Saint & Colori

di ribrib20
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Kanon di Gemini - Blu ***
Capitolo 3: *** Pandora - Viola ***
Capitolo 4: *** Milo di Scorpio - Rosso ***
Capitolo 5: *** Minos - Grigio ***
Capitolo 6: *** Aiolia di Leo - Arancione ***
Capitolo 7: *** Hypnos - Giallo ***
Capitolo 8: *** Shura di Capricorn - verde ***
Capitolo 9: *** Athena e Hades - Bianco e Nero ***
Capitolo 10: *** Gaia - Marrone ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


The One Hundred Prompt Project
Completate: 10/100

01. Alba 02. Pomeriggio 03. Tramonto 04. Sera 05. Notte
06. Bene 07. Male 08. Luce 09. Oscurità 10. Opposti
11. Vista 12. Udito 13. Tatto 14. Gusto 15. Olfatto
16. Sole 17. Pioggia 18. Neve 19. Nuvole 20. Tempesta
21. Giallo 22. Arancione 23. Rosso 24. Marrone 25. Verde
26. Blu 27. Viola 28. Nero 29. Grigio 30. Bianco
31. Sole 32. Stelle 33. Luna 34. Pianeta 35. Universo
36. Autunno 37. Inverno 38. Primavera 39. Estate 40. Nessuna Stagione
41. Temperatura 42. Freddo 43. Caldo 44. Gelo 45. Piacevole
46. Cuore 47. Emozioni 48. Sensazioni 49. Apatia 50. Empatia
51. Caos 52. Anarchia 53. Disordine 54. Ordine 55. Libertà
56. Passato 57. Presente 58. Futuro 59. Tempo 60. Senza Tempo
61. Origine 62. Nascita 63. Crescita 64. Vita 65. Morte
66. Acqua 67. Fuoco 68. Terra 69. Aria 70. Fulmine
71. Orgoglio 72. Insensibilità 73. Gelosia 74. Timidezza 75. Impulsività
76. Pigrizia 77. Collera 78. Vanità 79. Invidia 80. Insaziabilità
81. Addio 82. Bugie 83. Errore 84. Rimpianto 85. Vendetta
86. Sorte 87. Destino 88. Desiderio 89. Sogno 90. Incubo
91. Grazie 92. Scusa 93. Giustificazioni 94. Perdono 95. Scelte
96. Tema libero 97. Tema libero 98. Tema libero 99. Tema libero 100. Tema libero

The One Hundred Prompt Project © BlackIceCrystal
Progetto originale della Big Damn Table © http://community.livejournal.com/fanfic100/ | http://community.livejournal.com/fanfic100_ita/

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Capitolo 2
*** Kanon di Gemini - Blu ***


Documento senza titolo


Kanon non ha mai amato i suoi capelli. Erano blu come quelli dell'odiato fratello, lunghi e scuri come quelli di Saga, colui che l'aveva rinchiuso a capo Sunion e che era poi fuggito dal suo vero essere.
Per Kanon il blu aveva sempre rappresentato suo fratello - anche se ora, "fratello" gli sembra una parola sconosciuta -
Saga: suo fratello, che gli porgeva la mano quando era piccolo e cadeva e si faceva male.
Suo fratello, del quale vedeva sempre e solo la schiena mentre si voltava e camminava davanti a lui, rimproverandolo perchè non doveva allontanarsi da solo - piccolo com'era - dal grande tempio.

Kanon amava suo fratello.
Era felice di avere lo stesso taglio di capelli di Saga. Lo faceva sentire fiero, fiero di avere lo stesso sangue di uno dei più forti cavalieri d'oro, i più fidati guerrieri di Athena.

Kanon odiava Saga.
Detestava quei capelli, così uguali ai suoi. Non sopportava essere sempre paragonato a suo fratello: « Devi essere forte e allenarti di più, se vuoi essere come Saga di Gemini ».

