrise amaramente vedendo tutto le foto aggiro per la stanza.
-L’ho nascosto, dammi il tempo di tirarlo fuori! – sibilò lei, l’idea di mettere la cassaforte dentro la cabina armadio era stata pessima, come ogni donna che si rispettava aveva troppa roba stipata in uno spazio troppo piccolo.
-Sembra un santuario. – commentò il moro entrando in camera e guardando una a una le foto presenti.
-Non posso andarlo a trovare, mi hai detto di stare lontano da casa e così ho fatto. Ma l’idea di poter anche solo dimenticarmi un piccolo dettaglio del suo viso mi spaventa a morte. – ammise lei prendendo una delle foto e rispondendo al sorriso che il ragazzo nelle foto le mandava.
-Mi dispiace è colpa mia. –
-No, cioè non credo, non so nemmeno perché sia successo. Allen, ti prego dimmi cosa è successo a Brian! – Felicity con un portatile stretto tra le braccia si voltò verso il giovane, Barry Allen , il ragazzo era stato il migliore amico di suo fratello ed era stato per lei una specie di fratello maggiore acquisito.
-L’hai aperto? – chiese prendendo il portatile dalle sue braccia.
-Ci ho provato, ma non sono riuscita a decodificare la password. – ammise lei amaramente, suo fratello Brian era molto più bravo di lei con il computer e nonostante fossero passati anni e le tecnologie fossero migliorate, quel dannato computer era rimasto un mistero per lei.
-Che cosa contiene? – si informò Felicity senza staccare gli occhi dall’oggetto.
-Dati, informazioni. Felicity è meglio per tutti che tu finga di non averne mai saputo nulla, se qualcuno ti chiedesse di me, non ci vediamo da sette anni, ricordatelo è meglio per te. – Allen si rimise il giubbotto e fece per andarsene, ma lo fermò.
-Allen! Aspetta. Quel computer potrebbe dirmi dove è mio fratello.- guardò il piccolo portatile polveroso.
-Fells, lo sai che tuo fratello è… Non può tornare. – fece il ragazzo, sapeva bene che era morto o almeno così le era stato detto dalla polizia quasi sette anni prima, un incidente d’auto l’aveva portato via per sempre da lei, uno stupido e banale incidente, la pioggia battente, la strada bagnata e la macchina che perde il controllo e finisce nella scarpata. Non era mai stato trovato il corpo, lo davano per morto solo perché secondo gli specialisti, nessun essere umano sarebbe potuto sopravvivere.
-Stai attento. – con un certo dispiacere Felicity lasciò il portatile all’amico.
-Tranquilla. Ti voglio bene Fells.-
-Anche io.- si fermarono sulla soglia di casa e si guardarono per un ultima volta, qualunque cosa lui e suo fratello stessero facendo era arrivato il momento di concludere la faccenda.
-Ehy, sai che bionda non ti avevo nemmeno riconosciuta?-
-Ho fatto come mi avevi detto.-
-Tutto presto finirà. – si abbracciarono ancora e lui se ne andò silenzioso e invisibile proprio come era arrivato, guardò attraverso la finestra la sua sagoma scomparire nel buio della notte.
La visita di Allen l’aveva messa in subbuglio, aveva riportato a galla molti ricordi felici ma al contempo dolorosi, decise di distrarsi e di caricare la lavatrice, era il momento di lavare qualcosa o sarebbe andata a lavoro in mutande, cosa che Oliver avrebbe apprezzato, ma era sicura che Isabel non sarebbe stata altrettanto contenta. 
Avrebbe dovuto prepararsi la cena e poi andare a letto, ma non ne aveva voglia, la fame le era passata, prese la bottiglia di vino e si sedette sul divano con l’album fotografico sulle ginocchia, li dentro c’era tutta la vita di suo fratello, aveva preso tutte le loro foto e le aveva unite, attorno ad alcune c’era anche delle scritte inerenti al giorno in cui era stata scattata, in ogni foto lei rideva felice, suo fratello Brian era più grande di lei di quasi otto anni, era stato lui a insegnarle come usare il computer, lui era il genio della famiglia in campo tecnologico, a sette anni Felicity aveva deciso che sarebbe stata brava come Brian, così da bravo fratello maggiore si era messo ad insegnarle tutto quello che sapeva, ma non c’era modo di eguagliarlo lui era molto più bravo, lo dimostrava il fatto che in sette anni che aveva avuto il suo pc non era stata capace di violare il sistema di sicurezza.
 
Si addormentò sul divano mezza ubriaca, con i ricordi che prepotenti riemergevano dall’angolo buio in cui Felicity li aveva rilegati, odiava ricordare quel giorno:
 
Una Felicity più piccola correva nel vialetto di casa, quello sarebbe stato un grande giorno, suo fratello sarebbe tornato per festeggiare con lei il suo compleanno.
Buttò lo zaino in terra appena entrata in casa e corse in cucina, non si era sprecata nemmeno nel controllare se c’era qualcuno, perché tanto non c’era nessuno, suo padre e sua madre erano sempre a giro per lavoro e lei rimaneva sola con la governante, ma in quei giorni era successo qualcosa alla sua famiglia e lei l’aveva spedita via quella mattina, tanto sarebbe stata a scuola e dopo poche ora sarebbe arrivato il suo fratellone.
Con attenzione iniziò a tirare giù gli ingredienti per la sua famosa torta al cioccolato con scaglie di cioccolato fondente, voleva festeggiare il ritorno come si doveva.
Il tempo fuori non era dei migliori, aveva retto giusto il tempo per farla tornare a casa, ma poi aveva iniziato a piovere a dirotto.
 
Guardò fuori dalla finestra la pioggia non smetteva di cadere e il sole era tramontato da un pezzo, il dolce era pronto e nell’attesa lei aveva iniziato a fare i compiti, ma di suo fratello nemmeno l’ombra, controllò di nuovo l’orologio doveva essere già li da quasi un ora, che fine poteva  aver fatto?
Tamburellò con la matita sul tavolo e tornò a studiare, sarebbe arrivato presto, non si doveva far prendere dall’ansia.
L’orologio nel salone segnò le nove di sera, Felicity era diventata inquieta, quando finalmente sentì suonare il campanello corse velocemente verso l’ingresso e spalancò la porta sicura di trovarsi suo fratello davanti, invece non c’era lui.
-Lei deve essere Felicity Smoak? – davanti a lei vestito in divisa c’era un poliziotto, annui cercando di capire cosa stesse succedendo, che qualcuno avesse chiamato la polizia perché sola a casa?
-Dovrei parlare con i tuoi genitori.- continuò l’uomo, lei scosse la testa.
-Non ci sono. – farfugliò inchiodata sul posto, paralizzata da quella sensazione di paura che ormai si era impossessata di lei.
-Sei sola? – si informò l’uomo sembrava a disagio e lei iniziava ad avere molta paura.
-Si, cioè, sto aspettando mio fratello dovrebbe tornare a casa a momenti. Che cosa è successo? – l’uomo chiuse gli occhi e si inumidì le labbra, sembrava combattuto se dirle o meno il motivo per cui si trovava li.
-Venga con me in centrale, mentre cerchiamo di rintracciare i suoi genitori. –
-No, se arriva mio fratello e non mi trova qui si preoccuperà. –
-Signorina, c’è stato un incidente suo fratello è… morto. – le parole le penetrarono nel cervello come un pugnale, sentì qualcosa che si rompeva dentro e la sua anima venirgli strappata via dal petto.
-Non può essere. – bisbigliò, la mente le si annebbiò per un attimo credette di svenire a terra, suo fratello non poteva essere morto.
 
Era rimasta in commissariato per qualche ora, fino a che i suoi non furono avvertiti e la signora Quares, la sua governante non era andata a prenderla e l’aveva riportata a casa.
Uno stupido incidente d’auto aveva portato via suo fratello per sempre da lei, non le erano stati detti i particolari, era riuscita a capire solo, pioggia, frenata e burrone.
 
Tornata a casa con la signora Quares, aveva visto una sagoma scura ferma appoggiata al muro sotto la sua veranda, il cuore era ripartito e lei era scesa di corsa dall’auto, sapeva che doveva essere uno scherzo, uno di quegli stupidi che piaceva tanto fare a suo fratello, lei sarebbe passata ancora una volta per la solita credulona e tutti avrebbero riso di lei.
-BRIAN!- urlò il nome del fratello convinta che fosse lui, ma quando arrivò davanti al ragazzo bagnata fradicia non trovò suo fratello, ma solo Allen che la guardava con l’espressione più triste che avesse mai visto.
-Mi dispiace così tanto Fells.-
-Allen. – lacrime amare iniziarono a scivolare dai suoi occhi, si era illusa che fosse uno scherzo.
 
Felicity si svegliò di soprassalto, aveva fatto di nuovo quel sogno. Avrebbe passato sicuramente un'altra nottata in bianco. Chiuse l’album di foto e lo rimise al suo posto aveva ricordato abbastanza per quelle sera.
Il sonno era scomparso, così iniziò a riordinare casa, fece altre due lavatrici quella notte e pulì casa come non aveva mai fatto in tutti gli anni che era stata li, aveva alzato, spostato e spolverato ogni singolo oggetto, aveva anche riordinato gli armadi, era stanca morta, ma il sole stava sorgendo e un'altra giornata di lavoro stava per iniziare.
 
Arrivò in ufficio molto presto e iniziò a trascrivere alcuni rapporti che sicuramente Isabel avrebbe voluto sul suo tavolo firmati da Oliver appena arrivata.
 
Continua…
 
Non ho idea se Felicity ha o meno un fratello, ma io gliel’ho dato! Ora finalmente si è scoperto chi è il ragazzo nelle foto in camera, direi che non è colui che vuole vederla morta, voi che dite?
Mentre scrivevo il pezzo del passato avevo l’angoscia spero di avervela trasmessa anche a voi! xD l’idea era quella di essere realistica quindi spero veramente di avervi angosciato quando ho fatto con me stessa.
Prima di lasciarvi facciamo un giochetto.
 
NON BARATE
 
chiudete gli occhi: se vi chiedo chi odiate di più nel telefilm, chi vi viene in mente?  la prima persona a cui pensate, non la seconda non quella che vi fa più comodo, voglio la PRIMA!
Un uomo e una donna, soprattutto voglio la donna!
Rispondete tutti! Voglio una storia interattiva con voi che mi aiutate a scriverla.

 
Un bacione a presto
Mia Black
 
Spoiler:
[…]-Mi vuoi bene? – chiese inumidendosi le labbra con la lingua per poi mordersi il labbro inferiore.
-Che domande sono, certo che ti voglio bene.-[…]

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Addio amico mio ***


 
Capitolo 10
 
Quando Oliver arrivò trovò la ragazza seduta alla scrivania a battere al computer, non aveva alzato lo sguardo quando le porte dell’ascensore si erano aperte, non aveva dato il minimo segno di aver sentito il suo arrivo, si accigliò e guardò l’amico accanto a lui, c’era qualcosa che non andava. Si avvicinarono, Felicity aveva l’aria stanca, aveva il viso di una persona che non aveva chiuso occhio e che aveva passato la notte a piangere e a bere, sulla scrivania c’era una tazza di caffè vuota, segno che doveva essere li da un bel po’.
-Ehy. – fece cercando di attirare la sua attenzione, la bionda sobbalzò spaventata, non l’aveva proprio sentito arrivare. Alzò lo sguardo mentre si risistemava gli occhiali con un gesto della mano.
-Ehy. Quando siete arrivati? – chiese guardando i due, si spostò un ciuffo di capelli che le era caduto su gli occhi, cercava di fare tutto tranne che guardare Oliver e Diggle i quali invece la guardavano attenti e preoccupati.
-Felicity, tutto apposto? – si informò Oliver accigliandosi.
-Si. Sulla scrivania hai alcuni fogli da firmare Ol… Mr Queen. – si corresse velocemente Felicity, Isabel era appena arrivata e puntava dritta verso di loro con il suo solito passa sicuro.
-Felicity che acci…- iniziò Oliver, il quale non si era minimamente accorto dell’arrivo della socia, visto che era troppo preso dal contemplare la ragazza davanti a lui.
-In orario oggi Oliver? Vuol nevicare? – Isabel si era avvicinata alla sua scrivania e guardava il ragazzo quasi divertita, poi spostò il suo sguardo intollerante sulla bionda pronta a sfogare la sua rabbia su di lei.
-Voglio quei rapporti, sono giorni che glieli chiedo signorina Smoak. –
-Sono solo da firmare, Mr Queen li ha sulla sua scrivani, glieli farò avere appena firmati. Scusate. –  rapidamente si alzò dalla sedia e si allontanò, quel giorno non era in grado di fare niente, la sua mente era occupata da Allen e da suo fratello.
Si chiuse in bagno e cercò di calmarsi, doveva allontanare quella brutta sensazione che l’aveva colta da quando Allen era andato via dal suo appartamento. Si lavò le mani con l’acqua fredda sperando che quello servisse a calmarla e a svegliarla.
Fuori dal bagno si scontrò contro Diggle che l’aspettava davanti alla porta.
-Che succede? – chiese vedendolo li fermo.
-Dovrei essere io a chiederlo a te. Stai bene? Hai una faccia orrenda.-  sapeva che non era carino dirlo, ma si stava preoccupando veramente, non era solo il viso era proprio distratta lei e questo era insolito.
-Si sto bene, pensieri scusa. – non era sua intenzione attirare tutta quell’attenzione su di se, anzi se possibile avrebbe preferito chiudersi da qualche parte e aspettare che quel brutto presentimento scomparisse senza lasciare segni del suo passaggio.
-Aspetta. Centra per caso Oliver? – la bionda si accigliò a quella domanda, perché diavolo le stava chiedendo di Oliver?
-No, perché? – rispose lei sorpresa.
-Ieri sera non l’hai voluto da te,  e ora praticamente non l’hai guardato in faccia. Non è che ti sei pentita o avete litigato… – tentò lui sondando il terreno, molte volte Oliver era un tale idiota da non rendersi conto di ferire le persone, era probabile che avesse detto qualcosa che aveva ferito la ragazza e in quel caso l’avrebbe ucciso.
-No. –
-Credo che lui lo pensi visto che ti sta guardando tipo cane bastonato. – Felicity si voltò verso l’ufficio, i muri in vetro le permisero di vedere bene il suo capo che la guardava accigliato e preoccupato al contempo, gli fece un mezzo sorriso, ma quell’espressione preoccupata non se ne andò.
-Vado a dargli gli appuntamenti di oggi, tranquillo, non abbiamo litigato. Ho solo, pensieri.- velocemente recuperò il sui ipad e aprì l’applicazione dell’agenda e scorrendo con lo sguardo l’innumerevoli appuntamenti di quel giorno.
-Mr Queen? I suoi appuntamenti di oggi. – fece entrando nell’ufficio.
-Sei arrabbiata con me? – chiese lui interrompendola mentre elencava i suoi impegni.
-No! – lo disse così velocemente e in modo così secco che Oliver non potè non sorridere e rilassarsi.
-Cosa è successo? –
-Ho… Fatto un brutto sogno tutto qua, non ho dormito bene, anzi diciamo che non ho dormito affatto.- gli spiegò lei, era bello avere qualcuno a cui raccontare quelle cose, anche se non era intenzionata a dirgli cosa sognava o del fatto che Allen fosse passato da lei.
-Perché non mi hai chiamato, sarei venuto.- sorrise il primo vero sorriso da quando era andato via il suo amico, Oliver era così dolce ultimamente e si preoccupava così tanto per lei che lei non poteva fare a meno di  innamorarsi sempre di più di lui.
-Perché oggi lei Mr Queen, ha un agenda fitta di impegni e doveva essere riposato. – rispose lei mostrando l’agenda al ragazzo che storse le labbra vedendo che non c’era un buco libero.
-Non capisco perché vogliano tutti parlare con me. –
-Io a quella non chiederei nemmeno l’ora… – rispose Felicity prendendo dei fogli che aveva in mano.
-…Cioè nel senso… - lui rise a quell’uscita.
-Ho capito Felicity.- si girò pronta ad andarsene, ma all’ultimo tornò su i suoi passi, appoggiò le mani al tavolo e si piegò verso Oliver guardandolo dritto negli occhi.
-Oliver… - fece lei in un sussurro, lui che non le aveva staccato gli occhi di dosso, alzò un sopracciglio invitandola a proseguire.
-Mi vuoi bene? – chiese inumidendosi le labbra con la lingua per poi mordersi il labbro inferiore.
-Che domande sono, certo che ti voglio bene.-
-Allora ti prego, firma quei dannati fogli! – lui scoppiò a ridere la trattenne per un braccio, mentre prendeva i fogli davanti a lui e iniziava a leggerli immediatamente, per fortuna non erano molto lunghi e avrebbe fatto presto, al contrario di quelli che gli aveva appena dato.
Arrivato in fondo al foglio scarabocchiò il suo nome e lo consegnò alla ragazza che soddisfatta lo prese.
-Sei il mio salvatore! Questo lo do subito a quell’arpia…. Cioè… al diavolo, lo do all’arpia! A dopo buon lavoro. – uscì quasi saltellando e andò dritta dalla segretaria di Isabel per consegnarle il foglio firmato.
 
La giornata proseguiva frenetica, fuori si era messo di nuovo a piovere e la brutta sensazione che aveva Felicity si era intensificata, cercò di scacciarla e preparò due tazze di caffè da portare ad Oliver e al suo nuovo probabile investitore, alla fine si era dovuta piegare e aveva iniziato a portargli il caffè, ma solo quando c’erano persone con lui, se era solo non si azzardava neanche a chiederglielo.
Uscì dalla saletta con due tazze in mano, lo sguardo le cadde sul grande schermo che avevano messo appoggiato al muro, il volume era basso, quasi non si sentiva, ma era giusto per rendere l’attesa a eventuali persone un po’ meno noiosa. Felicity si bloccò in mezzo al corridoio, la bocca leggermente aperta e lo sguardo fisso sul monitor, il telegiornale riportava le dinamiche di un incidente d’auto, una macchina era uscita di strada ed era caduta nella scarpata con la conseguente  morte del giovane ragazzo alla guida, tutto sembrava far pensare ad uno sfortunato incidente. Scrollò la testa era solo una coincidenza, incidenti stradali erano ormai all’ordine del giorno, non doveva prendere ogni cosa sul personale, solo perché suo fratello era morto nelle stesse circostanze le due cose non dovevano essere per forza collegate.
-Signorina Smoak! – sentendosi chiamare la giovane si voltò, ex detective Lance era davanti a lei e la guardava serio.
-Detective.. – fece lei in un sussurro, non era li per le, respirò a fondo e continuò a ripetersi queste parole come un mantra.
-Sono agente ora. – la corresse l’uomo facendole un piccolo sorriso.
-Mi scusi… Agente, è successo qualcosa? – chiese lei, le mani le tremavano e le tazze rischiavano di cadere a terra, l’uomo se ne accorse e le prese appoggiandole su il tavolo li vicino così da evitare disastri.
-Dovrebbe venire con me in centrale, dovrei parlarle. –
-Perché? – chiese, il cuore le batteva a mille, stava per andare in iperventilazione, era spaventata a morte, tutto stava succedendo di nuovo, si sentiva come su una giostra da cui non riusciva a scendere.
-Ne parliamo alla centrale, venga con me.- ancora quelle parole, non potevano essere solo coincidenze, l’incidente, l’agente, l’invito ad andare in centrale.
-Prendo la borsa. – afferrò il cappotto e la borsa e uscì senza dire niente a nessuno, Oliver la guardò accigliato, ma non fece in tempo a fermarla, lo vide uscire dal suo ufficio mentre le porte dell’ascensore si chiudevano.
-Adesso che nessuno può ascoltarci, mi può dire dove era ieri sera? – Lance si era voltato verso di lei guardandola attentamente, era quasi spaventato per la possibile risposta che poteva ricevere
-Ero a casa mia. –
-Da sola? – chiese ancora lui senza sapere esattamente in cosa sperare per risposta.
-Si. – rispose, ricordava le parole di Allen, loro non si vedevano da sette anni, qualunque cosa fosse successa lei e lui non si erano visti da dopo il funerale.
-Non era con freccia? – indagò.
-No, ero a casa da sola. – ripetè ancora una volta sentendosi un’imbrogliona.
-Bene. –
 
Seduta su una scomodissima sedia ad un brutto tavolo e chiusa in una stanza con un grande specchio Felicity si torturava le mani, ormai l’idea che era successo qualcosa non era più una sensazione, i suoi brutti presentimenti si erano trasformati in certezze quando aveva visto Lance varcare le porte dell’ascensore, era successo qualcosa ad Allen, ne era certa.
La porta dalla stanza si aprì ed entrò un uomo di colore, Felicity ricordava di averlo già visto, anche se non ricordava il suo nome.
-Salve signorina Smoak, sono il Detective Hilton, sa perché è qua? – scosse la testa, doveva mostrarsi sorpresa.
-No?-
-No, signore. –
-Mi sembra agitata, come se sapesse qualcosa. – insinuò l’uomo facendola agitare ancora di più.
-Sono stata prelevata dal mio posto di lavoro senza una spiegazione e sono stata chiusa in questa stanza come una criminale, tra l’altro non mi sono nemmeno stati letti i miei diritti. – insinuò lei.
-Diritti? Lei non è in arresto, stiamo semplicemente parlando. –
-Sembra un interrogatorio… Cioè lei mi tratta come una criminale, non che io sappia come vengono trattati i criminali, ma cioè…- ecco tornare il suo solito balbettio, ci mancava solo lui a farla sembrare ancora più imbranata e colpevole.
-Non la stiamo interrogando, volevamo solo farle qualche domanda, si sentirebbe più a suo agio se facessimo entrare l’agente Lance? – alzò le spalle fingendo indifferenza, male non le avrebbe fatto vedere un volto amico, almeno lui non credeva che fosse una criminale.
-Agente entri pure. – Lance entrò sorridendole e lei si sentì sollevata almeno in parte.
-Vuole una tazza di caffè? – chiese l’agente cercando di metterla a suo agio, lei fece no con la testa, ne aveva bevuto già a sufficienza e poi era abbastanza nervosa per conto suo senza dover aggiungere l’effetto della caffeina.
-Le faremo qualche domanda, ma non è in arresto. Ha capito. – annui e aspettò che le fosse posta la domanda.
-Dove si trovava ieri sera? – iniziò il detective, la vece era un ringhio poco amichevole, per fortuna non era in arresto, non voleva provare l’esperienza di essere interrogata da quell’uomo.
-Ero a casa mia. –
-Tutta la sera? –
-Si.-
-Da sola?- lei guardò i due uomini, quale era il problema?
-Si da sola, in compagnia del mio gatto, ma non credo valga come alibi. Non che io abbia bisogno di un alibi…-  si affrettò ad aggiungere dandosi mentalmente dell’idiota. Lance sorrise, lei era così, che stesse dicendo la verità o meno, prima parlava e poi collegava il cervello non ci si poteva fare molto.
-Tutta la sera da sola? Una ragazza giovane e carina come lei? –
-Si. –
-E cosa ha fatto? Non ha la faccia di una che ha dormito molto. – continuò il Detective Hilton.
-Ho sistemato casa. Ho caricato la lavatrice e riordinato… Perché? - rispose lei.
-Non ha dormito?-
-Ho fatto un incubo e non sono riuscita a prendere sonno.- l’uomo annui comprensivo, mentre appuntava le sue risposte su un quaderno mettendola ancora di più in agitazione.
-Riconosce questo numero? – le porsero una foto e lei guardò, c’era un cellulare e sul display si poteva leggere il numero, era il suo, o almeno poteva esserlo visto che mancava l’ultimo numero.
-Si potrebbe essere il mio, ma manca un numero. – rispose lei, di chi era quel telefono? Chi è che stava per chiamarla e in quale guaio era coinvolto.
-Lei conosce questo ragazzo? – una seconda foto le fu mostrata, in primo piano c’era il volto di un ragazzo che sorrideva, moro, occhi scuri e un bellissimo sorriso.
-Allen… - disse automaticamente, mentre le si formava un groppo alla gola, sapeva che gli era successo qualcosa.
-Lo conosce? –
-Si, era il migliore amico di mio fratello.- rispose istintivamente lei.
-Era? Passato? –
-Mio fratello è morto sette anni fa detective.-  l’uomo si zittì un attimo sorpreso.
-L’ultima volta che l’ha visto? –
-Qualche mese dopo il funerale, prima che io partissi per andare al MIT. – quelli erano gli accordi, lei lo aveva visto l’ultima volta in quella circostanza, non si erano più rivisti ne sentiti.
-Quindi non sapeva che era in città?-
-No.-
-Sa perché stava provando a chiamarla? –
-No.-
-Non sa nemmeno cosa ci facesse qua? –
-No. –
-In cosa era implicato lui e suo fratello? –
-No. –
-Sa qualcosa di utile a questa indagine? –
-Non sapevo nemmeno che ci fosse un indagine. – rispose lei.
-Detective, la smetta, la ragazza non ne sa niente. – lo interruppe Lance, sapeva che quello avrebbe comportanto ad un richiamo o almeno ad una bella ramanzina, ma vedere quella povera ragazza messa sotto torchio in quel modo gli faceva male, le si era affezionato.
-Può andare ma si tenga a disposizione. – si alzò per andarsene ma poi si fermò, doveva saperlo, doveva chiederlo.
-Scusate, posso sapere come è morto? –
-Un incidente stradale. – rispose il Detective Hilton.
-Ma il cellulare era sull’asfalto, non in auto.- commentò Felicity, che accidenti le stavano nascondendo, i due uomini la guardarono, ma nessuno dei due le rispose.
-Vada.- uscì dalla stanza fuori c’era qualcuno ad attenderla.
-Felicity, che è successo? Perché piangi? – Oliver era li e la guardava preoccupato. Si passò una mano sulla guancia, non si era resa conto di star piangendo.
-Niente. Voglio andare a casa, mi accompagni? –
-Certo. Andiamo. – scortata dai due uomini si incamminarono verso l’uscita quando il detective li fermò nuovamente.
-Ah, un ultima cosa, come mai si è tinta i capelli signorina Smoak? – lei si passò la mano su i capelli legati.
-E come mai non torna a casa sua da sette anni? –
-I miei problemi familiari non sono cose che la riguardano e per quanto riguarda i miei capelli, mi piacciono di più biondi. – rispose asciutta, mentre le parole di Allen le tornarono alla mente:
Sparisci, fai perdere le tue tracce cambia colore di capelli, fai quello che vuoi, ma vai via da qua. Scompari, non tornare mai più indietro.”
E lei l’aveva fatto era andata al MIT si era tinta i capelli e non era più tornata a casa, anche perché li non c’era più nulla che potesse essere definito casa.   
 
-Felicity che è successo? –
-E’ morta una persona che conoscevo.- rispose lei atona alla domanda apprensiva di Oliver.
-Perché non mi sembri sorpresa?-
-Sensazione, era tutto il giorno che sentivo che era successo qualcosa. Ollie, non ho voglia di parlarne, ti dispiace? – si strinse a lui, era bello avere qualcuno a cui appoggiarsi mentre la vita cadeva appezzi.
-Felicity, perché stasera non dormi da me?- le chiese Oliver sperando che accettasse senza fare troppe storie.
-Mmm… - mugulò, Oliver guardò la giovane che si era rannicchiata contro di lui e si era addormentata, sorrise era troppo dolce.
-Diggle, andiamo a casa.-
-Bene. Tu cosa pensi? – chiese, ora che dormiva potevano parlarne tranquillamente.
-Sa più di quanto dice, ma non capisco perché lo tenga nascosto anche a noi. La cosa non mi piace, se quel ragazzo era coinvolto in qualcosa ed è collegato a lei sicuramente i suoi guai ricadranno su Felicity. –
-La proteggeremo noi. -
 
Continua…
 
Non era nemmeno Allen a cercare di ucciderla. Povera è morto anche lui.. ç.ç Su su ragazze asciugatevi gli occhi!  E dibattiamo di questo capitolo, Felicity ha mentito alla polizia, ha taciuto l’incontro con Allen a Oliver, chi di voi prevede guai? U.U
ora passiamo al nuovo giochino, più che giochino è un domandone. Preferite:
1) Lieto fine
2) Un finale non troppo lieto ma decisamente col botto. E quando dico col botto intendo proprio uno scoppio col boato. Ovviamente la storia sarà seguita da un'altra storia a se ma che riprenderà da dove ho interrotto.
 
Fatemi sapere
Bacio
MiaBlack
 
Spoiler:
“-Diggle, ho un problema, c’è qualcuno in casa mia. –“

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ladri e bugie ***


Capitolo 11
 
-Oliver Queen sei apprensivo! – esclamò Felicity al telefono, era passata quasi una settimana dalla morte di Allen e lei si era praticamente trasferita a casa Queen, il fatto che Thea non ci fosse mai e che la signora Queen era fuori città avevano reso la loro convivenza decisamente facile, non che non litigassero anzi ogni scusa era buona per litigare, ma poi facevano anche pace nella maniera più dolce e appassionata possibile.
Quel giorno Felicity era decisa a passare da casa sua, era passato troppo tempo dall’ultima volta che ci aveva messo piede e anche solo per vedere in che condizioni l’aveva lasciata doveva andarci. Oliver era rimasto bloccato a lavoro e quindi non aveva potuto accompagnarla, ma l’aveva chiamata mentre guidava e ora stavano parlando, o meglio Felicity gli dava di apprensivo e paranoico, parole che gli ripeteva spesso nell’ultimo periodo.
“Non sono apprensivo ne paranoico.” si difese lui, il grande freccia verde sembrava un bambino a cui avevano negato un nuovo gioco.
-Oliver, ci rivedremo tra qualche ora. E tu hai la riunione, anzi, sei in ritardo! – lo rimproverò lei mentre fermava la macchina sotto il suo palazzo.
“Ecco cosa vuole Isabel, mi sta guardando male e mi fa segni strani.”
-Ciao Oliver a dopo. – non aspettò la sua risposta chiuse il telefono e scese dall’auto, se avessero fatto come ogni coppia che aspettava che fosse l’altro ad riattaccare sarebbero rimasti al telefono per ore, solo perché lui non voleva andare alla riunione.
Arrivata al suo appartamento si accorse di qualcosa che non andava, la porta era accostata e da dentro provenivano dei rumori, digitò il numero sul cellulare che aveva ancora in mano e pregò che rispondesse velocemente, mentre lei cercava di scendere senza far rumore.
-Diggle, ho un problema, c’è qualcuno in casa mia. – bisbigliò lei sperando che chi fosse in casa non la sentisse, per quelle maledette scale c’era sempre un eco tremendo.
“Arriviamo.”
-No! Lascia stare Oliver. Vieni solo tu!- Oliver aveva la riunione e se non presenziava sarebbe stato una catastrofe, il consigli di amministrazione doveva essere dalla sua parte non da quella di Isabel, se Diggle gli avesse detto della chiamata lui avrebbe mollato tutto e questo era un enorme male.
“Felicity.”
-Mi prendo io la responsabilità, ma ti prego vieni da solo!-
“Arrivo.”
Sicura che Diggle sarebbe arrivato presto si fece coraggio e salì nuovamente le scale si avvicinò alla porta e cercò di ascoltare, sentiva delle voci, ma non capiva molto.
-Trova quel maledetto portatile!- sibilò una delle voci arrabbiate. Non capì la risposta così cerco di avvicinarsi maggiormente, ma così facendo colpì la porta che si aprì facendo rumore.
-Via! – le due figure uscirono velocemente dal suo appartamento travolgendola e facendola cadere, una delle due si soffermò a guardare la ragazza, indecisa sul da farsi.
-FELICITY!- la voce di Diggle ruggì tra le scale e le due figure scapparono verso il tetto dell’edificio.
-Diggle! – lo chiamò rimettendosi in piedi.
–Stai bene?-
-Sono scappati verso il tetto! – rispose lei.
-Chiama la polizia! – Diggle inseguì i due mentre Felicity chiamò il 911 denunciando l’intrusione nel suo appartamento.
La polizia arrivò in poco meno di dieci minuti, l’agente Lance si presentò alla sua porta insieme al detective Hilton, Diggle nel frattempo era tornato indietro, dei due intrusi non c’era traccia.
-Signorina Smoak, ultimamente le accadono molti incidenti. – commentò il detective Hilton, Felicity lo guardò male, ma decise di ignorare la sua battutina e di concentrarsi sul casino che aveva attorno.
-Cosa cercavano?-
-Non ne ho idea. – rispose Felicity continuando a guardarsi attorno.
-Le sembra che manchi qualcosa? – domandò il detective, beccandosi in risposta non uno ma tre sguardi compassionevoli, la casa era stata messa sottosopra niente era al suo posto e quasi tutto era rovesciato a terra, si erano divertiti anche a smontarle il divano, in un tale caos come faceva a capire che cosa mancasse.
-Sto guardando. – rispose la giovane, i gioielli, quei pochi che aveva erano tutti nel portagioie, i soldi non li teneva in casa, non aveva roba di valore, se non il televisore nuovo , ipad, il computer fisso e un vecchissimo portatile ormai rotto, ma ipad era nella sua borsa, il fisso era ancora in camera e il portatile era… spostò un po’ di roba sperando di trovarlo, non le sembrava avessero niente in mano quando aveva incrociato i due, ma il pc era piccolino sarebbe stato facile da nascondere.
-Okay, manca il mio portatile.- commentò uscendo dalla camera, sulla soglia di casa trovò Oliver che la guardava serio. Lei guardò Diggle che le rispose con uno sguardo di scuse.
-Che accidenti ti dice il cervello? Perché non mi hai avvisato? –
-Perché dovresti essere a lavoro. – sibilò lei in risposta.
-Le hanno rubato solo il portatile? –
-Si, è un modello un po’ vecchio, bianco con gli adesivi, non funziona nemmeno, lo tenevo solo per ricordo. – commentò lei, quello era il primo computer che aveva costruito con suo fratello, era ormai obsoleto e rotto, aveva provato ad aggiustarlo ma ormai i pezzi di ricambio erano diventati una rarità e così era passata al ipad e al fisso che era in bella mostra in camera sua.
-Un pc vecchio? –
-Si ha un valore affettivo.-
-Vuole sporgere denuncia per il furto? –
-Si vuole. – rispose Oliver, che domande idiota face quell’uomo, due uomini erano entrati in casa sua e lei li aveva incrociati, il fatto che entrambi avessero avuto il volto coperto non voleva dire niente, probabilmente non erano riusciti a trovare quello che cercavano e sarebbero tornati.
-Venite in commissariato. –
-Arriviamo subito. –
Mentre gli agenti uscivano Felicity bloccò Oliver incrociando le braccia al petto.
-Sei un idiota! – ormai quelle erano le parole che diceva più spesso, sapeva che le voleva bene e che avrebbe lasciato tutto per saperla al sicuro e lo faceva anche prima di mettersi insieme, ma ora stava decisamente esagerando.
-Vi aspetto giù. –
-Felicity ero preoccupato. Diggle se ne andato senza dirmi nulla e tu non rispondevi. Perché poi non hai chiamato me? – chiese lui furioso, quella ragazza aveva il potere di infilarsi sempre nei guai. Lei prese un profondo respiro e la guardò dritto negli occhi.
-Perché eri in riunione e poi non è normale che il capo corra a casa della sua segretaria! –
-Se è per questo nemmeno che ci corra l’autista del capo. – le fece notare lui divertito.
-E se io avessi una tresca con lui? – domandò candidamente lei.
-Si prenderebbe una serie di frecce da qualche parte e mi assicurerei che soffrisse. – rispose lui serio, facendola preoccupare.
-Tu sei matto! Non ci provare stavo scherzando! Povero Diggle. Sei… Sei… Un idiota! – concluse notando il suo sorriso divertito, per un attimo si era veramente preoccupata che potesse fare del male all’amico, ma lui la stava solo prendendo in giro.
-Andiamo in commissariato e poi a casa mia, tu qui da sola non ci resti. –
-Non occorre Oliver e poi devo rimettere tutto a posto, guarda che casino. –
-Ci penseremo poi. –
 
Quella sera anche se con molte rimostranze, la bionda analista rimase a casa di Oliver, per fortuna la signora Queen non era ancora rientrata dal suo viaggio d’affari e Felicity si sentiva un po’ più tranquilla a girare per casa senza la paura di imbattersi nella donna.
-E tu che ci fai qua? –
Felicity era uscita dalla cucina con indosso i vestiti di Oliver, le era venuta sete ed era scesa a prendersi un bicchiere d’acqua, era sulle scale quando la porta si era aperta e Thea era comparsa insieme a Roy, il suo ragazzo.
-Ehmmm… Oliver mi ha obbligato a stare qua, tuo fratello è veramente apprensivo.- commentò lei, i due rimasero in silenzio ad ascoltare la nuova sparata della bionda.
-Adorabile quando è apprensivo, ma si preoccupa troppo per cose stupide. –
-Ti sono entrati in casa Felicity, non è una cosa stupida. – la voce di Oliver arrivò dal piano superiore, il gruppetto alzò lo sguardo e trovarono Oliver con solo i pantaloni del pigiama appoggiato alla ringhiera che guardava verso di loro.
-Hanno rubato un vecchissimo portatile rotto, ladri veramente furbi! – commentò lei, il detective aveva ipotizzato che i ladri volessero informazioni sulla compagnia di Oliver e avessero rubato il portatile convinti che li dentro ci fossero dati relativi al suo lavoro, ma quel computer era rotto da prima che lei iniziasse a lavorare per Oliver, li dentro c’erano solo foto e video di quando era più piccola niente che potesse essere riconducibile a Oliver o alla Queen consolidated.
-Ti sono entrati i ladri in casa? Stai bene? – chiese Thea preoccupata.
-Si, si, non mi hanno fatto nulla. – rispose rapidamente, Thea sembrò sollevata e le sorrise.
-Beh, Ollie ha fatto bene, non è sicuro che tu rimanessi li da sola, sarebbero potuti tornare. – lo sguardo che le lanciò il ragazzo dal secondo piano fu molto eloquente, quelle erano le stesse parole che aveva detto lui per convincerla a prendere un borsone e portare da lui molti suoi vestiti così da non dover tornare troppo presto in quella casa, vestiti che a quanto pareva non usava visto che aveva preso in prestito i pantaloni del pigiama di Oliver e la camicia che indossava fino a qualche ora prima.
-Ho capito qui siete tutti apprensivi. – commentò lei guardando Oliver, facendo sorridere Thea.
-Forza a letto che domani Isabel ti metterà sotto torchio! – esclamò Oliver divertito.
-Ti prego no! Dimmi c’è un modo per soffiarle le quote e buttarla fuori dalla compagnia… A pedate, sarebbe veramente perfetto! Cioè no, intendevo… -
-Intendevi quello che hai detto, a letto! Notte Thea, Roy! –
-Notte ragazzi! – Thea sorrise vedendo il fratello trascinare per mano Felicity fino fuori dalla sua vista, dormire, si certo ora si diceva così!
-Thea sembri troppo interessata a tuo fratello. – disse Roy abbracciandola e fissando in cima alle scale dove erano scomparsi i due.
-L’hai vista? Indossava i vestiti di mio fratello.-
-E allora? Anche tu indossi i miei. –
-Certo, ma solo dopo che tu hai tolto i miei! – la mora sorrise allusiva.
-Oh! Capito, quindi tuo fratello si fa la segretaria, che cliché!-
-Andiamo va! -
 
 
Il giorno dopo Felicity era in ufficio e il detective Hilton accompagnato dall’agente Lance si presentarono chiedendo di poter parlare con la ragazza. Felicity era al pc e stava battendo alcuni bilanci per poi darli a Oliver così che li firmasse e la liberasse dall’opprimente presenza di Isabel.
-Signorina Smoak. – fece il detective fermandosi davanti a lei.
-Detective, agente Lance. Posso aiutarvi? – chiese lei inumidendosi le labbra ansiosa per quella visita inaspettata.
-Dovremmo farle qualche domanda, non ci vorrà molto.-
-Io… Non posso lasciare il lavoro, queste domande sono così urgenti? – chiese lei spostando lo sguardo da un uomo all’altro.
-Si. –
-Se sono così urgenti potete usare il mio ufficio. – Oliver era uscito ed era intervenuto in aiuto della giovane, l’atteggiamento del detective indisponeva molto Oliver sembrava che ce l’avesse con Felicity e non riusciva a capire perché.
-Non le dispiace? –
-No, prego entrate. Felicity, vieni. – i tre entrarono invitati da Oliver. Felicity si sedette al posto che solitamente occupava lui, mentre i due dall’altra parte del tavolo. Oliver aveva preferito rimanere in piedi e stare accanto a Felicity.
-Non occorre che lei rimanga. –
-Se sono solo domande non credo che ci siano problemi se resto qui. – commentò lui, non si sarebbe spostato di mezzo millimetro.
-Non è un avvocato. –
-Fino a prova contraria la signorina Smoak non è in arresto, in caso contrario prima di parlare con lei chiamerei i miei avvocati. E’ in arresto? – chiese lui, Felicity guardava il braccio di ferro che i due stavano facendo ed era più che sicura che ad uscirne vincitore sarebbe stato Oliver, quel ragazzo aveva il dono di uscire sempre vincitore da tutti gli scontri, verbali o non.
-Se non è un problema vorrei che restasse. – intervenne Felicity, ormai l’ansia si era impossessata di lei e anche se non voleva mostrarlo avere Oliver accanto a se la faceva stare più tranquilla.
-Come desidera. –
-Grazie. –
-Abbiamo provato a cercarla a casa, ma non l’abbiamo trovata.-
-Sta da me, dopo quello che è successo non mi fidavo a lasciarla sola in casa, problemi? – chiese, non sarebbe potuto sembrare più innocente di come era apparso, mentre Felicity aveva assunto un aria abbastanza colpevole.
-Nessuno. L’abbiamo cercata perché crediamo di aver ritrovato il suo portatile. – a quelle parole Felicity si mise dritta sulla sedia, da una busta che fino a quel momento non aveva notato il detective estrasse il suo portatile, era proprio quello non c’erano dubbi.
-E’ il mio! – non credeva che un ammasso di ferraglia non funzionante avrebbe provocato in lei tanta gioia.
-Lo può accendere? – chiese il Detective  mentre le passava l’apparecchio, Felicity li guardò sorpresa dalla domanda.
-Non funziona, ci rovesciai sopra del caffè. – spiegò appoggiando l’apparecchio sul tavolo.
-Faccia un tentativo. – guardò Oliver che annuì col capo, tanto valeva accontentarli.
-Anche se fosse funzionante cosa che ripeto non è, non lo metto sotto carica da anni non avrà nemmeno batteria. – continuò lei aprendo il portatile e premendo il tasto di accensione, l’apparecchio rimase in silenzio. I due uomini si guardarono infastiditi, come se i loro sospetti non fossero giusti.
-Come mai tutto questo interesse per il mio portatile? –
-Questo è suo o del suo amico Allen? – lei li guardò sorpresa.
-E’ mio.- rispose preoccupata dalla piega che aveva preso la conversazione.
-Mi può ripetere da quanto tempo non vede l’amico di suo fratello? – chiese il detective fingendo di non ricordare quel dettaglio, quando invece ricordava benissimo la risposta che gli aveva dato poco tempo prima.
-Dalla mia partenza per il MIT. –
-Ne è sicura? –
-Si. –
-Come spiega queste. – ancora una volta dal niente tirarono fuori una busta e la misero sul tavolo, incuriosita la prese e si trovò a guardare delle foto, sicuramente dei fermo-immagini estrapolati da un filmato di sorveglianza.
-Quello è il suo palazzo e quello è il suo amico. – si leccò le labbra cercando di trovare qualcosa da dire, si vedeva chiaramente Allen entrare nel suo portone, in fondo alla foto c’era anche l’ora, le 18 e 30. Nella foto dopo invece era inquadrata lei che scendeva dalla macchina di Oliver e anche in quella l’ora troneggiava in fondo 18.57. la terza foto invece immortalava nuovamente Allen con in mano un portatile nero e l’ora riportava le 19 e 42, erano stati insieme tre quarti d’ora e nemmeno se ne era resa conto.
-Vuole cambiare la sua versione? – chiese il detective fissandola vittorioso.
-L’ho visto, ma questo non significa che io c’entri qualcosa con la sua morte.- si difese subito lei.
-Allora ci illumini, cosa è successo? –
-Niente, è passato mi ha chiesto il portatile ed è andato via. –
-Quarantacinque minuti? – chiese l’uomo scettico.
-Io sono salita a piedi sono quattro piani ed ero al telefono. Il tempo di trovare il pc e di scambiarci due parole poi se ne andato.- insistette Felicity.
-Che fine ha fatto il pc? –
-Non ne ho idea.-
-Cosa contiene.-
-Non lo so.-
-Di chi era? –
-Di mio fratello.-
-Perché l’aveva lei. –
-Perché Allen mi aveva chiesto di tenerlo. – quella serie di domande la stavano mettendo in crisi, quello era un interrogatorio bello e buono e la cosa più brutta non era che aveva mentito alla polizia, ma che l’aveva fatto anche ad Oliver e lui si sarebbe arrabbiato, Felicity buttò un occhiata al ragazzo, aveva messo su la sua migliore faccia da poker, il suo viso non tradiva una sola emozione.
-Quando? – insistette il detective.
-Qualche giorno dopo il funerale. –
-Cosa contiene il computer? –
-Non ne ho idea! – ripetè frustrata Felicity, le stava rifacendo le stesse domande che le aveva posto la volta prima e che le aveva fatto anche pochi minuti prima, era stupido o sperava di farla contraddire?
-Sette anni in suo possesso e non ha mai pensato di aprirlo? –
-Non so cosa contenga. – ripetè lei, era veramente frustrata la stavano interrogando come una qualsiasi criminale e Oliver non stava facendo niente per impedirglielo, si voltò apertamente verso il giovane in cerca di aiuto, lo sguardo disperato che gli rivolse lo fece tornare in se e andò in suo aiuto.
-Non le sembra di esagerare? – chiese interrompendo così il flusso di domande.
-Ha mentito alla polizia, vogliamo sapere cosa sa. –
-Non so nulla. Allen mi ha chiesto di tenere il pc l’ho fatto, me l’ha richiesto e gliel’ho reso, mi ha detto di non dire che ci eravamo incontrati e così ho fatto. Non volevo mentire, ma … -
-L’ha fatto signorina Smoak, potremmo incriminarla per intralcio alla giustizia. –
-Allora lo faccia o se ne vada, la signorina Smoak non risponderà ad altre domande per oggi, se vorrà porne ancora lo farà in presenza del suo avvocato.-
-Non sapevo avesse un avvocato. – commentò divertito l’uomo.
-Detective… - con una semplice parola Oliver mise i due uomini alla porta, anche Felicity fece per alzarsi, ma la mano di lui si posò sulla sua spalla impedendole di muoversi.
-Non ci provare. – sibilò serio, quando entrambi gli agenti sparirono nell’ascensore, Oliver fece segno a Diggle di entrare nell’ufficio e di chiudere la porta.
-Ti do tre secondi Felicity, cosa è successo? –
-Ti giuro che quello che ho detto è la verità! – si difese subito lei.
-Felicity! –
-Cosa vuoi sapere? –
-Chi è quel ragazzo? –
-Il migliore amico di mio fratello. – rispose lei.
-Da quando hai un fratello? – domandò lui sorpreso.
-Non ce l’ho più, è morto. – rispose lei tristemente, aveva sempre creduto che fosse stato uno stupido incidente a portare via suo fratello da lei, invece le avevano sempre raccontato una cavolata, era sicuramente invischiato in qualcosa di grosso.
-Felicity, io... –
-Senti Oliver, non so cosa contiene il computer, non l’ho mai saputo, mi ha chiesto di tenerlo e l’ho fatto, mi ha chiesto di renderglielo e l’ho fatto. Tutto qui. –
-Ti fidavi di lui? – chiese Diggle.
-Era come un fratello per me, siamo cresciuti insieme. –
-Non hai mai provato ad accenderlo? –
-Tutti i dannati giorni! Ma quel coso è protetto da un sistema di sicurezza che farebbe impallidire anche il pentagono e la NASA messi insieme.-
-Che stai dicendo, che non sei riuscita a violarlo? –
-No, ho usato tutti i trucchi che conoscevo, ho lanciato tutti i programmi che mi venivano in mente, ma niente, o sai la password o stai fuori. –
-Hai provato… –
-Ogni singola parola, messa in ogni ordine possibile ed immaginabile, sono sette anni che provo a violarlo è stata la sconfitta più cocente che abbia mai subito. – ammise lei con disappunto.
-Dove è finito quel pc? –
-Non lo so, io l’ho dato ad Allen, poi non so che fine abbia fatto.-
-Se sono entrati in casa tua vuol dire che chiunque sia il mandante non l’ha preso e se anche la polizia lo cerca non ce l’hanno nemmeno loro, troviamolo noi e scopriamo che guai hai attirato. –
-Bene. – Felicity uscì dall’ufficio triste, Oliver era furioso con lei e aveva tutte le ragioni per esserlo.
-Diggle, stai con lei, non lasciarla sola nemmeno per un secondo, questa faccenda non mi piace.-
-Bene. Oliver, tu vuoi veramente che lei indaghi su questo? Troverà l’incidente e scoprirà come è morto il suo amico e sicuramente scoprirà anche qualcosa di spiacevole su suo fratello e sulla sua morte. –
-E’ l’unica che può farlo. Stalle vicino. –
-Come vuoi. –
Oliver si sedette alla sua scrivania, quella situazione non gli piaceva per nulla, per iniziare Felicity gli aveva mentito e questo non lo sopportava, e poi non aveva la minima idea in che guai quel ragazzo l’avesse infilata. Osservò Diggle accanto a Felicity, lei smanettava al computer sembrava essersi rimpiccolita, seduta al pc con lo sguardo triste, anche la coda che solitamente si muoveva ad ogni suo movimenti rimaneva immobile.
 