Kanon era diverso dal cavaliere dei gemelli e per questo odiava Saga. E questo non andava bene. Non per loro.
Se qualcuno gli chiedesse « Qual'è il tuo colore d'appartenenza, quello che pensi ti rispecchi di più? » Kanon risponderebbe "Il blu".
Perchè blu è il colore dei capelli, suoi e di Saga, colui che ha tanto amato e tanto odiato.
Perchè blu è il colore del mare, del regno dove è stato per molto, molto tempo ingannando Poseidon, il dio.
Kanon aveva un colore. E il suo colore era il blu. Quello del mare, quello della sua lunga chioma.
Il blu del mare, che guardava così tanto mentre il sole tramontava e lui lasciava il campo d'addestramento, immerso in ricordi lontani di gioia e dolore.
Il blu del fratello che gli mostrava la schiena. Quel fratello che tanto aveva amato e odiato, ma che ora gli mancava. Perchè nonostante tutto, erano una famiglia.

Kanon non ha mai amato i suoi capelli.
Erano blu come quelli del fratello che tanto odiava, ma ora, guardandosi allo specchio del bagno, quel blu non lo irrita più. Al contrario, gli fa salire un moto di nostalgia di tempi antichi che mai ritorneranno. Così, Kanon ritorna nel suo letto dopo l'ennesima giornata passata a resistere alla voglia di tornare indietro, a cercare qualcosa che ormai non esiste più. Conscio che l'indomani, tutto sarebbe ricominciato allo stesso modo.
Chiude gli occhi Kanon, lasciandosi andare a sogni di tempi antichi.

... E intanto un bambino corre e gioca con le onde del mare, sotto gli occhi vigili di una figura più grande, identica a lui: « Kanon, non correre così o ti farai male »
« Non ti preoccupare fratello! Sono un saint di Athena! Non ho paura di sbucciarmi il ginocchio! »
« Si, ma vorrei che il futuro saint di Gemini arrivasse all' investitura con le ginocchia intatte, fratellino. »
« Non preoccuparti Saga! Sarai fiero di me! »

 

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Capitolo 3
*** Pandora - Viola ***


Documento senza titolo

Un altro giorno ha inizio, nel regno degli inferi.
Nella sua sala, Pandora suona l'arpa, sua unica compagna. Le dita pallide scivolano delicate sulle corde, pizzicandole appena.
Tiene chiusi gli occhi, Pandora.
Forse per non vedere la realtà, che la costringe a stare in un mondo senza luce, forse per vedere i suoi sogni di fanciulla; una fanciulla che troppo presto ha smesso di sognare.
Pizzica le corde, Pandora, persa in un mondo tutto suo dove ogni cosa ha un colore.
Sogna di prati verdi pieni di fiori, di farfalle colorate. Una bambina corre, felice, giocando col suo cane.
Sono tutti sogni dolci, felici che rimarranno per sempre tali: ricordi lontani di un'infanzia ormai sparita.
Perchè pandora sa che quelli non sono solo sogni innocenti.
Pandora sa che i suoi sono ricordi di tempi passati, quando ancora era piccola e pensava che il mondo fosse pieno di sfumature colorate.
« Lady Pandora? » una voce calda, profonda costringe la sacerdotessa ad aprire gli occhi lentamente, per non far svanire troppo in fretta quel sogno così bello: la melodia è finita, il generale è chino dinnanzi a lei e attende ordini. La sacerdotessa volta la testa verso una finestra - l'unica che c'è - e osserva fuori il mondo, così grigio, così tetro.
Così morto.
Richiude gli occhi, per poi avvicinarsi un poco a quel cavaliere in armatura ed osservarlo, senza in realtà vederlo veramente: « Qui non ci sono colori » una semplice constatazione, la sua, che fa sollevare il viso all'uomo.
« Come dite, signora? » chiede lui, interdetto.
« Questo mondo è così nero. Non vi sono colori. Non vi sono fiori. Nulla. Solo ... il nero. » conclude, e con la mente si perde, un'ultima volta, in quel mondo così colorato - così lontano -
« Perdonatemi lady Pandora, ma non sono d'accordo » Pandora lo osserva: in altri momenti l'avrebbe punito per aver osato contraddirla, ma ora non ci fa caso.
Per un attimo, vorrebbe essere Pandora la ragazza e non la sacerdotessa di Hades. Perciò fa cenno al generale di continuare: « Dite che qui, negli inferi, non vi sono colori. Ma vi sbagliate. C'è un altro colore, qui da noi. » afferma l'uomo, togliendosi dal capo l'elmo pesante e osservando gli occhi della sacerdotessa, riflettendosi in essi: « E quale sarebbe questo colore? »
« Il viola dei vostri occhi, signora. » e a queste parole sussulta lievemente, Pandora: « I miei occhi? »
« Si, i vostri occhi. Poichè riflettono la vostra - perdonatemi la sfrontatezza - malinconia. »
« Penso solo che in questo mondo non vi siano quei colori che hanno decorato la mia infanzia. » Afferma Pandora, sincera.
E ormai non si riconosce più, ma in fondo, confidarsi con qualcuno svestendo per un attimo il ruolo che le è stato cucito addosso dal destino, male non può farle.
« Anche il nostro mondo ha i suoi colori Lady Pandora ... basta saperli trovare. » e detto questo il cavaliere la guarda un'ultima volta, come se volesse dire altro, ma poi torna ad inginocchiarsi di fronte a lei, attendendo ordini.
Chiude nuovamente gli occhi Pandora, respirando profondamente: ora deve tornare a fare la sacerdotessa di Hades.