-E’ arrabbiato. – esordì Felicity dopo qualche ora che lavorava al pc insieme a Diggle.
-No è solo preoccupato. –
-E’ furioso, ha quella ruga in mezzo alla fronte, ce l’ha solo quando è arrabbiato.. – commentò lei buttando uno sguardo al ragazzo che cercava di concentrarsi su quello che gli diceva la socia.
-Ha sempre quella ruga in fronte. – le fece notare Diggle.
-Certo, perché è sempre arrabbiato con qualcuno! – i due ridacchiarono divertiti, vedere che era capace di sorridere nonostante tutto quello che era successo sollevò il morale a Diggle.
-Sono entrata. – esultò lei, aveva appena violato il sistema della polizia, doveva muoversi trovare i file che le servivano salvare il tutto e poi uscire prima che qualcuno si accorgesse di lei o questa volta il carcere non glielo avrebbe levato nessuno.
-Che fai? – chiese vedendola inserire un hard-disk.
-Copio tutto. Fatto. – uscì da tutto cercando di ripulire le sue tracce.
-Okay, ci mettiamo a lavoro dopo, ora la tua amica del cuore ti guarda e sta puntando dritta verso di te.-
-No ti prego! –
-Signorina Smoak. Voglio questi documenti sulla mia scrivania per domani mattina. – Isabel le lasciò una pila di foglia che fece impallidire la bionda. Dopo aver detto quella frase la mora prese la sua roba e se ne andò.
-Sai cosa penso… Che la sua segretaria non sia malata, sta solo cercando un modo per stare lontana da quella. – sibilò lei fissando i fogli.
-Andiamo? – Oliver era uscito dall’ufficio e si fermò davanti ai due.
-Andate io rimango qua, penso che avrò da fare per tutta la notte… - commentò spostando alcuni fogli. Oliver la guardò non comprendendo.
-Isabel le ha lasciato un regalino, li vuole domani mattina sul suo tavolo.. –
-Per l’amor del cielo. – prese i fogli e senza troppe cerimonie li posò sul tavolo dell’altra segretaria.
-Andiamo a casa. Ci penso io a Isabel domani. – Felicity non se lo fece ripetere due volte, prese la sua roba e seguì Oliver verso l’ascensore, il giorno seguente non si sarebbe persa la scena per niente al mondo.
 
Continua…
 
Ciao!
Capitolo semplice, ma lunghetto no? Voglio dire per compensare la mancanza della puntata di stasera vi ho fatto un capitolino un po’ più lungo quindi AMATEMI! Muahahahah!! *me tossisce e si ricompone*
*da leggere canticchiando* -> Felicity ha mentito, e Oliver l’ha scoperto, e ora è arrabbiato!! xD che accadrà ora? Riusciranno i nostri eroi a tornare in possesso del misterioso portatile? Chi sarà stato ad essere entrato in casa di Felicity e la furia di Oliver per le bugie che Felicity gli ha detto comporteranno una separazione tra i due? (che poi io sostengo che Felicity non abbia mentito, ha solo evitato di dire cosa era successo… questo non è mentire. U.U comunque sono dettagli)
Allora vediamo ultima cosa e poi vi saluto.
Ho fatto una scommessa con una mia amica, lei sostiene che non riuscirò ad arrivare a 100 recensioni con questo capitolo.. lo so che vi chiedo tanto visto che sono solo a 84, ma tenendo presente con in due giorni il capitolo ha ricevuto 400 visualizzazioni io non dico che tutte e 400 siano di persone diverse, ma almeno 50 persone che l’hanno realmente letto ci saranno? Vi dispiace lasciare una recensione? Se riusciamo a toccare (anche a superare) le 100 recensioni, VENERDI’ ci sarà un regalo per tutti voi! Quindi io direi che vi conviene lasciare la recensione, ve lo dico perché so cosa vi regalo! U.U
Ci proviamo?
Un bacione controllate il mio profilo venerdì.
Mia Black

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Capitolo 12
*** capitolo 12 l'amore non è bello se non è litigarello ***


Capitolo 12
 
Come di consuetudine Diggle puntò direttamente verso il covo, era arrivato il momento di visionare i file che Felicity era riuscita a ricavare dalla sua intrusione nel sistema informatico del dipartimento di polizia.
Come aveva dedotto Felicity le foto che il detective le aveva mostrato erano dei fermo immagine di alcune riprese fatte da una telecamera, si vedeva chiaramente Allen entrare nel portone e salire, fecero scorrere il video a velocità sostenuta, rallentando quando videro la macchina di Oliver arrivare e fermarsi davanti al portone, fortunatamente i vetri oscurati avevano nascosto sia Oliver che Diggle, il video continuava con lei che entrava nel portone, e dopo quarantacinque minuti si poteva vedere Allen uscire dal palazzo con qualcosa in mano.
-Ecco qui è l’ultima volta che l’ho visto e sentito. – fece la bionda fermando l’immagine una volta che il ragazzo era uscito dall’inquadratura.
-Okay, quarantacinque minuti Fel, cosa vi siete detti? – chiese Oliver fissandola seriamente.
-Niente di che! Ci ho messo un secolo a trovare il computer, lo tenevo chiuso in fondo all’armadio e ci ho messo un po’ a prenderlo. Poi le solite cose, come stavo, come stava lui e basta. Non volevo rendergli il pc. Quello era l’unica cosa che mi era rimasta che potesse darmi una spiegazione su quello che era successo a mio fratello. –
Oliver la guardava fissa negli occhi quei meravigliosi e disperati occhi azzurri, sapeva che gli stava dicendo la verità, lei non gli mentiva, non c’era motivo per cui dovesse mentirgli eppure non poteva fare a meno di sentirsi tradito.
-Non ti fidi? – chiese lei sorpresa, non se lo aspettava, che la polizia non le credesse era un conto, ma che Oliver non credesse a quello che stava dicendo era tutta un'altra storia, la guardò senza dire niente quella era la risposta che aspettava, si alzò di scatto furiosa.
-Per quale assurdo motivo non mi credi? – chiese.
-Mi hai mentito! – rispose lui senza scomporsi, odiava quando faceva così, quando chiudeva tutte le sue emozioni e non lasciava che uscissero, non era il nemico lei, non era da lei che si doveva proteggere.
-Quando? Dalla mia bocca non è mai uscita nessuna bugia con di te, ti ho detto che era morto un mio amico, Allen è un mio amico. E poi ti ho detto che non ne volevo parlare. Non ho detto nessuna bugia. – spiegò lei.
-Perché non mi hai detto che c’era lui sulla tua porta, eravamo al telefono, hai fatto finta di niente e ai chiuso. –
-Se ti dicevo che c’era un ragazzo fermo sulla porta di casa mia tu saresti salito! –
-Certo e avrei fatto bene. –
-Fatto bene? Perché? – chiese furiosa.
-Felicity. –
-No, tu vuoi sapere tutto, ma non racconti niente di te. –
-Io non attiro guai! – rispose lui furioso, finalmente era riuscita a far uscire qualcosa da quella maschera di freddezza.
-Tu non attiri guai? Te li vai a cercare i guai, armato solo di arco e frecce e quando torni malconcio siamo noi a doverti ricucire! – lui non attirava guai, ci si buttava come un pesce si butta nell’acqua, con tanto di tuffo carpiato.
-Non è quello che intendevo.-
-Dannazione Oliver, non parli mai dell’isola, non ci hai mai detto niente, sei ricoperto di cicatrici ma nemmeno una volta ci hai detto come te le sei procurate. –
-Non è importante sapere come me le sono fatte.-
-Per te forse, ma per me si! Vorrei sapere cosa ti è successo, ma come tu non vuoi parlare di quello, io non voglio parlare di questo! Non voglio ricordare, non voglio pensarci. – Felicity prese la sua borsa e corse fuori dal covo, era troppo furiosa con Oliver per poter stare nella stessa stanza con lui senza soddisfare la sua voglia di mettergli le mani addosso, ma non come al solito, questa volta gli avrebbe messo le mani addosso per fargli male, lei che era anti-violenza, l’avrebbe preso volentieri a schiaffi.
 
Felicity tornò a casa sua senza che Oliver la fermasse.
L’appartamento era ancora sottosopra per via dell’irruzione, sospirò e puntò dritta verso la dispensa, da quando Oliver aveva iniziato a frequentare assiduamente casa sua, Felicity aveva fatto scorta di vino, certo non era pregiato, non costava fior di dollari a bottiglia, ma era comunque un buon vino. Prese un paio di bottiglie e le aprì, non voleva pensare, ne a Oliver, ne a Allen ne tantomeno  a suo fratello e i guai in cui si era infilato e che ora le aveva lasciato in eredità.
 
Bevve e pianse talmente tanto da perdere ogni contatto con la realtà.
Aveva passato la serata a cercare di non pensare, aveva spento il telefono, staccato il citofono, si era barricata in casa in compagnia del gatto e del vino. Quando l’effetto dell’alcool sparì Felicity ci mise un po’ a capire cosa era successo, lei che non beveva mai aveva dato fondo a tutte le scorte di vino che aveva in casa aumentando così il disordine che non solo aveva in casa ma che aveva anche nella sua testa.
-Che diavolo sto facendo? – si chiese alzandosi, era così ubriaca che si era addormentata con la bottiglia in mano, macchiando la trapunta chiara col rosso. Lasciò cadere la bottiglia e storse il naso all’odore del vino versato a terra.
-Mio fratello si vergognerebbe di me. – biascicò con la bocca impastata. Guardò l’orologio e dovette sbattere più volte gli occhi, l’orologio doveva essersi rotto, perché non era possibile che si fosse persa tre giorni.
-Okay, prima di tutto vediamo che fine ha fatto il portatile che ho dato ad Allen, mi servono le riprese. Alla Queen consolidated, è sabato pomeriggio, non ci sarà nessuno. –
Si concesse un bagno per togliersi la puzzava d’alcool, non era il caso di andare in quello stato, entrata nella piccola stanza i suoi piedi si scontrarono contro un barattolo rovesciato, alcune pillole bianche erano sul pavimento, raccolse l’oggetto accigliata, doveva essere talmente stravolta e stanca da aver ricorso al sonnifero, non si stupiva di aver perso tre giorni, alcool e sonnifero non era mai una buona accoppiata, era fortunata che fosse ancora viva.
Dopo essersi data una sistemata se ne andò alla Queen consolidated, come aveva previsto non c’era nessuno, arrivò su fino all’attico la sua scrivania era seppellita da fogli che lunedì avrebbe dovuto correggere e trascrivere, sempre che lei avesse ancora quel lavoro, magari Oliver aveva deciso di sbarazzarsi di lei per la gioia di Isabel. Non era quello il momento di pensare se aveva o meno ancora un lavoro, prese l’hard disk chiuso nel suo cassetto e se ne andò velocemente, non voleva rischiare di incrociare Isabel nemmeno per un secondo, sicuramente l’avrebbe obbligata a mettersi a lavoro.
Ormai nell’ingresso a pochi passi dall’uscita, Felicity pensò di essere salva, le sue scarpe da ginnastica non facevano rumore sul pavimento di marmo, nessuno si sarebbe mai accorto del suo passaggio.
-Felicity! – aveva parlato troppo presto, si voltò preoccupata a vederi chi l’avesse fermata.
-Tessa! – esclamò lei sorridendo, la ragazza rossa la guardava e sorrideva.
-Che ci fai qua? Sono giorni che non ti si vede, il grande capo ha detto che stavi male, stai meglio? – chiese preoccupata, beh questo rispondeva alla sua domanda, aveva ancora un lavoro, Oliver si era premunito di trovargli una scusa per la sua assensa ingiustificata.
-Ehm…Si, si. Sto meglio. Grazie. – balbettò lei.
-Bene, quindi lunedì sei a lavoro? Ci manchi proprio. Ma, che ci fai qua? Io sono dovuta tornare non ero convinta di aver sistemato una cosa se quel diavolo della signora Rochev se ne accorgeva mi avrebbe licenziato seduta stante.- spiegò lei, Tessa era una delle ragazze alla reception, non era cattiva e non era nemmeno pettegola, era una delle poche persone che si facevano gli affari propri e solo Dio sapeva come in quel momento Felicity era contenta di aver incrociato lei e non qualche segretaria pettegola dei piani superiori.
-Avevo dimenticato una cosa urgente e sono passata a prenderla. – spiegò.
-Lavori da casa per metterti in pari? Dovresti riguardati, non hai una bella cera. – la sincerità di quella ragazza era disarmante, ma se per molti quello era un difetto, per Felicity era un gran pregio e per quello stimava ancora di più quella rossa tutta pazza.
-Grazie per il consiglio. – Felicity puntò dritta verso la porta, doveva andarsene prima che arrivasse qualcun altro.
-A già, stavo per dimenticarmene… Aspetta. Questo è arrivato per te giorni fa, ma mi sono sempre dimenticata di dartelo, sembrava urgente, mi perdoni? – chiese la ragazza passandogli un pacco abbastanza grande con sopra attaccata una busta bianca.
-E’ passato un fattorino sembrava molto ansioso di consegnarlo, diceva che era stato pagato profumatamente per fare questa consegna personalmente e come prima della giornata. Mi dispiace non avertelo dato subito. –
-Non fa niente, grazie. –
Col pacco stretto tra le braccia Felicity se ne andò verso la macchina.
Chiusa in auto ancora nel parcheggio sotterraneo prese la busta da sopra la scatola e la lesse:
 
Cara Fells,
mi dispiace. Mi dispiace perché quando leggerai questa lettera con molta probabilità sarò morto anche io. Ti giuro che non volevo metterti nel mezzo, quando raggiungerò tuo fratello mi farà il culo per averti messo nei guai, ma quel giorno, quando ti ho dato il computer speravo fortemente che tu riuscissi ad entrare e a dirmi cosa c’era dentro.
Dopo che sono uscito da casa tua ho pensato molto e sono più che certo che mi stiano seguendo, anzi sento il loro fiato sul collo, non posso tenere il computer se cadesse nelle loro mani tutto il lavoro che abbiamo fatto sarebbe perso, te lo rimando, vorrei dirti come accedere ai file, ma purtroppo nemmeno io so la password, Brian diceva sempre che le uniche persone a sapere la parola giusta eravate tu e lui, ripeteva sempre che la password era incisa nel tuo cuore, non so cosa volesse dire, per me non ha mai avuto senso, ma spero che potrà aiutarti ad entrare.
Non posso scriverti di più se qualcuno intercettasse la lettera sarebbe un guaio.
Buona fortuna e guardati le spalle.
Tuo fratello acquisito Allen.
 
Lesse due volte la lettera, le lacrime erano tornate a rigarle il volto, Allen le aveva reso il portatile e le chiedeva di chiudere questa storia, qualunque storia fosse doveva essere importante, aprì la scatola e trovò il vecchio portatile, premette il pulsante e quello si accese immediatamente, lesse nuovamente la lettera, lei sapeva la password? Suo fratello si sbagliava, ci aveva provato ma non era mai riuscita ad entrare.
-…incisa nel tuo cuore… Nel mio cuore? Che diavolo… - lesse pensierosa, poi si fermò non aveva fatto caso di essersi messa a giocare con il ciondolo della collana che portava sempre al collo, un cuore che si apriva e con dentro una foto e una scritta. Si sfilò la collana e la guardò, da una parte una vecchia foto di lei e di Brian e sull’altro lato una frase “Sei la luce che illumina la mia vita.” Con le mani tremanti digitò la frase nello spazio, in un attimo lo schermò diventò celeste, la password era corretta stava entrando nell’account di suo fratello, con gesto deciso chiuse il portatile, si rimise al collo il cuore e partì, c’era un solo posto dove poteva andare.
Dalla Queen Consolidated a dove voleva andare lei ci voleva più o meno un quarto d’ora, ma il traffico del sabato pomeriggio aveva reso il suo viaggio una piccola odissea, quando intravide il cancello che delimitava la proprietà sorrise, ora doveva solo sperare che la facessero entrare.
-Chi è?- chiese qualcuno al citofono.
-Sono Felicity Smoak, ho bisogno di parlare con Oliver. – aveva vissuto in quella casa per giorni, possibile che ora non la riconoscessero?
-Il signor Queen ha chiesto di non essere disturbato. – continuò l’uomo della sicurezza facendo innervosire Felicity.
-Beh  devo riprendere la mia roba. Quindi posso almeno entrare? – sentì una voce femminile intervenire e poi il cancello aprirsi, non aveva idea di chi fosse arrivato in suo favore, ma sicuramente doveva essere stata Thea.
Lanciò uno sguardo allo specchietto prima di scendere dall’auto, aveva una faccia orribile, ma non poteva farci molto.
Come aveva previsto sulla soglia trovò Thea che la guardava preoccupata, ma felice di vederla.
-Ehy, stai bene? Hai un aspetto orrendo. – commentò abbracciandola, Felicity si lasciò abbracciare, in quel momento aveva bisogno di tutto l’affetto possibile e se Oliver non era più disposto a darglielo tanto valeva prenderlo da lei.
-Sto. – rispose enigmatica.
-Mio fratello è su che confabula con Diggle, io non so cosa sia successo, ma voglio saperlo, ora però devo scappare al club, tu fai come se fossi a casa tua e se Ollie ha qualcosa da ridire lo sistemo io... Perdonami ora scappo. – le diede un bacio sulla guancia e se ne andò. Felicity rimase ferma nell’ingresso guardandosi attorno, non aveva la minima idea di cosa fare, non si aspettava di essere invitata ad entrare da Thea, ne si aspettava che la sicurezza non le avrebbe permesso di incontrare Oliver, forse andare li non era stata poi una grande idea.
-…Non mi interessa, sono passati tre giorni. A costo di sfondare la porta vado da lei… - alzò lo sguardo, al piano di sopra quasi sulle scale c’erano Oliver e Diggle che stavano parlando.
-Non credo che dovrai fare molta strada. – Diggle la vide e le sorrise indicandola ad Oliver che sembrò molto sollevato di vederla in piedi nel suo ingresso.
-Felicity! – era chiaramente sorpreso di vederla, i suoi occhi la scrutavano da capo a piedi, nei suoi bellissimi occhi blu, Felicity potè leggere emozioni diverse, sorpresa, sollievo e poi quella che la colpì più di tutte sofferenza e dispiacere.
-Stai bene? – le chiese allungando il braccio verso la sua spalla, guardò l’arto muoversi e poi bloccarsi a metà strada per ricadere inerme lungo il suo fianco.
-Si… Sto bene. – rispose lei senza guardare nessuno dei due, inizialmente l’idea di andare da Oliver gli era sembrata buona, ora invece che si trovava li, l’idea non le sembrava più così buona come lo era all’inizio, non sapeva che dire.
-Non hai una bella cera. – continuò il ragazzo, si era fermato a due passi da lei e non accennava ad accorciare la distanza, non che Felicity si aspettasse quale accoglienza, ma quella situazione era veramente imbarazzante. Diggle nel frattempo li guardava divertito.
-Beh, che ne dite se ci spostiamo dall’ingresso? – chiese con fare causale, i due annuirono e Oliver fece cenno di salire le scale. Oliver poteva affrontare, armato solo di un arco, assassini armati di mitra, ma in quel momento non riusciva nemmeno a sfiorare Felicity per paura che lei si ritraesse da lui.
 
Continua
 
Ecco qua il dodicesimo capitolo! Beh dai la situazione sta decisamente prendendo la svolta, il pc è stato trovato ora potranno scoprire chi ha ucciso Allen e Brian e chi sta puntando a Felicity.
C’è stato un piccolo litigio, ma dai  non è niente di grave voglio dire Felicity è andata da OLIVER a chiedere AIUTO, quindi sotto sotto non ci sono gravi problemi no? Oliver si è comportato da idiota ma ormai è una sua prerogativa! ^.^
Vi lascio perché vado a pranzo fuori e sono in ritardo, ma doveva aggiornare, altrimenti poi non sapevo quando farlo.
Volevo cogliere l’occasione per ringraziare  TUTTI quelli che hanno recensito la volta scorsa perché mi avete fatto stravincere e ora ho una schiava fino a venerdì prossimo U.U per chi si fosse perso il regalo lo trovate qui -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2458632&i=1 lasciate un commento!
Vi lascio perché è veramente tardissimo!
Un bacione spero che chi ha recensito la volta scorsa lo faccia ancora, è stato un piacere vedere che la storia piace.
Un bacio
Mia Black

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Capitolo 13
*** capitolo 13: confessioni ***


Capitolo 13
 
I tre entrarono in camera di Oliver, Felicity si sedette sulla poltrona mentre Oliver e Diggle rimasero in piedi poco distanti da lei.
-Sei sicura di stare bene? – le chiese apprensivo Diggle.
-Si, si, sono solo un po’ stanca, ma sto bene. – rispose facendo un sorriso sperando così di rassicurare i due.
-Sei sparita per tre giorni iniziavamo a preoccuparci. – continuò l’ex militare visto che Oliver si limitava a guardarla senza aprire bocca.
-Ero a casa, ma… Non importa. – si affrettò ad aggiungere, non voleva far sapere a Oliver quanto quella litigata insieme alla scomparsa di Allen e ai ricordi di Brain l’avessero sconvolta e portata a fare cose stupide.
-Cos’hai li? – chiese indicando la scatola che lei continuava a stringere convulsamente tra le braccia.
-Mi è stata recapitato giorni fa. – i due si accigliarono, non comprendendo quello che stava dicendo.
-Sono passata dall’ufficio, volevo prendere il backup dei dati presi alla polizia, ne avevo tenuta una copia nel cassetto della mia scrivania. –
-Perché andare fino alla Queen consolidated, il Verdan è molto più vicino. – commentò Oliver, Diggle lo guardò come se fosse scemo e forse per alcune cose lo era veramente, se si parlava di combattere e di sconfiggere i cattivi era un genio, ma quando si parlava di sentimenti e di ragazze che vogliono qualcosa di più dell’essere portate a letto, diventava un completo imbecille.
-Quante possibilità hai di incontrare qualcuno in ufficio di sabato pomeriggio? – chiese Diggle.
-Poche è chiuso di sabato… - finalmente capì perché aveva scelto l’ufficio: era andata li così da non correre il rischio di incontrare loro.
-Stavo andando via, quando Tessa mi ha bloccato. Mi ha dato questo… - posò le mani sulla scatola così da indicarla.
-Ha detto che il fattorino era stato pagato profumatamente per consegnarlo come prima cosa. -
-L’hai aperto? –
-Si. – Oliver scosse la testa.
-Insieme al pacco c’era questa. – tolse la lettera dalla tasca e la allungò ai due, fu Oliver a prenderla, lesse le parole scritte velocemente per poi riportare la sua attenzione sulla ragazza. Erano stati giorni a cercare quel maledetto portatile e lo avevano sempre avuto loro sotto il naso.
-C’è? –
-Si, è qui. – rispose lei aprendo la scatola ed estraendo l’apparecchio.
-Che vuol dire: “la password è incisa nel tuo cuore”? – sfilò la collana e la lanciò, ancora una volta Oliver afferrò per primo l’oggetto e lo rigirò tra le mani.
-Si può aprire. E’ stato l’ultimo regalo che mi ha fatto mio fratello. – spiegò lei, Oliver aprì il ciondolo e vide la foto e la frase “Sei la luce che illumina la mia vita” suo fratello ci sapeva fare con le parole, ma soprattutto non avrebbe potuto scegliere frase più azzeccata.
-E’ la…-
-Si è accesso. – ammise lei esitante, pensare che aveva sempre avuto la password ma non se ne era mai resa conto la faceva sentire un po’ stupida, tanti anni persi.
-Cosa c’è dentro? –
-Non lo so… non ho avuto il coraggio di guardarlo da sola… Io… -
-SHHH! – finalmente Oliver aveva superato la sua paura del rifiuto, in due passi le fu accanto sfilandole il portatile dalle mani e la strinse a se, al diavolo se l’avesse respinto, non poteva vederla in quello stato, Felicity rimase immobile tra le sue braccia.
-Ehy… Shhh… Facciamo così, mi ascolti? – chiese lui accarezzandole il viso, lei annui senza guardarlo.
-Ora ti fai una doccia, perché puzzi di vino… - lei ridacchiò, sperava di essersi tolto quell’odore nauseante, ma a quanto pareva le si era attaccato bene addosso.
-…Poi facciamo una dormita… E domani, con calma pensiamo al portatile. –
-Io…- provò lei, sapeva che prima avessero controllato il portatile, prima avrebbero risolto tutto quel casino.
-Ci pensiamo domani Felicity, ora devi riposare. –
-Oliver ha ragione, una doccia e poi a letto. – convenne Diggle sorridendole. Felicity annui lasciandosi convincere dai due uomini a rimandare al giorno dopo il controllo del pc.
-Vai, nel bagno c’è tutto quello che ti occorre, non ho spostato nulla. – l’accompagnò fino alla porta del bagno e poi la lasciò sola. I due uomini si guardarono preoccupati per la ragazza.
-Almeno due cose le abbiamo risolte. – commentò Oliver fissando il computer.
-E sarebbero? –
-Felicity sta “bene” e il computer l’abbiamo noi. –
-Bene? – chiese scettico Diggle.
-Almeno non è morta ed è qui con noi. Il resto lo risolveremo. – fece ottimistico Oliver, avrebbe aiutato Felicity in ogni modo, sarebbe tornata ad essere la splendida ragazza che era prima dello scoppio di quel casino.
 
Fatta la doccia Felicity uscì dal bagno, in camera non c’erano più i due ragazzi, rimase ferma indecisa sul da farsi, l’idea di dormire un po’ non le dispiaceva per niente, ma non sapeva se poterlo fare nel letto di Oliver o se doveva andare nella camera degli ospiti, la porta si aprì ed entrò Oliver che la guardò sorpreso, mentre lei si guardava imbarazzata i piedi, fatta la doccia aveva trovato una camicia appoggiata sul ripiano, profumava di pulito e di Oliver, sicuramente l’aveva indossata il giorno prima, in un momento di coraggio se l’era messa ed era uscita, ora però sotto lo sguardo di lui si sentiva in imbarazzo.
-Carina. – commentò lui.
-Io… aveva il tuo profumo… - ammise lei imbarazzata, lo vide sorridere e si rilassò.
-Vieni a letto. – non se lo fece ripetere, in pochi passi raggiunse il letto di Oliver e si coricò assieme a lui, non ci fu tempo per le paure e le incertezze come toccò il letto si addormentò cullata dal profumo del ragazzo.
 
Oliver si stese con lei, non era sicuro di poterla abbracciare, non voleva che lei si scansasse da lui, la vide stendersi e lui si stese accanto a lei. Lei gli dava le spalle, il respiro pesante e regolare gli fece capire che si era addormentata subito, rimase un po’ con lei fino a che non fu sicuro di poterla lasciare sola per un po’.
Con passo leggero uscì dalla sua camera e raggiunse Diggle che stava dando disposizioni alla sicurezza, se stavano realmente cercando di uccidere la ragazza serviva aumentare il sistema di protezione.
-Dorme? – chiese Diggle dopo aver congedato il resto delle guardie.
-Come un sasso. – rispose lui lasciandosi cadere sulla poltrona stanco, quei tre giorni erano stati puro inferno, non c’era stato un solo momento che non avesse pensato alla giovane ragazza, si era dato dello stupido un secondo dopo averla vista uscire dal covo, ma il suo orgoglio gli aveva impedito di seguirla, quando poi il giorno dopo lei non si era presentata a lavoro aveva avuto paura che le fosse successo qualcosa, ma ancora una volta il suo orgoglio l’aveva fermato. Diggle si era limitato a guardarlo disapprovandolo in silenzio.
-Che si fa? –
-Lasciamola riposare, domani inizieremo a guardare cosa c’è dentro il computer. –
-E stasera? Freccia uscirà a fare qualche discorsetto? – chiese sarcastico Diggle, sapeva perfettamente che non si sarebbe mosso da casa.
-No, la rimandiamo a domani.- sorrise vedendo Oliver uscire dalla stanza per tornare in camera sua per accertarsi che Felicity fosse tranquilla.
 
La notte trascorse tranquilla, Felicity aveva dormito immobile tra le braccia di Oliver, solo verso le prime ore del mattino la bionda analista si era iniziata ad agitare, Oliver che si era svegliato e la stava guardando cercò di stringerla a se, ma più la tratteneva più lei si agitava per liberarsi, così dovette lasciare la presa e Felicity si calmò quasi subito.
Felicity si svegliò dopo un incubo: aveva sognato di rimanere incastrata in un auto mentre quella cadeva giù per una scarpata, sospirò profondamente cercando di allontanare il ricordo del sogno, sentiva la presenza di Oliver dietro di se e sorrise, non l’aveva lasciata sola. Tirò su la coperta, con la testa nascosta sotto si voltò verso Oliver e si mosse per stendersi sopra al ragazzo, completamente nascosta sotto al piumone Felicity si godeva il calore di Oliver senza dover affrontare il suo sguardo, aveva appoggiato la testa al suo petto e aveva stretto le ginocchia ai suoi fianchi. Sorpreso Oliver sorrise e avvolse un braccio attorno alla vita della giovane mentre con l’altra le accarezzava dolcemente i capelli.
-Felicity? Non sono comodo. – fece lui interrompendo quel silenzio, in risposta lei scosse la testa strusciando il naso contro il petto e mugulando qualcosa di non troppo comprensivo.
-Invece sei morbidoso. – borbottò lei muovendosi cercando una posizione più comoda.
-Morbidoso? – chiese lui alzando un sopracciglio e guardando il rigonfiamento sotto il piumone.
-Si, dovresti riprendere gli allenamenti, hai messo su la pancia. – ridacchio lei, a Oliver si poteva dire tutto, ma non che avesse la pancia, i suoi addominali erano scolpiti, di grasso non vi era nemmeno l’ombra.
-In questo periodo ho fatto un altro tipo di ginnastica. – commentò lui alludendo alle notti che avevano passato insieme, lei si irrigidì un attimo.
-Anche se negli ultimi tre giorni effettivamente ho battuto la fiacca. – aggiunse sentendola poi rilassarsi, ma non disse assolutamente nulla, rimaneva in silenzio tra le sue braccia nascosta alla sua vista.
-Pensi di uscire da li sotto? – non poterla osservare rendeva la situazione ancora più complicata, i suoi occhi erano lo specchio dei suoi pensieri, non poterli vedere lo rendeva insicuro.
-No. – sospirò e decise che era arrivato il momento fare qualcosa.
Nascosta sotto il piumone Felicity giocava con i contorni irregolari di una cicatrice, lo faceva sempre e lui stranamente lo trovava rilassante.
Oliver strinse le labbra, non voleva farlo, ma doveva, era arrivato il momento di raccontare almeno a qualcuno cosa fosse successo.
-E’ la cicatrice di una freccia. – ammise, sentì la mano di Felicity allontanarsi dal segno e rimanere sospesa sopra il suo petto, smise di accarezzarle i capelli e le prese la mano portandosela nuovamente al petto dove c’era il segno.
-A farmela è stato un uomo di nome Yao Fei, mi ha salvato la vita. Mi ha insegnato che se volevo sopravvivere dovevo uccidere, era lui ad indossare il cappuccio verde… – con ancora la mano di lei stretta nella sua andò a cercare un'altra cicatrice.
-Questa me l’ha fatta un agente segreto australiano, era sull’isola insieme ad un altro uomo, Slade, erano stati incaricati di salvare Yao Fei che era stato usato come capro espiatorio per dei crimini avvenuti in Cina. Lui tradì Slade e si unì a Fyers e ai sui uomini, che cercavano anche loro Yao Fei, ma non per salvarlo. Mi ha torturato perché gli rivelassi dove fosse nascosto, ho resistito non ho voluto tradirlo. Yao Fei è venuto in mio aiuto e mi ha salvato mandandomi da Slade. – ancora con le mani intrecciate  Oliver proseguì verso un'altra cicatrice.
-Questa è di un proiettile. Non so come mi sono ritrovato su una nave, li ho ritrovato Sarah, ma prima di scoprire che lei era li, viva, per mettere alla prova la mia forza mi hanno sparato e mi hanno dato l’occorrente per medicarmi. Non ho fatto un bel lavoro con la sutura… - commentò lui cercando di sdrammatizzare il racconto. Felicity nascosta sotto il piumone non ce la faceva più, quello che Oliver aveva passato era disumano, non voleva più ascoltarlo, non voleva più che lui ricordasse quei momenti, scivolò fuori dal piumone e si fiondò sulle sue labbra zittendolo con le sue.
Oliver rimase sorpreso dal gesto della giovane, il bacio che gli stava dando era dolce e morbido, rispose al bacio gustandosi il suo sapore, le lacrime della ragazza scivolarono sulle sue guance, cercò di asciugarle, ma lei continuava a piangere.
-Ti prego basta… - disse staccandosi dalle sue labbra continuando a piangere.
-Felicity… -
-Mi dispiace così tanto, io… Non avrei dovuto chiederti di raccontarlo… Sono stata una sciocca egoista…-
-Ehy… Shhh… Prima di tutto non piangere… - ribaltò la posizione, Felicity ora era sotto di lui e lo guardava dritto negli occhi.
-Oliver, mi dispiace per averti detto quelle cose. –
-Felicity, va tutto bene, finchè ci sei tu, tutto andrà bene. Non piangere, non mi piace quando piangi. – bisbigliò contro le sue labbra un attimo prima di riprenderne possesso, odiava vederla piangere si sentiva impotente e responsabile per la sua sofferenza.
Qualcuno bussò alla porta e i due si divisero.
 
Continua..


Ecco il capitolo delle confessioni!
Siete tutti contenti? Hanno fatto pace, più o meno. Dibattiamo su questo capitolo:
OLIVER E' MORBIDOSO! XD  *me rotola a rileggerlo*
Oliver che si confessa vi è piaciuto? Ho cercato di rimanere fedele spero di non aver sbagliato la cronologia delle ferite o di non aver sparato qualche cavolata. Ora toccherà a Fells confessarsi. (nemmeno fossimo in chiesa)

 Lo so che volete sapere cosa c’è dentro quel benedetto computer ma una cosa alla volta su ragazzi! Intanto hanno fatto più o meno pace, poi domenica finalmente scopriremo cosa nascondeva Brian, vi avviso non si scopre cosa c’è dientro, ma ci sarà una rivelazione chiave, tanto so già quale nome salterà fuori da tutti voi… e vi dico di pensare bene prima di dire che è “lui” a volerla morta.

Ora siamo quasi a fine… cioè io sono a fine mi mancheranno si e no gli ultimi 2/3 capitoli e poi metto la parola FINE a questa benedetta “One-shot”  U.U non ridete. Voi invece avete ancora come minimo 15 capitoli da leggere quinde state tranquilli.
Buona giornata a tutti un bacione
Mia Black
 

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Capitolo 14
*** capitolo 14: Il contenuto del pc ***


Capitolo 14
 
-Entra Diggle! – Felicity lo guardò alzando un sopracciglio, mentre Oliver si alzava da sopra di lei e scendeva dal letto, Diggle entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle.
-Buongiorno. –
-Giorno.. – bisbigliò Felicity imbarazzata, Diggle non sembrava far caso al fatto che lei fosse ancora sotto le coperte con addosso una camicia di Oliver.
-Direi che è ora di fare colazione. – propose Oliver guardando i due tranquillamente.
-Chiedo a Rosie di portare qualcosa su. – disse Diggle prima di uscire dalla stanza. Approfittando dell’uscita di Digg, Oliver si avvicinò a Felicity e riprese possesso delle sue labbra strappandole un gemito di piacere, quel ragazzo ci sapeva decisamente fare, la porta si aprì dopo poco ed entrò Diggle con un vassoio pieno di cose buone da mangiare.
-Vedo che avete fatto pace. – commentò divertito Diggle.
-Hai un pessimo tempismo. –  rispose Oliver prendendo il vassoio e appoggiandolo sul letto per poi sedersi accanto alla ragazza.
-Mangia con noi Diggle, giuro che non ti conficcherò nessuna freccia in nessuna parte del corpo… Ovviamente se eviti altre battute del genere. – Diggle sorrise e si sedette sul letto davanti ai due.
Oliver prese la tazza di caffè come se fare colazione sul letto di camera sua fosse la cosa più normale del mondo, Felicity al contrario guardava Diggle imbarazzata il quale invece la guardava divertito.
-Che vuoi fare oggi? – chiese Diggle, era arrivato il momento di parlare di cose serie, per quanto trovasse divertente stuzzicarli ora avevano cose più importanti di cui parlare.
-Dobbiamo guardare cosa contiene il portatile di mio fratello. – disse Felicity senza guardare nessuno dei due.
-Felicity sei sicura? –
-Ho sempre pensato che fosse morto in un incidente d’auto, invece non è vero. La polizia mi ha mentito, Allen, mi ha mentito. Devo sapere la verità. Ho sempre pensato che fosse colpa mia, lui stava tornando a casa perché io glielo avevo chiesto. – i due uomini fissavano la ragazza in silenzio ascoltando il suo racconto.
-Era il mio compleanno e io lo volevo festeggiare con lui, erano mesi che non lo vedevo. Mio fratello era un genio del computer, io in confronto a lui sono una principiante. Allen invece era un chimico, due geni nei loro campi, avevano accettato un qualche incarico; con me dicevano che era top secret, pensavo che mi prendessero in giro invece a questo punto penso fosse vero. Sono andati via per quasi un anno, poi sono tornati a casa per qualche giorno per poi ripartire. Non ho idea di cosa stessero facendo, io ero troppo piccola, con me non parlavano di queste cose. – sospirò, prese un pezzo di pane e iniziò a sbriciolarlo tra le dita, giusto per tenersi occupata mentre parlava.
-Come sei entrata in possesso del portatile? –
Il ricordo dei giorni dopo il funerale erano annebbiati dal dolore, dagli antidepressivi e dai sonniferi, i dottori le avevano prescritto tutta quella roba per aiutarla a superare il dolore di quello che le era successo, il primo ricordo chiaro che aveva era proprio quello di Allen che le lasciava il pc prima della sua partenza per il MIT:
 
-Fells, ho bisogno di un piacere. Me lo fai? – lei annui tra le lacrime vederlo le faceva tornare in mente tutti i momenti passati con lui e Brian.
-Ho bisogno che tu tenga questo e non devi dire a nessuno che ce l’hai te okay?-
-Che cos’è? – guardò il portatile che lui le passava, lo riconosceva era quello di suo fratello, sopra c’erano gli adesivi che ci aveva messo tempo prima e su un angolo c’era il suo gattino con i cuoricini che spiccava in mezzo ai teschi e i tribali scuri.
-E’ il portatile di tuo fratello, dentro c’è quello a cui stava lavorando, non ho idea di cosa sia, ma sono convinto che questo sia importante. –
-Perché lo dai a me?- chiese con le mani tremanti.
-Ho combinato un casino e ora della gente poco raccomandabile mi cerca. Ho bisogno di sparire per un po’ e che questo stia al sicuro.-
-Ho capito. – annui stringendolo al petto, non lo avrebbe dato a nessuno.
-Sparisci, fai perdere le tue tracce cambia colore di capelli, fai quello che vuoi, ma vai via da qua. Anche te scompari, non tornare mai più indietro.-
-Perché? –
-Ti prego, non voglio che per arrivare a me tu sia coinvolta… -
-Va bene. Stai attento. – si abbracciarono e poi se ne andò, guardò la sua schiena allontanarsi con la voglia di corrergli dietro, di abbracciarlo e implorarlo di non lasciarla sola, ma si limitò ad abbracciare il computer e rientrò in casa 
 
-Non so altro. –
-Lo scopriremo. Mi dispiace Felicity. –
-Passatemi il portatile. –
-Felicity, mangia, non abbiamo fretta. – Oliver le mise in mano una mela, il pane l’aveva sbriciolato senza toccarlo, il caffè però l’aveva bevuto, ma era abbastanza agitata senza che sopravvivesse solo di caffè.
-Non ho fame. –
-Mangia, non puoi fare nulla se non mangi qualcosa.. – lo guardò male ma lo accontentò addentando la mela che gli aveva messo in mano.
-Contento? –
-Estasiato! – rispose sfoderando il suo sorrisetto divertito.
-Lavoreremo da qui per ora. – aggiunse rivolto a Diggle, non aveva intenzione di uscire di casa se non era strettamente necessario.
 
Felicity entrò nell’account del fratello, lo sfondo blu del sistema operativo lasciò il posto alla foto che Brian aveva messo come sfondo sul desktop, la quale le strappò un sorriso: la faccia di Felicity e quella di Brian si contendevano lo spazio nella foto. 
Ricordava quel giorno: erano in spiaggia insieme e lui voleva farsi una foto con lo sfondo del’oceano dietro si se, come lei lo aveva visto si era lanciata sulle sue spalle causando un piccolo caos, la foto era uscita con le loro facce mezze tagliate, ma entrambi i volti avevano un sorriso smagliante.
Fece un back up dei dati immediatamente, non poteva sapere cosa sarebbe successo e salvare tutti i dati era sicuramente la cosa più importante da fare in quel momento.
Il desktop del computer era un campo minato di cartelle, file e programmi. Si era dimenticata di quanto potesse essere caotico Brian.
Seduta alla scrivania di Oliver, Felicity guardò i due uomini che sedevano ai suoi lati, non aveva idea da dove iniziare. Non c’era un ordine, non sapevano nemmeno loro cosa cercare, sicuramente dovevano esserci documenti, rapporti scritti da qualche parte, solo da che parte?
-Inizia da una Felicity e le apriremo tutte. –
-Ci staremo settimane. – commentò lei aprendo la prima cartella in alto, in quei casi era sempre meglio seguire un ordine altrimenti rischiavano di aprire due volte le stesse cartelle.
-Dividiamoci il lavoro. – propose Diggle.
Divisero i file in tre memorie e ognuno ne prese una, ci avrebbero messo molto meno in quel modo.
Oliver si era imbattuto in molte foto di Brian e Felicity e le aveva scorse, da piccola Felicity era ancora più carina. Diggle invece aveva trovato vecchi appunti e una mail con una formula strana, ma non era specificato cosa fosse. Felicity invece si era ritrovata a guardare la sua corrispondenza di video messaggi, fino a che non si imbatte in un video, che non aveva mai ricevuto.
 
Inquadrato c’era suo fratello, sembrava il tipico video che le mandava con lui che le raccontava cosa succedeva e quello che aveva fatto, ma soprattutto quanto le mancasse, però c’era qualcosa di strano in quel video.
-20 luglio, la situazione è ancora ferma, sull’isola sembra non esserci nessuno, anche se abbiamo l’impressione di essere seguiti… -
-Tu hai l’impressione di essere seguito. – una voce fuoricampo interruppe il ragazzo che roteò gli occhi verdi per poi puntarli nuovamente sulla telecamera.
-Come fai a dire che non ci seguono? –
-Sembri paranoico! -  Felicity rise a quel commento, anche a lei negl’ultimo periodo le era stato detto più volte che era paranoica, ma alla fine, aveva avuto ragione lei.
-Non sono paranoico. Comunque. Abbiamo trovato quello che cercavamo, Allen sta iniziando le prime analisi basi, ma ha bisogno di strumenti più sofisticati di quelli che ci siamo portati su questa dannata isola disabitata, Lian Yu, in mandarino vuol dire Purgatorio, io l’avrei chiamata inferno!- commentò divertito Brian facendo ridere l’amico che finalmente veniva inquadrato nella telecamera.
-Invece di parlare da solo come un idiota, facciamo un video a tua sorella dove le diciamo che stiamo per tornare! –
-Buona idea, questo video è da rifare. –
La telecamera si spense e il filmato fu interrotto, Felicity fissò lo schermo nero per alcuni secondi, mentre la sua testa cercava di registrare fino in fondo le parole che suo fratello aveva detto.
-Oliver, come si chiamava l’isola? – chiese con voce tremante voltandosi verso l’uomo che la guardava, era diventata improvvisamente pallida e le mani le tremavano.
- Lian Yu. – rispose lui automaticamente, con un solo movimento fece partire di nuovo il video e tose le cuffie così che anche loro potessero sentire quello che diceva.
-Non sono paranoico. Comunque. Abbiamo trovato quello che cercavamo, Allen sta iniziando le prime analisi basi, ma ha bisogno di strumenti più sofisticati di quelli che ci siamo portati su questa dannata isola disabitata, Lian Yu, in mandarino vuol dire Purgatorio, io l’avrei chiamata inferno!-
-Erano sull’isola. –
-Che ci facevano sull’isola? – chiese Felicity rivolta al ragazzo, quello scosse la testa, lui non lo sapeva, quando loro erano stati li lui ancora nemmeno sapeva dell’esistenza di quel posto.
-Aspetta, dicono che hanno trovato quello che cercavano e di strumenti per analizzare… - intervenne Diggle facendo tornare il video indietro.
-Mirakuru. E’ l’unica cosa che potessero cercare su quell’isola.- i tre si guardarono come erano finiti due ragazzi su un isola a cercare un segreto intruglio che avrebbe reso le persone mostruosamente forti.
-Questa storia sta diventando sempre più complicata. –
 
Continuarono a cercare tutto il giorno qualche dato su chi avesse potuto commissionare quella ricerca, ma purtroppo in nessun video Brian diceva chi fosse il suo capo.
-Questo è l’ultimo video. – commentò Oliver prima di far partire il filmato, come in quelli precedenti si vedeva Brian che sorrideva alla webcam, lo sfondo era diverso dal solito, non era in casa sua.
-Hola, sorellina! Oggi il video te lo faccio da lavoro, sono le cinque e venti e tra dieci minuti esco da questo buco e prenderò il primo volo per arrivare da te! Non ricordo bene che giorno sia domani, ma mi sembravi così ansiosa di avermi tra i piedi che non ho saputo dirti di no! – ridacchiò e prese un piccolo pacchetto che era appoggiato sulla scrivania.
-Vedi questo? No, non è per te, per quale motivo dovrebbe essere per te, non è mica il tuo compleanno! Questo è per l’unica donna che voglio nella mia vita, non è per le bambine. – sorrise e i suoi occhi si illuminarono divertiti.
-Ehy, piccola, non vedo l’ora di rivederti. Ora prima di chiudere ti dico che oggi ho visto il figlio del mio capo, dopo quasi un anno che lavoro qua l’ho visto, Dio è proprio viziato. Le voci che girano su di lui gli rendono giustizia: playboy, viziato e narcisista, poveretta la sua ragazza, ma contenta lei. Sai Fells, spero che tu non ti metterai mai con un perdente come Oliver Queen o ti giuro che ti chiudo in casa. Ora ti lascio ho un treno che mi aspetta per portarmi dalla donna della mia vita. Un bacio tesoro a tra poco. –
Il video finiva in quel modo brusco, se ci pensava, ogni video di Brian finiva in modo brusco, salutare non era mai stato il suo forte.
-Direi che qualcuno non sarebbe contento della vostra relazione. – disse Diggle cercando di sdrammatizzare la situazione, beccandosi in risposta un occhiata assassina di Oliver.
-Nah! Avrebbe cambiato idea, non è più quel ragazzo che ha visto sette anni fa. – si sorrisero, Oliver non aveva più niente a che spartire con la descrizione che Brian aveva fatto di lui.
-Non sapevo che anche tuo fratello lavorasse per la Queen consolidated. –
-Veramente ora che ci penso nemmeno io sapevo che lavorava alla Queen consolidated. – commentò Felicity pensierosa, lei non sapeva assolutamente niente della vita di suo fratello, lui le voleva bene, l’adorava, ma nei suoi video lui non le raccontava assolutamente niente di rilevante, cosa avesse fatto una volta andato via da casa per lei era un mistero e se ci pensava, non sapeva nemmeno se avesse mai avuto una ragazza, si sentì tremendamente frustrata, lei gli raccontava ogni cosa succedeva nella sua vita, ma lui non le aveva raccontato niente della sua.
Presi dai loro pensieri ci misero un po’ a sentire che c’era un cellulare che suonava.
-Ehy, questo è il mio! – esclamò Felicity guardandosi attorno, cercava il cellulare con lo sguardo, ma non riusciva a trovarlo, non ricordava nemmeno di averlo preso, poi Oliver lo sfilò dalla tasca della sua giacca, appoggiata su una sedia e lei lo guardò sorpresa.
-Pronto? – rimase in ascolto senza staccare gli occhi da Oliver, dall’altra parte del telefono c’era l’agente Lance che la chiamava per chiederle aiuto.
-Certo, stasera, stesso posto stessa ora…. – sorrise.
“E’ sicura che si disponibile?”
-Non si preoccupi. Lo avverto subito. – chiuse la chiamata.
-Devi incontrare il detective Lance, angente Lance stasera.-
-Felicity non mi sembra il momento.-
-Ehy, freccia deve fare il suo dovere. Quindi poche storie e preparati per sentire cosa vuole. –
 
Continua
Eccoci qua!
finalmente si scopre qualcosa Brian e Allen erano stati ingaggiati per trovare il Mirakuru e a quanto dice l'hanno trovato decisamente si sono infilati in un bel guaio. ^.^
non so che dirvi sono a corto di parole, in questi giorni sono stata un po' occupata quindi ancora non ho scritto gli ultimi capitolo, sono allo stesso punto di Mercoledì scorso.. -.- ma prometto di finirla presto!
un bacione ci vediamo mercoledì.
Mia Black

Spoiler:
-Ne hai anche troppo. Comunque ti sei persa la sfuriata tra me e Isabel l’altro giorno. – commentò Oliver iniziando a lasciargli lievi baci sull’incavo del collo.
-Per cosa avete discusso? –
-Per te. –

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Capitolo 15
*** capitolo 15: Un nuovo cattivo ***


Capitolo 15
 
Quella sera, chiusa in camera di Oliver in compagnia di Diggle, che non la perdeva di vista sotto ordine diretto del ragazzo, Felicity ascoltava la conversazione tra Arrow e l’agente Lance, era impaziente di rimettersi al lavoro e distrarsi dai suoi problemi, per quanto cercare e trovare l’assassino di suo fratello fosse importante per lei, l’idea di staccare e di tornare a dare la caccia a persone che non conosceva la metteva in un certo senso a suo agio.
“Questo è il fascicolo.” stava dicendo Lance.
“Di cosa si tratta?”
“Un pedofilo, rapisce le bambine, ci gioca per un po’ e poi le uccide quando non gli servono più.” Felicity si trovò disgustata da quella situazione, come poteva una persona fare del male a dei bambini innocenti.
“Ci penso io…” rispose Oliver.
 