Pandora suona spesso la sua arpa, chiudendo gli occhi: il suo dolce suono l'aiuta a ricordare ogni singola sfumatura del mondo colorato in cui viveva prima di divenire sacerdotessa del dio degli inferi.
Pandora credeva che quel mondo non avesse colori.
Pensava fosse grigio, come un mondo eternamente sospeso dal dolore delle anime che qui cercavano riposo, e dalla malinconia dei suoi abitanti.
Ma ora, dopo un sempice dialogo, la ragazza sa che esiste anche un altro colore, oltre al nero di quel posto così cupo.
E si sente un pò più a casa.

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Capitolo 4
*** Milo di Scorpio - Rosso ***


Documento senza titolo

« Non vedo traditori, qui. Solo un mio compagno: si chiama Kanon di Gemini » con queste parole si congeda dalla tredicesima casa, il tempio dove risiede la sua dea.
E' certo di lasciarla in buone mani ora che sa che lui è un alleato.
Scende dunque le scale Milo, per raggiungere l'ottavo tempio, quello dello scorpione, pronto ad affrontare una nuova guerra - l'ultima che vedrà, forse - per il bene dell'umanità.
Chiude gli occhi e sorride "sono stato un pò brutale temo" pensa mentre con la mente torna al momento appena passato, durante il quale ha scagliato la sua scarlett needle contro l'uomo che era nemico, contro l'uomo che ora è compagno. I colpi si sono abbattutti su quel corpo senza che egli facesse nulla per difendersi e presto il sangue rosso, scarlatto come i suoi attacchi, è andato a tingere il pavimento del tempio. Apparentemente sordo alla richiesta di fermarsi, proveniente dalla voce di Athena, spettatrice suo malgrado di quella scena, Milo ha continuato con la sua opera perchè doveva esserne certo - doveva vedere - se quell'uomo, Kanon, era davvero redento.
"Era l'unico modo" riapre gli occhi tornando al presente e continuando la discesa "Probabilmente noi non sopravviveremo ... Kanon".

E Milo sa che il filo rosso del destino ha iniziato a tessere i suoi legami, incessante.
Sa che il sangue scarlatto di Kanon non sarà l'ultimo che sgorgerà, ma nonostante questo continua a scendere, pronto per fronteggiare coloro che vogliono far del male ad Athena, la sua dea.
Ma si può davvero essere pronti alla guerra?
Una persona può davvero essere preparata, all'idea della morte?