Mentre aspettavano il ritorno del ragazzo, Felicity si mise a lavoro, dovevano trovare un modo per attirare il pedofilo allo scoperto e ovviamente lo trovo prima ancora che Oliver tornasse a casa.
-Ben tornato. – lo accolse Felicity senza staccare gli occhi dal portatile su cui stava lavorando. Aveva preso possesso del letto e ancora vestita con la camicia di lui e un paio di pantaloni della tuta sedeva sul materasso a gambe incrociate, mentre Diggle guardava lo schermo del portatile da sopra la spalla della ragazza.
-Allora? – chiese posando il casco sul tavolo e avvicinandosi ai due, voleva sapere cosa ne pensassero del nuovo caso.
-Questa ragazza è un genio. – esclamò Diggle spostando lo sguardo sul nuovo arrivato, mentre Felicity sorrideva lusingata dal commento, senza però guardare Oliver.
-Lo so. Cosa hai fatto? –
-Il pedofilo è qui a Starlyng City e ha un debole per le bionde. – spiegò lei mostrando le foto di tutte le bambine. Istintivamente Felicity si passò una mano su i suoi capelli.
-Non ti preoccupare lo prenderemo prima che possa fare del male. Non ti toccherà. – la rassicurò Oliver accarezzandole i capelli.
-Grazie, ma lo stupratore ha un debole per le bionde naturali di non più di otto anni, e io non ricado in nessuna delle due categorie.- se la situazione non fosse stata così grave e seria si sarebbero messi a ridere.
-Okay, che facciamo? –
-Felicity ha avuto una buona idea. Felicity a te l’onore. – intervenne Diggle sorridendole.
-Okay, annualmente la Queen consolidated organizza una raccolta fondi per gli ospedali pediatrici, orfanotrofi, case famiglia, insomma… raccoglie soldi da destinare ai bambini. – spiegò lei divagando come al solito.
-Se non ricordo male si tiene in uno di questi mesi.- rispose Oliver sorridendo.
-Promosso mr Queen. E’ tra due settimane per l’esattezza, quest’anno visto che è lei a organizzarla… -
-No, io non la organizzo. – la interruppe lui, facendo roteare gli occhi alla bionda, già divagava di suo se poi lui la interrompeva sarebbero stati li fino al mese prossimo.
-Oliver sei il capo, sei te che organizzi, almeno ci metti te la faccia e che faccia. Ma preferisco gli addominali…  – i due uomini risero all’uscita della bionda che intanto era arrossita come un peperone.
-Dicevo, quest’anno la festa potrebbe essere strutturata in modo diverso, potremmo invitare le famiglie a portare bambini. -
-Quelle feste sono barbose, i bambini si annoieranno. –
-Basta proporre un intrattenimento adatto. – rispose prontamente lei, battendo sulla tastiera alcuni comandi e aprendo la pagina di una cooperativa che si occupava di animare feste.
-Ho fatto una piccola ricerca, ogni famiglia si è avvalsa di questa cooperativa prima che le bambine venissero rapite. –
-Pensi che lo stupratore lavori li? –
-Probabile, purtroppo non abbiamo foto, ne indizi su chi sia. – spiegò lei, Oliver la guardava sorridendo chiedendosi come avessero fatto prima che quella testina bionda si unisse alla loro missione.
-Stai proponendo di usare dei bambini come esca? – chiese Oliver preoccupato, quell’idea non gli piaceva molto, l’idea di per se era buona, ma se fosse andato storto qualcosa uno di quei bambini sarebbe stato usato per i giochi perversi di quell’uomo e poi sarebbe stato ucciso.
-Potremmo chiedere a Lance di mettere molti agenti in borghese, se non lo attiriamo con una scusa del genere dovremmo sorvegliare ogni singola bambina della città.. – spiegò Felicity, anche lei non andava giù l’idea di usare delle bambine innocenti come esca, ma sorvegliare un gruppetto di bambini in un perimetro controllato come quello di una festa era molto più facile che provare ad individuarlo in un intera città.
-Direi che per stasera abbiamo fatto a sufficienza, se non avete bisogno di me io andrei da Lyla.- disse Diggle cercando di defilarsi, voleva lasciare i due da soli sicuramente avevano ancora qualcosa da dirsi, come: scusa, era più che certo che Oliver non glielo avesse ancora detto visto l’aria pesante che c’era attorno ai due, era chiaro come il sole che avessero deciso di accantonare l’episodio, ma accantonare non equivaleva ad aver risolto e lo si percepiva chiaramente.
-Stai cercando una scusa per andare? – chiese Oliver spostando lo sguardo sul suo autista/guardia del corpo.
-In verità si, qui dentro l’aria è tanto pesante da soffocare. – afferrò la giacca e se ne andò verso la porta sorridendo divertito.
-Che facciamo? – chiese Oliver sedendosi davanti a Felicity, la quale però continuava a lavorare al computer evitando di guardare il ragazzo.
-Felicity! – sentendosi chiamare la bionda sobbalzò e dovette guardare il ragazzo davanti a lei.
-Sto lavorando.-
-No, mi stai ignorando. – chiuse lo schermo del portatile così che la bionda non potesse nascondersi nuovamente dietro di esso, era arrivato il momento di dire la verità.
-Oliver. –
-Felicity, mi dispiace okay, non avrei dovuto dire quelle cose, ma ero preoccupato. Io… - sospirò frustrato, aprirsi non gli riusciva bene, non gli era mai riuscito bene nemmeno prima dell’isola, lui era Oliver Queen playboy allergico a quelle situazioni serie e importanti.
-Odio questa cosa. – ammise, Felicity rimase in silenzio, voleva capire cosa odiasse precisamente, prima di tirare conclusioni sbagliate.
-Quando sono tornato dall’isola mi ero imposto di risanare la città senza farmi coinvolgere da nessuno, poi siete entrati te e Diggle nella mia vita e, ecco, mi sono accorto che più il tempo passa, più voi siete indispensabili per me. Solo che tu lo sei diventata molto di più e io. Vivo nel terrore che possa succederti qualcosa per colpa mia. – mentre parlava non le staccava gli occhi di dosso e lei potè vedere quando quelle parole fossero vere.
-Oliver, devi calmarti, non tutto quello che succede è colpa tua. Ho un passato che a quanto pare è piuttosto pericoloso. Devi respirare e dare fiducia anche a noi. Diggle mi protegge, tu mi proteggi. Ma non puoi farmi vivere con la scorta per tutta la vita e non ti puoi far venire l’ulcera per la preoccupazione. –
-Scorta, eh? Interessante. – commentò soppesando l’idea di metterle alle costole un uomo o ancora meglio un paio di uomini per proteggerla quando lui non era con lei.
-Stai perdendo la testa! Non ha senso, non mi farò mettere un omaccione alle calcagne. No aspetta… Un uomo alle calcagne lo vorrei, magari: sexy, muscoloso, con profondi occhi… - la descrizione era vaga, e Oliver la fissava non troppo divertito dalla piega che aveva preso il discorso.
-Ma deve essere ricoperto di cicatrici, avere una certa passione per l’arco e per le situazioni pericolose.- aggiunse rapidamente lei sorridendogli. Era stata mesi a morirgli dietro ad essere gelosa di ogni ragazza che gli girava attorno, non l’avrebbe cambiato per qualche altro ragazzo.
-Allora si può fare. – sorrise anche lui, per un attimo aveva preso seriamente in considerazione che lo volesse lasciare per un altro con meno problemi e invece stava solo scherzando.
-Dovrei scusarmi anche io. – disse Felicity ripensando allo sfuriata sul fatto che lui non raccontasse il suo periodo sull’isola.
-Non è importante. E’ giusto che tu volessi sapere. –
-Io ti ascolterò, qualunque cosa mi vorrai raccontare ci sarò sempre. –
-So che posso contare su di te, ho solo paura di… Di affezionarmi troppo e di non poter fare a meno di te. –
-Oliver, non vado da nessuna parte, smetti di essere così spaventato, sii il ragazzo che sei realmente.. –
-Te ne andresti.-
-Oliver, sono rimasta con te l’anno scorso mentre depennavi a colpi di freccia i nomi sul quaderno, ho visto il tuo lato peggiore, ma ho visto anche il tuo lato migliore ed è per questo che sono qui. – quel momento di sincerità tra loro era quello che ci voleva, un momento per dare ad Oliver un motivo in più per fidarsi di lei, perché lei non era una delle solite ragazze con cui usciva, non gli interessavano i suoi soldi, ne tanto meno la fama che derivava uscire con lui, lei voleva lui semplicemente perché era quello che era.
-Ti ho mai detto che sei perfetta. –
-Mi sembra di si, ma non ti credo. –
-Basta lavorare, devi riposare, domani hai un sacco di scartoffie che ti aspettano sulla scrivania e devi essere riposata per farle tutte. –  il computer fu chiuso e spostato da Oliver, mentre il ragazzo si avvicinava per conquistare le sue labbra.
-Ho ancora un lavoro? – chiese lei tirandosi indietro, voleva giocare un po’ con Oliver, solitamente era lui che prendeva l’iniziativa ed era sempre lui che guidava la situazione, lei era la vittima sacrificale delle sue labbra e delle sue mani, per una volta le sarebbe piaciuto guidare i giochi.
-Ne hai anche troppo. Comunque ti sei persa la sfuriata tra me e Isabel l’altro giorno. – commentò Oliver iniziando a lasciargli lievi baci sull’incavo del collo.
-Per cosa avete discusso? –
-Per te. – ci volle un attimo perché Felicity capisse a cosa si riferisse: Isabel le aveva lasciato del lavoro da fare per il giorno seguente e Oliver molto gentilmente lo aveva buttato sulla scrivania dell’altra segretaria liberandola così da quell’incombenza.
-Cosa è successo? – lo spinse via avida di dettagli.
-Non ci contare, non te lo dico. –
-E io non mi faccio toccare.- con un movimento fulmineo Felicity scivolò fuori dalla presa di Oliver e si allontanò dal ragazzo che la guardava infastidito da quella reazione.
-Signorina Smoak torni immediatamente qui è un ordine! –
-Non ci penso neanche fino a che non mi dice cosa è successo Mr Queen! –
-Sei seria? – chiese lui valutando la reazione di lei, quella ragazza era veramente diversa dalle sue solite conquiste e lo dimostrava ogni volta.
-Bene, allora buona notte. –
Oliver si sfilò la maglia e si buttò sotto le coperte, non avrebbe mai detto quello che era successo con Isabel e avrebbe dovuto fare in modo che nessuno glielo dicesse.
Felicity si avvicinò al letto sospettosa, il giorno seguente avrebbe indagato su cosa era accaduto, doveva essere qualcosa di epico se preferiva dormire piuttosto che dirglielo, con attenzione si infilò sotto le coperte lasciando molto spazio tra lei e il ragazzo. Dopo poco che si era stesa Oliver si voltò a guardarle la schiena era li a pochi centimetri se avesse allungato la mano l’avrebbe potuta sfiorare, ma la sentiva così distante da lui, chiuse gli occhi frustrato, perché si era dovuta impuntare su una cosa così stupida.
Felicity era ben sveglia e ascoltava Oliver dietro di lei, si era mosso e per un momento aveva sperato che lui l’abbracciasse, ma anche se la mano si era mossa non era mai arrivata fino a lei, lo sentì sospirare e ritrarre la mano e si convinse a voltarsi verso di lui. Se lui non si avvicinava l’avrebbe fatto lei.
-Ehy. – gli appoggiò la mano sul viso e gli accarezzò la guancia dove la barba stava ricrescendo.
-Ehy. – rispose lui aprendo gli occhi e guardando lei che sorrideva.
-Il fatto che ti voglia mandare in bianco, e lo farò se non mi dici cosa è successo, non vuol dire che devi stare dall’altra parte del letto. – commentò lei dandogli un bacio sulle labbra, ma staccandosi appena prima che il bacio diventasse troppo intenso.
-Non c’è verso di farti cambiare idea? – chiese lui prendendo possesso del collo di lei, in quelle settimane che stavano insieme aveva scoperto che il collo era il punto debole della giovane.
-Oliver Queen, questo è un colpo basso. – mugolò lei. Lo sentì sorridere contro il suo collo e tornare a baciarlo e a mordicchiare la pelle sensibile.
-Oliver… Cosa hai detto a Isabel? – chiese lei allontanandosi dalle sue labbra.
-Felicity…. –
-O me lo dici o nada! –
-Buona notte. – le diede un bacio in fronte e si voltò.  Sospirò frustrata, ma decise di mantenere la posizione, il giorno seguente avrebbe indagato.
 
Oliver guardava il muro della sua camera, Felicity si era addormentata subito, si voltò a guardarla chiedendosi perché dovesse essere così cocciuta, avrebbe dovuto trovare un modo perché non venisse a conoscenza di quello che era accaduto qualche giorno prima alla Queen Consolidated.
 
Oliver e Diggle erano appena arrivati in ufficio, Oliver aveva passato la notte ad allenarsi, non voleva essere lui ad andare a scusarsi con Felicity, non aveva fatto niente di male era stata lei a mentirgli e quindi era lei che doveva chiedere scusa, ma dopo tutte quelle ore di silenzio da parte della bionda, l’unica cosa che voleva era vederla e assicurarsi che stesse bene. Usciti dall’ascensore gli occhi di entrambi andarono subito alla scrivania di Felicity, dove speravano di trovarla già intenta a lavorare, ma con loro grande sorpresa la bionda non era ancora arrivata. L’orologio segnava le nove e mezzo: Felicity non era mai in ritardo, Oliver era perennemente in ritardo, ma non lei, quella ragazza era sempre puntuale anche in anticipo, frustrato e arrabbiato Oliver puntò verso il suo ufficio, sperava che fosse in ritardo solo perché quella notte come lui non aveva dormito molto e quindi non aveva sentito la sveglia.
Alle undici però la situazione era chiara, Felicity non era andata a lavoro e non aveva avvertito della sua assenza.
Contro ogni pensiero razionale Oliver provò a chiamarla sia sul cellulare che sul numero di casa, ma in entrambi i telefoni scattava la segreteria telefonica.
-Diggle… - iniziò lui. Per quanto non volesse ammetterlo era veramente preoccupato per quell’assenza.
-Oliver. – la voce irritante della sua socia gli arrivò pungente alle orecchie, la donna era entrata nel suo ufficio senza bussare e lasciando la porta aperta dietro di se.
-Isabel. – rispose lui irritato.
-Dov’è la signorina Smoak? – chiese fissandolo, quella era una domanda dannatamente buona, alla quale però non aveva una risposta.
-Non si è sentita bene, oggi non verrà in ufficio. – disse lui rapidamente, non poteva dire che non si era presentata perché sicuramente era furiosa con lui. Isabel avrebbe voluto il loro scalpo, e Felicity l’avrebbe ucciso se altri pettegolezzi avessero fatto il giro dell’azienda.
-Ieri sera le ho lasciato da fare un lavoro. –
-Isabel, Felicity non è la tua segretaria è la MIA, segretaria… - iniziò marcando bene la parola mia, Felicity era sua e non intendeva dividerla con nessuno, che fosse Isabel o che fosse un qualche vecchio amico del fratello morto.
-… se hai lavoro urgente da fare lo dai alla tua segretaria. Il fatto che non sia praticamente mai presente è un tuo problema. Mi sono stancato che tu affibbi a Felicity tutte le tue cose, ha già abbastanza lavoro, senza dover aggiungere il tuo. –
-E’ una segretaria deve fare… -
-E’ la mia segretaria personale, fa quello che le chiedo di fare, solo perché è stata gentile da volersi occupare della festa per gli investitori non vuol dire che la puoi comandare come vuoi. – sibilò alzandosi.
-E’ una segretaria… -
-Isabel, non mi piace ripetermi. Lascia in pace Felicity, smettila di trattarla con superiorità e di guardarla in quel modo di intolleranza. -
-Come vuoi. – infastidita per la sfuriata Isabel lasciò l’ufficio e tornò nel suo con la coda tra le gambe, mentre Oliver tornava a sedersi e controllava il cellulare per vedere se ci fossero messaggi.
-Direi che hai creato nuovi pettegolezzi. – commentò Diggle buttando uno sguardo oltre il vetro, nel corridoio oltre alla segretaria che in quel momento era al telefono intenta a parlare fitto fitto con qualcuno c’erano altre tre o quattro persone che parlottavano tra loro, sicuramente tutti avevano ascoltato quello che lui aveva detto, ormai era troppo tardi, avrebbero dovuto sopportare i nuovi pettegolezzi. La rabbia e la frustrazione della sera prima era uscita tutta insieme e si era riversata su Isabel che disgraziatamente si era parata davanti a lui alimentando la sua frustrazione e la preoccupazione nei confronti della ragazza.
 
Continua
 
FINITAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
 
Bene che ne pensate? Vi è piaciuto?
Hanno anche fatto pace! ORA hanno fatto pace quei due! U.U un capitolo tranquillo ma ha voi va bene così ve lo posso garantire… U.U  xD Ve l’avevo detto che Felicity l’avrebbe mandato in bianco! xD
Che altro dire… STASERA C'E' LA PUNTATA!!!! (spero di essere stata un buon intrattenimento in assensa delle puntate regolari)
Vi ringrazio tutti per le recensioni, non sapete che gioia mi fa vedere che c’è chi recensisce. Almeno su 485 visualizzazioni 12 hanno recensito! GRAZIE.
Che altro dire… ah si per motivi tecnici, non so se potrò continuare a pubblicare due volte alla settimana, sto aspettando il pc nuovo che dovrebbe arrivare settimana nuova, quindi potrebbe saltare la pubblicazione di domenica, non dico che non pubblico ma nemmeno che lo farò al 100%, se posso pubblico, ma se no dovrete aspettare mercoledì sperando che mi sia arrivato o che questo che uso ora sia disponibile.
Vi saluto sono di corsa come la metà delle volte, ci vediamo domenica (spero) e nel frattempo lasciate tante recensioni…
Baci
Mia Black
 
AHHHHHH… giusto scusate, ho scrito Finita, ma intendevo che ho finito di scriverla, non che questo è l’ultimo capitolo! xD vi ho fatto venire un infarto vero? Ahaha un bacio.

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Capitolo 16
*** capitolo 16: Tu sai… ***


 
Chi vuole un regalo mercoledi? ^.^
 
Continua 16
 
Il giorno seguente Felicity si trovò sotterrata di lavoro, ne tre giorni che non si era presentata si erano accumulate pile su pile di foglim sulla sua scrivani in modo disgustoso, quando era arrivata si era seduta e aveva contemplato per un attimo quelle pile di fogli davanti a lei, era sicura che tra il sabato che aveva visto tutto quella roba e il lunedì mattina il quantitativo fosse raddoppiato se non proprio triplicato, ma la cosa non era possibile, sabato e domenica l’azienda era chiusa e quindi non poteva essere aumentato, sospirò rassegnata a passare tutto il giorno a battere al computer quei maledetti documenti.
Isabel fece il suo ingresso e puntò dritta verso Felicity.
-Vedo che si è degnata di tornare. – commentò la mora.
-Ero malata. – rispose candidamente Felicity attenendosi alla scusa che Oliver aveva inventato per lei.
-Beh, potrà anche far dire a Oliver quello che lei vuole, ma non mi frega. Troverò un modo per farla tornare al suo posto. – commentò acida Isabel.
-Se ci riesce le sarò eternamente grata. – rispose lei alzandosi e andando da Oliver ad elencargli gli impegni di quel giorno, Isabel la guardò infastidita e poi la seguì dentro l’ufficio di Oliver.
-…alle undici invece deve incontrare… - Felicity si interruppe sentendo la porta aprirsi e vedendo la donna entrare e fermarsi accanto a lei.
-Che sta succedendo? – chiese seria fissando i due.
-Non ho idea di cosa tu stia parlando. – rispose Oliver e per una volta non stava mentendo, era entrato che lei ancora non era arrivata, si era seduto a sistemare alcuni documenti quando l’aveva vista entrare e puntare su Felicity come un leone che punta la sua preda. Non sapeva cosa si erano dette, ma qualunque cosa fosse sembrava che ad uscirne vincitrice fosse stata la bionda che era entrata con un sorriso sfavillante e aveva iniziato ad elencare i suoi impegni.
-Mi nascondete qualcosa. Comunque, c’è da discutere per la festa per la raccolta fondi per le strutture per i bambini. – continuò Isabel, Felicity prese al volo l’occasione prima che Oliver potesse aprire bocca.
-A proposito di quell’evento, Mr Queen ha avuto un idea molto carina. –
-E sarebbe? –
-Far partecipare anche i bambini. –
-Bambini? – chiese scettica.
-Si, c’è una cooperativa che si occupa di intrattenere bambini anche in feste come quella che organizzerete… - spiegò rapidamente, con due colpi sul tablet Felicity mostrò la pagina della cooperativa dove pensavano lavorasse lo stupratore.
-Sarebbe un modo diverso per raccogliere fondi. – commentò Oliver cercando di far passare l’idea come sua.
-Per eventi come questi solitamente i prezzi sono minori, visto che il ricavato andrà in beneficienza, mi sono informata e ho richiesto un proventivo. – Oliver guardò Felicity sorpreso, erano arrivati in ufficio da meno di quindici minuti e lei si era già mossa per chiedere un preventivo, non se lo sarebbe mai aspettato.
-Potremmo prendere l’idea in considerazione. – disse soppesando l’idea Isabel.
-Potremmo almeno sentire cosa propone la cooperativa,  sicuramente qualcosa di adatto alla festa ci sarà tra le loro proposte.- cercando di convincere la socia, che sembrava scettica a quell’idea.
-Bene, ma se ne occuperà la tua assistente.- detto ciò uscì lasciando la porta aperta.
-Credo di odiarla. – commentò Felicity sistemandosi gli occhiali e tornando a dare a Oliver gli appuntamenti, poi se ne andò, aveva una festa da organizzare e un sacco di scartoffie da sistemare, le mancavano i bei vecchi tempi al reparto informatico.
 
Erano quasi le sette di sera Diggle, Felicity e Oliver erano ancora tutti e tre a lavoro, il personale aveva lentamente lasciando l’edificio, e ai piani alti erano rimasti solo loro tre.
Felicity era intenta a trascrivere alcuni bilanci quando una tazza di caffè venne appoggiata sulla sua scrivania, alzò gli occhi sorridendo sicura di incontrare quelli scuri di Diggle, non sarebbe stata la prima volta che l’uomo le portava il caffè, era un modo per fare una pausa e parlare un po’ del più e del meno. Ma quando Feicity staccò gli occhi dallo schermo, non incontrò quelli scuri di Diggle, bensì quelli blu di Oliver che le sorrideva.
-Oliver…- fece lei imbarazzata, il capo che le portava il caffè era una cosa che non si sarebbe mai aspettata.
-Uno. – gli sussurrò lui facendola sorridere, era la stessa cosa che gli aveva detto lei la sera che gli aveva portato il caffè dopo che gli aveva assicurato che non sarebbe mai accaduto.
-Grazie. –
-Come va? Non ti sei praticamente mai mossa di qui oggi. –
-Ho sistemato molte cose e per la cooperativa è tutto apposto, l’abbiamo presa, Isabel ha dato il suo okay. – aggiunse, lui la guardò meravigliato, era socio anche lui, perché non era stato informato subito.
-Sei la mente che ha proposto tutto Oliver era scontato che dicessi di si. –
-Sei pronta per andare? –
-Veramente, volevo trattenermi ancora, se non smaltisco un po’ di lavoro non finirò mai. Domani ho un incontro con una ragazza per discutere dell’evento. –
-Okay, che dici, mandiamo Diggle a comprare qualcosa per cena? –
-Povero Diggle, vado io.-
-Non ci pensare neanche, tu rimani a finire altrimenti non andremo mai via da qua. – Oliver si allontanò e andò a parlare con Diggle il quale annuì e si allontanò.
Felicity nel frattempo si era alzata per portare dei documenti nell’ufficio di Isabel.
-A che pensi? – chiese Oliver trovandola intenta a fissare il vetro della sala riunioni.
-Al giorno in cui hai incontrato per la prima volta Isabel Rochev. – commentò lei, mentre entrava nell’ufficio della donna e posava alcuni fascicoli.
-Non capisco. – non riusciva a capire a cosa stesse alludendo la bionda.
-Ti ricordi cosa è successo quel giorno? –
-No. –
-Sono arrivati gli incappucciati e hanno sparato su di te. Volevano farti fuori. – Oliver annuì ricordava, era nel bel mezzo dell’acquisizione ostile, ostile nel vero senso della parola quando quei pazzi erano entrati armati di mitra e avevano fatto fuoco su di loro.
-Ricordo, e perché pensavi a quel giorno? –
-Veramente, ci penso ogni volta che passo davanti  al vetro. – ammise distogliendo lo sguardo imbarazzata.
-Felicity, non ci devi pensare è passato.-
-Lo so, ma vedi. Mentre quegli sparavano ho avuto paura. –
-Mi sembra logico quei pazzi avrebbero potuto ucciderti. –
-No, non ho avuto paura di quello, cioè anche di quello. Ma, ad avermi veramente spaventato è stato quando ti ho visto uscire dalla stanza aiutando Isabel e lasciando me dentro, nascosta sotto il tavolo in balia dei proiettili. – più ripensava a quel giorno più si accorgeva che lo spavento del confronto a fuoco era stato nulla paragonato alla paura che aveva provato quando aveva visto Oliver uscire con Isabel e lasciarla li, aveva pensato che l’avrebbe abbandonata sotto un tavolo e così quando in un momento propizio Diggle le aveva detto di andarsene non se l’era fatto ripetere due volte aveva puntato alla porta armata di un pezzo di mobile e aveva colpito alla testa uno degli incappucciati che le bloccava l’uscita, in quel momento si era accorta che Oliver non era andato via, stava tornando indietro per aiutare anche lei e questo l’aveva fatta sentire per un secondo al sicuro, solo un secondo perché l’attimo dopo Oliver l’aveva spinta a terra scansando la pioggia di proiettile che si era scontrata con la vetrata.
-Pensavi che ti avrei lasciato li? – chiese sorpreso e accigliato Oliver.
-Per un attimo l’ho pensato. –
-Sei una sciocca! Non l’avrei mai fatto! – sibilò lui arrabbiato, prima di uscire con Isabel aveva cercato Felicity con lo sguardo, quando l’aveva visto sotto al tavolo troppo lontana per lui, ma al sicuro aveva deciso di mandare fuori la Rochev e poi tornare indietro a prendere anche la sua bionda analista, lasciarla li non era mai stata un opzione che aveva preso in considerazione nemmeno per un secondo.
-Lo so, razionalmente so che non mi lasceresti mai nei guai, anche quando il Conte mi aveva preso sei venuto da me, nonostante il processo di tua madre… Ma li per li, l’idea mi è balenata in mente… e io… –
-Nono farti più venire in mente cose del genere, non dubitare mai di me, non mi piace. – ammise lui con il groppo alla gola, se Laurel metteva in dubbio le sue azioni che fosse sotto le spoglie di Oliver Queen o di Arrow la cosa lo faceva arrabbiare, ma se era Felicity a mettere in dubbio le sue azioni, non provava rabbia, solo tanto dolore, se lei non aveva fiducia in lui si sarebbe allontanata e l’avrebbe persa.
-Oliver è stato il pensiero di un momento. –
-Non mi piace nemmeno se fosse per mezzo secondo. – insistette lui, guardandola serio, sorrise e gli diede un bacio, non c’era nessuno che potesse vederli e in fondo se lo meritava, per essersi preoccupato per lei, per essere sempre accanto a lei e soprattutto per essere quello che era.
-Pensavo che in ufficio non si potesse fare niente di stupido. – commentò lui quando si separarono.
-Sono le sette di sera ci siamo solo io e te. –
-Interessante osservazione. – Oliver la spinse indietro facendola sedere sulla scrivania di Isabel e iniziando a tirarle su la gonna del vestito che portava quel giorno.
-Oliver no! – fece convinta spingendolo via da se.
-Dai, non c’è nessuno. – commentò tornando all’assalto delle sue labbra.
-Non c’entra questo. Devi ancora dirmi cosa è successo con Isabel. – commentò, non aveva dimenticato, il fatto di non aver avuto tempo di chiedere non voleva dire che avvese lasciato perdere..
-Dai lascia stare… - provò a dissuaderla lui.
-No, lo voglio sapere sono curiosa. –
-Ragazzi, la cena è servita. – Diggle arrivò, sicuramente aveva urlato dall’ascensore per evitare di beccare i due in situazioni imbarazzanti. Rapidamente Felicity scese dal tavolo e andò verso Diggle che vedendola arrivare col rossetto sbavato e i capelli leggermente in disordine le sorrise divertito.
-Dig, che cosa è successo tra Isabel e Oliver quando non c’ero? – chiese la ragazza fermandosi davanti all’uomo, il quale preso di sorpresa sgranò gli occhi passandoli dalla figura minuta davanti a lui a quella dietro grossa e minacciosa che lo guardava come a sfidarlo ad aprire bocca.
-Mi spiace tesoro, non posso. – rispose rapidamente.
-Cosa? Perché? – chiese infastidita dalla risposta, se Diggle non glielo diceva non sapeva più a chi chiederlo, non poteva andare dall’altra segretaria, ne andare direttamente da Isabel.
-Ti arrendi? – chiese la voce di Oliver da dietro di lei.
-No. Non vale minacciare Diggle, è una mossa scorretta! –
-La vita non è mai giusta. – sogghignando convinto di aver vinto Oliver si avvicinò alla bionda abbracciandola, ma il giovane non aveva preso in considerazione la caparbietà della ragazza.
-Non ci pensare nemmeno. O me lo dici, o nada, non cambia la cosa. – con passo sicuro e controllato Felicity se ne andò alla scrivania di Diggle dove l’uomo aveva posato il sacchetto con il cibo, prese una confezione e se ne tornò alla sua scrivania per continuare a lavorare.
-Felicity! – cercò di richiamarla lui, ma quella fece finta di non sentirlo e tornò a battere i tasti al pc.
 
***
 
La sera prima della festa Felicity fece tardi in ufficio insieme a Isabel, Oliver invece riuscì ad andarsene presto, Arrow doveva uscire quella sera, un nuovo bersaglio era entrato nel suo mirino.
Mentre la bionda finiva di sistemare gli ultimi dettagli per l’imminente evento  lo sguardo della Rochev non si spostava mai da lei.
-Desidera qualcosa? – chiese scocciata Felicity, aveva avuto il suo sguardo di intolleranza puntato addosso tutto il giorno, non ne poteva veramente più a quel punto decise di sbottare, male che andava avrebbe provato a licenziarla e Oliver l’avrebbe assunta nuovamente.
-No. Io me ne vado. –
-Bene, buona serata.- si limitò a dire lei lasciandosi cadere sulla poltroncina dietro la sua scrivania, guardò l’ora, Oliver sicuramente non aveva ancora finito altrimenti l’avrebbe chiamata, così compose il numero di John avvertendolo che lei aveva finito. Anche Oliver aveva concluso con successo la missione, Dig sarebbe passato a prenderla mentre, Oliver sarebbe tornato al Verdan a cambiarsi, per poi ritrovarsi a casa Queen.
Felicity decise di approfondire la situazione, mentre aspettava Diggle, entrò nel loro sistema di sicurezza e iniziò a cercare le riprese relative al giorno della sua assenza, erano giorni che voleva farlo, ma la presenza di altre persone l’aveva sempre fermata, non voleva certo essere beccata a fare una cosa così infantile.
 
Silenziosamente Felicity entrò in camera di Oliver trovando il ragazzo già a letto con gli occhi chiusi, la cosa la infastidì non poco, il fatto che lei lo mandasse in bianco non era un buon motivo per non aspettarla nemmeno sveglio. Si cambiò e si avvicinò al letto cercando di non fare rumore, ma come passò accanto al ragazzo una mano le afferrò il braccio e la tirò sul letto facendola passare sopra di lui.
-Allora sei sveglio? – chiese lei notando il sorrisetto sul volto di Oliver, il quale però continuava a tenere gli occhi chiusi mentre si accoccolava a lei, come a cercare il suo calore.
-Oliver? –
-Certo che sono sveglio, non riesco a dormire se non ti ho qui con me. – lei ridacchiò a quell’ammissione.
-Oliver Queen questo è troppo sdolcinato per uno come te! – lo prese in giro lei.
-Ehy tutte voi donne volete l’uomo dolce e tu ti lamenti? – chiese aprendo finalmente gli occhi. Quando i suoi occhi riuscirono a scorgere il viso di lei nel buio si accorse che c’era qualcosa di diverso, Felicity lo guardava sorridendo, ma non era il solito sorriso che gli aveva riservato da dopo la litigata, era un sorriso dolce e pieno di qualcosa che non riusciva ad identificare.
-Che è successo? – lei gli diede un bacio dolcissimo.
-Non voglio che tu cambi Oliver, voglio che tu rimanga esattamente come sei, te l’ho già detto. Apprezzo i piccoli gesti, e anche quelli grandi. – aggiunse sogghignando, mentre si metteva a cavalcioni su di lui.
-Credo di non seguirti.- commento passando le mani su i suoi fianchi, doveva approfittarne prima che cambiasse idea. Iniziò ad accarezzargli il collo, le braccia fino a scendere sul petto e ad accarezzare col dito le cicatrici, adorava farlo, sperava che accarezzandole riuscisse ad eliminare un po’ del dolore che esse portavano con loro, gli depositò una scia di baci partendo dalla guancia fino a scendere sul collo.
-Intendo che apprezzo… quando mi difendi da situazioni mortali… e apprezzo… quando lo fai nel tuo ufficio…. con la porta aperta…. alla mercee di una segretaria pettegola… e di dipendenti altrettanto pettegoli. – concluse lei tra un bacio e un altro.
-Cosa… Tu sai… - rapidamente la staccò da se, sapeva cosa era successo con la Rochev il giorno dopo la loro litigata, come era potuto accadere.
-Io so… - ammise lei guardandolo dritto negli occhi.
-Felicity come… - chiese lui imbarazzato.
-Oliver, ci sono le telecamere e tutto quello che è collegato ad un computer è alla mia portata. – commentò sfoderando un sorriso di vittoria, per una volta poteva dire di aver battuto Oliver Queen.
-Non mi piace il tuo sorriso. – disse prima di eliminarlo baciandola, il fatto che lei sapesse cosa aveva detto a Isabel un po’ lo imbarazzava, l’aveva difesa con tanta foga e aveva chiarito bene il concetto che lei era sua, e questo lo faceva sentire a disagio, non riusciva a capire cosa fosse quello che provava per lei, era qualcosa di totalmente nuovo che non aveva mai provato prima.
-A me piace il tuo… - rispose lei facendolo sorridere, poteva una ragazza essere realmente così perfetta? Aveva avuto un sacco di ragazze, ma lei diceva sempre la cosa giusta al momento giusto, certo la maggior parte delle volte, la cosa giusta era circondata da cose sbagliate da dire, ma era anche quello che adorava.
-MMHH.. Oliver, se ti mando in bianco anche stasera mi trafiggi con una delle tue frecce? – chiese mentre si raggomitolava tra le sue braccia.
-Sei stanca? – domandò lui baciandole il collo.
-Mmmhhh, si…. Ma non così tanto ora che mi ci fai pensare. – Oliver ridacchio ma poi si staccò, quella era stata una giornata pesante e anche il giorno seguente sarebbe stata pesa ed era meglio se quella notte dormivano.
-Dormi, non aver paura, le mie frecce non ti sfioreranno nemmeno per sbaglio. – lei sorrise già mezza addormentata, si era rannicchiata contro il petto di Oliver al sicuro e al caldo tra le sue braccia.
-Ollie… - lo chiamò lei, la voce impastata dal sonno, chiaro segno che ormai stava per addormentarsi.
-Dimmi… -
-Mi sa che sono rimasta fregata… Mi sono innamorata di te. – balbettò un attimo prima di addormentarsi. Oliver la guardò, sorpreso e spaventato. L’ultima volta che la ragazza che gli piaceva gli aveva detto di volere qualcosa di più lui si era impegnato per rovinare tutto, aveva portato la sorella della sua ragazza in barca e l’aveva tradita con lei. Chiuse gli occhi e strinse Felicity a se, non doveva pensare a quello che gli aveva appena detto o avrebbe rovinato tutto.
 
La mattina dopo Felicity si svegliò da sola in camera di Oliver, sul letto c’era solo un piccolo post it:
Sono dovuto uscire. Fatti accompagnare a lavoro da Diggle. Ci vediamo tra poco.
Oliver
 
Se fosse stato più freddo si sarebbe trasformato nel iceberg che aveva affondato il Titanic. Sospirando decise di alzarsi e di prepararsi ad andare a lavoro.
 
Continua…
 
Lo so i paragoni sono assurdi ma è un marchio di fabbrica non ci posso fare niente. U.U
 
Ce l’ho fatta! ^.^
Okay che ne pensate? ^.^ Felicity ha scoperto tutto e come avevo anticipato a qualcuno è stata <3 <3 <3  Il risveglio è stato un po’ freddino ma tutto si risolverà nel migliore dei modi.
Buona e cattiva notizia… Ho un nuovo regalino per voi! ^.^  Ho quasi pronta una nuova one-shot, la quale mi servirà come trampolino di lancio per la prossima storia a capitoli! *me si nasconde dietro un muro* vi prego non lanciatemi la frutta marcia! Comunque dicevo, che essendo il trampolino per un ipotetica nuova storia volevo vedere se l’idea poteva piacervi.. perché se l’idea vi fa schifo col cavolo che mi metto a partorire una nuova storia. Quindi Mercoledì dovrete sopportare una pausa su questa e passare tutti a leggere l’altra storia.. ^.^ la sospensione o la faccio ora o più avanti mi ucciderete perché inizia “l’azione” quindi meglio non sospendere.
La volete la nuova storia?
Un bacione
Mia Black
per domande curiosità o qualunque altra cosa contattatemi sono qui per tutti! xD

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Capitolo 17
*** capitolo 17: sorprese... ***


BUON COMPLEANNO!
Beh nel mondo oggi deve pur essere nato qualcuno no? Quindi ho deciso perché sono una persona buona che per il compleanno di chiunque sia gli regalerò il capitolo della mia storia. ^-^
In caso non sia il compleanno di nessuno…
BUON NON COMPLEANNO A TUTTI!
 
Ricordatevi che io SONO BUONA!
Capitolo 17
 
La festa stava avendo un grande successo, i bambini si divertivano e i genitori avevano apprezzato l’idea, con la presenza dei bambini la situazione sembrava molto più informale e divertente.
La situazione nella sala sembrava tranquilla, sotto gli occhi vigili di chi controllava: Oliver faceva il suo dovere tenendo sempre un occhio puntato attorno a lui per essere sicuro che non succedesse niente. Diggle, sorvegliava i bambini con apparente non curanza, Lance era riuscito a convincere il suo superiore a mandare una squadra in borghese che si era mimetizzata con gl’invitati. Felicity invece camminava per la sala assicurandosi che tutto andasse nel verso giusto, pronta a risolvere qualunque problema si fosse presentato all’ultimo momento e per controllare la situazione.
I tre si tenevano in contatto tramite auricolare, Oliver aveva insistito per mettere quello che usava quando indossava i vestiti di freccia, nessuno l’avrebbe notato se non gli guardavano direttamente all’interno dell’orecchio e lui avrebbe potuto stare in contatto con gli altri.
-Felicity, posso dirti che sei fantastica? – commentò Oliver attraverso l’auricolare, osservando la ragazza dall’altra parte della stanza. La bionda si voltò e gli lanciò uno sguardo divertito, ma non rispose, si voltò nuovamente e continuò a fare quello che stava facendo. Quella sera sotto consiglio di Thea aveva messo un vestito verde, il quale aveva il corpetto rigido con una scollatura a cuore non troppo accentuata, era senza spalline e la gonna era lunga fino ai piedi con un bello spacco sul lato sinistro.
“Concentrati, non ti distrarre.” lo riprese lei dopo poco, senza però voltarsi a guardarlo. Oliver potè intravedere il sorriso divertito della ragazza e sorrise a sua volta.
-Oliver! – si voltò cercando chi l’avesse chiamato, dietro di lui tutta sorridente con un bellissimo abito rosso c’era Laurel Lance che lo guardava sorridente.
-Ciao Laurel! – la salutò lui felice di vederla, le diede un bacio sulla guancia e la prese per mano.
-Sei completamente sparito ultimamente, dobbiamo ancora andare a cena fuori. – commentò lei guardandolo con rimprovero.
-Sono stato un po’ occupato ultimamente. – rispose ripensando ai momenti che aveva passato con Felicity.
-L’ho notato, non hai tempo nemmeno per rispondere alle mie chiamate. – lui sorrise,la ragazza l’aveva chiamato per chiedergli di uscire o di andare a bere qualcosa, ma era così concentrato su Felicity e quello che stava accadendo che non si era nemmeno preso la briga di risponderle.
-Scusami Laurel. –
-Beh allora che ne dici beviamo qualcosa e mi racconti cosa ti occupava così tanto? – sorrise, non era poi così facile liberarsi di quella ragazza, così accettò e insieme presero da bere al bar.
Anche Felicity nel frattempo aveva fatto incontri, non troppo interessanti però.
-Felicity, allora sei ancora viva. – sentendo quella frase la bionda si voltò, chi poteva mai essere a chiamarla per nome in una festa del genere.
-Carter. – rispose lei sorridendo, come poteva mancare Carter, quell’uomo era impegnato in ogni possibile attività benefica rivolta soprattutto ai bambini.
-Vedo che ti ricordi di me allora, dopo quel pranzo disastroso non sono più riuscito a sentirti. – Felicity sorrise, quel pranzo risaliva alla sparatoria, allo stesso giorno in cui lei e Oliver avevano… Arrossì a quel ricordo, decisamente Carter era diventato l’ultimo dei suoi pensieri e un po’ le dispiaceva in fondo era un bravo ragazzo, era stato usato da lei e da Thea solo per far smuovere Oliver.
-Già scusa, ho avuto un po’ di problemi e poi, lavoro, passo tutto il mio tempo al computer a lavorare per il signor Queen. – commentò lei, signor Queen, come si sentiva ridicola, doveva chiamare per cognome l’uomo di cui era innamorata, si sentiva molto patetica e un po’ una ragazza dei viali, quella specie di relazione segreta che avevano in certi momenti la faceva sentire più una prostituta che una fidanzata.
-Quindi se ti chiedessi di uscire saresti disponibile? – chiese lui, si morse il labbro, doveva trovare una scusa elegante e non offensiva per liquidarlo.
-Ecco, in questo periodo non ho proprio tempo e poi, sto progettando di fare un salto dai miei, sai è tanto che non li vedo.. quindi… - balbettò, si sentiva come un gatto che cercava di arrampicarsi su gli specchi e scivolava, ritrovandosi col culo a terra.
-Hai trovato qualcuno? – chiese diretto lui facendola arrossire.
-Beh ecco, in effetti, mi sto vedendo con un ragazzo… - come era stata sciocca poteva dirlo subito, non c’era bisogno che dicesse con chi si vedeva, ma solo dire che lo stava facendo.
-E stasera dov’è il fortunato? –
-Purtroppo doveva lavorare e poi anche io sto lavorando. –
-Sono sicuro che Oliver ti avrebbe permesso di portarlo, una bella ragazza come te da sola è una vera ingiustizia. –
-Mr Queen è già troppo buono con me, non vorrei approfittarmi della sua gentilezza. – in quel momento comparve Isabel, quella donna aveva il dono di arrivare nei momenti meno opportuni.
-Già è veramente troppo buono con te, per essere solo la sua segretaria. – eccola l’allusione malefica.
-Io e Mr Queen siamo amici. –
-E lo chiami per cognome? – si morse le labbra cercando di trovare qualcosa di intelligente da dire, ma non le veniva in mente niente, così fece l’unica cosa che poteva fare, scappare.
-Scusate. Si? – finse una chiamata e si spostò fingendo di non riuscire a sentire per colpa della musica e della confusione che vi era all’interno della stanza.
“Felicity potresti anche vincere il premio come attrice!” la prese in giro Diggle attraverso l’auricolare, facendola sghignazzare.
-Diggle potevi corrermi in aiuto invece di fare il guardone.-
“Piccola qualcuno deve pur piantonare i bambini.”
-Occhi aperti è meglio. –
Felicity continuava a vagare per la festa assicurandosi che tutto procedesse bene, si era anche lasciata convincere da Thea a bere un bicchiere di champagne con lei per festeggiare l’ottimo lavoro che aveva fatto a quella festa e per festeggiare quello che sapevano loro, come disse la mora sorridendole allusiva.
 
Mentre Felicity girava si imbattè in una bambina.
-Ciao piccola. – la salutò lei abbassandosi alla sua altezza per poterla guardare in viso, la piccola aveva lunghi riccioli biondi e sul naso portava un paio di occhiali da vista con la montatura squadrata.
-Ciao. – rispose esitante lei.
-Come mai non sei insieme a gli altri bambini? – chiese, quella piccola era esattamente il tipo di preda che lo stupratore prediligeva, se l’avesse trovata da sola lontana da tutti non avrebbe perso tempo e l’avrebbe rapita subito.
-Mi annoiavo, volevo tornare dalla mamma e dal papà. – rispose lei, Felicity sorrise comprensiva.
-Come ti annoiavi? Non ti piacciono i giochi? –
-Preferisco i computer. – rispose quella spiazzandola completamente, quella era una Felicity in miniatura.
-Vieni ti aiuto a trovare la mamma e il papà, non prudente andare in giro soli. –
-Grazie. – rispose quella regalandole un piccolo sorriso, mentre camminavano cercava di farsi descrivere i genitori così da aiutarla a trovarli. Ci volle più tempo del previsto, ma alla fine li trovarono al tavolo seduti a parlare.
-E te? Lo sai che non ti devi allontanare da sola.- la rimproverò il padre, ma poi le sorrise e la prese in braccio.
-Non ero sola, la signorina mi ha accompagnato. – commentò la piccola indicando Felicity.
-La ringrazio molto, ma non credo di conoscerla. – fece la madre scrutando la donna severamente.
-Sono Felicity Smoak, sono la segretaria di Mr Queen, mi occupo di risolvere eventuali problemi… quando l’ho vista sola ho pensato che non era prudente lasciarla li da sola… -
-Eccoti finalmente, scusate ve la devo rubare, c’è un problema e ho bisogno di lei. – Diggle era comparso e l’aveva portata via dal tavolo prima che iniziasse una delle sue sparate e passasse per pazza.
-Grazie. – sospirò grata di quell’interruzione.
-Devi farti prendere meno dal panico, dai torniamo a lavoro. –
-Okay. –
Tornò a girare sperando di trovare l’uomo che stavano cercando, era intenta a girare per i tavoli quando vide Thea arrivarle incontro.
-Ehy! Come va? Problemi? –
-No, per ora no. – rispose Felicity sorridendole, Thea era al braccio con Roy e il ragazzo in smokig era molto carino sembrava veramente un modello di Abercrombie.
-Meno male. –
Mentre parlavano intravide qualcosa che la fece mancare il terreno sotto i piedi, vide un ragazzo in mezzo alla folla ed era più che convinta che lui la stesse guardando, moro, occhi scuri, anche a quella distanza poteva intravedere il sorrisetto divertito sulle sue labbra, ma lui non poteva essere li.
-Scusate un attimo. – cercò di liberarsi dei due, lo vedeva allontanarsi puntando fuori dalla sala, si mise quasi a correre spingendo le persone scusandosi a malapena, l’idea che potesse essere lui la faceva tremare. Quando arrivò fuori lo vide girare in fondo al corridoio.
-Oh mio dio. – sibilò Thea che l’aveva seguita, credendo che avesse visto anche lei la persona, si voltò per guardarla, ma notò che guardava dalla parte opposta di dove stava guardando lei. Seguì la direzione in cui stava guardando la giovane e vide Oliver che baciava appassionatamente Laurel, la ragazza era premuta contro il muro e Oliver la teneva sollevata per la vita e la baciava con voracità. In quel momento sentì il cuore andarle in pezzi, solo la sera prima gli aveva confessato di essere innamorata di lui e ora lui la stava tradendo con Laurel, la preziosa e unica Laurel, come faceva male vedere che la storia si ripeteva, come lui nonostante tutto, non fosse cambiato dal ragazzino prima dell’isola, sei anni, erano passati ormai sei anni da quando aveva portato Sarah sulla sua barca e invece di crescere e maturare era rimasto lo stesso ragazzo allergico alle storie importanti. Ricacciò indietro le lacrime, non avrebbe pianto, non questa volta.
-Thea, non dire niente. Fai finta di nulla per ora, c’è troppa gente, ne discuteremo poi. Ti prego. Ora scusate credo di aver visto una persona. –
-Felicity, no aspetta. Vai li e picchiala! Deturpale quel viso da puttana che si ritrova! – sibilò Thea, non capiva come Felicity potesse essere così calma e controllata, lei non ci sarebbe riuscita, lei sarebbe andata li e gli avrebbe affrontati.
-Siamo ad una festa, ci sono giornalisti. Ed è meglio per tutti non far girare altri pettegolezzi, ti prego. Lascia stare, torna dentro e fai finta di nulla per stasera. Ora scusami. – prima che Oliver potesse accorgersi di lei corse via, nella direzione opposta, nella direzione dove era sicura avesse visto sparire il ragazzo, girò l’angolo e… niente, il corridoio era vuoto e silenzioso. Iniziò a percorrerlo cercando di non fare rumore con i tacchi, si fermò trovando una delle porte aperte e con attenzione entrò nella stanza buia. Varcata la soglia una mano le si posò sulla bocca e un braccio le bloccò il corpo impedendole di scappare e di urlare.
 