Scende le scale Milo, cosciente del fatto che per loro - cavalieri d'oro - non ci sarà futuro, non ci sarà un domani. "Ma l'avranno le generazioni future" pensa, mentre un accenno di sorriso spunta sulle sua labbra: sta parlando come un anziano, Milo, ma è giovane.
Molto.
Il filo rosso del destino ha iniziato la sua opera - è il destino - continua a ripetersi mentre comincia una battaglia, l'ultima.
Ma non ci sta, non si arrende quando quello stesso destino lo priva di Athena, uccisa da Saga: anch'egli compagno e ora invece traditore.
Non si rassegna al destino quando osserva il corpo ormai privo di vita di quella dea per la quale ha dato tutto e allora prova collera, anche ora che stringe il collo di Camus - amico, traditore - perchè non ci crede, Milo. Non riesce a credere che quei cavalieri abbiamo davvero ucciso la loro dea.
Ma Milo non le vede, le loro lacrime scarlatte come il sangue che è stato appena versato.
Milo non sente l'urlo straziante delle loro anime.
Lui non le sente.
L'unica cosa che percepisce sono le sue, di lacrime, quelle che non riesce a trattenere anche se continua a ripetersi che ormai quelli che ha davanti sono nemici.
Milo non vede le lacrime cremisi, non sente le grida mute dei suoi vecchi compagni.
Vede solo quei capelli rossi cadere, seguire il corpo di Camus fino a toccar terra: fissa quegli occhi cechi che lo osservano di rimando: « Scusa » sembra voler dire quello sguardo.
« Non vi perdonerò mai » è quello che dicono invece gli occhi furenti di Milo, mentre si gira per dare le spalle a quei traditori: non vuole più vederli. Mai più, perchè troppo grave è stata la loro azione.
Ma Milo non vede le loro lacrime scarlatte.
Milo può vedere solo il sangue della sua dea.

... E il filo rosso del destino ha iniziato a legare tra loro le persone, chiamandole ad affrontare eventi più grandi di loro.

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Capitolo 5
*** Minos - Grigio ***


Documento senza titolo

Un altro giorno ha inizio, nel regno degli inferi.
Camminando per le strade, immerso nei suoi pensieri, Minos sa che una nuova guerra sacra è ormai alle porte. Sa che ben presto lui, Rhadamantis ed Aiacos riceveranno l'ordine di attaccare il tempio di Athena - o, per meglio dire, riceveranno l'ordine di mandare gli specter - e deve farsi trovare preparato.
A questo pensiero un sorriso freddo si fa largo sul suo viso, parzialmente nascosto dalla lunga frangia che gli copre gli occhi: lui non ha bisogno di prepararsi.
Lui, Minos del grifone, uno dei tre generali, non ne ha bisogno.
Pronto per la battaglia, pronto per servire fedelmente il suo dio, Minos non necessita di preparazioni.
Perchè lui è nato per questo.
Perchè lui è nato per combattere in nome di Hades, signore dei morti.

E non saranno certo dei cavalieri da quattro soldi a fermarlo. Anche se, forse ... forse qualche valente cavaliere lo troverà: in fondo, Athena conta tra le sue schiere i cavalieri d'oro - o almeno, pensa freddamente, quei pochi che sono rimasti - A questo pensiero uno strano bagliore attraversa il suo sguardo, mentre pensa agli imminenti scontri che lo vedranno protagonista presto.
Molto presto.
Sorride ancora Minos osservando i palmi delle sue mani: "Sì, non vedo l'ora di entrare in azione" pensa, salendo i gradini che lo separano dall'entrata al tribunale.
Sarà divertente usare il suo avversario come una piccola marionetta.
Una piccola, impotente marionetta.
Perchè alla fine, è questo quello che sono le persone: piccole bambole di pezza legate da fili invisibili, controllate da una mente superiore.
E quando Minos combatterà, mostrerà ai cavalieri suoi avversari quanto possano risultare fastidiosi quei sottili fili grigi. Oh, si ... darà prova ai suoi nemici di quanto crudele può essere il destino di una piccola bambola.

« Non pensi di essere un pò troppo crudele? » gli chiese qualcuno una volta - anche se non si ricorda bene chi fosse - Una risata fredda, senza allegria era giunta in risposta a quella domanda così invadente, posta da qualcuno che - con ogni probabilità - non sapeva con chi stava parlando. In quel caso, Minos aveva semplicemente guardato quell'uomo - o donna? non se lo ricordava neppure - con freddezza e, continuando a sorridere, l'aveva congedato dalla sua vista con un « Sparisci dalla mia vista all'istante. » e doveva essere stato parecchio convincente, perchè quel fastidioso interlocutore si era subito volatilizzato borbottanto parole di scuse.

Sorride Minos a quel ricordo: essere temuto è fonte di gioia - ma si può davvero parlare di gioia? - per lui.
Sorride Minos ripensando a quella domanda: "troppo crudele?" ripete nella sua mente quelle due parole ma poi scuote la testa con calcolata indifferenza.
Lui non è crudele. Mostra semplicemente alle persone qual'è la loro vera natura: quella di bambole fragili, pronte a spezzarsi ad un singolo gesto.
Cosa c'è di crudele in questo?
E intanto osserva un'ultima volta le sue mani, aspettando con ansia il giorno - sempre più vicino - in cui incontrerà un cavaliere abbastanza forte da riuscire a sopportare la sua Cosmic Marionation.
Il giorno in cui quel cavaliere riuscirà a ribellarsi e a spezzare i fili grigi che usa nei suoi attacchi, allora, forse, prenderà in considerazione l'idea di essere crudele.

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Capitolo 6
*** Aiolia di Leo - Arancione ***


Documento senza titolo

Aiolia aveva un fratello. Egli si chiamava Aiolos di Sagitter ed era un traditore.
Aveva cercato di uccidere Athena, la dea che fedelmente i cavalieri d'oro seguivano sin dall'alba dei tempi. Ed era morto da traditore qual' era: senza patria, senza tomba nè commemorazioni particolari, Aioros era morto in solitudine - o assieme ad un'anima dannata, colpevole del più grave dei crimini -
Apre gli occhi Aiolia, lasciando che le goccie d'acqua fredda gli pizzichino dolcemente la pelle sudata, mentre passa la spugna per pulire il corpo sporco di fango - e sangue, il sangue di un parente traditore - dopo la consueta sessione pomeridiana di allenamenti. Anche questa giornata l'ha dovuta passare in completa solitudine, una solitudine fatta di sguardi accusatori e di sussurri maligni rivolti a lui - rivolti all'ombra del fratello che grava su di lui - e Aiolia, giovane cavaliere di Leo sopporta e va avanti per la sua strada.
« Pensi davvero di meritare quell'armatura sacra? »
« Ssh! Lui è il fratello di quel traditore! »
Frasi che sono diventate pane quotidiano, trasportate dal vento fino alle orecchie del cavaliere che non risponde alle provocazioni, ma che in cuor suo prova rabbia.
Rabbia verso quelle persone, che non sanno eppure parlano.
Rabbia verso quella persona che prima chiamava "fratello", ma che ora chiama "traditore".
E rabbia verso se stesso, perchè Aiolia non può far altro che arrabbiarsi ed isolarsi, portando sulle spalle un peso inesistente, il peso di essere parente di colui che ha attentato alla vita della sua dea.
Ma Aiolia non sa.
Non sa che non è il fratello, ad aver provato ad uccidere Athena.
Non sa che è l'uomo che chiama "grande sacerdote" ad essere "impostore".
Non sa che suo fratello è morto per salvare la dea della giustizia.
Aiolia non sa e chiude gli occhi, bagnandosi il viso e stando in piedi, fermo a pensare.
« Voglio sapere la verità » un pensiero.
Un desiderio.
Gira la testa, osservando fuori dalla finestra: il sole sta tramontando e ha assunto un bel colore arancione.
"Come i mandarini ... " sorride suo malgrado Aiolia dando le spalle alla finestra e uscendo dalla vasca: un'altra giornata è finita.

Aiolia non sa che ritroverà suo fratello, di fronte a quel muro maledetto e che lì, si ricongiungeranno in un ultimo, estremo sacrificio. Aiolia non sa nulla di tutto questo e allora va avanti, passando le giornate lontano dal mondo, portando sulle sue spalle un peso che non esiste.
... Chissà se mai torneranno ad esserci, momenti di pace assoluta.
In cuor suo spera ancora, Aiolia, di svegliarsi e di scoprire che in realtà è tutto un sogno.
E spera di rivedere Aioros salire le scale del suo tempio, con in braccio una cesta piena di mandarini.

« Non mi piacciono i mandarini! »
« Aiolia ... se vuoi diventare grande e forte, devi mangiare anche la frutta.»
« Se li mangiò diventerò forte come te? »
Un sorriso dolce. Uno sguardo mite.
« Probabile. »
E un ricordo che man mano diventa fumo e si perde, portato via dal vento di Atene.