Continua…
 
*ME si nasconde in un buncher* Non usciro di qui fino a che non ho finito di pubblicare! Ed è inutile che proviate qui non si entra e la mia guardi del corpo, amore fatti vedere.. *un ragazza vestito di verde col cappuccio e un arco in mano si mette davanti a Mia* la mia guardi del corpo vi farà molto male! ^.^
Io l’avevo detto che Oliver sarebbe stato un cretino, che ci possiamo fare? È Oliver. Ma non vi preoccupate… no okay preoccupatevi!
Inizia l’azioneeee! Chissà chi è che ha seguito Felicity e speriamo che non le faccia male!! Q.Q *me è già ansiosa*
Beh come sempre… COMMENTATE!
Mia Black
Ps Ancora BUON NON COMPLEANNO A TUTTI! xD
 
Il regalo che vi avevo promesso lo trovate qui -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2491963

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Capitolo 18
*** Capitolo 18: Allen Barry ***


 
Prima di lasciarvi al capitolo vi dico…… MA IO VI AMO!! *Q* Mi avete recensito in tantissimi a questo giro, io sono senza parole… (come minimo le ultime parole famose a sto giro non recensisce più nessuno… )
Buona lettura
 
Capitolo 18
 
-SHHH!!! Non urlare… - le fece una voce all’orecchio, Felicity sentì un brivido di paura scorrerle lungo la schiena, in quel modo non poteva nemmeno avvertire Diggle, era bloccata alla mercee del suo aggressore.
-Brava piccola, ora ti lascio, ma tu non urli. Okay? – annuì nel sentire quella voce più calda e familiare, il cuore le iniziò a battere velocemente, ma non per la paura, voleva voltarsi e vedere se i suoi sospetti erano giusti, quando le mani la lasciarono libera si voltò e incrociò subito lo sguardo divertito del suo presunto aggressore.
-Allen. – sibilò, la gola le si era chiusa e ingoiava a vuoto tanto era sconvolta, si perché davanti a lei c’era Allen Barry, il miglio amico di suo fratello, non che il ragazzo morto poco tempo prima. Incurante del fatto che dovesse essere morto Felicity gli si lanciò tra le braccia e lui la strinse accarezzandole piano la schiena cercando di calmarla.
-Ehy, non piangere piccola. –
-Pensavo fossi morto. – bisbigliò lei, non le interessava se il trucco stava colando su tutta la sua faccia, era troppo felice di vederlo vivo.
-Invece no, mi dispiace averti dovuto mentire. Ma avevo bisogno che mi credessero morto. – spiegò lui senza allentare l’abbraccio.
-Oh Allen.-
-Felicity, ti prego, ho bisogno di parlare con te, ma non qui, non è sicuro. –
-Okay, a casa mia, ti do le chiavi, ci vediamo da me, io devo rimanere ancora un po’, ma appena posso ti raggiungo. – cercò le chiavi nella piccola borsa e gliele passò.
-Ho aperto il pc.- ammise seria, gli occhi di lui si illuminarono.
-Ti amo piccola, sei veramente un genio! – esultò dandole un bacio sulla fronte.
-Sei un idiota.. Hai sentito? – si interruppe lei cercando di ascoltare i rumori che provenivano dal corridoio.
-Ehy io non sono… -
-SHHH! – lo zittì Felicity, si avvicinò alla porta e ascoltò quello che stava succedendo, nel corridoio c’era qualcuno che stava andando nella loro direzione, la bionda sperò che non fosse Oliver e Laurel, non se la sentiva di affrontarli in quel momento, doveva prima calmarsi e poi avrebbe gestito anche quella situazione.
“SHHH Piccola non fare rumore, ora ti porto in un bel posto…”
I due sbirciarono attraverso la porta accostata, c’era un uomo un po’ vecchio con la divisa della cooperativa che parlava con la bambina che aveva riportato ai genitori poco prima.
-Cazzo… - sibilò poco finemente lei guardando preoccupata la scena.
-Che succede? –
-Tu sta zitto! – lo riprese, prima di accendere l’auricolare e contattare Digg.
-Diggle, forse ho qualcosa… la bambina di prima con un uomo con la divisa della cooperativa. – fece a bassa voce così da non essere sentita da i due fuori.
“Dove?” si informò lui immediatamente.
-Fuori corridoio a destra. –
“Non fare cose stupide, ora cerco di contattare Oliver.”
-Auguri allora.. – chiuse la comunicazione e mentre continuava a guardarli, i due si erano fermati in mezzo al corridoio, la bambina non sembrava più così convinta di volerlo seguire, Felicity voleva intervenire, ma in quel modo non l’avrebbero di certo arrestato, non c’erano prove che fosse lui il pedofilo.
-Sh, piccola ti do un bel computer con cui giocare se vieni con me, ma tu in cambio devi fare quello che ti chiedo. – l’idea di avere un computer con cui giocare sembrava aver convinto la bambina che smise di fare le bizze e lo seguì docilmente.
-Al diavolo…. Che sta succedendo qua? Chi è lei? – Felicity aveva deciso di intervenire, non poteva permettere che succedesse qualcosa a uno dei bambini, Oliver ne sarebbe stato responsabile direttamente e quell’arpia di Isabel non aspettava altro che un suo passo falso per potergli soffiare le quote e diventare l’unica proprietaria della Queen consolidated.
-La bambina si era persa la stavo aiutando a trovare i suoi genitori. – lo sguardo severo di Felicity non cambiò, sapeva che stava mentendo, sapeva perfettamente che stava cercando di portarla via.
-Veramente? Beh allora grazie, ma me ne occupo io, sono qui per questo genere di problemi. Ciao piccola, ci vediamo di nuovo! – fece rivolgendole un enorme sorriso che le fu immediatamente ricambiato. La piccola si mosse per andare verso Felicity che le tendeva la mano, quando vide la piccola andare via, l’uomo perse la testa, afferrò il braccio della piccola e la bloccò tra le sue braccia posandole un fazzoletto sulle labbra.
-Prima mettiamo a nanna la bambina… e poi pensiamo a te, sei troppo grande per i miei gusti, ma potrei anche farci un pensierino. – la paura la travolse, dove era Diggle quando serviva, indietreggiò di alcuni passi ma si trovò con la schiena contro la parete del corridoio, le mani dell’uomo si avvicinarono pericolosamente al suo viso, provò a divincolarsi, ma l’odore di cloroformio invase i polmoni stordendola.
 
-Ehy! – sentì una mano batterle sul viso, mentre riprendeva conoscenza.
-Allen… - bisbigliò lei riconoscendo l’amico che la guardava preoccupato.
-Sei un incosciente. – commentò lui serio, ma sollevato nel vedere che l’amica stava bene.
-Che fine ha fatto? –
-Atterrato. –
L’uomo che l’aveva aggredita era steso a terra e lo sguardo soddisfatto di Allen la fece sorridere.
“Felicity?”
-Diggle muoviti è qui, è momentaneamente fuori gioco, porta Lance. – aggiunse sperando che Diggle portasse solo l’agente e non anche la figlia e il suo ormai ex ragazzo.
-Stai bene? – le chiese Allen preoccupato dall’espressione dell’amica.
-Si vai, ci vediamo tra poco a casa. E’ meglio se non ti vedano. – sarebbe stato difficile spiegare a tutta quella gente come mai Allen era li vivo invece di essere morto affogato in fondo alla scogliera.
-Okay, ma stai attenta. –
Allen corse via, mentre i passi risuonavano nel corridoio, Felicity si spostò verso la bambina che dormiva stordita dal cloroformio, fortunatamente stava bene, non aveva riportato nessun danno, con un po’ più di amore da parte dei suoi genitori tra qualche giorno non si sarebbe più ricordata di quell’episodio.
-FELICITY! – la voce di Oliver le arrivò agli orecchi da iniziò corridoio, portando il suo cuore a spezzarsi un'altra volta, chiuse gli occhi e ricacciò indietro le lacrime, non era il momento di piangere, un dramma alla volta.
-Signorina Smoak, sta bene? – chiese l’agente Lance avvicinandosi, mentre i poliziotti cercavano di allontanare tutti i curiosi che erano accorsi.
-Si sto bene, sono solo un po’ stordita. –
Rimanendo a distanza da Oliver, la bionda raccontò ai detective cosa era successo evitano accuratamente di nominare Allen, si inventò che il pedofilo era inciampato ed era caduto battendo la testa a terra, inutile fingersi un eroina, nessuno avrebbe mai creduto che una come lei era stata capace di atterrare l’uomo.
-Ultimamente le capitano molti guai. – le fece notare Lance guardandola preoccupato.
-Già. – rispose semplicemente, continuando ad ignorare Oliver che invece aveva lo sguardo puntato sulla sua schiena.
-Posso chiederle un favore agente Lance? – chiese Felicity.
-Certo. –
-Mi può far accompagnare a casa da qualcuno per favore, vorrei riposare. –
-Certo. Venga con me. – con sollievo di Felicity l’agente la guidò dalla parte opposta di dove era Oliver, attenta a non farsi notare se non da Oliver e da Diggle che non le toglievano gli occhi di dosso, Felicity tolse l’auricolare e lo buttò in borsa per poi spengere il telefono. Sperava che i due recepissero il messaggio e che non provassero a disturbarla, non era dell’umore adatto per affrontare Oliver, ne per dare spiegazioni a Diggle.
A riaccompagnarla a casa ci aveva pensato un agente, mentre la macchina scorreva per il traffico Felicity penso che forse era meglio mandare un messaggio, non voleva sorprese sotto il suo appartamento, come aprì il cellulare trovò tre tentativi di chiamata da parte di Oliver e un paio di messaggi, ignorò tutto e digitò velocemente il testo del messaggio indirizzato a Diggle:
 
Non venite a casa mia. Di a Oliver che lo chiamo io domani.
 
Chiara e coincisa, avrebbe voluto metterci un forse alla fine della frase ma evitò, chiuse di nuovo il cellulare e lo buttò in borsa sospirando frustrata.
Lasciata sotto casa ringraziò e salì dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno nei paraggi.
-Allen, apri sono io! – bussò e aspetto impaziente che il ragazzo le aprisse la porta, era dannatamente nervosa, quando la porta si aprì e il ragazzo fece capolino oltre la porta con un panino in bocca Felicity gli si buttò tra le braccia sospirando.
-Ehy! – fece lui non aspettandosi quell’abbraccio.
-Credevo di averti immaginato. – sorrise e la strinse rassicurandola.
-Sono qui e sto bene. – commentò lui dandole un bacio tra i capelli.
-Voglio sapere cosa è successo! – Felicity si staccò dal ragazzo e lo spinse in malo modo, ora che la paura di averlo solo sognato era passata, in lei era subentrata la rabbia, quei due cretini si erano infilati in una cosa enorme e pericolosa e si erano pure visti bene di metterla in guardia o di dirle cosa stavano combinando.
-Felicity calmati. –
-Non dirmi di calmarmi, lo sai che lo odio. – sibilò, voleva sapere tutto quello che era successo, ma era stanca morta, gli occhi le si chiudevano e il cloroformio annebbiava ancora la sua vista.
-Domani ti racconto tutto, ora andiamo a letto, sei stanca. –
-No! Allen, ho passato sette anni pensando che mio fratello fosse morto per uno stupido incidente, ora non sarò la ragazza più sveglia del mondo, ma… Non cerchi il pc di uno che è caduto accidentalmente in un dirupo se non è implicato in qualcosa di serio. – sibilò lei, gli occhi iniziavano a chiudersi da soli.
-Domani Fells, domani saprai tutto. Ora riposa. –
 
La mattina dopo Felicity si svegliò con ancora indosso il vestito della sera prima, era crollata poco dopo aver messo piede in casa e alla fine non era riuscita a farsi dire nulla da Alle, si guardò attorno cercando di individuare il giovane, ma non lo trovò, non era in camera con lei. Si alzò e si mise a camminare per la casa, lo sguardo assonnato e i capelli arruffati le regalavano un aspetto molto infantile.
-Eccola la mia piccola Fells. –
-Pensavo ti averti sognato. – commentò lei con la voce impastata dal sonno.
-Ancora? Non l’avevamo già appurato ieri sera? – domandò lui, Allen era appoggiato allo stipite della porta e la guardava con le braccia incrociate, sul viso il solito sorrisetto divertito, poi tornò in cucina e si mise a cercare qualcosa all’interno degli armadietti.
-Allen… -
-Cambiati e andiamo, ho fame, non hai niente in casa, di cosa vivi, aria? – chiese Allen, chiudendo l’ennesimo armadietto.
-No, ultimamente mi hanno ospitato, quindi non ho nulla in casa. –
-Allora muoviti.- la spinse fuori dalla cucina indicandole il bagno.
Felicity si fece una doccia e si cambiò, abbandonò i suoi nuovi abiti per passare ai suoi vecchi panni: un paio di jeans, una maglia e un paio di stivali senza tacco.
-Ora si che torni ad essere la mia Fells. –
Uscirono di casa e si incamminarono verso il parco, con un bicchiere di caffè in mano e un hot dog nell’altra i due parlavano inizialmente del più e del meno.
-Sto facendo colazione con un hot dog, se ci penso mi viene la nausea. –
-Tutta tuo fratello, il cheeseburger alla cipolla che mangiava la mattina dopo una sbronza impestava la stanza per una settimana… - ridacchiò mangiando l’ultimo boccone del suo panino, i pasti da dopo sbronza di suo fratello avevano impestato anche la camera a casa loro, ricordava bene il puzzo che usciva da quel posto, più di una volta aveva pensato che Brian nascondesse un cadavare in decomposizione, invece erano solo dei panini.
-Allen credo sia arrivato il momento di parlare.- fece seria, ricordare il passato era divertente, non le capitava mai di parlare con qualcuno di suo fratello, ma c’erano problemi più urgenti da risolvere.
-Tutto è iniziato quando siamo usciti dall’università, un uomo, un professore veramente, ci ha avvicinati e ci ha proposto un lavoro con la massima segretezza, ci avrebbe pagato bene e io e tuo fratello non ce lo siamo fatti ripetere due volte. – iniziò Allen, almeno adesso sapeva come erano stati contattati.
-Siete andati sull’isola, Lian Yu. – lo interruppe Felicity, Allen la guardò sorpreso, ma annui e proseguì.
-Si, il purgatorio. Abbiamo girato diversi isole prima di trovare quella che ci serviva, li abbiamo trovato un farmaco creato dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale…-
-Mirakuru, eravate li per quello? – gli chiese lei, era avida di notizie che ancora non sapeva.
-Come fai a sapere tutte queste cose? –
-Te l’ho detto ho aperto il pc.- spiegò lei pratica.
-No, tu sai più di quello che c’è nel pc, non abbiamo mai saputo il nome del farmaco, non era importante, come va fai a saperlo? – chiese lui innervosito da quella situazione, odiava i segreti anche se negli ultimi anni ne aveva avuti anche troppi.
-Continua! – lo incitò lei ignorando la sua domanda.
-Felicity. – provò a usare il suo nome come un avvertimento, ma non ottenne alcun risultato.
-Smettila, tocca a te parlare, me lo devi.- il ragazzo sospirò e riprese a raccontare, quando l’amica si impuntava in quel modo non c’era modo per poter vincere uno scontro.
-Siamo tornati a casa con un campione da analizzare, l’idea era quella di ricrearlo e di migliorarlo, non è esattamente una cura sicura, tornati ci siamo accorti che quel coso era dannatamente pericoloso, più pericoloso di quanto pensassimo, se cadeva nelle mani sbagliate… –
-Avrebbe potuto creare un esercito di persone con una forza sovraumana. Cosa avete fatto? –
-Come fai a sapere queste cose? –
-Allen, cosa avete fatto? – insistette lei, non avrebbe risposto a nessuna delle sue domante fino a che non le avesse raccontato tutto, ogni minimo dettaglio.
-Abbiamo mandato la formula sbagliata a chi ci ha commissionato il lavoro e ci siamo divisi per un anno, l’idea era separarsi, far calmare le acque e poi vedere come procedere. Ma tuo fratello ha fatto quello che gli riusciva meglio, è stato brillante, l’hanno trovato e hanno provato a farsi dare la formula giusta. Il risultato è stato la sua macchina spinta giù da un dirupo. – spiegò, non aveva usato molti giri di parole, era dell’idea via il dente via il dolore, anche se in quel caso non era certo servisse a molto.
-Quindi Brian non stava tornando solo per il mio compleanno?- il cervello di quella ragazza lavorava ad una velocità sorprendente, collegava tutto in un attimo, si era sempre chiesto come facesse, doveva essere un gene di famiglia, anche suo fratello riusciva a capire le cose molto più rapidamente di lui.
-No, avevamo scelto quella data perché sicuri che entrambi ci saremmo stati per te. E’ stato un caso che il pc non sia volato giù nel dirupo. –
-Chi vi ha chiesto di fare quel lavoro? –
-No, è pericoloso, sai già troppo. Non ho intenzione di metterti ancora di più nei guai, dammi il portatile e la password. – fece risoluto lui, beccandosi in risposta lo sguardo di derisione di Felicity, non si sarebbe fatta mettere da parte di nuovo.
-Non ci penso nemmeno, finirai anche tu nel dirupo, è stato solo un colpo di fortuna se questa volta non ci sei morto…. Il discorso non finisce qui.  – il cellulare, che aveva riacceso solo per essere sicura di essere reperibile in caso di emergenza, suonò e lei controllò chi fosse, se era Oliver lo avrebbe buttato nuovamente in borsa ignorandolo, ma con sua sorpresa a chiamarla era l’agente Lance.
-Pronto, agente? – rispose esitante lei, sperava che non ci fossero altre emergenze, avevano appena chiuso il caso del pedofilo e non voleva altri fastidi per il momento.
“Signorina Smoak, mi scusi se la disturbo, volevo sapere come stava.” sorrise addirittura l’agente Lance si preoccupava per lei, doveva essere più patetica di quello che pensava.
-Sto bene grazie, niente che una bella notte di sonno non abbia risolto, aveva bisogno di qualcosa?- si informò, lei era il tramite tra Lance e Arrow e solitamente quando l’uomo la chiamava era sempre perché aveva bisogno dell’aiuto dell’arciere.
“No, la chiamavo solo per sapere come stava, mi sorprende però che Fraccia non sia stato li a difenderla.” Le scappò un risolino, che ironia, freccia era a darsi da fare con sua figlia.
-E’ stato trattenuto, ma è arrivato, tardi ma c’era. – lo difese automaticamente, senza relamente rendersene conto.
“Bene, sono contento di sapere che sta bene, mi raccomando si riguardi.”
-Certo, la ringrazio per l’interessamento. Arrivederci.- chiuse la chiamata felice, per una volta poteva dire che in quella famiglia una persona le stava simpatica.
-Arrow? Tu collabori con il giustiziere? – il moro rise anche se non proprio divertito, non sapeva se arrabbiarsi o altro, era senza parole, la sua piccola Felicity. Gli era difficile credere che la ragazza che si spaventava con la sua stessa ombra collaborasse con un assassino.
-Poi dici a me che tengo i segreti? Il giustiziere ti farà finire in un sacco di guai! – le disse lui irritato, aveva giurarto sulla tomba del suo migliore amico che avrebbe tenuto Felicity lontana dai guai e dai pericoli, ma sarebbe stato difficile se lei collaborava con il giustiziere.
-Ci sono di già! E poi solitamente io me ne sto chiusa a lavorare ai computer, non entro mai in azione. – cercò di difendersi lei, era scesa in campo poche volte e tutte le volte che l’aveva fatto era finita nei guai, il poker, il fabbricante di bambole, il conte, lo stupratore, il pedofilo, la lista era corta ma non ne mancava uno, come cercava di aiutarli, lei finiva col dover essere salvata, l’azione non era il suo punto forte.
-E ieri? – chiese lui per nulla tranquillizzato da quelle parole, non le credeva anche se era brava a bleffare sapeva riconoscere quando metteva su la sua faccia da poker e in quel momento l’aveva.
-Un caso. - il ragazzo la guardò. Camminarono in silenzio Allen soppesava l’idea che gli frullava in mente, era indeciso se brontolarla o chiederle aiuto, forse il giustiziere poteva aiutarlo, se non per lui, per Felicity, lei non c’entrava niente in tutta quella storia e doveva trovare qualcuno che lo aiutasse a non farla finire nel dirupo.
Nel frattempo i due erano usciti dal parco e camminavano per le vie della città, Felicity guardava Allen torturarsi, alla fine decise di sbloccare la situazione.
-Ti decidi a chiedermelo? – sbuffò infastidita Felicity, mentre ancora una volta tirava fuori il cellulare dalla borsa e digitava il numero che ormai conosceva a memoria.
-Cosa? –
-Di farti incontrare Arrow! – rispose lei portandosi il telefono all’orecchio, il rumore del telefono libero la fece zittire, doveva decidere cosa dirgli: ”Ciao Stronzo traditore, c’è una persona che vuole vedere Arrow.” Non suonava molto bene, avrebbe sempre potuto ripiegare in un “Bastardo traditore, Arrow deve incontrare una persona.” oppure avrebbe potuto fare la raffinata, sorvolare sul saluto e andare subito al motivo della chiamata con un: “Stasera stesso posto stessa ora, c’è una persona che vuole vedere Arrow.” Si probabilmente avrebbe usato l’ultima. La chiamata fu interrotta, Oliver le aveva appena riattaccato in faccia il telefono.
-Quello… - sibilò. Bene se lui non voleva parlarle figuriamoci lei, cambiò numero e riprovò, questa volta il telefono non squillò nemmeno due volte che la persone aveva già risposto.
“Felicity, mi stavo iniziando a preoccupare, che è successo, stai bene?” chiese Diggle preoccupato, quando l’aveva vista andare via senza nemmeno salutarli si era preoccupato, poi gli aveva mandato quello strano messaggio, Oliver aveva dato di matto, ma Laurel l’aveva trascinato via senza accettare nessuna delle sue scuse, idiote, per piantarla in asso.
-Sto bene diciamo, comunque ti chiamo perché c’è una persona che vorrebbe incontrare Arrow. – fece, ci fu un momento di silenzio poi visto che l’uomo non diceva niente continuò lei.
-Ho provato a chiamarlo, ma non mi risponde, quindi avvertilo te. Stasera, stesso palazzo, stessa ora.- stava per riagganciare quando Diggle la fermò, non era stupido era chiaro che era successo qualcosa che lui ignorava.
“Che succede Felicity, che è successo con Oliver?”
-Non ne voglio parlare, scusa. Ci vediamo stasera. – chiuse senza aggiungere altro, anche quella era fatta.
 
Continua…
 
BUONA DOMENICA!! ALLEN è tornato in vita SIETE CONTENTI? Me lo avete chiesto in tanti così eccolo qui, vivo e vegeto! U.U pensavo finisse peggio questo capitolo, ma a quanto pare è il prossimo! xD me perfida.
Che altro dire?  Ah si, ancora non ho il mio computer quindi abbiate pazienza ma col ritorno a casa di mio fratello il pc mi viene prestato a sua discrezione. ^.^ ma vi giuro che ci sto lavorando per il pc nuovo, è solo che chi me lo deve comprare non collabora! U.U
Vi lascio un bacione
Mia Black
 
Anche se non credo di doverla pubblicizzare
Qui trovate una one shot che ho pubblicato venerdì -> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2495305&i=1
Mentre il secondo capitolo dall’altra fan fiction ci sarà Mercoledì insieme al prossimo capitolo di questa storia.
Un bacione buona domeni!

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Capitolo 19
*** capitolo 19: incontro ***


*me arriva bianca come un morto con il passo di uno zombie* abbiate pietà di me SONO MALATA! Ho passato una nottata d’inferno… so che il capitolo è un po’ corto, m apprezzate che nonostante non abbia dormito e abbia rimesso anche la mia stessa saliva io sia qui a publicare perché o lo fo ora o mi sa che oggi saltava.
Un bacio e vi auguro una buona giornata, la mia farà schifo!
 
Capitolo 19
 
Camminavano per le strade di Starling city in silenzio, dopo la telefonata a Diggle, Felicity aveva perso tutta la sua voglia di parlare i fatti della sera prima erano tornati a tormentarla, fino a quel momento aveva qualcosa a cui pensare, la bambina da salvare, Allen con cui parlare, ma ora che tutto era passato l’unico pensiero fisso che aveva era l’immagine di Oliver che baciava Laurel all’evento di beneficienza.
-Cosa accade? Chi è che è riuscito a turbare così il mio genio informatico. – chiese Allen abbracciandola e cercando di tirarle su il morale.
-Lascia stare. –
-Fells, lo sai che mi puoi dire tutto, forza. – la incoraggiò lui, era chiaro che aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno che l’avesse ascoltata senza giudicarla e soprattutto le serviva una persona estranea a tutto.
-Mi sto frequentando con un ragazzo, ieri l’ho visto baciarsi la sua ex epica. – rispose a denti stretti la bionda, sapeva che se avesse dovuto scegliere tra lei e Laurel, la mora avrebbe sempre vinto, in qualunque modo possibile e immaginabile Laurel Lance sarebbe sempre venuta al primo posto per Oliver, ma almeno una parte di lei pensava che non lo avrebbe fatto alle sue spalle, magari le avrebbe spezzato il cuore con due parole e poi se ne sarebbe andato con lei, ma tradirla in quel modo, anche se in teoria nessuno sapeva di  loro, faceva male.
-Che idiota di ragazzo, non sa cosa si perde. – sorrise e si lasciò abbracciare, alzò lo sguardo e vide l’ultima persona che avrebbe voluto vedere, ma ormai era tardi per cambiare strada senza sembrare una pazza, se fosse stata fortunata non l’avrebbe vista e lei sarebbe passata ignorandola, in fondo la ragazza era occupata al telefono.
-…Te l’ho detto, sono a pranzo con Oliver… - ci fu una pausa Laurel stava ascoltando il suo interlocutore, al contrario Felicity si senti bloccare sul posto.
-…Abbiamo deciso di riprovarci, siamo io e Ollie, siamo destinati a stare insieme… ma quale segretaria, dai siamo seri, Oliver non ha una tresca con la sua segretaria, me lo ha garantito ieri e si è pure messo a ridere…- a quelle parole il cuore già martoriato di Felicity finì definitivamente in pezzi, ormai non c’erano più dubbi sul fatto che lei era una della lista, nessuno avrebbe mai potuto surclassare Lurel Lance, tanto meno lei una stupida e patetica segretaria, ex IT girl.
-Che succede? –
-Niente andiamo. – si allontanarono abbracciati, Felicity era veramente ferita da quella situazione e non sapeva come avrebbe fatto a continuare a guardare in faccia Oliver da quel momento in poi.
 
Nel frattempo Laurel Lance guardava la bionda allontanarsi e sorrideva, posò il cellulare e sospirò, finalmente si era tolta dalle scatole quella petulante ragazzina, non le era mai stata simpatica fin dalla prima volta che l’aveva incrociata al Verdan, lei aveva bisogno di parlare con Oliver e quella era arrivata con la stupida scusa del ruter e si era portata via il ragazzo, ma la cosa peggiore era che lui aveva realmente preferito andare via con quella bionda tinta, piuttosto che stare con lei.
-Eccomi, c’era un sacco di gente. – Oliver si sedette davanti a lei e il suo sorriso si allargò ancora di più, avrebbe tenuto Oliver legato a lei per tutta la vita, Oliver Queen era suo e di nessun altra.
-L’importante è che tu ce l’abbia fatta.- rispose lei vedendo arrivare il cameriere verso di loro. Oliver sbloccò il cellulare che era posato sul tavolo per verificare se ci fossero chiamate perse, ma non ve ne erano.
-Ma a cosa pensi? – chiese Laurel divertita.
-A niente, aspetto una chiamata di lavoro. – rispose velocemente lui, certo di lavoro, non poteva inventari scusa più patetica.
Finalmente il telefonò vibrò, Laurel guardò subito chi era e si rilassò leggendo il nome dell’autista. Oliver rispose.
-Dimmi. –
“Ho sentito Felicity.” Oliver si bloccò per un attimo sentendo quel nome.
-Cosa ha detto? – chiese cercando di sembrare distaccato senza riuscirci.
“C’è una persona che vuole vedere Arrow stasera. Stesso palazzo, stessa ora.”
-Va bene. Ma perché non ha chiamato me?- chiese.
“Dice che non hai risposto. Oliver, mi spieghi cosa è successo tra voi due?”
-Niente! – rispose subito lui, non aveva fatto assolutamente nulla, era Felicity che dalla sera prima aveva iniziato a comportarsi in modo strano.
“Se lo dici te, ci vediamo dopo.”
-Okay, tra poco un po’ arrivo… - chiuse la chiamata mentre alzava lo sguardo su Laurel che lo guardava con gli occhi da cerbiatta era lo sguardo che gli rivolgeva ogni volta che voleva qualcosa, ma in quel momento non aveva voglia di accontentarla, sapeva già cosa voleva: passasse il resto del pomeriggio con lui, ma aveva da fare, doveva prepararsi per l’incontro di quella sera e doveva scaricare l’eccesso di nervosismo che lo accompagnava dalla sera prima.
-Scusami Laurel, ma devo andare, ho un impegno. – si alzò prendendo il cellulare e rimettendolo nella tasca dei jeans controllando per l’ennesima volta se fosse arrivato qualcosa.
-Cosa? Dai aspetta, rimani un altro po’. – Laurel si era alzata sperando di riuscire a trattenerlo.
-Non posso veramente, scusa, buona giornata. – se ne andò rapidamente, prima che potesse trattenerlo,  raggiunse il punto dove aveva parcheggiato la moto e partì a tutta velocità verso il covo, scivolava tra le macchine con estrema precisione, quello era un altro modo per scaricare la tensione che stava provando. Arrivato al Verdan iniziò i suoi allenamenti con Diggle, quel giorno non si sarebbe risparmiato.
-Mi sembri più aggressivo del solito. – commentò Diggle dopo un po’, l’ultima presa gli aveva fatto veramente male, non che Oliver ci andasse mai per il sottile, ma quel giorno i colpi erano più forti e più che un allenamento sembrava una vera e propria battaglia.
-Scusa, sono nervoso. –
-Per via di Felicity? –
-Non la sento da ieri sera, ho provato a chiamarla ma non mi risponde. – commentò frustrato il giovane sedendosi a terra sul tappeto, non era bravo a parlare di quello che provava e si sentiva un vero idiota a stare li a confidarsi con Diggle, ma lui era l’unico con il quale poteva essere realmente sincero.
-Non so cosa dirti, non mi ha detto nulla. Tra poco lo scoprirai, è ora di andare. – Oliver guardò l’orologio alla parete, segnava un quarto alle nove, tra un quarto d’ora si sarebbe dovuto incontrare con la persona che aveva contattato Felicity, il fatto che qualcuno volesse parlare con lui ed era passato per lei lo metteva ancora di più in agitazione, nessuno doveva sapere che lei lavorava per Arrow, era già in pericolo per i fatti suoi senza doverci aggiungere anche che qualcuno scoprisse di loro.
 
 
Il tetto del grattacielo che usava per gli incontri segreti con Lance era vuoto, Oliver era arrivato per primo, solitamente questo succedeva sempre, doveva verificare che non fosse una trappola, ma quella volta, non si era preoccupato più di tanto, Felicity aveva garantito per questa persona, e se lei diceva che ci si poteva fidare lui si fidava, il silenzio fu interrotto dalla porta delle scale di emergenza che si apriva con un rumore metallico e poi sbatteva per chiudersi nuovamente, la voce di due persone gli arrivò distintamente agli orecchi.
-Sei un idiota! – sentì dire dalla voce di una ragazza, avrebbe riconosciuto quella voce fra mille, Felicity era arrivata sul tetto, ma contrariamente la frase che aveva pronunciato non era arrabbiata come quando la diceva a lui, sembrava divertita, la sentì ridere, era una risata vera, che non ricordava di averle mai sentito fare.
-Io? – chiese la voce di un ragazzo, era sicuro di non averla mai sentita questa voce.
-Si tu! Siamo in ritardo muoviti! – lo spronò lei, ma ancora una volta poteva percepire il tono rilassato e divertito.
-Non è colpa mia, se tu dolcezza che ci hai messo un secolo per trovare qualcosa da metterti. – la voce aggiunse una nota di derisione, c’era una nota di complicità e di famigliarità nel tono con cui si rivolgeva alla giovane che per tutta risposta scoppiò a ridere, facendo così irritare ancora di più Oliver.
-Allora? – decise di intervenire, non voleva più sentirli parlare tra loro.
-Arrow… - vide Felicity sussultare, non si era accorta della sua presenza eppure le aveva detto più volte di stare attenta a quello che la circondava.
-Chi è lui? – il giovane le sembrava vagamente famigliare, ma non riusciva a capire dove l’avesse visto.
-Lui è Allen Barry, un mio caro amico. – lo presentò lei, Oliver si accigliò.
-Pensavo fosse morto. –
-Wow! Sono famoso, anche Arrow sa che sono morto. – il sarcasmo del giovane non fu gradito da Oliver, il fatto che lui stesse abbracciando la sua ragazza e che si comportasse come se Felicity gli appartenesse lo stava mandando in bestie, era quasi tentato di scagliargli un paio di frecce contro, ma sapeva che Felicity non avrebbe gradito quel comportamento.
-Smetti di fare lo scemo, volevi incontrarlo ti sto dando l’occasione per farlo, ora parlatevi. –
-Sai Fells, non credo sia stata una buona idea, che ne può sapere lui di tutto quello… -
-Smettila di fare il cretino, tanto il pc non te lo do, quindi ora fai come dico io! Parla con lui! – sibilò lei arrabbiata, non aveva programmato quell’incontro che la stava praticamente uccidendo per puro masochismo, Allen aveva bisogno dell’aiuto di Oliver per rimanere vivo e volente o no, glielo avrebbe chiesto.
Erano nel bel mezzo della discussione quando una pioggia di proiettili si abbattè su di loro, entrambi i ragazzi si mossero per proteggere Felicity, la quale però fu colpita di striscio da un proiettile e cadendo battete la testa perdendo conoscenza.
 
-Dannazione, Felicity! – Oliver fu il più veloce in due passi le fu accanto sollevandola delicatamente, dalla spalla perdeva sangue, ma quello era il meno, non era grave, il fatto che avesse battuto la testa e ora fosse incosciente invece lo spaventava, avrebbe potuto avere un trauma cranico.
-Fells. –
-Dobbiamo portarla all’ospedale. – fece Allen guardando la bionda spaventato, la pioggia di proiettile era cessata, ma sicuramente se i tre si fossero mossi avrebbe ripreso, erano coperti da un rialzo del tetto e quindi fuori dalla portata di tiro del cecchino, ma se si muovevano sarebbero morti tutti e tre.
-Io non posso accompagnarla. – fece Oliver riverso su Felicity, i suoi occhi erano fissi sul volto della giovane, mentre con attenzione cercava di farle riprendere conoscenza.
-Io nemmeno, mi credono morto e dovono continuare crederlo. –
-Okay, portiamola al covo. – Oliver uscì allo scoperto armato di arco, ma chiunque avesse sparato non era più li.
 
Continua…
 
Oh oh! Si Felicity è SEMPRE in mezzo ai guai! U.U ma come è stato carino Oliver a correrle incontro per verificare che non si fosse fatta nulla!! AMORE! Certo Oliver o ci fa o ci è! Voglio dire quale sarà il modivo per cui è arrabbiata Fel? BOOHH ci deve pensare molto per capirlo! xD Uomini chi li capisce è bravo!
Un bacione a domenica (spero) ancora non ho il MIO pc inizio a stancarmi ve lo posso garantire!
Mia Black
 
ps
vi racconto questo aggiorno l'altra e poi vado a letto:
l'altro giorno sono andata dal burger King e mentre mangiavo leggo su un lato "Il gusto è King" mi volto verso una mia amica e le fo "Io preferisco Queen ma son dettagli!" xD

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Capitolo 20
*** capitolo 20: un nome ***


Prima di lasciarvi al capitolo 20, volevo dire due parole. (dire, scrivere.. dettagli tanto avete capito).
Volevo ringraziarvi, lo so che in teoria si fa alla fine della storia ma, beh, perché aspettare la fine per dirlo?
Io vi ringrazio, ringrazio prima di tutto quelle 17/20 persone che recensiscono tutte le volte. Leggere i vostri commenti è la parte più bella della giornata, mi farete morire, siete veramente… Non ho parole, per dire quello che siete, complimenti a parte (che quelli fanno sempre piacere ricevere) quello che adoro sono le vostre uscite pazze che mi fanno sghignazzare come una matta. ^.^
Ringrazio ovviamente anch:
 le 52 persone che l’hanno messa tra le preferite
le 95 che invece la seguono
le 3 che l’hanno messa tra le ricordate.
Sono su questo sito da quasi dieci anni… per motivi miei ho dovuto chiudere il primo account quindi risulta da meno tempo. Ma sono realmente 10 lunghissimi anni che sono qui e stavo per smettere di fare quello che ho sempre amato fare, scrivere, perché nessuno commentava le mie storie, poi arriva Arrow e per gioco inizio a scrivere questa storia, e siete comparse voi che mi avete regalato questo 224 recensione, mi avete ispirato e soprattutto mi avete fatto tornare la voglia di scrivere, il che si nota perché in meno di un mese ho pubblicato 3one shot e una storia a capitoli, e ho pronta un'altra one shot e due storie a capitoli stanno iniziando a essere messe per iscritto.
Quindi GRAZIE, grazie di non avermi fatto smettere di scrivere, grazie di non avermi fatto perdere una parte importante di me.
Ho un sogno che e spero che prima di arrivare all’epilogo si possa avverare, che tutti, tutti voi che leggete lasciaste un commento. (credo che morirei d’infarto se accadesse! xD)
Questo capitolo lo dedico a chiunque abbia recensito anche solo una volta, ma in paritolare, capirete il motivo, lo dedico a chi lo ha fatto fin dall’inizio.
Godetevelo, ci vediamo in fondo… Buona lettura.
 
Capitolo 20
 
-Che cosa è successo? – Chiese Diggle scattando in piedi vedendo Oliver entrare con Felicity svenuta tra le braccia, dietro di loro c’era un ragazzo che lo seguiva con lo sguardo preoccupato e fisso sulla ragazza.
-Qualcuno ha sparato e Felicity è stata ferita. – rispose mentre deponeva con attenzione la bionda sul tavolo, dove solitamente finiva lui dopo ogni missioni.
La ferita al braccio di Felicity era un taglio profondo, ma fortunatamente non era grave, Oliver la medicò con attenzione, dovette metterle un paio di punti e ringraziò mentalmente che la ragazza non fosse cosciente, ricordava bene l’avversione che la bionda aveva per gli aghi.
-Potreste essere più espliciti? – chiese Diggle quando Oliver ebbe finito di medicare Felicity.
-Eravamo sul tetto e qualcuno ha sparato e Felicity è rimasta ferita. – spiegò Oliver a denti stretti, era veramente arrabbiato per quella situazione, avrebbe dovuto controllare la zona prima di mettersi ad aspettarli, era colpa sua, se avesse perlustrato i tetti vicini non sarebbe successo.
-Questo piega la ferita, ma… perché  è incosciente? – chiese ancora Dig.
-E’ caduta e ha battuto la testa. – spiegò Allen avvicinandosi a dove Felicity era stesa, fino a che Oliver la stava curando si era tenuto a distanza, ma ora voleva starle vicino e assicurarsi che stesse bene.
-Fammi controllare. – Diggle si avvicinò e le toccò la testa trovando il punto in cui c’era il bernoccolo.
-Non dovrebbe essere niente di grave. Ora a parte Felicity, spiegami, chi accidenti è lui? – chiese Diggle voltandosi verso il nuovo arrivato.
-Sono Allen Barry. – rispose il moro tranquillo.
-Quel Allen Barry? L’amico del fratello di Felicity? Quello morto nell’incidente stradale qualche tempo fa? –
-Sono veramente famoso! –
-Mi hai stancato ragazzino! Si può sapere in che diavolo di guai hai cacciato Felicity? – Oliver si voltò riversando sul povero Allen tutta la frustrazione che provava. Lo prese per la gola e lo sollevò, al diavolo se era amico di Felicity, era nel posto sbagliato al momento sbagliato, sarebbe diventato il suo personale antistress vivente, nessuno avrebbe pianto una seconda volta la sua morte, nessuno a parte Felicity forse.
-Che accidenti. Lascialo immediatamente così lo ammazzi! – Felicity aveva scelto proprio quel momento per riprendere conoscenza e si era trovata davanti ad una scena orrenda: Oliver aveva preso per la gola Allen e sembrava veramente furioso, cercò di alzarsi e di scendere dal tavolo, ma il movimento troppo veloce le provocò un giramento di testa e rischiò di cadere a terra come una pera, se non fosse stato per il braccio di Diggle che la soccorse evitandole così di schiantarsi al suolo battendo nuovamente la testa.
-Ho detto lascialo dannazione! – Felicity riuscì a raggiungere i due e appoggiò una mano sul braccio di Oliver, il quale mollò immediatamente la presa. Si voltò verso Allen per verificare se stesse bene prima di voltarsi nuovamente verso l’incappucciato e affrontarlo.
-Dico ma siete diventati tutti matti? Lo stavi per ammazzare, ti ho chiesto di aiutarlo a rimanere vivo non di ammazzarmelo te! –
-Felicity… - tentò il ragazzo.
-E tu non ridere, che ti potrei strozzare io! – urlò rivolta ad Allen che sghignazzava divertito nel vedere il grande vigilante messo a cuccia dalla biondina.
-Due bambini, ecco cosa siete, due mocciosi dell’asilo! – continuò lei allontanandosi e raggiungendo la sua sedia, la testa le faceva male e aveva la nausea, per non parlare del dolore al braccio. Seduta esaminò l’arto dolorante e notò i punti.
-Prendi questa. – Diggle comparve dandole una pillola e un bicchiere d’acqua sorridendole, in un attimo aveva messo a in riga entrambi i ragazzi decisamente una ragazza di carattere.
-Grazie Digg.-   gli sorrise grata, almeno una persona matura in quel posto c’era, prese la medicina dopo aver lanciato un occhiataccia ad entrambi i ragazzi, giusto per essere sicura che non si rimettessero a bisticciare mentre lei beveva.
-Come ti senti? – era sempre Diggle a parlare, i due la osservavano in silenzio ai due lati opposti del covo.
-Ho mal di testa e male al braccio. – rispose posando accanto al computer i bicchiere vuoto.
-Ricordi cosa è successo? –
-Vagamente, parlavamo, poi ci hanno sparato, non ricordo altro. – cercò di ricordare cosa era successo dopo, ma non ce la faceva, un attimo prima era sul tetto e un attimo dopo si era trovata stesa sul tavolo nel covo.
-Hai battuto la testa e sei svenuta. – la informò Oliver. Anche se aveva il cappuccio ancor calato sugli occhi Felicity poteva immaginare benissimo la sua faccia triste e preoccupata, ma non poteva farsi commuovere dal suo bel faccino, l’aveva tradita, si era rimesso con Laurel e non aveva nemmeno avuto il coraggio di dirglielo in faccia.
-Questo spiega il mio mal di testa. Ora invece di fare i deficienti, parlo con te Allen, spiega cosa è successo! E non farmi arrabbiare! – Allen stava continuando a sghignazzare, vedere la sua piccola Felicity mettere in riga Arrow lo divertiva molto.
-Non mi fido di lui. – rispose, ecco che tornava a fare il moccio.
-Non me ne frega niente, volevi incontrarlo ti ho accontentato, ci stava per rimettere la vita anche lui su quel tetto, solo per incontrare te, quindi ora gli spieghi.-
-Che vuoi che ne sappia lui. –
-Bene, allora spiego io quello che mi hai raccontato oggi pomeriggio. – Felicity si voltò verso Oliver e Diggle che la guardavano e iniziò a raccontare quello che il giovane le aveva detto, non era niente di nuovo per loro, quelle cose le avevano già dedotte da soli grazie ai video, a loro ora serviva un nome per fermare il tutto.
-Chi era il professore? – chiese Oliver.
-Perché io mi devo fidare di uno che non si fida nemmeno a togliersi il cappuccio? – insistette lui, Felicity sospirò frustrata, non che avesse tutti i torti, ma sapeva bene che Oliver non avrebbe mai abbassato il cappuccio rivelando così la sua identità al prima venuto.
-Perché io mi fido. – disse lei distogliendo gli occhi da Oliver e guardando Allen.
-Ma se neanche lo guardi? – il fatto che evitasse accuratamente di guardarlo non c’entrava niente con il fatto che fosse Arrow, ma c’entrava solo col fatto che era un bastardo traditore.
-Beh allora fidati di me, chi accidenti è il professore? –
-Felicity ti metterei veramente nei guai, lui pensa che io sia morto, questa storia finirà presto. Lui vuole solo i dati nel pc. – spiegò.
-Per quale motivo? –
-Sono riuscito a sintetizzare la formula e la mandai a Brian. –
-Hai sintetizzato la formula del Mirakuru? – chiese Oliver, quello non era solo un problema, quella era una catastrofe, una cassa di quella roba avrebbe prodotto una quantità di guai indescrivibile, ma se avessero avuto la formula per crearne quanta ne volevano i problemi che ne sarebbero derivati si sarebbero moltiplicati per mille, e nelle migliori delle ipotesi avrebbero portato all’estinzione della vita umana.
-Non so come si chiama, comunque si. Quando l’abbiamo testata su una cavia nei laboratori abbiamo visto che non tutti i topolini sopravvivevano così l’ho modificata per renderla compatibile con ogni tipo di sangue. Solo dopo, abbiamo capito cosa comportasse quel farmaco, non era una medicina che curava ogni male, come ci era stato detto. – si fermò un attimo sospirando, richiamando a se i ricordi di quel giorno, era impossibile dimenticare, lo spavento che si erano presi, in un attimo la consapevolezza di essere finiti nei guai era piombata su di loro.
-La cavia ha rosicchiato le sbarre? – chiese sarcastica Felicity, sapeva che era assurdo anche solo pensare una cosa del genere, ma li stavano parlando del mirakuru, miracolo, anche un topo avrebbe dovuto subire mutamenti.
-No, le ha sfondate, ma il suo cuore non ha retto e morto poco dopo. Ad una prima autopsia abbiamo trovato lo scheletro deformato. Brian è stato il primo a dare voce ai nostri pensieri: “non hai mai modificato quella cosa!” Abbiamo consegnato una formula falsa, quell’intruglio non doveva essere prodotto, poi siamo spariti, ci siamo divisi e ci siamo nascosti per un anno, sperando che la situazione si calmasse e non ci cercassero. Brian però era un genio e non riusciva a nasconderlo. Iniziò a lavorare per la Queen consolidated, finì sul giornale e lo trovarono qua a Starling city, nemmeno una settimana dopo la pubblicazione sul giornale di un suo articolo Brian è caduto dalla scogliera ed è morto. – concluse Allen.
Nella stanza calò un pesante silenzio, Felicity e Allen, pensavano al ragazzo morto per un motivo così stupido, Diggle e Oliver invece si immaginavano i possibili usi che qualcuno poteva farne.
-Chi è stato a commissionarvi il lavoro. –
-Il professore Anthony Ivo. – ammise finalmente.
-Beh questo si che è un problema. – commentò Oliver appoggiandosi al tavolo dove fino a poco prima era sdraiata la bionda.
-Lo consoci? – chiese Allen sorpreso.
-Si. Ma non è questo il problema. – rispose lui sospirando frustrato.
-E quale sarebbe? – chiese infastidita Felicity, ci sarebbe stata una volta che il ragazzo parlasse senza doverlo incalzare.
-E’ morto. – rispose alzando lo sguardo per incrociare quello di lei, ma Felicity, anche se guardava nella sua direzione, non stava guardando lui, guardavo oltre lui, il muro che era alle sue spalle.
-Ne sei sicuro? –
-Si! È morto da diversi anni. –
-Come lo fai a sapere? –
-Ero presente. Contento? Tuo fratello, Felicity, può averlo anche ucciso Ivo, ma chiunque vi stia dando la caccia non è lui. – il tono con cui lo disse fece fremere la ragazza, sembrava veramente preoccupato per lei, c’era una vena di dolore e preoccupazione che l’aveva colpita come un pugno nello stomaco.
-Penso che per stasera abbiamo fatto, io vado a casa. Ho mal di testa. – non c’era niente che potesse fare in quel momento, erano arrivati nuovamente ad un punto morto.
-Felicity. –
-Che c’è? – rispose fermandosi proprio sulla porta.
-Si può sapere che ti prende? –
-Niente. –
Allen guardò alternativamente i due, quella conversazione non aveva niente a che vedere con quella che avevano appena chiusa, c’era qualcosa nel loro modo di comportarsi che indicava qualcosa in più della semplice relazione tra compari.
-OH! Non mi dire che è lui il ragazzo di cui mi parlavi oggi. – Allen aveva usato un tono divertito, anche se lo sguardo serio tradiva il suo tono.
-Allen. –  lo ammonì lei, non le sembrava il momento di esprimere le sue opinioni, opinioni che non erano state richieste.
-Fells, non usare il mio nome come un avvertimento. Quindi è lui, ho capito bene? – insistette lui.
-E’ complicato… -
-No, non lo è. La risposta è semplice si o no? – Felicity decise di chiudere quella conversazione, uscì dal covo e salì le scale di corsa, doveva solo arrivare ad un punto trafficato e Oliver non l’avrebbe potuta raggiungere, indossava ancora gli abiti da Arrow, non avrebbe mai rischiato tanto, Allen invece l’avrebbe sistemato a casa.
-Felicity! Dio è tutto il giorno che ti cerco, come stai? – Thea era sbucata fuori dal corridoio del locale e l’aveva vista scappare di corsa.
-Thea ciao, diciamo che… Non lo so. – rispose sinceramente, stava male, era a pezzi, non aveva nemmeno più il coraggio di guardarlo in faccia, lui il suo eroe, l’aveva tradita.
-Non pensare di seminarmi! – Allen l’aveva raggiunta e si era fermato dietro la bionda.
-E tu chi sei? – Thea lo guardò alzando un sopracciglio squadrando il moro dalla testa ai piedi.
-Lui è un vecchio amico, mi è venuto a trovare per un paio di giorni. –
-Allen, Barry. Tu sei? –
-Thea Queen. Venite su a ballare un po’? – chiese rivolta a Felicity, un po’ di svago non poteva certo farle male.
-Non sono in vena. – rispose lei scuotendo la testa, l’unica cosa che voleva era chiudersi in camera e buttarsi nel letto sperando che il cuscino quella notte decidesse di soffocarla, così da liberarla da quel caos che era diventata la sua vita.
-Dai Fells, andiamo a ballare, come hai vecchi tempi, ricordi? – chiese Allen, passandole una mano sui fianchi e avvicinando il suo viso all’orecchio di lei, mentre accennava un motivetto veramente datato.
-No, non ricordo. – si limitò a dire lei, sentiva i passi di qualcuno avvicinarsi e non ci voleva molta fantasia per sapere chi fosse la persona che stava arrivando.
-Un tempo sapevi divertirti e sapevi anche come verstirti, vai a comprare i vestiti nella boutique di Suor Maria? – le chiese sfoderando un sorriso divertito.
-No, ho solo pensato di attirare meno l’attenzione. – spiegò lei, quando era andata via da casa, non aveva mai avuto realmente l’intenzione di tornare, in quel posto non c’era più niente che la facesse sentire a casa, ma dopo le parole di Allen, si era tinta i capelli e si era decisa a mettere la testa a posto, niente più feste, niente più divertimento scatenato. La morte di Brian, aveva procurato anche la morte di una parte di lei.
-Ricordo con piacere quell’abito che indossavi per il compleanno di tuo fratello, nero, decisamente scollato e corto! Molto sexy. – Felicity sorrise ricordando quell’episodio, il vestito era esattamente come l’aveva descritto, quando Brian l’aveva vista si era infuriato e aveva passato tutta la sera a ringhiare contro ogni ragazzo che le si avvicinava.
-Ha ringhiato anche contro di me, te ne rendi conto? A me? Io che avevo solo pensieri casti e puri nei tuoi confronti. –
-Immagino Allen. Ricordo le tue mani quando abbiamo ballato. – sorrise, il racconto era vero, tutto quello che stava dicendo era realmente accaduto, ma lo stavano raccontando solo perché sapeva che Oliver era a portata d’orecchio e che sicuramente li stava ascoltando, voleva ferirlo o almeno illudersi di poterlo fare.
-Le avevo sul vestito! – si difese lui immediatamente da quell’allusione, non era sordo, anche lui aveva sentito i passi e c’erano solo due persone che potevano arrivare dalla direzione in qui aveva sentito i rumori ed era più che convinto che non fosse l’uomo di colore ad avvicinarsi.
-Brian ti avrebbe amputato le mani. –
-Tesoro, era il tuo vestito ad essere troppo corto e scollato, per trovare un pezzetto di stoffa le mani sono finite li. –
-Li dove? – chiese Thea divertita da quel racconto, sapeva così poco sul passato della sua amica che ora che aveva l’opportunità voleva approfittarne.
-Sul mio sedere.-
-E che sedere! Hai un favoloso lato b. – commentò candidamente, i due poterono giurare di sentire un ringhio sommesso dalle scale dietro di loro, ma decisero di ignorare la cosa.
-E su questa pessima battuta io vado a casa, ho mal di testa. –
-Aspetta. Hai parlato di quella cosa con mio fratello. –  la bloccò Thea.
-Non ancora.- si limitò a dire.
-Di cosa dovrebbe parlarmi? – Oliver era comparso completamente cambiato e pronto ad affrontare Felicity, non l’avrebbe fatta scappare di nuovo.
-Niente. –
-Fel dovresti dirglielo.- la incitò Thea, non voleva spingere la bionda a farlo, ma ignorare il ragazzo e il problema non era una soluzione, Oliver sembrava veramente spaesato come se non capisse cosa passasse per la testa della ragazza.
-No. –
-Mi fate capire anche a me? – chiese Oliver frustrato, si avvicinò a Felicity ma quella si scansò continuando a dargli le spalle.
-Ollie. –
-Aspetta, Oliver Queen? – chiese Allen fissando il giovane con un sorriso ironico.
-Si. Problemi? – Oliver era veramente infastidito da quel ragazzo, quasi rimpiangeva che non fosse morto in quella scarpata.
-Oh tesoro mio, qualcuno non approverebbe questa relazione e a quanto pare avrebbe anche ragione.- l’allusione a suo fratello era palese, grazie al video che avevano visto sul portatile sapevano cosa pensava di Oliver, Brian.
-Per approvare qualcosa, ci dovrebbe essere qualcosa, ma qui non c’è niente. Scusa Thea. Mr Queen. Allen, muoviti o ti lascio qui. –
-Non ci pensare neanche, senti ma mi fai spazio nel letto? Mi hai fatto dormire tutto scoperto stanotte. -
 