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Capitolo 7
*** Hypnos - Giallo ***


Untitled Document

L'eternità.
Può una semplice parola, racchiudere in sè una vita intera?
Chiuse gli occhi d'oro, Hypnos, muovendo piano il vino nel bicchiere.
Era tornato lì, nei campi elisi assieme a suo fratello dopo che la piccola Pandora li ebbe liberati.
In un mondo dove tutto era fermo, immortale, l'unica cosa che poteva fare un dio per passare il suo tempo era quello di vivere i suoi ricordi con distaccato interesse.
Sorrise, Hypnos, mentre piano riapriva gli occhi, facendo poi cenno alla ninfa vicino a lui: « Ti annoi? » le chiese, con quel tono così freddo da far venire i brividi.
E la ninfa lo guardò in viso - ma non negli occhi, poichè quelli la inquietavano - smettendo di versar vino nel calice che il dio le porgeva: « No, signore. » rispose poi, sorridendo.
Hypnos sbuffò impercettibilmente. Certo, quando vivevi una vita immortale, la noia che essa racchiudeva, non veniva percepita. Ma lui se n'era accorto ormai da tempo: qualcosa lì nei campi elisi stava cambiando.
Sorrise ancora: qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe eseguito il suo compito.
E così suo fratello.
E così Pandora.
Anime legate da un destino già scritto nelle stelle.
Anime condannate, anime destinate a vivere in eterno sospese nel nulla più oscuro
.

« Ditemi, dove avete portato Athena? » il giovane cavaliere era di fronte a loro. L'armatura rovinata, segno delle lotte precedenti, appena concluse.
Tutto di lui faceva supporre che presto sarebbe caduto eppure c'era qualcosa nel suo cosmo, che Hypnos non riusciva a comprendere.
Alzò un dito, indicando un tempio.
Poi volse lo sguardo verso quel cavaliere impavido.
Un barlume.
Una luce sconosciuta al dio brillava negli occhi di quel ragazzo.
Il dio del sonno sorrise: presto non si sarebbe più annoiato.
Presto, molto presto, avrebbe compreso cos'era quella luce così brillante che mai aveva visto.

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Capitolo 8
*** Shura di Capricorn - verde ***


Untitled Document

Aveva sempre vissuto in nome della giustizia.
Arrivato al santuario quando ancora era non più di un bambino, Shura aveva presto imparato ad essere fiero del suo essere cavaliere.
Servire Athena, la grande dea guerriera, era la massima aspirazione che potesse avere un ragazzo come lui. Era felice di essere tra le sue schiere, con l'armatura d'oro scintillante al sole e nel braccio la lama leggendaria: Excalibur.
Quell'arma così importante e così carica di storia era stata riposta nelle sue mani dalla stessa Athena.
Una prova di fiducia, che avevano reso Shura ancor più fiero di servirla.

... Eppure non aveva esitato a portare a termine il compito affidatogli dal Grande sacerdote: aveva puntato la sua lama - l' Excalibur, una spada da usare solo per la difesa dei più deboli - contro Aioros, suo amico e suo compagno.
Un cavaliere d'oro contro l'altro.
Era stato sordo alle parole del cavaliere del sagittario, nella sua testa solo le parole dell'uomo che faceva da tramite tra Athena e i cavalieri.
Le parole di Saga...
Shura credeva di essere nel giusto, che Aioros fosse un traditore. Forte della sua devozione alla dea della giustizia e carico delle parole del sacerdote era sceso in campo per fermarlo, ignorando il dolore al cuore -ferire un amico, uccidere un compagno - e i dubbi nella mente - come può un cavaliere d'oro aver tentato di uccidere Athena, la sua dea, colei per la quale noi siamo vissuti? - confinandoli nella parte più interna del suo animo.

Aveva portato alla morte il cavaliere più devoto di tutti, era tornato nella sua casa ignorando lo sguardo di un giovane Aioria che era corso verso di lui chiedendogli perchè il cosmo di Aioros si stesse affievolendo così tanto.
Era convinto di essere nel giusto, Shura, perciò non si era più posto domande: Athena era al sicuro e questo era la cosa più importante di tutte.

Un sacrificio per la salvezza della dea della giustizia.
La morte di un amico in nome di un ideale più grande.

Quando Shura si rese conto dei suoi sbagli, della sua cecità di fronte alla vera natura di quell'uomo che un tempo aveva ricevuto tutta la sua stima e che l'aveva obbligato - ma l'aveva davvero costretto a quello scontro? O era la sua massima dedizione alla causa ad averlo annebbiato? - a calare la sua spada - spada di giustizia che in quel momento gli risultava immensamente pesante, come quell'armatura di pece che indossava - su Aioros, era già troppo tardi.