Oliver guardò Felicity uscire con Allen, l’avrebbe ammazzato, non con una freccia, non valeva la pena sprecare le sue frecce per uno come lui, l’avrebbe strozzato, o magari pestato, la freccia non avrebbe avuto lo stesso potere liberatorio che ne avrebbe tratto da  usarlo come pungiball. Era ancora intento a fissare il punto dove i due erano spariti che anche Thea iniziò ad allontanarsi.
-Thea. – richiamò la sorella, lei sembrava sapere cosa avesse Felicity.
-Che vuoi? – chiese tagliente.
-Mi spieghi perché sei arrabbiata? E perché Felicity non vuole parlare con me? – chiese lui seguendola su nel locale.
-Oliver, ti sei comportato male. Se fosse per me ti avrei picchiato anche a costo di farmi male, avrei picchiato te e quell’altra. Dio mi fai schifo! – sibilò lei prima di sparire in mezzo alla folla lasciando Oliver ancora più confuso.
-Scoperto niente? – Diggle comparve col solito tempismo.
-No… -
-Ti abbiamo visto. – i due si voltarono dietro di loro c’era Roy che recuperava i bicchieri sporchi sparsi per il locale.
-Visto? – chiese Oliver.
-Ieri alla festa di beneficenza. Tu e Laurel, la scena era molto calda direi. –
-Di che accidenti parli? –
-Okay, a rischio di essere pestato per aver vuotato il sacco, senza offesa, ma, mi fai un po’ pena. –
-Roy. – ringhiò Oliver, ci stava mettendo decisamente troppo.
-Okay scusa. Tu e Laurel nella stanza appena fuori la sala della festa, lei sbattuta al muro e le vostre labbra incollate, le tue mani sulle sue gambe… E qui finisco altrimenti vomito, non mi è mai piaciuto guardare gli altri mentre lo fanno. –
-Di che accidenti parla? Hai baciato Laurel? Hai tradito Felicity? – Diggle guardava malissimo l’amico, come aveva potuto fare una cosa del genere alla bionda, come aveva potuto appartarsi con Laurel durante una missione.
-Non è come sembra. Devo parlare con Felicity. – sibilò frustrato passandosi una mano tra i corti capelli, non aveva calcolato di poter essere stato visto.
-Credo che in questo momento voglia solo il tuo scalpo. – infierì Roy.
-ROY! Vattene dietro, subito! – Thea era arrivata e aveva spedito Roy nel magazzino, prima di andarsene anche lei lasciando Oliver li da solo col suo autista.
 
Felicity era arrivata a casa, aveva buttato sul divano delle coperte e un cuscino e poi si era chiusa in doccia. Allen si era divertito a stuzzicare Oliver e Arrow con allusioni del tutto inventate, mentre andavano via aveva fatto intendere che avessero dormito insieme o che almeno avessero intenzione di farlo, ma lei non era quel tipo di ragazza.
-Non essere arrabbiata con me! Lo sai che lo facevo solo per stuzzicarlo. – Felicity era uscita dalla doccia e indossava una maglia troppo grande per lei e un paio di pantaloni di una tuta anche quelli troppo grandi per la sua figura.
-Non ti devi preoccupare, non ti farà nulla. – rispose continuando a dargli le spalle.
-Tu mi proteggerai? – chiese il ragazzo sorridendo avvicinandosi a lei abbracciandola.
-Non ci penso neanche. Allen, si ha una reazione solo se a qualcuno interessa, ma a lui non interessa quindi non reagirà.- rispose semplicemente convinta della sua logica.
-Beh a costo di prenderle da te, mi sembrava molto infastidito e soprattutto pronto ad ammazzarmi, ti ricordo che mi ha preso per la gola, perché tu ti eri fatta male. –
-Sensi di colpa. Ora a letto ho sonno. –
-Posso dormire con te?- chiese speranzoso.
-Sul divano Allen. - 
-Nemmeno fossi un cane… - ribattè il ragazzo mentre usciva dalla camera, King entrò e saltò sul letto della padrona facendole le fusa e accoccolandosi accanto a lei per ricevere la sua dose giornaliera di coccole.
-Lui si e io no? Il mondo è veramente ingiusto. –
Felicity sorrise, ma non disse niente, voleva dormire e dimenticare, il giorno seguente sarebbe stata una dura e lunga giornata di lavoro nell’ arrow caverna.
 
Continua…
 
Eccoci!
Questo è solo un piccolo assaggio di quello che combinerà Allen! ^.^ chi è che si chiedeva come avrebbero interagito Oliver e Allen ecco a voi la risposta, ci sarà decisamente da ridere.
Roy ha vuotato il sacco, ora anche quell’ottuso di Oliver sa perché Felicity è arrabbiata con lui, riusciranno i due a parlare e a chiarsi?
Okay prima di lasciarvi definitivamente vi informo che visto tutte le recensioni dove mi chiedevate “gentilmente” di proseguire l’altra storia  apro un piccolo sondaggio Volete una FEMMINA O UN MASCHIO? Ho già preso in considerazione due gemelli e l’ho scartata non voglio che Felicity esca dalla ff e mi prenda a sberle! U.U
Io non saprei quindi ditemi un po’ voi… tanto poi farò come voglio, ma almeno un aiutino datemelo!
SPERO CHE VI SIA PIACIUTO!
Mia Black
PS a chi interessa saperlo sono guarita! ^.^

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Capitolo 21
*** capitolo 21: Bau Bau ***


Okay... non ho resistito.. scusate per il titolo ma è stato più forte di me! U.U
buona lettura a tutti.
Capitolo 21
 
-Alzati e splendi raggio di sole! –
La voce allegra e squillante di Allen arrivò dritta alle orecchie di Felicity, la quale dopo avergli lanciato un cuscino con gli occhi ancora chiusi si voltò e nascose la testa sotto un altro cucino, sperando che quel soffice oggetto potesse proteggerla dalle intenzioni dell’amico.
-Andiamo alzati! – insistette lui e ancora una volta Felicity afferrò il primo oggetto che trovò a portata di mano e l’ho lanciò contro il povero ragazzo.
Diverse ore dopo Felicity e Allen arrivarono alla vecchia fonderia, sudati e stanchi.
-Ricordami come hai fatto a convincermi a farlo? - chiese Felicity varcando la porta che conduceva all’interno del covo.
-Con il mio sorriso! – rispose candidamente Allen precedendola giù per le scale e scendendo gli ultimi gradini con un salto e sorridendole.
-Oddio, sono morta. – si lamentò la bionda sbuffando e ansimando cercando di immettere aria nei polmoni.
-Un po’ di esercizio non ha mai ucciso nessuno. – le disse lui, Allen e Felicity erano arrivati al covo di corsa da casa della giovane e non era stata esattamente la “passeggiata” che aveva insinuato sarebbe stata Allen.
-Il jogging è la principale occasione che colgono i serial killer per rapire o uccidere qualcuno. Li vedi i telegiornali? – chiese Felicity, mentre sorrideva a Diggle che le rivolse un sorriso in risposta e superava Oliver ignorandolo apertamente.
-Un tempo andavi sempre a correre. -
-Ricordi me che corro? – chiese Felicity sorpresa, quando era più giovane andava a correre regolarmente, poi aveva smesso, si era impigrita.
-Ricordo te con quei pantaloncini inesistenti verdi. –
-Ricordi male. – lo prese in giro lei, conquistando finalmente la sua sedia, appena avesse avuto abbastanza fiato in corpo sarebbe andata a farsi una doccia e a cambiarsi.
-Il tuo amore per il verde a quanto pare non è passato. –
-Odio il verde. E i pantaloncini erano rosa shocking. – rispose candidamente ricordando quel paio di pantaloncini, erano così corti che potevano essere scambiati per delle culottes un po’ larghe.
-Scusa, ma ho sempre preferito guardare quello che c’era sotto piuttosto che sopra. –
-Era per questo che ogni volta che andavo a correre venivate con me? –
-Io si, Brian ti seguiva solo per assicurarsi che non ti violentassero è sempre stato troppo protettivo.-
-Già, non avrebbe dovuto guardare tanto lontano a quanto pare. – rispose lei, sentiva gli occhi di Oliver su di lei che la stavano incenerendo, doveva cambiare rapidamente conversazione altrimenti avrebbe afferrato arco e freccia e l’avrebbe scoccata contro Allen uccidendolo.
-Siete venuti correndo? – chiese Diggle guardando orgoglioso Felicity la quale era famosa per la sua scarsa attrazione per lo sport e affini.
-No arrancando sarebbe meglio dire. – spiegò Felicity stanca morta.
-Tesoro, sei stata abbastanza patetica questa mattina a letto. – riferendosi al fatto che la bionda non era intenzionata ad uscire da sotto le coperte e dal fatto che fosse finita in uno stato pietoso per la fine della relazione con il suo capo.
-Tesoro, hai ricevuto una sveglia in testa, non vuoi anche sperimentare se ho o meno una buona mira con l’arco vero? – disse lanciandogli uno sguardo di ammonimento, non era il caso di rivelare cosa era successo quella mattina, le lacrime che avevano allagato il suo cuscino erano già un monito per quello stupido errore che si era concessa.
-Hai una pessima mira lo so di già. – la schernì Allen.
-Ho tante frecce a mia disposizione una centrerebbe il bersaglio: te. Ora lasciami lavorare. – accese il computer e iniziò a cercare informazioni sul professore che aveva ingaggiato i due.
 
L’aria nel covo era pesante Oliver guardava Felicity mentre lei continuava a lavorare in silenzio e fingeva indifferenza., nonostante Allen e Diggle parlavano del più e del meno cercando così di alleggerire la tensione, la situazione era abbastanza insostenibile.
-Fells, ho fame. – fece ad un certo punto Allen cercando di distrarla dal suo lavoro. Era l’unico in quella stanza a non aver nulla da fare, Diggle si era messo anche lui ai computer a lavorare a qualcosa, Oliver si stava allenando, Felicity invece era completamente incentrata nel suo mondo, tanto da non essersi nemmeno accorta che il biondo si era tolto la maglia e si allenava a dorso nudo.
-Mangia. – rispose lapidaria senza staccare gli occhi dal monitor.
-Cosa una freccia? – chiese sarcastico lui.
-Se ti piace. –
-Va beh, vado a prendermi un panino. Vuoi qualcosa? –
-Gelato. – quando era stressata mangiava e solitamente mangiava il gelato, con tutto quello stress aveva bisogno di una bidonata di gelato, sarebbe diventata una botte se non fosse riuscita ad incanalare lo stress in qualcosa di meno calorico.
-Non fa già abbastanza freddo qua? –
-Ti accompagno ho fame anche io! – Diggle si era alzato ridendo dalla sua postazione e si era offerto di accompagnare il nuovo arrivato così da dare l’occasione ai due di parlare e di chiarirsi.
La porta si chiuse dietro ai due e la stanza tornò avvolta nel silenzio, gli unici rumori che si percepivano erano: il digitare di Felicity sui tasti del pc e i grugniti di Oliver che faceva mentre si allenava alla sbarra. Dopo quelli che sembrarono ore interminabili, che poi non erano altro che una manciata di minuti, Oliver si lasciò cadere dalla barra a cui era aggrappato atterrando al suolo con un tonfo, Felicity sobbalzò, ma non si voltò a verificare se fosse intero, non doveva dare l’impressione di essersi accorta del suo spostamento.
-Felicity, dobbiamo parlare. – quella era l’occasione perfetta per parlare con la ragazza senza avere quel ragazzino fastidioso tra i piedi, lo detestava. L’aveva odiato dalla prima volta che l’aveva visto in foto, quando poi l’aveva visto sul tetto con Felicity avrebbe volentieri usato una delle sue frecce per toglierlo dal mondo, il fatto che lui riuscisse a far ridere Felicity mentre con lui si comportasse come un cubetto di ghiaccio lo mandava in bestie, tutte quelle allusioni e il suo sarcasmo che facevano sorridere Felicity, lo avrebbe ammazzato se solo si provava a toccare la sua ragazza.
-Non ho ancora trovato nulla di utile, appena avrò qualcosa te lo dirò. – rispose lei continuando a dargli le spalle, fino a che non si fosse girata a guardarlo poteva fingere di star parlando con un sasso, doveva solo evitare i suoi occhi e tutto sarebbe andato bene.
-Non di quello che hai trovato, ma di quello che è successo alla festa altro giorno. – precisò Oliver, non era più il momento di tergiversare, doveva provare a farsi ascoltare.
-Non so di cosa parli. –
-So che hai visto Laurel e me… -
-Thea? – chiese lei sospirando pesantemente e interrompendo la sua ricerca, avrebbe dovuto parlare con Thea per spiegarle di non aprire bocca su cose che non la riguardavano, sapeva che detestava Laurel, ma quello non era un buon motivo per far calpestare il suo cuore dal fratello.
-Roy. – ammise lui sentendosi tremendamente in colpa.
-Ah, beh, non mi interessa. – commentò, una parte di lei voleva sapere, voleva che lui le spiegasse perché diavolo aveva baciato Laurel, ma poi la parte razionale, la parte intelligente che fin dall’inizio le aveva sempre detto che stava sbagliando, le diceva che Laurel era Laurel e che nessuna mai, ne a Starling city ne su un isola sperduta della Cina avrebbe potuto surclassare la mitica e perfetta Laurel Lance.
-A me invece si. –
-Oliver, non mi interessa, sapevo che sarebbe finita così. Sono solo stata un idiota, nessuna, mai in nessun posto o luogo supererà Laurel Lance e l’amore che vi lega. Quindi tranquillo, sono solo una delle tante. – concluse lei fingendo disinteresse, ignorando il suo cuore che si spezzava e ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di scendere lungo le sue guance.
-Felicity. – insistette lui.
-Vai al diavolo. – si alzò dalla sedia e se ne andò puntando verso il club dove sicuramente non ci sarebbe stato nessuno, avrebbe potuto trovare un angolino dove nascondersi e passare li un po’ di tempo aspettando che i ragazzi tornassero col suo cibo.
Salita al Verdant Felicity si imbattè in Thea, non aveva minimamente considerato che la ragazza sarebbe stata li a sistemare il locale per la sera.
-Felicity?! – Thea la guardava sorpresa, il locale era aperto, ma chiuso al pubblico, non si aspettava che l’amica si presentasse li e visto la faccia che aveva, nemmeno lei si aspettava di trovarla li.
-Io.. Ecco.. Scusa… non dovrei essere qui.. io.. Oddio, che idiota… vado via. – balbettò lei in preda al panico.
-No, no tranquilla, vieni siediti. Che è successo? –
-Ho mandato al diavolo tuo fratello. – rispose sinceramente, si era promessa che non avrebbe pianto, che non gli avrebbe mostrato quando il suo comportamento l’avesse ferita, ma sola davanti a Thea non poteva fare a meno di piangere, si era illusa, ci aveva creduto, come aveva fatto a credere che Oliver potesse scegliere lei. Laurel Lance era perfetta sotto ogni punto di vista, intelligente, di successo, bellissima, sempre alla moda, lei invece era solo un’informatica, con un pessimo gusto nel vestirsi, anche se da quando era diventata la segretaria di Oliver aveva decisamente fatto un passo avanti.
-Beh, non mi sembra che tu ne sia molto convinta. – sdrammatizzò Thea passandole un pacchetto di fazzoletti. La piccola Queen guardò l’amica dispiaciuta, non pensava che sarebbe finita in quel modo, una parte di lei si sentiva in colpa era stata lei ha mettere in piedi il piano per far si che Oliver si accorgesse che la sua segretaria, non era solo “funzionale” ma anche carina e simpatica.
-Non posso competere con lei. – singhiozzò.
-Che ne dici se andiamo un po’ su e mangiamo qualcosa insieme e nel frattempo inveiamo contro i nostri ex ragazzi. – propose Thea cercando di strapparle un sorriso.
-Nostri ex? – chiese sorpresa Felicity.
-Io e Roy abbiamo litigato per la milionesima volta. – spiegò Thea amaramente, litigavano sempre e sempre per lo stesso motivo, ormai Thea ci aveva perso le speranze e aveva dato al ragazzo un ultimatum o lei o il vigilante, non poteva avere entrambi.
-Mi dispiace tanto Thea. –
-Gelato? Ne ho un barattolo da un kg nel frigo. Adoro mangiarlo quando sono depressa. –
-Approvo. – facendosi forza a vicenda le due giovani si avviarono verso l’ufficio per mangiare il delizioso nettare, più efficace di un anti depressivo, comunemente chiamato gelato.
 
Sedute comodamente a terra sul tappeto dell’ufficio, le due ragazze parlavano tra di loro passandosi il barattolo di gelato ormai vuoto per metà.
-L’abbiamo mangiato quasi tutto. – fece Thea mentre leccava il cucchiaio così da non sprecare nemmeno una goccia di quel delizioso gelato.
-Dovremmo sentirci in colpa? – chiese ironicamente la bionda affondando il proprio cucchiaio nel gelato e portando fuori una generosa porzione del loro tesoro.
-Nooo!!! – Thea scoppiò a ridere mentre riprendeva il barattolo.
-Sai mio fratello è veramente un coglione! Tradirti con Laurel, ma perché gli uomini non si accorgono di fare delle cazzate epiche! – sbottò guardando il contenuto del barattolo come se li dentro ci potesse trovare la risposta alla sua domanda.
-Hai detto la parola giusta epica, la loro è una maledetta storia epica! Ma perché te e Roy vi siete lasciati, non me l’hai detto. –
-Perché è un cretino che non tiene la bocca chiusa e non mantiene le promesse. Perché deve fingersi il giustiziere! Si farà ammazzare. –
-Capito, forse il giustiziere potrebbe che so, parlargli e farlo ragionare. – borbottò lei pensando che in fondo Oliver avrebbe anche potuto farlo visto che odiava quando qualcuno lo emulava.
-Eccone un'altra che vuole andare alla ricerca del giustiziere. No grazie, se si vuole fare ammazzare è libero di farlo, basta che lo faccia lontano da me. –
-Approvo in pieno! Sai Thea… Credo che l’idea di allungare il gelato con la vodka sia stata una grande idea! – esclamò ridacchiando mentre mangiava un'altra cucchiaiata di gelato.
-Io invece credo che sia stata pessima. – Diggle era comparso in ufficio e guardava le due severamente, le quali lo guardarono con un espressione da bambine, stavano cercando di commuovere l’uomo per evitare così la predica. Gli occhioni dovevano aver funzionato perché qualunque cosa stesse per dire, sospirò e ripiegò su un’altra frase.
-Forza ti accompagno a casa. –
-NOO! Io non voglio andare a casa. – si lamentò Felicity mettendo il broncio, si stava divertendo con Thea e non voleva smettere, tornare a casa significava tornare alla realtà, ricordare Brian e Oliver.
-Felicity o torni a casa con me o ti accompagna Oliver scegli. –
-Andiamo a casa. – rispose mogia, quello era un ricatto bello e buono, era grande aveva ventiquattro anni poteva prendersi cura di se stessa da sola.
-Thea te torni con tuo fratello. –
-Non ho bisogno di un baby sitter. – rispose prontamente lei indignata da quel comportamento da uomo delle caverne.
-Thea, grazie! – Felicity l’abbracciò un po’ traballante, era contenta di aver stretto amicizia con la ragazza.
-Se vorrai del gelato e sei in zona passa, c’è sempre un barattolo nel frigo e l’alcool qua non manca.-
-Non istigarla, Oliver si infurierà! – intervenne Diggle.
-Oliver non ha voce in capitolo. Doveva pensarci prima di farsi Laurel Lance, quella cagna. – biascicò Felicity strappando un sorriso a Diggle e uno scoppio di ilarità a Thea che cominciò ad abbaiare scatenando altre risate.
Sorretta da Diggle, Felicity uscì dall’ufficio di Thea e si lasciò portare in auto dove c’era anche Allen che la guardava accigliato.
-Sei un idiota. – sibilò l’amico aiutandola a salire in macchina, ignara del fatto che Oliver non le avesse staccato gli occhi di dosso da quando era uscita dall’ufficio fino a che non era salita in macchina, avrebbe voluto accompagnarla lui a casa.
-Smettila Ollie, non te la meriti. – Thea si era rimessa in piedi ed era uscita anche lei dall’ufficio trovando il fratello vicino alla porta d’uscita.
-Probabilmente hai ragione. – l’aveva sempre saputo che lui non se la meritava, ed era per quel motivo che tornati dalla Russia le aveva detto quelle cose, lei era troppo per lui, troppo bella, troppo intelligente, ma soprattutto troppo pura per uno come lui, eppure ci aveva voluto provare, aveva buttato a puttane tutti i suoi buoni propositi di rimanere da solo, perché la voleva e non voleva che lei soffrisse e invece alla fine l’aveva fatta soffrire lo stesso.
-Perché accidenti l’hai tradita, con Laurel poi? Andiamo Laurel Lance? Pensi davvero che sia la donna giusta per te? – Thea era diventa una macchinetta, non si sarebbe fatta mettere da parte da suo fratello, a lei Felicity piaceva, era semplice, intelligente ed era buona, faceva le cose senza secondi fini, ed era di una persona come lei che suo fratello aveva bisogno, non di una come Laurel moralista e bacchettona che non riusciva a capire che la morte di Tommy era stata solo colpa sua e del suo non ascoltare i consigli che le persone le davano.
-Thea è complicato, io…- sospirò frustrato e si limitò ad aggiungere. – Andiamo a casa sei ubriaca, che accidenti vi è venuto in mente di bere a quest’ora? –
-L’alcool annega i problemi, anche se alcuni sono dannatamente bravi a nuotare.- sbottò mentre saliva sulla sua auto, lasciando al fratello il privilegio di guidare fino a casa.
 
 
I giorni iniziarono a passare anonimi, Felicity passava il suo tempo tra il lavoro, il covo e il nigth club di Thea in compagnia di quest’ultima, la quale aveva fatto pace con Roy, dopo che questo aveva fatto una chiacchierata con Arrow.
Felicity si muoveva per l’ufficio con uno sguardo tanto triste e depresso che anche Isabel aveva smesso di infierire su di lei, Oliver cercava di parlarle ma lei lo ignorava e a malapena gli rivolgeva la parola, si limitava a posargli i fogli sulla scrivania.
Le porte dell’ascensore si aprirono e Felicity si sentì gelare, non che l’aria in ufficio fosse molto calda, da quando Oliver l’aveva tradita era scesa uno spesso strato di neve e ghiaccio tra di loro, ma con il nuovo arrivo l’aria nell’ufficio era diventata ancora più fredda, arrivando a toccare le temperature polari. Con forza Felicity raddrizzò le spalle e tornò al suo lavoro ignorando la nuova arrivata, la quale invece non le staccava gli occhi di dosso.
-Scusa? – sentendo che la giovane stava parlando con lei, Felicity dovette alzare lo sguardo e puntarlo sulla nuova arrivata.
-Si? – domandò atona, Laurel Lance era davanti a lei e la fissava con il suo sguardo di superiorità.
-Oliver? –
-Non è in ufficio. – rispose riprendendo a scrivere al computer.
-Quando torna? –
-Non lo so. Non sono informata di tutto quello che fa. – rispose, non aveva veramente idea di dove fosse Oliver, era uscito per una colazione di lavoro insieme ad Isabel, la mora era tornata da un ora buona, del ragazzo invece non c’era traccia, non che Felicity si disperasse, anzi, non averlo in ufficio la rendeva meno incline a lacrime che scendevano solitarie lungo la sua guancia.
-Mi domando perché ti abbia messo come sua segretaria, sei pessima e incompetente.- sibilò cattiva Laurel, Felicity staccò finalmente gli occhi dal computer e si alzò in piedi pronta a fronteggiare la donna, da quando l’aveva vista baciare Oliver si era sempre trattenuta dal confrontarsi con lei, non ne valeva la pena, non che Oliver non valesse tanto, solo che il suo cuore non avrebbe retto sentendo Oliver ammettere che non avrebbe mai potuto superare Laurel.
-Signorina Lance, desidera qualcosa? – Isabel Rochev era appena uscita dal proprio ufficio e si avvicinava a passo marziale con la sua solita espressione intollerante sul volto, Felicity pensò che sarebbe finita in mezzo alla loro ira. L’odio che le due donne provavano per lei le avrebbe sicuramente fatte alleare e lei si sarebbe dovuta subire le loro battute e frecciatine.
-Sto cercando Oliver. – rispose sempre con quello sguardo di superiorità, le lanciò un occhiata di schernio a Felicity e aggiunse:
-..Ma la sua pessima segretaria non sa dove si trovi. – accusò il colpo, inutile cercare di discolparsi, anche Isabel pensava che non fosse una buona segretaria, perché sprecare fiato.
-La signorina Smoak è un ottima segretaria. – rispose Isabel sorprendendo Felicity, non si aspettava che  la donna la difendesse. La risposta indispettì Laurel, era pronta per infierire anche su Isabel quando le porte dell’ascensore si aprirono e ne uscirono Oliver e Diggle che vedendo l’assembramento di persone davanti alla scrivania di Felicity si iniziarono a preoccupare.
-Che succede? – chiese Oliver avvicinandosi, il suo sguardo si era fermato immediatamente su Felicity la quale però l’aveva ignorato, poi era passato a Isabel, per finire su Laurel, la quale gli sorrise raggiante e si avvicinò a lui appoggiando la testa contro la sua spalla.
-Ciao Ollie. Ti cercavo… - fece lei sbattendo gli occhi con fare languido irritando entrambe le ragazze che le regalarono uno sguardo di puro odio.
-Mi hai trovato. – rispose lui portando la sua attenzione su Isabel e Felicity, la socia scoccò un occhiata infastidita e se ne tornò verso il suo ufficio, rimanendo comunque a portata d’orecchio.
Oliver invitò Laurel ad accomodarsi nel suo ufficio per poi seguirla lasciando però la porta aperta.
-Pensi che la tua segretaria possa portarci del caffè? – chiese Laurel fermandosi sulla porta per lanciarle un occhiata divertita. Oliver non si voltò neanche verso Felicity.
-Abbiamo avuto un problema con la macchina del caffè, la dobbiamo ordinare nuova. – rispose rapidamente, col casino che aveva fatto, se avesse chiesto a Felicity di portargli un caffè, gli avrebbe messo del veleno per topi in entrambe le tazze così da sbarazzarsi di tutti e due in un colpo solo.
-Ah, beh dovresti farla lavorare meglio, non è molto brava, se vuoi ti consiglio io qualche ragazza veramente brava, così ti liberi di quella. –
-Oliver! – Isabel uscì di nuovo dal suo ufficio puntando dritto verso il ragazzo.
-Si Isabel? –
-Abbiamo una riunione, vedi di non fare tardi.-
-Si, arrivo subito. – si accigliò non ricordava quella riunione, ma non era il momento di indagare, avrebbe colto l’occasione al volo per far andare via Laurel.
-Oh, sei occupato, non volevo disturbarti, senti ti va di cenare insieme stasera, da me? Preparo io qualcosa di buono. – propose allusiva Laurel, Oliver sorrise cercando di non essere maleducato.
-Mi dispiace, ma stasera non posso, ti chiamo io. Adesso scusa ho da fare. – l’accompagno all’ascensore, mentre Felicity si alzava dalla sua scrivania ed entrava nel suo ufficio.
-Isabel, che riunione abbiamo, non ricordo. – Oliver entrò nel suo ufficio e si fermò a pochi passi dalla socia, non ricordava quella riunione ed era sicuro che Felicity non l’avesse nominata quella mattina mentre gli elencava i suoi impegni, unico momento in cui la giovane gli rivolgeva la parola.
-Ops, scusa Oliver, ho sbagliato giorno. Perdonami. – fece lanciando uno sguardo divertito a Felicity la quale sorrise per la prima volta dopo diversi giorni. Isabel si era inventata una fantomatica riunione solo per far andare via Laurel Lance.
Posati i fascicoli sulla scrivania di Oliver, Felicity fece per uscire dall’ufficio, ma Oliver la fermò. Isabel uscendo  si era chiusa la porta alle spalle, dando così ai due un minimo di intimità, anche se tutti potevano vedere quello che succedeva non avrebbero potuto sentire la loro conversazione.
-Fermati. Cosa succede? –
-Devi controllare quei fogli, sai non sono una brava segretaria potrei aver sbagliato. – si volò e puntò dritta verso la porta per uscire da quell’ufficio diventato improvvisamente troppo piccolo per contenere entrambi.
-Felicity. – la richiamò lui, quella situazione l’avrebbe ucciso.
-Potresti licenziarmi e assumere una delle ragazze che ti suggerisce la tua adorata Laurel. – continuò lei sarcastica.
-Non ho intenzione di licenziarti. – rispose serio lui sedendosi sul bordo della sua scrivania senza staccare gli occhi dalla figura di lei, la quale era tornata indietro per scatenare la sua ira su di lui, ma per quanto l’idea di Felicity che gli urlava addosso lo infastidisse non era intenzionato a fermarla, gli stava rivolgendo la parola e questa era un occasione rara.
-Puoi star certo che non ci perderei il sonno se tu lo facessi. –
-Difficile dormire meno di quando già non dormi ora. – non era un rimprovero era solo un dato di fatto.
-Come? – chiese avvicinandosi ancora di più.
-Ho detto… - fece per ripetere lui.
-Ti ho sentito! E non ti permetto di farmi la morale su come passo le mie serate. – aveva passato diverse serate al Verdant con Thea, Roy e Allen. Dopo essere usciti dal covo se ne andavano al piano di sopra e passavano la nottata a bere e a ballare, tornando a casa solo la mattina presto, ovviamente Allen poteva dormire fino a tardi visto che tutti lo credevano morto, ma lei alle nove doveva essere in ufficio e si trovava a dormire si e no due ore a notte, che non erano nemmeno due ore di buon sonno, tra gl’incubi su suo fratello e quelli in cui Laurel e Oliver se la spassavano alle sue spalle non riposava mai per più di un ora di fila.
-Non sto cercando di farti la morale. Sono preoccupato per te. – ed era vero, se solo non si fosse rifiutata di credergli a priori, Felicity si sarebbe accorta di quanto Oliver fosse realmente preoccupato per lei, ma anche di quando fosse paziente nei suoi confronti.
-Si certo come no, immagino. –
-Felicity, ti prego, lascia che ti spieghi. – la implorò lui, non gli interessava se Isabel lo stava fissando, non gli interessava se il giorno dopo tutti alla Queen consolidated avrebbero spettegolato su di loro, aveva bisogno che lei lo ascoltasse, che lo capisse e che lo perdonasse.
-No! Non mi interessa, pensavo tu fossi meglio, ma a quanto pare mi sbagliavo. Devo lavorare, sempre che tu non mi voglia licenziare.-
-Non lo farei mai. – ammise lui.
-Peccato. – si voltò e puntò nuovamente verso la sua scrivania, stremata da quel piccolo confronto.
-Aspetta. – la trattenne ancora lui.
-Che altro vuoi? – chiese fermandosi con la mano sulla maniglia della porta, era solo ad un passo dalla libertà.
-Stasera vieni al covo? –
-Si, come sempre con Allen. – rispose lei.
-Capito.- la vide uscire e andare verso l’ufficio di Isabel.
Felicity bussò alla porta di Isabel, la donna le fece un piccolo sorriso e la fece  entrare.
-Le volevo dare questi, sono firmati. E poi… Volevo ringraziarla per prima. – aggiunse dopo aver posato i fogli che aveva appena preso dall’ufficio di Oliver.
-Non mi deve ringraziare, odio le ragazze come Laurel Lance, umiliarla mi ha soddisfatto molto… - si scambiarono un sorriso di complicità, era vero che l’odio verso una stessa persona poteva unire due persone.
-La ringrazio ancora. Ora, torno a lavoro. – si voltò e fece per andarsene quando Isabel la fermò.
-Non so cosa sia successo tra lei e Oliver, ma, dovreste chiarire, per quanto non fossi una sostenitrice della sua promozione, vedervi così è strano… - ammise Isabel osservando la schiena della segretaria per poi posare lo sguardo su Oliver che guardava nella loro direzione con quello sguardo smarrito che riservava solo a Felicity.
 
Continua…
 
CIAO!
Piccola parentesi, la parte in cui Felicity da di cagna a Laurel (è realmente cominca posso garantire visto che quella conversazione è realmente esistita. U.U il soggetto non era Laurel ma è stata spassosa lo stesso, okay forse eravamo troppo ubriache per non ridere, ma… al diavolo BAUH BAUH!! Ahaha *me rotola se ci ripensa*)
Vogliamo parlare di Isabel? ^.^ dai si è presa un po’ della vostra simpatia per aver aiutato Felicity? Ha avuto il suo momento di gloria e Oliver è stato accettabile almeno sta cercando di chiarire!
Beh dopo questo vi saluto
BAUH BAUH!!
Bacioo
Mia black
 
Ah a qualcuno interessa sapere che sto lavorando ad un'altra ff che non è quella del pargolo, li sono ferma perchè devo ancora decidere se maschio o femmina, altrimenti finisce veramente per partorire due gemelli! -.-

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Capitolo 22
*** Capitolo 22:La cagna non molla l'uva (xD) ***


Vorrei dirvi buongiorno, ma sono di pessimo umore. quindi buon capitolo... 

Capitolo 22
 
Come sempre le serate al covo avevano un che di polare, quella sera però il clima era meno freddo, Oliver era uscito sotto le vesti di Arrow e con se oltre all’arco e alle frecce aveva portato via il gelo che regnava quando c’era lui.
-Felicity Smoak come diavolo hai trovato tutta questa roba? – chiese Allen mentre si avvicinava allo schermo e iniziava a leggere quello che la giovane analista aveva trovato. Ci aveva messo una vita, ma alla fine il professor Ivo era uscito fuori. Uno dopo l’altro i file erano usciti allo scoperto e lei aveva potuto hackerare ogni singolo sistema che contenesse il nome, in quel momento non le interessava se la persona in quei file non era la stessa che cercavano loro, lei aveva preso tutto, poi avrebbero letto e scartato quello che non gli serviva arrivando così ad ottenere qualcosa.
-Tutto quello che è in rete è alla sua portata. – la voce di Oliver arrivò dalle scale, col cappuccio ancora abbassato Oliver iniziò a scendere le scale, Felicity gli lanciò un occhiata rapida giusto per verificare che non si fosse fatto ammazzare o che non avesse ferite gravi, vide che teneva il braccio rigido e che sulla giacca c’era uno strappo all’altezza della spalla, tutto sommato gli era andata bene, poteva tornare al suo lavoro.
-Sei ferito? – chiese Diggle alzandosi dalla sua postazione.
-Solo un graffio. – la smorfia che accompagnò quelle parole fecero bene intendere che anche se era solo un graffio doveva essere doloroso.
-Siediti ti medico. – era Felicity a farlo solitamente, ma visto che la giovane non si era spostata dal computer si era proposto Diggle, l’uomo sospirò, prima o poi quei due avrebbero dovuto parlare, non potevano andare avanti così per sempre, Felicity era arrabbiata e aveva ragione, ma non poteva rifiutarsi di ascoltare Oliver per sempre, prima o poi doveva mettere da parte l’orgoglio e ascoltare anche se faceva male.
-Pensate di andare avanti così per sempre? – si trovò a dire guardando i due, dai quali però non ottenne risposta, Oliver non lo guardava, fissava la schiena di Felicity sperando che la giovane smettesse di lavorare per medicarlo, ma era una speranza vana, Allen le era accanto come un angelo custode e lei gli teneva la mano giocando con le sue dita.
-Questo è interessante… Mai sentito parlare di Ra’s al Ghul? – chiese Felicity cambiando discorso e voltandosi verso Allen, il quale sembrò pensarci su.
-Si mi sembra che Ivo lo avesse nominato un paio di volte, ma non ho idea di chi sia. – ammise alla fine, era un nome strano e difficilmente poteva averlo sentito da qualcun altro, quante persone potevano conoscere una persona con questo nome.
-Dannazione! – tutti si voltarono verso Oliver, il quale era molto preoccupato. Si era alzato dalla sedia ignorando il fatto che Diggle lo stesse ricucendo, si avvicinava a Felicity fissandola intensamente.
-Cosa sai?- chiese Diggle, la bionda non era stata capace di sostenere lo sguardo di Oliver e sicuramente non sarebbe stata capace nemmeno di aprire bocca.
-Non l’ho mai visto, ma lo conosco per sentito dire… Ra’s al Ghul è il capo della lega degli assassini. – spiegò Oliver soppesando bene le parole che usava, quando doveva parlare dell’isola o di quello che era collegato a quei cinque anni faceva sempre molta fatica a trovare le parole giuste per dire quello che era intenzionato a raccontare, già intenzionato, mai una volta il ragazzo aveva raccontato per intero qualcosa, erano sempre racconti spezzati e molte volte nemmeno combaciavano tra loro per senso logico o per linea temporale.
-Lega degli assassini? Quella dove “lavora” Sarah? – Felicity era talmente sorpresa da quella notizia che si era anche dimenticata del patto che aveva fatto con se stessa: “mai rivolgere la parola ad Oliver se non per lavoro”.
-Si, e non è una persona raccomandabile. – come se uno qualsiasi che faccesse parte di una lega di assassini potesse essere una persona raccomandabile.
-Potremmo chiedere a Sarah se sa qualcosa… - propose la bionda, se a volerla morta era veramente la lega degli assassini avrebbero potuto chiedere a Sarah che ne faceva parte, chi meglio di lei avrebbe potuto dargli tutti i dettagli che gli servivano.
-NO! Ra’s al Ghul è pericoloso. –
-Oliver siamo già nel suo mirino. –
-La risposta è no! – esclamò prima di mettersi la felpa e avviarsi verso le scale.
-Non sto proponendo di chiamare Ra’s al Ghul per invitarlo a cena! Ti sto solo dicendo di chiamare Sarah per vedere se sa qualcosa in più! – la bionda si alzò dalla sedia e fece qualche passo per seguirlo, Oliver era sempre stato cocciuto, ma non avevano molte alternative, avrebbe chiamato Sarah che a lui piacesse o no. Se ne andò sbattendo la porta, odiava quando veniva contrariato.
-Che facciamo? Chiamiamo questa ragazza? – chiese incerto Allen, in quei pochi giorni che era stato in loro compagnia aveva capito che contraddire Oliver non era una mossa astuta se non volevi una freccia conficcata da qualche parte.
-Non abbiamo il suo numero. – rispose Diggle pensando ad un modo per ottenere il numero o ancora meglio per convincere Oliver a chiamare la ragazza.
-Pensi anche te che sia un idea stupida? – si informò Felicity rivolgendosi a Digg, se non avesse avuto nemmeno il suo appoggio avrebbe dovuto rivedere il suo piano.
-No, penso che sia una buona idea, ma è pericoloso, attirare i componenti della lega in città dove ci sei te, non è una mossa saggia. –
-Ma loro sanno già dove sto. –
-Quindi? –
-Ho un idea. Ci vediamo tra poco. – Felicity salì i gradini e se ne andò al piano superiore.
Al Verdant la musica era alta e per un attimo si era trovata sopraffatta da tutto quel rumore, aveva bisogno di un compare per fare quello che aveva in mente e avrebbe approfittato dell’insospettabile Thea, dolce e candida nessuno avrebbe pensato che lei fosse sua complice, almeno non prima di aver ottenuto quello che voleva.
-Felicity, pronta per far baldoria? – Thea la vide arrivare e le sorrise, negli ultimi giorni si erano divertite molto insieme, avevano consolidato la loro amicizia.
-Non stasera, sono passata solo per chiederti un favore. – ammise la bionda con aria colpevole.
-Sono tutta orecchie. – sorrise complice.
-Devo controllare una cosa sul cellulare di Oliver, solo che lui non me lo darà mai. – le due si guardarono per un attimo poi Thea sorrise.
-Okay, ci penso io. –
-Aspetta, se te gli rubi il cellulare lui se ne accorgerà. –
-Tranquilla so come fare, rimani qua. –
Thea rimase li accanto e prese il cellulare dalla pochette e chiamò il fratello.
-Ollie, sei nei pressi del club? – chiese, sperando che fosse in zona, ma se Felicity era passata di li con quella strana richiesta, sicuramente Oliver non doveva essere molto lontano.
“Nei paraggi, perché?” le rispose il fratello, sembrava più stressato del solito e sicuramente c’entrava la bionda e la sua strana richiesta.
-C’è un problema, Laurel è qui e non sta molto bene. – spiegò lei indicando la ragazza anche alla bionda. Felicity la individuò al bancone del bar, vestita con un completo grigio un po’ troppo formale per un posto del genere, la sua postura non era come al solito sembrava barcollare e riusciva a stento a stare in piedi.
-E’ ubriaca.- spiegò Thea.
“Arrivo.”
-Sta arrivando, so che avresti preferito che usassi un'altra scusa, ma.. –
-Fa niente, ho bisogno del telefono e che lui non mi veda. –
 
Oliver era nel vicolo dietro al Verdant, l’idea che la lega degli assassini volesse morta Felicity lo mandava su tutte le furie, tutto questo era successo solo per colpa di quel maledetto Allen Barry, se solo lui non le avesse affidato il portatile lei non sarebbe stata coinvolta, doveva trovare un modo per salvarla senza attirare l’intera lega a Starling City.
Il cellulare suonò e si stupì che sua sorella lo stesse chiamando, da quando aveva baciato Laurel la giovane si rifiutava di parlargli se non per dirgli che era un idiota e che lo detestava per aver ferito Felicity.
“Ollie, sei nei pressi del club?” gli chiese senza fare troppi giri di parole.
-Nei paraggi, perché?- chiese fissando la porta dalla quale era uscito e dalla quale poteva rientrare senza dover passare dall’ingresso.
“C’è un problema, Laurel è qui e non sta molto bene.” Laurel, in quel momento quello era il nome che non avrebbe voluto sentire, era colpa sua se era successo tutto quel casino e dopo la sua visita di quel pomeriggio a lavoro avrebbe fatto a meno di vederla.
“E’ ubriaca.” aggiunse visto che lui non diceva niente.
-Arrivo.- entrò nuovamente nel locale e scese a cambiarsi, il covo era vuoto fatta eccezione per Diggle.
-Che succede? –
-Laurel è al bar ubriaca. – rispose, togliendosi i vestiti da allenamento per indossare di nuovo quelli da AD.
-Oliver, Felicity ha ragione, Sarah potrebbe essere l’unica a sapere… - provò Diggle approfittando di quel momento di solitudine.
-Non ora Diggle, un problema per volta. –
-E Laurel ha la precedenza vero? – chiese sarcastico l’uomo, quando aveva saputo cosa era successo alla festa di beneficenza si era arrabbiato, non gli interessava sapere perché l’avesse fatto, non erano cose che lo riguardavano, ma gli dispiaceva per la ragazza che anche se cercava di non darlo a vedere era chiaro che stesse male.
 