Anche ora, mentre con Saga e Camus correva verso la casa di Virgo, Shura si domandava se i loro compagni avessero capito le loro intenzioni, se mai li avessero perdonati.

Se avessero visto le loro lacrime cremisi.

Shura strinse i denti, concentrandosi sul presente: mancava ancora poco.
Poi avrebbe potuto chiedere perdono ad Aioros, nel paradiso dei cavalieri.



--- Note di Rib ---
*Cough cough* Salve gente! E' da un pò che non aggiornavo questa raccolta, mi spiace çOç
Credo sia doveroso dare qualche spiegazione poichè come noterete qui non si legge alcun riferimento al verde.
Ho voluto assegnare a Shura questo colore perchè il verde è visto come il colore della speranza e proprio su questo ho voluto giocare: la speranza di Shura di riuscire a farsi perdonare in qualche modo dalle persone a lui più vicine: a partire da Aioros, fino ad arrivare ad Athena ( che non ha riconosciuto).
Credo sia un personaggio assai complicato e spero di essere riuscita a rendere anche un poco quello che volevo fare.
Come sempre grazie a chi recensirà e anche a chi si limiterà a leggere!

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Capitolo 9
*** Athena e Hades - Bianco e Nero ***


30. Bianco - ATHENA
 
In principio furono i cavalieri morti nella guerra contro Saga di Gemini, cavaliere dei gemelli dal triste destino.
Poi in un vortice di lacrime cremisi e fiori di ciliegio, fu la volta dei saint d'oro, valorosi guerrieri votati alla giustizia.
E ora... ora mancavano i suoi cavalieri di bronzo, anime forti e giuste, che ancora adesso lottavano contro il dio infernale.
 
Spesso giudicata dai più, Athena aveva osservato e combattuto a fianco di quei valorosi, condividendone gioie e dolori.
 
Anche adesso, mentre l'ultimo cavaliere cadeva, la dea soffriva.
E piangeva.
Lacrime rosse a macchiare il manto bianco della giustizia.

 
28. Nero - HADES
 
Da quando l'umanità aveva iniziato a disgregarsi, lasciando posto a egoismo e odio?
 
Incomprensione
 
Non capiva: gli uomini avevano tutto ciò che potevano desiderare, eppure... eppure si ferivano. 
Ciò che avevano - una famiglia, una casa, la vita stessa - sembrava non bastare mai. 
 
Era insoddisfazione quella che li animava?
 
Ci fu un tempo in cui gli esseri viventi ringraziavano per quel che gli dei avevano donato loro.
Un tempo ormai passato nel quale il rispetto era alla base di tutto.
 
Dov'era finito ora tutto questo?
 
Hades chiuse per un attimo gli occhi, sospirando.
 
Dolore
 
Non c'era più modo di tornare alle glorie passate. Era semplicemente troppo tardi.
Una lacrima rigò la guancia, lasciando solo un pallido segno del suo passaggio.
 
Tristezza
 
"Non c'è davvero nulla che io possa fare, per loro?"
Sì. L'unica cosa che poteva fare era ricominciare. Semplicemente.
 
Si girò, lo sguardo fiero di un guerriero, e osservò i suoi fedeli riprendere vita.
L'oscurità era l'unico dono che potesse dare agli esseri umani.

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Capitolo 10
*** Gaia - Marrone ***


Lei amava i suoi figli.
Li aveva cresciuti e nutriti con tutto l'amore che solo una madre poteva dare.
Li aveva guidati nelle loro scelte, insegnando loro la saggezza e l'umiltà.
Ma non era bastato.
Le guerre, la violenza e la morte, avevano trovato spazio nei cuori e nelle anime dei suoi bambini, ferendoli.

Lei amava quei suoi figli che tanto le spezzavano il cuore.
Li amava anche in quei momenti, quando combattevano tra di loro, il sangue che scorreva lungo le vie, nel terreno, fino a raggiungerla.

In quei momenti, Gaia piangeva.
E la pioggia portava via ogni dolore, ogni tristezza.
Almeno per un po'.

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