Entrato nel locale individuò subito Laurel che al bancone chiedeva qualcos’altro da bere alla barista, la quale si apprestava ad accontentarla.
-Un caffè? – chiese Oliver avvicinandosi alla ragazza.
-Caffè e olive? Che schifo! – gli rispose prendendo il bicchiere che la ragazza le stava passando e bevendone una generosa sorsata prima che la giovane Queen non le levasse il bicchiere di mano e lo rimettesse dietro, lontano dalla sua presa.
-Vai a casa Laurel. – fece Thea senza nascondere l’irritazione nella sua voce, aveva smesso di starle simpatica da un pezzo quella ragazza.
-Thea Queen… quando è troppo è troppo… senti da che pulpito. – la giovane lanciò un occhiata al fratello non riuscendo a capire cosa stesse insinuando la donna.
-Bene, radiami dal tuo bar… radiare, sembra sia la parola del giorno. –
-Ti hanno radiato?- chiese sorpreso e preoccupato Oliver.
-A quanto pare la mia carriera finisce qui. Ma pensandoci Thea potrebbe assumermi come cameriera. Oppure, Ollie, potresti assumermi come segretaria, ma prima dovresti liberarti di quell’incompetente che hai ora. – Oliver strinse la mascella per non risponderle male, era ubriaca e stava soffrendo, non era il momento di discutere di quello, le prese le chiavi della macchina dalla borsetta impedendole così di mettersi alla guida in quelle condizioni.
-Ehy? Ti serve la mia auto? La limousine ti ha lasciato a piedi? – chiese strusciandosi al giovane, il quale però non fece niente.
-Thea chiamale un taxi. – fece allontanandosi da Laurel.
-Okay. – rispose la giovane, quello era il momento giusto per agire.
-Ollie, aspetta. – sentendosi chiamare si fermò ad ascoltare la sorella che sembrava improvvisamente intenzionata a parlare con lui.
-Io… Mi sono comportata male con te.- commentò Thea.
-Non importa Speedy, eri arrabbiata ho ferito una persona a cui teniamo entrambi.-
-Chiarisciti okay. –
-Se solo mi ascoltasse.-Thea lo abbracciò e dopo un sorriso si allontanò per chiamare il taxi all’indesiderata Laurel Lance. Thea raggiunse il punto dove Felicity si era nascosta e le si fermò davanti sfoderando un sorriso di vittoria.
-Giuro io la prendo a sberle! – sibila Thea furiosa.
-Non ne vale la pena… Poi andrebbe a fare la vittima da Oliver e non voglio darli quella soddisfazione.- Felicity guardava la ragazza furiosa, non la poteva sopportare, ma almeno una cosa buona in tutta quella storia c’era, Oliver aveva incaricato Thea di chiamarle un taxi, non si era offerto di accompagnarla a casa, non che questo volesse dire molto, ma almeno aveva evitato di aggravare la sua posizione. Al contrario Laurel, beh, per quanto riguarva lei, altro che due sberle, se solo avesse avuto una mazza ferrata tra le mani l’avrebbe usata molto volentieri.
-Comunque, tieni. Come rubare le caramelle ad un bambino. – disse Thea mettendo il telefono del fratello sul bancone davanti a Felicity.
-Sei un mito non ti ho nemmeno visto prenderglielo. –
-Anni di allenamento, chiamo il taxi per la stronza, fai in fretta che devo renderglielo.-
-Ci metto un attimo. – Thea si allontanò e Felicity iniziò a sfogliare la rubrica, ora doveva solo scoprire come aveva salvato la ragazza, scorse tutti i contatti fino a che non trovò SL, sembrava una scelta troppo ovvia e patetica, ma “SL” poteva stare per Sarah Lance. Decise di provare, il numero era ancora attivo, dopo qualche squillo la voce di una ragazza rispose.
“Ollie?” bingo!
-Sarah?-
“Chi è?” panico, paura.
-Sono Felicity Smoak e ho bisogno del tuo aiuto.-
 
Continua…
 
Eccoci alla fine di questo tranquillo capitolo. Felicity chiama Sarah grazie alla complicità di Thea. Okay non c’è stata violenza su Laurel però c’è stato almeno il pensiero della mazza ferrata, idea che non è mia ma di una di voi ragazze, di cui purtroppo ora mi sfugge il nome! xD quindi ringrazio vivamente per l’idea, fate finta che il pensiero sia stato seguito dall’azione e sorridiamo raggianti. xD
Nel prossimo capitolo arriva Sarah ormai mi conoscete sapete che ho un debole per quella ragazza ^.^
Ultima cosa e poi vi lascio. Vi ricordate che vi dissi che avevo fatto una scommessa: “se arrivavo a cento recensioni voi vincevate un regalo, io vincevo una schiava per una settimana” xD beh ho riproposto nuovamente la scommessa alla mia amica puntando ovviamente a 300 NON ha accettato mahahaha!!!
Un bacioneee a mercoledì!
Mia Black
ps
Ho finito DUE storie!!! Non eccessivamente lunghe xD Ragazzi mi state ispirando troppo.
Siete la mia gioia.
 

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Capitolo 23
*** capitolo 23: arrivi e partenze ***


ECCOMI non mi sono dimenticata di aggiornare! paura vero! U.U Oggi è ARRIVATO il MIO pc nuovo. solo che è tanto nuovo da non avere ancora il sistema operativo, quindi ho il cassone ma non è ancora utilizzabile! Q.Q ma ci stiamo lavorando. un passo alla volta.
ecco il capitolo. Bimbi qui si smette di recensire??? me piange!!! xD no scherzo buona lettura:

Capitolo 23

“Felicity, l’amica di Oliver giusto?” amica, decisamente la situazione si era un po’ modificata da quando era andata via lei, ma non era il momento per stare a sottolineare che erano stati qualcosa di più che semplici amici.
-Diciamo di si, ho bisogno del tuo aiuto.-
“Ollie sta bene?”
-Si, ma credo che la lega degli assassini voglia uccidermi.- ci fu un momento di silenzio, la ragazza non le doveva niente, poteva solo sperare che l’aiutasse per bontà d’animo o in un piccolo ricatto, non era solita usare quei sotterfugi, ma quella era realmente l’unica possibilità che avevano.
-So che non mi devi niente, ma… Ho mantenuto il tuo segreto, ho veramente bisogno di parlarti. –
“Okay, come faccio a contattarti quando arrivo? Penso che Oliver non debba sapere di questa chiamata.” la sentì sorridere al telefono, quella ragazza era decisamente sveglia.
-Esatto, ti do il mio numero, puoi chiamarmi quando vuoi, ho il cellulare sempre accesso.- le dettò il suo numero e poi riattaccò cancellando la chiamata dal cellulare.
-Hai fatto? – Allen era dietro di lei e le sorrideva complice.
-Si, possiamo andare, quando tornerà in città mi chiamerà. – rispose lei, Thea si era avvicinata e lei le rese il telefono grata per il suo aiuto. Presto avrebbero avuto tutte le informazioni di cui avevano bisogno.
-Fatto? – chiese la giovane.
-Ecco a te. –
-Lo rimetto a posto, non si accorgerà neanche che l’abbiamo preso. –
-Thea ti devo un grosso favore. – le due si guardarono per un attimo dritto negli occhi, tra loro era nata un’amicizia che scindeva dal fatto che Felicity fosse stata la ragazza di suo fratello.
-Me ne ricorderò. –

Ci vollero tre giorni perché Sarah arrivasse a Starling City, Felicity fingeva di assecondare Oliver solo per non far scoppiare la terza guerra mondiale, ma la sua condiscendenza stava per finire. Sarah l’aveva contattata, stava per arrivare.
Felicity diede appuntamento a Sarah direttamente alla fonderia, quello era l’unico posto sicuro dove poter incontrare una persona presubilmente morta.
All’interno del covo si stava verificando l’ennesima discussione, le ricerche si erano arenate, la lega degli assassini non lasciava tracce e Felicity non aveva idea di dove dover cercare, ma soprattutto cosa avrebbe dovuto cercare, su internet c’era tutto, se avesse saputo quali parole digitare, ma Oliver si rifiutava di dirle qualunque cosa. Felicity guardò male il ragazzo per la milionesima volta quella sera.
-Oliver, ragiona. Così siamo ad un punto morto. – intervenne Diggle, solitamente lasciava che a discutere fossero i due, anche perché sapeva che tutto quel casino non era dovuto solo alla cocciutaggine di Oliver, ma anche al fatto che lui fosse andato con Laurel.
-Non mi interessa, Felicity non hackererà i computer della lega degli assassini! – esclamò Oliver deciso, quella era stata solo un idea buttata li, per poter hackerare un computer Felicity doveva almeno avere l’indirizzo IP, anche se avesse voluto farlo, non avrebbe comunque potuto farlo.
-Ma fanno sempre così? – chiese qualcuno divertito dalla scena a cui stava assistendo.
-Si, da quando li conosco. Tu chi sei? – Allen si voltò verso la ragazza che gli aveva rivolto parola, era convinto che non ci fosse un attimo prima.
-Sono… - iniziò lei.
-SARAH?-
-SARAH!- Oliver e Felicity dissero il nome della ragazza insieme, Oliver sorpreso di vederla li, Felicity felice che finalmente fosse arrivata.
-Che ci fai qui? – indagò Oliver. Sarah guardò Felicity per un secondo, fu quel gesto a tradire le due, Oliver seguì la direzione degli occhi della nuova arrivata e capì cosa era successo.
-Hai chiamato Sarah? – sibilò furioso rivolto a Felicity, mentre Diggle guardava sorpreso la bionda, non si aspettava un azione di ammutinamento del genere, non che non condividesse in pieno l’azione, ma quello era stato un puro atto di sovversione.
-Certo che l’ho fatto, non sono ottusa come te! Sarah ci serve! – commentò lei pratica.
-Come…. Thea vero? Hai chiesto a mia sorella di prendermi il cellulare? – ora il comportamento della sorella aveva un senso, quell’abbraccio e quel tentativo di far pace era dovuto solo al fatto che le servisse una scusa per prendergli il cellulare.
-Si. – tanto valeva svelare il mistero.
-Al club la sera stessa che ti avevo detto di no! Thea ha finto di perdonarmi per prendermi il cellulare? – Oliver era senza parole, sua sorella lo aveva pugnalato alla schiena, aveva preferito assecondare Felicity e gli aveva rubato il cellulare fingendo un perdono che non c’era stato.
-Tua sorella è più leale di te. –
-Adesso basta.-
-Litigano come una coppia. Cosa mi sono persa? – chiese Sarah mangiando le patatine del pacchetto di Allen mentre assisteva alla litigata dei due interessata ai nuovi sviluppi.
-Stanno insieme. – rispose pratico Allen, la nuova arrivata gli stava simpatica, c’era qualcosa nel suo modo di fare che lo divertiva.
-Non stiamo più insieme, prova ad indovinare perché. – il sarcasmo di Felicity era palese, Sarah guardò prima la bionda e poi Oliver che la guardava con lo sguardo colpevole.
-Vedo che alcune cose non cambiano mai, tu e lei, per sempre… - infierì Sarah sospirando e mettendo in bocca un'altra patatina.
-Non è vero. –
-Quello che ti dissi sull’isola non ti ha fatto cambiare idea su di lei? Peccato. Comunque Felicity, dimmi, solo per contrariare Oliver ti dirò tutto quello che vuoi sapere. – la bionda sorrise mentre Oliver si innervosiva, tutte le donne della sua vita stavano facendo fronte comune contro di lui, senza nemmeno lasciargli modo di spiegarsi.
-Mio fratello e Allen, sono stati assunti da una persona all’interno della lega degli assassini per trovare una cosa. – iniziò lei.
-Chi? –
-Il professor Ivo Anthony. –
-Okay…- Sarah lanciò uno sguardo verso Oliver per valurare la sua reazione a quel nome.
-E’ morto. – intervenne il ragazzo pratico.
-No, veramente è sopravvissuto. – rispose Sarah esitante.
-Che cosa? – Oliver si voltò verso la giovane furioso, non si aspettava quella risposta, lui era presente, l’aveva visto morire, non poteva essere vivo.
-Oliver calmati. –
-Calmarmi? Quel pazzo ha ucciso Shado! Doveva morire! – esclamò furioso, per un attimo tutti i presenti si spaventarono, Oliver stava perdendo la ragione, era improvvisamente tornato il giustiziere di un anno prima, quando per portare a termine la sua missione uccideva i suoi nemici.
-Oliver. Respira okay, ma non puoi dire che sia vivo. – continuò Sarah guardandolo con dispiacere.
-Che vuoi dire? – si intromise Diggle.
-Il colpo che ha ricevuto l’ha portato in coma, è vivo, ma è immobile nel letto e per quel che ne so, tra poco morirà. – spiegò, si era salvato, ma non completamente, presto la morte di Shado sarebbe stata vendicata.
-Quindi non è lui ad aver cercato di uccidervi. – ci fu un attimo di silenzio nel covo, erano arrivati ad un altro vicolo cieco.
-Per cosa vi aveva assunti? – se avesse avuto più informazioni forse avrebbe potuto procurare loro un altro nome, magari li avrebbe portati su una pista fattibile.
-Il mirakuru. – rispose Oliver.
-Beh ovvio, come ho fatto a non pensarci. Ma perché provare ad uccidere voi? Era Slade ad avere tutte le siringhe col siero. Voi nemmeno eravate sull’isola quando le abbiamo trovate. –
-Eravamo andati sull’isola prima di voi, abbiamo trovato il siero e l’abbiamo analizzato. – spiegò Allen, fermandosi prima di svelare tutto.
-Hanno la formula e l’hanno modificata per creare un siero che non provoca la morte. – aggiunse Oliver, Sarah spalancò la bocca anche lei spaventata dalle possibili ripercussioni, se quella formula fosse finita in mano alla lega.
-Aspettate, forse so chi sta cercando la formula. – Sarah si alzò dal tavolo dove era seduta e iniziò a passeggiare per il covo agitata, avrebbe dovuto pensare subito a quel nome, appena le era stato detto che Ivo era il mandante di quel lavoro.
-Chi? –
-Nyssa… Nyssa al Ghul. – disse il nome con una nota di terrore. Nyssa era la figlia di Ras al Ghul ed era un assassina provetta, Sarah ne sapeva qualcosa, era stata lei ad addestrarla.
-Cosa? Perché pensi a lei? –
-Perché lei e Ivo avevano una storia, negli ultimi mesi l’ho vista sistemare le cose di Ivo, deve essere venuta a conoscenza del Mirakuru e del fatto che esiste una formula per farlo in modo più sicuro. – ipotizzò Sarah pensando allo strano comportamento che aveva avuto Nyssa nell’ultimo periodo in cui era stata alla lega.
-Così da salvare Ivo. Le sue intenzioni sono chiare. –
-Finalmente posso dare un nome a chi ha provato a farmi fuori. – esclamò Allen cercando di sdrammatizzare la situazione, senza sapere di starla solo peggiorando.
-Sta zitto. – lo ammonì Oliver.
-Quanto è grave la situazione? – si informò Diggle, preoccupato per la sua amica.
-Mi spiace dirlo ma, se non date a Nyssa quello che vuole, potete organizzare il loro funerale. – Sarah sembrava realmente dispiaciuta da quella situazione, non era sua intenzione portare cattive notizie, lei voleva essere d’aiuto, voleva ripagare in qualche modo la lealtà che quella ragazza le aveva dato non conoscendola.
-Incoraggiante.- balbettò Felicity, quello non era esattamente quello che si aspettava di sentire, l’idea di consegnare la formula a Nyssa era fuori discussione, darla a Nyssa era consegnarla e metterla a disposizione dei folli intenti della lega degli assassini, no decisamente non potevano farlo.
-Beh, sulla mia lapide ci voglio scritto qualcosa di figo. –
-Allen, tu ce l’hai già una lapide. – gli ricordò Felicity sperando che la sua risposta distraesse Oliver dall’intento di ucciderlo, perché era sicura che l’avrebbe ucciso se non fosse stato zitto.
-Ah già, è vero. Uh dimenticavo, figa la frase che hai fatto incidere, molto commovente. – Felicity sorrise scuotendo la testa, almeno il suo pessimo senso dell’umorismo non era scomparso, lei al contrario non era esattamente a suo agio, l’idea di qualcuno che cercasse di ucciderla era una cosa astratta fino a quel momento, il non sapere chi fosse rendeva la minaccia non reale nella sua testa, cosa stupida visto che aveva provato a farla fuori due volte nel giro di qualche giorno, ma anche se inizialmente aveva paura, tutto era passato in secondo piano grazie a Oliver, la loro relazione, la sua costante presenza la faceva sentire protetta e al sicuro, ora invece la minaccia era diventata estremamente reale e non aveva nemmeno più Oliver a proteggerla.
-Conosci quest’uomo? – Felicity digitò rapidamente qualcosa al computer e su tutti gli schermi comparve immediatamente il volto di un uomo, quello era il cameriere che aveva provato ad ucciderla ormai diversi mesi prima, nonostante avesse provato a pulire l’immagine quella era rimasta troppo sgranata per poter usare il programma di riconoscimento facciale che aveva rubato all FBI. Se ne era quasi dimenticata, anzi poteva ammettere di essersene proprio dimenticata.
-Mi è familiare… sembra Michael. – commentò Sarah socchiudendo gli occhi per mettere meglio a fuoco la figura sullo schermo.
-Si hai ragione, potrebbe essere lui. – convenne Allen.
-Perché ho la sensazione di averlo già visto? – chiese Felicity, lei non conosceva nessuno con quel nome eppure il volto le era familiare.
-Perché ci avvicinò lui per proporci il lavoro, l’hai visto con me e Brian più di una volta, ma parliamo di anni fa. –
-Ora se non sbaglio è uno dei galoppini di Nyssa. Perché ci hai chiesto di lui? –
-Ha tentato di ucciderla due volte, in due giorni. – spiegò Oliver guardando la foto, finalmente avevano un nome e un perché, chiamare Sarah era stata una buona idea lo sapeva, l’aveva considerata buona fin dall’inizio, ma ora le cose si complicavano come avrebbe potuto proteggere Felicity da tutto quello.
-Non c’è modo di metterla fuori gioco? – chiese Felicity a Sarah, pensando a Nyssa, doveva esserci un modo di liberarsi di lei.
-No, non ora almeno, forse se Ivo muore lei rinuncerà alla formula, ma è un ipotesi, potrebbe anche volerla per creare un esercito super potente. –
-Non abbiamo molte scelte o l’affrontiamo o ci nascondiamo. – intervenne Allen, la scelta era loro, solo loro.
-Felicity, mi dispiace non portare buone notizie, io volevo realmente aiutarti. –
-E l’hai fatto, almeno so chi è e cosa vuole da me! Il che non è poco. – sorrise riconoscente.
-Che pensate di fare? – chiese Diggle, Felicity si voltò per guardare Allen.
-Io… -
-Andiamocene. – la interruppe lui serio.
-Cosa? –
-Solo per un po’. Tu ed io, aspettiamo che Ivo muoia e vediamo se questa Nyssa ha ancora voglia di ucciderci. – propose Allen. Felicity lanciò uno sguardo verso Diggle e Oliver, sperando che almeno uno dei due dicesse qualcosa, che la fermasse.
-Okay. – acconsentì Felicity vedendo che i due non dicevano nulla, che Oliver non diceva nulla.
-Andiamo. –
-Grazie Sarah! – Felicity abbracciò la ragazza sinceramente, per quanto potesse odiare la sorella, lei era stata veramente carina ad aiutarla, poi si voltò verso i due uomini e a disagio salutò anche loro.
-Felicity, sei convinta? – gli chiese Diggle, non voleva che se ne andasse.
-Sarà solo per un po’, tornerò. – lo rassicurò lei, poi uscì abbracciata ad Allen e parlando fitto fitto.

Continua…

OH! Se ne va! E ora?
Comunque ragazzi finalmente sappiamo chi è che la vuole morta dopo 23 capitoli il nome è saltato fuori, il che non è male visto che tra poco la storia è finita! ^.^
Sarah fa comunella con Felicity! xD ora si che il gruppo donne Vs Oliver è al completo! xD
sul calendario ho segnato le date di uscita della storia e approssimativamente l'ultimo capitolo sarà per pasqua ma visto che IO non ci sono per pasqua slitta a mercoledì dopo pasqua.
un bacione!
Mia  

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Capitolo 24
*** capitolo 24: Nyssa ***


Un enorme ringraziamento per watchtower che con mia sorpresa, ha segnalato questa storia all’amministrazione per essere inserita nelle storie scelte.
Io sono realmente senza parole non so che dire a parte GRAZIE…
 
 
Capitolo 24
 
Oliver guardò la ragazza uscire dal covo con il cuore in subbuglio, stava per andarsene chissà dove con quel damerino da quattro soldi. Quando aveva sentito la proposta di lui di andare via, l’avrebbe ucciso,  in quei giorni la voglia non era stata mai forte come in quel momento. Allen la stava portando via da lui e solo Dio sapeva quanto lui avesse bisogno di lei nella sua vita, non solo come amica, ne come partner, lui la voleva come l’aveva avuta nell’ultimo periodo. Però doveva ammettere che forse, lasciare Starling city non era poi una pessima idea, se si fossero nascosti bene Nyssa non li avrebbe trovati e una volta morto Ivo lei sarebbe potuta tornare li da lui, si perché lui l’avrebbe aspettata, nessuna sarebbe mai stata come lei. Ma anche se l’idea era buona, il pensiero di non essere li per proteggerla lo rendeva irrequieto e ansioso.
-Oliver, credo che tu non approvi questa idea. – lo stuzzicò Sarah osservandolo.
-Sta zitta.- rispose malamente, non è che non approvasse l’idea, odiava quell’idea.
-Ollie, sai vero che va via solo perché sarà più facile per lei non vederti, dopo quello che è successo tra voi? – annuì lo sapeva che il motivo della sua fuga era lui, aveva colto l’occasione al volo per mettere più chilometri possibili tra di loro.
Si spostò verso le scale, aveva bisogno di una boccata d’aria fresca.
-Oliver? –
-Cosa? –
-Pensi di parlarle prima che se ne vada? Non puoi lasciarla andare senza averglielo detto... -  si fermò a metà scale osservando attentamente la ragazza che lo guardava come se fosse un emerito imbecille.
-Cosa dovrei dirle? –
-Che la ami! – rispose lei, era così palese che le sembrava di parlare con un bambino di un anno, la sua preoccupazione, il suo modo di comportarsi, il fatto che volesse proteggerla a tutti i costi e poi, la gelosia nei confronti di Allen, come faceva a non rendersene conto.
Oliver continuò a salire le scale ignorando quello che Sarah gli aveva detto.
 
A casa Felicity stava mettendo la sua roba nel borsone, ma non era convinta, non voleva scappare, non voleva lasciare quella città, li si era rifatta una vita, aveva un lavoro, che non le piaceva, ma che non avrebbe cambiato anche se diceva sempre il contrario, per non parlare delle serate, tutte le notti che aveva passato al covo a decriptare i file fingendo di non guardare Oliver che si allenava mezzo nudo.
-Allen, posso chiederti una cosa? – Felicity uscì dalla sua camera con in mano ancora i vestiti che stava mettendo in borsa, Allen era nell’altra stanza e anche lui stava recuperando le sue cose che aveva sparso a giro in quei giorni.
-Dimmi? – rispose senza fermarsi, ma regalandole uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
-Di chi fu l’idea… tua o di mio fratello? – chiese Felicity osservando attentamente l’amico.
-Che idea? –
-Nascondersi, stare nascosti per un anno. Chi ha avuto l’idea.. .-
-L’abbiamo deciso insieme, non sapevamo cosa fare, perché mi fai questa domanda? –Allen si fermò dal fare quello che stava facendo e fissò l’amica.
-E’ un idea stupida. Non voglio andare via. – commentò lei a disagio.
-Felicity qui è pericoloso. – su questo aveva ragione, ma cosa gli diceva che non li avrebbero trovati anche da un'altra parte?
-E se ci trovano? E se ci volesse più di qualche tempo? Se ci volessero anni interi? Non voglio andare via da qui. A Starling city mi sono rifatta una vita, ho un lavoro o degli amici, io… non voglio lasciare tutto questo. Ho già lasciato una volta casa mia, anche se dire lasciare casa è una parolona, ho abbandonato quattro mura, visto che l’unica persona che per me era casa è morta.-
-Felicity, torneremo, ma ora… -
-Si torneremo, ma tra quanto? Un anno? Due? Dieci? Non voglio aspettare dieci anni, non voglio aspettare nemmeno un anno, tra un anno quello che ho ora potrei non averlo più. – urlò lei, perché Allen non capiva.
-Non stai parlando del tuo lavoro vero, tu stai parlando di Oliver, è lui che non vuoi lasciare. Fells, ti ha tradito. Perché vuoi rimanere qui con lui? –
-Lo amo.- lasciò cadere i suoi vestiti per terra ed usci dall’appartamento, aveva bisogno di aria fresca.
Era una stupida, se lo diceva da sola, lui l’aveva tradita, si stava rifacendo una vita con Laurel, di nuovo, per lei non c’era posto nella vita di Oliver eppure da debole e patetica ragazza quale era non aveva la forza di lasciare la città, se si fosse allontanata sarebbe stata capace di rifarsi anche lei una vita, magari con lo stesso Allen, quando era piccola aveva una cotto pazzesca per lui, e lui non era mai stati indifferente a lei lo aveva ammesso più volte in quei giorni, anche se sospettava lo dicesse solo per irritare Oliver.
Camminando si trovò davanti al Verdant, ricordava ancora la prima vola che era stata li, si era trovata un Oliver sanguinante nella sua macchina che le aveva fatto promettere di portarlo in quel posto invece che in ospedale, quando erano arrivati aveva provato a tirarlo giù dalla macchina ma era svenuto e l’unica cosa che era riuscita a fare da sola fu rischiare di essere schiacciata dal corpo del giovane, alla fine aveva rinunciato a muoverlo, era corsa dentro seguendo le indicazione che Oliver le aveva dato e aveva trovato il covo. La paura che potesse morire dissanguato nella sua auto, aveva avuto la meglio sullo spavento di avere una pistola puntata addosso, fortunatamente Diggle l’aveva riconosciuta ed era corso con lei a recuperare un morente Oliver, da quella volta nonostante la sua avversione per il sangue e gli aghi era sempre stata lei a medicarlo, ora che ci pensava la cosa non aveva molto senso, Diggle aveva fatto un corso quando era nell’esercito, era molto più qualificato di lei nel ricucirlo.
Entrò nel covo indecisa se recuperare la sua roba oppure mettersi a lavoro e vedere se trovava qualche dettaglio interessante.
Come aveva previsto il posto era vuoto, Diggle doveva essere da Lyla, Sarah probabilmente era andata a salutare il padre, il quale era l’unico della famiglia a sapere che era viva, mentre Oliver, beh il ragazzo sicuramente era da Laurel.
-Felicity!? – si voltò sentendosi chiamare e vide Oliver fermo sulle scale con indosso il vestito di Arrow, che diavolo ci faceva lui li? Non doveva essere da Laurel? Si chiese scocciata Felicity.
-O.. O..Oliver… - balbettò, lo vide scendere rapidamente le scale e fermarsi a pochi passi da lei doveva approfittare del fatto che fossero soli per impedirle di partire.
-Felicity, io… -
-Oliver, io… -  fecero contemporaneamente i due per poi zittirsi, senza però distogliere lo sguardo l’uno dall’altra.
-Oliver abbiamo un problema! – la voce di Sarah rimbombò nel silenzio della stanza, la giovane  scese le scale di corsa seguita da Diggle, i due si fermarono in mezzo alla stanza notando la presenza di Felicity.
-Scusate ho interrotto qualcosa? – chiese preoccupata, non voleva finire nel mezzo a una loro litigata, ne vederli fare pace su una qualunque superficie di quel posto o di qualunque altro posto.
-Solo il silenzio. – commentò Felicity allontanandosi di un passo da Oliver, il quale strinse la mascella e si voltò verso la piccola Lance scocciato.
-Quale problema abbiamo? – disse ringhiando.
-Nyssa è arrivata a Starling city, ormai scappare non servirà più a nulla. – aveva iniziato a parlare guardando Oliver, ma la seconda parte della frase aveva spostato lo sguardo su Felicity, la quale sembrò vagamente sollevata da quella informazione.
-Ti proteggeremo Felicity, non ti accadrà niente. – la rassicurò Diggle visto che Oliver sembrava non riuscire a parlare.
Felicity non sapeva come prendere quella notizia, non sapeva se doveva essere spaventata dal fatto che Nyssa fosse arrivata personalmente per ottenere la formula e per ucciderla o se essere felice perché non sarebbe dovuta andare via.
-Grazie Digg.- gli sorrise grata di quella rassicurazione.
-Se è arrivata potrei vedere se riesco a rintracciarla, almeno da scoprire che viso ha. – propose Felicity voltandosi verso la sua postazione e accendendo il computer, visto che erano tutti li tanto valeva ottimizzare quel tempo.
-E come pensi di fare? - chiese Sarah guardando la ragazza la quale sorrise e iniziò a digitare qualcosa sul computer sotto lo sguardo attento di tutti i presenti.
-Se sai cosa cercare è tutto più semplice. – sugli schermi comparve la ripresa di una telecamera di sorveglianza, ci volle qualche istante perché i tre riconoscessero il posto come l’aeroporto di Starling city, fece scorrere il video delle riprese di sicurezza di quel giorno fino a che qualcosa non attirò la loro attenzione, una donna al controllo era stata bloccata e quando le guardie avevano puntato la pistola contro quella le aveva atterrate con poche semplici mosse per poi andarsene tranquillamente tirandosi dietro la propria valigia.
-Sospetto che sia lei Nyssa. – commentò a bocca aperta Felicity, sapeva che al mondo c’erano ragazze più atletiche di lei, ma i movimenti di quella donna erano al pari di quelli di Oliver.
-Si è lei, rispose Sarah guardando lo schermo, Felicity guardo Dig e Oliver scambiarsi un occhiata preoccupata, l’idea di scoprire il volto della giovane assassina non era stata poi così grande, se prima i due uomini erano preoccupai ora lo erano molto di più, avrebbero tenuto Felicity ancora più sotto controllo, come se potesse essere possibile, sentiva già il fiato di Oliver perennemente sul suo collo, ora non sarebbe riuscita nemmeno ad andare in bagno senza la scorta di un paio di uomini.
-Io vado a casa, ho sonno. Notte. – con indifferenza si alzò, se si fosse mossa velocemente nemmeno si sarebbero accorti che se ne stava andando. Arrivò fino alla porta e digitò il codice, ma quella non si mosse, ripetè l’operazione digitandolo più lentamente assicurandosi così di non sbagliare, tirò ancora la pesante porta, ma quella non si mosse di un millimetro.
-E’ inutile insistere, da sola non vai da nessuna parte. – Oliver la guardava appoggiato al tavolo dove erano sistemati i computer. Lo sguardo di Oliver era serio e determinato.
-E cosa vuoi fare chiudermi qui? – chiese sarcastica la bionda.
-L’ho appena fatto. – rispose lui per poi voltarsi verso Dig ignorando la ragazza, poteva essere arrabbiata con lui quanto voleva, ma che fosse dannato se l’avesse fatta uscire da quella porta da sola, il Glades era un posto pericoloso senza un’assassina a giro che cercava proprio lei, lasciarla andare da sola equivaleva a non rivederla mai più.
-Non farla andare via. – disse rivolto all’amico, il quale annuì osservando però la reazione di Felicity, Oliver era riuscito a suscitare un altro sentimento in Felicity che non fosse l’apatica che l’aveva colpita da quando era stata tradita.
-Smettila! – sibilò Felicity tornando indietro per affrontarlo, non poteva comportarsi in quel modo, lei non era un oggetto, non era un gioco che poteva prendere e buttare a suo piacere.
-Smettila di fingere di preoccuparti per me! Non ho bisogno della tua pietà! – urlò furiosa.
-Non è pietà, io.. –
-TU! TU! TU! Sempre e solo tu! Non me ne frega niente! Lasciami in pace! – urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, Oliver dovette tirarsi indietro per evitare la furia che si sarebbe abbattuta su di lui, non l’aveva mai vista così arrabbiata come in quel momento.
-Sei irrazionale! Perché non puoi ascoltarmi? – rispose lui frustrato provando ad afferrarla per un braccio, nelle poche volte che lei si degnava di parlare con lui per cose che non riguardavano il lavoro si era sempre limitato ad ascoltarla a lasciare che gli urlasse contro sperando che prima o poi la rabbia passasse e tornasse ad essere razionale e decidesse di ascoltarlo, non poteva costringerla a starlo a sentire, anche perché Felicity si rifiutava, iniziava ad urlare vanificando i suoi tentativi.
-Perché non voglio ascoltare le tue stupide bugie! Ti ho detto che ti amavo e tu il giorno dopo hai baciato Laurel! Se non fosse stato per il pedofilo quanto avresti approfondito la cosa? Se non ti avessimo visto me lo avresti mai detto? Non sei cambiato, sei ancora quel ragazzino che si è portato sulla barca la sorella della sua ragazza! – urlò furiosa, era ingiusto dirgli una cosa del genere, soprattutto visto che Sarah era li e l’aveva sentita, non era sua intenzione ferire anche lei. Decisa sbloccò la porta e uscì sbattendola dietro di se.
-Vado con lei. – Diggle le corse dietro, lanciando uno sguardo a Oliver il quale si limitò ad annuire.
-Vuoi aspettare ancora molto? – chiese Sarah avvicinandosi al ragazzo sospirando rassegnata, Oliver era un emerito imbecille quando si trattava di sentimenti.
-Sarah io… -
-Non so cosa sia successo e se non vuoi raccontarmelo lo capisco, ma devi riuscire a dirle quello che provi o la perderai. – anche Sarah fece per uscire dal covo, aveva un appuntamento col padre, visto che era in città le faceva piacere prendere un caffè con lui.
-Avevi ragione riguardo tua sorella. – ammise Oliver amaramente, Sarah gli sorrise prima di uscire e lasciarlo solo a riflettere su cosa fare con Felicity.
 
-Felicity aspetta! – Diggle rincorse l’amica e riuscì a fermarla davanti all’uscita del Verdant.
-Digg non è il momento…- gli disse lei sospirando, stava cercando di ricacciare indietro le lacrime che prepotenti cercavano di scendere.
-Ti accompagno a casa… - Diggle le accarezzò la guancia, non gli piaceva vederla piangere, non gli piaceva quando i due litigavano, perché anche se difficilmente l’avrebbe ammesso anche Oliver ci stava male.
-Dig, sto sbagliando?- chiese lei, erano saliti in macchina e si erano messi in viaggio, Felicity guardava le case distrutte passare davanti a lei, quella strada le era così familiare che l’avrebbe potuta fare a occhi chiusi.
-Lungi da me l’idea di difendere Oliver, ma forse dovresti ascoltare quello che ti vuole dire, e ripeto, non voglio assolutamente difenderlo, se non avessi paura di una freccia piantata nel mio petto, l’avrei già picchiato. – quella frase le strappò un sorriso, Dig era vermente un buon amico.
-Pensi quindi che dovrei parlargli? –
-Si, per quando adori vederti urlargli contro è arrivato il momento di ascoltarlo, non ti dico di perdonarlo, ma ascoltalo, forse c’è una spiegazione a quello che ha fatto. –
-Non lo so, ora non me la sento.. –
-Prenditi un po’ di tempo, ma non troppo… -
-Oliver non è il tipo che aspetta. –
-Credo che dipenda quanto vale aspettare, per te aspetterà giusto una decina d‘anni. – ridacchiarono per quella pessima battuta, Diggle sapeva quanto valeva Felicity e anche Oliver lo sapeva presto sarebbe tornato tutto a posto.
Arrivati al palazzo dove abitava Felicity, Diggle scese con lei e la accompagnò fin dentro il suo appartamento, assicurandosi che non ci fosse nessuno pronto ad ucciderla. L’unico presente intenzionato ad uccidere la ragazza era Allen che si era preoccupato quando se ne era andata in quel modo e non si era fatta più viva.
 
Continua
 
Penso che un viaggio così breve non l’abbia mai fatto nessuno! Però ammettetelo avete avuto paura vero!! xD Oliver ha tentato di parlare ci ha provato l’ha pure afferrata per trattenerla, ma Felicity è proprio incavolata nera.
Una statua a Dig per favore! xD okay basta boiate. Che altro dire non ho nulla da aggiungere solo che vi voglio bene ragazze/ragazzi!
ODDIO STO PER TOCCARE LE 300 RECENSIONI! ODDIO STO PER MORIRE D’INFARTO! NON MI è MAI SUCCESSO!   
Mia

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Capitolo 25
*** Capitolo 25: a cena fuori ***


Capitolo 25
 
Il giorno seguente quando scese da casa sua Felicity trovò Diggle che l’aspettava davanti al portone. La bionda si fermò sorpresa e si avvicinò all’amico che le sorrise cordiale.
-Che ci fai qui? – chiese incrociando le braccia al petto, lanciò un occhiata all’interno dell’auto sperando di scorgere qualche movimento al suo interno, ma i vetri oscurati le impedivano di vedere se dentro ci fosse o meno qualcuno.
-Ordini dall’alto, ti accompagno io a lavoro. – rispose Dig.
-Non ci pensare neanche. – si impuntò lei.
-Felicity, non vuoi vedermi trafitto da una serie di frecce vero? – l’ordine era chiaro, andare a prendere Felicity e portarla a lavoro, d’accordo o no la bionda doveva salire in macchina o di mezzo ci sarebbe finito Diggle.
-No. – ammise a malincuore la bionda sapendo perfettamente  che a rimetterci per il solo gusto di non dargliela vinta sarebbe stato Dig che poveretto non c’entrava niente.
-Sali. – le aprì la portiera per farla salire. All’interno non c’era nessuno, più sollevata decise di accettare il passaggio.
Felicity era così stanca che si sarebbe potuta addormentare in auto, anche se non voleva darlo a vedere era spaventata da quella situazione, aveva passato l’intera notte a girarsi nel letto, il suo caldo e soffice materasso si era trasformato in un letto di chiodi posizionato per l’occasione al polo nord, era riuscita ad addormentarsi solo alle prime luci dell’alba, per poi essere svegliata dopo poco dal suono insistente della sveglia.
Arrivata in ufficio si diresse alla sua scrivania, Oliver era già li e questo era sorprendente visto il suo vizio di essere sempre in ritardo. Il ragazzo non diede segno di averla sentita arrivare, era concentrato su i documenti che aveva in mano.
Arrivata alla scrivania trovò una tazza piena di caffè fumante con un post-it sotto.
 
“Attenta brucia… Ps: non è corromperti”
 
Il biglietto non era firmato, ma non aveva bisogno di nessuna firma per sapere chi l’avesse scritto, aveva visto quella grafia un milione di volte per non essere in grado di riconoscerla, Oliver, era stato lui a portarglielo, sorrise, era stato un pensiero dolce, ma non doveva lasciarsi corrompere da una tazza di caffè. Prese l’ipad con l’agenda ed entrò nell’ufficio.
-Buongiorno. – lo salutò lei come era solita fare negli ultimi tempi, la voce era in calore e priva di qualunque intonazione, lo vide sobbalzare e guardarla sorpreso, non si era proprio accorto della sua presenza.
-Felicity, non ti avevo sentito arrivare. – fece lui ricomponendosi.
-Gli impegni di oggi… - iniziò lei aprendo l’applicazione dell’agenda e iniziando ad elencargli i suoi appuntamenti.
-Stai bene? –
-Mr Queen, la prego di non interrompermi. – rispose lei ignorando la domanda che le aveva appena posto.
-Non ci provare mai più. – sibilò lui furioso.
-A fare cosa? – chiese sorpresa da quello scatto d’ira, non era abituata, nell’ultimo periodo era stato sempre passivo, nonostante tutte le cattiverie che lei gli diceva lui non batteva ciglio, incassava e stava zitto, cosa che faceva infuriare la giovane. Sapeva da sola che si stava contraddicendo, perché quando provava a spiegarle cosa era successo quella maledetta sera lei si arrabbiava, ma se non faceva nulla lei si arrabbiava lo stesso, era impazzita questa era l’unica spiegazione per il suo comportamento.
-Felicity, non farmi arrabbiare, passi che tu mi odi, passi che non mi vuoi parlare, passi per ora che tu non voglia ascoltarmi, ma non ci provare mai più a chiamarmi Mr Queen. – sibilò marcando bene quelle due parole, per ora. La guardò dritta negli occhi.
-Di tutto quello che hai detto questo è quello che ti fa più arrabbiare? – Felicity sbuffò non poteva credere, soprassedeva al fatto che lei lo odiasse, ma non al fatto che lo chiamasse per cognome, cosa c’era di sbagliato in quel ragazzo.
-Felicity, non mi piace che tu mi chiami in quel modo, sei già dannatamente lontana da me, se mi chiami così ti avrò perso per sempre.- i due si guardarono per alcuni istanti, l’espressione sul viso del ragazzo era seria e triste, se il caffè non era riuscito a smuoverla quella frase era riuscita a toccarla nel profondo, si schiarì la voce cercando di allentare il nodo che le si era formato nella sua gola.
-Io… Oliver… - sentendosi chiamare per nome il ragazzo fece rapidamente il giro del tavolo fermandosi davanti a lei, c’era riuscito, finalmente era riuscito ad abbattere quel muro che aveva alzato nei suoi confronti.
-Felicity, ti prego lascia che ti spieghi, ascoltami. – provò ancora lui, se solo lei gli avesse lasciato spiegare non sarebbe successo niente di tutto quello, perché per ciò che aveva visto c’era una spiegazione, stupida e alquanto patetica, ma era pur sempre una scusa.
-Non ora Oliver, non ce la faccio ora, io… Voglio prima sistemare tutto questo, poi, poi ti ascolterò.-
-Promettimelo. – a Felicity scappò un sorriso, solitamente era sempre lei a chiedergli di prometterle che sarebbe tornato vivo da lei dopo alcune missioni particolarmente difficili, questo scambio di ruoli era quasi comico.
-Va bene. – cedette lei.
-No, voglio sentirti dire che me lo prometti. –
-Oliver! – esclamò frustrata dalla sua insistenza facendo sorridere il giovane.
-Prego dimmi i miei appuntamenti di oggi, signorina Smoak. –  sorvolò e iniziò a elencargli i suoi impegni.
 
 
Qualche giorno dopo la famosa conversazione tra Felicity e Oliver, qualcuno decise che non aveva più voglia di aspettare, così un gruppo particolarmente interessato a vedere i due fare pace si ritrovò per organizzare un piano infallibile.
Thea Queen entrò nell’ufficio, era un pomeriggio come tanti, tranquillo e sereno, non c’erano ancora stati urli ne lamenti da nessuna delle due parti, ma l’arrivo della piccola Queen mise sull’attenti Felicity.
-Thea, posso esserti d’aiuto? – le chiese Felicity sorridente, in quel periodo era così spaventata dalla minaccia di Nyssa che non aveva praticamente più avuto tempo per stare un po’ con lei.
-Passavo per invitarti a cena stasera! – esclamò tutta raggiante la mora.
-Veramente non so… -
-Ho già chiamato Allen e lui ha accettato, in più ci sarà Roy, Diggle e Lyla. Ti prego vieni anche te! – la pregò Thae, aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, così che la bionda non potesse dirle di no.
-Va bene vengo, contenta? – rispose, inutile combattere avrebbe perso in partenza, tanto valeva assecondarla, una cena fuori non era tutto questo sacrificio e poi ci sarebbe stato Diggle, Allen, Roy  e anche Lyla a difenderla in caso di problemi, certo lei sperava non ce ne fossero, ma in caso Nyssa decidesse che una cena fosse l’occasione giusta per ucciderla era protetta.
-Thea che succede? – Oliver uscì dal suo ufficio sorpreso di trovare sua sorella li, che lui ricordasse non era mai andata a trovarlo in ufficio.
-Nulla, passavo ad invitare Felicity a cena fuori, vuoi unirti anche te? Andiamo a mangiare cinese. –
-Volentieri...Ma… – rispose lui.
-Ma? – lo incitò lei.
-Ci sarà anche Laurel… Ho promesso ha suo padre che l’avrei portata fuori… - lo sguardo di Thea si ombrò all’istante, addio serata tranquilla pensò Felicity.
-Dai Thea non guardarmi in quel modo, è stata radiata e si sta rovinando siamo pur sempre amici. – esclamò lui sulla difensiva, non voleva andare a cena con Laurel, ma l’agente Lance l’aveva praticamente supplicato, sperava che lui potesse aiutarla.
-Okay allora aggiungo due posti.-
-Tre, ti ricordi in teoria ci sono anche io. – intervenne Felicity, per poi mordersi la lingua, era proprio autolesionista, si era dimenticata di lei, aveva potuto scampare alla cena, perché aveva aperto bocca?
-Oh tesoro, per te avevo già prenotato, non avrei accettato un no. Ti passerà a prendere Diggle, non so perché ma mi ha detto così, ti metti d’accordo con lui. –
-Ciao Thea e grazie. -
-A dopo.. Oliver, metti in riga quella cosa che ti porti dietro, non voglio che mi rovini la serata.- sorrise e se ne andò lanciando un occhiata d’intesa a Diggle.
-Prevedo guai.- mormorò Felicity osservando la ragazza andarsene.
-Anche io.- commentò Oliver prima di rientrare in ufficio.
 
Quattro ore dopo Felicity fece capolino nell’ufficio di Oliver, aveva il cappotto in mano e la borsa al braccio, era pronta per uscire doveva solo dirlo ad Oliver e sperare che non ci fossero problemi.
-Ehy, che succede? – chiese Oliver vedendola sulla soglia.
-Volevo dirti che io andrei… -
-Che ore sono? –
-Tardi, sono già le sei passate.. Diggle deve portarmi a casa e poi prendere Lyla, deve anche passarmi a riprendere visto che qualcuno l’ha obbligato a farmi da autista personale. – commentò lei ironica.
-Vai pure, comunque… Non è il tuo autista… ma la tua guardia del corpo. –
-A dopo Oliver… Non fare tardi Thea ti ucciderà! –
 
***
 
-Allen è tardi muoviti!- urlò Felicity dalla camera, prese la borsa e ci infilò dentro l’occorrente.
Quando era arrivata a casa Allen non era li, il panico l’aveva assalita, fino a che il ragazzo non era tornato, era stato un po’ al club con la scusa si passare il tempo e di fare un po’ di ricerche.
-Ma non doveva passarci a prendere Diggle? – le chiese lui notando le chiavi della macchina in mano.
-C’è stato un incidente e sono bloccati, raggiungiamo il locale per conto nostro e siamo in ritardo muoviti! –
-Che sventola! Per chi ti sei messa così in tiro? – esclamò Allen guardandola con fare sornione.
-Thea.- rispose lei aprendo la porta e iniziando a scendere le scale.
-Non sapevo avessi cambiato gusti! – la prese in giro seguendola fuori dall’appartamento continuando a squadrarla da capo a piedi.
Felicity salì in auto e maledisse Thea e il pacchetto che le aveva lasciato, dopo averla invitata a quella stramaledetta serata le aveva nascosto una busta sotto la scrivania sorridendole e dicendole che era un regalo per lei. Arrivata a casa aveva aperto la busta e aveva trovato il regalo, un vestito rosso in pizzo molto corto e scollato, in aggiunta c’erano anche un paio di decolté rosse abbinate all’abito.
Arrivati al ristorante trovarono già il gruppo ad attenderli fuori. Thea, Roy e Diggle le regalarono un sorriso appena la videro arrivare.
-Complimenti sei veramente bella. – commentò Diggle.
-Merito di Thea. –
-Lyla, lei è Felicity, lui è Allen…-
-Piacere! – si strinsero la mano, non avevano mai avuto il piacere di incontrarsi, la donna era sempre in viaggio per lavoro e Diggle era bravo a tenera la sua vita privata ben divisa dal suo lavoro, avrebbe dovuto fare come lui, il lavoro da una parte l’amore dall’altra, se solo fosse stata un po’ più intelligente l’avrebbe fatto anche lei invece di innamorarsi del suo capo.
-Mio fratello? – chiese Thea fissando la bionda.
-Quando ho lasciato l’ufficio era ancora li. – rispose Felicity, la faccia scocciata di Thea la fece ridere, estrasse il cellulare dalla borsa e chiamò il fratello.
-Sono dietro di te sorellina, non c’è bisogno di chiamarmi! – tutti si voltarono sentendo la voce del giovane, il quale aveva il cellulare all’orecchio e li guardava divertito, accanto a lui aggrappata al suo braccio c’era Laurel Lance che scoccava occhiate di superiorità a tutti, regalando uno sguardo d’odio a Felicity la quale la ignorò.
-Entriamo che ho fame. – Thea entrò per prima voltando le spalle a Laurel, il fatto che lei fosse li non avrebbe intaccato il suo piano.
Al ristorante il gruppo si sedette ad un tavolo rotondo, Felicity era tra Allen e Diggle, davanti a lei c’era Thea che la guardava e sorrideva raggiante, come se sapesse qualcosa che lei ancora non sapeva.
La cena era piacevole, Thea e Allen avevano animato la serata e anche Roy e Diggle erano stati delle ottime spalle per i due, la serata era iniziata parlando di Lyla, nessuno sapeva niente di lei, quindi era stata l’intrattenimento principale, anche se la mora non sembrava particolarmente a disagio dal terzo grado di Thea.
-Che carini! Non ce lo facevo così dolce Diggle. – esclamò Thea dopo che la donna le aveva raccontato alcuni aneddoti su di loro, Diggle guardava male entrambe le ragazze, quella conversazione stava compromettendo la sua reputazione.
-E’ inutile che provi a nasconderlo, tanto lo sapevamo che in fondo non eri cattivo. – infierì Felicity suscitando altre risate, la bionda sentiva gli occhi di Oliver su di lei e questo la metteva a disagio, ma fino a che avesse tenuto il viso rivolto dalla parte opposta di lui tutto sarebbe andato per il verso giusto.
-Felicity perché non ci racconti un po’ di te? – chiese Diggle voltandosi verso di lei.
-Già, ora è il tuo turno di raccontare qualcosa! – insistette Roy.
-Allen, perché non ci racconti qualcosa di lei, la conosci da quando è piccola saprai sicuramente qualche episodio divertente. - lo sguardo di Felicity passò in rassegna prima i due uomini e poi Thea, per fermarsi un attimo su Allen che sembrava pensare a qualche episodio in particolare, gli sguardi e i sorrisi vittoriosi dei tre la misero in allarme, guardò nuovamente Allen, non stava realmente pensando a qualcosa, stava solo fingendo, sapeva già cosa raccontare, tutto quello era organizzato e ci avrebbe scommesso uno dei suoi computer che l’invito a Oliver non era stata una coincidenza, tutto era calcolato. Questo spiegava per quale motivo la piccola Queen era andata in ufficio per invitarla invece di chiamarla semplicemente, sapeva che la sua presenza avrebbe attirato Oliver e avrebbe potuto cogliere l’occasione per invitarlo, ma il loro piano era stato sconvolto dall’intromissione di Laurel, era chiaro che l’ex avvocatessa non era inclusa in quello strano piano che aveva come scopo… Quale era lo scopo di quella serata? Felicity tremava, le idee di Thea erano strampalate e il coinvolgimento di Allen rendeva il tutto pericoloso, il ragazzo era a conoscenza di fatti che Felicity avrebbe preferito morire piuttosto che far sapere a Oliver o a chiunque dotato di orecchie funzionanti.
-Dai dicci un po’ come era Felicity da piccola? – Allen sorrise guardando la ragazza, i suoi occhi luccicarono e sorrise dolcemente ricordando quel piccolo urgano.
-Era… Prima di tutto era mora e stava veramente bene. E poi… era diversa, molto diversa da ora.- iniziò lui.
-Non sono così diversa. –
-Eri più viva, facevi più cose, ridevi di più, molto di più, in questi giorni non ti ho visto ridere molto. –
-Scusa se con tutto quello che mi è successo non ho voglia di ridere Allen, non essere sciocco. – ribatte lei, sorseggiando un po’ di vino.
-Raccontaci qualcosa. –
-Okay, vediamo, quando era piccola era una piaga, voleva sempre stare con me e suo fratello, detto tra noi, secondo me aveva una cotta per il sottoscritto. – il gruppo scoppiò a ridere.
-Avevo due anni! – si difese lei facendo ridere ancora una volta tutti.
-Okay, va bene avevi due anni e ci seguivi come un ombra e non c’era modo di farla desistere, una volta rischiò di cadere per le scale per venirci dietro! –
-Perché vi seguiva? – chiese curioso Diggle.
-Perché Brian aveva il vizio di darle i cioccolatini e le caramelle, li teneva in tasca e glieli dava senza una motivazione, anche se non si direbbe Felicity adora il cioccolato. Così ci seguiva sperando di ricevere i dolcetti. Una volta ha distrutto camera di Brian per i cioccolatini.- Felicity rise ricordando quell’evento, non aveva dei ricordi suoi, ma c’era una foto che immortalava quando tutto era finito, suo fratello glielo aveva raccontato così tante volte che si era fatta anche lei il ricordo.
 
Una bambina piccola con due codine castane, era seduta a terra e giocava con il suo pupazzo, più in la seduti sul letto c’erano due ragazzi che parlavano tra di loro. Dal nulla davanti alla piccola comparve una caramella, quella rise e l’afferrò con le sue manine leggermente paffute, sorrise ammirando l’oggetto, con attenzione scartò la zuccherosa caramella dall’involucro di plastica e dopo averla fatto assaggiare al suo pupazzo se la mise tutta in bocca.
-Le farai venire il diabete a tre anni se continui così. – lo prese in giro Allen, guardando però il faccino sorridente della bambina, era così carina quando sorrideva che capiva perché l’amico la riempisse di regali e di attenzioni, ogni tanto lo invidiava, anche lui avrebbe voluto una sorellina come Felicity.
-Oolao! – disse la piccola alzandosi e camminando verso di loro, il passo era traballante, ma arrivò fino al letto senza cadere.
-Ma quanto siamo diventate brave a camminare. – Felicity allungò le braccia cercando di farsi prendere in braccio dal fratello, il quale però le diede un buffetto sul naso, si accigliò e indietreggiò finendo col cadere per terra di sedere, il pannolino attutì la caduta limitando così il dolore, ma scoppiò comunque a piangere in modo disperato e rumoroso.
-Brian! – sibilò Allen tappandosi le orecchie.
-OKAY! TI DO UN CIOCCOLATINO MA SMETTI DI PIANGERE! – urlò il ragazzo alzandosi dal letto e andando allo scaffale dove, dentro una scatola di latta c’erano i cioccolatini, ne prese uno e lo diede alla sorella che smise immediatamente di piangere.
-Guarda non ha nemmeno una lacrima. Forza andiamo. – i due se ne andarono mentre Felicity rimase seduta a terra a gustarsi il cioccolatino che si era guadagnata con tanta fatica.
-Oolao! – esclamò ancora la piccola, si guardò attorno: non c’era nessuno, così col suo passo traballante si avvicinò al muro e guardò la scatola sopra la sua testa, provò ad allungarsi ma era troppo alto per lei, sbuffando decise di fare risolvere il problema a modo suo. Prese la sedia con le ruote e l’avvicinò alla scrivania e ci si arrampicò  fino ad arrivare al tavolo, da li sopra, con un sorriso vittorioso si spostò verso lo scaffale e si allungò per prendere la scatola, ma era ancora troppo lontano per lei, sbuffò, ma non si diede per vinta si attaccò allo scaffale e cercò di prendere la scatola.
Fu un attimo, la mensola non tenne il suo peso e lei cascò a terra portandosi giù l’asse e tutto quello che c’era sopra.
-Oh mio dio! – esclamò Thea interrompendo il racconto.
-Non vi immaginate la nostra paura quando abbiamo sentito tutto quel rumore, siamo corsi in camera e abbiamo trovato l’asse staccata, i libri tutti a terra e lei seduta in mezzo a tutto quel caos che si mangiava i cioccolatini tutta felice. – tutti risero compresa la bionda.
-Le è andata bene.- commento Lyla sorridendole.
-Da quel giorno Brian ha smesso di darle i dolcetti.-
-Che fratello cattivo. – si lamentò Felicity mettendo il broncio.
-Ti sei quasi ammazzata. – le ricordò Allen, si erano veramente spaventati quel giorno, ricordava bene la faccia di Brian, c’era terrore allo stato puro quando poi l’aveva vista seduta a terra in mezzo a tutto quel disastro, mangiare tranquilla i cioccolatini si era sentito sollevato, ma la ramanzina della governante l’aveva rimesso in riga.
-Racconta ancora. –
-Crescendo non ha smesso di seguirci. A scuola noi eravamo nella squadra di football e Felicity faceva la cheerleader, era veramente sexy con l’uniforme verde.- buttò li guardandola divertito per l’ennesima allusione al suo amore per quel colore.
-Ma sei fissato con questo verde? – chiese Felicity sbuffando, le sue allusioni al verde stavano diventando noiose e ripetitive.
-Forza smentisci se ne hai il coraggio? – purtroppo per lei, Allen aveva ragione la sua uniforme era verde e argento quindi non poteva smentire in nessun modo, se ci provava rischiava che da qualche tasca il ragazzo estraesse una sua foto con l’uniforme e lei non voleva rischiare.
-Dovevate vederla, quel gonnellino tutto a balze… -
-Pieghe, la gonna era a pieghe non a balze, e poi perché stai raccontando questo? – chiese, non sapeva se fosse più stupita di lei che lo aveva corretto per la gonna o di lui che stava rivangando quei ricordi così lontani e umilianti.
-Perché eri sexy da morire, quando volavi in aria ti si vedevano le mutande. – sorrise maliziosamente al ricordo.
-Pantaloncini, sotto le gonne avevamo i pantaloncini. – lo corresse ancora.
-Comunque eri una meraviglia, tuo fratello prendeva a pugni chiunque faceva commenti su di te negli spoglieatoi e ti assicuro i pugni volavano. – Felicity vide la mascella di Oliver serrarsi, chiaro segno che questo racconto non l’avesse apprezzato poi tanto.
-Oppure ricordo la tua prima uscita la sera con la tua amica, come si chiamava? –
-Si chiama Lane, e non capisco perché tu e quell’altro ci abbiate pedinato. –
-Perché il tuo top copriva. Anzi non copriva, si fa prima a dire, e la gonna di Lane era praticamente grande quanto il tuo top. –
-Ma io avevo i pantaloni. – si difese subito lei, forse aveva ragione le dimenzioni della gonna di Lane erano un po’ ridotte, e anche il suo top non era così coprente, ma almeno aveva avuto il buon senso di mettere i pantaloni.
-Tanto attillati da sembrare una seconda pelle.-
-Pignoli. – sbuffò, non sarebbe uscita vincitrice da quella conversazione.
-No aspetta, tornate un attimo indietro, tu cheerleader? – chiese Diggle fissandola dubbioso, non ce la vedeva proprio a volteggiare su e giù incitando i giocatori.
-Si. –
-Come facevi? Ti ho visto praticare sport. – infierì lui dicendo a tutti quanto scarsa fosse nella cordinazione mani gambe.
-Era brava invece, per un periodo ha fatto anche auto difesa.- aggiunse Allen orgoglioso.
-Ti sbagli, mi avete usato come pungiball, erano più i colpi che prendevo in viso che quelli che paravo. –
-Beh, peggio di madre natura non puoi fare… - sibilò perfida Laurel, per tutta la cena era rimasta in silenzio, ma non si era lasciata scappare quell’opportunità di infierire su di lei, incassò il colpo con una classe degna di un santo, aveva incassato colpi peggiori, avrebbe potuto sopportare anche quello.
-Vi racconto una barzelletta! – irruppe Allen cercando di alleggerire la tensione dopo l’uscita poco carina di Laurel.
-Racconta! – lo incitò Roy, la mano sotto il tavolo artigliava il braccio della sua ragazza trattenendola seduta al suo posto, se avesse lasciato la presa, Thea si sarebbe alzata e l’avrebbe picchiata selvaggiamente usando qualunque cosa le fosse capitata tra le mani.
-No ti prego, le tue barzellette sono pessime! –
-Tu sta zitta, allora: Due lucciole maschio s'incontrano. “Hai tutto l'addome fasciato, che ti è successo?” chiede una. “Non mi dire niente! Ieri sera volteggiavo qua e là, quando su un masso, vedo un bel lumicino rosso. Allora mi dico:  _Ecco là Susi che mi aspetta!_ Mi butto in picchiata e...! Mannaggia la miseria, era soltanto una maledetta cicca!- Roy scoppiò a ridere seguito da Thea e da Layla.
-Ma cosa ridete? Non si può sentire. – Felicity sorrideva si era lasciata contagiare dalle risate degli altri, anche se sostanzialmente non c’era niente da ridere.
-Allen, mi togli una curiosità? – fece Roy, a quel ragazzo avrebbero dovuto fare una statua per la sua capacità di cambiare argomento.
-Certo chiedi pure. – anche Allen era propenso a riversare la sua ira sulla ragazza, ma si limitava a stringere il pugno sotto il tavolo.
-Come mai sei qua? –
-Devo risolvere un problema, ma è questione di poco… - rispose lui riprendendo a mangiare.
-E poi che farai? – chiese Thea che si stava piano piano calmando.
-Tornerò a casa. – la risposta fu detta in modo così semplice che spiazzò tutti, Felicity per poco si strozzò a quella notizia.
-Casa, casa? – chiese, Allen non aveva più nulla in quel posto, proprio come lei, a Central city loro avevano solo tanti ricordi, belli, divertenti, ma anche dolorosi.
-Si, casa. A te non manca mai? – si guardarono dritti negli occhi, se Felicity chiudeva gli occhi e pensava a casa, le veniva in mente Brian, lui era la sua casa, era più forte di lei, quelle quattro mura che tenevano su il tetto non le considerava casa.
-Da morire. – rispose, Allen sapeva a chi stava pensando l’amica.
-La mia proposta è sempre valida.- lasciò la frase in sospeso, andare via insieme, lasciare Staling city e tutto quello che aveva, per rifarsi una nuova vita.
-Aspetta, vuoi andare via da qui? – chiese Thea preoccupata, non voleva che se ne andasse, lei le si era affezionata, erano diventate amiche e poi la voleva vedere felice con suo fratello.
-Oliver, di qualcosa! – tutto il tavolo fissava il ragazzo, che in silenzio guardava la giovane la quale evitava il suo sguardo a disagio da quella situazione.
-Magari, vai, non mancheresti a nessuno. – sibilò Laurel, Thea si voltò furente verso Laurel era pronta a urlarle contro tutto il suo risentimento, ma Felicity intervenne.
-Thea, calmati, non ho ancora deciso, non so se andrò. – rispose lei, pentendosi di essersi addentrata in quella conversazione, si stavano divertendo la serata era piacevole, perché la dovevano rovinare.
-Non puoi andare. – insistette Thea.
Il telefono di Felicity prese a squillare e lei si apprestò a rispondere, magari avrebbero intavolato una nuova conversazione.
-Pronto? – fece, aveva letto chi era e sperò che nessuno lo avesse notato.
“Signorina Smoak, salve, sono Lance, ho bisogno di un piacere.” esordì l’uomo al telefono.
-Salve, certo, mi dica, ma devo… - lasciò la frase in sospeso non poteva certo dire davanti a tutti se doveva avvisare Arrow, l’agente avrebbe comunque capito a chi stava alludendo.
“Veramente no, ho bisogno del suo aiuto.” Questo la sorprese, Lance che aveva bisogno di lei e non di quello di Oliver non era mai successo.
-Mi dica, se posso l’aiuto volentieri… - tutto il tavolo la stava fissando cercando di capire chi fosse il misterioso interlocutore, Felicity si sentiva a disagio.
“Si tratta di mia figlia…” un lamento le uscì dalle labbra, perché doveva chiedere proprio a lei di aiutare sua figlia.
-Non vorrei essere maled…- iniziò, doveva trovare un modo per liberarsi da quell’incombenza, non poteva aiutare la ragazza, l’avrebbe più volentieri uccisa.
“Credo che Sarah sia nei guai…” continuò lui, Felicity si bloccò, Sarah? L’uomo stava parlando dell’altra figlia, non di Laurel, questo cambiava tutto, l’espressione scocciata lasciò il posto ad una più sollevata e molto più rilassata.
-Lo farò con piacere a lei… pensavo fosse l’altra… sa, non andiamo propriò d’amore e d’accordo…-
“Posso immaginare il motivo per cui non va d’accordo con Laurel…” esordì bonariamente l’uomo.
-Eh… si… beh, comunque, qualunque cosa sia, lo farò con piacere.- esclamò, tutti al tavolo poterono notare il cambiamento d’umore.
“La ringrazio, crede di essere stata ripresa da alcune telecamere, dovrebbe verificare, so che è una scocciatura…”
-Non si preoccupi, lo faccio subito, però ho bisogno di lei. Sa…. Sa dove ci incontriamo, le dica di venire dove sa lei. – disse, si morse la lingua per poco stava per dire Sarah, non sarebbe stato poi facile da spiegare a Laurel. Chiuse la chiamata e buttò il telefono in borsa.
-Chi era? – chiese Oliver accigliato rivolgendole per la prima volta in tutta la sera la parola direttamene.
-Un amico, devo andare. –
-Dove pensi di andare da sola? E come pensi di andare? – chiese sempre Oliver apprensivo.
-Devo fare una cosa. E ci vado con la mia auto. Allen tu rimani qui? Non c’è bisogno che tu venga con me, Diggle ti scoccia? – chiese rivolgendosi all’uomo, il quale la guardava serio.
-No, non mi scoccia, ma sei sicura di voler andare da sola? Possiamo accompagnarti. –
-E’ grande e vaccinata, lasciate che se ne vada, non è mica vostra sorella. – esclamò aspra Laurel.
-Buona serata.- sibilò a denti stretti.
-Aspetta, non dimenticarti il tuo biscotto della fortuna! – Allen le lanciò il suo biscotto e lei lo prese al volo e uscì, doveva raggiungere il covo, Sarah la stava sicuramente già aspettando.
 
Continua
Ciao!
Allora inizio col dire che la barzelletta pessima di Allen è opera di mmmh <.< quindi date la colpa a lei! xD
Poi, Oliver fa passi avanti si è fatto promettere di essere ascoltato il che è un enorme passo avanti!
I piani di Thea sono sempre ben accetti poi ora che ha valide spalle con cui pianificarli diventono ancora più terribili, peccato la scocciante presenza di Laurel (penso che questo sia l’ultimo capitolo in cui appare… mi sembra.. poi ci siamo liberati di lei! *coriandoli stelle filanti e bottigli di champagne* brindiamo! )
Ho messo dei piccoli racconti su Felicity da piccola ho notato che avevate apprezzato gli altri quindi ho dato libero sfogo alla mia fantasia. Prima che lo chiediate SI SONO SERPEVERDE, Verde e Argento per sempre! ^.^ inutile nasconderlo adoro Draco, Bellatrix (anche se ha fatto fuori Sirius amorino mio) e poi Voldy xD quando è geniale quell’uomo! xD  okay dopo questo direi che vado.
Un bacione
Mia

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Capitolo 26
*** capitolo 26: biscotti della fortuna ***


Prima di lasciarvi al capitolo vorrei dirvi una cosa, tutti avete una grande aspettativa sul motivo per cui Oliver ha fatto un esame all'esofago di Laurel, ma il motivo non è poi così serio, la sto tirando per le lunghe solo perchè speravo che mi venisse un idea geniale, ma alla fine non è arrivata e quindi il motivo è un po' patetico. ^.^" spero di non deludervi.

buona lettura:

Capitolo 26 biscotti della fortuna
 
Seduta davanti allo schermo del computer Felicity si divertiva a girare su se stessa con la sedia. Sarah Lance era appena andata via ringraziandola per il suo aiuto. La bionda si era trovata coinvolta in una rapina ai danni di una donna ed era intervenuta in suo aiuto a volto scoperto, la polizia era entrata in possesso del video e se voleva mantenere segreto il fatto che fosse ancora viva doveva rimediare in qualche modo. Le aveva chiesto di entrare nel database dove erano conservati i video e di ripulire le parte dove c’era lei, un improvviso e provvidenziale guasto alla telecamera avrebbe nascosto il suo intervento.
Felicity aspettava che i computer finissere l’aggiornamento prima di chiudere e andarsene a casa sua a dormire. Mentre aspettava si trovò tra le mani il biscotto della fortuna, lo ruppe e lesse il bigliettino:
 
“la cosa splendida del parlare con gli occhi è che non ci sono errori grammaticali… Gli sguardi sono frasi perfette.”
 
Rimase immobile a contemplare quel biglietto.
-Se questo coso dice il vero, certa gente è veramente analfabeta allora. – accartocciò il biglietto e lo cestinò infastidita, pure il biscotto della fortuna si era messo contro di lei.
 
 
Intanto la cena era finita, dopo che Felicity se ne era andata era sceso il silenzio nel gruppo, Oliver, Diggle e Allen erano preoccupati che potesse accadere qualcosa alla ragazza, Thea era furiosa con Laurel per i suoi commenti inopportuni e non richiesti, Roy e Lyla avevano fatto un po’ di conversazione, ma non erano riusciti a coinvolgere il gruppo.
Tornati a casa Thea aspettò Oliver all’ingresso per poterlo affrontare e dirgli apertamente cosa lei pensasse di lui e della sua bella trovata di portarsi dietro Laurel.
-SEI UN IDIOTA! – sibilò lei, braccia incrociate al petto e sguardo furente, quella era la posizione preferita di ogni donna che fosse intenzionata a litigare.
-Thea non è il momento! – le rispose Oliver, dopo aver lasciato Laurel a casa aveva provato a chiamare Felicity, ma la bionda aveva o il telefono staccato o quel maledetto aggeggio non prendeva.
-Invece mi stai ad ascoltare! Perché continui a portarti dietro Laurel, quando hai una ragazza come Felicity ?-
-Suo padre mi ha chiesto di portarla fuori, sta male ha chiesto a me che sono suo amico di aiutarla. – spiergò irritato Oliver.
-E Felicity? Non pensi a lei? –
-Perché invece di aggredirmi tutti quanti non provate ad ascoltare quello che ho da dire? –
-E cosa avresti da dire? –
-Non c’era bisogno che organizzassi una serata per farmi apprezzare Felicity, l’apprezzo già abbastanza, è lei che non mi vuole ascoltare. Che non vuole sentire le mie spiegazioni, se l’avesse fatto non sarebbe successo niente di tutto questo. E ora scusami, ma devo andare. – Oliver era riuscito a far partire il programma per rintracciare i cellulari, quando Felicity glielo aveva istallato si era messo a ridere, pensando di non averne bisogno, fino a che lei era con lui, non sarebbe successo niente a nessuno di loro, ma ora doveva ammettere che l’idea era stata buona. Il segnale la collocava al Verdant, sicuramente doveva essere al covo.
 
Le luci del covo erano accese segno che qualcuno doveva esserci, ma quando Oliver scese le scale e si voltò verso la postazione di Felicity trovò i computer spenti, Felicity non era li.
-Non è qui. – sentì dire da una voce, si voltò e trovò Diggle seduto ad un altro computer che lo guardava divertito.
-Ma l’ha mancata per poco, quando sono arrivato l’ho incrociata che usciva.- continuò Diggle.
-Maledizione! – sibilò Oliver battendo il pugno sul tavolo dove erano appoggiate le frecce.
-Che ti aspettavi che restasse qui in eterno? – chiese l’uomo, non voleva infierire su Oliver, in quel periodo sarebbe stato come sparare su un piccolo micio spaventato, non che Oliver fosse spaventato, ma si vedeva che stava male per la situazione con Felicity e poi ci pensava già Thea a tartassarlo.
-No, ma speravo di incrociarla. Volevo vedere se riuscivo a parlarle, dannazione perché non vuole parlarmi!– dopo poco che Felicity se ne era andata, Oliver aveva accantonato una scusa idiota ed era andato via anche lui con Laurel, era chiaro a tutti, anche a Lyla che li aveva appena incontrati era stato chiaro, che il ragazzo avrebbe cercato Felicity per poterci parlare separatamente.
-Vedi Oliver, i dolori leggeri concedono di parlare, i grandi dolori restano muti. – gli rispose l’altro guardandolo attentamente, Oliver guardò accigliato l’amico.
-Dove l’hai trovata questa nei baci perugina? – chiese guardandolo scettico.
-No, nel mio biscotto della fortuna. – rispose sorridendo divertito.
-Aiutami, cosa posso fare? Non voglio perderla. – ammise, l’idea che Felicity potesse salire sul treno con Allen e andarsene a Central city e non tornare più indietro lo spaventava, se lei andava via lui sarebbe rimasto per sempre incompleto, avrebbe perso la sua anima gemella.
-Triste è l’uomo che ama le cose solo quando si allontanano. –
-Un altro biscotto della fortuna? – chiese sarcastico Oliver.
-Già, il tuo per la precisione. – Diggle rise alla faccia scocciata di Oliver.
-Ci vediamo domani. – era inutile restare li, Diggle avrebbe continuato a risponderli con quelle stupide frasi fatte e lui sarebbe impazito, prese la moto e partì a tutta velocità.
 
***
 
La pioggia che era inziata fine fine, si era trasformata ben presto in un temporale, Oliver era fuori, ma fortunatamente in una posizione protetta dall’acqua.
Felicity invece dopo essere tornata a casa aveva salutato Allen e se ne era andata a letto insieme a King il quale le miagolò e si acciambellò accanto a lei.
Il fragore del tuono svegliò Felicity, la quale si ritrovò seduta sul letto ancora mezza addormentata, si voltò verso la finestra e guardò fuori, nonostante ci fosse la tenda a schermarle la vista, riusciva a vedere i fulmini, la sua camera era praticamente illuminata a giorno, nel bagliore di uno dei fulmini vide un ombra ferma alla sua finestra, si stropicciò gli occhi e infircò gli occhiali per poter vedere meglio, era sicura di aver visto una persona ferma alla sua finestra, un altro fulmine illuminò nuovamente e un'altra volta fu convinta di aver visto qualcuno, prese coraggio e con la pistola che Diggle le aveva lasciato per sicurezza, si avvicinò, scostò la tenda e con un gesto rapido puntò la pistola. C’era veramente qualcuno.
-Fermo o sparo! – esclamò esitante, vide la persona sobbalzare e alzare le mani mostrandole che era disarmato, la figura si sposto lentamente avvicinandosi alla finestra e uscendo dalla zona di oscurità, un altro fulmine cadde illuminando così il volto dello sconosciuto.
-Oliver? – esclamò lei aprendo la finestra, con un movimento fluido e degno solo dei personaggi dei film, Oliver entrò nella camera prendendole la pistola dalle mani.
-Che ci fai con questa? – chiese inserendo la sicura e posandola sul mobile.
-Me l’ha data Diggle, ma che diavolo ci fai sulle scale antincendio di casa mia? – chiese Felicity, non sapeva se essere arrabbiata o divertita, per l’assurdità di quella situazione.
-Non mi fido, una pazza assassina vuole farti fuori. – rispose lui.
-Da quanto… - chiese lei leccandosi le labbra, non si era mai accorta di lui, ma era sicura che quella non fosse la prima sera che si appostava davanti alla sua finestra.
-Da qualche giorno. –
-Dall’arrivo di Nyssa? –
-Più o meno, ti prego, non mandarmi via. Voglio solo proteggerti. – la bionda sospirò, come poteva pensare di andare avanti se lui si comportava così? Il bello era che se non ci fosse stato il temporale lei lo avrebbe pensato comodamente steso nel letto di Laurel, incerta fece un passo verso di lui azzerando così la distanza tra loro, gli aprì il giubbotto di pelle e glielo tolse era bagnato come un pulcino.
-Togliti i vestiti bagnati, ti prenderai una polmonite! – si allontanò a prendergli qualcosa, gli mise in mano i pantaloni della tuta di lui e gli indicò il bagno, ricordandogli di fare silenzio e di non svegliare Allen.
-Mi fai restare? – chiese lui prima di uscire dalla camera, Felicity si avvicinò alla finestra per guardare la pioggia cadere, senza rispondergli.
Dopo poco Oliver tornò con addosso solo i pantaloni della tuta.
-Da quanto eri li fuori? – gli chiese avvicinandosi, Oliver era freddo come il marmo chiaro segno che doveva essere appostato li fuori da un bel po’.
-Non da tanto. – rispose lui evasivo.
-Non mentirmi. Odio quando lo fai. – rispose lei, perché non poteva semplicemente dirle la verità? Cosa c’era di sbagliato in quel ragazzo da non fargli mai dire le cose come stavano.
-Da qualche ora. – ammise infine. Lo abbraccio stringendosi a lui, le braccia del ragazzo scesero ai suoi fianchi facendola aderire maggiormente a se.
-E’ tardi è meglio se dormiamo un po’. – fece Felicity cercando di allontanarsi da lui, ma Oliver non glielo permise, fece scendere le mani sotto il sedere e la prese in braccio.
-Oliver! – esclamò sorpresa lei, non si aspettava una cosa del genere. Oliver puntò verso il letto di lei e vi si stese continuando a tenere la giovane sopra di se.
-Dormiamo. –
-Oliver non mi sembra… -
-Shhh, per favore. L’hai detto te non ricordi? Sono morbidoso. – Felicity sorrise, ricordava quando glielo aveva detto, ma non era per quello che si stava lamentando, era stesa sopra di lui, il suo orecchio era appoggiato al petto e sentiva il cuore battere, anche Oliver come lei era agitato, ma cercava di non darlo a vedere. Le braccia erano strette alla sua vita, in una prese morbida ma serrata, se avvesse fatto resistenza per uscire Oliver l’avrebbe certamente lasciata libera.
Felicity sospirò prima di muoversi in quell’abbraccio, al diavolo, pensò, avrebbe inziato a fare a meno di lui dal giorno dopo o forse da quello dopo ancora, o quello dopo dopo ancora, ma sicuramente non avrebbe iniziato quella sera, il corpo di Oliver aveva ripreso calore e lei si grogiolò in quel caldo confortante, repirò a fondo riempiendo così i suoi polmoni con il suo profumo e si lasciò cullare dal senso di protezione che quelle braccia gli trasmettevano, avrebbe approfittato di quel momento per fare scorte di tutto quello per i momenti difficili in cui lui non ci sarebbe più stato.
Quando Oliver la sentì muoversi si irrigidì, era sicuro che si sarebbe liberata dall’abbraccio e sarebbe scivolata lontano da lui, invece con sua enorme sopresa la bionda si accomodò meglio su di lui. Felicity iniziò a posare soffici baci sul suo petto per poi iniziare a scendere verso gli addominali.
-Felicity.. – grugnì quando sentì le labbra di lei arrivare al bordo dell’elastico dei pantaloni, i muscoli si erano tesi, le afferrò il braccio e la costrinse a risalire.
-Shhh. – gli diede un bacio sulle labbra, mentre si sedeva sul suo bacino, si lasciò sfuggire un gemito quando le labbra di lei abbandonarono le sue.
-Aspetta, dobbiamo parlare prima… -
Felicity non era dello stesso parere, si sfilò la maglia rivelando così l’assensa del reggiseno e rimanendo con addosso solo un paio di slip ti pizzo nero. In quei mesi che avevano passato insieme aveva imparato molto, Oliver adorava il suo seno anche se piccolo confronto a quello di Laurel o di qualunque altra sua ex ragazza. Come aveva previsto la mano del ragazzo salì subito ad accarezzarlo, distratto e stordito da tutto quello Oliver si rese conto troppo tardi che Felicity era già riuscita a sfilargli i pantaloni della tuta.
Non c’era niente di male se si godeva quella sera, il giorno dopo avrebbe affrontato i problemi che quello avrebbe comportato.
 
***
 
La mattina Oliver si svegliò riposato come non accadeva da moltissimo tempo, cercò di allungarsi ma un peso sopra di lui gli impediva di muoversi, respirò e il profumo di Felicity lo fece sorridere, la ragazza era ancora accoccolata sopra di lui, non si era mossa per tutta la notte, fece scorrere la mano sulla schiena di lei fino ad arrivare alla fine della maglia che indossava, scivolò lungo le gambe scoperte, la mano era arrivata quasi all’altezza del ginocchio quando una mano bloccò la sua strada.
-Buongiorno. – fece lui stringendole le dita tra le sue, lei non rispose, strinse a sua volta le dieta attorno alla sue e portò la mano al suo viso, strusciando la punta del naso contro il palmo.
-Sento il tuo cuore battere… Sei preoccupato. –
-Felicity… - iniziò lui, la bionda si era finalmente mossa, il viso di lei era a pochi centimetri da quello di lui. Qualunque cosa Oliver volesse dire fu interrotto.
-Tesoro mio se non ti muovi arriverai tardi a …. Vado a preparare il caffè! – la porta di camera si era aperta ed Allen era antrato sbadigliando, era strano che Felicity fosse ancora a letto, solitamente la mattina era sempre intenta a fare qualcosa quando lui si svegliava, anzi molte volte era proprio lei la ragione per cui si svegliava. Quando aveva aperto gli occhi e aveva visto che erano già le otto pensò che l’amica se ne fosse andata a lavorare riuscendo a fare tanto piano da non svegliarlo, ma poi, la borsa e il giubbotto appoggiati all’attaccapanni l’avevano avvertito che la bionda era ancora in casa, preoccupato che le potesse essere successo qualcosa era andato in camera a verificare, ed era entrato annunciando che era tardi, non si sarebbe mai aspettato di trovare Felicity stesa sopra a Oliver entrambi sotto le coperte. Era uscito accampando la scusa del caffè e aveva chiuso la porta alle sue spalle, sarebbe morto, se dopo la sera precedente Oliver non era ancora intenzionato ad ucciderlo ora che li aveva interrotti sicuramente l’avrebbe ammazzato in modo doloroso.
 
Allen era in cucina, due tazze di caffè erano posate sul ripiano, mentre lui sorseggiava la sua, intento a pensare a quale metodo avrebbe usato Oliver per ucciderlo, era sicuro che su quell’isola avesse imparato molte altre cose oltre a tirare con l’arco.
-A che pensi? – chiese Felicity entrando in cucina con addosso solo la maglia con cui l’aveva vista andare a dormire la sera prima.
-A come mi ucciderà. –
-Tranquillo, non lo farà. – lo rassicurò lei, anche se l’idea che potesse essere trafitto dalle frecce ultimamente era persistente nella sua mente.
-Io dico di si. –
-Non farò cosa? – chiese Oliver entrando in cucina vestito con gli i vestiti del giorno prima.
-Ucciderlo… - spiegò Felicity dandogli la tazza di caffè, per poi cercare di superarlo.
-Non ne sarei così sicura. – rispose lui guardando malamente Allen, che sorrise a disagio, per poi guardare Felicity e seguirla fuori dalla cucina.
-Felicity fermati, non puoi fingere che non sia accaduto nulla stanotte. – le afferrò il poso e la trattenne.
-Oliver, non dare a quello che è successo stanotte un significato più grande di quello che ha. Non voleva dire niente. – spiegò lei prima di chiudersi in bagno e appoggiandosi pesantemente contro la porta dietro di se, aveva cercato di far del male a Oliver volontariamente, gli aveva rigirato la frase che le aveva detto tornati dalla Russia, sicuramente l’aveva ferito, ma non avrebbe fatto male al suo ego da playboy.
 
 
-Felicity vuoi affogare dentro la doccia? Diggle sarà qui a momenti! –
Oliver era andato via, chiaramente ferito da quello che Felicity gli aveva detto, erano già passati venti minuti e Felicity era ancora chiusa in bagno, conosceva la sua passione per le lunghe doccie rilassanti, ma se non fosse uscita velocemente avrebbe fatto tardi, Diggle sarebbe arrivato a prenderla tra una decina di minuti.
-Felicity? – la chiamò alzando la voce, cercando di sovrastare il rumore dell’acqua aperta.
-Dannazione Felicity vuoi rispondere? – sbuffò e decise di aprire per vedere se era tutto a posto, a costo di prendersi una qualche bottiglia in piena faccia, aveva varcato la soglia. La stanza da bagno era vuota, l’acqua della doccia era aperta, ma non c’era nessuno dentro, si guardò attorno sperando di trovarla davanti allo specchio, ma non c’era, una ventata fredda gli fece alzare lo sguardo, la finestra davanti a lui era spalancata, si affacciò e trovò il cellulare di Felicity a terra li davanti.
Qualcuno doveva aver preso Felicity e se ci pensava non era poi troppo difficile capire chi fosse stato.
-Nyssa. –
 
Continua…
vi ricordate qualche tempo fa vi parlavo di interrompere la storia con un bel boom e di scriverne un'altra continuando da dove la lasciavo. Bene questo bene o male doveva essere il punto in cui si scopriva che Felicity era incinta  e veniva rapita e la storia sarebbe finita qui. xD sarei stata veramente perfida ammettiamolo! Ormai siamo alle brattute finali, ho messo un bel momento Olicity vero? Loro due che si divertono… come sono carini! <3.<3
Vi sono piaciute le frasi dei biscotti della fortuna? ^.^ sono stata giorni a cercare frasi che mi ispirassero e che si legassero alla trama. Fatemi sapere.
Un bacio
Mia Black
 
Ps
-4 capitoli alla fine. Che ne dite facciamo il boom di recensioni arriviamo a 400?? Ahah va beh scherzavo! (micha tanto se ci arriviamo sarei contenta!)

Sto lavorando su quella col pargolo contenti??

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Capitolo 27
*** capitolo 27: tradimenti ***


*me arriva di corsa*
ECCOMIIIII!!!!!!!!
*me si nasconde dentro un grotta al sicuro da tutti voi* fino a dopo Pasqua aggiornerò dal mio covo segreto e protetto! Io amo sempre e comunque Sarah!
Buona lettura

Capitolo 27
La prima cosa che Felicity percepì quando riprese conoscenza fu il rumore  assordante del fischio nelle sue orecchie, la testa le martellava rendendole difficile anche solo pensare, quando finalmente il fischiò cessò si accorse del
freddo che l’avvolgeva, si costrinse ad aprire gli occhi e a guardarsi attorno, quello non era il bagno del suo appartamento. Aveva le braccia sollevate e
bloccate da delle catene che pendevano dal soffitto, i piedi toccavano il pavimento fatto di terra e di sassi, si guardò attorno doveva trovarsi all’interno di un edificio abbandonato, attorno a lei poteva vedere le pareti, una delle quali era crollata mostrandole così uno squarcio di cielo, il sole anche se parzialmente coperto dalle nuvole, era alto, segno che doveva essere mattina inoltrata, cercò di riportare alla mente gli ultimi ricordi per capire come fosse arrivata e soprattutto chi l’avesse portata in quel posto, ma l’ultimi ricordi che aveva erano inerenti alla nottata che aveva passato con Oliver, sorrise pensando che se fosse morta l’ultima notte non l’aveva sprecata, ricordava inoltre di aver liquidato Oliver con poche parole e di essersi chiusa
in bagno per prepararsi prima di andare a lavoro: aveva aperto l’acqua e si stava togliendo la maglia per entrare sotto la doccia quando qualcosa l’aveva colpita alla testa e lei era svenuta. Allen si doveva già essere accorto della
sua scomparsa e doveva aver avvisato Oliver e Diggle, presto sarebbero arrivati a prenderla, pensò Felicity, Oliver era già sulle sue tracce ne era convinta.
-Vedo che finalmente ti sei svegliata.- la voce proveniva da dietro di lei, la bionda provò a voltarsi per vedere chi fosse stato a parlare, ma purtroppo le
catene le impedivano di voltarsi completamente, intravide una sagoma scura, il cappuccio calato sugli occhi celava il suo volto e lei non riusciva a capire chi fosse.
-Ti vedo confusa… - continuò la voce avvicinandosi, finalmente la figura entrò nel suo campo visivo, portava una specie di divisa nera e rossa col cappuccio, sulla schiena una fertra nera con all’interno freccie con la piuma rossa.
-Chi sei? – chiese Felicity indietreggiando di un passo allontanandosi così dalla figura che si stava avvicinando minacciosa a lei.
-Chi sono sencondo te, Felicity Smoak? – un brivido percorse la schiena della ragazza, quella voce suadente era fatta per amaliare, se non fosse stato per il freddo pungente che le sferzava le gambe nude sarebbe caduta sicuramente vittima di quella voce.
-Nyssa Ra’ al guh…. – risopose lei, ora che si era avvicinata il cappuccio non le copriva più gli occhi e potè riconoscere la nuova arrivata come la ragazza che aveva visto nel video qualche tempo prima.
-Bene, vedo che sai chi sono, allora faremo presto. –  gli occhi scuri di lei scintillarono, Felicity pensò di esserelo immaginato, ma rabbrividì a quello sguardo di odio e di follia.
-Che cosa vuoi da me?-
-Non lo sai? Dai sforzati un po’, usa quel bel cervellino che hai. Sarah dice che sei molto intelligente.-  Felicity si immobilizzò, Sarah? Pensò la bionda indietreggiando ancora di qualche passo, le catene tintinnarono e lei si trovò bloccata, non poteva più scappare, osservò la donna avvicinarsi lentamente, i
suoi movienti non trasudavano la minima emozione, si muoveva sinuosa come una leonessa: pronta ad attaccare.
-Povera piccola, pensavi che Sarah fosse qui per aiutarti? Le ho salvato la vita. Lei vive per merito mio, ha giurato lealtà a mio padre e alla nostra lega. – la consapevolezza la investì: Sarah l’aveva venduta a Nyssa.
-Vedo che hai capito, bene ora dimmi la formula del Mirakuru. –
-Io non la so! – rispose lei, non era una bugia, lei non sapeva veramente quella formula, non era un chimico, se le avesse chiesto di hackerare un sistema informatico l’avrebbe anche potuta aiutare, ma dirle una formula chimica che tra l’altro non aveva mai visto era una richiesta assurda. Nyssa sfilò il pugnale dalla fodera attaccata alla cintura che portava in vita, la lama luccicò alla poca luce che entrava dal buco nella parete, la punta era leggermente ricurva indietro e molto appuntita.
-Forse non sono stata chiara…- si avvicinò minacciosa, la punta del pugnale passò sotto la maglietta, sentì la lama fredda dell’arma sfiorarle l’addome, ma senza ferirla: la stava minacciando.
-Non so veramente come aiutarti! Non sono una chimica! – urlò lei ritraendo la pancia sperando che quel gesto potesse allontanare la sua pelle dalla lama.
-Voglio il portatile. –
-Io… Io non posso! – esclamò, doveva resistere, doveva rifiutarsi di darglielo, prendere tempo, aspettare che Oliver arrivasse a salvarla.

***

Oliver era uscito da casa di Felicity, non riusciva a credere a quello che era successo, per la prima volta era lui ad essere stato usato da una ragazza e
capiva perfettamente come si erano sentite le ragazze che lui aveva usato. Felicity aveva fatto l’amore con lui per poi dargli il ben servito la mattina dopo, quello non era un comportamento da lei. Guardò ferito il palazzo poi se ne andò, tra poco doveva essere a lavoro e li Felicity non poteva scappargli: l’avrebbe dovuto affrontare.
Oliver era davanti alla porta di casa sua quando il cellulare suonò: “Diggle”, a quell’ora l’uomo doveva essere con Felicity, si accigliò e rispose.
-Pronto?-
“Abbiamo un problema.” esclamò Dig al telefono, Oliver si bloccò, la brutta sensazione che aveva da quando aveva lasciato casa di Felicity si intensificò.
-Cosa è successo? –
“Felicity è scomparsa…”
-COME? Era in casa dieci minuti fa! – urlò Oliver furioso, era li, lui l’aveva lasciata li, chiusa in bagno ma la sicuro in casa, come aveva fatto a sparire nel nulla?
“Qualcuno è entrato dalla finestra..”
-Ci vediamo alla fonderia!- tornò su i suoi passi e partì in salla alla sua moto.
La moto scivolò sull’asfalto alla massima velocità, sorpassava una dopo l’altra ogni macchina che gli bloccava la strada, nemmeno i semafori rossi riuscirono a rallentare la sua corsa, doveva arrivare immediatamente alla
vecchia fabbrica non aveva tempo da perdere, richiò di schiantarsi contro un'altra vettura un paio di volte, ma alla fine riuscì ad arrivare a
destinazione sano e salvo.
Al covo c’erano già Allen e Diggle, entrambi erano chini sul terminale di Felicity e cercavano di fare quello che solitamente lui chiedeva alla bionda, “una magia” ma nessuno dei due era bravo come la sua IT girl.
-Non mi riesce, non so nemmeno da dove iniziare… - si lamentò Allen battendo la mano contro il tavolo, era chiaramente frustrato da quella situazione e non era l’unico, Oliver fissava i due sentendosi tremendamente inutile, come avrebbe fatto a trovarla. Lo sbattere della porta dietro di loro li fece sussultare, i tre si voltarono vedendo Sarah scendere le scale di corsa, quando si accorse che erano tutti li si fermò infondo alle scale e li guardò preoccupata.
-Ho brutte notizie, Nyssa ha preso Felicity. – esordì lei pronta a reagire ad una possibile reazione vuolenta da parte di Oliver.
-Sai dove la tengono? – chiese Diggle, il quale sembrava l’unico ad essere riuscito a rimanere lucido in quella situazione decisamente tragica.
-Non lo so. – fece lei, si avvicinò ad Oliver e gli posò la mano sul braccio, i muscoli del ragazzo erano contratti segno che era pronto a fare a pezzi
qualcosa.
-La troveremo… - cercò di rassicurarlo lei.
-Puoi scoprire dove si trova? – le chiese Oliver, mai come in quel momento Oliver era stato contento che Felicity avesse fatto di testa sua e avesse
chiamato Sarah, con lei avrebbero potuto scoprire il luogo dove tenevano prigioniero la sua Felicity.
-Certo, mi metto subito a lavoro. – gli sorrise cercando di rassicurarlo.
-Dannazione mi sta chiamando Isabel, scusate. – Oliver si allontanò. Allen e Diggle erano tornati a prestare attenzione al computer i due cercavano di
hackerare, sensa successo, le telecamere intorno l’appartamento di Felicity.
Sarah iniziò a guardarsi attorno, ci mise un po’ ma poi individuò cosa stava cercando: il portatile era appoggiato su un tavolo non lontano dalla postazione dove solitamente stava Felicity, doveva prenderlo e portarlo a Nyssa stando attenta a non essere vista.
-Sarah?- la bionda sobbalzò sentendosi chiamare, era così concentrata da non essersi accorta che Diggle le stesse parlando.
-Come scusa? – l’uomo si accigliò sospettoso.
-Che armi usa Nyssa? – chiese di nuovo lui senza staccarle gli occhi di dosso attento ad ogni suo movimento.
-Padroneggia molte tecniche, eccelle nel combattimento corpo a corpo, ma se la cava con l’arco e la maggior parte delle armi da taglio, ma se gli metti in mano una pistola fa centro, ha un ottima mira. – ammise lei, ricordava bene gli allenamenti che la donna le aveva fatto fare.
-E’ pericolosa su tutti i fronti. – Oliver tornò nella stanza.
-Sarah, puoi metterti in contatto con Nyssa? –
-Vedrò cosa posso fare. – così dicendo salì le scale lanciando un ultima volta un occhiata al portatile, quello non era il momento giusto per prendere l’oggetto, se ne sarebbero accorti subito, ci sarebbe stata un occasione migliore.

***

Felicity fu investita da una secchiata d’acqua ghiacciata, il freddo che la colpì la fece svegliare immediatamente tremando come una foglia.
-Ma dico sei matto? – urlò inviperita contro la figura mascherata che era davanti a lei. La quale non si scompose ma si limitò a gettarle addosso un
altro secchio d’acqua.
-Sono sveglia dannazione, non lo vedi? – chiese lei, aveva provato a scansare l’acqua, ma le catene che le bloccavano i polsi in alto non le permettevano di muoversi più di tanto, anzi sembrava si fossero accorgiate da quando si era svegliata la prima volta.
-Non risponderei così se fossi in te… - la bionda si bloccò e guardò nella direzione da cui proveniva la voce, non riusciva a vedere chi avesse parlato, ma non aveva bisogno di vederla per sapere chi fosse, aveva imparato a riconoscere quella voce.
-Non ci piace quando le nullità come te ci mancano di rispetto…  - finalmente la misteriosa persona entrò nel capo visivo di Felicity, la ragazza si muoveva
lentamente con passi corti e calcolati, gli stivali con la suola in gomma non emettevano il minimo rumore, sembrava un serpente che strisciava velenoso verso di lei, completamente vestita di nero: con pantaloni e  giubbotto di pelle, si avvicinava pericolosa. Fece salire lo sguardo fino al viso privo della solita maschera, i capelli biondi le incorniciavano il volto.
-Sarah… -
-Ciao Felicity, ti chiederei come stai, ma non credo che la tua risposta sarebbe, bene. – esclamò sarcastica.
-Immagina.. E’ colpa tua se sono appesa come un salame qui? – chiese irritata lei.
-Colpa… io direi, merito mio. – dalla cintura estrasse il suo bastone di metallo e lo passò contro il petto della giovane prigioniera.
-Oliver si fida di te! – quella frase fece scoppiare a ridere la nuova arrivata, sembrava veramente divertita da quella situazione, mentre Felicity
era sempre più spaventata.
-Oliver si fida troppo facilmente, gli bastano due tette per non capire più nulla. –
-Su questo ti do ragione. – ammise Felicity con una smorfia facendo sorridere Sarah.
-Ora veniamo a noi, il computer. –
-Non lo avrai mai. –
-Oh mia piccola, innocente e alquanto ingenua ragazza, non voglio che tu me lo dia,  noi vogliamo solo la formula. –
-Preferisco morire… - sibilò lei.
Una fitta al fianco la fece gemere di dolore, non si aspettava di essere colpita con la sua asta, il colpo era stato all’improvviso e velocemente.
-Beh puoi star certa che mi chiederai di morire molto presto. Continua pure… - si allontanò lasciando all’uomo incappucciato il permesso per continuare quello
che stava facendo prima del suo arrivo.
-Perché? Perché ci hai traditi? – chiese Felicity cercando di trattenere le lacrime, non voleva darle la soddisfazione di vederla piangere.
-Traditi? Oliver mi ha tradito, mi ha portato su quella dannata barca e mi ha abbandonato in mezzo all’oceano. Anthony mi ha trovata, mi ha salvata dai mercenari che volevano torturarmi e farmi chissà cosa, Nyssa mi ha accolta e addestrata, a loro io devo la mia vita. – spiegò prima di uscire da un passaggio che Felicity non poteva vedere. La figura si portò davanti a Felicity e la colpì con un manganello all’altezza dello stomaco.
-Parlerai, prima o poi tutti cedono… - disse, Felicity sgranò gli occhi, l'unica cosa che riuscì a pensare fu: non è possibile. Poi il dolore delle torture le annebbiò i pensieri.

Sarah era uscita dalla stanza dove tenevano Felicity, doveva andare immediatamente al covo a prendere il portatile e poi consegnarlo a Nyssa.
-Sarah! – la bionda si voltò trovando la donna davanti a lei, era tanto che non la vedeva, ma non era cambiata: aveva ancora lo stesso sguardo determinato e spietato che ricordava. La prima volta che l’aveva vista era più
morta che viva, era accanto al corpo di Anthony e quando Nyssa l’aveva vista aveva pensato che fosse stata lei la causa delle condizioni dell’uomo, era stata portata via e imprigionata, mentre la mora decideva quale sarebbe stata la sua sorte. Per fortuna era riuscita a convincerla che l’unico responsabile di tutto era Slade che era stato lui a ferire Anthony. Quando le spiegò che le aveva salvato la vita e che l’aveva addestrata, Nyssa la prese sotto la sua ala protrettrice, intercesse per lei col padre liberandola così dalla prigione e facendo sospendere le torture, si era trovata a provare profonda gratitudine per quella donna che era stata privata del suo amore per un siero pericoloso e mortale. Se solo Anthony non si fosse messo alla ricerca del Mirakuru tutto quello non sarebbe accaduto.
-Nyssa… - la salutò sorridente, nonostante la situazione era felice di vederla.
-Sono felice che tu sia qua, hai trovato quello che ci serve? –
-So dove si trova, devo solo prenderlo, prima c’era troppa gente. – spiegò, la mano di Nyssa scattò serrandole la gola, battè la testa contro il muro del
corridoio dietro di lei. Sarah era appesa per il collo.
-Devo avere quel computer e lo voglio subito…-
-Ragiona Nyssa, se mi vedessero prenderlo si insospettirebbero e mi seguirebbero qui. Prenderò quel pc appena mi sarà possibile, ti ho promesso che ti avrei aiutato a salvare Anthony. – la mano di Nyssa lasciò la presa sul
collo.
-Fai in fretta. – la mora si voltò e se ne andò lasciando Sarah sola nel corridoio indecisa su cosa fare.

Continua
Oh…. Sarah li ha traditi… che cosa triste. Q.Q povera Felicity.

Questo pezzo:
"-Oliver si fida troppo facilmente, gli bastano due tette per non capire più nulla. – "
In origine era:
"-Oliver si fida troppo facilmente, gli bastano due belle gambe per non capire più nulla. –"
Ma dopo la puntata Dell altro giorno non ho saputo resistere e ho cambiato! ^^"
Ormai siamo a fine -3!!
Un bacio
MiaBlack
Ps
Oggi aggiorno con iPod quindi scusate se ci sono problemi.

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Capitolo 28
*** capitolo 28: il piano ***


Capitolo 28
 
Quarantotto ore.
Erano passati due giorni da quando Felicity era stata presa. Oliver sedeva alla postazione di Felicity alla fonderia, il volto nascosto tra le braccia e le mani posate tra i capelli. Non sapeva più che fare, non sapeva dove cercare, aveva provato tutto quello che era in suo potere, anche Allen e Diggle sedevano preoccupati e quasi disperati all’interno del covo.
Sarah fece la sua comparsa in quel clima di depressione e sconforto.
-Allora? – chiese subito Oliver, Sarah era riapparsa dopo due giorni di silenzio, sperava che gli avesse portato buone notizie.
-Sono riuscita a mettermi in contatto con Nyssa, ma non sono riuscita a incontrare Felicity. – mentì la bionda mostrandosi dispiaciuta.
-Dannazione! – sibilò Oliver, sperava che Sarah riuscisse a dar lor una traccia, una volta scoperto dove la tenevano ci avrebbe pensato lui: sarebbe entrato e avrebbe fatto strage con il suo arco.
Lo sguardo di Sarah vagò per il covo per poi fermarsi casualmente sul tavolo dove aveva visto per l’ultima volta il portatile, fortunatamente l’oggetto era ancora li in bella vista, farlo sparire non sarebbe stata una passeggiata.
-Oliver non ti preoccupare, la troveremo. – cerchò di rassicurarlo Sarah.
-E se le facesse del male? – chiese il ragazzo preoccupato, la bionda si morse il labbro avvicinandosi gli posò una mano sulla spalla inclinando la testa così da vedere meglio il volto dell’amico che aveva lo sguardo sulle proprie mani inermi sulle sue gambe.
-Ollie, fidati di me. La troverò e farò in modo che non le succeda niente. – disse, la voce era ferma e sicura, Oliver alzò lo sguardo e le sorrise.
-Grazie Sarah. Sono felice che tu sia qui ad aiutarci. –
-Oliver, dobbiamo andare hai promesso a tua madre… - il momento fu interrotto da Diggle che guardava l’ora sul suo orologio.
-Si andiamo. Se scopri qualcosa fammelo sapere. –
-Certo. –
Oliver e Diggle uscirono e Sarah guardò per alcuni istanti il punto dove i due erano scomparsi, poi se ne andò ad allenarsi alla sbarra che solitamente usava Oliver, doveva scaricare un po’ di tenzione mentre aspettava il momento giusto per prendere il portatile.
Allen silenzioso lavorava alla postazione di Felicity, ogni tanto sibilava una mezza imprecazione tra i denti che faceva sorridere la bionda, che però rimaneva concentrata su i suoi esercizi.
-Che stai cercando di fare? – chiese lei lasciandosi cadere dall’ attrezzo, l’atterraggio fu piuttosto silenzioso nonostante il rimbombo del luogo.
-Cerco di entrare nelle telecamere che circondano il palazzo di Felicity, ma purtroppo non mi riesce, come fa Felicity a farlo sembrare così facile. – rispose il ragazzo battendo una mano sul tavolo e rovesciando così la tazza di caffè sul ripiano.
-Attento! Se rompi qualcosa col caffè Felicity ti ucciderà quando torna. – posò l’asciugamano sul  liquido asciugando così il piano e strappando un sorriso al ragazzo.
-Tu sei sicura che tornerà… Io ho paura che farà la stessa fine di Brian. –
-Sono convinta che tornerà, Oliver non lascerà che le succeda niente.-
Tornò ad allenarsi, mentre il giovane continuava a digitare parole sensa senzo sul pc. Sarah lo guardava divertita, ma anche irritata, quello era un ottimo momento per prendere il portatile, Oliver e Diggle erano bloccati ad una cena e non correva il rischio di essere scoperda da loro, ma Allen non sembrava intenzionato a lasciare il covo e questo la irritava notevolmente. Alla fine Allen allontanò dal computer e si voltò verso di lei.
-Meglio che vada, ho promesso a Thea che l’avrei aiutata al locale. – Allen se ne andò lasciando così Sarah sola nel covo. Contò fino a sessanta dopo che la porta si chiuse e quando fu sicura che Allen non sarebbe tornato indietro lasciò la barra e scese.
Il portatile era a pochi passi da lei.
-Finalmente. – disse prendendo l’oggetto, ora poteva tornare da Nyssa e consegnarglielo.
-Lo sapevo che nascondevi qualcosa! – si voltò sentendo la voce provenire da dietro di lei, Allen era fermo in fondo alle scale e la guardava arrabbiato, non l’aveva sentito rientrare, non aveva sentito quella pesantissima porta a prirsi e richiudersi, come aveva fatto ad essere così sciocca da non prestare attenzione a quello che le succedeva attorno.
-Ma che bravo, e ora che vuoi fare? – chiese lei, non era così che doveva andare, nessuno doveva accorgersi che aveva preso il portatile, o almeno non fino a che lei non era al sicuro con Nyssa.
-Sarah che vuoi fare col portatile? –
-Consegnarlo a Nyssa e salvare Anthony. – esclamò lei, ormai era inutile nascondere la verità, quel marmocchio non sarebbe stato in grado di fermarla.
-Cosa? Tu sei pazza e Felicity? – chiese Allen preoccupato.
-Se collaborasse sarebbe molto più facile, ma purtroppo ha lo stesso carattere di suo fratello, se solo ci fosse un modo per farla ragionare, ma non ti preoccupare, abbiamo i nostri metodi per farle cambiare idea. –
-Non posso credere che tu abbia tradito Oliver… - sfilò il cellulare dalla tasca pronto a chiamare Oliver perché intervenisse, se Sarah fosse uscita dal covo col portatile per loro sarebbe stata la fine, Felicity sarebbe morta e la formula del Mirakuru sarebbe stata usata.
-Ah! Non lo farei se fossi in te! – estrasse il bastone in metallo che portava sempre con se e colpì la mano del ragazzo, il cellulare cadde, un secondo colpo lo colpì alla nuca facendolo cadere privo di conoscenza a terra.
-Sogni d’oro. –
Uscì dal covo di corsa la situazione si era decisamente complicata, doveva tornare immediatamente al nascondiglio di Nyssa e pensare ad una soluzione, era troppo presto, non avrebbero dovuto scoprire del suo doppio gioco, il colpo che aveva dato ad Allen lo avrebbe lasciato tramortito per qualche ora, ma appena si fosse ripreso avrebbe avvisato immediatamente Oliver, doveva muoversi prima che Arrow puntasse una delle sue freccie contro di lei.
 
Il nascondiglio di Nyssa era in un vecchio palazzo nel Glades disabitato e parzialmente distrutto.
Nascosto il portatile scese rapidamente da Felicity dove la trovò ancora appesa e cocciolante d’acqua mentre uno dei sottoposto di Nyssa continuava a tenerla sveglia con l’acqua fredda e  il ghiaccio.
-Lasciaci sole! – esclamò Sarah entrando e indicando l’ uscita all’uomo, gli occhi verdi la fissarono per un attimo, il suo grado era più alto e anche se non prendeva ordini direttamente da lei doveva comunque ubbiderle.
Sicura di essere rimasta sola Sarah si avvicinò a Felicity e le allungò le catene così che potesse sedersi a terra.
-Stai bene? - si preoccupò aiutandola a sedersi.
-Più o meno, quella cosa non mi lascia dormire, sto impazzendo. – bisbigliò Felicity tremanto tra le braccia di Sarah.
-Felicity abbiamo un problema. –
-Credo di essermene accorta Sarah… - rispose lei sarcastica strappandosi da sola un sorriso, non era decisamente il momento giusto per fare del sarcasmo quello.
-Felicity, se continuiamo così tu verrai uccisa, devo dare il portatile a Nyssa e barattare la tua liberazione. – propose Sarah.
-No, aspetta. –
-Felicity non resisterai ancora per molto… -
-Posso farcela, lascia il computer al covo per ora… -
-Perché? –
-Mi prenderai per pazza se te lo dicessi. –
-Il fatto che tu ti sia praticamente sacrificata lasciando all’oscuro Oliver da tutto questo ti ha già fatto guadagnare il titolo di pazza! E sai vero che se Oliver lo scopre ci farà molto male ad entrambe?!- Sarah guardava la ragazza appisolata tra le sue braccia e si malediva per averla assecondata in quell’idea folle.

Felicity aveva lasciato il ristorante cinese e ora era al Verdant, scese le scale e trovò Sarah già li ad attenderla, sembrava realmente dispiaciuta per averle rovinata la serata, ma lei le sorrise riconoscente.
-Tranquilla, non hai rovinato nulla, anzi mi hai salvato, Oliver si è portato dietro tua sorella, non è stata molto carina come me… - spiegò Felicity mentre penetrava nel sistema di sicurezza, era diventata talmente brava che ormai lo avrebbe potuto fare anche ad occhi chiusi.
-Lasciala stare, solitamente quando è cattiva è perché non ha quello che vuole. – spiegò Sarah sbuffando per il comportamento infantile che aveva la sorella.
-Che rapporto c’è tra te e Laurel? – chiese Felicity.
-Diciamo che, non sono stata io la prima ha rubare il ragazzo all’ altra…. – Felicity si fermò per guardarla, quella non la sapeva.
-Io e Laurel dovevamo andare ad una festa, ovviamente non ci diedero il permosso per andarci. La polizia piombò alla festa e io fui messa in punizione. Quando la punizione finì lei stava con Oliver io ero solo un ricordo lontano. –
-Vuoi dire che ha  fatto lei la spia a tuo padre? –
-Ci metterei la mano sul fuoco e non mi scotterei. Fel, non mi stupirebbe se tutto quello che è successo in questo ultimo periodo sia solo una farsa montata ad arte da mia sorella. Non è la santa che finge di essere. –
-Grazie. Parlerò con Oliver. – le due si sorrisero, poi Felicity diede gli ultimi comandi e buona parte del video della sorveglianza fu cancellato.
-Fatto. –
-Grazie mille.-
-Sarah, ho un idea per far andare via Nyssa, ma ho bisogno del tuo aiuto.-
-Dimmi. – Felicity iniziò a spiegarle il piano, Sarah doveva fingere di averli traditi, consegnarla a Nyssa e darle il portatile negando di avere la password, anche se avesse avuto il computer senza password non se ne sarebbe fatta nulla, dovevano solo convincerla che loro non l’avevano.
-Pensi veramente che Oliver te lo lascerà fare? – chiese Sarah, l’idea di venderla a Nyssa non le piaceva per niente, quella donna era pazza e se non l’avesse uccisa lei ci avrebbe pensato Oliver quando avrebbe scoperto quel piano.
-Ma Oliver non deve saperlo, sarà il nostro segreto. –
-Tu sei pazza, Oliver mi ucciderà e Nyssa ucciderà te, come pensi di uscire dal suo covo senza l’aiuto di Oliver? -
-Oliver verrà a salvarmi, basta solo fargli sapere dove sono al momento giusto. Ti prego!- alla fine era riuscita a convincerla, la mattina dopo Nyssa era comparsa nel suo bagno e l’aveva portata via.
 
 Il piano non le piaceva per niente, anche perché tutto questo doveva essere fatto tenendo Oliver all’oscuso, le parole di Felicity l’avevano convinta “Oliver verrà a salvarmi, basta solo fargli sapere dove sono al momento giusto”. Solo che non avevano deciso quale sarebbe stato il momento giusto, il piano era troppo approssimativo e campato in aria per essere portato a buon fine.
-Oliver lo gestisco io… -
-Ignorarlo non sistemerà le cose, magari con te non se la prenderà più di tanto, ma a me farà molto male perché avrei dovuto fermarti. Ti do un altro giorno poi consegno il portatile e convinco Nyssa a lasciarti libera. –
-Va bene… -
Felicity si rimise in piedi e tirò nuovamente su le braccia mentre Sarah riportava le catene al loro posto.
Sarah lasciò la stanza e tornò il suo torturatore. Guardò l’uomo avvicinarsi con il mano un coltello, pronto a riprendere a torturarla, gli occhi di Felicity scorrevano sulla figura in cerca di un indizio.
-Chi sei? – chiese ancora Felicity, in quei giorni glielo aveva chiesto un infinità di volte, ma l’uomo non le aveva mai risposto, silenzioso continuava a tenerla sveglia e ad infliggerle dolore insaziabile, instancabile, ma ogni volta che incrociava gli occhi verdi del suo torturatore qualcosa si muoveva nel suo stomaco e non era il terrore che invece provocava la vista del coltello sporco di sangue.
-Ti prego dimmi chi sei! – provò ancora, vide un movimento sotto la maschera: stava sorridendo, si stava facendo beffe di lei.
Un urlo disumano uscì dalla sua gola mentre il coltello tracciava una ferita sul suo braccio. L’urlo riecheggiò per il corridoio arrivando fino alle orecchie di Sarah. La giovane si fermò guardando indietro indecisa se andare a soccorrere l’amica, ma poi si voltò e puntò verso la stanza che Nyssa usava come ufficio, non poteva aspettare, avrebbe agito per conto suo, avrebbe consegnato il portatile.
-Nyssa, parliamo. – fece entrando nella stanza. All’interno c’era un grande tavolo con sopra diverse piante di palazzi, quello doveva essere il prossimo obbiettivo.
-Hai quello che ti ho chiesto? – chiese la mora spostando distrattamente dei fogli sul tavolo, Sarah rimase in silenzio guardando le altre persone presenti che silenziose rimanevano immobili nella penombra della stanza. Nyssa ma mandò tutti fuori con un cenno della mano.
-Ho il computer, ma è protetto da una password.. – fece Sarah.
-E tu la sai? – chiese Nyssa girandole attorno, in quel momento Sarah si sentì come un topolino alle prese con un serpente.
-No, non la sa nessuno. – mentì Sarah sperando che tutto andasse come Felicity aveva pianificato.
-La ragazza è in possesso della password. – disse Nyssa, non era una domanda quella era un’affermazione, Nyssa era sicura che Felicity la sapesse, convincerla del contrario non sarebbe stato facile.
-Se lo fosse stata, lo avrebbe già aperto. –
-Lei non sa di averla, la password è una frase incisa su un ciondolo, sicuramente lo troverai a casa sua, muoviti, vai a prenderlo. – Sarah chiuse gli occhi maledicendo quel momento, quello non faceva parte del loro piano, ma non aveva scelta, doveva andare a casa di Felicity e prendere la collana, ma soprattutto farlo prima che Allen riprendesse conoscenza e contattasse Oliver.
-Vado subito. –
Uscita dal nascondiglio puntò dritta verso l’appartamento, arrivata controllò che non ci fosse nessuno, le luci erano spente e nessun rumore sembrava provenire da li. Arrampicandosi sulle scale antincendiò, ruppe il vetro della finestra ed entrò, era già stata in quella casa e sapeva che le scale conducevano direttamente in camera della ragazza, i gioielli erano nel cofanetto sul comò in quella stanza.
Sarah si mosse per la stanza con le luci spente, scivolava nell’ombra di quell’appartamento con la grazia e il silenzio di un gatto,  la porta che conduceva nella camera da letto era aperta per metà, prese un profondo respiro e restò in ascolto, non c’era nessuno o almeno così sembrava, l’unico ad essere dentro la stanza era il gatto che la guardava da sopra il letto.
-Miaoooo!!- Sarah sorrise all’animale che scese e si strusciò contro le sue gambe. Come ricordava sul comò c’era un cofanetto con i gioielli della giovane, cercò ma del ciondolo a forma di cuore non ce n’era traccia.
-Nyssa mi ucciderà e torturerà Felicity se non lo trovo… - si guardò attorno, sperando di individuare quello che cercava. Un rumore alle spalle della ragazza la fece voltare mettendosi in posizione di difesa, King era saltato il piccolo mobile facendo cadere la lampada che era posata sopra.
-King, stai attento… Eccolo!- finalmente lo vide, appeso alla lampada appena rovesciata c’era la collana che cercava, la prese e l’ aprì per verificare se fosse quello giusto. Lo fece scivolare in tasca tornando su i suoi passi pronta a uscire da dove era entrata.
 
Continua….

SARAH CARINA E COCCOLOSA! ^.^ Posso dire che sono stata brava? (lo so che dirselo da soli non vale) ma ammettiamolo, sono riuscita prima a farvi apprezzare Sarah e poi a farvela odiare e tutto in meno di un capitolo! Spero che ora che si è scorperto che Sarah e Felicity sono d’accordo tornerete ad AMARLA! Tanto love per Sarah <3 <3
Allen si è preso un colpo alla testa povero, ma non ci interessa di lui. A noi ci interessa di Oliver che nel prossimo capitolo scopre di Sarah che li ha traditi! Muahahaha sono stata cattiva.
Via ormai manca l’ultimo capitolo e poi c’è l’epilogo e tutto finisce!
Un bacio vi voglio bene
Mia

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Capitolo 29
*** capitolo 29: tutto è bene quello che finisce bene ***


*Me sente la porta chiudersi* È uscito! *me si lancia tipo Oliver quando Felicity è sulla mina sull’isola e arriva al pc* MIO!

Capitolo 29

Allen aveva ripreso conoscenza, si alzò da terra e si guardò attorno, era ancora al covo ed era solo, guardò immediatamente sul tavolo dove ricordava fosse il portatile ma purtroppo non c’era più. Oltre a lui non c’era nessuno nel covo, Sarah era già andata via portando con se il prezioso oggetto.
Prese il cellulare da terra, quando Sarah l’aveva colpito gli era caduto, fortunatamente l’impatto non l’aveva danneggiato, scorse freneticamente la rubrica e chiamò. Oliver si sarebbe arrabbiato.
-Diggle, sono Allen, abbiamo un problema… Sarah ha preso il portatile. Lo vuole consegnare a Nyssa. – esclamò quando l’uomo rispose al telefono.
“Dove sei?” chiese Dig, tutto quello non aveva senso.
-Sono al covo, Sarah mi ha colpito quando ho cercato di fermarla. –
“Arriviamo!” Allen chiuse la telefonata e si sedette sulla sedia davanti al computer, si passò una mano sulla nuca dove il dolore era più forte e trovò un bernoccolo che pulsava dolorosamente, quella ragazza era pazza.

La porta si aprì e si richiuse con un colpo secco provocando un rumore che riecheggiò per la stanza aumentando il mal di testa di Allen.
-Che cosa è successo? – Oliver aveva appena sceso le scale, stava praticamente correndo verso Allen furioso come mai prima di allora, non poteva credere che Sarah li avesse traditi, dopo tutto quello che avevano passato insieme.Allen raccontò quello che era successo, descrisse tutto nei minimi dettagli assicurandosi che Oliver comprendesse che non era uno scherzo.
-Non è possibile, Sarah non può averci tradito. – le mani gli trimavano per la rabbia.
-Oliver, io so quello che ho visto, il computer qui non c’è e lei mi ha colpito ho un bernoccolo che attesta che non l’ho sognato. – disse il ragazzo, anche lui faticava a credere a quello che era successo, ma non c'erano dubbi.
-Provo a chiamarla. – fece qualche passo per allontanarsi dai due che continuavano a parlare. Al telefono della bionda scattava immediatamente la segreteria telefonica, segno che il cellulare era spento o non era raggiungibile.
-Ha il telefono spento. – ammise amaramente tornando vicino ai due che lo guardavano preoccupati, non bastava Nyssa in città e Felicity rapita, ora anche Sarah era diventata un problema.
-Che facciamo? – chiese Diggle preoccupato, si erano fidati della bionda per rintracciare la Felicity, ma se li aveva realmente traditi sicuramente non li aveva fornito le informazioni giuste.
-Io non lo so… -
Immobili nella stanza i tre cercavano una soluzione a tutti i loro problemi. In quei momenti si accorgevano quanto Felicity fosse preziosa per loro. Concentrati si accorsero appena che lo schermo del computer si illuminò e si apriva un programma che i tre non avevano mai visto.
-Che diavolo è? – chiese Oliver chinandosi verso lo schermo per osservando più attentamente: sullo schermo c'era un puntino blu che si muoveva su delle righe.
-Sembra la mappa della città e quel puntino potrebbe essere una persona che si muove. – ipotizzò Diggle muovendo il cursore; quando la freccetta bianca passò su una delle righe si aprì una piccola finetra rettangolare proprio accanto alla freccina, dove all’interno c’era il nome della via.
-Vai sopra al puntino blu. – Dig fece come gli era stato detto e anche in quel caso un piccolo riquadro era comparso con dentro un nome “ Sarah”.Rimasero immobili a fissare lo schermo del computer per alcuni secondi prima di comprendere cosa avessero davanti agli occhi, quello era la soluzione ai loro problemi, qualcuno aveva attivato il gps che Felicity aveva istallato nello stivale di Sarah.
-Andiamo. –

Sarah era tornata al nascondigli, il ciondolo nascosto al sicuro nella tasca della giacca di pelle. Doveva riuscire a barattare quel piccolo oggetto con la vita di Felicity o sperare che Oliver le trovasse prima che la situazione degenerasse, se Olver le avesse trovate lei sarebbe finita sicuramente trafitta da una freccia prima che Felicity potesse intercedere per lei.
-Ben tornata. – Nyssa era nella stanza dove tenevano Felicity. La bionda ormai stremata non riusciva più nemmeno a stare in piedi, penzolava priva di conoscenza sorretta solo dalle catene.
-Nyssa, che cosa le è successo? – chiese bloccandosi, Oliver l’avrebbe ammazzata ormai non c’erano più dubbi, il ragazzo l’avrebbe usata come bersaglio al posto delle solite palline da tennis.
-Non è forte, non ha resistito a un po’ di tortura…Queste ragazze di oggi. – rispose lei disinteressata per le condizioni in cui era la giovane.
-E’ viva? – chiese preoccupata.
-Controlla tu stessa. Per essere una che ha tradito i suoi amici, sei un po’ troppo interessata alle sue condizioni. – Sarah si avvicinò spingendo via il ragazzo che l’aveva torturata, le posò due dita sul collo e sentì le pulsazioni: erano deboli, ma c’erano.
-Non voglio che Arrow mi usi come bersaglio, hai quello che vuoi, puoi lasciarla andare. - disse seria senza spostarsi dal fianco dell'amica.
-Pensavo che quello che volevo io lo volessi anche tu Sarah. – commentò malefica Nyssa.
-Io, sono grata ad Anthony per avermi salvata, ma ho visto cosa fa il Mirakuru alle persone, le cambia, diventono pericolose e forti, non cura solo al livello fisico, gli danneggia il cervello le fa diventare matte. Non voglio vedere Anthony impazzire, voglio continuare a ricordarlo come l’uomo che mi ha salvato. – ammise Sarah, anche se l’uomo che l’aveva salvata era già matto di suo, non voleva immaginarselo rovinato da quella sostanza che loro continuavano a chiamare cura
-Mi stai tradendo? – chiese.
-No, ti sto dando la mia opinione. – rispose sapeva bene che non era il caso di giocare con Nyssa, quella ragazza era pericolosa anche più di Arrow.
-Sarah… - bisbigliò Felicity, aveva ripreso conoscenza e stava cercando di rimettersi in piedi, Sarah le passò un braccio attorno alla vita aiutandola a stare impiedi.
-Non darle il mio ciondolo, mi ucciderà… - bisbigliò stremata.
-Ascoltami, se le diamo quello che vuole tu non le servirai più e ti lascerà andare. –
-Non lo farà, mi ucciderà comunque, lo farà fare a lui… - indicò il ragazzo che l’aveva torturata fino a quel momento.
-Sarah il ciondolo. – la mora tese la mano invitando l’amica a darle quello che voleva.
-Promettimi che ci lascerai andare... – era arrivato il momento di richiedere la loro liberazione in cambio del ciondolo e del portatile.
-Anche te? Hai fatto un giuramento. –
-Non voglio vedere Anthony impazzire, voglio stare qui con la mia famiglia…
Quella vita mi ha strappato l’anima. Promettimelo Nyssa, saremo libere? – Sarah era al limite, continuare a stare in quella lega l'avrebbe uccisa, se non l'avesse fatto prima Oliver per aver assecondato Felicity in quel piano folle.
-Non ti fidi di me? –
-Resisti… - bisbigliò Sarah a Felicity mentre la lasciava e si avvicinava a Nyssa per consegnarle il ciondolo. Le due allungarono la mano, Sarah stava per lasciare la presa sul ciondolo quando una freccia passò in mezzo alle due mani tese, le due le dovettero ritrarle di scatto per paura di essere trafitte.
-Io non mi fido di te… - disse una voce profonda, tutti i presenti si voltarono verso l’alto dove, vestito con il completo verde c’era Oliver, impugnava l’arco e teneva la freccia incoccata pronto a scoccare un altro colpo.
-Arrow… Come hai fatto a trovarci? – Sarah indietreggiò di un passo mentre fissava Oliver, la freccia seguiva ogni suo movimento, se avesse fatto un movimento sbagliato si sarebbe trovata infilzata.
-Non è stato semplice. Come hai potuto tradirmi? – chiese rivolgendosi direttamente a Sarah.
-Oliver io… Dannazione, vuoi uccidermi fallo! Non te ne mai importato niente di me! – urlò Sarah, vide l’arco vacillare, stava toccando i punti giusti come aveva previsto Felicity, era un colpo sleale ma doveva fare leva su i sentimenti di colpa di Oliver.
-Non è vero. – la voce era tornata seria, la mano non tremava più, ma doveva solo insistere, guadagnare tempo.
-Invece è vero, mi hai solo usato, per colpa tua la mia famiglia mi crede morta! Ho perso tutto, non ho più niente… -
-Sei ancora intempo per rimanere qui. – disse Felicity facendo un piccolo sorriso.
-Nyssa ti prego, lasciaci libere… Lascia che Anthony trovi la pace.. Se gli darai il Mirakuru non lo salverai, rovinerai per sempre il ricordo che hai di lui… - non c'era più tempo da perdere, Oliver era arrivato ed era pronto a spargere sangue per quello che avevano fatto a Felicity.
-Sarah tu, tu da che parte stai? – chiese Nyssa sospettosa.
-Diglielo anche te Arrow, cosa accade a chi viene dato il mirakuru.-
-Impazzisce. – rispose amareggiato Oliver, ricordava fin troppo bene cosa era successo a Slade.
-Non mi importa, farò in modo che non accada.. dammi la password. O lei morirà! – Sarah lanciò uno sguardo verso Felicity, nessuno si era accorto che la figura mascherata si era mossa ed era andata alle spalle di Felicity passandole il coltello attorno al collo.
-Aspetta… - Felicity cercò di mettersi in piedi con le sue forze.
-Non farlo. Sei tu vero? Ti prego non farlo… Sono io, sono Fells…. Ti prego… - calde lacrime scivolarono lungo le guance di Felicity mentre la sua mano andava ad afferrare quella dell’uomo che le puntava il pugnale alla gola.
-Felicity che fai! – Sarah si mosse per aiutarla, ma Felicity si spostò mettendosi in mezzo così da proteggerlo con il suo corpo.
-Avevo sentito parlare della sindrome di stoccolma…. – commentò sarcastica Nyssa, godendosi la scena, Felicity si sarebbe fatta ammazzare da sola.
-Ti prego ricordati… Ricordati di me… - esclamò disperata, erano giorni che quell'idea le frullava per la testa e per quanto assurda fosse ormai ne era convinta, non poteva permettere che qualcuno lo uccidesse, non prima di aver scoperto chi fosse realmente.
Da qualche parte all’interno della stanza qualcuno nascosto nell’ ombra scoccò una freccia contro Felicity, che chiuse gli occhi aspettando il dolore della freccia che la trapassava.
-AH! – l’urlo che risuonò per la stanza non fu quello della bionda informatica. Le braccia di Felicity tornarono a tendersi sotto il suo peso non più sorretto. Aprì di scatto gli occhi e vide il ragazzo che l’aveva minacciata di tagliarle la gola riverso a terra a pochi passi da lei con la freccia conficcata nel torace.
-Oh mio dio! NO! NO! – Felicity iniziò a dimenarsi con l’ intento di liberarsi dalle catene e correre dal ragazzo ai suoi piedi. In mezzo a quel caos nessuno aveva fatto caso a Diggle che lentamente si era avvicinato a Felicity e ora la stava liberando dalle catene. Libera dal sostegno Felicity cadde a terra, ma non perse tempo si trascinò accanto al giovane che stava bisbigliando il suo nome.
-Felicity…. – la bionda gli si accasciò accanto.
-NON SEI CONTENTA ORA? HAI IL PORTATILE, HAI LA PASSWORD COS’ALTRO VUOI DA NOI? VATTENE! Vuoi vedere l’uomo che ami impazzire bene, vai addio! Ma lasciaci in pace! – Nyssa guardò quella ragazza, l’aveva definita una debole, eppure in quel momento, anche se privata del sonno e torturata per quasi tre giorni era li a sfidarla, le stava urlado contro, come se non la temesse, si era sbagliata sul suo conto: non era una debole.
-Andiamocene. – Nyssa recuperò le sue cose e se ne andò, mentre Felicity sfilava la maschera al ragazzo. Il suo cuore perse un battito: i capelli castani tendenti al biondo, le labbra piene e rosa, anche se c’ erano diverse rughe e qualche cicatrice che prima non c’era Felicity riconobbe subito chi era.
-Brian… - bisbigliò lei accarezzandogli il viso, gli occhi si aprirono, quel verde così intenso e famigliare l’avvolse, mentre le labbra si stiravano in un sorriso stropicciato.
-Ehy, Fells, sei veramente tu? – Brian allungò la mano accarezzandole il viso, passò il pollice vicino al labbro dove il sangue le si era seccato.
-Ehy… Sei vivo…- balbettò lei afferrandogli la mano e strusciandoci contro il viso.
-Mi dispiace, Dio, come ho potuto farti male. –
-Non è stata colpa tua… Shhh va tutto bene… - la vista le si era appannata per colpa delle lacrime che scivolavano incessanti sulle sue guance.
-Non piangere, lo sai che odio quando lo fai. – allungò una mano cercando di asciugare quella lacrima solitaria che scendeva lungo la guancia di lei.
-Ti credevo morto. –
-Ehy, guardami… Ti voglio bene sorellina.- la voce si era fatta sottile, un sussuro leggero mentre gli occhi gli si chiudevano.
-NO! No! Ti vieto di abbandonarmi ora! Ti ho appena ritrovato non ti permetto di lasciarmi di nuovo! – urlò Felicity disperata.

Fine…..

*me arriva con un tir ti fazzoletti* ecco a voi!

E’ VIVO O ALMENO LO ERA….  SIETE CONTENTE? Tutte lo rivolevate vivo fino a tre righi fa lo era!
Ora ci manca solo l’epilogo e poi abbiamo finito la storia. T.T mi sto per mettere a piangere.
Ormai manca poco che ne dite di lasciare TUTTI una Recensione? vi aspetto IL PROSSIMO CAPITOLO SARA' DOPO PASQUA!  L'EPILOGO QUINDI È IL 23 APRILE!!
 
Chiedo scusa se non ho risposto alle recensioni e se ho aggiornato così tardi, ma purtroppo da Domenica il pc l’ho avuto solo ora.
Un bacione a MERCOLEDI’
Mia

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Capitolo 30
*** capitolo 30: Epilogo Happy End? ***


*me piange e singhiozza mentre spunto la casella completa* Sing!!! Q.Q
buona lettura e scusate se vi ho deluso con l'epilogo

Epilogo
 
La stanza segreta sotto il Verdant era stranamente silenziosa, i computer erano tutti spenti, gli attrezzi erano abbandonati: nessuno li stava usando, eppure qualcuno c'era in quel posto, le luci erano accese e l’allarme disattivato.
Felicity sedeva sul tavolo davanti al suo computer e ripensava a come in una sola settimana la sua vita fosse cambiata, stravolta nelle sue certezze: Brian era vivo, i ricordi di quello che era successo solo una settimana prima le risalirono alla mente e non poté fare a meno di sorridere:
 
Brian aveva perso conoscenza, la freccia era ancora piantata nel suo sterno, Felicity non sapeva cosa fare era disperata, non voleva perdere di nuovo suo fratello, non ora che lo aveva appena ritrovato. Diggle l’affiancò immediatamente controllando le condizioni del ragazzo, il battito c’era, non era ancora morto.
-Portiamolo alla fonderia. – Oliver aiutò Dig a portare fuori il ragazzo, mentre Sarah sorreggeva Felicity e l’aiutava a camminare, troppo stanca e sconvolta per farcela da sola.
 
Steso sul tavolo dove solitamente veniva messo Oliver, il ragazzo veniva curato da Dig, il corso di primo soccorso che aveva fatto nell’esercito gli era tornato estremamente utile.
-Non ci posso credere che sia ancora vivo. – commentò Allen guardando l’amico incosciente.
-Starà bene Fel. – le disse Diggle, la ferita non era profonda, Oliver si era fatto male in modo peggiore ed era sopravvissuto, dovevano solo aver fiducia.
-Dobbiamo medicare anche te. – disse Oliver a Felicity che era seduta sulla sedia e fissava immobile il fratello riposare.
-Non ce n’è bisogno. – non voleva allontanarsi dal fratello, se avesse ripreso conoscenza voleva che fosse lei la prima persona a vedere.
-Felicity. – sibilò Oliver.
-Va bene. – si arrese, odiava quando la rimetteva in riga chiamandola solo per nome.
Oliver si prese cura di ogni taglio, livido o graffio che trovava sul suo corpo, mentre la ragazza fissava Brian dormire beatamente.
-Posso dire che la vostra idea è stata molto stupida? – chiese Dig, ora che la situazione si era calmata Sarah aveva spiegato cosa era successo, Felicity era troppo sconvolta per poter parlare.
-Dillo a Felicity il mio è stato fiato sprecato. – rispose subito Sarah, Oliver la guardò malissimo, non era il caso di farlo arrabbiare più del dovuto, aveva passato un ora a urlare contro Sarah e se non fosse stato per il fatto che Felicity  era ferita e ancora sotto shock per quello che aveva passato Oliver avrebbe urlato anche contro di lei.
-Che facciamo con Nyssa, ha il computer e la password ora può creare un esercito di persone super potenti. – fece notare Allen, tutti stavano pensando la stessa cosa solo, evitavano di dirlo ad alta voce, come se non dirlo potesse rendere la situazione irreale.
-No, non può. – fece Felicity, quelle erano le prime parole che diceva da quando era stata portata fuori dalla stanza delle torture.
-Che vuoi dire? –
-Ho cambiato la formula, al massimo gli farà passare il mal di testa. – tutti la guardarono sorridenti, aveva veramente pensato a tutto.

-Felicity, che ci fai qui?- presa dai suoi pensieri la bionda non si era accorta che la pesante porta  veniva aperta e neanche di qualcuno che entrava. Fermo in fondo alle scale che la guardava, sorpreso di vederla li, c'era Oliver.
-Ehy.- lo salutò lei sorridendogli, ancora le cose tra di loro non erano state sistemate, c'era chi aveva perorato la causa al posto di Oliver, ma Felicity era ancora titubante nel ascoltare quello che il ragazzo le voleva dire.
-Come stai? E Brian?- chiese lui avvicinandosi.
-Sto bene, anzi stiamo bene. È strano averlo per casa, la mattina mi sveglio e vado subito da lui per assicurarmi di non aver sognato tutto. - sorrise pensando alla prima volta che si era svegliata, la sua mete le aveva detto che era stato solo un bel sogno e lei era corsa in camera sua dove il ragazzo dormiva per vedere se c'era o no, quando l’aveva visto beatamente addormentato gli si era lanciata addosso abbracciandolo svegliandolo e colpendo la ferita ancora aperta.
-Non è un sogno. - Oliver le posò la mano sul braccio cercando di infonderle un po' di serenità.
-Che ci fai qua? – aggiunse.
-Cerco pace, Allen e Brian sotto lo stesso tetto in quei pochi metri quadrati del mio appartamento, mi hanno fatto diventare pazza.- i due si sorrisero Oliver la capiva, Thea in casa sua era fonte di molta confusione anche se aveva una casa grande.
-Torno a casa...- disse di getto Felicity. Oliver si blocco guardandola con terrore, stava per andarsene, stava per abbandonarlo senza nemmeno dargli modo di spiegare quello che era successo.
-Cosa? Non puoi! Mi avevi promesso che mi avresti ascoltato!- si sentiva molto infantile.
-Ehy Felicity… Ops, scusate non volevo interrompevi… - Sarah aveva fatto capolino dall’entrata sul vicolo interrompendo Oliver ed evitando che si mettesse ancora più in imbarazzo.
-Tranquilla. Dimmi. – Felicity le sorrise invitandola a non andarsene.
-Ti ho portato questo, okay, l’ha fatto mio padre per ringraziarti. Ora io andrei, prima che Oliver decida di uccidermi per avervi interrotti. Ah, ricordati quello che ci siamo dette l’altra volta. – fece alludendo alla conversazione che lei e Felicity avevano avuto su sua sorella e sul suo modo di manipolare le situazioni a suo piacere.
-Si, va bene, ringrazia tuo padre Sarah.-
-Bene io vi lascio. – Sarah uscì velocemente lasciando i due nuovamente soli.
-Perché parli con tutti ma non con me? – chiese Oliver frustrato da quella situazione. Feliity parlava con Dig, con Allen, con Roy, con The e anche con Sarah, ma non con lui.
-Non è così Oliver… -
-Allora ascoltami, lascia che ti spieghi come è andata realmente. – Oliver si avvicinò annullando completamente la distanza tra di loro, non poteva permetterle di scappare.
-Oliver, mi dispiace! – esclamò Felicity a disagio, si era sempre costretta a non guardare Oliver negli occhi per paura di vedere indifferenza, ma ora che era li ad un passo da lei non poteva fare a meno di guardare quelle due bellissime pozze blu.
-Cosa? – chiese lui.
-Ho detto che mi dispiace. Tu sei perfetto, mi hai fatto sentire importante, utile, desiderata e bellissima. Nessuno mi aveva mai fatto sentire così, se tu mi avessi detto che volevi stare con Laurel sarei morta, per questo non ti lasciavo parlare, non volevo sentirti dire che preferivi lei a me.-  ammise lei.
-Felicity, Laurel è il mio passato, tu sei il mio futuro. Mi dispiace, lascia che ti dica come è andata veramente, ti prego. – implorò lui prendendole le mani e stringendole nelle sue.
-Va bene… - Oliver la guardò dubbioso per un attimo, era tutto troppo facile ci doveva essere sotto qualcosa, comunque colse l’occasione al volo e inizio a raccontagli:


La voce di Felicity gli risuonava ancora nell’orecchio. Avevano un lavoro da fare eppure non poteva fare a meno di cercarla in mezzo alla folla, la gente arrivava e la sala era sempre più gremita di persone.
-Oliver. – sentendosi chiamare si voltò e vide Laurel che gli sorrideva e gli parlava, almeno la vedeva parlare, ma la sua voce non arrivava al suo cervello, la sua attenzione era tutta per Felicity che si muoveva per la sala come un ape operaia, un giorno avrebbe partecipato anche lei a quelle feste come ospite, non come tutto fare.
-Beh allora che ne dici beviamo qualcosa e mi racconti cosa ti occupava così tanto? – non era poi così facile liberarsi da quella ragazza, così accettò e insieme presero da bere al bar. 
Cercava di scaricare la ragazza con una scusa senza offenderla, ma Laurel non si voleva staccare.
-Ti devo parlare. – lo prese per braccio e lo portò fuori in una stanza accanto a quella dove si svolgeva la festa.
-Laurel, che succede? – chiese Oliver a disagio, non era un bene essere li solo con Laurel se qualcuno li avesse visti sarebbero subito iniziati i pettegolezzi e non voleva rovinare le cose con Felicity.
-Perché non ci divertiamo un po’? – chiese lei sorridendogli allusiva.
-Laurel, no. Ti voglio bene ma… - un attimo prima Laurel era in piedi davanti a lui, un secondo dopo aveva le sue braccia attorno alla sua testa e le labbra premute contro le sue, cercò di spingerla via ma quella con un’abile mossa gli portò le gambe ai suoi fianchi, si trovò sbilanciato da quella mossa, l’istinto ebbe la meglio sulla ragione e passò le sue mani sulle sue gambe per sorreggerla evitando così di cadere a terra.
 
-E il giorno dopo? A pranzo insieme? – chiese lei, non voleva essere cattiva, ma ormai che c’era tanto valeva sapere anche quello.
-Come lo sai? – chiese lui sorpreso, non che ci fosse qualcosa sotto, solo che lui non l’aveva detto a nessuno, come poteva lei saperlo?
-Rispondi? –
-Ero a fare un giro in moto aspettando che tu mi chiamassi. Stavo impazzendo perché non capivo cosa era successo, ero vicino al parco quando Laurel mi ha trovato e mi ha costretto ad andare a pranzo con lei.- spiegò lui guardandola negli occhi per assicurarsi che lei gli stesse credendo.
-Perché quando ti ho chiamato mi hai riattaccato in faccia.-
-Non ho mai riattaccato! – esclamò lui subito, aveva passato tutta la mattinata aspettando la sua chiamata, per quale motivo avrebbe dovuto rifiutare la chiamata.
-Eppure è così, Allen era li con me. –
-Felicity, ti giuro che non l’ho fatto. Ho tenuto tutto il tempo il cellulare sul tavolo per controllare se… - rispose lui, tutto quello non aveva senso.
-Aspetta, aspetta, aspetta! Sul tavolo?- chiese lei pensierosa.
-Si!?-
-A che ora sei andato via dal pranzo. –
-Dopo che Diggle mi ha chiamato… Saranno state le una e mezzo. –
-E quando ti sei allontanato dal tavolo il telefono dove era? – chiese, quando era passata accanto a Laurel lui non c’era quindi si doveva essere alzato dal tavolo.
-Sul tavolo, ero entrato per dire una cosa al cameriere, ci ho messo più del previsto, come fai a sapere che mi sono alzato? – non stava capendo un bel niente, come faceva Felicity a sapere quelle cose.
-Sono passata accanto al vostro tavolo, Laurel parlava al telefono diceva che eravate fuori a pranzo, che volevate riprovarci…. – spiegò lei distogliendo lo sguardo da Oliver, se ripensava a quello che aveva sentito si arrabbiava ancora.
-E poi? Felicity, che altro ha detto? –
-Che eravate destinati a stare insieme e che tu avevi negato di avere una storia con me, anzi che ti eri messo a ridere quando te l’aveva detto. –
-Non è assolutamente vero! Ti prego, credimi. – la pregò lui, tutta quella situazione non aveva senso, Laurel si era inventata tutto solo per farli lasciare.
-Io… -
-Credimi ti prego. –
-Io, ti credo ma…- non era destino per loro chiarirsi, il cellulare di Felicity si mise a suonare e la bionda rispose facendo cenno a Oliver di attendere un attimo.
-Arrivo, un attimo. – disse appena rispose.
“Muoviti siamo qui fuori.” chiuse la telefonata e riportò l’attenzione su Oliver.
-Dove vai? –
-A casa te l’ho detto, i miei vogliono fare una festa per Brian, come se una festa potesse farmi dimenticare che sono stati dei pessimi genitori. – scese dal tavolo e si allontanò da Oliver.
-Felicity, io… -
-Che fai li impalato non vieni? Dobbiamo festeggiare mio fratello che è tornato in vita. – si fermò sulle scale osservando il ragazzo che la raggiungeva sorridendo.
- …se… se dovessi ferirmi di nuovo, mi avrai persa per sempre… - si stava rimettendo in gioco, stava dando ascolto ancora una volta alla parte irrazionale di se.
-Non accadrà… -
Uscirono dal covo, fuori c’erano Diggle, Brian, Allen e Sarah appoggiati alla vettura che li aspettavano, parlavano e ridevano tra loro, quando li videro arrivare insieme per mano il gruppo sorrise. Felicity guardò i ragazzi davanti a lei e poi il ragazzo accanto che la teneva per mano, le persone più importanti della sua vita erano tutte li sane e salve.
-Ti amo Felicity Smoak.- le disse Oliver prima di baciarla davanti a tutti.
 
Fine

*me si soffia il naso in modo rumoroso e asciuga la cascata di lacrime che scendono dai miei occhi* ODDIO HO FINITO! Non ci credo! Ne sento già la mancanza! È da Gennaio che ci teniamo compagnia e ora è tutto finito.  Q_Q
*me si ricompone* Okay dibattiamo dell’epilogo. U.U
Ve l’avevo detto che il motivo per cui Oliver bacia Laurel non era niente di che, vi giuro che ci ho provato a cercare qualcosa di più sensato e interessante, ma non mi è venuto in mente niente di meglio.
OLICITY PER SEMPRE!
Lo so che non c’è stato un gran finale, ma non sono la persona giusta per questo, voglio dire, non vi aspettate da me cose eclatanti amori confessati in modo epico, ecco no, assolutamente non sono da me. Sarà perché ho sempre fatto il tifo per i cattivi ragazzi e quindi dal tipico cattivo non ti puoi aspettare una confessione romantica, e poi sono contro il diabete! xD
Ora prima di chiudere vi dico altre due: la storia non era esattamente strutturata così ho dovuto cambiare parti dall’idea originale.
1 Brian doveva essere realmente MORTO, ma poi visto le vostre recensioni ho deciso di riportarlo invita.
2 In molti mi hanno chiesto se Allen era veramente innamorato di Felicity. In origine quando Allen andava via ripeteva nuovamente a Felicity di andare via con lui, ma lei rifiutava e gli diceva di andare dalla sua ragazza. E lui se la rideva chiedendole come faceva a sapere che aveva una ragazza. Quindi qui si svelava che Allen non era mai stato realmente interessato a Felicity, ma col il ritorno di Brian questo pezzo l’ho tolto.
Questi mi sembrano gli unici due cambiamenti essenziali della storia. Ah si, non c’è scritto chi ha tirato la freccia, in quanto non ho mai pensato che fosse così determinante ho sempre pensato che fosse uno degli uomini di Nyssa presenti nella stanza visto che la freccia puntava contro la nostra Felicity.
Ora credo di aver detto tutto.
Okay dire che ora che è finita anche i Lettori silenziosi devono recensire mi pare brutto… quindi non lo dico U.U ma ovviamente posso pensarlo giurbo? Visto che vi è piaicuta  questo lo deduco dal fatto che l’avete visualizzata in tantissimi e che tra seguite/preferite/ ricordate questa storia tocca numeri che il mio account non ha mai visto. Fatemi contenta ditemi cosa ne pensate! Io intanto lavoro su altre cose.
Un bacio
Mia Black
 
Ringrazio:
prima di tutto Chi ha recensito! I miei fedelissimi recensori che mi hanno fatto toccare le 388 recensioni in 29 capitoli, cosa che NON mi era mai successa e che ha lasciato molti a bocca aperta! Quindi GRAZIE soprattutto a voi.
 
Ringrazio le 65 persone che l’hanno messa tra le PREFERITE
Ringrazio le 6 persone che l’hanno messa tra le RICORDATE
Ringrazio le 111 persone che l’hanno messa tra le SEGUITE
 
Non metto i nomi perché se no farei la lista della spesa e mi ci vorrebbero tipo tre pagine ma ringrazio tutti, spero vi sia piaciuta e spero che continuerete a seguere le miei storie con la stessa passione e “fedeltà” con cui avete seguito questa.
A presto
 
 
Ps
A maggio dovrei riprendere la storia in mano e correggere gli INNUMEREVOLI errori che ho seminato, la storia non sarà toccata per trama o dialoghi sarà solo corretta quindi in cosa tornasse in alto è solo perché la sto correggendo.
 
PPS
Per pasqua avevo pensato di scrivere una cosuccia usando come base la scorsa puntata ma poi ho deciso di usare quell’idea per la storia del pargolo... anche se non so ormai storie con Felicity incinta ne escono come funghi e l’idea non mi sembra più così originale come era all’inizio… va beh! Un bacio

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